Livin' like a pirate

di _Reset_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Oh dolcissima luna, tu che stai così splendente nel cielo, tu, luminosa e perfetta, ma anche sottile e tagliente, tu assisti a una scena crepacuore senza fare nulla, riflettendo sullo specchio dell'oceano tranquillo tutta la tua vaghezza.
Tu sola illumini con noncuranza il Galeone Waterland, il più famoso veliero pirata dell'epoca, l'isola Nowhere e una minuscola scialuppa che si dirige a riva.
Abbagli in particolar modo con la tua luce due bambini, due amici che si stanno separando. Lui sul veliero e lei sulla scialuppa, si osservano come fosse il loro primo incontro, chiedendosi se è vero tutto ciò che succede, se è vero che si debbano separare, se è vero che non si vedranno più. Sì, è tutto vero, lo sanno tutti i componenti della ciurma e anche tu luna, in compenso, però, tu sai molte cose che loro non possono neanche immaginare sul futuro dei bambini.
Ecco, la bambina è arrivata alla spiaggia. Timorosa si volta, come se avesse paura che il galeone se ne fosse già andato, l'avesse realmente abbandonata lì con il nonno, le avesse rubato la sua unica certezza...ma no, è ancora lì, e lì c'è anche quella realtà che comunque la fa sorridere: mentre tutti lavorano alla partenza, lui è lì che la osserva con uno sguardo rassegnato e malinconico. Ne era certa, lui non la dimenticherà mai, perchè lui è il suo migliore amico.
Ecco, il galeone si sta muovendo.
Una grossa lacrima inizia a scivolarle giù dalla guancia, quando qualcosa la abbaglia. Sì, è il suo amico Eric che le fa dei segnali di saluto catturando i raggi del satellite solitario che galleggia nel cielo con il suo pugnale indirizzandoli verso lei. Sorride, ma cerca inutilmente di nascondere gli occhi rossi pieni di lacrime. Agilmente si arrampica sull'albero maestro e, voltandosi nuovamente verso l'amica, le grida: " Nadiaaaaaaa ". Commossa risponde con un accenno della mano.
Quando il veliero Waterland è solo un puntino all'orizzonte, lei sente nuovamente, nella voce flautata delle onde, l'eco del suo nome gridato nel vuoto dall'amico sofferente.
La mano del nonno si posa dolcemente sulla sua spalla per sollevarle il morale, poi l'accompagna verso la capanna dove vivrà. Prima di entrare Nadia si volta solo un attimo guardando con malinconia quell'oceano che aveva sempre amato, ma che le aveva portato via il suo unico amico, il suo migliore amico: Eric.
Da quel giorno lei sapeva che la sua vita sarebbe cambiata, lei non sarebbe più stata quella di prima, quella che solo Eric era riuscito a conoscere...tutto sarebbe cambiato.
Lei lo sapeva, e lo sapevi anche tu luna che lentamente nel tuo declino ti avvicinavi all'orizzonte.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

Lei gli era difronte, piangeva.

Lui cercava disperatamente di raggiungerla, ma non ci riusciva.

Lei sussurrava lentamente il suo nome, come se ciò alleggerisse la sua situazione ignota ma per lei grave.

Solo allora lui ricordò il suo nome, e cominciò a gridarlo a squarciagola:-Nadiaaaaa...-

 

-...aaaaaa...-.

Eric si svegliò di soprassalto sentendo uno strano dolore alla testa. Cercò lentamente di aprire gli occhi, ancora incollati dal sonno. Quando finalmente ci riuscì vide il volto del padre, tirato dalla preoccupazione, che lo sovrastava. Dopo un attimo in cui ebbe un giramento di testa, il ragazzo fu nuovamente completamente cosciente. Solo allora si rese conto di essere sul pavimento.

-Sei caduto dal letto e hai sbattuto la testa.- disse semplicemente il padre. Ecco spiegata la strana posizione e il dolore alla testa. Eric cercò di ricordare l'incubo, ma non ci riuscì. Solo quando il padre stava per uscire dalla camera riuscì a rammentarne solo un dettaglio:- Nadia-.

Il genitore si voltò di scatto.

