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di Niagara_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. + Epilogo ***



Capitolo 1
*** Uno ***


1

1.

Il Leopardi si Deprime

 

Non si poteva certo dire che quelli fossero gli anni d'oro di Ethan Gold, ironia sul nome a parte, visto quel che era accaduto.
Non aveva avuto il successo sperato neanche dopo essere stato chiamato da quel famoso produttore canadese. A quanto sembrava, c'erano violinisti molto meno in gamba di lui ma molto meno costosi, che gli avevano soffiato il posto, il sogno, il tempo. E anche la vita sentimentale era stata uno schifo.

Dopo aver tradito miseramente Justin, ed essersi comportato in modo così umiliante per essere perdonato, aveva ripercorso i suoi passi, i mesi che erano trascorsi e le esperienze che aveva vissuto gli avevano in un certo qual modo spiegato gli errori che aveva fatto, si era comportato da meschino con Justin, forse uno dei pochi che gli aveva voluto bene sul serio.

Ma ormai era andata, era cresciuto, era acqua passata, anche se Ethan non aveva più trovato qualcuno con cui valesse davvero la pena di fare sesso, né tantomeno di cui innamorarsi. Certo, il piacere della carne andava assecondato, ma a lui non bastava solo quello. Almeno un po’ di dialogo ci voleva, dannazione. Per questo si chiedeva come diavolo avesse fatto a mettersi per tutto quel tempo con Justin, che di argomenti di conversazione ne aveva veramente pochi.

Justin era... Justin era Raggio di Sole. Era piombato nella sua vita illuminandola all'improvviso, abbagliandolo senza chiedergli il permesso, e l'aveva trascinato verso il sole, verso un fuoco bollente, e Ethan sapeva che prima o poi ci si sarebbe scottato.
Ma lui era l'uomo delle sfide, chi era Justin per intimorirlo? Nessuno. Assolutamente lo stesso nessuno che l'aveva preso, usato, gli aveva strappato il cuore, lo aveva disegnato, storpiato, e poi l'aveva gettato come un metronomo rotto.

Non era certo bastato un ragazzino che gli correva dietro al culo, ed era perennemente attaccato al pisello del gay più desiderato di Pittsburgh, a farlo deprimere. Lui si era rialzato a si era ripreso, diventando ancora più forte e tenace di prima.
- Non può darmi la sfratto! - sbottò alla padrona della bettola dove abitava - Ho sempre pagato in anticipo e ... -
- Gli ultimi mesi no. Niente soldi, niente stanza. Se mi dai un anticipo posso farti rimanere ancora un paio di notti. -
Ed eccolo di nuovo a suonare il violino al freddo, ma stavolta veramente per sopravvivere,visto che i genitori l'avevano bellamente mandato a quel paese visto l'insuccesso musicale, tagliando i fondi, ribattendo per l'ennesima volta che idea assurda fosse quella di vivere suonando il violino.

Fottuto, fottuto, fottutissimo freddo. Quanto odiava l'inverno.
Aveva le dita intorpidite, sbagliò anche qualche accordo, ma nessuno se ne accorse, come avrebbero potuto in fondo, quei plebei infagottati e carichi di regali che si fermavano a fissarlo come oche davanti ad uno specchio?
Gente che non avrebbe compreso la sua arte nemmeno se avesse spiegato loro tutte le cose che non sapevano, erano attratti dalle note così come erano attratti dal profumo di miele del forno. Nient'altro che un fenomeno per raccogliere monetine.
Com'era caduto in basso.

Questa volta non c'è nessun Brian Kinney a buttare cento dollari nella custodia, eh?
Sebbene fosse orgoglioso, sentiva che in quel momento avrebbe potuto fregarsene benissimo. La cosa più importante per lui in quel momento era tornare a casa e tentare di scaldarsi per evitare un assideramento. Aveva le mani che tendevano quasi al viola, ormai.
Chissà quanti gradi sotto lo zero c'erano, e nella custodia ancora troppi pochi soldi per andarsene.

Quella era forse la prima volta che aveva davvero paura di non riuscire ad andare avanti solo con le proprie forze.
La musica finì, aveva saltato un pezzo perché le mani non avrebbero retto oltre, la folla applaudì, naturalmente non si era accorta di nulla, e nella custodia del violino cascarono tante monetine, quarti di dollari, dollari, intravide immediatamente una salvifica banconota da cinque.
Non si sforzò nemmeno di ringraziare il pubblico, quella mattina non si sentiva affatto magnanimo.
Rabbrividì e decise che per un po' sarebbe andato a rintanarsi in un locale, almeno per ritrovare il contatto con le proprie dita dei piedi.
Finché non si accorse che qualcuno era rimasto accanto a lui, a fissarlo come un gufo impagliato.

No, doveva ignorare quella figura molesta. Raccolse la custodia e si diresse verso il primo bar che trovò aperto. Peccato che una lucina nella sua mente gli ricordò che quello era il locale frequentato da tutti gli amici di Justin, e dove appunto il suo ex aveva lavorato.
Anche se era sua libero diritto entrare lì, non credeva fosse il caso.
- Cazzo! - esclamò esasperato anche dal troppo freddo.

- Dubbi esistenziali? - domandò una voce che conosceva. Che conosceva fin troppo bene.
Alzò gli occhi al cielo, ormai era fregato.
Si voltò lentissimamente ripetendosi in testa una nenia interminabile sperando di farlo sparire con la forza del pensiero.
Col cavolo che funzionò.
Ma 'fanculo.
- Io non mi posso permettere giacche firmate come le tue. Quindi la mia fa leggermente freddo. - dichiarò secco, sperando di risultare acido e velenoso. Più che altro sembrava solo infreddolito.
Brian era bello come sempre, forse addirittura di più dell'ultima volta in cui si erano incontrati.
Belle labbra, bella pelle, bei capelli, bel portamento. Cosa non aveva di bello, quel mezzo busto?!

- Pensavo che a quest'ora fossi ad ammaliare grandi folle col suono del tuo violino in famosi teatri, e non per strada come un qualsiasi straccione. - rispose lui, evidentemente divertito dalla cosa.
- E io pensavo che fossi a scopare Justin, ma ehi, ci si sbaglia, no?! -

- Stai tremando o è Parkinson precoce? - lo apostrofò Brian, sempre simpaticissimo.
Ethan fece una smorfia, la lingua era intorpidita, altrimenti gliene avrebbe dette di cotte e di crude. Ma la stagione era decisamente contro di lui.
- Freddo. - ammise senza guardarlo, e il secondo dopo stava praticamente marciando lungo la pedonale alla ricerca del bar più vicino, o almeno di un posto col riscaldamento.

- Credo che la tua situazione attuale sia una delle più divertenti. Più di quanto avessi immaginato, in effetti. -
Ethan si fermò, e si voltò verso Brian guardandolo alzando il viso.
- Senti... Credo di essere già stato punito abbastanza per qualsiasi cosa possa aver fatto al tuo ragazzo. - pronunciò la parola con una smorfia - Le tue battutine risparmiale, o fa qualcosa di buono una volta ogni tanto e butta qualche soldo per la mia musica. In fin dei conti, tu sei un bastardo quanto me. Ma tu sei Brian Kinney e ti si perdona tutto. Io sono solo il violinista da quattro soldi che ti ha portato via Justin e l'ha fatto soffrire. Beh,sai una cosa? Non l'ho minacciato con una pistola alla tempia per farlo venire nel mio letto! -
Si stava animando e di conseguenza scaldando. In fin dei conti, incontrare Brian qualcosa di buona l'aveva portato. Finalmente poteva buttare fuori quelle parole che si teneva da troppo dentro.

- E se proprio non ti va a genio quello che ho fatto, allora denunciami! O picchiami, tanto per la gente coi soldi non fa alcuna differenza, tanto per loro non cambia mai niente, siete tutti solo dei gran... -
- Ehi, frena! - lo interruppe Brian alzando le mani a mo' di arresa - Io ho solo detto che sei divertente, nient'altro! -
Ethan chiuse la bocca diffidente, il sorriso di Brian non gli era mai piaciuto. O meglio, l'aveva sempre trovato esageratamente eccitante, ma tanto quanto stronzo. Quelli come lui con una mano accarezzavano e con l'altra pugnalavano, e sempre con un bel sorriso smagliante.

- Effettivamente, stai davvero gelando. Perché non entri a bere qualcosa di caldo? Almeno per oggi potresti dire addio alla tua fonte di guadagno. - Fissò le mani di Ethan, protette da guanti senza dita che potevano comodamente sciogliersi per poi essere lasciate libere di suonare. Il ragazzo doveva essere proprio senza soldi visto che erano gli stessi dell'altra volta. Parecchi mesi prima.
- Qui? No. - disse guardando, lievemente intimorito dalla figura di Debbie che serviva ai tavoli - Qua voi fate combriccola. Sono abbastanza umiliato ultimamente per sopportane ancora solo un'altro po’! -

Brian sorrise grattandosi il mento, lui invece indossava dei guanti di pelle che a occhio e croce dovevano valere minimo cento dollari.
- Allora ti porto in un posto dove nessuno ti può conoscere. Un posto molto etero. - E si avviò per il marciapiede con tutta la tranquillità del mondo. Ethan non lo seguì - Che fai, vuoi morire assiderato? -
- Perché stai facendo finta di aiutarmi? Vuoi prendermi per i fondelli per l'ennesima volta? -
Brian rise di nuovo. Stavolta un po' più caustico. Tornò sui propri passi, e si fermò a qualche centimetro da Ethan.
- Senti, ragazzino, ti faccio notare che io e Justin ci siamo lasciati. E non in buonissimi rapporti. Quindi se ti sto offrendo una mano non è perché voglio farti chissà cosa, voglio solo cercare di essere gentile con quel fottuto prossimo che ogni fottuto giorno mi perseguita. Ok? -
Molto eloquente.

Lasciati?
Quello era un argomento interessante. Prese la custodia col violino e si avvicinò a Brian.

- Lasciati? Vi siete mollati dopo tutte le storie che mi ha fatto su come tu fossi un dio, e su come vedesse voi due che scopavate ovunque quando girava a casa tua a raccogliere le ultime cose? Sai, non sono esattamente delle parole molto gentili per essere mollati ma.. wow. - ridacchiò - Gli hai infranto il cuore oppure il grande Brian Kinney si è preso un due di picche? -

- Questi non sono cazzi tuoi, strimpellatore. - replicò secco - Ma se vuoi, l'offerta per un pasto caldo non in un centro d'accoglienza per barboni, è ancora valida. - E gli voltò le spalle, stavolta a passo più spedito.
Ethan non era ancora del tutto sicuro, ma quella proposta lo allettava più di qualunque altra cosa, inoltre era proprio curioso di sapere cos'era successo a quei due.
Strinse la custodia e gli corse dietro.

- Ci sono delle condizioni, ragazzino. Io ti offro il pranzo, e tu stai zitto. Per tutto il tempo. Ok? Annuisci per farmi vedere se hai capito, o il freddo ti ha paralizzato il cervello? -
Ethan annuì con una strano sorriso continuando a camminare in silenzio per cinque minuti buoni.

- ... E’ stato lui, eh? -
- Quale significato sconosciuto ha la parola zitto per te? -
Ethan non demorse.

- Sono un buon ascoltatore, sai... Poi, oltre al pasto, se vuoi fare il buon samaritano questo racconto me lo dovresti proprio. -

- Io non sono un buon samaritano, io sono lo stronzo che fa cadere il povero storpio rubandogli il bastone. -
- Non avevo dubbi su questo. - sibilò Ethan malizioso - Ma ormai il discorso l'hai iniziato, non sta bene non finirlo. -
- Non sta bene nemmeno chiedere l'elemosina per strada, quello non lo fanno nemmeno le battone. -
Colpito e affondato.
Ethan chiuse la bocca, non si poteva certo dire che Brian non avesse il dente avvelenato. Di avvelenata lui aveva tutta la dentatura.

Brian afferrò Ethan per il bavero e lo trascinò dentro un locale abbastanza piccolo, ma pieno di gente in giacca e cravatta, compresi di ventiquattrore e telefoni auricolari, tutti eleganti e dai completi firmati, mentre lui si sentì un pezzente fuori dalle righe, col suo giaccone logoro, i jeans strappati, non perché andava di moda, e una custodia sporca e sbeccata di violino.
Lo stronzo alla fine era riuscito ad umiliarlo comunque.
- Non ti preoccupare di cosa pensa questa gente, hanno camion di letame da smaltire alle loro spalle, non badano ad un ragazzo povero. - gli disse Brian mentre si avviava ad un tavolo a testa alta. Ethan lo seguì, a testa bassa.

Fanculo.
Brian si tolse il cappotto e lo porse al cameriere. Tutto del suo completo gridava Armani.
Anche Ethan si tolse la giacca rimanendo nel suo ben semplice maglione nero e fece per darla al cameriere, che lo superò portando il cappotto di Brian all'attaccapanni.
- Ehi! -

- I più bastardi del mondo, i camerieri. - chiosò Brian sedendosi tranquillamente.
Ethan sbuffò seccato, ammucchiando la sua roba accanto a sé, tenendo sempre religiosamente da parte il violino.
- Lo sapevo che avresti trovato il modo di fregarmi. - sibilò irritato.
- Fregarti? Io frego i clienti danarosi e ingenui, non gli sfigati squattrinati. - rispose con un sorriso altezzoso, che Ethan detestò - Cosa vuoi mangiare? -
- Non c'è un po' d'umiltà? -
- Non credo, ma si può sempre far arrivare. -
- Bene, allora ti consiglio di prenderne una doppia porzione! -

- I ragazzini di oggi... - Brian scosse la testa, sempre con lo stesso sorriso - Non hanno ricevuto abbastanza sculacciate da piccoli. - Prese il menù e lanciò un’occhiata al ragazzo - Forse potrebbero piacerti. -
- Dio, quanto sei stronzo! Cosa ci trovava di così buono in te quel coglione di Justin?! -
- Ah-ehm, signore... - Il cameriere bisbigliò a Brian - Non potrebbe chiedere al suo, ehm... - Studiò Ethan con una squadrata complessiva - ... amico di controllarsi? Così disturba i clienti... -
- Ehi, ci sento benissimo! Puoi anche dirlo in faccia a me,amico. -

- Il mio amico è un tipo focoso. - sorrise Brian, che allungò al cameriere in livrea una banconota - Faccia finta di niente, e i clienti non diranno una parola. -
- Perfetto signore, quando siete pronti per fare le ordinazioni chiamate! - esclamò quello con un rinnovato sorriso a trentadue denti più quelli del giudizio, falso e ipocrita come un'attorucola di serie B.
Ethan emise un verso di esasperazione.
- I soldi possono comprare persino la stima, bizzarro, vero? - commentò Brian sfogliando il menù.

Ethan prese il menù, corrucciato più che mai. Qualche volta poteva comportarsi infantilmente, no? E allora avrebbe scelto i piatti più costosi, cosa che a Brian non avrebbe cambiato nulla, ma almeno avrebbe avuto un po’ di soddisfazione.
- Uh . Carne Italiana. Fiorentina. Credo prenderò quella per secondo. E una zuppa calda. Devo scaldarmi. O morirò. La numero cinque sembra deliziosa. -
E certo che lo era, visto che era quella col prezzo scandalosamente più alto.

- Non sei così stupido come sembri. - rise Brian. Che simpatico.
- Tu invece sei stronzo quanto sembri, e anche di più. - ribadì velenoso.
- Non sei il primo che me lo dice, comunque grazie. -
Il cameriere voltagabbana tornò senza aver perso quel sorriso da maschera di cera, prese le ordinazioni, e consigliò loro un vino rosso piuttosto costoso.
Vino? Erano appena le due di pomeriggio.
- Allora, Ethan... - Brian calcò su quel nome come per fargli capire di essere fiero di averlo finalmente imparato, dopo tante storpiature - Cosa fai di bello, oltre elemosinare e strimpellare? -

- Continuo a scrivere melodie per il mio violino e cerco di sopravvivere senza soldi, grazie. -
Si, il vino ora era sicuramente gradito.
- Cercare un lavoro non sarebbe una brutta cosa. -
- Il violino è il mio lavoro e la mia passione. -

Brian sospirò imitando un fare sognante.
- I sogni... Quando hai in programma di crescere? -
- Solo perché tu sei più arido di un deserto africano non vuol dire che tutti debbano essere come te. - replicò Ethan - Alcuni nascono con un potere che nessun altro ha, alcuni hanno talento. E non mi stupisce che tu non riesca a capirlo. -
Brian sorrise ma non disse nulla. Il cameriere arrivò lesto e gaudioso, posando i piatti sul tavolo e stappando la bottiglia di vino rosso, servendola in calici trasparenti. Ethan era decisamente fuori posto.

Iniziarono a mangiare in silenzio, ma il ragazzo poteva continuare a sentire su di sé lo sguardo divertito e compassionevole dell'altro.
Era finalmente arrivato alla bistecca e al suo terzo bicchiere di vino quando Brian decise il momento peggiore per riprendere a parlare.
- Se al tempo avessi accettato il lavoro che ti avevo offerto, ora potresti avere qualcosa da parte. -
- Al tempo non potevo accettare. Ma tanto so che lo facesti apposta. -
- Ormai sei come un morto di fame. L'unica possibilità per non morire congelato sarebbe andare a battere per strada o vendere quel violino. -
Ethan alzò lo sguardo e trafisse Brian, o almeno cercò di farlo.
- Cosa c'è? Ti ho insultato per caso? -
- No. No. Mi sono insultato da solo ad essere venuto qui con te, incuriosito dalla tua storia con Justin e attirato solo da un po’ di caldo. - Posò la forchetta e recuperò la giacca, se la infilò malamente, riprendendo la custodia del violino.
- Non è stato un piacere. - dichiarò alzandosi e allontanandosi - La zuppa era una vera schifezza. - sbottò al cameriere, prima di lasciare la sala.

Uscì di nuovo al freddo senza nemmeno essersi rimesso la cuffia, lo shock termico gli fece venire un cerchio alla testa, ma che importava.
Aveva tutta l'intenzione di tornare al suo appartamento e mettersi a suonare fino a farsi sanguinare le dita.
Era il suo unico modo di sfogarsi, non potendo distruggere cose, o prendere a cazzotti persone.
Quanto odiava quel mondo, lo detestava.
Perché non era partito per l’Italia, come il suo professore gli aveva consigliato? In Europa, la culla della civiltà, quelli come lui avevano diritto a borse di studio, aiuti, sostentamenti, mentre lì in America era trattato alla stregua di un qualsiasi collegiale sfigatello che studiava matematica quantistica.

Avrebbe anche voluto versare in faccia un bicchiere di vino a Brian, macchiandogli la sua costosa camicia.
Per fortuna dei duo l’uomo maturo era rimasto lui.
Si guardò nel riflesso di una vetrina e quasi si compatì. Come si era ridotto? Ormai neanche riusciva più a mascherare la tristezza.
C'era solo un modo per tirarsi un su. Suonare.
Se qualcuno lo chiamava Paganini Jr, anche se in modo dispregiativo, c'era un motivo.
Paganini fu.
Riposò la custodia sul marciapiede e si posizionò, iniziando a suonare La Campanella. Anche se nessuno avesse messo soldi, non gli sarebbe importato. Quello era il suo piccolo momento per riprendersi.

Quante cose aveva perso ormai... Justin, gli studi, la fiducia in se stesso... Gli rimaneva solo il suo talento, il suo cuore che batteva all'unisono col muscolo cardiaco, era il sangue che gli scorreva nelle vene, il fluido vitale che lo metteva in piedi la mattina e gli ricordava di essere il genio, lui, nessuno era come lui, tutti potevano permettersi di dire su di lui qualunque cosa, ma sapeva di essere il migliore, sempre e comunque, e prima o poi anche il mondo se ne sarebbe accorto.
Ogni individuo sulla terra l'avrebbe adorato, o odiato.
Odiato, perché odiare equivaleva ad amare, ci voleva furore e passione per farlo, e non importava in che senso, importava il sentimento.
E la sua arte era in grado di suscitarne in chiunque.

Quando terminò il brano e riaprì gli occhi si ritrovò nel mondo freddo e grigio che non aveva niente a che fare con quello splendido in cui entrava quando suonava. Era stufo. Voleva un'altra possibilità Per lui. Per la sua musica. Sentiva di meritarla. Sapeva di meritarla.
Abbassò lo sguardo e vide nella custodia del violino aperta a terra, oltre che a spiccioli e banconote da un dollaro, una da cento.
E’ diventata la sua firma, per caso?

Si guardò intorno per cercare Brian con lo sguardo, ma non vide da nessuna parte il suo bel giaccone griffato.
Alzò le spalle, in fondo era meglio così, l'unico snob che Ethan sopportava era la sua immagine riflessa nello specchio, e quella bastava per tutta una vita.
Raccolse i soldi, il violino e s'incamminò verso casa, internamente soddisfatto per quella giornata.
Aveva pranzato a sazietà e probabilmente gli sarebbe bastato anche per il giorno dopo, aveva racimolato qualche denaro per pagarsi una parte dell'affitto, e gli piaceva suonare.
Ottime cose.
***

- Ti sto dicendo che dovresti uscire un po’ di più. Ma con noi! - reiterò Liz per la decima volta quella mattina, mentre seduta a tavola guardava Gus tra le braccia del padre - Puoi tranquillamente continuare col tuo stile di vita e tutti i tuoi uomini, ma questa cosa di Justin non è passata, e lo sai. Siamo tutti preoccupati. Micheal in primis. -

- Preoccupati? Dite pure che siete tutti dei ficcanaso. -
Melanie sbuffò mentre passava per il soggiorno infilandosi un orecchino, Brian la ignorò bellamente, sussurrando paroline a Gus sul fatto che nella vita era sempre meglio farsi i fatti propri.
- BRIAN! -
- Eh?! -
- Da quando tu e Justin vi siete lasciati non fai altro che lavorare e scopare con degli sconosciuti, credi che sia normale?! -
- Per lui lo è sempre stato. - rispose Mel al suo posto.

- Melanie... non ora! - la riprese Liz - Sul serio, Brian. Non vogliamo che ritorni allo stato in cui ti eri ritrovato quando vi eravate allontanati la prima volta! Ricordi come sei piombato alla festa del compleanno di Gus? Del pugno che hai dato a Micheal? -

Brian alzò gli occhi al cielo.
- Da quanto io e Justin ci siamo mollati? Da sei mesi e anche di più. Ho fatto qualcosa di strano? No. -
- E' stato Justin a mollarti. - precisò Mel.
- Melanie! - la rimbeccò Liz, poi riportando l'attenzione su di lui - Non m'importa da quanto non state insieme, è con noi che non stai più. -

- Credo di essere abbastanza adulto per uscire con gli amichetti tutti i giorni, sapete? -
- Dio, quanto sei stronzo. - sibilò Mel alzando gli occhi al cielo, sistemando la ventiquattrore.
- Mel! - Liz guardò la compagna indicando il bambino - Non dire queste parole davanti a Gus! -
La donna sbuffò e poi tornò a rivolgersi a Brian.

- Sai Brian, fosse per me ti lascerei libero di fare quello che vuoi. Ma il tuo atteggiamento di menefreghismo fa soffrire tutti. In particolare Liz e Micheal. Non ti chiedono poi molto. Solo di stare con loro. Vuoi Debbie ogni santo giorno a casa tua? -

L'interessato alzò sia gli occhi che le orecchie, teso.
- Debbie? -
- Sì, Debbie. - ribadì Mel - Mikey è preoccupatissimo per te, quindi è ovvio che Debbie abbia deciso di prendere i dovuti provvedimenti. -
Quella era una promessa di incarcerazione. Se Debbie iniziava a frequentare il suo loft, era rovinato.
- Io sto bene... - mormorò alzandosi dal divano e riconsegnando nelle braccia di Liz il suo primogenito, nonché unico figlio - Mi riprendo in fretta. Ciao Gus, adesso te la devi cavare tu con queste arpie. - lo salutò con la manina, e il piccolo sembrò persino capire l'antifona.

- Promettimi che verrai almeno a pranzo domani! - Liz guardò dolcemente Brian. Amava quell'uomo e non voleva vederlo soffrire per nessun motivo al mondo - Sappiamo quanto Justin fosse importante per te, ma devi riprenderti. E noi ti aiuteremmo se... -

- Io. Sto. Benissimo. - scandì Brian - Smettetela tutti di preoccuparvi, mi fate cariare i denti. - La salutò con un bacio sulla guancia e poi si avviò per il vialetto.
Quando Liz tornò in soggiorno, si mise a fissare Mel, che le rispose con un sorrisino.
- Debbie ha deciso di fare cosa? -
- Ho dovuto condire un po' la realtà. - rispose l'avvocatessa in tono candido.

Liz sorrise e si mise vicino alla moglie.

- Da quando Justin lo ha lasciato sembra regredito al Brian di un tempo... Sono preoccupata. Ero così felice quando aveva trovato Justin. - sospirò - Spero che prima o poi riesca a trovare qualcuno che lo meriti davvero. -

- Solo un certo tizio che si chiama Lucifero si merita un uomo come Brian. - sorrise Mel abbracciandola e dandole un languido bacio sulle labbra - Ma credo ci vorrà ancora un poco di tempo. -
- Mel! -

 

 

.Continua.

#######

 

(Non cercate di capire il sottotitolo, perdete tempo!XD)

Angolo delle autrici!!!

Eccoci qui, bene, speriamo di non avervi sconvolte!:D

Dunque, noi siamo Livin Derevel e Alty, due autrici su EFP già da un po’ (tra alti e bassi) che hanno deciso di scrivere questa storia perché odiamo il Britin. *Si nascondono al lancio di pomodori marci* XD

Non vogliamo vendere il nostro credo a nessuno, ci siamo limitate a scrivere questa storiellina senza pretese di sorta, solo per divertirci (ci divertiamo con poco), farci quattro risate e via dicendo!:D

Saremmo felici di sapere che ne pensate, purché non veniate a venderci Justin... Che noi non vogliamo!XD

 

Beh, grazie comunque per la vostra attenzione, speriamo sia stata una buona lettura!X3

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Capitolo 2
*** 2. ***


2

2.

Il Leopardi si deprime

 

Brian stava passeggiando per gli sporchi marciapiedi di Pittsburgh, mani in tasca e pensieri per la testa.
Perché tutti pensavano che fosse depresso? Perché tutti lo guardavano sempre come se fosse un derelitto? E Liz che gli chiedeva anche perché non usciva con loro...
Lo trattavano tutti come un cane bastonato, come una moglie maltrattata, come un bambino appena diventato orfano, in quei mesi aveva suscitato più pietà lui che un qualsiasi altra pubblicità per i diritti umanitari!
Era fastidioso, irritante, lui era un uomo, e l'aver rotto con Justin certo l'aveva scioccato, ma non l'aveva distrutto, non l'aveva fatto diventare un'adolescente in crisi.
Perché invece tutti si ostinavano a pensarlo?

Forse perché, quando Justin si era messo con Paganini Jr. aveva reagito come non aveva mia fatto in vita sua?
Già. Il violinista.
Forse all’inizio si erano tutti sentiti allo stesso modo quando Raggio di Sole era fuggito dalle loro vite. Negli ultimi tempi della sua permanenza in città, Justin aveva lasciato dietro di sé molti cuori infranti, a quanto sembrava.
E l'ultimo cuore infranto, perché lui no, lui era un uomo forte, stava uscendo da una bottega a basso prezzo dove probabilmente si era comprato la cena con la sua carità.

- Mh, stasera riesci a campare? - fu il suo caustico saluto.
Quando Ethan lo vide alzò gli occhi al cielo, esasperato.
- Dì un po', mi pedini? - sbottò.
- Pittsburgh non è solo tua, amico. -
- Neanche tua. - replicò Ethan acido, per poi voltargli le spalle.
- E' così che mi ringrazi? -
- Io non ti ho chiesto niente. - sibilò voltando l'angolo.
Brian sorrise, Paganini gli stava quasi diventando simpatico.

Ethan però non sembrava dello stesso parere. Cavoli, perché si ritrovava Brian ovunque quel giorno?
Non vedeva l'ora di tornarsene nel suo appartamento.
- Ma... Da quella parte non ci sono quegli appartamenti mezzi diroccati per morti di fame? -
- Piantala. Piantala. - Ethan si voltò di scatto - Sì! Vivo in quell'atmosfera molto bohemien da morto di fame e fatico a pagare l'affitto anche per quello ormai, sì! - sospirò esasperato - Ora, tieni i tuoi commenti per te finché non giro l'angolo perché a casa c'è qualcuno che mi aspetta e muore di fame. -

- Hai un figlio? - domandò Brian. Ethan si ritrovò a fissarlo a bocca aperta.
- No, un gatto! -
- Ah, mi pareva strano. -
Ma chi gliel'aveva mandato Brian, il suo peggior nemico?!
Prese a camminare con lena, faceva sempre dannatamente freddo, e poi doveva portare almeno una scatoletta di tonno a Wolfram, altrimenti avrebbe di nuovo preso a mordicchiargli le dita dei piedi per dispetto. O magari per mangiarselo.

Arrivò al portone dove, come un essere superiore che vigilava tutto, ci stava la padrona di casa, quella vecchiaccia arcigna dallo sguardo malefico.
- Gold! Ce li hai i soldi dell'affitto? -
- Sì. Alcuni. Ho dovuto sistemare alcuni conti e... -
- Vedo che i soldi per la spesa gli hai trovati, però! -
- Ma... Mi scusi, eh! -
Vecchia orrenda.
- Comunque... quanti sono? - mormorò prendendo il portafogli.
- Per oggi e domani sono 80 dollari. Voglio essere magnanima. -
No, vuoi essere una merda.

80 dollari fortunatamente li aveva racimolati in un modo o nell'altro, miracolosamente avrebbe detto. Tirò fuori qualche banconota striminzita, e stava per allungarle alle mani scheletriche rapaci della strega, quando Brian gli spuntò magicamente alle spalle, come ultimamente faceva sempre.
- Per la fine del mese invece quant'è? - domandò a bruciapelo, al che si voltarono entrambi verso di lui.
La donna squadrò la sua giacca italiana con scetticismo.
- Duecento. -

- Tenga. - disse prendendo il portafogli e porgendo alla donna due banconote da cento.
- Bene. - sorrise lei guardando i soldi - E tu. - indicò Ethan - Non tollero più ritardi. - e si allontanò, entrando nel proprio appartamento.
Ethan stava ancora fissando Brian. - Ti aspetti i miei più sentiti ringraziamenti perché continui a scucirmi soldi? -

- Ehi, ti ho detto qualcosa io? -
Ethan sibilò a mo' di serpe, infilandosi nel corridoio e poi alle scale.
Lo detestava, lo detestava sul serio. Perché non riusciva a levarselo dai piedi? Perché gli stava pagando tutte quelle cose, perché faceva tutto il gentile? Cosa voleva da lui?
Infilò la chiave nella serratura ed entrò sbattendo la porta, era di cattivo umore.
Solo l'arrivo di Wolfram riuscì a strappargli un sorriso, gli aprì immediatamente una scatoletta di tonno, e il micio lo ringraziò con qualche sonora fusa.

- Meno male che ci sei tu Wolf... - sospirò mentre posava il sacchetto nel tavolo della cucina/soggiorno/camera da letto.
- Continuo a incontrare questo tipo impossibile... E il brutto è che è grazie a lui se possiamo rimanere qui per ora! -
Si sedette sul letto e accarezzò lievemente la custodia del violino, ripromettendosi che in qualche modo il denaro lo avrebbe restituito. Non voleva debito con Brian Kinney.
- ... Devo cercare un lavoro. - si rassegnò abbattuto, prendendo il giornale e cercando la pagine con gli annunci., già segnate con pennarelli rossi e verdi dai falliti tentativi.

Qualcuno bussò alla porta.
C'era bisogno di chiedersi chi fosse?
- Levati dai piedi! - esclamò il ragazzo.
- Ehi, ma lo sai che hai gli scarafaggi che ti girano per il corridoio? - disse la voce di Brian attutita dall'uscio. Ethan rabbrividì, lui gli scarafaggi non li poteva soffrire, gli veniva l'orticaria isterica solo a pensarci.
- Che vuoi?! I duecento dollari te li ridarò! ... Certo, con un po' di pazienza... -

- Aprimi. Credo che in questo momento uno scarafaggio si sia infilato sotto la fessura della tua porta... -
- No! - gridò quasi con voce acuta aprendo la porta, per poi vedere spuntare un sorriso irritante sul volto perfetto di Brian.
- ... Sei odioso... - sbottò Ethan facendosi da parte a malincuore.

- E tu sai essere adorabile quando non mordi o non ringhi o non sputi cattiverie. -
- Ma vaffanculo! -
- Appunto. -
Brian si guardò un po' attorno, facendo un rapido giro d'occhi.
- Ma questa sarebbe casa tua? -
- Sì, lo è. -
Anche Wolf rispose con un miagolio, come per affermare la veridicità di ciò.
- Carina... Rustica. Un po' decadente. Fa molto diciannovesimo secolo. - annuì Brian assumendo un'espressione professionale.

- Sei libero di dire che fa schifo, sai? Non mi offendo mica. - Si piegò per prendere il piattino lasciato vuoto dal gatto e lo mise nel lavandino, non aveva proprio voglia di lavare piatti - Perché sei sali... - Si bloccò nel vedere una scena raccapricciante.
Wolfram, quel traditore del suo migliore amico di un gatto, si stava strusciando beato contro la gamba di Brian.
- Anche i gatti riesci a traviare?! -

Brian si chinò ad accarezzarlo, e lui sembrò apprezzare parecchio, fuseggiando amorevolmente e intrecciando la coda col suo polpaccio.
- I gatti mi sono sempre piaciuti, non sono stupidi come gli altri animali, o come le persone. - sorrise Brian.
- Vedo che hai una grande considerazione per la tua razza. - sibilò Ethan. Non si sentiva a suo agio con quel tipo in casa, ma Wolf non sembrava allarmato, lui si accorgeva sempre se c'era qualcosa che non andava.
La faccenda puzzava sempre di più.
- Mi spieghi perché ti sei attaccato a me? - domandò appoggiandosi al bancone della cucina aperta.

- Non mi sono attaccato. - replicò l’altro, alzandosi, lasciando un alquanto triste Wolfram che lo seguì naso per aria - Diciamo che, pur col tuo carattere arrogante e da ragazzino, al momento sei migliore di quei samaritani dei miei amici... Sai, quando ti soffocano... è una cosa che trovo insopportabile. -
Ethan lo guardò coi suo grandi occhi scuri - Trovi fastidioso che qualcuno si preoccupi per te? -

- Sì. -
Ethan sbatté le palpebre, sorpreso.
Che strano.
- Lo stanno facendo per il tuo bene. -
- Ci penso già io al mio bene. - dichiarò lasciandosi cadere sul letto, che immancabilmente cigolò liberando una nuvoletta fine di polvere. Wolf gli salì in grembo - Non ho bisogno di gente che mi guardi come se mi avessero dovuto amputare il cazzo. -
Il ragazzo non rispose immediatamente, troppo occupato a chiedersi per quale motivo avesse una cosa in comune con uno come Brian lo stronzo.
Anche lui detestava la carità gratuita, gli occhi languidi pieni di orrida compassione, detestava quando la gente lo trattava come un bambino sperduto, come se fosse la persona più sfortunata del mondo.
Era irritante, patetico.

- E' come se potessero capire tutto e risolvere ogni cosa con qualche parola. Non sanno come è veramente... - Brian lo fissò, e rimasero in silenzio per qualche secondo.
- Beh... Bene. - Il ragazzo aprì il frigo, dando le spalle a Brian - Vuoi qualcosa da bere mentre fai innamorare il mio gatto che presto mi lascerà? Ho acqua... Acqua, birra calda e acqua. -

- Tu sì che sai far sentire a casa un ospite. - sorrise l'uomo lasciando vagare lo sguardo, e incontrando il giornale aperto sulla pagina delle offerte di lavoro - Vedo che la tua arte non basta a coprire le spese dei tuoi lussi. -
- L'arte non ha mai pagato un bel niente. - commentò passandogli una lattina di birra di una marca mai sentita prima - Le fortune più grandi sono state assegnate postume... In vita non si è mai abbastanza bravi per essere qualcuno, ma quando muori sembra che tutti ti amino alla follia. -
- Ecco perché ho frequentato un college che insegnasse qualcosa. -

- Guarda... Sentivo che avresti detto una cosa del genere. Ma al contrario di te, il mio mondo è molto più vasto del tuo. La mia creatività e la mia immaginazione non riusciresti a capirle mai. Per te non può significare nulla. Ma per me è molto. Tu ti limiti a pensare cosa potrebbe invogliare la gente a comprare un prodotto. I miei pensieri non si basano sull'essere materialistico. - Si voltò e andò al comodino, prese il suo vecchio cd, quello che aveva dedicato a Justin, e lo sventolò sotto il naso di Brian - Questo è talento e passione. Una cosa che si nutre fin da piccoli e che certo non trovi nelle tue scuole che ti portano a qualcosa. Anche se in queste condizioni, io sono felicissimo dell'innata bravura di cui sono dotato. -

E gettò via il disco con un disprezzo misto a rispetto. Lui era in grado di fare quello, e anche molto di più.
- L'arte non si compra, non si impara, non si esaurisce né si trasmette, è qualcosa di viscerale, ci nasci e ci muori, e non puoi farci niente. -
Brian arricciò le labbra in un modo quasi adorabile. Sorrise abbassando lo sguardo, accarezzando il micio, a cui sembrava non fregare niente quel bel discorso sul talento.
- Tutti nascono con qualche talento. E' solo che spesso si è talmente condizionati da non svilupparlo come si dovrebbe. - disse dopo qualche minuto, tornando a guardare Ethan - Anch'io ne ho uno. E sono il migliore. -

- Oh sì. - annuì Ethan guardandolo dritto negli occhi - Hai un gran talento a portarti a letto ogni gay di Pittsburgh e non beccarti niente. Ma forse più che talento, il tuo è solo culo, mister grande pubblicitario. -

- La seduzione è un talento che tu non puoi immaginare. - sorrise lui allusivo - Guardare una persona negli occhi e farla cadere in ginocchio, nessuno ci riesce come ci riesco io. - affermò con lo sguardo languido, determinato, sicuro di sé - Puoi chiedere anche al primo che passa. Sta sicuro che me lo sono fatto. -

- Non credo che faticherei a trovare qualcuno che ti sei fatto. Non è che ci sia così da vantarsene. - Si allontanò da Brian - Vista la tua età potresti anche darti una calmata e comportarti in modo maturo. -

- Io ho appena trent'anni. - scandì in tono reciso. Ethan sorrise sotto i baffi. Allora anche Brian Kinney aveva un punto debole. Debolissimo.
- Gesù è morto a trentatre... Comincia a fare testamento, redentore degli astinenti. -
- Ha parlato il Paganini dei morti di fame pezzenti. -
- Mi hai seguito fino a qui per insultarmi?! -

- No, anche se è divertente vedere come perdi le staffe facilmente. -
- La vuoi smettere per cinque secondi e dirmi perché mi hai seguito in casa?! Volevi un ringraziamento diretto per i soldi? GRAZIE! Ecco! Stai tranquillo, non voglio avere debiti con te. Cercherò di restituirteli il prima possibile appena trovo qualcosa! -

- E speri davvero di trovare un lavoro su questi giornaletti? - replicò Brian ironico - Ti avverto che qui puoi trovare massaggiatrici, travestiti e auto usate, non un lavoro, non rispettabile almeno. -
Ethan lo squadrò senza dire una parola.
- Ti diverti a infrangere le mie aspettative? -
- Abbastanza. - ammise lui con un sorriso, e Wolfram miagolò con assenso - Io forse potrei trovarti qualcosa. -
- L'ho già sentita questa solfa. - ribatté Ethan alzando molto vezzosamente un braccio - Hai fatto la stessa cosa con Justin, quindi no grazie! -

- Oh no. No, no. - Brian scosse la testa continuando a parlare come se avesse davanti un bambino scemo - Lui aveva bisogno di un lavoro per sentirsi realizzato. Tu per non morire rosicchiato dai topi. -
- Perché dovresti... Cercare di trovarmi qualcosa? Perché sembra che stai cercando di tirarmi fuori dai guai... Io... - Ethan si passò una mano tra i capelli neri - Io non ti capisco per niente. -

- Non sei il primo che me lo dice. - Nessuno nella stanza se ne stupì - E poi io non ho detto che te l'avrei trovato con certezza. Posso solo provarci. In fondo Hitler odiava tutti gli artisti. Tante cose non sono affatto cambiate, oggigiorno. -
Il ragazzo lo squadrò scettico, gli sembrava di parlare con un astruso personaggio di un romanzo surrealista.
- Senti... Fa’ quel che ti pare. Basta che la smetti di seguirmi e di capitarmi sempre fra i piedi. Non ti sopporto. -
- Sei tu che ti metti sempre in mezzo. - sorrise Brian alzandosi, Wolf non ne fu affatto contento - Vero micio? -
- Meow! -
Traditore d'un gatto...

- Vuoi che ricapiti qui a caso per darti l'eventuale notizia? Magari quando sei appena uscito dalla doccia... -
- Alt. Fermati. Non mi prendere ancora per il culo. - Lo lasciò sulla soglia e andò al tavolo a scribacchiare velocemente qualcosa su un pezzo di carta azzurro.
- Il mio numero di telefono. Preferisco. -

- Quanto sei professionale... - lo prese in giro.
- E tu sei un maledetto cazzone. E adesso fuori dai piedi, devo suonare! -
Fu così che Ethan cacciò Brian dal suo sgangherato appartamento, salutandolo parecchio frettolosamente, e richiudendo immediatamente la porta.
Sbuffò quando finalmente sicuro di non venire più interrotto, girovagò sul pavimento raccattando il cd che aveva gettato e il giornale con le offerte di lavoro.
Brian aveva ragione, lì al massimo si sarebbe potuto prostituire.
Alzò gli occhi al cielo pregando una qualsiasi entità di regalargli un po' di fortuna, sentiva di averne un disperato bisogn...
Cacciò un urlo poco virile quando uno scarafaggio sfrecciò per terra, e Wolf gli intimò di stare zitto con un miagolio sommesso.

 

 

.Continua.

