Serafine

di Demsmuffin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici. ***
Capitolo 17: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Piccolo prologo... 
La vita non è una passeggiata.
 
La serenità, la totale tranquillità, l’essere perfetti, fare sempre la cosa giusta, essere sempre al momento giusto al momento giusto, sorridere e essere sempre ottimisti e positivi non è assolutamente facile.
 
Tutti desiderano vivere in pace, senza troppi problemi o senza troppe preoccupazioni inutili per la mente.
 
Tutti desiderano avere un amica perfetta, l’amore perfetto, una casa perfetta, dei figli perfetti, una situazione economica perfetta.
 
Ma no, la vita di nessuno è perfetta.

 
E la sua è una grande scalata. Che deve superare da sola.
 
A te, migliore amica, dedico questa storia, scritta con amore, cuore e anima.

 
 
 

 Serafine


 
 
 

Capitolo uno.

 
 
Fissi sullo schermo della televisione i miei occhi fissavano quel miscuglio di colori, come incantati. La mia mano era intenta a tenere fermo il cucchiaio che affondava nel barattolo della nutella per poi portarlo alle mie labbra. I vestiti caldi e vecchi che avevo erano sufficienti a infondermi tutto il calore di cui avevo bisogno in quel momento. E volevo rimanere sola, con i miei capelli scompigliati, struccata, con la mia nutella e il mio film preferito da cui non riuscivo a distaccarmi gli occhi. Non volevo andare da nessuna parte. Mi accorsi che il cucchiaio che avevo disperatamente portato alle labbra era tristemente senza nutella. Guardai il barattolo e sbuffai vedendo che era finita. Ecco che l’ultima consolazione che mi rimaneva era andata. Chi lo avrebbe mai detto che sarei finita così? Avevo un ragazzo perfetto, una migliore amica perfetta, stavo per costruire la mia vita come la volevo e ci stavo riuscendo. Se solo lui non avesse fatto in quel modo. Se solo lui… Ma a che pro pensarci? Era meglio evitare qualunque pensiero. Guardai tristemente Harry che se ne andava da casa di Sally e, contro la mia più totale volontà, pensai a quel giorno… Se esco di casa andrà meglio?
 
 
 
Mi guardava. Insistentemente. Da cinque lunghissimi minuti. Non una parola. Solo sguardi. E io reggevo la sua insistenza con la mia. Aspettai che mi confessasse tutto. Aspettai un cenno di verità, che possibilmente fosse negativo.
“Mi dispiace”
Rovinò la mia vita.
“Perché lo hai fatto?”
Lo aveva fatto. Non pensavo che arrivasse a tanto. Quando il tuo istinto ti dice che andrà così, quando ti senti nel sangue che una cosa deve accadere e poi, con o senza la tua volontà, accade, ti senti come un pezzo di un puzzle che non riesce a trovare la sua postazione. E io però nonostante tutto non volevo crederci. Mi rifiutavo. Mi rifiutavo di credere a quel gesto che non sarebbe dovuto accadere.
“Perché… Non c’è un perché. Non credere sia facile per me”
“Perché per me è una passeggiata, invece?”
“Non ho detto questo”
“Ma lo pensi”
Silenzio. Odiato silenzio. Si dice che chi tace acconsente, no? Ecco, lui pensava che per me era facile, ma non sapeva che si stava sbagliando. Non voglio stare con una persona crudele, non voglio stare con un bugiardo, con un ragazzo senza scrupoli.
“Joseph, prima o poi lo troveranno.”
“Non arriveranno mai a me.”
“Mai dire mai, caro. E sai cosa? Quando arriveranno a te non dirmi che non te lo avevo detto. E non provare a incastrarmi o mettermi in mezzo a tutta questa storia. Volevi farla finita no? Invece hai peggiorato tutto, addio Joseph.”
Mi alzai, sotto il suo sguardo implorante, sotto i suoi gesti insistenti, sotto le sue parole che volavano via e che io non volevo ascoltare. Io non piango mai, ma quella sera lo avevo fatto. Per lui.
 
 
 
E’ stata la cosa giusta, continuavo a ripetermi. E camminavo tra lo sguardo dei passanti, tra lo sguardo di persone pronte a giudicare chiunque. I miei capelli adesso avevano di nuovo una forma. Lisci, a caschetto. Sbuffai quando una persona mi travolse. Alzai lo sguardo e per poco non urlai.
“Serafine!”
“Nicholas”
Se lui sembrava sorpreso nel vedermi, io non lo ero affatto. Mi fece un gran sorriso che non ricambiai. C’era anche lui dentro tutto questo.
“Hai seguito i telegiornali ultimamente? Come vedi…”
“No, non mi interessa dei telegiornali. Non voglio sapere cosa diranno.”
I suoi occhi rotearono per la strada.
“Ser…”
“Come sta Wendy?”
“Bene?”
“Kevin?”
“Bene.”
“Tu?”
“Bene. Tu?”
“Bene.”
“Perfetto”
“Fantastico”
Ci scambiammo una altro sguardo e cercai di defilarmi, con un solo gesto della mano. Ma lui mi afferrò il braccio quando feci per andarmene.
“Gli manchi, lo sai?”
Non per essere volgare, non per fare la parte della persona insensibile, perché non lo sono. Ma quando tutto quanto diventava un peso, potevo essere la persona più fredda del pianeta.
“Salutami Wendy, Nicholas”
E me ne andai sul serio. Cos’era quella? Una lacrima amara? No, io non piango mai. Ho pianto solo quella volta. Io non piango mai. E invece, la tolsi con la mano e chiusi gli occhi. Erano bagnati. Entrai in un bar e quante birre mi feci non so dirlo. E’ stata davvero la cosa giusta?
 



Nota dell'autrice...
Vi avevo promesso una Fan Fiction ed eccola qui... Più che altro penso sarà una long, ma non so di quanti capitoli mi verrà O:
Comunque... Spero sul serio che vada bene perché sto dando tutto in questa storia. Ho cercato di mettere un idea originale per una persona speciale e spero che vi piaccia sul serio. Come si capisce, e come ho già detto, questa storia è dedicata alla mia migliore amica, Simona o, come la chiamo io, Serafine.
TI voglio bene stella.
Ah... quella foto sarà la copertina, l'ho fatta io. E' stato faticoso perché nella foto originale c'era una GRAAANDEEEEEEEEEEEEE scritta e l'ho cancellata, ma quanto sono brava... modestia a parte... 
RECENSIONI = AUTRICE FELICE u.u
Un bacione
Wendy <3

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Capitolo due.

 
Ottanta e-mail. Non controllavo la posta elettronica da un mese e avevo ottanta e-mail. Niente di interessante tra l’altro. Pubblicità di nuovi negozi, giochi su internet, inviti per iscrizioni a vari social network… E poi la vidi. ‘WENDY MILLER tra poco Jonas’. Che significa quel nome? Conoscevo Wendy Miller come le mie tasche, ex migliore amica, ma ‘tra poco Jonas’? Con la mano tremante aprii quell’ e-mail.
 
Ciao Serafine.
Passato molto tempo dall’ultima volta, no? Mi manchi terribilmente. La tua enorme positività, il tuo grandioso sorriso, le tue grandi pazzie. Mi mancano le nostre risate, le nostre uscite e i nostri momenti di pura follia in cui decidevamo di fare cose assolutamente fuori luogo e senza senso, come quella volta in cui siamo andate in Messico. Nick e Joseph ci hanno tenuto d’occhio per due mesi interi quando siamo ritornate, ricordi? Scusami… Forse non avrei dovuto parlare di lui, ma…
Sto per sposarmi.  Credo che puoi facilmente immaginare con chi. Mi ha detto che vi siete incontrati ieri, è vero?  Mi ha detto che hai un nuovo taglio di capelli e che, nonostante la faccia pallida e sconvolta, sei uno schianto. Be, non ne dubito, lo sei sempre stata. E come sei sempre stata uno schianto, sei sempre stata nella mia vita dall’età di quattordici anni. Non volevo che le cose finissero così, ma mi avevi assicurato la tua presenza al mio matrimonio e io avevo fatto lo stesso, perciò ti invito al giorno più speciale di tutta la mia vita, Serafine. Matrimonio mio e di Nick, ovviamente. Mi ha chiesto di diventare sua moglie nel modo più sdolcinato che potesse fare. Mi ha portato a cena, un ristorante aperto da poco, si chiama… Da Bonny’s o Clonny’s. Non ricordo il nome, ma il locale è molto romantico e intimo. A fine cena mi ha portato sulla spiaggia, quella dove abbiamo conosciuto Joseph e Nicholas, la ricordi? Dopo una passeggiata romantica, si è inginocchiato davanti a me dicendomi
“Wendy Miller, sei come una rosa per me, e ogni rosa ha le sue spine… perciò posso essere la tua spina?”
Stavo per mollargli un pugno perché, per i miei ritmi, me lo ha chiesto un po’ troppo tardi, ma poi l’ho baciato. E ora eccoci qui. Volevo mandarti il classico invito in pergamena, che è già pronto per essere inviato, ma hai cambiato casa, e non so dove abiti. Se accetti ti prego di rispondermi con il tuo indirizzo.
Con affetto.
Wendy
 
 
 
 
Lei aveva il coraggio di farmi sentire un totale straccio. Perché ricordavo ogni cosa che aveva scritto, ogni minuto della mia vita trascorsa insieme a lei. Con un sorriso malinconico, rilessi l’ e-mail. Sposata, LEI. Lei dai capelli color oro e occhi color cielo. Lei dalle mille risorse, dai mille difetti e dai mille pregi. Scrissi il mio indirizzo e lo inviai. Cancellai il resto della posta e salvai solo quel messaggio. Uno squillo al telefono mi risvegliò.
“Si?”
“Tesoro! Serafine, come stai?”
Mamma. Non volevo sentirla in quel momento. Non volevo sentire le sue prediche apprensive o la sua euforia.
“Benissimo.”Mentii. “Ho un nuovo lavoro” Questo era vero. “Sto frequentando un ragazzo” Bugia.“E ho conosciuto una ragazza super fantastica con cui ho stretto amicizia” La figlia quindicenne del capo conta? Sapevo che mia madre non sarebbe cascata a tutto questo, ma potevo provarci.
“Stai mentendo”
“No, è vero. Faccio la giornalista adesso… Ricordi? E’ sempre stato il mio sogno.”
Già, giornalista. Ho sempre desiderato scrivere un articolo per un giornale, anche piccolo e insignificante. Dopo tutto quello che era successo, trovai questo lavoro e, ingenuamente, pensai che mi avrebbe dato una nuova vita, che avrei potuto ricominciare d’accapo. E invece l’unica cosa che ne avevo ricavato era un minimo stipendio per una grande fatica. Scrivevo articoli su articoli, su qualunque argomento e non mi pagavano molto, ma era il mio sogno.
“Si lo so tesoro. Ma tutto il resto? Aspetto ancora una spiegazione del perché sei finita senza amici e senza ragazzo. A me puoi dire tutto lo sai.”
Volevo dirtelo, volevo parlare, questo segreto mi stava uccidendo, ma non potevo. Avevo promesso di non dirlo, e lo facevo per amore.
“Non ricominciare, mamma per favore.”
“Dico davvero. Amore tu…”
“Scusa mamma, devo andare”
Tagliai corto e accesi la televisione dopo aver staccato il telefono.
“Nuovo caso. Stamattina trovato un cadavere su un cassonetto dell’immondizia. La morte risale a due mesi fa.”
La voce della giornalista mi fece sbarrare gli occhi e guardai il servizio. Le immagini, quella zona, quelle condizioni, il tempo, il nome della vittima… Erano vicini. Il cuore cominciò a battere all’impazzata. Mi aveva promesso che non se ne sarebbero accorti, che di come lo aveva nascosto non lo avrebbero mai trovato. E invece eccolo li. Mi aveva dato la sua parola. Lui contro la polizia. Diceva che erano incompetenti. Non volevo sapere la sua reazione, non sapevo sa stava guardando il telegiornale. Non sapevo se parlare o tacere.




Nota dell'autrice...
Ecco qui il secondo capitolo! Insomma... cosa devo spiegare qui? Wendy è l'ex migliore amica di Serafine, poi capirete perché ex... E cosa è successo a Joe? Non dico esplicitamente la causa della 'rovina' di Serafine, ma credo si capisce, no? E i nostri due piccioncini ritroveranno l'amore? Voi che dite? Comunque... Volete sapere come ho immaginato la nostra protagonista? Bene... così u.u (andate giù giù u.u) 
Recensite ancora di più. Ne sarei contentissima ;)
Bacioni <3
TANTE RECENSIONI = AUTRICE FELICE u.u

eh si, la mia Serafine è proprio Demi Lovato u.u 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre.

 
 
“No Serafine. Faremo soldi a palate, o scrivi sul delitto più influente della tv o ti licenzio. Scegli.”
Ecco l’aggettivo giusto per definire il mio capo, sadico. Odiavo il modo in cui mi costringeva a scrivere, ma era lavoro. E il lavoro non sempre garantisce pace e serenità, io ne avevo la prova. Dovevo scrivere sull’omicidio del cadavere senza nome. Omicidio di cui sapevo ogni cosa, ma che non potevo rivelare al mondo intero.
“D’accordo. Lo scriverò.”
“Voglio un articolo da prima pagina, intesi?”
“Si capo”
Mi piegavo alla sua volontà, che potevo fare? Mi piazzai davanti al computer del mio ufficio e aprii la pagina di word. Tamburellai con le dita sui tasti leggeri del computer e rimasi a fissare la pagina bianca in cerca di idee.
In questi giorni come avete sentito...
No. Cancellai la frase e riprovai.
La televisione in questi giorni è impegnata a…
No. Sarebbe un attacco alla televisione stessa. Cancellai ancora.
Come vi sarete certamente accorti….
No, non posso iniziare così. Riprovai.
Un nuovo trascinante delitto…
La suoneria del mio telefono mi fece balzare in aria e tutti i miei colleghi si girarono verso di me. Niente cellulari accesi se non per emergenze familiari, era la prima regola che doveva essere rispettata. Io non la rispettavo mai. Fortuna che nessuno faceva la spia. Presi il cellulare dalla tasca e senza un pizzico di imbarazzo risposi. Facendo l’errore di non controllare il numero.
“Serafine, sei tu?”
Maledetta me e il mio vizio di non guardare mai il numero di chi chiama.
“Si sono io, Joseph.”
“Dobbiamo parlare”
“Non ora Joseph. Sto lavorando.”
Sentii delle scarpe muoversi dietro di me sul pavimento di legno, facendo riecheggiare il suono in tutto l’ufficio. Non mi voltai, già sapevo che il mio capo avrebbe avuto qualcosa da ridire.
‘”E’ urgente.”
“Ti richiamo”
Staccai il cellulare e mi girai per guardare il mio capo che imponente se ne stava li, a fissarmi come se non avesse nient’altro da fare.
“Abbiamo iniziato a scrivere, signorina Evans?”
Trasalii al suono della sua acida voce.
“Stavo iniziando le mie ricerche, in realtà, non si può iniziare a scrivere se non si sa esattamente di cosa parlare, no?”
Molti dei miei colleghi, con cui condividevo l’ufficio, ridacchiarono e all’occhiata per niente pacifica del terribile signor Jones, fecero finta di niente.
“Allora le finisca presto queste ricerche e scriva l’articolo.”
Feci un sorriso forzato. Mi ritrovai dopo quella lunga giornata di lavoro, sul mio tavolo da pranzo ad aspettare colui che non avrei mai voluto incontrare. Ma ero quasi obbligata a farlo. I miei piedi battevano insistenti sul duro pavimento, aspettando che il campanello suonasse. Dopo cinque interminabili minuti, sentii il rumore.
“Ciao”
Era la prima volta che ci vedevamo dopo la nostra lite e sapeva solo dire ciao?
“Ciao… ”
Gli indicai di entrare con un gesto del braccio e quando ci ritrovammo seduti uno di fronte all’altro a fissare il contenuto del nostro piatto la situazione era più che imbarazzante. Riuscivo a leggere nei suoi occhi il rimorso, il senso di colpa, il peso che doveva sopportare. E mi piaceva così tanto leggere i suoi sentimenti. Lo amavo ancora, per questo non parlavo, per questo il rimorso e la paura che aveva lui, le avevo anche io.
“Cosa dovevi dirmi?”
Gli chiesi per cercare di sciogliere il ghiaccio.
“Hai seguito il telegiornale ultimamente?”
“Si, Joe… Me lo avevi promesso.”
“Perché ero davvero sicuro che non lo avrebbero trovato.”
“Se sei venuto qui per assicurarti che io stia zitta, sta tranquillo.”
I suoi occhi si velarono di lacrime leggere e io distolsi lo sguardo.
“Non sono venuto per questo. Non importa se tu parli o no. Non importa se andrò a finire in una cella buia con uno psicopatico che vuole uccidermi. Non importa se tutti quanti mi ripudieranno. Sono venuto qui per chiederti di perdonarmi.”
La sua voce era rotta dal rimorso. Era così tenero… Ma come potevo perdonarlo? L’amore può essere così forte da riuscire a perdonare anche gli assassini? L’amore può essere così cieco? Posso sorvolare?
“Non lo so Joseph. Non ho mai amato un assassino.”
Vidi la sua testa piegarsi verso il basso e il senso di colpa salire lungo le vene.
“Ti amo ancora” Mi confessò “E mi manca vedere la tua figura slanciata sul letto la mattina. Mi manca accarezzarti i capelli, mi manca la tua voce così divertente, mi mancano le tue pazzie. Mi manca tutto di te. Ogni gesto, ogni parola, ogni respiro… Mi manchi. ”
Era la frase più bella che potesse dirmi…
“Sai cosa mi ha detto Nick?”
Continuò prima che io potessi rispondere. Scossi la testa, in attesa. Un cenno di sorriso gli comparì sul volto e rivedere quel tanto ricercato sorriso, mi fece rabbrividire.
“Cosa?”
“Mi ha detto che se non mi perdonavi, dovevo usare delle frasi d’effetto.”
“E quali sarebbero?”
“Le inventerò sul momento…”
“Sei già sicuro che non ti perdonerò?”
“L’ho letto nei tuoi occhi”
Cominciai ad agitarmi sulla sedia. Non potevo nascondergli nulla. Per lui ero un libro aperto e questo mi dava quasi fastidio.
“Dovrò cominciare con qualche frase… Senti questa… Ho perso una lacrima nell’oceano se mai la ritroverò, smetterò di amarti.”
Scoppiai a ridere, sia per la frase troppo sdolcinata, sia perché l’aveva recitata in modo pessimo, sia perché la sua faccia era memorabile.
“Dai, era carina… ”
Attaccò lui in difesa.
“No Joseph. Troppo sdolcinata, sai che odio queste cose.”
Fece roteare gli occhi e poi li fermò per guardami dritto in viso.
“Mi perdoni si o no?”
Il cambiamento rapido di umore in quella serata era pressoché strano. Prima ero in ansia, poi a disagio, poi commossa, dopo ancora a disagio, dopo infastidita e infine felice. Lui mi faceva questo effetto. Ma il sentimento che mai mi abbandonò fu l’amore che provavo verso di lui.
“Devo pensarci”
Non ero mai stata in grado di decidere su due piedi, specialmente con le scelte importanti.
“Certo. Quanto ti serve?”
“Non lo so… Dammi il tuo numero e ti chiamo io.”
Cosa dovevo fare? Troppe domande e nessuna risposta.





