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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Di fumetti intoccabili, malvagi parenti e cene mortali *** Capitolo 2: *** 2. Di band sbandate, bassisti mancanti e idee sospette *** Capitolo 3: *** 3. Di diabolici piani, esseri inutili e abbietti e cugini invadenti *** Capitolo 4: *** 4. Di malvagia matematica, angoscianti ritardi e musicisti traditori *** Capitolo 5: *** 5. Di esperienze paradossali, subdoli alcolici e figuracce indimenticabili *** Capitolo 6: *** 6. Di amnesie temporanee, appuntamenti galanti e sorelle insensibili *** Capitolo 7: *** 7. Di sensi di colpa, affascinanti chitarristi e geni della matematica *** Capitolo 8: *** 8. Di scuse patetiche, amiche ninfomani e idee pericolose ***
Capitolo 1 *** 1. Di fumetti intoccabili, malvagi parenti e cene mortali ***
Tenere fuori dalla portata dei bambini, non somministrare al di sotto
dei sei anni, prima della lettura consultare un medico
Tenere fuori dalla portata dei
bambini, non somministrare al di sotto dei sei anni, prima della lettura
consultare un medico.
La Legge di Charlie
“se qualcosa
può andar male, con il mio
aiuto lo farà”
1. Di fumetti intoccabili, malvagi parenti e cene
mortali
Con
precisione quasi chirurgica ripongo il volume trentanove tra il numero
trentotto e il numero quaranta, poi controllo che sul ripiano siano stipati
esclusivamente le ultime serie edite dalla X-Comics,
infine mi allontano con un sorriso soddisfatto.
Piena di
orgoglio e totalmente appagata ammiro le due librerie contenenti i miei manga,
ordinati rispettivamente per casa editrice, serie e numero: uno spettacolo che
non mi stancherei mai di osservare!
Non posso
fare a meno di complimentarmi con me stessa, ignorando il resto della stanza,
dove regna il caos primordiale. Non importa che la sedia della mia scrivania
sia ricoperta da tutti i vestiti che ho indossato negli ultimi tre mesi o che
dal mio zaino provenga un odore non propriamente salubre (probabilmente
imputabile alla merendina senza confezione che vaga sul fondo da qualche
settimana), ma finché i miei fumetti sono in perfetto ordine, io mi
sento in pace con il mondo.
«
Charlie! » un urlo belluino raggiunge le mie
orecchie, sconvolgendo in un istante la mia calma interiore.
«
Che vuoi? » biascico, lasciandomi andare
stancamente sul letto, rimpiangendo la serenità di poco fa.
Con pochi,
pesanti passi l’autrice del soave
grido fa la sua apparizione in camera, fiondandosi verso le mie librerie.
Nel mio
cervello comincia a lampeggiare furiosamente un cartello con la scritta “Allarme
rosso!” a caratteri cubitali.
«
Hai visto in giro il segnalibro che mi ha regalato Eric? »
mi chiede impaziente, mentre scruta torva i miei
manga. « Lo stavi usando l’altro ieri, mentre leggevi Tsu... Tsu…insomma,
leggevi una di queste cose ».
Non faccio
a tempo a rispondere, che la sciagurata in questione comincia a prendere i miei
amati volumetti e a scagliarli uno ad uno a terra, mentre io assumo la posa
dell’Urlo di Much per gridare: «
Christine!! ».
«
Che tu sia maledetta! » aggiungo aggredendola
anche fisicamente. « Fermati o ti uccido! » sbraito, mentre la trascino a terra e rotoliamo
entrambe per qualche metro sulla moquette
verde. Finiamo per cozzare contro l’armadio, infine decido di risparmiare
la sua inutile vita e tolgo le mie mani dal suo collo.
«
Come hai osato? » sibilo guardandola con
cattiveria.
«
Non ti sembra di esagerare? Sono solo dei fumetti ».
Come-cosa-come?
« Eh?! No! » esclamo oltraggiata.
Christine
annuisce con convinzione, rialzandosi.
«
Sì. E se proprio vogliamo indagare, la colpa è tua: se non avessi
preso il mio segnalibro… ».
« Il
tuo stupido segnalibro ».
«
…che era nei tuoi stupidi
fumetti! ».
«
No è vero! ».
«
Ma ieri era lì! ».
«
Ma ora no! ».
«
Perché l’hai perso, come fai con qualsiasi cosa ».
«
Tanto Eric era un deficiente… ».
«
Questo che c’entra? ».
«
Per la proprietà transitiva dei regali, il regalo di un deficiente è un regalo deficiente »
concludo saccente, correndo a mettere in salvo i miei preziosi manga.
Christine
sbatte i suoi occhioni verdi e incrocia le braccia
nella mia direzione.
«
Come fa un segnalibro ad essere deficiente? ».
«
Questo io non lo so, potresti chiedere delucidazioni al tuo stupido ex-ragazzo,
nonché fautore del regalo ».
«
Oh, lo faro… quando riuscirò a stare in
sua presenza senza sentire il bisogno di strozzarlo ».
Cerco di
rispondere per le rime, ma la voce di mia madre che ci chiama dal salotto segna
il time-out. Avete appena assistito
ad una pregevole scena di amore fraterno.
Chris ed
io abbiamo spesso opinioni diametralmente differenti, ragioniamo in modi
differenti e, soprattutto, agiamo in modi differenti.
Non si
direbbe affatto che siamo sorelle, ma nemmeno cugine di secondo grado se
è per questo; sta di fatto che abbiamo in comune molto più di
quanto sembri. Buona parte del patrimonio genetico, ad esempio.
A
proposito di patrimonio genetico, c’è parecchia con cui mi scoccia
dividere anche solo una minima parte delle molecole del mio DNA, e a questo si
ricollega il discorsetto che nostra madre vuole –presumibilmente-
propinarci.
La zia Ellie ha quattro anni più di lei ma sembra
più giovane, miracolo che sembra dovuto, come sostengono certe
malelingue identificabili con me e Chris, ai numerosi interventi chirurgici ad opera del marito, Zio Marcus.
Lui
è appunto un chirurgo estetico e grazie al suo lavoro può
permettersi una villa degna di “the O.C.”
e vacanze da urlo, mentre papà è un semplice cuoco, noi viviamo
in una banale villetta a schiera nel Surrey e ogni
estate andiamo nella vecchia casa dei nonni, a Widecombe.
Se a tutto
ciò aggiungiamo Arthur, il figlio modello di Zia Ellie,
il quadro è finalmente completo: apparentemente perfetto sotto ogni
aspetto, è l’ asso della squadra di
basket alla Esher Church ofEnglad High School.
Inspiegabilmente
si dimenticano sempre di ricordare che, nonostante la prestanza nello sport, il
caro Artie è stato bocciato per due anni di
seguito, grazie al suo cervello subnormale. Cosa di poco conto, comunque.
Per quanto
mi riguarda potrei vincere il premio per la studentessa meno matematicamente
dotata, mentre Chris un riconoscimento per i peggiori ex-fidanzati al mondo.
Non c’è storia, mi capite?
Comunque
sia, una volta al mese questa simpatica combriccola si unisce a noi per la cena
del Venerdì, ammorbandoci per più di due ore con la loro molesta presenza.
«
…mi raccomando, trattate bene Arthur, evitate di fare battute sugli
zigomi di zia Ellie o sulla sua abbronzatura
arancione… ».
Come al
solito le parole di mamma raggiungono le mie orecchie in modo ovattato, mentre
io fisso con sguardo vuoto un punto imprecisato al di sopra della sua spalla
destra. Malgrado i suoi avvertimenti, finirà
come tutte le altre sere: gli zii arriveranno attorno alle venti, io e Chris
apriremo la porta esibendoci in un sorriso di plexiglass, infine
arriverà lei che guardando Artie gli
dirà sconvolta “ma quanto sei cresciuto!”.
Ora,
sinceramente. Arthur ha diciotto anni, ha passato da un po’
l’età dello sviluppo… di quanto diavolo può essere
cresciuto in un mese? Cos’è, un essere umano o una piantina di
fagioli magici? Oppure gli zii lo innaffiano con uno speciale concime chimico?
In tal caso me ne procurerò almeno un ettolitro.
Non so,
qualcosa mi dice che le mie domande non troveranno mai risposta.
Papà
dal canto suo non coglie a fondo le problematiche che queste cene scatenano
all’interno della famiglia: si limita a sedere a tavola con espressione
gioviale ma vagamente apatica ed annuisce ogni volta che mamma lo coinvolge in
un discorso; in realtà tutti sappiamo che sta pensando alle prossime
partite dell’Arsenal o si sta chiedendo se il
sugo del brasato è abbastanza speziato. Se fosse per lui rinuncerebbe al
suo unico giorno libero pur di evitare questa ricorrenza forzata, ma alla fine
accetta ogni cosa in modo abbastanza passivo.
«
…e cercate di sorridere un po’, per favore! »
la particolare enfasi che mamma pone su quest’ultima frase, seguita da un
eloquente silenzio, mi fa capire che il discorso è terminato. Christine
ed io annuiamo convinte, quando il campanello ci fa sobbalzare.
Sono
arrivati: che la fine abbia inizio.
La prima
ad entrare in casa è la zia Ellie; il rumore
dei suoi tacchi risuona nell’ingresso mentre ci raggiunge per salutarci.
Quando si
china su di me per baciarmi le guance, posso vedere chiaramente ogni muscolo
del suo volto paralizzato dal botox. Ah, i miracoli
della medicina estetica!
«
Ciao zia » mormora Chris, facendo altrettanto. Nel frattempo arrivato
anche lo zio e l’adorato Artie, con facce
tutt’altro che sorridenti, ma dubito che la tossina botulinica
c’entri qualcosa.
«
Arthur, ma quanto sei cresciuto! » esclama
mamma, correndo ad abbracciare il nipote.
Che vi avevo detto?.
Lui
borbotta qualcosa di simile a un “ciao” nella nostra direzione, poi
segue mamma e gli zii nella sala da pranzo. In quello stesso istante Christine
mi lancia lo sguardo. Lo sguardo con
l’articolo determinativo, lo sguardo che dice “sta-succedendo-qualcosa-e-noi-dobbiamo-assolutamente-scoprire-cosa”,
lo sguardo che da solo può capovolgere le sorti di questa serata.
Ovviamente
la ignoro.
Sono ben
consapevole che Chris, in quanto mia sorella maggiore di ben due anni, è
anche presumibilmente più saggia e io, piccola e ingenua come sono,
dovrei darle sempre retta; ma questo non è il caso.
Cogliere
lo sguardo significherebbe illudersi che questa cena possa diventare anche solo
minimamente interessante, ma non credo di poter reggere la delusione che ne
deriverebbe se così non fosse. Ergo mi dirigo anch’io
nell’altra stanza, ansiosa di affogare i miei problemi nel succo
d’arancia.
In un
attimo mi accorgo che gli zii sono seduti ai capi opposti del tavolo,
silenziosi come non mai, mentre Art fissa il proprio piatto –vuoto- con
espressione annoiata.
Ecco, in
questo preciso istante mi pento di non aver risposto allo sguardo.
Quando
mamma porta in tavola il pollo arrosto, i nostri ospiti non hanno ancora
spiccicato una parola, e questo è relativamente un bene. Generalmente
quando gli zii e Art si dimostrano poco loquaci non posso che definirmi contenta,
ma questo non accade quasi mai.
Sento che
il caro, vecchio cartello con scritto “allarme rosso” si
illuminerà a breve, complice la poderosa gomitata che Christine mi ha
rifilato di nascosto.
«
Allora, com’è stato il week-end a Dover? »
chiede papà, stranamente ciarliero.
Il resto
accade in una frazione di secondo, come in una di quelle stupide sit-com che
trasmettono in replica la domenica mattina. Ed è il caos.
Se dovessi
rivedere il tutto a rallentatore, sono certa che la scena inizierebbe con un
primo piano di Art che rotea gli occhi con esasperante lentezza, seguito dallo
zio che sbatte il bicchiere sul tavolo facendolo tremare. Successivamente uno
zoom sulle labbra gonfie e lucide di zia Ellie
scandiscono la palora “orribile”, mentre
quelle dello zio esclamano “voglio il divorzio, brutta gallina!”;
infine ci sarebbe nuovamente un’inquadratura di Art che si porta entrambe
le mani alle tempie e fa training autogeno per non compiere un parenticidio.
Mentre
Chris, io, mamma e papà rimaniamo con gli occhi sgranati, quasi immobili, visto che per nessuna
ragione al mondo smetterei di masticare i miei salatini.
«
Non ne voglio parlare davanti a tutti! » gracida
zia Ellie, artigliando la tovaglia con le unghie
laccate.
«
Vorrà dire che ne parleremo davanti ai nostri avvocati » ribatte
lo zio, sporgendosi oltre il proprio piatto. «
Non ti sopporto più. Se ti fai tirare ancora un po’ la faccia, il
giorno che smetterai di sorridere ti si aprirà uno squarcio nella nuca!
».
Oh mio
Dio. Con tutto il rispetto per la drammaticità della situazione,
ma questa immagine è decisamente disgustosa. Lo giuro, è
l’ultima volta che ignoro lo
sguardo.
«
Charlie… Christine… » balbetta mamma, visibilmente a disagio.
« Che ne dite di andare in camera? Magari viene
anche Arthur e ordinate una pizza, ok? ».
Io faccio
per rispondere che no, per nulla al mondo mi vorrei perdere uno spettacolo come
gli zii che litigano, ma Chris mi afferra per un braccio e mi trascina verso le
scale prima che io possa emettere un solo suono. Lo sapevo,
gli adulti si vogliono sempre godere tutto il divertimento da soli.
Anche Art
si alza, apatico, e ci segue senza fare storie.
La cosa
buffa di casa nostra è che, pur di avere una bella stanza per gli
ospiti, mamma costringe mia sorella e me a dormire nella
stessa camera, ricavata dalla vecchia mansarda. Ok, è spaziosa e non mi
posso lamentare, ma avete presente di quanti scalini devo salire ogni volta che
dimentico qualcosa? Non è per nulla comodo.
Comunque
sia, per una volta il tragitto salotto-camera si rivela utile: riesco
finalmente a ricambiare lo sguardo e a sentire la voce di Chris che ringhia:
“riunione strategica! Ora!”.
Finalmente
saliamo anche l’ultima rampa di scale e la nostra stanza si rivela
all’occhio dell’indesiderato visitatore.
«
Che schifo » si limita a commentare Arthur, a mezza voce, lasciandosi
andare pigramente sulla mia poltrona
rossa (sono una persona piuttosto possessiva).
«
Spero tu ti stia riferendo alla situazione e non alla nostra camera » lo
avvisa Chris, aggrottando infastidita le sopracciglia.
«
La camera, la situazione, questa tremenda poltrona rossa… che differenza
fa? » risponde lui, atteggiandosi a filosofo
esistenzialista. « Tutto fa schifo, a prescindere ».
«
Anche tu! » commento io, contorcendo il volto in
una smorfia disgustata e mostrandogli la lingua. « Quindi alzati subito
dalla mia bellissima poltrona, prima che la contamini ».
Art non mi
riserva altro che uno sguardo sdegnoso, mentre mia sorella mi ricorda la nostra
priorità.
«
Scusaci se ti abbandoniamo per un istante, ma io e Charlie dobbiamo conferire
in privato » dice, indicando la porta dello sgabuzzino delle scope.
«
In un ripostiglio? » ci chiede lui, poco
convinto.
«
È intimo. E insonorizzato. E ha un delizioso profumo di detersivo per
pavimenti alla lavanda » lo zittisco, mentre
seguo Chris nella nostra base segreta. « Prova anche solo ad origliare ed
aprirò la porta di scatto spaccandosi il setto nasale » concludo
assottigliando gli occhi. Lo so, forse sto esagerando, dopotutto Art sta passando
un momento difficile… ma mi susciterebbe molta più empatia se non
fosse tanto insopportabile, ecco. Ho solo sedici anni, non sono mica Gandhi!
«
Perché non hai risposto allo sguardo? »
mi chiede Chris non appena chiudo la porta, dandomi un poderoso pizzicotto.
« Scusa
» squittisco, massaggiandomi il livido. «
Non volevo illudermi che stesse per accadere qualcosa degno di nota. Ammettilo,
è stato un bel diversivo! ».
Chris mi
guarda sconvolta.
«
Non ti sembrato un simpatico colpo di scena? »
ritento, sorridendo come un venditore porta-a-porta. « Oh, andiamo. Queste cene sono sempre una palla, era
ora che succedesse qualcosa! ».
Mia
sorella mi ignora, assumendo un’espressione a dir poco angosciata.
«
Cosa facciamo ora? » mi chiede, preoccupata.
Io
strabuzzo gli occhi.
«
Noi? Noi non facciamo niente » rispondo. « Restiamo qui ed osserviamo l’evolversi delle
vicende, no? ».
«
Sì, magari vuoi anche una coca cola e dei pop corn
da sgranocchiare nel frattempo » commenta sarcastica, alzando gli occhi
al cielo.
«
Sai una cosa? Questa è proprio una bella idea »
concordo. « Ma se non li troviamo, possiamo sempre scendere e rubare i
salatini e il succo d’arancia dalla tavola… ».
«
Charlie, sto cercando di avere una conversazione seria con te. Ti sei resa
conto di quanto è successo? ».
«
Scusami se non riesco a vivere più attivamente i drammatici eventi di
questa sera, ma il mio corpo richiede cibo. Ho il cuore di pietra, lo so».
«
Come puoi essere così… così… priva di sentimenti? » esclama lei, innervosita.
«
Non sono priva di sentimenti » le faccio notare. «
Ho fame: la fame è sentimento!
».
« La
fame non è un sentimento, scema ».
«
Ok, facciamo così » le propongo. «
Adesso usciamo da qui, ordiniamo una pizza e ci sorbiamo Art per il resto della
serata, poi, quando questo sarà finito e potremo giudicare a mente
lucida –e a pancia piena- discuteremo sul da farsi. Anche se non credo
che dovremmo intrometterci ».
« Ma
Art si sentirà uno schifo… » obbietta Chris. Questa volta
è il mio turno di roteare gli occhi.
«
Oh beh! Sai quanto volte è lui a far sentire uno schifo noi!
».
Christine
finge di ponderare sulla questione, ma alla fine non può che darmi
ragione.
«
Ok, hai vinto » concorda. « Però niente pizza
all’ananas ».
«
Devi sempre rovinarmi la festa, vero? ».
Quindi
minuti dopo sediamo tutti e tre di fronte ad una pizza peperoncino, acciughe e
peperoni, mentre il mio fegato già medita di suicidarsi. Anche qui come
in sala da pranzo nessuno parla, e dir il vero la situazione sta diventando
imbarazzante.
Chris ha
lo stomaco chiuso, fissa la propria fetta dandole solo qualche timido morso,
Art invece mangia in silenzio, probabilmente consapevole che, se aprisse la
bocca per dire una delle sue solite cavolate, verrebbe immediatamente
defenestrato.
Mi sento
quasi in colpa mentre macino fetta dopo fetta come un tritasassi ben oliato, ma
non è colpa mia se questi due non hanno prontezza di riflessi.
Prima che
la pizza sia finita, la soave voce di zia Ellie ci
raggiunge e intima al nostro ingrato cugino di scendere. Lui, senza cambiare espressione
e dire né a né ba, si alza e se ne va
lasciando me e Chris attonite e sconcertate.
«
Chris, stai dormendo? ».
«
Sì ».
«
Non è vero! ».
« Ti
ho detto che sto dormendo, lasciamo in pace ».
«
Come puoi dormire e parlare allo stesso tempo? ».
«
Soffro di somniloquio ».
«
Stai mentendo ».
« No
».
«
Sì ».
« No
»
«
Sì ».
«
Senti Charlie, dimmi cosa vuoi e poi lasciami in pace ».
«
Non è vero che non mi importa nulla degli zii e di Art. un po’ mi
dispiace, ma solo un po’
».
« Lo
so ».
«
Non fare la saccente, io ti sto aprendo il mio cuore ».
« Ti
stai sgravando la coscienza, è diverso ».
«
Torna a dormire ».
« Lo
farei volentieri se solo tu la smettessi di ciarlare ».
«
Aspetta, non ho finito ».
«
Cosa c’è? ».
«
Hai presente il volantino che era appeso nella bacheca della scuola? ».
«
Quello che cercava testimoni di guarigione dall’herpes genitale? ».
«
Scema ».
«
Avanti, dimmi tu quale ».
«
Quello in cui si cercava un batterista per una cover band, mi pare ovvio
».
Christine
trattiene una risata.
«
Vorresti presentarti? »
«
Ovvio! Non potrei impegnare il mio sabato mattina in un modo migliore, non
trovi? ».
« Se
lo dici tu… ».
«
E tu mi accompagnerai! ».
« Ma
anche no ».
«
Tu mi vuoi bene, vero? Sarai il mio supporto morale! ».
« Ok.. può darsi ».
«
Bene! ».
« E
ora dormi, prima che io cambi idea
».
_____
Salve, qui
è Mala Mela, ovvero l’autrice, che comunica con voi (dall’oltretomba).
Come qualcuno (?) avrà capito, La legge di Charlie non è altro
che la versione MOLTO riveduta e PARECCHIO corretta di Family Troubles.
Che cosa è
cambiato?
Sostanzialmente
la trama è differente, ho eliminato qualche personaggio -no, non ho soppresso
Sherlock come qualcuno dei miei contatti temeva-, tagliato le parti superflue e
via dicendo.
Sperando
che questa storia si riveli meno schifida della
precedente… beh, commentate, no?
Capitolo 2 *** 2. Di band sbandate, bassisti mancanti e idee sospette ***
2
Tenere fuori dalla portata dei
bambini, non somministrare al di sotto dei sei anni, prima della lettura
consultare un medico.
