Il treno della vita di cassiana (/viewuser.php?uid=29360)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** // ***
Capitolo 2: *** Il gran finale ***
Capitolo 1 *** // ***
Il treno della vita
Note: Scritta
per la
Notte Bianca @
maridichallenge col prompt quindici minuti.
Disclaimer:
Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia
contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Il
treno della vita
Quindici minuti. Ok, poteva
farcela. Chiara guardò l’ora sul display del cellulare e
allungò il passo. Il treno della sua vita l’aspettava al
binario numero 15, doveva solo fermarsi un momento dal tabaccaio a
prendere le sigarette e poi a comprare l’ultimo numero di
Cosmopolitan. Si scansò con un gesto nervoso dalla fronte un
ciuffo ribelle. La valigia rossa che si trascinava dietro era pesante.
Per forza: dentro c’era metà della sua vita, o almeno le
cose indispensabili senza le quali non sarebbe andata mai da nessuna
parte. Le scarpe col tacco finte Laboutin (per potersi permettere
quelle vere Chiara aveva già preventivato di vendere un rene),
la piastra di ultima generazione per domare i capelli ribelli (in
realtà i suoi erano lisci come spaghetti scotti e non tenevano
una piega neanche col bostick) e poi vestiti, cappelli, borse, altre
scarpe, il netbook (troppo carino così rosso con le stelline),
qualche libro di self-helping (“Farsi
aiutare per aiutarsi”, “Come avere successo in dieci
mosse”, “Dimagrire è facile se sai come farlo”).
Chiara si sollevò sulla fronte gli occhiali scuri (enormi, da
diva, con le lenti graduate e firmati naturalmente), aprì la
borsa, praticamente la copia esatta della Kelly di Hermes (per quella
vera aveva già preventivato di vendersi un pezzo di fegato) e
tirò fuori il portafoglio Gucci (quello era vero, un regalo del
suo ex per Natale!) e contò gli euro. Proprio in quel momento fu
urtata da un signore di mezza età che caracollava dietro un cane
e tutto il contenuto della borsa si sparse a terra con un tintinnio di
monete. Chiara imprecò coloritamente e si affrettò a
radunare le sue cose, occhiali, fazzoletti, matita per gli occhi,
rossetto, penne, campioncini di creme, fermacapelli, cellulare, cuffie
del cellulare, minitaccuino moleskine. In quel momento una voce
metallica annunciò l’orario del suo treno. Cavolo,
mancavano solo dieci minuti e lei doveva ancora prendere le sigarette.
Cosmo l’avrebbe preso una volta a destinazione. Chiara quasi
corse in direzione del tabaccaio. Il primo era affollato di turisti in
attesa con grosse valigie e ragazzini piagnucolanti. Porca vacca!
Chiara volò lungo la scala mobile e scese al piano inferiore,
lì la tabaccheria non doveva essere troppo affollata. Infatti.
Chiara sospirò di sollievo, c’era solo una vecchietta. La
signora doveva prendere un regalo per il nipote e chiese consiglio al
tabaccaio, a sua volta in avanti con gli anni.
- Allora prende questa?
Disse l’uomo indicando una piccola macchina rossa. La donna la
osservò un momento e poi rispose:
- Non so, sarà troppo poco?
- Potrebbe prendergli anche uno di quei lecca lecca.
Chiara aspettava battendo un piede nervosamente. La vecchia aggiunse il lecca lecca ma poi ci ripensò su:
- Non so, sembrano cose prese alla stazione.
Chiara sbuffò alzando gli occhi. Poi fece un sorriso sforzato ed
intervenne in tono gentile (o almeno il tono più calmo e
rispettoso che le riuscì di avere):
- Signora, le dispiace? Dovrei solo comprare le sigarette e mi sta per partire il treno.
La signora la guardò per nulla impietosita:
- Non lo sa che il fumo fa male?
- Si signora, ma vede ne ho davvero bisogno per cui io…
- E poi poteva pensarci prima.
Chi le ha insegnato l’educazione, deve rispettare la fila!
- Ha ragione signora, però
ho visto che è ancora indecisa e così
riflettevo…mentre lei ci pensa su ancora un momento, intanto
potrei prendere le mie sigarette.
- Non sia precipitosa, ho deciso!
Rispose caparbia la signora. Il tabaccaio s’intromise:
- Allora sono 17 euro e 40.
La vecchia ravanò a lungo nella borsa in cerca del portafoglio,
poi aprì il portamomente e faticosamente cominciò a
contare gli spiccioli. Chiara fremeva dietro di lei, se avesse potuto
l’avrebbe spintonata via e sarebbe saltata dietro al bancone
arraffando le sigarette e mollando una manciata di banconote
spiegazzate al tabaccaio. Mentre i due contavano e ricontavano gli
euro, Chiara guardò l’orologio. Cinque minuti! Doveva
muoversi. Con un vaffa
buttato a mezza voce volò fuori dal negozio. Trascinandosi
dietro la valigia spintonò e sgomitò lungo la scala
mobile e praticamente pattinando sul pavimento di marmo corse verso il
binario. I tacchi degli stivali ticchettavano isterici, Chiara si
frugò nervosamente nelle tasche del trench rosso, magari avrebbe
trovato una sigaretta superstite caduta dal pacchetto. Poi cercò
nella borsa, senza guardare dove andava. Con un sonoro tonfo
andò a sbattere contro uno dei pannelli pubblicitari sparsi
lungo tutta la stazione e finì a gambe all’aria. Per un
momento il suo cervello subì un blackout. Quando riaprì
gli occhi Chiara si vide circondata da un gruppetto di persone dagli
sguardi preoccupati.