-Come?- domandò, fingendo di non capire. Il ragazzo non rispose, si sollevò da terra e, ancora un po' barcollante, si vestì e uscì.

Il padre allora decise di chiedere consiglio all'amica Susan. Era immerso nei suoi pensieri quando:- Buongiorno Capitano!- esclamò energicamente Matias, ragazzo ventenne fisicamente ben impostato e novellino sul galeone. Il Capitano rispose con un breve borbottio insensato e finalmente raggiunse Susan.

-'Giorno Roger. Sei qui nuovamente per l'incubo di Eric? Vuoi chiedermi se pure io credo che inizi a ricordare? Sì, lo penso anch'io. Sapevamo entrambi che sarebbe successo, non puoi impedirglielo. Credo tu debba parlargli; ultimamente è un po' giù di corda. Pensa un po' che ieri, durante l'allenamento di combattimento, ha quasi colpito il povero Matias nell'esercizio del lancio dei coltelli, quello in cui riesce sempre...è piuttosto sconfortato, capisce di aver a che fare con quell'incubo, ma non il perché. Parlagli, farà bene a entrambi!-.

Dopo essersi ripreso dallo shock iniziale per la grande saggezza dell'amica, bofonchiò:- Ok, gli parlerò,...sai dov'è?-. -Nel su mondo come sempre, là, sull'estremità della nave!- gli rispose sorridente Susan.

Il Capitano si voltò e rimase sbalordito: Eric era lì, seduto a gambe incrociate, a osservare l'oceano. Quando sentì la presenza del padre, senza voltarsi, mormorò:- L'oceano rappresenta le cose di cui non sono cosciente. L'oceano è infinito, così sono anche le cose di cui non sono cosciente.-. Sorrise in modo beffardo, come se si stesse prendendo in giro da solo. Il genitore rimase sbalordito della filosofia del figlio, poi notò che aveva utilizzato l'espressione "di cui non sono cosciente" e non "che non so".

-Eric,...io...io ti dovrei parlare...- iniziò il padre non sicuro di riuscire a dire la verità.

Il figlio si voltò molto serio in volto. - Mi vuoi spiegare l'incubo che mi perseguita ogni notte o semplicemente mi vuoi dire di smettere di cadere dal letto?-.

Lo stava prendendo in giro, il genitore lo sapeva, e ciò lo fece imbestialire, ma la risata del figlio lo fece sorridere e lo fece tornare sereno:- In effetti se continui a cadere va a finire che mi distruggi la nave!-.

Padre e figlio si guardarono per un attimo seri, poi cedettero e iniziarono a ridere a crepapelle.

Il ragazzo si alzò e la brezza gli arruffò i capelli rosso-fuoco e in particolare un ciuffo, che faticava sempre a tenere al posto, gli cadde sugli occhi. Con un rapido gesto i stizza se lo mise a posto. Si voltò poi per guardare il padre negli occhi, ma lo trovò serio e assorto nei suoi pensieri mentre osservava attentamente un delfino giovane ma solitario che nuotava all'orizzonte.

-Eric,...- iniziò il genitore sicuro questa volta di dire la verità senza alcun problema o interruzione, ma vedendo il figlio raggiante di gioia non riuscì a rovinargli la giornata e sorridendo in un modo un po' finto proseguì:- ...sei riuscito a compiere l'incantesimo che ti ho insegnato ieri?-.

Il ragazzo, un po' deluso per la domanda, rispose comunque sorridendo:- No, però sono riuscito a farne uno che non mi hai insegnato, che ci potrebbe risultarci utile!- esclamò e, vedendo l'espressione un po' perplessa del padre, aggiunse prontamente:- Vuoi che te lo mostri?-. Quando il padre annuì il ragazzo si voltò verso l'oceano e con uno sguardo di sfida alzò il braccio sinistro indicando al genitore la zona su cui si stava concentrando; aprì po la mano senza togliere lo sguardo dall'oceano e molto lentamente la richiuse.

Il padre stava osservando i suoi movimenti quando si accorse che mentre effettuava l'incantesimo i suoi occhi azzurri erano diventati luminosi e le pupille si erano rimpiccolite e ora sembravano la luna quando è solamente uno spicchio finissimo e solitario nel cielo. Si voltò allora verso l'oceano e vide che il figlio, senza pronunciare alcun incantesimo, era riuscito a far solidificare l'acqua trasformandola in roccia.

