Like a Child

di DrunkPirates
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vienna ***
Capitolo 2: *** Dorian ***
Capitolo 3: *** Vienna ***
Capitolo 4: *** Dorian ***
Capitolo 5: *** Vienna ***
Capitolo 6: *** Dorian ***
Capitolo 7: *** Lorence ***
Capitolo 8: *** Vienna ***
Capitolo 9: *** Lorence ***
Capitolo 10: *** Dorian / Vienna ***



Capitolo 1
*** Vienna ***


Non potevo capire totalmente quello che stava succedendo, ma sapevo che mamma mentiva dicendo che lui era andato in un posto migliore. Nessun posto era meglio che con me. Sapevo che era andato in palestra, a “farsi i muscoli”. Sapevo che Matt non era più tornato a casa. Ero piccola, ma sei anni non impedivano ad una bambina di capire che non avrebbe mai più rivisto suo fratello. La sua perdita mi provocò molti problemi. Accadde che per delle settimane intere non avevo fame oppure che la notte non riuscivo a dormire a causa degli incubi. Lui era solito farmi visita prima che mi addormentassi e se non stringevo la sua mano, che mi trasmetteva tranquillità, non riuscivo a prendere sonno. Subito dopo la sua morte attraversai un periodo della mia vita davvero terribile. L’assenza di Matt mi provocava sofferenze ad ondate irregolari, che mi colpivano a casa e a scuola, abbassando il mio rendimento scolastico già non particolarmente alto. Il mio fratellone invece era un genio. Ancor prima di iniziare la scuola sapeva leggere e credo anche scrivere. Era il primo della classe al liceo, ma non lo vedevo mai studiare molto. La maggior parte del suo tempo lo passava a suonare la chitarra elettrica o a praticare qualche attività fisica. Era bravo in tutti gli sport.

La genialità di Matt si percepiva persino entrando nella sua camera, che era sempre in disordine. Ma nella sua testa tutto quel caos era “equilibrio”.

Mio fratello era bello. Aveva gli occhi verdi e la pelle un po’ scura. I capelli ricci e lunghi erano quasi sempre tirati indietro alla nuca e racchiusi in un codino. Matt piaceva a molte ragazze e riusciva sempre a non farne soffrire nessuna. Era gentile e sincero. Era il tipo di ragazzo che ti salva la vita una volta ed è pronto a farlo ancora.

Era il mio eroe… se non ci fosse stato lui la mia vita fino ai sei anni sarebbe stata vuota. Mio padre e mia madre erano sempre fuori per lavoro, l’unico a prendersi cura di me era Matt.

L’ultima volta che lo vidi fu il giorno dopo il suo ventesimo compleanno. Andava in palestra a modellarsi. Era bellissimo come sempre ed uno stupido attacco cardiaco, forse per il troppo sforzo, l’aveva fatto sparire dalla mia vita... per sempre.

Anche dopo la sua morte i miei non erano molto a casa, così avevano dovuto trovarmi una baby-sitter. Ne cambiai varie... nessuna sembrava rendermi “felice”. Così i miei genitori mi portarono dalle nonne, in quelle case dove c’era pace e luce.

Anche dalle nonne non riuscii a riprendermi... la scomparsa dell'unica persona che era sempre stata al mio fianco mi aveva distrutta. I miei genitori non erano molto presenti , preferivano distrarsi. La morte di Matt aveva ovviamente sconvolto non solo la mia vita ma anche quella di una madre attaccatissima al suo ometto e quella di un padre fiero di suo figlio. Dopo tre anni trascorsi vedendoli pochissimo, finalmente questi capirono che avevo bisogno di loro, così cominciarono a lavorare un po' di meno e a trovare più tempo per me.

Col passare degli anni avevo superato quell'immenso dolore, lasciandomelo alle spalle e cominciando una nuova vita. Finite le scuole medie ero entrata in un liceo prestigioso, dove feci tante amicizie, tante esperienze. Divenni una ragazza assai responsabile e seria, anche se ero sempre in grado di divertirmi, soprattutto con il mio ragazzo. Si chiamava Blaise e ci mettemmo insieme in terzo liceo. Sembravamo fatti l'una per l'altro, ci innamorammo con soli due appuntamenti e rimanemmo insieme fino al diploma.

Blaise era alto e snello. I suoi occhi erano scuri e i capelli tra il liscio e il mosso avevano un colore simile alla paglia. La pelle era molto chiara, talmente in contrasto con i suoi occhi neri da farlo sembrare cattivo. Ma in realtà era pacato ed intelligente, carismatico e riflessivo. Con me era gentile e a volte malizioso. Per niente arrogante ma ambizioso.

Le nostre famiglie si conoscevano, i suoi genitori erano direttori di un’importante azienda della zona. Passavamo tantissimo tempo insieme e nonostante questo non mi stancavo mai di stare con lui. E come in ogni coppia perfetta anche fra di noi non mancavano litigate da veri coniugi.

Era tutto quello che una ragazza può desiderare: lo avrei seriamente sposato.

Ormai diciottenni, presa la maturità, ci godevamo le giornate insieme.

In un’afosa giornata di Agosto andavamo tranquillamente al mare, mano nella mano.

La spiaggia ci aspettava, facendo a gara con il mare per chi brillava di più. Era perfettamente dorata e calda, illuminata dal sole che faceva capolino tra qualche grassa nuvola. Il rumore dei nostri sandali si mescolava ai i rumori delle macchine che ci sfrecciavano vicino cercando posto negli ultimi parcheggi rimasti.

Ad un certo punto , Blaise si fermò per osservare una moto parcheggiata sul marciapiede dove camminavamo. Una bella Suzuki rossa. Wow.

-Che coraggio ha il proprietario a parcheggiarla sul marciapiede- sussurrai specchiandomi nella carrozzeria colorata.

-Direi che se lo può anche permettere.. con questa moto puoi fare come ti pare!- disse lui, osservando le due marmitte.

Sorrisi. Lui amava le moto.

-Papà ha detto che se voglio mi compra una macchina... –

Eh già, una bella BMW.

-Fatti comprare una bella moto!- mi guardò lui sorridendo.

-Mi immagini su una moto?- ridacchiai io, alzando le sopracciglia.

-No, in effetti non ti ci voglio immaginare- rispose lui voltandosi.

Io rimasi un po' delusa.

-Saresti troppo sexy e poi qualcuno deciderebbe di darti la caccia- sussurrò alla fine al mio orecchio, con una voce più calda del sole.

Sorrisi. Una frase del genere era tipica di Blaise.

-Ne sei così sicuro?-

-No... forse non deciderebbero di darti la caccia. Con me al tuo fianco ci penserebbero bene prima di fare una cosa del genere- mi scompigliò un po' i capelli e poi mi cinse la vita con un braccio, avvicinandomi a lui e alle sue labbra piene.

Ero così presa da quelle labbra che non mi accorsi di quello che stava accadendo intorno a noi: le mie orecchie erano come ovattate, e probabilmente anche le sue.

Un terribile rumore. Pensai che mi avrebbe distrutto i timpani.

Blaise mi venne addosso... anzi, mi spinse e caddi, sbattendo la testa contro qualche cosa.

Mi sentii invadere da acqua fredda e poi un dolore immenso si insinuò in me. Svenni.


 

Un giorno, due giorni, tre giorni… un mese, due mesi…

Scoprii cosa era successo tempo dopo, non so precisamente quando.

Un autobus aveva sbandato ed io e Blaise eravamo stati presi in pieno; o meglio, Blaise mi aveva spinto e non era riuscito a spostarsi in tempo. Avevo sbattuto la testa contro il marciapiede ed ero arrivata in ospedale con un forte trauma cranico. L'impotenza mi stava uccidendo, ci furono dei giorni in cui credetti stesse tutto per finire.

Speravo in una fine.

Avrei preferito morire invece di starmene in un letto senza poter neanche piangere.

Ero in coma ma sentivo tutto ciò che la gente diceva.

Ogni volta che sentivo nominare Blaise mi sentivo travolgere da un violento senso di panico, come un'ondata di marea. Sentivo le vertigini e forti dolori al cuore distruggermi.

Avrei voluto ritornare in quel posto, per tenerlo stretto fra le mie braccia e morire con lui.

Non riuscivo ad immaginare un giorno senza Blaise...

La mia esistenza era diventata un susseguirsi confuso di sofferenza. Niente riusciva a rendere la sua perdita meno straziante, neanche il sentire qualcuno, vicino a me. Solo nel periodo che precedette il mio risveglio una presenza che non conoscevo riuscì ad infondermi, almeno qualche volta, un po' di serenità.

Sentivo qualcuno che mi accarezzava i capelli, provocandomi piacevoli brividi. A volte mi carezzava la fronte o la guancia, oppure mi rimboccava le lenzuola la notte, quando le infermiere si scordavano di farlo. Questo qualcuno non era né mia madre né mio padre. Neanche le mie amiche potevano essere, venivano di giorno a trovarmi e questi dolci tocchi erano tipici della notte. Probabilmente era un uomo, lo percepivo dalle mani grandi e calde. Ogni volta che sentivo quella presenza mi chiedevo perché non parlasse, avevo bisogno di sentire la sua voce. Non mi aveva rivolto neanche una parola… forse pensava non potessi sentirlo.

Oltre alla presenza “oscura”, fino a tardi rimaneva anche mio padre, che si portava il lavoro dall'ufficio. Lo sentivo scrivere con il computer poggiato sulle ginocchia mentre sedeva su una sedia vicina al mio letto.

Oltre alle sue visite ricevetti anche quelle di molte altre persone. Di alcune riconoscevo la voce, di altri no.

In un periodo era venuta anche mia madre, che mi teneva la mano e mi parlava teneramente.

Una volta restò per molto tempo, raccontandomi tante cose. Mi disse di quando aveva ricevuto la chiamata dalla polizia, del gelo che le aveva attraversato il cuore, di quando mi aveva vista con il viso gonfio e livido. Sentivo la sua voce soffocata, straziata e disperata mentre raccontava. Poi si rilassava carezzandomi il braccio e smetteva di piangere.

Mi parlò di alcuni suoi ricordi di quando ero bambina e si scusava di non essere stata molto con me, soprattutto dopo la morte di Matt. Si scusava e poi piangeva ancora, pregandomi di svegliarmi e di perdonarla. Arrivò a raccontarmi le mie fantasie infantili: del mio amico immaginario. All'inizio dentro di me sorridevo ed ero molto incuriosita dal fatto che non me ne ricordassi assolutamente. Avevo mai avuto un amico immaginario?

Continuavo a pormi questa domanda mentre lei era passata col suo racconto a quando avevo compiuto sedici anni e avevo organizzato una festa in maschera, dove era presente anche Blaise. A quel punto altri ricordi riaffiorarono nella mia testa, dolorosi ricordi che se fossi stata padrona dei miei muscoli mi avrebbero fatto gridare e sbattere i pugni contro qualsiasi cosa.

Avrei voluto che smettesse di parlarmene, di farmi rivivere i sorrisi splendidi del mio ragazzo, la sua incredibile parlantina, i suoi occhi... le labbra.

Anche quando mia madre se ne era andata continuai a tormentarmi, ripensando a tutta la mia vita insieme a lui. Pensavo che se non avessi voluto andare al mare, quel giorno, saremmo stati felici per sempre.

La notte arrivò presto e come ogni sera speravo che la mia mente si addormentasse velocemente, per non dover pensare. Quando il sonno arrivò, mi addormentai.

Immagini sfocate, risate, pianti, colori.. tante immagini strane nella mia mente si susseguivano senza controllo. Sognavo il passato, un passato che non sembrava appartenermi, un passato che non ricordavo. Eppure era evidente si trattasse del mio.

Un ragazzo, una bambina. La bambina ero io ma il ragazzo non era Matt, l'unico con cui parlavo quando ero piccola.

Ricordi, voci, giochi… e un letto.

A quel punto le immagini nella mia mente cominciarono a diventare più nitide, a riordinarsi.

Un giorno, di pomeriggio e con il sole alto nel cielo, vidi per la prima volta Dorian. Il mio amico immaginario era piombato nella mia vita quando avevo precisamente sei anni e mezzo; piuttosto grandina, eh?

Ero a casa mia quella mattina, e stavo nel mio letto. Piangevo, come ero solita fare ogni volta che mi svegliavo, reduce da un incubo. Matt mi mancava incredibilmente... e stare a casa con la baby-sitter invece che con i miei genitori mi faceva sentire ancora peggio, abbandonata.

All’improvviso Dorian si era sdraiato a pancia sotto ai piedi del letto, giocando con uno dei miei pupazzi. Sentivo la sua presenza alla fine del materasso e non riuscivo a muovere bene le gambe. Fu così che, una volta sollevato dalle coperte il viso arrossato dallo sfogo, lo vidi. Dorian aveva un viso giovanile ed un sorriso sfacciato. I suoi occhi erano color del ghiaccio e i suoi lineamenti, anche se delicati, gli conferivano carattere. La cosa che mi piacque di più di lui furono i capelli castani che gli coprivano leggermente la fronte, forse perché era l’unica mancanza che avevo sempre criticato a mio fratello.

Non so per quanto tempo rimasi a guardarlo, era così bello e diverso da me che tutto di lui mi attirava e mi incuriosiva.

-Ciao Vienna- mi salutò lui. Aveva una voce giovanile, da ragazzino. Però era molto alto, come un adulto. Tuttavia era diverso dagli altri grandi, era più... come Matt.

Non gli risposi... ero imbarazzata, ma non spaventata. Non pensavo neanche fosse strano che un estraneo fosse entrato a casa mia. Un po’ perché avrebbe potuto essere qualcuno che conosceva la baby-sitter e, soprattutto, perché la sua vicinanza mi infondeva calore, quasi avessi una certa familiarità con lui. Ma per quanto potesse sembrarmi normale che fosse lì, ero sempre timida davanti ad uno sconosciuto.

Mi misi seduta ma abbassai un po' lo sguardo, tirando su col naso.

-Non piangere Vienna, ora ci sono io... ci divertiremo, vedrai- disse assumendo la mia stessa posizione e scostandomi un capello da sopra gli occhi. Ne avevo uno anche tra le labbra ma quello lo tolsi io. Avevo smesso di piangere non appena mi aveva sfiorata. Non ricordai esattamente cosa provai in quel momento, ma fu una sensazione particolarissima.

Ricordai invece perfettamente le parole che ci scambiammo durante la nostra prima conversazione.