 

 

 

Ringraziamo di cuore ogni persona che ha commentato, nonché chi ha messo questa storia tra le preferite, le seguite o da ricordare, siamo molto grate, e speriamo di non schifarvi troppo col pairing!XD

 

By Livin Derevel e Alty.U____U

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

3.
Il Leopardi si deprime


- Un altro ragazzino? Più invecchi e più la pederastia in te aumenta? - fu il commento indifferente di Ted.
- Beh, se è carino cosa c'è di male? - soggiunse Emmett appoggiato a Ted - Si vede che dopo Justin gli è scattata una sorta di feticismo. -
- Zitti voi due! Tenete le bocche chiuse per usarle più tardi con qualcos'altro. - disse Debbie portando le ordinazioni - E tu, signorino, è una vita che non ti fai vedere. Da quando Topino se ne è andato. - Lo abbracciò e poi lo scostò guardandolo severamente - E rispondi alle chiamate di Mikey! -
- Se non sono in casa come faccio a rispondergli?! - cercò di cavarsene fuori, ma Debbie gli diede uno scappellotto in testa.
- Spero che adesso tu la pianti di fare la vedova affranta! -
Brian sospirò, ecco che ricominciava la solfa del povero Brian disperato. Possibile che nessuno capisse che stava bene?
Lo credevano tutti un frocetto dalla lacrima facile?
- Uh, Brian si è ripreso, ha già un altro ragazzino per le mani! - interloquì Ted, e Debbie li guardò entrambi a bocca aperta.
- Cosa?! E quando pensavi di dirmelo?! -
- Mai? -
- Stammi a sentire, stronzetto! - Debbie sfoderò tutta la carica che sapeva di possedere - Tu sei come un figlio per me. Bastardo e irriverente, ma un figlio. Credo di dover sapere se finalmente stai riuscendo a superare la rottura con Topino, no?! - Lo squadrò in silenzio - Chi è? Lo conosco? -
Un silenzio discretamente imbarazzante scese sul gruppetto.
- Beh? Che c'è? - domandò lei guardandoli uno per uno.
Emmett guardò Brian. Ted guardò Brian. Brian guardò il piatto che aveva davanti. Debbie guardò Brian.
- Paganini. - si limitò a rispondere.
- Paganini? E' italiano? - chiese la donna, Emmett si sciolse in una risatina divertita.
- Deb, ricordi il violinista? - s'intromise Ted con nonchalance.
- Il violinista ? -
- Quel ragazzino tanto carino, parole tue, che Justin si era portato al primo compleanno di Gus. - continuò Ted.
- Paganini?! - Debbie fissò Brian come se gli fosse cresciuta una seconda testa e gli diede un'altro scappellotto - Dopo quello che ha fatto a Raggio di Sole? Cosa frulla nella tua testa per uscirci insieme? Oppure... - Assottigliò appena lo sguardo - Ok Brian, capisco. Non posso certo dirti con chi uscire no? -
- Ti farai gli affari tuoi Debbie? - chiese Ted sorpreso - Pensavamo che fossi già pronta a sculacciarlo. -
Debbie sospirò profondamente, era evidente che stesse cercando la ragione dentro di sé.
- Brian è un ometto, no? Quindi ha il diritto di uscire con chi gli pare, no? -
- Non ti sembra di aver già detto un po' troppe volte no? - mormorò Emmett, luminoso come sempre.
Lei non rispose, lanciando un'occhiata rovente a Brian, e andando verso la murata per prendere i piatti da portare ai tavoli.
- Uuuhh... La vedo brutta, caro Brian! - annuì Ted - Quando Deb ha quella faccia... -
- Vi scoccia così tanto farvi gli affaracci vostri? - replicò l'interessato con uno smorfia annoiata, cercando di mangiare senza farsi venire un attacco di fegato.
- Non che siano fatti miei... Ma sai, la curiosità è donna! - Emmett usò le mani come sostegno e fissò Brian in silenzio - Come mai proprio Paganini Jr? Voglio dire, me lo ricordo molto carino, ma pensavo preferissi... I biondini, sai. E ultimamente eri rientrato anche nei tuoi standard con l'età... -
Brian li fissò entrambi, tentando di fulminarli con lo sguardo, ma stranamente il dio del sesso non aveva quel potere.
- Andatevi a fottere. - gli augurò gentilmente, alzandosi e lasciando una banconota sul bancone, uscendo con uno scampanellio.
I due rimasero seduti a fare colazione, lanciandosi occhiate complici.
- Credi che ci stia provando o è solo un riflesso? - chiese Emmett con gli occhi che brillavano, amava le novità di quel genere.
- Non lo so, ma la cosa è parecchio strana. - commentò Ted - Ma interessante. Vediamo come andrà avanti! -

Per quella sera Ethan Gold non voleva preoccupazioni. Voleva solamente svagarsela un po’, dimenticando i suoi problemi e la mancanza di denaro, quindi decise di uscire, magari riuscendo persino ad ottenere una scopata. Era così tanto che non stava a contatto con un corpo caldo e possente. Certo, in quelli ultimi mesi era stato il suo ultimo pensiero.
- Come sto? - chiese a Wolfram parandosi davanti a lui - Pronto per la pista? -
Jeans stretti, una normale maglia nera (era un tipo freddoloso anche nei posti col riscaldamento) e pure leggermente spettinato, non che fosse una novità.
Wolf fece uno strano miagolio di dissenso.
- Oh, senti! - sbuffò Ethan prendendo la giacca - Lo sai che non sono abituato a certi posti... Tu spazzola il piatto e poi non rimanere sulla finestra a miagolare come un dannato, chiaro? -
Guardò il gatto tanto per dare più enfasi alla frase, e chiuse la porta.
Perfetto. Ora discuto persino col mio gatto.
Quella sera aveva proprio voglia di fare qualcosa di alternativo. Si sentiva effervescente, nonostante la sua situazione non glielo permettesse, ma chi se ne importava, voleva distrarsi, voleva dimenticare la sua vita di merda per una sera, per una notte, aveva voglia di divertirsi, di lasciarsi andare, di ballare e di bere, e magari di qualcuno di carino con cui danzare. Era da quando se n'era andato Justin che non incontrava nessuno in quel senso.
Gli mancava proprio.
Non sapeva bene dove andare, ma solo una cosa era certa.
Non avrebbe mai e poi mai voluto incontrare Brian Kinney. Ne aveva già fin sopra i capelli di quello.
Fortunatamente non mancava la gente a cui chiedere informazioni.
Vide due ragazzi stretti l'uno contro l'altro , appoggiati a un palo della luce intenti a limonare.
- Scusate. - Alzò un sopracciglio abbastanza infastidito quando i due interpellati non si staccarono, ma, anzi, intensificarono il bacio.
- EHI, voi due! - sbottò scocciato.
- Cosa?! - chiese annoiato il ragazzo più muscoloso, squadrando Ethan.
- Volevo solo chiedervi se sapevate qual è il miglior posto per divertirsi e concludere bene la serata . -
I due risero.
- Vai al Babylon. - dissero all'unisono - Sei abbastanza carino per essere abbordato. E abbastanza grande per entrare! -
- Io non vengo abbordato. - replicò con un sorrisino altero - Io prendo. - E si avviò verso la direzione indicata, ne aveva sentito parlare spesso da Justin, sapeva che non era affatto male.
Ah, Justin... Chissà dov'era in quel momento. Forse in una qualche strana città della Spagna, a mostrare i suoi ritratti a gente dalla pelle olivastra e occhi scuri, persone nuove, che apprezzavano l'arte.
Beato lui che era riuscito ad andarsene da quel posto.
Lui non aveva i soldi per fare una cosa simile. E chiederli ai suoi genitori, come no, gli avrebbero risposto picche, come al solito, piantandolo in asso senza neanche pensarci due volte.
Quando entrò nel locale, venne letteralmente travolto.
La stanza era così piena di gente che quasi mancava l'aria. La musica era assordante, e sulla passerella si stavano esibendo ballerini mezzi nudi.
No, doveva andare alle scale e salire al piano superiore o sarebbe soffocato in poco tempo. A fatica si portò fino al bancone per ordinare da bere. Almeno c'erano tipi davvero interessanti.
Non gli piaceva molto il caos, la folla, lui era più un solitario, e tutta quella gente lo mandava nel delirio più assoluto, lo confondeva e lo tramortiva.
Ordinò il primo drink che gli passò per la mente e poi si arrampicò su per quelle impalcature che si potevano chiamare scale, e finalmente ebbe un po' più di respiro.
C'erano un mucchio di coppiette che limonavano allegramente, ci si infilò in mezzo appoggiandosi alla balaustra bevendo e guardando verso il basso.
Ok, una postazione l'aveva trovata, adesso occorreva ambientarsi.
Venne fatta partire una musica molto veloce, ma allo stesso tempo incredibilmente sensuale che coinvolse quasi tutti. Alcuni ragazzi scesero di sotto per ballare, dove tutto era illuminato in modo soffuso.
Non sapeva se per ironia della sorte, o se perché l'addetto alla luci era rimasto folgorato, fra tutti fu Brian Kinney ed essere centrato dalla luce, come se fosse una stella.
Aveva una camicia a maniche corte aperta e dei pantaloni che gli stavano oscenamente bene.
Doveva distogliere lo sguardo. Era sicuro di avere un'espressione da scemo.
Ma Brian si muoveva a tempo, sinuoso e sensuale come non lo era nessun altro.
Trasmetteva una carica erotica incredibile.
No, No. Basta. pensò Ethan finendo in un sorso il suo drink.
Certo che per... Che cazzo, bisognava ammetterlo, Brian era Brian, non c'era niente da fare.
Era bello. Bellissimo, un dio greco, perfetto in ogni singola parte, visto da ogni possibile profilo, non era troppo, non era troppo poco, era giusto, rasentava una perfezione malefica che incantava, un frutto proibito, una divinità azteca stupenda e fatale, un dio serpente che seduceva e sterminava.
Nessuna stranezza nel fatto che Justin fosse stato follemente innamorato di lui.
Ethan dalla sua postazione lo vedeva bene, Brian era circondato da un alone di persone attratte dal suo fascino che si allargava come un ventaglio orientale, tutti incantati come sotto effetto di un incantesimo.
E Ethan che lo fissava, e lo fissava.
Se avesse continuato a fissarlo in quel modo, anche con tutta quella confusione , sicuramente Brian avrebbe sentito il suo sguardo su di lui.
Difatti, pochi secondi dopo, alzò il viso verso la sua direzioni, e gli sguardi si incrociarono.
Ethan tentò di distoglierlo, facendo finta di nulla, ma era come se Brian lo attirasse come un magnete. Si mordicchiò il labbro inferiore.
Basta. E' colpa della musica. E del drink. Anche del tempo.
Ma l'autoconvinzione non servì a nulla, visto che si ritrovò a scendere piano le scale, per muoversi in mezzo alla folla, e ritrovarsi in poco tempo di fronte a Brian. Non disse nulla. Lo guardò solamente un'altra volta, prima di sistemarsi il collo della maglia che mostrava abbastanza pelle e cominciare a muoversi anche lui a tempo di musica, dando le spalle all'uomo.
Era folle, insensato, ma dio!, era così dannatamente eccitante, era una magia, che l'entrata del Babylon non fosse altro che un portale che conduceva in un'altra dimensione che svaniva ai primi lucori dell'alba?
Ogni inibizione sembrava infrangersi come un vetro, tutto si scioglieva senza che nessuno se ne preoccupasse, era così e basta, si chiudevano gli occhi e si vagava verso un sogno.
E in quel momento, il suo sogno gli stava sfiorando i fianchi, avvolgendolo col suo profumo inconfondibile di maschio dominante.
Si lasciò sfuggire un sospiro che sembrava più un lieve gemito in realtà, ma non vi era pericolo che Brian l'avesse sentito in mezzo a quel delirio.
Con gli occhi chiusi, continuava a muoversi a tempo di musica, mentre la distanza tra i due corpi venne colmata. Poteva sentire il muscoloso e tonico petto di Brian contro la sua schiena, mentre le grandi e calde mani erano ancora sulle sue anche.
Poi le dita iniziarono a muoversi piano, solleticandogli la pelle, e gli sollevarono lentamente il dolcevita, Ethan alzò le braccia fino a lasciarselo sfilare, rimanendo soltanto con indosso una canottiera nera e attillata, e non gliene importò proprio un cazzo.
La musica cambiò, e un'altra canzone energica, movimentata riempì l'aria, nella discoteca si sentirono quasi gli ormoni galoppare, e Ethan si voltò con uno scatto tra le braccia di Brian, finalmente incrociando il suo sguardo languido e allo stesso tempo arrogante, malizioso e accattivante.
Molto simile a quello di Ethan.
Quella sì che era una sfida.
Ethan si leccò le labbra secche, portando una mano sul petto scoperto di Brian sfiorandolo. La pelle era così calda.
E il suo profumo era qualcosa di intossicante e inebriante che non faceva altro che eccitarlo ancora di più se possibile.
Era come se fosse stato drogato, e gli stava piacendo da matti.
Non avrebbe ceduto facilmente, no. Lui non era Justin, lui non sbavava per Brian, lui odiava Brian.
Anche se giocare con lui si stava rivelando inaspettatamente spettacolare.
Ethan se lo trascinò addosso sfiorando il suo viso senza mai avvicinarsi troppo alle labbra, piantando lo sguardo nel suo, Brian non si lasciò intimorire, ma sorrise.
Era una caccia, una prova di resistenza, uno più testardo dell'altro, ed era esaltante sentire l'odore della sfida, soprattutto con un corpo come quello, e con quegli occhi da pantera.
Le mani di Brian iniziarono a muoversi, carezzando i fianchi sopra il tessuto della canottiera, per poi sollevarla appena sentendo finalmente la pelle del giovane.
Ethan sentì piccoli brividi. Temette quasi, per quanto gli piacevano.
Non si era mai divertito così tanto a giocare.
Lo spazio così ridotto nella sala non era d'aiuto, o forse sì, visto che inavvertitamente un ragazzo andò a sbattere contro di lui, e praticamente lo attaccò a Brian. Tra di loro avrebbe faticato a passare un francobollo.
- Oh. - sussurrò a voce bassa - Scusa. - Si mosse appena, strusciandosi contro quel grande torace, per fare un lieve passo indietro - Lo spazio è così poco. -
- Puoi avvicinarti quanto ti pare. - fu l'eloquente risposta di Brian - Basta solo trovare il modo di incastrarsi. -
Ethan rise, lo trovò persino divertente, chissà se nella testa di Brian Kinney c'era qualcosa di diverso oltre lo scopare selvaggiamente.
Ballarono praticamente incollati per un tempo infinito, passarono una, due, tantissime canzoni che li videro sempre più aderenti l'uno all'altro, circondati da una sorta di strana elettricità, furore, contrasto, era come se fossero due poli identici che si respingevano pur cercando di stare uniti.
- Era da tanto... Che non facevo questo tipo di movimento... Sai? -
Avrebbe potuto continuare a ballare con Brian tutta la notte. Era come se avesse appena iniziato.
Tutti sembravano guardare loro. Brian Kinney che ballava con lo stesso ragazzo per più di una canzone?
Un ragazzo, molto carino, e vestito di pelle si avvicinò e guardò Brian reclinando la testa - Cambio? Il mio amico vorrebbe muoversi un po’ col tuo amico. -
Ethan guardò oltre le spalle e vide un omaccione grosso e muscoloso, molto simile a un camionista. E rozzo.
- No. Assolutamente no. - replicò Ethan secco.
- Beh, allora tu puoi riposarti. -
- Spiacente. - rispose Brian appoggiando le braccia sulle spalle di Ethan - Il suo guinzaglio ce l'ho io, e non lo ce do a nessuno. - dichiarò con una nonchalance che faceva paura.
Il tizio vestito di pelle si ritirò senza farci troppo caso, sparendo della bolgia, Ethan tornò a squadrare Brian.
- Cosa? Non volevi essere salvato? -
- Tu non hai nessun guinzaglio, tantomeno il mio. - dichiarò alzando il mento in quella maniera adorabilmente altera.
Brian sorrise continuando a ballare.
Sì, era divertente.

Intanto Emmett e Ted non si erano persi una sola mossa di quei due, ben saldi alle loro privilegiate postazioni al bancone del bar.
- Facciamo una scommessa? - cinguettò Emmett visibilmente eccitato - Io scommetto che Paganini diventerà il nuovo "Topino" e si innamorerà del nostro Brian cominciando ad ossessionarlo. Guarda. E' adorabile. Si comporta in modo così austero... -
Ted scosse la testa senza mai staccare gli occhi da loro.
- Dio, ma li hai guardati? Sono identici! - Bevve un sorso del drink che aveva in mano tanto per darsi importanza - Paganini se la tira esattamente come Brian... Mi fanno venire i brividi. -
- Ehi ragazzi! - I due si voltarono all'unisono, e videro Mikey spuntare dalla folla, sempre con quel sorriso candido a fare da cornice.
- Oh, ciao Mikey! - lo salutò Emmett spostandosi per fargli spazio - E' bello rivederti qui! - gli rifilò un sorriso enorme. Era evidente che non vedeva l'ora di spiattellare tutto.
- Ok, Emmett. Cosa c'è? - chiese Michael sorridendo mettendosi in mezzo ai due - Sei riuscito a farti Peso Massimo della palestra, quello con la maglietta sempre rossa? -
- Magari... Però ho già il mio campione! - sorrise alla volta di Ted - No... Guarda dritto davanti a te, in mezzo alla pista! - E tanto per fargli capire bene, indicò parecchio educatamente con l'indice.
Mikey assottigliò un po' la vista, e si accorse in primis di Brian, figurarsi se poteva non notarlo, e chi stava ballando con lui...
- Ma... Ma quello non è... Quel tizio, quello che stava con Justin?! - sbottò incredulo.
- Sìììì, è lui, Paganini! - confermò un raggiante Emmett - Non è incredibile?! -
- E' spaventoso. - commentò Ted.
- Ma... Ma Brian.. Voglio dire... E' una storia come quella di Justin? -
- Brian non ha negato, né confermato. Ha solo detto che si vede con questa nuova persona. Paganini appunto. Fanno impressione da quanto si assomigliano. -
Mikey annuì con la bocca aperta dallo shock.
Vedere Brian, e quello. Non che lo conoscesse bene, però era stato pur sempre il fidanzato di Justin... Che Brian avesse qualcosa in mente? Ma cosa? Cosa poteva venirgliene da uno come quello?
Sesso! risposero in coro i suoi neuroni.
E quello non era il modo in cui Brian poteva riprendersi. Anzi.
Era il più sbagliato. Sarebbe tornato in quello stato pietoso.
- Scusatemi un momento. - disse scostandosi dal bancone e facendosi strada verso i due.
- Ohi, ohi. Ecco che inizia... - mormorò Emmett.

- Brian...Brian! - Michael chiamò più forte perché l'amico potesse sentirlo- Sei ancora vivo, eh! - constatò con un lieve sorriso.
Ethan guardò il ragazzo che si era avvicinato e qualcosa scattò nella sua memoria.
Era un amico di Brian. Nonché di Justin.
- Vado a bere qualcosa, adesso. - disse staccandosi da quella fonte di calore che era il corpo di Brian.
- Ciao Mikey, mi sei mancato. - sorrise l'interessato, lasciando andare il ragazzo e passando un braccio intorno alle spalle del nuovo arrivato - Dove sei stato tutto questo tempo? -
- Non prendermi per il culo! - esclamò Michael scansandoselo di dosso - Sei sparito senza dire niente, non rispondi ai messaggi, alle telefonate, cosa pensavi di fare?! -
Brian abbassò le palpebre trascinando Mikey a ballare, non voleva sentire le sue storie, voleva solo muoversi.
- Brian, mi stai ascoltando?! -
- Sì, ti ascolto. - Iniziò a danzare al ritmo crescente della musica, sapeva che quando Michael sfiorava il suo corpo perdeva il filo dei discorsi e si lasciava totalmente andare - Non ne voglio parlare. Balla con me. - E gli rifilò un sorriso estasiante, quello perfetto che scioglieva Michael come un cubetto di ghiaccio al sole.
Michael cercò di protestare in una qualche maniera, ma ovviamente non ci riuscì, arrendendosi a quell’abbraccio.
- Solo cinque minuti. - gli concesse portandosi davanti al suo amico, iniziando a muoversi a tempo - Ero preoccupato. E anche Ben. A dire il vero... Sono ancora preoccupato. - Guardò un attimo dietro di sé per vedere Ethan che beveva il suo drink - Perché esci con quello? Riguarda Justin? Quando... - sospirò - So che per te è importante... Ma quando te lo lascerai alle spalle? Quel ragazzino non ti ha mai meritato. -
Brian non rispose, si addossò sempre di più a Michael fino a far combaciare i loro bacini, doveva ammettere che gli mancava quella sensazione.
Gli era mancato, Michael.
Gli passò le braccia intorno al petto e lo guardò languidamente, piantando le iridi nelle sue, scure e dolcissime, come quelle di un cucciolo. Adorabili.
Michael non sapeva resistergli, non poteva, Brian gli strappò un sorriso, tenero, e cominciarono a ballare sul serio, come una volta, azzerando le distanze che si erano venute a creare tra loro.
Succedeva sempre così. Non importava per quanto tempo stessero lontani. Loro due erano sempre.
- Immagino che per questa volta... Posso lasciar correre. - sorrise Michael dolcemente - Ma non credere di sfuggirmi! -
Si sporse e diede un bacio a Brian - Mi sei mancato tanto. -
E poi non disse più nulla, lasciandosi rapire dalla musica e dal suo Brian.
Si appoggiò a lui, al suo calore, senza pensarci due volte, il suo migliore amico, la sua spalla, la sua anima gemella.
Avrebbe dovuto dirgliene di tutti i colori, ma Brian era fatto così. E in fondo a Michael piaceva proprio per quello.
Ballarono insieme per una mezz'ora, il tempo di qualche canzone, poi Michael decise che era ora di parlare, o almeno di fare un tentativo.
- Ti va di venire a fare due chiacchiere? -
- No. -
- Brian, per favore. Per me? - lo fissò con i suoi grandi occhi scuri - Voglio solo sapere come stai. Il tuo silenzio mi fa preoccupare e stare in ansia. Ti piace farmi star male? -
Certo sapeva dove colpire Michael.
- Voglio che mi racconti come stai e cosa stai facendo con quel ragazzo... L'ex di Just... - Si voltò per cercarlo con lo sguardo, ma Ethan non si vedeva più - ... Oh beh, è... Qualcosa come... Lo era per Justin? -
Brian alzò gli occhi al cielo.
Ebbe la mezza idea di piantare in asso Michael come aveva fatto quella mattina con Debbie, Ted ed Emmett. Ma lui non era nessuno di loro, era Mikey. E a Mikey certe cose non si potevano fare.
- Vieni con me. -
Lo prese per mano e lo trascinò attraverso la folla, salendo le scale, fino ai bagni, sempre occupati da uomini in procinto a darsi ai doveri fisici.
Entrarono in uno miracolosamente vuoto, e Brian tirò fuori dalla tasca della camicia una minuscola pasticca rosa pastello.
- Brian... no. Lo sai che Ben... - Ma ogni parola sfumò allo sguardo di Brian - Certe abitudini non muoiono mai eh? - Fece un sospiro lievemente tirato e fissò la pasticca in mano all'amico.
- Non si muore per questo. - mormorò Brian.
- E per cosa si muore? -
Brian sospirò, infilandosi entrambe le pasticche in bocca.
- BRIAN, ma sei impazz... - Michael venne spinto contro il muro, la bocca di Brian premuta contro la sua, e la lingua improvvisamente aggredita da un'altra, dalla quale scivolò una piccola pasticca tonda dal retrogusto amarissimo.
- Ti fa sentire un Re... -
- Il Re degli... Imbecilli... Che cosa... - Michael tossì, ma ormai la pillola era andata giù - Che cosa diavolo ti è preso? In questo... - Sbuffò - Perché mi continui a dare motivi per preoccuparmi e non mi parli, Brian?! -
- Smettila di preoccuparti per me. - disse soltanto - Non serve a niente farlo per uno come me. - Sorrise, con un pizzico di auto compatimento - Tutti quanti credete che io sia distrutto, che sia ferito, che abbia il cuore infranto... - Posò le mani sulle spalle di Michael, fissandolo negli occhi - Ma io sto benissimo. Io non sto soffrendo, io non sto morendo, io sto solo vivendo la mia vita come ho fatto prima di Justin. Siete voi che siete cambiati. -
Michael non disse nulla, continuò ad osservarlo, stupito, vagamente stordito.
- E non hai paura, a non essere cambiato? -
- Perché dovrei? Non è forse questo, il Brian che ti è sempre piaciuto? -
- Così... Rimarrai sempre indietro a tutti noi. Guarda Ted, finalmente ha qualcuno che lo ama. Anche Emmett. Io ho trovato l'uomo giusto, faccio un lavoro che amo. Mel e Liz si sono sposate e hanno un figlio e tu... - Lo guardò e poi distolse lo sguardo - Non posso rimanere sempre indietro per te. Io sono contento dei passi che ho fatto. Vorrei che... Anche tu li facessi. Anche se mi sembra incredibile dirlo... Stavi iniziando a farli con Justin. -
Brian inarcò la testa all'indietro, con la droga che cominciava lentamente a fare il suo effetto, con un sorriso divertito dipinto sulle labbra.
- Io non vi ho mai chiesto di rimanere indietro per me, se ricordi bene. Io non vi ho mai chiesto un bel niente, eppure tutti vi voltate verso di me, aspettando che vi raggiunga. - Sospirò a bocca aperta, avvicinandosi al viso di Michael - Io non voglio raggiungervi. E' così difficile da capire? -
- Non tutti, vero? - Michael sospirò - Ok, Brian. Non voglio tediarti troppo. Solo... Trattati un po’ meglio, ok? - Fece un sorriso all'amico - Ci tengo troppo a te. - Lo baciò lievemente sulle labbra - E prendi meno schifezze. -
Brian abbozzò un sorriso.
Si era aspettato che Michael lo guardasse con una cocente delusione nello sguardo, scuotesse la testa e uscisse da quel cesso che puzzava di sperma, e invece...
- Cosa farei senza di te... - Lo abbracciò stretto, come il fratello che era per lui.
- Lo so, lo so. Saresti perso. - rise Michael, fingendo di tirarsela - Mi dispiace di essere arrivato nel bel mezzo del tuo appun... Ehm, approccio? Ballo? Rituale prima di un omicidio? - scherzò - Perché mi sembra che se ne sia andato. -
- Paganini e io non abbiamo niente da spartire. - rispose Brian - Beh, certo, a parte il corpo di Justin, che ora ha mollato sia me che lui. -
- Credevo non lo sopportassi. -
- Infatti lo detesto. - commentò lanciando un'occhiata alla piattaforma sopra la pista, adocchiando immediatamente Ethan che sorrideva sciolto con un paio di ragazzi, entrambi coi capelli rossi.
Fu un attimo, Ethan rise e mosse la testa, spostando gli occhi nello stesso momento in cui Brian si era voltato, i loro occhi si incontrarono per un lunghissimo secondo, e sembrò quasi che si sprigionassero scintille.
Poi ognuno tornò agli affari propri, e la nottata terminò con Brian nel suo loft, accompagnato da un giocatore di rugby dai folti capelli ricci, e un nutrizionista di origini slave, che sapeva usare la lingua in maniera oscenamente stupenda.

.Continua.

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Capitolo 4
*** 4. ***


4.

4.
Il Leopardi si deprime


La nottata di Ethan non fu altrettanto eccitante, ma riuscì anche lui a portarsi a casa una bella sorpresa. Un ragazzo di colore, abbastanza carino, che sembrava adorare particolarmente il sesso orale.
Quando la mattina Ethan si svegliò con Wolfram raggomitolato sopra di lui, si stiracchiò e diede lieve scosse al ragazzo per svegliarlo.
- Ehi, sveglia. Devi sparire.... Non ricordo il tuo nome. Se la vecchiaccia vede un ragazzo uscire dal mio appartamento è capace di inventarsi chissà cosa per buttarmi fuori e affittarlo a dei messicani. -
Lui mugolò qualcosa che a Ethan non importò, ovviamente.
Wolf prese il posto di Ethan quando lui si alzò per andare in bagno, sempre attento che non ci fossero scarafaggi in giro. In quella catapecchia che qualcuno si azzardava a chiamare palazzo, giravano bestie disgustosamente grandi e territoriali.
Quando uscì, parecchi minuti dopo, il ragazzo se n'era già bello che andato, meglio così, alla mattina Ethan non aveva proprio voglia di occuparsi di qualcuno che non fosse se stesso, o che non fosse Wolf.
Una volta avrebbe bramato perché ci fosse stata una persona a svegliarsi accanto a lui. Ma quel raggio di sole se n'era andato un mucchio di tempo prima.
Prese in mano il violino, iniziando a suonare un'arietta che gli venne spontanea, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare alla creatività.
Wolf si mise attento sul letto e osservò il padrone suonare.
Ethan continuò a occhi chiusi per un tempo che apparve infinito, cosa che succedeva ogni volta. Era entrato nel suo mondo perfetto, ed era in pace con sé stesso e nulla sembrava poter interrompere quel quadro perfetto.
Non era passato molto da quando aveva avvertito le stesse sensazioni.
La sera prima, per esempio.
Quando aveva ballato con Brian, e aveva sentito le sue mani sui fianchi.
Steccò e aprì gli occhi, fermandosi.
No, cavoli. A quello non doveva pensare.
Anche perché gli saliva la rabbia al ricordo.
Mi hanno fottuto il maglione.
Sospirò cercando di rilassarsi, quando qualcosa si illuminò nella sua mente, e si sedette al tavolo, prendendo spartiti vuoti e cominciando a riempirli di note, fermandosi di tanto in tanto per suonare ad occhi chiusi un violino immaginario.
Aveva trovato la perfetta melodia, finalmente. Veloce, che colpiva, che entrava lentamente nell'aria sensuale.
Non aveva mai scritto un pezzo così per il suo violino.
Forse Brian aveva davvero qualche merito.
Sì, la sua bellezza avrebbe ispirato qualunque artista, nel bene e nel male, la perfezione non si poteva discutere, la perfezione si odiava o si elogiava, non c'era nessuna via di fuga.
E Brian, la notte precedente, era stato perfetto.
Riprese in mano il violino, suonando quelle note che aveva appena buttato giù. Scorrevano, lisce come le dita di Brian sul suo corpo, voluttuose come il suo sguardo che gli scivolava addosso, eccitanti come il suo profumo senza nome.
Una poesia per gli occhi, una tentazione per i sensi, improbabile e irresistibile.
Dopo una serie di volteggi, il telefono squillò impunemente, interrompendo la sua arte.
- No, non ora! - sbottò.
In tutta risposta, il telefonò suonò ancora.
Sbuffando posò il violino e prese il telefono.
- Pronto? - rispose con tono abbastanza scocciato sedendosi sul bordo del letto - In fretta per favore, sono impegnato. -
- Impegnato in cosa? Stai morendo di fame e non hai un lavoro. - La voce di Brian Kinney alle dieci di mattina suonava come un gesso sulla lavagna. Ethan strinse i denti.
- Che vuoi? -
- Ti sto salvando quel bel culetto che i due di ieri avrebbero volentieri profanato una mezza dozzina di volte. - replicò, e si sentì il rumore di una sedia che si muoveva appena - Vieni all'agenzia pubblicitaria tra un'ora spaccata, e cerca di trovare un vestito che non sia da straccione. -
Ethan era già pronto a prendere fiato e mandarlo categoricamente 'affanculo, ma Brian lo precedette con un - Non ringraziarmi, lo farai dopo. - e mise giù.

Un'ora dopo era davanti all'agenzia pubblicitaria. Indossava una camicia scura, color vino e pantaloni e giacca nera. Non si era messo il completo perché glielo aveva detto Brian, assolutamente. Se c'era un'opportunità era ovvio che si sarebbe presentato al meglio.
I capelli sistemati, rasato alla perfezione per mettere in risalto il pizzetto sotto il labbro inferiore, lucidato di fresco e profumato. Era pronto.
Entrò deciso e andò verso la reception dove c'era una donna abbastanza indaffarata.
- Mi scusi. Sono Ethan Gold. Brian Kinney mi ha detto di presentarmi qui a quest'ora. -
Lei lo squadrò per un tempo che sembrò infinito, sembrava che volesse fargli un lastra a raggi X per controllare che non avesse ossa rotte.
- Quattordicesimo piano, l'ascensore è sulla destra, l'ufficio di Brian Kinney è il primo sulla destra, si rivolga prima alla segretaria. - legiferò tutto d'un fiato, come una di quelle voci preregistrate. Che ne avesse una nascosta sotto la lingua?
Ethan non glielo chiese, fece quello che gli aveva detto, sperando di non dimenticarselo, salì con l'ascensore e quando si ritrovò al piano giusto, cercò con lo sguardo la segretaria che le avevano indicato. Non la trovò, in compenso vide immediatamente Brian semistravaccato sulla sua sedia in quello che pareva il suo ufficio.
- Beh, wow! - esclamò quando fu sulla soglia, incrociando le braccia - Allora che in questo posto si lavori tanto è solo un'impressione! - Entrò e ignorò la sedia davanti alla scrivania di Brian per sedersi direttamente su quella - Allora, mister Kinney, perché mi ha chiamato? -
Brian, che l'aveva osservato senza dire una parola, fece un sorrisino.
- Come stai bene vestito così, sembri quasi una persona rispettabile. -
Anche Ethan sorrise, nascondendo però una certa acidità.
- Allora? -
- Allora... - Brian si alzò e si infilò la giacca, ordinando a Ethan di seguirlo - Ti porto a conoscere alcune persone. -
Ethan scese dalla scrivania, seguendo Brian e portandosi le mani dietro la schiena, mentre studiava il luogo durante quel percorso.
Sembrava che tutti guardassero Brian con una sorte di adorazione, e ovviamente senza nessuna distinzione. Uomini e donne.
- C'è qualcuno che non ti sei fatto qua dentro? - Ethan adocchiò dei ragazzi molto carini alla fotocopiatrice, molto probabilmente stagisti.
- Certo. - rispose lui con grazia, ed Ethan lo fissò stupito - Le donne non sono il mio genere preferito. -
Ah, mi pareva... Il ragazzo scosse la testa, avrebbe dovuto immaginarselo.
Attraversarono il piano fino ad arrivare alla porta di una specie di sala riunioni, al cui interno c'erano alcune persone, una donna dai capelli tinti e un paio di occhiali dalla forma allungata, un uomo grasso, e un ragazzo biondo dall'aria accattivante.
- Eccolo qui, signori, in perfetto orario! - esordì Brian presentando Ethan ai presenti.
- Perfetto, signor Kinney - esordì la donna fissando Ethan, seguita dall'uomo.
Il ragazzo biondo, al di sopra del suo collega rivolse uno sguardo di apprezzamento e fece uno strano sorrisetto.
Ethan fece un passo in avanti, superando Brian, e rivolse il suo miglior (finto) sorriso.
- Piacere. - salutò con un piccolo cenno con la testa - Ethan Gold. -
- Ha un bel nome, mi piace. - annuì l'uomo con un sorriso, poi voltandosi verso il biondo - Jay. -
Jay si chinò appena sotto al tavolo, avendo molta cura di mostrare il suo lato B a chi fosse interessato. Ovvero sia a Ethan che a Brian.
Dopo qualche secondo di enfasi, si tirò su, estraendo anche una custodia che aveva tutta l'aria di contenere un violino.
- Bene, signor Gold, lo prenda e si segga, dobbiamo parlare. - sorrise la donna, facendo da esempio e accavallando le gambe.
Ethan guardò il violino affascinato, succedeva sempre quando vedeva uno strumento classico a corde, e si sedette continuando ad ammirarlo sfiorando il legno - L'archetto? - chiese non sollevando lo sguardo - Vorrei vedere anche quello. -
Jay controllò nel ripiano basso, facendo un'altra abile manovra che permise la visuale alle sue belle natiche perfettamente tonde, e glielo porse.
Fu un passaggio stranamente prolungato, in cui i due si guardarono languidamente, con solo quel frammento levigato ben laccato a dividere la loro pelle.
- Allora, mr. Gold, il signor Kinney ci ha parlato delle sue straordinarie doti di violinista! - disse la donna, interrompendo quello scambio di parole non dette.
- Oh, ha detto proprio straordinarie? - Fece un sorrisetto e fissò Brian - Mi vuol far sfigurare. Posso sembrare presuntuoso, ma mi reputo molto, molto bravo, sì. In che modo posso esservi d'aiuto? -
- Noi pubblicizziamo l'ultimo profumo di Yves Saint Laurent, Violin, e quale strumento migliore per farne la pubblicità, se non un sottofondo con lo stesso strumento? - sciorinò lei, sembrava sempre essere entusiasta di tutto.
- Naturalmente vogliamo qualcuno che non sia dozzinale. - s'intromise l'uomo, più austero - Né banale. Vogliamo un violinista che sappia quello che sta facendo, la musica non deve sembrare uscire da un disco in vinile. Deve essere vera. -
Ethan sorrise ai due.
- Reputo la vostra idea molto buona. E mi permetto di dire, che sono davvero una buona scelta. Non vi potrebbe capitare di meglio. - Si passò una mano tra i capelli - Se desiderate, per essere sicuri al cento per cento, posso darvi una piccola dimostrazione. Non vi nascondo, che questo violino mi attrae molto. -
- Perciò ne abbiamo portato uno. - annuì l'uomo, mettendosi comodo sulla poltroncina - Prego. -
Ethan aprì la custodia sul tavolo, ne estrasse il violino, e poi la rifilò a Brian, tanto per avere il gusto di usarlo come segretario.
Si alzò in piedi e passò l'archetto sulle corde per saggiarne la resistenza, buona, ne sarebbe venuto fuori un suono gradevole, un po' alto ma non affatto male.
E poi iniziò.
- Vi posso proporre qualcosa di bello per ora.. Ma non troppo complicato. - disse Ethan - Il Canone di Pachabel, anche se sarebbe un quartetto d'archi. -
Chiuse gli occhi e iniziò a suonare. Quella stanza era vuota, e in quel momento c'era solo lui.
Suonò un solitario leggiadro, senza complicazioni, non cercò di strafare perché era inutile, Mozart aveva reso tutto semplicemente perfetto, lui in quel momento non era Ethan Gold, era solamente uno strumento, così come il violino, come l'archetto, un portatore d'arte che tramandava quella melodia senza avere un nome.
Si figurò di avere intorno a sé gli altri musicisti, e insieme comporla tutta, nota dopo nota, frammento dopo frammento.
Poi la magia, sempre esaltante e travolgente, si esaurì, e il mondo tornò a girare come sempre. E Ethan aprì gli occhi, ritornando a essere chiuso in quell'ufficio che ora gli sembrava stranamente piccolo.
I tre erano rimasti in silenzio, fissandolo ostentatamente.
- Mi dispiace... Potevo farlo meglio. Se avessi avuto il mio violino sarebbe stato meglio. Con questo dovrei abituarmi... -
- Ancora meglio di così? - chiese Jay con espressione rapita - Era praticamente perfetto. -
- Oh no... - si schermì Ethan voltandosi verso Brian e riponendo il violino nella custodia - No... -
- Beh... - La donna era visibilmente emozionata - Credo che il signor Kinney ci abbia suggerito molto, molto bene... -
Ethan nascose il rossore alle gote, un complimento sentito era sempre straordinariamente stimolante.
- Sì, penso che sceglieremo lei come sottofondo allo spot! - concluse lei battendo le mani - Duemila dollari è la tariffa, le va bene? -
Il ragazzo alzò il naso con uno scatto.
- Due... mila...? - ripeté incredulo.
- Sì, dovrà suonare due volte, una per lo spot di cinquantanove secondi, e un'altra per lo spot da un minuto e venti. -
Duemila dollari per suonare per due minuti e poco più?!
- Dove devo firmare? -
Brian rise tra sé all'eccitazione mal celata di Ethan, che si mise subito al tavolino a firmare, dove prontamente Jay rimase fermo a rimirare il fondoschiena sodo del violinista.
- Quando devo iniziare? - chiese rivolto alla signora, che sembrava tirare le fila un po’ di tutto.
- L'appuntamento lo si deciderà in riunione con il signor Kinney, lei verrà informato immediatamente. - rispose prontamente - Abbiamo fatto bene a fidarci... Lei è un musicista eccezionale! -
- Grazie, lo so. - disse molto modestamente il ragazzo.
- Non poteva consigliarci meglio. - sorrise l'uomo a Brian mentre gli stringeva la mano.
Ethan rivolse un sorrisetto irritante a Brian quando infine i tre uscirono, non prima di aver scambiato un'occhiata d'intensa con Jay.
- Non pensavo che ti saresti messo in moto così velocemente per trovarmi qualcosa. -
- Non sono uno che perde tempo. - sorrise il pubblicitario, sedendosi sul tavolo di vetro. Ethan lo guardò per un lungo attimo.
- Te lo sei fatto il biondino? -
- Mai visto prima. - replicò a braccia conserte - Ma alla prossima riunione sarà mio. -
- Oh, allora è questo che succede in questo posto. Decidi le pubblicità, proponi e ti scopi i clienti. Non male direi. - Si avvicinò tenendo le mani in tasca e appoggiandosi sul bordo del tavolino - Suppongo che debba ringraziarti. -
Brian allargò il sorriso.
- Non lavoro mai gratis. -
- E come vorresti essere pagato, mr. Stupendissimofascinoso Brian Kinney? -
Brian si sporse appena verso Ethan, il quale si ritrasse, ma mantenendo gli occhi su di lui.
- Secondo te, come potrei mai essere pagato da te? -
- Oh, non credo di possedere nulla che ti interessi... Oltre al fatto che trovi fastidiosa la mia persona, come io trovo la tua. -
- Io non ti ho mai trovato fastidioso. -
- Ah no? - sorrise Ethan ironico - Credevo che lo scoparmi il tuo ragazzo non fosse il mio punto di forza. -
- Significa che hai buongusto. - sorrise Brian di rimando.
Il ragazzo non replicò, continuando a squadrarlo di sottecchi.
- A lui hai pagato l'università... Dì un po', stai cercando di fare il buon samaritano con tutti i giovani sfigati che incontri? -
- Se così fosse? Direi che il mio essere missionario per ora ti sta portando bene... No? -
Ethan rimase in silenzio guardando quelli occhi scuri che lo scrutavano, vedendoli per un attimo penetranti come la serata in discoteca. Quel momento in cui erano sulla stessa linea d'onda.
- ... Se non mi dici cosa vuoi esattamente, non credo che indovinerei mai. Il massimo che ho fatto per ripagare una persona è stato suonare per lui. Ma convieni che era una cosa che tornava a mio favore. -
- Suona per quei bellimbusti per ora, ne hai bisogno. - dichiarò Brian alzandosi dopo qualche secondo - Per ripagarmi, troveremo un modo... -

Era il giorno delle riprese, e tutti stavano prendendo le giuste indicazione mentre anche Brian guardava vigile.
Il profumo, oltretutto faceva anche schifo e bastava la minima vicinanza e Ethan sentiva la testa scoppiargli. In realtà, era lievemente demoralizzato e incavolato per il brano semplice che avevano scelto come sottofondo per la pubblicità. Sperava di mostrarsi nell'esibizione con un pezzo più bello e complesso.
- Stai molto bene con quel completo. - Jay lo risvegliò dai suoi pensieri , sistemandogli una ciocca dietro l'orecchio che era sfuggita alla pettinatrice - Neanche bisogno ti troppo trucco eh? -
- Veramente ho rifiutato io. - sorrise di risposta Ethan. Credeva di averlo visto andare in bagno seguito da Brian poco fa - Chi è durato meno, lui o tu? -
Jay socchiuse la bocca in un'elegante o d'imbarazzo.
- Ehm... Ecco... -
- Su gente, accendete quelle luci, o vogliamo fare notte?! - Miss Denise batté le mani mettendo tutti ai propri posti, cosicché Jay non rispose a Ethan, anche se il rossore sulle guance parlava parecchio.
Ethan aveva il suo violino, non quel legnetto che gli avevano fatto provare. Aveva il suo fedele compagno, e gli stava dando tutta la carica necessaria.
E forse non era solo merito di quello.
Posizionò l'archetto in attesa di un cenno da parte della Denise, e intanto lanciò un'occhiata a Brian.
Brian rispose con quel sorriso che Ethan trovava irritante, ma si rassicurò un poco. In fin dei conti, era la prima volta che svolgeva un lavoro di quella portata, e una vaga agitazione l'aveva.
Quando fu dato il via Ethan si mise a suonare, sembrò che i cameramen si incantassero a riprendere solo lui, nonostante i vari richiami del regista.
- Steve, Nathan porca miseria! Dovete riprendere anche Louise e Antoine! - Poi si rivolse alle luci - Vale anche per voi, questo è un fottutissimo spot, non un concerto! -
Ethan sbuffò lievemente scocciato per l'interruzione - Possiamo riprendere? -
- Con calma, ragazzo! -
Ethan sbuffò, odiava essere interrotto. E aveva idea che per girare una pubblicità di interruzioni ne sarebbero venute tante, insopportabilmente tante...
E infatti fu così.
Dieci, venti, trenta volte lo fermarono, trenta volte ripresero, avevano iniziate alle tre di pomeriggio, ed erano quasi le otto quando finalmente il regista diede quella sua maledetta approvazione.
- Ok, potete smontare. Bella prova! - disse, e tutti quanti tirarono un sospiro di sollievo.
- Mamma mia... - sbuffò Ethan allontanandosi e appoggiando il violino su un tavolinetto per poi riporlo nella sua custodia - E' abbastanza stressante... - Rimase sorpreso da Brian che gli porgeva una bottiglietta d'acqua - Grazie. - mormorò prendendola e bevendo un piccolo sorso - Quel regista è sclerotico. E insulso. -
- E' un regista, è il suo lavoro dare ordini alla gente. - Ethan lo squadrò male, bevendo.
- Quante storie. Quei due attori erano degli incompetenti. Se avesse preso due persone capaci avremmo finito molto prima. -
- Mh, tu non riesci mai a non essere buono e gentile, vero? - sorrise Brian - Però hai ragione. -
- Lo so. - sorrise Ethan.
- Complimenti signor Gold, la sua esibizione è stata... Estasiante. - esordì miss Denise avvicinandosi - L'assegno da duemila dollari le verrà recapitato tramite il pubblicitario che vi ha contattato... Mr. Kinney! -
- Oh. - Ethan sorrise appoggiandosi al tavolo - A quanto pare non faccio che ricevere soldi da te, eh? - Rilassò le spalle - A questo punto dovrei essere io a offrirti la cena o qualcosa da bere... O la tua parcella. Deve essere una brutta giornata, visto che il tuo incontro nel bagno è finito molto presto... - ridacchiò.
Brian fece il verso alla sua risata, dandogli uno scappellotto sulla testa.
- Non servono tre ore per avere qualcosa, quando sei bravo... - Il ragazzo lo fissò male.
- Vanesio del cazzo. -
- Sì, lo so. - sorrise Brian, per poi uscire dalla sala - Stasera vado al Babylon. - E si fermò un secondo, voltandosi indietro - Conto di vedere anche te. - E se ne andò.
Ethan rimase fermo, senza parole. Beh, cos'era, gli dava anche ordini? Come si permetteva?!
- Non credere che venga! - gli gridò dietro - Se sarà così... Sarà per caso, non perché me l'hai detto tu, stronzo! -
Ma ormai Brian era già lontano e non aveva sentito nessuna di quelle parole.
Ethan prese la custodia col violino e si allontanò ribollendo di rabbia.
No. Brian non gli sarebbe piaciuto mai.
- Ehi, Eth... - Jay sorrise facendo per avvicinarsi a lui.
- Non mi scocciare! - sbottò lui, allontanandosi velocemente.
Quella giornata era nervosa.
E vaffanculo tutti.

.Continua.

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Capitolo 5
*** 5. ***


5.

