Dal Presente all'antico Egitto di AyakoChan (/viewuser.php?uid=109040)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Dal presente
all’antico Egitto:
Kagome era
appena ritornata nella sua epoca, per prepararsi agli esami della terza
media
che minacciavano costantemente la sua serenità. Doveva
prepararsi bene e
prendere un voto alto, ma si rendeva conto che era molto svantaggiata
rispetto
ai suoi compagni per le numerose assenza fatte. Mentre faceva di corsa
il
tragitto verso casa continuava a pensare, demoralizzandosi sempre di
più e iniziando
a rassegnarsi all’idea di essere magari bocciata.
Appena
arrivata all’ingresso del tanto odiato edificio intravide le
sue tre amiche
Yuka, Eri e Ayumi. Quindi si avvicinò e le salutò
cordialmente.
“Da
quanto
tempo Kagome! Sei guarita dal Colpo della Strega? Eravamo talmente
preoccupate!”
Maledizione
al nonno e alle sue strambe malattie! Ogni volta la metteva in
difficoltà
raccontando in giro tutte queste bugie. Ma la cosa più
incredibile era che
tutti ci credevano!
“E-emh
si,
grazie per l’interessamento” rispose la ragazza,
cercando di essere più
convincente possibile. Mentire non era proprio il suo forte.
“Scusate
ragazze, ma come mai la scuola non apre e siamo tutti fuori? Se
arriviamo in
ritardo non riusciremo a fare l’esame in tempo”
“Kagome,
tu
ieri sei mancata e non sei aggiornata sulle attività
scolastiche. Oggi a scuola
c’è una vendita di beneficenza e i primi esami che
dovremo sostenere sono tutti
rimandati, ma ancora non si sa a quando”
Che
sfortuna, decisamente non stava andando tutto come sperava la ragazza.
Lei era
venuta solo per sostenere l’esame e adesso sarebbe ritornata
immediatamente
all’Epoca Sengoku, altrimenti poi chi avrebbe sentito
Inuyasha e le sue sgrida?
Però lui non sapeva del rinvio dell’esame
quindi… poteva concedersi una
meritata giornata di relax!
Aperti i
cancelli, tutti gli studenti iniziarono a correre a destra e a
sinistra,
curiosando fra le varie bancarelle allestite piene di oggetti. Ve ne
erano di
ogni genere, da quella che vendeva oggetti particolari a quella che
vendeva
vestiti e torte caratteristiche dei paesi vicini. Fu un vero paradiso
per tutte
le ragazze, mentre la stessa cosa non si può dire per tutti
i ragazzi. Alcuni
di loro infatti, annoiati e non sapendo che cosa fare, se ne andarono
in
palestra a fare un partita di pallavolo.
Yuka e Eri
svaligiarono completamente tutta la bancarella dei vestiti, non
sapendosi
decidere su cosa comprare e cosa non, mentre Ayumi preferì
di gran lunga
comprare qualche bel libro da leggere la sera, dato che i suoi li aveva
tutti
finiti e riletti parecchie volte.
“Kagome
come mai tu ancora non hai comprato niente?”
domandò
Eri all’amica pensierosa.
“Non
so, per ora non ho visto niente che mi attrae
particolarmente”.
Si avvicinarono
a molte altre bancarelle – alcune che vendevano
cose veramente orribili - . Ma Kagome era decisa a dare ugualmente il
suo
contributo per la beneficenza, avrebbe comprato anche solo un piccolo
oggetto.
Si avvicinarono
a una bancarella di gioielli, notando che ce
ne erano davvero di bellissimi.
Ayumi e Yuka si
comprarono un paio di anelli molto carini
mentre Eri acquistò una collana e un paio di orecchini
pendenti perfettamente
coordinati l’un l’altro. Kagome continuava a
guardare e riguardare, ma ancora
non si era convinta tanto su cosa prendere. Poi lo sguardo le cadde su
un
particolare braccialetto da cui pendevano delle perle color blu cobalto
e
bianche, alternandosi. Il ragazzo che stava gestendo la bancarella si
avvicinò
alla ragazza pensierosa, sperando che fosse interessata
all’oggetto: “Ti piace quel
braccialetto? Tu si che hai buon occhio!”
“Che
intendi dire?” chiese Kagome, incuriosita dalle parole
del ragazzo.
“Questo
braccialetto proviene dall’antico Egitto e si
racconta una leggenda legato alle bellissime perle che lo
caratterizzano”
“Che
genere di leggenda?”
“Pare
che ci si perda in quel blu cobalto così simile al
cielo più limpido e si ritorni con la mente proprio ai tempi
dello splendore
del popolo egiziano”.
Kagome alla
fine, convinta anche dalle sue amiche, decise di
acquistarlo. Se lo affibbiò al polso e soddisfatta
continuò il giro per la
scuola.
Girarono per ore
ed ore, guardando migliaia di cose e
incontrando molti studenti.
Passate vicino
alla palestra, dove si stavano svagando alcuni
ragazzi, incontrarono Hojo.
Kagome non aveva
proprio voglia di incontrarlo ma ormai non
faceva più in tempo ad andarsene, sarebbe stato molto
scortese farlo, quindi
optò per rimanere cercando di apparire il più
rilassata possibile.
“Salve
ragazze, Higurashi ci sei anche tu da quanto tempo!”
“Si
Hojo è proprio da tanto tempo che non ci vediamo! Come
va?” rispose la ragazza, cercando di far apparire convincente
il sorriso tirato
che aveva appena fatto.
“Va
tutto bene, tu invece sei guarita dalla Gotta?”
domandò
preoccupato.
“Scusa
Kagome, ma tu non avevi il Colpo della Strega?”
domandò insospettita Eri.
“Si ma
la Gotta mi è venuta dopo” mentii nuovamente.
“Povera
Kagome, sei proprio cagionevole di salute!”
esclamò
Ayumi, le faceva quasi pena la sua amica. Chissà come doveva
essere brutto per
lei rimanere sempre a casa, dolorante e malata… e mancare
sempre alle lezioni!
“Scusate
ragazze ma io adesso torno a casa, mi sento
leggermente stanca” cercò Kagome una scusa per
andarsene il prima possibile.
“Vuoi
già tornare a casa Kagome? Ma si può dire che sei
appena
arrivata!”
“Scusate
ancora, mi dispiace. Ci vediamo domani” sempre se
domani non si fosse trovata già a cercare frammenti della
Sfera dei Quattro
Spiriti…
Si
incamminò e fece la scalinata di corsa, sollevata di
essersi liberata della presenza seccante dei suoi compagni.
Entrò in casa
salutando la madre, il nonno e il fratellino Sota, che era rimasto a
casa a
causa della febbre che lo aveva colpito la notte scorsa.
Si tuffo
letteralmente nel suo letto comodissimo e, senza
nemmeno rendersene conto, si addormentò profondamente.
Quando la sera
giunse nuovamente si svegliò e preparò il suo
solito zaino giallo per la partenza.
Ci mise dentro i
suoi quaderni e i suoi libri di algebra e di
storia, avrebbe ripassato le materie durante qualche minuto libero,
numerose
pietanze confezionate chiamate da Shippo ‘Cibi
Ninja’ e qualche cosa uscita
fuori dalla cassetta del Pronto Soccorso.
“Mamma,
nonno, Sota io sto andando! Ci vediamo presto!”
La ragazza
salutò i suoi familiari affettuosamente, ogni
volta le dispiaceva lasciarli troppo presto, per poi afferrare il suo
zaino e
saltare dentro il solito Pozzo MangiaOssa.
Volteggiò
per pochi secondi nel vuoto, rilassata da tutte
quelle luci che la avvolgevano. Atterrò e uscì
dalla piccola struttura di
legno. Ma quando alzò il viso non si ritrovò nel
solito spazio verde e non si
trovò nemmeno davanti il bellissimo Dio Albero. Che cosa
stava succedendo? E,
cosa ancora più importante, dove si trovava?
Guardò
il terreno e solo adesso notò che aveva i piedi
poggiati sopra la sabbia.
Camminò
per dieci minuti sotto il luminoso cielo stellato,
fino a scorgere da molto lontano una Piramide.
Sbiancò
per qualche secondo: come diavolo aveva fatto a
ritrovarsi in Egitto?!
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 2:
Kagome aveva
camminato per tutta la notte. Aveva cercato almeno una forma di vita a
cui
chiedere informazioni ma non ve ne erano tracce. Così aveva
preso del cibo in
scatola dal suo inseparabile zaino da viaggio e aveva ricaricato tutte
le
energie perse. Poi aveva ripreso di nuovo le sue ricerche, fino a
giungere
sfinita alla mattina successiva. Adesso si sentiva davvero sfinita,
distrutta,
non riusciva a sentirsi più le gambe e i piedi. E il sole
cocente e il caldo
pazzesco di quella mattina non la aiutavano affatto.
Quando ormai
la ragazza era così stanca da non riuscire più a
camminare intravide da lontano
un piccolo villaggio. C’erano ragazze giovani e uomini che
entravano e uscivano
con ceste e vasi. Fece un ultimo sforzo e si incamminò
proprio verso quel
villaggio.
L’ingresso
e
le case erano tutte finemente costruite in legno, ce ne erano di
numerosissime
e gli abitanti sembravano attivi e gentili. Proprio in quel momento
un’anziana
signora dalla pelle scurissima stava tenendo un vaso pieno
d’acqua sopra la
testa e si stava avviando proprio verso la sua direzione,
così Kagome si
avvicinò e le chiese informazioni: “Mi scusi per
il disturbo, ma potrebbe dirmi
dove si trova il capo villaggio?” “Nessun disturbo
ragazza, quale dei quattro
cerchi?” “Ci sono quattro capo
villaggio?” “Esattamente, se vuoi posso portarti
dall’unica che conosco, visto che gli altri tre non si vedono
molto in giro, e che
per ora sta badando ai miei nipotini”. La ragazza dai capelli
color ebano annuì
e la seguì in silenzio.
Arrivarono
davanti ad una piccola casa di legno davvero graziosa e
l’anziana signora, dopo
essersi avvicinata al portone d’ingresso, bussò
piano. Una ragazza, che sembrava
avere circa la sua età, venne ad aprire e le fece
accomodare. L’anziana la
abbracciò affettuosamente e la ringraziò
“Ti ringrazio Sango, se non ci fossi
stata tu non sarei potuta andare a ritirare
l’acqua!”.
Kagome al
suono del nome dell’amica sbancò letteralmente:
che ci faceva anche Sango in un
luogo del genere? Non sapeva proprio spiegarselo.
“Ehi
Kagome,
per caso ti sei imbambolata?” scherzò proprio la
sterminatrice. “S-sango! Ma
cosa ci fai anche tu qui? Sei stata risucchiata come me in un posto del
genere?” “Ma cosa stai dicendo Kagome?! Forse ti
abbiamo lasciato dormire
troppo nelle ultime settimane”. La ragazza la
guardò confusa, che cosa voleva
dire con ‘nelle ultime settimane’? Lei era arrivata
solo da due giorni!
“Nelle
ultime settimane? Sango, vi ho lasciato tre giorni fa
nell’epoca Sengoku per
sostenere un altro esame e quando ieri ho attraversato il pozzo
MangiaOssa mi
sono ritrovata qui!”.
La giovane
sterminatrice di demoni si voltò verso la proprietaria della
casa “Vi prego di
scusarla, la mia amica oggi ha proprio voglia di scherzare! Ci si vede
in
giornata!” la salutò, afferrando per un braccio
Kagome e uscendo di corsa
dall’abitazione.
“Ma
cosa ti
è preso? Volevi forse farci spaventare? E come mai indossi
queste strane vesti?”
la rimproverò, esasperata. “Stamattina io, Koga e
Shippo ti abbiamo cercato
dappertutto ma non ti abbiamo trovato da nessuna parte. Dove ti eri
cacciata?”
La ragazza
la guardò incuriosita “Frena, frena. Tu, Koga e
Shippo?”
“Certo,
Kagome. Hai per caso perso la memoria? Siamo noi i quattro capo
villaggio!”
“Aspetta, e dove sono finiti Inuyasha e Miroku?”.
La ragazza la guardò cupa
“Come puoi pronunciare i nomi di quei due bastardi senza
esserne disgustata?”
“Ma perché dici questo? Stai parlando dei nostri
compagni di viaggio!” “Kagome,
devo forse rifarti una rinfrescata su tutto quello che abbiamo fatti in
questi
ultimi mesi?”. La ragazza annuì seppur un
po’ confusa, doveva tenere il gioco
di Sango se avrebbe voluto sopravvivere. Una cosa era però
certa: si trovava in
Egitto, in un periodo ancora più remoto dell’Epoca
Sengoku e a quanto pare
doveva aver appena incontrato l’antenato della sua amica
Sango! Sembrava
impossibile, ma ormai Kagome aveva fatto l’abitudine con
eventi strani e pazzeschi.
“Ok, ma non ora. Dobbiamo raggiungere Kirara per aiutarla a
caricare i viveri
da mandare al villaggio d’ovest”. Le prese la mano
e la trascinò indietro, fino
ad una piccola casetta che si trovava nei pressi dell’entrata
del villaggio.
Entrarono di corsa e videro la loro preferita gatta demoniaca
accucciata sul
freddo pavimento “Kirara adesso dobbiamo andare, dormirai
dopo!”. L’animale, in
risposta all’ordine ricevuto, si alzò e si
trasformò nella sua forma da demone
gatto. Poi si avvicinò alle due ragazze e le
seguì fuori.
Interi vasi
colmi d’acqua erano appena stati caricati sopra un carretto
trainato da
cammelli, che stava partendo verso il villaggio d’ovest.
Sango, Kagome e Kirara
erano veramente esausti, quei vasi non pesavano affatto poco e fare
avanti e
indietro con quei cosi non era stata una passeggiata. Ritornarono
nell’abitazione dove avevano trovato disteso poche ore fa il
demone gatto, era
quasi ora di pranzo e dovevano ancora preparare da mangiare. Kagome
cercò di
aiutarla più che poté, non era molto esperta nel
cucinare piatti con simili
ingredienti.
Appena tutto
fu pronto si sedettero e mangiarono tutto velocemente, avevano una fame
pazzesca. Poi la ragazza dai capelli color ebano cercò di
riprendere il
discorso di quella mattina, voleva sapere quanto più su
quell’epoca (visto che
non ricordava affatto le lezioni di storia, una materia che odiava con
tutta se
stessa) e sulle vicende dei loro antenati. Quindi le chiese:
“Sango, potresti
riprendere il nostro discorso di stamattina?” “Si,
anche se non ne capisco il motivo
dato che tu sei stata sempre presente. Comunque il Faraone Inu No
Taisho ha
bisogno di numerosissimi schiavi per costruire sempre più
Piramidi, secondo lui
proprio queste strutture faranno in modo che il nostro popolo venga
ricordato
per sempre. Così è da molto tempo che saccheggia
e schiavizza tutti i villaggi
ebrei, visto che di
schiavi del suo
stesso popolo ne farebbe volentieri a meno. Così io, tu,
Koga, Shippo e Kirara
– anche se facciamo parte del popolo egiziano –
abbiamo abbandonato le nostre famiglie
e abbiamo deciso di costruire dei piccoli villaggi di rifugio per tutti
gli
ebrei che non riescono a sentirsi al sicuro, perché non
sopportiamo una simile
ingiustizia per queste persone. Capito, smemorata?”. Kagome
annuì, aveva
senz’altro le idee più chiare di prima. Ma ancora
non sapeva la risposta su
alcune domande: lei perché era stata trascinata cinquemila
anni addietro, e in
Egitto? Perché Sango al nome di Inuyasha e Miroku aveva
reagito in quel modo? E
perché quando lei era finita in quest’epoca la sua
antenata era come scomparsa?
Forse la terza non era poi così importante, ma la prima e la
seconda sì.
“Scusami
Sango, ho bisogno di stendermi per un po’. Sono leggermente
stanca”. L’amica le
sorrise, la prese per mano e la portò nella sua stanza.
“Per qualsiasi cosa
chiamami, io sono qui” “Grazie Sango, so di poter
contare sempre su di te”
forse le ultime parole erano più riferite alla Sango
dell’Epoca Sengoku, sua
migliore amica, compagna di viaggio per la ricerca dei frammenti della
Sfera
dei Quattro Spiriti e sterminatrice di demoni, che a quella con cui
aveva
passato insieme la mattina.
Cercava una
risposta e non riusciva a trovarla. ‘Perché?
‘, si ripeteva mentalmente come se
fosse una formula magica. Perché era sempre riuscita ad
arrivare nell’epoca
feudale e questa volta no? Cosa era accaduto di diverso rispetto alle
altre
volte?
C’entrava
forse qualcosa con il fatto che aveva viaggiato durante la notte?
Oppure
perché Inuyasha non era andata a prenderla?
No, che
sciocchezze. I motivi non potevano essere senz’altro quelli.
Sentiva che
la risposta era senz’altro facile e che doveva averla proprio
sotto il naso,
anche se non riusciva a capire proprio quale era.
Rifletté
e
rifletté a lungo, erano passate un paio d’ore da
quando aveva lasciato Sango e
Kirara.
