Here without you. di S o p h i e (/viewuser.php?uid=118698)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo sapevi che i pianeti erano fatti di ceralacca? ***
Capitolo 2: *** Ti giuro che ti sposo. ***
Capitolo 3: *** Over the sky. ***
Capitolo 4: *** Che cosa succede all'anima quando si frantuma? ***
Capitolo 5: *** E chi lo dice che di amore non si muore? ***
Capitolo 6: *** Eve la Masochista ***
Capitolo 7: *** Nella tana del Bianconiglio ***
Capitolo 1 *** Lo sapevi che i pianeti erano fatti di ceralacca? ***
Lo sapevi che le stelle erano fatte di ceralacca?
You
could be my unintended
Choice
to live my life extended
You
could be the one I'll always love.
Unintended - Muse
Si diceva che nulla era impossibile se
si lavorava in un circo. Non che Eve potesse esserne certa, dato che
non era
una circense, ma illudersi che fosse possibile non le dispiaceva
affatto. Per
questo passava intere giornate in compagnia di quel mondo. Sin da
bambina,
quando i genitori la portavano con entusiasmo, lei si emozionava, gli
occhi
iniziavano a brillare, e il suono della sua risata ricopriva
l’intero universo.
Poi da quando quel luogo magico li
aveva fatti incontrare, chi
poteva più farne a meno.
Si erano incontrati come si incontrano
due comete di orbite
opposte, c’è chi lo avrebbe chiamato incontro
fortunato, chi, invece, destino.
“Lo sapevi che i pianeti
erano fatti di
ceralacca?”
Eve si era voltata,e scontrandosi con
due intensi occhi cerulei,
sorrise. “Non vorrei sbagliarmi, ma non era la luna,
quella?” Gli aveva chiesto
mostrandole una schiera di denti bianchi e perfetti.
Il ragazzo scosse la testa,
“no, la luna è fatta di formaggio, i
pianeti,invece, sono fatti di ceralacca.”
Eve lo guardò. La pelle
rifletteva i suoi sogni, le labbra i suoi
desideri.
“Ti piacce lo zucchero
filato?” gli aveva chiesto senza smettere
mai di guardarlo.
“Si.”
Eve lo prese per mano, creando un
meccanismo chimico sulla
superficie della loro pelle.
“Lo hai un nome
astronauta?” Gli aveva chiesto mentre conficcava
un dito nella sostanza rosa e appiccicosa.
Eve pensò di essersi persa
e nel frattempo ricomparsa. Lui aveva gli
occhi grandi, occhi che la perforavano da parte a parte.
“Robert.”
“Evelyn.”
Si presentarono con le mani sporche di
dolci speranze, rimanendo
appiccicati per tutto il resto della serata, e non solo a causa dello
zucchero
filato rimasto tra le loro dita.
Come il bastoncino dello zucchero
filato, Eve aveva conservato
ogni cosa dei loro incontri
Lui aveva un bel nome, anche se per
Eve troppo lungo, così
preferiva chiamarlo Rob.
Eve e Rob.
Rob e Eve.
Rob con la testa troppo in alto, sopra
le nuvole, tra le galassie
e le asteroidi.
Rob con i capelli arruffati e le mani
al vento, mentre invocava la
pioggia danzando come un pellerossa, anche se di rosso aveva poco e
niente.
Rob con la bocca che profumava di
nicotina, mentre sputava parole
da acciuffare come farfalle.
Rob con indosso una vecchia camicia a
quadri bianca e nera e nelle
mani una sigaretta ormai consumata.
Rob con la testa ancora di un ventenne
piena di sogni e di
aspettative.
Rob che non aveva voglia di crescere,
l’eterno bambino.
Rob che poteva ancora fare tardi il
sabato sera, con la bocca che
sapeva di Foster’s e Chesterfield.
Rob che quando vide Eve smise di
cantare insieme al suo gruppi di
amici.
Rob che le si avvicinò con
le mani che sudavano come un
adolescente alle prime armi, porgendole un sorriso che non le avrebbe
mai fatto
pagare.
Rob che ancora credeva si trattasse di
un
gioco.
Rob che fece un provino.
Rob che venne preso in quel provino.
Rob che dovette volare in America.
Rob il
grande attore.
Rob che
senza mai rendersene conto una stella lo era sempre stato.
