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Caro diario
Oggi è un nuovo giorno o almeno così dovrebbe essere.
Sono in viaggio, lascio la mia vecchia città, sono in cammino per la Virginia, raggiungo Mystic Falls.
Ho paura, ho paura di quello che verrà, di ciò che mi attende, di quello che ancora non conosco.
Mio fratello Jeremy è con me ma non sembra tranquillo.
Non mi parla, non parla con nessuno dopo l'incidente dei miei.
Piange, lo sento spesso singhiozzare tra i cuscini nello torvo della
notte ed io lo colgo anche da un suo semplice sospiro, da una sua
espressione, da un suo gesto.
Anch'io piango, piango spesso, perché ormai non mi rimangono che le lacrime e il
rimpianto di non aver fatto abbastanza, di non aver detto tutto.
Oh, se solo fossero qui quante cose avrei da chiedergli. Sono stata una buona figlia? Vi ho amato e rispettato come dovevo?
Queste domande si spezzano in gola e non fanno che aumentare la mia disperazione.
Non troveranno mai risposta se non nei miei sogni ed io esigo che siano veri, prendendo che siano reali.
Ormai la vita mi sfiora e io la sento passare fugace, proprio come il
paesaggio che vedo scorrere veloce dagli sporchi finestrini di un'auto, opachi come la mia anima.
Ho paura, ho ancora paura. Nemmeno scrivere mi tranquillizza. Dicono che
sia normale tutta questa apprensione, ma io ho smesso di dare credito
alle parole della gente da molto tempo.
Caro diario, credo che siamo arrivati. Il cartello di benvenuto convalida questa tesi.
Ed ora non mi resta che scoprire quale identità si nasconda
dietro il nome di zia Jenna. Non so chi sia, non ho avuto mai
l'occasione di conoscerla, ma pare che sia proprio lei la donna che
d'ora in poi dovrà prendersi cura di me e di Jeremy in assenza
dei miei genitori.
E se fosse troppo severa? O troppo permissiva? Se non gradisse la nostra presenza?
Non mi resta che scoprirlo e continuare raccontarlo nelle pagine bianche che ancora mi riservi...
Elena
Gilbert guardò con attenzione l'enorme casa bianca che si
protraeva davanti ai suoi occhi prima di uscire dall'auto.
Avvertiva una strana trepidazione, che tentò di espellere con un caloroso sospiro. Ma parve non funzionare.
Rassegnata, raccolse il suo borsone dal bagagliaio e lo ancorò
alla sua spalla minuta, accorgendosi solo allora, di aver esagerato nel
portare tutto ciò che le era caro. Ma lei amava le sue cose,
perché ad esse erano legati numerevoli ricordi e lei voleva
ricordare.
<< Jeremy, scendi dall'auto avanti, siamo arrivati. >>
Pronunciò quel comando che risuonò quasi un rimprovero, che
non diede i suoi effetti in quanto, il giovane ragazzo, continuava a
tenere la testa china sul display del suo iPod, scegliendo dalla
numerosa carrellata di brani quello che più si addiceva a quella
situazione infelice.
Elena Gilbert trattenne la sua bile, doveva avere pazienza con lui, si convinse.
Salutò Peter, un amico di famiglia che li aveva condotti sino a
li, ed avanzò incerta alcuni passi verso l'ampio porticato.
Più avanzava e più il batticuore aumentava, più si
riproponeva di restare tranquilla, più il suo corpo era scosso da
turbolenti tremolii.
Si schiarì la voce e si aggiustò i lunghi capelli castani
prima di accostare il suo indice al campanello, ma la porta si
aprì ancor prima che lei potesse suonare.
<< Oh, ciao. Tu devi essere Elena? >>
La donna che si ritrovò di fronte aveva canoni molto diversi da quelli che la sua fantasia le aveva suggerito.
Era bella, molto bella.
Elena sorrise quando riconobbe nello sguardo della donna gli stessi
occhi di sua madre e fu felice di non dover inscatolare anche quelli
nei meandri della sua memoria.
E ritrovò fiducia in se stessa e ne conservò anche per la sua nuova conoscenza.
<< Si sono Elena. Tu invece sei... >>
<< Jenna! >> Le suggerì la donna porgendole la mano.
Elena la strinse con forza e decisione. Sentiva di essere in buone mani e di poter confidare in un'ottima alleata.
Sospirò ancora, questa volta era un ansito liberatorio.
Elena volse gli occhi al suo nuovo istituto scolastico con
scetticità. Di certo non poteva offrire il massimo, visto che
stiamo parlando di un piccolo e insignificante liceo di Mystic Falls,
ma per ora doveva accontentarsi.
Riuscì a mala pena ad orientarsi in quella marmaglia di ragazzi
in subbuglio e fu spintonata molte volte da alcuni di essi.
Si sentì sull'orlo di una crisi isterica, ma dovette trattenersi.
Il suo primo giorno di scuola, fra quella marmaglia di studenti, doveva essere perfetto ed idilliaco.
Nessun errore, nessuna mossa azzardata, niente piagnistei; se voleva
guadagnarsi il rispetto di quei selvaggi doveva comportarsi come una
selvaggia.
Scollò le spalle e assunse lo sguardo di una che sa il fatto
suo. Provò a mettersi nei panni della reginetta del ballo il
giorno seguente alla sua premiazione: preziosa, ammirata, unica, e si
convinse del suo ruolo non appena alcuni ragazzi cominciarono a
lanciarle occhiatine da segugi in cerca di una preda fresca e tenera.
Elena ne fu soddisfatta.
Ma non bastava. Per assicurarsi una vita scolastica senza rogne doveva procurarsi degli amici.
Un'impresa ardua, visto che si trattava del suo primo giorno di scuola, ma non si scoraggiò.
Si guardò intorno, scrutando con attenzione ogni adolescente presente in quel maleodorante corridoio affollato.
Tra i tanti volti sconosciuti ci fu uno in particolare che riuscì a conquistarla.
Era una ragazza pressoché sua coetanea. Dal colore della pelle
opposto al suo, aveva lunghi capelli neri che scendevano fino alle
spalle, ed occhi grandi e luccicanti come due gemme.
Se ne stava da sola, appoggiata con la schiena ad un armadietto,
probabilmente nell'attesa di qualcuno o soltanto del suo orario di
lezione, ma ad Elena questo importava solo relativamente.
Non sapeva chi fosse ma dovette dare ascolto al suo istinto, d'altronde non le era concessa altra scelta.
Si avviò disinvolta, accorgendosi solo quando le fu troppo
vicina di aver commesso uno stupido errore. Ma era troppo tardi per i
ripensamenti.
La ragazza cominciò a fissarla e ad Elena sembrò quasi fosse impaurita della sua presenza.
Fece un lungo sospiro e ripensò bene alle parole che si era prefissata di dire in precedenza, ma le aveva dimenticate.
Improvvisò: << C-ciao. Io sono Elena e sono nuova da queste parti... >>
Lo sguardo della ragazza si fece più addolcito, Elena si rilassò e scollò via la sua tensione.
<< Mi chiedevo se potessi aiutarmi ad ambientarmi, se ti va... >>
Il sorriso che la sua interlocutrice assunse la fece sperare in un esito positivo.
<< Certo! Non preoccuparti. >> le rispose << Io sono Bonnie Bennett, molto piacere di conoscerti. >>
Elena poteva giurare sul fatto di aver notato un leggero sobbalzo della
giovane non appena le aveva stretto la mano. Inoltre assunse uno sguardo
di chi ha appena scoperto di essere di fronte ad un fantasma o di aver
avvistato qualche ufo nel cielo stellato della notte.
Elena voleva capire, ma forse non era il caso di cominciare a fare
discorsi che andavano sul personale, doveva studiarla con attenzione,
una pratica che solo col tempo si poteva attuare.
<< Bene... Vediamo qual'è la tua prima lezione? >>
Bonnie cercò di sdrammatizzare ma il tono della sua voce
tradì quell'intento.
Non sapeva neppure lei cosa le fosse successo. L'unica cosa di cui era
sicura, fu del fatto, di aver percepito una leggera scossa quando aveva
stretto la mano di Elena.
Pura elettricità, una sfumata adrenalina, una carica improvvisa o forse una semplice sensazione.
Bonnie rimase perplessa.
Forse ultimamente aveva ascoltato troppo spesso le bislacche storie di
sua nonna sull'origine della stregoneria che, stranamente, stavano
avendo i suoi macabri effetti su di lei.
Odiava ammetterlo, ma da qual giorno cominciò a credere che forse non tutto fosse lasciato al caso.
<< Ho storia... E' il professore... >>
<< Bonnie! >> Una voce stridula e squillante fece sussultare entrambe.
Una volta ripresasi dallo shock, Elena, poté riconoscere la ragazza al quale apparteneva.
Bionda, occhi azzurri, magra, la classica reginetta della scuola, un
cliché che ormai per Elena si ripeteva dall'età di sei
anni.
<< Oh, guarda chi si rivede!? Ti stavo aspettando dal un bel pezzo Caroline! >>
Bonnie sembrava adirata.
Elena ne fu sorpresa. Pochi istanti fa si era comportata come la
più gentile delle adolescenti che avesse conosciuto, mentre
adesso sembrava aver cambiato ogni connotato del suo carattere.
Elena ne trasse vantaggio. Un altro lato di quella ragazza da tenere bene in mente.
<< Scusami, lo so, mi dispiace. >>
Bonnie sospirò stanca. Ormai conosceva da molto Caroline. I suoi
difetti rappresentavamo molti dei suoi pregi, non poteva cambiarla.
Era sempre stata un'ottima amica e nel momento del bisogno le era sempre stata accanto.
Valeva la pena perdonarla anche in quell'occasione.
Intravide Caroline fissare dubbiosa Elena e prima che lei potesse dire qualcosa di sgradevole o poco educato intervenì:
<< Caroline lei è Elena, una nuova studentessa. >>
Poi fissò la dolce Gilbert << Elena lei è Caroline,
la mia migliore amica. >>
Elena titubò per qualche istante prima di stringere la mano alla
sua nuova compagna. Aveva paura di procurare in lei la stessa reazione
che aveva avvertito con Bonnie.
Ma così non fu.
La ragazza bionda si limitò a sorriderla e ad Elena non poteva andare più che bene.
Ma ci fu qualcosa, o meglio qualcuno che più delle altre all'improvviso colpì la sua attenzione.
Un ragazzo, alto, ben piazzato, capelli castano chiari e occhi che tralasciavano una leggera vena di mistero.
Solo, tremendamente solo. All'apparenza non aveva amici, ne qualcuno da
salutare. Era come se nessuno si curasse di lui in quell'istituto,
come se fosse trasparente, un fantasma.
Già un fantasma, Elena giurò di avvertire un brivido freddo quando questi le passò accanto.
Come se qualcuno l'avesse gettata in una tormenta e poi rispedita in brevi istanti in un luogo caldo e asciutto.
Voleva vederci chiaro.
<< Ehi Bonnie, sapresti dirmi chi è quel ragazzo laggiù? >>
Ma a rispondere a quel quesito non fu Bonnie ma ben si la superba Caroline.
<< Si chiama Stefan Salvatore. E' il solito taciturno della
scuola. E' sempre da solo e rifiuta qualsiasi appuntamento. Io ci ho
provato molte volte con lui ma mi sono arresa. Forse a lui non
piacciono le donne... >>
Stefan Salvatore. Elena sentì che quel nome era uno dei tanti da tenere bel saldo nella sua mente.
Stefan Salvatore non credeva al caso, ma non voleva cedere alla suggestione.
Quel giorno uscì di scuola più cupo che mai. Avvertiva una strana tensione pullulare nell'aria circostante.
Chissà forse si trattava solo di una stupida sensazione o di un
erroneo presagio, ma quando vide un corvo nero, appollaiato su una delle
tante panche sconquassate del suo liceo, dovette ricredersi.
Corvi, in pieno pomeriggio, a Mystic Falls. No, non poteva essere una
coincidenza. Fermò la sua lenta avanzata e fissò cupo
l'animale color ebano. Sapeva bene cosa auspicava: Ritorno. Il suo cuore accelerò il battito e il suo ingegno cominciò a formulare tesi disparate e assurde.
Provò la paura fugace di un ritrovo che a lui non era gradito.
Non poteva credere, non doveva essere così, non quella volta, non in quel momento.
Digrignò i denti e respirò a fondo.
<< E' solo uno stupido uccello Stefan, solo un uccello... >> Cercò di convincersi come per tranquillizzarsi.
Ma fu proprio quando l'animale spiccò il volo sfiorando con
un'ala la sua guancia bianca, che il suo battito tornò ad
essere irregolare.
Scese la notte su Mystic Falls. L'ora giusta per intrepidi predatori assetati di sangue. L'ora giusta per i vampiri.
Niente di più assurdo e surreale si nasconde dietro a tale
parola, niente di più veritiero e fattibile si cela in essa che
molti hanno tentato di cancellare.
Ma per quanto folle possa sembrare tutto questo, per gli abitanti di Mystic Falls era storia.
Demoni, sanguisughe, signori delle tenebre, non morti, possiamo dare un
mucchio di definizioni a chi non ha limiti di esistenza, ma per tanti
si possono chiamare solo vampiri.
Quella città era come il "vaso di Pandora" per molte di queste creature, una tentazione alla quale spesso cadevano.
Piena di misticismo e di tradizioni era il luogo perfetto per tali esseri, ma anche ricco di pericoli.
Ma nessuno degno di essere chiamato vampiro poteva lasciarsi intimorire da simili accuse, se in gioco vi era la causa della loro stessa esistenza.
Era giunta la notte a Mystic Falls, e nelle tenebre che essa gettava,
solo il luccichio di due occhi color ghiaccio erano distinguibili.
Costui, avanzava deciso verso quella che, in precedenza, doveva essere stata la sua dimora.
Solo il fruscio delle foglie, provocato dai suoi passi, si udiva
nell'aria, finché, giunto presumibilmente a destinazione,
sussurrò superbo: << Ben tornato a casa Damon. >> E
poi di nuovo il brusio della sua lenta marcia.
CONTINUA...
Eccomi qui. Bene se siete arrivati a
fine capitolo significa che questa storia vi ha appassionato e che
quindi ho combinato qualcosa di buono XD.
Ritornando alle cose serie spero davvero con cuore che vi abbia incuriosito.
Seguo The Vampire Diaries da poco tempo ma vi giuro che mi è
entrato letteralmente nel cuore, sopratutto il personaggio di Damon,
non solo per la sua bellezza, ma sopratutto per quello che è.
Un vampiro addolorato da un amore infelice, distrutto dalla donna che
credeva sua, spinto dal fratello ad una vita immortale, ad una continua
lotta con il suo essere predatore.
Per me questo è Damon, un uomo che si piega, che distrugge la sua natura per la donna che ama.
Perciò non potevo non scrivere una fan fiction su di lui ed Elena, la mia passione per la scrittura me lo impone.
Ed eccomi qui! Questa storia vedrà Elena scoprire lati del suo
spirito che mai avrebbe immaginato di possedere. Inoltre Damon si
troverà nel bel mezzo di una lotta tra vampiri centenari e
demoni crudeli che minacceranno l'incolumità della sua dolce
Elena, divisa tra Stefan, il fratello buono e lo stesso Damon, bello ma
malvagio.
Cosa accadrà? A chi apparterrà il cuore di Elena? E cosa si nasconde dietro il ritorno di Damon?
Scopritelo insieme con me ci contooooo!!! Mi raccomando lasciate una
piccola recensione, anche se la storia non vi è gradita,
così magari se non vi interessa la cestino.
Bene grazie immensamente per la cortese attenzione e spero di ritornare presto sempre se vi interessa.
Baci Baci da Stella94
Stefan si sentiva agitato e la testa cominciò a vorticargli dopo il quarto bicchiere di scotch.
Qualcosa non andava per il verso giusto.
Si avvicinò alla scrivania di rovere e per l'ennesima volta
lesse l'articolo in prima pagina del giornale della città.
Recitava brevi, ma concise parole, che a Stefan stavano strette: "Un'altra morte a Mystic Falls. Il temibile animale colpisce ancora".
Stefan sapeva quanto quell'articolo si sbagliava eppure non voleva credere al peggio.
Non seppe quante volte quel giorno pregò Dio, per far si che
quella si trattasse solo di una fortuita coincidenza, ma al mondo non
esistono coincidenze.
Stefan aveva abbastanza esperienza nella sua vita centenaria per fiutare un pericolo avvicinarsi.
Anche quella volta lo aveva avvertito. Ma a cosa poteva servire prevedere un evento se non si poteva mutarlo?
A niente. Stefan Salvatore doveva solo aspettare e trattenere il respiro affinché lui non potesse ascoltare la sua trepidazione.
Perché a lui non sfugge mai niente, perché lui vive per infliggere dolore e si nutre di vendetta.
Stefan chiuse gli occhi, sospirò, fissò il soffitto poi
udì una voce che già attendeva, la realizzazione di un
incubo che credeva perduto.
<< Ciao fratellino. Da quanto tempo non ci si vede... >>
Ed eccolo di fronte ai suoi occhi, con quel suo ghigno malizioso che
mai avrebbe cancellato dalla sua espressione e con quell'aria
sfacciatamente irritante che da un secolo e mezzo lo accompagnava.
Stefan indugiò su i suoi lineamenti, nell'ultima speranza di vederlo diverso, cambiato, redento dalla sua vita dannata.
Si diede dello stupido solo per aver pensato una simile baggianata,
dopotutto è di Damon Salvatore che stiamo parlando, lui non
cambia mai.
<< Non sei il benvenuto qui Damon. Tornate da dove sei venuto. >>
Quella volta Stefan non avrebbe ceduto, ma neppure Damon.
<< Stefan, andiamo non essere così drastico. Sono venuto a farti visita e... sono in pace. >>
Accompagnò tali parole alzando le mani in segno di resa, ma
Stefan sapeva che Damon non sventolava mai la bandiera bianca.
E' sempre stato così. Arrivava, causava il caos e poi ripartiva,
per Stefan non vi era alcuna ragione per dare credito alle sue parole.
In fondo non lo aveva mai fatto per davvero.
Sapeva che una volta arrivato sarebbe rimasto, ma volle provare
ancora, volle provare a liberarsi di lui prima che accadesse il
peggio.
<< Tu non conosci pace Damon, ma solo guerra e morte. Sei tu il
responsabile di tutti quegli attacchi animali vero? >>
<< Be', dovevo pur nutrirmi. >>
Ah già, lui rifiutava qualsiasi cosa che non fosse legata al
sangue umano. La vita da "vegetariano" era per deboli e Damon non lo
era mai stato.
Per lui la vita umana valeva ben poco e non vi era nessuna ragione che potesse spingerlo a darle un giusto peso.
A meno che, non si fosse trattato di una ragazza bella, formosa ed estremamente sexy, ma questa è un'altra storia.
Stefan sapeva che quel momento primo o poi sarebbe giunto, ma non immaginava così presto.
Suo fratello Damon rappresentava da più di cento quarant'anni la
sua spina nel fianco, un dolore che non l'avrebbe mai abbandonato.
Ed ora, cosa avrebbe fatto ora? Gli avrebbe concesso un'altra possibilità? Gli avrebbe donato il beneficio del dubbio?
No. Non più. Stefan per quanto fosse meno esperto e furbo di
Damon, era sicuro del fatto, che quella volta, non si sarebbe dimostrato
un debole di fronte ai suoi occhi.
Ormai lo conosceva, poteva a stento prevedere le sue mosse, ma lo conosceva.
Le sue subdole azioni erano sempre spinte da un tornaconto.
<< Che cosa sei venuto a fare qui? >> Ancora una volta
Stefan provò a vederci chiaro, anche se sapeva bene che
qualunque cosa stesse progettando il fratello era di sicuro uno dei
tanti suoi segreti impenetrabili.
<< L'ho già detto! Sono in visita. Passavo da queste parti
e allora mi sono chiesto... perché non andare a controllare come
se la passa il mio caro fratellino? E così... >>
Ottimo bugiardo ma non per Stefan, non più...
<< Tu mi odi Damon. >>
Odio, forse Damon lo odiava per davvero. Non basta essere uniti da un
legame di sangue per far si che questo brutale sentimento non si
manifesti.
Per tanti anni Damon lo aveva covato nell'angolo più oscuro
della sua anima. E aveva le sue ragioni. Ma stranamente in
quell'occasione si sentiva tranquillo e mosso evidentemente da
interessi che non includevano la figura di suo fratello.
Di solito lo avrebbe schernito, ingiuriato e poi messo alle strette, ma sapeva che non gli conveniva.
Doveva agire d'astuzia, mettere a tacere il suo essere sospettoso, trascinarlo nella sua rete intrappolatrice.
<< Ah! >> Gli venne da imprecare << Vorrei sapere il
motivo per il quale le persone hanno questa brutta opinione di me?!
>>
Si portò la mano destra al mento, come faceva spesso quanto era in
procinto di una delle sue frasi sgradevoli << In fondo, sono un
pò malandrino, ma mi considero un bravo ragazzo. >>
Sorrise, poi, come per convincerlo.
Stefan non seppe che rispondere. Si limitò a fissarlo e quel
silenzio sferzante apparì a Damon come una contraddizione di
ciò che aveva appena pronunciato. E infatti lo era.
Fu allora che la pazienza cominciò a venir meno.
<< Comunque questa è anche casa mia ed io sono libero di starci quanto voglio. >>
<< Non se metti in pericolo la vita di chi vi ci abita da tempo. >> Stefan pronunciò quelle parole e attese.
Damon sapeva che lo stava portando lentamente a svuotare il sacco. Fu
rapido a cogliere i suoi arcani quanto astuti intenti, non si fece
trovare impreparato.
<< Andiamo Stefan, sei un vampiro! Come me d'altronde. Siamo immortali, l'hai dimenticato? >>
Per quanto fossero indistruttibili, anche i vampiri avevano i alcuni limiti. La verbena
( un'erba micidiale per costoro) rappresentava uno di essi. Il fatto
che fossero già morti non escludeva l'evenienza che potesse
succedere ancora. E Stefan non voleva morire.
Si era riproposto mille progetti e altrettanti ostacoli da superare.
Combattere la sete di sangue umano si poteva considerare la sua
maggiore prerogativa. Damon rappresentava il passato, qualcuno da
tenere lontano, ma sapeva che non poteva cancellarlo del tutto dalla
sua esistenza. In fondo era pur sempre suo fratello.
Era una scellerato, un bastardo, un stronzo allo stato puro, ma era suo fratello.
Questo però non bastava per indurlo a collaborare, non bastava per fidarsi di lui...
<< Te lo chiedo per l'ultima volta Damon. Cosa sei venuto a fare? Cosa cerchi? >>
Damon puntò i suoi occhi color ghiaccio su di lui e in silenzio lo sfidò.
Una sfida fatta di sguardi, una sfida per studiarsi e capirsi, una sfida per proclamare un vincitore.
Poi, inaspettatamente, il più grande dei Salvatore parlò:
<< Ho tutto sotto controllo Stefan. Stai tranquillo. >> Poi
estrasse il suo cellulare dalla tasca, che vibrante, preannunciava
l'arrivo di un messaggio. Lo lesse, accigliando quel sorriso sgarbato
che tanto a Stefan irritava.
<< Ora, se non ti dispiace... >> Aggiunse << ...devo andare. Una certa Brigit Perez mi reclama. >>
Osservò poi il suo corpo estremamente affascinante dal riflesso
di uno specchio. Ridacchiò soddisfatto, si mise apposto il collo
della sua camicia rigorosamente nera e guardò Stefan <<
Che dici vado bene? >>
Non attese riposta, la modestia non era il suo forte. Era talmente
sicuro del suo sex appeal di non aver bisogno di pareri altrui.
Sopratutto di quello del suo fratello minore.
<< Damon, dove vai? Torna qui! >> Stefan provò a
chiamarlo, l'imponenza dei suoi dubbi esigeva risposte che purtroppo
solo Damon poteva dare. Ma quest'ultimo, aveva già aperto la
porta, in procinto di muovere alcuni passi nel vialetto.
Ma non prima di aver lanciato una sua ultima uscita infelice:
<< Già senti la mia mancanza Stef? Non preoccuparti tornerò presto... >>
Strizzò l'occhio destro e sorrise. Poi sparì nel buio della notte.
Elena non era di buon umore. Ultimamente non lo era mai.
Pensava spesso alla sua vita passata, che ora sembrava irrimediabilmente lontana.
Molte volte la sua mente rievocava attimi vissuti nella tranquillità
e serenità delle sua città natale: Atlanta, ed ancora
poteva sentire nella sua mente i discorsi della sua migliore amica Jody
e i baci del suo ex ragazzo Matt.
Matt, un'altra spina dolorosa nel suo fianco.
L'aveva lasciata alcuni giorni dopo la morte dei suoi genitori,
dicendole, con brevi e inopportune parole, che non era pronto per
affrontare una relazione a distanza.
Un vero codardo, ma nonostante questo, Elena non riusciva a provare rancore nei suoi confronti.
Ed eccola di nuovo davanti al suo liceo, fissandolo ancora con aria
scettica e sbuffando come chi è in procinto di dover fare
qualcosa che proprio non va giù.
A lei non andava giù proprio niente della sua nuova vita,
sperava solo di ritornare ad essere felice, ma era certa, che per ora,
quell'obiettivo rappresentava solo una lontana utopia.
Con un groppo alla gola si affrettò a raggiungere il proprio
armadietto. Le sue braccia, infatti, stringevano un cumulo di libri, che
da un momento all'altro minacciavano di rotolarsi sul pavimento
rovinosamente.
Digrignò i denti, il peso di quel cumulo di fogli era insopportabile.
Si fece forza ancora, ormai era quasi giunta, affrettò il passo,
pochi centimetri a separarla dalla meta, che ad Elena, in quel momento,
sembrò il traguardo tanto agognato di un maratoneta.
Ma qualcuno, inavvertitamente, rovinò sulle sue spalle e perse
l'equilibrio.
Chiuse gli occhi, prospettava il peggio. Poi
avvertì un profumo insueto ed un calore quasi magnetico.
La sua testa intoppò su qualcosa di morbido ma duro come
l'acciaio allo stesso tempo, probabilmente un corpo umano, ed il ronfo
dei libri, ormai caduti, spezzò quel silenzio straziante.
Elena sentii due mani sulle sue braccia scarne e un respiro caldo soffiare sui capelli.
Riaprì lentamente gli occhi e riconobbe, per sua sorpresa, lo sguardo misterioso di Stefan Salvatore.
Ricordava bene il suo nome, come dimenticarlo, quel ragazzo l'aveva
attirata peggio di una calamita. Ma ora anche lui sembrava aver ceduto
all'imbarazzo e allo sconcerto che una stupida caduta aveva provocato.
<< Stai bene? >> le chiese gentilmente Stefan.
Elena lo fissò per qualche istante prima di rispondere << Oh...si, si, credo di si. >>
Stefan lasciò la presa dalle sue braccia e si accovacciò a raccogliere i libri sparsi sul pavimento.
A lavoro ultimato, le riconsegnò alla sua legittima
proprietaria, che intorpidita come una mummia, li accolse con un altro
sforzo.
<< Grazie mille. >> Le venne da dire, anche se avrebbe voluto aggiungere tante e tante altre cose.
<< Non c'è di che... >> Freddo, ancora, come un
cumulo di ghiaccio. Elena stupidamente pensò che forse Caroline
non aveva tutti i torti. Probabilmente Stefan aveva ben altri interessi
e le ragazze non rientravano nelle sue priorità.
Ma volle comunque provare.
<< Comunque io mi chiamo Elena Gilbert. >> Gli porse la mano ed attese trepidante.
<< Stefan Salvatore, molto piacere di conoscerti. >> Le
sorrise Stefan, involontariamente, ma anche piacevolmente appagato da
quella situazione.
Di solito le ragazze non rientravano nelle sue priorità da vampiro, ma Elena faceva eccezione.
Come negare la sua estrema bellezza, la dolcezza e l'armoniosità che il suo sguardo regalava.
C'era poco da dire: Stefan si sentiva attratto da lei.
Intravedere Damon Salvatore gironzolare tranquillo per le vie della
cittadina, era davvero un evento straordinario, ma ritrovarlo al liceo
di Mystic Falls lo era di più.
Se ne stava, a braccia conserte, appoggiato alla portiera della sua
auto, appollaiato con un gallo nel suo territorio, dominato da galline
che si prostrano alla sua presenza.
Damon era proprio un gallo. Quello più dominatore e dittatore di
tutti, colui che non voleva rivali nel suo pollaio e in realtà
ne aveva ben pochi così impudenti da sfidarlo.
Stefan scrollò la testa e sbuffò. C'era qualcosa che gli sfuggiva.
Prima ritornava alla pensione con frasi ambigue e misteriose, ora,
invece, si piazzava davanti al suo liceo, come se fosse alla
ricerca di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
Stefan non poteva saperlo, anzi, non voleva saperlo. Suo fratello era
abbastanza maturo da poter mettere la parola fine ai suoi problemi da
solo. Ma se questo implicava anche il sacrificio di qualche innocente,
allora, il suo intervento era decisivo.
<< Damon, cosa ci fai ora qui? >> Stefan gli si avvicinò ispirando aria di guai.
<< Sono venuto a prenderti fratellino. Volevi farti tutta questa strada da qui a casa a piedi? >>
Doveva immaginarselo. Damon aveva sempre una risposta pronta e per di
più plausibile. Ma quella era un'altra menzogna e quel gioco
ormai aveva già stancato Stefan.
<< Avanti Damon non sono uno stupido. Sono stufo dei tuoi misteri, cosa stai macchinando questa volta? >>
Il fratello maggiore fece un lungo sospiro, come per trattenere la sua
bile. Spostò gli occhi al cielo, forse chissà, alla
ricerca di un dio capace di aiutarlo. Ma lui non aveva mai avuto il
bisogno dell'aiuto altrui.
Era proprio questo a determinare la sua indolenza.
<< Stefan, la vecchiaia ti sta giocando brutti scherzi. Stai diventando più paranoico del solito! >>
Il più piccolo dei Salvatore stava per controbattere, quando
sentì una voce, a lui da poco familiare, che gli intorpidì i
sensi.
Elena aveva chiamato il suo nome e a grandi passi si dirigeva nella sua direzione.
Aveva qualcosa di piccolo e scuro racchiuso nella sua mano scarna ed un sorriso che brillava più di mille diamanti.
Stefan l'accolse trepidante.
Ma fu proprio quando ella le fu a pochi centimetri, porgendogli
ciò che aveva in mano, che quel bellissimo ghigno scomparve.
Si tramutò quasi in una smorfia di sbigottimento, di pura sorpresa, di compiacimento.
Ed i suoi occhi castani e lucenti, non erano più rivolti a Stefan ma ben si a Damon.
Damon, che a sua volta la fissava, aggraziato da quella dea rara e
preziosa, una preda così rara che mai le sue fauci avevano
bramato. Elena trattenne il fiato quando incontrò lo sguardo di
Damon.
Non aveva mai visto qualcosa di così sublime.
Era incredibilmente bello. I suoi lineamenti erano nettamente delineati e quasi perfetti sotto la massa di capelli scuri.
I suoi zigomi erano il sogno di qualsiasi scultore e i suoi occhi l'incubo di ogni donna.
Elena non riusciva a distogliere gli occhi da lui. Doveva sapere chi fosse, doveva conoscere il suo nome.
CONTINUA...
Bene rieccomi con il secondo
capitolo. Vorrei ringraziare immensamente chi ha lasciato una
recensione per il primo capitolo e che l'ha messa tra quelle da seguire
e tra le preferite. Grazie Grazie Grazie. Un grazie va anche a chi l'ha
semplicemente letta e ha gradito... Il prossimo capitolo sarà
molto più scoppiettante. Scopriremo forse il motivo per il quale
Damon è tornato e Mystic Falls e scopriremo anche l'esito del
primo incontro tra Damon ed Elena che qui ho solo accennato. Spero che
vi sia piaciuto, vi sarei molto grata se lasciaste un vostro parere,
anche una semplice parola. Perciò RECENSITE in molti, ringrazio
in anticipo chi lo farà. Grazie per la cortese attenzione e a
presto. Ah! Dimenticavo Elena e Damon forever!!!!!!! Ok ho sclerato
già abbastanza... A presto kiss kiss da: Stella94
Elena si sentiva frastornata, stranita, attonita.
Non le era mai capitato di provare una tale emozione nei riguardi di un perfetto sconosciuto.
C'era qualcosa di strano in lui che la incuriosiva. Una vena di
mistero, un soffio di misticismo, intrinseco ad una bellezza selvaggia.
Elena azzerò per impercettibili secondi il suo passato e constatò la fresca ebrezza di un evento inaspettato.
Altro che noia, altro che tristezza, quella vita a Mystic Falls cominciava davvero a piacerle.
Il suo ingegno parve cominciare a dare segni di vita, quando Stefan invocò il suo nome.
Si rese conto dello stato pietoso in cui si trovava. Se quel ragazzo
era una deliziosa torta al cioccolato farcita con uno strato di panna,
be', lei era di sicuro una fanciulla sbavante alle prese con le sue
voglie infantili.
Scrollò la testa e cercò di recuperare il controllo del
proprio corpo. Non era ancora pronta, ma non aveva altra scelta.
<< Ah... Stefan, ti è ca-caduto questo dalla ta-tasca,
prima. >> Gli porse il suo cellulare nero e lucente e fu allora
che a Stefan gli fu tutto più chiaro.
Ma la reazione che Elena aveva avuto un pò meno.
Era abituato al fatto che Damon suscitasse un certo fascino nelle ragazze, ma
erano per di più bambole di porcellana: belle, delicate, ma
senza cervello. In quel fugace istante che aveva trascorso con Elena e,
nell'intera ora di storia europea passata ad osservarla, aveva creduto
che lei fosse diversa, bella si, ma diversa.
Doveva forse ricredersi?
<< Grazie Elena. Sei stata molto gentile. >>
Damon intanto aveva assunto quel suo solito ghigno, quello che usava
quanto era in procinto di dover dire qualcosa di sgradevole o volgare.
Ma in realtà era solo compiaciuto.
Chi l'avrebbe mai detto che Mystic Falls generasse codeste creature angeliche.
Elena era un angelo, il più bello che avesse mai visto. Erano
anni che non provava un tale sentimento nei riguardi di una ragazza.
Eppure era così diversa da Katherine.
Dopo di lei, nessuna altra donna lo aveva colpito così
intensamente. Damon la squadrò da capo a piedi nel tentativo di
riconoscere in lei alcuni lineamenti di Katherine, ma erano diverse,
troppo diverse.
Baggianate, si convinse. Non era li di certo per trovare una nuova
fiamma. Aveva una missione da portare a termine, l'unica ragione che lo
tratteneva in quella insulsa cittadina della Virginia.
<< Stefan, non mi presenti la tua ragazza? Non è educato da parte tua... >>
Stefan sentì il sangue affluire svelto e caldo sulle guance. Damon riusciva sempre a rovinare qualsiasi momento.
Come al solito era già arrivato a conclusioni azzardate, creandone una trama tutta sua, che non corrispondeva al vero.
Stefan si sentì così imbarazzato da sentirsi come sul filo di un rasoio. Accidenti quanto lo detestava!
<< Ah...ah ma Damon, lei non è la mia ragazza! >>
Sembrava quasi come se si stesse giustificando a un suo genitore dopo
essere stato beccato in flagrante, come un gatto sul lardo.
<< E' solo un'amica. Si chiama Elena. >>
A Damon gli fu tutto più chiaro. Anzi, a pensarci bene, gli era sempre stato chiaro tutto dall'inizio.
Come volevasi dimostrare, Stefan, era il solito nonguardonessunatranneKatherine di sempre. Noioso.
Damon non perse occasione ad allungare la sua mano impreziosita dall'anello intarsiato dall'antico stemma dei Salvatore.
Un gingillo dal quale Damon non si separava mai. E come poteva!? Sarebbe bruciato al Sole senza.
<< Damon Salvatore. Sono il fratello combina guai di Stefan. Molto piacere di conoscerti. >>
Elena era elettrizzata all'idea di stringere la mano di Damon. E chi
l'avrebbe mai detto che Stefan avesse un fratello così attraente!
Lo percepiva, era il suo esatto opposto. Quell'aria sicura di se
stessa, quel ghigno sempre stampato sul viso, quel modo di giocare con
gli occhi, tutte piccolezze che ad Elena furono utili per capire chi in
realtà fosse.
Bello, dannatamente sexy e misterioso, ergo, un perfetto stronzo.
Ma nonostante questo, Elena, non poteva ammettere di non essere attratta da lui, come, in fondo, lo era di suo fratello.
Ma Damon aveva qualcosa di più, Damon era...
Elena sussultò quando strinse la sua mano. Un'altra scossa, la
stessa che aveva percepito quando aveva stretto quella di Bonnie.
Ma questa volta fu leggermente diversa.
Più forte, più intensa, più... Ah non lo sapeva neppure lei. Si sentiva agitata.
Per la seconda volta aveva percepito qualcosa di strano, per la
seconda volta lo stringere la mano di una persona per lei era equivalso
ad inserire un dito in una presa elettrica.
<< Piacere mio... >> Il tono di voce che assunse tradì
quelle poche parole. Si fissò la mano. incerta, come alla ricerca
di qualche cavo ad alta tensione o qualcosa che potesse scatenare
quella reazione.
Ma nulla, tutto normale, tutto dannatamente normale.
Elena si convinse chi si trattava solo di una sua stupida suggestione,
ma quando incontrò gli occhi di Damon capì che anche lui
l'aveva percepita.
La fissava, ancora, ma questa volta con un'aria scrutatrice, come se
tutto il suo passato fosse scritto sul suo volto e lui tentasse di
leggerlo, come chi è sorpreso, ma in realtà l'aveva
già previsto.
Mistero, ancora mistero. Vivere a Mystic Falls significava essere sempre nell'incertezza e a dubitare di chiunque.
Elena cominciò a dare credito a quelle parole dette da sua
nonna. Ma all'età di nove anni, quando ella spesso le parlava di
quella tranquilla cittadina, non dava credito alle sue assurde storie.
Le raccontava spesso di demoni del sogno e di uomini con grandi denti affilati. Esseri senza scrupoli, bestie della notte.
Ad Elena tutte quelle storie facevano paura e lei non voleva crederle.
Ma la nonna le raccontava anche di un angelo. Di un magnifico angelo
immerso nella luce dorata, forte e calda come quella del Sole.
Unico essere capace di distruggere tali creature e riportare la pace.
Per Elena quella era la parte migliore del racconto e non le dava affatto fastidio quando la nonna stessa la chiamasse "angelo".
Le ricordava così tanto quella creatura...
Ma Damon non sapeva quella storia. Lui era di tutt'altri orizzonti.
E a pensarci bene, molto probabilmente, non aveva mai ascoltato favole nella sua vita.
Lui, che tutta la sua esistenza era stata un vero inferno.
Ma ora era diverso, ora aveva un compito. E forse era giunto quasi al traguardo.
<< Elena ha anche un cognome? >> Chiese a Stefan.
<< Gilbert. >> Rispose Elena, più sicura e tranquilla di prima.
Damon voltò le sue iridi azzurre al cielo. Si portò una
mano sul mento e cominciò a riflettere ad alta voce.
<< Gilbert...Gilbert...Gilbert. Non ho mai sentito parlare di Gilbert a Mystic Falls. >>
<< Non sono della Virginia. Vengo da Atlanta, mi sono trasferita da poco... >>
Prevedibile. Lui conosceva a memoria tutti i cognomi della gente di
Mystic Falls e aveva avuto il privilegio di cenare spesso con gli
stessi fondatori qualche secolo fa.
Nonostante la vasta gamma di informazioni, la sua memoria era infallibile.
Ma qualcosa ancora gli sfuggiva.
<< Mi domando come mai una ragazza dovrebbe lasciare Atlanta per
trasferirsi a Mystic Falls? Questa città mette i brividi...
>>
Elena trattene qualche lacrima. Lo sapeva, prima o poi avrebbe dovuto parlarne.
La morte dei suoi genitori era ancora una ferita aperta e bruciante che al solo sfiorarla provocava dolore.
Elena conosceva il dolore. Lo aveva provato, lo provava ancora.
Il coraggio non era mai stata la sua virtù, ma non poteva continuare ad ignorarlo. Un respiro profondo.
Fu quello il gesto che fece capire a Stefan la sofferenza di Elena. Lui
poteva capirla, ma chi è senza cuore come Damon no.
Si stupì quando Elena pronunciò alcune incerte parole.
<< E' a causa dei miei genitori. Loro.. >> Ma poi decise di intervenire.
<< Damon andiamo! Cerca di essere meno inopportuno, solo una
volta nella tua vita. >> Poi lo vide strizzare le spalle, segno
evidente del fatto che a lui interessava ben poco. << Senti, perché non mi spetti in auto? >>
<< Come vuoi fratellino.
>> Poi ancora un sorriso, ad Elena, e chinò il capo come
in segno di rispetto. Chissà se lui lo conosceva davvero? Elena
non si era sbagliata sul suo conto: bello, ma arrogante.
<< Ci si vede in giro, Elena Gilbert. >>
Cos'era quella? Una minaccia? Elena non lo seppe mai, ma il suo intuito la metteva in allerta.
Non sapeva il perché, ma aveva la netta sensazione di esserci
cacciata in un grosso guaio, dal quale non sarebbe uscita tanto
facilmente. Gli fece un sorriso strozzato prima di vederlo scomparire
nell'auto.
Meglio tenersi lontani da lui, pensò, se anche Stefan lo detesta un motivo ci dovrà pur essere.
<< Scusalo Elena... >> Disse Stefan << Lui è
così... >> Così come? Si chiese mentre cercava un
aggettivo giusto.
Damon era tante cose. Un scellerato, uno stronzo, malvagio, irritante, e via discorrendo.