La Legge di Charlie
“se qualcosa
può andar male, con il mio
aiuto lo farà”
2. Di band sbandate, bassisti mancanti e idee sospette
«
Charlie, sei certa che l’indirizzo sia giusto? ».
Chris ed
io ci guardiamo attorno, davanti a noi solo anonime villette bianche che si
estendono a perdita d’occhio, con aiuole tutte uguali e la stessa
identica macchina familiare parcheggiata di fronte al garage. Probabilmente non
è affatto così, ma è come l’effetto di
un’illusione ottica: sconcertante.
«
Err… » non so che dire, ammetto che questo posto lascia perplessa anche
me. « Penso di sì » rispondo, controllando nuovamente sul
volantino che stringo in mano.
«
Con tutto il rispetto per chi abita qui, ma non mi sembra il luogo più
adatto dove fare casting per un gruppo rock » mi fa notare Chris.
« Un
grande musicista può nascondersi anche nella massaia grassottella della
porta accanto » le ricordo io, piena di saggezza. « Ora aiutami a
cercare il numero ventitré ».
Camminiamo
lungo il marciapiede per qualche minuto ed ad ogni passo ho la terribile
sensazione che, se solo mi voltassi, non riuscirei più a riconoscere la
strada di casa. Mi sento come se mi trovassi in un incubo a metà tra le
visioni di un agente immobiliare sotto acidi e Alice nel paese delle
meraviglie… mette i brividi, lo giuro.
«
Sul lato destro si trovano i numeri pari, ventitré è dispari
quindi… beh, sarà sul lato sinistro, no? »
ragiono.
«
Charlie, le tue abilità matematiche migliorano giorno dopo giorno! » commenta Chris affiancandomi e raggiungendo insieme
a me l’altro capo della strada.
«
Ah, mi sembra ieri quando non sapevo nemmeno la tabellina dell’otto
» aggiungo con aria trasognata, ricordando i bei vecchi tempi.
Christine
alza un sopracciglio e mi guarda.
«
Perché era ieri. E comunque
odio contraddirti » aggiunge pacata. « Ma
la tabellina dell’otto non la sai nemmeno ora ».
«Ah ha, molto divertente » rispondo
sarcastica, continuando a controllare i numeri civici delle abitazioni. « Dai mettimi alla prova. Chiedimi quando fa…
non so… sette per otto! ».
«
Sei certa di arrivare a tanto? » sghignazza lei,
mettendomi un braccio attorno alle spalle. « Charlie
cara, sei la mia sorellina preferita, non potrei mai metterti in
difficoltà chiedendoti certe cose ».
Mi volto
dalla parte opposta con aria offesa ed ecco che, come un miraggio, davanti ai
miei occhi appare l’agognata visione.
Le cifre
due e tre in ferro battuto che fanno capolino sulla porta dipinta di bianco
sembrano quasi salutarmi e dire “Bravissima Charlie,
sei riuscita ad arrivare fino a qui senza perderti! Sei un
mito!”.
«
Oh, no, voi siete troppo buone » rispondo io, rivolgendomi a loro.
Mia
sorella si guarda attorno stranita, poi torna a posare il suo sguardo su di me.
«
Con chi stai parlando? » mi chiede, visibilmente
spaventata da ciò che potrei rispondere.
«
Con le cifre due e tre » rispondo sbrigativa. « Mi hanno appena
fatto i complimenti per essere arrivata qui sana e
salva ».
Chris
annuisce, ancora poco convinta.
« O...ok ».
«
Bene! » esclamo levando un pugno al cielo con
fare teatrale. « Ora facciamoci forza e suoniamo questo benedetto
campanello ».
Appena lo
schiaccio, il suddetto emette un rumore talmente stridulo da far venire la
pelle d’oca. Mi aggrappo alla maglia di Christine, imponendomi calma e
sangue freddo: non posso fuggire proprio ora.
E se hanno
già trovato un batterista migliore di me?
E se sono
troppo bassa per entrare in una band?
E se hanno
dei problemi perché sono una ragazza?
E
se…
La porta
si apre lentamente ma inesorabilmente, per una manciata di secondi che mi
sembrano secoli. Poi, all’improvviso, una figura misteriosa appare sulla
soglia.
Altezza
sotto la media, corporatura robusta, capelli ricci, abiti… grembiule da
cucina?
Per le
mutande di mia sorella, questa è veramente una massaia grassottella. La
mia prospettiva di una fiorente carriera da musicista comincia lentamente a
sfumare.
«
Ehm… salve » azzardo. « Sono qui per… ehm… le
audizioni ».
Comincio a
pregare con tutto il cuore che il numero “ventitré” non
debba essere necessariamente composto dalle cifre due e tre, ma magari da sei e
sette, cinque e quattro, pi greco e coseno di cinque fratto logaritmo in base
tre di “a” all’ennesima potenza. Qualunque cosa, ma non due e tre.
La donna
ci squadra con aria critica.
«
Dovete essere delle amiche di Alex » conclude poi.
«
Eh? Sì, sì, certo! » affermo io,
pur non avendo la minima idea di chi sia Alex.
«
Seguitemi ».
La nostra
ospite ci fa strada attraverso il salotto, passando per la cucina ed arrivando
infine di fronte ad una triste porta grigia.
Ad
eccezione di quest’ultima l’intera casa sembra uscita da un brutto
telefilm ambientato negli cinquanta: tremendi centrini
di pizzo, statuette in ceramica, osceni soprammobili decisamente kitch e carta
da parati a fiori fanno capolino ovunque, convincendomi sempre di più di
trovarmi nel covo di un potenziale serial killer.
So che la
presenza di Christine al mio fianco dovrebbe confortarmi, ma la sua aria
disperata non fa altro che accrescere il mio disagio.
«
Ecco, entrate pure… scommetto che Alex vi sta aspettando! » esclama la massaia, con tono burbero. Io guardo
verso mia sorella, sperando che almeno lei abbia individuato qualche via di fuga, ma nulla.
Ok, mi dico mentalmente, chiunque lui
sia ci sta aspettando. Bene. Il peggio che può capitarci è essere
uccise, tagliate a pezzi, fatte frollare appese a dei ganci da macellaio,
nascoste nel congelatore e utilizzate mesi e mesi dopo come ripieno per dei
pasticci di carne.
Nulla di
tragico, dopo tutto io adoro i pasticci carne, anche se generalmente preferisco che la
materia prima provenga da un animale a caso e non da un essere umano. Sapete,
aborro il cannibalismo.
Mentre
abbasso la maniglia e apro la porta, sento il gelido respiro della morte sul
mio collo. O forse è solo l’asma di Chris, ma preferisco non farci
caso.
«
Evviva! Non ci credo: Dio mi ama! »
Un urlo
acuto e leggermente esaltato ci accoglie.
Ehi, un
momento. UN urlo? Di una persona?
Infatti
all’interno del garage, oltre ad una batteria che sembra aver passato
tempi migliori ed una tastiera risalente alla guerra dei cent’anni,
c’è un ragazzo biondo che si agita come un indemoniato.
«
…Alex? » azzarda Christine, sgranando gli
occhi.
«
In persona dolcezza! » esclama
l’indemoniato, sfoderando un sorriso affascinante e cercando di farle il
baciamano. Sfortunatamente per lui i riflessi di Chris, dopo tanti disastrosi
ex-ragazzi, sono sorprendentemente rapidi, infatti
ritrae la mano poco prima che le labbra del nostro ospite le si posino sopra.
« E-ehm
» mi schiarisco la voce, cercando di attirare l’attenzione di Alex
su di me, invece che su mia sorella.
Lui alza
le sopracciglia bionde, cercando di mascherare la propria delusione.
«
Sì? » mi chiede, infastidito.
«
Senti, mi spiace interrompere il tuo presunto assalto romantico, ma noi saremmo
qui per un motivo. Cioè, io
sarei qui per un motivo ».
«
Ovvero? » domanda stranito, senza comunque
staccare gli occhi da Chris.
«
Uhm… qualcosa come, non so, un’audizione
come batterista?! » gli ricordo esasperata.
«
Ah, già l’audizione! » esclama, quasi
la cosa gli fosse completamente passata di mente. « Tu sei...? ».
«
Charlie, Charlie Miller. E tu sei Alex, già lo so ».
« Il
meraviglioso Alex, precisiamolo
» aggiunge, sorridendo nuovamente come un perfetto beota. « Il più dotato tastierista dell’intera
nazione! ».
«
Ehm, sì, non ne dubitiamo » commenta Chris, roteando gli occhi esasperata. Di certo si starà pentendo, per
la millesima volta, di avermi accompagnata fin qui, ma le sorelle servono anche
a questo no? Ci si sostiene nelle difficoltà… a volte. Ecco, devo
ricordarglielo non appena torniamo a casa, prima che decida di soffocarmi nel
sonno o di dare fuoco alla mia preziosissima collezione di fumetti.
«
Beh? Cosa aspetti? » incalza Alex, ora
conosciuto anche come il-miglior-tastierista-del-Regno-Unito. « Fammi vedere un po’ cosa sai fare. Se sarai
alla mia altezza allora forse, e dico
forse, potrai avere l’onore di
entrare nella mia grandiosa ed elitaria band ».
«
Bene, a questo punto penso di poter esprimere le mie perplessità,
giusto? » chiedo. «
Dunque, Alex, dimmi: Quale band?
».
Lui mi
guarda interdetto.
«
Qui ci siamo solo noi: ci credo bene che è elitaria!
» aggiungo con un tono che definire alterato
sarebbe un banale eufemismo. « A meno che attorno a noi non ci siano già i tuoi amichetti immaginari, pronti per
una indimenticabile jam session… ».
«
Ehi, ehi, piano con le offese ragazzina! » mi blocca. « Io
avrò una band, ok? E saremo grandiosi. Ho solo un piccolo, piccolissimo
problema! ».
«
Soffri di schizofrenia? » domando candidamente,
mentre Chris si scuote lentamente la testa. « Sai, ho sentito che
esistono centri apposta per curare questa malattia: si chiamano ospedali
psichiatrici ».
«
Oh, davvero simpatica! Le tue possibilità di entrare nel mio gruppo stanno
diminuendo a vista d’occhio, ne sei consapevole? ».
«
Oppure potresti spiegarmi come mai qui ci siamo solamente noi due – e
Chris, che comunque sa suonare solo il fischietto ».
«
È che… insomma, la band è ancora da formare, ok? » ammette, stringendo le spalle. «
Ho solo deciso di ometterlo nel volantino, tutto qui. Alcuni li ho stampati
cercando bassisti, altri cercando batteristi e via dicendo… in questo
modo tutti penseranno che si tratta di un gruppo
già formato e affermato, no? » conclude,
cercando di convincermi dell’assoluta genialità del suo piano.
«
No. Assolutamente no ».
«
Beh, ma almeno l’audizione la vuoi fare? »
mi chiede. « Sai, mi sembri decisamente una rompipalle, ma non escludo
che tu sappia suonare realmente la batteria ».
«
Stiamo scherzando? Tu sei pazzo… Chris, torniamo a casa? » domando, voltandomi verso di lei con aria
supplicante.
«
Charlie… ormai sei qui » mi fa notare, calma
come sempre. « Potresti fare un po’ di
casino come sempre, infondo cosa ti costa? ».
Sgrano gli
occhi sconvolta; è forse stata mia sorella a parlare?
Quella…
traditrice, non mi vengo in mente
altri termini. Lei, sangue del mio sangue, carne della mia carne, arterie delle
mie arterie, epidermide della mia epidermide e via dicendo. Come può
dimostrarsi tanto ingrata?
«
Per prima cosa io non faccio casino, sia ben chiaro » affermo spavalda,
agitando le braccia al cielo. « La mia è musica. E di alto livello, per giunta!
».
«
Allora dimostralo » mi provoca Alex, puntellandosi le mani ai fianchi.
«
Certo che ve lo dimostro! » esclamo, estraendo
dalla tracolla le mie bacchette porta fortuna.
Mi siedo
con solennità dietro la batteria morente, poi regolo l’altezza
dello sgabello per i miei cinque piedi tondo tondi,
infine sollevo le bacchette trattenendo il fiato.
Sto per
eseguire la miglior performance della mia vita, e sarà di fronte al
tastierista schizoide e ad una sorella degenere. Di bene in meglio.
E un, due, tre, quattro.
Dopo pochi
battiti la gran cassa, il rullante e il ride cominciano a suonare, riempiendo con il loro vibrare
l’intera stanza. Chris mi rivolge un sorriso saccente, leggermente compiaciuta, mentre Alex mi riserva uno sguardo scettico. Indispettita
stingo ancora di più le bacchette, tornando a battere con foga sul
rullante.
«
Ok, sei dentro! ».
A quelle
parole mi blocco, spostando leggermente gli occhi sul ragazzo.
«
Cosa? ».
«
Sei nella mia esclusivissima band, non sei contenta? »
mi annuncia, sfoderando un sorriso luminoso.
«
Ehm… temo di ripetermi, ma che
band? ».
«
Non ti preoccupare! Sei una discreta batterista, io sono un geniale
tastierista… riusciremo sicuramente
a procurarci un chitarrista e un bassista, non credi? La mattinata non è
finita, c’è ancora tempo per esaminare altre aspiranti star ».
…Aspiranti
star? Lo sapevo, questo è completamente fuso.
«
Tu credi davvero che si presenterà qualcun altro? » chiede Chris perplessa. « Insomma,
ci sono altre persone pazze come mia sorella? ».
«
Ehi! Io non sono pazza, sono solo stata abbindolata da… da Alex. E in
ogni caso non ho nessuna intenzione di unirmi al suo gruppo immaginario, non
credo di essere scema fino a questo punto. Lui è completamente folle, la
sua idea è un suicidio e tutto ciò si rivelerà disastroso!
».
Cerco di
aggiungere altro, ma quando l’inquietante madre di Alex fa la sua
apparizione alla porta, le parole mi muoiono in gola.
«
Alex » annuncia la donna, monocorde. «
C’è un altro tuo amico. E, per
favore, smettetela di fare questo rumore tremendo »
aggiunge, fulminandoci con gli occhi.
Io,
terrorizzata, mi limito ad esibire un sorriso ebete e ad annuire, almeno fino a
quando la donna non lascia la stanza e rivela alla mia vista l’essere più magnifico della terra.
Se fino a
pochi attimi fa ero letteralmente paralizzata dalla paura, ora mi sto
sciogliendo come un ghiacciolo in un forno a microonde;
Non posso
fare a meno di fissare estasiata il nuovo arrivato, mentre muove pochi,
meravigliosi e sensualissimi passi all’interno del garage, convinta di
aver finalmente incontrato l’uomo della mia vita. I suoi capelli castani
sono mossi, gli arrivano fino alle spalle e hanno l’aria di essere
morbidissimi, mentre i suoi –bellissimi- occhi sono verdi come…
come… come… oh, insomma, sono molto verdi, ok?
«
È qui che si tengono le audizioni? »
chiede con voce celestiale, indicando poi la chitarra che tiene a tracolla. « Il ruolo di chitarrista, è ancora libero
vero? ».
«
Sì! » mi ritrovo a strillare, alzandomi
di scatto dallo sgabello. « Saremo felicissimi
se ti unissi al nostro gruppo! Anzi, sai, non devi nemmeno fare
l’audizione: sei dentro. Insomma, si capisce a pelle che sei di certo molto talentuoso. Io e il mio
amico Alex non aspettavamo altro! ».
Alex alza
le sopracciglia, guardando nella mia direzione.
«
Ma se dieci secondi fa mi hai definito schizoide e folle! »
esclama, pieno di disappunto. « Ti ricordo che hai anche detto che il mio
progetto non è altro che un suicidio ».
«
Ehm… beh… scherzavo, no? » mi
giustifico sorridendo.
«
O-ok » concorda Alex, cercando di non contraddirmi. «
Beh? Come ti chiami? » domanda in seguito,
rivolto verso il nuovo arrivato, ora conosciuto come
l’uomo-della-mia-vita.
«
Ah, sì, Mark » dice quest’ultimo, sorridendo. « Molto piacere! »
« Io
sono Charlie » mi presento, cercando di trattenere una risatina tanto
stupida quanto patetica. « Mentre lei è mia sorella Christine
» concludo indicando Chris, che da almeno dieci minuti ci osserva
divertita.
«
Bene! » interviene il padrone di casa,
improvvisamente di buon umore. « Direi che siamo già a buon punto
».
«
A buon punto? » chiede l’uomo-della-mia
voltandosi verso Alex. « In che senso? ».
«
Abbiamo un eccezionale tastierista, ovvero il sottoscritto, una batterista e un
chitarrista. Beh, non ci manca molto per completare la band, no? Solo un
bassista ».
Improvvisamente
i miei occhi si illuminano, mentre un lampo di malvagia genialità li
attraversa.
«
Io conosco un bassista. Un bravo, bravissimo bassista »
chioso, portando le mani nella posizione della “piramide della malvagia
contemplazione”. « E, cosa più importante, so come
convincerlo ad unirsi a noi ».
Improvvisamente
Christine storce il naso, intromettendosi nella conversazione.
«
Chi è? » domanda sospettosa. « Per caso lo conosco? ».
«
No, no… » rispondo, mantenendomi sul vago. «
Non ti preoccupare. È solo una persona molto dotata, musicalmente
parlando ».
«
Cosa aspetti? Chiamalo! » mi esorta Alex,
porgendomi il suo cellulare.
«
Beh… ecco… vedi… » oddio, e ora che faccio? « È che dovrei parlargli di persona, capisci?
Non è un affare che posso sterilmente concludere al telefono. Anzi,
sapete una cosa? Posso parlare con lui anche domani… sempre se Chris
è disposta ad accompagnarmi ».
Mia
sorella spalanca gli occhi, guardandomi a metà tra il sorpreso e il
sospettoso.
Se solo
sapesse!
«
E perché, scusa? » mi chiede, mentre un
campanello d’allarme comincia a suonare insistentemente nella sua testa. « Non starai architettando qualcosa di strano. Vero?
»
«
Ma no, figurati! » esclamo, più falsa che
mai. « Mi serve solo il tuo, ehm, sostegno psicologico ».
«
Allora affare fatto » conclude Mark, sorridendo nuovamente.
Ok, questo
ragazzo non sa fare altro che sorridere, non ha detto nulla di particolarmente
geniale o intelligente ma… Dio, è mortalmente bello.
« Ci
puoi contare » affermo, guardandolo nuovamente incantata.
Lo so, lo
so, forse dovrei sentirmi un
po’ in colpa per aver mentito a Christine.
Forse.
Ma come
posso dirle che il nostro futuro bassista, conosciuto come l’essere
più inutile e abbietto dell’intera galassia, ha una cotta stratosferica
per lei, sapendo che lei non lo può nemmeno vedere?
___________
Non ci
credete voi, ma sapete, non ci credo nemmeno io!
Dopo mesi
e medi di blocco –in ogni senso- nella sola nottata di ieri ho scritto
una ventina di pagine, quindi eccomi ad aggiornare <3 Evviva! Spero di non
aver fatto scappare i miei vecchi lettori XD
Argh!
Vorrei rispondere alle vostre simpatiche recensioni, ma devo scappare a cena,
in ogni caso sappiate una cosa: VI AMO ET ADORO CON
TUTTO IL MIO CUORICINO NERO E AVVIZZITO!
GRAZIE A
TUTTI!
Anzi, un grazie particolare va a Susi, che a capodanno con il suo
illuminante discorso mi ha convinta a riprendere in mano la storia, e ad Airin
che, beh, è semplicemente se stessa XD
Capitolo 3 *** 3. Di diabolici piani, esseri inutili e abbietti e cugini invadenti ***
Può causare perdita dell’udito e cecità temporanea
Può causare perdita
dell’udito e cecità temporanea.
La Legge di Charlie
“se qualcosa
può andar male, con il mio
aiuto lo farà”
3. Di diabolici piani, esseri inutili e abbietti e
cugini invadenti
È
domenica mattina e sono da poco passate le nove. La fresca aria di settembre mi
sferza il viso in modo delizioso, ma non sono certo tipo da perdersi in simili
futili riflessioni, quindi continuo a camminare decisa.
Le strade
sono deserte, molto probabilmente perché a quest’ora una persona dotata
di un minimo di senno se ne starebbe a casa, comodamente
sdraiata sotto le lenzuola a dormire almeno fino a mezzogiorno; ma, ammettiamolo,
io non sono una persona con un minimo di senno.
Chris
invece, nonostante cammini accanto a me senza lamentarsi, non si è rivelata
affatto contenta della levataccia, quanto al vagare per la città ad
orari improponibili… beh, credo che in qualità di mia sorella viabbia ormai
fatto l’abitudine.
La nostra
destinazione? Nelson Road.
Nonostante
io indossi senza vergogna una vecchissima maglia dei RollingStones e degli scandalosi quanto inguardabili bermuda
a fiorellini verdi, ho obbligato Christine a vestirsi bene: intendiamoci, non
che solitamente si vesta male, ma noi Miller siamo dotate di un particolare
senso estetico che ben pochi sono in grado di apprezzare, e di certo la persona
che dobbiamo incontrare non è tra quegli eletti.
Ora devo
solo sperare che il mio piano funzioni alla perfezione!
Forse a
questo punto è mio dovere informare di una cosa: io ho sempre un
diabolico, malvagio, geniale, contorto, improponibile piano. Sempre. Comunque.
Per qualunque cosa. E anche questo non fa eccezione.
In cosa
consiste? Beh, è facile: avete presente Gabriel?
Ehm, ok,
temo di no.
Dunque
Gabriel è per prima cosa un bassista eccezionale, giuro; io stessa non
esiterei nel definirlo geniale, dotato di uno straordinario talento naturale.
Il problema è che, in secondo luogo, il nostro bassista eccezionale
è anche eccezionalmente antipatico e repellente. Punto tre: è
cotto di mia sorella da anni e,
sinceramente, non mi sarei mai immaginata che questo aspetto della sua
disgustosa persona sarebbe potuto rivelarsi tanto
utile ai miei scopi.