5.
Il Leopardi si deprime


- Sembra che tu ti stia guardando in giro. - cantilenò Emmett sorseggiando il suo drink, mentre guardava Brian - Aspetti qualcuno bassetto, moro e molto carino oppure hai già adocchiato qualcuno? -
- Emmett, lascialo perdere. - disse Ted prendendo una birra - Dubito si degni di risponderci, il signore. -
- Infatti vi risponderò di farvi i piccoli e mosci cazzi vostri. - sibilò Brian con un sorriso velenoso.
Il Babylon era pieno, gremito come al solito, Brian era di fianco ai due, appoggiato coi gomiti al bancone, che guardava da una parte all'altra da almeno dieci minuti.
- Sei sicuro che non sia tuo figlio, o al limite tuo fratello? - riprese Emmett, che aveva voglia di spettegolare - Ha il tuo stesso sguardo da stronzetto menefreghista. -
- Nessuno può essere come me. Sarebbe un'eresia. -
- Sarebbe un incubo. - rincarò Ted bevendo. - Ci sarebbe da suicidarsi, se inizia a girare con te. Due Brian Kinney? No, per favore! -
- Theodore, non borbottare o diventerai ancora più insulso del solito. E irritante. -
- Eccolo! - esclamò Emmett indicando un punto sulla pista - Il tuo figlio-gemello! -
Brian alzò immediatamente lo sguardo, e Emmett scoppiò in una risata.
- Non ti interessa nulla di lui, eppure scatti non appena lo senti, vero? -
Brian lo trafisse con lo sguardo.
Ethan si avvicinò ai tre ostentando nonchalance.
- Ci tengo a precisare che non sono venuto perché me lo hai detto tu! Ho solo scoperto che questo posto non è niente male! - chiarì all’istante, puntando un minaccioso indice contro Brian.
- Oh, ma allora era un appuntamento! - esclamò Emmett, che ovviamente ignorò ogni parola tranne quelle che gli interessavano.
Entrambi si voltarono verso Emmett con occhi spalancati da fare paura, al che lui andò a nascondersi dietro Ted per non essere fulminano brutalmente.
- Ripeto: non sono venuto per te. - dichiarò Ethan a testa alta.
- E io non ti stavo certo aspettando. - replicò Brian con aria di sufficienza.
- Se non altro Brian è un ottimo attore... - mormorò Ted.
- Theodore. - Brian lo trafisse con lo sguardo, tanto che il poveretto prese per mano Emmett e lo portò lontano per andare a ballare. O almeno per scappare.
- L'ultima volta sono stato portato solo nei bagni. Volevo provare la Dark Room. Ne parlano così bene. - Ethan assottigliò lo sguardo - Ecco il motivo. Anche ballare dopo un po’ diventa noioso. -
- Fai pure, ma poi non venire a lamentarti da me se non riuscirai a camminare per una settimana. -
- Cosa credi di essere, mio padre? - rimbeccò il ragazzo - Il mondo non gira tutto intorno a te. E mi sembra che Justin abbia reso chiara la cosa. -
- Non nominare Justin, capito? -
- Perché? TI brucia ancora? - Ethan si portò a un soffio da Brian, sfiorandogli il petto col suo - Beh, anche a me. E se proprio vuoi saperlo, di solito sono io che mi diverto. Non te l'ha detto Justin che era lui a prenderlo nel culo? Ma in fondo, cosa ti importa? Mentre stavate insieme scopavate a destra e manca con altre persone, no? -
Brian non rispose, anche se la voglia di usare le mani era tanta.
Gli occhi scuri di Ethan trasudavano sfida, sempre e comunque, così intensi e passionali, focosi e profondi, in cui chissà quante volte Justin si era perso, invece di essere con lui.
Ethan indossava una maglietta a maniche corte color vinaccia, piuttosto stretta, che gli fasciava il torace, che era caldo, palpitava.
- Vuoi ballare? -
Ethan lo squadrò perplesso.
- ... Cosa? -
- Ballare. Come l'altra volta. -
- Ti ho detto che non... -
- Sì o no? - Brian incatenò Ethan con il suo sguardo. E il ragazzo parve sorpreso.
- Un... Una canzone sola. Sono venuto per la Dark Room, te l'ho detto. -
- Come vuoi. - Brian lo prese per mano, conducendolo nel mezzo della pista - La notte è giovane. - sorrise.
E fu il delirio.
Caldo, faceva caldissimo, centinaia di corpi ammassati che danzavano a ritmo, e Brian che spiccava come una divinità greca, tutti che gli lanciavano occhiate, che lo fissavano adoranti, e solo lui, solo Ethan poteva toccarlo, poteva passargli le braccia intorno al corpo, le mani lungo i fianchi, poteva tutto.
E in effetti, lo fece.
- Hai la faccia tutta rossa. - disse piano Brian, trasformando un ghigno in un sorriso.
- Fa caldo... Tanto caldo. Tu sei caldo. - rispose staccandosi e togliendosi la t-shirt - ... Ora sì... Mi fregheranno anche questa. - disse aggrappandosi all'uomo. La stanza girava, e le sensazioni che il corpo di Brian gli trasmetteva non aiutava. Appoggiò una guancia sul suo petto, ricevendo occhiate di invidia e rabbia, sentendo il battito regolare del cuore di Brian. Non credeva che potesse essere un suono così rilassante.
E soprattutto, non credeva che Brian avesse un cuore.
Sorrise sotto i baffi, lasciandosi trasportare dalle movenze del suo corpo, era bello, stranamente bello avere un sostegno come lui, solido e forte, uno stronzo della più alta categoria, ma quando ballava non lo sembrava poi tanto.
Alzò gli occhi verso il suo viso.
E aveva anche un bel sorriso, sognante, e che faceva sognare.
Sognare? No. Brian non poteva farlo sognare. Non lui.
- Credo... Che abbiamo ballato abbastanza ora e... - Ma la testa girava, e le mani di Brian saldamente spalmate sul suo osso sacro non aiutarono la sua fermezza - Smettila di sorridere in quel modo! - protestò - Non è giusto e... Credo che andrò a sedermi. - Ma non si staccò dal suo corpo.
- Sei carino quando stai zitto, sai? - gli bisbigliò Brian all'orecchio, facendogli nascere un brivido lungo la colonna vertebrale.
- Anche tu lo sei, quando balli. - ammise Ethan annegando nei suoi occhi.
Sembrò quasi che la musica si offuscasse, oppure che diventasse talmente forte da rendersi irriconoscibile, solo un unico sfondo a qualcosa di incredibile che stava divampando come un fuoco, sempre più forte, sempre più alto, Ethan non capiva bene cosa diavolo stesse succedendo.
Ma non era affatto male.
Quella nuova sensazione, non l'aveva mai provata prima. Ma non voleva che se ne andasse. Pensò solamente che in quel momento, sporgersi un po’ di più per sentire che sapore avevano le labbra di Brian non sarebbe stato così difficile. Stava quasi dimenticando di detestarlo. Che gli aveva portato via Justin, ma i nuovi avvenimenti prevaricavano su quelli passati. E inoltre, era stupendo.
Brian Kinney era Brian Kinney.
Erano vicinissimi, le loro bocche stavano per entrare in contatto, lentamente, languidamente, finché un urlo disumano non stracciò l'atmosfera, e una marea di petali bianchi e rossi iniziarono a cadere dal cielo facendo voltare tutti verso l'alto.
Anche Ethan lo fece, sfiorato da un petalo di rosa, e in quell'esatto istante, Brian lo baciò.
Ethan spalancò gli occhi, ma poi gli chiuse pian piano facendosi rapire dal bacio. Brian era una calamita, e lui non si voleva staccare. Visto che era stato lui ad abbassarsi, era più facile per Ethan far salire le braccia e avvolgerle intorno al collo del pubblicitario. Dio, quella lingua lo stava facendo impazzire.
Le sue labbra erano morbide, per davvero, invitanti, estasianti, sembrava che stessero cercando di traviarlo nei modi più lascivi possibili, gli facevano venire in mente cose innominabili, sogni proibiti che credeva di aver dimenticato, respiri rubati e sguardi velati. Era dannatamente bello.
Le mani di Brian gli strinsero i fianchi trascinandolo un poco a sé, ed Ethan si accorse che non era l'unico dei due ad aver reagito a quella situazione, era imbarazzante, ma le sensazioni mescolate che gli stava dando quel contatto superava tutto quanto.
I suoni attorno sembravano sparire. Erano come in una bolla solitaria. L'unica cosa importante era continuare a baciare, leccare, succhiare. Niente poteva rompere quel momento, tranne un cretino che neanche troppo a tempo andò a sbattere contro loro due.
- Scusate, eh. -
Per il colpo, Brian si era sporto ancora più avanti e l'incanto si era rotto. Ormai si erano staccati e Ethan fissava l'uomo a cui era ancora avvinghiato con occhi scuri enormi.
Non ci poteva credere.
Brian non perse il sorriso, gli infilo le dita tra i capelli e stava per ritrascinarlo verso di sé per riprendere dove avevano interrotto, ma Ethan si scostò, dalle sue braccia, dal suo corpo, si liberò dalla sua stretta facendo qualche passo indietro, scuotendo la testa.
No no no, non poteva andare così.
- Cosa c'è? - chiese Brian con un sorrisetto - Non fa per te? -
- E' stato solo un momento... Così. Mi girava la testa per via del caldo e basta. - Si chinò e raccolse la sua maglia, anche troppo calpestata - Non so cos'è successo ma... E’ stato solo un caso, ok? -
- Un caso? - Brian alzò aristocraticamente un sopracciglio, segno che quello che stava per dire era acido allo stato puro - Un caso piuttosto gradevole, o avevo capito male? -
- Lo vedi? - sbottò Ethan facendogli il verso - Sei carino solo quando balli, per il resto della tua inutile vita sei un fottuto stronzo che meriterebbe solo cazzotti si denti! -
- Ma quanto sei simpatico. -
Ethan gli diede le spalle e iniziò a farsi strada a spintoni e male parole, uscendo dal raggio visivo di Brian, che rimase in mezzo alla pista a fissare quel punto senza muoversi.
- Stronzo, stupido... Idiota narcisista del cazzo! - sibilò Ethan fermandosi nei pressi della Dark Room e appoggiandosi contro il muro, reclinando la testa per riprendersi. Perché dava così importanza a Brian? Perché ogni volta che apriva bocca lo scombussolava in quel modo?
Forse perché... Perché gli ricordava maledettamente Justin.
Brian e Justin avevano vissuto insieme, erano stati tutto quello che Ethan non aveva mai avuto, e che non aveva nemmeno voluto.
Allora perché doveva fregargliene tanto di lui?
Sospirò calciando un piede a terra, 'fanculo tutto, voleva tornare a casa, e voleva tornarci da solo!

- Il principino se n'è andato? -
- Emmett, perché non vai a farti infilare qualcosa in bocca? -
- Uuuhh, il rifiuto brucia. - fu il commento di Ted.
- La volete piantare voi due checche di giudicare ogni mia singola azione? Siete peggio di Debbie, cazzo! -
- Ma noi... - Emmett prese immancabilmente la parola - E’ da quando Justin è partito che non ti vedevamo così... Come posso dirlo? Così te in pista! - chiarì con enfasi.
- E' solo che ci sembravi felice e ci dispiace che facessi scappare il moccioso, tutto qui. Più che altro perché sembra un tipo riservato e stasera là fuori è pieno di spacciatori e il resto. Non sembra il tipo. - concluse Ted.

- Ehi, bello. Non vuoi qualcosa per sballarti? - Un tipo molto insistente l'aveva avvicinato pochi passi fuori dal Babylon.
- No. - sbottò Ethan - Mi sballo da solo, grazie. -
- Per qualche soldo in più posso anche farti un pompino, dolcezza. -
- Non mi interessa. E non mi farei mai toccare da te. Sei sporco. -
- Oh, quanto sei schizzinoso! - replicò il tipo mandandolo a quel paese.
- Chiudi il becco... E' una serata di merda. -
- Il tuo ragazzo ti ha piantato? -
Ethan fissò male quel tizio dall'aria da tossico.
- Io. Non. Ho. Nessun. Ragazzo. -
- Vuoi farti tutta la strada a piedi? - domandò qualcuno. Entrambi si voltarono, e il tossico emise un fischio d'ammirazione.
- Amico, dovresti essere proprio etero per lasciarti sfuggire un tipo simile! - intimò a Ethan.
- Ma sta' zitto! -
- Dovresti ascoltarlo sai? -
- Piantala! - gridò Ethan - Non ti seguo, capito? Lasciatemi in pace... - mormorò appoggiandosi al muro e chiudendo gli occhi. Gli girava la testa come prima dentro al locale - Voglio... -
- Ehi amico, potevi dirmelo che ti eri già fatto. - Il tossico si avvicinò a lui, forse per finto supporto e fregargli dei soldi, peraltro inesistenti.
- Non... ti azzardare. - Ethan lo trafisse con lo sguardo.
- Tu, levati di torno. - gli ordinò Brian, e il tossico non si sognò nemmeno di obiettare, anche perché la differenza di fisico tra loro due non era esattamente minima.
Poi il pubblicitario si avvicinò al ragazzo.
- Ti avverto, io me ne vado adesso, se hai voglia di un passaggio dimmelo ora. Oppure ti arrangi. -
- Perché... Perché sei venuto fuori? Perché mi proponi un passaggio e... - Ethan alzò lo sguardo su Brian , esasperato - Perché mi stai sempre attaccato? Mi... Mi stai confondendo! -
Brian non rispose. Che risposta doveva dare?
- Vieni o no? -
Ethan tentennò, ma quando si rese conto che il giramento di testa non se ne sarebbe andato, si arrese.
- Vengo, vengo... -
Si trascinò alla macchina, un fuoristrada improponibile che sembrava urlare Sono frocio! al mondo intero, ma dentro era comodo, il sedile era morbido, per niente male, e l'abitacolo profumava di qualcosa di caldo e secco, che si accentuò quando anche Brian vi salì.
- Ti tratti davvero bene... -
- Il mio lavoro me lo permette. - rispose Brian mettendo in moto e Ethan lo guardò. Nulla da fare. Era splendido anche di profilo.
- E' una bella macchina. - commentò cercando di essere gentile - La guidi nonostante sia lampante che è una macchina da froci. Deve essere una cosa positiva del tuo carattere... Credo. Fregartene. -
Brian non rispose.
- Mettiti la cintura. -
Ethan era troppo devastato per replicare, quindi obbedì, tanto che gliene fregava ormai? Era veramente stanco.
- Ti manca Justin? - domandò dopo poco. Lanciò un'occhiata a Brian, che sembrava non aver nemmeno sentito. Ma lui sapeva che invece aveva sentito eccome - A me ogni tanto. Mi manca il sorriso, la sua voce... Il suo modo di fregarsene di tutto. Credo che abbia preso da te. -
- Non sono suo padre. - replicò prontamente Brian.
- No... Però sei stato importante per lui. -
- Così importante che è bastato un secondo per far smettere tutto e andarsene. Credo che tu dia più importanza di quello che provava veramente Justin per me. -
- Ah sì? - Ethan guardò fisso davanti a sé e poi fece un lieve sorriso - Alla fine si è dimostrato solo quello che era veramente, no? Un finocchietto infantile che voleva fare l'uomo. -
Passò qualche secondo prima che Brian replicasse.
- E' stata colpa mia. - Ethan si voltò verso di lui, sorpreso.
- Colpa tua cosa? -
- Se non lo avessi assecondato non sarebbe diventato così. E... Non sarebbe nemmeno finito in ospedale. -
Il ragazzo chiuse la bocca, riportando gli occhi sulla strada.
Ecco che si ritornava sempre su quella storia. Justin gliel'aveva detto molte volte, Brian si sentiva in colpa per quello che gli era accaduto.
Non ci aveva mai creduto. Fino ad ora.
- Nessuno ti ha mai dato la colpa per quello. - commentò guardando fuori dal finestrino - Nessuno di importante. -
- Non avrei dovuto andare a quello stupido ballo. Lasciarlo andare a casa da solo. E' stato un miracolo, se esistono davvero, che abbia potuto tornare a disegnare e... -
- E basta! - Ethan si voltò verso Brian - Non è colpa tua. Come puoi pensare sia colpa tua, cazzo? Sei stato tu a dare una mazza a quel ragazzo? L'hai aiutato tu a colpirlo? Sei stato tu per caso a renderlo uno schifoso omofobo? No. Basta darti la colpa e... - mugugnò, rimettendosi composto e prendendosi le testa tra le mani - Justin era già così senza che tu facessi nulla. Quanto ci ha messo a mandare a quel paese la sua famiglia e venire a bussare alla tua porta? Se non da te, sarebbe andato da qualcun altro. E con quel ragazzo si è divertito a provocarlo. No! - Fermò Brian prima che potesse dire qualsiasi cosa - NON sto giustificando una cosa così ignobile come un atto di omofobia. Ma anche tu sai che Justin è impulsivo, è sempre stato un pazzo che non appena incontrava un ostacolo non tentava col dialogo ma passava direttamente alle maniere forti, non ha mai tentato di aggirare nessun problema ma ci è sempre andato incontro a testa bassa! E' per questo che si è ritrovato in ospedale. Ed è per questo che è venuto da me. - Si massaggiò un po' la tempia sinistra - Ed è per questo che se n'è andato. -
Tra i due calò il silenzio, nessuno si azzardò più a dire niente finché non furono nel quartiere della bettola di Ethan.
- Grazie. - disse in fretta Ethan slacciandosi la cintura e scendendo dalla macchina. Fece due passi e poi tornò indietro - Solo... Una cosa. Justin è un immaturo del cazzo che a quanto pare ha imparato solo un paio di cose da quell'incidente. Pensare dopo aver contato fino a cinque. E se n’è andato da te. Non ti ha considerato. Non ha considerato nulla di quello che hai fatto per lui. E' volato via dal nido, no? A quanto pare tutte le cose fantastiche che ha detto su di te quando mi ha mollato sono sparite in un secondo. E non capisco davvero come possiamo ancora stare male per una persona così. - Fissò ancora Brian e poi sospirò, facendo una piccola risatina - E' una strana sera... Credo proprio che dovrei salire. Hai una cosa positiva oltre i soldi, sai? Non sei male a baciare, vecchio. - Tamburellò le dita sulla portiera della macchina - Allora... Buon proseguimento di serata...? -
Brian lo guardò per un eterno secondo, per poi sorridere.
- Fatti una dormita, mezza sega, ne hai bisogno. - lo schernì. Ethan chiuse la portiera e lo guardò andare via, rimanendo sulla strada per qualche attimo.
Non era stata malaccio, quella serata.

- Mi sembri di buon'umore stamattina. - sorrise Michael mentre Brian versava del caffè in due tazze - Ted mi ha detto che ieri sei sparito all'improvviso dal locale, ma ti vedo lucidissimo e senza strani individui nel letto! Ottimo. Strano ma ottimo. - concluse ridendo.
- E tu che ne sai, potrei benissimo avere qualcuno nascosto sotto il letto, nell'armadio, nel ripiano della cucina, nel baule della macchina... - Michael rise dandogli un leggero pugno sulla spalla.
- Stupido... Mi fa piacere che tu sia tornato quello di prima. -
Brian si limitò a fare un sorrisino. Ormai non valeva neanche la pena cercare di convincere tutti che lui non era mai cambiato, ma erano loro ad essere prevenuti.
- E così, hai un nuovo pseudo-ragazzo, eh? - Michael sorseggiò tranquillamente del caffè - Prometto che non farò le stesse storie che ho fatto per Justin. Emmett mi ha detto che siete sì inquietanti, ma anche molto carini, e Ethan sembra avere la testa sulle spalle. -
Brian si voltò verso Emmett.
- Ammettilo Brian, fate paura! - disse lui con enfasi - Ma diamine, siete così... Così passionali... -
- Voi vi state facendo delle seghe mentali, e nient'altro. - commentò l'interessato - Così come ve le eravate fatte per Justin. -
Calò un silenzio velatamente imbarazzante. Strano a dirsi, sembrava che l'unico a cui non importasse niente nel vero significato di quella frase fosse Brian, mentre tutti gli altri apparivano tesi.
- Sembra che l'assenza di Justin turbi più voi di me, checche sentimentali del cavolo. - sorrise Brian sotto i baffi, divertito.
- E' anche vero che però sorridi, ovviamente nel tuo solito modo irritante , solo a lui oltre che Michael. E credo sia il secondo ragazzo, tralasciando Justin, con cui tu abbia ballato più di una volta. Ammettilo, dai! - Emmett batté le mani estasiato - Ti piace! E' così carino! Basso e carino! Credo di aver intuito in te una sorta di fetish verso i brunetti bassi... -
- Emmett, se ti piace tanto perché non te lo lavori tu? - sospirò il pubblicitario infilandosi in bocca una forchettata di pasta.
- Perché piace a te, non a me. - sorrise lui finemente - E perché ha l'aria di uno che non si fa sbattere facilmente. -
Brian bevve un sorso d'acqua, ricordando la serata prima, qualche spezzato flash di lui e Ethan che ballavano avvinghiati, poi quel bacio infinito.
- Fatevi i fatti vostri. -
- Oh, gli brucia. - rise Michael alzandosi e prendendo la giacca - Non credevo di vederti così. - sorrise a Brian - Beh, io vado a lavoro. Mia madre vuole parlarti. Credo che Ted e Emmett abbiano raccontato qualche cosa pure a lei e vuole tutte le news. Ci manca poco e ti chiederà di portare Ethan per incontrarlo di nuovo e studiarlo meglio. -
Brian lasciò che il coltello cadesse rumorosamente nel piatto e lo guardò come per dire Ma perché in questa maledetta città nessuno si fa mai i cazzi fottutissimi suoi?!
- Buona fortuna Brian! - replicò Michael che uscì ridendo.
- Beh, adesso è ora che vada al lavoro. - notò Ted alzandosi e lasciando una banconota sul bancone - Debbie dovrebbe arrivare tra poco, se scappi in tempo la eviti! -
Emmett si mise a ridere mettendosi in piedi a sua volta, dando una pacca sulla spalla del pubblicitario.
- Un bel discorsetto da madre a figlia! -
- Emmett! - sbottò Brian, ma l'altro era già uscito, a braccetto con Ted - Che diavolo... - sbuffò Brian prendendo il portafogli dentro la giacca e schiaffando un paio di banconote sul bancone.
Si sistemò il colletto e appena si girò con la sedia si ritrovò Debbie davanti.
- Tu non ti muovi, carino. O ti spacco il culetto. - sorrise amorevolmente pizzicandogli una guancia mentre masticava una gomma e andava a togliersi il giaccone.
Beccato in pieno.
Brian ricadde pesantemente sullo sgabello, conscio che ormai era stato catturato, non sarebbe uscito di lì neanche se avessero evacuato la città.
- Allora, dolcezza. - Debbie si sistemò il grembiule nell'arco di un nanosecondo, andando dritta a piazzarsi di fronte a lui, gomiti sul bancone in assetto di guerra - Voglio sapere tutto. -
- Non c'è niente da sapere. Emmett e Ted sono due schifose pettegole! -
- Mi hanno detto che con questo ragazzo sorridi. E nonostante tutto, ricordo che era molto carino ed educato, anche se è stato uno schifo con Topino. Mi ricordava un po’ te, quando l'ho guardato negli occhi. - giocherellò con un riccio della parrucca - Dimmi. Come bacia? Bene? Oppure non sa come muovere la lingua? Come quell'idraulico che ti sei fatto quando si è rotto il tubo? -
Ok, era imbarazzante, dannatamente imbarazzante quando Debbie si metteva a ficcanasare nelle sue faccende di sesso. Ed era ancora più imbarazzante quando si immischiava in faccende che invece il sesso non lo riguardavano affatto.
- Debbie, io e il moccioso non abbiamo niente a che spartire, gli ho solo dato dei soldi per non farlo morire di fame, e pensandoci bene forse avrei dovuto evitare, dato che non mi ha portato altro che grane fino questo momento! -
La donna si perse in una risatina, andando un momento a servire ad un tavolo. Quando tornò, il sorrisino non era sparito.
- Tesoro, sei stato così carino a dargli soldi dopo quello che ha fatto a Justin. Molto maturo, bravo. - il tono materno era sempre li nell'aria - Ed è proprio bello che nonostante non sia nulla, continuate sempre ad incrociarvi, ballare insieme, baciarvi, seguirvi... - disse con fare superiore - Portalo qui. Mercoledì c'è la torta al limone. Tutti adorano la torta di limone. Apprezzerai di più, visto che il limone stringe il culo! -
Brian avrebbe desiderato gettare una forchetta a terra e nascondersi sotto qualcosa che lo rendesse invisibile.
- Debbie... No. -
- No cosa? -
- Io e Ethan non usciamo insieme. - mise in chiaro tornando a fissarla negli occhi - Io e lui ci incontriamo solo e sempre casualmente, non abbiamo niente in comune, e non abbiamo niente a che spartire. -
- Oh, quindi gli hai anche fatto avere quel lavoro per la pubblicità casualmente? - replicò saputella.
Brian rimase interdetto per qualche secondo.
- Chi diavolo te l'ha detto?! -
- Oh, non ricordo. Sai, la gente cui parla molto. Può capitare di sentire le cose per caso... - mormorò sibillina, divertita dalla reazione di Brian - Brian... - sospirò paziente - Non fare sempre il difficile. Caro, è ora che tu trovi qualcuno . E a quanto pare questo Ethan ti piace. Sì, ti piace! - ripeté stroncando sul nascere la protesta di Brian - Tesoro, non voglio cominciare a rompere con la storia di Justin e tutto il resto. Ultimamente ti rivedo spensierato come un tempo. E vorrei continuare a vederti così. -
Brian fece un respiro profondo, mettendosi un po' più comodo sullo sgabello.
- Voi mi farete impazzire. - mormorò lentamente - Voi tutti credete che quando Justin se n'è andato mi abbia spezzato il cuore, voi pensate che io prima sia diventato una specie di checca smielata, e che poi mi sia sciolto in lacrime quando mi ha lasciato. Queste sono tutte cose vostre! -
- Brian... -
- No! No, ascoltami! - la interruppe - In questo periodo ho ripreso la mia vita di prima che Justin ci piombasse, e sto benissimo! Io non sono depresso, io non mi sento solo, io mi sento libero, siete voi che avete sofferto per la sua partenza, e riversate la vostra tristezza e la vostra pietà su di me! - Si alzò accigliato, rimettendosi il soprabito - Rimanete fuori dalla mia vita, grazie! -
- Ma Brian... - Debbie non poté finire la frase visto che Brian era uscito dal locale - Dannato finocchio! - esclamò Debbie- Peggio di una mestruata! -
Si era preoccupata dalla reazione di Brian, anche se dalla sue lunga esperienza di osservatrice continuava a rimanere dell'opinione che tra Brian e il giovane Paganini qualcosa in fondo, c'era.
Anche se parecchio in fondo.
Da quel che Emmett e Ted le avevano detto, il ragazzino assomigliava parecchio a Brian, anche se lei non aveva ben capito in quale modo. Era passato troppo tempo dall'ultima volta in cui l'aveva visto, quindi non poteva basarsi sui suoi ricordi.
Ma sapeva che qualcosa stava bruciando sotto la cenere. Non restava altro che aspettare.

Brian sbatté la porta dell'ufficio togliendosi la giacca e sprofondando nella poltrona girevole, sbuffando. Era di cattivo umore, e il primo testa di cazzo che fosse venuto a importunarlo si sarebbe preso tutti gli insulti possibili e immaginabili, e se era abbordabile, anche un palo dritto infilato nel cu...
- Brian, ti aspettavo un'ora fa! -
- ... - No, il suo socio non era abbordabile nemmeno al buio.
- Non ci crederai, siamo stati contatti per una nuova pubblicità di profumo. Maschile questa volta. Lo stilista è rimasto colpito dalla nostra musica del precedente spot. E quindi indovina? Lo vuole. Vuole una melodia di violino forte e sensuale. Ovviamente è gay, e credo vuole ficcarci qualcosa di cui tu sei esperto... Senza offesa, eh! Questa è la cifra che è disposto a pagare. - Mise il documento sotto gli occhi di Brian.
Quattrocentomila doll...
- Ma è fuori di testa?! - sbottò Brian dopo aver visto quella cifra, ne aveva viste di più alte, ma mai per un profumo.
- Vuole due stagioni, per entrambi i profumi che farà uscire sul mercato. E ha esplicitamente richiesto quel violinista. - sorrise lanciandogli un'occhiata sottintesa, a cui Brian rispose con un'occhiataccia.
- Io non me lo porto a letto. - specificò caustico.
- Non ho mai detto il contrario. - replicò Jack alzando le spalle - Né sinceramente m'interessa molto. Basta che gli dici che l'azienda è disposta a pagargli la bellezza di dodicimila dollari, poi puoi farne quello che ti pare. -
- Lo vuole per lo spot o per altro? - Brian storse il naso, per una cifra del genere gli sembrava improbabile che fosse compresa solo una prestazione lavorativa.
- Perché? Ti interessa forse qualcosa? -
- No. Per niente. -
- Ho capito che tipo è, il ragazzo. Ha bisogno di soldi, e anche se ci sarà un secondo fine, non rifiuterà. -
- Non è una puttana. - gli fece presente tanto per coerenza.
Jack sorrise avviandosi verso la porta.
- Vedrai che per dodicimila dollari non si rifiuterà. -
Se ne andò chiudendo elegantemente la porta, lasciando Brian alle sue elucubrazioni. Guardò di nuovo il preventivo.
Cazzo, quello era davvero un contratto straordinario. Roba che sarebbe andata anche oltreoceano, fino a farli conoscere in Europa e forse persino in Asia, nelle città centri della moda.
Però...
Scosse la testa, cosa gliene fregava? A Ethan servivano soldi, e alla loro agenzia serviva lui. Perfetto, no?

.Continua.

 

 

 

Ringraziaaaaaaamo tutte le persone che leggono questa FF assolutamente fuori dalle righe (ci piace fare le diverse!XD), ringraziamo chi l’ha messa tra le ricordate, tra le seguite e tra le preferite, ricordandovi che magari un commentino ogni tanto non ci fa poi così schifo!XD

Un bacio a tutte, alla prossima!^.^

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Capitolo 6
*** 6. ***


5

6.

Il Leopardi si deprime

 

- Dodicimila dollari?! - ripeté Ethan crollando sul letto con in mano il cellulare. Wolfram rapido balzò sulle sue gambe - ... Quando... Quando devo venire a confermare?! - Con tutti quei soldi sarebbe potuto partire all’istante, il giorno dopo, anzi, lo stesso in cui avrebbe ritirato l’assegno!

- Mercoledì, se non hai da fare. - Il tono era ironico, entrambi sapeva che l'unica cosa che faceva Ethan era suonare per strada, suonare a casa e fare finta di studiare - Alle diciassette. -
- Ci sarò! Sarò lì alle sedici! - rispose con entusiasmo, non si accorse nemmeno del silenzio di Brian, non si accorse di nulla, solo della prospettiva della sua vita che cambiava.
- Ok, allora. -
- Grazie mille, Brian! - esclamò il ragazzo, palesemente al settimo cielo.

Brian guardò il telefono come se stesse andando a fuoco. L'aveva ringraziato e addirittura chiamato per nome? Era la prima volta che sentiva quella parola uscire dalla bocca di Ethan in quel modo, e non seguita da una frase acida.
- Ora vado... Dovrò presentarmi al meglio... Credo proprio che andrò a prendermi una giacca nuova, sì! Allora... Ci vediamo! -
La chiamata si concluse e Ethan prese in braccio Wolfram.

- Presto ce ne andremmo da qua, Wolf! - esclamò con un sorriso smagliante.
Wolfram miagolò contento.

Brian rimase ad ascoltare il vuoto tentennante della linea interrotta, con lo sguardo perso. Mise giù lentamente, perplesso.
Probabilmente uno di quei giorni si sarebbe messo a nevicare.

- Cavolo, nevica! - sbottò Ted entrando nel locale, con la testa bagnata - Ma tu guarda, alle previsioni non l'avevano detto! -
- Quelli non ci beccano mai, tesoro mio. - rispose Emmett, già al calduccio del tavolo da un bel po', assieme a Michael e Ben.
- Brian non c'è? - domandò quest’ultimo.
Gli altri si guardarono a vicenda.

- Probabilmente sarà andato a comprarsi gli assorbenti. - interloquì Debbie mentre serviva al tavolo bevande calde per tutti - Ha più cambiamenti di umore di una donna col ciclo. -
- Mamma! - protestò Michael a bocca aperta - Per favore! -
- Cosa c'è? - replicò mettendosi le mani sui fianchi-  Non hai mai sentito parlare di mestruazioni? -
Michael alzò gli occhi al cielo e si appoggiò contro la spalla di Ben.

- Aiuto. Diventerò così anche io da vecchio? -
Debbie gli diede uno scappellotto.

- Vecchio? -

Ben si mise a ridere, controllando distrattamente il menù.
- Quindi, fatemi capire... Brian si vede col tipo con cui era andato Justin anni fa? Quello basso, col pizzetto? -
- Quello che gli assomiglia. - puntualizzò Emmett con occhio lucido - Due stronzi che non riusciresti a immaginarteli. -
- Fanno un po' paura. - annuì Ted, che di malignità da parte di Brian ne aveva subite eccome. Non voleva neanche pensare a due Brian.
- Paganini non è uno stronzo come Brian. - s'intromise di nuovo Debbie posando sul tavolo un'insalata - Lo è in tutt'altro modo. -
- Che vuoi dire? - Michael la guardò stranito.
- Ci sono bastardi e bastardi. Brian è quello che fa lo stronzo per portarti a letto, Paganini invece fa lo stronzo perché ti vuol fare chiaramente capire che non vuole venire a letto con te! - spiegò molto professionalmente.

- Oh, quindi Brian fa cilecca? -
- Direi di sì, visto che quel bacio se l'è guadagnato solo perché ballavano tutti tranquilli avvinghiati! -
- Possiamo parlare d'altro? - disse Michael - A Brian saranno venuti gli orecchioni a furia.... Di parlare di Paganini. Sì, ok. Io sono il primo ma... Visto che non è niente di che, non possiamo lasciare correre? - Lanciò uno sguardo a Ben in cerca di aiuto contro le pettegole quali erano sua madre e Emmett.

- Lasciar correre? - ripeté Emmett incredulo - Mikey, questa è la notizia più sensazionale dell'anno! Se avessimo un gazzettino gaio sarebbe in prima pagina, sarebbe lo scoop, la rivelazione! -
- Beh... Non è che sono propriamente... Affari nostri... - mormorò Michael.
- Chiudi il becco. - Emmett lo liquidò con un gesto frivolo della mano - Tu stanne pure fuori, io voglio sapere! -

- Chiedilo al diretto interessato allora! - sbuffò indicando la persona che stava entrando.
Ethan, fresco di acquisti e non solo, era stato costretto ad entrare proprio in quel locale. Stava morendo assiderato aspettando l'autobus. Si tolse il cappello di lana scuotendo la testa, lasciando cadere qualche fiocco che aveva anche sulle spalle.

- Un caffè, per favore - chiese al travestito al bancone.

- Certo, Fiocco! - rispose lui/lei.
- Fiocco? -
- Ehi, che bello vederti... Ethan! - esclamò Debbie andandogli incontro, attirando l'attenzione di un mucchio di gente.
Il ragazzo avrebbe voluto essere invisibile, o almeno saper scappare alla velocità della luce.
- Salve... Come va? -
- Ecco qui il tuo caffè, Fiocco, offre la casa! - gli sorrise il trans dai dolci occhi scuri.

- Grazie... -
- Non ti si vede mai da queste parti... o almeno qua! - continuò Debbie che era tutto un sorriso.
- Abito... In un'altra zona, ecco... Non esco poi così spesso. -
- Peccato. Sei così carino, Fiocco! -
- Desiree, piantala! - la riprese Debbie - L'hai visto da cinque secondi e già vuoi entrargli nelle mutande. Spaventi i clienti così! -
- Acida. - sbuffò il travestito andando a prendere altre ordinazioni.
- Io vi ringrazio ma è mio dovere pagare il caffè. -

- Scherzi? Te l'abbiamo offerto! Non andremo certo in bancarotta per uno stupidissimo caffè! - sorrise di rimando - Vuoi sederti? -
- No grazie, devo prendere l'autobus... -
- Con questa neve l'autobus passerà tra venti minuti, il solo vedere una nuvola in cielo sembra spaventare tutti gli autisti! - annuì con convinzione - Forza, non essere timido! -

- Ma... - Ethan venne fatto sedere a forza, mentre si stringeva nel giaccone sembrando ancora più piccolo.
Pur di non parlare, iniziò a bere il suo caffè senza neanche soffiare, col risultato di scottarsi la lingua.
Perché quella donna era così gentile? Si ricordava come adorava Justin. E anche allora, era stata amorevole con lui. Facendogli anche complimenti.
- Mamma! - Michael richiamò l’amata quanto invadente genitrice - Non ossessionarlo. - si voltò verso Emmett - E nemmeno tu! -

- Non ho fatto niente! - si schermì lui.
- Oh, andiamo ragazzi, in fondo Fiocco è uno di noi! -
... Fiocco?! Per poco a Ethan non andò di traverso, quel caffè.
- Mamma! - sibilò Michael andandole vicino - Non terrorizzarlo... -
- Non sto facendo niente del genere! - ribadì alzando il mento - E dato che ci sei, fate un po' due chiacchiere! - sorrise costringendo il figlio a sedersi di fronte al ragazzo, mentre lei andava a raccogliere qualche altra ordinazione.
Michael lanciò un'occhiata supplichevole a Ben, che gli sorrise facendo spallucce. Ormai che era lì...

- Grazie, eh! - bofonchiò Michael gonfiando le guance e sbuffando, e Ben trattene difficilmente qualche pensiero sconcio.
- Alloooora... - cinguettò Emmett portandosi improvvisamente alla destra di Ethan - Come va la tua relazione con Brian? -
- Non ho nessuna relazione con Brian. - rispose lui automaticamente, senza neanche guardarlo in faccia - Lavoro solo per la sua agenzia. -
- Però vi siete baciati. -
- Emmett... - iniziò Michael.
Ethan alzò il viso.

- Anche lui. - Indicò con viso chi aveva di fronte - Si bacia con Brian, ma visto che sono amici non fate molte storie, no? Era stato solo un momento in cui mi girava la testa. E' stato anche uno schifo. - mentì.

- E' acido come Brian. - sussurrò Ted, spuntato per caso accanto a Michael.
- Cosa?! -
- Niente! - disse subito dopo - Beh, comunque, ci vorresti dire che non siete mai andati a letto insieme? -
- Non vado a letto col primo incontro per sport. - replicò il giovane, vagamente altezzoso. E Ted fece una faccia eloquente, rivolto agli altri.

- Voi credete di sapere tutto, vero? Beh, brancolate nel buio! Non c'è niente tra me e Brian. Non lo sopporto. E' irritante, vanesio e si crede un dio in terra. Non sopporto quel genere di persone! -
- Ma tu sei ugual... -
- E poi. - Ethan li fulminò con lo sguardo - Dovreste smetterla di stare a spettegolare come delle vecchie annoiate. Sono grato a Brian solo per il lavoro che mi ha trovato. I miei sentimenti per lui finiscono qui. Non mi piace Brian Kinney né mi piacerà mai. - Si rimise il cappello e prese la busta col vestito, buttando il bicchiere di caffè vuoto - Grazie per il caffè. - disse veloce a Desiree prima di uscire dal locale.
- Gli piace! - sentenziò Emmett.

- Gli piace da morire! - affondò Ted quasi scioccato - E' una cosa tremenda. -
- E' una cosa incredibile, due Brian al prezzo di uno! - sorrise l'altro.
- Ragazzi, non credete di stare correndo troppo? - commentò Michael - Se Ethan ha detto che Brian non gli piace, non vedo perché non dargli ragione. No? - Si voltò verso Ben per chiedere conferma.
Solo che Ben sospirò dubbioso.
- Io credo che sia attratto da Brian. - disse invece.
- Ben! -
- Mikey, bastava guardare il modo in cui lo diceva... Aveva gli occhi... - Fece un gesto con le dita come per far arrivare a lui la parola giusta.
- Infuocati. - concluse Debbie arrivando a posare un piatto - Il ragazzo ha il fuoco nelle vene. E in questo momento sta bruciando tutto per la nostra checca di mezza età preferita. -

- Ok. Può essere anche così, ma non esaltiamoci per questo, va bene? - chiosò Michael sbrigativo - Non ci mettiamo più bocca e aspettiamo i risvolti. Potrebbero esserci come non esserci. -
- Ma... -
- Aspettiamo. - ripeté perentorio.

Il mercoledì, come predetto Ethan si presentò con un'ora di anticipo. Ormai già sapeva dov'era l'ufficio di Brian, si limitò a bussare all’uscio ed entrare. Era molto diverso dall'altra volta. Più elegante, nel suo completo scuro e la camicia color melanzana coi primi tre bottoni slacciati. E uno strano e piacevole profumo.
- Ciao! - salutò  con un sorriso (cosa non fa il vil denaro) - Eccomi qua. -

Brian lo osservò per un minuto senza dire assolutamente nulla, scivolò con lo sguardo lungo le sue spalle magre, sui capelli scuri, sugli occhi languidi.
- Ti sei incantato? - Ethan schioccò le dita, e parve riportare il pubblicitario alla realtà terrena.
- Stai bene, così. - fu il suo commento.
- Grazie, quando mi ci metto posso essere molto sofisticato. - rispose lui con un sorriso orgoglioso, gonfiando il petto - Ho portato il mio violino, così non rischierò di steccare orribilmente, come l'altra volta. -
- Saggia cosa. - annuì Brian alzandosi e andandosi a sedere sul bordo della scrivania di vetro - Vuoi un caffè? -

- Magari. Sperando che sia buono. Trovare un caffè decente in questa città è un’impresa! - annuì Ethan.
Quando Brian gli passò la tazza col caffè, per un lieve istante le dita si sfiorarono.

- Wow, le tazze col vostro marchio! - ridacchiò soffiando sul bordo e sorseggiando lentamente.

- Ce lo possiamo permettere. - affermò Brian tornando al suo posto - Che ne farai di tutti i soldi che ti daranno? Comprerai una ciotola nuova in oro massiccio per il tuo gatto? -
- No. - sorrise il ragazzo - Ancora non ho deciso, ma mi piacerebbe partire. -
- Per dove? -
Ethan sospirò profondamente, alzando gli occhi al cielo, lasciando che la sua fantasia vagasse lontano, fino alle nuvole opache e consumate dell'Europa.
- Italia. Austria, o Francia. Dove i teatri sono enormi e ogni sera hanno il tutto esaurito di gente che sa come si suona. Non come i pecoroni che popolano questa stupida città. -
- Tu sì che sai farti amiche le persone. - annuì Brian.
- Senti chi parla. -

- Come, scusa? -
- Niente. Solo, che non siamo poi così diversi noi due. I tuoi amici almeno qualcosa ci azzeccano. - commentò Ethan dandogli le spalle, continuando a bere e guardando fuori dalle pareti di vetro dell'ufficio.
- Brian. - La segretaria entrò frettolosa - Tra dieci minuti sarà qui lo stilista. Noi iniziamo a prepararci. -

- Arriviamo. - confermò lui, e quando se ne fu andata riportò l'attenzione su di lui - Cos'è che hanno detto i miei amici?! -
Ethan si voltò con un mezzo sorriso stampato in faccia.
- Qualche giorno fa sono stato brutalmente sequestrato da quella simpatica rossa al locale e costretto a sorbirmi i sorrisini amichevoli dei tuoi amici. - Che gli avevano detto in faccia chiaro e tondo che tra loro due ci fosse una relazione, si guardò bene dal dirlo.
Brian emise una specie di strano verso gutturale che stava a significare che era scocciato.
- Che cazzo, perché non si ficcano le loro balle su per il... -
- Ragazzi, per favore, è tardi! - annunciò di nuovo la segretaria.

I due si sbrigarono e raggiunsero la sala delle riunioni. Pochi istanti dopo, arrivò lo stilista seguito dai suoi aiutanti.
- Piacere. Io sono Nadir. - Strinse la mano a Brian e poi a Ethan, su cui si soffermò per un minuto che parve eterno. Per essere uno stilista era davvero giovane. La pelle abbronzata, capelli neri come la pece, e profondi occhi scuri come l’henné.
- Piacere... Ethan Gold. -
- Lo so. - sorrise Nadir.

Anche Ethan sorrise, preso un po' alla sprovvista. Quella mattina si era svegliato in subbuglio, forse colpa della prospettiva dei dodicimila dollari, forse perché la sera prima aveva mangiato un kebab, ma comunque quel tipo gli faceva contorcere lo stomaco.
Avrà avuto sì e no venticinque anni, anche se ne dimostrava diciassette in viso, forse di origini indiane o qualcosa di simile, aveva una voce setosa, ed era educato con tutti, sorrideva languidamente e sembrava che la sua gentilezza non fosse nemmeno artefatta.
Miracolo.

- Se il signor Gold smettesse di rimanere fermo e imbambolato, forse potremmo iniziare a parlare. - parlò Brian, prendendo posto al tavolo.
Ethan si voltò verso di lui e lo trucidò con lo sguardo, per poi tornare dallo stilista.

- Mi dispiace. E’ che sono lusingato di essere stato... richiesto ancora! -

- La tua musica mi ha impressionato. - sorrise lui, gli occhi neri come l'inchiostro brillavano di luce propria - Metti passione quando suoni... Lo fai come si farebbe l'amore. -
Ethan fece una risatina, non si aspettava quell'uscita. Ma gli fece genuinamente piacere.
Si sedettero, e una donna giovanissima, dai capelli platinati iniziò a sciorinare un discorso noiosissimo sul prodotto che stavano per pubblicizzare, si soffermò un'infinità di tempo a elogiarne le fragranze e le proprietà, e un'altra marea di cose che non fregavano proprio a nessuno, nemmeno a Nadir stesso, che però la guardava educatamente e annuiva di tanto in tanto.

- E quindi vorremmo una melodia adatta per questo profumo. Deve essere sensuale e colpire, come la fragranza stessa. Sicuramente mr. Gold ne conoscerà molte. -
Ethan annuì in silenzio. Dalla descrizione sembrava proprio quella che aveva scritto mentre pensava alla volta che aveva ballato con Brian...

