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Lista capitoli: Capitolo 1: *** I. Counting the footsteps, praying the floor won’t fall through *** Capitolo 2: *** II. And I lived in your chess game, but you changed the rules everyday *** Capitolo 3: *** III. Wonderin' which version of you I might get tonight *** Capitolo 4: *** IV. I should have known *** Capitolo 5: *** V. Well maybe it's me and my blind optimism to blame *** Capitolo 6: *** VI. You are an expert at sorry and keeping lines blurry *** Capitolo 7: *** VII. Never impressed by me acing your tests *** Capitolo 8: *** VII. The girl in the dress cried the whole way home *** Capitolo 9: *** IX. The girl in the dress wrote you a... letter ***
Capitolo 1 *** I. Counting the footsteps, praying the floor won’t fall through ***
I.Counting the
footsteps, praying the floor won’t fall through...
HermioneGranger
oltrepassò l’ingresso della sala grande con circospezione, guardandosi intorno
come se da un momento all’altro si aspettasse di veder saltar fuori
colui-che-non-deve-essere-nominato in persona. Si ritrovò a pensare, come una
stupida, si ammonì poi, che al confronto quello che l’aspettava era decisamente
peggiore. Le gambe le tremavano, sentiva un nodo alla gola e lo stomaco
le si contraeva ad ogni respiro. Il vestito rosa che Ginny
l’aveva aiutata a scegliere, si rese conto in quel momento, era decisamente
troppo leggero per quel periodo dell’anno, troppo scollato per lei che di
scollatura ne aveva poca, troppo elegante per…
Respira, si disse. Respira e smettila di pensare. Respira e
per una sera cerca di essere meno Hermione e un po’
più simile alle altre ragazze. A quelle che preferiscono un ragazzo ad un libro
e che hanno come unica ambizione quella di partecipare ad un ballo e nel caso
questa si avverasse, quella di avere un accompagnatore per il suddetto ballo.
E non quella di salvare il mondo.
Guardò in basso e vide i gradini di una scalinata. Perfetto,
le venne da pensare: il modo perfetto per entrare in una sala piena di gente,
anzi, piena di studenti della tua e di altre tre scuole di magia, è rotolare
giù da una rampa di scale, finendo magari col sedere all’insù davanti al tuo
accompagnatore. Di classe, davvero.
Zitta, Hermione, smettila. Una
gradinata è il modo perfetto per entrare in una sala da ballo, è il modo
che usano tutte le regine, le principesse e le aspiranti tali. Perlomeno stando
ai film babbani. Hermione
si era documentata, come al solito: non le piaceva sentirsi impreparata in
generale e in questo frangente le sarebbe piaciuto ancora meno, trattandosi una
“materia” per la quale non si sentiva portata.
Avendo però scoperto che i suoi amati libri non erano di
grande aiuto per quanto riguardava certi argomenti come i balli, le scale e gli
accompagnatori, aveva lasciato perdere ed era passata ai film. Ne aveva visti
una dozzina, sopportando in silenzio le prese in giro di Ron
e i sorrisetti sotto i baffi di Harry; in silenzio, perché sotto sotto li
riteneva giustificati. Comunque, non si era ovviamente arresa, aveva preso i
suoi appunti, li aveva letti e riletti e si era finalmente convinta: i balli,
che fossero scolastici o diplomatici, portavano sempre almeno tre cose con sè.
Primo, cambiamenti. Hermione era
troppo testarda per ammetterlo anche a se stessa, ma qualche volta aveva
desiderato essere diversa da com’era… perlomeno avrebbe reso tutto più facile,
pensava.
Secondo, litigi. Quasi sempre qualcuno finiva per prendersi
un pugno e molto spesso questo “qualcuno” era l’accompagnatore della ragazza in
questione.
Terzo, amore. E a questo Hermione
pensava fin troppo, ultimamente; come d’altronde si era ritrovata a pensare fin
troppo ad una certa persona.
Dai film aveva imparato anche che, alla fine del suddetto
ballo, finivi sempre con la persona giusta per te, che poteva anche non essere
(anzi, che spesso non era) il tuo accompagnatore iniziale.
Per questo, rincuorata da questo pensiero, Hermione si era decisa ad accettare l’invito di Viktor Krum al Ballo del Ceppo ed ora si accingeva a fare la sua entrata
trionfale su quella maledetta scala, stando bene attenta a non inciampare nel
suo vestito (troppo lungo!) con le scarpe (troppo alte!).
Per questo, quando alzò gli occhi, non vide la persona che
avrebbe voluto vedere lì, ad aspettarla con la mano tesa in fondo a quella
inutile ed interminabile scalinata. E, nonostante vi fosse preparata, non potè costringere la propria mente a non permettere al cuore
di fare un piccolo balzo.
Capitolo 2 *** II. And I lived in your chess game, but you changed the rules everyday ***
II. And I
lived in your chess game, but you changed the rules everyday
Hermione
Granger aveva spesso pensato che la vita fosse simile ad una partita di
scacchi. Bisognava rischiare, giocarsi tutto fino in fondo; ad ogni mossa
corrispondeva una contromossa ponderata, razionale, prevedibile; non si poteva
barare o fare affidamento sulla fortuna; quello che contava era il proprio
cervello e alla fine la vittoria era conferita in modo giusto, era meritata.
Finalmente,
alla fine della scalinata, la mano di lei toccò quella di Viktor, che poco
prima le era venuto incontro con qualcosa di simile ad un sorriso trattenuto
stampato sul viso. Gli sorrise e fece un cenno di saluto ad Harry che la stava
osservando poco lontano, di fianco a Calì Patil. Sorrise raggiante anche a lui,
che, notò, la stava guardando con gli occhi meravigliati di un buon amico che
avesse sempre saputo molto più di ciò che dava a vedere. Hermione non era
sicura che lui avesse capito esattamente tutto, ma non aveva dubbi che
almeno fosse un po’ meno burbero di Ron, la cui scarsa o nulla comprensione di
certi argomenti la sconcertava ogni giorno sempre più.
