Chiedimi cosa voglio

di Lily_Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'illustre sconosciuto. ***
Capitolo 2: *** Geni e genietti ***
Capitolo 3: *** Nascondersi ***
Capitolo 4: *** Lui, lei...e l'altra ***
Capitolo 5: *** Ragazze cattive ***
Capitolo 6: *** Equazioni, fiori e cioccolate ***
Capitolo 7: *** La notizia che tutti attendevano ***
Capitolo 8: *** Vendicarsi ***
Capitolo 9: *** Conseguenze ***
Capitolo 10: *** Dettagli ***
Capitolo 11: *** Dagli occhi di Daniele ***
Capitolo 12: *** Soldati e pin-up ***
Capitolo 13: *** Alcolica ***
Capitolo 14: *** Dagli occhi di Daniele (II) ***
Capitolo 15: *** Quello che voglio ***



Capitolo 1
*** L'illustre sconosciuto. ***


 CAPITOLO I

L’illustre sconosciuto

 

 
 
Ho 17 anni, sei mesi e ventiquattro ore. Frequento la 4° linguistico del liceo Monti, a *****, città dove sono nata. Sono sensibile, schiva e molto studiosa. Non ho una lunga schiera di amici. Con qualche ragazza della mia classe mi trovo bene, ma non riesco a creare rapporti tanto solidi. Con i ragazzi poi, neanche a parlarne.
Non mi fido di loro. Sono rumorosi, insolenti, sciocchi. E poi…non fanno altro che pensare al modo migliore per stare con una ragazza, e con stare non intendo affatto parlarci o trascorrere del tempo insieme. Avete capito cosa intendo.
«Sei proprio una suora!», mi ha detto uno di loro l’anno scorso, uno a cui –errore tremendo!- ho dato il beneficio del dubbio e che ha deciso di approfittare dell’occasione. In quel momento l’ho presa anch’io la mia decisione: nessun uomo che non fosse sensibile, galante e generoso mi avrebbe più avvicinata. Mi sarei limitata a guardarli, ad osservarli, a scrutarli, in attesa di quell’idea di uomo che avevo bene in mente.
 
Beh, la faccenda del guardare-osservare-scrutare è una cosa che accade spesso.
Anche se non mi fido degli uomini, sono innegabilmente attratta da loro. Non posso impedirmi di fissare –talvolta imbambolata- certi ragazzi che, fisicamente parlando, mi stendono gli ormoni fino al knock-out.
Sì, sono una ragazza molto ormonale. Potrei sembrare una pazza psicopatica per via di questo mio fissare, e non ho ancora capito se è solo una mia idea o se è la verità. Forse sono davvero una pazza psicopatica!
- Un caffè d’orzo. – ordino al bar. Mi fermo sempre al bar a bere un caffè prima di andare a scuola, perché la mattina mi alzo troppo presto per fare colazione. E ordino l’orzo. Come le nonne. Mi fa pensare al Natale.
Anche stamattina sono qui, con il mio orzo e il mio libro di storia (oggi compito in classe), solo che stamattina accade qualcosa di diverso. Di punto in bianco, nel bar entra un tizio. Un bel tizio. Un bel ragazzo, oddio!
Arrossisco. E lo fisso come un ebete.
Capelli castani… occhi color cioccolato… alto, bello…
Ops.
Quello si accorge che gli sto facendo una radiografia completa e mi lancia un sorriso di zucchero.
Punto gli occhi sul libro. Al diavolo! È un maledetto esibizionista, come tutti gli altri!
Odio gli esibizionisti. Odio quei ragazzi così, perché quelli ti trattano come un oggetto, come un giocattolo. Ti fanno innamorare e poi… puah!
- E’ libero?
Alzo gli occhi. Gesù, è lui! È qui! Vuole sedersi con me! Questo crede che io gli muoia dietro!
Beh, non ha tutti i torti, è proprio carino… Ma non deve capirlo. Anche se credo che lo sappia già. Da come mi guarda, ha capito tutto. Porca miseria!
- Tutto ok? – mi fa ancora, con un altro sorriso diabetico.
- E’ occupato. - farfuglio. Fisso il libro. Devo essere viola in faccia, suppergiù.
- Attendi il tuo ragazzo? – mi chiede lui.
E a te che te ne frega, coso?
- No, non è possibile. – ride poi.
Gli punto in faccia due occhi al vetriolo. Come si permette? Pensa che non potrei avere un ragazzo? Ok, sto facendo la figura della scema con i miei silenzi e le mie guance viola, ma quante sceme ci sono che hanno un ragazzo, eh? Che problema c’è?
Apro la bocca per rispondergli a tono, ma poi mi blocco. È un esibizionista, un fantoccio, non vale la pena sprecare fiato con lui. Una bella x rossa sopra quest’incontro, e passa tutto.
Punto di nuovo gli occhi sul libro, fingo di leggere e non lo guardo più. Lui resta un po’ imbambolato e poi alza i tacchi, senza salutare.
Ho scalfito il suo orgoglio smisurato, probabilmente. Ci metterà due secondi, il tempo di trovare un’altra ragazza, per portarlo ai livelli di prima. E forse anche più in alto.
 
- Arianna, ciao!
E’ Silvia, la mia compagna di banco. Si siede al tavolino con me, sulla sedia in fianco alla mia.
Alzo gli occhi per vedere dove sia finito il tizio, ma non lo vedo più.
- Che voleva Daniele Ferri da te? – mi fa lei.
- Chi…? – la guardo confusa.
- Daniele Ferri. – ripete lei, con l’aria di chi non può nemmeno concepire che non si conosca per fama un simile nome.
- E chi è?
- Dio, Ari! Quando imparerai ad aprire gli occhi?
Sorrido. Se sapesse quanto li ho aperti, poco fa…
- Daniele Ferri, il ragazzo che stava parlando con te fino a due secondi fa.. – mi spiega- E’ il più.. il meglio.. oh, non si può spiegare! Ma dove vivi, che non sai chi sia?
- Veramente io…
- Non negare di avergli parlato! Vi ho visti mentre entravo!
- Sssì, è venuto un tipo qui, prima. – spiego con calma. – Ma è andato via subito.
- Cosa voleva? – mi fa Silvia. Mi sta divorando con gli occhi.
- Boh, forse bere il caffè seduto. – spiego, notando che tutti gli altri tavolini sono occupati. Può funzionare come balla? Mi crederà?
- Ed è venuto proprio da te? Come mai? – Silvia ha gli occhi a cuore. No, non mi crede.
- Non lo so. – riapro il libro di storia, sperando che questo gesto possa interrompere l’imbarazzante interrogatorio.
- Sono quasi 4 mesi che si è lasciato con Sabrina. – prosegue Silvia. – Non è da lui restare da solo per così tanto tempo.
Mi guarda. Embè, dovrei commentare?
- Sta certamente cercando qualcuna. – prosegue.
Io sto zitta.
- Ma sei sveglia? – mi fa. Poi sorride maliziosa. – Ti ha steso, eh? Sei cotta!
- Ma che dici? – di nuovo un vago rossore sulle guance. – Non mi piacciono i tipi come lui.
- Già, dimenticavo.. la nobiltà d’animo.. la generosità, la cavalleria… e tutte quelle balle! Ragazzi così non esistono, Ari, mettitelo in testa!
- E vabbè, si vede che quelli che esistono non fanno per me! Primo fra tutti, Daniele-sono-il-migliore-Ferri, o come cavolo si chiama. È un arrogante.
- Allora lo conosci?
- No, ma lo immagino. Tipi come lui sono facili da decifrare: due sorrisi affascinanti, ti offrono da bere, ti accarezzano la schiena per vedere se ci stai e poi, appena abbassi la guardia…zac!!
- “Zac” che? – Silvia mi guarda basita.
- Diventi la preda numero diecimilaeuno. – termino tetra. – E a me non va.
- Ok. – Silvia si appoggia allo schienale. – Mettiamo che tu abbia ragione. Mettiamo che lui voglia farti diventare la sua preda numero diecimilaeuno. Pensi che sarebbe un male?
- Che domanda è? Certo che lo sarebbe!
- Dio, Ari, come sei perbene. – mi guarda schifata. – Più della metà delle ragazze del nostro liceo vorrebbe farsi Daniele Ferri, e non una volta sola.
- E l’altra metà?
- Finge di non essere interessata. Ma è solo una finzione, appunto. Tu in che metà sei?
- A me lui non interessa davvero. – le rispondo. E poi mi alzo. Sono quasi le otto.
 
 
 

 
 
Note dell’autrice
Ciao a tutti! Intanto grazie di cuore per aver letto fino a qui la storia. Spero davvero che vi piaccia. Accetto (e attendo) di tutto: commenti, critiche, e anche suggerimenti/aspettative, visto che la storia non l’ho ancora decisa del tutto e per il momento il finale è ancora piuttosto vago nella mia testa…
Per ora ho solo due comunicazioni di servizio: la prima, spero di aggiornare con un capitolo a settimana, in media. Il secondo però è quasi pronto, quindi forse a metà della settimana prossima lo posto. Seconda cosa: il rating forse diventerà arancione nei prossimi capitoli, ma non ho ancora ben deciso (sì, sono un po’ confusa XD).
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Geni e genietti ***


 CAPITOLO II
 

Geni e genietti
 

 
 

 
 
Quello stesso giorno, a ricreazione, mi accorgo finalmente che quel che diceva Silvia era vero: quel tizio del bar frequenta proprio la nostra scuola. E dire che gli avrei dato almeno vent’anni…
Lo vedo nel chiostro, mentre fuma una sigaretta insieme a un paio di ragazze. Pensavo che ne avrebbe trovata soltanto una, dopo il nostro incontro? Aveva fatto molto meglio! Ne ha due, una da una parte e una dall’altra.
Ciò non gli impedisce, tuttavia, di notarmi mentre gli passo vicino per tornare in classe.
- Toh, la simpaticona! – esclama.
Non avrei dovuto voltarmi. Mannaggia a me!
- Sei sempre circondata da un sacco di amici, a quanto pare! – mi fa l’occhiolino. Le due ragazze vicino a lui ridono. Io rallento. Quel tizio ha ragione, stavolta: sono quasi sempre per conto mio a scuola.
- Meglio soli che male accompagnati. – bofonchio.
Dio, che cosa stupida! Pure i proverbi adesso! Quel tizio azzera davvero le mie facoltà mentali!
Mentre mi guarda con un sorriso storto me la do letteralmente a gambe. Fuggo in classe come neanche Micheal Johnson... e lì ci trovo Silvia, immersa nella degustazione del suo succo alla pera.
- C’era ancora quel tuo amico, in chiostro. – le dico senza pensare.
Mi pento subito dopo: Silvia molla lì il succo e mi guarda con due occhioni da cerbiatta.
- Allora, te l’ha chiesto?
La fisso cauta, indecisa se fuggire di nuovo o fingere indifferenza. – Che cosa?
- Ti ha chiesto di uscire, no?
- Tu sei tutta matta! – la spingo da parte per sedermi al mio posto.
- Ti ha parlato?
- Non mi ha neanche vista! – proclamo. Stavolta servirà?
- Ah. – Silvia ammutolisce.
Evviva!
Ma dura solo pochi minuti. Con di nuovo la cannuccia in bocca, Silvia poggia i piedi sul banco e decide di rendermi partecipe della sua sapienza in quanto a quel tizio. – Lo sai che è stato bocciato? Due volte in prima media, pensa te! Adesso è al quinto anno, ma ha già 20 anni.
Allora l’età gliel’avevo data bene… Gongolo tra me e me, mentre assimilo le informazioni.
- Pensa che adesso è un vero genio a scuola. Ha nove fisso in quasi tutte le materie.
- Quindi non è un galletto senza cervello? – chiedo, ma più a me stessa che a lei.
- Cervello o no, è un figo da paura. Sì, arrogante, ok. Se non gli vai a genio non ti guarda nemmeno. Pensa che Karen una volta gli ha chiesto se si poteva spostare, visto che si era piantato sulla porta dell’aula di chimica e lei non poteva passare. Lui l’ha guardata appena e poi l’ha ignorata del tutto. Non si è spostato!
- Che cafone. – Odio i bellimbusti e chi tratta male le donne, mi sembra di averlo già detto almeno una decina di volte da quando ho iniziato a raccontare questa storia. E questo Daniele Vattelapesca è proprio uno di quelli! Mi prende una vampata di antipatia e sbotto qualcosa di davvero poco carino. – Tipi come quello dovrebbero estinguersi.
- Le tipe come te, invece, si estingueranno di certo se si rifiutano di stare in compagnia delle altre persone.
Questa voce non è di Silvia. Mi guardo intorno terrorizzata, finché capisco. Appoggiato alla porta c’è lui, il cafone! Non me ne ero nemmeno accorta che fosse entrato!
Nemmeno Silvia, probabilmente, perché fa una piccola risatina e inizia a sbattere gli occhi senza smettere di fissarlo, in apparente stato di contemplazione catatonica.
Io devo avere un’espressione un tantino imbarazzata, perché lui scoppia a ridere di gusto, guardandomi.
- E’ un vero peccato – aggiunge poi – perché quello dei capelli rossi è un gene recessivo e chi li ha dovrebbe darsi da fare per popolare il più possibile il pianeta.
Senza potermi frenare, mi guardo le punte che escono dalla sciarpa e ricadono sul maglione.
Nonostante tenti sempre di camuffarli con cappelli e sciarpone, non posso negarlo. Sì, ho i capelli rossi. Sì, naturali e…sì, li odio anch’io. Mi guardano tutti strano per via di questi capelli.
Sono stata presa in giro per anni, alle elementari, per colpa loro. E pure adesso, al liceo, devono contribuire ai miei tormenti. Non c’è mai pace per le rosse, credete a me!
- Per non far recedere il gene devo trovare un ragazzo che sia rosso naturale. – mi stampo in faccia un sorriso plastico. – Quindi spiacente, non mi puoi essere utile.
Silvia inizia a tossire. Sembra che il succo le sia andato di traverso.
Lui fa ancora quel sorrisetto storto. – In caso cambiassi idea… mi trovi in quinta F. – mi fa. – Forse ci sarà un po’ di coda… - sorride poi. – Sai, dalle mie parti funziona così.
Che presuntuoso.
- Munisciti di bigliettini numerati. – gli suggerisco. – Dal salumiere funziona.
Silvia si strangola del tutto.
- Lo terrò presente. – dice lui, e poi sparisce al di là della porta.
 
 
Quando arrivo a casa, quel giorno, la prima cosa che faccio è consegnare a mia madre –con aria afflitta- il compito di matematica che il prof ci ha ridato alla quinta ora. Pensavo di essere andata benino stavolta, e invece…
- Quattro e mezzo??? – sbotta mia madre.
Deglutisco. – Sì, ma tanti altri sono andati male…
È una balla. Il mio è stato il voto più disastroso.
Da che mi ricordo, ho sempre avuto molti problemi con i numeri. Da piccola confondevo sempre la mia età. Sbagliavo il numero civico di casa mia quando davo l’indirizzo alle mie amichette che partivano per il mare, e così finiva sempre che non ricevevo neanche una cartolina. Quando arrivò il momento di imparare il numero del telefono di casa…apriti cielo! Telefonavo a chiunque prima di riuscire a chiamare mia madre per dirle che avevo perso l’autobus. Per fortuna mi comprarono un cellulare, così potevo memorizzare i numeri senza disturbare ogni volta mezza Italia!
E a scuola… beh, devo dire che la matematica non è mai stata il mio forte. Sorvoliamo pure sulla sfilza di 3 e di 4 che sono riuscita a collezionare. Sono sempre andata avanti a suon di debiti. E quest’anno -il prof me l’ha detto già un mese fa- altro che debiti, rischio la bocciatura!
- Stamattina sono andata al nuovo super che hanno aperto in fondo al paese. – dice mia madre cambiando completamente discorso.
Che c’entra il super col mio compito di matematica?
- Ed ho trovato questo. – mi sventola davanti un fogliettino con un numero di telefono.
- Hai trovato un numero di telefono al supermercato? – chiedo titubante.
- Sì, del Papa! – sbuffa lei. – Sveglia, Arianna, per le ripetizioni!
M’illumino. Già, le ripetizioni! Sono settimane che mia madre ne parla. Devo recuperare all’incirca una quarantina di argomenti di mate, direi che sono messa bene.
- E’ un ragazzo, e sembra economico. Non sta neanche tanto lontano, puoi andarci in motorino. Ti ho preso l’appuntamento per domani pomeriggio.
Come corre, mia madre!
La mia situazione è disperata, è vero. È l’idea del “ragazzo” che non mi piace nemmeno un po’.
- Non sarebbe meglio…una ragazza? – tento.
Lei mi fissa stralunata. – Ma che sei, una vergine benedetta? – scherza, e poi va di là in cucina.
Pure mia madre ci si mette. Non ho proprio speranze.
 
 
Il giorno dopo, a scuola, ho un’unica cosa in mente: mimetizzarmi molto bene, in particolare mentre passo dalle parti della V F per raggiungere la mia aula. Per mia fortuna fila tutto liscio: nessuna traccia del tizio dell’estinzione genetica, e neppure del suo ego smisurato. Per sicurezza, passo la ricreazione nel bagno delle ragazze, e devo dire che mi ci sento un po’ cretina.
“Ma finiscila, non si ricorderà neanche di te, oggi!”, penso mentre rimprovero la mia immagine allo specchio. “Figurati, con tutte quelle che ha!”
Ma è pensando a lui e alla sua fila di donne fuori dalla porta che termino le lezioni quel giorno, per poi dirigermi a casa a prelevare il motorino. Mamma mi ha preso l’appuntamento per le tre, ho appena il tempo di un pasto al volo e poi… matematica. Ma che bella vita!
Arrivo a casa del ragazzo delle ripe con un ritardo di pochi minuti, e solo lì mi ricordo che non ho chiesto a mia madre il nome di questo ragazzo. So solo l’indirizzo e l’interno del palazzo.
Sono un genio, eh?
- Sono.. Arianna, sono qui per le ripetizioni. – dico al citofono quando una voce maschile mi risponde.
Perché ho l’impressione di averla già sentita, poi?
Salgo le scale con una vaga inquietudine. No, non è solo per le ripetizioni. Ho una brutta sensazione, che diventa certezza e infine realtà quando la porta d’ingresso della casa del mio futuro tutor si apre davanti a me.
Oh, no...!
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice
Sì, lo so che avete capito chi c’è di là dalla porta =) non m’illudo certo di depistarvi… Ma devo dire una cosa fondamentale. L’idea di tirare in ballo le ripetizioni di matematica è una “libera ispirazione” (quasi una citazione, direi) tratta dal cap. 2 della storia di Scarcy90 “Il figlio della prof”, che sto seguendo, e che consiglio a tutti di leggere (beh, dubito che ci sia ancora qualcuno che non l’ha letta, in realtà XD).
Fatte le dovute precisazioni, passo a ringraziare di cuore le persone che hanno inserito questa storia fra le storie seguite, preferite o da ricordare. Sono felicissima di avervi colpito, almeno un po’.
E infine ringrazio, bacio, abbraccio e spupazzo le due ragazze che sono state così carine da lasciarmi una recensione:
sciona: grazie infinite per il tuo commento e per i complimenti. Sono contenta che i due personaggi ti piacciano e spero che possano continuare a farti divertire. Sì, questa è la prima storia che pubblico, infatti sono un filino inquietata, ho il terrore che non possa piacere…ma già il tuo commento mi rassicura tantissimo. Baci! – a proposito. Sto leggendo la tua “Lovely Secrets”…attendi una mia recensione perché ho già preso appunti ;-)
Miky1991: anche a te un infinito grazie per il commento e per l’entusiasmo :) sei davvero molto carina. I due mondi diversi non sono poi così diversi, ma lo si vedrà col tempo. Se ne vedremo delle belle? Eccome ^^ lo vedrai già nel prossimo capitolo.. Spero di riuscire a stupirti un pochino. So che questa storia può avere il sapore del “già sentito” (ce ne sono infinite simili) ma voglio renderla speciale e spero di riuscirci. Tu fammi sapere se continua a piacerti, ok? Baci!
 
 

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Capitolo 3
*** Nascondersi ***


 CAPITOLO III

Nascondersi

 