In sintesi
ho intenzione di proporre a Gabriel di unirsi alla mia band improvvisata (dico
mia, ma lo so, dannazione, che alla fine il merito è da attribuirsi a
quel fulminato di Alex) in cambio di un appuntamento con Chris.
Quest’ultima
ancora non conosce il proprio ruolo all’interno della vicenda, ma è
solo una questione di minuti, purtroppo non ho altra scelta che metterla di
fronte al fatto compiuto: Christine, non essendo stupida, si sarebbe ribellata
e mi avrebbe uccisa. E io ci tengo alla mia misera e patetica vita, ok?
«
Ehi, eccoci a Nelson Road! » esclamo giuliva,
prendendo Chris sotto braccio. « Non sei
contenta? ».
«
No, non proprio » rivela perplessa. « Mi
potresti almeno dire chi conosci che abita qui? ».
«
Ehm… una persona » rispondo vagamente, senza entrare nei dettagli. « Un amico, se così si può dire. O forse
è meglio definirlo conoscente? Beh, insomma, hai capito ».
«
E come si chiama questa persona? ».
Ecco, sto
cominciando a sudare freddo.
« N-non la conosci » balbetto, cercando di prendere
tempo: siamo quasi arrivati! « Anche se ti
dicessi il suo nome sarebbe inutile, ti pare? ».
« Tu
prova a dirmelo, magari il mio giro di conoscenze è più vasto di quanto immagini ».
«
No, non credo sorellina! » dico tra i denti,
cercando di convincerla.
«
Sono solo curiosa » ammette. « Dimmi l’iniziale del nome,
almeno ».
Chris
comincia ad insospettirsi, è meglio che io affretti il passo.
«
Oh, non serve: siamo arrivate! » annuncio con
voce squillante. Mi fingo serena, ma in realtà sto morendo di paura.
« La casa è questa » aggiungo poi, indicando un’enorme
villa vittoriana.
Mia
sorella mi fissa sconvolta.
« Tu…
tu conosci veramente qualcuno che abita qui?!» esclama incredula.
« A
dire il vero lo conosci anche tu » comincio a confessare, sentendomi
tremendamente in colpa.
« Ma
se prima hai detto… »
«
Ma prima era prima, mentre adesso è adesso! »
la interrompo, ormai in preda al panico. « Dobbiamo solo suonare il
campanello e chiedere a questa persona di unirsi alla mia pseudo band ».
«
Allora cosa aspetti? » incalza.
«
Vedi Chris, sorella unica e adorata, il mio senso di ragno mi dice che sarebbe
meglio se fossi tu a parlare con quella persona ».
Meglio
darla la notizia con tatto e calma. In questo modo avrò più tempo
per scappare dalla sua ira funesta, giusto?
«
Charlie… » ecco, si sta innervosendo. Si salvi chi può! « Chi è? »
Bene,
è venuto il momento di dire la verità.
«
Gabriel » sussurro piano, facendomi piccola piccola. Insomma, ancora più piccola di quel
che sono, per quanto questo possa sembrare impossibile.
«
Gabriel?!» grida lei,
mentre le vene sul suo collo si gonfiano e cominciano a pulsare pericolosamente.
« Si
può sapere perché diavolo urlate il mio nome, davanti a casa mia,
di domenica mattina per giunta?!»
una voce stizzita, dal lieve accento francese, ci interrompe.
Lentamente
sia io che Christine ci voltiamo, scorgendo il suddetto essere inutile e
abbietto appoggiato allo stipite della porta d’ingresso, avvolto in una
stravagante vestaglia in tartan rosso.
Lupus in
fabula.
«Ga-gabriel! » balbetta
mia sorella vedendolo. « Non è che ci
scuseresti un attimo? ».
Detto
questo mi artiglia un braccio e mi trascina per qualche metro lungo il
marciapiede, in modo che l’essere inutile e abbietto non ci possa
sentire.
«
Questa volta hai superato te stessa » sibila, rossa come un peperone. « Ti ha dato di volta la testa? Dio… come ti
è venuto in mente? Stiamo parlando di Gabriel, quel Gabriel! ».
«
Sai… forse dovresti dargli un’occasione, magari non è poi
così antipatico e disgustoso come sembra! »
lo so, mentire non è mai una bella cosa, soprattutto alla propria
sorella, ma si tratta pure sempre di una giusta causa. E il successo della band
con conseguente coronamento del mio sogno d’amore è una giusta
causa, no?
«
Io… insomma… no, sei senza speranze! »
«
Dai, ti prego! Non sai nemmeno cosa ho in mente! »
«
È questo che mi preoccupa. Le tue elucubrazioni sono qualcosa di
potenzialmente mortale per te e chi ti sta intorno. Dovresti pensarci qualche
volta, sai? ».
« Eh-Ehm
» qualcuno alle nostre spalle tossisce, cercando di richiamare su di
sé la nostra attenzione. « Forse non ve ne siete accorte, ma state
svegliando tutta la via » ci fa notare. «
Invece che confabulare tra voi, potreste almeno dirmi cosa ci fate qui, di
grazia? ».
Gabriel!
Mi ero quasi scordata di lui.
«
Gabriel, amico mio! » esordisco smielatamente, esibendo uno dei miei peggiori sorridi a
mille denti.
« No
» taglia corto lui, con estrema risolutezza.
«N-no? » chiedo
leggermente infastidita, storcendo il naso in una smorfia. « Ma se non
sai nemmeno quello che sto per dirti – o chiederti ».
«
Credimi, sono certo che qualunque cosa tu abbia da dirmi non mi
interesserà minimamente. Quindi –a prescindere- la risposta
è no ».
Anche se
le sto voltando le spalle, scommetto che Chris sta sorridendo.
«
Beh, te l’ho mai detto che sei un bassista eccezionale? ».
«
Non c’è bisogno che tu me lo dica Miller, lo so ».
Calma
Charlie, non lasciarti scalfire dalla sua boria.
«
Sai, l’altro giorno parlavo con Alex, Alex Carlsson…
lo conosci? ».
Gabriel
solleva un sopracciglio, ottenendo come unico risultato quello di farmi
innervosire ancora di più, ma capisco che in certi casi è meglio
fare buon viso a cattivo gioco.
«
Dici l’esaltato che si crede il dio delle tastiere? ».
«
Beh, tu che dai dell’esaltato a qualcuno è davvero il colmo! » sbotto, incapace di contenermi, come una pentola a
pressione.
« Un
consiglio: se vuoi chiedermi qualcosa ti conviene essere gentile ».
Ah, se
solo potessi scuoiarlo e appendere le sue membra insanguinare ad un albero
e… no, stop. Devo smetterla con queste fantasie omicide e concentrarmi
sul mio piano.
«
Hai ragione» ammetto. « Scusa, non era mia intenzione offenderti
» o forse sì? « Insomma, veniamo al dunque… ».
«
Era ora! ».
«
Alex ha formato una band di cui faccio parte, ma abbiamo un serio problema:
siamo senza bassista ».
«
…ed hai pensato di chiederlo a me, dal momento che suono divinamente?
».
«
Esatto! » esclamo, per poi mordermi la lingua. « Sei dei nostri? ».
L’essere
inutile e abbietto ci beneficia di un espressione
concentrata, come se stesse effettivamente pensando di unirsi a noi,
lasciandomi col fiato sospeso per parecchi istanti.
« No
» esclama nuovamente, alla fine.
«
Come no? » piagnucolo disperata. « E se ti pregassi? ».
« No
».
«
E se ti supplicassi in ginocchio? ».
«
Un momento, fammi pensare… no! ».
Giuro, sto
per ucciderlo.
«
E se mi mettessi a danzare in cerchio come gli gnomi della Loacker? ».
«
Ottima idea! » esclama illuminandosi. «
Comunque no ».
«
Perché? » domando infine, esasperata. « Mi odi a tal punto? ».
«
Prima di tutto sei tu ad odiare me, non il contrario, in secondo luogo,
mi spiace dirtelo, ma non sono caduto ancora così in basso ».
« E
se… »
Ecco che
un eccezionale lampo di genio mi attraversa la mente.
«
E se Christine uscisse con te? ».
«Che-cosa-hai-detto? »
mi chiede improvvisamente Chris, che era stata in silenzio fin
dall’inizio della nostra vivace trattativa.
«
Ma sì! » continuo rivolta
all’essere inutile e abbietto. « Mia
sorella esce con te per una ed una sola sera, mentre tu in cambio non devi far
altro che suonare con noi una ed una sola volta. Poi, se ci giudicherai
abbastanza bravi per degnarci della tua presenza,
rimarrai, altrimenti non rivedrai mai più la mia faccia né
sentirai la mia voce ».
«
Oh, questo sarebbe troppo bello per essere vero » commenta lui, con un
mezzo ghigno. « Ok, può andare, Affare
fatto? »
«
Ottimo, affare fatto! » confermo io, mentre le
deliziose manine di Christine si stringono sempre di più attorno al mio
collo. « Facciamo, non so, sabato prossimo a
casa di Alex? Novantottesima strada, numero ventitré
».
«
Bene, ora che vi siete accordati, noi ce ne dovremmo andare » si
intromette Chris. « Sai » aggiunge rivolta a Gabriel « Devo uccidere mia sorella! ».
«
Come hai potuto?!»
sbraita Christine, sbattendo violentemente la porta di casa. «
Avresti potuto consultarmi prima! ».
«
Scusa, scusa, scusa! » ammetto sinceramente dispiaciuta,
chinando il capo. « Ma alla fine non è andata poi così male
».
«
Ah, no? » domanda sconvolta. «
Dovrò uscire con Gabriel! L’abbiamo chiamato “essere inutile
e abbietto” per anni ed ora tu ti aspetti che esca con lui come se niente
fosse? ».
«
Andiamo, sarà solo un appuntamento » le faccio notare, piena di
filosofia. « Lui suonerà con noi, si
accorgerà di quanto siamo bravi, tu uscirai con lui e poi lo mollerai
subito dopo! Facile, no? ».
«
Una sera è già troppo Charlie, credi a me ».
«
Lo so, davvero! So di chi stiamo parlando! »
dico. « Ma… forse –e dico forse- non
è poi così male. Stamattina non è comportato in modo
particolarmente sgradevole, no? ».
Chris mi
lancia un occhiata di fuoco.
«
Volevi ucciderlo, ti si leggeva nello sguardo ».
«
Ma io voglio sempre ucciderlo, a
prescindere! Ci odiamo! » ammetto. « Con te sarà diverso, no? Tu sei
più… ehm… pacifica e assennata di me ».
«
Ma che bella scenetta famigliare! »
Ecco, mi
chiedo perché la gente debba sempre –e dico sempre- interrompere
le nostre discussioni in malo modo. Almeno questa volta siamo state interrotte
da qualcuno leggermente meno abbietto di Gabriel, ma solo leggermente.
«
Ciao Art, cugino caro! » esclamo senza voltarmi.
« C’è un che di inquietante nel
fatto che tu sia a casa nostra quando in realtà dovrebbe essere deserta,
lo sai? ».
Arthur non
mi risponde, restando svaccato sul divano, intendo a navigare in internet col
proprio iPhone.
«
Che ci fai qui? » gli chiede allora Chris,
leggermente indispettita.
« Uh,
è una storia lunga » si limita a dire lui. «
In ogni caso mi hanno aperto gli zii prima di andare dalla nonna. Ieri hanno
parlato al telefono con mia madre, a quanto pare rimarrò qui per un
po’, qualche mese, almeno fino a quando i miei genitori non avranno
sistemato tutte le pratiche del divorzio »
conclude, indicando un borsone, presumibilmente contenente tutta la sua roba.
Il tempo
si ferma, io e mia sorella ci fissiamo intensamente.
No, non
è possibile.
In un
attimo tutta la faccenda della band e dell’appuntamento perde importanza,
i nostri cervellini sono troppo impegnati a digerire la notizia.
Art.
A casa
nostra.
Per
qualche mese.
Il mondo
sta impazzendo per caso?
«
Comunque ho sentito tutta la vostra conversazione » ci informa.
« Si
chiama origliare » puntualizza Christine, lasciandosi andare pesantemente
accanto a lui. « E non è una cosa carina ».
«
Pensala come vuoi… ma secondo me faresti bene ad uscire con quel Gabriel!
».
Non ci credo, Art che dice qualcosa di sensato? Sono sconvolta.
«
Insomma » continua « Se quel ragazzo odia
Charlie non può che essere estremamente saggio, no? ».
Come non
detto: parenti serpenti.
_____
Sto morendo assiderata, quindi non mi perderò in
quisquilie e passerò subito alle recensioni:
Across the universe: A quanto pare per tanti lettori i
manga sono sacri! Anche io li tengo piuttosto ordinati, ma non mi considero una
maniaca…diciamo
che cerco di contenermi XD Family Troubles è
una mia vecchia storia, praticamente la vecchia versione della legge di
Charlie. Ora ho deciso di approfondire le vicende, sistemare i buchi della
trama e dare più spessore ai protagonisti ^^
Talpina Pensierosa: Oh, quale onore <3 Contenta di
aver raccattato un’altra fan di Charlie lungo la strada u_u Evviva lo sblocco!
Mikybiky: Ah, non
c’è nessun gusto nel rispondere alle tue recensioni: sai
già come andrà a finire. Ma cosa c’entra Charlie con filosofia? XD in
ogni caso anche io mi alzo alle 5 per studiare, ma poi spengo la sveglia e
continuo a dormire. Sempre. Alex ti piace? Io nella vecchia storia lo odiavo
quasi XD Lo sto rivalutando. Per quanto riguarda il resto… lo scopriremo
solo vivendo, oh ohoh!
Niggle: Ehi, guarda che le geniali
elucubrazioni mentali della nostra protagonista sono tutto tranne che
sgangherate XD Contenta che ti piaccia!
Capitolo 4 *** 4. Di malvagia matematica, angoscianti ritardi e musicisti traditori ***
Può causare perdita dell’udito e cecità
temporanea.
La Legge
di Charlie
“se
qualcosa può andar male, con il mio
aiuto lo farà”
4. Di malvagia matematica,
angoscianti ritardi e musicisti traditori
Ci
sono dei momenti nella vita in cui pensi che tutto stia andando per il verso
giusto, che nulla potrà mai scalfire la tua calma e che finalmente tutti
i tuoi progetti andranno a buon fine.
Bene,
è in quei momenti che accadrà qualcosa di tremendamente catastrofico,
disastroso e terrificante. Qualcosa come… come… come una lettera
indirizzata ai tuoi genitori, da parte del tuo malefico professore di
matematica, che li informa di una minuscola, insignificante, inutile F. La
quinta dall’inizio dell’anno scolastico, nel mio caso.
Tutti
abbiamo delle piccole debolezze, no?
«
Charlie, dobbiamo parlare » esordisce papà, fulminandomi con lo
sguardo (In questo assomiglia molto a Christine!). Perché non posso
avere una vita normale? Perché deve esserci sempre una terribile e
spiacevole rivelazione?
«
Ehm… sì » annuisco, raggiungendolo in cucina dove mi attende
anche mia madre. « Beh? Ditemi! ».
«
Questa » dice mamma, sventolandomi sotto al naso una busta verdina
« è una lettera proveniente dalla tua scuola! ».
Elementare,
ne avevo riconosciuto lo stemma.
«
Wow » esclamo, cercando di sembrare disinvolta. « Hanno deciso di
comunicarvi quanto sono simpatica ed intelligente? ».
Ok,
probabilmente il motivo è tutt’altro, ma non si sa mai.
«Il
signor Hughes ci teneva ad informarci che, nella sua materia, la tua già
penosa media non ha fatto che calare nelle ultime settimane. » risponde
mio padre, senza perdere la calma. « Cos’hai da dire a tua
discolpa? ».
Forza
Charlie, metti in moto i tuoi malefici neuroni e trova una scusa plausibile.
Il
signor Hughes è in realtà un agente della CIA incaricato di
manomettere i miei compiti in classe con il solo scopo di non far conoscere la
mondo la mia straordinaria e distruttiva intelligenza? No, è troppo
complicato.
Il
signor Hughes mi odia perché ho dei capelli fluenti, lucidi, lunghi e
voluminosi, mentre lui è pieno di orride doppie punte? No, poco
convincente, e poi anche io ho le doppie punte (ma che rimanga tra noi!).
Il
signor Hughes è in realtà una spia ninja di un villaggio nemico,
incaricato di mettermi fuori gioco perché troppo spaventato dalla
temibile abilità innata? No, troppo otaku.
Ah,
quant’è difficile giustificarsi in modo fantasioso e verosimile.
«
Risponderò solo in presenza del mio avvocato » annuncio infine,
con fare teatrale.
«
Tu non hai un avvocato » mi fa notare Art, facendo improvvisamente
capolino dalla porta.
«
Grazie Artie » biascico. « Ho sempre di
avere un fratello adottivo come te ».
«
Figurati! » sorride. Me la pagherà, prima o poi giuro che mi
vendicherò.
«
Allora Charlie? » incalza papà. « Ti ricordo che non hai il diritto di rimanere in
silenzio ».
Rimanere
in silenzio? Io? E quando mai sono stata zitta? Nemmeno se fossi in pericolo di
vita riuscirei a tener chiusa la bocca. Certe volte temo di essere afflitta da
diarrea verbale e, ancora più spesso, temo di non avere alcun filtro tra
bocca e cervello, il che è potenzialmente problematico.
A
questo punto è meglio dire la verità, tutta la verità e
nient’altro che la verità.
«
Ecco, è che… può darsi che io non sia proprio portata per
matematica, tutto qui » dico, con una certa cautela.
«
Può darsi? Tutto qui? » domanda mamma, cominciando ad assumere un
colorito verdastro. Questo è senza dubbio un importante campanello
d’allarme. « Nella lettera è scritto che il tuo è il
peggior risultato dell’intero istituto! ».
«
Probabilmente il professor Hughes ha esagerato! » mi difendo. « Non
nego di fare schifo, ma la situazione non è così drastica
».
«
Certo, e non c’entra per caso il fatto che ora passi i tuoi pomeriggi a
suonare con quegli sfaccendati dei tuoi amici? » continua mia madre.
Bene, ora la sua pelle sta diventando ciclamino! « Ma ora basta, sai? Ho
la soluzione! ».
«
No! » grido, presagendo il peggio.
«
Sì invece. Niente batteria, niente gruppo, niente uscite serali, niente
feste, niente paghetta, niente computer, niente di niente. Mi sono spiegata?
».
«
Non potete farmi questo » dico con un filo di voce. « Alla band mi
sono appena unita e… ».
«
Charlie, non si discute » mi avvisa papà, perentorio.
«
E se prendessi ripetizioni da Christine? Non dovreste nemmeno pagarla »
propongo, guardandoli con l’espressione “cucciolo indifeso”.
« Così sarete certi che studierò e nel frattempo potrei anche
suonare ».
«
No, non se ne parla! ».
«
Ma… »
«
Niente “ma” Charlotte » mi blocca mamma. « Potrai
andare alle prove odierne solo e soltanto per salutare i tuoi amici. Non li
rivedrai finché quella F non sarà diventata almeno una B ».
«
Siamo stati chiari? »
«
Sì… » mormoro sconsolata.
Ecco,
lo sapevo. Incontro l’uomo della mia vita, trovo un passatempo che mi
diverte e poi cosa succede?
Prendo
F in matematica.
Grandioso.
E
come se non bastasse il mio ultimo incontro con la band sarà contaminato
dalla presenza dell’essere inutile e abbietto. Non potrebbe andare
meglio, non vi pare?
«
Ora, col vostro permesso, vado a crogiolarmi nell’autocommiserazione
» annuncio, voltando le spalle e lasciando la stanza.
«
Cosa stai facendo? » mi domanda Christine, sedendosi accanto a me sul
divano.
«
Non hai sentito quello che ho detto prima, in cucina? » le chiedo mogia,
parlando con la bocca piena di pestilenziali ed ipercaloriche patatine al
formaggio. « Mi sto crogiolando nell’autocommiserazione ».
«
Credevo che per te “crogiolarsi nell’autocommiserazione”
significasse “rannicchiarsi sul letto in posizione fetale e scivolare
nell’oblio mentre la radio passa People are strange
dei Doors”, e non “spalmarsi sul divano a
guardare le repliche di Torchwood ingozzandosi di ogni
genere di schifezza possibile ed immaginabile” » mi fa notare,
alludendo al programma che sto guardando e al pacchetto di patatine formato
famiglia che tengo tra le mani.
«
Ho solo deciso di impiegare la mia vita in modo costruttivo » la informo,
senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
«
Ovvio, lo sanno tutti che trangugiare patatine al formaggio è un
passatempo molto edificante… ».
«
Adorata sorella » esordisco « non faresti prima a dirmi cosa vuoi?
».
«
Io non voglio niente » dice, strappandomi il telecomando di mano. «
È che mi piange il cuore a vederti in questo stato, capisci? ».
«
Sì » rispondo scettica. « Ma tanto non ti credo. Comunque,
dov’è Art? ».
«
Non ne ho idea… è sparito da circa dieci minuti. Magari è caduto
da una finestra o qualcosa di simile ».
Non
posso fare a meno di sorridere.
«
Allora esiste un Dio giusto! » esclamo.
«
Charlie! ».
«
Scherzavo. In ogni caso, sei pronta? Tra mezz’ora dobbiamo essere da Alex
».
«
Dobbiamo? ».
«
Beh, sì » cerco di spiegarle. « Ci sarà anche Gabriel
e dobbiamo far sì che sia di buon umore! ».
«
Sai sorellina, mi sento un po’ usata » obbietta.
«
Nah, il tuo è un servizio reso
all’umanità: vedila sotto quest’ottica »
Tic - Tac - Tic -
Tac
Ormai
sono in stato catatonico. Fissare quell’orrendo orologio da parete
aspettando Gabriel si faccia vivo mi deve avere ipnotizzata: la lancetta dei
secondi che si muove a scatti regolari tiene incollato il mio sguardo.