-Ma tu chi sei?-

-Mi chiamo Dorian. -

-Perché la signora Parteau non ti vede?-

-Perché non sono suo amico... io sono solo amico tuo, ed è per questo motivo che la tua baby-sitter non può vedermi. Solo tu puoi farlo. Tu sei speciale-

Mi ricordai anche di quando mi parlò del suo amato manuale.

-Cosa tieni sempre in tasca?-

-Il mio libro.. è un manuale.-

-Che cos'è un manuale?-

-E' un libro di regole, hai presente il vocabolario? Per me tutte le parole stanno in questo manuale-

-Okay.. -

E di quando cominciai ad affezionarmi a lui.

-Lo sai che mio fratello è morto?-

-Si, lo so-

-Però sto bene… se sei con me-

-Ti sentivi sola, prima?-

-Si-

-Ora che ci sono io stai meglio?-

-Si-

E mi tornò alla mente anche il mio settimo compleanno.

-Fra due giorni sai che succede, Dorian?-

-Lo so che succede! Mica mi scordo le cose!-

-Allora dillo!-

-Non credi che lo sappia?-

-No, ti credo.. però dillo!-

-Compi sette anni. Diventi sempre più grande!-

-Si! Hai visto, sono cresciuta di due centimetri!-

-Ho visto! Non diventare troppo alta però, che poi mi sento basso-

Ed anche l’anno successivo.

-Non vengono, tanto.. mamma dice che ha troppo lavoro e papà sta in America. Non è il primo compleanno che passo da sola-

-Non lamentarti, io non li ho nemmeno mai visti i miei genitori! Per sono felice!-

-Perché sei felice?-

-Perché sto con te, naturalmente. Mi basti tu!-

-Davvero?-

-Certamente! Quindi non li odiare, loro lavorano tanto per poterti far avere delle cose bellissime... e poi dato che loro non ci sono, noi possiamo stare insieme!-

-Se loro stessero qui tu non ci staresti?-

-Non lo so… non sarei qui da te-

-Allora sono contenta che lavorino-

E non mi capacitai d’essermi dimenticata fino a quel momento di quando mi coccolava perché non prendevo sonno.

-Non riesco a dormire... -

-Ma come! Dopo tutte quelle ore a saltare sul letto non ti senti stanca?-

-Sì, sono stanca, ma non riesco comunque a dormire-

-Perché?-

-Mi viene in mente Matt...-

-Sono passati due anni… ti manca molto?-

-Non è che mi manca… ora ho te e sono felice. Però se mi entra in testa non riesco a farlo uscire!-

-Che ti dice?-

-Niente... è solo che certe volte se non guardo una sua foto nemmeno mi ricordo la sua faccia-

-Questo ti spaventa?-

-Si... non sarei una brava sorella se non mi ricordassi la sua faccia-

-Tu sei un’ottima sorella. Solo che non vedendolo sempre è normale che ti dimentichi i lineamenti del suo viso... è umano scordarsi i volti-

-Hai ragione... ma questo non mi aiuta a prendere sonno-

-Fammi posto, spostati un po'… ecco, ora ti massaggio la schiena, dimmi se ti piace-

-… sì, è' bello-

-Ti addormenterai se continuo?-

-Sì…-


 

I flash back mi colpirono profondamente, come schiaffi d'aria. Prima le voci erano lontane, poi sempre più vicine. Mi sentivo parte di quei momenti, come se fossi vicina alle due persone che parlavano. Ricordavo, era stato tutto vero. Possibile?

Tanti altri ricordi, tante voci, immagini, dialoghi... dolci carezze, risate….

Quella notte non sognai altro che Dorian.

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Capitolo 2
*** Dorian ***


-Dorian, devi proprio andare?- mi chiese Lee con le lacrime agli occhi. Mi faceva male vederlo così ma sapevo che avrei dimenticato quel dolore proprio come avrei dimenticato il suo volto. Era sempre stato così. Il suo nome sarebbe stato aggiunto alla lista dei miei compiti svolti, nulla di più.
-Coraggio, non piangere. Vai a dormire e domani mattina, quando aprirai gli occhi, avrai tutta una nuova vita davanti, piena di felicità e di nuove amicizie-
-Non voglio nuove amicizie! Tu sei il mio migliore amico adesso e lo sarai per sempre-
-No, Lee. Domani compirai nove anni, è arrivato il momento che tu cresca senza di me. Dammi retta e vai a dormire. Non avrai alcun ricordo di me e non soffrirai, te lo assicuro-
-Ma perché deve essere così?!-
-Te l’ho detto. Ti sono stato vicino finché hai avuto bisogno di me. Adesso sei grande e devi andare avanti da solo. Non posso restare, sono costretto a lasciarti. Per favore, fidati di me e fai come ti dico. Vai a letto. Ti leggo una storia finché non ti addormenti-

Presi il primo libro che trovai ed incominciai a passare di capitolo in capitolo fino a che non fui certo Lee stesse dormendo.
Posai il libro sul comodino, spensi la luce e diedi un dolce bacio sulla fronte del bambino, dicendogli addio.

Passai attraverso i muri della sua stanza per lasciare la casa senza fare rumore e pochi passi dopo mi ero già dimenticato di Lee ed attendevo solo di sentire il richiamo di un altro bambino a cui prestare soccorso. Accadde però qualcosa di insolito, che mi spaventò non poco. Mentre camminavo tra le foglie arancioni che coloravano i marciapiedi, mi uscì il sangue dal naso.

All’inizio sentii qualcosa di bagnato vicino alla narice ed anche se non stava piovendo non pensai minimamente al sangue e tranquillamente mi asciugai con il dorso della mano. Quando lo vidi macchiato da una scia rosso scuro cominciai a chiedermi cosa potesse essere successo. Il sangue era una caratteristica umana, come poteva essersi verificato un evento simile?

Curioso e preoccupato tirai fuori dalla tasca dei jeans il piccolo manuale degli amici immaginari che portavo sempre con me e cercai qualcosa che potesse spiegare l’accaduto. Dopo aver sfogliato quasi tutto il libro trovai la nota che più si avvicinava a ciò di cui avevo bisogno:

Nel caso un bambino si ricordi del suo amico immaginario, l’aiutante riceverà un segnale umano.
Sarà in quel momento dovere di quest’ultimo raggiungere chi ha nuovamente bisogno di lui e completare il suo compito così da poterlo abbandonare nuovamente. Dopo di ché, come regola attenderà un nuovo incarico.


Quel che non capivo era come mai non sentissi il richiamo di questo bambino. Se era vero che si era ricordato di me e che dovevo raggiungerlo, perché non sentivo la sua aurea? Cominciai a vagare senza meta per la città, nella speranza che qualcosa cambiasse.

Ma niente.

Se non mi fossi sbrigato a trovare quel ragazzino sarei dovuto rimanere sulla terra per sempre e quella cosa mi spaventava parecchio.

Per tutte quelle persone io ero invisibile, persino per i bambini, solitamente mia unica ragione di vita. Restare in quella specie di fase di transizione sarebbe stato uguale a non esistere.
Mentre pensavo a come sarebbe stata terribile la mia vita lì, mi accorsi però che l’umanità era ricca di aspetti che non avevo mai contemplato. Negozi dalle insegne colorate, profumi diversi che si fondono nell’aria autunnale, il sapore delle caldarroste ed il passo leggero delle belle ragazze. Già… le ragazze. Non mi ero mai interessato del loro aspetto fisico eppure più ne incontravo più restavo colpito dal loro fascino.

I miei occhi si fermavano su quei capelli, su quelle labbra, su quelle forme… e mi portavano a fremere di desiderio.
Queste nuove emozioni e sensazioni inizialmente mi lasciarono confuso e turbato ma cominciai ad apprezzarle quando notai una donna che mi tolse il fiato.
Era mattina e lei stava piegata, con il suo stretto e corto vestito, per fare le carezze al suo cagnolino.

I lunghi capelli marroni brillavano al sole e ricadevano voluminosi sulla sua schiena e sul suo petto. Il suo viso era dolce ma gli occhi risaltavano grazie agli zigomi e brillavano di vita, le sue labbra carnose la rendevano sensuale ed il neo sulla guancia elegante.
Il suo sedere era poesia e quando cominciò a passeggiare con il suo amato animale domestico, non riuscii a non restare stregato dal suo movimento.

La seguii fino a casa sua, ringraziando la mia invisibilità. Entrai nel suo appartamento e rimasi affascinato dalla cura dell’arredamento.
Se mai avessi avuto una casa, l’avrei voluta così.
Mentre studiavo ogni singolo angolo di ogni singola stanza, mi resi conto che la donna più bella del mondo si era chiusa nella doccia.

Un sorriso malizioso mi si dipinse sul volto mentre entravo nel bagno, raggiungendo poi il getto d’acqua che colpiva il corpo nudo della mi “dea”.
Vederla senza vestiti mentre si massaggiava il corpo insaponato mi eccitava da impazzire e mi chiedevo quanti uomini sarebbero voluti essere al mio posto in quel momento.

Allungai lentamente una mano, per toccarla, ma lei percepì la mia presenza e spaventata si scansò, guardando davanti a sé con gli occhi spalancati, come per catturare con lo sguardo qualcosa che a prima vista non era riuscita a vedere. Scosse la testa come per tranquillizzarsi e riprese lavarsi.

Parzialmente bagnato dalla doccia, uscii dal bagno togliendomi le scarpe per non lasciare impronte sul pavimento e poi mi recai nuovamente in strada. Adesso che sapevo che le persone non potevano vedermi ma potevo sentirmi, ero contrariato. Per quanto guardare fosse bello avrei voluto godere di quelle piccole ebbrezze che caratterizzavano i volti di due amanti che vedevo stretti l’un l’altro sul bordo di un muretto.

Mentre provavo invidia verso di loro, vidi un’altra bella ragazza passarmi vicino. Era vestita come altre che uscivano da un edificio e capii che quella che indossava era una divisa scolastica. La sua gonna di media lunghezza oscillava ad ogni suo passo ed al tocco del vento, facendo salire in me strane fantasie.
Non appena si avvicinò abbastanza diedi un colpo alla gonna, sollevandola.

Non riuscii a trattenere una risatina di soddisfazione, ma evidentemente gli umani non potevano sentire la mia voce.
La situazione che vivevo presentava aspetti positivi e negativi, ma da bravo ottimista preferivo concentrarmi sui primi.

Quando il sole cominciò a tramontare notai per la prima volta la bellezza di quello spettacolo e percepii il calore che mi circondava scemare progressivamente, con l’arrivo della notte.

Le strade cominciarono a riempirsi di luci ed i ristoranti di persone, mentre dalle cucine aleggiava un profumino invitante. Con tranquillità entrai in quello che mi ispirava di più ed entrai nelle cucine per sgraffignare qualcosa. Feci lo stesso in alcuni pub ed ogni giorno scoprivo un sapore nuovo o sentivo con maggiore chiarezza quello di un alimento assaggiato precedentemente. Giorno dopo giorno apprezzavo di più l’aspetto delle donne, l’odore della loro pelle, la pienezza del loro petto e riuscivo persino a percepire il loro sex appeal.

Fu proprio seguendo una ragazza dalla sensualità incredibile che però feci una terribile scoperta.
L’avevo vista dalla vetrata di un pub e, come sempre, mi preparai a traversare il vetro per non aprire la porta che, agli occhi delle persone presenti, si sarebbe mossa da sola. Contro ogni aspettativa mi scontrai con la vetrata, generando uno spaventoso rumore che sconvolse l’intero pub.

Caddi all’indietro sbattendo il sedere per terra, al quale portai una mano per massaggiarmi mentre facevo lo stesso con l’altra, sul naso.
-Che cazzo sta succedendo?- domandai a me stesso sconvolto. Il mio umore era diventato ad un tratto pessimo. A tirarlo su fu il passaggio di una prostituta in minigonna.
Mi sdraiai con nonchalance sul marciapiede freddo, sbirciando tra le gambe di questa e notando che non portava le mutande.

Il mio viso fu caratterizzato dall’ennesimo sorriso, mentre il mio corpo mostrava la stessa felicità.
Mi ripresi da quell’estasi poco dopo, vedendo la ragazza salire a bordo di un’auto e venire subito tastata da un uomo di mezza età.
Perché non potevo essere come lui? Perché la vita era così crudele da farmi provare tutte quelle voglie senza poterle soddisfare?

Sembrava che il mondo avesse deciso di mandarmi merda addosso. Prima mi illudeva di poter passare tra i muri, e poi mi ci faceva sbattere contro. Prima mi faceva assaporare la bellezza della vita umana, e poi non mi permetteva di parteciparvi!

Avrei voluto trovare subito quel maledetto bambino per porre fine a questa sofferenza e dimenticarmi di tutto.
Passarono dei giorni prima che il mio desiderio venisse, in parte, esaudito.

Mentre ero sdraiato su una panchina di marmo a contemplare le più strane forme che assumevano le nuvole, percepii miracolosamente il richiamo tipico di un bambino che dovevo raggiungere.
Seguii questa sensazione come ero solito fare ed il prima possibile raggiunsi quella che doveva essere la mia destinazione.

Mi ritrovai in una stanza d’ospedale dove c’era un letto bianco con accanto un uomo. Questi si girò verso di me quando entrai ma, convinto fosse stato per via della porta che avevo aperto, non gli diedi molto peso.
Mi avvicinai al letto per guardare chi vi era sdraiato, convinto di trovare il bambino o la bambina che si era ricordato di me. Invece davanti ai miei occhi c’era una ragazza di circa vent’anni.

-Non sei un po’ grandina per aver bisogno di me?- le domandai retoricamente.
-È quello che dico anche io-
Era stato l’uomo lì vicino a parlare. Quasi più a se stesso che a me, ma era chiaro mi avesse sentito. Alzai gli occhi verso di lui, spalancandoli.
-Riesci a sentirmi?- gli domandai.
-Tu ci riesci? Ero convinto fossi umano! Invece…-
-Sei un amico immaginario!- dicemmo in coro.
Ci guardammo un attimo storto.
-Penso tu abbia sbagliato persona. Vienna ha bisogno di me- mi disse l’uomo.
-Te la lascerei volentieri, ma sembrerebbe si sia ricordata di me. E da quando l’ha fatto mi sono successe delle cose stranissime… solo ora però ho percepito il suo segnale-
-Vuol dire che si sta per svegliare-
-Davvero? E allora perché tutto il tempo prima che ciò avvenisse sono dovuto restare qui senza far niente?-
-Perché lei si stava ricordando di te, impedendoti d’essere libero per altri incarichi. Hai detto che ti sono successe cose strane, scommetto intendessi d’aver assunto diverse caratteristiche umane. Più un adulto si ricorda di te, più ti lega alla realtà umana, più forte è il sentimento che prova per te e più tu diventerai uomo-
Parlava in modo pacato, sembrava un filosofo. E poi come faceva a sapere tutte quelle cose?
-Devi essere vecchietto se sei così documentato- gli dissi in tono canzonatorio.
-O forse faccio semplicemente il mio lavoro con più attenzione di te- mi rispose freddo.

