The Katherine's Diary di Sekunden (/viewuser.php?uid=58294)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A new Beginning ***
Capitolo 2: *** Call me Katherine ***
Capitolo 3: *** White Room ***
Capitolo 4: *** He is Damon ***
Capitolo 5: *** How Can I Ever Choose? ***
Capitolo 6: *** Verbena ***
Capitolo 7: *** Black and White ***
Capitolo 8: *** Founders Day ***
Capitolo 9: *** 'Cause I can Kill you during the Sleep ***
Capitolo 10: *** I am falling in Love with You ***
Capitolo 11: *** Demons are There ***
Capitolo 1 *** A new Beginning ***
Avrei lasciato
Atlanta per trasferirmi a Mystic Falls, un cittadina in cui vivevano
pochi abitanti, ma molto sospettosi.
Giuseppe Salvatore
avrebbe volentieri offerto a me e alla mia badante un luogo in cui
alloggiare, lontano da qualsiasi pericolo.
La storia
dell'incendio – seppur molto ridicola – aveva soggiogato quel
signore senza problemi. Ero solamente la povera orfanella di una
famiglia sconosciuta, che aveva bisogno di una famiglia e di
ricostruire la sua innocente e malinconica vita.
“La carrozza è
pronta, signorina Pierce” annunciò la mia badante, con molta
leggerezza.
“Molte grazie
Emily, sarò da voi in poco tempo” risposi sorridendo, facendole
capire che dovevo sbrigare una cosa prima di partire.
Mi diressi verso la
mia vecchia stanza e cercai in fretta di trovare ciò che stavo
cercando: il mio diario.
Era un piccolo
quaderno, con una copertina rosso carminio e un segnalibro nero.
L'avevo conservato per moltissimi anni, e non l'avrei mai perso.
Cercai ancora, un
po' infastidita poiché non riuscivo a trovarlo. Sentivo già gli
zoccoli dei cavalli toccare il terreno, pronti per il viaggio. Mi
fermai per un istante, portando il mio dito indice sinistro alle
labbra e guardandomi intorno. Sorridendo mi avvicinai ad un angolo
della stanza e mi abbassai, aprendo una piccola cassa che si trovava
sul pavimento, nascosta da un tappeto grigio.
Trovai ciò che
cercavo: era sotto alcuni oggetti antichi, ed era coperto da un
foglio ingiallito.
Lo presi in mano;
istintivamente aprii il diario, sfogliando le prime pagine con
delicatezza.
Questa notte mi è
stato portato via tutto ciò che avrei desiderato per il mio futuro.
La parola “disonore” rimbomba nella mia mente provocandomi
lacrime impure.
Richiusi il diario
con violenza, al leggere quelle parole avrei potuto mostrarmi debole,
e non l'avrei mai accettato.
Sospirai e uscii
dalla stanza, avviandomi verso la carrozza che si trovava fuori in
giardino.
“Possiamo partire”
dissi sorridendo all'uomo. “Mystic Falls” indicai a quest'ultimo.
Emily aprì la
portiera e mi fece sedere all'interno della carrozza. Era semplice,
ma molto raffinata. Aspettammo che anche lei entrasse e partimmo,
verso una nuova città.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Call me Katherine ***
Cap 2
Il viaggio non fu
lungo, arrivammo in pieno giorno.
Annusavo quell'aria
fresca; un'odore inebriante di fiori appena sbocciati riempiva i miei
polmoni, facendomi mantenere un sorriso sul mio viso.
Guardai intorno e
vidi un lungo viale pieno di frassini, che quasi ipnotizzavano. Una
brezza leggera li faceva muovere contemporaneamente, e si poteva
sentire il fruscìo dei rami che si toccavano tra loro.
I cavalli
cominciarono a rallentare, mi affacciai la testa per vedere cosa stesse
succedendo; eravamo arrivati al cancello di un maestoso pensionato.
Due servi lo
aprirono, ed entrammo all'interno di quel giardino, che era molto
grande.
“Quali sono le
vostre priorità?” domandò Emily, guardandomi con quel suo solito
sorriso.
“Prima di tutto”
sospirai, “Dovrò conoscere chi ci ospiterà” lei mi guardò per
un attimo e tornò ad osservare il giardino, in silenzio. Io sorrisi,
attendendo la fermata della carrozza.
Non tardò ad
arrivare e l'uomo fece un verso ai cavalli, indicandogli di fermarsi.
“Siamo arrivati!”
esclamò Emily. Le sorrisi e attesi che uno dei miei servi venisse ad
aprire la portiera.
Prese una piccola
cassa e la mise davanti alla scaletta che si era lasciata andare,
aprendo la portiera. Emily scese per prima e prese la mia mano e mi
aiutò a scendere, in modo formale.
Non appena toccai
terra, sollevai il mio viso, che era nascosto da un cappello color
panna molto grande, che mi riparava dal sole cocente.
Mi guardai intorno
per qualche secondo, fin quando non fermai il mio sguardo su un
giovane che attendeva con le mani dietro la schiena il mio arrivo.
Restammo per qualche
attimo a guardarci, fin quando non gli feci un sorriso. Egli lo
ricambiò subito, avvicinandosi con cautela verso di me; era
abbastanza alto, con dei capelli castano chiaro né troppo corti né
troppo lunghi.
Emily lasciò la mia
mano, e mi avvicinai anch'io verso di lui, che mi fissava come se
fosse incantato da una dea.
“Dovete essere la
signorina Pierce” fece per inchinarsi, ma lo bloccai porgendogli la
mano.