Tic - Tac - Tic -
Tac
Un
po’ come quando, a scuola, aspetto la fine dell’ora di chimica e
inizio a contare i minuti che mancano al suono della campana. A volte comincio
a fare il conto alla rovescia non appena entro in aula, roba da pazzi. Ho pure
lo stesso sguardo vacuo di uno studente di fronte ad una lavagna piena di
incomprensibili formule matematiche.
Tic - Tac - Tic -
Tac
Sono
passate già tre ore ed ho iniziato a perdere la pazienza.
All’inizio pensavo fosse questione di cinque minuti, ma i cinque minuti
sono diventati dieci, e i dieci venti, e i venti mezz’ora.
Poi
le mezzore sono si sono duplicate ed ora lo stiamo aspettando da tre dannatissime ore. Anche Christine ha
perso ogni speranza, l’unico a mantenere la calma è Mark, che
strimpella la sua chitarra incurante di ciò che gli accade attorno,
circondato solo dalla sua aurea di immensa figaggine.
Ah,
che visione…
No,
Charlie, riprenditi!
Pensa
a Gabriel.
Perché
diavolo non arriva? Che abbia deciso di non presentarsi?
In
questo caso andrò personalmente a casa sua, di nuovo, e proverò
su di lui qualche fantastica quanto piacevole tortura azteca.
«
Charlie… ».
Oppure
costruirò una bambolina voodoo impastando cera e alcuni dei suoi stupidi
capelli, infine la trafiggerò con una miriade di spilloni appuntiti e
arroventati.
«
Charlie? ».
Oppure
contatterò qualche museo specializzato in torture e pene di morte, mi
farò spedire una vergine di Norimberga e ce lo chiuderò dentro
fino a quando non sarà morto tra indicibili sofferenze.
«
Charlie? »
Oppure
lo prenderò di peso e lo legherò ad una sedia elettrica senza bagnargli la testa e lo
farò friggere come un pollo, esattamente come nel film “Il Miglio
Verde”. Oppure…
«
Charlie! » Oh, Alex mi sta chiamando.
«
Eh? Stai parlando con me? » chiedo, ancora completamente persa nelle mie
elucubrazioni mentali.
«
Sì » risponde un po’ scocciato. « Mi spiace
interrompere il tuo profondo flusso di coscienza, ma colui-che-non-deve-essere-nominato
è qui ».
«
Voldemort?! » Esclamo allarmata, letteralmente
in preda al panico.
«
No! » urla lui. « Sto parlando di Gabriel! »
È
venuto. Stento quasi a crederci.
Mi
alzo e, barcollando, muovo qualche passo verso la porta grigia, ancora del
tutto incredula. Gabriel aveva promesso che sarebbe venuto, ma davo per
scontato che qualcuno del suo stampo non si sarebbe fatto problemi nel darmi
buca.
E
invece eccolo mentre spalanca la porta con il suo basso a tracolla. È
proprio lui: non molto alto, capelli castano chiaro, maglia blu, jeans e scarpe
che, ad occhio e croce, costano più del mio intero guardaroba. Ecco a
voi l’essere inutile e abbietto.
«
Ehilà Miller » mi saluta con un cenno della mano. «
Scommetto che pensavi che non sarei venuto. Probabilmente stavi già
facendo un elenco mentale delle torture che avresti potuto infliggermi ».
«
Wow, sei diventato anche un sensitivo! » dico incantata. « Tu
riesci a leggere nell’animo di ogni donna! ».
«
A dire il vero lo scorso mese ho seguito un corso di psicologia criminale e a
quanto pare ti potresti rispecchiare in più d’un profilo ».
«
Ok, non una parola di più » lo avviso, puntandogli il dito contro.
« Sei la nostra unica speranza e, in quanto tale, non posso ucciderti
prima della tua esibizione, no? ».
«
Esattamente » esclama sorridendo in modo molto sinistro. « Spero
solo che non ti sia dimenticata la mia…ehm… ricompensa »
conclude, rivolgendo uno sguardo eloquente verso Chris che, per tutta risposta,
si volta verso di me con una smorfia.
«
Ti passo a prendere domani sera alle otto » dice nuovamente, rivolgendosi
a mia sorella, con tono sorprendentemente gentile. « Per te va bene?
».
Christine
annuisce senza troppo entusiasmo.
«
Ok » borbotta. « Sai dove abito? ».
«
Ehm… sì, ne ho una vaga idea ».
È
pure uno stalker, oltre che un essere inutile!
Purtroppo,
proprio nel momento in cui sto per esternare questa mia considerazione,
interviene l’uomo della mia vita, ovvero Mark.
«
Vogliamo iniziare questa audizione o no? » ci domanda, un po’
infastidito.
«
Audizione? Siete voi che dovete dimostrare di essere alla mia altezza, non il
contrario » ci ricorda Gabriel, tornando nuovamente altezzoso come
sempre.
«
Magari non suoni bene come si dice » azzardo io, incrociando le braccia
al petto.
«
Hai ragione, io non suono bene come si dice: suono addirittura meglio! ».
«
Scusatemi » esclamo roteando gli occhi. « Penso che me ne
andrò… questa stanza è talmente piena del tuo ego che temo
non ci sia spazio per altre persone! ».
Detto
ciò abbandono il garage seguita da Charlie, lasciando ad Alex e Mark
l’onere di giudicare Gabriel.
Poco
dopo Alex fa il suon ingresso in cucina, quasi in lacrime.
«
N-non ci credo » balbetta. « Gabriel
è… ».
«
Repellente? » gli vengo in aiuto.
«
No! ».
«
Insopportabile? ».
«
No! ».
«
Egocentrico, narcisista? ».
«
No e no! ».
«
Un idiota? ».
«
No! ».
«
Insomma, ho finito gli insulti, deciditi a parlare! ».
«
Gabriel è… bravissimo! » dice infine. « Non ho mai
sentito nessuno suonare come lui. È proprio quello che mancava alla
band! È grandioso! ».
Già.
Non
ho mai sentito Alex parlare con tanto fervore di un musicista che non fosse se
stesso: è evidente che devo cominciare a preoccuparmi.
«
D’accordo, me ne farò una ragione » aggiungo sconsolata.
«
Ed è tutto merito tuo se ora è nella band! Non sei contenta?
» di domanda Mark, sfoderando uno dei suoi soliti sorrisi.
Bene,
evidentemente si diverte a rigirare il coltello nella piaga. Ma bravo.
«
Ragazzi… so che ora siete contenti per Gabriel, ma devo darvi una brutta
notizia ».
«
E cioè? » domanda l’uomo della mia vita, visibilmente
preoccupato.
Ehi,
è preoccupato per me! Non tutto è perduto.
«
Vedete, di fronte ai miei pessimi voti in matematica i miei hanno deciso di
mettermi in punizione » ammetto. « Se entro un mese non prendo una
strabiliante B, allora posso anche dire addio alla band. Mi spiace lasciarvi,
soprattutto ora che avete trovato un bassista grandioso ».
«
Charlie, come puoi farmi questo? » grida Alex terrorizzato. « Non
ora, ti supplico! ».
«
Lo so… è che faccio davvero schifo in matematica, ci vorrebbe un
miracolo per far cambiare idea ai miei genitori ».
«
E se io conoscessi il miracolo? » interviene improvvisamente Mark.
« Anzi, e se io fossi addirittura parente del miracolo? ».
Alex
ed io lo guardiamo interdetti, cercando di decifrare le sue parole.
«
Spiegati! » lo esorto io, pregando tutti gli dei che non stia solo
straparlando.
«
Mio fratello potrebbe darti ripetizioni » mi spiega. « Avete circa
la stessa età, mi pare ».
Scuoto
la testa, sconsolata.
«
Niente da fare. Ho proposto ai miei genitori che fosse Christine ad aiutarmi,
continuando a partecipare alle prove, ma si sono rifiutati ».
«
Ma mio fratello è un genio! Dico sul serio » cerca di convincermi.
« Un pomeriggio con lui e saprai ogni cosa alla perfezione, prenderai
addirittura una A e finalmente potremo tornare a suonare ».
«
Non so, non mi sembra gran ché come idea » obbietta Alex. «
Magari tuo fratello è veramente un genio, ma molto più
probabilmente Charlie è veramente una schiappa. Siamo fregati! ».
«
Fidati di me » dice Mark, guardandomi intensamente (ok, sto per svenire).
« Vieni a casa mia questo lunedì e vedrai ».
Bene,
possiamo dichiarare la mia morte cerebrale.
«
O-ok » mormoro. « Se per te va
bene… Certo! E vedrai che anche per mio fratello non ci saranno problemi
».
Ora
speriamo solo che mamma e papà accettino questo compromesso!
«
In ogni caso si è fatto tardi… » dico, lanciando una fugace
occhiata al cellulare. « Sarà meglio che torni a casa…
Christine, ci sei? ».
Mi
volto verso mia sorella che, stranamente sta parlando con l’essere
inutile e abbietto in modo pacifico.
«
Christine! » la chiamo, attirando la sua attenzione.
«
Sì, arrivo » mi risponde distratta. « Ci vediamo »
aggiunge poi, in direzione di Gabriel « occhio a non perdere il mio
numero! ».
«
Ho parlato un po’ con lui… non è poi così male
» mi dice Chris, mentre stiamo tornando a casa.
«
Chi? » chiedo distrattamente. « Alex? Sì, all’inizio
può sembrare un po’ strano, ma in fondo è simpatico
».
«
No, parlavo di Gabriel » specifica, come se nulla fosse.
«
Gabriel? » sono allibita. « Vuoi farmi venire un infarto? ».
«
Charlie, non sto scherzando. L’essere inutile e abbietto si sta rivelando
più normale di quanto sembri ».
«
Intendi dire che non è viscido come una lumaca? ».
«
No, non lo è ».
«
E mi vuoi perfino far credere che non ha nemmeno le antenne?! ».
«
Eh, Charlie cara, mi spiace deluderti ma no, non ha nemmeno le antenne ».
Scuoto
la testa.
«
Quel ragazzo è una delusione continua » dico, in mancanza di una
motivazione convincente. « Il mio senso di ragno dice che non dovresti
fidarti così ciecamente di lui ».
«
Non vorrei contraddirti, ma sei stata tu a mettermi in questa situazione!
».
«
Ehm… » ok, meglio che stia zitta: mi sto dando la zappa sui piedi
da sola.
«
Parlando di cose più allegre, domani sera io e tu-sai-chi
usciamo a cena » mi informa allegra.
«
Santo cielo, hai detto “parliamo di cose più allegre”!
» rispondo, roteando gli occhi.
«
Andiamo solo a mangiare una pizza ».
«
Beh, ricordati lo spray antiaggressione al peperoncino » aggiungo.
« Se quel pervertito dovesse farti qualcosa, non me lo perdonerei mai
».
«
E faresti bene! » dice Chris, puntandomi un dito al petto. « Ma
comunque non ha l’aria del maniaco ».
«
Solo un po’! ».
«
Charlie! ».
Una
volta a casa veniamo accolte nuovamente dall’irritante voce di Art.
«
Cugine, quale gioia rivedervi a casa! ».
«
Cugino, quale dolore non trovarti morto! » rispondo io, sorridendo
dolcemente.
«
Mi spiace per te, davvero ».
«
Non temere, un giorno accadrà, ed io sarò ben lieta di scoprire
il tuo cadavere » concludo, prima che lui cerchi di uccidermi.
«
Illuminatemi: cosa fanno di solito le sorelle Miller il sabato sera? ».
«
Siamo in punizione » rispondo rabbuiandomi. « La maledizione della
matematica ci ha colpite: siamo costretta a casa tutto il tempo ».
«
Charlie, stai usando il plurale maiestatis, vero? » mi chiede Christine,
alzando un sopracciglio. « Tu sei in punizione, non io ».
«
Ma ovviamente tu rimarrai a casa a farmi da supporto morale… no? ».
«
Il mio affetto fraterno non arriva a tanto ».
«
Allora mentre io e Chris ci diamo alla pazza gioia andando per locali, tu puoi
sempre rimanere a casa a studiare » suggerisce Art, mettendomi un braccio
attorno alle spalle. « Anzi, sai una cosa? Potresti giocare un po’
con le Barbie e rimuginare sulla tua triste esistenza, che te ne pare? ».
«
Mi pare che ti soffocherò nel sonno ».
«
Dieci secondi » si limita a rispondere lui.
«
Cosa? È il tempo che ti serve per metabolizzare le mie parole e
preparare una risposta adeguata? ».
«
No » mi risponde pacato. « Dieci secondi è il tempo che ti
concedo per scappare, prima che io ti prenda e ti lanci da una finestra
».
In
questa casa c’è troppo, troppo amore.
______________
Sono
in vacanza forzata a causa della tracheite, quindi ne approfitto per
aggiornare! Qualche settimana fa mi si è fusa la scheda madre del
portatile e per un po’ ho temuto di aver perso TUTTI i capitoli inediti
della Legge di Charlie, ma per fortuna il tecnico è riuscito a salvarmi
i file del vecchio disco sul pc nuovo. Ecco,
sì. Grazie a dio ho anche un pc nuovo XD
altrimenti avrei ucciso qualcuno.
Talpina Pensierosa: Qualche giorno fa, mentre leggevo il tuo
LJ mi è venuta in mente una cosa u_ù
quello che tu definisci LOL (ovvero: il LOL si manifesta in molti modi) ed io
considero disgrazie, è poi che l’essenza della legge di Charlie XD
Mi spiego, col senno di poi fa ridere, ma al momento è tragico. Un
po’ come quando stavo per piangere, scoprendo che il treno per Milano
centrale era già partito XD Ma parliamo di cose serie: Art e Gabriel
sono parzialmente divertenti XD A me –a dispetto di quanto sembra-
Gabriel piace e SPERO che stia simpatico ai lettori u_ù
Mentre Chris deve ancora entrare nell’ottica del bene superiore…
eh, ci vuole tempo, no?
Mikybiky: Il destino dei
fratelli è quello di venire sfruttati XD Mia sorella maggiore mi
sfruttava sempre e per anni ho passato le più terribili angherie. A
quattro anni mia sorella mi ha raccontato che mio fratello –che ha 17
anni più di me- mi avrebbe uccisa prima del mio quinto compleanno. Ecco.
Ok, Charlie non arriverà MAI a quei livelli. Grabriel
sì, però XD
Mh.
Ok, no, nemmeno lui!
Niggle: Oh, quanto mi
piacerebbe essere la maggiore XD Gabriel finisce sempre per piacere a tutti,
anche se all’inizio –durante la prima stesura della storia- il mio
scopo non era affatto quello… poi ho cominciato
ad amarlo XD Charlie è l’essere più schizzato del pianeta,
ma anche tutti gli altri non scherzano; semplicemente sembrano più
normali perché non esternano i loro pensieri schizzoidi
°u° c’è un piccolo potenziale genio del male in ognuno di
noi!
ATTENZIONE: La bravissima Mikybiky ha scritto tre flashfic
con i personaggi della Legge di Charlie <3 e per questo la adoro. Potete
leggere e commentare al seguente indirizzo: http://www.fanworld.it/viewstory.php?id=2120&capitolo=3679
Capitolo 5 *** 5. Di esperienze paradossali, subdoli alcolici e figuracce indimenticabili ***
Comunicazione
di servizio: Il seguente capitolo è scritto secondo il punto di vista
di Christine <3
Può causare perdita dell’udito e cecità
temporanea.
La Legge di Charlie
“se qualcosa può andar male,
con il mio aiuto lo
farà”
5. Di esperienze paradossali, subdoli
alcolici e figuracce indimenticabili
Mai,
dico mai , nemmeno nei miei peggiori
incubi da indigestione di frittelle, avrei immaginato di trovarmi in questa
stupida situazione. E invece eccomi qui, in compagnia di mio cugino Art per una
fantasmagorica serata tra amici.
Peccato
che io e lui non siamo amici. Certo, non lo odio ai livelli di Charlie, ma non
credo si possa dire che ci adoriamo.
Questa
è proprio un’enorme cavolata, sapete? Degna di far concorrenza
alle antinomie di Kant; sì, insomma, avete
presente quelle quattro tesi e antitesi che… va
bene, come non detto. Forse ha davvero ragione mia sorella quando sostiene che
sono una palla mortale.
Comunque,
tornando al discorso di prima, vi rendete conto del mio problema? Io e Art, in
giro il sabato sera, da soli.
Una
situazione simile non si ripeteva più o meno dal primo giorno di asilo
e, credetemi, se le cose sono andate in un certo modo un motivo
c’è.
Lo
ricordo come se fosse ieri, le immagini di quel giorno sono ancora vivide e
brillanti, dolorosamente impresse nella mia mente: mia madre stava
accompagnando me e quel pazzo furioso di Artie alla
scuola materna, ed io sfoggiavo indubbiamente il vestitino viola più
bello e delizioso del mondo.
Arrivati
di fronte al triste edificio, la mamma e la zia ci salutarono sorridendo,
affidandoci quindi alle maestre che ci avrebbero condotto nella nostra aula; ed
ecco che accadde.
Orgogliosa
di me, del mio abitino e del mio essere semplicemente al mondo, con aria
giubilante varcai la soglia della classe, quando…
(Un
attimo di suspance, signori e signore).
…Trovai un piedino calzante un’odiosa
scarpetta di Action Man a bloccarmi la strada,
facendomi oscillare pericolosamente tra la socializzazione e la vergogna
più nera.
E infine stump!
Caddi
a terra come un sacco di patate.
Ovviamente
la colpa era tutta di quell’idiota di mio cugino che, visibilmente
annoiato, aveva deciso di farmi uno sgambetto.
Fatto
sta che il mio magnifico vestito si strappò, mostrando all’intera
classe –maestre e genitori compresi- le mie mutande di cotone
raffiguranti Sailor Moon (di cui tutt’ora vado fiera). Scoppiai a
piangere e da quel giorno mi rifiutai di mettere nuovamente piede
all’asilo, così mia madre si vide costretta ad insegnarmi
–nei limiti del possibile- a leggere e a scrivere.
Per
colpa di quel decerebrato ho avuto un’infanzia abbastanza triste, e non
solo, ho avuto seri problemi di integrazione perfino frequentando le elementari
dove non conoscevo nessuno e… e ora che ci
penso questo devi avermi traumatizzata così profondamente da impedirmi
di avere una storia seria con un ragazzo normale!
In
conclusione, Art è la causa di tutte le mie disgrazie.
Okay,
ma ora basta con le cazzate, è meglio che non dia la colpa a nessuno se
sono una frana socialmente parlando.
Torniamo
a noi!
Io
e l’infame cugino stiamo passeggiando per le vie del centro da almeno
mezzora, completamente immersi nel silenzio, e tutto ciò sta diventando
quanto meno imbarazzante. Forse è meglio cercare di instaurare una
conversazione, seppur patetica.
D’accordo,
Artie è il classico fighetto, belloccio, straricco
e straviziato che io odio con tutto il cuore, ma è pur sempre un mio
parente e come se non bastasse sta vivendo un periodo difficile, quindi
è mio dovere essere carina e gentile e blablabla.
Adesso
il problema è trovare un argomento di conversazione con questo essere,
che in comune con me non ha assolutamente nulla.
«
I-insomma, Art… come
va la scuola? Sei preoccupato per l’esame? ».
Mi
lancia uno sguardo pieno di sufficienza piuttosto eloquente ed io mi sento
sprofondare.
Lo
sapevo, domanda sbagliata, anzi, sbagliatissima.
Dovevo ricordarmi che Art lo scorso anno è stato bocciato, di
conseguenza non lo attende nessun esame. Oh, merda.
«
Beh, cioè, volevo dire… che locali
frequenti di solito? ».
Questa
è una domanda assolutamente neutra, no?
«
Lo Stauton è il mio locale preferito »
mi risponde. « Incontro sempre qualcuno di interessante là.
Infatti non credo ti piacerebbe ».
Pronuncia
la parola “interessante” squadrandomi come se fossi l’insetto
più disgustoso presente sulla faccia della terra. Beh, è da
quando siamo nati che quei nove mesi di differenza gli permettono di
comportarsi con odiosa superiorità, ma questa volta non ho intenzione di
dargliela vinta.
«
Non c’è problema, anche a me lo Stauton
piace molto! » affermo con aria convintissima.
Art
lancia uno sguardo perplesso ai miei banalissimi jeans stinti, alle mie Etnies, ai miei capelli crespi ed elettrici e alla mia
faccia struccata. Poi alza entrambe le sopracciglia.
Cosa
crede, soltanto perché non sono Miss Perfezione non posso uscire con persone
del suo calibro?!
«
Sei sicura, Chris? Guarda che c’è la consumazione minima: una
portata fivetofive, ovvero tre shot obbligatori
e due facoltativi. Li reggi? ».
«
Ovvio » rispondo spavalda. « Anche i due facoltativi e il bis!
».
Siamo
a posto ragazzi: ho appena firmato la mia condanna a morte.
La
qui presente Christine Miller, nonostante la sua passione per la birra, non
regge per niente l’alcol. Ho sempre amato bere, ma generalmente perdo il
lume dell’intelletto dopo il primo sorso. L’ultima volta che ho
avuto la geniale idea di bere quattro bicchieri di vino, ho cominciato a
vomitare come la bambina dell’esorcista: di certo non è stato un
bello spettacolo.
Io
non ricordo nulla, ma i miei compagni di classe che hanno avuto l’onore
di assistere alla scena mi hanno raccontato di come ho cantato la Marseillaise
nel bel mezzo della strada, incurante della mia evidente incapacità in
francese, con la mano destra sul cuore e gli occhi persi.
Ma
non solo, ho anche insidiato sessualmente ogni essere umano maschio passasse a
meno di cinque metri da me, talvolta sussurrando e talvolta urlando frasi
piuttosto volgari, ridendo e piangendo allo stesso tempo.
