La Legge di Charlie

di Mala Mela
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Di fumetti intoccabili, malvagi parenti e cene mortali ***
Capitolo 2: *** 2. Di band sbandate, bassisti mancanti e idee sospette ***
Capitolo 3: *** 3. Di diabolici piani, esseri inutili e abbietti e cugini invadenti ***
Capitolo 4: *** 4. Di malvagia matematica, angoscianti ritardi e musicisti traditori ***
Capitolo 5: *** 5. Di esperienze paradossali, subdoli alcolici e figuracce indimenticabili ***
Capitolo 6: *** 6. Di amnesie temporanee, appuntamenti galanti e sorelle insensibili ***
Capitolo 7: *** 7. Di sensi di colpa, affascinanti chitarristi e geni della matematica ***
Capitolo 8: *** 8. Di scuse patetiche, amiche ninfomani e idee pericolose ***



Capitolo 1
*** 1. Di fumetti intoccabili, malvagi parenti e cene mortali ***


Tenere fuori dalla portata dei bambini, non somministrare al di sotto dei sei anni, prima della lettura consultare un medico

Tenere fuori dalla portata dei bambini, non somministrare al di sotto dei sei anni, prima della lettura consultare un medico.

 

 

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

 

 

1. Di fumetti intoccabili, malvagi parenti e cene mortali

 

 

Con precisione quasi chirurgica ripongo il volume trentanove tra il numero trentotto e il numero quaranta, poi controllo che sul ripiano siano stipati esclusivamente le ultime serie edite dalla X-Comics, infine mi allontano con un sorriso soddisfatto.

Piena di orgoglio e totalmente appagata ammiro le due librerie contenenti i miei manga, ordinati rispettivamente per casa editrice, serie e numero: uno spettacolo che non mi stancherei mai di osservare!

Non posso fare a meno di complimentarmi con me stessa, ignorando il resto della stanza, dove regna il caos primordiale. Non importa che la sedia della mia scrivania sia ricoperta da tutti i vestiti che ho indossato negli ultimi tre mesi o che dal mio zaino provenga un odore non propriamente salubre (probabilmente imputabile alla merendina senza confezione che vaga sul fondo da qualche settimana), ma finché i miei fumetti sono in perfetto ordine, io mi sento in pace con il mondo.

« Charlie! » un urlo belluino raggiunge le mie orecchie, sconvolgendo in un istante la mia calma interiore.

« Che vuoi? » biascico, lasciandomi andare stancamente sul letto, rimpiangendo la serenità di poco fa.

Con pochi, pesanti passi l’autrice del soave grido fa la sua apparizione in camera, fiondandosi verso le mie librerie.

Nel mio cervello comincia a lampeggiare furiosamente un cartello con la scritta “Allarme rosso!” a caratteri cubitali.

« Hai visto in giro il segnalibro che mi ha regalato Eric? » mi chiede impaziente, mentre scruta torva i miei manga. « Lo stavi usando l’altro ieri, mentre leggevi Tsu... Tsu  insomma, leggevi una di queste cose ».

Non faccio a tempo a rispondere, che la sciagurata in questione comincia a prendere i miei amati volumetti e a scagliarli uno ad uno a terra, mentre io assumo la posa dell’Urlo di Much per gridare: « Christine!! ».

« Che tu sia maledetta! » aggiungo aggredendola anche fisicamente. « Fermati o ti uccido! » sbraito, mentre la trascino a terra e rotoliamo entrambe per qualche metro sulla moquette verde. Finiamo per cozzare contro l’armadio, infine decido di risparmiare la sua inutile vita e tolgo le mie mani dal suo collo.

« Come hai osato? » sibilo guardandola con cattiveria.

« Non ti sembra di esagerare? Sono solo dei fumetti ».

Come-cosa-come?

« Eh?! No! » esclamo oltraggiata.

Christine annuisce con convinzione, rialzandosi.

« Sì. E se proprio vogliamo indagare, la colpa è tua: se non avessi preso il mio segnalibro… ».

« Il tuo stupido segnalibro ».

« …che era nei tuoi stupidi fumetti! ».

« No è vero! ».

« Ma ieri era lì! ».

« Ma ora no! ».

« Perché l’hai perso, come fai con qualsiasi cosa ».

« Tanto Eric era un deficiente… ».

« Questo che c’entra? ».

« Per la proprietà transitiva dei regali, il regalo di un deficiente è un regalo deficiente » concludo saccente, correndo a mettere in salvo i miei preziosi manga.

Christine sbatte i suoi occhioni verdi e incrocia le braccia nella mia direzione.

« Come fa un segnalibro ad essere deficiente? ».

« Questo io non lo so, potresti chiedere delucidazioni al tuo stupido ex-ragazzo, nonché fautore del regalo ».

« Oh, lo faro… quando riuscirò a stare in sua presenza senza sentire il bisogno di strozzarlo ».

Cerco di rispondere per le rime, ma la voce di mia madre che ci chiama dal salotto segna il time-out. Avete appena assistito ad una pregevole scena di amore fraterno.

 

Chris ed io abbiamo spesso opinioni diametralmente differenti, ragioniamo in modi differenti e, soprattutto, agiamo in modi differenti.

Non si direbbe affatto che siamo sorelle, ma nemmeno cugine di secondo grado se è per questo; sta di fatto che abbiamo in comune molto più di quanto sembri. Buona parte del patrimonio genetico, ad esempio.

A proposito di patrimonio genetico, c’è parecchia con cui mi scoccia dividere anche solo una minima parte delle molecole del mio DNA, e a questo si ricollega il discorsetto che nostra madre vuole –presumibilmente- propinarci.

La zia Ellie ha quattro anni più di lei ma sembra più giovane, miracolo che sembra dovuto, come sostengono certe malelingue identificabili con me e Chris, ai numerosi interventi chirurgici ad opera del marito, Zio Marcus.

Lui è appunto un chirurgo estetico e grazie al suo lavoro può permettersi una villa degna di “the O.C.” e vacanze da urlo, mentre papà è un semplice cuoco, noi viviamo in una banale villetta a schiera nel Surrey e ogni estate andiamo nella vecchia casa dei nonni, a Widecombe.

Se a tutto ciò aggiungiamo Arthur, il figlio modello di Zia Ellie, il quadro è finalmente completo: apparentemente perfetto sotto ogni aspetto, è l’ asso della squadra di basket alla Esher Church of Englad High School.

Inspiegabilmente si dimenticano sempre di ricordare che, nonostante la prestanza nello sport, il caro Artie è stato bocciato per due anni di seguito, grazie al suo cervello subnormale. Cosa di poco conto, comunque.

Per quanto mi riguarda potrei vincere il premio per la studentessa meno matematicamente dotata, mentre Chris un riconoscimento per i peggiori ex-fidanzati al mondo. Non c’è storia, mi capite?

Comunque sia, una volta al mese questa simpatica combriccola si unisce a noi per la cena del Venerdì, ammorbandoci per più di due ore con la loro molesta presenza.

« …mi raccomando, trattate bene Arthur, evitate di fare battute sugli zigomi di zia Ellie o sulla sua abbronzatura arancione… ».

Come al solito le parole di mamma raggiungono le mie orecchie in modo ovattato, mentre io fisso con sguardo vuoto un punto imprecisato al di sopra della sua spalla destra. Malgrado i suoi avvertimenti, finirà come tutte le altre sere: gli zii arriveranno attorno alle venti, io e Chris apriremo la porta esibendoci in un sorriso di plexiglass, infine arriverà lei che guardando Artie gli dirà sconvolta “ma quanto sei cresciuto!”.

Ora, sinceramente. Arthur ha diciotto anni, ha passato da un po’ l’età dello sviluppo… di quanto diavolo può essere cresciuto in un mese? Cos’è, un essere umano o una piantina di fagioli magici? Oppure gli zii lo innaffiano con uno speciale concime chimico? In tal caso me ne procurerò almeno un ettolitro.

Non so, qualcosa mi dice che le mie domande non troveranno mai risposta.

Papà dal canto suo non coglie a fondo le problematiche che queste cene scatenano all’interno della famiglia: si limita a sedere a tavola con espressione gioviale ma vagamente apatica ed annuisce ogni volta che mamma lo coinvolge in un discorso; in realtà tutti sappiamo che sta pensando alle prossime partite dell’Arsenal o si sta chiedendo se il sugo del brasato è abbastanza speziato. Se fosse per lui rinuncerebbe al suo unico giorno libero pur di evitare questa ricorrenza forzata, ma alla fine accetta ogni cosa in modo abbastanza passivo.

« …e cercate di sorridere un po’, per favore! » la particolare enfasi che mamma pone su quest’ultima frase, seguita da un eloquente silenzio, mi fa capire che il discorso è terminato. Christine ed io annuiamo convinte, quando il campanello ci fa sobbalzare.

Sono arrivati: che la fine abbia inizio.

 

La prima ad entrare in casa è la zia Ellie; il rumore dei suoi tacchi risuona nell’ingresso mentre ci raggiunge per salutarci.

Quando si china su di me per baciarmi le guance, posso vedere chiaramente ogni muscolo del suo volto paralizzato dal botox. Ah, i miracoli della medicina estetica!

« Ciao zia » mormora Chris, facendo altrettanto. Nel frattempo arrivato anche lo zio e l’adorato Artie, con facce tutt’altro che sorridenti, ma dubito che la tossina botulinica c’entri qualcosa.

« Arthur, ma quanto sei cresciuto! » esclama mamma, correndo ad abbracciare il nipote.

Che vi avevo detto?.

Lui borbotta qualcosa di simile a un “ciao” nella nostra direzione, poi segue mamma e gli zii nella sala da pranzo. In quello stesso istante Christine mi lancia lo sguardo. Lo sguardo con l’articolo determinativo, lo sguardo che dice “sta-succedendo-qualcosa-e-noi-dobbiamo-assolutamente-scoprire-cosa”, lo sguardo che da solo può capovolgere le sorti di questa serata.

Ovviamente la ignoro.

Sono ben consapevole che Chris, in quanto mia sorella maggiore di ben due anni, è anche presumibilmente più saggia e io, piccola e ingenua come sono, dovrei darle sempre retta; ma questo non è il caso.

Cogliere lo sguardo significherebbe illudersi che questa cena possa diventare anche solo minimamente interessante, ma non credo di poter reggere la delusione che ne deriverebbe se così non fosse. Ergo mi dirigo anch’io nell’altra stanza, ansiosa di affogare i miei problemi nel succo d’arancia.

In un attimo mi accorgo che gli zii sono seduti ai capi opposti del tavolo, silenziosi come non mai, mentre Art fissa il proprio piatto –vuoto- con espressione annoiata.

Ecco, in questo preciso istante mi pento di non aver risposto allo sguardo.

Quando mamma porta in tavola il pollo arrosto, i nostri ospiti non hanno ancora spiccicato una parola, e questo è relativamente un bene. Generalmente quando gli zii e Art si dimostrano poco loquaci non posso che definirmi contenta, ma questo non accade quasi mai.

Sento che il caro, vecchio cartello con scritto “allarme rosso” si illuminerà a breve, complice la poderosa gomitata che Christine mi ha rifilato di nascosto.

« Allora, com’è stato il week-end a Dover? » chiede papà, stranamente ciarliero.

Il resto accade in una frazione di secondo, come in una di quelle stupide sit-com che trasmettono in replica la domenica mattina. Ed è il caos.

Se dovessi rivedere il tutto a rallentatore, sono certa che la scena inizierebbe con un primo piano di Art che rotea gli occhi con esasperante lentezza, seguito dallo zio che sbatte il bicchiere sul tavolo facendolo tremare. Successivamente uno zoom sulle labbra gonfie e lucide di zia Ellie scandiscono la palora “orribile”, mentre quelle dello zio esclamano “voglio il divorzio, brutta gallina!”; infine ci sarebbe nuovamente un’inquadratura di Art che si porta entrambe le mani alle tempie e fa training autogeno per non compiere un parenticidio.

Mentre Chris, io, mamma e papà rimaniamo con gli occhi sgranati, quasi immobili, visto che per nessuna ragione al mondo smetterei di masticare i miei salatini.

« Non ne voglio parlare davanti a tutti! » gracida zia Ellie, artigliando la tovaglia con le unghie laccate.

« Vorrà dire che ne parleremo davanti ai nostri avvocati » ribatte lo zio, sporgendosi oltre il proprio piatto. « Non ti sopporto più. Se ti fai tirare ancora un po’ la faccia, il giorno che smetterai di sorridere ti si aprirà uno squarcio nella nuca! ».

Oh mio Dio. Con tutto il rispetto per la drammaticità della situazione, ma questa immagine è decisamente disgustosa. Lo giuro, è l’ultima volta che ignoro lo sguardo.

« Charlie… Christine… » balbetta mamma, visibilmente a disagio. « Che ne dite di andare in camera? Magari viene anche Arthur e ordinate una pizza, ok? ».

Io faccio per rispondere che no, per nulla al mondo mi vorrei perdere uno spettacolo come gli zii che litigano, ma Chris mi afferra per un braccio e mi trascina verso le scale prima che io possa emettere un solo suono. Lo sapevo, gli adulti si vogliono sempre godere tutto il divertimento da soli.

Anche Art si alza, apatico, e ci segue senza fare storie.

La cosa buffa di casa nostra è che, pur di avere una bella stanza per gli ospiti, mamma costringe mia sorella e me a dormire nella stessa camera, ricavata dalla vecchia mansarda. Ok, è spaziosa e non mi posso lamentare, ma avete presente di quanti scalini devo salire ogni volta che dimentico qualcosa? Non è per nulla comodo.

Comunque sia, per una volta il tragitto salotto-camera si rivela utile: riesco finalmente a ricambiare lo sguardo e a sentire la voce di Chris che ringhia: “riunione strategica! Ora!”.

Finalmente saliamo anche l’ultima rampa di scale e la nostra stanza si rivela all’occhio dell’indesiderato visitatore.

« Che schifo » si limita a commentare Arthur, a mezza voce, lasciandosi andare pigramente sulla mia poltrona rossa (sono una persona piuttosto possessiva).

« Spero tu ti stia riferendo alla situazione e non alla nostra camera » lo avvisa Chris, aggrottando infastidita le sopracciglia.

« La camera, la situazione, questa tremenda poltrona rossa… che differenza fa? » risponde lui, atteggiandosi a filosofo esistenzialista. « Tutto fa schifo, a prescindere ».

« Anche tu! » commento io, contorcendo il volto in una smorfia disgustata e mostrandogli la lingua. « Quindi alzati subito dalla mia bellissima poltrona, prima che la contamini ».

Art non mi riserva altro che uno sguardo sdegnoso, mentre mia sorella mi ricorda la nostra priorità.

« Scusaci se ti abbandoniamo per un istante, ma io e Charlie dobbiamo conferire in privato » dice, indicando la porta dello sgabuzzino delle scope.

« In un ripostiglio? » ci chiede lui, poco convinto.

« È intimo. E insonorizzato. E ha un delizioso profumo di detersivo per pavimenti alla lavanda » lo zittisco, mentre seguo Chris nella nostra base segreta. « Prova anche solo ad origliare ed aprirò la porta di scatto spaccandosi il setto nasale » concludo assottigliando gli occhi. Lo so, forse sto esagerando, dopotutto Art sta passando un momento difficile… ma mi susciterebbe molta più empatia se non fosse tanto insopportabile, ecco. Ho solo sedici anni, non sono mica Gandhi!

 

« Perché non hai risposto allo sguardo? » mi chiede Chris non appena chiudo la porta, dandomi un poderoso pizzicotto.

« Scusa » squittisco, massaggiandomi il livido. « Non volevo illudermi che stesse per accadere qualcosa degno di nota. Ammettilo, è stato un bel diversivo! ».

Chris mi guarda sconvolta.

« Non ti sembrato un simpatico colpo di scena? » ritento, sorridendo come un venditore porta-a-porta. « Oh, andiamo. Queste cene sono sempre una palla, era ora che succedesse qualcosa! ».

Mia sorella mi ignora, assumendo un’espressione a dir poco angosciata.

« Cosa facciamo ora? » mi chiede, preoccupata.

Io strabuzzo gli occhi.

« Noi? Noi non facciamo niente » rispondo. « Restiamo qui ed osserviamo l’evolversi delle vicende, no? ».

« Sì, magari vuoi anche una coca cola e dei pop corn da sgranocchiare nel frattempo » commenta sarcastica, alzando gli occhi al cielo.

« Sai una cosa? Questa è proprio una bella idea » concordo. « Ma se non li troviamo, possiamo sempre scendere e rubare i salatini e il succo d’arancia dalla tavola… ».

« Charlie, sto cercando di avere una conversazione seria con te. Ti sei resa conto di quanto è successo? ».

« Scusami se non riesco a vivere più attivamente i drammatici eventi di questa sera, ma il mio corpo richiede cibo. Ho il cuore di pietra, lo so».

« Come puoi essere così… così… priva di sentimenti? » esclama lei, innervosita.

« Non sono priva di sentimenti » le faccio notare. « Ho fame: la fame è sentimento! ».

« La fame non è un sentimento, scema ».

« Ok, facciamo così » le propongo. « Adesso usciamo da qui, ordiniamo una pizza e ci sorbiamo Art per il resto della serata, poi, quando questo sarà finito e potremo giudicare a mente lucida –e a pancia piena- discuteremo sul da farsi. Anche se non credo che dovremmo intrometterci ».

« Ma Art si sentirà uno schifo… » obbietta Chris. Questa volta è il mio turno di roteare gli occhi.

« Oh beh! Sai quanto volte è lui a far sentire uno schifo noi! ».

Christine finge di ponderare sulla questione, ma alla fine non può che darmi ragione.

« Ok, hai vinto » concorda. « Però niente pizza all’ananas ».

« Devi sempre rovinarmi la festa, vero? ».

Quindi minuti dopo sediamo tutti e tre di fronte ad una pizza peperoncino, acciughe e peperoni, mentre il mio fegato già medita di suicidarsi. Anche qui come in sala da pranzo nessuno parla, e dir il vero la situazione sta diventando imbarazzante.

Chris ha lo stomaco chiuso, fissa la propria fetta dandole solo qualche timido morso, Art invece mangia in silenzio, probabilmente consapevole che, se aprisse la bocca per dire una delle sue solite cavolate, verrebbe immediatamente defenestrato.

Mi sento quasi in colpa mentre macino fetta dopo fetta come un tritasassi ben oliato, ma non è colpa mia se questi due non hanno prontezza di riflessi.

Prima che la pizza sia finita, la soave voce di zia Ellie ci raggiunge e intima al nostro ingrato cugino di scendere. Lui, senza cambiare espressione e dire né a né ba, si alza e se ne va lasciando me e Chris attonite e sconcertate.

 

« Chris, stai dormendo? ».

« Sì ».

« Non è vero! ».

« Ti ho detto che sto dormendo, lasciamo in pace ».

« Come puoi dormire e parlare allo stesso tempo? ».

« Soffro di somniloquio ».

« Stai mentendo ».

« No ».

« Sì ».

« No »

« Sì ».

« Senti Charlie, dimmi cosa vuoi e poi lasciami in pace ».

« Non è vero che non mi importa nulla degli zii e di Art. un po’ mi dispiace, ma solo un po’ ».

« Lo so ».

« Non fare la saccente, io ti sto aprendo il mio cuore ».

« Ti stai sgravando la coscienza, è diverso ».

« Torna a dormire ».

« Lo farei volentieri se solo tu la smettessi di ciarlare ».

« Aspetta, non ho finito ».

« Cosa c’è? ».

« Hai presente il volantino che era appeso nella bacheca della scuola? ».

« Quello che cercava testimoni di guarigione dall’herpes genitale? ».

« Scema ».

« Avanti, dimmi tu quale ».

« Quello in cui si cercava un batterista per una cover band, mi pare ovvio ».

Christine trattiene una risata.

« Vorresti presentarti? »

« Ovvio! Non potrei impegnare il mio sabato mattina in un modo migliore, non trovi? ».

« Se lo dici tu… ».

« E tu mi accompagnerai! ».

« Ma anche no ».

« Tu mi vuoi bene, vero? Sarai il mio supporto morale! ».

« Ok.. può darsi ».

« Bene! ».

« E ora dormi, prima che io cambi idea ».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_____

Salve, qui è Mala Mela, ovvero l’autrice, che comunica con voi (dall’oltretomba). Come qualcuno (?) avrà capito, La legge di Charlie non è altro che la versione MOLTO riveduta e PARECCHIO corretta di Family Troubles.

Che cosa è cambiato?

Sostanzialmente la trama è differente, ho eliminato qualche personaggio -no, non ho soppresso Sherlock come qualcuno dei miei contatti temeva-, tagliato le parti superflue e via dicendo.

Sperando che questa storia si riveli meno schifida della precedente… beh, commentate, no?

 

 

Mela

 

 

 

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Capitolo 2
*** 2. Di band sbandate, bassisti mancanti e idee sospette ***


2

Tenere fuori dalla portata dei bambini, non somministrare al di sotto dei sei anni, prima della lettura consultare un medico.