Non aveva
portato con sé i pochi frammenti che aveva della Sfera dei
Quattro Spiriti,
forse era uno dei tanti motivi. Infatti senza di quelli il pozzo
MangiaOssa non
la portava da nessuna parte. Ma c’era dell’altro,
sicuramente.
Ma cosa?
Cosa aveva
di diverso rispetto alle altre volte?
Qualcosa che
doveva aver preso proprio durante la sua giornata di riposo, prima di
partire.
Ripercorse
tutto quello che aveva fatto, a partire proprio dalla mattina passata a
scuola:
Vendita di
beneficenza.
Giro per le
bancarelle.
Bracciale.
Palestra.
Cas-.
Ritornò
un
attimo indietro: il bracciale era un oggetto che aveva comprato proprio
quella
mattina e che aveva messo per la prima volta. E guarda caso era proprio
un
oggetto egiziano, e quella giornata lo aveva portato con sé
per andare da
Inuyasha e gli altri.
Guardò
il
bellissimo bracciale di perle blu cobalto e bianche: davvero era stato
questo
la causa del suo ‘incidente’?
E la piccola
leggenda che gli aveva gentilmente raccontato il ragazzo era vera?
Doveva
senz’altro esserlo, visto che la aveva appena vissuta in
prima persona!
Kagome si
sentì incredibilmente confusa e stanca, tutti quei pensieri
e quei ragionamenti
la avevano stravolta – oltre alla mattina passata a
trasportare vasi -. Così,
senza quasi accorgersene, si addormentò lentamente,
concedendosi così un po’ di
riposo.
Si
svegliò
che era quasi sera, il tramonto doveva esser passato da poco.
Si
alzò dal
letto in cui aveva dormito e uscì dalla stanza senza fare
rumore. Si incamminò
verso la stanza dove aveva pranzato insieme a Sango. Arrivata
lì trovò proprio
la sua giovane amica, intenta a parlare con due persone
dall’aspetto familiare.
Appena la ragazza si accorse della sua presenza la salutò
“Dormito bene,
Kagome? Stavo proprio parlando di te e del tuo strano comportamento di
oggi con
questi due testoni!”. Le due persone menzionate da Sango si
voltarono verso
Kagome, sorridendole. Lei solo dopo, perché la stanza non
era molto illuminata
per la mancanza di energia elettrica, riconobbe i due amici che aveva
davanti.
“Shippo,
Koga, siete proprio voi?”
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 3:
“Kagomeeeeeeeeeee!”
esclamò vivacemente un cucciolo di kitsune, saltando fra le
braccia dell’amica.
“Piccolo
Shippo! Che cosa hai fatto fino ad ora?” domandò
la ragazza mentre ricambiava
l’abbraccio del piccolo demone. Era sollevata del fatto che
almeno qualcuno era
rimasto tale e quale a come l’ aveva conosciuto
nell’Epoca Sengoku.
“Stamattina
io e Koga siamo andati verso l’oasi nascosta e abbiamo messo
K.O. le guardie
del faraone. Poi abbiamo portato l’acqua qui e la abbiamo
distribuita in tutte
le famiglie!” le raccontò, soddisfatto del proprio
buon operato.
“Vorrai
dire
che io ho messo K.O. tutte le
guardie
mentre tu iniziavi a prendere i
recipienti che ci servivano” lo corresse Koga con fare
scherzoso.
“Non
è vero!
Anche io ti ho aiutato a combattere contro di loro!”
“Ehi,
voi
due smettetela. Avete fatto un ottimo lavoro entrambi. Non
c’è bisogno che
litighiate per simili sciocchezze” li riprese la giovane
Sango.
Kagome
pensava che il comportamento di Koga era proprio identico a quello
dell’Epoca
Sengoku e di questo ne era quasi sollevata. Le tornarono alla mente
tutti quei
momenti così sereni, quando lui e Inuyasha litigavano e si
insultavano…
Inuyasha…
Dove era
finito?
Perché
non
era insieme a lei?
Perché
Sango
non voleva nemmeno sentire pronunciare il suo nome né quello
del monaco?
Le venne
improvvisamente voglia di piangere, di sfogarsi un po’ e di
tornare da loro.
Dalla sua
famiglia, dai suoi amici…
Perché
le
era accaduto tutto questo?
Non le
bastavano già tutti i pericoli e i problemi
dell’era feudale?
E adesso
come avrebbe fatto a tornare indietro?
Non si
ricordava più il luogo in cui era uscita dal pozzo
MangiaOssa e cercarlo,
nell’immenso deserto, avrebbe significato perdere del tempo,
tanto e tanto tempo.
Proprio quello che lei temeva, dover rimanere lì per un
lungo periodo.
“Kagome,
ci
stai ascoltando?” la richiamò
all’attenzione Koga.
“Eh?
Oh
scusami Koga, stavo pensando…”
“Certo
che
Sango ha proprio ragione, oggi sei veramente strana. Per caso
è successo
qualcosa a nostra insaputa?”
“Lo
sai che
a me puoi dire tutto, Kagome!” la incoraggiò
Shippo.
“Ehi,
può
dire tutto anche a noi! Siamo ancora i tuoi migliori amici o
no?”
“Certo
che
lo siete Sango, non preoccupatevi. Non è successo niente,
dico sul serio”
“Io
non
insisto ma se in futuro ti venisse voglia di sfogarti sai che ci
sono” gli
disse il giovane demone lupo.
“Grazie
Koga, so di poter contare su di voi in qualsiasi momento”
“Soprattutto
su di me” ribatté ironicamente Sango.
Scoppiarono
tutti quanti a ridere, svegliando così la povera Kirara che
era riuscita a
riposare e che voleva dormire almeno per un’altra buona
mezz’oretta.
“Scusaci
Kirara, non volevamo svegliarti”
La gattina
demoniaca emise qualche grugnito per poi andarsene verso qualche altra
stanza
in cui rimanere da sola e in pace.
Shippo la
guardò davvero dispiaciuto, si sentiva colpevole della
stanchezza della
creatura, così la seguì con l’intento
di farle compagnia. Non sapeva che era
l’ultima cosa di cui Kirara aveva bisogno.
“Si
sta
facendo davvero tardi, sarà meglio che vada a preparare la
cena” annunciò
Sango. La ragazza fece per alzarsi ma Kagome la fermò per
poi offrirsi di
aiutarla:
“Se
vuoi
posso venire ad aiutarti”
“Meglio
di
no, visto che oggi sei troppo pensierosa! Ti dimenticheresti la pentola
a
bollire per troppo tempo. Sai poi che pasticcio!”
Kagome fece
una smorfia, simulando un’espressione da offesa.
“Ti
ringrazio comunque per esserti offerta volontaria” le sorrise
“Visto che
l’altro demone che si definisce un uomo non aiuta nemmeno a
sparecchiare e a
pulire la sua stanza” lanciò uno sguardo adirato
verso Koga.
“Ma io
sto
tutto il giorno fuori. Logico che poi non riesca a fare più
niente, torno
distrutto!”
“Tutte
scuse
le tue, anche io e Kagome oggi abbiamo lavorato eppure non ci stiamo
lamentando
come stai facendo adesso tu”
Il pigro
demone, non sapendo più che scusa inventare, fece finta di
offendersi e uscì
dalla casa: “Chiamatemi quando è tutto
pronto”.
Sango gli
fece una linguaccia mentre la sua amica la osservava divertita.
‘Sembra
proprio una bambina’ pensò, prima di raggiungere
Shippo e Kirara.
“Ehi
Kagome!
Ti va di giocare a palla con me e Kirara?” gli propose il
demone volpe.
“Certo,
prima di andare a mangiare però dobbiamo lavarci le mani.
Intesi?”
“Promesso!”
Poco
più
tardi il gruppo venne richiamato da Sango che, in fretta e furia, aveva
preparato qualcosa di decente da mangiare per quella sera. Si era
infatti
dimenticata quella mattina di andare al mercato a comprare la frutta e
le
patate. ‘Maledizione a me!’ pensava
‘Sarà la prima cosa che farò
domani!’.
Mangiarono
tutti come dei bufali, la giornata era sembrata più lunga e
faticosa del solito
soprattutto per la giovane Kagome. La ragazza si congratulò
con Sango per il
cibo squisito che aveva appena finito di mangiare. Koga invece
iniziò a
punzecchiarla.
“Si,
non
male per una ragazza alle prime armi. Ma va certamente meglio rispetto
a
quattro giorni fa”
“Mi
dispiace
per te Koga ma la tua opinione non mi interessa”
scherzò la giovane
“L’importante è che sia almeno
commestibile. In questi periodi il cibo non
abbonda affatto, lo sai”
“E’
buonissimo Sango! Ti faccio i miei complimenti. Koga deve avere un
palato da
mediocre per dirti cose simili” ribatté Shippo,
che avrebbe tanto voluto avere
il bis.
“Da
mediocre?
Guarda che il mio palato è raffinatissimo, anche
più del tuo cucciolotto!”
“Smettetela,
ognuno ha i propri gusti. Ma una cosa non cambia di certo ed
è il fatto che
Sango si è impegnata molto a cucinare. Quindi Koga dovresti
almeno ringraziarla
per quello che stai mangiando”
“Oh
Kagome!Non
sai quanto mi rendi contenta!” l’amica era davvero
onorata di sentire simili
parole dette dalla ragazza.
“Tsk,
non
capisco perché tu debba sempre difenderla”
“Io
invece
non capisco perché sei gentile solo con Kagome” lo
rimproverò il cucciolo.
Sango
ignorò
volutamente il discorso dei loro amici e si avvicinò a
Kirara che stava
tranquillamente mangiando del pesce da una piccola ciotola.
“E’
buono il
pesce?”
La gattina
demoniaca emise un verso d’assenso, per poi andarsi a
strofinare
affettuosamente contro le gambe della padrona.
Era notte
fonda e l’intero gruppo di ragazzi dormiva profondamente,
ognuno comodamente
disteso nel proprio letto tranne per Kirara, che era solita dormire in
un
angolino della stanza pieno di calda paglia. C’era chi
dormiva e chi sognava
cose belle e brutte, chi parlava nel sonno e chi non riusciva affatto a
dormire. Kagome era proprio una di questi, chiudeva e riapriva gli
occhi, guardava
il soffitto e cercava di prendere sonno, anche se per lei era tutto
inutile.
Decise solo
dopo di alzarsi e di andare a guardare il magnifico cielo stellato che
già
aveva ammirato la notte scorsa. Uscì in punta di piedi dalla
stanza, cercando
di fare il meno rumore possibile per non svegliare i suoi amici. Fece
per
uscire dalla casa ma si bloccò di colpo. C’era
qualcosa di strano e di diverso
che la ragazza aveva intuito semplicemente guardando fuori da una
piccola
finestra, posizionata proprio all’ingresso
dell’abitazione in legno.
Si
avvicinò
e si affacciò, i suoi sospetti non erano affatto infondati.
Vide alcune
case prendere fuoco, donne e bambini che tentavano di fuggire mentre
alcuni
uomini armati di sciabole e lance cercavano di uccidere gli abitanti
del
villaggio.
“Le
guardie
del faraone sono qui!” gridarono parecchie persone, cercando
di svegliare le
persone che dormivano ancora.
Kagome si
precipitò immediatamente dagli altri e li svegliò.
Uscirono
tutti e cinque dalla casa, armati: Koga era pronto a far fuori tutti
con i suoi
artigli, Sango aveva legato alla spalla il suo inseparabile Hiraikotsu,
Kagome
aveva preso da dentro la casa un arco e alcune frecce mentre Kirara si
era
trasformata nella sua forma demoniaca. Solo Shippo se ne stava dentro
casa,
impaurito da tutto quello che stava succedendo.
La situazione
era diventata davvero terribile: adesso le guardie avevano incominciato
a
catturare delle donne e a portarle dentro un carrettino. Kagome aveva
lanciato
numerose frecce, colpendo in pieno gli avversari. Lei e Sango erano poi
corse
in soccorso di tutte quelle donne e ragazze, tentando di slegarle e di
farle
scendere dal veicolo.
Koga e
Kirara avevano fatto una vera strage, non riuscendo però ad
impedire le
numerose morti degli abitanti del villaggio. Balzò addosso
ad un altro nemico,
lacerandogli le carni. Fino ad ora nessuno era riuscito a scoprire la
posizione
del loro villaggio perché troppo distante dalla
città. Che li avessero scoperti
mentre erano andati nell’oasi nascosta?
Il fuoco
divampava da tutte le parti, intere case che crollavano facendo urlare
tutta la
gente. Bambini che venivano uccisi uno dopo l’altro e
genitori che,
inginocchiati davanti ai loro corpi, piangevano disperati. Alcune donne
venivano trascinate violentemente per i capelli.
Un gruppo
formato da un alto numero di nemici si avvicinò alle due
ragazze.
Sango e
Kagome si prepararono ad attaccarli quando alle spalle quattro uomini
le
afferrarono, bloccandogli i movimenti.
Tentarono di
chiamare in loro aiuto Koga e Kirara ma non ci riuscirono, avevano le
bocche
tappate.
Solo dopo la
sterminatrice si liberò, dando una gomitata sulla pancia del
nemico.
Quest’ultimo urlò di dolore e lasciò la
presa. Sango chiamò finalmente i due
amici e questi ultimi, sentendo le urla dell’amica, si
precipitarono da loro.
Anche Kagome riuscì a liberarsi, anche se per poco.
Infatti
arrivavano sempre più soldati, il loro numero era
visibilmente superiore al
loro. Cosa sarebbero mai riusciti a fare in quattro?
Dieci di
loro si lanciarono contro il demone lupo e la gatta demoniaca,
catturandoli.
Un uomo
piuttosto
robusto si era avvicinato a loro e teneva uno Shippo svenuto per una
zampa.
Sango
andò
immediatamente in loro aiuto ma qualcuno, arrivandogli sempre da
dietro, la
colpì proprio allo stomaco – come aveva fatto la
ragazza poco prima – facendola
svenire.
Due uomini
bloccarono Kagome, impedendogli qualsiasi movimento avesse tentato di
fare.
Poi la
colpirono alla nuca, facendo svenire anche lei.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 4:
La avevano
catturata, li avevano catturati.
Ancora non
riuscivano a crederci.
Sembrava
fosse passata una settimana dall’accaduto e invece era
passata poco più di qualche
ora.
Quando si
erano svegliati si erano ritrovati al buio e dentro a un carretto ben
resistente che li stava portando chissà dove.
Ma non erano
soli, tutte le donne e le bambine del villaggio erano con loro
perché tutti gli
uomini erano stati barbaramente uccisi.
Avevano
provato numerose volte a fuggire ma non potevano, era come se il loro
corpo
fosse schiacciato verso il fondo del veicolo di legno. Koga era il
più furioso
di tutti, come aveva fatto a farsi sconfiggere da dei semplici esseri
umani?
Per un demone come lui era un’umiliazione tutto
ciò!
Anche Sango
sentiva la sconfitta bloccata sullo stomaco, era sempre riuscita a
difendersi
perfettamente e nessun uomo aveva mai osato neanche mettersi contro di
lei. Che
nell’ultimo periodo non si fosse allenata abbastanza?
Shippo
tremava e piangeva silenziosamente, al buio nessuno se ne sarebbe
accorto. Koga
lo aveva sempre preso in giro per la sua sensibilità e lui
aveva dovuto
trattenersi. Per fortuna questa volta non ce ne sarebbe stato
bisogno…
Continuavano
a rimanere prigionieri là dentro.
‘Quando
li
avrebbero liberati?’ pensavano.
Se ci
fossero stati Inuyasha e Miroku tutto questo non sarebbe
successo… sarebbero
riusciti a cavarsela, come avevano sempre fatto.
“Dove
ci
stanno portando?” chiese una signora, con il volto ancora
velato da vecchie
lacrime.
La domanda
fatale a cui tutti avrebbe fatto piacere sapere la risposta.
“Non
ne
abbiamo la più pallida idea!” gli rispose Koga.
Li volevano
forse uccidere tutti?
Oppure
avevano pianificato loro delle torture tremende?
Nessuno
sapeva la risposta e nessuno riusciva nemmeno a immaginarsela.
Kagome
faticava a trattenere il pianto, non riusciva a non pensare che magari
di lì a
poco la sua vita e
quella dei suoi amici
si sarebbe spenta e che avrebbe raggiunto suo padre. La persona che non
aveva
mai avuto la fortuna di conoscere.
Avrebbe
rivisto almeno un ultima volta la sua famiglia?
E i suoi
amici dell’Epoca Sengoku?
Alla fine la
ragazza non ce la fece e delle calde lacrime iniziarono a scendergli
dagli
occhi color cioccolata. Sango se ne accorse e cercò di
consolarla nel migliore
modo possibile insieme a Koga.
Poche ore
dopo alcuni uomini aprirono il veicolo.
Iniziarono a
trascinare fuori donne e bambine, portandole in luoghi a loro
sconosciuti.
Alcune
guardie si divertivano parecchio a vederli disperare in quel modo e
questo fece
disgustare molto i quattro capo villaggio. Quando ebbero portato fuori
la
maggior parte della gente catturata, venne il turno di Kagome. Alcuni
uomini,
che avevano di certo intenzioni poco caste, si azzuffarono per
stabilire chi
l’avrebbe portata nel luogo assegnato. Poi un soldato molto
robusto,
approfittando anche del litigio dei compagni, se la caricò
in spalla e si
allontanò dal carretto.