Ora,
in ogni caso, sono più vecchia di un anno, è giunto il momento di
mettere la testa a posto e reggere l’alcol.
Suvvia,
chi non è un grado di reggere cinque stupidi bicchierini?
In
fin dei conti non sono nemmeno a stomaco vuoto: a cena ho mangiato come un bue,
questo dovrà pur contare qualcosa!
Concludendo,
non c’è nessunissimo problema.
Una
volta entrati in quel posto a dir poco terrificante, Art e io ci sediamo al
primo tavolino che troviamo. Mio cugino sembra piuttosto deluso: il locale
è quasi deserto; evidentemente si aspettava di trovare fiotti di amici
“interessanti”, ovvero stronzi, come lui.
È
ancora più zitto di prima e se questa fosse una situazione normale ne
sarei davvero contenta, ma nel vederlo fissare il vuoto con aria triste mi si
stringe il cuore.
Sto
quasi rimpiangendo di non essere rimasta a casa a far compagnia a Charlie
quando un’improvvisa baraonda mi distrae dai miei pensieri.
La
ragazza seduta al tavolo vicino al nostro si è appena beccata un ceffone
colossale dal ragazzo che era con lei, cadendo rovinosamente dalla sedia. Io,
Art e tutto il resto del locale ci blocchiamo e li guardiamo sconvolti.
«
Sei una puttana! » grida il ragazzo, sferrando un pugno sul ripiano e
facendo traballare il tavolo.
Lei,
nell’intento di alzarsi, inciampa nel mio giubbotto di jeans, finito a
terra, e barcolla nuovamente sbattendo contro la mia sedia.
Istintivamente
mi avvicino a lei, aiutandola a rialzarsi e ricevendo di conseguenza uno
sguardo di fuoco dal suo ragazzo. Ok, prevedo guai.
Perché
non riesco a stare ferma e zitta in santa pace, come tutte le persone normali?
Perché
sono nata con questa stupida mania di mettermi sempre nel mezzo?
Come
quando ho cercato di aiutare Leopold che stava per morire tra i denti di Ben e
venni azzannata io stessa, contraendo poi una terribile infezione e finendo al
pronto soccorso.
Per
amor di cronaca, Leo era il mio criceto, mentre Ben era l’ormai defunto
gatto mannaro di Charlie, grande come una pecora e pesante come un bue. Leo ha
finito la sua brillante carriera cadendo dal balcone del secondo piano, mentre
Ben spappolato da un pullman. Vi prego, fate un minuto di silenzio in loro
onore.
Ma
torniamo a noi: il ragazzo mi lancia un ultimo sguardo irato, poi alza i tacchi
e, per mia fortuna, se ne va.
La
ragazza che mi è piombata addosso è uno scricciolo dai capelli
biondi a caschetto, mossi, gli occhi nocciola e gambe come stuzzicadenti. Ora
capisco come ha fatto a cadere a terra con un semplice schiaffo: una folata di
vento troppo forte potrebbe sollevarla senza problemi.
La
aiuto a rialzarsi sotto gli occhi sbalorditi di Art, senza che
quest’ultimo muova un dito.
Dopo
una scena del genere mi aspetto che la ragazza mi scoppi a piangere davanti, o
almeno è quello che farei io dopo aver ricevuto un ceffone di quella
portata, ma invece –con mio grande sbalordimento- questa comincia a
ridere come una matta.
Senza
dire una parola prende uno sgabello e si siede tra me e Artie,
lasciandoci sempre più confusi e sconvolti.
«
Io sono Caroline, molto piacere! » esclama, stringendomi vigorosamente la
mano. « Ti ringrazio veramente tanto per avermi aiutata dopo quella
figura di merda… stavo per scoppiargli a ridere
in faccia, ve lo giuro. Ci è rimasto veramente male quando ha scoperto
che stavo uscendo anche con un altro, e dire che sperava che io negassi!
».
«
E invece…? » chiede Art, incuriosito.
«E
invece gli ho risposto che non solo stavo uscendo con un altro, ma con altri
tre, fra cui il suo miglior amico e suo fratello. Che ridere, ragazzi! »
mi tira una pazza sulla spalla e mi rivolge un sorriso a trentadue denti.
« Ma tu sei stata comunque grande ad aiutarmi, non molte altre persone
l’avrebbero fatto. Cameriere! Tre fivetofive per me e i miei nuovi
amici, ovviamente pago tutto io! ».
No.
No, no no.
Non
è vero che sto pensando che questa sia un po’ pazza, non
l’ho pensato nemmeno per un istante-
Infatti
ho pensato fin da subito che fosse completamente
pazza.
In
compenso è simpatica e parla a raffica, togliendo così
l’imbarazzo che si era creato fra me e mio cugino.
Quando
arriva il cameriere con quindici bicchierini ricolmi di liquidi colorati
–quindici, dio santissimo-
Caroline gli ammicca e grida, praticamente in modo che tutto il locale possa
sentirla.
«
Ehi, Eddie, non ti pago niente, vengo a trovarti in nottata a casa e facciamo
pari, ok? Se vuoi porto anche questa mia nuova amica che sia chiama…ehm…
com’è che ti chiami? ».
«
Christine, Christine Miller » risponde Art al mio posto, esibendo un
sorriso malvagio.
«
Ecco, porto anche Christine, ti prometto che ci divertiremo tantissimo!
».
«
Ehi, zitta! » esclamo mettendomi le mani tra i capelli, diventando color
porpora.
«
Ma Ed è d’accordo, sai? Non pago mai nulla, tanto sono
l’unica che se lo fila… » commenta
lei candidamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Forse
è già brilla e non si rende proprio conto di quello che dice, oh
Signore.
Per
non pensarci prendo il primo bicchiere –vodka pura, ehi!- e lo bevo tutto
d’un fiato, sperando che mi renda abbastanza allegra da sopportare la
compagnia di una sconosciuta completamente fuori di testa e di quella spina nel
fianco di mio cugino.
Il
mondo comincia subito a sembrarmi un po’ appannato, mi gira la testa ma
continuo a svuotare uno shot dopo l’altro,
mentre Art e Carrie rimangono perfettamente sobri.
Oddio,
come ho detto che si chiama questa nuova ragazza?
Ovviamente
non è colpa dell’alcol, è che ho problemi a tenere a mente
i nomi nuovi e…
Un
momento. Come si chiama mio cugino?!
Oh,
merda, forse bevendo un altro bicchierino passerà tutto.
C’è chi dice che, se ci bevi sopra, risolvi tutti i problemi.
Giù
anche il rum e pera!
Bene,
ora passa.
Passa.
Passa?
No,
non passa!
Anzi,
tutto sembra piuttosto confuso e strano, i suoni mi giungono ovattati, anche la
voce della biondina che ordina altri bicchierini colorati pieni di super
alcolici. Dovrebbe chiamarsi Celine ecco!
Ora
sta parlando con l’altro tizio belloccio seduto al tavolo con noi, ma
sento solo un basso ronzio. Ma il tizio belloccio dovrebbe essere mio cugino,
no?
Peccato,
è così carino…
Come
si chiama? Andrew?
Athos?
Portos?
Aramis?
No,
aspettate, qualcosa come…come…
D’artagnan!
Nel
pieno di questo profondo dissidio esistenziale mi scolo ancora due o tre shot, infine scoppio a ridere come una pazza.
«
Va tutto bene Chris? » mi domanda lo stragnocco moro davanti a me.
«
D’artagnan? » Anche Caroline scoppia a
ridere, ripetendo il nome dello stragnocco.
«
Dio santo, mia cugina è completamente ubriaca! Come faccio a riportarla
a casa dagli zii in queste condizioni? ».
«
Posso sempre portarla con me da Ed, più tardi, con una bella frusta magari… » commenta Celine o come diavolo si
chiama.
«
Sì, la frusta sì! » mi ritrovo ad urlare. « È
bellissima, sì, sì, adoro la frusta! Ci voglio andare, dai,
D’artagnan, mi ci porti? Eh? Posso andare? Eh,
D’artagnan? ».
«
L’abbiamo persa! » esclama il ragazzo moro, spalancando gli occhi.
« Chris, riprenditi, ti supplico! Queste sono cose che farebbe Charlotte,
non tu ».
«
E invece userà la frusta… con te!
».
Mi
alzo in piedi di scatto, indicandolo, ma chissà perché non riesco
a reggermi in piedi e crollo a terra come una pera cotta, ridendo fino ad avere
le lacrime agli occhi.
Il
sedere mi fa un male incredibile, ma è tutto troppo divertente. Non so
come mai, ma non riesco a smettere di ridere.
D’artagnan viene in mio soccorso e mi aiuta a rialzarmi,
mentre io lo guardo divertita.
«
Accidenti, sei proprio carino! » grido, avvinghiandomi alle sue spalle.
« Ma anche i ragazzi seduti al quel tavolo laggiù sono carini! E
perfino il cameriere, anche se ha i denti storti, e pure il proprietario, anche
se ha circa sessant’anni! ».
«
Christine, stai bene? » mi domanda la ragazza bionda.
«
Oh, tranquilla Celine, sei bellissima anche tu » la rassicuro, mettendo
un braccio attorno alle sue spalle. Scoppio di nuovo a ridere, incontrollata.
È
molto, molto peggio di quella volta che mi sono messa a cantare l’inno
francese a squarciagola.
Tutto
mi sembra un sogno, aspetto solo che mia madre venga a svegliarmi…
perché domani è domenica, o no?
Non
ho assolutamente coscienza di me o di quello che mi sta accadendo attorno, il
mondo è confuso e rumoroso, non sono nemmeno certa di trovarmi ancora
nel locale.
Ecco,
ora sono sdraiata su un marciapiede, il ragazzo moro al mio fianco e la
biondina intenta a scostarmi i capelli dalla fronte.
«
Accidenti, quanto sei bello » dico a D’artagnan,
cercando di alzarmi. « Però mi scappa da morire la pipì!
».
«
Grazie Chirs, peccato che tu sia proprio ubriaca e
non ti renda conto di quanto mi odi » replica lui, ridendo.
«
Io… io mi sono appena dichiarata e tu mi dici
così! » affermo sconvolta. « Almeno portami a fare la
pipì! ».
Sono
profondamente indignata, e che cavolo.
Chissà
perché, ma lui ride ancora più forte, seguito a ruota da Celine,
o Caroline.
O
forse è Charlotte, mia sorella… anche se
l’ultima volta che ci ho fatto caso non era bionda.
Forse
aveva i capelli rossi. O erano verdi? Sì, insomma, di certo non erano
biondi, e poi erano lunghi e lisci.
«
Ti ringrazio per la dichiarazione, ma siamo cugini » mi ricorda il moro.
« Quanto alla pipì, temo che dovrai resistere ».
«
Beh? Che problema c’è? Basta chiedere il permesso al vescovo per
sposarci, mi pare logico. E poi c’è anche un detto: non c’è cosa più divina che
farsi la cugina! ».
«
Quando bevi sei di una volgarità assurda, lo sapevi? Non ti si
riconosce. Ora cerca di stare un po’ zitta…
Caroline, prova a tenerle la testa così…
ok, grazie ».
Lemani di D’artagnan
e Celine si sfiorano e quell’addormentato di mio cugino arrossisce.
Merda,
la biondina mi sta facendo concorrenza, devo dirglielo!
«
Tu mi stai facendo concorrenza, mi rubi
l’uomo! ».
«
Cosa? » lei mi guarda e ride di nuovo.
Ma
qui sono tutti scemi: hanno continuamente crisi di riso.
Cerco
di muovermi un po’, ma non ci riesco. D’improvviso scorgo una
sagoma che mi scruta dall’alto.
Ma
sì, lo riconosco: è Gabriel.
Finalmente
qualcuno che mi fila: stasera festa grande per lui!
«
Cosa diamine sta succedendo qui? Christine sta male? » domanda ad Art.
«
Ciao, Gabriel. No, semplicemente ha bevuto come una spugna: è partita,
completamente fuori di testa. Ha passato tutto il tempo a farmi avances oscene
».
Ora
non resisto più.
«
Mi scappa la pipì, da morire! ».
Senza
un motivo esatto scoppio a piangere. Non so bene perché, ma
improvvisamente tutto mi sembra terribile. Il mondo devastato dalla guerra, la
siccità in Africa, la denutrizione in Asia, Twilight
in Europa e America, i bambini malati di AIDS, la scuola, il moretto che non mi
fila, il ragazzo appena arrivato pure, io che non mi rendo conto di nulla…
«
Ora ha raggiunto la fase di depressione…
accidenti, io non ce la faccio proprio a sorreggerla mentre deve andare in
bagno, ho esaurito tutte le mie forze trascinandola fin qui » dice il mio
presunto cugino sbuffando.
Tutte
scuse, vuole soltanto rimanere solo con Camilla, o Caroline, o Celine, o
Charlie. Non so.
«
Ma io sto malissimo » non riesco a smettere di piangere.
«
Stai tranquilla, ti porto io ».
Art
sembra dubbioso, ma l’altro ragazzo mi aiuta a rialzarmi.
«
Gabriel, guarda che se approfitti di una ragazza in queste condizioni ti
ucciderò con le mie stesse mani, chiaro? Anche se si tratta di una scema
come Chris ».
«
Stai tranquillo, te la riporto sana e salva ».
Che
figata, stanno litigando per me!
Se
non ci sta D’artagnan, allora ripiegherò
su Gabriel.
Mi
reggo al collo di Gabriel, poi gli tocco e i capelli e cerco di stamparli un
bacio sulla guancia, anche se lui comincia ad agitarsi.
«
Ti prego Chris, stai ferma. Non ti rendo conto di quello che stai facendo, ok?
Ora cerco un cespuglio, così potrai fare pipì in santa pace
».
«
Ma io voglio solo darti un bacio, lo prometto ».
Mamma
mia, certo che i ragazzi di oggi sono proprio dei puritani!
«
No, non lo vuoi, credimi. Se lo fai, domani mi vorrai uccidere, io vorrò
uccidermi e tuo cugino vorrà uccidere entrambi; sono ancora troppo
giovane e attraente per morire ».
«
Uffa, sei proprio una palla, lo sai? ».
«
Dai, fai la pipì, non ti guardo ».
Mi
abbasso a terra e mi accovaccio per fare finalmente pipì, cercando di
mantenere l’equilibrio per non cadere. Alla fine mi aiuta a rialzarmi,
tenendomi per un braccio.
Cavolo,
ma è davvero carino anche lui; riprovo a baciarlo, ma anche questa volta
si scansa. E che palle.
Alla
fine riesco solo a fargli un bacio a stampo, ma questo idiota rimane immobile,
quindi mi passa ogni voglia.
«
Ma io non ti piacevo? » piagnucolo, pensando nuovamente alla fame nel mondo.
«
Tu mi piaci » precisa, cercando di riportarmi dagli altri due. «
Ma, nonostante tu sia uno spasso da ubriaca, ti preferisco sobria, ok? ».
«
Non ho nemmeno una possibilità stasera? » pigolo. « Ma tu
sei bellissimo e fantastico, mi hai anche portata a fare pipì! »
replico.
«
No ».
Arriviamo
dagli altri due e questo pazzo mi obbliga a stare seduta, dicendo che mi
avrebbe fatta stare meglio.
Maledetto…
Ad
un certo punto il mio stomaco non regge più e gli vomito addosso tutta
la cena.
Ops.
Evidentemente
devo aver toccato il fondo, perché Art e la biondina mi prendo
sottobraccio e decidono di trascinarmi a casa con la forza.
Io
non capisco cosa sta succedendo, ma ad un certo punto mi ritrovo sotto le
coperte con la testa che pulsa e un saporaccio tremendo in bocca.
Subito
dopo mi addormento.
______________________
Il
tempo che mi separa dagli esami di maturità scorre inesorabile, ma nulla
mi impedisce di sprecare pomeriggi interi cercando di aggiornare fan fiction
che nessuno si fila, a parte i soliti noti (che, in ogni caso, amo et adoro). In ogni caso XD passiamo alle recensioni:
mikybiky: fortuna che ci sei
tu, stoica come sempre, a leggere e commentare ogni capitolo. Sei uno dei punti
fermi di questa fan fiction u_ùMa parliamo di cose serie: quali subdoli
professori spediscono le lettere a CASA? La sola idea mi terrorizza. Pensa che
frugo nella cassetta delle lettere anche solo per nascondere l’estratto
conto della mia prepagata XD A mio parere la giusta soluzione è fingere
indifferenza e/o scappare di casa, darsi alla macchia, fuggire *yeeee*.
La
verità è che Gabriel è indubbiamente belloccio (?) e
mediamente simpatico (!), è normale che la gente lo apprezzi XD E’
Charlie che vuole farlo passare per il nuovo Hitler o qualcosa di simile,
poveretto, lui di suo non sarebbe male. Cioè, sì, ok, forse un po’ presuntuosettou_ù ma glielo possiamo perdonare, no?
Tieni
duro ancora 2 o 3 capitoli XD e poi i tuoi desideri saranno esauditi!
Alexya379: Orbene! Un nuovo
acquisto fa sempre piacere <3 soprattutto in storie universalmente snobbate
come la mia u_ù comincio a chiedermi se la
logica contorta e delirante di Charlie (che tu apprezzi <3 e ti amo per
questo) non spaventi tutti i possibili nuovi lettori. Magari pensano “oh,
logaritmo! No, chiudiamo la pagina, aiuto!”… no? Povera matematica,
sempre così snobbata e bistrattata da tutti! Mai che si odi qualcosa di
odioso, come… come l’economia
°u°.
Grazie
mille per il commento e i complimenti <3 spero di averti nuovamente tra i
recensori! Hastaluego!
Niggle: Gabriel sta
lentamente conquistando il mondo, il tutto a nostra insaputa. Ci sveglieremo
una mattina e scopriremo di trovarci a Gabriel-land.
E la cosa peggiore è che ne saremo perfino contenti XD
Ok,
scherzi a parte u_ù Gabriel non è
così male come Charlie vuole farci credere…
anche lui è buono, sotto sottosottosotto. Il prossimo capitolo
sarà interamente dedicato al suo appuntamento con Chris, ma quest’ultima
in versione ubriaca –a mio parere- supera ogni coinvolgimento romantico
XD
Capitolo 6 *** 6. Di amnesie temporanee, appuntamenti galanti e sorelle insensibili ***
Comunicazione
di servizio: Il seguente capitolo è scritto secondo il punto di vista
di Christine <3
Può causare perdita dell’udito e cecità
temporanea.
La Legge di Charlie
“se qualcosa può andar male,
con il mio aiuto lo
farà”
6. Di amnesie temporanee,
appuntamenti galanti e sorelle insensibili
Sbatto
più volte le palpebre, cercando di abituarmi alla fioca luce che filtra
dalle tende. A primo acchito mi sembra tutto normale, forse anche troppo:
è domenica mattina, la casa è avvolta nel silenzio e Charlie sta
russando pesantemente nel letto accanto al mio.
Nonostante
ciò, c’è ancora qualcosa che non quadra, un particolare che
mi sfugge…
Mi
alzo di scatto, con la testa dolorante, e un terribile vuoto temporale.
Che
diavolo ho fatto ieri sera?
Ieri
sera… Sono uscita. Forse. Ok, devo cercare di ricordare,
non posso soffrire di Alzheimer a soli diciotto anni, sono troppo giovane!
Insomma,
ieri sera ho…bevuto.
Cerco
di mantenere la calma e ricostruire i fatti uno ad uno, senza tralasciare
nulla.
Dunque,
per prima cosa sono uscita con Art. Ok.
Siamo
andati alla Stauton. Ok.
Abbiamo
conosciuto una ragazza completamente fuori di testa, Caroline. Ok.
Caroline
ha cominciato a dire cose indecentemente folli ed io, per non penarci, ho
bevuto uno shot. Poi un altro. Ed un altro. Ed un
altro ancora.
Ok.
Cioè,
no, ok un corno! I miei ricordi si fermano qui, apparentemente; ordine del
giorno: trovare Art e obbligarlo a dirmi tutto ciò che è
successo, per filo e per segno, perché ho la terribile sensazione di
aver fatto qualche cazzata.
Scendo
dal letto barcollando e, ancora in pigiama, mi precipito nella camera degli
ospiti. A differenza di me e Charlie, Art è sempre stato un tipo
mattiniero, per questo prego che sia già sveglio.
Come
mi aspettavo lo trovo semi sdraiato sulla poltrona, completamente assorto nella
lettura di uno dei fumetti di mia sorella (che grazie a dio non è
presente, altrimenti griderebbe qualcosa come “Quella è
un’apertura a 93°! Sei pazzo?! Lo sgualcisci!”).
Non
appena mi nota, Art scoppia in una risata incontenibile, rischiando di rotolare
a terra rovinosamente.
Questo
non è per niente un buon segno.
Mi
porto le mani ai fianchi e, con la testa pesantissima e lo stomaco in subbuglio
–chissà perché poi, a me non risulta certo di aver
vomitato!-, lo guardo dritto negli occhi.
“Tu.
Tu, Arthur James, adesso mi
spiegherai esattamente, e con minuzia di particolari, cosa è successo
ieri sera” dico, scandendo bene ogni parola. Poi, però, abbandono
il mio cipiglio battagliero, per assumere un tono molto più piagnucoloso:
“Ti prego, cugino adorato, dimmi che non ho fatto nulla di
terribile!”.
“Non
hai fatto nulla di terribile” mi rassicura.
“…Davvero?!”.
“Certo
che no!” risponde, ricominciando a ridere con uno scemo. “Sei stata
esilarante, anche se tutto dipende dal concetto che hai tu di terribile”.
Mi
porto le mani alla faccia, nascondendo gli occhi.
“Dimmi
che ho fatto” lo imploso, con un filo di voce.
“Niente
di che, davvero… A parte aver straparlato per ore, averci provato sia con
me –che, ti ricordo, sono tuo cugino- chiamandomi D’Artagnan, che con Gabriel.Oh, e gli hai pure vomitato addosso dopo
che lui ti ha accompagnata a fare pipì”.