 
- Ma buongiorno!
Daniele Ferri mi sta guardando con un’espressione che dire vittoriosa è dir poco.
- Hai preso il tuo numerino, allora? – ridacchia.
Sto per fare dietrofront. Giuro, lo sto per fare!
- Ferma dove sei. – mi avverte lui, come se mi leggesse nel pensiero. – Stavolta non si fugge. O non ti serve più il mio aiuto?
- Tu..dai ripetizioni di matematica? – scandisco, cercando di rimanere calma. Poi mi ricordo di quel che mi aveva detto Silvia: nove in tutte le materie, bla bla bla. Già.
- Pare di sì. Allora, vuoi mettere un attimo da parte la tua asocialità o stiamo qui sulla porta tutto il giorno?
- Non sono venuta per fare amicizia. – entro con cautela. – Ma per studiare. Studiare: hai presente il termine?
- Ovviamente. Ma non ti ho mica detto che voglio essere tuo amico.
Il suo doppio senso volutamente allusivo e quello sguardo da maniaco mi lasciano esterrefatta. Forse farei davvero meglio a scappare.
- Beh… - cambio piede d’appoggio, e inizio a occhieggiare la porta. Fortuna che è a due passi, visto che sono appena entrata.
- Tranquilla, non ti mangio. – mi dice lui, forse vedendo il mio terrore. Poi chiude la porta.
E io sobbalzo.
- Di’ un po’.. – si gratta il mento con fare pensoso – Ma tutti gli uomini ti fanno questo effetto?
- Che effetto? – fingo di non capire. Ma le mie guance cominciano già a tradirmi.
- Paura.. terrore.. panico e fuga immediata, direi.
- No, solo tu. Ma non è panico, è antipatia a pelle. – proclamo. In realtà, sono un po’ tutte e due le cose.
Lui mi guarda intensamente. Sembrerebbe perplesso.
- Che c’è? – gli dico dopo un po’. Sono stanca di quel siparietto ed essere guardata m’imbarazza.
- Beh, vieni, ci mettiamo di là in sala. – mi dice, e mi precede nell’altra stanza.
Mentre cammino dietro di lui, non posso fare a meno di notare come sia bello questo ragazzo. Da dietro è un vero spettacolo. Alto, spalle larghe…
L’ho già detto che sono una ragazza molto ormonale, vero?
Peccato che, mentre me ne sto lì con lo sguardo fisso sul suo sedere, il tizio si gira e mi coglie in flagrante.
- Ok, sei decisamente strana tu. – mi dice ridendo.
- No no, giuro che non ti stavo guardando!
- Ah no?
- No no. – la voce mi trema appena. Mi siedo su una sedia cercando di darmi un tono.
Mossa sbagliata, perché lui viene dietro di me e si abbassa fino ad arrivare al mio orecchio. – Mi sembrava che fossi molto interessata al contenuto dei miei pantaloni. – mi dice calmo, vicino all’orecchio.
Per i miei ormoni è uno shock.
Mi alzo di scatto e gli punto un dito contro. – Senti un po’, uomo delle caverne! Non so cosa fai con le altre e non mi interessa, ma non osare toccarmi né rifare mai più quello che hai appena fatto!
Lui incrocia le braccia sul petto e mi guarda come se fossi una sottospecie di cavia da laboratorio.
- Sei il solito belloccio che pensa di avere chi vuole con un solo soffio. – dico poi, più calma. Devo essere uno spettacolino imbarazzante perché ho le guance in fiamme. – Io li odio, quelli come te. Dammi una mano in mate ma fammi un favore: stammi lontano.
Lui mi fissa sempre con quello sguardo perplesso. Mi aspetto che scoppi a ridere da un momento all’altro, ma non lo fa. Mi indica la sedia e prende posto davanti a me, dall’altra parte del tavolo, a distanza di sicurezza.
- Va bene, cominciamo. – mi dice poi, e parte a raffica con una serie di spiegazioni per tutta l’ora successiva.
Non si ferma mai, neanche per bere.
È il mio cervello che, ad un certo punto, si ferma. Questo Ferri è proprio bravo, ci sa fare. Con una serietà che non immaginavo potesse avere, mi chiarisce alcune cose che pensavo di non riuscire mai a risolvere nella mia vita. E le equazioni di secondo grado? Non me n’è mai venuta una, ma questa che ho fatto con lui m’è riuscita!
Sono seriamente sconvolta.
- Credo che per oggi possa bastare. – dice ad un certo punto, guardando l’orologio con un certo nervosismo.
“Sono le quattro passate, forse ha un appuntamento”, penso.
Ma in quel momento si sente un rumore di chiavi girare nella serratura d’ingresso e la porta si apre.
Ferri, davanti a me, spalanca gli occhi terrorizzato. – Cazzo! – soffia.
Si alza e viene verso di me. Con ben poca delicatezza mi afferra per il braccio e con l’altra mano chiude e recupera i miei libri.
- Ehi! – esclamo. – Che cosa…?
- Sono a casa! – dice una voce nell’altra stanza. – Daniele?
- Sono qui! – dice lui, poi mi mette una mano sulla testa e mi spinge verso il pavimento. Poi sussurra: - Sotto al tavolo! E zitta!
Io sono stralunata. – Che cosa? Ahi! – esclamo sottovoce. Mi ha spinta sotto! Ma è pazzo?
Cado col sedere a terra e vedo i miei libri e il mio zaino gettati sotto al tavolo con me.
In quel momento i piedi di una donna fanno il loro ingresso nella stanza. Li vedo da sotto alla tovaglia.
- Ciao, stavi studiando? – dice la voce di prima, una voce femminile.
- Sì, facevo mate. – risponde Daniele. Che però è in piedi, appoggiato alla sedia dov’ero seduta fino a poco fa, quindi esattamente in mezzo tra me e la donna.
Quella fa un po’ di rumori come se stesse rovistando in borsa. – Accidenti, ho lasciato il cellulare sul cruscotto! – e subito torna da dove è venuta.
Tempo due secondi e Daniele fa capolino dal bordo del tavolo. – Via di qui! – mi intima. – Devi andartene!
- Ma si può sapere che succede? – sbotto furiosa.
- Ti spiegherò domani! Ora fuori!
Mi aiuta ad uscire dal mio nascondiglio, recupera libri e zaino e mi spinge verso la porta.
- E poi quella strana sarei io? – esclamo confusa. Questo è più pazzo di me!
Arriviamo sul pianerottolo ma la donna di prima sta già di nuovo salendo le scale per tornare in casa. Il tempo di accorgermene, e Daniele mi ha già riafferrata per il braccio e strattonata indietro.
- Di qua! – mi dice, e mi spinge al di là di una porta, in una stanza ormai buia.
- Tu sei pazzo da legare. – proclamo convinta, mentre la porta mi viene chiusa in faccia.
E adesso dove diavolo sono?
A quest’ora, d’inverno, è già buio e non posso accendere la luce, visto che mi sembra di aver capito che devo restare in incongnito. Mi guardo intorno e distinguo la sagoma di un letto appoggiato alla parete opposta. Sono in una camera, a quanto pare. Grandioso.
Al di là della porta sento la voce di Ferri e della donna (sua madre?) che discutono del più e del meno.
Dopo qualche minuto la porta si apre ed io faccio un salto all’indietro, sbattendo la schiena contro qualcosa. E facendo un gran casino.
Ferri entra nella stanza. – Che cavolo combini? Vuoi stare ferma e non fare rumore, per favore?
- No, voglio che mi spieghi che succede. – dico io. Ahia, mi sono pure fatta male alla schiena, l’ho sbattuta sul pomello dell’armadio.
- Succede che adesso mia madre è a casa ma uscirà di nuovo fra un’oretta per andare in palestra. – mi dice sottovoce. – Quindi tu stai qui buona buona e fra un’oretta te ne vai.
- Ma neanche per idea! Non posso stare qui tutto il pomeriggio! Ho una vita, io!
- Sì, e non sei l’unica. Ora per favore abbassa la voce.
- E dovrei stare qui nascosta, poi? Qui al buio? Magari con te?
- Eccitante, vero? – ammicca lui, e dal tono di voce direi che sta ghignando.
- Sì, come un pugno in un occhio. - lo gelo. – Non puoi sequestrarmi. Io me ne vado adesso. – lo sorpasso a destra e raggiungo la porta.
- Daniele! – dice la voce della donna, di là nel corridoio.
Io faccio un altro salto all’indietro, ma stavolta finisco addosso a qualcosa di morbido.
- Oh, cavolo. Scusa! – bisbiglio.
Sento che Ferri si trattiene per non urlare. – Guarda dove metti i piedi, almeno!
- Non si vede un accidente, in caso non te ne fossi accorto!
- Daniele? – ancora la voce di donna. Stavolta è pericolosamente vicina.
Ferri si tuffa verso la porta, accende la luce e apre appena, facendo sporgere la testa dallo stipite. – Dimmi. – dice tranquillo.
Ma come cavolo fa?
- Io vado via, adesso. – dice lei. – Devo fare un po’ di giri. Poi mi fermo in palestra, tornerò per le sette ok?
- Ok, a dopo.
- Ma che fai qui in camera?
Ferri si gratta la nuca. Vedo che si guarda un po’ intorno. – Niente, cercavo un cd, ora torno di là.
- Fai tutti i compiti, mi raccomando.
- Certo mamma, ciao.
La donna si allontana e Ferri chiude di nuovo la porta, poi si gira verso di me.
Io sono lì a due passi, con le braccia conserte e l’espressione di un generale in battaglia.
- Ora mi spieghi cosa diavolo succede. – scandisco.
- Stai calma. – inizia lui.
- Sono calmissima.
- Non sembra, hai un’aria nazista.
- Tua madre non ne sa niente, vero?
Fa una smorfia. – Ottima deduzione, mia fedele allieva. Ed ora…
- Perché non gliel’hai detto?
Ferri incrocia a sua volta le braccia. – Scusa, e da quando sarebbero affari tuoi?
- All’incirca…da quando mi hai spinta sotto al tavolo?
Lui fa uno sbuffo ironico. – Mia madre non ne sa niente. Faccio ripetizioni a sua insaputa perché… non approverebbe.
Capisco drogarsi, capisco saltare scuola, capisco un 4 nell’ultimo compito del semestre ma...non dire alla propria madre che si danno ripetizioni è da folli!
- Che c’è di male, scusa?
- Lei è un po’ particolare, un po’ fissata, io le voglio fare e…punto. Fine delle spiegazioni. Ora te ne vai?
- Sì, e di corsa! – lo fulmino con gli occhi.
- E non tornerai più, immagino. – mi dice. Stavolta il suo tono ha un’ombra di tristezza.
Io mi fermo. Ripenso all’ora di spiegazioni e a quante cose ho capito. Ferri ci sa fare, maledizione. Se non fosse così sciroccato…
- No, tornerò. Almeno fino al prossimo compito in classe. – gli concedo.
Il sorriso che mi fa, stavolta, è sincero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice
Benritrovate, ragazze! ^^ come state?
Che ne dite di questo capitolo? Ho riso tanto mentre lo scrivevo, ma per Arianna non dev’essere stato così divertente…povera! E nei prossimi capitoli la sua situazione “peggiorerà” ancora, il destino le riserva molte altre sorprese...
Come sempre vorrei salutare e ringraziare le persone che mi hanno inserita tra la storie preferite, seguite e da ricordare…siete tanti e vi ringrazio di cuore!!
Ed ora gli sbaciucchiamenti personali alle ragazze che mi hanno lasciato una recensione:
sciona: ehi, com’è andato poi sto compito di matematica? Spero meglio di quello di Arianna, ma non temere, sei in buona compagnia...pare che i disastri in mate siano una cosa un po’ comune, qui XD Comunque se ne hai bisogno dico a Ferri che venga a fare un salto dalle tue parti! ;-) un abbraccio e grazie mille per la recensione…che è arrivata ad una velocità record, tra l’altro O.O
Mary_6594: ciao e benvenuta! Sei stata carinissima a lasciarmi un commento e sono felice che la storia ti sembri interessante. Non so se l’amore scoccherà proprio a suon di equazioni, ma ho come il sospetto che qualcosa prima o poi scoccherà ^^ tu continua a seguire la storia e fammi sapere che ne pensi, mi raccomando! Un abbraccio e grazie infinite anche a te!
DreamsBecameTrue: un’altra nuova lettrice, che bello *-* Sono contenta che la storia ti stia piacendo così tanto! Spero davvero che continuerai a leggerla e a dirmi che ne pensi! Il fatto poi che Daniele ti attizzi è splendido ^^ è proprio quello che deve fare XD speriamo che riesca ad attizzare presto anche la rossa, che dici? ;-) Grazie mille per la recensione e...a presto!! Bacioni!
Lione94: Ciao Chiara! te ti ho vista anche di là da Scarcy, infatti ^^ sono felicissima di trovarti anche qui! La tua recensione mi ha fatto un enorme piacere, è proprio vero quello che dici dei cliché, e nel mio caso..beh, spero di raccontarvi qualcosa di bello e di nuovo, anche se le premesse sono molto simili! Farsi bocciare due volte in prima media sembra davvero impossibile, ma non lo è..conosco una persona che ce l’ha fatta! (e no, non sono io XD) Grazie ancora per le tue parole, continua a seguire la storia e a dirmi che ne pensi…ci conto eh! Un abbraccio!
Aryanne: un’altra con un brutto rapporto con la matematica XD benvenuta! Anche a te grazie infinite per la recensione, ma in particolare sono contenta che tu ti sia immedesimata un po’ nella protagonista (hai anche il nick simile!!) e che anche Daniele ti piaccia! (ormai è ufficiale: mi state dicendo che questo ragazzo attizza e io ne sono entusiasta ^^) Che dire Aryanne, spero di ritrovarti anche nei prossimi capitoli! Un forte abbraccio e a presto!
 
 
DRIIIN. Comunicazione di servizio!
Conto di postare il prossimo capitolo all’inizio della settimana prossima, diciamo lunedì sera o martedì sera al massimo! Vi aspetto ^^ Baci a tutte!!

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Capitolo 4
*** Lui, lei...e l'altra ***


 CAPITOLO IV

Lui, lei…e l’altra

 
 
- Capisci, questo tizio è malato. – dico a Silvia, il giorno dopo a scuola, durante la ricreazione. – Malato in testa, intendo. Cosa c’è da nascondere, in quello che facciamo? Non è che fabbrichiamo armi di distruzione di massa!
Silvia degusta il suo succo alla pera con i piedi sul banco. Molte delle sue idee migliori sono nate sorseggiando quel succo.
- Sei sicura che il problema siano le ripetizioni, e non tu stessa? – mi fa poi.
Io la guardo torva. – Scusa, che problemi potrei causargli, io?
Silvia sta per rispondere, ma poi il suo sguardo si sposta velocemente verso la porta della classe e la vedo spalancare gli occhi.
- Oh-oh.
Io sbianco.
- Ari, c’è Ferri là fuori… viene da questa parte. Ari?
Silvia si gira verso la mia sedia. Che ora è vuota.
- Ari? – guarda più in basso. Io mi sono accoccolata vicino allo zaino, tentando di farmi il più piccola possibile.
- Ciao. – dice una voce maschile a pochi metri di distanza.
Silvia torna a guardare verso la porta della nostra aula. – Ciaaaao! – cinguetta.
- La tua amica dov’è?
- Quale amicaaaa? – fa lei.
- Quella dei bigliettini numerati… quella del salumiere! – dice lui.
Silvia s’illumina. – Aaah, Arianna!
Io vorrei sprofondare. Già sento le voci dei miei compagni, alla prossima assemblea d’istituto: “Dov’è Arianna Rossetti?” “Chi?” “Arianna, quella del salumiere!”. Uccidetemi, vi prego!
- Non c’è! – dice Silvia. Non guarda in basso, per evitare di tradirmi.
- Ok. – fa lui. – Quando la vedi dille che oggi venga da me alle tre, per le ripetizioni.
- Certo! Molto volentieri, ciaaaao! – Silvia agita la manina, ma quello è già uscito dalla porta.
Io, nel frattempo, mi sono fusa con le piastrelle. Azzardo un’occhiata verso l’alto. Silvia mi sta guardando accigliata.
- Tu sei cretina. – mi dice, con il tono di chi non ammette repliche.
- Io…
- No. Tu lo sei e basta. Perché non metti un attimo da parte tutte le tue strane fisse sugli uomini e ammetti che un ragazzo come questo, a una distanza inferiore ai quindici metri non ti ricapiterà mai più? Se non ne approfitti ora rischi di pentirtene per tutta la vita!
Mi metto di nuovo a sedere. – Cerca di capirmi, i miei ormoni hanno bisogno di tregua. Già durante le ripetizioni devo stare attenta a non sbavargli addosso, se poi me lo ritrovo anche in classe… per me è un tormento, ok? Vorrei davvero non essere donna, in certi momenti. Voglio dire, essere donna è difficile. Non sai mai fino a che punto puoi fidarti di qualcuno. O no?
Mentre parlo, vedo lo sguardo di Silvia farsi improvvisamente nervoso. Apre la bocca per dire qualcosa, ma rinuncia subito.
- Ma che c’è..? – le chiedo.
Finalmente noto che la mia amica sta guardando qualcosa alle mie spalle. Sta guardando la porta della classe. Sta guardando chi c’è sulla porta della classe.
Sento uno strano risucchio allo stomaco.
- Già di ritorno? – mi sfotte Ferri, appoggiato alla porta con un sorrisetto che la sa lunga.
Ma è mai possibile che ne combino una ogni cinque secondi?!
Faccio mente locale di quel che ho appena detto. Sbavargli addosso? Posso aver detto sbavargli addosso, mente lui era lì che mi ascoltava? Qualcuno mi dica che non l’ho detto!
Ferri si avvicina e si ferma a due passi da noi. Poi guarda fisso Silvia.
Quella capisce al volo. – Certo, ovviamente. – dice, come se quello sguardo avesse effettivamente parlato, e si alza di scatto. – Torno tra un po’!
Non faccio nemmeno in tempo a fermarla che è già fuori dalla porta.
- Spiegami un po’ questa cosa della bava, va’. – inizia Ferri.
Fortuna, perché mi hai abbandonato?
Mi schiarisco la voce e capisco che, questa volta, bugie e silenzi non mi aiuteranno di certo. – Oh, beh, non credo che per te sia una novità. Conosco molto bene la storia della fila, eccetera eccetera. Ma chiariamo una cosa: il fatto che io ti trovi esteticamente interessante non vuol dire che vorrei…dell’altro. – la mia voce si afflevolisce nella parte finale della frase.
- Esteticamente interessante? – ridacchia lui.
- Sì, beh, lo sai. Tu sei il bello e io la bestia. E ora che abbiamo messo in chiaro queste due cosette, puoi smetterla di fare l’affascinante e stabilire una tregua, per favore?
Mi sembra un discorso tanto razionale e corretto, ma forse per Ferri non lo è. Perché mi sta guardando fisso, dritta negli occhi, ed io darei un braccio per sapere cosa gli sta passando per la testa in questo momento. Purtroppo non sono mai stata capace di capire i maschi, e credo che non lo sarò mai.
E a quel punto succede di nuovo. Mentre sono lì che cerco di decifrare il suo sguardo, resto imbambolata. Ancora. Mentre lui fissa me, io fisso il suo viso come se dovessi impararne a memoria tutti i dettagli. Studio i suoi capelli, la forma delle guance, del naso… delle labbra…
Non so dire per quanto tempo. So solo che ad un certo punto è lui che rompe il silenzio.
- Se è vero quello che dici…perché mi guardi così? – mi dice, ma stavolta non ha nessun tono di scherno. È davvero serio serio.
Salto in piedi come se la sedia, all’improvviso, avesse iniziato a bruciare.
- Il mio è puro interesse scientifico. Ti assicuro che non ci sono doppi sensi romantici nei miei sguardi. Ti basta la mia parola o ti devo firmare una dichiarazione in carta bollata?
- Perché ti scaldi così tanto? Stai calma.
Mi mordo la lingua. – Lascia stare, è colpa di chimica. Adesso ho il compito. – invento.
La campanella suona in quell’esatto istante e credo sia la prima volta che nella mia vita mi capita di sospirare di sollievo alla fine della ricreazione. Prima che la mandria dei miei compagni di classe ritorni in aula, Ferri pensa bene di defilarsi, e lo fa senza dirmi una parola.
 
 
Quel pomeriggio, alle tre in punto, sono davanti alla sua porta. E non ho il coraggio di suonare.
“Suvvia, che sarà mai!”, tento di spronarmi. “Un colpettino, ed è fatta!”
Ma appena metto la mano sul campanello mi prende il panico, e la riabbasso ogni volta. Saltello un po’ sul posto, mi guardo intorno, scendo le scale di due gradini e poi torno su, e ci riprovo. E, ancora una volta, non ce la faccio.
Continuerei quel siparietto per molto se ad un certo punto la porta non si aprisse da sola.
- Eheheh… - rido imbarazzata, con la mano a mezz’aria, mentre Daniele Ferri, appoggiato allo stipite, mi guarda con un sopracciglio alzato. – Stavo proprio per suonare, già! – ridacchio.
- A me sembrava che stessi facendo jogging. – commenta con uno strano sorrisino. – Se è per far arrivare il sangue al cervello, lo posso anche capire. Ma ho una brutta notizia da darti…mi sa che si è fermato tutto sulle guance.
Cafone! Lo so che sono viola, e allora?
- Se hai finito di considerare il mio stato di salute, possiamo cominciare. – gli suggerisco, sorpassandolo per entrare.
Lui non se lo fa ripetere. Mi fa accomodare, apre i libri e parte a raffica con un’altra ora di spiegazioni. Derivate, assiomi, piano cartesiano… Ad un certo punto mi si incrociano gli occhi.
- Ma non la fai mai una pausa?
- Abbiamo poco tempo. Il compito è la settimana prossima.
È proprio un secchione. Come fa un secchione ad essere così maledettamente affascinante?
- Dammi un minuto. – gli dico.
Lui mi fa quel suo mezzo sorriso storto. – Ok, intanto scelgo il prossimo esercizio.
Stacanovista!
Io mi guardo intorno e lui apre l’altro libro. Non fa in tempo a sfogliare nemmeno una pagina, però, perché un rumore di chiavi dall’ingresso lo blocca. E anche a me si gela il sangue nelle vene.
Sua madre…un’altra volta?! Il tavolino, la stanza buia, le fughe…ancora?! No, stavolta no, per favore!
Ferri si guarda intorno come se sperasse di trovare improvvisamente un mantello dell’invisibilità e io scatto in piedi in due nanosecondi, senza sapere che fare.
- Sono qui! – dice la donna, e un momento dopo è già in sala.
Io sono ancora in piedi davanti alla mia sedia, gelata come una statua di sale, e Ferri si è alzato pure lui ma non ha fatto in tempo a muoversi. In pratica siamo in piedi entrambi, uno di fronte all’altra, tutti e due con le mani sul tavolo, e sembra più una specie di rito voodoo che una lezione di matematica.
La donna appare sulla soglia e ci guarda in tralice.
Per qualche eterno secondo nessuno parla. Poi Ferri si sblocca, si gratta un po’ la nuca e guarda sua madre.
- Mamma, ti presento Arianna, la mia ragazza.
Sorrido meccanicamente, ma mi blocco subito.
Fermifermifermi. Cosa ho sentito? Ragazza? Ho sentito ragazza?
- Oh. – la madre di Ferri sembra sorpresa, ma mai quanto me. – Molto piacere.. io sono Carla. – mi porge la mano.
Ci metto qualche secondo ad accorgermi che gliela devo stringere. – Sss…alve. – annaspo. È uno scherzo, vero?
Ferri, dietro di me, fa un colpettino di tosse.
- Vuoi.. vuoi qualcosa da bere? – mi dice sua madre andando verso la cucina.
Io devo avere l’aria di una che ha ingoiato un polipo. – Nono! Grazie. – rispondo, ma è più un rantolo. Mi volto verso Ferri approfittando di quei pochi secondi di tregua. La donna ci dà le spalle, quindi non può leggere il mio labiale, che inizia chiaramente con “s” e finisce con “onzo”.
Lui apre le braccia come per dire: “non potevo fare altro”. Gli spalanco due occhi assassini. Adesso sì che lo ammazzerei!
- Allora, ma da quanto state insieme? – dice ancora la signora Carla, tornando in sala con tre bicchieri ed una bibita.
Mi cedono le gambe e atterro sulla sedia. “All’incirca quindici secondi”, si può dire?
- Tre settimane. – dice Ferri.
Io annuisco lentamente fissando la tovaglia, ancora qualche istante e quel delicato tessuto potrebbe prendere fuoco.
- Stavate studiando… – nota a quel punto la donna. – Avete anche gli stessi libri…
- Sì, siamo nella stessa scuola. – spiega lui. È a suo agio, quel maledetto! – Ci siamo conosciuti lì, infatti. Noi… facciamo l’ora di ginnastica a classi riunite. La mia classe quest’anno è con quella di Arianna. Ci siamo visti lì. Vero, Ari?
A quel “Ari” mi parte un embolo. Sorrido, ma presumo che i miei canini si siano fatti più affilati nell’ultimo minuto, perché in questo momento ho solo voglia di azzannare il collo del mio presunto ragazzo.
La signora Carla inzia a versare da bere e solo a questo punto azzardo una timida occhiata verso di lei. È una bella donna, sulla quarantina, capelli biondi lisci, un tailleur grigio, un foulard rosa attorno al collo…
- Che classe fai, Arianna? – mi chiede lei.
- Quarta. – rispondo io. La mia voce gracchia.
- E le quarte fanno lezione di educazione fisica con le quinte? – mi chiede la donna, a cui non è sfuggita l’ovvietà.
“Ottima domanda, Carla. Perché non la fai a quel deficiente del tuo erede?”
- Perché… Perché le quinte hanno una classe in meno. – invento. Che si sia sentita la mia voce tremolante?
Forse no, perché la madre di Ferri sembra accontentarsi della risposta.
Quell’altro, invece, seduto comodo sulla sua seggiolina continua a sorridere con aria angelica, accidenti a lui. Giuro che questa me la paga! Passi stare zitta se mi nasconde sotto il tavolo, passi sorvolare sul fatto che sua madre non deve sapere delle ripetizioni…ma far finta di essere la sua ragazza no!
Improvvisamente mi rendo conto di avergli concesso anche troppo.
- In realtà non siamo veramente insieme. – dico.
Vorrei voltarmi verso Ferri per lanciargli un altro sguardo ostile, ma mi accorgo che la donna si è messa a fissarmi. Fino a poco fa sorrideva, ma ora si è fatta improvvisamente seria. – E allora cosa ci fai a casa nostra? – mi chiede.
Dal tono in cui lo dice, capisco subito che quella vorrebbe prendermi e sbattermi fuori di casa seduta stante. Ma che razza di famiglia disturbata è, questa? Tutte le ragazze che passano di lì devono essere ufficiali con regolare permesso di soggiorno, pena l’immediata espulsione?
Guardo Ferri, che ha un’aria tediata. Mi scocca un’occhiata ammonitrice ed è come se mi dicesse: “Hai voluto fare di testa tua? E ora arrangiati”.
- Beh…ci frequentiamo. – convengo quindi.
La donna sembra rilassarsi un attimo. Guarda suo figlio, che ora ha un sorriso sornione stampato sul viso. – Tranquilla. – le dice. – Arianna è a posto. Non farebbe del male a una mosca.
Io gli tiro un calcio sotto al tavolo.
In questo momento sì che gli farei del male!
 
 
 
 
(to be continued…)
 
 
 
 
 

 
 
Note dell’autrice:
Ciao a tutte! Anzi, per dirla come Silvia: ciaaaaaaaaao ^^
Ho un disperato bisogno di sentire vostre impressioni su questo capitolo perché per me è fondamentale. Da come reagirete ora dipende quello che scriverò nei prossimi capitoli…oddio, non proprio tutto xD ma diciamo che mi darà delle indicazioni precise su come procedere.
Quindi sì, sentitevi fondamentali, perché lo siete!
Nel prossimo capitolo, che sarà on-line giovedì sera e che ho già scritto quasi del tutto, vedremo come si concluderà la scena che è iniziata qui sopra… quindi non mancate!!
Visto che Efp ha messo a disposizione la funzione “rispondi” alle recensioni, da oggi in poi utilizzerò i messaggi privati per rispondervi, così magari riuscirò a farlo anche prima.
Quindi per l’ultima volta in questa sede, ringrazio di cuore:
Sciona: te m’inquieti O.O come fai ad essere sempre la prima?? complimenti davvero! ^^ Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e spero che questo ti piacerà ancora di più ;-) il compito te l’han consegnato? Mi sei venuta in mente in questi giorni, spero che nonostante il mezzo disastro sia passato senza fare troppi danni ;-) baci, alla prossima!!
Lione94: Chiara, ciao! Ho visto che hai pubblicato un altro capitolo, stasera me lo leggo! ^^ Per quanto riguarda il motivo per cui la madre di Ferri è così stramba (xD), qualcosa si capisce anche in questo capitolo ma di più nel prossimo..quindi non te lo perdere! E soprattutto non ti perdere le conseguenze che questa strana situazione avrà per Arianna nei prossimi capitoli. La mia mente diabolica sta macchinando qualcosa di grosso per questi due, e sono curiosissima di sapere cosa ne penserai! Ci sentiamo, un bacione e grazie!!
Aryanne: se si potesse ordinare un Daniele Ferri, credo che ne avrei almeno 5 intorno. *.* Che dici, ti è piaciuto questo capitolo? Che ne pensi? Spero tanto che ti abbia stupito e incuriosito e che continuerai a seguirmi. Un abbraccio e grazie infinite per la recensione!
DreamsBecameTrue: ho come l’impressione che tu stia aspettando la parte meno casta di questa storia xD spero di non deluderti, nei prossimi capitoli è in programma un avvicinamento anche fisico tra i due.. vedremo, vedremo! Continua a seguirmi, attendo le tue impressioni ok? :-) Un bacione e grazie!!
Mary_6594: Sono contenta che ti piacciano quando litigano ^^ anche perché farli litigare mi diverte tantissimo. Spero di essere riuscita a svelare qua e là che Ferri prova dell’interesse per lei.. che dici, si capisce? O sembra che lui la odi e basta? Non è semplice farlo capire, proprio per niente.. Anche a te mille grazie per la recensione, un abbraccio e a presto!



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Capitolo 5
*** Ragazze cattive ***


 CAPITOLO V

Ragazze cattive

 
 
- Tua madre mi fa paura. Ma seriamente. – dico a Ferri appena usciamo dalla porta. Mi accompagna fino giù, o almeno così ha detto a lei. – E’ una specie di carceriere? Ti controlla le uscite? Ma come fai, con tutte le ragazze che frequenti? Cosa le racconti?
- Ehi, piano con le domande! – mi blocca, ma io sono un fiume in piena.
Il momento più imbarazzante della mia vita è durato solo pochi minuti ma ho accumulato tanto di quel nervosismo che ora non riesco più a trattenermi.
- Senti, devo dirti un sacco di parole, molte delle quali non saranno affatto eleganti e delicate, ma prima di farlo devo capire se l’unico pazzoide qui sei tu o se tua madre ti ha semplicemente segnato l’adolescenza. Nel secondo caso, mi sentirei un po’ in colpa a dare dello stronzo bastardo a un poveretto che chiaramente ha avuto un’infanzia difficile.
Ferri si ferma davanti al mio motorino. – Mia madre è un po’ protettiva. – spiega, guardandosi intorno con aria vaga, le mani affondate nelle tasche.
- Solo un po’?! Quando le ho detto che non ero la tua ragazza stava per correre a prendere il lanciarazzi!
- Sì, lei teme… - fissa un po’ per terra, poi mi guarda dritto negli occhi. – Vedi, io non porto le ragazze a casa, di solito. Proprio perché so che lei è così.
- Scelta saggia, lasciatelo dire.
- L’unico modo per non farla agitare è dire quello che stavo dicendo, prima che tu mi distruggessi tutti i piani.
- Scusa tanto se non ti permetto di dire a tua madre che sono la tua rag...non riesco neanche a ripeterlo, guarda, è la cazzata più enorme del secolo. Ferri, io non potrei essere la tua ragazza nemmeno se prendessi un 9 in mate, cosa già impossibile di per sè.
- E chi lo sa? – ammicca lui. – Dopo la lezione di oggi, magari…
- Sì, certo. – alzo gli occhi al cielo. – Senti, io in questa casa io non ci torno più. Le ripetizioni si fanno da me la prossima volta, ok?
- Agli ordini. – conviene lui.
Se ne sta appoggiato al mio motorino, placido come se tutto il mondo si fosse fermato per attendere soltanto lui.
Io, invece, sono ancora parecchio incazzata e su di giri per la storia della fidanzata.
- E che non si sappia in giro, eh? – gli dico.
- Che c'è, ti rovinerebbe la reputazione? Una reputazione che non hai, tra l'altro. Direi che il problema non sussiste.
- Diresti male, per me sarebbe orribile essere inserita nel lungo elenco di ragazze che hanno avuto a che fare con te. Non so se te ne sei accorto, ma io e quel quel genere di ragazze non abbiamo un granché da spartire.
- Oh, me ne sono accorto sì.
- Ecco, tienilo bene in mente.
- Non ce n'è bisogno, sono io il primo a non volere che questa storia si sappia in giro.
- La tua immagine ne verrebbe offuscata? – lo provoco sarcastica.
- No. – ghigna. – Semplicemente non voglio che mi considerino "occupato", visto che ho le migliori motivazioni per comportarmi da "libero". Nessuna limitazione, nessuna gelosia, nessuna fedeltà da rispettare. La libertà non ha prezzo.
- Ecco, bravo, tieniti la tua vomitevole libertà e fatti da parte, che devo andare a casa.
Lui si sposta, sempre con la massima tranquillità del mondo. – E tutte quelle eleganti parole che dovevi dirmi?
Non gli sfugge niente, a ‘sto maledetto.
- Ho capito che non vale la pena sprecare il fiato. – monto in sella e metto il casco. Non spreco fiato neanche per dirgli ciao, lo saluto solo con un veloce cenno della mano.
 