“Vi prego” la
prese subito con delicatezza, “Chiamatemi Katherine” affermai, e
feci un inchino.
Egli deglutì a
fatica e tornò a sorridermi. Restammo nuovamente a fissarci,
dimenticando qualsiasi altra cosa fosse intorno. I suoi occhi blu
contrastavano i miei marroni, che non avevano alcun fascino messi a
confronto.
“Spero vogliate
concedermi di potervi accompagnare alle vostre camere, signorina
Pierce” sorrise mostrando i suoi denti bianchi e diritti. “Con
molto piacere” Non esitai a rispondere con un altro sorriso.
Si girò verso
l'entrata, facendomi cenno di avvicinarmi di fianco a lui. Salii le
scale tenendomi il vestito, che essendo lungo e gonfio infastidiva i
miei movimenti.
Entrammo e mi
guardai intorno: il salone d'ingresso era incredibilmente grande.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** White Room ***
Cap 3
“Questo è il
salone d'ingresso” confermò egli, allargando le braccia e
indicandomi tutto ciò che vi era all'interno. Dei mobili antichi
arredavano quella grande stanza, e l'odore di legno pregiato era
inebriante. Alzai lo sguardo per vedere un grandissimo lampadario di
vetro con molte candele di sopra. Aprii leggermente la bocca in segno
di stupore, e continuai a seguire il giovane che mi guardava
divertito.
Passato il salone,
dovetti attraversare un lungo corridoio che portava a delle scale di
quercia antica. “Sopra vi sono le vostre camere” affermò.
Sorrisi e cominciai a salire, sempre tenendo il vestito alzato di
qualche centimetro.
Arrivammo sopra,
dove c'erano sei porte di sei stanze disposte in fila. Istintivamente
pensai a quale fosse quella in cui dovevo alloggiare. Non perse tempo
ad indicarla, proprio quella a cui pensavo. Era l'ultima della lunga
fila di camere. Aprì la porta bianca, e con un gesto di braccia mi
fece entrare.
“Molto
accogliente” dissi guardandomi intorno. Egli sorrise e si avvicinò
a me.
“Questa è la
camera più bella” sussurrò. “La teniamo solamente per gli
ospiti importanti” continuò.
Annuii girandomi
verso di lui, tornando a guardarlo dalla testa ai piedi.
“Non so ancora
come vi chiamate” feci una faccia triste e lo guardai.
“Il mio nome è
Stefan Salvatore” si inchinò elegantemente. Il suo nome era
perfetto per il suo fascino.
“Stefan Salvatore”
ripetei divertita. “Credo che me lo ricorderò per sempre”
scherzai.
Egli rise
leggermente e indietreggiò, sospirando. “Vi lascio riposare,
dev'essere stato un lungo viaggio” disse con tono preoccupato. “Non
vi preoccupate, Stefan, preferisco sistemare i miei bagagli”
risposi tranquillizzandolo. “Per qualsiasi cosa, non esitate a
chiedere” prese la mia mano e la baciò nuovamente. “In ogni caso
mi troverete a pranzo” concluse sorridendo. “Non credo che
parteciperò” dissi guardandolo. “Non ho appetito” sorrisi.
Egli mi guardò nuovamente incantato, e indietreggiò chiudendo la
porta, lasciandomi sola in quella meravigliosa stanza.
Annuii e mi sedetti
sul letto. Era estremamente morbido, e con le dita riuscivo a sentire
la delicatezza di quella seta tanto raffinata. Mi tolsi il cappello
poggiandolo di fianco a me, e aspettai Emily con i bagagli. Portai la
mano sinistra sul mio collo, e cominciai a giocare con la collana di
perla nera che avevo intorno ad esso. La presi in mano
accarezzandola, con leggerezza. Mi alzai di colpo, e mi girai verso
la finestra, coperta da una tenda bianca sempre di seta. Mi
avvicinai, e con slancio aprii la tenda. Il sole mi accecò
leggermente, illuminando la mia pelle chiara. Il calore del sole
cominciava a riscaldarmi, e curiosamente guardai cosa ci fosse fuori.
Vidi il giardino principale, e la mia carrozza ancora ferma allo
stesso punto. I servi prendevano gli ultimi bagagli e li portavano
dentro insieme a quelli del signor Salvatore. Di fronte, si poteva
godere della vista di un bosco abbastanza grande. Guardai con
compiacimento e tornai a fissare la carrozza. Notai la presenza di
un'altra di fianco alla mia. Curiosamente scrutai nei minimi dettagli
ogni singolo uomo che scendeva da essa.
Due di essi erano in
divisa militare; conclusi che erano appena tornati dalla guerra.
Per ultimo uscì un
altro uomo, di statura media, con dei capelli neri che risaltavano
sulla sua pelle bianca. Alzò lo sguardo verso la finestra, e vidi il
suo splendido volto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** He is Damon ***
Cap 4
Era pomeriggio.
Tutto era al suo posto e i servi stavano riposando tranquillamente.
Avevo preso volentieri una tazza di Te' con Giuseppe Salvatore, che
si rivelò il padre di Stefan. Questo nostro incontro fu interrotto
da un uomo, Johnatan Gilbert, che chiamò urgentemente il signor
Salvatore. Così fui costretta a tornare in camera, annoiata.
La mia attenzione fu
richiamata dalle voci in giardino di due persone. Mi affacciai dalla
finestra e sorridendo vidi Stefan e l'uomo che era in divisa parlare
animatamente, con un oggetto sferico in mano.
Non esitai ad uscire
dalla mia camera e raggiungerli sotto; mi resi conto che Emily stesse
seguendo la mia stessa strada, e mi fermai aspettandola.
