Dal Presente all'antico Egitto

di AyakoChan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dal presente all’antico Egitto:

 

Kagome era appena ritornata nella sua epoca, per prepararsi agli esami della terza media che minacciavano costantemente la sua serenità. Doveva prepararsi bene e prendere un voto alto, ma si rendeva conto che era molto svantaggiata rispetto ai suoi compagni per le numerose assenza fatte. Mentre faceva di corsa il tragitto verso casa continuava a pensare, demoralizzandosi sempre di più e iniziando a rassegnarsi all’idea di essere magari bocciata.

Appena arrivata all’ingresso del tanto odiato edificio intravide le sue tre amiche Yuka, Eri e Ayumi. Quindi si avvicinò e le salutò cordialmente.

“Da quanto tempo Kagome! Sei guarita dal Colpo della Strega? Eravamo talmente preoccupate!”

Maledizione al nonno e alle sue strambe malattie! Ogni volta la metteva in difficoltà raccontando in giro tutte queste bugie. Ma la cosa più incredibile era che tutti ci credevano!

“E-emh si, grazie per l’interessamento” rispose la ragazza, cercando di essere più convincente possibile. Mentire non era proprio il suo forte.

“Scusate ragazze, ma come mai la scuola non apre e siamo tutti fuori? Se arriviamo in ritardo non riusciremo a fare l’esame in tempo”

“Kagome, tu ieri sei mancata e non sei aggiornata sulle attività scolastiche. Oggi a scuola c’è una vendita di beneficenza e i primi esami che dovremo sostenere sono tutti rimandati, ma ancora non si sa a quando”

Che sfortuna, decisamente non stava andando tutto come sperava la ragazza. Lei era venuta solo per sostenere l’esame e adesso sarebbe ritornata immediatamente all’Epoca Sengoku, altrimenti poi chi avrebbe sentito Inuyasha e le sue sgrida? Però lui non sapeva del rinvio dell’esame quindi… poteva concedersi una meritata giornata di relax!

 

Aperti i cancelli, tutti gli studenti iniziarono a correre a destra e a sinistra, curiosando fra le varie bancarelle allestite piene di oggetti. Ve ne erano di ogni genere, da quella che vendeva oggetti particolari a quella che vendeva vestiti e torte caratteristiche dei paesi vicini. Fu un vero paradiso per tutte le ragazze, mentre la stessa cosa non si può dire per tutti i ragazzi. Alcuni di loro infatti, annoiati e non sapendo che cosa fare, se ne andarono in palestra a fare un partita di pallavolo.

Yuka e Eri svaligiarono completamente tutta la bancarella dei vestiti, non sapendosi decidere su cosa comprare e cosa non, mentre Ayumi preferì di gran lunga comprare qualche bel libro da leggere la sera, dato che i suoi li aveva tutti finiti e riletti parecchie volte.

“Kagome come mai tu ancora non hai comprato niente?” domandò Eri all’amica pensierosa.

“Non so, per ora non ho visto niente che mi attrae particolarmente”.

 

Si avvicinarono a molte altre bancarelle – alcune che vendevano cose veramente orribili - . Ma Kagome era decisa a dare ugualmente il suo contributo per la beneficenza, avrebbe comprato anche solo un piccolo oggetto.

Si avvicinarono a una bancarella di gioielli, notando che ce ne erano davvero di bellissimi.

Ayumi e Yuka si comprarono un paio di anelli molto carini mentre Eri acquistò una collana e un paio di orecchini pendenti perfettamente coordinati l’un l’altro. Kagome continuava a guardare e riguardare, ma ancora non si era convinta tanto su cosa prendere. Poi lo sguardo le cadde su un particolare braccialetto da cui pendevano delle perle color blu cobalto e bianche, alternandosi. Il ragazzo che stava gestendo la bancarella si avvicinò alla ragazza pensierosa, sperando che fosse interessata all’oggetto: “Ti piace quel braccialetto? Tu si che hai buon occhio!”

“Che intendi dire?” chiese Kagome, incuriosita dalle parole del ragazzo.

“Questo braccialetto proviene dall’antico Egitto e si racconta una leggenda legato alle bellissime perle che lo caratterizzano”

“Che genere di leggenda?”

“Pare che ci si perda in quel blu cobalto così simile al cielo più limpido e si ritorni con la mente proprio ai tempi dello splendore del popolo egiziano”.

Kagome alla fine, convinta anche dalle sue amiche, decise di acquistarlo. Se lo affibbiò al polso e soddisfatta continuò il giro per la scuola.

Girarono per ore ed ore, guardando migliaia di cose e incontrando molti studenti.

Passate vicino alla palestra, dove si stavano svagando alcuni ragazzi, incontrarono Hojo.

Kagome non aveva proprio voglia di incontrarlo ma ormai non faceva più in tempo ad andarsene, sarebbe stato molto scortese farlo, quindi optò per rimanere cercando di apparire il più rilassata possibile.

“Salve ragazze, Higurashi ci sei anche tu da quanto tempo!”

“Si Hojo è proprio da tanto tempo che non ci vediamo! Come va?” rispose la ragazza, cercando di far apparire convincente il sorriso tirato che aveva appena fatto.

“Va tutto bene, tu invece sei guarita dalla Gotta?” domandò preoccupato.

“Scusa Kagome, ma tu non avevi il Colpo della Strega?” domandò insospettita Eri.

“Si ma la Gotta mi è venuta dopo” mentii nuovamente.

“Povera Kagome, sei proprio cagionevole di salute!” esclamò Ayumi, le faceva quasi pena la sua amica. Chissà come doveva essere brutto per lei rimanere sempre a casa, dolorante e malata… e mancare sempre alle lezioni!

“Scusate ragazze ma io adesso torno a casa, mi sento leggermente stanca” cercò Kagome una scusa per andarsene il prima possibile.

“Vuoi già tornare a casa Kagome? Ma si può dire che sei appena arrivata!”

“Scusate ancora, mi dispiace. Ci vediamo domani” sempre se domani non si fosse trovata già a cercare frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti…

Si incamminò e fece la scalinata di corsa, sollevata di essersi liberata della presenza seccante dei suoi compagni. Entrò in casa salutando la madre, il nonno e il fratellino Sota, che era rimasto a casa a causa della febbre che lo aveva colpito la notte scorsa.

Si tuffo letteralmente nel suo letto comodissimo e, senza nemmeno rendersene conto, si addormentò profondamente.

 

Quando la sera giunse nuovamente si svegliò e preparò il suo solito zaino giallo per la partenza.

Ci mise dentro i suoi quaderni e i suoi libri di algebra e di storia, avrebbe ripassato le materie durante qualche minuto libero, numerose pietanze confezionate chiamate da Shippo ‘Cibi Ninja’ e qualche cosa uscita fuori dalla cassetta del Pronto Soccorso.

“Mamma, nonno, Sota io sto andando! Ci vediamo presto!”

La ragazza salutò i suoi familiari affettuosamente, ogni volta le dispiaceva lasciarli troppo presto, per poi afferrare il suo zaino e saltare dentro il solito Pozzo MangiaOssa.

Volteggiò per pochi secondi nel vuoto, rilassata da tutte quelle luci che la avvolgevano. Atterrò e uscì dalla piccola struttura di legno. Ma quando alzò il viso non si ritrovò nel solito spazio verde e non si trovò nemmeno davanti il bellissimo Dio Albero. Che cosa stava succedendo? E, cosa ancora più importante, dove si trovava?

Guardò il terreno e solo adesso notò che aveva i piedi poggiati sopra la sabbia.

Camminò per dieci minuti sotto il luminoso cielo stellato, fino a scorgere da molto lontano una Piramide.

Sbiancò per qualche secondo: come diavolo aveva fatto a ritrovarsi in Egitto?!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 2:

 

Kagome aveva camminato per tutta la notte. Aveva cercato almeno una forma di vita a cui chiedere informazioni ma non ve ne erano tracce. Così aveva preso del cibo in scatola dal suo inseparabile zaino da viaggio e aveva ricaricato tutte le energie perse. Poi aveva ripreso di nuovo le sue ricerche, fino a giungere sfinita alla mattina successiva. Adesso si sentiva davvero sfinita, distrutta, non riusciva a sentirsi più le gambe e i piedi. E il sole cocente e il caldo pazzesco di quella mattina non la aiutavano affatto.

Quando ormai la ragazza era così stanca da non riuscire più a camminare intravide da lontano un piccolo villaggio. C’erano ragazze giovani e uomini che entravano e uscivano con ceste e vasi. Fece un ultimo sforzo e si incamminò proprio verso quel villaggio.

L’ingresso e le case erano tutte finemente costruite in legno, ce ne erano di numerosissime e gli abitanti sembravano attivi e gentili. Proprio in quel momento un’anziana signora dalla pelle scurissima stava tenendo un vaso pieno d’acqua sopra la testa e si stava avviando proprio verso la sua direzione, così Kagome si avvicinò e le chiese informazioni: “Mi scusi per il disturbo, ma potrebbe dirmi dove si trova il capo villaggio?” “Nessun disturbo ragazza, quale dei quattro cerchi?” “Ci sono quattro capo villaggio?” “Esattamente, se vuoi posso portarti dall’unica che conosco, visto che gli altri tre non si vedono molto in giro, e che per ora sta badando ai miei nipotini”. La ragazza dai capelli color ebano annuì e la seguì in silenzio.

Arrivarono davanti ad una piccola casa di legno davvero graziosa e l’anziana signora, dopo essersi avvicinata al portone d’ingresso, bussò piano. Una ragazza, che sembrava avere circa la sua età, venne ad aprire e le fece accomodare. L’anziana la abbracciò affettuosamente e la ringraziò “Ti ringrazio Sango, se non ci fossi stata tu non sarei potuta andare a ritirare l’acqua!”.

Kagome al suono del nome dell’amica sbancò letteralmente: che ci faceva anche Sango in un luogo del genere? Non sapeva proprio spiegarselo.

“Ehi Kagome, per caso ti sei imbambolata?” scherzò proprio la sterminatrice. “S-sango! Ma cosa ci fai anche tu qui? Sei stata risucchiata come me in un posto del genere?” “Ma cosa stai dicendo Kagome?! Forse ti abbiamo lasciato dormire troppo nelle ultime settimane”. La ragazza la guardò confusa, che cosa voleva dire con ‘nelle ultime settimane’? Lei era arrivata solo da due giorni!

“Nelle ultime settimane? Sango, vi ho lasciato tre giorni fa nell’epoca Sengoku per sostenere un altro esame e quando ieri ho attraversato il pozzo MangiaOssa mi sono ritrovata qui!”.

La giovane sterminatrice di demoni si voltò verso la proprietaria della casa “Vi prego di scusarla, la mia amica oggi ha proprio voglia di scherzare! Ci si vede in giornata!” la salutò, afferrando per un braccio Kagome e uscendo di corsa dall’abitazione.

“Ma cosa ti è preso? Volevi forse farci spaventare? E come mai indossi queste strane vesti?” la rimproverò, esasperata. “Stamattina io, Koga e Shippo ti abbiamo cercato dappertutto ma non ti abbiamo trovato da nessuna parte. Dove ti eri cacciata?”

La ragazza la guardò incuriosita “Frena, frena. Tu, Koga e Shippo?”

“Certo, Kagome. Hai per caso perso la memoria? Siamo noi i quattro capo villaggio!” “Aspetta, e dove sono finiti Inuyasha e Miroku?”. La ragazza la guardò cupa “Come puoi pronunciare i nomi di quei due bastardi senza esserne disgustata?” “Ma perché dici questo? Stai parlando dei nostri compagni di viaggio!” “Kagome, devo forse rifarti una rinfrescata su tutto quello che abbiamo fatti in questi ultimi mesi?”. La ragazza annuì seppur un po’ confusa, doveva tenere il gioco di Sango se avrebbe voluto sopravvivere. Una cosa era però certa: si trovava in Egitto, in un periodo ancora più remoto dell’Epoca Sengoku e a quanto pare doveva aver appena incontrato l’antenato della sua amica Sango! Sembrava impossibile, ma ormai Kagome aveva fatto l’abitudine con eventi strani e pazzeschi. “Ok, ma non ora. Dobbiamo raggiungere Kirara per aiutarla a caricare i viveri da mandare al villaggio d’ovest”. Le prese la mano e la trascinò indietro, fino ad una piccola casetta che si trovava nei pressi dell’entrata del villaggio. Entrarono di corsa e videro la loro preferita gatta demoniaca accucciata sul freddo pavimento “Kirara adesso dobbiamo andare, dormirai dopo!”. L’animale, in risposta all’ordine ricevuto, si alzò e si trasformò nella sua forma da demone gatto. Poi si avvicinò alle due ragazze e le seguì fuori.

 

Interi vasi colmi d’acqua erano appena stati caricati sopra un carretto trainato da cammelli, che stava partendo verso il villaggio d’ovest. Sango, Kagome e Kirara erano veramente esausti, quei vasi non pesavano affatto poco e fare avanti e indietro con quei cosi non era stata una passeggiata. Ritornarono nell’abitazione dove avevano trovato disteso poche ore fa il demone gatto, era quasi ora di pranzo e dovevano ancora preparare da mangiare. Kagome cercò di aiutarla più che poté, non era molto esperta nel cucinare piatti con simili ingredienti.

Appena tutto fu pronto si sedettero e mangiarono tutto velocemente, avevano una fame pazzesca. Poi la ragazza dai capelli color ebano cercò di riprendere il discorso di quella mattina, voleva sapere quanto più su quell’epoca (visto che non ricordava affatto le lezioni di storia, una materia che odiava con tutta se stessa) e sulle vicende dei loro antenati. Quindi le chiese: “Sango, potresti riprendere il nostro discorso di stamattina?” “Si, anche se non ne capisco il motivo dato che tu sei stata sempre presente. Comunque il Faraone Inu No Taisho ha bisogno di numerosissimi schiavi per costruire sempre più Piramidi, secondo lui proprio queste strutture faranno in modo che il nostro popolo venga ricordato per sempre. Così è da molto tempo che saccheggia e schiavizza tutti i villaggi ebrei,  visto che di schiavi del suo stesso popolo ne farebbe volentieri a meno. Così io, tu, Koga, Shippo e Kirara – anche se facciamo parte del popolo egiziano – abbiamo abbandonato le nostre famiglie e abbiamo deciso di costruire dei piccoli villaggi di rifugio per tutti gli ebrei che non riescono a sentirsi al sicuro, perché non sopportiamo una simile ingiustizia per queste persone. Capito, smemorata?”. Kagome annuì, aveva senz’altro le idee più chiare di prima. Ma ancora non sapeva la risposta su alcune domande: lei perché era stata trascinata cinquemila anni addietro, e in Egitto? Perché Sango al nome di Inuyasha e Miroku aveva reagito in quel modo? E perché quando lei era finita in quest’epoca la sua antenata era come scomparsa? Forse la terza non era poi così importante, ma la prima e la seconda sì.

“Scusami Sango, ho bisogno di stendermi per un po’. Sono leggermente stanca”. L’amica le sorrise, la prese per mano e la portò nella sua stanza. “Per qualsiasi cosa chiamami, io sono qui” “Grazie Sango, so di poter contare sempre su di te” forse le ultime parole erano più riferite alla Sango dell’Epoca Sengoku, sua migliore amica, compagna di viaggio per la ricerca dei frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti e sterminatrice di demoni, che a quella con cui aveva passato insieme la mattina.

 

Cercava una risposta e non riusciva a trovarla. ‘Perché? ‘, si ripeteva mentalmente come se fosse una formula magica. Perché era sempre riuscita ad arrivare nell’epoca feudale e questa volta no? Cosa era accaduto di diverso rispetto alle altre volte?

C’entrava forse qualcosa con il fatto che aveva viaggiato durante la notte?

Oppure perché Inuyasha non era andata a prenderla?

No, che sciocchezze. I motivi non potevano essere senz’altro quelli.

Sentiva che la risposta era senz’altro facile e che doveva averla proprio sotto il naso, anche se non riusciva a capire proprio quale era.

Rifletté e rifletté a lungo, erano passate un paio d’ore da quando aveva lasciato Sango e Kirara.