La ragazza,
seppur legata, si dimenava a più non posso con la speranza
di riuscire a
scivolargli di dosso. Ma purtroppo questo non successe e ben presto si
ritrovò
piazzata davanti ad un enorme portone che conduceva
senz’altro ad un palazzo.
L’uomo
si
allontanò un poco dalla prigioniera e chiamò a
gran voce un'altra persona.
Quest’ultima,
che sembrava proprio contenta di rivederlo, corse subito verso di lui,
arrivando poi ansimante e con il respiro mozzato. Appena
notò la ragazza legata
sorrise maligno e chiese all’amico se fosse proprio la
persona che stavano
aspettando. Lui annuì, prendendola nuovamente fra le braccia
muscolose. Entrò
nel palazzo e incamminò un lungo corridoio che si trovava
poco più ad est
dell’ingresso.
Koga era
stato trascinato letteralmente da ben quattro guardie. Lo avevano
condotto in
un capannone pieno di armi e strumenti agghiaccianti, che di solito
venivano
usati per dissezionare i cadaveri e per togliergli gli organi vitali.
Lo
avevano poggiato sopra una sedia ed
alcuni si erano allontanati.
Poi ritornarono
con un ferro rovente che poggiarono sulla pelle del prigioniero. Il
demone non
si fece per nulla male né sentì niente. Adesso
aveva stampato sulle carni della
mano un uccello rannicchiato, simile ad un avvoltoio. Poco dopo lo
portarono in
un luogo simile ad un campo di concentramento.
Il giovane
demone lupo sbiancò per qualche secondo: davanti a lui
c’erano schiavi ebrei ed
egiziani che caricavano enormi massi avanti e indietro per la
costruzione delle
tanto amate piramidi del faraone.
Ricollegò
in
pochi secondi tutti gli avvenimenti fino ad ora successi.
Che fosse
diventato anche lui adesso uno di loro?
Anche a
Sango era capitata la stessa situazione di Kagome. La avevano portata
dentro il
palazzo e precisamente dentro una camera. Alcune ancelle si erano
precipitate a
cambiarle l’abito ed adesso indossava un lungo vestito di
veli bianco, fermato
alla vita da un nastro d’oro. Era a piedi nudi mentre sopra
la testa portava
una specie di cerchietto, sempre del medesimo materiale.
Nel
frattempo un uomo, che dall’aspetto sembrava essere una
persona veramente
importante, stava passeggiando da quelle parti e appena vide la
bellissima
ragazza ne rimase abbagliato. Si affrettò quindi a chiedere
ad una delle
ancelle: “Mi scusi, venerabile ancella, saprebbe dirmi chi
è questa graziosa
fanciulla?”.
La ragazza
interpellata riconobbe subito il bel capitano dell’esercito
e, dopo essersi
inchinata in modo rispettoso, gli rispose: “Questa ragazza
apparteneva al
famoso villaggio ebreo nascosto. Pare sia una dei quattro capo
villaggio. Ci
hanno detto di vestirla e di istruirla, in modo tale che diventi una
brava
ancella come lo siamo noi”.
L’uomo
dai
bellissimi e profondi occhi blu cobalto sorrise, per poi dirle:
“Purtroppo
devo deluderla, mia cara. Io sono a
corto di una serva e mi piacerebbe far prendere quel posto a questa
ragazza. Me
lo permette?”.
L’ancella
non sapeva cosa rispondere, non gli era permesso comportarsi in modo
maleducato
e di negare qualcosa ai suoi superiori. Così, dopo
interminabili secondi di
silenzio, acconsentì e gli promise di portarla nelle sue
stanze.
L’uomo
sorrise ancora una volta, per poi andarsene in chissà quale
luogo. Una Sango
confusa aveva assistito alla scena ma non aveva avuto la fortuna di
ascoltare
il discorso fra i due sconosciuti: che cosa le stava per accadere?
Shippo e
Kirara erano stati condotti in una stanza e in un luogo ben diverso da
quello
dei suoi compagni.
Lì si
trovavano numerosi bambini e bambine che svolgevano varie
attività. Ma non
sembravano essere costretti a farlo, anzi, sembravano quasi contenti.
Alcuni
dipingevano, altri si dedicavano all’apprendimento della
scrittura geroglifica
e ieratica*, altri ancora facevano calcoli e studiavano gli organi del
corpo
umano.
Le bambine
modellavano e creavano vasi di argilla, che poi avrebbero dovuto
decorare con
disegni e geroglifici, mentre quelle più grandi tessevano e
cucivano abiti
bellissimi.
Kirara si
accucciò contro il pavimento, quelle persone non sembravano
affatto cattive e
pericolose. Shippo invece si avvicinò ad una bambina che si
era sporcata tutta
e che non era riuscita a fare un vaso decente, e le chiese:
“Che cosa state
facendo?”.
La bambina
lo guardò stranita per poi rispondergli:
“Ma
come,
non lo sai? Noi bambini trascorriamo tutta la mattina al palazzo del
faraone.
Ci permettono di esercitarci e di fare quello che più ci
piace, in modo tale
che da grandi sappiamo svolgere bene il nostro mestiere. Tu chi sei?
Non ti ho
mai visto qui fino ad ora. Che cosa vuoi fare da grande?”
Quella
domanda colpì il cucciolo di demone. Che cosa avrebbe voluto
fare una volta
diventato adulto? Quale sarebbe stato il suo ruolo?
Scacciò
quelle domande prepotenti dalla sua mente. C’erano questioni
più importanti a
cui pensare.
Si trovavano
al palazzo del faraone e doveva ritrovare a tutti i costi i suoi amici!
Kagome era
stata portata in una stanza particolare. La avevano lavata velocemente
ed
avevano utilizzato creme, unguenti e profumi per ammorbidire e
profumare la sua
pelle. Avevano stracciato e buttato via la sua amata divisa scolastica
e le
avevano fatto indossare un abito tipico del loro popolo,
cioè uno lungo fino ai
piedi scalzi costituito per la maggior parte da veli bianchi e da
filamenti
d’oro. Le avevano sistemato i capelli e la avevano truccata,
evidenziando il
contorno degli occhi con del kohl nero e applicando dell’ocra
rossa sulle
labbra e sulle guance (come i moderni rossetti e fard).
La
trascinarono poi dentro una stanza sontuosa, piena di piante, oro ed
oggetti
meravigliosi.
La chiusero
dentro e si fermarono dietro il portone, per far in modo che la ragazza
non
avesse via di fuga.
Pochi minuti
dopo all’ingresso della camera si presentò un
ragazzo bellissimo. Aveva i
capelli lunghi color della luna, gli occhi ambrati e delle tenerissime
orecchie
canine che facevano capolino dalla sua lunga chioma. Aveva un corpo ed
un viso
perfetto, senza ombra di dubbio. Nessuno avrebbe mai avuto la
sfrontatezza di
negarlo.
Il ragazzo
parlò per qualche minuto con le ancelle che, dopo essersi
inchinate, lo fecero
entrare in quella che doveva essere la sua camera.
Kagome,
appena lo vide entrare, si irrigidì.
Quello
era…?
“Inuyasha,
sei davvero tu?”
(* scrittura
geroglifica= segni pittorici che costituiscono la scrittura egiziana;
scrittura
ieratica= forma di scrittura
sviluppatasi insieme a quella geroglifica.)
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 5:
“Inuyasha!”
esclamò Kagome, prima di andare incontro al mezzo-demone.
Poi, come se fosse
una cosa talmente naturale, lo abbracciò dalla gioia.
L’hanyou
rimase immobile, un po’ confuso, per poi staccare dal proprio
corpo quello
della ragazza.
“Lo
sai che
per avermi anche solo sfiorato, senza avere il mio permesso, ti
condannerebbero
a cinque frustate in piazza?” la avvertì
l’Inuyasha che adesso le stava di
fronte, anche se a debita distanza.
La ragazza
rimase molto delusa, si aspettava che almeno lui la avrebbe
riconosciuta. Che
stupida che era stata. Aveva sperato inutilmente, si era verificata la
stessa
situazione che era capitata con gli altri.
Dagli occhi
ormai lucidi iniziarono a uscire poche lacrime di tristezza, se non la
aveva
riconosciuta neanche lui cosa avrebbe fatto? Come sarebbe riuscita a
tornare a
casa?
Il principe
Inuyasha, sentendo l’odore salato delle lacrime della giovane
ragazza, cercò di
tranquillizzarla. Odiava vedere le donne piangere, gli ricordava i
momenti di
tristezza di sua madre a cui aveva sfortunatamente assistito.
“Non c’è bisogno
di piangere, io non rispetto mai quelle stupide regole. Non ti
succederà nulla,
per ora”.
Non aveva
affatto capito che il motivo era ben diverso da quello che pensava.
Kagome
apprezzò comunque il tentativo del mezzo-demone e
cercò di trattenere le sue
emozioni. Non era certo il momento di piagnucolare, per di
più davanti ad
Inuyasha - anche se non era proprio la persona che conosceva -.
“Toglimi
una
curiosità, ningen” aggiunse poco dopo,
sottolineando con tono di disgusto
l’ultima parola. “Come fai a sapere il mio nome? E perché sei
nella mia stanza?”
“Lo
avevo
sentito stamattina” mentì, cercando di apparire
più convincente possibile. Il
mezzo-demone annuì. “E perché sei
qui?” ripeté di nuovo la domanda.
Kagome si
bloccò, non sapeva nemmeno dove si trovava, figuriamoci il
motivo per cui si
trovava lì. “E-ecco”
balbettò. “Io non lo so…”
Inuyasha la
guardò stranito.
“Sono
uscita
da un pozzo, mi sono ritrovata in un villaggio di ebrei. Poi delle
guardie mi
hanno catturata e mi sono ritrovata qui…”
L’hanyou
finalmente capì, il suo volto disteso in un sorriso quasi
provocante.
“Ah,
quindi
sei la mia nuova schiava!”
La ragazza
non volle credere alle parole del mezzo-demone. Che la stesse prendendo
in giro
per spaventarla?
“Mi
stai
forse prendendo in giro?”
“E
perché
dovrei? Dovresti essere invece onorata, sei la schiava del principe
d’Egitto!”
esclamò, pavoneggiandosi.
“P-principe?”
ripeté incredula. Adesso si che iniziava davvero a
spaventarsi.
Sango era
stata condotta in una stanza davvero molto bella, ricca di vasi
finemente
dipinti e decorati con i soliti geroglifici che aveva visto migliaia e
migliaia
di volte. Continuò a guardarsi intorno esterrefatta, la
giovane non era
abituata a vedere tutto quel lusso.
Un uomo
entrò nella stanza, sorprendendo la ragazza.
“Chi
siete
voi?” domandò poco dopo, fattosi coraggio.
“Scusate
per
la mia maleducazione, nobile fanciulla. Rimedio subito. Il mio nome
è Miroku e
sono il comandante dell’esercito del faraone
nonché suo fidato consigliere”
affermò seriamente.
Sango lo
guardò attentamente, era veramente bellissimo. I corti
capelli castani erano
legati in un codino, i due occhi color blu cobalto, e il corpo
muscoloso ricoperto
dall’armatura lo rendevano sicuramente una persona attraente.
“E
qual è il
vostro nome, mia cara?” domandò dolcemente.
“Sango.
Sango e basta” rispose. “Perché siete
qui?” aggiunse infine.
“Beh,
come
dirtelo. Sono, il tuo nuovo ‘padrone’ ”
“P-padrone?
Mi stai forse dicendo CHE SONO TUA SCHIAVA?” urlò
sconvolta.
“Dovresti
ringraziarmi! Ti ho sottratto da anni e anni di studi per diventare una
brava
ancella” sussurrò, un pò deluso dalla
reazione della ragazza. Non voleva farsi
odiare dopo i primi cinque minuti di una discussione.
“Mi
dispiace
per te, ma non ho alcuna intenzione di obbedire ai tuoi ordini. Non mi
faccio
mettere i piedi in testa da nessuno!”
“No,
Sanguccia. Non devi pensarla in questo modo. Vedrai, ci divertiremo
tanto
insieme!” esclamò contento Miroku.
‘Sanguccia?’
pensò la ragazza. ‘Si è preso
già tutte queste confidenze?’.
“Che
ne dici
se ti porto a fare un giro per il palazzo?” propose, cercando
di apparire il
più amichevole possibile. La ragazza aveva carattere e
doveva andarci piano se
voleva starle a genio.
Sango
accettò, infondo non sapeva nemmeno dove si trovava. Si
avvicinò al portone
della stanza quando avvertì qualcosa accarezzarle il
fondoschiena.
“Maniaco!”
urlò, se aveva da pochissimo iniziato a fidarsi di lui
adesso gli avrebbe
volentieri mollato un pugno sulla testa. Ed è quello che
fece.
Dopo pochi
secondi sulla testa di Miroku comparve un grosso bernoccolo e,
ignorando il
dolore alla parte lesa, uscì dalla stanza insieme alla sua
nuova schiava cercando
di tenere a bada i suoi istinti da uomo perverso.
Inuyasha era
andato in bagno ed aveva chiuso a chiave la stanza, lasciando Kagome
intrappolata e senza vie d’uscita.
Ormai la
ragazza doveva rassegnarsi, con una persona da seguire e servire ogni
sacrosanto secondo la fuga sarebbe stata impossibile. Quanto avrebbe
voluto
poter creare delle emanazioni come Naraku, che prendessero il suo posto
e che
distraessero il mezzo-demone.
In attesa
del suo ritorno, curiosò nell’enorme stanza.
Aprì
cassetti e cassettini, guardò dentro i vasi e
aprì le tende della stanza,
facendo entrare i caldi e lievi raggi del sole del pomeriggio appena
arrivato.
Avvertì
qualcosa strusciarle contro la caviglia e guardò in basso.
Proprio
sotto di lei c’era il suo amato gatto Buyo, ma non era obeso
come quello della
sua epoca.
Lo prese in
braccio e lo accarezzò dolcemente, pesava decisamente meno
rispetto
‘all’originale’.
Quando il
portone si spalancò di colpo, il felino saltò in
aria per lo spavento.
Poi,
riconoscendo il suo padrone, fuggì dalle braccia della
ragazza per poi
rifugiarsi in quelle dell’hanyou.
“Vedo
che
hai conosciuto il mio gatto Buyo”
Kagome
guardò di traverso il micio, ignorando le parole del
ragazzo. Quanto odiava
quel gatto quando faceva il lecchino con tutti. Persino con lui.
“Si,
lo odio
quello stupido gatto quando fa così”
“Prego?”
sembrava quasi offeso.
“Hai
sentito
bene, fa il lecchino con tutti”
“Non
so se
lo sai, ma offendendo i gatti offendi anche Iside e questo non posso
proprio
permettertelo”
Iside era un
divinità egiziana, di questo Kagome ne era certa. Ma non si
ricordava quale.
Maledizione
a lei e al suo poco interesse per la storia!
“E se
non
ritiro quello che ho detto? Che cosa mi succede? Non ho affatto paura
di te!”
dire bugie stava diventando in quest’epoca il suo mestiere.
“In
teoria
dovrei frustarti personalmente” le rispose, facendo scendere
il gatto dalle
proprie braccia e avvicinandosi alla giovane.
Si
fermò
accanto a lei, afferrando la spallina del lungo vestito bianco.
“Preferisci
che ti spogli io oppure vuoi fare da sola?” le
domandò in tono molto malizioso.
La ragazza,
ormai rossa come un peperone per l’imbarazzo, si
allontanò finendo per
appoggiarsi contro il muro della camera del suo
‘padrone’.
“Ok,
ritiro
quello che ho detto. Ma non avvicinarti più come
prima” gli intimò minacciosa
anche se ancora imbarazzata.
“Che
bel
caratterino che hai, Kagome!” si complimentò
l’hanyou. “Ma così mi provochi. Ho
voglia di avvicinarmi ancora, il tuo odore mi piace”
Fece per
avvicinarsi di nuovo quando i suoi occhi ambrati si posarono sul
bellissimo
braccialetto che la ragazza portava al polso.
Glielo
sfilò
in pochi secondi, per poi andarsi a distendere sul suo morbido letto.
“Restituiscimelo
subito!” urlò immediatamente la giovane,
innervosita.
“Per
ora
questo lo tengo io”
“E
perché?”
domandò poi confusa.
“Perché
sono
il principe ed è quello che ho appena deciso”
affermò con tono arrogante.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 6:
Era giunta
la sera ed Inuyasha era appena tornato dalla sala da pranzo, dopo aver
finito
di cenare.
Con
sé aveva
portato qualche deliziosa pietanza, preparata dalla cuoca del palazzo,
per far
mangiare la schiava che era digiuna da tutto il giorno. Era sorpreso di
ciò,
non si aspettava che la ragazza per orgoglio potesse riuscire in una
simile
cosa. Non era certo una passeggiata contenere la fame. Lui non riusciva
a stare
senza mangiare nemmeno per mezza giornata!