- Una molto famosa? Sono anche un discreto compositore, se può interessarvi... -
- Sciocchezze! - ribatté la donna - Non per mancarle di rispetto, mr. Gold, ma ci sentiremmo più sicuri con un'esibizione di una melodia abbastanza famosa, che so, Mozart... -

- Oh, andiamo, non siamo così fiscali. - disse Nadir, voltandosi a guardarlo - L'ha scritta lei? -
- Sì... - Non era abituato a farsi dare del lei con quel tono autenticamente riverente. Era stranissimo.
- Mi piacerebbe sentirla. Sempre che non le dispiaccia. -
- No, assolutamente! - annuì, e Ethan scattò in piedi, violino già alla mano - E' solo una sciocchezzuola, niente di importante. -
- Se è scaturito dall'arte di un uomo, niente è inutile. - sorrise Nadir.
Nessuno si accorse di Brian che alzava un sopracciglio con aria palesemente sfrontata.

Ethan chiuse gli occhi e si mise in posizione ricordando le sensazioni che aveva scatenato in lui quel ballo, trasmettendole all'archetto che le diffuse sulle corde, suonando perfettamente, senza incertezze o dubbi, creando quella melodia sensuale, calamitante che trattenne senza difficoltà l'attenzione di tutti.
Quando terminò, aprì lentamente gli occhi e posò lo sguardo in quello di Nadir.
- Come le sembrava? -

Nella sala riunioni c'era il silenzio più completo, quel tipico vuoto che sembrava preannunciare qualcosa di incredibilmente rumoroso.
Ethan lanciò un'occhiata a Brian, e si accorse che lo stava fissando con la bocca leggermente socchiusa, con un'espressione di adorabile sbigottimento.
- Ehm... - Era vagamente imbarazzante quella situazione.
- E' meravigliosa. - mormorò Nadir dopo qualche secondo, battendo piano le mani - Davvero, è... E' sublime. Catartica ed entusiasmante, eccitante e mistica, prende il cuore e ci danza... - Si voltò verso la bionda promoter delle pubblicità - Voglio che si suoni questa musica. -

- Credo... Che sia una scelta adeguata, sì. - annuì lei, mentre si sistemava gli occhiali, rossa in viso.
Ethan era estasiato, raggiante. Ripose il violino della custodia e lanciò un'occhiata a Brian come a volergli dire visto che roba?
- Credo che questa pubblicità risulterà perfetta. Un'ottima agenzia pubblicitaria e la musica migliore. - disse Nadir.
Ethan abbassò lo sguardo sorridendo, quasi imbarazzato.

Sentirsi fare quei complimenti completamente gratuiti, così inaspettatamente sinceri toglieva davvero il fiato, era meglio di tutti quei balordi che gli stringevano la mano e gli davano pacche sulle spalle. Riuscire a strappare un sorriso, una lacrima o un'emozione era una cosa che faceva bene dentro.
- Lei è troppo gentile... - Si sedette di nuovo al suo posto, accanto a Brian, si guardarono per un lungo istante.
Ethan ebbe l'impressione che il messaggio di quella musica fosse arrivato forte e chiaro anche alla musa ispiratrice.
E Brian, senza nessun preavviso, gli fece un sorriso.
- Bene, dunque, l'incontro è fissato per domani mattina, ok? - squillò la bionda, appuntando su un taccuino.

- Sì, per le nove. E' un buon orario per lei? - domandò Nadir - Se ha difficoltà possiamo rimandare di mezz'ora. -
Ethan guardò fisso lo stilista con due occhi enormi. Cambiare l'orario per lui?
- Le nove vanno benissimo. -

Lo stilista indiano gli sorrise dolcemente, e questo parve sancire completamente l'accordo.
La tensione evaporò all'istante, e tutti si alzarono, era quasi ora di cena, e la fame serpeggiava.
- Autobus? - sibilò Brian con aria superiore, di chi sapeva - Vuoi fare la tua entrata in scena come un pezzente qualunque? -
- L'autobus è un ottimo mezzo per stare insieme alla gente. - replicò Ethan, tanto sapeva dove l'altro voleva andare a parare.
- Anche per prendersi le malattie. - sorrise profetico - Ti passo a prendere io. -
- Mi vuoi fare da autista? Dovrei pensare che domani nevicherà ancora? - ribatté ironico.

- Non possiamo sfigurare con un cliente così ricco e importante. Ci paga profumatamente. -
- Non mi sembra che a lui importi molto se vengo in autobus o con una cazzo di limousine! Al contrario di qualcun altro. -

Brian gli fece il verso.
- Fatti trovare pronto alle otto e venti, se ritardi di un solo minuto di decurto mille dollari dall'assegno. - concluse rimettendosi la giacca.
- Non puoi farlo! - sbottò Ethan già scioccato alla sola idea.
- E allora sii puntuale. - sorrise lui con un sorriso amabilmente velenoso. Prese la ventiquattrore e fu lì lì per uscire dalla sala, quando si bloccò qualche attimo, guardando il ragazzo - Hai impegni per stasera? -
Ethan lo squadrò in tralice.
- Perché questa domanda? -
- Ti va di venire a mangiare torta al limone e sorbirti di nuovo Debbie? - Ethan lo fissò stranito, come se non avesse compreso la domanda.

- La torta al limone mi piace e Debbie è gentile anche se strana. Ma ci saranno sicuramente i tuoi amici e io i tuoi amici ora come ora non voglio vederli! -
- Non ci saranno. Lavorano. - garantì - Altrimenti non ti avrei mai invitato. -
- ... Sai che questo suona come un appuntamento, vero? -

- No, se è stata Debbie a propormelo. -
Ethan alzò entrambe le sopracciglia. Sembrava che tutti gli individui cinici lo facessero spesso.
- Quindi avrei un appuntamento con lei? -
- Più o meno. Vieni o no? -
Il ragazzo sbuffò leggermente, la cosa gli suonava parecchio sospetta. Ma in fondo che diavolo aveva da perdere?
- Ok. Ma non ti allargare troppo. -
- Sei tu quello pretenzioso, io sono solo il migliore. -
- Simpatico... -
I due uscirono, dopo aver salutato tutti con una stretta di mano, si avviarono per il corridoio, non accorgendosi della lunghissima occhiata che Nadir stava lanciando loro.
- Va tutto bene, capo? - chiese un'assistente richiamandolo.
- Oh sì. - sorrise Nadir affabile - Possiamo andare.

 

 

.Continua.

 

 

Non finiremo mai di ringraziare chi legge, segue e preferisce questa storia, grazie!XD

E ricordate, un commentino ogni tanto non fa venire gli infarti a voi, e nemmeno a noi!u_ù

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Capitolo 7
*** 7. ***


7.

7.

Il Leopardi si deprime

 

- Oh, ciao tesoro! - esclamò Debbie quando vide i due entrare.
- Come sei calorosa, Debbie. - fu il commento di Brian mentre si toglieva il cappotto.
- Non dicevo a te, ma a Fiocco! - precisò lei prendendogli il viso tra le mani.
Ethan si sentì molto imbarazzato.
- Ma è gelato! Ci vuole un caffè speciale per Fiocco. Ho preferisci una buona cioccolata calda? Abbiamo anche quella bianca. -
Debbie era così cordiale che era praticamente impossibile dirle di no, ci si sarebbe sentiti dei maleducati, o anche dei completi suonati!
- La cioccolata bianca andrà benissimo. - accettò Ethan con un piccolo sorriso.

- Bene, te la preparo subito! - esclamò raggiante, correndo un cucina.
Ethan si voltò verso Brian nell'esatto momento in cui lui fece lo stesso.
- Fiocco? - rise Brian.
- Sta' zitto... - ringhiò a bassa voce, passandosi una mano sulla faccia.
- Complimenti Paganini, quando Debbie ti da un soprannome puoi stare certo che tutta la città lo verrà a sapere molto presto. - sorrise divertito, andando a sedersi al bancone.
Ethan si maledì per aver accettato quell'offerta. Traviato da una torta al limone.

- Mi ricordo che è stato da lei che ho saputo il soprannome di Justin. Raggio di Sole. Proprio l'opposto, eh? Io Fiocco. -
- Credo che sia anche perché hai la vivacità di un surgelato, mr. Gold! -
- Mi imbarazza l'affetto di quella donna! Non la conosco! - protestò Ethan, mettendosi a tacere quando Debbie gli servì la cioccolata e una fetta di torta al limone.
- Che carino. Proprio come un bambino. - ridacchiò Brian.

Fu il turno di Ethan di ridere, quando Debbie gli servì lo stesso trattamento.
- Ehi, io non volevo la cioccolata. - sillabò acido.
- E invece te la bevi e te la gusti, caro mio. - rispose Debbie con un sorriso che non ammetteva repliche di sorta.
Ethan rise sotto i baffi assaggiando la torta, che era davvero buona, con un retrogusto di vaniglia e cannella dolce.
- Allora, che mi raccontate di bello? - domandò facendo finta di lustrare il bancone, era sempre un ottimo espediente per far parlare la gente.

- Grazie a mr. Brontolo ho avuto un ingaggio dove mi è permesso suonare una melodia scritta da me. - spiegò Ethan, non vedeva l’ora di raccontarlo a qualcuno - E di questo l'ho anche ringraziato, sto migliorando. Lo stilista è una persona davvero gentile, si intende di musica. Non pensavo che ci fossero ancora persone così... -
- E? - chiese Debbie.
- Ed è anche molto bello. Non guasta. -

Debbie sorrise teneramente, adorabile quando lo faceva. Poi spostò lo sguardo su Brian, dimostrandogli qualcosa come... E tu non farai niente?
- Debbie, mi vai a prendere un caffè? - Brian fece un sorriso tiratissimo, infilandosi in bocca un pezzo di torta.
- Certo caro... - Lo disse in un tono che gli fece venire i brividi, scomparendo oltre le cucine.
- E tu invece? - chiese Ethan. Brian lo guardò interrogativo - A te non piace Nadir? -
- Naaaa. Ha l'aria di essere uno a cui piace parlare piuttosto che succhiare cazzi. -
- Quindi non è il tuo tipo. - sorrise Ethan scuotendo la testa - Con te non c'è niente da fare... -

- Niente da fare? -
- Rimorchi, balli e poi te lo porti a casa. Nel giro di due minuti siete a scopare. Per carità, può essere eccitante ma secondo me ci vuole anche un po’ di corteggiamento... Di dialogo. A volte le cose vanno fate con calma, sai? Se provi non ti si ammoscia mica. -

- E tu che ne sai, strimpellatore da due soldi? -
- Eccomi ragazzi! - Debbie tornò con un caffè nero che posò di fronte a Brian, che lo annusò.
- Ehi, è senza zucchero! - protestò.
- Alla tua età troppo zucchero fa male. - replicò secca - Allora, ditemi un po'... Tra voi due come va? -
Ethan si bloccò mentre beveva la cioccolata.
- Va che voglio lo zucchero! - insistette Brian.
- Ti darò lo zucchero solo se mi dici com'è la storia tra voi. - sorrise lei, amorevolmente astuta.

- Non va perché non c'è niente tra noi. Gli sono solo riconoscente per i lavori che mi ha procurato. - rispose Ethan - Sul serio, tra noi la relazione finisce qui. -
Debbie sembrava ancora dubbiosa.

- E il bacio appassionato che vi siete romanticamente scambiati? -
Ethan si bruciò con la cioccolata.

- Mi sentivo male quella sera! - esclamò Ethan.

- E' stato uno schifo, niente di che. - rincarò Brian indifferente.

Il ragazzo abbassò gli occhi annuendo acidamente, e Debbie li guardò entrambi storcendo il nasino.
Portò lo zucchero a Brian.
- Voi due mi volete far credere che non siete ancora finito a letto insieme? -
- Per carità! - esclamò Ethan di slancio, stupendo persino Brian - Io con questo qui?! Non voglio prendermi tutte le malattie veneree del mondo! -
- Per tua informazione... - puntualizzò lui scuro in volto - Uso sempre il preservativo, con chiunque! - Bevve un sorso di caffè finalmente zuccherato - Anche con Justin. -

- Oh, wow. E te ne vanti anche? E' un grande sacrificio sicuramente! - L’altro scosse la testa - Parlare con te è davvero impossibile. -
- Non ci sarà niente tra voi, tesori, ma litigate come una coppia sposata. Non c'è che dire. -

- No! Noi litighiamo esattamente come quello che siamo, ovvero colleghi! - precisò Ethan.
- Colleghi? Non credevo proprio tu avessi una laurea in marketing aziendale e grafica pubblicitaria! -
- Guarda un po', non mi serve una stupida laurea per essere ricercato! -
Poi si misero in silenzio a bere guardando da due parti opposte, Debbie fece fatica a non scoppiare a ridere di fronte a quella scenetta.
- Oh beh... Siete molto carini insieme! - concluse con un sorriso.
- Che bello, un grande soddisfazione. - sibilò Ethan infilandosi il cappello - E’ ora che vada. Il mio gatto deve mangiare e domani mattina devo alzarmi presto. - Prese un paio di banconote e le posò sul bancone prima che Debbie avesse il tempo di ribattere.
- Ti ricordo che sei venuto con me. - disse Brian guardandolo di sottecchi.
- E io ti faccio notare che ormai so camminare da una ventina di anni e questa parte. - Scese dallo sgabello e sorrise educatamente a Debbie - Grazie, era tutto squisito. -

- Fiocco... - Tentò di richiamarlo lei, ma Ethan era giù uscito facendo tintinnare la campanella alla porta.
Brian rimase fermo a mangiare tranquillamente, e Debbie lo guardò piazzandosi le mani sui fianchi, accigliata. E Brian non riuscì a fare finta di non accorgersene.
- Cosa?! -
- Non puoi lasciarlo andare a casa da solo di notte e con questo freddo! - gli impartì, da brava mamma - Chissà chi potrebbe incontrare! -
- Debbie, ma l'hai sentito? - rispose acido - Quel moccioso è più velenoso di un serpente a sonagli, nessuno si arrischierebbe ad andargli vicino! -
Ma lo sguardo della donna non cambiò. Brian capì l'antifona.

Prese un profondo respiro e lo seguì al freddo inusuale di Pittsburgh.

- Ehi, moccioso! - lo richiamò Brian uscendo dal negozio, ma niente. Ethan continuò a camminare veloce.
Si schiarì la voce e disse ad alta voce

- Fiocco! -
Ethan s'irrigidì e si voltò lentamente verso il pubblicitario.

- Fa venire i brividi, pronunciato da te. -

- Fa venire i brividi sempre. - affermò convinto - Andiamo, ti riporto a casa. -
- Lo so dov'è casa mia, e come arrivarci. - annuì voltandosi, già pronto ad ignorarlo.
- Vuoi che sia Debbie ad accompagnarti? -
Il ragazzo si bloccò con un piede in aria. Brutta prospettiva. Tornò sui suoi passi, e seguì Brian alla macchina da frocio.

- Vedi di non avere più reazioni di questo genere davanti a lei. O dovrò sempre correrti dietro. -
- Bla bla bla. - lo scimmiottò Ethan prendendo posto in macchina e stringendosi la custodia del violino al petto.

- Ti diverti a essere così insopportabile?! -
- Da che pulpito viene la predica! - esclamò incredulo - Sei talmente caustico che potresti sciogliere la carcassa di un animale solo guardandola! -
- ... Questa da dove ti è uscita?! -
- Ho molta fantasia. -
Brian scosse la testa nascondendo un sorrisetto, e per un po' calò il silenzio. Immaginava che Debbie avrebbe fatto loro qualche domanda invadente, ma non immaginava la risposta a tono di Ethan.
- Lo pensavi davvero? - domandò il ragazzo all'improvviso, strappandolo alle sue riflessioni.
- Che cosa? -
- Che quel bacio non è stato niente di che. -

- Oh, quello. E' stato normale... Niente di così eclatante. -
Ethan rimase in silenzio.

- Quando me l'hanno chiesto i tuoi amici ho detto che aveva fatto schifo, ho dovuto rifilargli una balla per farli stare zitti. Non ti ho detto una bugia quella sera quando sono sceso dalla macchina. -
- E' importante se per me è stato bello o no? -
- No... Suppongo di no. - rispose Ethan percorrendo la linea della custodia con le dita.

Di nuovo silenzio, e quando arrivarono sotto lo scalcinatissimo palazzo di Ethan, scese salutando con un rapidissimo - Ciao. - e svanì nell'androne umidiccio.
Brian ripartì, immettendosi sulla statale semideserta.
Non aveva mentito, un bacio era pur sempre un bacio, e in quanto tale, un inutile fronzolo che si rivelava utile soltanto se avesse portato a qualcosa di più approfondito.
Tanto più, dato da un ragazzo con la lingua biforcuta come Ethan.
Cercò di non pensare a quella serata, a quelle labbra, e a quando avevano ballato insieme, no, non ne valeva la pena.
Assolutamente.
Si passò inconsapevolmente la lingua sulle labbra, ingranando la quinta e accelerando.

 

Ethan rientrò nel suo appartamento e si appoggiò all’uscio dopo averlo richiuso, lasciandosi scivolare fino a sedersi per terra, mettendo il violino da parte.
Cercò di convincersi che si sentiva abbattuto soltanto colpa dello stress che aveva accumulato per l'incontro con Nadir, che la risposta di Brian non c'entrasse nulla.
Wolfram affamato miagolò per richiamare la sua attenzione, che puntualmente non ebbe, Ethan si ridestò solo quando il gatto iniziò a mordicchiarlo.
- Sì, adesso ti do da mangiare. - mormorò alzandosi e andando in cucina, fermandosi a vedere la sua immagine davanti allo specchio.
Si sfiorò le labbra e scosse la testa.
Era solo stress.

 

Nadir lo accolse con un sorriso smagliante, limpido e zuccheroso, che mandò Ethan in un brodo di giuggiole.
- Benarrivato. - lo salutò con una calorosa stretta di mano.
- Grazie. - sorrise il ragazzo appoggiando la custodia del violino - Non ero mai stato in uno studio di registrazione come questo. - commentò guardandosi intorno.
Per quella pubblicità avevano deciso di registrare la canzone interamente, e da sola, poi sarebbe stata inserita come sottofondo in un secondo momento, una volta girato lo spot. Ethan era emozionato, per un lungo momento pensò quasi di essere una rockstar.
Poi scosse la testa, non era roba per lui.
- Cominciamo? - disse un tizio con degli occhiali a fondo di bottiglia.

Ethan entrò nella sala insonorizzata compresa di microfono centrale, aspettando l'ordine. Al segnale del via iniziò a suonare senza esitazione, finché non si sentì lo sguardo di Nadir puntato addosso. Aprì lentamente gli occhi e vide quegli occhi scuri che lo facevano sentire strano. Steccò e imprecò leggermente - Mi dispiace. Mi sono distratto. -

- Non ti preoccupare. - Sentì la sua voce gentile attraverso l'interfono - Riprendi pure da dove preferisci. Sei stato perfetto. -
Annuì facendo un profondo respiro, e ricominciando dal punto esatto in cui aveva steccato, non perdendo nemmeno una nota.
Lasciò che la sua mano corresse senza inibizioni, non serviva nemmeno darle indicazioni, era come se avesse assunto vita propria e avesse deciso di stupire, di ammaliare e sedurre senza alcun pudore, si impresse sulle corde tramite l'archetto, la musica si espanse maliziosa per le orecchie, grondante di passione, di anima, di vita allo stato puro.
Quando terminò, Ethan non aprì gli occhi immediatamente, si prese qualche lungo secondo per ritornare sul mondo dei mortali.
E quando alzò le palpebre, vide Brian.

- Anche i grandi artisti sbagliano, allora. Meno male che ti sei ripreso subito. - Commentò contro l'interfono guardando Ethan dritto negli occhi.
- Morditi la lingua. - gli augurò candidamente.

Che strana sensazione, il suo cuore aveva fatto un tuffo incredibile a prima vista.
Che stupido che era. Che gliene fregava di uno che non apprezzava la musica ma solo un cazzo duro?
- Brian ha ragione, sei stato fantastico. - ribadì Nadir sfoggiando un sorriso vellutato che lo sciolse.
- Grazie... - annuì con le gote che si imporporavano leggermente.
Il fonico gli diede il permesso di uscire, Ethan risistemò cautamente il violino nella custodia e quando fu fuori gli offrirono un the caldo, e poi risentirono tutti insieme la melodia, dopo un'adeguata aggiustatina per unire ed eliminare la stonatura.

- E' venuta perfetta... Come se non avessi sbagliato mai. - sussurrò Ethan.
- Magie dell’elettronica! - rise il tecnico.
Nadir osservò il profilo di Ethan e sorrise.

- Mi chiedevo se saresti così gentile da accettare un mio invito a cena, appena sei libero. Questa collaborazione è così piacevole quanto breve che mi dispiace si concluda così presto. -
Il violinista si sentì il volto incredibilmente caldo. Quella voce era magnetica e così tranquilla.
Lanciò un'occhiata di sfuggita a Brian, che però aveva un'espressione indifferente.

- Ne sarei molto onorato. -

Brian emise uno sbuffo che solo Ethan percepì.
- Anch'io ne sono onorato. - sorrise lo stilista - Ho sempre avuto un debole per gli artisti. -
- Oh... Lei mi... - Scosse la testa, era ora di smetterla con tutte quelle formalità - Mi lusinga... Non sono abituato! -
- Mi sembra così strano, sei perfetto. -
Ethan arrossì di nuovo. Come si faceva a ribattere ad un ragazzo cos' incredibilmente... Genuino?
Brian diede loro le spalle e uscì in corridoio, aveva bisogno di un buon caffè forte per sopportare tutte quelle smancerie.
Assurdo che Ethan cascasse come una pera cotta sotto quelle parole, assurdo!

Julie, la bionda assistente di Brian, tutta sorrisini si avvicinò a lui con una tazza in mano.
- Allora! A quanto sembra il nostro stilista preferisce il caro artista. E ha fatto anche centro. La cosa ti brucia, dongiovanni? -

- Ti prego! - Fece una smorfia insofferente - Meglio, quel frocetto di uno stilista è talmente zuccheroso che mi carierebbe tutti i denti, e Fiocco è così patetico... -
- Fiocco?! -
- Ehm, Ethan... Si sono proprio trovati, sono così maledettamente retrò. Andrebbero bene per fare la pubblicità di un liquore francese! -
Lei rise, non nascondendo una certa ironia.
- Sei strano con quel ragazzo, sai Brian? - Lui la fissò in attesa di una spiegazione - Di solito ti porti a letto una persona e poi la escludi completamente dalla tua vita, invece con lui... Ci litighi. E ci vivi. -
- Stai scherzando? Io ho la mia vita e lui la sua, non abbiamo niente da spartire. - Quante volte ormai l'aveva già detto?

- Eppure gli corri dietro come un cagnolino. Lo istighi. Ti diverti a litigare con lui. Si vede Brian. Forse dovresti cominciare a notarlo anche tu. - sorseggiò con tranquillità il suo caffè - Oh beh, credo che sia il caso di annunciare alle altre che per una volta non sei tu il primo a portarti a letto un cliente. Sai, è raro. - concluse con un gran sorriso.

Brian le fece il verso un gesto della mano, lei si mise a ridere dandogli una pacca sulla spalla.
- Lui non mi piace affatto. - puntualizzò Brian alzando gli occhi con fare superiore.
- Come dici tu. -

L'orchidea Nera era uno dei ristoranti più chic di Pittsburgh, nonché uno dei più costosi di tutta la contea.
Ethan non si trovava esattamente a proprio agio, ma non gli dispiaceva nemmeno. Si sentiva nell'aria il profumo dei soldi, del fascino, di qualcosa di potente che prendeva al cuore, che trascinava, che trasudava potere, carisma.
Nadir gli indicò il tavolo, Ethan si sedette di fronte a lui con un sorriso entusiasta.

- Non devi essere teso. Siamo tra amici. O forse avresti preferito un altro ristorante? -
- No no. - Ethan scosse la testa - Questo è perfetto. E' così elegante e raffinato proprio... Come te. Ti si addice. -
- Oh, se mi fai questi complimenti rischio di arrossire come un ragazzino. - Richiamò un cameriere, che versò uno dei vini più costosi nei loro bicchieri.
- Al nostro appuntamento. - disse Nadir alzando il bicchiere.
- Al nostro appuntamento. - ripeté Ethan.

Bevvero, poi si misero a parlare. Nadir esaltò le sue capacità, il suo charme, la sua passione di quando suonava. Il discorso cadde sulla musica di Ethan, e questo bastò immensamente a metterlo a proprio agio, sciolse la lingua, parlò a ruota libera, parlò dei suoi maestri, dei suoi strumenti, dei musicisti che adorava e di quelli che odiava, di quello che provava quando aveva in mano un archetto. E del suo gatto.
- Oh, ma ho parlato solo io! - si rese conto Ethan bevendo un sorso d'acqua, il vino non era esattamente il suo favorito - Scusa... Mi faccio prendere, mi dispiace! - rise.
- Non ti scusare, è bellissimo sentirti parlare. - sorrise Nadir - Ti si illuminano gli occhi. E' evidente che la musica è la tua aria. -
- Sì. - affermò senza remore - E' tutto quello che vorrei avere. -
- E' una cosa magnifica. -

- Si. E mi sembra così strano che debba ringraziare Brian per questo. Se non fosse stato per lui non avrei mai trovato i soldi per partire. Credo che ad agosto nevicherà: sono grato a Brian Kinney! - Abbassò lo sguardo e sorrise, portandosi una mano dietro la testa, sistemandosi i capelli - Non è così male come pensavo. Certo, è impossibile sopportare ogni aspetto della sua vita, ma alla fin fine non è quello che credevo. -

Nadir rise in quel modo adorabile, annuendo.
- Brian Kinney ha degli occhi da tigre siberiana. - disse - E' attraente, fascinoso, carismatico, bellissimo... E' un dio moderno. -
- E' una testa di cazzo. - dichiarò Ethan senza mezza termini, e Nadir rise ancora, apprezzava la sincerità spontanea - Non dico che sia cattivo, perché so che non lo è. Ho avuto modo di rendermene conto. Ma è... E' un... -
- E' una persona cosciente delle proprie capacità. - completò lo stilista - E di capacità ne ha molte. -
- Già. - ammise il ragazzo.
- Che strano, è proprio come te. - affermò con un sorriso malizioso.

- Non sei la prima persona che me lo dice. Ultimamente me lo ripetono spesso. -
- E la cosa ti dispiace? Essere paragonato a Brian? -
- Agli inizi mi faceva infuriare, per varie ragioni. Anche adesso non è che saltelli di gioia se qualcuno me lo dice, ma cerco di lasciarmelo scivolare addosso. -

- Brian Kinney è un grande uomo. - asserì Nadir - E' gentile, cortese, sensibile... -
- Non credo stiamo parlando dello stesso Brian Kinney! - rise Ethan bonario - Quello che conosco io non è sensibile per niente. E' uno stronzo. Senza cuore. -
Nadir sorrise, bevendo un sorso di vino color rubino.
- Per leggere nel cuore delle persone occorre essere obiettivi. - disse languidamente - E tu non riesci ad esserlo. -
Ethan lo guardò, ma non rispose, si sentiva in soggezione di fronte a quelle riflessioni. Lui in quanto a filosofia non era mai stato un grande, o almeno non in quella che Nadir sapeva sfoggiare così magnificamente.

- Forse non riesci a essere obiettivo per quanto riguarda il tuo passato con lui. E' evidente che c'è. -
- Siamo stati con la stessa persona. Io l'ho tradita ed è tornata tra le braccia di Brian. C'è solo questo. Posso non arrivare a capire il vero essere di Brian come dici tu, ma per me non è così importante conoscerlo. -
Si passò il dorso della mano sulle labbra per poi sfiorarle con le dita. Ricordò ancora quel tremito e quella stupenda sensazione mentre si baciavano.
- Non è importante. - ripeté.

Gli occhi setosi di Nadir gli scivolarono lungo le spalle, lungo la pelle, facendogli nascere brividi caldi lungo la schiena, trapassandolo da parte a parte.
- Sicuro? -
- Sicurissimo. - No, a dir la verità non lo era affatto. E sapeva che Nadir l'aveva capito.
- Sei una persona splendida, anche se pensi che non sia vero. - mormorò con quella dolce decisione che lasciava spiazzati - Ogni uomo compie degli errori. Meriti come ogni altro di essere amato. -
Ethan non disse nulla. Abbassò gli occhi, imbarazzato.
Nadir si allungò su di lui, prendendogli il mento tra le dita e facendo combaciare di nuovo i loro sguardi.
- E questo vale anche per Brian. -

Ethan non disse nulla. Le parole di Nadir lo colpivano e creavano più confusione di quanta non ne avesse già.

- Non parliamo di Brian. - Chiuse gli occhi e si sporse, sfiorando le labbra dello stilista che non ricambiò in alcun modo.
Ethan si sentì profondamente stupido quando si staccò e mormorò.

- Mi dispiace... Credo aver frainteso . -

- Tu mi piaci. - disse Nadir inglobandolo nelle sue iridi scure come il miele - Ma non sono io quello che cerchi. -
Ethan si bloccò, interdetto. Cosa significava?
- Nadir, non è vero... -
- Sì che lo è. - sorrise dandogli un buffetto sulla guancia - E' solo che sei testardo. E non te ne vuoi rendere conto in alcun modo. -
- No... - scosse la testa - A me... Tu credi che mi piaccia Brian? Beh, non è così. Ci siamo incontrati in circostanze che ci hanno fatto detestare dall'inizio alla fine. -
- Per detestare qualcuno occorre provare qualcosa di potente, per questa persona. - mormorò prendendo un altro goccio di nettare violaceo - Lo detesti più adesso, o prima? -

Ci pensò per pochissimo tempo.

- Prima era automatico odiarlo. Adesso... Lo detesto per il suo carattere incredibilmente superficiale. E' capitato che noi... - Si passò una mano sul viso, interdetto - Ci siamo baciati. Ed è stata una cosa insignificante, davvero. Per me lo è stata senz’altro, ma sentirlo dire da lui, con quello sguardo menefreghista, senza neanche guardarmi in faccia... -
Si sorresse il viso con entrambe le mani, non volendo guardare Nadir.
Sentiva un turbinio confuso di sentimenti dentro di sé in quel momento.

Che pessima cosa.
- E lui cosa credi che provi? -
- Niente. Ovviamente niente. Non gli frega nient'altro che dei suoi completi firmati, del suo lavoro da migliaia di dollari, e del Babylon. Della discoteca. - rispose caustico.
- Sei sicuro di quello che dici? - Ethan tornò a guardarlo, Nadir gli fece un sorriso - Gliel'hai mai chiesto? -
- Sarebbe inutile. - Scosse la testa con un sorriso acido - Mi direbbe di farmi gli affari miei, di non immischiarmi, e poi... Non m'interessa nulla. Gli sono grato per avermi aiutato, ma la cosa finisce lì. -

- Per essere una persona a cui non importa nulla, i tuoi occhi sono amorevolmente confusi. Sei trasparente. Peccato che tu non lo sia anche per Brian. Lo capirebbe subito. Ma prima devi capirlo anche tu. -
- Capire... Cosa? E' solo gratitudine! L'ho appena detto! - ripeté, era un po’ stanco di doverlo fare sempre e con chiunque - Per favore! -

Nadir aveva l'aria di uno che avrebbe volentieri detto ancora molte parole.
Ma ascoltò Ethan, così si accomodò sulla sedia e rimase in silenzio, rispettando i suoi pensieri.
La serata proseguì candidamente, parlando di violini e India, la terra di Nadir, senza mai entrare in argomenti troppo profondi, che venivano aggirati abilmente.
Alla fine, era quasi mezzanotte quando uscirono dal locale, Nadir instette per pagare il conto, Ethan aveva protestato, anche se intimamente gli era grato per averlo fatto, duecento dollari di conto gli avevano quasi fatto venire un colpo apoplettico.
- Domani vado a Parigi, la settimana della moda è alle porte. - disse lo stilista, rabbrividendo un poco nella giacca.
- Beato te... Buona fortuna. Mi ha fatto molto piacere lavorare con te. -

- Sia... Parigi è una città stupenda. Penso di farmi una seconda casa lì. -
- Sarebbe il massimo della sciccheria. - rise prendendolo un po’ in giro.

- Potresti venire con me, se davvero senti che qua non c'è nulla, o nessuno, per cui vale la pena di restare. Saresti perfetto al Conservatoire de Paris. -
Ethan spalancò gli occhi. La scuola di musica più prestigiosa di Parigi. E Nadir gli stava offrendo un posto solo dopo due giorni che si conoscevano.
- Mi stai prendendo in giro. Perché dovresti fare una cosa del genere per uno sconosciuto? -

Lui sorrise, piuttosto divertito.
- Perché ti voglio mettere alla prova. - disse senza indorare la pillola - Sei disposto a lasciare tutto quello che hai qui per scoprire Parigi? -
Ethan non seppe cosa rispondere, scioccato. Gli si stava offrendo la possibilità di partire per il suo sogno, direttamente, sola andata... E abbandonare ogni cosa.
- Io... Non lo so... Wow... - mormorò ancora sorpreso - E' difficile... -
- Perché sarebbe difficile? Non sei stato tu a dirmi che faresti qualunque cosa pur di sviluppare la tua arte? -
- Sì... Sì, certo, però... -
- Però sei legato a questo posto. O a qualcuno. -

- Solo al mio gatto. - disse Ethan
- Allora che problemi ci sono? - chiese con una semplicità quasi irritante.
- Speravo di avere... Un po’ più di preavviso, tutto così all’improvviso sconvolge i miei piani... E devo ancora avere la mia paga! - scherzò.

Nadir rise, accarezzandogli dolcemente i capelli.
- Sei molto carino quando trovi delle scuse. -
Ethan non sapeva che diamine dire. Come ci si cavava da una situazione del genere?!
- Cerca di volerti bene, Ethan. - gli sorrise lo stilista - E non aver paura di dirlo agli altri. Non è mai fiato sprecato. -
Ethan lo guardò ad occhi spalancati. Nadir lo baciò sulle labbra, investendolo col suo profumo intenso, d'ambra, d'incenso, di cacao, buono e caldo. Solo un bacio sulle labbra.
- Mi ha fatto piacere conoscerti, Ethan Gold. - sorrise allontanandosi, verso l'auto con autista che lo stava aspettando - Spero di rivederti. -
- Spero anch'io... - sussurrò Ethan mentre lo guardava andar via, salutandolo con la mano.
Dopo qualche minuto di immobilità si rassegnò ad andare alla sua, di auto con autista, Nadir si era occupato anche di quello, tutto per lui.

- Alla diciassettesima strada. - disse all'autista, accomodandosi sul sedile posteriore e guardando la città illuminata dai lampioni e le insegne dei negozi.
Ripensò per tutto il tragitto alle parole di Nadir, ripetendosi che si sbagliava e che come tutti gli altri, vedeva quello che non c'era.
La macchina passò per la via secondaria che portava più facilmente al Babylon.
- Mi scusi... - Posò una mano sulla spalla dell'autista - Sta sbagliando strada. -

- Mi scusi signore, ma sono stato pagato per portarla in una discoteca. - rispose lui tranquillo.
- ... Cosa?! Pagato da chi?! -
- Non lo so, signore, ma ho ancora i dollari in tasca. Non mi permetto di usarli prima di averla portata a destinazione. - Batté professionalmente sul taschino della giacca - Ha detto di essere amico suo. -
Amico mio?! Che diavolo di novità era quella?!
Non fece in tempo a protestare, che già la Jaguar nera laccata aveva svoltato per la via delle discoteche più in (nonché gay) di tutta Pittsburgh, fermandosi proprio di fronte al Babylon.
Dove un ridente Brian Kinney era appostato davanti all'entrata.
- Ciao Ian, è andata bene la cena? -

Ethan scese veloce dalla macchina e si portò a un soffio da Brian.

- Non. Chiamarmi. Ian. - sibilò furioso, per poi sospirare - La cena è stata meravigliosa. E anche Nadir. Un vero gentiluomo, al contrario di qualcun altro, che mi ha praticamente fatto sequestrare! Perché mi hai fatto portare qui?! -

- Mettiti calmo, non sei stato minacciato con una pistola alla tempia. - replicò sardonico, salutando con un gesto l'autista della Jaguar che intanto era appena andato, conscio di aver svolto ancora una volta alla perfezione il suo lavoro.
- Wowowowowow, Ethan, ti sei montato la testa?! - esclamò Emmett sbucato da chissà dove.
- Il grande artista deve sentirsi grande. - lo prese in giro Michael.
- Non è stata una mia idea... Nadir mi ha fatto avere quella macchina. E lui mi ha fatto trascinare qui! - precisò indicando Brian con un dito.

- Sono solo prove indiziarie. - replicò lui.
- Hai rovinato una serata che stava finendo così bene! - sbottò Ethan - Baciato da un ragazzo splendido, una cena squisita e una proposta fantastica. Ma no, lui deve sempre rovinare tutto! -
- Sta parlando da solo? - sussurrò Emmett a Michael.
- Credo di sì. -
- Nadir mi ha proposto di partire per Parigi con lui. - disse all'improvviso, guardando Brian dritto negli occhi - Per studiare in una delle scuole di musica più prestigiose. -

- E tu cos'hai risposto? -
Già, in pratica cos'aveva risposto? Forse? Ci devo pensare con calma? Chiedo un aiuto? No. Aveva risposto semplicemente di no.
Aveva rifiutato una delle occasioni più importanti della sua vita, e per quale motivo? La sua mente non riusciva a spiegarselo affatto.
- No, voglio finire l'anno accademico. - mentì salvandosi con una bugia credibile - Sarebbe un peccato mollare proprio all'ultimo. -
- Sì, naturalmente. - annuì Brian con un sorrisino ironico, era evidente che non ci credeva neanche da lontano. Ma non fece nessuna battutina sarcastica - Vogliamo entrare, adesso? -

- Non ho intenzione di entrare al Babylon, stasera! - Ethan lo squadrò irritato - Torno a casa. -
- Eddai tesoro! - lo rassicurò Emmett prendendolo sottobraccio - Devi smaltire la cena, no? -
- Nonvoglioentrare! - protestò inutilmente , mentre veniva scortato dal gruppetto di checche all'interno della discoteca.

Come al solito, al Babylon c'era una marea di gente, Ethan si domandò mentalmente se tutta quella folla non avesse una vita sociale. Che cazzo stavano ogni maledetta sera in discoteca a ballare e sballarsi come dei dannati?! Ma non ce l'avevano un lavoro?
Brian gli passò un braccio intorno alle spalle trascinandoselo dietro, consegnarono giacche e qualunque cosa fosse d'impedimento nelle mani di Ted, obbligato letteralmente a fare la fila al guardaroba.
- Sei pazzo, perché hai voluto fare una cosa simile? - domandò Ethan cercando di sciogliersi da quella stretta.
- Come dici, Fiocco? Non ti sento! -

- Bugiardo! Mi senti benissimo! Non sei così vecchio da aver già problemi d'udito per un po’ di musica! E... - Gli diede una gomitata nel fianco - Non chiamarmi Fiocco! -
- Non chiamarmi Ian, non chiamarmi Fiocco... Sei davvero difficoltoso. -
Ethan sospirò rassegnato. La mano di Brian sulla sua spalla gli stava trasmettendo un piacevole calore.

- Smettila di lamentarti sempre, potresti essere abbordato anche da qualche altro ragazzo se la piantassi di fare il sostenuto! -
- Ma senti chi parla! -
Brian non rispose, ma lo rimorchiò a forza in mezzo alla pista senza nemmeno prima passare dal bancone del bar, trovarono un posticino vuoto, sempre riservato al grande Brian, che trascinò il ragazzo a ballare.
- Brian, non ne ho voglia... -
- Vuoi farti pregare? - sorrise lui. Ethan lo guardò stranito, sembrava incredibilmente felice. Che avesse ingoiato una qualche pasticca ancora prima di entrare?

- Allora? - Brian tese una mano, lui aggrottò le sopracciglia, non troppo convinto, ma alla fine fece spallucce e accettò.
- Non ci vuole così tanto, per convincerti- gli sussurrò all'orecchio, facendolo rabbrividire.
- Non tirartela tanto. -

E venne prontamente addossato al corpo di Brian, sodo come sempre, muscoloso, guizzante, e caldo.
Roba da rimanerci folgorati solo a pensarlo.
La musica era forte, come sempre, Ethan posò le mani sulle sue spalle, non gli andava di guardarlo sostenere il suo sguardo, non ancora, spostava la visuale un po' da una parte e po' dall'altra, in imbarazzo. Il perché, ancora non l'aveva bene in mente.
Però gli stava piacendo.

- Ehi, se mi guardi negli occhi non ti trasformi mica in una statua. -
Ethan strinse più forte le spalle larghe di Brian.

- Non è importante se non ci guardiamo negli occhi, no? Stiamo solo ballando. -
Si sentiva più teso e agitato delle altre volte, e tutto per via del discorso di Nadir.
- ... ato? -
- Come? - Ethan alzò lo sguardo. Dannazione, c'era riuscito.
- Nadir ti ha davvero baciato? -
- Oh sì, e non è stato affatto male! -

- Davvero? - Brian non ne sembrò molto turbato - E com'è stato? - Ethan lo squadrò per qualche secondo.
- C'è qualcosa che dovrei sapere e non mi vuoi dire?! -
- Perché dici questo? -
- Sei stranamente allegro, e tu non mi piaci affatto quando sei allegro! - sbottò il ragazzo, sospettoso.
Brian rise stringendolo un poco di più a sé, premendo sui fianchi.
- Mi sono svegliato col piede giusto, stamattina. -
- Ah... - mormorò Ethan poco convinto.
- Allora, me lo dici sì o no? -

- Travolgente e allo stesso tempo contenuto, e caldo. Mi ha trasmesso tutto il suo essere. Non credo di aver mai ricevuto un bacio così. - rispose Ethan rilassando la schiena.
- Quindi è stata davvero una buona serata. -
- Finché l'auto non mi ha portato qui. -

- Ti fa così schifo il Babylon? -
- No. - Fece una smorfia dubbiosa - E' che non è il mio posto, non mi ci ritrovo. E poi non me l'aspettavo. -
- Sei un artista, credevo che le sorprese ti piacessero. - sorrise Brian alzando le mani, poggiando le braccia intorno al collo del ragazzo.
- Sì, beh... Fino ad un certo punto... - Ma che discorsi si stava mettendo a fare? Dove voleva portarlo?
- Mi fa piacere che non ti sia andata male. - continuò intanto Brian - Io ho avuto i soldi, tu hai avuto soldi e un bacio, lui ha avuto il suo spot, tutti i soldi che potrà guadagnare e un bacio... Credo che mi spetti qualcosa. -

Veramente, dopo quelle parole Ethan si stava seriamente agitando. Da una parte , la più grande, cominciava a sperare che Brian dicesse chiaro e tondo quello che stava pensando, mentre dall'altra si ripeteva che era una cosa assolutamente impossibile. Qualsiasi cosa sarebbe uscita dalle labbra del pubblicitario, sicuramente avrebbe avuto una marea di sensazioni differenti su di lui. E nessuna di quelle apparteneva a quelle a cui aveva pensato in passato.

Si sentiva confuso, parecchio confuso. Sperò che in quell'esatto momento accadesse qualcosa, qualsiasi cosa, un rapinatore, un'esplosione, Michael, Emmett, Debbie, una distrazione, un diversivo, una bomba.
Ma non successe niente di tutto ciò.
Brian lo baciò, così, all'improvviso.
A Ethan mancò il fiato. Piantò le unghie nel colletto della camicia di Brian per riflesso, per la tensione, mentre nella sua testa vorticava ogni sorta di pensieri, ogni sorta di domanda, chiedendosi aiuto, e non rispondendosi.
Ma intanto quel bacio continuava, ed era profondo.

Era totalmente diverso da quello di Nadir, così calmo e gentile.
Quello di Brian gli stava facendo girare la testa ogni secondo in più che continuava. Era così passionale, travolgente e caldo, Ethan tenne gli occhi ben chiusi mentre la stretta sulla camicia aumentava. Non sarebbe stato lui il primo a staccarsi.

Le labbra di Brian erano carnose e calde, come il suo corpo, morbidissime, e si muovevano con lentezza, persino dolcemente, non premevano né erano troppo delicate, erano perfette, scatenavano gli ormoni, che puntualmente dissero a Ethan di smetterla di farsi seghe mentali e rispondere a quel bacio, ne valeva la pena, era esattamente quel tipo di bacio che faceva sognare la notte.

Si spezzò per mancanza di fiato, ma non terminò lì, Ethan continuò a rimanere incollato a Brian e dare continui lievi baci, prima di rimanere prigioniero di un altro, inteso e lunghissimo, dove le lingue si cercarono e scontrarono.

 

 

.Continua.

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Capitolo 8
*** 8. ***


8.

8.
Il Leopardi si deprime


- Sgancia. - cinguettò Emmett rivolto a Michael, tendendo il palmo della mano.
- Non ci posso credere! - Michael scosse la testa scioccato - Ero sicuro che Brian l'avrebbe fatto, ma che almeno aspettasse un'ora! -
- Ah, quel tipo gli piace. - commentò Ted convinto - Chi l'avrebbe mai detto? -
- Beh, hanno lo stesso sguardo. - notò Ben, mettendo una mano sul fianco di Mikey - Credo che si siano proprio trovati. -
- Non so dire se sia un bene o un male! - rise Emmett bevendo un drink, che il prestante barista gli diede.
- Mah... - Michael continuò a guardarli, pensando - Pensate che abbia davvero dimenticato Justin? -
- Aspettiamo e vediamo. Non l'hai forse detto tu? - Ben lo baciò su una tempia e lui si accontentò di quella risposta.