Non aveva portato con sé i pochi frammenti che aveva della Sfera dei Quattro Spiriti, forse era uno dei tanti motivi. Infatti senza di quelli il pozzo MangiaOssa non la portava da nessuna parte. Ma c’era dell’altro, sicuramente.

Ma cosa?

Cosa aveva di diverso rispetto alle altre volte?

Qualcosa che doveva aver preso proprio durante la sua giornata di riposo, prima di partire.

Ripercorse tutto quello che aveva fatto, a partire proprio dalla mattina passata a scuola:

Vendita di beneficenza.

Giro per le bancarelle.

Bracciale.

Palestra.

Cas-.

Ritornò un attimo indietro: il bracciale era un oggetto che aveva comprato proprio quella mattina e che aveva messo per la prima volta. E guarda caso era proprio un oggetto egiziano, e quella giornata lo aveva portato con sé per andare da Inuyasha e gli altri.

Guardò il bellissimo bracciale di perle blu cobalto e bianche: davvero era stato questo la causa del suo ‘incidente’?

E la piccola leggenda che gli aveva gentilmente raccontato il ragazzo era vera?

Doveva senz’altro esserlo, visto che la aveva appena vissuta in prima persona!

Kagome si sentì incredibilmente confusa e stanca, tutti quei pensieri e quei ragionamenti la avevano stravolta – oltre alla mattina passata a trasportare vasi -. Così, senza quasi accorgersene, si addormentò lentamente, concedendosi così un po’ di riposo.

 

Si svegliò che era quasi sera, il tramonto doveva esser passato da poco.

Si alzò dal letto in cui aveva dormito e uscì dalla stanza senza fare rumore. Si incamminò verso la stanza dove aveva pranzato insieme a Sango. Arrivata lì trovò proprio la sua giovane amica, intenta a parlare con due persone dall’aspetto familiare. Appena la ragazza si accorse della sua presenza la salutò “Dormito bene, Kagome? Stavo proprio parlando di te e del tuo strano comportamento di oggi con questi due testoni!”. Le due persone menzionate da Sango si voltarono verso Kagome, sorridendole. Lei solo dopo, perché la stanza non era molto illuminata per la mancanza di energia elettrica, riconobbe i due amici che aveva davanti.

“Shippo, Koga, siete proprio voi?”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 3:

 

“Kagomeeeeeeeeeee!” esclamò vivacemente un cucciolo di kitsune, saltando fra le braccia dell’amica.

“Piccolo Shippo! Che cosa hai fatto fino ad ora?” domandò la ragazza mentre ricambiava l’abbraccio del piccolo demone. Era sollevata del fatto che almeno qualcuno era rimasto tale e quale a come l’ aveva conosciuto nell’Epoca Sengoku.

“Stamattina io e Koga siamo andati verso l’oasi nascosta e abbiamo messo K.O. le guardie del faraone. Poi abbiamo portato l’acqua qui e la abbiamo distribuita in tutte le famiglie!” le raccontò, soddisfatto del proprio buon operato.

“Vorrai dire che io ho messo K.O. tutte le guardie mentre tu iniziavi a prendere i recipienti che ci servivano” lo corresse Koga con fare scherzoso.

“Non è vero! Anche io ti ho aiutato a combattere contro di loro!”

“Ehi, voi due smettetela. Avete fatto un ottimo lavoro entrambi. Non c’è bisogno che litighiate per simili sciocchezze” li riprese la giovane Sango.

Kagome pensava che il comportamento di Koga era proprio identico a quello dell’Epoca Sengoku e di questo ne era quasi sollevata. Le tornarono alla mente tutti quei momenti così sereni, quando lui e Inuyasha litigavano e si insultavano…

Inuyasha…

Dove era finito?

Perché non era insieme a lei?

Perché Sango non voleva nemmeno sentire pronunciare il suo nome né quello del monaco?

Le venne improvvisamente voglia di piangere, di sfogarsi un po’ e di tornare da loro.

Dalla sua famiglia, dai suoi amici…

Perché le era accaduto tutto questo?

Non le bastavano già tutti i pericoli e i problemi dell’era feudale?

E adesso come avrebbe fatto a tornare indietro?

Non si ricordava più il luogo in cui era uscita dal pozzo MangiaOssa e cercarlo, nell’immenso deserto, avrebbe significato perdere del tempo, tanto e tanto tempo. Proprio quello che lei temeva, dover rimanere lì per un lungo periodo.

“Kagome, ci stai ascoltando?” la richiamò all’attenzione Koga.

“Eh? Oh scusami Koga, stavo pensando…”

“Certo che Sango ha proprio ragione, oggi sei veramente strana. Per caso è successo qualcosa a nostra insaputa?”

“Lo sai che a me puoi dire tutto, Kagome!” la incoraggiò Shippo.

“Ehi, può dire tutto anche a noi! Siamo ancora i tuoi migliori amici o no?”

“Certo che lo siete Sango, non preoccupatevi. Non è successo niente, dico sul serio”

“Io non insisto ma se in futuro ti venisse voglia di sfogarti sai che ci sono” gli disse il giovane demone lupo.

“Grazie Koga, so di poter contare su di voi in qualsiasi momento”

“Soprattutto su di me” ribatté ironicamente Sango.

Scoppiarono tutti quanti a ridere, svegliando così la povera Kirara che era riuscita a riposare e che voleva dormire almeno per un’altra buona mezz’oretta.

“Scusaci Kirara, non volevamo svegliarti”

La gattina demoniaca emise qualche grugnito per poi andarsene verso qualche altra stanza in cui rimanere da sola e in pace.

Shippo la guardò davvero dispiaciuto, si sentiva colpevole della stanchezza della creatura, così la seguì con l’intento di farle compagnia. Non sapeva che era l’ultima cosa di cui Kirara aveva bisogno.

“Si sta facendo davvero tardi, sarà meglio che vada a preparare la cena” annunciò Sango. La ragazza fece per alzarsi ma Kagome la fermò per poi offrirsi di aiutarla:

“Se vuoi posso venire ad aiutarti”

“Meglio di no, visto che oggi sei troppo pensierosa! Ti dimenticheresti la pentola a bollire per troppo tempo. Sai poi che pasticcio!”

Kagome fece una smorfia, simulando un’espressione da offesa.

“Ti ringrazio comunque per esserti offerta volontaria” le sorrise “Visto che l’altro demone che si definisce un uomo non aiuta nemmeno a sparecchiare e a pulire la sua stanza” lanciò uno sguardo adirato verso Koga.

“Ma io sto tutto il giorno fuori. Logico che poi non riesca a fare più niente, torno distrutto!”

“Tutte scuse le tue, anche io e Kagome oggi abbiamo lavorato eppure non ci stiamo lamentando come stai facendo adesso tu”

Il pigro demone, non sapendo più che scusa inventare, fece finta di offendersi e uscì dalla casa: “Chiamatemi quando è tutto pronto”.

Sango gli fece una linguaccia mentre la sua amica la osservava divertita.

‘Sembra proprio una bambina’ pensò, prima di raggiungere Shippo e Kirara.

“Ehi Kagome! Ti va di giocare a palla con me e Kirara?” gli propose il demone volpe.

“Certo, prima di andare a mangiare però dobbiamo lavarci le mani. Intesi?”

“Promesso!”

 

 

Poco più tardi il gruppo venne richiamato da Sango che, in fretta e furia, aveva preparato qualcosa di decente da mangiare per quella sera. Si era infatti dimenticata quella mattina di andare al mercato a comprare la frutta e le patate. ‘Maledizione a me!’ pensava ‘Sarà la prima cosa che farò domani!’.

Mangiarono tutti come dei bufali, la giornata era sembrata più lunga e faticosa del solito soprattutto per la giovane Kagome. La ragazza si congratulò con Sango per il cibo squisito che aveva appena finito di mangiare. Koga invece iniziò a punzecchiarla.

“Si, non male per una ragazza alle prime armi. Ma va certamente meglio rispetto a quattro giorni fa”

“Mi dispiace per te Koga ma la tua opinione non mi interessa” scherzò la giovane “L’importante è che sia almeno commestibile. In questi periodi il cibo non abbonda affatto, lo sai”

“E’ buonissimo Sango! Ti faccio i miei complimenti. Koga deve avere un palato da mediocre per dirti cose simili” ribatté Shippo, che avrebbe tanto voluto avere il bis.

“Da mediocre? Guarda che il mio palato è raffinatissimo, anche più del tuo cucciolotto!”

“Smettetela, ognuno ha i propri gusti. Ma una cosa non cambia di certo ed è il fatto che Sango si è impegnata molto a cucinare. Quindi Koga dovresti almeno ringraziarla per quello che stai mangiando”

“Oh Kagome!Non sai quanto mi rendi contenta!” l’amica era davvero onorata di sentire simili parole dette dalla ragazza.

“Tsk, non capisco perché tu debba sempre difenderla”

“Io invece non capisco perché sei gentile solo con Kagome” lo rimproverò il cucciolo.

 

Sango ignorò volutamente il discorso dei loro amici e si avvicinò a Kirara che stava tranquillamente mangiando del pesce da una piccola ciotola.

“E’ buono il pesce?”

La gattina demoniaca emise un verso d’assenso, per poi andarsi a strofinare affettuosamente contro le gambe della padrona.

 

 

Era notte fonda e l’intero gruppo di ragazzi dormiva profondamente, ognuno comodamente disteso nel proprio letto tranne per Kirara, che era solita dormire in un angolino della stanza pieno di calda paglia. C’era chi dormiva e chi sognava cose belle e brutte, chi parlava nel sonno e chi non riusciva affatto a dormire. Kagome era proprio una di questi, chiudeva e riapriva gli occhi, guardava il soffitto e cercava di prendere sonno, anche se per lei era tutto inutile.

Decise solo dopo di alzarsi e di andare a guardare il magnifico cielo stellato che già aveva ammirato la notte scorsa. Uscì in punta di piedi dalla stanza, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare i suoi amici. Fece per uscire dalla casa ma si bloccò di colpo. C’era qualcosa di strano e di diverso che la ragazza aveva intuito semplicemente guardando fuori da una piccola finestra, posizionata proprio all’ingresso dell’abitazione in legno.

Si avvicinò e si affacciò, i suoi sospetti non erano affatto infondati.

Vide alcune case prendere fuoco, donne e bambini che tentavano di fuggire mentre alcuni uomini armati di sciabole e lance cercavano di uccidere gli abitanti del villaggio.

“Le guardie del faraone sono qui!” gridarono parecchie persone, cercando di svegliare le persone che dormivano ancora.

Kagome si precipitò immediatamente dagli altri e li svegliò.

Uscirono tutti e cinque dalla casa, armati: Koga era pronto a far fuori tutti con i suoi artigli, Sango aveva legato alla spalla il suo inseparabile Hiraikotsu, Kagome aveva preso da dentro la casa un arco e alcune frecce mentre Kirara si era trasformata nella sua forma demoniaca. Solo Shippo se ne stava dentro casa, impaurito da tutto quello che stava succedendo.

La situazione era diventata davvero terribile: adesso le guardie avevano incominciato a catturare delle donne e a portarle dentro un carrettino. Kagome aveva lanciato numerose frecce, colpendo in pieno gli avversari. Lei e Sango erano poi corse in soccorso di tutte quelle donne e ragazze, tentando di slegarle e di farle scendere dal veicolo.

Koga e Kirara avevano fatto una vera strage, non riuscendo però ad impedire le numerose morti degli abitanti del villaggio. Balzò addosso ad un altro nemico, lacerandogli le carni. Fino ad ora nessuno era riuscito a scoprire la posizione del loro villaggio perché troppo distante dalla città. Che li avessero scoperti mentre erano andati nell’oasi nascosta?

Il fuoco divampava da tutte le parti, intere case che crollavano facendo urlare tutta la gente. Bambini che venivano uccisi uno dopo l’altro e genitori che, inginocchiati davanti ai loro corpi, piangevano disperati. Alcune donne venivano trascinate violentemente per i capelli.

Un gruppo formato da un alto numero di nemici si avvicinò alle due ragazze.

Sango e Kagome si prepararono ad attaccarli quando alle spalle quattro uomini le afferrarono, bloccandogli i movimenti.

Tentarono di chiamare in loro aiuto Koga e Kirara ma non ci riuscirono, avevano le bocche tappate.

Solo dopo la sterminatrice si liberò, dando una gomitata sulla pancia del nemico. Quest’ultimo urlò di dolore e lasciò la presa. Sango chiamò finalmente i due amici e questi ultimi, sentendo le urla dell’amica, si precipitarono da loro. Anche Kagome riuscì a liberarsi, anche se per poco.

Infatti arrivavano sempre più soldati, il loro numero era visibilmente superiore al loro. Cosa sarebbero mai riusciti a fare in quattro?

Dieci di loro si lanciarono contro il demone lupo e la gatta demoniaca, catturandoli.

Un uomo piuttosto robusto si era avvicinato a loro e teneva uno Shippo svenuto per una zampa.

Sango andò immediatamente in loro aiuto ma qualcuno, arrivandogli sempre da dietro, la colpì proprio allo stomaco – come aveva fatto la ragazza poco prima – facendola svenire.

Due uomini bloccarono Kagome, impedendogli qualsiasi movimento avesse tentato di fare.

Poi la colpirono alla nuca, facendo svenire anche lei.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 4:

 

La avevano catturata, li avevano catturati.

Ancora non riuscivano a crederci.

Sembrava fosse passata una settimana dall’accaduto e invece era passata poco più di qualche ora.

Quando si erano svegliati si erano ritrovati al buio e dentro a un carretto ben resistente che li stava portando chissà dove.

Ma non erano soli, tutte le donne e le bambine del villaggio erano con loro perché tutti gli uomini erano stati barbaramente uccisi.

Avevano provato numerose volte a fuggire ma non potevano, era come se il loro corpo fosse schiacciato verso il fondo del veicolo di legno. Koga era il più furioso di tutti, come aveva fatto a farsi sconfiggere da dei semplici esseri umani? Per un demone come lui era un’umiliazione tutto ciò!

Anche Sango sentiva la sconfitta bloccata sullo stomaco, era sempre riuscita a difendersi perfettamente e nessun uomo aveva mai osato neanche mettersi contro di lei. Che nell’ultimo periodo non si fosse allenata abbastanza?

Shippo tremava e piangeva silenziosamente, al buio nessuno se ne sarebbe accorto. Koga lo aveva sempre preso in giro per la sua sensibilità e lui aveva dovuto trattenersi. Per fortuna questa volta non ce ne sarebbe stato bisogno…

 

Continuavano a rimanere prigionieri là dentro.

‘Quando li avrebbero liberati?’ pensavano.

Se ci fossero stati Inuyasha e Miroku tutto questo non sarebbe successo… sarebbero riusciti a cavarsela, come avevano sempre fatto.

“Dove ci stanno portando?” chiese una signora, con il volto ancora velato da vecchie lacrime.

La domanda fatale a cui tutti avrebbe fatto piacere sapere la risposta.

“Non ne abbiamo la più pallida idea!” gli rispose Koga.

Li volevano forse uccidere tutti?

Oppure avevano pianificato loro delle torture tremende?

Nessuno sapeva la risposta e nessuno riusciva nemmeno a immaginarsela.

Kagome faticava a trattenere il pianto, non riusciva a non pensare che magari di lì a poco la sua vita  e quella dei suoi amici si sarebbe spenta e che avrebbe raggiunto suo padre. La persona che non aveva mai avuto la fortuna di conoscere.

Avrebbe rivisto almeno un ultima volta la sua famiglia?

E i suoi amici dell’Epoca Sengoku?

Alla fine la ragazza non ce la fece e delle calde lacrime iniziarono a scendergli dagli occhi color cioccolata. Sango se ne accorse e cercò di consolarla nel migliore modo possibile insieme a Koga.

 

Poche ore dopo alcuni uomini aprirono il veicolo.

Iniziarono a trascinare fuori donne e bambine, portandole in luoghi a loro sconosciuti.

Alcune guardie si divertivano parecchio a vederli disperare in quel modo e questo fece disgustare molto i quattro capo villaggio. Quando ebbero portato fuori la maggior parte della gente catturata, venne il turno di Kagome. Alcuni uomini, che avevano di certo intenzioni poco caste, si azzuffarono per stabilire chi l’avrebbe portata nel luogo assegnato. Poi un soldato molto robusto, approfittando anche del litigio dei compagni, se la caricò in spalla e si allontanò dal carretto.