 
Il giorno dopo è sabato, ed io mi sento come se dal lunedì fossero passati 4 anni. Sono esausta.
Appena suona la campanella della ricreazione faccio un salto in bagno e mi ci chiudo per dieci minuti. Mi sembra che il mondo stia girando troppo in fretta, vorrei solo avere un po’ di tempo per fermarmi a pensare, per capire cosa mi succede. Ma nessuno ti concede mai dei minuti in più, è questa la verità.
Esco dal bagno con la testa tra le nuvole, ma appena fuori mi trovo faccia a faccia con Ferri, che se ne sta lì appoggiato al muro con aria scocciata.
Faccio un vistoso salto all’indietro. Che colpo!
- Ancora tu?! Ma che vuoi?
- Senti, la devi smettere di passare le ricreazioni tra la tua classe e il cesso, faccio troppa fatica per parlarti. Si può anche uscire, eh?
Lo guardo torva. – Non mi interessa uscire, specialmente se c’è la prospettiva di vedere te. E poi, che vuoi da me ancora?
Vedo che cerca di mantenere la calma, anche se probabilmente mi prenderebbe a sberle. – Ieri te ne sei andata senza dirmi quando ci vediamo per le ripetizioni e soprattutto l’indirizzo di casa tua. Come pensi che possa arrivarci, se no?
- Hai ragione. – traccio un generoso segno nero sul tono e sul sarcasmo, e gli spiego come arrivare da me. – Lunedì va bene? – chiedo poi.
- Guarda che il compito di recupero ce l’hai già martedì, tappetta. Sicura che sia abbastanza?
Tappetta? Solo perché lui è un metro e novanta crede di poter dare dei nani a tutti? Brutto coso!
- Vabbè, oggi non posso, non abbiamo altri giorni. – invento. Non è vero che oggi non posso. È che oggi non voglio. Quella sera devo andare a una festa di compleanno quindi passerò il pomeriggio nel bagno per le operazioni di “restauro”. Ma questo non ho intenzione di dirglielo. – E comunque sono quasi un metro e settanta, bada a come parli!
- Quasi vuol dire che per arrivare al metro e settanta ti mancano almeno dieci centimetri?
Lo fulmino con gli occhi.
- Dai, dammi il tuo numero di cellulare. – mi fa, cambiando discorso, mentre con una mano estrae il suo dalla tasca.
Non è una richiesta, è un ordine.
- Come, scusa? – gli chiedo.
- Non scandalizzarti. Ti dovrò pur avvisare se ho dei casini dell’ultimo minuto e non posso venire, no?
La spiegazione non fa una piega. Gli dò il mio numero senza fare storie, ma proprio in quel momento arriva saltellando una ragazza bionda, di quelle che, quando le guardi, ti senti sexy e raffinata come una scaricatrice di porto.
- Ciao! – dice a Ferri, e subito gli si avvinghia addosso come una piovra.
Lui la guarda di sfuggita e poi torna a guardare lo schermo del cellulare, come se non sentisse nemmeno le sue zampe addosso. E sì che la ragazza stringe parecchio! Pare attaccata con la colla.
- Ci vediamo lunedì, allora. – mi fa poi.
- Ah-ha. – gli dico, senza entusiasmo, e quello se ne va, trascinandosi dietro la biondina.
Io torno in classe da Silvia. – Ma Ferri ha la ragazza? – le chiedo. So che Silvia ha la situazione perfettamente sotto controllo, per questo chiedo a lei. – L’ho visto attaccato a una tizia bionda.
Lei prosegue imperterrita nella copiatura di un esercizio di tedesco dal mio libro sul suo. – Capelli lunghi platino, occhi azzurri e lo sguardo da trota? – mi chiede.
Descrizione perfetta, non c’è che dire. – Direi di sì.
- Cristina, 5° anno, sezione A. Sono circa sei mesi che tenta di portarselo a letto.
- Ah. – commento io.
- Non c’è ancora riuscita. – prosegue lei.
- E tu come lo sai?
- Io so tutto, mia cara. – a quel punto, alza gli occhi dal libro. – Vuoi che ti dica quali sono le altre tue rivali? Devi essere preparata, quando inizi ad entrare nel magico mondo di Daniele Ferri.
- Calma, io non sono la rivale di nessuno. Per me Ferri può andare con chi vuole.
- Non è questo il punto. Tu potrai anche essere pacifica, ma quelle non lo saranno con te, garantito. Sono mesi che si fanno la guerra per aggiudicarselo, da quando lui s’è mollato con la sua ultima ragazza fissa. Cristina s’è fatta trovare mezza nuda vicino al suo armadietto nello spogliatoio dei ragazzi, la settimana scorsa. Per la cronaca, le è andata male. Forse è andata meglio ad Angelica, quinto anno sezione B. Lei l’ha seguito agli allenamenti di basket, dopo la scuola, ed è riuscita ad infilarsi sotto la doccia nell’esatto momento in cui ci si trovava lui. Non so i dettagli, ma si dice che le sia andata piuttosto bene.
- Ok ok, basta, non mi servono altri particolari, grazie.
- Stai attenta alle rivali. – mi ammonisce Silvia con un visetto molto serio. – Possono diventare molto pericolose.
E poi ritorna a copiare il mio esercizio di tedesco.
 
 
Quella sera mi ritrovo a far presenza ad una festa, come dicevo. La festa di compleanno di mia cugina, per l’esattezza. Il mio pomeriggio di restauro ha dato risultati deprimenti: sono sempre la stessa. Non sono diventata più alta, i miei occhi non hanno cambiato colore e ho ancora la stessa taglia di reggiseno. Praticamente, l’unico vero cambiamento sono i tacchi che ho deciso di indossare.
Il locale dove ci troviamo ha un nome talmente strambo che non me lo ricordo, so solo che ad un certo punto, nonostante io non abbia bevuto un granché, mi gira parecchio la testa. Troppa musica, troppa gente, troppa confusione.
- Ari, hai visto che c’è uno della tua scuola? – mi dice ad un certo punto mia cugina.
Mi volto subito nella direzione che mi indica, e so bene chi mi aspetto di vedere. Quella sensazione di attesa e di stupore, che soprende me per prima, non trova però riscontro.
E’ un ragazzo biondino, carino ma senza grandi pretese. Non è Ferri.
E per quale motivo mi aspettavo lui?
Scuoto la testa come per svegliarmi, mi dò automaticamente della pazza e decido di uscire a prendere una boccata d’aria fresca.
Coprendomi le spalle con la giacca, mi siedo sul secondo gradino di una scala in marmo, subito fuori dall’ingresso del locale. Dopo pochi minuti, mi appare davanti il biondino di poco prima.
- Ciao. – mi sorride. – Posso sedermi qui?
Apprezzo l’educazione. Se non altro mi ha chiesto il permesso. – Certo. – gli dico.
- Mi hanno detto che vai anche tu al Monti. – dice questo ragazzo. Vedo che ha gli occhi azzurri, e dei modi davvero gentili. – Io sono Matteo.
Gli stringo la mano. – Arianna.
- Che classe? – mi chiede, e da lì comincia una lunga sfilza di domande, ma non in stile interrogatorio. Si vede che Matteo è un tipo tranquillo, molto dolce. Mi chiede un sacco di cose ed è seriamente preoccupato per me quando gli dico che quel martedì ho il compito di recupero di mate, e che devo recuperare un quattro e mezzo.
Si offre anche di darmi qualche lezione per aiutarmi. Affollato il mondo delle ripetizioni, eh?
Quel suo riferimento, però, mi fa pensare ad un’altra cosa e ad un’altra persona. Mi alzo con una scusa per andarmene, e Matteo fa una cosa che mi coglie del tutto impreparata: mi prende la mano e la sfiora con le labbra.
- Allora, ci vediamo a scuola, ok? – mi dice. – Io sono al secondo piano, in B.
Aggiunge qualcos’altro, ma io sono ancora sconvolta da quel mezzo baciamano che mi ha appena fatto e non sento le sue parole. – Ci vediamo. – lo saluto. Recupero la mia mano e me ne vado via.
Mentre sto per salire sul motorino, il cellulare vibra nella mia tasca.
Un messaggio.
“Tappetta, salvati il mio numero. Ci vediamo lunedì pomeriggio”.
Il mittente non si firma, ma non ne ho bisogno. So chi è, ormai lo so fin troppo bene.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:

Stavolta al volo, visto che alle recensioni delle mie fedelissime (vi adoro *-*) ho già risposto di là! Ringrazio chi continua a tenermi tra i preferiti/seguiti (coraggiosi :D) e i nuovi impavidi che mi aggiungono ogni tanto! Grazie grazie grazie! 
Prossimo aggiornamento lunedì sera. Non perdetelo.

Baci!




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Capitolo 6
*** Equazioni, fiori e cioccolate ***


 CAPITOLO VI

Equazioni, fiori e cioccolate

 

 
 
- Sabato ho conosciuto un tizio che ti voleva mandare in prepensionamento. – dico a Ferri, quel lunedì pomeriggio. Siamo a casa mia, siamo seduti al tavolo, io ho appena cannato un’equazione e ho solo voglia di chiudere il libro e non aprirlo mai più per il resto della mia vita. Domani c’è la mia resa dei conti e sto disperatamente tentando di dimenticarmelo.
Ferri mi guarda con aria interrogativa.
- Ero a una festa, ho conosciuto un ragazzo della nostra scuola. – gli spiego. – Tra un discorso e l’altro siamo finiti sul mio compito di recupero, e lui si è offerto di darmi qualche spiegazione.
- Chi è? – mi fa Ferri, tornando a scrivere qualcosa sul suo blocco. La punta della sua matita, dopo qualche lettera, si spezza senza pietà.
- Matteo… Non mi ricordo il nome, mi pare sia in quinta B.
- Matteo Riva? – Ferri ha un’aria truce.
- Potrebbe essere.
- Stai alla larga da lui.
- Perché, scusa?
- Non è affidabile.
Fa la punta alla matita e si riappropria della sua solita espressione distaccata, da padrone del mondo.
- Non è l’impressione che mi ha dato. – gli dico. – Al contrario, mi è sembrato un ragazzo molto carino e gentile.
Ferri fa uno sbuffo sarcastico. – Come no.
- Lo conosci?
- Solo un po’. Quanto basta per capire che non è affidabile. – ripete.
- Forse, ma sicuramente non è né arrogante né spocchioso come te e tutti i tuoi amici. – sibilo.
- Può anche essere un campione di modestia, e ammettiamo per assurdo che sia pure “carino” e “gentile”, ma è davvero così importante che lo sia se poi, appena gli dai un po’ di fiducia, quello se ne approfitta?
Chiude il libro di botto e butta la matita nell’astuccio.
- Non ti seguo. – gli dico.
- Tu dagli un po’ di fiducia, tempo due secondi e ti ritrovi le sue mani nelle mutande.
Scuoto la testa. – Ok, hai delirato abbastanza. L’ho conosciuto e ho capito come è fatto, e non mi sembra il tipo che mette le mani nelle mutande della gente senza prima chiedere un permesso. Quindi rilassati: male che vada glielo negherò.
Lui mi guarda accigliato. – Forse non ne avrai il tempo.
- Ma che t’importa?
- Niente, hai ragione. Non m’importa niente. – riapre il libro e si mette a leggere qualcosa. – L’hai fatta l’equazione? – mi chiede.
- Sì…
- Cosa ti viene?
- X uguale 4/5?
Scuote la testa. – Smettila di pensare a quel deficiente di Riva e rifai l’equazione, è sbagliata.
Mi metto le mani fra i capelli. – Non ce la farò mai. E Matteo non c’entra niente, per la cronaca.
- Tu sei una di quelle che vogliono farsi regalare fiori e cioccolatini? – mi fa lui, di punto in bianco.
- Eh?
- Hai detto che questo Matteo è stato tanto carino e gentile.. cosa ha fatto di carino? Ti ha portato dei fiori?
Incrocio le braccia sul petto e mi appoggio alla sedia. – No, mi ha solo trattata con rispetto. Voi ragazzi non ci trattate mai con rispetto, il più delle volte siamo solo graziosi oggettini da usare a vostro piacimento, da sfoggiare con gli amici e da portare a letto. E tu… - blocco un suo tentativo di intromettersi nel mio discorso – …anche tu non fai eccezione. No, Matteo non mi ha regalato dei fiori ma può benissimo essere in grado di farlo, ed è questo che mi è piaciuto di lui. Lui è gentile. Non ha bisogno di fare lo spaccone e di trattare male la gente, per sentirsi un uomo.
Termino il mio discorsetto con un’eloquente occhiata nella sua direzione e so di aver colpito nel segno.
Ferri respira profondamente, punta di nuovo gli occhi sul libro e lo gira verso di me. – Esercizio 215. – mi fa, e con quell’ordine mette fine a tutte le nostre distrazioni.
 
 
La mattina dopo mi alzo contando i minuti che mi separano dal compito. È alla seconda ora: come minimo passerò la prima sgranando rosari e scrivendomi le formule più difficili in ogni parte del corpo.
Quando arrivo in classe trovo già Silvia seduta al suo banco, ma non riesco a dirle molto altro oltre a un saluto, perché noto subito qualcosa di strano al mio posto.
Ci sono tre rose bianche, appoggiate sul mio banco, e sotto alle rose un bigliettino. “In bocca al lupo”, c’è scritto sul biglietto. Solo questo.
- Da dove arriva? – chiedo a Silvia.
- Non ne ho idea, era già qui quando sono entrata. – risponde lei.
“Matteo…”, penso. E sono davvero sicura che sia lui l’artefice di quella sorpresa. Le mie guance si colorano un po’ e Silvia mi guarda intenerita.
- E’ il ragazzo che hai conosciuto sabato? – mi chiede.
- Penso di sì… Dopo indagherò. Prima devo assolutamente votarmi a qualche santo. – le dico, e inizio subito a prepararmi per la seconda ora.
Non vi sto a dire l’argomento del compito che il prof di mate mi consegna, nemmeno quanti esercizi ci trovo (tanti, comunque. Anzi, troppi!), vi basti sapere che sudo fino all’ultima goccia del mio sangue e che consegno proprio allo scoccare dell’ora.
La ricreazione arriva come un miraggio. Dopo essermi scolata mezza boccetta d’acqua in un colpo solo, avviso Silvia che vado a cercare Matteo, in quinta B, per ringraziarlo dei fiori.
Silvia sbatte gli occhioni. – Mi raccomando, eh! Non voglio vederti tornare ancora single!
- Guarda che il biglietto non conteneva nessuna proposta di matrimonio… - le faccio notare.
- E che vuol dire? Mi sembrava un messaggio più che chiaro! – proclama convinta.
Esco dall’aula ridacchiando, ma sulle scale il sorriso mi si spegne del tutto. Ferri sta scendendo in quel momento –senza bambole bionde incollate ai fianchi, grazie al cielo- e, appena mi vede, mi si pianta davanti impedendomi di proseguire.
- Allora, com’è andato? – mi fa.
- Sì, ciao anche a te. - gli rispondo laconica.
- E’ andato bene, no?
- Non lo so. Ora scusami, devo andare a ringraziare Matteo che mi ha fatto trovare dei bellissimi fiori sul banco stamattina, con un bellissimo bigliettino. – l’occhiata che gli lancio è più che eloquente. Sta a significare: “Vedi? Questi sì che sono ragazzi veri, non tu, poppante!”.
Stranamente, Ferri non raccoglie la provocazione, ma si fa da parte con un mezzo sorrisetto. Lo sorpasso e salgo al secondo piano senza fare più caso a lui.
Matteo è fuori dalla classe con un gruppetto di amici. Appena mi vede, li saluta e viene verso di me.
- Ciao! – mi fa con quel suo sguardo da angioletto.
- Ciao, sono venuta a ringraziarti per i fiori… sei stato davvero molto gentile. Il compito è andato bene, o almeno credo.
Lui mi fissa e aggrotta un po’ la fronte. – Dei fiori non so niente, ma sono felice che il compito sia andato. Festeggiamo? – mi chiede.
Io mi blocco. – In che senso, non ne sai niente?
Lui scuote la testa. – Non ti ho preso dei fiori. Ma ora che so che qualcuno ci ha pensato prima di me, capisco che devo darmi di più da fare. Ti va se usciamo, questo sabato?
- Come sarebbe a dire che non mi hai preso dei fiori?
Per la seconda volta ignoro la sua proposta. Non è per fare la sadica, è che sto cercando di capire se il buon Matteo mi sta prendendo in giro o cosa.
Lui mi guarda con aria afflitta, e solo in quel momento mi rendo conto che c'è una domanda a cui non ho nemmeno dato ascolto.
- Oh, certo! L’uscita! – mi fisso le punte dei piedi. – Beh ecco vedi al momento non lo so, devo vedere un po’ di cose...organizzarmi...
Lui sorride. – Non importa. Fammi sapere se ti va, ok?
Io annuisco.
- E fammi anche sapere se scopri chi è il mio rivale. – mi strizza l’occhio.
Io mi guardo intorno imbarazzata. Piacerebbe saperlo anche a me.
- Dai vieni, per “festeggiare” il tuo compito ci prendiamo qualcosa alle macchinette. – mi fa ancora Matteo. – Almeno qualcosa te lo posso offrire, no? – Mi prende la mano e mi trascina con lui, e solo in quel momento mi accorgo di una terza presenza, a pochi passi da noi.
Intento a gustarsi una cioccolata, appoggiato ad una delle finestre e del tutto incurante delle ragazze che passandogli a fianco lo salutano cinguettando, Ferri sta osservando noi due. Il suo viso non lascia trasparire alcuna emozione. Semplicemente, ci osserva.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice:

Benritrovate ^^
Come avete notato, qui la faccenda si sta un po’ complicando.. Da tanto sola che era, Arianna ora ha ben due gatte da pelare xD anzi due gatti, direi xD
Sarei curiosa di domandarvi quale dei due preferite, ma ho come la sensazione di sapere già la risposta.. ^^
Ringrazio le persone che sono sempre tanto carine da lasciarmi un commento *-* e anche chi mi segue in silenzio (ma se qualche volta vi va di dirmi cosa ne pensate io mica m’offendo, eh)
Il prossimo aggionamento è previsto per venerdì sera (giovedì non ce la faccio proprio -_-), spero di ritrovarvi tutte quante.
Concludo sbaciuzzandovi con tanto affetto!! Alla prossima!
 

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Capitolo 7
*** La notizia che tutti attendevano ***


 CAPITOLO VII
 

La notizia che tutti attendevano
 

 
 

 
 
Sono passati due giorni dal compito di recupero, non ho più visto Ferri nemmeno per sbaglio ed ho cercato di evitare sistematicamente anche Matteo.
Approfittando di questi giorni di tregua, ho chiesto a Silvia e a Sara, un’altra mia compagna di classe, di venire a studiare da me. Stiamo lavorando a un progettino di storia, il cui voto, purtroppo, farà media, perciò ci stiamo impegnando parecchio.
Silvia, grazie a Dio, deve aver fiutato l’odore della tregua perché in questi ultimi due giorni non ha più sollevato l’argomento Matteo. Dopo avermi ascoltata mentre deliravo riguardo alcuni fiori che non erano suoi, ha pensato bene di starsene zitta. Ho come l’impressione che mi stia studiando per capire la mia prossima mossa, ma non credo che la capirà tanto presto. Soprattutto perché per il momento non ho intezione di fare proprio niente.
- Ok, direi che per oggi ci siamo spaccate abbastanza la testa. – fa Sara, decretando così la fine del nostro pomeriggio di studio.
- Prendo le patatine. – dico io, e per poco non mi becco un’ovazione dalle mie due compari. Le patatine sono d’obbligo per tirarsi su il morale dopo un pomeriggio di storia.
Incrocio mia madre in cucina. – Ti sei cambiata… – noto – Stai uscendo?
- Sì, passa a prendermi un’amica.. una nuova, non la conosci. L’ho incontrata al corso di yoga. A proposito, sarà qui a momenti, vado a finire di truccarmi… se suonano apri tu!
- Ok. – dico versando le patatine nella ciotola, per poi tornare di là.
L’amica di mia madre non dev’essere una molto puntuale, perché io e le altre facciamo in tempo a finire tutto il sacchetto prima che qualcuno suoni finalmente alla porta. Anzi, per la verità le ragazze fanno in tempo anche a raccogliere le loro cose e a mettersi la giacca per uscire, quando io vado ad aprire.
E, come nella migliore delle tradizioni, di là dalla porta trovo una delle più brutte sorprese della mia vita.
- Arianna! – mi riconosce la donna a cui ho appena aperto.
Oh. brutta. porcaccia. miseriaccia.
- Sei Arianna, sì? Non mi sbaglio!
Carla.
Vi prego. Tutte, ma non lei!
- S-salve... – rantolo – Come va?
In quel momento arriva mia madre dalle camere. – Ciao Carla, sono quasi pronta! – le dice, salvo poi accorgersi che nella mia faccia pietrificata c’è qualcosa che non va. – Vi conoscete già? – domanda a Carla.
- Ma certo! Arianna è la ragazza di mio figlio!
Ecco. Mondo, inghiottimi!
Mia madre mi guarda curiosa. Io la guardo sorridendo come un’ebete, senza sapere cosa dire. E ora?
- Oh. – fa Carla. – Forse non…?
Sì, Carla, sì. Forse era meglio se stavi zitta!
- Tranquilla. – dice mia madre, riprendendosi magistralmente. – Arianna mi racconta sempre tutto, sono sicura che anche questa notizia l’avrei saputa entro breve.
- Ma anch’io l’ho saputa da poco, sai… Daniele me l’ha detto la settimana scorsa!
Oh no!!
Sentendo quel nome prego Dio e tutte le altre divinità del cosmo che Sara e Silvia siano a debita distanza, in quel momento, e che non stiano ascoltando. Ma sono quasi certa del contrario.
Mi volto con puro terrore, e me le ritrovo lì, a due soli passi. Sara ha uno sguardo famelico, come di un gatto che sta fiutando l’odore di una ghiottissima preda. Silvia mi guarda con un sorriso a trentadue denti e due occhi che brillano di gioia pura. È già tanto se si sta trattenendo dall’urlare al mondo intero che Daniele Ferri se la fa con la sua compagna di banco.
Mia madre non è un problema. Con lei posso chiarire più tardi. Il problema, anzi la CATASTROFE sono Sara e Silvia, che in questo momento se ne stanno andando e che non avrò più occasione di vedere fino a domani mattina. Non ho nemmeno il loro numero di cellulare!
- Chiamami! Chiamami! – gesticolo verso Silvia mentre la vedo sparire giù dalle scale. Mimo il gesto del telefono. – Chiamami stasera!! – le dico ancora.
Lei mi guarda e fa uno strano sorrisino. Non sono sicura che abbia capito.
Sto per precipitarmi giù, per rincorrerla, per fermarla prima che esca, ma Carla s’intromette di nuovo.
- Ci siamo conosciute la settimana scorsa a casa mia, vero Arianna? – mi chiede toccandomi il braccio, per richiamare la mia attenzione.
Io abbozzo un sì con la testa, mentre con la coda dell’occhio vedo Silvia che si chiude alle spalle il portone d’ingresso, due piani sotto di noi.
- Frequentate la stessa scuola, no? – continua.
- Sì sì. – E se facessi 4 scalini alla volta? E se mi gettassi dalla finestra?
- Che lezione fate, insieme?
Mi volto confusa verso di lei. Cosa sta blaterando adesso?
- Nessuna…
- Ma sì, Daniele diceva che vi eravate conosciuti a un corso, un corso a scuola!
Maledizione, ma che memoria ha?!
- Sì. – rispondo. – Educazione fisica. – confermo poi.
Mia madre vede che mi sto letteralmente divorando le unghie dal nervosismo e mi guarda un po’ perplessa.
- Sono tanto contenta di sapere che è figlia tua. – afferma intanto Carla, rivolta verso di lei.
Dal finestrino delle scale, vedo Silvia sfrecciare in mezzo al traffico col suo motorino, con Sara seduta dietro di lei.
 