Ethan si staccò dalle labbra di Brian, ancora sotto effetto di quei baci, guardandolo con occhi socchiusi. Le mani lasciarono la camicia che tanto avevano spiegazzato, per poi lisciare il tessuto. - Era davvero questa, la cosa che ti aspettavi? -
Brian lo guardò. Non sorrideva in modo sarcastico. Non sorrideva affatto. Aveva le labbra lucide, che rilucevano allo alle luci stroboscopiche, e gli occhi languidi. E lo fissava.
- Sì. - E lo baciò di nuovo, un'altra volta, con passione, con foga, fino a togliergli il fiato, fino a fargli dimenticare dove si trovasse, con chi, non era importante, niente lo era, solo loro due stretti in un abbraccio soffocante e caldissimo, che si stava facendo sempre più umido, e intenso.
Brian. Brian. Brian.
- Brian... -
Gli piaceva il suono del suo nome pronunciato da Ethan in quel modo, ancora coinvolto e sciolto dai suoi baci. Il suo raziocinio in quell'istante era sparito. In realtà, se n'era andato già qualche ora prima, quando Nadir aveva invitato Ethan a cena. Ma non voleva ammetterlo. Trovava la cosa assurda.
Lui che andava dietro a quel moccioso acidello e arrogante? Mai.
Mai, ma intanto lo stava baciando per l'ennesima volta, avvinghiati come animali, le camicie tirate come se avessero voluto strapparsele a vicenda da un momento all'altro, una foga impossibile da contenere, un desiderio di sentirsi che spaccava.
Ma cos'avevano messo nei drink?! Poi Brian si ricordò che lui il drink nemmeno l'aveva bevuto. Ma chi se ne fregava!
- Non avevi detto di voler vedere la Dark Room una volta? - mormorò una volta che si furono divisi, si fa per dire, con voce roca contro l'orecchio di Ethan.
- Vorresti portarmi là dentro davanti a tutti, per continuare? No. - replicò determinato, guardandolo di traverso, col viso rosso, si poteva notare sotto le luci, e uno sguardo deciso. Ma così diverso dalle altre volte - Non mi faccio scopare per altri occhi. - mormorò con una decisione che Brian trovò semplicemente esaltante - Solo per i tuoi. -
Si fissarono qualche istante in silenzio e poi Brian lo prese per mano, passando tra la folla e uscendo dal locale, ignorando il richiamo lontano di Michael.
- Era lampante. - affermò Emmett con tono di superiorità, mangiando l'oliva del suo drink.
- E' sconvolgente. - precisò Ted.

Il viaggio in macchina fu rapido, nessuno era in strada, era relativamente presto per la notte di Pittsburgh, arrivarono in nemmeno dieci minuti al loft di Brian, si aggredirono in ascensore sbattendosi a vicenda contro pareti o infissi andando spesso in carenza d'ossigeno, persino quello risultava pressoché inutile in una situazione come quella, la frenesia saliva, saliva, caracollarono fuori avvinghiati, Brian digitò velocemente il codice per disattivare l'allarme, e finalmente riuscirono ad entrare.
Chiuse la porta in uno scatto, e di nuovo Ethan fu sbattuto contro qualcosa. Scese con la bocca sul collo del ragazzo, lappando la giugulare.
- Ho detto di no a una proposta fantastica, stasera. -
Dio, ma aveva ancora voglia di parlare?
- Quindi... Ti ordino... Fa’ che ne sia valsa la pena! - esclamò altezzoso, e allo stesso tempo reclinando la testa, offrendo la sua pelle umida.
Brian gli afferrò il colletto della camicia, alzandolo dal ripiano della cucina, e i loro sguardi si fusero in uno solo, densissimo.
- Io valgo sempre la pena. -
E lo trascinò fino al letto, glielo sbatté sopra, gattonando verso di lui.
Fu il caos. Si persero di nuovo in bacio focoso mentre le mani vagavano ovunque, lungo il corpo di ognuno, sotto gli abiti, slacciando cinture, bottoni, strappando cuciture, il tutto col sottofondo di ansiti spezzati, e prima che se ne rendessero conto, si ritrovarono completamente nudi a sfregarsi, a cercarsi, a mordersi, abbracciati come se quella fosse l'ultima notte sulla terra, e loro fossero le ultime due creature viventi.
Avendo Brian come amante, Ethan si sentì eccitato come non lo era stato mai , chiuse gli occhi gemendo così forte da non riconoscersi, tanto da mordersi un dito mentre Brian faceva scendere una mano dal suo petto fino gambe, accarezzando l'interno coscia. Si sentiva così ipersensibile sotto il suo sguardo.
Era così che ci si sentiva quando si veniva baciati da un dio?
Strinse i denti per un urlare, c'era qualcosa di morboso in tutto quello, Brian era un corpo assolutamente nuovo, potente, stupendo, non aveva mai scopato con uno come lui, mai, non era solo un uomo, era la personificazione in terra della sensualità e dell'eccitazione... E gliene stava dando la priva lampante proprio ora, in mezzo alle gambe.
- Mi piace la vocina che fai quando ti tocco qui. - sussurrò Brian, lanciandogli uno sguardo che avrebbe fatto impazzire chiunque.
Lo rigirò supino e Ethan guardò fisso il muro davanti sé, per poi stringere gli occhi e gemere un - Oh, Brian! - quando questi gli accarezzò il fondoschiena, stringendogli le natiche, sentendo qualcosa solleticargli la pelle. I capelli di Brian.
Da canto suo, Brian stava impazzendo. Ethan in quel momento gli stava piacendo da impazzire. Era così diverso dalla prima volta che si era portato Justin in casa. Forse perché allora era per divertirsi con un bel bocconcino. Perché Ethan non era vergine... O forse soltanto perché era proprio Ethan.
- Si, Fiocco. Voglio sentire di nuovo quella voce. -
Il ragazzo ansimò serrando gli occhi, brutalmente sbattuto nella confusione totale, ragionava poco e niente, sapeva che avrebbe dovuto rispondergli a male parole, però cazzo, come si faceva?!
- Ti ho detto... Di non chiamarmi in quel modo! - sbottò aggrappandosi alle lenzuola con le labbra di Brian che gli torturavano la cervice.
Ecco, così si faceva.
Brian fece una risatina sulla sua pelle sudata, fu come sentire un vento afrodisiaco investirgli ogni parte del corpo, portandogli via anche l'ultimo barlume di sanità mentale che gli era rimasta.
- Dio... Ti prego, sbrigati... Per favore! - sibilò cercando refrigerio sul cuscino. Il suo corpo era bollente, la lingua e la bocca di Brian lo stavano facendo diventare pazzo. Quando non le sentì più, si sentì improvvisamente a disagio.
- Dio, eh? Credo mi si addica.. -
- Non era rivolto a te, narcisista del cavolo! - Brian lo stava letteralmente facendo sciogliere. L'aveva penetrato con un dito
Brian si leccò le labbra a quella vista e la meravigliosa sensazione del calore di Ethan e della sua carne che si stringeva. Non aveva mai usato così tante premure con nessuno prima di scopare.
E con quel nessuno, intendeva anche e soprattutto Justin.
Chissà perché. Forse perché aveva una gran voglia di umiliare Ethan e la sua bella voce arrogante. Oppure aveva solo voglia di un divertimento diverso da sempre.
Stava di fatto che la cosa lo eccitava da matti.
Baciò di nuovo il collo di Ethan, le sue spalle, continuando a seviziarlo con una calma esasperante, mentre con l'altra mano cercava un preservativo, lo apriva coi denti, e se lo infilava.
- Adesso ti faccio capire chi è il vero dio, in cielo e in terra... - gli sussurrò all'orecchio, e Ethan rabbrividì in una maniera esageratamente arrapante.
Gli strinse i fianchi e fece per iniziare, quando Ethan alzò una mano per fermarlo.
- Aspetta! - Si girò in modo da fissare Brian, avvicinandosi fino ad essere quasi sopra le sue gambe, le erezioni che si sfioravano - Voglio guardarti in faccia, mentre mi scopi per la prima volta, Kinney. - Gli occhi era incredibilmente scuri, e il viso scarlatto. Deglutì e baciò un'ultima volta, portando le mani sulle sue spalle.
Brian lasciò scorrere le dita grandi lungo le sue spalle magre, lungo la sua schiena, tirandolo giù, facendolo sdraiare.
- Tutto quello che vuoi. - Era un invito? Una promessa? Una minaccia? Probabilmente tutte tre le cose. E a entrambi parve non dispiacere per niente.
Baciò Ethan facendo scivolare la lingua sulla sua, e poi lo prese, entrò in lui con una delicatezza lieve, arricciando il lenzuolo color vinaccia.
Ethan non si sarebbe mai immaginato, neanche nella propria più remota fantasia, che Brian lo possedesse in quel modo. E lo trovava fantastico.
Strinse appena le palpebre, mordendosi il labbro inferiore sentendo quanto era grosso Brian, c'era davvero una ragione oltre il fascino e il corpo da favola che lo portava ad essere l'uomo più desiderato di Pittsburgh, le aveva tutte, lui.
Era da tanto che non era passivo. Non si ricordava neanche quando era stata l’ultima volta.
Ma doveva ammettere che non era male. Un po' fastidioso all'inizio, ma era come una flebo, i primi secondi e poi non ce ne si rendeva nemmeno più conto.
Solo che il corpo di Brian era vivo, era bollente, eccitante come non mai, inarcò la schiena per resistere alla tensione, perdendosi in un lunghissimo secondo di estasi assoluta.
- Me la fai di nuovo la vocina supplicante? - domandò Brian sorridente sulle sue labbra, iniziando pian piano a spingere.
- Fallo prima... Tu... - lo sfidò.
- Ma a me non viene così bene. - rispose sfiorando le sue labbra con le proprie, leccandole, posandovi poi un bacio, mentre lentamente procedeva a scatti.
- No... Non fermarti! - protestò debolmente guardandolo quasi supplicando.
- Come si dice? -
Vaffanculo!
- Per favore... - bisbigliò - Per favore Brian, continua... - Strinse i muscoli intorno all'erezione, continuando a guardarlo come se fosse un ragazzino innocente.
Brian gli diede un buffetto sulla guancia.
- Non sei credibile quando fai l'indifeso. -
- Preferiresti che ti frustass... Ah! - ansimò d'un colpo, dopo una spinta potente e inaspettata di Brian - Che cazzo, delicatezza! - protestò con enfasi, e Brian rise.
- Tu sei fuori di testa, Ian... -
- Ethan... - precisò rilassandosi, e lasciandosi lentamente scorrere. Brian iniziò a dondolarsi lentamente, languidamente, senza foga, sfregandosi sulla sua pelle, creando un effetto favolosamente perfetto.
- Facciamo Fiocco e così per sempre? -
- Solo per questa sera. - acconsentì Ethan, era la cosa più fantastica che avesse mai sentito sul suo corpo, dentro il suo corpo. Quando Brian cominciò a colpire quel preciso punto dentro di lui, si strinse di più al suo corpo gemendo senza controllo.
Gli piaceva come Brian lo toccava, lo sfiorava, andava in profondità senza essere invadente, era piacevole, eccitante, e gli piaceva anche come ansimava.
Sentire Brian Kinney ansimare in quella maniera era una cosa da segnarsi sul calendario in rosso fluorescente.
Gli piantò le unghie nei fianchi, un rivolo di sudore gli scivolò lungo la tempia, si morse il labbro inferiore, gli piaceva, ma non voleva cedere così facilmente, no, quello andava goduto, goduto fino in fondo.
Diede una stretta di natiche, e fu con immensa soddisfazione che sentì Brian gemere sulla sua spalla. Allora anche lui aveva i suoi punti sensibili.
- Oh. - sorrise lievemente - Punto debole? - sussurrò elettrizzato. Guadagnava sempre più terreno -Vero? - strinse ancora.
Brian sospirò ancora sulla sua pelle madida, facendogli un piacere indecente.
- Dannato... Narcisista... - sussurrò, e Ethan si mise a ridere.
- Ma sentilo... - Brian gli diede una spinta più profonda delle altre, strappandogli un gemito.
- Allora siamo... in due... - ansimò posando la fronte sulla sua, unendo i loro respiri. Ethan annuì leccandosi le labbra, assaporando il piacere che si stava spandendo rapidamente.
Brian continuava a chiedersi per quale motivo trovasse il sesso con Ethan, così calmo, caldo e irresistibile , uno dei migliori che avesse mai fatto, lui era passionale, rude, eppure gli piaceva da impazzire.
- La prossima volta, ti scoperò contro il primo muro che trovo togliendoti appena i pantaloni. -
- ... Chi ti dice che ci sarà una prossima volta? ... - sospirò Ethan con un sorriso divertito, ansimando, convincendo Brian ad esibirsi in spinte sempre più possessive.
- Ci sarà, ci sarà... - affermò lui con un sorrisetto malizioso, chinandosi su di lui a baciargli il viso, le lebbra, leccarlo con la lingua.
- Ma non eri tu... a dire che non si fai mai due volte... con la stessa persona...? -
Brian non rispose, aumentando la velocità, si stava facendo caldo nella stanza, immensamente caldo, arrivarono al punto in cui le parole non servivano più, solo gesti, movimenti, il delirio dei sensi, perdizione totale, abbandono di ogni pensiero per lasciarsi completamente andare alla voluttà, e fu esattamente quello che fecero.
- Oddio. - gemette Ethan con la voce macchiata dal piacere, gettando la testa all'indietro sul cuscino quando venne, con il corpo scosso da tremiti per l'orgasmo. Quando sentì anche quel che sembrava un gemito mozzato di Brian, per un breve istante quasi desiderò di sentirlo venire dentro di sé, e maledisse il preservativo. Il cervello gli stava andando proprio a quel paese.
Si rilassò dopo un tempo che parve infinito, tutti i muscoli si sciolsero in un unico secondo, facendogli improvvisamente sentire una stanchezza tipica, che non poteva derivare da nient'altro se non dal sesso.
Brian gli cadde praticamente addosso col suo dolce peso.
- Ehi, che modi! - protestò Fiocco, e Brian rise con calma.
- Tu non sei mai troppo stanco, eh? - sorrise uscendo dal suo corpo, levandosi il preservativo, facendogli un piccolo nodo e gettandolo in un cestino appena lì vicino, invisibile, perfettamente celato dietro un comodino.
- Non sono vecchio come te. -
- Non sono vecchio. Sono ma... -
- No, sei vecchio. - replicò secco, scostandosi un poco per alzare il lenzuolo e infilarsi sotto, addossandosi a Brian, ma levandogli gran parte della coperta.
- Ah sì. Il tuo letto è magnifico. -
Brian gli diede un lieve scappellotto sulla testa mora, Ethan gli diede un pizzicotto al capezzolo, e finirono a farsi i dispetti fino a che non si addormentarono.

La mattina dopo Ethan si svegliò solo perché era stato attirato dal profumo del caffè. Dopo essersi stiracchiato e messosi seduto, s'irrigidì.
- Wolf! - esclamò sconvolto. Si alzò di fretta per recuperare i boxer, sentendo una fitta. Ecco qual'era l'unica cosa negativa del far sesso dopo non essere stato passivo per tempo.
Un male boia alla schiena, roba da non potersi sedere per una giornata o due.
Scivolò lentamente fuori dal letto, riprendendo i suoi vestiti ancora sparsi per il pavimento, se li reinfilò, e scese i gradini.
- Buongiorno. - lo salutò Brian con calma.
- Ciao! - Ethan cercò la sua giacca, se la mise, e si diresse alla porta - Devo scappare! - E scappò veramente.
Brian rimase in piedi dietro il bancone della cucina, con le mani intorno ad una tazza del caffè, perplesso.
Oh, anche per me è stato divertente, grazie per avermelo chiesto.
Ethan cercò di arrivare più veloce che poteva, a casa, meno male che quando voleva poteva essere un corridore eccezionale, merito delle high school che gli avevano fatto scoprire la bellezza delle maratone.
Quando arrivò di fronte alla sgangherata palazzina, c'era un grande furgone di una ditta non meglio identificata, e la vecchia, odiosa padrona di casa che teneva con una mano Wolfram che cercava di divincolarsi, e nell'altra una sua valigia.
- Che diamine..? - Quando Ethan si avvicinò per chiedere spiegazioni, lei gli sbatté tutto in mano, Wolfram compreso.
- Disinfestazione. Siamo pieni di scarafaggi. Sono andati via tutti. - spiegò come un robot.
- Ha ficcato il naso in casa mia?! -
- Tesoro, se tu vuoi vivere nel tuo bell'appartamento pieno di scarafaggi grossi quanto ciabatte, sei libero di farlo! -
Ethan fece una smorfia orripilata.
- Non ci penso nemmeno! -
- Bene, allora... Ciao! - La vecchia si sistemò la sottana e salì su una macchina, alla cui guida probabilmente c'era il figlio, brutto e arcigno quanto lei.
- Ehi... EHI, e io dove dovrei stare nel frattempo?! -
- Non ne ho idea, non sono mica tua madre. - E l'auto partì, lasciandolo in mezzo alla strada e con tutte le sue cose chiuse in valigie smaccate e semiaperte, con Wolf che miagolava disperso.
Che cazzo... E adesso? Cosa diavolo poteva fare? Andare in albergo? Non gli avevano ancora dato l'assegno per il lavoro con Nadir, e chiamare Brian gli sembrava strano, anche se era il primo nome che gli era venuto in mente.
Aveva pagato l'affitto, ed era stato sbattuto fuori lo stesso.
E adesso che cavolo faceva?! Con quel freddo dove poteva andare a stare?! I dormitori dell'accademia erano strapieni in quel periodo, non gli avrebbero dato un posto nemmeno a pagarlo sangue.
Si pentì amaramente di non essere partito con Nadir.
Che razza di pessima giornata.

- Lo sai che hai un sorriso che va da un orecchio all'altro? - Era la centesima volta che rivolgevano quella domanda a Brian, quella mattina - Deduco tu abbia passato una bella notte. - ridacchiò la segretaria.
- Chi, io? Io passo sempre delle splendide notti, in compagnia di tanti bei ragazzi pronti a soddisfare ogni mio desiderio. - enunciò con un'enfasi melodrammatica.
- Mh, allora ieri sera dovevano essere o particolarmente bravi, o particolarmente tanti. - sorrise lei mentre aggiornava l'agenda.
- Entrambi. - mentì Brian rilassandosi sulla sedia, giocherellando con una pallina antistress.
- Non strafare. La tua pelle continuerà a essere bella liscia, ma cominci ad avere una certa età. - scherzò passandogli una cartella con dei documenti - Ricorda che dobbiamo ancora dare l'assegno al tuo amico violinista per la pubblicità di quell'affascinante stilista. -
- Glielo darò io. - Scarlett non rispose, Brian le lanciò un'occhiata - L'assegno. -
- Aaahh. - rise lei - Come mai ieri eri così mogio, e oggi mentre si parla di lui non fai una piega? C'è qualcosa che dovrei sapere? -
- No, niente. - glissò Brian, guardando con la coda dell'occhio Michael che camminava per il corridoio.
- Suppongo che non devo continuare a farti domane e riprendere il mio lavoro, lasciando che entri il tuo amico in modo che tu possa fingere di lavorare? -
- Esattamente. - annuì il pubblicitario più sexy di Pittsburgh, mentre Scarlett usciva dall'ufficio, mettendosi di lato alla porta per far entrare Michael.
- Grazie. - sorrise lui, sempre gentile - Allora, fai ancora finta di lavorare? - Non gliene sfuggiva una.
- Già. - annuì torturando la palletta. Mikey si sedette sulla comoda poltroncina di fronte alla scrivania.
- Beh, non hai niente da dirmi? - Gli fece un sorriso allusivo a trentadue denti.
- Che cosa dovrei mai dirti? - chiese Brian non guardandolo, continuando a giocare, fissando la sferetta gommosa come se fosse la cosa più interessante del mondo.
- Oh, non saprei. Quei bei baci molto coinvolgenti con Paganini e la vostra fuga nella notte, per esempio? -
- Oh, quello! - esclamò Brian alzando gli occhi al cielo con fare fatalista - E' stata solo una fuga di mezzanotte! -
- Mh. - rise Michael - E una fuga finita tra le tue lenzuola, vero? -
- Oh Mikey, tu sì che sai sempre dove andare a parare. - sorrise Brian lanciando la palla in aria, e Michael la prese al volo.
- Beh, e me lo dici così? Com'è stato?! Bacia bene? Scopa come te? -
- Nessuno scopa come me. - puntualizzò - Però sì... Non è stato male! -
- Un'esperienza da ripetere? - chiese Michael - So che tu non scopi con lo stesso ragazzo per più di una volta, ma sai... - Michael rilassò le spalle e fece un sorrisetto - Sembra che voi due non dobbiate fare altro che incontrarvi di nuovo. Guardati stamattina! Sei felice, rilassato e con un bel sorriso. E' una bella immagine. Un po’ sinistra ma bella! -
Brian emise uno sbuffò noncurante.
- Non farti prendere dall'entusiasmo, e dillo anche a quegli altri balordi che non fanno altro tutto il giorno che ficcarsi nel mio letto a controllare chi c'è stato. - commentò guardandolo negli occhi - E' stata solo una scopata. -
- Solo una scopata? - ripeté Michael con un sorriso quasi divertito - Tu scopi sempre, con chiunque, ma è raro vederti con quella faccia. -
- E' quella che uso sempre. - replicò con nonchalance.
- Sì, certo. - Michael si alzò posando la pallina sulla scrivania - Io devo tornare al mio negozio. Ti lascio al tuo lavoro, scartoffie, chiamare Paganini per pagarlo di persona... - e salutandolo con la mano uscì dal suo ufficio, pronta a chiamare Ted e Emmett per tenerli aggiornati, dato che tanto si erano premurato per costringerlo ad andare a vedere come procedesse la situazione.
Brian fece un sorrisetto salutandolo con la mano, rigirandosi sulla poltroncina.
Non aveva una gran voglia di lavorare. A dirla tutta lui era un socio, quindi lavorare era una parola grossa.
Si alzò facendo qualche passo per sgranchirsi le gambe, pensando e ripensando a quella notte.
Era stato... Elettrizzante. Eccitante, arrapante, divertente, sfiancante, si era divertito, nel vero senso della parola. Non tanto per la scopata in , ma per il carattere della cosa, del ritmo che avevano usato, doveva ammettere che non l'aveva mai fatto in quel modo.
Non era poi così male.

.Continua.

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Capitolo 9
*** 9. ***


9.

9.

Il Leopardi si deprime

 

- Come?! - sbottò Debbie a bocca aperta.
- Sbattuto fuori. - ripeté Ethan avvilito, chino sul bancone, con Wolf che miagolava a destra e a manca curiosando.

- Ma... Ma perché? -
- Disinfestazione degli scarafaggi. Ergo, non ho un posto dove andare. - Era talmente depresso che neanche si accorse che il gatto stava cominciando a leccare dalla sua tazza di caffè.
- Povero Fiocco... Puoi venire a stare da me. C'è sempre posto per un ragazzo bello e in difficoltà! - gli sorrise con fare materno alzandogli il viso e accarezzandogli la guancia.
- Grazie, ma non vorrei essere un disturbo. Io suono e non ho orari. -

Debbie annuì comprensiva.
- Una bella gatta da pelare, eh? -
- Meow! - protestò Wolf sentendosi messo in mezzo.
Ethan lo accarezzò con lo sguardo perso, non sapendo assolutamente cosa fare.
Quella disinfestazione era arrivata del tutto inaspettata, dopo un periodo stupendo a dir poco, ecco che qualcosa era arrivato a squarciare il suo cielo sereno, mandandolo in frantumi.
Si era trascinato da Debbie con tutte le sue cose, aveva sbattuto le valigie in un angolo, erano l'unico posto in cui sapeva avrebbe ricevuto un minimo di comprensione.

- Beh, Fiocco, se proprio non riesci a fare a meno di suonare, per qualche sera noi siamo anche pronti a tenerci i tappi. E di giorno invece apprezzeremo moltissimo la tua musica. Mi piacciono le persone con talento. -
- Ma c'è anche Wolfram... E’ un gatto, ha bisogno di spazio e di silenzio. Non hai idea di quanto noioso possa diventare se non lo si lascia in pace! -
- E perché non chiedi a Brian? Mi sembra che andiate molto d'accordo ora. O almeno, mi può essere giunta una voce... -

- No, assolutamente no. - mormorò lui scuotendo la testa - Lui è un uomo indaffarato, e la sua casa è sempre in ordine, sempre pulita. Non voglio combinargli qualche guaio, e poi non è fatto per vivere con un'altra persona. Sarei di troppo. -
Debbie fu perplessa da quella spiegazione matura. La lasciò spiazzata.
- Beh... Con Brian ha già vissuto... -
- Ho anche un gatto, e a Brian non credo piacciano. - insistette Ethan prima di sentire nuovamente il nome di Justin, che ultimamente meno lo sentiva e meglio era.

- Non posso stare tranquilla vedendo il mio Fiocco con quell'espressione malinconica! Ok, intanto scaldati e rifocillati. E vale anche per palla di pelo. - disse portando una ciotola con del latte per Wolfram, prima di andare a fare una chiamata prendendo la sua agendina sotto banco.
Nonostante Ethan non volesse chiedere a Brian di ospitarlo, sembrava che dal suo tono nascondesse in realtà il desiderio di farlo. E si era accorta di come per la prima volta non avesse utilizzato un tono ostile nel parlare di lui.

La cosa si stava evolvendo in fretta. Molto bene!
Il telefono squillò qualche volta prima che dall'altro capo si degnassero di rispondere.
- Qui è l'inimitabile e stupendo Brian Kinney, chi è che cerca questa splendida creatura? - rispose una voce a lei molto familiare.
- Smettila di menartelo e vieni subito al locale, signor Modestia è il mio nome! - disse Debbie in tono che non ammetteva repliche.

- Per quale motivo dovrei venire al locale ora? Sto lavorando. - rispose Brian. In realtà non voleva uscire perché nel suo ufficio c'era una temperatura perfetta, e l'idea di uscire per prendere la macchina non lo allettava neanche un po’.
- Porta il tuo culetto qui, mr. Fantastic, o ti strappo l'unico coglione che ti resta. Fiocco è stato sbattuto fuori di casa. -

A quelle parole, una lampadina nella sua testa prese ad accendersi e spegnersi ritmicamente.
- Arrivo. -

 

In un tempo da record, stupendo persino se stesso, Brian raggiunse il locale, parcheggiando senza tanti complimenti sopra le righe.
Quando la porta si aprì, accogliendolo con il suo scampanellio, Ethan si voltò verso di lui e lo guardò con occhi sgranati. Di sicuro non era arrivato per un caffè.
- L'hai chiamato! - protestò contro Debbie.

- Fiocco, non posso lasciarti sul marciapiede al freddo! - replicò lei apprensiva.
- Qualcuno mi spiega cosa succede? - dichiarò Brian, rassicurato dal fatto che Ethan sembrava ancora tutto interno. Gli era venuto un colpo per quella telefonata, aveva pensato a chissà che.
Glielo spiegarono, o meglio, fu Debbie a spiegargli la cosa, condita da esclamazioni ed epiteti di vario genere, finendo per prendersela con gli scarafaggi.

- E così, mi ha messo tra le mani Wolfram e le valigie, sono venuto qui perché non sapevo dove altro andare per il momento. - Accarezzò piano Wolfram che cercava di sfuggire dalle sue gambe per saltare in grembo a Brian.

I primi avventori del mezzogiorno iniziarono ad affluire, e guardavano quel micio peloso con tenerezza, e a Wolf non dispiacque per niente. Brian sospirò sedendosi accanto a Ethan, congiungendo le mani.
- Potresti pagarti un appartamento niente male, con dodicimila dollari. - gli fece notare, e il ragazzo lo guardò spento.
- Dodicimila dollari finiscono in fretta se non hai un lavoro, e io devo pagare anche l'università e i miei strumenti, mantenere il sottoscritto e Wolf. -

- Gli ho proposto due soluzioni ma Fiocco ha la testaccia dura e le ha rifiutate entrambe. - disse Debbie, con le immancabili mani sui fianchi.
- ... Quali? - Brian aveva un pessimo presentimento.
- Di venire da me, o stare da te! -
Ethan non aveva proprio voglia di osservare la sua reazione.

- Da me?! - replicò Brian - Casa mia non è un albergo! -
Debbie gli diede uno stracciò addosso.
- Ma sentilo, te ne porti uno diverso ogni notte, ti scomoda così tanto ospitare un povero ragazzo perché ne ha un disperato bisogno?! -
- No no no, non credo proprio! - interloquì Ethan - Io non posso certo starmene in casa con questo qui! - esclamò indicando Brian.
- Questo qui?! -
- Senza offesa, ma non voglio rischiare di disturbare l'intimità tra te e le migliaia di spermatozoi sconosciuti che girano per il tuo appartamento! -

- Non sembrava ti sembrava dispiacere perdere i tuoi, di spermatozoi nel mio letto, la scorsa notte! -
- Oh andiamo, era una cosa completamente diversa! - esclamò Ethan -

- E questa mattina hai preso su e te nei sei andato allo stesso modo di tutti quelli che insulti che mi porto a casa. Che cazzo di coeren... -
- Ma avevo lasciato Wolf senza cibo, stupido! -

- Eh, un gatto è un gatto! - annuì Debbie convinta.
Brian le lanciò un'occhiata pessima, prima di tornare a Ethan.
- Dato che trovi che stare con me sia anti igienico, te ne puoi benissimo andare a dormire sotto un ponte, basta che vai un po' a sud che ne trovi quanti ne vuoi! - dichiarò, e si alzò andando alla porta.
- Dove pensi di andare?! - lo riprese Debbie.
- Vado lontano da chi non gradisce la mia compagnia. - rispose, e si bloccò prima di mettere un piede fuori, tornando su suoi passi - Questo è il tuo assegno. - Posò sul bancone un lungo foglietto color avorio - Decidi tu che cazzo farne, una buona volta. - E se ne andò.

Ethan prese lentamente l'assegno in mano guardandolo, per poi alzare lo sguardo verso la porta. Sospirò e abbassò il viso, tenendoselo tra le mani. Gli uscì un gemito di frustrazione.
- Dovevo andare a Parigi. Perché faccio sempre le scelte sbagliate?! Non so neanche perché sono rimasto in questo schifo! -

- Parigi? - domandò Debbie, che ne fregò bellamente dei clienti che stava aspettando di ordinare.
Ethan glielo spiegò alla bell'e meglio, raccontandogli di Nadir, anche di quanto fosse figo, e dello stupido, stupidissimo rifiuto che gli aveva imposto.
- Non so cosa cavolo mi sia preso... Sono stato un pazzo! - si lamentò il ragazzo passandosi le mani nei capelli, disperato.

- E subito dopo sei finito nel letto di Brian. Oh santo cielo. Voi due siete più lenti di una trama da telenovela. -
- Non... Io sono andato a letto con Brian perché  in quel momento ero sotto pressione, e poi mi aveva trascinato fino al Babylon... Insomma, lo sai com’è, l’adrenalina, la musica, tutto il resto! - si giustificò sotto lo sguardo sibillino di Debbie.

- Beh, niente da ridire, Brian è un bel bocconcino... - sorrise lei con una certa convinzione.
- No, non si tratta di questo! - Ethan sbuffò - Non è per il suo corpo, figuriamoci, non è quello che mi attrae! E'... E' il suo modo di fare... Il suo modo di essere che mi manda in confusione... -

- Fiocco, è leggermente strano che ti piaccia questo di Brian. Voglio dire... E' come se ti piacesse te stesso. Brian è il tuo gemello malefico. Siete identici. -
- Non siamo così uguali. Io ho molto... Molto... Ecco, Brian è una persona rigida che non sa andare oltre il suo naso e... Non abbiamo niente, niente in comune. -

- Beh, non direi... - Debbie cercò le parole giuste per spiegargli la situazione, e non era affatto facile - Vedi... -
- Lascia stare... Non ho voglia di sentire niente. - Ethan scosse la testa, alzandosi - Posso lasciare qui la mia roba e Wolf? Ho bisogno di fare una passeggiata... - Prese il violino con sé, aveva tutte le intenzioni di staccare la batteria.

- Certo, Fiocco. Puoi pure andare da Brian a parlare e lasciare il tuo grazioso micio qui. -
- Non sto andando da Brian! -
- Copriti bene, tesoro. Fa un freddo la fuori! - cantilenò Debbie cominciando finalmente a servire i clienti, ignorando Ethan di proposito.

Il ragazzo uscì all'aria aperta, era gelida e pungente, e lui non aveva nemmeno i guanti, finiti chissà dove sotto la sua montagna di roba.
Camminò per qualche isolato, fino a raggiungere la zona dei parchi, guardandosi le scarpe mentre camminava.
Poi si fermò sul marciapiede, posò la custodia a terra, ne estrasse il violino, e si mise a suonare.
Senza volere dei soldi, non gli importavano niente in quel momento. Voleva suonare per se stesso, per evadere. Per spaccare quel filo rosso che stava distruggendo la sua vita poco a poco.

La melodia che aveva scritto pensando a Brian, si sarebbe intensificata di più se non fosse avvenuto l'incontro al locale. Sarebbe diventata la cosa più bella, perfetta e sensuale che avesse mai scritto.
Ma in quel momento gli usciva solo un suono incredibilmente lento, che faceva percepire la sua tristezza. Provò gran parte dei pezzi che conosceva, ma il risultato era sempre lo stesso.

Una grande malinconia. Una sensazione devastante, frammentaria, come polvere mossa dal vento e trascinata lontano contro la sua volontà, stava piangendo quelle note con tutto il cuore che gli era rimasto, quello che non gli avevano portato via la sua padrona di casa, Nadir, i suoi genitori, Justin, un po' tutto il suo mondo che si sgretolava portandosi via un dannato pezzo di sé.
Continuò a far scivolare l'archetto sulle corde ad occhi chiusi, non si accorse della folla che si era creata intorno a lui, che sussurrava piano, ammirata.

Quando riaprì le palpebre, sentì la gente attorno applaudirgli. Qualche donna si stava anche asciugando gli occhi . Fino al giorno prima una reazione del genere da un pubblico simile lo avrebbe reso euforico. Ma ora neanche quello bastava. Guardò in basso e vide comunque dei soldi dentro la custodia. Gli raccolse e si guardò in giro. Vide un barbone disteso su una panchina coperto da un giornale.
Si avvicinò a passo spedito e gli mise i soldi dentro al cappello che aveva a terra.

Almeno gli bastano per un pasto caldo. Si disse, allontanandosi.
Dove poteva andare? Richiuse il violino nella custodia mentre la piccola folla tornava per la propria strada. Afferrò la custodia e si infilò la mano libera in tasca. Sentì l'assegno di Brian piegato e una lieve stretta al cuore.

Era stata colpa della fortuna, che con una mano l'aveva aiutato e con l'altra gli aveva tolto tutto?
Beh, era proprio una stronza.
Rabbrividì, non gli andava di tornare al locale, non aveva voglia di parlare con nessuno che lo compatisse, non ne aveva proprio voglia, voleva solo starsene un po' da solo.
Riprese a camminare a testa bassa, senza meta, rimuginando tra sé e sé.
Quei dodicimila dollari potevano salvargli la testa per un bel po', trovandogli un appartamento decente e senza scarafaggi.
Ma poi come avrebbe pagato l'accademia di musica in Italia? Tanti soldi così in un colpo solo non gli sarebbero mai più capitati, però era anche vero che se non finiva l'università non sarebbe mai potuto andare là.
Dio, che cazzo faccio?!

Come poteva prendere da solo una decisione così difficile?
Aveva vent’anni, e nessuno a cui chiedere un consiglio sensato. Una volta avrebbe odiato quei pensieri, lui che era in grado di saper fronteggiare ogni cosa, ma sentiva che in quel momento aveva solo bisogno del suo parere. Perché se lo sentiva. Lui era una delle cause sia della sua angoscia che del benessere in quelli ultimi giorni.
Ma doveva tornare strisciando dopo quella scenata? E sicuramente non l''avrebbe voluto vedere. Figurarsi consigliarlo.
Doveva decidersi.
Prese una moneta dalla tasca. Al fato, almeno quella scelta poteva lasciarla.
Testa, vado da lui. Croce... Cercherò di andare avanti da solo.

La lanciò, e chiuse gli occhi. Entrambe le possibilità lo terrorizzavano.
- Ehi, lo sai che non bisogna sprecare così i soldi? - disse una voce improvvisamente vicinissima.
E scoprì che anche se la moneta non era caduta a terra, il fato aveva scelto per lui.
Testa.

Riaprì gli occhi e si girò verso la voce, guardando l'uomo con i grandi occhi scuri in un'espressione sorpresa.
- Oh... Devo parlarti. Per favore. -

- Per favore? Da quando sei così accomodante? -
Ethan assottigliò le labbra.
- Ci tieni così tanto a farmi incazzare?! -
Brian alzò le mani arrendevole, e si mise a camminare, facendogli un impercettibile cenno di seguirlo. E Ethan lo fece. Anche se il fegato gli rodeva parecchio.

- Stamattina non volevo andare via in quel modo, ero davvero in pensiero per Wolfram. -
Brian continuava a rimanere in silenzio - Mi dispiace per prima, al locale. - Niente, Brian continuava a guardare fisso davanti a sé.
Stava tentando di aggiustare le cose e quello lo ignorava.

Ethan lasciò perdere, tanto sembrava inutile, tentare la via della disperazione con uno come Brian non serviva a niente. Cuore di pietra.

- E’ buffo come ogni volta che ti vedo tu sia in crisi o disperato. -
- E' inquietante che ogni volta che mi volto ci sia tu, in queste situazioni. Cosa fi facevi dietro di me?! Non eri tornato a lavoro? E' ancora orario d'ufficio. -

- Io sono il boss, ho gli orari che tirano a me. - replicò con superiorità irritante - E piantala di fare l'arrogante, non sei proprio nelle condizioni. -
- E tu non sei autorizzato a tirartela tanto, neanche avessi il cazzo fatto d'oro! -
Brian si voltò verso di lui nel mezzo della strada, fissandolo accigliato.
- Ma senti chi parla. -

No, così non andava. Se continuava di quel passo Brian si sarebbe rifiutato di parlargli.
- Senti... Per favore. - Ethan congiunse le mani cercando la diplomazia dentro di sé - Per favore. Lo sai quanto è difficile per me chiederti un favore. Lo sai benissimo. Ma non discutiamo ora, SOLO per una volta, non possiamo tornare in sintonia come... Come ieri? Solo per mezz'ora. Poi puoi tornare a insultarmi, detestarmi o tutto quello che vuoi, ma adesso ho bisogno che parliamo normalmente. -

- E per dirmi cosa? - domandò lui guardandolo in tralice.
- Per... - Già. Perché? Che voleva dirgli? Di stare nel suo appartamento non se ne parlava nemmeno, però... Ci teneva a non essere in pessimi rapporti con lui - Per... Ringraziarti dell'offerta ma declinare? -
Brian alzò un sopracciglio, perplesso.
- Tu sei strano. -
- Ma sentilo... -

Si fissarono in silenzio, poi Ethan si sciolse in un sospiro.

- Ho solo molti dubbi, non so cosa fare. Una scelta sbagliata e il mio futuro è segnato. - Si portò nervosamente una ciocca dietro l'orecchio - Mi accompagni da Debbie per prendere Wolf e la borsa? Cambierò l'assegno e prenderò una stanza da qualche parte. -

- E la tua accademia a Stoccolma? -
- Milano! -
- Quello che è. -
- L'accademia... C'è ancora tempo prima di finire l'università, qualche mese. Spero di riuscire a raggranellare qualcosa. -

- Oh ecco il problema. Sempre quello. I soldi. -
- Si, sono un poveraccio, lo so. Ma... -
- Ripeti sempre che vuoi realizzare il tuo sogno, che sei indipendente e ce la farai, però ora sei qui a non sapere dove sbattere la testa. - Brian fece spallucce e si mise le mani in tasca - Lo sai che secondo me l'unica cosa sensata sarebbe dovuta essere la tua partenza per Parigi. Nadir non si sarebbe fatto problemi a farti completare gli studi. -
- E a te avrebbe fatto piacere non vedermi più in giro, vero? -

Brian alzò gli occhi al cielo, senza rispondere.
- Sei strano, sai?! - lo rimbeccò Ethan - Ieri quando hai saputo che non sarei partito mi hai trascinato a ballare e sembravi al settimo cielo, e poi mi hai addirittura scopato, e adesso vorresti spedirmi lontano! - Sbuffò scuotendo la testa, autocommiserandosi - Non ho cambiato proprio idea su di te: sei sempre stato e rimarrai quel meschino che usa la gente e poi la butta via come se non valesse niente. -
Ethan se ne andò frustrato e arrabbiato, deciso a filare in banca, cambiare quell'assegno e cercarsi un appartamento decente. Avrebbe perso i soldi per l'accademia italiana, ma li avrebbe tirati su in un altro modo.

Anche se, ammise amaramente, le uniche offerte di lavoro le aveva ricevute da Brian.
Brian, che nonostante tutto recentemente continuava a essere uno dei suoi pensieri fissi, che compariva sempre quando era nel momento più difficoltoso, e nonostante si fosse ripromesso di andarci con calma e con giudizio, alla fine le cose finivano con loro due che litigavano.
Perché continuo a volergli andare dietro?

Che situazione di merda.
Stava cominciando a rimpiangere la sua vita in Virginia, là almeno aveva i suoi che, seppur non condividendo affatto la sua vena artistica, avrebbero potuto aiutarlo in un momento di disperazione.
Ma lì non aveva proprio nessuno su cui potesse realmente contare...
Un'auto gli tagliò la strada, facendolo sobbalzare.
- EHI, chi cazzo t'ha insegnato a gui... - Era Brian.
- Sali. -

- Che? No! -
- Ethan Gold, per la prima volta nella tua vita, chiudi la bocca! E Sali! - ripeté perentorio.
Ethan si morse il labbro inferiore e sbuffò, salendo in macchina mettendo nel sedile posteriore la sua custodia, ormai stava diventando una cosa abituale.

- Dove andiamo? -
- Zitto. -
Andiamo bene. Il ragazzo sbuffò mettendosi la cintura, guardando la città che prese a muoversi velocemente oltre i finestrini.

Il viaggio continuò in silenzio, finché Ethan non riuscì a tenere la bocca chiusa.
- Si può sapere perché non mi dici mai che cosa ti passo nella testa? Non fai che prendermi e portarmi in macchina, prendermi e portarmi in macchina come se ti appartenessi! E non mi spieghi mai il motivo per cui sei sempre nella mia scia! Perch... -
- Non ti ho detto... Cinque minuti fa di stare zitto?! - Il tono era esasperato e lo sguardo puntato sulla strada.

- Non mi piace ricevere ordini! -
- Ti ho chiesto un cazzo di favore! - sbottò irritato.
Ethan sbuffò. Dove stavano andando?

La macchina di Brian si fermò poco dopo, davanti al locale.
- Fermo qui. - Brian scese ed entrò spedito, per tornare dopo tre minuti con la borsa in mano e Wolfram malamente sulla spalla che si agitava eccitato di rivedere il suo pubblicitario preferito.
Era quasi un miracolo che fosse uscito a quel tempo record evitando Debbie.
Riaprì la portiera e buttò il bagaglio nel sedile posteriore e il gatto nelle gambe di Ethan.

- Ehi, ma che ti prende?! - sbottò il ragazzo, ma Brian continuò a non rispondergli, facendo finta di non averlo sentito.
Rimontò in macchina e si mise alla guida, riaccendendo il motore.
- Ti diverti ad ignorarmi?! -

Niente, non riusciva a cavargli fuori una parola.
- Sei odioso! - sbottò accarezzando Wolf. Era agitato. Credeva di sapere dove Brian lo stava portando, anche perché quella strada sembrava così simile a quella presa la sera prima.

E la cosa appariva morbosamente strana.
Rimase zitto per venti minuti, teso, fin quando non riconobbe a prima vista la strada dove viveva Brian.
Non poteva essere.
Si fermò esattamente di fronte al palazzo del suo loft, e lì Brian scese.

- Perché mi hai portato qui? - chiese confuso, non scendendo dalla macchina, nemmeno quando Brian aprì la sua portiera - Non intendo scendere finché non mi rifili una fottuta spiegazione! -

- Veni a stare da me, ok? E adesso, scendi! - ordinò tassativo.
Ethan eseguì non senza qualche remora, portando Wolf con sé, che miagolava piuttosto interessato dal cambio di situazione.
- Con te? ... Ma... Avevi detto che... -
- Per favore... - Brian alzò una mano senza guardarlo, sembrava che gli costasse fatica parlare - Prendi la tua roba e vieni su. -
Ethan continuò a guardarlo un po' dubbioso, ma non se lo fece ripetere. Certe volte Brian Kinney era strano forte.

Brian prese una delle borse e lo precedette, il breve tragitto in ascensore avvenne nel più completo silenzio, solo qualche sporadico scambio di occhiate. Probabilmente al ricordo di cosa avevano fatto l'altra sera, in quell’ascensore.