Okay,
doveva ammetterlo: neanche lei era molto ferrata in certe questioni. In fondo
Viktor era il primo ragazzo che avesse dimostrato di avere un qualche interesse
per lei, che non fosse quello di copiare i suoi compiti. Forse era per questo
motivo che aveva accettato il suo invito, forse era per questo che il cuore le
batteva all’impazzata e le guance le si erano tinte di rosso quando lui si era
avvicinato. Forse, solo forse però, era venuta al ballo con lui anche per un
altro motivo, che aveva poco a che fare con lo stesso Viktor.
Il
solo pensiero di averlo usato per far ingelosire qualcun altro che non voleva
proprio capire, il pensiero di aver fatto una mossa non permessa, di aver
barato in qualche modo, la faceva rabbrividire da capo a piedi. Oltretutto,
sembrava essere anche stata una mossa sbagliata, perché di Ron per il momento non
si vedeva l’ombra.
Per
calmare la propria coscienza e i sensi di colpa che piano cercavano di
affiorare in superficie, si disse che Krum non era poi tanto male: era persino
un famoso giocatore di Quidditch! Scacciò dalla mente il pensiero fastidioso
che insinuava che a lei del Quidditch non era mai importato un fico secco e continuò
a pensare che lui doveva anche essere un tipo in gamba, se era uno dei partecipanti
al Torneo Tremaghi. Non che lei si fosse fatta mai influenzare dal potere o dal
prestigio, quelle erano cose da Serpeverde e per lei invece erano molto più
importanti la sincerità, il coraggio, la capacità di…
Insomma!,
si disse. Doveva smetterla di trovare obiezioni a tutto ciò che di buono c’era
in Viktor. Sarebbe stata la sua dama al ballo e tutto sarebbe filato
perfettamente liscio; non avrebbe fatto caso a nessun Weasley e si sarebbe
semplicemente divertita, come una Pansy Parkinson qualsiasi. Senza però tutto
il fastidioso problema dell’essere Serpeverde, ovviamente.
Le
nuove convinzioni di Hermione non vacillarono nemmeno quando la porta della
sala si spalancò e lei entrò con passo deciso al braccio di Viktor. Mentre i
quattro maghi partecipanti al torneo sfilavano al centro della sala, ognuno con
il proprio accompagnatore, due ali di folla li accoglievano con applausi e
sguardi curiosi. Hermione si guardò intorno cauta, cercando di evitare quello
sguardo che temeva di incrociare. Poi però, mentre fissava un punto dritto
davanti a sé, sentì una voce familiare, distinta chissà come nel mezzo della
folla rumoreggiante: una prima scossa alle sue certezze.
-
Ma quella è… Hermione Granger? Con Viktor Krum?
Era
stata Padma Patil a parlare ed Hermione sapeva fin troppo bene chi era il suo
accompagnatore per quella sera e quindi chi le stava accanto in quel momento.
-
No… Assolutamente no. – disse Ron con una smorfia che lei non poté vedere, ma
che si immaginò sentendo il suo tono.
Bastò
questo, tre parole, per far crollare la nuova Hermione, insieme a tutte le convinzioni
che faticosamente si era costruita per la serata.
In
fondo, lo sapeva dall’inizio: l’unico che fosse mai riuscito a batterla ad una
partita di scacchi magici (più di una, ad essere sinceri) era proprio Ron.
NOTE di Summer
Bene, allora... un paio di premesse doverose, almeno per
me.
a) Ron ed Hermione non sono mai stati la mia coppia
preferita, nè nella saga originale, nè nelle fanfictions... Preferisco di gran
lunga Hermione e Draco, a dire il vero, quelle plausibili, ovviamente...
Ok, ho fatto questa premessa e poi mi trovo a smentirla
subito, visto che questa storia è decisamente sulla coppia Ron/Hermione... Devo
dire che semplicemente mi è uscita così: ho ascoltato una canzone, ho
immaginato una scena e ho "dovuto" riportarla così com'era...!
b) La storia riprende degli avvenimenti successi davvero,
a grandi linee, nella saga, ma in particolare si riferisce al quarto film...
Perchè il film e non il libro? La risposta è semplice: ho già scritto qualcosa
sulla stessa scena (ovviamente con tutta un'altra storia) e quella volta mi
basavo sul libro... Quindi... non so, forse è stupido, ma mi sarebbe sembrato
di cambiare qualcosa di già avvenuto, invece volevo scrivere un'ALTRA storia,
non un'alternativa... non so se sia chiaro o se semplicemente io non sia
normale :P
c) Questa fanfiction inizialmente riprende tutto ciò che
è successo "davvero" nel film: Hermione è andata al Ballo del Ceppo
con Krum, Ron ha fatto il geloso, ma non fino in fondo etc... Tutto uguale (a
parte il punto di vista e... be', quello che c'è dietro questo punto di vista,
i pensieri di Hermione, insomma) fino alla fine, perchè il finale racconta un
avvenimento per così dire "nuovo"... che potrebbe o non potrebbe
cambiare la storia come la conosciamo.
Troppo cervellotico? Sono sicura che, se lo è, avete
saltato il pezzo precedente a piè pari, quindi... non c'è problema, no? :p
Volevo solo spiegare un paio di cose, non so perchè, non
so a chi... ma ora che l'ho fatto va meglio… ;)
Certo, andrebbe meglio se mi diceste cosa ne pensate...
xD
So che magari non si sentiva il bisogno di una storia del
genere, ma mi è davvero uscita così dalla penna (o dalle dita, sulla
tastiera?!?) quasi tutta in una sera sola e di solito mi piacciono le storie
che mi escono così "ispirate"... Questa, mh, ancora non lo so.
Capitolo 3 *** III. Wonderin' which version of you I might get tonight ***
III. Wonderin' which
version of you I might get tonight
Hermione
Granger spesso non sapeva cosa pensare delle persone. Certo, aveva letto più
libri di psicologia magica, saggi e articoli vari, ma era arrivata alla
conclusione che la mente umana e soprattutto i sentimenti umani non potessero
essere spiegati razionalmente, né catalogati. Lei si era d’altra parte
applicata poco nell’arte di cercare a tutti i costi di piacere agli altri o di
intrattenere relazioni civili con tutti. Forse era la pratica, quella che le
mancava: d’altronde era stata sempre molto più ferrata sulla teoria di
qualsiasi materia.
