Dannatamente Tua.

di maccioccafrancesca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ragione E Istinto. ***
Capitolo 2: *** Bugie. ***
Capitolo 3: *** Paura. ***
Capitolo 4: *** Autocontrollo. ***
Capitolo 5: *** Agitata, Nervosa, In Colpa. ***
Capitolo 6: *** Labbra. ***
Capitolo 7: *** Pasta. ***
Capitolo 8: *** Amare. ***
Capitolo 9: *** Un Attimo. ***
Capitolo 10: *** Epilogo - Giusto O Sbagliato. ***



Capitolo 1
*** Ragione E Istinto. ***


CAPITOLO 1: RAGIONE E ISTINTO

            

             Stavo tornando a casa dopo quel giorno tremendamente stressante, quando entrando in veranda non mi ritrovai davanti a Damon. < Tu che ci fai qui? >.
             < Ho cercato inutilmente di rendermi utile >, si chiuse la porta alle spalle, sembrava strano.
             < E in quale modo? >.
             < Non ha importanza >, si avvicinò, e per poco il mio cuore non andò in riserva quando le sue mani sfiorarono le mie. < Lascia che ti aiuti >, prese le buste con i vestiti che stringevo convulsamente poggiandole sul tavolo, privandomi della sua vicinanza.
             < Sei gentile >, osservai. Mai frase fu più stupida della mia in quel momento. Mi dava ancora le spalle.
             < Quando sono arrivato in questa città la volevo distruggere, ma stasera ho sentito di volerla proteggere >, giocava con le mani, come in preda all’ansia. Mi fissò negli occhi per un istante infinito. < Com’è potuto accadere? >. Stavo per dirgli che lui era migliore di quello che pensava, che non era il cattivo ragazzo che voleva far credere a tutti. Lo sapevo, perché lo conoscevo meglio di quanto pensasse. Stavo per dirgli che era un ragazzo perfetto, e che  l’essere vampiro non lo rendeva necessariamente un mostro, ma mi interruppe.
             < Io non sono un eroe, non faccio il bene, perché non è da me >.
             < Forse ti sbagli >. So che ti sbagli.
             < No, il bene lo fa mio fratello e tu e Bonnie: nonostante avesse tutte le ragioni per odiarmi  ha comunque aiutato Stefan  a salvarmi… >, era teso, potevo capirlo anche solo dalla sua voce insicura, forse per la prima volta da quando l’avevo conosciuto.
             < E perché questo ti sorprende? >.
             < Perché lei l’ha fatto per te >, la sua voce aveva riacquistato un po’ di sicurezza, ciò che in quel momento avevo perso io. Nel momento in cui si riavvicinò a me, nel momento in cui potei risentire la sua vicinanza.
             < E ciò significa che per qualche ragione tu hai pensato che io meritassi di essere salvato >. Era troppo vicino, potevo sentire il suo respiro freso sul volto. < E per questo motivo ti volevo dire… grazie >.
             < Non c’è di che >. Volevo urlare. Volevo gridare al mio cuore di non battere così velocemente, volevo gridare al mondo che non amavo Stefan. Volevo farlo, ma non potevo.
            Colmò la distanza tra di noi lasciandomi un bacio leggero sulla guancia. Mi infiammai al contatto con le sue labbra.
            Volevo farlo.
            Mi fissava intensamente, così intensamente da ammutolire ogni mio briciolo di ragione. Lui era la mia droga personale. Forse non volevo ammetterlo ad alta voce perché stavo ancora insieme a Stefan, ma avevo bisogno di lui. La sua presenza mi rendeva migliore, mi faceva sorridere e, soprattutto, mi faceva provare sensazioni come mai nessuno aveva fatto.
Era ancora ad un soffio dal mio viso, e Dio solo sa come feci a non saltargli addosso. Ma me ne restai immobile, sottomessa completamente a Damon. Si avvicinò ancora, fino ad unire le nostre bocche. Dischiuse le labbra così da farmi godere a pieno del suo alito fresco.
            Ma non potevo.
            Improvvisamente l’unico mio neurone ancora funzionante mi disse che stavo sbagliando. Non dovevo rispondere al suo bacio, non era corretto. Se avessi seguito l’istinto piuttosto che la ragione avrebbero sofferto troppe persone. Avrebbe sofferto Stefan, e anche se ormai ero certa di non amarlo gli volevo bene, e avrebbe sofferto Bonnie.
Posai le mani sul suo petto, e anche se l’istinto mi avrebbe detto di afferrargli la giacca e stringerlo a me, seguii la ragione spingendolo leggermente per consentirmi di allontanarmi e riprendere a respirare normalmente.
            Lo guardai un ultima volta negli occhi prima di allontanarmi ancora di qualche passo. Quello che vidi fu un Damon diverso. In volto aveva un’espressione vuota, quasi come quando aprendo la cripta non ci trovò dentro Kathrine. Stava soffrendo, e lo stava facendo solo ed esclusivamente per colpa mia.
            Mi stavo odiando, ma la mia dannata testa aveva deciso di non seguire l’istinto proprio quando più mi avrebbe resa felice.
            Mi avvicinai alla porta senza la forza di alzare lo sguardo su di lui e quando stavo per appoggiare la mano sulla maniglia comparì Jenna. Entrai senza fare storie, non perché non mi desse fastidio che mi rimproverava del fatto che era tardi e dovevo entrare, ma perché se anche avessi provato non avrei avuto la forza di biascicare nemmeno mezza parola. Ero rimasta senza fiato. Damon mi aveva lasciata senza fiato.
            Jenna lo fissò per qualche istante ancora con espressione corrucciata, poi entrò richiudendosi la porta alle spalle. Non stetti neanche a sentire la sua predica, ma mi fiondai in camera buttandomi sul letto. Accesi la abat-jour intenzionata a liberarmi delle mille emozioni che mi stavano soffocando scrivendo un po’ sul mio diario, ma quando sentii un soffio d’aria fredda arrivare dalla finestra aperta quasi non urlai.
            < Elena >. 




Bon, cosa dire?!
Mi è venuta l'ispirazione di scrivere questa fan fic esattamente nel momento in cui ho visto l'ultima puntata dell prima serie. Non mi sembrava vero che Elena avesse finalmente capito che Stefan non è nulla in confronto a quel bonazzo di Damon, e poi i miei sogni sono stati smontati dopo aver scoperto che in realtà quella era Katherine. E allora ho subito cominciato a vedermi la seconda stagione in sub-ita, e posso confermare il mio amore infinito per la coppia Delena!!!
Comunque, avviso che è probabile che nei prossimi capitoli ci saranno spoiler della seconda stagione, quindi chi non l'avesse ancora vista sappia che alcuni avvenimenti saranno ripresi direttamente dal telefilm.
Ora vi saluto e rinnovo la mia richiesta dispeata di recensioni (forse per puro ego personle, ma questo non conta :P), sia contenenti critiche costrutive che non, e vi lancio un bacio enorme!!!
Francesca.

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Capitolo 2
*** Bugie. ***


CAPITOLO 2: BUGIE

            Mi strinsi nelle spalle. Avevo paura che lui sapesse. Avevo il terribile presentimento che avesse capito, o peggio visto, ciò che era successo. Lentamente posai il diario accanto a me nel letto, respirai profondamente e mi decisi a parlare.
< Stefan. Mi hai spaventata >, sarei sembrata fredda e distaccata perfino al più cinico uomo presente su questa terra.
            < Scusa, non era mia intenzione >. Mi imposi di mantenere la calma quando lo vidi muoversi verso di me. Si sedette sul bordo del letto fissandomi intensamente, e a quello scambio di sguardi non potei fare altro che cercare un paragone con le emozioni che avevo provato quando era stato Damon a scrutarmi tanto attentamente. Non era giusto, è vero, ma non riuscii ad impedirmelo, così l’unica cosa che mi venne in mente era che con Stefan non riuscivo a provare quel piacevole brivido che mi aveva attraversato la schiena quando avevo incontrato le iridi color ghiaccio del fratello, o almeno non era più così da qualche tempo.
Prima amavo Stefan, o forse lo pensavo solamente, ma in quel momento ero certa che il dubbio sul mio amore verso di lui fosse totalmente estinto. Non lo amavo.
            < Che ci fai qui? >, cercai di sembrare meno scontrosa.
            < Non posso passare a trovare la mia ragazza?! >, rise amaramente. Deglutii a fatica sfoggiando uno dei miei migliori sorrisi, di quelli falsi, ovviamente.
            < Certo, certo che puoi, solo… di solito entri dalla porta >. Stupida osservazione: magari ci aveva anche provato, ma l’entrata era stata bloccata da me e Damon. Reprimetti quel pensiero, dovevo pensare positivo, infondo non avevo fatto nulla di male, no?! Avevo respinto Damon, se non l’avessi fatto sarei stata nel torto, ma l’avevo scansato, quindi non avevo nulla di cui preoccuparmi.
            < Non credo che dalla porta avrei avuto molte possibilità di entrare >.
            “Respira, respira a fondo Elena, tu non hai fatto nulla di male”, continuavo a ripetermi le stesse parole da non so nemmeno quanto ormai.
            < E… e perché? >.
            < Per Jenna, ovviamente >. Sul suo volto il sorriso amaro che mi aveva appena riservato si tramutò in uno più dolce, in un sorriso alla Stefan. < Cos altro altrimenti?! >, scherzò lasciandomi un bacio leggero sulla fronte.
            < Nulla, scusa… >.Non potevo essere certa che avesse visto quello che era successo con Damon, ma nemmeno il contrario. Ed era terribilmente frustrante trovarmi nella stessa stanza con il mio ragazzo, sul letto, con il sapore delle labbra del vampiro sbagliato ancora sulle mie.
Non amavo Stefan, ma non avrei fatto mai nulla per farlo soffrire, e se quello includeva dover far finta di niente e apparire come la fidanzata perfetta, bene, lo avrei fatto, anche se alla fine sarei rimasta imprigionata nei miei sensi di colpa, anche se in realtà era Damon che volevo, anche se da fuori poteva sembrare la cosa più egoista di questa terra. Potevo sembrare una specie di manipolatrice, magari lui avrebbe anche pensato che restavo con lui e intanto me la facevo con il fratello, ma non era quello che avevo in mente.            
Non volevo tenergli nascosto il bacio per poi sgattaiolare da Damon alla prima occasione.
Non lo amavo, ma lui aveva fatto tanto per me, e non lo avrei ferito.
Si alzò dal letto e in meno di un secondo lo vidi alla finestra pronto ad uscire. Temetti il peggio.
            < Dove vai? >, chiesi titubante, pregando silenziosamente che non sapesse.
            < Devo andare, non preoccuparti, ci vediamo domani >, mi sorrise dolce, e per un secondo scordai quasi di non amarlo. Sì, era scontato, era sdolcinato da far arrivare i valori della glicemia alle stelle e a volte era anche appiccicoso con i suoi modi da super eroe, ma per un attimo rividi il ragazzo che mi aveva colpita quel lontano giorno a scuola.
Un ragazzo normale. Né troppo alto, né troppo bello, ma con quell’alone di mistero che avrebbe affascinato qualunque adolescente. Un fidanzato premuroso che sapeva mantenere le distanze quando cominciava a divenire troppo presente.
Per un secondo pensai che forse se non avessi mai scoperto la sua vera natura il mio amore per lui non  sarebbe mai scemato, ma quel secondo parrò in fretta, e tornai alla realtà, quella dove io ero attratta dal fratello vampiro del mio ragazzo vampiro. Quella dove sarei stata costretta a mentire a me stessa e a tutti quelli che mi erano intorno.
            Bugie.
            < A domani Elena, ti amo >, mise un piede fuori dalla finestra.
            Presi un bel respiro nel tentativo di azzerare i pensieri nel mio cervello. < A domani Stefan, ti amo anche io >.
            Bugie, costanti e laceranti bugie. 
Uscì ammiliandomi con uno dei suoi sorrisi piùdolci, poi ucì velocemente.
            Decisi che era meglio mettermi a dormire. Spensi la luce e mi infilai sotto le coperte con tutti i vestiti ancora indosso. Non volevo pensare, non volevo rimuginare quello che era successo, eppure la mia mente continuava a ripropormi imperterrita le stesse immagini: Damon che mi baciava e Stefan che usciva dalla finestra della mia stanza dicendo di amarmi.
            Chiusi gli occhi lasciando che la mia testa vagasse nei ricordi. Tutto era iniziato con il mio amore quasi ossessivo verso Stefan e con l’odio sconfinato che provavo per Damon, poi con il passare del tempo avevo imparato a trovare il mio fidanzato sempre più scontato, sempre meno amabile, mentre nel mio cuore si faceva spazio Damon con i suoi sorrisi maliziosi, con le sue battutine, e con la sua personalità. Si mostrava come il vampiro cattivo, senza scrupoli alcuni, senza rispetto per la vita altrui, ma io lo conoscevo. Sapevo che l’unica colpa da potergli addossare era stata amare la donna sbagliata. Era successo tutto per colpa di Katherine, se non fosse stato per l’amore che lo legava a lei non avrebbe fatto nemmeno la metà delle cose che lo avevano segnato per 145 anni come un crudele e menefreghista vampiro.

            Mi addormentai pensando a lui. Ripensando al nostro bacio.
 
 
Quella mattina mi ero svegliata con una convinzione: avrei ricominciato ad amare Stefan. Non lo volevo, ma era necessario.
Mi ero innamorata di lui già una volta. Per mesi non  ero riuscita a pensare ad altri che a lui, quindi perché non sarebbe stato possibile ripetere le cose?! Il mio volergli bene poteva tramutarsi in amore e, se proprio non lo avesse fatto, mi sarei inventata qualcos’altro.
           Le ore a scuola passavano lentamente, ed il mio controllare l’orologio ad intervalli di cinque secondi non faceva che rendere l’attesa per l’uscita da scuola sempre più lontana. Come in un sogno e si corre incessantemente, ma la luce è sempre più lontana. Una specie di tapis roulant del tempo. Ecco, quelle quattro ore mi erano sembrate così.
Ancora l’ora di storia e sarei potuta tornarmene a casa, buttarmi sul letto e svuotare la mente per riempirla solo di musica, musica e ancora musica!
Arrivai in classe con l’affanno per i due piani di scale che la separavano da quella dell’ora prima, ma c’era qualcosa di diverso. Stefan non c’era. Caroline non c’era. E Bonnie era agitata come poche volte l’avevo vista.
            < Bonnie, che succede? >.
            < Caroline, è in ospedale, non ho capito bene cosa sia successo, credo un incidente in macchina con Tyler e Matt >. A quelle parole sbiancai. Come potevo aver passato la mattinata a pensare ai miei problemi amorosi mentre Caroline era in ospedale?!
            < Bonnie, calmati, appena finita l’ora di storia andremo da lei in ospedale >.
            Così facemmo, appena finita l’ora di Alaic ci precipitammo in ospedale, trovando lì Stefan.
Appena mi vide il suoi occhi si ridussero a due fessure, come se stesse cercando di capire se quella che vedeva ero realmente io o una che semplicemente mi assomigliava. Rimase a scrutarmi per quasi un minuto, poi si fece scuro in volto, si girò e se ne andò mugugnando qualcosa che da quella distanza non riuscii a sentire. Avrei voluto corrergli dietro per chiedergli spiegazioni, ma un po’ per stizza e un po’ perché mi premeva sapere le condizioni di Caroline, lo lasciai andare. Insieme a Bonnie mi precipitai da Liz per chiederle come stesse la figlia, ma era talmente sconvolta da non riuscire a parlare. Presi Bonnie in disparte.
< Tu non puoi fare niente? Tipo un incantesimo o qualcosa del genere? >.
            < Non sa come >, rispose una voce dietro di me. Una voce famigliare, la sua voce. < Vero? >.
            < No, non lo so >. Rispose la mia amica.
            < No, non lo sai >, mi girai per vederlo. Si stava avvicinando a noi facendo molta attenzione a non incontrare il mio sguardo nemmeno per caso. < Posso dare un po’ del mio sangue a Caroline >.
            Bonnie stava per rispondere, e credo affermativamente, ma m’intromisi io, costringendolo a lanciarmi una breve occhiata. < No, non se ne parla >.
            < Solo il necessario per guarirla. In ospedale sarà al sicuro e il suo corpo lo smaltirà in un giorno. Starà meglio, Elena >, sentirgli pronunciare il mio nome mi donò un sollievo inappropriato per quella situazione. Un sollievo che non dovevo permettermi di provare.
            Bugie.
< Fallo >, intervenne Bonnie., che guardai truce. < E’ Caroline, non possiamo rischiare, quindi, fallo >. Fissò Damon che subito acquistò il suo sorriso sghembo.
< Se lo farò io e te proclameremo una tregua? >.
            < No, ma lo farai comunque >. Il sorriso del vampiro tramutò in una smorfia di disapprovazione.
            Feci cenno a Bonnie di lasciarci da soli e, anche se sembrava molto restia a farlo, mi accontentò. Volevo chiarire con lui, volevo che la nostra amicizia non si rovinasse solo per i miei dubbi da ragazzina lagnosa, volevo rimediare.

            Appena fu lontana abbastanza mi girai verso Damon, ma lui non c’era più.
 