-Guarda anche questo, pa'!- esclamò il giovane eseguendo lo stesso movimento al contrario e facendo tornare acqua il blocco di roccia appena formato.

Il padre era sbalordito, ma cercò di nascondere al figlio la sua soddisfazione chiedendo:- E gli allenamenti con Susan? Con quelli come va?-.

Il ragazzo lo guardò perplesso, poi bofonchiò:- Bene...-.

I due si sentivano un po' a disagio quando finalmente accadde qualcosa:- Capitano!- esclamò Matias e, senza aspettare alcun suo accenno di attenzione continuò:- C'è bisogno di lei al timone!-.

Borbottando parole incomprensibili di scuse per il figlio Roger si allontanò.

-Allora, cosa ha detto della magia?- domandò curioso Matias a Eric.

Loro erano infatti diventati amici dal primo momento in cui si erano visti. Eric, prima di mostrare al padre le sue doti, le provava una decina di volte davanti all'amico per vedere la sua reazione, la quale era ovviamente sempre molto entusiasta.

-Come al solito non ha detto niente e ha cambiato argomento...- dichiarò il ragazzo:- Non capisco perché, ma tutte le cose che faccio non lo soddisfano...-. Matias lo guardò perplesso, poi cercò di rincuorarlo mormorando:- Forse cerca di nasconderti quanto sia orgoglioso di te per non farti montare la testa...è possibile...-.

Eric lo guardò per un istante come se non capisse ciò che stava dicendo, poi con un movimento fulmineo estrasse dal fodero il suo pugnale e glielo puntò alla gola. Matias si spaventò, ma vedendo che l'amico lo guarda con aria di sfida, capì che il momento "filosofico" era terminato. Energico come non mai si voltò di scatto e corse via, immediatamente seguito da Eric.

Roger, dalla sua postazione al timone, vedendo i due ragazzi inseguirsi intorno all'albero maestro, sbuffò e mormorò a Susan, seduta lì accanto:- Non riesco proprio a capire quel loro gioco...non ha senso e potrebbero farsi male!-.

- Le regole sono semplici: a turno uno insegue l'altro e combattono finché uno dei due si arrende. Credo sia anche per questo gioco che loro due siano così bravi quando attacchiamo un altro veliero...lasciali giocare, fa bene a loro e a noi, che ci prendiamo un po' di meritato riposo!- rispose lei.

Tornarono a guardare i ragazzi, ma si accorsero che erano spariti.

Improvvisamente una spada cadde dall'alto e si impiantò in una trave vicino a Susan. I due adulti alzarono timorosamente il viso sperando che non fosse vero quello a cui stavano pensando entrambi. Assolutamente non sorpresi di aver previsto tutto, osservarono per alcuni secondi silenziosamente il combattimento tra i due amici su una corda che univa l'albero maestro a uno dei due alberi minori.

Agile come se non fosse sospeso a trenta metri da terra ma fosse con entrambi i piedi ben saldi a terra, Eric era riuscito a togliere una delle due sciabole dalla mano di Matias il quale era un po' più goffo a quell'altezza vertiginosa rispetto all'amico.

Con un ritmo impeccabile attaccavano, difendevano, contrattaccavano, arretravano e proseguivano.

Lentamente Matias aveva cominciato ad arretrare e in pochi secondi i due ragazzi si ritrovarono a combattere sulla trave che reggeva la vela dell'albero maestro. Per sfuggire all'ennesimo colpo micidiale dell'avversario Matias si calò giù per una corda che era legata alla vela, ma nel farlo perse di mano l'unica sciabola che gli era rimasta. Non trovandola subito, si voltò verso Eric, ancora sulla trave, per controllare cosa stesse facendo. Fece appena in tempo a girarsi per vedere l'amico buttarsi giù da quella postazione senza alcun appiglio e cadere in posizione eretta dopo aver eseguito un perfetto doppio e mezzo raggruppato. Da quella posizione, come se non avesse fatto niente di strano o eccezionale, gli puntò alla gola la sua sciabola dichiarò:- Ho vinto!-. Non sentendo alcuna risposta all'affermazione e vedendo la buffa espressione sbalordita dell'amico, si guardò intorno e solo allora si accorse che la vita sul galeone si era fermata e tutti, compreso il padre, lo stavano osservando scioccati.