 

 

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

 

 

 

2. Di band sbandate, bassisti mancanti e idee sospette

 

 

« Charlie, sei certa che l’indirizzo sia giusto? ».

Chris ed io ci guardiamo attorno, davanti a noi solo anonime villette bianche che si estendono a perdita d’occhio, con aiuole tutte uguali e la stessa identica macchina familiare parcheggiata di fronte al garage. Probabilmente non è affatto così, ma è come l’effetto di un’illusione ottica: sconcertante.

« Err… » non so che dire, ammetto che questo posto lascia perplessa anche me. « Penso di sì » rispondo, controllando nuovamente sul volantino che stringo in mano.

« Con tutto il rispetto per chi abita qui, ma non mi sembra il luogo più adatto dove fare casting per un gruppo rock » mi fa notare Chris.

« Un grande musicista può nascondersi anche nella massaia grassottella della porta accanto » le ricordo io, piena di saggezza. « Ora aiutami a cercare il numero ventitré ».

Camminiamo lungo il marciapiede per qualche minuto ed ad ogni passo ho la terribile sensazione che, se solo mi voltassi, non riuscirei più a riconoscere la strada di casa. Mi sento come se mi trovassi in un incubo a metà tra le visioni di un agente immobiliare sotto acidi e Alice nel paese delle meraviglie… mette i brividi, lo giuro.

« Sul lato destro si trovano i numeri pari, ventitré è dispari quindi… beh, sarà sul lato sinistro, no? » ragiono.

« Charlie, le tue abilità matematiche migliorano giorno dopo giorno! » commenta Chris affiancandomi e raggiungendo insieme a me l’altro capo della strada.

« Ah, mi sembra ieri quando non sapevo nemmeno la tabellina dell’otto » aggiungo con aria trasognata, ricordando i bei vecchi tempi.

Christine alza un sopracciglio e mi guarda.

« Perché era ieri. E comunque odio contraddirti » aggiunge pacata. « Ma la tabellina dell’otto non la sai nemmeno ora ».

«Ah ha, molto divertente » rispondo sarcastica, continuando a controllare i numeri civici delle abitazioni. « Dai mettimi alla prova. Chiedimi quando fa… non so… sette per otto! ».

« Sei certa di arrivare a tanto? » sghignazza lei, mettendomi un braccio attorno alle spalle. « Charlie cara, sei la mia sorellina preferita, non potrei mai metterti in difficoltà chiedendoti certe cose ».

Mi volto dalla parte opposta con aria offesa ed ecco che, come un miraggio, davanti ai miei occhi appare l’agognata visione.

Le cifre due e tre in ferro battuto che fanno capolino sulla porta dipinta di bianco sembrano quasi salutarmi e dire “Bravissima Charlie, sei riuscita ad arrivare fino a qui senza perderti! Sei un mito!”.

« Oh, no, voi siete troppo buone » rispondo io, rivolgendomi a loro.

Mia sorella si guarda attorno stranita, poi torna a posare il suo sguardo su di me.

« Con chi stai parlando? » mi chiede, visibilmente spaventata da ciò che potrei rispondere.

« Con le cifre due e tre » rispondo sbrigativa. « Mi hanno appena fatto i complimenti per essere arrivata qui sana e salva ».

Chris annuisce, ancora poco convinta.

« O...ok ».

« Bene! » esclamo levando un pugno al cielo con fare teatrale. « Ora facciamoci forza e suoniamo questo benedetto campanello ».

Appena lo schiaccio, il suddetto emette un rumore talmente stridulo da far venire la pelle d’oca. Mi aggrappo alla maglia di Christine, imponendomi calma e sangue freddo: non posso fuggire proprio ora.

E se hanno già trovato un batterista migliore di me?

E se sono troppo bassa per entrare in una band?

E se hanno dei problemi perché sono una ragazza?

E se…

La porta si apre lentamente ma inesorabilmente, per una manciata di secondi che mi sembrano secoli. Poi, all’improvviso, una figura misteriosa appare sulla soglia.

Altezza sotto la media, corporatura robusta, capelli ricci, abiti… grembiule da cucina?

Per le mutande di mia sorella, questa è veramente una massaia grassottella. La mia prospettiva di una fiorente carriera da musicista comincia lentamente a sfumare.

« Ehm… salve » azzardo. « Sono qui per… ehm… le audizioni ».

Comincio a pregare con tutto il cuore che il numero “ventitré” non debba essere necessariamente composto dalle cifre due e tre, ma magari da sei e sette, cinque e quattro, pi greco e coseno di cinque fratto logaritmo in base tre di “a” all’ennesima potenza. Qualunque cosa, ma non due e tre.

La donna ci squadra con aria critica.

« Dovete essere delle amiche di Alex » conclude poi.

« Eh? Sì, sì, certo! » affermo io, pur non avendo la minima idea di chi sia Alex.

« Seguitemi ».

La nostra ospite ci fa strada attraverso il salotto, passando per la cucina ed arrivando infine di fronte ad una triste porta grigia.

Ad eccezione di quest’ultima l’intera casa sembra uscita da un brutto telefilm ambientato negli cinquanta: tremendi centrini di pizzo, statuette in ceramica, osceni soprammobili decisamente kitch e carta da parati a fiori fanno capolino ovunque, convincendomi sempre di più di trovarmi nel covo di un potenziale serial killer.

So che la presenza di Christine al mio fianco dovrebbe confortarmi, ma la sua aria disperata non fa altro che accrescere il mio disagio.

« Ecco, entrate pure… scommetto che Alex vi sta aspettando! » esclama la massaia, con tono burbero. Io guardo verso mia sorella, sperando che almeno lei abbia individuato qualche via di fuga, ma nulla.

Ok, mi dico mentalmente, chiunque lui sia ci sta aspettando. Bene. Il peggio che può capitarci è essere uccise, tagliate a pezzi, fatte frollare appese a dei ganci da macellaio, nascoste nel congelatore e utilizzate mesi e mesi dopo come ripieno per dei pasticci di carne.

Nulla di tragico, dopo tutto io adoro i pasticci carne, anche se generalmente preferisco che la materia prima provenga da un animale a caso e non da un essere umano. Sapete, aborro il cannibalismo.

Mentre abbasso la maniglia e apro la porta, sento il gelido respiro della morte sul mio collo. O forse è solo l’asma di Chris, ma preferisco non farci caso.

« Evviva! Non ci credo: Dio mi ama! »

Un urlo acuto e leggermente esaltato ci accoglie.

Ehi, un momento. UN urlo? Di una persona?

Infatti all’interno del garage, oltre ad una batteria che sembra aver passato tempi migliori ed una tastiera risalente alla guerra dei cent’anni, c’è un ragazzo biondo che si agita come un indemoniato.

« …Alex? » azzarda Christine, sgranando gli occhi.

« In persona dolcezza! » esclama l’indemoniato, sfoderando un sorriso affascinante e cercando di farle il baciamano. Sfortunatamente per lui i riflessi di Chris, dopo tanti disastrosi ex-ragazzi, sono sorprendentemente rapidi, infatti ritrae la mano poco prima che le labbra del nostro ospite le si posino sopra.

« E-ehm » mi schiarisco la voce, cercando di attirare l’attenzione di Alex su di me, invece che su mia sorella.

Lui alza le sopracciglia bionde, cercando di mascherare la propria delusione.

« Sì? » mi chiede, infastidito.

« Senti, mi spiace interrompere il tuo presunto assalto romantico, ma noi saremmo qui per un motivo. Cioè, io sarei qui per un motivo ».

« Ovvero? » domanda stranito, senza comunque staccare gli occhi da Chris.

« Uhm… qualcosa come, non so, un’audizione come batterista?! » gli ricordo esasperata.

« Ah, già l’audizione! » esclama, quasi la cosa gli fosse completamente passata di mente. « Tu sei...? ».

« Charlie, Charlie Miller. E tu sei Alex, già lo so ».

« Il meraviglioso Alex, precisiamolo » aggiunge, sorridendo nuovamente come un perfetto beota. « Il più dotato tastierista dell’intera nazione! ».

« Ehm, sì, non ne dubitiamo » commenta Chris, roteando gli occhi esasperata. Di certo si starà pentendo, per la millesima volta, di avermi accompagnata fin qui, ma le sorelle servono anche a questo no? Ci si sostiene nelle difficoltà… a volte. Ecco, devo ricordarglielo non appena torniamo a casa, prima che decida di soffocarmi nel sonno o di dare fuoco alla mia preziosissima collezione di fumetti.

« Beh? Cosa aspetti? » incalza Alex, ora conosciuto anche come il-miglior-tastierista-del-Regno-Unito. « Fammi vedere un po’ cosa sai fare. Se sarai alla mia altezza allora forse, e dico forse, potrai avere l’onore di entrare nella mia grandiosa ed elitaria band ».

« Bene, a questo punto penso di poter esprimere le mie perplessità, giusto? » chiedo. « Dunque, Alex, dimmi: Quale band? ».

Lui mi guarda interdetto.

« Qui ci siamo solo noi: ci credo bene che è elitaria! » aggiungo con un tono che definire alterato sarebbe un banale eufemismo. « A meno che attorno a noi non ci siano già i tuoi amichetti immaginari, pronti per una indimenticabile jam session… ».

« Ehi, ehi, piano con le offese ragazzina! » mi blocca. « Io avrò una band, ok? E saremo grandiosi. Ho solo un piccolo, piccolissimo problema! ».

« Soffri di schizofrenia? » domando candidamente, mentre Chris si scuote lentamente la testa. « Sai, ho sentito che esistono centri apposta per curare questa malattia: si chiamano ospedali psichiatrici ».

« Oh, davvero simpatica! Le tue possibilità di entrare nel mio gruppo stanno diminuendo a vista d’occhio, ne sei consapevole? ».

« Oppure potresti spiegarmi come mai qui ci siamo solamente noi due – e Chris, che comunque sa suonare solo il fischietto ».

« È che… insomma, la band è ancora da formare, ok? » ammette, stringendo le spalle. « Ho solo deciso di ometterlo nel volantino, tutto qui. Alcuni li ho stampati cercando bassisti, altri cercando batteristi e via dicendo… in questo modo tutti penseranno che si tratta di un gruppo già formato e affermato, no? » conclude, cercando di convincermi dell’assoluta genialità del suo piano.

« No. Assolutamente no ».

« Beh, ma almeno l’audizione la vuoi fare? » mi chiede. « Sai, mi sembri decisamente una rompipalle, ma non escludo che tu sappia suonare realmente la batteria ».

« Stiamo scherzando? Tu sei pazzo… Chris, torniamo a casa? » domando, voltandomi verso di lei con aria supplicante.

« Charlie… ormai sei qui » mi fa notare, calma come sempre. « Potresti fare un po’ di casino come sempre, infondo cosa ti costa? ».

Sgrano gli occhi sconvolta; è forse stata mia sorella a parlare?

Quella… traditrice, non mi vengo in mente altri termini. Lei, sangue del mio sangue, carne della mia carne, arterie delle mie arterie, epidermide della mia epidermide e via dicendo. Come può dimostrarsi tanto ingrata?

« Per prima cosa io non faccio casino, sia ben chiaro » affermo spavalda, agitando le braccia al cielo. « La mia è musica. E di alto livello, per giunta! ».

« Allora dimostralo » mi provoca Alex, puntellandosi le mani ai fianchi.

« Certo che ve lo dimostro! » esclamo, estraendo dalla tracolla le mie bacchette porta fortuna.

Mi siedo con solennità dietro la batteria morente, poi regolo l’altezza dello sgabello per i miei cinque piedi tondo tondi, infine sollevo le bacchette trattenendo il fiato.

Sto per eseguire la miglior performance della mia vita, e sarà di fronte al tastierista schizoide e ad una sorella degenere. Di bene in meglio.

E un, due, tre, quattro.

Dopo pochi battiti la gran cassa, il rullante e il ride cominciano a suonare, riempiendo con il loro vibrare l’intera stanza. Chris mi rivolge un sorriso saccente, leggermente compiaciuta, mentre Alex mi riserva uno sguardo scettico. Indispettita stingo ancora di più le bacchette, tornando a battere con foga sul rullante.

« Ok, sei dentro! ».

A quelle parole mi blocco, spostando leggermente gli occhi sul ragazzo.

« Cosa? ».

« Sei nella mia esclusivissima band, non sei contenta? » mi annuncia, sfoderando un sorriso luminoso.

« Ehm… temo di ripetermi, ma che band? ».

« Non ti preoccupare! Sei una discreta batterista, io sono un geniale tastierista… riusciremo sicuramente a procurarci un chitarrista e un bassista, non credi? La mattinata non è finita, c’è ancora tempo per esaminare altre aspiranti star ».

…Aspiranti star? Lo sapevo, questo è completamente fuso.

« Tu credi davvero che si presenterà qualcun altro? » chiede Chris perplessa. « Insomma, ci sono altre persone pazze come mia sorella? ».

« Ehi! Io non sono pazza, sono solo stata abbindolata da… da Alex. E in ogni caso non ho nessuna intenzione di unirmi al suo gruppo immaginario, non credo di essere scema fino a questo punto. Lui è completamente folle, la sua idea è un suicidio e tutto ciò si rivelerà disastroso! ».

Cerco di aggiungere altro, ma quando l’inquietante madre di Alex fa la sua apparizione alla porta, le parole mi muoiono in gola.

« Alex » annuncia la donna, monocorde. « C’è un altro tuo amico. E, per favore, smettetela di fare questo rumore tremendo » aggiunge, fulminandoci con gli occhi.

Io, terrorizzata, mi limito ad esibire un sorriso ebete e ad annuire, almeno fino a quando la donna non lascia la stanza e rivela alla mia vista l’essere più magnifico della terra.

Se fino a pochi attimi fa ero letteralmente paralizzata dalla paura, ora mi sto sciogliendo come un ghiacciolo in un forno a microonde;

Non posso fare a meno di fissare estasiata il nuovo arrivato, mentre muove pochi, meravigliosi e sensualissimi passi all’interno del garage, convinta di aver finalmente incontrato l’uomo della mia vita. I suoi capelli castani sono mossi, gli arrivano fino alle spalle e hanno l’aria di essere morbidissimi, mentre i suoi –bellissimi- occhi sono verdi come… come… come… oh, insomma, sono molto verdi, ok?

« È qui che si tengono le audizioni? » chiede con voce celestiale, indicando poi la chitarra che tiene a tracolla. « Il ruolo di chitarrista, è ancora libero vero? ».

« Sì! » mi ritrovo a strillare, alzandomi di scatto dallo sgabello. « Saremo felicissimi se ti unissi al nostro gruppo! Anzi, sai, non devi nemmeno fare l’audizione: sei dentro. Insomma, si capisce a pelle che sei di certo molto talentuoso. Io e il mio amico Alex non aspettavamo altro! ».

Alex alza le sopracciglia, guardando nella mia direzione.

« Ma se dieci secondi fa mi hai definito schizoide e folle! » esclama, pieno di disappunto. « Ti ricordo che hai anche detto che il mio progetto non è altro che un suicidio ».

« Ehm… beh… scherzavo, no? » mi giustifico sorridendo.

« O-ok » concorda Alex, cercando di non contraddirmi. « Beh? Come ti chiami? » domanda in seguito, rivolto verso il nuovo arrivato, ora conosciuto come l’uomo-della-mia-vita.

« Ah, sì, Mark » dice quest’ultimo, sorridendo. « Molto piacere! »

« Io sono Charlie » mi presento, cercando di trattenere una risatina tanto stupida quanto patetica. « Mentre lei è mia sorella Christine » concludo indicando Chris, che da almeno dieci minuti ci osserva divertita.

« Bene! » interviene il padrone di casa, improvvisamente di buon umore. « Direi che siamo già a buon punto ».

« A buon punto? » chiede l’uomo-della-mia voltandosi verso Alex. « In che senso? ».

« Abbiamo un eccezionale tastierista, ovvero il sottoscritto, una batterista e un chitarrista. Beh, non ci manca molto per completare la band, no? Solo un bassista ».

Improvvisamente i miei occhi si illuminano, mentre un lampo di malvagia genialità li attraversa.

« Io conosco un bassista. Un bravo, bravissimo bassista » chioso, portando le mani nella posizione della “piramide della malvagia contemplazione”. « E, cosa più importante, so come convincerlo ad unirsi a noi ».

Improvvisamente Christine storce il naso, intromettendosi nella conversazione.

« Chi è? » domanda sospettosa. « Per caso lo conosco? ».

« No, no… » rispondo, mantenendomi sul vago. « Non ti preoccupare. È solo una persona molto dotata, musicalmente parlando ».

« Cosa aspetti? Chiamalo! » mi esorta Alex, porgendomi il suo cellulare.

« Beh… ecco… vedi… » oddio, e ora che faccio? « È che dovrei parlargli di persona, capisci? Non è un affare che posso sterilmente concludere al telefono. Anzi, sapete una cosa? Posso parlare con lui anche domani… sempre se Chris è disposta ad accompagnarmi ».

Mia sorella spalanca gli occhi, guardandomi a metà tra il sorpreso e il sospettoso.

Se solo sapesse!

« E perché, scusa? » mi chiede, mentre un campanello d’allarme comincia a suonare insistentemente nella sua testa. « Non starai architettando qualcosa di strano. Vero? »

« Ma no, figurati! » esclamo, più falsa che mai. « Mi serve solo il tuo, ehm, sostegno psicologico ».

« Allora affare fatto » conclude Mark, sorridendo nuovamente.

Ok, questo ragazzo non sa fare altro che sorridere, non ha detto nulla di particolarmente geniale o intelligente ma… Dio, è mortalmente bello.

« Ci puoi contare » affermo, guardandolo nuovamente incantata.

 

Lo so, lo so, forse dovrei sentirmi un po’ in colpa per aver mentito a Christine.

Forse.

Ma come posso dirle che il nostro futuro bassista, conosciuto come l’essere più inutile e abbietto dell’intera galassia, ha una cotta stratosferica per lei, sapendo che lei non lo può nemmeno vedere?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

___________

Non ci credete voi, ma sapete, non ci credo nemmeno io!

Dopo mesi e medi di blocco –in ogni senso- nella sola nottata di ieri ho scritto una ventina di pagine, quindi eccomi ad aggiornare <3 Evviva! Spero di non aver fatto scappare i miei vecchi lettori XD

 

Argh! Vorrei rispondere alle vostre simpatiche recensioni, ma devo scappare a cena, in ogni caso sappiate una cosa: VI AMO ET ADORO CON TUTTO IL MIO CUORICINO NERO E AVVIZZITO!

GRAZIE A TUTTI!

 

Anzi, un grazie particolare va a Susi, che a capodanno con il suo illuminante discorso mi ha convinta a riprendere in mano la storia, e ad Airin che, beh, è semplicemente se stessa XD

 

 

Clà

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** 3. Di diabolici piani, esseri inutili e abbietti e cugini invadenti ***


Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea

Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea.

 

 

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

 

 

 

3. Di diabolici piani, esseri inutili e abbietti e cugini invadenti


 

È domenica mattina e sono da poco passate le nove. La fresca aria di settembre mi sferza il viso in modo delizioso, ma non sono certo tipo da perdersi in simili futili riflessioni, quindi continuo a camminare decisa.

Le strade sono deserte, molto probabilmente perché a quest’ora una persona dotata di un minimo di senno se ne starebbe a casa, comodamente sdraiata sotto le lenzuola a dormire almeno fino a mezzogiorno; ma, ammettiamolo, io non sono una persona con un minimo di senno.

Chris invece, nonostante cammini accanto a me senza lamentarsi, non si è rivelata affatto contenta della levataccia, quanto al vagare per la città ad orari improponibili… beh, credo che in qualità di mia sorella vi  abbia ormai fatto l’abitudine.

La nostra destinazione? Nelson Road.

Nonostante io indossi senza vergogna una vecchissima maglia dei Rolling Stones e degli scandalosi quanto inguardabili bermuda a fiorellini verdi, ho obbligato Christine a vestirsi bene: intendiamoci, non che solitamente si vesta male, ma noi Miller siamo dotate di un particolare senso estetico che ben pochi sono in grado di apprezzare, e di certo la persona che dobbiamo incontrare non è tra quegli eletti.

Ora devo solo sperare che il mio piano funzioni alla perfezione!

Forse a questo punto è mio dovere informare di una cosa: io ho sempre un diabolico, malvagio, geniale, contorto, improponibile piano. Sempre. Comunque. Per qualunque cosa. E anche questo non fa eccezione.

In cosa consiste? Beh, è facile: avete presente Gabriel?

Ehm, ok, temo di no.

Dunque Gabriel è per prima cosa un bassista eccezionale, giuro; io stessa non esiterei nel definirlo geniale, dotato di uno straordinario talento naturale. Il problema è che, in secondo luogo, il nostro bassista eccezionale è anche eccezionalmente antipatico e repellente. Punto tre: è cotto di mia sorella da anni e, sinceramente, non mi sarei mai immaginata che questo aspetto della sua disgustosa persona sarebbe potuto rivelarsi tanto utile ai miei scopi.

In sintesi ho intenzione di proporre a Gabriel di unirsi alla mia band improvvisata (dico mia, ma lo so, dannazione, che alla fine il merito è da attribuirsi a quel fulminato di Alex) in cambio di un appuntamento con Chris.