Non
era quindi molto abituata a capire gli altri, ma men che meno era abituata a
capire Ronald Weasley. Era per lei un vero e proprio mistero cosa si
nascondesse sotto quella zazzera di capelli rosso fiammante e dietro i suoi
mugugni tra una cucchiaiata e l’altra di pudding. Ci aveva rinunciato molto
tempo prima a capire Ron: almeno razionalmente, perché in realtà una parte di
lei (ovviamente la parte più stupida) tentava sempre di cogliere le sue
intenzioni, i suoi pensieri più profondi dietro ogni suo gesto.
Anche
per questo, quelle tre parole che aveva pronunciato poco prima assumevano un
significato particolare: anche per questo le avevano fatto tremare le gambe più
della famigerata scalinata.
Cosa
voleva dire quel “No, assolutamente no.” pronunciato con determinazione, quasi
ostentazione? Pensava a questo Hermione, mentre sorrideva di nuovo a Viktor e
la musica iniziava a risuonare per la sala. Era un pizzico di gelosia quella
che le era parso di sentire nella voce di Ron? Viktor la faceva volteggiare qua
e là al tempo della musica ed era difficile seguire i passi di danza e al tempo
stesso i propri pensieri, specie quando erano così contorti. Forse Ron aveva
voluto far intendere che “quella” Hermione non era quella vera…? Oppure che non
voleva nemmeno permettere al pensiero di lei e Krum insieme gli arrivasse al cervello?
Viktor le fece fare un saltello e tutti applaudirono. Hermione, continuando a
sorridere rigida, sperò solamente che Ron non stesse guardando.
Perché
Ron un giorno era premuroso, un giorno l’abbracciava e la guardava in modo
strano e il giorno dopo aveva occhi solo per qualunque altro essere di sesso
femminile. Un giorno le sembrava che in effetti ci fosse una strana alchimia
tra di loro, il giorno dopo era svanita. Un giorno era certa di vedere i suoi
occhi brillare quando la guardava e il giorno dopo litigavano come se fossero
stati nemici giurati e lui la chiamava ancora “So-tutto-io”, come se fossero
tornati al primo anno.
Perché
c’erano mille versioni di Ron e nessuna di queste le aveva mai dato certezze
riguardo a… qualunque cosa fossero loro due.
No,
Hermione, così non va, si ammonì. Aveva detto che sarebbe stata una serata
diversa, aveva detto che lei sarebbe stata diversa. Niente Ron, quindi. Ma
questo non implicava forse che Ron fosse parte di quello che lei era? Oh, non
c’era via d’uscita. O meglio, c’era: ma era talmente inusuale per lei, che
quasi non sapeva da che parte iniziare.
La
risposta era, ancora una volta, non pensare. Divertirsi. Lasciar perdere tutto:
salvare il mondo, aiutare Harry, decifrare Ron.
La
band che iniziò a suonare in quel momento nella sala del ballo fu per Hermione
come un segno del destino: inizialmente si guardò intorno intimidita, mentre
tutti gli altri iniziavano a saltellare e a ballare, scatenati. Poi però Viktor
la prese per mano e le fece un mezzo sorriso speranzoso e allora lei si decise:
a poco a poco iniziò a lasciarsi andare e alla fine quasi non realizzò quanto
fosse divertente e liberatorio, perché non stava più pensando a niente.
NOTE di Summer
@ Katherine Elizabeth:
Be’, che dire… ho cercato di far sì che il verso della
canzone con cui ho intitolato ogni capitolo fosse una sorta di filo rosso che
attraversa il capitolo stesso… in questo caso il “chess game” del titolo si è
tradotto nel paragone che Hermione fa nella sua testa tra una partita di
scacchi e la vita… e poi mi ricordo, non so in quale libro, di aver letto che
Ron è bravo a questo gioco, persino più bravo di lei…
In ogni caso, ti ringrazio per averlo notato :P e anche
per la tua opinione!!! A presto!
@ emmahp7:
Sono contenta che a te piaccia questa storia e che tu
abbia “sprecato” qualche minuto per farmelo sapere…! Penso che ci siano tante
storie che sono buone ma rimangono un po’ in ombra, anche su questo sito… Per
quanto mi riguarda sono un po’ nuova in questo fandom; anzi, diciamo che mi
diverto a scrivere un po’ su tutto, quindi sono un po’ nuova in tutti i fandom…
:P
In più credo che ci siano tag che attirano lettori più di
altri, come un rating rosso o un pairing strano, tipo Hermione/Voldemort xD
Non lo so, poi: queste sono mie congetture!
Be’, intanto comunque tu potresti suggerire questa storia
ad altre lettrici di hp, aahhahahahah! Scherzo ovviamente… Certo, mi piacerebbe
sapere cosa ne pensa più gente possibile, se non altro per migliorare, per
sapere se c’è qualcosa che non va o che semplicemente non funziona…
Intanto ti ringrazio per le tue parole per quanto
riguarda lo scorso capitolo e la smetto qui che divento grafomane… Ciao!!!
Hermione
Granger aveva avuto un saggio di quello che sarebbe successo quella sera
qualche giorno prima del ballo. Qualcuno l’avrebbe chiamato presagio, qualcun
altro avvertimento: lei però non credeva in nessuna di quelle sciocchezze
riguardanti i segni del futuro e l’aveva già chiarito bene disertando il corso
di Divinazione della Cooman.
Pochi
giorni prima, seduta nell’aula di Pozioni china sulla sua pergamena, voleva
solo finire il suo compito in pace e togliersi dai piedi del professor Piton il
più presto possibile, ma Ron non sembrava dello stesso avviso. Era da qualche minuto
che cercava, rumorosamente, di attirare l’attenzione di Harry e quando alla
fine questo si girò cautamente verso di lui, esclamò ad alta voce:
-
È pazzesco. Se va avanti così, saremo gli unici del nostro anno senza una
ragazza.
