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Clamp
(che hanno inventato quella meraviglia che è X)
REM
(la loro musica è stata un’ispiratrice fondamentale per la seguente storia)
Leryu,
Lilie, Kairi, Clover, Ren, Haryuu, Laurie e gli altri che tengono viva la
discussione su X sul forum e stimolano la mia fantasia sull’argomento
Eleonora
(a cui la fic è dedicata, anche se non lo sa!)
Dio
(…beh, semplicemente, mi piace ringraziarlo quando sto per cominciare un
lavoro…^__^)
You!
(che vi apprestate alla lettura…)
Questa
storia è un tentativo di dare un finale ad X, mentre aspettiamo quello vero.
Non ha nulla a che vedere col finale dell’anime, tantomeno con quello del film.
La storia ripartirà dal punto in cui si è interrotta al volume 18.
Devo
chiamare questa una death fic? Non so. Sappiate che qualche Drago ci saluterà,
mentre altri, rimarranno in vita. Spero che approviate le mie scelte!
Questa
fic fa parte della categoria “azione/drammatico”, ma anche “sentimentale” (beh,
non si parla di amore, ma di sentimenti, senza dubbio!). Ho dato una mia
interpretazione dei personaggi, spero di essere riuscita a renderli abbastanza
fedelmente…
Questa storia è iniziata nell’autunno del 2004 ed è stata
terminata a maggio 2005. (questa cosa la dico perché ho il complesso delle
Troppe Fic In Contemporanea. Va bene, sto portando avanti Clamp Work. Ma questa
è già stata scritta, nei momenti liberi, soprattutto di notte. Quindi
l’aggiornamento dovrebbe essere abbastanza regolare…Ok, va bene, taglio corto
con le paranoie).
Mi
auguro vi sia gradita. Criticate pure senza ritegno, a volte ce n’è più bisogno
che degli apprezzamenti.
Io
sono qui: yumemi@hotmail.it
Che
altro dire? Buona lettura, e grazie!
I
– Open Your Eyes
Sono
stanco e nudo
Non
so di che cosa sono affamato
Non so più cosa voglio
(Rem)
Ottobre 2001
Si
alzò di scatto, trovandosi immerso nel sudore, colto da brividi. Un risveglio
davvero orrendo. Naturale, visto che aveva appena avuto un incubo.
-
Incubo?-
Increspò
le labbra in un sorriso amaro, l’unica espressione che, ogni tanto, infrangesse
la sua aria sempre seria, persa in un altro luogo, forse in un’altra vita.
Beh,
non che tra gli incubi e la vita ci fosse poi tutta quella differenza abissale!
Si
scrollò di dosso le coperte, e scese dal letto. Viveva in un piccolo appartamento
alla periferia di Tokyo da due anni. E non ricordava affatto di essere andato
in un’agenzia immobiliare ad acquistarlo. Né di aver ritirato in banca tutti i
suoi soldi. Né di aver trasferito lì i mobili che, evidentemente, prima stavano
in un’altra casa. Se era per questo, non ricordava nemmeno di aver avuto
un’altra casa. Né dove fosse. Né che lavoro facesse.
Non
ricordava assolutamente nulla del suo passato. Sapeva solo che due anni prima
aveva deciso di lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle, e c’era riuscito
bene. Lui non ricordava il momento preciso in cui aveva preso quella decisione.
Osservava il risultato tutti i giorni, però.
Due
anni prima aveva cancellato, quasi metodicamente, le tracce di un passato, ed
aveva ricominciato.
Solo
che quel passato era sparito veramente, dalla sua memoria. Come tutto il resto.
Non
sapeva quale fosse il nome che i suoi genitori gli avevano destinato, né se
quel nome era mai stato chiamato con affetto, con dolcezza, con disprezzo, con
odio, con desiderio, con amore.
Non
sapeva dov’era cresciuto, cos’aveva amato nella sua infanzia, quali passioni
erano germogliate nel suo animo col passare del tempo. Non sapeva se aveva
avuto fratelli, se aveva stretto amicizie, se aveva amato qualcuno. Non sapeva
bene nemmeno la sua età. A occhio, sarebbe dovuto essere uno studente
universitario. Ammesso che avesse frequentato qualche scuola.
Gli
era capitato di passeggiare per i cortili di alcune università della città,
sperando che qualcuno lo riconoscesse. Ma non era mai successo, né in quel
luogo, né in nessun altro. Se lui si era dimenticato del suo mondo, era
accaduto anche l’inverso.
“Se
morissi, nessuno lo saprebbe”.
Quando
ci pensava, sorrideva, lo stesso sorriso amaro ed ironico con cui illuminava un
viso che, nonostante l’espressione gelida, era dolce.
A
volte si chiedeva chi era stato. A volte aveva tanto desiderio di saperlo, da
avvertire le lacrime che volevano uscire dai suoi strani occhi. Ma aveva
dimenticato come piangere tanto tempo fa, forse le sue lacrime erano già state
consumate tutte, e i suoi occhi restavano aridi.
Per
chi aveva pianto tanto?
Per
quanto si sforzasse, non ricordava nemmeno un volto. E se in certi giorni ne
era ben felice, altre volte gli sembrava di morire, all’idea di aver perso
tutto.
Tutto.
Non
c’era un modo per riaverlo?
Nell’ufficio
dove lavorava come segretario aveva detto di chiamarsi Yuki Saitoh. E di avere
21 anni. Il direttore, prima di assumerlo, aveva constatato che sembrava un
adolescente. La sua vice aveva ribattuto che per lei avrebbe potuto avere anche
più di venticinque anni. Lui aveva sorriso. Beh, potreste aver ragione
entrambi. Comunque, Saitoh-san era stato assunto.
Anche
quella mattina si sedette al suo posto, con la solita calma.
“Tu
non hai mai fretta, eh?”, gli aveva detto una volta una sua giovane collega,
sorridendo.
“Non
ho nessuno che mi aspetta e nessuno da aspettare”, aveva risposto,
raggelandola.
Non
ho nessuno che mi aspetta e nessuno da aspettare.
Era
per questo, che dopo il lavoro prese una strada insolita, per lui? Perché era
solo, solo, terribilmente solo?
Forse
sì. Se almeno avesse avuto un ricordo, avrebbe potuto attaccarsi a quello.
Avere un nome da sussurrare la sera, quando si torna a casa, anche se è un nome
che non risponderà mai, è dolce.
Entrò
dalla piccola porta nella stanza dalle luci basse. Forti profumi gli dettero
subito alla testa, e si affrettò a sedersi. Possibile che certi maghi e
sciamani avessero bisogno di riempire di cianfrusaglie, strane luci ed odori
forti i loro “uffici”, per impressionare la gente?
-
Benvenuto. Lei è Saitoh-san, non è vero?-
La
donna seduta di fronte a lui sorrise, si inchinò. Era abbastanza giovane, e
vestiva di nero. Aveva capelli corti, un buffo diadema azzurro su di essi, e
gli occhi truccati di viola. Almeno lei, era piuttosto sobria, di certo più
della sua stanza.
-
Lei è venuto da me perché ha perso il suo passato, vero? Così mi ha detto nella
sua e-mail.-
Già,
ora gli sciamani prendevano appuntamento per mail! Sorrise nel suo modo solito,
le fece cenno di sì.
-
Perché ha scelto proprio una sciamana, e non è andato da uno psicanalista, ad
esempio?-
Scosse
la testa.
-
Mi è sembrato naturale.-
-
Beh, questo potrebbe già essere un segnale. Lei ha avuto a che fare con il
soprannaturale, in passato, forse. Lei non ricorda proprio niente?-
-
Niente. Solo che due anni fa ho ritirato i soldi che avevo in banca, ho
comprato una casa nuova, e ho deciso di trovarmi un lavoro. Ma non so perché.
Non so nulla della persona che ero.-
La
donna annuì, come soppesando le sue parole. Infine trasse un lungo sospiro,
mentre estraeva qualcosa da un cassetto. Quando aprì le mani, lui vide cos’era.
Un ofuda, una sorta di sigillo di pergamena, su cui erano tracciati dei
caratteri.
-
“Mente”.- lesse lui.
-
Già. Uso questi ofuda per ritrovare ricordi perduti nella mente delle persone.
Penso di provare ad usarlo su di lei. Non le garantisco che riuscirò a ridarle
la memoria, ma almeno smuoverà in lei qualche immagine del passato.-
Prese
il piccolo pezzo di pergamena tra due dita, e lo sollevò davanti al viso.
Rimase a lungo in quella posizione, come rintracciando in sé l’energia per
compiere il rito. Poi iniziò a pronunciare parole antiche, prima piano, poi
sempre alzando la voce. Per lui era come un suono conosciuto, una ninna-nanna,
un rumore di fondo rassicurante. Si lasciò trascinare dalla cantilena, ed un
attimo dopo…
“…”
Un
adolescente, ma gravato di un compito non facile. La sensazione di doversi
scontrare con la parte peggiore dell’animo umano…
“…I
sogni sono importanti…”
Sogni?
“…Tu
non sei normale! Ti odio perché tu non sei normale!”
Chi
glielo diceva? E soprattutto, chi lo consolava, parlando dell’importanza dei
sogni? Chi sapeva entrare così bene nel suo animo, dissipando ogni dubbio, ogni
paura, ogni nodo doloroso? Chi era quella persona che…
“Tu hai la capacità di capire il cuore degli altri, ma io
ho avuto in dono la capacità di capire il tuo cuore!”
Era
una presenza tanto dolce, diversa da quella di prima, che era invece ardente e
lo travolgeva. Questa era fatta dei rumori conosciuti di una casa, del profumo
di luoghi che ami, aveva la consistenza di qualcosa di morbido e delicato che
ti avvolge, senza soffocare, lasciando la tua anima libera di respirare…
“Quella persona è l’unica che può renderti felice, vero?”
C’era
una persona, nella sua stanza, e gli somigliava in qualche modo, ma era anche
diversa da lui, ed era…come…come la fiamma appena nata, quando getti un
fiammifero su teneri rametti. A volte va giù, sembra che si stia spegnendo. E’
come un’agonia, la piccola fiamma sembra morire. Ma un attimo dopo si rialza, e
quasi ride, e ti spaventa per la sua forza, e ti fa sorridere, perché è bella.
Quale
persona gli era sembrata una meraviglia simile?
“Tu
sei…”
Volti,
che avevano qualcosa da dirgli, che desideravano farlo partecipe di qualcosa di
grande, di importante.
Ma
un desiderio costante e inspiegabile, ardente e gelido, opprimente e
bellissimo, vinceva tutto, travolgeva il resto, e gli impediva di vedere
qualsiasi cosa che non fosse la sua realizzazione…
-
Ah…-
Lanciò
un piccolo gemito, afferrando i braccioli della sedia, come se volesse evitare
di precipitare ancora. La donna posò l’ofuda, e lo fissò.
-
Ha ricordato qualcosa?-
-
Volti.- balbettò lui, passandosi una mano sul viso. – Solo volti. E parole. Ma
non so metterli insieme.-
-
Io ho cercato nella sua mente. Ed è tutto molto strano. E’ come se lei…se lei
avesse voluto proteggerla!-
-
E cosa significa?-
-
Che è stato proprio lei a desiderare di dimenticare tutto, con una forza
sorprendente. Io credo che lei sia dotato di un qualche potere spirituale.-
-
Non lo so.- rispose lui, un po’ sorpreso dalla rivelazione. – E dimenticando
tutto, potrei averlo sopito?-
-
Sì. Può essere accaduto.-
-
Ma perché ho voluto dimenticare?-
Il
viso della donna si fece serio, quasi le fosse difficile proferire altre
parole.
-
I volti che vedevo vagamente nella sua mente, ecco, quei volti andavano in
frantumi. E c’era la sua voce, che sovrastava tutto, gridando dei nomi che io
non riuscivo a capire. Io temo che lei abbia attraversato una grande
sofferenza, e per questo abbia deciso di scordare!-
-
Ma perché ho scelto questa via?-
-
Non capisco. Non lo so. Dovremmo riprovare, ma ho paura di farle del male, se
ricomincio a cercare adesso!-
-
Non può…entrare nella mia mente?-
La
donna assunse un’aria stupita.
-
Come sa che esiste questa tecnica?-
-
Non lo so.- rispose lui, più stupito di lei, scuotendo la testa. – L’ho detto
senza pensare.-
-
Beh, è una tecnica che solo gli sciamani di più alto livello sanno mettere in
atto. Io ho dei poteri, ma non arrivo così lontano.-
-
Non esiste nessuno che possa aiutarmi, con quella tecnica?-
All’improvviso
era diventato ansioso, ansioso di sapere. I volti che aveva visto gli
ricordavano qualcosa di tremendo, ma erano così belli! E svanivano di nuovo,
troppo in fretta, dalla sua mente!
-
Un tempo c’era la famiglia Sumeragi.- rispose lei. – Erano forse i migliori, in
questo campo. Forse gli unici, al giorno d’oggi. Ma la dodicesima capofamiglia
è morta l’anno scorso, e il suo successore…beh, è scomparso. E non credo che
esistano persone a cui abbiano rivelato il segreto, erano soliti lavorare da
soli. Però potrei informarmi.-
-
La prego, lo faccia.- mormorò lui, abbassando la testa, con aria sconfitta. –
Ma lei non ha visto nulla?-
-
Solo dei volti. Non so nulla di loro.-
-
Me li descriva. Io…li sto già dimenticando!-
-
C’erano una giovane donna, un uomo e un ragazzo, loro tre ritornavano con
insistenza. E poi altre persone…Una donna che piangeva, vestita di viola. Una
donna con i capelli rossi…Altre persone, ma passavano velocemente, dinanzi a
me, ed erano molte. Giovani, vecchie. Lei deve avere incontrato tanta gente.
Forse lavorava, e li ha incontrati svolgendo la sua attività. Ma sono state tre
persone a colpirla particolarmente.-
-
Mi parli di loro.-
-
La ragazza sorrideva sempre, nelle sue immagini. Era molto giovane e…Ecco,
direi che le somigliava. Anche un altro dei tre era giovane, un adolescente.
Credo che risvegliasse in lei sensazioni contrastanti, perché nella sua mente
lo vedevo sotto ombre nere e subito dopo illuminato da mille luci. E poi c’era
un uomo, molto alto, ed era una presenza diversa dalle altre. Oscura. Come…come
un abisso. Ne ero spaventata. Non si resta spesso in vita, dopo aver conosciuto
una persona simile! Vorrei davvero sapere chi era. E cosa le ha fatto.-
-
Lei crede che io sia stato in qualche modo vittima di quella persona?-
-
Ne sono sicura. Per questo dico che lei ha sofferto. E, sinceramente, vuole
proprio ricordare? In questo modo le manca una parte della sua storia, ma se la
riconquistasse, potrebbe scoprire che era meglio non aver mai rivissuto quei
momenti!-
Lui
si limitò a scuotere la testa. In ogni modo, anche rivivere una sofferenza
sarebbe stata una variazione alla noia mortale che invadeva la sua vita.
Noia,
incubi, desideri vivi ma nascosti da veli di nebbia, la nebbia della
dimenticanza. Non ne poteva più.
-
Devo sapere.- rispose semplicemente. – Cerchi un altro ricordo, non ho paura.
Lo faccia ora.-
La
donna sospirò, ma davanti a lei c’era una persona che sapeva quel che faceva.
Riprese in mano il sigillo. Riprese a cantilenare.
E
questa volta fu lei ad interrompersi, gridando. Lui era rimasto immobile, nella
sua mente solo la voce di lei, e un turbine, nero, nero, nero e rosa.
Rosa?
-
Che succede?- le chiese, prendendole la mano come per sostenerla.
-
Non capisco.- ansimò lei. – E’ come se…Se lei pensasse che…che le persone che
ho visto prima…Ecco, lei è certo che quelle persone sono state portate alla
distruzione proprio da lei!-
Le
strinse la mano, inavvertitamente. Non capiva.
-
Da me?-
-
Non significa che ciò sia vero. Forse è solo un suo senso di colpa.-
-
Me lo diceva spesso, che dovevo perdonarmi…- mormorò lui, all’improvviso, con
aria trasognata ed un sorriso nostalgico sul volto.
-
Chi? Chi glielo diceva?- chiese lei, speranzosa, comprendendo che c’erano dei
ricordi che si affacciavano alla sua mente. Lui spostò lo sguardo negli occhi
di lei, e scosse la testa, sconsolato.
-
E’ stato solo un attimo. Ricordo una voce che mi dice questo, ma ignoro chi sia
il proprietario.-
-
Cosa risveglia in lei, quella voce?- mormorò la donna. Lui sorrise di nuovo,
come non faceva da tempo.
-
Rosa.- rispose.
-
Rosa?-
-
E calore. Non so perché.-
Lei
sospirò, e mise via in fretta l’ofuda, come per evitare che lui le chiedesse un
altro tentativo. Nessuno dei due l’avrebbe sopportato, non in quel momento.
-
Si accontenti, per oggi. Se vuole, può tornare. Ma io credo che se trovassimo
un oggetto importante, che appartiene al suo passato, potrebbe riacquistare
tutta la sua memoria.-
-
Gliel’ho detto, ho cancellato tutto.-
-
Si, ma non si dia per vinto. Forse c’è qualcosa. Cerchi, in casa sua. Frughi
nei cassetti, nei documenti vecchi, negli abiti che metteva in passato…Ci
provi!-
Lui
annuì, alzandosi. Prese il portafogli per pagarla, ma lei gli fece cenno di no.
-
Non penso di averle fatto un favore, rendendole quei ricordi. Non voglio
nulla.-
-
Ma ha sprecato tempo ed energie! E sono stato io a chiederglielo!-
-
Per favore, no.-
Lui
annuì, e si alzò. La donna sollevò il viso, e parve accorgersi solo allora
della stranezza che caratterizzava i suoi occhi.
-
Sono di due colori diversi.- mormorò, indicandoli.
-
Si. Uno è verde ed uno è color ambra.- rispose lui.
-
E’ sempre stato così?- chiese lei, come seguendo un’intuizione.
-
No. Credo di no. Ma, naturalmente, non so perché.-
Lasciò
la donna, si rituffò nella notte caotica di Tokyo, mentre la sciamana si
tormentava le mani, sentendosi in colpa per non avergli rivelato una scena ben
precisa che aveva visto.
“Amo
questa città, perché va verso la distruzione ad una velocità folle,
divertendosi.”
“Non
è per i tuoi stessi motivi, ma anche a me piace Tokyo…”
Si passò una mano sul viso, come per implorare le lacrime
di scendere e dare sollievo ai suoi occhi. Chi era, che diceva parole simili?
Con
chi aveva parlato della città di Tokyo? Perché, perché aveva detto di amarla?
Chi lo accompagnava nei suoi giri per la città?
Poco
distante dal luogo in cui un giovane ricercava se stesso, in un tempio
buddhista, un giovane monaco osservava la notte stellata, chiedendosi perché
mai a volte si sentiva triste.
Come
se gli mancasse qualcosa.
Un
giornalista coccolava la figlioletta, mentre la moglie cucinava, rumori
quotidiani dolci come sottofondo. Eppure, nella mente dell’uomo c’era l’ombra
di un ricordo che non riusciva a raggiungere…
Una
ragazzina si pettinava i capelli, che aveva deciso di far crescere.
Quando?
Due
anni prima.
Perché?
Per
dimenticare, per dimostrare quanto fosse cambiata.
Si,
ma cambiata…Perché?
Un
giovane si svegliò all’improvviso, rabbrividendo. Il sogno che aveva fatto era
conosciuto, ne era certo, eppure era anche sicuro di non averlo mai fatto
prima.
Era
davvero un sogno, e nient’altro?
Uno
studente universitario si sollevò dai suoi libri, stringendo all’improvviso in
maniera convulsa la penna con cui stava riempiendo il quaderno di fronte a lui.
-
Ehi, tutto bene?- domandò il suo compagno di stanza, disteso sul letto poco
distante.
-
Sì. Scusami.- mormorò l’altro, sorridendo.
No,
niente affatto. All’improvviso aveva avvertito una tristezza così profonda e
straziante, e senza alcun motivo!
Un’infermiera
uscì con passo lento dalla stanza del ragazzo. Sospirò. Le faceva molta
tenerezza. Era in coma da due anni, e mai una volta aveva visto una persona che
fosse venuto a trovarlo! Mai. Non sapevano nemmeno chi fosse. Probabilmente era
orfano, o almeno un familiare sarebbe venuto a cercare di lui…
No,
nessuno. Era molto triste. Chissà cosa gli era successo, poi. Lo avevano
ritrovato ai piedi della Tokyo Tower, dopo quel terremoto terribile, però aveva
delle ferite strane, di certo non provocate dal terremoto.
Beh,
in ogni modo, lui era lì, e nessuno si ricordava della sua esistenza.
“Povero
piccolo. Penso che se si svegliasse, sarebbe quasi peggio. Da solo…”
Ma
quando le cose si mettono in moto, quando gli eventi vogliono dare inizio ad un
nuovo corso, niente può fermarle.
E
nessuna di quelle persone sapeva che, benpresto, un’ombra antica sarebbe tornata nelle loro vite, private di un
ricordo troppo importante.
Questo capitolo è per Chiara, perché conservi il suo stupore, la sua
intelligenza e il suo desiderio di affetto per sempre
Questo capitolo è per Chiara, perché conservi il suo
stupore, la sua intelligenza e il suo desiderio di affetto per sempre.
Inoltre è per voi che avete iniziato a leggere. Come
sempre, grazie!
II
– Secret Desire
Avresti
potuto dominare l’intero mondo
Ma
tu hai gettato via tutto…
(Muse)
“I’m
half sick of shadows” – she said
The
Lady of Shalott
(A.
Tennyson)
1999
“
Si, ma i sentimenti del Drago del Cielo?”
-
Bentrovato, Sognatore.-
Il
giovane esile sollevò la testa, e incontrò lo sguardo indecifrabile della
persona che spesso attraversava i suoi sogni.
-
Lo sai perché sono qui?-
-
C’è qualcosa che desideri sapere?- domandò, sollevandosi un po’ verso l’altro,
che invece si chinava verso di lui.
-
Si, ma non si tratta di una visione del futuro, Kakyou.-
Il
viso del Kamui oscuro si incupì, ma il sorriso non scomparve. Era spaventoso.
Crudele. Kakyou rabbrividì, cercò di spostarsi, ma la mano dell’altro lo aveva
già raggiunto, posandosi sul suo polso, stringendolo piano.
-
Che…che cosa vuoi sapere?- mormorò.
-
Mettiti pure tranquillo, Sognatore.- lo invitò Fuuma, sorridendo ancora. – Non
voglio farti del male. Perché dovrei? Ho ancora bisogno di te.-
Kakyou
cercò di rilassarsi, o almeno di fargli credere che era a suo agio, ma non era
un’impresa facile. Fuuma sembrava altissimo e fortissimo, così chino su di lui,
e riusciva ad imprigionarlo soltanto con una lieve pressione della mano e con
quello sguardo folle.
-
Dimmi quel che vuoi conoscere, Kamui.- disse.
Fuuma
annuì, sedendoglisi accanto, senza però lasciarlo.
-
Il Sakurazukamori.- cominciò. – Quando è morto, tu ti chiedesti perché aveva
scelto quella fine, ben sapendo di ferire così i sentimenti della persona a lui
più cara. Non è così?-
-
S-sì…- balbettò Kakyou, intuendo dove l’altro voleva arrivare.
-
Bene. Eri così inquieto, quel giorno, che mi desti molto da pensare. Mi
chiedevo perché, perché mai tu fossi tanto strano. Bene, quel che voglio sapere
ora è che cosa ti turbava, quel giorno. Perché ti davi pensiero del Drago del
Cielo. Perché la scelta del Sakurazukamori ti sembrava così folle.-
E
ora? Doveva dirgli la verità?
In
ogni caso, se avesse mentito, il Kamui oscuro non ci avrebbe mai creduto.
-
Allora?- lo incalzò la voce di Fuuma, mentre la presa della sua mano si
stringeva un po’ sul polso dell’altro.
-
Qualche notte prima mi era successa una cosa.- sussurrò Kakyou, abbassando gli
occhi, per non dover sostenere lo sguardo glaciale di Fuuma.
-
Che cosa, Kakyou? Perché ti ha colpito tanto?- insisté Fuuma, con un tono
falsamente dolce, che fece rabbrividire l’altro.
-
Perché non era mai successo prima.-
-
Bene, ora vuoi dirmi di che si tratta?-
-
Io ho sognato il Sakurazukamori. E il Drago del Cielo. E ho visto…Ho visto due
futuri!-
-
Cosa stai dicendo?- La voce di Fuuma era quieta, ma la sua stretta era sempre
più forte. – Cos’hai visto?-
-
Ho visto una cosa che sarebbe avvenuta la notte seguente. Un evento vissuto dal
Sakurazukamori e dal giovane Sumeragi.-
-
Vai avanti in fretta.-
Kakyou
volse la testa per guardare fisso davanti a sé, come se guardare lontano gli
potesse far rivedere quel ricordo. Iniziò a parlare in fretta, senza
espressione, ignorando la presenza minacciosa dell’altro.
-
Ho visto la notte, e la casa del Sumeragi. Il ragazzo era andato lì per qualche
motivo, ed ha deciso di dormirci, senza tornare all’Istituto Clamp. Ha lasciato
la finestra aperta. Lui dormiva, quando il Sakurazukamori è arrivato. Non lo ha
sentito entrare. Non ha avvertito la sua presenza.
Ho
visto l’uomo avvicinarsi al letto del ragazzo.
Ho
visto l’uomo che alzava una mano, e si chinava sul giovane Sumeragi.
E’
stato allora che…-
-
Che?-
Kakyou
rabbrividì, e si sforzò di proseguire.