Era chiaro che non eravamo destinati ad andare d’accordo. Ma le sue parole mi erano state molto utili ed avevano acceso in me la speranza di poter godere finalmente a pieno di quella vita che amavo e che ero convinto avrei dovuto dimenticare.

In ogni caso non volevo ringraziarlo, anzi ero pronto a contraccambiare la sua freddezza.
Ma qualcosa mi bloccò, facendomi capire che non era il momento di litigare.

Vienna stava aprendo gli occhi.

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Capitolo 3
*** Vienna ***


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L'amministrazione provvedera' a fare il possibile per sistemare.
Grazie in anticipo per la preziosa collaborazione.

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Capitolo 4
*** Dorian ***


Dopo qualche giorno Vienna poté lasciare l’ospedale. Quando era chiusa lì dentro non potevo quasi parlarle. Lorence si immischiava in ogni nostra conversazione, come del resto facevo io con loro due, e poi lei spesso decideva di approfittare del comodo letto per riposare. Quando era sveglia inoltre riceveva spesso visite.

Insomma, era un inferno. Come potevo avvicinarmi a lei se c’era sempre qualcuno nei dintorni?

Per questo motivo fui davvero felice quando fu dimessa. 

La seguii insieme a Lorence fino a casa sua, senza dire una parola. I suoi genitori invece non chiudevano mai il becco e riempivano di domande la povera Vienna che con sguardo spaesato e da bambina cercava di connettere i neuroni per non perdersi tra tutte quelle frasi e trovare una risposta decente. E sembrava riuscirci solo grazie a Lorence che, ogni volta, le prendeva la mano accarezzandole il dorso col pollice.

E io che dovevo fare? Arrotolarmi i capelli?

Infastidito dal monopolio che il vecchio aveva su Vienna, mi vendicai. Non appena uscimmo dalla macchina, misi un braccio sulle sue spalle e, per farla allontanare da Lorence, la costrinsi ad affrettare il passo.

-Finalmente a casa!- esclamai per sottolineare l’impazienza che lei aveva di tornare alla sua dimora e per giustificare l’improvvisa fretta.

-Hai detto qualcosa, tesoro?- domandò la madre a Vienna, incerta. Lei ovviamente negò.

Possibile mi avesse sentito? Stavo davvero diventato tanto umano da essere udito dagli adulti?

Cominciai a sorridere senza neanche rendermene conto.

Intanto eravamo entrati dell’appartamento di Vienna ed una marea di persone era dentro ad aspettarla. Dopo aver esclamato tutti in coro “Sorpresa!”, cominciarono ad abbracciarla e baciarla.

Lei era ancora stordita e non sembrava affatto felice di tutta quella confusione. Ad ogni modo non c’era spazio per noi lì e Lorence, con sguardo dispiaciuto, si diresse in camera della ragazza chiedendomi di seguirlo. Sapendo di non poter controbattere decisi di dargli ascolto.

-Chiudi la porta- mi disse non appena entrammo nella stanza.

Obbedii. Se non l’avessi fatto non avrei potuto parlare, no?

-Dovresti andartene, Dorian. Come avrai notato è troppo rischioso per te restare qui. Faresti diventare le persone matte e complicheresti la vita a Vienna. Lei ha bisogno di me adesso, di nessun altro. Starà bene con me. Tu sei solo una causa del suo tuffo nel passato-

-Se si è ricordata di me vuol dire che ha bisogno del mio aiuto. È grande, non mi stupisce che un solo amico immaginario non le basti-

-Ogni aiutante sente il richiamo del bambino che ha più bisogno delle sue caratteristiche. Per questo l’amico immaginario è l’unico a poter far uscire fuori il bambino dallo stato di difficoltà in cui si trova- disse il vecchio recitando a memoria una regola.

Cominciai a sfogliare freneticamente il mio manuale per vedere se aveva ragione. Ed era così. Avevo detto una cavolata. Io ero lì solo perché Vienna si era ricordata di me ed il nostro passato creava un legame fra di noi che la portava a provare affetto nei miei confronti, ma non aveva bisogno del mio aiuto.

Cadde il silenzio.

-Cosa vuoi da lei?- mi chiese Lorence minaccioso come se stessi profanando qualcosa a lui caro.

-Voglio solo provi per me un sentimento abbastanza forte da farmi diventare umano-

Risposi sinceramente. Tanto non potevo nascondere nulla al vecchio, aveva esperienza.

-Lo immaginavo. Proprio per questo non vedevo di buon occhio il modo in cui ti avvicinavi a lei. Ma sembrava farle piacere e dato che stava ancora in ospedale pensavo le facesse bene. Ed in effetti quello era il tuo compito, starle vicino nella debolezza. Ma ora mai è guarita. Adesso è tuo dovere andartene così che si dimentichi nuovamente di te. Appena ti allontanerai da lei non ricorderai niente del tuo desiderio di diventare umano-

-Lo so! Ma la vita qui è fantastica! Ho provato emozioni di cui neanche sapevo l’esistenza! E non voglio rinunciare a tutto questo, non voglio dimenticare quello che ho sentito. Voglio farne parte!-

-Sei solo un egoista. Non puoi disubbidire alla tua natura. Soprattutto non a discapito della vita di qualcun altro-

-Perché sei convinto che per lei avermi accanto sarà un problema? Ammettilo, vecchio, hai solo paura mi preferisca a te. Hai paura d’essere messo al secondo posto, di non essere in grado di svolgere il tuo lavoro. Sei solo un fallito-

Una fiamma mai vista divampò negli occhi di Lorence.

Odio.

Il suo bracciò scattò contro di me, le sue dita serrarono il mio collo, facendo pressione. Sentivo l’aria mancare, non riuscivo a parlare e portavo le mani su quella di Lorence per liberarmi dalla sua presa. Ma lui aveva la capacità di rendere il suo corpo evanescente al mio tocco, io no.

Quanto a lungo avrei potuto sopportare il dolore che stavo provando? La mancanza d’aria era solo un’impressione o davvero stavo per soffocare? Potevo morire? Cosa ne sarebbe stato di me?

Non volevo saperlo. Io volevo diventare umano. E vivere. La morte sarebbe arrivata in un futuro lontano, un futuro in cui io, vecchio, mi vantavo delle esperienze fatte. Io dovevo sopravvivere a quella stretta e diventare uomo per non farmi mancare niente, per morire senza rimpianti.

-Lorence, lascialo subito- una voce femminile parlò autoritariamente ma senza gridare. 

Il vecchio mi lasciò all’istante, abbassando lo sguardo.

-Scusami Vienna è che… lui… non dovrebbe stare qui-

-Per quanto ne so neanche tu. Sono una donna ormai! Ed invece mi ritrovo davanti agli occhi due amici immaginari! Come è possibile?-

-Il coma ti ha fatto tornare indietro. Hai nuovamente bisogno di qualcuno vicino, ed eccomi qui. Inoltre ti sei ricordata di Dorian, che adesso dovrebbe andarsene cosicché tu possa dimenticarlo nuovamente- disse lanciandomi un’occhiataccia.

-NO!- Vienna si aggrappò al mio braccio, con gli occhi lucidi -Ho passato così tanti bei momenti con lui che quasi non riesco a credere d’averli rimossi dalla mia mente per tutto questo tempo. Non voglio dimenticare ancora- 

-Ma tu hai perso il tuo fidanzato, tuo fratello… ed ora sei come una bambina. Hai bisogno di un adulto accanto, non di un ragazzino-

-Appunto! Tu sei il mio amico immaginario adesso, è di te che ho bisogno. Ma Dorian, lui è l’unico ragazzo a cui ho voluto bene che è ancora vivo. Non può andarsene anche lui!-

Lorence sembrava commosso mentre io sentivo il profumo della vittoria rendermi felice.

Vienna però lasciò il mio braccio vedendo il vecchio annuire con dolcezza, e si poggiò sul suo petto, scoppiando a piangere tra quelle forti braccia che la stringevano con amore.

Lorence le accarezzò i capelli e le posò un bacio sulla testa mentre alzava leggermente gli occhi per guardarmi. Aveva accettato la mia presenza lì per esaudire un desiderio di Vienna, ma il suo odio nei miei confronti non faceva altro che aumentare.

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Capitolo 5
*** Vienna ***






-Donne-moi tes mains pour l'inquiétude- sussurra Blaise.  

Io lo guardo arrossendo e con mano delicata gli accarezzo una guancia. 
Siamo distesi sul letto, sotto le coperte. Le nostre gambe sono intrecciate.
-Donne-moi tes mains dont j'ai tant rêvé- i suoi occhi dolci sono persi nei miei. 
-Dont j'ai tant rêvé dans ma solitude- dolcemente i nostri nasi si sfiorano. 
-Donne-moi te mains que je sois sauvé- come un soffio la frase ha fine, chiudendosi con un bacio.
-Lorsque je les prends à mon pauvre piège- mi prende le mani, ne bacia l'indice.

-De paume et de peur de hâte et d'émoi- bacia il medio, carezzandone il polpastrello. 

-Lorsque je les prends comme une eau de neige- bacia l'anulare. 
-Qui fond de partout dans mes main à moi- bacia il mignolo e torna a guardarmi.  
-Sauras-tu jamais ce qui me traverse- mi trapassa nell'anima, la prende e la ama.
-Ce qui me bouleverse et qui m'envahit- sconvolge i miei sentimenti, travolgendomi.
-Sauras-tu jamais ce qui me transperce- trafigge questo cuore, facendolo esplodere.
-Ce que j'ai trahi quand j'ai tresailli- in un sussurro ripete due volte questa frase, dolcemente.

Si ferma, lo guardo. 
Sorride chiudendo gli occhi.
Lo guardo e aspetto, aspetto.
Continua!
-Parla! Parla!-

Mi svegliai parlando, come succedeva quasi ogni mattina. 
Mi ero svegliata con il ricordo di lui, che mi sussurrava quella magnifica poesia; la nostra poesia. Non mi aveva mai voluto dire il nome e io gli avevo promesso di non cercarla mai, per fare finta che l'avesse scritta per me.

I primi raggi del sole filtravano appena attraverso il vetro dalla finestra, Lorence mi era disteso accanto e due grandi mani mi accarezzarono il viso, poi lungo la schiena. Lorence non aveva profumo, non odorava di niente. 
-Stai bene?- domandò sorridendomi. 
Il suo sorriso era così rassicurante, mi cambiava l'umore facendomi sempre pensare: come può un anima effettivamente inesistente, manipolare in tal modo i miei sentimenti da far crollare anche le mie più reali sicurezze? 
-Sto bene... ho solo sognato...- a Lorence mi veniva da dire tutto, non avevamo segreti. 
Se facevo un incubo, ne parlavo con lui, se avevo voglia di piangere, lui mi anticipava abbracciandomi.

Era un rapporto strano, come se fosse sempre nella mia testa.
Non gli nascondevo nulla, non potevo farlo... non volevo.

-Vuoi raccontarmi?- sussurrò guardandomi con attenzione.
-Mi...  dedicò una poesia, una volta...- sussurrai, appoggiando la testa sul cuscino. 
-Che poesia?- mi domandò.
-Non so il nome...-  

Dorian arrivò proprio in quel momento, con una ciambella in mano.
Ogni mattina usciva e rubava bombe o ciambelle dai bar... tanto nessuno lo avrebbe visto, anche se doveva stare molto attento perché una ciambella volante non doveva assolutamente essere vista levitare verso casa mia. 
-Buongiorno, bellissima!- mi porse una ciambella. 
-E buongiorno nonno!- salutò anche Lorence, il quale sembrava non fare molto caso alle sue battute.

Dorian era sempre pieno di energia  e novità, alla mattina;  nuove frecciatine per Lorence, nuovi complimenti per me, nuovi argomenti con cui distrarmi... come fosse un computer che si aggiorna.  
Gli sorrisi, socchiudendo gli occhi e dando la ciambella a Lorence, il quale la appoggiò sul comodino, capendo che non ne avevo voglia: dopo quel sogno malinconico, un cibo tutto zucchero mi stomacava... e questo, il mio amico immaginario, lo intuiva. 
-Non la mangi?- chiese Dorian masticando a bocca aperta. Sembrava un bambino.
Scossi la testa e sospirai pesantemente. Non mi andava più di parlare…mi sentivo stanca, non dormivo molto. Rimanevo fino a tardi a parlare con loro due... non volevo addormentarmi.

Dormire era ciò che più mi spaventava, mi riportava a quel giorno.
Nei sogni che ogni notte mi perseguitavano, sentivo ardente la  voglia di andare da Blaise, sognavo l'autobus che cercava di frenare, il veicolo impazzito su di noi. Nei sogni era tutto cupo, disperato e accerchiato da un profondo e feroce senso di colpa... avrei dovuto morire con lui, non eravamo destinati a dividerci.
A volte sognavo di picchiarmi, gridare, piangere per ore fino a sentire la disidratazione.  

Dentro di me speravo fosse stato solo un incubo, che avrei potuto ritoccare quei polsi grandi e quel viso dolce...
ma quando i miei occhi si aprivano, tornavo alla realtà. 
Insieme a lui sarei dovuta morire anche io.

-Beh qualcosa dovrai pur mangiare, Vi... -
Per pranzo potremmo andare a mangiare fuori, in quel ristorante all'angolo della strada. Dicono che lì fanno bene il pesce!- Dorian non era mai stato interessato al cibo quando ero piccola.  Da quando aveva preso questo “aspetto umano” invece chiedeva spesso di uscire per assaporare cibi diversi. Inoltre era esplosa in lui la passione per i dolci.
-Non ho fame, a dire il vero- dissi io, con la testa ancora sul cuscino. 
Con Lorence e Dorian al mio fianco non mi sentivo sola. Cercavano di non farmi pensare a Blaise o a tutto quello che avevo passato, a tutto il dolore. Per Lorence non sembrava difficile intrattenermi, trovava sempre i momenti opportuni per parlarmi, per coccolarmi e per giocare con me. Anche Dorian cercava di coccolarmi... ma mi ero accorta che le sue carezze erano diverse da quelle di Lorence, probabilmente perché era di una decina d'anni più giovane. 