 
Arrivata a casa non ebbi nemmeno la forza salutare Jenna, che tra l’altro stava amoreggiando sul divano con Alaric quindi non ci avrebbe fatto molto caso. Salii le scale con la velocità di un bradipo e subito, per modo di dire, diciamo che l’aggettivo più appropriato sarebbe stato ben altro, ma mi piacque pensare di essere rapida anche nei miei moti a rallentatore, entrai in bagno. Appoggiai le mani al lavandino e mi guardai allo specchio. Avevo un aspetto orribile.
Mi sciacquai con l’acqua fredda e andai in camera con l’intenzione di buttarmi a peso morto sul letto e non rialzarmi per almeno venti ore.
            Varcai la soglia della stanza e, come ormai mi era consueto fare, reprimetti un urlo a stento.
Seduto ai piedi del letto Damon mi scrutava attentamente.
            < Ciao >. Misi una mano sul petto con l’intento di far rallentare la galoppata del mio cuore.
            Fece un cenno con la testa, per poi abbassare lo sguardo. Non mi mossi da dov’ero, non sapevo cos’altro fare o dire, e pensavo che cominciare a sparare mille domande a raffica per chiedergli del bacio non avrebbe fatto altro che renderlo meno propenso a parlare di quanto non sembrasse.
            Eravamo in silenzio da non so quanto, però sembrava un’eternità.
< Come stai? >, azzardai guardandolo dritto in viso nella vana speranza che alzasse gli occhi per incontrare i miei. Mi avvicinai appena, al che lui si alzò indietreggiando. Rimase in silenzio.
< Caroline sta meglio, la dimetteranno fra un paio di giorni, e deve ringraziare te per questo… >.
            Nulla, continuò a non dire nulla. Il suo silenzio cominciava ad essere irritante.
            < Damon >, mi feci più seria. Si girò appena verso di me. < Voglio delle spiegazioni >.
            A quanto pare feci scattare la molla perché alle mie parole mi si piazzò davanti, guardandomi negli occhi, finalmente. < Spiegazioni su cosa? >, finalmente parlò. Dopo una lunghissima notte potevo risentire la sua voce meravigliosa. Ecco, lo stavo facendo ancora. Dovevo sforzarmi di non attribuirgli aggettivi quali “meraviglioso”, o il mio piano “innamoriamoci di Stefan appassionatamente” sarebbe andato appassionatamente a quel paese.
            Sapevo che stava pensando che volessi delucidazioni riguardo il bacio della settimana prima, ed effettivamente era così, però chiedendoglielo non avrei fatto altro che riattivare il suo mutismo-moment, ne ero certa. < Dove sei scappato questo pomeriggio?! >.
            < Non posso dirtelo >.
            < Perché? >.
            < Ti devi accontentare di sapere che non posso dirtelo >.
            < Sei enigmatico oggi >.
            < Lo sono sempre >. Sorrise appena.
Mi accomodai sul letto, palesemente, forse anche troppo, sollevata che avesse scambiato con me almeno qualche parola.
            < Elena >, mi chiamò dolcemente sedendosi accanto a me sul letto. < Non posso far finta che non sia successo >. Sapevo a cosa si riferiva.
            < Non devi >, cominciai. Il suo volto s’illuminò e il mio cuore mi urlò di non farlo, mi supplicò di finire lì la frase e lasciare che il resto venisse da sé, ma avevo deciso di non dare ascolto all’istinto. Avevo deciso di agire secondo la ragione.
            Volevo farlo, ma non potevo.
            < Non voglio che tu faccia finta che non sia successo, ma io sì, io devo… >, cercai di sembrare calma, tranquillizzante, ma la verità era che mi stavo odiando con tutte le mie forze, se solo avessi potuto mi sarei presa a schiaffi, però magari avrei lasciato a lui l’onore.
            < Perché dovresti, tanto mi hai respinto >, disse amaramente. < Sono io quello che ha baciato la ragazza di suo fratello, sono io quello nel torto. Quello che fa sempre tutto sbagliato, che sceglie sempre le ragazze a cui non gliene frega niente di lui. Io sono la seconda scelta, il fratello cattivo, quello da disprezzare… >.
            < Smettila >, lo interruppi. < Non continuare, ti prego >.
Come poteva dire quelle cose?! Se solo avesse saputo quanto valeva, se solo io glielo avessi fatto capire piuttosto che disprezzarlo e odiarlo fin dal primo giorno che era arrivato a Mystic Falls. Se solo lo avessi capito prima…
            < Perché no?! >, disse con una smorfia.
            < Perché non è vero. Tutto quello che hai detto, non lo è e non lo sarà mai. Tu non fai sempre tutto sbagliato, non scegli sempre ragazze a cui non frega niente di te e, soprattutto, non sei né una seconda scelta né il fratello cattivo, semplicemente sei quello che ha dovuto vivere il lato doloroso della vita. Nella vostra maledizione di vampiri Stefan è stato quello fortunato, mentre a te è toccato interpretare la parte del crudele e menefreghista, ma non sei così. Sei solo Damon, un ragazzo centenario con una vita che con lui è stata cattiva >. Lo guardavo teneramente, forse avevo detto troppo, forse troppo poco, ma lui doveva sapere. Non poteva continuare a credere di essere lo scarto della famiglia, perché non lo era.
            Mi guardava intensamente, tanto che avrei voluto mandare all’aria tutto il mio piano per non far soffrire Stefan. Volevo Damon, e lo volevo in qualsiasi modo umanamente possibile.
            Mi prese alla sprovvista. Si avvicinò fulmineo prendendomi il viso tra le mani, quasi con avidità. Mi baciò con forza, facendo combaciare le nostre labbra rabbiosamente. Era del tutto diverso dalla sera prima.
            < Damon >, dissi contro il suo viso, ma più che come una lamentela di disapprovazione uscì come una supplica. Volevo che mi baciasse, lo volevo con tutta me stessa, e l’ultima cosa che in quel momento mi premeva non era farlo staccare per i miei riguardi verso Stefan, quelli li avevo dimenticati nel momento in cui mi aveva inchiodato con lo sguardo, ma perché non era così che lo volevo. Avevo sognato per tutta la notte quel bacio dolce, quasi casto, che avevo anche avuto la forza di fermare e ritrovarmi nuovamente contro le sue labbra con quella rabbia era sbagliato, non era così che doveva andare.
            < Damon, lasciami >, insinuò la destra fra i nostri corpi per percorrere la mia schiena da sotto la maglietta. Rabbrividii per la consapevolezza che se avesse voluto avrebbe potuto prendermi, e con quelle premesse l’avrebbe fatto con tutta la violenza che si poteva attribuire ad un vampiro. Sentivo le lacrime premere per uscire, quello non era Damon, non poteva esserlo.
Si avvinghiò di più a me, trascinandomi distesa sul letto sotto di lui. Per quanto mi dimenassi non riuscivo a smuoverlo di un solo centimetro. Scese a dedicarsi al mio collo, lasciandomi scie di baci  e morsi che in qualsiasi altro momento mi avrebbero fatto morire dal desiderio, mentre in quel momento mi facevano morire di paura.
            < Ti prego >, singhiozzai ormai con gli occhi lucidi. Le lacrime mi rigavano il viso lasciando al loro passaggio una scia amara quanto lo era quel momento.
            Sembrò ascoltare la mia supplica. Si alzò leggermente, senza comunque spostarsi da sopra di me.
Le piccole vene rosse che si erano formate intorno ai suoi occhi scomparvero lentamente e gli occhi si fecero sempre più chiari, fino a tornare del loro colore abituale.
            Dalla sua espressione capii. Si sarebbe impalato da solo, lo avrebbe fatto perché aveva appena fatto quello che tutti si sarebbero aspettati da lui, si era appena dimostrato il vampiro cattivo.
            Si scansò appena e io colsi l’occasione al volo per sgattaiolare da sotto di lui e tuffarmi al muro più lontano dal letto. Ero terrorizzata, ero amareggiata ed ero profondamente triste.
Sapevo che non lo avrebbe mai fatto, che quel comportamento era solo la conseguenza delle emozioni amplificate da vampiro, ma non riuscivo a smettere di provare paura. Da lì la tristezza: mostrandomi terrorizzata gli avrei fatto credere di aver detto quello che avevo detto solo per dargli il contentino, mentre non era così. Io pensavo davvero che lui fosse d’animo buono, ne ero certa.
            Alzai lo sguardo sul letto e lo trovai vuoto, allora perlustrai attentamente la stanza cercando di scorgere tutti i particolari attraverso le lacrime, ma di lui non c’era traccia. Mi fiondai alla finestra, era aperta.
            Se ne era andato. 




Rieccomi qui da voi con il nuovo capitolo. Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno anche perchè mi avete accolto con tanto affetto e di questo ne sono stata immensamente felice!!! :)
Passando alla storia, sono consapevole che ci sia stato uno Stelena abbastanza lungo e che il Delena sia stato a dir poco devastante, ma la storia deve prendere unpò di corpo, altrimenti sarebbe noiosa, no?!
In questo secondo capitolo si mette in mostra tutta l'indecisione di Elena. Lei vorrebbe Damon, anche se non sa cosa prova realmente per lui, però non vuole far soffrie Stefan, poi decide di non fregarsene nulla e seguire il proprio cuore, ma quel nano secondo di decisione scompare all'istante perchè Damon è Damon, e se non combinasse qualche casino non sarebbe così immensamente sexy.
Comunque, sono sicura abbiate notato lo spoiler della seconda stagione, ovvero Caroline in ospedale, e se putacaso vi stiate chiedendo se arriverà Kathrine, sappiate che non tarderà a fare la sua trionfale entrata in scena, ma non vi dico altro!!! :P

GLObulesROUGE: spero che ti sia piaciuto anche questo capitlo, ci ho riflettuto a lungo, anche perchè prima lo avevo scritto in tutt'altro modo, ma rileggendolo l'ho trovato noioso, così l'ho un pò movimentato XD comunque, anche se sei già spoilerata a dovere (XD) ti avviso che gli spoiler non ci saranno sempre e soprattutto a volte li modificheò per obblichi di trama, un bacioooo <3

bulma_89:già, se fosse stata Elena sarebbe stato tutto molto meglio, ma è anche vero che probabilmente tutte le puntate venute dopo sarbbero state completamente dverse, e io non scambierei la 2x08 con nulla al mondo, lui è troppo dolce!!! Un bacioooo <3

DarkNemesis: hehe ego accontentato XD comunque devo dire che vedere le puntate in sub ita è ance più bello perchè senti le loro vere voci e, come dicevo sopra, la 2x08 l'ho amata e sono sicura che con il dobbiaggio l rovineranno QQ spero che il chappy ti sia piaciuto!!! Baciuxxx :))))) <3

RoxanneNO:bhe,come te condivido pinamente l'amore per Damon, ma anche per Ian che sembra essere una persona stpenda, e ti ringrazio tantissimo per i complimenti (<3) però mi dispiace, ma io Bonnie non ce la vedo con Damon (lei mi piacerebbe con Stefan XD), però mi gusterebbe molto anche la coppia CarolinexDamon,comunque, chi vivrà vedrà!!! Un bacioneeee <3

DeLiz: grazieeeeeeee <3 e mi raccomando, Delena forever!!!! Bacioniiiii <3

Kiss88: condivido, quella scena è stupenda, e ti ringrazio per avermi fatto notare qull'errore,come ho detto sn sempre aperta ai consigli per migliorarmi!!! Spero che continuerai a seguire la storia, baciottiiiii <3


Ringrazio anche chi ha messo la fic tra le seguite e le preferite, grzie davvero!!! <3

Un bacio.
Francesca.




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Capitolo 3
*** Paura. ***


CAPITOLO 3: PAURA

Avevo pianto tutta la notte. Avrei voluto smettere, ma ad ogni volta che riuscivo a calmarmi seguiva un nuovo cedimento.
Avevo pianto per Damon, per il fatto che per quei pochi minuti che era stato nella mia stanza avevo avuto paura. Avevo pianto perché quando se ne era andato aveva pensato che mi avesse terrorizzata, ma non era così. Avevo avuto paura di quell’improvvisa manifestazione di amore represso, che era uscito fuori con rabbia e smania, ma non avevo avuto paura di lui. Come avrei potuto?!
Sapevo perfettamente che non mi avrebbe fatto mai del male, ma gli avevo fatto credere il contrario.
            Avevo paura che lui pensasse di avermi fatto paura.
            Mi tirai a sedere sul letto di scatto, seppur con fatica. Rimpiansi subito il mio gesto perché venni assalita dal mal di testa, come se non stessi già abbastanza male. Camminai a tentoni fino al bagno, ma non avevo bisogno di specchiarmi per capire che i miei occhi erano rossi e gonfi, e probabilmente neanche la doccia più rilassante unita al trucco di un professionista avrebbero migliorato il mio aspetto.
            Mi sciacquai velocemente sotto la doccia, non avevo tempo di pensare a rilassarmi, mi limitai a lavare via l’odore di stanchezza.
Mentre il getto d’acqua calda mi colpiva con insistenza ripensai alla sera prima, ripensai a Damon. Non riuscivo a capire perché fosse stato così violento, così smanioso, quando invece la sera prima ancora si era comportato in tutt’altro modo. Qualcosa lo aveva fatto scattare, forse qualche mia parola, o magari il fatto che gli avessi detto di non poter ricordare quel bacio. Io e la mia stupida voglia di non far soffrire Stefan… Era vero, non volevo farlo soffrire, ma se questo comportava passare notti intere a piangere e sentirsi una schifezza, bhe, avrei sicuramente optato per lasciar perdere e fregarmene dei suoi sentimenti.
            Uscii dalla doccia ed una brillante idea, per quanto il mio cervello potesse metabolizzare brillantemente, mi balenò nella testa: quel giorno avrei saltato la scuola e sarei andata da Damon. Dovevo fargli capire che non avevo paura di lui, e che quello che era successo la sera prima sarebbe rimasto solo come un pallido ricordo dentro di me.
            Vestita e truccata al meglio per nascondere le occhiaie scure, sgattaiolai di casa senza farmi sentire da Jenna. Salii in macchina e misi in moto.
Guidai per tutta la strada spingendo sull’acceleratore ogni qual volta mi era possibile, a volte ritrovandomi anche a fare lo slalom tra gli altri veicoli. Nonostante fosse solo mattina presto volevo arrivare a casa Salvatore il prima possibile.
            Imboccai il viale che portava all’enorme abitazione d’epoca e parcheggiai accanto a quella di Damon. Buon segno, voleva dire che con il 50% delle possibilità lo avrei trovato in casa.
            Scesa dalla macchina mi precipitai alla porta e bussai, ma non mi rispose nessuno. Riprovai ancora, ma la porta si aprì solo al quarto tentativo.
            < Elena… >, mi aprì lui. Indossava la camicia nera della sera precedente, mezza sbottonata, in mano teneva una bottiglia e dalla sua faccia, ma soprattutto dal suo alito, intuivo che fosse sbronzo.
            < Sono le otto del mattino e tu sei già ubriaco?! >, mi feci spazio per entrare. Passandogli accanto odorai a pieni polmoni il suo odore che, nonostante fosse quasi del tutto coperto da quello dell’alcol, si distingueva chiaramente. Sentii la porta chiudersi e Damon camminarmi dietro cauto.
Mi girai e lo trovai a sorseggiare il liquido giallastro dalla bottiglia. Gli presi quest’ultima dalle mani per posarla sul mobiletto dei liquori, poi presi a guardarlo con insistenza al fine di captare qualche emozione trapelare dal suo volto. < Come stai? >, chiesi apprensiva.
            < Che ci fai qui? >, sembrava scontroso.
            < Sono venuta a vedere come stai >.
            < Pensavo che non ti avrei più rivista per un bel po’ >, disse sarcastico. Abbassò lo sguardo, concentrandosi su una lastra di parquet antico.
            < Cosa te lo faceva pensare? >.
            < Hai pianto >, constatò notando lo stato dei miei occhi, ma soprattutto sviando la mia domanda. Si avvicinò, ma non a me, bensì al mobiletto dove avevo posato la bottiglia. La riprese e ricominciò a tracannarla avidamente. < Ora gradirei che te ne andassi >, questa volta aveva usato un tono di voce dura. Un attimo prima sembrava quasi dispiaciuto per me e quello dopo mi cacciava… diedi la colpa all’alcol.
            < Non voglio andarmene >.
            < Ma lo farai >, replicò lui all’istante. Con la mano mi indicò la porta, come ad invitarmi ad uscire.
            < Dobbiamo parlare >.
            < Non ho niente da dire >, disse freddo.
            < Però io si! >, mi alterai alla sua apparente noncuranza.
            < Però niente, non ho voglia di ascoltarti >, si avvicinò nuovamente al mobiletto dei liquori. Sostituì la bottiglia vuota che aveva in mano con un’altra ancora piena. < Chiudi la porta quando esci >, disse senza voltarsi verso di me.
            < Mi stai cacciando? >.
            < Credo proprio di sì >.
            < No, non puoi >, mi lagnai assomigliando ad una bambina che scoppia a piangere perché il papà non le vuole comprare il lecca-lecca. Mi disgustai da sola.
            < E’ casa mia, posso fare questo ed altro, quindi vattene, prima che mi incazzi e ti faccia uscire io con la forza >.
Per un momento ebbi un flashback. Nella mia mente si fecero spazio delle immagini. La prima volta che avevo incontrato Damon, la prima volta che lo avevo odiato, quella in cui lo avevo visto fragile e poi di nuovo odioso e strafottente, la prima volta che mi aveva baciata. E poi rividi la sera prima e capii perché aveva agito così impulsivamente.
Aveva trascorso la sua vita da umano disprezzato dal padre, era sempre stato l’ombra del fratello e aveva amato la stessa donna di quest’ultimo, una donna che lo aveva solo preso in giro amando Stefan di giorno e lui di notte. Si era trasformato in vampiro quando invece avrebbe solo voluto morire per poter raggiungere Kathrine, che poi tanto morta non era. E poi c’ero io. L’avevo odiato, disprezzato, ripugnato in ogni modo e lui invece di ignorarmi mi aveva baciata, non sapevo perché l’avesse fatto, forse perché gli ricordavo l’amore della sua vita, o magari per tutt’altro motivo, ma io lo avevo rifiutato nuovamente, mostrandogli il mio terrore. Lo avevo ferito e lui aveva tutte le ragioni per esserlo.
            < Allora ti toccherà usare la forza perché io non ho intenzione di andarmene >.
Sul suo volto si dipinse un’espressione di disgusto. < Cosa vuoi? >, si andò a sedere sul divano lasciando la bottiglia sul tavolino adiacente. Io rimasi dov’ero.
< Voglio parlarti >.
< Questo me lo hai già detto >. Chiuse gli occhi massaggiandoseli con le dita.
Mi avvicinai piano. Non avevo la speranza che non mi sentisse, sapevo che volendo avrebbe individuato anche una mosca a cento metri di distanza, ma feci piccoli passi fino ad arrivargli di fronte.
            < Non ho paura di te. Non l’ho mai avuta e mai l’avrò. Quindi devi rassegnarti perché mi avrai intorno ancora per molto tempo >. Avevo iniziato a parlare con tono serio, ma finii la frase con una mezza risata nel vano tentativo di demolire il muro immaginario che si era creato fra di noi, che ci separava.
            < Non è vero >.
            < Come fai ad esserne così sicuro? >.
            < Come faccio a non esserlo, piuttosto >.
            < Mettimi alla prova allora >.
            < Scusa? >, aprì gli occhi di scatto.
            < Mettimi alla prova >, ripetei. < Fai qualcosa. Avvicinati, minacciami, tirami uno schiaffo, mordimi pure se vuoi, tanto io continuerò a non temerti. Quindi, mettimi alla prova >, scandii le ultime parole.
Si alzò velocemente, ed altrettanto rapidamente mi fu di fronte. Non mi mossi da dov’ero, rimasi semplicemente a guardarlo negli occhi in attesa che facesse qualcosa.
            Sentivo il cuore battere all’impazzata sotto il mio petto e avevo la sensazione che avesse potuto sentirlo. Deglutii rumorosamente quando posò la manca sulla mia guancia, coprendola come un velo d’aria bollente. Esitò.
            Paura.
            Capii che poteva aver frainteso, così presi la mano che teneva leggera sul mio volto nella mia. Guidai le nostre mani intrecciate lungo il mio collo. Avrei continuato quella discesa bollente per fargli capire come battesse il mio cuore quando mi toccava, e non per paura, ma per qualcosa che non riuscivo ancora a spiegarmi. Avrei continuato quella discesa bollente, l’avrei continuata fino all’infinito, ma bloccò le nostre mani all’incavo del mio collo.
            Si chinò appena su di me. Strusciò la sua guancia contro la mia e non potei far altro che rabbrividire al contatto della sua barba incolta di un giorno sulla mia pelle. Prese a tracciare ghirigori immaginari con il naso. Sulla guancia, sul collo, poi salì verso l’orecchio. < Vattene >, soffiò. Si staccò ed in un secondo era già dall’altra parte della stanza. Di nuovo con la bottiglia in mano, di nuovo lontano da me.
            Non mi voleva in casa, quello l’avevo capito, quindi non mi restò altro da fare che andarmene.
Mentre mi avvicinavo alla porta, con passi lenti e non troppo decisi, evitai il suo sguardo in ogni maniera possibile. Regnava un silenzio devastante, silenzio rotto dallo squillo del mio cellulare che iniziò a suonare “Enjoy the silence” proprio quando avevo poggiato la mano sulla maniglia. Lo presi dalla tasca, era Stefan.
            Uscii e appena mi richiusi la porta alle spalle risposi.
            < Elena, dove sei? >. Era preoccupato, troppo preoccupato solo per non avermi vista a scuola.
            < Oggi non sono entrata, mi sentivo male >.
            Bugie.
            Mi appoggiai al legno freddo della porta.
            < Sono passato a casa tua e non c’eri >.
            < Ehm… si, ho pensato che uscendo un po’ mi sarei sentita meglio… >
            < Sicura? >.
            < Si, certo… >.
            < Bene, ero preoccupato >, non sembrò sollevato, era come se ci fosse qualcos’altro a farlo stare in pensiero. < Ora sei a casa, vero? >, usò un tono di voce che non ammetteva repliche. Chissà cosa avrebbe pensato se avesse saputo che ero appena uscita da casa Salvatore, per di più in perfetta salute fisica, al contrario di quella morale…
            < Quasi >, mentii per la terza volta.
            < Quanto è “quasi”? >
            Dovevo sviare la domanda, dovevo, altrimenti il mio piano per non far soffrire Stefan avrebbe avuto bisogno di un’opzione B. Sapevo di aver deciso di mandare all’aria tutto durante la sera prima, ma dalla sera prima erano cambiate tante cose. Era cambiato il mio rapporto con Damon, anzi, a dire il vero era cambiato solo quello, ma per me lui valeva “tante cose”. Damon valeva tanto, troppo.
            < Non molto, tranquillo, piuttosto perché non mi dici dove sei finito ieri pomeriggio?! >.
            < Elena, ascoltami, non devi restare fuori casa nemmeno un secondo di più. Torna a casa, o se sei più vicina a casa mia vai da Damon, o vai da Bonnie, ma non restare per strada! >, aveva il respiro affannoso. Dimenticai la mia domanda, sembrava più grave di quanto avessi immaginato.
            < Non capisco Stefan, c’è qualcosa di cui dovrei preoccuparmi?! >.
            < Non volevo che lo sapessi, ma Kathrine è in città, e ciò significa che non sarai al sicuro finchè non sarai a casa! >
            < Kathrine?! Cosa… come? Da quanto è a Mystic Falls?! >. Tentavo di respirare normalmente ma avevo troppa paura.
            < Da quel che so io da l’altro ieri, ma potrebbe essere anche da prima, adesso fammi il favore e torna a casa >.
            < Sì io… ti chiamo dopo >.
            Paura.
            Mi ritrovai a tremare. Non avevo mai incontrato Kathrine, ma sapevo di cosa era capace. Era un vampiro, e quello avrebbe dovuto dire tutto, ma avevo imparato ad apprezzarne alcuni esemplari. Ciò non voleva dire che lei fosse tra quelli, ovviamente. Era cattiva, spietata, e probabilmente se era tornata a Mystic Falls c’era un motivo più che valido, per questo non potevo escludere che fosse perché voleva tornare la regina incontrastata, la donna contesa tra i fratelli Salvatore, quella temuta e al contempo invidiata da tutti. Non potevo escludere che volesse tornare ad essere Kathrine Pierce.
            Non sapevo cosa fare, Stefan mi aveva detto che sarei dovuta entrare in casa il più in fretta possibile, e che se mi trovavo vicino casa sua potevo andarci. Bhe, io vicino casa sua c’ero. Ero ancora alla porta, totalmente indecisa.
Per la mia incolumità sarei dovuta rientrare in casa da Damon, ma non volevo, non dopo come mi aveva trattata.
            Respirai a fondo un paio di volte per poter pensare più lucidamente: casa mia distava almeno una ventina di minuti con l’auto, e quella di Bonnie anche di più. Caroline era in ospedale, quindi non potevo contare su casa sua. Per un attimo pensai ad Alaric, ma lo cancellai all’istante perché oltre a non sapere dove abitasse sicuramente lo avrei trovato a casa con Jenna. Jenna… sentii crescere un groppo alla gola pensando che Jenna e Jeremy potevano essere in pericolo. Se davvero Kathrine mi assomigliava così tanto sarebbe potuta entrare in casa facilmente, non potevo permettere che accadesse.
            Cominciai a bussare insistentemente alla porta con violenza. Mi sarei aspettata che Damon mi avrebbe aperto dopo svariati minuti, invece mi fu subito davanti.
            < Lo so che non mi vuoi vedere >, iniziai in tono supplichevole. < Però mi devi aiutare > .
            < Andiamo >, disse senza nemmeno finire di ascoltare le mie preghiere. Uscì e si chiuse la porta alle spalle trascinandomi dietro di lui per un polso. La sua mano si stringeva convulsamente a me, ma senza farmi male. Era come se qualcosa fosse cambiato in quei pochi minuti in cui ero stata fuori casa sua.
            < Stefan ha detto che Kathrine è in città, sono preoccupata per Jenna, devi portarmi a casa! >, lo supplicai ancora salendo sulla sua macchina. Non disse nulla, non finchè non sentii la macchina fermarsi di fronte il vialetto di casa mia.
< Tu entra in casa, io vado a prendere tuo fratello >.
            Feci come mi disse. Entrata trovai Jenna dilettarsi in cucina e Alaric seduto sul divano a leggere un libro. Mi sentii più sollevata.
Raggiunsi mia zia, la quale mi squadrò per un secondo, probabilmente si stava chiedendo perché non fossi a scuola.
            < Elena, hai dimenticato qualcosa? >. Non capivo. Mi fissò ancora qualche istante. < Credevo avessi detto che saresti tornata solo questa sera >.
            < Non capisco cosa intendi >.
            < Certo che oggi sei strana… prima mi chiedi il permesso di entrare quando hai le chiavi di casa, poi dici che la scuola oggi è chiusa e avresti passato tutta la giornata con Stefan e adesso torni qui, aprendo la porta da sola, dicendo che non capisci cosa intendo… credo proprio che ti stia venendo la febbre >.
Sentii lo stomaco in subbuglio. Kathrine era stata qui.
            Paura.
            < Jenna… >, avrei voluto rimproverarla perché aveva fatto entrare in casa un vampiro dalle intenzioni sconosciute, ma non potevo perché lei pensava che fossi io. < Stai… stai bene? >.
            Mi guardò scettica. < E’ già, devi proprio avere la febbre… >, mi liquidò senza dire altro per raggiungere Alaric nel salotto.
            Presi il cellulare per scrivere un messaggio da inoltrare sia a Stefan che a Damon. Le dita mi tremavano.
           “Lei è stata qui”. 



