We were the kings and queens of promise
We were the victims of ourselves
{30 Seconds to Mars}
Camminava
veloce per strada, il cappuccio calato sul capo e una sigaretta tra le mani.
Non
avrebbe dovuto fumare, le sarebbe piaciuto smettere, una volta tanto.
Storse
un attimo il labbro, mentre la sua mente lavorare febbrilmente, lucida nella
sua pazzia.
Aveva
promesso a se stessa di smettere, di mettere fine a quella dipendenza.
Le
promesse, però, non erano il suo punto forte.
Dopotutto,
la vita era la sua, e aveva tutto il diritto di uccidersi o salvarsi; la vita
era la sua, e aveva tutto il diritto di mentire a se stessa.
- Lo
sai che il fumo uccide?-
Si voltò
di scatto, fulminando con gli occhi un ragazzo poco più alto di lei;
odiava quella frase, odiava i moralisti ed odiava chi le rivolgeva la parola
senza conoscerla.
Odiava
quel tipo, chiunque egli fosse; tirò dritto, senza degnarlo di un ulteriore occhiata, allungando il passo per seminarlo.
Lui,
senza batter ciglio, la raggiunse - Potresti almeno aver pietà del mio
squallido modo per abbordarti?-
-
Dovrei?-
- Oh,
io dico di sì-
- Io
dico di no, e con questo ho detto tutto. Ciao- sventolò la mano,
esibendo lo stesso sorriso falso che mostrava dinanzi ad una maglia di lana
della nonna.
Lui,
però, non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere - Un caffè?-
- No-
- Un
hamburger?-
-
Sono vegetariana-
-
Davvero?-
- No,
è solo un modo per liquidarti-
-
Allora vada per l'hamburger-
-
Cosa non ti è precisamente chiaro della parola "ciao"?-
Lui
alzò le spalle - Credevo che quel ciao fosse un modo carino per dirmi
"inseguimi, sono pazza di te"-
-
Dimmi che scherzi-
-
Sì, era solo un altro modo per abbordarti-
- Tu
conquisti sempre ragazze sconosciute per strada?- chiese lei, fermandosi
davanti ad una vetrina per osservare critica i vestiti.
-
Certo-
- E
funziona?-
- Tu
sei il mio record in quanto alla durata della conversazione-
Lei
trattenne un sorriso, calcando di più il cappuccio sulla testa.
- Hai
l'aria dannata, è un modo per abbordarmi?- disse lui, appoggiandosi alla
vetrina.
- Uno, non riesco a vedere il vestito che hai appena coperto,
due, non ho intenzione di provarci con sconosciuti incontrati per strada-
- Io
sì, come la mettiamo?-
- Mettiamola
così: tu vai a destra, io vado a sinistra, magari con un po' di fortuna
non ci rivedremo mai più e nel giro di tre giorni ci dimenticheremo-
- Il
piano non fa una piega-
-
Ecco, vedi? Ora, inizia ad andare a destra...-
- Chi
ti ha detto che ho intenzione di seguirlo?-
Lei
alzò un sopracciglio, squadrandolo da capo a piedi: aveva decisamente
una faccia tosta di dimensioni anomale.
- Hai
intenzione di parlarmi ancora per molto tempo?-
-
Sì, mi stai simpatica-
Lei
sbuffò, riprendendo a camminare; non avrebbe dovuto dargli corda sin
dall'inizio, ora non se lo sarebbe più scollato di dosso.
- Sei fidanzata?-
- No,
voglio farmi suora-
- Oh,
io prete, ti va un incontro focoso nella camera del sacrestano?-
-
Aspetta, questa proposta è troppo succulenta, devo ragionarci sopra
prima di rispondere- si portò la mano al mento, fingendosi
sovrappensiero - "sparisci" vale come risposta?-
- No-
sorrise lui.
Una
faccia tosta più che anomala, quasi infinita.
-
Cosa posso fare perchè tu te ne vada il prima
possibile?-
- Una
sigaretta. Dammene una-
- Il
fumo uccide- gracchiò lei.
- Chi
ti ha detto che io non voglia morire?-
- Non
avrò un cancro sulla coscienza, sappilo. Al massimo posso regalarti
cinque preziosi minuti della mia esistenza, ma solo cinque-
-
Perfetto- il suo volto si aprì nell'ennesimo sorriso - una panchina
sarà il posto perfetto-
- Per
cosa?-
- Per
farti cadere ai miei piedi- e, così dicendo, si inoltrò nei giardini lì vicino, alla ricerca di un posto
lontano dalle urla dei bambini.
Lei
lo seguì in silenzio, un sorriso da tenere a bada sulle labbra e una
sigaretta spenta sul marciapiede, nel punto in cui si trovava pochi secondi
prima.
La
vita era la sua, e aveva tutto il diritto di mantenere certe promesse.
La
vita era la sua, e aveva tutto il diritto di salvarsi o di uccidersi.
Tutto
il diritto di chiedere aiuto, per non essere la vittima di se stessa.
Ecco, come non detto.
L'ispirazione viene sempre per le cose che potresti
tirarti dietro anni, mentre ciò che dovresti aggiornare può
aspettare.
Ovviamente.
Cioè, rendiamocene conto, ho creato la raccolta
solo ieri e già sono qui ad intasarvi con le mie giganti seghe mentali, mentre
dovrei studiare, vestirmi, uscire, forse scrivere capitoli per altre storie, e
invece...
Mia madre mi chiama "u con du
cacciataur" da buona meridionale, perchè
il cane del cacciatore quando deve pisciare non piscia, e quando deve cacciare
va a pisciare.
Io quando devo fare altre cose scrivo, e quando devo scrivere,
faccio altre cose.
Ma non è colpa mia, ve lo assicuro, è
l'ispirazione, quella stronza!
........?.......
... E mi ritrovo a parlare di cani che pisciano... ecco
cosa intende la gente quando dice che non sono a posto. Ora comprendo.
Va bene, ho finito, devo smetterla di dilungarmi, devo
davvero smetterla.
Basta.
Me ne sto andando.
Lo giuro.
~Ellens