Quest’ultima ancora non conosce il proprio ruolo all’interno della vicenda, ma è solo una questione di minuti, purtroppo non ho altra scelta che metterla di fronte al fatto compiuto: Christine, non essendo stupida, si sarebbe ribellata e mi avrebbe uccisa. E io ci tengo alla mia misera e patetica vita, ok?

« Ehi, eccoci a Nelson Road! » esclamo giuliva, prendendo Chris sotto braccio. « Non sei contenta? ».

« No, non proprio » rivela perplessa. « Mi potresti almeno dire chi conosci che abita qui? ».

« Ehm… una persona » rispondo vagamente, senza entrare nei dettagli. « Un amico, se così si può dire. O forse è meglio definirlo conoscente? Beh, insomma, hai capito ».

« E come si chiama questa persona? ».

Ecco, sto cominciando a sudare freddo.

« N-non la conosci » balbetto, cercando di prendere tempo: siamo quasi arrivati! « Anche se ti dicessi il suo nome sarebbe inutile, ti pare? ».

« Tu prova a dirmelo, magari il mio giro di conoscenze è più vasto di quanto immagini ».

« No, non credo sorellina! » dico tra i denti, cercando di convincerla.

« Sono solo curiosa » ammette. « Dimmi l’iniziale del nome, almeno ».

Chris comincia ad insospettirsi, è meglio che io affretti il passo.

« Oh, non serve: siamo arrivate! » annuncio con voce squillante. Mi fingo serena, ma in realtà sto morendo di paura. « La casa è questa » aggiungo poi, indicando un’enorme villa vittoriana.

Mia sorella mi fissa sconvolta.

« Tu… tu conosci veramente qualcuno che abita qui?! » esclama incredula.

« A dire il vero lo conosci anche tu » comincio a confessare, sentendomi tremendamente in colpa.

« Ma se prima hai detto… »

« Ma prima era prima, mentre adesso è adesso! » la interrompo, ormai in preda al panico. « Dobbiamo solo suonare il campanello e chiedere a questa persona di unirsi alla mia pseudo band ».

« Allora cosa aspetti? » incalza.

« Vedi Chris, sorella unica e adorata, il mio senso di ragno mi dice che sarebbe meglio se fossi tu a parlare con quella persona ».

Meglio darla la notizia con tatto e calma. In questo modo avrò più tempo per scappare dalla sua ira funesta, giusto?

« Charlie… » ecco, si sta innervosendo. Si salvi chi può! « Chi è? »

Bene, è venuto il momento di dire la verità.

« Gabriel » sussurro piano, facendomi piccola piccola. Insomma, ancora più piccola di quel che sono, per quanto questo possa sembrare impossibile.

« Gabriel?! » grida lei, mentre le vene sul suo collo si gonfiano e cominciano a pulsare pericolosamente.

« Si può sapere perché diavolo urlate il mio nome, davanti a casa mia, di domenica mattina per giunta?! » una voce stizzita, dal lieve accento francese, ci interrompe.

Lentamente sia io che Christine ci voltiamo, scorgendo il suddetto essere inutile e abbietto appoggiato allo stipite della porta d’ingresso, avvolto in una stravagante vestaglia in tartan rosso.

Lupus in fabula.

« Ga-gabriel! » balbetta mia sorella vedendolo. « Non è che ci scuseresti un attimo? ».

Detto questo mi artiglia un braccio e mi trascina per qualche metro lungo il marciapiede, in modo che l’essere inutile e abbietto non ci possa sentire.

« Questa volta hai superato te stessa » sibila, rossa come un peperone. « Ti ha dato di volta la testa? Dio… come ti è venuto in mente? Stiamo parlando di Gabriel, quel Gabriel! ».

« Sai… forse dovresti dargli un’occasione, magari non è poi così antipatico e disgustoso come sembra! » lo so, mentire non è mai una bella cosa, soprattutto alla propria sorella, ma si tratta pure sempre di una giusta causa. E il successo della band con conseguente coronamento del mio sogno d’amore è una giusta causa, no?

« Io… insomma… no, sei senza speranze! »

« Dai, ti prego! Non sai nemmeno cosa ho in mente! »

« È questo che mi preoccupa. Le tue elucubrazioni sono qualcosa di potenzialmente mortale per te e chi ti sta intorno. Dovresti pensarci qualche volta, sai? ».

« Eh-Ehm » qualcuno alle nostre spalle tossisce, cercando di richiamare su di sé la nostra attenzione. « Forse non ve ne siete accorte, ma state svegliando tutta la via » ci fa notare. « Invece che confabulare tra voi, potreste almeno dirmi cosa ci fate qui, di grazia? ».

Gabriel! Mi ero quasi scordata di lui.

« Gabriel, amico mio! » esordisco smielatamente, esibendo uno dei miei peggiori sorridi a mille denti.

« No » taglia corto lui, con estrema risolutezza.

« N-no? » chiedo leggermente infastidita, storcendo il naso in una smorfia. « Ma se non sai nemmeno quello che sto per dirti – o chiederti ».

« Credimi, sono certo che qualunque cosa tu abbia da dirmi non mi interesserà minimamente. Quindi –a prescindere- la risposta è no ».

Anche se le sto voltando le spalle, scommetto che Chris sta sorridendo.

« Beh, te l’ho mai detto che sei un bassista eccezionale? ».

« Non c’è bisogno che tu me lo dica Miller, lo so ».

Calma Charlie, non lasciarti scalfire dalla sua boria.

« Sai, l’altro giorno parlavo con Alex, Alex Carlsson… lo conosci? ».

Gabriel solleva un sopracciglio, ottenendo come unico risultato quello di farmi innervosire ancora di più, ma capisco che in certi casi è meglio fare buon viso a cattivo gioco.

« Dici l’esaltato che si crede il dio delle tastiere? ».

« Beh, tu che dai dell’esaltato a qualcuno è davvero il colmo! » sbotto, incapace di contenermi, come una pentola a pressione.

« Un consiglio: se vuoi chiedermi qualcosa ti conviene essere gentile ».

Ah, se solo potessi scuoiarlo e appendere le sue membra insanguinare ad un albero e… no, stop. Devo smetterla con queste fantasie omicide e concentrarmi sul mio piano.

« Hai ragione» ammetto. « Scusa, non era mia intenzione offenderti » o forse sì? « Insomma, veniamo al dunque… ».

« Era ora! ».

« Alex ha formato una band di cui faccio parte, ma abbiamo un serio problema: siamo senza bassista ».

« …ed hai pensato di chiederlo a me, dal momento che suono divinamente? ».

« Esatto! » esclamo, per poi mordermi la lingua. « Sei dei nostri? ».

L’essere inutile e abbietto ci beneficia di un espressione concentrata, come se stesse effettivamente pensando di unirsi a noi, lasciandomi col fiato sospeso per parecchi istanti.

« No » esclama nuovamente, alla fine.

« Come no? » piagnucolo disperata. « E se ti pregassi? ».

« No ».

« E se ti supplicassi in ginocchio? ».

« Un momento, fammi pensare… no! ».

Giuro, sto per ucciderlo.

« E se mi mettessi a danzare in cerchio come gli gnomi della Loacker? ».

« Ottima idea! » esclama illuminandosi. « Comunque no ».

« Perché? » domando infine, esasperata. « Mi odi a tal punto? ».

« Prima di tutto sei tu ad odiare me, non il contrario, in secondo luogo, mi spiace dirtelo, ma non sono caduto ancora così in basso ».

« E se… »

Ecco che un eccezionale lampo di genio mi attraversa la mente.

« E se Christine uscisse con te? ».

« Che-cosa-hai-detto? » mi chiede improvvisamente Chris, che era stata in silenzio fin dall’inizio della nostra vivace trattativa.

« Ma sì! » continuo rivolta all’essere inutile e abbietto. « Mia sorella esce con te per una ed una sola sera, mentre tu in cambio non devi far altro che suonare con noi una ed una sola volta. Poi, se ci giudicherai abbastanza bravi per degnarci della tua presenza, rimarrai, altrimenti non rivedrai mai più la mia faccia né sentirai la mia voce ».

« Oh, questo sarebbe troppo bello per essere vero » commenta lui, con un mezzo ghigno. « Ok, può andare, Affare fatto? »

« Ottimo, affare fatto! » confermo io, mentre le deliziose manine di Christine si stringono sempre di più attorno al mio collo. « Facciamo, non so, sabato prossimo a casa di Alex? Novantottesima strada, numero ventitré ».

« Bene, ora che vi siete accordati, noi ce ne dovremmo andare » si intromette Chris. « Sai » aggiunge rivolta a Gabriel « Devo uccidere mia sorella! ».

 

« Come hai potuto?! » sbraita Christine, sbattendo violentemente la porta di casa. « Avresti potuto consultarmi prima! ».

« Scusa, scusa, scusa! » ammetto sinceramente dispiaciuta, chinando il capo. « Ma alla fine non è andata poi così male ».

« Ah, no? » domanda sconvolta. « Dovrò uscire con Gabriel! L’abbiamo chiamato “essere inutile e abbietto” per anni ed ora tu ti aspetti che esca con lui come se niente fosse? ».

« Andiamo, sarà solo un appuntamento » le faccio notare, piena di filosofia. « Lui suonerà con noi, si accorgerà di quanto siamo bravi, tu uscirai con lui e poi lo mollerai subito dopo! Facile, no? ».

« Una sera è già troppo Charlie, credi a me ».

« Lo so, davvero! So di chi stiamo parlando! » dico. « Ma… forse –e dico forse- non è poi così male. Stamattina non è comportato in modo particolarmente sgradevole, no? ».

Chris mi lancia un occhiata di fuoco.

« Volevi ucciderlo, ti si leggeva nello sguardo ».

« Ma io voglio sempre ucciderlo, a prescindere! Ci odiamo! » ammetto. « Con te sarà diverso, no? Tu sei più… ehm… pacifica e assennata di me ».

« Ma che bella scenetta famigliare! »

Ecco, mi chiedo perché la gente debba sempre –e dico sempre- interrompere le nostre discussioni in malo modo. Almeno questa volta siamo state interrotte da qualcuno leggermente meno abbietto di Gabriel, ma solo leggermente.

« Ciao Art, cugino caro! » esclamo senza voltarmi. « C’è un che di inquietante nel fatto che tu sia a casa nostra quando in realtà dovrebbe essere deserta, lo sai? ».

Arthur non mi risponde, restando svaccato sul divano, intendo a navigare in internet col proprio iPhone.

« Che ci fai qui? » gli chiede allora Chris, leggermente indispettita.

« Uh, è una storia lunga » si limita a dire lui. « In ogni caso mi hanno aperto gli zii prima di andare dalla nonna. Ieri hanno parlato al telefono con mia madre, a quanto pare rimarrò qui per un po’, qualche mese, almeno fino a quando i miei genitori non avranno sistemato tutte le pratiche del divorzio » conclude, indicando un borsone, presumibilmente contenente tutta la sua roba.

Il tempo si ferma, io e mia sorella ci fissiamo intensamente.

No, non è possibile.

In un attimo tutta la faccenda della band e dell’appuntamento perde importanza, i nostri cervellini sono troppo impegnati a digerire la notizia.

Art.

A casa nostra.

Per qualche mese.

Il mondo sta impazzendo per caso?

« Comunque ho sentito tutta la vostra conversazione » ci informa.

« Si chiama origliare » puntualizza Christine, lasciandosi andare pesantemente accanto a lui. « E non è una cosa carina ».

« Pensala come vuoi… ma secondo me faresti bene ad uscire con quel Gabriel! ».

Non ci credo, Art che dice qualcosa di sensato? Sono sconvolta.

« Insomma » continua « Se quel ragazzo odia Charlie non può che essere estremamente saggio, no? ».

Come non detto: parenti serpenti.

 

 

 

 

 

 

 

_____

Sto morendo assiderata, quindi non mi perderò in quisquilie e passerò subito alle recensioni:

 

Across the universe: A quanto pare per tanti lettori i manga sono sacri! Anche io li tengo piuttosto ordinati, ma non mi considero una maniaca…  diciamo che cerco di contenermi XD Family Troubles è una mia vecchia storia, praticamente la vecchia versione della legge di Charlie. Ora ho deciso di approfondire le vicende, sistemare i buchi della trama e dare più spessore ai protagonisti ^^

 

Talpina Pensierosa: Oh, quale onore <3 Contenta di aver raccattato un’altra fan di Charlie lungo la strada u_u Evviva lo sblocco!

 

Mikybiky: Ah, non c’è nessun gusto nel rispondere alle tue recensioni: sai già come andrà a finire. Ma cosa c’entra Charlie con filosofia? XD in ogni caso anche io mi alzo alle 5 per studiare, ma poi spengo la sveglia e continuo a dormire. Sempre. Alex ti piace? Io nella vecchia storia lo odiavo quasi XD Lo sto rivalutando. Per quanto riguarda il resto… lo scopriremo solo vivendo, oh oh oh!

 

Niggle: Ehi, guarda che le geniali elucubrazioni mentali della nostra protagonista sono tutto tranne che sgangherate XD Contenta che ti piaccia!

 

 

 

 

 

Mela

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Capitolo 4
*** 4. Di malvagia matematica, angoscianti ritardi e musicisti traditori ***


Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea.




La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

 

4. Di malvagia matematica, angoscianti ritardi e musicisti traditori

 

Ci sono dei momenti nella vita in cui pensi che tutto stia andando per il verso giusto, che nulla potrà mai scalfire la tua calma e che finalmente tutti i tuoi progetti andranno a buon fine.

Bene, è in quei momenti che accadrà qualcosa di tremendamente catastrofico, disastroso e terrificante. Qualcosa come… come… come una lettera indirizzata ai tuoi genitori, da parte del tuo malefico professore di matematica, che li informa di una minuscola, insignificante, inutile F. La quinta dall’inizio dell’anno scolastico, nel mio caso.

Tutti abbiamo delle piccole debolezze, no?

« Charlie, dobbiamo parlare » esordisce papà, fulminandomi con lo sguardo (In questo assomiglia molto a Christine!). Perché non posso avere una vita normale? Perché deve esserci sempre una terribile e spiacevole rivelazione?

« Ehm… sì » annuisco, raggiungendolo in cucina dove mi attende anche mia madre. « Beh? Ditemi! ».

« Questa » dice mamma, sventolandomi sotto al naso una busta verdina « è una lettera proveniente dalla tua scuola! ».

Elementare, ne avevo riconosciuto lo stemma.

« Wow » esclamo, cercando di sembrare disinvolta. « Hanno deciso di comunicarvi quanto sono simpatica ed intelligente? ».

Ok, probabilmente il motivo è tutt’altro, ma non si sa mai.

«Il signor Hughes ci teneva ad informarci che, nella sua materia, la tua già penosa media non ha fatto che calare nelle ultime settimane. » risponde mio padre, senza perdere la calma. « Cos’hai da dire a tua discolpa? ».

Forza Charlie, metti in moto i tuoi malefici neuroni e trova una scusa plausibile.

Il signor Hughes è in realtà un agente della CIA incaricato di manomettere i miei compiti in classe con il solo scopo di non far conoscere la mondo la mia straordinaria e distruttiva intelligenza? No, è troppo complicato.

Il signor Hughes mi odia perché ho dei capelli fluenti, lucidi, lunghi e voluminosi, mentre lui è pieno di orride doppie punte? No, poco convincente, e poi anche io ho le doppie punte (ma che rimanga tra noi!).

Il signor Hughes è in realtà una spia ninja di un villaggio nemico, incaricato di mettermi fuori gioco perché troppo spaventato dalla temibile abilità innata? No, troppo otaku.

Ah, quant’è difficile giustificarsi in modo fantasioso e verosimile.

« Risponderò solo in presenza del mio avvocato » annuncio infine, con fare teatrale.

« Tu non hai un avvocato » mi fa notare Art, facendo improvvisamente capolino dalla porta.

« Grazie Artie » biascico. « Ho sempre di avere un fratello adottivo come te ».

« Figurati! » sorride. Me la pagherà, prima o poi giuro che mi vendicherò.

« Allora Charlie? » incalza papà. « Ti ricordo che non hai il diritto di rimanere in silenzio ».

Rimanere in silenzio? Io? E quando mai sono stata zitta? Nemmeno se fossi in pericolo di vita riuscirei a tener chiusa la bocca. Certe volte temo di essere afflitta da diarrea verbale e, ancora più spesso, temo di non avere alcun filtro tra bocca e cervello, il che è potenzialmente problematico.

A questo punto è meglio dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità.

« Ecco, è che… può darsi che io non sia proprio portata per matematica, tutto qui » dico, con una certa cautela.

« Può darsi? Tutto qui? » domanda mamma, cominciando ad assumere un colorito verdastro. Questo è senza dubbio un importante campanello d’allarme. « Nella lettera è scritto che il tuo è il peggior risultato dell’intero istituto! ».

« Probabilmente il professor Hughes ha esagerato! » mi difendo. « Non nego di fare schifo, ma la situazione non è così drastica ».

« Certo, e non c’entra per caso il fatto che ora passi i tuoi pomeriggi a suonare con quegli sfaccendati dei tuoi amici? » continua mia madre. Bene, ora la sua pelle sta diventando ciclamino! « Ma ora basta, sai? Ho la soluzione! ».

« No! » grido, presagendo il peggio.

« Sì invece. Niente batteria, niente gruppo, niente uscite serali, niente feste, niente paghetta, niente computer, niente di niente. Mi sono spiegata? ».

« Non potete farmi questo » dico con un filo di voce. « Alla band mi sono appena unita e… ».

« Charlie, non si discute » mi avvisa papà, perentorio.

« E se prendessi ripetizioni da Christine? Non dovreste nemmeno pagarla » propongo, guardandoli con l’espressione “cucciolo indifeso”. « Così sarete certi che studierò e nel frattempo potrei anche suonare ».

« No, non se ne parla! ».

« Ma… »

« Niente “ma” Charlotte » mi blocca mamma. « Potrai andare alle prove odierne solo e soltanto per salutare i tuoi amici. Non li rivedrai finché quella F non sarà diventata almeno una B ».

« Siamo stati chiari? »

« Sì… » mormoro sconsolata.

Ecco, lo sapevo. Incontro l’uomo della mia vita, trovo un passatempo che mi diverte e poi cosa succede?

Prendo F in matematica.

Grandioso.

E come se non bastasse il mio ultimo incontro con la band sarà contaminato dalla presenza dell’essere inutile e abbietto. Non potrebbe andare meglio, non vi pare?

« Ora, col vostro permesso, vado a crogiolarmi nell’autocommiserazione » annuncio, voltando le spalle e lasciando la stanza.

 

« Cosa stai facendo? » mi domanda Christine, sedendosi accanto a me sul divano.

« Non hai sentito quello che ho detto prima, in cucina? » le chiedo mogia, parlando con la bocca piena di pestilenziali ed ipercaloriche patatine al formaggio. « Mi sto crogiolando nell’autocommiserazione ».

« Credevo che per te “crogiolarsi nell’autocommiserazione” significasse “rannicchiarsi sul letto in posizione fetale e scivolare nell’oblio mentre la radio passa People are strange dei Doors”, e non “spalmarsi sul divano a guardare le repliche di Torchwood ingozzandosi di ogni genere di schifezza possibile ed immaginabile” » mi fa notare, alludendo al programma che sto guardando e al pacchetto di patatine formato famiglia che tengo tra le mani.

« Ho solo deciso di impiegare la mia vita in modo costruttivo » la informo, senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

« Ovvio, lo sanno tutti che trangugiare patatine al formaggio è un passatempo molto edificante… ».

« Adorata sorella » esordisco « non faresti prima a dirmi cosa vuoi? ».

« Io non voglio niente » dice, strappandomi il telecomando di mano. « È che mi piange il cuore a vederti in questo stato, capisci? ».

« Sì » rispondo scettica. « Ma tanto non ti credo. Comunque, dov’è Art? ».

« Non ne ho idea… è sparito da circa dieci minuti. Magari è caduto da una finestra o qualcosa di simile ».

Non posso fare a meno di sorridere.

« Allora esiste un Dio giusto! » esclamo.

« Charlie! ».

« Scherzavo. In ogni caso, sei pronta? Tra mezz’ora dobbiamo essere da Alex ».

« Dobbiamo? ».

« Beh, sì » cerco di spiegarle. « Ci sarà anche Gabriel e dobbiamo far sì che sia di buon umore! ».

« Sai sorellina, mi sento un po’ usata » obbietta.

« Nah, il tuo è un servizio reso all’umanità: vedila sotto quest’ottica »

 

Tic - Tac - Tic - Tac

Ormai sono in stato catatonico. Fissare quell’orrendo orologio da parete aspettando Gabriel si faccia vivo mi deve avere ipnotizzata: la lancetta dei secondi che si muove a scatti regolari tiene incollato il mio sguardo.

Tic - Tac - Tic - Tac

Un po’ come quando, a scuola, aspetto la fine dell’ora di chimica e inizio a contare i minuti che mancano al suono della campana. A volte comincio a fare il conto alla rovescia non appena entro in aula, roba da pazzi. Ho pure lo stesso sguardo vacuo di uno studente di fronte ad una lavagna piena di incomprensibili formule matematiche.