  
Eccoci qui!!!
Allora, penso abbiate notato che in questo capitolo gli spoiler non ci siano, e soprattutto che la trama della fic sta prendendo una piega completamente diversa dal telefilm, ma non temete, molti degli avvenimenti successivi li modellerò sulle trame delle varie puntate! Comunque, visto che non ho altro da dire sul chappy, a parte che spero vi sia piaciuto, passo ai ringraziamenti J
 
RoxanneNO
: hai proprio ragione, la storia di Damon è triste, la più triste di tutto TVD!!! Però mi dispiace, ma io Stefan non lo sopporto proprio, ti basti sapere che nella fanfic lo sto descrivendo al meglio delle mie possibilità, tanto per non metterlo troppo in ombra (fosse per i miei gusti non lo nominerei nemmeno XD). E poi ovviamente… viva i BELLI E DANNATI!!! Grazie, grazie, grazie per continuare a leggere la fic, bacioooo
 
chicchi93 : grazie, sono felice che ti piaccia, e spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Delena 4ever!!! Baciiiiii
 
bulma_89 : effettivamente io penso che nel telefilm lei sotto sotto ami Damon, magari più di quanto ama Stefan, solo che non vuole ammetterlo. Credo che lei abbia bisogno di qualcosa di concreto, e Stefan, nel suo essere vampiro, è certo più rassicurante di un Damon sempre imprevedibile… però non c’è storia, è molto meglio Damon!!! Grazieeee, baiux!!
 
Siwa94 : grazie, la parte finale l’ho riscritta almeno cento volte! XD baciii
 
Scaldotto : hai ragione, rileggendo il capitolo mi sono resa conto di come mi sono giocata Damon. Gli ho fatto dire frasi che probabilmente non avrebbe detto neanche sotto tortura, ma rileggendolo in fretta non me ne ero resa conto. Comunque in questo capitolo ho cercato di renderlo il più simile possibile al telefilm.L'ho fatto risultare stronzo, però quando Elena h bisogno di lui non esita ad aiutarla, comunque se ancora pensi che ne sia molto lontano dimmelo, apprezzo sempre critiche costruttive!!! Grazieee, bacioni!!!
 
kiss88 : eeeeh, cara mia, se fosse finita in altro modo la fic si sarebbe conclusa con questo capitolo XD comunque tranquilla, arriverà il momento in cui Elena farà la sua scelta e sceglierà uno dei fratelli (noi facciamo finta di non sapere quale sceglierà, ma lo sappiamo XD). Le riflessioni di Elena me le sono studiate per un po’, ho cercato di capire perchè si ostini a rifiutare Damon e allo stesso modo perché sembri più ossessionata che innamorata di Stefan, e sono arrivata alla conclusione che forse è proprio perché infondo lei ama Damon. Spero che lo capisca anche nel telefilm!!! Baciiii e grazie milleeee
 
DeLiz : esattamente, Damon ha un modo tutto suo di amare e di essere amato. Elena ha reagito come avrebbe fatto chiunque, ti posso assicurare che però in seguito cambieranno un po’ di cose, ma non ti dico altro!!! XD grazie davvero, leggere recensioni come la tua fa sempre piacere!!!! Bacioniiiiii
 
 
Ciccine, come al solito ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite e le preferite!!!
 
P.S. oggi in america è uscita la puntata 2x12, e domani o dopodomani me la guarderò!!! Chi farà lo stesso alzi la mano!!! Baciii
 
P.P.S. ho aggiunto Ian Somerhalder su Tweeter, così ho le news di quello che succede sul set e nella sua vita privata.. lo sapevate che ha adottato un pinquino?!?! O.o
 
Un abbraccio.
Francesca. 

  

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Capitolo 4
*** Autocontrollo. ***



 

CAPITOLO 4: AUTOCONTROLLO


            Entrambi i fratelli Salvatore. Entrambi a casa mia. Entrambi agitati.

< Come ha potuto farla entrare?! >, ripetè per l’ennesima volta Stefan. Camminava per tutta la lunghezza della mia stanza, poi tornava indietro e si affacciava alla finestra, dopo ancora si avvicinava alla scrivania e spostava tutto quello che c’era sopra. Non si fermava un attimo, a differenza di Damon che sedeva silenzioso sul letto accanto a me.

< Pensava che fossi io, non è colpa di Jenna >.

< No, non lo è, hai ragione >, si avvicinò e mi prese il viso tra le mani. < Non permetterò che ti accada niente, te lo prometto >. Era così dolce, così protettivo, che pensai che il mio intento di innamorarmi nuovamente di lui non sarebbe stato poi così complicato. Potevo imparare anche a sopportare il suo esagerare in tutto ciò che riguardava me, potevo, ma c’era sempre qualcosa che mi impediva di dedicarmi a lui completamente. E quel qualcosa, o meglio quel qualcuno, si chiamava Damon. Lui rendeva tutto più difficile.

< Lo so >, sussurrai. Mi baciò lievemente sulle labbra. Un bacio senza alcuna pretesa, senza passione né agitazione. Semplicemente un bacio dolce e casto.

< Katherine non è il nostro unico problema >, fu Damon a parlare.

< Cosa intendi dire? >.

< Intendo dire che lei non è l’unica vampira di cui dobbiamo preoccuparci >.

< Damon >, intervenne Stefan. < Arriva al dunque >.

< Ehi, cercavo di creare un po’ di suspence >, sorrise divertito dall’espressione corrucciata del fratello. Si sedette più comodo poggiandosi sulle mani. < Bhe, Caroline è un vampiro >, disse tranquillamente.

Sgranai gli occhi per la sorpresa. Non sapevo se credergli, infondo poteva essere uno dei suoi soliti scherzi di cattivo gusto, ma sembrava serio, e poi la situazione non era delle più comiche, quindi scherzare in quel momento sarebbe risultato inappropriato perfino per lui.

Solo dopo qualche secondo mi resi conto che stavo denigrando Damon ed esaltando Stefan… facevo passi avanti!

            1 a 0 per Stefan.

            < E, tra l’altro, credo che sia anche in combutta con Katherine >.

            < Aspetta, frena un secondo, tu come fai a sapere che Caroline è un… >.

            < Vampiro?! >, mi interruppe. < Diciamo che ho avuto un poco piacevole incontro con lei quando sono andato a prendere tuo fratello a scuola per portarlo qui >.

            Giusto, lui era andato a prendere Jeremy, senza che io glielo chiedessi, perché poteva essere in pericolo. Come potevo denigrarlo quando si comportava così?! Come potevo farlo quando lui mostrava il lato di sé che più amavo, quello buono, quello che mostrava solo a me, nonostante lo mascherasse in tutti i modi?!

            1 a 1. Damon rimonta.

            < Perché credi che sia in combutta con Katherine? >, chiese Stefan.

            < Mi ha lasciato un messaggio da parte sua: “che il gioco abbia inizio” >, mimò le virgolette con le mani.

  < Che il gioco abbia inizio?!  Cosa vuol dire di preciso? >. Ero confusa. Stava accadendo tutto così velocemente, non ero sicura di poterlo gestire.

< Non lo so, ma dobbiamo tenere gli occhi aperti >, cominciò il mio ragazzo, ancora in piedi di fronte a me, ancora con le mani sul mio viso. < E soprattutto dobbiamo proteggerti >, si rivolse a me. Si allontanò appena. < Terremo d’occhio casa tua giorno e notte, ma contemporaneamente dobbiamo tenere d’occhio Caroline… >.

< No fratellino, dobbiamo uccidere la biondina. Ci sono già troppi vampiri qui a Mystic Falls >.

< No! >, sbottai alzandomi. Come poteva pensare che uccidere Caroline fosse la soluzione al problema?! < Non ucciderete Caroline, lei è mia amica, e solo perché ora è un vampiro non vuol dire che non possa essere come voi. La aiuteremo così che non faccia del male a nessuno! >.

< Sono d’accordo >. Le parole di Stefan mi rasserenarono quel tanto da ritrovare l’autocontrollo e risedermi sul letto.

2 a 1. Stefan non si arrende.

< Oggi mi occuperò di lei, le insegnerò ad autocontrollarsi, a nutrirsi di animali e per l’esposizione al sole chiederò aiuto a Bonnie, ma tu Damon dovrai restare qui a proteggere Elena >. Sentii Damon sbuffare sonoramente.

< Cioè io dovrei fare il baby-sitter per tutto il giorno mentre tu ti diverti con la biondina?! >.

< Punto uno, Stefan non si diverte proprio con nessuno, punto due, io non ho bisogno di un baby-sitter. Posso chiedere a Bonnie di fare un incantesimo, no?! >.

< No. Gli incantesimi della streghetta non possono tenere lontana una vampira vecchia come Katherine, e comunque non ce ne sono che tengano un vampiro fuori da una casa dove è già entrato >, disse scocciato Damon.

< Appunto, a maggior ragione tu dovrai restare qui mentre io non ci sarò >

< Ah, che palle! >, sbuffò buttandosi all’indietro sul letto.

Mi alzai e raggiunsi Stefan. < Tornerai stasera? >, bisbigliai. Non era tanto una supplica di rivederlo al più presto. Volevo sapere quanto tempo avevo a disposizione per poter chiarire con Damon. Quella volta non avrebbe potuto cacciarmi, così avrei potuto finalmente archiviare lui e occuparmi di Stefan.

< Non so, Caroline è vampira da molto poco tempo, quindi mi ci vorrà un po’ per educarla a dovere >. Mi carezzò la guancia, al chè mi venne istintivo lanciare un’occhiata a Damon. Era sdraiato sul letto poggiandosi sui gomiti e ci fissava. Si accorse che lo guardavo così tornai subito con lo sguardo su Stefan. Avvicinò lentamente il suo viso al mio.

< Ehi piccioncini, mi dispiace interrompervi, ma prima il mio caro fratellino se ne va, prima torna, quindi datevi una mossa! >.

Stefan mi baciò rapidamente, poi si defilò salutando Damon con un cenno della mano.

Mi girai e trovai il vampiro a giocare con l’orsacchiotto di peluche che tenevo sempre sul letto. < Dobbiamo parlare >.

< Sei abbastanza monotona, te l’hanno mai detto?! >.

< Se tu al posto di cacciarmi mi avessi ascoltata non mi troverei costretta a ripetermi! >. Non rispose, si limitò a fissarmi intensamente, tanto che per un secondo pensai di abbandonare nuovamente tutte le mie convinzioni per abbandonarmi agli istinti. Istinti non propriamente casti, tra l’altro.

Mi andai a sedere sul letto accanto a lui che se ne stava comodamente sdraiato. Recuperai il peluche dalle sue mani stringendolo in grembo. < Prima o poi dovremo affrontare il discorso, fattene una ragione >.

< Fattela tu una ragione, non ho voglia di parlare di un bel niente >, sputò con acidità.

 

 

            Avevamo passato tutta la mattinata in silenzio, poi quando si era fatta ora di pranzo io ero scesa al piano di sotto per mangiare qualcosa mentre lui, essendo in casa mia all’oscuro di Jenna, era rimasto in camera a fare chissà cosa. Avevo deliberamene passato in cucina più tempo del previsto: l’idea di tornare in camera dove mi aspettava un Damon taciturno e arrabbiato non mi allettava un gran che.

Comunque, dopo aver rivelato a Jenna la mia passione per i quadri appesi per casa, i tappeti nuovi, i divani di un catalogo di immobili e per le deliziose tende dei vicini ero stata costretta a ritornare al piano di sopra perché Alaric era arrivato e Jenna non mi voleva tra i piedi.

            Aprendo la porta della camera mi ritrovai ad ammirare uno spettacolo stupendo. Damon dormiva beatamente sdraiato sul letto, una mano poggiata sul petto e l’altra lasciata sul materasso.  Mi avvicinai piano per non svegliarlo. Quando dormiva sembrava quasi innocente. Sembrava un ragazzo normale e non un vampiro centenario altamente lunatico.

            Guardandolo mi ricordai che la notte precedente non avevo chiuso occhio e la stanchezza di quella giornata cominciò a farsi sentire. A differenza di qualche ora prima agii d’istinto, e sempre facendo il più piano possibile mi sedetti sul letto, tolsi le scarpe e mi sdraiai accanto a lui. Non sapevo minimamente cosa avrei fatto se si fosse svegliato, o forse sì. Infondo quella era la mia stanza, quello il mio letto, e quella la mia libertà di dormirci sopra.

            Chiusi gli occhi, ma il sonno non arrivava. Cioè, ero stanca, ma non riuscivo ad addormentarmi. Forse era per la vicinanza di Damon…

            Mi alzai su un gomito per guardarlo. Stetti così per qualche minuto, e l’unica cosa che riuscivo a pensare era quanto fosse bello.

  < Elena >, sobbalzai. Aveva ancora gli occhi chiusi, quindi non ero sicura che fosse sveglio.

            < D-Damon?! >, bisbigliai, sperando vivamente che avesse parlato in sogno.

            < No, Pinco Pallino >, aprì gli occhi e sorrise divertito, probabilmente dall’espressione da ebete che avevo stampata in faccia.

            < Sei sveglio >, osservai.

            < E tu mi stai fissando, come la mettiamo?! >.

            Distolsi immediatamente lo sguardo. < Non è vero >.

            < Oh sì invece. Mi stai fissando da quando ti sei messa a letto, hai realizzato che non riuscivi a dormire, e allora hai pensato che ammirare la mia infinita bellezza fosse un’alternativa entusiasmante >. Sgranai gli occhi, lui era sveglio da quando ero entrata in camera?!

            < Non sei infinitamente bello >, dissi con finto tono indignato buttandomi sul cuscino il più lontano possibile da lui.

            < Non mi hai smentito >, si stava proprio divertendo a mettermi a disagio, vero?! < Ammettilo, hai passato tutto il tempo a pensare a quanto ti sarebbe piaciuto potermi baciare, e spoglia… >.

            < Zitto! >, lo interruppi bruscamente. Ma come poteva passare dall’essere freddo e distaccato a fare battutine sulla mia presunta voglia di “cosacce” con lui  in così poco tempo?! Riepilogando la giornata mi sembrava quasi impossibile.

            < Che ho detto?! >, rise.

Gli tirai una cuscinata, ma così facendo, piuttosto che farlo smettere di ridere, ne ricevei una anche io. Lo colpii ancora.

            < Non ti conviene iniziare una lotta all’ultima cuscinata con me, perderesti ancor prima di accorgertene >, disse.

            < A parte il fatto che vincerei io, non voglio iniziare proprio nessuna lotta >, misi via l’arma di guerra (il cuscino) e mi sedetti. < Come ho detto prima, dobbiamo parlare >.