La ragazza, seppur legata, si dimenava a più non posso con la speranza di riuscire a scivolargli di dosso. Ma purtroppo questo non successe e ben presto si ritrovò piazzata davanti ad un enorme portone che conduceva senz’altro ad un palazzo.

L’uomo si allontanò un poco dalla prigioniera e chiamò a gran voce un'altra persona.

Quest’ultima, che sembrava proprio contenta di rivederlo, corse subito verso di lui, arrivando poi ansimante e con il respiro mozzato. Appena notò la ragazza legata sorrise maligno e chiese all’amico se fosse proprio la persona che stavano aspettando. Lui annuì, prendendola nuovamente fra le braccia muscolose. Entrò nel palazzo e incamminò un lungo corridoio che si trovava poco più ad est dell’ingresso.

 

 

Koga era stato trascinato letteralmente da ben quattro guardie. Lo avevano condotto in un capannone pieno di armi e strumenti agghiaccianti, che di solito venivano usati per dissezionare i cadaveri e per togliergli gli organi vitali. Lo avevano poggiato sopra una sedia  ed alcuni si erano allontanati.

Poi ritornarono con un ferro rovente che poggiarono sulla pelle del prigioniero. Il demone non si fece per nulla male né sentì niente. Adesso aveva stampato sulle carni della mano un uccello rannicchiato, simile ad un avvoltoio. Poco dopo lo portarono in un luogo simile ad un campo di concentramento.

Il giovane demone lupo sbiancò per qualche secondo: davanti a lui c’erano schiavi ebrei ed egiziani che caricavano enormi massi avanti e indietro per la costruzione delle tanto amate piramidi del faraone.

Ricollegò in pochi secondi tutti gli avvenimenti fino ad ora successi.

Che fosse diventato anche lui adesso uno di loro?

 

 

Anche a Sango era capitata la stessa situazione di Kagome. La avevano portata dentro il palazzo e precisamente dentro una camera. Alcune ancelle si erano precipitate a cambiarle l’abito ed adesso indossava un lungo vestito di veli bianco, fermato alla vita da un nastro d’oro. Era a piedi nudi mentre sopra la testa portava una specie di cerchietto, sempre del medesimo materiale.

Nel frattempo un uomo, che dall’aspetto sembrava essere una persona veramente importante, stava passeggiando da quelle parti e appena vide la bellissima ragazza ne rimase abbagliato. Si affrettò quindi a chiedere ad una delle ancelle: “Mi scusi, venerabile ancella, saprebbe dirmi chi è questa graziosa fanciulla?”.

La ragazza interpellata riconobbe subito il bel capitano dell’esercito e, dopo essersi inchinata in modo rispettoso, gli rispose: “Questa ragazza apparteneva al famoso villaggio ebreo nascosto. Pare sia una dei quattro capo villaggio. Ci hanno detto di vestirla e di istruirla, in modo tale che diventi una brava ancella come lo siamo noi”.

L’uomo dai bellissimi e profondi occhi blu cobalto sorrise, per poi dirle:

 “Purtroppo devo deluderla, mia cara. Io sono a corto di una serva e mi piacerebbe far prendere quel posto a questa ragazza. Me lo permette?”.

L’ancella non sapeva cosa rispondere, non gli era permesso comportarsi in modo maleducato e di negare qualcosa ai suoi superiori. Così, dopo interminabili secondi di silenzio, acconsentì e gli promise di portarla nelle sue stanze.

L’uomo sorrise ancora una volta, per poi andarsene in chissà quale luogo. Una Sango confusa aveva assistito alla scena ma non aveva avuto la fortuna di ascoltare il discorso fra i due sconosciuti: che cosa le stava per accadere?

 

 

Shippo e Kirara erano stati condotti in una stanza e in un luogo ben diverso da quello dei suoi compagni.

Lì si trovavano numerosi bambini e bambine che svolgevano varie attività. Ma non sembravano essere costretti a farlo, anzi, sembravano quasi contenti. Alcuni dipingevano, altri si dedicavano all’apprendimento della scrittura geroglifica e ieratica*, altri ancora facevano calcoli e studiavano gli organi del corpo umano.

Le bambine modellavano e creavano vasi di argilla, che poi avrebbero dovuto decorare con disegni e geroglifici, mentre quelle più grandi tessevano e cucivano abiti bellissimi.

Kirara si accucciò contro il pavimento, quelle persone non sembravano affatto cattive e pericolose. Shippo invece si avvicinò ad una bambina che si era sporcata tutta e che non era riuscita a fare un vaso decente, e le chiese: “Che cosa state facendo?”.

La bambina lo guardò stranita per poi rispondergli:

“Ma come, non lo sai? Noi bambini trascorriamo tutta la mattina al palazzo del faraone. Ci permettono di esercitarci e di fare quello che più ci piace, in modo tale che da grandi sappiamo svolgere bene il nostro mestiere. Tu chi sei? Non ti ho mai visto qui fino ad ora. Che cosa vuoi fare da grande?”

Quella domanda colpì il cucciolo di demone. Che cosa avrebbe voluto fare una volta diventato adulto? Quale sarebbe stato il suo ruolo?

Scacciò quelle domande prepotenti dalla sua mente. C’erano questioni più importanti a cui pensare.

Si trovavano al palazzo del faraone e doveva ritrovare a tutti i costi i suoi amici!

 

 

Kagome era stata portata in una stanza particolare. La avevano lavata velocemente ed avevano utilizzato creme, unguenti e profumi per ammorbidire e profumare la sua pelle. Avevano stracciato e buttato via la sua amata divisa scolastica e le avevano fatto indossare un abito tipico del loro popolo, cioè uno lungo fino ai piedi scalzi costituito per la maggior parte da veli bianchi e da filamenti d’oro. Le avevano sistemato i capelli e la avevano truccata, evidenziando il contorno degli occhi con del kohl nero e applicando dell’ocra rossa sulle labbra e sulle guance (come i moderni rossetti e fard).

La trascinarono poi dentro una stanza sontuosa, piena di piante, oro ed oggetti meravigliosi.

La chiusero dentro e si fermarono dietro il portone, per far in modo che la ragazza non avesse via di fuga.

Pochi minuti dopo all’ingresso della camera si presentò un ragazzo bellissimo. Aveva i capelli lunghi color della luna, gli occhi ambrati e delle tenerissime orecchie canine che facevano capolino dalla sua lunga chioma. Aveva un corpo ed un viso perfetto, senza ombra di dubbio. Nessuno avrebbe mai avuto la sfrontatezza di negarlo.

Il ragazzo parlò per qualche minuto con le ancelle che, dopo essersi inchinate, lo fecero entrare in quella che doveva essere la sua camera.

Kagome, appena lo vide entrare, si irrigidì.

Quello era…?

“Inuyasha, sei davvero tu?”

 

 

 

(* scrittura geroglifica= segni pittorici che costituiscono la scrittura egiziana;

 scrittura ieratica= forma di scrittura sviluppatasi insieme a quella geroglifica.)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 5:

 

“Inuyasha!” esclamò Kagome, prima di andare incontro al mezzo-demone. Poi, come se fosse una cosa talmente naturale, lo abbracciò dalla gioia.

L’hanyou rimase immobile, un po’ confuso, per poi staccare dal proprio corpo quello della ragazza.

“Lo sai che per avermi anche solo sfiorato, senza avere il mio permesso, ti condannerebbero a cinque frustate in piazza?” la avvertì l’Inuyasha che adesso le stava di fronte, anche se a debita distanza.

La ragazza rimase molto delusa, si aspettava che almeno lui la avrebbe riconosciuta. Che stupida che era stata. Aveva sperato inutilmente, si era verificata la stessa situazione che era capitata con gli altri.

Dagli occhi ormai lucidi iniziarono a uscire poche lacrime di tristezza, se non la aveva riconosciuta neanche lui cosa avrebbe fatto? Come sarebbe riuscita a tornare a casa?

Il principe Inuyasha, sentendo l’odore salato delle lacrime della giovane ragazza, cercò di tranquillizzarla. Odiava vedere le donne piangere, gli ricordava i momenti di tristezza di sua madre a cui aveva sfortunatamente assistito. “Non c’è bisogno di piangere, io non rispetto mai quelle stupide regole. Non ti succederà nulla, per ora”.

Non aveva affatto capito che il motivo era ben diverso da quello che pensava. Kagome apprezzò comunque il tentativo del mezzo-demone e cercò di trattenere le sue emozioni. Non era certo il momento di piagnucolare, per di più davanti ad Inuyasha - anche se non era proprio la persona che conosceva -.

“Toglimi una curiosità, ningen” aggiunse poco dopo, sottolineando con tono di disgusto l’ultima parola. “Come fai a sapere il mio nome?  E perché sei nella mia stanza?”

“Lo avevo sentito stamattina” mentì, cercando di apparire più convincente possibile. Il mezzo-demone annuì. “E perché sei qui?” ripeté di nuovo la domanda.

Kagome si bloccò, non sapeva nemmeno dove si trovava, figuriamoci il motivo per cui si trovava lì. “E-ecco” balbettò. “Io non lo so…”

Inuyasha la guardò stranito.

“Sono uscita da un pozzo, mi sono ritrovata in un villaggio di ebrei. Poi delle guardie mi hanno catturata e mi sono ritrovata qui…”

L’hanyou finalmente capì, il suo volto disteso in un sorriso quasi provocante.

“Ah, quindi sei la mia nuova schiava!”

La ragazza non volle credere alle parole del mezzo-demone. Che la stesse prendendo in giro per spaventarla?

“Mi stai forse prendendo in giro?”

“E perché dovrei? Dovresti essere invece onorata, sei la schiava del principe d’Egitto!” esclamò, pavoneggiandosi.

“P-principe?” ripeté incredula. Adesso si che iniziava davvero a spaventarsi.

 

 

Sango era stata condotta in una stanza davvero molto bella, ricca di vasi finemente dipinti e decorati con i soliti geroglifici che aveva visto migliaia e migliaia di volte. Continuò a guardarsi intorno esterrefatta, la giovane non era abituata a vedere tutto quel lusso.

Un uomo entrò nella stanza, sorprendendo la ragazza.

“Chi siete voi?” domandò poco dopo, fattosi coraggio.

“Scusate per la mia maleducazione, nobile fanciulla. Rimedio subito. Il mio nome è Miroku e sono il comandante dell’esercito del faraone nonché suo fidato consigliere” affermò seriamente.

Sango lo guardò attentamente, era veramente bellissimo. I corti capelli castani erano legati in un codino, i due occhi color blu cobalto, e il corpo muscoloso ricoperto dall’armatura lo rendevano sicuramente una persona attraente.

“E qual è il vostro nome, mia cara?” domandò dolcemente.

“Sango. Sango e basta” rispose. “Perché siete qui?” aggiunse infine.

“Beh, come dirtelo. Sono, il tuo nuovo ‘padrone’ ”

“P-padrone? Mi stai forse dicendo CHE SONO TUA SCHIAVA?” urlò sconvolta.

“Dovresti ringraziarmi! Ti ho sottratto da anni e anni di studi per diventare una brava ancella” sussurrò, un pò deluso dalla reazione della ragazza. Non voleva farsi odiare dopo i primi cinque minuti di una discussione.

“Mi dispiace per te, ma non ho alcuna intenzione di obbedire ai tuoi ordini. Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno!”

“No, Sanguccia. Non devi pensarla in questo modo. Vedrai, ci divertiremo tanto insieme!” esclamò contento Miroku.

‘Sanguccia?’ pensò la ragazza. ‘Si è preso già tutte queste confidenze?’.

“Che ne dici se ti porto a fare un giro per il palazzo?” propose, cercando di apparire il più amichevole possibile. La ragazza aveva carattere e doveva andarci piano se voleva starle a genio.

Sango accettò, infondo non sapeva nemmeno dove si trovava. Si avvicinò al portone della stanza quando avvertì qualcosa accarezzarle il fondoschiena.

“Maniaco!” urlò, se aveva da pochissimo iniziato a fidarsi di lui adesso gli avrebbe volentieri mollato un pugno sulla testa. Ed è quello che fece.

Dopo pochi secondi sulla testa di Miroku comparve un grosso bernoccolo e, ignorando il dolore alla parte lesa, uscì dalla stanza insieme alla sua nuova schiava cercando di tenere a bada i suoi istinti da uomo perverso.

 

 

Inuyasha era andato in bagno ed aveva chiuso a chiave la stanza, lasciando Kagome intrappolata e senza vie d’uscita.

Ormai la ragazza doveva rassegnarsi, con una persona da seguire e servire ogni sacrosanto secondo la fuga sarebbe stata impossibile. Quanto avrebbe voluto poter creare delle emanazioni come Naraku, che prendessero il suo posto e che distraessero il mezzo-demone.

 

In attesa del suo ritorno, curiosò nell’enorme stanza.

Aprì cassetti e cassettini, guardò dentro i vasi e aprì le tende della stanza, facendo entrare i caldi e lievi raggi del sole del pomeriggio appena arrivato.

Avvertì qualcosa strusciarle contro la caviglia e guardò in basso.

Proprio sotto di lei c’era il suo amato gatto Buyo, ma non era obeso come quello della sua epoca.

Lo prese in braccio e lo accarezzò dolcemente, pesava decisamente meno rispetto ‘all’originale’.

Quando il portone si spalancò di colpo, il felino saltò in aria per lo spavento.

Poi, riconoscendo il suo padrone, fuggì dalle braccia della ragazza per poi rifugiarsi in quelle dell’hanyou.

“Vedo che hai conosciuto il mio gatto Buyo”

Kagome guardò di traverso il micio, ignorando le parole del ragazzo. Quanto odiava quel gatto quando faceva il lecchino con tutti. Persino con lui.

“Si, lo odio quello stupido gatto quando fa così”

“Prego?” sembrava quasi offeso.

“Hai sentito bene, fa il lecchino con tutti”

“Non so se lo sai, ma offendendo i gatti offendi anche Iside e questo non posso proprio permettertelo”

Iside era un divinità egiziana, di questo Kagome ne era certa. Ma non si ricordava quale.

Maledizione a lei e al suo poco interesse per la storia!

“E se non ritiro quello che ho detto? Che cosa mi succede? Non ho affatto paura di te!” dire bugie stava diventando in quest’epoca il suo mestiere.

“In teoria dovrei frustarti personalmente” le rispose, facendo scendere il gatto dalle proprie braccia e avvicinandosi alla giovane.

Si fermò accanto a lei, afferrando la spallina del lungo vestito bianco.

“Preferisci che ti spogli io oppure vuoi fare da sola?” le domandò in tono molto malizioso.

La ragazza, ormai rossa come un peperone per l’imbarazzo, si allontanò finendo per appoggiarsi contro il muro della camera del suo ‘padrone’.

“Ok, ritiro quello che ho detto. Ma non avvicinarti più come prima” gli intimò minacciosa anche se ancora imbarazzata.

“Che bel caratterino che hai, Kagome!” si complimentò l’hanyou. “Ma così mi provochi. Ho voglia di avvicinarmi ancora, il tuo odore mi piace”

Fece per avvicinarsi di nuovo quando i suoi occhi ambrati si posarono sul bellissimo braccialetto che la ragazza portava al polso.

Glielo sfilò in pochi secondi, per poi andarsi a distendere sul suo morbido letto.

“Restituiscimelo subito!” urlò immediatamente la giovane, innervosita.

“Per ora questo lo tengo io”

“E perché?” domandò poi confusa.

“Perché sono il principe ed è quello che ho appena deciso” affermò con tono arrogante.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 6:

 

Era giunta la sera ed Inuyasha era appena tornato dalla sala da pranzo, dopo aver finito di cenare.

Con sé aveva portato qualche deliziosa pietanza, preparata dalla cuoca del palazzo, per far mangiare la schiava che era digiuna da tutto il giorno. Era sorpreso di ciò, non si aspettava che la ragazza per orgoglio potesse riuscire in una simile cosa. Non era certo una passeggiata contenere la fame. Lui non riusciva a stare senza mangiare nemmeno per mezza giornata!