-Cosa c'è? Cosa ho fatto?- domandò perplesso il ragazzo.

Tutti si misero a ridere e ritornarono alle solite posizioni di lavoro. Il giovane guardò allora l'amico con modo supplichevole. - Non ti rendi conto che ti sei buttato giù da trentacinque metri e sei caduto in piedi senza romperti nulla? Sei stato grandioso! Quando me lo insegni?- esclamò Matias, sperando in una lezione immediata. Eric guardò la trave, l'amico e nuovamente la trave, poi mormorò:- Guarda che sono solo trenta metri, con i trentacinque non ho ancor provato...comunque è facile, è come fare un tuffo e cadere dritti...provaci!-.

Matias si era già avviato verso l'albero maestro quando una mano possente lo prese per una spalla e lo tirò indietro. Il capitano sovrastava i due ragazzi con aria severa e distaccata. - Non voglio vedere caviglie rotte oggi, quindi evitate i trucchi da circo!- disse e senza attendere risposta o aggiungere altro si voltò e tornò al timone. I due amici si guardarono con aria innocente, poi fecero spallucce, stipulando un tacito accordo in cui avevano deciso di spostare le prove di tuffo nel vuoto all'indomani.

- Eric, vieni immediatamente qui! Inizia la tua lezione di combattimento!- esclamò Susan interrompendo i pensieri dei ragazzi riguardo i progetti per il giorno seguente.

Con uno sbuffo i due amici si separarono, uno andando alla postazione di lavoro, l'altro alla lezione dell'amica del padre.

-Questa è la tua arma. Stendimi!- esclamò Susan lanciandogli un bastoncino della lunghezza di una sciabola, ma molto più fine e leggero. Il ragazzo osservò attentamente l'arma, l'insegnante e nuovamente l'arma.- Grazie!- esclamò lui con un po' di sarcasmo nascosto nel tono della voce, sentendosi preso in giro. Attaccò allora a destra, a sinistra, i alto e in basso, ma essendo Susan armata di ben due spade, il ragazzo si trovò ben presto senza arma, poiché quest'ultima era stata ridotta in fettine minuscole dalle lame affilatissime dell'insegnante. Decise allora di attuare il piano B, ovvero con molte finte e attacchi a mani nude riuscì a rubarle una delle due spade e continuando a tempestare l'avversaria con attacchi frenetici riuscì a disarmarla, bloccarla in un angolo e puntarle l'arma alla gola.

- Dichiaro l'allenamento concluso!- esclamò il ragazzo raggiante per aver superato anche quella prova, poi si voltò e chiamò:- Matias! Ho finito! Tocca a te prendermi!-. La voce gli si affievolì quando vide il padre avvicinarsi, oltrepassarlo ed entrare nella sala degli incantesimi. - Ritiro tutto! Ora ho la lezione di magia!- si corresse allora e corse a raggiungere il genitore, che gli faceva da insegnante di magia.

La sala degli incantesimi era quadrata e piuttosto buia, illuminata solamente da poche candele nere e viola. Ovunque si puntassero gli occhi si vedevano libri di magia, simboli mistici e rune pregiate.

Il padre sedeva a una scrivania antica avente varie strane incisioni, con un libro aperto davanti a lui. Con un fluido gesto della mano, mormorando parole incomprensibili e senza staccare gli occhi dal libro, spostò magicamente la sedia per il figlio e gli fece segno di accomodarsi. Senza guardare il ragazzo gli pose il libro, gli indicò un incantesimo e mentre Eric cercava di memorizzare la frase, prese una sfera di cristallo e gliela posizionò davanti. - - Prova a sollevarla con quell'incantesimo di levitazione.- mormorò Roger, tenendo fisso lo sguardo sull'oggetto pregiato per non perdere nemmeno un suo possibile movimento. Il ragazzo lo guardò perplesso, poi tentò di pronunciare le incomprensibili parole, facendo un lieve movimento con la mano:- Vulcris Evasis!- …

Non accadde nulla, come durante tutte le altre ore di prove.