Ma a pensarci bene nessuno di questi si addiceva alla sua persona.
Perché Damon era fuori dal comune, distante da ogni
caratteristica umana, subdolo nelle sue bieche azioni.
L'unica cosa che gli venne in mente fu un banale << ...invadente. >>
Stefan vide Elena abbozzare un piccolo ghigno << Già. >> Rispose << Me ne sono accorta... >>
Poi abbassò lo sguardo cominciando ad intrecciare le mani, che a Stefan parvero sudate e tremolanti.
E difatti era proprio così.
Elena si sentiva agitata, come sulla soglia di una profonda crisi
isterica. Che fossero i fratelli Salvatore a generare tutto questo?
Elena sorrise, fra se e se, e anche se fosse stato così a lei non dispiaceva per niente.
<< Bene, allora ci si vede in giro? >> Elena fece quella domanda, ma in realtà aspettava tutt'altra risposta.
Le sue ambizioni sfumarono quando udì da Stefan un semplice:
<< Si, certo. >> Poi un ultimo sguardo, complice, un ultimo
sorriso, ed ad Elena non le rimase altro che il suo profumo impresso
nelle sue narici.
Damon Salvatore rivolse gli occhi al cielo stellato. Notte senza Luna, pensò, era preoccupato.
Il buio non gli aveva mai fatto paura, sin da bambino, ma sapeva bene che in esso si nascondevano mille insidie.
Lui ne era la prova vivente.
Ma c'era dell'altro. Damon sapeva che poteva contare solo su se stesso
se voleva evitare altri rischi, ma il silenzio faceva male, lo lacerava
e gli bruciava più della verbena sulla pelle.
Non avrebbe mai smesso di pagare per i suoi errori, non avrebbe mai
trovato quella serenità interiore che il fratellino perfetto si
vantava di aver raggiunto. Tutte balle! Nessuno poteva sfuggire dalla
sua vera natura.
Un vampiro è un assassino, un sanguinario, un essere senza cuore e ritegno, ma lui lo era per davvero?
L'ingegno di Damon inceppò per interminabili secondi sulla risposta giusta.
Alcool, ci voleva dell'alcool. Se ne portò un sorso alla bocca,
che scese bruciante nella gola, per giungere caldo nelle sue viscere.
Si, lo era. Era malvagio, un mercenario senza meta, un bestia feroce carica di odio, un vampiro per eccellenza.
La sua presenza a Mystic Falls ne era la prova. Doveva uccidere,
ancora, ma questa volta non per nutrirsi, doveva farlo per giungere al
suo obiettivo, doveva farlo per ottenere ciò che desiderava.
Aprì la finestra ed inspirò l'aria fresca della sera. Ancora un sorso e la sua sete sarebbe scemata.
Non doveva dare nell'occhio, la posta in gioco era alta, nessuna morte, nessun attacco "animale" per ora.
Ancora buio, la Luna non sarebbe sorta quella sera. Ma anche nelle
tenebre Damon ascoltava e percepiva ogni cosa. Tanto che
raddrizzò le antenne, quando un passo felpato lo raggiunse
nell'oscurità.
<< Seira, chissà perché, ma la tua presenza non mi stupisce affatto. >>
Quando Damon si voltò riconobbe solo due occhi rossi, come i semi del melograno e lucenti come rubini.
Rossi come il sangue, pensò Damon e focosi come il suo temperamento.
<< Notte senza Luna Damon, è la mia preferita... >>
Damon odiava quel tono di voce. Così cupo e allo stesso tempo stridulo e civettuolo. Tipico di una come lei.
Già percepiva il fastidio di averla accanto e il desiderio di
azzannarle la gola e prosciugarla fino all'ultima goccia del suo sangue.
Ma con lei non funzionava. Lei non era umana.
Damon percorse la breve distanza che lo separava dal suo whisky
preferito. Riempì il bicchiere a metà, anche se
già sapeva, che molto probabilmente, se ne sarebbe versato altro e
altro ancora... ne aveva bisogno più del sangue.
<< Spero che tu sia a buon punto con le ricerche. >> ancora quella voce, il vampiro non poteva sopportarla.
Accese la luce dell'abat-jour così che i lineamenti della
ragazza gli furono più chiari, anche se la conosceva bene.
I lunghi capelli argentei ricadevano a boccoli lungo le sue spalle
minute, il corpo perfetto e snello al punto giusto, delle curve che a
Damon non erano indifferenti e la sua pelle pallida e lucente come l'alabastro
Il più bel demone che avesse mai visto, la creatura più spietata che avesse mai incontrato.
<< Sono a buon punto. >>
<< Non è la risposta che mi spettavo Damon. Noi siamo impazienti. >>
La voce di Damon si fece più aspra << Avrete quello che volete. Se manterrete la parola data. >>
<< E tu avrai quello che vuoi, se manterrai la tua. >> Gli occhi di Seira divennero due fessure lucenti.
Damon le fu addosso in un baleno. La spinse al muro con prepotenza e la fece aderire al suo corpo freddo e atletico.
<< Consideralo già fatto. >> Le soffiò sulle
labbra, prima di vederla svanire in piccole scintille di cristallo.
Elena aveva poggiato il suo diario sulla scrivania prima di aver messo il punto alla sua ultima frase.
Niente di speciale, le solite cose. Aveva annotato con premura,
però, l'incontro con Stefan e naturalmente anche quello con
Damon.
Ne era scossa, anche se non sapeva il perché.
O forse si... Sta di fatto che l'unica cosa che percepiva era pericolo.
Era assurdo, lo sapeva, ma l'aria di quel paese la tramortiva ancor
peggio della cicuta. Era come un veleno, qualcosa che non voleva
respirare.
Si sedette sul letto strizzandosi gli occhi stanchi. Per un attimo si guardò in torno, quella non era casa sua.
Come voleva essere a casa. Dormire tra le sue lenzuola profumate di lavanda e percepire il bacio della buona notte di sua madre.
Ne doveva fare a meno, si convinse.
Un brivido freddo le fece venire la pelle d'oca. Si accorse, allora, di
aver lasciato la finestra aperta, anche se era sicurissima di averla
chiusa. Sul davanzale si ergeva una strana figura che si mescolava con
il buio della notte.
Elena le si avvicinò curiosa, riconoscendo la cupa silhouette di
un corvo. Il più grosso e splendente che avesse mai visto.
Il suo piumaggio sembrava di seta e i suoi occhi due perle nere scintillanti.
Elena ebbe paura. Lo scacciò con un braccio cercando di non
sfiorarlo. Esso parve fissarla diritto negli occhi con aria minacciosa
e per un attimo Elena parve intravederci un alone di umanità.
Poi, tese le ali e spiccò il volo. Elena lo vide allontanarsi e confondersi nell'oscurità della notte.
CONTINUA...
Bene ecco pronto e finito anche il terzo capitolo. Allora ormai
la storia si sta delineando. Abbiamo scoperto che Damon è alla
ricerca di qualcosa o qualcuno ed è apparsa in scena una certa
Seira che darà del filo da torcere a tutti. Ma non è
finita qua! In seguito scopriremo sconcertati realtà su Elena e
altre minacce arriveranno a Mystic Falls.
Preciso una cosa: non so se farò ritornare Katherine, ma se
sarà così, sarà sicuramente diversa da Elena,
intendo fisicamente e vabbè anche di carattere, ma quello era
scontato. Inoltre, per correttezza, nel capitolo precedente per
descrivere Damon ho usato una piccola frase della Smith che mi ha
colpita.
Volevo ringraziare, inoltre, chi ha messo questa storia tra le preferite e chi tra quelle da seguire.
Allora vi sta piacendo o no? Ditemelo altrimenti non la continuo.
Bene ora vi lascio. Alla prossima che non so quando sarà
perché devo aggiornare anche altre storie se no mi strozzano.
Cercherò di fare presto presto.
Lasciate un commentino please altrimenti mi fermo qui, non la continuo, perché devo essere sicura che vi sia gradita.
Grazie per l'attenzione! Kiss Kiss da Stella94
Caro diario
Oggi mi sento diversa. Qualcosa sta cambiando in me, qualcosa brulica nel mio esile corpo.
Non so cosa sia, ma la sento.
Il mio corpo non sta reagendo bene al cambiamento di città. Ho
spesso piccoli giramenti di testa e a volte le orecchie fischiano
così forte che sembri stiano per scoppiare.
Bonnie dice che è solo causa dello stress e Caroline afferma che la miglior cura sarebbe quella di uscire con un ragazzo.
Non mi vengono in mente altri nomi se non quello di Stefan. Il dolce, premuroso, taciturno Stefan.
Mi sono ritrovata spesso a fissarlo nell'ora di storia europea, non so il perché ma è cosi...cosi... affascinante.
Di lui so ben poco, tranne che ha un fratello estremamente arrogante e
cinico, ma vorrei tanto scoprire di più...
Damon... caro diario non so il perché ho scritto questo nome, ma
la penna sembra essersi mossa da sola, eppure ero io a guidarla.
Non l'ho più visto da quel giorno fuori dal liceo e vorrei...vorrei rivederlo!
Oh Dio! Forse sto impazzendo, non mi è mai capitato di pensare a
due ragazzi contemporaneamente, ma nel cuor mio sento che...
Elena smise di scrivere quando la professoressa Nelson la richiamò a gran voce.
Si mise a sedere corretta e si scusò con l'insegnante per il comportamento poco opportuno.
Non era più lei.
Scriveva spesso sul suo diario, per lei era un piacere, ma non avrebbe mai pensato di farlo nell'ora di trigonometria.
Si sentiva così superficiale e vuota, come quelle ragazzine alle prese con le prime cotte.
Era assurdo. Era arrivata a Mystic Falls da poche settimane e già fantasticava e si perdeva nei suoi pensieri amorosi.
E su chi poi? Su un ragazzo superbioso come Damon ed uno timido e impacciato come Stefan.
Forse voleva solo dimenticare. Usare le nuove conoscenze per cancellare per sempre gli spettri del suo passato. Come Matt.
Il suo primo ragazzo, il suo primo amore, il suo primo tutto.
Ma non era così.
C'era un legame tra di loro, come una sorta di filo invisibile, come una calamita.
Quel giorno Elena si perse spesso nei suoi pensieri, osservando trasognata l'etere celeste che si intravedeva dalla finestra.
Ma c'era qualcosa sul davanzale. Elena lo osservò incerta prima di riconoscerlo.
Era un corvo. Lo stesso volatile che poche sere prima aveva bussato
alla sua finestra. Quegli occhi scuri e lucidi non potevano essere
dimenticati.
La fissavano, ancora, immobile, come se fosse un oggetto da esposizione, privo di vita, un essere senz'anima.
Elena non sapeva, in fondo, se anche gli animali possedessero un'anima, ma quel corvo doveva averla di certo.
La scrutava attraverso gli opachi e sporchi vetri della classe e nel suo silenzio le suggeriva impercettibili congetture.
All'improvviso il suo istinto ebbe la meglio. Senza accorgersene,
lasciò il suo piccolo banco e, sotto una qualche forma nuova di
trance, mosse alcuni passi verso il torvo uccello.
Elena avvertiva lo sguardo impietrito e dubbioso dei suoi compagni di
classe e della professoressa Nelson, ma non se ne curò.
Non poteva curarsene. Anche se era sbagliato, lei avvertiva di doverlo raggiungere, di doverlo toccare.
Qualcuno mormorò il suo nome, ma alle orecchie di Elena giunse solo come un brusio smorzato.
Vagava, come una sonnambula tra le grinfie di Morfeo, verso il corvo nero e lucente, che quieto sembrava attenderla.
Quando raggiunse la finestra, Elena avverti il calore del sole pizzicarle il viso e un leggero bruciore nei suoi occhi.
Aprì, dunque, la finestra e un leggero venticello le fece
svolazzare i lunghi capelli castani, regalandole una sorda emozione.
Le sue dita si mossero incontrollate, stavano per sfiorare l'animale, ma qualcosa la trattenne.
Era la signorina Nelson, che la strattonò via, chiudendo la finestra in un botto che rimbombò in tutta la classe.
<< Signorina Gilbert, ma cosa stava cercando di fare? >> Imprecò isterica la professoressa Nelson.
<< Mi scusi professoressa io... >>
<< Torni al suo posto! E la prego di assumere un comportamento più consono! >>
Elena si rimise a sedere con la coda tra le gambe. Si sentiva così ridicola. Ma cosa diavolo le era saltato in mente?!
Il ridacchiare di alcune compagne non la aiutava di certo, me se le meritava tutte.
Anche Bonnie sembrava sconcertata, ma non la derideva.
<< Elena ma che stavi facendo? >> Le sussurrò sporgendosi dal suo banco.
<< C'era un corvo sul davanzale... >>
Bonnie aggrottò la fronte e sembrava fissarla come chi sta
cercando di appurare la sanità mentale del suo interlocutore.
Ma volle crederle. Si volse verso la vetrata ma non scorse alcun volatile.
<< Non c'è nessun corvo, Elena. >>
<< Ma prima c'era. >> Assicurò Elena.
<< Silenzio! >> La professoressa Nelson gridò
più forte che poteva, anche se la maggior parte degli studenti sapeva che poteva
fare di meglio.
Elena si accucciò sul suo quaderno e cominciò a scarabocchiarlo.
Ne era sicura: c'era un corvo sul davanzale.
Damon Salvatore si era appena svegliato, ma al dire il vero non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
La sua presenza a Mystic Falls insospettiva parecchi, sopratutto Stefan che non perdeva occasione per fargli svuotare il sacco.
Ma lui non l'avrebbe fatto, mai, per nessuna ragione al mondo.
Questa volta sarebbe stata sua, sua e di nessun altro, per questo Stefan non poteva saperlo.
Avrebbe dato la vita per lei, scalato le montagne, affrontato i fiumi in piena, sfidato il fuoco.
Non avrebbe ceduto, non questa volta, l'eternità li avrebbe
uniti per sempre e lei gli sarebbe stata grata e per questo lo avrebbe
amato.
Lo avrebbe amato questa volta, come lui meritava, ne era certo.
Perché se il suo cuore apparteneva ad una donna lei era l'unica a possederlo, a custodirlo, a meritarlo.
Aveva atteso per lunghi secoli, ma ne era valsa la pena.
A pochi passi dal raggiungimento del suo obbiettivo, Damon già
avvertiva l'intrepidazione di averla, di amarla, di sentirsi libero.
Niente poteva ostacolarlo e se è vero che da qualche parte
esiste una giustizia, Damon l'avrebbe raggiunta, perché egli
credeva di meritarla.
Riempì il suo bicchiere quasi fino all'orlo di sangue.
Ne aveva bisogno quel giorno, ne aveva bisogno tutto.
Lo bevve in un sol sorso e, chiudendo gli occhi ed ispirando,
assaporò la gioia che quella malsana bevanda gli regalava da
secoli.
Ora era pronto. Indossò la giacca di pelle e raggiunse la sua auto.
Accese il motore e sfrecciò alla velocità della luce.
Caroline Forbes si sentiva soddisfatta quel venerdì mattina; e
la causa non era di sicuro la sua "A" in biologia o il fatto che Tyler
Lockwood, il quarterback della squadra di football, la guardasse con
occhioni languidi, ma ben si la festa di fine autunno che stava
organizzando da settimane.
Lei e Bonnie avevano lavorato sodo per la sua riuscita ed avevano
passato parecchie notte insonni nel progettarne i minimi particolari.
Armata di uno smagliate, ammiccante sorriso, si aggirava per i corridoi
del liceo distribuendo volantini di propaganda, assicurando
divertimento e birra gratis per tutti.
Elena parve non farci caso quando per puro caso la sfiorò, anzi,
a dirla tutta, tentò di evitarla: le feste scolastiche non erano
il suo forte.
La sala mensa era già gremita di gente, ma Elena prestò attenzione solo a Stefan.
Riempì il suo vassoio alla svelta e lo raggiunse in breve tempo, facendosi largo tra la folla.
Era solo, e questo facilitava il suo compito di abbordaggio, anche se, ad osservarlo bene, doveva essere preoccupato.
La sua testa era china sul piatto ricolmo di bontà, che molto
probabilmente non sarebbero mai state consumate, e la sua espressione
era cupa e malinconica.
Ad Elena parve riconoscere il suo riflesso nello specchio quando
ripensava alla sua famiglia e alla sua vecchia vita ad Atlanta.
Convinta che stesse alla ricerca di conforto, Elena gli si avvicinò accomodandosi su una sedia vuota di fianco alla sua.
<< Quegli spaghetti devono proprio essere disgustosi. >>
Stefan parve riallacciare il contatto con la realtà.
Sussultò appena e il suo sguardo si distese in un dolce sorriso
quando incrociò quello di Elena.
<< Sai, avendo origini italiane non posso confermare il contrario: sono davvero orribili. >>
<< Vale la pena provare. >> Rispose portandosene un porzione alla bocca.
Ma Stefan sembrava essere ricaduto nel suo stato di angoscia.
Cos'è che poteva preoccuparlo così tanto? In fondo a lui
non mancava niente. Era bello, intelligente e ricco a giudicare dalla
sua giacca Dolce e Gabbana e dai suoi jeans Armani.
A lei invece sembrava mancar tutto. Aveva perso la sua famiglia e suo
fratello e si ritrovava in un insulso liceo di una piccola
città della Virginia con un ragazzo, che molto probabilmente, non
l'avrebbe mai calcolata di striscio.
Già era proprio sfortunata, ma non egoista.
Mise da parte i suoi cupi e depressivi pensieri e ne riagganciò
di nuovi nel tentativo di rincuorare il suo interlocutore.
<< Sembri preoccupato, cos'hai? >>
Stefan sospirò. La testa ancora china sul piatto e lo sguardo ancora spento.
Lei voleva sapere, ma lui doveva mentirle.
Non poteva di certo dirle che era un vampiro centenario, che si nutriva
solo di animali e che suo fratello Damon, cioè il suo peggior
nemico, si era fatto vivo dopo sessant'anni ed era in cerca di guai.
Una confessione da far gelare il sangue. Ma Stefan in qualche modo, sentiva di potersi fidare di Elena.
La conosceva da poco eppure aveva un'aria così familiare.
Katherine, in un certo senso gliela ricordava. Quel suo sorriso, quella
sua andatura, quei suoi occhi che tralasciavano una vena di tristezza.
Ma Elena non era Katherine, Stefan lo sapeva bene.
Non era una vampira assetata di sangue, un'assassina senza scrupoli, pronta a tutto per i suoi subdoli obiettivi.
Era Elena, Elena e basta, qualcuna che forse valeva molto più di Katherine.
<< E' a causa di mio fratello. >> Confessò <<
E' tornato dopo tanto tempo e questo mi preoccupa. >>
Suo fratello: Damon. Il cuore di Elena cominciò a battere quando
ricollegò i fatti. Le sembrò quasi di rivederlo con quei
suoi occhi azzurri come il cielo in primavera e torvi come le notti
d'inverno.
Damon era di sicuro il più bel ragazzo che avesse mai
incontrato, con molta probabilità ancora più affascinante
di Stefan, ma lui aveva qualcosa che a Damon mancava. L'umanità?
La generosità? Il rispetto? Chi era lei per etichettarlo come un
buono a nulla? In fondo di lui sapeva solo il suo nome.
Ma quella era la giusta occasione per saperne di più e non se la fece scappare.
<< Cos'ha che non va? >>
<< Ha tutto che non va, Elena. >> Stridulò Stefan
<< Lui è il classico ragazzo da cui è meglio stare
alla larga, perché sa essere pericoloso, molto pericoloso quando vuole... >>
Elena sentì un soffio gelido trapassarle il corpo quando Stefan scandì la parola molto.
Molto pericoloso. Cosa stava a significare?
Il ragazzo più pericoloso della sua vita era stato Eddy Carter
all'età di cinque anni. Ancora lo ricordava con disprezzo e
malincuore per aver squarciato il suo peluche preferito e per averle
rubato le sue caramelle preferite, per non dimenticare, poi, quando
ogni sacrosanta mattina le scioglieva le sue lunghe treccie castane,
che la madre con cura le appuntava.
Ma molto probabilmente Stefan si riferiva a ben tutt'altre faccende.
<< Cos'è che fa? >>
Stefan deglutì rumorosamente << Cose brutte, Elena, cose molto brutte... >>
Se stava cercando di spaventarla ci stava riuscendo a meraviglia. Elena
pensò che i ragazzi di Mystic Falls usavano queste storie per
abbordare le giovani matricole, non c'era altra spiegazione per lei.
Ma mentre era in procinto di controbattere la voce stridula di Caroline Forbes la raggiunse per prima.
<< ...e naturalmente ci dovete essere anche voi! >>
Spiattellò il suo invito sul tavolo e attese risposta portandosi entrambe le mani suoi fianchi.
Elena ruotò gli occhi al cielo e per puro caso capì che anche Stefan stesse cercando una scusa per dileguarla.
Infatti il giovane Salvatore parlò per prima:
<< Caroline, lo sai che non sopporto i luoghi affollati. >>
<< Non mi importa Stefan, questa volta non mancherai. E anche tu Elena. >>
<< Ma Caroline... >> provò a ribattere Elena.
<< Niente ma! La festa di fine autunno è un evento al
quale nessun studente può mancare. C'ho messo tanto impegno
per preparala e voi dovete esserci! >>
Elena si portò una mano a nascondersi il viso. Lo sapeva
già, qualunque cosa avesse detto non avrebbe avuto alcun affetto
su Caroline Forbes.
Se Damon Salvatore puntava un obiettivo, ne era sicuro, prima o poi l'avrebbe centrato.
Quella volta non faceva eccezione.
Si sentiva al posto giusto al momento giusto e baciato dalla dea della
fortuna. Anche in quell'occasione, a braccia conserte, era all'uscita
del liceo di Mystic Falls, ma con le idee più chiare di un tempo.
La mira era stata già presa ora bisognava soltanto scoccare la freccia, e Damon era sempre stato un grande arciere.
Solo che questa volta era diverso. Si sentiva più la freccia che
l'arciere, pronto a ferire mortalmente se la missione lo richiedeva.
Oh, lo richiedeva. Qualsiasi sacrifico non era mai abbastanza, avvertiva la mole del destino trapassare le sue forti mani.
Ora era li e i suoi occhi avevano puntato la preda più bella,
più delicata, più preziosa per un cacciatore: Elena
Gilbert.
Eccola, sorridente con le sue amiche. Era lontana ma Damon giurò
di avvertire il suo dolce profumo e l'aroma del suo sangue pizzicargli
il palato.
Oh Dio! Lei non poteva fargli quell'effetto! Non doveva! Ma per quanto
Damon tentasse di dissuadersi da costoro pensieri, era già
troppo tardi per far si che essi fuggissero fulminei dalle sue
congetture.
Avevano artigliato le loro radici ed ora cresceva la pianta della discordia, cresceva e Damon l'irrogava con la sua ingordigia.
Sorrise Damon, sorrise, perché sapeva che tutto era nelle sue
mani, che lui poteva cambiare gli eventi, modificarli e a suo
piacimento distruggerli.
Ed ora, ora che anche i suoi occhi castani erano fissi su di lui, attecchiva la sua bramosia di vendetta e di potere.
Batteva il suo cuore, si, ma Damon era sicuro che palpitasse per ben altre ragioni, ragioni di rivincita.
Ah! Quanto si sbagliava, e una piccola parte della sua cupa anima
glielo suggeriva. Ma Damon non volle ascoltare, lui non l'ascoltava da
tempo e comprendeva solo le dicerie del suo spirito nero, quello che
creava gioia e compiacimento.
Ma adesso pareva spento. Damon cercò di riaccenderlo, ma essi non parlava.
Allora capì che era diverso, allora capì che lei era
diversa, ma questo non bastò per dissuaderlo dal suo intento.
D'altra parte anche Elena sembrava scossa. L'aveva rivisto, era li di
fronte a lei, a pochi metri, a pochi passi, a pochi battiti di ciglia.
Ma d'improvviso le parole di Stefan le balenarono nella mente:"Sa
essere molto pericoloso", allora trattenne il suo impeto di
raggiungerlo. Lo fissò, la bocca schiusa, mentre lui le
sorrideva.
Dio, com'era bello! Elena avrebbe dato la sua anima per sfiorare le sue labbra ed accarezzare la sua pelle.
Ma cosa ci faceva li? Cosa cercava? Stefan? Ma lui era già andato via da un pezzo. Forse cercava lei...
Oh! Che stupidaggini, cosa se ne farebbe un ragazzo bello e sexy di una piagnona come lei?
Eppure continuava a fissarla, immobile, quasi come non avesse vita, come quel corvo...
<< Elena, cosa stai guardando? >> Ci fu solo un secondo di
distrazione che Bonnie aveva creato. L'attenzione di Elena calò
sull'amica e poi di nuovo sul giovane. Ma lui era sparito, forse era
solo un'allucinazione.
<< Oh...niente, credevo che... >> Bonnie aggrottò la
fronte ed Elena si arrese << ...nulla di importante Bonnie.
Torniamo a casa. >>
CONTINUA...
Scusate se ho fatto un pò di
ritardo ma ho avuto una settimana un pò critica, infatti questo
cap non si può dire di certo il mio capolavoro. Comunque che
faccio raga? Continuo? Fatemelo sapere con un piccolo commentino, mi
raccomando.
Alla prossima tanti baci dalla vostra Stella94
Damon. Un respiro, un altro ancora.
Non bastava, non funzionava. Lei, lei e ancora lei. La sua testa sembrava
andargli in fumo. Chi era lei? Un ricordo? Una sensazione? Un
bocconcino prelibato?
<< Elena... >> Sussurrò alle bianche e opache pareti
del soffitto della sua stanza- per molti inviolabile- come se volesse
invocarla, coccolarla con il suo breve parlare, richiamarla nelle sue
congetture e nello stesso istante scacciarla come la peggior epidemia. Elena, Elena, Elena, ringhiò forte quando nel suo pensiero ricomparve quel nome.
E poi si acquietò sul suo cuscino, rilasciando un soffio di rassegnazione.
Spostò il suo sguardo sul bicchiere pieno di sangue posto sul
comodino. Stranamente non aveva fame quel giorno, al dire il vero non
l'aveva più come un tempo. Quella città lo stava
cambiando, ancora, per riportarlo nel suo antico passato, per
rispedirlo verso quello che aveva già vissuto e non voleva
rivedere.
Katherine. Era tornato per lei, non poteva dimenticarla, non poteva sostituirla.
Nessuno, nessuno mai avrebbe cancellato il suo ricordo, a nessuno mai
avrebbe donato il suo cuore. Katherine, Katherine e ancora Katherine,
lei solo lei, non l'altra, non Elena.
<< Elena... >> Sussurrò ancora, più forte,
più marcato, più simile ad un richiamo. Le sue parole lo
tradivano e sotto una sorta di immane congiura, provò dopo tanti
anni e stagioni, la sensazione di impotenza e vulnerabilità.
Ma doveva stare attento con le parole. Il caro fratellino poteva sentire, lui non doveva sapere.
Ma solo quando scorse la sua irritante figura capì che molto probabilmente era già troppo tardi.
<< Cosa dicevi su Elena? >> Chiese Stefan.
<< Niente che possa suscitare il tuo irrefrenabile interesse, Stef. >>
Stefan provò a trattenere la sua bile. Sospirò,
accostando la schiena allo stipite della porta e lo osservò
dubbioso, in cerca di verità.
<< Cosa sei venuto a fare qui, Damon? Cerchi vendetta? Vuoi usare Elena per questo? >>
Damon parve non recepire tale accusa, lui che non aveva mai timore di nessuno e viveva solo del suo spudorato ego.
Si rialzò dal letto e in breve tempo fu davanti al suo armadio.
Prese una camicia. Grigia. Quella mattina si sentiva più
effervescente del solito e voleva dimostrarlo anche con flebili accenni.
Ma Stefan non parve accorgersene ed attendeva paziente una sua risposta, che non tardò ad arrivare:
<< Per quanto la tua amichetta santarellina sia incredibilmente
stuzzicante, no, non è lei che voglio e ne tanto meno la
vendetta. >>
<< Allora cosa cerchi Damon? >>
Gli occhi azzurri di Damon incontrarono quelli scuri di Stefan.
Fu come se il resto del mondo si fosse azzerato ai loro piedi.
Elettricità, ecco cosa vagava nell'aria in quel preciso istante
e pareva che tutto fosse in procinto di bruciare, di annerirsi, come
un uomo sotto la scossa di un fulmine.
Damon era il fulmine e Stefan la vittima. Era sempre stato così.
Ma questa volta fu Damon a tentennare, fu lui ad avvertire le sue
difese indebolirsi e l'incertezza prendersi gioco del suo essere.
Damon corrugò le labbra, quella domanda l'aveva irritato e
Stefan si rese conto che forse aveva osato troppo nel momento
sbagliato. Credette di essere in procinto di una furiosa lotta quando
il fratello maggiore, a brevi e silenziosi passi degni della sua
natura, gli si avvicinò, sfidandolo con il suo sguardo
assassino.
<< Cerco ciò che non ho mai avuto, Stefan. >>
Poi tirandosi il colletto della sua camicia grigia appena indossata,
uscì alla svelta, ma Stefan percepì che la sua aura
vagava ancora superba del vasto ambiente della pensione.
Ad Elena i balli non erano mai piaciuti, ne la eccitavano un gran che,
ma quella sera avrebbe dovuto tirarsi un grande pizzico sullo stomaco
ed affrontare teenager alle prese con i loro abiti scintillanti.
Il vestito di Elena non scintillava per niente, ma nella sua modesta
semplicità sembrava essere stato cucito sul suo corpo.
Era di un color bronzo dai riflessi dorati, che stretto in vita da un
corpetto che lasciava intravedere quel che bastava della sua
scollatura, gli ricadeva dolce e maestoso sulle sue gambe, per
terminare la dove i piedi toccavano il suolo.
I suoi lunghi capelli lisci, furono tenuti racchiusi da un fermaglio
floreale dietro alla testa, lasciando che le lunghe ciocche cadessero
sublimi sulle sue spalle.
Elena si sentiva una principessa, di quelle belle e graziose delle favole, solo che a lei mancava il principe.
Eppure questo non corrispondeva proprio al vero. Lei quella sera
avrebbe avuto un cavaliere, anche tra i più nobili e
affascinanti che Mystic Falls potesse offrire. Ma Elena aveva la strana
e insensata convinzione che lui non sarebbe mai potuto diventare un
principe, che Stefan Salvatore non sarebbe mai potuto essere il suo
principe.
Eppure era stato così gentile e calante ad invitarla al ballo,
che si era piegata alla sua richiesta in un batter di ciglio.
Già era proprio un gentiluomo di altri tempi, ad Elena dava
l'impressione di essere uno di quei nobili dell'ottocento, vissuti in
grandi e sfarzose tenute, sotto una rigida etichetta da rispettare
sistematicamente.
Che sciocchezze! Pensò, quando si guardò per l'ennesima
volta allo specchio, concedendosi il lusso di riconoscersi bella e
preziosa.
<< Elena, è arrivato un certo Stefan! Scendi. >>
Il richiamo di zia Jenna la distolse dai suoi pensieri.
Con il cuore palpitante e pieno di soddisfazione, uscì dalla sua stanza e scese silenziosa le scale.
Stefan l'ammirò estasiato mentre, con grazia e leggiadria,
percorreva gli scalini uno ad uno, e ne rimase compiaciuto quando
riscontrò il suo sguardo e inaspettatamente fulminato dal
luccichio dei suoi occhi.
Anche Elena gli sorrise e lo raggiunse sullo stipite del portone di
casa e ne rimase colpita quando lui non osò toccarla ne
salutarla, era come se fosse pietrificato o a lui non era concesso
alcun movimento.
<< Stefan perché non sei entrato? Non dirmi che sei rimasto li fuori ad aspettarmi per tutto il tempo? >>
Domanda da un milione di dollari. Stefan deglutì a fatica.
La cara zia Jenna, per pura sbadataggine, non aveva pronunciato la
parolina magica che gli avrebbe concesso di entrare in casa altrui. In
questo caso un semplice "entra" sarebbe bastato, ma quel volere ancora
non era stato espresso e Stefan non poteva pretenderlo senza scatenare
scomodi dubbi.
<< No, ecco vedi sono appena arrivato e... >> Fece per
guardare il suo costoso orologio da polso e digrignò i denti
quando si accorse che le lancette puntavano già sulle venti e
dieci minuti << Oh! Guarda è tardissimo Elena, dobbiamo
andare. >>
<< Oh, si certo! >>
Le cinse la vita con un braccio e quando entrambi furono nell'ampio vialetto Stefan volle togliersi un piccolo dubbio.
<< Ti ho già detto che sei bellissima? >>
Elena sorrise imbarazzata e leggermente confusa. Ma compiaciuta.
Solo allora si accorse realmente dell'eleganza del suo accompagnatore.
Uno smoking indossato con classe e stile, tipico di uno come lui, lo
rendeva ancora più affascinante di quanto Elena ricordasse.
<< Anche tu stai molto bene Stefan. >> Pronunciò
sincera, prima di spostare il suo sguardo arrossato suoi freddi e scuri
ciottoli.
Alcune ragazze lanciarono un languido sorriso, quando lo sciarm di Damon
Salvatore spiccò come una rosa nera tra mille rosse nella
palestra del liceo di Mystic Falls.
Lui si che non passava inosservato. Certo che non ci sono più i balli di una volta
pensò, quando adocchiò il preside in un comportamento
poco elegante con la professoressa Nelson e alcuni ragazzi
apparentemente annoiati o con poca voglia di divertirsi.
Anche Damon sembrava annoiato o più precisamente disgustato da
tale location, ma il divertimento non era mai stato inserito nel
menù della serata.
Lui aveva una missione da svolgere, un dubbio da chiarire e una ricompensa da agguantare al più presto.
Aprì le narici ed ispirò il profumo di tanta carne
fresca con annesse gole da divorare in men che non si dica.
Ma non era li per nutrirsi, non il quel momento. Prima di tutto doveva agire.
Si riempì il bicchiere di ponce, evidentemente il massimo che
quell'insulsa festa potesse offrire, e si nascose in un angolo
nell'attesa che il suo irritante fratello e la sua modesta
accompagnatrice giungessero all'evento.
Il suo sguardo si illuminò ed i suoi occhi si accesero di una luce incandescente quando riconobbe Elena.
Quella dannata ragazza aveva lo straordinario potere di confonderlo ed
oscurargli la mente. Damon non conosceva rimedio. Per lui, forse, era
una specie di condanna invaghirsi delle donne di suo fratello, ma
questa volta sarebbe andato in modo diverso.
Questa volta sarebbe stato lui a vincere.
Stefan avvertì la sua aura dapprima che entrasse nel vasto
plesso. Fu sorpreso di ritrovarlo a quella strana cerimonia
studentesca, ma doveva aspettarselo. Il suo unico obbiettivo, ora, era
quello di distruggergli l'esistenza.
Quando Damon gli sorrise, beffardo, abbandonò per alcuni istanti
Elena ai complimenti di Caroline e Bonnie, e sul punto di guerra
raggiunse il fratello maggiore.
<< Damon, che cosa ci fai qui? >>
<< E' una festa Stefan! Ci si viene per divertirsi. >>
Stefan alzò un sopracciglio, sospettoso di essere preso in giro
dal suo interlocutore. << Non pensavo che ti piacessero i balli
di fine autunno... >>
<< Perché? E' cosi divertente! >> Spostò il
suo sguardo verso una ragazza che lo ammirava come la più nota
prelibatezza, uno spuntino da non farsi scappare << E poi
>> Continuò << le ragazze mi trovano estremamente
sexy. >>
<< Vuoi rovinarmi la vita? E' questo quello che vuoi Damon? >>
Damon, con la tranquillità e la pazienza di una anziano
precettore, portò le sue mani sulle spalle del fratello,
scuotendolo quel che bastava per far incrociare i loro occhi.
<< Fratellino rilassati! Fai un bel respiro e goditi la festa. >>
Prima che potesse controbattere, Damon era già troppo lontano,
mischiato in quelli che a Stefan sembravano solo tante anime pronte per
essere sbramate dalla cupidigia di suo fratello.
Elena si sentì scombussolata ed impaurita senza la protezione di
Stefan. L'aveva lasciata con la banale scusa di andare in bagno, ma per
Elena la lunga attesa stava diventando insopportabile.
Un valzer aveva già suonato le sue prime note ed Elena voleva
ballare. Ma il suo accompagnatore sembrava apparentemente evaporato
oppure ben nascosto nella marmaglia di studenti che si accalcavano
sulla pista.
Eppure Stefan non era un tipo che si confondeva con la massa. Lui era l'eccezione, la rarità.
Elena fece vagare per l'ennesima volta il suo sguardo scrutatore ad
ogni singolo centimetro della palestra, ma di Stefan neppure l'ombra.
Irritata da quel comportamento poco cavalleresco, che smontava tutte le
tesi che aveva fantasticato su di lui, mosse alcuni passi tra la folla,
con lo sguardo chino, come per nascondersi da una spudorata vergogna.
Data la poca visibilità, andò irrimediabilmente a
sbattere contro la schiena di qualcuno, qualcuno di molto profumato, un
olezzo che gli ridondava tanto...
<< Damon, che cosa ci fai qui? >>
Ed eccola. Damon fu felice di averla finalmente incontrata. Bella,
estremamente bella. Damon non poté fare a meno di sorridere,
compiaciuto di ciò che ammirava.
Averla accanto gli provocava una tale emozione che egli stesso non
riuscì a descrivere. Era come se fosse la prima volta, come se
tutto fosse visto dagli occhi di un bambino ingenuo alle prese con le
prime cotte. Elena cancellava tutto il suo passato.
Elena controllava il suo presente.
<< Perché siete tutti così sorpresi di vedermi qui? >> Si lamentò.
<< Be' è una festa per gli studenti del liceo ed è riservata solo a loro. >>
Damon si sentì risentito da quelle parole, in un certo senso
credeva di non essere ben voluto e che, in qualche modo, Elena volesse
scacciarlo.
<< La mia ragazza è del liceo. >> Mentì.
Elena avvertì un tonfo al cuore. Bene, aveva una fidanzata, doveva aspettarselo.
Insomma tipi come lui andavano via ancor peggio del pane. E lei, stupida, che continuava a fantasticare ancora su di lui...
Dignità, ecco cosa urlava il suo essere. Non gli avrebbe mai
mostrato il suo reale stato d'animo, non gli avrebbe mai dato una
simile soddisfazione. Ma la curiosità di sapere di più la
divorava.
<< Ah, e chi è? >> Domandò.
Damon increspò le labbra e fece vagare i suoi occhi da predatore
nel circondario. Agguantò presto la sua preda. Bionda, alta,
piacente. Quella ragazza faceva al caso suo.
<< E' quella... >> Pronunciò indicandola con la testa.
<< Caroline Forbes? >> Osò chiedere Elena sorpresa.
<< Perché cos'ha che non va? >>
<< Be' niente. Ma è una mia amica e non mi ha mai detto che tu la frequentavi. >>
Preda sbagliata. Un piccolo incidente di percorso, errore discutibile.
Ma d'altronde doveva immaginarselo che in quella piccola cittadina si
conoscevano tutti. Ma se c'era una cosa su cui Damon non ammetteva
obbiezioni, era la sua innata abilità di ovviare ad un incidente
di percorso, in fondo poteva vantare di
un'esperienza centenaria.
<< Oh Elena, siamo già alle scenate di gelosia? Ma non è un pò presto per questo? >>
Stop, rewind, play. Ritirava tutto quello che di buono aveva pronunciato su quest'essere senza un briciolo di educazione.
Arrogante, presuntuoso, buzzurro, spocchioso e chi più ne ha
più ne metta. Elena voleva elencarli tutti. Elena voleva
dirglieli tutti.
Ma optò per una sola parola, qualcosa che di sicuro l'avrebbe ferito più di mille insulti.
<< Stefan aveva ragione sul tuo conto. >>
<< Ah si? E cosa ti ha detto? >>
<< Che sei proprio uno stronzo. >> Lo sfidò con
suoi occhi color cioccolato prima di confondersi con il resto del
gruppo.
Damon sorrise, quasi soddisfatto e non minimamente offeso da quel
innocente insulto. Gli piaceva, gli piaceva sempre di più, quasi
quanto la sua vecchia adorata Katherine.
Quando Elena fissò Caroline e Damon chiacchierare allegramente provò un senso di nausea e di disgusto.
Il monologare di Stefan non la aiutava per niente. Voleva solo
scomparire, evaporare, torcere il collo di Caroline e
perché no, anche quello di Damon.
Ma poi vide qualcosa di strano, qualcosa che la indispettì.
Caroline non parlava, ma guardava quasi in trans il più grande
dei Salvatore. La vide fare un breve cenno di assenso con la testa,
mentre lui le sussurrava frasi che il labiale di Elena non
riuscì a decifrare. Elena corrugò la fronte quando
Caroline le se avvicinò e senza spiegazioni la prese per un
braccio e la condusse nel vuoto e buio parcheggio.
<< Caroline, ma che stai facendo? >> Domandò Elena.
<< Questo! >> Disse acerba, mente con estrema sorpresa
afferrò un coltello che aveva tenuto nascosto sotto al suo
vestito, e lo portò all'altezza dello stomaco. Prima che Elena
potesse urlare o in qualche modo frenarla, Caroline già l'aveva
portato nelle sue carni ed il sangue incominciato ad imbrattare il suo
abito.
Elena urlò forte, troppo forte, mentre si accasciava con l'amica
nel vano tentativo di rianimarla. Tremava ed urlava, non capiva per
quale motivo avesse potuto farlo, e per quale motivo proprio davanti a
lei.
Stefan accorse quasi immediatamente ma, alla vista del sangue,
arrestò la sua corsa. Tentò di respirare, di mantenere la
calma, ma i suoi canini facevamo male, bruciavo, ardevano come fuoco e
brace.