 
Quella sera, Silvia non mi chiama. Passo le ore al computer a cercare un suo profilo su Facebook, Twitter, MySpace e robe varie, ma non trovo assolutamente nulla. Mi accontenterei anche dell’indirizzo e-mail. Ho spulciato quasi tutto l’elenco telefonico della nostra città, ma della sua famiglia non ho trovato alcuna traccia!
Disperata, mando il mio primo messaggio a Ferri.
“Allarme rosso. Oggi è venuta qui tua madre e ha detto alla mia che sono la tua ragazza. Erano presenti due mie compagne di classe.”
Mi risponde dopo nemmeno un minuto.
“Falle tacere.”
Rapido e conciso. Peccato che non sia possibile fare come mi dice.
“Non ho modo di contattarle adesso. Le vedrò solo domani mattina”
“Quando le vedi, falle tacere.”
“Ok, ma tu intanto fai tacere tua madre”
All’ultimo messaggio non risponde.
La mia notte trascorre popolata da incubi. Il più ricorrente è quello di Cristina e delle altre ragazze che stanno tampinando Ferri, che vengono da me per trucidarmi senza pietà.
Sì, i miei sogni sono alquanto splatter, lo riconosco.
La mattina dopo, appena arrivo a scuola, capisco che la tragedia è appena iniziata e che forse quei miei sogni tanto splatter non erano troppo lontani dalla realtà.
Appena entro dal portone principale, la folla di studenti si apre al mio passaggio e, dopo un breve momento di brusio generale, nel corridoio piomba un profondo silenzio. Cerco di concentrarmi sui miei passi ma qualche fischio d’incitamento dalle ultime file mi fa capire che sono improvvisamente diventata l’argomento della giornata. Anzi no, dell’intera settimana. Anzi no, di tutto l’anno scolastico!
Le ragazze che incontro sul mio passaggio, raccolte in piccoli cerchi, mi fissano cercando di perforarmi il cervello con la sola forza dello sguardo. Hanno gli occhi assetati di sangue. Molto probabilmente stanno meditando di farmi fuori alla prima occasione utile.
Sulla porta della mia classe c’è un simpaticissimo foglio A4 appiccicato con lo scotch, con su scritto: “Ferri, doma la rossa!”. Allegro messaggio di qualche buontempone.
Sulla lavagna, al mio ingresso, qualche mio sapiente compagno di classe ha scritto una perla di saggezza: “Le rosse lo fanno meglio”.
Ve l’avevo detto o no che nascere con questi capelli è una maledizione?
Mi dirigo furiosa verso il banco di Silvia. – Tu! – le punto un dito davanti al naso. – Preparati a morire!
- Non sono stata io! – dice quella, alzando le mani. – Lo giuro!
Mi volto verso Sara. – Tu, allora!
- L’ho detto solo a Roberta! – si giustifica lei.
- Io l’ho detto solo a Samantha! – proclama l’altra.
- E io solo a Chantal! – esclama quest’ultima.
Mi sembra chiaro che con questo metodo, probabilmente, a quest’ora la notizia la sa anche il cane del bidello.
Faccio dietrofront ed esco di nuovo in corridoio. Con il piglio di una Furia, travolgo tutti quelli che trovo sul mio passaggio e mi dirigo dritta dritta verso la quinta F. Ma non ho bisogno di arrivare fin là per trovare Ferri che, con evidente urgenza, stava molto probabilmente venendo a cercare me.
- E’ un casino! – gli dico, appena ci fermiamo uno davanti all’altra.
- Quelle idiote delle tue amiche hanno informato tutta la scuola! – mi fa lui, visibilmente incazzato.
- E’ stata tua madre a lasciarsi scappare la notizia per prima! – gli ringhio contro.
- Ora lascia stare mia madre!
- Se non avessi tirato fuori questa storia…!
- Se le tue amiche fossero state zitte…!
Gli afferro il colletto del maglione e piazzo la faccia a due centimetri dalla sua. – Ora devi dire a tutti che questa storia non è vera, che non sono la tua ragazza e che non lo sarò mai. Se lo facessi io, è evidente, non sarei credibile.
Lui mi blocca il polso. – Perché no? Una cosa per essere credibile la potresti fare: fatti vedere in giro con Riva. Potrebbe funzionare.
Cerco di divincolare il polso, ma lui non lo molla. – Certo, come no! Come se non avessi abbastanza casini! Ci manca solo che mi diano della puttana e che mi accusino di farti le corna! E poi scusa, visto che hai così tante donne, perché non ti fai vedere tu in giro con un’altra?
- Perché io sono sempre in giro con una diversa, le cose non cambierebbero poi molto.
Finalmente riesco a liberare il mio polso e con entrambe le mani gli dò uno spintone. – Sei solo un’esibizionista. Lascia stare, me la cavo da sola!
- Ti sei messa tu nei casini! – mi fa notare lui, affondando le mani nelle tasche.
La campanella delle otto suona ed io decido di tornare sui miei passi. Quando entro in classe sto ancora meditando una soluzione per smetterla di essere sulla bocca di tutti.
È quando mi siedo, precisamente, che capisco cosa devo fare.
 
 
 
 
 (to be continued...)
 
 
 
 
 


Spazio autrice
Salve, ragazze! Tutto bene?
Mi sono accorta che molto furbescamente non avevo mai messo i titoli dei capitoli ad inzio pagina xD ora ho sistemato… e poi, visto che sono in vena di fare le cose fatte bene, mi sono andata a cercare delle immagini che possano rappresentare Ari e il caro Ferri per fare un bannerino da mettere nei capitoli.. solo che sono totalmente imbranata con photoshop ._. in caso qualcuna avesse del tempo libero e volesse darmi una mano (anche con calma, senza fretta, anche durante le vacanze di natale) a creare un bannerino senza troppe pretese…beh, credo che le sarei riconoscente in eterno. Ovviamente l’immagine sarebbe sua, avrebbe la sua firma e io ne sarei soltanto un’umile sfruttatrice xD ..insomma, se qualcuna ha tempo e voglia, mi contatti!
Intanto ringrazio di cuore le persone che recensiscono sempre, non avete neanche idea di quanto apprezzi le vostre recensioni *-* è bellissimo sapere che ci siete e che la storia vi sta piacendo. Ringrazio infinitamente anche chi si è “svelato” in occasione dell’ultimo capitolo lasciandomi un commentino *-* sono contentissima che abbiate deciso di scrivermi qualcosa, grazie grazie grazie!
Come sempre, vi abbraccio e vi sbaciucchio tutte quante! (mi scuso con chi non ama gli sbaciucchiamenti ma sono una persona molto affettuosa xD)
 
 

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Capitolo 8
*** Vendicarsi ***


 CAPITOLO VIII

Vendicarsi

 

 
 
È solo la seconda ora e sul mio banco sono già atterrati 15 bigliettini di –false- congratulazioni da parte delle mie compagne di classe. Si complimentano con me perché ho conquistato Ferri… ma non sanno che l’unica cosa che ho conquistato, da quando ho messo piede a scuola, è stato un gran giramento di balle. Odio essere al centro dell’attenzione, figuriamoci se succede per qualcosa che con me non ha niente a che vedere.
- Rossetti, vieni qui un secondo. – mi dice la prof di storia dopo due soli minuti dal suo ingresso in aula.
Mi avvicino alla cattedra chiedendomi il perché di quel minaccioso invito e, appena mi trovo di fronte alla prof, vedo che quella mi guarda con occhi maliziosi.
- Ho saputo. – mi dice a bassa voce.
Io avvicino un po’ la mia testa alla sua. Non ho capito bene.
- Ho saputo la notizia. – prosegue lei. In classe è sceso un silenzio di tomba.
Mi guardo intorno inquieta. – Quale notizia..? – chiedo, ma un lungo brivido lungo la schiena mi avverte che la situazione è più grave di quel che pensassi. Anche la prof di storia crede che…? Ma come è possibile?!
- In corridoio.. - mi spiega, sempre parlando come se non volesse disturbare la Prima alla Scala –  ..C’era quel cartello coi vostri nomi all’interno di un cuore, e poi...
Mi schiarisco la voce cercando di prendere una boccata d’ossigeno. Guardo verso il resto della classe: la metà dei miei compagni sembra del tutto indaffarata nella ricerca di improbabili reperti archeologici sotto al banco, mentre l’altra metà sfoglia al contrario libri quasi mai aperti in vita, cercando di dissimulare l’interesse per questo nostro piccolo dibattito.
- Beh ecco vede è stato tutto un malinteso, prof, io davvero non so come…
- Non preoccuparti. Ho capito tutto. – mi dice lei, e da come mi guarda intuisco che invece non ha capito niente. Ne ho la certezza qualche secondo dopo, quando torna improvvisamente a parlare con il suo tono normale. – Ho bisogno che mi porti questo registro in quinta F. – proclama con un sorriso smagliante.
In classe, qualsiasi essere vivente ha improvvisamente bloccato tutti i suoi movimenti.
- A quest’ora dovrebbero avere assemblea di classe. – aggiunge la prof riabbassando la voce, e mi fa l’occhiolino.
Dal silenzio che è sceso, immagino che i miei compagni stiano trattenendo anche il respiro. Forse pensano che l’espansione delle loro casse toraciche causerebbe troppo disturbo.
Annuisco lentamente. – Certo. Vado subito. – dico soltanto.
Ventiquattro paia di occhi mi scrutano finchè esco dalla porta, compresi quelli della prof, che oggi ho scoperto far parte di quella categoria di professori che tentano di farsi amici i propri alunni, con mezzi più o meno leciti. La odierei a morte, per questo suo bel giochetto, se non fosse che il suo intervento, però, può rivelarsi provvidenziale.
Ora, infatti, mi serve solo un po’ di coraggio. So cosa devo fare.
Non so se è una buona idea, ma so che la devo mettere in pratica.
Arrivo alla porta della VF e busso. Dall’interno proviene il rumore di una trentina di persone che stanno parlando una sopra all’altra. Nessuno mi ha sentito bussare, evidentemente, quindi decido di entrare senza attendere oltre.
Apro la porta e, appena metto piede nell’aula, quella trentina di persone diventa improvvisamente muta.
Scopro subito che se ne stanno divisi in due blocchi: dalla parte destra i ragazzi, seduti sui banchi, alcuni con le gambe distese sui davanzali delle finestre, altri in piedi sopra alle sedie; alla sinistra le ragazze, raggruppate tutte in un angolo, attorno al banco di una che in questo momento mi sta guardando con puro odio al di sotto della frangetta castana.
- Ehilà. – mi fa una voce ben nota. Semisdraiato sulla cattedra, esattamente al centro tra i due schieramenti, sta Ferri. – Benvenuta. – aggiunge poi.
Un mugolio sordo si alza dalla curva delle ragazze. Le guardo: stanno digrignando i denti. Fra un po’ mi azzannano.
- Vi ho riportato il registro. – spiego facendo qualche passo.
Ferri scende dalla cattedra e si ferma davanti a me. – Grazie. – risponde placido. Maledetto.
- E poi volevo… - tentenno. Ora che tutti questi sconosciuti mi stanno guardando è molto difficile trovare il coraggio di fare quello che sto per fare.
Qualche mugolio dalla curva dei ragazzi, e poi qualcuno azzarda di più. – Ba-cio, ba-cio, ba-cio! – iniziano uno dopo l’altro, unendosi in un coro da stadio.
Ecco. Coraggio trovato!
- E poi volevo dirti che sei uno stronzo! Non ti devi permettere di uscire con le altre quando stai con me, capito?! Non ti permetterò di farmi le corna, io ti lascio!! Tra noi è finita!!! – gli urlo in faccia, e prima che lui possa dire qualcosa gli mollo uno schiaffo di cui, probabilmente, gli resterà un bel segno viola per qualche ora.
I ragazzi si sono azzittiti e le ragazze sono scattate tutte in piedi.
Ferri ha una mano sulla guancia, dove l’ho colpito, e mi sta guardando con un misto di stupore e incazzatura.
Io capisco che è il momento di tagliare la corda.
Il piano è riuscito, ma devo andarmene prima che lui possa replicare mandando in fumo tutti i miei sforzi. Giro i tacchi ed esco velocemente dalla porta nel boato generale, ma non faccio in tempo ad arrivare a metà corridoio che mi sento afferrare per un braccio. Vengo strattonata indetro e me lo ritrovo lì, attaccato a me.
Mi fa voltare e mi prende per le spalle. – Bella scena, complimenti. – sibila a due centimetri di distanza dal mio naso.
Lo guardo negli occhi e ci leggo qualcosa che mi spiazza del tutto. Ferri si sta divertendo? Ha gli occhi che brillano! Ma non ho modo di capirlo, né di fare altro, perché dopo un secondo lui mi mette una mano dietro alla nuca e incolla le labbra alle mie.
Vorrei protestare, giuro che vorrei farlo, ma la realtà è che non riesco a muovermi, e non voglio muovermi… perché Ferri ha un sapore così buono e le sue labbra mi accarezzano come non mi ero mai sognata di essere accarezzata, prima d’ora. In pochi secondi, il suo bacio da irruento diventa dolce. Mi assaggia piano, sfiorandomi la lingua con la sua, risucchiandomi dentro di lui. Tiene ancora la mano dietro alla mia nuca, forse ha paura che scappi. Beh, non c’è proprio pericolo, adesso. No di certo.
- Uuuuuh, hanno fatto pace!! – dice una voce in lontananza.
Non la sentirei nemmeno se Ferri non si staccasse bruscamente da me.
Giro lo sguardo a sinistra e ci trovo due ragazzi, suoi compagni di classe, probabilmente.
Lui ha ancora una mano tra i miei capelli, e mi si apre una voragine nello stomaco quando la ritira. Mi guarda piegando la testa da una lato e vedo che sta cercando di leggere qualcosa nei miei occhi. Sta cercando di leggermi dentro.
- Ottimo piano, complimenti anche a te. – gli dico.
Poi sguscio via dal suo abbraccio e corro a perdifiato fino alla porta della mia classe.
 
 
- Hai visto un fantasma, per caso? – mi chiede Silvia, dopo avermi fissata a lungo.
Sono rientrata in classe da un quarto d'ora e non sono ancora riuscita a riappropriarmi di una respirazione regolare. Il cuore mi martella nelle tempie ed il meglio che riesco a fare è fissare un punto della lavagna con gli occhi sbarrati.
- Ari, mi sto preoccupando. – prosegue lei, dopo un altro minuto di silenzio.
- Va tutto bene. – riesco finalmente a dire. La mia stessa voce mi giunge ovattata.
- Ah beh, non direi proprio. Sei dello stesso colore del muro. Posso misurarti la pressione? Credo che tu sia leggermente ipotesa.
Silvia ha una madre medico, scommetto che l'avevate dedotto.
- Sto bene. – finalmente riesco a voltarmi verso di lei.
Silvia mi guarda. – Puoi...puoi almeno cercare di sbattere gli occhi? Sai, sei un po' inquietante così.
- Scusa. – torno a fissare la lavagna e poi serro le palpebre. Il buio che mi avvolge mi rassicura. Il cuore comincia a rallentare.
- Cosa è successo? – mi chiede Silvia. La sua voce, stavolta, è calma e pacata.
Piano piano, riprendo a respirare regolarmente. – Non sono la ragazza di Ferri. – le dico, come prima cosa. Mi sembra d'obbligo metterlo in chiaro.
- Ah. – fa lei. – Beh... peccato.
- La storia della ragazza era una balla che lui ha raccontato a sua madre per spiegarle perché ci vedevamo. La faccenda delle ripetizioni, ricordi?
- Sì, ricordo. La madre pazzoide, lui più pazzo di lei… tutto chiaro.
Ho ancora gli occhi chiusi, mentre proseguo. – Volevo solo...volevo solo che capissero che io non c'entro, capisci?
- Mmmh… veramente no.
- La sua classe... Credevano alla storia della ragazza. Allora io l'ho mollato davanti a tutti.
Silvia tace per qualche secondo. Poi si schiarisce la voce. – Scusa, come hai fatto a mollarlo se non eravate nemmeno insieme?
- Ho fatto finta. Ho finto di mollarlo e gli ho tirato una sberla.
Sento che Silvia soffoca un'esclamazione. Molto carino da parte sua non mettersi a urlare in mezzo alla classe, durante la lezione di storia.
- Pensavo di esserci riuscita. Pensavo che in quel modo la questione sarebbe stata chiusa, che se tutti ci avessero visti litigare avrebbero smesso di attaccare cartelli sdolcinati in giro per la scuola. Mi segui?
- Sì, il tuo modo di risolvere le cose mi preoccupa parecchio, ma ti seguo.
- Non ho risolto, Silvia. Non ho risolto un cavolo. Era andato tutto bene ma poi lui mi ha seguita e mi ha baciata davanti a due suoi amici, e così adesso tutti credono che siamo di nuovo insieme, come prima. Anzi, forse pure peggio.
Silvia tace.
Apro un occhio e la guardo di traverso. Ha più o meno l'espressione che avevo io quando sono rientrata in classe: un baccalà.
- Tutto bene?
Silvia deglutisce rumorosamente. – Ari, voglio che mi misuri la pressione, stavolta credo di essere io quella ipotesa.
Chiudo nuovamente gli occhi. – Non scherzare, la faccenda è seria.
- Lo so che è seria! Ferri ti ha baciata!
- Non è quello il punto. Il punto è che l'ha fatto apposta perché gli altri mi credano ancora la sua ragazza, capisci?
- Rossetti, stiamo dormendo? – mi dice la prof in quel momento.
Riapro immediatamente gli occhi e li punto sul banco. Silvia finge di seguire la lezione sul libro ed io cerco di interessarmi alla vicende della rivoluzione francese. Niente di più difficile.
Passano alcuni minuti, durante i quali ascolto distrattamente di gruppi rivoluzionari armati che protestano a Parigi nell'anno 1789. Poi, Silvia si volta ancora verso di me. – Non mi convince, questa cosa. – bisbiglia.
- Cosa c'è che non ti convince nella presa della Bastiglia?
- Sto parlando di Daniele Ferri, scema! Secondo me lui non avrebbe alcun interesse a far circolare la voce che siete insieme. Insomma, lo sappiamo come è fatto. Gli piace godersi la vita.
Ripenso al nostro incontro della settimana prima e mi tornano in mente, come in un flash, le parole di Ferri: "Sono io il primo a non volere che questa storia si sappia in giro".
- Forse vuole semplicemente rovinare la mia. – ipotizzo. E mi rendo conto che ci sta anche riuscendo alla grande.
 
 
 
 
 (to be continued...)



 
 

 
 
Spazio autrice:
 
Vi chiedo scusa per questo aggionamento un po’ ritardatario e ancora di più perché questo sarà l’unico capitolo della settimana :( il prossimo, infatti, lo pubblicherò lunedì sera. Però per farmi un po’ perdonare vi anticipo già che il prossimo capitolo sarà più lungo dei precedenti, e il successivo (se tutto va bene) sarà più lungo ancora. Ormai siamo entrati nel vivo della storia ed io sono nel pieno della mia fase creativa ^^
Ora lascio a voi la parola perché sono impaziente di leggervi. Soprattutto dopo il bacio che è scoccato tra i due. Che ne pensate? Banale, scontato? O ci stava? Lo so, ancora non c’è quasi nulla di romantico in questa storia ma...no, non ho sbagliato sezione, state tranquille! xD abbiate fiducia!
Vi aspetto lunedì sera per il capitolo IX. Baci!!
 
Lily
 
 
 

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Capitolo 9
*** Conseguenze ***


 CAPITOLO IX

Conseguenze

 

 
 

 
 

Alla fine delle lezioni esco da scuola alla velocità della luce. Intorno a me è tutto un borbottare, un mormorare, risatine e occhiatacce fulminanti. Non potrò resistere molto a lungo, se continua così.
Pianto gli occhi a terra fingendo di non sentire nulla e raggiungo a testa bassa il parcheggio dei motorini per fiondarmi a casa immediatamente. Prima che riesca ad arrivare al mio motorino, però, tre ragazze si piazzano davanti a me.
- Ferma, ferma. – mi dice una di loro.
La guardo e la riconosco subito: frangetta castana, compagna di classe di Ferri. Ahia.
- Abbiamo delle cose da dirti.
- Che peccato, vado proprio di fretta. – esclamo sorpassandole. – Sarà per un’altra volta, eh?
Mi sento prendere per le spalle. – No, tu aspetti! – mi dice un’altra. Bionda, capelli lunghi e…oh, cavolo.
- Cristina, quinta A? – le chiedo con l’aria di chi sa di aver indovinato, mentre mi risuonano nella testa le parole di Silvia:“Attenta alle rivali”.
Stavolta mi sa che mi sono messa nei guai sul serio.
- Sì, sono proprio io. – mi dice Cristina. – La vera ragazza di Ferri.
- Sono davvero felice che abbiamo chiarito questo piccolo malinteso! – butto lì velocemente. – È ovvio che sei tu la ragazza di Ferri! Nessun problema, da parte mia.
- Invece il problema c’è. – mi afferra per le spalle. È più alta di me di dieci centimetri buoni. Le sue due compari, Frangetta-Castana e Coda-di-Cavallo sono alle sue spalle, pronte ad intervenire in caso di bisogno.
- Dimmi pure. – cerco di mostrarmi disinvolta, come se non sentissi i suoi artigli affondarmi nella carne. Accidenti se stringe, la ragazza!
- Il problema, tesoro, è che tu oggi ti sei fatta il mio ragazzo davanti a tutti.
- Io? Ma scherzi? – “Negare, sempre negare, anche l’evidenza!”, diceva il tale. In cuor mio spero che funzioni, ma Cristina non molla la presa.
- Proprio tu, carina. Non ti devi più avvicinare al mio ragazzo, capito?!– mi dice, e inizia a scrollarmi come se fossi un cocktail da shakerare. – Se ti avvicini ancora giuro che io…
Mi divincolo. – Ma che vuoi da me? È lui che si è avvicinato, vai da lui a dirle queste cose!
- Che sta succedendo? – dice una voce alle mie spalle.
Cristina molla la presa. – Fatti gli affari tuoi. – sibila alla persona che è dietro di me. – Ci vediamo, carina. – mi dice poi, e con un’ultima occhiata minacciosa se ne va, seguita dalle sue alleate.
Io mi volto massaggiandomi una spalla dolorante e mi trovo a ricambiare uno sguardo serio e preoccupato, lo sguardo di Matteo.
- Mi vuoi spiegare? – mi chiede lui.
- Era la ragazza di Ferri, anche se non ho capito se ha l’esclusiva o se è solo una delle tante. – rispondo raggiungendo a larghe falcate il mio motorino. – Se l’è presa per le voci che girano, sai..quelle che…
- Sì, lo so. – mi fa Matteo, asciutto. – Tu e Ferri.
- Non è la verità. – gli dico.
- Lo spero bene. Anche perché sto ancora aspettando che tu mi dica se esci con me domani sera.
Stavolta gli rispondo senza pensarci due volte. – Certo, perché no?
In realtà vorrei aggiungere un paio di cose, del tipo: “porta anche tutti i tuoi amici e tutte le persone che conosci di questa scuola, così tutti vedranno che sono uscita con te e la smetteranno di mettere il mio nome e quello di Ferri in tanti cuoricini rosa”. Ma me le tengo per me, e continuo a massaggiarmi il braccio, tanto per fare qualcosa.
Matteo mi fa un sorriso raggiante, ma io il mio lo abbozzo appena. In realtà non so se vorrei davvero uscire con lui. Intendo, non so se ci uscirei se non fossi in questa situazione.
- Passo a prenderti alle nove. – mi dice.
Sentire l’orario mi sa un po’ di condanna a morte, chissà perché.
- Ok. – gli faccio. Salgo sul motorino e, finalmente, metto in moto per precipitarmi a casa, posto da cui non ho intenzione di uscire almeno per le prossime 36 ore.
 
 
 
Il giorno dopo è sabato ed io ho già deciso che mai e poi mai andrò a scuola quel giorno. Non voglio sentire gli altri studenti momorare al mio passaggio, non voglio farmi malmenare da Cristina, interrogare da Matteo e…baciare (Oh, santissimi santi del paradiso! Ho detto baciare? Ho detto baciare??) da Ferri. Quella cosa del bacio, soprattutto, non l’ho ancora mandata giù. I lividi che mi ha lasciato Cristina mi sembrano niente a confronto con quella sensazione di voragine nello stomaco che mi ha lasciato lui. La seconda è molto, molto più dolorosa.
Me le invento tutte per convincere quel Dottor House che è mia madre, ma sono costretta a dirle la verità perché di tutte le scuse che invento per restarmene a letto (mal di testa, mal di pancia, dissenteria, vomito, labirintite, sciatalgia e reumatismi) mia madre non ne accetta nemmeno una.
Alla fine mi arrendo. – Ok, c’è una persona che non voglio vedere. – le dico.
- E nasconderti in casa ti sembra il modo giusto per affrontare i problemi? – mi chiede lei, fredda e razionale come solo una madre sa essere.
- Sì!! – rispondo nascondendo la testa sotto il cuscino. Ho deciso che la tirerò fuori solo a mezzogiorno, punto e basta!
La fortuna è dalla mia parte, stavolta, perché mia madre deve andare al lavoro quindi non può stare lì a contrattare con me. Ma al pomeriggio, al suo ritorno, mi becco una predica di 35 minuti. Meritata, devo dire, ma non riesco a starla ad ascoltare. Voglio bene a mia madre, non fraintendetemi. È solo che questo non mi sembra il momento per sentire discorsi sulla responsabilità, eccetera. Ci sono talmente tante cose che mi passano per la testa…
Quando arrivano le 21 ed esco di casa per incontrarmi con Matteo, mi sento tutta sottosopra. Ho tentato di pettinarmi e truccarmi in maniera vagamente decente, ma non so se ho raggiunto l’obiettivo.
I jeans mi vanno troppo larghi e le scarpe troppo strette, il top non cade bene e i miei capelli sembrano paglia. Eppure, quando Matteo mi guarda fa la faccia di quello che ha visto la donna più bella del mondo. Contento lui!
Mi porta al Piper, un locale che hanno aperto da poco e che sta avendo parecchio successo. Ne sono sicura quando arriviamo: in questo posto ci devono essere almeno 500 persone. Fortuna che Matteo ha prenotato un tavolino per due!
- Ti piace qui? – mi chiede quando ci sediamo.
- Certo! – gli dico, e scopro di avere la salivazione a zero. Che c’è, sono agitata? E perché dovrei esserlo?
- C’eri mai stata?
- No, mai! – rispondo, e mi guardo intorno per vedere se conosco qualcuno, ma le luci sono basse e non riesco a distinguere nessuna faccia nota.
Matteo mi fissa, forse sperando che io tiri fuori un discorso, ma tocca ancora a lui parlare. – Il proprietario è un mio amico, per questo sono riuscito a prenotare il tavolo. – spiega.
Gli faccio un sorrisino per fargli capire che ho capito, ma mi ostino a non dire nulla.
Sono loquace, eh?
Il fatto è che ora mi rendo conto che non vorrei essere qui. Non avrei dovuto accettare di uscire con lui, l’ho fatto d’impulso ed è stato un errore. Ecco cos’era l’agitazione che sentivo, e che continuo a sentire. Io non voglio lui. Insomma…
Oh, cazzo!
Di fronte al bancone, con una birra in mano e una ragazza attaccata ai fianchi, c’è Ferri.
Ferri. Daniele Ferri. Quel Ferri che ho baciato ieri. Quel Ferri che… insomma, avete capito il concetto: lui è lì! E la cosa peggiore è che mi ha vista! Mi sta guardando!
D’improvviso mi sale un gran caldo e scatto in piedi. – Scusa. Devo andare in bagno. – dico ad un Matteo sempre più perplesso. – Torno subito. – aggiungo poi, anche se sono sicura che non tornerò tanto presto.
Mentre fuggo letterlamente dal tavolino sento due sguardi puntati su di me. Uno è quello di Matteo, l’altro è il suo. Per questo, quando mi chiudo la porta del bagno alle spalle, posso avvertire il sollievo scivolarmi addosso come dell’acqua fresca in una torrida giornata d’estate.
Vado ai lavandini e mi guardo nel grande specchio che occupa tutta la parete. E ora?
L’ultima volta che ho incontrato Ferri, gli ultimi secondi che abbiamo passato insieme, la mia bocca era incollata alla sua. Cosa dovrei fare, adesso? Andare a dirgliene quattro? Ignorarlo? Baciare Matteo davanti a lui per vendicarmi?
Nessuna di queste soluzioni mi piace. Preferirei stare nascosta lì per qualche ora, sinceramente.
La porta del bagno si apre, ma non guardo chi è entrato. Fisso le mie mani sotto il getto dell’acqua che esce dal rubinetto, finché mi accorgo che c’è troppo silenzio intorno a me.
Allora mi volto e lo vedo lì, davanti alla porta, a braccia conserte. Mi fissa.
- È il bagno delle ragazze!! – gli dico scandalizzata.
Ferri fa una smorfia. – Sì, ho notato. Com’è che il più delle volte quando c’incontriamo c’è sempre un cesso di mezzo? – si gira verso la porta e la chiude a chiave dall’interno. A doppia mandata.
Gli spalanco due occhi allibiti. – Questo si chiama sequestro di persona!
- Sì. – mi dice lui, sempre con quella smorfia tediata. – Ed è la seconda volta che ti sequestro. Solo che l’altra volta eravamo in camera mia.
Il tono basso con cui dice “camera mia” scatenerebbe in me dei pensieri proibiti, ma m’impongo di non pensarci e di non fissargli le labbra come…oh, maledizione, gliele ho già fissate! Ma sarò cretina?
- Senti, c’è un ragazzo che mi aspetta di là. – gli faccio notare.
- Sì, Riva. L’ho visto. Eppure te l’avevo detto di non fidarti di lui. Non vede l’ora di metterti le mani addosso.
- Senti un po’, non è Matteo quello che mi ha baciata appena si è trovato a meno di mezzo metro da me!
- Quella era un’altra situazione.
- Oh sì. – adesso le incrocio io le braccia. – Era perché volevi fare lo splendido davanti ai tuoi amici!
Ferri apre la bocca per rispondere, ma viene interrotto. Una ragazza –non sapevo nemmeno che ci fosse! È stata in silenzio fino a questo momento?- esce timidamente da uno dei Wc e ci guarda imbarazzata, un po’ rossa in faccia.
- Scusate. – mormora. – Non volevo ascoltare…
- Fuori. – la gela Ferri indicandole la porta. – E’ una conversazione riservata, se non ti dispiace.
Lei si defila velocemente e Ferri richiude subito la porta. Altre due mandate.
- Sai cosa mi è costato quel tuo simpatico giochetto di ieri? – gli sibilo subito dopo. – La tua ragazza, Cristina, è venuta da me per minacciarmi! Meno male che è intervenuto Matteo se no quella mi… mi…
- Intanto, Cristina non è la mia ragazza. – dice lui.
- Ma come, se siete sempre appiccicati! E poi me l’ha detto lei!
- Non è che siamo appiccicati, è lei che è sempre appiccicata a me, è diverso.
- La sostanza non cambia. A quanto pare, lei ti considera una sua proprietà.
- Questo lo posso sistemare. – fa un cenno con la mano, come per accantonare il discorso. – Ti ha fatto male? – mi chiede poi.
Sto per dirgli sì, ma mi fermo. – No. Non ancora, almeno.
- Ti ha minacciata, dicevi. Cosa ti ha detto?
- Che ti devo stare a distanza di sicurezza. Ed ho intenzione di prenderla alla lettera. Quindi fammi un favore, apri questa porta e torniamo tutti e due alle nostre vite. Separati, possibilmente.
Ferri mi guarda fisso per qualche secondo. – Cos’hai intenzione di fare, con Riva? – mi chiede poi. Calmo, pacifico, come se il discorso in fondo non gli interessasse davvero.
- Ci beviamo qualcosa e facciamo quattro parole.
Considerata la mia loquacità, anche meno.
- Questo ti crea dei problemi? – gli chiedo.
- Nessuno, a me. A te, invece, può crearne. Ti ho avvertita, lo sai che tipo è. Ma non ci sarebbe neanche qui nessun problema, se anche tu fossi quel tipo di ragazza. Ma il punto è che tu non lo sei.
- Ma che cosa ne sai? Come puoi sapere che tipo di ragazza sono io?
- Ti ho capita.
Mi guardo intorno scocciata. – Non lo sai che le persone sono imprevedibili? – gli dico, e poi decido di bermi il cervello una volta per tutte. Tanto, che problema c’è? La mia vita è già incasinata, un casino in più o in meno non fa differenza.
Mi avvicino a lui e, sollevandomi sulle punte dei piedi, gli afferro la faccia con entrambe le mani e gli scocco un bel bacio sulle labbra.
Portate pazienza, ma erano almeno cinque minuti che contiuavo a fissargliele, doveva pur finire così!
- Questo te lo saresti mai aspettato? – gli chiedo, staccandomi.
Lui ha uno sguardo un po’ confuso ma gli occhi sono luminosi. Ci scorgo anche un lampo di qualcos’altro, che non saprei definire bene. Desiderio?
- No. – ammette, deglutendo appena.
- Allora smettila di credere di sapere tutto di me. – lo gelo.
Gli prendo la chiave dalla mano, apro velocemente la porta e me ne vado, lasciandolo lì, da solo, nel bagno delle ragazze.
 