In ogni modo vedevo che entrambi si impegnavano molto.
Purtroppo non sempre riuscivano a farmi dimenticare il dolore perché tornava tutte le volte che si distraevano per bisticciare, oppure quando i miei occhi si imbattevano in qualche oggetto che collegavo a Blaise, come per esempio il suo spazzolino da denti, oppure il suo bicchiere preferito, o qualche suo post-it attaccato al frigorifero.
Alcune volte, se loro battibeccavano, avevo l'atroce possibilità di rivisitare con la memoria ogni momento, ogni singolo istante di qualche ricordo, qualche bellissimo ricordo di lui. 

Uno sguardo, un sorriso, le sue dita e i suoi bracciali di pelle intorno al polso, il suo profumo One Million, che ancora aleggiava in camera mia.  
Ero dimagrita tanto negli ultimi mesi. Ero arrivata a pesare quarantadue chili e ciò mi aveva portato fastidi non solo all'organismo ma anche nelle più piccole cose, come per esempio coricarmi. Dovevo dormire a pancia in su oppure mettere un cuscino sotto al ventre, altrimenti le ossa sporgenti mi impedivano di trovare posizioni comode. Inoltre il dimagrimento aveva imbruttito il mio viso, facendolo diventare da morbido, luminoso e dolce a spigoloso e buio. 
Forse però quello del mio aspetto era l'ultimo dei problemi, anche perché non mi ero mai guardata allo specchio da quando era accaduto... da quando era morto Blaise non avevo più alcun interesse in nulla che potesse farmi pensare ad essere carina. Niente trucchi, bei vestiti, profumi… niente di niente. A cosa serviva essere bella se lui non c'era più? Io ero destinata a stare con lui, ma Dio mi aveva strappato da ciò che più mi rendeva viva, attraente.

-Ho bisogno di riposare... vi dispiacerebbe sparire giusto per un po'?- chiesi con voce flebile.
Avevo bisogno di piangere, di sfogarmi, di stare da sola... di bagnare il cuscino con calde lacrime.
Se avessi pianto davanti a loro due mi avrebbero riempito di coccole e carezze, cose che in quel momento proprio non desideravo. 
Lorence mi guardò preoccupato.

-Non farò pazzie, prometto. Inoltre mi potrai osservare...- sussurrai sorridendo a Lorence.
Gli dispiaceva allontanarsi da me, anche perché era una strana richiesta, la mia.
Avevo il potere di chiedere al mio amico immaginario di lasciarmi sola per un po', a patto che non mi facessi del male, o naturalmente altri me ne facessero. In quel caso Lorence avrebbe avuto il dovere di tornare da me. 
Dorian guardò prima nella mia direzione e poi in quella di Lorence, indeciso sul da farsi.
Lo guardai come per dire “vale anche per te”, così prese la ciambella che avevo lasciato e uscì dalla mia camera, socchiudendo la porta. 

Lorence mi baciò la fronte e si dissolse nell'aria. 
Non una parola, non una contraddizione. Era perfetta la mia convivenza con quei due.
Cominciai a piangere. Era quasi una settimana che non lo facevo grazie a Dorian e Lorence e le loro attenzioni, però sentivo che il mio corpo ne aveva bisogno. 

All'improvviso la porta si riaprì e Dorian mi si avvicinò, guardandosi intorno.
-Ehi!- Dorian si ritrasse per un attimo, non mi ero accorta che avevo gridato. 
Ero arrabbiata, come si permetteva di entrare quando gli avevo specificatamente detto che volevo rimanere da sola? Lui doveva fare quello che gli chiedevo!
-Vi...- sussurrò lui piegando un po' a destra il capo. 
Io mi coprii gli occhi con le coperte. Non volevo mi vedesse piangere.
-Vai via ho detto!- dissi con meno ferocia di prima, ma facendo in modo che mi sentisse.
Un attimo di silenzio e nessun passo verso la porta.
Non se ne andava. Perché?
-Vattene!- ripetei con rabbia.
Ancora silenzio, se ne stava impalato davanti al mio letto a due piazze, probabilmente aspettando che tirassi giù le coperte per guardarlo negli occhi. 

Dorian non era sempre stato così. Un tempo mi ascoltava e, come Lorence, mi lasciava da sola se ne avevo bisogno. 
Da quando era tornato sembrava non essere più lui. Quella trasformazione gli aveva donato aspetti umani come la testardaggine e la malizia, caratteristiche che non aveva mai avuto quando io ero bambina.

Vederlo in quei panni mi faceva sentire tradita.
Inoltre la malizia, sebbene lo rendesse in qualche modo accattivante, non gli si addiceva. 
Sentivo a volte che mi guardava, quando camminavo, che mi toccava i fianchi con delicatezza... ma sempre diversamente da Lorence, il quale, nonostante fosse un bell'uomo anche lui, non mi trasmetteva le stesse sensazioni di Dorian.

Il fatto che non si allontanasse mi dava sui nervi, non poteva fare come voleva, doveva obbedirmi!
Perché non poteva essere come Lorence? Un amico immaginario deve andarsene se l'umano lo desidera! 
-Vattene Dorian!-  gridai ancora una volta, tirando giù le soffici coperte. 
Lui aveva uno sguardo deciso, con le sopracciglia curvate.
Anche io lo guardai severa, arrabbiata... ma con le lacrime che scendevano dagli occhi gonfi probabilmente non avevo un aspetto autoritario. 
-Non funziona come quando eri piccola... non decidi tu- sussurrò avvicinandosi al mio viso. Che significava quella frase e perché si avvicinava così? Perché mi faceva sembrare e sentire una stupida?
-Tu non hai bisogno di qualcuno che ti faccia da badante come fossi una vecchietta- sfiorandomi il volto con le dita.
Colsi al volo l'allusione al povero Lorence che probabilmente ci guardava, tremando di rabbia perché lui non poteva riapparire finché io non lo desideravo. E in quel momento non avevo bisogno di lui.
-Hai bisogno di un amico, che ti porti fuori e ti faccia dimenticare, o perlomeno perdonare- i suoi occhi di ghiaccio erano completamente persi nei miei, i nostri colori si mescolavano.
-Chi... chi devo perdonare?- chiesi.
-Il destino- sussurrò.

Il destino. Avrei dovuto perdonare il destino... Impresa più che impossibile.

Poggiò un ginocchio sul letto e mi guardò come per chiedermi il permesso. 
-Se mi metto vicino a te e ti faccio un massaggio, ti addormenti?- chiese con dolcezza.
Ecco il vero Dorian, quello che riconoscevo, puro come lo ero stata io.
-Come ai vecchi tempi... ricordi?- 

I vecchi tempi... erano passati solo per me, lui non era invecchiato di una virgola. 
Gli feci un po' di spazio e lui si mise con la pancia vicino alla mia schiena.
Mi toccò la pelle attraverso la stoffa, con delicatezza, e mi assopii in poco tempo.
Era mattina e fu la prima volta che riuscii a dormire senza fare incubi.

 
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La poesia è di Louis Aragon - Les Mains D'Elsa 

Dammi le tue mani per l’inquietudine
Dammi le tue mani di cui tanto ho sognato
Di cui tanto ho sognato nella mia solitudine
Dammi le tue mani perch’io venga salvato.
Quando le prendo nella mia povera stretta
Di palmo e di paura di turbamento e fretta
Quando le prendo come neve disfatta
Che mi sfugge dappertutto attraverso le dita.
Potrai mai sapere ciò che mi trapassa
Ciò che mi sconvolge e che m’invade
Potrai mai sapere ciò che mi trafigge
E che ho tradito col mio trasalire.
Ciò che in tal modo dice il linguaggio profondo
Questo muto parlare dei sensi animali
Senza bocca e senz’occhi specchio senza immagine
Questo fremito d’amore che non dice parole
Potrai mai sapere ciò che le dita pensano
D’una preda tra esse per un istante tenuta
Potrai mai sapere ciò che il loro silenzio
Un lampo avrà d’insaputo saputo.
Dammi le tue mani ché il mio cuore vi si conformi
Taccia il mondo per un attimo almeno
Dammi le tue mani ché la mia anima vi s’addormenti
Ché la mia anima vi s’addormenti per l’eternità.

 

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Capitolo 6
*** Dorian ***


 

Vienna si era addormentata sotto il mio tocco, fra le mie braccia.
La pelle color rame brillava ai raggi del sole alto nel cielo ed il mio stomaco cominciava a richiedere cibo. 
Era ora di pranzo ed in quel momento l’unica cosa che desideravo più di un piatto di pasta era il corpo di una donna.
I miei occhi di posarono sulla scollatura sul seno prosperoso di Vienna, inutilmente coperto dal pigiama senza maniche che faceva risaltare le ossa delle sue spalle, incredibilmente sexy. 

Vienna era una bella ragazza. Mi veniva voglia di tuffare la faccia tra i suoi ricci castani, di respirarne il profumo e poi sollevarle il volto per perdermi nel verde dei suoi occhi, separati da quel naso sottile, leggermente più allargato alle narici, che era rimasto invariato negli anni in cui non l’avevo vista. 
Le sue labbra invece erano cambiate, tantissimo. Si erano fatte più carnose, più rosate… insomma, nonostante non provassi niente per lei il fatto che avesse un bel corpo ed un bel viso avrebbe reso tutto più facile: rimorchiare una cozza per diventare umano avrebbe richiesto uno sforzo non indifferente.

Percorsi il suo braccio con le dita, sfiorandone la pelle e mentre sentivo il suo corpo reagire involontariamente ai piacevoli brividi che le provocavo, posai le mie labbra sulla sua spalla.

Vienna si svegliò ed allontanò di scatto.

-Dorian… cosa stai facendo?- mi chiese voltandosi nella mia direzione.
-Scusa, non volevo svegliarti- risposi con un sorriso dolce per sfuggire alla domanda -Hai fame?-
-Non molta. E comunque non dovresti preoccuparti di farmi mangiare. Mamma starà sicuramente preparando il pranzo-
Annuii. Sapendo chela figlia non era in ottima forma, la madre di Vienna passava la pausa pranzo mangiando qualcosa con lei prima di dover scappare nuovamente al lavoro. Nel pomeriggio poi tornava a casa il padre, chiuso in studio a lavorare ma con la promessa di fiondarsi subito dalla figlia se questa l’avesse richiesto. 

Ovviamente Vienna lasciava la sua camera solo per pranzare con la madre e cenare con entrambi i genitori. Per il resto stava sempre con me e Lorence.
 
Poco dopo una voce femminile annunciò che il pranzo era pronto. 
Vienna lasciò la stanza per andare a mangiare, lasciandomi solo sul letto di camera sua. 
Non avevo alcuna voglia di seguirla.

Mi stesi sulle coperte, affondando la testa nel cuscino, sprofondando nel materasso col mio copro snello e fissando il soffitto ricoperto da stelline e pianeti che si illuminavano al buio, fosforescenti. Ricordai che ero stato io a suggerirle di comprarli visto che amava il cielo di notte ma aveva paura del buio.

Sorrisi fra me e me. Sicuramente, adesso che mi ricordava, dormire sotto quel cielo artificiale le avrebbe trasmesso la stessa sicurezza di un tempo. 
Lorence non aveva niente del genere che lo legasse a lei!
Ad un tratto mi ricordai del vecchio. 
Chissà se era ancora “nascosto” o se aveva seguito Vienna in sala da pranzo. 
Non vedendolo riapparire capii che probabilmente la seconda opzione era quella giusta.
 
-Tua madre ha ragione, dovresti mangiare di più- sentii la voce di Lorence dire mentre la porta della camera si apriva.
Vienna stava piangendo, come sempre, e sembrava sconvolta.
-Non anche tu, ti prego!- implorò la ragazza tra i singhiozzi.
-Lo dico solo per il tuo bene. Se continui così morirai- la voce di Lorence non era dura, come lo sarebbe stata invece la mia. Come poteva lei continuare a non mangiare? Era così bello!
-Meglio!- sbottò Vienna.
 
Trasalii. La vita era una cosa stupenda, una cosa che agognavo tantissimo e lei era pronta a buttarla via così? E se fosse morta… io che fine avrei fatto?!
-Non dire così, Vi. Adesso stai male ma quando ti sentirai meglio capirai che ci sono ancora tante cose per cui vivere-
-Io vivevo per Blaise…-
-E pensi che lui sarebbe felice se tu morissi? Pensa quanto stai soffrendo tu per la sua scomparsa. Vuoi procurargli lo stesso dolore?- ora Lorence cominciava ad innervosirsi. 

Le sue parole fecero aumentare le lacrime di Vienna che si accasciò per terra, abbandonandosi ad un pianto disperato.
-Vienna…- sussurrò l’uomo chinandosi verso di lei, poggiandole una mano sulla schiena.
Sembrava proprio un padre. Che schifo.

-Lasciami!- gridò lei, l’adolescente difficile -Vai via Lorence. Non ti avevo neanche detto di tornare! Vattene!-
Lo sguardo del vecchio cambiò, intristendosi. I suoi occhi sembravano quelli di un cane ferito. Li rivolse verso di me mutandoli nuovamente e poi scomparve lentamente. Questa volta non sarebbe tornato finché lei non glielo avrebbe chiesto.

Mi odiava, lo sapevamo entrambi, ma in quel momento ero l’unico a poter restare accanto a Vienna. Intuii che con lo sguardo lanciatomi precedentemente mi chiedeva di sostituirlo adeguatamente, di prendermi cura di lei, di confortarla, distrarla… ed era proprio quello che volevo fare.
Mi misi in ginocchio davanti a lei, ancora piegata verso il pavimento con il volto coperto di lacrime e i capelli, appiccicati al volto.

Le posai una mano sulla testa, facendola scivolare poi lungo la sua guancia ed una volta raggiunto il mento le feci alzare lo sguardo. 
I sui occhi verdi erano ancora più luminosi a contrasto con la cornea arrossata.
Mentre la mia mano destra lasciava il mento, con la sinistra feci pressione sulla sua nuca, spingendo il viso di Vienna contro il mio petto. La abbracciai, stringendola forte e sentendo il calore del suo respiro e della sua disperazione espandersi sul mio torace.