<< Stefan? >> Elena lo osservò in lacrime <<
Stefan aiutami! >> ma era immobile, pietrificato, sconvolto.
Poi i suoi occhi divennero neri, più neri dell'ebano. Grosse
vene scure li contornavano e i suoi denti, i suoi denti sembravano
quelli di un...
<< Stefan, ma che hai? >> Elena era più sconvolta che mai.
<< Elena io... >> Stefan strizzò gli occhi ma non
funzionava. La fuga non gli era mai piaciuta ma questa volta non poteva
evitarla.
Corse più veloce del vento, maledicendo la sua natura da predatore ed invocando l'aiuto di Dio.
Elena sentì una morsa dritta nello stomaco. Non sapeva cosa
fare. Era sola, Caroline stava per morire e lei non era mai stata un
ottima infermiera. Stefan l'aveva abbandonata ed i suoi occhi
sembravano quelli di un demonio.
Scappare, scappare, scappare. Voleva fuggire, tornare a casa, dalla sua famiglia, dai suoi genitori.
<< Mamma, papà aiutatemi! >> Urlò al vento
fresco della notte, che le rispose con un soffio più loquace,
con uno stridore più inteso. Odio, rabbia, incredulità, dolore. Elena li provò tutti.
E poi un potere. Un'energia che le proveniva dritta dalle sue viscere.
Un calore nuovo, una vampata, come la calura estiva. Ed una luce, una
luce dorata fuoriuscire dal suo corpo.
Brillava come il sole nel cielo primaverile ed ardeva come una fiamma allo sferzare del vento.
D'istinto poggiò le sue mani sul corpo morente di Caroline e le
diete quel calore. Anche lei ora brillava, anche lei sembrava un sole.
E poi i suoi occhi celesti si riaprirono, come un morto che torna in
vita grazie ad un tocco magico, e la sua ferita non colava più
sangue. Elena la strofinò << E' rimarginata. >>
Sussurrò mentre avvertiva le forze venir meno.
Poi la luce scomparve e con essa tornò il buio.
Caroline si rialzò toccandosi la testa << Elena, cosa è successo? >> Domandò.
Ma Elena non ebbe la forza di rispondere e svenne al suolo, mentre un
uomo dagli occhi color ghiaccio rimaneva nell'ombra e soddisfatto del
suo operato sussurrava alla luna: << E' lei. L'ho trovata, l'ho
finalmente trovata. >>
CONTINUA...
Bene ragazzi rieccomi!!! Volevo
ringraziare tanto chi ha recensito questa storia e chi la sta mettendo
tra le preferite, tra quelle da seguire e ricordare. Grazie!! State
diventando sempre di più!
Vi propongo un quiz. Ma voi avete
capito cosa cerca Damon e per quale motivo è tornato a Mystic
Falls? Fatemelo sapere se vi va e non dimenticate di lasciare un
commento, mi farebbe piacere sapere se questo capitolo vi sia piaciuto
e come sta procedendo la storia. Alla settimana prossima baci baci da
sesto capitolo tvd Guerra in atto 6
Quando Elena riaprì gli occhi, si perse nell'immensità dell'azzurro delle iridi di Damon e sorrise.
Sentì il calore delle sue braccia sul suo corpo e il suo profumo infonderle sicurezza.
Quella sicurezza che da tempo le mancava, quel profumo di casa, quel senso mistico di protezione.
Ora era a casa. Si era a casa. Ritornò con la mente alla
verdeggiante Atlanta e alla sua graziosa casetta di legno, con la sedia a
dondolo nel portico e il giardino fiorito di camelie bianche.
Sorrise, e il mondo si ridusse in fasci di luce bianca che le rendevano
visibile solo la spudorata mole del vampiro ed i suoi occhi che ad
Elena parvero scie luminose di una cometa.
Poi rammentò.
La sua sfrontataggine, il presunto "suicidio" di Caroline, gli occhi di
Stefan, quella luce intensa che l'aveva avvolta, che aveva avvolto
anche Caroline e l'aveva curata.
Lei l'aveva guarita da quella ferita che di li a poco l'avrebbe resa solo un corpo senz'anima, uno spirito dei cieli.
Ma adesso che ci faceva tra le braccia di Damon? E perché,
invece del suono della sua voce, avvertiva solo un fastidioso ronzio
così forte tanto da spaccarle i timpani?
Elena respirò forte e cercò di tranquillizzarsi, pur sapendo, che molto probabilmente, non ci sarebbe riuscita.
<< Elena, mi senti? >> Ora riusciva a sentire qualcosa, si.
Damon. Era la voce di Damon, la stava chiamando, la stava riportando in
contatto con la realtà. E poi più forte: << Elena,
rispondimi! >>
<< Damon... >> Elena sussurrò appena, ma il forte udito del vampiro colse a pieno le bieche note.
Si rialzò piano, la dolce Elena, come un cerbiatto alle prese con i primi passi e la paura di cadere.
Per Damon quella era solo la pregustazione di una vittoria, il ritrovo
di una prova schiacciante che segnava l'inizio dei suoi giochi.
Giochi perversi, crudeli, meschini, ma a lui poco importava. Quando si è a
un passo dalla vittoria non conta neppure la tua incolumità.
E quale incolumità poteva avere un vampiro immortale?
Nessuna. Perché Damon già sapeva che avrebbe vinto.
Ma la vittoria comportava un sacrificio. Elena era il suo agnello
sacrificale, ma quando riscontrò la perfezione dei suoi occhi e
tastò la morbidezza delle sue guance, tentennò la sua
determinazione e perfino il suo spudorato ego.
<< Elena, stai bene? >> Le chiese aiutandola ad alzarsi.
<< Si, credo di si. Ma cosa è successo? >> Vide Caroline leggermente confusa.
<< Non lo so. >> Proferì la ragazza evidentemente
scossa e dal volto pallido << Ricordo solo di aver parlato con
Damon. >> Continuò << e poi il nulla. >>
<< Elena, Caroline voleva farti solo uno stupido scherzo con del
succo di pomodoro. Ma tu sei svenuta. >> Intervenne Damon.
Lui si che sapeva raccontare le bugie, quasi sempre.
Ma Elena sapeva riconoscere le menzogne ed aveva una memoria di ferro.
Non era succo di pomodoro ma sangue e lei l'aveva guarita, lei le aveva
rimarginato la ferita.
Pazzesco! Troppo assurdo, per fino per lei. Forse aveva le idee confuse
ma... ma gli occhi di Stefan?! Non poteva aver inventato anche quelli. Li
aveva visti ed erano.... erano grotteschi, quasi da far gelare il
sangue nelle vene.
<< Ma Stefan... lui era come... >>
<< Mio fratello è facilmente impressionabile. >> La
liquidò alla svelta il ragazzo << Ed era solo uno scherzo.
Vero Caroline? >>
Ed eccolo, di nuovo quello sguardo. La stessa espressione che aveva
assunto prima di trascinarla nel parcheggio, lo stesso presunto stato
di trans, lo stesso assenso con la testa mentre, fissa, guadava le iridi
di Damon.
<< Era solo uno scherzo, Elena >>
<< Visto? Era solo uno stupido scherzo. Adesso vieni con me, ti riaccompagno a casa. >>
Scettica sugli aventi appena verificatesi, Elena si lasciò
andare al sostegno di Damon che la tenne stretta tra le sue braccia
fino al raggiungimento della sua auto.
Nell'interno della vettura potette riflettere al meglio sull'accaduto ed una sola tesi le parve ovvia:
Non era succo di pomodoro, Caroline doveva essere stata sotto qualche
specie di trans omicida, lei doveva essere sopranaturale e forse
anche Stefan e, nella peggiore delle ipotesi, Damon doveva aver visto
ogni cosa.
<< Grazie per il passaggio. >> Dei ringraziamenti che a Damon risuonavano con una vena di sarcasmo.
Bene, lo erano sul serio.
Elena non aveva dimenticato la sua sfrontatezza ne il modo in cui aveva cercato di schernirla poche ore prima.
Certo, si era dimostrato gentile ed apprensivo, ma per Elena non
bastava. Non aveva mai riposto fiducia in Damon ne aveva mai creduto al
suo essere galante e gentiluomo. Stefan l'aveva avvertita. Ragion per
cui non gli avrebbe mai concesso un minimo di commiserazione e indulgenza.
Damon la trattenne, afferrandola per un braccio prima che potesse
sfuggirgli. << Sono stato un gran pezzo di stronzo. Avevi ragione
tu. >>
Fu allora che Elena riconobbe qualcosa di nuovo in quei due lapislazzuli che aveva come occhi. Riconobbe che c'era dell'altro.
Forse gentilezza, amorevolezza, sincerità. Un tratto del suo
carattere, che per una ragione ancora oscura, cercava di seppellire, di
eclissarlo nell'oscurità per non renderlo visibile, per non
renderlo tangibile.
E poi vi lesse anche dolore. Una scia lunga e scura che attraversava il
suo sguardo. Quello stesso rammarico che Elena sapeva di portare ancora
con se, perché di esso non ci si libera mai, nemmeno con il
massimo della determinazione umana.
Ma poteva fidarsi? Poteva prestare ascolto alla voce del suo cuore?
<< Cos'era questo? Un modo per chiedermi scusa? >>
<< Era un modo per ricominciare. >> Rispose << Tra noi due, intendo. >>
La risposta? Si. Elena poteva fidarsi. E l'aveva capito quando per l'ennesima volta quella sera si era persa nel suo sguardo.
Sguardo che, a dirsi tutta, la elettrizzava, la caricava di energia nuova, la spingeva ad andare oltre il pregiudizio.
D'altronde chi aveva mai creduto ai pregiudizi? Forse i più
stupidi si lasciano ammaliare da pensieri altrui. Ma lei non era una
stupida, era una che, a rigor di logica, faceva sempre di testa sua.
<< Vuoi entrare? >> Elena porse quella domanda con
l'ingenuità e la purezza di un angelo e la scempiaggine di un
capretto che si affida ad un lupo.
Un lupo molto pericoloso se invitato in case altrui. Un lupo vorace, smanioso e tremendamente affascinante.
Sorrise Damon, questa volta accigliò il suo sguardo da predatore.
Era tutto troppo facile per lui che la vita equivaleva ad una rampicata
scivolosa sugli specchi. Specchi che, a suo dire, riflettevano
l'immagine di un uomo perfetto, senza debolezze ne emozioni. L'immagine
di un cacciatore spietato, ed impediva ad altri di scalfirla, anche
solo lacerarla.
Lui solo aveva il potere di distruggerla, un giorno, ma per ora si voleva gustare solo il sapore della sua dolce vittoria.
<< Mi stai invitando a casa tua? >>
<< Si! A bere qualcosa, se ti va... >>
E così l'agnello aprì la porta al lupo, pensò
Damon. Stupido agnello, ma dalla bellezza Iliadica di Elena di Troia.
E se vi era una Elena di Troia lui era senz'altro Paride. Un Paride
più ambizioso e superbo, ma incantato alla pari dalla bellezza
della sua donna fino a scatenarne una guerra.
E lui la stava già vincendo e per questo ancora più affascinato. << Certo che mi va! >>
E rieccolo. Il suo sorriso sferzante e quello sguardo da sbruffone incallito. Elena aveva ceduto e si sentì un'idiota.
Ma ormai era troppo tardi per i ripensamenti. Lui era li, pronto a varcare anche quell'ultima soglia della sua vita.
L'ira di Stefan aumentò nel constatare che Elena era accompagnata da Damon.
Era rimasto di li, davanti al suo portone di casa, dopo aver placato la
sua sete di sangue, in attesa di un chiarimento. Ma per la prima volta
nella sua vita non sapeva cosa dire.
Era sempre stato bravo con le parole, anche nelle situazione meno
opportune, ma ora le sillabe gli si spezzavano in gola e solo la sua
ira dettava i suoi superbi ansiti che Damon non tardò a
percepire.
Fu soddisfatto. Soddisfatto nel vederlo combattuto e amareggiato, con
l'aria di chi sa di aver sbagliato e teme in un verdetto inaspettato.
Passò la mano sulla schiena di Elena. Possessivo. Perché
Elena era sua e lui aveva vinto. Perché agli occhi di Elena era
un cavaliere dal cuore puro di cui fidarsi ed appoggiarsi anche nei
momenti più duri.
Sospirò Stefan, questa volta per placare la sua natura e per non cascare nel suo inganno.
<< Stefan, che cosa ci fai qui? >> La voce di Elena era
aspra e cupa. Arrabbiata e probabilmente delusa e Stefan poteva
comprendere la matassa dei suoi dubbi.
Ora lo guardava con gli stessi occhi che per secoli l'hanno
perseguitato. Quelli di disprezzo e di paura, di una tremenda paura che
da sempre l'avevano costretto alla solitudine.
<< Elena, lascia che ti spieghi. >>
Fu allora che Damon intervenne. << Stefan, non c'è ne
bisogno. Ho già spiegato tutto io ad Elena. >> Damon
giurò di leggere una leggera vena di angoscia nei suoi occhi ed
il suo battito farsi sempre più accelerato << Le ho detto
che la visione del sangue ti fa rabbrividire, e devi sapere, che era
solo succo di pomodoro. Caroline era in vena di scherzi. >>
Stefan non lo seppe mai se lo fece per difenderlo o se aveva altri
intenti, ma la cosa che gli premeva era sapere che il suo segreto era
ancora allo scuro. << Caroline sta bene? >> Domandò
quasi come se non volesse crederci.
<< Sta benone fratellino! >>
Gli sguardi di Damon e Stefan si incrociarono in un lasso di tempo che ad Elena parve interminabile.
Stefan pareva suggerire sorde domande al fratello maggiore il quale rispondeva solo con un superbo sorriso.
Era quello il loro modo di comunicare? Elena non lo seppe mai, tranne
che, molto probabilmente, la tenevano entrambi allo scuro di un secreto
inconfessabile.
Stefan fiutò aria di guai. I pezzi del puzzle cominciavano a
ricomporsi e l'immagine per il vampiro più giovane si faceva
sempre più nitida. Damon tramava. Damon stava già
tessendo la sua tela, come un ragno esperto e probabilmente la sua
preda vi era già incastrata, pronta per essere divorata.
Lui l'aveva afferrata, come teneva stretta Elena a se. Che fosse lei il
suo insetto? Stefan provò ira ugualmente e la spinta a doverlo
fermare prima che fosse troppo tardi.
<< Che ci fai con Elena? >>
<< L'ho riaccompagnata a casa fratellino, e stavamo giusto
entrando a bere qualcosa. Buon proseguimento di serata Stefan. >>
Stava quasi per scavalcarlo quando le braccia del fratello fecero pressione sulle sue spalle.
<< Non ci provare neppure Damon. Non ti lascierò entrare in quella casa. >>
Damon si sentì alle strette e temette il peggio. Ma non tentennò. Non risvegliò la sua ira naturale.
Ma si limitò a fissarlo, scrutarlo, punirlo con i suoi occhi
indagatori. Tanto che Stefan quasi si vergognò. Si sentì
piccolo, fragile, indifeso e sporco. Sporco come chi stava commettendo
l'errore di cedere al peccato, sporco come solo un vampiro sa essere.
<< Forse è meglio che tu ti faccia una bella dormita Stefan. Ne hai bisogno. >>
<< Quello di cui ho bisogno è che tu sparisca dalla mia vita e da quella di Elena. >>
C'era più che tensione nell'ambiente circostante. L'aria era
talmente densa che ad Elena parve irrespirabile. Sentì il sangue
affluire veloce nelle vene e il corpo pervaso da un leggero calore che
aumentava la sua tensione.
Che tra i fratelli Salvatore non scorresse buon sangue, l'aveva
già intuito da tempo, ma la curiosità e la sete di sapere
il motivo di quell'antico astio la spinsero a rimanere immobile e muta
spettatrice.
Poi capì. Quello non era il luogo ne il momento adatto per liti furibonde ed intervenne:
<< Ragazzi per favore non... >>
Un leggero spostamento d'aria le fece svolazzare una ciocca di capelli e per istinto chiuse gli occhi.
Aprendoli scoprì con sorpresa la spudorata molte di Damon tra i
cespugli di una siepe ed un rivolo di sangue che gli fuoriusciva dal naso. Stefan era ancora li,
più selvaggio di prima. Il suo petto si alzava ed abbassava
freneticamente e il suo respiro sferzava l'aria tiepida della sera.
<< Ma che hai fatto, Stefan? >>
<< Elena, ascoltami >> Il vampiro la trattenne per un
braccio e parlò minuziosamente << non lasciarlo entrare
per nessuna ragione al mondo. Non invitarlo a casa. Non farlo! >>
Ma Elena non ascoltò. Come da brava crocerossina, corse repentina da Damon aiutandolo ad alzarsi.
Fu una gioia per Damon assistere a tale scempio. Bravo fratellino, così si fa! Rendimi il mio lavoro più semplice.
Pensieri che strisciarono nelle membra di Damon quasi come se avrebbe
voluto farle giungere nelle congetture di Stefan con la forza del
pensiero. Ma sapeva che lui li aveva sentiti, perché adesso
già
pentito della sua irruenza, guardava scioccato le sue mani un tempo
assassine e la rabbia lo pervase come un fiume in piena.
Sotto l'ausilio di Elena, Damon raggiunse presto il porticato. Aveva un
faccia così dannatamente irritante che Stefan avrebbe voluto
fracassagliela in men che non si dica. Si sforzava a voler provare
dolore, incutendo pena nell'animo della ragazza, ma in realtà
gioiva, gioiva come mai aveva fatto nella sua lunga vita.
<< Torna a casa Stefan. Per stasera hai già fatto abbastanza. >> Lo canzonò Elena e Stefan si arrese.
<< Vieni Damon, entra pure. >> Disse poi rivolgendosi all'altro Salvatore.
Quando poi Elena girò la chiave nella toppa e Damon
poggiò il piede sul costoso parquet, Stefan capì che era
ormai troppo tardi.
CONTINUA...
Rieccomi con il sesto capitolo. La
guerra tra i due fratelli è iniziata e alla povera Elena non
resta altro che confusione.
Chi è lei realmente? E perché Damon le ha mentito? Cosa
nasconde Stefan? E per quale motivo non corre buon sangue tra i due?
Ad un paio di domande noi già sappiamo la risposta, ma forse
quelle che più ci interessano si celano ancora
nell'oscurità.
Nel prossimo capitolo ci sarà un importante rivelazione, un
sentimento in procinto di sbocciare e un segreto parzialmente svelato.
Non perdete l'ottavo capitolo mi raccomando!!! E recensite!!! Grazie per la cortese attenzione! Baci Baci da: Stella94
Contatto 7
E poi vi
era un punto. Quel punto in cui ogni cosa sembrava agli occhi di Elena
avere una prospettiva diversa, un'angolazione nuova.
Quel punto in cui, anche un semplice gesto di gentilezza, ti sembra una benedizione dal cielo, un dono prezioso.
Ed Elena era giunta in quel punto.
Poche volte lo aveva incrociato nella sua vita. Nella gita al lago con
i suoi, nel primo discorso imbarazzante con Matt, nel primo abbraccio
della sua migliore amica. Ed ora.
Li, in casa di Jenna, al sostegno della persona più imprevedibile e cinica che ci possa essere al mondo.
Ma per quanto tutto questo poteva essere assurdo e sbagliato,
Elena sapeva di essere nel giusto, sapeva che Damon era il giusto.
Il perché? Non lo sapeva neppure lei e non voleva scoprirlo.
Ciò che più le importava era poter annegare ancora e
ancora e ancora in quei due pezzi di cielo limpido, che si innalzava
insovrastato sul volto del giovane.
Occhi che riconobbe lucidi e trafelati da una nota di dolore quando
riappurò una lunga scia di sangue che ancora colava dal suo naso.
<< Mettiti pure comodo sul divano. Vado a prenderti qualcosa per fermare il sangue. >>
Bene. Una nuova scusa da inventare. Cervellino mega-galattico di Damon, se ci sei da un cenno!
Il vampiro sembrava esausto da quella serata. Per fino la sua dote da "racconta frottole" sembrava perduta.
Nessuna ferita che aveva -per puro caso- lacerato la sua preziosa pelle
centenaria aveva resistito più di qualche secondo. Era uno dei
pochi benefici che essere un vampiro comportava.
Ma ora, più che mai, desiderava che quel sangue continuasse a
scorrere e a scorrere e a scorrere, anche se ne sarebbe rimasto a
corto.
Si portò un dito sulla narice destra e capì. Niente
più sangue. Niente più dolore. La sua speciale fontanella
si era già chiusa.
<< Ah... Non preoccuparti, sto già meglio! Ci vuole ben altro per mettere a tappeto Damon Salvatore. >>
Parole che risuonarono a vuoto, dato che, la bella Elena, era
già di ritorno con il suo speciale kit da sopravvivenza, pronta
per prestare cure mediche assolutamente inutili.
Guardò incerta il vampiro, accigliando un'espressione stranita e
dubbiosa. Sembrava un neonato alle prese con un marchingegno complicato
che scintillava di luci colorate.
Damon, più impacciato e imbarazzato che mai, le rivolse uno dei
suoi raggianti sorrisi, ma su Elena ebbe l'effetto contrario.
<< Credevo che il tuo naso sanguinasse. >>
<< Te l'ho detto Elena, guarisco in fretta. >>
<< Credevo che sul tuo viso ci fosse un livido. >> Domandò ancora.
<< Te l'ho detto Elena >> Damon sembrava come se stesse
parlando ad un interlocutore che non comprendesse a pieno la lingua
inglese, nello stesso modo in cui in lupo possa rivolgersi ad una
pecora << ci vuole ben altro per... >>
<< Mettere a tappeto Damon Salvatore >> La voce di Elena
giunse per prima e trasportò in Damon la certezza che la ragazza
di fronte ai suoi occhi non solo fosse incredibilmente bella ma anche
arguta e sveglia.
Elena trasse un profondo sospiro e mise a tacere la sua insaziabile
scetticità per lasciare largo al beneficio del dubbio, che presto
avrebbe colmato con altrettante certezze.
Occhi neri da demone, ferite che guariscono in fretta, bugie senza una
saziabile spiegazione: la lista personale delle "stranezze dei
Salvatore" era già piena, ma Elena ebbe l'impressione che presto
avrebbe imbrattato molti altri fogli bianchi.
Per ora tutto ciò che doveva imbrattare era il suo fazzolettino
bianco, quando si accorse che una modesta scia di sangue coagulato
infangava i decisi e perfetti lineamenti del viso di Damon.
Si avvicinò, forse troppo, forse volutamente, al giovane che
sussultò appena ed Elena seppe che la sua corteccia dura non era
poi tanto infrangibile come pensava.
<< Tranquillo, voglio solo pulirti. >>
E poi, come da copione, calò quella sorta di silenzio
imbarazzante, pietrificante. Quello che azzera ogni minima
volontà dell'intelletto e ti trascina nella confusione
più totale, annaspando aria che sembra essersi dimezzata.
Il tocco fragile e indeciso di Elena era per Damon la grazia più austera che avesse mai ricevuto.
Nei suoi lunghi anni era stato toccato da molte donne, donne che
contavano, madri e figlie di una generazione passata. Ma il tamponaggio
di Elena non aveva rivali. Damon se ne rese conto quando per l'ennesima
volta fu a corto di fiato. Dove era finita la sua audace parlantina?
Damon cercò di ritrovare se stesso, ammiccando parole di un
discorso troppo prevedibile per la sua persona.
<< Vivi da sola qui? >>
<< No. Abito con mia zia Jenna e mio fratello minore Jeremy.
>> I loro visi si ritrovarono ora vicini più che mai.
<< E dove sono ora? >> Prendeva tempo il vampiro. Cercava,
inutilmente, di distogliere lo sguardo dalle sue labbra sottili e rosee
come l'abbronzatura di una pesca matura, invitanti come il sapore di
una ciliegia nel pieno della bella stagione.
<< Jenna aveva un appuntamento e mio fratello... >> la voce
di Elena trasalì amarezza e risuonò più precisa e
sarcastica di prima.
In qualche modo la magia sembrava essersi dissolta << ...starà da qualche parte. Probabilmente strafatto. >>
<< Ah... >> Damon non voleva sembrare scortese ne un
giustiziare. Ma il suo sguardo, forse troppo inespressivo, mandò
Elena in allerta. Le fece scattare quel senso primordiale che ti porta
alla difesa di chi ci è più caro al mondo.
<< Non giudicarlo per questo. >>
<< Non lo sto giudicando in nessun modo, Elena. L'ho fatto
anch'io. E' una sorta di difesa dal dolore. Ma in tutto questo tempo
credo di aver capito una cosa: si posso spegnere molte cose, come
l'interruttore di una lampada, ma il cuore, quello non si spegne mai...
>>
E la magia riapparve e il calore ritornò a fluttuare nei meandri più sconosciuti del suo esile corpo.
Profondo, pensò. Elena vide Damon più profondo di una
caverna inesplorata, più profondo dell'immensità
dell'oceano.
La sorprendeva ogni volta. Damon era così. Dolce e salato,
bianco e nero, notte e giorno, non vi era un luogo certo dove
collocarlo. Perché se vi fosse stato Elena lo avrebbe già
colto. Elena lo avrebbe già scartato. Banalità, una
parola semplice per descrivere chi viveva di prescritte realtà.
Elena bandiva il banale, perché stava nella diversità il
saper cogliere una gioia spudorata, è nella diversità che
Elena traeva il suo vantaggio.
E Damon era diverso, personificava tutto ciò che ella poteva
desiderare in un uomo. Il Santo Graal di uno storico, l'antico tesoro
di un pirata. Guardò ancora quella grazia divina e si
riscoprì affascinata e per prima vogliosa di un contatto.
Poi la realtà scomparve, il dolore, la sofferenza, la vita
passata, si annebbiò sotto l'impulso di una nuova emozione e
l'inganno di una fortuita realtà. Sempre più vicini i
loro visi, sempre più incatenati i loro sguardi, fino a che non
ci furono più parole, ma solo i respiri accelerati di due umani
che si scoprivano sotto l'emozione di un lungo bacio.
Perfetto, mai provato, unico nella sua semplicità, il massimo
dell'aspirazione umana. Elena passò la mano curiosa nei crini
d'ebano del giovane e schiuse le labbra, come un dolce invito ad
assaporarla fino in fondo. Un invito che fu colto avidamente dal
vampiro, che per oscure ragioni pareva aver smarrito il suo io.
C'era qualcosa di nuovo in quel bacio, qualcosa che egli stesso non
aveva mai provato. Eppure era strano. Damon, se poteva, non baciava mai
le sue vittime. In un certo senso riteneva il bacio qualcosa da
concedere a poche, qualcosa da meritare.
Era il suo modo di portare fedeltà a Katherine, il suo modo di
dimostrale rispetto e devozione. E come poteva ora una semplice ragazza
della Virginia riportarlo al tempo in cui si nutriva di cacciagione e
di buon vino? Perché l'hai trovata Damon.
L'hai trovata. Quella che ti ruberà il cuore, quella che
cambierà le tue scelte. Le parole che un tempo gli furono
dette ritornarono suonanti nelle sue membra. Le scacciò malsane,
con lo stesso disprezzo della lebbra, disciogliendo quell'amorevole
contatto gradito ad entrambi.
<< Non posso. >> Ansimò. Già, lui non poteva.
Lasciarsi andare a tenere effusione con "l'agnello sacrificale" non era
previsto nel piano. Damon riportò alla mente il suo obbiettivo e
parve riprendere la ragione.
<< Cosa non puoi? E' per Caroline? >>
<< Ma no! Io e lei... non c'è molto tra di noi. E' solo che non posso, non devo. >>
La scansò da se in un gesto deciso e fluido. Corse via senza
voltarsi indietro, col timore di ricascare in quella trappola che
già teneva stretto gran parte del suo corpo.
La luna non sarebbe sorta nemmeno quella notte. Damon lo sapeva: lei
sarebbe ritornata. Perché lei voleva ciò, che in un tempo
non molto lontano, le aveva promesso, che il suo popolo agognava da
tempo.
Ma cosa lo aveva spinto a cedere a quell'accordo omicida? Katherine? Damon non lo ricordava. Damon non voleva ricordarlo.
Per lui ora c'erano altre domande, c'erano altre risposte che
pretendeva avere al più presto. E perché no? Anche la sua
ragione, che sembrava perduta e inafferrabile.
Entrò aitante nella sua stanza e sbatté la sua giacca di pelle su una poltrona segnata dal tempo.
Non era solo. Damon lo percepì all'istante, ma questa volta voleva attendere, era stanco d'agire.
<< Damon, è sempre una gioia rivederti. >>
Riapparve dall'ombra quella creatura inclassificata. Bella e crudele,
astuta e maliziosa. La tessitrice di una ragnatela troppo efficace per
poterla evitare, abile giocatrice e sferzante guerriera.
<< Seira, dovresti fare più attenzione a venire qui.
Stefan potrebbe vederti e il nostro piano andrebbe in fumo. >>
<< Sono brava a badare e me stessa. Piuttosto, l'hai trovato? >>
La sacerdotessa dei mali si avvicinò minuziosamente al vampiro
che non si tirò indietro. Gli passò una mano sulla
guancia fredda e poi tra i capelli, cominciando a lambire il suo collo
di spinti baci.
<< L'ho trovata. E' una ragazza... >> Damon sembrava
subire in silenzio quella tortura. La sua espressione non
tralasciava una vena di piacere ma nemmeno di disprezzo. Sembrava
indeciso o forse più semplicemente costretto in quella morsa
letale.
<< Bene, lo sapevo che non mi avresti delusa. >>
Prima di parlare il vampiro sapeva di dover spianare un terreno troppo
ispido e pieno di buche oscure. Assecondò i suoi sensuali
movimenti, lasciandosi andare alle sue inespressive carezze,
stringendola al proprio corpo, evitando di toccare le sue labbra.
Poi sussurrò e la sua voce già sensuale accordò una
melodia più lussuriosa, sapendo già che la creatura non
avrebbe posto resistenza.
<< Questo dovrà rimanere un nostro segreto. Il Gran
Maestro non dovrà saperlo ancora, me lo devi promettere. >>
Ma Seira non inceppò nella sua trappola. Troppo furba, troppo scaltra. Fu un attimo e l'allontanò da se.
<< Non posso mantenere segreti a mio padre. Tu sai cosa vuole. >>
Ma ella ricadde nel fascino del vampiro, quando questi le se
avvicinò di nuovo e si dedicò con maestria al suo collo
niveo. Bianco latte, come l'argenteo della luna d'inverno.
<< Ho bisogno di tempo... >> Ansimò << devo
prepararla al meglio. Voglio che si fidi di me, in modo da non
ostacolarmi nel mio piano. Ma tu dovrai mantenere a bada tuo padre. Promettimelo Seira. >>
Quando il rosso delle sue iridi incrociarono quelle azzurre degli occhi
del vampiro ella sorrise. Gli avrebbe concesso anche la sua anima se
avesse potuto avere in cambio il suo cuore. Mille menzogne avrebbe
raccontato e altrettante frottole per tenere a bada la superbia di suo
padre, che in molti osavano chiamarlo con l'appellativo di Gran Maestro.
L'ho avrebbe fatto, si, solo per lui. Solo per Damon Salvatore.
<< Te l'ho prometto... >> Quel bacio che ora ella tanto
agognava non le fu concesso quando l'attenzione del giovane calò
sullo sporco pavimento. Uno scatto che la fece riflettere ma non la
sorprese. Sapeva che il suo cuore apparteneva a Katherine, ma il
sentimento che provava nei suoi confronti la spingeva a provare, a
provare e a provare ancora...
<< Ora devi andare Seira, mio fratello sta per arrivare. >>
Così scomparve in scintille di cristallo, un pò delusa,
un pò amareggiata. Ma felice di aver condiviso con lui un piccolo
idillio di passione. Non sapeva, a suo discapito, che le azioni di
Damon erano state mosse nel vano tentativo di proteggere un'altra donna.
<< Vi siete baciati?! >> La voce di Bonnie stridulò
forte tra le pareti annose del Grill, forse troppo forte, da essere
giunta a due tavoli di distanza dal loro.
<< Già. E non urlare, ti hanno sentita tutti... >>
La voce di Elena invece era più calma e pacata del solito.
Sempre composta, mai fuori luogo, mai volgare nelle sue espressioni.
Elena era sinonimo di grazia ed eleganza.
<< Non è andata come speravo. >> Continuò,
abbassando lo sguardo sul tè caldo e fumante che molto
probabilmente non avrebbe mai bevuto. << Ha detto che non poteva
farlo ed è fuggito via. Forse vuole mantenere fede a Caroline.
>>
Questa volta Bonnie parlò piano: << Conosco Caroline da
molto tempo eppure non mi ha mai parlato di questo Damon Salvatore.
Secondo me non c'è molto tra di loro. >>
<< E' quello che mi ha detto anche lui. Anche se... credo mi nasconda qualcosa, Bonnie. >>
L'espressione di Bonnie trasudò un cipiglio d'incertezza. Chi
fosse Damon Salvatore era un arcano ancora ricoperto da un fitto alone
di mistero, ma il suo intuito la faceva scattare all'attenti, come un
cadetto ai comandi di un generale.
Lei era solo un cadetto, pensò, ma furbo e scaltro tanto da
portare sempre un asso nella manica. Questa volta, però,
l'avrebbe ceduto ad Elena che ne avvertiva l'esigenza.
<< Elena, scusa se te lo dico, ma in fondo non sai nulla di questo
tizio, tranne che è il fratello di Stefan. Faresti meglio a
tenere le dovute distanze. >>
L'istinto di Elena la portò a controbattere, la ragione a
riflettere. E scelse quest'ultima. Bonnie era nel giusto, lei nella
più completa confusione. Ciò che sapeva era che le aveva
mentito riguardo allo scherzo di Caroline e che baciava magnificamente.
Ma tralasciando gli istinti passionali dettati dai suoi ormoni, Elena
doveva essere imparziale e giudicarlo al di là dell'accaduto.
Le aveva mentito o era stato ingannato anch'egli da Caroline. C'era una
profonda faida tra i due fratelli Salvatore e Stefan era qualcosa di
più di quello che voleva mostrare.
<< Mi ha mentito, Bonnie, riguardo allo scherzo di Caroline. Io
so quello che ho visto ed era sangue. Era come se Caroline fosse impossessata ed
io... >> fermò le sue parole e l'istinto di dire troppo.
Ma Bonnie la riscosse da quello stato e incatenò i loro sguardi,
facendole capire che poteva fidarsi.
<< Ed io credo di averla curata con una sorta di potere. Lo so è pazzesco! Non mi crederai ma... >>
<< Ti credo Elena. >> Bonnie la interruppe e la sua voce
sicura e schietta fu per Elena un'ancora a cui aggrapparsi. <<
Nella mia famiglia succedono cose strane tutti i giorni. Perciò
quello che mi dici non fa notizia. >>
<< Aiutami Bonnie >> supplicò Elena << Aiutami
a capire cosa mi sta succedendo e quale mistero si cela dietro ai
fratelli Salvatore. >>
<< Lo farò Elena. Puoi contarci. >> Quando la mano
scura della giovane strinse quella olivastra di Elena, Bonnie rimase
pietrificata, quasi come se qualcuno l'avesse ibernata all'istante.
Teneva gli occhi fissi su un punto indecifrabile della parete del Grill
e annaspava pochi profondi respiri. Elena trattenne il fiato <<
Bonnie stai bene? Che ti succede? >>
Ma le parole che le giunsero di rimando furono ben diverse da quelle che si aspettata:
<< Non fidarti di lui. >> La voce di Bonnie mutò.
Sembrava quella di una vecchia sacerdotessa, di un'anziana predicatrice
<< Il cacciatore sacrificherà l'agnello. E il suo
sangue disseterà gli spiriti delle tenebre, aprendo loro le
porte di una nuova era. >>
CONTINUA...
Rieccomi!!
Un pò in ritardo, lo so, ma come molti di voi già sapranno, sono stata
impegnata in un'altra storia sempre targata The Vampire Diaries. Per
chi non l'avesse letta è una piccola shot intitolata The Climb. Sono
graditi commenti! ^_^
Bene ritornando a noi la situazione si fa
interessante. Il primo bacio fra i due! Vi è piaciuto?? Vi aspettavate
qualcosa di più??? Be' ci sarà sicuramente in seguito. E che dire di
Seira? Chi sarà mai il Gran Maestro? Cosa si nasconde dietro al ritorno
di Damon? E cosa c'entra Katherine in tutta questa storia? E sopratutto
chi è davvero Elena?
Ahhhh!!! Quante domande sto per impazzire anch'io! Ma non vi preoccupate troveranno presto una risposta!
Allora ragazzi cosa aspettate? Fatemi sapere quello che ne pensate ci
conto!! Ah un'ultima cosa: probabilmente ci metterò qualche
giorno in più per pubblicare il cap 8 perché ho promesso
di aggiornare una mia storia originale che ho abbandonato da tempo. Ma
ritorno presto non vi preoccupate!
Ringrazio
chi ha recensito il capitolo precedente, chi l'ha messa tra le
preferite, tra quelle da seguire e ricordare. GRAZIEEEEEEEE!!!!!
Bene ora vi lascio, non dimenticate di lasciare un commento. Alla prossima! Baci baci da:
Bruciante
verità 8
<< Bonnie ma che stai dicendo? >>
C'erano un mucchio di cose che ad Elena facevano paura, ma lo sguardo attonito di Bonnie li superava tutti.
Cercò di liberarsi alla svelata da quella stretta che tramutava
il sospetto in una terrificante realtà. Elena si sentì
come un topo sotto gli artigli di un falco pronta ad assistere inerme
alla sua lunga morte dolorosa.
Ma l'uccello predatore lasciò la presa ed Elena si sentì
libera di scorrazzare nel bosco sconfinato, ma carica di un'esperienza
che l'avrebbe messa in allerta ad ogni fruscio sospetto.
Ed ora Bonnie, come per magia, parve ritrovare la ragione e riprendere il possesso delle proprie funzioni corporali.
Una burattina nelle mani di un astuto burattinaio, fu così che
si sentì Bonnie. Si guardò le mani come a voler
individuare quei fili invisibili che avevano permesso al burattinaio di
controllarla e si guardò intorno incerta, perché fu quasi
sicura di aver avvertito una presenza oscura aleggiare nell'ombra.
Ma non vide nulla. Tutto sembrava invariato, la gente continuava a bere, chiacchierare e a ridere come se nulla fosse accaduto.
<< Elena, cosa ho fatto? >> Bonnie era disperata quasi in lacrime.
Elena aggrottò la fronte << Hai cominciato a dire delle
cose strane su cacciatori, agnelli e sangue. Sicura di stare bene?
>>
Bonnie nascose il suo viso tra le mani ed accennò un lieve
assenso, così lieve che Elena lo percepì a stento.
Poi parve riaccendersi come una lampadina e riprendersi da quello stato di shock.
<< Elena, dimentica quello che ho detto. >> la sua voce
risuonò forte e decisa. Elena non aveva mai visto Bonnie
accigliare quello sguardo incupito, non l'aveva mai vista
indietreggiare impaurita e poi fuggire come un lampo tra i tavoli del
Grill.
Elena prese il suo taccuino dalla borsa, ormai dalle pagine
stropicciate perché per troppe volte sfogliate nel tentativo di
venire a capo di quell'insolito enigma che annegava in una
surrealtà sospetta.
Impugnò la sua penna e scrisse: "Bonnie Bennett, anche lei infetta da un insolito stato di trans paranormale".
Poi rilesse la lista. C'era qualcosa che le sfuggiva, un tassello del puzzle perduto nei meandri del suo intelletto.
La Ferrari rossa Four Four era forse un capriccio che solo pochi
adolescenti potevano permettersi; miele puro per giovani orsi della
Virginia e se poi a guidarla era Damon Salvatore suscitava un fascino
oltremisura e inconfessabili desideri da parte di molte ragazze.
Damon lo sapeva, e a giudicare dal modo in cui alcune di queste lo
guardavano, doveva aver proprio trovato il tallone d'Achille della loro
generazione: bellezza, soldi e sballo.
D'altronde chi poteva biasimarle. Damon era il primo a lasciarsi andare in una vita malsana e priva di una disciplina morale.
Oh! Ma lui era giustificato... in fondo era un vampiro.
E uno dei tanti privilegi che la sua immortale natura poteva regalargli,
era di certo il potere ad ovviare ad un piccolo incidente di percorso.
Anche se più che un incidente Caroline Forbes era una vera e
propria catastrofe.
Che cosa non si fa per amore?! Damon lo stava imparando a proprie
spese. Ma se voleva dare un giusto senso a quella imprevista sosta al
liceo, non doveva permettersi di perdersi in pensieri futili e poco
attinenti alla missione.
Si tolse i Ray Ban scuri quando vide avvicinarsi la petulante
cheerleader mentre un: << Bella macchina amico. >> gli
giunse al suo speciale udito ed alzando un braccio ricambiò il
complimento, ma non per cavalleria, lo fece solo per pavoneggiarsi e
ostentare il suo lusso sfrenato.
<< Lo so. >> Rispose, a dar prova del suo buon gusto e della sua fortuna.
Raggiunse Caroline guardandosi spesse volte intorno, come a voler
evitare qualcuno o, più semplicemente, tastare con attenzione un
territorio nemico. Le fu davanti quasi in un attimo e produsse in lei
un leggero sobbalzo che Damon interpretò come un insolito
benvenuto.
<< Ehi occhi belli, che ci fai qui? >> Caroline
adoperò subito la sua arte afrodisiaca e trascurò perfino
l'espressione infastidita del vampiro, presa dall'ebrezza di un flirt
immediato.
Damon non voleva giocare, non con prede tanto semplici da conquistare.
Sarebbe bastato un suo sorriso e qualche mezzo complimento mal riuscito
per piegarla completamente al suo volere.
