Drawing

di RoxanneNO
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter one ***
Capitolo 2: *** chapter two ***
Capitolo 3: *** chapter 3 ***
Capitolo 4: *** chapter 4 ***
Capitolo 5: *** chapter 5 ***
Capitolo 6: *** chapter 6 ***
Capitolo 7: *** chapter 7 ***



Capitolo 1
*** chapter one ***


 

“Sapete, Eveline era un’ottima disegnatrice da bambina” osservai mia madre con sguardo truce mentre intratteneva le sue ospiti del club di non so cosa. Avevo fatto l’errore di scendere per prendere una soda e ne pagavo le conseguenze. “Mamma, per favore.”
“Tesoro, ma è la verità. E sono convinta che saresti ugualmente brava se solo provassi a riprendere in mano una matita.”
“Cara, mi stai dicendo che non stai sfruttando il tuo talento?” mi rabbuiai all’istante alle parole della signora Finn. No, non disegnavo qualcosa, nemmeno un cuoricino, da quando avevo dieci anni. E non avevo intenzione di perseguire alcun sogno, tanto meno di sfruttare un mio talento. “Non ha più disegnato da quando è morta sua sorella Caroline. Le volevamo così bene povera piccola…”
“Oh mi dispiace. Che cosa le è successo?” perché le persone sanno essere tanto insensibili?
“Cancro.” Dissi “Aveva quindici anni.” Ascoltai il silenzio che mi circondava e dopo aver lanciato un altro sguardo greve a mia madre me ne tornai in camera mia sbattendo la porta.
La verità era che non disegnavo più da dieci anni per vari motivi che i miei non conoscevano affatto, e mio malgrado la morte di Carol non era il principale. L’anno in cui l’avevamo persa erano successe tante di quelle cose che dopo la sua morte volevo solo dimenticare tutto, senza capire cosa fosse successo realmente e cosa facesse parte di un’allucinazione. Ero solo una bambina, facevo ancora le elementari, ma ricordo tutto ancora e molto bene: il dolore, lo stupore, il senso di smarrimento.
Tutto è iniziato quel giorno che la mamma mi aveva portato al parco proprio dietro casa. Adoravo andare sull’altalena e quella era l’unica abitudine che non avevo perso in quei dieci lunghi anni. Mi dondolavo felicissima della lode che la maestra mi aveva fatto poco prima per il mio ultimo disegno e anche la mamma era fiera di me. Mi aveva lasciata sola a giocare con gli altri bambini mentre parlava con le altre mamme quando voltandomi mi accorsi che poco più giù dell’altalena c’era un bambino seduto a terra che giocava da solo con aria triste. Non lo avevo mai visto prima e sembrava che fosse solo, senza genitori intendo. Curiosa mi avvicinai e gli chiesi se potevo giocare con lui. Quando mi guardò per la prima volta ebbi un capogiro, ricordo bene quella sensazione e ricordo bene i suoi occhi verdi puntati su di me. Erano liquidi, veri e sinceri da far schifo, molto più di quanto sono veri e sinceri quelli di qualsiasi bambino perché non erano gli occhi di un ragazzino, ma gli occhi di un adulto su un corpo infantile. “Come ti chiami?” mi aveva chiesto ridestandomi dalla vertigine. “Eve. Io sono Eve.” Avevo risposto. “E tu come ti chiami?” beh, non ricordo più la risposta a quella domanda, e questo era ciò che più mi tormentava in assoluto. Comunque iniziammo a giocare insieme e diventammo amici come fanno i bambini, subito e intensamente. Il giorno dopo mi accorsi che quel bambino frequentava la mia stessa scuola e mi chiesi come avevo fatto a non notarlo prima bello come era. Confidai alle mie amichette che era il mio nuovo fidanzatino (anche se lui non lo sapeva) di modo che avessero un motivo in più per invidiarmi. Un giorno poi lo invitai a casa mia per giocare insieme, e quando si presentò alla porta da solo gli chiesi dove fosse la sua mamma, e lui mi disse che non aveva potuto accompagnarlo perché lavorava e che sarebbe tornato da solo. Ovviamente non mi preoccupai più di tanto, lo presentai alla mamma e a Carol e poi gli mostrai i miei disegni, il mio orgoglio, la mia vita. Come tutti disse che erano bellissimi, che sembravano veri ed io mi gonfiai come un pavone. Nessuna bambina di dieci anni disegna a quel modo, e ora non lo dico per vantarmi, ma perché è una cosa che mi spaventa. Sembrava quasi che le figure che disegnavo volessero uscire fuori dal foglio e lui mi aiutò a farlo accadere. Mi disse che voleva farmi vedere un gioco e mi chiese di disegnare qualcosa; ci pensai su un secondo poi decisi di disegnare una farfalla e mentre creavo le sue ali lui toccava la mia mano e ne seguiva il movimento. Appena terminai di disegnarla la farfalla uscì dal foglio e cominciò a ruotarci intorno facendomi ridere e gioire di quel piccolo miracolo.
Sì, un miracolo, ma di lì a poco me ne sarebbe servito un altro ancora più grande perché il dottore diagnosticò il cancro a Carol e le diedero sei mesi di vita. Vidi Carol ammalarsi sempre di più e cambiare totalmente il suo aspetto. Perse i morbidissimi boccoli castani, sostituiti da una bandana a volte colorata e a volte nera, quando sentiva di non poter più combattere e perdeva la fiducia in se stessa, e il suo sorriso solitamente limpido e pieno di vitalità lasciò spazio ad uno appena accennato e stanco che si posizionava agli angoli della bocca ogni volta che mi guardava. Eravamo così unite e ci capivamo talmente tanto al volo che certe volte mi sembrava di avere la sua stessa malattia, e a volte avrei voluto sapere cosa provava veramente. Quel bambino mi stette molto vicino; mi ascoltava quando non volevo parlare con nessuno e mi faceva il dono del suo sorriso ogni volta che volevo. Ma il regalo più grande che mi fece più darmi la capacità di animare qualunque mio disegno. Gli chiesi come ci fosse riuscito, se fosse un mago o qualcosa di simile ma non mi diede mai una vera e propria risposta, disse solo che sapeva che era giusto ciò che aveva fatto, e che quello valeva più di qualunque altra cosa. Passarono i mesi e il tempo scorreva troppo velocemente per i gusti di tutti noi, perché sapevamo che presto avremmo dovuto dire addio al nostro angelo, che sarebbe volata nel cielo più alto e più puro senza che qualcuno l’avesse potuta fermare. Mi ricordo di un periodo in cui ebbe una forte ripresa che i medici non seppero spiegarsi, le ricrebbero i capelli e la sua pelle non era più così grigia come lo era stata in passato, ma dopo poche settimane che era stata dimessa dall’ospedale per i controlli di routine la trovammo morta, nel suo letto, come se stesse facendo un lungo sonno. Ero sconvolta, era successo tutto troppo in fretta e troppo bruscamente, e il dolore crebbe ancora di più quando suonò il campanello e trovai il bambino alla porta che mi diceva che sarebbe andato via con i suoi genitori in una città lontana e che non lo avrei mai più rivisto.
Di lì a una settimana sarebbero passati esattamente dieci anni da quel brutto giorno.
L’unica persona che sapeva della mia capacità di dar vita ai disegni era mia sorella. Le avevo svelato quel segreto in un giorno in cui stava particolarmente male e la cosa le aveva risollevato il morale senza problemi. Mi disse che sapeva che in me c’era qualcosa di speciale e mi promise di intrattenerla con piccoli spettacolini con i miei personaggi preferiti. Ma quando morì giurai a me stessa che non lo avrei più fatto, per lei e per quel bambino che mi aveva abbandonata e che non avrei mai più rivisto. Poi col passare del tempo ero cresciuta e mi ero resa conto che quella non era una capacità normale e poteva essere anche vista come negativa specialmente perché non sapevo controllarla. Non avevo mai creduto nella magia e non ero un tipo religioso quindi per me i miracoli non esistevano, motivo in più per avere paura di ciò che mi era successo. E come se non bastasse possiamo aggiungere il fatto che mia madre sosteneva che io avessi avuto una grossa allucinazione, perché lei quel bambino non se lo ricordava proprio.
Ma com’era possibile se passava con me gran parte della giornata quasi tutti i giorni?




ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Sì, è la prima storia che ho avuto il coraggio di pubblicare e devo dire che le aspettative sono più alte di quello che pensassi. è una storia un pò particolare nata da un sogno e spero piaccia almeno a qualcuno di voi :). Fatemi sapere la vostra opinione, a presto.

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Capitolo 2
*** chapter two ***




 

Passò anche quella settimana e come tutti i 15 novembre fui intrattabile con il mondo intero. Uscii dall’università che era già buio pur essendo passate da poco le cinque del pomeriggio. Ero con il mio solito gruppo di amici e aspettavamo l’autobus per tornare a casa.
Era tutto il giorno che mi sentivo osservata eppure poteva essere solo una sensazione, lo sapevo bene, eppure continuavo a guardarmi intorno completamente tesa. “Eve hai sentito?” sobbalzai sentendo Greta che si rivolgeva a me, cosa mi aveva chiesto? Le sorrisi dispiaciuta sperando non si offendesse, ma lei mi conosceva troppo bene per offendersi ed era la sola in grado di farmi ridere anche in punto di morte. “Terra chiama Eve! Tesoro ti senti bene? Sicura di non avere la hofattoisoldinonmitifilopiù malattia o qualcosa di simile?” ovviamente risero tutti, compresa me, e dopo un abbraccio mi sentii un po’ meglio. “A parte gli scherzi, vuoi che venga a casa con te stasera?” mi chiese a bassa voce con fare circospetto, e l’adorai ancora di più per quella riservatezza “no, sto bene...devo solo fare una cosa.”
“Lasciami indovinare...devi passare una mezz’ora estenuante a dondolarti su quell’altalena cigolante.”
“Ma quanto mi conosci?”
“So che quello è il tuo rito personale del giorno, e mi chiedo ancora come faccio a non trovarti strana come il resto del mondo.”
“Ma è semplice, perché mi ami.”
“Eh sì ma chèrie, sei il mio amore segreto.” E tanto per fare la commediante fece finta di svenire.
Salutai gli altri prima di scendere dall’autobus e mi diressi al parco dove era iniziato tutto, dove avevo conosciuto il bambino. Mi sedetti sulla solita altalena e abbandonai la borsa al lato della giostra, iniziai a dondolare. Pensavo a mia sorella e immaginavo che fosse li accanto a me a dondolarsi sull’altra altalena, la vidi felice e radiosa come ogni quindicenne dovrebbe avere la possibilità di essere e con un sorriso scemo stampato sulla faccia mi girai in direzione di dove l’avevo immaginata. Il cuore mi saltò in gola quando vidi che c’era seduto qualcuno. Un ragazzo forse poco più grande di me, biondo e...bello. Non saprei come definirlo altrimenti. “Scusami non volevo spaventarti.” Mi disse mentre mi alzavo per riprendere fiato e darmela a gambe levate “Tranquillo, stavo andando via.”
“Non è vero, e non vedo perché non possiamo andare entrambi sull’altalena.” Ancora con il cuore che batteva a mille mi voltai verso di lui per guardarlo in faccia prima di rispondere e appena i miei occhi incontrarono i suoi ebbi una vertigine: erano verdi, liquidi e puri come quelli di un bambino, solo che questa volta erano sul volto di un adulto. Mi sorrise “Ciao Eve.” Indietreggiai terrorizzata, specialmente nel vederlo alzarsi e venire verso di me. “Chi sei?”
“Ehi non scappare non voglio farti del male.”
“Oh non fare il furbo con me, ti ho fatto una domanda.”
“Davvero non sai chi sono?” si fermò allargando le braccia come per indicare se stesso. Lo osservai meglio. I capelli oltre che biondi erano più lunghi di quanto mi piacessero su un ragazzo e scompigliati fino all’inverosimile, le labbra erano ancora rivolte ad un sorriso, ma non riuscivo a decifrare se fosse di scherno o di agitazione. I jeans che portava erano logori e la maglietta dei Coldplay ero sicura fosse una dei loro primi concerti. “Eve?”
“Smettila!” azzardai “Tu non esisti, vattene.” Abbassò le braccia e alzò gli occhi al cielo.
“Non esisto? E questa da dove salta fuori? Possibile che non mi riconosci?” rimasi in silenzio alla ricerca di qualcosa di intelligente da dire. Poteva davvero essere lui? Il bambino di cui non ricordavo il nome? Ero terrorizzata all’idea che nel caso in cui fosse lui era casualmente riapparso precisamente dieci anni dopo la sua scomparsa. “Cosa diavolo vuoi?”
“Sapevo di trovarti qui, così…”
“O ma fammi il piacere, e come lo sapevi? No, anzi non dirmelo. Ho già un forte mal di testa non voglio che peggiori. E con te non dovrei nemmeno parlarci.” In un secondo fu davanti a me, così vicino che potevo sentire il suo odore, il suo buonissimo odore che sapeva di familiare benché un bambino di dieci anni non profumi proprio allo stesso modo di un ventenne strafico. Posò le mani sulle mie braccia e iniziò ad accarezzarmi per farmi tranquillizzare, io non riuscivo a guardarlo negli occhi. “Non devi avere paura di me.” Alzai lo sguardo e trovai il suo, stranamente carico del timore denso di non essere accettato, da me.
Iniziai a piangere come una fontana, a singhiozzare e ad aggrapparmi alla sua maglietta come se fosse la mia ancora di salvataggio dopo dieci anni di nubifragi e lui mi abbracciò come se quella mia reazione fosse normale, non come se fossi una pazza psicolabile che aveva bisogno di un bravo dottore, no, come se fosse il mio fidanzato appena tornato dalla guerra. “Dai calmati, so che è stata una giornata pesante, ma non sono venuto qui per farti piangere.” Mi allontanai da lui asciugandomi gli occhi con la manica della felpa e tornai a guardarlo negli occhi “E allora perché sei qui?”
“Dovevo vederti.”
“Come sapevi che ero qui?”
“L’ho immaginato.” Lo guardai scettica. “Okay, lo sapevo e basta ma non è questo il punto.”
“E qual è allora?”
“Beh, ecco vedi io...insomma...mi chiedevo come stavi e so che oggi è l’anniversario della morte di tua sorella.”
“Tu vorresti farmi credere che dopo dieci anni ti sei ricordato di me e della morte di mia sorella e così come se ci fossimo visti fino a due giorni fa, hai pensato bene di venirmi a fare un saluto in un parco giochi in cui eri sicuro di trovarmi?”
“Sì, più o meno.” Disse soddisfatto del mio riassunto delle puntate precedenti. Lo sorpassai e dopo aver preso la borsa feci per darmela a gambe levate. “Come va con i disegni?” mi immobilizzai all’istante. “Ormai dovresti essere circondata da amici di carta.” Sentii la mia mano tremare di una forza mai avuta, tornai indietro e gliela schiaffai in faccia.
“Non avresti dovuto farlo, Eve.” Non riuscii a spiccicare una parola di più. Ero terrorizzata dal suo sguardo duro e mortificato allo stesso tempo e non potevo fare a meno di notare il rossore sulla guancia che avevo appena schiaffeggiato. Alla fine, da brava codarda qual ero, optai per la fuga.




ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Ecco qui il secondo capitolo della mia new story!
Voglio ringraziare tutti quelli che hanno iniziato a seguire le vicende di Eve e del ragazzo per noi ancora misterioso, ma tranquilli presto si saprà almeno il suo nome. In questo periodo aggiornerò spesso perché i primi capitoli di Drawing sono già scritti sul mio PC, ma non uccidetemi se piano piano allenterò con i tempi per via dell'università e dei miei mille impegni.
Recensite mi raccomando, fatemi sapere se la storia vi sta piacendo.
A presto
Roxanne.

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Capitolo 3
*** chapter 3 ***



 

Pensai tutta la notte a quel gesto sconsiderato. E bene lo sapevo, avevo esagerato e ne avrei pagato le conseguenze. Avevo paura di quel tizio, specialmente perché non sapevo che cos'era né come potesse fare certe...stranezze. Sapevo anche che quella mattina, dopo aver messo di corsa il caffè in un bicchiere di carta per andare in facoltà, lo avrei trovato davanti la porta di casa mia per riprendere la discussione del giorno prima e darmi una bella lezione. Con le mani che mi tremavano uscii di casa cercando di mantenere la calma, lui era seduto sul muretto accostato all'atrio con l'aria più tranquilla di questo mondo. “Ehi.”
“Ehi..” risposi intimidita e incollata alla porta.
“Posso accompagnarti all'università?” lo guardai stupita: perché ancora non mi aveva colpito con un sasso in testa? Incuriosita dal suo atteggiamento provai uno strano desiderio recondito di vedere come si sarebbe comportato e mi venne spontaneo rispondere...
“Sì, ma prima che succeda qualcos'altro volevo chiederti scusa.” mi sorrise con aria colpevole e lo odiai per quel gesto perché non mi permetteva di avere veramente timore di lui in quanto persona. “Credo di essermela meritata quella sberla in realtà. Dai andiamo.” lo vidi allontanarsi, ma prima di seguirlo c'erano alcune cose che avevo bisogno di sapere. “Aspetta un secondo, ho scordato una cosa.”
“Cosa?”
“Beh, veramente sarebbe il tuo nome.” Minimizzai lasciando correre nella mia mente quella domanda che mi ossessionava da quasi ventiquattro ore: come cavolo faceva quello là a sapere ogni cosa sul mio conto?
“Ah già, è vero.” disse abbassando lo sguardo come se si sentisse in colpa. Un'altra volta. “Sono Jade.”
“Jade...” dissi come per testare di poter realmente pronunciare quelle quattro lettere; finalmente il mio tormento aveva un nome. Lo superai d'un tratto contenta, forse potevo sapere qualcosa di più su quel ragazzo e su quello che mi era successo dieci anni prima senza finire morta ammazzata o cose simili. Anche se non parlammo molto durante il tragitto, devo dire, ma la situazione era parecchio più complessa. Era come se un filo immaginario ci unisse, sembrava che fossimo all'interno di una bolla di sapone che ovattava tutto il resto da noi due e questo rendeva nervosi entrambi perché...beh, semplicemente perché era imbarazzante oltre che raccapricciante.
Ringraziai il cielo di vedere Greta aspettarmi al bar di facoltà, la salutai con un cenno della mano e lei ci raggiunse, certo, dopo aver riservato a quel gran pezzo di ragazzo di Jade uno sguardo molto eloquente. “Mi sono persa qualcosa?” disse indicandoci entrambi e facendo sorridere imbarazzato l'angioletto vicino a me.
“No, lui è Jade.”
“E...frequenta con noi? Cioè c'è la remota possibilità che io non lo abbia visto per i corridoi in questi due anni?”
“No, sono un amico di infanzia di Eve. Non frequento nessun corso.” ma sì, era meglio che parlasse lui visto che io non avrei saputo nemmeno che dire.
“Ah, non sapevo che Eveline avesse amici d'infanzia come tutte le persone normali.” Certo, perché lui era stato il mio unico vero amico, ma non sapendo se la sua esistenza fosse reale o meno avevo evitato di parlarne con qualcuno che non fosse uno psicologo di fama mondiale. E poi non si può definire normale una persona con amici d'infanzia del tutto non normali.
“Avevamo dieci anni e sai, Eve era davvero adorabile allora. Io invece ero solo un piccolo orsetto scaccia persone; un giorno mi si è avvicinata e mi è stata amica. Da allora siamo stati inseparabili...”
“...per un anno.” aggiunsi confusa e leggermente irritata dal suo racconto in stile romanzetto rosa.
“Non è vero non ascoltarla.” disse mettendomi un braccio intorno alle spalle. “Pensa che eravamo anche fidanzati, non è vero Eve? Almeno per le sue amiche snob.” L'unica nota positiva della conversazione era che Greta se la stava facendo sotto dalle risate. Ovvio, non poteva sapere di avere di fronte ai suoi occhi un perfetto personaggio in stile Roswell.
“Suppongo sia stata la storia più lunga di Eve.” disse tra una risata e l'altra, e non la fermò nemmeno la mia occhiata glaciale.
“Sai, questo è un aspetto che mi interessa molto.”
“Cosa?” chiesi allarmata. La conversazione stava letteralmente degenerando.
“I tuoi ex, dopo di me intendo.” continuò sempre più divertito. Mi stava forse prendendo in giro?
“Stai scherzando, vero?”
“A dire il vero no.” disse pensandoci su un secondo
“Cosa?”
“La smetti di dire cosa?”
“Cosa?” Cacchio. “Okay, diamoci una calmata. Davvero ti interessa?”
“Beh, è così strano?”
“Oh sì che è strano.”
“E secondo te perché sono tornato?”

“Fidati, non c'è cosa che vorrei sapere di più in assoluto.” Non azzardarti a buttarla sul sentimentale pezzo di idiota!
“Forse è il caso che io vi lasci soli.”
“No!” rispondemmo in coro.
“Posso farti una domanda, 'amico di Eve'? Sei realmente tornato perché sei innamorato della mia amica dopo dieci anni in cui non vi siete sentiti?” Quella sì che era la mia migliore amica! Come sempre aveva centrato il punto usando il suo tono irritante-scettico.
“Posso non rispondere?”
“No.”
“Okay sentite, non mi interessa ascoltare questa conversazione e devo andare a lezione. Quindi fatela finita.” Conclusi non volendo realmente sapere la risposta alla domanda di Greta in quel momento.
“Va bene, ma ci vediamo dopo. A che ora finisci con le lezioni?”
“Non c'è bisogno che tu mi stia sempre attaccato.” E soprattutto non seguirmi ovunque come un cagnolino.
“Ti ho fatto una domanda.” Poteva un angelo diventare così odioso in meno di un secondo?
“Finisco alle 5.”
“Allora ci vediamo alle 5.” Ripeto, si può essere più odiosi?


ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Eccoci qui con il terzo capitolo della storia. Spero che la trama vi prenda sempre di più, e anche se in questo capitolo non vengono risolte molte questioni ritengo che sia davvero importante per iniziare a capire sia Jade che Eve.
Prima di tutto il nostro eroe ha finalmente un nome, ma vi avverto subito che anche su questo ci sarà ancora da scoprire. Come avete potuto leggere c'è una ragione ben precisa per cui sta dando il tormento a Eve e la cosa la preoccupa non poco. Eveline non sa ancora le sue motivazioni e in testa ha più dubbi che certezze.
Il vero problema è che quei dubbi sono semplicemente raccapriccianti.
Detto questo, come promesso ecco a voi come ho immaginato entrambi:
Eve
Jade

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Capitolo 4
*** chapter 4 ***




 

“Quindi fammi capire, è una settimana che non ti si scrolla di dosso ma è più freddo rispetto a prima. In tutto ciò ancora non sei riuscita a spillargli la minima informazione sul perché sia tornato realmente.” Odiavo ammetterlo ma Greta aveva perfettamente ragione. Dopo quel giorno in facoltà Jade era tornato ad essere il nemico pubblico numero uno dei miei incubi e non riuscivo più a togliermelo dalla testa. Non che fosse così semplice data la sua costante presenza accanto a me ogni volta che uscivo di casa. Ero arrivata alla conclusione che ci fosse qualcosa che lo preoccupava, come se qualcuno volesse farmi del male, il che era ridicolo data la bassa considerazione che aveva di me la gente che viveva nel mio quartiere. Conoscevo talmente poche persone che una suora di clausura sarebbe stata più sciolta di me in una conversazione, e anche questo al cinquanta per cento potevo attribuirlo alla straordinaria influenza che quel tizio aveva avuto su di me. Comunque sì, era diventato freddo e distaccato, evitava di sorridermi e di fare qualsiasi commento sulla nostra infanzia, a meno che non fosse per scongiurare qualche mia tattica sovversiva per conoscere il vero motivo che lo aveva riportato a me. “Sai, credo che dovresti metterlo alle strette a prescindere dal fatto che siete stati amichetti per la pelle.” aggiunse beffarda. “Voglio dire, è ovvio che c'è attrazione tra di voi, dovresti provarci è un gran pezzo di...”
“Okay, non voglio sapere cosa stavi per aggiungere.”
“E allora dammi retta, lo sai anche tu che è vero quello che dico.”
“Anche se fosse non è così semplice come sembra.”
“Sei tu che non vuoi che sia semplice.” Ma Greta non poteva sapere quanto avrei voluto che fosse tutto maledettamente semplice. Mi sentivo legata a lui come mai ero stata legata a qualcuno prima d'ora fatta eccezione per mia sorella, e il fatto che ero certa ci fosse un grosso mistero dietro quella faccia d'angelo di sicuro non aiutava i miei poveri nervi a metabolizzare la cosa. “A meno che tu non mi stia nascondendo qualcosa.” Cercai di mantenere la calma, non potevo raccontarle ogni cosa. Non avrebbe capito, sarebbe cambiato tutto ed io non potevo permettermi il lusso di perdere la mia amica.
“Ma che dici. Lo sai che non potrei nasconderti qualcosa anche se volessi. Non ne sono capace.” Bene, una bugia nella bugia. Complimenti Eve, per essere una persona sincera ne dici di cavolate...e anche con stile.
Feci finta di non vedere la sua espressione perplessa e per niente convinta di quello che le avevo appena detto e assunsi un'aria da perfetta innocente.
“So che a volte so essere odiosa, ma sai che puoi sempre contare su di me e che ti sarò vicina. Ce lo siamo promesso, ti ricordi?” Certo che me lo ricordavo. Quella promessa risaliva a sei anni prima, durante il nostro primo anno di liceo insieme. Inspiegabilmente quel giorno era lei quella con l'umore a terra per colpa del divorzio dei suoi ed io, per la prima volta nella nostra amicizia, mi ero impegnata a starle accanto come potevo. Lei mi aveva confessato che quella storia andava avanti da tempo, ma non aveva detto niente perché sapeva benissimo che in confronto hai problemi che avevo avuto io i suoi non erano granché importanti. La rimproverai per ore dicendole che di certo un problema in famiglia non poteva mai considerarsi una cosa da nulla e fu allora che le feci promettere di raccontarmi sempre tutto impegnandomi a fare altrettanto. Lei, in cambio, mi chiese di rimanerle sempre accanto come aveva intenzione di fare con me finché la nostra amicizia fosse durata.
Persa in quel piccolo déjà vu mi limitai ad annuire e lei pensò che forse volessi sviare il discorso.“Ti viene a prendere?” mi chiese quindi evitando di forzarmi.
“C'è bisogno di chiederlo? Non me lo ha detto esplicitamente ma immagino di trovarlo in fermata ad aspettarmi.”
“Scusa ma se ti da così fastidio perché non gli dici di andarsene?” Altra bella domanda, se lo avessi fatto lo avrei perso di nuovo. O meglio se avessi insistito, perché in realtà avevo cercato in tutti i modi di fargli capire che era assillante, ma lui continuava a non voler capire.
“Credi che non ci abbia provato?” mi limitai a dire.
“Potresti denunciarlo per stalking!” disse il genio alleggerendo la tensione.
Ma siamo seri, anche se mi insospettiva il suo comportamento non potevo che essere totalmente e incondizionatamente felice del suo ritorno sul grande schermo. Lo avevo tutto per me senza un'apparente ragione valida, il che mi avrebbe dato l'occasione di creare da me la ragione per farlo rimanere il più possibile. Mi rendevo comunque conto che c'erano seri rischi da considerare; ad esempio che potesse essere uno psicopatico serial killer in cerca del momento perfetto per rifilarmi una signora coltellata dietro le spalle.
Ovviamente non sbagliavo nel dire che lo avrei trovato lì fuori ad aspettarmi, ma i suoi lineamenti erano più tesi del solito. Mi chiesi se non fosse realmente il caso di chiedergli di tornarsene a casa, ma mi resi conto che avrei commesso un grave errore per la mia incolumità facendolo arrabbiare ancora di più. “Tutto bene?” chiesi d'istinto, gravissimo errore.
“Perché me lo chiedi?” disse brusco togliendomi dalla spalla la borsa piena di libri.
“Non so, sembri arrabbiato.”
“Non lo sono.”
“Sicuro?”
“Dobbiamo parlarne ancora per molto?” chiusi la bocca all'istante un po' risentita per il suo atteggiamento nei miei confronti, in fin dei conti chi gli aveva chiesto di far parte della mia vita? Beh sì, io tutti i giorni per dieci anni, ma lui non poteva e non doveva saperlo. Rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto nonostante i tentativi dei miei amici di inserirci nella conversazione. Quando scendemmo alla mia fermata mi diressi automaticamente verso il parco invece che verso casa e inizialmente lui, preso com'era da non si sa che cosa, non se ne accorse.
“Dove stai andando?”
“A dondolare.”
“Dobbiamo tornare a casa.”
“Tu forse, io non sono obbligata a tornare subito. Se vuoi andare vai.” Lo sentii sbuffare e subito dopo fu di nuovo vicino a me, facendomi irritare ancora di più. Mi sedetti sulla solita altalena e con mia sorpresa non seguì il mio gesto, bensì rimase in piedi accanto a me, semplicemente poggiato sul palo che sorreggeva le catene e il sedile che avevo occupato. “Sei arrabbiata con me, non è vero?” mi arrecai il diritto di non rispondere. “Mi dispiace, non avrei dovuto risponderti in quel modo.” Lo guardai e il messaggio ti rendi conto che hai minimizzato la cosa ad oggi? Arrivò con successo. “Okay lo so sono stato un emerito stronzo questi giorni, ma avevo i miei motivi per esserlo.”
“Beh, forse dovresti iniziare a considerare l'idea di rendermi partecipe di qualcuna delle motivazioni per cui tu fai tutto questo.”
“A cosa ti riferisci?”
“Perché sei tornato? Perché ora? Perché proprio il giorno dell'anniversario della tua scomparsa e della morte di Carol? Potrei continuare ancora per molto se non inizi a rispondere.”
“Fidati, anche se volessi aprirmi con te non potrei, e non capiresti.”
“Potrei stupirti.” Tentai sempre più concitata.
“Non dipende da te, ma da me.”
“Oh sì, questa è una di quelle classiche frasi dietro cui vi nascondete voi maschietti idioti quando non sapete più dove andare a parare.”
“Non è vero, o almeno non in questo caso.” Sì, ma di quale caso stavamo parlando?
“Capisco, credo sia meglio non vederci più comunque.” aggiunsi di getto e me ne pentii quasi subito.
“Sai che questo non è possibile.”
“No che non lo so.” sbottai alzandomi in piedi presa da un istinto omicida. “Che cosa vuoi dalla mia vita, eh? Mi sono rotta di averti tra i piedi per una ragione a me del tutto estranea che non riguarda nemmeno lontanamente un rapporto tra noi due.” Non potevo credere di averlo detto, non potevo credere di averlo fatto.
“Non ho mai detto che lo riguardasse.” Ovvio che non lo aveva fatto, per il novanta percento la nostra “relazione” si basava sui mie congetture mentali e nient'altro.
“Hai detto che volevi sapere dei miei ex.” Cercai di arrampicarmi sugli specchi.
“Era una battuta.” Fu come si mi fosse arrivato un macigno da due tonnellate in testa.
“Bene.” A quel punto l'istinto era quello di sotterrarmi. Come avevo potuto pensare che uno come lui potesse anche solo vedere una come me? Era ovvio ci fosse realmente qualcosa di più grosso sotto. “Non so quale tipo di...“missione” tu stia svolgendo, e di certo non la stai svolgendo per me quindi, dato che non vuoi rendermi partecipe di quello che sta succedendo, direi che puoi renderti invisibile come hai fatto negli ultimi dieci anni. Vuoi seguirmi? Fallo pure, ma non rivolgermi la parola, non farti vedere e soprattutto non usare mai più su di me quella specie di bibidibobidibu che hai usato l'ultima volta.”
“Come preferisci, se è veramente questo che vuoi.” disse tra l'impassibile e l'incazzato, non so dire quale delle due mi spaventava di più.
“No, sei tu che vuoi questo. Io non ho voce in capitolo a quanto sembra.”





ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Eccomi qui dopo qualche giorno, lo so l'attesa è stata un po' più lunga del solito ma sono stata un po' impegnata a leggere il libro della Marr e a studiare studiare studiare T_T
Comunque, spero che il capitolo vi piaccia e spero che appreziate un po' di più il personaggio di Greta, l'amica di Eve. Ho cercato di mettere un in luce la loro amicizia, soprattutto come si è solidificata nel tempo.
Per quanto riguarda il nostro Jade, beh non gliene vogliate se è un po' isterico, ma come ha detto ha le sue buone ragioni. Posso dirvi che Eve non sbaglia quando pensa che lui la stia proteggendo e il problema sta proprio in quello.
Mi raccomando recensite!
Al prossimo aggiornamento. ^__^
Roxanne 

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Capitolo 5
*** chapter 5 ***





 

Non si può dire che Jade non fosse di parola; sparì dalla circolazione senza lasciare traccia dietro di sé per ben due settimane, tanto che pensai che non lo avrei rivisto per altri dieci anni. Avevo l'impressione che mi stesse comunque osservando da lontano e questo mi incuriosiva ancora di più sul perché fosse tanto protettivo nei miei confronti senza alcun motivo valido che fosse di mia conoscenza. Ma in fin dei conti cosa ne sapevo io di lui? Per quello che mi riguardava forse non si chiamava nemmeno Jade e sono abbastanza sicura che un nome del genere non me lo sarei mai scordato. Che ci avesse pensato lui a manipolare il mio povero cervello di bambina per farmelo dimenticare? Sarebbe stata violazione della privacy, un'altra denuncia da aggiungere a quella di stalking. Forse avrei dovuto parlare di quello che stava succedendo da dieci anni alla mia migliore amica, ma non facevo che immaginare la sua reazione ad una cosa simile...insomma io sclererei di brutto se sapessi che la mia amica rende vivi i suoi disegni e che è perseguitata da un tizio strambo e mezzo magico di cui non sa nulla. E per quanto lei potesse rimanere impassibile di fronte ad ogni mia stranezza non credo che avrebbe retto al colpo.
Ma c'era un'altra cosa che invece avevo intenzione di fare: riprendere a disegnare. Sì, insomma in fin dei conti è vero che dietro tutte le cose che ci succedono si nasconde un motivo anche se non lo comprendiamo, perciò doveva esserci una ragione valida per cui mi era stato affidato quel dono. Era talmente chiaro di fronte ai miei occhi che mi chiesi come avessi potuto essere tanto sciocca da non imparare a controllare i miei disegni già da quando ero bambina. Ero sicura che mia sorella avrebbe capito il motivo per cui stavo per infrangere ogni mia promessa, quindi chiusi la porta della mia stanza a chiave e recuperai un foglio dalla stampante e una matita. Pensai ad un soggetto e mi chiesi se non fosse il caso di iniziare da un'immagine molto semplice. Forse avevo perso la mano e non ero più in grado di rendere i miei disegni così realistici, forse non sarebbe successo niente, ma dovevo provare. Alla fine optai per una rosa; mi era sempre piaciuto disegnarle e un fiore non può creare nessun problema no? Voglio dire, non è un essere animato per cui non può scappare da una stanza il che sarebbe già un passo avanti. Presi a disegnarla e fui sorpresa di quanto la mia mano scorresse veloce sul foglio, come se non avesse mai smesso di fare pratica. Fu semplice disegnarla e fu semplice anche accorgersi che qualcosa non andava, o forse era l'esatto contrario...beh, la rosa stava uscendo fuori dal disegno molto lentamente, come se ci fosse un qualche meccanismo arrugginito che impossibilitasse il rapido svolgimento dell'azione. Bell'affare!
Lasciai fluttuare nell'aria la rosa e mi alzai in piedi per raggiungerla meglio. Respirai l'odore selvatico che emanavano i suoi petali e l'aroma d'erba appena tagliata che proveniva dal gambo spinato, dopodiché mi rimisi all'opera. Questa volta tentai con qualcosa che potesse muoversi, ma non potevo rischiare di mettere a soqquadro la stanza quindi scelsi un insetto e disegnai uno scarabeo. Fu un po' più complesso perché non avevo molto le idee chiare su come fosse fatto quel tipo di insetto così mi documentai su google prima di fare qualche cavolata come creare una specie mortalmente velenosa. Disegnai prima il corpo a forma di scudetto e poi aggiunsi il corno a due punte, fu la volta delle zampe e della colorazione color grafite. Poi prese vita, e il problema fu che lo avevo disegnato decisamente troppo grande rispetto ad un normale scarabeo, quindi mi ritrovai con uno zampettante insetto gigante che correva per la stanza. Lanciai un urletto strozzato e saltai sul letto come un grillo. Successe tutto nell'arco di un secondo: sentii una ventata gelida entrare nella stanza ancora prima che la finestra si fosse spalancata del tutto, poi apparve Jade. Dico apparve perché è impossibile sbucare dal nulla in una stanza al secondo piano di una casa; chi era, Spiderman? Mi attaccai al muro e cercai di continuare a respirare senza andare in iperventilazione. “Ma che diamine...” iniziò ad imprecare sentendo lo scarabeo girare attorno ai suoi piedi, poi lo schiacciò e il disegno andò in mille pezzi. Mi passai una mano tra i capelli e ringraziai chiunque mi stesse proteggendo dall'infarto che sarebbe preso a qualsiasi persona normale. Jade mi strinse la mano e mi tirò giù dal materasso per abbracciarmi. Ero rigida più del solito a causa del suo profumo inebriante, lui mi accarezzava i capelli e respirava a fatica. “Stai bene?”
“Sì.”
“Ho avuto una paura tremenda. Perché non mi hai detto che volevi riprendere a disegnare? Ti avrei dato una mano.” mi allontanai bruscamente mettendo la distanza di una stanza tra i nostri corpi.
“Anche se avessi voluto avvertirti sarebbe stato difficile parlare al vento, poi come facevi a sapere che ho smesso di disegnare?”
“Me lo hai detto tu non ricordi?”
“No non è vero, io me ne sono andata.”
“Allora suppongo di averlo dedotto.”
“E come diamine hai fatto ad arrivare qua su?”
“Eve, non farmi domande te ne prego.”
“E poi ti chiami veramente Jade? Insomma è un nome insolito per un italiano.”
“Perché, Eveline è un nome normale?”
“Mio padre è inglese, tu che scusa hai?” questa volta fu lui a passarsi una mano tra i capelli e a guardarmi combattuto. Poi si limitò a dire “Il mio nome è Gedeone ma mi fa al quanto schifo. Quindi per tutti sono Jade, solo Jade.”
iniziai a ridere. Potevo capire perché preferisse di gran lunga un nome straniero al suo al quanto arcaico e anche un po' ridicolo. “Non ridere, è imbarazzante.”
“Se è sempre così divertente dovresti dire la verità più spesso.”
“Fidati, non sarebbe tanto esilarante.” disse sempre più contrito. Ero sempre più convinta che quella sofferenza continuamente stampata sul suo viso non potesse che essere vera, e per quello che mi riguardava le spiegazioni non potevano che essere una semplice espressione orale di ciò che pensavo.
“Ti prego, parlamene.”
“No, Eve. Non posso.”
“Ti rendi conto che mi stai tenendo all'oscuro di qualcosa che mi riguarda molto da vicino, vero?”
“Lo faccio per il tuo bene.” trattenni la frase rancorosa che stavo per pronunciare abbassando lo sguardo. Si avvicinò con calma dandomi il tempo di defilarmi, ma mi sembrò un'opzione totalmente inutile così lasciai che mi accarezzasse una guancia e che mi alzasse il viso per guardarmi negli occhi. “Tu devi fidarti di me.”
“Non puoi pretendere fiducia se sei il primo a non darla.” Anche se in realtà metà della mia fiducia l'aveva già. Credevo mi avrebbe baciata, ma ovviamente non successe perché lui non aveva alcun tipo di interesse nei miei confronti in quel senso. No?
“Allora facciamo così, io ti svelo uno dei segreti di cui sei tanto curiosa e tu mi permetti di starti vicino in qualsiasi momento ti serva una mano. E anche ogni volta che lascerai questa casa.”
“Okay, va bene.” Risposta stupida, Eve.
“Bene.”
“Sono pronta.”
“A fare cosa?”
“A porti la mia domanda.”
“Vuoi farlo subito?” E quando?
“Sì, tolto il dente tolto il dolore.”
“Okay, allora chiedi pure.”
“Da cosa o da chi stai cercando di proteggermi?”


ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Quinto capitolo online!
Spero davvero che vi piaccia perché iniziate ad essere parecchi a seguire questa storia e ne sono veramente felice ^__^.
Che dire, il mistero sul vero nome di Jade è risolto e so che forse qualcuno sarà rimasto deluso, ma a tuto c'è un perché, quindi pazientate ancora un po' e scoprirete tutto. Eve è sempre più confusa, e in un certo senso ha paura di aver ferito la sorella infrangendo la promessa che le aveva fatto, ma a volte ci sono decisioni che vanno prese e basta. Specialmente se, come lei, si vuole cavare un ragno dal buco. (O forse dovrei dire scarabeo T__T)
Detto questo vorrei ringraziare tutti coloro che hanno aggiunto la mia storia tra le seguite:

- alina81  
- Carocimi  
- e r a t o 
- fallsofarc  
- Francy_  
- Giulietta7  
- Lady_Queen
- Lunetta921  
- MANDiNA  
- martyb 
- marysere  
- missLovely91 
- pinturicchia 
- priscy  
- ylex98  
- _Rob_  
- ___Yuki___

preferite:

- Kikketta16
- maccioccafrancesca
- marauders_love 
- Soffiotta
- sweet_marty

ricordate:

- yunas



E mi raccomando, RECENSITE IN MOLTI!
Un bacio,
Roxanne

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Capitolo 6
*** chapter 6 ***





 

“Non credo di poter rispondere.” Jade abbassò lo sguardo evitando per l'ennesima volta il mio.
“Non ci provare, hai promesso.” Se avesse potuto uccidermi lo avrebbe fatto molto volentieri.
“Se solo tu avessi un'idea di quanto sia complicato...”
“Rendimi partecipe di quello che mi sta succedendo Jade, te lo chiedo col cuore in mano.” dissi tremando di paura vera, quella che si avverte solo quando si guarda un film horror e si pensa che non succederà mai di provarla in prima persona.
“Ti sto proteggendo, è vero, da una persona che odio profondamente per quello che mi ha fatto e per quello che ti ha fatto.” cosa mi aveva fatto? È possibile non accorgersi che una persona ti stia arrecando un danno? Ne dovresti subire le conseguenze, giusto? “Lui è semplicemente cattivo, qualcuno dice che non può essere altrimenti ma io penso che ci sia sempre una scelta sai. Io per esempio posso scegliere se starti realmente vicino o se continuare ad osservarti da lontano. È una decisione che cambierebbe la vita di entrambi e...”
“Non che non mi interessi l'argomento, credimi, ma so che stai cercando di deviare il discorso per non dirmi chi è questa persona.” rise senza negare il suo tentativo imbranato di distogliere l'attenzione dal reale problema e poi finalmente confessò “Si tratta di mio padre.” sgranai gli occhi e beh, se mi avessero dato una martellata in faccia avrei sentito meno dolore. La prima cosa che mi chiesi fu come può il padre di una persona così altruista essere tanto spregevole? E poi perché io? Cosa gli avevo fatto? Per quel che ricordavo Jade avrebbe potuto anche essere orfano visto che i suoi non si erano mai fatti vivi per accompagnarlo a scuola o a casa di un'amichetta. “P-perché tuo padre ce l'ha con me?”
“Fa il suo lavoro non ce l'ha con te. Peccato che il suo lavoro vada completamente contro il mio benessere.”
“Non capisco.”
“Ho risposto alla tua domanda Eve, non ho intenzione di dire altro.” non ebbi il coraggio di ribattere contro il suo volto completamente sfigurato dalla tensione e dal dolore che quella confessione gli stava provocando. Ma prima o poi avrei dovuto sapere tutto, e speravo che sarebbe stato il più presto possibile.
“Senti instauriamo una tregua, ti prometto che ti dirò tutto a tempo debito. Voglio solo starti vicino e darti una mano.”
“Prima hai detto che i suoi piani non coincidono con i tuoi e che non vuoi che mi faccia del male, perché?”
“Non voglio che ti succeda qualcosa di brutto, non sarebbe giusto.”
“Quindi non dipende dal fatto che sia proprio io, è una coincidenza che sia io quella che devi salvare.”
“Non ho detto questo, è ovvio che io sia qui perché sei tu. So che può sembrare stupido ma è come se io e te fossimo legati. Non voglio fare il romanticone da mille e una notte non si tratta di questo, è semplicemente che tu sei stata una delle poche persone ad accettarmi senza pretendere nulla in cambio.”
“Eravamo bambini, Jade.”
“Non sei scappata quando mi hai rivisto, volevi farlo ma alla fine ha vinto il desiderio che avevi di parlarmi e di capire cosa ti stava succedendo. E spero anche un po' il fatto che ti sono mancato.”
“Sai benissimo di essermi mancato ma questo non significa che io possa fidarmi di te ciecamente. Cerca di capirmi, potresti essere diventato chiunque in questi dieci anni e nemmeno prima sapevo chi fossi.”
“Suppongo che ti spaventi quello che ti ho fatto.” non sapevo cosa dire in realtà. Sì mi spaventava il potere che mi aveva donato e mi spaventava anche lui, a volte, ma non era così importante come il resto dei miei sentimenti. Non che ne provassi di concreti, ma non potevo negare a me stessa che ero attratta da lui e che i castelli di sabbia che mi ero creata in testa non erano ancora crollati. “Certo che mi spaventa, ma penso che ci siano cose più importanti da sapere.”
“Eve, quando ho fatto quello che ho fatto ero piccolo e non capivo molto le conseguenze che ti avrebbe portato ogni mio gesto, ma credimi voleva essere un regalo sincero.” mi disse puntandosi una mano sul cuore, non lo avevo mai visto tanto provato prima.
“Credo di averlo capito questo.”
“Bene, non potrei mai sopportare che tu mi vedessi come qualcuno che voglia danneggiarti in qualche modo. Se vuoi posso darti una mano a trovare tutto ciò che è positivo nel dono che ti ho fatto, oppure posso sparire da quella finestra e far finta di non aver visto nulla. Tornerei invisibile come hai voluto tu e tutto tornerebbe come prima.” A quel punto fui io ad abbracciarlo e lui, ringraziando il cielo, fu pronto a stringermi.
“Non voglio che tu te ne vada di nuovo.”
“E allora sarò qui per te sempre. Per sempre.”
“Per sempre è un periodo molto lungo.”
“Lo so, ma non m'importa.”
“Jade?”
“Mh?”
“Non mi stai prendendo in giro, vero?”
“Non potrei mai farlo Eve.”