Nota dell'autrice...
Ecco qui il terzo capitolo! Prima di aggiungere ogni cosa, ringrazio le TRE meravigliose persone che mi tengono tra i loro autori preferiti, la persona che tiene "Serafine" tra i preferiti e le tre persone che la tengono nelle seguite. Davvero, grazie. Significa tanto per me. Un enorme abbraccio a chi ha recensito, vi adoro.
Ho postato ora perché non sono molto di buon umore ultimamente... ma voi mi avete riscaldato :)
Allora parlando del capitolo... Spunta Joseph D: A sorpresa eh? Ditelo che non ve lo aspettavate u.u
Vi piace la coppia? A me da morire... qui sotto avete, come premio della vostra gentilezza, una sua stupenda foto... Ecco qui






Figo neh? u.u
Comunque 7 magnifiche recensioni in due capitoli çç
Invito chiunque legga a recensire perché vorrei sapere cosa ne pensate ;)
E poi...
RECENSIONI = AUTRICE FELICE u.u
G R A Z I E <3






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Capitolo 4
*** Capitolo quattro. ***


Capitolo quattro.
 

 
Chiamarlo. Non chiamarlo. Chiamarlo. Non chiamarlo. La mia testa riusciva solo a pensare questo. Chiamarlo o non chiamarlo? E quando avrebbe risposto cosa gli avrei detto? Se perdonavo un omicidio, allora ero in grado di perdonare ogni cosa. Ma io non sapevo se ero in grado di perdonare un omicidio. Se solo avessi qualcuno con cui confidarmi… Ma non avevo amiche, tutte perse. Il campanello di casa mia mi fece balzare in aria. Sulla soglia, una ragazza dai lunghi capelli oro. Wendy. I miei occhi non riuscirono a non brillare.
“Ho ricevuto appena adesso la tua e-mail con l’indirizzo, cazzo, potevi scrivermi almeno una misera faccina sorridente. Invece niente di niente. Solo l’indirizzo. Le tue maniere sgarbate si fanno riconoscere sempre, eh Ser?”
Mai dire mai. Era li.
“Anche io sono contenta di rivederti”
Le risposi io ignorando la sua parlantina.
“Ti ho forse detto che lo sono?”
Mi spinse dentro e chiuse la porta, tranquilla. Ero contentissima di risentire la sua voce, di vedere i suoi capelli brillare anche nel buio, di guardare i suoi occhi chiari.
“Io e te dobbiamo parlare.”
Si sedette sul mio divano e si guardò intorno esaminando ogni oggetto della mia casa. Televisione scadente, mobili scadenti, calore scadente… Insomma non era il massimo del comfort, ma stavo bene. Era un posto… intimo.
“Di cosa?”
Le rivolsi uno sguardo di intensa allegria.
“Ho sentito Joe che diceva a Nick che ieri sera è venuto a trovarti per chiederti se lo perdonavi e tu hai detto di no.”Si girò verso di me e ridusse gli occhi a due fessure. “Dimmi che non è vero.”
“Credo tu abbia sentito male perché io ho detto che ci dovevo pensare, non ho detto di no.”
“Quando tu dici che devi pensare, di solito non è niente di positivo”
“Stavolta hai sbagliato le tue previsioni, miss so-tutto-io.”
SI alzò di scatto e avvicinandosi mi puntò un dito contro. Aveva un aria minacciosa, o almeno tentava di assumerla. Ma non era mai stata brava a mettere paura.
“Uno: se mi chiami ancora con quell’orripilante nomignolo farai la fine di quel povero cristo ucciso da Joseph, due: sono davvero contenta di essermi sbagliata, e tre: cazzo, c’è una puzza di muffa terribile qui dentro.”
“Devo chiamarlo?”
Parlavamo come se niente fosse successo, come se quei due mesi con l’assenza dell’altra non ci fossero mai stati. Veniva ad entrambe così naturale assumere quell’atteggiamento di totale tranquillità in presenza dell’altra, quando lei avrebbe voluto prendermi a pugni e io fare lo stesso. Tentavamo forse di nascondere una grossa delusione?
“Chiamalo solo se lo ami”
“E quando risponde che gli dico?”
“Gli dici che sei un idiota.”
“Ma io non lo sono.”
“Tu dici?”
Ignorai la sua provocazione e ignorai anche il telefono che teneva in mano. Non l’avrei preso, non ora. E ero convinta di questo… Allora perché dopo due minuti mi ritrovavo a sentire la voce di Joe dall’altra parte del telefono?
“Di cosa dovevi parlarmi?”
“Volevo dirti… che…” Wendy mi fece l’occhiolino per incoraggiarmi. “Insomma… L’altra sera io ho pensato molto, e anche ora sto pensando molto…”
“Riguardo a cosa?”
“Possiamo vederci stasera?”
“Certo che si… ”
“Bene a stasera allora.”
Attaccai il telefono e rivolsi un innocente sorriso allo sguardo di rimprovero della mia migliore amica.
“Perché non glielo hai detto?”
Cercai di elaborare una scusa valida in tempo record.
“Perché è meglio se lo guardo negli occhi. Insomma è più… intimo. E romantico.”
Non male per aver pensato a questo in trenta secondi. L’espressione di Wendy mi fece sentire in colpa.
“Scusa, ok? Ma io non ce l’ho fatta. Insomma, stasera glielo dico, va bene? Però non mi guardare così che mi sento un idiota.”
O meglio, mi sentivo come se fossi una bambina che aveva rotto il vaso della nonna, o della zia. E come se lei fosse mia madre che lo aveva appena scoperto.
“Se non lo fai, puoi considerarti morta.”
Annuii titubante.      
“Ti aiuto a cucinare la cena?”
“Ce la faccio da sola.”
E questa da dove mi era uscita? Vidi la sua faccia enormemente delusa e le sorrisi.
“Ma se vuoi… puoi cominciare a tagliare le cipolle, io odio farlo.”
Ed ecco che la sua solita espressione ritornò a caratterizzarle il volto. Basta che la guardavo e trovavo una sicurezza enorme. Non avevamo parlato di quello che era successo, e lei sembrava non averne voglia, e in fondo neanche io. Non volevo parlare di qualcosa che mi faceva stare male, anche perché non sapevo cosa dire. Non sapevo chi avesse torto e chi no. Perché di tutto quello che stava succedendo nella mia vita non ne stavo capendo più niente. L’unica cosa di cui ero certa era che quella sera, avrei detto al ragazzo che amo, quello che avrei dovuto dirgli da molto tempo. Sperando che vada tutto bene, sperando che ci sarei riuscita. Guardai la cena pronta, già messa sul tavolo e guardai Wendy andare via. Aspettai il suono del campanello. Eccolo li, dopo che avevo finito di sistemarmi il campanello suonò, e io sussultai. 


Angolo autrice...
Scusate l'enorme ritardo, ma ho avuto dei giorni piuttosto pieni! Ho avuto problemi, a postare, ma ora eccomi qui! :D 
Ringrazio voi che meravigliosamente recensite i capitoli.. Siamo a 10 e sono 3 capitoli! Ringrazio chi tiene questa storia tra i preferiti e chi tra le seguite! Vi adoro <3
Be detto questo parliamo del capitolo. Arriva Wendy *O* Non nascondo che è il mio personaggio preferito di tutta la storia... A  voi sta simpatica? Vi piace? Ovviamente fatemi sapere con una recensione, io rispondo sempre :D
Qui sotto una foto di Wendy *O*

Bella vero? *-*

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque. ***


Capitolo cinque.

 
Era finalmente davanti a me. I suoi corti capelli neri, i suoi occhi nocciola, il suo profumo che mi invadeva le narici, e quel battito così veloce del mio cuore erano finalmente tornati. Era quella gioia immensa che provavo nel vederlo, che avevo perso e che ora avevo ritrovato grazie a Wendy. Lui si sedette con me a tavola. Brillava, si, il suo volto brillava come non mai. In quel momento poteva illuminare un intera città con il suo sorriso, poteva rianimare una persona in fin di vita, poteva tornare a far sorridere una persona che aveva perso tutto. E lo avevo ritrovato, si era lui il ragazzo di cui ero innamorata. Esaminò il cibo che gli avevo messo davanti. Lo scrutava, come se dovesse memorizzarne ogni dettaglio.
“Cosa c’è?”
Gli chiesi.
“Non hai messo veleno, vero?”
Alzò un sopracciglio e rimasi immobile. Lo guardai negli occhi per capire se stesse scherzando e poi scoppiai a ridere per la sua faccia seriamente preoccupata.
“Ma cosa dici?”
Scrollò le spalle.
“Non so, magari mi hai invitato stasera per uccidermi?”
“Guardi troppi film, mio caro.”
Accennò un piccolo sorriso, e si mise a divorare tutto quello che aveva davanti. Dalla pasta, al pane, al contorno, finì anche tutta la bottiglia di vino. Non risparmiò niente e dovetti affrettarmi a finire la mia parte, se non volevo rimanere senza cibo. Era sempre stato così, quando non mangiava c’era qualcosa che non andava.
“Bene, adesso che hai divorato tutto… possiamo parlare?”
Incalzai io. Era stato divertente, avevamo scherzato e riso con naturalezza, ma la mia ansia era enorme. Lui  era l’unica persona che riusciva a mettermi in ansia.
“Perché tanta fretta?”
“Perché sto impazzendo Joseph, ho la gola secca, e il mio cuore batte peggio di un tamburo.”
Rimase immobile, bloccato. Quasi come se avesse messo lo stop in quel momento.
“Sei tra noi Joseph?”
“Si.. Be sei bellissima stasera.”
Io sorrisi un po’ imbarazzata. Era da davvero tanto tempo che una persona del sesso opposto non mi faceva un complimento e io non ero mai stata portata per riceverli. Diventavo sempre rossa, dalla testa ai piedi e riuscivo solo a farfugliare “grazie.”
“Non dire cavolate.”
“Metti in dubbio la mia abilità nel giudicarti?”
“Assolutamente no, Joseph. Dico solo che tu mi sopravvaluti.”
“O forse sei tu che ti sottovaluti.”
Cosa potevo dire? Aveva forse ragione? Non ne avevo la più pallida idea. Non sapevo perché mi sentivo come una ragazzina che va fuori di testa per il suo primo amore.
“E’ possibile…”
E chissà perché me lo ritrovavo seduto accanto a me sul divano, vicinissimo a me. I nostri corpi quasi si sfioravano.
“Parla.. Dimmi quello che vuoi tanto dirmi, Serafine. Io sono qui, ti ascolto.”
Rimasi ferma a quel suo attacco così immediato e i miei pensieri erano un frullato di cose.. Era tutto mescolato. Non c’erano pensieri che sembravano avere un senso. Riuscivo solo a capire che il mio cuore stava battendo forte, forse anche troppo.
“Ecco…” Cominciai a farfugliare“Allora, non so da dove cominciare, perché di solito sono abbastanza sicura di tutto, so cosa dire, come dirlo, ma adesso, non so niente.”
La mia gola era asciutta e la lingua si attaccava al palato, impedendomi di parlare. L’uno di  fronte l’altro. Vicini. Seduti come due adolescenti alla loro prima cotta seria. Sembravo un animale smarrito, che era stato abbandonato e che aveva perso fiducia nel suo padrone.
“Allora.. Ho pensato molto tra ieri e oggi, perché… Be ecco, tu mi hai chiesto se mai sarei stata capace di perdonarti e...”
Lui aggrottò le sopracciglia e titubante si avvicinò ancora di più a me.
“E..?”
“Ti perdono”
“Ma veramente?”
“Ti ho mai mentito?”
I suoi occhi si alzarono verso l’alto e vennero coperti da una strana gioia. Un gioia quasi incredula.
“Posso baciarti?”
“Non chiedermelo ti prego. Fallo e basta.”
Finalmente riuscivo a sentire le sue labbra sfiorare le mie, e baciarle con una tale passione che mai avevo visto.  Le nostre mani si intrecciavano tra i capelli dell’altro, i nostri corpi si sfioravano, il sangue scorreva velocemente, il mio corpo non rispondeva ai comandi del cervello, ma rispondeva solo all’istinto che in quel momento volevo fare prevalere.  Non fu un bacio lungo, fu abbastanza breve, ma forse fu il bacio più bello di tutta la mia vita. Si staccò da me e piano, presi fiato.
“E così mi dai una seconda possibilità”
“Come potrei non dartela?”
“Ho ucciso, è la cosa più terribile che potessi fare. E i motivi erano privi di senso”
Annuii. Aveva ragione e lo sapevo.
“Tu hai mai fatto qualcosa che avesse un senso?”
“Oh grazie.”
Ridemmo entrambi.
“Seriamente.. Sai che prima o poi la verità salterà fuori.”
Lui adesso si staccò completamente da me e poggiò i gomiti sulle ginocchia.
“Scusami… Non avrei dovuto dirlo.”
“Perché no? E’ la verità la sai tu come la so io. Se non mi prenderanno sarò io stesso ad andare.”
Ora tremavo tutta.
“Cosa? Saresti davvero disposto a farlo?”
“Ho un grande rimorso Ser, e anche la coscienza sporca. L’hai anche tu. Sei come una complice.”
“Io non sono una complice.”
“Si invece. Se lo sai e non parli, lo sei.”
Io.. complice di un atto così… Vergognoso? Deplorevole? Disumano? Non potevo sopportarlo. Mi chiedevo come lui avesse fatto a portarsi dietro per quasi un anno tutto quel peso. Andare in galera lo avrebbe fatto sentire meglio? Se così era… be poteva andare. Non sarei stata certo io a fermarlo.
“Tranquilla.. Io non dirò il tuo nome. Non dirò che tu sai.”
“Invece dovresti.”
“Ovvio che no.”
“Tu hai la coscienza sporca.. no? Bene anche io l’ho. Lo hai detto tu stesso. Pagare le nostre pene ci farà bene.”
“Tu non hai fatto niente! Sai, ma non hai colpa se non quella di difendermi. Io non farò il tuo nome, neanche con una pistola puntata contro o sotto tortura.”
Non parlai. Aveva la faccia pallida, bianca e impaurita. Mi faceva tenerezza. Tentava di fare tanto il duro, la persona forte, ma non poteva reggere ancora per molto. Forse un'altra persona può stare serena e tranquilla pur avendo ucciso mezzo pianeta, ma Joseph non è questo tipo di persona. Lui si sentirebbe in colpa anche uccidendo una formica o una mosca. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai da dietro.
“Io ti amo, Joe.” Deglutii “Ed è per questo che stasera ho voluto fare pace con te, ed è per questo che sarò io stessa a dirti di dire il mio nome se la polizia non ti dovesse trovare. ”
Lui si girò e mi baciò. Non smise di farlo per molto tempo.. Cominciò a sfiorare ogni parte del mio corpo e quella notte finimmo per fare l’amore come mai l’avevamo fatto. Amavo quell’uomo e non potevo negarlo perché non sarei stata credibile. 





Nota dell'autrice..
Oddio, Scusatemi. Avevo smesso di scrivere qualunque cosa, non perché non mi piacesse più, ma perché avevo smesso di credere in me stessa.. E' un discorso lungo e complicato e non vorrei annoiarvi parlandovene. Vi dico solamente che l'altro giorno ho aperto questa Fan FIction e ho riletto il quarto capitolo e ho cominciato subito a scrivere questo. E più le mie dita battevano sulla tastiera, più l'emozione di ritornare a scrivere mi sembrava viva e reale. Mi auguro che questo capitolo vi piaccia come gli altri. Voglio tante recensioni, e non solamente una come ho visto per il quarto capitolo.. Parlando adesso del capitolo.. Arriva la coppia Jerafine.. Sono felicissima di questo capitolo e di questo romanticismo.. Perciò recensite please :D Qui c'è una piccola immagine di Serafine e Joseph.. Vi piace? :D

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Capitolo 6
*** Capitolo sei. ***


Capitolo sei.