-
E’ stato allora che ho visto chiaramente due futuri. Due possibilità. E non
sapevo dire quale si sarebbe avverata. E ciò mi ha riempito di paura, perché ho
capito che in quel momento il Sakurazukamori aveva davvero la possibilità di
cambiare il destino!-
-
Come?-
-
Ho visto i due esiti del suo gesto.
Avrebbe
potuto lasciar ricadere la mano, ormai deciso a farsi trascinare dal destino
predettogli da sempre, dare un ultimo sguardo al ragazzo, rimpiangere che le
cose non fossero andare diversamente, e andarsene via, per ritrovare poi il
ragazzo alcuni giorni dopo, e morire tra le sue braccia, confessandogli la
verità.
Oppure…
Avrebbe
potuto svegliare Sumeragi, che avrebbe gridato, temendo un attacco. Il
Sakurazukamori invece gli avrebbe detto di calmarsi, era lì per un altro
motivo. E avrebbe fatto una cosa inaudita. Una cosa…terribile, e bellissima.
L’avrebbe
mostrata al ragazzo.
Avrebbe
mostrato a Subaru Sumeragi che sapeva fare una cosa nuova con i suoi poteri
sciamanici.
Una
barriera.
Una
di quelle barriere che i Draghi del Cielo erigono, a protezione della Terra e
di tutti quelli che amano.
Evidentemente
c’è stato un errore. Non sono un Angelo.
No,
non lo sei. Quella è la barriera di un Sigillo. E non ha nemmeno la forma della
stella dei Sakurazukamori. Perché sai farla? Com’è possibile? Io ti ho visto
distruggere barriere!
Tu
mi hai sempre visto e sentito mentire…
Ecco, in quel momento il Sakurazukamori sarebbe diventato
un Drago del Cielo, e per sempre.
Lo
sai, ha scelto la prima possibilità. Però…Ha avuto la possibilità di cambiare
il futuro. Ha avuto il suo destino, il destino di Subaru, e forse di tutti noi,
nelle sue mani. Ha avuto la possibilità di cambiare il suo desiderio.
Tacque,
mentre sentiva il battito furioso del cuore nel petto. Glielo aveva rivelato,
alla fine. Ora doveva solo sperare che Fuuma non si arrabbiasse con lui. O
almeno, che non si arrabbiasse tanto.
-
Così tu mi stai dicendo che tutte le tue previsioni, in realtà, potrebbero
avere un altro esito? Che ad alcune persone è dato di cambiare il futuro?-
-
Sì. A coloro che ci credono, è data questa possibilità.-
-
E perché Sakurazukamori non l’ha fatto?-
-
Io penso che avesse paura. Aveva paura delle ritorsioni del destino, se si
fosse messo contro di esso. E poi, secondo me, era terrorizzato dalla sola idea
di provare dei sentimenti. Gli sono arrivati così all’improvviso.-
-
E perché tutto questo ti ha spaventato? Hai già visto Draghi del Cielo e Draghi
della Terra cambiare il loro desiderio!-
-
Ma mai avevo visto due futuri.-
-
Però alla fine tutto è andato come doveva andare.-
-
Lo so. Ma solo per il poco coraggio del Sakurazukamori. Un’altra persona
avrebbe scelto la via più difficile.-
-
E tu come lo sai?- gridò Fuuma, scrollandolo, mentre il suo viso diventava
preda dell’ira. – Sei diventato anche un conoscitore dei cuori, adesso? Come lo
sai, che la colpa è stata solo del poco coraggio di Sakurazukamori?-
-
Perché è così!- gridò Kakyou, la voce che vibrava di disperazione. – E’ così, e
basta. I futuri erano due, due, e non sapevo quale si sarebbe realizzato! E’
così, l’ho sentito! Se Seishiro non avesse fallito…-
-
Fallito?-
Ecco,
lo sapeva, avrebbe dovuto stare più attento alle parole! Adesso Fuuma avrebbe
letto la verità in quel termine sfuggito alla sua bocca distratta…
-
Tu pensi che il Sakurazukamori abbia fallito, scegliendo di seguire il corso
del destino, Kakyou?-
Aveva
preso entrambe le mani dell’indovino nelle sue, e lo fissava con tanta rabbia
negli occhi da raggelarlo.
-
Io penso che…- balbettò Kakyou, senza sapere come giustificarsi.
Sì
per lui quello era stato un fallimento.
Se
Seishiro avesse accettato la lotta contro il destino, anche Kakyou l’avrebbe
intrapresa. Perché, in realtà, nel suo cuore, il desiderio di vivere non era
svanito del tutto. Perché a volte, nei suoi lunghi sogni, aveva osato sperare
di poter incontrare una realtà diversa.
Aveva
sperato di svegliarsi.
Di
vedere la Terra, quella di sempre, forse ferita, ma ancora vibrante dei
sentimenti degli esseri umani.
“Il
futuro non è ancora stato deciso!”
E
sulla scia di quelle parole, lui sognava, e a volte avvertiva in sé una
dolcezza, una serenità tale, da crederci davvero.
Lo
sapeva, che tutto era inutile.
Solo
sogni vani.
La
Terra sarebbe caduta, la sua vita, conclusa.
Così
doveva essere.
Però,
quella notte…
-
Perché l’hai definito un fallimento?-
-
Non lo so. E’ solo una parola!-
-
Tu non sei tipo da sprecare parole, Sognatore.-
-
Non sto mentendo. Non intendevo nulla.-
-
No?-
-
Solo che davanti al Sakurazukamori si era presentata una sfida, e lui l’ha
persa. Solo questo, intendevo.-
Fuuma
si avvicinò ancor più all’altro. E poi, finalmente, gli lasciò andare le mani,
e si alzò in piedi. Kakyou si rilassò, sebbene il cuore non avesse smesso di
battere troppo forte.
-
Comprendo. Bene, Sognatore, grazie di quello che mi hai rivelato.-
Osservò
la figura alta che si allontanava e svaniva. Dopo la sua scomparsa, era come se
l’aria fosse diventata più respirabile. Pensò a quanto temeva il Kamui oscuro.
Non lo odiava, ma non lo amava nemmeno. Forse un po’ lo disprezzava. La sua
presenza era sgradevole. Eppure, quante volte si era trovato da solo con lui
nel sogno, a riversare su di lui la sua tristezza, i suoi dubbi, la sua
angoscia! Si era fidato del Kamui oscuro, aveva pianto stretto a lui, gli aveva
affidato se stesso.
-
Hokuto…Mi disprezzi per questo?- mormorò, parlando a colei che era la sua
interlocutrice, sempre, nella sua solitudine. – Se avessi potuto scegliere, non
avrei mai incontrato la strada del Kamui oscuro. Se avessi potuto scegliere…Se
potessi scegliere…-
“Non
puoi o non vuoi?”
-
Cosa?-
Di
chi era la voce che con tanta chiarezza e semplicità era comparsa nella sua
mente?
-
Cosa significa? Io…-
“Guarda
il Sakurazukamori…”
-
E’ un’altra faccenda! Per lui ho visto due futuri, ma per me…-
“Non
hai visto altri futuri o hai avuto paura di guardare? O forse hai creduto che
le visioni diverse della tua mente fossero soltanto sogni consolatori?”
-
E’ così?- bisbigliò, timoroso di sentire la propria voce pronunciare parole
inaudite. Era seduto a terra, stringeva le mani attorno alle ginocchia come per
farsi minuscolo, per proteggersi da tutto ciò che non comprendeva. – Potrebbe
essere così?-
“Guarda
oltre le tue paure ed entra nei tuoi sogni…”
Oh,
di chi era quella voce inviata a tormentarlo con false speranze?
E
se fosse stata un dono, quella voce? Se gli avesse veramente indicato la via da
seguire? Se in quelle parole che non volevano saperne di sparire dai suoi
pensieri ci fosse stata la risposta alla sua angoscia?
-
Hokuto…Ti prego, aiutami!-
Chiuse
gli occhi, sprofondò negli abissi da incubo che a volte si dischiudevano nella
sua mente.
Hokuto…
No,
non poteva più invocarla. Non avrebbe mai dovuto nemmeno osare di chiamare il
suo nome, da quando era entrato nelle fila degli Angeli.
-
Era il mio destino…Non avrei potuto fare altrimenti…-
Lacrime…Pensò
che si sarebbe liquefatto in un fiume di lacrime…
-
Sono un Drago della Terra per destino, non potrei fare altrimenti! E poi
anch’io ho un desiderio! Perché dovrei rinunciarvi?-
“Non
eri tu a dire che la Terra si salverà solo se gli uomini rinunceranno ai loro
desideri?”
-
Si, ma…-
“In
fondo, anche voi Angeli, che vi affidate al destino, siete preda dei vostri
desideri!”
-
E allora? Guardami, guarda che cosa sono…Costretto a vivere di sogni, di ombre!
Sono stanco delle ombre! E non posso liberarmi in alcun modo…Io…io voglio solo
riposarmi davvero…-
“E
morire è l’unico modo che ti viene in mente?”
-
Non mi sveglierò mai più. Non dipende da me, è il mio corpo che non potrà più
riprendere la sua funzionalità.-
“Forse.
O forse no.”
-
Ma…-
“Forse.
Tu lo sai cos’accadrà?”
-
SI, LO SO! Lo so…-
L’urlo
gli tolse la voce, le lacrime lo vinsero di nuovo.
“Lo
sai, come sapevi cos’avrebbe fatto Seishiro Sakurazukamori di fronte a Subaru
Sumeragi…”
-
Perché insisti nel tormentarmi? Io…-
“Tu
non sapevi cosa sarebbe accaduto.”
-
Chi sei?-
Una
risata, un sospiro, come di qualcuno che svanisce. La voce se n’era andata. Ma
intorno a lui il mondo sembrava divenuto freddo e gelido.
-
Che cosa succede?-
Era
ancora accoccolato a terra, e il freddo lo avvolgeva, lo assaliva, e per quanto
si stringesse in sé, non poteva vincerlo. Attorno a lui, neve, un candore
spaventoso, una distesa immensa e sconfinata.
Dove
si trovava?
-
Che cos’è?-
Ma
non c’era una voce a dargli risposta. Non c’erano più voci. Era solo. E il
vento soffiava, impietoso, su di lui e su tutto il mondo, deserto e silente.
Non
c’erano più case né vie né mezzi di trasporto. Non c’erano più luci né suoni.
Non c’erano più persone che camminavano, si muovevano, respiravano, parlavano,
ridevano.
Non
c’era più nulla e nessuno, e lui era uno spettatore impotente, e guardava la
distruzione del mondo.
O
meglio, il suo rinnovamento.
Tese
una mano, bianca quasi quanto l’universo attorno a lui, e fiocchi di neve vi si
posarono con delicatezza. Ma il freddo che riempì il suo corpo e il suo cuore
divenne quasi insopportabile. Chiuse la mano, ma non trovò conforto.
-
Perché mi fate vedere questo?- mormorò.
La
risposta venne, non da una voce misteriosa, ma da se stesso.
-
Perché questo è quello che noi vogliamo, vero? Il rinnovamento auspicato dagli
Angeli. La fine di tutte le cose. Questo mondo sterile e freddo. E’ ciò che
desideriamo.-
Come
a dare contro alle sue parole, un raggio di sole ruppe la coltre delle nubi, e
irradiò di pallida luce il mondo innevato. E allora tutto cambiò, la neve
disparve, per lasciare posto ad erba ed alberi, mille verdi differenti,
ricamati di fiori meravigliosi, e una brezza dolce prese a spirare, muovendo
ritmicamente le foglie, come in una danza. Per un istante i suoi occhi si
riempirono di dolce meraviglia.
-
Il mondo diverrà questo giardino, nella bella stagione, allora.- mormorò.
Sorrise. Pensò che forse il loro desiderio non era del tutto sbagliato.
E
poi…
-
Se avessi saputo che esisteva un posto simile, vi sarei andato, nel mio sogno. Con
Hokuto.- disse, trasognato.
Fu
allora che si rese conto di una cosa. Il freddo. Non era scomparso con la neve.
La brezza era lieve, il sole tiepido, ma il freddo era entrato in profondità
nelle sue ossa, nel suo cuore.
Perché…A
cosa serve tanta bellezza, se non c’è nessuno a contemplarla?
-
No!- gridò, mentre il sogno andava in frantumi, e lui precipitava di nuovo
negli strati misteriosi della mente, della profezia.
Il
suo sogno tornò ad essere la stanza bianca dove trascorreva il suo tempo, dove
incontrava amici e nemici. Lì non faceva freddo, ma non ebbe il coraggio di
lasciare la posizione protetta che aveva assunto.
-
A cosa serve tanta bellezza, se non c’è nessuno a contemplarla?- sussurrò,
ripetendo il pensiero che aveva infranto l’ultima visione.
Era
vero? Nel suo cuore, ci credeva davvero?
Qual’era
il suo desiderio, adesso?
-
Vorrei svegliarmi. Vorrei vedere un luogo bello, davvero bello, per mano a
qualcuno, qualcuno che mi sorregga, che mi mostri i particolari più segreti e
meravigliosi, qualcuno che mi faccia sentire…-
Non
pronunciò l’ultima parola, ma sapeva, in cuor suo, qual’era.
“Amato”.
Strinse
le braccia attorno alle sue gambe esili, chiuse gli occhi, invocò Hokuto, e
riuscì a staccarsi dall’universo infido dei sogni, piombando nel raro ristoro
del sonno.
Questo capitolo è per Anita, perché cresca bella come Arashi, vivace
come Sorata, testarda come Kamui, dolce come Kotori, buon
Questo
capitolo è per Anita, perché cresca bella come Arashi, vivace come Sorata,
testarda come Kamui, dolce come Kotori, buona come Karen e ingegnosa come
Hokuto.
Inoltre
lo dedico anche alla signorina Juuhachi Go! ^__^
Buona lettura!
I’m at: yumemi@hotmail.it
III
– La tasca interna dell’impermeabile bianco
Cercando
per sempre, mai facendo la cosa giusta
Sono
perso in un oceano notturno
Sperando
per sempre di poter ritrovare
i
ricordi…
Quei
ricordi che avevo lasciato dietro di me.
(Enya)
Ottobre 2001
-
Mi dispiace. Non posso fare nient’altro per lei, Saitoh-san. La prego, faccia
come le ho detto, cerchi nella sua casa, cerchi un oggetto, un segno del suo
passato! E se il solo toccarlo o vederlo non servisse, allora lo porti da me.-
Guardò
la sciamana che scuoteva la testa. Gli venne voglia di gridarle contro, e si
chiese da dove venisse questo desiderio. Era una traccia della sua passata
personalità? O proveniva soltanto dall’esigenza di sapere, sapere, sapere?
Non
fece niente. Si limitò a salutarla ed uscire.
-
Un oggetto del passato! Ma è idiota, quella donna? Non gliel’ho spiegato bene
che ho gettato tutto?- ansimò, furioso, mentre rovesciava sul pavimento la
terza scatola che aveva ritrovato nell’armadio.
Anche
qui, assolutamente niente. Oggetti di poco conto, come una cintura, diverse
paia di guanti, dei libri…
Niente
che gli ricordasse il passato.
All’improvviso
si fermò, raccogliendo un guanto nero caduto in un angolo del pavimento. Lo
sollevò, lo avvicinò agli occhi, si mise a studiarlo.
-
Perché portavo sempre i guanti?- domandò a se stesso. E un attimo dopo,
cambiando espressione: - Io portavo sempre i guanti?-
Lasciò
cadere il guanto, si osservò le mani. Non c’era niente da nascondere.
-
Perché accidenti portavo sempre i guanti?-
Che
prima…No, che idea stupida! Che motivo c’era di nascondere le mani? E
soprattutto, da dove gli veniva quella sensazione?
Riprese
a rovesciare, l’ultimo scatolone.
Libri.
Una scatola di matite e penne. Una borsa di cuoio nero, con la tracolla adesso
rotta. Un involto di carta da pacchi scura, legato curiosamente con qualche
metro di spago grosso. Scosse la testa. Aveva frugato tutta la casa, quelle
scatole erano l’ultima risorsa. Forse avrebbe dovuto portare alla donna quei
guanti, l’unico oggetto capace di smuovergli qualcosa dentro.
-
Beh, credo di aver fatto una fatica inutile…-
Si
fermò, analizzando di nuovo gli oggetti.
Un involto di carta da pacchi scura, legato curiosamente
con qualche metro di spago grosso.
-
Che cos’è quello?-
Lo
raccolse, con un brivido. Appena le sue mani aderirono alla carta scura,
avvertì su di esse una sensazione improvvisa, che lo fece sussultare. Come se
qualcuno vi incidesse sopra, ma tanto delicatamente da non provocare alcun
dolore. Come se su di esse vi fosse qualcosa, un segno, ma con una sua
consistenza, una grande importanza.
Da
qualche parte, nei dintorni di Tokyo, una donna stava portando avanti il suo
lavoro, poco pagato e piuttosto noioso: accudire i bisogni di un giovane uomo
che da due anni circa si era svegliato dal coma. Le sue gambe erano
immobilizzate, e il suo lavoro consisteva principalmente nel portarlo a fare
lunghe passeggiate.
Il
problema non era il lavoro, era il giovane, Hiroshi, così lo chiamavano ora. La
persona più silenziosa e malinconica del mondo.
“Forse
non è tutta colpa sua. Del resto, si è risvegliato privo del tutto della sua
memoria! Non sapeva nemmeno il suo nome. In realtà, nessuno sa nemmeno chi è
davvero. L’hanno accolto in un istituto di beneficenza. Non è una bella
condizione!”
Stavano
attraversando la città, anche se al giovane in genere piacevano di più le
uscite nelle campagne. Lei spingeva abbastanza in fretta la carrozzina, senza
dire niente. Ad un tratto, però, sentì che la persona di cui si prendeva cura
aveva cambiato la sua posizione. Si era irrigidito improvvisamente, come quando
si deve affrontare un pericolo, una cosa inaspettata.
-
Va tutto bene?- domandò, con voce incerta.
-
Un tempo desideravo morire.- bisbigliò lui, con una voce tanto distante da
spaventarla. – Poi il mio desiderio cambiò. E non solo il mio. E se così non
fosse stato, nessuno sarebbe qui, adesso.-
-
Ma…ma di cosa stai parlando? Ti sei addormentato, hai avuto un incubo?-
-
No, mi sto solo ricordando il passato.-
-
Oh, Hiroshi, ma che cosa dici?-
-
Non mi chiamo Hiroshi. Mi chiamo…-
Il
giovane uomo che diceva al mondo di chiamarsi Yuki Saitoh iniziò a scartare il
pacco. Lo spago era legato molto stretto, con più giri e vari nodi.
-
Come se io avessi voluto conservare cosa c’è qui dentro, eppure avvertire me
stesso di non aprire il pacco…- mormorò, incuriosito e spaventato allo stesso
tempo dalla forza che emanava quell’oggetto misterioso.
Sciolse
un nodo, ed ebbe la sensazione di correre.
Correva…dove?
-
Alla stazione di Ikeburo.- si rispose, con sicurezza sconcertante. – Inseguivo
qualcosa.-
Perché
era importante?
Un
vecchio monaco del monte Koya uscì dal tempio buddhista, per godersi la sera,
bella e stellata, nonostante il freddo. E trovò fuori la persona che meno si
sarebbe aspettato.
-
Sorata, ma cosa ci fai qui? Non credevo che avresti sfidato il freddo per stare
a vedere le stelle!-
Il
giovane monaco si voltò verso il suo compagno, e gli mostrò i suoi occhi, e le
lacrime che scendevano.
-
Sorata! Cosa succede?-
-
Tu mi hai predetto, un giorno, che sarei morto per difendere una donna. Non lo
ricordi?-
-
Io? Beh…No…-
-
E invece è accaduto.-
-
Sorata, ma cosa dici?-
-
Non so perché, ma l’avevo dimenticato. E so anche di averla incontrata. La
donna per cui avrei dovuto morire. Ma il destino è mutato, deve essere accaduto
qualcos’altro!-
-
Sorata, lo sai bene, il destino non può essere cambiato!-
Il
vecchio monaco si sedette accanto a quel ragazzo a cui era tanto affezionato,
cercando di comprendere cosa lo facesse parlare in quel modo.
-
Invece sì.- rispose Sorata, fissando il cielo lontano, fissando le sette stelle
dell’Orsa Maggiore. – Invece sì.-
Sciolse
il secondo nodo che legava il pacco. Si maledisse, per aver messo tutta quella
premura nell’impacchettare l’oggetto. Premette con le mani il pacco: qualunque
cosa vi fosse dentro, era morbida. Un indumento, forse?
-
Lo indossavo quando…-
Non
seppe dire quando, però all’improvviso gli era venuta voglia di fuggire,
lasciando tutto lì…
Aveva
messo a letto sua figlia, ed ora si era seduto sul divano, per leggersi un libro,
mentre aspettava il ritorno di sua moglie. Una cosa tranquilla, che amava fare.
Un atto che gli era abituale. Il giornalista abbandonò preoccupazioni e
faccende impegnative, per immergersi nella lettura.
Ma
dopo poche righe gli parve che le parole scolorissero, prendendo tutta un’altra
forma, diventando immagini, un’altra storia, troppo importante perché lui si
rifiutasse di conoscerla…
“Se
io morissi, nessuno piangerebbe per me.”
“Non
è vero!”
-
Seiichiro?- Sua moglie entrò, e gli si avvicinò. –Seiichiro, cos’hai?-
La
donna aveva gridato, vedendo l’espressione fissa del marito.
-
Cosa…Cosa mi è successo due anni fa, che ho dimenticato?- balbettò lui,
volgendo su di lei uno sguardo tanto sconsolato da spaventarla ancora di più.
Un
altro nodo sciolto. Finalmente lo spago cadde ai suoi piedi, una buffo
serpentello innocuo. Beh, forse non così innocuo. Ogni volta che aveva sciolto
un nodo, era stato come rompere uno dei sigilli che aveva imposto alla sua
memoria.
L’ultima
immagine riemersa in lui era orribile.
Una
ragazza che gli somigliava davvero molto. Era morta. Era tra le braccia di un
uomo senza volto, ed indossava una veste cerimoniale.
-
La veste di uno sciamano.- sussurrò. – Ma chi era?-
Aprì
un lembo del pacco.
-
Nonna, domani pensavo di andare a pattinare con i miei amici!- annunciò radiosa
la ragazzina.
L’anziana
guida del tempio shinto di Mitsumine sospirò, e sorrise, osservando la nipote,
una bella ragazza di sedici anni, dai lunghi capelli castani.
-
Va bene, Yuzuriha. A che ora partirai?-
-
Penso di…oh…- La ragazza si fermò, un’espressione buffa germogliò sul viso. –
Nonna, io ti ho mai raccontato di essere innamorata?-
-
Che cosa? Beh, no. Perché me lo chiedi, piccola mia? Ti è successo?-
-
Sì. Ma non ora. E poi non è un ricordo solo bello.-
-
Cosa vuoi dire?-
-
Non lo so. E’ una cosa che mi è tornata adesso. Prima non lo sapevo. Ora ne
sono sicura…-
Aprì
il secondo lembo del pacco. Vide quel che c’era dentro. Rabbrividì.
Un
impermeabile bianco?
Era
suo, un tempo?
Sì,
era suo, ma le macchie scure che vi erano sopra…No, quello non era il suo
sangue. Ma perché aveva voluto conservare un oggetto tanto raccapricciante?
-
Significava qualcosa.-
Sì
certamente significava qualcosa. Di molto importante, se l’aveva impacchettato
con tanta cura. Sì, ma se il sangue non era suo, ciò significava che aveva
tenuto tra le braccia il proprietario.
-
Sei pronto per l’esame di domani, Monou?- domandò la ragazza al suo compagno di
studi, sorridendo. – Tanto sei bravissimo, non avrai il minimo problema!-
-
Beh, ci sono comunque cose che non so nemmeno io.- rispose lui, con voce quieta
e un sorriso dolce. – Se ad esempio il professore mi chiedesse di…Mia sorella?
Ma io non ho mai avuto una sorella!-
La
ragazza lo guardò con un certo stupore.
-
Ehm, Monou, scusami, ma questo che c’entra con la letteratura antica
giapponese?-
-
Io…Non lo so…Mi è improvvisamente tornato alla memoria un viso…-
-
A volte capita, ci ricordiamo delle persone all’improvviso!- cercò di
rassicurarlo lei, più che altro per rassicurare se stessa.
-
No, non è così…-
-
Una specie di deja-vu?-
-
Forse. E’ mia sorella, credo.-
-
Hai una sorella?-
-
No.-
-
E allora…-
-
E’ questo il problema. Non ho mai avuto una sorella e…- Si fermò, portando le
mani alla testa, come per afferrare direttamente dalla sua memoria quei ricordi
sfuggevoli. – E lui chi è?-
-
Lui chi?- La ragazza era il ritratto dello sconcerto.
-
Io avevo promesso di proteggerlo.-
-
Ah. Beh…E’ una bella promessa, no?- balbettò lei, timorosa di vederlo impazzire
da un momento all’altro.
-
Però…Però non l’ho fatto. E…Ho…-
Il
giovane rabbrividì, stringendo le mani tra sé, come per scaricare una
misteriosa energia che lo turbava in quel gesto.
-
Monou, sei sicuro di non voler andare in infermeria?- gemette lei, veramente
spaventata.
-
Io non merito nemmeno di vivere.- bisbigliò lui, all’improvviso, ignorando i
tentativi di aiuto da parte della ragazza. – No, non lo merito, dopo tutto
quello che ho fatto! Quello che ho fatto a loro due! –
Disse
quelle parole terribili con tanta calma che la ragazza non resistette più al
suo fianco: lanciò un grido, e fuggì, lasciandolo solo nel turbine dei ricordi,
sempre più vivi, sempre più presenti.
Ora
aveva aperto l’impermeabile, e lo reggeva di fronte agli occhi. Le immagini si
erano moltiplicate, così come i volti e le parole.