Era imbarazzante. Seriamente imbarazzante.
Quando l'abitacolo si fermò, Brian aprì le sbarre e aprì il portone dell'appartamento, lasciando che Ethan entrasse trascinandosi addosso tutte le valigie e robe varie, lasciando finalmente andare Wolf, che iniziò immediatamente a curiosare a destra e a manca.
- Bene. - disse Brian dopo qualche minuto di nervoso silenzio - Tu dormi sul divano-letto. Solo lì, chiaro? - precisò caustico - Puoi rimanere qui, ma ti avverto, non voglio averti tra i piedi, tu puoi suonare quando ti pare quando io non ci sono, ma se ci provi in mia presenza, quel violino finirà all'istante nell'unico posto dove non batte il sole. -

- Non che mi interessi dormire in un altro posto che non sia il divano, a differenza di un'altra persona. -
Si morse la lingua. No, non doveva essere acido, Brian in fondo lo stava ospitando. Poteva pensare meglio al da farsi, e cosa più importante, non sarebbe morto di freddo.
- Grazie. - sussurrò.

Brian rispose con un mugugno, non sembrava affatto di buon'umore. Allora perché stava facendo tutto quello per lui?
- Senti, per il tuo gatto... Trova un posto dove mettere la sua lettiera, e tienilo d'occhio. - precisò enfatizzando le parole - Se sporca, se rompe qualcosa, se morde un qualsiasi oggetto puoi considerarlo cibo da ristorante cinese! -
- Non ti preoccupare, lui non darà problemi. - commentò Ethan guardandosi un po' intorno. La notte prima non aveva avuto molto tempo per dare un'occhiata al loft. Era veramente roba da ricconi.

- Bene. Ora sistema la tua roba e non toccare nulla di mio. - lo avvertì andando verso il letto, buttandovi la giacca e sciogliendosi la cravatta per poi posarla sopra. Cinque minuti dopo era in bagno ad aprire l'acqua per farsi una doccia che sperò essere rilassante.
Perché si era portato Ethan a casa solo il suo cervello lo sapeva.
Ma in quel momento il bastardo, aveva deciso di non fornirgli nessuna risposta.

Che cazzo gli era preso? Non poteva averlo fatto di nuovo. Dio, che cazzo, un altro no.
Forse era stata tutta colpa delle parole di Debbie, forse era stato il suo ordine a scatenare qualcosa nel suo cervello, forse era solo colpa del terrore dell'invadenza di Debbie.
O forse, era stato qualcos'altro, quel maledetto, dannatissimo tarlo dentro il suo corpo che gli martellava le tempie da un po' e che sembrava volergli dire qualcosa ma senza parlare, gli mandava degli impulsi elettrici quando meno se lo aspettava, facendogli fare e dire cose che non avrebbe assolutamente dovuto.

Quando uscì dalla doccia, con solo un asciugamano legato in vita, vide che Ethan stava trafficando in cucina. Un orrendo flashback gli balzò alla mente.
- Non ti avevo detto di non toccare nulla? -
- Non ti decidevi ad uscire e avevo un po’ di fame, ha ho pulito. Ce n'è anche per te. - affermò persino troppo accomodante - Ho pensato alla Jambalaya, avevi tutti gli ingredienti, ma alla fine era una rottura, troppo lunga. Spero ti vadano un paio di spaghetti aglio e oli, cucina italiana. -
Wolfram era nel bel mezzo della stanza e alzò gli occhi dal piattino da dove si stava gustando una scatoletta di tonno. Sembrava anche lui in attesa della risposta di Brian.

Già la parola Jambalaya l'aveva traumatizzato.
- No... No grazie, non ho fame. -
- Sicuro? -
- Sicurissimo. - Aveva lo stomaco contorto. Si nascose dietro i paraventi della camera da letto, esattamente frontali a dove stava Ethan, gli faceva quasi senso farsi vedere da lui.
Perché stava succedendo di nuovo? Che cazzo gli era preso?
Perché se n'era portato un altro in casa?

Ethan si sedette e mangiò in completo silenzio, alzando un'occhiata verso i paraventi. Nulla. Brian sicuramente non sarebbe uscito, e la cosa, notò che gli procurava un lieve dispiacere. In piccole cose almeno, voleva ringraziarlo del favore. Si mise a sistemare tutto e lavare pentola e piatto, mettendo comunque qualcosa da parte per il pubblicitario.
Si mosse verso la camera, ma si fermò prima.

- Brian, se stasera esci e vai al Babylon e ti porti qualcuno... Beh, immagino non ti importi se sono sul divano. - la voce gli usciva strano - O in tal caso come ci sistemiamo? -
Brian NON doveva andare al Babylon e portarsi qualcuno da scopare sotto i suoi occhi. Non avrebbe sopportato a una vista così disgustosa.
Era così strano dal non trovare eccitante vedere due fare sesso dal vivo? Se poi uno dei due era Brian con uno sconosciuto, non riusciva proprio a trovarlo tale.

Stava succedendo qualcosa di singolare entro le mura di quel loft, e nessuno dei due lo stava capendo bene, c'era un sottile imbarazzo, e una sottile paura.
Andrà avanti così per molto? Si chiese Ethan. In quel caso non avrebbe resistito a lungo. Lui odiava essere stressato, detestava vivere con qualcuno proprio per non dover rispettare regole o parametri, anche se quell'aiuto era come caduto dal cielo... Dannazione agli scarafaggi.

- No, stasera non vado da nessuna parte. Ho da sistemare alcune cose al computer. - Brian uscì rivestito, andando in cucina servendosi un bicchiere di scotch.
- Non dovresti bere una cosa del genere a stomaco vuoto. - puntualizzò Ethan.
Brian se lo scolò di un fiato.

- Sei peggio di una suocera. -
Il ragazzo dischiuse la bocca in una piccola e perfetta "O" perché non riusciva a dire niente. Finalmente, qualcosa prevalse.

- Questa era davvero brutta. -

- No, sei tu che sei un maledetto scocciatore. - replicò acido, con l'alcol che entrava già in azione facendogli provare quella classica sensazione di vertigine imminente.
- Allora non avresti dovuto portarmi in casa tua! - sbottò lui.
- Vuoi continuare a rinfacciarmi in eterno la mia generosità?! -
Ethan si morse la lingua, per quello non aveva scuse. Brian aveva ragione, se l'era portato in casa nonostante non fossero affatto due anime che andassero esattamente d'accordo.

- No. Non posso negare che in questo periodo sto sopravvivendo solo grazie a te. Ma... mi piacerebbe sapere perché. -
- Non ti starai facendo strane idee in testa, vero ? - No no, cazzo. La situazione non doveva ripetersi. Non ancora.
- Mi credi davvero così deficiente? Non intendo insinuare che ci sia quel tipo di rapporto che si sognava Justin dopo che te lo sei fatto la prima volta! Oppure pensi a compararmi sempre con lui credendo o temendo che mi comporterò come lui? -

Ecco, quella era una cosa su cui riflettere.
Nonono, non se ne parlava nemmeno di ripetere le stesse cose, di vivere di nuovo quell'esperienza. Non poteva permetterselo, non poteva davvero.
- Non dire stronzate. - rispose abbandonando il bicchiere sul bancone, andando a infilarsi la giacca - Io esco, quindi sei autorizzato a suonare il cazzo che ti pare. -

- Ma non avevi detto che dovevi lavor... -
- Ho cambiato idea. - concluse Brian uscendo e chiudendo la porta facendo un certo rumore.
- Sei... Un... - Non riusciva a trovare un insulto che riuscisse a farlo sfogare. Si lasciò cadere sul divano, guardando fisso il pavimento, tenendosi le mani in grembo.

La sua vita stava prendendo una bella piega, ma nella sua testa andava tutto male.
Che cazzo stava succedendo?!
Wolf arrivò accanto a lui, pronto a consolarlo con qualche fusa. Ethan lo accarezzò sprofondando tra i cuscini, lasciando vagare lo sguardo lungo il soffitto.
In quello stesso appartamento ci aveva vissuto Justin, che era innamorato di Brian. E Brian era innamorato di Justin.
Quindi lui, lì dentro, che parte si stava accingendo a fare?
Sempre più un casino.

 

 

.Continua.

 

 

 

 

 

 

Ringraziamo gentilmente tutte le donzelle che hanno messo questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, ve ne siamo molto riconoscenti!XD

Grazie anche a chi commenta, a chi legge, a chi si ricorda sempre di noi!U_U

Un bacio, alla prossima!

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Capitolo 10
*** 10. ***


10

10.

Il Leopardi si deprime

 

- Credo che tu stia bevendo troppo. - disse Michael togliendo il bicchiere di mano a Brian - Hai una brutta cera, sembri giù di morale. Che succede? Guai al lavoro? O... Hai sentito Justin? Oggi è arrivata una cartolina a mia madre da parte sua. -

- Fiocco... - mormorò soltanto, scolandosi l'ennesimo drink.
- Aaaahhh... - sorrise Michael - Adesso si spiegano un mucchio di cose! -
Brian lo trafisse con lo sguardo.
- Che vuoi dire? -
- Mamma mi ha raccontato cos'è successo, hanno sbattuto Ethan fuori di casa, avete litigato... Poi tu sei andato a prenderlo, e l'hai portato a casa tua. Non è esatto? - rise, e Brian emise un verso esasperato, e lui che credeva di averla fatta franca.
- La situazione mi sta sfuggendo di mano. Non avrei dovuto portarmelo a casa. - si lamentò ordinando un altro po' di alcol.
- Avresti preferito lasciarlo in mezzo alla strada come un cane? - sorrise Michael, che ormai aveva imparato a conoscere anche quel minuscolo, impervio lato di Brian. Quello della gentilezza. Anche se era molto strano a dirsi.

Brian rimase in silenzio fissando il bicchiere. Strane immagini di Ethan sulla strada al freddo, di notte, mentre cercava un posto per dormire per poi essere abbordato ballavano la samba nel suo cervello.
- No. Non l'avrei per nulla preferito. Ed è questo che mi preoccupa. -

- Oh, Brian Kinney si sta sciogliendo! - esclamò lui ridendo - Ragazzi, chi l'avrebbe mai detto, stai diventando un tenerone di quelli sdolcinati! -
- Non è vero! - sbottò imbronciato - O se è vero... Non mi sta piacendo per niente. -
Michael non disse niente per un po', riflettendo.
- Tu hai... Hai paura di soffrire ancora? - mormorò guardandolo in tralice.
- Non dire sciocchezze! - ghignò l'altro.
- Brian, sii sincero. - insistette, preoccupato - Tu hai paura che Ethan sia come Justin, vero? -

- ... Per certi versi si assomigliano. Oppure sono solo io fissato con Justin e mi sembra di vedere ovunque quello che ho fatto con lui, certi ricordi mi sono così impressi nella mente da non riuscire a staccarmene. D'altro canto, quando discutiamo lo vedo molto più simile a me. -
- Ah! Allora lo ammetti! -

- Sì, cazzo, sì! - urlò quasi, effetto briglia sciolta dell'alcol - E' sputato a me, ok?! E' un fottuto testardo orgoglioso narcisista come me, va bene?! Non ammette la sconfitta e vuole essere sempre il migliore, d'accordo?! -
- D'accordo, d'accordo. - annuì Michael reprimendo una risata divertita - Beh... Tu gliel'hai detto questo? -
- Vuoi scherzare?! - sbottò esasperato - Se gli dico che è come me potrebbe persino pensare di mettersi i miei vestiti... Si monterebbe la testa... -
- No, intendevo sul fatto di Justin, che ti turba il fatto di poter rivivere la stessa situazione! -
- No... - mormorò con lo sguardo basso - E'... E' patetico. -

- Perché dovrebbe essere patetico? Tralasciando il fatto che ti assomiglia,  mi sembra che sia un ragazzo maturo e capirebbe la situazione! -
- Stai dicendo che io non sono maturo, Michael? -
- No. - replicò Michael paziente - Sto dicendo che devi tirare fuori la tua palla e aprirti, spiegandogli. Anche lui ha vissuto con Justin e se lo abbiamo additato tutti come quello che lo ha fatto soffrire, sicuramente anche lui si sarà reso conto che ha commesso una cazzata e ci sarà rimasto male. Capirà. -

- Non parlare del mio coglione con tanta leggerezza. - puntualizzò enfatico. Michael lo guardò storto - Io... Non posso andare da lui e parlargli di Justin, che cazzo... -
- Perché no? E' passato tanto tempo da quella storia. E Ethan è cresciuto. Si vede, non è lo stesso di prima. Non hai mai parlato con lui di quella vicenda. -
- Non ne ho mai parlato perché non ne voglio parlare! - esclamò con ovvietà - Io non voglio parlare di Justin, lui non vuole parlare di Justin, quindi perché parlare di Justin?! -
- Tu che ne sai che non vuole parlare di Justin? -
- Mikey, questo discorso mi ha fatto venire il mal di mare. -

- E allora smettila di bere una volta per tutte e torna a casa. -
- Non trattarmi come se fossi un moccioso! - sbottò arcigno - La serata non è finita, e io voglio ancora bere e poi andare al Babylon. -
- Tu adesso paghi l'ordinazione e te ne torni a casa prima di ubriacarti così tanto da fare un incidente e parli finalmente col tuo Fiocco. -

- Si chiama Ian. -
- No, si chiama Ethan! -
- ... E' uguale! -
Michael lo tramortì a forza di esortazioni, dono della madre, quindi finalmente Brian si decise a mollare il bicchiere e uscire dal locale, e tanto per essere sicuri fu Michael a guidarlo fino a casa, buttandolo poi fuori dalla jeep.
- Ti vengo a prendere io domani, così te la riporto. - gli disse da oltre il finestrino abbassato - E adesso fai il bravo e vai! -

Michael ripartì prima di vedere il dito medio di Brian alzato, che alla fine si lasciò andare a un grande sospiro.
Entrò nell'ascensore e lo chiuse, aspettando ad occhi chiusi appoggiato contro la parete. Le tempie stavano pulsando incredibilmente. Quando arrivò al suo piano, la prima cosa che notò fu la musica. Aprì la porta e il volume aumentò. Ethan, al centro del soggiorno a occhi chiusi stava suonando.

Quella musica era... Insolita. Vecchio stile. Gli ricordava terribilmente quegli orribili film in bianco e nero in cui un uomo cercava in tutti i modi più sdolcinatamente possibile di conquistare una donna di discutibile gusto e bellezza.
Anche se lo stile di Ethan gli dava un'impronta dannatamente gay, alternativa rispetto al normale, con qualche scatto qua e là che teneva alta l'attenzione.
Non male davvero. E dire che lui odiava la musica classica in generale.
Mosse qualche passo e chiuse piano la porta, facendo scattare la serratura, e a quel suono il ragazzo si bloccò, voltandosi.
- Sei tornato. -
- A quanto pare. -

- E nessun uomo. -
- Avevo detto che ne portavo uno? -
Lo scambio di battute finì, quando Ethan ripose il violino nella custodia. Almeno le regole fissate da Brian le rispettava.
- Non hai una bella cera, hai bevuto di nuovo a stomaco vuoto, sicuramente. -
Brian alzò gli occhi al cielo e sospirò.

- Non sono tornato per sentirmi fare una predica! -
- E per cosa sei tornato, allora? -

Così non lo stava aiutando per niente. Vaffanculo a Michael e alle sue belle parole che non valevano una cicca.
- Vado a dormire. Non fare chiasso. - disse soltanto, andandosene nella piattaforma della stanza da letto.
Ethan non rispose, prendendo un quaderno e sedendosi sul divano, infilandosi degli auricolari e continuando ad ascoltare discretamente la musica.
Dovresti smetterla di fare il sostenuto e dirglielo. Ecco che di nuovo le parole di Michael arrivavano a molestarlo. Parlare civilmente con uno come Ethan? Nemmeno tra un milione di anni.

Si tolse la giacca e si voltò verso letto, dove vide Wolf perfettamente acciambellato tra le lenzuola, vagamente bucherellate.
Alzò il musetto e miagolò verso Brian che lo prese per la collottola e piombò in soggiorno.

- Il tuo stupido gatto ha rovinato delle lenzuola molto, molto costose! -
- Cosa? - Ethan si tolse le cuffie - Ehi, non tenere Wolfram così! - Si alzò prendendolo in braccio - Ma che hai?! Sei acido in una maniera incredibile! -

- Sei tu che non riesci a tenere a bada il tuo animale! -
- Miao! - soffiò l'interessato, che di orgoglio ne aveva tanto quanto loro due.
Ethan fu lì lì per replicare, ma si morse la lingua. Prima o poi avrebbe avuto un travaso di bile.
- Sì. - ammise serrando gli occhi ingoiando anche quello - Hai ragione. Ci starò più attento. -
Brian sbuffò dandogli le spalle, pronto per tornare accanto al letto, ma si fermò grattandosi la testa, nervoso. Tornò da Ethan.
- Senti Fiocco, io non ce l'ho con te... -
- Non l'avrei mai detto. - Di nuovo si diede dell'idiota per aver parlato senza pensare. Prima o poi gli sarebbe costata cara quell'impulsività.
- No, non ce l'ho affatto con te. - ribadì Brian massaggiandosi una tempia - E' che la tua presenza mi rende... Mi inquieta. -

- Ti inquieta? - ripeté lentamente Ethan alzando un sopracciglio - Se ti agita la mia presenza qui, per quale motivo mi stai ospitando a casa tua? -
- Perché non riuscivo a scacciare l'immagine di te solo di notte, abbordato da uno dei tanti individui che detesti. E che detesto anch’io. -
- Tu hai una fervida immaginazione. - Ethan sentì il sangue fluire sul suo viso. Aveva le guance rosse - La paura per l’avermi accanto c'entra qualcosa con Justin? Te lo ricordo, e questo ti crea problemi? -

Brian annuì senza parole, in quel momento non ne aveva la forza psicologica.
- Oh... Beh, se ti può consolare, io non sono Justin. - disse convinto.
- Ah, no di sicuro. - mormorò l'altro, andando a sedersi. Wolf si arrampicò sul divano, dando una squadrata a quel tipo che gli aveva parlato con arroganza - E' che... Lui è rimasto qui per un sacco di tempo, ormai mi ero abituato alla sua presenza, e quando se n'è andato... C'è rimasto un vuoto... - Parlava come se si stesse riferendo all'appartamento. Ma Ethan si rese conto che la cosa si spostava su un piano molto più intimo.
Appoggiò i gomiti alla spalliera, accanto a Brian.
- Io non voglio creare nessun problema, né alle tue preziosissime lenzuola, né al tuo preziosissimo ego. - commentò con calma - Mi troverò un altro posto dove stare. -

- Fiocco , non ho detto che voglio sbatterti fuori... -
- Lo so. Posso capire come ti senti, riguardo al vuoto. L'ho avvertito anche io dopo la sfuriata di Justin quando ha scoperto che lo avevo tradito. E' buffo. Io l'ho fatto una volta perché gli avevo fatto delle promesse e mi ha mandato a quel paese. Voi due lo facevate di continuo ma andava bene perché non gli avevi promesso mari e monti. Per un sacco di tempo la testa... - Alzò le mani sfiorandosi i capelli fini - Era continuamente piena dei ricordi di Justin e non facevo altro che vederlo nel mio appartamento... Ma c'eri anche tu. E non era belle vedervi insieme. -

Brian rimase in silenzio, guardando fisso davanti a sé, verso la scrivania corredata di computer.
- Sono stato stupido. - ammise Ethan - Tradirlo... Ero davvero un ragazzino. - Fece una risatina di autocommiserazione - Lui mi piaceva davvero, e io l'ho trattato di merda. Perché tanto sapevo che non ti avrebbe mai dimenticato. Mi rodeva, e quindi l'ho fatto solo per ripicca. - spiegò in tutta calma. Ne parlava come se fossero passate decine di anni, non solo uno e mezzo.
Wolf si adagiò sulle gambe di Brian, decidendo di dargli una seconda possibilità. Lui lo accarezzò, acquistando un sacco di punti.
- Io però non ero innamorato. - continuò il ragazzo - Mentre tu... Sì? - si arrischiò a domandare.

- ... Dovevamo sposarci. -
- Suppongo che questa posso prenderla come un sì. Mi dispiace che se ne sia andato. Se hai deciso di sposarlo non mi viene in mente nulla. Nulla per cui poteva andarsene. -
Per qualche secondo si sentirono solamente le fusa del gatto, finché Brian non decise di parlare.
- Perché oltre a scopare volevo fare altro. Volevo... Stare semplicemente con lui, coccolarlo. Mi bastava dormire insieme. E a Justin non andava bene. Non ero più Brian. Ma che cosa ne poteva sapere lui, cazzo ? Ero sempre me stesso. E non si è mai sforzato di capire che mi stavo comportando così perché ci tenevo. Sembrava volesse solamente il mio cazzo dentro il suo culo. -
- Dio! - Ethan fece una risata liberatoria - Non pensavo fosse davvero un pezzo di merda simile. -

Brian scosse la testa, scuro in volto. Ethan si schiarì la gola, forse quell'uscita se la poteva risparmiare.
- A Justin sono sempre piaciuti gli stronzi. Forse è per quello che è venuto dritto da me. - sorrise, lanciando un'occhiata al pubblicitario. Riuscì a strappargli un sorriso, anche se vagamente tirato - E quando ti sei ammorbidito un po', non gli sei più andato a genio. Beh... Si cambia nella vita, no? -
- Già... - annuì Brian in tono aspro, come se avesse ingoiato un limone intero.
- Però mi sembra di capire che sei tornato lo stronzo che eri un tempo, no? -
Brian si voltò verso di lui, con gli occhi più languidi del solito. Bloccarono il battito di Ethan per un lunghissimo istante.
- Certe volte è difficile lasciarti le cose alle spalle. - commentò per risposta, e il ragazzo abbassò la testa, non sapendo cos'altro dire.

- Comunque... Ti ripeto, per me non è un problema andarmene. Capisco che non ti senti a tuo agio. E poi come farai quando dovrai ricevere la tua clientela preferita? Davvero, non importa. Mi ha già colpito che tu mi abbia fatto varcare quella porta di nuovo. - disse alla fine Ethan, guardando il parquet come se fosse la cosa più interessante e affascinante del mondo.

Calò di nuovo un silenzio imbarazzante, interrotto poi da una bassa risata di Brian.
- Tu invece sei cambiato un sacco da allora, a quanto sembra. - commentò. Anche Ethan sorrise, piuttosto divertito.
- Credo di essere cresciuto. Prima ero una testa di cazzo possessiva che credeva che il mondo si dovesse inginocchiare ai miei piedi. Adesso sono una testa di cazzo possessiva, ma che sa che il mondo se ne frega di lui. Anzi, che cerca di fotterlo ad ogni occasione... -
- Vedila dal lato positivo, ieri notte non è stato male. -
Ethan gli tirò un leggero pugno sulla spalla.

- Ehi! - Brian finse di lamentarsi - Era un complimento, avrebbe dovuto farti piacere. -
- Moltissimo! - continuo a sorridere, portandosi un ciuffo dietro l'orecchio - Quindi vuoi che riprendi la mia borsa, sistemi tutto ed esca dal tuo appartamento? -
- In realtà ora mi basterebbe solo qualcosa che mi riempia la stomaco. Ho stranamente una grande fame. -
- Lo sapevo. - civettò Ethan altezzoso - Ho lasciato tutto per te. Lo trovi dentro il forno. -
- Sei una perfetta donnina di casa, Fiocco. - Brian alzò la mano sul viso di Ethan, sfiorando una guancia, per sistemare anche l'altro tirabaci dietro l'orecchio - Sei anche freddo, Ian. -
- Forse è il caso che vada a farmi una doccia... Credo. - mormorò ritirandosi dalla mano di Brian.
- Puoi usarla comodamente. -
Ethan si alzò, prendendo qualcosa dalla valigia e facendo per andare in bagno. Poco prima di arrivare si voltò e guardò Brian che si stava muovendo per andare in cucina.

- Credo che sia stata una buona cosa parlare. -

Brian annuì trafficando con le stoviglie, senza guardarlo. Ma senza nemmeno ignorarlo.
Ethan sorrise entrando nella bella doccia spaziosa.
Era piuttosto soddisfatto della giornata.

- Oh, che bello, vuoi vedere che adesso si mettono insieme?! - stava esclamando Emmett battendo le mani come una foca del circo.
- Oh mamma mia, roba da film dell'orrore. - fu il commentò di Ted prima di infilarsi una foglia d'insalata in bocca.
- Sarebbero la coppia perfetta, due cecchini, o qualcosa del genere! -
- Cecchini? - ripeté Michael sorpreso - Guarda che non hanno mai ucciso nessuno! -
- Ma sentito che ne uccide più la lingua della spada? - domandò Emmett - Beh, con le cattiverie che potrebbero dire ammazzerebbero mezza Pittsburgh. -

- Non dicono cattiverie. - replicò Michael con un sorriso - Commentano ad alta voce! Comunque penso che le cose miglioreranno sempre di più, dopo la chiacchierata che hanno fatto. Brian aveva solo bisogno di un po’ di spinta. E un pizzico di coraggio. -

- Brian? Di coraggio? - Ted lo squadrò alzando aristocraticamente un sopracciglio - Lo sai di cos'avrebbe bisogno di Brian? -
- Di una finestra in più nel loft? - La voce di Ethan appena entrato nel locale s'intromise nel discorso.
- Ciao Fiocco! - lo salutò una Debbie raggiante.
Michael gli fece posto al tavolo, sembrava quasi che si conoscessero da sempre. Ethan non aveva ancora ben capito che razza di rapporto fosse quello che intercorreva tra Brian e Michael, qualcosa di più di due fratelli, qualcosa di meno di due amanti... Qualcosa di strano. Ma profondo.
Michael gli piaceva, aveva un bel sorriso, simpatico, sincero.
Esattamente come sua madre.

- Cosa ti posso portare, tesoro? - chiese Debbie con il blocco in mano pronta a segnare.
- Mi piacerebbe una fetta di torta al limone. E del caffè. -
- Arrivano subito! - Debbie corse veloce dietro al bancone per prendere dalla tortiera esposta la fetta più grossa.
Ethan si sentiva lo sguardo puntato addosso. Da Ted e Emmett.
- Posso fare qualcosa per... voi? -

- Come va con Brian? - domandò all'istante Emmett, con gli occhi spalancati dalla curiosità.
- Emmett, che cavolo! - sbottò Debbie posando sul tavolo le ordinazioni - Fatti gli affaracci tuoi una buona volta! -
- Lo chiedo solo per dovere di cronaca! - rispose lui angelico.
- Brian è stato molto gentile con me. - disse Ethan in tono pacato - Tutto qui. Cercherò di ripagarlo coi soldi del mio lavoro. E quando il mio appartamento sarà stato finalmente liberato da quegli schifosissimi scarafaggi, tornerò là. - spiegò mettendo lo zucchero nel caffè - Tra noi due non c'è nulla. -

- Per ora. -
Ethan sbuffò e si rivolse verso Debbie.

- Non è che sai se c'è qualcosa qui in giro che posso fare per racimolare un po’ di soldi? Mi torneranno utili, per pagare l’affitto con Brian, e anche per la scuola. -

- Mi dispiace Fiocco, ma in questi tempi di crisi nessuno vuole nessuno. - Scosse la testa sconsolata.
- Potresti andare a fare lo spogliarellista. - consigliò Ted.
- Mh, no, non ha il fisico giusto. - commentò Emmett con occhio esperto.
- Lo lasciate mangiare in pace, per la miseria?! - sbottò Michael - Ethan, posso aiutarti io, potrei dare il tuo nominativo a quello che mi consegna i fumetti, ogni tanto ha bisogno di un ragazzo per fare le spedizioni. Sarebbe saltuario, ma meglio di niente. -
- Grazie. - Ethan sorrise - Non sarebbe male. -
- Oppure potresti continuare a suonare per strada, però nudo. - tentò Emmett - Credimi, funziona! -

Ethan, inaspettatamente rise.

- Ne sono sicuro. Con questo freddo poi, attirerei molti benefattori pronti a lasciarmi tante generose offerte. -
Ripresero a mangiare e finalmente non furono né lui, né Brian il centro del loro discorso. Riuscì persino a scoprire che Ted e Emmett non erano delle cattive persone, forse solo tragicamente pettegole. Brian sembrava scegliersi degli amici interessanti.

All'inizio si era sentito un po' a disagio nello stare insieme a quella compagnia, in fondo loro erano stati gli amici di Justin, e anche loro probabilmente avevano dovuto sapere che lui... l'aveva tradito di punto in bianco.
Però sembravano non volergliene fare una colpa, anzi, sembrava che non importasse proprio nulla. Lo rassicurava un poco, l'avevano trattato come uno del gruppo. Anche se la cosa un po' lo spaventava.
Che non diventasse lui il nuovo Justin?
Erano le due quando Emmett e Ted si alzarono per andare al lavoro, e anche Michael salutò Debbie, avviandosi al negozio. Ethan decise di accompagnarlo.

- Volevo chiederti una cosa, se non pensi che io sia un ficcanaso. - iniziò Ethan mettendosi le mani in tasca.
- Chiedi pure! -
- Da quanto vi conoscete tu e... Brian? Sembrate così legati. Sembra quasi che siate una... Coppia. -

Michael rise e guardò Ethan.

- Non sarai geloso, vero? -
- No, assolutamente! - Fece una smorfia - E' solo curiosità! Vedo che con te si comporta diversamente dagli altri... Anche se quel giorno della festa ti ha dato un pugno di fronte a tutti. -

- Già... - Michael scosse la testa con un leggero sorriso - A me... Il suo rapporto con Justin mi è sempre sembrato un po'... particolare. E non sopportavo l'idea che l'avesse piantato... per te. - Lo disse con un po' di remore, quasi fosse scortese da parte sua dirlo.
- Non volevi che soffrisse, vero? - replicò invece Ethan, non pensandoci nemmeno.
- Sì. - annui Michael - Lui era davvero innamorato. E Justin... Beh, Justin... -
- Anche Justin lo era. - affermò il ragazzo, guardando avanti - Ma era anche molto infantile. - mormorò - Beh, lo ero anch'io, su questo non ci piove. -

- Anche noi non brilliamo sempre di maturità, te lo assicuro. - sorrise Michael; quando arrivarono al negozio e aprì la porta - Bene. Se entri, faccio una telefonata al fornitore così ti spiego cosa dovresti fare nel tuo pseudo-eventuale-nuovo lavoretto. -
- Grazie... - sorrise piano Ethan, entrando.

 

 

.Continua.

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Capitolo 11
*** 11. ***


11

11.

Il Leopardi si deprime

 

- Avrò un lavoro! - esclamò Ethan quella sera, Brian si voltò sulla sedia girevole del pc - Così potrò ripagare la tua ospitalità. Non sarà tutti i giorni... E’ una cosa saltuaria, ma sempre meglio di niente! - spiegò al pubblicitario.

- Di che si tratta? -
- Una sottospecie di corriere... --
- Droga? Buono, lì, si guadagna molto bene. - disse Brian con convinzione.
- No, non droga! Michael ha parlato di me con quello che recapita i fumetti, se avrà bisogno farò io da corriere! -
- Aaahh... - annuì pacato. Non gli disse che pochi minuti prima aveva telefonato a Michael, e gli era già stato detto - Interessante. -
- Poi beh, ho ancora qualche soldo del primo lavoro che mi hai trovato tu, e i dodicimila dollari, di tanto in tanto posso ritirarne qualcuno, posso provvedere a me stesso in questi termini. - spiegò da perfetto uomo di casa.

- Guarda che io non ti ho chiesto niente per il periodo in cui starai qui. - ricordò Brian.
- Lo so, però voglio farlo, è mio dovere, non mi va di usufruire e basta. Per cominciare ti risarcirò le lenzuola che Wolfram ti ha rovinato... Poi, posso occuparmi di casa tua. Non toccherò nulla, ti prendo la posta... -
- Come una brava e perfetta mogliettina. -

- Vivo da solo da quando ho lasciato i miei in Virginia, me la so cavare. - disse invece - Odio essere di peso, e odio dipendere da qualcuno. -
Brian annuì lasciando vagare lo sguardo per un po'.
- Lo sai che ti hanno richiesto per un altro spot? -
Ethan cadde dal bracciolo della sedia, finendo col sedere per terra.
- Da... Davvero?! - esclamò arrampicandosi per il divano. Brian confermò.
- La nuova collezione di cofanetti da trucco per la primavera. E mi hanno chiesto di te. Sotto fervente consiglio di Nadir. -
Ethan sorrise con le guance che si imporporavano. Allora Nadir non se l'era presa con lui per il suo rifiuto.
- Wow, è fantastico! -

- A quanto pare ti stai rendendo famoso nel mio campo. - Brian guardò il viso di Ethan che si colorava pian piano. Trovava leggermente irritante che avvenisse dopo aver pronunciato il nome di Nadir.
- Non riesco a crederci... Wow. Anche se con alti e bassi... Questo periodo mi sta andando abbastanza bene! -

- Non è il periodo. - replicò Brian voltandosi di nuovo verso lo schermo - Sei tu che sei eccezionale. -
Non poteva credere di aver detto davvero una cosa del genere.
Ethan sorrise, fiero di sé, faceva un certo effetto sentirselo dire da uno come Brian. Anzi. Da Brian in persona.
- Grazie! - esclamò gongolando.

- Ora tirartela troppo. Mi è scappato. - replicò in tono menefreghista, concentrato sullo schermo.
- Sì, certo! - rise Ethan avvicinandosi, si chinò appena per vedere cosa c'era sul monitor per poi voltarsi verso Brian - Se tu fossi un animale, ora staresti soffiando come un gatto, perché sei arrabbiato per esserti lasciato scappare un complimento a me! - Era trionfante.
- Allora, mentre finisci di lavorare ti preparerò qualcosa, così mandi già questo affronto personale al tuo ego. - Ridacchiò mentre si portava dietro il banco di cucina.
- Sciocchezze! - sibilò Brian, e dopo qualche istante di silenzio si voltò verso Ethan, che alzò lo sguardo allo stesso momento e fece un sorriso che Brian ricambiò automaticamente, per abbassarlo subito.

In quella casa stava succedendo qualcosa che non gli piaceva.
O che perlomeno, non gli sarebbe dovuto affatto piacere.

Il tempo passò, giorno dopo giorno, in una sorta di calma apparente che tranquillizzò gli animi, soprattutto quelli di Debbie, Michael e Ben, Ted ed Emmett, per la gioia del gossip.
Brian e Ethan avevano continuato ad abitare insieme, Ethan si era prestato a quella pubblicità, e anche ad un'altra in cui era stata richiesta la sua presenza. Aveva guadagnato un considerevole gruzzolo, gli era andata proprio bene, sembrava che le agenzie di moda amassero la musica classica per dare un tocco di eleganza in più ai loro spot, meglio per lui.
Il conto in banca si era gonfiato in modo soddisfacente, ed era stato in grado di pagare metà delle spese per l'appartamento, oltre che a provvedere autonomamente a se stesso, e a Wolfram.
Il suo appartamento non era ancora agibile. Dopo due fottutissimi mesi, gli scarafaggi non se n'erano ancora andati. O forse era solo quella vecchia acida della padrona di casa a non aver ancora chiamato quelli della disinfestazione, ormai Ethan aveva già dato per dispersa quella causa.
Quindi gli toccava rimanere con Brian.

Quel giorno era rientrato prima del pubblicitario, quindi molto diligentemente aveva raccolto la posta dalla buca ed entrò in ascensore, tanto ormai possedeva ogni sorta di chiavi di quella casa.
Bolletta, bolletta, pubblicità, e una cartolina.
Raffigurava un paesaggio straniero europeo.
Europa?
Ebbe quasi il timore di girarla per vedere il mittente. Ma si ripeté che non era suo diritto e che non doveva interessargli. Per niente.

Era da parte di un certo George.
Tirò un sospiro di sollievo. Chissà perché, poi. In fondo non era fatti suoi, Brian non poteva ricevere posta da uno dei suoi innumerevoli amanti sparsi per ogni porto del mondo?
Stava diventando paranoico. E anche stupido.

Entrò nell'appartamento e posò la posta sul tavolo, salutando Wolfram e sbuffando vedendo il letto sfatto di Brian come ogni santissima volta. Prese una camicia buttata li sopra a casaccio e la guardò prima di sistemarla. Quasi automaticamente se la portò vicino e sentì tutto il profumo di cui era impregnata. Se la scostò di scatto quando sentì dei rumori alla porta.
- Cosa stai facendo? - era Brian.
- Niente. - rispose all’istante - Sistemavo il letto. -

- Lascia perdere... Tanto la disferò molto presto. - sorrise malizioso, quella sera aveva in programma di andare al Babylon, ed era chiaro che si sarebbe portato dietro qualcuno.
A Ethan non dispiaceva tantissimo quella cosa, anche perché lui dormiva sempre sul divano, come un sasso, con nelle orecchie gli auricolari con inserite le musiche di Mozart, quindi si accorgeva di poco o niente. Aveva il sonno molto pesante.
- Tu non vieni? - gli chiese mentre si sfilava la giacca, dopo il lavoro.
Ethan si irrigidì un momento.
Gli faceva uno stranissimo effetto andare al Babylon con Brian, soprattutto perché spesso finivano la serata a ballare insieme. E quei momento gli davano seriamente da fare.
- No, grazie. -

- Non ti farebbe male ascoltare qualcosa di diverso dalla tua musica classica, per una sera. -
- Se quella che c'è al Babylon si può sempre definire musica... Comunque non me la sento, ho mal di testa, credo rimarrò un'oretta alzato giusto per suonare. Stai tranquillo. - continuò distogliendo lo sguardo da Brian - Finirò molto prima che tu torna a casa con la tua conquista della sera. -

Brian non rispose, si fermò ad osservare le spalle di Ethan che si muovevano mentre sistemava, o faceva finta.
Le spalle sottili, le braccia muscolose, da suonatore di violino, delicato ma deciso, come i rami di un albero.
Gli posò una mano sulla schiena, era caldissima, Ethan s'irrigidì come un ghiacciolo, non se l'aspettava. Non disse nulla, un po' perché era scioccato, e un po' perché... Beh, perché non gli dispiaceva.
Era una mano grande, gli faceva piacere sentirsela sulla maglietta, a pochissimi millimetri dalla pelle nuda.

Anche Brian continuava a rimanere in silenzio, con la mano che sembrava andare a sfiorare da un momento all'altro quel lieve lembo di pelle nulla. Flash di quella loro unica volta corsero al suo cervello, per sparire quasi subito.
- Ti... Ti è arrivata una cartolina da un certo George. - mormorò Ethan sperando di cavargli fuori qualche parola, ma non cambiando posizione e rimanendo sempre fermo e rigido.

- George? - mormorò Brian dopo qualche minuto di silenzio assorto - Chi cavolo è George?! -
- Non lo so... - rispose lui - Amico tuo, non mio. -
Finalmente la mano di Brian cadde dalla sua schiena, lasciando al suo posto un freddo anomalo, un alone di aria fredda stranamente vuoto che gli impresse una sgradevole sensazione di spaesamento.
Brian si preparò mentre Ethan intanto faceva da colonna sonora, ripetendo un pezzo di Mozart che adorava, esattamente quello che gli avevano commissionato per l'ultimo spot dei jeans per donne.
Si sentiva bene, a posto, il conto in banca era stato ampiamente tranquillizzato con quei lavoretti, non era certo diventato milionario, ma i soldi per pagarsi la retta per almeno il primo anno di Accademia ormai erano in suo pugno.

- Allora... - Brian si infilo una camicia nera senza maniche, e un paio di pantaloni che rendevano piena giustizia al suo fondoschiena - Sei messo bene con la pecunia, ora? -
- Yes1 - annuì Ethan fermando per un attimo l'archetto - Sì. Presto potrò togliere il disturbo e partire. Tranquillo! - scherzò - Sarai il primo a sapere quando diventerò un grande musicista! -

Brian annuì sorridendo, sistemandosi un polsino.
- Non ne dubito. Probabilmente sentirò parlare di te ai telegiornali. "Il più grande artista scazzoso di sempre, un arrogante ragazzo prodigio che tutti odiano per la sua lingua, ma tutti amano per la sua bravura"! - declamò in tono pomposo, Ethan rise riprendendo a suonare, danzando leggermente.
- Scherza scherza, ne riparleremo! -
Brian gli passò accanto scompigliandogli i capelli mori.
- Vado, vedi di farti trovare a nanna quando torno, non voglio seccature con gli ospiti. - si assicurò in tono frivolo.
- Vaffanculo. - replicò tranquillamente, ormai quello scambio di battute era un classico.
Nonostante tutto il tempo che era passato, a Ethan quella situazione continuava a sembrare un po' strana.
Lui e Brian non stavano insieme, no, affatto. Però vivevano insieme come se fossero stati due fratelli. Si prendevano in giro, a volte avevano litigato furiosamente, altre volte si erano trovati d'accordo su parecchie cose in una volta sola.
E avevano scopato. Non tante volte, quattro, cinque al massimo in due mesi, dopo quella particolare prima volta. Non c'era niente da dire, Brian scopava che era una meraviglia, il dono in terra del dio dell'eros che doveva aver solidificato il suo sperma per regalarlo agli uomini del pianeta.

Poteva finalmente affermare, che la convivenza con Brian era stata una delle cose migliori degli ultimi tempi, nonostante tutto. E il pubblicitario, dopo pochi giorni iniziali dove era sembrato scegliere con cautela come comportarsi, aveva finalmente capito che non c'era nessuno pericolo di un Justin 2. L'unico che sembrava non volersi scollare da lui era soltanto Wolfram, che lo aspettava sempre davanti alla porta di casa.
- Meglio se ti fai trovare addormentato, tu. - lo riprese Ethan con un sorriso prima di tornare a suonare - Ha minacciato di lavarti, l'ultima volta che è quasi inciampati su di te al buio. -

- Meow. - commentò il felino lanciandogli un'occhiata altezzosa, che stava a dire che Brian era suo, e di nessun'altro gatto.
Doveva ammetterlo, Brian non era poi così malaccio come gli era sembrato.
Certo, era pur sempre un arrogante del cazzo, pitocco e esageratamente frocio. Ma in tutto quello, era simpatico. Si era reso conto che non era poi così stronzo, anzi. Si sbatteva un sacco per gli altri, anche se poi gli altri spesso non se ne rendevano neanche conto. Era come una specie di supereroe, come diceva Michael.
Come diceva quel fumetto che Michael e Justin avevano fatto insieme.
Smise di suonare sbuffando, scrollando un poco le spalle. Pensare a Justin gli faceva venire i brividi. Più di due anni da quando se n'era andato, definitivamente.

Decise di sconnettere il cervello. Magari servendosi al piano-bar di Brian. Era inutile avvelenarsi il fegato pensando alla fastidiosa immagine di Justin che pendeva dalla sua testa. Finalmente erano riusciti tutti a dimenticarlo, e non era il caso di farlo riaffiorare, in quel momento, dove andava finalmente tutto bene.

- Continui a fare conquiste. - Commentò Michael - Sarà almeno il quarto ragazzo che ti lancia occhiate nel giro di cinque minuti. E non gli dai retta. Ultimamente noto che te ne prendi solo carini e mori! -
- Stai insinuando qualcosa? - chiese Brian alzando un sopracciglio, finendo il drink.
- Chi, io? -

- Sì, tu. -
- Assolutamente. - sorrise Michael civettuolo.
- Assolutamente sì o assolutamente no? -
Mikey rise, dandogli un gentile pugno sulla spalla.
- Eddai, ammettilo, Fiocco ti sta facendo perdere la testa! -
- Non dire sciocchezze. - replicò lui - Lo sopporto solo perché... Attira un sacco di ragazzi. -
- Ah sì? - ridacchiò lui.
- Sì. - annuì convinto - Non hai idea di quanti giovani vengano attirati allo studio dalla sua presenza. Non è affatto male. E' un po' come un cane per gli eterosessuali. -

- Oh, questo è vero. Qualche volta, quando ha due minuti liberi, scende per aiutarmi a mettere via la merce in negozio. Vedessi quanti adolescenti nerd con gli ormoni che ballano la rumba vengono attirati in negozio convinti che lavori lì. Faccio vendite da favola! -

- E' uno stronzetto ma becca un sacco. - annuì Brian - Ottima cosa. E poi sembra che lui che dorme sul divano sia uno stimolante naturale per quelli che mi porto a letto, il brivido di un terzo incomodo... Eccitante. -
Michael rise scuotendo la testa, bevendo la sua Coca Cola.
- Io continuo a dire che tra voi c'è qualcosa. -
- Sì, un gatto possessivo. -
- E gli vuoi bene. -
- Gli voglio bene perché grazie a lui rimorchio. -
- Quindi gli vuoi bene? -

- C'è reciproca stima tra noi, ora. -
- Dunque, tradotto nella tua lingua equivarrebbe a un Si, gli voglio bene, quindi posso ritenermi soddisfatto. Credo che quel ragazzo laggiù sia il vincitore della serata! E' il più carino. - Posò una banconota sul bancone e salutò Brian - Ben mi sta aspettando. Buon divertimento! - sorrise allontanandosi piano tra la folla.
Il ragazzo notato da Michael era veramente il più bello della sera. Non particolarmente alto, dai capelli scuri e occhi intensi e marroni. Si avvicinò e Brian gli sussurrò qualcosa all'orecchio.