Di ragazza facili ne aveva avute tante e quasi si ritrovò a
disprezzare le distrazioni del passato, perché quello
stordimento passionale che aveva avvertito con Katherine non era mai
stato superato.
Sospirò gonfiando il petto e portò le sue grandi mani
sulle spalle della giovane costringendola in uno strano contatto.
<< Ora guardami e concentrarti. Io e te abbiamo avuto una bella
storia d'amore, fatte di cuoricini di cioccolato e poesie
strappalacrime. Ma tu mi hai dovuto lasciare perché tua madre
non voleva che uscissi con un ragazzo più grande. >>
Fu un attimo e la sua pupilla di dilatò. Poi lasciò lo spazio all'azzurro dell'iride.
<< Ok. >> Rispose Caroline sorridendo.
Ricambiò il vampiro << Perfetto ora il guaio è sistemato. Adesso va a casa. >>
<< Ci vediamo in giro occhi belli. >>
<< Si come no. Ciao. >> Stava per rimettersi gli occhiali
quando una visione celestiale lo trattenne dal farlo. Elena era li, a
pochi metri di distanza e, quasi come un flash back gli ritornò
alla mente quel bacio scambiato, quell'emozione paradisiaca, quella
pace perduta.
E il suo compito.
Si rimise i suoi Ray Ban, pronto a
nascondere quell'unico portale che conduceva Elena alla sua torva anima.
Tirare il sipario era forse la scena che più preferiva di
un'opera teatrale e la migliore che riusciva ad attuare. Ma quella
volta sapeva che era solo all'inizio del primo atto e che il seguito
sarebbe stato scritto da altre mani, più pure delle sue.
<< Che fai, adesso mi eviti anche? >>
Ma quale evitare..? Damon se avrebbe potuto sarebbe andato li,
l'avrebbe stretta tra le sue braccia e l'avrebbe baciata con passione,
con ardore, con desiderio e voglia di condividere con lei anche la
più piccola gioia della vita, anche la più piccola luce
nel buio.
Ma rammentando ciò che in un tempo non molto passato l'aveva
spinto verso i confini della sua città natale, dovette
retrocedere e continuare a mentire. Mentire a se stesso, mentire a
chiunque gli avrebbe intralciato la strada.
<< Non ti sto evitando, Elena. Cerco solo di fare la cosa giusta. >>
<< E quale sarebbe? >> Elena lo raggiunse in pochi istanti
rendendo il vampiro vulnerabile e privo di difese. Sarebbe bastato poco
ed Elena lo avrebbe raggiunto la dove nessuno era mai arrivato.
<< Io non la capisco, Damon. Non puoi venire a casa mia, fare il
finto gentile moralista per poi baciarmi e scappare come un ladro.
>>
<< Sto solo cercando di proteggerti. >>
<< Ma da cosa Damon? Cosa? >> Elena sentì gli occhi
inumidirsi e la sfrenata voglia di dar sfogo a quel pianto liberatorio
che per troppo tempo aveva trattenuto. Ma non una sola lacrima
bagnò il suo viso. Elena le nascose nei meandri più
sconosciuti della sua anima e cercò di riprendere possesso di se
stessa, assumendo uno sguardo deciso ma nello stesso momento stanco di
tutto ciò che la circondava.
<< Ci sono cose che tu non sai Elena e non posso spiegarti. Io
non sono quel che pensi, faresti meglio a starmi lontano. >>
E poi una coltellata, che ebbe per Elena effetti contrari, quasi risanatrici.
Non le procurò dolore ma sono una scarica di adrenalina e
rabbia che la condussero, forse, in un erronea realtà. Si fusero
entrambe e trasformarono Elena in un sordo giustiziere che doveva
punire un oltraggio che non poteva essere perdonato.
<< E' così allora che ti diverti. Seduci e abbandoni.
Complimenti Damon, un bel passatempo. >> Poi portò il suo
viso così vicino a quello del vampiro che Damon si sentì
minacciato, ma non arretrò il suo. Si fissarono per
interminabili secondi, poi Elena parlò.
<< Va all'inferno Damon Salvatore e restaci per sempre. >>
<< Ci sono già Elena. E tu non immagini da quanto. >>
Poi tutto tacque. Il fruscio degli alberi, il chiacchierio degli
studenti, il rombo delle auto, giunsero a Damon solo come uno smorzato
brusio. Nulla aveva più senso. L'aveva fatta scappare, in fondo
era quello che voleva. Un giorno, forse, non si sarebbe pentito ti
toglierle la vita e tutto sarebbe stato più semplice e lo avrebbe
condotto alla vittoria.
E allora perché quel senso di vuoto? Perché
quell'amarezza? Quel rimpianto, quella tristezza, quella furia, cos'era a
suscitarle?
Damon si guardò intorno ma non la vide. Solo silenzio e sguardi
disinteressati. Era nell'inferno e ci sarebbe stato per sempre.
Stefan Salvatore guardò nervosamente il suo orologio per la
terza vota e sospirò nervoso. Era in un'incolta trepidazione
mista di euforismo e preoccupazione. C'era rimpianto nel suo sguardo e
delusione.
Deluso perché per l'ennesima volta aveva ceduto, deluso
perché aveva creduto che il sangue umano non suscitasse
più alcun desiderio in lui, deluso perché credeva di
essere migliore di suo fratello.
Ma non lo era mai stato. Stefan sapeva che, oltre al sangue, condivideva
un maledizione infernale con Damon. Due vampiri hanno gli stessi
obbiettivi, le stesse ossessioni. Sangue, sangue e ancora sangue. La
voglia di uccidere, di sentirsi forti e onnipotenti, la soddisfazione
nel vedersi immortali e padroni delle menti umane.
Ma nulla, ora, valeva più di uno sguardo di Elena, nulla valeva più di una sua carezza, di un suo sorriso.
Stefan mise a tacere l'impulso della sua natura e si sentì
tranquillo quando rimembrò di essersi appena nutrito. Un
coniglio poteva bastargli per qualche ora, giusto il tempo necessario
per un caffè al Grill con Elena.
Il fatto che avesse accettato il suo invito, e la felicità che
in egli aveva suscitato, gli fece quasi trascurare il suo tremendo
ritardo: un cliché quasi d'obbligo per un appuntamento.
Quando avvertì suonare l'antico campanello della pensione,
raggiunse in pochi istanti il portone grazie alla sua velocità
vampiresca e il suo sorriso si illuminò quando incrociò
lo sguardo di Elena.
<< Ciao Elena. Mi fa piacere che tu abbia accettato il mio invito. Credevo che ti fossi persa. >>
Elena sorrise a stento, ma in realtà era nervosa. Non voleva
rivedere Damon e aveva accettato l'invito di Stefan solo per la sua
smaniosa voglia di saperne di più. E poi Stefan era Stefan.
Insomma, chiunque avrebbe accettato di uscire con un ragazzo come lui.
Così gentile, così dolce, così misterioso.
Così diverso da Damon. Era quasi impossibile per lei credere che
fossero fratelli, anche se a dirla tutta, c'era qualcosa che li legava.
Forse quella tristezza, quella vena di dolore, quella sorta di amarezza.
<< Non è stato facile trovare questo posto, ma è davvero splendido. >>
<< Ti ringrazio. Vieni entra. >>
Ma chi erano davvero i fratelli Salvatore? Principi, Sceicchi? Magnati
di petrolio? Elena se lo chiese intensamente quando prestò
attenzione all'intera struttura della pensione. Un vero gioiellino
d'epoca, non c'era che dire. Pochi avevano una fortuna tale da vivere
in uno spazio tanto ampio e bene arredato. Elena si sentì come
Lara Croft nella sua sontuosa villa di famiglia.
<< E' davvero stupenda Stefan. >>
<< La pensione appartiene ai Salvatore da tantissime generazioni. E' qualcosa a cui noi teniamo tanto. >>
Elena acconsentì con la testa muovendosi quasi timida in quella
gabbia di cristallo. Un altro mistero da svelare, un groviglio che
molto probabilmente non avrebbe mai sciolto.
<< Tu resta qui, guardati pure intorno se vuoi. Io vado a prendere il giubbotto. >>
Dopo che Stefan fu lontano, Elena non seppe resistere all'impulso di
curiosare. Molto lentamente mosse alcuni passi verso una menta
puramente ignota e per puro caso si ritrovò a percorrere un
lungo corridoio tappezzato di cimeli e antiche decorazioni.
Non sapeva di certo dove volesse andare, fin quando, un antro oscuro e poco illuminato, non le fu a pochi metri di distanza.
Sembrava l'ingresso di una cantina, di un semi interrato o la stanza dei tesori e, perché no, la prigione dei cadaveri.
Oh! Ma che andava a pensare?! I Salvatore non potevano essere serial
killer. Ma qualcosa la spinse a raggiungere quell'uscio. Qualcosa mosse
le sue gambe conducendola nel buio tetro dell'incertezza. Ma quel
qualcosa non andò secondo i piani.
C'erano delle scale che conducevano nel sottosuolo, Elena non le vide ed
inciampò in esse finendo per rotolare rovinosamente fino a quando
non giunse all'ultimo scalino.
Per fortuna la discesa non fu molto lunga, altrimenti di lei ci sarebbero stati solo un mucchietto di ossa rotte.
Nonostante ciò, Elena credette di essere piombata improvvisamente
nella terza età e ripensò a tutte volte che non aveva
voluto aiutare la sua povera nonna ad alzarsi dalla poltrona. Ora
capiva come doveva sentirsi: un completo dolore lancinante.
Provò ad alzarsi alla cieca, dato il buio pesto che la circondava,
e digrignò i denti non appena una sferzata alla schiena la
colpì improvvisamente.
<< Stefan? >> Richiamò a vuoto e dopo immensi e
immani fatiche riuscì a mettersi in pedi. Afferrò il suo
cellulare dalla tasta e subito una luce azzurrina le permise di guadarsi
intorno con più attenzione.
Sembrava essere un magazzino, una stanza di vecchi oggetti impolverati
tra cui mobili lampade e poltrone. Ma ci fu qualcosa che colpì
la sua attenzione. Un dipinto era stato appoggiato in malo modo ad un
antico mobile di rovere.
Era abbastanza impolverato ma dopo averlo strofinato con le mani Elena riconobbe alla perfezione quattro volti.
E riconobbe due occhi. Celesti, come il cielo in primavera,
agghiaccianti come lo sguardo di un'affamata pantera. E poi un volto,
dolce, aggraziato, quasi innocente e misterioso.
<< Non è possibile... >> Poi rigirò la tela e
lesse: << Giuseppe, Margareth, Damon e Stefan Salvatore. Mystic
Falls 1853. >>
E il suo cuore accelerò il battito.
CONTINUA...
Con qualche giorno di ritardo
rieccomiiii!!! Allora vi dico solo una cosa: questo capitolo l'ho
scritto sotto gli affetti di una distruggente influenza perciò
non sono proprio sicura di come sia uscito. Ma visto che non volevo
farvi aspettare molto mi sono messa a scrivere anche in condizioni
fisiche pessime. Me lo merito un commentino??? Spero di si. Spero
anche che questa storia vi stia piacendo, l'inizio sarà anche
un pò noioso però per arrivare al succo ci deve stare per
forza eh eh. Ma la parte migliore sta per arrivare. Nel prossimo
capitolo ci saranno importanti rivelazioni mentre una nuova minaccia a
Mystic Falls si fa sempre più vicina. Chi saranno costoro? E
cosa vogliono? Lo scoprirete presto. Ringrazio tutte le persone che
hanno recensito, che l'hanno messa tra quelle da seguire, ricordare e
preferite. Ringrazio anche chi legge solamente la mia storia.
Commentate ragazzi!! Anche chi non ho mai sentito ci conto eh! A presto tanti baci da: Stella94
Elena aveva imparato a contare sin da bambina. E ricordava quando questo fosse indispensabile in alcune circostanze.
Contare, doveva contare e riflettere senza saltare a conclusioni azzardate.
In fondo era solo un dipinto impolverato e annerito. Rifletti Elena, conta e rifletti.
Quanti tasselli del puzzle possedeva? Pochi, troppo pochi. Non ne aveva abbastanza da poterne creare un'immagine chiara.
Quelli che possedeva erano confusi e disordinati. Surreali e
impossibili da incastonare l'uno nell'altro. Eppure un ordine c'era.
Cosa sapeva dei Salvatore?
Di Stefan conosceva il suo essere galante e premuroso. Parlava poco ma
sapeva sempre dove colpire. La sapeva conquistare con i gesti
più banali e il suo profumo sapeva di menta fresca.
Di Damon conosceva la sua spavalderia. Pareva non curarsi di niente e
di nessuno, ma in realtà a lui non sfuggiva mai niente. Sapeva
leggerla nel pensiero e illuminarla con il suo sorriso. Damon era una
sorpresa perenne, tralasciava qualunque cosa fosse banale.
E i suoi occhi comunicavano enigmi mai del tutto risolti.
C'era una profonda rivalità tra i due fratelli Salvatore ed entrambi parevano avvolti da una vena di mistero.
Cos'altro? Nulla. Elena si rese conto improvvisamente di essere in casa
di perfetti conosciuti e di essersi fidata ciecamente di chi aveva
innalzato un muro di confine con la propria essenza.
Si sedette stanca, e si guardò intorno come alla ricerca di una
via di fuga. Ma era in gabbia e il cacciatore l'avrebbe liberata solo
per cibarsi delle sue carni.
<< E' la prima famiglia Salvatore insediatesi a Mystic Falls. >>
La voce sensuale di Damon giunse come un grido in una caverna. La
trepidazione di Elena non poté che aumentare e si sentì
come una gatta sorpresa a rubare il lardo. Forse aveva osato troppo nel
momento sbagliato e tramutato quella fiducia in un arguta diffidenza.
<< Spero che tu non ti sia fatta male per le scale. >>
Quella voce si tramutò in un'ombra e infine in un corpo
illuminato dalla fievole luce di una candela. Ma Elena fu certa, che
anche nel buio pesto, avrebbe riconosciuto l'azzurro chiaro degli occhi di
Damon.
Poggiò la candela sul mobile in rovere e afferrò le mani
di Elena che, per grazia di quella stretta, riprese possesso delle sue
gambe e ritornò in piedi.
I loro corpi si sfiorarono per impercettibili secondi che ad Elena
parvero infiniti. Nel buio, Damon, sembrava brillare di una luce
sconosciuta. Un'aura nera lo avvolgeva, che ad Elena bruciò come
brace ardente. Scattò all'indietro, ustionata e indifesa.
Ora voleva spiegazioni e Damon parve capirla, tanto che afferrò il dipinto e lo esaminò come un critico d'arte.
<< Ah... il vecchio Giuseppe si mantiene sempre in gran forma. Mi
hanno detto che era un vero piante grane, forse è per questo che
l'anno ucciso. >>
<< I bambini portano i vostri stessi nomi e vi assomigliano parecchio. >>
<< Mio padre volle darci i nomi dei primi discendenti dei Salvatore. Non era un tipo molto originale. >>
Il sorriso smagliate di Damon non fece rinsanire Elena dalla sua
profonda scetticità. Non era da lei regalare fiducia, sopratutto
se si trattava di un essere instabile come Damon Salvatore.
Le sue costole si contrassero nel tentativo di controbattere, ma il
profumo muschiato di Stefan la fece rinvenire, riscoprendo un senso ti
protezione che il suo organismo reclamava da intangibili istanti.
<< Elena, ho sentito un tonfo. Tutto bene? >>
<< Io... >>
<< Elena, ha trovato il dipinto dei nostri antenati. >>
Intervenne Damon, mostrandosi così anche agli occhi del fratello,
che parve solo allora rendersi conto della sua ingrandita presenza
<< Le stavo spiegando il motivo della nostra anonimia, data la
somiglianza. >>
Stefan schiuse le labbra e acconsentì lievemente con la testa.
Elena li scrutò attentamente e, per puro caso, le venne in mente
la
sera del loro litigio, davanti al suo portone di casa. Parevano aver
assunto gli stessi sguardi comunicanti, spendendola lontano dai loro
inconfessabili segreti. Ma grazie al fascio di luce proveniente dalla
torcia di Stefan, un particolare, che prima le era sfuggito, parve
accogliere la sua attenzione. Sulla parte superiore del dipinto, al
lato sinistro, vi era una tangibile bruciatura. Non era molto ampia
dall'intaccare l'intero dipinto, ma risultava evidente se esposta ad
una
luminosità intesa.
<< C'è una bruciatura sul dipinto >> Asserì convinta << come mai? >>
<< C'è stato un incendio negli anni cinquanta alla pensione
>> Stefan parlò chiaro e disinibito, come un colto
professore di storia espone massime ai suoi alunni << Ci furono
anche alcune vittime. Il notiziario di Mystic Falls ne parlò per
giorni. >>
Un testimone oculare? Elena lo credette sul serio. Ma negli anni
cinquanta non doveva essere neppure nato. Eppure pareva averlo vissuto,
eppure pareva essere più colto e responsabile di quello che
voleva dimostrare. Elena segnò l'evento nel taccuino immaginario
della sua mente. Forse era un dettaglio, ma poteva esserle molto utile.
<< Elena ci conviene sbrigarci, altrimenti non arriveremo in
tempo. >> Stefan con brevi parole la ripercosse dalle sue
riflessioni.
Damon alzò un sopracciglio. Era in una posizione intermedia tra l'essere sorpreso e terribilmente irritato.
<< Dove dovete andare di bello? >>
<< Al Grill. >> Sogghignò Stefan << Stasera
suona una band. Auguraci buon divertimento Damon. >> Portò
una mano sulla spalla di Elena e la circondò nella sua ala
protettrice. Senza attendere risposa si diresse verso l'uscita, ma non
prima di essersi gustato quella rivincita. Damon stava esplodendo peggio
di un bollitore del tè. Stefan poté quasi giurare di
sentire il suo tipico fischio assordante.
Damon increspò le labbra e rimase al buio: era geloso e questo minacciava il suo insolito "equilibrio".
Caro diario
Stefan mi sta mentendo. C'è qualcosa in lui che lo rende
diverso, qualcosa che lo fa sembrare spaventoso. Non ho dimenticato i
suoi occhi la sera del ballo di fine autunno. Ed è proprio da
quella sera che sono nati i miei dubbi. E' nella squadra di football
della scuola, eppure non l'ho mai visto ferirsi, ne prendere un
malanno. Non mangia mai e porta sempre con se quell'anello orribile.
Ieri eravamo nel cortile del liceo, riscaldati dalla luce del sole.
Stavamo così bene. Ma all'improvviso il suo sguardo si è
incupito quando ho cercato di sfilargli l'anello, nell'ingenuo
tentativo di guardarlo con più attenzione.
Mi ha lasciata da sola, senza una spiegazione plausibile, dicendo che doveva tornare in classe. Così mi sono decisa.
Sono andata negli archivi del giornale, grazie ad un amico di mia zia
Jenna, e li ho controllato tutti gli eventi accaduti a Mystic Falls
negli anni cinquanta. Dopo ore trascorse a vuoto, ho finalmente trovato
il servizio che parlava dell'incendio avvenuto alla pensione.
Caro diario è assurdo quello che sto per scrivere ma è
proprio così. Nel filmato, nascosti nell'ombra, ho riconosciuto
perfettamente i volti di Stefan e Damon. Erano loro senza alcun ombra
di dubbio. Riconoscerei gli occhi di Damon tra mille, anche con le
immagini in bianco e nero. Ho paura caro diario, ma devo sapere, devo
conoscere. Forse sono in grado di aiutarmi. Forse loro possono
spiegarmi cosa è successo la sera del ballo e come ho fatto a
salvare Caroline.
Ma posso fidarmi di loro? E se fossero il male? Ma...
Basta ripensamenti. Ho deciso. Andrò da loro e gli dirò tutto quanto.
Le lancette dell'orologio puntavano sulle diciassette quando il portone
della pensione si spalancò per mostrare l'elegante figura di
Damon Salvatore. Giacca di pelle nera, camicia scura, jeans Armani e la
sua solita espressione imbrunita e fiera. Sempre il solito rituale.
Stefan non si scoprì sorpreso nel vederlo versare dello scotch
nel suo bicchiere.
<< Damon, era da un bel pò che non sentivo il rombo della
tua Ferrari. Dove sei stato in questi due giorni? >>
Damon bevve in un sol sorso. Aveva la gola arsa e la sete di sangue gli
opprimeva la ragione. In un tonfo il bicchiere fu di nuovo sul tavolo e,
dopo brevi istanti, ricolmo di quella sostanza amara, che pareva non
compiere alcun effetto benefico.
<< In giro. >> Lo liquidò alla svelta < Avevo
bisogno di riflettere e rimettermi apposto. A te, com'è andata?
>>
Stefan ridiede vita al fuco ridotto in un accumulo di brace. Damon era
la brace, pensò. Sembrava come essersi spento e che avesse
perso quello smalto sfavillante che brillava da secoli. Ma le sue
preoccupazioni non riguardavano solo le ignoti sorti del fratello.
<< Bene. Anche se Elena mi preoccupa. >>
Quando Damon osservò la fiamma rinvigorirsi i suoi occhi si
accesero di una luce nuova. Ogni volta che qualcuno pronunciava
quel nome, Damon, sembrava rinascere dalle sue ceneri, come un'austera
fenice. Ma questa volta sentiva che per riprendere vigore aveva bisogno
di un altro tassello. Scansò quei pensieri repentinamente e
cominciò ad interpretare quel suo ruolo da bastardo menefreghista,
che tanto si addiceva alla sua persona.
<< Non sono problemi miei. >>
<< E invece si! >> Lo apostrofò Stefan << E'
pensierosa, sospetta qualcosa e credo mi stia evitando... >>
Ora gli occhi di Damon divennero due fiamme ardenti, per il malsano
presentimento di rendere quel pomeriggio snervante più eccitante
di quanto egli stesso aveva previsto. Per cominciare, una bella
strigliata a quel smidollato di Stefan sarebbe bastata per restituirgli
quella gloria dei re del sarcasmo. Per giunta quell'occasione gli si
era presentata su un piatto d'argento.
<< Strano >> Mormorò << Con me sa essere
molto... >> Portò gli occhi al soffitto e si
strofinò il mento pensoso. Poi con un sorriso sghembo di chi la
sa lunga terminò: << ...appiccicosa, quando vuole. >>
Per la prima volta, i loro sguardi si incatenarono, i loro brividi scalpitarono frenetici. << Che intendi dire? >>
Il sorriso di Damon moltiplicò la sua grandezza e il suo ego
smisurato non poté che accrescersi ulteriormente. Stava per
centrare l'obbiettivo e pregustarsi quella piccola rivincita. E lui
amava la vendetta.
<< Sai >> Esordì << mentre tu, la sera del
ballo, di flagellavi per essere stato sedotto dal desiderio del sangue,
io ed Elena ci siamo... baciati. >>
Adesso era Stefan a ribollire di rabbia. Una rabbia che credeva
repressa e battuta dal suo senso di responsabilità. <<
Cosa? >> Osò chiedere, perché di frottole Damon
sapeva dirne molte, ma Stefan sapeva che quando guardava negli occhi
non mentiva mai.
<< Quale parte del "ci siamo baciati" non ti è chiara, Stefan? >>
Ma Stefan volle sperare che quel suo presentimento fosse sbagliato,
perché, se così fosse stato, l'avrebbe condotto alle porte
dell'inferno, tradendo la sua legge morale.
<< Stai mentendo. >>
Ma Damon non parve dargli ascolto. Cominciò a muovere passi alla
rinfusa nel circondario mantenendo in allerta i sensi, pronto per un
eventuale attacco << Sai Stefan è stato così
passionale e delicato. Non ho mai provato un piacere tanto immenso.
>>
Ed allora Stefan perse il controllo. Non si rese nemmeno conto quando i
suoi canini avessero cominciato ad allungarsi e i suoi occhi a
diventare rossi e contornati da vene scure. La sua vera natura prese
il sopravvento e distrusse crudele i suoi buoni propositi.
Con la sua velocità afferrò la gola del fratello e lo incastonò al muro, nella sua morsa letale.
<< Hai visto Stefan? >> Soffiò rauco Damon << Non sei poi tanto diverso da me. >>
<< Non ti permetterò di usare Elena per i tuoi scopi di
vendetta. >> La sua voce risuonò rauca e graffiante come
lo strillo di un'aquila. I suoi artigli erano conficcati nella gola del
suo peggior nemico, pronti ad ucciderlo e a sfamarsi con le sue carni.
<< Devi starle lontano, Damon. >>
Ma Damon non era un topo o uno scoiattolo. Damon era un serpente.
Apparentemente indifeso sotto la stretta assassina, ma incautamente
pronto a mordere, avvelenando il suo avversario.
Un serpente a sonagli, osò definirsi, che ora sibilava invettive
e distruggeva con il suo sonaglio le difese dell'avversario.
<< Perché, altrimenti cosa farai Stefan, eh? Sei sempre
stato il più debole, non puoi nulla contro di me. >>
E quando la morsa dell'aquila si fece più stretta, il serpente
divenne un basilisco. Anche i canini di Damon si affilarono ed i suoi
occhi come il ghiaccio divennero rossi come sangue, che ora tanto
agognava e che presto lo avrebbe dissetato.
Le mani del serpente puntarono alla gola del nemico che vacillò
impercettibilmente e sbraitò il suo dissenso.
La ragione venne
meno, la natura imprecava la nascita di un vincitore. Ma sia il
serpente che l'aquila non davano cenni di cedimento. Era una lotta senza
esclusioni di colpi. Per il perdente ci sarebbe stata l'umiliazione di
aver sfidato un re, per il vincitore l'acquisto di una nuova
diplomazia, che lo avrebbe reso potente agli occhi dell'avversario.
Il pavimento bruciava, l'aria scatenava impulsi elettrici disarmanti,
il fuoco divampò nel camino e la fiamma illuminò il
circondario.
E quelli che un tempo erano fratelli, si ritrovarono nel
dramma di Caino e Abele. Uniti dal sangue, divisi dall'orgoglio.
Nella loro furia non si accorsero che un terzo personaggio era entrato
nella scena. Elena era in piedi, attonita ed impaurita. Quando i sensi
dei vampiri colsero la sua presenza, presi dalla foga si girarono nella
sua direzione, mostrando ad ella la loro vera natura.
Occhi da demone, rossi come la rabbia, la vendetta, il sangue. Dei
canini affilali, come quelli di un leopardo, pronti a recidere
mortalmente la preda.
Ora anche Damon era come Stefan. Per Elena non c'erano altri tasselli
da incastonare. L'immagine era ben chiara, ma ad essa mancava un nome.
<< Ma che diavolo siete voi due? >> La sua dolce voce fu solo un sussurro smorzato dal terrore puro.
Il serpente e l'aquila si guardarono negli occhi: avevano perso entrambi lo scontro.
CONTINUA... Ecco anche il nono capitolo.
Finalmente Elena si sta rendendo conto cosa si nasconde dietro i
fratelli Salvatore. La situazione comunque sarà più
chiara nel decimo capitolo, che porterà la fine del primo ciclo
di questa storia.
Perciò non perdete i prossimi capitoli saranno i più belli della storia!!!
Allora che dite? Me lo merito un commentino? Fatemelo sapere mi
raccomando. Grazie ancora a tutti voi che leggete la mia storia e vi
appassionate insieme e me! Alla prossima baci baci dalla vostra Stella94
Incubo
10
Non c'era una singola parte del corpo di Elena che non imprecava superba: scappa.
Sapeva che, con ogni probabilità, non sarebbe riuscita a
sfuggire alla loro morsa letale, ma la sua caparbietà le
imponeva almeno un misero tentativo.
Si ritrovò ad indietreggiare con gli occhi sbarrati, ancora
attoniti per ciò che stavano ammirando. I fratelli Salvatore,
coloro dei quali si era sempre fidata ciecamente e indirizzato i
più inconfessabili sentimenti, si erano rivelati in...in...in...
in che cosa?
Mostri? Bestie? Demoni? Elena si rese conto che più escogitava
un nome giusto da attribuirgli più la situazione sembrava essere
surreale. Fuggi Elena, fuggi, pensò. Non voleva sapere chi in
realtà fossero. Tutta la sua smania di curiosità sembrava
essere stata sopraffatta da un senso di terrore che stupidiva la sua
razionalità.
Cosa doveva fare? Piangere? Ridere? Possedere coraggio? Non ci
pensò più di tanto. Raccolse le sue poche forze per
accelerare la sua camminata dannatamente lenta, e strinse i denti nel
vano tentativo di rendere le sue gambe meno tremolanti e flaccide. Sembravano
burro fuso.
<< Elena, aspetta! >> Riconobbe presto quella voce. Era
Stefan o quello che ne era rimasto di lui. Era strano. Sembrava essere
tornato quello di un tempo, quel ragazzo bello e taciturno che dal
primo giorno di scuola l'aveva colpita.
Ma ciò a cui aveva appena assistito le fecero desiderare di non averlo mai incontrato. Ne lui ne Damon.
Ora tutto aveva una spiegazione. Caroline, la trasformazione di Stefan,
la repentina guarigione di Damon, gli attacchi animali compiuti a Mystic
Falls. Ma in che guaio si era cacciata? Anche William Friedkin sarebbe
sbiancato davanti ad una realtà simile.
Elena desiderò che fosse un incubo, un brutto incubo e che al
suo risveglio avrebbe ritrovato il suo diario nascosto sotto le coperte
e quel profumo di caffè che le stuzzicava i sensi. Ma quando il
più piccolo dei Salvatore le fu davanti in brevi millesimi di
secondo, capì che tutto ciò non poteva essere frutto
della sua fantasia: era la realtà, la pura, ignobile, orrenda
realtà.
<< Lasci che ti spieghi Elena, non è come credi. >>
<< Ma cosa? Cosa devi spiegare Stefan? >> Elena non
riuscì a trattenere quel pianto dispettoso che si dileguò
in lunghe scie di lacrime salate che intaccarono funeste le sue guance
delicate << Dio mio! Voi siete... siete... >>
<< Vampiri. >> Terminò Damon dietro alle sue spalle.
Elena in uno scatto, che fece volteggiare i suoi lunghi capelli castani,
gli fu di fronte e lesse nel suo sguardo temerario un senso di
onnipotenza e soddisfazione che ora le parvero avere un senso del tutto
diverso da un tempo. Quegli occhi azzurri che l'avevano conquistata non
erano più gli stessi, quelle labbra non erano più dolci e
quel viso non era più delicato. Tutto sembrava diverso, lui era
diverso.
<< Che cosa? >> Non volle crederci ancora una volta, ma nel suo cuore sapeva che quella era la verità.
<< Non ti faremo del male, Elena. Ma lascia che ti spieghi ogni
cosa. Hai bisogno di sapere la verità. >> Stefan per la
prima volta si sentì agitato. Pareva aver perso la sua pacatezza
e l'equilibrio che aveva conquistato. La sua voce tremava
impercettibilmente e la sua concitazione non poté che aumentare
quando incontrò gli occhi di suo fratello.
<< Si Stefan, dille ogni cosa. Dille di quando tu mi hai costretto
a bere sangue umano, trasformandomi in un vampiro. Dille di quanto tu e
Katherine scopavate a mia insaputa. E dille di quando per colpa tua
l'abbiamo persa e noi siamo morti nel tentativo di salvarla. >>
Elena si piegò su se stessa e si inginocchiò. Era in un
incubo, doveva essere un incubo. Non capiva, non c'era nulla di logico
e razionale nelle parole appena pronunciate da Damon. Disperata e
confusa, si portò le mani tra i capelli coprendosi le orecchie.
Non voleva sentire, tutto ciò era assurdo, troppo assurdo.
<< Basta Damon! Così non fai altro che spaventarla!
>> Stefan parlò in un tono autoritario e ammonitorio.
Riprese Damon con una tale acredine che il fratello maggiore si
zittì.
Non era per Stefan. Damon non aveva di certo paura di lui, ma sapeva
che si nascondeva un briciolo di verità in quelle acide parole.
Elena gli premeva troppo per lasciarsela sfuggire. Ora come ora la esigeva più del sangue.
<< Non voglio più ascoltarvi. Siete dei mostri, degli
assassini. Io mi sono fidata di voi, ma mi avete mentito, mi avete
preso in giro per tutto il tempo ed io... ed io... >>
Elena era sull'orlo di un precipizio buio e profondo. La luce, li, non
sarebbe mai penetrata. Aveva ragione la nonna: non ci si poteva fidare
della gente di Mystic Falls. E la storia dei demoni delle notte?
Chissà se anche quella era vera.
<< Elena >> La voce di Damon fu solo un sussurro, un
flebile richiamo che si perse nel suo pianto liberatorio. Il vampiro si
inginocchiò accanto a lei, scendendo simbolicamente dall'alto
piedistallo degli dei, per giungere tra gli umani. Quelli che amano,
soffrono, muoiono. Le mise una mano sulla spalla e una breve carezza le
regalò attimi di protezione. Eppure era strano. Elena si
trovava proprio nella tana del lupo, ma nel cuor suo sapeva che quel
lupo non l'avrebbe mai sbramata.
<< Sia io che Stefan abbiamo fatto cose di cui non andiamo fieri.
Sopratutto io. Ma siamo quel che siamo, e non possiamo scappare da
ciò che la nostra natura ci impone. Ma di noi puoi fidarti, non
ti faremo mai del male. Ora, però, hai bisogno di sapere la
verità, altrimenti impazzirai nel cercarla... >>
Quante volte si era fidata di Damon? Poche, ma quando l'aveva fatto non
si era mai pentita. Se c'era una cosa su cui poteva contare era la sua
parola. In fondo era un uomo d'altri tempi, non avrebbe mai mancato ad
una sua promessa.
Si tolse le mani dalla testa e, lacrimante, si ritrovò a pochi
centimetri il viso del vampiro. Quegli occhi in fondo non erano poi
tanto diversi. Blu, come il cielo in primavera e brillanti come due
stelle.
<< Davvero posso fidarmi? >>
<< Certo che puoi! >> La rassicurò il vampiro << Sei l'unica che può dirlo. >>
Le prese la mano inducendola ad alzarsi. Con il viso arrossato e gli
occhi lucidi, Elena si fece condurre verso il comodo divano in pelle,
dove si sedette, riscoprendosi stanca e priva di forze. I due fratelli
vampiri si stagliavano di fonte ai suoi occhi come una muraglia
inespugnabile, sentendosi così in balia delle loro
volontà. Respirò una, due, tre volte ed attese.
<< E' tempo che tu sappia tutto quello che c'è da sapere.
Il peso della menzogna è troppo grande per me e io non riesco
più a sopportarlo. Io ci tengo a te Elena ed è per questo
che voglio dirti tutto quanto. Di me, di Damon, di Katherine e di
quello che ci ha spinti a diventare ciò che siamo. >>
Le parole di Stefan le trapassarono nel corpo come una ventata di vento
gelido. Ma non obbiettò. Rimase in silenzio, in attesa di
chiarimenti che non tardarono ad arrivare nella maniera più
chiara e pura possibile.
Stefan iniziò il racconto col descrivere la sua Mystic Falls,
quella del 1864. Quando lui e Damon erano due fratelli tranquilli e
spensierati, con il fardello dell'onore di una potente famiglia da
mantenere. Le parlò poi dall'arrivo di Katherine e dell'amore
che entrambi provavano nei suoi confronti. Le raccontò di quando
quell'affetto fraterno si trasformò in odio, quando il peso di
quel sentimento bruciava più del fuoco. E poi la sconcertate
scoperta dei vampiri. La scoperta che la stessa Katherine era uno di
loro e che rischiava di essere uccisa per mano del consiglio dei
fondatori. L'errore di Stefan, il mancato salvataggio di Damon e poi la
morte. O l'inizio di una nuova vita. Quella da vampiro. Quella di due
fratelli vampiri. Non mancò poi di parlarle della verbena, dei
loro speciali poteri e di smentirle alcune dicerie erronee come
quella sull'aglio e l'acqua santa.
Non c'era più niente che lei non sapesse. Tutto aveva un senso, almeno per Stefan e Damon.
Ma per Elena sembrava solo l'abbozzo di un'antica leggenda tramandata
da generazioni in generazioni. Non poteva essere reale, perché
la realtà è fatta di eventi scientificamente provabili e
spiegabili. Ma le leggi della fisica parevano non aver effetto
sull'eternità dei vampiri. Forse nelle leggende si nasconde un
briciolo di verità. E dopo tutto ella stessa non poteva
considerarsi una semplice adolescente.
<< Questo è tutto quello che...siamo, Elena. >>
Stefan incrociò le mani al petto ed ispirò sonoramente.
La tensione di Elena era tangibile, anche senza l'aiuto dei suoi
speciali poteri. Comprensibile per chi non ha mai aperto i confini
della propria mente a tali inspiegabili realtà. Si sarebbe
abituata un giorno a tutto questo. Lo avrebbe capito e forse anche
amato. Stefan lo sperava con tutto se stesso.
<< Voi... voi uccidete le persone per nutrirvi? >>
<< Certo che no Elena! >> Stefan sembrava come in allarme.
Accese il suo sguardo e corresse la sua voce tremolante. << Io mi
nutro si sangue animale, anche se mi rende più debole e limita i
miei poteri. Ma Damon... >> Rivolse uno sguardo a suo fratello
poco distante da lui, precisamente -come al solito- al carrello degli
alcolici. Fino a quel momento non aveva obbiettato ne era subentrato
nel discorso di suo fratello. Pareva sottostare a tutto ciò che
Stefan dicesse, oppure, molto semplicemente, gli faceva solamente
comodo non scendere in dettagli scomodi.
Si sentì presto messo in discussione e l'imputato di un processo
del quale si sentiva pienamente innocente. Non era mai stato uno stinco
di santo, ma davanti agli occhi di Elena non poteva passare come un
assassino. Battè il suo bicchiere sul carrello e guadò
fisso suo fratello, imprecando: << Sto rigando dritto, ok? Faccio
qualche gioco di prestigio alla banca del sangue. So che è
sbagliato ed illegale ma in qualche modo
devo poter garantire la mia incolumità e quella delle persone
che... mi stanno accanto. >> Fece una breve pausa, dopo essersi
reso conto di aver osato troppo. Elena lo confondeva e lasciva uscire
il lato più vulnerabile del suo essere. Distruggeva quella
corazza dura che per anni aveva rafforzato e che adesso si stava
disciogliendo come cera sotto il calore di una fiammella.
<< Questo mondo è pericoloso. E' pieno di vampiri ed altri
esseri spietati che non aspettano altro che conficcarti un paletto di
legno nel cuore. Devo contrastarli, è mio dovere farlo. Ora
più che mai. >> Concluse nel guardare Elena.
Poi ci fu il silenzio. Elena respirò a fondo, ma i suoi pensieri
erano confusi e sussurravano imprecazioni senza un briciolo di senso.
Doveva riflettere, contare e riflettere. Anche in quell'occasione.
Analizzare i dati, deprivarli del loro contenuto ingannevole, per
mettere in luce quello latente, quello importate.
<< Io...io ho bisogno di tempo. >> Furono le uniche parole
che riuscì a pronunciare. Poi raccolse la sua borsa e si
avviò di corsa verso il portone. Quando respirò l'aria
fresca del pomeriggio cominciò la sua analisi.
Mise a vaglio le informazioni. Era il tempo di una scelta.
Il Grill non era mai stato così silenzioso. La camomilla, ormai
tiepida, non le regalava quel torpore che tanto agognava. Poi
pensò: non l'aveva affatto consumata.
Elena continuava a rigirare il cucchiaino nella tazza di porcellana bianca e di tanto in tanto esalava un sospiro.
Cosa le stava capitando? Era reale? Si guardò intorno studiando
ogni particolare di quel cupo locale, quasi come a voler appurare di non
essere in un illusione. Di sapere con certezza dove fosse capitata.
Alice in Wonderland, pensò e sorrise. Solo che nel suo mondo
non c'erano conigli bianchi e stregatti, ma vampiri, demoni e
chissà quali altre creature. E lei? Cos'era lei? E se fosse
stata malvagia? Se i suoi poteri fossero pericolosi?
Aumentò il suo turbamento quando il suo olfatto percepì
un profumo fin troppo familiare. I suoi occhi castani le diedero la
conferma, quando incrociarono lo sguardo di Damon Salvatore.
<< Mi hai mentito. >> Obbiettò senza dargli nemmeno il tempo di un'ordinazione.
<< Hai ragione. Avrei dovuto dirti prima chi ero e... >>
<< Non mi riferivo a quello. >> Elena lo fermò prima
che lui potesse continuare. Sembrava un'altra persona. La sua voce non
era più timida ed impaurita, ma autoritaria e schietta. Forse
delusa e arrabbiata, ma al contempo certa delle sue parole.
<< Mi riferisco alla sera del ballo. Non era uno scherzo.
Caroline ha tentato il suicidio davanti ai miei occhi e io l'ho curata
e tu hai visto ogni cosa, non è vero? Perché mi hai
mentito? >>
Già bella domanda. E adesso? Il centenario vampiro si era
cacciato in un guaio forse troppo grande, al di sopra delle sue
qualità. Ma d'altronde non c'era stato altro modo che gli
permettesse di capire se era davvero lei ciò che cercava.
Elena era inconsapevole dei suoi poteri. Ragion per cui aveva dovuto
scatenare un profondo stato emozionale, capace di portare a galla il suo
potenziale nascosto. Poteva provare a fare il sentimentale, forse lei
avrebbe capito.
<< Eri così agitata e
impaurita, non volevo che ti preoccupassi ancora di più.
>>
Poco convincente, ma per ora doveva accontentarsi. Se voleva sapere di
più sulla sua identità doveva mantenere a bada la sua
lingua e la sua scetticità. Damon rappresentava un aiuto
prezioso.
<< Sei stato tu ad ordinare a Caroline di suicidarsi? >>
<< Certo che no, Elena. Deve esserci in giro qualche altro
vampiro che si diverte ad assogiocare le persone e forse... sta cercando te.