Era
come un puzzle del quale non si possiede ancora l’incastro vincente: vedeva le
immagini, ma non sapeva come collegarle.
Passò
le mani sul tessuto quasi con tenerezza. Se voleva davvero sapere,
probabilmente quell’oggetto era la chiave. Ne era certo, in qualche modo gli
avrebbe rivelato la verità.
Ma
come?
Mise
le mani in una delle tasche. Era vuota, e così l’altra.
Sfiorò
il colletto, la cintura. Poi, mentre le mani avevano preso a tremargli in modo
insopportabile, iniziò ad avventurarsi all’interno dell’indumento. C’era una
tasca interna, sulla sinistra. La frugò.
E
questa volta le sue mani trovarono qualcosa.
Una
busta.
La
estrasse, con fatica, perché le mani gli tremavano troppo. Una piccola busta
bianca, su cui erano tracciati dei caratteri.
Il
suo nome.
“Subaru”.
Chi
gli aveva scritto? Chi aveva voluto parlargli? E perché aveva conservato quella
lettera?
E
soprattutto…Doveva aprirla, oppure no? Perché se la leggeva, ne era certo,
avrebbe davvero saputo tutto. Quello era il pezzo mancante, che avrebbe creato
l’incastro giusto per dare un senso all’immagine del puzzle.
-
Ormai sono arrivato fin qui…-
La
aprì. Crepitò leggermente sotto il tocco delle sue dita. Estrasse il foglio, lo
aprì.
“Subaru…
Mi
senti, vero?
Dovunque
tu sei, lo so che puoi sentirmi.
E’
per questo che ti scrivo. Perché mi capirai. Anche se è cambiato tutto. Forse
non ti è mai importato proprio niente di me, ma non posso fare a meno di
pensare alle tue parole. A tutte le tue parole.
Perdonami
se ti sembro ridicolo ed infantile, a scriverti. Ma non ne posso fare a meno,
davvero”
Lesse
l’inizio della lettera, e capì. Pian piano i pezzi andavano al loro posto,
restituendogli l’immagine perduta.
Una
mano sulla lettera, l’altra sull’impermeabile macchiato. Un impulso di vita
contro un desiderio di dissoluzione. Tutto si ricomponeva.
…Vedeva
le immagini, sapeva a cosa si riferivano…
Continuò
a leggere, lesse tutto, fino all’ultima riga, e poi rilesse di nuovo, e di
nuovo, e di nuovo.
Mentre
leggeva, ricordava tutto.
Tutto.
Senza
dimenticarsi di un singolo istante, sospiro, sorriso, ritrovando ogni lacrima,
grido, sogno, desiderio…
Tutto,
davvero tutto.
E
non fu il solo, in quella notte lunga e misteriosa, in qualche modo sfiorata da
una grazia potente, a ricordare tutto, tutto, senza dimenticarsi di un singolo
istante, sospiro, sorriso, ritrovando ogni lacrima, grido, sogno, desiderio…
Capitolo 4 *** IV - La lettera (Pensieri per S.) ***
Avete mai sentito “E-bow the letter” dei Rem
Avete mai sentito “E-bow the letter” dei Rem? Ecco, se
qualcuno mi chiedesse di descrivere la magia, io indicherei questa canzone. La
magia di una musica che avvolge e arriva al cuore. La magia della voce di
quell’essere incredibile che è Michael Stipe. La magia di un testo “assurdo”
che però evoca tutto un mondo di immagini, odori, suoni, sensazioni…
Ascoltandola per l’ennesima volta, ho immaginato che in quell’atmosfera
notturna, triste eppure non rassegnata, si muovesse un ben noto personaggio…
Il
testo è abbastanza enigmatico…E’ difficile dire che rapporto intercorra tra chi
scrive la lettera e il destinatario. Io non lo so, so solo che certe frasi
erano perfette, per questo capitolo…
Buona
lettura…
IV – La lettera – Pensieri per S.
E-bow the letter - REM
Guarda
in alto, cosa vedi?
Tutto
di te e tutto di me,
fluorescente
e stellato,
alcune
stelle cistupiscono…
Una
corsa in tram, sono uscito per scrivere questo,
4
del mattino,
questa
lettera…
Campi
di papaveri, piccole perle,
tutti
i ragazzi e le ragazze erano golosi
Ognuno
un po’ spaventato…
Ho
pronunciato il tuo nome.
Il
tuo nome, l’ho indossato come la spilla di qualche star per adolescenti…
Ristoranti
economici, intrugli alla ciliegia, diademi di stagno
Sognando
Maria Callas, chiunque sia.
Questa
storia della fama, non la capisco…
Avvolgo
la mia mano nella plastica per guardarci attraverso
Occhi
truccati e movimenti ambigui
Ti
posso portare lontano…
Questa
storia della “star”, non la capisco…
Ti
porterò oltre, là…
L’alluminio
ha il sapore della paura
L’adrenalina
ci spinge vicino
Vivrai
fino a 83 anni?
Mi
darai mai il benvenuto?
Mi
mostrerai qualcosa che nessuno ha mai visto?
Fuma,
bevi,
ecco,
arriva l’alluvione,
qualsiasi
cosa per sciogliere il sangue
Questi
corrosivi fanno la loro magia lentamente e dolcemente
Telefona,
mangia, bevi,
solo
un’altra incrinatura,
Tagli
e incavi, rubanola luce…
Alluminio,
il legame più debole.
Non
voglio deluderti, non sono qui per adorarti
Ti
leccherei i piedi
ma
non è questa la mossa più insana?
Indosso
la mia corona di tristezza, sofferenza
E
chi avrebbe pensato che il domani potesse essere tanto strano?
La
mia perdita… ed eccoci di nuovo qui…
Ti
porterò oltre, là…
L’alluminio
ha il sapore della paura
L’adrenalina
ci spinge vicino
Guarda
in alto, cosa vedi?
Tutto
di te e tutto di me,
Fluorescente
e stellato,
alcune
stelle ci stupiscono…
Non
riesco a guardarlo negli occhi
Seconal,
cantaridina, assenzio, kerosene…
collana
e collare al gusto di ciliegia.
Posso
sentire l’odore della sofferenza nel tuo respiro,
il
sudore, la vittoria e la sofferenza,
l’odore
della paura, lo sento…
Ti
porterò oltre, là…
L’alluminio
ha il sapore della paura
L’adrenalina
ci spinge vicino
Ci
avvicina
ha
il sapore della paura
Più
vicino, più vicino
Oltre,
oltre, ti porterò oltre
Ti porterò là…
Là…
“Subaru…
Mi
senti, vero?
Dovunque
tu sei, lo so che puoi sentirmi.
E’
per questo che ti scrivo. Perché mi capirai. Anche se è cambiato tutto. Forse
non ti è mai importato proprio niente di me, ma non posso fare a meno di
pensare alle tue parole.
A
tutte le tue parole.
Perdonami
se ti sembro ridicolo ed infantile, a scriverti. Ma non ne posso fare a meno,
davvero.
Sono
le quattro di notte, e sono seduto su una panchina, in un piccolo parco di
Tokyo. No, non ho paura ad andarmene in giro da solo a quest’ora, di questi
tempi. Sono incosciente? Sì. Però ammetterai anche tu che una notte stellata è
molto più bella che il soffitto dell’Istituto Clamp…
Ho
pronunciato il tuo nome, ed è risuonato attorno a me, una melodia strana. Mi ha
riempito la mente. Mi ha fatto paura.
Il
suono del tuo nome, che si perde nella notte, mi fa uno strano effetto. Mi dà
l’idea che anche tu sia svanito, come tra poco svaniranno queste tenebre…
Non
avrei immaginato di provare tanta nostalgia per te.
Con
tutto quel che è successo, con ciò che continuamente vedo, nella realtà e nei
miei sogni, è strano che pensi così tanto a te.
“Gli
devo la vita”, mi dico. Sì, se non fosse stato per te, avrei scelto di non
risvegliarmi mai più. Tu mi hai riportato alla vita.
Ma
ho ricevuto anche qualcos’altro da te. Una forza continua e silenziosa. La tua
sola vicinanza era forza, per me. E non solo perché ci accomunava una
sofferenza simile.
Non
so, pensavo che in te ci fosse come una luce. Dimmi pure che sono uno sciocco.
Prima non notavo queste cose, nelle persone. Negli ultimi tempi ho imparato a
leggerle più in profondità.
Non
ti ho mai capito bene, ma le sensazioni di familiarità che avvertivo con te
vicino erano davvero preziose per me.
Non
ti ho mai detto niente, di ciò. Forse avrei dovuto farlo.
No,
non mi illudo che questo ti avrebbe tenuto qui.
Però,
almeno, lo avresti saputo.
Invece
ho goduto della tua presenza, senza darti niente di speciale, nemmeno una
parola.
Lo
so, sarebbe stato comunque inutile, non ti avrebbe aiutato in alcun modo, ma io
mi sentirei meno ingrato!
La
tua scomparsa mi pesa molto. Se non ci fossi stato tu, non avrei forse saputo
superare gli eventi che mi sono piombati addossi. Assolutamente no.
Hai
sempre avuto un’attenzione incredibile nei miei confronti, e questa era
preziosa, per me, la desideravo, era qualcosa che mi riempiva. Mi faceva
sentire amato in modo speciale, diverso dagli altri.
Perché…Io
sono legato a tutti loro, e sento il loro affetto. Vorrei il meglio, per loro.
Però tu sei…eri…l’unica persona in grado di farmi sentire abbastanza forte
per superare ogni cosa!
Non potrei mai mettere in dubbio la premura di Sorata,
l’allegria che Yuzuriha si sforza di darmi, gli sforzi che Arashi fa per essere
disponibile nei miei confronti. E trovo conforto nel parlare con Karen. E’ una
donna speciale, davvero.
Però
tu…
Non
lo so spiegare bene, guardo il foglio e mi sento un po’ stupido, perché ho
carta, penna, desiderio e…non ho le parole!
Insomma,
tu non hai mai cercato di proteggermi da ciò che poteva accadere, mi hai
spronato ad essere forte e pronto a combattere. E se è vero che avevo bisogno
di protezione e accoglienza, avevo forse più bisogno di essere io stesso forte
e sicuro di me.
Se
ho ancora la forza di lottare, di vivere, lo devo in gran parte a te.
Vuoi
sapere se mi sento tradito, dal fatto che tu sia sparito così?
Non
lo so. A volte penso che anch’io avrei fatto una cosa simile per Kotori, o la
farei per Fuuma, se gli eventi lo richiedessero. Ti ho conosciuto, ti
comprendo. Ho l’impressione di aver sempre, in qualche modo, compreso bene i
tuoi desideri.
Però,
allo stesso tempo, avrei voluto che di me ti importasse qualcosa. Avrei voluto
che almeno fossi venuto a dirmi che non ci saremmo più visti, prima di fuggire.
Solo
questo.
Sei
diventato come lui, vero?
Lo
so. Lo sento, in qualche modo.
La
sola idea mi terrorizza.
Sento
i loro discorsi. Dicono che tu sia morto, o che stia cercando rifugio e
conforto nella fuga.
Storie.
Lui
sente i desideri dei cuori, e io sento il loro battito.
Sei
vivo, ma sei in silenzio, dentro.
L’altra
notte sono uscito di nuovo. Sono passato davanti a quel maledetto ciliegio. MI
fa orrore. Lo odio. Spero che non ti dispiaccia, ma è così. Comunque più tardi
dovrò tornarci, per mettere la lettera lì.
Nella
patetica illusione che la troverai, e che magari ti degnerai di leggerla!
E,
lo so, per addormentarmi, qualche volta fantasticherò sul tuo ritorno.
Immaginerò
di vederti spuntare, dall’angolo della strada che percorro per andare a scuola.
E ti vedrò mentre mi dici che sei ancora “dei nostri”.
Sono
un po’ infantile, vero?
A
dire la verità, non lo so più bene nemmeno io, come sono. Mi dicono che da
piccolo ero un ragazzino sensibile. Quando me ne andai con mia madre diventai
molto silenzioso, ma anche chiuso all’esterno. Le persone erano diventate per
me un problema.
Dopo
la sua morte credo di essere stato odioso.
E
ora?
A
volte mi sento vuoto e inutile.
A
volte, pieno di cose meravigliose. E sono gli altri che le mettono in luce, da
solo non ci riuscirei mai.
Tu
mi hai fatto sentire così molte volte. Forse mi manchi anche per questo, perché
grazie a te intravedevo un po’ me stesso.
Non
ti nascondo che mi sento molto perso, adesso.
La
città è così strana. Se vi si presta un po’ di attenzione, è piena di cose insolite.
Colori, suoni, odori…Conosco tutto, eppure tutto è diverso, se lo guardo ora.
Non è solo l’ora notturna. I miei occhi sono diversi. Per le cose accadute,
perché li sto tenendo più aperti e si sono fatti più attenti.
A
volte noto delle cose che mi incuriosiscono, mi attraggono così tanto, che
desidero con tutto me stesso di essere una persona assolutamente normale, per
poterne godere in pienezza, col cuore libero da tutte le ombre!
Una
sera mi hai portato in giro. Eravamo tutti e due feriti, in convalescenza.
Suppongo che fossimo buffi. Camminavamo piano, attenti a non stancarci troppo.
Però è stato bello. Non ho pensato quasi mai a ciò che stava succedendo, ho
provato delle sensazioni vere, profonde, che mi hanno toccato davvero. E’ stato
come poter respirare per un attimo aria buona, in questi giorni così
soffocanti.
Mi
viene un po’ da piangere, mentre continuo a scrivere. Mi perdonerai la
debolezza? Non ce la faccio. Se almeno potessi dirti tutto di persona!
Se
almeno tu non te ne fossi andato…
Ecco,
vorrei cancellare le ultime parole scritte. Ma non posso, e sarebbe brutto
inviarti una lettera con una cancellatura. E poi non le nasconderebbe mai, e tu
leggeresti lo stesso. Scusami.
La
verità è che sono molto confuso, e uno dei pochi riferimenti che avevo ancora,
se ne è andato.
Non
è colpa mia, se tu eri diventato un punto fermo, per me. E’ così, e basta.
Spero
solo che tu stia bene.
Mi
batte il cuore forte, perché la lettera va verso la fine, e dovrò tornare al
ciliegio.
Come
lo so, che lì la troverai?
Lo
so, e basta.
Io
vado alla tomba di Kotori in ogni momento libero. Suppongo che le reazioni dei
cuori siano simili, no?
Ho
paura del ciliegio, ho paura e desiderio di trovarti lì. Mi sento molto sciocco
e fragile, ma è così.
Se
ti trovassi, non avrei il coraggio di dirti nulla, lo so. Mi limiterei a darti
la lettera, sperando che tu avessi il garbo di prenderla.
Devo
salutarti, la notte è avanzata, e sarà meglio per me che Arashi mi trovi a
letto…
Io…Ti
voglio bene, davvero.
E’
infantile, se ti chiedo di tornare? Almeno a salutare.
Kamui”
Il
ragazzo posa la lettera ai piedi dell’albero. L’ha tenuta in mano con
delicatezza, con uguale dolcezza la posa. Volge il viso serio e teso alle
fronde fiorite. Rabbrividisce, si volta, corre via.
C’è
un’ombra che osserva quei gesti. Un’ombra che avanza e raggiunge l’albero, dopo
che il ragazzo se n’è andato.
Raccoglie
la busta. La guarda, la sfiora. Non sa cosa fare. Vorrebbe distruggerla,
vorrebbe non averla mai trovata.
Ma
non può farci niente. La mette nella tasca interna del suo impermeabile bianco,
un indumento macchiato che non ha il coraggio di gettare via, e che a volte, di
notte, indossa ancora.
Io…io vi ringrazio…Continuate a seguirmi (e a dire delle cose troppo
belle, basta, piantatela
Io…io vi ringrazio…Continuate a seguirmi (e a dire delle
cose troppo belle, basta, piantatela! è__è)…
V
– I want to wake up
La
tua immagine fuori dal tempo
è
rimasta a fare male, nella mia mente
Le
ombre l’hanno tenuta in vita
(Smashing
Pumpkins)
Novembre
2001
-
Tu qui? Hai deciso di tornare in vita?-
-
Non ne potevo più di stare in silenzio.-
-
E perché non ti sei svegliato prima?-
-
Perché sarei stato solo. Io lo sapevo che prima o poi sareste tornati in voi.-
-
Sì. Siamo tornati.-
Il
sogno era bianco, e poi soffuso di colori tenui. Fluttuavano, eppure stavano
fermi. Erano uno di spalle all’altro, ma sapevano bene chi fosse il loro
interlocutore.
-
Sogni ancora il futuro?- si levò di nuovo la voce un po’ incerta del più
giovane, colui che si era svegliato.
-
No. Solo a volte, ma non sono più sogni nitidi. Devo interpretarli. Ma non lo
faccio mai. Non ci credo più, dopo tutto quel che è successo!-
-
Perché siamo dentro il tuo sogno, allora?-
-
Non è il mio, ma il tuo.-
-
Il mio? Non ho mai avuto poteri speciali riguardanti i sogni!-
-
Beh, forse è cambiato qualcosa. Sei tu che mi hai chiamato.-
-
Perché avrei chiamato proprio te? Suppongo che per istinto avrei dovuto
chiamare qualcun altro.-
-
Forse hai pensato a me ancora come al Sognatore. In ogni modo, potrei voltarmi
e guardarti in viso?-
-
Non puoi farlo?-
-
Il sogno è tuo, tu lo domini. Stai decidendo che dobbiamo restare così.-
-
Significa che ho ancora paura di svegliarmi?-
-
Forse. Posso voltarmi?-
-
Va bene. Mi volto anch’io.-
Un
attimo, e si trovarono a fissarsi. Occhi d’oro fissi in grandi occhi viola. Il
giovane uomo un tempo chiamato Sognatore sorrise.
-
Bentornato, Kamui.-
-
Kakyou…Io…-
L’immagine
che il sogno rimandava di Kamui era di certo differente dalla sua condizione
attuale. Sembrava più alto, più robusto, più forte. Kakyou gli tese le braccia,
quasi per istinto. Kamui accettò l’invito e si lasciò abbracciare dall’altro.
-
Kamui, sono felice di vederti, anche se solo in sogno! Ti sveglierai, vero?-
-
Prima possibile…- mormorò l’altro.
-
Com’è possibile che io ti veda così…così adulto, così forte?-
-
Non lo so. Io però mi sento davvero forte.-
-
Forse è il riflesso del tuo animo ora.-
-
Forse.-
Kakyou
teneva delicatamente il ragazzo tra le braccia, avvertiva la consistenza del
suo fisico anche attraverso il sogno. La magia mentale creata dal ragazzo era
potente. Tante cose erano davvero cambiate…
-
Kamui, tu sai dove sono tutti gli altri?-
-
So che verranno, almeno alcuni. Tu verrai?-
-
Verrò. In un modo o nell’altro. Kamui, sai com’è andata, che noi abbiamo
dimenticato tutto?-
-
E’ stato Subaru.-
-
Cosa?-
-
Doveva avere proprio molta voglia di dimenticare…-
-
E come…come ha potuto ricordare?-
Kamui
si allontanò appena da Kakyou, tanto da permettergli di vedere l’ombra di un
sorriso fiero illuminargli il viso.
-
Ha ritrovato qualche oggetto del suo passato, e pian piano ha ricordato.-
-
Sai se lui verrà?-
-
Io penso di sì.-
-
Ma…insomma, lo sai meglio di me che lui era…è…Oh, ma ci sono molte cose che non
capisco. Ma immagino che tutto si spiegherà, eh?-
-
Penso di sì.-
All’improvviso
Kakyou sentì che il corpo di Kamui veniva meno al suo tocco.
-
Il sogno finisce.- mormorò.
-
Grazie, Kakyou.- disse il ragazzo, staccandosi da lui. – Non ci rivedremo mai
più in un sogno!-
E
prima che l’altro potesse rispondere, il sogno andò in frantumi e Kakyou si
svegliò, sollevandosi sul suo letto, e trovandosi, per la prima volta dopo
tanto tempo, colmo di una strana felicità, sottile, che si insinuava in ogni
fibra del suo essere.
Non
aveva mai previsto, nemmeno nei suoi sogni più incredibili, un futuro tanto
strano e misterioso.
Quante
lacrime aveva pianto, quella notte? Quante immagini aveva rivisto, tra onde di
gioia e tempeste di dolore? Tutta la sua vita, stretta tra le mani di nuovo…
Il
sole entrava nella stanza, il mattino era avanzato. Lui sedeva a terra, sparsi
attorno aveva oggetti del passato, che adesso avevano di nuovo un significato.
In
mano stringeva ancora la lettera, quelle parole un po’ ingenue e
misteriosamente potenti, che avevano liberato la sua memoria prigioniera.
Che
strano effetto, gli aveva fatto, rivedere tutto in un istante…
Adesso
era un po’ più calmo, ma la notte era stata terribile. Aveva creduto di essere
preda della follia più di una volta, mentre la sua mente continuava a rimandargli
immagini meravigliose miste a momenti oscuri e agghiaccianti.
Ma
quello era lui, per quanto potesse odiare ciò che vedeva. Adesso capiva perché
aveva desiderato dimenticare. Chi vorrebbe vivere con certi ricordi?
Sollevò
le mani per la millesima volta, e guardò i segni impressi su di esse. Li aveva
fatti sparire insieme ai ricordi o semplicemente i suoi occhi avevano rifiutato
di vederli per due anni? Lo ignorava. Adesso erano di nuovo lì. Adesso sapeva
anche il perché dei due colori che vedeva ogni volta che fissava i suoi occhi
allo specchio.
Beh,
adesso sapeva proprio il perché di tutto.
-
Come ho potuto…dimenticare…- mormorò ancora una volta, sfiorando l’impermeabile
bianco, spiegazzato ai suoi piedi.
E
poi ebbe un’intuizione, e lo spaventò non poco.
Avrebbe
giurato che quell’indumento era la cosa più importante che gli fosse rimasta.
Ma non era stato quello a richiamare la sua memoria. No.
Era
stata…
Strinse
il pugno, la carta crepitò tra le sue dita.
Perché?
Perché proprio quel flusso di parole ormai svanite nel vento degli eventi di
due anni prima? Non voleva che fosse così. Ma così era stato.
Ma
lui non voleva che fosse così, perché ne capiva il motivo. Il possessore del
sangue che macchiava l’impermeabile non era più lì. Non lo avrebbe visto mai
più. Mentre dietro quella lettera c’era qualcuno che ancora viveva, qualcuno
che lo chiamava. Per questo aveva ricordato. Perché qualcuno lo stava
chiamando, li stava richiamando tutti alla vita, e lui non poteva sottrarsi…
Eppure…
Non
voleva che fosse così.
La
ragazzina sollevò lo sguardo, per tentare di decifrare l’insegna dell’ospedale.
Aveva appena concluso che avrebbe chiesto aiuto, quando si sentì afferrare da
dietro, e poi abbracciare forte. Non ebbe bisogno di voltarsi per capire di chi
si trattasse.
-
Sorata.- mormorò. – Allora non mi sbagliavo. Anche voi avevate dimenticato!-
-
E anche noi abbiamo ricordato, adesso.- rispose il monaco, sciogliendola dal
suo abbraccio, per vederla in viso. – Yuzu-chan, sei una donna, ora.-
-
Non esagerare. Sono passati solo due anni.-
-
E’ passata una vita, e lo sai.-
-
Anche tu sei cambiato. Sembri quasi serio…-
-
Oh, no, è una cosa terribile!- scherzò lui, e lei rise, come un tempo, sentendo
il suo cuore che si allargava per la gioia e la malinconia.
-
Ragazzi!-
Si
voltarono, per vedere il giornalista che conoscevano bene in corsa verso di
loro.
-
Aoki-san!- gridò Yuzuriha. – Oh, allora è vero, è vero, non sono pazza, è
successo tutto davvero!-
-
Sì, è così.- mormorò l’uomo, guardando i due con affetto. – Sono felice di
vedervi. E di vedere che anche voi avete ricordato.-
-
Ma perché?- domandò lei. – Perché abbiamo dimenticato?-
-
Spero che lo capiremo.- disse Sorata. – Adesso andiamo. Suppongo che tutti e
tre siamo qui per una persona, no?-
L’infermiera
era china sul ragazzo, gli stava rimboccando il lenzuolo, quando la porta fu
letteralmente spalancata, e quei tre esagitati piombarono nella stanza. Ma
ditemi voi se si può vedere addirittura un uomo dall’aria distinta entrare di
corsa in una camera d’ospedale!
-
Si può sapere cosa volete?- domandò, piantandosi di fronte al letto del suo
paziente prediletto.
-
Siamo qui per Kamui.- disse il giovane uomo che indossava i panni dei monaci
buddhisti.
-
Kamui? E’ così che si chiama?-
-
Sì.- rispose la ragazza. – Abbiamo chiesto informazioni sui pazienti in coma, e
crediamo che il ragazzo a cui lei sta…ehm…facendo la guardia…sia il nostro
amico.-
-
Oh. Begli amici. Sono due anni che è qui.- rispose la donna, con voce gelida. –
Vengo qui tutti i giorni. Sono incaricata di prendermi cura di lui. E ogni
giorno spero allo stesso modo che si svegli e che dorma ancora. Ho tanto
desiderato vederlo sveglio, ma l’idea che potesse tornare alla realtà e
trovarsi da solo…Perché non siete mai venuti?-
-
Deve crederci, se le diciamo che non è stato possibile.- mormorò l’uomo con gli
occhiali. – E’ la verità.-
-
Ma ora non ha più nulla da temere. Non resterà solo.- assicurò la ragazzina,
con una forza tale cheil viso
dell’infermiera assunse un’aria un po’ più serena. Con un sospiro si spostò dal
letto, e lasciò che gli altri tre si avvicinassero.