            Sbuffò, poi si mise seduto anche lui. < E come ho detto io prima, non c’è niente di cui parlare >. Il sorriso che era padrone sul suo viso fino a qualche secondo prima svanì, lasciando posto ad un’espressione corrucciata e scocciata.

            < Si invece! >.

            < No, nulla >.

            Avevamo molto di cui parlare, troppo. < Tu mi hai baciata >, cominciai dal primo punto, quello che mi premeva di più, scandendo bene ogni parola.

            Mi lanciò una rapida occhiata. < E tu ti sei scansata, e con questo l’argomento è chiuso >.

            < Ma tu mi hai baciata ancora >.

            Alzò gli occhi al cielo. < E tu hai pianto tutta la notte per questo >, disse freddo.

            < Credi davvero che io abbia pianto perché mi hai baciata?! >.

            < Cosa altrimenti?! >, chiese, come se quello che aveva detto fosse stata la cosa più ovvia del mondo.

            < Perché ti ho ferito >, cercai i suoi occhi, ma teneva lo sguardo fisso davanti a sé.

            < Non lo hai fatto >, disse distaccato.

            < No?! >, chiesi scettica.

            < Ti stai dando troppa importanza >.

            < E tu te ne dai troppo poca >.

            < Che vuoi Elena?! >, chiese rassegnato.

            < Te l’ho detto. Voglio parlare con te >.

            < E’ quello che stiamo facendo, stiamo parlando, ma perché?! >.

            < Perché voglio chiarire, mi sembra ovvio >.

            < Bene… abbiamo chiarito >. Fece per alzarsi, ma lo bloccai per un polso, o lui si fece bloccare, visto che se avesse voluto avrebbe potuto facilmente liberarsi dalla mia presa.

< Non abbiamo chiarito. Abbiamo semplicemente constatato che hai poca autostima e troppo orgoglio >. Mi alzai anche io, senza lasciare il suo polso.

            < Perché ci tieni così tanto?! Potresti benissimo fregartene e lasciare tutto com’è… perché non lo fai? >.

            < Perché sei mio amico >. Avrei voluto dire “perché ti amo”, mi sarebbe riuscito così bene. Ma io lo amavo?! Quello che provavo per lui era amore?! Insomma, mi attraeva fisicamente, ma quello era piuttosto normale, chi non era attratta da lui?! Mi attraeva caratterialmente, tranne che per quando faceva lo stronzo, e anche se poteva sembrare che lo facesse sempre, con me era diverso. Mi attraeva?! Sì. Lo amavo?! Incognita assolutamente destabilente.

            < Risposta sbagliata >, si liberò dalla mia presa.

Risposta sbagliata?! Cosa voleva dire?!

            < Ce n’è una giusta? >, provai a chiedere.

            < Se me lo stai chiedendo vuol dire che… no. A quanto pare non c’è >. Rimasi spiazzata dalla sua risposta. Forse lui si aspettava veramente che dicessi di amarlo?! Ma come poteva essere possibile, perché avrebbe voluto che rispondessi in quel modo?!

Si avviò verso la porta, al che lo fermai nuovamente. < Dove vai?! >.

            < Posso proteggerti anche da fuori >, disse secco.

            < Non voglio che tu mi protegga da fuori… resta qui… >. Ma cosa mi prendeva?! Gli stavo davvero chiedendo di rimanere?!

            < Vuoi che resti o che Jenna non mi veda scendere e uscire?! >, chiese tagliente.

            < Voglio che resti >. Finalmente mi guardò negli occhi. Potei leggere in lui stupore… credeva che la sua presenza fosse così poco apprezzata?!

            Si avvicinò, pericolosamente sottolinierei. Mi fu di fronte in un battito di ciglia. Il battito prima era sul ciglio della porta, quello dopo ad un passo, ma che dico passo, ad soffio da me.

            < Va bene >, disse incredibilmente vicino al mio volto. Dovetti sfoggiare tutto il mio autocontrollo per non colmare quella poca distanza e baciarlo.

            < Va bene >, ripetei, quasi balbettando.

 

 

            Erano esattamente le 17:12, Stefan non era ancora tornato e Damon era risoluto a rispettare il suo ritrovato voto di mutismo.

            Mi sistemai meglio sulla sedia nel vano tentativo di riuscire a concentrarmi sui compiti piuttosto che pensare al vampiro che sedeva comodamente sul letto. Avevo la tremenda voglia di girarmi e guardarlo per vedere cosa stesse facendo, ma qualcosa dentro di me protestava dicendomi che se l’avessi fatto avrei accresciuto il suo ego oppure irritato più di quanto già non fosse.

            Tornai con la mente sui libri, ma niente. La concentrazione non voleva proprio essere disturbata quel giorno.

< Che studi? >, sussultai nel sentirlo proprio dietro di me.

Nel momento in cui ripetei mentalmente la sua domanda mi resi conto di non avere la più pallida idea di quale libro avessi aperto sulla scrivania. Lanciai una rapida occhiata al tavolo e con molta sorpresa ci trovai il volume di geometria… io studiavo geometria?! Quant’era vero che nella vita non si finiva mai d’imparare…

            < Geometria >, sussurrai incerta.

            < Mmm… >, mugolò vicino al mio orecchio. < Mi piace la geometria… >.

            Autocontrollo Elena, era tutta questione di autocontrollo! < A me no >, balbettai.

            < Vuoi che ti aiuti? >, soffiò tra i miei capelli.

Ma a che gioco stava giocando?!

            Un attimo… mi avrebbe aiutato con i compiti?!

            2 a 2. Di nuovo parità.

            < Ce la faccio da sola, grazie >, glaciale come il polo nord, o sud, era la stessa cosa.

            < Sicura?! >. La sua era una premura o solo un modo per farmi impazzire?! No, perché se l’opzione giusta fosse stata la seconda ci stava riuscendo alla grande!

            Respirai a fondo un paio di volte, poi ruotai il busto, ritrovandomi faccia a faccia con Damon. Non sapevo esattamente cosa volessi fare, anzi non lo sapevo affatto, ma nel girarmi verso di lui tutta la mia risolutezza annegò nei suoi occhi insieme a me.

            < Sei lunatico >, fu l’unica cosa che riuscii a dire.

            < Forse >, disse sorridendo sghembo.

            Era troppo vicino, e ciò non poteva far altro che nuocere al mio povero buon senso. Troppo anche solo per ipotizzare di dar ascolto alla ragione piuttosto che all’istinto… infondo non sarebbe successo nulla se gli avessi dato un’innocente bacino, no?! No…

            Autocontrollo.

            Si avvicinò leggermente, ma ciò bastò a convincere i miei scarsi neuroni ad andare a farsi un bel viaggetto.

            Al diavolo l’autocontrollo.

            Colmai quella poca distanza che ci divideva baciandolo a fior di labbra. Sembrava davvero sorpreso dal mio gesto, tanto che sotto le mie labbra risultò quasi insicuro se rispondere al bacio o meno. Ai miei occhi appariva come un adolescente senza esperienza, eppure ne aveva eccome!

            2 a 3: Damon è terribilmente tenero.

            Dovetti ricredermi. Il Damon tentennante fece spazio a quello passionale in ben che non si dica. Mi prese il viso tra le mani intensificando quel bacio che fino ad un secondo prima era quanto di più casto potesse esistere.

Quel bacio era diverso dal primo perché l’aggettivo “dolce” non gli si addiceva quanto “passionale”, ma differiva anche dal secondo. Non c’era rabbia, non c’era smania, c’eravamo solo io e Damon… e il nostro bacio vietato ai minori…

            In meno di un secondo mi ritrovai ad essere buttata dolcemente, per quanto quel momento lo permettesse, sul letto, sotto l’invitante corpo di Damon.

            Sentire tutto il suo corpo, e quando dicevo tutto intendevo proprio “tutto”, a contatto con il mio mi fece rabbrividire più volte, ma avere la consapevolezza che una sua mano stava percorrendo tutto il mio profilo, nonostante ci fossero più strati di vestiti a separarla dalla mia pelle, mi fece direttamente ansimare.

            Mi vergognai della spontaneità con cui lo feci, soprattutto perché lui se ne accorse.

            Si staccò appena per guardarmi in volto, o meglio, per penetrarmi con quel suo sguardo indagatorio e al contempo divertito dalla mia reazione alle sue carezze.

            Non disse nulla, e per quello lo ringraziai mentalmente, si limitò a baciarmi il mento dolcemente. Scese a depositarmi piccoli baci sulla gola, all’incavo del collo, sulla clavicola. Ad ogni bacio corrispondeva un mio spasmo che faceva aderire i nostri corpi ancora più di quanto non fossero già. Ad ogni bacio corrispondeva un neurone che faceva le valigie ed un ormone che invece le disfaceva.

            2 a 4, 5, 6,… 100, 101, 102,… 1.000,… 200.000.000… Damon vince su tutti i fronti.

            Mi alzò la maglietta e continuò la sua discesa bollente sul mio addome. Baciava ogni lembo della mia pelle scoperta, lasciando il fuoco al passaggio delle sue labbra, finchè non si fermò.

            < Damon >, ansimai. Dentro di me si svolgeva una battaglia interiore. I neuroni rimasti tentavano di invocare la pietà del vampiro e lasciarmi uscire dal casino che io stessa avevo creato, mentre gli ormoni lo supplicavano perché riprendesse quel che aveva interrotto.

            Autocontrollo.

            Alzò leggermente il capo e capii perché si era fermato. I suoi occhi color ghiaccio erano diventati scuri ed erano circondati da piccole vene rosse. Se io ero combattuta dentro lo era sicuramente anche lui. Mi voleva, di quello ne ero certa, l’avevo “sentito” chiaramente, ma la sua natura gli imponeva di volere anche il mio sangue.

            Mi alzai sui gomiti per vederlo meglio. Pensandoci bene non l’avevo mai visto in quello stato, però non avevo paura, almeno di quello ne ero sicura.

            In quel momento di riacquisita lucidità compresi che era meglio porre fine all’impeto passionale che ci aveva travolti e tornare ad essere quello che eravamo. Lui, un vampiro enigmatico e lunatico, ed io, un’umana impegnata ad innamorarsi del suo ragazzo pur essendo attratta dal fratello di quest’ultimo.

            < Credo che dovremmo… >, lasciai cadere la frase. Non tanto perché fossi destabilizzata dalla visione di Damon disteso tra le mie gambe, anche se lo ero, quanto perché non sapevo cosa avrei detto. Credo che dovremmo… cosa?! Fermarci?! Continuare?! Far finta che non sia mai successo?!

            Esitò qualche secondo, poi si scansò per farmi alzare. Lo feci a malincuore.

Sapevo che era giusto così, ma non sempre le cose giuste erano quelle desiderate. Sì, io lo desideravo, più di quanto avessi mai desiderato Stefan. Ma era solo quello?! Il mio era solo un prurito da grattare o forse qualcosa di più?!

            Mi tirai giù la maglietta e risistemandomi i capelli un po’ arruffati mi sedetti alla scrivania. Per diversi minuti regnò il silenzio. Non avevo né il coraggio né la voglia di girarmi per vedere cosa facesse Damon.

            < E’ arrivato Stefan >, disse. Sembrava il classico tempismo da telefilm scontato, ma quella non era la finzione e per quanto stramba potesse sembrare, era la realtà.

            Non ebbi il tempo di dire nulla che alla finestra comparì il mio ragazzo con un sorriso smagliante in volto. Si avvicinò a me. < Caroline mi impegnerà ancora per un po’, ma siamo già a buon punto >. Si abbassò per baciarmi, ma mi ritrassi.

            Mossa del cazzo.*

            Lo vidi perplesso e preoccupato. Sicuramente stava pensando che Damon avesse fatto qualcosa che mi aveva scandalizzato, o comunque qualcosa di simile, chissà cosa avrebbe detto o fatto se avesse scoperto che ero stata io a fare qualcosa… < Sono stanca >, mi giustificai. < Vorrei andare a dormire… >.

            La sua espressione corrucciata si intenerì appena. < Va bene, però stanotte resterò qui… non ti disturberò >, mi carezzò la guancia, poi si rivolse a Damon. < Grazie, adesso puoi anche andare >.

            Il vampiro fece una smorfia, poi si defilò senza dire nulla.

            < Credo che Damon sia scocciato di aver passato qui tutta la giornata >, esordì divertito, dopo che mi ero messa in pigiama ed infilata sotto le coperte, quelle coperte che avevano ospitato i nostri corpi ansanti solo pochi minuti prima…
            < Certo... dev'essere così... >, mi sentivo terribilmente in colpa, mi sentivo una traditrice, una schifosa traditrice!

            < Buonanotte >, biascicai stremata da sotto il piumone.

            < Notte >, mi baciò la fronte, poi lo sentii sedersi sulla poltrona accanto al letto.

            Voto finale: Damon ha vinto, ma sul podio sale Stefan.

 

 

 

 

 

 

Rieccomi! Scusate il ritardo ma per scrivere questo chappy ci ho messo una quaresima: quando scrivevo un pezzo subito lo ricancellavo, e se non lo facevo ci meditavo sopra per due ore per pensare al seguito XD Comunque, spero che vi sia piaciuto, io ci ho messo un sacco di impegno!

Soprattutto spero di aver reso bene Damon, so che è un personaggio complicato da descrivere, e che nei capitoli precedenti non l’avevo fatto al meglio, quindi se anche questa volta non è stato soddisfacente ditemeloooo <3 magari ditemi anche cosa ho sbagliato di preciso, così nei prossimi capitoli potrò lavorarci!

Dunque… che devo dire… ah, si! Non so se avete notato che in questo capitolo ci sono stati numerosi riferimenti al sesso XD chi non l’avesse capiti (ma credo che fossero comprensibili XD), me lo dica e io chiarirò. Poi spero abbiate apprezzato la scena Delena un po’… come dire… non credo che spinta sia la parola giusta, anche perché non credo di aver traumatizzato i vostri animi puri, e poi sappiate che, nonostante non sarà presente in ogni capitolo, non sarà l’ultima :P

 

*Citazione alla Damon, non volevo essere volgare, tranquille <3

 

kiss88 : lo so, me ne rendo conto, non è possibile essere così cieche… eppure è chiaro come il sole che lui è innamorato, che lui è innamorato… se fossi stata io… altro che Stefan!!! XD Comunque, passando alla fic, sono felice che ti continui a piacere, ma se questo capitolo non è stato di tuo gradimento, posso capire.. ho fatto un po’ di casino mentre lo scrivevo (cancellavo, riscrivevo, ricancellavo XD). Un bacionee

 

bulma_89 : grazieee, fa sempre piacere leggere le tue recensioni, grazie davvero!!!!

 

Siwa94 : sono contenta che la storia ti piaccia, ma non ti posso garantire che Katherina avrà un ruolo diverso dalla cattivona XD

 

 

Ringrazio inoltre le 24 persone che hanno messo la fic tra le seguite, le 3 tra le ricordate e le 10 tra le preferite, grazieeeeeee <3

 


P.S.  c’è stato un calo di recensioni QQ se è perché la storia non vi ispira va bene, me ne farò una ragione XD ma se la continuate a leggere… vi pregooooo il mio ego ha bisogno di recensioniiiiii XD <3

 

Un abbraccio.
Francesca.

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Capitolo 5
*** Agitata, Nervosa, In Colpa. ***


CAPITOLO 5: AGITATA, NERVOSA, IN COLPA.

          Avevo passato l’intera notte a girarmi e rigirarmi nel letto. Ero agitata, nervosa, ma soprattutto mi sentivo in colpa. Agitata, perché sapevo che c’era una vampira che girava libera per la città e non conoscevo le sue intenzioni. Mi avrebbe uccisa?! O magari mi avrebbe offerto un caffè?! Nervosa, perché avevo baciato Damon, apparentemente per il mio incontrollato bisogno di bei ragazzi eternamente giovani e col fisico palestrato. In colpa, perché non solo avevo baciato un ragazzo che non era il mio fidanzato, ma per di più che era il fratello di quest’ultimo. Il fratello con cui voleva ricucire i rapporti e dal quale si era distaccato soprattutto per aver amato la stessa donna.
Ma io non ero Katherine. Non volevo fare la doppiogiochista e non solo perché non era da me, ma anche perché avrebbero sofferto le persone a cui tenevo.
          Mi stavo facendo schifo e intanto accanto a me Stefan dormiva ignaro di tutto ciò che gli stavo facendo.
         Guardai l’ora con la coda dell’occhio. La radio-sveglia segnava a grandi caratteri luminosi le 5:53. Era ancora troppo presto per alzarsi, ma nulla mi impediva di uscire a fare una passeggiata.
Mi alzai piano, facendo attenzione a non svegliare il vampiro accanto a me. La stanza era completamente al buio, fatta eccezione per i contorni dei mobili illuminati fiocamente dalla luce rossastra emanata dalla sveglia. Camminai a tentoni fino alla porta del bagno, che mi richiusi dietro.
         Riflessa nello specchio vedevo un‘altra persona. Quella non potevo essere io. Non potevo essere diventata così. E non era per l'aspetto esteriore, da qualche giorno a quella parte mi ero abituata a delle occhiaie da fare invidia a Sweeney Todd* e ad un pallore quasi spaventoso, ma era per come mi stavo comportando. Da quando mi ero trasformata in una specie di donnaccia che tradiva il suo ragazzo, ci dormiva insieme come se niente fosse e la mattina dopo, nonostante fosse invasa dai sensi di colpa, se ne andava senza dire nulla a fare una passeggiata?
          Mi facevo ribrezzo.
          Agitata, nervosa, in colpa.

Presi la maglia rossa e i pantacollant che giacevano nel cesto dei panni da lavare costatando che non puzzassero e che quindi potevo indossarli: tornare in camera, prendere abiti puliti e sperare che Stefan non si svegliasse era qualcosa di fantascientifico!
Mi vestii velocemente, ed altrettanto rapidamente infilai gl istivali neri. Uscii dalla porta che dava sul corridoio e cercando di non svegliare nè Jenna nè Alarick, che probabilmente anche quella sera si era casualmente scordato le chiavi di casa sua ed era rimasto a dormire da noi.
          Solo quando fui fuori di casa riuscii a sentirmi sollevata. L'aria fredda mi pungeva il viso e gli scarsi raggi di sole che illuminavano la città a quell'ora bastavano a riscaldare l'aria.
         
Mi incamminai verso una via non del tutto identificata, l'unica cosa che mi interessava era camminare, la meta non era importante.
___________________________________________________________________________________________________________

          Dopo circa mezz'ora stavo ancora girovagando per le vie di Mystic Falls, finchè non urtai qualcosa, o meglio, qualcuno.
         
Fa che non sia Damon, fa che non sia Damon, fa che non sia Damon.
         
< Oddio, mi scusi, solo che ero sovrapensiero >, mi affrettai a giustificarmi.
Alzai lo sguardo verso il malcapitato e per poco non andai in iperventilazione.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata.
         
< Elena, giusto?! >, disse palesemente divertita dalla mia reazione. La scrutai incredula mentre il cuore martellava nel mio petto intensionato a sfondarmi la cassa toracica, probabilmente.
         
< Si... >, balbettai. Indietreggiai di un passo, ma lei se ne accorse, così ne fece uno verso di me.
         
< Per caso hai paura di me!? >. Sorrideva godendosi quel momento, mentre io non volevo fare altro che finisse. Ma cosa mi era preso?! Sapevo che lei girava per la città, allora perchè mi era venuta quell'improvvisa voglia di passeggiare?!
         
< No... >. Si.
         
< Sei monosillabica >.
         
< Cosa vuoi Katherine? >, mi feci coraggio a parlare, ma le mie parole usciro come un lamento strozzato.
         
< Ci siamo scontrate per strada molto casualmenre, cosa ti fa pensare che io voglia qualcosa da te?! >.
         
Deglutii rumorosamente. < Me lo fa pensare il fatto che sei tornata a Mystic Falls >.
         
< E' un mio diritto, questa è casa mia >.
         