- Devo parlare con Susan, tu continua a provare...- borbottò deluso il padre. Appena uscì rimase qualche secondo abbagliato dalla luce del sole. Quando gli tornò la vista trovò l'amica difronte a lui che lo stava osservando e, quando si accorse che si era abituato alla luce, gli domandò:- Non ci è riuscito, vero?-. Il padre fece solo in tempo a scuotere la testa quando un brutto presentimento colse i due amici. Si affrettarono allora a raggiungere la sala degli incantesimi e quando arrivarono rimasero sbalorditi di ciò che videro: Eric era vicino alle tende di seta nera e cercava di dominare il fuoco che le stava carbonizzando. Per fare ciò con una mano tesa verso le fiamme evitava la loro espansione, mentre con l'altra sollevò magicamente l'acqua presente in un vaso e la gettò sulla stoffa.

Tutto ciò lo fece senza pronunciare nemmeno una parola.

Solo quando fu certo che non si vedesse nulla del piccolo incidente, ignaro della presenza del padre e di Susan, si voltò per tornare a sedersi. Quando si girò prese dentro nella scrivania e ciò bastò per muoverla e far cadere la sfera. Qualche istante prima che questa si schiantasse per terra, Eric sollevò la mano e impedì magicamente l'irreparabile. Roger e l'amica notarono nuovamente che gli occhi gli si erano illuminati e le pupille gli si erano rimpicciolite.

Senza farsi sentire i due adulti tornarono all'aperto. Lì si fissarono in silenzio per alcuni istanti, allibiti da ciò che avevano visto.

-Pa', io ho finito!- esclamò Eric alle loro spalle, poi gridò:- Matias, ho finito! E questa volta sul serio!-.

Per tutto il pomeriggio i due giovani amici non smisero mai di inseguirsi e combattere, non interessati al tempo che passava e al sole che lentamente stava tramontando.


 


Spero tanto di ricevere molte recensioni e che questo capitolo vi sia piaciuto!!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 

Capitolo 2

 

Una grande coltre di nebbia offuscava la vista dall'oceano al capitano, e ciò non era un buon segno.

Era tutta notte che si rigirava nel letto con un pensiero fisso in mente e che ancora lo assillava: sarebbe successo.

Infilò la mano in tasca. Il regalo di compleanno per Eric era ancora lì, ma emanava uno strano calore, quasi fosse consapevole del pandemonio che sarebbe scoppiato tra poco.

Roger decise di non pensarci più e di godersi il silenzio che entro qualche minuto si sarebbe sostituito a molte grida felici seguite poi, come lui sospettava, da grida di paura e dolore.

L'allarme suonò e in pochi attimi tutti i componenti della ciurma si radunarono all'aperto, chi più sveglio di altri, e guardavano verso l'alto per capire chi mai avesse suonato la campana in quel momento tutt'altro che di pericolo, ma la nebbia ne impediva la vista.

Solo allora si resero conto che erano tutti presenti, tutti meno uno...

- Fuori i regali, o vi squarto uno a uno!- esclamò una voce ruvida e grave, poi, in toni decisamente più giovanili, si udì una risata.

Dal vuoto della nebbia fuoriuscì con un agile balzo Eric, con un sorriso smagliante sul volto.

Dopo un momento di silenzio, rotto solo da alcuni sospiri di sollievo, la ciurma esplose in una serie disordinata di auguri, canzoncine e alcune poesie improvvisate per l'undicesimo compleanno del ragazzo. In un caos generale tutti si diressero verso i posti più improbabili del galeone per prendere il regalo che avevano comprato o rubato nell'ultimo porto in cui il vascello aveva sostato per poi nasconderlo accuratamente per non farlo trovare al festeggiato. Questo era molto difficile, poiché Eric era molto curioso e notava sempre tutti i minimi dettagli, come per esempio lo spostamento di un barile di rum anche se di pochi centimetri e per questo non far trovare il proprio regalo prima del compleanno era da sempre una grandissima sfida per i componenti della ciurma.

Calò nuovamente il silenzio sul galeone quando Roger si avvicinò al ragazzo.