Tic - Tac - Tic - Tac

Sono passate già tre ore ed ho iniziato a perdere la pazienza. All’inizio pensavo fosse questione di cinque minuti, ma i cinque minuti sono diventati dieci, e i dieci venti, e i venti mezz’ora.

Poi le mezzore sono si sono duplicate ed ora lo stiamo aspettando da tre dannatissime ore. Anche Christine ha perso ogni speranza, l’unico a mantenere la calma è Mark, che strimpella la sua chitarra incurante di ciò che gli accade attorno, circondato solo dalla sua aurea di immensa figaggine.

Ah, che visione…

No, Charlie, riprenditi!

Pensa a Gabriel.

Perché diavolo non arriva? Che abbia deciso di non presentarsi?

In questo caso andrò personalmente a casa sua, di nuovo, e proverò su di lui qualche fantastica quanto piacevole tortura azteca.

« Charlie… ».

Oppure costruirò una bambolina voodoo impastando cera e alcuni dei suoi stupidi capelli, infine la trafiggerò con una miriade di spilloni appuntiti e arroventati.

« Charlie? ».

Oppure contatterò qualche museo specializzato in torture e pene di morte, mi farò spedire una vergine di Norimberga e ce lo chiuderò dentro fino a quando non sarà morto tra indicibili sofferenze.

« Charlie? »

Oppure lo prenderò di peso e lo legherò ad una sedia elettrica senza bagnargli la testa e lo farò friggere come un pollo, esattamente come nel film “Il Miglio Verde”. Oppure…

« Charlie! » Oh, Alex mi sta chiamando.

« Eh? Stai parlando con me? » chiedo, ancora completamente persa nelle mie elucubrazioni mentali.

« Sì » risponde un po’ scocciato. « Mi spiace interrompere il tuo profondo flusso di coscienza, ma colui-che-non-deve-essere-nominato è qui ».

« Voldemort?! » Esclamo allarmata, letteralmente in preda al panico.

« No! » urla lui. « Sto parlando di Gabriel! »

È venuto. Stento quasi a crederci.

Mi alzo e, barcollando, muovo qualche passo verso la porta grigia, ancora del tutto incredula. Gabriel aveva promesso che sarebbe venuto, ma davo per scontato che qualcuno del suo stampo non si sarebbe fatto problemi nel darmi buca.

E invece eccolo mentre spalanca la porta con il suo basso a tracolla. È proprio lui: non molto alto, capelli castano chiaro, maglia blu, jeans e scarpe che, ad occhio e croce, costano più del mio intero guardaroba. Ecco a voi l’essere inutile e abbietto.

« Ehilà Miller » mi saluta con un cenno della mano. « Scommetto che pensavi che non sarei venuto. Probabilmente stavi già facendo un elenco mentale delle torture che avresti potuto infliggermi ».

« Wow, sei diventato anche un sensitivo! » dico incantata. « Tu riesci a leggere nell’animo di ogni donna! ».

« A dire il vero lo scorso mese ho seguito un corso di psicologia criminale e a quanto pare ti potresti rispecchiare in più d’un profilo ».

« Ok, non una parola di più » lo avviso, puntandogli il dito contro. « Sei la nostra unica speranza e, in quanto tale, non posso ucciderti prima della tua esibizione, no? ».

« Esattamente » esclama sorridendo in modo molto sinistro. « Spero solo che non ti sia dimenticata la mia…ehm… ricompensa » conclude, rivolgendo uno sguardo eloquente verso Chris che, per tutta risposta, si volta verso di me con una smorfia.

« Ti passo a prendere domani sera alle otto » dice nuovamente, rivolgendosi a mia sorella, con tono sorprendentemente gentile. « Per te va bene? ».

Christine annuisce senza troppo entusiasmo.

« Ok » borbotta. « Sai dove abito? ».

« Ehm… sì, ne ho una vaga idea ».

È pure uno stalker, oltre che un essere inutile!

Purtroppo, proprio nel momento in cui sto per esternare questa mia considerazione, interviene l’uomo della mia vita, ovvero Mark.

« Vogliamo iniziare questa audizione o no? » ci domanda, un po’ infastidito.

« Audizione? Siete voi che dovete dimostrare di essere alla mia altezza, non il contrario » ci ricorda Gabriel, tornando nuovamente altezzoso come sempre.

« Magari non suoni bene come si dice » azzardo io, incrociando le braccia al petto.

« Hai ragione, io non suono bene come si dice: suono addirittura meglio! ».

« Scusatemi » esclamo roteando gli occhi. « Penso che me ne andrò… questa stanza è talmente piena del tuo ego che temo non ci sia spazio per altre persone! ».

Detto ciò abbandono il garage seguita da Charlie, lasciando ad Alex e Mark l’onere di giudicare Gabriel.

 

Poco dopo Alex fa il suon ingresso in cucina, quasi in lacrime.

« N-non ci credo » balbetta. « Gabriel è… ».

« Repellente? » gli vengo in aiuto.

« No! ».

« Insopportabile? ».

« No! ».

« Egocentrico, narcisista? ».

« No e no! ».

« Un idiota? ».

« No! ».

« Insomma, ho finito gli insulti, deciditi a parlare! ».

« Gabriel è… bravissimo! » dice infine. « Non ho mai sentito nessuno suonare come lui. È proprio quello che mancava alla band! È grandioso! ».

Già.

Non ho mai sentito Alex parlare con tanto fervore di un musicista che non fosse se stesso: è evidente che devo cominciare a preoccuparmi.

« D’accordo, me ne farò una ragione » aggiungo sconsolata.

« Ed è tutto merito tuo se ora è nella band! Non sei contenta? » di domanda Mark, sfoderando uno dei suoi soliti sorrisi.

Bene, evidentemente si diverte a rigirare il coltello nella piaga. Ma bravo.

« Ragazzi… so che ora siete contenti per Gabriel, ma devo darvi una brutta notizia ».

« E cioè? » domanda l’uomo della mia vita, visibilmente preoccupato.

Ehi, è preoccupato per me! Non tutto è perduto.

« Vedete, di fronte ai miei pessimi voti in matematica i miei hanno deciso di mettermi in punizione » ammetto. « Se entro un mese non prendo una strabiliante B, allora posso anche dire addio alla band. Mi spiace lasciarvi, soprattutto ora che avete trovato un bassista grandioso ».

« Charlie, come puoi farmi questo? » grida Alex terrorizzato. « Non ora, ti supplico! ».

« Lo so… è che faccio davvero schifo in matematica, ci vorrebbe un miracolo per far cambiare idea ai miei genitori ».

« E se io conoscessi il miracolo? » interviene improvvisamente Mark. « Anzi, e se io fossi addirittura parente del miracolo? ».

Alex ed io lo guardiamo interdetti, cercando di decifrare le sue parole.

« Spiegati! » lo esorto io, pregando tutti gli dei che non stia solo straparlando.

« Mio fratello potrebbe darti ripetizioni » mi spiega. « Avete circa la stessa età, mi pare ».

Scuoto la testa, sconsolata.

« Niente da fare. Ho proposto ai miei genitori che fosse Christine ad aiutarmi, continuando a partecipare alle prove, ma si sono rifiutati ».

« Ma mio fratello è un genio! Dico sul serio » cerca di convincermi. « Un pomeriggio con lui e saprai ogni cosa alla perfezione, prenderai addirittura una A e finalmente potremo tornare a suonare ».

« Non so, non mi sembra gran ché come idea » obbietta Alex. « Magari tuo fratello è veramente un genio, ma molto più probabilmente Charlie è veramente una schiappa. Siamo fregati! ».

« Fidati di me » dice Mark, guardandomi intensamente (ok, sto per svenire). « Vieni a casa mia questo lunedì e vedrai ».

Bene, possiamo dichiarare la mia morte cerebrale.

« O-ok » mormoro. « Se per te va bene… Certo! E vedrai che anche per mio fratello non ci saranno problemi ».

Ora speriamo solo che mamma e papà accettino questo compromesso!

« In ogni caso si è fatto tardi… » dico, lanciando una fugace occhiata al cellulare. « Sarà meglio che torni a casa… Christine, ci sei? ».

Mi volto verso mia sorella che, stranamente sta parlando con l’essere inutile e abbietto in modo pacifico.

« Christine! » la chiamo, attirando la sua attenzione.

« Sì, arrivo » mi risponde distratta. « Ci vediamo » aggiunge poi, in direzione di Gabriel « occhio a non perdere il mio numero! ».

 

« Ho parlato un po’ con lui… non è poi così male » mi dice Chris, mentre stiamo tornando a casa.

« Chi? » chiedo distrattamente. « Alex? Sì, all’inizio può sembrare un po’ strano, ma in fondo è simpatico ».

« No, parlavo di Gabriel » specifica, come se nulla fosse.

« Gabriel? » sono allibita. « Vuoi farmi venire un infarto? ».

« Charlie, non sto scherzando. L’essere inutile e abbietto si sta rivelando più normale di quanto sembri ».

« Intendi dire che non è viscido come una lumaca? ».

« No, non lo è ».

« E mi vuoi perfino far credere che non ha nemmeno le antenne?! ».

« Eh, Charlie cara, mi spiace deluderti ma no, non ha nemmeno le antenne ».

Scuoto la testa.

« Quel ragazzo è una delusione continua » dico, in mancanza di una motivazione convincente. « Il mio senso di ragno dice che non dovresti fidarti così ciecamente di lui ».

« Non vorrei contraddirti, ma sei stata tu a mettermi in questa situazione! ».

« Ehm… » ok, meglio che stia zitta: mi sto dando la zappa sui piedi da sola.

« Parlando di cose più allegre, domani sera io e tu-sai-chi usciamo a cena » mi informa allegra.

« Santo cielo, hai detto “parliamo di cose più allegre”! » rispondo, roteando gli occhi.

« Andiamo solo a mangiare una pizza ».

« Beh, ricordati lo spray antiaggressione al peperoncino » aggiungo. « Se quel pervertito dovesse farti qualcosa, non me lo perdonerei mai ».

« E faresti bene! » dice Chris, puntandomi un dito al petto. « Ma comunque non ha l’aria del maniaco ».

« Solo un po’! ».

« Charlie! ».

 

Una volta a casa veniamo accolte nuovamente dall’irritante voce di Art.

« Cugine, quale gioia rivedervi a casa! ».

« Cugino, quale dolore non trovarti morto! » rispondo io, sorridendo dolcemente.

« Mi spiace per te, davvero ».

« Non temere, un giorno accadrà, ed io sarò ben lieta di scoprire il tuo cadavere » concludo, prima che lui cerchi di uccidermi.

« Illuminatemi: cosa fanno di solito le sorelle Miller il sabato sera? ».

« Siamo in punizione » rispondo rabbuiandomi. « La maledizione della matematica ci ha colpite: siamo costretta a casa tutto il tempo ».

« Charlie, stai usando il plurale maiestatis, vero? » mi chiede Christine, alzando un sopracciglio. « Tu sei in punizione, non io ».

« Ma ovviamente tu rimarrai a casa a farmi da supporto morale… no? ».

« Il mio affetto fraterno non arriva a tanto ».

« Allora mentre io e Chris ci diamo alla pazza gioia andando per locali, tu puoi sempre rimanere a casa a studiare » suggerisce Art, mettendomi un braccio attorno alle spalle. « Anzi, sai una cosa? Potresti giocare un po’ con le Barbie e rimuginare sulla tua triste esistenza, che te ne pare? ».

« Mi pare che ti soffocherò nel sonno ».

« Dieci secondi » si limita a rispondere lui.

« Cosa? È il tempo che ti serve per metabolizzare le mie parole e preparare una risposta adeguata? ».

« No » mi risponde pacato. « Dieci secondi è il tempo che ti concedo per scappare, prima che io ti prenda e ti lanci da una finestra ».

In questa casa c’è troppo, troppo amore.



 

 

 

 

 

 

 

______________

Sono in vacanza forzata a causa della tracheite, quindi ne approfitto per aggiornare! Qualche settimana fa mi si è fusa la scheda madre del portatile e per un po’ ho temuto di aver perso TUTTI i capitoli inediti della Legge di Charlie, ma per fortuna il tecnico è riuscito a salvarmi i file del vecchio disco sul pc nuovo. Ecco, sì. Grazie a dio ho anche un pc nuovo XD altrimenti avrei ucciso qualcuno.

 

Talpina Pensierosa: Qualche giorno fa, mentre leggevo il tuo LJ mi è venuta in mente una cosa u_ù quello che tu definisci LOL (ovvero: il LOL si manifesta in molti modi) ed io considero disgrazie, è poi che l’essenza della legge di Charlie XD Mi spiego, col senno di poi fa ridere, ma al momento è tragico. Un po’ come quando stavo per piangere, scoprendo che il treno per Milano centrale era già partito XD Ma parliamo di cose serie: Art e Gabriel sono parzialmente divertenti XD A me –a dispetto di quanto sembra- Gabriel piace e SPERO che stia simpatico ai lettori u_ù Mentre Chris deve ancora entrare nell’ottica del bene superiore… eh, ci vuole tempo, no?

 

Mikybiky: Il destino dei fratelli è quello di venire sfruttati XD Mia sorella maggiore mi sfruttava sempre e per anni ho passato le più terribili angherie. A quattro anni mia sorella mi ha raccontato che mio fratello –che ha 17 anni più di me- mi avrebbe uccisa prima del mio quinto compleanno. Ecco. Ok, Charlie non arriverà MAI a quei livelli. Grabriel sì, però XD

Mh. Ok, no, nemmeno lui!

 

Niggle: Oh, quanto mi piacerebbe essere la maggiore XD Gabriel finisce sempre per piacere a tutti, anche se all’inizio –durante la prima stesura della storia- il mio scopo non era affatto quello… poi ho cominciato ad amarlo XD Charlie è l’essere più schizzato del pianeta, ma anche tutti gli altri non scherzano; semplicemente sembrano più normali perché non esternano i loro pensieri schizzoidi °u° c’è un piccolo potenziale genio del male in ognuno di noi!

 

 

 

 

ATTENZIONE: La bravissima Mikybiky ha scritto tre flashfic con i personaggi della Legge di Charlie <3 e per questo la adoro. Potete leggere e commentare al seguente indirizzo: http://www.fanworld.it/viewstory.php?id=2120&capitolo=3679

 

 

 

 

 

Clà

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Capitolo 5
*** 5. Di esperienze paradossali, subdoli alcolici e figuracce indimenticabili ***


Comunicazione di servizio: Il seguente capitolo è scritto secondo il punto di vista di Christine <3

 

 

 

 

Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea.

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 



5. Di esperienze paradossali, subdoli alcolici e figuracce indimenticabili

 

Mai, dico mai , nemmeno nei miei peggiori incubi da indigestione di frittelle, avrei immaginato di trovarmi in questa stupida situazione. E invece eccomi qui, in compagnia di mio cugino Art per una fantasmagorica serata tra amici.

Peccato che io e lui non siamo amici. Certo, non lo odio ai livelli di Charlie, ma non credo si possa dire che ci adoriamo.

Questa è proprio un’enorme cavolata, sapete? Degna di far concorrenza alle antinomie di Kant; sì, insomma, avete presente quelle quattro tesi e antitesi che… va bene, come non detto. Forse ha davvero ragione mia sorella quando sostiene che sono una palla mortale.

Comunque, tornando al discorso di prima, vi rendete conto del mio problema? Io e Art, in giro il sabato sera, da soli.

Una situazione simile non si ripeteva più o meno dal primo giorno di asilo e, credetemi, se le cose sono andate in un certo modo un motivo c’è.

Lo ricordo come se fosse ieri, le immagini di quel giorno sono ancora vivide e brillanti, dolorosamente impresse nella mia mente: mia madre stava accompagnando me e quel pazzo furioso di Artie alla scuola materna, ed io sfoggiavo indubbiamente il vestitino viola più bello e delizioso del mondo.

Arrivati di fronte al triste edificio, la mamma e la zia ci salutarono sorridendo, affidandoci quindi alle maestre che ci avrebbero condotto nella nostra aula; ed ecco che accadde.

Orgogliosa di me, del mio abitino e del mio essere semplicemente al mondo, con aria giubilante varcai la soglia della classe, quando…

(Un attimo di suspance, signori e signore).

…Trovai un piedino calzante un’odiosa scarpetta di Action Man a bloccarmi la strada, facendomi oscillare pericolosamente tra la socializzazione e la vergogna più nera.

E infine stump!                                                                    

Caddi a terra come un sacco di patate.

Ovviamente la colpa era tutta di quell’idiota di mio cugino che, visibilmente annoiato, aveva deciso di farmi uno sgambetto.

Fatto sta che il mio magnifico vestito si strappò, mostrando all’intera classe –maestre e genitori compresi- le mie mutande di cotone raffiguranti Sailor Moon (di cui tutt’ora vado fiera). Scoppiai a piangere e da quel giorno mi rifiutai di mettere nuovamente piede all’asilo, così mia madre si vide costretta ad insegnarmi –nei limiti del possibile- a leggere e a scrivere.

Per colpa di quel decerebrato ho avuto un’infanzia abbastanza triste, e non solo, ho avuto seri problemi di integrazione perfino frequentando le elementari dove non conoscevo nessuno e… e ora che ci penso questo devi avermi traumatizzata così profondamente da impedirmi di avere una storia seria con un ragazzo normale!

In conclusione, Art è la causa di tutte le mie disgrazie.

Okay, ma ora basta con le cazzate, è meglio che non dia la colpa a nessuno se sono una frana socialmente parlando.

Torniamo a noi!

Io e l’infame cugino stiamo passeggiando per le vie del centro da almeno mezzora, completamente immersi nel silenzio, e tutto ciò sta diventando quanto meno imbarazzante. Forse è meglio cercare di instaurare una conversazione, seppur patetica.

D’accordo, Artie è il classico fighetto, belloccio, straricco e straviziato che io odio con tutto il cuore, ma è pur sempre un mio parente e come se non bastasse sta vivendo un periodo difficile, quindi è mio dovere essere carina e gentile e bla bla bla.

Adesso il problema è trovare un argomento di conversazione con questo essere, che in comune con me non ha assolutamente nulla.

« I-insomma, Art… come va la scuola? Sei preoccupato per l’esame? ».

Mi lancia uno sguardo pieno di sufficienza piuttosto eloquente ed io mi sento sprofondare.

Lo sapevo, domanda sbagliata, anzi, sbagliatissima. Dovevo ricordarmi che Art lo scorso anno è stato bocciato, di conseguenza non lo attende nessun esame. Oh, merda.

« Beh, cioè, volevo dire… che locali frequenti di solito? ».

Questa è una domanda assolutamente neutra, no?

« Lo Stauton è il mio locale preferito » mi risponde. « Incontro sempre qualcuno di interessante là. Infatti non credo ti piacerebbe ».

Pronuncia la parola “interessante” squadrandomi come se fossi l’insetto più disgustoso presente sulla faccia della terra. Beh, è da quando siamo nati che quei nove mesi di differenza gli permettono di comportarsi con odiosa superiorità, ma questa volta non ho intenzione di dargliela vinta.

« Non c’è problema, anche a me lo Stauton piace molto! » affermo con aria convintissima.

Art lancia uno sguardo perplesso ai miei banalissimi jeans stinti, alle mie Etnies, ai miei capelli crespi ed elettrici e alla mia faccia struccata. Poi alza entrambe le sopracciglia.

Cosa crede, soltanto perché non sono Miss Perfezione non posso uscire con persone del suo calibro?!

« Sei sicura, Chris? Guarda che c’è la consumazione minima: una portata five to five, ovvero tre shot obbligatori e due facoltativi. Li reggi? ».

« Ovvio » rispondo spavalda. « Anche i due facoltativi e il bis! ».

Siamo a posto ragazzi: ho appena firmato la mia condanna a morte.

La qui presente Christine Miller, nonostante la sua passione per la birra, non regge per niente l’alcol. Ho sempre amato bere, ma generalmente perdo il lume dell’intelletto dopo il primo sorso. L’ultima volta che ho avuto la geniale idea di bere quattro bicchieri di vino, ho cominciato a vomitare come la bambina dell’esorcista: di certo non è stato un bello spettacolo.

Io non ricordo nulla, ma i miei compagni di classe che hanno avuto l’onore di assistere alla scena mi hanno raccontato di come ho cantato la Marseillaise nel bel mezzo della strada, incurante della mia evidente incapacità in francese, con la mano destra sul cuore e gli occhi persi.

Ma non solo, ho anche insidiato sessualmente ogni essere umano maschio passasse a meno di cinque metri da me, talvolta sussurrando e talvolta urlando frasi piuttosto volgari, ridendo e piangendo allo stesso tempo.

Ora, in ogni caso, sono più vecchia di un anno, è giunto il momento di mettere la testa a posto e reggere l’alcol.

Suvvia, chi non è un grado di reggere cinque stupidi bicchierini?

In fin dei conti non sono nemmeno a stomaco vuoto: a cena ho mangiato come un bue, questo dovrà pur contare qualcosa!

Concludendo, non c’è nessunissimo problema.