Li
vide attraversati da gioia e tristezza. Comprese. Erano felici di rivederlo,
tristi per la sua condizione. Sorrise, finalmente. Le sembrarono sinceri.
-
Così si chiama Kamui. Cosa gli è successo?- domandò.
-
E’ rimasto ferito nel grande terremoto del ’99.- disse l’uomo con gli occhiali.
-
Non inventatemi storie.- disse lei, brusca. – Ha delle ferite che sembrano
fatte con una spada! Voglio sapere come accidenti se le è procurate! E non ditemi
che era in un negozio di armi quando è scoppiato il terremoto.-
Uno
sguardo indecifrabile intercorse tra i tre.
-
Inoltre ha una miriade di cicatrici.- riprese la donna. – Si può sapere cos’ha
dovuto attraversare quel ragazzo? E poi, quanti anni ha?-
-
Diciotto compiuti da poco.- rispose l’uomo.
-
Cosa gli è successo?- Il tono della donna non ammetteva repliche. La ragazzina
accennò un sorriso.
-
In ogni modo, la persona che gli ha fatto del male adesso è morta.- disse.
Per
fortuna la donna stava guardando il suo paziente, quando quelle parole furono
pronunciate, o avrebbe visto gli sguardi sconcertati dei due uomini.
-
Ma cosa…- iniziò il monaco, ma la ragazzina riprese.
-
Per favore, visto che da ora in poi andrà tutto bene, potrebbe mantenere il
segreto su questa faccenda? Ufficialmente è stata tutta colpa del terremoto.-
-
Ma…Insomma…- protestò lei. – Non va bene per nulla! Ci sarà da fare una
denuncia alla polizia! E’ minorenne, insomma, chi…-
-
Meglio che vada io a spiegare come stanno le cose.- la interruppe l’uomo con
gli occhiali, con un sorriso imbarazzato. – Alla direzione dell’ospedale e alla
polizia. Risolveremo tutto, vedrà!-
Poi
corse via, lasciando la povera donna sempre più sconvolta.
-
Non è giusto, è illegale!- protestò debolmente.
-
Le racconterà tutto lui, se lo vorrà.- disse il monaco, sfiorando dolcemente i
capelli del ragazzo addormentato.
-
Crede che si sveglierà?-
-
Ne sono sicuro. Non è vero, Yuzu-chan?-
-
Certo.- affermò lei. – Insomma, dopo tutto quel che è successo, vuoi davvero
startene qui a dormire per sempre?-
-
Ma…ma…- piagnucolò l’infermiera. – Ma insomma! Cos’è successo? Un sedicenne che
ha a che fare con armi da taglio è una cosa che sa davvero di criminale! Era il
membro di qualche gang di ragazzini che si è messo nei guai?-
-
No, no.- rise la ragazzina. – Stia tranquilla.-
-
Io voglio la verità!-
-
Lui era il predestinato per salvare il mondo dalla sua distruzione.- disse il
monaco, serio. – Ha lottato per mesi contro il suo principale avversario, e
l’ha sconfitto proprio un attimo prima della fine.-
-
Non prendetemi in giro!- strepitò l’infermiera, esasperata. I due scoppiarono a
ridere.
-
Si fidi di noi.- la implorò la ragazza. – Qualunque cosa sia accaduta, è finita
davvero.-
-
Mah…sarà…- mormorò la donna, arrendendosi alle risate e alle occhiate complici
dei due. – Ma vi giuro che riuscirò a farmi raccontare la verità da
qualcuno…Qualcuno che non mi rifili balle ridicole! Insomma, ci mancava solo
che mi diceste che è stato il pilota di un Evangelion incaricato di battersi
contro gli Angeli!-
I
due scoppiarono a ridere all’unisono, e risero fino alle lacrime, come se
finalmente avessero potuto liberare quelle risate prigioniere da troppo tempo,
mentre la donna si tratteneva dal desiderio di gettarli dalla finestra tutti e
due.
La
giovane donna, Tsubaki, che lavorava come infermiera domestica per il giovane
che ora diceva di chiamarsi Kakyou, stava rimettendo in ordine le sue cose,
nella stanza che l’istituto di beneficenza aveva destinato al suo assistito.
Quel
giovane era completamente folle, ne era certa. Fino a poco prima non ricordava
nulla, della sua vita prima del coma, e di colpo sapeva tutto, e diceva di
chiamarsi Kakyou, e la cosa più incredibile è che parlava con cognizione di
causa degli eventi degli ultimi dieci anni…Dieci anni che lui aveva passato in
coma!
All’improvviso
una volontaria del centro si affacciò sulla porta.
-
Tsubaki-san? C’è una visita per Hiroshi…Cioè, per Kakyou-san.-
-
Una visita?-
-
Già. Un giovane vuole vederlo. Da solo.-
-
Adesso gli chiedo se gli va bene…Ma chi è?-
-
Non lo so. E’ alto, con i capelli scuri e l’aria davvero molto triste. Anzi,
direi disperata. Fa un certo effetto.-
-
Oh, ci mancava solo questa! Già il signorino negli ultimi tempi è assolutamente
agitato…Mi fa una paura! Ieri si è messo a dirmi del terremoto del ’99, e io
credevo di morire. Come fa a sapere del terremoto, se all’epoca era piuttosto
addormentato?-
-
Non lo so, ma c’è altro. Il direttore dell’istituto vuole sapere per bene i
dettagli sul suo passato. Se ricorda della sua famiglia, può darsi che la
contattino.-
Tsubaki
scosse la testa.
-
Rifiuta di parlarne. Comunque vado a vedere se è sveglio.-
Si
avvicinò al letto, e in quel momento il giovane aprì gli occhi.
-
Kakyou-san, hai una visita. Un giovane che vuole parlarti da solo.- gli disse.
-
Fallo entrare.- rispose lui, sollevandosi sul letto. Sorrise. – E non
preoccuparti.-
Tsubaki
uscì dalla stanza. Sulla soglia incrociò il visitatore, e rabbrividì.
Era
un giovane sui vent’anni, alto e robusto. Ma aveva gli occhi tanto spersi e
vuoti da agghiacciare. Tsubaki gli borbottò un saluto, e corse via.
Entrò,
senza una parola. Chiuse la porta, e si fermò. Stava tremando. Kakyou gli fece
cenno di avvicinarsi, con la mano. Nemmeno a lui venivano molte parole.
L’altro
mosse qualche passo, lentamente. Gli si fece vicino, gli occhi dei due si
incontrarono.
-
Sono felice di vederti, Monou-san.-
L’altro
aprì bocca per rispondere, ma altre forze ebbero la meglio su di lui. Nascose
il viso nelle mani, e scoppiò in singhiozzi.
-
Perché? Perché io?- ansimò. – Tu lo sai? Tu sai com’è successo tutto? Perché
io?-
-
Perché è andata così.- rispose Kakyou. Un tempo avrebbe risposto “perché così
doveva andare”, ma ora sapeva che non era più una risposta molto sicura.
Allungò una mano esile, e sfiorò appena l’altro. – Avvicinati.-
-
Non ti fa orrore toccarmi?- mormorò l’ospite, calmandosi un po’.
-
No. Ora sto vedendo il tuo vero io.-
-
Non lo sai.- ringhiò l’altro, mentre nuove lacrime gli offuscavano la vista. –
Non lo sai tu, non lo so io. Non so come tutto è potuto accadere, vuoi esserne
certo tu, che questo è il mio vero io?-
-
Beh, mi fido dell’istinto.- rispose Kakyou.
-
Io no. Non mi fido di quello né di nient’altro. Mi sento molto vicino alla
follia. Nella mia stanza non ci sono più specchi. Penso che morirei, a vedere
il mio volto riflesso.-
-
E’ passato.-
-
Oh, sì, è passato, e io non so nemmeno come sia potuta andare in quel modo!
Come mai il mio…il mio…lato oscuro…è emerso? Non ha senso! Ecco, vedi? Sto
gridando…E dire che ero venuto anche per chiederti perdono! E ho finito per
gridarti contro. Non so più bene chi sono!-
Kakyou
tese di nuovo la mano verso l’altro, e l’afferrò, stringendola nella sua.
-
Sei solo una persona confusa, mi sembra.- disse.
-
Non fidarti di me con tanta facilità.-
-
Ma non ho più nulla da temere da te, ora.-
-
Non è vero. Non lo sai. Chi ti dice che tra un anno, un mese, domani, non
ricominci ad essere come…-
-
La fine del mondo è stata scongiurata, se non te ne fossi accorto. Tu e lui
eravate opposti solo in facoltà di quell’evento. Ora siete solo due persone
normali.-
-
Ma tutto quello non può averci lasciati immutati.- sospirò l’altro, sedendosi
sul bordo del letto di Kakyou, senza lasciare la sua mano.
-
No, questo è vero.- ammise Kakyou. – Ciò non significa che tu debba tornare ad
essere il suo opposto.-
-
E se accadesse?-
-
Allora trova il modo di sapere di più su ciò che ti è successo davvero due anni
fa, e cerca la sicurezza che non avverrà mai più.-
-
E come?- sussurrò l’ospite, asciugandosi due nuove lacrime.
-
Ci sono uomini e donne saggi e sfiorati dalla mano di Dio in tutto il mondo. E
sono sicuro che molti di loro avevano visto gli eventi del ’99, anche molto
prima. Potrai trovare chi ti aiuterà. Monou-san, ti è stato fatto il dono della
vita, devi accoglierlo!- lo implorò Kakyou.
-
Non usarmi tanti riguardi.- rispose l’altro, con infinita tristezza nella voce.
– Ora sei mille volte più forte di me, dentro.-
-
Accetterò di chiamarti per nome, ma solo in segno di confidenza.-
-
Non mi odi?-
Kakyou
rimase silente per un attimo, prima di rispondere.
-
Non ti conosco. Come potrei odiarti?-
-
Cosa significa?-
-
Forse non amavo il Kamui Oscuro, ma è morto due anni fa. E’ la prima volta che
ti incontro…Fuuma.-
Il
suo ospite fece una risata amara.
-
Viste così, le cose sembrano quasi facili. Comunque ero venuto anche per
chiederti perdono. Anche se non vorrai concedermelo.-
-
Fuuma Monou non ha fatto nulla per cui io debba perdonarlo.-
-
E va bene. Pensala come preferisci. Dimmi solo se posso ritenermi perdonato o
no.-
-
Se può farti sentire meglio, allora sì, sei perdonato.-
Rimasero
in silenzio, e Fuuma Monou ancora stringeva la mano dell’altro. Finalmente
ruppe il silenzio, quasi con sforzo.
-
Così dovrei partire da solo in cerca di risposte?-
-
Non da solo.-
-
Chi vorrebbe venire con me?-
-
Io.-
-
Che cosa?-
-
Anch’io vorrei sapere molte cose. Da cosa mi venivano i sogni, perché sono
finiti. Quale sarà il mio dovere, ora che ho solo poche e vaghe visioni. E’ un
viaggio che dovremmo fare entrambi. Ma comprendo che forse non desideri
sobbarcarti le mie cure.-
-
Ti porterò con me.- disse semplicemente l’altro. Kakyou sorrise.
-
Ma prima hai qualcos’altro da fare.-
-
Sei folle?- gridò Fuuma, impallidendo.
-
Ah, hai capito?-
-
Certo che ho capito. E non ho intenzione di mettere piede in quella stanza!-
-
Perché?-
-
Perché…Perché sono vigliacco.-
Kakyou
si fece cupo.
-
Io invece voglio andarci. E partirò solo dopo averlo visto.-
-
Io non ce la faccio a vederlo, adesso. Forse, dopo…Dopo il viaggio.-
-
Il viaggio potrebbe essere lungo.-
-
Sì, ma…Io…- Tacque, si volse verso la finestra, illuminata da un tenue sole. –
Se potessi, andrei anche ora. Ma non ho la forza.-
-
Scrivigli.-
-
Ma non è in coma?-
-
Non per molto ancora.- rispose Kakyou, con una nota entusiasta nella voce.
Fuuma si rese conto di non averlo mai visto così. Beh, a dire il vero, non lo
aveva mai nemmeno visto da sveglio. Anzi, forse…Forse non lo aveva davvero mai
visto, quello era il loro primo incontro, e l’inizio di qualcosa di nuovo e
diverso dal passato.
-
Leggerà quel che gli ho scritto, secondo te?-
-
Non essere ridicolo. Leggerà la lettera tutti i giorni finché non tornerai.-
Fuuma
scoppiò a ridere, e scosse la testa.
-
Va bene che è sensibile, ma così sdolcinato…No, non credo proprio! Magari farà
una lacrima, e poi sospirerà e accetterà la mia decisione. E si rimetterà a
vivere. E riuscirà anche ad essere felice.-
-
Lo conosci bene…-
Fuuma
alzò le spalle, e non rispose.
-
Scriverai?-
-
…sì. Poi partiremo.-
-
Tu guarda che razza di amici!- commentò per l’ennesima volta l’infermiera di
Kamui. I tre esagitati se n’erano andati, e lei era piuttosto frastornata. Da
quando quei tre erano piombati lì, una settimana prima, il suo mondo ordinato
era stato sconvolto. Avrebbe davvero voluto sapere che cosa…
Un’altra
persona era appena entrata. Era il periodo delle visite, eh?
-
Lei chi è?- domandò, sospettosa.
-
Mi chiamo Sumeragi.- mormorò lui. – E’ la stanza di Kamui Shiro?-
-
Già. Vi siete ricordati di lui tutti quanti adesso, eh?-
-
Mi dispiace.-
Rimase
fermo sulla soglia.
-
Beh, vuole entrare o no?-
-
Io…sì.-
Lei
lo fece avvicinare al letto, e rimase un po’ con lui, mentre fissava i
lineamenti della persona che evidentemente un tempo conosceva.
-
Immagino che nemmeno lei vorrà dirmi cosa gli è successo?-
-
E’ rimasto coinvolto nel terremoto.- borbottò l’altro, con voce quasi distante.
-
Eccone un altro. Non ci si ferisce in quel modo in un terremoto.-
-
Lasci perdere.- tagliò corto l’altro. – Nessuno le dirà mai la verità.-
-
Già, me ne sono accorta. Senta, vuole rimanere un po’ da solo qui? Le porto una
sedia.-
-
Sì, grazie.-
Sospirando,
la donna uscì. Sì, decisamente il ragazzo aveva degli amici discutibili.
-
Kamui.-
Quasi
d’istinto gli prese una mano nelle sue.
E
avvenne la magia misteriosa, avvenne in modo quasi subdolo, come un inganno.
Scivolò nella mente dell’altro con una facilità spaventosa.
Io vi ringrazio sempre della vostra “presenza”, mie commentatrici…e
tutti quelli che leggono…E in modo particolare Kairi, non
Io
vi ringrazio sempre della vostra “presenza”, mie commentatrici…e tutti quelli
che leggono…E in modo particolare Kairi, non solo per il suo commento, ma anche
per la cartolina in collaborazione con Lilie, che mi fu spedita il 23 luglio e
arrivò il 23 agosto…ma mi ha fatto tanto piacere lo steso!^^
VI
– My Goddess
Sarai
per sempre l’altra metà
dei
miei milioni di cellule,
sempre
e per sempre l’altra metà
di
quel che resta da vivere.
Povero
amore non più mio…
povero
amore per sempre mio…
(Fiorella
Mannoia)
1999
-
Kanoe…Kanoe…-
La
voce ormai senza più forza si perse nell’intreccio dei sogni.
Altrove,
una donna dai lunghi capelli scuri si alzò dalla sua sedia, turbata. Non era la
prima volta che avvertiva quella sensazione oscura, quell’eco misteriosa dentro
sé, come un richiamo straziante che non trovava risposta.
-
Ma chi mi sta chiamando?- sospirò, reprimendo un brivido. Gli eventi degli
ultimi giorni l’avevano gettata in confusione, per quanto il “suo” Kamui la
rassicurasse ogni momento che tutto stava andando per il verso giusto…
-
Kanoe!-
-
Ah!-
Questa
volta non fu un’eco, ma un urlo, terribile, la voce di una creatura ferita e
sola, persa o prigioniera in qualche mondo lontano…Dovette fermarsi, ansimante
e spaventata.
-
Chi sei?- gridò, mentre sudore gelido le scendeva dalla fronte. – Chi sei?-
-
Kanoe, ti prego, vieni…-
-
Hinoto!-
Ora
non aveva più dubbi. Ma perché, perché sua sorella invocava proprio lei, che si
era arrogata il ruolo di sua avversaria, in quella guerra?
-
Non importa. Sto arrivando…-
Sedette
in fretta, chiuse gli occhi. Il sonno la raggiunse e piombò nel sogno di
Hinoto.
-
Hinoto!-
-
Sorella. A che devo la tua visita?-
Kanoe
fissò con un certo timore la sorella, ma non vide nulla che potesse
preoccuparla.
-
Hinoto, mi hai chiamata?-
-
Perché avrei dovuto?-
Kanoe
rabbrividì. Quell’urlo…Eppure era così reale!
-
Hinoto, stai bene?-
-
Sì. Finalmente sto bene. Perché so che ciò che desidero avverrà.-
-
Cosa significa?-
-
Solo quel che ho detto.-
-
Hinoto, tu sei diversa.-
-
Forse.-
La
piccola veggente si alzò in piedi di fronte a sua sorella, e finalmente le
rivolse il volto. E sorrise. Kanoe rabbrividì.
-
Chi…chi sei?-
-
Tua sorella. E allo stesso tempo, non sono lei. Non penso di potertelo
nascondere.-
Kanoe
tentò di dire qualcosa, ma all’improvviso l’altra sollevò le mani sottili e tra
di esse comparve una fine spada argentata. Le parole abbandonarono la
profetessa che guidava gli Angeli.
-
Hinoto, cosa…-
-
Hinoto sta morendo. Ti ha chiamata, ma è tutto inutile. Io l’ho imprigionata nel
suo sogno. Non ha potuto fare nulla, quando ho mandato a morire i suoi Draghi.
E continuerò, fino alla fine. Sai, ora siamo dalla stessa parte. E’ buffo,
proprio tu, che sei una sorta di alleata, mi sei tanto dannosa.-
-
Che…che cosa?-
-
Già. Tu vuoi bene a tua sorella, e per lei potresti contrastare me, sebbene io
abbia il tuo stesso desiderio di vedere il mondo finire. Perciò…-
Fu
un attimo. Sollevò la spada d’argento, la scagliò contro Kanoe. L’altra non si
mosse, l’orrore di quelle rivelazioni l’aveva immobilizzata, e questo comportò
la sua fine. La spada la colpì in pieno petto, e Kanoe crollò a terra, senza
emettere suono.
L’orrenda
risata dell’alter ego malvagio di Hinoto riempì il sogno, cancellando un altro
flebile suono, l’urlo disperato della vera Hinoto. Mentre il corpo di Kanoe si
dissolveva, la falsa veggente si volse altrove, attraversando un altro sogno.
-
Allora, Sognatore, che ne dici?-
Due
lacrime scesero dagli occhi dorati del giovane, che aveva visto ogni cosa.
-
Tu…- mormorò, tremante. – Tu…-
-
L’avevi già visto, dunque perché sei tanto sconvolto? Lo sai meglio di me. Il
futuro è questo, uno solo!-
Kakyou
non rispose, chinò la testa per non vederla in viso.
-
Vattene.- sussurrò.
-
No. Voglio godermi con te lo spettacolo.-
-
Di cosa parli?-
-
Della morte di un altro Sigillo. Tra poco si compirà il destino di un altro di
loro. Potrà morire per la sua prescelta, così come gli fu predetto, così come
tu hai visto. Su, lascia che la tua mente vaghi per le vie del sogno…E guarda…-
Oh,
dannazione, dov’era finita, adesso? Perché era fuggita all’improvviso?
Sorata
si fermò, appoggiandosi ad un muro, e riposandosi un attimo. Fuggire in quel
modo dall’ospedale non era stata una grande idea. Non aveva più forze, le aveva
esaurite tutte in quella corsa senza meta.
-
Che idiota.- mormorò. – Spero anche di trovarla, in queste condizioni?-
Alzò
gli occhi al cielo, incontrò le maledette stelle dell’Orsa maggiore, e sentì le
lacrime che bruciavano.
Poi
una voce, una voce conosciuta, oh, sì…Che parlava con qualcun altro. Ed una
risata, e i brividi lungo la schiena. Trattenne a stento un grido, e si voltò.
-
Così adesso sei un Drago della Terra.-
La
voce tanto odiata del Kamui Oscuro gli attraversò la mente ed il cuore,
raggelandolo.
-
A quanto sembra. Non ho più i miei poteri di miko.-
-
No…- mormorò. – No, ti prego, no…- e le sue parole non erano più coerenti,
erano solo suoni confusi tra i singhiozzi.
Poco
distante da lui, il Kamui Oscuro guardava con un certo compiacimento Arashi, la
donna che lui aveva giurato di proteggere, la donna che lui amava, e che adesso
aveva detto di essere diventata…
…un
Drago della Terra?
-
Arashi!-
Urlò,
e i due i volsero verso di lui.
-
Oh, ma che piacere.- commentò Fuuma, sorridendo. – Arisugawa-san è venuto a
trovarci.-
Arashi
non disse nulla, si limitò ad abbassare gli occhi, rimanendo immobile, col
volto gelido e distante.
-
Che significa?- gridò ancora Sorata, ignorando Fuuma. – Un Drago della Terra?
Solo perché hai perso i tuoi poteri? Cosa stai dicendo?-
-
Che noia.- sospirò Fuuma. – Arisugawa-san, che ne dici se esaudisco il tuo
desiderio? Volevi morire per lei, vero? Bene, ti accontento. Finché resterai in
vita, lei non sarà completamente libera. Morendo, le farai un favore. In
conclusione, sarò ben lieto di realizzare ciò che il tuo cuore desidera…-
Allargò
le braccia, creò una sorta di cerchio d’energia, e poi scagliò la forza che
aveva raccolto contro Sorata.
-
Allora, Sognatore?- mormorò la Hinoto malvagia, sorridendo.
-
No…-
-
Tu sai come andrà a finire, vero?-
-
Sì…-
Ancora
lacrime. Forse era l’effetto delle lacrime, ma gli pareva che la scena davanti
a lui si sdoppiasse…
-
No.- rispose all’improvviso, mentre il suo cuore faceva un balzo di gioia
improvvisa, quasi doloroso, nel suo petto. – No, non lo so.-
-
Che stai dicendo?- sibilò la falsa veggente.
-
Che non lo so. Non ho idea di quel che succederà.-
Un
attimo dopo il Kamui Oscuro lanciò un grido di disappunto, quando vide cos’era
accaduto.
-
Avevi ragione.- ansimò. – Finché lui fosse stato in vita, non sarei stata
completamente libera di passare dalla tua parte.-
Poi
crollò a terra. Sorata, dietro di lei, strinse i pugni, e senza nemmeno
pensare, scagliò il suo attacco contro Fuuma, colpendolo in pieno e facendolo
volare dall’altra parte della strada.
Si
chinò a terra, e raccolse la ragazza tra le braccia.
-
Arashi, cos’hai fatto?-
-
Quello che avresti voluto fare tu.- rispose lei, tentando di sorridere ancora.
– A quanto pare il destino può cambiare. E’…accaduto il contrario.-
-
No, tu…-
Lei
cercò rifugio sul petto di lui, e tacque. Non aveva più la forza di parlare.
Era una donna normale, ora, e aveva subito completamente il colpo di Fuuma,
scagliato per uccidere Sorata. Era un miracolo che le fosse stato concesso di
rivolgergli le ultime parole.
-
Perché hai detto di essere un Drago della Terra?-
-
Perché pensavo che così non saresti più dovuto morire per me.- mormorò lei,
senza riaprire gli occhi. – Ti amo troppo, non potevo lasciarti morire!-
Poi
si irrigidì, e non si mosse più. Sorata nascose il viso nei suoi capelli e
pianse.
Da
lontano, il Kamui Oscuro, ferito, troppo furente e stupito per l’accaduto,
fuggì via.
-
Cosa…cosa…- balbettava la falsa Hinoto, di fronte alle immagini che il sogno le
rimandava.
-
Io ho visto due futuri, di nuovo.- disse Kakyou. Fuuma che uccideva Sorata,
Arashi che lo seguiva tra gli Angeli. Oppure ciò che veramente è stato.-
La
falsa veggente gli si fece vicina, con lo sguardo folle ed il volto contorto
dall’ira.
-
Dannato sognatore, com’è possibile quello che dici?- gridò.
-
A quanto pare è possibile.- rispose lui, accennando un sorriso. – Non è la
prima volta che vedo due futuri. Le cose sono cambiate. Arashi ha superato il
destino imposto a Sorata e se n’è fatta carico. Allora è vero…-
Si
portò una mano alla bocca, come se temesse di dire le parole che gli erano
comparse nella mente.
-
Che cos’è vero?- strepitò la falsa Hinoto. La spada d’argento ricomparve nelle
sue mani.
-
Che il futuro non è ancora stato deciso. Così disse lei, e anche lei era
un’indovina, aveva in sé il germe della profezia, bello e potente.- rispose
lui, un po’ trasognato, come vinto da troppi sentimenti.
La
spada di lei saettò in avanti, e raggiunse il braccio di Kakyou, ferendolo. Il
giovane gridò, scostandosi bruscamente da lei.
-
Dannato, tu mi inganni!- gridò la donna.– Voglio sapere la verità! E’ tutta una
menzogna, non possono esistere due futuri!-
Kakyou
si ritrasse, senza una parola, per sfuggire all’arma della donna e alla sua
follia. Non desiderava morire, non ora, che le cose stavano cambiando…
Il
lato malvagio di Hinoto mosse l’arma d’argento verso di lui, la lama si
allungò, un’altra ferita comparve sul petto di Kakyou.
Un’espressione
nuova a quel viso attraversò gli occhi del giovane. Una decisione che mai aveva
albergato nel suo animo.