“Rob quando arriverai sul
palco, con in mano una statuetta d’oro
massiccio e le gambe molli come un moccioso, voglio che tutto
ciò che dirai
sarà solo il mio nome.”Rideva la dolce Eve,
spensierata e felice per il suo
innamorato.
Chi sa che fortuna, pensava, avere un
fidanzato tra le stelle di Hollywood, con addosso sempre abiti firmati
e nel
cellulare il numero di Orlando Bloom.
Rob la guardò, perdendosi
in tutta
quella bellezza. Il corpo esile e bianco,come la panna montata, si
nascondeva
dietro la sua maglia taglia 44 dei Rolling Stone, che sapeva ancora di
quel concerto
visto insieme. Rob cercò di acciuffarla, ma lei sembrava un
grillo saltellante.
I capelli si muovevano a ritmo di una
musica immaginaria e teneva
il sorriso rivolto al sole.
Quando riuscì a prenderla,
la strinse forte tra le sue braccia.
“Allora farò
scena muta, perché non voglio condividere niente di
te, con nessuno, mia piccola Eve. Neppure il tuo nome.”
Quello che accadde dopo quella
dichiarazione rimase segreto tra le
mura di quella piccola stanza. Però ancora oggi, a distanza
di anni, le pareti
profumano del loro amore.
Eve che era il sole e la pioggia.
Eve che era una bugia e una
verità perfetta.
Eve che era tutto ciò che
Rob desiderava di più nella vita.
Eve che quando incontrò Rob divenne la forza gravitazionale
che lo manteneva in vita.
Eve
che credeva fermamente nelle capacità del suo Rob.
Eve
che in tutti quei mesi passati lontano da lui, non aveva mai
creduto alle parole che le gettavano addosso.
Eve che non leggeva i giornali.
Eve che odiava i saloni di manicure e
le vecchiette alle fermate
del bus.
Eve che lo aspettava.
Eve che sapeva di averlo perso per
sempre.
Eve che come la cometa Biela fu vista
rompersi in due pazzi,
quando Rob non pronunciò più il suo nome.
Scritta
di getto, con ancora la bocca che sa di fragole e coca cola.
Rob e Eve, due anime strappate. Una storia d'amore. Una storia
straziante.
Un pò come chi l'ha scritta.
Vi chiedo scusa, non sarà nulla di chè, ma mi
nasce dal cuore. Da dentro le viscere, forse un pò troppo
lontana dalla realtà, ma mia.
Questa storia parla del mio Rob. Si, qui sarà il mio. Dove
fuori non potrà mai esserlo.
Sophie.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Ti giuro che ti sposo. ***
I'm here without
you baby,
but you're still
with me in my dreams,
and tonight it's
only you and
me.
Here
without you - 3 Doors Down
Le promesse Rob
le aveva
sempre odiate. Sapeva che era
difficile mantenerle, sapeva che non era bravo poi a farsi perdonare.
Certo,
tutto questo prima di incontrare Eve.
Eve che era una promessa fatta tra le stelle.
Eve che il modo di farsi perdonare di Rob l’aveva sempre
adorato.
Si erano conosciuti sotto un cielo che profumava d’
illusioni, ma troppo presi l’uno dall’altra per
accorgersi di ciò che avrebbe
prodotto quella loro fretta di amarsi.
Loro erano sempre stati così spregiudicati, che quando
furono costretti a dirsi addio si accorsero di quanto fosse stato caro
il loro
affronto.
Robert lo sapeva bene.
“Niente sesso prima
del matrimonio, non te l’hanno mai detto?” Gli
aveva sussurrato all’orecchio
mentre si lasciava spogliare. Il tocco di Rob le faceva venire la pelle
d’oca,
il suo respiro s’infrangeva sulla pelle di Eve, scottandola.
Robert la sollevò
delicatamente permettendo un contatto più
profondo,“l’avrò sentito dire una
volta o due, ma chi ha inventato questo detto non ti aveva mai
incontrata,
Eve.” La ragazza smise di respirare contorcendosi sotto le
mani di Rob. Lui
aveva l’amore negli occhi. Irradiava qualcosa di tossico, era
peggio di mille
raggi ultravioletti. Eve chiuse gli occhi, lasciandosi andare mentre
lui la
spogliava.
Via la maglietta.
“Profumi di
mirtilli.”
Via la gonna troppo
corta.
“Ti giuro che ti
sposo.”