Salì
le
ripide scale e, dopo aver attraversato velocemente il corridoio
principale che
conduceva a tutte le camere da notte, arrivò di fronte alla
sua. Aprì il
robusto portone ed entrò.
Seduta a
terra, la sua schiava Kagome coccolava teneramente Buyo. Era davvero
incredibile, qualche ora fa aveva affermato di odiarlo e invece adesso
si
comportava come se fosse la sua padrona. Il principe non sapeva se
essere
sorpreso o geloso.
La ragazza
dopo averlo sentito entrare lo degnò di una occhiata
indifferente per poi
ritornare a fissare il pavimento. Il mezzo-demone non si fece
intimidire e si
avvicinò a lei, porgendogli i piatti colmi di cibo:
“Questi è per te, mangia”
gli intimò, stava diventando veramente seccante la sua
resistenza. Tutto per
quello stupido braccialetto senza alcun valore!
“Non
ho
fame” rispose gelida “Ma potrei averne se tu mi
restituissi ciò che è mio”
continuò.
‘Eh
si, ha
proprio un bel caratterino questa ragazza. Ed è anche
carina, mi piace!’ pensò
fra se e se.
Non avrebbe
mai avuto il coraggio di esternare la sua considerazione sulla giovane
che
aveva di fronte.
“Io
quel
coso te lo restituisco quando voglio. Sono il principe e anche il tuo
padrone,
non mi farò ne ora ne mai comandare a bacchetta da nessuno.
Nemmeno da mio
padre che è il faraone” gli ricordò
Inuyasha.
‘Il
faraone
avrà sicuramente l’aspetto del vero padre di
Inuyasha. Chissà com’è…
sarà
senz’altro più gentile di suo figlio. E Izayoi?
Perché non ha fino ad ora nominato
sua madre?’ questo pensava Kagome mentre ignorava le parole
dell’hanyou.
“Va
bene, se
non hai voglia di mangiare non mangiare. Non sono affari miei. Poso
tutto sopra
quel tavolino, quando avrai finito di fare la testarda e mangerai
gradirei almeno
un grazie. Non tutte le persone si premurano di nutrire i proprio
servi” gli
disse il ragazzo.
“Oh
mio
dolce padrone, la ringrazio con tutto il cuore. Non so che farei senza
di lei!”
gli rispose ironicamente la ragazza. Inuyasha trattenne la sua ira, gli
infastidiva tantissimo essere preso in giro da qualcuno.
‘E’ solo una ragazza’
si ripeteva continuamente, cercando di calmarsi ‘E’
solo una ragazza ed è solo
la una schiava’.
“Ti
ricordo
che qui l’unico a decidere finora sei stato tu. Io non ho mai
accettato di
diventare la tua serva”
“Fino
a
prova contraria non credo che avresti mai accettato la proposta, no?
Quindi
qualcuno doveva pur prendere una decisione. E quel qualcuno sono stato
io”
rispose Inuyasha, con aria di chi la sa lunga.
“Potevo
benissimo prenderla io la decisione. Non sono mica una bambina, non ho
bisogno
che qualcuno mi aiuti nelle mie scelte”
“Dici
sul
serio? E io che volevo essere così carino da crescerti
personalmente” scherzò
mentre avvicinava il volto a quello di lei.
“C-che
cosa
stai facendo?! Allontanati da me, maniaco!”
“Se
non
sbaglio oggi pomeriggio non ho finito il mio bellissimo regalo di
benvenuto!”
continuò a prenderla in giro.
“Se
questi
li chiami regali non li voglio, brutto porco!”
Inuyasha
rise di gusto “Porco lo sono un pochino, ma brutto
no”.
Quando ormai
il ragazzo era deciso a compiere la sua piccola vendetta, qualcuno
bussò alla
porta.
Senza che
ricevesse alcuna risposta lo sconosciuto entrò.
Il principe
si girò verso il presunto seccatore, per poi sbuffare
“Miroku, cosa vuoi a
quest’ora di sera?”
‘Miroku?’
Kagome rimase a fissarlo. Con quell’armatura non lo aveva
affatto riconosciuto!
Però era nello stesso tempo contenta, aveva ritrovato tutto
il suo amato gruppo
al completo, o almeno quasi…
“Ehi
Inuyasha, non indovinerai mai cos-“ l’amico non
riuscì a terminare la frase.
Nel momento
stesso in cui i suoi occhi color blu cobalto si erano accidentalmente
posati
sulla ragazza si era come bloccato.
‘Che
sta
succedendo oggi?’ pensava ‘Due bellissime ragazze
in così poco tempo. Ditemi se
questa non è la mia giornata!’
Come per
magia, e ad una velocità pazzesca, si fiondò
davanti alla bellissima fanciulla
scansando malamente il suo amico principe.
“Oh
splendida e bellissima fanciulla venuta dal mio ovile della
felicità, potrei
avere l’onore di sapere il vostro nome?” le chiese
con galanteria.
Inuyasha era
quasi disgustato ‘Ovile della felicità?’
pensava, orribilato. ‘Posso benissimo
pensare cosa ci sia lì… è proprio un
maniaco senza speranza!’
Kagome
trattene una risata, pensava a Miroku e al suo comportamento di sempre.
Non era
cambiato di una virgola nemmeno in quel tempo. Rispose comunque alla
richiesta
del giovane, sorridendogli “Mi chiamo Kagome. E io potrei
sapere il vostro nome?”
“Il
suono
del vostro nome mi porta nei cieli beati. Fanciulla, il mio nome
è Miroku ma
puoi chiamarmi come desideri tu” rispose il libertino,
incantato dal sorriso
della giovane.
“Qualcuno
perfavore potrebbe degnarsi di calcolarmi? Sapete
com’è, siete anche nella mia
stanza” li rimproverò il mezzo-demone, imbronciato.
“Non
te la
prendere Inuyasha, non mi avevi presentato prima questo
splendore”
“Questo
splendore, come dici tu, è la mia schiava”
mormorò il principe, afferrando un
bicchiere e bevendo un po’ d’acqua.
“Come
sei
fortunato! Una ragazza così bella, dolce e
tenera!” a Miroku brillavano gli
occhi. Quanto gli sarebbe piaciuto avere Kagome e Sango, entrambi come sue schiave!
Inuyasha a
sentire quelle parole sputò letteralmente l’acqua
che stava inghiottendo, con
il rischio di affogarsi. Dopo essersi ripreso urlò:
“Bella? Dolce? Tenera? Ma
stai parlando della stessa ragazza che ho di fronte?! Non è
assolutamente
bella, è tutt’altro che dolce ed è
anche testarda!”
La giovane
interpellata lanciò uno sguardo tutt’altro che
dolce all’hanyou.
Quest’ultimo
rabbrividì, insieme a Miroku.
Dopo pochi
minuti entrò nella stanza Sango, che non vedendo tornare
presto il suo padrone aveva
deciso di mettersi a cercarlo.
Appena
Kagome la vide entrare si buttò letteralmente fra le sue
braccia, felice di
averla rivista.
“Sango!
Allora anche tu sei qui!” esclamò
l’amica, gioiosa.
“Oh
Sanguccia mia! Vieni fra le mie braccia!” la
invitò Miroku, avvicinandosi alle
due.
La ragazza
appena arrivata accarezzò la testa a Kagome, contenta di
averla ritrovata, per
poi andare verso il suo padrone e dargli un pugno in testa.
“Così la smetti di
fare il maniaco e di sparire per così tanto tempo,
lasciandomi da sola!” lo
rimproverò.
“Ti
chiedo
perdono Sanguccia! Ti prometto che non lo farò
più!” gli rispose con le lacrime
agli occhi.
‘E lei
sarebbe la sua schiava? Sembra piuttosto lei la padrona!’
pensò divertito
Inuyasha.
Poi si
congratulò con la ragazza “Ti faccio i miei
complimenti! Ci serviva proprio
qualcuno che tenesse a bada i suoi istinti!”
“Tu
sei
Inuyasha, il principe e il padrone di Kagome?” gli
domandò Sango. Il
mezzo-demone annuì.
Sango aveva
non poco timore di suo padre, aveva mandato ad uccidere milioni e
milioni di
persone. Quindi, preoccupata anche per la sorte dell’amica,
lo minacciò “Ti
dico solo una cosa, prova a fare del male a Kagome e ti ritrovi a
regnare
nell’Inferno!”
Poi si
avvicinò alla sua amica dai capelli color ebano e
l’abbracciò forte.
Inuyasha si
voltò verso Miroku, ricevendo uno sguardo del tipo
‘Attento, guarda che lei non
scherza!’.
Passarono
tutti e quattro qualche altra ora a chiacchierare, a battibeccarsi e a
discutere.
Poi Sango,
seguita dal ‘padrone’ Miroku, si avviarono verso la
loro stanza perché troppo
stanchi.
Inuyasha
mostrò il nuovo letto a Kagome che, dopo qualche momento di
esitazione, si
distese e si addormentò velocemente.
Anche
Inuyasha, dopo essersi sdraiato nel sontuoso letto, la seguì
nel sonno.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 7:
Era appena
sorto il sole, segno dell’arrivo di una nuova straziante
giornata.
Una ragazza
ancora per metà addormentata si rigirò fra le
calde coperte del proprio letto.
Non si
poteva certo dire di aver riposato bene. Si era svegliata per ben due
volte
durante la notte e, con sua grande sorpresa, aveva scoperto che durante
la sera
persisteva una temperatura paragonabile a quella del Polo Nord. E la
cosa era
alquanto strana, visto che durante il giorno c’era un caldo
insopportabile!
Si
alzò dal
letto improvvisato mentre si stropicciava gli occhi color cioccolata.
Dopo averli
riaperti si accorse del terribile buio che regnava nella stanza,
così andò a
spostare le tende color oro per rendere la stanza luminosa. E
chissà, magari
sarebbe riuscita anche a svegliare Inuyasha.
Osservò
Buyo
dormire nella sua cuccia circondato di ciotole piene di pesce fresco e
pensò a
quanto lui fosse più agiato di lei.
Kagome si
avvicinò al sontuoso letto del padrone.
Si
preparò a
svegliarlo, per fargli un dispetto, ma qualcosa dentro di lei la
bloccò.
Lo
guardò un
po’ affascinata: gli occhi ambrati che adesso non erano
visibili, il volto
disteso come quello di un bambino, le labbra socchiuse, i lunghi
capelli color
della luna sparsi per tutto il cuscino lo rendevano quasi…
bello.
Quasi,
però.
Perché
se in
quel momento poteva sembrare un piccolo angioletto, non lo era affatto
quando
era sveglio.
Le dava
degli ordini, la prendeva costantemente in giro, la
‘molestava’ a parole ed era
anche arrogante.
Anche se era
un principe queste cose non poteva permettergliele. Era sì
la sua schiava, ma
era pur sempre una persona e non un animale da compagnia.
Lo sguardo
le cadde sul braccialetto che aveva legato al polso.
Sul suo
braccialetto.
‘E’
arrivato
il momento di riprendermelo’ pensava ‘Adesso o mai
più’.
Posizionò
le
ginocchia sulle lenzuola e si avvicinò con il corpo al
mezzo-demone.
Portò
le
mani sopra il braccialetto e fece per sfilarglielo, quando una voce fin
troppo
divertita gli arrivò alle orecchie come un allarme di
fallimento “Buongiorno
anche a te Kagome! Che cosa stai facendo?”
Allontanò
il
polso dalle mani della giovane per poi continuare “Volevi
forse farmi compagnia
nel sonno? Oppure volevi riprenderti quel coso?”
“Sai
già la
risposta, è inutile che te lo dica” rispose una
Kagome imbronciata, le
braccia incrociate al petto e la testa
voltata verso sinistra.
“Allora
prenderò in considerazione la prima opzione”
sorrise, per poi alzarsi dal
letto.
“Ho
fame,
vai a prendermi la colazione!” gli ordinò.
La ragazza
lo guardò confusa “Che cosa hai detto?”
“Ti ho
detto
di andarmi a prendere la colazione. E se ancora non lo hai capito
questo è un
ordine!” la avvertì.
“Io
non
prendo ordini da nessuno, specialmente da te” gli
ricordò Kagome.
“Oh ma
che
bel braccialetto che abbiamo qui! Qualcosa mi dice che lo
terrò con me per
tutta la vita” esclamò con aria da finto bambino
ingenuo Inuyasha, ricordandole
che non poteva disubbidirgli se rivoleva indietro il suo amato
gioiello. Il
principe riteneva Kagome una ragazza piena di carattere e con queste
persone ci
voleva autorità (e che autorità!) e un
po’ di disciplina.
“Ho
capito.
Ma dove devo andare a prendertela?” gli chiese la schiava,
arresa.
‘Non
è
finita qua Inuyasha, ti farò vedere quanto posso essere
caparbia se lo voglio’
pensò Kagome.
“Scendi
le
scale fino in fondo, poi vai dritto e gira a destra. E’ la
prima sala che vedi,
non puoi sbagliarti”
La giovane
uscì dalla stanza, chiudendo rumorosamente il portone dietro
di sè.
‘Ritiro
quello che ho detto. Lui non è affatto bello. E’
solo un principe viziato’
Sango non
era riuscita a dormire per tutta la notte.
Aveva per varie volte consecutive sognato la morte del suo
fratellino
Kohaku, morto ormai da un paio di anni, e non sapeva spiegarsene il
motivo.
Ricordò
con
immensa tristezza quell’episodio: non si erano sempre
nascosti nel villaggio
che era stato invaso pochi giorni prima. Ne avevano costruito tanti, ed
era
tutto successo nel primo in cui si erano stabiliti.
Erano andati
loro due a prendere dell’acqua per tutti gli abitanti del
nuovo villaggio ed
avevano accidentalmente incontrato alcune guardie, che stavano
scortando due
persone apparentemente importanti. Una freccia aveva colpito suo
fratello al
cuore, mentre gli uomini iniziavano ad avvicinarsi sempre di
più.
Poi
ricordò
solo un paio di occhi azzurri color cobalto e un paio rossi, tenebrosi
ed
ardenti.
Quegli occhi
che… aveva rivisto anche in Miroku!
‘Non
puoi
sbagliare!’ gli aveva detto. Ed invece era successo
l’esatto opposto. Incrociò
una ragazza con i capelli rossicci legati in due simpatiche codine e le
chiese
informazioni “Scusi il disturbo, potrei sapere dove si trova
la cucina? Devo
portare la colazione al principe”
“Oh,
tu devi
essere la nuova schiava di Inuyasha!” esclamò
sorpresa la ragazza “Molto
piacere di conoscerti, io sono Ayame e lavoro in cucina con la vecchia
Kaede,
non so se la hai già conosciuta. La cucina è
proprio lì in fondo”.
Kagome le
sorrise solare, adesso aveva ritrovato anche la giovane demone lupo
“Io sono
Kagome, il piacere è tutto mio. Grazie per
l’indicazione, spero di rivederti
presto!” percorse la strada rimanente a passo veloce per poi
entrare nella
sala.
Ayame invece
accompagnata dalla vecchia Kaede era uscita dal palazzo per poi
recarsi, con
una pentola enorme e stracolma di cibo, nella valle dove gli schiavi
addetti a
quei lavori costruivano ininterrottamente piramidi.
Dopo essere
arrivati, avvisarono tutti della colazione pronta.
Tutti i soldati
del faraone con le fruste in mano, che avevano il compito di
controllare il
lavoro degli schiavi e di non farlo cessare per nessun motivo, li
fecero
disporre in file per prendere il cibo meritato.
Quando fu il
turno di un vecchietto, ne chiese un altro po’ ed una guardia
tentò di
frustarlo.
Ma
impedì il
crudele gesto un giovane demone lupo che, messosi fra l’arma
e il povero
anziano, aveva afferrato il lembo dell’oggetto.
“Non
c’è
bisogno di punirlo per aver chiesto qualcosa. Non lo farà
più”.
Koga spinse
via il vecchietto per poi dargli la sua razione di cibo
“Eccoti la mia. Sono un
demone e non ho tanto bisogno di mangiare”
L’anziano lo ringraziò varie volte
per poi andarsi a sedere su una panca.
Ayame era
rimasta molto colpita dall’episodio appena accaduto. Nessuno
si era mai battuto
per qualcun altro e nessuno aveva mai osato contraddire specialmente le
guardie. Si avvicinò al giovane coraggioso per poi offrirgli
un’altra ciotola
“Tieni, hai bisogno di energie per costruire le piramidi per
il faraone”.
“Grazie,
ma
l’unica cosa che farò per il faraone
sarà lacerargli le carni. Tutto questo è
una pazzia”
“Guarda
che
non è il faraone ad ordinare tutto ciò. Sono i
consiglieri che lo abbindolano,
così come il suo sacerdote personale”
“E
perché
nessuno, specialmente lui, se ne è mai accorto?”
“Perché
tutti sono troppo impegnati a svolgere il proprio ruolo per
accorgersene”
“Procede
tutto bene?” chiese un uomo alle guardie, interrompendo il
discorso silenzioso
dei due.
“Si,
nostro
signore” risposero in coro, mettendosi sull’attenti.
“Chi
è lui?”
chiese Koga ad Ayame. La demone lupo ringhiò, schifata.