- Quanti anni hai, carino? - gli domandò con un sorriso allusivo.
- Sedici. - sorrise lui prendendo il posto di Michael. Brian alzò gli occhi al cielo, mettendosi in piedi.
- Scusa bello, ma è meglio che te ne torni a casa, quelli come te dovrebbero essere già a letto da un pezzo. - sospirò. Cavolo, ma perché ultimamente attirava soltanto minorenni arrapati? Cos'era, aveva feromoni minorili?
- So succhiare molto bene. - disse il giovane con un sorrisetto predatorio, e Brian tornò immediatamente sui propri passi.
- Come hai detto che ti chiami? -

- Ian. - sorrise, ritrovandosi dopo dieci minuti nella macchina di Brian e ammirandola proprio come un ragazzino.
- E' una figata quest’auto! -
- Già. - annuì Brian troncando ogni discorso, sperando che il moccioso fosse veramente bravo a fare pompini. La bocca in quel momento gliel'avrebbe riempita molto volentieri.

 

- Tu che ne pensi? -
- Penso che non dovresti ficcare il naso. - rispose Ben, già sotto le coperte - Ci pensa già abbastanza tua madre a quello. -
Michael rise e lo seguì, abbracciandolo.
- No, non dire così. - mormorò languidamente - E' che non riesco a fare a meno di pensarci, Brian sembra così equilibrato... -
- Se son rose fioriranno, diceva qualcuno. - commentò lui baciandogli la fronte - E stanotte non voglio parlare di fiori. -
Michael fece un sorriso tenero, lasciando vagare la mano sul suo fianco muscoloso.
- Sì, sono decisamente d'accordo... -

- Queste sono della parole stupende. - mormorò Ben, Michael gli portò le braccia al collo, chiudendogli languidamente le labbra.

 

 

.Continua.

 

 

 

 

 

 

Come al solito si ringraziano tutte le persone che hanno messo questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, e naturalmente un grazie a quei pochi che commentano!;)

Grazie, apprezziamo lo sforzo!

Alla prossima!

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Capitolo 12
*** 12. ***


12

12.

Il Leopardi si deprime

 

Ethan era ancora sveglio, braccia incrociate sotto la testa nel suo divano/letto a guardare il soffitto, quando sentì la serratura scattare. Si sistemò le cuffie nelle orecchie e tirò la coperta per far notare che stava già dormendo.
- Oh... E’ tuo questo gatto? -
Un voce troppo giovane. Ethan si bloccò dal premere play.
- No, non è mio. Possiamo smettere di parlare, ora? - sospirò Brian.
- Ma... C'è qualcuno sul divano! -

- Sì. - disse un Brian sorridente, e malizioso - E' il mio inquilino. -
- Ma... Non possiamo... -
- Sì che possiamo. - affermò trascinandolo dentro e chiudendo la porta - Ascolta musica, Fiocco. -
- Fiocco? -
Fiocco?! Quella gliel'avrebbe fatta pagare, brutto stronzo, pagare carissima!
- Lascialo perdere, non si accorge nemmeno di noi. - Brian lo prese per mano fino a farlo arrivare al letto, mettendosi su di lui e levandogli la maglietta - Sto aspettando di saggiare la tua bravura. -

- Sì... Subito! - sussurrò veloce, portando il viso vicino ai jeans, tirando giù la zip e abbassandoli.
- Fate pure finta di niente. - disse Ethan con tutta la tranquillità del mondo, passando per la camera, andando in bagno. Ian si bloccò guardando Brian e la porta del bagno che si richiudeva, e da cui un istante dopo sbucò di nuovo la testa di Ethan - Ah, Brian, ha chiamato il dottore. Dice che dovresti prendere più seriamente il fatto che hai preso le piattole. -
- Piattole?! - ripeté Ian scostandosi, un bel po’.
- Oh sì. C'è praticamente un gregge lì in mezzo! -

- Ethan, che cazzo stai dicendo?! - sbottò l'oggetto del discorso, piuttosto irritato.
- Senti, non penso sia bene farlo adesso... - mormorò Ian.
- Fermo! - esclamò Brian trucidandolo con uno sguardo - Non ti muovere. - gli ordinò, seguendo poi l'altro fino in bagno, chiudendosi la porta alle spalle - Che cazzo ti è venuto in mente?! -
Ethan era là che si sciacquava la faccia, indifferente.
- Chi, io? Mi volevo divertire un po' anch'io... - sorrise di riflesso nello specchio.
- Non è divertente. -
- No, per te no. - sorrise voltandosi verso di lui, asciugandosi le mani - Per me un sacco. -
Brian lo squadrò male, malissimo. Si avvicinò a Ethan spingendolo contro il lavandino con la schiena.

- Ti è sempre andato benissimo che mi portassi qualcuno a casa mia, cominci a rompere le palle ora? -
- Mi hai chiamato Fiocco con quello! - sbottò Ethan - Con tuo tono psuedo-affascinante e molto irritante! Non lo sopporto! -
- Ma non dovresti avere avuto quelle cazzo di cuffie accese?! -
- Ehm... ragazzi.. - il flebile richiamo di Ian dal letto li raggiunse.
- ZITTO TU! - dissero all'uniscono tornando a guardarsi a vicenda.
- Scusa, ma non voglio assistere a questo... litigio a lungo, eh. -

- Moccioso, fatti i cazzi tuoi! - sbottò Brian al suo indirizzo, lanciandolo a bocca aperta.
- Come cazzo di permetti?! - replicò acido - Vaffanculo, non hai più l'età per poterti permettere di parlare così a me! - Detto ciò, prese la sua maglietta e se ne andò bellamente infuriato.
Brian rimase di stucco.
- ... Ha detto che sono vecchio?! -
Ethan scoppiò a ridere sinceramente divertito.
- Un tipetto simpatico ti sei trovato, stavolta! Devo ammettere che preferivo quello che ascoltava i Pearl Jam. -

Brian seguì la voce del ragazzo, sbuffando, quella serata stava andando bellamente a rotoli. Quando uscì vide Ian che accarezzava Wolfram. Quel dannato gatto ci provava con tutti.

- Oh beh, certo che te lo sei scelto giovane! - esclamò Ethan squadrando Brian, piuttosto sardonico.

- Fiocco. Zitto. - sibilò scuro in volto - E tu. E' meglio che per stasera te ne torni a casa. Ho perso l'ispirazione per sopportarti. -
Ian li guardò entrambi, alzando un sopracciglio. Fece un ultimo grattino al gatto e poi si alzò.
- Voi due sembrate Cip e Ciop, per l'amor del cielo, fatevi curare! - sbottò, e imboccò la porta, svanendo alla vista.
Ethan sibilò.
- Ha parlato quello che assomigliava a Pippo. - mormorò acido.

- Bene, Fiocco. - Brian calcò l'ultima parola - Quale neurone del tuo cervello non funziona, per avermi fatto andare a monte la serata? -
- Te l'ho detto. Non era niente di particolare... Non mi è piaciuto come hai parlato di me a quel ragazzino. -

- Il tuo nome è Fiocco... - mormorò lui.
- Non è vero! - sbottò piccato - Mi chiamo Ethan! -
- Come dici, Ian? - lo prese in giro Brian.
Ethan sbuffò lanciandogli un'occhiata affilata.
- Checca di mezza età. - sibilò pianissimo, ma non tanto da non farsi sentire.
- Cooooooooooosa?! -
- E' così che ti chiama Debbie! - si affrettò a parare.
- Io non sono di mezza età! -
- Beh insomma... -

- Per colpa tua, la mia serata è andata a farsi fottere! E ora mi stò davvero incazzando. -
- Brian... Volevi farlo con uno di, quanti anni aveva? Sicuramente andava ancora alle medie... - sospirò Ethan.
- Mi hai fatto scappare Ian, Fiocco. Ma si dà il caso che io ne abbia un altro, a portata di mano. -
Ethan si guardò un po’ intorno, prima di capire che si parlava di lui.

- Cosa? No no no, neanche per scherzo, non sono dell'umore giusto per farlo, e figurarsi quando è per ripicca! -

Brian lo guardò in tralice, a braccia conserte.
- Mi devi una scopata. -
- Bravo, segnatelo. - rise lui tornando al divano - Ti pago anche quella. -

- Me la devi ora! - precisò Brian andando verso il divano. Ethan lo fissò e scosse la testa.
- Non ci penso nemmeno! -
- E allora sta’ zitto. - Lo prese per il braccio attirandolo a sé, con la mano già posata dietro la sua schiena, facendo avvertire ad Ethan le stesse strane sensazioni di poche ore prima.
- Tu non hai voglia di farlo... - mormorò - Lo fai perché sei incazzato perché ho fatto andare via quel ragazzino! -

- Può darsi. - sorrise lui languido - E' un problema? -
Ethan rimase interdetto, spinto contro il suo corpo, caldo sotto i vestiti.
- Non mi piace essere usato come tappabuchi! -
- Vuoi sentirti dire che voglio scopare con te? - Il ragazzo non seppe che dire. E Brian non gli diede modo di pensarci.
Lo baciò, prima sulle labbra, suggendole piano, dolcemente, piene e profumate, sapevano di cannella e profumo da uomo, poi premendo leggerissimamente, senza troppa pressione, chiedendo deliziosamente il permesso.

Permesso che non tardò ad arrivare. Ethan dischiuse la bocca e presto il bacio divenne più intenso, pur mantenendo qualcosa che lo faceva sembrare dolce e delicato . Portò le mani sulle braccia di Brian, mentre sentiva quelle del pubblicitario scendere dalla schiena fino ai fianchi, dove gli trasmetteva mille piccole scariche, decisamente piacevoli.

Le mani di Brian, calde, forte, digradarono ancora, fino ai suoi glutei, togliendogli un battito.
Quello sì che era inaspettato.
Ethan insinuò le dita al di sotto della sua camicia, sfiorandogli la pelle nuda, muscolosa e rovente, ancora completamente perduto in un bacio focoso che si stava facendo sempre più profondo.

- Brian... - mormorò ansimò contro le sue labbra, per essere messo a tacere un secondo dopo con un altro bacio - Letto... Il letto.. - rantolò a fatica, mentre scopriva quel corpo fantastico, posando le labbra sulla scapola.
- Oh... Fin là?! - sospirò l'uomo, gli piacevano le sensazioni che gli trasmettevano i respiri spezzati di Ethan, quando lo baciavano o lo succhiavano in quel modo.
- Saranno venti passi... -
- Zitto e continua! - replicò Brian secco - Abbiamo a disposizione ogni centimetro di questa casa... -  strinse le natiche sode del violinista, portando poi le mani davanti pronte a slacciare il bottone dei jeans.

Ethan rabbrividì di piacere. Era una sensazione densissima, lussuriosa, l'eccitazione di Brian contro la sua, era qualcosa di dannatamente peccaminoso, ogni volta gli succedeva, ogni volta la testa partiva verso orizzonti inesplorati, e assolutamente dissoluti.
Quanto cazzo era eccitante.
Gli strappò praticamente la camicia di dosso, trascinandolo in un altro bacio umido, Brian sembrò gradire particolarmente quella presa di posizione, gli mordicchiò il labbro inferiore spogliandosi, lasciando poi vagare le dita sotto i pantaloni di Ethan.

- Brian... Brian... - Gli sfiorò un capezzolo turgido, guardandolo con sguardo lussurioso - Voglio che tu mi... -
Brian lo zittì posando appena le sue labbra su quelle del ragazzo, mentre gli abbassava i pantaloni insieme all'intimo.

- Con piacere. -
- Dimmelo... - Ethan aveva preso a baciare e suggergli il collo - Dimmelo una volta sola... - Una mano in basso, sfiorò l'erezione di Brian, ormai dura.
- Voglio scoparti, Ethan. -

Il ragazzo emise un gemito quasi scocciato.
- Oh, scusa... - riprese Brian sussurrando con un sorriso - Fiocco... -
Ethan gli morse una spalla lasciandosi denudare dalle dita abili, leggiadre dell'altro, si trascinarono lentamente a terra, sul pavimento riscaldato, duro ma liscio, perfetto per perdersi in un amplesso improvvisato che meditava di far sognare.

Sdraiato sul pavimento di schiena, con sotto la camicia di Brian, Ethan lo fissò ansimando mentre gli apriva le gambe, per poi abbassarsi col viso e baciare l'interno coscia, facendogli aumentare drasticamente la temperatura del corpo.
- Oddio... -
- Non scioglierti, Fiocco... - disse Brian staccandosi appena, per poi riprendere a baciare e leccare quella pelle caldissima - Non ancora, almeno. - sorrise con quel tono allusivo e bollente che era in grado di smuovere l'anima.
Non c'era niente da fare, niente da dire, Brian sapeva usare il corpo in una maniera estasiante, indescrivibile, ti prendeva e ti squartava, ti uccideva e ti riportava in vita, ti faceva provare l'orgasmo più esagerato della tua vita e subito dopo era capace di chiederti di andartene perché occupavi il suo spazio vitale.

Quando si insinuò tra le sue gambe, portando una coscia ad avvolgersi attorno a un suo fianco, Brian penetrò Ethan così, con un'unica, lenta spinta.
Ethan represse un piccolo gemito, guardò l'uomo sopra di lui, stringendo gli occhi. Era la prima volta che lo sentiva così, davvero, senza usare nessuna protezione. Evidentemente era troppo una scocciatura alzarsi a quel punto, dove entrambi ormai erano eccitati da morire, per prendere un preservativo.
Brian era grosso, duro e le sue spinte sembravano andare subito a colpire quel punto che lo faceva eccitare tanto da fargli girare la testa.
- O... Ooooohhhh... - sospirò rilassandosi un poco, reclinando la testa e scoprendo il collo.

Non aveva idea di come Brian fosse capace di centrare sempre il punto, direttamente, all'istante.
O forse aveva la capacità di trasformare ogni zona anche solo minimamente erogena in un unico centro nevralgico che faceva impazzire di desiderio.
Distese la schiena graffiando il parquette con le unghie, con Brian che passava la lingua sulla sua pelle, sul suo torace mentre spingeva gradualmente, avanzando di velocità secondo dopo secondo.

E l'idea che quella poteva essere l'ultima volta che poteva sentire il corpo di Brian in quel modo lo attraversò come un fulmine.
I rapporti che aveva avuto con lui erano così carnali, passionali, ma sentiva sempre qualcosa che non aveva mai sentito con gli altri. Neanche con Justin.
Non c'entrava che Brian fosse un perfetto partner e amante.
Semplicemente, Brian era perfetto per lui.
- A... Ah! Oddio... Più forte... Più forte...! Brian... Più... -
- Sei rumoroso stasera, Fiocco. - Brian gli scostò un ricciolo dalla fronte sudata - Come mai...? - ansimò, dando un'altra spinta che gli fece uscire un gemito appena più acuto degli altri.

Ethan gli diede una ginocchiata al fianco, strappandogli il respiro.
- Perché mi piaci, stronzo, lo vuoi capire che mi piaci?! - urlò tutto d'un colpo, completamente preda del delirio pre-orgasmico.
Brian si bloccò, riprendendo il controllo e fissando Ethan intensamente.
- No no no! - protestò lui - Non ti fermare, cazzo, non è importante, lo so che non è importante... Non fermarti ora! - Fece leva sulle braccia per issarsi appena, specchiandosi negli occhi scuri di Brian - Non cambia niente. -

Continuarono a osservarsi per un istante infinito, Brian con la bocca socchiusa in quel modo tipico e adorabile che faceva sembrare la sua bocca un bocciolo di rosa.
Poi riprese a spingere, abbassando le palpebre, facendo leva coi palmi sul pavimento di legno levigato.

Spingeva più forte, tentando di sconnettere il cervello per non ripensare a quello che era appena successo.
Quella frase non doveva agitarlo così tanto, anche se in realtà gli veniva più da sorridere beato come un ebete.
E si chiedeva perché.
Ma forse, temeva di sapere già la risposta.
Un gemito basso e roco si levò dalla bocca di Ethan che venne.
Riaprì gli occhi e lo vide. Rossi in viso, ansimante e ancora scosso dall'orgasmo, sporco del suo stesso piacere.
Era qualcosa di fantastico.

I capelli neri attaccati alla pelle madida, il suo corpo ancora caldissimo, i suoi muscoli in tensione, le sue mani artigliate dalla foga. E quell'espressione di estasi totale, come sotto l'effetto di una droga potente, come se avesse appena avuto una visione.
Brian represse un ansito, concedendosi le ultime spinte, e anche lui provò il fremito dell'orgasmo, nel corpo di un altro, una sensazione esplosiva che lo sferzò come una folgore dritta nelle vene.

Si portò poi su un fianco, prendendo la coperta sul divano che era predestinata ad Ethan. Coprì entrambi, mentre il respiro tornava regolare per tutti e due.
Ethan credette di non aver mai provato sensazioni del genere. Estasi totale, benessere. Mentre Brian veniva dentro di sé era un qualcosa che non avrebbe mai saputi spiegare a parole. Era stato come un sogno.
Ma ora doveva tornare alla realtà. Per quella dannata frase di troppo che aveva pronunciato.

Oh merda... Sì, aveva decisamente fatto una cazzata. Che mi è preso, per la miseria?!?!
Nessuno dei due disse niente, rimasero lì, stesi sul pavimento caldo, nel più completo silenzio, ad ascoltare soltanto i reciproci respiri.

Soltanto il muoversi del gatto per la stanza parve risvegliarli.
- Allora... - iniziò Brian mettendosi su un fianco e guardando Ethan - Tu... -
- Io niente. - Ethan gli diede le spalle - Ti ho detto che non devi badare a quello che hai sentito prima. -

- Però l'hai detto. -
- Ero ubriaco. -
- Non eri ubriaco, stavi scopando con me! -
- Deliravo! -
Brian sbuffò afferrandogli la spalla e facendolo voltare verso di lui.
- Dimmi la verità. -
- ... Pesce d'aprile? -

- Ethan, cazzo, per favore! - sospirò Brian - Non ho certo voglia di stare qui a pregarti fino a mattina! -
Il violinista si morse le labbra e chiuse gli occhi. Contò fino a dieci e rispose.
- Sì, mi piaci, ok?! Ma non iniziare a farti strane idee in testa, perché nemmeno io me le sono fatte! -

- Che strane idee mi dovrei fare? - replicò mettendosi su un fianco - Non sei il primo che prende una cotta per il grande, meraviglioso Brian Kinney. - declamò con enfasi.
Ethan lo squadrò in tralice.
- Non c'è niente di cui vergognarsi. - continuò il pubblicitario - La bellezza infiamma sempre gli animi. -
Il ragazzo sbatté le palpebre, un poco perplesso.
Poi si girò di nuovo, prendendo un cuscino dal divano e poggiandoci sopra la testa.

‘Fanculo.
Era stato lui a farsi tutti quei problemi e parlare con lui, preoccupato che potesse rivelarsi un'esperienza come lo era stata con Justin, e ora che aveva confessato quella cosa... Lo trattava come niente fosse.
E temeva che fosse proprio quello a dargli fastidio. Si sarebbe aspettato un'altra risposta da Brian, qualsiasi altra risposta... Ma non una battuta. Non quell'infelice frase.

Eppure sapeva che sarebbe andata così. Anzi, a dir la verità non avrebbe neppure dovuto confessarglielo. Forse non lo provava nemmeno, era stato solo un delirio derivato dagli ormoni impazziti!
Ma sì, probabilmente era così. Ok, Brian poteva essere bello quanto voleva, ma arrivare a dire che gli piaceva era tutta un'altra storia. Forse aveva solo gonfiato la sensazione di gratitudine che provava nei suoi confronti per averlo praticamente salvato dalla strada.

Brian fissò le spalle di Ethan, e si distese anche lui, fissando il soffitto sopra di loro.
Ad essere sincero, quando aveva sentito quella confessione del ragazzo, il cuore più che perdere battiti ne aveva acquistati un paio di più, tralasciando il sesso.
Si era anche fermato convinto di aver capito male. E invece era vero, tutto vero.
Forse avrebbe dovuto aspettarselo. Le litigate negli ultimi giorni erano quasi sparite e fra loro era un continuo rivolgersi occhiati e sorrisi, anche se non erano di certo da coppiette sdolcinate.
Gli aveva fatto... Piacere?

Per l'amor del cielo... Ethan? Ma era proprio dello stesso Ethan che aveva al fianco che si stava parlando?
Proprio lo stesso Fiocco che non faceva altro che discutere per ogni minima cosa, proprio lo stesso che gli assomigliava in quella maniera oscena, e che non riusciva mai ad abbassare quel mento arrogante?

- Non inizierai a borbottare come una vecchietta inacidita, vero? - Brian non distolse lo sguardo dal soffitto, ma allungò una mano e lo accarezzò piano.
- No. Figurati se ne vale la pena. - replicò Ethan, rubandogli ancora più coperta.

- Ehi, vuoi farmi morire di freddo?! -
- Hai un letto, vacci! - replicò altezzoso.
Brian gli strappò la coperta di dosso, lasciandolo completamente nudo, dando una rapida, soddisfacente scorsa al suo sedere tondo e abbronzato.
- EHI!!! - protestò il ragazzo.
- Vienitela a prendere. - gli sorrise con sfida.

- Brian, non ho intenzione di seguirti per l'appartamento per una fottuta coperta! -
- E’ l'unica che potrai aver... AH! - esclamò tirandola indietro, quando Ethan tentò di coglierlo impreparato - O questa o nulla. -
- Sei uno stronzo! - gli andò appresso, ma Brian gli sfuggì con un'abile mossa.

- Da che pulpito... - soffiò frivolo, sfuggendo di nuovo.
Ethan piazzò le mani sui fianchi, ancora gloriosamente nudo, sbuffando.
- Ti detesto quando fai il bambino. - sibilò guardandolo storto.
- Oh, che faccia scura! - replicò Brian avvolgendo intorno a sé la coperta - Ti arrendi così facilmente? -

- Non mi interessa più. Posso starmene anche nudo che non me ne frega nulla. - Gli diede le spalle, e certo quella non era una brutta visione per Brian.
- Su, Fiocco... - si avvicinò - Pensavo ti piacesse divertirti un po’... -
- Certo. - Ethan si girò di scatto prendendo Brian per i fianchi in un gesto veloce e sbattendolo a terra, ritrovandosi sopra di lui, ridendo - Me la ridai, ora? -

Brian lo baciò premendo una mano tra i suoi capelli mossi, spiazzandolo del tutto.

- Che...cosa... - Ethan si sfiorò le labbra guardandolo sorpreso, tanto sorpreso.
- Sta’ zitto ora, Fiocco... - Brian lo riattirò a sé e lo baciò nuovamente.
Ad Ethan non saltò in mente neanche per un secondo di staccarsi.

 

Michael non aveva ancora aperto il negozio, stava sistemando le nuove copertine che erano appena arrivate, quando un bussare alla porta lo distrasse.
- Siamo chiu... - Non appena vide che quello che lo cercava era Fioc... Ethan, si alzò e andò ad aprirgli - Ehi, che ci fai in giro a quest'ora? - gli sorrise - Vuoi un the? -
- Sì, grazie. - annuì lui sfregandosi le mani, anche se non c'era poi tanto freddo, sembrava nervoso.

Michael era accomodante come sempre, gli offrì un the caldo e ristoratore, con un grande sorriso.
- Allora, come mai sei venuto a trovarmi? -
Ethan rimase in silenzio. Bevette un piccolo sorso della bevanda calda.

- ...Brian. -

- Cos'ha fatto? - Michael era sempre un po' prevenuto quando un ragazzo veniva da lui a parlargli di Brian. Succedeva sempre qualcosa di spiacevole.
- Niente... O almeno... Insomma... - Ethan tentennò sistemandosi meglio sulla sedia, fissando ossessivamente quel the scuro. Poi alzò gli occhi su Michael, con un cipiglio deciso - A te piace Brian, vero? -
Michael si mise a ridere.
- Io voglio un mondo di bene a Brian, ma ti ricordo che io sono sposato. - E gli indicò la fece che condivideva con Ben.
- Quindi tu conosci Brian benissimo, vero? - continuò Ethan imperterrito.

- Beh, sì. E' il mio migliore amico. - ammise dando una risposta complessiva a tutto.
- E' capitato che... L'ho fatto arrabbiare perché gli ho fatto scappare il giochino che aveva rimorchiato per la notte e dopo... Non vuoi i dettagli di tutto, immagino... Io mi sono lasciato sfuggire la cosa... -

E senza che Michael gli chiedesse assolutamente nulla, Ethan sciorinò tutta la serata, momento dopo momento, di come Brian l'aveva trascinato a fare sesso sul pavimento, del gioco della coperta che ne era seguito, di quello che lui aveva detto a Brian, del loro bacio, e della seconda scopata che si erano fatti nell'arco di due ore al massimo.
Ethan sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno, bisogno viscerale, non si era mai trovato in una situazione simile, e non aveva nessun amico a cui confidarlo, era così imbarazzante, strano, non riusciva a gestirlo, e non era cosa da poco.

- Allora? Ti prego Michael... - supplicò mandando giù l’orgoglio - Aiutami a capire! Sono confuso e non capisco più un emerito cazzo di quello che sta succedendo, oggi non ho nemmeno suonato! E' qualcosa di... -
Michael tamburellò le dita sul tavolo.

- Ti posso dire che dopo quello che gli hai confessato, se è successo quel che hai detto... Non gli dispiaci. Voglio dire, Brian è il primo che prende in giro, che maltratta e ridicolizza ogni sentimento, e se con te non è successo... -

- No... Però... Che cazzo, non avrei dovuto dirglielo! - sbottò dandosi un pugno sulla coscia - Cioè, so che non è vero quello che ho detto. -
- Ah no? - sorrise Michael civettuolo - Non hai una cotta per Brian? -
- Sì! Cioè... Insomma, Brian è bellissimo, ok?! Credo che sia normale perderci la testa, ma la mia attrazione è più che altro fisica, scopiamo ogni tanto, niente di strano! Niente di che... -

- Oh, ma tu non eri il tipo che andava oltre la semplice attrazione fisica? -
- Non mi sto inventando delle scuse! - protestò Ethan - E' la verità! -
- E allora, se non c'è niente di strano perché ti fai tutti questi problemi? Perché sei venuto a parlare con me? -
Ethan strinse forte la tazza.

- Pensavo di poter parlare tranquillamente, ma anche tu ti metti in testa idee stupide come Emmett o Ted! -
- Solo una cosa. Quando te ne andrai da casa di Brian, pensi che riuscirai a farlo tranquillamente? -

Ethan lo squadrò in tralice, poi abbassò lo sguardo.
- Penso di sì. -
- Pensi? -
- Non lo so... - Roteò gli occhi in altre direzioni - Che cavolo, non ci sarei nemmeno andato, a vivere con lui, se non fosse capitato per caso! -
- Però è successo, e siete stati insieme per quanto, due, tre mesi? -
- Tre mesi non sono niente. - replicò altezzoso.
- Dai tuoi discorsi non si direbbe! - rise Michael.

- ... Non sarei dovuto venire a disturbarti. - dichiarò Ethan posando la tazza e alzandosi - A quanto apre, anche oggi ho aperto la bocca per errore. Faccio un sacco di sbagli, ultimamente. -
- Ethan... -

- Tu credi che a me piaccia Brian! - sbottò acido.
- L'hai detto tu. E l'hai detto a Brian! - annuì Michael trattenendo un sorriso. Credeva che non avrebbe mai più rivisto in vita sua certe scene adolescenziali, ma a quanto pareva si era sbagliato alla grande.
- Io... Erano solo parole! -
- Come vuoi... - si rassegnò Michael, andando a girare l'insegna del negozio e renderlo aperto al pubblico.
- Mikey... -
- Sì? -
- Credi che lui mi consideri un rimpiazzo di Justin? -

Michael si voltò verso Ethan, e per la prima volta vide un'espressione turbata sul volto di quel ragazzo.
- Io credo che sia impossibile, che lui ti scambi per Justin o che voglia qualcosa da te che aveva con lui. Tu sei diverso, e gli daresti un rapporto completamente diverso. -
- Ripete tutte le cose che faceva con lui. -

- Non puoi sapere cosa facesse con lui. A dir la verità, nessuno può saperlo, se non loro stessi. - commentò. Poi gli sorrise fraternamente, posandogli le mani sulle spalle - Stai tranquillo, tu non sei Justin, e Brian lo sa. Lo sa eccome. -
Ethan lo fissò con gli occhi lucidi, da cucciolo. Mai visto così inquieto prima d'ora.
- Brian è diverso da quando... Da quando ci siamo incontrati per la prima volta... -
- Questo sì, lo ammetto! - rise Michael - Ma tutti cambiamo nella vita. E beh, se Brian non si comporta come quella merda che aveva abbordato Justin ben venga, no? -

- Suppongo di sì... - Abbassò lo sguardo, e Michael gli accarezzò una spalla.
- Non temere, Fiocco. - sorrise - C'è qualcosa tra te e lui. Solo che siete così lenti ed ottusi per accorgervene. -

- Ehi! -
- Siete uguali, devi ammetterlo! - rise lui andando dietro il bancone - Quindi più o meno siete tonti alla stessa maniera. -
Ethan lo guardò storto, ma poi convenne che aveva solo ragione.
Cavolo, lui e Brian sembravano davvero due fratelli separati alla nascita.
- Quindi... Cosa credi che dovrei fare? - gli domandò dubbioso.

- Beh, non saprei. Levarti un peso e andare a dirgli Ehi Brian, riguardo a quello che ti ho detto ieri, non è che tu mi piaccia... Ma sono innam... -
- Per favore! - esclamò Ethan colorandosi in viso - Non riesco nemmeno a sentirlo! -
- ...ato di te, quindi, ora ammetti anche tu quello che provi per me! -
- Questa è fantascienza! -

Michael rise di cuore, scompigliandogli i capelli.
- Smettila di farti dei problemi e diglielo chiaro e tondo! -
- Io non sono innam... Quello lì! - Non riusciva nemmeno a pronunciare quelle parole da eretico - Sia chiaro, mi piace solo per il suo culo, ok?! -
In quell'esatto momento entrò Ben, che si fermò sulla soglia.
- Oh scusate, momento sbagliato? -

- Oh no, Ethan stava giusto per andare. Gli davo solo consigli su come confessare il suo amore a Brian. Sai, è un po’ in difficoltà. -
- Oh, davvero? - chiese con un sorriso Ben - Era ora. Sono contento per te. Spero che vada tutto bene. -
- No... Nonono! - sibilò Ethan sconfortato - Io me ne vado. -
- Tienimi aggiornato, eh! - scherzò Michael ridendo.

Ethan se ne andò sconsolato, in che brutta, bruttissima situazione si era andato a cacciare.
Lui innamorato di Brian? No. Quello mai. Però non poteva negare che provava attrazione, e neanche poca.
Sospirò passeggiando lentamente, sperando di trovare per strada una dannatissima soluzione alle sue crisi pseudo-sentimentali.

 

 

.Continua.

 

 

Buooooongiorno!:D

Come al solito ringraziamo tutte voi che avete messo questa storia tra preferite/seguite/ricordate, e tutte voi che commentate questa storia senza capo né coda!XD

Grazie mille, e speriamo che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento!U_U

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Capitolo 13
*** 13. ***


13

13.

Il Leopardi si deprime

 

Un altro mese passò in quello stato, con Ethan che cercava di reprimere, e non comprendere, quello che provava, e Brian che lo stuzzicava a volte, o che si metteva a punzecchiarlo come un bambino.
Era decisamente strana come relazione, la loro.

- Esci anche oggi? - chiese Brian notando Ethan che si infilava la giacca - Ultimamente stai spesso fuori. -
- Sì, vado solo a sentire alcune cose per la scuola. Non preoccuparti e pensa a lavorare, il tuo pranzo lo avrai comunque. -

- Non è per il pranzo. - Ethan si irrigidì con la mano sulla maniglia - Stai cercando di evitarmi? -
Oh cavolo, e adesso? Una risposta a quella domanda così diretta non ce l'aveva per niente.
- No, assolutamente! - esclamò con troppa enfasi.
- Sicuro? -
- Sicurissimo, ciao! - E si chiuse la porta alle spalle, caracollando giù per le scale, col cuore a mille. No no, non affatto bene.

Brian osservò qualche secondo la porta chiusa, distratto solo dallo strusciare di Wolfram contro la sua gamba. Lo prese in braccio e gli accarezzò piano la testolina pelosa.

- Hai un padrone davvero strano. Strano tanto quanto carino, eh, gatto? -

- Meow. - confermò lui, godendosi quelle piacevoli carezze.
Brian sorrise andando a sedersi sul divano, era stanco di starsene sempre di fronte al pc, quella sera avrebbe voluto fare altro.
Andare in discoteca, sballarsi un po', e ballare un sacco. Aveva talmente tanta di quell'energia che avrebbe voluto ballare per tutta la notte, fino a fare mattina.
E anche ballare con Fiocco. Era da mesi che Ethan non andava al Babylon con lui.

Ma quella sera sarebbe riuscito a convincerlo.
Non che gli piacesse moltissimo andarsene dall'appartamento e lasciarlo solo col suo violino e nient'altro, come invece succedeva spesso, ultimamente.
Per carità, era liberissimo di provare quanto voleva, ma desiderava che buttasse il suo bel faccino anche in altri posti. Con lui.
Quando ballavano insieme era qualcosa di incredibilmente piacevole, sembrava che ci fossero solo loro due in tutta la sala, era un po' come ballare con Michael, e un po' no. C'era intimità, affinità tra loro, qualcosa di bello, di forte, di intenso.
Un legame.
Di che natura però, non avrebbe saputo dirlo.

- Mi raccomando, tu aiutami a convincerlo. - disse rivolto a Wolfram, alzandosi e lasciandolo da solo a coccolarsi tra i cuscini del divano.
Si diresse in bagno per una doccia rinfrescante.
Al massimo del suo fascino, difficilmente Fiocco avrebbe potuto dargli una risposta negativa, no?

 

Dopo mezz'ora di passeggiata, Ethan era già sulla via del ritorno, con in mano dei noiosissimi appunti che l'insegnante si era raccomandato di prendere, e che sapeva non gli sarebbero mai serviti a un bel nulla.
Si sentiva un po' più rilassato, pronto per passare la serata con Brian, e in fondo non gli dispiaceva proprio per niente.
Aveva decisamente voglia di un po' di intimità...
Gli appunti gli caddero di mano, finendo sui gradini, mentre lui socchiudeva la bocca, sorpreso, sconvolto, basito. Non poteva essere.
Justin era là, davanti al portone del loft di Brian, che lo guardava stupito.
- Che diavolo ci fai tu, qui? - Stessa voce, stessa connotazione, tutto. Era Justin, lo stesso Justin di sempre.

- Io... Io potrei fare la stessa domanda. Non eri partito? -
Non doveva rimanere in silenzio. Se stava zitto tutto sarebbe stato solamente più complicato da digerire.
Justin lo fissò con astio. Neanche dopo tutto quel tempo doveva aver dimenticato il rancore nei suoi confronti.
- Sono tornato a casa per vedere Brian. Ma non vedo perché questo ti debba interessare. Tu che cosa ci fai qui? Rispondi. -
Piccolo arrogante.
- Io vivo qui, nell'appartamento di Brian Con lui. - rispose Ethan col suo tono più altezzoso mentre si chinava a raccogliere gli appunti - Perché dovrebbe interessarti? -

- Tu... Vivi nel suo appartamento? - E perché mai?! - domandò altero.
Perché stiamo insieme. La tentazione di dirlo era forte, ma si trattenne dal dire quella bugia. O almeno, quell'ipotesi non confermata.
- Questioni di lavoro. -
- Cosa?! - replicò lui - Mi prendi in giro? -

- No. Per nulla. - replicò sostenuto, infilando una mano in tasca e mostrando poi a Justin una copia delle chiavi di casa - E' stato Brian ad offrirmi ospitalità. Ha insistito, praticamente. -

- Doveva proprio essere ubriaco. - commentò l'altro, sarcastico.
- Sbaglio o sei diventato più acido di prima? - replicò Ethan. Ora come ora si stava chiedendo come aveva fatto a trovarlo attraente. Era cresciuto, diventato più alto, ma quello sguardo arrogante da stronzetto gli era rimasto.
Disgustoso.
- Tu invece sei un traditore come sempre? -

- Ancora con questa storia?! - domandò Ethan esasperato - Cazzo, sai proprio lasciarti le cose alle spalle, eh?! - Lo superò e andò alla porta, infilando la chiave nella serratura, voltandosi poi verso Justin - Dovresti andartene sai? Sei venuto qui per niente. Non credo che Brian abbia la minima voglia di vederti. -

- Non me lo faccio dire da te. - Justin gli diede una spinta, entrando nell'appartamento.
A guardarlo comodamente sdraiato sul divano c'era Wolf, che lo squadrò con curiosità.
- Ti sei persino portato il gatto? -
Ethan sospirò, doveva essere pazienza. Almeno lui era cresciuto, cosa che Justin non sembrava aver esattamente fatto.

- Non... -
Entrambi sentirono uno scrosciare d'acqua che proveniva dal bagno, che in poco tempo terminò.
Appena minuti dopo, con un semplice asciugamano in vita, Brian uscì frizionandosi i capelli, muovendosi verso la cassettiera.
- Brian.. - Justin lo richiamò con un sussurrò e finalmente l'uomo si voltò verso di loro.

Rimase fermo, immobile come una statua di cera, con un'espressione indifferente.
Solo dopo un minuto esatto di degnò di sbattere le ciglia e assumere un'aria perplessa.
- Ehm... -
Justin sorrise e gli andò incontro, salendo i gradini della stanza, gli si avvicinò, e lo baciò senza preamboli.
S'impossessò delle labbra di Brian lasciandoci scorrere la lingua, passandogli le mani sui fianchi.

Brian non fece nulla, né ricambiò. Probabilmente stava ancora cercando di assimilare la cosa.
Il sapore che ora aveva sulle labbra gli sembrava familiare... Un sapore che aveva assaporato più e più volte.
Justin. Quello di Justin.
Fece per chiudere gli occhi, ma la figura ferma dietro di loro di Ethan, in qualche modo lo scosse e staccò Justin da sé.
- ...Perché sei tornato? -

- Serve un motivo? - Justin alzò le spalle - Questa è casa mia, no? -
Brian boccheggiò leggermente. Tecnicamente sì, ma tecnicamente anche no. Adesso quella casa era più o meno sua e di...
Un cellulare squillò all'improvviso, era quella di Ethan, lo estrasse dalla tasca e uscì dal portone, in corridoio, a rispondere, lasciando loro due da soli.
- Perché lui è qui? - domandò Justin all'istante, senza più sorriso.

- Per una serie di circostanze. - rispose Brian dandogli le spalle e andando a prendere una camicia e la biancheria - Non poteva più stare a casa sua e lo ospito. Tutto qui. Esattamente come ho fatto con te. -

- Cioè l'hai adottato come un cane smarrito? - Justin aveva parlato in tono acido - Credevo che non ti stesse molto simpatico. -
- E' a te che non sta molto simpatico. - gli fece notare.
- Mi ha trattato come una puttana. -
Come me. penso Brian, senza dirlo ad alta voce.

- Senti... - Brian lanciò l'asciugamano sul letto e si infilò lentamente i boxer e poi i pantaloni allacciando il bottone - Perché ti dà così tanto fastidio? Te ne sei andato così, all'improvviso e ora torni e la prima cosa che fai e subito mettere bocca e rompermi i coglioni, Justin. - Prese la camicia.

Justin continuò ad osservare il suo corpo seminudo che veniva lentamente ricoperto.
- Scusa... Tu te la fai con Ethan? - domandò quasi incredulo - Ci scopi? -
- E se fosse? -
- Potrebbe attaccarti un sacco di malattie. -
Brian gli scoccò un'occhiata fredda.
- E tu quanti te ne sei scopati New York? -

- Questa cosa c'entra? -
- C'entra eccome. - sibilò Brian - Fai tante storie quando sicuramente non avrai esitato cinque minuti ad aprire le gambe a qualcuno. Ma dopotutto, questo non è stato mai un problema per noi, no? Eravamo una coppia aperta, perché iniziare ora a fare storie? -

- Perché lui è Ethan! - sbottò Justin - Mi ha trattato di merda, mi ha usato e tradito! -
- Da quando ti importa così tanto? -
Justin si avvicinò a lui, posando la testa sulla sua spalla, vicinissimo alle labbra.
- Perché tu sei solo mio. - mormorò facendo le fusa.
Brian alzò gli occhi al cielo.
Ma perché tutte a lui?

- Ti ricordi... - continuò Justin - Tutte le volte che abbiamo fatto l'amore su quel letto? - Gli baciò il collo - O quando abbiamo scopato su quella poltrona bianca con il gelato... E sul pavimento di quella baita e poi... Hai voluto replicare su questo... Tutti i nostri ricordi... -

- E tu quante volte hai replicato con altri? - rispose scostandosi dalla sua bocca, allacciandosi i bottoni.
Justin fece per parlare, ma il rumore della porta li colse nuovamente.
- Brian, domani hai un appuntamento con un'agenzia di case editrici. A cui ci sarò anch'io. - disse soltanto, andando a dare una grattatina a Wolf.
- Perché dovresti esserci anche tu? - domandò Justin scettico. Ethan lo guardò dritto negli occhi.
- Perché loro vogliono me. -

- Te? Perché mai dovrebbe volere te? -
- Perché ho gran talento, ma evidentemente non te lo ricordi. Ma Brian sì, visto che mi ha offerto sempre buoni lavori. -
- Te lo sei portato anche a lavoro?! Ma a che gioco stai giocando, Brian?! -
Ethan sospirò, doveva controllarsi o sarebbe esploso davvero. Come poteva essergli piaciuto quel ragazzo?
- La vuoi piantare di parlare così?! Cazzo! - sbottò, e Justin si voltò a fissarlo.

Anche Ethan lo fissava stranito.
Brian sospirò massaggiandosi la radice del naso, scosse la testa e prese la giacca, infilandosela.
- Dove stai andando?! - gli corse dietro Justin.
- Vado a farmi i fottuti cazzi miei! -

- Brian... - Ethan si avvicinò per raggiungerlo, ma il pubblicitario lo bloccò.
- No. Ho bisogno di stare da solo. -
Ethan annuì e guardò la porta che si richiudeva e si voltò verso Justin.
- Cazzo. Ma dovevi tornare proprio ora?! -

Justin lo squadrò malissimo.
- Vaffanculo. - disse prima di andare alla porta, e sbatterla con un tonfo alle proprie spalle.
Ethan rimase solo in casa, con Wolf, sospirando esasperato.
Ma cos'aveva fatto di male per meritarsi cose come quelle?! Possibile che fosse stato l'unico al mondo a crescere un po'?!

E Brian era pure andato via. Beh, perlomeno non aveva ricambiato le stucchevoli moine di Justin... E quello gli dava da pensare, visto come all'inizio era preoccupato nel farlo restare a casa sua.
Forse anche lui...
Ma scosse la testa. No, si costruiva solo inutili castelli in aria.

Troppe cose, troppe tutte insieme.
Sprofondò nel divano con Wolf arrivato candidamente a dargli un po' di conforto, lo accarezzò distrattamente, appoggiando la testa alla spalliera del letto.
Com'era che si diceva? Sfortunato in amore e fortunato al gioco?
Forse doveva proprio cominciare ad andare al casinò.

 

C'era solo un posto dove Brian poteva trovare calma e risposte. Passandosi una mano tra i capelli e suonando aspettò che il suo salvatore gli aprisse la porta.
- Ehi, Brian! - esclamò Debbie facendo capolino.
No. Non era esattamente lei.
- Come mai sei da Michael, Debbie? Avrei urgentemente bisogno di parlare con lui. -

- Ooohh, problemi in vista? - sorrise lei sorniona, lasciandolo entrare.
La casa era sempre la stessa, così calda, accogliente, piena di quell'amore sdolcinato e irreprensibile che emanavano Michael e Ben.
- Sono qui per cucinare, è l'anniversario della prima volta di Ben e Mikey! - rise raggiante.
Brian la guardò in tralice.
- Non è vero, è stato a novembre. -

- E tu come fai a saperlo? -
- Difficilmente dimenticherò l'entusiasmo di Michael nel raccontarlo... - Si lasciò cadere in una sedia e sospirò, alzando la testa al soffitto - Justin è tornato. -

Debbie lo fissò incredulo.
- Cosa? - Anche lei si andò a sedere accanto a lui, sulla poltrona - Topino è a Pittsburgh? -
- Già. - annuì lui - E ha avuto un viva e cortese diatriba con Fioc... Ethan. -
- Cosa?! -

- Sì... Stronzate sul fatto che lo ospito, che mi usa... Ha fatto un gran casino anche perché andiamo a letto insieme! Li ho lasciati a casa da soli, o sarei esploso, non ce la facevo più a sopportare quel ragazzino! E neanche lo sguardo di Ethan. -

Debbie si accomodò sullo schienale, dubbiosa.
- Brian, questo sì che è un bel casino. -
- Sì, lo è. - convenne lui acido - Ora io mi ritrovo in casa con una iena, mentre un'altra che ci abitava forse vuole tornarci! -
- Topino è tornato per te? - domandò sorpresa.
- Non lo so, non me l'ha detto, e sono scappato prima che mi potessero azzannare! -

- Tu volevi che Justin tornasse, non è vero? E' per questo che hai sofferto. Che temevi della presenza di Fiocco in casa tua. -
L'uomo rimase in silenzio, e Debbie gli accarezzò con fare materno un braccio.
- Brian... Devi darti una risposta una volta per tutte. Hai un raggio di sole che si è sempre illuminato per te, e ti rivuole. Dall'altra parte hai un fiocco di neve davvero, davvero gelido che soltanto tu sei in grado di sciogliere. -
- Credo che tu mi abbia appena cariato tutti i denti. -

Debbie gli accarezzò i capelli affettuosa.
- So che la scelta è difficile. -
- No, qui io non devo scegliere un bel niente! - replicò - Uno se n'è andato, mentre l'altro... L'altro è troppo rompipalle per me! Mi sono un po' stufato di fare il baby-sitter! -

- Oh, caro, credo che sia il contrario! E' Fiocco che fa da babysitter a te! - rise Debbie - Cosa posso dirti? Non preoccuparti perché tanto presto non dovrai scegliere niente. Ethan ormai non ha trovato i soldi per quella scuola a cui tiene tanto? -

- Ne ha fin troppi, l'hanno anche chiamato per un altro lavoro... - commentò seccamente.
- Beh, non è fantastico?! - esclamò Debbie con un sorriso luminoso - Lui non voleva darti disturbo, tu non lo volevi... E tra poco partirà per la Francia! -
- Italia. -
- Fa lo stesso! -

Brian si alzò in piedi e fece il giro della stanza con lo sguardo perso, mettendosi le mani sui fianchi.