“Avrà bisogno di
riposare, non vi preoccupate per me Emily” dissi io, cercando di
congedarla. “Verrò con lei signorina Katherine” sorrise, quasi
ad imporre la cosa.
La guardai per un
attimo e sospirai, tornando a camminare verso il giardino.
“Aspetta, quali
sono le regole?” sentì domandare da Stefan al compagno, mentre si
rincorrevano come due bambini.
Uscì fuori e
avanzai verso di loro, e non ci pensai due volte ad intervenire. “A
chi servono le regole?” domandai curiosa. Entrambi si girarono
verso di me, stupiti nel vedermi avanzare con tranquillità senza
preoccuparmi di sporcare i bordi del vestito.
“Posso giocare
anch'io?” chiesi, con un tono di voce basso, quasi come se dovessi
vergognarmi di ciò che osavo chiedere.
Vidi Stefan
guardarmi quasi incredulo, e avvicinarsi sorridendo. “Ah, potreste
farvi del male” respirò affannosamente “A mio fratello piace il
gioco duro” continuò.
Così quel giovane
uomo era suo fratello. Mi fissava anch'egli incantato, e manteneva un
sorriso malizioso sul viso. Feci una breve risata, sorridendo.
“Chissà perché credo che voi giochiate ancora più duro” non
fece in tempo a rispondere che presi quella palla tra le mani e
cominciai a correre, ridendo.
Entrambi mi
fissarono a bocca aperta, mentre ridevo e correvo come se volessi
farmi notare.
“Perché te ne
stai qui impalato, quella ragazza vuole essere inseguita!” esclamò
il fratello a Stefan, indicandomi. “Se non vai tu, vado io!”
disse cominciando a correre verso di me, lasciando Stefan titubante
per qualche secondo, che subito dopo inseguì il fratello.
Arrivarono di fianco
a me sfiniti, entrambi esausti per la lunga corsa. Io ero immobile e
li guardavo soddisfatta. Infine Stefan si avvicinò a me, “Questo
è...” non finì di dire la frase, che l'altro avanzò
inchinandosi, togliendosi il cappello come gesto formale.
“Damon Salvatore,
fratello maggiore di Stefan, nonché il più intelligente” disse
con un sorriso che solo lui riusciva a fare. Lo guardai e
istintivamente mi leccai i denti superiori senza farmi accorgere.
“Piacere mio Damon” mi inchinai anch'io, senza distogliere lo
sguardo da lui. Stefan intanto guardava la scena con un'espressione
un po' seccata, ma continuava a sorridere guardandomi, senza
distogliere lo sguardo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** How Can I Ever Choose? ***
Cap 5
I giorni seguenti
passarono con lo stesso programma giornaliero. Adoravo guardare i due
fratelli giocare dalla finestra e raggiungerli per unirmi a loro.
Quel pomeriggio
correvo per il giardino, che era simile a un labirinto per come era
strutturato. Ridevo fortemente e dietro di me vi era Stefan che mi
rincorreva, cercando di prendermi come se fossi un premio importante.
“Ho vinto!”
esclamai, poggiandomi su una statua. “Qual è la mia ricompensa?”
chiesi a Stefan, avvicinandomi maliziosamente. “Quale vorreste che
fosse?” una voce interruppe il nostro dialogo, entrambi ci girammo
verso la fonte, era Damon.
Indossava la stessa
divisa che aveva il giorno in cui lo vidi scendere dalla carrozza, ma
con in mano una pergamena che sbatteva sull'altra divertito.
“Ti hanno
prolungato la licenza?” domandò Stefan. “Mi stavo divertendo
troppo per tornare a combattere!” esclamò l'altro, sorridendo e
alzandosi dalla pietra. “Il tuo impegno nei confronti della
federazione è notevole!” Stefan lo abbracciò con tutto l'affetto
possibile e Damon ricambiò. Li guardavo sorridendo, vedevo in loro
un grande amore fraterno che chiunque avrebbe invidiato.
“Beh, la cosa va a
meraviglia per me” Decisi di interompere l'abbraccio. “In che
senso signorina Katherine?” chiese Damon curioso. “Ora avrò
entrambi qui ad intrattenermi” risposi con un tono provocatorio, e
sorrisero entrambi. “Prima di tutto ho bisogno che qualcuno mi
accompagni al ballo dei fondatori...” mi girai delicatamente, ed
entrambi risposero con un “Ne sarei onorato” o “E' un piacere”.
Mi fermai, sorridendo per le loro reazioni. Risi e mi rivoltai. “I
brillanti e gentili fratelli Salvatore corrono in mio soccorso”
avanzai, girando intorno a loro, ipnotizzandoli. “Come potrò mai
scegliere?” domandai scuotendo la testa, senza cercare una
risposta, e ritornai all'interno del pensionato camminando con le
mani sulla schiena, come una nobil donna qualsiasi.
Tornai di sopra, e
trovai Emily vicino alla mia porta, che mi attendeva.
“Ha intenzione di
dirglielo?” domandò, guardandomi preoccupata. Inizialmente non
diedi una risposta. “Quando sarà il momento” risposi, ed entrai
in camera, guardandola con la coda dell'occhio, mentre sorrideva.
Aprii un cassetto e
presi il mio diario. Lo aprii, e inzuppando d'inchiostro la punta
della penna che trovai sulla scrivania, cominciai a scrivere
qualcosa.
2 Agosto 1864.
Non scrivo
qualcosa da parecchio tempo. Adesso più che mai ho bisogno di farlo.