Hermione
emise uno sbuffo: oltre a disturbarla mentre faceva un test, Ron voleva parlare
solo di quello stupido ballo? Non voleva sentire Ron che parlava del ballo. Per
fortuna, non avrebbe mai pensato di dirlo, intervenne Piton, che con una manata
sulla testa del ragazzo cercò di metterlo a tacere. Purtroppo, come molte delle
punizioni di Piton, anche questa fu inutile.
-
Be’, noi e Neville – continuò infatti il suo vicino di banco, imperterrito.
-
Sì, ma lui può portarci se stesso - gli rispose Harry con un risolino. Hermione
scosse la testa avvilita. Decise però di mettere a tacere quei due:
-
Forse vi interesserà sapere che Neville ha già qualcuno con cui andarci – disse
fin troppo compiaciuta al pensiero di averli lasciati senza parole e si accinse
a continuare il compito.
-
Ora sono davvero depresso. – commentò di nuovo Ron, con un tono drammatico che le strappò un mezzo sorriso, prontamente nascosto.
Un
foglio volò appena al di sopra della sua pergamena e si posò davanti al ragazzo:
Hermione, suo malgrado, si sporse un po’ per riuscire a leggere cosa ci fosse
scritto.
"Muoviti,
o tutte le migliori saranno impegnate."
Seguì
di sottecchi lo scambio di battute che seguì tra Fred e Angelina Johnson, fingendo
di scrivere, poi si sentì apostrofare da Ron, ma non alzò subito lo sguardo dal
foglio di pergamena.
-
Ehi, Hermione. – aveva detto lui con un tono sospetto che non faceva presagire
niente di buono.
-
Tu sei una ragazza. – continuò quello, come se lo realizzasse per la prima
volta, per di più con una certa sorpresa. Decisamente, non era niente di buono ed era iniziato anche peggio.
-
Che acume. – ribatté lei ironica, alzando finalmente su di lui uno sguardo
quasi inorridito per la sua mancanza di sensibilità. Non aveva idea che le cose
sarebbero peggiorate ancora.
Pochi
secondi dopo, sperò di aver capito male a causa di Piton che, en passant, aveva
dato un libro in testa a Ron; ma le sembrò di averlo sentito pronunciare un
noncurante: - Vieni con uno di noi?
Ne
ebbe la conferma quando, mentre Piton si allontanava, senza guardarla negli
occhi, Ron continuò: - Dai. Un conto è un ragazzo che si presenta da solo, ma una
ragazza… è solo triste.
Hermione
sentì la rabbia montare dentro di lei. Non sapeva se la facesse arrabbiare di
più il maschilismo che trasudava da quella frase, il poco rispetto che lui ostentava
nei suoi confronti o il fatto che desse per scontato che lei fosse ancora libera
e disponibile.
Per
lui.
Solo
in seguito realizzò quanto quella frase l’avesse in realtà ferita e quanto la
rabbia le fosse solo servita da scudo, da barriera protettiva. In ogni caso,
sbottò a denti stretti:
-
Non verrò da sola; perché, che tu ci creda o no, qualcuno mi ha invitata!
Mise in quella frase tutto l'astio che poteva e tutto il desiderio di restituirgli almeno un po' del dolore che lui, forse inconsapevolmente, le causava. Raccolse
le sue cose e senza dire una parola portò il compito a Piton, che stava in
piedi in mezzo all’aula e la fissò risentito, forse perché non gli aveva dato
un motivo per elargire anche a lei una librata sulla testa. Poi, ripassando di
fianco ai due amici, Hermione ringhiò:
-
E ho detto di sì!
Per
fortuna la ragazza si stava già allontanando inferocita, così non poté sentire
quello che Ron sussurrò ancora al suo migliore amico:
-
Oh, cavolo. Sta mentendo, vero?
-
Se lo dici tu. – rispose Harry, sconcertato da quanto Ron potesse essere cieco
non solo ai sentimenti di Hermione, ma anche ai propri.
Capitolo 5 *** V. Well maybe it's me and my blind optimism to blame ***
V. Well
maybe it's me and my blind optimism to blame
Hermione
non aveva mai finto di essere un’inguaribile ottimista.
-
Che stupido zuccone*, eh? – farfugliò Ron in direzione di Harry, ma in realtà
più rivolto a se stesso. Poi, indicò Krum con un movimento della testa ed una
smorfia eloquente.
Lei
non si era mai ritenuta una di quelle persone che sono sempre positive
nonostante tutto, una di quelle che magari poi sono vittime di false speranze
che si erano create da sole. Lei era realista.
-
E non credo che andasse continuamente in biblioteca per i libri…
A
Ron sembrò che Harry ci provasse quasi gusto a provocarlo, a fargli intendere
qualcosa senza dirlo esplicitamente. Hermione intanto aveva smesso di ballare
ed era emersa dalla folla mano nella mano con Viktor, che poi l’aveva lasciata
in mezzo alla sala per andare a prenderle da bere. Si sentiva leggera, si stava
divertendo, era… ottimista.
Si
prese la testa tra le mani, estasiata, quasi come a voler trattenere quelle
sensazioni all’interno del proprio cervello, come a volersele imprimere meglio
nella memoria. Sentiva che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe continuato a
divertirsi come stava facendo, che, sì, di nuovo, avrebbe passato una bella
serata. Anche se era con Viktor… anche perché era con Viktor: Viktor che
la trattava in quel modo e la guardava in quel modo e le prestava attenzione
quando parlava e Viktor che in fondo era simpatico, Viktor che non era…
Ron.
Non
seppe mai quale parte malata del suo cervello le suggerì in quel momento di
voltarsi, di scorgere i suoi due amici, seduti poco distanti da dove si trovava
lei, con gli sguardi inanimati fissi davanti a sé, e di dirigersi raggiante verso
di loro. Non seppe nemmeno quale malsano spirito suicida la spinse a sedersi
accanto ad Harry e a rivolgere loro la parola:
-
Fa caldo, eh? Viktor è andato a prendere qualcosa da bere. Volete unirvi a noi?
– disse allegramente senza prendere fiato e senza nemmeno dare troppo peso ai
musi lunghi dei due.
La
risposta secca di Ron però la riportò sulla terra.
-
No, non vogliamo unirci a te e Viktor.