“Lui
è
Naraku. E’ il sacerdote personale del faraone. Un uomo
meschino, crudele ed
anche traditore”.
Era un uomo
alto, con lunghi capelli neri, occhi rossi come il fuoco e un viso
piuttosto
curato, che trasmetteva tutt’altro che bontà.
Aveva un lungo mantello bianco di
pelliccia ed indossava una maschera da babbuino. Era tipico delle
persone
importanti indossare teste o vestiti di animali, rappresentavano le
divinità.
“Tenta
tutt’ora di salire al trono al posto del faraone Inu No
Taisho. Lo inganna
varie volte con i suoi giochetti ed è lui che ha avuto le
idee delle piramidi.
Ma il faraone non sa in che condizione fa lavorare i suoi schiavi.
E’ come
all’oscuro di tutto e molti hanno pure rinunciato ad
avvertirlo, quest’uomo
orribile gli sta sempre appiccicato e non c’è modo
di poter parlare in privato
con No Taisho”
“Quindi
un
giorno potrebbe prendere il posto del buon faraone che adesso
è al trono” Koga
tirò fuori le sue conclusioni, tranquillamente e senza
traccia nel suo volto di
alcun terrore.
“E
quando
succederà sarà la fine per tutti quanti. Anche
per i due principi, figli di Inu
No Taisho”.
“C-ci
sono
due principi?” quasi urlò sorpreso il demone.
Ayame annuì, facendogli segno di
abbassare la voce.
“Ma
non
dovrebbe salire al trono uno dei due?”
“Il
più
grande, che perora dimora il Basso Egitto, potrebbe ma prima ha bisogno
di una
sposa. Quanto a quello di queste terre, dell’Alto Egitto, non
so dato che è ancora
in carica il padre. Naraku farebbe di tutto per salire al potere, di
questo ne
sono sicura”.
“E
allora
dobbiamo impedirglielo, non credi anche tu?”
ghignò Koga.
Ayame gli
sorrise. Quel ragazzo le piaceva, così come le piaceva il
suo sorriso
accattivante.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 8:
Inuyasha era
visibilmente nervoso. Era da circa un’ora che aspettava la
sua solita colazione
che, proprio quella mattina a causa della sua ‘adorabile
schiava’, non dava
alcun segno di arrivare.
Dopo aver
concesso
con enorme sforzo altri dieci minuti di tempo per apparire con quel
dannato
cibo sulla soglia della porta, si alzò ed uscì
furioso dalla camera in cerca di
quella maledetta di una Kagome.
Percorse
molto velocemente le scale, sorpassando un Miroku alquanto confuso per
il
comportamento dell’amico. Girò a destra e si
fiondò verso la fine del
corridoio, entrando nella cucina del palazzo.
Tutte le
cuoche e le cameriere, che in quel momento stavano faticosamente
lavorando,
trovandosi il bel principe nella stanza si inchinarono in segno di
rispetto.
Tutte tranne una: Kagome. Era rimasta in sala ormai da molto e, non
avendo
nemmeno voglia di tornare a mani vuote nella camera del suo padrone,
aveva
deciso di rimanere lì sperando nella ‘non proprio
realistica’ pazienza di
Inuyasha.
Quest’ultimo,
appena la riconobbe tra le tante ragazze che si trovavano nella stanza,
si
avvicinò e la trascinò fuori con forza. Poi, dopo
aver preso un respiro per
allentare la rabbia, le chiese: “Cosa diavolo avevi
intenzione di fare?
Rimanere lì fin quando, morto affamato, sarei venuto a
ricordarti il mio
ordine?”
Kagome lo
guardò in modo un po’ ironico, per poi
rispondergli: “Le cuoche mi avevano
avvisato che ci sarebbe voluto del tempo per preparare la colazione di
stamattina. Ho preferito rimanere lì ad aspettare piuttosto
che tornare in
camera. E poi sei proprio esagerato! Come si fa a morire di fame dopo
nemmeno
tre ore che ti sei svegliato?”
“E
invece saresti
dovuta venire ad avvisarmi! Era la scelta più sensata, no?
Tu invece fai tutto
di testa tua!” continuò a sgridarla il
mezzo-demone.
“Sai
com’è,
mi dispiace di non essere una perfetta serva come desidera il
principe!”
scherzò la ragazza.
“Oh,
di
questo non devi preoccuparti. Ci penserò io a farti
diventare un docile e tenero
agnellino, cominciando proprio da stasera!” sorrise il
principe, malvagio e
vittorioso.
“S-stasera?”
balbettò confusa Kagome.
Inuyasha si
compiacque dell’effetto dato da quelle poche parole. Si
avvicinò all’orecchio
della ragazza e sussurrò con voce roca: “Si,
stasera, quando fra le lenzuola ti
frusterò selvaggiamente e tu mi implorerai con voce
affannosa di fermarmi”.
Qualche
brivido di disgusto percorse velocemente la schiena della giovane.
“N-no! Cioè,
ti chiedo scusa, ti prometto che se la prossima volta dovesse andare
storto
qualcosa ti avviserò immediatamente!”
“Le
scuse
sono già un enorme passo in avanti. Per stasera ti
risparmio, ma la prossima
volta potrei anche non essere così clemente con
te!” la avvisò.
L’hanyou
fece per entrare in cucina, quando Kagome gli chiese
“Perché stai rientrando lì?”
“Non
mi
importa della mia solita colazione elaborata. Il mio stomaco
dà segni evidenti
di essere allo stremo della pazienza e devo saziarmi con il primo
alimento che
trovo. Ci vediamo più tardi, mia cara fanciulla!”
La ragazza
lo guardò allibita, per poi pensare: ‘Le ultime
parole mi sanno dette da un
certo Miroku!’.
Sango era
sempre più convinta di essere nel giusto. Quel paio di occhi
colo cobalto, così
belli e limpidi come l’acqua cristallina, li aveva rivisti
soltanto nel suo
padrone Miroku. Quel paio di occhi rossi, così malvagi e
tenebrosi invece era
convinta di non averli mai visti a nessuno; o almeno, a nessuno di cui
si
ricordasse bene l’aspetto.
L’ex
capovillaggio decise di parlare chiaramente con quel pervertito del suo
padrone. Aveva bisogno di spiegazioni, lei doveva assolutamente sapere
la
verità sull’episodio mortale del fratello minore.
Attese con
impazienza l’arrivo di Miroku che, quando varcò la
soglia della camera, venne
accolto da una strana Sango.
‘Ma
oggi
cosa sta succedendo? Si comportano tutti in maniera così
strana! Prima
Inuyasha… poi Sango!’ pensava confuso il ragazzo.
“Miroku,
ho
bisogno di parlarti!” gli disse la ragazza.
“Ti
ascolto,
Sanguccia”
Era da circa
due giorni che il piccolo Shippo si divertiva con i suoi coetanei.
Insieme
giocavano, dipingevano, modellavano e creavano oggetti, mangiavano cose
deliziose che non potevano nemmeno essere paragonati al cibo modesto di
Sango…
insomma si divertivano molto.
Diversamente
da Shippo, invece, Kirara si era rilassata parecchio, dormendo anche
per intere
e intere ore. Non si era mai sentita così riposata in quel
modo prima d’ora e
questo la rendeva abbastanza soddisfatta.
In quel
momento il cucciolo di volpe e la sua amica demone Yura erano intenti a
decorare un vaso di terracotta, che avevano lasciato ad asciugare la
sera
precedente, e a chiacchierare del più e del meno.
Ma una
domanda della ragazza lo colpì: “Anche tu vivi al
villaggio? E chi sono i tuoi
genitori?”
Il loro
villaggio…
Kagome,
Sango e Koga… Dove erano finiti? Come stavano?
Il cucciolo
si era così tanto lasciato trasportare dal divertimento che
si era
completamente dimenticato di cercarli. E di questo ne era dispiaciuto,
anche
perché non era un comportamento degno di un amico.
Si
allontanò
da Yura, pregandola di non aspettarlo e di finire da sola
l’oggetto, e si
avvicinò al demone gatto a cui era tanto affezionato.
“Kirara,
andiamo a cercare i nostri amici!”
Kagome era
molto annoiata. Non aveva alcuna intenzione di aspettare in camera il
suo
padrone, che in quel momento era intento ad abbuffarsi in cucina,
così era
rimasta a passeggiare per i vari corridoi e a curiosare in giro per il
palazzo.
Non poteva
fare a meno di meravigliarsi della magnificenza del popolo egiziano.
Senza
dubbio l’inconveniente di essere rimasta intrappolata in
quell’epoca adesso le
era rimasta utile per fare un breve ripasso di quella
civiltà così antica
eppure così affascinante.
Tutto,
lì
dentro, sembrava avere qualcosa di speciale: le pareti, che erano tutte
finemente decorate a mano con i geroglifici, tutti gli strumenti strani
che
utilizzavano quotidianamente ed era persino strana
l’unità di misura che
adoperavano per fare calcoli matematici.
La
biblioteca del palazzo era immensa, degna di essere chiamata come tale.
Vi erano
numerosissime pergamene, che trattavano argomenti e teorie di
matematica,
scienze, astronomia e persino del possibile cambiamento atmosferico. Vi
erano
anche numerosi mappamondi e cartine, anche se molto diversi rispetto a
quelli
che utilizzavano nelle scuole del Giappone.
La ragazza,
dopo aver visitato per bene la fornita sala, uscì e
ritornò verso la cucina
credendo che a quell’ora il mezzo-demone avesse finito la
colazione. E fu
proprio così.
Quando
infatti ritornò indietro, lo trovò ad aspettarla
all’uscita della cucina.
Iniziando a
chiacchierare, si avviarono verso la camera del principe.
Ma pochi
secondi prima di percorrere le scale che portavano al piano superiore,
Kagome
udì qualcuno chiamarla. E la voce le sembrava stranamente
familiare.
Si
voltò e
vide a pochi metri da lei il piccolo cucciolo di volpe insieme alla
demone
gatto di Sango.
“Shippo!
Kirara!” esclamò con gioia, prima di corrergli
incontro ad abbracciarli.
Inuyasha la
guardò piuttosto confuso, pensando: ‘E questi due
chi diavolo sono?’.
“Kagome,
come sono contento di averti ritrovata!” gli disse Shippo.
“Anche
io lo
sono, ma fino ad ora dove siete stati? E’ successo qualcosa
di grave?” domandò
la ragazza.
“Sono
stato
in una stanza insieme a Kirara e ad altri cuccioli di demone ed esseri
umani”
“Quindi
tu
vieni dalla stanza dei bambini?” domandò Inuyasha,
avvicinandosi al cucciolo.
Fino a quel momento si era limitato a seguire il discorso dei due
conoscenti.
Shippo annuì.
“Non
lo sai
che è assolutamente vietato per un cucciolo come te
girovagare senza permesso
per il palazzo?” lo rimproverò bruscamente il
mezzo-demone.
Il piccolo
demone, un po’ intimorito dai modi crudi del ragazzo, non
rispose e si rifugiò
dietro l’amica Kagome, tirandole il vestito.
“Dai
Inuyasha, non trattarlo in questo modo. Non vedi che lo spaventi?
E’ solo un
cucciolo!” cercò di persuaderlo Kagome.
“Tsè,
cucciolo o no, le regole qui vanno
rispettate!”esclamò l’hanyou con fare da
saputello.
Kagome lo
guardò male, per poi pensare: ‘Manca poco e le
regole non le rispetti nemmeno
tu che sei il principe!’.
“Ti
ascolto
mia adorata Sanguccia” disse Miroku.
“Vedi,
ecco…
volevo domandarti una cosa. Tu, prima che io diventassi la tua schiava,
ricordi
di avermi già vista da qualche parte?”
domandò la ragazza, curiosa di sapere la
risposta.
“Eh?”
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 9:
“Eh?”
La risposta
che era uscita fuori dalle labbra del bel Miroku non era stata di certo
soddisfacente.
La giovane
Sango difatti ne rimase un po’ delusa, poi ritentò
di nuovo: “Ti
prego Miroku, è importante…!”
“Non
credo
proprio che sia successa una cosa del genere” le disse. Poi
la guardò con una
strana luce negli occhi “anche perché non mi sarei
mai fatto sfuggire una
fanciulla del genere”.
La ragazza,
subito dopo aver udito l’ultima parte della frase, si
alterò non poco. Strinse
la piccola mano a palla, per poi dargli un pugno micidiale sotto il
mento. Il
ragazzo non solo si fece male alla parte colpita, ma anche al sedere
per il
brusco atterraggio sul pavimento. Si massaggiò entrambe le
parti lese con tutte
e due le mani, per poi lamentarsi “Ahi, Sanguccia! Mi hai
fatto maleeeeeeeeee!”
“Era
proprio
mia intenzione! Ti sembra normale scherzare in un momento del
genere?!” lo
rimproverò Sango.
“Cosa
c’è
che non va? La tua era solo una semplice domanda, no? E poi te lo giuro
sopra la
dea Nefthi, non ti ho mentito! Non ricordo niente, veramente!”
La ragazza
si intristì. Forse ormai non importava più,
scoprire il responsabile della
morte di suo fratello non lo avrebbe di certo fatto ritornare in vita.
E poi…
quel ragazzo dagli occhi blu cobalto poteva benissimo non essere il suo
deviato
padrone.
Ancora
più
demoralizzata di prima, Sango si avvicinò al suo letto per
poi buttarsi di peso
su di esso.
Miroku,
adesso un po’ preoccupato, si alzò e si
avvicinò alla ragazza. Poi le chiese:
“Ehm… va tutto bene Sanguccia mia?”
“Vai
via,
lasciami da sola” rispose freddamente la sua schiava.
Miroku
seguì
l’ordine senza dire o fare altro, scartando l’idea
di usare le sue solite
battutine perverse per salvare la situazione. Quella volta,
riflettè, non
sarebbe servito a niente. Se Sango aveva bisogno di stare da sola, lui
non
avrebbe obbiettato o interferito nella sua decisione. Uscì
dalla sua camera,
richiudendo dietro di sé silenziosamente la porta.
“Per
quanto
altro tempo questo cucciolo deve rimanere qui? Sto incominciando a
seccarmi!”
avvertì un principe mezzo-demone. La sua giovane schiava
invece, nonché
originaria di un’altra epoca, era di tutt’altro
umore rispetto al suo giovane
padrone. Aveva ritrovato il piccolo Shippo e Kirara e di questo ne era
contenta. Anche il cucciolo sembrava essere dello stesso parere della
ragazza,
visto l’enorme sorriso che aveva dipinto sul dolce faccino.
Kirara
sembrava aver trovato un nuovo amico, ovvero Buyo. Quando infatti, come
di
consueto, Inuyasha aveva dato il cibo al micio, anche la gattina
demoniaca si
era servita gradendo l’alimento. Ed adesso, dopo aver
svuotato insieme la
ciotolina, giocavano allegramente con un piccolo giocattolo di legno.
A quanto
pare, l’unico a non essere soddisfatto era proprio Inuyasha!
“Eddai
Inuyasha, che fastidio ti reca il piccolo Shippo?” gli
domandò Kagome.
“La
risposta
è così ovvia che non la dico nemmeno!”
La ragazza
era sicura della falsità della risposta del suo padrone. Ma
non riusciva
proprio a capire il motivo di quell’ostinazione nei confronti
di un cucciolo!
“Ti
prego
Inuyasha, fammi rimanere ancora un po’ con voi!” lo
pregò Shippo.
Inuyasha si
accorse dello sguardo minaccioso della ragazza, deglutii e gli rispose:
“E sia,
ma per poco!”.
Poco dopo,
proprio come preannunciato dai principe, il piccolo Shippo venne
cacciato a
calci dalla regale stanza. Ma non si intristì,
perché si era dato appuntamento
l’indomani mattina con Kagome per rivedersi. Anche
perché sapevano dove potersi
trovare.
Più
tardi Miroku
entrò nella stanza dell’amico, interrompendo un
nuovo battibecco dei due.
“Inuyasha,
devi seguirmi. Tuo padre ha appena aperto una riunione”lo
avvisò.
“Arrivo
subito, andiamo Kagome”
“No,
aspetta! La DivinaKagome non può venire… mi
dispiace”
“Non
ti
preoccupare Miroku, andrò a farmi un giro” lo
rassicurò la ragazza.
Inuyasha e
Miroku si avviarono verso la sala dove normalmente vi stava il faraone.
Entrarono, sotto lo sguardo di numerose persone che in quel momento
stavano
animatamente discutendo di faccende a loro temporaneamente sconosciute.
Si sedettero
fra gli ultimi posti rimasti e aspettarono pazientemente
l’inizio
dell’importante discorso.
“Faraone
Inu
No Taisho, possiamo iniziare o manca ancora qualcuno?”
“I
Kekher
non sono arrivati. Aspettiamo ancora!” rispose il faraone.
Kagome, dopo
aver visto Miroku e Inuyasha allontanarsi dalla stanza, si
incamminò verso la
cucina. Lì avrebbe voluto tanto incontrare la vecchia Kaede
e Ayame, che non
aveva visto da circa un giorno.
Scese le
scale, svoltò a destra e attraversò il lungo
corridoio. Entrò nella stanza e vi
trovò un’Ayame di fretta.