- Questa giornata è diventata un incubo impossibile. -
- Non ti vedevo turbato da un sacco di tempo. Topino sa sempre infiammarti l'animo... E forse è per questo che lo ami... O lo amavi? -

Lui scosse la testa come se volesse scrollarsi di dosso qualcosa di fastidioso.
- Non ci posso pensare... -
- E adesso cosa pensi di fare? - gli domandò Debbie con un sorrisetto divertito.

- Ero venuto per parlare con Mikey... -
- Appunto, sei come Fiocco. Eternamente confuso. -
- Ma... - continuò Brian lanciandole un'occhiataccia - Credo che nemmeno lui potrebbe darmi una risposta. Devo arrangiarmi da solo! -
- Sì, tesoro. Tira fuori la palla e va! -

- La smettete tutti di prendere la mia povera palla come esempio?! -
- Tesoro, tutti noi la amiamo alla follia! -
Brian sbuffò portandosi una mano alla tempia, incredulo.
- Ma perché sempre a me...? -
- Perché tu sei un tenerone nascosto sotto alla scorza dello stronzo perfetto. -

- Io non sono un tenerone, Debbie, per nulla! -
- Puoi dire quello che vuoi, ma io rimarrò sempre della mia idea. Ora muovi il tuo culo da favola e vai una volte per tutte a chiarire questa situazione, chiaro? O ti bandisco dalla mia famiglia a vita! -

- Cosa vuoi che dica?! A chi?! Ethan non mi ascolterebbe nemmeno legato ad un termosifone! -
- E cosa diamine vorresti dire a Fiocco? -
- Che... Che... - Tentennò.
- Che...? - lo esortò lei.

- Che è arrogante quanto carino? -
Debbie alzò la mano pronta a dargli uno scappellotto.

- Vuoi muovere quelle labbra anche per parlare e non solo per fare pompini, Brian Kinney?! -

- Perché si fanno questi discorsi prima di cena? - intervenne Michael uscendo dalla camera da letto - Ciao Brian. -
- Michael, sei arrivato al momento giusto! - disse Debbie - Convinci il testone qui presente a dire quel che prova per Fiocco, prima che Raggio di Sole faccia esplodere qualcosa. -
- Justin è qui?! - domandò Michael sorpreso.

Brian annuì in silenzio.

- E il fatto di vederlo mia ha quasi fatto venire l’ulcera. Sono dovuto uscire perché non sopportavo di vedere quei due mocciosi litigare! -

- Sei sempre così gentile. - sorrise Mikey appoggiandosi allo stipite della porta - E adesso? -
Brian rimase il silenzio.
- Posso rimanere qui, stanotte? -
- Non ci pensare nemmeno! - esclamò Debbie - Devi chiarire la tua situazione, caro il mio rubacuori con una palla sola! -
- Mamma! -
- Tu hai perso la testa per Fiocco, Fiocco l'ha persa per te, ma Topino è tornato, e ti ricordo che tu con Topino ti ci sei quasi sposato... - continuò lei imperterrita.
- Lo so, lo so! - sbottò nervoso - E credi sia una cosa facile da risolvere?! -

- Può esserlo più di quello che credi. Tu pensi a Justin e tutto quello che avete vissuto insieme, ma cazzo Brian! - disse Michael - Pensa anche a come ti ha fatto sentire dopo che stavi cominciando a comportarti come un vero fidanzato per lui, a come ti ha trattato. Se ne è andato da te perché non voleva che gli facessi le coccole! -

Brian continuò ad osservarlo senza dire niente.
- D'altro canto, Fiocco ha portato nella tua vita quella ventata di fuoco di cui avevi proprio bisogno, con la sua bella musichetta e il suo caratterino piccante... - continuò Debbie tentatrice - Mentre Topino era lo zucchero nella tua promiscua e caotica esistenza, no? -
L'interessato spostava lo sguardo prima su uno e poi sull'altro, senza parole.
Prima o poi l'avrebbero fatto diventare pazzo.

- Allora? Cosa vuoi fare? Restare lì impalato per il resto della giornata o andare? -
Brian squadrò l'amico e sospirò passandosi una mano tra i capelli.
- Non è facile come le vostre belle facce lo fanno sembrare! -
- Oh andiamo Brian, non avrai paura di mandare a quel paese Justin o Ethan? Da una parte hai la possibilità di tornare con Justin come era all'inizio, mentre dall'altra Ethan che è... - Mikey osservò l'uomo che sembrava non aspettare altro che finisse la frase - ... no, questo te lo deve dire lui. -
- Ma anche Fiocco se ne andrà! Cosa serve pensare tanto a cosa dire che poi anche lui partirà? -

- E' questo di cui hai tanta paura? - domandò Debbie con fare materno. Brian non rispose - Perché semplicemente... Non glielo dici? -
- Che cosa, che non voglio che se ne vada?! - sbottò lui. Sia lei che Michael annuirono - Voi siete matti! -

- Perché? - rise Michael - Come lo hai detto a noi puoi benissimo dirlo a lui! Anche Ethan ha la sua confessione da farti e non ne ha il coraggio, se lo fai tu per primo lo farà a sua volta! -

- Voi non lo conoscete... - Brian scosse la testa - Lui non è così... -
- Come non lo sei tu? - sorrise Debbie andando in cucina, sentendo un profumino provenire dal forno - Come il grande Brian Kinney che spezza i cuori, che ha paura di dire quello che prova alle persone che gli stanno intorno? Come lui? -
- Io non ho paura. - sibilò a denti stretti.

- E allora vai. - disse ancora Michael, avvicinandosi all'amico e guardandolo dolcemente, come se davanti a sé non avesse Brian adulto, ma un Brian Kinney ragazzino e insicuro - Non hai nulla da perdere, no? Poi torni qua e hai sempre me, il meglio! - scherzò.

Brian gli diede un buffetto sulla guancia.
- Quindi sono costretto ad andare da Ethan? -
L'amico annuì, e la voce imperiosa di Debbie fece il resto.
- Ok... - si rassegnò voltandosi verso la porta - Se mi troverete morto... Saprete perché è successo. -
- Perché sei scemo. - sorrise Michael salutandolo con la manina.

 

Quando tornò all'appartamento, contò fino a 50 prima di inserire la chiave ed aprire. Credeva quasi di ritrovarsi la casa distrutta o devastata. Invece era tutto come lo aveva lasciato.
Ma non c'era nessuna presenza di Justin.
Ethan era seduto sul divano che trafficava con la sua borsa e si voltò di scatto quando sentì la porta aprirsi

- Sei tornato. -

- Già. - annuì guardandosi cautamente intorno, nel caso che ci fosse un ninja appostato da qualche parte pronto a farlo secco - Che fai? -
- Sistemo, non vedi? - La faccia di Ethan non era esattamente il massimo dell'allegria.

- E Justin? - chiese piano.
L'espressione di Ethan non migliorò.

- Non so. E' uscito poco dopo che te ne sei andato. Forse è andato a cercarti. Anzi, sicuramente. - sospirò tirando la cerniera del borsone.

Brian rimase a guardarlo prendere su la borsa, era ovvio che cosa stava facendo.
Se ne stava andando.
- Cosa fai? - gli chiese comunque, per prendere tempo.

- Vado via. Credo che ora che è ritornato Justin sia il momento migliore, no? - Si alzò e cercò con lo sguardo Wolfram.
- Wolf? - lo richiamò spostandosi e cercandolo chiamandolo più volte - Wolf, dove sei?! - sbottò poi, passandosi una mano sul viso e fermandosi.

Era decisamente troppo nervoso.
- Justin non abita più qui. - commentò Brian monocorde.
- Da come si atteggiava, non credevo. - replicò acido.
- Lui può dire quello che gli pare. L'ha sempre fatto, no? -
Ethan lo guardò, dall'alto in basso.
- Non ti va di riaverlo qui con te? -

- No. Non credo. Mi ha fatto uno strano effetto rivederlo, indubbiamente ma... -
- ... Ma? - Ethan si avvicinò al pubblicitario - Ma cosa? -

- Ma... - Brian espirò a fondo, prendendo coraggio. Molto coraggio. Molto più di quello che gli era servito per confessare al mondo intero che uno dei suoi gioielli era stato asportato - Ma io e lui non stiamo più insieme. Quindi... Adesso ci stai tu, qui. -

Il viso di Ethan divenne rosso, Brian pensò che non era mai stato così carino.
- Tu... Tu sei un disastro! - sbottò Ethan dandogli un piccolo pugno sul petto.
Ok, non era esattamente la reazione che si aspettava. Veramente, non aveva pensato quasi a niente.
- Ma... Ma perché?! - protestò.
- Hai la sensibilità di uno zerbino! Me lo stai dicendo in una maniera orribile! -

- Ti sto dicendo cosa?! -

- Di volermi con te! Perché se mi dici adesso ci sei tu qui mi viene in mente solo questo! E... Oddio... - Si coprì il viso - Sono uno stupido, è la seconda volta che parlo senza pensare... Faccio queste figure del cazzo. -

A quanto pareva a essere imbarazzati erano in due.
- Beh... Più o meno... - Brian vide Ethan camminare nervosamente come una tigre in gabbia, sapeva che se non l'avesse detto ora, non l'avrebbe detto mai - Sì... Sì, ti voglio qui, è vero! -

Ethan rimase in silenzio, cercando di ricordarsi come diavolo si faceva a respirare. Brian l'aveva detto davvero?
- Tu... Lo vuoi seriamente? - domandò piano, agitato e ansioso.
- Sì, sì, cazzo! Ma non farmelo ripetere! -
- Io voglio ... - lo interruppe Ethan - Io voglio stare qui. Con te. Perché io... - Si tormentò le mani - Provo qualcosa per te che... -

Era decisamente più di quel che Brian avrebbe mai sopportato.
- Ok, senti... Tu abiti qui, ok? - disse cercando di ragionare - E ci rimani, ok? -
- Ok... - annuì Ethan, imbarazzato.
- Ok. - confermò Brian - E... E non te ne vuoi andare, vero? -

- N... No. L'Italia...Vorrei andarci ma può ancora aspettare, davvero non è... Una cosa da fare ora. Devo maturare prima e... - Diede le spalle a Brian, voltandosi teso, ma sentendosi stranamente molto più leggero - Mi sto preoccupando, dov’è finito Wolfram?! -

- Ma vaffanculo il gatto... - Brian lo prese per le spalle, lo girò e lo baciò senza mezzi termini, seguendo l'istinto, almeno un bacio parlava molto più di tante inutili parole che lui non sarebbe mai stato in grado di pronunciare.

Ethan si strinse a Brian, ricambiando con tutta la passione e il sentimento che non aveva riservato agli altri. Parlare? Stava davvero per mettersi a parlare prima, quando quello era un modo meraviglioso per capire le cose?

Si persero in uno stretto abbraccio e un feroce bocca a bocca che pian piano si illanguidì, diventando persino romantico.

Il bacio era lento, morbido e soprattutto sembrava non finire mai. Ethan pensava che quando si sarebbero staccati, avrebbe provato una sensazione oscena, quasi di freddo, quindi gli parve decisamente il caso di rimanere a contatto con le labbra di Brian il più possibile.

Magari per sempre.
Wolfram sbucò dal bagno, miagolando lievemente, e quando li vide, ritti nel mezzo del loft a baciarsi appassionatamente, tornò di là, tanto per rispettare un po' la privacy.

- Senti... - mormorò Brian con voce roca, staccandosi da quelle labbra morbide, stringendogli le spalle.
- No... - lo bloccò Ethan - Zitto e baciami! -
- ... Volevo solo dire... - Fu immediatamente messo a tacere con un bacio - ... Il letto... - E un altro ancora.

Ethan lo trascinò per il colletto fino ai gradini, li superarono con un abile gioco di squadra, senza staccarsi un attimo, e crollarono sul materasso, che cigolò sotto il loro peso.

Continuando a baciarlo, Brian aprì la camicia del violinista sfiorandogli il petto e i capezzoli che pian piano si inturgidivano sotto il suo tocco. Dio, quanto gli piaceva sentire le reazioni di Ethan ai suoi tocchi.

Il ragazzo gli infilò le mani sotto la camicia, sfiorandogli i fianchi caldi, piantandoci le unghie in un gesto spontaneamente possessivo, come se avessero voluto dire che era suo, solo ed esclusivamente suo.

- E te ne stavi anche andando... - ridacchiò Brian a bassa voce contro le sue labbra, ed Ethan ricambiò suggendogli appena il labbro inferiore, fissandolo soddisfatto - Non mi avresti neanche fatto arrivare fino alla porta... -

Si baciarono di nuovo, Brian stava infilando le dita sotto i jeans di Ethan, quando un insistente bussare alla porta li interruppe.
- Lascia perdere... - mormorò Brian abbracciandolo - Sarà Mikey... -
Ethan annuì pronto per eseguire quel delizioso ordine, quando la voce di Justin esplose, non esattamente calma.
- ETHAN, cazzo, aprimi! -

Il ragazzo si bloccò, guardando fisso negli occhi Brian, che fece lo stesso. Dopo qualche secondo e ancora altri rintocchi frettolosi, scostò piano l'uomo da sé e si alzò, dirigendosi verso la porta, sistemandosi il colletto della camicia aperta. Aprì la porta, solo in uno spiraglio.

- Non è molto educato urlare sul pianerottolo, tanto più alle due di notte, sai? -

- Fammi entrare. -
- Com'è che si dice? -
- Fottiti! - Justin spinse la porta e si fece spazio, con un'espressione truce - Chi ti credi di essere per potermi dire questo in casa mia? -

- Casa tua? - ripeté Ethan freddamente - Casa tua?! -

- Casa mia. - confermò Justin sostenendo il suo sguardo con boria.
- No, Justin. - sbuffò Brian seduto sul bordo del letto, passandosi una mano tra i capelli spettinati - Ti ho già detto di smetterla di usare quel tono. -
Justin fissò Brian.

- Sei tornato. - Lo sguardo si impose sulla camicia aperta, voltandosi poi nuovamente verso Ethan, che era nelle stesse condizioni - Che cazzo significa?! -

Ethan non rispose, guardò Brian, che alla fin fine era l'effettivo proprietario di tutto. E anche il quasi ex-marito di Justin.
- Significa che questa non è più casa tua. - disse Brian alzandosi, muovendo qualche passo verso di loro - Tu te ne sei andato, no? -
Il biondino lo guardò incredulo, lanciò un'occhiata a Ethan, poi di nuovo a lui.
- Mi vuoi dire che te la fai davvero con lui? -

- Sto dicendo... - Brian si avvicinò e strinse un braccio ad Ethan avvicinandolo a sé, per poi passare un braccio intorno alle sue spalle - Che è lui che voglio qui, ora. -
Ethan non spiccicò una parola, ma un sorriso soddisfatto fece capolino.

Soddisfatto, e palesemente ebete.
Justin li guardò uno per uno, facendo poi un sorrisino.
- Cioè, Brian... Tu... Mi vuoi mollare per lui? - Aveva pronunciato quel lui come se si trattasse di una scoria tossica.
- Non eri così schifato quando ti scopavo. - replicò Ethan, colto da un certo senso di potere.

- Era diverso! Era prima di sapere che schifosa persona sei! Bugiardo, stronzo che illude le persone! Cosa cazzo hai fatto a Brian? Il lavaggio del cervello? Lui mi ha detto che mi ama... -
- Te l'ha detto, prima! Le cose cambiano! Sei stato tu da solo a farle cambiare! - ribatté Ethan.

- Brian! - Justin si voltò verso di lui, che alzò gli occhi al cielo, sospirando. Lasciò Ethan e si avviò verso Justin.
- Andiamo fuori a parlare di questa storia. - gli disse in tono calmo.

Brian lanciò prima un'occhiata a Ethan che rimase impassibile, per poi annuire.
Uscirono dall'appartamento e Brian si appoggiò contro la porta incrociando le braccia.

- Chiariamo una volta per tutte, ok? -

- Sono d'accordo. - fu la risposta di Justin - Cosa ti è successo? -
- Smettila di usare quel tono arrogante. -
- Strano detto da te, non è lo stesso tono che hai usato con me per, quanto?, sei mesi? - replicò acido, mani sui fianchi - Si può sapere cosa sta succedendo? Ti sei messo con lui? -
- No! - sbottò, quell'argomento non gli piaceva - Ma siamo amici. -

- Amici... Tu vai a letto con i tuoi amici allora, Brian? Sei andato a letto anche con Michael? No, perché... - rise sarcastico - Non penso che prima tu ed Ethan foste sul letto a parlare da amici, sai. -

- Oh, a New York hai imparato a cavillare, anche? - sibilò incrociando le braccia.
- Sei tu che sei diventato... Sei diventato matto! - sbottò esasperato - Ma ti rendi conto che quello è Ethan?! Ian, quello che mi ha trattato di merda! -
- Non è che tu lo avessi trattato molto meglio, a conti fatti. - Guardò l'espressione interrogativa di Justin - Ti sei messo con lui solo per un tuo stupido capriccio. Tu non provavi niente per lui. -
Il ragazzo aprì la bocca, decisamente scioccato.
- Tu... Tu mi vieni a parlare di sentimenti? -

- Io ho sempre provato qualcosa per te! Avevo difficoltà a esprimerlo- sospirò frustrato - Ma non mi sembra che ti sia mai andato troppo a male, il nostro rapporto! -

Justin lo fissò senza parole.
- Tu... Dove hai messo il vero Brian? Dove l'hai nascosto? -
- Justin, non sto scherzando... - rispose lui, stanco di quella situazione. Odiava essere messo sotto pressione, soprattutto da persone che sapevano come lasciarlo spiazzato.
- Brian... Mi stai dicendo che non stiamo più insieme? -
Brian lo squadrò immobile. Stavolta era lui ad essere senza parole. Poi rise. Fece una risatina isterica, incredula.
- Justin, ma ti rendi conto che sei stato tu a mollarmi di punto in bianco? -

- Ma io non ti ho lasciato! Non abbiamo rotto. Sono solo andato a New York. Ho sempre pensato a te! - si giustificò lui.
- Ma se non ho mai avuto tue notizie! Spedivi qualche cartolina solamente a Debbie! -

- E allora?! - replicò acido - Non vuol dire che avessimo dovuto staccare ogni contatto! -
Brian alzò gli occhi al cielo, possibile che non capisse?
- Tu mi hai mollato. Ti ho chiesto se volevi sposarmi, e mi hai detto di no. - ricapitolò lentissimamente, come se stesse parlando con una persona molto, ma molto stupida - Prima hai voluto che io fossi il fidanzato perfetto, poi mi hai piantato senza neanche pensarci due volte! Come credi che mi sia sentito?! -

Justin ebbe una scatto con le mani, cercando di trovare qualche parola. Ma nessuna gli veniva in mente, fino a che non si avvicinò a Brian e lo baciò, per essere scostato poco dopo.
- Non puoi cancellare tutto quello che c'è stato tra noi per... lui. L'hai appena detto, no? E' solo un amico. -

Brian aprì la bocca, ma non ne uscì niente, si limitava a guadare gli occhioni azzurri di Justin, così familiari, così concreti, così dolci...
E a ripensare al male che gli aveva fatto. Un dolore inimmaginabile al petto, il cuore che si spezzava in tanti piccoli pezzi che poi aveva persino calpestato.
Perché era di nuovo lì? Perché voleva farlo di nuovo? -

- Ti prego, Brian... Non buttiamo via tutto. Riprendiamo quello che c'era tra noi. Le nostre favolose scopate, i baci, i pranzi da Debbie, i nostri balli al Babylon... -
Ballo?
Quelle parole gli fecero tornare in mente quanto gli piacesse ballare con Ethan, e da quanto, troppo, tempo era che non lo facevano. Che doveva decisamente chiederglielo.
- ... Il Babylon... -

 

 

.Continua.

 

 

 

 

Theeeeeeen, buongiorno signorine!!!

Frank: *Guarda l’orologio* Sono le undici passate!

Io: ... Buonanotte signorine!!!:D

 

Piaciuto il capitolo? Ve l’aspettavate? Sì? No? Forse? Risponderò solo in presenza del mio avvocato? Va beh, è un vostro diritto!u_ù

 

Come al solito un caloroso thank you per apprezzare/preferite/seguire/ricordare/commentare/molestare/farequalunquecosa questa storia, noi apprezziamo molto!X3

E vi aspettiamo al prossimo capitolo che, indovinate?

Sarà l’ultimo!

Quindi preparatevi psicologicamente!XD

Alla prossima!:)

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Capitolo 14
*** 14. + Epilogo ***


14

14.
Il Leopardi si deprime


- Oh, andiamo... - sorrise Justin prendendogli il viso tra le mani - Siamo sempre stati noi due, no...? -
Già, loro due. Davvero, loro due.
- Posso prendere il tuo silenzio per una risposta affermativa? - Gli si avvicinò sfiorandogli le labbra - Entriamo, chiariamo e mandiamo via Ethan e quel suo stupido gatto... -
- Si chiama Wolfram. - disse Brian, senza smettere di guardarlo - E non voglio che se ne vada. E nemmeno Ethan. -
Justin lo guardò come per accertarsi che non stesse scherzando.
Non stava scherzando affatto.
- Brian, sei pazzo! - esclamò allontanandosi di colpo - Tutto a un tratto non mi vuoi più?! -
- Esattamente. - annuì - Ora però, se permetti vorrei rientrare in casa. Hai... Come posso dirlo? Urlando e bussando come un forsennato alla mia porta hai interrotto qualcosa che mi stava piacendo molto. -
Justin scosse la testa, non aveva parole.
- Dopo tutto... Quello che c'è stato tra noi! -
- C'è stato, esatto Justin, e chi è stato dei due che ha voluto che tutto finisse?! Tu! - sbottò concitato - Quindi adesso non venire a piangere da me pretendendo che tutto torni come prima, niente è come prima, fattene una fottutissima ragione, prova a crescere! -
- Avresti dovuto aspettarmi! - protestò Justin - Allora non era vero che mi amavi! Io dovevo partire! Pensavo mi capissi! Avrei potuto capire se tu avessi voluto qualcuno con cui scopare, avrei capito chiunque! Ma... Ma tu... Tu mi stai lasciando perché me ne sono andato o... O perché è Ethan? -
- Per Ethan, cazzo! - esclamò prima che se ne rendesse conto. Solo dopo fece caso a quel che aveva detto - E probabilmente anche per il suo gatto. -
Justin lo guardava a bocca socchiusa.
- Cosa? -
- Sai... Quando io e Ethan abbiamo parlato, dopo che te ne sei andato, ho capito perché ne sei stato attratto. - disse riacquistando la sua flemma.
Il ragazzo continuò a guardarlo interrogativo.
- Mi somiglia. -
- Cosa? Sei così feticista di te stesso? -
- No! - replicò spazientito - L’ho capito standogli vicino, lui è come me. E’ uno stronzo, è acido, è scortese, è fatto in tutta la sua fottutissima maniera, che è anche la mia! Quando sono con lui mi trovo sulla stessa lunghezza d’onda, riusciamo a discutere, a parlare, ad andare più a fondo, lui... Mi scava dentro... -
- Perché, noi due no?! -
Brian sospirò guardandolo in tralice.
- Quando mai abbiamo fatto un discorso serio, noi due? -
- Ma... E' colpa tua! - ribatté Justin - Sei tu che non volevi parlare, per te era tutto scopare o frasette senza profondità, io ci ho provato, ma tu eri sempre talmente restio! -
- Appunto. - annuì Brian, rimanendo poi in silenzio per qualche minuto - Con te non ci riuscivo. Con Ethan sì. -
Justin rimase in silenzio, passandosi una mano sul volto, esausto.
- Qualsiasi cosa io possa dirti, hai fatto la tua scelta, non è vero? La tua scelta sbagliata. Riuscirai davvero a buttarti alle spalle tutto quello che c'è stato tra noi? Guardami. Sono davanti a te. Dove sono sempre stato. Non può cacciarmi per poco tempo che me ne sono andato. -
Brian sospirò di nuovo, guardandolo.
- Justin, perché sei tornato? - gli domandò, seriamente - Non hai trovato il fantastico lavoro che sognavi? -
- Il lavoro ce l'ho eccome. - replicò a testa alta - Ero tornato per chiederti di venire con me a New York. -
- ... Come, scusa? - chiese lentamente Brian.
- Uno con la tua bravura non farà fatica a trovare un buon posto da pubblicitario a New York. Farai il doppio dei soldi che guadagni qui! E potremmo riprendere il nostro rapporto. -
- Io... Io ho già provato ad andare a New York, ma... -
- E' stato quattro anni fa. - replicò lui - I tempi sono cambiati, e anche le agenzie. Ho provato a mandare qualche mail e credimi, sembra che stiano cercando uno come te. -
Brian lo guardò in tralice.
- Lo stai dicendo solo per convincermi. -
- Cerca tu, allora. - rispose altezzoso - Vedrai chi ha ragione. -
Si fissarono ancora qualche istante e poi Justin sorrise.
- Puoi pensarci, ora. Io me ne vado a salutare mia madre e mia sorella, starò un po’ con loro. Pensaci bene Brian, è un'offerta molto ghiotta. - Detto ciò se ne andò, scendendo con passi leggeri.
Brian rimase qualche secondo ad osservarlo mentre scendeva le scale, poi rientrò nell'appartamento.
Ethan era silenzioso, e notò, si era riallacciato la camicia.
- ... Hai per caso origliato? - domandò piano Brian.
- No. - rispose Ethan voltandosi verso di lui - Non era difficile sentire la dolce voce di Justin, non c’era alcun bisogno di origliare. -
Brian fece una smorfia.
- Beh, credo che questo sia un lieto fine. - commentò il ragazzo con un sorriso sulle labbra.
- Che vuoi dire? -
- Io vado a Milano, tu a New York. Non è così male. -
Brian non capiva. Non capiva quella sua aria tranquilla, quel suo sorriso pacifico, quell'atteggiamento pacato.
Non gli importava niente?
- Dai, non fare quella faccia! - allargò il sorriso - E’ la nostra occasione per fare successo. Io come musicista e tu ti farai conoscere ancora di più nel tuo campo. -
- Fino a dieci minuti fa, mi sembrava di aver capito che non volessi andartene. - lo interruppe Brian.
- Dieci minuti fa... - riprese Ethan - Justin non ti aveva offerto un'occasione ottima . -
- E se non me l'avessi offerta? -
Ethan sospirò appoggiandosi allo schienale, Wolf arrivò poco dopo.
- Senti... Justin è tornato, e ti ha chiesti di andare con lui, no? Non è quello che avresti voluto? -
- Che avrei voluto. Forse, in passato. Mi spieghi che cazzo di senso avrebbe ora che ci sei tu e ti ho chiesto di rimanere, eh? -
Ethan si voltò verso di lui, boccheggiando.
- Beh... -
- Beh cosa?! -
- Non credevo... Non credevo che t'importasse tanto. - ammise guardando da un'altra parte - Pensavo che io fossi solo uno dei tanti. -
Brian alzò gli occhi al cielo e sospirò, sedendosi vicino ad Ethan.
- Continua a fare l'idiota in questo modo e mi farai invecchiare precocemente, stupido! -
- La smetti di insultare?! Sono dubbi leciti, cosa credi?! -
- E perché avresti questi dubbi del cazzo? - chiese con una pazienza ben celata.
- Perché tu sei Brian Kinney! - sbottò - Sei famoso a Pittsburgh, al Babylon, e inoltre mi sono scopato il tuo ormai ex ragazzo, quindi ho sentito parlare della tua reputazione fino alla nausea... -
- Eppure sei ancora qui. -
Ethan abbassò lo sguardo stringendo le mani.
- Lo sai tanto, perché sono qui, no? E' stato solo un lento procedere ed evolversi... E meno male che tu mi abbia bloccato mentre stavo per dirtelo! Non sarei riuscito a vedere l'espressione idiota che ti sarebbe comparsa in volto! -
- Dirmi cosa? - Ethan gli lanciò un'occhiataccia, e Brian sorrise in modo adorabile - Non mi offendo se ammetti che sei innamorato di me, sai? -
- Io non sono innamorato di te! - si affrettò a dire - Era solo autosuggestione! -
Brian fece una risatina, prendendolo sottobraccio, trascinandoselo addosso e ignorando le sue proteste.
- Io non sono innamorato di te! - reiterò Ethan addossato al il pubblicitario, portando una mano sul suo petto ancora scoperto.
- Mhmh. - annuì Brian accarezzandogli la schiena - Neanche io lo sono. -
- Mi stai prendendo in giro? -
- Ovviamente. - annuì Brian. Ethan gli diede un pugno sulla spalla - Allora spiegami perché adesso non vuoi più Justin! -
- Perché sono cambiato, ok? - ammise - E sturati bene le orecchie, perché non ripeterò questa frase a nessuno, e se me lo chiederà un avvocato in un'aula di tribunale sotto giuramento, negherò ogni cosa, intesi? -
- Sei sempre così esagerato che... -
- Tu faresti la stessa identica cosa, lo so orma, siamo così simili che so benissimo cosa ti passa per testa! Ma adesso, chiudi la bocca e apri le orecchie! -
- Muoio dalla curiosità. - commentò Ethan sardonico, staccandosi da Brian. Effettivamente, non c'era bisogno che sentisse il ritmo martellante del suo cuore.
Brian gli diede sulla guancia un qualcosa a metà tra uno schiaffo e un buffetto.
- Io ero quel gran dio del sesso prima che arrivasse Justin. Dopo, tutto si è... Appiattito. Fare sesso con sconosciuti, uno dopo l'altro era sì eccitante. Ma non soddisfacente. Sai cosa intendo, vero? -
Ethan annuì senza parlare.
- Sì... Ero innamorato. - disse calmo - Sarei stato disposto a sposarlo, a vivere con lui, a rinunciare agli altri per lui. Beh, forse ogni tanto... Comunque. Direi che grazie a Justin mi sono rammollito, come si dice di solito. Rammollito, e col cuore tenero. -
- E questo cosa c'entra con me? - domandò perplesso - Ti ho forse fatto tornare quel bastardo che eri prima dell'innamoramento babbeo che hai avuto per Justin e che ha portato alla vostra rottura? -
- No. - rispose dandogli una pacca sulla testa - E che ormai... Ormai non sono più quello di prima. Adesso non sono altro che... -
- Una checca di mezza età. - Gli diede un leggero pugno - Ahia... -
- Adesso mi piace l'idea di stare con qualcuno, quando lo trovo, va bene?! -
- E sarei io quel qualcuno... mr. Brian Kinney? - Ethan si sporse, sedendosi poi sulle sue gambe e guardandolo con un’amabile sorriso di superiorità, che in realtà era di troppa contentezza - Certo, ti serve qualcuno vicino per la vecchiaia. -
Brian diede un colpo alle ginocchia e per poco Ethan non cadde sul tappeto, trattenuto solo dalle mani dell'altro.
- Fai poco il furbo. - sibilò - Ti avverto che se riferirai queste cose a qualcuno, il tuo uccello si ritroverà misteriosamente staccato dal corpo. -
- In pratica, Brian, cosa stai cercando di dirmi? - sorrise lui guardandolo sornione.
- L'idea di partire per New York... E’ molto allettante se la vedo da un punto di vista professionale. Ma il fatto è che mi basta la carriera che ho qui. Quindi... Ethan, vuoi rimanere a vivere qui con me e il tuo stupido gatto? -
Wolfram miagolò offeso.
- Questo me lo avevi già detto prima! -
- Ma ora te lo sto chiedendo, stupido! -
- Non so se sono pronto a fare un passo del genere... - disse in tono sibillino, facendosi pregare.
Wolf miagolò di nuovo, alzò la coda e se ne andò lontano da quei due che sembravano essere uno più tonto dell'altro.
- Senti Ethan... Non farmi perdere la pazienza! -
- Sei tu che mi vuoi, no? Non riesci a mettere due parole in fila. Potresti baciarmi come prima. Ti riesce molto meglio che parlare, sai? -
Brian gli pizzicò un fianco, e prima che il ragazzo potesse protestare, gli chiuse la bocca con un bacio languido, rilassandolo all'istante.
- Davvero... Tu dovresti smettere di parlare. - confermò Ethan convinto - E continuare a comunicare solo così, al massimo scrivi dei biglietti! -
- Mi diresti che non so scrivere. - replicò Brian, suggendogli la lingua.
- Vero.. Ok, continua solo così che vai bene! -
Continuarono a baciarsi, fino a ritrovarsi stesi sul divano, dove Brian incominciò un lavoretto particolarmente interessante all'orecchio di Ethan, che apprezzò molto.
- Oh sì... Amo quando me lo fai... - Strinse gli occhi e sospirò - Sorvola sul verbo... -
- No... - sussurrò dolcemente - Mi piace quando lo usi. -
- Oh Brian dai.. Non iniziare a fare così... -
- Scusa. - ridacchiò dando un ultimo bacio all'orecchio per poi mordicchiare il lobo - Tanto so che ti fa piacere che te lo dica anche se fai lo stronzetto. -
- Tu non me l'hai mai... detto... - soffiò leggermente imbarazzato, per fortuna il suo viso era già rosso, quindi non se ne sarebbe accorto nessuno.
- Sei diventato un romanticone così all'improvviso? Credo che avrei dovuto aspettarmelo visto il tuo animo profondo... -
- Fottiti. - sbottò a bassa voce Ethan, voltando il viso dall'altra parte.
Brian sorrise e gli baciò il collo, mentre le mani scendevano a sbottonare di nuovo la camicia.
- Amo particolarmente il modo in cui mi riprendi anche mentre scopiamo, sai? -
- Preferiresti che supplicassi come un agnello come faceva Justin? -
Brian scoppiò a ridere sulla sua pelle.
- Dio, non dirmi che lo faceva anche con te... -
- Ci puoi scommettere. - annuì sorridendo.
- E io che pensavo che dipendesse tutto dalla mia incredibile e fantastica bravura nel far... -
Ethan lo mise a tacere baciandolo.
- Ora basta, dobbiamo ancora finire il discorso di prima sul letto. Sperando di non venire interrotti ancora... -
- Vaffanculo Justin. - fu l'eloquente risposta di Brian, prima di sdraiarsi su di lui.
Era tanto strano pensare che ora, dopo aver confessato tutto, bene o male, Brian sentisse nuovi brividi di piacere mentre spogliava, toccava e baciava Ethan?
Era tutto così confuso.
Piacevolmente confuso.
- Oh, Brian... - sospirò Ethan, reclinando la testa.
Ufficiale.
Amava il modo in cui Ethan gemeva il suo nome.
Amava...
Dio, come suonava patetico. Patetico e insolitamente sentito.
Da quant'era che non lo provava? Da quanto era che non sentiva il cuore battere così forte, e non solo in mezzo alle cosce?
- Cazzo, Brian, di più! - gemette Ethan attirandolo a sé con le ginocchia. Avrebbe voluto implorarlo, usare un tono diverso. Ma tutto quello che sentiva era così fantastico che non poteva non trattenere quell'ottava più alta nel suo tono di voce. Il viso rosso, e il viso a un soffio a quello di Brian, mentre aveva le gambe allacciate ai suoi fianchi.
Il cervello di Brian era completamente diviso, lontanissimo dalla realtà terrena, tranne per quello fastidiosa vocina che continuava a ripetere in lontananza Dillo, diglielo, glielo dirai... Ma dillo, eh!
Sìsìsì, glielo dico, glielo dico!
si assicurò in risposta.
Ma prima si godette l'estasiante sensazione di piacere, di orgasmo, di vita che esplodeva in un solo colpo, stordendoli entrambi.
Quando ripresero fiato, e finalmente Ethan fu sopra Brian, nascose il viso nell'incavo del collo dell'uomo e borbottò a bassa voce.
- ... pensochetiamo. -
- Cosa?! -
Ethan non fu sicuro che Brian lo stesse prendendo per il culo o meno. Imbarazzante...
- Credo di amarti... - confessò in tono sempre più basso, come se cercasse di nascondersi.
- Credi... O ne sei sicuro? - insistette l'altro.
- Ne sono sicuro, ok?! - sbuffò Ethan sollevandosi appena e guardando dall'alto - Ti amo, brutto idiota! -
- Non è molto romantico il modo in cui me l'hai detto! -
- Com'è possibile che tu riesca a farmi innervosire sempre? -  sbottò Ethan alzando gli occhi al cielo.
Brian gli solleticò i fianchi ridendo, facendolo ricadere sul divano, evitando di ammazzare entrambi.
- Quanto sei permaloso, Fiocco... -
- Non chiamarmi Fiocco. E nemmeno Ian. - gli mise un dito sulle labbra, anticipandolo.
Si scambiarono un'occhiata e Brian non disse nulla, limitandosi a continuare a sorridere.
- A me basta anche così. - sorrise di rimando Ethan, prima di baciarlo.

- Allora? - Justin era seduto sul divano e continuava a mantenere lo sguardo fisso su Brian che non gli prestava granché attenzione, controllando lo schermo - Vieni a New York con me? -
Brian non rispose, continuando a cliccare su un qualcosa di apparentemente così interessante da catalizzare completamente la sua concentrazione.
- Brian! - esclamò lui alzando la voce.
- Ah, sì, scusa. Un attimo, eh... - digitò velocemente qualcosa sui tasti e poi fece un'espressione soddisfatta - Non verrò a New York, Justin. - concluse alla fine - Ma grazie per l’allettante proposta. -
- Balle. - replicò immediatamente - Tu verrai. -
- No. - ribadì Brian chiudendo il portatile - Non ho intenzione di farmi un viaggio simile, per non essere certo di trovarlo, un lavoro migliore di questo. -
- E' questa la scusa migliore che sei riuscito a trovare? - disse Justin con sufficienza - Non credi di riuscire un lavoro migliore? -
- Veramente speravo bastasse per farti stare zitto. -
Justin alzò le sopracciglia in un'espressione di pura esasperazione.
- Brian, guardami negli occhi! - esclamò sbattendo una mano sulla piccola scrivania. Lui obbedì docilmente - Te la fai con Ethan? -
- Io e Ethan viviamo insieme. E scopiamo. -
- E allora?! -
- E allora penso di voler continuare a vivere e scopare con lui. -
- Lo... - Justin si fermò. Gli faceva schifo e quasi paura pronunciare quell'odiosa domanda - Ma allora lo ami? -
Brian non si pronunciò. Si limitò a muovere la testa un po' di qua o di là, senza aprire bocca.
Justin ormai lo conosceva troppo bene per avere dei dubbi. Scosse la testa emettendo un verso non propriamente riconosciuto, facendo qualche passo come se dovesse scaricare la tensione.
- Io non ci credo! - sbottò incredulo - Ti piace davvero Ethan! -
- Guarda che non ha mica la peste... Anzi, è molto carino! -
- E' uno stronzo! Un bugiardo, un... Un... -
- E' come me. - glissò Brian secco - Ma ovviamente non in tutte le sfaccettature. E questo mi piace. Mi piace avere qualcuno simile a me con cui riesco a capirmi al volo e beh, potrei avere qualche debole per certe espressioni imbronciate. -
- 'Fanculo, sono tutte scuse! -
- No, non sono scuse. - replicò con flemma - Sì, Ethan è uno stronzo. Ma in confronto a te, non è niente. -
- Cosa?! - Justin rimase a bocca aperta - Ti faccio notare che non sono stato io a tradirlo, non sono stato io a prenderlo per il culo e giocare coi suoi sentimenti... -
- Piantala con questa scenata, Justin. - sospirò lui appoggiandosi allo schienale - Ti sei messo con lui solo per ripicca verso di me perché non ti davo le attenzioni che volevi. -
- Ma mentre stavo con lui tu eri geloso, tentavi di farmi tornare con te! - gli ricordò Justin - Tra noi c'è questo sentimento che non morirà mai, e tu non puoi cancellarlo per... Vivere con uno come Ethan! -
- Uno come Ethan, è uno come me. - rispose Brian mellifluo - Prova a chiederlo a Debbie. E' stata lei la prima a dirlo. -
- Non ci credo! -
- Tu credi sempre e solo a quello che vuoi credere. -
- Questo non è ver... - La serratura scattò e i due si voltarono.
- Oh. - Ethan guardò i due con un sorriso sorpreso - Mi sono dimenticato solo una cosa, vi lascio concludere felicemente. -
Andò alla scrivania e prese una cartellina, avvicinandosi poi a Brian.
- Se quando torno sei ancora di buon umore e senza il solito sorriso odioso in faccia, posso anche accompagnarti al Babylon, stasera. - Gli sistemò il colletto della camicia e gli diede un bacio, con un'espressione fin troppo trionfante - Ciao Justin, spero ci sarai anche tu stasera. - sorrise in tono adorabilmente stronzo, uscendo poi.
Justin fu sconvolto, a bocca aperta, tornando a voltarsi lentamente verso Brian.
- Tu... Tu con me non sei mai stato così! - gli rinfacciò.
- No, credo proprio di no. -
- Reputi Ethan... Migliore di me! -
- Sono felice che finalmente tu l'abbia notato. E' un paio di giorni che questo discorso sta andando avanti e... Davvero Justin... - Brian si alzò, gli si avvicinò posando una mano sulla sua spalla - Sarebbe meglio che ora tu te ne andassi. -
- Mi mandi via per lui?! - Brian alzò gli occhi al cielo, sospirando.
- Justin, ma perché ti è così difficile capirlo? - gli domandò fissandolo negli occhi - Io non ti amo più. Sono andato oltre, tu mi hai mollato e io ho recepito il messaggio, ho lasciato andare il nostro rapporto, e forse è ora che tu faccia lo stesso! Sei tu che hai voluto troncare, ok? Bene, sii coerente! -
- Bene. Basta. Ho capito, che per quanto io possa ripetertelo non capirai mai che grande sbaglio stai facendo! Solo quando ferirà e prenderà in giro anche te ti renderai conto che stai facendo una stronzata colossale! -
- Sei andato a scuola di recitazione? Era da un po' che non vedevo così tanta patetica enfasi in uno squallido monologo. - replicò Brian scettico.
- Credi di non amarmi più? Bene. Credici finché non ti mancherò. Ma non venirmi a cercare, perché non ti aspetto. E' chiaro?! -
- Sei tu quello che è tornato. - gli fece notare.
- VAFFANCULO, BRIAN! -
Quello fu il saluto finale di Justin, che uscì dall'appartamento molto teatralmente, avendo anche la premura di sbattere forte la porta.
Brian scosse la testa ridendo, lasciandosi cadere sul divano sospirando.
- Basta ragazzini. -
O almeno, basta ragazzini biondi ed isterici.
Gli bastava quello moro e incazzoso.



Epilogo.
Il Leopardi si deprime


La convivenza con Ethan continuò semplice e tranquilla. Molto più semplice di come era iniziata.
Le litigate c'erano, le scopate pure (quelle dopo le litigate, poi, erano particolarmente belle) e anche qualche strano momento di totale calma e relax, dove stavano tranquillamente seduti sul divano a guardare un po’ di tv, con Wolfram in mezzo a loro.
Ethan continuava a studiare. Milano era sempre la sua meta, ma poteva tranquillamente accordarsi con Brian, per decidere come sistemare le cose.
Sembrava che la data per la partenza si prorogasse sempre di più, con una certa soddisfazione da parte di entrambi.
Ethan comunque continuava a ricevere offerte di lavoro decisamente interessanti da parte delle più grandi case stilistiche, e non solo americane. Niente affatto male.
Scoprirono che Justin era ritornato a New York senza aver salutato nessuno di loro, Debbie, Ted, Emmett, Mikey o Ben, nessuno di loro.
Cosa che fece dire a Ethan qualche cattiveria, prontamente bloccata all'arrivo di chi non fosse Brian.
In sostanza, la vita continuava così, senza grandi scossoni, almeno per il momento.
Era un venerdì sera quando Ethan se ne stava spiaggiato sul divano a guardare un programma di musica classica con Wolf sdraiato sull'addome, e Brian vagava in canottiera per l'appartamento con delle carte in mano da sistemare.
Andò alla scrivania, ve le appoggiò ma non si sedette.
Tornò invece al divano, sporgendosi verso Ethan. Quando il ragazzo se ne accorse, gli lanciò un'occhiata interrogativa.
- Hai bisogno? - gli domandò stranito.
- Sai Fiocco, devo dirti una cosa. -
- Non mi chiamare Fiocco! - sbottò per inerzia più che per orgoglio - Che cosa? -
- Sai, io credo proprio che ti... -

Fine

 

Chiediamo umilmente scusa per il ripostaggio dell’ultimo capitolo, ma ieri sera l’ho cancellato per sbaglio (era tardi, pioveva, c’era buio, l’uomo nero alla porta, giuro!D:), quindi scusate!u.u

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