-Dovresti dimenticarlo quello lì- sussurrai tra i suoi morbidi ricci.
Vienna si irrigidì, trovando improvvisamente fastidio ed invasivo il mio abbraccio. 
Ma io lo intensificai, impedendole di allontanarsi da me.
-Lorence ha ragione. Se lui ti ama quanto lo ami tu, vederti soffrire lo fa solo star male. 
Lui vuole che vai avanti, lasciando le giornate con lui essere un ricordo vago e felice mentre vivi il presente godendoti bei momenti con altre persone-
-Non posso- piagnucolò stringendo con le mani la mia maglietta tanto da farmi male. 
Quel piccolo dolore mi emozionava, dandomi la forza di continuare a parlarle.
-Sì che puoi. Sei una persona dolcissima ed una bellissima ragazza.
Il tipo di donna che ogni uomo vorrebbe accanto-

Vienna allontanò la testa dal mio petto e la lasciai fare. 
Sapevo che non stava scappando da me: voleva solo guardarmi negli occhi.
Le mie mani scivolarono sui suoi fianchi mentre la fissavo intensamente, contrapponendomi al suo sguardo irritato. 

-Che ne sai di cosa provo io e di cosa vogliono gli uomini! Parli tanto ma le tue parole sono vuote, come quelle di
Lorence! Voi siete solo degli spiriti, non capite niente…-
-Su di lui hai ragione. Io invece sono più umano di quanto pensi. Per gli amici immaginari esistono solo i bambini ed i loro bisogni. Io invece riesco anche a percepire i sentimenti, le sensazioni…- avrei aggiunto anche la morbidezza di un petto ed il profumo della pelle di una donna, ma con fatica mi trattenni. 

Cercai anche di nascondere il sorrisetto che si sarebbe voluto impossessare delle mie labbra al pensiero del vecchio che assisteva alla scena. 
Una nuova carica mi entrò nelle vene, partendomi sotto forma di scossa alla schiena.

Portai la mano destra dal fianco di Vienna alla sua guancia, asciugando con delicatezza una lacrima, come se la stessi accarezzando. -Io capisco che stai soffrendo molto, lo sento. Ma vedo anche davanti a me una ragazza che sta buttando se stessa in un baratro quando invece potrebbe avere una vita splendente davanti a sé. Sono sicuro che se segui i miei consigli avrai un futuro fantastico-

Vienna aveva smesso di piangere, tremava vagamente, come impaurita dal potere che le mie parole stavano avendo su di lei. Nel frattempo i miei occhi si facevano sempre più dolci, come il tocco della mia mano che però, scendendo sul collo e la clavicola, nascondeva un briciolo di malizia.

La mano di Vienna si posò sulla mia, all’altezza della sua spalla, carezzandone leggermente il dorso. 
-Non sei neanche più il mio amico immaginario ma continui a starmi accanto- disse abbozzando un sorriso -Non merito te e Lorence. Non merito tutte queste attenzioni… ma grazie, Dorian- 
Risposi al sorriso, soddisfatto che quelle parole fossero rivolte più a me che a Lorence e sicuro di poter finalmente agire.

-Non dire sciocchezze, Vi. Tu meriti questo ed altro. Meriti tutto-
Mentre dicevo ciò riportai la mano al volto di Vienna, sentendola arrossire sotto le mie dita. 
Mi avvicinai lentamente al suo viso, sfiorando le sue labbra con le mie fino a far combaciare perfettamente le nostre bocche.
Le sua pelle era così morbida, il suo odore mi inebriava i polmoni e mentre assaporavo le sensazioni legate a quel casto bacio desideravo di approfondirlo e di provare la stessa esperienza altre mille volte con molte ragazze diverse.

Ma in quel momento dovevo accontentarmi delle labbra di Vienna, staccarmene lentamente e guardarla dritto negli occhi alla ricerca di una qualche emozione. Ma lei mi sembrava spaesata, tremava poco, esattamente come aveva fatto fino a quel momento, ed i suoi occhi si stavano nuovamente facendo lucidi.
-Dor…- 
-Shh- dissi io bloccando il suo sussurro, posandole un dito sulle labbra leggermente umide. 
La presi in braccio e la portai sul letto, infilandola sotto le coperta e carezzandole la testa.
-Scotti leggermente, probabilmente è solo stanchezza, hai dormito poco.
Cerca di fare un pisolino pomeridiano, ok? E se la mente viene invasa da brutti ricordi pensa al cielo che ti sovrasta-

L’espressione di Vienna si fece ad un tratto più rilassata mentre chiudeva gli occhi e ricordava il “nostro” soffitto. Le posai un bacio sulla fronte e mi allontanai per uscire di nascosto ed andare finalmente in città a mangiare. 
 
Era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ero uscito per me stesso. Solitamente prendevo la colazione e la riportavo subito a casa. Per il pranzo e la cena sgraffignavo qualcosa dalla cucina di Vienna. Invece questa volta, sapendo che stava dormendo e che parlare con lei avrebbe potuto creare problemi, potevo restare in giro per un po’.

Mi lasciai assorbire come sempre dai profumi provenienti da case e ristoranti, dalla bellezza del posteriore delle ragazze e, dimenticandomi dell’importanza di guardare per terra quando si è semi-umani, inciampai sulla radice di un albero cacciando un urlo che terrorizzò tutti coloro che scorrazzavano nel parco dove ero io.

Dei bambini scoppiarono a piangere gridando che c’erano i fantasmi ed uno di loro si fiondò tra le braccia della sua amata mammina, sprofondando il viso nella sua quarta abbondante.
La solita fitta di invidia mi colpì ma poi, improvvisamente, mi sentii meglio.
Avevo accarezzato Vienna, l’avevo baciata, l’avevo “stregata”. La mia libertà, l’inizio di una nuova, vera vita si avvicinava. Non dovevo perdere tempo ad osservare quello che non avevo con tristezza ma entusiasmarmi all’idea che l’avrei ottenuto.

Un sorriso enorme mi si dipinse in faccia, accompagnandomi fino a quando non tornai a casa.
 
Infatti, alle quattro del pomeriggio, non appena aprii la porta della camera di Vienna, scoprii che una volta sveglia la ragazza aveva richiamato Lorence, il quale mi guardava con talmente tanto odio da farmi credere desiderasse spezzare ogni singolo osso del mio corpo.

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Capitolo 7
*** Lorence ***


Mentre quelle parole, quei sussurri, quelle carezze sul corpo di lei si susseguivano con rapidità, dentro di me irrompevano crampi di rabbia. Conoscevo il piano di Dorian ma credevo che volesse bene a Vienna, che non sarebbe mai arrivato veramente ad “agire” per raggiungere quel traguardo che tanto agognava. Speravo avesse cambiato idea nel tempo, che vederla in quello stato lo avesse fatto riflettere e crescere.
Invece no, come un viscido verme le si strusciava contro e con parole illusorie l'aveva azzittita. Infine quel bacio… quel maledetto bacio.
Un gesto più subdolo non poteva farlo.

Sapevo che era tutta una farsa, un ridicolo e odioso metodo per ottenere il suo scopo.
Dorian mi appariva sempre più meschino, sapevo che non appena ottenuta l'umanità avrebbe sicuramente messo da parte Vienna come fosse una vecchia bambola e se ne sarebbe andato per la sua strada. Prenderla in giro sembrava un piacere, un vanto, un gioco.
Come poteva credersi potente avendo in mano i fragili sentimenti di una persona come lei?
Una ragazza che aveva subito tutte quelle sventure che la vita le aveva riservato.
Non capivo come potesse giocare con lei in quel modo.
Lo faceva sentire importante? Vivo? Era un dannato egoista, un ipocrita!

Oppure provava davvero qualcosa per lei,  e semplicemente io non me ne rendevo conto.
Ma non era strano visto che Vienna era rimasta spiazzata quanto me. Aveva gli occhi pieni di lacrime e spenti, assenti.
Io che sentivo le sue sensazioni, provavo paura, tristezza e stanchezza. Stanchezza di ricadere sempre nell'errore di innamorarsi di qualcuno...
stanchezza poi di soffrire, avendo il cuore grande e puro, come quello di un bambino.
Era successo con Matt, poi con Blaise e  ora l'ennesimo punto importante nella sua vita era tornato in sembianze pseudo umane per tormentarle il cuore. Era riuscita a calmarsi solo quando Dorian le aveva parlato del soffitto, facendole prendere sonno.

Non appena si svegliò vidi attraverso la sua pelle il cuore che batteva forte e il sangue impazzito. L'anima di Vienna prendeva fuoco, quello era il segnale con il quale capivo che aveva bisogno di me. -Tesoro...- sussurrai dolcemente al suo orecchio. Mi sedetti sul letto vicino a lei e le presi una mano. Appena aperti quei dolci occhi verdi, si rese conto che nel letto era da sola, e che quindi Dorian se ne era andato chissà dove.
-Ho paura Lorence... - disse appoggiando la testa su un mio ginocchio. -Di cosa?- chiesi nonostante sapessi bene cosa l'assillava.
Prese un po' di tempo per rispondere, sentivo che dentro di sé cercava di scegliere le parole giuste.
-Dorian mi  fa sentire meglio, in alcuni momenti, perché è vitale, giovane! Ma poi mi confonde e non capisco più cosa devo fare… o pensare-.

Non dissi nulla, non c'erano parole che l'avrebbero fatta sentire meglio.
Aveva ragione, quel ragazzo esercitava su di lei un potere a cui era difficile opporre resistenza.
Non poteva allontanarlo ed in fin dei conti non voleva farlo.
Le accarezzai  semplicemente la testa e lei sospirò, richiudendo gli occhi.
Desiderava che mi coricassi con lei, ma non poteva sempre stare sdraiata su quel letto.
Non potevo permettere che si buttasse via così, come se al di fuori di quelle mura non ci fosse  nient'altro che dolore.
Non era vero.
Avrebbe trovato altre persone, occasioni... dovevo farle muovere quelle gambe.

Mi alzai dal letto e guardai fuori dalla finestra. Un ottobre inoltrato faceva sì che tutte le foglie planassero sui marciapiedi e gli alberi ormai spogli rabbrividivano al passare impetuoso del vento. Non era proprio una giornata di sole, Vienna non avrebbe acconsentito ad uscire per passeggiare un po'. Il destino si mosse al mio posto e una chiamata fece squillare il telefono di casa. Con un lamento Vienna pensò ad un qualsiasi motivo per lasciare il telefono lì dove si trovava, a squillare  invano, ma con scarsi risultati.
-Hai dormito abbastanza oggi, senti chi è- dissi passandole il cordless.

Era una sua amica, che con una velata incertezza le chiedeva se le andasse di uscire a prendere un thè alla caffetteria vicino al parco. "ci sono dei dolcetti alla cannella molto buoni" aveva aggiunto. Vienna le disse che non sapeva se in quel momento uscire sarebbe stata la miglior cosa.
Ovviamente l'amica le rispose che se non se la sentiva non doveva venire per forza, ma che le avrebbe fatto piacere la sua compagnia.
Vienna mi guardò e probabilmente la mia espressione le fece capire che "la miglior cosa" era dall'altra parte del telefono e aspettava solo un "sì". Dopo venti minuti era già pronta, con indosso un maglione verde scuro e dei jeans neri che le stavano abbastanza larghi, poiché era dimagrita, così mise nei pantaloni una cintura dello stesso colore.

Le pesava uscire, il solo cambiamento di aria le faceva venire la pelle d'oca e l'idea di ributtarsi tra le lenzuola le affiorava nella mente.
Non prese una borsa, si infilò in tasca qualche soldo, le chiavi di casa e si pettinò un poco i capelli. Si guardò allo specchio per qualche minuto. Con le sopracciglia inarcate osservava la sua immagine sciupata. Le occhiaie e la pelle secca non le erano mai state familiari, quindi non si riconosceva allo specchio. Le andai vicino e depositai un bacio sulla sua guancia, che la distolse dai suoi pensieri.
Mi guardò in silenzio, chiedendosi come fosse possibile che qualcuno come me potesse esistere.
-Tu preoccupati di sorridere- le sussurrai all'orecchio. Le sue guancie si stirarono debolmente e potei vedere i bianchissimi denti tra quelle labbra piene. Benché fosse molto dimagrita e non avesse un'ottima c'era, rimaneva una bella ragazza... donna.

Quando chiuse la porta alle sue spalle mi venne voglia di seguirla. Sentivo come una specie di inquietudine che mi sussurrava
di rimanere con lei, ma c'era altro di cui mi dovevo occupare. Andai a riordinare un po' la cucina e il bagno, poi feci prendere
aria a tutte le stanze e quando ebbi finito mi andai a distendere sul letto di Vienna.


                                                                                                                       ***
 
Poco più tardi Dorian tornò a casa e appena lo vidi entrare nella stanza mi ricordai improvvisamente quanto non lo sopportavo.
Detestavo  la sua espressione appagata, sempre stampata sul viso! Ma probabilmente odiavo proprio la sua faccia, essendo parte di quell'inutile ed infido essere. Mi sentivo stupido ed infantile a provare quei sentimenti  verso di lui, a criticarlo mentalmente di continuo... dopotutto era solo un'altra anima, un mio collega. Non mi era mai capitato di sentirmi così.
Non appena Dorian mi vide, il suo volto cambiò espressione.
Evidentemente non si aspettava che Vienna mi avesse già richiamato e subito scattò sulla difensiva.

E faceva bene.

C'erano così tante cose che avrei potuto dirgli, tante parole forti e chiare che lo avrebbero fatto scappare da quella camera e da quella casa per sempre. Cose che un ragazzino come Dorian non  sapeva e neanche immaginava poiché, leggendo il suo curriculum, era chiaro che avesse un'esperienza lavorativa troppo acerba. Avrei potuto dirgli dei rischi che avrebbe corso se avessi deciso di chiamare i direttori  delle anime, o magari del tempo che avrebbe trascorso nel nulla, aspettando di scontare la pena per il grave reato che stava commettendo.
Nel libro degli amici immaginari era esplicitamente scritto che non si dovevano danneggiare in alcun modo i bambini con i quali si stava passando del tempo insieme.
Ed il fatto che in realtà  Vienna fosse un'adulta non rendeva minore la colpa di Dorian.
Probabilmente non aveva ben compreso che  nonostante la ragazza si fosse ricordata di lui, lo star passando del tempo insieme a lei equivaleva ad infrangere una  delle primissime ed importanti promesse del gioco.