-
Hinoto-san, perdonami!- gridò. – Non è quello che volevi? Io ti prometto che
aiuterò Kamui come posso!-
Tese
le braccia sottili, che emersero dalle ampie maniche del kimono chiaro, e
subito furono avvolte da lieve luce candida. Un attimo, ed un meraviglioso arco
cristallino, formatosi dalla luce, era nelle sue mani.
-
Hinoto-san, perdonami!- gridò di nuovo, con le lacrime agli occhi.
-
Non temere…- la voce lo raggiunse, gli diede forza.
Nel
momento in cui la spada argentea della Hinoto malvagia saettava nuovamente
verso di lui, il giovane scoccò una freccia scintillante.
-
Cosa…-
La
freccia attraversò l’aria del sogno, infranse la spada, colpì la figura dinanzi
a lui. La donna gridò, Kakyou chiuse gli occhi colmi di lacrime.
-
Perdonami…- sussurrò ancora, mentre il grido pian piano si affievoliva.
Finalmente
ci fu silenzio, e lui guardò dinanzi a sé. Il corpo della Hinoto malvagia stava
sparendo. E per un attimo, di fronte a lui, si librò un’altra figura, simile a
quella che aveva colpito, ma del tutto diversa…
-
Hinoto-san!- gridò, con una nota disperata nella voce.
-
Grazie, Kakyou.- mormorò lei. – Aiuta Kamui.-
-
Perdonami, io…-
-
Hai fatto la cosa giusta. Ricordati…Il futuro…-
Poi
disparve, in un alito di vento, che sfiorò il viso del giovane, e fu come un
tocco delicato che voleva asciugargli le lacrime.
-
…non è ancora stato deciso.- mormorò.
Chiuse
gli occhi, e dormì senza sogni.
-
Che è accaduto, Sognatore?-
Aprì
gli occhi, e Fuuma era di fronte a lui.
-
Kamui…-
-
C’è sangue ovunque, e tu sei ferito. Se non ti avessi curato, chissà, saresti
morto anche senza il mio aiuto…-
-
Hinoto ha ucciso Kanoe. Io ho tentato di fermarla, e lei ha colpito anche me.
Però sono riuscito a difendermi.- mentì.
-
Che cosa?- gridò l’altro. – Cosa stai dicendo?-
-
Quello che è successo.-
-
Non ti credo.-
-
Nient’altro.- rispose lui.
-
Va bene. Ora dimmi una cosa. Tu sai cos’è accaduto stasera?-
-
Lo so.-
-
Bene. Avevi visto due futuri?-
-
Sì.-
-
E perché non me l’hai mai detto?-
-
Non ho visto i due futuri fino ad un attimo prima della fine di Arashi.-
-
Oh. Sappi che questa volta sono indulgente e ti credo, ma avrai da temere, se
mi nasconderai qualcosa di importante, d’ora in poi.-
-
Perché dovrei?-
-
Oh, non lo so…Sai, sembra che ultimamente i desideri della gente abbiano la
tendenza a cambiare misteriosamente…-
Sorrise,
nel suo modo glaciale e crudele, ma questa volta non penetrò nell’anima
dell’altro, col suo gelo.
Sparì,
e Kakyou sorrise, quasi timoroso di farlo.
Poi
spostò la mente altrove…e iniziò a chiamare…
Kamui
sedeva sul letto, fissando la notte stellata, col cuore che batteva più forte
del normale. Ormai era così da giorni. Il batticuore gli faceva compagnia, gli
ricordava che poteva accadere di tutto, e che tutto sarebbe accaduto.
La
morte di Hinoto era stata terribile. Si erano sentiti così soli… Ma quella di
Arashi li aveva distrutti davvero.
Eppure…Eppure,
aveva detto Sorata, non era stata inutile. Aveva rivelato una verità in cui
speravano, ma di cui avevano sempre dubitato.
Il
destino poteva essere combattuto, il futuro cambiato.
Sospirò,
chiedendosi in che modo mai avrebbe potuto riposare, se la velocità folle del
suo cuore era tanto potente da impedirgli di dormire.
Si
distese, e attese. Come in tutte le notti precedenti.
Perché,
perché non riusciva più a dormire?
Furioso,
si alzò e scese in cucina, con l’intenzione di trovarsi qualcosa da fare, per
non dover passare un’altra notte tra gli incubi ad occhi aperti…Certe volte
peggiori che quelli autentici.
Si
aspettava di trovarla vuota, a quell’ora di notte, ma non fu così. C’era
Sorata, seduto al tavolo, con il viso inespressivo e pallido. Kamui si sentì
colmo di tristezza per Arashi, ma soprattutto per lui, e comprese come tante
volte dovevano essersi sentiti gli altri, nei suoi confronti. Si avvicinò, gli
posò una mano sulla spalla, e non trovò nulla di adatto da dire.
-
Kamui, tu stai tranquillo.- disse Sorata, voltandosi e sorridendo.
-
Che razza di persona sono, eh?- commentò il ragazzo, ironico. – Vengo qui per
consolare te, e finisce che sei tu a farmi coraggio.-
-
Non ti preoccupare di questo. Piuttosto, perché non dormi?-
-
Non ci riesco. Non ci riesco da almeno dieci giorni.-
-
Cosa? E perché non l’hai detto a nessuno?-
-
Pensavo che c’erano altri problemi più seri.- rispose, sedendosi accanto al
monaco, quasi per chiedere e dare conforto con la sua presenza.
-
Ma non puoi continuare così. Morirai di stanchezza.- disse Sorata, sorridendo
con affetto. – Vediamo un po’… Quando avevo dei brutti periodi e non dormivo,
c’era un monaco erborista che mi preparava un infuso di erbe. Potremmo provarci
anche noi, che ne dici?-
-
Non so se abbiamo erbe, in casa.- rispose Kamui, intendendo chiaramente “non
credo servirà”. Ma Sorata si alzò, e si mise a cercare nei vari sportelli della
cucina con particolare impegno, e Kamui lo lasciò fare. Finalmente emerse dalla
sua ricerca, trionfante.
-
Guarda, una tisana al tiglio!-
-
Sei sicuro che sia bevibil…che funzionerà?-
-
Ma certo che sì!- Sorata sorrise, e sembrò vivo per la prima volta, dopo molti
giorni. Allora Kamui si alzò, per aiutarlo a preparare la bevanda.
In
breve il monaco poggiò sul tavolo, davanti al ragazzo, una tazza colma di un
liquido bollente color verde chiaro.
-
Dai, fidati!- disse. Kamui prese a sorseggiare pian piano la tisana. Notò che
non aveva un cattivo sapore. Lentamente la bevve tutta.
-
Allora, non ti senti già molto più tranquillo?- domandò Sorata.
-
Uhm…forse.-
-
E poi c’è un altro trucco. Questo me l’ha insegnato Karen-san. Metti qualcosa sotto
il cuscino. O sul comodino. Qualcosa da toccare, di prezioso. Così se arriva un
brutto pensiero, tu tocchi l’oggetto, e quello se ne va. Karen-san tiene vicina
la croce che porta al collo, e un vecchio giocattolo sul comodino. Era così
tenera quando me l’ha rivelato!-
Kamui
annuì.
-
Hai un oggetto prezioso?- domandò il monaco.
-
Sì.-
-
Allora sei a posto! Dai, ti accompagno in camera.-
Optò
per un ciondolo a forma di sole che in genere teneva appeso alla sua borsa di
scuola. Per un periodo l’avevano usato per giocare, come fosse un talismano
segreto. Fuuma aveva intagliato goffamente il simbolo, Kotori aveva intrecciato
il nastrino. A seconda del gioco, quell’oggettino era stato un simbolo regale,
l’inseparabile medaglione di un mago, l’oggetto protettore di una principessa.
Si
era sempre dato dello stupido sentimentale, per averlo conservato quasi con
rispetto ed onore. Ora però ne era lieto. Lo staccò e lo fece scivolare sotto
il cuscino.
Si
infilò dentro alle coperte, mandò una breve preghiera a chi potesse sentirlo. Fatemi
dormire, anche solo un’ora.
Fu
merito delle erbe? Dell’impegno di Sorata, del ciondolo?
In
ogni modo, dormì, dormì, più di un’ora, e il sonno non portò solo il riposo.
-
Kamui!-
-
Kakyou?-
-
Oh, finalmente! Sono giorni che tento di incrociare il tuo sogno!-
-
E’ la prima volta che riesco a dormire dopo almeno dieci giorni.-
-
Ora comprendo.-
-
Mi hai chiamato?-
-
Sì. C’è qualcosa di importante che devo dirti!-
Il
ragazzo raggiunse il giovane, si sedette accanto a lui. Una sensazione dolce
riempì l’animo del Sognatore.
Sì,
ora il mio sogno appartiene a lui…Al vero Kamui.
Gli
raccontò tutto, di Hinoto e della morte di Kanoe, dei due futuri visti per
Seishiro e per Arashi.
Alla
fine si inchinò di fronte al ragazzo, e si mise in ginocchio.
-
Ho promesso di proteggerti.- disse. – Tesserò il sogno per te, da adesso. Però
ti avverto che ciò ti sarà di poca utilità, perché, a quanto pare, non esiste
una certezza sul futuro!-
Kamui
allungò la mano e gli fece alzare il viso. Kakyou pensò alla differenza che
c’era tra il tocco di questo Kamui e dell’altro.
-
Kakyou, una volta mi dicesti che se io avessi voluto trovare Fuuma sarebbe
avvenuta una disgrazia. Cosa significa?-
-
Avevo visto il vostro ultimo scontro. Avevo visto te, che lo cercavi. Avevo
visto la tua spada chiamare la sua, voi due sulla Torre, l’ultima barriera. E
l’esito dello scontro. Ma ora so che non c’è nulla di deciso.-
-
Perché lo scontro si sarebbe concluso con la nostra distruzione?-
-
A causa del tuo desiderio. Io non lo conosco, ma Fuuma sì. Il tuo desiderio
avrebbe portato alla distruzione di tutto.-
-
E come possono le cose cambiare?-
-
Forse il tuo desiderio cambierà. O forse sarai tu a trovare il modo di
realizzarlo, invece che lasciarlo avverare da Fuuma.-
Kamui
annuì, pieno di pensieri e timore.
-
Kakyou, sono felice che abbia deciso di unirti a noi. Perché hai atteso fino ad
ora?-
-
Perché avevo un altro desiderio. Avevo visto il mio futuro, una notte infinita
piena di sogni angosciosi, e volevo morire, per raggiungere Hokuto.-
-
Ed ora?-
-
Ora…Ora ho fatto anche un altro sogno. Io, di fronte al mare, insieme ad una
persona, di cui ignoro il nome, che mi fa sentire amato e protetto. E una pace
mai sperimentata in cuore. Ed il mio corpo vivo davvero, libero dal sonno. Credi
sia un sogno soltanto? Forse sì, ma io lo desidero così tanto…Perché, in fondo,
a che serve rinnovare la Terra, se non ci sarà più nessuno a godere della sua
bellezza?-
Kamui
sentì brividi di emozione lungo la schiena, a quelle parole.
Oh,
erano come una cura, misteriosa e bellissima! Sì, perché lui a volte si era
chiesto il senso di tutto. E se forse Fuuma avesse fatto la scelta giusta?
Perché lottare e soffrire tanto per salvare la Terra?
Quelle
parole semplici, colme di dolcezza e speranza caparbia, gli medicavano il cuore
e la mente, gli davano una forza inattesa, una piccola risposta ai dubbi
infiniti.
-
Hai ragione.- mormorò, stringendo le mani del sognatore. – Grazie.-
-
Ora vai, e riposa.-
-
Kakyou, vorrei venire a prenderti.-
-
Non metterti nei guai. Cercherò di ingannare Fuuma finché potrò. Non temere per
me, vai per la tua strada.-
-
Ma…-
-
Chissà cosa potrà accadere, Kamui.-
Il
ragazzo fece cenno di sì. Poi disparve.
-
Ragazzino, fatti forza. Nemmeno io avrei mai creduto a tutto questo, un tempo.-
L’indomani
Sorata andò a svegliarlo.
-
Hai dormito?-
-
Sì…Kakyou, il Sognatore, è venuto da me. Non è ancora tutto perduto.-
-
Lo so. E’ venuta a dirmelo in sogno.-
-
Chi?-
Un
raggio di sole entrò dalla finestra, irradiò il volto di Sorata.
-
La mia dea.- rispose, sorridendo. – Mi ha fatto coraggio. Kamui...Comunque
andranno le cose, andiamo avanti.-
Capitolo 7 *** VII - The warm light of his soul ***
Dedicato a Minmay-chan
Dedicato a Minmay-chan. Lei non ama le Clamp, ma io
dedico indiscriminatamente i capitoli a tutti, quindi va bene lo stesso…
VII
– The warm light of his soul
Solo
noi.
Nessuna
guerra. Nessun odio. Nessun passato.
E’
reale.
(Rem)
Novembre
2001
Il
mondo era un turbinio di colori, e la sua discesa era sommersa da una cascata
di luce infinita. Calore e luce…Il suo corpo era lontano, ma la sua anima ne
era inondata, e cadeva gentilmente, in un altro universo, un luogo che emetteva
tutto quel calore dolce, quella luce dorata e accogliente.
Com’era
accaduto?
“Mi
voleva, mi chiamava, ma io restavo in silenzio…”
Da
dove erano venute quelle parole, che si incidevano in profondità, nella sua
anima infranta?
“Ci
ha chiamati per tanto tempo, ci ha desiderati, ma eravamo in silenzio.”
Tentò
di recuperare un contatto con la realtà. Aveva stretto la sua mano, ed era
scivolato dolcemente, con una facilità spaventosa, nella sua mente…
Allora
si trovava lì…
Ma
come mai stava ancora cadendo, come se la mente che lo accoglieva fosse
infinita, uno spazio lucente e senza confini?
E
perché aveva l’impressione che qualcuno lo stesse disperatamente chiamando?
Aprì
la bocca, per rispondere, ma nessun suono ne venne fuori.
“Ti
prego, ti prego, infrangi il mio silenzio!”
E
mentre formulava quell’invocazione accorata come una preghiera, tremenda come
un grido, si risvegliò all’improvviso, sollevandosi dal letto di Kamui con uno
scatto.
Stringeva
ancora la mano del ragazzo nella sua. Sentì il suo cuore battere forte, e
brividi scendere lungo la sua schiena.
Cos’era
accaduto?
Fu
in quell’attimo che si rese conto della presenza reale dell’altro. Kamui si
mosse, poi aprì gli occhi. Subaru si sentì come intrappolato dal suo sguardo.
Tentò di lasciargli la mano, ma fu Kamui a stringere.
-
Un Drago della Terra, tu?- mormorò il ragazzo, con fatica. – Ma non farmi
ridere…-
Subaru
non rispose. Si sentiva prigioniero di forze contrastanti. Non trovò parole,
rimase a fissare il ragazzo.
-
Sono felice che sia qui.- disse Kamui. – Che anno è?-
-
Il 2001.- rispose Subaru, sollevando il viso e dominando l’immensa voglia di
piangere che lo aveva afferrato. – Hai dormito per due anni.-
-
Anche tu.-
-
Sì, così sembra.- mormorò Subaru, traendo un lungo respiro per calmare il
battito furioso del suo cuore. – Ho dormito anch’io.-
-
Ma ora sei qui.-
Quelle
parole vibranti di fiducia lo investirono come un’onda.
Un
grido improvviso fece trasalire i due.
-
Cosa? Che cosa? Si è svegliato?-
L’infermiera
si precipitò nella stanza, con un’espressione di meraviglia, gioia e terrore
dipinta in viso.
-
Ti sei svegliato…- mormorò, con immensa dolcezza, sfiorando i capelli di Kamui.
– Io ti ho assistito in questi due anni.- spiegò poi, di fronte all’aria un po’
sorpresa del ragazzo. – Mi chiamo Kazuki.-
-
Kazuki?- domandò Subaru.
Beh, forse qualcosa di simile al destino esiste…Solo che
non è ciò che domina il mondo…
-
Grazie, Kazuki-san.- mormorò Kamui.
-
Forse è il caso che chiami un dottore.- balbettò la donna, ancora incredula. –
Senta un po’, lei, perché non mi ha chiamata subito, appena si è svegliato?-
gridò poi, rivolta a Subaru.
-
Io…Insomma, si è svegliato un attimo fa!- ribatté lui. Aveva l’aria di chi non
sa assolutamente cosa fare. Lei gli sorrise.
-
Non importa. Ricordi che Kamui si è svegliato grazie a lei.- disse. – Torno
subito. Temo che quando arriveranno i dottori, lei se ne dovrà andare.-
Subaru
annuì, e lei uscì dalla stanza. Gli occhi dei due giovani tornarono ad
incontrarsi.
-
Tu sai tutto, vero?- domandò Subaru. – Il fatto che avessimo scordato. Cosa ne
è stato di noi.-
-
Vi ho sempre sentiti, mentre dormivo.- rispose Kamui. – Vi ho sempre chiamati.-
-
Hai chiamato forte.- disse Subaru.
-
Volevo svegliarmi, ma desideravo che anche voi vi svegliaste.-
-
Devo andare, ora. Verranno i tuoi dottori.-
-
Tornerai, vero?-
Subaru
sospirò, e sorrise appena.
-
Tornerò. Cercherò gli altri. Dirò loro che sei sveglio.-
-
Grazie.-
Poi
vennero i dottori, e Subaru lasciò l’ospedale, con il cuore così colmo di
sensazioni contrastanti da non rendersi conto di cosa stesse sentendo davvero.
Era
mattina, e il sole invernale, che a volte è così incredibilmente tenace e
splendente, entrava nella camera di Kamui, filtrando dalle imposte chiuse.
Kamui era sveglio, e stava ricordando la visita dei suoi amici del giorno precedente.
Ricordò come li avesse guardati a lungo, in silenzio, come se non sapesse
saziarsi di quella visione.
Sorata,
più maturo nell’espressione, e anche appena un po’ più triste. Yuzuriha, una
bella ragazza con i capelli lunghi. Aoki-san, sempre dolce e gentile, con la
stessa aria ingenua. E in un angolo, Subaru, che gli era sempre stato caro in
modo speciale. Cupo, un intreccio di ombre e ferite. Ma era lì, e questa era la
cosa più importante.
Vederli
gli allargava il cuore.
Kazuki-san
entrò all’improvviso, con il suo buffo modo di fare agitato.
-
Ah, ma guardatelo! Sempre sveglio prima che io vada a chiamarlo!-
-
Buongiorno, Kazuki-san.-
-
Buongiorno. Tu dormi troppo poco.-
-
Due anni non sono sufficienti?-
-
Molto spiritoso, sì. Non sei ancora pronto per stancarti, e tu, dopo infinite
chiacchiere con i tuoi amici, hai anche il coraggio di svegliarti tanto
presto!- Spalancò la finestra, e poi gli sorrise con aria indulgente.
-
Ma ti comprendo. Devi avere una gran voglia di stare con loro. E anche loro. Sembrano
persone in gamba.-
-
Lo sono.-
-
Però nessuno ha voluto dirmi che ti è successo.- sospirò lei, aiutandolo a
sollevarsi un po’ sul letto.-
-
Ero vicino alla Tokyo Tower durante il terremoto del ’99.- rispose il ragazzo.
Kazuki gli lanciò un’occhiata furiosa.
-
Basta con questa storia! Stavi giocando ai pirati con qualcuno, quando è
scoppiato il terremoto? No, perché avevi delle ferite da spada!-
Kamui
fece una risatina.
-
Più o meno.-
-
Che cosa?-
-
Solo che non era un gioco.-
-
Quello l’ho capito anch’io.- Si sedette sul letto, e gli prese una mano tra le
sue. Tracciò con le dita la linea bianca della cicatrice sulla mano del
ragazzo. – Questo non è un gioco, no.-
Kamui
abbassò lo sguardo, facendosi triste.
-
Non vuoi dirmi com’è andata?- insisté lei.
-
Non succederà mai più nulla di simile.- rispose lui.
-
Così mi hanno detto tutti. Mi hanno detto che chi ti ha fatto questo è morto.-
-
Morto…- mormorò Kamui, come trasognato. – In un certo senso.-
-
Come si può essere morti “in un certo senso”?- domandò lei, esasperata.
-
Lascia perdere. E’ morto davvero.-
-
Lo spero. Vorrei essere stata lì mentre moriva.-
-
Non dovresti dire una cosa simile di nessuno.- ribatté con forza il ragazzo.
-
No, forse hai ragione. Ma…- Trattenne il respiro, sfiorando ancora la cicatrice
sulla mano di Kamui. – Immagino cosa tu possa aver provato.- mormorò.
-
E’ passato, no?-
-
Sembri più saggio di me.- disse lei, tornando a sorridere. – Forse hai ragione.
Dovrei aiutarti a superare il passato, non far sì che tu ci pensi ancora! Si
può sapere come mai un ragazzo della tua età riesce a farmi sentire immatura?-
Kamui
alzò le spalle, scosse la testa, sorrise.
-
A volte è come se il tuo mondo venisse sconvolto.- rispose. – Una specie…di
Apocalisse.-
-
Una bella immagine.- commentò lei. Lui sorrise: cosa avrebbe detto, Kazuki, se
le avesse rivelato quanto poco quella era un’immagine?
-
La ragazza coi capelli lunghi era la tua ragazza?- domandò Kazuki. Kamui scosse
la testa.
-
Un’amica. Noi, ecco…Insomma, frequentavamo la stessa scuola.-
-
Non avevi una ragazza?- Si pentì immediatamente di quella domanda, di fronte
all’espressione addolorata del ragazzo. – Ok, scusami, non rispondere.-
-
E’…morta durante…-
-
Scusami.-
-
Non lo sapevi.-
-
Non pensavo fossi amico di un monaco.- riprese lei, per spostare altrove il
discorso, ignorando che ognuna di quelle persone avevano avuto un ruolo nell’
“Apocalisse”.
-
Frequentava ancora le superiori, quando l’ho conosciuto. Ha solo un paio d’anni
più di me.-
-
Beh, tipo curioso. Non per essere scortese, ma mi sembra un po’ svampito.-
-
Tutto il contrario. E’ molto protettivo. E non perde mai la calma.-
-
E il giornalista? Mi ha detto che è sposato, ed ha una figlia.-
-
L’ho conosciuto…A causa di questa storia.-
Kazuki
annuì, si tornava sempre lì. Se avesse potuto, avrebbe preteso la verità, ad
ogni costo. Quasi per un dovere morale. Ma tutti le ripetevano di stare
tranquilla…Che andava bene così…
-
Quel ragazzo dall’aria cupa viene molto spesso qui. Anche mentre dormi. Aspetta
fuori, e se ne va a tarda sera, anche se non ti sei svegliato.-
-
Lui è… Era più in coma di me, in un certo senso.- commentò Kamui.
-
Però ti vuole bene.- aggiunse lei.
-
Non lo so…-
-
Io credo di sì. Per quale motivo sarebbe sempre qui, allora?-
-
Senso di colpa.- mormorò Kamui.
-
Ha dei motivi per sentirsi in colpa nei tuoi confronti?-
-
Beh, sì. Nei miei confronti, nei confronti di tutti gli altri. E di una persona
a cui voleva molto bene, morta da anni.-
-
Perché ha agito così?-
-
Per amore.-
-
Amore? E l’amore l’ha spinto a fare delle cose tanto negative da renderlo così
infelice?-
-
Credo che non tutti gli amori siano sani.- rispose il ragazzo, pensieroso. – Il
suo... Non lo so, non posso giudicarlo. Però l’altra persona era egoista,
questo è certo.-
Kazuki
annuì, un po’ confusa. La storia doveva essere molto più complicata di quel che
pensava.
-
E tu perché gli sei tanto legato?- domandò infine.
-
Perché è sempre stato sincero con me. E mi ha sempre spronato a non arrendermi.
Finché…Finché non si è arreso lui.-
-
E adesso tu vorresti ricambiare ciò che ha fatto per te?-
-
Non so se è possibile. Sembra che i fantasmi siano più forti di una persona
reale.-
Kazuki
annuì.
-
Non ci sono altri, che vorresti rivedere?-
Ecco,
prima o poi qualcuno avrebbe portato alla luce l’argomento…
La
donna vide il ragazzo che abbassava gli occhi, e sprofondava nella tristezza.
-
C’è qualcun altro?- chiese ancora.
-
Già.-
-
Tu pensi che non voglia venire?-
-
Lo so.-
-
Forse non è stato avvisato del tuo risveglio!-
-
Non c’entra.-
Già,
era vero, gli altri erano venuti di corsa prima che lui si svegliasse…
-
Chi è?-
-
Che importanza ha? Non penso lo rivedrò mai più.-
E
la cosa gli sembrava davvero terribile, a giudicare dall’espressione.
-
Mi dispiace. Non c’è nulla che si possa fare?-
-
Penso di no. Spero solo che si dimentichi di tutto e trovi la felicità, in
qualche modo. O sarà stato tutto inutile.-
-
Cosa?-
Kamui
scosse la testa e non aggiunse altro sull’argomento.
-
Kamui…Prima che ti porti giù per la riabilitazione…Senti, te lo chiedo per
l’ultima volta, vuoi dirmi la verità su quello che ti è accaduto?-
-
Ho salvato il mondo combattendo contro il mio nemico.- rispose Kamui,
sorridendo. Kazuki sorrise, un po’ seccata.
-
Non scherzare.-
-
Diciamo che in un certo senso è vero.- disse il ragazzo.
-
La tua Apocalisse, eh?-
Mia
e di tutti. Tacque,
annuì. Kazuki si alzò, sospirando ancora un volta. Portò nella stanza una
carrozzina, vi fece salire sopra il ragazzo, troppo esile, quasi incorporeo.