>> Terminò la frase portandosi alla bocca il primo sorso di
brandy.
<< Per quale motivo un vampiro dovrebbe dare la caccia ad un'adolescente come me? >>
<< Dovresti darti più credito Elena. Il tuo potere potrebbe far gola a molte persone. >>
Il suo potere. Ma che potere era?
<< Tu sai chi sono davvero? >>
Damon si rese conto che il bicchiere era già vuoto. Ne esigeva
ancora, ma cospirava anche alla calma e alla fermezza interiore.
Mentire, e lasciare che colga la sua strada da sola, oppure dirle ogni cosa e perdere per sempre la sua amicizia?
Damon non ci pensò due volte sulla risposta giusta. Non voleva
perderla. Era troppo importante, troppo preziosa. Unica,
indispensabile, insostituibile.
<< Io no. >> Spuntò secco << Ma forse conosco una persona che può aiutarti. >>
L'espressione di Elena rilasciò un sorriso << Davvero? >>
<< Si, è una strega. Sono persone molto sentenziose e
sagge, anche se odiano i vampiri. Ma hanno conoscenze
davvero vaste del mondo della magia. Forse può dirti qualcosa in
più riguardo al tuo potere. >>
Valeva la pena provare. Elena ormai era in un turbine senza uscita,
doveva solo imparare a farsi largo nel suo vasto impero caotico.
Streghe, vampiri, ma quanti esseri bizzarri popolavano il mondo? Elena non ci fece caso, doveva imparare a conviverci.
<< Puoi portarmi da lei? >>
Era un rischio condurla da quella donna, ma ormai non aveva altra
scelta. Elena aveva bisogno di sapere e lui esigeva un alibi di ferro.
Più di Elena nessuno mai l'aveva conquistato. L'avrebbe condotta
anche sulle cime del mondo se fosse stato necessario.
Pareva assurdo, ma Damon Salvatore si stava innamorando di Elena Gilbert. Che fosse una punizione?
<< Certo! Anche subito se vuoi. Non si trova molto lontano da Mystic Falls. Ci metteremo qualche oretta. >>
Elena ispirò << Perfetto! Allora andiamo. Però promettimi che andrai piano con la tua Ferrari. >>
<< Rispetterò tutti i limiti di velocità. Promesso. >>
Elena sorrise di rimando. Se fino ad allora stava vivendo un incubo,
be', quella doveva essere senz'altro la fine. Si stava svegliando a poco
a poco. Avvertiva i raggi tiepidi del sole riscaldarle le guance.
CONTINUA...
Rieccomi!! Questa volta sono
puntuale, una settimana esatta. Bene con questo capitolo, come vi dissi
in precedenza, si chiude la prima parte della storia. Ora il racconto
sarà maggiormente incentrato sulla scoperta della vera
identità di Elena e sul suo rapporto con Damon. Nel viaggio
che stanno per intraprendere Elena scoprirà qualcosa in
più su i suoi poteri mentre una nuova minaccia entrerà in
scena e metterà a dura prova i sentimenti di Damon nei suoi
confronti. Chi è? Be' per scoprirlo dovete aspettare al prossimo
capitolo. Grazie a tutti voi che recensite, che seguite la mia storia ,
che la preferite a tante altre e che la ricordate. Allora che faccio
ragazzi e ragazze del popolo di EFP, continuo? Fatemelo sapere con un
piccolo commento. A presto baci baci da: Stella94
11 capitolo tvdC'è
una piccola novità. D'ora in poi metterò nei capitoli dei
video che faranno da colonna sonora. Nel video che vedrete in basso
c'è riassunta un po' la storia di Damon fino all'incontro con
Elena. Non so se in tutti i capitoli aggiungerò dei video ma in
quelli più salienti ci saranno di certo. Per questo volevo
ringraziare Crys_Pattinson87 senza il suo aiuto sarei ancora in alto mare. Ora vi lascio al cap ci risentiamo giù. ^_^
L'ambasciatore del vampiro
11
Il
crepuscolo aveva già rincasato da tempo e il cielo, da prima
ombreggiato da rosee sfumature, si era trasformato in un lugubre
manto nero. Le giornate non erano poi così lunghe. Ad Elena
apparivano quasi come un flash di una macchina fotografica.
L'effetto durava pochi istanti ma rimanevano impresse per sempre nei cassetti della memoria.
Quel giorno, più che un cassetto, avrebbe occupato un intero
armadio. Era stato senz'altro il più traumatico avvenuto dopo
la morte dei suoi genitori ed Elena aveva la netta sensazione che nelle
prossime ore ci sarebbe stato altro da capire, altro che le avrebbe
dato una profonda inquietudine. Ma lei non era come le altre. Lei era
Elena Gilbert.
Stava appena digerendo l'idea dei vampiri, eppure si sentiva pronta a
cibarsi di altri contenuti macabri e surreali. Li avrebbe ingoiati con
voracità e stoltezza, perché su di essa avvertiva
l'aggravio di una grande responsabilità.
Ma non poteva nascondere a se stessa il rumore dei battiti del suo
cuore in subbuglio, che pareva scandire i secondi di un tempo illusorio.
Era agitata. La paura dell'avvenire corrodeva la sua caparbietà
e lasciava una scia di smarrimento che provocava in lei subalterne
reazioni. Voleva sapere, ma nello stesso istante ne aveva timore.
Picchiettava insistentemente il suo indice sul sedile dell'auto,
guardando con aria sperduta il paesaggio che sfrecciava davanti ai suoi
occhi a gran velocità. Il silenzio ne faceva da padrone ed in
esso i pensieri più inconfessabili ne traevano vantaggio.
Nemmeno il vampiro osava chiedere. Sembrava egli stesso incapace di
interagire in modo adeguato. Ma non avrebbe sprecato quel viaggio a
vuoto. Per lui ogni secondo passato in compagnia di Elena era un
irrecuperabile vantaggio.
<< Stai diventando incredibilmente noiosa Elena. Il notiziario alla radio è più eccitante di te. >>
Quell'imprecazione sarcastica funse per Elena come lo strillante suono
di una sveglia. Uscì dal suo trans e si rimise in contatto con la
realtà, imbronciando la sua espressione.
<< Questa potevi anche risparmiartela, Damon. >>
<< Oh andiamo Elena, sto cercando soltanto di tirarti su! Non
c'è differenza tra te e una statuta di marmo! >>
La voce di Elena divenne più greve: << Scusa, ma vedi ho
appena saputo che il ragazzo che ho baciato qualche sera fa è un
vampiro insieme a suo fratello, e che io, molto probabilmente, non posso
considerarmi neppure un'umana. >>
Damon la guardò di sottecchi. La sua era una constatazione
più che giusta. Improvvisamente si rese conto dell'imponenza di
quella confessione e prenda della subdola incertezza di aver commesso un
errore.
<< Drastica... >> Commentò, alzando gli occhi al
cielo e imbronciando le labbra. Sdrammatizzare gli risultò
difficile in quel frangente.
Ritornò a prestare attenzione alla sua guida, puntato lo sguardo
sull'orizzonte, oscuro e lugubre. Ma non gli sfuggi l'espressione
pensierosa della giovane. Pareva come persa in arcane riflessioni, alla
ricerca della soluzione di un rebus indecifrabile. Poi la sua voce chiarì quel
dubbio: << Hai mai utilizzato i tuoi poteri su di me? >>
<< Non ti ho costretta a baciarmi, se è questo quello che intendi. >>
Elena corrugò la fronte << Veramente non intendevo quello. >> Mentì.
<< Ma lo stavi pensando. >> I loro sguardi si incatenarono
in modo sublime ed involontario. Il silenzio calò, rendendo
l'aria improvvisamente irrespirabile. "Come fregare un vampiro", se
esisteva un manuale del genere Elena doveva servirsene immediatamente.
Sembrava assurdo, ma quelle immortali creature delle tenebre, parevano
leggere anche nelle tue più fervide intenzioni. Non sarebbe
bastata una bugia e uno sguardo disinteressato. Damon avrebbe superato
sempre quella barriera invarcabile e vi avrebbe trovato la
verità, anche quella più nascosta.
<< Comunque >> Continuò il giovane << i miei poteri non funzionano su di te. >>
<< Come mai? >>
<< Non ne ho idea, Elena. >> Rispose Damon spazientito
<< So solo che è una perdita ti tempo provarci.
Tranquilla? >>
Tranquilla? No, non lo era per niente. Se Damon non l'aveva costretta a
baciarlo, questo significava che solo il suo impulso aveva dettato le
sue azioni. Ne ebbe paura. Se così fosse stato solo una cosa era
certa.
Si stava innamorando di Damon Salvatore, anzi no si corresse, del vampiro Damon Salvatore.
La costosa auto di Damon si fermò in un luogo apparentemente
isolato. A far compagnia ad una semplice casa di periferia, vi erano
alcuni alberi di cotogno e pini profumati. Quando il vampiro spense il
motore Elena esalò un sospiro.
L'ora della verità era giunta. Non vi era via di fuga. Elena si
sentì come all'imbocco di un sentiero cupo e sconosciuto, dove
l'uscita non era che una lontana utopia. Ma non indietreggiò.
Finalmente pronta, adagiò la mano sulla maniglia della portiera,
per uscire dalla vettura, ma la voce del vampiro scoordinò
quell'intento: << Aspetta. Lascia che vada prima io a parlarle.
Tu resta qui. >>
Debolmente delusa, Elena, acconsentì con un lieve cenno della
testa. Sii paziente, si ordinò e il suo spirito irrequieto
sembrò tacere.
Ma il suo stomaco cominciò a ribollire quando si ritrovò
sola nell'auto. Nel buio cercò di percepire il susseguirsi degli
eventi, ma la coltre di nebbia non le consentiva una limpida visuale. Si
sforzò, allora, di analizzare ogni singolo suono emesso
dalle loro voci, ma nei suoi timpani non giunsero altro che insoliti
bisbigli. Non c'era molto da fare. Doveva attendere.
Damon, intanto, aveva già suonato il campanello più di
una volta e, spazientito, cominciò a barcollare su se stesso.
Nessuna risposta, ma insistette ancora. Poi il rumore di alcuni passi lo
mise in allerta. Nel giro di brevi istanti una donna dagli occhi a
mandorla gli fu di fronte.
<< Damon? >>
<< Come va? >>
La donna incupidì il suo volto e le labbra si ridussero in due
sottili fessure. Non era contenta di rivederlo. Ricordava benissimo
l'ultima volta che l'aveva incontrato. All'epoca era solo una
studentessa entusiasta del suo operato e con mille progetti per il
futuro.
Ma Damon aveva spazzato via ogni cosa. Si era servita di lei al sol
scopo di rintracciare la giusta ubicazione di Katherine. Una volta
esaudito quella sua insolita richiesta l'aveva abbandonata,
lasciandola nello strazio più totale.
Ora non era più ingenua come un tempo. I suoi lunghi capelli
neri si erano sostituiti ad un'acconciatura più consona al ruolo
di una donna consapevole delle sue responsabilità e alcune rughe
contornavano la sua fronte, segno che il tempo non era dalla parte
delle streghe. << Che ci fai qui? >>
L'espressione infastidita della giovane non scoraggiò il
vampiro. D'altronde non poteva aspettarsi di meglio. Era abbastanza
maturo da prendersi atto delle sue responsabilità e accollarsi i
suoi errori. Ma anche abbastanza astuto da poterla condurre nel suo
piano. Conosceva i punti deboli delle streghe, sapeva come agire.
<< Ho un favore da chiederti, Aya. >> Sputò secco.
La donna scosse la testa incredula << Dopo tutto quello che mi
hai fatto, tu ti ripresenti qui per chiedermi un favore?! >>
Gli occhi di Damon puntarono al cielo. Dio com'è odiosa questa
donna, gli venne da pensare e anche logorroica e isterica. Se non fosse
stata una strega avrebbe usato i suoi poteri per ammaliarla, ma quella
donna conosceva ogni cosa sul mondo della magia. Ogni tentativo di
persuaderla sarebbe stato vano.
<< Sai che ti dico Damon? >> Disse Aya << Vai a farti
fottere. >> Con prepotenza stava per chiudere la porta
quando il vampiro la fermò prima che potesse farlo.
<< Se ti dicessi che ti ho portato uno Spirito Magno? >>
Sibilò, con l'arguta sensazione di aver suscitato un tale
interesse il lei da dover essere placato.
E ne ebbe la prova, quando, lentamente, alla sua vista riapparve il volto
della donna. Sembrava aver placato la sua bile. Il suo sguardo era
sereno e leggermente sorpreso. La bocca socchiusa quasi a voler
ribattere, magari con un'offesa. Ma il suo istinto suggerì ben
altre direttive. << Uno Spirito Magno. >> Mormorò
<< Sono così rari da trovare... >>
Ma la sua pacatezza durò ben poco quando la sua ragione cominciò ad avere la meglio.
<< Perché l'hai portato qui? Da quello che so dovresti condurlo a ben altre porte. >>
<< Perché lei è... speciale. >> Rispose il vampiro.
<< Che cosa vuoi che faccia allora? >>
Damon deglutì e respirò a fondo << Voglio solo che
tu le dica chi è davvero. Ha bisogno di qualcuno che le insegni
a controllare i suoi poteri. Io non posso farlo. Susciterebbe in lei
troppi dubbi e rischierei di... >> Poi si interruppe,
perché resosi conto di essere sul confine di una soglia
inviolabile. Quella che lo conduceva al suo essere umano, una parte
che nemmeno la sua natura da vampiro riusciva ad assopire. << Aya
è l'ultima cosa che ho da chiederti. Poi sparirò per
sempre. Te l'ho prometto. >>
Aya voleva ordinargli di sparire. Voleva umiliarlo e lasciarlo a mani
vuote. Avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per farlo e non avrebbe
provato ne rimorso ne vergogna. Ma lei non era meschina. Non si
sarebbe mai abbassata al sudicio rango di un vampiro.
La sua missione era quella di proteggere i giusti e, in un certo qual
modo, sentì di essere la muta protettrice di quella sfortunata
fanciulla. Non sapeva ancora chi fosse, ma era suo dovere garantire la
sua incolumità e di metterla in guardia dai vampiri, sopratutto
da Damon Salvatore. << E va bene. >> Annaspò
<< Portala qui. >>
Si distese, il viso di Damon, in un flebile sorriso di soddisfazione. Corse verso l'auto e aiutò Elena a scendere.
Quando lo sguardo di Aya incontrò quello di Elena ogni cosa le
fu chiaro: Damon era in un vicolo cieco. Stava proteggendo quella
ragazza, infrangendo il patto stipulato. Ma la sua stolta azione
l'avrebbe condotto ad un esito fatale.
Elena si sentì sorpresa. Si sarebbe aspettata di trovare una
donna molto anziana dai capelli bianchi e avente un grosso brufolo sul
mento. Forse aveva letto troppe favole da bambina, ma non restò
delusa quando scorse la docile figura di una donna dagli occhi a
mandorla. L'agitazione cominciò a prendersi gioco di lei. Damon
le mise una mano sulla spalla, come per tranquillizzarla e in un istante
parve rilassarsi. Damon era il suo toccasana.
<< Aya ti presento Elena. Elena lei è la strega di cui ti ho parlato: Aya. >>
Nel momento in cui Elena strinse la mano della donna, avvertì una
sensazione già provata in passato. Una piccola scossa
attraversò il suo esile corpo e la fece sobbalzare in un gesto
involontario di cauta protezione.
Ma la donna le sorrise ed Elena respirò o fondo quel senso di
protezione che pareva emanare quell'entità ancora tutta da
scoprire.
<< Non preoccuparti. >> La tranquillizzò Aya
<< E' normale percepire una piccola scossa quando incontri una
persona con poteri sovrannaturali. Le nostre energie si fondono, creano
una specie di legame. >>
<< In realtà >> Confessò Elena << Non
è la prima volta che mi capita. E' già successo con Damon
e con la mia amica Bonnie. >>
<< Allora la tua amica è un po' speciale. >>
Elena schiuse la bocca, come a voler controbattere o semplicemente
chiarire un dubbio, ma non le fu dato tempo. Aya si era già
diretta in salotto facendo segno di seguirla. Elena non seppe come, ne
perché, ne il quando, ma si ritrovò a stringere la mano
di Damon, anzi più che stringere a stritolare la mano di Damon,
come un'ancora a cui aggrapparsi quando il mare in tempesta fa paura.
Elena era in una tempesta buia e tumultuosa e Damon rappresentava la
sua unica certezza. L'unico appiglio in un modo caotico e convulso,
dove ella stessa se ne sentiva una parte integrante.
Damon le fece un lieve cenno con la testa e stretti, come due anelli di
una catena indivisibili, seguirono la strega che già li
attendeva
nell'umile salotto. Nel guardarsi intorno Elena non poté non
constatare la semplicità di quell'arredamento. Non vi era poi
molto da scrutare. Una libreria, un vecchio televisore e alcune foto di
famiglia contornavano l'intero ambiente. Sembrava come se li il tempo
si fosse fermato, come se tutto avesse un altro senso.
<< Vieni Elena accomodati vicino a me. >>
La gentilezza di Aya placò il chiassoso spirito di Elena che la
incitava alla fuga. E' il momento Elena, le chiarì una piccola
vocina nella mente ed ella si fece coraggio. Si sedette di fianco alla
strega, mentre Damon decise di accomodarsi su una poltrona posta
proprio di fronte a loro. Sembrava a suo agio, molto probabilmente,
pensò Elena, è stato già altre volte qui. Dopo un
inspiegabile e angoscioso senso di gelosia si concentrò
esclusivamente su se stessa.
<< Damon mi ha detto che tu potevi darmi una mano a capire chi in
realtà sono. Mi stanno succedendo cose molto strane ultimamente
e questo mi fa...paura. >>
<< La magia fa paura Elena. E' spaventosa e pericolosa. Ma se
è usata per giusti fini, allora non può che regalare la
serenità. Ora dammi le tue mani. >>
E così fece. In brevi istanti Aya aveva stretto le mani di Elena
e chiuso gli occhi. La strega mormorò alcune sillabe di una
lingua sconosciuta ed Elena avvertì essere nel bel mezzo di un
uragano. Dentro le sue viscere si stavano agitando forze sconosciute.
Un'energia nuova la implorava la fuga e, nel bel mezzo di essa, un calore
intenso le stordiva i sensi. Respirò a fondo, nel vano tentativo
di placare quella assurda emozione. Ma non ci riuscì. Essa
parve sfuggire al suo controllo e liberarsi nell'aria fino a
scatenarne una tumultuosa bufera. I suoi capelli svolazzarono al
vento, alcuni fogli di carta furono trascinati al di la della stanza,
oggetti vari si ruppero quando incontrarono il pavimento e un rumore
dirompente sibilò dell'ambiente, espandendosi oltre i confini
delle pareti. La strega riaprì gli occhi ansimando a
fatica. Sembrava come se avesse appena vissuto un dramma, visto
qualcosa di orripilante e spaventoso. Fissava Elena con un'espressione
inclassificabile, trascinandola in un senso di angoscia ed agonia.
<< Quanto potere... >> Riuscì a pronunciare ed Elena
cominciò ad avvertire un senso di nausea che la spinse più
volte a coprirsi la bocca. Ma pretendeva risposte che non potevano
attendere. Se ella fosse stata una prescelta, era pronta per assecondare
la sua sorte.
<< Tu sei quello che viene definito uno Spirito Magno. >> Esordì Aya.
<< Un che? >> Elena cominciò a tremare.
<< Uno Spirito Magno. >> Ribatté la donna. << Uno spirito dei cieli. >>
Ma per Elena quelle parole risuonavano vuote e sconosciute. Non aveva
mai sentito parlare di spiriti angelici, anche se spesso la nonna le
parlava di creature pure dai poteri redentrici. Che si stesse riferendo
a loro?
<< Nell'era antica >> Proferì Aya << Quando
vampiri, licantropi e demoni spietati cominciarono a seminare morte e
distruzione, furono creati sette Spiriti Magni per ristabilire
l'equilibrio e la libertà. Ogni spirito ha un potere specifico:
c'è chi ha il potere della premunizione, chi ha quello
dell'empatia, chi ha quello della redenzione e così via. Tu ad
esempio, Elena, hai il potere risanatrice. Puoi curare le ferite e
perfino guarire chi è in fin di vita. >>
<< Figo eh? >> Interruppe Damon, che fino al quel momento non
aveva proferito parola. Come al solito, quando non gli conveniva,
preferiva stare zitto. Meno avrebbe rivelato, meno dubbi sarebbero
sorti. E poi perché rischiare? Stava andando tutto secondi i
piani.
Ne Aya ne Elena parvero curarsi di lui. Quest'ultima spronò la
strega a continuare il suo racconto e quel desiderio fu presto esaudito.
<< I poteri degli spiriti si tramandano di generazione in
generazione al momento della morte. Scommetto che hai da poco perso uno
dei tuoi genitori. >>
Fu allora che alcune lacrime scesero dal volto di Elena. Le
asciugò in fretta quasi a volerle nascondere, ma altre scie
salate spillarono dai suoi occhi ed ella non riuscì a
controllarle << Si. >> Singhiozzò, ma ripetette a se
stessa di possedere una caparbietà tale da non dover far ricorso
ad altri discorsi consolatori. Non era li di certo per crogiolarsi nel
suo pianto, era li per conoscere ed avrebbe appreso ogni cosa che c'era
da sapere.
<< Fin quando gli Spiriti Magni e quelli delle tenebre hanno
convissuto >> Continuò la donna << l'equilibrio
della terra si è armonizzato con l'universo. Sia bene che male
sono due realtà che devono coesistere, nessuno può avere
la meglio sull'altra. Ma negli ultimi tempi vi è in atto una
ricerca spasmodica degli Spiriti Magni. Sei hanno già perso la
vita, senza avere la possibilità di cedere i poteri ai loro
eredi. Questo significa che tu sei l'ultima rimasta in vita. Sei
l'ultimo spirito dei cieli. >>
<< Ma perché? >> Domandò Elena << Chi li cerca? >>
Aya fissò Damon con aria di disprezzo e rassegnazione.
L'artefice, il colpevole, l'assassino era proprio di fronte ai suoi
occhi, ma se solo avesse avuto il coraggio di obbiettare si sarebbe
ritrovata, in brevi millesimi di secondo, la gola squarciata e
sanguinante. Recisa dai suoi canini micidiali, che di miriadi di
vittime ne erano stati la causa.
<< Io...I... Io non lo so Elena. Gli spiriti dispongono di poteri
infiniti e micidiali. Rappresentano una minaccia, per questo molti
cercano di eliminarli. >>
Damon le fece un cenno di assenso con la testa e tramutò il suo
sguardo minaccioso in uno più docile e rilassato. Per fino Aya
esalò un respiro di sollievo. Era stata meschina, ma si sa, la
morte vuole sempre l'ultima parola.
<< Questo vuol dire, Elena, che se tu perdessi la vita,
l'equilibrio della terra sarebbe minacciato. Il mondo sarebbe
gettato nel caos, le forze del male ne farebbero da padroni e tutto quello
che conosci sparirà per sempre. >>
Non ci furono più parole, sussurri, sospiri. Il silenzio
creò un alone lugubre di minaccia e schernì Elena,
facendola accapponare la pelle.
Intanto, nelle tenebre della sera, velate da una coltre di nebbia, un'oscura figura assisteva alla scena.
Essa muoveva silenziosi passi nella foschia, avvicinandosi piano verso una preda troppo succulenta.
CONTINUA...
Rieccomiiiiiiiiiiii!!!! Allora
piaciuto? Vi dico che questo capitolo mi ha dato del vero filo da
torcere, infatti non ne sono a pieno soddisfatta. Finalmente ora
sappiamo chi è davvero Elena: Uno Spirito Magno, cioè
un'entità dotata di poteri straordinari, che fanno gola a molte
persone. Infatti proprio uno di questi lo riscontriamo alla fine del
capitolo. Nel prossimo farà il suo ingresso in scena e
scopriremo chi è. Alla vita di Elena è legata l'armonia
tra le forze del bene e quelle del male, se lei dovesse perdere la
vita, il male prenderebbe il sopravvento e il mondo diventerebbe un
caos. C'è ancora da scoprire un altro potere di Elena molto
importante che sarà svelato nel prossimo cap. Inoltre c'è
da sapere lo scopo e la causa della missione di Damon , che vi dico
già da adesso non c'entra un bel niente con la storia
dell'armonia terrestre tra il bene e il male, ma risiede in bel altre
storie. Bene detto questo vi voglio avvisare sul fatto che forse la
settimana prossima non potrò aggiornare.
Sarà infatti la settimana santa e non essendo in casa non
potrò avere il tempo per dedicarmi alla scrittura.
Proverò comunque a buttare giù il cap 12 ma non so se ci
riuscirò per lunedì. Perciò vi auguro in anticipo
Buona Pasqua e tante cose belle ^_^ non vi preoccupate ci sentiremo
appena dopo le vacanze pasquali!!! Allora date un cenno di vita
lasciando una RECENSIONE vi attendo numerosissimi! Grazie immensamente
di tutto, siete straordinari!!!! Baci baci cicci da
Il deserto. Così Elena immaginò il mondo dopo la sua morte.
Una calda distesa di sabbia bianca a ricoprire le ossa di uomini giusti
alla fine dei loro tempi. Un immagine raccapricciante che
scacciò all'istante via dalle sue congetture, ricomponendo il
suo spirito in subbuglio.
Ma i palpiti del suo cuore giunsero come l'onda distruttiva di uno
tsunami ai timpani del vampiro. Quel futuro che egli stesso aveva
immaginato, quell'avvenire limpido e armonioso, ora gli appariva
torbido e fradicio di morte. Privo di senso, perché se per
ottenerlo avrebbe dovuto pagarlo con la vita di Elena, allora nulla
avrebbe avuto più importanza.
<< Questo non accadrà mai! >> Esclamò << Proteggerò Elena, da tutto e da tutti. >>
Ma ancora una volta quello sguardo di disprezzo colse il vampiro, costringendolo ad infossare il suo corpo nella poltrona.
Aya lo stava ignorando. Un bugiardo, uno sporco ipocrita e
menefreghista. Ecco cos'era. Ma il destino gli aveva giocato una brutta
partita.
Ora era nel baratro di un antro buio e sordo. Due strade si
contrapponevano fra di esse. Elena e Katherine, chi avrebbe avuto la
meglio al culmine del suo cammino?
<< C'è un'altra cosa che devi sapere su i tuoi poteri, Elena. >>
<< Di cosa si tratta? >> Elena si preparò a ricevere
il fardello di una nuova responsabilità. Nella sua
fragilità stava dimostrando coraggio e forza d'animo pari solo
alla gloria di un antico cavaliere templare. Avrebbe difeso ad ogni
costo il suo tesoro, l'ultimo regalo di famiglia.
<< Gli Spiriti Magni sono gli unici che posso rendere umani i demoni delle tenebre. >>
Damon sbuffò sulla sedia, infastidito da quella confessione. Si
passò una mano tra i capelli per poi sorreggersi la testa con la
stessa, poggiandola su uno dei braccioli della poltrona.
<< Che intendi dire? >> Domandò Elena.
Aya parlò chiaro e fece attenzione a scandire alla perfezione
le sue parole: << Vampiri, licantropi ed altri demoni posso
perdere i loro poteri grazie al tuo potenziale e ritornare semplici
umani. >>
Fu allora che lo sguardo di Elena si posò su Damon. Anche lui la
stava fissando, forse già da un pezzo, ed una bislacca invettiva
sfiorò le sue congetture. Forse Elena stava pensando la stessa
cosa, forse anche lei era posseduta dall'assurdo desiderio di ridargli
un'identità umana. Ma non avrebbe mai accettato. Il Damon
Salvatore, quello del 1864 era già morto da un pezzo. Ora amava
definirsi vampiro e così sarebbe stato fino all'eternità.
Ma all'improvviso qualcosa lo fece scattare come un topo su una molla
intrappolatrice. Fece roteare i suoi zaffiri sul circondario intimando
il silenzio.
<< Qualcuno ci sta osservando. >> Bisbigliò << State giù. >>
Sia Elena che Aya eclissarono i loro corpi tra i consumati cuscini del
divano. Elena intimò a se stessa l'autocontrollo e fu
rassicurata nello scorgere Damon ancora nei paraggi.
Nel frattempo il vampiro si era avvicinato alla finestra e, spostando
il tendaggio, allertò la sua vista per scorgere nelle tenebre
la silhouette del quarto incomodo. Non vide alcuna minaccia, ma la sua
presenza era tangibile. Nel suo intuito, flebili passi strisciavano tra le
foglie dei cotogni, avvicinandosi ad una lentezza disarmante. Poi
tacquero ed una figura, dai contorni mal delineati, si portò a
pochi metri di distanza. Non ebbe il tempo di riconoscerlo, le grida di
Elena lo spinsero a voltarsi alla svelata.
La vide contorcersi su se stessa e portarsi le mani alla testa, come
per cavarsi il dolore con i suoi stessi arti. Urlava a più non
posso, invocava il suo nome << Damon fallo smettere! Aiutami, fa
troppo male! >> E poi ancora urla << Damon ti prego! Damon!
>>
Il vampiro si precipitò da ella, ignorando la minaccia ormai
vicina. Non sapeva cosa stesse accadendo. Fino a qualche minuto fa
Elena sembrava serena, o meglio, non accusava nessun tipo di sintomo. Ora
invece si contorceva dal dolore, imprecando invettive del tutto non
comprese. Agì d'istinto. In brevi secondi fu da lei e
l'accoccolò tra le sue braccia, stringendola forte, come se da un
momento all'altro dovesse perderla. Le baciò la fronte come a
volerla rassicurare. << Calmati, Elena. Stra tranquilla, ci sono
io con te, andrà tutto bene. >>
Si rivolse poi alla strega << Fa qualcosa! Diamine! >>
Aya strinse le mani di Elena, cominciando a pronunciare formule di un
antico incantesimo che le avrebbe affievolito il bruciante dolore che
Elena avvertiva alla membra. Ma all'improvviso le urla cessarono, il
vento non soffiava più funesto, la casa sembrava muta e
solitaria. Elena sorse dal petto di Damon con il viso arrossato e gli
occhi lucidi. La testa le vorticava e il corpo tremava troppo forte per
poterlo tranquillizzare. Damon le prese il viso tra le mani <<
Stai bene ora? >> Le chiese.
<< Si. Ma prima era come se il cervello mi stesse andando in fiamme. Ma cos'è successo? >>
Damon si guardò ancora intorno, ma sapeva che, in quelle quattro mura, nessuna minacciava vampiritica poteva entrare.
<< Aspettate qui. Vado a controllare fuori. >> Disse, ma
nello stesso istante in cui fece pressione sulle gambe per alzarsi, si
sentì trattenere per il polso dalla gentile mano di Elena.
<< Damon, non andare ti prego. >>
<< Elena andrà tutto bene. Un vampiro deve essere invitato
per entrare nelle case altrui. Perciò fin quando resterete qui
siete al sicuro. >>
Non le diete il tempo per controbattere. In un batter di ciglio era
già fuori dall'abitazione, pronto per uno scontro all'ultimo
sangue.
Dinanzi ai suoi occhi si stagliava la figura di un uomo che Damon non
fu fatto sorpreso di incontrare. Nella sua vita aveva avuto spesso a che
fare con lui. Era un tipo viscido e subdolo. Un giovane vampiro di
circa vent'anni, che per assicurarsi un'immortalità ricca di
piaceri e sangue, si prostrava alla corte di Klaus, il vampiro
più antico di tutti.
Alden, era questo il suo nome. Damon lo ricordava bene, molte volte
aveva lavorato con lui per delle missioni che lo stesso Klaus gli
ingaggiava. A Damon doleva ammetterlo, ma parecchi decenni passati
anche lui era nella cerchia di Klaus. All'epoca era solo un giovane
vampiro impaurito e accerchiato dalla sua natura assassina. Ma Klaus
era un dittatore e lui non aveva mai amato eseguire gli ordini. Dopo
mille vicissitudini aveva reciso ogni legame con gli Antichi, preferendo
una vita avventuriera e autonoma.
<< Chi non muore si rivede, Damon. >> Così
parlò il vampiro. I suoi lunghi capelli biondo cenere
svolazzarono al vento. Nel suoi occhi verdi una strana luce presagiva
vendetta.
<< Alden, speravo di essermi liberato di te. >>
Il ragazzo fece una breve smorfia. Si portò le mani nella tasca
del suo giaccone, giocherellando nella stessa con qualcosa di rumoroso.
<< Mi hanno detto che ti sei messo a lavorare per la concorrenza. >> Bisciò superbo.
Damon non arretrò di un passo. Alden era solo una piccola
formica. Certo, aveva come protezione un intero formicaio, ma Damon era
un gigante, le avrebbe schiacciate tutte senza un briciolo di
pietà.
<< Perché ci hai seguiti? Cosa hai fatto ad Elena? >>
Il sorriso di Alden divenne più luminoso. Nell'oscurità i
suoi denti bianchi risaltavano come diamanti. A Damon non fecero
paura. I suoi canini era più affilati, sapevano sempre dove
colpire.
<< Noi vampiri non siamo così fortunati da avere qualcuno
che sia in grado di scovare gli Spiriti Magni >> Spiegò
<< Ma tu con l'aiuto del Gran Maestro e quella stronza di sua
figlia Seira non hai problemi nel cacciarli. Loro possono sentire
l'aura di uno spirito, Per questo noi vampiri ci siamo fatti aiutare da
qualche stregone. >> Con tali parole estrasse dalla tasca un
ciondolo.
Era un pentacolo, la pietra sembrava un'ametista, ma al centro di essa si incastonava alla perfezione un diamante purissimo.
<< Se premi la pietra al centro il cristallo emana delle onde
sonore che sono udibili solo agli Spiriti Magni. Quando il suono li
raggiunge il dolore che avvertono è lancinante. E' l'unico modo
che abbiamo per trovarli. >>
C'era quasi una nota di soddisfazione perversa in quella parole. Un
misto di astuzia relegata ad un briciolo di malvagità pura. Non
vi era rimorso in quegli occhi ne pietà. Damon sapeva che non
sarebbe stato uno scontro facile.
<< Lascia stare Elena. >> Le parole di Damon risuonavano
con una tale acredine da far spaventare perfino il più temerario
dei vampiri. Ma Alden era troppo accecato dalla sua supremazia e troppo
incosciente per capire il pericolo in cui si stava gettando ad occhi
chiusi.
<< Andiamo Damon, non ti metterai a fare il sentimentalista
proprio adesso? >> Lo derise << La posta in gioco è
troppo alta. Sia per me che per te. >>
Il maggiore dei Salvatore si mise in allerta. Corrugò la fronte
e arretrò di qualche passo. Che avesse paura delle sue parole?
Alden lo credette sul serio. Fu allora che sentendosi sicuro
ricominciò il suo bisbigliare melanconico.
<< Non sono qui per combattere, ma per proporti un'alleanza.
>> Disse << Consegnami Elena. Grazie al suo potere potremmo
sconfiggere il Gran Maestro e in cambio avrai la fiducia di Klaus, il
potere eterno e... Katherine. >>
Deglutì allora il vampiro dagli occhi di ghiaccio. Sarebbe
bastato poco e avrebbe finalmente avuto quello che per lunghi secoli
aveva rincorso, aveva desiderato. Ma Elena, come dimenticare Elena? La
sua Elena. L'angelo dagli occhi color cioccolato e dai capelli setosi
profumati di lavanda. La fanciulla più nobile e graziosa che
avesse mai incontrato, la grazia divina giunta dal cielo, la sua arma
contro il male. Elena e Katherine, così diverse ma nello stesso
tempo così preziose. Se gli avrebbero proposto prima
quell'alleanza, non ci avrebbe pensato più di un secondo sulla
risposta. Ma adesso era tutto diverso, ora ogni cosa aveva un senso
inaspettato.
Gli si avvicinò, ed Alden credette di averlo convinto. Che
stupido vampiro, pensò e i suoi occhi si accesero come due
lanterne. Già pregustava le lusinghe di Klaus per la vittoria
ottenuta e il premio che gli sarebbe aspettato. Sangue e una coltre di
donne sul suo letto a baldacchino e un potere immenso da far gola a
molti.
Damon giunse ad un palmo del suo naso, il loro respiri si confondevano.
Lo sfidò con il suo sguardo da predatore affamato e
bisbigliò le sue parole, prestando molta attenzione nel scandire
ogni singola sillaba: << Vai a farti fottere! >>
Nella frazione di pochi istanti, Alden si ritrovò schiacciato
con la schiena al tronco di un albero. Un ramo di questi era conficcato
esattamente all'altezza della sua scapola e da esso sgorgavano lunghe
scie di sangue. Il dolore e l'incredulità si impossessarono di lui
in una frazione di tempo intangibile. Se Damon avrebbe voluto lo
avrebbe ucciso.
<< Tu non puoi venire qui e minacciare le persone a cui tengo.
>> Ansimò il maggiore dei Salvatore << Porta questo
messaggio a Klaus: se vuole Elena dovrà passare sul mio
cadavere. Sono stato chiaro? E adesso vattene via, prima che questo
paletto te lo conficchi nel cuore. >>
La morte vuole sempre l'ultima parola. E la conquistò quando la
mole del giovane Alden scomparì nel buio della notte.
Quando Damon fece ritorno in casa trovò Elena leggermente affannata e impaurita.
<< Damon, finalmente sei tornato! >> Gli cinse il collo con
le sue braccia e fu proprio in quell'istante che Damon fu certo della
scelta che aveva appena compiuto. Proteggere Elena ad ogni costo, ecco
la sua nuova missione. L'avrebbe salvata anche a costo della sua vita,
perché mai qualcosa di così prezioso l'aveva scalfito.
<< Chi era? >>
<< Nessuno Elena. >> Si affrettò a dire << Un
falso allarme. Ora però è tempo di andare. >>
Elena annuì percettibilmente e spostò la sua attenzione
verso Aya che la fissava con uno sguardo di sperduta commiserazione.
<< Dimmi, Aya, come farò a controllare i miei poteri? >>
Dopo brevi secondi di riflessione la strega seppe cosa rispondere:
<< Ascolta il tuo cuore. Li troverai tutte le risposte che
cerchi. >>
Sorrise Elena perché era proprio ciò che si sarebbe
aspettata di ascoltare da lei. L'abbracciò forte, ringraziandola
per la disponibilità regalata e per il tempo concesso. Elena
sentiva di aver trovato un'amica preziosa, di cui fidarsi e ricorrere
nei giorni più cupi.
Anche Damon la ringraziò a modo suo. Mimò il suo "grazie" con la bocca, sicuro che Elena non l'avrebbe mai visto.
Aya annuì, quasi rassegnata e sospirò, sapendo che molto
probabilmente di Damon Salvatore non avrebbe mai avuto più
notizie.
<< Elena, comincia a raggiungere l'auto >> Esordì il
vampiro << Io devo parlare alcuni minuti con Aya. >>
Dopo che Elena eseguì gli ordini, il vampiro estrasse dalla sua tasca un antico gioiello.
Un bracciale d'argento formato da tre catenine che si incrociavano in
alcuni punti fra pietre di rubini. A regalarle un aspetto più
romantico e grazioso vi era un maestoso cuore, formato dalla pietra di
un rubino purissimo. Risplendeva alla fievole luce di una lampada come
semi di melograno al sole.
<< Voglio che fai un incantesimo a questo bracciale. Così Loro non potranno mai rintracciarla. >>
<< Sai che questo non basta >> Lo apostrofò Aya
<< Seira, suo padre e tutto il suo popolo non si fermeranno. Faranno di tutto per ottenere ciò che vogliono.
>>
<< Questo lo so. Ma almeno così avrò più tempo per escogitare qualche piano che funzioni. >>
La strega si impossessò del gioiello, studiandolo per alcuni
istanti. Sbuffò, sapendo di essere ormai logora dei disastri
dei vampiri.
<< Mi domando quale scelta farai alla fine di tutto. Chi salverai? Elena o Katherine? >>
<< Ho già fatto la mia scelta. >> Rispose Damon,
mentre Aya ormai rassegnata recitava sillabe di una lingua sconosciuta.
La luna era alta nel cielo quando Damon riaccompagnò Elena a
casa. Per tutto il tragitto di ritorno Damon non aveva udito neppure
una singola sillaba dalla sua bocca. Era sconvolta e lo sapeva bene, ma
presto avrebbe trovato il suo filo d'Arianna e la giusta via di fuga.
<< Eccoci arrivati bellezza. >>
Elena gli sorrise << Grazie anche a te Damon. Sei stato davvero gentile e disponibile ad accompagnarmi da Aya. >>
<< Ehi! Non dirlo in giro, potresti rovinare la mia reputazione! >> Il solito vecchio Damon.
Infilò le mani in tasca ed estrasse il prezioso bracciale <<
Questo voglio che lo tenga tu >> Disse << Era di mia madre,
a lei ha portato fortuna. Qualcosa mi dice che a te ne serve molta ora.
>>
Incredula, quasi affascinata, Elena si sentì profondamente
ammaliata dal quel giovane ragazzo. Sapeva sempre come sorprenderla e
nello stesso istante rassicurarla. Si sentiva come cullata dalle sue
parole e addolcita dalle sue premure. Damon era Damon. E allora poco
importava che fosse un vampiro di oltre cento cinquant'anni, poco
importava della sua vita passata. Era Damon, ora il suo Damon, il Damon
che la sorprendeva, il Damon che la proteggeva, il Damon che forse
l'avrebbe amata.
Un pò restia sull'accettare o meno, fu proprio il vampiro a
toglierle ogni dubbio. Allacciò il bracciale al suo polso,
sapendo bene l'effetto che avrebbe fatto su di lei.