 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ragazze, come state? Dai che manca poco a Natale *__*
Questo capitolo doveva avere anche un altro paragrafo ma non mi convinceva, allora ho preferito pubblicarlo senza, così intanto me lo riguardo un po’..quindi il prossimo capitolo comincerà di nuovo con una scena all’interno del Piper.
Leggendo le vostre recensioni (vi adoro *-* mi fate scoprire cose della mia storia di cui nemmeno mi ero resa conto!) mi sono accorta di dover dare qualche spiegazione su Daniele e sul suo comportamento, perché adottando sempre il pov di Arianna certe cose non le posso spiegare (sto anche meditando di fare una one-shot tutta dal pov di Daniele, ma vedremo..per il momento, work in progress xD).
Come molte di voi hanno immaginato, lui è attratto da Arianna e non ha alcuna intenzione di mettere a tacere le voci (anche se fa finta di esserne infastidito) perché vuole che gli altri ragazzi le stiano lontani. In particolare, ora c’è questo Matteo che ronza intorno ad Arianna e –cosa ancor peggiore- Arianna sembra dargli corda..o almeno questo è quello che Daniele crede, ed anche se non lo dà a vedere questa faccenda lo disturba parecchio ;-)
Nel prossimo capitolo però (in seguito alla discussione che i due hanno avuto nel bagno del locale) le cose cambieranno ancora…
Spero davvero che continuerete a seguirmi e che i prossimi capitoli vi piaceranno.
Un bacione a tutte e un grazie anche a chi ha messo la storia tre le seguite o le preferite!!
 
Ps. Il capitolo 10 lo posterò venerdì sera o al massimo nella giornata di sabato. Vi aspetto.
 

 

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Capitolo 10
*** Dettagli ***



 






CAPITOLO X

 Dettagli

                    
     
            
- Ce ne hai messo di tempo. – mi fa notare Matteo quando torno al nostro tavolo. – Tutto bene?
- In bagno c’era molto traffico. – gli dico.
- Anche maschile... – commenta lui.
Lo guardo seria, senza sapere cosa dire. Quindi ha visto Ferri entrare? O il suo era un semplice commento senza secondi fini?
- Ho visto Daniele Ferri venire nel bagno subito dopo di te. – mi dice a quel punto.
Non c’è niente da fare, i pensieri mi si leggono in faccia. Dovrei girare con una maschera perennemente calata sul viso!
Afferro la mia Coca-Cola e mi ficco la cannuccia in bocca. – Mmmhh…aveva sbagliato porta. – tento, fingendomi assorta nel sorseggiare la bibita.
Matteo ridacchia. – Sì, come no. Lo sai che quello è uno furbo, no?
- Mmmhh… Non lo conosco bene. – le mie guance stanno prendendo colore, lo sento.
Matteo per fortuna sposta gli occhi sul resto del locale. – Avrà avuto un appuntamento là dentro con qualche ragazza. – commenta. – Lui è così, ha una donna in ogni porto.
- Mmmh...
- Come mai a scuola gira la voce che tu e lui state insieme?
Sto per soffocarmi, ma mantengo il contegno. – Beh.. sai come sono le voci.. non si sa mai da dove vengono.. forse qualcuno ci ha visti vicini e per qualche strano motivo ha pensato che fossimo.. Beh.. insomma, non lo so…
- L’importante è che non sia vero. – Matteo mi sorride. – Altrimenti noi due adesso non saremmo qui.
Il suo sguardo zuccheroso mi fa venire la nausea. Tento di cambiare discorso, e grazie al Cielo ci riesco. Per un po’ io e Matteo ci mettiamo a parlare del più e del meno senza tornare sull’argomento “Daniele Ferri”. Ma poi quel disgraziato del mio accompagnatore, invece di guardare di fronte a sé, ha la malaugurata idea di dare un’altra occhiata al resto del locale e…
- Oh, guarda Ferri, ne ha rimorchiata un’altra. – mi dice.
Ecco, stavolta soffoco sul serio.
Guardo con la coda dell’occhio e lo vedo, sta facendo il marpione con una tipetta molto graziosa, coi capelli neri corti e un abitino molto succinto. Non so bene perché ma mi si apre di nuovo quella voragine nello stomaco che pensavo di aver archiviato. Invece no, eccola lì, unita ad una buona dose di groppone in gola.
Perfetto, direi.
- Se la fissi così per un altro paio di secondi potresti disintegrarla. – mi dice Matteo.
- Come..?
Ride. – La stai fulminando, questa povera ragazza! Che ti ha fatto? La conosci?
- No. Non la stavo…
- Non è che sotto sotto questo Ferri ti piace?
Scuoto vigorosamente la testa. – No, è solo che sono molto arrabbiata per la storia che è uscita a scuola, sai…
Matteo annuisce, e vedo che mi crede. Ma io per prima non credo a me stessa: non è la storia che è uscita a scuola che mi sta facendo fulminare con gli occhi quella ragazzetta. Mio Dio, la stavo guardando come Cristina guardava me ieri mattina! La faccenda è grave. Gravissima.
- Ti va se usciamo di qui? – dico a Matteo.
- Certo. – mi risponde, e mi accompagna fino fuori, e poi di nuovo nella sua macchina, e poi di nuovo verso casa. È presto, ma con un paio di scuse riesco a dirgli che preferisco rientrare. Direi che come prima (e ultima) serata può bastare.
- Ci vediamo a scuola, allora. – gli dico quando ferma la macchina di fronte al cancello di casa mia. Che sia abbastanza chiaro come messaggio? O devo aggiungere “a scuola e da nessun’altra parte”?
- Senti, Arianna… - inizia lui.
Oddio.
- Senti, lo so che è presto, ci siamo visti solo una volta, però io vorrei…
Lo guardo. Oh no.
Matteo si gira velocemente verso di me, avvicinando il suo viso al mio.
- Aspetta! – faccio un salto all’indietro, tanto che sbatto la schiena contro la portiera.
Matteo è rimasto sospeso a mezz’aria con le labbra protese in avanti.
- Non credo che sia il caso. – gli dico.
Torna dalla sua parte del sedile. – Come vuoi. – mi sorride. – Allora ci vediamo a scuola?
Io ho già una mano sulla maniglia. – Sì sì! – gli dico, e apro.
Peccato che, essendo tutta appoggiata alla portiera, appena la apro il mio sostegno crolla e io rischio di precipitare a terra. Mi aggrappo al sedile e, per qualche strano miracolo, riesco a non cadere sull’asfalto.
Ridacchio imbarazzata e Matteo ride con me.
Gesù, che scena pietosa!
- Ci vediamo. Ciao ciao! – gli dico, facendo qualche goffo passo verso casa.
Quando la macchina riparte, ve lo giuro, sospiro di sollievo.
 
 
Trascorro la domenica guardando commedie romantiche sotto le coperte. Sapete, no, quei film che iniziano con tutti i protagonisti single e finiscono con tutte coppie? Beh, ecco, quando sono giù di morale per qualche motivo decido di lobotomizzare il mio cervello con quel genere di commedie.
L’effetto è simile anche questa volta: arrivo a sera con gli occhi a palla e…indovinate un po’? Non ho fatto i compiti. Ehmm…
- Mi fai copiare inglese? – imploro Silvia la mattina dopo, appena la vedo.
Lei butta il suo zaino sul banco e mi guarda dall’alto in basso. – Hai notato niente? – mi chiede.
- Cosa..? No..
- Non hai notato che gli altri ragazzi non ti guardano più come se fossi Alien sbarcato da una navicella?
- Eh?
- Non hai notato che la metà della popolazione di questa scuola –la metà femminile, s’intende- non ha più alcuna intenzione di trucidarti?
Mi guardo intorno spaesata. – No..
- Ok, il tuo cervello è andato in fumo, ma non preoccuparti: ci sono qui io. – si siede accanto a me. – Ho una bella notizia da darti: i tuoi guai sono finiti. Ferri ha ufficialmente comunicato a tutti che tu e lui non state insieme. Sei libera.
La guardo in tralice.
Silvia mi fissa per qualche secondo e poi mi guarda dietro alla schiena. – Dove ce l’hai la spina…? – mi chiede. – Dev’essere staccata…
- Ferma. Ferma. – le dico. – Cos’è che hai detto?
- Che è ufficiale: tu e Ferri non state insieme, l’ha detto lui. Ha strappato i cartelli in giro per la scuola, ha tolto gli striscioni ed ha pure cazziato sonoramente Cristina, quella con gli occhi da trota, che si dice in giro che stesse meditando qualche brutto tiro verso di te.
Sono senza parole. Davvero Ferri ha fatto tutto questo?
- Beh.. è molto bello. – dico poi.
Silvia alza un sopracciglio. – Solo molto bello? Ma non eri tu quella che diceva che Ferri ti aveva rovinato la vita? Ed ora tutto questo è solo “molto bello”?
Sorrido. – E’ meraviglioso. Ok?
- Così va meglio. E oggi è il gran giorno. Ti consegnano il compito di recupero di mate.
Argh!
- Tu sei tremenda! Me lo dovevi proprio ricordare?
- Tranquilla.. Sarà andato alla grande. Avevi studiato, no?
Sì, avevo studiato, e pure tanto. E pure con Ferri. Accidenti!
- Sai com’è, io alla matematica non vado molto a genio. – le dico. Trascorro il resto dell’ora in trepidante attesa senza seguire pressoché nulla della lezione d’inglese e, quando suona la campanella della seconda, salto sulla sedia come un grillo.
È l’ora della verità.
- Sei un po’ pallida. – mi fa notare dottor Silvia.
- Me la sto facendo sotto. Non posso prendere un’altra insufficienza, sarebbe la fine.
Il professore entra con uno strano sorrisetto sotto i baffoni grigi e la prima cosa che fa è guardarmi.
Io lo guardo di rimando.
- Terrorizzata, Rossetti? – mi chiede, galvanizzato dal mio terrore. Poi viene verso di me e mi piazza il compito sul banco. – Tieni, te lo consegno subito, così ti togli il pensiero.
Guardo il foglio con gli occhi semichiusi, ma li spalanco appena leggo il voto. Sei e mezzo!!! Sei e mezzo!!! Sei e mezzo!!!
- Perbacco! – esclama Silvia. E poi sentenzia: – Tutto merito di Ferri.
- E ti pareva, per una volta che sono contenta devi tirare di nuovo in ballo lui?
- Che c’è? È la verità. Se non ti avesse fatto lezione a quest’ora saresti bocciata.
Come mi vuole bene, la mia amica Silvia…
- Ok, non hai proprio tutti i torti. – convengo, e mi rendo conto che sarebbe una cosa carina andare a ringraziare la persona che mi ha aiutato ad allontanare la bocciatura.
Sarebbe.
Sì, perché non sono sicura di volerci andare, visto che l’ultima volta che sono stata con lui l’ho baciato a tradimento e la volta prima lui ha baciato a tradimento me. Insomma, non è propriamente un rapporto facile da gestire.
Però poi arriva la ricreazione, ed io, cercando di non fare caso a quel groppone in gola che non mi abbandona più, invece di stare in classe mi addentro nel chiostro e cerco con gli occhi la figura di Ferri. Vedo tante ragazze, ma nessuna se lo sta spupazzando. Dov’è finito?
Poi, finalmente, lo scorgo. Se ne sta da solo, seduto su una panchina in marmo in fondo al chiostro, e si sta fumando una sigaretta. Completamente, totalmente da solo.
Mi avvicino a lui guardandomi intorno, immaginando di vedermi piombare addosso come minimo tre o quattro spasimanti e di essere placcata dalle gambe come in una partita di rugby, ma non accade nulla di tutto ciò. Arrivo davanti a lui indisturbata, e proprio quando sono lì mi rendo conto di non sapere cosa dire. Grazie per l’aiuto? Scusa se ti ho baciato? Ero ubriaca? Non ero io, era la mia gemella?
- Ciao. – mi saluta lui, con la sigaretta a fior di labbra.
- Mi hanno consegnato il compito di recupero. Ho preso sei e mezzo. Grazie. – dico tutto d’un fiato.
Lui sembra sorpreso. – Brava. – mi fa.
- E ho saputo che hai fatto tacere le voci. Grazie anche per questo.
Annuisce e guarda in basso. Dà un tiro di sigaretta e poi torna a guardare me. –
Paradossalmente, la persona che l’ha presa peggio è stata mia madre. – dice con un mezzo sorriso, facendo uscire conturbanti nuvolette di fumo. – Le piacevi, tutto sommato.
- Accidenti. – mi gratto la testa imbarazzata. – Meno male che mi ha visto due sole volte.
- Già. – commenta lui con un sorriso amaro. Ha l’aria sbattuta. Sembra triste. Che gli succede?
- Dove sono tutte le tue donne? – gli chiedo senza saper resistere.
- Avevo voglia di stare da solo. – risponde semplicemente.
- Allora non ti disturbo oltre, torno in classe. – faccio subito, ma lui in risposta toglie i piedi dalla panchina su cui sta seduto, liberando un altro posto. Poi me lo indica con un cenno della testa.
- Prima mi devi raccontare del compito di matematica.
- Naaah, non c’è molto da dire.
- Un sei e mezzo è quasi un miracolo. Non credevo ce l’avresti fatta.
- Grazie tante! – gli lancio un’occhiata risentita e lui stiracchia un sorriso.
Un altro tiro di sigaretta. Un’altra nuvoletta di fumo che esce dalle sue labbra e mi passa davanti, sfacciata.
- Tua madre.. davvero le piacevo? – chiedo, anche se non so perché.
- Altroché. Perché ti stupisci?
- In genere non piaccio molto alle persone. – spiego. – Lei, poi, aveva minacciato di cacciarmi di casa, sai…
Lui continua a scrutare il terreno come se dovesse scorgervi i segreti dell’universo.
- Mia madre è un po’ particolare. – butta lì dopo un po’.
Totalmente scervellata, mi viene da dire.
- E’ così da quando è morto mio padre.
- Oh. Accidenti, mi dispiace.
- Di cosa? È passato tanto tempo, ormai. Lei però non l’ha ancora metabolizzato. È diventata parecchio protettiva nei miei confronti, specie dopo che… - s’interrompe. – Beh, non è importante. – dice poi. – Comunque immagino che sia perché crede di dover fare il padre e la madre insieme, o qualcosa del genere.
Annuisco. – Penso di capire cosa intendi, sono nella stessa situazione.
- Anche tu…?
- No, non è morto. I miei sono divorziati.
- Da quanto? – mi chiede.
- Quattro anni.
- Ed è ancora dura. – dice, guardandomi negli occhi. Non cerca una conferma, sa di aver colto nel segno.
- Lo è molto, soprattutto per lei. Lei crede…di non poter fare mai abbastanza.
Mi tormento le mani, premendomele sulle gambe. Non parlo mai di mia madre, con nessuno. Eppure in quel momento mi è venuto spontaneo parlare.
- E’ normale, non è colpa tua. – mi dice, e mi sembra che abbia capito esattamente quello che non ho nemmeno detto, ma che mi porto dentro da anni.
Stavolta lo guardo con gratitudine. Non pensavo di poter trovare empatia in un estraneo. Non in Ferri, almeno.
- Spero comunque che non ti resti una brutta idea di mia madre, visto che a quanto pare frequenta stabilmente la tua. – prosegue poi.
- Sì, sono uscite anche ieri pomeriggio.
- E tu? Con le tue frequentazioni? – Ferri cambia di nuovo discorso, repentinamente.
- Intendi…?
- Intendo il maniaco, sì.
Stavolta sentire quella definizione per Matteo mi fa sorridere. Ripenso subito al suo tentativo di bacio e sono più che mai contenta di non averlo lasciato fare.
- Siamo usciti insieme solo sabato, ancora non lo conosco bene. – dichiaro, senza voler aggiungere altro. Non è molto normale raccontare al ragazzo che ho baciato come sta andando con quello che invece non ho voluto baciare. Insomma, è strano. Già è molto strano che io sia lì, figuriamoci.
Lui dà un lunghissimo tiro di sigaretta, quasi voglia prosciugarsela tutta. Non dice niente.
In quel momento suona la campanella ed io mi accorgo che mentre sono rimasta lì seduta con lui, il mio groppone in gola si è sciolto e sono stata bene.
Ci guardiamo, ma io non resisto più di due secondi, forse per paura che i suoi occhi possano capire qualcosa che anch’io, per prima, faccio fatica ad accettare. Senza dire una parola, mi alzo e m’incammino verso la classe.
 
 
- Silvia, abbiamo un problema.
- Qui Huston, dite pure.
- Abbiamo un problema serio.
- Un’avaria alla cabina di pressurizzazione?
Afferro la mia amica per un polso e inizio a trascinarla verso la porta della classe. – Non sto scherzando. Ho un problema grosso e mi serve il tuo aiuto.
Silvia cerca di starmi dietro, ma non è semplice per lei, visto che sto praticamente correndo. Inciampa un paio di volte e poi sento che tenta di frenare. – Ehi, stai calma. Dove mi stai portando? Sei posseduta? – mi dice, ma io non l’ascolto.
Mi fermo soltanto quando arrivo alle scale che portano alla palestra. In giro non c’è nessuno perché le lezioni sono finite da poco e gli studenti sono già quasi tutti usciti da scuola, ma mi guardo intorno una decina di volte prima di fissare Silvia.
Lei è abbastanza inquietata, devo dire. La capisco.
- Ari, dobbiamo rivedere le tue frequentazioni. – mi dice. – E’ chiaro che stai vedendo qualcuno che sta bruciando del tutto le tue cellule cerebrali.
- Non ci stai andando troppo lontana.
- Ferri o Matteo? – mi chiede a bruciapelo.
- Ora non metterti a gridare, per favore. Credo di avere…una specie di attrazione verso Ferri. Mi spiego?
Silvia spalanca un sorriso sornione ma tenta di mantenere l’aplomb. – E’ piuttosto normale. – considera. – Tutte ce l’abbiamo.
- No. Nel mio caso non è normale. Io li evito come la peste, quelli come lui. Lui non è…né buono, né generoso, né disponibile, né…
- Alt alt alt! – Silvia alza una mano e mi blocca. – Aspetta un secondo. Lui ti ha dato una mano in mate, quindi è generoso. E l’ha fatto più di una volta, quindi è anche disponibile. Per la bontà, dubito che qualsiasi essere umano di sesso maschile sulla faccia della terra ne sia provvisto, ma credo che nel caso di Ferri non sia indispensabile, visto quant’è figo. Puoi sorvolare, no?
- No!
- Senti, qual è il problema se ti senti fisicamente attratta da un pezzo di manzo come lui?
Mi ravvivo i capelli. – Se fosse solo una cosa fisica la capirei. Ma non è solo fisica. Lui…
Vorrei trovare le parole per spiegarlo, ma non ce la faccio. Come posso spiegarle cosa ho provato quando mi sono seduta a parlare con lui poche ore prima? Saranno stati sì e no tre minuti, ma me li ricordo in ogni singolo istante. E come posso dirle cosa ho sentito mentre lo guardavo negli occhi, o quando ho visto che sembrava triste? Come si traduce con le parole quella sensazione di morsa allo stomaco che mi assale quando c’è di mezzo lui?
Tuttavia, sembra che Silvia non abbia bisogno di molte spiegazioni. Mi afferra per le spalle e con un’aria molto seria mi dice: - Ci sono di mezzo i sentimenti?
- Non lo so. – ammetto. – Potrebbe essere.
Silvia spalanca un altro sorriso sornione.
- Che si fa, in questi casi? – le chiedo, sconfortata.
- In genere, si cerca di accalappiare il manzo.
- Sono seria, Silvia.
- Perché io no? Senti, ho una mia teoria personale che non ti ho mai detto, ma credo che sia giunto il momento di dirtela. La vuoi sentire?
- Non so se lo voglio davvero, ma ok.
- Per me, le rose sul banco, quel giorno, te le aveva messe lui.
Guardo fisso Silvia, e per la prima volta valuto seriamente l’ipotesi. Possibile che…?
Lei ghigna. – Non stai negando. Molto buono.
- Sto solo valutando l’idea.
- Secondo te perché l’ha fatto?
- Avrebbe.
- Ok. Secondo te perché l’avrebbe fatto?
- Per gentilezza?
- Sì, e adesso giriamo l’angolo e incontriamo Biancaneve. Ari, sveglia! Punto primo, stiamo sempre parlando di Ferri. Punto secondo, il più importante: un ragazzo non è gentile. Un ragazzo fa il gentile, e lo fa per ottenere qualcosa. Non c’è niente da fare con gli uomini: ragionano per obiettivi. E il suo obiettivo, ora, sei tu.
- Calma, calma. Intanto non sappiamo se i fiori sono davvero suoi, e poi da come parli sembra che io sia un bersaglio che Ferri vuole colpire con arco e frecce. Non funziona così.
- Ari, io ti voglio bene ma sei l’ultima persona sulla faccia della terra che può dirmi come funzionano queste cose. Penso che mia zia orsolina abbia molta più esperienza di te, in quanto a ragazzi.
- Beh, ora non esagerare. – dico indispettita.
- Mi sento già estremamente fortunata che hai ammesso di essere attratta da lui, pensavo che mi ci sarebbe voluto tutto l’anno scolastico per fartene accorgere.
- Ehi, io ho i miei tempi.
- Biblici, aggiungerei. Comunque c’è una cosa fondamentale che devi fare ora. Prima di azzardare qualsiasi mossa nei suoi confronti, devi essere certa di aver capito le sue intenzioni. Mi raccomando, niente passi falsi. Non hai fatto passi falsi, vero?
- Che intendi?
- Non gli hai fatto capire che ti piace, giusto?
La mia mente mi ripropone il flash del bacio a stampo di qualche sera prima. Ops.
- Ovviamente no. – affermo spudorata, sperando che nella classifica delle “cose da non fare secondo Silvia” i baci dati per ripicca non siano considerati.
- Perfetto. Quindi ora, figliola, ti consiglio caldamente di metterti nelle mie mani. Dobbiamo scoprire fino a che punto Ferri è interessato a te… e io so esattamente come fare.
 