Perché
Hermione non era mai stata un’inguaribile ottimista, ma quando si trattava di
lui, bastava una sola parola, un cenno, un’occhiata per trascinarla nel più
buio pessimismo.
-
Ed ecco che tutti i nodi vengono alla bacchetta**… - mormorò quasi tra sé e sé,
con un tono ironico e spazientito che le servì per nascondere quella stupida
paura di ciò che lui avrebbe potuto dirle. Perché non c’era nessuno che la
faceva sprofondare più di lui.
-
È di Durmstrang. Stai fraternizzando con il nemico. – le disse con tale
convinzione che per qualche millesimo di secondo ci credette anche lei e si
sentì in colpa per davvero.
Nessuno
la faceva sprofondare più di lui che si inventava scuse patetiche, per
nascondere che…
-
Il nemico?!? Chi è quello che voleva il suo autografo?
Più
di se stessa, quando gli urlava contro rispondendo a tono alle sue stupide
insinuazioni e abbassandosi al suo livello…
-
E poi, lo scopo primo di questo torneo… è…
…
quando cercava di usare ancora una volta la ragione, per ribattere e trovare un
senso, quel senso che le era tanto caro e utile, di solito…
-
…è la cooperazione magica internazionale… fare amicizia…
…
e quando alla fine, come sempre, boccheggiava, ritrovandosi a corto di parole,
di argomenti, di voce e di motivi per rispondergli ancora. Quando arrivava a
pensare che, in fondo, neanche la sua amata ragione poteva fare granché, quando
si trattava di lui; perché non c’era proprio niente da fare.
-
Non credo che lui abbia in mente esattamente l’amicizia… - replicò ancora Ron.
Ron
era un emerito idiota.
Quello
che più la fece arrabbiare, però, non fu la frase in sé, ma il tono mesto e
rassegnato con cui lui la pronunciò: come se, ancora prima che lui avesse avuto
la sua occasione, lei gli fosse stata portata via. Come se avesse subito
un’ingiustizia.
Hermione
si alzò, indignata. Fece per andarsene, ma qualcosa la tratteneva: da un lato
c’era la solita voglia di fuggire e gli occhi che iniziavano a pizzicare,
dall’altra il desiderio di rispondergli per le rime fino alla fine, di metterlo
a tacere con una frase che gli facesse capire quanto fosse lui ad essere
ingiusto… che gli facesse semplicemente capire.
Aprì
la bocca più volte per parlare, ma non uscì nessun suono. Fece per andarsene
ancora, impotente e si rese conto più che mai che qualcosa cercava sempre di
riportarla lì.
Qualcosa
l’avrebbe sempre riportata lì.
NOTE di Summer
Dunque, vista la fantastica nuova possibilità di
rispondere alle recensioni dall’apposito form, credo proprio che la sfrutterò!
Perciò, qui vi volevo solo dire una cosa che mi sono dimenticata
di dire l’altra volta: essendo le battute dei personaggi prese “paro-paro” ( xD
) dal film ed in particolare dal film originale (quindi con i dialoghi in
inglese), le traduzioni sono mie :P
Quindi, nota della traduttrice xD
*Ron diceva “Ruddy pumpkinhead, isn't
he?”. Insomma, chiamava Viktor “testa di zucca” o “testa a forma di
zucca” che mi faceva molto ridere, ma suonava meglio zuccone, perciò ho scelto
questa versione.
**Hermione qui diceva “What's got your wand in a knot?”,
letteralmente “Cosa ha fatto annodare la tua bacchetta?”. E io ho pensato che
fosse un modo di dire inventato dalla Rowling (non lo so, non mi sono
documentata), perciò l’ho tradotto con un modo di dire italiano un po’
modificato di modo da diventare harrypotteriano, maghiano.
Ok, la smetto.
Però volevo fare queste precisazioni, nel caso qualcuno
si chiedesse da dove diavolo ho preso questi dialoghi deliranti :P
Capitolo 6 *** VI. You are an expert at sorry and keeping lines blurry ***
VI. You are
an expert at sorry and keeping lines blurry
Hermione
e Ron erano amici. Non si poteva dire che non lo fossero, nonostante le loro
continue scaramucce. Erano amici da talmente tanto tempo ed in un modo così
profondo, che tuttavia, pensandoci bene, la stessa definizione “amici” era
riduttiva per parlare di loro.
Erano
più che amici, ma meno di qualsiasi altra cosa.
Anche
per Harry però valeva la stessa cosa. Erano amici da molto tempo e si dicevano
tutto. O quasi. Soprattutto nel caso di Ron, quasi.
Eppure,
con Harry era diverso: Hermione lo sentiva, persino lui lo percepiva e l’aveva
fatto presente più volte alla ragazza, anche se più con i fatti che con le
parole.
A
scuola, poi, molti pensavano che Ron ed Hermione avessero da tempo oltrepassato
la linea dell’amicizia e che fossero diventati qualcosa di più. Anche
per questo, molti erano rimasti sconcertati quando avevano visto i due
presentarsi al ballo separati, con altri due accompagnatori. Perché tutti, a
Hogwarts, erano convinti che Ron ed Hermione fossero fatti l’uno per l’altra.
Hermione,
be’, sarebbe stata sollevata se avesse potuto pensarlo, sperarlo, per
più di cinque minuti: all’incirca, il tempo medio che passava tra i continui e disperati
tentativi di Ron di allontanarla da sé. Come se sapesse esattamente cosa dire e
come dirlo per farla imbestialire. Come se la conoscesse così bene, da essere
in grado di provocarla in ogni circostanza, con poche parole.
Anche
in quel momento, mentre si stavano avviando insieme verso l’uscita della sala
del ballo, lui non riuscì proprio ad evitare di aprire la bocca per darle aria.
-
Ti sta usando – buttò lì con studiata nonchalance, come se fosse una verità
inoppugnabile che lui le avesse magnanimamente fatto cadere addosso dall’alto.
Era
particolarmente esperto a quel gioco: mantenere i confini indefiniti, confusi, sfocati;
lanciare un indizio e poi nascondersi dietro una cieca ostinazione; far capire
qualcosa e poi negare.
