Happiness is a warm gun.

di spacedust
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She feels as if she's in a play. ***
Capitolo 2: *** LA, baby? ***
Capitolo 3: *** Not so happy to see you again. ***
Capitolo 4: *** The best thing that's ever been mine. ***
Capitolo 5: *** I'm like a puzzle but all of my pieces are jagged. ***
Capitolo 6: *** Boys fucking boys. ***
Capitolo 7: *** What a coward! ***



Capitolo 1
*** She feels as if she's in a play. ***


Caro diario,
a quanto pare tu sei l’unico disposto ad ascoltarmi, l’unico disposto a darmi retta.. e forse anche l’unico disposto a considerare la mia esistenza. Sai, l’unico sentimento che riesco a provare adesso è l’odio. Odio allo stato puro. Odio verso di me, questa stupida casa, questa gente di merda e questa città. All’improvviso tutti si sono ritorti contro di me, tutti mi hanno abbandonata.
Ho davvero bisogno che le cose cambino, che per una volta vadano per il verso giusto. Ma come? Come cazzo devo fare, eh diario? Peccato che tu non possa rispondermi..

Vick.

Richiusi di colpo il diario e mi alzai dal letto per andare a davanti allo specchio. In un primo momento non mi riconobbi, ci volle un po’ a capire che quella nello specchio ero io. La prima cosa che mi venne in mente fu quanto mi facevo schifo. Schifo, sì. Ero pallida come un lenzuolo, un paio di occhiaie mi contornavano gli occhi e i capelli sembravano aver perso tutta la loro lucentezza. In più mi sentivo debole perché non mangiavo da un paio di giorni. A dire il vero erano più di un paio di giorni che non toccavo cibo. E non uscivo dalla mia stanza. E non parlavo con qualcuno che non fosse il mio diario.
Mentre ero ancora intenta a fissarmi allo specchio qualcuno bussò alla porta della mia stanza. Sospirai e dissi « Entra, mamma. » Mia madre aprì cauta la porta e la richiuse subito. Mi rivolse uno dei suoi sorrisi amorevoli, dolci, ma dai suoi occhi si poteva vedere la preoccupazione che si era impadronita di lei in quei giorni.
« Tesoro, come stai? Sono giorni che te ne stai chiusa qui dentro! » strillò e venne a sedersi accanto a me, sul mio letto a baldacchino. « E guarda questa stanza, sembra un porcile! » In effetti il pavimento della mia stanza ( se ce n’era veramente uno ) era pieno di carte, lattine di birra, bottiglie coca-cola e acqua. « Già. » feci una smorfia. « Ma in questo momento pulire è l’ultima cosa che voglio fare. » dissi sorridendole. Mia madre rise, e iniziò a raccogliermi i capelli in una coda di cavallo. Quando faceva così mi rilassava, e lei lo sapeva. Ah, mia madre. Aveva 47 anni ma a volte ne dimostrava 16. Era esuberante, vivace ma anche dolce e comprensiva. Ed era bellissima. Aveva un paio di occhi azzurro ghiaccio, i capelli biondi e lucenti e la carnagione chiara, chiarissima. Sembrava che provenisse dalla Scandinavia. Se adesso voi ci mettereste in confronto io sarei la perfida strega dell’Ovest, mentre lei la graziosa Principessa di porcellana.
« Non ce la faccio a vederti così, Vicky. » Ecco, lo sapevo.  « Mamma, non devi stare in pensiero per me. Sto bene.. E smettila di chiamarmi Vicky. Lo sai che lo odio! » dissi. Lei si scusò all’istante. S’incupì e i suoi occhi si riempirono di tristezza. Mi dispiaceva vederla così, non volevo farle provare quello che stavo provando io. Non se lo meritava, davvero.
« Senti, passerà tutto. Devi darmi solo un po’ di tempo e non mettermi pressione, okay? » le chiesi, cercando di essere più cauta possibile. «Certo tesoro, lo so. Lo so che sei forte, lo sei sempre stata. Ma.. » Oh, no. « Forse è meglio che tu ti allontani da quì per un po’. » Lo sapevo.
Sospirai, « Mi stai chiedendo di andare da papà, vero? »  Tirò un sospiro di sollievo e annuì, « Sì tesoro, ho già parlato con lui. E’ d’accordo e non vede l’ora di rivederti. »  mi sorrise incoraggiante. Ecco, lo sapevo che mi avrebbe rifilata a papà prima o poi.
Mio padre e mia madre si innamorarono a 18 anni e dopo 5 anni si sposarono, perchè mia madre era incinta di quel coglione di mio fratello.  Dopo 3 anni nacqui io e allora eravamo il ritratto della famiglia perfetta.  E lo siamo stati per ben 17 anni quando, all’improvviso i miei hanno deciso di divorziare.  Quindi, eccoci qui. Io e mio fratello viviamo con mia madre a Londra, mentre mio padre è scappato in America, a Los Angeles.
« Allora? » mi chiese mia madre, speranzosa. Sospirai, « Okay, va bene. Andrò da papà. »

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Capitolo 2
*** LA, baby? ***


And the tears come streaming down your face, 
when you lose something you can't replace.
When you love someone but it goes to waste..
Could it be worse?