-
Però, se prima o poi vorrai parlarmene…-
-
Va bene. Grazie, Kazuki-san. Lo sai…Nella mia Apocalisse c’è stata una persona,
che si chiamava come te.-
-
Il destino, eh?-
-
Io non credo al destino. Non più di tanto.-
-
Ah no? Non è affascinante l’idea che tutto sia stato predestinato, che la tua
sorte sia già stata scelta ed intrecciata a molte altre?- scherzò lei.
-
No, Kazuki-san. Perché il futuro non è ancora stato deciso.-
-
Sumeragi-san!-
Subaru
si voltò, e Sorata lo raggiunse.
-
Sei stato da Kamui?-
-
Sì. Era di buon umore.- rispose lui.
-
Oh, ma lo è sempre, quando ci sei tu.- commentò Sorata, sedendosi su una delle
panchine fuori dall’ospedale. Anche Subaru si sedette, e trattenne il desiderio
di una sigaretta. – Sumeragi-san, tu come stai?-
Alzò
le spalle. Non aveva parole, per quella domanda.
-
Io non me la passo benissimo. Ma rivedere voi mi dà forza.- confessò il monaco.
-
Anche me?-
Sorata
lo guardò in viso per un attimo, poi rise.
-
Lo sai che all’inizio non ti sopportavo? Ti avrei preso a schiaffi molto
volentieri. Mi sembravi una creatura inutile, sempre ripiegata su se stessa.
Poi però è cambiato tutto. Forse è colpa del ragazzo. Lui ti adorava, così ho
cercato di capire cosa vedesse di buono in te.-
Subaru
lo guardò con stupore prima, e divertimento poi.
-
E cos’hai capito?-
-
Che nei sentimenti c’è ben poco da capire. Comunque, quando scoprimmo dov’eri
finito, rimasi molto male anch’io, se questo può farti piacere.-
Subaru
rise sommessamente.
-
Non mi sono comportato granché nemmeno con voi.- constatò.
-
Lascia il passato al passato.- ribatté Sorata. – Però sappi una cosa.- Si
fermò, prese fiato, come per sottolineare l’importanza di quel che stava per
dire. – Se stai vicino a Kamui solo per i tuoi sensi di colpa, allora vattene.
Digli addio e sparisci. Perché se proprio deve essere ferito ancora…E’ meglio
che lo ferisca la tua sincerità, piuttosto che le tue menzogne.-
Un
brivido gelido si impossessò del corpo e dell’anima di Subaru. Non rispose a
lungo, fissando un punto lontano e irraggiungibile davanti a sé.
-
Va bene.- mormorò infine.
-
Bene.- disse Sorata, alzandosi. – Vado da lui. Devo comunicargli una cosa
importante. Il dottore dice che tra un mese potrà lasciare l’ospedale. Su, al
monte Koya, mi hanno detto che potrà stare con noi per qualche settimana. Anche
Yuzuriha si è informata, e sembra che per un po’ sarà ospite anche a
Mitsumine.-
-
E poi?-
-
E poi vedremo. E’ minorenne, avrà bisogno di un tutore. Mi assumerò volentieri
il ruolo, se lui vorrà. Sarà lui a decidere cosa vuole fare, comunque.-
-
Devo andare.- disse Subaru, alzandosi.
-
Ricorda le mie parole.-
Perché entrava in quella stanza?
Perché
qui dentro posso ricordare nel modo migliore le due persone che ho amato nella
mia vita. Posso comportarmi così come loro facevano con me. Posso essere loro.
Perché
è l’unico posto in cui trovo un po’ di pace.
Perché
è l’unico posto dove ho la sensazione di essere a casa, almeno vagamente.
Perché…
La
verità è che…
Kamui sorrise, e lui si sentì riempito. Si sedette accanto
a lui, iniziò a parlare. Con naturalezza. Non gli accadeva mai.
In
un’ora che trascorse col ragazzo, non avvertì mai il bisogno di fumare.
Quando fu il momento di andare, prese coraggio, e lo
guardò negli occhi, ponendosi ancora la Domanda.
Perché entri in questa stanza?
-
Kamui. Tu hai capito perché ho…perché io…-
-
Perché hai fatto quel che hai fatto? Sì.-
-
Questo non vuol dire che tu mi abbia perdonato.-
- Sono troppo felice di vederti, per pensare al mio
rancore. Ma perché me lo chiedi?-
-
In qualche modo, tu eri importante per me, allora. Come adesso. Forse non ti
sembrerà vero. Ma è così.-
Vide l’altro che si illuminava di gioia, a quella
confessione inaspettata. Una gioia genuina che forse lui non avrebbe provato
mai più. Una gioia che avrebbe probabilmente invidiato al mondo per il resto di
quell’inutile vita che aveva ancora tra le mani, e che avrebbe vissuto cercando
di raccogliere quel che restava della sua dignità.
In
quel momento, decise di vivere. Accanto alla persona che, in modi misteriosi,
aveva deciso del suo destino più di lui stesso.
Perché
ho ricordato tutto grazie a quella lettera? Grazie alle parole del ragazzo, e
non grazie all’ultimo ricordo di lui, della persona che ha segnato la mia vita
in eterno?
Perché
Kamui era un richiamo alla vita. E per quanto la vita mi sembri priva di
attrattive, io devo vivere. Forse, da qualche parte, dentro, sono io stesso che
voglio vivere, pur non comprendendo il motivo.
Probabilmente
non sarebbe stato felice mai più, ma rendere felice Kamui si sarebbe
rivelato qualcosa che…forse…
-
Non ti ho ancora ringraziato per quella lettera.- riprese, imbarazzato.
-
Solo qualche sciocco pensiero.- rispose Kamui.
-
Non così sciocco. Non per me.-
Perché
se non l’avessi scritta, staremmo ancora dormendo. Tutti.
Kazuki
comparve sulla porta e bussò leggermente.
-
Devo andare.- sospirò Subaru, alzandosi. – Ci vediamo presto.-
-
Ti aspetto.-
Kazuki
entrò, portando il solito scompiglio nella camera.
-
Che gli hai detto, per renderlo così radioso?- domandò, facendo scendere Kamui
dal letto.
-
Io?-
-
E chi altri? Accidenti, sembrava uno che ha ricevuto l’illuminazione!-
-
Stai parlando di Subaru?-
-
Non mi pare ci fossero altre persone, in camera…-
Kamui
rise, alzò le spalle.
-
Io non ho fatto nulla.-
- Lo dici tu! Beh, non che sprizzasse gioia, ma almeno
sembrava una creatura vivente, e non un’ameba, e questo è un passo avanti per
lui…Sono davvero felice!-
Anch’io, pensò il ragazzo, chiudendo gli occhi e
godendosi quella sensazione.
Ragazze, se dopo aver letto questo capitolo e il successivo sarete
ancora qui a leggere ‘sta roba, vi farò un monumento
Ragazze,
se dopo aver letto questo capitolo e il successivo sarete ancora qui a leggere
‘sta roba, vi farò un monumento! E’ che mi sembrano i capitoli più deboli di
tutta la vicenda…ç__ç Uffa! Tra l’altro questo capitolo è un autentico tiro a
segno, muoiono uno dopo l’altro…Non volevo! Perdonatemi! ç__ç
Capitolo
dedicato di cuore a tutte le belle personcine incontrate a Lucca Comics!
Devo
aggiornare “Clamp Work” da una vita, lo so…Mi mancano i due episodi finali,
abbia pazienza chi segue anche quella, che tra poco vedrete la fine!
Vi
amo tutti!!!
yumemi@hotmail.it
VIII
– Desideri che mutano
Non
vuoi tremare per amore,
piangere
perché sei coinvolto,
provare
emozioni, perché sei vivo,
dormire,
perché sei stanco?
(Elisa)
1999
“Non
hai mai pensato che anche tu potresti affezionarti in modo particolare a
qualcuno?”
Eccola
lì, a fissare con gli occhi vuoti lo schermo, che rimandava le immagini di una
lotta, non distante da lei, nelle vie di Tokyo. L’ennesimo scontro in difesa di
una barriera.
“Ho
preso in esame l’idea, concludendo che è altamente improbabile che avvenga.”
Dannata
sicurezza! Eppure se n’era sempre fatta un vanto.
Io
so quello che sono, so quello che voglio. Non ho la debolezza delle idee che
cambiano, la fragilità del dubbio, l’imperfezione dell’incertezza, quella che è
tipica degli esseri umani…
Ma il fatto di preferire delle macchine perfette agli
imperfetti esseri umani non faceva sì che, automaticamente, anche lei fosse
cambiata in una macchina. Per quanto avesse iniziato a ragionare proprio come
una macchina, in profondità lei era una di quelle creature che tanto le
apparivano noiose, e nulla avrebbe mai cancellato questa verità.
Un
grido la distolse da quelle dolorose riflessioni. Il grido della persona che le
aveva fatto scoprire il suo lato umano.
Yuto
e Karen lottavano ormai da molto tempo, entrambi erano allo stremo delle forze,
eppure l’eterna lotta tra l’acqua ed il fuoco, che riviveva nello scontro dei
due, ancora non accennava a terminare. A volte i flussi d’acqua di Yuto
parevano sommergere la donna, a volte erano le fiamme di Karen ad insidiare la
vita del dominatore dell’acqua.
-
Arrenditi!- ansimò lei, dopo che il suo ultimo colpo fu andato a segno. Yuto
era a terra, reclinato su se stesso. – Arrenditi. Ti prego, vattene, o morirai.-
-
Sarai tu a morire.- rispose lui, rialzandosi. Ma l’aveva detto quasi per
dovere. Perché una battaglia come si deve la si porta avanti con i colpi e con
le parole. E poi voleva dimostrare, forse più che altro a se stesso, che aveva
ancora forza…
Aveva
attaccato la barriera dell’Istituto Clamp, insieme a Kusanagi, Subaru e Fuuma.
All’improvviso si era trovato di fronte la signora del fuoco, e non se n’era
stupito più di tanto. In fondo si era sempre aspettato che sarebbe stata lei,
la sua avversaria finale. Acqua e fuoco. Prevedibile.
La
cosa che non aveva previsto, però, era che la forza della donna pareva
aumentata, dall’ultima volta che l’aveva incontrata.
-
E’ perché hai qualcuno da proteggere, e ne sei consapevole, vero?-
-
Che cosa?-
-
Lascia perdere…E combatti!-
Lanciò
l’ennesimo attacco, che risultò debole, e fu prontamente respinto da lei. Yuto
si accasciò a terra di nuovo. Sorrise. Forse avevano ragione loro. Una persona
da proteggere contro la sua fiducia nel destino. Ed era lei, che stava vincendo…
Satsuki
premette un tasto, sullo schermo l’immagine della battaglia si ingrandì.
-
Posso raggiungerli?- domandò.
“Yes”.
-
Puoi collegarti ad uno schermo vicino a loro, e interferire nella lotta?-
“No”.
-
Cosa significa?- gridò lei.
“Memory
not enough”.
-
Cosa? Nemmeno una dannata macchina come te può fare una cosa simile? Non c’è
alcun modo?-
“Energy
requested”.
-
Per farlo hai bisogno di altra energia?-
“Yes”.
Si
fermò, incerta. Energia? Sapeva che quella macchina era speciale, era diversa
da qualsiasi normale computer, ma…
-
Non hai una dannata riserva di energia?-
“Yes”.
-
E allora?-
Non
si era accorta che stava piangendo. Meglio così, avrebbe avuto vergogna di se
stessa.
“No
access”.
-
Non hai l’accesso alla riserva di energia?-
“Need
your permission”.
-
Che significa? Da dove vuoi prendere l’energia?-
“You”.
Karen
sollevò entrambe le mani, e si preparò a colpire l’uomo. Le ripugnava compiere
quel gesto, ma era guerra, lo sapeva, e così dovevano andare le cose. Dopo
avrebbe potuto piangere, gridare, chiedere perdono. Ora c’era solo la lotta, e
lottare era il suo compito.
Il
colpo non partì mai.
Un’ondata
di energia, proveniente da un luogo imprecisato dietro i due combattenti, la
investì in pieno, scaraventandola lontano. Karen gridò, ma anche Yuto gridò. Si
voltò, sgomento, cercando di capire cosa fosse accaduto…Poi vide il grande
schermo che dominava la strada dietro di loro, e vide il volto che vi era
comparso sopra.
-
Satsuki…- mormorò, incredulo. Il Beast aveva attraversato l’etere e l’aveva
raggiunto per…
-
Per salvarmi?-
Il
volto di lei brillò per un attimo sullo schermo, stranamente bello e dolce,
come mai Yuto l’aveva visto. Poi scomparve, una miriade di simboli, per lui
senza senso, presero il suo posto.
-
Satsuki!- gridò lui, con l’irragionevole speranza che lei lo sentisse.
“Task
completed. Energy over”.
Le
parole lampeggiarono sullo schermo a lungo, prima che la macchina, lentamente,
iniziasse a spegnersi. A morire.
Ma non c’era più nessuno che vedesse ciò che stava
avvenendo.
Seiichiro
Aoki aveva combattuto con Kusanagi, finché, all’improvviso, il suo avversario
gli aveva voltato le spalle, scomparendo prima che lui si rendesse ben conto di
ciò che stava facendo l’altro.
-
Ma cos’ha in mente?- ansimò il dominatore del vento, fermandosi un attimo per
riprendere le forze.
Allora
sentì il grido di Karen, e Kusanagi divenne l’ultimo dei suoi pensieri. Corse,
guidato dalla voce di lei, e la raggiunse.
-
Karen!-
Non
lo avrebbe visto piangere per lei, alla fine. Ma di certo ne era consapevole,
ovunque fosse. Ne era assolutamente certo.
Aveva
sempre pensato a lei come a qualcosa di molto bello e prezioso, da proteggere.
In ogni modo, ora stava piangendo per lei, e lei ne era di sicuro felice, dal
luogo in cui lo stava guardando.
Un
luogo bello.
Chi
ha sofferto sarà ricompensato. Lo diceva la religione di Karen, e ci credeva
fermamente il cuore di Seiichiro.
Avrebbe
pianto ancora, se non fosse stato raggiunto da un colpo di Yuto. Lo evitò per
poco, poi scattò in piedi e si dispose alla difesa.
-
E’ morta?- gridò Yuto, riparandosi da un attacco del dominatore del vento.
-
Sì. E’ caduta lottando contro di te?-
-
No. E’ stata Satsuki.-
-
Cosa?-
-
Mi dispiace.- si trovò a dire Yuto, per il suo stesso immenso stupore. – Ma è
guerra. Ed è destino.-
Aoki
non rispose. E’ guerra, purtroppo. Lo sapeva fin troppo bene. Una guerra che
gli impediva addirittura di rendere a Karen il giusto onore, nel momento della
sua morte. Lanciò un altro attacco, e Yuto crollò a terra.
Un’ondata
di panico e terrore, mentre la terra si muoveva. Parte degli edifici
dell’Istituto crollarono. Il Kamui Oscuro sorrise, osservando la perfezione dei
movimenti della rovina.
Poi
si voltò verso Kusanagi, che lo accompagnava.
-
Vai ad occuparti del Sigillo che sta creando la sua barriera qua vicino.-
Kusanagi
annuì, e corse ad incontrare Aoki.
Stavano
lottando, quando un pensiero inaspettato attraversò la mente di Kusanagi. Si
fermò, rischiando di essere colpito dal suo avversario.
“Non
potremo vederci per qualche giorno, perché ho il doposcuola! Sai, un
noiosissimo recupero di scienze…”
Allora
lei era a scuola, in quel momento…
“Oh,
sii realista. Cosa ti importa, se è a scuola? Per quanto ti sia cara, prima o
poi dovrà morire, lo sai. Perché tutti moriranno. E’ per questo che combatti.
Quindi, a che serve che tu ti preoccupi per lei? Forse è arrivato il suo
giorno. Forse piangerai per lei, ma…”
-
Non c’è niente che puoi fare!- gridò a se stesso, rispondendo ad un colpo di
Aoki.
Niente?
E
allora, perché sentiva quell’angoscia straziante dentro di sé, al pensiero che
le succedesse qualcosa?
“Non
oggi. Va bene, morirà, ma non oggi…Non so perché, però, vi prego, non oggi…”
Aoki
si fermò, e lui gli volse le spalle. Senza pensare. Sparì in un attimo,
lasciando l’altro a bocca aperta.
“Va
bene, morirà, alla fine, mi basta che non sia oggi…”
Kusanagi
entrò di corsa nel cortile dell’edificio che più somigliava ad una scuola, a
suo dire. L’Istituto Clamp, in realtà, era una specie di cittadella…Un
autentico labirinto. Si guardò attorno, cercò un’indicazione.
-
Oh, dannazione!-
Sì,
era una scuola, ma elementare. Corse via, angosciato. Aveva il vago
presentimento che in breve il loro capo avrebbe dato il colpo decisivo alla
barriera dell’Istituto. E se lei fosse stata lì…
“Da
quando quella maledetta ragazzina ti è tanto cara?”
Ah,
non ne aveva idea. Non sapeva bene nemmeno come considerarla! Sapeva solo
che…Che non voleva vederla morire. Almeno, non oggi.
“Non
essere idiota. Tu non vuoi proprio vederla morire.”
Sì,
ma questo contrastava con il suo desiderio di salvare la natura dalla sua morte
certa…
“Allora,
dì un po’, cos’è che desideri di più?”
E
come mai quelle parole, nella sua mente, erano state scandite dalla voce
crudele del Kamui Oscuro?
Non
se ne preoccupò affatto. Appena vide una cabina telefonica, vi si gettò dentro,
e compose il numero del telefono di lei. E attese, angosciato.
-
Pronto?-
Sospirò
di immenso sollievo.
-
Yuzuriha?-
-
Kusanagi-san?-
-
Ascoltami, devi andartene da scuola!-
-
Che…-
-
Avete avvertito il terremoto?-
-
Sì, ma ora si è calmato tutto.-
-
Lui distruggerà la barriera dell’Istituto, non potete fare nulla! Fuggi da lì,
ti prego.-
-
Kusanagi…- La voce di lei era rotta. – Tu cosa ne sai delle barriere?-
-
Quanto basta per sapere che sei in pericolo!-
-
Cosa significa?- Sentì che lei era sull’orlo delle lacrime.
-
Perdonami per non averti mai detto la verità.- mormorò. – Ti prego, però,
vattene. Non voglio che…-
Tese
la mano, e la distruzione continuò, lenta e dolce alla sua vista.
Il
suo viso era attraversato da un sorriso lieve, che andava pian piano
allargandosi, mentre tutt’intorno a lui l’Istituto diveniva rovine.
Poi
scoppiò a ridere, perché aveva sentito la presenza dietro le sue spalle.
-
Tu! Aspettavo con molta ansia di rivederti.-
-
Voltati.-
La
voce dell’altro pretendeva di essere forte, ma tremava, e lui lo sentì.
Si
voltò, incontrò gli occhi dell’amico di un tempo.
-
Allora, sei in grado di salvare la barriera?-
-
No.- mormorò Kamui.
-
E dove sono i tuoi Draghi?-
-
Stanno tentando di salvare la gente, almeno.- rispose il ragazzo.
-
Ammirevoli. E tu?-
Kamui
alzò le braccia, come per attaccare Fuuma. L’altro lo precedette, e l’attacco
di Kamui divenne una difesa.
-
Kamui, non hai possibilità di vincere, finché miri soltanto a ferirmi.- ripeté
l’altro, ancora una volta, come se si divertisse a ricordare quella sgradevole
verità al suo avversario. Kamui si limitò ad attaccarlo, un colpo tanto debole
che Fuuma non ebbe difficoltà a parare.
-
Che hai, non rispondi?- insisté.
-
Non voglio sentire le tue parole.- rispose il ragazzo. – Fanno male e basta, e
io finisco per crederci. Tutto quello che tu fai è un’altra arma nei miei
confronti. Ormai ho capito.-
-
E che vuoi fare, allora?- rise Fuuma.
“Se
solo lo sapessi…”
Si
fermò, a quel pensiero. Non aveva la minima idea di cosa fare, ecco la verità.
Perché se né l’amore né il desiderio avrebbero risolto la situazione, beh,
allora non gli rimaneva altro. Forza, non ne aveva, per contrastare Fuuma. Non
ancora. Ma quando l’avrebbe avuta? Forse mai.
-
Non lo sai, cosa fare, vero?- mormorò Fuuma, avvicinandoglisi. – Allora…Perché
non ti intrattieni con il Sakurazukamori, mentre io completo l’opera?-
-
No…- mormorò Kamui, alla vista della figura che gli si avvicinava. Tutto, ma
non quello. Non voleva trovarsi a lottare anche con lui!
Ma
Subaru avanzava, col volto privo di espressione. E quando fu a pochi passi da
Kamui, estrasse i suoi sigilli – sigilli neri, con un simbolo che non
era quello dei Sumeragi – e li scagliò contro il ragazzo.
Intanto
l’altro aveva ripreso la sua opera di distruzione. In un lampo il mondo riprese
a tremare.
Sorata trovò Aoki chino sul corpo di Yuto.
-
Non avevo mai pensato…che avrei dovuto…- balbettò l’uomo, quando il monaco gli
fu vicino.
-
Andiamo, Aoki-san. Dobbiamo tentare di innalzare una barriera, per salvare
almeno le persone. Temo che nessuno di noi abbia la forza per fare di più.-
-
Kusanagi!- urlò la ragazzina, ma dall’altra parte del telefono non c’era più
nessuno, e la terra aveva preso a tremare. Lei ripeté il nome, ancora e ancora,
ma nessuno le rispose. Sentiva le urla della gente, e il rumore del terremoto,
e i tentativi di fuga…
“Devo
fare il mio dovere, devo…”
Innalzò
la sua barriera, mentre le lacrime continuavano a scenderle sul viso.
Quando
tutto crollò, Kusanagi pensò che era stato davvero un pessimo Angelo. Morire in
un terremoto provocato dal suo capo!
“Beh,
almeno alla fine ho capito cos’era che desideravo di più…Anche senza il suo
aiuto”.
Fu
il suo ultimo pensiero.
Così
era crollata la penultima barriera. Kamui si avvicinò lentamente agli altri tre
sigilli, riuniti insieme. Fuuma lo aveva lasciato andare. Non è ancora il
momento, aveva detto. Subaru lo aveva seguito, in silenzio. Li aveva visti
andare via, e non aveva trovato la forza nemmeno di piangere. L’incubo era
divenuto completo, aveva avvolto ogni cosa.
Karen
non c’era. Kamui desiderò poter sparire per sempre da quella terra, da quel
mondo colmo di disperazione. Gli occhi degli altri erano fissi su di lui.
-
Kamui, stai bene?- gridò Yuzuriha. Non l’aveva mai vista così pallida. La sua
voce aveva una nota isterica che faceva paura.
-
Sì. Mi hanno lasciato andare.- rispose, quasi non credendo alle proprie parole.
Avrebbe
voluto chiedere loro come stavano. Cos’era successo a Karen. Ma gli mancarono
le forze, e crollò a terra. Sorata si precipitò a sorreggerlo, e lui si lasciò
sollevare.
-
Molte persone si sono salvate.- gli sussurrò il monaco. – E loro sono stati
tutti sconfitti.-
-
Lo so, l’ultima parola è mia.- balbettò Kamui, rimettendosi in piedi.
L’ultima
parola…Chi l’avrebbe scritta davvero?
Il
luogo che un tempo ospitava i Draghi della Terra era vuoto e gelido. Fuuma si
guardò attorno, e represse un moto di rabbia, stringendo i pugni.
-
Così siamo rimasti in due.- commentò, quando fu di nuovo calmo. – Tre, col
Sognatore.-
-
Ormai non hai più bisogno né di me né di lui.- rispose Subaru, quieto. – Ti
aspetta l’ultima battaglia soltanto.-
-
Già. Ma è sempre meglio scendere in campo con qualche alleato.-
-
Perciò ancora non ci ucciderai.-
-
Ho detto “alleato”…-
Subaru
indietreggiò, cercando di decifrare l’espressione di Fuuma. Era un sorriso? Una
minaccia?
-
Che cosa vuoi dire?-
-
Cos’è, non sei ancora bravo a maneggiare i sigilli dei Sakurazukamori?- gli
chiese l’altro, facendo un passo verso di lui. – Ti ho chiesto di fermare
Kamui, mentre distruggevo la barriera, ma se lui non fosse stato tanto
disperato per il fatto che eri tu a colpirlo, beh, si sarebbe potuto liberare
di te in un attimo.-
-
Non volevo ucciderlo. Lo so che l’ultimo scontro con lui è tuo.- rispose
Subaru, rabbrividendo.
-
Non dire sciocchezze!- gridò l’altro. – Tu non gli hai fatto del male volontariamente!
Perché da qualche parte sei ancora legato a lui. Oppure perché ti sei illuso,
pensando di poter essere libero da ogni legame, e venire da me.- Si fece dolce
di nuovo. – Come sospettavo. Hai ereditato la forza del Sakurazukamori…E le sue
debolezze. Hai perduto la cosa più importante per te, eppure sei legato a
Kamui. Certo non provi per Kamui ciò che il Sakurazukamori provava per te, e
nemmeno succederà mai, ma il legame non l’hai spezzato, e così come lui non era
veramente privo di ogni emozione, non lo sei nemmeno tu! Non puoi essere più né
un Drago del Cielo, né un Drago della Terra.-
-
Cosa stai dicendo?- si ribellò Subaru, incredulo anche lui per le parole
dell’altro.
-
Vattene, ora. Và per la tua strada. Vivi, muori, non mi importa. Tanto tra poco
tutto finirà. Non mi interessa come passi le tue ultime ore.-
Gli
voltò le spalle, e Subaru comprese che era davvero la sua ultima parola
sull’argomento. Si voltò anche lui, ed uscì dall’edificio.