“Ehi
Ayame!
Tutto bene?” chiese gentilmente la giovane.
“Oh
Kagome!
Benissimo! Ti va di venire con me a scoprire segreti che nessun
impiegato qui a
palazzo dovrebbe sapere?” le propose. Kagome la
guardò interrogativa.
“Vieni,
ti
spiego strada facendo!” la prese per un polso e la
trascinò via dalla stanza,
senza che la schiava del principe potesse salutare la vecchia cuoca.
“Vedi,
si
sta tenendo una riunione importante. Siccome non siamo tenuti a sapere
le
discussioni e le informazioni riservate che si dicono lì
dentro, dobbiamo
informarci noi e a modo nostro. Non sei curiosa di sapere cosa si
dicono il
faraone e il tuo bel fusto?” le chiese scherzosamente.
“M-ma
vuoi
scherzare?! Come può quell’idiota dirsi un bel
fusto? E’ pure sopportabile a
malapena!” le rispose, convinta. Sicuramente non lo conosceva
bene quel
mezzo-demone, pensò la ragazza.
“Dai
Kagome,
si vede lontano un miglio che state iniziando ad affezionarvi
l’un l’altra.
Secondo me tra poco nasce qualcosa… !”
“Ayame,
ma
cosa dici?!Tu vaneggi!” urlò Kagome imbarazzata.
“Ok,
per ora
chiudiamo questo discorso. Siamo quasi arrivate!”
esclamò entusiasta l’amica.
Si trovarono
davanti ad un massiccio portone finemente decorato con disegni
rappresentanti
divinità. Con loro grande sfortuna però trovarono
delle guardie intente a
sorvegliare la stanza. Ayame non si scoraggiò e,
approfittando del suo ruolo di
cameriera e della sua forza da demone lupo, entrò nella
stanza accanto e si
inginocchiò. Poi con gli artigli tracciò una
fessura da dove poter vedere
l’interno della stanza accanto. Ne fece un’altra
per Kagome e insieme
iniziarono ad ascoltare tutto quello che stavano per dirsi.
Una guardia
entrò nella stanza per avvisare l’arrivo di nuove
persone. Kagome ed Ayame
aguzzarono la vista.
Fecero
ingresso in stanza un gruppo di persone incappucciate,
dall’aria misteriosa e sinistra.
Camminavano insieme e allo stesso modo, quasi fossero coordinati.
Kagome ed
Ayame li contarono, essendo un gruppo abbastanza numeroso. Erano 11
persone.
“Eccovi
arrivati, Kekher!” esclamò solennemente colui che
doveva essere Inu No Taisho,
ovvero il faraone e il padre di Inuyasha. Kagome si chiese se avesse lo
stesso aspetto
del padre dell’Inuyasha dell’Epoca Sengoku.
Era davvero
un bell’uomo: teneva in mano il nemes (ovvero il copricapo
dei faraoni)
lasciando scoperti i lunghi capelli argentati, simili a quelli del
figlio,
legati in una coda alta, aveva occhi color dell’ambra e sul
viso raffinato dei
segni violacei da demone.
Tutti i
membri del gruppo appena arrivato, tranne l’ultimo della
fila, sfilarono i
cappucci rivelando enormi teste di animali. Erano senz’altro
copricapi, pensava
Kagome, che rappresentavano ognuno un dio o una dea.
“Rappresentano
Khonsu, la divinità lunare, Khnum, protettore delle sorgenti
del Nilo, Bastet,
dea gatta dalla grande forza, Apopi, dio del buio e dei Caos, Nefti,
dea
dell’oltretomba e del parto, Maat, la verità,
Mehetueret, dea della rinascita,
Benu, l’eternità della vita, Heket, protettore
delle nascite e Shai, il
destino” le spiegò Ayame.
Kagome,
seppure curiosa di conoscere ancora meglio tutti quei strani
personaggi, non ci
capì molto.
“Sono
presente anch’io, mio signore” disse la persona che
era rimasta con il
cappuccio sopra il capo. Poi se lo sfilò, entrambe le
ragazze avevano gli occhi
puntati su di lui.
Il
misterioso uomo si rivelò e Kagome trattenne un urlo di
sorpresa: Naraku si
trovava proprio davanti ai suoi
occhi.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 10:
Kagome non
si sarebbe mai aspettata una rivelazione del genere.
Insomma,
incontrare anche la reincarnazione del loro nemico numero
uno… in un’epoca del
genere le sembrava impensabile.
Dalla
fessura, creata da Ayame per lei per permetterle di assistere alla
riunione che
avrebbe dovuto incominciare a breve, assottigliò gli occhi
per osservarlo
meglio: il corpo avvolto dalla solita pelliccia bianca di babbuino, il
copricapo del medesimo animale fra le mani -che si era sfilato pochi
minuti fa-
il solito viso che incuteva non proprio benevolenza e bontà.
Quando la ragazza
si soffermò a guardare i profondi occhi rossi
dell’uomo, dei piccoli brividi le
risalirono per la schiena. Chissà che ruolo doveva avere in
questo tempo per
partecipare alla riunione e in che rapporti era con il faraone e
Inuyasha.
Già,
non ci
aveva affatto riflettuto. Era strano pensare che nella stessa stanza,
tranquillamente e senza preannunciare scontri o roba del genere,
stavano due
persone che nell’Epoca Sengoku si sarebbero già
scannati se non addirittura
uccisi a vicenda.
Senza
volgere lo sguardo verso l’amica Ayame, le chiese
“Tu sai chi è quell’uomo che
è travestito da babbuino?”.
La demone
lupo annuì, per poi osservare anche lei la figura della
persona di cui stavano
discutendo “Si chiama Naraku ed è il sacerdote di
Inu No Taisho. Non è però veramente
fedele né al faraone né alla famiglia reale, dato
che cerca in tutti i modi di
abbindolare le decisioni del demone cane per i suoi scopi personali. E
non è
tutto, a quanto pare è da molto tempo che progetta un
omicidio per poter salire
al trono… però quella dell’omicidio
è solo una voce che gira, non si sa se le
cose stiano davvero così perché non si crede che
un uomo del genere si faccia
scappare un segreto così sconvolgente. Comunque, nonostante
ciò, rimango
dell’idea che di lui non si ci possa fidare”.
“Ci
hai mai
avuto a che fare? Intendo in prima persona. Per dire una cosa del
genere…”
“Veramente
mai, ma non mi piace. Meglio stare lontani sia da
lui che dai Kekher…” le rispose semplicemente
Ayame, con aria di chi la sa
lunga.
“Che,
perdona la mia ignoranza, sarebbero…?” Kagome si
sentiva imbarazzata nel fare tutte quelle domande all’amica.
Si sentiva come
una bambina che per la prima volta si trovava in un luogo del genere e
faceva
domande alla propria madre.
La demone le
sorrise per poi risponderle: “E’ un gruppo di
consiglieri, formato dalle emanazioni di Naraku”.
Le sorprese per
la ragazza venuta dall’epoca feudale non
erano ancora terminate; quindi a corte vi erano anche Hakudoshi, Kanna,
Kagura
e tutte le altre emanazioni che avevano sconfitto quando, insieme ad
Inuyasha e
agli altri compagni di quel tempo, viaggiavano in cerca dei frammenti
della
Sfera dei Quattro Spiriti.
Al ricordo del
tanto amato gruppo, si voltò verso Inuyasha e
Miroku che erano seduto l’uno vicino all’altro e
che erano intenti a
chiacchierare in attesa dell’inizio della discussione tanto
attesa, quanto
sconosciuta.
“Grazie
a tutti per essere venuti” il faraone richiamò
l’attenzione di tutti, alzandosi dal trono e avvicinandosi
verso il gruppo di
persone che si trovavano dentro la sala.
“Volevo
riferirvi che a breve, verrà celebrato qui, nelle
terre dell’Alto Egitto, l’arrivo e il matrimonio
del mio primogenito figlio… il
principe Sesshomaru, ormai prossimo a diventare faraone -subito dopo il
matrimonio- delle terre del Basso Egitto!”.
Dopo
l’annuncio di Inu No Taisho, si levò nella sala un
coro
di congratulazioni, applausi, fischi e chi ne ha più ne
metta. Il faraone
invece si voltò verso il figlio mezzo-demone,
così come Kagome. Come aveva
immaginato la ragazza, i rapporti tra i due fratellastri non dovevano
essere
diversi da quelli dell’epoca feudale, se non addirittura
più infernali. Lo capì
dal comportamento di Inuyasha, mutato dopo aver sentito pronunziare il
nome di
Sesshomaru: si era irrigidito contro la sedia su cui si era seduto,
aveva il
viso contratto in un’espressione terrificante, gli occhi
colmi di rabbia e
furia e le mani strette, su cui si era provocato delle ferite quando le
aveva conficcate
con forza fino a fare penetrare nella carne del palmo gli artigli
affilati come
rasoi. Il padre ne parve dispiaciuto, non avrebbe senz’altro
voluto innescare
una reazione del genere da parte dell’hanyou.
Quest’ultimo
si alzò improvvisamente, facendo
impercettibilmente cadere al suolo il braccialetto della sua schiava
che aveva
debolmente legato al polso. Poi, forse non riuscendo più a
trattenere la
rabbia, corse fuori dalla stanza verso chissà dove. Miroku,
preoccupato per
l’amico, si chinò in segno di rispetto davanti al
faraone e, dopo un cenno di
assenso da parte sua, uscì anche lui per raggiungerlo.
Nel frattempo
Kagome, che non si era minimamente accorta del
braccialetto che ora giaceva a terra, uscì
dall’appostamento per raggiungerli,
scusandosi con Ayame per averla lasciata ora sola.
Dentro la sala
ancora si discuteva della bella notizia.
“Chi
è la fortunata del principe Sesshomaru?”
domandò
qualcuno del gruppo dei consiglieri, curioso.
“E’
una ragazzina” rispose un po’ imbarazzato il
faraone.
“Una
ragazzina? Che età ha?” domandò
scettico un altro uomo.
“A
quanto ne sono a conoscenza, circa 11 anni…!”
Nella stanza
calò improvvisamente il silenzio. Tutti
pensavano quale follia stesse approvando Inu No Taisho.
“Con
tutto il rispetto sire, ma è inaudita una cosa del
genere! Un principe sposarsi con una bambina…”
“Io
sono del parere che l’amore non ha età e se mio
figlio ritiene
di essersi innamorato, di essere ricambiato e di voler sposare una
ragazzina…
allora la sposerà! Ha tutto il mio appoggio!”.
Anche se non
proprio convinti del tutto, nessuno formulo più
domande riguardo l’argomento e si continuò a
festeggiare per la grande notizia.
Nel mentre
Naraku, che fino a quel momento era rimasto
impassibile, si avvicinò al posto dove poco prima vi era
seduto il principe
Inuyasha e il suo amico Miroku.
L’uomo
dai profondi occhi rossi notò il braccialetto, lo
afferrò e lo portò con sé.
Inuyasha era
diventato indomabile. Per la furia, spaccava e
distruggeva qualunque oggetto avesse a portata di mano. A Miroku venne
il
dubbio che il suo amico stesse per trasformarsi in demone.
Continuava
imperterrito, mentre la rabbia non accennava a
diminuire. L’amico tentò di calmarlo e di farlo
ragionare ma non ci riuscì.
Poi, dopo aver detto la seguente frase, la sua furia parve bloccarsi e
con sé
anche la sua opera di distruzione: “Inuyasha, fare
così non risolverebbe nulla.
Cerca di calmarti ora e di rassegnarti all’idea che lo dovrai
incontrare di
nuovo”.
“I-io
non voglio!” gli urlò contro il mezzo-demone.
Poco dopo
entrò nella stanza anche la ragazza, che aveva
assistito a tutto e che era a conoscenza della causa del comportamento
del
principe ma che non doveva far notare, altrimenti avrebbero scoperto
cosa fino
a poco prima aveva fatto insieme ad Ayame.
“Inuyasha!”
lo chiamò “Che cosa è
successo?” gli domandò,
ignorando a come si era ridotta la stanza, ormai piena di legna e di
oggetti
frantumati.
Miroku si
illuminò alla vista della ragazza. Forse lei
sarebbe riuscita a farlo calmare.
“Kagome…”
sussurrò flebilmente l’hanyou il nome della sua
schiava.
Lei gli si
avvicinò e, fingendo di aver notato solo ora le
ferite che aveva sul palmo delle mani, gliele afferrò
domandandogli “Che cosa
ti sei fatto alle mani?”.
La rabbia
svanì improvvisamente dal volto del giovane per poi
assumere un’espressione scocciata.
“Bah,
non è niente. Che cosa vuoi che mi sia fatto? Sono solo
dei graffietti!” cercava di apparire forte mentre ignorava il
bruciore delle
ferite.
Miroku trattenne
a stento una risata. Il cambiamento del
comportamento dell’amico era avvenuto nel giro di pochissimo
tempo grazie alla
ragazza che ora gli era di fronte.
“Kagome
ha davvero un grande effetto su di lui… menomale!”
pensò il giovane.
“Saranno
solo dei graffietti, ma qui stai continuando a
sanguinare!” ribatté la giovane.
Approfittando della distrazione
dei due, Miroku se ne sgattaiolò via per poi andare verso la
sua stanza. Chissà
cosa stava facendo Sango e se era ancora arrabbiata con lui!
Kagome
afferrò un vaso colmo di acqua, vi immerse un panno e
iniziò a medicare i tagli del giovane.
Quest’ultimo si tratteneva dal
lamentarsi, non voleva apparire per uno che si faceva mettere K.O. da
degli
stupidi graffietti che si era procurato da solo.
“Grazie…”
si limitò a dire il mezzo-demone, spezzando il
silenzio imbarazzante che si era creato fra di loro. La ragazza si
limitò a
sorridergli affettuosamente.
Non gli chiese
niente riguardo il suo stato d’animo e su cosa
era successo poco prima. Non ne era il momento, il suo principe era
rimasto
senz’altro scosso ed era inopportuno riaprire il discorso
proprio ora che si
era calmato.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 11:
Quel
‘grazie’ detto così timidamente dal
mezzo-demone fece addolcire la giovane
Kagome, la quale gli rispose con un sincero sorriso.
Inuyasha,
adesso leggermente imbarazzato, si voltò di scatto per
evitare di incontrare
quegli occhi nocciola così dolci e brillanti che lo stavano
incantando, finendo
per staccare le mani dalle sue.
La ragazza
lo guardò confusa, chiedendosi il motivo di quel gesto.
Il principe
tagliò corto con un secco “lascia stare”.
Kagome gli
afferrò
nuovamente le mani affusolate e artigliate, guardandolo intensamente.
“Non
ho
finito di medicarti, stupido” gli disse.
“Stupido
a
me?!”
“Si.
Sembri
uno stupido” confessò ironicamente la ragazza.
Inuyasha,
approfittando del contatto fra le loro mani, la tirò verso
di se facendola
cadere fra le sue braccia.
Kagome
arrossì inconsapevolmente mentre lo guardava, incerta.
Lì,
fra le
calde e forti braccia nude dell’hanyou, si sentiva protetta e
al sicuro.
Si sentiva
bene. Tremendamente bene e non sapeva spiegarsi il motivo.
Più
lo
guardava e più se ne accorgeva.
Approfittando
della sua posizione lo osservò. I lunghi capelli argentei
gli ricadevano oltre
le spalle, solleticandogli le guance, gli occhi ambrati, che erano in
grado di
far sciogliere qualsiasi cosa con la loro dolcezza, adesso li
osservavano con
un’aria birichina, quasi provocatoria e le rosee labbra,
sottili e leggermente
carnose, che erano in quel momento piegate in un sorriso.
Lo
trovava…
bello.
Ma solo un
po’.
Inuyasha gli
si avvicinò, portando le labbra a livello
dell’orecchio destro, per poi
sussurrarle: “Quando non parli e ti limiti ad arrossire sei
assurdamente
carina, lo sai?”. Subito dopo si chinò verso il
collo della ragazza e lo leccò
leggermente, con la lingua rude, per poi lasciargli un bacio umido che
fece
sussultare la ragazza per la sorpresa. La strinse maggiormente, per poi
lasciarla andare in poco tempo.
Kagome si
ritrovò a terra, confusa e disorientata da quello che era
successo così
velocemente.
Arrossì
ancora di più al pensiero di essere stata baciata in quel
modo dal suo
‘padrone’.
‘M-ma
cosa…? Si
limitò a pensare fra sé mentre fissava il
giovane che sembrava avere un’aria trionfante.
Miroku stava
per entrare nella sua stanza, era proprio dietro la porta ma si
dimostrava un po’
incerto.
Sperava
intensamente di trovare Sango di buon umore o si sarebbe ben presto
ritrovato
una nuova impronta rossa sulla guancia.
Ormai deciso
nel proprio intento, la aprì e vi entrò.
La stanza
era caratterizzata da un vago disordine, che non aveva creato lui e che
non
c’era prima che se ne andasse in riunione.
Si
avviò
verso il letto quando intravide la parte inferiore di una ragazza,
certamente
di Sango, che era sicuramente distesa.
Che stesse
dormendo?