Salì le ripide scale e, dopo aver attraversato velocemente il corridoio principale che conduceva a tutte le camere da notte, arrivò di fronte alla sua. Aprì il robusto portone ed entrò.

Seduta a terra, la sua schiava Kagome coccolava teneramente Buyo. Era davvero incredibile, qualche ora fa aveva affermato di odiarlo e invece adesso si comportava come se fosse la sua padrona. Il principe non sapeva se essere sorpreso o geloso.

La ragazza dopo averlo sentito entrare lo degnò di una occhiata indifferente per poi ritornare a fissare il pavimento. Il mezzo-demone non si fece intimidire e si avvicinò a lei, porgendogli i piatti colmi di cibo: “Questi è per te, mangia” gli intimò, stava diventando veramente seccante la sua resistenza. Tutto per quello stupido braccialetto senza alcun valore!

“Non ho fame” rispose gelida “Ma potrei averne se tu mi restituissi ciò che è mio” continuò.

‘Eh si, ha proprio un bel caratterino questa ragazza. Ed è anche carina, mi piace!’ pensò fra se e se.

Non avrebbe mai avuto il coraggio di esternare la sua considerazione sulla giovane che aveva di fronte.

“Io quel coso te lo restituisco quando voglio. Sono il principe e anche il tuo padrone, non mi farò ne ora ne mai comandare a bacchetta da nessuno. Nemmeno da mio padre che è il faraone” gli ricordò Inuyasha.

‘Il faraone avrà sicuramente l’aspetto del vero padre di Inuyasha. Chissà com’è… sarà senz’altro più gentile di suo figlio. E Izayoi? Perché non ha fino ad ora nominato sua madre?’ questo pensava Kagome mentre ignorava le parole dell’hanyou.

 

“Va bene, se non hai voglia di mangiare non mangiare. Non sono affari miei. Poso tutto sopra quel tavolino, quando avrai finito di fare la testarda e mangerai gradirei almeno un grazie. Non tutte le persone si premurano di nutrire i proprio servi” gli disse il ragazzo.

“Oh mio dolce padrone, la ringrazio con tutto il cuore. Non so che farei senza di lei!” gli rispose ironicamente la ragazza. Inuyasha trattenne la sua ira, gli infastidiva tantissimo essere preso in giro da qualcuno. ‘E’ solo una ragazza’ si ripeteva continuamente, cercando di calmarsi ‘E’ solo una ragazza ed è solo la una schiava’.

 

“Ti ricordo che qui l’unico a decidere finora sei stato tu. Io non ho mai accettato di diventare la tua serva”

“Fino a prova contraria non credo che avresti mai accettato la proposta, no? Quindi qualcuno doveva pur prendere una decisione. E quel qualcuno sono stato io” rispose Inuyasha, con aria di chi la sa lunga.

“Potevo benissimo prenderla io la decisione. Non sono mica una bambina, non ho bisogno che qualcuno mi aiuti nelle mie scelte”

“Dici sul serio? E io che volevo essere così carino da crescerti personalmente” scherzò mentre avvicinava il volto a quello di lei.

“C-che cosa stai facendo?! Allontanati da me, maniaco!”

“Se non sbaglio oggi pomeriggio non ho finito il mio bellissimo regalo di benvenuto!” continuò a prenderla in giro.

“Se questi li chiami regali non li voglio, brutto porco!”

Inuyasha rise di gusto “Porco lo sono un pochino, ma brutto no”.

Quando ormai il ragazzo era deciso a compiere la sua piccola vendetta, qualcuno bussò alla porta.

Senza che ricevesse alcuna risposta lo sconosciuto entrò.

Il principe si girò verso il presunto seccatore, per poi sbuffare “Miroku, cosa vuoi a quest’ora di sera?”

‘Miroku?’ Kagome rimase a fissarlo. Con quell’armatura non lo aveva affatto riconosciuto! Però era nello stesso tempo contenta, aveva ritrovato tutto il suo amato gruppo al completo, o almeno quasi…

“Ehi Inuyasha, non indovinerai mai cos-“ l’amico non riuscì a terminare la frase.

Nel momento stesso in cui i suoi occhi color blu cobalto si erano accidentalmente posati sulla ragazza si era come bloccato.

‘Che sta succedendo oggi?’ pensava ‘Due bellissime ragazze in così poco tempo. Ditemi se questa non è la mia giornata!’

Come per magia, e ad una velocità pazzesca, si fiondò davanti alla bellissima fanciulla scansando malamente il suo amico principe.

“Oh splendida e bellissima fanciulla venuta dal mio ovile della felicità, potrei avere l’onore di sapere il vostro nome?” le chiese con galanteria.

Inuyasha era quasi disgustato ‘Ovile della felicità?’ pensava, orribilato. ‘Posso benissimo pensare cosa ci sia lì… è proprio un maniaco senza speranza!’

Kagome trattene una risata, pensava a Miroku e al suo comportamento di sempre. Non era cambiato di una virgola nemmeno in quel tempo. Rispose comunque alla richiesta del giovane, sorridendogli “Mi chiamo Kagome. E io potrei sapere il vostro nome?”

“Il suono del vostro nome mi porta nei cieli beati. Fanciulla, il mio nome è Miroku ma puoi chiamarmi come desideri tu” rispose il libertino, incantato dal sorriso della giovane.

“Qualcuno perfavore potrebbe degnarsi di calcolarmi? Sapete com’è, siete anche nella mia stanza” li rimproverò il mezzo-demone, imbronciato.

“Non te la prendere Inuyasha, non mi avevi presentato prima questo splendore”

“Questo splendore, come dici tu, è la mia schiava” mormorò il principe, afferrando un bicchiere e bevendo un po’ d’acqua.

“Come sei fortunato! Una ragazza così bella, dolce e tenera!” a Miroku brillavano gli occhi. Quanto gli sarebbe piaciuto avere Kagome e Sango, entrambi  come sue schiave!

Inuyasha a sentire quelle parole sputò letteralmente l’acqua che stava inghiottendo, con il rischio di affogarsi. Dopo essersi ripreso urlò: “Bella? Dolce? Tenera? Ma stai parlando della stessa ragazza che ho di fronte?! Non è assolutamente bella, è tutt’altro che dolce ed è anche testarda!”

La giovane interpellata lanciò uno sguardo tutt’altro che dolce all’hanyou.

Quest’ultimo rabbrividì, insieme a Miroku.

 

Dopo pochi minuti entrò nella stanza Sango, che non vedendo tornare presto il suo padrone aveva deciso di mettersi a cercarlo.

Appena Kagome la vide entrare si buttò letteralmente fra le sue braccia, felice di averla rivista.

“Sango! Allora anche tu sei qui!” esclamò l’amica, gioiosa.

“Oh Sanguccia mia! Vieni fra le mie braccia!” la invitò Miroku, avvicinandosi alle due.

La ragazza appena arrivata accarezzò la testa a Kagome, contenta di averla ritrovata, per poi andare verso il suo padrone e dargli un pugno in testa. “Così la smetti di fare il maniaco e di sparire per così tanto tempo, lasciandomi da sola!” lo rimproverò.

“Ti chiedo perdono Sanguccia! Ti prometto che non lo farò più!” gli rispose con le lacrime agli occhi.

‘E lei sarebbe la sua schiava? Sembra piuttosto lei la padrona!’ pensò divertito Inuyasha.

Poi si congratulò con la ragazza “Ti faccio i miei complimenti! Ci serviva proprio qualcuno che tenesse a bada i suoi istinti!”

“Tu sei Inuyasha, il principe e il padrone di Kagome?” gli domandò Sango. Il mezzo-demone annuì.

Sango aveva non poco timore di suo padre, aveva mandato ad uccidere milioni e milioni di persone. Quindi, preoccupata anche per la sorte dell’amica, lo minacciò “Ti dico solo una cosa, prova a fare del male a Kagome e ti ritrovi a regnare nell’Inferno!”

Poi si avvicinò alla sua amica dai capelli color ebano e l’abbracciò forte.

Inuyasha si voltò verso Miroku, ricevendo uno sguardo del tipo ‘Attento, guarda che lei non scherza!’.

 

Passarono tutti e quattro qualche altra ora a chiacchierare, a battibeccarsi e a discutere.

Poi Sango, seguita dal ‘padrone’ Miroku, si avviarono verso la loro stanza perché troppo stanchi.

Inuyasha mostrò il nuovo letto a Kagome che, dopo qualche momento di esitazione, si distese e si addormentò velocemente.

Anche Inuyasha, dopo essersi sdraiato nel sontuoso letto, la seguì nel sonno.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 7:

 

Era appena sorto il sole, segno dell’arrivo di una nuova straziante giornata.

Una ragazza ancora per metà addormentata si rigirò fra le calde coperte del proprio letto.

Non si poteva certo dire di aver riposato bene. Si era svegliata per ben due volte durante la notte e, con sua grande sorpresa, aveva scoperto che durante la sera persisteva una temperatura paragonabile a quella del Polo Nord. E la cosa era alquanto strana, visto che durante il giorno c’era un caldo insopportabile!

Si alzò dal letto improvvisato mentre si stropicciava gli occhi color cioccolata.

Dopo averli riaperti si accorse del terribile buio che regnava nella stanza, così andò a spostare le tende color oro per rendere la stanza luminosa. E chissà, magari sarebbe riuscita anche a svegliare Inuyasha.

Osservò Buyo dormire nella sua cuccia circondato di ciotole piene di pesce fresco e pensò a quanto lui fosse più agiato di lei.

Kagome si avvicinò al sontuoso letto del padrone.

Si preparò a svegliarlo, per fargli un dispetto, ma qualcosa dentro di lei la bloccò.

Lo guardò un po’ affascinata: gli occhi ambrati che adesso non erano visibili, il volto disteso come quello di un bambino, le labbra socchiuse, i lunghi capelli color della luna sparsi per tutto il cuscino lo rendevano quasi… bello.

Quasi, però.

Perché se in quel momento poteva sembrare un piccolo angioletto, non lo era affatto quando era sveglio.

Le dava degli ordini, la prendeva costantemente in giro, la ‘molestava’ a parole ed era anche arrogante.

Anche se era un principe queste cose non poteva permettergliele. Era sì la sua schiava, ma era pur sempre una persona e non un animale da compagnia.

Lo sguardo le cadde sul braccialetto che aveva legato al polso.

Sul suo braccialetto.

‘E’ arrivato il momento di riprendermelo’ pensava ‘Adesso o mai più’.

Posizionò le ginocchia sulle lenzuola e si avvicinò con il corpo al mezzo-demone.

Portò le mani sopra il braccialetto e fece per sfilarglielo, quando una voce fin troppo divertita gli arrivò alle orecchie come un allarme di fallimento “Buongiorno anche a te Kagome! Che cosa stai facendo?”

Allontanò il polso dalle mani della giovane per poi continuare “Volevi forse farmi compagnia nel sonno? Oppure volevi riprenderti quel coso?”

“Sai già la risposta, è inutile che te lo dica” rispose una Kagome imbronciata,  le braccia incrociate al petto e la testa voltata verso sinistra.

“Allora prenderò in considerazione la prima opzione” sorrise, per poi alzarsi dal letto.

“Ho fame, vai a prendermi la colazione!” gli ordinò.

La ragazza lo guardò confusa “Che cosa hai detto?”

“Ti ho detto di andarmi a prendere la colazione. E se ancora non lo hai capito questo è un ordine!” la avvertì.

“Io non prendo ordini da nessuno, specialmente da te” gli ricordò Kagome.

“Oh ma che bel braccialetto che abbiamo qui! Qualcosa mi dice che lo terrò con me per tutta la vita” esclamò con aria da finto bambino ingenuo Inuyasha, ricordandole che non poteva disubbidirgli se rivoleva indietro il suo amato gioiello. Il principe riteneva Kagome una ragazza piena di carattere e con queste persone ci voleva autorità (e che autorità!) e un po’ di disciplina.

“Ho capito. Ma dove devo andare a prendertela?” gli chiese la schiava, arresa.

‘Non è finita qua Inuyasha, ti farò vedere quanto posso essere caparbia se lo voglio’ pensò Kagome.

“Scendi le scale fino in fondo, poi vai dritto e gira a destra. E’ la prima sala che vedi, non puoi sbagliarti”

La giovane uscì dalla stanza, chiudendo rumorosamente il portone dietro di sè.

‘Ritiro quello che ho detto. Lui non è affatto bello. E’ solo un principe viziato’

 

 

Sango non era riuscita a dormire per tutta la notte.  Aveva per varie volte consecutive sognato la morte del suo fratellino Kohaku, morto ormai da un paio di anni, e non sapeva spiegarsene il motivo.

Ricordò con immensa tristezza quell’episodio: non si erano sempre nascosti nel villaggio che era stato invaso pochi giorni prima. Ne avevano costruito tanti, ed era tutto successo nel primo in cui si erano stabiliti.

Erano andati loro due a prendere dell’acqua per tutti gli abitanti del nuovo villaggio ed avevano accidentalmente incontrato alcune guardie, che stavano scortando due persone apparentemente importanti. Una freccia aveva colpito suo fratello al cuore, mentre gli uomini iniziavano ad avvicinarsi sempre di più.

Poi ricordò solo un paio di occhi azzurri color cobalto e un paio rossi, tenebrosi ed ardenti.

Quegli occhi che… aveva rivisto anche in Miroku!

 

 

‘Non puoi sbagliare!’ gli aveva detto. Ed invece era successo l’esatto opposto. Incrociò una ragazza con i capelli rossicci legati in due simpatiche codine e le chiese informazioni “Scusi il disturbo, potrei sapere dove si trova la cucina? Devo portare la colazione al principe”

“Oh, tu devi essere la nuova schiava di Inuyasha!” esclamò sorpresa la ragazza “Molto piacere di conoscerti, io sono Ayame e lavoro in cucina con la vecchia Kaede, non so se la hai già conosciuta. La cucina è proprio lì in fondo”.

Kagome le sorrise solare, adesso aveva ritrovato anche la giovane demone lupo “Io sono Kagome, il piacere è tutto mio. Grazie per l’indicazione, spero di rivederti presto!” percorse la strada rimanente a passo veloce per poi entrare nella sala.

 

Ayame invece accompagnata dalla vecchia Kaede era uscita dal palazzo per poi recarsi, con una pentola enorme e stracolma di cibo, nella valle dove gli schiavi addetti a quei lavori costruivano ininterrottamente piramidi.

Dopo essere arrivati, avvisarono tutti della colazione pronta.

Tutti i soldati del faraone con le fruste in mano, che avevano il compito di controllare il lavoro degli schiavi e di non farlo cessare per nessun motivo, li fecero disporre in file per prendere il cibo meritato.

Quando fu il turno di un vecchietto, ne chiese un altro po’ ed una guardia tentò di frustarlo.

Ma impedì il crudele gesto un giovane demone lupo che, messosi fra l’arma e il povero anziano, aveva afferrato il lembo dell’oggetto.

“Non c’è bisogno di punirlo per aver chiesto qualcosa. Non lo farà più”.

Koga spinse via il vecchietto per poi dargli la sua razione di cibo “Eccoti la mia. Sono un demone e non ho tanto bisogno di mangiare” L’anziano lo ringraziò varie volte per poi andarsi a sedere su una panca.

Ayame era rimasta molto colpita dall’episodio appena accaduto. Nessuno si era mai battuto per qualcun altro e nessuno aveva mai osato contraddire specialmente le guardie. Si avvicinò al giovane coraggioso per poi offrirgli un’altra ciotola “Tieni, hai bisogno di energie per costruire le piramidi per il faraone”.

“Grazie, ma l’unica cosa che farò per il faraone sarà lacerargli le carni. Tutto questo è una pazzia”

“Guarda che non è il faraone ad ordinare tutto ciò. Sono i consiglieri che lo abbindolano, così come il suo sacerdote personale”

“E perché nessuno, specialmente lui, se ne è mai accorto?”

“Perché tutti sono troppo impegnati a svolgere il proprio ruolo per accorgersene”

 

 

“Procede tutto bene?” chiese un uomo alle guardie, interrompendo il discorso silenzioso dei due.

“Si, nostro signore” risposero in coro, mettendosi sull’attenti.

“Chi è lui?” chiese Koga ad Ayame. La demone lupo ringhiò, schifata.