- Cosa…? Il mio treno!
Esclamò confusa e fece per rialzarsi. La testa le faceva un male cane.
- Ma dove vuole andare! Ha battuto la testa, stiamo aspettando un dottore!
Le abbaiò contro un tizio di mezza età in divisa
dell’esercito. Aspettare un medico? Non ne se parlava proprio!
Chiara si tirò su assicurando i presenti che si sentiva
benissimo e raccolte le sue cose si precipitò al binario.
Guardò l’orologio. Due minuti. Maledizione! Mugolò
tenendosi la testa con una mano, la valigia con l’altra, la borsa
a penzoloni che sbatteva ad ogni passo. Aveva la vista offuscata, non
credeva fosse solo colpa della botta in testa, si toccò la punta
del naso: gli occhiali! Aveva perso gli occhiali!
Doveva tornare indietro a recuperarli, era mezza cieca senza! Di nuovo
fece la strada a ritroso sperando di ritrovarli. Duecento euro di
occhiali e perderli come una cretina alla stazione! Guardò
l’orologio, o il treno era in ritardo o lei era fottuta. Doveva prendere quel
treno, la sua vita futura dipendeva da quello. Per fortuna
riuscì a recuperare gli occhiali: li trovò appoggiati
contro un muro, non si erano nemmeno rovinati! Chiara non si diede
nemmeno il tempo di fare un sospiro di sollievo, tirò il fiato e
via di corsa verso il binario!
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Capitolo 2 *** Il gran finale ***
n.ann
N.a.: Mi era stato fatto notare che il finale di questa storia non era soddisfacente. Anopticon, che ringrazio di cuore, è stato così carino da scrivermene uno. Siccome mi è piaciuto molto e rientra pienamente nel mio stile ho deciso di pubblicarlo.
L'altoparlante annunciò che il treno era in partenza, in ritardo di cinque minuti. Chiara arrancò su per le scale più veloce che potè, con la testa che pulsava, facendo una fatica terribile per trascinarsi dietro la valigia. Per un attimo si chiese perfino se davvero alcuni di quegli oggetti le fossero davvero indispensabili. Arrivò all'ultimo gradino solo per vedere le porte del treno che si chiudevano con uno sbuffo: «No!». Ma fortunatamente, un ragazzo gentile impedì a una porta di chiudersi. Gentile e molto bello, anche. Fece segno a Chiara di muoversi, scese dalla carrozza e prese la valigia. Chiara salì sul treno con un balzo: «Si!». Nel frattempo, uno dei tacchi si spezzò, facendola cadere da un lato e facendole picchiare la testa.
Si svegliò proprio gridando «Si!». Aveva sognato. Prima del sogno, l'ultima scena reale che aveva vissuto doveva essere quella gran botta in testa contro un pannello pubblicitario. Svegliandosi, si trovò circondata da persone dallo sguardo preoccupato, esattamente le stesse che aveva visto nel sogno. «Il mio treno!» urlò mentre la piccola folla attorno a lei, come da programma, tentava di convincerla ad aspettare l'arrivo di un dottore. Tenendosi la testa dolorante, si diresse più veloce che poteva verso il binario. Guardò l'orologio: aveva solo due minuti! «Ma almeno - pensò ad alta voce - ora gli occhiali ce li ho, non come nel sogno...». Proprio mentre pronunciava quelle parole, si accorse che si sbagliava: li aveva persi davvero! Non vedeva quasi nulla, e quegli occhiali le erano costati... un occhio! Chiara tornò indietro di corsa. Guardò l’orologio, o il treno era in ritardo o lei era fottuta. Doveva prendere quel treno! Sentì un rumore secco di qualcosa che si rompeva e sentì qualcosa sotto la suola di uno stivale: gli occhiali! Aveva rotto una lente! Imprecando in lingue che non conosceva, Chiara li indossò e riprese a correre verso il binario, con la testa che sembrava esplodere e la valigia che cercava di rovesciarsi in terra ad ogni passo. Arrancò per le scale, stava sudando per la fatica e per la tensione, già non vedeva l'ora di arrivare a destinazione e potersi fare una doccia... si, perchè almeno di questo poteva essere tranquilla, grazie a quel sogno premonitore: avrebbe preso quel treno. Solo che, arrivata in cima alle scale, vide il binario sgombro, nessuno ad attendere il treno e sentì il rumore di vagoni che si allontanavano.
Restò immobile per qualche istante. Rifiutava di crederci. Senza nemmeno rendersene conto, lasciò cadere la valigia, che rotolo giù per le scale. Chiara pensava solo al treno ormai perduto: «No!» urlò mentre perdeva i sensi, cadendo all'indietro nel vuoto.
La folla attorno a Chiara diventò sempre più numerosa. La gente si accalcava per vedere il corpo di quella bellissima ragazza disteso sul pavimento sporco di una stazione ferroviaria.
Commentò un tizio con una divisa da militare:
- Che modo stupido di morire... sbattere contro una stramaledetta pubblicità!
Rispose un fattorino che stava trasportando un carrello:
- Già una pubblicità degli occhiali... ma non sono proprio gli occhiali che indossa?
Un tipico giovane rampante, con il cellulare in una mano, il netbook sotto braccio e un'elegante borsa di pelle nera nell'altra mano, disse:
- Che strano... non c'è dubbio che sia morta, ma mi è sembrato che si muovesse... come se stesse sognando.
Il treno era in ritardo di venticinque minuti. |
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