 
 
 
 
 
 
 
(to be continued…)
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice:
 
Ciao ragazze ^^
Avrete notato che sono finalmente riuscita a combinare qualcosa con picnik e che ora anche Chiedimi Cosa Voglio ha un suo banner. Niente di speciale, ma spero che apprezzerete i miei primi (e miseri) tentativi di portare un po’ di colore in questa pagina ^^
Ringrazio dal pronfondo del cuore le persone che hanno lasciato una recensione al cap.9, chi per la prima volta e chi mi segue con immensa fiducia da tanti capitoli! Un grazie immenso.
Ed ora…DRIIIIN. Due comunicazioni di servizio!
Come accennato nello scorso capitolo, produrrò un pov di Daniele. Ho deciso però di inserirlo direttamente in questa storia, quindi forse diventerà già il capitolo 11 oppure il 12, ancora non ho deciso. Quindi potrebbe essere che l’aggiornamento della settimana prossima sia un capitolo narrato in prima persona dal nostro caro Ferri, in cui scopriremo per bene cosa pensa di Arianna e quanto è effettivamente geloso.
Seconda cosa. Mi è stato suggerito, in una recensione, di fare capitoli più lunghi. Effettivamente, per aggiornare due volte alla settimana li tenevo un po’ cortini. Prometto solennemente di allungarli :-) cercando di fare il possibile per mantenere i due aggiornamenti settimanali (ma questo non ve lo posso garantire).
“Embè”, direte voi, “ora ci sono pure le vacanze di Natale, hai tempo per scrivere”.. invece no, perché al lavoro non mi danno le ferie, per me quest’anno Natale non esiste -_-
Comunque faccio il possibile.

Un bacione a tutte, alla prossima!!!


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Capitolo 11
*** Dagli occhi di Daniele ***



 




CAPITOLO XI

 

Dagli occhi di Daniele

 

 
 
Mi è sempre andata bene con le donne. E non si tratta di fortuna. Si tratta di esperienza, maturata dopo tanti piccoli no. Quando ne hai capita una, le capisci tutte… o almeno, questo era ciò che pensavo prima di conoscere lei.
Impossibile descriverla. Ma non ce n’è bisogno, basta dire soltanto: è quello che cercavo. È quello che voglio. Anni di esperienza maturano anche le idee e gli standard. So quello che voglio, so che quello che ho avuto per molti anni non mi basta…caratteri di ragazze stupide, che si credono furbe, bambine che si credono adulte.
Le ragazze così sono fin troppe. Ma di Arianna ce n’è una sola.
Ripenso al momento in cui l’ho incontrata e mi accorgo che, con lei, ho sbagliato da subito.
Mi sono avvicinato al suo tavolino quando ho visto che mi guardava, ero esaltato dal fatto che per la prima volta – dopo giorni e giorni di muto fissarla all’uscita da scuola, nella speranza di attirare una sua occhiata, una qualsiasi occhiata che mi facesse capire cosa pensava di me – lei mi avesse finalmente notato.
Ero sicuro che quel che aveva visto le fosse piaciuto.
«E’ libero?», le avevo chiesto, sapendo che mi avrebbe detto di sì.
Ma la sua risposta era stata diversa.
Al primo incontro con un uomo, le donne decidono dopo tre soli secondi come quello stesso incontro si concluderà. Decidono subito, magari inconsciamente, se ci andranno a letto, se non ci andranno, se continueranno a frequentarlo o se archivieranno la sua faccia per sempre. In quei pochi secondi, le donne decidono le sorti di tutto.
Quel mattino, al tavolino del bar, al terzo secondo Arianna ha deciso di odiarmi.
Pensavo che la sua ritrosia fosse solo una tattica, che fingesse di detestarmi per attirare la mia attenzione, come fanno tutte… Pensavo che mi volesse almeno quanto io volevo lei. Poi, ho capito che il mio era un desiderio a senso unico.
«Sei il solito belloccio che pensa di avere chi vuole con un solo soffio. Io li odio, quelli come te», mi ha detto, il primo giorno che è venuta a casa mia per le ripetizioni.
L’odio non mi era mai sembrato tanto reale.
Accorgersi di averla persa e voler fare di tutto per riaverla, a quel punto, sono diventate una cosa sola.
Arianna non è mia, ma deve esserlo.
Il problema è il come.
«I miei ormoni hanno bisogno di tregua. Già durante le ripetizioni devo stare attenta a non sbavargli addosso, se poi me lo ritrovo anche in classe… per me è un tormento, ok? Vorrei davvero non essere donna, in certi momenti. Voglio dire, essere donna è difficile. Non sai mai fino a che punto puoi fidarti di qualcuno. O no?».
Paura, attrazione, orgoglio. È difficile capire Arianna.
Non basta l’attrazione per legarla a me. Non basta, se non c’è la fiducia, e quella è la cosa più difficile da creare in un rapporto. Ed io, come se non bastasse, ho anche un ostacolo sulla mia strada. Sono stato scavalcato da un cascamorto che non sa nemmeno allacciarsi le scarpe, il cui unico vantaggio è il non chiamarsi Daniele Ferri. Lui non ha una reputazione da stronzo sulla testa, da sfruttatore di donne, da colonizzatore di letti, da pezzo di merda che infrange i cuori.
Lui, in apparenza, è pulito. La può ancora corteggiare.
Io, invece, devo attendere il mio momento.
Ho potuto baciarla solo sfruttando la sua vendetta. Mi ricordo quei momenti come se fossero accaduti ieri. Anzi, dieci secondi fa.
Lo stupore del secondo bacio, poi, me lo porto dietro da giorni. Da quando ho assaggiato le sue labbra non voglio più assaggiarne altre. Non mi interessano. Io voglio le sue.
Se ora facessi il Daniele Ferri della situazione, quel Daniele Ferri che ho fatto fino a qualche settimana fa, andrei da lei e la bacerei di nuovo. Subito.
Se Arianna fosse Cinzia, o Cristina, o Angelica, la bacerei di nuovo e so che sarebbe mia.
Ma lei non è come loro. Lei non è scontata.
 
 
- Vuoi una gomma? – sussurra Fede.
Lezione di letteratura italiana, quarta ora, subito dopo la ricreazione. L’ho appena incontrata, in chiostro, e da 35 minuti non faccio altro che ripensare a lei. Altro che Montale.
- Ohu? – mi fa Fede, vedendo che non rispondo.
- Sta’ zitto. – gli dico. Odio essere disturbato quando penso a lei.
- Bell’amico, oh. – si lamenta l’altro, mettendo via le cicche.
Ignoro il suo commento. Ignoro tutto, fino a cinque minuti allo scoccare dell’ora. Poi mi volto verso Fede e sono pronto a parlare.
- Situazione tipo. Lei sta insieme a un altro. Anzi no, facciamo che si frequentano solo. Tu ci vuoi uscire, ma lei ti odia, più o meno. Tu che fai?
- Me ne cerco un’altra.
- Ok, facciamo che non te ne puoi cercare un’altra.
- E quando mai, oh? Una vale l’altra, l’hai sempre detto anche tu.
- Facciamo che in questo caso una non vale l’altra..
Fede mi guarda perplesso. – Ma che stai dicendo? Proprio tu!
- Senti, fai finta che sia una situazione possibile e dammi una risposta!
Il mio compagno di banco si mordicchia un po’ le unghie e guarda fuori dalla finestra, assorto. – Quell’altro se l’è già schiacciata? – mi chiede.
Sento una vampata di gelosia che mi attanaglia le viscere. – Credo di no.
Spero, mi auguro, bramo con tutto me stesso che Riva non l’abbia sfiorata. Se l’ha fatto giuro che io…
- Beh, se non l’ha schiacciata c’è ancora qualche possibilità. – sentenzia Fede.
- E se invece l’ha fatto?
- Cambia ragazza.
Sbuffo un po’. – E’ fuori discussione.
- Madonna, oh… stai messo male. Chi è questa tipa?
- Una. Lascia perdere. – mi volto verso la lavagna. Cosa sono quelle cose che ha scritto la prof? E, soprattutto, quando l’ha fatto? Non me ne sono neanche accorto.
- Dai, dimmi chi è. La conosco? Ma con chi sta?
- Sei peggio di una vecchia pettegola. Sta’ zitto. – ringhio a fior di labbra.
No, non glielo dico chi è. Ci manca solo che escano nuove voci su di lei. Non posso rischiare di farla allontanare ancora, non adesso che forse sta iniziando a parlare con me senza considerarmi uno stronzo con nessuna speranza di redenzione.
- Psss! Daniele! – mi sento chiamare da dietro.
Mi volto e vedo Cinzia che mi passa un bigliettino. Sarà un’altra di quelle cose con tutti cuoricini rosa…
Lo prendo, ma non lo apro neanche. Lo rigiro tra le dita, e proprio in quel momento mi viene in mente un’idea.
Mi volto di nuovo verso Fede. – E se io riuscissi a mettere fuori gioco lui?
- Sai come fare?
- Se io gli mettessi una ragazza fra le zampe, a quel bastardo, sono sicuro che lui le zampe le chiuderebbe…e belle strette! Se riuscissi a farglielo fare mentre lei è nei paraggi… – gli spiego, e mi sento euforico. Sì, farò così. Può funzionare. Deve funzionare.
Mi volto verso Cinzia e le sorrido. – Ti va di farmi un piccolo piacere? – le chiedo, col tono più basso e caldo che mi riesce.
Non ho dubbi che lo farà. Lei è una di quelle donne che io capisco al volo. Lei è come tutte le altre.
Lei non è come Arianna.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice:
 
Questo capitolo è diverso dagli altri, è un piccolo viaggio nei pensieri di Daniele, per capirlo un po’ di più. La storia vera e propria ricomincerà nel prossimo capitolo, dove troveremo Arianna e Silvia come le abbiamo lasciate, con Silvia che ha un piano in mente per capire le intenzioni di Ferri, e con Arianna che vuole affidarsi ciecamente a lei… Che combineranno, queste due? E, soprattutto, che faranno quando anche Daniele comincerà a mettere in moto il suo piano?
Piccolo spoiler: il prossimo capitolo sarà incentrato su una festa molto particolare, una festa a tema, a cui parteciperanno proprio tutti i nostri protagonisti. Sarà il primo momento in cui li vedremo tutti insieme e sarà anche il momento più importante dell’intera storia. Ormai infatti siamo quasi arrivati alla fine, mancano tre o quattro capitoli soltanto.
Vi aspetto domenica sera o lunedì sera al massimo per il prossimo aggiornamento.
Un bacio enorme e tantissimi auguri di buone feste a tutte!!!

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Capitolo 12
*** Soldati e pin-up ***





 

 

CAPITOLO XII

Soldati e pin-up

 
 
 
I rappresentanti d’istituto del liceo Monti organizzano, ogni anno, una festa studentesca per il termine del primo semestre, spesso nel periodo di Carnevale. L’intero edificio scolastico viene preso d’assalto per una sera, e reinventato per trasformarsi in pista da ballo e ritrovo di società.
L’anno scorso il tema della festa era: Hogwarts.
Quest’anno, memore di certe scene viste nella scorsa edizione (gente ubriaca che si tuffava giù dalle scale a cavallo di una scopa credendo di possedere una Firebolt, ad esempio) il preside ha imposto una tematica molto meno fantasiosa: gli anni ’30 americani. Un tema soft, secondo lui.
Un grosso errore, in realtà.
La settimana precedente la festa, i muri della scuola sono stati tappezzati da immagini di militari in uniforme e pin-up girls modello Christina Aguilera in Candy Man. Nei bagni delle ragazze, a qualsiasi ora si entrasse, c’era sempre qualcuna che approfittava del momento per fare le prove della pettinatura, cotonando i propri capelli con quintali di lacca per vedere se il ciuffo stesse meglio a destra o a sinistra. I ragazzi, poi, avevano iniziato a salutarsi col saluto militare già dal lunedì. Ad educazione fisica facevano flessioni tutti insieme e, durante la ricreazione, trovavi interi gruppetti che camminavano marciando e scandendo “Un-duè! Un-duè! Un-duè!”.
Nel complesso, l’intero liceo sembrava essersi trasformato nella sede di un istituto psichiatrico alla deriva.
- Non puoi nemmeno pensare di non andarci! – mi ha intimato Silvia quando le ho ricordato che l’anno precedente me ne ero guardata bene dal partecipare alla festa. – Ferri ci sarà! E poi guarda, sono arrabbiata con te ancora dall’anno scorso, saresti stata una perfetta Ginny Weasley, se solo non ti fossi impuntata nel non voler venire!
Non c’è stato verso di farle cambiare idea: devo partecipare alla festa, devo vestirmi a tema e, soprattutto, devo mettere in atto il suo piano, che consiste nel passare il mio tempo con Matteo sotto gli occhi di Ferri, incoraggiando il primo per forzare le reazioni del secondo.
Vi è chiaro il piano? Ve lo ripeto, se volete, chissà che non me ne renda meglio conto anch’io: addescare Matteo per intortare Ferri. E’ più chiaro, così? La mia amica si deve essere bevuta il cervello!
- La gelosia è fondamentale. Se Ferri si dimostra geloso di te, è fatta. – mi dice Silvia, mentre mi scruta da capo a piedi per decidere che cosa dovrò indossare stasera. Ovviamente, l’abbigliamento fa parte integrante del piano e, dato che è così fondamentale, Silvia è venuta a casa mia per sovrintendere ai preparativi.
- Sì, peccato che io abbia deciso di tagliare i ponti con Matteo.
- Sei pazza? Matteo ci serve, non devi tagliare nessun ponte!
- Non voglio incoraggiarlo, potrebbe pensare che ho intenzione di mettermi con lui.
- Lascia che pensi quello che vuole!
- Non mi pare un comportamento corretto…
- Non lo è, ma funziona. E a te serve un metodo che funzioni, ricordatelo. Ok, è un po’ forte, te lo concedo, ma almeno è sicuro! E poi scusa, non eri tu quella che parlava di sentimenti? La gelosia è un sentimento, ed è forse uno dei pochi sentimenti che anche gli uomini sono in grado di provare. Dobbiamo solo vedere se Ferri la prova nei tuoi confronti. Perché se la prova…beh, è molto chiaro cosa vuol dire, no?
La guardo con aria afflitta. Mi sono già pentita di essermi messa nelle sue mani.
- Ah, stavo dimenticando! – Silvia rovista nella sua borsa. – Mi raccomando, indossa questo.
Mi sventola davanti al naso un coprispalle strizzatissimo da allacciare sotto il seno, color blu navy.
- E sotto che ci metto?
- Niente, ovviamente!
- Niente??!
- Lo vogliamo far ingelosire, questo Ferri, o no?
- E mostrare tutto, anche l’utero, è compreso nel pacchetto? Ma…perché non hanno pensato ad Harry Potter anche quest’anno? Almeno avrei potuto nascondermi sotto a un mantello… guarda, Silvia, ti sto ancora ad ascoltare solo perché non so più dove sbattere la testa.
Silvia ignora il mio commento e va davanti allo specchio per truccarsi. – Ricorda. – mi dice. – Quando parli a Matteo, avvicinati molto a lui. Toccagli il braccio, o la spalla, o quel che vuoi… beh, non il sedere, s’intende.
- Silvia!!!
- Scherzavo, dai. – la mia amica è passata alla matita nera. Una riga molto delineata, sulla palpebra superiore, da vera pin up. – Comunque, devi dimostrare che con lui ti stai divertendo. Quindi ridi, ridi e ridi ad ogni occasione! Chiaro? Ferri deve credere che con Riva stai alla grande, che non hai bisogno di lui. Ripetitelo sempre, per tutta la serata: tu non hai bisogno di lui. Tu sei una strafiga con tonnellate di uomini che fanno la fila per averti. “Ferri? Chi è Ferri? Che numero ha? Prima o dopo il diecimila?”, devi pensare. Capito? Disinvolta, sexy!
Ho un sopracciglio pericolosamente sollevato. – Forse ti sfugge che io e la sensualità siamo due rette parallele destinate a non incrociarsi mai.
Silvia fa un sorrisetto furbo. – Voglio vedere se dirai ancora così quando vedrai come ti truccherò. Resterai a bocca aperta. Ti renderò la ragazza più sexy dell’intero pianeta.
 

 
E così, eccomi qua. Una perfetta pin up americana con tanto di ombelico all’aria, un rossetto rosso fuoco e molta, moltissima voglia che la serata finisca in fretta.
Vi starete chiedendo se, dopo tutto il lavoro di Silvia, mi sento effettivamente sexy.
La risposta è no. Mi sento ridicola, in realtà.
- Guarda che se il tuo metodo infallibile non funziona… - minaccio Silvia mentre entriamo nell’atrio del liceo.
- Tutti i miei metodi funzionano. Mai avuto problemi, io.
Non posso darle torto. Diversamente da me, Silvia non ha mai avuto problemi a relazionarsi coi ragazzi, per quanto ne so. Ne conosce parecchi e ne cambia anche parecchi, ma senza farsi passare per quella facile. Davvero, non so come faccia.
- Prendiamo da bere! – mi fa.
- Non bevo… – cerco di ricordarle, ma sembra che Silvia non mi senta. E non è colpa della musica troppo alta. I nostri rappresentanti di istituto hanno organizzato una rassegna di band emergenti con tanto di palco montato proprio nel bel mezzo del chiostro, e in questo momento c’è un assolo di chitarra elettrica lassù. Ma no, se Silvia non mi sente è per tutt’altro motivo.
- Stasera bevi, eccome! – mi raggiunge poco dopo, mettendomi in mano qualcosa dall’aria molto alcolica.
Mi basta un sorso per sentirmi girare la testa.
- Ma che roba è?!
- Roba buona! – mi dice lei, e subito dopo la vedo sparire in un gruppetto di persone. Per la maggior parte ragazzi, ovviamente.
Non mi sfiora nemmeno il pensiero di unirmi a loro. Per un po’, gironzolo da sola –con il mio bicchiere in mano- per i corridoi della scuola, che quella sera sembra una caserma. Intorno a me, parecchi ragazzi in uniforme danno prova di divertirsi un mondo, e considerando l’abbigliamento di molte ragazze mi sento molto meno fuori luogo. C’è qualcuna che ha fatto pure peggio di me! Quella là in fondo, ad esempio, non è Cristina? Ha dimenticato a casa la gonna?
- Ciao. – fa una voce dietro di me.
- Oh, ciao Matteo! – dico, e giù un bel sorso di quella roba alcolica che mi ha dato Silvia. Ho bisogno di coraggio!
- Che fai qua tutta sola? – mi chiede, circondandomi le spalle con un braccio.
In condizioni normali gli sposterei il braccio a morsi. Ma stasera non sono in condizioni normali.
- Davo un’occhiata in giro...
- Sei molto bella. – aggiunge guardandomi insistentemente, ed io non posso fare a meno di notare come anche lui si sia calato nella parte: tuta mimetica, cappellino in testa, pure i gradi sul petto s’è messo!
Giù un altro sorso. – Grazie, ma è stata Silvia.
- Una tua amica?
Definire Silvia un’amica è un po’ fuorviante. – Diciamo… una consulente tuttologa.
Matteo sorride e stringe più forte il braccio attorno alla mia spalla e poi la sua mano scivola giù, decisa, lungo la mia schiena.
Non ce la faccio. Altro che la “roba buona” di Silvia! Mi dovrei scolare due casse di Prosecco per non provare più quel senso di ripugnanza che ho appena sentito mentre la mano di Matteo di sfiorava.
Mi sposto vistosamente e mi accorgo che il piano è già saltato. Non riesco a stare vicina a Matteo. Non posso sopportare che lui mi tocchi, assolutamente no.
- A proposito di lei! – esclamo nervosa. – Devo scoprire dov’è finita. Scusami, ci vediamo dopo. – dico, e mi defilo prima ancora che lui possa dire “a”.
Silvia…Silvia…Silvia… Dove cavolo è andata, adesso?
Silvia… Silvia… Eccola!!
La intercetto mentre si sta dirigendo a lunghe falcate verso un altro gruppetto di ragazzi. – Ehi!
- Oh, Ari, ti devo far conoscere un tipo, è fantastico!
- No, Silvia, ascolta…
- Ventuno anni, ha già la macchina!
- Ascolta. – la blocco prendendola per le spalle. – Non posso fare quello che mi hai chiesto. Non ce la faccio.
Silvia cambia completamente espressione. – Cos’è che non riesci a fare?
- Matteo… mi dà la nausea se mi sta vicino.
- Vabbè, ma è solo finchè ti vede Ferri, mica devi passare con lui tutta la sera!
- Appunto. Ferri dov’è?
Silvia si guarda intorno. – Già, dov’è? Era qui fino a un secondo fa… oh, eccolo!
Mi volto nella direzione in cui sta guardando anche lei…ed è come se mi dessero una botta sul petto, tra i polmoni.
Oh santissimi santi del Paradiso.
- Figo, eh? – ammicca Silvia.
Io riesco appena a rantolare qualcosa come un “bouff”, che vorrebbe essere un “sì”, prima che la mia mascella si fermi a mezz’aria.
Non avevo mai capito prima d’ora cosa volesse veramente dire “fascino della divisa”, ma adesso credo di aver pienamente afferrato il concetto. La divisa di Ferri, assolutamente, mi sembra la cosa più bella che abbia mai visto. E, per quanto mi risulti impossibile concepirlo, il contenuto di quella divisa ha l’aria di essere addirittura superiore.
- Va le la pena sopportare un po’ Matteo per arrivare fino a lui, o no? – mi fa Silvia con un’improvviso contegno molto saggio.
In quel momento probabilmente scalerei anche l’Everest per un simile obiettivo.
- Ok. Torno da lui e lo porto qui in zona. – affermo. – Ma appena Ferri ci ha visti, ciao ciao. Non voglio più sentirlo nominare. Ok?
- Ok, capo. Vai e colpisci! – Silvia mi dà una pacca sulla spalla ed io mi metto in marcia. Di nuovo scale, di nuovo corridoi, di nuovo schiere di pin up che mi passano a fianco sculettando. Non le vedo nemmeno: sono troppo concentrata sulla mia missione. Peccato che, appena arrivo nel punto in cui ho lasciato Matteo, quello non ci sia più.
- Miseria… – impreco tra me e me, sorseggiando un altro po’ della bibita di Silvia.
Mi volto di scatto per tornare giù, e per poco non vado a sbattere contro un’altra divisa che mi si para davanti.
- Ehi. – mi fa Ferri, indietreggiando di un passo.
- Cazzo! – spalanco gli occhi riconoscendolo. – Cioè, volevo dire, scusa! Ti ho pestato?
- No. Tutto bene? – mi fa lui. Vedo che mi squadra da capo a piedi soffermandosi anche piuttosto a lungo su certe parti, ma ha il buonsenso di non commentare, almeno.
- Sì. Stavo cercando Matteo. – butto lì. Chissà se Silvia approverebbe. Fa sempre parte del piano, no?
La sua espressione, però, resta di marmo. – Com’è, adesso fate coppia fissa alle feste? Tu sei la pin up e lui il tuo soldato?
Giù un altro sorso di quella roba. – No, volevo solo salutarlo. – invento, ma poi mi mordo la lingua. Sto gercando di farlo ingelosire o di depistarlo?
Ferri? Chi è Ferri? Che numero ha? Prima o dopo il diecimila?, dice Silvia nella mia testa. Giusto, devo essere un’altra Arianna stasera. L’alcool e la frenesia, mischiati nel mio stomaco, mi daranno una mano.
- Non sembri neanche tu. – fa lui, di nuovo squadrandomi da capo a piedi. Dal tono con cui lo dice, non è affatto un complimento.
- Ah no? E chi sembro?
- Sembri uguale alle altre.
La sua voce è tagliente, dura.
- Ti dirò una cosa che forse non hai capito bene.. è una festa a tema, tutte le ragazze si vestono da pin up e tutti i ragazzi da soldati. Io sono una pin up come tutte le altre e tu un soldato esattamente uguale agli altri.
Bugia. Non c’è nessuno, nessuno come lui, ed io lo so bene, anche se stasera sono la sexy-Arianna-che-non-deve-chiedere-mai.
L’espressione di Ferri non muta di una virgola. – L’ho visto al piano di sotto, mentre salivo. – dichiara, riferendosi a Matteo. – Era con una ragazza. – aggiunge poi.
Con l’ultima affermazione, sulla sua faccia compare uno strano sorrisetto. Ma lui lo fa sparire quasi subito, tornando serio.
- Bene. – dico, fingendo di non essere affatto sopresa dalla notizia. – Lo raggiungo. Ci vediamo, eh?
- Ci vediamo. – si sposta per farmi passare, appoggiandosi al muro.
Con la coda dell’occhio, mentre inizio a scendere le scale, mi accorgo che mi sta ancora fissando.
 