I gemiti
aumentarono quando lui le accarezzò l’interno
coscia.
“Mi vedrai nuda.”
Eve e la sua
timidezza. Eve era quel genere di ragazza che non esisteva se non
all’interno
di qualche sogno. Rob voleva prenderla in tutti i modi possibili,
renderla
umana, renderla sua da qui al per sempre.
“Io ti voglio
vedere nuda, vestita, in accappatoio e anche con un costume da
samurai.”
Via i pantaloni.
“Indosserai un
completo blu o nero?”
Via l’intimo viola
che nascondeva le forme perfette.
Lei teneva gli
occhi chiusi e sorrideva, lui la fissava venerandola in ogni modo
possibile.
Eve andava contemplata, custodita come il santo Graal. “Tu
come lo vorresti,
mia piccola Eve?”
Le parole divennero
sussurri. Rimasero parecchio in silenzio, quando capirono che labbra e
parole
non potevano avere lo stesso ritmo. Lui l’assaggiava, lei si
lasciava mangiare.
“Io, se fosse per
me direttamente nudo, ma sai cosa, non vorrei far arrapare mia
nonna.” E rise,
di quella risata limpida e cristallina da far capovolgere i poli
terrestri, e
Robert pensò che fosse arrivata davvero la fine del mondo.
La portò sul letto,
dove la fece sdraiare. “Mi reputi tanto capace?”
La pelle di Eve era
bianca, come le lenzuola. Le mani di Robert ripercorsero tutto il corpo
della
ragazza, stando attento a non svenire, per la troppa bellezza.
“Oh Pattinson, io
ti reputo capace di tutto.”
Eve aveva gli occhi
dello stesso colore dell’anima. “Apri gli
occhi.”
“Mi brucerai.”
“Prometto di fare
piano.” Le sussurrò entrando lentamente in lei.
Eve sospirò, “ti
sposo, giuro di prenderti come marito.”
Eve gemette e
pensare che non era Vergine neppure di segno. Ma lui, bè,
lui sarebbe stata la
sua prima volta ogni volta che l’avrebbe guardata, ogni volta
che l’avrebbe
baciata. Lui sarebbe stata la sua prima volta anche dopo, quando i
pianeti si
sarebbero accartocciati sui loro corpi nudi, anche dopo che tutte le
stelle
presenti nel firmamento sarebbero esplose ricoprendoli di luce. Lui
sarebbe
stato sempre la sua prima volta.
“Io sarò il ragazzo
sull’altare.”
Rob l’avrebbe
sposata.
“Io quella tutta
nuda che ti viene incontro.”
Eve l’avrebbe
sposato.
Quando Robert riaprì gli occhi non era più nella
stanza
color indaco di Eve. Non l’aveva più tra le
braccia a respirare l’amore tra i
suoi capelli. Quando Robert riaprì gli occhi la vista si
appannò.
I movimenti erano profondi.
Il corpo che lo stringeva non aveva nulla di caldo, il
suono di quei versi non aveva nulla a che vedere con la voce della sua
Eve.
Le mani che l’esploravano sembravano aghi, il suo corpo
era cenere e si
sentì sporco.
Sporco perché non aveva mantenuto la sua promessa.
Sporco perché non riusciva più a riprendersi.
Sporco perché lui era stato per lei come la sua prima
volta tante volte.
Sporco perché si erano lasciati.
Sporco perché Kristen non era Eve.
Lo so
è corto. Lo so fa schifo. Lo so che non
dovrei postare queste cose eppure lo faccio lo stesso.
Sono
davvero un caso senza speranza di guarigione. Sono masochista,
anche questo so bene.
So
che Rob ama Eve ma la tradisce.
So
che Eve ama Rob e che senza di lui non riesce neppure ad alzare le
tapparelle.
So
che Rob è un ottetto e Eve un orbitale vuoto.
Lo
so che chimicamente parlando sono fatti per unirsi, ma la vita
è un altra cosa.
Soffro
come Eve, perchè non lo può più
avere, ma l'invidio, perchè almeno per un pò
è stato suo.
Come
per me non lo sarà mai.
Allora se non
possiamo amarci per sempre, amiamoci stasera,
almeno per questa notte sii mio Robert.