Essere
geloso e poi inventare scuse idiote come se fossero le più valide del mondo.
Per
nascondersi, sempre e comunque.
Per
arrivare alla lite, per farle male.
-
Come ti permetti?! E poi so badare a me stessa. – rispose lei stizzita. Perché
era troppo orgogliosa per non rispondergli, ma in fondo anche troppo insicura
di se stessa, per cedere. Per dirgli che sapeva a che gioco stava giocando, da
cosa stava scappando. Forse.
Ma
era anche molto più diretta di lui e non riusciva a fingere di non essere
arrabbiata, come invece stava facendo lui, che si nascondeva ancora una volta
dietro un velo di menefreghismo. Le mani in tasca, continuava a propinarle quelle
perle di saggezza come avrebbe fatto un conoscente disinteressato. Un
conoscente che non la conoscesse.
-
Ne dubito – le rispose ancora, pacato, per poi sentenziare - E lui è molto più
vecchio di te.
Hermione
pensò di essere davvero stufa di tutte quelle bugie che lui si inventava così
su due piedi, evidentemente solo per farla innervosire. Sapeva benissimo che la
cosa migliore, quando faceva così, sarebbe stata ignorarlo, ma proprio non ci
riusciva. La sua amata logica ferrea le impediva di stare zitta davanti ad un
affronto come quello, che prima di tutto era un affronto alla ragione, alla sua
ragione. Dubitava che lei fosse in grado di badare a se stessa? E poi, cosa
pensava, che fosse così stupida da bersi qualunque cosa lui le dicesse?
-
Cos… cosa?!? È questo quello che pensi… - gli chiese retorica alzando la voce.
Poi si rese conto che in fondo quella domanda non era tanto retorica e ripeté
la domanda, sperando in una sua resa, in una sua risposta sincera: - Quello che
pensi veramente?
Spossata
com’era da lui e dalla loro situazione, avrebbe dato il mondo, il suo intero
mondo magico e, sì, persino quello babbano, perché lui in quel momento le
dicesse cosa pensava realmente. Per conoscere i suoi veri sentimenti.
La
risposta di lui, però, le lasciò una sola certezza: nel suo cervello potevano
esserci solo noccioline marce, e niente più.
-
Sì, è quello che penso – replicò lui deciso, fermandosi e mettendosi di fronte
a lei.
Lei
che voleva sperare che non fosse tutto lì, quello che pensava. Lei che sperava
che ci fosse molto di più, dietro quelle parole, dietro quel muro di pietra
contro cui sbatteva ogni volta, ogni volta sempre più acciaccata e malridotta.
Ogni volta sempre più stanca di sperare.
Capitolo 7 *** VII. Never impressed by me acing your tests ***
VII. Never impressed
by me acing your tests
Hermione
era forse la strega più promettente di tutta Hogwarts. I più pensavano che
fosse solo molto studiosa, che pensasse solo ai libri, che non avesse altro da
fare nella vita e che quindi fosse ovvio che si concentrasse su quello. In
realtà, Hermione era anche molto intelligente.
Non
c’era un test in cui aveva fallito, non un’interrogazione in cui non avesse
risposto a tutte le domande. Eppure, c’era un ambito in cui, pur sforzandosi di comprendere tutte le prove che le si presentavano, non riusciva mai a
prendere il massimo dei voti, a trovare la soluzione del problema complessivo.
L’avrebbe
rincorso per ore e ore in quel modo, pur di riuscire a metterlo di fronte alla realtà
da cui evidentemente Ron voleva scappare.
-
Sai qual è la soluzione, allora, no? – gli chiese con una rabbia che le saliva
dal cuore. Tutto quello che voleva era che lui la aiutasse a capire, a passare
anche quel test.
-
Continua. – replicò lui con la solita aria disinteressata che le faceva perdere
la speranza e… le staffe. Lo guardò sull’orlo di una crisi ed infine esplose,
trattenendo a stento le lacrime:
-
La prossima volta che ci sarà un ballo… fatti coraggio e chiedimi di venirci
con te, prima che lo faccia qualcun altro! E non come ultima spiaggia!
Perché
in fondo, forse, anche se le sembrava di non essere mai sulla sua stessa
lunghezza d’onda, Hermione Granger era l’unica che capiva completamente Ron, i
suoi mugugni e le sue insicurezze, le sue paure e la sua forza… ma soprattutto
le sue vere emozioni.
Forse
le aveva sempre capite, solo che aveva paura di ammetterle, anche di fronte a
se stessa.
Forse
lui provava esattamente quello che sentiva lei; forse lui era altrettanto
spaventato.
Forse
sarebbero potuti essere spaventati insieme e lui avrebbe potuto aiutarla
a superare anche quel test, il più difficile e complicato della sua vita.
-
Questo… voglio, dire è… - balbettò lui, incapace di guardarla negli occhi, di
vederla così bella e così diversa dal solito, eppure comunque così Hermione - Sei
completamente fuori strada.
Forse
molto di più. Forse lui era così terrorizzato… e codardo… e masochista… e
insensibile da preferire la paura a quello che ci poteva essere tra di loro.
Forse,
lei si era sbagliata ancora e lui era solo un enorme, ipocrita, irritante vigliacco.
La
consapevolezza che non c’era niente da fare, per quanto lei si sforzasse, si
impossessò di lei a ondate sempre più forti, sempre più intense.
-
Harry! – esclamò poi Ron guardando alle spalle di lei, probabilmente tentando
di distogliere l’attenzione da sé per poter fuggire più agevolmente.
Harry
in effetti aveva scelto il momento sbagliato per ricomparire dal nulla e ad
Hermione non rimase altro da fare se non prendersela con lui: doveva pur
prendersela con qualcuno, qualcuno al quale poteva urlare contro senza stare
così male.
-
Dove sei stato? Oh, non importa! – esclamò furente.
Perché
ogni volta che urlava contro Ron, invece, anche se era per i motivi più
stupidi, sentiva una fitta al cuore; perché Harry avrebbe capito, non avrebbe
pensato che fosse pazza e l’indomani l’avrebbe perdonata con un solo sguardo;
perché Harry l’aveva già perdonata.