Ho conosciuto due
giovani, Stefan e Damon. Sono entrambi fratelli. Sono i figli di
Giuseppe Salvatore, e animano i miei giorni di permanenza nel
pensionato di famiglia.
Dovrò scegliere
chi, dei due, mi accompagnerà al ballo dei fondatori della città.
Caro diario,
so già chi
sceglierò, perché per la prima volta dopo tanto tempo, il mio cuore
dice che è la scelta giusta.
“Emily, dite a
Stefan di preparare il suo vestito per il ballo dei fondatori”
ordinai.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Verbena ***
Cap 6
Era Giovedì, e
mancavano tre giorni al ballo dei fondatori.
Quella mattina, mi
incontrai con alcune delle mie amiche che avevo conosciuto in passato
in altre città. Erano venute anche loro a Mystic Falls, per venirmi
a trovare.
Una, in particolare,
si chiamava Pearl. Era la mia migliore amica ed avevamo passato gli
ultimi decenni insieme.
Ci incontrammo al
parco di Mystic Falls, e cominciammo a passeggiare insieme.
“Katherine
Pierce, finalmente ti rivedo!” mi disse abbracciandomi. “Pearl,
come stai?” domandai
curiosa. “Quanto tempo pensi di restare con i Salvatore?”
domandò. “La gente parla Katherine. Tu, che convivi con entrambi i
fratelli non aiuta la situazione” disse preoccupata. “I Salvatore
sono stati gentili ad accogliermi, per tutti qui sono una povera
orfana di Atlanta, che ha perso... la sua famiglia nell'incendio”
dissi con tono triste e buffo ridendo. “Che tu hai appiccato”
aggiunse Pearl facendo un falso sorriso. Mi girai verso di lei,
continuando a ridere. “Cara, ti prego, stai attenta!” urlò Pearl
alla figlia. Anna era molto giovane, e ancora non sapeva cosa le
aspettava.
“Honoria Fell è venuta a comprare delle spezie ieri, e ha portato
questo” spiegò Pearl, uscendo dalla borsa un flaconcino di vetro,
con all'interno un liquido giallastro. Corrugai la fronte nel
vederlo. “Ha chiesto che fosse venduto a metà prezzo” continuò
Pearl, preoccupata. “Non capisco” dissi io. “Provalo” mi
invitò lei.
Lo
presi in mano, curiosa, e aprendolo lo odorai. Faceva un odore
normale. Decisi di versarne una goccia sul palmo della mano. Pearl
mi guardò rassegnata quando sentì la mia mano sinistra bruciare. Un
dolore si espandeva lungo di essa, provocando
un po' di fumo.
“Ma
che diavolo è?” domandai, ancora dolorante. “Verbena” rispose.
“Ma perché c'è...” non conclusi la frase, perché capì da
sola. “Lo sanno” annuì. “Ci stanno cercando e stanno
diventando sempre più furbi” disse Pearl riferendosi al paese.
“Gli abitanti della città che ingeriscono verbena è un
inconveniente” affermai con tono seccato. “E' arrivato il momento
di andarcene di nuovo” disse sospirando Pearl. “No!” esclamai
infastidita. “A me piace stare qui, non ho intenzione di
andarmene... per ora” dissi, sorridendo. “Possiamo andare,
mamma?” Il nostro discorso fu interrotto dalla voce della giovane
Anna. Mi girai, guardandola sorridendo cercando di non farle notare
nulla di strano. “Qualcosa non va?” domando ugualmente, notando
lo sguardo di Pearl che era abbastanza preoccupato. Lei sorrise, e si
avviò verso i cavalli, insieme alla figlia.
Tornai al
pensionato, avevo molte cose da fare. Non vidi Stefan e Damon quella
sera, perché non erano in casa. Riflettei sulle parole di Pearl per
tutto il resto della serata.
Era pericoloso
rimanere in quella città, non avrei potuto far nulla se, per caso,
sarei stata scoperta.
Ma non potevo
andarmene, non in quel preciso momento. Tutto era perfetto, avevo
loro due, i fratelli Salvatore. Soprattutto, avevo Stefan al mio
fianco.
I ricordi di quei
giorni raffiorarono nella mia mente, provocandomi un leggero sorriso.
Infine, sfogliando
le pagine del mio diario, trovai qualcosa di interessante:
La pietra di luna
può spezzare la maledizione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Black and White ***
Cap 7
Erano passati quei
lunghi ed interminabili giorni prima del ballo dei fondatori. I servi
stavano frettolosamente sistemando i vari tavoli da buffet e tutto il
necessario per la grande festa.
Emily stava finendo
di sistemare il vestito che avrei dovuto indossare di lì a poco, ed
io ero particolarmente agitata.
Ripensavo
continuamente alle parole di Pearl, alle sue avvertenze riguardo gli
abitanti della città.
Non avrebbero
tardato a trovarci, a rendersi conto che le persone che amavano in
realtà non sono altro che dei mostri.
Decisi di andare in
biblioteca, dove vi era anche lo studio di Giuseppe.
Era una grande
stanza, con scaffali rigorosamente in legno che coprivano ogni
singolo angolo della parete. In fondo, si trovava una scrivania
piuttosto grande, con fogli sparsi nel loro disordine.
Mi assicurai che non
ci fosse nessuno; feci qualche passo e arrivai alla scrivania,
curiosa di trovare qualcosa che mi avesse dato delle risposte. Non vi
erano altro che telegrammi, lettere, annotazioni. Annuii e girai
intorno al tavolo, scrutando ogni singolo pezzo di carta, quaderno o
libro.