Ah, come mi capivano I Coldplay, nessuno.
Atterrati a Los Angeles, riposi il mio I-Pod nella borsa e mi costrinsi a scendere. Mi avviai al ritiro bagagli e presi le mie valigie, ma di papà neanche l’ombra. Come al solito era sempre in ritardo. SEMPRE. Anche al suo matrimonio arrivò in ritardo e fece lo stesso al mio battesimo, quindi non c’era bisogno di meravigliarsi.
Dopo un bel quarto d’ora ferma all’entrata del LAX ad aspettare mio padre, decisi di chiamare un taxi e di andare a casa quando, mentre stavo per prendere le mie valigie andai a sbattere contro qualcuno e finii a terra. « Cazzo, scusa! » esclamò il ragazzo che mi aveva buttata giù. Allungò una mano per cercare di tirarmi su ma io fui agile e mi alzai da sola.
« Non ti hanno insegnato a guardare dove metti i piedi? » dissi brusca. Ora che guardavo meglio quel ragazzo mi accorsi di quanto era bello. Ma che dico, di quanto era figo. Indossava una T-Shirt bianca con la scollatura a V e un paio di jeans stretti blu scuro. Portava i Ray-Ban e aveva stampato in faccia uno stupido sorrisino malizioso e sexy che avrebbe fatto sciogliere e arrapare qualunque ragazzina ingenua. Ma io non sono ingenua.
« E a te non hanno mai insegnato le buone maniere? »  mi chiese. Feci per rispondere ma proprio mentre stavo per aprire bocca e dire qualcosa il ragazzo venne chiamato da quello che immaginai fosse suo fratello.  « Beh, a quanto devo andare. Peccato.. » Mi disse, sempre sorridendo malizioso. Dio, gli avrei tirato un pugno in faccia solo per farlo smettere di sorridere in quel modo.
« Già. E’ un vero peccato. » dissi sarcastica. « Sai, spero proprio di rivederti. » mi sorrise ancora una volta e se ne andò. « Io no! » gli urlai di rimando. A quanto pare mi sentì perché lo sentii ridere.  Non appena il ragazzo se ne andò, mi sentii chiamare alle mie spalle. Mi girai e vidi mio padre che si faceva largo tra la folla spingendo e sgomitando per passare.
« Victoria! » urlò mentre spingeva via un ragazzino e mi veniva ad abbracciare. « Cavolo, scricciolo. Ti ho cercato per tutto l’aeroporto! » mi stringeva talmente forte da non farmi respirare. « Okay, papà ho capito. Ma adesso potresti anche lasciarmi, sai? Ho bisogno d’aria. » si scusò e mi lascio andare sorridendo come un ebete. « Sei davvero cresciuta! » disse, «  Sì, beh, non sono più uno scricciolo. Ho 19 anni adesso, duh. » gli sorrisi.
Nonostante tutto, mio padre mi era mancato. Cioè, lo vedevo solo a Natale e non chiamava spesso. Diciamo che non era il padre perfetto ma quando si applicava ci sapeva fare.  « Ehm, papà vogliamo rimanere qui a contemplarci o andare semplicemente a casa? » gli chiesi. Mio padre scoppiò a ridere, mi aiutò a prendere le valigie e andammo verso la macchina.
Durante il tragitto verso casa rimanemmo in silenzio, quando mio padre fu il primo a parlare. « Allora, Vicky? Come stai? » Non distoglieva lo sguardo dalla strada, ma sorrideva. « Sto bene, papà. B-E-N-E. E cosa? Tu e la mamma vi siete messi d’accordo per farmi innervosire? » gli chiesi irritata. « Preferivo quando mi chiamavi scricciolo. » sbottai. « Okay, scusa scricciolo. » disse e scoppiò a ridere. Risi insieme a lui e dopo 10 minuti circa arrivammo a casa.
L’enorme casa dove mio padre viveva affacciava sulla spiaggia, era una costruzione a due piani, ma era grandissima per un uomo solo. Certo, lui se la poteva permettere ma mi chiedevo spesso se non si sentisse un po’, appunto, ‘solo’. Sul retro c’era un giardino, anch’esso affacciante sulla spiaggia, ben curato e con una grossa piscina. « Ottima per le feste.. » pensai. Mio padre si accorse che stavo mangiando con gli occhi la piscina e rise. Mi accompagno in camera mia al piano di sopra e lì mi lasciò a disfare le valigie. Mentre mettevo a posto i vestiti nell’armadio scostai la tenda della finestra  e notai un gruppo di ragazzi in spiaggia, ridevano, scherzavano e si divertivano. Per un attimo provai invidia per loro, poi scossi la testa come per scacciare quel pensiero e mi gettai sul letto. Presi il diario e iniziai a scrivere.

Caro diario,
sono appena arrivata a Los Angeles. Non è poi tanto male, qui. Certo non è Londra ma qui sento che potrò distrarmi quanto basta. La gente che ci vive mi sta già sui coglioni, però. ( nota: ragazzo alto, figo e stronzo che mi ha scaraventata a terra all’aeroporto. )
Sembra strano, diario, ma sono arrivata da non più di 2 ore e già mi manca tutto. Mia madre, mio fratello, i miei amici  ( nonostante li avessi persi tutti ) e lui. Ma lui mi mancava anche quando ero a Londra.
Però devo ricominciare, DEVO FARLO. Lo devo fare per me. E spero proprio che Los Angeles mi aiuti a farlo.

Vick.

Posai il diario sul comodino e m’infilai il pigiama: una T-Shirt extra-large e un paio di boxer che avevo fregato a mio fratello ( dopo averli lavati e disinfettati, ovvio! ). M’infilai sotto le coperte e posso giurarvi che mi addormentai ancor prima di poggiare la testa sul cuscino.

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Capitolo 3
*** Not so happy to see you again. ***


Eccomi qui a postare il terzo capitolo. Innanzi tutto, GRAZIE a tutti quelli che seguono e recensiscono. Vi prego però, continuate a farlo altrimenti io non avrei un motivo per continuare.
Il capitolo fa schifo, però entra in scena uno dei personaggi che mi affascinano di più insieme a Vick. Beh, spero che almeno voi lo apprezziate.
Roxy