ANGOLO DELLE CHIACCHIERE:
Ooookay, ho postato il sesto capitolo che fino ad ora è stato forse il più difficile da scrivere. Lo so, lo so la sto tirando parecchio per le lunghe ma perdonatemi, non sarebbe la stessa cosa, giusto? ;)
Prometto che nel prossimo capitolo potrete scoprire un po' di più, ma mi raccomando RECENSITEEEE!!
Per spronarvi un po' di più vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo.
Kiss Kiss
Roxanne.



“Ho sempre pensato che gli angeli fossero anime di persone talmente tanto buone da meritare un premio.”
“Eve, sei la solita inguaribile romantica. Possibile che non hai mai letto un racconto mitologico o...che ne so...la bibbia? Quando si parla di angeli si parla di entità distinte, non di persone normali. È come se...come se ci fosse una specie simile ma non uguale a quella umana. Mi sono spiegata?” la mia faccia da cartone animato non era stata abbastanza eloquente?
“Forse...no non credo di aver capito.”
“Diciamo che come ci sono i cani, i gatti, le foche e ci siamo noi, ci sono anche gli angeli.”
   




   

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Capitolo 7
*** chapter 7 ***



 

 


EVE

Il giorno dopo tornò tutto alla normalità; o meglio, alla normalità dei giorni precedenti perché quella sì che è una parola che va decisamente presa con le pinze. Jade mi accompagnò all'università con grande stupore di tutti, Greta compresa, che non fece che fissarmi per tutto il tempo alla ricerca di qualche indizio sulla nostra situazione e sul mio umore. Ovviamente mi godevo il momento e non potevo che essere felice, e la cosa non faceva che incuriosirla ancora di più. Per mia sfortuna non riuscii a convincere Jade a rimanere con noi per tutto il giorno e questo la autorizzò ad assalirmi con mille domande, prima di tutte “Cos'è successo tra te e il principino azzurro?”

Risposta? Purtroppo... “Assolutamente nulla.”
Si chiedeva come fosse possibile che entrambi non capissimo la grande attrazione che ci spingeva l'uno verso l'altra, attrazione di cui io sinceramente avevo cominciato a dubitare. Altra cosa su cui ero ancora titubante era il tenerle nascosto tutto quello che mi era successo. Forse lei avrebbe potuto aiutarmi a capire molto di più su Jade e su quelle poche informazioni che mi aveva dato, o forse l'avrei solo fatta scappare, ma almeno non mi sarei sentita come la versione italiana della cacca di Arale.
“A cosa stai pensando?” tanto alla fine qualcosa avrebbe scoperto, il suo istinto da detective Conan non poteva che uscire fuori.
“Uhm, niente di che” finsi ancora “solo che vorrei quindici giorni di vita normale.”
“Sai, a volte penso seriamente che non dipenda da noi, ma solo da quello che decidono per noi.”
Cosa? “Tu, la regina della razionalità, mi vieni a parlare di destino e cacchiate simili?” la osservai fare spallucce e guardare lontano.
“Non posso negare che ci sia qualcosa di inspiegabile in ciascuno di noi. Insomma, pensa a tua sorella o a quello che sta succedendo ora...non credo che qualcuno di voi lo voglia realmente eppure sta accadendo -qualsiasi cosa sia- e nessuno può farci nulla.” Wow, una filosofa tra noi! Eppure sotto un certo punto di vista non potevo che darle ragione. Non poteva esserci altra spiegazione per tutto ciò che mi stava capitando, a partire dai disegni per finire alla presenza di Jade al mio fianco. Senza contare che mi aveva appena fatto notare di non essere tanto scema da bersi la storia del 'Io e Jade siamo solo amici, non c'è nessun mistero!'
“E secondo te chi è che decide cos'è meglio per noi?” Buttai lì rabbrividendo, non ero davvero pronta a parlare di certi argomenti con lei.
“Non so, un Dio? Un insieme di dei? Angeli? Non so dirtelo, non mi sono fatta un'idea vera e propria anche se sinceramente non credo che qualsiasi cosa sia possa essere considerata buona al cento per cento. Insomma, anche se credessi nella distinzione tra buono e cattivo, se un'entità fosse buona e senza alcun limite non permetterebbe certe cose nel suo mondo. No?” Era vero, verissimo. E ogni volta che usciva fuori un discorso simile con lei non potevo che farmi venire l'angoscia e pensare che non fosse così facile come sembrava giudicare una persona e dire se fosse buona o cattiva. Per quanto riguardava Jade beh, la sola idea che potesse avere a che fare col tizio che decide quando devo essere felice o triste mi dava i brividi.
“Ho sempre pensato che gli angeli fossero anime di persone talmente tanto buone da meritare un premio.”
“Eve, sei la solita inguaribile romantica. Possibile che non hai mai letto un racconto mitologico o...che ne so...la bibbia? Quando si parla di angeli si parla di entità distinte, non di persone normali. È come se...come se ci fosse una specie simile ma non uguale a quella umana. Mi sono spiegata?” la mia faccia da cartone animato non era stata abbastanza eloquente?
“Forse...no non credo di aver capito.”
“Diciamo che come ci sono i cani, i gatti, le foche e ci siamo noi, ci sono anche gli angeli.”
“Ora si che è più chiaro.” dissi tra il sarcastico e lo stupito. “Questo significa che comunque ci credi.”
“Ehi, era solo una teoria quella.”
“Una teoria molto elaborata.” mi guardò bieca e evitò di rispondere alla mia evidente provocazione. Fu solo dopo un lungo momento di silenzio che riuscii a dare libero sfogo alla mia domanda più grande.
“E se mia sorella non è un angelo, dove credi che sia adesso?” mi prese la mano e puntò gli occhioni verdi nei miei “Sono sicura che Caroline sia felice in questo momento, non può essere altrimenti.”
“Grazie.” riuscii a mormorare commossa. “Greta?”
“Dimmi.”
“Se ti dovessi rivelare una cosa importante, una cosa che cambierebbe qualsiasi tua convinzione sul mondo e sulla nostra amicizia, come la prenderesti?” osservai il suo sguardo allarmato e il cuore mi arrivò in gola: complimenti Eve, ottimo modo di arrivare al punto.