 
 
Appena tre settimane fa non credevo fosse possibile riabbracciarlo. Appena due settimane fa non credevo fosse possibile perdonarlo e invece.. Lui era qui che dormiva accanto a me e io lo fissavo. La finestra era socchiusa e entrava un vento leggero che gli scombinava i capelli delicatamente.  La sua bocca era leggermente aperta e i suoi occhi erano chiusi. Era rilassato, dormiva beato come un bambino.  
“Smettila di fissarmi.”
E proprio quando pensavo che dormisse, mi parlò.
“E’ romantico”
“No, è inquietante.”
Si girò dall’altra parte, continuando a tenere gli occhi chiusi. La mia mano si posò sulla sua schiena e poi la feci scorrere fino a che non attraversò il suo fianco e poi la bloccai sulla pancia, stringendomi a lui e respirando il suo profumo fresco. 
“Serafine..”
Sussurrò.
“Cosa?”
Mi prese la mano, accarezzandola dolcemente. Il suo respiro era fresco, pulito e la mia mano rabbrividì al contatto delle sue labbra. Si girò poi per guardarmi e mi accarezzò una guancia, dolcemente poi mi baciò.
“Vai a preparare la colazione?”
Io mi staccai. Non potevo crederci. Leccapiedi, ecco cos’era.
“Oh grazie, quindi tutte quelle coccole erano per la colazione.”
“Be se ti dicessi di no mentirei.. ”
Lo colpii sul braccio e lui si lamentò per il dolore. Ma comunque mi alzai e corsi dritta in cucina. Lo so che aveva fatto a posta ad intenerirmi, però non sapevo dirgli di no.  Così iniziai a cucinare le frittelle. Per avere un po’ di compagnia accesi la tv. Telegiornale del mattino. Il cuore prese a battere quando vidi che parlavano ancora del cadavere di quel pover’uomo.
“La polizia continua ad indagare sulla morte misteriosa di un uomo senza colpa, senza peccati. Un uomo che era amato da tutti e che nessuno odiava, ma evidentemente qualcuno c’era. La polizia interroga chi passava in quel momento,  interroga i parenti, straziati dal dolore, interroga gli amici. Tutti dicono che probabilmente era a causa di amore. Era tormentato da una vicenda di cui nessuno sa molto. L’uomo non era sposato, ma a quanto pare si stava frequentando con una ragazza che non ricambiava i suoi stessi sentimenti e si crede in un suicidio oppure in un omicidio di gelosia..”
Chi lo sapeva? Chi lo aveva detto? Non lo sapeva nessuno. Nessuno all’infuori di quell’uomo, di me, di Joe e della famiglia di Joe. Ma loro non lo tradirebbero mai. Nessuno sapeva che lui si era innamorato di me, nessuno sapeva cosa stesse succedendo. Da dove saltava fuori quella notizia? 
“Chi è stato?”
Joe mi fece sobbalzare.
“Non ne ho idea.”
“Chi lo sapeva Serafine? Lo hai detto a qualcuno.. a Wendy?”
“Joseph stai scherzando? Ovvio che Wendy lo sa ma non lo dirà mai. Morirebbe piuttosto che smascherarti.”
Era immobile, li fermo, spaventato. Pietrificato. Aveva paura.
“Amore..” mi avvicinai a lui. “Hey, senti non c’è problema, ok?”
“Non c’è problema, non c’è problema? Serafine tra poco mi trovano. La polizia non è mai stata così veloce adesso perché deve esserlo con me?”
Allungai una mano per sfiorargli il braccio, ma lui fece un passo indietro.
“Ok, hai ragione”abbassai la mano “Stanno per trovarti, ma avevi tu stesso che lo volevi, volevi andare tu stesso dalla polizia e non pensavo avessi paura.. Perché adesso l’hai?”
I suoi occhi diventarono lucidi, deglutì.
“Non pensavo dovesse succedere così presto, Ser. Pensavo di aver più tempo  per calmarmi, credevo di avere tempo per stare meglio. ”
“Forse è meglio che non ci pensiamo adesso. Perché non torni a letto? La colazione è quasi pronta, te la porto li.”
Gli sorrisi fiduciosa. Volevo farlo stare calmo, farlo rilassare, farlo sorridere. E sapevo che se gli avessi portato la colazione a letto avrebbe funzionato.
“Va bene.”
Disse solamente questo e tornò in camera da letto sfregandosi gli occhi con le mani, per non piangere e per non farsi vedere da me così. Ma io già avevo visto. Lo conoscevo meglio di me stessa.  Dopo due minuti stavo andando in camera da letto con un vassoio e con un sorriso fiducioso sul viso, ma il mio sorriso diventò ghiaccio quando non lo vidi. Posai il vassoio sul comodino e lo chiamai. Non rispose. Sentii dei rumori in bagno, di acqua di qualcuno che si stava lavando. Bussai.
“Joseph.. Tutto bene?”
Ancora non mi rispose. Per quale motivo le cose devono essere sempre più complicate? Era tutto perfetto, non poteva rimanere così? Io e lui per sempre felici e contenti, come nelle favole. Perché non posso vivere in una favola dannazione? Uscì cinque minuti dopo e mi trovò sul letto. Lo vidi vestito, lavato e con la faccia distrutta. Si diresse senza parlare verso le sue poche cose che aveva portato e cominciò a infilarle alla meno peggio dentro un sacchetto.
“Che stai facendo?”
“Me ne vado.. Secondo te che sto facendo?”
Non mi degnò neanche di uno sguardo. Correva su e giù per la casa raccogliendo tutto quello che era suo.
“Dove vai? Joseph non è una bella idea, resta qui..”
Io lo seguivo a ruota, come un cagnolino.
“No!”
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, e quando finalmente il suo sguardo si spostò sui miei occhi rabbrividii. Non li avevo mai visti così spenti.
 “Non resterò qui dentro un minuto di più. Non voglio incasinarti ancora. Forse parlarci di nuovo è stato un errore.”
“Che vuoi dire? Non era tutto perfetto fino a poco fa e..”
“Appunto. Fino a poco fa. Non voglio coinvolgerti”
“Ma io sono già coinvolta!”
“E non devi continuare a esserlo! Ascoltami Ser..”Io ormai avevo le lacrime occhi. Non sopportavo di perderlo ancora, era già stato crudele la prima volta, non volevo una seconda volta. Lui prese le mie mani sulle sue, me le stringeva e me le massaggiava, piano, come per rassicurarmi. Ma io non ci riuscivo. Sapevo  cosa stava per dirmi e io non volevo sentire nulla. “Io ti amo. Ti amo come non ho mai amato nessun’altra in vita mia e come credo che non amerò mai, ed è proprio per questo che me ne sto andando. Tu non hai colpa in questa storia, non devi entrarci ancora di più di quanto tu non lo sia già. Io ho fatto l’errore e io devo pagare. Non tu, ne nessun altro. Io ho ucciso io vado in carcere. Se non è adesso, tra un paio di mesi. Prima o dopo non fa differenza. Ma tu..” Ormai sembravo un fiume in piena. Lacrime incontrollabili, scendevano giù spietate, crudeli, amare. Ogni lacrima era un pezzo della nostra storia che andava via. E io volevo fermarle, per salvare tutto, ma non ci riuscivo, loro erano più forti di me. “Tu non devi pensare a me. Ti amo, ricordalo sempre qualunque cosa accada.”
Le sue labbra sulla mie, fini, delicate, leggere. Non le scorderò mai. Dopo il bacio, mi abbracciò e poi sparì. Perché tutto doveva essere così difficile? 




Nota dell'autrice.. 
Non saprei cosa dire su questo capitolo a parte il fatto che ho pianto tutto il tempo mentre lo scrivevo, soprattutto quando joe ha deciso di sparire, facendo un discorso d'effetto e lasciando Serafine da sola.. E' li che rischiavo di fare c oncorennza all'oceano Pacifico tanto che quasi non riuscivo a scrivere visto che avevo gli occhi completamente bagnati. E' difficile la situazione che stanno vivendo.. entrambi vogliono che niente di tutto questo sia successo, vogliono stare tranquilli senza paura e angoscia.. e invece le cose non so mai come loro si apsettano che siano. Un pò come tutti noi nella vita reale.. Mi hanno fatto molto piacere le recensioni dello scoarso capitolo e gradirei che non vi limitaste solamente a leggere e a non recensire, per favore, mi fa davero piacere leggere quello che pensate. Comunque.. qui ci sono due foto che descrivono gli stati d'animo dei due protagonisti.. e sono moltooo tristi. Lo ammetto.Ah...Colpo di scena in arrivo :D


  

Sarah.

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Capitolo 7
*** Capitolo sette. ***


Capitolo sette.
 

Terzo giorno senza di lui. Avevo provato a chiamarlo, a mandargli messaggi, ma non rispondeva. Avevo chiamato tutta la sua famiglia per sapere dove fosse, ma neanche loro sapevano che fine avesse fatto. Joe era sparito senza che nessuno sapesse per dove. Ed eravamo tutti incredibilmente in ansia.
“Hey” esclamai quando scattò per l’ennesima volta la segreteria “Non so quante volte ti ho chiamato.” Feci una pausa e sospirai “Mi manchi, Joe, e tanto. Non so dove sei finito, in realtà non lo sa nessuno.. e siamo preoccupati.. Per favore richiamami.”
Non ebbi il tempo di chiudere la chiamata che squillò il cellulare, sperando che fosse lui, risposi subito senza guardare chi fosse.
“Joe??”
Ma dall’altro lato non rispose nessuno. Ne Joe, ne qualcun altro. Sentivo solo dei sospiri piccoli e intensi. Rimasi pietrificata.
“Chi è?”
Provai ancora. Poi udii dei rumori di qualcuno che scriveva qualcosa su un pezzo di carta, e poi qualcosa che cadeva. Un botto pesante, inquietante.
“Chi.. è?”
Balbettai.
“Serafine?”
Era una voce sconosciuta, che mai avevo sentito. Mi mancava il fiato e non riuscivo più a muovermi era come se quei sospiri mi avessero immobilizzato.
“Chi.. parla?”
Nessuna risposta.
“Lei è Serafine?”
“Ma chi parla?”
Insistetti. E poi cadde di nuovo qualcosa di pesante, ma stavolta non fu dall’altro capo del telefono, ma a casa mia. Nel mio appartamento. Il cuore ormai batteva all’impazzata e non ebbi neanche il coraggio di voltarmi a vedere che cosa stesse succedendo. Poi ci fu il medesimo colpo. Stavolta, dall’altra parte.
“Mi devi dire se tu sei Serafine.”
“Si.. Sono io.”
Riuscii a dire infine. E poi la linea cadde, o meglio la voce sconosciuta aveva chiuso la chiamata. Rimasi così immobilizzata per altri cinque minuti, assicurandomi che quei rumori fossero davvero finiti. E così andai a ispezionare tutta la casa, finché entrata nella camera da letto rimasi immobile. La finestra era aperta, ed ero sicura di averla chiusa, e c’era una foto per terra.. o meglio metà foto per terra, con il vetro rotto. Io e Joe al mare, era sempre stata la mia foto preferita,  ma adesso la mia faccia era stata completamente tagliata e non la trovai da nessuna parte. Sul comodino c’era un pezzo di carta. Sopra vi era scritto:
 
 Io so dov’è, Serafine. Non è in buone mani, questo te lo prometto. Ma tranquilla non gli farò dal male.. Perché dovrei?
 
 Non c’era nessuna firma. Solo quel biglietto scritto in corsivo, con un nero pennarello marcato. Mi guardai attorno spaventata e chiusi la finestra. Poi presi un forte respiro e insospettita dal fatto che quel rumore così forte potesse essere stato provocato solamente dalla foto,  controllai l’unica stanza in cui ancora non ero entrata.. Il bagno. Notai subito che il grosso lampadario era a terra, al centro della stanza. Ecco cos’era stato quel rumore.. O meglio quei rumori. Erano tutti a casa mia, non dall’altra parte del telefono. Terrorizzata più che mai, senza, provare a mettere a posto, corsi verso casa di Wendy.  Quando finii di raccontare tutto a Nick (si era con lei, come sempre) e Wendy, loro rimasero immobili rabbrividendo come avevo fatto io.
“Io non entrei più a casa se fossi in te.”
“Oh certo. Rimango fuori di casa. E poi?”
Nick alzò le sopracciglia, incrociando braccia e gambe.
“Poi...”
Wendy lo guardava di sottecchi.
“Ok, ignoralo. E’ nato così, non possiamo farci niente. ”
Nicholas fece schioccare la lingua, guardando Wendy divertito.
“Come sarei nato?”
“Ritardato. Non può mica auto-buttarsi fuori di casa sua. Secondo me devo dirlo alla polizia.”
Nicholas alzò le mani.
“E poi sarei io quello ritardato? Se denuncia il fatto alla polizia le chiederanno sicuramente spiegazioni e poi cosa dirà?  “E’ scappato perché ha ucciso quell’uomo che voi avete trovato in un cassonetto dell’immondizia.” Ma dai.”
Wendy annuì, accorgendosi che neanche la sua era una brillante idea.. Se solo lui non fosse scappato.
“Il punto è che io non voglio davvero tornare lì… Insomma qualcuno è entrato mentre io ero dentro, è inquietante, potrebbe rifarlo e farmi del male.”
“Voleva solo spaventarti… e avvertiti del fatto che Joe almeno è vivo.”
“Ho paura. Voglio che lui ritorni,voglio che qualcuno esca fuori adesso dicendo “Candid Camera” e sarebbe tutto più facile no?”
“Puoi stare da noi, Ser.”
Sospirò Wendy. Gli occhi mi si velarono di leggere lacrime amare. Non vedevo soluzione al problema. Poteva esserci? Joe mi mancava, ogni secondo sempre di più. Passarono i giorni senza che ricevessi una sola notizia da lui. Il mio sguardo da vivace e allegro si fece spento e senza alcuna luce. Joe era quella persona che riusciva a mantenere vivo il mio sguardo, a farmi essere felice, a farmi ridere e ora era sparito, di nuovo. La paura ancora non era passata, mentre tentavo di convincere me stessa del contrario, questa sembrava aumentare di minuto in minuto. Avevo le sensazione, e ne ero quasi certa, che Joe fosse in pericolo, che gli fosse successo qualcosa e io dovevo sapere cosa a qualunque prezzo.
“Serafine?” Nicholas entrò nella sua camera degli ospiti, che ormai era diventata la mia e mi guardò seriamente preoccupato. “Tutto bene? Non ti ho visto toccare cibo oggi e neanche ieri.”
Lo guardai con uno sguardo pesante, preoccupato. Senza rispondere.
“Lo so che sei preoccupata per Joe, lo siamo tutti e.. Io e Wendy abbiamo deciso di rimandare il matrimonio.. Abbiamo sospeso ogni preparativo, finché Joe non torna.”
Ancora non gli risposi. Stavo distesa sul mio letto a fissare il nulla del soffitto, immaginando che li sopra ci fosse il volto di Joe, chiamatemi pure stupida, se volete.
“Serafine..” Si venne a sedere accanto a me e senza dire un’altra parola, mi strinse la mano. Stupidamente due lacrime cominciarono a solcarmi il viso, dopo tanto tempo, finalmente avevo il coraggio di piangere.  Nick non disse una parola, ma si limitava a stringermi la mano come per dirmi Va tutto bene, io sono qui.
“Vorrei sapere solo dov’è. Voglio solo sentirlo, almeno per un minuto.”
“Lo so.”
Strinse ancora di più la mano e dopo, senza neanche pensarci mi buttai tra le sue braccia e lui mi strinse forte, come mai aveva fatto. Lui c’era sempre stato per me, non era solo il fidanzato della mia migliore amica e il fratello del mio fidanzato, era il migliore amico che potessi avere.  Quando ci staccammo lui mi sorrise.
“So io cosa ti serve.”
“Cosa?”
“Aspetta”
Uscì dalla stanza sorridente e sentii la risata di Wendy echeggiare per tutta la casa e poi i suoi passi sempre più vicini.
“Devo ammettere che Nicholas ha avuto una fantastica idea.. Vestiti, tesoro, io e te andiamo a fare shopping!”
Quella non era una domanda, non era una frase che voleva una risposta, era il comando gentile di Wendy, lo riconobbi subito. E così, non potendo oppormi cercai di fare del mio meglio in mezz’ora per rendere il mio aspetto presentabile e fintamente sorridente. Adoravo i miei due migliore amici. 



Note dell'autrice..
Sono mooooolto felice perché...

 


Non pensavo di arrivare a tanto con sei capitoli.. Perciò grazie mille a tutti quelli che fanno parte di quel 26, di quel 5 e di quel 6. Vi adoro davvero tanto. Andando al capitolo... Colpo di scena promesso, ed eccolo qui. Mmmh... ma chi sarà mai la persona che è entrata in casa di Serafine? Dov'è Joe e che cosa succede? Io so le risposte e ovviamente non ve le dico, altrimenti, dove sarebbe il divertimento? ahahah (: Spero che questo capitolo vi piaccia.. e spero di raggiungere anche in questo capitolo ben 6 recensioni, o anche di più. GRAZIE. Vi adoro tanto.. e per ringraziarvi ecco a voi un piccolo reaglino con un messaggio di Joseph. (Ok, non ha molto senso, ma mi piaceva la frase in inglese v.v ) Detto questo... 
xoxo Sarah.




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Capitolo 8
*** Capitolo otto. ***


Capitolo otto.