Mi svegliai due ore dopo e stavo prendendo seriamente in considerazione di rimanere a letto con le coperte fin sopra le orecchie per ilresto della mia vita, quando mi feci forza e mi alzai. Indossai uno short,  una t-shirt semplice e andai di sotto.
In cucina c’era un uomo sulla cinquantina, carnagione scura, aveva i capelli brizzolati e corti. « Ciao. » lo salutai.
Il signore, che stava tagliando delle verdure su un tagliere alzò la testa e mi sorrise gentile. « Ciao! Tu sei Victoria, vero? » annuii « Ah, è un piacere conoscerti! Il signor Davies parla così tanto di te. » si pulì le mani con uno strofinaccio e venne ad abbracciarmi. Titubante ricambiai l’abbraccio, « Già, e a me parla poco di te. » risi. L'uomo mi sorrise e tornò alle sue verdure.
« Io sono Marco, sono il cuoco. E scommetto che tu hai fame. » mi guardò poggiando le mani sul bancone. Mi portai le mani allo stomaco e mi accorsi solo ora di quanta fame avessi. « Da morire! » dissi, « Ottimo. Ti preparo qualcosa di buono da mangiare, se vuoi vai in giardino mentre aspetti. » Annuii e andai in giardino.
Il tramonto colorava il cielo di mille colori, sulla spiaggia c’erano i ragazzi di prima che adesso giocavano a beach volley e altre persone che si godevano il tramonto facendo una passeggiata. Chiusi gli occhi, il rumore dell’oceano mi rilassava.. BUM! Sentii un forte dolore alla testa, aprii di scatto gli occhi e vidi la palla da beach volley che rotolava verso la siepe che contornava il lato sinistro del giardino. No, c’è quelli non avevano nient’altro da fare che prendermi in testa con la palla? Mi girai di scatto, presi la palla e con gli occhi lacrimanti per il dolore mi avviai verso il gruppo di ragazzi. Una ragazza mi venne subito incontro. 
« Oddio! Ti sei fatta male? » mi chiese. Evidentemente era preoccupata. « Jacob, sei un coglione! » urlò ad un ragazzo del gruppo. « Scusa. Non l’abbiamo fatto apposta. Comunque, piacere. Io sono Shaunee. » mi sorrise e allungò la mano. Shaunee era davvero bella. Aveva la carnagione color caramello, un paio di occhi verdi che ti abbagliavano e i capelli castani le arrivavano fin sotto le spalle. Strinsi la sua mano, sorridendo a mia volta. « Piacere, io sono Victoria. Victoria Davies. Ma chiamami Vick. »
Il resto del gruppo, vedendo che non ero più così infuriata, si avvicinò. « Oddio, sei la figlia del signor Davies? » mi chiese una ragazza bionda con gli occhi color cioccolato. « Beccata. » risposi. « Wow! Tuo padre è un grande. » disse, « Io sono Cassie. E’ un piacere conoscerti! » feci per stringerle la mano ma il ragazzo a cui aveva urlato Shaunee si parò davanti e la strinse prima di Cassie. « E io sono Jacob! E’ un vero piacere conoscerti. » mi fece l’occhiolino. « Sai Jacob.. » disse Cassie, « Non ti conviene provarci, dato che hai provato a farle avere una commozione celebrale! » e le tirò uno schiaffo dietro la nuca. « Sottoscrivo! » dissi, « E non provare a continuare perché la farei avere a te una commozione. » gli feci uno dei miei sorrisi sprezzanti. Lui si allontanò di un passo e alzo le mani come per chiedere tregua. « Okay, scusa! Aggressiva la ragazza. »
Shaunee e Cassie  mi presentarono al resto del gruppo e tutti ci mettemmo a sedere sulla sabbia e a parlare. « Allora, da dove vieni? » mi chiese Shaunee.  « Londra. Abito lì con mia madre e mio fratello. » dissi, «Wow! Londra è stupenda! Ci sono stata tre anni fa.. Ricordo che vomitai non appena scesi dal London Eye. » disse Hanna, giocando con una ciocca dei suoi riccissimi e rossissimi capelli. Scoppiammo a ridere tutti. « E come mai sei venuta a Los Angeles? » mi chiese Shaunee. Ecco, ora cosa rispondevo? « Sono venuta a passare un po’ di tempo con mio padre, sapete non è che lo vedo molto spesso. E poi avevo bisogno di cambiare aria. » In fondo era la verità. « Ce l’hai il ragazzo? » chiese subito Jacob. Scoppiai a ridere, « No, ma se lo volessi non saresti tu! Dacci un taglio e tieni a freno i tuoi schifosi ormoni. » questa volta furono gli altri a ridere. « Sì, Jacob. Tieni a freno i tuoi schifosi ormoni o Victoria ti fa il culo. » disse Cassie sempre ridendo.
Continuammo a parlare e a ridere per un po’ di tempo fin quando Jacob non si alzo ed urlò « Ehi, Nick! » ci girammo tutti. Un ragazzo alto e riccio stava venendo verso di noi con un sorriso a 32 denti. « Ehi ragazzi! » Tutti si alzarono e andarono ad abbracciarlo tranne me e Shaunee, che lo guardava gelida. Quando Nick si accorse di noi, o meglio di Shaunee, la salutò. « Ciao, Shau. » Shaunee lo fulminò e Nick s’incupì. « Ciao Jonas. » disse, poi si rivolse a me. « Mi dispiace ma devo andare. E’ stato davvero un piacere conoscerti! » mi sorrise poi si rivolse a Nick. « E un dispiacere rivederti. » girò sui tacchi e se ne andò.

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Capitolo 4
*** The best thing that's ever been mine. ***


Arriva il quarto capitolo. *o* Iniziamo a dire che questo capitolo non mi piace per niente. D: Spero proprio che voi pensiate il contrario! 
Grazie a chi legge e recensice ( Smile, Valentina & Simona. <3 ) continuate così. ;)
Hugs&Kisses,
Roxyy. 

Quella mattina mi svegliai meglio delle altre. Sarà perché ieri, qualcuno che non fosse mia madre, mio padre o mio fratello mi aveva rivolto la parola. Ancora con gli occhi chiusi ripercorsi tutto quello che avvenne ieri sera. La palla, i ragazzi, il riccio che arrivava e Shaunee che s’incupiva.. Il riccio. Nick, lo avevano chiamato. Aveva un’aria familiare. Non me ne accorsi subito ieri, ma ora che ci pensavo meglio ero sicura di averlo visto già da qualche parte. Ma dove? Mio padre interruppe i miei pensieri.
« Buongiorno, Vick! » entrò nella stanza e scostò tutte le tende per fare entrare un po’ di luce. « Forza, svegliati! Sei a Los Angeles, non puoi stare a letto tutto il giorno! Sole, mare, ragazzi.. » lo guardai. « Papà, non stai dicendo sul serio. » dissi, « Beh, sui ragazzi no, ma per il resto sì. »
Misi la testa sotto il cuscino. « HO SONNO. LASCIAMI IN PACE. » urlai. « A mali estremi.. » mi prese in braccio. Mi portò in bagno, aprì la doccia e mi ci buttò sotto ancora vestita. « PAPA’ E’ GELATA! » dissi battendo i denti. Lui rideva come un ossesso, « Meglio, no?! » e continuando a ridere uscì dalla stanza.
Scesi di sotto, i capelli ancora un po’ bagnati e con l’intenzione di farla pagare a papà. Entrai in cucina, convinta di trovarci mio padre ma invece ci trovai Shaunee che parlava allegramente con Marco. Quando si accorsero che c’ero anch’io si voltarono e mi sorrisero.
« Buongiorno! » dissero in stereo.  Shaunee era particolarmente bella oggi. Dei soffici boccoli le ricadevano sulle spalle, indossava un paio di shorts e una canotta che faceva intravedere il pezzo di sopra del suo costume. Il suo sorriso mi fece sciogliere, letteralmente.
« Ciao. Cosa ci fai quì? » le chiesi e mi andai a sedere accanto a lei. « Beh, ho pesato di venirti a trovare.. e tuo padre mi ha chiesto di convincerti ad andare in spiaggia.. Non me lo sono lasciato ripetere due volte! » mi sorrise.
« Mi stai prendendo in giro? » alzai le sopracciglia. « Certo che no! Stai parlando con Shaunee Shaik! E nessuno, ripeto, nessuno mi contraddice. » Mi sorrise.
« Okaaaaay, va bene. Ma, stai attenta, non hai trovato una tipa facile. » Le sorrisi a mia volta.
« Chissenefrega? » disse. Mi prese per la mano e mi trascinò fuori in spiaggia.