JADE

La lasciai con l'amaro in bocca. Non avrei voluto, davvero, specialmente perché tutti i miei sensi mi avevano gridato di non mollarla un solo secondo da quella mattina nel momento stesso in cui era suonata la sveglia, ma avevo dovuto farlo. Quel giorno avrei dovuto affrontare uno dei problemi più grandi della mia intera esistenza: trovare un alleato. E per farlo sapevo di potermi rivolgere solo ad una persona, che mi piacesse o no, che lo volessi o meno, dovevo farlo per il suo bene.
Quella persona era mio fratello Haniel.
Il perfetto, bellissimo, superdotato Haniel. Lo so, che caspita di nome è? Non so se ritenermi fortunato a chiamarmi Gedeone, ma di certo il suo di nome è solo un altro modo per rammentarmi di quanto schifo io faccia agli occhi di mio padre e non solo ai suoi.
Haniel è il nome di uno dei nove arcangeli, e beh mettiamola cosi, se io oggi sono qui è solo colpa di quell'arcangelo, intendo il primo di una lunga stirpe. È stato il primo ad avere rapporti con un'umana dopo averla ammaliata con le sue capacità empatiche e ad avere rapporti sessuali con lei creando infine uno di noi, un Nephilim. Noi siamo l'ultimo anello della catena, gli scarti, coloro che devono essere eliminati e assolutamente non paragonati ai veri angeli (come mio padre, e ovviamente Haniel). Quelli ai quali non spuntano le ali, quelli che non hanno poteri tanto forti quanto quelli degli angeli degni di essere chiamati tali. Relegati ad una vita che è un fallimento, in attesa che qualche caduto si faccia corrompere dalla promessa di poter tornare al suo posto e ci ammazzi come vuole il consiglio.
E di questo consiglio chi poteva far parte se non mio padre?
Ma forse prima di raccontare questa storia sarebbe meglio chiarire la gerarchia che costituisce l'universo angelico. Prima di tutto c'è Dio; nessuno lo ha mai visto e nessuno sa come sia fatto, se sia simile ad un angelo o a un uomo o magari a nessuno dei due; e sinceramente comincio a credere che questo tizio una faccia non ce l'abbia proprio. Fatto sta che ha creato nove “cori” che dividessero le sue creature, gli angeli, ai quali ha dedicato tutta la sua esistenza, a seconda dei loro compiti e delle loro attitudini. Ma un angelo, per sua natura, non sempre è un essere che si accontenta di ciò che è, né tanto meno può essere definito buono. Così, dopo aver affrontato principi di guerre catastrofiche causate dalla boria di tali esseri perfetti, sua eminenza ha pensato bene di mettere a capo di ogni coro un Arcangelo, una nuova figura diversa sia da un angelo che da un uomo, ma capace di unire le doti sia dell'uno che dell'altro raggiungendo quasi la perfezione.
Quasi.
Perché l'arcangelo Haniel, l'originale Haniel, colui che dovrebbe guidare i serafini e i cherubini nella ricerca di doti quali il coraggio, la grazia, l'indulgenza, si è invaghito di Sofia, una greca popolana dalla pelle chiarissima e dalla bellezza travolgente alla quale ha poi rubato ogni tipo di ingenuità e candore possa venire in mente. E di certo, nel farlo fu privo di qualunque indulgenza.
In definitiva, chiunque dica che un angelo sia meglio di un uomo semplicemente sta mentendo.
Comunque, mio padre ha fatto la stessa identica cosa conoscendo biblicamente mia madre. Non so come fosse, è morta prima che potessi averne un ricordo serio, ma mi è capitato di sentire delle storie sul suo conto e su quanto forse avrebbe dovuto essere lei l'angelo dell'allegra famigliola e non quel bastardo. L'ha uccisa brutalmente, davanti agli occhi di tutto il consiglio supremo -cioè di quelli che hanno il potere di decidere chi può morire e chi deve rimanere in vita- e senza curarsi di lei come persona. La sua colpa? Aver messo al mondo me, uno schifoso Nephilim, e avermi amato incondizionatamente come ogni madre che si rispetti. Prima che conoscesse Eleanor, la madre di Haniel, e quando ancora vivevo con loro, aveva provato a ripetermi che la morte di mia madre non era prevista, che lui non voleva ucciderla e che se alla fine aveva dovuto farlo era stata solo colpa mia. Ma poi avevo imparato a conoscerlo e avevo capito con quale gusto lo avesse fatto, e con quale violenza...in fin dei conti gli era valso un posto negli alti ranghi della società celeste, no? E poi, esiste qualcuno le cui azioni non siano dettate da un'innata sete di potere?
Era riuscito a poter essere lui in prima persona a decidere chi doveva sparire dalla circolazione; e indovinate chi era quel qualcuno? Suo figlio, quello illegittimo intendo, cioè io.
Fino al mio diciottesimo anno di età, però, il caro padre non aveva potuto fare niente poiché sarebbe stato accusato di omicidio e ucciso a sua volta. Per uccidere un figlio di un angelo e un'umana si deve prima essere sicuri che questo stia acquisendo i poteri di un Nephilim, che si sviluppano con l'adolescenza, o almeno credo. Deo gratias, se così si può dire, per la legge dell'ereditarietà genetica non tutti i bambini portatori di tale sventura ottenevano qualche tipo di potere: qualcuno era umano al cento per cento.
In realtà sin da bambino avevo il dono delle lingue; riuscivo e riesco tutt'ora a capire e parlare qualsiasi lingua io voglia, e oltre a questo potevo fare doni come era successo con Eve. Quando mio padre se ne era accorto, dopo aver fatto ammalare sua sorella Carol, aveva proposto ai suoi colleghi una condanna immediata nei miei confronti, benché io fossi talmente piccolo da non poter nemmeno capire cosa ero realmente in grado di fare.
Nessuno però poteva sapere come avrebbe reagito Eve sapendo lo schifo che ero, oltre al fatto che in qualche modo ero responsabile della morte di sua sorella perché non ero riuscito a fermare mio padre, e la cosa mi spaventava non poco. Avevo paura di perderla, di nuovo, e non potevo permettere che accadesse perché lei era tutto ciò che dovrebbe essere una famiglia, per me.
Ma prima dovevo affrontare i miei, di parenti, e intendo quelli veri e imponenti (per non dire assolutamente soffocanti) e dovevo chiedere aiuto al mio fratellastro per salvarle la vita.




Okay, prima di tutto devo chiedere umilmente perdono per questo indecoroso ritardo. Ma giuro, non è stata colpa mia, prendetevela con la mia stupida università!
Detto questo come avrete notato c'è stata una modifica importante nella struttura della storia, cioè il punto di vista di Jade. In realtà ci ho pensato tanto prima di inserirlo, ma mi sembrava giusto fare in modo che fosse proprio lui a raccontare almeno in parte la sua storia. 
In compenso finalmente sono venute un po' di cosucce a galla, anche se vi avverto che questo è poco più della metà del suo passato. 
Spero vi sia piaciuto e attendo con ansia le vostre recensioni *__*
kiss kiss Roxanne

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