 
 
Matteo è, effettivamente, al piano di sotto. E, come ha detto Ferri, c’è una ragazza con lui…con la differenza che dire “con lui” è alquanto riduttivo. La suddetta ragazza gli si è praticamente incollata addosso, e lui le sta cingendo la vita con un braccio. Direi che non ci sono dubbi: quella conversazione gli sta piacendo parecchio.
Io avrei un piano da portare a termine, ma non mi pare il caso di mettermi in mezzo proprio adesso. Indietreggio cercando di non farmi vedere, ma quello stolto di Matteo non solo mi vede subito, ma alza pure il braccio per chiamarmi!
- Ehi, Arianna! – mi fa, mentre io fingo di non averlo visto e mi dedico alla contemplazione del mio bicchiere.
- Eri sparita, pensavo che… – mi raggiunge, cercando quasi di scusarsi.
- Oh, ciao! – faccio finta di vederlo in quell’esatto momento.
- Non tornavi, e allora io… - prosegue lui.
Se sapesse che per me può andare con chi gli pare, non perderebbe tempo a scusarsi. Mi fa quasi tenerezza. – Ehi, non preoccuparti. – gli sorrido. – In effetti Silvia non l’ho trovata.. Sarà con qualche amico.. Tu invece sei con…?
La ragazza che prima si era incollata a Matteo è dietro a noi di pochi passi, ma appena sente che la stiamo nominando si fa avanti. Ed io la riconosco subito.
Frangetta-Castana! L’amica di Cristina, quella che voleva menarmi fuori da scuola!
- Ciao, io sono Cinzia. – mi dice, porgendomi la mano e mettendo subito l’altra sulla spalla di Matteo.
- Ma che piacere. – rispondo, bloccando la mia mascella in un sorriso plastico.
Matteo deve aver notato un certo gelo, forse mal interpretandolo. – Arianna, posso…posso parlarti un secondo? – mi chiede infatti. Starà pensando che sono gelosa, mioddio!
- Ma no, vai tranquillo, io torno giù e ci vediamo più tardi ok?
- No, davvero…
- Guarda che per me non ci sono problemi!
- Per lei non ci sono problemi, che vuoi di più? – dice una voce dietro di noi.
Non mi giro neanche.
- Ferri. – dice Matteo, riconoscendo subito il nuovo arrivato.
- Riva. – dice Ferri.
- Daniele! – dice Cinzia.
Io guardo il mio bicchiere e mi scappa da ridere. Come vorrei essere già ubriaca! Ma quand’è che fa effetto questa roba?
- Era parecchio che non ti vedevo in giro. – inizia Ferri, rivolgendosi a Matteo. – E così anche tu conosci Arianna e Cinzia. – commenta, con tono pacato, come se quest’incontro fosse la cosa più naturale del mondo.
- Già. – risponde l’altro, ma la sua è una voce gelida.
- Io e Matteo ci siamo conosciuti stasera. – fa Cinzia.
- Ma davvero? – risponde Ferri. Però non ha per nulla un’aria sorpresa. – E tu, Arianna? – mi chiede poi.
Punto gli occhi nei suoi. A che razza di gioco sta giocando?
Io… Passavo solo per salutare. Me ne sto andando, è la risposta che mi saltella nella testa. Ma poi il mio cervello viene invaso dalla voce di Silvia.
Ferri deve credere che con Riva stai alla grande, che non hai bisogno di lui.
Un’altra risposta mi sale alle labbra. – Io e Matteo ci eravamo messi d’accordo di trovarci a questa festa. – rispondo, avvicinandomi a Matteo e toccandogli il braccio. – E così sono venuta a cercarlo. Tra un po’ ce ne andiamo, vero? – chiedo direttamente a Matteo.
Quest’ultimo ha un espressione totalmente inebetita. Probabilmente non ci sta capendo un accidente. La mano di Cinzia è ancora sulla sua spalla e la mia gli ha appena afferrato il braccio. Mi guarda, come cercando di trovare le parole.
Anche Ferri, però, ha cambiato espressione. Non è più rilassato come prima. Ha assottigliato lo sguardo e l’ha puntato sulla mia mano, sempre sopra al braccio di Matteo. Vuoi vedere che, stavolta, Silvia ci ha visto giusto?
Mi sento soddisfatta, ma dura solo qualche secondo. Un secondo dopo, infatti, Ferri ha già smesso di lanciare fulmini dagli occhi e ha afferrato Cinzia per i fianchi. – Che ne dici se li lasciamo soli? – le dice, sussurrandoglielo a pochi centimetri dalle labbra. – Devo farti vedere una cosa.
Cinzia sposta subito la mano dalla spalla di Matteo e ricambia l’abbraccio di Ferri, causando un’immediata vertigine nel mio stomaco. – Certo. – sussurra mielosa. – Ci vediamo, ragazzi!
Io alzo la mano in segno di saluto e butto giù tre sorsi pieni della roba che mi ha dato Silvia. Accidenti a lei. Non funziona mica tanto, il suo piano!
- Dov’è che vuoi andare? – mi dice Matteo, appena Ferri e Cinzia spariscono tra la folla.
Oh, no! no!
- Mah, io veramente…devo ancora trovare Silvia, prima. Porta pazienza. Mi aspetti qui? Torno subito, eh? – gli dico. Devo sembrargli una pazza scatenata, ma ho un assoluto bisogno di andare dalla mia consulente tuttologa. Mi devo consultare con lei!
- Dammi solo cinque minuti! – dico ancora a Matteo, indietreggiando di qualche passo. Non so se saranno solo cinque. A dirla tutta, non so nemmeno se tornerò mai da lui. Per il momento, mi immergo nuovamente nella folla e mi metto alla ricerca di Silvia.
Di nuovo.
 
 
 
 
 
 
(to be continued…)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice:
 
Ragazze, vi prego di non saltare a nessuna conclusione e soprattutto di non prendervela con Ferri. Tutto è ancora da vedere! Il prossimo capitolo proseguirà con la festa (che è appena iniziata, c’è ancora molto da raccontare!) e vedremo se il piano di Silvia era veramente da buttare o se servirà a qualcosa.
Vi sto incasinando troppo le idee? O mi seguite? Per qualsiasi cosa che non vi è chiara, chiedetemi pure, anche perché è importante anche per me capire cosa non ho spiegato bene. Risponderò a tutto, cercando di non spoilerare troppo ;-)
 
Visto che più di una persona me l’ha chiesto nelle recensioni, lo dico anche qui, che magari interessa anche a qualcun’altra: i personaggi del banner sono Francisco Lachowski e Katerina Martinovska.
(di lui, se cercate, trovate anche parecchie immagini in cui non è molto vestito.. ho preferito non metterle nel banner per evitarvi strani colpi al cuore xD)
 
Infine…grazie alle splendide ragazze che mi commentano *-* grazie alle persone che hanno aggiunto la mia storia tra le preferite e le seguite (siete tantissimi *-*) e un grazie speciale all’impavida Kilari che mi ha messo tra gli autori preferiti :D
Buon proseguimento di feste!!
Buon anno non ve lo auguro ancora ufficilamente, perché spero di fare in tempo a postare un altro capitolo prima della fine di questo =P
 


Lily

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Capitolo 13
*** Alcolica ***








CAPITOLO XIII



Alcolica

 
 
 
 
 
 
- Il tuo maledetto piano si è rivelato un disastro! – affronto Silvia dopo averla presa da parte. – Il vestito l’hai cannato in pieno e per quanto riguarda la tattica della gelosia.. puah! Praticamente gli ho fatto un favore!
- Cosa stai blaterando? Calmati e spiegami bene.
Ci defiliamo in un posto più isolato ed io inizio a raccontare la serata. – Innanzitutto, quando mi ha visto conciata così stava per vomitare.
- Non si è messo a fissarti insistentemente?
- Neanche per idea. Cioè, solo un secondo, solo il tempo necessario per decidere che ero da buttare!
- Vabbè, ora esageri. Ti assicuro che qualsiasi uomo con livelli ormonali standard apprezzerebbe il mio lavoro.
- Non lui, purtroppo. Avrà i livelli ormonali sballati, non so. Comunque la cosa più grave è successa dopo: quando davanti a lui mi sono avvicinata a Matteo, Ferri ha preso su e se n’è andato con un’altra!
- Aspetta, dimmi i dettagli.
- Quando io ho detto a Matteo che volevo starmene da sola con lui…
- Davvero hai fatto questo? Davanti a Ferri?
- Me l’avevi detto tu, no?
- Accidenti! E t’è venuto bene? Sei stata realistica? Hai trattenuto i conati?
- Sì, esattamente. Sono stata talmente convincente che Ferri si è incollato addosso all’altra ragazza e se n’è andato con lei facendole capire che loro due avrebbero avuto di meglio da fare da quel momento in poi.
- Mmmmh… Chi è questa tipa? La conosci?
- So solo che si chiama Cinzia.
Silvia spalanca gli occhioni. – Cinzia Molinari? È quella che è in classe con Ferri?
- Non lo so, è castana col frangione.
- Cinzia Molinari! A Ferri non è mai fregato niente di lei, lo so per certo. Quindi, davanti a voi che facevate i piccioni, Ferri si è avvicinato a Cinzia e le ha fatto capire che i suoi pensieri erano tutt’altro che casti, giusto?
- Sì, più o meno.
La mia amica ha un’aria estremamente soddisfatta. – Ari, è una vittoria.
- Oh, certo. Infatti ora lui e Cinzia stanno dandosi alla pazza gioia, non sai quanto sono felice!
- Macché! È chiaro come il sole. Cinzia non l’ha mai potuta sopportare. La sua è stata una reazione d’istinto al tuo comportamento, che evidentemente per lui dev’essere stato disturbante. Direi che siamo sulla strada giusta, non dovresti mollare.
- Nononono! Basta giochetti, non fanno per me. Anche perché Matteo l’ha presa fin troppo bene questa cosa del voler stare da sola con lui… - mi guardo intorno con nervosismo. – Devo sparire, non deve trovarmi!
Silvia mi sta fissando con le sopracciglia corrugate. – Sai Ari, odio ammetterlo ma c’è qualcosa che mi preoccupa, e non è il fatto che tu possa essere tampinata da Matteo.
- Cosa, allora?
- Il vestito. Ferri è rimasto assolutamente immune alla tua gnoccaggine. Eppure sappiamo che il desiderio maschile è direttamente proporzionale alla dimensione della scollatura.
Mi stringo nelle spalle. – Si vede che io non sono il suo tipo…
- Non direi. Direi piuttosto che siamo di fronte ad un caso d’eccezione. È evidente che Ferri non ti vuol vedere con questo abbigliamento. Ma la domanda è: perché?
- Perché non gliene frega niente di me?
- La vuoi smettere di essere così difattista?! Hai appena avuto la prova che lui diventa idrofobo se ti vede con Matteo, vorrà pur dire qualcosa!
- Nella tua mente contorta, forse.
- Dai retta a me, qui c’è sotto qualcosa di grosso.
Prendo un profondo respiro. – Non lo so, ma di sicuro da ora in poi si fa come dico io. Grazie dell’aiuto ma la recita è finita. Basta gelosia, basta tette al vento e soprattutto…basta Matteo. – mi guardo intorno nuovamente. – Io me ne vado. Se Matteo mi cerca, digli che sono partita d’urgenza per la Thailandia.
 
 
 
È esattamente quello che dovrei fare… partire per un bel viaggio e staccare da tutto, intendo. Ma per il momento mi limito a cercare un po’ di solitudine lì, dove ancora mi trovo.
Mi lascio Silvia alle spalle, ed anche tutti i ragazzi che, sotto al palco, stanno facendo festa. La musica è diventata assordante e il mio bicchiere di roba buona è a meno della metà. Questo equivale a dire che la testa comincia a girarmi.
Salgo verso il secondo piano dove spero di trovare molte meno persone e un posto dove riflettere un po’ in santa pace, e cammino fino ad arrivare ad un aula in cui, fortunatamente, nessuna coppietta si è rifugiata per compiere qualche reciproca esplorazione corporea.
Mi siedo sopra ad un banco e, con quattro grandi sorsi, mi scolo tutta la bibita. Fino all’ultima goccia.
Tossisco subito, per via dell’alcool –non sono decisamente abituata-, ma dopo pochi secondi mi sento meglio. L’effetto euforico comincia a farsi sentire. Ho ancora un po’ di lucidità per capire che mi sto ubriacando, e la cosa mi soddisfa. Per qualche ora non voglio più pensare né a Ferri né a Matteo.
Grazie, caro mio amico bicchiere. Grazie di essere qui!
- Arianna?
Mi volto di scatto verso la porta dell’aula. Una figura si sta avvicinando, con cautela.
- Arianna, sei tu?
La voce non è quella di Daniele, anche se lo speravo. È quella di Matteo, porca miseria!
- Mi hai seguita? – gli chiedo, ostile.
- Veramente.. sì.
- Cosa vuoi?
Matteo rimane un po’ interdetto. – Mi aspettavo di vederti, mi avevi detto che…
- Sapessi quante cose dico! Tante cavolate, sai…
Ora che si è avvicinato, riesco a metterlo un po’ più a fuoco. Mi sembra sempre avvolto da una strana nebbiolina, ma riconosco i capelli biondi e gli occhi azzurri.
Matteo inizia a fare un discorso molto lungo, di cui non seguo una parola. Gli sto fissando il neo che ha all’angolo delle labbra… sento termini come “bellissima”, “mi dispiace” e “altre ragazze”, ma non riesco a collegarli insieme per dar loro un senso. Semplicemente, me li lascio scivolare addosso.
Poi, ad un certo punto, Matteo smette di parlare.
Lo guardo sorpresa, sbattendo gli occhi.
- Hai capito quello che ti ho detto? – mi chiede. Sta sorridendo. – O sei ubriaca?
- Credo di essere troppo sbronza. – rispondo, tetra.
La mia stessa voce mi sembra ridicola, e subito mi metto a sghignazzare, sempre più forte, finché inizio a ridere convulsamente. Matteo ride con me e, nel cercare di sorreggermi mentre sto perdendo l’equilibrio dalle risate, ne approfitta per abbracciarmi.
- Ma cosa hai bevuto?
- Silvia... – rispondo, come se quel nome spiegasse tutto. E giù a ridere, non risco a fermarmi.
Matteo tiene ferma la mia testa e con la mano la spinge verso la sua spalla. Mi appoggio e smetto di muovermi. Meno male che mi tiene sollevata di peso, perché credo che potrei cadere. Le mie gambe sono così molle…
Ho gli occhi chiusi –Dio, che mal di testa! Ma non viene dopo la sbronza? Ce l’ho già adesso?– e li riapro appena sento dei piccoli colpi vicino all’orecchio sinistro. Mi sposto appena… Cosa diavolo è?
Matteo mi sta baciando? Sono baci, quelli che sento?
- Credo che… credo che non berrò più. – proclamo, con solennità.
Matteo, con la bocca attaccata al mio orecchio, ridacchia. Sento le sue mani dappertutto. Dove accidenti sono, esattamente? Quante ne ha?
Qualcosa di caldo si sposta dal mio orecchio verso la mia guancia, e poi verso le labbra. Non riesco a spostarmi, nemmeno quando sento le labbra di Matteo sulle mie.
Mi bacia, mentre io resto immobile a vedere che succede. Ho gli occhi aperti. Ho smesso di ridere. Mi viene da vomitare.
- No. – dico, recuperando un po’ di lucidità. Mi sposto di scatto e finisco per terra, sbattendo le ginocchia sul pavimento. Il dolore mi rende ancora un po’ più lucida e capisco di aver appena baciato Matteo.
Nausea. Nausea. Nausea.
- Stai bene? – mi chiede lui inginocchiandosi vicino a me.
- No che non sto bene! – gli ringhio addosso, e mi salgono le lacrime agli occhi. Ma da ubriachi non si ride? Non è tutto più bello? Perché sto per piangere? – Stammi lontano. – gli ordino.
- Ok, ok…
- Vai via. – aggiungo.
- Sei ubriaca, non posso lasciarti qui da sola.
- Sono ubriaca, sì! Perché mi hai baciato allora?
Nausea. Nausea. Nausea.
- Anche tu hai baciato me…
Oddio.
Nausea. Nausea. Nausea!
- No… - ho la testa invasa da pensieri sconnessi. Mi faccio schifo. Ho davvero baciato questo qui? Questo qui che mi dà la nausea? Ma sono davvero ubriaca? E quanto? E Daniele? Dov’è Daniele? Perché non c’è mai, quando serve?
- Arianna? – mi chiede ancora Matteo, tenendomi una mano sulla schiena.
Nausea. Schifo. Schifo!
- Vai via! – ringhio ancora, cercando di alzarmi. Ma l’operazione è più complessa del previsto, specie ora che il mondo ha iniziato a girarmi intorno così velocemente.
Dei passi dietro di me. Matteo alza gli occhi e mi toglie la mano di dosso.
- Ti ha detto di andare via, l’hai sentita o no? – dice qualcuno alle mie spalle.
- Ferri, tu non c’entri, cosa vuoi adesso?
Ferri. …Ferri?
Mi giro e vedo Daniele dietro di me. Mi sta guardando, si abbassa fino a raggiungermi. Mi sta prendendo per un braccio… mi sento alzare e mi ritrovo in piedi, di fronte a lui che mi guarda. Mi alza il viso con due dita e vedo che sta sorridendo. – Quanto hai bevuto? – mi chiede piano. È una voce così dolce…
Mi viene di nuovo da piangere. Non voglio farmi vedere da lui, non in quello stato. Mi divincolo e fuggo fuori dalla stanza, barcollando, appoggiandomi un po’ alle pareti. Sbattendoci addosso, a dir la verità.
Sono ubriaca davvero? Ho davvero baciato Matteo?
Non sento passi dietro di me. Scendo le scale mischiandomi ai ragazzi in festa e raggiungo il portone principale del liceo.
- Arianna! – mi chiama una voce femminile.
Mi appoggio a una colonna guardando nel vuoto.
- Dove vai? – mi chiede Silvia raggiungendomi.
Le sfilo il bicchiere dalle mani. Ho una sete terribile, o forse è solo bisogno di altro alcool. Bevo un po’ della sua roba.
- Ohi, vacci piano! – mi fa lei, togliendomi il bicchiere dalle mani. – Ma sei ubriaca?
- Vado a casa. – le dico, con una voce che non sembra nemmeno la mia.
Fuori sta piovendo a dirotto. L’acqua mi appare come un miraggio. Esco così, senza un riparo, senza la giacca. Voglio sentire la pioggia scendermi sulla testa, rinfrescarmi e svegliarmi un po’.
Mi metto a correre, sotto l’acqua che scende, con le braccia alzate verso il cielo, piangendo e ridendo contemporaneamente.
Sì, sono ubriaca fradicia.
 
 
 
 
(to be continued…)
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice:
 
Buon 2011 a tutte :) non vi sarete mica ubriacate tutte come la nostra Arianna, l’altroieri? xD
Chiedo perdono per la settimana d’attesa, avrei voluto pubblicare venerdì ma i traumi post-feste e una connessione ballerina mi hanno tenuta lontana da voi -_-
Il capitolo mi fa pietà, ma questo è quel che ho scritto quindi lo pubblico. Spero di rifarmi col prossimo, sarà il secondo e ultimo pov di Daniele, ma sarà diverso dall’altro perché si tratterà di un vero e proprio capitolo e non di un “viaggio mentale” come l’altra volta. Praticamente scopriremo come va a finire la festa dagli occhi del nostro Ferri… - Arianna ha appena detto di voler andare a casa ma…non ci andrà. O meglio, non con le sue gambe ;-)
Credo anche che il prossimo sarà il penultimo capitolo, per come ho progettato la storia.
Spero che ne sarete soddisfatte ^^
Un bacione a tutte! Alla prossima e, come sempre, un infinito grazie a chi mi segue e mi commenta!
 
Lily

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Capitolo 14
*** Dagli occhi di Daniele (II) ***


 






CAPITOLO XIV

Dagli occhi di Daniele (II)

 
 
 
 
Se sono venuto a questa festa, stasera, il motivo è uno soltanto: lei.
Pensavo che avrei risolto tutto, che mettendo Cinzia tra le mani di Matteo avrei eliminato il mio rivale… ma, al solito, Arianna non ha reagito come pensavo. Ed ora mi ritrovo al punto di partenza: non so che ci vuole fare con Riva ed ho la tremenda sensazione che voglia stare con lui. Di sicuro, in questo momento loro due sono insieme al piano di sopra.
Se sono geloso? Da morire, ma soprattutto incazzato. Sono incazzato perché non ci capisco niente.
- Hai una sigaretta? – chiedo a Fede quando lo incrocio nel chiostro, dopo aver scaricato Cinzia ed aver vagabondato un po’ da solo, perso nei miei pensieri.
- Oh, bentornato. – mi fa quello, sarcastico. – E’ tutta sera che sparisci, che cazzo succede?
- Ma sì, lascia stare. Hai una siguaretta?
Fede mi guarda nauseato.
- Ho già finito le mie. – spiego.
- Sì, come ieri, come l’altro giorno e come quello prima ancora.
Ultimamente sto fumando un po’ troppo, non posso negarlo. – Dai, a buon rendere…
- Mi presenti quella? – mi fa Fede, indicando una biondina a pochi passi da noi. È il prezzo per la mia sigaretta.
La biondina non la conosco, ma non è un problema. – Certo. – gli dico, prendendo il pacchetto dalla tasca del mio amico. Non faccio in tempo ad aprirlo, però, perché la mia attenzione viene catturata da un movimento dall’altro lato del chiostro.
In queste settimane ho sviluppato una specie di radar per i capelli rossi, e…sì, quelli sono capelli rossi.
Tutto il resto del mondo si eclissa ed io inizio a camminare verso di loro.
- Ohu, dove vai? – chiede Fede seguendomi. La sua voce è fastidiosa, ma cerco di ignorarla.
Mi fermo vicino ad una colonna. È lei. Ed è da sola. Il fatto che quel coglione di Riva non si veda da nessuna parte mi riempie d’orgoglio, anche se so benissimo che lui potrebbe essere in qualche posto che l’aspetta.
- Ma sarai scemo, oh… - mi raggiunge Fede. – Che hai, adesso?
Accendo la sigaretta e non rispondo.
- Sì, buonanotte. – mi fa il mio amico.
Arianna sta parlando molto animatamente con un’altra ragazza, che se non ricordo male si chiama Silvia ed è in classe con lei. Non posso avvicinarmi per sentire cosa dicono, quindi tento di leggere il labiale.
Sono patetico.
E poi il labiale non lo so nemmeno leggere.
- Stai guardando la rossa? – mi fa Fede.
Ovviamente non rispondo, nemmeno questa volta. Anche perché Arianna ha smesso di parlare, e si sta dirigendo verso le scale per salire di nuovo al piano di sopra.
- Ciao Fe’, a dopo. – dico.
- Ohu, e il mio pacchetto…? – si lamenta quello, ma io sono già ai piedi delle scale.
Non ho mai seguito una donna, penso, ma c’è sempre una prima volta. Per quanto mi riguarda, mi andrebbe pure bene se fosse l’ultima. Se avessi lei, non mi interesserebbe più nessun’altra, non chiedetemi perché ma lo so.
La raggiungo – cammina un po’ barcollando, non dev’essere molto sobria – e resto dietro a lei di una decina di passi. La vedo entrare in un’aula vuota, e la gelosia mi brucia dentro come non ha mai fatto prima. Riva la sta aspettando lì?
Dò una rapida occhiata all’interno, aspettandomi di vedere qualcosa che mi manderà in bestia più di quanto sia già. Ma Arianna è sola, non c’è nessuno con lei.
Potrei avvicinarmi e parlarle, ma a giudicare dal suo aspetto questa sera Arianna non è del tutto in sè. Non ne capisco il motivo, ma qualcosa mi dice che è meglio aspettare.
Mi allontano nuovamente, ma proprio quando mi sto mettendo l’animo in pace e sto pensando di accendermi un’altra delle sigarette di Fede, vedo Riva dirigersi verso lo stesso corridoio da cui provengo io. Verso quella stessa aula.
Per qualche lungo istante, la rabbia mi impedisce di pensare.
Coglione, coglione, coglione.
Accendo la sigaretta e inizio a bermela come se fosse l’ultima della mia vita.
Allora lo stava aspettando. Allora si sono dati appuntamento. Allora il coglione sono io.
Non posso crederci. Non è possibile che abbia vinto lui.
Eccomi qui, un perfetto idiota che credeva di sbarazzarsi di Riva e che invece è stato fottuto. Ma complimenti, complimenti davvero.
Devo vedere coi miei occhi, altrimenti non crederò. Forse non crederei nemmeno se vedessi, ma accantono il pensiero mentre ritorno sui miei passi, nello stesso corridoio e –di nuovo- verso quell’aula.
Avvicinandomi sento le loro voci. Quella di Arianna è un tantino incazzata, oltre che decisamente su di giri.
- No… - le sento dire mentre appoggio la schiena alla porta.
- Arianna? – la chiama Riva.
Guardo all’interno dell’aula. La scena ha un che di comico: Arianna è inginocchiata a terra e quell’altro deficiente le tiene una mano sulla spalla come se fosse il suo padre confessore. Sono fortunato che quel ragazzo –decisamente- non sa bene dove mettere le mani.
- Vai via! – dice ancora lei, con quella voce da pazza sbronza.
Due semplici parole. Ma è come se qualcuno, dentro di me, urlasse “Ora!” e mi spingesse con forza all’interno della stanza. Un secondo dopo sono già ad un passo da lei.
Riva alza gli occhi e mi riconosce subito, lo vedo da come si affretta a smettere di toccare la mia ragazza. Allontana la mano e, per me, quello è un segnale di resa.
- Ti ha detto di andare via, l’hai sentita o no? – gli chiedo. La sua risposta la ignoro del tutto, anche perché ho ben altro a cui pensare. Sollevo Arianna da terra e la volto verso di me. I suoi occhi arrossati mi sembrano bellissimi.
- Quanto hai bevuto? – le chiedo, anche se so che probabilmente non mi capirà. Ma non importa. In vino veritas, e le sue due parole di poco fa mi hanno detto tutto quello che volevo sapere. Ora Riva non è più una minaccia. Ora siamo solo io e lei.
Quando si divincola, un secondo dopo, mi prende in contropiede. La lascio fare, guardandola mentre si allontana. Sta sbattendo contro tutte le pareti della scuola, non andrà lontano.
- Ma si può sapere perché ti metti sempre in mezzo? – dice la voce di Riva in sottofondo.
Lo guardo un’ultima volta con un sorriso storto. – Per sorvegliare quel che mi appartiene. – gli dico allontanandomi.
Sei fuori gioco, ragazzo mio, penso mentre m’incammino sulle tracce di Arianna.
 