<< Grazie Damon è bellissimo. Lo terrò sempre con me. >>
Era una serata davvero speciale ma non perfetta. Per renderla tale,
c'era bisogno di un piccolo particolare. Di una grande mossa.
Fu Elena a prendere l'iniziativa. Perdendosi in quelle due pozze di
ghiaccio, si accostò piano alla sua bocca, fino a fonderla con la
propria in un bacio poco casto. Subito Damon si lasciò
trasportare da quella passione, che sentiva ardere dal profondo delle
sue viscere e incrociando la sua lingua con quella di Elena, si sentì
perso verso un Paradiso di luce.
Quanto gli era mancato quel calore, quanto quella profonda emozione,
quando quel desiderio di avere di più e attendere il momento
giusto per riceverlo. Sentiva le dolci mani di Elena accarezzargli i
suoi crini d'ebano, sentiva la sua voglia, la sua determinazione, la
sua delicatezza anche nel dare un bacio appassionato.
Quando entrambi ne furono sazi Elena fu felice di riscoprire Damon
leggermente arrossato e fradicio di gioia. I suoi occhi parlavano per
lui. Erano lo specchio della sua anima, i narratori della sua essenza.
Del resto anche Elena era emozionata. Qual bacio non era stato il
primo, ma ogni volta era sempre una nuova trepidazione.
<< E' tardi Elena. Fila a letto. >> A rompere quella magia
furono proprio le parole ammonitorie di Damon, che, pronunciate con una
vena di sarcasmo, regalarono un nuovo sorriso ad Elena.
<< Ci vediamo domani Damon. >>
<< A domani angelo mio. Mi raccomando sta tranquilla. Andrà tutto bene. >>
Un ultimo bacio, un semplice sfiorarsi ed Elena a malincuore
abbandonò la Ferrari di Damon. Lo guardò per un ultima
volta prima di rientrare e, in quell'istante, Elena capì che ormai
Damon era entrato come una scheggia nella sua carne. Improvviso,
doloroso, ma indispensabile. Chiuse il portone e si diresse nella sua
stanza. Quella sera avrebbe imbrattato molte pagine del suo diario.
Nell'auto, intanto, Damon stringeva tra le mani un cristallo a forma di pentacolo.
CONTINUA...
Rieccomi ragazze!!! Avete visto ci sono riuscita a postare prima di
Pasqua anche se questo cap non è un gran che, ma che ci posso
fare in questa settimana la mia testa è in subbuglio !!! ^_^
Facciamo una breve ricapitolazione per capire meglio la storia.
Allora Damon è tornato a Mystic Falls per una missione ancora
tutta da scoprire. Sappiamo che cerca Elena in quanto ella è uno
Spirito Magno, cioè un essere dotato di poter straordinari.
Può guarire le persone e trasformare i vampiri e altri esseri in
umani.
Sappiamo anche che i vampiri antichi la cercano e che Alden, uno
"schiavo" di Klaus ha proposto a Damon uno scambio, ma lui ovviamente
ha rifiutato. Damon ha regalato un bracciale ad Elena per far si che
Seira e suo padre, del quale scopriremo il nome molto presto, non
riescano a percepire la sua aura. Ma cosa vogliono i vampiri antichi da
Elena? Perchè damon ha rifiutato quella proposta? E cosa vuole
Seira da lei? Cosa c'entra Katherine in tutto questo? L'amore di Damon
verso Elena è sincero?????? L'ho scopriremo presto. Ora
però voglio augurarvi
A tutte voi ragazzeeeeeeeeeeee!!! A tutte quelle che hanno seguito la
mia storia fin dall'inizio, a quelle che credono in me e sopratutto e
tutte le DELENE!!!!!!! Grazie a tutte voi !!! Di cuore. Ora vi lascio.
Ma raccomando lasciate un commento. Baci Baci da: Stella94
Anche se il cielo presagiva una lunga giornata di nuvole e
pioggia, il sorriso di Elena era smagliate e pieno di gioia. Si era
alzata dal letto più spumeggiante che mai e si era vestita con
gli abiti più belli che aveva.
Voleva sentirsi bella, voleva farsi bella per Damon.
Il suo Damon. Elena non aveva più paura di lui. Molti forse, le
avrebbero detto di essere una folle, che si stesse buttando tra le
braccia di un feroce assassino, ma Elena sapeva che Damon non le
avrebbe mai fatto del male.
Lui era tutto ciò che poteva desiderare. La faceva sentire
protetta, desiderata, amata. E anche lei lo amava. A poco a poco stava
riscoprendo il calore di quel sentimento che credeva perduto.
E la riscaldava più di una fiamma accesa nel buio delle tenebre,
la cullava più del dolce suono di una ninna nanna.
Sfiorò ancora quel dono prezioso che il vampiro le aveva dato.
Quel cuore di rubini risplendeva alla luce delle piccole lampade poste
sullo specchio del bagno. Subito la sua mente la riportò al
bacio scambiato, a quelle labbra dolci e morbide come fragole. A quel
sapore di lussuria sfrenata e a quell'inaspettato desiderio di avere di
più.
Il cellulare fece un breve squillo quando ormai le sue congetture
l'avevano portata in ben altre dimensioni fittizie. Si riscosse e
afferrò il tecnologico aggeggio. Era un messaggio. Era Damon.
Lo lesse con una trepidazione ed avaria mai provata. Lo schermo si
illuminò e in brevi istanti comparvero le lettere da lui
composte: "Ben risvegliata angelo mio.
Sento ancora il tuo sapore sulla mia labbra. Mi manchi.
Vengo a prenderti dopo la scuola.
Ehi, che ci fai ancora con quel sorriso sullo schermo?! Corri signorinella o farai ritardo a lezione!"
Il corridoio del Mystic High School quella mattina era
più affollato del solito. Elena raggiunse il suo armadietto in
brevi secondi canticchiando allegramente. Era felice.
Non sentiva per niente il peso della sua natura. Essere uno Spirito
Magno poteva incutere timore a molti, ma Elena sapeva che con Damon al
suo fianco sarebbe stato tutto più semplice. Quasi come
risolvere un'equazione di matematica o venire a capo di un teorema di
chimica. Per lei non c'era differenza. La sola cosa che le importava
era la certezza che qualunque cosa fosse successa, qualunque pericolo
avesse dovuto affrontare, Damon era con lei.
Quando in un tonfo l'armadietto si chiuse, un breve sobbalzo, dettato
dalla presenza inaspettata di Stefan, la fece arretrare di qualche
centimetro.
<< Stefan, non ti avevo visto. Mi ha spaventata. >>
<< Scusa Elena. Ma dobbiamo parlare. >>
Già parlare. Stefan non sapeva nulla di tutto ciò che
aveva investito Elena qualche ora prima. Forse era il caso di
informarlo, ma Elena era al quanto scettica al riguardo. Damon le aveva
intimato di mantenere il segreto perché l'incolumità di
troppe persone era in gioco. Elena non sapeva rischiare, non ne era
capace. Stefan era un amico prezioso e anche se avente una forza bruta
e centenaria Elena si sentiva lo stesso di proteggerlo. Si accorse,
usandola come scusa, del suo ritardo alla prima lezione di
trigonometria. Ma prima che potesse sparire tra la marmaglia di
studenti, il vampiro l'afferrò per un braccio.
<< Mi stai evitando? >>
Fu allora che percepì la dolorosa morsa di quella stretta.
Allora capì che anche Stefan poteva essere pericoloso quando
desiderava. Forse non era poi tanto stupido e ingenuo. Era pur sempre
Stefan Salvatore. Il vampiro Stefan Salvatore.
<< Non ti sto evitando è solo che sono in ritardo. Tutto qua. >>
Ma Stefan non mollò la presa. Anzi, approfittando di un momento
di distrazione, attirò a se Elena che finì con infrangersi nel
suo petto tonico e muscolo, annebbiata dal suo profumo muschiato.
<< E' da quando ti ho raccontato tutto che non ci sentiamo.
>> Soffiò rauco al suo orecchio << Non voglio
perderti per questo, Elena. >>
Ma Elena non era mai stata sua. L'aveva da sempre perduta. Il suo cuore
in subbuglio volava già verso un'anima bieca e sorda, verso un
baratro che, con ogni probabilità, l'avrebbe condotta alla morte.
Ma che ne poteva sapere la dolce Elena? Che ne poteva sapere che il
ragazzo di cui si stava perdutamente innamorando rappresentava la sua
più torbida minaccia?
Ma cosa contano tali domande se la sua essenza già la portava
verso le sue labbra e il luccichio dei suoi zaffiri? Per Elena nulla
era più importante di Damon, nulla si innalzava sopra il suo
nome e niente al mondo, se non lui, le avrebbe potuto donare quella
felicità agognata. Troppa scomoda era quella stretta, troppo
indesiderato quell'abbraccio. Elena sentì come mille punture d'api
infilzarle la carne. No, non le piaceva. Stefan era solo un amico e
così sarebbe stato.
Lo strattonò, quasi come se d'improvviso si fosse bruciata e
fissandolo con aria imbarazzata gli mostrò il suo dissenso.
<< E' meglio che ora vada. >> Disse prima di dargli le
spalle. Ma un'ultima cosa gli era dovuta << E comunque
>> Continuò voltandosi verso di lui << non ho paura
di te. >>
Per Stefan ora le cose prendevano un'altra piega.
Bonnie continuava da minuti a girare la sua cannuccia arancione
sull'urlo del bicchiere ricolmo di spremuta. A viso basso ed occhi
stanchi, pareva fissare l'analcolica bibita perdendosi tra la sua
viscosità ed ispirando quel profumo agrumato.
Caroline non parve accorgersene. La sua parlantina interrompeva spesso i
pensieri di Elena, puntati all'ultimo incontro decisamente passionale
con Damon. Come promesso l'aveva aspettata a fine lezione, accogliendola
con il suo sorriso sornione e pieno d'affetto.
Sembrava tutto così noioso senza di lui. Elena era completamente
in balia di quel vampiro leggendario dotato di uno sciarm e di una
sensualità da pochi.
<< Elena, ma mi stai ascoltando? >> Osò chiedere Caroline dopo aver sprecato interi minuti a perdifiato.
Ma anche l'attenzione della Gilbert ora sembrava puntata al suo
bicchiere. Diversamente da Bonnie, il sorriso che si stendeva sul suo
volto faceva presagire dolci incontri. Caroline cercò di non
farci caso.
<< Bonnie, ma almeno tu mi stati ascoltando? >> Fu allora
che la ragazza di colore parve rimettersi in contatto con la
realtà.
Sobbalzò dalla sedia, come sotto l'impulso di una scossa e
fissò la sua amica con aria sperduta nel vano tentativo di
riallacciare la conversazione interrotta.
<< Ma cosa avete oggi tutte e due? >>
<< Scusa Caroline è che non è giornata. >>
Obbiettò Bonnie e detestò se stessa per non essere in
grado di nascondere il suo reale stato d'animo.
Si accese, come una lampadina, lo spirito della dolce Elena.
Cominciò col fissare l'amica bionda, quasi come a voler scovare
nella sua personalità caratteri ancora oscuri. Parve non avere
successo. Si diete della stupida anche solo per aver avuto l'intendo di
essere in procinto di una domanda davvero sciocca, ma una parte di ella
agognava una risposta alla svelta.
<< Caroline, per quanto tempo tu e Damon siete stati insieme? >>
Uno stupore e una vena di incredulità si dipinsero sul volto
della bionda. Non sapeva il perché eppure non ricordava molto
della sua relazione con Damon. L'unica cosa che le era chiara e ben
salda in mente era la loro separazione. A quanto pareva lo sceriffo
Forbes era impeccabile e severa anche al di fuori del suo lavoro.
<< Io non lo so... >> Rispose con sincerità <<
so solo che ci siamo lasciati a causa di mia madre. Credo... >>
Anche quel ricordo sembrava sfumato e mal tenuto. Non c'era nulla di
chiaro in ciò che stava affermando. La sua lingua sembrava
dettata da altre forze. Sembrava come se qualcuno la stesse doppiando
o indurla in qualcosa che non le apparteneva del tutto.
Elena rilasciò un ghigno. Damon deve averla soggiogata,
pensò. Insomma risultava piuttosto strano che Caroline non
ricordasse quanto tempo avesse condiviso con il bel vampiro. Era abile
con la memoria. Conosceva bene tutti i membri della squadra di
football, non dimenticava mai l'orario delle lezioni ed era
impeccabile con tutti i nomi degli studenti della Mystic High School.
Non era da lei. Damon, con molta probabilità, non era mai stato
con Caroline. Aveva messo in atto quella sceneggiata con l'unico
intento di ingelosirla. Questo era un ulteriore prova del reale
interesse nei suoi confronti.
Un momento. E se fosse stato lui ad ordinare a Caroline di suicidarsi?
No, no, no. Era assurdo. Elena si diete della stupida solo per il fatto
di averlo pensato. Per quale motivo Damon avrebbe dovuto fare una cosa
tanto meschina? Lui non era a corrente degli Spiriti Magni, ne che lei
era uno di loro. Non gli sarebbe servito a nulla rischiare per niente.
Deve esserci in giro qualche altro vampiro spietato, intuì, e per un
attimo la sua pelle si accapponò.
<< Ragazze devo proprio andare. >> Continuò la bionda << La manicure mi aspetta. Ciao. >>
Entrambe la salutarono e rimasero a fissarsi in silenzio per qualche
secondo. Fu Bonnie a rompere il ghiaccio per prima. La ragazza era al
quanto curiosa sull'ultima domanda sputata da Elena.
<< ...E' che vedi >> Pronunciò timidamente quest'ultima << io e Damon stiamo insieme. >>
L'incredulità prese il posto del metitabondare di Bonnie.
Dischiuse la bocca, quasi a voler pronunciare anche un'insensata
sillaba, ma Elena la precedette:
<< Non fare quella faccia. Damon è un bravo ragazzo e mi
sta molto vicino. Sai, ultimamente non sto passando un bel periodo.
Anzi direi che sto attraversando una fase molto... stravagante della
mia vita. >>
Bonnie ruotò gli occhi al cielo << Non lo dire a me... >> poi ripiombarono nella spremuta.
<< Perché? Cosa ti è successo? >>
<< Se te l'ho dicessi non ci crederesti, Elena. >>
<< Credimi >> sentenziò Elena << ultimante
sono abituata a sentire cose davvero strane. Perciò con me puoi
sentirti libera di confessare qualsiasi cosa. >>
Bonnie incrociò il suo sguardo, poi increspò le labbra.
Seguirono scomodi e imbarazzanti minuti di silenzio in cui Elena
cercò di percepire le reali intenzioni dell'amica. Quest'ultima
si guardò intorno con aria scrupolosa, poi avvicinò il suo
volto a quello di Elena che corrugò la fronte quasi sorpresa.
<< Se ti dicessi che sono una strega >> sussurrò << cosa mi risponderesti? >>
La notte era più buia quella sera, la nebbia più densa. O
forse la sua mole troppo debole, i suoi occhi troppo stanchi, i suoi
poteri quasi morti. Alden imprecò ad alta voce, prima di varcare
la soglia di quella che sembrava una vecchia cripta.
Percorse un annoso e maleodorante corridoio prima di giungere in una specie di rifugio sotterraneo.
Li, alcune lingue di fuoco illuminarono il circondario, regalando
all'atmosfera un'aria spettrale. Attese, nervoso, scalpitando i suoi
stivali sul suo come un cavallo selvaggio. Non vi era
possibilità di domarlo ne doparlo. Nello stato in cui si trovava
esigeva solo una motivazione plausibile per la missione fallita ed
un'ottima espressione desolata e completamente impotente.
Strano a dirsi ma la ragione della sua apprensione si celava nel
responso di un ragazzo poco più grande di lui. Egli, con
disinvoltura e leggiadria, avanzava nella sua direzione sorridendogli,
quasi soddisfatto di averlo rivisto con così tanto vantaggio.
<< Alden, spero che mi porterai buone notizie. >>
<< Purtroppo non sono molto rassicuranti, mio signore. >>
Costui fermò la sua avanzata ed accigliò un espressione
tra il contrariato e il sospettoso. Il suo sopracciglio destro
superò quello sinistro << Che intendi dire? >>
Pronunciò.
<< Sono arrivato troppo tardi. >> Balbettava Alden <<
I due si erano rinchiusi nella casa di una strega. Li non potevo
entrare. Ma grazie al cristallo magico sono riuscito a far uscire allo
scoperto Damon Salvatore. Ha cercato di uccidermi, mi ha risparmiato
solo per portarvi un messaggio. >>
<< E quale sarebbe? >>
<< Se volete Elena, dovrete passare sul suo cadavere. >>
Un pugno si infranse dritto al muro, provocando un tonfo che si espanse
per tutto il circondario << Sei un'idiota! >> Urlò
<< E anche incapace! Avrei dovuto lasciare la missione ad un
altro vampiro. Ridammi il cristallo magico, metterò io un punto a
questa storia. >>
Il viso di Alden piombò al suolo << Credo che Damon me l'abbia preso mio signore. >>
La rabbia si impossessò dell'altro e in un attimo Alden si
ritrovò con la schiena al muro e due mani a cingergli il collo
<< Sai questo cosa significa? >>
Il ragazzo dai capelli biondo cenere fece un breve dissenso con la testa.
<< Che siamo fottuti! Non potremmo mai crearne un altro che
funzioni se quello non verrà distrutto. Damon doveva saperlo e
per questo che l'ha rubato. >>
<< Ma Klaus. >> Farfugliò Alden in preda a spasmi e
alla paura di essere alla fine della sua esistenza << non ci
serve. Sappiamo già chi è il settimo Spirito Magno, non
abbiamo bisogno di scovarlo. >>
<< Era un'ottima arma per indebolire lo Spirito. Razza di inutile
idiota! >> Così dicendo lo scaraventò al suolo con
prepotenza, risparmiandolo solo per il gusto di vederlo soffrire in
futuro, ancora per molto.
Alden si rialzò a stento, ignorando il dolore alle costole.
Tossì, due, tre volte, per la stretta ricevuta e si
toccò il punto dolorante lisciandolo, quasi a voler lenire il
dolore. La gola sembrava arsa e bruciante. Le corde vocali deboli e
insonore. Nonostante ciò volle lo stesso parlare:
<< Signore, potremmo seguirla. La rapiremo nel momento in cui è sola. >>
<< No! >> Obiettò Klaus << Se la rapiamo non
collaborerebbe mai con noi, e poi trascuri il fatto che può
deprivarci dei nostri poteri con un semplice schiocco delle dita.
>> Il suo volto si disperse nelle pareti polverose della cripta. I
suoi occhi puntarono all'infinito, sembravano quasi assenti, ma il suo
animo era pensate e attivo. << Dobbiamo agire d'astuzia questa
volta. Dobbiamo essere più furbi. >>
<< Ha già in mente un piano? Mio signore. >>
<< Oh, si! >> Esclamò Klaus. << Se non sbaglio
Damon ha un fratellino. Stefan Salvatore. Anche lui apparentemente
invaghito della bella, dolce e indifesa Elena Gilbert. Sarà lui
il nostro filo conduttore allo Spirito Magno... >>
CONTINUA...
Rieccomi!! Con un po' di ritardo e
dopo la pausa pasquale sono ritornata con un capitolo un po' sterile a
mio avviso ma indispensabile. Klaus è arrivato anche qui!!!
Vuole Elena ad ogni costo ma ha fallito con il bel Damon ed ora punta
su Stefan! Cosa avrà in mente? Cosà dirà a Stefan
per convincerlo a collaborare e perchè cerca Elena?
Intanto Stefan è sempre più ossessionato dalla bella
Elena. Il suo amore per il settimo Spirito Magno sembri stia per
esplodere da un momento all'altro ma Elena ha solo un nome cucito nel
suo cuore: Damon Salvatore. Ma potrà davvero fidarsi di lui?
Presto ragazzi scopriremo ogni cosa sul conto di Damon, su Seira, il
gran Maestro e Klaus. Una grande battaglia è alle porte, proprio
ora che Bonnie ha scoperto di essere una strega. Sarà d'aiuto?
Cosa ci aspetta ancora? Non ci resta che scoprirlo perciò
continuate a seguirmi!!! I prossimi capitoli saranno i più
salienti e i più belli!!
Intanto vi segnalo la mia nuova fan fiction marcata DELENA intitolata Non lasciarmi mi farebbe piacere se gli dareste un'occhiata e magari lasciaste un piccolo commento. Ricordo anche la mia nuova pagina di facebook! Trovere il link direttamente dalla mia pagina su efp dove si trova anche il link per il mio canale you tube. Voglio tanti mi piaceeeee!!!
Ringrazio tutti voi che continuate a seguirmi con affetto e non dimenticate di recensire anche questo capitolo!!!
Ora vi lascio, alla prossima e kiss kiss da Stella94
Caro Diario.
Bonnie è una strega. Ancora non riesco a spiegarmelo. E'
così tutto assurdo a Mystic Falls. Aya aveva ragione, anche lei
è speciale. Questo mi rasserena. Credo di aver trovato una
persona che possa capirmi pienamente. Ho intenzione di rivelarle ogni
cosa, voglio che lei sappia chi sono davvero. Il peso di questo segreto
è troppo grande per me, e anche se lo condivido con... Damon,
non mi basta. Ho bisogno di un'amica, di una ragazza come me. Ho
bisogno di conforto.
Damon non sarà d'accordo ma io...
Oh! Caro diario, Damon è sempre nella mia testa. Volevo dedicare
questa pagina interamente alle mie riflessioni e alla mia amicizia con
Bonnie, ma il suo nome salta sempre fuori, e io non posso fare a meno
di scrivere di lui.
Quanto mi manca! Anche se ci siamo visti qualche ora fa e abbiamo parlato poco prima al telefono.
E' così bello, ed è tutto mio. Non ci posso credere, mi sembra un sogno!
Non mi importa del suo passato, ne delle conseguenze che la nostra
unione potrebbe portare. Lui un vampiro centenario, io uno Spirito
Magno, capace di curare le persone e deprivare gli esseri
soprannaturali dei loro poteri. Una coppia perfetta, insomma!
Oh, credo proprio di essermi innamorata di lui... E' così diverso da Matt. Lui mi fa sentire...speciale!
Ho una dannata voglia dei suoi baci, delle sue carezze, delle sue
parole dolci. Dovrò aspettare all'indomani, ormai la sera
è già calata e non avrò possibilità di
rivederlo. Attenderò con ansia il momento in cui mi
perderò di nuovo nei suoi pozzi di ghiaccio. Sarà
bellissimo. Lo amo, caro diario. Lo amo davvero.
L'ultimo bicchiere di scotch fu un toccasana per Damon. La fame
sembrava placata ed il sangue appariva solo come un confuso desiderio.
Cominciò a strofinarsi le dita sul mento, pensoso, prima di
spostare gli occhi al cielo notturno. Molte stelle brillanti lo
puntinavano di oro, ma la luna non regalava il suo solito luccichio
tiepido e freddo. Non vi era traccia nel cielo di quella sfera
argentata.
Per un attimo il panico lo cinse di una cupa espressione. La stoltezza
ebbe la meglio e la determinazione ne uscì vincitrice. Il pensiero di
Elena lo colse inaspettato e lo trascinò in una profonda
riflessione.
Era già l'ultima notte. L'ultima notte che avrebbe passato con
lei. Seira sarebbe giunta a momenti e con ella scopigli e battibecchi
avrebbero gettato il caos. Una sola possibilità gli era offerta,
prima che tutto svanisse per sempre.
Era arrivato a Mystic Falls per
sacrificare l'agnello, ora era pronto a sacrificare se stesso per
proteggerlo. Ma prima che a tutto potesse mettere un punto,
desiderò rivederla, desiderò baciarla, ancora, ancora...
Prese il cellulare e scrisse in brevi concisi caratteri:
"Passo a prenderti tra mezz'ora. Niente ma o non posso. Voglio portarti in un posto speciale.
Damon."
Poi scomparì nelle tenebre della sua stanza, dove soltanto i suoi passi esplicitavano la sua innegabile presenza.
Elena si era sempre chiesta come fosse stato poter leggere nei
pensieri di Damon. Gli venne da sorridere immaginando che forse vi
avrebbe trovato solo il caos più completo. Per fino lo stesso
Damon si sarebbe smarrito nei corridoi infiniti e stretti del suo
ingegno.
Poteva paragonarsi ad un labirinto.
Elena in quel momento si riscoprì di esserne finita proprio
all'interno. Fra cupi rettilinei e curve vertiginose, incassate nel buio
della notte, Elena non riusciva a distinguere e a comprendere dove in
realtà si trovasse.
Mystic Falls era alle loro spalle, anche se l'avevano superata da poco.
Ma la curiosità e la trepidazione di saperne di più, la
spingevano più volte a dimenarsi nel sedile posteriore e a
guardare Damon con un'espressione interrogativa contornata da una vena
d'implorazione.
<< E' inutile che continui a guardarmi. >> farfugliò
Damon << Non ti dirò dove siamo diretti. >>
<< Oh! Andiamo Damon! >> Si lamentò Elena << Tutta questa attesa è snervante. >>
<< La pazienza è la virtù dei forti, Elena. Si tratta solo di pochi minuti, siamo quasi arrivati. >>
Ma pochi minuti per Elena sarebbero sembrate ore, e le ore mesi e i
mesi anni interi. Perché ciò che stava per vivere
l'avrebbe ricordato per sempre.
La costosa auto di Damon percorse un sentiero sdrucciolevole prima che
il suo motore si arrestasse del tutto. A fari spenti la vista di Elena
sembrava più debole di quanto in realtà lo fosse. Niente
luce lunare ad illuminare il sentiero, ma anche se la cattiva
visibilità non consentiva una percezione assoluta, Elena distinse
nelle tenebre un edifico annoso e mal concio.
Quando scese dalla vettura le parve essere finita in un era passata. Non
vi era traccia della mano umana nel circondario. La natura ne faceva da
padrona ed in essa gufi e animali notturni ne decantavano le lodi.
Quando la vista di Elena si adeguò alla notte, riconobbe al
meglio il circondario. L'edifico si poteva definire una vecchia tenuta,
stile "via col vento". Il tetto era praticamente ceduto e gran parte
dell'intonaco si riversava sul suolo. Un'edera di grandi dimensioni ne
delineava il contorno e alcune finestre erano in procinto di cadere.
<< Dove mi hai portata? >>
<< Casa mia. >> La informò Damon circondandola nel
suo abbraccio << O quello che ne rimane. E' qui che sono nato ed
ho vissuto insieme a Stefan. >>
<< Doveva essere stupenda. >>
<< Lo era. Ma non ti ho portata qui per questo. C'è un altro posto che devi vedere. >>
Non terminò neppure la frase che la strascinò con se in un
sentiero buio. Per fortuna aveva avuto la buona idea di portarsi una
torcia con se, altrimenti Elena sarebbe continuamente inciampata o
avrebbe perso l'equilibrio.
Nonostante la situazione non fosse delle migliori e minacciosi ululati
si avvertivano nella sterpaglia, Elena si sentiva al sicuro. Damon le
infondeva una trale tranquillità ed armonia che niente avrebbe
potuto scalfirla. Ad Elena bastava solo quello. Essere con lui,
camminare stretti l'uno all'altra fra i sentieri della vita e
percorrerla insieme, fino alla fine di ogni cosa.
Ma l'emozione che provò poco dopo la fece ricredere. Davanti a
lei si stanagliava un profondo lago d'acqua dolce. A contornarlo alberi
di pino, querce e salici piangenti gli regalavano un'aria mistica e
fantastica. Il tutto risplendeva sotto la luce di alcune torce e le
loro lingue di fuoco imprecavano sul buio, donando all'atmosfera
un'essenza surreale. Elena era nel sogno.
Nemmeno la sua espressione stralunata poteva esplicitare la sua profonda felicità.
Sul prato verdeggiante, ai margini del lago, vi era distesa una coperta a
scacchi rossa che sembrava attendere
solo loro. Ad Elena brillarono gli occhi e schiuse le labbra
stupefatta, pienamente compiaciuta di ciò che ammirava.
<< Ma quando hai organizzato tutto questo? >>
<< Prima che venissi e prenderti. Volevo che ogni cosa fosse
speciale. >> Rispose Damon, dandole vista del suo smagliate
sorriso bianco. Elena scosse la testa, arresasi al suo amore,
capitolata dal suo amato e certa dell'assoluto del suo sentimento.
Senza obbiettare si fece guidare dal vampiro, fino a quando entrambi si
sedettero sulla coperta ed ammirarono il paesaggio notturno.
<< Questo era il mio posto fuori dal mondo. >>
Esordì Damon. I suoi occhi azzurri erano puntati all'orizzonte,
che ad egli, grazie ai suoi poteri da vampiro, appariva ben
distinguibile. << E' qui che venivo quando volevo restare solo,
e mi sentivo come se fossi... >>
<< A casa. >> Terminò Elena. I suoi occhi erano
puntati in quelli dell'amato e la sua espressione tradiva quella muta
sofferenza << Quanto mi manca quella sensazione. Vorrei solo
poterla rivivere. Sentirmi di nuovo a casa. >>
Damon rilasciò un sospiro, puntando lo sguardo pensieroso verso
le stelle. Elena aveva ragione. Si sentiva a casa. Lui, che per tanti
anni non ne aveva avuta una, riscopriva la gioia di poter riprovare
quel calore accogliente che essa ti regala.
Ma si sentiva a casa solo nel senso metaforico del termine. La sua
dimora era sempre stata il mondo, eppure ora sarebbe anche potuto
bruciare, a lui importava solo che quel piccolo angolo di paradiso
rimanesse intatto.
<< Sai, si dice che il luogo in cui vive una persona che non
smette di pensarti...quello è la tua casa. >>
Precisò il vampiro. I suoi lapislazzuli brillavano più
dei diamanti. Elena fu certa di scorgere un lieve rossore sulle sue
guance e la voce rotta dalla commozione. << Io con te ho trovato
la mia, Elena. >>
E quasi stufo di dare aria alle corde vocali, si avventò sulle
labbra morbide e profumate di Elena. Fu un bacio unico, un bacio
erotico. Passione e voglia di confondersi, razionalità e pazzia,
brivido ed incertezza vi erano fusi. Era un continuo contraddirsi tra di
loro. Un cercarsi e rinnegarsi, un fuggire e ritrovarsi, un amarsi ed
odiarsi, perché un vampiro ed uno Spirito Magno, non avrebbero
mai potuto coesistere se non fossero legati dall'amore.
Ma niente ripensamenti per quella sera. Elena sapeva che i suoi dubbi
non avevano più basi solide sui cui poggiarsi. Era il momento,
poiché ciò che aveva scritto doveva essere pronunciato.
<< E io con te la mia. >> Rispose. La sua mano
scarna era fra i crini d'ebano del vampiro. Li accarezzava con
amorevolezza ed al loro portatore regalava il suo sguardo. <<
Credo di essermi innamorata di te. Si, ti amo sul serio, più di
ogni altra cosa al
mondo. >>
Toccò il cielo con un dito Damon. Il vampiro che aveva rinnegato
la sua parte umana, che aveva spento le sue passioni, per lui
riprovevoli, ora le pretendeva e le provava. Si era sciolta quella
patina di ghiaccio e sarcasmo che per anni aveva imprigionato il suo
cuore. Ora Damon era libero. Ora Damon era vivo. Ritornava a respirare,
ritornava a volerlo fare, perché dopo tanti anni bui e cupi
aveva ritrovato un buon motivo per farlo. Ed il suo motivo era proprio
di fronte a lui, ed il suo motivo lo baciò ancora, ed il suo
motivo lo strinse maggiormente, fino a sparire nel sul abbraccio.
<< Ti amo anch'io Elena. Più di quanto immagini. >>
La sincerità non era il suo forte e nemmeno il sentimentalismo.
Ma per la prima volta Damon scoprì quanto fosse facile
esternarli e quanto fosse bello poter essere trascinati da essi.
Nemmeno si rese conto di essere precipitato sul corpo della giovane e
che ella, risoluta, lo stava baciando ancora con passione, incatenando
le loro lingue e mischiando i loro sapori.
Non era più un vampiro Damon, quando avaro scese a baciarle il
collo e desiderò di esso solo la morbidezza della sua pelle,
ignorando le vene pulsati che lo invocavano sotto di esse. Amò
il gemito che dalla sue labbra si esplicitò, e percorse con
maggiore avaria quel derma candito che infuocò di erotismo.
Una mano lesta percorse i fianchi della giovane, fino ad
agguantare la maglia scura e a protendersi sotto di essa, per
raggiungere sentieri immolati. Sfiorò i suoi seni, protetti
dalla ricamata stoffa del reggiseno, che desiderò strappare con
forza, tanta era la sua irruenza. Ma si trattenne dal farlo.
Perché Elena, piccolo bocciolo di una rosa candita, lo guardava
con un aria sperduta e senza alcuna malizia pretendeva di essere amata.
E come tale l'avrebbe trattata, perché nelle sue mani era
fragile argilla da levigare e rendere più bella di quanto
già fosse.
La baciò ancora, troppo perduto dalla sua bellezza e si
deprivò del suo giubbotto di pelle, mentre Elena toglieva il suo.
Si ricompose sopra di ella, cominciando a farle capire che avrebbe
atteso ancora per poco la loro unione. Con delicatezza cominciarono ad
esplorarsi e piacevolmente appagati si lasciarono trasportare dal loro
istinto, perché in esso trovarono rifugio. Brillarono di desiderio
gli occhi di Damon, quando il corpo di Elena, privo di costrizione
alcuna, apparì ai suoi occhi affamati. Accarezzò i suoi
seni, baciò la sua pelle dolce e profumata, le scucì un
ansito di appagamento ed in esso trovò il consenso di poterle
dare di più. Alzò un sopracciglio, quando le mani della
dolce Elena, giunsero alla chiusura della sua cinta e, trepidanti, la
slacciarono con disinvoltura fino ad adagiarla con il resto dei vestiti,
ormai diventati solo un ammasso informe.
Ghignò compiaciuto, quando con lo stesso movimento, Elena,
rimosse il bottone dall'asola dei suoi jeans e li calò di poco,
aiutata dal legittimo proprietario. Li i respiri cominciarono ad
essere più affannati a quel punto nulla aveva più un
senso.
Damon fece lo stesso con lei, fin quando, ormai nudi, non furono pronti
per diventare un unico essere. Ma sulla soglia di quel confine
inviolato, Elena parve riaccendere la sua razionalità.
Sentiva ormai il corpo del suo amato pronto e scalpitate e
questo allarmò la sua apprensione. I loro visi erano
ormai vicini, le loro bocche a pochi centimetri di distanza. Elena
fece scorrere la sua mano sulla guancia dell'amato che si riscosse
appena, respirando più forte.
<< Voglio solo che sapessi che tu sei il primo per me. >>
Pronunciò intimidita. La voce tremante e fievole a causa del suo
respiro affannato.
<< Hai reso questo momento ancora più speciale. >>
Disse Damon. Gli occhi velati dalla sincerità << Ti amo
Elena, non smetterò mai di ripetertelo. >>
E poi nulla fu più percepibile alle orecchie sorde di Elena. Un
breve dolore, inteso e deciso. Una scarica di adrenalina lo condusse al
suicidio ed il piacere accompagnò quegli attimi di pura euforia,
fino all'estremo delle loro forze.
Fu magico, fu perfetto, fu umano. E con esso Elena raggiunse la pace e
quell'armonia che credeva perduta. Guardò per un ultima volta
il suo amato. Si, ora era a casa. Ora ritornava a respirare.
Seira si agitava nell'ombra. Qualcosa non andava secondo i piani. Le
sue unghie, una volta perfette e curate, ore erano mangiucchiate e
sanguinanti. Le aveva divorate con la sua acredine, troppo scalpitante
per essere contenuta.
Varie ipotesi aveva già vagliato. La prima che prese in
considerazione fu quella di essere in una fase critica dei suoi
speciali poteri, la seconda, quella più probabile, era che il
vampiro, del quale era perdutamente innamorata, l'aveva tradita.
L'aura dello Spirito Magno, da sempre avvertita a Mystic Falls,
sembrava scomparsa nel nulla. Non si captava in città ne nel
circondario. Sembrava come se fosse eclissata in un buco nero. Oppure...
Si gettò sul letto del vampiro prima di iniziare a guardare il
soffitto. Imprecava a se stessa per essersi fidata di un succhia sangue
da poco conto e temeva l'ira di suo padre. Damon è con le spalle
al muro, pensò. Qualunque mossa avesse compiuto sarebbe stata
troppo azzardata e per Katherine avrebbe segnato la fine.
Si rizzò in piedi, dopo aver percepito un rumore di passi nel
corridoio. Temendo che potesse essere il minore dei fratelli si
nascose dietro la porta, che non tardò ad aprirsi portando in
risalto la figura di Damon Salvatore.
Costui, già accortosi della sua presenza, fermò la sua
avanzata e strinse i pugni << Seira, sapevo che saresti venuta.
Ti aspettavo. >>
<< E io aspettavo te, Damon. Non sai da quanto. >> Gli
rispose con una lieve vena di sarcasmo. Lo raggiunse in poco tempo,
portandosi di fronte e lui. La sua solita espressione stralunata era
mutata. Un volto autoritario e severo si stagliava dinanzi al vampiro e
due pupille nere e minacciose predicevano un cupo avvertimento.
<< Che stai combinando, eh? Perché non riesco più a
sentire l'aura dello spirito? Che ti salta ora in mente? >>
<< Nulla di nuovo. >> Rispose il vampiro con la sua stessa
formula << E comunque non so proprio di che cosa tu stia
parlando. >>
Fu circonciso, il collo di Damon, da due mani scarne dal color del
latte. Erano lunghe e forti. Lo strinsero con un'intensità tale
che il vampiro dovette arretrare e contrastarle con le proprie.
<< Non prendermi in giro. Perché mi hai chiesto del tempo? >>
<< Te l'ho già spiegato. >> Annaspò lui, nel vano tentativo di liberarsi.
<< Mi stai raccontando un mucchio di idiozie! >> Urlò
Seira mollando la presa << Ho fatto come mi hai chiesto. Mio
padre attenderà ancora per poco. Ma stanotte ha cominciato a fare
il diavolo a quattro, quando al suo risveglio l'aura dello Spirito era
scomparsa. >>
<< Cosa vuoi che ti dica? Sarà la vecchiaia... >>
<< E allora perché nemmeno io riesco a sentirlo? >>
Domanda più che lecita, che lasciò Damon a bocca asciutta.
Schiuse le labbra più volte, nel vano tentativo di
controbattere, ma nulla di coerente riuscì a studiare. Il suo
ingegno sembrava spento. Socchiuse gli occhi ed abbassò lo
sguardo. Ormai non c'era più tempo. Era la fine per lui, per il
suo amore e forse anche per Elena.
<< Oh no. >> Mormorò Seira << Conosco quello sguardo. Tu ti sei innamorato di lei. >>
A quelle parole lo sguardo del vampiro si fiondò su quello della giovane.
<< E per questo che mi hai chiesto tempo. >>
Continuò << Ti sarai fatto aiutare da qualche strega di
seconda mano nel creare qualche amuleto che la proteggesse. Così
anche se ti fosse successo qualcosa noi non l'avremmo mai potuta
trovare. E' così vero? E' cosi? >>
<< Lascia che ti spieghi Seira. >>
Ma proprio in quell'istante una terza figura entrò in scena.
Occhi sbarrati, espressione sorpresa, pupille dilatate: Stefan Salvatore
aveva assistito od ogni cosa. << Si Damon. >> Esordì
<< Spiegaci ogni cosa. Sono tutto orecchi. >>
CONTINUA...
Allora sono ritornata con un po' di
ritardo. Scusatemi ma ho la maturità da preparare. Allora
veniamo a noi. I due colombi finalmente si sono confessati i propri
sentimenti. Si amano alla follia, ma Seira è sospettosa e a
quanto pare ha capito ogni cosa. Che dire poi di Stefan? Ha assistito
alla scena e vuole da Damon spiegazioni. Cosa accadrà? Lo
scopriremo nel prossimo capitolo, che sarà davvero molto
importante, perciò non lo perdete. Ora Stella vi lascia
perché corre a vedersi la 2x22, sperando in bene. A presto cari
e recensiteeeee!!!!!
Quando il peso della minaccia divenne insostenibile, Seira scomparve in mille scintille di cristallo.
<< Seira, aspetta noi.. Ah! Maledizione. >> Imprecò il maggiore dei Salvatore.
<< Damon ora basta! >> La voce di Stefan era più
autoritaria che mai << Sono stufo dei tuoi silenzi, dei tuoi
misteri. Chi era quell'essere? Cosa mi nascondi, Damon? >>
Damon sospirò sconfitto. Nascondeva più di un semplice
segreto. Nascondeva e proteggeva un macigno così imponente da
oscurare il sole. Un sole che non sarebbe più sorto se egli si
fosse liberato di tale cruccio, già troppe volte rimpianto e
vanamente distrutto, dalla mole della sua coscienza che sembrava
essere rinata.
Non poteva più scappare e per la prima volta il suo ingegno non
prospettò un piano alternativo che potesse aiutarlo in quello
scomodo frangente. Damon era già sul percorso di quel famoso
vicolo ceco, che conduce solo alla circoscrizione di lastre di acredine
e disprezzo.
Non era poi tanto una cosa nuova. Da sempre era stato ripugnato ed
odiato. Cosa sarebbe cambiato? Forse nulla o forse tutto. Ma nello
scrutare gli occhi di suo fratello sentì di doversi fidare.
Sperando in qualche strana forma di collaborazione, Damon si arrese
alle sue parole, in procinto di esplodere.
<< E va bene. Ti dirò ogni cosa. E' giusto che tu sappia... >>
Si sedette, trascinando il passo, sul suo letto. Si adagiò piano,
quasi come una piuma ed intrecciò le mani sudate, pregando in
una giusta sentenza.