-Dobbiamo parlare, Dorian- dissi con fermezza.
Il ragazzo mi osservava guardingo, sempre diffidente. Sembrava un gatto con in bocca un uccellino, pronto a non farselo portare  via da nessuno. In quel caso io ero l'uomo, che guardava l'uccellino sanguinante e cercava di imporre al gatto di lasciarlo andare, poiché lo stava torturando. -Che vuoi da me? Perché non mi lasci stare?- mi domandò avvicinandosi un poco. Mi venne da sorridere.
Cosa tentava di fare, con quell'aria minacciosa?!.

-Perché se fossi un minimo responsabile capiresti che stai sbagliando, e che-
-Chi sei tu per dirmi queste cose?- gridò interrompendomi -Sei Dio? Non mi sembra, allora stai al tuo posto e lasciami in pace... non mi impedirai di stare qui!- si era avvicinato ancora di più e agitava le mani come se stesse per toccarmi.
Lo guardai con severità e feci un passo indietro.
-Smettila di essere così aggressivo, dovresti vergognarti di quello che stai facendo e delle menzogne che dici.
 Sappiamo entrambi che non vuoi veramente il bene di Vienna, la stai solo usando-  lui scuoteva la testa ridendo, come un pazzo.
Che comportamento strano stava assumento. Non riuscivo bene a capire come fosse arrivato a quel punto.
-Tu sei un vecchio, cosa ne vuoi sapere di quello che io provo per lei? - mi domandò girandosi e dandomi le spalle.
La sua stoltezza mi spiazzava, ogni singola parola che diceva, aveva una punta di accentuata idiozia, caratteristica che un anima non doveva avere.

-Dici che vuoi diventare umano, reale.. ma mi sembra tu abbia perso tutta l'umanità che prima avevi. Una persona con un minimo di sensibilità se ne andrebbe per sempre e lascerebbe che le ferite di Vienna si rimarginassero. Non lo capisci? Il destino è stato già abbastanza crudele con lei, non vuoi rendertene conto o sei così accecato dal desiderio che non puoi vedere come stanno le cose?- stavo cominciando a sentire una strana forza dentro di me. Una luce si era accesa da qualche parte nel mio petto e un certo calore mi era arrivato sino alle dita dei piedi.
Dorian mi si era avvicinato ancora, questa volta senza parlare.
Potevo vedere come gli tremassero le labbra, come se stesse per dire o fare qualcosa che richiedesse sforzo.
Se credevo che non potesse toccarmi mi sbagliavo, infatti mi diede una spinta che mi fece retrocedere di qualche centimetro.
Rimasi molto stupito da quel suo gesto, infatti dischiusi la bocca e lo guardai con incredulità.
Non pensavo potesse arrivare a tanto.

-Stai zitto, non hai alcun diritto di giudicarmi- sussurrò il biondo. Non mi era mai capitata una simile situazione. Era possibile?
Non era giusto come mi stava trattanto, chi era lui per agire in quel modo?! Prima con Vienna e adesso con me!
Dorian non era più salvabile, tutto quello che diceva o pensava era sporcato dall'arroganza e dalla consapevolezza di poter essere
più che un'anima. Aveva compreso i piaceri degli umani e voleva far parte del mondo degli adulti... più grande e misterioso
di quello dei bambini. Che possibilità avevo ormai di fargli cambiare idea?

-Va bene Dorian, siamo arrivati al capolinea... ora è il momento che qualcun'altro intervenga al posto mio. Sei andato troppo oltre-
l'unica soluzione era riportare l'accaduto ai miei superiori, che avrebbero sicuramente aggiustato il giocattolo oppure, se ormai troppo rotto, lo avrebbero buttato via. L'espressione sul viso di Dorian cambiò e un impeto feroce lo portò a scagliarsi contro di me, facendoci cadere sul letto.

Provò a darmi dei pugni sul viso e la sua forza, la sua rabbia, mi diede un impulso totalmente sbagliato, ma al tempo stesso giusto e appagante.
Quando riuscii a fermarlo e a scrollarmelo di dosso gli diedi uno schiaffo che riuscì a spaccargli il labbro.
Per quanto ero stato forte gli avevo fatto girare il viso a tre quarti e quando si voltò per guardarmi, totalmente sconvolto, vidi un rivolo di sangue rosso acceso che gli aveva macchiato anche la maglietta.

Non potevo credere di aver agito in quel modo verso un mio simile. Quando con il dorso della mano si andò a toccare la parte lesa,
lo sentii sussultare alla vista del liquido vermiglio che gli macchiava la pelle. Chissà che sensazione stava provando, dal suo viso non
riuscivo bene a decifrarla.
Dopo poco distolse lo sguardo dalla sua mano e lo rivolse a me, con uno strano sorriso che non scorderò mai.
Non era un sorriso normale, in quanto beffardo, inquietante e grottesco. Era un misto di eccitazione e paura al tempo stesso che mi provocava la comprensione del fatto che dietro quel sorriso c'era la mente di qualcuno che aveva perso se stesso. In quel momento la porta di casa si aprì e poi si richiuse.

Dorian non aveva smesso di guardarmi con quell'aria da pazzo.
Vienna aprì la porta di camera sua, e dopo aver osservato tutti e due, decise che fossi io a meritare il suo sguardo di disapprovazione.

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Capitolo 8
*** Vienna ***


Il pomeriggio in caffetteria l'avevo trascorso con serenità. Lorence aveva ragione, uscire mi aveva fatto bene, dovevo abituarmi gradualmente al mio ritorno alla realtà. Olivia inoltre, da brava amica, era riuscita a parlare con disinvoltura di tutto, tenendosi lontana dagli argomenti che avrebbero potuto recarmi sofferenze. Riuscì persino a farmi ridere.
Solamente all'inizio del nostro incontro fece una domanda stupida ma allo stesso tempo complessa che mi aveva spiazzata portandomi una leggera depressione: “Come stai”. 

Ne ero rimasta colpita come Lester Burnham in American Beauty. Ma la mia risposta purtroppo non era stata positiva come la sua. Non stavo “da Dio” anzi, mi sentivo malissimo. Se non pensavo ai miei sentimenti bensì a come trascorrevo le mie giornate non potevo lamentarmi.

Lorence e Dorian si prendevano cura di me, anche se l'ultimo mi stava creando non pochi conflitti interiori. Ma se mi concentravo davvero su come stavo, mi sentivo a pezzi. Nonostante il duro lavoro del mio amico immaginario ed i pensieri su Dorian che mi affollavano la mente, il mio cuore apparteneva ancora a Blaise, che lo straziava con tutta la sua bellezza che contenevo nei miei ricordi. Ad Olivia però non dissi tutto questo. 

Il mio cervello l'aveva pensato, distruggendomi, ma fui abbastanza saggia da ignorarlo, limitandomi a biascicare un “meglio” e poi a porle la stessa domanda. La mia amica rispose solare ma comprensiva e poi diede inizio a quella conversazione che mi permise di restare con un leggero sorriso fino all'arrivo a casa. 
La vista di Dorian e Lorence che litigavano poi stravolse tutto. 

Non appena notai il labbro sanguinante del primo capii che non avrei trovato la forza di prendermela con lui, anche se ero certa avesse provocato quello scontro. Mi venne infatti molto più facile arrabbiarmi con Lorence. 
Lui sarebbe dovuto essere quello maturo, rilfessivo e responsabile ed invece si era lasciato provocare come un bambino, diventando violento. Era la prima volta che vedevo quell'espressione sul suo volto e ne rimasi spaventata. Mi sentivo come se avessi perso il mio sostegno. 
-Vienna, sai che non è colpa mia. Non reagirei mai così se non per un buon motivo- 
-Un buon motivo? Hai fatto del male a un'altra persona!- 
-Starei sanguinando anche io se fossi come lui. Ma io non ho tradito la mia natura giocando coi sentimenti degli altri- sibilò Lorence lancianto un'occhiataccia a Dorian, ormai abbastanza lontano da lui. 
Io non capivo cosa volessero dire quelle parole ma non era la prima volta che vedevo e sentivo Lorence lamentarsi dei suoi comportamenti.

Sembrava fosse convinto che Dorian fingesse, che avesse dei secondi fini... 
Solo l'idea mi faceva star male ed il mio disagio venne subito percepito da Lorence. Del resto mi leggeva dentro e quindi sentiva anche che non avevo alcuna voglia d'ascoltarlo parlare male del ragazzo che mi aveva soccorso anni addietro. Sentiva che tenevo ancora molto a lui, anche se in modo diverso. 
E questo sembrava turbare Lorence ancora di più. I miei sentimenti lo ferivano tanto quanto stavano facendo con me le sue parole. In quel momento la nostra sintonia, il nostro solito rapporto equilibrato stava vacillando, voleva dire che Lorence non stava facendo bene il suo lavoro e dall'espressione che assunse in viso ne sembrava molto dispiaciuto. Avrei scommesso che fosse la prima volta che gli succedeva. 

-Vorrei restare da sola con Dorian- richiesi sapendo che il mio amico immaginario, consapevole delle ragioni sopra elencate, mi avrebbe capita. 

Lorence infatti non disse una parola e svanì nel nulla ancora una volta, lasciandomi da sola con quel ragazzo che conoscevo solo per metà. La metà dolce e spiritosa... quella beffarda e umana invece continuava ad essere per me un'incognita, ma in un certo senso mi attraeva sempre di più. 
Volevo capire cosa gli passasse per la testa, scoprire perché era cambiato così tanto... avrei potuto semplicemente chiederglielo ma avevo paura di porgli quelle domande. Si era sempre dimostrato gentile con me, anche quando mi confondeva, però temevo che potesse essere in qualche modo disturbato dalla mia curiosità e non volevo assolutamente rischiare d'infastidirlo. 

Non volevo che si allontanasse da me. Per qualche strana ragione, in quel momento più che mai, lo volevo vicino. Forse perché non vedevo più quella sicurezza in Lorence dopo la delusione provocatami, forse perché dopo essere uscita avevo capito d'aver bisogno di contatti più umani, o forse semplicemente perché Dorian mi stava facendo riscoprire quelle sensazioni che si hanno quando si comincia a trovare una persona interessante... quelle emozioni che non provavo da tantissimo tempo. 

Ma forse non ero pronta per tutto quello, per questo Lorence aveva paura. Saperlo ed il costante alone di mistero che girava attorno alla figura di Dorian, adesso mi portavano ad essere distaccata, diffidente. 
-Voglio che mi racconti cosa è successo- dissi restando lontana da lui, senza quasi guardarlo. Quell'atteggiamento rese il mio imperativo molto debole, ma Dorian rispose ugualmente. 

-Dopo che ti sei addormentata, sono rimasto sveglio a guardarti e per un momento sono stato tentato di baciarti ancora.
Ma non sapendo se poi sarei riuscito a fermarmi, sono uscito a schiarirmi le idee. Quando sono rientrato al tuo posto c'era Lorence che ha subito cominciato a criticare I miei comportamenti- 
Dorian rimase un attimo in silenzio e finalmente lo guardai, incrociando I suoi occhi lucidi. 

-Non so se l'hai notato ma lui crede che tutto quello che faccio sia sbagliato. È convinto che io ti voglia stare vicino perché... non so neanche io esattamente quello che pensa. Fatto sta che ha cominciato a parlarmi come se fossi un bambino intenzionato solo a ferirti. E invece non ha capito niente. La verità è che da quando mi hai ricordato ho scoperto dei nuovi sentimenti e delle nuove sensazioni che mi stanno rendendo umano. Lorence, in quanto anima, non può capire come mi sento ed è per questo che cerca sempre di allontanarmi da te.

Ed è per questo che io l'ho attaccato, perché mi sentivo impotente con le parole!- 
Sentivo che stava dicendo la verità e sapevo cosa significava sentirsi con le spalle al muro, incapaci d'esprimersi. 
Dopo un sospiro Dorian riprese a parlare. 

-Ho cominciato a spingerlo e lui ha subito reagito, afferrandomi per la maglietta. A quel punto ho cercato di liberarmi dalla sua presa ed abbiamo iniziato a colpirci l'un l'altro. Qualche minuto prima che tu rientrassi, lui ha perso il controllo e mi ha dato uno schiaffo. Ed ecco il risultato- disse con un mezzo sorriso ed indicandosi il labbro inferiore. 
Lo guardai per un attimo, sorridendo anche io, senza sapere cosa dire. Le sue parole mi avevano toccata nel profondo e quel piccolo gesto finale era l'unica cosa che mi permetteva di distogliere l'attenzione da quei sentimenti che mi facevano sentire a disagio.

Ma non potevo restare immobile e in silenzio dopo tutto quel discorso, dopo che mi aveva aperto il suo cuore in quel modo. 
Presi la sua mano, accarezzandola, per dirgli che lo capivo, che gli credevo... e lui mi rivolse quegli occhi ghiacciati ma ugualmente capaci di scaldarmi. 
Per un attimo mi sembrò di non capire più niente, percepivo solo il mio sguardo appannato sulla sua bocca, che si avvicinava lentamente. 

Cominciai a tremare un poco, come quando le sue labbra avevano toccato le mie per la prima volta; forse mi aspettavo stesse per accadere nuovamente. 
Invece Dorian mi sorprese, lasciando la tensione di quel bacio nell'aria mentre la sua bocca si posava sul mio collo, baciandolo con delicatezza e bagnandolo appena. Le sue mani passarono dalle mie ai fianchi, su cui fece una leggera pressione per stendermi sul letto, dove si sedette poco dopo, guardandomi finalmente negli occhi. Il suo viso era arrossato ed I suoi occhi brillavano leggermente.

Mi sorrise come solo lui sapeva fare, io gli accarezzai una guancia, restando sdraiata, e allora si abbassò verso di me, donandomi finalmente quel bacio che mi aveva promesso. Provai improvvisamente un gran caldo, desiderando quasi di togliermi i vestiti che avevo indosso. Fu Dorian invece ad alzare il busto per sfilarsi la maglietta, rimanendovi però intrappolato. Nel vedere la sua testa che cercava di liberarsi dalla stoffa mi sfuggì una risatina affettuosa.