Ringrazio
Lua93 per avermi detto di essere la sua assassina, Elly4Ever
per aver pianto con me nello scorso capitolo e Cris87 per le parole
(spero che il tuo esame sia andato bene, nel frattempo ti abbraccio
virtualmente).
Ringrazio
anche chi abbia solo letto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Over the sky. ***
You
still my heart
And
you take my breath away
Would
you take me in
Would
you take me deeper now.
Everything - Lifehouse
Il cielo era un ammasso
di nuvole antracite, ed Eve era
convinta che per mantenerle così salde l’una con
le altre, il Padre Superiore
avesse dovuto usare della Vinavil, perché altrimenti,
pensò, era impossibile
vederle così unite.
Così si
chiese perché invece lei e Rob, così resistenti
non lo erano stati, che dopo tanti temporali la ripassata nessuno
l’aveva fatta
e loro si erano sgretolati come intonaco, staccandosi.
E si sentiva sempre un
po’ meno piena di lui a ogni
ticchettio del tempo, perdendosi facilmente tra i sospiri della gente
che
involontariamente la risucchiavano a ogni respiro.
“Lo sai Rob che
cosa
dicono di te?”
Robert pensò che
dovesse
essere normale sentirsi così ogni volta che gli occhi di Eve
si posavano sui
suoi, eppure ancora non riusciva a capacitarsene.“No, e
sarebbe troppo
sdolcinato dirti che a me importa solo ciò che pensi tu su
di me?”
“Dicono che vivi
troppo su costellazioni ancora da scoprire.”Aveva soffiato la
ragazza, come a
voler nascondere quella confessione al vento.
“Ed è
la verità?”
Eve lo fisso per
dodici secondi. “Direi di no, perché io ti ho
trovato da un pezzo Rob.”
Ancora non
l’aveva capito il mondo che quei due erano
entrambi di Universi diversi, entrati in collisione scatenando una
tempesta
cosmica. Ma il tempo era passato e la via
Lattea
si era avariata, forse era finito il suo tempo, forse era semplicemente
scaduto, e se poteva scadere il latte sulla Terra, perché
quello del cielo
doveva durare più a lungo?
Però
a Evelyn e a Robert nessuno
aveva detto di aver inciso sopra una data di scadenza, così
si ritrovarono
acerbi, buoni solo per fare volume nell’immondizia.
Il
cielo di Londra piangeva
ancora quei due innamorati, e anche se Eve lo poteva osservare ogni
volta che
desiderava, per Rob era diventato più difficile.
Santa
Barbara aveva un cielo
luminoso, azzurro come la camicetta che indossava Eve il giorno in cui
Rob le
presentò Tom. Ma sotto quel cielo non c’era Eve, e
neppure l’allegria che
portava il suo sguardo spensierato. Sotto quel cielo Rob vedeva solo
lunghi
tappeti rossi calpestati da gente che aveva accantonato la propria vita
per
costruirsene una nuova. Ma Rob questo cielo di ciniglia proprio non lo
sopportava, e forse sarebbe stato più bello vedere lo
spettacolo accanto a
qualcuno che avesse capito il trucco, invece di essere circondato da
gente che
cercava di fingere nella commedia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Che cosa succede all'anima quando si frantuma? ***
Sing it for the boys, sing it for the girls
Every time that you
lose it sing it for the word.
My Chemical Romance - Sing
“Che cosa succede
all’anima quando si frantuma?”
Christine si
voltò verso l’amica, fissandola come se
fosse impazzita, come se non lo sapesse che Evelyn quanto poneva certe
domande
era perché aveva bisogno di risposte.
“Non
lo so.” Le
aveva replicato, liquidandola con un alzata di spalle e un sorriso
tirato fino
alle tempie, che se fosse stato possibile la pelle si sarebbe strappata
per il
troppo sforzo. Eve un giorno gliel’avrebbe detto che quando
sorrideva così le
ricordava tanto lo Stregatto di Alice. Peccato che non fossero
simpatici
uguali, pensò mentre si alzava dalla fredda panchina sulla
quale era seduta.
Christine e le altre
ragazze neppure se ne accorsero che
Eve aveva imboccato il sentiero, andandosene senza neppure salutarle.