“Lui è Naraku. E’ il sacerdote personale del faraone. Un uomo meschino, crudele ed anche traditore”.

Era un uomo alto, con lunghi capelli neri, occhi rossi come il fuoco e un viso piuttosto curato, che trasmetteva tutt’altro che bontà. Aveva un lungo mantello bianco di pelliccia ed indossava una maschera da babbuino. Era tipico delle persone importanti indossare teste o vestiti di animali, rappresentavano le divinità.

“Tenta tutt’ora di salire al trono al posto del faraone Inu No Taisho. Lo inganna varie volte con i suoi giochetti ed è lui che ha avuto le idee delle piramidi. Ma il faraone non sa in che condizione fa lavorare i suoi schiavi. E’ come all’oscuro di tutto e molti hanno pure rinunciato ad avvertirlo, quest’uomo orribile gli sta sempre appiccicato e non c’è modo di poter parlare in privato con No Taisho”

“Quindi un giorno potrebbe prendere il posto del buon faraone che adesso è al trono” Koga tirò fuori le sue conclusioni, tranquillamente e senza traccia nel suo volto di alcun terrore.

“E quando succederà sarà la fine per tutti quanti. Anche per i due principi, figli di Inu No Taisho”.

“C-ci sono due principi?” quasi urlò sorpreso il demone. Ayame annuì, facendogli segno di abbassare la voce.

“Ma non dovrebbe salire al trono uno dei due?”

“Il più grande, che perora dimora il Basso Egitto, potrebbe ma prima ha bisogno di una sposa. Quanto a quello di queste terre, dell’Alto Egitto, non so dato che è ancora in carica il padre. Naraku farebbe di tutto per salire al potere, di questo ne sono sicura”.

“E allora dobbiamo impedirglielo, non credi anche tu?” ghignò Koga.

Ayame gli sorrise. Quel ragazzo le piaceva, così come le piaceva il suo sorriso accattivante.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 8:

 

Inuyasha era visibilmente nervoso. Era da circa un’ora che aspettava la sua solita colazione che, proprio quella mattina a causa della sua ‘adorabile schiava’, non dava alcun segno di arrivare.

Dopo aver concesso con enorme sforzo altri dieci minuti di tempo per apparire con quel dannato cibo sulla soglia della porta, si alzò ed uscì furioso dalla camera in cerca di quella maledetta di una Kagome.

Percorse molto velocemente le scale, sorpassando un Miroku alquanto confuso per il comportamento dell’amico. Girò a destra e si fiondò verso la fine del corridoio, entrando nella cucina del palazzo.

Tutte le cuoche e le cameriere, che in quel momento stavano faticosamente lavorando, trovandosi il bel principe nella stanza si inchinarono in segno di rispetto. Tutte tranne una: Kagome. Era rimasta in sala ormai da molto e, non avendo nemmeno voglia di tornare a mani vuote nella camera del suo padrone, aveva deciso di rimanere lì sperando nella ‘non proprio realistica’ pazienza di Inuyasha.

Quest’ultimo, appena la riconobbe tra le tante ragazze che si trovavano nella stanza, si avvicinò e la trascinò fuori con forza. Poi, dopo aver preso un respiro per allentare la rabbia, le chiese: “Cosa diavolo avevi intenzione di fare? Rimanere lì fin quando, morto affamato, sarei venuto a ricordarti il mio ordine?”

Kagome lo guardò in modo un po’ ironico, per poi rispondergli: “Le cuoche mi avevano avvisato che ci sarebbe voluto del tempo per preparare la colazione di stamattina. Ho preferito rimanere lì ad aspettare piuttosto che tornare in camera. E poi sei proprio esagerato! Come si fa a morire di fame dopo nemmeno tre ore che ti sei svegliato?”

“E invece saresti dovuta venire ad avvisarmi! Era la scelta più sensata, no? Tu invece fai tutto di testa tua!” continuò a sgridarla il mezzo-demone.

“Sai com’è, mi dispiace di non essere una perfetta serva come desidera il principe!” scherzò la ragazza.

“Oh, di questo non devi preoccuparti. Ci penserò io a farti diventare un docile e tenero agnellino, cominciando proprio da stasera!” sorrise il principe, malvagio e vittorioso.

“S-stasera?” balbettò confusa Kagome.

Inuyasha si compiacque dell’effetto dato da quelle poche parole. Si avvicinò all’orecchio della ragazza e sussurrò con voce roca: “Si, stasera, quando fra le lenzuola ti frusterò selvaggiamente e tu mi implorerai con voce affannosa di fermarmi”.

Qualche brivido di disgusto percorse velocemente la schiena della giovane. “N-no! Cioè, ti chiedo scusa, ti prometto che se la prossima volta dovesse andare storto qualcosa ti avviserò immediatamente!”

“Le scuse sono già un enorme passo in avanti. Per stasera ti risparmio, ma la prossima volta potrei anche non essere così clemente con te!” la avvisò.

L’hanyou fece per entrare in cucina, quando Kagome gli chiese “Perché stai rientrando lì?”

“Non mi importa della mia solita colazione elaborata. Il mio stomaco dà segni evidenti di essere allo stremo della pazienza e devo saziarmi con il primo alimento che trovo. Ci vediamo più tardi, mia cara fanciulla!”

La ragazza lo guardò allibita, per poi pensare: ‘Le ultime parole mi sanno dette da un certo Miroku!’.

 

 

Sango era sempre più convinta di essere nel giusto. Quel paio di occhi colo cobalto, così belli e limpidi come l’acqua cristallina, li aveva rivisti soltanto nel suo padrone Miroku. Quel paio di occhi rossi, così malvagi e tenebrosi invece era convinta di non averli mai visti a nessuno; o almeno, a nessuno di cui si ricordasse bene l’aspetto.

L’ex capovillaggio decise di parlare chiaramente con quel pervertito del suo padrone. Aveva bisogno di spiegazioni, lei doveva assolutamente sapere la verità sull’episodio mortale del fratello minore.

Attese con impazienza l’arrivo di Miroku che, quando varcò la soglia della camera, venne accolto da una strana Sango.

‘Ma oggi cosa sta succedendo? Si comportano tutti in maniera così strana! Prima Inuyasha… poi Sango!’ pensava confuso il ragazzo.

“Miroku, ho bisogno di parlarti!” gli disse la ragazza.

“Ti ascolto, Sanguccia”

 

 

Era da circa due giorni che il piccolo Shippo si divertiva con i suoi coetanei.

Insieme giocavano, dipingevano, modellavano e creavano oggetti, mangiavano cose deliziose che non potevano nemmeno essere paragonati al cibo modesto di Sango… insomma si divertivano molto.

Diversamente da Shippo, invece, Kirara si era rilassata parecchio, dormendo anche per intere e intere ore. Non si era mai sentita così riposata in quel modo prima d’ora e questo la rendeva abbastanza soddisfatta.

In quel momento il cucciolo di volpe e la sua amica demone Yura erano intenti a decorare un vaso di terracotta, che avevano lasciato ad asciugare la sera precedente, e a chiacchierare del più e del meno.

Ma una domanda della ragazza lo colpì: “Anche tu vivi al villaggio? E chi sono i tuoi genitori?”

Il loro villaggio…

Kagome, Sango e Koga… Dove erano finiti? Come stavano?

Il cucciolo si era così tanto lasciato trasportare dal divertimento che si era completamente dimenticato di cercarli. E di questo ne era dispiaciuto, anche perché non era un comportamento degno di un amico.

Si allontanò da Yura, pregandola di non aspettarlo e di finire da sola l’oggetto, e si avvicinò al demone gatto a cui era tanto affezionato.

“Kirara, andiamo a cercare i nostri amici!”

 

 

Kagome era molto annoiata. Non aveva alcuna intenzione di aspettare in camera il suo padrone, che in quel momento era intento ad abbuffarsi in cucina, così era rimasta a passeggiare per i vari corridoi e a curiosare in giro per il palazzo.

Non poteva fare a meno di meravigliarsi della magnificenza del popolo egiziano. Senza dubbio l’inconveniente di essere rimasta intrappolata in quell’epoca adesso le era rimasta utile per fare un breve ripasso di quella civiltà così antica eppure così affascinante.

Tutto, lì dentro, sembrava avere qualcosa di speciale: le pareti, che erano tutte finemente decorate a mano con i geroglifici, tutti gli strumenti strani che utilizzavano quotidianamente ed era persino strana l’unità di misura che adoperavano per fare calcoli matematici.

La biblioteca del palazzo era immensa, degna di essere chiamata come tale.

Vi erano numerosissime pergamene, che trattavano argomenti e teorie di matematica, scienze, astronomia e persino del possibile cambiamento atmosferico. Vi erano anche numerosi mappamondi e cartine, anche se molto diversi rispetto a quelli che utilizzavano nelle scuole del Giappone.

La ragazza, dopo aver visitato per bene la fornita sala, uscì e ritornò verso la cucina credendo che a quell’ora il mezzo-demone avesse finito la colazione. E fu proprio così.

Quando infatti ritornò indietro, lo trovò ad aspettarla all’uscita della cucina.

Iniziando a chiacchierare, si avviarono verso la camera del principe.

Ma pochi secondi prima di percorrere le scale che portavano al piano superiore, Kagome udì qualcuno chiamarla. E la voce le sembrava stranamente familiare.

Si voltò e vide a pochi metri da lei il piccolo cucciolo di volpe insieme alla demone gatto di Sango.

“Shippo! Kirara!” esclamò con gioia, prima di corrergli incontro ad abbracciarli.

Inuyasha la guardò piuttosto confuso, pensando: ‘E questi due chi diavolo sono?’.

“Kagome, come sono contento di averti ritrovata!” gli disse Shippo.

“Anche io lo sono, ma fino ad ora dove siete stati? E’ successo qualcosa di grave?” domandò la ragazza.

“Sono stato in una stanza insieme a Kirara e ad altri cuccioli di demone ed esseri umani”

“Quindi tu vieni dalla stanza dei bambini?” domandò Inuyasha, avvicinandosi al cucciolo. Fino a quel momento si era limitato a seguire il discorso dei due conoscenti. Shippo annuì.

“Non lo sai che è assolutamente vietato per un cucciolo come te girovagare senza permesso per il palazzo?” lo rimproverò bruscamente il mezzo-demone.

Il piccolo demone, un po’ intimorito dai modi crudi del ragazzo, non rispose e si rifugiò dietro l’amica Kagome, tirandole il vestito.

“Dai Inuyasha, non trattarlo in questo modo. Non vedi che lo spaventi? E’ solo un cucciolo!” cercò di persuaderlo Kagome.

“Tsè, cucciolo o no, le regole qui vanno rispettate!”esclamò l’hanyou con fare da saputello.

Kagome lo guardò male, per poi pensare: ‘Manca poco e le regole non le rispetti nemmeno tu che sei il principe!’.

 

 

“Ti ascolto mia adorata Sanguccia” disse Miroku.

“Vedi, ecco… volevo domandarti una cosa. Tu, prima che io diventassi la tua schiava, ricordi di avermi già vista da qualche parte?” domandò la ragazza, curiosa di sapere la risposta.

“Eh?”

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 9:

 

“Eh?”

La risposta che era uscita fuori dalle labbra del bel Miroku non era stata di certo soddisfacente.

La giovane Sango difatti ne rimase un po’ delusa, poi ritentò di nuovo:  “Ti prego Miroku, è importante…!”

“Non credo proprio che sia successa una cosa del genere” le disse. Poi la guardò con una strana luce negli occhi “anche perché non mi sarei mai fatto sfuggire una fanciulla del genere”.

La ragazza, subito dopo aver udito l’ultima parte della frase, si alterò non poco. Strinse la piccola mano a palla, per poi dargli un pugno micidiale sotto il mento. Il ragazzo non solo si fece male alla parte colpita, ma anche al sedere per il brusco atterraggio sul pavimento. Si massaggiò entrambe le parti lese con tutte e due le mani, per poi lamentarsi “Ahi, Sanguccia! Mi hai fatto maleeeeeeeeee!”

“Era proprio mia intenzione! Ti sembra normale scherzare in un momento del genere?!” lo rimproverò Sango.

“Cosa c’è che non va? La tua era solo una semplice domanda, no? E poi te lo giuro sopra la dea Nefthi, non ti ho mentito! Non ricordo niente, veramente!”

La ragazza si intristì. Forse ormai non importava più, scoprire il responsabile della morte di suo fratello non lo avrebbe di certo fatto ritornare in vita. E poi… quel ragazzo dagli occhi blu cobalto poteva benissimo non essere il suo deviato padrone.

Ancora più demoralizzata di prima, Sango si avvicinò al suo letto per poi buttarsi di peso su di esso.

Miroku, adesso un po’ preoccupato, si alzò e si avvicinò alla ragazza. Poi le chiese: “Ehm… va tutto bene Sanguccia mia?”

“Vai via, lasciami da sola” rispose freddamente la sua schiava.

Miroku seguì l’ordine senza dire o fare altro, scartando l’idea di usare le sue solite battutine perverse per salvare la situazione. Quella volta, riflettè, non sarebbe servito a niente. Se Sango aveva bisogno di stare da sola, lui non avrebbe obbiettato o interferito nella sua decisione. Uscì dalla sua camera, richiudendo dietro di sé silenziosamente la porta.

 

 

“Per quanto altro tempo questo cucciolo deve rimanere qui? Sto incominciando a seccarmi!” avvertì un principe mezzo-demone. La sua giovane schiava invece, nonché originaria di un’altra epoca, era di tutt’altro umore rispetto al suo giovane padrone. Aveva ritrovato il piccolo Shippo e Kirara e di questo ne era contenta. Anche il cucciolo sembrava essere dello stesso parere della ragazza, visto l’enorme sorriso che aveva dipinto sul dolce faccino.

Kirara sembrava aver trovato un nuovo amico, ovvero Buyo. Quando infatti, come di consueto, Inuyasha aveva dato il cibo al micio, anche la gattina demoniaca si era servita gradendo l’alimento. Ed adesso, dopo aver svuotato insieme la ciotolina, giocavano allegramente con un piccolo giocattolo di legno.

A quanto pare, l’unico a non essere soddisfatto era proprio Inuyasha!

“Eddai Inuyasha, che fastidio ti reca il piccolo Shippo?” gli domandò Kagome.

“La risposta è così ovvia che non la dico nemmeno!”

La ragazza era sicura della falsità della risposta del suo padrone. Ma non riusciva proprio a capire il motivo di quell’ostinazione nei confronti di un cucciolo!

“Ti prego Inuyasha, fammi rimanere ancora un po’ con voi!” lo pregò Shippo.

Inuyasha si accorse dello sguardo minaccioso della ragazza, deglutii e gli rispose: “E sia, ma per poco!”.

 

Poco dopo, proprio come preannunciato dai principe, il piccolo Shippo venne cacciato a calci dalla regale stanza. Ma non si intristì, perché si era dato appuntamento l’indomani mattina con Kagome per rivedersi. Anche perché sapevano dove potersi trovare.

Più tardi Miroku entrò nella stanza dell’amico, interrompendo un nuovo battibecco dei due.

“Inuyasha, devi seguirmi. Tuo padre ha appena aperto una riunione”lo avvisò.

“Arrivo subito, andiamo Kagome”

“No, aspetta! La DivinaKagome non può venire… mi dispiace”

“Non ti preoccupare Miroku, andrò a farmi un giro” lo rassicurò la ragazza.

Inuyasha e Miroku si avviarono verso la sala dove normalmente vi stava il faraone. Entrarono, sotto lo sguardo di numerose persone che in quel momento stavano animatamente discutendo di faccende a loro temporaneamente sconosciute.

Si sedettero fra gli ultimi posti rimasti e aspettarono pazientemente l’inizio dell’importante discorso.

“Faraone Inu No Taisho, possiamo iniziare o manca ancora qualcuno?”

“I Kekher non sono arrivati. Aspettiamo ancora!” rispose il faraone.

 

 

Kagome, dopo aver visto Miroku e Inuyasha allontanarsi dalla stanza, si incamminò verso la cucina. Lì avrebbe voluto tanto incontrare la vecchia Kaede e Ayame, che non aveva visto da circa un giorno.

Scese le scale, svoltò a destra e attraversò il lungo corridoio. Entrò nella stanza e vi trovò un’Ayame di fretta.