 
“Sai che c’è, Nicholas?”
Sentii dire a Wendy, appena sveglia.
“Si lo so. Devo mettere più nutella. Scusami, per la prossima volta.”
Risi sentendomi felice per quel solito loro discorso mattutino. Ormai la frase “sai che c’è, Nicholas?” era diventata un po’ la mia sveglia. Non avevo idea di quanta nutella dovesse metterci Nick nei pancake, dato che ogni mattina aumentava sempre la quantità. Mi alzai dal letto stropicciandomi gli occhi come una bambina. Wendy e io saremmo andate a casa mia oggi. Con un sospiro preparatorio, mi alzai.
“Serafine!”
Commentò Nick gioioso vedendomi. Alzò le braccia in senso di vittoria mentre Wendy scuoteva la testa.
“Io ancora non ho capito perché ti sposo.”
Nick si girò malizioso.
“Perché mi ami.”
Lei scosse ancora la testa e non rispose. Quei due mi facevano piegare dalle risate ogni minuto che trascorrevo con loro. Mi sedetti su una della sedie, prendendo un pancake.
“Per me la nutella è a posto.”
Commentai dopo averne mangiato uno. Nick mi fece l’occhiolino e Wendy borbottò qualcosa di incomprensibile. Accesi la televisione, nella speranza che ci fosse qualche bella notizia… ma successe tutt’altro.
“Adesso passo la parola alla nostra inviata che è sul posto.”
Quella stessa immagine che avevo visto in tv la mattina in cui Joe se n’era andato, ricomparve sullo schermo.  Era anche la stessa giornalista.. Caso Johnson c’era scritto. Ebbi un colpo dritto in stomaco, come quando qualcuno ti da un pugno lancinante.
“Abbiamo un testimone che ha insistito per restare nell’anonimato. Il testimone afferma che l’assassino di Stefan Johnson lo avrebbe gettato sul cassonetto e poi sarebbe scappato.”La giornalista si girò verso l’immondizia, come se fosse un bel panorama e fece una faccia fintamente grave. “L’uomo sulla ventina, bello, alto e con una muscolatura notevole. Mostriamo una foto dell’uomo che il testimone ha visto in faccia.” Tutti guardavamo la televisione, tesi.  “Ora è a piede libero.” Ci aspettavamo tutti e tre la foto di Joe, raffigurato come l’assassino.. ma quello nella foto non era lui. Era un uomo sconosciuto, mai visto. Restammo increduli. “Se avvistate quest’uomo, siete pregati di contattare la polizia.”
“Che cosa significa?” Blaterò Wendy, incredula più di tutti.
Già che significa? L’assassino era stato Joe.. lo sapevamo tutti noi.  Aveva ucciso per me, lo aveva fatto per gelosia.. era stato lui stesso a dirmelo.
“Forse hanno trovato l’assassino sbagliato.”
In casa non fiatava nessuno. Non volava neanche una mosca. Non un sospiro, non un rumore. Eravamo come quasi pietrificati.. Non respiravamo nemmeno. E poi il mio telefono squillò. Era lo stesso numero sconosciuto di prima.
“Pronto?”Borbottai.
Era la stessa voce di qualche giorno fa. Terrificante e misteriosa come prima. Rabbrividii come avevo fatto esattamente quel giorno.
“Serafine. Dove sei? Non ti trovo a casa. Hai lasciato il lampadario a terra? Potevi sistemarlo..”
Era come se qualcuno avesse premuto il tasto stop al mio respiro e avesse annullato ogni mio movimento. Lui continuava a parlare dicendo frasi che mi facevano stare immobile. Nick e Wendy mi fissavano quasi come se non avessero altro da fare.
“Smettila.”
Quasi urlai tra le lacrime. Io volevo solamente sapere dov’era Joe. Volevo sentirlo, volevo sapere se stava bene o no. Volevo avere almeno una sua piccola notizia.
“Oh.. calmati Ser. Ogni cosa a tempo debito.”
Disse quello con un ghigno e poi lo sentì ridere. Nick per nervosismo, cominciò a sparecchiare il tavolo, levando ogni cosa che c’era sopra. Wendy incrociò le braccia, battendo il piede a terra, nervosa e impaziente.
“Fammelo sentire!”
Non riuscivo quasi più a parlare tanto ero nervosa.
“No. Dove sarebbe il divertimento?”
E rise ancora. Stupido, sadico idiota. Poi attaccò. Sbuffai.
“Chi era? Che voleva? Che ha detto?”
Wendy si torturò le mani come faceva ogni volta che era in ansia. La guardai insistentemente.
“Già. Che voleva?”
“Era lo stesso sconosciuto di prima.”
Guardandomi le braccia notai la pelle d’oca. Sentivo freddo come se stessi sul ghiaccio.
“Hanno Joe e non vogliono che io lo senta!”Piagnucolai.
“Chi ha Joe?”Chiese Nick.
 ”Io non ne ho idea! Se lo sapessi non sarei qui a piangere. C’è qualcosa che non sappiamo ragazzi.. e non è una cosa da poco. Vaffanculo Joseph Adam Jonas.”
Urlai disperata. Nick e Wendy si lanciarono sguardi nervosi, complici. Entrambi aprirono la bocca per parlare ma non sapendo che dire, la richiusero subito dopo.
“Oggi non andiamo a casa mia, Wendy. Non voglio.”
Detto questo mi ritirai nella mia camera. Nervosa cominciai a pensare. Respiravo a fatica. Perché avevano rapito Joe, e chi lo aveva fatto? Perché non potevo sentirlo? Stava bene? Era ferito o stava male? Mangiava? Dormiva? Mi pensava? Perché era nervoso la mattina in cui se n’era andato? Sospirai e maledissi me stessa per essermi innamorata di lui. Ma no.. pensai subito dopo. Non devo maledire me.. Devo stare calma, si devo stare calma. Continuai a pensare. Mille domande mi frullavano per la mente e non avevo risposta a nessuna di quelle. Evviva. 





Note dell'autrice...






OH MIO DIO. Quattro giorni fa avevo espresso il desiderio che quei 26, quei 5 e di quei 6 aumentassero e adesso mi ritrovo con 37, 7,1 e 9 *__________________*
Non ho la più pallida idea di come dirvi grazie e di mostrare il mio affetto per tutte le DIECI mangnifiche persone che la scorsa volta hanno recensito. Spero di raggiungere anche questa volta lo stesso numero e, perché no, magari di aumentarlo. Parlando del capitolo non vi dico niente se non lasciate le risposte ai prossimi capitoli. So già che la mia amatissima Agata mi riempirà la recensione con 8000 domande ahahahah xD
Spero che vi piaccia anche perché scriverlo è stata un impresa.. mancata ispirazione e crisi da pagina bianca. Aaaaaaaaaaaaaah.





La foto è enorme lo so ahahahaha vi piace? (: 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove. ***


Capitolo nove.


Correvo sempre più veloce e più forte. Non avevo mai avuto talmente tanto fiatone. Respiravo a fatica e il cuore non aveva accelerato i battiti solamente per lo sforzo, ma anche per la tremenda paura che avevo. Sentivo dietro di me qualcuno che mi stava seguendo, da ormai dieci minuti. Se acceleravo il passo lo faceva anche lui, se rallentavo, lui rallentava, se mi giravo a destra lui girava a destra. Non avevo modo di seminarlo era come la mia ombra, solo molto peggio.. ed era umana. Sentivo il suo respiro ormai sulla mia spalla e per quanti sforzi potevo fare per accelerare non ci riuscivo. E così continuai a correre, finché non inciampai e caddi. Mi voltai con una paura tremenda che mi invadeva per tutto il corpo, e ansimando urlai vedendo l’uomo davanti a me con una pistola che mi puntava sulla tempia.
“Serafine!”
Era Joe che urlava? Sentii dei passi più vicini e l’altro uomo si voltò.
“Serafine!”
Poi aprii gli occhi, urlando e respirando con fatica. Mi guardai attorno e massaggiandomi le tempie vidi Joe che mi guardava confuso. No un attimo.. Joe? Mi stropicciai gli occhi come per scacciare via quella mi sembrava una visione. Joe era davanti a me? Quegli occhi rossi e confusi erano davvero i suoi? Quei capelli sporchi e scuri erano i suoi? E quella barba? Quei vestiti? Restai a bocca aperta. Ero.. eravamo, in una stanza marrone, c’era solamente una finestra alta e una porta senza chiave all’interno. Come arredamento c’erano solo delle balle di fieno. E noi eravamo seduti li. Cos’era, un fienile? C’era una puzza insopportabile di chiuso e di.. uova marce.
“Che cazzo..”Esclamai pensando di essere pazza. Guardai Joe, lui rideva. Come poteva ridere?
“Si, siamo in un fienile. E no, non possiamo uscire. E ancora no, non so cosa ci fai tu qui e non so perché ti hanno preso.”
Hanno chi? Cosa? Mi passai una mano sul viso senza parlare. Avevo la gola asciutta. Come se sapesse a cosa stessi pensando, lui si alzò e prese un bicchiere sporco, si avvicinò a un rubinetto e aprendolo lo riempì e poi me lo portò. Presa da un senso di forte igiene guardai il bicchiere perplessa. Di solito l’acqua è trasparente, no? E allora perché li sembrava senape?
“E’ tutto quello che c’è, tesoro. O questa.. o muori di sete.”
Forse avevo le allucinazioni, o forse stavo uscendo pazza. Presi titubante il bicchiere e in un solo sorso lo svuotai. Una sensazione strana mi perforò la gola e cominciai a tossire. Che schifo. Oddio. Joe fece un piccolo sorriso e gli vidi gli occhi umidi. Si avvicinò a me e mi aiutò a riprendermi.
“E’ qui che sei stato per tutto il tempo, Joe?”Riuscii a bofonchiare.
Sentivo freddo e tremavo. Lui scosse la testa. Ma non disse niente. Non rispose. Si limitò a darmi la sua giacca e a coprirmi. La testa mi bruciava.. cercando di respirare provai a ricordare quello che mi era successo.
 
 
“Esco io a prendere il pane, ho bisogno di fare due passi.”
Wendy e Nicholas annuirono e poi ritornarono a pomiciare sul divano. Divertita, scossi la testa. Fuori casa finalmente riuscivo a sentire l’aria fresca che mi inondava le narici, il sole ormai giunto al tramonto si divertiva a giocare con le luci chiare del cielo e un sorriso di strana pace comparve sul mio volto. Mi stavo dirigendo verso il negozio quando sentii dei passi proprio dietro di me, mi voltai curiosa, ma non vidi nessuno. Accelerai il passo, ma sentii delle mani che mi stringevano il polso. Vidi un uomo incappucciato. Avrei voluto urlare, ma lui mi tappò la bocca e mi portò in un vicolo cieco.
“Ciao Serafine.”
E poi un colpo alla testa e il buio.
 
 
 
 
 
“Che sta succedendo, Joe? Spiegami.”
Allargai le braccia con fare disperato. Ma lui scosse la testa, con gli occhi più lucidi che gli avessi mai visto fare.
“Perché no?”
“Non posso parlarne, capisci? Non chiedermelo più.”
Sembrava mio padre che mi diceva di non dire più parolacce. Fuori si sentii una macchina che posteggiava davanti a quella specie di fienile. Guardai Joe, lui abbassò lo sguardo e si allontanò da me, spaventato. Si mise dall’altro lato della stanza, senza dire una parola.
“J..”
“Zitta. Non parlare.”
Sbottò lui. Si sedette su un angolo e guardò per terra. Io non capivo niente di tutto quello che stava succedendo. Mi avevano rapito? Che volevano da me? E da Joe? La porta si spalancò e lo vidi rabbrividire. Un uomo alto, dalla corporatura robusta, dai capelli corti e neri entrò nella stanza. Assomigliava fisicamente a Joe, ma non aveva la sua stessa faccia.. Ma quel viso mi era familiare. Cercai di ricordare, ma il mio cervello si rifiutava di pensare. Si avvicinò a me e mi fece un sorriso sadico.
“Ciao.”
Anche la voce era familiare.. Significava che lo conoscevo. Mi sfiorò una guancia con le sue mani fredde ed ebbi un brivido per tutto il corpo.
“Non toccarla bastardo.”
L’uomo si girò verso Joe. Fece un sorrisetto, alzò la mano e mi colpì in pieno viso. Io urlai dal dolore.
“Ops.. Scusami. L’ho già fatto.”
Sbarrai gli occhi, sia per il dolore, che per lo spavento. Joe strinse i pugni per terra, ma non si mosse.
“Bravo, ottima scelta.”
L’uomo mi prese per il braccio e mi portò fuori. La luce forte del sole mi costrinse a mettermi una mano sugli occhi che bruciavano.
“Adesso io e te facciamo due chiacchiere.”Sorrise. Quel sorriso beffardo che gli avrei volentieri tolto dalla faccia. La mia guancia pulsava ancora dal dolore. Incredibile quanto male mi avesse fatto. “Allora che cosa sai?”
“Niente. Non so assolutamente niente.”
“E’ la stessa cosa che mi ha detto Joe su di te. Ti ha detto lui di dirmi così?”
Feci una faccia perplessa. Ma di che cosa stava parlando?
“Non vedo Joe da due o tre settimane e non l’ho neanche sentito.”
“Ovvio che no. Io voglio sapere di prima. Cosa ti ha detto prima.”
“Non mi ha detto niente..”
Stavo tremando e non avevo la più pallida idea del perché. Nessuno mi metteva soggezione, niente e nessuno mi faceva tremare se non il freddo. Nessuno mi metteva ansia.. ma quell’uomo si. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo. Presi un forte sospiro e abbassai la testa. Quell’uomo però, mise la sua mano sotto il mio mento e mi costrinse a guardarlo dritto negli occhi. Continuai a tremare.
“Perché non ti credo?”
“Joe non mi ha davvero detto niente..”Ormai ero sull’orlo delle lacrime. “Non so niente di tutta questa storia, voglio solo riavere la mia vita, Joe e basta.”
La mia voce era un lamento debole, tremante. Lui non mi lasciò andare. Mi guardò per altri due interminabili minuti e poi tolse la mano.
“Ho detto che voglio sapere cosa sai e tu me lo dirai. E se non lo fai con le buone.. lo farai con le cattive.”
Mi colpì ancora sulla guancia, se è possibile più forte di prima. Ormai le lacrime scendevano.
“Non toccarla Jonh! Non sa niente, sono sincero!”
Sentii le urla disperate di Joe da dentro il fienile. Urlava con tutto il suo fiato. Jonh, pensai che quello fosse il suo nome, mi guardò. Prendendomi per un braccio, dolorosamente, aprì la porta, mi gettò dentro facendomi cadere e poi se ne andò. Cominciai a piangere spaventata e confusa.
“No amore, no..”Joe aveva gli occhi lucidi, si chinò su di me “Amore.. è tutto ok, è tutto ok.” Mi prese tra le sue braccia e mi strinse forte. Continuai a piangere e a singhiozzare fino a quando non avevo più lacrime da usare e Joe rimase con me per tutto il tempo. Ci stringevamo a vicenda e lui continuava a ripetere ‘va tutto bene,  è tutto ok’ quasi come se io fossi un gattino spaventato.. e forse lo ero davvero. 




Note dell'autrice..
Eccomi qui! Allora.. capitolo triste, tenero, misterioso e un pò confuso.. Se avete concordato con questi quattro aggettivi, allora sono riuscita nel mio intento. Il capitolo non nego che mi piace molto.. Compare un uomo che Serafine conosce, che ha già visto, ma non ricorda dove ne il perché. Joe è tenero, stanco, stremato, ma tenero e tenta di proteggere Serafine dalla verità che non sa e che non deve sapere.. Ma lei saprà ogni cosa, a tempo debito. Comunque.. Ho scritto questa shoot per un round robin, se passate, mi fate tanto contenta :D
Sono molto felice perchè in ogni capitolo devo cambiare lo screen 



Grazie a chiunque fa parte di quei numeri. Davvero, grazie. Be passando alla foto del capitolo era un pò difficile trovarla, ma alla fine ho scelto questa.. mi è sembrata tenera e credo sia adatta... 





Spero che il capitolo vi si piaciuto, mi raccomando, recensite. Un abbraccio a tutti,
Sarah.