Il cielo quel giorno
aveva un colore brillante, come se
dentro ogni pezzo di volta celeste avessero incastonato diamanti pronti
a
risplendere non appena venissero colpiti dalla luce. Eve lo fissava
spesso il
cielo, a volte rimaneva ore a osservarlo, tanto che quando poi
abbassava lo
sguardo le sue iridi ne riflettevano ancora il colore. Ma quel giorno
di
guardare il cielo non ne aveva proprio voglia, che se fosse stato
possibile
avrebbe chiuso gli occhi per un minuto o due, giusto il tempo di
dimenticare
quanto a volte potesse fare male vedere. E ci mancava solo che il manto
sopra
tutte le teste degli uomini avesse lo stesso colore degli occhi di Rob.
Rob che era
l’unico che riusciva a darle le risposte che
cercava, l’unico che quando pioveva non si metteva a ridere
se la vedeva
correre scalza nel piccolo giardinetto del suo palazzo. Che la
felicità non era
fatta di attimi distanti anni luce l’uno dall’altro
e che non esistessero solo
rette parallele.
Rob che di equazione
ne capiva meno di niente riusciva sempre a trovare le soluzione a tutte
le incognite di Eve.
E Evelyn ormai si era
convinta che esistesse una sesta
essenza, che oltre l’etere ci fosse anche Robert. E si
metteva sempre a ridere al
pensiero di Aristotele e Rob, che se si fossero conosciuti il primo
avrebbe
scelto di fare il cuoco, che un filosofo come lui non si era mai visto.
Ma ora che Rob non era
più con lei, Eve quelle domande
non sapeva come porgliele in maniera educata, senza ferirlo
ulteriormente, che
lo sapevano bene entrambi come il suo linguaggio fosse colorito. Forse
quel
giorno però una lavata alla sua bocca l’avrebbe
data, che come le diceva la
madre la candeggina una volta o due l’avrebbe dovuta usare
anche come
dentifricio.
Però non
poteva più chiamarlo, che con tutti gli agenti
che aveva la sua voce non l’avrebbe più
riconosciuta, e lei non voleva essere
soltanto un ricordo. La verità e che le era bastata quella
volta in cui l’aveva
chiamato a notte fonda, dopo aver visto un documentario sulle tigri del
Bengala, anche solo per sentirlo respirare. Uno squillo, due squilli,
il
pensiero di riattaccare, per poi sentirsi rispondere da una ragazza.
Fu quel giorno che Eve
morì, e dato che lei una Fenice
non lo era, dalle sue ceneri non riuscì a rinascere.
Forse Rob promesse non
avrebbe mai dovute farle, che a
mantenerle non era bravo. Di dimenticare non c'era riuscito e nemmeno
a
sostituirla, ma questo Eve non lo poteva sapere, così
pensò che invece per lui
fosse stato tutto più facile.
Forse la prossima volta
si sarebbe vista un documentario
in più, piuttosto che chiamare l’attore
più in voga del momento, che niente era
stato a parte il suo Rob.
Suo come nessun altro
sarebbe stato.
Ma questo, nessuno
l’avrebbe mai saputo.
Così
tornò a casa, che forse era arrivato davvero il
momento in cui avrebbe fatto per la prima volta ciò che la
mamma le aveva
detto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** E chi lo dice che di amore non si muore? ***
La mano di
Robert
accarezzava il soffice divano,
ricoperto da un tessuto rosso simile alla ciniglia. Ascoltava Tom
parlare,
mentre si scolava la terza bottiglia di birra in un quarto
d’ora. Che dove lo
infilasse tutto quel liquido ancora Rob non l’aveva capito,
però gli piaceva
vederlo tentare di fare un discorso serio, anche se buone parole non
era in
grado di pronunciarle neppure da sobrio.
Come
quella volta in cui Tom gli disse che la sua capacità di
rimorchiare
ragazze da sobrio era la stessa di quanto era ubriaco. E Rob che le
scommesse
le adorava, gli strinse la mano, lasciando che l’amico si
avvicinasse a una
biondina. Ma Tom non poteva sapere che le possibilità di
conquistare una donna
sposata sono le stesse, sia da sobrio che da ubriaco. Robert quel
giorno si
portò a casa venti sterline oltre un migliore amico sbronzo.
Oggi
però
Robert non aveva voglia di scommettere e
neppure di seguire i ragionamenti di Tom. Oggi Robert voleva solo
tornare a
casa, che di parole ormai ne era pieno. E il fatto di essere tornato a
Londra,
il fatto di essere di nuovo sotto lo stesso cielo, non
l’aiutava per niente,
che Eve ormai l’aveva abbandonata e non sapeva più
come riprendersela. E quante
batterie dei cellulari lasciate bruciare per tutte le volte che aveva
provato a
chiamarla, per tutte le volte che si era ripromesso di dirle la
verità. Che le
mancava, che non riusciva a respirare, che era stato uno stupido.