Fuori,
la notte era chiara e di una bellezza malinconica e struggente. Subaru la
maledisse, e maledisse tutto il mondo, per essere ancora così vivo e così
bello, e più di tutto maledisse se stesso, il suo cuore, che si faceva leggere
da tutti tranne che da lui, la sua forza di volontà, così testarda e fragile
allo stesso tempo.
Prese
a vagare per la città, vuoto di pensieri e sentimenti.
Tanto tra poco finirà tutto…
E
allora perché aveva, in qualche modo, protetto Kamui?
Creatura
senza desideri, riprese a vagare nella notte stellata.
Fuuma
entrò nel sogno con tanta violenza da cambiare in un attimo l’aura bianca in un
mondo cupo e freddo. Kakyou sentì che non avrebbe potuto mentirgli ancora.
-
Non ho bisogno di chiederti che cos’hai visto, vero?- ringhiò il Kamui Oscuro,
afferrando l’altro per un braccio.
-
Due futuri, per tutti.- rispose Kakyou, imponendosi di stare tranquillo.
-
Due futuri! E’ una follia…-
-
E’ la verità.-
-
Bene. E allora, dimmi…-
Kakyou
chiuse gli occhi, temendo la domanda successiva.
-
Cos’hai visto per me?-
Ho
visto Kamui con un desiderio.
Ho
visto la sua spada chiamare la tua.
Ho
visto il Kamui Oscuro che realizza il desiderio della sua Stella Gemella.
Ho
visto il mondo che si oscura, il mondo che crolla, il mondo che muore e
rinasce, sterile bellezza e gelido splendore.
Ho
visto Kamui con un desiderio.
Ho
visto la sua spada chiamare la tua.
Ho
visto il Kamui Oscuro che realizza il desiderio della sua Stella Gemella.
Hi
visto gli occhi del Kamui Oscuro cambiare espressione, il mondo che geme e poi
grida di gioia per la liberazione, l’anima della terra che sussulta per il
sollievo, per il misterioso nuovo giorno che è sorto.
-
Se realizzi il suo desiderio, puoi sconfiggerlo.- rispose.
L’indomani Kazuki corse nella sua stanza, spalancò la porta, e lo trovò
sveglio, naturalmente
Secondo
voi, quanti anni ha Kakyou? Io gli ho attribuito un’età, in questo capitolo, ma
non so cosa ne pensate voi…
Anche
questo capitolo mi convince il giusto…bah…
Il
prossimo svelerà finalmente la mia versione del desiderio di Kamui. Intanto
questo è dedicato a Jucchan, perché il finale dovrebbe piacerle. E rassicurarla
sul fatto che io non tradirò mai il suo fandom del cuore inseguendo altre
discutibili scelte!XDDD
Grazie
per i commenti e la lettura!
yumemi@hotmail.it
IX
– Trying to Find a Home
E
adesso vedi tutto,
ora
che hai realizzato
E
adesso vedi tutto,
e
vorresti gridare
come
vedi tutto, adesso…
(Rem)
Novembre 2001
L’indomani
Kazuki corse nella sua stanza, spalancò la porta, e lo trovò sveglio,
naturalmente.
-
Hai una visita un po’ strana. Un ragazzo in carrozzina. Un tipo dall’aria
eterea. E’ qui con un’infermiera a domicilio.-
Kamui
annuì.
-
So chi è. Fallo entrare.-
-
Così avevi ragione, Kamui. Non ci saremmo incontrati mai più in un sogno.-
Kamui
studiò a lungo l’immagine di Kakyou, seduto di fronte a lui. Si erano fatti
lasciare soli. Meglio non insospettire le loro zelanti custodi con frasi
inquietanti.
-
Adesso stai bene, Kakyou-san?-
-
Sto bene. In questi due anni ho riacquistato un po’ di forza e salute. Ma così
come mi vedi ora…Temo sarà il meglio a cui potrò aspirare.-
Parlarono
a lungo, a bassa voce, sempre con un certo buffo stupore, nelle parole e nelle
espressioni. E’ strano incontrare qualcuno che hai sempre visto in sogno.
Fuori
dalla porta della stanza di Kamui, c’erano due persone intente a consolarsi a
vicenda.
-
Tu non hai idea di cosa significhi assistere quell’uomo! Quando fa riferimento
ai terremoti del ’99 mi sento male. E’ davvero inquietante!- piagnucolava
Tsubaki, fumando la quarta sigaretta in un’ora. – Non so cosa darei per
trovarmi un altro lavoro!-
-
Non mi stupisco di nulla. Era amico di Kamui.- commentò Kazuki. – Tutto intorno
a quel ragazzo è un mistero! So che è un’informazione riservata, ma…Ecco, ha
delle cicatrici inspiegabili, e lui insiste nel dire che “adesso è tutto
finito”. Ma io non mi sento tranquilla.-
-
Capisco. Vorrei sapere cosa c’è dietro a tutta questa faccenda!-
-
Non credo che lo sapremo mai.- sospirò Kazuki. – E i suoi amici! Sono uno più
strano dell’altro.-
-
Oh, beh, lo sai che c’è uno strano tizio che viene a trovare Kakyou-san,
adesso? Cielo, sembra così adulto…Non solo per il suo fisico, ma soprattutto
per l’aria distrutta che ha negli occhi. Kakyou-san mi ha detto che ha solo
vent’anni. Vent’anni! Mi fa paura. E adesso Kakyou-san se ne viene fuori che
vuole andare in viaggio con lui!-
-
Almeno ti affideranno un paziente meno inquietante…-
-
Sì, ma…Ho paura. Per lui. Non mi fido del suo nuovo amico.-
-
Forse non è un “nuovo amico”. Magari si conoscono fin dall’inizio di…questa
storia!-
-
Ecco, appunto. Un altro motivo per non fidarsi.-
-
Quanti anni ha Kakyou-san?-
-
Circa ventotto.-
-
Allora direi che ha l’età per decidere da solo della sua vita, no? Se lui si
fida di questo ragazzo, fidati anche tu. In fondo, anche se tutta la faccenda
mi spaventa, sto iniziando a fidarmi di Kamui, di quello che mi dice. Lo trovo
molto maturo. Qualunque cosa abbia vissuto, di certo ha imparato molto. Forse
anche Kakyou-san ha tratto insegnamenti e forza da ciò che ha passato.-
Tsubaki
annuì lentamente, imprimendo dentro di sé quelle parole. Forse era vero.
-
Ci proverò.- promise. – Forse è la cosa migliore.-
-
Sì. Vieni, è il momento che il tuo assistito torni a casa. Kamui deve
riposare.-
Quando
Tsubaki e Kazuki entrarono, i due giovani smisero di parlare.
-
Mi dispiace, ma l’ora è finita.- disse Kazuki. – Non è il caso che Kamui si
stanchi.-
-
Va bene.- rispose Kakyou. Poi si voltò ancora verso il ragazzo. – Ricorda quel
che ti ho detto. La tua attesa finirà presto. In un modo o nell’altro.
Fidati…di me e di lui.-
Kamui
annuì. Sembrava pensieroso. Kazuki si domandò che cosa mai il visitatore avesse
potuto dire al ragazzo per colpirlo così, ma rinunciò a porsi altre domande.
Ormai aveva capito che non c’era nulla da fare, col suo paziente preferito.
Due
giorni dopo, in tarda serata, Kazuki entrò nella sua camera con una lettera in
mano. Kamui, che si stava già preparando a dormire, si sollevò sul letto di
scatto, come colto da un presentimento.
-
E’ per te.- disse lei, porgendogliela. – Un ragazzo che non avevo mai visto è
venuto a portarla.-
-
Quando?- gridò Kamui.
-
Calmati. Un minuto fa. Sono venuta subito.-
-
E lui dov’è?-
-
Giù. Ha detto che aspetterà una risposta, ma non salirà.-
Kamui
afferrò la lettera, e la aprì. C’era una foga nei suoi movimenti che Kazuki non
aveva mai visto.
-
Vuoi che me ne vada?- gli chiese.
-
Resta.- disse lui, appena conscio di averle risposto. Stava leggendo, e quel
che leggeva doveva essere qualcosa che… Qualcosa che aveva atteso a lungo.
Forse
un segnale da quella persona che Kamui più di tutti desiderava incontrare? La
giovane donna lo sperò, con tutta se stessa, e ripeté la sua preghiera
silenziosa, mentre osservava le mani del ragazzo che stringevano il foglio,
leggermente tremanti, il suo viso, serio e teso, un curioso incontro di ingenuità
e maturità, durezza e infinita dolcezza. Pregò perché le sue prove fossero
finite, e al più presto. Pregò perché in qualche modo il suo desiderio venisse
realizzato.
E
Kamui, ignaro dei pensieri di Kazuki, continuava a leggere e rileggere quelle righe
scritte in fretta…
Senza mai cambiare espressione, con occhi colmi di
determinazione e attenzione febbrile in ogni suo gesto, il ragazzo prese un
foglio dal blocchetto sul suo comodino ed una penna, e scrisse in fretta alcune
parole.
Poi
lo porse a Kazuki.
-
Glielo puoi portare?-
-
Naturalmente poi non mi dirai cosa ti ha scritto né cosa gli hai risposto.-
commentò lei, guardando con sospetto il bigliettino. Continuava ad avere
l’impressione che ci fosse qualcosa che non andava, in tutta quella faccenda.
-
Beh…- mormorò Kamui, imbarazzato.
-
Ah, lascia perdere.- Kazuki sorrise di nuovo. – Vado!-
Lasciò la stanza mormorando qualcosa sui ragazzi che
esaurivano la sua pazienza, ma in fondo era contenta.
Non
dovevo nemmeno venire. Perché tanto, anche se mi perdonasse, io sono cambiato,
e non avrò mai più il coraggio di avvicinarmi…
Come
si possono cancellare certe cose?
Non
dovevo scrivere quel messaggio.
Dovevo
solo sparire.
Nell’atrio
c’era il giovane che aveva portato il messaggio, seduto in un angolo, intento a
tormentarsi le mani, intrecciandole tra sé e stringendole con forza. Kazuki
scosse la testa, sempre più perplessa. Gli si fece vicina, si sedette.
-
Sembrava che stesse aspettando un segno di vita da te da un’eternità.- disse,
sorridendo. – E ti ha risposto.-
Gli
tese il foglietto ripiegato. Lui accennò ad un sorriso, e piegò il capo come
per ringraziare. Prese il foglio, e non lo guardò nemmeno.
-
Ehi, non avere paura. E’ in gamba, penso che ti perdonerà.-
-
Cosa…- balbettò lui, impallidendo.
-
Non mi ha detto nulla, non temere. Cioè, delle cose che mi ha detto, non ho
capito un emerito accidente. Ma penso di intuire qualcosa. Fidati di lui.-
Annuì,
non disse una parola. Si alzò, poi le rivolse un sorriso triste, appena
accennato, come per ringraziarla, e corse via.
Fuori,
si fermò nel parcheggio dell’ospedale, ed aprì il messaggio, senza avere il
coraggio di leggerlo.
Infine
abbassò gli occhi, e incontrò poche parole sulla carta.
Ti
aspetto. Torna presto. Buon viaggio.
-
Farò del mio meglio.-
Kazuki
corse nella stanza di Kamui, per annunciargli l’avvenuta consegna.
-
Kamui…-
Le
rivolse un sorriso tanto bello da farle male.
-
Sei felice, vero?- bisbigliò lei, avvolta dalla magia che sembrava irradiare il
ragazzo e tutto ciò che lo riguardava. Una magia triste, intrisa di sofferenza
e oscurità, eppure, allo stesso tempo, colma di forza e bellezza.
-
Sì.-
-
Era la persona che aspettavi?-
-
Sì.-
Lei
sorrise, un po’ imbarazzata. Aveva sempre l’impressione di percepire gli stati
d’animo di Kamui, ma di essere un’estranea, una persona che non sarebbe dovuta
essere lì, e che invece si trovava a rubare attimi della gioia e del dolore che
il ragazzo provava.
Improvvisamente
iniziò a capire.
-
Quel ragazzo…Insomma…E’ lui che…-
-
Non farmi domande. Non capiresti le risposte.-
-
E’ per questo che mi dicesti che era morto “in un certo senso”, vero? Lui ti ha
fatto del male, ma poi ti ha chiesto perdono. E’ così?-
-
Se ti dico di sì, cosa cambierà per te?-
-
Oh, Kamui, ma…Non è giusto!- gemette lei. – Nei tuoi confronti!-
-
Ti fidi di me? Pensi che io sappia quel che faccio?-
-
Sì. Mi fido.- rispose lei, lasciandosi scivolare a sedere sul letto.
L’intuizione sembrava averle tolto tutte le forze.
-
Non avere paura, allora. Va bene così. Forse un giorno ti racconterò tutto, e
tu mi crederai. Allora capirai che avevo ragione.-
Kazuki
non rispose, continuava a fissare le mani del ragazzo, posate sulla coperta.
-
Chissà.- mormorò. Una lacrima le scese lungo il viso. Kamui l’asciugò, poi le
prese una mano tra le sue. Kazuki tornò a fissare le cicatrici su di esse.
-
Kazuki-san, ci sono cose che non si comprendono subito.- le disse.
Lei
ricambiò la stretta delle sue mani, e si sforzò di sorridere.
-
Hai ragione. Ti prometto che non ti chiederò mai più nulla. Sarai tu a dirmi
qualcosa, se vorrai. Mi fido di te. E soprattutto, vedo che sei felice. Lotta
per esserlo sempre, va bene?-
-
Va bene, te lo prometto.-
-
Kamui, tra una settimana te ne andrai. Posso venire a trovarti, qualche volta?-
-
Certo. Ti farò sapere tutti i miei spostamenti. Soprattutto, ti inviterò appena
avrò trovato una vera e propria casa.-
La
mattina in cui lasciò l’ospedale, erano venuti tutti a prenderlo. Camminava già
da solo, sebbene con lentezza e fatica. Tutti assicurarono cure e protezione, e
i medici parvero soddisfatti. Kazuki fu allegra come al solito, ma pianse,
quando l’auto del giornalista ebbe portato via il ragazzo.
La
stanza al monte Koya era piuttosto spoglia, ma Sorata aveva fatto del suo
meglio per renderla più vivace, e Kamui rise di fronte alle trovate del
ragazzo.
-
Ti ringrazio per i libri e la TV. Ma…a cosa pensi che servirà un forno a
microonde?-
-
Beh, se volessi fare colazione in camera…Cioè, a dire la verità, è che quello
scaffale era parecchio spoglio, e non sono riuscito a trovare un soprammobile
migliore…Insomma, non è brutto, no?-
Yuzuriha
nascose il viso tra le mani, esasperata.
-
Io gliel’avevo detto…-
-
Tu volevi attaccare alla parete uno specchio decorato con perline rosa…-
-
Avrebbe dato un po’ di colore alla stanza!-
Le
risate di Kamui bastarono a chiudere la contesa tra i due.
-
Faremo un po’ a turno a portarti in ospedale per la fisioterapia e i
controlli.- spiegò Yuzuriha. – E poi vogliamo ricominciare a vivere…come si
deve. Non sei d’accordo?-
-
Assolutamente.- rispose lui.
-
Tu chiama, e avrai ciò che vuoi.- disse Aoki-san.
-
Vi ringrazio davvero.-
-
Adesso andiamo. Vorrà riposare.- li richiamò Sorata.
Uscirono
tutti, tranne Subaru.
-
Ehm, Sumeragi-san?- lo chiamò Sorata, fermo sulla soglia.
-
Un attimo. Lasciami qui. Fra un minuto me ne vado.-
Il
monaco se ne andò, socchiudendo la porta. Subaru si voltò verso Kamui, che lo
guardava con aria incuriosita.
-
Senti, Kamui…Volevo chiederti una cosa. Libero di dire no.-
-
Che c’è?-
-
Ecco…Qui a Tokyo, ho ancora la mia vecchia casa. In realtà era una doppia casa.
Il mio appartamento comunicava con quello di Hokuto. Se quando avrai finito il
giro dei monasteri di Tokyo non avrai trovato una sistemazione
migliore…Insomma, lì potresti avere la tua autonomia, e…-
-
Mi stai chiedendo di venire a stare con te?-
-
Non proprio con me. Saresti più libero. Ma solo se…-
-
Tu…tu vuoi che io venga?-
Subaru
non riusciva a decifrare la meraviglia che brillava negli occhi spalancati
dell’altro.
-
Solo se…solo se vuoi tu.- balbettò, imbarazzato. Ma Kamui sorrise.
Sorrise
anche lui.
Forse,
così riusciremo a fare di quel posto un po’ di più una casa. Per tutti e due.
Quella
notte si svegliò di soprassalto, ricordandosi all’improvviso che…
-
L’Albero…- mormorò, sollevandosi. Un’ondata di orrore lo invase. Lui era sempre
e comunque il Sakurazukamori. Lui doveva prendersi cura dell’Albero.
O
meglio, avrebbe dovuto farlo, negli ultimi due anni.
Se
solo lo avesse ricordato.
Gettò
via le coperte, e si vestì più velocemente possibile, poi corse per la città,
fino a raggiungere il parco, dove era iniziato tutto, nella sua vita.
L’albero
era là, maestoso come sempre. Eppure sembrava quasi sofferente, come se fosse
malato. In attesa del suo terribile nutrimento, da troppo tempo.
Il
suo passato che chiamava, che sorrideva beffardo, come per dirgli che non se ne
sarebbe mai liberato…
Cosa dovrei fare? Il Sakurazukamori?
Desiderava dire di sì.
Desiderava rifuggire quel destino.
E
due desideri opposti si cancellano a vicenda.
-
Ma non ho scelta, no…Non l’ho mai avuta…-
Allungò
la mano, fino a sfiorare il tronco, per un attimo soltanto, prima di ritrarla
quasi con timore, soggezione.
Sicuro? Non hai scelta? Se volessi…
E
a quel pensiero tutto gli sembrò oscuro e malato, e l’albero nient’altro che
un’ombra famelica, tornata dalla notte del passato per distruggerlo e portarlo
via con sé.
Ma questo è tutto quel che ho!
Chi
gli suggeriva quelle parole in qualche modo affascinanti, nella notte immensa?
Forse l’anima della persona che con un sorriso e una promessa persa nel vento
aveva racchiuso tutta la sua vita tra le proprie mani di delicato assassino e
spensierato servo dell’oscurità?
Ma
no…non voglio nemmeno pensarlo, che sia tu, a parlare.
Ma tu hai desiderato che io fossi il suo successore!
Sì, ma ora chissà dove sei…tu sei fuori dalla prigione dei desideri!
Io invece…
Tra
due desideri opposti.
Dimenticare
per andare avanti o ricordare in eterno.
Un
ricordo gli attraversò la mente per un istante, qualcosa di inafferrabile,
leggero, luminoso come il suo cuore quando era un ragazzino, un’immagine così
dolce e normale da sembrargli follia…
Aspettavo
te per dirti le cose importanti.
Che
cosa stupida da ricordare, adesso…Ma forse è stupido semplicemente ricordare,
ora. O forse è l’unica cosa che mi rimane.
Non
mi libererò mai da tutto questo.
Vorrei
che non fossi mai esistito.
Vorrei
che fossi qui.
Dimenticare
per andare avanti o ricordare in eterno.
Un
passo verso l’albero, subito dopo un passo indietro. Terrore e desiderio.
Chi sono io?
Non
lo saprai mai.
Cosa voglio?
Non
saprai mai neanche questo.
Perché
vorrò sempre due cose: essere qui e fuggire. Lo so.
Si
accoccolò per terra, creatura ferita, nascose il viso tra le mani, cercò di
calmare il tremito che lo aveva colto, e il rumore assordante del suo cuore che
batteva, unico suono assoluto in quella notte vuota di tutto.
Cercò
a lungo, inutilmente, l’assenza di suoni e di pensieri, pregando di non dover
provare sentimenti mai più.
Al
mattino si svegliò, l’alba che sfiorava dolcemente il suo viso.
Lentamente
si alzò, e dopo aver offerto in sacrificio all’albero ancora uno sguardo
struggente e devastato, abbandonò quel luogo.
Si
sentiva così vuoto…
Però, se una cosa è vuota, vuol dire che c’è tanto spazio per riempirla di
nuovo…
Cacciò
il pensiero, quasi fosse stato qualcosa di cui vergognarsi. E poi tornò ad
attaccarvisi, perché provava una tristezza tanto profonda da non poterla
sopportare più.
Tornò
a casa, promettendosi di non tornare lì mai più, e conscio che quella era una
promessa che non avrebbe mai rispettato.
Ecco, senza Leryu-chan questo capitolo sarebbe stato tutta un’altra
cosa, e, credo, molto peggiore di com’è adesso
Ecco,
senza Leryu-chan questo capitolo sarebbe stato tutta un’altra cosa, e, credo,
molto peggiore di com’è adesso. Perché? Perché mi ha fatta riflettere su una
cosa: il desiderio di Kamui non è così scontato come si potrebbe pensare
(“voglio salvare la Terra e riportare indietro Fuuma”). Sennò, perché Mister
Desiderio continua a ripetergli “devi capire qual è il tuo vero desiderio”?
Dunque, meditando su questa cosa, ho cercato di partorire
qualche idea che fosse originale, per questo finale…
Il
dialogo iniziale tra Kamui e Karen è stato un altro parto alquanto
faticoso…Volevo trovare delle motivazioni che spingessero Kamui in una certa
direzione. E poi…volevo anche mettermi nei panni di Kamui, cercare di ragionare
e scegliere come avrebbe fatto lui. Alla fine temo di aver trasferito su di lui
alcune delle mie categorie… L’ho fatto parlare con Karen perché 1. adoro Karen,
2. ho immaginato questo dialogo un po’ come una continuazione di quello scambio
che i due hanno alla fine del volumetto 18.
…scusate
lo sproloquio iniziale, e buona lettura!
Dedicato
a Leryu, Shu e Jucchan!
X
– Negai (Desiderio)
Shounen
you
shinwa
ni nare!
Ragazzo,
diventa la leggenda!
(“Evangelion”
opening theme)
1999
-
Karen-san, ma in fondo, ha un senso che la salvezza della Terra sia affidata ai
desideri degli esseri umani?-
-
Kamui…Mi sbaglierò, ma credo di sì.-
-
E perché? Che senso può avere? Siamo così piccoli e meschini, come possiamo
avere sulle spalle un destino simile?-
-
Vedi… Dio diede all’uomo la libertà di scegliere, sempre. Dunque, dette
all’uomo il potere sulla Terra.-
-
E Dio non si preoccupa della follia dell’uomo?-
-
No, perché Lui non lascia mai gli uomini da soli.-
-
In che modo?-
-
In molti modi. Con l’amore, ad esempio. Anche l’amore delle persone che abbiamo
accanto è un segno della presenza divina, per me.-
-
E questo…Tu credi che cambi le cose?
-
Te ne rendi conto anche tu, vero? Quanto l’amore guidi le nostre scelte.-
-
Sì, ma…Io credo che anche alcuni dei Draghi della Terra provino amore.
Allora…Chi ha davvero ragione? Se fossimo noi dalla parte sbagliata?-
-
Vedi, io sono sicura che l’amore riscatti molte cose, ma non giustifichi tutto.
L’amore vero, quello che indica la strada da seguire, è un amore libero e
liberante. Se ami qualcuno, vuoi renderlo felice e vuoi vederlo libero, no?-
-
Sì, è così.-
-
Dunque, loro amano, e ciò fa sì che essi non siano persone malvagie o
completamente macchiate dall’oscurità. Però se amassero fino in fondo, non
vorrebbero la distruzione del mondo. Invece, penserebbero come te e me, che il
mondo va preservato, per la felicità e la libertà di quelli che amiamo.-
-
A volte mi domando se esistono il bene ed il male.-
-
Io credo di sì, anche se un uomo non è mai completamente buono o completamente
cattivo.-
-
Cos’è il bene?-
-
E’ quell’amore di cui parlavamo adesso. Perché se agisci secondo quell’amore,
tutto ciò che farai sarà buono. Mi comprendi?-
-
Sì.-
Ricordò il dialogo avuto con Karen, prima di quella
battaglia che aveva portato via anche quella donna forte e dolce. Ricordò ogni
parola, la sentì bruciare dentro di sé. Doveva essere così per forza, o niente
avrebbe avuto un senso…
Sì, ma…
Se
le cose stavano così, poteva aver trovato una motivazione alle sue scelte, ma
non una soluzione. Aver capito il suo animo non avrebbe salvato Fuuma né la
Terra.
E adesso?
Adesso…
Chiuse
gli occhi, sospirando. Era disteso sul letto, e la finestra era spalancata.
Entrava un vento freddo e raggelante, e i brividi lo attraversavano, ma non gli
importava. Voleva sparire, voleva far tacere mente e cuore, che pulsavano di
dubbi e domande troppo dolorosi e senza risposta.
“Ti
prego…”
Invocò
qualcosa o qualcuno, lottando con le lacrime e con la disperazione che lo
opprimeva.
“Voglio
dormire, solo un po’…”
E
all’improvviso, cullato dal freddo e dalla notte dentro di lui, scivolò nel
sonno.
-
Drago del Cielo, sei tornato da me.-
Si
sollevò in piedi, e riconobbe il mondo etereo e pieno d’ombra che lo
circondava. Poi vide la figura di fronte a lui.
-
Sognatore…- mormorò. – Così nemmeno nel sonno trovo pace?-
-
Ormai nessuno di noi ha più diritto alla pace, fino alla fine della battaglia.-
-
Oh, e quando, quando arriverà questa fine?- gemette il ragazzo, lasciandosi
scivolare in ginocchio, e nascondendo il viso tra le mani.
-
Quando tu comprenderai il tuo vero desiderio.- rispose il Sognatore, con voce
tremante.
-
Non lo so, qual è!- gridò Kamui. – Non lo so, forse non sono nemmeno in grado
di capirlo! Io so solo che…voglio che lui sia felice! Ecco, è l’unica cosa che
mi guida, adesso!-
E
allora il mondo del sogno divenne di mille colori, un turbinio di luci infinite
e tremule, piccole fiamme e vortici di nebbia.