Infine trovai un
piccolo quaderno dalla copertina nera, sigillato da un nastro bianco.
Mi guardai intorno, poi lo presi in mano e lo aprii.
Le pagine erano
quasi tutte scritte in modo disordinato, senza seguire un determinato
schema. Presi una delle pagine più recenti, e cominciai a leggere.
27 Luglio 1864.
Oggi è un giorno
diverso. Ho deciso, senza ricordare come, di ospitare una giovane
donna, di nome Katherine.
E' un'orfana: ha
perso recentemente la sua famiglia in un incendio, ed è molto
turbata.
Dovrebbe arrivare
questa mattina. Lo spero, dato che nel pomeriggio dovrò incontrarmi
con Johnatan e tutti gli altri membri del consiglio. Sono stati
trovati nelle vicinanze di Mystic Falls diversi cadaveri squarciati,
come solamente loro sanno fare; discuteremo a riguardo, e
ricominceremo a prendere seri provvedimenti.
Questa volta
siamo preparati: se dovessero tornare, troveranno solo la morte.
Intuivo già
qualcosa di sospettoso in Giuseppe Salvatore, ma adesso ne avevo
ricevuto la conferma. Avevano riunito un consiglio per difendere la
città, uccidendoci.
Chiusi il quaderno e
in fretta uscii dalla biblioteca, tornando nella mia stanza per
cominciare a prepararmi.
Emily mi vide
turbata, così si avvicinò preoccupata, con il vestito pronto in
mano.
“Tutto bene
signorina Katherine?” domandò, poggiando il vestito sul letto.
“No, non proprio”
Sospirai e guardai il vestito, sorridendo. Ciò che mi importava di
più, quella sera, era divertirmi e godere della compagnia del dolce
e bello Stefan.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Founders Day ***
Cap 8
Raccontai tutto ad
Emily, mentre mi aiutava ad indossare il vestito e ad acconciare i
capelli. Rimase particolarmente stupita al sentire delle mie parole.
Non avrebbe immaginato che in così poco tempo, i fondatori avrebbero
capito di non essere soli.
“Pearl ha ragione,
Katherine, dovete... dobbiamo lasciare questa città prima che sia
troppo tardi” rimproverò Emily.
“Non possiamo, non
ora. Finalmente ho trovato una città diversa dalle altre, in cui
poter vivere e divertirmi” risposi con lo stesso tono di voce che
utilizzai con Pearl.
“Farò tutto ciò
che è in mio potere per aiutarvi” disse lei sorridendo.
Mi alzai dalla
sedia, pronta per il ballo. Sarebbe stata una serata perfetta,
ripetevo a me stessa.
Quando arrivai alla
residenza dei Lockwood, dal giardino si sentivano già le voci degli
invitati, i calici che sbattevano e le risate provocate dalle battute
che andavano di moda in quel periodo. Con calma entrai all'interno
del grandissimo salone, mantenendo quell'aria da nobil donna che mi
distingueva da tutte.
Mi guardai intorno,
cercando lo sguardo di Stefan. A quel punto sentii qualcuno
avvicinarsi da dietro, e mi girai sorridendo.
Era lui, in tutto il
suo splendore. Aveva un abito lungo che snelliva il suo corpo
perfetto. Si avvicinò, prendendomi la mano e baciandola. Con un
gesto, mi indicò la pista da ballo. Io sorrisi e mi lasciai
trascinare.
“Guarda un po' chi
ha trovato le sue scarpe da ballo” dissi ridendo, riferendomi a
Stefan. Egli mi guardò scuotendo la testa, sorridendo. Mi guardò
per un secondo e avvicinò il suo viso come se volesse baciarmi. Lo
bloccai con un dito e spalancai gli occhi. “Uh, 'non toccare' Mr.
Salvatore, sono queste le regole” dissi sorridendo, con uno sguardo
rimproverante sul volto.
Egli cercò il mio
sguardo quasi per volersi scusare, ma sorrise alzando un
sopracciglio. “Pensavo che voi non credeste alle regole” affermò
con sicurezza, mentre ballavamo allegramente.
Io risi leggermente,
abbassando lo sguardo quasi arrossendo. Stefan si guardò intorno e
vide Damon immobile a pochi metri di distanza, mentre ci guardava
ballare insieme.
“Mio fratello è
ancora arrabbiato perché avete scelto me come vostro accompagnatore”
sospirò guardandomi. Sorrisi e per un momento smisi di ballare.
“Ebbene, Damon dovrebbe considerare il fatto che suo fratello
minore balli molto meglio” dissi con fare malizioso. Mi guardò
soddisfatto per il complimento, e riprendemmo a ballare. Non appena
finimmo di ballare prese due bicchieri e li riempì con dello
champagne, porgendomene uno. Lo ringraziai sorridendo.
“Vi prego, unitevi
a me e insieme alziamo i calici in onore del mio caro amico, George
Lockwood” La voce di Damon richiamò l'attenzione di tutti.
“George, grazie per aver così coraggiosamente difeso il sud”
annunciò Damon sorridendogli.
“L'onore è mio,
mr. Salvatore... Dopotutto, qualcuno doveva pur farlo” rispose
l'uomo brindando con Damon. Anche noi brindammo ed io guardai Stefan
compiaciuta, con malizia. Egli ricambiò, come del resto, lo sguardo.
“Possiamo parlare,
signorina Katherine?” domandò qualcuno dietro di me, preocupato.
“Prendi da bere Henry, stiamo festeggiando” risposi.