Nick.
« Alzati, Nick! » mi urlò mio fratello non appena entrò nella stanza. Prese una sedia, scaravento i miei vestiti a terra e si mise a sedere vicino al mio letto.
« Allora? » Mi chiese. Non risposi. Vedendo che non avevo intenzione di parlare, si alzò, mi prese per i piedi e mi gettò a terra. 
« Che cazzo ti è preso, Joe?! » gli urlai.
« Niente. » disse Joe con tono innocente. « Cioè, non ti svegliavi e ho pensato che fossi morto, davvero! » Lo guardai storto e mi misi a sedere sul letto. Poggiai i gomiti sulle gambe e mi nascosi il viso tra le mani. Già sapevo che Joe mi avrebbe fatto il terzo grado riguardo ieri sera.
« Quindi è andata male con Shaunee? » Annuii. « Sei un coglione. » mi disse secco. « Grazie, sono già a terra di mio e ci mancava solo il mio amorevole fratello a tirarmi su di morale. » dissi sarcastico. « Quando vuoi. »
Mi alzai e andai verso la finestra. « Non vuole rivolgermi la parola. Avresti dovuto vedere come mi guardava. » sospirai. « Fratello, non puoi biasimarla. L’hai fatta soffrire come un cane, ovvio che non vuole rivolgerti la parola. » disse. « Ho fatto una cazzata. » mi girai a guardarlo. « Beh, diciamo che andare a letto con quella che credeva fosse sua migliore amica non è stata una gran mossa. »
Iniziai a misurare la stanza a grandi passi pensando. Shaunee era la cosa più bella che mi fosse capitata negli ultimi 3 anni e io avevo mandato tutto a puttane, come al solito. Pensai a lei e ai suoi stupendi occhi verdi che riescono sempre a capirmi, al suo sorriso stupendo capace di farmi dimenticare tutto quello che ci circonda..
« Voglio riconquistarla, Joe. » dissi tutto d’un tratto. Sì, dovevo fare in modo che ritornasse ad essere mia, mia e di nessun’altro.
« Ah, finalmente! Pensavo ti fossi rammollito del tutto. » mi disse Joe sorridendo.  « Forza, sbrigati. Andiamo in spiaggia… Sono sicuro che Shaunee si trovi lì. » detto questo, uscì dalla stanza.

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Capitolo 5
*** I'm like a puzzle but all of my pieces are jagged. ***


Saaaalve! Finalmente posto, contente? Comunque il capitolo non è niente di che quindi non eccitatevi troppo. ahah
Ci tengo a ringraziare ancora chi segua questa fanfic, senza di voi non saprei come continuare. <3
In più, vi metto una foto di quella che mi ha ispirata a Shaunee *-*
Buona lettura,
Rrroxy. <3

Eravamo sulla spiaggia a passeggiare tranquille, Shaunee parlava ininterrottamente e io l’ascoltavo incantata. Il suono della sua voce così dolce e bella era ipnotizzante e rilassante allo stesso tempo. Lei parlava, parlava, parlava e io cercavo di non perdere il filo. Mi stava raccontando dei suoi genitori, dei soi amici, dell’ultima festa sulla spiaggia che avevano dato.. insomma, della sua vita perfetta. Quasi mi sentivo in colpa. Lei mi raccontava tutto di sé e io mi limitavo ad annuire e sorridere senza dirgli niente di me. Sapeva soltanto che ero la figlia di Bradley Davies e che venivo da Londra. Stop. Il nulla totale.
« Bene. Ora che sai quanto basta di me voglio che mi racconti un po’ di Victoria Davies e di com’è fatta, se non ti dispiace. » Non era una richiesta ma un ordine.
Scoppiai a ridere, « Ma tu fai sempre così? Cioè, comandare la gente e dirgli quello che devono fare? » dissi. Lei mi sorrise, « Mhm, la maggior parte delle volte sì. » annuì, si mise a sedere sulla sabbia e mi fece cenno di mettermi seduta come fa un padrone al suo cane. Sospirando feci come mi aveva indicato di fare e mi adagiai accanto a lei.
« Non credo che tu voglia conoscere davvero Victoria Davies. La sua vita è un puzzle. »
« Ancora meglio. Mi piacciono i puzzle. » Scoppiai a ridere, di nuovo. Ormai lo facevo spesso, e non erano sorrisi finti e risate forzate.
« Allora.. da dove comincio? » chiesi.
« Non so, forse puoi dirmi cos’è che ti tormenta tanto. » Mi spiazzò completamente.
« Si nota tanto? » chiesi, sospirando. « Beh a primo impatto, no. Ma dopo un po’ sì, lo si nota tanto. Lo si può vedere dai tuoi occhi. » disse un po’ triste.
« Grandioso. » sussurrai. « Se non vuoi dirmelo però… » iniziò Shaunee ma io la interruppi subito.
« Il mio migliore amico o meglio, quello che consideravo un fratello, una spalla su cui piangere, uno scoglio a cui aggrapparsi.. è morto. E’ successo solo 2 mesi fa. » dissi tutto d’un fiato. « Oh. » fu l’unica cosa che Shaunee ruiscì a dire.
« Già. L’ha ammazzato un fottuto ubriacone che l’ha investito con la macchina. » Sentivo le lacrime che iniziavano a bruciarmi gli occhi. Deglutii, non avevo intenzione di piangere, non davanti a lei. L’avrei fatto dopo, da sola in camera mia. Mi strofinai gli occhi e Shaunee mi mise una mano sulla spalla per consolarmi.
« Mi dispiace. Non immaginavo.. » disse titubante. « Non ti preoccupare. » le sorrisi, « Non è colpa tua. E’ colpa di quello stronzo che mi ha portato via una delle cose più belle che avevo nella mia vita. » Distolsi lo sguardo da quegli occhi verde smeraldo così belli e lo rivolsi verso l’oceano. Ripensare a Tom mi faceva stare male, sapere che lui non era più con me mi faceva stare male. Malissimo.
« E, tanto per cambiare, subito dopo la morte di Tom ho scoperto che il mio ragazzo se la faceva con una delle mie amiche più fidata. E che quest’ultima è riuscita a mettermi contro tutti i miei amici. » dissi secca, quasi disgustata.
« Beh, benvenuta ne club. » mi disse infine Shaunee. La guardai, « Cosa? » le chiesi. « Sì. Hai presente quel coglione, Nick? Il ragazzo di ieri sera? » Annuii, « Lui ha fatto la setta cosa con me. » La guardai. « Ottimo. Con questo possiamo dedurre che gli uomini sono tutti uguali. Non pensano con la testa ma con le palle. » scoppiamo a ridere tutte e due fin quando all’improvviso, Shaunee si fece seria. Guardava oltre le mie spalle e ad un certo punto disse, « Parli del diavolo.. »
Mi girai e vidi in lontananza un ragazzo riccio che camminava lungo la riva: Nick. Accanto a lui c’era un altro ragazzo mai visto prima..
No.
Riavvolgi.
Il ragazzo accanto a Nick era lo stesso ragazzo altro, bello e stronzo che ci avevo provato spudoratamente con me dopo avermi buttata a terra.