-
A letto, tutti e due. – continuò secca.
Ed
ecco la solita Hermione, quella che aveva cercato di reprimere per tutta la
sera, quella da cui voleva fuggire per qualche ora almeno, eccola riapparire di
nuovo, stavolta in veste materna, intenta ad ordinare ai suoi due amici di
andare a dormire, come una madre che punisce i suoi figlioletti per aver
commesso qualche marachella. Hermione, però, sapeva che si trattava di qualcosa
di più di una marachella e che Harry in realtà non c’entrava proprio nulla.
Stava
tentando di asciugarsi le lacrime che minacciavano di sostituirsi alla rabbia
che provava, quando sentì l’ultima frase di Ron, l’ultima stoccata al suo cuore
già provato.
-
Diventano sempre più spaventose, invecchiando.
E
finalmente la prima lacrima le solcò il viso, liberando un po’ di quel senso di
impotenza che fino ad allora era rimasto confinato a schiacciare il suo
stomaco.
Capitolo 8 *** VII. The girl in the dress cried the whole way home ***
VII. The girl in the
dress cried the whole way home
Si
sedette su un gradino, senza preoccuparsi di sporcare il vestito rosa già
peraltro sgualcito e si tolse una delle scarpe che le stavano massacrando il
piede, mentre le lacrime cominciavano a cadere dalle sue guance arrossate fin
sul freddo pavimento di pietra.
Come
una novella cenerentola che avesse mandato a letto il suo principe a mezzanotte
urlandogli dietro, seduta per terra con la sua scarpetta accanto e le sue
stesse parole che sembravano risuonare ancora nell’atrio semideserto.
-
Hai rovinato tutto!
Hermione
pensava che la scarpetta avrebbe dovuto perderla, non togliersela.
Un
rintocco.
Ma
lei non era una principessa, non lo era mai stata.
Pensava
di essere stata una sciocca, a cercare di farlo ingelosire. Perché era questo
che aveva fatto, in fondo. Perché tutto quello che faceva era per lui.
Due
rintocchi.
Pensava
che non avrebbe mai più fatto una cosa del genere, per nessuno stupido ragazzo.
Pensava che avrebbe cercato, perlomeno, di non fare qualsiasi cosa per lui. Non
più.
Tre
rintocchi.
Pensava
a quanto era stata stupida lei stessa, a pensare che uno stratagemma del genere
avrebbe funzionato. E che avrebbe funzionato con Ron.
Quattro
rintocchi.
Pensava
che aver preso in giro Krum fosse una delle cose peggiori che avrebbe potuto
fare e cercava di ricordare il momento in cui era diventata una cattiva
persona.
Cinque
rintocchi.
Pensava
che oltretutto aveva mentito a se stessa e che niente e nessuno avrebbe mai più
dovuto metterla in condizione di odiarsi come stava facendo.
Sei
rintocchi.
Pensava
che, in fondo, forse, questa nuova Hermione non le piaceva poi molto.
Sette
rintocchi.
Pensava
che sarebbe stato meglio dar ragione a Ron e andarci sola al ballo, o non
andarci per niente, piuttosto che prendere in giro Viktor in quel modo.
Otto
rintocchi.
Pensava
all’indomani, alla freddezza e alle occhiate cattive che lei e Ron si sarebbero
scambiati da una parte all’altra del tavolo a colazione. Era esausta, pensava,
di quei giochetti.
Nove
rintocchi.
Pensava
a quanto aveva sperato che qualcosa cambiasse. Invece l’indomani sarebbe stato
tutto identico a prima. Se non peggio, perché questa volta ci aveva sperato
davvero.
Cambiamento.
Dieci
rintocchi.
Pensava
che, nel suo inconscio, si era anche ritrovata ad immaginare che Ron sarebbe
arrivato a fare una scenata, magari anche a prendere a pugni Viktor. E che il
pensiero non le era affatto dispiaciuto.
Litigi.
Undici
rintocchi.
Pensava
che sarebbe stato il momento giusto, per lei, per tornarsene a casa con
l’accompagnatore giusto. Che non sempre era quello iniziale.
Amore.
Dodici
rintocchi.
E
ancora, inevitabilmente, intensamente, come sempre, pensava a lui.
NOTE di Summer
Uhm, forse avrei potuto inserire un altro capitolo, prima
di questo. C’erano un altro paio di versi che mi ispiravano, ma non sono
riuscita a cavarne fuori niente.
Nel frattempo, però, continuo a scrivere quasi-drabble e
OneShot sempre in questo fandom…
Se volete dare loro un’occhiata (sono corte :P), ecco i
link e vi ringrazio in anticipo:
Capitolo 9 *** IX. The girl in the dress wrote you a... letter ***
IX.The girl in the dress wrote you a song letter
Hermione era appena arrivata nella
sua camera da letto, con gli occhi ancora annebbiati per le lacrime e senza la
minima idea di cosa fare, a quel punto. Era stata pronta a urlare a Ron che forse si era presa una cotta per lui, a fargli
capire che forse tutti i loro litigi significavano qualcosa di diverso da
quello che aveva sempre pensato, a confessargli che era andata al ballo con
Viktor, sì… ma che in realtà avrebbe preferito di gran lunga andarci con lui.
Ma poi, come al solito, lui aveva rovinato tutto.
E lei non aveva potuto evitare di rovinare tutto insieme a
lui.
Come al solito, perché quella sembrava l’unica cosa che
fossero capaci di fare bene, insieme.
Una candela era rimasta accesa sulla scrivania di fianco al
suo letto, probabilmente da prima del ballo, da quando si era preparata. Strano
però, pensò, non ricordava di averla accesa. Strano però, non si era consumata
quasi per niente, eppure erano passate parecchie ore.
Si avvicinò e sul piano di legno rosicchiato dalle tarme
notò, rischiarata dalla flebile luce arancione della candela, un foglio di
pergamena con sopra una piuma con una goccia di inchiostro che macchiava
appena il bianco sottostante. Cosa ancora più strana, vide che c’erano due
parole vergate sulla pergamena, due parole scritte con una calligrafia identica
alla sua.