“La prego,
signorina Katherine.” sbuffai e seguii l'uomo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** 'Cause I can Kill you during the Sleep ***
Cap 9
Mi portò in un
angolo meno affollato, per poter parlare tranquillamente.
“Ho indagato sugli
attacchi dell'altra notte” prese un respiro e continuò. “Non
siamo stati noi” mi guardò quasi sollevato. “E' una buona
notizia, Henry, significa che non c'è niente di cui preoccuparsi”
risposi. “Temo che non capiate” mi interruppe, nuovamente
preoccupato. “Quelle persone sono state fatte a pezzi in un modo
che non ho mai visto” tornò ad essere visibilmente spaventato.
Rimasi anch'io immobile per un attimo, titubante. “Beh, i Fondatori
cominceranno ad indagare molto presto” sospirai, ripensando al
quaderno di Giuseppe Salvatore. “Lasceremo subito la città, lo
dirò agli altri!” esclamò egli. “Rilassati, Henry. Questa città
è la nostra casa e voi siete la mia famiglia. Non lascerò che ci
succeda niente” egli fece cenno di sì con il capo, ed io sorrisi
consapevole della promessa che avevo fatto. Intanto George Lockwood
si guardava intorno, fino a quando non incrociò il mio sguardo,
curioso.
Lo guardai e ci
congedammo, ed io andai per tornare da Stefan, ma lo vidi parlare
animatamente con alcuni compagni e non lo disturbai. Presi un altro
po' di champagne. “E' tutta sola” Non appena bevetti il primo
sorso, sentii la voce di quel Lockwood dietro le mie spalle. Lo
guardai quasi seccata. “Questo significa che posso avervi
finalmente tutta per me?” domandò ironicamente. Cominciai a
seguirlo mentre passeggiava superando i vari tavoli da buffet.
“Vostro padre si è superato” mi complimentai. “Conoscendo mio
padre, vorrà organizzare un ballo dei fondatori ogni anno” feci
una finta risata. “Devo ammetterlo... Mi ha sopresa il fatto che
voi mi siate venuto a cercare” affermai fissandolo. “Perché voi
siete l'oggetto della contesa tra i fratelli Salvatore?” domandò
curioso. “No, perché sono un vampiro che può ucciderti nel
sonno.” dissi tutto d'un fiato, ridendo dopo la mia confessione.
Egli mi guardò turbato, sconvolto. “Prego?” balbettò
guardandosi intorno. “Rilassati George, so che sai il mio segreto”
continuai. “Questa conversazione è terminata” concluse
velocemente. Fece per allontanarsi, ma lo bloccai per il braccio. “E
conosco anche il tuo segreto, e so che hai una forza non comune, solo
che non sei forte quanto me” lo guardai, fulminandolo negli occhi,
facendolo rabbrividire al solo pensiero di una tragica fine. Sorrisi,
vedendolo avanzare. “Come fai a sapere chi sono?” anch'egli
comincio a darmi del tu, senza preoccupazioni. “Pensi che mi
stabilirei in una città senza sapere chi sono i miei nemici?” mi
guardai intorno sorridendo, per poi tornarlo a fissare. “Cosa
vuoi?” domandò lui, in cerca di una risposta. Mi avvicinai al suo
viso, sempre fulminandolo con lo sguardo. “La libertà” sussurrai
convinta. Mi guardò per un attimo, poi sorrise. “Sai anche che i
Fondatori stanno per scovarvi” sospirò.
“So sempre tutto”
sorrisi. “E' vero, sai molto più di quanto avrei mai immaginato”
si interruppe per sospirare “Ed è per questo che in cambio otterrò
qualcosa” corrugai la fronte. “Cosa?” domandai. Fu per un
momento fermo a fissarmi, senza emettere alcun suono. “La pietra di
luna” concluse serio. Lo guardai spalancando gli occhi, scettica.
“Sai molto anche tu, George” risi e tornai a fissarlo. “L'avrai
non appena tutto sarà calmo, quando vedrò con i miei stessi occhi i
Fondatori soddisfatti del loro sporco lavoro” affermai. “A quel
punto, mio caro George, non ti resterà altro che dirmi addio” feci
un inchino e tornai nuovamente tra la folla, lasciando l'uomo
immobile a pensare alle mie parole. Stefan veniva verso di me.
“Dovremmo tornare a casa” disse.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** I am falling in Love with You ***
Cap 10
Le due carrozze
accompagnarono me e la famiglia Salvatore al pensionato. Era quasi
notte, tutto intorno era calmo.
Entrammo dentro, e
dopo aver salutato e augurato la buonanotte a tutti salii le scale
per andare nella mia camera. Mi accorsi che dietro di me, con passo
svelto, mi superò Stefan salendo le scale. “E' stato piacevole
Stefan” dissi sorridendo mentre prendeva la mia mano non appena
finii di salire.
“Quanto pensate di
rimanere a Mystic Falls?” domandò egli, sorridendo.
“Fin quando sarò
desiderata” sorrisi e avanzai di un passo. Egli abbassò la testa
ridendo. “Vostro padre è stato molto gentile ad accogliermi”
affermai, mentre mi avviavo verso la mia camera.
“Come avrebbe
potuto non farlo? Avete perso la famiglia in un incendio” sospirò
preoccupato.
“Sono lieto che
siate riuscita a venire da Atlanta” continuò sorridendo. In fondo
non gli dispiaceva affatto ciò. Mi girai di colpo. “Così... devo
supporre che mi vogliate qui?” domandai con un tono malizioso.
Stefan mi guardò per un momento. “Moltissimo” confessò dopo
aver preso fiato. Risi leggermente, lo fissai. Era anzioso,
imbarazzato. Entrambi avevamo perso la parola per un attimo.