Mi
sento avvampare: questa non può essere la verità. Perché
se ci ho provato con Artie pazienza, intendo, ero
ubriaca, sono perdonata, no? Ma Gabriel!
Brrr, la sola idea mi fa venire i brividi. Oltre
al danno, in questo caso l’umiliazione, si aggiunge anche la beffa:
questa sera devo uscire con lui per colpa di quella psicopatica di mia sorella.
Se ciò fosse avvenuto in un contesto normale, penso che avrei anche
potuto persino cercare di divertirmi, ma dopo gli avvenimenti di ieri notte
voglio semplicemente sotterrarmi.
Detto
fra noi, oggettivamente non è che l’essere inutile e abbietto mi
dispiaccia poi così tanto. Certo, non lo candiderei come prossimo premio
Nobel per la simpatia, ma di non desidero nemmeno vedere il suo cadavere
pendere dalla forca e venir divorato da uno stormo di avvoltoi; Charlie
è decisamente più crudele di me sotto questo punto di vista!
“Artie…” riprendo, cercando di mantenere un minimo
di contegno. “Davvero Gabriel mi ha accompagnata a fare
pipì?”.
“Certo!”
conferma ilare. “Ti ha accompagnata dietro un cespuglio e ti ha sorretto
per evitare che cadessi a terra”.
La
mia vita è ufficialmente rovinata.
Decido
di non aggiungere più una parola, soprattutto per evitare di sfociare
nella volgarità gratuita, ma non riesco a trattenermi: non appena Art
ricomincia a ridere sguaiatamente, afferro il soprammobile che mi è
più vicino e glielo scaglio addosso con forza. Mi concedo
un’uscita trionfale, rintanandomi nella penombra della mia amata
cameretta.
Lo
guardo mi cade su Charlie, ancora beatamente addormentata. Devo assolutamente
parlare con lei.
“Charlie?”
la scuoto piano, sussurrando appena il suo nome.
Mia
sorella continua a russare e, ovviamente, non mi sente nemmeno.
“Charlie!”
provo a dire con un pizzico di decisione in più.
Nulla.
La
tiro per un braccio, cercando di farla cadere dal materasso, ma lei continua a
tenere gli occhi chiusi e a dormire come se nulla fosse.
Comesi dice? A mali estremi, estremi rimedi.
La
prendo le spalle e comincio a scuoterla violentemente, urlando con tutto il
fiato che ho in corpo:
“CHARLOTTE!”.
Dopo
questa immane fatica, che mi lascia senza fiato, senza voce e senza energie, la
mia adorata sorellina si limita a grugnire amorevolmente, per poi sbavare sul
cuscino e voltarsi dall’altra parte. Come può dormire in un
momento di crisi come questo? E’ il momento di passare ad una terapia
d’urto.
Con
passi rapidi raggiungo la mensola sopra la scrivania e prendo in mano uno degli
assurdi fumetti che lei tanto ama. Non capisco davvero cosa ci trovi in questi
disegni storpiati, nei personaggi irreali con occhi immensi e il volto
spigoloso, ma dal momento che li considera una specie di Bibbia, credo proprio
che attentare alla vita di queste “cose” possa rivelarsi più
utile di una secchiata d’acqua gelida.
Ed
ora, Charlie Addormentata nel bosco, a noi due.
“Toh!”
esclamo con voce insolitamente alta “Un po’ di fumetti da strappare
uno ad uno e gettare nelle fiamme del caminetto! Ora prendo un rarissimo volume
di…uhm…
vediamo un po’… Berserke…”.
“Fai
un’altra mossa e ti sciolgo nell’acido!”.
Cosa
vi avevo detto?
Come
per magia Charlie è dietro di me, con gli occhi spalancati come tazzine
da caffè e l’aria più sveglia che mai.
“Per
la cronaca sto cercando di svegliarti da circa mezz’ora e questo era
l’unico metodo per strapparti dalle braccia di Morfeo” le faccio
notare, irritata.
“Morfeo?”
Charlie di guarda attorno con aria smarrita. “E’ un tuo amico per
caso?”.
Non
siamo realmente parenti, lo giuro.
“No,
Charlie, Morfeo è… Senti, lasciamo perdere, ti prego” sbuffo
e mi siedo sul bordo del letto, incrociando le gambe.
Mia
sorella cambia immediatamente espressione, facendosi seria: probabilmente ha
percepito l’aria da confessione supersegreta imminente e, in modo del
tutto inconsapevole, assume la mia stessa posizione.
“Sono
tutt’orecchie!” mi avvisa “Spara”.
Prendo
un grosso respiro e mi preparo psicologicamente.
“Ieri
sera mi sono ubriacata come non mai” rivelo “Non puoi nemmeno
immaginarti i disastri che ho combinato!”.
“Beh,
nemmeno tu, visto che quando bevi dimentichi tutto. Dove sta il problema? Non
ricordi assolutamente nulla e non soffri, è sempre andata
così” replica lei con aria serafica.
“Il
problema è, testa di cipolla, che questa volta ho fatto peggio del
solito. Non sono mai arrivata a tanto e spero di non arrivarci mai
più!” esclamo concitata, cercando di spiegarmi.
Charlie
si limita ad osservarmi con aria scettica.
“L’hai
detto anche quella volta che hai rubato tutti i cioccolatini dalla dispensa e
poi hai passato una settimana chiusa in bagno per via dell’indigestione.
Ma di fatto continui a rubarli e nascondere le carte sotto il letto,
no?”.
Ok,
forse Charlie ha ragione, ma rubare il cioccolato fa parte del mio DNA, come i
capelli castano chiaro o gli occhi verdi, o la propensione alla sfortuna. E poi
in quel caso avevo dodici anni.
“Sono
passati sei anni, penso che ora la situazione sia un po’ cambiata”
le faccio notare.
“E
quella volta che Art finì al pronto soccorso perché l’avevi
colpito con un portacandele e tu giurasti che non gli avresti mai più
lanciato nulla?”.
“A
mia discolpa posso dire che perfino i muri sanno quanto Art possa essere
antipatico, non c’è verso di andare d’accordo con
lui”.
Mia
sorella tace un attimo e poi torna a scrutarmi con un’aria indagatrice
che non mi piace per nulla. La maggiore sono io, non lei, di conseguenza dovrei
essere IO a sgridarla e a rimembrarle i suoi molteplici errori, non il contrario.
“E
quando Leopold inghiottì un bottone e tu giurasti che non avresti mai
più cercato di nutrire un animale con qualcosa che non fosse mangime
specializzato? Una settimana dopo tentasti di dare un ovetto Kinder ad un
procione.”
“Charlie,
basta, ho capito!”.
È
davvero incredibile l’abilità di mia sorella nel farti dimenticare
ciò che volevi dirle!
“Per
non parlare della promessa che hai fatto qualche mese fa, quando ti sei
lasciata con Erik. Per almeno un anno non
uscirò più con un ragazzo! E invece questa sera ti vedi con
l’essere inutile e abbietto”.
“Questa
è tutta colpa tua” le ricordo. “Se non fosse per te e quella
tua stupida fissazione della band… insomma, non
è una scelta mia, anzi!”.
Charlie
si mordicchia le labbra, punta sul vivo.
“Beh,
in realtà non ti fa poi così schifo, no? Ti ho sentita
l’altro giorno: non perdere il mio
numero, Gabriel! E poi lui ti ha mandato un messaggio stanotte!”
Charlie assume un’aria melodrammatica e con voce zuccherosa cita: “Ciao, Chris, come stai? Fammi sapere se ti
sei ripresa, spero che tu stia meglio. A domani”.
“Che
diavolo dici?” domando, spalancando gli occhi. “Io non mi sono mai
scambiata messaggi con l’essere inutile e abbietto, né mai lo
farò”.
“Ma
stanotte mentre dormivi ti è arrivato un messaggio ed ha fatto
così tanto rumore che l’ho letto io per te” mia sorella mi
prende le mani con aria tragica. “Christine, io non voglio che lui ti
piaccia. Che tu esca con lui. Che tu ti sposi con lui. Che tu abbia dei bambini
con lui. Che tu compri un cane con lui. Che tu viva con lui nei secoli dei
secoli”.
Ok,
Charlotte sta farneticando, è ufficialmente fuori di testa.
“Fingendo
che tu non abbia preso il mio cellulare di nascosto e ti sia letta i miei
messaggi senza permesso… smettila! Non sono
interessata a Gabriel, ok? Stanotte l’abbiamo incontrato, solo che io ero
completamente ubriaca e gli ho vomitato addosso…
ho cercato perfino di circuire Art! Adesso calmati, prima che mamma e
papà decidano finalmente di rinchiuderti in un manicomio”.
Poco
importa se ieri sera l’essere inutile e abbietto si è comportato
come un essere umano passabile, non credo proprio che mi interessi nel senso
romantico del termine. Anche se, lo ammetto, sono piuttosto sollevata che non
mi odi dopo quello che gli ho fatto… mi ha
persino scritto un messaggio per chiedermi come stavo!
Ma
secondo voi io mi faccio impressionare da queste cavolate da preadolescenti?
Ovviamente no.
E’
pur sempre una creatura inqualificabilmente infima.
Infatti.
Charlie
non ha nessunissimo motivo di preoccuparsi.
Nessuno.
Giusto?
Quando
ricevo lo squillo di Gabriel mi sento piuttosto nervosa. Afferro il cellulare e
con gesti goffi lo caccio nella borsetta, preparandomi ad uscire e morire per
la vergogna.
Provate
a mettervi nei miei panni: la situazione sarebbe già assurda di suo,
specialmente considerando che mi tocca uscire con lui soltanto per far sì che il gruppo della mia stupidissima
sorella abbia un bassista decente, ma dobbiamo mettere in conto che ieri notte
–mentre ero ubriaca fradicia- gli ho vomitato addosso e ho adottato un
comportamento a dir poco lascivo che non mi si addice per niente.
Dopo
questa esperienza, chi non tenterebbe il suicidio?
Mentre
chiudo la porta alle mie spalle vedo un’auto grigio metallizzato
aspettarmi alla fine del vialetto. Salgo in macchina trattenendo il fiato,
sperando di apparire non disinvolta ma quantomeno normale.
“Ciao,
come va? Ti sei ripresa?” mi domanda, nella sua perfetta imitazione di
una persona cortese.
“Sì,
non c’è male” borbotto. Speravo di evitare l’argomento,
ma così non ci saranno dei vuoti nella conversazione! “La testa
sta per esplodermi ed ho un vuoto temporale di circa quattro ore… a parte questo va tutto alla grande”.
“Ma
davvero?”.
“No!
Giuro che non berrò mai più un alcolico in vita mia” aggiungo,
massaggiandomi le tempie.
“Beh…”
Gabriel mette in moto e comincia a guidare in direzione di chissà dove.
“Tranquilla, nella vita c’è molto peggio di una sbronza
epocale. Se poi non ricordi assolutamente nulla, non dovresti nemmeno sentirti
umiliata per le figure che hai fatto, no?”.
Accidenti,
lo stesso ragionamento di Charlie. Se glielo facessi notare, temo che entrambi
si darebbero fuoco seduta stante!
“In
realtà… Art ha provveduto a raccontarmi
qualcosa, e non è stato assolutamente bello. Che tu sappia, ehm… ho fatto qualcosa di strano?”.
Gabriel
esita un attimo, fingendosi concentrato sulla guida.
“Dipende”
dice infine.
“D-dipende?” balbetto io, indecisa se voler
sprofondare o meno.
“Insomma,
si vedeva che avevi bevuto e che non eri in te: quasi tutti reagiscono
così all’alcool”.
Perfetto.
“In ogni caso mi scuso per ogni
cosa io abbia detto o fatto… e per averti
vomitato addosso”.
“Non
preoccuparti: era carino il tuo vomito, davvero!” io lo guardo con aria
scettica, considerando che non ho nessuna voglia di essere presa per i
fondelli. “Ok, no, ma ho lavato tutti i vestiti, non preoccuparti. Tutti
possono sbagliare, no?”.
Cominciamo
a parlare del più e del meno in modo abbastanza tranquillo e, dopo poco,
raggiungiamo il locale. Sono diffidente quanto basta, so con chi ho a che fare,
anche se lui sembra essere inspiegabilmente simpatico.
Devo
solo capire dove sta il trucco. Forse ha un sosia, oppure è sotto
l’effetto di qualche stupefacente, o magari ha bevuto una pozione in
pieno stile “Dottor Jekyll e MrHide”.
No,
devo smetterla prima che diventi paranoica come mia sorella.
Il
locale è decisamente tranquillo, una volta seduti ordiniamo entrambi una
pizza. Improvvisamente l’essere inutile e abbietto mi rivolge una domanda
del tutto inaspettata.
“Non
vorrei risultare invadente, ma potrei sapere il motivo di tanto.. ehm.. odio nei miei confronti?”.
Sbianco.
Ecco, questo è imbarazzante.
“Non
è che io ti odi... intendo…no. Non ti odio. Davvero!” cerco
di rispondere, sperando di suonare convincente.
“No?”
chiede lui, stupito.
“Insomma…” sono nel panico. “Diciamo che
si tratta per lo più di diffidenza, ecco. E non nei tuoi confronti in
particolare, ma in quelli di tutto il genere maschile”.
Gabriel
non sembra persuaso dalla mia spiegazione, infatti mi osserva senza proferire
parola. Di conseguenza io, visibilmente agitata, comincio a parlare a vanvera,
come mio solito.
“Non
pensare male, ti prego, lascia che ti spieghi la situazione! Non sono una
misantropa che preferisce tenere le distanze da tutto e da tutti, anzi, ma
credo di avere i miei buoni motivi per dubitare delle persone. Praticamente,
hai presente Erik Goodman? Frequenta l’ultimo
anno alla Kelmscott High School,
piuttosto alto, capelli castani… cioè,
insomma, lui è stato il mio ragazzo per due anni ed è stato
amorevolmente ribattezzato lo stronzo.
Mi ero presa una sbandata colossale per lui, ma evidentemente non ero affatto
ricambiata: è andata a finire come vanno a finire tutte le storie di
questo genere… ci siamo lasciati dopo che
l’ho trovato per la terza volta consecutiva in discoteca, con la lingua
che esaminava fin troppo attentamente le tonsille di una sconosciuta. Il bello
è che si trattava del giorno immediatamente precedente il nostro
anniversario! Può esistere qualcosa di più patetico?”.
Ecco,
senza rendermene conto gli sto spiattellando ogni più piccolo
particolare della mia passata vita amorosa. Non è quella che definirei
una strategia vincente, ma non riesco a fermarmi.
“Sono
cose che succedono, no? Ma è accaduto solo qualche mese fa, quindi mi
brucia ancora, anche se non vorrei ammetterlo. Questa è la prima volta
che esco con qualcuno da quando ci siamo lasciati e, credimi, al solo pensiero
che tu ti possa comportare come lui –o peggio- il mio unico istinto
è quello di tagliarti i freni dell’auto”.
…e
concludo con l’immancabile minaccia di morte.
Ora
anche lui sembra piuttosto imbarazzato, infatti ha perso l’espressione
cogitabonda di qualche minuto fa.
“Che
dire? E’ stato un vero idiota” sentenzia.
“Oh,
molto di più!” rincaro la dose. “Un mollusco, un acaro, un esserino allupato ed inutile, la cui maledetta progenie non
sarà nemmeno degna di camminare sulla superficie terrestre senza venire
schiacciata ancora, e ancora e ancora!”.
Forse
sto esagerando, perché Gabriel mi lancia uno sguardo piuttosto confuso e
intimorito: sta osservando una parte di me che non credeva potesse esistere.
“Ehm… stavate insieme da tanto tempo, capisco che non
si è trattato di un bell’epilogo”.
“Ti
dirò, mi sono quasi ripresa. Infatti quando lo incontro per strada
riesco perfino a non insultarlo ferocemente”.
“Ok,
il suo soprannome è ampiamente meritato” ammette, alzando le mani
in segno di resa. “Solo che ora non devi pensare che tutti i ragazzi che
capitano sulla tua strada siano così”.
Dove
vorrà mai arrivare, eh?
“Lo
so, ma per i prossimi ventisette anni non voglio provarlo sulla mia pelle.
E’ stato terribile” confesso, facendomi scura in volto.
“Come
biasimarti” commenta lui, cercando di sorridere. “In ogni caso mi
fa piacere scoprire che non sei scontrosa e prevenuta solamente nei miei
confronti, bensì nei confronti di tutto il genere maschile! È un
gran bel passo avanti!”.
Assumo un’espressione strana di
fronte alla sua affermazione, quindi decide di correggersi.
“Diciamo
che sei prevenuta in generale e con me in special
modo, allora? Perché sono… come diresti? Inutile, abbietto e un
po’ snob?”.
Sorrido.
“Anche.
E poi perché tu e Charlie un giorno finirete per uccidervi a vicenda. Ma
soprattutto perché sei un ragazzo, Maschio”
preciso.
“Al
cambiamento di sesso posso provvedere, ma quando all’andare
d’accordo con Charlotte…” si finge
pensoso e si tocca il mento. “Beh, credo che tu stia chiedendo troppo al
cielo, Chris”.
A
questo punto decido di arrendermi e godermi la serata.
“Sai,
Chris…” dice, mentre mi sta
riaccompagnando a casa. “Stavo pensando: abbiamo parlato del tuo ex
ragazzo, dei tuoi progetti per il college, di come passi il tempo libero, della
tua famiglia, dei tuoi hobby, della tua diabolica sorella…
Adesso se mi incontri per strada dovrai salutarmi tassativamente, no? Potrei
quasi dire che siamo amici!”.
Rimango
stupita. Non so come mai, ma di certo non mi aspettavo un’affermazione
simile da lui.
“Sì,
certo!” gli assicuro. “Cercherò perfino di non nascondermi
quando ti vedo”.
“Sono
realmente degno di tale onore?”.
“Oserei
dire di sì”.
Rimaniamo
in silenzio per qualche minuto, senza imbarazzo, semplicemente rimuginando
sulla situazione.
“Grazie
per ieri, di nuovo” esordisco. “Pensavo…
è stato gentile da parte tua non provarci non me mentre ero
ubriaca”.
Lui
mi guarda stupito.
“Soltanto
un idiota se ne sarebbe approfittato” sentenzia. “O un criminale,
ma io non sono nessuno dei due, no?”.
“Allora
spero di incontrare solo te la prossima volta che dovrò vomitare!”
aggiungo, buttandola sul ridere.
“Sono
qui anche per questo, no?” risponde tranquillo.
Continuiamo
a parlare per tutto il resto del tragitto ed io non mi accorgo di quanto il
tempo sia passato velocemente: sono quasi le undici e trenta. Oddio, devo farmi
vedere da un bravo psicologo, anzi, pure da uno psichiatra…
è evidente che sto impazzendo.
“Insomma,
eccoti a casa sana e salva”.
“Sì”
rispondo meccanicamente, riconoscendo il vialetto di casa mia e la finestra del
salotto ancora illuminata. “Grazie di tutto!”
“Grazie
a te” risponde lui. “Mi ha fatto piacere che tu non abbia vissuto
questa sera come… beh, come una tortura”.
“Di
niente”.
Silenzio.
Odio
i silenzi troppo lunghi, soprattutto a fine serata e di fronte a casa.
Meglio
fuggire.
“Insomma,
io vado. Ciao”.
Faccio
per alzarmi, ma sento qualcosa che mi tiene bloccata, il cuore comincia a
battermi furiosamente.
Cazzo.
La cintura di
sicurezza.
“Ehm,
Chris…”.
“Sì,
lo so che è la cintura!” replico rossa in viso e piuttosto
imbarazzata. La slaccio rapidamente ed esco dalla macchia, quando ecco apparire
Charlie di fronte alla porta di casa. Indossa una vecchia maglia dei Rancid come pigiama ed ha un’espressione che non
lascia presagire nulla di buono.
Sembra
quasi la scena di un film in cui la madre esce in vestaglia nel cuore della
notte, con il mattarello in mano e guarda male il ragazzo della figlia
finché quest’ultimo –che lei non sopporta- non leva le
tende.
Peccato
che la mia personale situazione presenti qualche non trascurabile differenza:
prima di tutto Charlie è mia sorella minore,
e in secondo luogo Gabriel non è il mio ragazzo –né lo
sarà in futuro.
L’unica
cosa veritiera di tutta la faccenda è che i due non si sopportano.
“Charlie,
stavo appunto per entrare!” le dico a mo’ di saluto.
Lei
non risponde, ma continua a guardare Gabriel con gli occhi ridotti a due
fessure.
“Le
hai messo le mani addosso?” gli chiede con fare indagatore. “Guarda
che se scopro che le hai fatto qualcosa ti piazzo una bomba sotto il sedile, o peggio. In ogni caso non farti strane
idee: tu non le piaci, per
niente!” conclude con una ben poco matura linguaccia.
In
tutta risposta Gabriel mi saluta con un laconico e freddo “ciao”,
dopodiché alza il finestrino e se ne va rapidamente.
“Grazie
tante!” esclamo rivolta verso Charlie. “Devi essere sempre così… inopportuna?”.
“Ehi,
ero solo preoccupata per te!” protesta.
Rientro
in casa sbuffando, mentre mia sorella mi sommerge di domande idiote che decido
appositamente di ignorare.
Mi
dirigo in camera senza degnarla di ulteriori attenzioni, lasciandola parlare
senza risponderle. Mi cambio, mi caccio sotto le coperte e spengo la mia
abat-jour mentre lei sta ancora farneticando.
Finalmente
Charlie si rende conto che sono arrabbiata.
____________________________________
Era mia intenzione sparire dalla
circolazione per almeno un mese, non scrivere manco una riga, e ricevere
minacce di morte da *certagente*
che vuole leggere il finale riveduto&corretto.
Ma.
C’è un ma.