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci. ***




Correvo come l’altra notte. Stavolta forse anche più forte, mi mancava il fiato e i sospiri dell’uomo che mi stava dietro li sentivo sempre più vicini. Correvo, ma era come se non mi muovessi di un solo passo. La testa aveva cominciato a girare e il mio respiro a farsi sempre più irregolare e inciampai di nuovo. Solo che stavolta Joe non mi chiamava. Vidi ancora la stessa figura incappucciata e sebbene cominciavo a distinguere i tratti del corpo non riuscivo a capire che faccia avesse, non riuscivo a vederlo negli occhi. Poi guardai la sua mano e vidi ancora la stessa pistola. Lui vedeva me e io non vedevo lui. Stavolta il colpo lo sentii. E allora mi svegliai di soprassalto, urlando. Joe era accanto a me e mi guardava indecifrabile. Mi passò una mano sulla fronte come per farmi capire che stavo sudando. Lui non disse nulla e si alzò. Non riuscivo a vedere cosa stesse facendo visto che la luna riusciva a mala pena ad illuminare i nostri volti. Poi Joe tornò con qualcosa di asciutto e con il solito schifoso bicchiere d’acqua. Ormai mi ero abituata a quel sapore di terra misto a detersivo per piatti, ma avrei pagato oro per un po’ d’acqua pulita. Era una settimana che stavo li da sola con Joe a temere che quell’uomo ritornasse, ma niente lui si era come volatilizzato. Joe mi asciugò le lacrime che stavano per scendere lungo le guance e dopo avermi rassicurato, per l’ennesima volta in sette giorni. mi chiese:
“Meglio?”
Io annuii. Mi cinse le spalle con un braccio e ci distendemmo insieme. Amavo lasciarmi stringere tra le sue braccia, amavo sentirmi finalmente tranquilla.
“Non riesco più a stare qui dentro”Sbuffai.
“Almeno stiamo insieme.”
Perché doveva essere così maledettamente dolce?  Si mise su un fianco e io feci lo stesso. Dopo sentii le sue labbra delicate su tutto il collo, sulla fronte, sulle labbra. Intrecciò le sue dita con le mie e poi mi sorrise. A un certo punto la luna illuminò qualcosa. Una parte leggermente alzata sul pavimento del fienile. Mi sciolsi dall’abbraccio e fissai quella parte.
“Che ti prende?”
Joe fissò i miei occhi e seguì la loro direzione fino al pavimento. Mi alzai senza parlare e cominciai a scoprire la paglia che copriva ogni centimetro del pavimento di legno. Joe cominciò ad aiutarmi finché non si intravide una botola. Un ghigno comparve sui nostri volti. La botola ormai era totalmente visibile. Senza dire una parola Joe prese il manico di ferro che stava di lato e cominciò a tirare. Ma quella non si alzava. Così riprovò. Due volte, poi tre, poi sette, poi dieci. Nulla. Quella stava li inerme come per dirci che non c’era nessuna via di fuga. Deluso si sedette.
“Riproviamoci.”
Proposi io. Mi alzai e cominciai a tirare, ma caddi subito all’indietro e sentii uno strappo alle braccia. Feci una smorfia di dolore.
“Nulla”
Sospirammo entrambi. Riprovammo ancora per ore e ore fino a quando il sole non cominciò a comparire e sentimmo una macchina girare per il vialetto. Quasi automaticamente, dopo aver ricoperto tutto, ci spostammo ai lati opposti del fienile. In attesa che chiunque dovesse entrare entrasse, mentre il nostro cuore batteva all’impazzata.  Entrò Jonh. Il detestabile Jonh.
“Come stanno i miei due meravigliosi amici?”
Urlò appena entrato. Incrociai le braccia al petto. Nessuno di noi due rispose.
“So che è mattina presto.. ma non riuscivo a dormire.”
Fece schioccare la lingua e si sedette accanto a me. Joe si mise subito in allerta con lo sguardo se la sfiori sei morto. Non sapevo se era una metafora o meno.
“Allora.. Il tuo fidanzatino non ti ha ancora detto come stanno le cose?”
Lo guardai con disprezzo avevo solo voglia di mollargli un pugno, ma non potevo. Ero inerme.. dovevo sottostare alle sue prepotenze.. D'altronde era lui quello con la pistola in mano e che poteva ucciderci da un momento all’altro.
“Non le ho detto niente e non sarai tu a farlo.” Ringhiò Joe.
“No? Stiamo a vedere. Serafine, sai chi ha ucciso quell’uomo?”
Io guardavo Joe e poi Jonh e viceversa. E se la risposta due minuti fa mi sembrava ovvia adesso non lo era affatto.
“Joe.”
Risposi con voce tremante e incerta. Jonh scoppiò a ridere. Lo guardai alzando le sopracciglia.  Ditemi, era così divertente? Evidentemente le persone sadiche si divertono.
“No.”Disse Jonh a un tratto serio. No significava che Joe non aveva ucciso nessuno? Impossibile. Lui me lo aveva detto, non avrebbe potuto mentirmi su una cosa del genere.  E poi perché dire che è stato lui se non lo è stato? “Ho incontrato il tuo caro fidanzato alla stazione di polizia. Ho preferito rapirlo per evitare inconvenienti e mettere le cose in chiaro. Gli ho chiesto cosa sapevi tu.. ho fatto delle ricerche su di te. Così sono entrato in casa tua.. A proposito vuoi pagati i danni per il bagno?”
Il mio sguardo era immobile su Joe e il suo su Jonh. Chiusi le labbra e mandai la testa all’indietro.
“Joe?”
Un groppo in gola mi impedì di andare avanti. Joe si avvicinò si mise davanti a Jonh e gli sferrò un pugno talmente forte da farlo cadere a terra, disteso.
“Non dovevi dirglielo.”
“Sarà contenta di sapere che l’assassino sono io.”
Vi prego, fermate questa pazzia.
“Perché.. mentirmi, Joe?”
Parlavo a scatti e dicevo frasi senza senso. Ero talmente confusa che una frase con un verbo e soggetto sembrava complicata da formulare.
“Diglielo tu, amico mio.”
“Vaffanculo Jonathan. Vaffanculo”
“Andiamo amico!”Jonathan si alzò, diede una pacca sulle spalle a Joe e tremai perché temevo che Joe cadesse talmente il colpo era stato forte. “Non vuoi dire alla tua ragazza tutta la storia?”
Joe contrasse le labbra e mi guardò. Mi alzai in attesa che uscisse qualcuno con una telecamera e mi dicesse “sei su candid camera!” ma non uscì nessuno. L’unica cosa che potevo aspettarmi erano delle spiegazioni, che non arrivarono. Nemmeno dopo che Jonathan se ne andò perché aveva un appuntamento con una ragazza.. a pagamento. Joe non parlò. Zitto, muto. E io non insistetti più dopo ben due ore di vani tentativi per farlo parlare. Avete presente quando vi sentite completamente pazzi, quando il mondo sembra fermarsi e niente ha più senso? Avete presente quando volete solo piangere e urlare per ore, con la speranza che tutto torni normale? Avete presente quando tutte le certezze diventano dubbi? Forse ero soltanto pazza e tutto questo era frutto di un sogno. Forse ero dentro un manicomio e queste erano visioni. O forse ero in un film. O, ancora forse, mi ero persa nella mia stessa vita? 





Da dove iniziare? Lo so che adesso cominciate a essere ancora più confuse di prima oppure capirete alcune cose.. Sappiamo che Joe è innocente. Ma il resto della storia dov'è? Perché Joe tace, cosa doveva mettere Jonh in chiaro con Joe? E ancora, perché ha preso Serafine? Be..  Mi sento sadica, ma non posso rispondere :D Intanto ho cambiato "la grafica" bella no? :D Sono contenta di postare un altro screen.. Uno diverso.. i numeri non sono aumentati tanto, ma per me è un grande traguardo.. guardatevi.. SIETE MERAVIGLIOSI! 



Poi ringrazio ad una ad una le meravigliose persone che mi hanno inserito tra gli autori preferiti (a prescindere se lo avete fatto con questa storia o no)
1 - alexandrawhite
2 - FreNick
3 - Ineedtobehappy_ 
4 - JustLele
5 - Shecanhaveyou 
6 - __MariMalfoy
7 - __PleaseStay 


SIETE IN 7!  La foto del capitolo è questa... Vediamo per la prima volta la faccia di Jonh.. Che ve ne pare? 

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Capitolo 11
*** Capitolo undici. ***





La luce del sole mi sfiorò delicatamente una guancia e dopo arrivò sulle palpebre, facendomi aprire gli occhi lentamente. Mi girai cercando Joe, ma accanto a me le mie mani non lo trovarono. Sbadigliai
“Joe?”
Nessuno rispose. Così, mi misi seduta e mi guardai attorno cercandolo con gli occhi. Ma non c’era nessuno.
Notai che la porta era leggermente aperta. Mi stropicciai gli occhi come per capire se fosse una visione o meno, ma la luce del sole proveniva proprio da li. Ma la porta era chiusa con il catenaccio fuori.. Chi l’aveva aperta? Corsi verso la porta e titubante, misi un piede fuori. Lo guardai come se avessi paura di bruciarmi, e dopo feci avanzare anche l’altro. Fuori però non c’era nessuno. Mi aspettavo Jonh e Joe che parlavano.. Ma non c’era nessuno. A parte un cane che dormiva accovacciato sull’erba.
“Joe?”
Chiamai stavolta urlando. Ma lui non rispose. Feci qualche altro passo avanti sperando che lui apparisse come per magia, ma non c’era.. o almeno non davanti a me.
“Sh. Non urlare. Se qualcuno ti sente siamo nella merda.”
Mi girai. Si era la sua voce. Aveva la fronte sudata di sudore e le scarpe sporche di terra. Il mio sguardo si abbassò sulle sue mani e vidi che le aveva piene di graffi e di sangue.
“Joseph. Cosa hai fatto?”
Ero spaventata più che mai. Io di tutto quello che stavo succedendo andavo capendo sempre meno. Incrociai le braccia al petto, aspettando che stavolta lui mi rispondesse. Sorrise.
“Ce ne andiamo. Scappiamo!”
Inclinai la testa di lato.
“Si? E come pensi di farlo?”
Avrei amato andare via. Ma non sapevamo dove eravamo. In che direzione andavamo? E poi attorno c’era il nulla. Lui sospirò e si avvicinò a me.
“Stanotte ho rotto il catenaccio dalla porta e..”
“Cosa? Come hai fatto?”
“Non ha importanza.” Declinò lui. “So da dove scappare, so che strada prendere e ce ne andiamo adesso.”
Mi guardava negli occhi deciso. Come faceva a sapere dove andare e dove quella strada ci avrebbe portato? Ma che scelta avevo? Potevo scappare. Insieme a lui. Nonostante ero su tutte le furie perché lui mi aveva mentito e continuava a farlo. Avevo provato a fargli mille domande sui perché e sui come, ma lui taceva. Non mi guardava nemmeno. Scuoteva la testa e basta.
“Serafine.. So che sei arrabbiata con me. So che vuoi capirci qualcosa ma..”
“Ma cosa Joe? A me non serve che tu mi abbracci la sera e mi stringi a te dicendomi che mi ami quando non mi dici che cosa sta succedendo! Sono in mezzo a una situazione assurda, a volte penso di guardare un film e non di vivere la mia vita.”
Lui abbassò lo sguardo. Sentivo un groppo in gola, un'altra parola e sarei scoppiata tra le lacrime per l’ennesima volta. Mi sentivo così confusa. Joe alzò la testa, mi guardò e mi porse la mano.
“Facciamo così. Io smetterò di fare lo stronzo e risponderò, anche se in realtà non posso proprio, a ogni tua domanda e tu scappi con me.”
Quasi non credevo alle mie orecchie. Annuii e misi la mano sulla sua, stringendola. Cominciò a correre verso destra e mi trascinò con se.
“Perché Jonh ci ha rapiti?” Cominciai.
Lui rallentò il passo. Prese fiato. Si assicurò di essere abbastanza lontano dal fienile. Aprì la bocca per poi richiuderla subito dopo.
“Joe, hai detto qualunque domanda.”
“Lo so. E’ solo che..” sospirò e cominciò a camminare lentamente io ero accanto a lui gli stringevo delicatamente il braccio come se avessi paura che sparisse da un momento all’altro. “Jonh ha ucciso quell’uomo.”
Mi fermai.
“Lo so.. ma tu che c’entri? E io?”
“Non fermarti. Continuiamo a camminare.”
Riprese a camminare teso e teneva lo sguardo basso come se stesse pensando a come rispondermi. Poi mi cinse i fianchi con il braccio e sospirò. “Tu in questa storia non c’entri. Lui ti ha portato qua perché credeva che tu sapessi qualcosa sulla morte di quell’uomo. Aveva paura che fossi stata tu a dare l’identikit alla polizia.” Fece una breve pausa e mi guardò con gli occhi umidi. “Ma tu non sapevi niente. Ho provato a dirglielo, ma non mi ha creduto. Mi ha dato dei pugni talmente forti che avevo paura che la mia mandibola fosse rotta.” Fece una risata amara. “Tristemente divertente.”
Aggrottai le sopracciglia.
“Esattamente che significa?”
“Non ne ho idea.”
E scoppiamo a ridere entrambi. La nostra prima vera risata dopo tanto, tantissimo tempo. Respiravo finalmente l’aria fresca e mi sentivo quasi libera.
“Cosa dovevo sapere oltre al fatto che era stato lui? E.. perché mi hai mentito?”
“Credeva che tu sapessi cosa c’è dietro tutto questo. E ti ho mentito perché ero costretto. Jonh aveva minacciato di uccidere te, Nick e Wendy.”
“Cosa? Voleva uccidermi?”
“Solo se io ti avessi detto che ero innocente. Dovevo fare finta di essere geloso di quell’uomo.”
“Ma tu.. in realtà lo eri, no? Lui era ormai tre mesi che ci stava provando con me. Sei andato su tutte le furie e lo hai ucciso. No?”
“E’ quello che ti ho detto io, ma non è quello che è successo.”
“E allora che è successo?”
“Ero geloso e tanto anche, ma non avrei mai potuto ucciderlo.”
“Si, ma perché Jonh lo ha ucciso e tu che c’entri?”
“Io lo avevo visto uccidere quell’uomo. Ero li davanti quando Jonh lo ha pugnalato. L’ho visto morire.”
Gli vidi due lacrime solcargli il viso e avrei voluto dire qualcosa, ma non sapevo cosa. Mi limitai a fermarmi con lui e a stringergli la mano.
“Basta. Non ti chiedo più niente.. Capisco quanto possa essere doloroso.”
O forse no. Alzai la testa e vidi non poco lontano da noi un basso recinto. Joe seguì il mio sguardo e sorrise.
”Eccola li.”
Cominciammo entrambi a correre felici e increduli. Entrambi sapevamo che oltrepassare quel recinto non ci avrebbe portato fuori da tutta questa storia, non avrebbe cancellato tutto quanto. Ma quanto meno, potevamo andare da qualche parte a farci una doccia e mangiare qualcosa di più gustoso di avanzi di tre giorni. Dietro il recinto vedevo delle case. Una accanto all’altra. Il sole illuminava tutto quanto, quasi volesse accecarci. Joe mi fece fare qualche passo più a destra finché non incontrammo una parte della recensione completamente rotta.
“Sei stato tu?”
“Certo.”
Sorrise soddisfatto. Mi aiutò a passare attraverso il buco che aveva fatto e quando fui dall’altra parte, avrei voluto saltare di gioia.
“Joe.. andiamo, dai!”
Tentai di non urlare troppo perché non volevo che qualcuno ci sentisse. Dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno a guardarci, mi raggiunse.  Come per liberarsi, mi baciò sulle labbra a lungo, molto a lungo.
“Dove andiamo adesso?”
Avevamo passeggiato per ore, usando le strade meno conosciute della città per evitare sguardi indiscreti, visto il nostro aspetto. E adesso ci trovavamo a pochi metri dalla casa di Wendy. Quanto avrei voluto vederla.
“Voglio fare sapere a Nick e Wendy e a tutti gli altri che stiamo bene. Ma ho paura di mettere in pericolo anche loro, andandoci.”
 Anche Joe guardò quella casa.
“Vale la pena rischiare?” Chiesi.
“Non ne ho idea.”
Quasi automaticamente feci un passo avanti, poi un secondo. Mi girai verso Joe e lui cominciò a guardarsi attorno. Torturavo le mie mani e respirai nervosamente.
“Andiamo. Però entriamo dalla porta secondaria.”
 Annuii. Dopo due minuti ci stavamo intrufolando di nascosto a casa di Wendy. Non volevamo bussare.
“IDIOTA.”
Urlava Wendy. Si sentiva perfino da fuori. Joe trattenne una risata.
“Oh dai Wendy. È solo un po’ bruciato.”
Si sentiva lei che armeggiava con qualcosa di rumoroso. E Nick che mormorava qualcosa di poco comprensibile. Nell’entrare dalla porta del retro Joe urtò un mobile, e urlò per il dolore alla schiena.
“Chi c’è li?”
Inevitabilmente non potei fare a meno di ridere, cercando poi di smettere subito dopo, quando vidi Wendy che arrivava con aria minacciosa, reggendo nella mani un coltello e Nick con in mano una padella.
“Porca miseria, ma i mobili si mettono qui?”
Nick e Wendy si lanciarono un occhiata stupita.
“Sai Joseph io e Wendy non avevamo preso in considerazione l’idea che qualcuno sarebbe potuto entrare così furtivamente a casa nostra, perciò si, i mobili si mettono li.”
Wendy gli diede il cinque. Avevo già detto che quei due mi sembravano un film comico?
“Oh ma vaffanculo.”
Joe si teneva la schiena, dolorante.
“Mi stai preoccupando, Joe.”
Wendy si avvicinò a lui. Poi Nicholas, risvegliandosi improvvisamente, ci guardò.
“No, ma un attimo. Ma dove cazzo eravate finiti?”
“Sono stata rapita, sono rimasta con Joe in un fienile per non so quanto tempo e stamattina siamo riusciti a scappare. Ah.. Non ho capito niente di quello che succede. Perciò non chiedetemi niente. Sa tutto Joe.”
Wendy mi corse incontro, abbracciandomi e ignorando tutto quello che avevo detto.
“Mi sei mancata da morire! Ero così preoccupata.. In circostanza normali avrei chiamato la polizia, ma..”
Nicholas nel frattempo abbracciò Joe.
“Dio quanto puzzate tutti e due!”
“Grazie Wendy.”
Borbottai offesa.  Wendy e Nicholas si scambiarono una di quelle occhiate che solo loro potevano capire.
“Dovremmo dirglielo?” Chiese Nick.
“Sono appena arrivati..”
“Dirci cosa?”
Joe sembrò non avere più nessun tipo di dolore e guardava insistentemente il fratello.
“Be ecco..”
Nicholas tremava delle sue stesse parole.
“Immagino che avete fame e voglia di farvi una doccia. Perché non andate?”
Non ero sicura di voler sapere cosa avessero da dirci. Volevo solamente staccare la spina per qualche minuto, se era possibile, anche per giorni. Ma Joe invece continuava a guardarli, lui voleva sapere a differenza mia.
“Si esatto. Volete prima mangiare?”
Wendy ci portò in cucina facendoci sedere a tavola. Adesso era diventata nervosa e così anche Nicholas. Quella storia non poteva finire li una volta e per tutte?