- Buon undicesimo compleanno, figlio mio!- dicendo ciò infilò la mano in tasca e ne estrasse una collana d'oro. Questa era molto antica e misteriosa poichè un tempo dovevano esserci state incastonate nove pietre preziose, ma non c'erano.

Il figlio, stranamente felice di quell'inaspettato dono, la indossò subito e iniziò a vantarsene. Quando fu soddisfatto delle arie che si era dato, ringraziò il padre che si era già allontanato gridando: - Grazie Pa'!-.

Il ragazzo ricevette anche molti altri regali, come due sciabole molto affilate con i foderi legati a una cintura in pelle donate da Susan e un pugnale riccamente decorato che Matias aveva rubato a un ricco mercante nel porto di Millhights.

Dopo qualche minuto Eric si appartò su una trave dell'albero maestro, godendosi il silenzio e il vuoto della nebbia, ignaro che il padre lo stava spiando. Sollevò il braccio destro e osservò con nostalgia una piccola pietra verde brillante perfettamente levigata che fungeva da ciondolo ad una semplice corda che aveva legata al polso. - So che me lo hai regalato tu, Nadia, e so anche che non sei solo un sogno...spero tanto di trovarti prima o poi...- sussurrò malinconico. Il padre, sentendo il figlio, abbassò lo sguardo e scese dall'albero maestro tornando al timone anche lui malinconico.

- Ricorda molto, troppo...Quell'incubo gli sta facendo tornare la memoria...- mormorò Roger rivolto a Susan che, vista l'espressione cupa del capitano e caro amico, l'aveva raggiunto al posto di guida. Lei gli appoggiò la sua mano sulla spalla, poi sussurrò:- Non puoi farci nulla...sapevi che sarebbe successo. Erano grandi amici. Un'amicizia così importante per loro, quel loro legame speciale, non possono esser cancellati per sempre in questo modo...nessun incantesimo sarebbe mai riuscito a fare ciò in eterno!-

- Già...- mormorò il capitano, tornando poi nel suo mondo di pensieri intrecciati.

Un botto improvviso squarciò il silenzio.

- Ci attaccano! Alle armi!- gridò l'uomo di vedetta.

Da quel momento ci fu un trambusto generale, riempito dai cigolii dei cannoni che venivano riposizionati e caricati e dagli ordini gridati al vento.

- Caricate i cannoni!-

- Muovetevi uomini!-

- Vedetta, da che parte arrivano?-

- Non lo so...la nebbia mi impedisce di vedere!-

Eric e Matias si erano trovati sull'albero maestro e osservavano dall'alto la grave situazione. I loro sguardi si incrociarono un secondo, poi il festeggiato gridò all'amico:- Provo a far diradare la nebbia con una delle mie magie; coprimi le spalle!-.

Alzò la mano chiusa a pugno verso il cielo con gli occhi chiusi. Nel momento in cui aprì gli occhi aprì pure gli occhi che si erano illuminati, come tutte le volte che eseguiva un suo incantesimo. Lentamente la nebbia sparì e tutti si trovarono ad osservare un enorme galeone nero dall'aria minacciosa che fluttuava leggero sull'acqua e si avvicinava in modo circospetto.

Per tutta la ciurma il tempo rallentò fino quasi a fermarsi e riprese a scorrere regolarmente solamente al primo suono metallico di armi che si scontravano. Tutti capirono che era una battaglia persa ancor prima di cominciare e, dopo un tentativo energico ma inutile di difendere il proprio veliero, per evitare inutili vittime Roger decise di arrendersi.

Solo allora videro il volto del capitano nemico.

L'uomo aveva i capelli scuri e la carnagione pallida. Indossava una lunga tunica nera e si notava subito che il braccio destro era interamente metallico. Sul volto si dilungava una rosea cicatrice che partiva dalla parte sinistra della fronte e verticalmente seguiva il volto, tagliando il sopracciglio, l'occhio e finiva sulla guancia.

Eric e Matias non riuscivano a staccare gli occhi da quella sottile fessura e quindi furono i primi a notare il colore diverso degli occhi. Quello destro era difatti nero come la pece, mentre l'altro era verde come il bocciolo di un fiore. Questo però era opaco e quindi i ragazzi supposero fosse cieco per un occhio.