Ho terminato la versione cartacea della mia
orribile e noiosissima area progetto sul Microcredito (ora devo solo schiavizzare qualcuno al fine di
creare un falso sito Web per stupire la commissione. Se qualcuno sa farlo e mi
sta leggendo, che mi contatti, ORA, SUBITO, ADESSO. Gli spedirò dei
dolcetti come segno della mia sempiterna gratitudine), mi sono fatta
interrogare in ogni materia possibile ed immaginabile, colmando perfino le mie
lacune economico-matematiche che, detto fra noi, erano profonde quanto la fossa
delle Marianne.
Poi sono arrivata a casa e mi sono detta:
“…e adesso? Come posso dare un senso alla
mia vita?”.
Mi è stato detto di fare sport
(…), di fare il cambio degli armadi, di sistemare la mia stanza, di fare
una cernita dei libri che tengo e di quelli che posso mettere in cantina, di
leggere D.Gray-man, di andare a fare la spesa… ma NO.
Ho deciso che oggi il mio unico contributo
alla società sarà pubblicare il capitolo sei.
(sai che contributo!)
Ma poi, ditemi, le note dell’autore le
legge qualcuno?
In caso contrario ho farneticato per circa
200 parole u_u
Rispondiamo alle amabili recensioni, ora
°u°
Alexya379: Artie sotto sotto è una
buona persona, anche se a volte bisogna aspettare i momenti più
impensati u_ù Comunque mai parlare male
dell’alcool: sono una sua grande fan.
Svare: Trovarti nuovamente tra i miei lettori
è una gioia <3 Anche perché tu SAI cosa ha passato la povera
Chris. E pensare che al tempo eri una giovine di sani principi, moralmente
retta e seria, mentre ora sei un’avvinazzata come tutti noi! Benvenuta
nel gruppo! In ogni caso so che tu amerai FT a prescindere, soprattutto ora che
sono obbligata a scrivere anche il due. Se non muoio prima u_ù
Non si può mai sapere. (Se la Row fosse morta
prima di finire Harry Potter, giuro che sarei scesa all’inferno a
riprenderla XD)
Mikybiky:il mio motto è “meglio tardi che mai” u_u è preferibile una recensione un anno dopo, che
nessuna recensione XD Soprattutto in questa dannata sezione dimenticata da Dio.
Comunque, preparati a gioire: Sherlock, l’uomo dell’anno, è
nel prossimo capitolo XD Ma mentre lo scrivevo mi chiedevo: ma li ho fatti
davvero interagire in questo modo stupido? Ma quanto è scema Charlie? Ma
queste battute non fanno ridere! Cioè, sono andata un po’ in crisi
XD Pensavo di avere un umorismo più sottile e uno stile che ricordasse
meno la collana “Le Ragazzine”. Panico.
Comunque, chi vivrà, vedrà u_u
Merediana: Aw, i
complimenti mi sciolgono <3 quindi… continua
pure :D Chris che chiama Art “D’Artagnan” è una delle cose
che preferisco nella storia, ma devo ammettere che non è farina del mio
sacco, ma della donna geniale che mi ha ispirato il personaggio di Christine. E
la sbronza. E Gabriel. Insomma, senza di lei non ci sarebbe l’intera
storia u__ù RedditequaesuntCaesarisCaesari.
Comunque aspettati ancora un nuovo
personaggio, poi il cast sarà al completo, spero che apprezzerai anche
lui °u°
Roro: Sei perdonata solo perché sono
stata io ad obbligarti a vedere Sky High, uno dei film adolescenziali
più trash e adorabili degli ultimi mille anni XD Non commento il
commento sul vergognarsi a commentare, perché ti conosco e so che la
cosa è perfettamente possibile.
Art e Charlie, in coppia, mi spaventano da
morire. Cioè, perfino se non fossero cugini sarebbero un duetto a dir
poco disastroso. Mh.
MI PIACE XD peccato
che l’incest non sia in programma, anche se non
ho nulla in contrario *.* (va beh, dopo i miei trascorsi da fervente NEJIHINA
FAN, come potrei essere contraria? XD).
In ogni caso, grazie e AWWWWW per tutto il
resto, i commenti e via dicendo <3 sei un bon bon
alla crema, glassato e ricoperto da piccoli lama verdi canditi <3 Che altro?
Spero di annoverarti ancora tra i miei recensori!
Clà, che è alla ricerca del senso della
vita e ha scoperto che Kerouac non le piace per niente.
Capitolo 7 *** 7. Di sensi di colpa, affascinanti chitarristi e geni della matematica ***
Di
nuovo dalla parte di Charlie <3
Può
causare perdita dell’udito e cecità temporanea.
La Legge di Charlie
“se qualcosa
può andar male, con il mio
aiuto lo farà”
7. Di sensi di colpa, affascinanti chitarristi e geni della matematica
E
chi diamine se lo sarebbe aspettato?
Ieri
sera Christine, la mia Chris, la mia adorata e stimata sorella, il mio esempio
di dignità, rettitudine e giustizie è…
è uscita con l’essere inutile e abbietto.
Fin
qui nulla di strano, è perfino colpa mia; sapete come si dice? Mai
piangere sul latte versato, se la causa sono io significa che spetta a me
riportare le cose al loro stato originario. Purtroppo è a questo punto
che le cose cominciano a diventare più sospette del previsto. Tristemente sospette.
Io
ho insultato Gabriel, e allora? Lo faccio praticamente sempre. Ci vediamo dal
fruttivendolo? Sarcasmo e acidità si sprecano. Ci incrociamo di fronte
alla chiesa? Idem. Siamo entrambi in fila da salumiere? Non c’è
scampo.
Solo
non capisco –e in cuor mio forse non voglio sapere- come mai questa volta
è stato diverso. E’ stata Chris ad arrabbiarsi. Con me.
Vorrei
poter dire che non ho la più pallida idea di come interpretare questo segnale… ma non posso. È talmente chiaro che
perfino un cieco se ne accorgerebbe, perfino io. Con quello sguardo e quella
freddezza Chris è stata più che esaustiva: lascialo in pace. Lasciaci in pace.
Lo
so, era scritto nei suo occhi verdi fiammeggianti.
Accidenti.
Insomma, perché proprio ora l’essere inutile e abbietto si deve
trasformare da disgustoso rospo a principe azzurro dell’anno? Nella mia
testa la serata si era già evoluta secondo i piani: un disastro.
Christine si sarebbe annoiata a morte e, una volta tornata a casa, mi avrebbe
dato della scema, avrebbe detto di non voler vedere mai più Gabriel
nella sua vita e… nulla. Tutto sarebbe tornato
alla normalità.
Ma
non è andata così, evidentemente esistono sempre delle variabili
che sfuggono ai miei piani e che, un giorno, finiranno per distruggerli.
E,
a proposito di distruzione, sapete dove mi trovo ora?
Vi
darò qualche indizio: ho attraversato mezza città a bordo di uno
skateboard, con la mia fidata borsa nera a tracolla, l’iPod che mi spara nelle orecchie una canzone dei Fratellis e l’umore sotto le rotelle. No, non sto
fuggendo dal mio triste ed inevitabile destino di sorella rinnegata, anche se
sarebbe la cosa migliore da fare – in ogni caso, mi scuserò con
Christine una volta portata a termine una faccenda ben più importante,
ossia la mia promozione.
Altro indizio: ben chiuso nella borsa sta un
simpatico libro di geometria analitica ed algebra.
Ora vi è tutto più chiaro, ci
scommetto. Sto andando a casa di Mark (Mark, l’amore della mia vita,
l’uomo praticamente perfetto sotto ogni angolazione, Mark!) per prendere ripetizioni dal di lui fratello e così
acquistare ulteriori punti ai suoi occhi. Ok, e venire promossa, ma questo
è secondario, no?
Senza nemmeno accorgermene mi trovo di
fronte ad una casa completamente bianca, staccionata compresa. Sul cancelletto
spicca la scritta “Holmes'”, sogno
che sono arrivata a destinazione sana e salma. Mi stanno venendo in mente circa
un milione di battute scontate sul cognome del mio futuro marito
–sì, oramai lo chiamerò sempre così- ma mi
trattengo: le battute scontate non sono per persone serie ed io, di fronte a
lui, sono una persona seria.
Suono il campanello e decido di attendere
qualche istante, speranzosa di scorgere la figura di Mark oltre la soglia e,
non appena quest’ultimo esaudisce il mio desiderio, rimango senza parole,
immobile come un dolmen e con un piccolo rivolo di bava che mi scende dalla
bocca. Eccolo, in tutta la sua magnificenza: i lunghi capelli castani che gli
sfiorano le spalle in leggere onde, gli occhi del grigio più
spettacolare che io abbia mai visto che gli scintillano sul volto, la camicia a
quadri che farebbe sembrare chiunque in boscaiolo ritardato mentre addosso a
lui è semplicemente fantastica e… un
sacco di altre cose che potreste tranquillamente immaginarvi da soli.
“Ehi Charlie!” mi saluta, mentre
io sono ancora in piena contemplazione. “Pensavo non arrivassi più… temevo avessi cambiato idea!”.
Scoppio in una risata cretina.
“Cambiare idea? IO? Evidentemente non
mi conosci abbastanza”.
In realtà ho pensato di dargli buca
almeno trentasette volte questa mattina, ma la mia coscienza ha sempre avuto la
meglio. Già sono tormentata dalla silenziosa lite con Chris, lasciarmi
divorare dal rimorso per non aver accettato una proposta di Mark sarebbe stato… decisamente troppo.
“Beh, sono contento!” esclama
lui, sorridendo disarmante. “Mi dispiacerebbe davvero se la band perdesse
una batterista valida come te”
Avete sentito?! AVETE SENTITO? Secondo lui
sono una batterista valida. Questo è amore.
“…senza
contare che la tua intermediazione è stata necessaria per coinvolgere
Gabriel” continua, nominando colui che in questo momento odio di
più. “Lui è semplicemente una forza, te lo giuro! Ed
è merito tuo!”.
Ok, questo mi rende un po’ meno
entusiasta, ma accetto in ogni caso il complimento.
“Mark, sai com’è… io ho naso per le persone piene di
talento!” rispondo, cercando di fare buon viso a cattivo gioco.
Non faccio a tempo ad escogitare
un’altra battuta accattivante che Mark si è già diretto
verso le scale, probabilmente in cerca di qualcuno.
“Genio scendi, hai visite!” grida.
Genio? Oh, mamma, mi ero completamente
dimenticata il motivo della mia visita qui: prendere ripetizioni dal fratello
di Mark, non flirtare con Mark stesso. Dannazione, mi sembrava tutto troppo
bello.
“O la smette di chiamarmi così
o un giorno o l’altro ti ritroverai impiccato al tubo della doccia. Senza
impronte”.
Mh. Simpatico.
“Sì, sì, come dici
tu” asseconda l’amore della mia vita, mentre il suo strambo
fratello scende le scale.
“E’ un po’ particolare” mi assicura “Ma con lui
sei in ottime mani”.
I passi si avvicinano lentamente ed io li
percepisco uno ad uno, come in un film horror. D’altronde, sapreste
enumerarmi le differenze? No? Come immaginavo. Tutto ciò che ha a che
fare con l’algebra potrebbe coinvolgere un potenziale assassino, lo sanno
tutti.
“Quindi tu saresti Charlie”.
“…sì”
rispondo con voce roca. Su di lui –il fratello di Mark, intendo- nulla da
dire, lo giuro, lo trovo del tutto anonimo; insomma, chi di fianco al fratello
farebbe una figura appena decente?
Banalissimi capelli neri, altrettanto banali
occhiali neri… che vi avevo detto?
Terribilmente banale nel complesso.
“Ehm, ok, vieni in salotto con
me”.
Lo seguo silenziosamente fin quando non ci
sediamo entrambi al tavolo del salotto ed io, ammirevolmente, comincio a
prendere i libri dalla borsa.
“Potresti cominciare dicendomi cosa
non ti è chiaro del programma di matematica” incalza, senza
lasciarmi il tempo di prendere una penna. Storco il naso, esibendo la mia
migliore espressione contrariata.
“Potresti cominciare
presentandoti” ribatto, ma si tratta più di un vano tentativo di
rinviare la lezione che una vera e propria forma di educazione; evidentemente
il tizio anonimo lo percepisce.
“Senti ragazzina…”.
“Non sono una ragazzina: mi chiamo
Charlotte”.
“Va bene, senti Charlotte…”.
“No, è meglio Charlie.
Charlotte mi fa venire i brividi!”.
“Ok. Charlie” sibila imponendosi autocontrollo. “Capisco che
tu non voglia essere qui, ma ti prego di capire: nemmeno io voglio essere qui.
Sto solo facendo un favore al mio fastidiosissimo fratello. Non potresti
cercare di…ehm…
venirmi incontro?”.
Lo squadro per qualche istante. Cavolo, mi
fa davvero pena, è quasi come vedere Christine attraverso un
caleidoscopio che la rende più giovane e le cambia sesso. Ok, forse non
è esattamente come vedere Chris, ma spero abbiate capito
l’antifona: mi sento in colpa. Tremendamente in colpa.
“Sherlock, hai vinto!” esclamo,
alzando entrambe le braccia in segno di resa. “Mi arrendo”.
“T-ti
arrendi?” balbetta lui, interdetto. “Ma soprattutto, Sherlock?”.
Annuisco vigorosamente.
“Sì, Sherlock come Sherlock Holmes… chiaro?” spiego. “Poi mi arrendo,
avanti, ti autorizzo ad inculcare tutti i fondamenti matematici che vuoi nel
mio cervello inerme, cosa aspetti?”.
“Io non inculco fondamenti matematici
nel cervello di nessuno”.
“Ah, no? Credevo di essere qui per questo…”.
“Sei qui per colmare le tue disastrose
lacune” rettifica. “E desidererei essere chiamato con il mio nome,
se non ti spiace”.
Mi stringo tra le spalle.
“Se solo lo sapessi…”
borbotto, mentre maledico mentalmente lui, il suo dannato nome e tutta la sua
progenie.
“Michael. Se tu fossi stata più
educata me lo avresti già chiesto!”.
“Tu avresti potuto dirmelo”
rispondo seccata.
“Va bene, lascia perdere. Che ne dici
di parlare di matematica ora?”.
“Ehi, non vedevo l’ora!
Fantastico!” esclamo.
“E’ sarcasmo quello che
percepisco?”.
“Ma no, cosa ti viene in mente? Volevo
solo dire che… wow, evviva la matematica”
rispondo io, per nulla credibile. “Che ne dici di spiegarmi un po’
di algebra?”.
“Un po’ di algebra? Non ti pare
di essere un filo generica?”.
Lo fisso pensierosa per qualche istante,
come se la risposta a tutti i miei quesiti esistenziali fosse scritta sulla sua
fronte.
“Ho un idea” annuncio infine,
tendendogli la mano destra. “Ricominciamo da capo: piacere, io sono
Charlotte, ma mi puoi chiamare Charlie –anzi, devi-. Felice di
conoscerti!”.
Michael mi osserva dubbioso, valutando se
chiamare o meno la polizia, però dopo un attimo di esitazione mi stringe
la mano.
“Ciao Charlotte” sospira.
“No, così non va. Non siamo
mica alla riunione degli alcolisti anonimi!” esclamo. “Mettici
più convinzione, ok?”.
Lui rotea gli occhi.
“Charlie, sono oltremodo lieto di fare la tua conoscenza, soprattutto viste le tue
leggendarie doti computative” (ok, questa volta ci siamo) “Ma
ciò che più contribuirà ad illuminare la mia giornata
è, a parte la tua presenza, sapere cosa dovrò spiegarti
affinché non venga bocciata all’esame di matematica”.
“Con molto piacere” rispondo con
tono insolitamente garbato. “Dunque, secondo il mio modesto parere
è necessario partire da addizioni e sottrazioni, successivamente
focalizzarsi su moltiplicazioni e divisioni e, solo in un terzo momento,
passare alle tabelline. Che ne dici?”.
“Dico che…”
sbatte le palpebre più volte, quasi incredulo “No. Stai
scherzando, vero? Vero?”.
Di solito adoro terrorizzare la gente, ma in
questo caso sono stata piuttosto sincera: la mia avversione alla materia
è epica.
“Può darsi” rispondo
vaga. “Il problema è che nella mia mente c’è un vero
e proprio buco nero. Forse so fare addizioni e sottrazioni, ma mi è
ignoto tutto ciò che concerne l’algebra e la geometria
analitica”.
Sherlock sta per piangere, me lo sento.
“...capisco” si limita a
commentare, cupo. “Sei messa peggio di quanto pensassi”.
“Guarda il lato positivo: Einstein non
riusciva a sommare numeri ad una cifra!”.
“Mi stai dicendo che tra qualche anno
proporrai una nuova teoria relativistica della gravitazione?”.
“Una nuova…
che cosa?”.
“Come non detto” commenta a
mezza voce. “Ti prego, non protrarre oltre la mia sofferenza. Potremmo
cominciare dall’algebra, per te va bene?”.
“Sei tu quello intelligente.
Cioè, non che io non mi consideri intelligente, ho un’alta
opinione di me stessa, solo non penso di essere matematicamente intelligente
quanto te – sempre che tuo fratello non mi abbia mentito”.
“Una curiosità: tu parli sempre
così tanto?” mi chiede, interrompendo il mio farneticare.
“No” rispondo meccanicamente,
per poi correggermi in un improvviso attacco di sincerità
“Sì. Un po’. Dipende”.
“Che risposta illuminante!”.
“Va bene, può darsi che io sia smodatamente loquace, e allora?”.
“Nulla, volevo solo constatare se ne
fossi o meno consapevole… sul serio, non stai
zitta un attimo!”.
Alzo il mento, orgogliosa.
“Almeno in mia compagnia non ci si
annoia!” affermo. “Di sicuro non ci sono silenzi
imbarazzanti”.
“Forse perché ciò che
dici lo è già di suo” insinua, senza dare particolare peso
alle sue parole. Io lo guardo, quasi potessi essere in grado di incenerirlo con
la sola forza del pensiero.
Oh, quanto mi piacerebbe.
“E dire che cominciavi a starmi
simpatico” rispondo, dopo aver rinunciato a far esplodere la sua calotta
cranica.
“Felice di essermi attirato tutto il
tuo odio, se questo significa che lavoreremo in silenzio” ribatte lui.
“Ed ora apri il libro a pagina ventisei…
esercizio due”.
“No, non posso studiare con qualcuno
che mi sta antipatico. Lo trovo mentalmente limitante, capisci?”.
“Ma non mi dire…”.
“Facciamo pace?” domando
implorante, sorridendo a trentadue denti. Michael mi rivolge l’ennesimo
sguardo disperato.
“Ma se non abbiamo nemmeno
litigato!” esclama.
“Beh, ma io mi sono offesa quando hai
detto che parlo troppo”.
“E’ la pura verità. Sei
qui da almeno venti minuti e non ti sei ancora decisa a prendere in mano la
penna” mi fa notare, indicando il mio astuccio ancora ermeticamente
chiuso, per non parlare del mio libro di algerbra
praticamente nuovo.
“E’ colpa tua! Ribatti ad ogni
mia affermazione!” dico, puntandogli l’indice al petto.
“Cosa dovrei fare? Darti sempre
ragione?”.
“Non lo so, però potresti
sorridere ed annuire come fanno tutti” spiego. “In questo modo io
mi rassegnerei e ti asseconderei, no?”.
“Facciamo come dici tu: Charlotte hai
ragione, anzi, pienamente ragione su ogni cosa” dice. “Dal momento
che non intendo contraddirti mai più, che ne dici di fare il dannato
esercizio due a pagina ventisei?”.
Scuoto la testa.
“Troppa veemenza”.
“Charlie, fai
quell’esercizio!” ordina perentorio, aprendo il libro con
decisione.
Devo trovare una scusa, una qualunque.
Questa lezione di matematica non s’ha da fare!
Dite che puntare sul patetismo
funzionerò? Insomma, non ha mai funzionato, ma può darsi che
Sherlock sia una persona facilmente impressionabile.
“Ti supplico, no, non posso”
piagnucolo allora, sbattendo più volte le ciglia.
“Charlie, non ti ho chiesto di
strozzare il tuo criceto, solo di svolgere una normalissima equazione!”
esclama. “Non guardarmi come se fossi il tuo aguzzino”.
“Ma tu SEI il mio aguzzino”.
“No, sono solo una persona che cerca
di farti un favore, ok? E’ per il tuo bene”.
“Lo dice sempre anche il mio
dentista” ribatto “Per poi devitalizzarmi un dente a tradimento o
farmi un’otturazione assolutamente inutile”.
“Con l’unica differenza che
imparare la matematica non è
inutile. In ogni caso nessuno ti obbliga a restare”.
“D-davvero?”
domando speranzosa, pregustando già l’intero pomeriggio libero.
Magari potrei chiedere a Mark di uscire…
“Certo. Insomma, non sarò di
certo io ad avere sulla coscienza la tua bocciatura, no? Inoltre quando
lascerai la band avrai più tempo per studiare, ogni cosa ha i suoi lati
positivi”.
Argh, ciò che
questo individuo sta dicendo potrebbe anche essere vero. Forse. E ciò mi
fa stare male, anzi, malissimo.
No, aspettate.
“Stai cercando di attuare una
strategia di psicologia inversa?” domando sospettosamente, socchiudendo
gli occhi fino a ridurli a due minuscole fessure.
“Ti sto dicendo la verità. Che
tu voglia impegnarti oppure no, io non ci guadagno nulla…
lo sto dicendo per te”.
Rimango in silenzio per pochi attimi,
soffermandomi sulle parole di Sherlock e, più in particolare sulla sua
persona. Non lo conosco da molto, è vero, ma mi ritrovo ad ammettere che
forse le prime impressioni possono essere sbagliate.
Sospiro rassegnata, impugnando finalmente la
penna a sfera ed un foglio a quadretti.