Eccomi qui con un altro capitolo. Con l'undicesimo *-* Onestamente però devo dire che non ne sono molto soddisfatta. Di certo, non è uno dei migliori. Voglio dedicare questo capitolo a tutte le meravigliose persone che fanno parte dell'esercito anti BM e alla mia dolcissima Agata che in questo momento è un pò scocciata.. lo sapete che vi adoro, vero? :D
E adoro anche le 11 fantastiche persone che mi tengono tra le loro autrici preferiti, pochi giorni fa eravate in 7, ovvero..
alexandrawhite 
clairemarie
elescardi
FreNick
Ineedtobehappy_ 
JustLele 
LadyStrong 
MariJonas2 
Shecanhaveyou
__MariMalfoy
__PleaseStay 

GRAZIE INFINITE. Ancora cambio lo screen ( non sapete quanto mi rendete felice) 


E infine grazie ancora a tutte le persone che hanno recensito Skyscraper quella shot per me significa davvero tanto :)


Foto del capitolo :D






Un bacione enorme. Spero di non avervi deluso molto (sembro Maria Giulia ahahaha xD) Sarah.

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici. ***




 

Avevo dimenticato cosa significasse dormire in un comodo e caldo letto, avvolta dalle lenzuola che in qualche modo riescono a farmi sentire protetta. Per due intere settimane mi ero svegliata con il batticuore, sopra un mucchio di paglia, con una puzza incredibile e con Joe che aveva paura di abbracciarmi. Ma adesso svegliarmi con Joe al mio fianco e con l’aroma di caffè e pancake per casa era la sensazione più piacevole che avessi mai provato. In qualche modo non ero più spaventata.
“Buongiorno”
Sussurrò Joe appena mi vide aprire gli occhi.
“Buongiorno.” Risposi.
E un bacio delicato. Guardai i suoi occhi accorgendomi di quanto fossero rossi e stanchi. Guardai quei lineamenti, così tristi. E tutto del suo aspetto, mi diceva che non stava bene quanto stavo bene io.
“Dormito bene?”
Sbadigliai piano e tornai a guardarlo. Lui poggiò il suo naso sul mio.
“Non ho dormito. Ho preferito guardarti mentre russavi.”
Fece una lieve risata quando vide la mia faccia corrucciata.
“Io non russo.”
Seccata, mi morsi il labbro. I nostri occhi si guardavano a vicenda, le nostre labbra erano vicine, quasi a sfiorarsi, e i nostri corpi sembravano una cosa sola.
“Oh si invece. E sei anche carina quando lo fai.”
“Ma russo veramente?”
Joe scoppiò a ridere.
“Si.” Mi accarezzò i capelli finalmente puliti e profumati e mi baciò sul collo. “Ma mi piace.”
I baci, le carezze, gli abbracci, le coccole mi erano mancate. Il suo respiro che si confondeva con il mio, i battiti del cuore accelerati, le farfalle nello stomaco, la sensazione di toccare il cielo con le dita era finalmente li, dopo tantissimo, troppo tempo. Ormai non riuscivamo più a staccarci. In quel momento avevamo dimenticato il casino in cui eravamo dentro fino al collo.
“Ser..” Sussurrò lui, riprendendo fiato dal lunghissimo bacio.
“Si?”
“Ti amo.”
I miei occhi brillarono. Era da un po’ che non me lo diceva e ogni volta mi coglieva di sorpresa, non c’era mai un momento in cui capivo che me lo stava per dire. E ogni maledetta volta sentivo l’aria mancare, era come la prima volta.
“Anche io ti amo, Joe.”
E vorrei che mi dicessi completamente tutta la verità. Avrei voluto urlare quella frase, ma per non rovinare quel momento così raro e speciale, mi trattenni. Bussarono alla porta.
“Piccioncini! Non voglio disturbarvi ma mi sto mangiando tutti i pancake, se volete mangiare dovete venire in cucina!”
La voce stridula di Wendy ci giunse chiara come se stesse urlando nelle nostre orecchie.
“Arriviamo!” Urlai di rimando.
“Sbaglio o Wendy è ingrassata?”
Guardai Joe seccata. Nessuno poteva dire a Wendy che era ingrassata. Neanche se fosse la verità. Mi misi seduta, coprendomi con il lenzuolo e lo colpii sul braccio.
“Ahi.” Si lamentò “Ma che ho detto?”
“Wendy non è grassa.”
“Non ho detto che è grassa, ho detto che ha preso qualche chilo, non è un offesa di chissà quale..” prima ancora che finì la frase mi alzai dal letto, rivestendomi. Sentii i suoi buffi dietro.
“Sei permalosa.”
Mi bloccai però riflettendo un attimo e mi girai di scatto verso di lui.
“Ma lo sai che è vero?”
Lui allargò le braccia come per dire e che ho detto? Io feci l’indifferente. Arrivata in cucina, non seguita da Joe visto che lui aveva deciso di oziare ancora, notai che Wendy aveva già mangiato tantissimo e Nicholas se la rideva dietro.
“Buon giorno.” Bonfocchiai fissando Wendy. Lei mi salutò con la mano, come se tutto quel cibo per lei era normale. La conoscevo da una vita eppure mai l’avevo vista mangiare così tanto. Mi chiesi come riusciva a fare entrare tutti quei pancake nello stomaco. 
“Dov’è quell’idiota di mio fratello?” Chiese Nicholas.
“Ancora a letto. Alzarsi per lui da troppo disturbo.”
Tutti e tre scoppiammo a ridere.
“Li mangi tutti?”
Indicai a Wendy l’enorme quantità di pancake sulla tavola.
“Devo mangiare per due, quindi credo di si.”
Nicholas la guardò infastidito.
“Wendy, non avevi detto che l’avresti detto tra qualche giorno?”
Lei tossicchiò. Dopo due minuti, io balzai dalla sedia. Mi ci era voluto un po’ per capire cosa stessero dicendo. Se Wendy doveva mangiare per due significava che..
“Sei incinta?” Urlai.
Entrambi sorrisero e fecero un cenno positivo.
“Oh mio Dio! E’ questo che dovevi dirci ieri?”
“Fratellino!” Joe spuntò dalla porta “Complimenti, posso toccare il bambino che hai dentro?”
Notai lo sguardo sputa-fuoco di Nicholas e scoppiai a ridere. Joe era quello dalle battute idiote, quasi lo avevo dimenticato.
“Non sono incinto, deficiente.”
Joe si avvicinò a Wendy a l’abbracciò, non rispose neanche a Nick. Mi si mise dietro.
“Hai visto? E’ ingrassata davvero.”
“Joseph sto per mollarti un pugno.”
Mi girai verso di lui. Joe alzò le mani in senso di pace. Bussarono alla porta. Per qualche motivo, tutti diventammo rigidi. Nick andò ad aprire e tornò dopo due minuti, con uno sguardo spaventato e una lettera in mano. La porse subito a Joe che la prese senza capire.
“Non l’avevo mai visto prima, mi ha spaventato, aveva una pistola in mano e me l’ha puntata contro dicendomi che se non ti davo questa, premeva il grilletto. Ero paralizzato.”
Il suo sguardo guardava il nulla, le sue mani tremavano. Wendy si precipitò verso di lui e lo fece sedere. Il mio sguardo invece era fisso su Joe. Teneva in mano quella busta sottile, marroncina e un po’ rovinata. Senza dire una parola, mi prese la mano e mi trascinò nella nostra camera.  Ci sedemmo sul letto e lui, continuando a tremare, spiegò il foglio.
 
 
 
 
Ciao Joe… e Serafine.
Mi manca vedere la vostra paura, mi manca vedervi tremare per mano mia. Un giorno sono arrivato al fienile e voi improvvisamente non c’eravate. Scomparsi, volatilizzati. Fra me e me mi sono complimentato con voi per essere riusciti ad andarvene da lì, vi ammiro, davvero. So dove siete, la scelta del luogo non è stata un azione poi così furba. Posso venire a prendervi quando voglio, ma sarebbe stupido, non mi divertirei. Come l’ultima volta Joseph. Andatevene da dove siete o i vostri amichetti li faccio saltare in aria, nel vero senso della parola. Sapevo che il tuo fratellino alla vista della pistola non avrebbe retto, lo sapevo. So che state leggendo questa lettera insieme.. Hai deciso per caso di dirle ogni cosa, Joe? Be, lo faccio io al posto tuo se la risposta è no. Devi sapere, cara Serafine, che io e Joseph ci conosciamo da più tempo di quanto credi. Mmh.. Mi pare ancora di sentire Joe che mi chiede la cocaina. Che fine ha fatto quel Joe divertente e spassoso? Era così emozionante stare con te! Non voglio perdermi in discorsi inutili perciò.. L’uomo  morto era un nostro amico. Un giorno camminavamo insieme e vi abbiamo incontrato a pranzo in un ristorante, ricordi Serafine? Ricordi quando quell’uomo ha fatto la tua conoscenza? Era rimasto ammaliato dalla tua bellezza, e lo aveva subito detto a me. Quando Joe ha scoperto che lui cercava di averti, l’ha attaccato, l’ha picchiato, spaccandogli la mandibola. Eri sua. Bleah. Quanto amore! Avevo insistito perché facesse subito la finita, ma lui rifiutò. Dopo due giorni mi chiamò dicendo che non voleva più niente da me. Niente più cocaina insomma. Ma nessuno mi dice basta, se entri nel giro, ci rimani per tutta la vita. Così un giorno, per discutere della cosa, ci siamo incontrati tutti e tre. La situazione ci è sfuggita di mano e la conversazione ha preso la direzione sbagliata. Abbiamo parlato di te. Così io, non volendo che Joe fosse troppo arrabbiato con lui e visto che non si decideva a farla la finita, presi un coltello e pensai io a tutto. Quando Joe capì che l’uomo era morto, minacciò di dirlo alla polizia, voleva fare la spia. Gli dissi che non aveva prove, e che se avesse detto qualcosa a qualcuno, tu e tutta la sua famiglia sareste morti. Doveva dirti una menzogna, doveva addossarsi la colpa davanti per salvarti. Cominciò ad odiarmi e non ci sentimmo più, fin quando non lo trovai, la mattina in cui se ne andò da te, in mezzo alla strada. Era stanco, si vedeva e capii che voleva raccontare tutto, anche se non me lo diceva. Così me lo presi e dopo presi anche te, convinto che tu sapessi qualcosa, ma mi sbagliavo. Visto che però tu sei dentro questa storia, Serafine, adesso siete nelle mie mani. Vi ho in pugno. Volete i vostri amici salvi? Scappate da li. Piaciuta la storiella? Quanto mi diverto!
Jonh.
 
 
 
 
 
I miei occhi erano lucidi, la guancie bagnate, le mani tremanti.
“Non volevo lo sapessi così Serafine.. Non volevo”
Cominciai a singhiozzare. Potevo fare finta di non aver letto niente. Potevo strappare la lettera, ma preferivo salvare la vita a Wendy, a Nick e al loro bambino. Non potevamo avere la felicità finché quella storia non sarebbe finita definitivamente.
“Mi dispiace.”
La voce di Joe era un lieve sussurro. Cocaina? Si drogava e non avevo mai sospettato niente, come potevo essere stata così cieca?
“C’è altro che devi dirmi? Qualunque cosa sia. Ti prego dimmi la verità. Anche se fa male.”
Lui però scosse la testa. “Tutto è in questa lettera.”
Continuai a singhiozzare e mi buttai tra le sue braccia, lui mi strinse forte. Non volevo essere arrabbiata, avrebbe solo peggiorato tutto. Dovevo mettere via da parte tutto quanto e scappare, con Joe.
“Niente più bugie, promettimelo.” Gli sussurrai all’orecchio.
“Niente più bugie, amore. Mai più, è una promessa.”






Salve a tutti! Scusate per il ritardo avrei dovuto postare due giorni fa, ma non ce l'ho fatta. Perdonatemi se questo capitolo fa un pò schifo, ma non sono molto in forma in questi giorni. Ringrazio come sempre voi che mi seguite, voi che recensite ogni capitolo, voi 13 persone che mi tenete come autrice preferita, voi che tenete la storia tra i preferiti, tra le seguite o tra le ricordate, non so dimostrare il mio affetto. Questo capitolo va a tre persone speciali.. Andrea, Mari e Agata, che in questi giorni mi stanno vicine più che mai, vi adoro ragazze. E a tutto l'esercito, spero vi sia piaciuto il capitolo. Ho tolto il grasseto dai dialoghi e probabilmente adesso lo toglierò a tutti gli altri capitoli, così la narrazione mi sembra più vera.. E' solo una mia impressione :)
Per il banner invece ringrazio  _Lullaby_ l'ha fatto stupendo, non avrei saputo fare di meglio.




VI ADORO. Sarah.

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici. ***


Capitolo tredici.
 

Be, almeno c’era un letto con le coperte. E quanto meno non era un fienile, niente paglia. E poi c’era anche la finestra. Dovevo ammetterlo, era la topaia più carina che Joe potesse trovare. Anche se c’era solo un letto singolo, niente matrimoniale. Strinsi gli occhi per cercare di vedere qualcosa in più lì dentro, ma la luce fioca della lampadina malconcia appesa al soffitto mi impediva di guardare oltre il mio naso. Sentii qualcosa farmi solletico sul braccio. Risi, pensando fosse Joe, ma quando mi accorsi che lui era davanti a me e che stava aprendo la finestra, mi esaminai il braccio e urlai quando vidi un essere peloso che stava arrivando ormai alla spalla. Joe si girò spaventato.
“Oddio, Joseph toglimelo di dosso. Joseph!”
Lui scosse la testa. Lo avrei cacciato io stessa se solo avessi potuto muovermi. I ragni, ecco cosa mi spaventava più di tutto.
“Sh. Non urlare, lo spaventi.”
Giuro che in quel momento l’omicidio lo avrei fatto io. Prese il mostriciattolo con la mano e gli sorrise.
“No, tranquillo. Serafine è cattiva.” Ondeggiò il suo dito come se quell’essere repellente fosse un bambino e io lo guardai schifiata.
“Ma stai male?”
Joe mi guardò torvo e posò “la povera bestiola” sul davanzale della finestra, per farlo andare fuori. Dimmi che non è pieno di quei cosi qui dentro, pregai mentalmente. Mi sedetti sul letto, attenta che non ci fossero altri animali e guardai Joe che disperatamente tentava di aggiustare quella specie di lampadina. Mi sentivo in una situazione tragi-comica. Alla Bridget Jones, insomma. Sbuffando, accavallai le gambe una sopra all’altra e inevitabilmente finii per fissare i pettorali di Joe, che si era tolto la maglietta, visto che si moriva di caldo.
“Buon compleanno, Ser.”
Mi disse rassegnandosi alla lampadina. Si sedette vicino a me e mi cinse un fianco con il braccio. Borbottò qualcosa che non riuscii a capire e chiusi gli occhi. Premetti la mia faccia contro la sua spalla respirando il suo dolce profumo. Il compleanno più triste della mia vita. Lui era la mia sola consolazione.
“Ho un regalo per te.”
Mi sciolsi dall’abbraccio e lo guardai incredula. In giro non c’era niente che somigliasse a un regalo. C’erano solo due valigie, una per me e una per lui che avevamo riempito con qualche vestito di Wendy e Nick prima di scappare. Joe si alzò.
“Chiudi gli occhi.”
Scrollando le spalle emozionata, lo feci. Sentii il rumore di una valigia che si apriva, poi Joe imprecare perché aveva sbattuto chissà dove, poi un rumore di carta e infine capii che era di fronte a me.
“Puoi aprirli.”
Joe era in ginocchio e mi guardava nervoso. Teneva una cosa dietro la schiena, ma non capivo cosa. Continuavo a non fiatare. Volevo solo che mi facesse vedere cosa aveva.
“Era da prima che ci fosse tutto questo casino che ci pensavo, ma non sapevo qual’era il momento giusto e non so neanche se sia questo il momento giusto per chiedertelo, ma..” Tolse la mano da dietro la schiena e mi mostrò una scatola di pelle blu. Fece scattare il bottoncino e quella si aprì mostrando una anello di non so quale prezzo. Mi portai due mani sulla bocca con il cuore che batteva fuori controllo.
“Me l’ha dato Nick prima che scappassimo... Se non ora quando avrei dovuto chiedertelo? Serafine.. vuoi sposarmi?”
Le mie mani tremarono e le mie orecchie sentirono a fatica cosa mi aveva proposto. Sposarmi, io? Con l’unica persona che abbia mai amato davvero in vita mia? La mia bocca era asciutta, provai a rispondere, ma non mi uscì alcun suono. Così mi limitai ad annuire e dopo un po’ urlai.
“Si, si, si, si che voglio sposarti, Joe. Si.”
La sua risata gioiosa si sparse per tutta la stanza e dopo avermi messo l’anello al dito mi baciò, abbracciandomi.
“Mi sento più leggero adesso.”
Sorrisi e cercai di guardarlo negli occhi. Era quasi impossibile visto che la luce non poteva farci vedere niente.
“Joe? Che facciamo però adesso?”
Lo sentii irrigidirsi tra le mie braccia. Scosse la testa.
“Non ne ho idea. Credo che quell’essere repellente voglia giocare con noi.”
“Cioè? Pensi che ci stia seguendo?”
Joe aprì la bocca per parlare ma fu interrotto da un battere di mani. Un uomo dai capelli ispidi stava di fronte a noi, nella stanza. Come avesse fatto ad entrare non ne ho idea.
“Ma bravi, siete geniali, davvero.” Si guardò attorno arricciando il naso “Che topaia di bassa qualità.”
“Che vuoi?”
Joe si alzò e gli andò incontro. Io ero pietrificata. Era assurdo come quell’uomo riuscisse a spuntare dal nulla e a farmi paura.
“Dicci cosa vuoi, noi lo facciamo e ci lasci in pace, tanto semplice, no?”
Immobilizzata, mi limitai a trattenere il fiato.
“Non mi divertirei altrimenti. I vostri amichetti sono al sicuro in questo momento, non gli faccio male se… Joe non vai alla polizia e ti consegni.”
Sul volto di John comparve un sorrisetto malvagio. Joe invece si fece più teso e io li guardavo, impietrita. Quei due erano sempre più vicini.
“Se lo faccio lasci in pace Serafine e gli altri?”
“Joe. Non farlo.” Riuscii a dire. Entrambi mi guardarono e io con gli occhi che pizzicavano mi alzai. “Non consegnarti.”
Joe mi prese la mano e scosse la testa. Non poteva farlo, Joe non poteva andare così alla polizia e dire che aveva ucciso lui quell’uomo. Non si poteva arrendere così.
“Serafine, perché tu invece non ti presenti come sua complice?”
John si rivolse a me compiaciuto della mia paura.
“Lei, ne resta fuori, ancora non hai capito?”
“Lei è già dentro questa storia Joe. Che voi lo vogliate o no, come devo farvelo capire?”
“Io non vado alla polizia.” Dissi. “E nemmeno Joe ci va.”
Sentivo il fiato corto, il respiro mi mancava, non riuscivo a respirare. Il panico aveva invaso ogni goccia del mio sangue bollente.
“Dimentichi chi ha il coltello dalla parte del manico.” Mi fece l’occhiolino. ”Allora, se non volete andare alla polizia…”
Non riuscì a finire la frase che un ombra spalancò la porta e si mise davanti a John. Indossava un cappuccio che impediva di vedere il viso. Aveva una veste nera lunga fino ai piedi che strisciava a terra e a quanto vedevo era piuttosto alta. Non capivo chi fosse, ma doveva essere qualcuno di temibile visto che lo sguardo di John si fece spaventato.
“TU!”
Urlò soltanto l’ombra. Era una voce femminile, spaventosa. Joe mi prese per i fianchi facendomi indietreggiare, forse per proteggermi o non so cos’altro. 
“Patrice cosa fai qua?”
“Esci fuori da qui. Non spaventarli, lo hai già fatto abbastanza.”
Terrorizzato John indietreggiò fino ad uscire completamente dalla porta. Io e Joe eravamo fermi in un angolo confusi e spaventati. Quella donna si girò verso di noi, andò verso la lampadina e dopo trenta secondi ci fu una luce accecante. Si tolse il cappuccio.
“Piacere” disse porgendomi la mano “Sono Patrice, la moglie di John. O meglio, l’ex moglie non ancora ufficiale di Jonh.”