Immaginò
la
scena: la sua bellissima Sango che dormiva, che non poteva picchiarlo
come
faceva di solito se osava fare qualcosa di troppo…
Gli venne la
bava alla bocca.
Poi era
quasi sera… nessuno lo avrebbe disturbato a
quell’orario.
Si
avvicinò
ancora di più, dopo essersi imposto di darsi un contegno, e
quello che vide lo
scosse.
Sango aveva
gli occhi dilatati e luminosi, un vago rossore nelle guance.
Appena lo
vide la ragazza si alzò, e solo dopo il guerriero
notò che stranamente
barcollava, come a non sapersi reggere sulle gambe.
Che
fosse…? No impossibile.
La giovane
non sembrava una che si faceva prendere dall’alcool.
“Sanguccia…?”
la chiamò con un tono di voce appena udibile.
“M-miroku-
kun! Piccolo maniaco!” lo riconobbe la ragazza, seppur
ubriaca.
L’interpellato
sorrise, la sua schiava non finiva di chiamarlo in quel modo nemmeno da
ubriaca.
Volse lo
sguardo verso la bottiglia di liquido colpevole e non poté
fare a meno di
notare che era completamente vuota.
Ma che gli
era saltato in mente alla ragazza?
“Sango
tu
sei ubriaca!”
“Ma
cosa
stai dicendo, scemotto?! Io sto meglio di te!” lo
rassicurò la ragazza.
Niente, in
queste condizioni non l’avrebbe certo fatta ragionare. La
afferrò per un polso
e la trascinò fuori dalla stanza, verso quella di Kagome,
pensando che fosse la
miglior cosa che potesse fare per la ragazza.
“Sei
solo un
brutto pervertito!” urlò Kagome, rossa per la
vergogna.
Era sicura
che Inuyasha avesse solo approfittato della situazione.
“Se io
sono
pervertito tu sei solo una stupida, senza cervello e
testarda ragazzina!”
“Ma
come ti
permetti?” la ragazza non ci vedeva più dalla
rabbia. “Io ti ammazzo!”
“Provaci
dai! Io sono qui!” la provocò lui.
Quando la
giovane iniziò a marciare minacciosamente verso il
mezzo-demone, la porta della
stanza si aprì facendo un gran baccano.
“DivinaKagome,
la prego mi aiuti!” la supplicò il giovane dagli
occhi color cobalto, appena
entrato.
Kagome volse
la sua attenzione verso Miroku e lo guardò incuriosita, non
riuscendo a
cogliere il problema dell’altro.
“Cosa
succede?” gli chiese.
“Beh…
c’è un
problema che riguarda Sango…” le disse il ragazzo,
trascinando la sua schiava
verso l’amica.
Portò
la
ragazza di fronte all’altra, per poi confessare
“Sango si è ubriacata!”
Kagome
sussultò per la sorpresa.
Impossibile!
Sango, o almeno quella dell’epoca feudale che conosceva da
tanto tempo- ma
anche quella di quest’epoca che aveva avuto modo di conoscere
bene- non era una
ragazza che si lasciava trasportare in queste cose!
All’alcool
soprattutto! Cosa le era successo?
Non sapeva
spiegarselo.
“Quando
è
successo?” gli chiese.
“Mentre
ero
in riunione. Sono rientrato in stanza poco tempo fa e l’ho
trovata in questo
stato, sdraiata sul letto e con una bottiglia vuota che si era
già scolata” le
spiegò Miroku.
“Bene.
Inuyasha, tu per stanotte dormirai nella stanza di Miroku. Sango invece
dormirà
qui con me” stabilì la giovane ragazza dai capelli
color ebano.
“Cosa?
Te lo
scordi! Questa è la mia stanza ed io non mi muovo da
qui!” protestò il
mezzo-demone.
“Suvvia
Inuyasha, non fare il capriccioso!” cercò di
convincerlo l’amico, avvicinandosi
e mettendogli una mano sopra la spalla.
“Ci
divertiremo insieme!” continuò Miroku, cercando di
dare una visione tutt’altro
che noiosa al principe.
“L’ho
già
detto e lo ripeto: io non mi muovo dalla mia stanza! Mi va bene che
Sango
rimani qui per la notte, non ho nulla contro di lei anzi vorrei esserle
utile a
quella povera ragazza che è rimasta vittima di Miroku, ma io
rimango qui!”
“M-ma
cosa!?
Non puoi lasciarmi solo Inuyasha, sono pur sempre il tuo miglior amico!
E poi
non è giusto, io solo mentre tu sei nella stessa stanza con
due bellissime
ragazze!” si lamentò il ragazzo, incrociando le
braccia al petto e arricciando
il labbro inferiore.
Sembrava un
bambino quando faceva così.
“Io
non
avevo completamente pensato a quell’eventualità e
poi non mi interessa, fai un
piccolo sforzo per una sera. Non sei più un bambino, puoi
dormire benissimo
anche senza la mia compagnia” gli disse l’hanyou.
“Va
bene,
faremo come dice Inuyasha. Miroku, fallo per Sango, per
favore!” lo supplicò
Kagome.
“Va
bene, lo
faccio solo per il bene di Sango e perché me lo chiedete
voi, DivinaKagome!”.
Dopo aver
cenato abbondantemente tutti quanti, ognuno risalì nelle
proprie stanze.
Kagome non
perse tempo e si infilò in bagno insieme alla sua amica,
cambiandosi per la
notte e cambiando anche l’altra dato la sua temporanea
impossibilità di farlo.
Uscì
dal
bagno e si infilò nel suo letto insieme all’amica,
che sembrava contraria
nell’andare a dormire così presto.
Poi
finì per
non opporre più resistenza e tentò di
addormentarsi.
Kagome al
contrario di lei, cedette subito alla stanchezza.
La mattina
dopo la ragazza venne svegliata dai timidi e caldi raggi del sole che
iniziarono a fare capolinea nella stanza, colpendola in viso.
Si
stropicciò gli occhi con fare bambinesco e lì
aprì, il colore cioccolato che
incontrava la luce del mattino.
Ma quello
che si ritrovò a vedere le fece perdere un battito.
Inuyasha era
lì, nel suo stesso letto, e dormiva appoggiato sul suo petto
tranquillamente.
Sembrava un
cucciolo appena venuto al mondo e bisognoso di affetto: aveva le
orecchie
canine e soffici abbandonate contro i lunghi capelli color della luna
che erano
sparsi per il cuscino, gli occhi ambrati socchiusi e le labbra
leggermente
piene e rosee socchiuse.
Poi,
accorgendosi di quello che aveva pensato, urlò per la
sorpresa.
MA QUALE
CUCCIOLO! QUEL MANIACO NE AVEVA APPROFITTATO!
Inuyasha
sembrò svegliarsi lentamente, con insolita calma.
“Umh,
Kagome… perché urli?” le chiese con la
voce ancora impastata dal sonno.
“Pervertito
come sei finito qui?! E dov’è Sango?!”
continuò a strillare la ragazza.
“Sango
ieri
sera è finita sul mio letto e allora io ho deciso di venire
qui” le spiegò
brevemente l’hanyou, stringendosi di più a lei.
“Mollami
brutto stupido!”
“Ehi,
stupido a chi?! Ora mi hai fatto innervosire!”
iniziò ad urlare anche Inuyasha.
Si
iniziarono ad azzuffare nel letto, mentre una Sango sveglia e tornata
sobria li
guardava confusa.
‘La
giornata
si preannuncia lunga’ pensò la ragazza.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 12:
Sango si
scusò con l’amica per aver creato disturbo a causa
della sciocca azione di ieri
sera.
Non si era
nemmeno resa conto di aver bevuto così tanto, anche
perché lei aveva sempre
odiato l’alcool.
“Non
ti preoccupare
Sango, non è successo nulla di grave! Anzi, mi scuso anche a
nome di Inuyasha
per averti svegliato a causa del nostro battibecco”.
“Non
devi
scusarti Kagome, sul serio. Adesso vado da Miroku, devo ringraziare
anche lui
per avermi aiutato. Ci vediamo più tardi!”
La ragazza
dai capelli color ebano, dopo aver ricambiato il saluto
dell’amica, si avviò
verso il suo letto dove ancora vi era comodamente disteso il suo
padrone.
“Ma ti
rendi
conto che a causa del tuo comportamento isterico hai svegliato Sango?
Proprio
lei che aveva bisogno di riposare!” lo rimproverò
Kagome.
“Se tu
non
mi avessi insultato non sarebbe successo! Lo sai che io alle
provocazioni
rispondo!” gli disse il mezzo-demone puntandole un dito
contro.
La ragazza
non poté che essere ulteriormente infastidita da quello
sciocco principe, ma
decise di abbandonare la discussione e di sedersi sul bordo del letto.
“Senti,
adesso come sta la tua mano?”.
“E’
guarita
completamente” gli rispose l’hanyou, mettendosi a
sedere come Kagome.
“Sul
serio?
Così presto?” domandò un po’
incredula la ragazza.
“Si.
Ai
mezzo-demoni, come d’altronde ai demoni, le ferite
rimarginano prima di voi
esseri umani” le spiegò.
“Potrei
constatarlo con i miei stessi occhi?” gli chiese,
accompagnando il tutto con un
sorriso dolce.
Il principe,
non essendo abituato ad essere trattato in quel modo così
dolce, arrossì per
poi offrirgli timidamente la mano artigliata.
Kagome la
afferrò delicatamente e non poté non notare
quanto fosse grande e calda a
confronto alle sue mani piccole e pallide. Così sovrappose i
loro palmi e li
osservò.
Inuyasha,
intenerito dal gesto della giovane ragazza, decise di non fare niente
di
stupido per rovinare quel momento.
La serva nel
frattempo continuava ad osservare dettagliatamente il tutto: passava
dagli
artigli affilati da mezzo demone per poi scendere verso le dita,
affusolate e
sottili. Dal dorso della mano scese verso il polso…
Aspetta…
…
cosa?!
Perché
sul
polso non c’era il braccialetto che le aveva sottratto tempo
prima?!
Diede una
rapida occhiata anche all’altro polso, presa ormai dal
panico, ma anche quello
era inspiegabilmente vuoto, privo di qualunque gioiello.
“Inuyasha…
dove è finito il MIO braccialetto?” la ragazza
tentò di rimanere calma, per
quanto gli fosse possibile.
“Eh?
Di che
stai parlando?” domandò lui, confuso dallo
repentino sbalzo d’umore della
ningen.
“Del
braccialetto che mi hai sottratto e che avresti dovuto tenerlo fino a
che non
avresti deciso di restituirmelo!” a quel punto non
poté non trattenere un urlo.
“Ah,
quel
braccialetto! … perché non lo porto al polso?
Forse l’avrò perso” disse con
noncuranza, facendo anche spallucce.
“Lo
hai
perso? MA DICO TI SEI RINCRETINITO?” urlò ancora.
A quel punto
Inuyasha la guardò sconvolto.
“Io ho
bisogno di quel braccialetto” continuò poi
“Ne va della mia stessa vita! Adesso
tu mi aiuterai a cercarlo, chiaro?!” gli ordinò,
gli occhi color nocciola
avevano preso un’inspiegabile sfumatura rossastra. Sembrava
avesse gli occhi di
un demone inferocito.
Il
mezzo-demone, a quel punto terrorizzato, non poté che
annuire.
Kagome
quando ci si metteva faceva proprio una gran paura!
…
eppure non
riusciva proprio a capirla!
Prima faceva
tutta la dolce e poi gli urlava contro, arrivando persino a minacciarlo.
“Le
donne
non le capirò mai” pensò, annuendo fra
sé e sé.
“Che
stai
facendo ancora lì seduto?! Muoviti o…”
“Arrivo
mia
signora!” gli disse, alzandosi immediatamente.
…
Sì,
Kagome
faceva proprio paura!
Ad Ayame,
nel frattempo gli era stato nuovamente assegnato il compito di portar
da
mangiare agli schiavi che stavano provvedendo alla costruzione delle
piramidi.
La demone
era felicissima, avrebbe potuto rincontrare il suo amico Koga!
Scese a
valle, constatando che Kaede era già arrivata e che aveva
preparato tutto il
necessario.
Ayame volse
la propria attenzione a tutti gli uomini che si stavano avvicinando a
loro e
solo allora intravide un demone lupo. Era proprio Koga.
Prese un
po’
di cibo e si avviò verso di lui.
Appena la
vide, il demone le sorrise e si avvicinò a lei.
La
salutò e
la ringraziò per il gentile gesto.
Dopo aver
finito di pranzare, i due iniziarono a parlare ininterrottamente,
approfittando
della pausa che avevano concesso ai lavoratori come ricompensa del loro
ottimo
lavoro.
“Lo
sai che
si terrà fra poco un ballo in onore dell’arrivo e
del matrimonio del principe
Sesshomaru?”
“A
dire il
vero no” confessò Koga.
“Beh,
stavo
pensando… visto che sono tutti invitati, compreso i
lavoratori, ti piacerebbe
venirci insieme a me?” a quel punto Ayame si
imbarazzò non poco, lei non era il
tipo da queste cose.
Però
aveva
preso il demone in simpatia e trovava piacevole trascorrere il tempo in
sua
compagnia.
“Mi
piacerebbe molto, Ayame” affermò il demone lupo,
sorridendole.
A quel punto
la demone arrossì.
“Solo…
non
ti aspettare molta eleganza. E puoi ben capire a cosa mi
riferisco” gli disse
Koga.
“La
stessa
cosa vale anche per me!”
I due
scoppiarono a ridere.
Koga era
contento di passare le proprie pause insieme ad Ayame.
Lo faceva
sentire tranquillo e gli faceva dimenticare tutto il lavoro che lo
avrebbe
aspettato durante la giornata, cosa che avrebbe dovuto solo farlo
deprimere
visto che ancora le piramidi non erano state costruite del tutto.
Lui non era
destinato alla schiavitù, al lavoro per gli egiziani. Lui
aveva guidato delle
resistenze, insieme ai suoi amici, perché non approvava
proprio questo tipo di
cose.
Queste cose
in cui lui si era imbattuto.
Non si
sarebbe rassegnato così facilmente il demone, non avrebbe
rinunciato a
combattere, non era da lui.
Aveva
promesso di non arrendersi, per rendere quel luogo un posto
più sereno per
tutti, senza schiavi o lavori forzati, senza prigionieri e senza
spargimenti di
sangue, senza villaggi che venivano crudelmente rasi al suolo.
Un luogo
dove vivere in pace.
Avrebbe solo
dovuto trovare i suoi amici, liberarli e fuggire insieme a loro, per
riprendere
la loro missione e raggiungere l’obiettivo che si erano
prefissati.
Ma adesso
non ne aveva la possibilità, controllato com’era
dalle guardie del faraone.
Quei dannati
sciacalli con fruste infernali, che avevano mandato al tappeto migliaia
di
uomini stanchi, malati, che non ne potevano più di quella
vita dedicata solo al
sudore per uno stupido demone cane che regnava e che non gliene
importava
niente di loro. Lo dimostrava il fatto che non si era mai fatto vivo.
Ma almeno per un
po’ di tempo, al forte e
battagliero Koga, gli sarebbe bastato la compagnia della sua nuova
amica.
E anche
uccidere primo o poi quelle maledette guardie che avevano appena
colpito un suo
conoscente.
Dopotutto
anche quell’idea non era poi così male.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 13:
Un
ringraziamento particolare a ‘MoonPrincess’
per avermi sottratto dai
doveri che mi attendono ancora ora, e portato nel meraviglioso mondo
delle
parole e delle fan fiction che da un periodo a questa parte ho dovuto
trascurare e a ‘Marti Chan’ che ancora continua a
pazientare seguito dopo
seguito della storia. Spero di non essermi arrugginita nel mio lungo
periodo di
assenza. Vi auguro un buon proseguimento, sperando che il capitolo vi
sia
gradito.
Dopo
un’intera giornata caratterizzata dal continuo susseguirsi di
corse dalla punta
fino ai sotterranei del palazzo reale insieme alla sua ancella Kagome,
Inuyasha
si sentiva a pezzi.
Nella sua
vita lussuosa e benestante da principe quale era non si era mai
stancato così
tanto.
E stancato
cosa per poi?
Quel
‘toccata e fuggi’ in ogni singola stanza
– anzi, in ogni singolo centimetro di
spazio possibile e immaginabile – seguita anche dalle
continue urla di
rimprovero di Kagome per cosa?
Per uno
stupido gioiello che per la ragazza aveva chissà quale
assurda importanza?
Ebbene sì, indovinato.
E mentre
continuava a correre si chiedeva ancora il motivo per il quale non
avesse
rifiutato.
Se lo
chiedeva ancora, e si rispondeva con la scusa che non avrebbe mai e poi
mai
rifiutato qualcosa chiesta da una Kagome in piena crisi isterica. No,
non
avrebbe potuto farlo nemmeno volendolo.
Comunque in
cuor suo, sapeva che non era così. Sapeva che non era quello
il vero motivo.
Si sentiva
un po’ in colpa per quanto successo.
Insomma,
aveva preso con la forza, tenuto e poi perso un oggetto che non era
suo. Che
era di Kagome.