“Avanti, sono pronta” annuncio. “Fai
il tuo dovere, mi fido di te!”.
“…finalmente”
lo sento mormorare a mezza voce, ma decido di ignorarlo.
Insomma, diventando sua amica potrei avere
un contatto in più con Mark, no?
E’ geniale.
___________________________
Tra
non meno di 7 giorni mi attende l’esame di maturità. E chi l’avrebbe
mai detto! La nascita di questa storia, ovvero il suo primo abbozzo, risale a circa
6 anni fa, grazie ad una ragazza di nome Irene – presto diventata la mia sorellona adottiva prediletta- e ad una fan fic su una probabile next
generation di HP.
Mai,
giuro, MAI avrei pensato di arrivare
a questo punto!
Grazie
a tutti <3
Alexya379: Carinissime
minacce di morte? Ma lo sappiamo tutti che sono simbolo di imperituro amore!
Non c’è dubbio. Grazie mille per il complimento sullo stile, anche
se non credo di meritarmelo XD Io scrivo semplicemente…
quello che mi viene in mente. Un po’ come se tenessi un diario o
scrivessi un blog. Non cerco parole astruse o mi obbligo ad usare termini desueti… insomma, mi concentro più sulla trama
e –soprattutto- sui dialoghi. In ogni caso sono contenta che questo mio
modo di fare ti piaccia <3
Mikybiky: Eccoti accontenta,
in questo capitolo appare Sherlock 2.0. Spero soltanto sia irresistibile e
amabile come la prima versione! Per quanto riguarda il segnalibro…
l’amore è strano. Io tengo ancora una cartolina speditami da un
tizio che, pochi giorni dopo, mi ha spezzato il cuore. Non so, forse sono
scema, ma i ricordi sono ricordi, è difficile separarsene. Charlie oltre
alla maglia dei Rancid indossava anche un paio di
bermuda: non è mica una scostumata! (ah, aveva anche delle ciabatte in
pelo rosa, se ti interessa XD).
In
ogni caso Chris è molto arrabbiata… ma
questo lo scoprirai nel prossimo capitolo u_u non
posso fare spoiler. Ti avevo avvertita, questa è la nuova versione, corretta,
più complessa e più angst! Vedrai,
vedrai!
Roro: Amore mio, mi hai scritto una recensione
lunghissima! Non che non l’apprezzi, ma rispondere ad ogni tuo quesito
è TROPPO per una pigrona come me… lo
sai, sono Shikamaru in gonnella. Ma cominciamo:
Gabriel è amabile solo con chi ama, purtroppo Charlie non rientra in
questo ristretto gruppo. E’ un bravo ragazzo, davvero, ma è umano
come tutti noi, ha antipatie e preferenze. Ovviamente Charlie non contribuisce
a creare un clima di pace tra loro, ti pare? E’ una sorella MOLTO
possessiva e protettiva.
Spero che mi dimostrerai il tuo imperituro
amore per Sherlock nel commentare questo capitolo! Soprattutto dopo il
bellissimo banner che hai creato!
Ti adoro <3
BeRRy_aPPle: Mi fa sempre piacere accogliere una
nuova adepta alla religione del Charlinesimo,
nonostante si tratti di una religione complessa, paranoica e un po’
malata u_ù Come hai detto tu, Art è un
po’ truzzo, ed io non posso che confermare. Se
vuoi aggiungermi a msn e mandarmi i tuoi fantastici disegni… io sono qui *_* sul serio, non aspetto
altro. Li pubblicherò a fine capitolo, come sto per fare con un banner
su Sherlock creato da Roro. Inoltre sono lusingata
dall’apprezzamento che hai dimostrato. Spero di ritrovarti nuovamente tra
i miei lettori più fedeli! ja ne!
Merediana: Prima di tutto sono contenta che il
capitolo non ti abbia deluso… a dire il vero
ero un po’ perplessa: non me la cavo molto bene con le storie romantiche.
Sono un’insensibile XD Nel senso che esco solo con individui insensibili
e di conseguenza ogni manifestazione d’affetto risulta ambigua e non “fanfictionabile”. Non posso proprio attingere ad
esperienze personali XD
Ti voglio tranquillizzare: Gabriel non
è una persona cattiva, è serio e affidabile. L’unico
problema è che tra lui e Charlie si è creata una tensione che non
si esaurirà MAI: come dire, è stato odio a prima vista. Forse perché
sono troppo simili… entrambi impegnati ad
atteggiarsi da stronzi sicuri di sé, ma in realtà alla ricerca di
qualcuno che li apprezzi per quello che sono…
no? Sono troppo romantica? XD
Capitolo 8 *** 8. Di scuse patetiche, amiche ninfomani e idee pericolose ***
Può causare perdita dell’udito e cecità
temporanea.
La Legge di Charlie
“se qualcosa può andar
male, con il mio aiuto lo
farà”
8. Di scuse patetiche, amiche ninfomani e idee
pericolose
“Charlie” borbotta Chris con voce assonnata “Vattene, mi stai facendo
cadere dal letto”.
Rendendo palese che non me ne potrebbe importare di meno, mi faccio ancora più
spazio sotto le coperte, stringendomi al suo braccio.
“Charlie…” continua a protestare debolmente.
“Sono tre giorni che non ci parliamo, non potevi resistere ancora qualche ora?
Così non è che mi senta incoraggiata al perdono”.
“Eddai, lo sai anche tu non puoi tenermi il muso
ancora per molto!” esclamo, insolitamente sveglia nonostante siano soltanto le
sei di mattina. “Ho accennato al fatto che, beh, insomma…
mi dispiace?”.
Christine si abbandona ad un lento sbadiglio.
“Sì, circa venti volte”.
“E allora? Non ti sembro pentita e addolorata?”.
“Non penso di averti mai vista addolorata, sai? Mi sembra quasi un
ossimoro” risponde pensosa. “Chi mi assicura che non mi farai fare altre figure
come quella di venerdì sera?”.
Spalanco gli occhi, sedendomi di scatto sul letto.
“Io!” esclamo, puntando entrambi i pollici verso la mia persona. “Ti puoi perfettamente fidare della tua sorella
preferita”. Chris si limita a solleva un sopracciglio.
“Anche se, in tutta onestà, continuo a non capire come mai ti ostini a
difendere quell’individuo fine a se stesso”.
Lei sbuffa, strattonando la coperta e infilandoci sotto la testa. “Visto? Lo
sapevo che non avresti capito”.
“Eh? Capito cosa?”.
“Come volevasi dimostrare!” esclama stizzita.
“Insomma, Chris, se non mi parli come posso capire?” le chiedo. “Posso solo
prometterti che ci metterò tutta la mia buona volontà.
“Va bene” sospira. “Purtroppo non sei mai stata una campionessa di arguzia…”.
Resto in silenzio, ormai ho capito che protestare sarebbe del tutto inutile e
infruttuoso.
“Vedi… In fondo Gabriel non è così inutile e abbietto
come credi, ok? Forse è un po’ pieno di sé e quando vi trovate entrambi nello
stesso posto non è il massimo della simpatia, ma non hai mai pensato che il
problema potresti essere…tu?”.
“IO?!”.
Christine annuisce con convinzione.
“E chi altri? L’altra sera si è comportato come una persona normalissima, è
stato perfino gentile. Voglio dire, gli ho perfino vomitato addosso e lui non
se l’è presa minimamente; certe volte devi ammettere di non essere la persona
più facile con cui entrare in sintonia. E poi abbiamo avuto un appuntamento… come dire…
piacevole!”.
“Forse è solo una tua impressione causata dalla carenza di rapporti umani…”.
“No, Charlie. È stata una bella serata e tu ti sei comportata in modo
maleducato ancora prima di sapere come l’avevo vissuta, non hai scusanti”.
“Ah, ok” commento laconicamente, abbassando gli occhi. “In tal caso
prometto di non farlo mai più. Sono
perdonata?” concludo, domandando speranzosa.
Anche se non posso vederla, sono certa, anzi, certissima che Chris sta
roteando gli occhi. Odio quando lo fa.
(Ovvero praticamente sempre, quando discutiamo).
“Diciamo che sei in prova”.
“In prova? Ma se mi sono scusata tipo un miliardo di volte!” protesto. “Non
è giusto!”.
“La vita è ingiusta, cara la mia sorella preferita. E ora lasciami dormire,
o non ti rivolgerò mai più la parola; c’è gente che la mattina, a scuola, cerca
perfino di seguire le lezioni”.
Sbuffo, alzandomi dal suo materasso.
“Ok… ma è ingiusto comunque” aggiungo, prima di
concedermi un’ultima ora di sonno.
Inclino la testa con sguardo assente. Nonostante tutti i miei sforzi, ho
ancora la netta impressione che tutto ciò che sta scritto sul libro sia un
qualche codice alieno criptato, ideato per il solo ed unico scopo di sterminare
l’intera razza umana.
Ascoltate semplicemente il suono di queste parole: esponenziali e
logaritmi. Non vi vengono i brividi? Non vi sentite come se la fine del mondo
fosse inesorabilmente vicina? Non vi si rizzano i capelli dalla cute fino alle
doppie punte?
Se a è maggiore di zero, per ogni x,y appartenenti a Rvale… mi sentite? Non so nemmeno di
cosa sto parlando.
Fortunatamente
il rumore della porta che si apre e un insolito vociare mi distraggono dalle
mie profonde riflessioni. Chiudo di scatto il libro e accantono gli appunti, rimandando
lo studio ad un momento non meglio precisato. Ora come ora controllare
l’identità degli intrusi è mia priorità.
“E così gli ho detto: senza manette niente, ok? Insomma, voleva usassi una corda… ma stiamo scherzando?”.
“Lui cosa ti ha risposto?”.
“Niente! L’ho imbavagliato e me ne sono andata”.
“Immagino la sua felicità…”.
Appena faccio il mio ingresso in salotto, vedo mia sorella e Artie che parlano con un’altra ragazza mai vista prima. È
bionda, minuta, e parla di manette, corde e frustini. Ehm, forse quei due
dovrebbero decisamente rivedere le proprie amicizie.
“Ehilà, salve” saluto timidamente.
Il cugino infame mi saluta con un cenno del capo, mentre Chris si alza per
farmi spazio sul divano.
“Caroline, ti presento mia sorella Charlie” aggiunge, rivolgendosi alla ragazza
bionda. “Charlie, lei è Carrie, l’abbiamo conosciuta
settimana scorsa allo Stauton”.
“Intendi
quando ti sei ubriaca?” domando, rigirando il coltello nella piaga.
Caroline scoppia a ridere.
“Già, che serata divertente! Anche se temo di essere stata io la causa della
sua ubriacatura… insomma, per ringraziarla le ho
offerto tutto quell’alcol senza nemmeno sapere se l’avrebbe retto”.
Scuoto la testa.
“Tranquilla, Chris è un caso disperato, è capace di andare fuori di testa anche
con i cioccolatini al liquore”.
“Peccato che non ce l’abbia detto” commenta Arthur piccato. “Così abbiamo
dovuto trascinarla a casa completamente sbronza”.
Chris cerca di farsi piccola piccola e sparire tra i
cuscini del sofà.
“Per lo meno hai incontrato quel figo, no?” continua
Caroline. “Com’è che si chiama? Gabriel? Ti ha perfino accompagnata a fare pipì… non è stato un gesto carino?”.
“Se per carino intendi imbarazzante e un filo patetico…”
intervengo con un’alzata di spalle. “In ogni caso non escludo che si sia
trattato di una scena esilarante; quanto avrei voluto essere presente! Perché
non l’avete filmata con il cellulare?”.
“Charlie!” protesta mia sorella, inutilmente aggiungo. Artie si colpisce la fronte con il palmo della mano.
“Merda, hai ragione!” esclama. “Che idiota che sono!”.
“Già, un vero imbecille” aggiungo, rincarando la dose senza nessun motivo in
particolare.
“Se l’avessi filmata avremmo potuto mettere il video su YouTube.
Sarebbe diventato il più visto della settimana e poi, aggiungendo una breve
pubblicità, avremmo fatto anche un sacco di soldi!”.
“Bravi” commenta Christine, osservandoci truce. “Bravi, cercate pure di lucrare
sulle mie disgrazie. Scommetto che vi daranno il Nobel per l’empatia”.
“Suvvia... lo sai che avremmo diviso con te i guadagni” cerco di consolarla.
“Io no!” esclama Arthur, generoso come al solito.
“Beh, io sì!” ribadisco. “Mi saresti
stata per sempre debitrice, e non si sa mai quando si può aver bisogno di una
trasfusione, di un rene o di un pezzo di fegato. Dico bene?”.
“Ah-ah”commenta Chris. “Davvero simpatici, tutti e due. Per fortuna che c’è
Caroline e non sono costretta a sopportarvi da sola. Allora, Carrie, cosa stavi dicendo?”.
La
ragazza porta un dito alla bocca, come se stesse pensando a qualcosa di
terribilmente importante, poi spalanca gli occhi, realizzata.
“Sì, ecco, parlavo di quel tizio di Kensal Green con
cui ho tradito il mio ex ragazzo, ma temo di aver divagato parlando di John, il
cameriere del ristorante greco –che è tutto, tranne che greco, eh!-e di quando l’ho legato, imbavagliato e
lasciato chiuso in quel motel… era un vero idiota. E
poi una volta sono uscita con il migliore amico di suo cugino –nemmeno lui era
greco, se vi interessa-, che stranamente conosceva un ragazzo che frequentava
il mio stesso corso di economia domestica e che mi aveva presentato il tipo con
cui uscivo il natale scorso e che mi aveva regalato quegli slip commestibili;
insomma, fatto sta che dopo averli mangiati –lui, non io- si è sentito male, forse
era allergico a qualcosa, e ho dovuto accompagnarlo in ospedale. Era pieno di
bolle, faceva davvero schifo! E siccome mi sentivo talmente in colpa per tutto
questo penso di essermi fatta uno dei suoi infermieri…
è il fascino della divisa!” si ferma un attimo. “Ragazzi…
penso di aver perso ancora una volta il filo del discorso!”.
Io non faccio altro che spalancare gli occhi e annuire.
Questa è tutta matta.
“E poi vi ho raccontato di quella volta che…”.
Ok, dopo un’intensa sessione di matematica –ben venti minuti- posso anche
permettermi di spegnere il cervello e ascoltare i racconti degli strambi amici
di mia sorella. Dopotutto me lo merito.
“Il
logaritmo di una radice è uguale al prodotto dell'inverso dell'indice per il
logaritmo della radicando, quindi se abbiamo logaritmo in base a di radice ennesima di b, questo diventerà…?”.
“…e poi come se non bastasse Chris se l’è presa con
me! Ovviamente io le ho chiesto scusa tipo un miliardo di volte e lei alla fine
a ceduto, però ha detto che sono ancora in prova. Secondo te che cosa
significa? Che aspetta e poi decide se volermi bene o odiarmi per tutta la sua
vita?”.
Sherlock si massaggia le tempie, mentre io continuo il mio flusso di coscienza.
Sinceramente non capisco il suo comportamento, come può essere così distaccato
mentre io sono preda di tali tumulti interiori? Che uomo insensibile.
“Charlie,
cerca di concentrarti sull’algebra. È questo che faccio: ti aiuto a superare un
test; forse non l’hai capito, ma non sono il tuo psicoterapeuta”.
Annuisco
con poca convinzione.
“Già, infatti in questo fai piuttosto schifo. Dovresti applicarti di più, mi
sembra di parlare con un muro…”
“Ma tu guarda, è la stessa sensazione che provo parlando con te!” commenta
sarcastico.
Io sorrido.
“Che
sia un segno del destino?” domando retoricamente. “È il fato che ti sta dicendo
‘ascolta Charlie e dopo, forse, è
probabile che lei ascolterà te!’, mi pare ovvio”.
“Hai dimenticato un piccolo particolare: tu hai bisogno di me, non il contrario”.
“Ti
tornerò utile quando meno te lo aspetterai” affermo convinta. “Quindi… cosa stavo dicendo? Ah, sì, e poi c’è questa strana
amica di mia sorella, secondo me le manca qualche rotella”.
A Sherlock scappa un sorriso, ma cerca di nasconderlo.
“Da
che pulpito, poi”.
“Stai insinuando che mi manca qualche rotella?” chiedo con fare inquisitorio,
sventolandogli la matita sotto il naso. Lui non fa una piega.
“Non sto insinuando nulla, sto semplicemente illustrando un dato di fatto” mi
risponde pacato. “Ed ora, per favore, non è che risolveresti questa
semplicissima equazione?”.
“Va bene. Ma ad una condizione!”.
“Dimmi” mi concede, mormorando sconsolato.
“Prima mi devi ascoltare. Non ce la faccio, devo raccontarlo a qualcuno o
scoppio! Anche se è qualcosa di assolutamente inutile, ho bisogno di
condividere le mie elucubrazioni mentali con il mondo”.
“Il mondo te ne sarà grato, immagino” commenta. “Dai, parla, e carca di
concentrare il maggior numero di parole nel minor tempo possibile. Ti concedo… trenta secondi”.
“Ehi,
ma trenta secondi sono pochissimi!” protesto.
“Ventotto, ventisette, ventisei”.
“Ok, ok, non mettermi ansia!” esclamo. “Dunque, c’è questa tizia, fuori come un
balcone, te lo giuro. Si chiama Caroline e a quanto pare Chris l’ha incontrata
allo Stauton la sera che si è sbronzata. O forse è
proprio la ragione per cui si è sbronzata, temo di non aver capito bene questo passaggio…”.
“Non
mi stupisce” borbotta Sherlock, ma io ovviamente continuo ad ignorarlo.
“…due secondi dopo le presentazioni, Caroline si è messa a
raccontare in modo piuttosto confuso dei mille e passa casi umani con cui è
uscita, di quanto fosse scandalizzata quando le hanno proposto una seduta di bondage e di quando ha legato e imbavagliato il suo
ragazzo, per poi abbandonarlo nel motel senza vestiti e documenti. Ovviamente
sempre sorridendo, come se stesse facendo il riassunto di un episodio dei Teletubbies o di Dora l’esploratrice. Questa è tutta pazza,
credimi!”.
Per pochi secondi Sherlock mi scruta con aria indecifrabile.
“Non è che, per caso, questa Caroline è bionda? Minuta, con i capelli mossi…” mi domanda infine.
“Sì! La conosci?” dico, sgranando gli occhi. Lui fa spallucce.
“Abbiamo frequentato lo stesso corso di geografia…”
risponde, rimanendo sul vago. Nel frattempo un sorriso piuttosto inquietante si
dipinge sul mio volto.
“Sherlock, dimmi… sei forse arrossito?” domando con
una punta di malizia.
“Non dire idiozie” si affretta a negare.
“Andiamo,
a me puoi dirlo! Non ho l’aspetto di una persona affidabile?”.
“Per niente” scandisce. “Non lascerei in tua balìa nemmeno il mio peggior
nemico”.
“Ok, come vuoi” rispondo, fingendo noncuranza. “Significa che –siccome non sei arrossito- settimana prossima
potrai venire con me e tuo fratello alle prove della band. Ah, ci sarà anche
Caroline, ma ovviamente lei non ti interessa, quindi per te non sarà un
problema”.
“Ovviamente no” esclama, palesemente in imbarazzo. “Figuriamoci!”.
Io continuo a sorridere.
“Perfetto!” concludo, mentre nella mia mente si sta già delineando un nuovo malefico,
complicatissimo e geniale piano.
________________________
Sì,
sono ancora viva. Più o meno.
Come nella più augusta delle tradizioni, ho salutato il nuovo anno con una
bella tracheite, indi per cui sono chiusa in casa con la febbre a 38, in attesa
di riprendere le lezioni all’Accademia. E giusto per aggiornarvi sui fatti miei
(anche se non vi interessano u_u) sappiate che sono
uscita indenne dagli esami di Maturità e ora studio qualcosa di completamente
differente rispetto al mio vecchio indirizzo <3 E questo è un bene u_u
Ma
passiamo alle cose serie, i ringraziamenti:
LaIKa_XD:
Uno, due, tre, LIBERA! Ok, dopo questa breve defibrillazione spero di averti
riportata in vita, non vorrei avere la tua morte sulla coscienza u_ù Sia Sherlock che Charlie rischiano il suicidio insieme,
ma alla fine è un bene, serve qualcuno che dica il fatto suo a Charlie, no?
SweetMadness: Ma
non devi odiare la matematica, è una cosa magnifica, come si impara da “Paperino
nel mondo della matemagica”, l’importante è mantenere
le giuste distanze <3 io la amo da lontano e mi limito a fare il mio dovere
disegnando e scrivendo u_u
“Molti
serial killer sono geni in matematica! Davvero? XD Non si smette mai di
imparare!
Mikybiky: Sherlock è
relativamente adorabile, diciamo come un calcio sulle gengive, a volte;
probabilmente questo è uno dei punti in comunque con tutti i miei personaggi ò_ò devo farmi delle domande?
Ma soprattutto… NON FARE SPOILER NELLE RECENSIONI XD
Sennò la gente scopre i miei tremendi segreti riguardo alla prima versione u_u
BeRRy_aPPle: Una madre lettrice
di fan fiction, è meraviglioso XD Noto che l’odio della matematica è comune a
molte mie lettrici… suvvia! Mi sa che dovrò fare una
campagna di riabilitazione in suo onore.
Roro: Aw, fantastica recensione, ma troppo lunga u_u ti rispondo su msn. (Essì, sono pigra)
Merediana: Esame di maturità andato…ehm… andato. E’ questo l’importante,
no? Purtroppo temo di aver beccato un’altra sessione di esami con questo capitolo,
però mi auguro che tu possa leggerlo! (Mark tornerà prossimamente e chi vivrà
vedrà <3)
Chibi_tan:
Ti ho risposto via MP, tipo EONI fa XD Facciamo che ti ringrazio di nuovo e ti
mostro che non ho abbandonato la storia u_u