Con un gesto della mano sana fece in modo che gli uomini della sua ciurma gli avvicinassero Roger.

Iniziò allora un breve dialogo pieno di tensione:

- Dov'è?-

- Non so di cosa stai parlando.-

- Dov'è?- esclamò più forte.

Il capitano della Waterland tacque e guardò il pavimento.

Il pirata nero sguainò la spada.

- Fermo!-

Un grido nel silenzio spiazzò entrambo i capitani evitando la tragedia che si stava per compiere.

L'uomo si voltò verso la voce.

Eric si era liberato dalla presa del pirata ke lo teneva fermo e braniva la sua sciabola verso il nemico del padre.

- Eric caro, suppongo che tu non ti ricordi di me, e quindi non ricordi nemmeno che fu tuo padre a farmi questa cicatrice!- esclamò mellifluo l'uomo indicandosi il volto. Il ragazzo però capì subito che stava cercando di compromettere la veridicità delle parole del padre, quindi si affrettò a ribattere:- Avrà avuto le sue buone ragioni!-

- Volevo solo vivere con la mia famiglia, non mi sembra un reato!- esclamò allora l'uomo, mettendosi sulla difensiva.

Eric era pronto a ribattere nuovamente, ma:- Lascia stare il ragazzo, Daniel!- gridò Susan.

Il pirata nero la osservò con uno sguardo spento, come se stesse ricordando una scena della sua vita che si era illuso di aver dimenticato.

Sì, eccolo lì...

Era su una vasta spiaggia candida che al contatto con i piedi li faceva pizzicare, poiché con il sole era diventata bollente.

Non era solo. Al suo fianco c'era una donna. Era bellissima e stava ridendo. Gli sembrava ancora di sentire la sua splendida risata cristallina e limpida.

Verso d loro correva una magnifica bambina di circa tre anni con occhi verde smeraldo e vestita in rosso. Correva a piedi nudi con una manina tesa verso di loro.

Gualdate, gualdate! Non è bellissimo? Gualda, gualda!- gridò felicemente mostrando loro un ciondolo formato da una minuscola pietra grande quanto il tappo di una bottiglia di ruhm.

Si...di ruhm ne aveva bevuto fin troppo nella sua vita...ma da quando la sua famiglia lo aveva abbandonato non aveva pensato ad altro che alla vendetta. Aveva smesso di bere, aveva smesso.

Da allora iniziò la sua seconda vita, il suo alterego negativo si era svegliato e chiedeva vendetta.

Aveva rubato, aveva ucciso, aveva ricattato, aveva torturato.

Tutto ciò per comprarsi la nave costruita apposta per lui, sicuramente più veloce e potente della Waterland di Roger.

Prima di cominciare la battaglia era andato da lui, gli aveva parlato, aveva cercato di spiegargli la situazione, ma lui lo aveva scacciato, avevano combattuto e lui, l'invincibile Daniel, era stato vinto. Da allora il suo occhio sinistro non vide più i colori, la vita, la luce...

Il solo pensiero dell'iniziale sconforto lo fece imbestialire.

Solo allora tornò alla realtà, alla sua Black Darkness, la nave di cui aveva sognato tutta la vita, e la sua vendetta lì a portata di mano.

Prima però doveva trovarla, si...quella cosa era l'unica che poteva fermarlo e non lo avrebbe permesso a nessuno.

- Eric caro, non è che per caso potremmo trattare? La vita di tuo padre in cambio a un piccolo oggetto insignificante e futile: è una collana priva di pietre...-.

Iniziò a parlare descrivendo questo oggetto a cui teneva in modo particolare, ma Eric non stava ascoltando: osservava il padre che con gli occhi disegnava in aria simboli mistici di una delle tante lingue antiche che aveva insegnato al figlio. Il ragazzo si concentrò al massimo che la situazione gli permettesse e velocemente tradusse:

Scappa, l'oggetto magico è più importante di me, scappa”

Un groppo gli si fermò in gola. Non voleva ubbidire e non avrebbe ubbidito. Non avrebbe abbandonato suo padre, Susan, Matias e tutto il resto della ciurma lì: o fuggivano tutti oppure nessuno si sarebbe moss di lì!