Quei pochi
–
anche se pochi però
c’erano! – sensi
di colpa che sentiva se li meritava dal primo all’ultimo.
Però
nonostante tutto era davvero sfinito, così iniziò
a rallentare il passo fino a
camminare.
Non poteva
crederci, adesso aveva anche il fiato corto!
Kagome, che
pochi attimi dopo si era accorta di non avere più il mezzo
demone al suo
fianco,si voltò continuando a strepitare.
Inuyasha
raccolse quella poca calma e lucidità che ancora possedeva
per poi dirle
“Kagome, io direi di fermarci. Se non lo abbiamo trovato dopo
un intero
pomeriggio significherà pur qualcosa. Magari è
ancora nella nostra stanza e non
ce ne siamo accorti”.
La ragazza
accantonò per il momento l’emozione che era
scaturita dall’aver sentito la
parola “nostra stanza”
e non “mia stanza”
per continuare a insistere.
Il principe
a quel punto non ce la fece: la afferrò – seppur
con delicatezza – e iniziò a
trascinarla verso la calda camera che avevano abbandonato ore fa a
causa del
piccolo imprevisto.
Poi
cercò di
farla ragionare: “Senti
Kagome, è da un
intero pomeriggio che cerchiamo senza sosta quel braccialetto. Ormai il
sole
sta tramontando, quindi finiamola qui. Lo continueremo a cercare in un
secondo
momento, quando ci saremo anche riposati”.
“Non
mi
importa di riposare! Io ho bisogno di quel braccialetto, ne va della
mia stessa
vita!”
Il mezzo
demone non riusciva a capirla.
“Mi
spieghi
perché è così importante per
te?”
La ragazza
chinò il capo e gli rispose “Mi dispiace, non
posso”.
Inuyasha
annuì, ma ne rimase comunque un po’ offeso.
Credeva che
tra lui e Kagome ci fosse un rapporto speciale, diverso da quello che
aveva
avuto con le sue serve precedenti, e invece adesso era costretto a
ricredersi.
Lei infatti aveva preferito non parlarne.
Il loro
quindi era un normale rapporto tra un principe e una semplice ancella?
No, si
rifiutava di pensarlo.
Chissà,
magari aveva ancora bisogno di tempo per fidarsi di lui.
Infondo era
proprio colpa sua se Kagome era costretta a vivere nel palazzo e a
servirlo;
che cosa poteva pretendere?
“Qualunque
sia il motivo, direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza”
il mezzo demone
mollò la presa “Su, torniamo indietro”.
La ragazza
dai capelli color ebano rimase immobile, lo sguardo fisso in basso e i
pugni
stretti lungo i fianchi. Non gli rispondeva, sembrava non fare
più caso alla
sua presenza.
Inuyasha la
costrinse a guardarlo, sollevandogli piano il mento con sue dita stando
attento
a non graffiarla e solo allora si accorse dello stato in cui era Kagome.
Aveva gli
occhi lucidi e le labbra piegate in una smorfia di imbarazzo.
Sicuramente
perché l’aveva scoperta in un momento di
fragilità.
All’hanyou
il cuore saltò un battito a vederla in quello stato.
“T-ti
prego,
non piangere!”
“Scusami,
adesso smetto…” lo disse con una vocina tale da
riuscire ad intenerire perfino
il mezzo demone.
Poi la
ragazza si strofinò con il dorso della mano per asciugare le
prime lacrime che
stavano per scendere. Ma non riusciva a smettere di piangere. Pensava
che non
sarebbe più riuscita a tornare a casa e questo le provocava
delle fitte al
petto.
La uccideva
dentro.
“Mi
dispiace, non ci riesco” e le uscì un singhiozzo
mal celato.
Inuyasha
iniziò ad accarezzarle i capelli per rassicurarla, con fare
affettuoso e
rassicurante.
Kagome
rimase stupida del gesto così come lui stesso.
Da dove
veniva tutta quella dolcezza?
Dov’era
finito il principe arrogante, presuntuoso, vanitoso e viziato che era?
“Stupida,
non devi scusarti di niente. Prenditi tutto il tempo che vuoi: io sono
qui,
insieme a te”.
Qualcosa
dentro la ragazza scattò, portandola ad abbracciarlo di
slancio.
L’hanyou
non
si aspettava una simile reazione, per questo dapprima rimase immobile.
Poi
ricambiò
l’abbraccio, stringendola maggiormente a sé,
continuando anche ad accarezzarle
i capelli color ebano.
Kagome smise
di piangere, adesso non pensava più al suo futuro,
né all’Epoca Sengoku o
altro.
No,
né ad
altro che non riguardasse Inuyasha.
Il suo corpo
che adesso era a stretto contatto con il proprio, il suo odore, il
calore che
emanava… erano meravigliosi, lui
era
meraviglioso – anche se non lo avrebbe mai ammesso a nessuno
all’infuori di lei.
Lui era
troppo…
…
troppo da
riuscire ad avere.
Poi tutto
accadde velocemente.
Si
sentì
provenire da lontano un urlo, un urlo di una voce familiare.
Shippo, cavalcando il suo nobile destriero
Kirara correva velocemente (quasi come un razzo, da non crederci!)
verso di
loro urlando a squarciagola.
Inuyasha
iniziò a sbiancare, per poi diventare
l’incarnazione del nervosismo.
Era ancora
Shippo!
Sempre quel cucciolo che doveva stargli sulle scatole!
E adesso
aveva interrotto anche quel bellissimo momento con Kagome.
Gliel’avrebbe
fatta pagare cara, molto cara, su questo ci avrebbe scommesso anche il
suo
titolo da principe!
Kagome,
forse non volevo far assistere la loro scena al cucciolo di volpe,
sciolse l’abbraccio
e si allontanò un po’ da Inuyasha imbarazzata.
Probabilmente
però li aveva già visti…
Il
bambino, ormai con Kirara chiaramente
vicini ai due, ordinò alla federe amica di fermarsi.
L’animale
fece per frenare, portando una delle zampine anteriori verso
l’alto ma, a causa
del terreno scivoloso, non ci riuscì e lei così
come il cuccioletto che gli
stava in groppa finirono per schiantarsi sui due ragazzi.
Un boato
atroce si sparse come un eco per tutto il piano del palazzo.
Qualcuno si
era sicuramente rotto qualcosa.
Fatto sta
che Inuyasha da quel momento fino alla fine della giornata divenne una
bestia,
nel vero senso della parola.
Difatti
Kagome si chiese come mai non si fosse trasformato in demone.
…
Quella sera,
la porta della stanza di Shippo venne casualmente
chiusa a chiave, se non addirittura bloccata anche
dall’esterno…
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 14:
Era
pomeriggio inoltrato.
Il bagliore
suggestivo del tramonto donava un po’ di serenità
nel luogo dove tutti quegli
schiavi stavano ancora lavorando alla progettazione delle piramidi, ed
esattamente ad una in particolare.
Il faraone
Inu No Taisho infatti, qualche giorno prima, aveva sentito la
necessità di
farne costruire una nuova, più grande e possente delle
altre, per augurare l’imminente
arrivo dell’anno nuovo.
Che poi non
era così imminente, eh! Secondo i calcoli di Koga
– doveva tenere a mente i
giorni che passavano, altrimenti avrebbe completamente perso il conto
del tempo–
mancavano ancora cinque mesi! Insomma, per lui erano tutte cavolate.
Il demone
lupo, madido di sudore, si asciugò con il dorso della mano
la fronte lucida e
volse lo sguardo verso il tramonto.
Era
veramente bellissimo. ‘Nessuno può rimanerne
indifferente’ pensava.
Eppure tutti
quegli uomini erano lì, inconsapevoli dello spettacolo che
stava avvenendo
dietro le loro schiene piene di ferite. Troppo intenti a lavorare per
accorgersene.
Fango,
sabbia, acqua…
E ancora fango,
sabbia, acqua.
Pestare
fango, mescolarlo con sabbia e acqua.
Tirare
l’acqua.
Tirarla, tirarla, ancora, ancora. Più forte!
Raccogliere
la paglia.
Trasporta
per chilometri.
Il suono
della frusta che squarcia l’aria.
Il tonfo di
un corpo caduto -troppo stanco,quante fatiche patite per lungo tempo!-
e le
urla di dolore che riecheggiano nell’aria.
Perché
tutta
quella sofferenza?
Tutta quella
fatica per un sovrano che non vi considera nemmeno!
Quella
civiltà, considerata così splendida da tutti, si
basava solamente su schiavi.
E Koga
digrignava i denti dal ribrezzo, ringhiava e il suo petto strepitava di
frustrazione.
Quella non
era vita. La vita non era solo sofferenza e fatica, quella che si
vedeva negli
occhi di quella gente.
Era anche
amore, gioia, esperienza, lavoro, famiglia…
Perché
non
lottavano per la loro libertà? Si erano forse rassegnati al
loro destino?
Si
avvicinò
alla guardia che aveva frustato quell’anziano signore, ormai
il corpo inanimato
giaceva a terra avvolto nel sangue.
Assassino.
Il demone
lupo gli sputò in faccia, dando il via ad una nuova
ribellione da parte sua.
Solo sua,
perché
la gente non reagiva.
Non si
ostinava più a voler cambiare le cose…
Sapeva che
combattendo
da solo avrebbe perso, che lo avrebbero punito di nuovo.
Di lì
a poco
sarebbero arrivati i rinforzi per quel disgraziato, ne era sicuro.
Ma non
avrebbe mai smesso di lottare, mai.
Per lui e
per quella povera gente.
Non era il
tipo da arrendersi tanto facilmente.
Kagome aveva
passato tutto il pomeriggio con Sango.
I loro gusti
si erano rivelati più simili di quanto non credesse, anche
nel campo vestiario.
Si erano entrambe cambiate d’abito, quello precedente lo
avevano indossato
troppe volte e le aveva stancate.
Era di
finissima seta bianca, di consistenza leggera visto la temperatura fin
troppo
calda di quelle zone, lungo fino alle ginocchia. Velava le spalle in
maniera
particolare, dando alle spalline la forma di una piccola nuvola.
L’abito aderiva
al petto, ma non eccessivamente e aveva una modesta scollatura a V.
Attorno
alla vita, era legata una cintura d’oro piena di pietre di
diversi colori che
rendeva il vestito ancora più particolare.
Anche Sango
indossava
lo stesso vestito, solo il colore delle pietre incastonate nella
cintura
variava.
Kagome
accompagnò l’amica nella sua stanza e
inevitabilmente finì per incontrare
Miroku.
“Oh
Divina
Kagome! Qual buon vento vi porta qui? Sentivate forse la mia mancanza?
Ah, come
siete dolce e pura! Venite qui tra le mie braccia!”
“Miroku,
come al solito vaghi troppo con la fantasia. Ero venuta solo ad
accompagnare
Sango!”
Il rispettabilissimo guerriero
sfoggiò una
delle espressioni più addolorate che riuscisse a fare
“Come siete crudele,
DivinaKagome!”
Sango, che
nel frattempo aveva assistito alla patetica scena, sembrava essere
diventata un
vulcano in eruzione. Esplose urlando contro il pervertito quale era il
suo
padrone “Ma tu non la finisci mai di fare il maniaco? Sei
proprio uno stupido!”
“Perdonami
dolce Sango, non volevo farti arrabbiare. Vieni qui, così
cerco di riparare al
mio errore…”
“Ok,
hai
finito di vivere, brutto deficiente!”
Dopo aver
urlato anche questo, Sango afferrò la prima cosa che le era
venuto a tiro
(ovvero il lussuoso tavolo dalla stanza) e lo sollevò con
fare minaccioso.
“La
tua ora
è giunta! Dì le tue ultime preghiere!”
“No
Sango!
Ti prego! Cerca di ragion-“
“Volete
fare
un po’ di silenzio?! Mi avete svegliato con le vostre urla
indecenti, brutti cretini!”
Quella voce
Kagome
avrebbe potuto riconoscerla tra mille.
Non poteva che
appartenere ad una persona: Inuyasha.
La ragazza
non si sarebbe mai aspettata di trovarlo lì.
Lo aveva
cercato tutta la mattina prima di uscire con Sango, ma con scarsi
risultati.
“Inuyasha!
Che cosa ci fai qui?”
“La
mia
stanza è occupata dalle ancelle. La stanno pulendo da cima a
fondo. Hanno iniziato
di pomeriggio mentre eri fuori con Sango, quindi dovrebbero finire a
breve” gli
spiegò il principe.
Scostò
le
tende del letto con un rapido gesto e si alzò, avvolgendosi
il lenzuolo in
vita.
…Ma
cosa?!
“Inuyasha
ma
tu sei nudo!” urlò una Kagome alquanto
imbarazzata. Sango, dopo aver riposato delicatamente
il tavolo, si voltò dall’altra
parte in segno di rispetto.
“Eh?
Ah si.
Ti crea forse qualche problema?” chiese con una nonchalance
che non si addiceva
propriamente alla situazione.
“CERTO,
STUPIDO! Per quale assurdo motivo sei nudo nella stanza di MIROKU?!”
Kagome parve
riflettere solo dopo alle parole appena dette.
No, Inuyasha
e Miroku… non poteva essere…
Sango, che
sembrava averle letto il pensiero, si voltò a fissarla. Poi
si girò verso il
principe d’Egitto: “Inuyasha, non dirmi che tu e
Miroku… “
“NO!
NO NO
NO! ASSOLUTAMENTE NO! MA CHE VAI A PENSARE?! STAI FORSE SCHERZANDO?! IO
CON LUI
NON POTREI MAI STARCI!” urlò un imbarazzato
Inuyasha.
Miroku
invece, come sempre d’altronde, non aveva fatto una piega.
Anzi, aveva un
sorrisetto decisamente perverso e malizioso sul volto.
“Su
Inuyasha, a loro puoi dirlo della nostra relazione… sono
sicuro che manterranno
il segreto!”
“Ma
che ti
stai inventando, brutto pervertito?! Io e te non abbiamo proprio niente
di
simile, smettila di dire fesserie o ti crederanno sul serio!”
“Oh
come sei
tenero Inuyasha quando sei imbarazzato! Devo forse ricordarti come
godevi oggi
pomeriggio fra le mie braccia? Quando eravamo da soli, sul mio
comodissimo
letto… Devo confessarti una cosa che non ho mai avuto il
coraggio di dirti: il
tuo sedere è una delle cose più eccitanti che
abbia mai visto fino ad ora…”
“SANGO,
RIPRENDI IL TAVOLO! IO PRENDO IL LETTO!”
“Ci
sto!
Insieme non può sfuggirci! Andiamo Inuyasha!”
“DivinaKagome,
la prego, mi aiuti lei!” Miroku cercava disperatamente una
via di fuga. La sua
ultima possibilità di salvezza era riposta in Kagome.
“…
non se ne
parla proprio! Io non mi metto contro un tavolo e un letto per
proteggerti!”
gli rispose la ragazza.
“Siete
veramente insensibile e perfida DivinaKagome!”
“Ah,
la
metti in questo modo? Ehi, aspettatemi, prendo una
spada…!”
“No,
abbiate
pietà! Vi prego!”
“Troppo
tardi Miroku!”
“Inizia
a
dire addio al mio bel sedere che ti piace tanto…!”
“NOOOOOOOOOOOOOOOO!”
Quello che
successe dopo ci è ignoto.
Non era
cambiato nulla.
Lavoravano
ancora, senza sosta.
Quelle
piccole ribellioni non avevano portato a nessun cambiamento.
Solo a
imposizioni più drastiche, a punizioni più severe.
Come
avrebbero potuto cambiare il loro destino?
E quando
sarebbe arrivato il momento propizio per reagire?
E soprattutto:
alla fine avrebbero trionfato loro, oppure avrebbe prevalso nuovamente
il
potere sul diritto?
C’erano
così
tante cose a cui Koga non sapeva dare una risposta.
E questo lo
innervosiva terribilmente, rendendo il suo carattere ancora
più irrequieto.
Continuò
imperterrito a zappare, se non avesse finito il lavoro non avrebbe
potuto
dormire per quel giorno.
Poco tempo
dopo una voce cruda e distaccata giunse alle sue orecchie e a quelle di
tutti
gli schiavi lì intorno.
“Vermi,
ascoltatemi!
Da questo momento siete esentati dal svolgere i vostri lavori fino a
sette
giorni! Rimarrete rinchiusi nelle vostre celle e uscirete solamente per
i pasti
e per qualche ora al pomeriggio. E’ tutto quello che dovete
sapere”.
Immediatamente
scoppiò una confusione terribile: uomini che cadevano al
suolo stremati,
trovando un po’ di riposo e tranquillità nella
sabbia fresca del deserto dopo
la bella notizia, altri che esultavano ed altri ancora che gioivano con
conoscenti, amici, parenti.
Sembrava
davvero un miracolo.
Eppure Koga
non riuscì a gioire come tutti gli altri.
C’era
qualcosa che non quadrava in quella situazione. Per quale motivo
altrimenti il
faraone avrebbe ordinato l’arresto dei lavori di costruzione?
La mente del
giovane demone lupo era affollata da tanti pensieri e domande.
Quella
più
chiara e insistente era: “Che cosa diavolo sta
succedendo?”.
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