 
 
- Ehi…hai visto Arianna? – dico alla sua amica giù in chiostro. Pensavo che la mia fuggitiva non sarebbe andata troppo lontana ma non riesco a vederla da nessuna parte.
Silvia sembra stupita di essere interpellata da me, ma lo nasconde subito con molta maestria. – Ciao. Daniele, giusto?
- Esatto. Hai visto Arianna? – ripeto. – Siete amiche, no?
Silvia dà una rapida occhiata lì intorno. – Sì, era qui fino a trenta secondi fa. Credo sia uscita.
- Ok, grazie. – faccio per andarmene, ma Silvia mi trattiene per un braccio.
- Senti... – mi dice, ed ora ha un’espressione molto seria. – Arianna non è…molto sobria, stasera. – mi avverte.
- Lo so.
- Trattamela bene. – mi ammonisce poi.
Ovviamente.
Prima, però, devo trovarla. Se è uscita, immagino che ora sia zuppa d’acqua, visto che sta diluviando. Rubo –prendo in prestito- un ombrello dall’ingresso ed esco a cercarla. Entrare nella testa di una donna non è semplice -entrare nella sua, poi, è impossibile- ma immagino che stia cercando di tornare a casa quindi forse la troverò al parcheggio dei motorini. Sempre se prima non è caduta o rotolata da qualche altra parte a vomitare.
Invece no. Eccola là.
Bagnata fradicia, se ne sta dritta in piedi davanti al cancello del parcheggio, guardando fisso davanti a sé, come una statua. Starà facendo una fatica immane per non cadere, presumo.
Arrivato dietro di lei, le circondo le spalle con un braccio e la riparo con l’ombrello.
Sentendo la mia presenza, si volta verso di me e mi guarda senza dire una parola.
- Andiamo a casa, che dici? – le chiedo.
- Sono troppo stupida. – è la prima cosa che mi dice.
La spingo lievemente verso la direzione da cui siamo venuti. Lei si fa condurre, docile. – No, stupida non direi, magari un po’ avventata. – rispondo. Chissà se riesce a capirmi.
- Sono stupida, non si gioca con i sentimenti. – sentenzia. La sua voce da ubriaca mi fa ridere, ma cerco di stare serio.
- Hai giocato con i sentimenti di qualcuno? – le chiedo, ma credo che la domanda non l’abbia neanche sentita, visto che prosegue nel suo discorso imperterrita.
- Non si gioca con i sentimenti. Io non sono capace. E poi.. eppoi.. eeeee poi non serve a niente, Daniele ama Cinzia.
Mi sento in dovere di intervenire. – No, guarda, ti posso assicurare che Daniele e Cinzia non…
- Stanno insieme. – afferma lei.
- No, credimi. Non stanno insieme.
- Ho sbagliato ad ascoltarla...
Chi?
- Ho sbagliato, perchéééé... io quelle cose non le so fare.
Cosa?
- Io non sono fatta per lui.
Lui chi?
- Lui chi? – le chiedo, mentre le apro la portiera della macchina. Per fortuna sono venuto con questa, stasera. Non avrei potuto portare Arianna da nessuna parte se fossi venuto in moto, l’avrei persa alla prima curva.
- Ma tanto lui sta con Cinzia.
Sospiro e la faccio accomodare sul sedile del passeggero. – Se ti riferisci a Daniele, lui non sta con nessuna. – ribadisco, ma è come parlare al vuoto. – Anche perché a lui piace Arianna. – dico poi, e la guardo. Niente, nessun segnale di vita.
- Ho sbagliato ad ascoltare Silvia. – è la sua risposta del tutto arbitraria.
Ridacchio e salgo dalla mia parte. – Ok, ok, adesso ascoltami. – le giro la faccia verso la mia. – Ti sto riportando a casa, ok? Ce le hai le chiavi, vero? È molto tardi, non vorrei svegliare tua madre, anche perché non so se vorrebbe vederti in questo stato…
Arianna mi sta fissando le labbra con quella sua espressione catatonica. Mi sorge il dubbio che non abbia capito una parola, quindi ci riprovo.
- Ok, con calma. Ora ti porto a casa, va bene? A casa, casa. – tento di nuovo.
Lei fa sì con la testa. Ottimo.
- Ce le hai le chiavi?
Espressione vacua.
- Le chiavi, Arianna. Le chiavi di casa.
Un nuovo sì. Stentato, ma pur sempre un sì.
- Perfetto. – metto in moto. – Bene, ora prosegui pure col discorso di Daniele che ama Arianna. – le sorrido.
- Daniele non ama Arianna. – afferma lei, seria. – Ma tu.. ma tuuuu… ma tu chi sei?
- Io sono quello che ti porta a casa.
Arianna guarda fuori dal finestrino, con la testa appoggiata al sedile. – Lei è a Milano.
- Chi? Chi è Milano?
- Se non avessi ascoltato Silviaaaa… ora non mi verrebbe… non mi verrebbe da vomitare.
- Chi è a Milano, Ari?
- E’ a Milano.
- Chi, Arianna?
- Mia madre.
È un’ottima notizia. – Tua madre stasera è a Milano?
- Sììììì...
- Bene. Così non ti vedrà in questo stato ed io non dovrò spiegarle chi sono e perché sei ubriaca.
Arianna mi guarda in silenzio.
- Ti viene da vomitare? – le chiedo.
- Nooooo... – mi risponde.
Non so se crederle. – Senti, e di Silvia che mi dici?
- Silvia… Silvia… Silviaaaaaa… - inizia lei. Passa almeno un minuto prima che inizi una nuova frase. – Silvia me l’ha detto.. devo farlo ingelosire. Solo che.. solo… solo che… io non sono capace. No no…
- Aspetta. Silvia ti ha detto di far ingelosire chi? Daniele?
- Sì.
Mi viene da ridere, ma mi trattengo. – Perché, Ari?
- Matteo mi fa venire la nausea. – dice invece, ma per me è una risposta più che valida.
- Quindi a te piace Daniele? – le chiedo.
Arianna si volta di nuovo verso di me. – Sìììì… ma tu chi sei?
- Non mi riconosci?
Mi guarda fisso per almeno un minuto. – Non vedo niente. – dice poi, e chiude gli occhi. – Ho sonno…
- Non dormire, siamo quasi arrivati.
Parcheggio sotto casa sua due minuti dopo. Le prendo la borsa e inizio a rovistare alla ricerca delle chiavi. Fazzoletti, portafoglio, lucidalabbra, assorbenti… Eccole!
- Domani vado da lui e glielo dico. Gli dico tuttoooo… – prosegue intanto Arianna, ancora con gli occhi chiusi.
Scendo e le apro la portiera, facendola appoggiare a me. – Ecco, brava. Te lo consiglio anch’io. Vai da lui, glielo dici e mettete tutto in chiaro.
- Ma lui sta con Cinzia...
E che cazzo. – No, ti ho detto di no, ora smettila.
- Di me non gliene frega niente. Hai da bereeee..?
- Eh?
- Ho bisogno di qualcosa di forte…
Rido. – No, direi che non è proprio il caso.
- Anche Silvia l’ha detto. Stasera beviiiii. Doveva servirmi per  Matteo, sai.. per quella.. per quella.. per quella... queeeeellaaaa…
Lo sapevo, si è incantata. – Quella, cosa? La cosa della gelosia?
- Sììì… Io non ne sono capace, ma bere… beeeere risolve i problemi.
- No, bere non risolve i problemi, li sposta soltanto. Fidati.
Apro la porta di casa e faccio appoggiare Arianna allo stipite, mentre dò un’occhiata all’interno. Non dovrebbe esserci nessuno, ma non so quanto fidarmi delle parole di una ragazza in quelle condizioni.
- Signora Rossetti? – chiamo, andando verso le camere. Se c’è, le farò venire un colpo, ma almeno non penserà che ci sono i ladri.
Nessuno mi risponde, perciò decido di accendere le luci e di tornare a recuperare Arianna, la quale è ancora appoggiata con la testa allo stipite, come l’ho lasciata.
- Non dormire. Prima ti devo mettere a letto.
Si appoggia a me, ma tiene gli occhi chiusi. – Daniele ha sempre un sacco di ragazze tra le mani. – dice, e per un attimo mi sembra perfettamente lucida. – Non ho speranze.
La guardo in faccia. No, non è tornata lucida, e a giudicare da come mi si sta abbandonando addosso non ho molto tempo prima del crollo definitivo. – Lascia stare Daniele, non si è comportato bene stasera. – le dico.
- Oh, ma la colpa è di Silvia. E poi mia, perché io sono stupida. – fa lei, chiudendo il cerchio.
- Ok, ora a letto però. Dov’è camera tua?
Arianna mi ha appoggiato la testa sulla spalla. – Mmmhh…
- Sì, vabbè, faccio da me.
Ho quattro porte davanti. Una è il bagno, l’altra una camera con un letto matrimoniale quindi la scarto, l’altra una stanza chiusa e poi una con la porta appoggiata. Ci dirigiamo verso l’ultima, ma è Arianna che stavolta guida me. Con un ultimo guizzo di lucidità apre la porta e, appena vede il suo letto, si butta sopra a pancia in giù, schiacciando la faccia contro il materasso.
- Sì, però non soffocarti. – dico voltandole il viso delicatamente, in modo che possa respirare.
Nessuna risposta, ovviamente. Il suo respiro si è fatto più pesante.
- Stai dormendo? – chiedo, ma non per sentirmi rispondere. Lo faccio un po’ per rompere il silenzio e un po’ perché ora non so cosa fare. Vado via? Resto? La madre è a Milano, forse potrei…
Le tolgo le scarpe e la copro con una coperta che ho trovato ai piedi del letto.
- Sei fradicia. – le dico ancora, sfiorandole la schiena con le dita. – Potrebbe venirti la febbre. O un raffreddore. – valuto, più per me stesso che per lei.
So cosa dovrei –cosa vorrei- fare, ma Arianna dovrebbe essere un minimo vigile per permettermi di farlo. Così è impossibile, oltre che ingiusto.
Mi sto facendo scrupoli per lei.
Il punto è che non si tolgono i vestiti ad una ragazza quando questa sta dormendo. Mi correggo, ad Arianna questa cosa non si fa.
- Pazienza, raffreddore sia. – le dico. Poi mi concedo di darle un bacio sulla tempia e me ne vado, spegnendo la luce.
 
 
 
 
 
 
 
(to be continued…)
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice:
Buonasera, bellezze ^^
Non sono sicura che il prossimo capitolo sarà l’ultimo perché forseforseforse m’è venuta un’altra idea.
Quindi diciamo: sorpresa. Forse la storia finirà, o forse no.
Intanto spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia strappato qualche sorriso.
Faccio il prima possibile per il prossimo aggionamento, spero di farcela per il finesettimana.
Un bacione e grazie, grazie, grazie di cuore per l’affetto con cui mi state seguendo.
 
Lily

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Capitolo 15
*** Quello che voglio ***


 








CAPITOLO XV

 

Quello che voglio

 
 
 
 
Biiiip. Biiiip. Biiiip. Biiiip. Biiiip. Biiiip…
La sveglia suona per almeno cinque minuti prima che il mio torbido sonno si decida a lasciarmi.
Quando finalmente riesco a sollevare la faccia dal cuscino, il mio primo bisogno è impellente: vomitare.
Ok, preferisco sorvolare sui dettagli. La tazza del water non è una bella visuale, da vicino, soprattutto in una mattina come questa. Giuro che non berrò mai più, lo giuro su tutta la mia collezione di cappelli!
- Che diavolo… - sbotto ad un tratto, con la fronte appoggiata al bidè, accorgendomi solo in quell’istante che c’è qualcosa che non va.
Sono vestita. E i miei vestiti sono umidi.
Mi alzo e vado allo specchio, scoprendo con disgusto che ho il trucco tutto colato sulla faccia, con tanto di striscia rossa di rossetto a farmi sembrare un malriuscito Joker.
Cosa è successo ieri sera?
Ok, sbronza colossale. Ok, ma dopo?
Si può dire che ho un vuoto di memoria a partire da…da quando, esattamente? Ricordo Matteo che si abbraccia Cinzia, ricordo Cinzia che va via con Ferri (riecco la fitta allo stomaco..puntualissima, non c’è che dire!), ricordo Silvia che mi dice “Ari, è una vittoria”… ma non so per cosa. Non ricordo più nulla. Zero totale, vuoto assoluto, kaputt!
Torno in camera strascicando i piedi. Se ero talmente ubriaca da non ricordarmi nulla di quel che ho fatto – rifletto con crescente smarrimento – come accidenti sono riuscita a tornare a casa?
Il cellulare che squilla da qualche parte nella mia stanza sembra quasi volermi suggerire una risposta.
- Borsa… borsa… borsa…– la cerco con gli occhi finché la vedo, abbandonata sulla scrivania. Il display del cellulare mi fa presente che è arrivato un nuovo messaggio.
“Se te lo stai chiedendo, il tuo motorino è ancora davanti a scuola. Quando ritorni alla realtà chiamami, che lo andiamo a recuperare con la mia macchina.”
Mittente: Daniele Ferri.
Oddio.
Ora qualcuno mi deve spiegare!
Cerco nella rubrica il numero che stavolta ho avuto cura di memorizzare. – Silvia! – grido ad un’assonnatissima voce che mi risponde “pronto”. – Silvia, sei sveglia?
- Ma che.. ma.. Ari, vaffanculo. Sono le sette e mezza.
- Cos’ho fatto ieri sera?
- Richiamami ad un’ora normale…
- No aspetta! Ti prego! Devo sapere cos’è successo, non ricordo nulla!
- Eri ubriaca…
- Questo lo so. Lo sa anche il mio water, ora.
- Ti sei vista con Matteo, ma non so cosa ci hai fatto perché non ero lì. E poi di punto in bianco te ne sei andata senza dirmi una parola.
- Matteo… Matteo, maledizione. Maledizione!!
- Stai calma.
- E Ferri?
- Ferri stava alla grande, aveva un completo che…
- No, non mi interessa com’era vestito! Mentre ero ubriaca ci ho parlato?
- Credo di sì..
- Mondo inghiottimi!
- Senti, non so di preciso cos’è successo tra te e lui ma so che quando sei uscita lui ti ha seguito. E poi siete spariti tutti e due. Ti ho cercata per chiederti se avevi bisogno di un passaggio fino a casa, infatti, ma non ti ho trovata più. Che hai fatto, Ari?
- Vorrei saperlo anch’io!
- Beh, se sei a casa vuol dire che è andato tutto bene. Buonanotte.
- No, aspetta!
- Che c’è ancora?
- Ferri.. Ferri poi è tornato? Intendo, io sono sparita ma lui poi è tornato, vero?
- No, non s’è più visto neanche lui.
Oddio. Oddio. Oddio!
- Ari? Sei andata a vomitare? – mi chiede Silvia sentendo un po’ troppo silenzio.
- Credo.. credo che Daniele possa avermi riportato a casa.
- Eh, la miseria! – fa la mia amica, improvvisamente del tutto sveglia. – Voglio i dettagli!
- Prima li devo scoprire. – mormoro. E ancora non so come farò.
- Quando li sai, voglio tutti i dettagli.
- Ci vediamo domani a scuola. Buonanotte. – tronco lì. Quindi interrompo la chiamata e rispondo al messaggio di prima.
“Sono sveglia. Perché il mio motorino è ancora davanti a scuola? Scusami, credo di avere un black out.”
Invio il messaggio e la risposta arriva dopo due soli minuti.
“Perché ieri sera ti ho portata a casa io.”
Tombola!
“Non voglio darti altro disturbo, torno da sola a recuperarlo.”
“Oggi c’è sciopero degli autobus e tua madre è a Milano.”
E lui come lo sa? Sto per scriverglielo, ma subito dopo mi arriva un altro suo messaggio.
“Quando ti senti pronta per affrontare la realtà, vai in soggiorno.”
C’è scritto questo, su quel cavolo di display, ed io come una deficiente obbedisco. Con quell’aria da sopravvissuta ad un naufragio che mi ritrovo, percorro il corridoio ed entro in sala… dove ho bisogno di almeno quindici secondi per riconoscere la persona che ci trovo.
Seduto comodamente sulla poltrona che è anche la mia preferita, con in mano una rivista e con l’aspetto fresco e riposato dell’ultimo giorno di vacanza, c’è Daniele Ferri.
- Buongiorno. – mi fa sorridendo. – Come ti senti?
Resto imbambolata, con la mascella a mezz’aria.
- Non volevo ascoltare la tua.. ehm.. diciamo conversazione di qualche minuto fa, ma urlavi come una disperata. – prosegue lui.
- Tu… tu…
- Ieri sera stavo per andarmene, ma poi ho pensato che se fossi stata male.. insomma, eri qui da sola, quindi..
- Tu… tu…
- Sì, ti ho portata a casa e poi sono rimasto qui. Va tutto bene, tranquilla.
- Tu mi hai sentito parlare con Silvia! – riesco finalmente ad articolare. – Tu mi hai sentito mentre… mentre…
Mentre vomitavo.
Che vergogna! Faccio un rapido dietrofront e mi fiondo in bagno, chudendo a chiave la porta.
- Aspetta. – mi fa lui da fuori. – Che c’è? Guarda che non è successo niente! Non mi interessa cosa vi siete dette tu e Silvia, eh.. Arianna? Ci sei?
Io mi sto guardando allo specchio. La mia faccia fa paura: la striscia di rimmel mi arriva alle orecchie e il rossetto ce l’ho tutto sbavato intorno alla bocca. Ottimo! Il ragazzo più figo dell’intero sistema solare mi ha appena visto in queste condizioni dopo avermi sentito vomitare! Mi daranno un premio, prima o poi!
- Dammi due minuti. – gli dico cercando di calmarmi. – Dammi il tempo di togliermi il trucco dalla faccia e poi ne riparliamo.
- Ok. – dice la voce al di là della porta, ed io inizio a lavarmi. Già che ci sono mi pettino -questo covone di paglia sarebbero i miei capelli?- e mi rassetto i vestiti. Sono un disastro, ma almeno adesso posso guardarlo in faccia senza sprofondare.
Quando esco, lui è in ingresso, sta guardando le foto di… oh, porca miseria! La mia foto in costume alla gara di nuoto delle elementari!
- Ehm. – mi avvicino a lui. – E’ stato molti anni fa. Mia madre è un po’ sentimentale.
Mi aspetto che mi prenda in giro ma non lo fa. Al contrario, ha un’espressione estremamente serena e soddisfatta sul volto. Un volto mezzo assonnato, con ancora il segno delle cuciture del divano sulla guancia.
Ecco, lo sapevo. Ora non riesco più a smettere di fissarlo.
- Ti senti meglio? – mi chiede.
- Beh.. credo che… Lo vuoi un caffè?
- Sì, grazie.
Armeggiare intorno alla moka può essermi di grande aiuto. Almeno posso concentrare i miei occhi su qualcosa di diverso da lui.
- Senti, mi dispiace per ieri, devo essere stata pessima. – gli dico. – Grazie per avermi riportato a casa. E per quanto riguarda la telefonata a Silvia… insomma, l’ho chiamata perché non mi ricordo niente di quello che è successo. Spero di non aver.. combinato disastri, ecco.
- Tranquilla. Non hai combinato disastri e soprattutto non sei stata pessima, ma molto divertente, direi.
- Divert…divertente. – ripeto a pappagallo, per metabolizzare le informazioni.
- Sì, molto spassosa. – prosegue lui. – Sbattevi qua e là, ti appoggiavi a tutto, sottoscritto compreso, e poi…
Mi figuro una sciocca ubriaca che si appoggia a Daniele Ferri ridacchiado come un’ebete. Argh.
- Scusa. Scusa. Davvero. – gli dico seria, anche se non so se incazzarmi di più per essermi appoggiata a lui a tradimento o per averlo fatto mentre non ero cosciente. La seconda, direi.
Il fatto è che Daniele ora è tornato vicino a me e cercare di non avvertire il suo profumo, mentre sono qui a pochi centimetri da lui, si sta rivelando più difficile del previsto. Vorrei saltargli addosso, ecco la verità. Io mi sarò pure ubriacata, ma i miei ormoni stanno benissimo, a quanto pare!
- Non preoccuparti. Quello non è stato un problema. – mi dice lui.
- Quello. – metabolizzo. – Intendi che… ho fatto anche dell’altro?
- Certamente.
Sento la pendola della morte che comincia a suonare per me. Donnng. Donnng.
- Che cosa ho fatto..? – chiedo con voce flebile. – Se ho fatto qualcosa di…diciamo sconveniente, sappi che hai il dovere di dirmelo.
Lui ridacchia.
- Oddio! Ho tentato di baciarti! – ipotizzo, terrorizzata.
Ferri ride di gusto. – No, ma non sei del tutto fuori strada.
- Qualsiasi cosa abbia fatto, giuro che non si ripeterà più. Ho chiuso con l’alcol.
- E’ stato un rapporto molto breve.
- Breve e fin troppo intenso, per quanto mi riguarda. Ma ti prego, ora dimmi esattamente cos’è successo.
Stavolta azzardo un’occhiata verso di lui. Sta sistemando le tazze e i cucchiaini sui piattini, che tenero.
E poi guarda un po’, che strana scena.. io e lui in una cucina, fianco a fianco, di mattina presto. Se non mi fossi appena giocata del tutto la reputazione con il rimmel strisciato e tutto il resto, potrei anche dire che abbiamo una certa affinità.
Ora basta però.
Il caffè è pronto ed io mi costringo ad impegnarmi nella delicata operazione di versarlo nelle tazze. Quindi ci sediamo a tavola, uno di fianco all’altra.
- Allora? – lo incalzo.
Lui sta assaporando il suo caffè con aria estremamente appagata. Finalmente la smette di essere sadico e si decide a rispondermi. – Da dove posso cominciare? Beh, innanzitutto, mentre entravamo in casa tua, mi hai detto che oggi mi avresti parlato di qualcosa di molto importante, quindi forse spetterebbe a te parlare per prima.
Resto a bocca aperta. A cosa cavolo alludevo? Qualcosa di importante, del tipo che sono perdutamente cotta di lui?
- Non ricordo.. davvero..
Lui sorride. – Ok. Partiamo dall’inizio. Mi hai parlato di Silvia. – spara senza pietà. Ed io sento le mie guance prendere fuoco.
Porca miseria.
- Ti ho parlato.. di lei? Intendi di che tipo è, hobby interessi punti forti segno zodiacale e cose così, vero? – chiedo vaga, ma la mia voce mi tradisce perché si è fatta molto stentata.
- Non proprio. Mi hai spiegato molto bene la sua abilità di stratega, per essere precisi. Pare che Silvia se ne intenda, di uomini...
A quel punto capisco che i giochi sono finiti. – Ok. So dove vuoi arrivare. Devo averti detto molto più di quel che avrei dovuto dire. Sì, lo ammetto: ho fatto una gran cavolata, ho ascoltato Silvia e ho tentato di provocarti per vedere come reagivi.
La mia voce, su quel “provocarti”, è diventata praticamente inesistente. Ma credo che Ferri abbia capito lo stesso, perché ora è molto serio.
- Un disastro su tutta la linea. – proseguo, ormai sull’onda della confessione. – Forse a Silvia certe cose riescono, ma a me complicano solo la vita. Pensavo che avrei capito cosa aspettarmi da te, e invece non ho capito niente. Ed ora… - lo guardo, indecisa su come proseguire.
Ormai gioco a carte scoperte. Lo sa che gli muoio dietro. Mi sfotterà per l’eternità, come minimo.
Ari, cerca di uscirne con dignità, almeno.
- Ora.. ti ringrazio per avermi accompagnato a casa ieri, ma credo che sia meglio se il motorino me lo vado a recuperare da me. Non mi devi altro, anzi scusami. Sono stata davvero molto infantile. Ti assicuro che non ti causerò disturbo mai più.
L’ultima parte è un sussurro. Daniele mi sta guardando fisso.
- Causarmi disturbo…? – ripete poi, con quel suo mezzo sorriso storto. – Ti sembro uno scocciato perché è stato “disturbato”?
Lo guardo di nuovo. Non mi sembra scocciato, mi sembra felice e spensierato.
Scuoto piano la testa. – In realtà no.
- Non lo sono, infatti. Ho anch’io da dirti delle cose. Se ieri hai fatto una cazzata, io ho fatto la mia, quindi siamo pari no?
Lo guardo perplessa.
- Cinzia. – mi dice lui, come se quella parola spiegasse tutto.
- Ah. Che ora è la tua ragazza, immagino, vero…? – tento. Se c’è una cosa che ricordo bene di ieri sera, è come lui e Cinzia si siano appartati dopo avermi salutata.
Il mio stupore è grande quando lo vedo scoppiare a ridere di nuovo.
- No, non è la mia ragazza. Sono libero. Sono libero e innamorato. Non lo capisci?
Io sono parecchio confusa ma il mio cuore comincia ad accelerare impetuosamente il suo battito.
- Ieri sera, con tutto il tuo sparlare da ubriaca, mi hai fatto capire delle cose che volevo capire da tempo. Più o meno da quando ti ho conosciuta. Ora so che Matteo non è un problema. – sorride. – Ora so che non mi odi.
- Io non ti ho mai odiato. – dico, sempre sussurrando.
- Credevo di sì, me l’avevi anche detto.
- Era solo.. era che non capivo. E anche adesso capisco poco, in realtà. Ma non ti odio, assoltamente no.
La parola da usare sarebbe un’altra.
- E ti fidi di me? Almeno un po’?
- Beh, ieri mi hai riportato sana e salva a casa, direi che questa è una buona prova di affidabilità.
Mi sorride, ed io m’incanto. Di nuovo.
- Ora capisco perché mi guardi così. – sussurra lui. – Stupido a non averlo capito prima.
Perché, come lo sto guardando?
Per la prima volta rifletto su queste parole.
Come lo sto guardando?
E lui, come mi sta guardando?
Nei suoi occhi ci sono un sacco di cose, perché non me ne sono accorta prima?
La consapevolezza arriva con una nuova corsa di battiti nel mio petto.
Daniele, quel Daniele Ferri che sembrava così agli antipodi da me, è in realtà un ragazzo innamorato. E pensate un po’… la persona di cui si è innamorato sono proprio io.
Accorgersene e baciarlo accadono quasi nello stesso secondo. Appena la mia mente formula quel pensiero, mi getto su di lui e incollo le labbra alle sue.
Probabilmente lo sto spaventando, ma non m’importa. Mi sono trattenuta per troppo tempo.
Mi siedo sulle sue ginocchia e non lo lascio respirare per almeno cinque minuti.
- Lo sai in che guaio ti sei messo? – gli chiedo quando mi allontano un attimo, con le guance accaldate e gli occhi luminosi. – Le ragazze come me sono difficili da gestire.
Lui appoggia la sua fronte alla mia. – Sai…credo proprio che non esistano “ragazze come te”.
 
 
 
 
 
 
 

Fine.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice:

Ho pensato molto, in questi giorni, a come concludere questa storia. Avrei potuto farne altri capitoli ma poi ho pensato che non avrebbe avuto senso “allungare il brodo”... intendo, Daniele e Arianna si volevano così follemente che non era possibile, per me, rimandare ancora i loro chiarimenti. La storia doveva finire…
Anche se non escludo la pubblicazione, in futuro, di uno spin off in cui spiego alcune cose che nella storia non ho spiegato, la fine vera e propria è questa qui. Spero che sia stata all’altezza delle vostre aspettative e che vi resti un buon ricordo di Ferri, di Ari e degli altri personaggi. Spero che vi abbiano fatto trascorrere qualche ora in serenità, che abbiate sorriso e riso con loro. E che vi siate affezionate almeno un pochino a questa “Lily_Rose”…anche se non ci conosciamo personalmente vi ho sentiti davvero molto vicini e io, davvero, posso dire di essermi affezionata a voi e alle vostre parole, che per me sono state fondamentali. Mi hanno fatto capire un sacco di cose.
Vi chiedo di lasciare un commento finale, anche solo telegrafico per dirmi “sì, mi è piaciuta” oppure “potevi fare meglio”. Per me sarebbe importantissimo. Questa è la mia prima originale, ho bisogno di consigli e di “dritte” (buone o cattive che siano) per capire dove vado bene e dove invece sbaglio. Quindi chiedo anche a chi ha letto e non ha mai lasciato un commento di farmi sapere qualcosa, nel modo che preferisce. Anche con un piccione viaggiatore va benissimo xD
Per quanto riguarda me, vi sembrerà stupidamente sentimentale ma la pubblicazione qui sull’Efp è stata talmente bella che ho deciso di iniziare a scrivere un’altra storia e di pubblicarla sempre qui. Per il momento è solo un’idea ma ho intenzione di mettermi al lavoro molto presto. Febbraio potrebbe essere un mese buono per iniziare a pubblicarla :-) e, ovviamente, spero di ritrovarvi anche là.
Un grazie infinito dal profondo del cuore per l’affetto e la fiducia con cui mi avete seguita e supportata.
A presto, molto presto!
Lily

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