“Ehi Ayame! Tutto bene?” chiese gentilmente la giovane.

“Oh Kagome! Benissimo! Ti va di venire con me a scoprire segreti che nessun impiegato qui a palazzo dovrebbe sapere?” le propose. Kagome la guardò interrogativa.

“Vieni, ti spiego strada facendo!” la prese per un polso e la trascinò via dalla stanza, senza che la schiava del principe potesse salutare la vecchia cuoca.

“Vedi, si sta tenendo una riunione importante. Siccome non siamo tenuti a sapere le discussioni e le informazioni riservate che si dicono lì dentro, dobbiamo informarci noi e a modo nostro. Non sei curiosa di sapere cosa si dicono il faraone e il tuo bel fusto?” le chiese scherzosamente.

“M-ma vuoi scherzare?! Come può quell’idiota dirsi un bel fusto? E’ pure sopportabile a malapena!” le rispose, convinta. Sicuramente non lo conosceva bene quel mezzo-demone, pensò la ragazza.

“Dai Kagome, si vede lontano un miglio che state iniziando ad affezionarvi l’un l’altra. Secondo me tra poco nasce qualcosa… !”

“Ayame, ma cosa dici?!Tu vaneggi!” urlò Kagome imbarazzata.

“Ok, per ora chiudiamo questo discorso. Siamo quasi arrivate!” esclamò entusiasta l’amica.

Si trovarono davanti ad un massiccio portone finemente decorato con disegni rappresentanti divinità. Con loro grande sfortuna però trovarono delle guardie intente a sorvegliare la stanza. Ayame non si scoraggiò e, approfittando del suo ruolo di cameriera e della sua forza da demone lupo, entrò nella stanza accanto e si inginocchiò. Poi con gli artigli tracciò una fessura da dove poter vedere l’interno della stanza accanto. Ne fece un’altra per Kagome e insieme iniziarono ad ascoltare tutto quello che stavano per dirsi.

Una guardia entrò nella stanza per avvisare l’arrivo di nuove persone. Kagome ed Ayame aguzzarono la vista.

Fecero ingresso in stanza un gruppo di persone incappucciate, dall’aria misteriosa e sinistra. Camminavano insieme e allo stesso modo, quasi fossero coordinati.

Kagome ed Ayame li contarono, essendo un gruppo abbastanza numeroso. Erano 11 persone.

“Eccovi arrivati, Kekher!” esclamò solennemente colui che doveva essere Inu No Taisho, ovvero il faraone e il padre di Inuyasha. Kagome si chiese se avesse lo stesso aspetto del padre dell’Inuyasha dell’Epoca Sengoku.

Era davvero un bell’uomo: teneva in mano il nemes (ovvero il copricapo dei faraoni) lasciando scoperti i lunghi capelli argentati, simili a quelli del figlio, legati in una coda alta, aveva occhi color dell’ambra e sul viso raffinato dei segni violacei da demone.

Tutti i membri del gruppo appena arrivato, tranne l’ultimo della fila, sfilarono i cappucci rivelando enormi teste di animali. Erano senz’altro copricapi, pensava Kagome, che rappresentavano ognuno un dio o una dea.

“Rappresentano Khonsu, la divinità lunare, Khnum, protettore delle sorgenti del Nilo, Bastet, dea gatta dalla grande forza, Apopi, dio del buio e dei Caos, Nefti, dea dell’oltretomba e del parto, Maat, la verità, Mehetueret, dea della rinascita, Benu, l’eternità della vita, Heket, protettore delle nascite e Shai, il destino” le spiegò Ayame.

Kagome, seppure curiosa di conoscere ancora meglio tutti quei strani personaggi, non ci capì molto.

“Sono presente anch’io, mio signore” disse la persona che era rimasta con il cappuccio sopra il capo. Poi se lo sfilò, entrambe le ragazze avevano gli occhi puntati su di lui.

Il misterioso uomo si rivelò e Kagome trattenne un urlo di sorpresa:  Naraku si trovava proprio davanti ai suoi occhi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 10:

 

Kagome non si sarebbe mai aspettata una rivelazione del genere.

Insomma, incontrare anche la reincarnazione del loro nemico numero uno… in un’epoca del genere le sembrava impensabile.

Dalla fessura, creata da Ayame per lei per permetterle di assistere alla riunione che avrebbe dovuto incominciare a breve, assottigliò gli occhi per osservarlo meglio: il corpo avvolto dalla solita pelliccia bianca di babbuino, il copricapo del medesimo animale fra le mani -che si era sfilato pochi minuti fa- il solito viso che incuteva non proprio benevolenza e bontà. Quando la ragazza si soffermò a guardare i profondi occhi rossi dell’uomo, dei piccoli brividi le risalirono per la schiena. Chissà che ruolo doveva avere in questo tempo per partecipare alla riunione e in che rapporti era con il faraone e Inuyasha.

Già, non ci aveva affatto riflettuto. Era strano pensare che nella stessa stanza, tranquillamente e senza preannunciare scontri o roba del genere, stavano due persone che nell’Epoca Sengoku si sarebbero già scannati se non addirittura uccisi a vicenda.

Senza volgere lo sguardo verso l’amica Ayame, le chiese “Tu sai chi è quell’uomo che è travestito da babbuino?”.

La demone lupo annuì, per poi osservare anche lei la figura della persona di cui stavano discutendo “Si chiama Naraku ed è il sacerdote di Inu No Taisho. Non è però veramente fedele né al faraone né alla famiglia reale, dato che cerca in tutti i modi di abbindolare le decisioni del demone cane per i suoi scopi personali. E non è tutto, a quanto pare è da molto tempo che progetta un omicidio per poter salire al trono… però quella dell’omicidio è solo una voce che gira, non si sa se le cose stiano davvero così perché non si crede che un uomo del genere si faccia scappare un segreto così sconvolgente. Comunque, nonostante ciò, rimango dell’idea che di lui non si ci possa fidare”.

“Ci hai mai avuto a che fare? Intendo in prima persona. Per dire una cosa del genere…”

“Veramente mai, ma non mi piace. Meglio stare lontani sia da lui che dai Kekher…” le rispose semplicemente Ayame, con aria di chi la sa lunga.

“Che, perdona la mia ignoranza, sarebbero…?” Kagome si sentiva imbarazzata nel fare tutte quelle domande all’amica. Si sentiva come una bambina che per la prima volta si trovava in un luogo del genere e faceva domande alla propria madre.

La demone le sorrise per poi risponderle: “E’ un gruppo di consiglieri, formato dalle emanazioni di Naraku”.

Le sorprese per la ragazza venuta dall’epoca feudale non erano ancora terminate; quindi a corte vi erano anche Hakudoshi, Kanna, Kagura e tutte le altre emanazioni che avevano sconfitto quando, insieme ad Inuyasha e agli altri compagni di quel tempo, viaggiavano in cerca dei frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti.

Al ricordo del tanto amato gruppo, si voltò verso Inuyasha e Miroku che erano seduto l’uno vicino all’altro e che erano intenti a chiacchierare in attesa dell’inizio della discussione tanto attesa, quanto sconosciuta.

“Grazie a tutti per essere venuti” il faraone richiamò l’attenzione di tutti, alzandosi dal trono e avvicinandosi verso il gruppo di persone che si trovavano dentro la sala.

“Volevo riferirvi che a breve, verrà celebrato qui, nelle terre dell’Alto Egitto, l’arrivo e il matrimonio del mio primogenito figlio… il principe Sesshomaru, ormai prossimo a diventare faraone -subito dopo il matrimonio- delle terre del Basso Egitto!”.

Dopo l’annuncio di Inu No Taisho, si levò nella sala un coro di congratulazioni, applausi, fischi e chi ne ha più ne metta. Il faraone invece si voltò verso il figlio mezzo-demone, così come Kagome. Come aveva immaginato la ragazza, i rapporti tra i due fratellastri non dovevano essere diversi da quelli dell’epoca feudale, se non addirittura più infernali. Lo capì dal comportamento di Inuyasha, mutato dopo aver sentito pronunziare il nome di Sesshomaru: si era irrigidito contro la sedia su cui si era seduto, aveva il viso contratto in un’espressione terrificante, gli occhi colmi di rabbia e furia e le mani strette, su cui si era provocato delle ferite quando le aveva conficcate con forza fino a fare penetrare nella carne del palmo gli artigli affilati come rasoi. Il padre ne parve dispiaciuto, non avrebbe senz’altro voluto innescare una reazione del genere da parte dell’hanyou.

Quest’ultimo si alzò improvvisamente, facendo impercettibilmente cadere al suolo il braccialetto della sua schiava che aveva debolmente legato al polso. Poi, forse non riuscendo più a trattenere la rabbia, corse fuori dalla stanza verso chissà dove. Miroku, preoccupato per l’amico, si chinò in segno di rispetto davanti al faraone e, dopo un cenno di assenso da parte sua, uscì anche lui per raggiungerlo.

Nel frattempo Kagome, che non si era minimamente accorta del braccialetto che ora giaceva a terra, uscì dall’appostamento per raggiungerli, scusandosi con Ayame per averla lasciata ora sola.

 

Dentro la sala ancora si discuteva della bella notizia.

“Chi è la fortunata del principe Sesshomaru?” domandò qualcuno del gruppo dei consiglieri, curioso.

“E’ una ragazzina” rispose un po’ imbarazzato il faraone.

“Una ragazzina? Che età ha?” domandò scettico un altro uomo.

“A quanto ne sono a conoscenza, circa 11 anni…!”

Nella stanza calò improvvisamente il silenzio. Tutti pensavano quale follia stesse approvando Inu No Taisho.

“Con tutto il rispetto sire, ma è inaudita una cosa del genere! Un principe sposarsi con una bambina…”

“Io sono del parere che l’amore non ha età e se mio figlio ritiene di essersi innamorato, di essere ricambiato e di voler sposare una ragazzina… allora la sposerà! Ha tutto il mio appoggio!”.

Anche se non proprio convinti del tutto, nessuno formulo più domande riguardo l’argomento e si continuò a festeggiare per la grande notizia.

Nel mentre Naraku, che fino a quel momento era rimasto impassibile, si avvicinò al posto dove poco prima vi era seduto il principe Inuyasha e il suo amico Miroku.

L’uomo dai profondi occhi rossi notò il braccialetto, lo afferrò e lo portò con sé.

 

Inuyasha era diventato indomabile. Per la furia, spaccava e distruggeva qualunque oggetto avesse a portata di mano. A Miroku venne il dubbio che il suo amico stesse per trasformarsi in demone.

Continuava imperterrito, mentre la rabbia non accennava a diminuire. L’amico tentò di calmarlo e di farlo ragionare ma non ci riuscì. Poi, dopo aver detto la seguente frase, la sua furia parve bloccarsi e con sé anche la sua opera di distruzione: “Inuyasha, fare così non risolverebbe nulla. Cerca di calmarti ora e di rassegnarti all’idea che lo dovrai incontrare di nuovo”.

“I-io non voglio!” gli urlò contro il mezzo-demone.

Poco dopo entrò nella stanza anche la ragazza, che aveva assistito a tutto e che era a conoscenza della causa del comportamento del principe ma che non doveva far notare, altrimenti avrebbero scoperto cosa fino a poco prima aveva fatto insieme ad Ayame.

“Inuyasha!” lo chiamò “Che cosa è successo?” gli domandò, ignorando a come si era ridotta la stanza, ormai piena di legna e di oggetti frantumati.

Miroku si illuminò alla vista della ragazza. Forse lei sarebbe riuscita a farlo calmare.

“Kagome…” sussurrò flebilmente l’hanyou il nome della sua schiava.

Lei gli si avvicinò e, fingendo di aver notato solo ora le ferite che aveva sul palmo delle mani, gliele afferrò domandandogli “Che cosa ti sei fatto alle mani?”.

La rabbia svanì improvvisamente dal volto del giovane per poi assumere un’espressione scocciata.

“Bah, non è niente. Che cosa vuoi che mi sia fatto? Sono solo dei graffietti!” cercava di apparire forte mentre ignorava il bruciore delle ferite.

Miroku trattenne a stento una risata. Il cambiamento del comportamento dell’amico era avvenuto nel giro di pochissimo tempo grazie alla ragazza che ora gli era di fronte.

“Kagome ha davvero un grande effetto su di lui… menomale!” pensò il giovane.

“Saranno solo dei graffietti, ma qui stai continuando a sanguinare!” ribatté la giovane.

Approfittando  della distrazione dei due, Miroku se ne sgattaiolò via per poi andare verso la sua stanza. Chissà cosa stava facendo Sango e se era ancora arrabbiata con lui!

Kagome afferrò un vaso colmo di acqua, vi immerse un panno e iniziò a medicare i tagli del giovane. Quest’ultimo si tratteneva dal lamentarsi, non voleva apparire per uno che si faceva mettere K.O. da degli stupidi graffietti che si era procurato da solo.

“Grazie…” si limitò a dire il mezzo-demone, spezzando il silenzio imbarazzante che si era creato fra di loro. La ragazza si limitò a sorridergli affettuosamente.

Non gli chiese niente riguardo il suo stato d’animo e su cosa era successo poco prima. Non ne era il momento, il suo principe era rimasto senz’altro scosso ed era inopportuno riaprire il discorso proprio ora che si era calmato.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 11:

 

Quel ‘grazie’ detto così timidamente dal mezzo-demone fece addolcire la giovane Kagome, la quale gli rispose con un sincero sorriso.

Inuyasha, adesso leggermente imbarazzato, si voltò di scatto per evitare di incontrare quegli occhi nocciola così dolci e brillanti che lo stavano incantando, finendo per staccare le mani dalle sue.

La ragazza lo guardò confusa, chiedendosi il motivo di quel gesto.

Il principe tagliò corto con un secco “lascia stare”.

Kagome gli afferrò nuovamente le mani affusolate e artigliate, guardandolo intensamente.

“Non ho finito di medicarti, stupido” gli disse.

“Stupido a me?!”

“Si. Sembri uno stupido” confessò ironicamente la ragazza.

Inuyasha, approfittando del contatto fra le loro mani, la tirò verso di se facendola cadere fra le sue braccia.

Kagome arrossì inconsapevolmente mentre lo guardava, incerta.

Lì, fra le calde e forti braccia nude dell’hanyou, si sentiva protetta e al sicuro.

Si sentiva bene. Tremendamente bene e non sapeva spiegarsi il motivo.

Più lo guardava e più se ne accorgeva.

Approfittando della sua posizione lo osservò. I lunghi capelli argentei gli ricadevano oltre le spalle, solleticandogli le guance, gli occhi ambrati, che erano in grado di far sciogliere qualsiasi cosa con la loro dolcezza, adesso li osservavano con un’aria birichina, quasi provocatoria e le rosee labbra, sottili e leggermente carnose, che erano in quel momento piegate in un sorriso.

Lo trovava… bello.

Ma solo un po’.

Inuyasha gli si avvicinò, portando le labbra a livello dell’orecchio destro, per poi sussurrarle: “Quando non parli e ti limiti ad arrossire sei assurdamente carina, lo sai?”. Subito dopo si chinò verso il collo della ragazza e lo leccò leggermente, con la lingua rude, per poi lasciargli un bacio umido che fece sussultare la ragazza per la sorpresa. La strinse maggiormente, per poi lasciarla andare in poco tempo.

Kagome si ritrovò a terra, confusa e disorientata da quello che era successo così velocemente.

Arrossì ancora di più al pensiero di essere stata baciata in quel modo dal suo ‘padrone’.

‘M-ma cosa…?  Si limitò a pensare fra sé mentre fissava il giovane che sembrava avere un’aria trionfante.

 

Miroku stava per entrare nella sua stanza, era proprio dietro la porta ma si dimostrava un po’ incerto.

Sperava intensamente di trovare Sango di buon umore o si sarebbe ben presto ritrovato una nuova impronta rossa sulla guancia.

Ormai deciso nel proprio intento, la aprì e vi entrò.

La stanza era caratterizzata da un vago disordine, che non aveva creato lui e che non c’era prima che se ne andasse in riunione.

Si avviò verso il letto quando intravide la parte inferiore di una ragazza, certamente di Sango, che era sicuramente distesa.

Che stesse dormendo?