< Era >, puntualizzai, ma me ne pentii subito. Non era una buona idea farla innervosire.
         
< Ti va di fare un gioco?! >. Non capivo cosa intendesse. Voleva uccidermi?! Cosa voleva dire con quella frase?!
         
< Gatto e topo >, rispose scocciata alla mia domanda silenziosa. < Tu scappi, io ti prendo >, avanzò leggermente, ma non ebbi la forza di inidetreggiare. Ero letteralmente paralizzata dalla paura.
         
< Non è difficile - continuò - sono anche propensa a lasciarti dieci minuti di vantaggio. Potresti precipitarti a casa Salvatore. Sai, dovresti trovare Damon a casa, oppure preferisci aspettare che l'altro fratello faccia la sua entrata in scena e ti salvi dalle grinfie della vampira cattiva?! >, cominciò a girarmi intorno lentamente, come per esaminarmi a fondo. < E' strabiliante... sei perfettamente uguale a me... >.
         
Avrei voluto urlare, ma chi mi avrebbe sentita?! Era mattina presto, troppo presto perchè qualcuno decidesse di venire a salvare un'adolescente dalla sua copia cattiva.
        
< Allora, te li godi entrambi?! Perchè devo ammettere che sembrano tutti e due molto presi da te... c'è Stefan: lui è protettivo, bello, premuroso, ma poi c'è Damon, affascinante, sexy e con quell'aria da cattivo ragazzo che è capace di attrarre qualsiasi donna. Sei capace di scegliere, oppure farai come ho fatto io?! Mm? >. Tornò di fronte a me perforandomi con il suo sguardo divertito e provocatorio. < Se vuoi un consiglio io sceglierei Damon... è meno affidabile di Stefan e probabilmente meno dolce o tutte quelle cose che piacciono a voi umani, però a letto è una bomba >, scoppiò in una risata fragorosa.
         
< Perchè mi dici questo?! >, chiesi balbettando.
         
< Perchè quando tu li avrai fatti soffrire entrambi tradendoli nella fiducia e.. nel letto, io potrò tornare a giocarci come facevo un tempo. E ti assicuro che quando voglio una cosa, me la prendo >. Respirai a fondo un paio di volte, nel vano tentativo di calmarmi. < Dunque, ritornando all'argomento di prima... hai dieci minuti da ora >.
         
Sgranai gli occhi. Mi stava davvero dicendo quello che credevo mi stesse dicendo!? Restai immobile per qualche secondo, ma quando imitò con arroganza il ticchettio di un orologio presi a correre più veloce che potevo. Non sapevo se mi avrebbe davvero dato quei minuti di vantaggio o se non mi avrebbe seguita proprio, però non rischiai si certo di diventare la sua colazione, così sfruttai tutta l'adrenalina che avevo in corpo per arrivare a casa Salvatore, che non doveva distare molto da lì, nel minor tempo possibile.
____________________________________________________________________________________________________

          Arrivai a casa Salvatore con l'affanno. Ero del tutto consapevole che Katherine sarebbe potuta entrare, essendo quella una casa abitata da vampiri e non da umani, ma era l'unico posto dove avrei potuto avere qualche speranza.
Se però Damon non fosse stato a casa non sapevo cosa avrei fatto, quindi confidavo tutto in quel pensiero.
         
Aprii la posta come al solito solo accostata, e mi precipitai nel salotto. Era vuoto.
         
Diedi un'occhiata nella cucina, poi mi avventurai al piano di sopra. Ad ogni stanza vuota corrispondeva un battito perso del mio cuore.
         
Decisi che l'unica cosa che potevo fare era nascondermi per bene in qualche angolo remoto dell'imponente casa, così mi incamminai quatta verso il sotterraneo, quando una voce alle mie spalle mi fece sussultare.
         
< Tu che ci fai qui? >, dopo lo spavento iniziale che mi aveva provocato l'improvvisa cosapevolezza di qualcuno dietro di me, ricondussi la voce alla persona alla quale apparteneva. Mi girai e senza troppa sorpresa trovai Damon che mi fissava indagatorio.
         
Mi lasciai andare ad un sospiro di sollievo, e non solo a quello.
         
Mi buttai praticamente tra le sue braccia, fregandomene completametne che fosse senza maglietta. Avevo avuto troppa paura per preoccuparmi di fare qualche gesto sbagliato.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata.
         
Mi aspettavo che mi scansasse o che perlomeno restasse inerme sotto la mia presa in stile koala, invece sentii le sue braccia cingermi in una stretta rasserenante.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata.
         
Poggiai la testa sul suo petto, all'altezza del cuore, e lui mi strinse di più a sè. < Cos'è successo? >, sussurrò tra i miei capelli.
         
< Ho incontrato Katherine >.
         
Si staccò violentemente da me. < Cosa?! >, chiese incredulo.
         
Alla lontananza dal calore del suo corpo dovetti tornare alla realtà, quella dove ero appena scappata da una vampira cattiva mentre tutti mi credevano nel letto insieme al mio ragazzo.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata.
         
< L'ho... incontrata... >, ripetei incerta.
         
< L'hai incontrata... e c'è almeno un motivo valido per il quale tu eri in giro da sola, per giunta a quest'ora!? >, era visibilmente arrabbiato per il mio comportamente sprovveduto. Ma cosa avrei potuto rispondergli?! Che ero uscita a fare una passeggiata perchè non riuscivo a dormire accanto al mio ragazzo per via del fratello del mio ragazzo, che per giunta era lui, al quale non riuscivo a non pensare, e per il quale mi sentivo perennemente in colpa!?
         
< Credo di no... >.
         
Sbuffò rumorosamente. < Va bene, calmiamoci >, si portò una mano alla tempia, per pensare, immaginai. < Cosa ti ha detto? >.
         
< Fidati, tu non vuoi saperlo >.
         
< Si che voglio, non fare la ragazzina e dimmelo >, mi aveva chiamata ragazzina?! Vecchiaccio, inveii mentalmente.
         
< Mi ha chiesto se fossi Elena, ma lo sapeva perfettamente, poi ha rivangato il passato in cui... insomma, hai capito, no?! >.
         
< Ho capito, e poi?! >.
         
E poi ha detto che sei una bomba a letto. < E poi ha detto di fare un gioco, il gatto e il topo, o qualcosa di simile. Mi ha dato dieci minuti per scappare... >, avevo deliberatametne omesso varie parti del mio discorso con la vampira, ma sicuramente avevo lasciato il succo.
         
< Non ti avrebbe inseguita, non l'ha fatto. Non le gioverebbe, o almeno non ora come ora >.
         
< Cosa vuoi dire?! >.
         
< Voglio dire che quando Katherine vuole qualcosa la ottiene, quindi se avesse voluto farti del male lo avrebbe fatto >, si guardò per un attimo le unghie, come in segno di noncuranza.
         
Raggelai dentro quando mi resi veramente conto delle sue parole. Se davvero Katherine otteneva sempre ciò che voleva allora avrebbe davvero fatto in modo che i Salvatore arrivassero ad odiarmi così da tornare ad usarli come giocattoli?!
         
< Bene... >.
         
< Perchè sei corsa qui? Insomma, oltre a non aver detto nulla che uscivi di casa da sola, Stefan non è neanche rimasto nei paraggi per controllarti?! >, chiese sarcastico.
         
< Stefan non sa che sono uscita e... questo era il posto più vicino, dove speravo avrei trovato te >, abbassai lo sguardo repentinamente.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata, imbarazzata.
         
< Speravi di trovarmi?! >, malizioso allo stato puro, classico di Damon. Smbrava come se quello che era successo il giorno prima non lo toccasse minimamente.
         
< Solo perchè avevo paura di Katherine, non farti illusioni >. Trovai finalmente il coraggio di guardarlo in faccia, ma quello che vidi non piacque affatto.
         
Si stava avvicinando pericolosamente, a piccoli passi, anzi, microscopici passi, verso di me. < Che stai facendo?! >. La mia voce uscì come un latrato di gallina sgozzata... Tanto per capirci...
         
< Mi avvicino >, disse con ovvietà.
         
< Questo l'ho notato... perchè ti avvicini?! >.
         
< Perchè voglio baciarti >, con tranquillità disarmante, è così che lo disse. E non poteva farlo perchè il mio buon senso non poteva resistere a cotanta chiarezza, unita ad un pizzico di malizia e condita con tutta quella sicurezza di sè! E per di più era senza maglietta!
Ero spacciata...
         
< No, non puoi farlo >, se prima la mia voce era risuonata stridula, in quel momento come potevo definirla!?
         
< Oh, si che posso >, fece un altro passo, così da arrivarmi di fronte, vicino, troppo vicino.
         
< No, non puoi >, dissi con l'ultimo filo di voce che mi era rimasto.
         
< Si, invece >, con l'indice percorse tutta la mia guancia. Poi scese al mento, dove si fermò per prenderlo dolcemente fra due dita e costringermi ad alzare leggermente il capo. < Perchè tu mi vuoi >.
         
< Cosa te lo fa pensare? >, domanda retorica.
         
< Devo farti l'elenco dei motivi?! >, sorrise, chinandosi quel tanto che gli bastò per farmi entrare in stato comatoso. Ogni mio muscolo aveva deciso di immobilizzarsi e quando le sue labbra sfiorarono delicate la mia guancia il mio cuore si fermò definitivamente.
         
< Non... >, non riuscii a terminare la frase, che comunque non avevo idea di come continuare. Era possibile che la sua vicinanza mi facesse quesll'effetto?! Si...
         
< Non? >, sorrise contro la mia gote, che con ogni probabilità aveva preso il colore di un pomodoro, o di un peperone, a voi la scelta.
          < Non serve che tu faccia così >, conclusi.
         
< Così come? >, chiese fingendosi ingenuo. Alitò contro la mia guancia. Il suo respiro era caldo ma fresco, eccitante ma destabilente.
Come se quello che aveva fatto fino ad allora non fosse bastato a farmi impazzire, andò a darmi un piccolo morso sul naso.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata, imbarazzata, mentalmente instabile.
         
Raccolsi quell'ultima briciola di buon senso che mi era rimasta, accuratamente nascosta dalla voglia di saltare addosso a Damon, e mi allontanai di un paio di passi dal vampiro. < Non devi comportarti così, io sto con Stefan... >.
         
< Ieri non mi sembravi così ostile >, commentò sbuffando. Portò le braccia al petto.
         
< Ieri era ieri... >, "ammazzatemi, vi prego, preferirei morire piuttosto che dover vedere quell'espressione delusa e arrabbiata sul suo volto!", pensai tra me, come se ci fosse davvero qualcuno che potesse esaudire i miei desideri folli.
         
< Bene, se la metti così... >, cominciò. Si incamminò verso la sua stanza, quella stanza dove non ero mai entrata, e dove probabilmente non sarei entrata mai. < Puoi rimanere qui finchè non torna Stefan, anche se forse dovresti chiamarlo >, continuò con voce distaccata. < Evita solo di starmi tra i piedi >. Detto quello si ritirò nelle sue stanze, e a me non rimanne altro da fare se non andare nel salotto e chiamare il mio ragazzo.
         
Agitata, nervosa, in colpa, terrorizzata, imbarazzata.





Lo so, sono in un ritardo che definire pazzesco è un eufemisma, vi prego, non uccidetemi T.T
Sono super impegnata con la scuola e per via del pagellino non proprio brillante non posso stare molto al pc, infatti anche adesso vado di fretta T.T per fortuna che tra poco ci sono le vacanze!!!
Cercherò di aggiornare il prima possibile, spero entro la settimana!


*E' il personaggio dell'omonimo musical (prodotto da Tim Burton) di Johnny Depp (che io amo). Il personaggio è caratterizzato da un pallore e da delle occhiaie spaventose, per non parlare delle sue rasature "a pelle" XD

Ringrazio di cuore Giuls_Salvatore, Siwa94, Giulia_cullen_salvatore, LaDottoressa_Temp, vampirella1984, kiss88 e gerby per aver recensito!

Inoltre un grazie speciale alle 19 persone che hanno messo la storia tra le preferite, le 5 che l'hanno messa tra le ricordate e le  39 tra le preferite, grazieeeee !!!

Bacioni.
Francesca.

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Capitolo 6
*** Labbra. ***


            CAPITOLO 6: LABBRA
 




 

               Era passata una mezz’ora buona da quando Damon si era ritirato nella sua stanza. Io ero rimasta nel soggiorno, seduta sul divano davanti al camino, spento, tamburellando nervosamente le dita sul bracciolo. Addirittura mi sembrava di non sentirle più, probabilmente perché era da quando il vampiro si era rifugiato in camera sua che stavo torturando ogni povero malcapitato oggetto che mi ritrovavo sotto mano. Tamburellavo con le dita su qualsiasi superficie: prima era toccato al mobiletto degli alcolici, poi al tavolino accanto al divano ed infine in quel momento mi stavo dedicando proprio al bracciolo di quest’ultimo. Ero nervosa, terribilmente ed irreparabilmente nervosa. Ma il bello era che non lo ero per Katherine né per Stefan. Mi sentivo un’ipocrita ed una manipolatrice anche solo a pensarlo, ma da quando ero entrata poco prima in casa Salvatore non riuscivo a pensare ad altro se non alle labbra del vampiro che riposava al piano di sopra. Ed era proprio per quello che ero nervosa, perché non potevo pensare a quelle morbide, succulenti ed invitanti labbra in quanto il mio autocontrollo era già abbastanza messo alla prova senza che io ci mettessi il carico da novanta. E lui era al piano di sopra, forse senza maglietta, ed io ero su quel dannatissimo divano e ancora non avevo chiamato Stefan e… un momento. Ero uscita da casa almeno da un paio d’ore, ma il mio ragazzo ancora non mi aveva chiamata né mi era venuto a cercare seguendo il mio odore in stile cane da caccia. Era strano, di solito lui era iper protettivo e già il fatto che non si era svegliato quando mi ero alzata dal letto era sospetto.

Presi il cellulare che avevo lanciato accanto a me sul divano e, dopo aver appurato di non aver ricevuto né chiamate né messaggi, composi il numero del telefono di Stefan.

Rispose dopo un paio di squilli.

            < Ciao >, dissi subito.

            < Elena >. Rabbrividii. E non lo feci perché improvvisamente sentire il mio nome pronunciato dal mio ragazzo mi facesse strano, ma bensì perché a pronunciarlo non era stato affatto il mio ragazzo. E avere la consapevolezza che il cellulare di Stefan era nelle sue mani mi faceva quasi venire l’affanno.

            < Katherine, dov’è Stefan? >.

            < E’ qui, vuoi parlarci? >, chiese, con il chiaro intento di prendersi gioco di me. Stringevo il cellulare nella mano tanto che mi sembrava di stare per romperlo.

            < Certo >, sputai rabbiosa.

            < Stefan, la tua bella ti reclama >, sentii la sua voce distante dalla cornetta, poco dopo qualche rumore, come se stesse trafficando con il cellulare o lo stesse passando a qualcuno, infine la voce di Stefan giunse al mio orecchio. < Elena, è successo qualcosa?! >. Il suo nervosismo era palpabile, la domanda rimaneva una ed una sola: era nervoso perché Katherine era lì e lui non ce la voleva oppure perché lei era lì ed io avevo interrotto qualcosa?

            < Potrei farti la stessa domanda >, risposi in un sussurro.

Non rispose. Riuscivo a sentire solo i suoi respiri affannati. < Perché lei è lì? >, continuai.

            < Lei… si è intrufolata qui mentre dormivo… >.

            < E tu quando te ne sei accorto di preciso? >, lo interruppi volutamente. Quella storia mi puzzava di bruciato.

            < Pochi minuti fa >.

            < Perché mi riesce difficile crederlo? >, chiesi sardonica.

            < Non deve riuscirti difficile, è vero, fidati di me >.

            < …Mi fido >. Mi ritrovai a mentire. Mi fidavo di lui, mi ero sempre fidata, ma ora che sospettavo che lui mi stesse “tradendo” con Katherine mi riuscì più difficile. E dico tradendo tra virgolette perché ero stata io la prima a tradire, quindi di conseguenza non sapevo precisamente se questo verbo era il termine giusto da usare.

            < A proposito, dove sei? >.

            “Alla buon’ora”, pensai. < Sono a casa tua… >.

            < Perché sei lì? >.

            < E’ una lunga storia… >.

            < Ok… adesso arrivo… >.

            < Va bene >, non dissi altro. Riattaccai e lanciai il cellulare accanto a me sul tessuto morbido del divano.

Ero nervosa, davvero molto nervosa. E alla fine non c’erano ragioni concrete per giustificare il mio stato d’animo, infondo ero stata io la prima ad ammettere di non amare più Stefan, eppure se ripensavo a lui e Katherine in atteggiamenti più intimi di una stretta di mano, o di una ringhiata visti i soggetti, mi prudevano le mani.

Ricapitolando: lui era il mio ragazzo, e presumibilmente mi amava, ma io ero “interessata” anche a suo fratello, ovvero Damon, e presumibilmente non amavo Stefan. I miei reali sentimenti verso Damon mi erano tuttora ignoti. Entrambi avevano dei trascorsi con Katherine-sono-uguale-a-te-Pierce, e in quel momento ero portata, da forze superiori alle mie, a pensare che Stefan se la facesse con quest’ultima. E la ciliegina sulla torta era che, nonostante io non amassi il mio ragazzo, ero gelosa di Katherine.
Beh, si poteva dire che a me Beautiful
* mi faceva un baffo!

            Mi alzai dal divano: avevo intenzione di avvertire il vampiro che riposava al piano di sopra che a breve sarebbe arrivato suo fratello, anche se con molte probabilità, al momento del suo arrivo, se non prima, se ne sarebbe accorto da solo.

Mi incamminai su per le scale cercando di non fare troppo rumore, ma solo quando arrivai in cima alla rampa mi resi conto che avrei potuto anche improvvisarmi una specie di ninja ma Demon mi avrebbe inevitabilmente sentita.

            Arrivai di fronte alla stanza del vampiro e dopo aver preso un bel respiro, tanto per ossigenare il mio povero cervello mal ridotto, bussai alla porta. Damon non rispose, così decisi di entrare senza aspettare una sua risposta.

Non ero mai stata nella sua stanza e ciò di cui ero sicura era che in ogni modo avrei potuto immaginarla, tranne che così: non era nulla di speciale, ovviamente se non si consideravano le dimensioni colossali della stanza, ma rapportata all’intera casa era più che normale. Un armadio, un letto, un gran bel letto sottolineerei, e un mucchio di libri accantonati accanto a quell’ultimo.

Da un certo punto di vista risultava austera, sfoglia di qualsiasi accorgimento soggettivo o di qualche ricordo, ma allo stesso tempo riusciva ad impressionarmi. Era grandiosamente fredda e calorosamente anonima. In poche parole rappresentava Damon delineandolo accuratamente: la freddezza dell’arredamento era un po’ come il suo carattere, freddo e distaccato, ma quel mucchio di libri, tra i quali scorsi anche Orgoglio e Pregiudizio (*.* ndE), tracciavano quella linea netta che separava i suoi due io: da una parte c’era il Damon che appariva a tutti, quello freddo e distaccato appunto, e dall’altra, più piccola sebbene più presente di quanto non sembrasse, si faceva spazio l’uomo sensibile, ma troppo orgoglioso per mostrarsi tale, e fin troppo umano, quello che riusciva a sorprendermi ogni giorno, quello che si mostrava solo a me.

            Il vampiro era sdraiato supino sul letto con le mani dietro la testa. Era ancora senza maglietta, che individuai subito gettata ai suoi piedi. Teneva gli occhi chiusi, ma avrei scommesso qualsiasi cosa che  anche più sveglio di me.
            Non potevo pensare a quelle morbide, succulenti ed invitanti labbra.

            < Non ero mai stata qui dentro >, dissi. Mai frase fu più stupida di quella, e non perché solo io potevo uscirmene così, ma per come mi rispose.