Le mie parole avevano un suono diverso, questa volta…
La
figura del Sognatore diveniva via via più eterea e distante, così come la sua
voce era ridotta ad un’eco lontana.
-
Così hai deciso.-
-
Cosa?-
-
Hai capito qual è il tuo desiderio, e hai deciso un futuro per questa Terra…E
le mie parole passate sono confermate. Non lo sconfiggerai, a meno che tu non
rinunci al tuo desiderio…-
-
Io…-
Io
voglio che lui sia felice.
Kamui
si risvegliò, gridando. Nel sogno aveva pianto. Adesso sapeva cosa desiderava?
Adesso sapeva cosa desiderava.
Un
fulmine squarciò il cielo. Al cuore di Kamui mancò un battito, mentre tutto il
suo spirito ed il suo corpo venivano richiamati con forza verso un luogo.
-
Non adesso!- gemette, guardando fuori dalla finestra, lontano, come se i suoi
occhi potessero scorgere davvero colui che lo stava chiamando.
Perché
Fuuma esigeva il confronto, e Kamui doveva andare. Come gli era stato predetto:
prendere la Spada, raggiungere Fuuma, andare incontro a lui e permettergli di
esaudire il desiderio.
Kamui
si alzò, e si diresse verso il luogo dove era conservata la spada.
E
la Terra alzò un grido al Cielo, perché adesso la fine della battaglia era
vicina, e ogni stella, ogni fiore, ogni alito di vento, ogni goccia d’acqua,
ogni profondità dei cuori sentivano questo evento misterioso che si doveva
compiere.
Le
tenebre si oscuravano, la luce pareva morire nella loro morsa. La notte era
infinita, il giorno era sorto buio e privo di ogni chiarore.
L’ultima
barriera tremava.
Sulla
Tokyo Tower Kamui, il Drago del Cielo, colui che aveva deciso di svolgere il
compito di Dio e proteggere la Terra, perché ancora credeva nell’uomo, con la
spada alzata contro le tenebre, chiamava il Kamui Oscuro.
E
il Kamui Oscuro venne, luce nera e ombra immensa, portatore di un desiderio
segreto della Terra. L’uomo aveva infranto le promesse con la Terra, e lui lo
avrebbe distrutto per questo. Nessuna salvezza e nessuna fiducia.
Il
Kamui Oscuro giunse, e incrociò la sua lama con quella dell’altro Kamui.
-
Hai capito qual è il tuo desiderio?-
Le
lame produssero un fragore che riempì ogni cosa. E nello stesso tempo la terra
tremò e la città fu scossa da un’onda di energia distruttiva. La torre stessa
tremò, l’aria si riempì di polvere.
-
Sì.-
Un
nuovo incrocio di metallo e forza. Il Kamui Oscuro sembrava colmo di gioia ogni
volta che attaccava, e la sua forza era palpabile, era concreta, era ondate di
energia contro il suo fragile avversario, che respingeva i colpi a stento e
pareva impiegare tutta la sua forza per non crollare, per non abbandonare lo
scontro, con l’anima devastata e sconfitta.
-
Allora lascia che lo esaudisca…-
-
Perché il Sognatore ha detto che se lo esaudirai, vincerai?-
-
Dimmi cosa desideri…-
-
Io desidero solo che tu sia felice!-
Un
sorriso di trionfo comparve sul volto dell’altro.
-
Non comprendi? La mia felicità è quella di compiere il destino e distruggere
gli uomini! Per farmi felice, dovresti lasciarmi portare a termine la
distruzione!-
Una
risata senza gioia, crudele e oscura, si levò dalla torre cadente e ombreggiò
l’universo.
Kamui
rimase immobile, incapace di reagire a quelle parole, e la Spada del Kamui
Oscuro lo ferì.
-
Io…- mormorò il ragazzo, tra le lacrime. – Non è possibile…Davvero ho
desiderato questo, per tutto il tempo? Davvero era tutto inutile?-
-
Sì.-
La
sicurezza del Kamui Oscuro lo ferì più della sua spada.
-
E’…così?- ripeté, incredulo.
-
Sì. Anzi, è ancora più crudele, per te. Perché la mia felicità è anche che il
mio desiderio sia esaudito. E sai qual è? Ma è l’opposto di ciò che speravi tu,
una volta. Io voglio portare te dalla mia parte. O dalla mia parte,
rinnovatore della terra insieme a me, o la tua morte. Ecco ciò che sognavo.- Un
passo più vicino a Kamui, il sorriso che era una maschera di crudeltà e gelo. –
Comprendi ora perché dicevo che solo tu potevi esaudire il mio desiderio,
Kamui?-
Sì,
comprendeva.
-
Ma perché?- mormorò, sempre più incredulo e disperato, mentre la sua mente si
sentiva vicina alla follia. – Cosa ti importa di me?- e la sua voce si era
fatta un sussurro appena percettibile.
-
In un certo modo, sei importante, per me.- rispose l’altro, ma l’espressione
del suo viso non comunicava ciò che le parole avevano detto. O forse sì, in
qualche maniera oscura. Kamui non si sentì rassicurato da quelle parole.
Servirono solo a precipitarlo ancora di più nell’angoscia.
Non
reagì quando l’altro lo ferì di nuovo, non si mosse dinanzi alla vicinanza
minacciosa della persona che una volta conosceva, non disse niente per
contrastare la sua risata.
Solo
il suo cuore ancora si muoveva, da qualche parte, e sembrava volerlo svegliare…
Amore, libertà, felicità…
Le
cose belle che poteva desiderare un uomo.
Possibile che tutto portasse a quell’unica soluzione?
Spostò
gli occhi, e vide la città, le luci, le vie…
Immaginò
gli altri, che lo aspettavano.
Ricordò
volti e parole.
E
una luce balenò nella sua mente sconvolta e fragile.
-
Io…Io non voglio che il Kamui Oscuro sia felice. Lui è solo un’illusione…-
mormorò, avvicinandosi di un passo al suo avversario. – Io voglio che Fuuma
Monou sia felice. La persona a cui va il mio affetto e la mia fedeltà è
lui. Sai, io…Io avevo pensato di diventare il Drago della Terra, per farmi sconfiggere
da te, perché saresti divenuto allora il Drago del Cielo.Poteva avere un senso. Ma ho capito che non
è nemmeno questa la via.-
Il Kamui Oscuro lo guardava improvvisamente con
diffidenza, quasi con odio. Lo colpì di nuovo, le gocce di sangue sembrarono
volare ovunque. Kamui non si mosse. Invece allargò le braccia, e iniziò a
creare una barriera.
Lentamente,
fragile ma bellissima, la barriera, un vortice di luce, avvolse la Torre e il
mondo.
-
Io voglio che sia felice, sì.- riprese, tra le lacrime, ma sorridendo. – Ma
qual è l’unica felicità per gli uomini? E’ vivere con i propri cari.
E
l’unico che sia rimasto a Fuuma Monou sono io.
Se
io cambiassi, lui sarebbe solo. Se diventassi il Drago della Terra, anche se
per amore, avrei fallito. Mi sarei snaturato, e avrei reso me e lui infelici e
prigionieri. Ma l’amore non è questo.
L’amore
è libertà.
Io
devo restare me stesso, anche per lui. E io sono così. Io amo la Terra, perché
ci sono persone che ho a cuore, e perché credo nelle persone. E perché c’è
Fuuma.
Fuuma,
di cui io voglio la felicità.
L’unico
modo perché Fuuma Monou sia felice, è vivere con me, su questa Terra. Per
questo non posso permettere che nessuno dei tre muoia. Io voglio salvare la
Terra, Fuuma e me stesso, per lui.
Tutto
questo, perché desidero che lui sia felice.
Questo
è il mio desiderio.
Io
sono pronto ad accettare il sacrificio di me stesso, lo sono sempre stato,
negli ultimi tempi. Ma se mi è concessa una preghiera…Io chiedo di vivere, per
la sua felicità.-
Le
parole risuonarono per un attimo, nel silenzio dell’altro, nel silenzio del
mondo che tratteneva il respiro.
Il
Kamui Oscuro fermò la spada, e sorrise.
-
Ma ciò è impossibile. Perché per salvare la Terra, dovresti uccidere me.-
Un
istante, e anche Kamui sorrise. Il Kamui Oscuro gli lanciò un’occhiata colma di
ira trattenuta a stento. Perché sorrideva? Non aveva compreso?
-
Non esaudirai dunque il mio desiderio?- domandò Kamui, abbassando la propria
spada.
-
No.-
Lacrime,
e un sorriso ancora più potente, sul viso di Kamui.
-
Allora non sei più il Kamui Oscuro, quello che vive per i desideri altrui. Non
lo sei più, se ti rifiuti di esaudire il mio desiderio.-
Il
volto del Kamui Oscuro divenne una maschera di terrore e follia.
-
Io…-
Allora
la Spada Divina del Kamui Oscuro andò in mille pezzi, tra le sue mani. Allora
lo sguardo nei suoi occhi cambiò, quando la luce spaventosa che vi albergava da
troppo tempo cedette il passo ad altro. Il cuore riprese a battere, e le
lacrime a scorrere.
Allora
la barriera di Kamui abbracciò tutta la Terra, e sanò le ferite inflitte e
ricostruì le barriere infrante.
E
il ragazzo, terminato il suo compito di salvezza, non fu altro che Kamui, e
corse ad abbracciare la persona inginocchiata davanti a lui, che non era altro
che Fuuma.
-
Fuuma!- Gridò il suo nome come fosse una preghiera, un incantesimo.
-
Kamui…- mormorò l’altro, tremando tra le braccia dell’amico. – Tu…-
La
sua voce era diversa, il suo tocco era dolce davvero, adesso. Le ombre erano
state spazzate via dal suo cuore.
-
Fuuma…Adesso basta, cancelliamo tutto, ti prego! Voglio dormire un secolo!-
Singhiozzava, ora, aveva scordato dov’erano e cos’era successo. – Voglio
svegliarmi e vivere come se non fosse mai accaduto niente!-
-
Kamui.-
Poi
il più piccolo perse i sensi, e l’altro lo sollevò con timore e soggezione,
quasi per ripagarlo in una sola volta di tutto quello che gli aveva fatto
prima. Lo portò via dalla Torre, lo ricondusse nel mondo dei vivi.
Continua…
Grazie
per essere arrivati fin qui.
Il
prossimo capitolo è l’epilogo.
*Harriet
va a farsi un tè, perché con tutti questi incroci di desideri le è venuto un
mal di testa storico*
Capitolo 11 *** XI - Coming back to life (epilogo) ***
Così siamo giunti alla fine…
Così
siamo giunti alla fine…
Vi
ringrazio di cuore tutti, veramente…E mi sento in dovere di citare chi ha
commentato! Ovvero Jucchan, Shu, Kairi, Laurie, Mikoru, Haku e Lally. E grazie
anche ai lettori!
Qualche
nota…La location iniziale è stata scelta perché lì ho visto il mare più bello
che ricordo in tutta la mia esistenza. Forse è superfluo dirlo, perché so che
siete un pubblico meraviglioso e comprensivo, ma in questo capitolo, come negli
altri, non ho certo tentato di dar vita a delle coppie piuttosto discutibili!
Siamo sempre all’interno di dinamiche di amicizia…complicata e forte come
quelle che spuntano sempre nei manga clampeschi, certo, ma questo è quanto
volevo raccontare (giusto perché la mia nipotina non si faccia venire una
sincope doppia, ecco!).
La
donna di cui si parla a un certo punto nella storia è un omaggio alle mie
storie.Il titolo del capitolo l’ho rubato ai Pink Floyd.
Vorrei
augurare a tutti buon Natale. In questo tempo che a volte ci fa venire voglia
di dar retta a Fuuma e schierarci con lui…vi invito a prendere queste feste non
come il solito sfoggio di cose inutili, ma come un segno di speranza. Anche se
non credete in Lui e nella sua nascita, la Sua è comunque una storia
d’amore…Nonostante tutto ho ancora voglia sperare, ed è per questo che continuo
a fare il tifo per i Draghi del Cielo.
Vi
abbraccio forte forte. Grazie di tutto!
I’m
here (ormai lo sapete): yumemi@hotmail.it
XI
– Coming Back To Life
Chi
sono io?
Solo
un uomo, ho una storia come tutti…
Il
domani sta guadagnando terreno su di te…
Sai
dove correre, e corri.
(Rem)
Beloved,
gaze in thine own heart
the
holy tree is growing there…
(W.B.
Yeats)
Maggio
2002
Irlanda – Ring of Kerry
Nella pallida luce mattutina guardò con ammirazione la
sagoma dell’ombra dell’altro che si muoveva. Disegnava una danza sul muro.
Stava semplicemente traendo fuori dalla valigia la sua roba, un gesto che in
quei mesi gli aveva visto fare mille volte. Eppure non poteva fare a meno di
notare la dolcezza che i suoi movimenti avevano assunto. Sembrava una persona
timida e dimessa. Forse un tempo lo era.
Sorrise
tra sé. In quei mesi di viaggio, lui era stato, in ogni gesto, in ogni parola,
controllato, misurato, quieto. Molto silenzioso. Una presenza certa eppure
sfumata. Irriconoscibile…
Lo
aveva assistito con dedizione e senza mai una lamentela. Sì, dolcezza. In ogni
suo gesto, ogni volta che lo aveva sollevato per alzarlo da letto, ogni volta
che lo aveva accompagnato, accudendo tutte le sue necessità, in lui si era
mostrata una dolcezza mai sperimentata prima.
Anche
prima lo aveva assistito, in un certo senso. Ma non riusciva a ricordare nulla,
nei suoi gesti freddi. Tutto ciò che gli tornava in mente era il terrore che lo
invadeva quando lui si avvicinava troppo. Del resto, lo conosceva bene, no?
Sapeva cos’era in grado di fare. Lui era distruzione e vuoto, lo sapeva. Lo
vedeva ogni notte nei sogni.
Ma
non aveva mai sognato la complicità di quei giorni. Non aveva mai avuto una
visione in cui gli veniva mostrata la confidenza che sarebbe nata tra loro due.
Non aveva mai previsto l’amicizia silenziosa e tenace che andava germogliando
in loro. No, questa era un’autentica sorpresa anche per il Sognatore.
Si
mosse tra le coperte, e l’altro si accorse che era sveglio.
-
Kakyou. Tutto bene?-
-
Sì.-
-
Scusami, non ti volevo svegliare facendo rumore. Ieri sera eravamo troppo
stanchi per mettere negli armadi la roba, e ho pensato di farlo adesso.-
-
Hai fatto bene. E’ l’ora di alzarsi anche per me.-
-
Arrivo subito.-
E
con la solita dolcezza lo fece alzare, lo vestì e lo mise sulla carrozzina.
-
Dove pensi di andare oggi?-
Fuuma
si fece serio all’improvviso.
-
L’ultima persona che ci è stata indicata.- mormorò. – Te lo ricordi? E’ una
donna che ha grandi poteri, a quanto si dice. Una conoscitrice di tutte le
religioni e di tutte le magie. Ma non so altro di lei. Se non che ci aspetta
oggi in un paese che si chiama Blackwater.-
-
Si affaccia sull’Oceano, vero?-
-
Sì, perché?-
-
Ecco…beh, niente.-
-
Vuoi andare sul mare?-
-
Mi farebbe piacere.-
Fuuma
sorrise, ed annuì.
-
In ogni luogo di mare in cui siamo andati, mi hai chiesto di vedere la spiaggia
ed il mare. Ormai è immancabile. E poi piace anche a me.-
Quando
venne, il mare, parlò al loro cuore più di tutte le parole che avevano udito
nel loro viaggio. Le onde agitate, gli scogli affilati ed il cielo pieno di
nuvole. Come un’anima che grida, cercando una risposta. Come un mistero da
svelare, che è il mistero della vita di ognuno. In silenzio, contemplarono la
distesa meravigliosa, ricordando e guardando avanti.
Fuuma
avvertiva ancora il tocco delle mani di quella donna. Grandi occhi verdi fissi
nei suoi, ed una mano che sembrava portare via con sé ogni dolore, una mano
guaritrice. Lo aveva accarezzato, e quel gesto lo aveva rassicurato più di ogni
parola di lei.
…sì,
ciò che ti è successo ti ha cambiato…
…sì,
dovrai combattere per ritrovare te stesso…
…sì, potrai riavere quelli che ami, alla fine del
cammino…e tu hai già camminato molto…
- E’ uno dei luoghi più belli che abbia mai visto.-
mormorò.
-
Anche per me è così.- rispose Kakyou.
Ma
non lo sarebbe stato, se fossi venuto qui da solo. Perché la bellezza della
Terra rinata sarebbe stata gelida e sterile, senza un cuore che l’ammirasse,
senza un’anima pronta a commuoversi per lei…E so che anche tu lo senti.
Sì, perché ora hai davvero esaudito il mio desiderio. Io
volevo trovare ancora delle persone a cui rivolgere il mio affetto, e volevo
tornare a vedere le onde…Volevo vederle davvero. E tu hai reso possibile tutto
questo. Vedi, la vita è davvero un mistero…
-
Kakyou, stasera penso di fare una cosa.-
-
Credo di aver capito. E credo che farai bene.-
Tokyo
Il telefono squillò, e il ragazzo lasciò la cena preparata
a metà per correre a rispondere. Chi lo cercava? Aveva sentito da poco tutti
gli amici, e non aspettava chiamate dalla scuola.
Incuriosito
e impreparato, sollevò la cornetta e chiese chi parlasse.
-
Kamui?-
Per
poco non lasciò cadere la cornetta, per poco rimase in piedi lui stesso. Poi
decise che non era il caso di lasciarsi sopraffare dalla gioia fino a quel
punto.
-
Fuuma.-
Il
Sakura parve animarsi, nel vento mite che sfiorava i suoi fiori eternamente
belli. Il Sakurazukamori lo fissò con una strana dolcezza, dentro sé.
Sì, il mio posto è questo.
No,
non era così, e lui lo sapeva. Quella notte non avrebbe dormito. Il suo cuore
sarebbe stato schiacciato dai rimorsi e dai sensi di colpa. Splendido ipocrita,
che di giorno liberava anime ed esorcizzava luoghi, con il potere dei Sumeragi,
e di notte eseguiva i lavori richiesti agli assassini del Sakura…
Ma non posso fare nulla, per cambiare questo destino.
Sì
che puoi. Puoi scegliere.
Io sono lacerato per sempre.
Non
c’è situazione da cui non si possa liberarsi.
Non per me.
Ma
era veramente così?
Quel
maledetto albero! All’improvviso levò un gridò, e si gettò contro la pianta,
colpendola con deboli pugni. La corteccia si fece straordinariamente tagliente
ed infida, e la pianta reagì al suo aggressore, nonostante questo fosse il suo
stesso padrone. Sulle mani del giovane Sakurazukamori comparvero delle ferite.
Lui si ritrasse, e pianse, perché la maledizione della sua vita non scompariva
né lui trovava quiete.
Poi
tornò ad osservare la pianta, bella e maestosa, crudele e meravigliosa. La
osservò finché il vento si fece gelido, e qualcosa in lui gli ricordò che era
tempo di tornare a casa.
Che
cos’ho? Per cosa vivo?
Vivo
per un ricordo…
Sì,
io vivo per un ricordo. Per i tempi che furono. Per l’amore che ci fu e non fu
mai manifestato, se non alla fine. Vivo per un passato prezioso e per un tempo
in cui avevo ancora un desiderio.
Ora
non ho più nulla.
No, invece. Hai una persona che ti aspetta a casa, e
guarda che non è così scontato. Molti desidererebbero un simile dono.
No,
lui non è una mia proprietà. Io gli ho aperto la casa e l’anima, ma non è più
qualcosa che devo proteggere e far crescere.
E’
libero e forte, e presto se ne andrà. In cerca della sua vita. Troverà i suoi
veri desideri, le persone che vuole davvero amare e con cui vuole condividere
la, vita, e vivrà la sua vita, e la saprà rendere meravigliosa, ne farà un
trionfo di luce.
E
io resterò sempre più solo, sempre più distante da ciò che ero un tempo.
Beh,
forse allora non sarò più così diviso…
Salì
le scale di casa, si fermò davanti alla porta dell’appartamento di Kamui.
Tu
hai la responsabilità della mia anima, sai. Perché sei stato tu a richiamarmi
dal mio silenzio, infrangendolo. Tu ci hai riportati tutti in vita. Ci hai
voluti di nuovo.
Hai
voluto me di nuovo.
E adesso mi hai sulla coscienza, piccola creatura,
salvezza di questa Terra desolata. Mi hai voluto di nuovo, e adesso mi devi
promettere che non mi abbandonerai.
…in fondo i sentimenti sono qualcosa di misterioso, vero?
Chi mai potrebbe capire…
Posò
la mano sulla porta, desiderando di aprirla. Lì dentro non si sentiva più diviso,
almeno per qualche lungo istante di pace.
Nemmeno là fuori, sotto il Sakura, ti sentivi diviso…
No,
basta, ti prego…
Non sarai mai uno solo. Non comprenderai mai la tua
anima. Non potrai. Ti sarà precluso per sempre. Sei solo tu con te stesso.
L’affetto del ragazzo è un’illusione, perché non sarai mai in grado di
conservarlo. E non sarà mai abbastanza forte da salvarti.
-
No…- mormorò, come cercando di trattenere la miriade di pensieri che lo aveva
invaso.
La salvezza…Vorrei aver capito che cos’è.
Un amore può salvare? E quale amore? In cosa devo
sperare?
Ho ancora il diritto di sperare in qualcosa?
L’amore ha
salvato lui, forse? Gli è stato perdonato qualcosa per aver provato amore?
Chissà…Forse Hokuto lo sapeva, o lo sperava…
Può
un affetto che con così tanta fatica trova terreno fertile nel mio cuore
portarmi la salvezza?
Soprattutto
dal momento in cui l’unico nemico di me stesso, adesso, sono io…
Io
non sono uno, e non so come poter conciliare le due parti della mia anima. Sono
attratto dalla luce eppure resto nell’ombra.
Durerà
in eterno?
La porta si aprì all’improvviso, e Kamui gli comparve
davanti, cogliendolo di sorpresa.
-
Oh…- mormorò Subaru, indietreggiando. Il ragazzo fece un’aria perplessa.
-
Qualcosa non va?-
-
Mi hai sentito arrivare?-
-
No.-
-
E perché hai aperto la porta?-
-
Sapevo che eri arrivato.-
E
come lo sapeva? Un mistero. L’unica cosa certa era che aveva sviluppato dei
forti poteri mentali, e suo malgrado si trovava costretto ad imparare ad
usarli.
-
Tutto bene?- gli domandò, accennando un sorriso. Aveva voglia di sorridere, ma
era così difficile!
-
Bene. Sai…- Sembrava emozionato. – Fuuma ha telefonato.-
Subaru
sorrise davvero, e senza pensarci troppo.
-
Davvero?-
-
E’ in Irlanda. Torna qui a fine estate.-
Ce
l’aveva fatta, allora! Anche lui aveva avuto…beh, certi problemi di personalità
multipla, si poteva dire così…
-
Sono felice.-
E
lo era davvero. Entrambe le sue anime erano felici.
Non
riusciva a dormire, e si alzò, sconfitto dalla solita insonnia. Lo sapeva,
ormai. Si alzò da letto con fatica e sollievo. Il cielo era dominato da una
luna pallida e bella. Raggiunse una delle grandi finestre e si sedette sul
divano dinanzi ad essa. Si lasciò ingoiare dalla luce bianca.
Perché ogni volta che ho la sensazione di stare bene, un
istante dopo i pensieri mi vincono e mi tormento di nuovo?
Poi
dei passi.
-
Kamui, che ci fai qui in casa mia?-
-
Nemmeno io riesco a dormire.-
E
aveva percepito il suo disagio. Tra poco avrebbe avuto dei poteri spirituali
superiori ai suoi. Poteva lasciargli l’eredità dei Sumeragi, e dedicarsi
completamente all’altra attività…
Salvo
che poi non sarebbe più stato capace di vivere, per l’angoscia. Si tornava
sempre lì.
-
Siediti.-
Il
ragazzo lo raggiunse sul divano.
-
Tutto bene?-
-
Sì. Io sono felice.- mormorò Kamui. – Ma tu no.-
-
Oh, lasciamo perdere. Non penso che potrò mai esserlo.-
-
Eppure adesso sei vivo di nuovo. Non come quando ero in coma, e non riuscivo a
sentirti.-
-
Chissà…- sospirò.
-
Chissà che cosa?- domandò Kamui, dopo qualche momento di silenzio.
-
Chissà se la tua forza basterà per tutti e due.-
-
Farò del mio meglio.- promise.
Subaru
fece cenno di sì, anche se non parve convinto del tutto.
-
Come pensi che saremo tra un anno?- domandò poi. L’altro lo sorprese con una
risata, un suono lieve e spensierato.
-
Chi lo sa…Intanto pensa a domani, a come saremo domani. E poi, il futuro non è
ancora stato deciso, lo sapevi?-
Anche
Subaru rise.
-
L’Apocalisse ha risvegliato il tuo senso dell’umorismo?-
Scherzare
sulle ferite era sempre un segno di guarigione imminente.
-
Beh, sarebbe una cosa buona, non credi?-
-
Sì.- mormorò l’altro, sentendosi in parte rasserenato, come se avesse osato
sperare che prima o poi anche la sua anima sarebbe guarita, ed avrebbe preso
una decisione. Una delle due vie. – Sì, Kamui, sarebbe una cosa buona.-
Kamui
rimase in silenzio, pensando alle parole dell’altro.
Fuori
dalla loro finestra la città risplendeva di mille luci, e il tempo scorreva
avanti, disegnando ancora giorni per la Terra che continuava la sua storia.