Immaginò la scena: la sua bellissima Sango che dormiva, che non poteva picchiarlo come faceva di solito se osava fare qualcosa di troppo…

Gli venne la bava alla bocca.

Poi era quasi sera… nessuno lo avrebbe disturbato a quell’orario.

Si avvicinò ancora di più, dopo essersi imposto di darsi un contegno, e quello che vide lo scosse.

Sango aveva gli occhi dilatati e luminosi, un vago rossore nelle guance.

Appena lo vide la ragazza si alzò, e solo dopo il guerriero notò che stranamente barcollava, come a non sapersi reggere sulle gambe.

Che fosse…? No impossibile.

La giovane non sembrava una che si faceva prendere dall’alcool.

“Sanguccia…?” la chiamò con un tono di voce appena udibile.

“M-miroku- kun! Piccolo maniaco!” lo riconobbe la ragazza, seppur ubriaca.

L’interpellato sorrise, la sua schiava non finiva di chiamarlo in quel modo nemmeno da ubriaca.

Volse lo sguardo verso la bottiglia di liquido colpevole e non poté fare a meno di notare che era completamente vuota.

Ma che gli era saltato in mente alla ragazza?

“Sango tu sei ubriaca!”

“Ma cosa stai dicendo, scemotto?! Io sto meglio di te!” lo rassicurò la ragazza.

Niente, in queste condizioni non l’avrebbe certo fatta ragionare. La afferrò per un polso e la trascinò fuori dalla stanza, verso quella di Kagome, pensando che fosse la miglior cosa che potesse fare per la ragazza.

 

“Sei solo un brutto pervertito!” urlò Kagome, rossa per la vergogna.

Era sicura che Inuyasha avesse solo approfittato della situazione.

“Se io sono pervertito tu sei solo una stupida, senza cervello e  testarda ragazzina!”

“Ma come ti permetti?” la ragazza non ci vedeva più dalla rabbia. “Io ti ammazzo!”

“Provaci dai! Io sono qui!” la provocò lui.

Quando la giovane iniziò a marciare minacciosamente verso il mezzo-demone, la porta della stanza si aprì facendo un gran baccano.

“DivinaKagome, la prego mi aiuti!” la supplicò il giovane dagli occhi color cobalto, appena entrato.

Kagome volse la sua attenzione verso Miroku e lo guardò incuriosita, non riuscendo a cogliere il problema dell’altro.

“Cosa succede?” gli chiese.

“Beh… c’è un problema che riguarda Sango…” le disse il ragazzo, trascinando la sua schiava verso l’amica.

Portò la ragazza di fronte all’altra, per poi confessare “Sango si è ubriacata!”

Kagome sussultò per la sorpresa.

Impossibile! Sango, o almeno quella dell’epoca feudale che conosceva da tanto tempo- ma anche quella di quest’epoca che aveva avuto modo di conoscere bene- non era una ragazza che si lasciava trasportare in queste cose!

All’alcool soprattutto! Cosa le era successo?

Non sapeva spiegarselo.

“Quando è successo?” gli chiese.

“Mentre ero in riunione. Sono rientrato in stanza poco tempo fa e l’ho trovata in questo stato, sdraiata sul letto e con una bottiglia vuota che si era già scolata” le spiegò Miroku.

“Bene. Inuyasha, tu per stanotte dormirai nella stanza di Miroku. Sango invece dormirà qui con me” stabilì la giovane ragazza dai capelli color ebano.

“Cosa? Te lo scordi! Questa è la mia stanza ed io non mi muovo da qui!” protestò il mezzo-demone.

“Suvvia Inuyasha, non fare il capriccioso!” cercò di convincerlo l’amico, avvicinandosi e mettendogli una mano sopra la spalla.

“Ci divertiremo insieme!” continuò Miroku, cercando di dare una visione tutt’altro che noiosa al principe.

“L’ho già detto e lo ripeto: io non mi muovo dalla mia stanza! Mi va bene che Sango rimani qui per la notte, non ho nulla contro di lei anzi vorrei esserle utile a quella povera ragazza che è rimasta vittima di Miroku, ma io rimango qui!”

“M-ma cosa!? Non puoi lasciarmi solo Inuyasha, sono pur sempre il tuo miglior amico! E poi non è giusto, io solo mentre tu sei nella stessa stanza con due bellissime ragazze!” si lamentò il ragazzo, incrociando le braccia al petto e arricciando il labbro inferiore.

Sembrava un bambino quando faceva così.

“Io non avevo completamente pensato a quell’eventualità e poi non mi interessa, fai un piccolo sforzo per una sera. Non sei più un bambino, puoi dormire benissimo anche senza la mia compagnia” gli disse l’hanyou.

“Va bene, faremo come dice Inuyasha. Miroku, fallo per Sango, per favore!” lo supplicò Kagome.

“Va bene, lo faccio solo per il bene di Sango e perché me lo chiedete voi, DivinaKagome!”.

 

Dopo aver cenato abbondantemente tutti quanti, ognuno risalì nelle proprie stanze.

Kagome non perse tempo e si infilò in bagno insieme alla sua amica, cambiandosi per la notte e cambiando anche l’altra dato la sua temporanea impossibilità di farlo.

Uscì dal bagno e si infilò nel suo letto insieme all’amica, che sembrava contraria nell’andare a dormire così presto.

Poi finì per non opporre più resistenza e tentò di addormentarsi.

Kagome al contrario di lei, cedette subito alla stanchezza.

 

 

La mattina dopo la ragazza venne svegliata dai timidi e caldi raggi del sole che iniziarono a fare capolinea nella stanza, colpendola in viso.

Si stropicciò gli occhi con fare bambinesco e lì aprì, il colore cioccolato che incontrava la luce del mattino.

Ma quello che si ritrovò a vedere le fece perdere un battito.

Inuyasha era lì, nel suo stesso letto, e dormiva appoggiato sul suo petto tranquillamente.

Sembrava un cucciolo appena venuto al mondo e bisognoso di affetto: aveva le orecchie canine e soffici abbandonate contro i lunghi capelli color della luna che erano sparsi per il cuscino, gli occhi ambrati socchiusi e le labbra leggermente piene e rosee socchiuse.

Poi, accorgendosi di quello che aveva pensato, urlò per la sorpresa.

MA QUALE CUCCIOLO! QUEL MANIACO NE AVEVA APPROFITTATO!

Inuyasha sembrò svegliarsi lentamente, con insolita calma.

“Umh, Kagome… perché urli?” le chiese con la voce ancora impastata dal sonno.

“Pervertito come sei finito qui?! E dov’è Sango?!” continuò a strillare la ragazza.

“Sango ieri sera è finita sul mio letto e allora io ho deciso di venire qui” le spiegò brevemente l’hanyou, stringendosi di più a lei.

“Mollami brutto stupido!”

“Ehi, stupido a chi?! Ora mi hai fatto innervosire!” iniziò ad urlare anche Inuyasha.

Si iniziarono ad azzuffare nel letto, mentre una Sango sveglia e tornata sobria li guardava confusa.

‘La giornata si preannuncia lunga’ pensò la ragazza.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 12:

 

Sango si scusò con l’amica per aver creato disturbo a causa della sciocca azione di ieri sera.

Non si era nemmeno resa conto di aver bevuto così tanto, anche perché lei aveva sempre odiato l’alcool.

“Non ti preoccupare Sango, non è successo nulla di grave! Anzi, mi scuso anche a nome di Inuyasha per averti svegliato a causa del nostro battibecco”.

“Non devi scusarti Kagome, sul serio. Adesso vado da Miroku, devo ringraziare anche lui per avermi aiutato. Ci vediamo più tardi!”

La ragazza dai capelli color ebano, dopo aver ricambiato il saluto dell’amica, si avviò verso il suo letto dove ancora vi era comodamente disteso il suo padrone.

“Ma ti rendi conto che a causa del tuo comportamento isterico hai svegliato Sango? Proprio lei che aveva bisogno di riposare!” lo rimproverò Kagome.

“Se tu non mi avessi insultato non sarebbe successo! Lo sai che io alle provocazioni rispondo!” gli disse il mezzo-demone puntandole un dito contro.

La ragazza non poté che essere ulteriormente infastidita da quello sciocco principe, ma decise di abbandonare la discussione e di sedersi sul bordo del letto.

“Senti, adesso come sta la tua mano?”.

“E’ guarita completamente” gli rispose l’hanyou, mettendosi a sedere come Kagome.

“Sul serio? Così presto?” domandò un po’ incredula la ragazza.

“Si. Ai mezzo-demoni, come d’altronde ai demoni, le ferite rimarginano prima di voi esseri umani” le spiegò.

“Potrei constatarlo con i miei stessi occhi?” gli chiese, accompagnando il tutto con un sorriso dolce.

Il principe, non essendo abituato ad essere trattato in quel modo così dolce, arrossì per poi offrirgli timidamente la mano artigliata.

Kagome la afferrò delicatamente e non poté non notare quanto fosse grande e calda a confronto alle sue mani piccole e pallide. Così sovrappose i loro palmi e li osservò.

Inuyasha, intenerito dal gesto della giovane ragazza, decise di non fare niente di stupido per rovinare quel momento.

La serva nel frattempo continuava ad osservare dettagliatamente il tutto: passava dagli artigli affilati da mezzo demone per poi scendere verso le dita, affusolate e sottili. Dal dorso della mano scese verso il polso…

Aspetta…

… cosa?!

Perché sul polso non c’era il braccialetto che le aveva sottratto tempo prima?!

Diede una rapida occhiata anche all’altro polso, presa ormai dal panico, ma anche quello era inspiegabilmente vuoto, privo di qualunque gioiello.

“Inuyasha… dove è finito il MIO braccialetto?” la ragazza tentò di rimanere calma, per quanto gli fosse possibile.

“Eh? Di che stai parlando?” domandò lui, confuso dallo repentino sbalzo d’umore della ningen.

“Del braccialetto che mi hai sottratto e che avresti dovuto tenerlo fino a che non avresti deciso di restituirmelo!” a quel punto non poté non trattenere un urlo.

“Ah, quel braccialetto! … perché non lo porto al polso? Forse l’avrò perso” disse con noncuranza, facendo anche spallucce.

“Lo hai perso? MA DICO TI SEI RINCRETINITO?” urlò ancora.

A quel punto Inuyasha la guardò sconvolto.

“Io ho bisogno di quel braccialetto” continuò poi “Ne va della mia stessa vita! Adesso tu mi aiuterai a cercarlo, chiaro?!” gli ordinò, gli occhi color nocciola avevano preso un’inspiegabile sfumatura rossastra. Sembrava avesse gli occhi di un demone inferocito.

Il mezzo-demone, a quel punto terrorizzato, non poté che annuire.

Kagome quando ci si metteva faceva proprio una gran paura!

… eppure non riusciva proprio a capirla!

Prima faceva tutta la dolce e poi gli urlava contro, arrivando persino a minacciarlo.

“Le donne non le capirò mai” pensò, annuendo fra sé e sé.

“Che stai facendo ancora lì seduto?! Muoviti o…”

“Arrivo mia signora!” gli disse, alzandosi immediatamente.

Sì, Kagome faceva proprio paura!

 

 

 

Ad Ayame, nel frattempo gli era stato nuovamente assegnato il compito di portar da mangiare agli schiavi che stavano provvedendo alla costruzione delle piramidi.

La demone era felicissima, avrebbe potuto rincontrare il suo amico Koga!

Scese a valle, constatando che Kaede era già arrivata e che aveva preparato tutto il necessario.

Ayame volse la propria attenzione a tutti gli uomini che si stavano avvicinando a loro e solo allora intravide un demone lupo. Era proprio Koga.

Prese un po’ di cibo e si avviò verso di lui.

Appena la vide, il demone le sorrise e si avvicinò a lei.

La salutò e la ringraziò per il gentile gesto.

Dopo aver finito di pranzare, i due iniziarono a parlare ininterrottamente, approfittando della pausa che avevano concesso ai lavoratori come ricompensa del loro ottimo lavoro.

“Lo sai che si terrà fra poco un ballo in onore dell’arrivo e del matrimonio del principe Sesshomaru?”

“A dire il vero no” confessò Koga.

“Beh, stavo pensando… visto che sono tutti invitati, compreso i lavoratori, ti piacerebbe venirci insieme a me?” a quel punto Ayame si imbarazzò non poco, lei non era il tipo da queste cose.

Però aveva preso il demone in simpatia e trovava piacevole trascorrere il tempo in sua compagnia.

“Mi piacerebbe molto, Ayame” affermò il demone lupo, sorridendole.

A quel punto la demone arrossì.

“Solo… non ti aspettare molta eleganza. E puoi ben capire a cosa mi riferisco” gli disse Koga.

“La stessa cosa vale anche per me!”

I due scoppiarono a ridere.

Koga era contento di passare le proprie pause insieme ad Ayame.

Lo faceva sentire tranquillo e gli faceva dimenticare tutto il lavoro che lo avrebbe aspettato durante la giornata, cosa che avrebbe dovuto solo farlo deprimere visto che ancora le piramidi non erano state costruite del tutto.

Lui non era destinato alla schiavitù, al lavoro per gli egiziani. Lui aveva guidato delle resistenze, insieme ai suoi amici, perché non approvava proprio questo tipo di cose.

Queste cose in cui lui si era imbattuto.

Non si sarebbe rassegnato così facilmente il demone, non avrebbe rinunciato a combattere, non era da lui.

Aveva promesso di non arrendersi, per rendere quel luogo un posto più sereno per tutti, senza schiavi o lavori forzati, senza prigionieri e senza spargimenti di sangue, senza villaggi che venivano crudelmente rasi al suolo.

Un luogo dove vivere in pace.

Avrebbe solo dovuto trovare i suoi amici, liberarli e fuggire insieme a loro, per riprendere la loro missione e raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati.

Ma adesso non ne aveva la possibilità, controllato com’era dalle guardie del faraone.

Quei dannati sciacalli con fruste infernali, che avevano mandato al tappeto migliaia di uomini stanchi, malati, che non ne potevano più di quella vita dedicata solo al sudore per uno stupido demone cane che regnava e che non gliene importava niente di loro. Lo dimostrava il fatto che non si era mai fatto vivo.

Ma  almeno per un po’ di tempo, al forte e battagliero Koga, gli sarebbe bastato la compagnia della sua nuova amica.

E anche uccidere primo o poi quelle maledette guardie che avevano appena colpito un suo conoscente.

Dopotutto anche quell’idea non era poi così male.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 13:

Un ringraziamento particolare a  ‘MoonPrincess’ per avermi sottratto dai doveri che mi attendono ancora ora, e portato nel meraviglioso mondo delle parole e delle fan fiction che da un periodo a questa parte ho dovuto trascurare e a ‘Marti Chan’ che ancora continua a pazientare seguito dopo seguito della storia. Spero di non essermi arrugginita nel mio lungo periodo di assenza. Vi auguro un buon proseguimento, sperando che il capitolo vi sia gradito.

 

Dopo un’intera giornata caratterizzata dal continuo susseguirsi di corse dalla punta fino ai sotterranei del palazzo reale insieme alla sua ancella Kagome, Inuyasha si sentiva a pezzi.

Nella sua vita lussuosa e benestante da principe quale era non si era mai stancato così tanto.

E stancato cosa per poi?

Quel ‘toccata e fuggi’ in ogni singola stanza – anzi, in ogni singolo centimetro di spazio possibile e immaginabile – seguita anche dalle continue urla di rimprovero di Kagome per cosa?

Per uno stupido gioiello che per la ragazza aveva chissà quale assurda importanza? Ebbene sì, indovinato.

E mentre continuava a correre si chiedeva ancora il motivo per il quale non avesse rifiutato.

Se lo chiedeva ancora, e si rispondeva con la scusa che non avrebbe mai e poi mai rifiutato qualcosa chiesta da una Kagome in piena crisi isterica. No, non avrebbe potuto farlo nemmeno volendolo.

Comunque in cuor suo, sapeva che non era così. Sapeva che non era quello il vero motivo.

Si sentiva un po’ in colpa per quanto successo.

Insomma, aveva preso con la forza, tenuto e poi perso un oggetto che non era suo. Che era di Kagome.

Quei pochi – anche se pochi però c’erano! – sensi di colpa che sentiva se li meritava dal primo all’ultimo.