            < Nessuno ti ci ha mai invitato >.

            Cercai di non fare caso alla sua reazione. Sapevo che era nervoso per prima, anche se non ne avevo compreso a pieno il motivo, ma era troppo scontroso per i miei gusti.

            < Volevo solo dirti che Stefan sta per arrivare >.

            < Lo so >.

            < Bene >.

            < Bene >.

            Sbuffai, poi mi girai per uscire, però mi arrestai prima richiudere la porta alle mie spalle. < Per quanto possa valere, mi dispiace >.

            < Di cosa? >. Fui sinceramente sorpresa di quella sua domanda. Lasciai andare la maniglia che stringevo convulsamente nella manca per accostarmi un poco a Damon, che trovai a fissarmi con aria corrucciata ed interrogativa.

            < Per tutto >, risposi semplicemente.

            < Per tutto? >.

            < Si, per tutto >, confermai, ma lui sembrava proprio non capire, comunque non me ne sorpresi troppo: spesso e volentieri non mi capivo nemmeno io. < Per come mi sto comportando con te ultimamente, ma anche per come mi sono comportata in passato. All'inizio ti ho giudicato senza cercare di capirti, ti ritenevo solo un sanguinario assassino, ora invece ti sto prendendo troppo sottogamba, ti sto trattando male, non te lo meriti >, continuai.

            Spostò il suo sguardo indagatorio da me e si concentrò sul soffitto.

            < Non c’è niente di cui dispiacersi >, se ne uscì secco dopo qualche secondo di silenzio.

            < A no? >.

            < No, perché altrimenti vorrebbe dire che me ne importa qualcosa di quello che fai o dici >.

            < E non è così? >, azzardai.

            < No, non darti troppa importanza >.

            < Se davvero non ti importa di quello che faccio o dico perché ti sei rinchiuso qui dentro tenendomi il muso? >. Mi premeva davvero saperlo, perché davvero non lo sapevo. A volte riusciva ad essere altamente lunatico.

            < Come ho detto non darti troppa importanza, non fare questo errore. Non è detto che tutto giri intorno a te, di conseguenza non è detto neanche che io “mi sia rinchiuso qui dentro tenendoti il muso” per quello che è successo prima o in qualsiasi altro momento >, ci aveva messo troppa foga perché io riuscissi a crederci, e poi diciamocelo, non era per sentirmi importante ma doveva essere per forza per me che era così nervoso: prima che lo rifiutassi era tutto “battutine e malizia”, dopo invece si era incupito di colpo e rinchiuso nella sua stanza.

            < Va bene >, lo assecondai. < Ma sappi che a me dispiace comunque, non mi piace vedere le persone a cui tengo in questo stato >.

            < E’ tutto? >, chiese scocciato senza degnarmi di uno sguardo.

            < E’ tutto >, confermai. Uscii dalla sua camera e scesi al piano di sotto, sicuramente Stefan sarebbe stato lì a momenti, infatti non ebbi nemmeno il tempo di sedermi sul divano, quello che aveva imparato ad odiarmi, che sentii dei rumori nel vialetto. Era il rumore di una macchina: quello spiegava perché ci avesse messo una decina di minuti ad arrivare piuttosto che una frazione di secondo.

            Stavo per uscire di casa per andargli incontro quando mi sentii trattenere per un polso. Sul momento sobbalzai, ma poi la sua voce mi tranquillizzò. < Tieni davvero a me? >, chiese titubante.

Mi resi conto di averlo detto poco prima, quando ero ancora nella sua stanza, ma non pensavo che lui ci avrebbe fatto caso.

            Girai il capo verso di lui per poterlo guardare in volto.

            Non potevo pensare a quelle morbide, succulenti ed invitanti labbra.
            A proposito, vi avevo detto che era senza maglietta?!

            < Sì >, risposi decisa, al che lo notai rilassarsi appena, quasi impercettibilmente. < Tu tieni a me? >, azzardai. Sapevo che probabilmente mi stavo spingendo troppo oltre, ma volevo saperlo, dovevo saperlo.

            In quel mentre la porta d’entrata si aprì e subito Damon mi lasciò il polso. < Ciao Stefan >, disse, per poi allontanarsi e dirigersi al piano di sopra.

Quanto avrei pugnalato Stefan in quel momento.

            < Ciao >, lo salutai anche io.
           
< Devo dirti qualcosa >, disse. Era serio, troppo serio.





So che questo capitolo è molto corto, ma come vi avevo già detto in questi giorni non ho moltissimo tempo T.T Comunque, non voglio angustiarvi con i miei problemi XD
Prima di tutto vorrei dirvi che per la descrizione della camera di Damon mi sono affidata solo alla mia memoria in quanto la puntata in cui si vedeva la vidi in streaming ed è da almeno un mese che non la vedo XD spero di non aver scritto qualche cavolata... XD che altro c'è da dire?! Bo :P


Kikka 97: grazie grazie grazie!!! <3 Sono contenta che la storia ti piaccia, comunque la fine che fa il gatto si vedrà nel prossimo capitolo XD posso anticiparti che Katherine porterà un "tantino" di scompiglio XD baciiiiii <3

Giuls_Salvatore: ahaha maleficaaa XD avevo anche pensato di farlo assistere alla scena, ma poi non avrei sconvolto tutto quello che sarebbe successo dopo, quindi mi sono dovuta negare il piacere di vederlo spiazzat, ingelosito o qualsiasi altra reazione avrebbe potuto avere XD traqnuilla, nemmeno io sopporto gli stelena (DELENA 4EVERRRRR). Bacioni!!! <3

gerby: eeeh, vorrei correre anche io da Damon XD (sogni impossibili T.T), e che ci posso fare io se Elena è così cocciuta da non cedere a cotanta bellezza tutta concentrata in un unico individui!? Ma XD baciii!! <3

Sweet Iris: come ho fatto a sbagliare a scrivere Katherine?! O.O grazie di avermelo detto XD riguardo a Stefan so di non descriverlo a dovere, solo che non riesco ad immaginare i suoi ragionamenti e i suoi pensieri fino in fondo, per questo non risco ad impersonarlo come dovrei T.T condivido, A MORTE EDWARD CULLEN E TUTTI QUELLI CHE GLI STANNO INTORNO XD grazie per i complimenti *.* P.S.non fare troppo caso a come si è comportato Stefan in questo capitolo, si spiegherà tutto nel prossimo ;) Bacionii <3


Ringrazio inoltre le
20 persone che hanno messo la storia tra le preferite, le 6 che l'hanno messa tra le ricordate e le 48 tra le seguite, grazieee <3





Un bacio.
Francesca.


 

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Capitolo 7
*** Pasta. ***


CAPITOLO 7: PASTA

 

Mi sedetti più comoda sul divano respirando a fondo per fare spazio nella mente. Il tentativo era quello di svuotarla e riempirla nuovamente con le parole di Stefan. Avendola lucida sarebbe stato più facile incassare il colpo, sempre che non fosse proprio quella notizia a renderla meno lucida di quanto non fosse.

            < Devo dirti qualcosa, > aveva esordito. Con tono serio, più del solito.
Non appena era entrato, Damon si era defilato al piano superiore senza nemmeno aspettare di sapere cosa aveva da dire.

            < Parla, > lo spronai.

            < Katherine è qui per un motivo e, a detta sua, non se ne andrà finché non porterà a termine il suo piano. > Era nervoso, arrabbiato.

            < E quale sarebbe questo piano? >

            Sbuffò sonoramente, senza però abbandonare la sua espressione seria e, ci avrei giurato, anche un po’ impaurita. < Non lo so, non lo so! >. Si alzò di scatto dal divano facendomi prendere un colpo, come se non fossi già terrorizzata di mio…

< Ha parlato di una pietra, di una maledizione, dei lupi e dei vampiri, ma non ha detto nulla di concreto, nulla che mi facesse capire cosa ha in mente. >

            < Lupi? Maledizione? Ma di che parli? >

            < Non lo so nemmeno io, non ne ho mai sentito parlare, però non deve essere qualcosa di semplice, né tanto meno di poco pericoloso. Conoscendo Katherine, e conoscendo l’espressione che aveva in volto, si capiva perfettamente. >

            < Quindi cosa intendi fare? > chiesi implorante.

            < E’ questo il punto, se non so cosa abbia in mente come faccio a sapere come comportarmi?! > cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza con lo sguardo fisso sul pavimento. < La cosa certa è che non ha intenzione di farti del male, almeno per ora, altrimenti avrebbe approfittato di questa mattina, quando ti ha incontrata. > Terminò la frase con una nota di disappunto. Aveva spostato il suo sguardo su di me; avevo sbagliato, non era arrabbiato, di più… ma come faceva a sapere che l’avevo incontrata? Glielo aveva forse detto lei?

            < Mi dispiace, ok? > cominciai, ancora prima che riaprisse bocca: tanto sapevo cosa avrebbe detto.

            < Ti dispiace?! > sbottò. < Sai cosa sarebbe potuto accaderti? Sei stata infinitamente fortunata che non ti abbia fatto nulla! E poi perché sei uscita di casa questa mattina? Ma che diavolo ti prende? E non parlo solo di ora, cosa ti prende in generale?! In questo periodo, in questi giorni, sei strana! Cos’hai?! >

Pensai di non averlo mai visto così infuriato. Era rosso in viso e mi guardava truce, ma come dargli torto?! Ai suoi occhi sarò sembrata sicuramente una stupida, una deficiente, una “strana”, ma che potevo dirgli? Che quella mattina ero praticamente fuggita da lui perché non lo amavo più, perché mi ero infatuata di suo fratello?! Che in quei giorni evitavo le sue attenzioni sempre per lo stesso motivo?! Che cercavo di non baciarlo, di non farmi carezzare, di non farmi notare?! Come potevo dirglielo?! Con che cuore?!

Ci sarebbe rimasto troppo male!

Ma, altro lato della medaglia, se non glielo avessi detto e poi lo avesse scoperto da sé, o per via di Damon, o chissà chi, sarebbe stato anche peggio. Quindi cosa avrei dovuto fare?! Avevo la mente in subbuglio.

            < Io… > non avevo idea di cosa dire. Cercavo di articolare una frase compiuta, ma, in quel momento, sembrava la cosa più difficile del mondo.

Sbuffai. Chiusi gli occhi lanciandomi all’indietro sullo schienale del divano.

< Cosa vuoi che dica? Io… non lo so, > mentii. Lo sapevo eccome cosa mi stava accedendo.

            < Sì, certo >, sussurrò amaro.

            Avevo una gran voglia di piangere, ma stavo cercando di reprimere l’istinto. Non provai più a dire nulla, perché sapevo che se avessi anche solo provato ad aprir bocca, avrei cominciato a singhiozzare sonoramente, né lo guardai, per paura che tenendo gli occhi aperti sarebbe potuta sfuggirmi qualche lacrima.

Rimasi lì, immobile, finché non fu lui a parlare.

            < Ora devo andare. Caroline ha bisogno del mio aiuto >, non aggiunse altro. E io non fui da meno.

Non mi sforzai nemmeno di rispondere, tanto sapevo che già era andato via.

            E allora lo feci.

Mi lasciai andare. Lasciai che quel groppo alla gola prendesse il sopravvento, che le emozioni prendessero il sopravvento.

Aprii gli occhi, ma tutto ciò che vidi fu una macchia sfocata, frutto delle lacrime che avevo represso, e che in quel momento chiedevano disperate di uscire.

            E allora lo feci.

Le lasciai fare. Gli lasciai rigare il mio viso di un’amarezza quasi palpabile. E loro uscirono, eccome se uscirono.

Continuai a piangere, e a singhiozzare, e a disperarmi. Lì, su quel divano; sì, proprio su quello che aveva imparato ad odiarmi.

 

 

            Era mezzogiorno passato da un pezzo.

Di Stefan non avevo avuto più alcuna notizia. Katherine non si era fatta viva. Per fortuna, aggiungerei. E Damon, da quando si era rintanato ai piani superiori, non l’avevo più visto.

Ciò che invece vedevo benissimo era la fame che crescente mi avvertiva che avevo bisogno di rifocillarmi.

In quelle ore non avevo fatto nulla di rilevante: avevo pianto, ma questo ve l’avevo già detto. Mi ero alzata dal divano in cerca di qualche libro interessante che potessi leggere. Avevo scelto “De profundis”, di Oscar Wilde, un’epistola bellissima che scrisse quando era in carcere. Mi ero nuovamente seduta e avevo cominciato a leggerla, e se è per quello l’avevo pure finita. Poi, visto che non avevo altro da fare, mi ero messa a pensare a tutto quello che era accaduto, e allora avevo ricominciato il mio pianto disperato.

Così ero arrivata a quel momento, quello in cui il mio stomaco aveva cominciato a brontolare di santa ragione.

            Mi diressi in cucina speranzosa di trovare qualcosa che non fosse un sorbetto al sangue o cose così.

Aprii il frigorifero e fui meravigliata, ma che, fui esterrefatta, di trovarlo colmo di roba. Lo richiusi e, curiosa, frugai nei vari armadietti della dispensa, anch’essi pieni zeppi.

Solo guardando tutta quella roba mi si riempì lo stomaco… anzi, no. Però faceva bene a mente e corpo vedere tutto quel cibo insieme, per di più, controllando le date di scadenza, comprato da poco.

            < Hai fame? > balzai al sentire una voce alle mie spalle.

            < Si, > risposi girandomi verso di lui. < Avete un sacco di roba. >

            < L’ho comprata per te, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento, quindi ho fatto la scorta! > Damon mi fissava fiero si sé.

            < Hai comprato tutta questa roba per me?! > chiesi sgranando gli occhi. Il cuore mi si riempì di tenerezza: aveva pensato a me, l’aveva fatto per me. < Grazie, > sussurrai. Non mi aveva regalato la luna, eppure su di me aveva lo stesso effetto.

Solo dopo parecchi secondi mi accorsi di fissarlo con occhi sognanti e inebetiti, allora dovetti rimediare: < Certo però che mi hai preso per un bue, mica mangio così tanto! > lo rimproverai mimando un’espressione seria, seppur non molto convincente.

            Lui alzò le mani sghignazzando. < Mea culpa! Non sapevo esattamente quanto mangiaste voi umani, io è un bel po’ che l’ho scordato, e comunque… davvero non sei un bue?! > e lì, lo schiaffo sul braccio gli arrivò forte e chiaro, peccato solo che a farmi male fui io e non lui.

            < Cretino! >

            Fece spallucce, poi mi aggirò per prendere un panno da sopra il piano di lavoro. Se lo mise in spalla, si lavò le mani in uno dei due lavandini e infine tornò di fronte a me. < Allora, cosa vuoi mangiare? >

            < Scusa? >

            < Ti ho chiesto cosa vuoi mangiare, > sillabò ogni parola, come se stesse parlando con una bambina stupida.

            < Ho capito… ma vorresti cucinare tu?! >

            < Sì, cosa c’è di strano? > Alzai un sopracciglio. Non è che aveva intenzione di darmi della carne al sangue? E per “al sangue” intendevo una fetta di carne appena tagliata da un povero animaletto tenero e peloso.

            < Ti piace la pasta alla carbonara? E’ la mia specialità! > mi guardò ansioso e, al contempo, sornione.

            < Ooh, tu hai anche una specialità?! > lo canzonai.

            < Ovviamente, > mi lanciò un’occhiataccia, poi continuò, < allora, ti piace? >

            < Non saprei dirtelo, non l’ho mai mangiata. >

            < Beh, adesso l’assaggerai, > cominciò a sghignazzare facendosi largo per aprire il frigorifero. Prese un paio di uova, della roba che assomigliava a bacon, ma che probabilmente non lo era, e del formaggio.

Frugò poi nella dispensa tirando fuori un pacco di pasta, del sale e il peperoncino.

            Mentre lui cominciava ad armeggiare con i fornelli io mi sedetti al tavolo. < Come mai sai cucinare? > chiesi… che razza di domanda…

            < Perché non dovrei? > rispose lui tranquillo, senza girarsi verso di me.

            < Forse perché la tua dieta contempla solo sangue, sangue e… sangue?! >

            Si girò. < Anche Stefan sa cucinare, ma a lui tutte queste domande non le fai. >

Quella era una chiara frecciatina. Ma non me ne importò molto, ci ero abituata da parte di Damon, ciò che mi fece rabbuiare fu il pensiero di Stefan.

Per qualche minuto ero riuscita a non pensare a lui né a tutta la situazione in cui mi trovavo, e forse mi sentivo anche un po’ in colpa per quello. Un momento prima litigavo con lui, piangevo e mi disperavo, e quello dopo  chiacchieravo spensierata con Damon. Che persona del cavolo che ero!

            Probabilmente aveva notato il mio improvviso cambio d’umore, così riprese ironico: < E poi smettila di dire la parola “sangue”, che va a finire che mi bevo il tuo. >

Va bene, aveva uno strano senso dell’umorismo, ma abbozzai un sorriso ugualmente.

            < Non penso che lo faresti mai, > dissi dopo qualche secondo.

            < Ah no?! > rispose continuando a tenermi le spalle e a lavorare.

            < No, > mi alzai per andargli accanto. Presi un grembiule e lo legai attorno alla vita. < Posso aiutarti? >

            < Sì, metti dell’acqua sul fuoco. >

            Presi una pentola, la misi nel lavandino e accesi l’acqua.

            < Cosa ti fa pensare che non lo farei? > lo sentii improvvisamente chiedere.

            Rivolsi gli occhi nei suoi, che trovai a fissarmi. < Lo so e basta, > sussurrai.

            Lo vidi, abbozzò un sorriso, uno di quelli sinceri e teneri. Microscopico e fulmineo, però lo vidi.

Mantenni lo sguardo ancora qualche istante, giusto il tempo di affogare nei suoi occhi e risalirne indenne,. Gratificata e indenne.

            Si schiarì la voce. < L’acqua è uscita dalla pentola, > mi fece notare, ma io non notai all’istante.

            < Cosa? > chiesi cadendo dalle nuvole.

            < L’acqua, > indicò il lavandino dove l’acqua usciva a fiocchi dalla pentola. Mi precipitai a spegnerla e, nascondendomi dietro i capelli per l’evidente rossore che dominava il mio volto, presi la pentola, misi del sale e gliela porsi.

            Per diversi minuti restai in silenzio, e lui non fu certo da meno. Finché, quando stava scolando la pasta, non parlò: < Prima hai pianto. > osservò serio.

            Diventai un blocco di pietra. Mi aveva sentita?! < No, > risposi simulando una qual certa tranquillità, anche se dubitavo che la mia agitazione crescente passasse inosservata.

            Mi lanciò uno sguardo fugace, poi tornò alla preparazione della pasta, che stava facendo saltare in padella con l’uovo e quella roba che assomigliava a bacon. < Come vuoi tu. >

Non disse altro e, anche se gliene ero infinitamente grata, non riuscii a capire se lo fece per non mettermi in imbarazzo, o cose simili, oppure perché davvero pensava di essersi sbagliato. Sinceramente ero più propensa a credere alla prima opzione per il semplice fatto che, pensandoci, era impossibile che non mi avesse sentito. Primo, perché era un vampiro, secondo perché, anche se in un primo momento avesse dormito o semplicemente non ci avesse fatto caso, avrebbe comunque dovuto accorgersene, poiché ero andata avanti per più di un’ora.

            < E’ pronto, > mi porse un piatto altamente invitante. Mi sedetti al tavolo, lui prese una forchetta e me la porse, poi si sedette accanto a me.

Sussurrai un flebile < Buon appetito > e cominciai subito a mangiare, evitando il suo sguardo, che comunque sentivo fisso su di me.

            Qualche forchettata dopo si schiarì la voce, e allora mi trovai costretta a guardarlo.

            < Sì? > accennai.

            < Con me puoi parlarci… se non lo sapevi, ora lo sai. >

            < Lo so, > dissi rincuorata nel vedere davanti a me il Damon che più amavo.