“So...che ci
conosciamo da poco e...so di essere in competizione per il vostro
amore” lo guardavo curiosa, accennando un 'beh è vero' con il
capo. Cominciavo a rendermi conto di ciò che stava per dire, o per
fare, e involontariamente il mio cuore batteva sempre più forte.
“Non ho mai conosciuto una donna...come voi. Vi guardo e vedo...
un angelo” al sentire l'ultima parola, un senso di colpa assalì il
mio corpo e lo guardai stupita. Avevo paura, ma allo stesso tempo non
avrei mai desiderato altro.
“Tocco la vostra
pelle e...tutto il mio corpo si accende” con calma, dolcezza e
leggerezza portò la mano sul mio viso, con un gesto delicato; come
se avesse paura di urtarmi. Allontanò la mano, e sospirò nuovamente
“Vi bacio e so che mi sto innamorando” Fu in quel momento che non
ebbi più il controllo delle mie emozioni, non pensai a niente, ne al
mio passato ne al mio futuro; desideravo solo continuare ad
ascoltarlo, mentre ignaro della verità dichiarava il suo grande
amore. Ci guardammo, silenziosi, entrambi sicuri di ciò che stava
per accadere. Lentamente i nostri sguardi si cercarono, mentre il mio
viso si avvicinava con calma, e le nostre labbra erano sempre più
vicine. Il mio cuore batteva all'impazzata, e riuscivo a sentire
anche il suo, che non aveva più un ritmo regolare da tempo. In fine,
prese tutto il coraggio che potesse avere e posò le labbra sulle
mie, baciandomi dolcemente. Ricambiai il bacio e non avrei desiderato
altro che stringerlo a me, accarezzarlo e averlo. Tornai nella
realtà, e mi staccai di colpo prendendo aria.
Mi guardò
sorridendo. “Sono innamorato di voi” concluse, togliendosi un
grandissimo peso. “Ci sono troppe cose che non sapete di me,
Stefan” finalmente riuscii a dire qualcosa. La mente mi portò a
dire ciò, mentre il cuore avrebbe continuato ad ascoltarlo.
“Altro da
apprendere e amare” rispose ridendo. “Vi auguro la buonanotte”
cercai di congedarlo, mentre i miei muscoli non volevano muoversi per
nulla al mondo. “Vi ho turbata?” domandò guardandomi. “No”
lo tranquillizzai. “Non mi avete turbata, mi avete sorpresa”
risposi cercando di sorridere. Restò immobile senza fare alcun
movimento. “A domani” dissi infine avviandomi verso la mia
stanza. Entrai di corsa e in un attimo fui spinta e baciata da
qualcuno: Damon.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Demons are There ***
Scusate
la mia lunga assenza, ma tra l'inizio della scuola e la mancata
ispirazione non ho avuto modo di pubblicare ancora.
Adesso
però sono tornata, con qualche variazione. Noterete in questo
undicesimo capitolo che ho modificato non solo la lunghezza del
testo, ma anche il contenuto, che è più valido e
descrittivo. Finalmente un capitolo abbastanza lungo rispetto agli
altri, non schematico ma personale, credo abbastanza.
Con
questo vi faccio la promessa di pubblicarne uno almeno ogni
settimana.
Buona
lettura!
Cap
11
Era
lì, mi aveva preso per i fianchi spingendomi fino a sbattere
sulla porta. Senza darmi il tempo di reagire, mi baciò con
foga tentando di spogliarmi. Lo spinsi via, sbuffando seccata. "Che
cosa ci fate voi qui?" domandai mentre mi sistemavo le bretelle
del vestito. "Vi avevo detto che sarei venuto" rispose
guardandomi confuso.
"Beh,
sono stanca Damon, dovreste andarvene" lo pregai. Mi guardò
con uno sguardo colmo di malizia. "La confessione del mio
fratellino vi ha sconvolta" tentò di prendermi il braccio
ma lo scansai.
"Non
dovreste origliare" mi sorrise e provò nuovamente a
baciarmi.
Persi
la pazienza, mi concentrai sui suoi occhi color ghiaccio, che mi
guardavano ammaliati. "Non voglio che tu resti qui, va via e non
tornare" lo soggiogai. Sorrise con uno sguardo perso nel vuoto.
"Buonanotte Katherine" gli sorrisi mentre usciva dalla
stanza velocemente.
Non
appena chiuse la porta feci un lungo respiro, fissai il vuoto e
portai un dito sulle mie labbra;
Ero
rimasta senza parole. Stefan Salvatore, mi aveva baciata.
Non
era un sogno, era pura realtà. Mi aveva confessato il suo
amore, mi aveva dato una nuova ragione di vita.
Forse
non l'avrei mai detto, né realizzato fino a quel punto. In
poche parole non l'avrei mai pensato.
Lasciai
che la notte mi portasse consiglio, per poi svegliarmi leggera e
tranquilla. Una strana sensazione a dire il vero, mai provata.
Quella
mattina Emily non mi svegliò, forse non avevo impegni. Dalla
direzione del sole che illuminava una parte della stanza potei capire
che era tardi. Mi alzai di colpo, con un lieve bruciore di gola.
Avrei dovuto nutrirmi il più presto possibile.
“Emily?
La colazione!” urlai seccata. Quando avevo fame, era meglio non
comunicare con me, nel vero senso della parola.