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Capitolo 6
*** Boys fucking boys. ***


Salve donzelle! Scusate se non ho potuto postare prima ma la scuola mi ha preso molto. çç Domani ci sono le pagelle, pregate per me!
Vi ringrazio ancora tutte, siete stupende. Se non fosse per voi questa storia non esisterebbe. u.u
Vabbè basta, se il capitolo è o non è di vostro gradimento fatemelo sapere. ;)
Roxy. <3

Ero rimasta immobile dallo stupore e con la bocca semi aperta.
Shaunee mi dava dei piccoli colpi sul braccio, solo per controllare se ero ancora lì e non cominciare a scuotermi per farmi tornare sulla Terra. Intanto i due si avvicinavano: Nick con un sorriso cretino sulle labbra mentre l’altro con l’aria scocciata, le mani nelle tasche, e lo sguardo rivolto altrove. Cioè, rivolto alle belle ragazze in bikini.
All’improvviso un flash.
Ecco perché Nick aveva l’aria così familiare… Perché l’avevo visto all’aeroporto mentre chiamava il ragazzo. Quadrava tutto. Come avevo fatto a non ricordarmene? Stupida, stupida Vick!
Ero ancora immersa nei miei pensieri e non mi ero accorsa che i due ragazzi si erano avvicinati, Nick un po’ più avanti rispetto all’altro. Continuava ancora a sorridere come se avesse una paralisi facciale.
« Hey! » ci salutò. Scossi la testa per riprendermi e gli sorrisi, questa volta aveva salutato entrambe. Mi girai verso Shaunee, con gli occhi che fulminavano Nick. Se fossi stata in lui avrei avuto paura, sul serio.
« Che vuoi? » gli chiese brusca.
Certo che Shaunee era straordinaria. Era capace di farti stare bene e renderti allegra con il suo sorriso e la sua simpatia… al contrario, riusciva farti sentire piccola come una formica solo con il suo sguardo feroce.
Nick a quanto pare se ne accorse, poiché vidi passare sul suo volto una miriade di emozioni, ma continuò a sorridere e disse, « Joe mi ha convinto a venire qui in spiaggia, poi ti ho vista da lontano e ho pensato di venire a salutarti. » « Beh, hai pensato male. » mi prese per il braccio e mi fece alzare. Intanto l’altro ragazzo si era avvicinato. Cercai di farmi più piccola del dovuto, abbassai lo sguardo e pregai tutti i santi del Paradiso che non si accorgesse di me. « Hey, Shaunee! E’ da un po’ che non ci si vede, eh? » disse. « Si, beh. Lo stesso vale per te, Joseph! » gli sorrise Shaunee, un po’ meno gelida. « Lo sai che devi chiamarmi Joe. E comunque, sì. Siamo stati un mese in New Jersey, solo per cambiare un po’ aria. »
Ero dietro Shaunee e continuavo a pregare mentre quei due parlavano. Ormai mi stavo autoconvincendo che non mi avessero notato, quando… « Chi è la tua amica? » chiese lui.
Stupendo. Non pregerò più, potete contarci.
Finalmente alzai lo sguardo e lo guardai. Non appena mi vide pensai che non mi avesse riconosciuta, dato l’espressione interrogativa che aveva sul volto. Poi ricordò e mi sorrise.
« Certo che LA è davvero piccola. » disse, di nuovo con quel fottuto sorriso malizioso.
Io sorrisi a mia volta. Guardando la faccia faccia di Shaunee dedussi che fosse perplessa e con lei anche Nick. « Ehm.. Lei è Victoria Davies. Si è appena trasferita qui da Londra. »
Per Joe fu come se gli avessero appena comprato uno di quei leccalecca giganti.
« Sei la figlia del signor Davies? » mi chiese Nick. « Gia, purtroppo. » gli sorrisi.
Joe continuava a fissarmi. Mi dava sui nervi, avrei potuto prenderlo a schiaffi.
« Tuo padre è un grande! » Nick pronunciò l’ultima parola con un po’ più d’enfasi. « Sai, da quando sono qui me lo sono sentita dire almeno due volte e non ho ancora capito il perché. Non è tanto ‘grande’ mio padre, davvero. » Guardai Shaunee cercando di farle capire con lo sguardo che non volevo stare più di un minuto lì.
E Joe mi fissava, ancora.
« Hai finito di starmi lì a fissare o cosa? Ho per caso scritto ‘Gioconda’ in fronte? » Quando è troppo è troppo, cazzo.
« Scusa. » fece il finto innocentino. « Avevo capito che fossi suscettibile già all’aeroporto, ma non pensavo così tanto. » Il suo sarcasmo non aiutava.
« Non avrei dovuto darti retta. » Gli sorrisi.
« Un momento.. » s’intromise Shaunee, « Voi due vi conoscete?! » Era sorpresa. « Aspetta.. » sbottò Nick. « E’ lei la figa che hai travolto all’aeroporto? » Mi guardò e poi si girò verso Joe che annuì compiaciuto.
Lo guardai male. « Per mia sfortuna, sì. » Sbuffai.
« Oh certo, come se conoscermi non ti ha stravolto la vita. » Alzai le sopracciglia. « Ma chi ti credi di essere.. Gesù Cristo? »
Nick continuava a guardarci divertito e Shaunee rideva. La guardai male e smise subito di ridere. La presi per un braccio, « Andiamo via di qui o veramente lo prendo a schiaffi. » le dissi e lei non se lo fece ripetere due volte.
« Beh, addio. » Sorrisi un’ultima volta e andammo via.
Shaunee camminava veloce e ansimando per l’affanno mi domandava cosa fosse successo all’aeroporto. Arrivammo a casa e andammo in giardino. Quando ci sedemmo sull’erba appena tagliata sotto il sole di mezzogiorno lei mi spiegò, « Hai fatto bene a non dargli corda. Joe Jonas è anche peggio del fratello. Un puttaniere che ne cambia una ogni giorno. » Sorrisi scettica, « Non mi sorprende affatto. » Lei rise involontariamente, fissando il vuoto, « Eppure prima non erano così. Sarà stato il testosterone che ha incasinato tutto. »
Continuammo a parlare ancora per un po’ e Shaunee mi raccontò cosa successe veramente con Nick e di come lui l’aveva tradita.