            Un secondo. Avevo detto “amavo”?
            Ero fregata.


Lo so, non aggiorno dai tempi della pietra, ma, a quei tempi (XD), l'ispirazione scarseggiava, il tempo anche di più, e l'autostima necessaria a provare a buttare giù qualcosa era praticamente nulla. Poi c'è stata l'estate in cui, lo ammetto, non ci ho proprio pensato alla fic.
E ora sono qui, con un capitolo senza alcune pretese, ad implorare il vostro perdono.
Se nessuno leggerà questo chappy me ne farò una ragione, in fondo sono io quella che è scomparsa, se invece qualcuno si facesse avanti, ben venga. Ne sarei molto felice.
Baci.
Francesca.

           

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Capitolo 8
*** Amare. ***


CAPITOLO 8: AMARE

            < A6? >

            < Mancato, ancora!  E2? >

            < Colpita, ancora… >

            < Ammettilo, sono un fenomeno a questo giochetto! > Damon si alzò tutto pimpante improvvisando una buffa quanto sexy danza della vittoria. Io dal canto mio rimasi seduta sul soffice tessuto in pelle del divano crogiolandomi nell’amarezza della sconfitta, che subita da un vampiro estremamente narcisista e pieno di sé risuonava ancora più disarmante.

            < Non è un fatto di fenomenalità, è la fortuna, nulla di più, > sentenziai dopo qualche minuto , dopo che il vampiro si era nuovamente seduto accanto a me, ma soprattutto dopo che ebbi riacquisito un minimo di dignità.

            < La fortuna: unica via di fuga di chi perde, > mi lanciò un’occhiatina sghemba, al che scoppiai a ridere e gli tirai uno pugno sul braccio.

            < Guarda che non sei simpatico, > mi finsi offesa e misi il muso, anche se con il suo sguardo beffardo puntato addosso non sapevo quando avrei resistito: mi veniva da ridere come mai.

            < Se vuoi posso darti la rivincita, ma dubito che rimonteresti, è già la terza volta che ti batto, > disse saputello.

            < Non crederti così bravo, sono solo un po’ fuori allenamento, > mi giustificai io, poi mi alzai.

            < Dove vai?! > disse subito, alzandosi anch’esso.

            < Al bagno, non penso che tu debba seguirmi anche lì, > sorrisi maligna notando il suo disappunto.

            Ricapitolando. Poiché ho l’impressione che non ci stiate capendo molto, credo sia mio dovere spiegarvi qualcosa.

Da quando ho finito di mangiare la pasta che mi aveva preparato Damon, ci siamo messi sul divano e per ingannare il tempo abbiamo cominciato a giocare a battaglia navale; e non abbiamo smesso per più di due ore. Ogni volta che mi alzavo – è successo due volte, una per andare a bere un bicchiere d’acqua, l’altra per inviare un messaggio a Jenna – lui mi seguiva come un cagnolino - forse per paura che scappassi o che qualche vampira a caso mi aggredisse non appena mi allontanavo da lui di poco più di cinque metri. Comunque, in queste ore passate con lui, ho davvero svuotato la mente da tutto. Non ho pensato più a Katherine, a Stefan e, non ci crederete, neanche a lui. Intendiamoci, dicendo questo intendo che non ho pensato a lui in quel senso.

Da quando mi era scappato quel piccolo e inesorabile verbo nella mia fin troppo fantasiosa mente, non ci avevo più pensato. Mi ero svagata. Per due ore avevo pensato solo a divertirmi con Damon, a ridere e scherzare, nulla di più. E anche se poteva sembrare un po’ cattivo nei confronti di Stefan, che era ancora con Caroline, non avevo pensato nemmeno a quello.

            Uscita dal bagno trovai Damon appollaiato allo stipite della porta che fissava un punto indefinito del pavimento. < Guarda che non scappo mica, > lo canzonai, facendolo risvegliare dai suoi pensieri.

            < Non si sa mai, > rispose lui sornione. < Ah, a proposito, questa notte dormi qui, > continuò con tutta tranquillità.

            < Cosa?! >

            < Hai capito, dormi qui. Devo tenerti d’occhio. >

            < No, devo tornare a casa da Jenna, non posso rimanere qui, al massimo puoi rimanere tu a casa mia, > detta così poteva anche sembrare una proposta indecente, e infatti mi lanciò un’occhiatina maliziosa, per poi tornare serio.

            < Va bene, va bene, verrò io da te… ma non illuderti, non mi avrai mai! > appunto, avevo parlato troppo presto, la sua serietà era stata solo apparente.

            < Sei tu che non devi farti illusioni! > lo canzonai. Gli diedi le spalle incamminandomi verso il soggiorno, quando sentii afferrarmi per un polso e venire trascinata contro la parete del corridoio. Damon mi costrinse tra il suo corpo e la carta da parati bianca dietro di me, guardandomi malizioso e divertito.

            < Guarda che lo so che mi vuoi, > alle sue parole mi paralizzai. Fino a quel momento avevamo giocato, e forse lui stava giocando anche allora, ma ricordavo perfettamente ciò che era successo nei giorni precedenti, e quelli non erano affatto scherzi. Non sapevo esattamente come reagire. La sua voce era stata contrassegnata da forti note di burla e presa in giro, ma il suo sguardo nascondeva anche qualcos’altro.

E io… io lo volevo, eccome se lo volevo!

            < Ti sbagli, mi sei completamente indifferente, > mi sforzai a pronunciare quelle parole, anche perché sia io che lui sapevamo che non era la verità.

            La domanda rimaneva una e una sola. Non ci avevo pensato più, o perlomeno non fino a quel momento.

Io lo amavo?

            Sapevo perfettamente di amare quel suo io che nascondeva a tutti.

            Amare.

            Sapevo di amare quella sua ironia tagliente.

            Amare.

            Sapevo di amare il suo sorriso.

            Amare.

            Ma lo amavo?!

            < Scommettiamo? >

            < Scommettiamo. > risposi con voce tremante: avevo il terrore di sapere cosa aveva in mente.

            Passò la mano sulla mia guancia, delicatamente. Poi con l’indice disegnò il contorno della mie labbra. Scese sul mento. Percorse la gola, arrivò all’incavo del collo. Lì si fermò.

            Avevo paura, una tremenda paura che sentisse il mio cuore che batteva all’impazzata. Ma non volevo che smettesse, perché, mio malgrado, stavo impazzendo sotto il tocco leggero della sua mano.

            Quella mano che ora aveva ricominciato il suo percorso. Stava tornando indietro, ripercorse il collo, fino ad arrivare al mio orecchio, che cominciò a massaggiare sapientemente.

Per un istante chiusi gli occhi, un istante del quale mi pentii subito, poiché riaprendoli trovai il vampiro che se la rideva di gusto. < Penso di aver appena vinto la scommessa, > decretò, senza né allontanarsi né staccare il contatto della sua mano con il mio orecchio. Continuava a stuzzicarlo.

            < Non… non hai… > non ebbi il coraggio di finire la frase. Ma ne trovai altro, molto, molto altro, per fare un’altra cosa: d’impulso colmai quella poca distanza che c’era tra di noi baciandolo a fior di labbra. Con foga, eppure con delicatezza.

Appoggiai semplicemente le labbra sulle sue.

Lui rimase immobile, forse troppo sorpreso dal mio gesto, forse no, però non si staccò.

Presi il suo volto tra le mani intensificando il bacio, e allora lui si fece più partecipe.

La sua lingua sembrava come animata da una vita nuova, così come le sue mani, che si precipitarono su di me.

            “Ma cosa stavo facendo?!” , mi chiesi.

            Sinceramente?!

            In quel momento me ne fregai di tutte le “pippe” mentali che mi avevano frenato fino a quel momento. Me ne fregai della morale, del tradimento, del fatto che Damon era il fratello di Stefan. Me ne fregai perché, in quel momento, riuscivo a pensare solo alla sua lingua che danzava in perfetta sintonia con la mia; alla mia mano che si infilava sotto la sua maglia e all’altra con la quale cercavo la sua, intenta a massaggiarmi il fianco.

Riuscivo a pensare solo alla mia mano che trovava la sua e la conduceva nel mio interno coscia. Alla sua mano, che sempre più audace, massaggiava la mia pelle attraverso i pantacollant, facendomi rabbrividire ogni secondo di più.

            Tutto ciò che sapevo era che amavo il modo in cui mi toccava.

            Amare.

            Ad un certo punto mi staccai, quasi violentemente, e mi divertii a leggere la delusione nei suoi occhi. Lo presi per mano per condurlo verso la sua camera, e allora quell’espressione si cancellò dal suo volto.

            In meno di un secondo mi ritrovai ad essere sbattuta sul suo letto sotto il suo invitante corpo.

            < Sei… > cominciò, ma non lo lasciai finire,

            < Sono sicura, > mi specchiai nei suoi occhi lucidi d’eccitazione. In quell’oceano che continuava a rapirmi ogni volta.

            Gli sfilai la maglietta rapidamente, mentre, invece, mi presi tutto il tempo necessario per ammirarlo accuratamente. Feci scorrere le mani sul suo petto, sul suo addome, fermandomi alla cintura.

            Sapevo di amare il suo corpo.

            Amare.

            Presi il controllo della situazione, capovolgendola, mettendomi a cavalcioni sopra di lui. Potevo sentire distintamente quanto mi desiderava. Certo, io non ero mica da meno.

            Finii di spogliarlo, ammirando ogni centimetro della sua pelle.

            In pochi secondi i miei vestiti fecero la stessa fine dei suoi – sul pavimento.

            Mi abbassai su di lui per baciarlo in fronte, poi sulla guancia, il naso, il mento. Baciai ogni singolo millimetro del suo viso, lasciando la sua bocca per ultima. La morsi, al che gli scappò una piccola risata.

            Di nuovo la situazione si capovolse. In un lampo mi ritrovai sotto di lui. Chiusi gli occhi per l’eccitazione, godendomi ogni sua singola carezza.

            Mi baciò.

            Mi leccò.

            Mi odorò.

            Poi, di colpo, si fermò. Aprii gli occhi, e non mi fu difficile capire il perché del suo improvviso blocco.

            Passai delicatamente le dita sulle piccole vene formatesi intorno ai suoi occhi. Gli carezzai il viso, allora fu lui a chiudere gli occhi.

            Sapevo di amare il suo essere così umano.

            Amare.

            Portai il suo capo ad un soffio dal mio. Lo bacia dolcemente. < Continua, ti prego. > sussurrai al suo orecchio.

            Istinti vampireschi o meno, non avrei voluto che si fermasse nemmeno per tutto l’oro del mondo.

            Quasi titubante ricominciò da dove si era fermato, ma ci mise poco a ritrovare l’audacia di prima, spinto anche dalle mie carezze sempre meno caste.

            Mi baciò.

            Mi leccò.

            Mi odorò.

            Mi penetrò.

            Diventammo un’unica cosa. Ci muovevamo in completa sintonia. Era una danza perfetta.

            Sapevo di amare il suo modo di amarmi.

            Amare.

            Andammo avanti così per non so quanto tempo, ma a me sembrò un’eternità. Un viaggio per il paradiso per il quale, speravo, non ci fosse il biglietto di ritorno. Perché dopo aver provato sensazioni simili era quasi inconcepibile il pensiero di poter sopravvivere senza.

            Ansimavamo insieme, allo stesso ritmo, in sintonia, consci che dovevamo sfruttare ogni secondo di quell’esperienza idilliaca.

            E, intendiamoci, a renderla così idilliaca non era solo il fatto che a letto fosse una bomba – ma lo era, eccome se lo era – c’era un’altra cosa. Una cosa senza la quale il sesso sarebbe stato solo sesso. Una cosa che amplificava le emozioni. Una cosa che amplificava il piacere.

            Perché l’unica cosa che sapevo in quel momento era che l’amavo.

 

 

            Mi strinsi un po’ di più a lui. Ero sdraiata tra le sue gambe, il viso appoggiato al suo petto. Con la mano disegnavo piccoli ghirigori sul suo braccio, mentre lui faceva lo stesso sulla mia schiena.

            Mi sentivo cullata. Sicura. In pace.

            Mi stavo godendo appieno quella sensazione di benessere che provavo tra le sue braccia; non mi ero mai sentita davvero così bene, nemmeno quando ero certa di amare Stefan.

            Ero completamente e inevitabilmente appagata.

            Ero completamente e inevitabilmente sua.

            Ero completamente innamorata di lui.

 

 

 

Salveee!! Lo so, forse non vi sembra strano, anzi una specie di miracolo, che io abbia aggiornato così presto, però, che ci posso fare, oggi ho cominciato a scrivere e non mi sono più fermata!
Piccolo accorgimento, forse inutile: l'ultima scena, quella dove Elena è sdraiata tra le gambe di Damon, ci tenevo molto ad inserirla poichè l'ho vissuta in prima persona (intendiamoci, eravamo vestiti e non avevamo fatto sesso nè cose simili). Ero con il mio migliore amico, che mi piace da impazzire, e siamo rimasti lì per tutta la nottata (ero ad un festino di fine estate a casa sua), e ho provato esattamente le stesse sensazioni che ho scritto... il più bel ricordo dell'estate... *.*

Comunque, passando a cose serie, spero di non essere sfociata nello sconcio o di aver traumatizzato qualcuno perché, se così fosse, ditemelo che cambio immediatamente il capitolo, io ci tengo alla vostra incolumità mentale xD

Traumi a parte, spero che comunque quello che ho scritto sia di vostro gradimento, io ci ho messo impegno ;)

Passo ai ringraziamenti. Grazie a Erika 97, a Kia 97, elenafire, gerby, macca87; e alle 30 che hanno messo la fic tra le preferite, le 7 tra le ricordate e le 58 tra le seguite!!

Vi giuro, vi adoro!!! Mi fate sentire amata :3

P.S. se poi voleste farmi ancora più felice, recensite, può sembrare una sciocchezza, ma quando vedo che un capitolo è recensito mi viene più voglia di scrivere, mi da la carica ;)

Baci.

Francesca.

 

 

           

 

 

 

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Capitolo 9
*** Un Attimo. ***


CAPITOLO 8: UN ATTIMO

            < Che cosa facciamo? > sussurrai contro il petto di Damon. Ero sdraiata su di lui da diversi minuti, nei quali entrambi avevamo saggiamente rispettato voto di silenzio.

            < Non lo so. >

            < Come posso dirlo a Stefan? >

            < Non lo so. >

            < Devo dirglielo? Insomma, con quale coraggio potrei farlo?! >

            < Non lo so. >

            Mi alzai di scatto sulle braccia fissandolo truce. < La vuoi smettere di dire “non lo so”?! Siamo in due in questa situazione, cavolo! > dissi d’un fiato nervosa come poche volte ero stata.

D’accordo che avevo fatto l’amore con lui fino a poco prima; d’accordo che era stato bellissimo e sconvolgente; però era arrivato il momento di affrontare la questione: rimandarla non avrebbe fatto altro che complicare le cose.

            < Non so cosa dirti, Elena. In testa ho solo un pensiero, e a quanto pare non è qualcosa che ti interessa, > disse con tono quasi scocciato tenendo lo sguardo fisso in un punto indefinito della stanza.

            < Certo che non mi interessa quello che stai pensando, in questo momento ci sono cose ben più importanti di cui discutere! >

            < Ma se nemmeno sai di cosa si tratta. >

            < Beh, se non riguarda questo allora non è importante, non ora. >

            < Ecco appunto. >

Mi scansò da sopra di lui, si alzò e si mise alla ricerca dei suoi vestiti.

            < Ma si può sapere cos’hai?! Perché fai così?! >

            < Si può sapere cos’hai tu, piuttosto?! > sbottò lui infilandosi le mutande. < Abbiamo appena fatto l’amore, è stato bellissimo, e l’unica cosa a cui sai pensare tu è Stefan?! >

            < Io sto pensando a cosa dirgli, va bene?! Preferisci che me ne freghi e continui a far finta di nulla?! Che ignori completamente tuo fratello e faccia la stronza, più di quanto non faccia già?! >

            < Io preferirei che adesso pensassi a noi, cazzo! Preferirei che mi dicessi che è stato bello anche per te, che è stato indimenticabile anche per te! Preferirei che per un cazzo di istante anteponessi me a Stefan! >

            < E’ quello che sto facendo! Sto anteponendo te! È per questo che parlo di tuo fratello, perché non so come dirgli di noi due, non so come spiegargli quello che è successo. Sai com’è, non è facile dire al tuo ragazzo che hai appena fatto sesso con suo fratello! >

            < Bene, quindi per te è stato solo sesso… > come poteva pensare che fosse stato solo sesso. Era quasi impensabile. Io lo amavo, lo amavo come non mai, quello non poteva essere stato solo sesso.

            < No, io non volevo dire ques…! >

            < Tranquilla, > m’interruppe, < l’ho capito, sai?! Tu litighi con il tuo ragazzo e io sono una magra consolazione, uno scarto, un passatempo per non pensarci. >

            < No che non lo sei… > sussurrai con gli occhi in fiamme.

            Ti amo. Dovevo dirglielo. Sarebbe stato facile.

            < Stai zitta, non sprecare altre parole con me, conservale per il tuo Stefan, > concluse amaro. Afferrò pantaloni e maglietta e uscì velocemente dalla stanza.

            Io, invece, rimasi esattamente lì dov’ero. Su quel letto. Con quell’odore. Con quelle lacrime.

            Ma perché non glielo avevo detto?!

            Eppure sarebbe stato così facile. Due parole e sarebbe passata la paura. Due parole e lui sarebbe stato mio completamente. Due parole e quello che era successo sarebbe rimasto solo un brutto incubo.

            Ti amo.

La frase più facile del mondo, eppure la più difficile.

            Proprio in quell’istante sentii la porta di casa aprirsi. Era forse Damon che usciva? O magari Stefan che rientrava?

            Comunque fosse non potevo rischiare di farmi trovare nuda nel letto del vampiro sbagliato, per di più in lacrime.

Mi alzai velocemente, e con altrettanta rapidità mi vestii. Sgattaiolai fuori dalla stanza camminando quatta, finché non arrivai nel bagno.

Mi diedi una sciacquata al viso, pettinai i capelli e, infine, chiusi gli occhi per qualche istante.

Riaprendoli li ritrovai ancora lucidi e un po’ arrossati, anche se meno di prima.

            Li richiusi nuovamente.

            Sentii bussare alla porta, al che balzai e quasi lanciai un urlo.

Mi precipitai ad aprirla. < Damon! >

            Ma non era Damon.

            < C-ciao Bonnie, ma… ma che ci fai qui? > cercai di sembrare il più naturale possibile, seppure con molte difficoltà.

            < Stefan mi ha chiesto di venire… tutto bene? >

            < S-si, si! Tutto benissimo, > l’abbracciai calorosamente. < Sono contenta che tu sia qui, > continuai, realmente rincuorata della sua presenza.

            < Anche io sono felice di vederti! Ma adesso vieni, > disse staccandosi da me. < Giù c’è una sorpresa che ti aspetta. >

            < Che sorpresa? >

            < Oh, lo vedrai, > sorrise malignamente, il che preannunciava nulla di buono.

            Mi trascinò giù per le scale fino a che, arrivate all’ingresso, trovai ad aspettarci Stefan insieme a Caroline.

            < Car! > corsi verso di lei. La stavo per abbracciare, quando mi bloccai.

            < Tranquilla, non ti mordo! > rise lei.

Allora la strinsi forte a me, felice che stesse bene.

            < Oddio, sono così contenta di vederti! >

Lanciai una rapida occhiata di ringraziamento a Stefan che, stranamente, rispose con un sorriso sincero.

            < La sorpresa non è finita qui mia cara, adesso arriva il bello, o meglio, il ballo! > sbottò entusiasta la vampira.

            < Questa potevi risparmiartela, > la fulminò Bonnie, poi scoppiò a ridere. Io la seguii a ruota, e con me anche Caroline e Stefan.