Era così impacciato e sicuro allo stesso tempo, come se la sua inesperienza venisse compensata dal desiderio, dalla voglia di stare con me. Mi tirai su per dargli una mano e potei finalmente rivedere quel viso bellissimo, un po' imbarazzato. Dorian distolse lo sguardo, baciandomi con amore la tempia e poi si accovacciò sul mio petto, facendomi nuovamente sdraiare.

Il mio cuore era a mille ma lui sembrava non accorgersene, troppo preso a criticarsi mentalmente per la figuraccia che era convinto d'aver appena fatto. All'improvviso sentii che dovevo fargli capire che mi piaceva davvero, così com'era, e mi misi su un fianco in modo da portare Dorian all'altezza del mio viso, per poi baciarlo. Nel momento in cui le nostre lingue s'incontrarono il volto di Blaise apparve nella mia mente, un po' sfocato ma ugualmente riconoscibile.

Mi scansai da Dorian, con cautela, per non fargli capire che c'era qualcosa che non andava... ma lui lo intuì. Mi guardava, come se stesse per chiedermi che avevo, eppure rimase in silenzio, aspettando una mia reazione di qualunque tipo. E più mi studiava in quel modo, più io non sapevo cosa fare.

Ma dopotutto Blaise era morto ed io ancora molto giovane... se non trovavo a quest'età la forza di andare avanti, quando mai l'avrei potuta trovare? Se non imparavo in quel momento a reagire, come avrei potuto sopravvivere ad altri dolori futuri?

Baciai nuovamente Dorian, questa volta con più passione, salendo io sopra di lui, prendendo ancora l'iniziativa, con convinzione. Le sue mani stringevano il mio corpo mentre si nascondeva con la testa tra I miei capelli, baciando la clavicola che scoprì velocemente sfilandomi il maglione.
Poi la situazione si invertì ancora una volta, con Dorian sopra di me che passava le labbra dall'attaccatura dell'orecchio alla mia bocca mentre io gli accarezzavo i capelli, lasciandoli solo quando scese più in basso, per baciarmi la parte del seno non coperta dalla biancheria. Più andavamo avanti e più lo vedevo imparare velocemente, portandomi a desiderarlo con maggiore intensità.

I suoi baci erano diventati caldi e decisi... mi stregavano. Avvicinai di più I nostri corpi, sentendo I suoi jeans duri scontrarsi coi miei e la passione aumentare. Era tutto così assurdo. Io ed il mio ex amico immaginario sdraiati sul letto, mezzi nudi ed appiccicati mentre ci baciavamo. E pensare che quando l'avevo conosciuto non sapevo neanche come nascono I bambini! Ma probabilmente all'epoca ne era all'oscuro anche Dorian. In un certo senso stavamo imparando insieme a vivere: lui scoprendo sensazioni umane ed io uscendo dalla depressione in cui ero precipitata. Nonostante non fosse più un'anima e non avese alcun obbligo nei miei confronti, Dorian fino a quel momento era riuscito a starmi vicino e ad aiutarmi meglio di Lorence. 
E di questo gli sarei stata grata per sempre. 
 
Le labbra di Dorian erano ancora passionalmente legate alle mie quando decise di sollevare il volto.
Mi guardò intesamente per un attimo e poi riprese a chinarsi verso di me, lentamente.
I nostri nasi si sfiorarono, poi toccarono ed io stavo già assaporando il bacio che ne sarebbe scaturito.
Ma lui mi sorprese ancora una volta, irrigidendosi ed allontanandosi leggermente.
Questa volta fui io a guardarlo a lungo, con profondità, e notai in Dorian qualcosa di diverso.
Era come se si fosse accessa una luce invisibile dentro di lui, ma che al tempo stesso lo illuminava di una bellezza maggiore. Sembrava più ricco di passione più... presente.

Mi chiedevo cosa stesse pensando in quel momento, quali sensazioni stessero provocando quell'espressione così incomprensibile ed eccitante.
Ma probabilmente io ero come lui: presa da quel momento che mi stava facendo cambiare, crescere.
Tentai di riavvicinare la mia bocca alla sua ma le parole che quella pronunciò mi fermarono. 

-Sento che è scattato qualcosa dentro di me... e non voglio renderne Lorence partecipe-
Anuii con sguardo malinconico, anche se ero molto confusa, e Dorian mi accarezzò la guancia mentre sussurrava un “grazie”.

Poi con un bacio sulla fronte si alzò dal letto e uscì dalla mia camera, aprendo la porta e sparendo dalla mia vista.

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Capitolo 9
*** Lorence ***


Il primo problema si era risolto. Sentii che Vienna era turbata e decisi di riapparire.
Alla mia vista lei cercò di ricomporsi, scusandosi per essersi dimenticata che io potevo vedere tutto quello che loro stavano facendo.
Questa volta non avevo voluto guardare, ma grazie ai ricordi vividi di Vienna tutte le immagini mi bombardarono dentro senza pietà.
Le andai vicino e mi sedetti al bordo del letto ancora una volta stropicciato.
Lei si grattò una gamba e abbassò lo sguardo.

Era abbastanza imbarazzata. La sentivo pensare a quando Dorian sarebbe ritornato, per continuare quello che avevano iniziato.
Aveva molta voglia di andare fino in fondo con lui. Poi però mi guardò ancora una volta con aria colpevole, già, potevo anche leggerle nella mente. Sorrisi e le carezzai una guancia. -Non preoccuparti, non è quello il problema...- sussurrai guardandola dritto negli occhi.
Lei sembrava non aver afferrato il concetto, non capiva quale altro potesse essere.
Poi ricordò che Dorian non mi piaceva, che gli avevo dato uno schiaffo e che non aveva sentito la mia versione dei fatti.

Pensò che era arrivato il momento di parlarne. -È così sbagliato che io voglia essere felice?- chiese alzandosi dal letto e mettendo a posto le scarpe che prima aveva buttato per terra. Mi alzai anche io, aiutandola, così che l’atmosfera si alleggerisse un po'.
-Il problema è che Dorian non può darti quello che vuoi, non puoi raggiungere la felicità con lui- le dissi prendendole le mani, dopo aver richiuso nell’armadio alcuni indumenti. Vienna sembrava esasperata.
-Perché mi dici queste cose? Che ne sai?!- non voleva fermarsi a ragionare, o forse era semplicemente troppo ingenua per poter pensare a quello che sapevo io. Cercò di lasciare la mia presa ma io la rafforzai, guardandola ancora ma con più intensità.

-Dimmi… tu sei sicura, il tuo cuore ti dice che devi scegliere lui?- chiesi non mollando per un istante i suoi occhi.
Dovevo farla riflettere, dentro di sé c’erano tutte le risposte che io richiamavo, doveva solo imparare a farle uscire.
A quel punto mi guardò con estrema diffidenza, per poi addolcirsi. Il suo cuore prese a battere leggermente più veloce.
Non parlava e mi guardava con serietà. Aspettai una risposta e invece mi rivolse una domanda.

-E quale sarebbe l’alternativa per stare bene?- Perfetto. Piano piano ce la stavo facendo arrivare e sentivo che il pensiero di Dorian si affievoliva fino a scomparire completamente dalla sua mente. Le lasciai le mani e mi girai verso il muro con cautela, concentrandomi su come dire le parole giuste senza sembrare superficiale. -Prima devi imparare ad amare te stessa… poi potrai avere chi vuoi con te- Solo in quel momento notai che nel muro vicino alla porta erano attaccate delle foto di Vienna con Blaise e altri amici.
Mi voltai per osservarle tutte. Probabilmente quelli erano stati i momenti più belli per lei.

Quei sorrisi e quegli sguardi dovevano tornare nel suo animo, portarla in alto e farla rivivere.
-Qualcuno che ti guardi con i miei occhi, che sappia leggerti dentro e vedere che lì sei ancora più bella che fuori, qualcuno in grado di capirti...- Lei mi abbracciò da dietro e il suo profumo mi avvolse delicatamente. Mi fu impossibile non sorridere per quello che le ronzava in testa.
Si domandò cosa sarebbe successo se io fossi stato un uomo reale, che potesse baciarla e stare con lei tutta la vita.

Mi immaginò al posto di Dorian e poi si chiese come sarebbe stata la nostra vita insieme se io le avessi per sempre potuto leggere i pensieri. A un tratto quelle immagini sfumarono, capiva che io ero quello di cui aveva bisogno, ma non quello che voleva.
Non era sicura però di cos’era o chi era quello che voleva. -Non penso che tornerà- sussurrai riferendomi a Dorian.
La presa di Vienna si fece leggermente meno stretta e quindi mi girai, per guardare quel bellissimo viso.
Non stava piangendo, come avevo temuto, era solo pensierosa. -E perché?- domandò appoggiando la testa al mio petto.

-Credo desiderasse ardentemente il tuo più grande sentimento... così da potersi sentire completo-
Posso affermare con sicurezza che non si sentiva triste, si rendeva conto di averlo perso per sempre ma non avrebbe pianto per lui.
Fu difficile per me capire come avesse potuto scacciarlo dalla testa in così poco tempo.
Frugai un po’ nella sua mente e captai diversi ricordi, momenti di passione e divertimento.
In quei momenti non c’era il biondo, bensì vi erano vari ragazzi del liceo con cui lei aveva passato giornate felici.

Poi vidi il viso sorridente di Blaise, che le soffiava sul collo dopo averle fatto un succhiotto.
Vedevo Vienna pervasa dai brividi e dall’ardente passione che sentiva quando il moro le stava vicino.
-Come va con lui?- Blaise popolava ogni sua notte, molto spesso Vienna si ricordava i sogni che faceva e lui non se ne andava quasi mai dalla sua testa. Solo quei momenti passati con Dorian avevano messo da parte il suo vero amore, permettendole di superare la sofferenza che prima quei ricordi portavano. Adesso però le stava rientrando nella mente come se non se ne fossero mai veramente andati.

Blaise era solo stato oscurato, e in quel momento era più luminoso che mai. -Lui è per sempre qui- affermò con voce roca ma serena. Ovviamente ne sentiva la mancanza ma aveva cominciato a convivere con la sua perdita fisica.
-Non è mai andato via, nemmeno quando pensavo che invece qualcuno potesse prendere il suo posto-
Aveva completamente capito quello che cercavo di suggerirle. Ora nella sua testa c’era uno spazio chiaro, fatto di vento e brezza marina, montagna... una bicicletta e del gelato alla menta. I desideri si scatenarono a gran velocità come coriandoli lanciati al cielo.
Stava rinascendo e permettendo al suo cuore di levare quella camicia di forza che la teneva legata all’oscurità.

Il cervello umano cambia, muta e si evolve. Bastava qualcosa o qualcuno per far scattare in lei il grilletto che ora stava sparando nuove idee e sensazioni di rinascita.

-Voglio qualcosa di freddo, lo so che non è estate ma... - cominciò sorridendomi.
-Un gelato alla menta per te, e per me il tuo viso raggiante- aggiunsi io, riprendendo le scarpe chiuse nel ripostiglio.

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Capitolo 10
*** Dorian / Vienna ***


Dorian

 

Mentre baciavo Vienna avevo sentito il mio corpo più vivo e lei era pronta a concedersi completamente. Poteva voler dire solo una cosa: ero diventato umano. Avrei potuto fare la mia prima esperienza con lei, dopotutto l'avevo sempre trovata una bella ragazza, ma non mi sembrava giusto nei suoi confronti. Così uscii da quella casa con l'intenzione di non tornarci mai più.

Feci qualche passo e subito incrociai lo sguardo di una ragazza, e poi quello di un'altra, e di un'altra ancora... la mia camminata sicura, il mio viso lineare e quel sorriso beffardo che Lorence insultava tanto sembravano fare colpo.

 

Una carica ancora più forte mi pervase e mi abbandonai a quel gioco di sguardi e flirt.

Finalmente ero reale, la mia presenza non passava affatto inosservata e potevo toccare una donna senza spaventarla. E dalle occhiate che mi lanciavano sembrava che se l'avessi fatto avrebbero provato sensazioni più che piacevoli. Inoltre con Vienna mi era venuto tutto molto naturale, non sembrava difficile fare il carino con una ragazza e baciarla come si deve. Era come se fosse qualcosa che già sapevo fare, avevo solo bisogno d'un veloce ripasso e poi partivo in quarta. Speravo quindi di trovare una ragazza discreta con la quale concludere quel che avevo iniziato con Vienna, in modo da essere poi completamente pronto per l'arrivo di una donna stupenda.

 

Entrai in un locale dove si ballava, sapevo che era abbastanza tipico rimorchiare lì. Vidi tutte quelle ragazze in vestitini e trampoli che sculettavano e si strusciavano sul primo che si incollava dietro di loro e provai disgusto: sembrava una danza d'accoppiamento tra animali tribali. Preferii sedermi su un divanetto, adocchiarne una ed aspettare venisse lei da me, notando il mio sguardo. Passò poco tempo prima che una di quelle danzatrici prendesse l'iniziativa e dopo qualche parola di poco conto iniziammo a baciarci. Quando videro che stavamo andando un po' oltre, i buttafuori ci cacciarono dal locale, urlandoci di prendere una stanza. Risi divertito mentre la sconosciuta faceva lo stesso e poi riprendemmo a baciarci, nascondendoci in un bosco dove cominciai a scoparmela contro un albero.

 

Fu eccitante e dannatamente bello perdermi con lo sguardo sul suo petto sudato e sulle sue espressioni di godimento. L'unica cosa che non avevo apprezzato era stato quando mi aveva costretto ad indossare un affare strano che solo in futuro scoprii essere un preservativo. Le sono indescrivibilmente grato per quello: avrei potuto beccarmi chissà quale malattia o persino diventare padre! Quando finimmo riallacciai i pantaloni e le dissi addio, più felice che mai. Il destino volle che mentre camminavo per un parco rincontrai la mia “dea”. Quella donna bellissima, la più affascinante che avessi mai visto, stava portando a spasso il cane come il primo giorno in cui era iniziata la mia scalata verso l'umanizzazione.

 

Nonostante quel giorno non portasse un vestitino, la maglietta leggermente scollata ed i pantaloni stretti rendevano più che giustizia alle sue forme. Adesso che sapevo cosa voleva dire baciare, trovare quelle labbra ancora più sexy. Mi feci coraggio, avvicinandomi a lei con la scusa del cane. -Cucciolo!- esclamai quando quello si voltò verso di me, scodinzolando al suono della mia voce -Ma quanto sei bello- continuai quando sia io che l'animale ci fummo avvicinanti abbastanza l'un l'altro da permettermi di accarezzarlo. -Se ti piace tanto posso regalarti uno dei suoi cuccioli- disse la donna -Zoppica un po' e quindi non l'ha voluto nessuno, ma è molto dolce e bisognoso d'affetto. Io però non posso terne due in casa- mi spiegò facendomi sentire la sua voce, così dolce ed eccitante.