“Caro Ron”
Sicura di non aver scritto lei quelle parole, ma come
incantata da chissà quale pozione magica o fattura, Hermione
si sedette alla scrivania, prese in mano la piuma e iniziò a scrivere.
***
Hermione scrisse e scrisse ancora:
lasciò che il dolore che provava si sciogliesse, confluisse nell’inchiostro e
macchiasse la candida pergamena. Si liberò di tutto quello che affliggeva da
troppo tempo la sua mente e a poco a poco si sentì più leggera: scrisse finché
il peso che solo quella sera si era resa conto di avere sul cuore non svanì
quasi del tutto.
Finì di scrivere la lettera che ormai albeggiava. Non si era
accorta di aver passato tutte quelle ore china sul foglio di pergamena che ora
stava davanti a lei, intriso della sua scrittura. Si stiracchiò pigramente e si
guardò intorno. Sarebbe davvero cambiato tutto, si chiese, a causa di quella
lettera? Un vestito e un ballo non avevano cambiato niente, ben quattro anni
non avevano cambiato niente: come poteva farlo un pezzo di carta?
Hermione aveva sempre avuto fede
nei “pezzi di carta”, nei libri e in tutto ciò che essi contenevano. In quel
caso però, avendo vergato di mano propria quelle parole, non era sicura della
loro giustezza, del loro valore. Proprio come non era mai stata pienamente
sicura del proprio valore, al di fuori dell’ambito scolastico. Fece un respiro
profondo, guardò il foglio di pergamena per qualche secondo, poi si alzò
di scatto prendendolo con sé e si diresse verso la sala comune, scalza e con i
capelli in disordine e con indosso ancora il vestito rosa. Si sentiva quasi un
fantasma, il fantasma della sera prima, ad aggirarsi conciata così per i
corridoi.
Stava per entrare nella sala comune di Grifondoro,
quando sentì una voce provenire proprio da lì. Si appiattì contro il muro
trattenendo il fiato e si accinse ad origliare quello che Harry stava dicendo.
- No, secondo me Padma non si è
divertita, Ron!
Sentendo quel nome, Hermione si
rannicchiò ancora di più dietro lo spesso stipite di pietra della porta. Harry
aveva quasi un tono di divertito rimprovero nei confronti dell’amico.
- Lo immaginavo. – rispose Ron,
abbacchiato.
- Be’… - iniziò Harry timoroso, ma lasciò la frase a metà.
- “Be’…” cosa? – chiese Ron,
improvvisamente scontroso, quasi come una minaccia.
- No, niente, niente. – sbuffò l’altro, che fu poi
evidentemente “incoraggiato” a continuare da un’occhiataccia – Non le hai prestato
molta attenzione. A dire il vero, l’hai rivolta tutta verso qualcun altro, la
tua attenzione…
- Ma…! Cosa dici? A chi avrei…?
Ron aveva un tono agitato e
probabilmente, pensò Hermione, si stava contorcendo
nella sua poltrona.
- Ti do un indizio. – continuò Harry con un pizzico di
malizia – Fa rima proprio con “attenzione”.
Seguì un silenzio interrotto ogni tanto da un borbottio
confuso, dopo di che Harry sbottò:
- Hermione, no!
Hermione, a pochi passi da lì,
aveva sentito tutto e stava tremando. Non immaginava che Ron
fosse stato tutta la sera a guardarla, non credeva fosse possibile. E poi, non
avrebbe mai pensato che Harry avrebbe messo Ron
spalle al muro, così come stava facendo: perlomeno, non riguardo a
quell’argomento. Si sporse un po’ per guardare: i due, ancora in pigiama,
stavano seduti uno di fronte all’altro su due poltrone accanto al fuoco
scoppiettante del camino. Evidentemente, nessuno dei due doveva aver dormito
molto.
Col senno di poi, non avrebbe dovuto sporgersi a guardare proprio
in quel momento.
Vide Ron guardare Harry per un
istante, alzare un sopracciglio e poi scoppiare nella risata più sprezzante,
crudele e cattiva del mondo. Hermione sentì freddo
all’improvviso; sentì la bocca asciugarsi e gli occhi inumidirsi; sentì un
colpo più forte del suo cuore e poi più niente.
Come un automa, mentre la risata di Ron
si spegneva, entrò nella sala: i capelli davanti al volto a nascondere gli
occhi lucidi, i piedi scalzi che non sentivano più il freddo del pavimento
gelido. I due si girarono verso di lei: Harry tentò di reprimere un sorriso, ma
quando intravide l’espressione di lei questo si spense subito da solo; Ron invece rimase con la bocca spalancata finché lei non si
fermò a pochi passi da loro. Hermione alzò una mano,
quella in cui ancora teneva il foglio di pergamena piegato e poi distese
il braccio, con lo sguardo sempre puntato a terra.
Sembrò per un momento avere l’intenzione di lasciar cadere
la lettera in grembo a Ron, ma all’ultimo momento
spostò la mano di qualche centimetro e lasciò la presa.
La lettera finì dritta in mezzo al fuoco che ardeva nel
camino di pietra.
I see it all now, I was wrong
Hermione non alzò la testa, voltò
le spalle ai due ragazzi che rimasero silenziosi ed attoniti a guardarla ed
uscì lentamente dalla stanza.
Intanto, dal fuoco che bruciava avido la pergamena, le
sembrò di sentir uscire delle
note, una melodia malinconica
che l’accompagnò per tutto il tragitto verso la sua camera e poi anche
nel suo letto, dove si distese a pancia in su, ad osservare il soffitto che
pian piano diventava sempre più sfocato.
… when I loved you so.
NOTE
di Summer
E
finisce così questa, ehm, non so neanche come chiamarla. SongFic?
Storia? Cosa strana partorita dalla mia mente malata? Spero che vi sia piaciuta,
nonostante la sdolcinatezza finale (ah, e non dimentichiamo l’unhappyending… ehm). Se cliccate
su “melodia malinconica” avrete una… sorpresa…!
Beeeeee’, momento pubblicità! Sono tutte OneShot brevi su Harry Potter (l’ultima su Hermione
e Ron)…!