Dirle che
voleva riabbracciarla, che senza di lei era come camminare con gli
occhi
bendati, e lui non ci riusciva a vedere al buio.
Dirle che
quando l’ultima
volta avevano fatto l’amore, lui non avrebbe mai voluto
uscire
da lei, che senza
non ci riusciva a stare.
Dirle che
non c’era riuscita nessun altra ragazza a
riportarlo in vita, e dirle anche che i discorsi senza logica di Tom
senza di
lei che cercava di interpretarli, non avevano alcun senso.
E
allora diglielo
Rob, che non sei riuscito a smettere di fumare da quando non
c’è più lei a
rubarti il pacchetto di sigarette. Che dei tuoi polmoni non te ne frega
più
niente, e ti sei arreso allo smog di tutte le città che hai
visto.
Diglielo
che
della tua carriera non te ne frega un cazzo da quando non
c’è più lei a
baciarti dopo ogni scena provata. Che dei baci di Emily e di Kristen
non te ne
fai nulla, che come le sue di labbra non c’è ne
sono.
Diglielo
che stai morendo
lentamente, da quando l’hai abbandonata in lacrime su quelle
bianche lenzuola
della sua stanza. Che il suo volto sconvolto non riesci a togliertelo
più dal
cuore, che stai male per le troppe volte in cui con l’alcool
hai cercato di
annebbiare il ricordo. E diglielo Rob, che hai sbagliato a chiudere con
lei
qualcosa che non ha ne chiave ne serratura.
E
diglielo Rob che
la ami, che non puoi vivere senza di lei, che durante questi due anni
non sei
mai riuscita a dimenticarla.
Ma
c’era un
motivo se i suoi amici lo chiamavano
vigliacco, e non era certo per le scommesse se, veniva chiamato
così.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Eve la Masochista ***
E
infine legò i capelli, perché a tenerli sciolti
ormai non c’era più abituata.
Indossò
il maglione rosso sfregandoselo addosso in cerca di un po’ di
calore. Non
quello di cui aveva appena usufruito, perché i corpi degli
altri erano sempre
troppo ghiacciati e vuoti, rispetto al corpo di Rob. Ma ormai
pensò di averci
fatto l’abitudine, infondo c’era sempre qualcuno
disposto a riscaldarle una
parte di letto, peccato che nessuno fosse più in grado di
riscaldarle il cuore.
«Dove
stai andando?»
Una
lacrima solcò il suo pallido viso, scavato fin dentro le
viscere di una
sofferenza troppo grande per essere descritta. Non si voltò
nemmeno quella
notte, perché sapeva che farlo, guardando negli occhi,
l’avrebbe annientata.
«Si
è fatto tardi.»Rispose con un sospiro, cercando a
gattoni le sue converse nell’oscurità.
Matt,
il ragazzo della lavanderia, si
sollevò
dal materasso, «perché stai andando via? Non ti
è forse piaciuto?» Le domandò
con voce ancora assonnata.
Evelyn
rise. Una risata amara, triste, che non tentò affatto di
mascherare.
«Potremmo
rifarlo se ti va.»
Lei
smise di ascoltarlo.
Se
c’era una cosa che la ragazza odiava più dei
giornaletti di gossip, erano le
notizie date al telegiornale, soprattutto quando parlavano di lui.
Per
Eve non era stato per nulla facile, cercarlo nella carne degli altri
uomini, e
probabilmente non l’avrebbe mai trovato in un corpo che non
contenesse nelle
vene il sangue del suo primo amore. Ma avrebbe continuato a provare,
Eve la
Masochista. Così avevano deciso di chiamarla i suoi amici.
Loro che ad alzarsi
ogni giorno non ci mettevano nulla, come avrebbero potuto comprendere
le sue
difficoltà?
Si
vestì in fretta, nel silenzio che tanto la caratterizzava e
spaventava. Afferrò
il cappotto e l’indossò, ignorando le parole del
ragazzo.