-In realtà sono appena arrivato, sto in albergo. Se riuscissi a trovare casa mi farebbe molto piacere aiutare un cagnolino in difficoltà. Mi chiamo Dorian, comunque- Tesi la mano per presentarmi e lei la strinse. -Nadia-

 

Nadia... lo disse con sensualità e guardandomi intensamente, come se volesse mandarmi un messaggio che ovviamente colsi al volo. -Senti, anche se non ho ancora dove tenerlo, mi piacerebbe vederlo questo cane. È a casa tua, giusto?- In poche parole mi stavo auto-invitando, sperando di ricevere le coccole non solo del cucciolo. Nadia sorrise annuendo e mi disse di seguirla.

Lo feci ed in breve tempo raggiungemmo il suo appartamento, bello come lo ricordavo.

-Lui è qui- disse chinandosi verso una cuccia per prendere il cagnolino in braccio. Ma a me non importava niente di quello stupido animale e mi piegai verso di lei, per catturare la sua attenzione sfiorandole la spalla. Nadia sussultò e come se si fosse dimenticata del cane, si girò di scatto e si alzò in piedi. Mi guardò in modo strano, stringendo gli occhi come se si stesse sforzando a ricordare qualcosa mentre mi scrutava da cima a fondo. Cominciò a girarmi intorno e per quanto fossi certo le piacesse quel che stava vedendo, mi sentivo a disagio studiato in quel modo.

 

-Ma ci siamo già visti? Ad essere sincera non ti ricordo minimamente, senza offesa, però il tuo tocco...- Sospirai. Evidentemente in qualche modo le erano rimaste impresse le mie dita sulla sua schiena nuda e bagnata, quella volta nella doccia. Non ero stato in grado di resistere alla sua pelle insaponata e se per colpa di quello stupido errore me la fossi fatta sfuggire, terrorizzata, non me lo sarei mai perdonato. -Forse siamo stati insieme in una vita precedente- ridacchiai.

-Non credo in queste cose- rispose seria.

-Non ci credevo neanche io- dissi avvicinandomi a lei. Provai a baciarla, copiando la scena di qualche film che probabilmente avevo visto, ma le cose non andarono come previsto.

-Ti ho portato qui per il cane...- sussurrò allontanandosi e arrossendo.

 

-Io sono venuto qui per te. Non farò il romanticone sdolcinato, non voglio prendere in giro nessuno. Quindi sarò sincero. Non ti conosco e quel poco di dolcezza che ho visto potrebbe anche nascondere il carattere di una stronza infame, ma non mi interessa. Non ti sto chiedendo di uscire insieme, di sposarmi... voglio solo stare con te. Un minuto, un'ora, un giorno, un anno... quel che sarà sarà. L'unica certezza che ho è questa: giorni fa ti ho vista, bella come adesso e più di qualunque altro essere vivente. Non potevo parlarti e non ti ho più pensata ma quando oggi ti ho rivista mi sono detto: che diamine, Dorian, cosa aspetti! E mi sono buttato. Scusa se ti ho fatto perdere tempo ma io voglio usare bene il mio-

 

Nadia non mi toglieva gli occhi di dosso ma dalla sua espressione non riuscivo a capire cosa pensasse. -Tu sei un bel ragazzo, pieno di vita ed apprezzo molto la tua sincerità, è una dote che sta scomparendo a causa della convinzione di molti uomini che sia meglio mentire per ottenere quel che si vuole. Mi dà un po' fastidio questo tuo atteggiamento sicuro, ma in qualche modo riesci comunque a farmi sentire speciale. Facciamo così. Ti porto a cena fuori-

Sorrisi soddisfatto e dopo aver dato un'occhiata al cane per educazione, uscii insieme a lei per raggiungere un ristorante. Mangiammo e parlammo, facendomi sentire un re.

Ero così felice della bontà del cibo, della piacevolezza della nostra conversazione e la mia ignoranza sul mondo sembrava affascinare Nadia, felice del mio stupore anche per le piccole cose. Pagò lei e mi accompagnò in albergo: sembrava odiare i tipici cliché in cui l'uomo deve fare il galante e questo spiegava il perché non avesse apprezzato in pieno la mia “dichiarazione”.

 

In ogni caso avevo ottenuto quello che volevo, più un bacio sulle labbra come augurio della buona notte. Io e Nadia uscimmo un altro paio di volte. Ci baciammo come si deve al secondo appuntamento e facemmo l'amore al terzo. Iniziammo così ad avere una vera e propria relazione. Non ero innamorato ma stare con lei mi metteva di buon umore ed era così bella che non potevo desiderare di meglio. Grazie a lei scoprii sempre più cose sulla vita, curiosità, posti, emozioni... era interessante e diventava divertente quando per spezzare i momenti di serietà, dolcezza e passione, giocavamo a rincorrerci o solleticarci.

 

Una volta giocammo anche a nascondino, in due ancora più demenziale, e corsi verso la tana per salvare la mia vita. Inciampai su un sasso nascosto dall'erba alta e precipitai in un fosso. Fu così che morii, ritrovandomi in Purgatorio a scontare una pena lunghissima per qualcosa di grave che avevo fatto in passato. Una volta arrivato in Paradiso mi ricordai di cosa si trattava e forse non dovrei essere qui... non sono affatto pentito!

 

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Vienna

 

Per la prima volta io e Lorence uscimmo insieme e andammo in un luogo pubblico.

Quando ero piccola usavo uscire spesso con Dorian, e il fatto che ci fosse lui con me faceva sì che io potessi divertirmi costantemente e non sentirmi sola. Sopratutto perché spesso all'asilo gli altri bambini non giocavano con me. Ora nella mia testa, Dorian era tornato come a quei tempi.. solo una figura importante a cui avrei sempre voluto bene.

 

Camminammo verso un bar che stava dietro al parco e c'erano molti ragazzi e ragazze che avevano in mano tazze di cioccolata oppure crêpes alla nutella. Cibi caldi insomma.

Quando chiesi un gelato al commesso, nei suoi occhi intravidi un pizzico di incredulità, gli sembrava strano che all'inizio dell'inverno qualcuno chiedesse della crema fredda.

Mentre prendevo in mano la mia ordinazione un bambino trapassò Lorence ed io scoppiai a ridere. La madre del piccolo mi guardò con aria interrogativa, allora mi girai e andai a sedermi sul divano a dondolo che stava un po' più lontano dagli altri tavoli. Lorence mi seguì e si sedette vicino a me.

 

Dovevo parlare a bassa voce altrimenti se qualcuno fosse passato mi avrebbe preso per matta. -Buono? - mi domandò il mio amico, alludendo al gelato alla menta. Annuii con convinzione, leccando una goccia che stava per cadere. Ero solita leccare i bordi e mai addentare la cima perché avevo paura di sporcarmi: me lo aveva insegnato Dorian.

 

Era strana quella giornata. Era come se sapessi che stava per accadere qualche cosa di brutto ma quella sensazioni non diminuiva la mia calma. Ero stata deteriorata in passato ma in quel momento mi sentivo completamente tranquilla, nascosta da tutti i miei pensieri. Lorence mi aiutava a far dondolare il divano e un po' di vento mi scompigliò i capelli.

-Sono contento che siamo arrivati a questo punto, speravo che ti rialzassi da questa situazione- disse mettendomi un braccio intorno alle spalle. Anche essendo una specie di fantasma, riusciva a darmi moltissimo calore. Quel tepore mi colorò un poco le guance fredde e sorrisi avvicinandomi di più a lui con le gambe, così che anche loro fossero più al caldo.

 

Aveva ragione, mi ero rialzata e ne ero molto contenta anche io.

-Sei stato bravissimo- sussurrai. -Non è merito mio, sei stata tu a volerlo-

Già. Ero stata io a volermi risollevare da quel buco nero in cui ero precipitata.

-Però la presenza Dorian non è stata totalmente inutile... anzi mi ha aiutato anche lui, devi ammetterlo- gli dissi mandandogli uno sguardo allusivo. Lorence sorrise e annuì, alzando gli occhi al cielo. Chissà a cosa stava pensando.

-Tu sai dov'è ora?- gli chiesi cominciando a mordicchiare il cono al biscotto.

-Credo che stia cominciando a vivere la sua vita- disse muovendo i piedi avanti e indietro.

 

Ero stranamente contenta per lui, alla fine il fatto che avessi provato un sentimento così grande gli era servito a fin di bene. Anche se poi era scappato così. Probabilmente salutarmi come si deve gli avrebbe fatto venire dei ripensamenti sconvenienti. Lorence mi guardò con dolcezza e dopo aver depositato un bacio sulla mia guancia, disse -Io devo andare ora- il tono della sua voce non trasmetteva tristezza, era come un saluto più che altro.

Come se l'indomani lo avrei trovato sdraiato vicino a me o a prepararmi la colazione, come al solito.

 

Quattro parole che mi colpirono alla sprovvista, non avevo pensato al suo abbandono... o meglio, al fatto che non ci fossi solo io da curare. Probabilmente dato che non rispondevo, aggiunse

-Sai, ora mai tu hai ritrovato la tua strada e sento che qualcuno messo anche peggio potrebbe avere bisogno di me- il suo braccio restava sulla mia spalla e anche lui rimaneva calmo e tranquillo, Lorence non aveva mai fretta. La verità era che non sapevo cosa dire, cominciai a credere di non essere pronta per il suo allontanamento.

 

-Mi ricorderò di te?- chiesi dopo essermi un po' schiarita la voce. Quando avevo nove anni era più facile credere a quello che Dorian mi aveva detto: “ti dimenticherai di me come io di te”, be', in quel momento sentivo che sarebbe stato impossibile dimenticarmi di Lorence e dell'enorme sostegno che mi aveva dato. E poi gli volevo bene, non potevo scordarmi di lui per sempre.

Lorence scosse la testa. -E' la regola, tu mi dimenticherai e io dimenticherò te. Non potrebbe essere altrimenti, io resterai legato a troppe persone, incapace così di aiutarne delle altre, e tu potresti venir presa per pazza se ne parlassi con qualcuno-

 

-Ma non lo direi a nessuno!- esclamai. La frase suonò più o meno come una supplica.

Lorence rise e mi carezzò i capelli con gentilezza, facendo piccoli cerchi e provocandomi dei brividi. -Non dipende da me. Comunque se può farti stare meglio... ti dirò qualcosa che non ho rivelato mai a nessuno. Un giorno ci ricorderemo l'uno dell'altra e se saremo fortunati ci incontreremo di nuovo- Rimasi in silenzio confusa e qualcosa nel mio viso fece sorridere Lorence, che continuò -Tu non lo sai ma anche noi amici immaginari siamo stati esseri umani e abbiamo avuto una vita.. semplicemente l'abbiamo dimenticata non appena siamo morti. Sono pochi quelli che vanno direttamente all'Inferno o in Paradiso, tutti gli altri vanno in Purgatorio ed in base a quanti peccati hanno commesso devono trascorrervi più tempo, redimendosi andando in soccorso di chi è ancora in vita. Ovviamente può capitare che si ha una pena talmente breve che non si riesce neanche ad essere chiamati una volta. Io invece lavoro da parecchio, probabilmente non ero un santo in passato- ridacchiò. -Comunque sia, un giorno raggiungerò il Paradiso, completamente libero dai miei peccati di cui finalmente mi ricorderò. Ed il giorno che anche tu arriverai lì ti ricorderai di me. Io invece mi ricorderò di te prima, ovvero quando morirai.

E puoi star certa che attenderò con ansia il giorno in cui uscirai dal Purgatorio, sperando di rivederti-

 

Era così eccitante tutto quello che mi aveva confessato, cento idee mi vennero in mente e tante domande mi sorsero e avevo voglia di chiedergli moltissime cose sul paradiso e su .. Dio.

Ma dovevo tornare con i piedi perterra, sembrava come se volesse distrarmi.

-Tutto questo è molto interessante... ma io non voglio scordarmi di te! Dico davvero, Lorence-

la malinconia cominciava a pervadermi ed il mio migliore amico mi guardava impotente.

Non mi andava giù che dovevo scordarmi di lui per tutta la vita!

 

-Spero di morire da vecchia ma così sarà troppo il tempo che passerà! Vorrei conservare qualcosa di tuo- Lorence mi fissava con intensità ma non sembrava riuscire a trovare una soluzione al mio problema. Nel frattempo avevo finito il cono, rendendo libero il fazzoletto con cui lo reggevo e poiché non mi era neanche sporcata la bocca non era servito a nulla.

Fu così che Lorence lo prese dalle mie mani e dopo aver fatto apparire una penna, scrisse il suo nome in stampatello: LORENCE.

Io lo guardai curiosa e poi ribattei -Che senso ha la tua firma se fra poco nemmeno ricorderò a chi appartiene questo nome?- Lorence sorrise e scrisse anche: ti amerò per sempre.

 

Lo guardai sbuffando. Quella scritta non sarebbe servita niente, era come se volesse darmi il contentino. -È l'unica cosa che può rimanerti di me, prendere o lasciare- Era carino da parte sua andarmi in contro in qualche modo, ma sapeva benissimo che con la sua scomparsa si sarebbero volatilizzate anche quelle parole, perchè non poteva rischiare che mi ricordassi di lui, come era successo con Dorian. Ma io quello non lo potevo sapere e così credetti che almeno quel biglietto avrebbe potuto indurmi a ricordarlo. Mi diede un leggero bacio sulle labbra e ad un battito di ciglia già non c'era più. Ricordo che mi alzai dal divano a dondolo con ancora il tepore sulle guance e mi avviai verso casa. Mi accorsi del fazzoletto ormai bianco che tenevo in mano e, trovandolo inutile, lo buttai a terra. Da quel momento la mia vita era ricominciata da zero. Non ci furono più incidenti e disgrazie, mi iscrissi all'università e lavorai come astrofisica, quello che avrebbe voluto diventare Matt. A scuola incontrai molte altre persone e conobbi l'uomo della mia vita.

Morii a ottantatré anni e, dopo qualche anno in Purgatorio, ricordai tutto nuovamente .

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