Mi dispiaceva davvero per lei.. Insomma lasciare una come Shaunee sarebbe come se Brad lasciasse Angelina per tornare con la Aniston. Pura follia! Ma poi, chi lo capisce davvero il genere maschile? Un giorno stanno bene e un giorno incasinano tutto, persino la tua vita.
Maledetti loro.Ero rimasta immobile dallo stupore e con la bocca semi aperta.
Shaunee mi dava dei piccoli colpi sul braccio, solo per controllare se ero ancora lì e non cominciare a scuotermi per farmi tornare sulla Terra. Intanto i due si avvicinavano: Nick con un sorriso cretino sulle labbra mentre l’altro con l’aria scocciata, le mani nelle tasche, e lo sguardo rivolto altrove. Cioè, rivolto alle belle ragazze in bikini.
All’improvviso un flash.
Ecco perché Nick aveva l’aria così familiare… Perché l’avevo visto all’aeroporto mentre chiamava il ragazzo. Quadrava tutto. Come avevo fatto a non ricordarmene? Stupida, stupida Vick!
Ero ancora immersa nei miei pensieri e non mi ero accorsa che i due ragazzi si erano avvicinati, Nick un po’ più avanti rispetto all’altro. Continuava ancora a sorridere come se avesse una paralisi facciale.
« Hey! » ci salutò. Scossi la testa per riprendermi e gli sorrisi, questa volta aveva salutato entrambe. Mi girai verso Shaunee, con gli occhi che fulminavano Nick. Se fossi stata in lui avrei avuto paura, sul serio.
« Che vuoi? » gli chiese brusca.
Certo che Shaunee era straordinaria. Era capace di farti stare bene e renderti allegra con il suo sorriso e la sua simpatia… al contrario, riusciva farti sentire piccola come una formica solo con il suo sguardo feroce.
Nick a quanto pare se ne accorse, poiché vidi passare sul suo volto una miriade di emozioni, ma continuò a sorridere e disse, « Joe mi ha convinto a venire qui in spiaggia, poi ti ho vista da lontano e ho pensato di venire a salutarti. » « Beh, hai pensato male. » mi prese per il braccio e mi fece alzare. Intanto l’altro ragazzo si era avvicinato. Cercai di farmi più piccola del dovuto, abbassai lo sguardo e pregai tutti i santi del Paradiso che non si accorgesse di me. « Hey, Shaunee! E’ da un po’ che non ci si vede, eh? » disse. « Si, beh. Lo stesso vale per te, Joseph! » gli sorrise Shaunee, un po’ meno gelida. « Lo sai che devi chiamarmi Joe. E comunque, sì. Siamo stati un mese in New Jersey, solo per cambiare un po’ aria. »
Ero dietro Shaunee e continuavo a pregare mentre quei due parlavano. Ormai mi stavo autoconvincendo che non mi avessero notato, quando… « Chi è la tua amica? » chiese lui.
Stupendo. Non pregerò più, potete contarci.
Finalmente alzai lo sguardo e lo guardai. Non appena mi vide pensai che non mi avesse riconosciuta, dato l’espressione interrogativa che aveva sul volto. Poi ricordò e mi sorrise.
« Certo che LA è davvero piccola. » disse, di nuovo con quel fottuto sorriso malizioso.
Io sorrisi a mia volta. Guardando la faccia faccia di Shaunee dedussi che fosse perplessa e con lei anche Nick. « Ehm.. Lei è Victoria Davies. Si è appena trasferita qui da Londra. »
Per Joe fu come se gli avessero appena comprato uno di quei leccalecca giganti.
« Sei la figlia del signor Davies? » mi chiese Nick. « Gia, purtroppo. » gli sorrisi.
Joe continuava a fissarmi. Mi dava sui nervi, avrei potuto prenderlo a schiaffi.
« Tuo padre è un grande! » Nick pronunciò l’ultima parola con un po’ più d’enfasi. « Sai, da quando sono qui me lo sono sentita dire almeno due volte e non ho ancora capito il perché. Non è tanto ‘grande’ mio padre, davvero. » Guardai Shaunee cercando di farle capire con lo sguardo che non volevo stare più di un minuto lì.
E Joe mi fissava, ancora.
« Hai finito di starmi lì a fissare o cosa? Ho per caso scritto ‘Gioconda’ in fronte? » Quando è troppo è troppo, cazzo.
« Scusa. » fece il finto innocentino. « Avevo capito che fossi suscettibile già all’aeroporto, ma non pensavo così tanto. » Il suo sarcasmo non aiutava.
« Non avrei dovuto darti retta. » Gli sorrisi.
« Un momento.. » s’intromise Shaunee, « Voi due vi conoscete?! » Era sorpresa. « Aspetta.. » sbottò Nick. « E’ lei la figa che hai travolto all’aeroporto? » Mi guardò e poi si girò verso Joe che annuì compiaciuto.
Lo guardai male. « Per mia sfortuna, sì. » Sbuffai.
« Oh certo, come se conoscermi non ti ha stravolto la vita. » Alzai le sopracciglia. « Ma chi ti credi di essere.. Gesù Cristo? »
Nick continuava a guardarci divertito e Shaunee rideva. La guardai male e smise subito di ridere. La presi per un braccio, « Andiamo via di qui o veramente lo prendo a schiaffi. » le dissi e lei non se lo fece ripetere due volte.
« Beh, addio. » Sorrisi un’ultima volta e andammo via.
Shaunee camminava veloce e ansimando per l’affanno mi domandava cosa fosse successo all’aeroporto. Arrivammo a casa e andammo in giardino. Quando ci sedemmo sull’erba appena tagliata sotto il sole di mezzogiorno lei mi spiegò, « Hai fatto bene a non dargli corda. Joe Jonas è anche peggio del fratello. Un puttaniere che ne cambia una ogni giorno. » Sorrisi scettica, « Non mi sorprende affatto. » Lei rise involontariamente, fissando il vuoto, « Eppure prima non erano così. Sarà stato il testosterone che ha incasinato tutto. »
Continuammo a parlare ancora per un po’ e Shaunee mi raccontò cosa successe veramente con Nick e di come lui l’aveva tradita.
Mi dispiaceva davvero per lei.. Insomma lasciare una come Shaunee sarebbe come se Brad lasciasse Angelina per tornare con la Aniston. Pura follia! Ma poi, chi lo capisce davvero il genere maschile? Un giorno stanno bene e un giorno incasinano tutto, persino la tua vita.
Maledetti loro.
 