Una volta entrati in quel posto a dir poco terrificante, Art e io ci sediamo al primo tavolino che troviamo. Mio cugino sembra piuttosto deluso: il locale è quasi deserto; evidentemente si aspettava di trovare fiotti di amici “interessanti”, ovvero stronzi, come lui.

È ancora più zitto di prima e se questa fosse una situazione normale ne sarei davvero contenta, ma nel vederlo fissare il vuoto con aria triste mi si stringe il cuore.

Sto quasi rimpiangendo di non essere rimasta a casa a far compagnia a Charlie quando un’improvvisa baraonda mi distrae dai miei pensieri.

La ragazza seduta al tavolo vicino al nostro si è appena beccata un ceffone colossale dal ragazzo che era con lei, cadendo rovinosamente dalla sedia. Io, Art e tutto il resto del locale ci blocchiamo e li guardiamo sconvolti.

« Sei una puttana! » grida il ragazzo, sferrando un pugno sul ripiano e facendo traballare il tavolo.

Lei, nell’intento di alzarsi, inciampa nel mio giubbotto di jeans, finito a terra, e barcolla nuovamente sbattendo contro la mia sedia.

Istintivamente mi avvicino a lei, aiutandola a rialzarsi e ricevendo di conseguenza uno sguardo di fuoco dal suo ragazzo. Ok, prevedo guai.

Perché non riesco a stare ferma e zitta in santa pace, come tutte le persone normali?

Perché sono nata con questa stupida mania di mettermi sempre nel mezzo?

Come quando ho cercato di aiutare Leopold che stava per morire tra i denti di Ben e venni azzannata io stessa, contraendo poi una terribile infezione e finendo al pronto soccorso.

Per amor di cronaca, Leo era il mio criceto, mentre Ben era l’ormai defunto gatto mannaro di Charlie, grande come una pecora e pesante come un bue. Leo ha finito la sua brillante carriera cadendo dal balcone del secondo piano, mentre Ben spappolato da un pullman. Vi prego, fate un minuto di silenzio in loro onore.

Ma torniamo a noi: il ragazzo mi lancia un ultimo sguardo irato, poi alza i tacchi e, per mia fortuna, se ne va.

La ragazza che mi è piombata addosso è uno scricciolo dai capelli biondi a caschetto, mossi, gli occhi nocciola e gambe come stuzzicadenti. Ora capisco come ha fatto a cadere a terra con un semplice schiaffo: una folata di vento troppo forte potrebbe sollevarla senza problemi.

La aiuto a rialzarsi sotto gli occhi sbalorditi di Art, senza che quest’ultimo muova un dito.

Dopo una scena del genere mi aspetto che la ragazza mi scoppi a piangere davanti, o almeno è quello che farei io dopo aver ricevuto un ceffone di quella portata, ma invece –con mio grande sbalordimento- questa comincia a ridere come una matta.

Senza dire una parola prende uno sgabello e si siede tra me e Artie, lasciandoci sempre più confusi e sconvolti.

« Io sono Caroline, molto piacere! » esclama, stringendomi vigorosamente la mano. « Ti ringrazio veramente tanto per avermi aiutata dopo quella figura di merda… stavo per scoppiargli a ridere in faccia, ve lo giuro. Ci è rimasto veramente male quando ha scoperto che stavo uscendo anche con un altro, e dire che sperava che io negassi! ».

« E invece…? » chiede Art, incuriosito.

«E invece gli ho risposto che non solo stavo uscendo con un altro, ma con altri tre, fra cui il suo miglior amico e suo fratello. Che ridere, ragazzi! » mi tira una pazza sulla spalla e mi rivolge un sorriso a trentadue denti. « Ma tu sei stata comunque grande ad aiutarmi, non molte altre persone l’avrebbero fatto. Cameriere! Tre five to five per me e i miei nuovi amici, ovviamente pago tutto io! ».

No. No, no no.

Non è vero che sto pensando che questa sia un po’ pazza, non l’ho pensato nemmeno per un istante-

Infatti ho pensato fin da subito che fosse completamente pazza.

In compenso è simpatica e parla a raffica, togliendo così l’imbarazzo che si era creato fra me e mio cugino.

Quando arriva il cameriere con quindici bicchierini ricolmi di liquidi colorati –quindici, dio santissimo- Caroline gli ammicca e grida, praticamente in modo che tutto il locale possa sentirla.

« Ehi, Eddie, non ti pago niente, vengo a trovarti in nottata a casa e facciamo pari, ok? Se vuoi porto anche questa mia nuova amica che sia chiama… ehm… com’è che ti chiami? ».

« Christine, Christine Miller » risponde Art al mio posto, esibendo un sorriso malvagio.

« Ecco, porto anche Christine, ti prometto che ci divertiremo tantissimo! ».

« Ehi, zitta! » esclamo mettendomi le mani tra i capelli, diventando color porpora.

« Ma Ed è d’accordo, sai? Non pago mai nulla, tanto sono l’unica che se lo fila… » commenta lei candidamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Forse è già brilla e non si rende proprio conto di quello che dice, oh Signore.

Per non pensarci prendo il primo bicchiere –vodka pura, ehi!- e lo bevo tutto d’un fiato, sperando che mi renda abbastanza allegra da sopportare la compagnia di una sconosciuta completamente fuori di testa e di quella spina nel fianco di mio cugino.

Il mondo comincia subito a sembrarmi un po’ appannato, mi gira la testa ma continuo a svuotare uno shot dopo l’altro, mentre Art e Carrie rimangono perfettamente sobri.

 

Oddio, come ho detto che si chiama questa nuova ragazza?

Ovviamente non è colpa dell’alcol, è che ho problemi a tenere a mente i nomi nuovi e…

Un momento. Come si chiama mio cugino?!

Oh, merda, forse bevendo un altro bicchierino passerà tutto. C’è chi dice che, se ci bevi sopra, risolvi tutti i problemi.

Giù anche il rum e pera!

Bene, ora passa.

Passa.

Passa?

No, non passa!

Anzi, tutto sembra piuttosto confuso e strano, i suoni mi giungono ovattati, anche la voce della biondina che ordina altri bicchierini colorati pieni di super alcolici. Dovrebbe chiamarsi Celine ecco!

Ora sta parlando con l’altro tizio belloccio seduto al tavolo con noi, ma sento solo un basso ronzio. Ma il tizio belloccio dovrebbe essere mio cugino, no?

Peccato, è così carino…

Come si chiama? Andrew?

Athos?

Portos?

Aramis?

No, aspettate, qualcosa come… come… D’artagnan!

Nel pieno di questo profondo dissidio esistenziale mi scolo ancora due o tre shot, infine scoppio a ridere come una pazza.

« Va tutto bene Chris? » mi domanda lo stragnocco moro davanti a me.

« Sì, grazie, D’artagnan » rispondo meccanicamente, ridendo ancora.

« D’artagnan? » Anche Caroline scoppia a ridere, ripetendo il nome dello stragnocco.

« Dio santo, mia cugina è completamente ubriaca! Come faccio a riportarla a casa dagli zii in queste condizioni? ».

« Posso sempre portarla con me da Ed, più tardi, con una bella frusta magari… » commenta Celine o come diavolo si chiama.

« Sì, la frusta sì! » mi ritrovo ad urlare. « È bellissima, sì, sì, adoro la frusta! Ci voglio andare, dai, D’artagnan, mi ci porti? Eh? Posso andare? Eh, D’artagnan? ».

« L’abbiamo persa! » esclama il ragazzo moro, spalancando gli occhi. « Chris, riprenditi, ti supplico! Queste sono cose che farebbe Charlotte, non tu ».

« E invece userà la frusta… con te! ».

Mi alzo in piedi di scatto, indicandolo, ma chissà perché non riesco a reggermi in piedi e crollo a terra come una pera cotta, ridendo fino ad avere le lacrime agli occhi.

Il sedere mi fa un male incredibile, ma è tutto troppo divertente. Non so come mai, ma non riesco a smettere di ridere.

D’artagnan viene in mio soccorso e mi aiuta a rialzarmi, mentre io lo guardo divertita.

« Accidenti, sei proprio carino! » grido, avvinghiandomi alle sue spalle. « Ma anche i ragazzi seduti al quel tavolo laggiù sono carini! E perfino il cameriere, anche se ha i denti storti, e pure il proprietario, anche se ha circa sessant’anni! ».

« Christine, stai bene? » mi domanda la ragazza bionda.

« Oh, tranquilla Celine, sei bellissima anche tu » la rassicuro, mettendo un braccio attorno alle sue spalle. Scoppio di nuovo a ridere, incontrollata.

È molto, molto peggio di quella volta che mi sono messa a cantare l’inno francese a squarciagola.

Tutto mi sembra un sogno, aspetto solo che mia madre venga a svegliarmi… perché domani è domenica, o no?

Non ho assolutamente coscienza di me o di quello che mi sta accadendo attorno, il mondo è confuso e rumoroso, non sono nemmeno certa di trovarmi ancora nel locale.

Ecco, ora sono sdraiata su un marciapiede, il ragazzo moro al mio fianco e la biondina intenta a scostarmi i capelli dalla fronte.

« Accidenti, quanto sei bello » dico a D’artagnan, cercando di alzarmi. « Però mi scappa da morire la pipì! ».

« Grazie Chirs, peccato che tu sia proprio ubriaca e non ti renda conto di quanto mi odi » replica lui, ridendo.

« Io… io mi sono appena dichiarata e tu mi dici così! » affermo sconvolta. « Almeno portami a fare la pipì! ».

Sono profondamente indignata, e che cavolo.

Chissà perché, ma lui ride ancora più forte, seguito a ruota da Celine, o Caroline.

O forse è Charlotte, mia sorella… anche se l’ultima volta che ci ho fatto caso non era bionda.

Forse aveva i capelli rossi. O erano verdi? Sì, insomma, di certo non erano biondi, e poi erano lunghi e lisci.

« Ti ringrazio per la dichiarazione, ma siamo cugini » mi ricorda il moro. « Quanto alla pipì, temo che dovrai resistere ».

« Beh? Che problema c’è? Basta chiedere il permesso al vescovo per sposarci, mi pare logico. E poi c’è anche un detto: non c’è cosa più divina che farsi la cugina! ».

« Quando bevi sei di una volgarità assurda, lo sapevi? Non ti si riconosce. Ora cerca di stare un po’ zitta… Caroline, prova a tenerle la testa così… ok, grazie ».

Le  mani di D’artagnan e Celine si sfiorano e quell’addormentato di mio cugino arrossisce.

Merda, la biondina mi sta facendo concorrenza, devo dirglielo!

« Tu mi stai facendo concorrenza, mi rubi l’uomo! ».

« Cosa? » lei mi guarda e ride di nuovo.

Ma qui sono tutti scemi: hanno continuamente crisi di riso.

Cerco di muovermi un po’, ma non ci riesco. D’improvviso scorgo una sagoma che mi scruta dall’alto.

Ma sì, lo riconosco: è Gabriel.

Finalmente qualcuno che mi fila: stasera festa grande per lui!

« Cosa diamine sta succedendo qui? Christine sta male? » domanda ad Art.

« Ciao, Gabriel. No, semplicemente ha bevuto come una spugna: è partita, completamente fuori di testa. Ha passato tutto il tempo a farmi avances oscene ».

Ora non resisto più.

« Mi scappa la pipì, da morire! ».

Senza un motivo esatto scoppio a piangere. Non so bene perché, ma improvvisamente tutto mi sembra terribile. Il mondo devastato dalla guerra, la siccità in Africa, la denutrizione in Asia, Twilight in Europa e America, i bambini malati di AIDS, la scuola, il moretto che non mi fila, il ragazzo appena arrivato pure, io che non mi rendo conto di nulla…

« Ora ha raggiunto la fase di depressione… accidenti, io non ce la faccio proprio a sorreggerla mentre deve andare in bagno, ho esaurito tutte le mie forze trascinandola fin qui » dice il mio presunto cugino sbuffando.

Tutte scuse, vuole soltanto rimanere solo con Camilla, o Caroline, o Celine, o Charlie. Non so.

« Ma io sto malissimo » non riesco a smettere di piangere.

« Stai tranquilla, ti porto io ».

Art sembra dubbioso, ma l’altro ragazzo mi aiuta a rialzarmi.

« Gabriel, guarda che se approfitti di una ragazza in queste condizioni ti ucciderò con le mie stesse mani, chiaro? Anche se si tratta di una scema come Chris ».

« Stai tranquillo, te la riporto sana e salva ».

Che figata, stanno litigando per me!

Se non ci sta D’artagnan, allora ripiegherò su Gabriel.

Mi reggo al collo di Gabriel, poi gli tocco e i capelli e cerco di stamparli un bacio sulla guancia, anche se lui comincia ad agitarsi.

« Ti prego Chris, stai ferma. Non ti rendo conto di quello che stai facendo, ok? Ora cerco un cespuglio, così potrai fare pipì in santa pace ».

« Ma io voglio solo darti un bacio, lo prometto ».

Mamma mia, certo che i ragazzi di oggi sono proprio dei puritani!

« No, non lo vuoi, credimi. Se lo fai, domani mi vorrai uccidere, io vorrò uccidermi e tuo cugino vorrà uccidere entrambi; sono ancora troppo giovane e attraente per morire ».

« Uffa, sei proprio una palla, lo sai? ».

« Dai, fai la pipì, non ti guardo ».

Mi abbasso a terra e mi accovaccio per fare finalmente pipì, cercando di mantenere l’equilibrio per non cadere. Alla fine mi aiuta a rialzarmi, tenendomi per un braccio.

Cavolo, ma è davvero carino anche lui; riprovo a baciarlo, ma anche questa volta si scansa. E che palle.

Alla fine riesco solo a fargli un bacio a stampo, ma questo idiota rimane immobile, quindi mi passa ogni voglia.

« Ma io non ti piacevo? » piagnucolo, pensando nuovamente alla fame nel mondo.

« Tu mi piaci » precisa, cercando di riportarmi dagli altri due. « Ma, nonostante tu sia uno spasso da ubriaca, ti preferisco sobria, ok? ».

« Non ho nemmeno una possibilità stasera? » pigolo. « Ma tu sei bellissimo e fantastico, mi hai anche portata a fare pipì! » replico.

« No ».

Arriviamo dagli altri due e questo pazzo mi obbliga a stare seduta, dicendo che mi avrebbe fatta stare meglio. 

Maledetto…

Ad un certo punto il mio stomaco non regge più e gli vomito addosso tutta la cena.

Ops.

Evidentemente devo aver toccato il fondo, perché Art e la biondina mi prendo sottobraccio e decidono di trascinarmi a casa con la forza.

Io non capisco cosa sta succedendo, ma ad un certo punto mi ritrovo sotto le coperte con la testa che pulsa e un saporaccio tremendo in bocca.

Subito dopo mi addormento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

______________________

Il tempo che mi separa dagli esami di maturità scorre inesorabile, ma nulla mi impedisce di sprecare pomeriggi interi cercando di aggiornare fan fiction che nessuno si fila, a parte i soliti noti (che, in ogni caso, amo et adoro). In ogni caso XD passiamo alle recensioni:

 

mikybiky: fortuna che ci sei tu, stoica come sempre, a leggere e commentare ogni capitolo. Sei uno dei punti fermi di questa fan fiction u_ù  Ma parliamo di cose serie: quali subdoli professori spediscono le lettere a CASA? La sola idea mi terrorizza. Pensa che frugo nella cassetta delle lettere anche solo per nascondere l’estratto conto della mia prepagata XD A mio parere la giusta soluzione è fingere indifferenza e/o scappare di casa, darsi alla macchia, fuggire *yeeee*.

La verità è che Gabriel è indubbiamente belloccio (?) e mediamente simpatico (!), è normale che la gente lo apprezzi XD E’ Charlie che vuole farlo passare per il nuovo Hitler o qualcosa di simile, poveretto, lui di suo non sarebbe male. Cioè, sì, ok, forse un po’ presuntuosetto u_ù ma glielo possiamo perdonare, no?

Tieni duro ancora 2 o 3 capitoli XD e poi i tuoi desideri saranno esauditi!

 

Alexya379: Orbene! Un nuovo acquisto fa sempre piacere <3 soprattutto in storie universalmente snobbate come la mia u_ù comincio a chiedermi se la logica contorta e delirante di Charlie (che tu apprezzi <3 e ti amo per questo) non spaventi tutti i possibili nuovi lettori. Magari pensano “oh, logaritmo! No, chiudiamo la pagina, aiuto!”… no? Povera matematica, sempre così snobbata e bistrattata da tutti! Mai che si odi qualcosa di odioso, come… come l’economia °u°.

Grazie mille per il commento e i complimenti <3 spero di averti nuovamente tra i recensori! Hasta luego!

 

Niggle: Gabriel sta lentamente conquistando il mondo, il tutto a nostra insaputa. Ci sveglieremo una mattina e scopriremo di trovarci a Gabriel-land. E la cosa peggiore è che ne saremo perfino contenti XD

Ok, scherzi a parte u_ù Gabriel non è così male come Charlie vuole farci credere… anche lui è buono, sotto sotto sotto sotto. Il prossimo capitolo sarà interamente dedicato al suo appuntamento con Chris, ma quest’ultima in versione ubriaca –a mio parere- supera ogni coinvolgimento romantico XD

 

 

 

…tutte qui? ;__;

Ci sentiamo!

 

 

Clà

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Capitolo 6
*** 6. Di amnesie temporanee, appuntamenti galanti e sorelle insensibili ***


Comunicazione di servizio: Il seguente capitolo è scritto secondo il punto di vista di Christine <3

 

 

Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea.

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

6. Di amnesie temporanee, appuntamenti galanti e sorelle insensibili

 

Sbatto più volte le palpebre, cercando di abituarmi alla fioca luce che filtra dalle tende. A primo acchito mi sembra tutto normale, forse anche troppo: è domenica mattina, la casa è avvolta nel silenzio e Charlie sta russando pesantemente nel letto accanto al mio.

Nonostante ciò, c’è ancora qualcosa che non quadra, un particolare che mi sfugge…

Mi alzo di scatto, con la testa dolorante, e un terribile vuoto temporale.

Che diavolo ho fatto ieri sera?

Ieri sera… Sono uscita. Forse. Ok, devo cercare di ricordare, non posso soffrire di Alzheimer a soli diciotto anni, sono troppo giovane!

Insomma, ieri sera ho… bevuto.

Cerco di mantenere la calma e ricostruire i fatti uno ad uno, senza tralasciare nulla.

Dunque, per prima cosa sono uscita con Art. Ok.

Siamo andati alla Stauton. Ok.

Abbiamo conosciuto una ragazza completamente fuori di testa, Caroline. Ok.

Caroline ha cominciato a dire cose indecentemente folli ed io, per non penarci, ho bevuto uno shot. Poi un altro. Ed un altro. Ed un altro ancora.

Ok.

Cioè, no, ok un corno! I miei ricordi si fermano qui, apparentemente; ordine del giorno: trovare Art e obbligarlo a dirmi tutto ciò che è successo, per filo e per segno, perché ho la terribile sensazione di aver fatto qualche cazzata.

Scendo dal letto barcollando e, ancora in pigiama, mi precipito nella camera degli ospiti. A differenza di me e Charlie, Art è sempre stato un tipo mattiniero, per questo prego che sia già sveglio.

Come mi aspettavo lo trovo semi sdraiato sulla poltrona, completamente assorto nella lettura di uno dei fumetti di mia sorella (che grazie a dio non è presente, altrimenti griderebbe qualcosa come “Quella è un’apertura a 93°! Sei pazzo?! Lo sgualcisci!”).

Non appena mi nota, Art scoppia in una risata incontenibile, rischiando di rotolare a terra rovinosamente.

Questo non è per niente un buon segno.

Mi porto le mani ai fianchi e, con la testa pesantissima e lo stomaco in subbuglio –chissà perché poi, a me non risulta certo di aver vomitato!-, lo guardo dritto negli occhi.

“Tu. Tu, Arthur James, adesso mi spiegherai esattamente, e con minuzia di particolari, cosa è successo ieri sera” dico, scandendo bene ogni parola. Poi, però, abbandono il mio cipiglio battagliero, per assumere un tono molto più piagnucoloso: “Ti prego, cugino adorato, dimmi che non ho fatto nulla di terribile!”.

“Non hai fatto nulla di terribile” mi rassicura.

…Davvero?!”.

“Certo che no!” risponde, ricominciando a ridere con uno scemo. “Sei stata esilarante, anche se tutto dipende dal concetto che hai tu di terribile”.

Mi porto le mani alla faccia, nascondendo gli occhi.

“Dimmi che ho fatto” lo imploso, con un filo di voce.

“Niente di che, davvero… A parte aver straparlato per ore, averci provato sia con me –che, ti ricordo, sono tuo cugino- chiamandomi D’Artagnan, che con Gabriel.  Oh, e gli hai pure vomitato addosso dopo che lui ti ha accompagnata a fare pipì”.

Mi sento avvampare: questa non può essere la verità. Perché se ci ho provato con Artie pazienza, intendo, ero ubriaca, sono perdonata, no? Ma Gabriel!