<< Conosci i Golem? >>
Un sopracciglio di Stefan sorpassò l'altro. Le braccia incrociate
al petto, in segno d'attesa << I demoni del sogno? Credevo che
fossero solo una leggenda che papà ci raccontava per
spaventarci. >>
<< Lo credevo anch'io >> Lo informò Damon. Gli
occhi fissi sul pavimento << Fino a quando non ne ho incontrato
uno in carne ed ossa. Ed ora anche tu... >>
La mole di Damon mosse alcuni passi verso una meta immaginaria.
Ruotò dapprima nel circondario per poi ancorarsi alla pallida
luce notturna, che a lui non scalfiva.
<< E' successo tutto quando, qualche tempo fa, ero sulle traccie di Katherine. >>
<< Katherine? >> Stefan era ancora più sorpreso << Credevo che fosse morta. >>
<< Ha finto di essere morta. Dopo averci lasciato si unì
ad un gruppo di vampiri antichi. Il loro capo era Klaus di cui
Katherine ne era profondamente innamorata. Per dargli prova del suo
amore, si decise a porre fine alla vita del più acerrimo nemico
di un vampiro >> Quando il suo sguardo incrociò quello del
fratello parve trovar coraggio nel pronunciare il finale di quelle
inaspettate parole << Un Golem appunto. >>
Stefan deglutì a fatica sentendo la gola ancora arsa. Le parole
risuonarono nell'aria solo come un flebile sussurro. La sua stessa
ragione sembrava svanita. E nel buio della notte, riconobbe solo
l'autenticità delle parole di Damon. Il suo cuore
accelerò il battito. La bocca serrata e quasi sofferente si
contraddiceva con i suoi occhi spenti e lucidi. Stefan non
replicò ed attese che il fratello maggiore continuasse il suo
insolito racconto.
<< Katherine si scontrò con Asmodeo, noto anche come il
Gran Maestro. E' il capo di tutti i Golem ed è anche il
più potente. I Golem stessi lo ritengono una divinità e
lo venerano come tale. La leggenda dice che se il Gran Maestro perde la
vita senza succedere ai discendenti le sue arti occulte, l'intero popolo
dei Golem è destinato alla morte. Per questo Katherine l'aveva
puntato. >>
<< Ma per Katherine è andata male suppongo. >> Intuì Stefan.
<< Infatti. >> Accertò Damon << Asmodeo
riuscì a renderla sua prigioniera. Voleva usarla come mezzo di
scambio per Klaus. >>
La fronte di Stefan si piegò in molteplici pieghe. La sua
perplessità lo spinse più volte e riagganciare il filo
del discorso e mettere al vaglio le varie informazioni di cui
finalmente ne era arrivato a conoscenza.
Non fu utile. Nulla gli suggeriva la soluzione di quell'enigma
indecifrabile. La riposta pareva celarsi negli occhi azzurro ghiaccio
di Damon, che per l'ennesima volta, quella sera, scontrarono i suoi.
<< Che intendi dire per "mezzo di scambio" >> Chiese allora.
<< E' qui che viene il bello fratellino. >> Il suo solito
sorriso sornione e fuori luogo stava per tradire le sue parole. Ma le
sue labbra, dapprima distese, si piegarono per emettere suoni cupi e
malinconici. Ancora una volta fu sincero.
<< C'è una maledizione che incombe su i Golem. La
maledizione del sono eterno. In passato le streghe li maledirono per
la loro cupidigia e sete di potere. Li condannarono al sonno eterno ed
ad una vita mortale. Posso svegliarsi soltanto nelle notti in cui la
luna e completamente oscurata. Tempo che loro impiegano per nutrirsi.
>>
Il peso di quella verità era troppo pesante per Stefan.
Sentì le gambe molli e la testa pulsare. In preda a quello
stato spasmodico, raggiunse il letto ove vi sedette. Le sue mani
finirono col nascondere il viso provato. Soffiò rauco la sua
frustrazione e riversò in essa tutto il suo rammarico. Prendette
coscienza di quella realtà mai ascoltata e riallacciò i
fili della sua memoria, per trovarne un responso adeguato.
<< Se la memoria non mi inganna, dovrebbero nutrirsi di ricordi. Vero? >>
<< Esatto. >> Pronunciò Damon << Per spezzare
la maledizione hanno bisogno di bere il sangue di sette Spiriti Magni.
Sono esseri dotati di straordinari poteri speciali. Asmodeo e sua
figlia, hanno la capacità di avvertire la loro aura, così
da trovarli, ma non possono toccarli. La profezia afferma che la
maledizione può spezzarsi solo se berranno il loro sangue e
nient'altro. Era un modo per assicurarsi che non venisse mai spezzata.
>>
<< Dunque. >> Lo interruppe Stefan << Asmodeo voleva
usare Katherine per convincere Klaus a collaborare nella ricerca degli
Spiriti Magni? >>
<< Esatto. Ma Klaus si rifiutò, dicendo che di Katherine
poteva farsene tutto quello che voleva. Per lui spezzare la
maledizione sarebbe stato troppo rischioso. I Golem posso uccidere un vampiro
con un semplice schiocco delle dita. Non poteva permettere che
andassero a piede libero. >>
Stefan cominciava a capire. Stefan cominciava ad avere paura. Simili
demoni rappresentavano una minaccia per l'intera popolazione. Se la
maledizione fosse stata spezzata neppure la più potente delle
streghe sarebbe riuscita a fermarli.
Per un attimo temette il peggio, ma poi rifletté.
Damon sceglieva sempre al meglio le parole da usare. Non lasciava
niente al caso. Ogni cosa era preparata nei minimi particolari, tutto
era preciso ed inequivocabile. Per ora erano al sicuro. La maledizione
doveva essere ancora in atto.
Ma quale ruolo aveva Damon in tutta questa situazione?
Per un attimo temette che le sue supposizioni risultassero vere. Ma
bastò incrociare il suo sguardo con quello del fratello per avere
un'agghiacciante e brutale conferma.
<< Aspetta un attimo. >> Enunciò << Hai detto
che Klaus si è rifiutato di collaborare con Asmodeo. Non vorrei
dire che tu... >>
<< Si Stefan. >> Lo interruppe << Mi sono proposto io
di aiutarlo. Per salvare Katherine. Fino ad ora sono riuscito a
prendere sei Spiriti Magni. L'ultimo si trova a Mystic Falls. Ecco la
ragione del mio ritorno. >>
Stefan tacque. Si concesse attimi di pura riflessione. Definire suo
fratello un incosciente gli sarebbe sembrato un eufemismo. Ma non era
questo il punto. Damon stava indugiando.
Erano mesi che gironzolava a Mystic Falls senza una precisa meta. Non
sarebbe stato difficile per lui rintracciare in brevi giorni lo
Spirito. Poteva contare sull'aiuto di Asmodeo e di sua figlia. Ma
allora perché indugiare proprio al traguardo?
Stefan rifletti, si impose. Doveva passare al vaglio ogni informazione
utile. Vari pezzi di un puzzle oscuro gli passavano davanti agli occhi.
Nessuno si incastonava nell'altro. Forse doveva partire dagli
antipodi. Dai suoi primi giorni a Mystic Falls.
Non aveva avuto rapporti con molte persone ad eccezione di... Elena.
Elena? Non poteva essere lei. Eppure non sembrava un caso la sua venuta
al liceo, non sembrava un caso la smisurata fiducia che provava nei
suoi confronti, il feeling, l'interesse nel sapere qualcosa di
più su di lei. Gli sguardi...
<< Oh, mio Dio. >> Sussurrò << E' Elena. Lo spirito che cerchi è Elena! >>
Damon pose le mani in avanti, lo sguardo minacciava di fulminare il
circondario << Stefan non è come credi. >>
<< E' lei Damon?! E' lei? >>
<< Si è lei... >> Il rammarico si dipinse sul volto
del maggiore dei Salvatore. Era giunto il momento del suo processo. La
pena, in ogni caso, sarebbe stata troppo dura da scontare.
<< Dio Damon! Sei impazzito!? >>
<< Stefan non è come credi! Io amo Elena non le
farò mai del male. Ho un piano per salvarla. Devi solo fidarti
di me. >>
Gli occhi di Stefan divennero un pozzo nero ricolmo di rabbia. La sua
aura stessa trasudava di quell'acredine primordiale e distruttiva
<< E come pensi che io possa fidarmi di te dopo tutto quello che
mi hai tenuto nascosto?! >>
<< Ascolta: se io avessi voluto fare de male ad Elena l'avrei
già fatto. Ti prego di non dirle niente. Si sistemerà
tutto. Io sistemerò tutto. >>
Stefan non ascoltava. Non voleva ascoltare. Non gli sarebbero bastate le
sue parole, le sue preghiere e i suoi rimpianti. Lui già sapeva.
Elena, la sua dolce Elena. Non gli avrebbe mai permesso di farle del
male. Lui solo l'avrebbe protetta, perché sapeva che da li in
poi il suo amore per lei poteva solo crescere. Poteva essere
contraccambiato.
Ne era certo. Avrebbe fatto di tutto per evitare una sorte tanto burbera e maligna.
Mari, cieli e terre avrebbe percorso e se questo voleva dire passare anche sul corpo si suo fratello, be' lui l'avrebbe fatto.
<< Ho bisogno di tempo. >> Sussurrò prima di uscire di corsa verso una meta sconosciuta.
Damon colpì forte il muro con il suo gancio destro. Furioso ed
arrabbiato. Non vi era una via d'uscita. Nella sua carne le vene
sfregavano, vogliose di sangue. E la fame lo raggiunse come il
delizioso profumo di un pasto prelibato. Lo annusò pensoso e poi
ricordò. Non era il momento. Doveva trovarla. Doveva trovare
Seira prima che il sole sorgesse.
CONTINUA...
Bene rieccomi. Siamo già
giunti al quindicesimo capitolo e l'epilogo si avvicina amici miei.
Allora avete capito com'è la storia? Abbiamo dato finalmente un
nome al Gran Maestro, infatti Damon ci informa che si chiama Asmodeo.
E' molto potente, ma lui e il suo popolo sono sotto l'influsso di
un'antica maledizione. Sono costretti in un sonno eterno e possono
svegliarsi solo nelle notti buie, in cui la luna è oscurata
completamente. Tempo che usano per nutrirsi di ricordi delle persone
naturalmente.
Sappiamo tutto sulla missione di Damon: cercare i sette Spiriti Magni per salvare Katherine dalle grinfie di Asmodeo.
Il cammino lo ha condotto da Elena, del quale ora è perdutamente innamorato.
Inoltre anche Stefan è innamorato di lei e sa tutto sulla
missione di Damon. Cosa farà? Avrà fiducia di Damon? O
userà tutto questa storia a suo vantaggio? Quale piano ha in
mente Damon? E Klaus quale parte ha in tutta questa storia?
Scopritelo insieme e me nei prossimi capitoli. Quelli finali. A presto,
non dimenticate di recensire e che il DELENA sia con voi!!! Kiss kiss da Stella94
capitolo 16 baAuguri!
Ti voglio un bene infinito.
Nonostante tutto...
Promesse e tradimenti
16
Era tardi.
Quando Damon Salvatore imboccò i sentieri lugubri e nauseabondi di un'antica caverna, l'alba stava già sorgendo.
Si affrettò e nel buio di quella prigione senza cancelli
ritrovò la caparbietà per proseguire il suo cammino,
intarsiato da spine roventi.
Le tranciò di netto, quando il dolce e delicato volto di Elena
comparve dinnanzi ai suoi occhi. Solo un riflesso, una pallida immagine
di un sogno che l'aveva gettato agli antipodi della sua vita. Quella
vera. Vissuta con gli inganni e le gioie di un essere umano. Con il
dolore e la paura. Con l'indecisione e la rabbia. Con l'amore...
In esso Damon ritrovò la sua ragione e proseguì affannato verso una soglia che troppe volte aveva varcato.
Li Seira parve attenderlo. Pensierosa e nel cuore ribelle agitata. Lo
sapeva. Non c'era via di fuga. E nel volto commiserevole del giovane
vampiro trovò la più schiacciante prova di un tradimento
già consumato.
<< Gli hai detto tutto vero? >>
Damon si risparmiò dal rispondere. Il silenzio a volte dice molto
di più che mille parole potrebbero fare. Nulla più aveva
più importanza, se per colpa della fratellanza e dell'amore
avrebbe preso un'altra piega.
Ribollì la sua rabbia, che sfogò malsana, su una parete
della caverna. Ma si accorse della sua debolezza e del macabro effetto
che il sole, appena sorgente, provocava su di lei. Il dolore la
raggiunse e l'ira la consumò.
Il destino pareva averle inferto un avvenire tumultuoso. Aveva
perso Damon, definitamente. E con egli si era istinta anche la sua
immane convinzione di potergli appartenere in un futuro ancora incerto.
<< Sei solo uno stupido Damon Salvatore. Ti sei fatto infinocchiare da quella
e hai reso noto il nostro piano solo per la tua ignobile debolezza. Sei
condannato ormai e con te anche quella sgualdrina di Katherine...
>>
Damon non ascoltò. O fece finta di non ascoltare. Tenne alle
strette la proprio irascibilità e afferrò
l'autocontrollo, che pareva, per ora, avere la meglio.
<< Sono venuto qui per stipulare un accordo. >>
<< Un altro? >> Rise Seira. Sembrava come se lo stesse
prendendo in giro, facendogli rendere conto da solo della propria
stupidaggine << Mi sembra il colmo, dopo tutto quello che è
successo a causa tua. >>
Damon deglutì. La fame era un orribile guerriera che doveva
padroneggiare. La natura una valida antagonista da non sfidare.
Perché il vampiro già sapeva che avrebbe prevaricato su di
lui. Nessun rivale le resisteva e con essa l'autocontrollo non bastava.
<< Voglio che tu convinca tuo padre a rinunciare ad Elena.
>> Pronunciò tali parole senza esitazione. Come se
già sapeva che avrebbe avuto ciò che voleva. Nel cuor suo
la vittoria era vicina.
<< Che cosa?! Tu sei pazzo! >> Urlò l'altra,
provocando un sonoro ego che si espanse nella cupa profondità
della caverna << Non cederò più ad un tuo ricatto.
Non sarò così stupida ancora una volta. >>
Ed ora il vampiro non sembrava più così sicuro. Aveva perso
quella sua spavalderia. I suoi occhi color ghiaccio non brillavano come
due stelle, ma si perdevano nel vuoto buio di una pupilla altrettanto
tetra e nel loro modo rendevano nota quell'inquietudine che nel
vampiro attecchiva a dismisura.
Chiuse gli occhi, rilasciando un sospiro udibile anche ad un sordo. Il
volto di Elena ricomparve nei suoi pensieri più oscuri. Ancora
una volta diete un senso al suo agire. Trovò in lei la forza per
addentrarsi in un immane sacrificio. Trovò in ella la sua forza e
l'aggetto di ogni sua nobile azione.
<< Sarò tuo... >> Mugugnò, quasi come a non
volerlo far sentire. Ma l'udito di Seira era fine e scrupoloso. Lo aveva
percepito ma non del tutto compreso.
<< Cosa intendi dire? >>
<< Sono disposto a passare con te il resto della mia esistenza.
Ma solo se tu convincerai tuo padre a lasciare in pace Elena. >>
Seira aprì la bocca a vuoto. Respirava a fatica. Damon sapeva
quali fossero i suoi più oscuri desideri. Lui ne rappresentava
uno di essi. Ma mai avrebbe immaginato che sarebbe arrivato a rinunciare
a tutto ciò in cui credeva per una stupida ragazzina della
Virginia.
Per fino Katherine sembrava un ricordo del passato. Non faceva
più paura la sua ombra e non la minacciava. Non la minacciava
così tanto come Elena...
Ma Elena sarebbe scomparsa se, in qualche modo, avrebbe accettato
quell'anomala richiesta. Ma il gioco valeva la candela? Damon era
così
importante per lei da rinunciare all'intera salvezza del suo popolo?
Ci riflettè, distratta dalle iridi del giovane, che sotto le luci di
alcune fiammelle si riaccesero di azzurro. Si avvicinò ad esse,
perché amava perdersi in quei pezzi di cielo che da tempo non
ammirava. Lui era il suo cielo. Perché solo egli poteva
sovrastarla, solo a lui era concesso. E nel momento, in cui una sua
mano scarna e pallida sfiorò la sua guancia, ebbe ogni certezza.
Era il suo cuore che la chiamava ma la sua ragione imprecava a voce
alta le sue perplessità. Combattuta ascoltò entrambe.
<< E così tu saresti disposto a rinunciare a ciò che ami per lei? >>
<< L'amore è rinuncia. Se salvarla vuol dire rinunciare a
lei, allora lo farò... >> E poi attese. Sperò di
ricevere quel che egli stesso credeva. Si accorse improvvisamente di
essere subentrato in un baratro buio e cieco. Li si districava a fatica
fra le sue stesse angherie passate, che ora parevano perseguitarlo come
spettri di un'altra era.
Ma Seira lo ricondusse nel suo di baratro. La dove la luce e il fuoco
della passione non potevano penetrare. Lo strinse ad ella, troppo vinta
da quella sconcertante sensazione di non sentirsi più sola. La
sua pelle bianca e fredda parve prendere uno strano colorito roseo ed i
suoi occhi rossi come il melograno divennero due brillanti argentati.
<< Come vorrei che fosse vero, ma è solo un sogno. Tu sei
immortale, io no, non potremmo mai vivere insieme per sempre, mai...
>>
Ma Damon non era così impreparato. Aveva messo al vaglio ogni
opzione possibile, ogni risposta prevedibile. Lui non lasciava mai
niente al caso, ogni piccolo dettaglio era curato con una spasmodica
attenzione. L'allontanò da se solo per poterla guardare negli
occhi e leggervi in essi solo una torvida debolezza.
<< C'è Elena. Lei può trasformaci in umani. Andremo
via da questa città, via da tutti. E ti sarò fedele, te
l'ho prometto. Ma lei, lei non deve morire. Convinci tuo padre. Fallo
per il nostro amore. >>
L'amore è davvero rinuncia. Si, perché ora Seira, il
Golem figlia del Gran Maestro Asmodeo, era pronta a rinunciare a tutto
per Damon. Per fino al secolare rispetto di suo padre, che ad ella era
tanto caro.
Non le sarebbe stato difficile convincerlo. Sapeva che, con ogni
probabilità, Asmodeo avrebbe anteposto la maledizione e
l'intero popolo per la sua felicità. Ne era sicura. Come
era sicura del fatto che il vampiro non stesse mentendo. Lo poteva
leggere nei suoi occhi offuscati dall'amore per quella sporca umana, e
nella determinazione delle sue parole.
Lo sapeva, era tutta una farsa. Damon non l'avrebbe mai amata quanto
Elena, ma la possibilità di averlo per sempre lo stuzzicava fin
troppo.
Con la perdita dei suoi poteri, anche la maledizione per lei si sarebbe
istinta. Avrebbe perso ogni cosa, ma in cambio avrebbe ricevuto quel
premio tanto sperato. Fece un sorriso, complice e artefice di
quell'assurdo piano a leciti fini.
Lo guardò con ammirazione e trepidazione. Lo amava, si ripromise
ancora. Lo amava più di ogni cosa e a nulla valevano i suoi
sciocchi presupposti e il sangue di una diciassettenne qualunque.
<< Dammi la tua parola e io ti darò la mia. >>
Per suggellare quella innocua promessa, il vampiro vinse il disgusto e
l'amarezza. Le diete un piccolo bacio, un leggero sfiorarsi, che per
Seira apparve come il più bel dono mai ricevuto. Non c'era
passione ne sentimento.
<< Ti do la mia parola Seira. Sarò tuo, per sempre... >>
Ma i suoi occhi lucidi tradivano la determinazione delle sue parole.
Perché troppo grande era il peso di quella rinuncia, troppo
acuto quel dolore, troppo disgraziato quel destino che per lui aveva
inferto troppe sofferenze. L'amore è rinuncia, ripetette,
l'amore è rinuncia, si convinse. Fin quando il suo animo in
subbuglio si acquietò e il suo cuore decelerò il battito.
<< Cercherò di convincere mio padre. Ma dovrai aspettare il
prossimo mese. Il sole sta per sorgere e il sonno incombere. >>
<< Aspetterò. Aspetterò tutto il tempo che ci
vorrà. Ma promettimi, Seira, che non farai del male ad Elena mai.
>>
<< Te l'ho prometto. >> Asserì sicura.
Poi tutto tacque. I primi raggi del sole penetrarono nella caverna che distrusse le tenebre del buio.
Un'ultima promessa, prima che la maledizione spedisse Seira in un sonno profondo.
Il cortile della scuola non era più affollato, quando Stefan mise il punto al suo discorso.
Elena era in lacrime. Non riusciva neppure a parlare. Respirava
faticosamente, con la bocca schiusa ad emettere strani gorgoglii.
Poi i suoi occhi color nocciola, si riempirono di lacrime, che scesero
copiose sulle sue guancie delicate, solcandole di un liquido salato e
trasparente che il sole faceva luccicare.
Stefan Salvatore le aveva rivelato ogni cosa. Ma quello che tra i due
sembrava più stupito era senz'altro lui. Non era difatti a
conoscenza del maestoso sentimento che legava Elena a Damon.
Gli pareva quasi una meschinità quel gesto compiuto solo nel vano tentativo di proteggerla e di metterla in guardia.
Neppure più le sue rassicurazioni sembravano placare quel dolore
acuto che incombeva sulla giovane. Certo, ora agli occhi di Elena Damon
non era nient'altro che uno sporco assassino privo di buon senso, ma, per
un'insensata sensazione, avvertiva di non essere ancora al traguardo
della vittoria. Il fatto che Elena era innamorata di Damon era un
dettaglio che da sempre aveva escluso. Le possibilità di fare
breccia nel suo cuore parevano calate, ma la fortuna girava dalla sua
parte.
<< Non è possibile! >> Mugugnò Elena fra un
singhiozzo e l'altro << Per tutto questo tempo non ha fatto altro
che prendermi in giro. E a pensare che io ho anche... >> Poi il
pianto ebbe la meglio sulle parole.
Le mani tremavano e tutto il corpo sembrava pervaso dalla stessa sensazione.
Il dolore le squarciava la lucidità e le faceva vedere il marcio
anche nel gesto più puro che il vampiro le aveva rivolto. Stefan
aveva da sempre ragione. Non ci si poteva fidare di lui. Di uno sporco
succhia sangue che per anni non ha fatto altro che inseguire il suo
folle amore, seminando morte sul suo bieco cammino.
Le parve tutto più chiaro. Anzi tutto più maledettamente
assurdo. Lo amava si, lo amava ancora, nonostante tutto, ma non poteva
ignorare quale fosse il suo vero intento.
<< Oh Stefan! Sono stata così ingenua. Non posso credere che sia davvero così. >>
Stefan la guardò con aria commiserevole e pietosa della sua
sorte << Mi dispiace Elena, ma purtroppo è così.
Damon è così. Ha amato una sola donna nella sua vita:
Katherine. Per lei venderebbe anche l'anima al diavolo. Sempre che non
l'abbia già fatto. >>
E stillarono, come vino dal torchio, altre lacrime salate. I suoi
occhi, una volta vispi e pimpanti, si ridussero i due pieghe rossastre
e lucide. Il suo viso, ora avente un colorito ramato, si piegò
sulla fronte in molteplici pieghe. E senza che il freddo facesse il suo
mestiere, si portò le mani sulle braccia sfregandosele come
per darsi calore.
<< Io l'ho amato davvero Stefan. >> Singhiozzò ancora << Come ha potuto farmi questo? Come?! >>
E non ci furono risposte. Non servivano. Fu Stefan a donarle quel
calore che attendeva, accogliendola nel suo abbraccio. Ma proprio
allora Elena si accorse di quanto Damon le mancasse.
Perché solo le sue braccia riuscivano a darle quel calore, quel
senso di protezione, quella certezza che nulla le sarebbe accaduto.
<< Shhh, non piangere Elena. Ti prometto che non ti accadrà
niente. >> Continuava a confortarla il più giovane dei
Salvatore. << Non permetterò a Damon di farti del male.
Farò qualunque cosa per fermarlo. Qualunque... >>
Fu allora che Elena ebbe paura. Un avvenire oscuro si prospettava
all'orizzonte. Proprio per lei che lo aveva immaginato così
roseo e brillante accanto al suo amato Damon.
Ora tutto si era cancellato da quelle pagine bianche che ella stessa
aveva scritto. E aveva paura di riscrivere una nuova sorte. Una nuova
sorte dove il nome di Damon Salvatore non comparisse.
Poi rimembrò le sue promesse e i falsi sorrisi. Avrebbe pagato
per i suoi errori e se ne sarebbe pentito. Giurò a se stessa
vendetta, mentre con ardore lasciava che le mani stringessero con
più ardore la schiena di Stefan.
<< Elena, che fine hai fatto? E' il quindicesimo messaggio che ti
lascio in segreteria. Per favore richiamami. Ti amo, angelo mio. >>
Damon riattaccò il suo cellulare con collera e trepidazione.
Qualcosa non andava secondo i piani e temeva il peggio. Per giunta la
fame lo stava uccidendo. Era l'ennesima sacca di sangue del pomeriggio
che gettò a terra con riluttanza, senza che essa avesse compiuto
i suoi più aspettati effetti.
Si passò una mano fra i suoi crini d'ebano, agitato e confuso.
Era in un vicolo cieco senza possibilità di fuga. Si sentiva come un topo in trappola.
I suoi occhi adocchiarono una bottiglia mezza piena di scotch. Fu la
sua salvezza. L'afferrò, senza nemmeno preoccuparsi di versare il
contenuto in un bicchiere. Sete, sete, sete, le ordinava il cervello. O
meglio, sangue, sangue, sangue. Ma lui non era più quello di un
tempo. Lo aveva giurato a se stesso nel momento in cui aveva detto ad
Elena di amarla.
Cercò di controllare quel malsano desiderio, dettato dalla sua
natura e fece scendere il liquido nella sua laringe, che infuocò
come carne sulla brace. La mandò giù fino a quando essa
non si depositò nel suo apparato digerente, che cominciò
inspiegabilmente a gorgogliare e ad adirarsi di disappunto. L'intera gola
pareva essere infuocata. Damon si portò entrambi le mani su di
essa, respirando a fatica, e sbarrando gli occhi dall'estremo dolore.
Gli bastarono pochi secondi per capire cosa avesse ingerito: Verbena.
<< Stefan, cos'hai fatto? >> Sussurrò appena, mentre
sentiva le gambe diventare molli e il corpo troppo pesante per essere
sorretto.
Fu sicuro che il fratello avesse ascoltato perché lo vide
uscire, con le braccia incrociate al petto, dal buio del corridoio. Uno sguardo
inespressivo gli regalava e non aveva la ben che minima intenzione di
andargli in soccorso.
<< Mi dispiace Damon. Ma non posso permettere che tu te ne vada
in giro a mietere vittime. Non posso permettere che tu faccia del male
ad Elena. >>
Si accasciò sconfitto Damon e rimase in ginocchio con gli occhi
lucidi velati dal dolore << Io non le avrei mai fatto del male.
>> Si sforzò di dire << Tu non sai quello che stai
facendo, le stai firmando una condanna a morte. >>
Stefan non parve capire << Hai finito con i tuoi sporchi piani
Damon. Ti richiuderò in cantina, dove la sete di sangue e il
tempo ti ridurranno ad un'innocua mummia. E' finita per te, è
finita per sempre. >>
<< No! Non ora fratellino. Non ora! >> Mugugnò,
prima che gli occhi si chiusero del tutto ed il suo corpo si
accasciò al suolo.
L'unica cosa che avvertì in seguito fu l'odore aspro di muffa e polvere.
CONTINUA...
Rieccomi ragazze!!!! Scusate se ho
fatto qualche giorno di ritardo ma per me non è proprio un bel
periodo! Ho questo maledetto esame da portare a termine e l'ansia
cresce ogni giorno di più. La mia vita privata va a rotoli. In
più sto preparando la mia nuova storia originale che
dovrò postare tra qualche settimana, massimo un mese, vedremo...
Ritornando a noi, diciamo che le cose si complicano!! Damon ha fatto un
patto di fedeltà con Seira per salvare Elena, ma Stefan ha
pensato bene di raccontare tutto ad Elena e di rinchiudere Damon nello
scantinato a marcire. Poveroooo!!! Ma perché nessuno lo
crede???? Lui la ama davvero Elena! Ah! Speriamo bene.
Grazie per l'affetto che mi state dimostrando, siete davvero in molti a seguire questa storia. Grazie davvero!!!
Bene ora vi lascio e spero di ritornare presto. Kiss kiss da Stella94
<< Elena... >>
Damon aveva perso il conto. Non ricordava più quante volte avesse ripetuto il suo nome, nel buio torvo del seminterrato.
Non era la fame che lo uccideva, non era la vendetta che lo bramava, ma
il sol pensiero di aver perso la cosa più preziosa che avesse
mai potuto avere. Era solo. Lo era sempre stato.
Ma nella prima volta, nella sua lunga vita centenaria, aveva
combattuto, aveva sofferto, non per la sua smania di possesso e potere,
ma spinto dal più nobile e incontrastato dei sentimenti. Il
più ricco, il più inarrestabile: l'amore.
Perché l'amava, l'amava davvero. Ma poco contavano i suoi sforzi. Non c'era più nulla da fare.
Era debole, fin troppo per alzarsi con le sue gambe e combattere. Il
sentiero adesso era ricolmo di rovi d'acciaio, che la sua forza da
vampiro mai sarebbero riusciti a tranciare. Dall'altra parte, lo sapeva,
c'era Elena. Ma appariva come un'innocua immagine sbiadita, come un
ricordo consumato dal tempo, come un fantasma senza identità.
Chiuse gli occhi, ancora una volta, e la rivide. Sorrideva. Sorrideva
ancora. I suoi occhi brillavano come comete e il suo sorriso splendeva
di gioia. Gli sarebbe bastato poco. Poteva toccarla. Ma nel momento in
cui provò ad afferrarla, si dissolse come una nuvola di fumo.
<< Angelo mio...perdonami. >> Sconfitto ormai dalla sua
coscienza che parlava al posto suo. Vulnerabile a quella sorte inferta
dal suo stesso sangue. Inutile essere senza una meta. Vampiro o meno,
ora non aveva più importanza.
Ma non poteva arrendersi. Avrebbe pagato un giorno i suoi peccati, ma
non ora. Aveva stipulato una promessa di sangue con il diavolo. Non
poteva essere revocata. Sapeva che, se non l'avrebbe mantenuta, il
demone avrebbe preteso altre anime nobili. Anime potenti, anime pure.
Elena.
Ma cosa poteva fare nelle sue misere condizioni?
Forse una risposta c'era e si nascondeva proprio nel suo cuore. Nell'affetto che la legava al giovane Spirito Magno.
Lei avrebbe ascoltato le sue suppliche, anche al di là del
mondo. Il Potere non era al massimo, ma ne aveva abbastanza per
provare un misero tentativo. Si concentrò sul suo volto. Sulla
sua pelle ambrata, sul suo respiro caldo. Potette quasi sentirlo al di
là di quelle mura annose e ricolme di polvere e muffa.
Risentì il suo profumo delicato, il tocco delle sue mani, il
rumore del suo battito.
Maledettamente lento. Bum, bum, bum.
La vide nella sua stanza. Scriveva sul suo diario. Probabilmente
parecchie cose che lui non avrebbe mai voluto ascoltare ne leggere.
Entrò nei suoi pensieri, e per un millesimo di secondo percepì un nome. Il suo.
Lo stava pensando. Forse c'era più che una speranza. La vide versare
lacrime. Lui, fantasma senza un'anima, cercò di raccoglierle con
la sua mano, ma le trapassò soltanto, senza poterle scalfire.
<< Ti prego, non piangere, angelo mio. >>
La vide sobbalzare. Forse aveva udito quella sua supplica. Ella si
guardò intorno, impaurita. Sgranò gli occhi color
nocciola e li riportò sul circondario, scrutandolo centimetro
per centimetro.
Parve non trovar nulla quando si strinse nelle spalle e ricondusse la
sua attenzione sul suo diario. Gran parte dell'inchiostro era sbavato.
Colava in lungi fiumi di petrolio sulle pagine. Sgranando ciò
che aveva scritto.
<< Aiutami, ti prego. Ho bisogno del tuo aiuto, amore mio. Salvami. >>
Questa volta si girò dalla sua direzione. Scontrò i suoi
occhi, ma non parevano vedere. La sua espressione era dubbiosa, quasi
impaurita. Non capiva, non comprendeva.
<< Elena, salvami. Salvami... >>
Si era alzata, la voce era diventata più forte. Non poteva
essere un sogno, era tutto così vero e reale per esserlo.
<< Damon? >> Urlò a vuoto. Guardò il soffitto
non sapendo dove potesse essere. Lo sentiva, lo sentiva forte nella sua
testa, ma non lo vedeva, non riusciva a vederlo.
<< Damon, sei tu? Damon? >>
Ci furono attimi di silenzio. Troppo pochi per contarli. Troppi per
sopportarli. Bum, bum, bum, bum. Il cuore di Elena batteva più
forte. Esplodeva nel costato. Tumultava di trepidazione. La sua
espressione trasudava paura mista ad una vena di rammarico, colma
d'odio. La ignorò quasi, il vampiro, raccogliendo le sue ultima forze,
sapendo di non avere altre possibilità.
Non più una frase di senso compiuto riuscì a formulare.
Ciò che il suo cuore gli dettava era solo un nome.
Accettò quel suggerimento e lo esalò faticando.
<< Elena. >> Si udiva e poi più fievole <<
Elena. >> ancora più fioco << Elena. >> Quasi
un sussurro << Elena. >>
E poi cessò del tutto.
<< Damon? Damon dove sei? >>
Ma nessuna riposta le giunse. Solo un'informazione senza fondamenta.
Solo un'ubicazione precisa e conosciuta: pensione Salvatore.
La mente offuscata, lo sguardo perduto nel nulla, un passo dettato solo dal suo presupposto.
Camminava incerta verso quella che sembrava una gabbia d'orata piena di
macabri misteri. Una volta in salotto si guardò intorno, ma non
scorse nessuno.
<< Stefan? >> Nessuna risposta. Molto probabilmente
è andato a cacciare, pensò Elena, mentre rigirava
inquieta nel vasto circondario. Perché era venuta li? Cosa
cercava? Che cercava?
Non lo sapeva. Ciò che sentiva era una forte attrazione
gravitazionale, che la spingeva nel seminterrato senza una plausibile
spiegazione. Cercò di combatterla ma non vi riuscì.
Quella voce tornò a rimbombarle nelle orecchie, più forte
di prima. Era un richiamo, un sussurro, una preghiera che non poteva
ignorare.
Era Damon. E nonostante tutto rimaneva ancora al centro del suo
cuore.
La voce continuava a chiamarla, fino a quando non scorse una piccola cella ben chiusa.
Vi guardò all'interno e per suo estremo orrore e preoccupazione,
vi scorse la figura del suo amato vampiro. Era sudato e sporco. A terra
come un animale ferito. Sembrava senza forze e il suo respiro era
pensate ed irregolare.
<< Damon, ma cosa ti hanno fatto? >> la voce del suo cuore
prevaricò sulla ragione. Si espanse nel circondario tremante e
imprecisa. Minacciava il crollo di un pianto senza precedenti.
Minacciava il suo orgoglio.
<< Sapevo che saresti arrivata. >> Tossì poi, prima di
alzarsi di quel poco che gli permetteva di intravedere dalle sbarre il
suo dolce viso.
<< Cosa ti è successo? >> Non sprecò tempo a domandare Elena.
<< Stefan, ha messo della verbena nello scotch. Ma già sai il perché, non è vero? >>
Ed ora la ragione superò il cuore. Elena riagganciò le
lacrime e crucciò il volto. Era come se all'improvviso avesse
ritrovato la sua vera essenza. Combattiva ed autoritaria. Mai nessuno
l'avrebbe scalfita, neppure l'amore.
Colui che aveva avanti non era un semplice ragazzo sofferente. Era
Damon Salvatore. Colui che presto avrebbe sparso il suo sangue per
l'amore di un'altra donna. Stupida, ingenua Elena, si disse. Eppure era
ancora una volta li, in procinto di salvarlo.
In procinto, solo in procinto.
<< Mi fai schifo Damon. Come hai potuto mentirmi? Come hai potuto prendermi in giro? >>
La sentì tutta. La sua rabbia, la sua furia. La meritava. Ne era consapevole.
Ma non aveva peccato di falsità neppure una volta. All'inizio
era stato un gioco, un passatempo, ma quel gioco aveva preso le pieghe
di una partita troppo importante. Una partita che lui stava vincendo,
ma l'avversario, proprio alla fine del match, aveva rimontato ed ora quasi
si gustava la sua doppia vittoria.
Deglutì a fatica, come per
far sgorgare le parole giuste.
Cercò le forze, si alzò lentamente. Barcollò per
qualche centimetro e la raggiunse. Ma Elena si scostò
bruscamente dalla porta. Non voleva neppure sfiorarlo. Damon chiuse gli
occhi e scosse la testa.
<< Ti amo Elena. Ti ho amato davvero. >> Quando li
riaprì incontrò i suoi. Lucidi, feriti, stanchi. <<
Tutto quello che ti ha detto Stefan è vero. Ma ti giuro che con
te non ho mai finto. Nemmeno una volta. >>
<< Non ti credo! >> Urlò Elena. Stillarono dai suoi
occhi quelle lacrime mal trattenute. Ignorò il suo orgoglio, il
dolore era troppo grande per essere trattenuto. Si portò le mani
sul viso, perché un barlume della sua ragione gli ordinava
contegno.
Incontrò poi di nuovo i suoi occhi. Che fece abbassare addolorati,
perché il suo volto non ammetteva pietà. Ira e collera.
Dolore e smarrimento, l'artefice di tali emozioni sconcertanti era
proprio di fronte ai suoi occhi.
<< Volevi solo Katherine. A te non è mai importato nulla di me! >>
<< No! >> Recuperò le sue forze. Non le aveva, ma le
ritrovò per smentire un'assurdità che lacerava la sua
essenza << Ho fatto un mucchio di cose spregevoli nella mia vita.
Ma non mi sono mai macchiato fino a questo punto. Ero sincero, sono
sincero! >>
Fece una breve pausa, il respiro si intensificò. Il petto si
abbassava e si alzava freneticamente, il dolore e la fame crescevano.
Ma le sue parole non si arrestavano << Non ti avrei mai fatto del male Elena. Mai... >>
Stava per cedere. Lo sapeva. Ma ancora una volta si dimostrò
più forte dei suoi sentimenti, quando il lacrime
indietreggiò ancora.
<< Non ce la faccio. >> Mormorò << Non ci riesco a perdonarti. >>
<< Guardami negli occhi. >> La voce del vampiro sembrò
essere tornata come prima. Un semplice comando che lasciò Elena
nella più completa confusione.
<< Cosa? >>
<< Guardami negli occhi, ho detto. >>
Ed ella obbedì, quasi come se non potesse sottrarsi alla bellezza
di quelle iridi azzurrine, che ora, anche se contorniate di
rosso, mantenevano la loro magia.
Terra e cielo si scontrarono. Lampi e tuoni parvero tumultuare. Fuco e
fiamme divampare e l'amore ardere in esse, come una vittima
sacrificale. E da tale vittima, una polvere stellala si diffondeva
nell'aria. Chi la respirava ne rimaneva ammaliato. Trovava la risposta a
tutte le sue domande.
<< Ti amo, angelo mio, più di chiunque altro. E so che
anche tu mi ami ancora. Liberami da questo posto, altrimenti mi
spegnerò giorno dopo giorno. Credimi Elena, perché questa
è la verità. >>
E nella lacrime cedette. Gli si avvicinò, non potendo più
trattenere quella lontananza. Lo fissò dritto nel suo sguardo
di ghiaccio, incrociò le sue dita che fuoriuscivano dalle sbarre
con le mani. Sentì il suo respiro sulla pelle e solo allora si
rendette conto di quanto gli era mancato.
<< Ti amo anch'io Damon, ma non posso fare quello che mi chiedi. >>
Era sulla soglia di un confine inviolabile, per cedere a qualcosa di
sbagliato, per percorrere una via senza meta. Ma Damon sapeva.
Ciò di cui era certo era l'amore che Elena provava nei suoi
confronti. Sapeva che di li a poco sarebbe esploso prendendolo per mano
verso i sentieri della vittoria.
<< Angelo mio, la tua vita è appesa ad un filo. Più
resterò qui dentro più il filo diventa sottile, fino a
spezzarsi. Liberami e insieme combatteremo il male. >>
Non fu facile fare a pungi con la ragione ed uscirne vincitrice. Ma il
cuore, si sa, vuole sempre l'ultima parole. Ed Elena lo ascoltò
quasi stufo di doverlo azzittire.
Lentamente mosse la sua mano. Tremava
ed era incerta. Giunse però al chiavistello e lo sfiorò
in un gesto di pura ingenuità. I suoi occhi non si staccarono per
un attimo da quelli del vampiro. Calamite ardenti portatrici di
passione.
Le sue dita si intrecciarono sulla toppa. Fecero una lieve pressione, cercò di tirarla verso destra.
<< No! >> Si udì la lontano << No, Elena, no! >>
Stefan, in un battito di ciglio la raggiunse. Fu veloce e scaltro.
Agile e impudente. L'afferrò per la vita, trascinandola lontano,
mentre ella inerme, si rese improvvisamente conto della scempiaggine
della sua azione.
La riportò a terra, cingendole in volto umido di lacrime con le proprie mani.