Poco
dopo entrò con un vassoio dove vi erano due tazze bianche e
dei fazzoletti di seta. Le venni incontro prendendo la prima tazza,
bevendo quel sangue caldo senza lasciare una goccia. La stessa cosa
con la seconda, che svuotai del tutto. Mi leccai le labbra
soddisfatta, anche se non ero ancora sazia. “Grazie” lei
sorrise e uscì dalla stanza.
Tirai
un lungo sospiro e mi buttai nuovamente sul letto. Non avevo voglia
di vestirmi, ma il desiderio di vedere il volto candido di Stefan mi
fece sobbalzare. Presi un vestito semplice, tra il rosso e nero, che
mi copriva fino ai piedi. Lasciai cadere i boccoli castani in avanti
da un lato, mentre dall'altro un fermaglio tratteneva il resto dei
capelli.
Scesi
le scale, dirigendomi verso la sala da pranzo della dimora. Trovai
Giuseppe Salvatore che leggeva un giornale, concentrato sul
contenuto.
“Buongiorno
signor Salvatore” dissi con un tono di voce leggero, rendendomi
conto di quanta falsità ci fosse in esso. “Signorina
Katherine” alzò lo sguardo e vedendomi mi sorrise. “Si
accomodi pure se vuole” continuò, indicandomi la sedia
di fianco alla sua.
“A
dire il vero cercavo suo figlio” mi avvicinai leggermente,
mentre intravedevo qualcosa riguardo a ciò che stava leggendo.
“Quale dei due?” corrugò la fronte divertito.
Sorrisi in una maniera curiosa. “Stefan” risposi.
“E'
andato a fare un giro a cavallo, ma se vuole può attenderlo
qui, per l'appunto” tornò ad indicarmi la sedia. Alzai
un sopracciglio e senza farmi accorgere mi morsi un labbro. “Perché
no?” avanzai fino a sedermi di fianco ad egli. Finalmente
riuscivo a leggere il titolo di quell'articolo che lo interessava
così tanto.
'I
Demoni sono tra noi?' diceva così. Spalancai gli occhi, non
appena focalizzai quel testo in grassetto. Cominciavano a farsi
sempre più astuti e furbi, gli abitanti di quella città.
“Voi
credete ai demoni?” Giuseppe richiamò la mia attenzione,
notando i miei occhi persi in quell'articolo. “Beh... più
o meno” risposi fredda. “Sono figure fantastiche, nate
per far spaventare i bambini e mandarli a letto” continuai,
mentre con un dito indicavo il giornale. “E se fossero reali?
Ne abbiamo le prove” affermò convinto. Un altro brivido
attraversò la mia schiena. “Che genere di prove?”
domandai curiosa. Mi guardò per un attimo, poi sorrise.
“Uccisioni inspiegabili, aggressioni durante la notte”
mentre lo diceva i suoi occhi avevano un colore spento, triste.
Deglutii a fatica e spostai lo sguardo fuori. “Qualcosa che
solamente i Vampiri riescono a fare.” aggiunse con un tono di
voce basso. Lo guardai con la coda dell'occhio, poi sentii uno strano
odore, non molto buono. Cercai di capire cosa fosse, fin quando non
mi resi conto che la fonte era proprio egli. Aveva della verbena
addosso, come immaginavo.
“Se
fossi in voi starei attenta, signorina Katherine” mi guardò
preoccupato, per poi tornare a leggere quel maledetto articolo.
Sospirai e guardai fuori dalla grande finestra, che affacciava al
giardino principale. Cercavo tra le varie figure un viso familiare,
ma non riuscivo a intravederlo. Dove poteva essere finito? A
quell'ora del mattino era sempre in casa, lo trovavo in sala da
pranzo a parlare d'economia con il padre. Forse non aveva accettato
la mia reazione alla sua dichiarazione, o magari credeva che non
ricambiassi il sentimento. O se semplicemente mi stesse
evitando?
Scacciai
il pensiero quando sentii un leggero colpo di tosse provenire dalla
soglia della porta. Era egli, Stefan. Con le mani dietro la schiena
si chinava leggermente per salutare il padre. Incrociò il mio
sguardo, che assunse un colorito vivace. Un leggero imbarazzo si creò
quando anch'egli mi sorrise contento. Fui sollevata comunque.
“Buongiorno
padre, signorina Katherine...” si avvicinò per baciarmi
la mano. “Buongiorno Stefan” risposi. Ci guardammo per un
lungo istante, poi Giuseppe tossì leggermente e ci guardò.
“Ti stava cercando figliolo, desiderava vederti” mi
guardò sorridendo, ricambiai il sorriso e tornai a fissare
quell'angelo. “Mi dispiace di non essere stato qui quando mi
avete cercato” si scusò, mostrando il suo rammarico.
“Non preoccupatevi, ho avuto una piacevole conversazione con
vostro padre” sorrisi e mi alzai. Mi sorrise e si spostò
per farmi passare. “Come mai volevate vedermi?” domandò
corrugando la fronte. Con uno sguardo gli feci intendere il motivo. I
miei occhi gridavano 'perché mi manchi' mentre le mie parole
dicevano semplicemente “Volevo fare un giro fuori, come i
giorni scorsi” egli mi guardò divertito e capì
subito.
“Certamente,
i cavalli sono ancora fuori dalla stalla” mi indicò la
porta, poi prese la mia mano con delicatezza. “Se volete
possiamo cavalcare” mi baciò la mano nuovamente. “Mi
aiuterà a rilassarmi” risposi, mentre uscimmo dalla
stanza per andare a montare i cavalli. E mentre teneva la mia mano
con leggerezza, il mio cuore batteva rapidamente, senza interruzioni.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=627479
|