Brrr, la sola idea mi fa venire i brividi. Oltre al danno, in questo caso l’umiliazione, si aggiunge anche la beffa: questa sera devo uscire con lui per colpa di quella psicopatica di mia sorella. Se ciò fosse avvenuto in un contesto normale, penso che avrei anche potuto persino cercare di divertirmi, ma dopo gli avvenimenti di ieri notte voglio semplicemente sotterrarmi.

Detto fra noi, oggettivamente non è che l’essere inutile e abbietto mi dispiaccia poi così tanto. Certo, non lo candiderei come prossimo premio Nobel per la simpatia, ma di non desidero nemmeno vedere il suo cadavere pendere dalla forca e venir divorato da uno stormo di avvoltoi; Charlie è decisamente più crudele di me sotto questo punto di vista!

Artie…” riprendo, cercando di mantenere un minimo di contegno. “Davvero Gabriel mi ha accompagnata a fare pipì?”.

“Certo!” conferma ilare. “Ti ha accompagnata dietro un cespuglio e ti ha sorretto per evitare che cadessi a terra”.

La mia vita è ufficialmente rovinata.

Decido di non aggiungere più una parola, soprattutto per evitare di sfociare nella volgarità gratuita, ma non riesco a trattenermi: non appena Art ricomincia a ridere sguaiatamente, afferro il soprammobile che mi è più vicino e glielo scaglio addosso con forza. Mi concedo un’uscita trionfale, rintanandomi nella penombra della mia amata cameretta.

Lo guardo mi cade su Charlie, ancora beatamente addormentata. Devo assolutamente parlare con lei.

“Charlie?” la scuoto piano, sussurrando appena il suo nome.

Mia sorella continua a russare e, ovviamente, non mi sente nemmeno.

“Charlie!” provo a dire con un pizzico di decisione in più.

Nulla.

La tiro per un braccio, cercando di farla cadere dal materasso, ma lei continua a tenere gli occhi chiusi e a dormire come se nulla fosse.

Come  si dice? A mali estremi, estremi rimedi.

La prendo le spalle e comincio a scuoterla violentemente, urlando con tutto il fiato che ho in corpo:

“CHARLOTTE!”.

Dopo questa immane fatica, che mi lascia senza fiato, senza voce e senza energie, la mia adorata sorellina si limita a grugnire amorevolmente, per poi sbavare sul cuscino e voltarsi dall’altra parte. Come può dormire in un momento di crisi come questo? E’ il momento di passare ad una terapia d’urto.

Con passi rapidi raggiungo la mensola sopra la scrivania e prendo in mano uno degli assurdi fumetti che lei tanto ama. Non capisco davvero cosa ci trovi in questi disegni storpiati, nei personaggi irreali con occhi immensi e il volto spigoloso, ma dal momento che li considera una specie di Bibbia, credo proprio che attentare alla vita di queste “cose” possa rivelarsi più utile di una secchiata d’acqua gelida.

Ed ora, Charlie Addormentata nel bosco, a noi due.

“Toh!” esclamo con voce insolitamente alta “Un po’ di fumetti da strappare uno ad uno e gettare nelle fiamme del caminetto! Ora prendo un rarissimo volume di… uhm… vediamo un po’… Berserk e…”.

“Fai un’altra mossa e ti sciolgo nell’acido!”.

Cosa vi avevo detto?

Come per magia Charlie è dietro di me, con gli occhi spalancati come tazzine da caffè e l’aria più sveglia che mai.

“Per la cronaca sto cercando di svegliarti da circa mezz’ora e questo era l’unico metodo per strapparti dalle braccia di Morfeo” le faccio notare, irritata.

“Morfeo?” Charlie di guarda attorno con aria smarrita. “E’ un tuo amico per caso?”.

Non siamo realmente parenti, lo giuro.

“No, Charlie, Morfeo è… Senti, lasciamo perdere, ti prego” sbuffo e mi siedo sul bordo del letto, incrociando le gambe.

Mia sorella cambia immediatamente espressione, facendosi seria: probabilmente ha percepito l’aria da confessione supersegreta imminente e, in modo del tutto inconsapevole, assume la mia stessa posizione.

“Sono tutt’orecchie!” mi avvisa “Spara”.

Prendo un grosso respiro e mi preparo psicologicamente.

“Ieri sera mi sono ubriacata come non mai” rivelo “Non puoi nemmeno immaginarti i disastri che ho combinato!”.

“Beh, nemmeno tu, visto che quando bevi dimentichi tutto. Dove sta il problema? Non ricordi assolutamente nulla e non soffri, è sempre andata così” replica lei con aria serafica.

“Il problema è, testa di cipolla, che questa volta ho fatto peggio del solito. Non sono mai arrivata a tanto e spero di non arrivarci mai più!” esclamo concitata, cercando di spiegarmi.

Charlie si limita ad osservarmi con aria scettica.

“L’hai detto anche quella volta che hai rubato tutti i cioccolatini dalla dispensa e poi hai passato una settimana chiusa in bagno per via dell’indigestione. Ma di fatto continui a rubarli e nascondere le carte sotto il letto, no?”.

Ok, forse Charlie ha ragione, ma rubare il cioccolato fa parte del mio DNA, come i capelli castano chiaro o gli occhi verdi, o la propensione alla sfortuna. E poi in quel caso avevo dodici anni.

“Sono passati sei anni, penso che ora la situazione sia un po’ cambiata” le faccio notare.

“E quella volta che Art finì al pronto soccorso perché l’avevi colpito con un portacandele e tu giurasti che non gli avresti mai più lanciato nulla?”.

“A mia discolpa posso dire che perfino i muri sanno quanto Art possa essere antipatico, non c’è verso di andare d’accordo con lui”.

Mia sorella tace un attimo e poi torna a scrutarmi con un’aria indagatrice che non mi piace per nulla. La maggiore sono io, non lei, di conseguenza dovrei essere IO a sgridarla e a rimembrarle i suoi molteplici errori, non il contrario.

“E quando Leopold inghiottì un bottone e tu giurasti che non avresti mai più cercato di nutrire un animale con qualcosa che non fosse mangime specializzato? Una settimana dopo tentasti di dare un ovetto Kinder ad un procione.”

“Charlie, basta, ho capito!”.

È davvero incredibile l’abilità di mia sorella nel farti dimenticare ciò che volevi dirle!

“Per non parlare della promessa che hai fatto qualche mese fa, quando ti sei lasciata con Erik. Per almeno un anno non uscirò più con un ragazzo! E invece questa sera ti vedi con l’essere inutile e abbietto”.

“Questa è tutta colpa tua” le ricordo. “Se non fosse per te e quella tua stupida fissazione della band… insomma, non è una scelta mia, anzi!”.

Charlie si mordicchia le labbra, punta sul vivo.

“Beh, in realtà non ti fa poi così schifo, no? Ti ho sentita l’altro giorno: non perdere il mio numero, Gabriel! E poi lui ti ha mandato un messaggio stanotte!” Charlie assume un’aria melodrammatica e con voce zuccherosa cita: “Ciao, Chris, come stai? Fammi sapere se ti sei ripresa, spero che tu stia meglio. A domani”.

“Che diavolo dici?” domando, spalancando gli occhi. “Io non mi sono mai scambiata messaggi con l’essere inutile e abbietto, né mai lo farò”.

“Ma stanotte mentre dormivi ti è arrivato un messaggio ed ha fatto così tanto rumore che l’ho letto io per te” mia sorella mi prende le mani con aria tragica. “Christine, io non voglio che lui ti piaccia. Che tu esca con lui. Che tu ti sposi con lui. Che tu abbia dei bambini con lui. Che tu compri un cane con lui. Che tu viva con lui nei secoli dei secoli”.

Ok, Charlotte sta farneticando, è ufficialmente fuori di testa.

“Fingendo che tu non abbia preso il mio cellulare di nascosto e ti sia letta i miei messaggi senza permesso… smettila! Non sono interessata a Gabriel, ok? Stanotte l’abbiamo incontrato, solo che io ero completamente ubriaca e gli ho vomitato addosso… ho cercato perfino di circuire Art! Adesso calmati, prima che mamma e papà decidano finalmente di rinchiuderti in un manicomio”.

Poco importa se ieri sera l’essere inutile e abbietto si è comportato come un essere umano passabile, non credo proprio che mi interessi nel senso romantico del termine. Anche se, lo ammetto, sono piuttosto sollevata che non mi odi dopo quello che gli ho fatto… mi ha persino scritto un messaggio per chiedermi come stavo!

Ma secondo voi io mi faccio impressionare da queste cavolate da preadolescenti? Ovviamente no.

E’ pur sempre una creatura inqualificabilmente infima.

Infatti.

Charlie non ha nessunissimo motivo di preoccuparsi.

Nessuno.

Giusto?

 

 

Quando ricevo lo squillo di Gabriel mi sento piuttosto nervosa. Afferro il cellulare e con gesti goffi lo caccio nella borsetta, preparandomi ad uscire e morire per la vergogna.

Provate a mettervi nei miei panni: la situazione sarebbe già assurda di suo, specialmente considerando che mi tocca uscire con lui soltanto per far sì che il gruppo della mia stupidissima sorella abbia un bassista decente, ma dobbiamo mettere in conto che ieri notte –mentre ero ubriaca fradicia- gli ho vomitato addosso e ho adottato un comportamento a dir poco lascivo che non mi si addice per niente.

Dopo questa esperienza, chi non tenterebbe il suicidio?

Mentre chiudo la porta alle mie spalle vedo un’auto grigio metallizzato aspettarmi alla fine del vialetto. Salgo in macchina trattenendo il fiato, sperando di apparire non disinvolta ma quantomeno normale.

“Ciao, come va? Ti sei ripresa?” mi domanda, nella sua perfetta imitazione di una persona cortese.

“Sì, non c’è male” borbotto. Speravo di evitare l’argomento, ma così non ci saranno dei vuoti nella conversazione! “La testa sta per esplodermi ed ho un vuoto temporale di circa quattro ore… a parte questo va tutto alla grande”.

“Ma davvero?”.

“No! Giuro che non berrò mai più un alcolico in vita mia” aggiungo, massaggiandomi le tempie.

“Beh…” Gabriel mette in moto e comincia a guidare in direzione di chissà dove. “Tranquilla, nella vita c’è molto peggio di una sbronza epocale. Se poi non ricordi assolutamente nulla, non dovresti nemmeno sentirti umiliata per le figure che hai fatto, no?”.

Accidenti, lo stesso ragionamento di Charlie. Se glielo facessi notare, temo che entrambi si darebbero fuoco seduta stante!

“In realtà… Art ha provveduto a raccontarmi qualcosa, e non è stato assolutamente bello. Che tu sappia, ehm… ho fatto qualcosa di strano?”.

Gabriel esita un attimo, fingendosi concentrato sulla guida.

“Dipende” dice infine.

D-dipende?” balbetto io, indecisa se voler sprofondare o meno.

“Insomma, si vedeva che avevi bevuto e che non eri in te: quasi tutti reagiscono così all’alcool”.

Perfetto.

 “In ogni caso mi scuso per ogni cosa io abbia detto o fatto… e per averti vomitato addosso”.

“Non preoccuparti: era carino il tuo vomito, davvero!” io lo guardo con aria scettica, considerando che non ho nessuna voglia di essere presa per i fondelli. “Ok, no, ma ho lavato tutti i vestiti, non preoccuparti. Tutti possono sbagliare, no?”.

Cominciamo a parlare del più e del meno in modo abbastanza tranquillo e, dopo poco, raggiungiamo il locale. Sono diffidente quanto basta, so con chi ho a che fare, anche se lui sembra essere inspiegabilmente simpatico.

Devo solo capire dove sta il trucco. Forse ha un sosia, oppure è sotto l’effetto di qualche stupefacente, o magari ha bevuto una pozione in pieno stile “Dottor Jekyll e Mr Hide”.

No, devo smetterla prima che diventi paranoica come mia sorella.

Il locale è decisamente tranquillo, una volta seduti ordiniamo entrambi una pizza. Improvvisamente l’essere inutile e abbietto mi rivolge una domanda del tutto inaspettata.

“Non vorrei risultare invadente, ma potrei sapere il motivo di tanto.. ehm.. odio nei miei confronti?”.

Sbianco. Ecco, questo è imbarazzante.

“Non è che io ti odi... intendo… no. Non ti odio. Davvero!” cerco di rispondere, sperando di suonare convincente.

“No?” chiede lui, stupito.

Insomma…” sono nel panico. “Diciamo che si tratta per lo più di diffidenza, ecco. E non nei tuoi confronti in particolare, ma in quelli di tutto il genere maschile”.

Gabriel non sembra persuaso dalla mia spiegazione, infatti mi osserva senza proferire parola. Di conseguenza io, visibilmente agitata, comincio a parlare a vanvera, come mio solito.

“Non pensare male, ti prego, lascia che ti spieghi la situazione! Non sono una misantropa che preferisce tenere le distanze da tutto e da tutti, anzi, ma credo di avere i miei buoni motivi per dubitare delle persone. Praticamente, hai presente Erik Goodman? Frequenta l’ultimo anno alla Kelmscott High School, piuttosto alto, capelli castani… cioè, insomma, lui è stato il mio ragazzo per due anni ed è stato amorevolmente ribattezzato lo stronzo. Mi ero presa una sbandata colossale per lui, ma evidentemente non ero affatto ricambiata: è andata a finire come vanno a finire tutte le storie di questo genere… ci siamo lasciati dopo che l’ho trovato per la terza volta consecutiva in discoteca, con la lingua che esaminava fin troppo attentamente le tonsille di una sconosciuta. Il bello è che si trattava del giorno immediatamente precedente il nostro anniversario! Può esistere qualcosa di più patetico?”.

Ecco, senza rendermene conto gli sto spiattellando ogni più piccolo particolare della mia passata vita amorosa. Non è quella che definirei una strategia vincente, ma non riesco a fermarmi.

“Sono cose che succedono, no? Ma è accaduto solo qualche mese fa, quindi mi brucia ancora, anche se non vorrei ammetterlo. Questa è la prima volta che esco con qualcuno da quando ci siamo lasciati e, credimi, al solo pensiero che tu ti possa comportare come lui –o peggio- il mio unico istinto è quello di tagliarti i freni dell’auto”.

…e concludo con l’immancabile minaccia di morte.

Ora anche lui sembra piuttosto imbarazzato, infatti ha perso l’espressione cogitabonda di qualche minuto fa.

“Che dire? E’ stato un vero idiota” sentenzia.

“Oh, molto di più!” rincaro la dose. “Un mollusco, un acaro, un esserino allupato ed inutile, la cui maledetta progenie non sarà nemmeno degna di camminare sulla superficie terrestre senza venire schiacciata ancora, e ancora e ancora!”.

Forse sto esagerando, perché Gabriel mi lancia uno sguardo piuttosto confuso e intimorito: sta osservando una parte di me che non credeva potesse esistere.

Ehm… stavate insieme da tanto tempo, capisco che non si è trattato di un bell’epilogo”.

“Ti dirò, mi sono quasi ripresa. Infatti quando lo incontro per strada riesco perfino a non insultarlo ferocemente”.

“Ok, il suo soprannome è ampiamente meritato” ammette, alzando le mani in segno di resa. “Solo che ora non devi pensare che tutti i ragazzi che capitano sulla tua strada siano così”.

Dove vorrà mai arrivare, eh?

“Lo so, ma per i prossimi ventisette anni non voglio provarlo sulla mia pelle. E’ stato terribile” confesso, facendomi scura in volto.

“Come biasimarti” commenta lui, cercando di sorridere. “In ogni caso mi fa piacere scoprire che non sei scontrosa e prevenuta solamente nei miei confronti, bensì nei confronti di tutto il genere maschile! È un gran bel passo avanti!”.

 Assumo un’espressione strana di fronte alla sua affermazione, quindi decide di correggersi.

“Diciamo che sei prevenuta in generale e con me in special modo, allora? Perché sono… come diresti? Inutile, abbietto e un po’ snob?”.

Sorrido.

“Anche. E poi perché tu e Charlie un giorno finirete per uccidervi a vicenda. Ma soprattutto perché sei un ragazzo, Maschio” preciso.

“Al cambiamento di sesso posso provvedere, ma quando all’andare d’accordo con Charlotte…” si finge pensoso e si tocca il mento. “Beh, credo che tu stia chiedendo troppo al cielo, Chris”.

A questo punto decido di arrendermi e godermi la serata.

 

“Sai, Chris…” dice, mentre mi sta riaccompagnando a casa. “Stavo pensando: abbiamo parlato del tuo ex ragazzo, dei tuoi progetti per il college, di come passi il tempo libero, della tua famiglia, dei tuoi hobby, della tua diabolica sorella… Adesso se mi incontri per strada dovrai salutarmi tassativamente, no? Potrei quasi dire che siamo amici!”.

Rimango stupita. Non so come mai, ma di certo non mi aspettavo un’affermazione simile da lui.

“Sì, certo!” gli assicuro. “Cercherò perfino di non nascondermi quando ti vedo”.

“Sono realmente degno di tale onore?”.

“Oserei dire di sì”.

Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, senza imbarazzo, semplicemente rimuginando sulla situazione.

“Grazie per ieri, di nuovo” esordisco. “Pensavo… è stato gentile da parte tua non provarci non me mentre ero ubriaca”.

Lui mi guarda stupito.

“Soltanto un idiota se ne sarebbe approfittato” sentenzia. “O un criminale, ma io non sono nessuno dei due, no?”.

“Allora spero di incontrare solo te la prossima volta che dovrò vomitare!” aggiungo, buttandola sul ridere.

“Sono qui anche per questo, no?” risponde tranquillo.

Continuiamo a parlare per tutto il resto del tragitto ed io non mi accorgo di quanto il tempo sia passato velocemente: sono quasi le undici e trenta. Oddio, devo farmi vedere da un bravo psicologo, anzi, pure da uno psichiatra… è evidente che sto impazzendo.

“Insomma, eccoti a casa sana e salva”.

“Sì” rispondo meccanicamente, riconoscendo il vialetto di casa mia e la finestra del salotto ancora illuminata. “Grazie di tutto!”

“Grazie a te” risponde lui. “Mi ha fatto piacere che tu non abbia vissuto questa sera come… beh, come una tortura”.

“Di niente”.

Silenzio.

Odio i silenzi troppo lunghi, soprattutto a fine serata e di fronte a casa.

Meglio fuggire.

“Insomma, io vado. Ciao”.

Faccio per alzarmi, ma sento qualcosa che mi tiene bloccata, il cuore comincia a battermi furiosamente.

Cazzo.

La cintura di sicurezza.

“Ehm, Chris…”.

“Sì, lo so che è la cintura!” replico rossa in viso e piuttosto imbarazzata. La slaccio rapidamente ed esco dalla macchia, quando ecco apparire Charlie di fronte alla porta di casa. Indossa una vecchia maglia dei Rancid come pigiama ed ha un’espressione che non lascia presagire nulla di buono.

Sembra quasi la scena di un film in cui la madre esce in vestaglia nel cuore della notte, con il mattarello in mano e guarda male il ragazzo della figlia finché quest’ultimo –che lei non sopporta- non leva le tende.

Peccato che la mia personale situazione presenti qualche non trascurabile differenza: prima di tutto Charlie è mia sorella minore, e in secondo luogo Gabriel non è il mio ragazzo –né lo sarà in futuro.

L’unica cosa veritiera di tutta la faccenda è che i due non si sopportano.

“Charlie, stavo appunto per entrare!” le dico a mo’ di saluto.

Lei non risponde, ma continua a guardare Gabriel con gli occhi ridotti a due fessure.

“Le hai messo le mani addosso?” gli chiede con fare indagatore. “Guarda che se scopro che le hai fatto qualcosa ti piazzo una bomba sotto il sedile, o peggio. In ogni caso non farti strane idee: tu non le piaci, per niente!” conclude con una ben poco matura linguaccia.

In tutta risposta Gabriel mi saluta con un laconico e freddo “ciao”, dopodiché alza il finestrino e se ne va rapidamente.

“Grazie tante!” esclamo rivolta verso Charlie. “Devi essere sempre così… inopportuna?”.

“Ehi, ero solo preoccupata per te!” protesta.

Rientro in casa sbuffando, mentre mia sorella mi sommerge di domande idiote che decido appositamente di ignorare.

Mi dirigo in camera senza degnarla di ulteriori attenzioni, lasciandola parlare senza risponderle. Mi cambio, mi caccio sotto le coperte e spengo la mia abat-jour mentre lei sta ancora farneticando.

Finalmente Charlie si rende conto che sono arrabbiata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Era mia intenzione sparire dalla circolazione per almeno un mese, non scrivere manco una riga, e ricevere minacce di morte da *certa gente* che vuole leggere il finale riveduto&corretto. Ma.

C’è un ma.

Ho terminato la versione cartacea della mia orribile e noiosissima area progetto sul Microcredito (ora devo solo schiavizzare qualcuno al fine di creare un falso sito Web per stupire la commissione. Se qualcuno sa farlo e mi sta leggendo, che mi contatti, ORA, SUBITO, ADESSO. Gli spedirò dei dolcetti come segno della mia sempiterna gratitudine), mi sono fatta interrogare in ogni materia possibile ed immaginabile, colmando perfino le mie lacune economico-matematiche che, detto fra noi, erano profonde quanto la fossa delle Marianne.