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Capitolo 7
*** What a coward! ***


Salve, donzelle! E auguri donne! 
Vi chiedo scusa perchè non ho postato per tutto questo tempo, ma sono stata davvero impegnata. çç Non uccidetemi!
Bene, vi posto questo capitolo. Io lo trovo davveeeero banale, spero voi pensiate il contrario.
Sono di fretta, quindi mi scuso in caso troviate degli errori.
Baci, Erinn. <3

Era passata una settimana da quando ero arrivata a Los Angeles e di certo non mi aspettavo tutta quest’accoglienza.
Avevo passato gli ultimi giorni in spiaggia a prendere il sole con Shaunee e i suoi amici e non solo.. Lei mi aveva portata a fare un giro turistico della città e mi ero divertita un mondo.
Era fantastica, Shaunee. Bella, dolce, simpatica e sempre pronta a donarti un sorriso capace di scaldarti il cuore.  E quei sorrisi avevano scaldato il mio di cuore , risvegliando in me quella speranza che ormai pensavo si fosse spenta e che non potesse riaccendersi più. Volevo ritornare a sorridere, volevo tornare a non dover fingere di stare bene. Ci sarei riuscita? Solo il fato ha la risposta.
Quella mattina ero contenta, stranamente. Quando la domestica era venuta a svegliarmi non avevo risposto con uno dei miei bruschi ‘Bene, va via.’ ma le sorrisi con gli occhi e risposi con un cortese e semplice ‘Grazie’.
Andai ad aprire la grande finestra che affacciava sulla spiaggia: fuori il tempo era meraviglioso. Il cielo era limpido, senza nemmeno una nuvola e il dolce venticello mi accarezzò il viso, quasi facendomi dimenticare il resto del mondo. Presi un bel respiro inalando l’aria salmastra e mi diressi verso il bagno, dove iniziai a prepararmi. Dopo una lunga e rilassante doccia e una bella mezz’ora nel guardaroba a scegliere cosa mettere mi guardai allo specchio per vedere il risultato del mio lavoro.
Sono dannatamente superficiale, ma chissene?
Indossai un pantaloncino a vita alta blu scuro,  una camicetta bianca a maniche corte infilata negli shorts e un paio di ballerine. Ferragamo, per la precisione.
Dovete sapere che la mia è una famiglia messa molto bene economicamente. Mio padre è un famoso avvocato. Un tempo, a Londra, lavorava per i pezzi grossi e li difendeva in tribunale vincendo se non sempre quasi. Mia madre invece era un architetto che aveva ereditato tutta la fortuna dei miei nonni.
Ovviamente a me dei soldi non importava niente, non sono quelli che ti rendono donna o uomo, ma se li possiedi cosa fai? Li butti nel cesso? Beh, io li spendo nei negozi. E’ una cosa che adoro fare e che farò sempre. Niente è più rilassante e confortante di un pomeriggio passato a fare shopping. Chi è d’accordo?
« Victoria! Scendi, per favore? » sentii urlare mio padre dal piano di sotto. Sbuffai e mi chiesi cosa volesse adesso. Non volevo rovinarmi la giornata.
Scesi  giù e nel grande salone trovai mio padre che parlava con una donna e con un ragazzo, entrambi che mi davano le spalle. A quanto pare si conoscevano, dato che mio padre aveva un aria cordiale e amichevole.
Quando mi vide mi fece cenno di avvicinarmi e io, con aria titubante andai vicino a lui.
Ora che potevamo guardarci in faccia capii con chi stava parlando papà: il primo era, per mia sfortuna, quell’arrogante di Joe con il suo solito ghigno sulle labbra. Dopo il nostro ‘incontro’ nel quale io mi ero infastidita e non poco, lui e suo fratello venivano a passare un po’ di tempo in spiaggia con Jacob. Pessima scusa: Nick veniva solo per cercare di parlare con Shaunee. Ma lei non gli degnava uno sguardo. E io mi approssimavo a ignorare Joe. Meno confidenza gli davi, e meglio era.
Quella accanto a lui era una donna non molto alta, dai capelli scuri e ricci e con uno splendido sorriso. Intuii subito che quella fosse la madre di Joe, data la somiglianza.
« Vicky, la signora Jonas e suo figlio sono venuti qui per darti il benvenuto nel quartiere. » e dal tono della sua voce capii che lui intendeva dire ‘Vedi di non rispondere con il tuo solito fare e comportati bene’. Decisi di fare la brava, tanto per non sfigurare quanto per non dovermi sentire le prediche di mio padre più tardi.
« Davvero? E’ molto gentile da parte vostra. » e rivolsi ai due uno dei miei sorrisi più cordiali.
« Oh, non preoccuparti cara! Io sono Denise... E lui è mio figlio, Joseph. » indicò il figlio con la mano. « E’ un vero piacere conoscerti. Sai, tuo padre parla molto di te. » Questa volta fu lei a sorridere con fare materno.
Joe continuava a fissarmi insistentemente con quel suo fare arrogante e prepotente che stava iniziando ad infastidirmi.
« Allora, Vicky sicuramente hai fame.. Perché non vai in cucina a fare colazione? » saltò su mio padre. « E, Joseph, perché non le fai compagnia? Così parlate un po’ e iniziate a conoscervi. »  
Parlare? Non credo che riuscirei a parlare con lui senza evitare di insultarlo.