            < Comunque, > cominciai dopo che le risate furono cessate, < cos’è questa storia del ballo?! >

            < E’ un ballo a casa Lockwood e questo – Caroline indicò la fodera che teneva in mano – è il tuo vestito! >

            Durante il tragitto in macchina era regnato il silenzio. Io ero stata occupata a pensare a me, a Damon, a Stefan e ai sensi di colpa che mi stavano logorando lentamente. Mi sentivo in colpa perché non ero stata capace di dire a Damon ciò che provavo per lui, che l’amavo; perché stavo mentendo a Stefan; perché stavo mentendo a tutti, forse anche a me stessa: io cosa volevo davvero?! Amavo Damon, eppure qualcosa mi aveva frenato dal dirglielo. Non amavo più Stefan, ma comunque c’era sempre lui nei miei pensieri, nel bene o nel male che fosse.

            Chiusi gli occhi nel tentativo, vano, di svuotare la mente. Riaprendoli mi trovai avvolta in un silenzio che, se possibile, era anche più imbarazzante di prima.

Bonnie, che era alla guida della macchina, era concentrata sulla strada, Caroline armeggiava con il cellulare seduta sul posto passeggero anteriore e Stefan, che era seduto accanto a me, teneva lo sguardo dritto per dritto sulla strada.

            Chiusi nuovamente gli occhi.

            < Ti senti bene? > la voce di Stefan arrivò fioca al mio orecchio.

Di scatto aprii gli occhi e lo fissai per un attimo. < Sì, sto bene. > risposi un po’ fredda. Un po’ perché, con quella domanda appena sussurrata, mi aveva colta alla sprovvista, un po’ perché non sapevo proprio come comportarmi.

            Accennò un sorriso di circostanza, forse dispiaciuto, forse sorpreso dal mio tono di voce.

            < Siamo arrivati! > esordì Caroline entusiasta qualche minuto dopo.

            Scendemmo tutti dalla macchina. Caroline fece l’occhiolino a Bonnie che, prontamente, sorrise di rimando, la prese per mano e la trascinò verso l’entrata.

            < Apettate ragazze…! > feci per seguirle ma una mano mi bloccò per il polso.

            < Aspetta tu, devo parlarti… per favore, > disse dolcemente.

            < Ti ascolto. >

            < Voglio che tu sappia che mi dispiace. Mi dispiace per averti trattata in quel modo, ma in quel momento sragionavo. È che non mi ero messo nei tuoi panni, non avevo pensato quanto questa situazione di Katherine potesse turbarti. Però adesso lo so. So che sei nervosa, che sei preoccupata e impaurita, perciò spero che accetterai le mie scuse, perché sono stato davvero un cretino a urlarti contro oggi. >

Era così dannatamente insopportabile quella situazione. La cretina della situazione ero io, non lui. Eppure lui era certo che il mio comportamento avesse a che fare solo con Katherine. Non aveva nemmeno minimamente sospettato che io stessi nascondendo qualcos’altro. Si fidava di me. E allora io non potevo essere così ipocrita da fare finta di nulla. Non potevo “perdonarlo” e non dirgli niente. Non potevo.

            < Sì, sei stato un cretino ma… > ma sono stata a letto con Damon,

Non l’avevo detto. Avrei voluto, ma la mia lingua aveva agito da sola senza aspettare le indicazioni del cervello. Però glielo avrei detto. Dovevo farlo.

            Sul suo volto comparse un sorriso meraviglioso, uno di quelli sinceri che vengono dal cuore.

            Si avvicinò un poco al mio viso, e quando era ad un soffio dal baciarmi sussurrò: < Ti amo. > Sinceramente non ebbi la forza materiale per replicare. Avrei voluto. Avrei dovuto. Ma non l’avevo fatto.

Non sapevo perché, non sapevo come, non sapevo per quale assurdo disegno del destino, mi ritrovai ad assecondare quel casto e tenero bacio.

E intanto ripensavo a Damon. A lui. Alle parole che avrei voluto, che avrei dovuto, dirgli. E intanto una lacrima solitaria solcò amara la mia guancia.

Lui se ne accorse, al che mi abbracciò. Mi strinse a lui, e per un attimo mi sentii a mio agio come un tempo. Per un attimo ritrovai nelle sue braccia quella sicurezza che aveva sempre saputo infondermi.

            Ma avevo detto bene. Per un attimo.

            In quel momento passò Damon, che ci lanciò uno sguardo veloce, duro e distaccato, poi si defilò dentro casa Lockwood.

            Un attimo.

  Lo so, questo capitolo è una merdina ambulante, ma l'ho scritto tutto d'un fiato e non l'ho riletto. Oggi mi era venuta l'ispirazione, e all'inizio mi sembrava anche una buona idea, ma adesso mi pare tanto un capitolo scontato e noioso... non so, vedete voi, giuro che se fa così schifo come credo rimedierò!!! :)
Comunque, volevo ringraziare klaineklaine, _goodbye, macca87, gerby e Erika 97 per aver recensito, vi adoro *.* e inoltre le 31 persone che hanno messo la fic tra le preferite, le 7 tra le ricordate e le 69 tra le seguite... davvero, mi fate sentire amata <3
P.S. recensiteee!! E non solo per il mio spudorato ego (ok, non ècosì spudorato, sono una depressa comica xD), ma anche per farmi sapere da uno a dieci quanto ha fatto vomitare il capitolo!
Un bacione.

Francesca. 
 

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Capitolo 10
*** Epilogo - Giusto O Sbagliato. ***


EPILOGO
GIUSTO O SBAGLIATO

 


            < Ancora non capisco come abbiate fatto a convincermi a venire qui! > sbottai scocciata, tamburellando nervosamente le dita sul tavolino. Mi sedetti più comoda sulla sedia: ormai il mio sedere si era addormentato, non ce la facevo più a stare seduta. Volevo tornare a casa, eppure non volevo.

            < Semplice, perché il mio visino da neo vampiro bastonato funziona sempre! > Caroline mimò un’espressione dolce e implorevole, una di quelle con occhi spalancati e labbro inferiore sporgente.

            < Piuttosto, perché non andiamo a ballare?! > S’intromise Bonnie.

            < No! No no no no! Mi avete costretta in questo vestito, mi avete costretta a questa festa, ma non mi costringerete anche a ballare! >

            < Ma perché? A te piace ballare! >

            Effettivamente era vero, mi piaceva, ma in quel momento ballare era proprio l’ultima tra le mie priorità.

Per prima cosa volevo sapere che fine aveva fatto Damon, che, da quando era entrato, l’avevo perso di vista. Secondo poi volevo sapere dove si fosse cacciato Stefan che, invece, circa mezz’ora prima, mi aveva scaricata con un secco < Torno subito. > che strana concezione di “subito” che aveva!

            < Dai! Un solo ballo, concedici solo questo! >

Caroline mi prese per un braccio e Bonnie per un altro, quindi mi trascinarono al centro della pista, già affollata di coppie e coppiette appiccicate tra di loro.

Poi lo vidi. Di sfuggita, ma lo vidi.

< Devo andare... > Sussurrai, ma sicuramente non mi avevano sentita. Un po’ perché l’avevo detto a voce davvero bassa, un po’ perché c’era così tanto baccano che sarebbe stata dura farmi sentire anche se avessi urlato.

Mi feci largo tra la folla a forza di spallate – sì, lo so, non era molto femminile – finché arrivai di fronte ad una porta, che probabilmente portava a qualche stanza della casa.

L’aprii lentamente.

            < Oh merda! > Ooh no, non era femminile per niente.

            POV DAMON

            < Allora, vuoi dirmi cosa ci fai qui, oppure no?!> Dissi fra i denti, tenendola ben arpionata al muro. Strinsi un po’ di più la presa della destra al suo collo.

            < Prova a scoprirlo da solo.> Rispose, con il chiaro intento di farmi innervosire. Mossa sbagliata, lo ero già abbastanza di mio.

            < Senti stupida ragazzina, o mi dici cosa cazzo ci fai qui o ti ficco questo paletto nel cuore.> Ringhiai contro il suo orecchio premendo, con la manca, la punta del paletto contro il suo petto. < E sai che sono capace di farlo!>

            < Davvero?! E allora fallo.> Stava giocando. Mi stava prendendo in giro. Non lo sopportavo.

            < Con infinito piacere!>

            < Damon, fermati!> Stefan entrò nella stanza ansante, chiudendosi cautamente la porta alle sue spalle. < Non possiamo ucciderla, non ancora.>

            < Tempismo da telefilm fratellino, davvero, complimenti.> Dissi secco. Quel giorno la sua presenza mi infastidiva, e già ero abbastanza infastidito per la presenza di una qual certa vampira, il che non era un bel mix. Senza contare che ero mezzo ubriaco.

            Avevo voglia di uccidere. Avevo la persona da uccidere. Avevo l’occasione per uccidere. Perché indugiare?!

            Strinsi di più il paletto fra le mani.

            Volevo ucciderla, nient’altro.

            < Damon.> Mi chiamò nuovamente mio fratello.

            Gli lanciai una rapida occhiata, poi tornai su di lei, ancora stretta nella mia morsa.

            < Katherine.> Cominciai.

            < Damon.> Mi canzonò lei.

            Mi stava proprio facendo incazzare… ancora di più.

            < Dimmi. Cosa. Vuoi.> Cercavo di mantenere la calma perché, ne ero certo, se mi fossi distratto anche solo per un secondo le avrei infilato quel dannatissimo pezzo di legno dritto nel cuore.

            Improvvisamente la porta di aprì. Di nuovo.

            < Oh merda!> La sentii sussurrare.

           Se il mio cuore fosse stato ancora funzionante avrei perso un battito.

           Non poteva essere lì.

           Non in quella stanza.

           Non nella stessa stanza dove si trovava Katherine.

           Non nella stessa stanza dove mi trovavo io.

            < Che ci fai tu qui?! Vattene immediatamente!> Avevo scandito quelle parole forti e chiare, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla vampira di fronte a me.

            Non potevo guardarla.

            Lei non poteva essere lì.

 

            POV ELENA        
            La scena che mi ritrovai a osservare non era esattamente quella che mi sarei aspettata: Katherine era arpionata al muro, Damon la teneva ferma per il collo con una mano, mentre con l’altra le teneva un paletto premuto contro il petto. Intanto, invece, Stefan era fermo al centro della stanza, inerme e silenzioso.

            < Che ci fai tu qui?! Vattene immediatamente!> Aveva detto con cattiveria Damon, senza nemmeno guardarmi. Il suo sguardo era fisso su Katherine.

            < Elena, Damon ha ragione, devi uscire.>

            < Ma perché?> Cominciò Katherine liberandosi dalla presa del vampiro con una facilità inimmaginabile. < Falla restare. >

            Damon rimase impietrito per un secondo, probabilmente non si capacitava che la vampira, fino a quel momento, l’aveva praticamente preso in giro non liberandosi prima dalla sua morsa, poi si girò di scatto osservando attentamente ogni singola mossa di Katherine. Quest’ultima si stava avvicinando alla mia posizione a piccoli passi. Sul suo viso era stampato un sorriso compiaciuto, ironico, di sfida.

Prima che potesse arrivare a circa un metro da me, Damon, alla velocità della luce, mi si parò davanti andando a formare insieme a Stefan, che subito l’aveva imitato, una barriera tra la mia figura e la vampira.

            < Non fare nemmeno un altro passo.> Ringhiò Damon, stringendo convulsamente il paletto nella mano.

            < Vuoi essere tu, ad impedirmelo?!> Rise lei.

            < Non solo lui, Katherine. Avvicinati ancora a Elena e sarò io stesso a ucciderti.> Pensai che non avevo mai sentito Stefan parlare in quel modo, ne' tanto meno avevo mai visto Damon preoccuparsi per me a quella maniera, soprattutto dopo quello che era successo.

            Katherine esitò qualche secondo, pensierosa, ma quel sorriso beffardo che la contraddistingueva non tardò a tornare ad invaderle il viso. < Ooh, ma che bel quadretto che formate: i due fratelli Salvatore,> Fece una pausa di qualche secondo, con il chiaro intento di renderci ancora più nervosi di quanto già non fossimo. < innamorati della stessa donna.>

            Stefan fulminò Damon che, di rimando, abbassò gli occhi.

            Poi guardò me, confuso. E anche io spostai lo sguardo, perché, sebbene non conoscevo i sentimenti che Damon provava per me, conoscevo perfettamente quelli che provavo io per lui.

            Sentivo gli occhi indagatori della vampira fissi su di me. < E, magari, Elena si diverte a giocare con entrambi…>

            A quell’ennesima frecciatina mi venne voglia di urlare. Di prendere quel dannatissimo paletto e ficcarglielo nel cuore. Non aveva il diritto di dire quelle cose.

< Ma come ti permetti…?!> Sbottai io, dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio.

            La vampira si avvicinò a me, spaziandosi tra Stefan e Damon, in un battito di ciglia. < Chiamalo intuito...> Ghignò ad un palmo dal mio volto.

Il cuore mi batteva a mille per la paura, ma non ebbi il tempo di terrorizzarmi a dovere perché, sempre in quella che mi parve una frazione di secondo, mi ritrovai ad osservare, con occhi colmi di stupore, Katherine accasciata a terra e Damon sopra di lei, il paletto conficcato nel suo addome.

            < L’hai mancato, Damon.> Sospirò con affanno.

            < No. Stefan, stranamente, ha ragione: tu sei qui per un motivo, che ancora non hai avuto il piacere di condividere con noi, il che vorrebbe dire che uccidendoti non farei altro che mettere Elena più in pericolo di quanto già non sia e cadere in svantaggio.>

            < Perché, ora pensi di essere in vantaggio?!> Rispose di rimando lei, sempre ironica, nonostante il pezzo di legno nel suo addome.

            < Zitta, non voglio più ascoltarti per oggi.>

            Arrivammo a casa Salvatore nemmeno mezz’ora dopo. Avevamo lasciato il ballo senza dire un a parola a nessuno, soprattutto a Bonnie e Caroline che, vampira cattiva o meno, non mi avrebbero lasciata andare per nulla al mondo.

            Damon e Stefan avrebbero portato Katherine nel seminterrato, mentre io avrei aspettato nel salotto; questo era il piano. Però, proprio quando si stavano apprestando a scendere le scale, mi venne naturale chiamarlo.

            < Damon.> Lui si girò di scatto, senza però guardarmi.

            < Che c’è?> Chiese scocciato.

            < Dovrei parlarti un attimo.> Non sapevo bene di cosa avrei dovuto parlargli. Ma una cosa era certa: dovevo fargli capire che per me era più importante di quanto poteva anche solo immaginare. Lo amavo. Ma non sapevo se poterglielo dire o meno, non sapevo se facendolo avrei fatto la cosa giusta o quella sbagliata.

Cos’era giusto?! Rompere con Stefan, lasciarlo per suo fratello, per di più in un momento tanto delicato, oppure lasciare tutto com’era? In entrambe le situazioni uno dei Salvatore avrebbe sofferto. Come avrei potuto, allora, decidere?

            < Io intanto la porto giù.> Disse uno Stefan alquanto stranito. Prese in groppa Katherine, che nel frattempo avevamo imbottito di una quantità industriale di verbena, e la portò giù.

            < Di cosa devi parlarmi?> Chiese scontroso.

            Giusto o sbagliato?

            < Di noi due.> Lo vidi un po’ sorpreso, anche se cercò di nasconderlo bene.

            < Di quello che è successo tra me e te.> Continuai, eppure non sapevo ancora cosa dire.

            Chi avrei scelto di far soffrire? Stefan o Damon o…?

            Aspetta.

            Improvvisamente mi venne in mente un particolare che fino a quel momento avevo ignorato: eravamo in tre in tutta quella situazione. Non c’erano solo loro due, c’ero anche io.

            C’ero anche io, e avevo tutto il diritto di non voler soffrire.

            E allora le parole mi uscirono di bocca come se fossero state sempre lì, pronte per esser pronunciate.

            < Ti amo, Damon. Forse ti ho sempre amato, forse no. Questo non te lo so dire, però so che ora, in questo preciso istante, io ti amo…>

            < Tu…> Mi interruppe. Sorpreso. La voce quasi tenera.

            < Aspetta, lasciami finire. L’altra sera fare l’amore con te è stato meraviglioso. È stato indimenticabile, idilliaco. Però…> Mi presi un attimo per respirare a fondo e trovare il coraggio di dire ciò che stavo per dire. < … non posso stare con te. Non è la cosa giusta, ne’ per me ne’ per te.>

            < Certo.> Sbuffò. Il tono era tornato ad essere duro, il volto impenetrabile. < Tu hai Stefan.>

            < Ho detto che devi lasciarmi finire.> Lo rimproverai dolcemente. < Non posso stare con te, ma non posso stare nemmeno con Stefan. Finora mi sono preoccupata perché vi stavo facendo soffrire, e non volevo. Ma sai qual è il punto?! È che nemmeno io voglio soffrire. Era evidente fin dall’inizio, eppure ci sono arrivata solo ora: non posso giocare con voi, con i vostri sentimenti, non posso e non voglio comportarmi come ha fatto Katherine. Non lo meritate voi come non lo merito io. E per evitare di soffrire, e di far soffrire, questa è l’unica cosa che posso fare. Almeno per ora.>

             Seguì un momento di silenzio. Aspettavo che lui dicesse qualcosa, che però tardava ad arrivare. Era lì, di fronte a me, lo sguardo perso nel vuoto, le labbra contratte.

             < Sai.> Ripresi io. < Penso di non meritarvi, nessuno dei due. Siete speciali, tu quanto lui.>

            Mi avvicinai a Damon, a piccoli passi. Gli presi il viso tra le mani e mi concessi un ultimo, piccolo bacio.
            Poggiai semplicemente le mie labbra sulle sue.
            Chiusi gli occhi per godermi a pieno quella sensazione. Pochi secondi, poi mi staccai lentamente. Lui rimase immobile.

            Poggiai la fronte contro la sua. < Sono tua, lo sarò sempre.> Sussurrai. < Ma ora come ora è giusto così.>

            Una lacrima percorse la mia guancia.

            Non seppi dire se di felicità o meno.

            Ma ciò di cui ero certa era che avevo fatto la cosa giusta.

           Per me.

           Per Damon.

           Per Stefan.

           Non avevo rimpianti.

          Mi staccai cautamente, pulendomi il viso con il palmo della mano. < Ora devo dirlo anche a lui… ma penso che abbia già ascoltato tutto.>

Abbozzai un sorriso, poi mi diressi giù.

          < Stefan.> Lo chiamai. < Dobbiamo parlare.> Cercai di ignorare la figura di Katherine, inerme, legata alla sedia.

         Il vampiro alzò lo sguardo su di me, triste. < Lo so.>





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Eccomi qui, con l'ultimo capitolo di questa fic che, anche se mi ha fatta spesso penare - causa: mancanza d'ispirazione - mi sta molto a cuore, anche perchè è la prima long che scrivo.
Mi dispiace davvero tanto di avervi fatto aspettare tanto, ma, oltre a non avere più idee, ho avuto anche da fare. Non solo con la scuola, ma anche con un'altra fic, quindi doppie scuse. (A proposito, se vi interessa ve la linco, è una storia a 24 mani, il mio sarà il nono capitolo :)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=818590 )
Comunque, tornando a noi, il pov di Damon mi è servito solo a a far capire quello che stava succedendo, nulla di più, e penso che si sia capito xD
Il finale?! So che non ve lo aspettavate così, ma è così che doveva andare (bada, non nel telefilm, ma nella mia fic, per come si sono sviluppati i fatti questo è il finale giusto). Triple scuse xD
Beh, che altro dire?! Vi ringrazio tutti, per avermi seguito sempre, nonostante le mie continue "pause".
E ringrazie tutti quelli che hanno recensito, messo tra le preferite e quant'altro. Grazie davvero.
Vi voglio bene.
Un bacio.
Francesca.

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