Poi sono arrivata a casa e mi sono detta: “…e adesso? Come posso dare un senso alla mia vita?”.

Mi è stato detto di fare sport (…), di fare il cambio degli armadi, di sistemare la mia stanza, di fare una cernita dei libri che tengo e di quelli che posso mettere in cantina, di leggere D.Gray-man, di andare a fare la spesa… ma NO.

Ho deciso che oggi il mio unico contributo alla società sarà pubblicare il capitolo sei.

(sai che contributo!)

 

Ma poi, ditemi, le note dell’autore le legge qualcuno?

In caso contrario ho farneticato per circa 200 parole u_u

 

Rispondiamo alle amabili recensioni, ora °u°

 

Alexya379: Artie sotto sotto è una buona persona, anche se a volte bisogna aspettare i momenti più impensati u_ù Comunque mai parlare male dell’alcool: sono una sua grande fan.

 

Svare: Trovarti nuovamente tra i miei lettori è una gioia <3 Anche perché tu SAI cosa ha passato la povera Chris. E pensare che al tempo eri una giovine di sani principi, moralmente retta e seria, mentre ora sei un’avvinazzata come tutti noi! Benvenuta nel gruppo! In ogni caso so che tu amerai FT a prescindere, soprattutto ora che sono obbligata a scrivere anche il due. Se non muoio prima u_ù Non si può mai sapere. (Se la Row fosse morta prima di finire Harry Potter, giuro che sarei scesa all’inferno a riprenderla XD)

 

Mikybiky:  il mio motto è “meglio tardi che mai” u_u è preferibile una recensione un anno dopo, che nessuna recensione XD Soprattutto in questa dannata sezione dimenticata da Dio. Comunque, preparati a gioire: Sherlock, l’uomo dell’anno, è nel prossimo capitolo XD Ma mentre lo scrivevo mi chiedevo: ma li ho fatti davvero interagire in questo modo stupido? Ma quanto è scema Charlie? Ma queste battute non fanno ridere! Cioè, sono andata un po’ in crisi XD Pensavo di avere un umorismo più sottile e uno stile che ricordasse meno la collana “Le Ragazzine”. Panico.

Comunque, chi vivrà, vedrà u_u

 

Merediana: Aw, i complimenti mi sciolgono <3 quindi… continua pure :D Chris che chiama Art “D’Artagnan” è una delle cose che preferisco nella storia, ma devo ammettere che non è farina del mio sacco, ma della donna geniale che mi ha ispirato il personaggio di Christine. E la sbronza. E Gabriel. Insomma, senza di lei non ci sarebbe l’intera storia u__ù Reddite quae sunt Caesaris Caesari.

Comunque aspettati ancora un nuovo personaggio, poi il cast sarà al completo, spero che apprezzerai anche lui °u°

 

Roro: Sei perdonata solo perché sono stata io ad obbligarti a vedere Sky High, uno dei film adolescenziali più trash e adorabili degli ultimi mille anni XD Non commento il commento sul vergognarsi a commentare, perché ti conosco e so che la cosa è perfettamente possibile.

Art e Charlie, in coppia, mi spaventano da morire. Cioè, perfino se non fossero cugini sarebbero un duetto a dir poco disastroso. Mh.

MI PIACE XD peccato che l’incest non sia in programma, anche se non ho nulla in contrario *.* (va beh, dopo i miei trascorsi da fervente NEJIHINA FAN, come potrei essere contraria? XD).

In ogni caso, grazie e AWWWWW per tutto il resto, i commenti e via dicendo <3 sei un bon bon alla crema, glassato e ricoperto da piccoli lama verdi canditi <3 Che altro? Spero di annoverarti ancora tra i miei recensori!

 

 

 

 

 

 

Clà, che è alla ricerca del senso della vita e ha scoperto che Kerouac non le piace per niente.

Buh.

Che delusione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 7. Di sensi di colpa, affascinanti chitarristi e geni della matematica ***


Di nuovo dalla parte di Charlie <3

 

 

 

 

 

Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea.

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

7. Di sensi di colpa, affascinanti chitarristi e geni della matematica

 

 

E chi diamine se lo sarebbe aspettato?

Ieri sera Christine, la mia Chris, la mia adorata e stimata sorella, il mio esempio di dignità, rettitudine e giustizie è… è uscita con l’essere inutile e abbietto.

Fin qui nulla di strano, è perfino colpa mia; sapete come si dice? Mai piangere sul latte versato, se la causa sono io significa che spetta a me riportare le cose al loro stato originario. Purtroppo è a questo punto che le cose cominciano a diventare più sospette del previsto. Tristemente sospette.

Io ho insultato Gabriel, e allora? Lo faccio praticamente sempre. Ci vediamo dal fruttivendolo? Sarcasmo e acidità si sprecano. Ci incrociamo di fronte alla chiesa? Idem. Siamo entrambi in fila da salumiere? Non c’è scampo.

Solo non capisco –e in cuor mio forse non voglio sapere- come mai questa volta è stato diverso. E’ stata Chris ad arrabbiarsi. Con me.

Vorrei poter dire che non ho la più pallida idea di come interpretare questo segnale… ma non posso. È talmente chiaro che perfino un cieco se ne accorgerebbe, perfino io. Con quello sguardo e quella freddezza Chris è stata più che esaustiva: lascialo in pace. Lasciaci in pace.

Lo so, era scritto nei suo occhi verdi fiammeggianti.

Accidenti. Insomma, perché proprio ora l’essere inutile e abbietto si deve trasformare da disgustoso rospo a principe azzurro dell’anno? Nella mia testa la serata si era già evoluta secondo i piani: un disastro. Christine si sarebbe annoiata a morte e, una volta tornata a casa, mi avrebbe dato della scema, avrebbe detto di non voler vedere mai più Gabriel nella sua vita e… nulla. Tutto sarebbe tornato alla normalità.

Ma non è andata così, evidentemente esistono sempre delle variabili che sfuggono ai miei piani e che, un giorno, finiranno per distruggerli.

E, a proposito di distruzione, sapete dove mi trovo ora?

Vi darò qualche indizio: ho attraversato mezza città a bordo di uno skateboard, con la mia fidata borsa nera a tracolla, l’iPod che mi spara nelle orecchie una canzone dei Fratellis e l’umore sotto le rotelle. No, non sto fuggendo dal mio triste ed inevitabile destino di sorella rinnegata, anche se sarebbe la cosa migliore da fare – in ogni caso, mi scuserò con Christine una volta portata a termine una faccenda ben più importante, ossia la mia promozione.

Altro indizio: ben chiuso nella borsa sta un simpatico libro di geometria analitica ed algebra.

Ora vi è tutto più chiaro, ci scommetto. Sto andando a casa di Mark (Mark, l’amore della mia vita, l’uomo praticamente perfetto sotto ogni angolazione, Mark!) per prendere ripetizioni dal di lui fratello e così acquistare ulteriori punti ai suoi occhi. Ok, e venire promossa, ma questo è secondario, no?

Senza nemmeno accorgermene mi trovo di fronte ad una casa completamente bianca, staccionata compresa. Sul cancelletto spicca la scritta “Holmes'”, sogno che sono arrivata a destinazione sana e salma. Mi stanno venendo in mente circa un milione di battute scontate sul cognome del mio futuro marito –sì, oramai lo chiamerò sempre così- ma mi trattengo: le battute scontate non sono per persone serie ed io, di fronte a lui, sono una persona seria.

Suono il campanello e decido di attendere qualche istante, speranzosa di scorgere la figura di Mark oltre la soglia e, non appena quest’ultimo esaudisce il mio desiderio, rimango senza parole, immobile come un dolmen e con un piccolo rivolo di bava che mi scende dalla bocca. Eccolo, in tutta la sua magnificenza: i lunghi capelli castani che gli sfiorano le spalle in leggere onde, gli occhi del grigio più spettacolare che io abbia mai visto che gli scintillano sul volto, la camicia a quadri che farebbe sembrare chiunque in boscaiolo ritardato mentre addosso a lui è semplicemente fantastica e… un sacco di altre cose che potreste tranquillamente immaginarvi da soli.

“Ehi Charlie!” mi saluta, mentre io sono ancora in piena contemplazione. “Pensavo non arrivassi più… temevo avessi cambiato idea!”.

Scoppio in una risata cretina.

“Cambiare idea? IO? Evidentemente non mi conosci abbastanza”.

In realtà ho pensato di dargli buca almeno trentasette volte questa mattina, ma la mia coscienza ha sempre avuto la meglio. Già sono tormentata dalla silenziosa lite con Chris, lasciarmi divorare dal rimorso per non aver accettato una proposta di Mark sarebbe stato… decisamente troppo.

“Beh, sono contento!” esclama lui, sorridendo disarmante. “Mi dispiacerebbe davvero se la band perdesse una batterista valida come te”

Avete sentito?! AVETE SENTITO? Secondo lui sono una batterista valida. Questo è amore.

…senza contare che la tua intermediazione è stata necessaria per coinvolgere Gabriel” continua, nominando colui che in questo momento odio di più. “Lui è semplicemente una forza, te lo giuro! Ed è merito tuo!”.

Ok, questo mi rende un po’ meno entusiasta, ma accetto in ogni caso il complimento.

“Mark, sai com’è… io ho naso per le persone piene di talento!” rispondo, cercando di fare buon viso a cattivo gioco.

Non faccio a tempo ad escogitare un’altra battuta accattivante che Mark si è già diretto verso le scale, probabilmente in cerca di qualcuno.

“Genio scendi, hai visite!” grida.

Genio? Oh, mamma, mi ero completamente dimenticata il motivo della mia visita qui: prendere ripetizioni dal fratello di Mark, non flirtare con Mark stesso. Dannazione, mi sembrava tutto troppo bello.

“O la smette di chiamarmi così o un giorno o l’altro ti ritroverai impiccato al tubo della doccia. Senza impronte”.

Mh. Simpatico.

“Sì, sì, come dici tu” asseconda l’amore della mia vita, mentre il suo strambo fratello scende le scale.
“E’ un po’ particolare” mi assicura “Ma con lui sei in ottime mani”.

I passi si avvicinano lentamente ed io li percepisco uno ad uno, come in un film horror. D’altronde, sapreste enumerarmi le differenze? No? Come immaginavo. Tutto ciò che ha a che fare con l’algebra potrebbe coinvolgere un potenziale assassino, lo sanno tutti.

“Quindi tu saresti Charlie”.

…sì” rispondo con voce roca. Su di lui –il fratello di Mark, intendo- nulla da dire, lo giuro, lo trovo del tutto anonimo; insomma, chi di fianco al fratello farebbe una figura appena decente?

Banalissimi capelli neri, altrettanto banali occhiali neri… che vi avevo detto? Terribilmente banale nel complesso.

“Ehm, ok, vieni in salotto con me”.

Lo seguo silenziosamente fin quando non ci sediamo entrambi al tavolo del salotto ed io, ammirevolmente, comincio a prendere i libri dalla borsa.

“Potresti cominciare dicendomi cosa non ti è chiaro del programma di matematica” incalza, senza lasciarmi il tempo di prendere una penna. Storco il naso, esibendo la mia migliore espressione contrariata.

“Potresti cominciare presentandoti” ribatto, ma si tratta più di un vano tentativo di rinviare la lezione che una vera e propria forma di educazione; evidentemente il tizio anonimo lo percepisce.

“Senti ragazzina…”.

“Non sono una ragazzina: mi chiamo Charlotte”.

“Va bene, senti Charlotte…”.

“No, è meglio Charlie. Charlotte mi fa venire i brividi!”.

“Ok. Charlie” sibila imponendosi autocontrollo. “Capisco che tu non voglia essere qui, ma ti prego di capire: nemmeno io voglio essere qui. Sto solo facendo un favore al mio fastidiosissimo fratello. Non potresti cercare di… ehm… venirmi incontro?”.

Lo squadro per qualche istante. Cavolo, mi fa davvero pena, è quasi come vedere Christine attraverso un caleidoscopio che la rende più giovane e le cambia sesso. Ok, forse non è esattamente come vedere Chris, ma spero abbiate capito l’antifona: mi sento in colpa. Tremendamente in colpa.

“Sherlock, hai vinto!” esclamo, alzando entrambe le braccia in segno di resa. “Mi arrendo”.

T-ti arrendi?” balbetta lui, interdetto. “Ma soprattutto, Sherlock?”.

Annuisco vigorosamente.

“Sì, Sherlock come Sherlock Holmes… chiaro?” spiego. “Poi mi arrendo, avanti, ti autorizzo ad inculcare tutti i fondamenti matematici che vuoi nel mio cervello inerme, cosa aspetti?”.

“Io non inculco fondamenti matematici nel cervello di nessuno”.

“Ah, no? Credevo di essere qui per questo…”.

“Sei qui per colmare le tue disastrose lacune” rettifica. “E desidererei essere chiamato con il mio nome, se non ti spiace”.

Mi stringo tra le spalle.

“Se solo lo sapessi…” borbotto, mentre maledico mentalmente lui, il suo dannato nome e tutta la sua progenie.

“Michael. Se tu fossi stata più educata me lo avresti già chiesto!”.

“Tu avresti potuto dirmelo” rispondo seccata.

“Va bene, lascia perdere. Che ne dici di parlare di matematica ora?”.

“Ehi, non vedevo l’ora! Fantastico!” esclamo.

“E’ sarcasmo quello che percepisco?”.

“Ma no, cosa ti viene in mente? Volevo solo dire che… wow, evviva la matematica” rispondo io, per nulla credibile. “Che ne dici di spiegarmi un po’ di algebra?”.

“Un po’ di algebra? Non ti pare di essere un filo generica?”.

Lo fisso pensierosa per qualche istante, come se la risposta a tutti i miei quesiti esistenziali fosse scritta sulla sua fronte.

“Ho un idea” annuncio infine, tendendogli la mano destra. “Ricominciamo da capo: piacere, io sono Charlotte, ma mi puoi chiamare Charlie –anzi, devi-. Felice di conoscerti!”.

Michael mi osserva dubbioso, valutando se chiamare o meno la polizia, però dopo un attimo di esitazione mi stringe la mano.

“Ciao Charlotte” sospira.

“No, così non va. Non siamo mica alla riunione degli alcolisti anonimi!” esclamo. “Mettici più convinzione, ok?”.

Lui rotea gli occhi.

“Charlie, sono oltremodo lieto di fare la tua conoscenza, soprattutto viste le tue leggendarie doti computative” (ok, questa volta ci siamo) “Ma ciò che più contribuirà ad illuminare la mia giornata è, a parte la tua presenza, sapere cosa dovrò spiegarti affinché non venga bocciata all’esame di matematica”.

“Con molto piacere” rispondo con tono insolitamente garbato. “Dunque, secondo il mio modesto parere è necessario partire da addizioni e sottrazioni, successivamente focalizzarsi su moltiplicazioni e divisioni e, solo in un terzo momento, passare alle tabelline. Che ne dici?”.

“Dico che…” sbatte le palpebre più volte, quasi incredulo “No. Stai scherzando, vero? Vero?”.

Di solito adoro terrorizzare la gente, ma in questo caso sono stata piuttosto sincera: la mia avversione alla materia è epica.

“Può darsi” rispondo vaga. “Il problema è che nella mia mente c’è un vero e proprio buco nero. Forse so fare addizioni e sottrazioni, ma mi è ignoto tutto ciò che concerne l’algebra e la geometria analitica”.

Sherlock sta per piangere, me lo sento.

“...capisco” si limita a commentare, cupo. “Sei messa peggio di quanto pensassi”.

“Guarda il lato positivo: Einstein non riusciva a sommare numeri ad una cifra!”.

“Mi stai dicendo che tra qualche anno proporrai una nuova teoria relativistica della gravitazione?”.

“Una nuova… che cosa?”.

“Come non detto” commenta a mezza voce. “Ti prego, non protrarre oltre la mia sofferenza. Potremmo cominciare dall’algebra, per te va bene?”.

“Sei tu quello intelligente. Cioè, non che io non mi consideri intelligente, ho un’alta opinione di me stessa, solo non penso di essere matematicamente intelligente quanto te – sempre che tuo fratello non mi abbia mentito”.

“Una curiosità: tu parli sempre così tanto?” mi chiede, interrompendo il mio farneticare.

“No” rispondo meccanicamente, per poi correggermi in un improvviso attacco di sincerità “Sì. Un po’. Dipende”.

“Che risposta illuminante!”.

“Va bene, può darsi che io sia smodatamente loquace, e allora?”.

“Nulla, volevo solo constatare se ne fossi o meno consapevole… sul serio, non stai zitta un attimo!”.

Alzo il mento, orgogliosa.

“Almeno in mia compagnia non ci si annoia!” affermo. “Di sicuro non ci sono silenzi imbarazzanti”.

“Forse perché ciò che dici lo è già di suo” insinua, senza dare particolare peso alle sue parole. Io lo guardo, quasi potessi essere in grado di incenerirlo con la sola forza del pensiero.

Oh, quanto mi piacerebbe.

“E dire che cominciavi a starmi simpatico” rispondo, dopo aver rinunciato a far esplodere la sua calotta cranica.

“Felice di essermi attirato tutto il tuo odio, se questo significa che lavoreremo in silenzio” ribatte lui. “Ed ora apri il libro a pagina ventisei… esercizio due”.

“No, non posso studiare con qualcuno che mi sta antipatico. Lo trovo mentalmente limitante, capisci?”.

“Ma non mi dire…”.

“Facciamo pace?” domando implorante, sorridendo a trentadue denti. Michael mi rivolge l’ennesimo sguardo disperato.

“Ma se non abbiamo nemmeno litigato!” esclama.

“Beh, ma io mi sono offesa quando hai detto che parlo troppo”.

“E’ la pura verità. Sei qui da almeno venti minuti e non ti sei ancora decisa a prendere in mano la penna” mi fa notare, indicando il mio astuccio ancora ermeticamente chiuso, per non parlare del mio libro di algerbra praticamente nuovo.

“E’ colpa tua! Ribatti ad ogni mia affermazione!” dico, puntandogli l’indice al petto.

“Cosa dovrei fare? Darti sempre ragione?”.

“Non lo so, però potresti sorridere ed annuire come fanno tutti” spiego. “In questo modo io mi rassegnerei e ti asseconderei, no?”.

“Facciamo come dici tu: Charlotte hai ragione, anzi, pienamente ragione su ogni cosa” dice. “Dal momento che non intendo contraddirti mai più, che ne dici di fare il dannato esercizio due a pagina ventisei?”.

Scuoto la testa.

“Troppa veemenza”.

“Charlie, fai quell’esercizio!” ordina perentorio, aprendo il libro con decisione.

Devo trovare una scusa, una qualunque. Questa lezione di matematica non s’ha da fare!

Dite che puntare sul patetismo funzionerò? Insomma, non ha mai funzionato, ma può darsi che Sherlock sia una persona facilmente impressionabile.

“Ti supplico, no, non posso” piagnucolo allora, sbattendo più volte le ciglia.

“Charlie, non ti ho chiesto di strozzare il tuo criceto, solo di svolgere una normalissima equazione!” esclama. “Non guardarmi come se fossi il tuo aguzzino”.

“Ma tu SEI il mio aguzzino”.

“No, sono solo una persona che cerca di farti un favore, ok? E’ per il tuo bene”.

“Lo dice sempre anche il mio dentista” ribatto “Per poi devitalizzarmi un dente a tradimento o farmi un’otturazione assolutamente inutile”.

“Con l’unica differenza che imparare la matematica non è inutile. In ogni caso nessuno ti obbliga a restare”.

D-davvero?” domando speranzosa, pregustando già l’intero pomeriggio libero. Magari potrei chiedere a Mark di uscire…

“Certo. Insomma, non sarò di certo io ad avere sulla coscienza la tua bocciatura, no? Inoltre quando lascerai la band avrai più tempo per studiare, ogni cosa ha i suoi lati positivi”.

Argh, ciò che questo individuo sta dicendo potrebbe anche essere vero. Forse. E ciò mi fa stare male, anzi, malissimo.

No, aspettate.

“Stai cercando di attuare una strategia di psicologia inversa?” domando sospettosamente, socchiudendo gli occhi fino a ridurli a due minuscole fessure.

“Ti sto dicendo la verità. Che tu voglia impegnarti oppure no, io non ci guadagno nulla… lo sto dicendo per te”.

Rimango in silenzio per pochi attimi, soffermandomi sulle parole di Sherlock e, più in particolare sulla sua persona. Non lo conosco da molto, è vero, ma mi ritrovo ad ammettere che forse le prime impressioni possono essere sbagliate.

Sospiro rassegnata, impugnando finalmente la penna a sfera ed un foglio a quadretti.

“Avanti, sono pronta” annuncio. “Fai il tuo dovere, mi fido di te!”.

…finalmente” lo sento mormorare a mezza voce, ma decido di ignorarlo.

Insomma, diventando sua amica potrei avere un contatto in più con Mark, no?