Note dell'autrice...
Allora, eccomi qui con un nuovo capitolo, sinceramente a me piace molto anche perché la fine lascia in sospeso, come piace fare a me. Ho visto che però le recensioni dello scorso capitolo si sono un pò abbassate e non nascondo che un pò ne sono rimasta delusa. Grazie comunque a tutte quelle persone che recensiscono sempre, mi fa piacere che questa storia vi piaccia e che seguite ogni capitolo :)
Dedico questo capitolo a:
Andrea, che è la mia ninfomane preferita e perchè posso dirle qualunque cosa sconcia mi passi per la mente senza che lei mi denunci per indecenza ùù
Mari con cui litigo sempre per chi delle due deve avere Tom Felton (è mio, ovviamente ùù) e perché mi ha suggerito il nome Patrice
Becky perché lei mi ha dedicato i suoi capitoli e io non l'ho mai fatto, e perché ci stiamo avvicinando.
Agata che è in vacanza e mi manca da morire
Simona perché lei c'è ormai da due anni, c'è sempre stata e sempre ci sarà. E perché questa storia è ispirata tutta a lei.
Adesso ho finito, recensite mi raccomando. 
Un bacione, Sarah.
(La foto del capitolo non è niente di che, spero che la donna incapucciata, Patrice, vi faccia un pò paura o comunque vi incuriosisca, perché questa era la mia intenzione)

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici. ***


Capitolo quattordici.
 

Patrice guardava fuori dalla finestra, facendo ondeggiare la sua testa seguendo una canzone immaginaria. Canticchiava una melodia mai sentita, mentre era persa in chissà quali pensieri. Ancora non sapevo molto di lei, se non che era l’ex moglie di John. Mi sentivo un idiota a cercare di far partire la tv che avevamo, era ovvio che qualunque cosa avessi fatto non avrebbe funzionato. Era tanto per ammazzare il tempo, cosa avrei potuto fare?
“Devi attaccare la spina.”
Improvvisamente, Patrice si svegliò dai suoi pensieri. Guardai che la spina giaceva a terra, in attesa di essere messa. Arrossii, sentendomi stupida. Quando la televisione si accese, partirono solo colori in bianco e nero. Meglio di niente.
“Serafine?”
Patrice mi chiamò, sedendosi sul letto.
“Si?”
“Mi dispiace.”
Sembrava esserlo davvero. I suoi occhi trasmettevano una certa inquietudine, ma se guardavi dentro vedevi una strana tristezza che ti gelava il cuore.
“Non è colpa tua.” Dissi seria.
“In realtà.. Sono io che ho fatto conoscere a John la droga, in parte, mi sento l’inizio di tutto questo.” Mi sedetti vicino a lei, senza fiatare. “Ci siamo conosciuti sei anni fa, quando io ero una ragazza viziata che pensava solo al divertimento illegale. Mi facevo ormai da parecchio tempo e a John questo sembrava non importare. Voleva aiutarmi, perché mi amava. Ma sai com’è finita? Io ho smesso e lui ha iniziato.”
Mi guardò negli occhi. Patrice in fondo non era così spaventosa, ma mi sentivo nervosa con lei.
“Posso sapere perché sei venuta qui?”
Piegò gli angoli della bocca in un sorriso, guardando verso il basso.
“Perché so tutta la storia. Conosco te e Joe più di quanto credi. Mi ha detto tutto, ma quando una sera è tornato dicendomi che aveva ucciso, non ci ho visto più e l’ho sbattuto fuori casa.”
Sospirò triste. Mi sembrava quasi che avesse gli occhi inumiditi da leggere lacrime, ma forse era soltanto un riflesso della luce.
“Non devi parlarmene, se non ti va.”
Le poggiai una mano sulla spalla, come per confortarla, prima di aver indugiato un attimo.
“Ho aperto io la porta a Joe. Sono stata io a farvi scappare.”
Spalancai la bocca, incredula. Ecco, ora si che si spiegava tutto. Ora si che capivo come Joe avesse fatto ad aprire la porta, a trovare quella rete aperta e a sapere la direzione giusta.
“Lui.. sapeva che eri tu?”
Patrice scosse la testa. Alzò il viso e mi sorrise. Notai che il suo respiro era affannato. Sempre di più.
“No. Avevo il cappuccio.” Sospirò debolmente.
C’era qualcosa che non andava. Non andava nel suo modo di respirare, non andava nel suo sguardo. C’era un qualcosa che la stava tormentando, si vedeva.
“Serafine?”
“Si?”
“Joe ti ama. Sei fortunata. John.. non mi ama più da molto tempo e io non amo lui. Lo conosco meglio di me stessa, so come pensa e come agisce, so cosa farà adesso. Sono dalla vostra parte.”
Parlava con un sussurro, contraendo le labbra. Era dolore fisico o dolore interiore? E quel dolore poteva stremarla così tanto? Dall’aspetto sembrava una donna forte, forse anche troppo.
“Grazie.”
Feci anche io un sorriso.
“Dov’è Joe?”
Chiese all’improvviso. E chi lo sapeva? Stamattina mi ero svegliata e lui non c’era. Avevo trovato soltanto un biglietto con scritto:
 
 
Scusa se sparisco, ma devo fare una cosa. Torno tra due giorni, mi dispiace non poterti scrivere niente di più, quando torno ti spiego tutto. Non preoccuparti per me, preoccuparti per te stessa, sono al sicuro. Fatti un panino al tonno, come sai è il mio preferito.. almeno così ti ricorderai di me.  Tornerò, promesso.
Ti amo.

Joe   

 
 
Mostrai il biglietto a Patrice e lei mormorò qualcosa, per poi guardarmi.
“Ti amerà pure.. ma è un idiota.”
Aggrottai le sopracciglia e ridacchiai mentalmente . Mi torturai le labbra, aspettando che lei mi dicesse qualcosa, ma scuoteva la testa ripetutamente.
“Insomma, sai dov’è?”
Quasi urlai alla fine. Lei non parlò, mi ridiede il biglietto e uscì. Inutili furono i miei tentavi di farla restare. Ma era possibile che mi scappavano tutti? Joe, Patrice, tra poco scappavo pure io, per dove poi. Mi accasciai affranta sul letto, leggendo e rileggendo quel biglietto. Per sperare in un indizio, in un messaggio tra le righe, in qualcosa. Mi soffermai un po’ sul ti amo e un sorriso involontario mi scappò tra le labbra.  Mai quanto lo amavo io e non mi serviva un panino al tonno per ricordarmi di lui. Improvvisamente scattai in piedi. Andai nella piccolissima cucina che c’era in quella topaia. Presi la confezione di tonno che Patrice aveva portato con un po’ di scorte. E aprendola, cadde un altro biglietto.
 
 
 
 
 
 
Per nessun motivo, e sottolineo ancora nessun, non fare andare via Patrice da li. Ttrattienila in qualunque modo, ma non farla uscire. E’ malata se esce da li sarebbe un suicidio, uno perché saprebbe dove trovarmi, due perché la strada è troppo lontana per lei.

 Joe.

 
 
 
MERDA.  Perché non lo avevo capito prima? Perché? Mi diedi un colpo alla testa, dandomi della stupida. Avevo fatto un casino.






Note dell'autrice...

Allora, come prima cosa, avrei dovuto postare di pomeriggio, ma sapete come sono, mi metto a fare altro e posto sempre di sera, sono un caso perso ._. Poi, questo capitolo è più di passaggio, visto che il solito "colpo di scena" che abbiamo è che Patrice è malata. E' una loro complice ed è fierissima di esserlo. Sono felice di vedere che le recensioni dello scorso capitolo sono aumentate rispetto al precedente, grazie davvero. Sono sempre di poche parole quindi.. vi lascio a questa foto, che fa parecchio schifo, ma vabbè D:

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici. ***


Capitolo quindici.

 
“Sei un grandissimo idiota!”
“Io sarei l’idiota? Intanto l’ho trovato e tu invece hai rischiato di suicidarti!”
Le urla mi fecero aprire gli occhi. Girandomi sul lato apposto, notai due figure sfocate che agitavano le mani.
“Oh Joseph, ma per favore! Sono ancora viva se vedi.”
Patrice? Joe? Mi misi seduta, continuando a fissarli, aspettando che si accorgessero di me.
“Per poco. Sei un idiota Patrice.”
“Ti ho salvato la vita.”
“Non è vero!”
“SI.”
“Io non ti ho chiesto nulla, ho solo..”
Joe non finì la frase perché poggiò il suo sguardo su di me. Ad un tratto la sua mascella si rilassò, smise di agitare le mani e mi fece un grande sorriso.
“Buon giorno.”
Si avvicinò a me, ignorando Patrice che scuoteva la testa, e mi abbracciò. Io non ricambiai, arrabbiata.
“Dove sei stato?”
Seccato dal mio tono acido, si staccò.
“Sono andato a prendere una cosa.”
“Che cosa?”
Patrice prese da terra una sacca. Il suo viso era bianco cadavere e avevo paura che cadesse da un momento all’altro.
“Ho fatto l’errore di dire a Joe dove si trovava il pugnale che John aveva usato e lui è andato a prenderlo.”
Estrasse una busta di plastica trasparente. Dentro vidi un pugnale affilato, sottile. L’argento della lama era rovinato e consunto e c’era qualche macchiolina di sangue qua e la.
“L’ho preso con i guanti ovviamente.”
Joe si batté una mano sul petto, fiero di se. Ero in una gabbia di matti. Patrice sembrava poter morire da un momento all’altro e faceva finta di niente, Joe che scappava e tornava dopo due giorni, urlando “hey ho portato un pugnale, vedete come è bello?”
“Questo cosa significa?”
Mi passai una mano sui capelli spettinati. Joe di fronte a me sembrava quasi deluso dal mio mancato entusiasmo.
“Significa che adesso porto quella dannata arma alla polizia e..”
“E ti fai mettere dietro le sbarre per possesso di droga.”
Continuai senza batter ciglio. Questo piccolo grande dettaglio sembrava essere stato trascurato sia da Patrice che da Joe, che per tutta risposta rimasero impietriti.
“Puoi portarlo tu, Serafine.”
Mi girai verso Patrice che fissava la busta poggiata sul letto. Io? Non esisteva. Poteva farlo chiunque, tranne io. Cosa avrei detto? Non esisteva.
“No! Vacci tu.”
“Io non arrivo più nemmeno fuori da quella porta, sia perché Joe me lo impedirebbe, sia perché fisicamente davvero non ce la faccio.”
Ispirai profondamente. Gli occhi chiusi e le mani di Joe che stringevano le mie. Sapevo che lui era convinto che dovevo andarci io dalla polizia. Lo sapevo.
“Patrice, che cosa hai?”
Riaprii gli occhi, fissandola.
“Cancro. Ho circa sei mesi di vita.”
Pensare a qualcosa in quel momento richiedeva troppo sforzo. Vidi Joe che la guardava seriamente dispiaciuto.
“Mi dispiace..”
Riuscii solo a borbottare.
“Non è colpa tua. Quello che voglio è che mio marito abbia ciò che merita e che voi non viviate più quest’incubo a causa sua.”
“Andrò dalla polizia.”
Mormorai infine, sebbene ancora non troppo convinta. Lo stavo facendo per fare morire quella donna felice, per quanto fosse possibile.
 
 
 
 
Mezz’ora dopo mi trovavo a fissare un enorme portone che mi metteva paura. Tentennando ancora un po’, mi girai verso la macchina grigia che era parcheggiata davanti l’edificio. Patrice e Joe mi fecero un segno di incoraggiamento. In quel momento avrei voluto il supporto di Wendy. Mi mancava terribilmente. Facendomi coraggio, varcai quella soglia. Mi diressi verso un uomo basso e grassottello, dalla faccia curiosa.
“Scusi?”
“Siii?”
Mi ci volle un grande sforzo per non scoppiare a ridere.
“Dovrei parlare con qualcuno che si occupa di… omicidi.”
Qualcuno che si occupa di omicidi? Quello mi guardò come se fossi pazza. Sentii le guancie andare a fuoco. Che stupida, Serafine, che stupida.
“Riguardo a quale omicidio, signorina?”
“Caso.. Johston.”
“Johston?”
“Volevo dire Johnson”
Perché tremavo? L’ometto scosse la testa e mi fece segno di seguirlo. Stringevo la borsa, dentro c’era l’arma. Sapevo esattamente cosa dire. Joe e Patrice mi avevano aiutato nel discorso tutta la mattina. E se ne avessi dimenticato qualche pezzo? Mi fece attendere in un corridoio. Quel posto era pieno di gente che rispondeva ai telefoni, che esaminava cartelle, che prendeva il caffè quasi abituati a vedere omicidi e sangue dappertutto. Rabbrividii.
“Signorina?”
L’ometto mi fece segno di entrare. Fingendomi tranquilla, feci il mio ingresso in una stanza soleggiata, dove un uomo dall’aria severa e dalle folte sopracciglia, iniziò a squadrarmi. Era seduto dietro una scrivania, piena di fogli e cartelle. Il nome Johnson era da tutte le parti. Non credevo che quel caso fosse così importante per loro. A quanto pare al telegiornale minimizzavano la cosa.
“Si sieda.”
L’uomo dietro la scrivania, congedò l’ometto che mi aveva accolto. Quando quello uscì, mi fece segno di iniziare. Estrassi dalla borsa la busta, mettendogliela davanti.
“L’uomo che ha ucciso Johnson si chiama Jonathan Adolf, chiamato John dagli amici, Miller. Quella che le ho appena dato è l’arma che ha usato. Io sono.. un’amica della moglie.”
Quando finii di raccontargli tutta la parte della storia, omettendo il fatto che Joe si drogava, quello mi guardò prima incuriosito, dopo esaminò il pugnale. Senza rivolgermi di minima attenzione, uscì per poi ritornare senza busta.
“Stiamo esaminando il pugnale. Posso avere il suo nome e cognome?
“Serafine Marie  Bennet.”
“Numero di cellulare?”
Dopo avermi chiesto tutti i miei dati personali, si bloccò un attimo, come se si fosse risvegliato.
“Se il suo ragazzo, Joe, non si drogava, che rapporto aveva con gli altri due?”
“Erano amici d’infanzia. Gliel’ho detto.. John voleva costringerlo.”
“Ma Joe non ha mai ceduto.”
“No, mai.”
Il cuore mi batteva a più non posso avevo paura che lui non mi credesse. Lasciare false dichiarazioni alla polizia è reato. Mannaggia a me. Doveva farlo Patrice. Era più adatta, lo sapevo. L’uomo alzò la mano verso di me. Oddio, ora esce le manette e mi sbatte dentro, pensai nel panico. Ma invece, si limitò a stringermi la mano.
“La richiameremo se avremo bisogno di lei.”
Con un sospiro di sollievo, uscii dopo due minuti. Vedendo la mia espressione sollevata, in macchina Joe e Patrice avevano l’espressione più felice che gli avessi mai visto.