«Se
non vuoi più vedermi almeno dimmi una cosa,
perché sei venuta a letto con me se
non sono stato capace di soddisfarti?» Le domandò
impedendole di aprire la
porta. Gli occhi di Eve si posarono sul corpo nudo di Matt sperando,
ancora una
volta, di provare una scintilla, un brivido, che la facesse sentire di
nuovo
umana. Ma quella sensazione non arrivò, così i
suoi occhi si chiusero, perché la
gente non poteva capire quanto fosse distrutta dentro.
«Rivestiti.»
Disse dando le spalle a Matt, nudo come un verme sull’uscio
di una comune casa
di Notting Hill.
La
notte non era poi così buia, non più da quanto
sia Eve che Rob sapevano di
respirare sotto lo stesso cielo. Ma la consapevolezza non avrebbe
impedito loro
di vincere i troppi momenti passati lontani, le troppe vite sfiorate
senza
poterle condividere.
Non ti cercherò
amore
mio, non lo farò più. Ho tentato così
tante volte di ricomporre il mio cuore,
sapevo bene che solo i cerotti non sarebbero bastati, ma speravo almeno
di
riuscire a risolvere con la Vinavil. Forse il mio cuore si
rimarginerà quando
smetterò di chiamarti, dopo tanti anni, ancora amore mio.
Non dite nulla, sono mesi che non aggiorno questa storia.
Vi chiedo infinitamente scusa per questo.
In verità, non so come finirà tra Eve e Rob,
forse torneranno insieme, forse no. Nel frattempo questo è
quello che succede quando si smette di amare.
Sophie.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Nella tana del Bianconiglio ***
Red - Hymn For The Missing
Aveva gli occhi rossi
Evelyn, gonfi come se avesse smesso
di dormire da anni. Teneva le palpebre abbassate, perché
diceva che al buio si soffriva
meno. Eppure, continuava a piangere.
Forse
perché fuori pioveva.
Forse
perché il suo corpicino era troppo gracile per
sopportare tutte quelle parole.
“Non hai mica
bisogno di lui per vivere.”
“Guarda che a
rimetterci sei solo tu, non lo vedi come riesce benissimo a farcela
anche senza
di te?”
“Eve, credo tu
stia
esagerando.”
“A Natale
dovresti
brillare un po’ di più, non sei mica una batteria
di luci made in china.”
La verità
era che stava sprofondando. Precipitava, proprio
come accadde ad Alice nella buca del Bianconiglio. E chissà
quanto avrebbe
voluto una di quelle pozioni magiche per renderla piccola piccola, per
farla
scomparire. Un piccolo cuore non avrebbe retto un così
grande dolore, così alla
fine si sarebbe fermato. Ed era proprio quello che Eve desiderava.
Fermarsi.
Si sentiva tanto come
il vecchio busker di Regent’s Park.
Un tempo non vi era giorno senza che l’aria si riempisse
delle sue canzoni. Cantava
sempre, con una voce che a detta di alcuni, faceva tremare il Mondo.
Tutti si
arrestavano per ascoltarlo, la gente smetteva di correre, la fretta
cessava,
non vi era più nulla, eccetto lui. Era ammirato da tutti.
Poi, un brutto giorno,
qualcosa dentro di lui si ruppe, e
il vecchio busker, non riuscì più a cantare.
I giorni passarono e
la gente che tanto adorava
ascoltarlo, non sentendo più la sua voce, riprese a correre,
a scappare, dimenticandosi
di lui. Dimenticandosi delle sue canzoni.
Eve si sentiva proprio
come quel vecchio cantante
dimenticato. Senza di Rob non riusciva più a cantare. Le sue
corde vocali si erano
attorcigliate e nelle sue vene non scorreva più sangue
caldo, ma solo neve.
Quando lo rivide, il
16 Dicembre, dentro il vecchi pub
che tante volte l’aveva visti felici, Eve non poteva di certo
immaginare che
lui fosse tornato, questa volta per restare.
Infondo Rob aveva un
debito con lei.
Doveva ridarle la
luce.
Doveva renderla capace
di cantare ancora.
Che
dire, almeno a Eve un lieto fine vorrei tanto regalarglielo.
Chissà
che questa volta non riesca ad essere felice accanto al suo Rob.
Grazie
a tutte voi, siete delle lettrici eccezionali.
Un
abbraccio particolare ad Annina88, questo capitolo lo dedico a te.
Sophie.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=641255
|