E’ geniale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

___________________________

Tra non meno di 7 giorni mi attende l’esame di maturità. E chi l’avrebbe mai detto! La nascita di questa storia, ovvero il suo primo abbozzo, risale a circa 6 anni fa, grazie ad una ragazza di nome Irene – presto diventata la mia sorellona adottiva prediletta- e ad una fan fic su una probabile next generation di HP.

Mai, giuro, MAI avrei pensato di arrivare a questo punto!

Grazie a tutti <3

 

Alexya379: Carinissime minacce di morte? Ma lo sappiamo tutti che sono simbolo di imperituro amore! Non c’è dubbio. Grazie mille per il complimento sullo stile, anche se non credo di meritarmelo XD Io scrivo semplicemente… quello che mi viene in mente. Un po’ come se tenessi un diario o scrivessi un blog. Non cerco parole astruse o mi obbligo ad usare termini desueti… insomma, mi concentro più sulla trama e –soprattutto- sui dialoghi. In ogni caso sono contenta che questo mio modo di fare ti piaccia <3

 

Mikybiky: Eccoti accontenta, in questo capitolo appare Sherlock 2.0. Spero soltanto sia irresistibile e amabile come la prima versione! Per quanto riguarda il segnalibro… l’amore è strano. Io tengo ancora una cartolina speditami da un tizio che, pochi giorni dopo, mi ha spezzato il cuore. Non so, forse sono scema, ma i ricordi sono ricordi, è difficile separarsene. Charlie oltre alla maglia dei Rancid indossava anche un paio di bermuda: non è mica una scostumata! (ah, aveva anche delle ciabatte in pelo rosa, se ti interessa XD).

In ogni caso Chris è molto arrabbiata… ma questo lo scoprirai nel prossimo capitolo u_u non posso fare spoiler. Ti avevo avvertita, questa è la nuova versione, corretta, più complessa e più angst! Vedrai, vedrai!

 

 

Roro: Amore mio, mi hai scritto una recensione lunghissima! Non che non l’apprezzi, ma rispondere ad ogni tuo quesito è TROPPO per una pigrona come me… lo sai, sono Shikamaru in gonnella. Ma cominciamo: Gabriel è amabile solo con chi ama, purtroppo Charlie non rientra in questo ristretto gruppo. E’ un bravo ragazzo, davvero, ma è umano come tutti noi, ha antipatie e preferenze. Ovviamente Charlie non contribuisce a creare un clima di pace tra loro, ti pare? E’ una sorella MOLTO possessiva e protettiva.

Spero che mi dimostrerai il tuo imperituro amore per Sherlock nel commentare questo capitolo! Soprattutto dopo il bellissimo banner che hai creato!

Ti adoro <3

 

BeRRy_aPPle: Mi fa sempre piacere accogliere una nuova adepta alla religione del Charlinesimo, nonostante si tratti di una religione complessa, paranoica e un po’ malata u_ù Come hai detto tu, Art è un po’ truzzo, ed io non posso che confermare. Se vuoi aggiungermi a msn e mandarmi i tuoi fantastici disegni… io sono qui *_* sul serio, non aspetto altro. Li pubblicherò a fine capitolo, come sto per fare con un banner su Sherlock creato da Roro. Inoltre sono lusingata dall’apprezzamento che hai dimostrato. Spero di ritrovarti nuovamente tra i miei lettori più fedeli! ja ne!

 

Merediana: Prima di tutto sono contenta che il capitolo non ti abbia deluso… a dire il vero ero un po’ perplessa: non me la cavo molto bene con le storie romantiche. Sono un’insensibile XD Nel senso che esco solo con individui insensibili e di conseguenza ogni manifestazione d’affetto risulta ambigua e non “fanfictionabile”. Non posso proprio attingere ad esperienze personali XD

Ti voglio tranquillizzare: Gabriel non è una persona cattiva, è serio e affidabile. L’unico problema è che tra lui e Charlie si è creata una tensione che non si esaurirà MAI: come dire, è stato odio a prima vista. Forse perché sono troppo simili… entrambi impegnati ad atteggiarsi da stronzi sicuri di sé, ma in realtà alla ricerca di qualcuno che li apprezzi per quello che sono… no? Sono troppo romantica? XD






Grazie Roro!



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Capitolo 8
*** 8. Di scuse patetiche, amiche ninfomani e idee pericolose ***


Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea.

La Legge di Charlie

“se qualcosa può andar male, con il mio aiuto lo farà

 

 

 

8. Di scuse patetiche, amiche ninfomani e idee pericolose

 

 

 

“Charlie” borbotta Chris con voce assonnata “Vattene, mi stai facendo cadere dal letto”.
Rendendo palese che non me ne potrebbe importare di meno, mi faccio ancora più spazio sotto le coperte, stringendomi al suo braccio.

Charlie…” continua a protestare debolmente. “Sono tre giorni che non ci parliamo, non potevi resistere ancora qualche ora? Così non è che mi senta incoraggiata al perdono”.

Eddai, lo sai anche tu non puoi tenermi il muso ancora per molto!” esclamo, insolitamente sveglia nonostante siano soltanto le sei di mattina. “Ho accennato al fatto che, beh, insomma… mi dispiace?”.
Christine si abbandona ad un lento sbadiglio.

“Sì, circa venti volte”.
“E allora? Non ti sembro pentita e addolorata?”.

“Non penso di averti mai vista addolorata, sai? Mi sembra quasi un ossimoro” risponde pensosa. “Chi mi assicura che non mi farai fare altre figure come quella di venerdì sera?”.
Spalanco gli occhi, sedendomi di scatto sul letto.

“Io!” esclamo, puntando entrambi i pollici verso la mia persona. “Ti puoi perfettamente fidare della tua sorella preferita”. Chris si limita a solleva un sopracciglio.

“Anche se, in tutta onestà, continuo a non capire come mai ti ostini a difendere quell’individuo fine a se stesso”.
Lei sbuffa, strattonando la coperta e infilandoci sotto la testa. “Visto? Lo sapevo che non avresti capito”.

“Eh? Capito cosa?”.

“Come volevasi dimostrare!” esclama stizzita.
“Insomma, Chris, se non mi parli come posso capire?” le chiedo. “Posso solo prometterti che ci metterò tutta la mia buona volontà.
“Va bene” sospira. “Purtroppo non sei mai stata una campionessa di arguzia…”.
Resto in silenzio, ormai ho capito che protestare sarebbe del tutto inutile e infruttuoso.
Vedi… In fondo Gabriel non è così inutile e abbietto come credi, ok? Forse è un po’ pieno di sé e quando vi trovate entrambi nello stesso posto non è il massimo della simpatia, ma non hai mai pensato che il problema potresti essere… tu?”.

“IO?!”.

Christine annuisce con convinzione.
“E chi altri? L’altra sera si è comportato come una persona normalissima, è stato perfino gentile. Voglio dire, gli ho perfino vomitato addosso e lui non se l’è presa minimamente; certe volte devi ammettere di non essere la persona più facile con cui entrare in sintonia. E poi abbiamo avuto un appuntamento… come dire… piacevole!”.

“Forse è solo una tua impressione causata dalla carenza di rapporti umani…”.

“No, Charlie. È stata una bella serata e tu ti sei comportata in modo maleducato ancora prima di sapere come l’avevo vissuta, non hai scusanti”.

“Ah, ok” commento laconicamente, abbassando gli occhi. “In tal caso prometto di non farlo mai più. Sono perdonata?” concludo, domandando speranzosa.

Anche se non posso vederla, sono certa, anzi, certissima che Chris sta roteando gli occhi. Odio quando lo fa.
(Ovvero praticamente sempre, quando discutiamo).

“Diciamo che sei in prova”.

“In prova? Ma se mi sono scusata tipo un miliardo di volte!” protesto. “Non è giusto!”.

“La vita è ingiusta, cara la mia sorella preferita. E ora lasciami dormire, o non ti rivolgerò mai più la parola; c’è gente che la mattina, a scuola, cerca perfino di seguire le lezioni”.

Sbuffo, alzandomi dal suo materasso.

Ok… ma è ingiusto comunque” aggiungo, prima di concedermi un’ultima ora di sonno.

 

Inclino la testa con sguardo assente. Nonostante tutti i miei sforzi, ho ancora la netta impressione che tutto ciò che sta scritto sul libro sia un qualche codice alieno criptato, ideato per il solo ed unico scopo di sterminare l’intera razza umana.

Ascoltate semplicemente il suono di queste parole: esponenziali e logaritmi. Non vi vengono i brividi? Non vi sentite come se la fine del mondo fosse inesorabilmente vicina? Non vi si rizzano i capelli dalla cute fino alle doppie punte?

Se a è maggiore di zero, per ogni x,y appartenenti a R vale… mi sentite? Non so nemmeno di cosa sto parlando.

Fortunatamente il rumore della porta che si apre e un insolito vociare mi distraggono dalle mie profonde riflessioni. Chiudo di scatto il libro e accantono gli appunti, rimandando lo studio ad un momento non meglio precisato. Ora come ora controllare l’identità degli intrusi è mia priorità.

“E così gli ho detto: senza manette niente, ok? Insomma, voleva usassi una corda… ma stiamo scherzando?”.
“Lui cosa ti ha risposto?”.
“Niente! L’ho imbavagliato e me ne sono andata”.
“Immagino la sua felicità…”.

Appena faccio il mio ingresso in salotto, vedo mia sorella e Artie che parlano con un’altra ragazza mai vista prima. È bionda, minuta, e parla di manette, corde e frustini. Ehm, forse quei due dovrebbero decisamente rivedere le proprie amicizie.
“Ehilà, salve” saluto timidamente.
Il cugino infame mi saluta con un cenno del capo, mentre Chris si alza per farmi spazio sul divano.
“Caroline, ti presento mia sorella Charlie” aggiunge, rivolgendosi alla ragazza bionda. “Charlie, lei è Carrie, l’abbiamo conosciuta settimana scorsa allo Stauton”.

“Intendi quando ti sei ubriaca?” domando, rigirando il coltello nella piaga.
Caroline scoppia a ridere.
“Già, che serata divertente! Anche se temo di essere stata io la causa della sua ubriacatura… insomma, per ringraziarla le ho offerto tutto quell’alcol senza nemmeno sapere se l’avrebbe retto”.
Scuoto la testa.
“Tranquilla, Chris è un caso disperato, è capace di andare fuori di testa anche con i cioccolatini al liquore”.
“Peccato che non ce l’abbia detto” commenta Arthur piccato. “Così abbiamo dovuto trascinarla a casa completamente sbronza”.
Chris cerca di farsi piccola piccola e sparire tra i cuscini del sofà.
“Per lo meno hai incontrato quel figo, no?” continua Caroline. “Com’è che si chiama? Gabriel? Ti ha perfino accompagnata a fare pipì… non è stato un gesto carino?”.
“Se per carino intendi imbarazzante e un filo patetico…” intervengo con un’alzata di spalle. “In ogni caso non escludo che si sia trattato di una scena esilarante; quanto avrei voluto essere presente! Perché non l’avete filmata con il cellulare?”.
“Charlie!” protesta mia sorella, inutilmente aggiungo.
Artie si colpisce la fronte con il palmo della mano.
“Merda, hai ragione!” esclama. “Che idiota che sono!”.
“Già, un vero imbecille” aggiungo, rincarando la dose senza nessun motivo in particolare.
“Se l’avessi filmata avremmo potuto mettere il video su YouTube. Sarebbe diventato il più visto della settimana e poi, aggiungendo una breve pubblicità, avremmo fatto anche un sacco di soldi!”.
“Bravi” commenta Christine, osservandoci truce. “Bravi, cercate pure di lucrare sulle mie disgrazie. Scommetto che vi daranno il Nobel per l’empatia”.
“Suvvia... lo sai che avremmo diviso con te i guadagni” cerco di consolarla.
“Io no!” esclama Arthur, generoso come al solito.
“Beh, io sì!” ribadisco. “Mi saresti stata per sempre debitrice, e non si sa mai quando si può aver bisogno di una trasfusione, di un rene o di un pezzo di fegato. Dico bene?”.
Ah-ah commenta Chris. “Davvero simpatici, tutti e due. Per fortuna che c’è Caroline e non sono costretta a sopportarvi da sola. Allora, Carrie, cosa stavi dicendo?”.

La ragazza porta un dito alla bocca, come se stesse pensando a qualcosa di terribilmente importante, poi spalanca gli occhi, realizzata.
“Sì, ecco, parlavo di quel tizio di Kensal Green con cui ho tradito il mio ex ragazzo, ma temo di aver divagato parlando di John, il cameriere del ristorante greco –che è tutto, tranne che greco, eh!- e di quando l’ho legato, imbavagliato e lasciato chiuso in quel motel… era un vero idiota. E poi una volta sono uscita con il migliore amico di suo cugino –nemmeno lui era greco, se vi interessa-, che stranamente conosceva un ragazzo che frequentava il mio stesso corso di economia domestica e che mi aveva presentato il tipo con cui uscivo il natale scorso e che mi aveva regalato quegli slip commestibili; insomma, fatto sta che dopo averli mangiati –lui, non io- si è sentito male, forse era allergico a qualcosa, e ho dovuto accompagnarlo in ospedale. Era pieno di bolle, faceva davvero schifo! E siccome mi sentivo talmente in colpa per tutto questo penso di essermi fatta uno dei suoi infermieri… è il fascino della divisa!” si ferma un attimo. “Ragazzi… penso di aver perso ancora una volta il filo del discorso!”.
Io non faccio altro che spalancare gli occhi e annuire.
Questa è tutta matta.
“E poi vi ho raccontato di quella volta che…”.
Ok, dopo un’intensa sessione di matematica –ben venti minuti- posso anche permettermi di spegnere il cervello e ascoltare i racconti degli strambi amici di mia sorella. Dopotutto me lo merito.

 

 

“Il logaritmo di una radice è uguale al prodotto dell'inverso dell'indice per il logaritmo della radicando, quindi se abbiamo logaritmo in base a di radice ennesima di b, questo diventerà…?”.
…e poi come se non bastasse Chris se l’è presa con me! Ovviamente io le ho chiesto scusa tipo un miliardo di volte e lei alla fine a ceduto, però ha detto che sono ancora in prova. Secondo te che cosa significa? Che aspetta e poi decide se volermi bene o odiarmi per tutta la sua vita?”.
Sherlock si massaggia le tempie, mentre io continuo il mio flusso di coscienza. Sinceramente non capisco il suo comportamento, come può essere così distaccato mentre io sono preda di tali tumulti interiori? Che uomo insensibile.

“Charlie, cerca di concentrarti sull’algebra. È questo che faccio: ti aiuto a superare un test; forse non l’hai capito, ma non sono il tuo psicoterapeuta”.

Annuisco con poca convinzione.
“Già, infatti in questo fai piuttosto schifo. Dovresti applicarti di più, mi sembra di parlare con un muro…
“Ma tu guarda, è la stessa sensazione che provo parlando con te!” commenta sarcastico.
Io sorrido.

“Che sia un segno del destino?” domando retoricamente. “È il fato che ti sta dicendo ‘ascolta Charlie e dopo, forse, è probabile che lei ascolterà te!’, mi pare ovvio”.
“Hai dimenticato un piccolo particolare: tu hai bisogno di me, non il contrario”.

“Ti tornerò utile quando meno te lo aspetterai” affermo convinta. “Quindi… cosa stavo dicendo? Ah, sì, e poi c’è questa strana amica di mia sorella, secondo me le manca qualche rotella”.
A Sherlock scappa un sorriso, ma cerca di nasconderlo.

“Da che pulpito, poi”.
“Stai insinuando che mi manca qualche rotella?” chiedo con fare inquisitorio, sventolandogli la matita sotto il naso. Lui non fa una piega.
“Non sto insinuando nulla, sto semplicemente illustrando un dato di fatto” mi risponde pacato. “Ed ora, per favore, non è che risolveresti questa semplicissima equazione?”.
“Va bene. Ma ad una condizione!”.
“Dimmi” mi concede, mormorando sconsolato.
“Prima mi devi ascoltare. Non ce la faccio, devo raccontarlo a qualcuno o scoppio! Anche se è qualcosa di assolutamente inutile, ho bisogno di condividere le mie elucubrazioni mentali con il mondo”.
“Il mondo te ne sarà grato, immagino” commenta. “Dai, parla, e carca di concentrare il maggior numero di parole nel minor tempo possibile. Ti concedo… trenta secondi”.

“Ehi, ma trenta secondi sono pochissimi!” protesto.
“Ventotto, ventisette, ventisei”.
“Ok, ok, non mettermi ansia!” esclamo. “Dunque, c’è questa tizia, fuori come un balcone, te lo giuro. Si chiama Caroline e a quanto pare Chris l’ha incontrata allo Stauton la sera che si è sbronzata. O forse è proprio la ragione per cui si è sbronzata, temo di non aver capito bene questo passaggio…”.

“Non mi stupisce” borbotta Sherlock, ma io ovviamente continuo ad ignorarlo.

…due secondi dopo le presentazioni, Caroline si è messa a raccontare in modo piuttosto confuso dei mille e passa casi umani con cui è uscita, di quanto fosse scandalizzata quando le hanno proposto una seduta di bondage e di quando ha legato e imbavagliato il suo ragazzo, per poi abbandonarlo nel motel senza vestiti e documenti. Ovviamente sempre sorridendo, come se stesse facendo il riassunto di un episodio dei Teletubbies o di Dora l’esploratrice. Questa è tutta pazza, credimi!”.
Per pochi secondi Sherlock mi scruta con aria indecifrabile.
“Non è che, per caso, questa Caroline è bionda? Minuta, con i capelli mossi…” mi domanda infine.
“Sì! La conosci?” dico, sgranando gli occhi. Lui fa spallucce.
“Abbiamo frequentato lo stesso corso di geografia…” risponde, rimanendo sul vago. Nel frattempo un sorriso piuttosto inquietante si dipinge sul mio volto.
“Sherlock, dimmi… sei forse arrossito?” domando con una punta di malizia.
“Non dire idiozie” si affretta a negare.

“Andiamo, a me puoi dirlo! Non ho l’aspetto di una persona affidabile?”.
“Per niente” scandisce. “Non lascerei in tua balìa nemmeno il mio peggior nemico”.
“Ok, come vuoi” rispondo, fingendo noncuranza. “Significa che –siccome non sei arrossito- settimana prossima potrai venire con me e tuo fratello alle prove della band. Ah, ci sarà anche Caroline, ma ovviamente lei non ti interessa, quindi per te non sarà un problema”.
“Ovviamente no” esclama, palesemente in imbarazzo. “Figuriamoci!”.
Io continuo a sorridere.
“Perfetto!” concludo, mentre nella mia mente si sta già delineando un nuovo malefico, complicatissimo e geniale piano.







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Sì, sono ancora viva. Più o meno.
Come nella più augusta delle tradizioni, ho salutato il nuovo anno con una bella tracheite, indi per cui sono chiusa in casa con la febbre a 38, in attesa di riprendere le lezioni all’Accademia. E giusto per aggiornarvi sui fatti miei (anche se non vi interessano u_u) sappiate che sono uscita indenne dagli esami di Maturità e ora studio qualcosa di completamente differente rispetto al mio vecchio indirizzo <3 E questo è un bene u_u

Ma passiamo alle cose serie, i ringraziamenti:


LaIKa_XD: Uno, due, tre, LIBERA! Ok, dopo questa breve defibrillazione spero di averti riportata in vita, non vorrei avere la tua morte sulla coscienza u_ù Sia Sherlock che Charlie rischiano il suicidio insieme, ma alla fine è un bene, serve qualcuno che dica il fatto suo a Charlie, no?

Sweet Madness: Ma non devi odiare la matematica, è una cosa magnifica, come si impara da “Paperino nel mondo della matemagica”, l’importante è mantenere le giuste distanze <3 io la amo da lontano e mi limito a fare il mio dovere disegnando e scrivendo u_u

“Molti serial killer sono geni in matematica! Davvero? XD Non si smette mai di imparare!

 

Mikybiky: Sherlock è relativamente adorabile, diciamo come un calcio sulle gengive, a volte; probabilmente questo è uno dei punti in comunque con tutti i miei personaggi ò_ò devo farmi delle domande?
Ma soprattutto… NON FARE SPOILER NELLE RECENSIONI XD Sennò la gente scopre i miei tremendi segreti riguardo alla prima versione u_u

 

BeRRy_aPPle: Una madre lettrice di fan fiction, è meraviglioso XD Noto che l’odio della matematica è comune a molte mie lettrici… suvvia! Mi sa che dovrò fare una campagna di riabilitazione in suo onore.

Roro: Aw, fantastica recensione, ma troppo lunga u_u ti rispondo su msn. (Essì, sono pigra)

 

Merediana: Esame di maturità andato… ehm… andato. E’ questo l’importante, no? Purtroppo temo di aver beccato un’altra sessione di esami con questo capitolo, però mi auguro che tu possa leggerlo! (Mark tornerà prossimamente e chi vivrà vedrà <3)

Chibi_tan: Ti ho risposto via MP, tipo EONI fa XD Facciamo che ti ringrazio di nuovo e ti mostro che non ho abbandonato la storia u_u



Clà

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