Note dell'autrice..
Eccomi di nuovo qui! Scusate il ritardo ma ho deciso di aspettare il vostro rientro delle vacanze per postare il capitolo. Le cose finalmente cominciano a calmarsi e dopo questo capitolo, ce ne sarà un''altro e poi ci sarà l'epilogo.. Quindi spero di non deludervi in questa parte finale. Ho bel po' di storie arretrate percio' do un messaggio a tutte quelle persone a cui avevo detto che probabilmente smettevo di scrivere e me ne vado a leggere: perdonate il mio sclero a volte mi drogo parecchio D: Ho lasciato che lo stress prendesse il sopravvento, ma per fortuna ho capito che se smetto di scrivere una parte di me non potrà mai essere serena come quando vedo una parte di me buttata su un foglio. Perciò scusate se vi ho fatto fatto prendere un colp e grazie per il vostro supporto (:  Vi lascio alla foto del capitolo. Recensite mi raccomando!
xoxo Me. 

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici. ***


Capitolo sedici.

“Come credi che reagiranno, Ser?”
Le braccia di Joe mi strinsero i fianchi.  Il mio corpo fu avvolto da uno strano calore. Fissando la casa di Nick e Wendy, una lacrima di gioia mi scese sul volto. Non potevo credere di poter assaporare di nuovo quella sensazione. Libertà. Joe mi strinse ancora più forte, capendo la mia gioia, visto che anche lui la stava provando.
“Non volevo metterti dentro tutto questo, amore.”
Mi sussurrò all’orecchio.
“E’ finita ormai, tesoro. E’ finita.”
Ripetei quelle parole più volte, non riuscivo a crederci. Mi sembrava tutto così irreale. Joe mi baciò il collo, i capelli, la guancia, mentre io mi lasciavo tranquillizzare da quella stretta, per un tempo che mi parve infinito. I battiti del mio cuore avevano smesso di essere tanto veloci, si erano stabilizzati. Adesso, la mia testa non era più un ingarbugliarsi di domande, ma era svuotata. Le mie uniche preoccupazioni adesso erano il vestito da damigella per il matrimonio di Wendy e Nick e il vestito per il MIO matrimonio.   
“Allora. Entriamo o no?”
Patrice spuntò alle nostre spalle, cogliendoci di sorpresa. Facendo tutti un respiro profondo, ci trovammo subito davanti la porta. Suonai con le mani tremanti.
“Chi è?”
Nicholas ancora non aprì, probabilmente aveva paura.
“Sono Serafine. E c’è Joe.. e un’altra persona, ma ti puoi fidare.”
Non ebbi neanche il tempo di finire la frase che Nicholas spalancò la porta e si buttò tra le braccia del fratello, contento di poterlo riabbracciare. E poi fece lo stesso con me. Si presentò con Patrice, non prima di averla squadrata.
“Chi è, Nicholas?”
Wendy si presentò davanti la porta. Era ingrassata un po’ da quando l’avevo vista l’ultima volta.  Fece come Nick, ma invece che su Joe, si precipitò su di me, facendomi quasi cadere a terra. L’avvolsi in un caloroso abbraccio. Era fantastico poterlo fare di nuovo e sapere che niente stavolta avrebbe potuto dividerci. Gli raccontammo ogni cosa, la storia di Patrice, la vera storia di Joe e di come io ero andata dalla polizia. Non tralasciammo nemmeno il minimo dettaglio. Sia Wendy che Nicholas sembravano presi da tutta questa storia, quasi come se stessero vedendo un film, e non potevamo dargli torto. Era stato un po’ così. Patrice si alzò per andare in bagno. Ci andava spesso, ormai. Mentre Nick andò a prendere qualcosa da bere, urlando:
“Festeggiamo! Festeggiamo!”
Ritornò dopo due minuti venendo verso me e Joe con una bottiglia di birra. Versò un bicchiere a entrambi, e poi, sotto lo sguardo seccato di Wendy, se ne versò un po’ anche lui.
“Uno, due, tre!”
E tutti contemporaneamente ne svuotammo il contenuto.
“Stronzi. Ecco cosa siete.”
Nick scrollò le spalle e le porse un bicchiere d’acqua. Quando Wendy lo colpì sul braccio, facendogli cadere tutto a terra, io e Joe scoppiammo a ridere. Sembrava che Nick lo facesse a posta a bere qualunque cosa non fosse acqua davanti a lei.
“Festeggiate senza di me?”
Patrice entrò sorridente. Il sorriso più vero che le avessi mai visto, per quanto poco la conoscessi. Le dovevo molto, se non fosse stato per lei, che prima aveva terrorizzato John e poi ci aveva aiutato ad incastrarlo, a quest’ora saremmo ancora in quella topaia. Non le rimaneva molto tempo purtroppo, ma lei sembrava felice davvero.
“No, Patrice, ovvio che no!”
Nick si limitò solo a scherzare, nascondendo ogni tipo di alcolici. Poi il mio cellulare cominciò a squillare. Era la polizia.
“Pronto?”
La voce dell’uomo, a cui avevo raccontato “la mia testimonianza” mi parlò, dall’altro capo del telefono, con un tono tra il felice e allo stesso tempo freddo.
“Serafine? Se le interessa, John in questo momento è dietro le sbarre. Lo abbiamo preso. Se accende la televisione tra mezz’oretta circa, può vedermi mentre lo carico in macchina.”
Ero sicura che in quel momento stesse sorridendo. Provai ad immaginarlo dietro la scrivania, sorridente e rilassato, ma non ci riuscii. Forse perché l’unico modo in cui lo conoscevo, era quello di freddo e distaccato. Dopo mezz’ora eravamo tutti davanti la televisione. Il notiziario stava trasmettendo la notizia. E per la prima volta dopo mesi, riuscivamo a guardare la giornalista senza rabbrividire di paura per ogni parola che diceva. Vedendo il volto di quel fuori di testa, mi venne in mente la prima volta che lo vidi al fienile. Raccapricciante. Le manette che stringevano i suoi polsi fecero uscire delle lacrime di gioia nel volto di tutti, compreso quello di Patrice.
“Tutto bene Patrice?”
Le misi una mano sulla spalla, sorridendole.
“Si. Tutto benissimo. Non credevo di poter essere così felice per l’arresto di.. mio marito.”
Contrasse le labbra a quell’ultime due parole. E sorrise ancora. Sapevo che sarebbe andato tutto bene. 




Note dell'autrice...
Eccoci qui, alla fine. Questo è l'ultimo capitolo e ho un'angoscia dentro terribile. E' la prima volta che finisco una Fan Fiction visto che questa è stata la mia prima vera FF çç Dopo questo ci sarà lìepilogo e credetemi, mi sono divertita tanto a scriverlo sono convinta che vi piacerà *w* Detto questo, vi è piaciuto questo mio lungo sclero? Credo di sì visto che ho ben 112 recensioni *w* Ora mi commuovo *-* Comunque, recensite in tanti che vi aspetta l'epilogo! 
Sto scrivendo una nuova Fan Fiction, stavolta sugli One Direction, essì hanno contagiato anche me. E' diversissima da questa, ma se vi va, passate, per chi ancora non l'ha letta, ne sarei felice Il mio migliore amico è Harry Styles
La foto non l'ho fatta perché mi secca ahahahah v.v 
Love you all <3
Sarah.

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Capitolo 17
*** Epilogo. ***


Epilogo.
 

 

Non sentivo la musica. Non sentivo tutti che mormoravano eccitati. Non sentivo nulla. Sentivo solamente i miei passi traballanti sul pavimento di marmo e i battiti del mio cuore sempre più veloci man mano che mi avvicinavo all’altare. Sapevo che tutti guardavano me. Sapevo che lui guardava me. Una volta arrivata, mi mancò il respiro notando solo in quel momento di quanto fosse piena la chiesa. Patrice teneva in braccio Amber, la figlia di Nick e Wendy, che era intenta a guardare la madre all’altare, dietro di me. Nicholas dietro a Joe guardò la figlia pieno di orgoglio. Il mio sguardo incontrò quello di Joe, mentre il prete cominciava a parlare. Al momento, i nostri migliori amici ci passarono le fedi,  proprio come noi avevamo fatto con loro, e poi il fatidico si. Joe finalmente era mio marito.

 
 
 

“Mamma.”
La voce di Ashley mi fece risvegliare dal mio piccolo flashback.
“Si Ash?”
“Perché papà guida verso il cimitero?”
Scrollai la testa e guardai fuori dal finestrino. Tutto scorreva lentamente e la strada che in quegli anni avevo visto fin troppe volte, ora camminava davanti ai miei occhi.
“Joe? Vuoi davvero andarci adesso?”
Era stata una giornata favolosa. Eravamo usciti tutti insieme. Io, Joe, Ashley e Sophia. Ashley aveva sei anni, ma quando apriva bocca per parlare, non sembrava neanche. Aveva un intelligenza quasi spaventosa, una lingua lunga e non sapeva mentire. Doveva sempre dire la verità, anche se non era piacevole. Io e Joe non capivamo se quello fosse un difetto o meno, ma almeno a noi non avrebbe mentito. Sophia invece, era ancora troppo piccola per parlare, aveva solamente sei mesi e emetteva suoni incomprensibili. Dagli occhi ambrati, sembrava intelligente quasi come la sorella.
“Si, Ser. Voglio che Ashley veda a chi deve il suo secondo nome.”
Fece un sorriso convinto di quello che diceva. Sophia mi strinse le dita della mano.
“Papi? Ma mi avete chiamato con un nome di una che è morta?”
Inevitabilmente, sia io che mio marito, scoppiammo a ridere. Joe fece di si con la testa.
“Si, amore, ma non è così raccapricciante quanto sembra. E’ un onore.”
Ashley però non sembrava molto convinta. Stava appoggiata sul sedile posteriore della macchina, intenta a scrutare gli occhi del padre attraverso lo specchietto retrovisore.
“Patrice era bella? E intelligente?”
“E orgogliosa, e coraggiosa, e forte, e totalmente sorprendente, e sorridente, divertente, allegra, spiritosa..”
“Ok, Joe, penso abbia capito.”
Conclusi io con una risata, ma la faccia di Ashley restava sempre dubbiosa. Quando Joe posteggiò, l’occhio mi cadde sulla sua mano.
“L’hai ritrovata!”
Gli occhi mi brillarono. Aveva perso la sua fede qualche giorno fa. Era sempre così distratto. Lo era sempre stato.
“Si! Indovina dov’era?”
Notando il sorriso divertito, scrollai le spalle.
“Sotto il letto? Sotto il comodino? Dentro l’armadio?”
“Nei suoi pantaloni.”
Mi girai verso mia figlia.
“E tu come lo sai?”
“Gliel’ho trovata io, mami. Se non era per me a quest’ora era dentro la lavatrice.”
Scossi la testa. Uscii dalla macchina, facendo attenzione a non fare cadere Sophia. Si era appesantita molto nelle ultime due settimane, stava diventando faticosa.
“Papi.”
Ashley si avvicinò al braccio del padre. Non disse che aveva paura, era troppo orgogliosa per farlo. Guardai il cielo. In effetti, portare al cimitero due bambine in una giornata in cui il cielo era ricoperto di nuvole scure non era il massimo. Ma ormai lo sapevo bene, se Joe si metteva in testa una cosa, andava fino in fondo. Joe allora le sorrise più dolce che mai e la prese tra le braccia.
“Ci siamo qui io e mamma, va bene?”
E le stampò un bacio sulla guancia. Ashley guardò il cancello del cimitero con tono superiore. Una volta giunti davanti la tomba, il mio cuore sussultò, faceva così ogni volta. Mi chinai sulla tomba, con mia figlia in braccio, e accarezzai l’incisione.
 
 
 
Patrice Destiny Clark
Un’amica, una confidente e una persona eccezionale.
1980 - 2011
 
Per quanto poco l’avessi conosciuta, quella donna mi aveva insegnato molto di più di qualunque altro. Lei che sorrideva anche davanti alla morte imminente. Lei, che nel suo ultimo mese di vita aveva insistito per vedere l’ex marito dietro le sbarre. Voleva sapere, voleva assicurarsi, che fosse davvero rimasto lì fino alla fine dei suoi giorni, che veramente era stato condannato all’ergastolo. Voleva che io e Joe vivessimo il resto della nostra vita senza lui fra i piedi. Non so cosa sarebbe successo senza di lei, ma le devo tanto, molto.
“Che ha fatto Patrice?”
Sentii Ashley chiedere a Joe.
“Ha aiutato mamma e papà quando erano in difficoltà.”
“Cose da adulti?“
Joe annuì. La bambina scese dalla stretta del padre e si avvicinò alla lapide. Seguì la mia mano che scorreva l’incisione e poi sorrise.
“Mamma, se la parlo mi sente, vero?”
Le feci un segno positivo. Lei si mise in ginocchio e fissò il nome.
“Ciao. Noi non ci conosciamo, però, papi mi ha detto che hai aiutato lui e la mamma. Io non so cosa hai fatto, ma devi essere qualcosa di speciale, perché mi hanno dato il tuo primo nome.” Fece un sospiro e continuò. Io mi alzai e feci un passo indietro, trovandomi accanto a Joe. Lui mi prese Sophia dalle braccia che era intenta a fissare il posto a lei sconosciuto, non sembrava aver paura era più che altro.. curiosa.
“Ma comunque” stava continuando Ashley “Spero di essere un giorno così importante per qualcuno, come tu lo sei per i miei genitori. Sono felice che tu li abbia conosciuti. Riposa in pace, Patrice.”
Io e Joe la guardavamo con una punta di orgoglio. Lui mi cinse i fianchi con un braccio, mentre con l’altro reggeva Sophia. Chiusi gli occhi. Non c’era extra lusso nella mia vita, ma avevo Wendy e Nicholas, i miei migliori amici. Anche loro erano sposati adesso, ci vedevamo praticamente tutti i giorni e quella sera, sarebbero venuti a cenare da noi, con tanto di figlia. Avevo come marito la persona che più amavo al mondo, Joe. Dopo tutti quei guai, grazie a Patrice, eravamo riusciti a scamparla. Avevo due splendide figlie, Sophia e Ashley. Le due migliori figlie che potessi desiderare. E poi niente John, niente fienili, niente topaie, niente ragni, niente droga, niente omicidi o polizia. La mia vita in quel momento era perfetta.



Note dell'autrice...
Buonsalve çç Ho le lacirme agli occhi perché sto postando L'EPILOGO. E' la prima volta per me, siate comprensivi çç Ho amato questa storia perché amo la persona a cui è dedicata, cioè la mia migliore amica.. voglio un'applauso da stadio per Beatriz! Chiunque non legga le sue storie deve passare SUBITO perché sono stupende, ok? Ok. Vabbè, torniamo a noi (?)
Allorss Ashley boh, la amo, Sophia amo anche lei nonostante non faccia altro che stare zitta e guardare tutto e tutti come fosse il giudice supremo e amo tutte voi che avete sopportarto questo mio lungo sclero per tanto tempo. Ma voi continuerete a seguirmi anche perché, mi piace tanto sta cosa, con la maggior parte di voi ho un rapporto di amicizia e voglio ringraziare le quttro persone più importanti della mia vita (sopportatemi ancora per qualche minuto, tra poco me ne vado çç)
Simona: perché senza di te questa storia non sarebbe mai nata, perché tu sei la mia migliore amica, ci conosciamo da due anni e so che si sarai per sempre. Mi hai ispirato Serafine, avrei potuto cancellare questa storia quando abbiamo litigato per davvero, ma se lo facevo, una parte della mia vita sarebbe andata via e io non volevo, perché ti volevo bene nonostante tutto. Sei importante per me e ti amo.
Agata: perché sei una delle amiche più fantastiche che abbia mai avuto, perché mi sopporti, sei sempre con me quando io piango e sai come sollevarmi il morale quando nessun altro ci riesce. Mi hai supportato fin dall'inizio di questa storia e stai continuando a farlo con le altre. Sei importante e amo anche te.
Andrea: perché nonostante non facciamo altro che riempirci di insulti e di scambiarci immagini sexy degli artisti che ci piacciono, ci vogliamo bene e poi sei fondamentale perché be.. se non ci sei tu chi può farmi ridere con le cose più stupide? Ti amo, tanto.
Mary: perché ogni volta che stai male tu, ci sto anche io. Perché ormai so come farti stare meglio (e non rivelo il segreto, ma io e te lo sappiamo :D) e perché anche tu, come le tre personcine di sopra, riesci a sopportarmi e non capisco come fai. Ti amo, carota mia :3 (Harry: Louis, tonight Sarah will go out.. wanna come to my home?)
Bene, dopo tutto questo zucchero (vi prego, attenti alla glicemia) vi posto l'ultimo banner çç 

Vi amo tutte. E passate qui.. è la mia nuova Fan Fiction (per chi ancora non abbia letto D:) Il mio migliore amico è Harry Styles e anche su questa shot che ho scritto per Glee :3 Brittana prima che mi rprendete a sprangate la smetto di scrivere. Vi amo e recensite :D

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