Però nonostante tutto era davvero sfinito, così iniziò a rallentare il passo fino a camminare.

Non poteva crederci, adesso aveva anche il fiato corto!

Kagome, che pochi attimi dopo si era accorta di non avere più il mezzo demone al suo fianco,si voltò continuando a strepitare.

Inuyasha raccolse quella poca calma e lucidità che ancora possedeva per poi dirle “Kagome, io direi di fermarci. Se non lo abbiamo trovato dopo un intero pomeriggio significherà pur qualcosa. Magari è ancora nella nostra stanza e non ce ne siamo accorti”.

La ragazza accantonò per il momento l’emozione che era scaturita dall’aver sentito la parola “nostra stanza” e non “mia stanza” per continuare a insistere.

Il principe a quel punto non ce la fece: la afferrò – seppur con delicatezza – e iniziò a trascinarla verso la calda camera che avevano abbandonato ore fa a causa del piccolo imprevisto.

Poi cercò di farla ragionare:  “Senti Kagome, è da un intero pomeriggio che cerchiamo senza sosta quel braccialetto. Ormai il sole sta tramontando, quindi finiamola qui. Lo continueremo a cercare in un secondo momento, quando ci saremo anche riposati”.

“Non mi importa di riposare! Io ho bisogno di quel braccialetto, ne va della mia stessa vita!”

Il mezzo demone non riusciva a capirla.

“Mi spieghi perché è così importante per te?”

La ragazza chinò il capo e gli rispose “Mi dispiace, non posso”.

Inuyasha annuì, ma ne rimase comunque un po’ offeso.

Credeva che tra lui e Kagome ci fosse un rapporto speciale, diverso da quello che aveva avuto con le sue serve precedenti, e invece adesso era costretto a ricredersi. Lei infatti aveva preferito non parlarne.

Il loro quindi era un normale rapporto tra un principe e una semplice ancella?

No, si rifiutava di pensarlo.

Chissà, magari aveva ancora bisogno di tempo per fidarsi di lui.

Infondo era proprio colpa sua se Kagome era costretta a vivere nel palazzo e a servirlo; che cosa poteva pretendere?

“Qualunque sia il motivo, direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza” il mezzo demone mollò la presa “Su, torniamo indietro”.

La ragazza dai capelli color ebano rimase immobile, lo sguardo fisso in basso e i pugni stretti lungo i fianchi. Non gli rispondeva, sembrava non fare più caso alla sua presenza.

Inuyasha la costrinse a guardarlo, sollevandogli piano il mento con sue dita stando attento a non graffiarla e solo allora si accorse dello stato in cui era Kagome.

Aveva gli occhi lucidi e le labbra piegate in una smorfia di imbarazzo.

Sicuramente perché l’aveva scoperta in un momento di fragilità.

All’hanyou il cuore saltò un battito a vederla in quello stato.

“T-ti prego, non piangere!”

“Scusami, adesso smetto…” lo disse con una vocina tale da riuscire ad intenerire perfino il mezzo demone.

Poi la ragazza si strofinò con il dorso della mano per asciugare le prime lacrime che stavano per scendere. Ma non riusciva a smettere di piangere. Pensava che non sarebbe più riuscita a tornare a casa e questo le provocava delle fitte al petto.

La uccideva dentro.

“Mi dispiace, non ci riesco” e le uscì un singhiozzo mal celato.

Inuyasha iniziò ad accarezzarle i capelli per rassicurarla, con fare affettuoso e rassicurante.

Kagome rimase stupida del gesto così come lui stesso.

Da dove veniva tutta quella dolcezza?

Dov’era finito il principe arrogante, presuntuoso, vanitoso e viziato che era?

“Stupida, non devi scusarti di niente. Prenditi tutto il tempo che vuoi: io sono qui, insieme a te”.

Qualcosa dentro la ragazza scattò, portandola ad abbracciarlo di slancio.

L’hanyou non si aspettava una simile reazione, per questo dapprima rimase immobile.

Poi ricambiò l’abbraccio, stringendola maggiormente a sé, continuando anche ad accarezzarle i capelli color ebano.

Kagome smise di piangere, adesso non pensava più al suo futuro, né all’Epoca Sengoku o altro.

No, né ad altro che non riguardasse Inuyasha.

Il suo corpo che adesso era a stretto contatto con il proprio, il suo odore, il calore che emanava… erano meravigliosi, lui era meraviglioso – anche se non lo avrebbe mai ammesso a nessuno all’infuori di lei.

Lui era troppo…

… troppo da riuscire ad avere.

 

Poi tutto accadde velocemente.

Si sentì provenire da lontano un urlo, un urlo di una voce familiare.

Shippo, cavalcando il suo nobile destriero Kirara correva velocemente (quasi come un razzo, da non crederci!) verso di loro urlando a squarciagola.

Inuyasha iniziò a sbiancare, per poi diventare l’incarnazione del nervosismo.

Era ancora Shippo! Sempre quel cucciolo che doveva stargli sulle scatole!

E adesso aveva interrotto anche quel bellissimo momento con Kagome.

Gliel’avrebbe fatta pagare cara, molto cara, su questo ci avrebbe scommesso anche il suo titolo da principe!

Kagome, forse non volevo far assistere la loro scena al cucciolo di volpe, sciolse l’abbraccio e si allontanò un po’ da Inuyasha imbarazzata.

Probabilmente però li aveva già visti…

 Il bambino, ormai con Kirara chiaramente vicini ai due, ordinò alla federe amica di fermarsi.

L’animale fece per frenare, portando una delle zampine anteriori verso l’alto ma, a causa del terreno scivoloso, non ci riuscì e lei così come il cuccioletto che gli stava in groppa finirono per schiantarsi sui due ragazzi.

Un boato atroce si sparse come un eco per tutto il piano del palazzo.

Qualcuno si era sicuramente rotto qualcosa.

Fatto sta che Inuyasha da quel momento fino alla fine della giornata divenne una bestia, nel vero senso della parola.

Difatti Kagome si chiese come mai non si fosse trasformato in demone.

 

Quella sera, la porta della stanza di Shippo venne casualmente chiusa a chiave, se non addirittura bloccata anche dall’esterno…

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Dal presente all’antico Egitto

Capitolo 14:

 

Era pomeriggio inoltrato.

Il bagliore suggestivo del tramonto donava un po’ di serenità nel luogo dove tutti quegli schiavi stavano ancora lavorando alla progettazione delle piramidi, ed esattamente ad una in particolare.

Il faraone Inu No Taisho infatti, qualche giorno prima, aveva sentito la necessità di farne costruire una nuova, più grande e possente delle altre, per augurare l’imminente arrivo dell’anno nuovo.

Che poi non era così imminente, eh! Secondo i calcoli di Koga – doveva tenere a mente i giorni che passavano, altrimenti avrebbe completamente perso il conto del tempo– mancavano ancora cinque mesi! Insomma, per lui erano tutte cavolate.

Il demone lupo, madido di sudore, si asciugò con il dorso della mano la fronte lucida e volse lo sguardo verso il tramonto.

Era veramente bellissimo. ‘Nessuno può rimanerne indifferente’ pensava.

Eppure tutti quegli uomini erano lì, inconsapevoli dello spettacolo che stava avvenendo dietro le loro schiene piene di ferite. Troppo intenti a lavorare per accorgersene.

Fango, sabbia, acqua…

E ancora fango, sabbia, acqua.

Pestare fango, mescolarlo con sabbia e acqua.

Tirare l’acqua. Tirarla, tirarla, ancora, ancora. Più forte!

Raccogliere la paglia.

Trasporta per chilometri.

Il suono della frusta che squarcia l’aria.

Il tonfo di un corpo caduto -troppo stanco,quante fatiche patite per lungo tempo!- e le urla di dolore che riecheggiano nell’aria.

Perché tutta quella sofferenza?

Tutta quella fatica per un sovrano che non vi considera nemmeno!

Quella civiltà, considerata così splendida da tutti, si basava solamente su schiavi.

E Koga digrignava i denti dal ribrezzo, ringhiava e il suo petto strepitava di frustrazione.

Quella non era vita. La vita non era solo sofferenza e fatica, quella che si vedeva negli occhi di quella gente.

Era anche amore, gioia, esperienza, lavoro, famiglia…

Perché non lottavano per la loro libertà? Si erano forse rassegnati al loro destino?

Si avvicinò alla guardia che aveva frustato quell’anziano signore, ormai il corpo inanimato giaceva a terra avvolto nel sangue.

Assassino.

Il demone lupo gli sputò in faccia, dando il via ad una nuova ribellione da parte sua.

Solo sua, perché la gente non reagiva.

Non si ostinava più a voler cambiare le cose…

Sapeva che combattendo da solo avrebbe perso, che lo avrebbero punito di nuovo.

Di lì a poco sarebbero arrivati i rinforzi per quel disgraziato, ne era sicuro.

Ma non avrebbe mai smesso di lottare, mai.

Per lui e per quella povera gente.

Non era il tipo da arrendersi tanto facilmente.

 

 

 

Kagome aveva passato tutto il pomeriggio con Sango.

I loro gusti si erano rivelati più simili di quanto non credesse, anche nel campo vestiario. Si erano entrambe cambiate d’abito, quello precedente lo avevano indossato troppe volte e le aveva stancate.

Era di finissima seta bianca, di consistenza leggera visto la temperatura fin troppo calda di quelle zone, lungo fino alle ginocchia. Velava le spalle in maniera particolare, dando alle spalline la forma di una piccola nuvola. L’abito aderiva al petto, ma non eccessivamente e aveva una modesta scollatura a V. Attorno alla vita, era legata una cintura d’oro piena di pietre di diversi colori che rendeva il vestito ancora più particolare.

Anche Sango indossava lo stesso vestito, solo il colore delle pietre incastonate nella cintura variava.

Kagome accompagnò l’amica nella sua stanza e inevitabilmente finì per incontrare Miroku.

“Oh Divina Kagome! Qual buon vento vi porta qui? Sentivate forse la mia mancanza? Ah, come siete dolce e pura! Venite qui tra le mie braccia!”

“Miroku, come al solito vaghi troppo con la fantasia. Ero venuta solo ad accompagnare Sango!”

Il rispettabilissimo guerriero sfoggiò una delle espressioni più addolorate che riuscisse a fare “Come siete crudele, DivinaKagome!”

Sango, che nel frattempo aveva assistito alla patetica scena, sembrava essere diventata un vulcano in eruzione. Esplose urlando contro il pervertito quale era il suo padrone “Ma tu non la finisci mai di fare il maniaco? Sei proprio uno stupido!”

“Perdonami dolce Sango, non volevo farti arrabbiare. Vieni qui, così cerco di riparare al mio errore…”

“Ok, hai finito di vivere, brutto deficiente!”

Dopo aver urlato anche questo, Sango afferrò la prima cosa che le era venuto a tiro (ovvero il lussuoso tavolo dalla stanza) e lo sollevò con fare minaccioso.

“La tua ora è giunta! Dì le tue ultime preghiere!”

“No Sango! Ti prego! Cerca di ragion-“

“Volete fare un po’ di silenzio?! Mi avete svegliato con le vostre urla indecenti, brutti cretini!”

Quella voce Kagome avrebbe potuto riconoscerla tra mille.

Non poteva che appartenere ad una persona: Inuyasha.

La ragazza non si sarebbe mai aspettata di trovarlo lì.

Lo aveva cercato tutta la mattina prima di uscire con Sango, ma con scarsi risultati.

“Inuyasha! Che cosa ci fai qui?”

“La mia stanza è occupata dalle ancelle. La stanno pulendo da cima a fondo. Hanno iniziato di pomeriggio mentre eri fuori con Sango, quindi dovrebbero finire a breve” gli spiegò il principe.

Scostò le tende del letto con un rapido gesto e si alzò, avvolgendosi il lenzuolo in vita.

…Ma cosa?!

“Inuyasha ma tu sei nudo!” urlò una Kagome alquanto imbarazzata. Sango, dopo aver riposato delicatamente il tavolo, si voltò dall’altra parte in segno di rispetto.

“Eh? Ah si. Ti crea forse qualche problema?” chiese con una nonchalance che non si addiceva propriamente alla situazione.

“CERTO, STUPIDO! Per quale assurdo motivo sei nudo nella stanza di MIROKU?!”

Kagome parve riflettere solo dopo alle parole appena dette.

No, Inuyasha e Miroku… non poteva essere…

Sango, che sembrava averle letto il pensiero, si voltò a fissarla. Poi si girò verso il principe d’Egitto: “Inuyasha, non dirmi che tu e Miroku… “

“NO! NO NO NO! ASSOLUTAMENTE NO! MA CHE VAI A PENSARE?! STAI FORSE SCHERZANDO?! IO CON LUI NON POTREI MAI STARCI!” urlò un imbarazzato Inuyasha.

Miroku invece, come sempre d’altronde, non aveva fatto una piega. Anzi, aveva un sorrisetto decisamente perverso e malizioso sul volto.

“Su Inuyasha, a loro puoi dirlo della nostra relazione… sono sicuro che manterranno il segreto!”

“Ma che ti stai inventando, brutto pervertito?! Io e te non abbiamo proprio niente di simile, smettila di dire fesserie o ti crederanno sul serio!”

“Oh come sei tenero Inuyasha quando sei imbarazzato! Devo forse ricordarti come godevi oggi pomeriggio fra le mie braccia? Quando eravamo da soli, sul mio comodissimo letto… Devo confessarti una cosa che non ho mai avuto il coraggio di dirti: il tuo sedere è una delle cose più eccitanti che abbia mai visto fino ad ora…”

“SANGO, RIPRENDI IL TAVOLO! IO PRENDO IL LETTO!”

“Ci sto! Insieme non può sfuggirci! Andiamo Inuyasha!”

“DivinaKagome, la prego, mi aiuti lei!” Miroku cercava disperatamente una via di fuga. La sua ultima possibilità di salvezza era riposta in Kagome.

“… non se ne parla proprio! Io non mi metto contro un tavolo e un letto per proteggerti!” gli rispose la ragazza.

“Siete veramente insensibile e perfida DivinaKagome!”

“Ah, la metti in questo modo? Ehi, aspettatemi, prendo una spada…!”

“No, abbiate pietà! Vi prego!”

“Troppo tardi Miroku!”

“Inizia a dire addio al mio bel sedere che ti piace tanto…!”

“NOOOOOOOOOOOOOOOO!”

Quello che successe dopo ci è ignoto.

 

 

 

 

Non era cambiato nulla.

Lavoravano ancora, senza sosta.

Quelle piccole ribellioni non avevano portato a nessun cambiamento.

Solo a imposizioni più drastiche, a punizioni più severe.

Come avrebbero potuto cambiare il loro destino?

E quando sarebbe arrivato il momento propizio per reagire?

E soprattutto: alla fine avrebbero trionfato loro, oppure avrebbe prevalso nuovamente il potere sul diritto?

C’erano così tante cose a cui Koga non sapeva dare una risposta.

E questo lo innervosiva terribilmente, rendendo il suo carattere ancora più irrequieto.

Continuò imperterrito a zappare, se non avesse finito il lavoro non avrebbe potuto dormire per quel giorno.

Poco tempo dopo una voce cruda e distaccata giunse alle sue orecchie e a quelle di tutti gli schiavi lì intorno.

“Vermi, ascoltatemi! Da questo momento siete esentati dal svolgere i vostri lavori fino a sette giorni! Rimarrete rinchiusi nelle vostre celle e uscirete solamente per i pasti e per qualche ora al pomeriggio. E’ tutto quello che dovete sapere”.

Immediatamente scoppiò una confusione terribile: uomini che cadevano al suolo stremati, trovando un po’ di riposo e tranquillità nella sabbia fresca del deserto dopo la bella notizia, altri che esultavano ed altri ancora che gioivano con conoscenti, amici, parenti.

Sembrava davvero un miracolo.

Eppure Koga non riuscì a gioire come tutti gli altri.

C’era qualcosa che non quadrava in quella situazione. Per quale motivo altrimenti il faraone avrebbe ordinato l’arresto dei lavori di costruzione?

La mente del giovane demone lupo era affollata da tanti pensieri e domande.

Quella più chiara e insistente era: “Che cosa diavolo sta succedendo?”.

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