Joe.
Quella mattina avevo approfittato del fatto che mia madre andasse a dare il benvenuto a quella nuova, la figlia del signor Davies, così mi ero proposto di accompagnarla. Dopo che aveva smesso di guardarmi sospettosa mi aveva esplicitamente detto « Vedi di non fare lo stupido, Joseph. » e io facendo il finto innocente (cosa che mi usciva davvero molto bene) le avevo promesso che non mi sarei comportato da solito coglione. Come se fosse facile, poi!
Arrivati a casa loro, mentre mia madre e il signor Davies parlavano, io ero impaziente e non smettevo un attimo di guardarmi intorno.
Ma cosa mi aspettavo? Tutte le mattine andavo in spiaggia con Nick, perché quest’ultimo si ostinava a voler riconquistare Shaunee, lei non mi aveva degnato di uno sguardo. Cosa assai strana dato che le ragazze mi cadevano i piedi dopo il primo incontro.
Perché lei no?
Ecco perché ora uno dei miei obbiettivi è quello di riuscire a conquistarla.
E sì, ci sarei riuscite. Cascasse il mondo, arrivasse l’Apocalisse io, Joseph Adam Jonas ci sarei riuscito.
Quando finalmente arrivò ghignai. Mi fu naturale.
Beh, era davvero bella. Gli shorts che aveva indossato mettevano in mostra le sue gambe da modella e le delineavano i fianchi. Aveva i capelli castani, che le arrivavano fin sotto le spalle, ancora bagnati alle punte e un paio di occhi blu ghiaccio che erano davvero capaci di raggelarti il sangue nelle vene.
Mi ripresi, imponendomi di non distrarmi.
Quasi non ascoltai cosa lei e mia madre si dissero e solo quando suo padre mi chiese di accompagnarla in cucina mi risvegliai, di nuovo, da quello stato di trance in cui ero ricaduto.
Mentre l’arrivati in cucina lei non proferì parola. Forse troppo infastidita dalla mia presenza.
« Buongiorno. » salutò Marco, il cuoco, e andò verso il freezer dove prese del latte. Poi una ciotola e dei cereali. Era disinvolta in ogni movimento che faceva, caratteristica che adoro. Ho sempre preferito ragazze sicure e sciolte a ragazze insicure e ingenue, anche se le ultime me le ritrovavo spesso nel mio letto.
Marco mi guardò con aria interrogativa, e io feci spallucce.
« Allora, Joe, va tutto bene? E’ da un po’ che non ti si vede. » iniziò Marco.
« Oh, sì tutto bene Marco. Te? » Sorrisi. Mi era stato sempre simpatico.
Victoria alzò la testa dalla sua ciotola e guardava sorpresa entrambi muovendo il capo da me a Marco.
« Aspetta, come mai tutta questa confidenza tra voi due? » ci punto l’indice contro e nell’altra mano aveva il cucchiaio fermo a mezz’aria. « Pensavo non vi conosceste. »
« Oh, certo. Perché tu sai la gente che conosco o meno anche senza avermi mai rivolto una parola. » saltai su.
« Non l’ho chiesto a te. » mi zittì.
« Sì, ci conosciamo. » incominciò Marco, « Joe i suoi amici sono soliti organizzare alcune feste in questa casa, quando tuo padre è fuori per lavoro. »
« E mio padre gli da il permesso? » domandò lei.
« Certo. Tuo padre si fida di noi. » risposi io.
« Stupido. » mormorò e ritornò ai suoi cereali.
« Scusate ragazzi.. » disse Marco posando il suo grembiule, « io devo andare.. Sapete, devo svolgere alcune commissioni prima di pranzo. A dopo! » E usci mettendo in testa il suo berretto dei Lakers.
Eravamo rimasti soli. Victoria mangiava tranquilla con lo sguardo fisso sulla sua ciotola. Mi sembrava il momento giusto per chiedere spiegazioni.
«Mi spieghi, per favore, perché ti sto antipatico? » chiesi.
Sorrise, « Devo proprio? »
« Sarebbe gradito, così saprei finalmente il motivo della tua antipatia verso di me.. »
« Mah, non saprei. » disse con noncuranza.
« Non saprei?! » insistei. Che razza di risposta è?
« Vedi, Shaunee mi ha spiegato come siete fatti tu e tuo fratello. » disse lei. Stavolta mi guardò, i suoi occhi di ghiaccio così penetranti quasi da far paura. « Non mi piace la gente che si comporta in questo modo.. » si fermò un attimo, « Dimostrate quanto siete superficiali e vigliacchi alla gente. »
« Cosa ti ha detto di preciso? » dissi. La guardai mentre posava la ciotola sporca nel lavello e usciva fuori in giardino, io la seguii.
« Di come trattate le persone credendovi meglio di loro. » Si girò brusca verso di me. « Te l’ho detto. E’ un comportamento da vigliacchi. E io li odio, i vigliacchi. »
« Caspita. Dici di odiare i vigliacchi e non ti rendi conto che anche tu lo sei. » incalzai io. Non sopportavo il modo in cui si stava rivolgendo.
« E perché scusa? » inarcò le sopracciglia.
« Perché ti fidi del giudizio della gente, senza pensare che forse questo è sbagliato. »
« Oh, ma fammi il piacere! Non ho voglia a che fare con te solo perché temo per la mia incolumità! » sbottò e si allontanò per andare a sedersi a bordo piscina. La raggiunsi e mi sedetti a fianco a lei.
« La tua incolumità? Non mordo mica, sai? » sghignazzai.
« Perché dovrei crederti? » chiese. Mi guardò e i nostri occhi si incontrarono e per un momento mi persi nei suoi, blu come il ghiaccio, blu come il cielo. « Conosco le persone come te. Ci ho avuto a che fare per tutta la vita e vedi dove mi hanno portato. »
Anche lei rimase a guardarmi per un po’ e dopo un attimo che sembrò un’eternità mia madre venne a chiamarmi per andare via. Mi alzai e mentre lo facevo le sussurrai « Sarò pure un vigliacco, ma meglio essere vigliacchi per un minuto che morti per il resto della vita.»

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