<< Elena non puoi liberarlo. E' malvagio, ci farà del
male. Anche per me è difficile vederlo in quello stato. Ma sono
state le sue scelte a condurlo li. >>
Nella cella intanto, una risata produsse un agghiacciante ego. La
risata del corvo si espanse funesta e oltrepassò le pareti per
bisciare nelle orecchie del piccolo Salvatore. Damon era ritornato
supino sul quel terreno umido. Non sembrava incollerito, anzi, nei suoi
occhi brillava una sconcertante verità.
<< Continua a riempirle la testa di frottole, Stefan. >>
Disse << Potrei anche marcire qui dentro. Ma Elena ama me e
amerà sempre me. Mettitelo bene in testa. >>
Una minaccia? Stefan non lo seppe mai. Ma furono proprio queste ultime
parole a convincerlo della sua "presunta" cattiva fede. Smania di
possesso e vendetta lo avevano condotto in un sentiero buio e
impercorribile. In Damon non c'era più niente di buono.
La sua
natura ormai aveva preso il sopravvento e così il suo smisurato
ego. Ma per un impercettibile secondo Stefan ebbe paura.
Elena ama Damon, pensò, incupendo la sua espressione. Ma non si
diete per vinto, perché la sua lingua si sarebbe frenata col
passare dei giorni. Giorni che lui avrebbe condiviso con la sua Elena. Trascinandola nella rete dei giusti e dei nobili. Presto Damon sarebbe stato solo un ricordo.
<< Parla pure quando vuoi Damon. Nessuno ti ascolterà.
>> E trascinò con se un Elena esterrefatta e non del tutto
convinta nel seguirlo. Le sue gambe parevano reagire a altri stimoli. Il
suo volto era ancora rivolto verso quella cella che custodiva
l'essenza del suo amore.
<< Ti amo, angelo mio. Ricordatelo sempre. >> Damon urlava
ancora << Non riusciranno a dividerci. Te lo prometto. >>
Poi si spense in due colpi di tosse. Ma sorrise perché fu certo che la sua Elena non l'avrebbe mai abbandonato.
Fu certo che il suo angelo lo amava ancora.
La poltrona del salone d'epoca era occupata da un singolare
personaggio, quando Stefan Salvatore fece la sua comparsa.
Capelli
ramati, occhi azzurri, giovane, vestito rigorosamente di nero. Se ne
stava, a gambe incrociate, apparentemente incurante del padrone di
casa. Beveva il suo drink con disinvoltura e prepotenza.
Si accorse della presenza del vampiro ma si limitò a sorridere, continuando a bere.
<< E tu chi diavolo saresti? >>
<< Klaus. >> Con naturale spontaneità, quasi fosse una realtà risaputa la conoscenza del suo nome.
Non molto naturale invece fu l'espressione di Stefan. Gli venne in
mente ciò che suo fratello maggiore gli aveva rivelato a
proposito di quel malsano personaggio, da cui risultava assai efficace
starne alla larga.
Schiuse la bocca indietreggiando. Ma la sua caparbietà e
pacatezza non ammettevano rivali << Conosco chi sei. So tutto di
te. >>
<< Bene, allora. >> l'altro vampiro si alzò
elegantemente << Possiamo saltare la parte dei convenevoli ed
arrivare direttamente al punto. >>
Ancora a debita distanza i due si sfidavano con occhiate di fuoco. Vi
era in atto una sorta di guerra fredda. Entrambi non volevano svelare
la prima mossa.
<< E quale sarebbe il punto? >> Ora l'espressione di Stefan divenne più solenne.
<< Un'alleanza. >> Dichiarò asciutto << Tra me, te e lo Spirito Magno. >>
CONTINUA...
Rieccomi con anticipo. Questo
capitolo doveva essere diverso e contenere il piano di Klaus. Ma la
prima parte è uscita troppo lunga perciò ho deciso di
finirlo qui. Nel prossimo capiremo le reali intenzioni del vampiro
Klaus. Non lo trovate affascinante? Io si anche se è malvagio...
Ritornando a noi le cose si mettono male. Damon è ancora vittima
della verbena e per lui non ci sono speranze. Elena è fra le
braccia di Stefan, che vuole conquistarla a tutti i costi.
Asmodeo vuole il sangue di Elena, Klaus la cerca, Damon cerca di salvarla, Stefan di conquistarla. Come andrà a finire??
E che fine avrà Katherine in tutto questo? Non dobbiamo di certo dimenticarci di lei...
Alla prossima, ragazze. Recensite mi raccomando!!! Datemi la carica che
mi serve per andare avanti Ci conto!!! Baci baci dalla vostra Stella94
<<
Un'alleanza? >> Stefan alzò un sopracciglio. Le braccia
ancora incrociate al petto, il respiro calmo e paziente. L'ultima cosa
a cui avrebbe ceduto, sarebbero state le promesse di un Antico.
<< Sai, tra noi vampiri e i Golem non corre un buon sangue.
>> Anche Klaus trasudava pacatezza. Gironzolava inquieto nel
vasto circondario accuratamente arredato. Pareva fin troppo tranquillo
e sicuro di se per essere in procinto di una succulenta alleanza.
Forse credeva che con ogni probabilità avrebbe ottenuto ciò che voleva, con le buone o con le cattive.
Perché mai nessuno si era sottratto alla sua micidiale ferocia,
che già si intravedeva dai suoi occhi amabili come quelli di un
angelo, agghiaccianti come quelli di un demone.
<< Il mio obbiettivò principale >> Continuò
<< E' quello di eliminare Asmodeo prima che la maledizioni si
spezzi. >>
<< In quale modo? >> Fermo, immobile come una statua di
marmo antico. Il David di Michelangelo che viveva sotto quel corpo
fondamentalmente già morto, irrigato dal sangue altrui, protetto
dal suo debole potere.
Non gli concedeva nessuna espressione se non quella di puro scetticismo.
Stefan non era un ingenuo e dopotutto restava un vampiro di oltre
cento anni.
Klaus sorrise sghembo << Il potere di Elena. >>
Fu allora che Stefan deragliò. Il suo cipiglio da dura creatura
delle tenebre, parve sostituirsi con uno più umano. Paura,
sorpresa, curiosità, non seppe neppure lui cosa stesse provando.
Ma ancora una volta non gli concesse fiducia ed attese spiegazioni.
<< Uno Spirito Magno ha il potere di uccidere un Golem. >>
Chiarì. I suoi occhi puntati in quelli castani di Stefan
<< Useremo tutto il potere di Elena per uccidere Asmodeo prima
che trasferisca i suoi poteri a Seira. In questo modo tutti i Golem
moriranno ed Elena... >> Alzò improvvisamente gli occhi al
soffitto pensoso. Increspò le labbra e corrugò la
fronte << ...sarà salva. >> Concluse sorridendo,
soddisfatto per la sua prestazione davvero eccellente e credibile.
<< Dov'è l'inganno? >> Stefan parlò chiaro e asciutto.
Nascose le sue elucubrazione inappropriate e rimase sul filo incerto di
una certezza mai assoluta. Ripercorse con la mente le parole di suo
fratello, chiedendosi se anche nella sua verità si nascondesse
una menzogna.
Li scacciò malsani, perché nei loro rebus non trovava
nessuna interpretazione. Cominciò col riflettere basandosi solo
sul suo istinto, intrigato da quella proposta apparentemente allettante.
Ma Klaus sorrise di nuovo e mostrò agli occhi castani del
vampiro il suo sorriso smagliante ed agghiacciante. << Nessun
inganno. Non puoi rifiutare. Devi solo consegnarmi Elena e tutti i tuoi
problemi finiranno. >>
<< Una volta che Asmodeo sarà morto, tu cosa farai? >>
<< Quello che ho sempre fatto. >> Klaus tornò serio
o molto probabilmente irritato. Lui non amava i ficcanaso ne quelli che
facevo troppe domande. Ma non poteva far vacillare una situazione
già sull'orlo del declino. Respirò piano, mise a tacere
il suo animo ribelle. << Non mi pare di averti recato mai nessun
problema. Asmodeo è una minaccia per me, voglio solo liberarmi
di lui. >>
Piombò lo sguardo dolce e premuroso di Stefan sul annoso
pavimento. Respirò a fatica azzittendo le maree di voci che gli
presagivano pericolo. Lui, in un vicolo buio e cieco, non trovò
via di fuga.
O più precisamente, l'unica, lo conduceva dal vampiro più inaffidabile e crudele di ogni tempo.
Ma per quanto quell'accordo sembrava sbagliato, sentiva la incolta presenza che non si sarebbe liberato mai di lui.
Ora che anche Damon era fuori gioco, la vita di Elena era
esclusivamente nelle sue mani. Una responsabilità troppo grande
da mantenere ma che egli stesso aveva voluto, rilegando Damon negli
angoli più oscuri della morte.
Lo guardò ancora una volta, desiderava poter leggere nel suo
pensiero. Ma non vi riuscì, perché l'espressione di Klaus
non trasudava alcuna emozione. Ne terrore ne incertezza, ne
solennità ne rancore.
Increspò le labbra, stringendo i pugni che finirono penzolanti verso il suoi fianchi.
<< Non mi fido di te. >> Disse, la voce leggermente incerta
<< Ma non posso prendere questa decisione da solo. Sarà
Elena a scegliere, è giusto così. >>
<< Ti do un solo giorno. >> Questa volta Stefan vi lesse
rabbia nel suo volto << Poi farò a modo mio. >>
Sparì, ma non prima di far risuonare le sue parole come
intrepide minacce. Lo erano e Stefan lo sapeva. A modo suo,
pensò. Un modo crudele forse, un modo senza rivalse. Ma un modo
spaventoso. Perché Klaus era l'origine di ogni male.
Caro diario.
Sto per scoppiare. Mi sento come in una bolla di sapone troppo fragile
per contenermi. Ho paura, ne ho davvero tanta. Damon, il mio Damon,
colui che credevo la persona più importate della mia vita, si
è rivelata la più falsa di tutte.
E io stupida che ho ceduto ancora una volta ai suoi occhi azzurri come
il mare. Ma caro diario, quanto mi manca! E' un dolore troppo grande
da contenere e nonostante tutto io lo amo ancora. Lo amo più
della mia stessa vita.
Non riesco a sopprimere questo sentimento è così e sarà sempre così.
Forse è la fine. Sono giusto alla fine.
Stefan mi ha parlato di Klaus. Dice che è il vampiro più
antico di tutti e che Katherine era innamorata di lui. E' proprio per
questo che Damon ha incontrato i Golem ed ha stretto un patto di
alleanza con loro. Klaus si era rifiutato di aiutarli nel ritrovare i
sette Spiriti Magni e di avere in cambio la libertà della stessa
Katherine.
Dice che è venuto a cercarlo. Vuole me. Pare che il mio potere
possa uccidere un Golem. Ma io non so nemmeno come usarlo il mio
potere.
Bonnie dice sempre che il potere è dentro di noi, basta solo
farlo uscire. Ma nemmeno lei sembra tanto convinta di tutta questa
storia. Quando le ho parlato, poco fa, del piano di Klaus, ha detto che
non dovrei fidarmi e che c'è qualcosa di strano in tutta questa
faccenda. Ho creduto alle parole di Damon quanto mi ha detto che mi ama
e che non mi avrebbe mai fatto del male e allora perché non mi
ha mai detto che il mio potere avrebbe potuto uccidere Asmodeo?
Impossibile che non era a conoscenza ma davvero dovrei poi fidarmi di lui? Io non lo so. Non lo so più.
So che anche Bonnie la pensa come me. Non dovrei accettare, dice, non dovrei.
Ma è già troppo tardi. 24 ore sono già trascorse e Klaus vuole una riposta...
Ho deciso caro diario. Ucciderò Asmodeo con il mio potere.
Le lancette dell'orologio puntavano sulle quindici quando Elena strinse Stefan per l'ennesima volta.
<< Andrà tutto bene. >> la rassicurò ma non bastò per renderla tranquilla.
Di li a poco si sarebbe aperta una guerra senza pari. A colpi di
incantesimi e strani poteri, a colpi di inganni e perdizioni, di
caparbietà e follia, di surreale e macabro. Niente presagiva il
meglio.
E poi? Cosa sarebbe avvenuto? Cosa ne sarebbe stato di Damon?
Ancora una volta, nel salone di casa Salvatore, provò il malsano
impulso di liberarlo da quella scomoda prigione. Fu un desiderio
imponente che più volte la tentò, ma rimase tale quando
si convinse che Damon era un demone senza scrupoli.
Si sarebbe messo contro tutti e tutti per salvare Katherine. Contro Klaus, contro Stefan, contro di lei...
Proprio lei, la donna che lo aveva amato senza riserve, che si era
concessa a lui come a nessun altro, che gli aveva donato anima e corpo.
Provò pena Elena. Per la sua ingenuità troppo accentata.
Per il suo cure fragile, per la sua missione troppo rischiosa.
E lo desiderò ancora. Fra le sua braccia il suo respiro
caldo, dietro la sua schiena le sue mani grandi e forti, sulla sua bocca
quei baci caldi e spinti, quelle carezze proibite.
Scosse la testa e guardò di nuovo l'orologio. Le quindici e
dieci. Klaus era nei paraggi. Lo poteva sentire già arrivare,
immaginava il suo aspetto, disegnando nella mente il suo volto burbero e severo.
Contorniato da rughe e offuscato da una lunga barba bianca, che
nascondeva gran parte della sua bocca, che credeva fradicia di sangue
umano.
Ma le sue riflessioni furono sventate. Davanti ai suoi occhi si
presentò un ragazzo dal fascino crudele. Capelli ramati, occhi
azzurri e contornati da piccole ciglia, pelle pallida ed un sorriso
masochista.
<< Elena Gilbert, non sai quanta voglia avevo di conoscerti.
>> Sussurrò con sillabe lente e distaccate. Andatura
d'altri tempi, quasi medievale, parole curate e minacciose.
<< Sei Klaus? >> Elena indietreggiò di poco
perché la distanza tra i due diminuiva sempre di più. Si
aggrappò a Stefan come uno scoglio in mezzo all'oceano in
tempesta. Artigliò la sua maglia cobalto, sgranando i suoi occhi.
<< Esattamente. >>
<< Stefan mi ha parlato di te. >> la sua voce divenne
più solenne << Farò tutto quello che chiederai.
Voglio solo che tutta questa storia finisca al più presto.
>>
Klaus sorrise ancora. Questa volta mostrò bene i suoi denti
smaltati di bianco. Bianchi, non rossi come li aveva immaginati Elena.
Sembrava quasi un essere innocuo e privo di cattive intenzioni. Ma pur
sempre un vampiro, il più antico di tutti per giunta.
Meglio non fidarsi troppo di lui, meglio...
<< Bene. E' la scelta più saggia che entrambi potevate
fare. Vi prego seguitemi >> indicò con la mano destra
l'uscita << Vi condurrò al covo del Golem, dove potremmo
dare inizio ai nostri fuochi d'artificio. >> Sogghignò
compiaciuto, troppo compiaciuto.
Fu quasi terribile e spaventoso. Elena guardò Stefan con occhi lucidi.
<< Sta tranquilla. Ci sono io. >>
Ed acconsentì con la testa in un assenso appena visibile. Ed
appena visibile fu anche lo sguardo che gettò verso l'entrata
del seminterrato.
Damon ti amo e ti amerò per sempre, pensò con la mente,
nel vano tentativo che quelle parole potessero giungere al legittimo
destinatario. Non sapeva che non le avrebbe mai potute ascoltare.
Egli giaceva inerme sul terreno, troppo stanco ed affamato per reagire.
Il suo volto, diventato uno scheletro informe, trasudava una cupa
verità. Il sonno eterno stava arrivando e il bellissimo Damon
Salvatore si stava spegnendo, come una fiaccola alla crudeltà
del vento.
Bonnie rinchiuse malferma il suo libro di magia mistica.
Sgranò gli occhi, si portò una mano alla bocca. Tremavano
le sue dita scure ed uno strano panico si intrufolò nel suo
spirito.
Guardò per l'ennesima volta l'intestazione di quel manuale annoso.
"L'equilibro tra bene e male" Lo riaprì di nuovo, ritornando al
capitolo già letto, ma credendo e sperando che ciò che
aveva visto non corrispondesse alla realtà.
Il capitolo recitava "Il potere degli Spiriti Magni".
Ricontrollò al meglio quel versetto dalle lettere sbiancate che
si confondevo con l'avorio delle pagine che odoravano di stantio.
Non si era sbagliata. Non aveva letto in modo errato. Non c'era alcun dubbio. Non c'era più rimedio.
Con un groppo alla gola afferrò il cellulare e compose alla svelta il numero di Elena.
<< Rispondi, rispondi! >> Pregò a vuoto ma l'unica voce che la raggiunse fu solo quella della segreteria.
Provò con quello di Stefan, ma anche il vampiro era irraggiungibile.
Annaspò l'aria necessaria per rimettere in funzione i suoi
neuroni apparentemente fusi. Contò sette imprecazioni buttate a
vuoto prima che il suo cervello formulasse la più assurda
quanto possibile delle ipotesi.
<< Damon! >> farfugliò, prima di raccogliere il suo
grimorio e chiudersi in fretta il portone di casa alle spalle.
CONTINUA...
Bene rieccomi!! oddio questo capitolo
non so proprio come mi è uscito, non è di certo una delle
mie più belle creazioni. L'ansia pre maturità mi sta
mandando in crisi!!!! Aiutoooo!!! Ho ancora la mappa da fare e mille
cose da sbrigare ma sono qui con voi per non farvi attendere molto.
Ormai siamo alla fine gente, ma proprio alla fine.
Conto di scrivere altri due capitoli su questa storia, prima di
mettervi il sospirato punto. A me non piace scrivere per tanto tempo
sulla stessa storia perciò ogni volta che ne finisco una per me
è un sollievo.
Ma non batterò la fiacca. Ho ancora Non lasciarmi da finire
e una nuova storia originale ancora da pubblicare di cui ho già
pronti i primi due capitoli. Ma tornando a noi le cose si mettono male.
Damon è ancora rinchiuso in cella ed Elena ha ceduto al piano di
Klaus. Bonnie è venuta a conoscenza di una macabra
verità ma in che cosa consisterà? Che c'entra Damon? E
cosa accadrà ad Elena?
Non ci resta che scoprilo nel prossimo capitolo. Ricordate di passare
per la mia pagina facebook per cliccare su mi piaceeeeeee!!! Baci Baci
e recensiteeeeeeeeeeeeeeeeeee
<<
C'è qualcuno? Stefan? Elena? >> La voce di Bonnie era
più impacciata che mai. Si affacciò, sbirciando con la
testa nel circondario di casa Salvatore, ma nessuno rispose al suo
richiamo.
Incredibilmente combattuta e spasmodicamente preoccupata, avvertì sulle sue povere spalle il peso di una dura scelta.
Aveva bisogno di Damon. Ma Damon era il vampiro più crudele che
fosse mai esistito. Eppure qualcosa le suggeriva che non tutta la mela fosse marcia. Doveva credere che fosse così.
Ripensò alla svelta a cosa aveva scoperto nella sua piccola
casetta di città. Elena era in pericolo e se per salvarla
sarebbe dovuta a scendere a compromessi con un disonesto vampiro,
l'avrebbe fatto.
Sbatté il tacco del suo stivale sul pavimento, oramai arresasi e
pronta per quella assurda pazzia. Si morse il labbro mentre con
trepidazione scendeva le scale del seminterrato. Il suo cuore
accelerò il battito.
Perfezionò la vista e l'adattò al nuovo clima di luce.
Buio, molto buio. Non conosceva ciò che la circondava e questo
la spaventava ulteriormente. Poi sentì un sussurro, quasi un
lamento. Un gemito di dolore provenire da una piccola cella la fece
sobbalzare, respirando a fatica.
<< Damon, sei li? >>
<< Ma chi? >> Si udì lievemente << Bonnie? >> Damon aveva ben chiaro la sua presenza.
<< Ho bevuto della verbena. >> Volle mettere in
chiaro la sua situazione e in un certo senso assicurarsi l'immunità
<< Perciò se cercherai di mordermi morirai con me. >>
Un rauco, più forte. Forse un tentativo di disappunto o meglio
di scherno. Bonnie non lo seppe mai e nemmeno volle saperlo. Il suo
spirito era spinto da ben altre prospettive. Doveva agire d'astuzia e
scegliere al meglio le proprie invettive.
Damon era scaltro, lo sapeva, ma anche debole e indifeso, a quanto
pareva. E poi c'era il suo potere, il suo Grimorio, le sue conoscenze,
e la sua buona dote di razionalità.
<< Non capisco cosa tu sia venuta a fare qui. >>
Bonnie si stupì di quanto quella voce risuonasse debole e spesse
volte intaccata da singulti. Damon doveva essere proprio a secco e a
giudicare dalle sue parole anche piuttosto dolorante. Ne ebbe
quasi pena e la voglia di liberalo si fece più intesa.
Prudenza, le ritornò alla mente, e se ne servì per informarlo delle sue ultime scoperte.
<< Sono qui per Elena. Credo che sia in pericolo. >>
Si sentì un tonfo. Molto probabilmente il vampiro stava cercando
di mettersi in piedi ma senza successo. Un altro colpo, forse quello
di un pugno infranto al suolo. Poi un colpo di tosse, uno più
forte e un debole sussurro.
<< Cose le è successo? >>
A Bonnie non era consesso vederlo, perché ella stessa non voleva
farlo. Se ne stava lontano dalla cella, troppo intimorita da ciò
che avrebbe potuto trovare. Continuava a dirsi forte e determinata, ma
a sentirsi fragile come una foglia d'autunno.
<< Klaus è venuta a cercarla. Dice che il suo potere può distruggere un Golem, ma ho letto che... >>
<< Cosa? >> Damon parve riacquistare le forze perdute. Bonnie
percepì la suola delle sue scarpe scivolare sul terreno. Si stava
rialzando. Poco dopo intravide un volto bianco e pallido fare capolino
dalle sbarre della cella. Sembrava uno scheletro. Se la morte aveva
davvero un volto, allora era quello di Damon, pensò Bonnie
arretrando di qualche passo.
<< Elena non può usare il suo potere. >>
Pronunciò il vampiro << Una quantità così
elevata di energia la porterà alla morte. >>
<< Già. >> Bonnie abbassò lo sguardo. Gli
occhi tralasciarono qualche lacrima. Ebbe paura e si sentì
impotente.
Ma parve riacquistare la sua destrezza quando strinse i pugni e fissò il suo sguardo su quello del vampiro.
<< E' per questo che sono qui. Klaus sta portando Elena e Stefan
al covo dei Golem. Io non so dove si trovano e anche da sola potrei
fare ben poco. Devi aiutarmi, Damon. >>
<< Ma certo! Ma ridotto così non posso fare un bel
niente. Dietro di te c'è un frigo. Aprilo e passami una sacca di
sangue. >>
Tentennò. La piccola strega d'improvviso non seppe cosa stesse facendo. E se Damon, una volta libero, l'avrebbe uccisa?
E se Damon non avrebbe ostacolato il piano di Klaus per liberare Katherine? E se Damon volesse la morte di Stefan e di Elena?
Le sue gambe non corrispondevano più a nessun comando. Il suo
volto perso nel vuoto, nel buio torvo e umido nel seminterrato.
Il cuore le uscì dal costato quando piano indietreggiò ancora.
La paura la stava assalendo e gli occhi di Damon la colsero alla svelta.
<< Bonnie, ti prego aiutami. Io amo Elena credimi! E devo salvarla, prima che sia troppo tardi. >>
Lo sapeva, il principe dei vampiri non pregava mai nessuno.
Elena si guardò intorno impaurita, prima di stringere il braccio
di Stefan. La foresta sembrava rilasciare un alone di surrealismo mista
ad un realtà macabra di cui pareva farsi promotrice. Si strinse
nelle spalle, pensando a quando la sua vita fosse irrimediabilmente
mutata.
Non conosceva l'aspetto dei Golem, ma per qualche sconosciuta ragione li
immaginava simili a strane creature fatate. Quasi come gli hobbit o i
nani. Ma in realtà erano giganti. Più umanoidi di quanto
la sua immaginazione potesse partorire.
Distrusse un ramo secco, con la sua converse e sussultò.
Sembrava un pila elettrica altamente corrosiva. Si poteva leggere la
sua tensione dai suoi occhi spenti e segretamente lacrimanti.
Voleva uscire da quell'incubo prima del previsto.
<< Ecco qua. Siamo arrivati. >>
La voce di Klaus aumentò la sua bile. Corresse lo sguardo,
battendo le palpebre, mettendo a fuoco l'immagine di un'antica caverna
buia e logora. Un buco nero che sembrava attirarla verso una
realtà sconosciuta, un ambiente ricco di mistiche rivelazioni e
intrinseco di pericoli oscuri.
Deglutì poi fissò l'amico fidato. Fece un cenno con la testa e si riscosse in fretta.
Accettò ancora di seguirlo fin quando l'oscurità non li inghiottì tutti.
Asmodeo giaceva inerme sul suolo sabbioso. La sua espressione pareva
quella di un angelo cullato dal dolce riposo. Ma dietro quella faccia
tanto angelica a perfetta si nascondeva la crudeltà fatta a
persona.
Elena si meravigliò nel constatare la mole di una creatura che pensava logora e spaventosa.
Era un uomo, un semplice uomo. Be', forse un po' particolare, ma non per
questo terrificante. Lunghi capelli color argento gli ricadevano come
fili di seta sulle spalle, a ricoprire il suo corpo smunto, vi era una
lunga tunica bianca.
Ad Elena non era concesso ammirare il colore delle iridi dell'uomo, ma
le immaginò fredde e glaciali come il ghiaccio. Di fianco a lui
giaceva una donzella.
Stefan parve riconoscerla subito, anche nel buio della caverna.
<< E' Seira. >> Decretò. << La figlia di Asmodeo. >>
Vide Klaus fare un cenno di assenso alle sue parole. Si fece largo
più a fondo nella caverna, illuminando con la sua torcia il
circondario. Scorse così altre venti figure, simile ai due
Golem. Anche loro giacevano inermi. Klaus spiegò che erano
l'intera popolazione dei Golem che adesso riposavano sotto l'influsso
della maledizione.
Ma che presto, solo per una notte, si sarebbero risvegliati.
<< Adesso è il tuo turno, Elena. >> Decretò
ammiccando un amaro sorriso << Concentra il tuo potere ed usalo
per distruggere il Gran Maestro. >>
Elena provò una fitta allo stomaco. Una dolorosa, micidiale
fitta. Non aveva mai usato il suo potere, non sapeva quali effetti
potesse scatenare. Non era di certo brava come Bonnie, ne furba come
Damon, ne scaltra come Stefan.
Eppure sembrava l'unica, l'unica in grado di mettere un punto a quella storia tanto assurda.
Chiuse gli occhi, non certo per concentrarsi, ma perché le
sembrava la cosa più logica da fare. Respirò a fondo,
impregnando le narici di quel odore acre e disgustoso di muffa e
fuliggine.
Strizzò le narici nauseata e placò il suo animo. Nel buio
che le palpebre gettavano su i suoi occhi intravide una luce. La seguì,
veloce, quasi come fosse una via di fuga. La raggiunse, cercando di
afferrarla con la sua innata determinazione.
Ma i suoi palmi non sfiorarono alcun oggetto. Ci provò ancora,
questa volta con più forza ed agguantò una forma strana
di calore, che si diffuse prepotentemente in tutto il suo corpo.
Al di fuori di quella fantomatica dimensione, la terra cominciò
a tremare. Sulle teste coaguli di fango cominciarono a picchiare forte,
sul suolo si scagliavano pietre, si infrangevano macigni.
Un turbinio di suoni presagiva una catastrofe imminente. Elena pareva
estranea a tutto questo. Il suo corpo cominciò a tremare, le sue
mani a sudare, la sua gola ad emettere ignoti quanto incomprensibili
suoni. Posseduta da una strana forza, cominciò a muoversi
barcollando, come una bottiglia di spumante che aspetta di essere
stappata.
Una luce, forte e intesa, inghiottì le tenebre. Si espanse a gran
velocità ed acuì in fretta. La sua fonte era Elena
stessa, che sembrava aver trovato una strada regia verso il suo oscuro
potere.
Attecchiva quella luce, attecchiva a dismisura. Stefan si coprì
il volto con un braccio, diversamente Kluas ghignava soddisfatto.
La vide protendersi verso il Gran Maestro. Una mano puntava dritto al suo cuore.
E' la fine, pensò, pregustando quella vittoria che non avrebbe pensato tanto facile.
Sfiorò lo sterno, la luce accecava. L'aria era solo
elettricità, il suolo emanava energia. Ma come come una
lampadina quella luce si spense. L'interruttore era stata la voce di
Damon, che la pregava di non farlo.
<< Ferma, Elena! >>
Lo vide correre affannato, spossato, ma vivo. Dietro di lei si ergeva
la figura dell'amica strega, armata dal suo amato Grimorio.
<< Damon Salvatore, vai subito via! >> Klaus mostrò la sua bile senza ritegno.
<< Damon, che ci fai qui? >> Stefan sembrava più
agitato che sorpreso. Nelle sue iridi si ergeva un mare di inquietudine
<< Se Elena userà il suo potere per uccidere il Golem,
morirà. Ma questo Klaus non ve lo ha detto scommetto! >>
Deglutì a fatica Stefan. Le sue iridi si accesero di un fuoco
micidiale. Trasudò bile e disprezzo. Si sentì uno
stupido, si vergognò per non aver dato voce a quella piccola
parte di se stesso che gli intimava fiducia verso suo fratello.
<< E' la verità? >> Volle ancora un'ultima conferma
che si tramutò in un gesto inaspettato quando Klaus
afferrò per il collo la povera indifesa Elena.
Elle fece un gemito e sbarrò lo sguardo. Il cuore
cominciò a martellarle nel petto quando la stretta si fece
micidiale. Nella sua mente fluivano solo una miriade di immagini
sconnesse tra di loro, ma che parevano trovare una sola fonte: Damon.
<< Non avvicinatevi, altrimenti la uccido! >> Fu una minaccia che sferzò le membra dei fratelli mortalmente.
Damon si arrese ad una breve analisi del evento. Gli bastò poco per capire che stesse bleffando.
<< Non potresti mai farle del male. Perderesti la tua unica occasione di uccidere Asmodeo. >>
La presa divenne soffocante << Non sfidarmi, Damon Salvatore. Tu non sai cosa sono capace di fare. >>
Damon lo decise freddamente. In brevi istanti si avventò su di
lui, dando origine ad una marmaglia di corpi informi che cercavano uno
di avere la meglio sull'altro.
Nella smania del momento, Elena riuscì a trovare una via di fuga.
Si strattonò dalla presa, mentre i due vampiri davano inizio ad
una lotta all'ultimo sangue.
Parve prevaricare il maggiore dei Salvatore, quando scaraventò
Klaus a metri di distanza. Ma questi si rifece, troppo adirato per
arrendersi e si avventò su di lui a denti stretti.
Un solo urlo, un solo gemito, un solo vincitore. Damon si
accasciò a terra, sbarrando la bocca come a voler parlare.
Riuscì ad emettere solo brevi suoni gutturali, prima che le sue
ginocchia toccarono il suolo. Sotto lo sterno sinistro, la mano a
coprire la ferita che sanguinava copiosa. L'aveva colpito al cuore, la
dove nemmeno la forza di un vampiro poteva vincere.
<< Damon, no! >> Elena non perse tempo a soccorrerlo. Inutile
spreco di tempo, perché il più sanguinario, quanto
docile dei vampiri, già giaceva inerme, imbrattando il suolo
del suo stesso sangue.
<< Damon, ti prego non lasciarmi. >> Elena lo accolse in
grembo, accarezzandolo amorevolmente. Quasi a voler lenire il dolore, il
suo dolore, che acuiva maldestro e distruttivo, perché l'epilogo
era ormai vicino.
<< Devi andare via Elena. Scappa! >> Fu solo un sussurro,
troppo flebile per essere ascoltato da altri, troppo nobile per fino per
essere pronunciato da un vampiro. Da Damon Salvatore.
<< Non ti lascio Damon. Io ti amo. >>
Lo convinse ancora, perché potesse sapere, perché potesse
esser certo che l'eternità non li avrebbe divisi. Lei lo avrebbe
amato oltre i confini gravitazionali, oltre la morte e i ricordi che si
sarebbero sfocati col tempo. No, non avrebbe amato nessun altro, e
nessun altro avrebbe amato lei quanto Damon.
<< Anch'io ti amo, angelo mio. Ricordatelo sempre. >>
E poi fu il turno di Stefan. Proprio lui che era stato il promotore di un'ingiustizia tanto crudele.
Si scagliò contro il nemico con tutte le sue forze, ben
consapevole che avrebbe potuto fare la stessa fine del fratello. Ma fu
presto sconfitto dal più temuto de vampiri, che non si
risparmiò nel dar prova della sua centenaria forza bruta,
infliggendola su una preda fin troppo debole. Ma Stefan non si arrese.
Accecato dalla rabbia e dal dolore, cominciò a controbattere in
una lotta impari e ingiusta.
Gocce corpulente di sudore cominciarono ad imperlare il viso scuro di Bonnie.
Spettatrice di una tragedia senza eguali. Da una parte Elena di
disperava piangendo, tenendo stretto sul suo grembo un Damon quasi
morente. Dall'altra Stefan si scagliava contro Klaus, per eleggere una
preda ed un predatore.
Ma c'era qualcosa che anch'ella poteva fare. Aprì alla svelta il
suo Grimorio, implorando di trovare l'incantesimo giusto. Ne
scartò alcuni, prima di essere certa di aver trovato qualcosa
che facesse a caso suo.
Dalla sua bocca strane sillabe presero vita. L'aria si caricò di una mistica energia. Il tempo parve fermarsi.
Klaus arrestò il suo cangio diretto verso Stefan, e
cominciò a tremare dolorante. Si portò entrambe le mani
alle tempie, urlando il suo dissenso senza eguali. Stefan lo
guardò di soppiatto, mentre si accasciava al suolo sconfitto.
Rivolse la sua attenzione a Bonnie, per poi riportarla su suo fratello
morente.
<< Presto Elena, dobbiamo uscire fuori di qui! >> Furono le
sue parole, una volta che lo ebbe raggiunto. Caricò Damon sulle
spalle e si accertò che Elena lo seguisse. Corsero verso
l'uscita, portandosi dietro una Bonnie leggermente affaticata.
Dietro di loro, Klaus si contorceva dagli spasmi involontari del suo organismo in subbuglio. Le membra erano in fiamme.
L'uscita della caverna apparve a loro come l'entrata del Paradiso.
Bonnie astuta e inespugnabile strega, fu pronta per pronunciare alla
svelta un incantesimo che avrebbe imprigionato i Golem e Klaus per
l'eternità. A lavoro concluso ci fu solo silenzio.
Poi la disperazione.
Elena teneva ben ferma la testa di Damon sulle sue gambe. Si dondolava,
non preoccupandosi di nascondere il proprio dolore, che stillava dai
suoi occhi a grosse lacrime copiose.
<< Damon, no! >> Disperata a più non posso osservava
il cielo, perché sapeva che li era condotto << Non mi
lasciare, non mi lasciare! >> Si accasciò sul suo viso,
ormai spento e privo di vita. Gli occhi celesti nascosti da quelle
palpebre non avrebbero più brillato, quel sorriso, ora
scomparso, non sarebbe più apparso sulla sua bocca, quella voce,
la sua voce, non l'avrebbe più udita.
<< Damon, ti amo. Non mi puoi abbandonare! Non puoi! >>
Ma ormai era già troppo lontano, così lontano che non
avrebbe mai udito la sua supplica, non avrebbe mai percepito la sua
carezza, mai avvertito il suo freddo calore.
Stefan le si avvicinò mettendole una pacca sulla spalla. Pianse
in silenzio, perché conscio di una colpa involontaria. Era la
fine, proprio per lui che aveva sempre vissuto nel pensiero
dell'eternità.
Un colpo di genio arrestò d'improvviso le lacrime di Elena. << Io posso salvarlo. Posso salvarlo. >>
<< Elena >> Stefan era già pronto per arrestare la
sua pazzia << se userai una quantità tanto elevata di
energia per salvarlo, morirai nel tentativo di provarci. >>
Gli occhi di Elena divennero fiamme, che asciugarono quelle stille
salate, già troppe volte versate << La mia vita non ha
più senso senza di lui. L'ho già persa, Stefan. >>
Non osò obbiettare il vampiro, perché già aveva
osato tanto. La lasciò fare quando la vide chinarsi leggermente
per dare un semplice bacio a stampo al suo amato. La lasciò fare
quando la stessa chiuse gli occhi e ricominciò a concentrarsi,
tenendo ben stretta tra le sue la mano gelida di Damon. La lasciò
fare quando di nuovo la terra cominciò a tremare, ed una luce
intensa accecò ancora i suoi occhi spossati, per irradiare il
circondario al crepuscolo.
La lasciò fare, quando la stessa luce contornò il corpo
del fratello, circondandolo di un'aura calda e rassicurante, che in
breve rimarginò la sua ferita. Poi come tutto era iniziato
così si spense e così si accese quando le palpebre di
Damon si aprirono, lasciando che i suoi occhi azzurri e lucenti, come
l'immensità del cielo, tornarono a brillare.
<< Angelo mio... >> Riuscì a bisbigliare, ripresosi
dal coma, prima di vederla svenire priva di forze sul suo corpo.
Si alzò in fretta, per poterla stringere tra le sue braccia,
sicuro e certo che non avrebbe potuto perderla e vivere con il pensiero
di essere l'artefice del suo sacrificio. L'accoccolò con cura tra
le sue braccia, che ritornarono calde e le accarezzò i capelli
mantidi di sudore, nel tentativo di svegliarla dal suo dolce dormire.
<< Svegliati, Elena. Ti prego svegliati. >> E la paura
divenne aitante, quando la sua amata non dava alcun cenno di vita.
Stefan sgranò lo sguardo affannato, Bonnie accelerò il
respiro, Damon per la prima volta recitò una muta preghiera.
<< Svegliati, Elena, svegliati! Lo so che sei viva. Devi esserlo! >>
Le diede un breve colpetto sulla guancia, per rianimarla. La vide muovere
impercettibilmente e strizzare gli occhi. Fu un dolce
sollievo. Sorrise Damon, perché ora per nulla al mondo l'avrebbe
persa.
Avanti a loro avevano un'eternità d'amore e gioia. E l'eternità era solo l'inizio.
<< Damon, sei vivo. >> le diede subito un bacio, come per
suggellare quel momento. Non fu passionale ne spinto, ma Damon sapeva
che ce ne sarebbero stati altri di migliori, altri più ricercati.
<< Ti amo Elena, ti ho sempre amata. >>
E per Stefan non servirono altre prove. Si arrese, perché di
fronte all'amore nessuno può. Nemmeno un vampiro. Regalò
ad entrambi un sorriso sincero, che gli venne restituito con altrettanto
ardore.
Loro, finalmente, i due fratelli Salvatore, avevano trovato la pace. Ora si, tutti e tre ritornavano a respirare.
Non molto lontano da li, in una cella buia e logora, una ragazza
barcollava su se stessa. Era sporca e sudicia. I suoi capelli, un tempo
setosi, sembravo stoppa. Il suo volto, che molti ricordavano angelico,
sembrava quello di una mummia.
Si raggrinzì su se stessa quando avvertì il rumore di
alcuni passi. Sicura che si trattasse del suo carnefice, si nascose in
un angolo, anche se l'avrebbero comunque vista.
Ma ricevette un'inaspettata sorpresa quando al suo posto si
presentò un giovane che ella molte volte aveva avuto l'onore di
ammirare. Capelli corti, argentati come la luna, occhi rossi e
attraenti come il sangue, la pelle chiara come quella di un angelo.
<< Sei libera. >> pronunciò secco e deciso,
enunciando un'antica formula che l'avrebbe liberata dalla sua
prigionia.
La porta della cella si aprì, lasciandola interdetta sul da farsi.
<< Be' che aspetti? Asmodeo ha avuto quello che meritava e anche
Klaus. Non potranno più nuocere a nessuno e sono sicuro che
entrambi si divertiranno nel luogo in cui si trovano. >>
Le passò una sacca di sangue, che in brevi secondi fu dimezzata dalle fauci della giovane.
Lo guadava di sottecchi e anche con un'insana ostilità. Ma
sentiva di potersi fidare, di doverlo fare. Recuperate le forze
riuscì a reggersi in piedi, raggiungendo il Golem.
<< Grazie Kilik. Non l'ho dimenticherò. >> Un
semplice bacio sulla guancia fu la sua ricompensa, prima di vederla
svanire nel buio della notte.
Poco dopo, la stessa raggiunse le porte di una piccola città. Il
cartello posto come insegna recitava in brevi concisi caratteri:
"Benvenuti a Mystic Falls"
Ella sorrise sghemba. Un minaccioso alito di vento fece svolazzare i
suoi lunghi ispidi capelli. Anche la natura a suo modo lo stava
annunciando.
Katherine era finalmente tornata.
Fine
Innanzitutto
perdonate il ritardo!! Ma sono stata occupata con gli esami e mille
altre cose che mi hanno impedito di mettere finalmente fine a questa
storia. Una fine inaspettata vero? Vi ho stupite? Diciamo che è
una fine senza fine, un po' nel mio stile, lascio a voi e alla vostra
immaginazione continuarla. Oppure un giorno potrei riprenderla. Chi lo
sa.
Per ora ho altri progetti come portare a termine Non lasciarmi
una storia dal successo inaspettato ( sempre delena ovviamente) e
poi dedicarmi ad altro. Lasciate che ringrazi tutte le persone che da
sempre hanno seguito questa storia, che hanno recensito e che mi hanno sostenuto in
particolare Fra Cullen che mi ha dato la giusta energia per concludere questo capitolo.
Grazie infinite davvero!!!! Vi lascio il link della mia Pagine facebook
dove potete leggere tutte le news sulle mie storie e tante altre cose.
Alla prossima ciccie e mi raccomando recensiteeee!!! Kiss kiss da