- Eric, fai parte della ciurma, obbedisci subito al tuo capitano!- gli gridò il padre notando la luce negli occhi del figlio che rivelavano la sua decisione e puntando a ferire il suo orgoglio che provava nel far parte della ciurma.

Il pirata nero li guardò stupito, non riuscendo a capire come avessero fatto a comunicare.

Eric improvvisamente iniziò a correre verso il timone e si diresse verso l'oceano con l'intento di tuffarsi. Si voltò un'ultima volta e si fermò: il pirata nero stava muovendo la sua sciabola verso Roger volendolo uccidere. Con un rapido gesto lanciò il suo pugnale facendolo impiantare nel braccio metallico del nemico il quale si bloccò.

Dopo essersi assicurato di esser riuscito nel suo intento, i ragazzo fece un cenno di saluto al padre e si lasciò cadere nel vuoto.

L'aria gli sfiorava il volto delicatamente, anche se stava cadendo assai velocemente. In quell'interminabile momento di stallo il giovane non riuscì a non pensare agli strani avvenimenti della giornata che lui aveva atteso così a lungo. La sua mente passava velocemente da un pensiero a un altro non riuscendo a concentrarsi su uno in particolare: Daniel, la collana, il padre, Susan, Matias, il suo undicesimo cmpleanno, la Black Darkness, Daniel, il padre, la collana, l'oggetto magico, “scappa”...

Questa parola gli era ancora impressa in mente insieme all'immenso senso di colpa per aver abbandonato senza combattere tutte le persone a lui care, quando finalmente raggiunse l'oceano.

L'acqua era gelida e l'impatto con questa lo confuse.

Vuoto.

Silenzio.

Questo era tutto ciò che lo circondava.

Un dolre immenso gli bloccò la spalla e una macchia rossa iniziò a formarsi in acqua.

Gli stavano sparando.

Aveva bisogno di aria.

Una pallottola gli passò vicino all'orecchio e l'acqua gelida che aveva spostato lo fece sprofondare un po'.

Aria.

Aveva bisogno di aria e la mancanza lo stava rendendo sempre meno consapevole.

Nella sua mente stavano frullando vari pensieri quando improvvisamente un ricordo solo gli si insediò nella testa.

Era sulla Waterland e stava giocando con la sua amica, la sua unica e grande amica: Nadia

Dolore.

Un dolore fitto s'insinuò nel suo capo, come se stesse ricordando qualcosa a lui proibito, e ciò lo riportò alla realtà.

Aria.

Un altro ricordo gli affollò la mente.

Era su una trave dell'albero maestro, stava quasi piangendo, faceva tutto il possibile per ricacciare indietro quelle aspre lacrime di dolore mentre la salutava. Dalla sua postazione riusciva a vederla sull'isola: lei piangeva. Non voleva andarsene, non voleva abbandonarla... -Nadiaaaaaaaaaaaaa-

Nuovamente il dolore s'insediò nella sua testa, ma ormai era tardi, la magia non era riuscita a contrastare il potere di un'amicizia, di una grandissima e fortissima amicizia, diventata un legame indistruttibile..

L'incantesimo non era riuscito a fare ciò per cui era nato, quindi si dissolse.

Ora lui ricordava, rammentava ogni singolo secondo del suo passato...

Ma era troppo tardi...

I suoi polmoni stavano per scoppiare e richiedevano aria, ma lui non aveva più energie.

Si lasciò andare, pensando al padre, a Nadia...

stava scendendo lentamente verso i profondi fondali dell'oceano quando qualcosa di solido e stranamente piacevole al tatto iniziò a spingerlo verso la superficie.

Aria.

Eric si guardò attorno.

La Black Darkness era sparita e con lei anche la Waterland.

Si voltò allora verso il suo salvatore e vide che era un giovane delfino.

Grazie!- sussurrò sfinito.

Ebbe l'impressione che il delfino gli rispondesse con i suoi versi.

Non ebbe però il tempo di capire se era vero o se semplicemente era frutto della sua immaginazione, perché le forze lo abbandonarono.

Lì, nel mezzo dell'oceano, il giovane eroe svenne.


 

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