I used to think I have a Bulletproof Heart... but I don't.

di Evazick
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Challenge ***
Capitolo 2: *** An Old Acquaintance ***
Capitolo 3: *** An Argument ***
Capitolo 4: *** An Unexpected Visit ***
Capitolo 5: *** A Question Without Answer ***
Capitolo 6: *** A Plan ***
Capitolo 7: *** A File ***
Capitolo 8: *** A Ghost's Voice ***
Capitolo 9: *** A Drac ***
Capitolo 10: *** A Capture ***
Capitolo 11: *** An Experiment ***
Capitolo 12: *** In The Meantime... ***
Capitolo 13: *** A Rescue ***
Capitolo 14: *** A Burned White Coat ***
Capitolo 15: *** A Letter ***



Capitolo 1
*** A Challenge ***


Disclaimer: i MCR, Grace e Korse non mi appartengono, ma tutti gli altri personaggi sì. Qualunque cosa riguardante Battery City e i Killjoys è frutto della mente contorta di Gerard Way, e io mi limito ad usarle per far contenta la mia mente malata. Ah, e non scrivo per soldi.
Nota dell'autore: eccomi tornata con un'altra storia di Eve (scritta in un altro carattere, così Dawn_ ci legge meglio XD). I My Chemical Romance appariranno fra qualche capitolo, non vi preoccupate. Ah, e desidero festeggiare con voi il fatto che ho ricevuto i biglietti del concerto per Natale ù.ù *felicità al settimo cielo*
Pubblico questa storia da oggi perchè è il compleanno di Kumiko_Chan, la mia fedele critica ^_^ Grazie per tutti i tuoi scleri e le tue recensioni omeriche, grazie per Gerard il Vichingo, per Simon che è stile 'Cubicles andante' e il coyote pedofilo (e sai di cosa parlo XD), grazie per avermi recensito sempre e comunque. Ci conosciamo da pochi mesi e non ci siamo mai incontrate, ma sei diventata importante per me. Ti voglio bene, Sunshine. <3

A Challenge

 

STRIKE! Per la terza volta di fila!”

“Ma come diavolo fai?! Per favore, spiegamelo!”

“Niente affatto. Pagare, prego.”

Sbuffai scocciata e allungai due dollari alla nanetta di dieci anni coi capelli ricci che stava accanto a me con un’aria soddisfatta. Si infilò i soldi in tasca e poi guardò verso di me con un sorriso smagliante. “Giochiamo di nuovo?” mi chiese angelica.

“’Fanculo, Grace! Mi avete praticamente rubato tutti i soldi, tu insieme al bowling!”

“Non è colpa mia se sei una schiappa,” replicò lei con una smorfia di sfida. Le rivolsi uno sguardo furioso che lanciava fulmini e la voglia di saltarle addosso e fargliela pagare a forza di solletico era forte, ma la bambina scappò dai miei piani non appena vide una figura alta, bianca e azzurra fermarsi sulla strada e venirci incontro. Lo salutò e lo abbracciò da piccola ruffiana quale era. “Ehi, Grace,” la salutò Joshua per poi rivolgersi a me. “Cos’è successo mentre ero via?”

“È successo che quella piccola peste – indicai la bambina – mi ha fottuto tutti i soldi battendomi per cinque volte di seguito a bowling. È semplicemente ingiusto!”

“Però una partita l’hai vinta,” mi disse lei come se mi stesse facendo un enorme favore. Sì, ma si vedeva benissimo lontano un miglio che mi hai lasciato vincere, pensai amaramente, ma almeno mi ero guadagnata un paio di munizioni in più per la mia pistola a raggi. E quelle facevano sempre comodo nel 2019, in quella che un tempo era la California.

Avevo quasi perso il conto dei giorni passati da quando ero tornata di mia spontanea volontà in quel mondo parallelo, ma sapevo perfettamente che erano passati circa quattro mesi. Non avevo nessun rimorso per quello che avevo fatto, per tutto il dolore che avevo causato abbandonando la mia famiglia e i miei amici, ma onestamente quello era l’ultimo dei miei problemi. Adesso che non c’erano più i My Chemical Romance, i Killjoys erano rimasti tre: io, Showpony e Grace. Ed era molto più complicato gestire la situazione in un numero così limitato invece che in sette. A volte speravo che i ragazzi tornassero, ma sapevo che era impossibile: non avevano legami con quel mondo, erano stati loro a decidere di andarsene, e di sicuro vivere una vita costantemente sul filo del rasoio e in pericolo non mancava decisamente loro. Io invece avevo rinunciato a tutta la mia vita per seguire il mio destino e il mio amore, ed ero pronta ad affrontare qualunque cosa pur di restare con Joshua. Come se mi avesse letto nel pensiero, il ragazzo mi si avvicinò e mi baciò dolcemente.

Non era successo nessun avvenimento straordinario in quei quattro mesi (tranne i soliti scontri con i Draculoidi) rispetto a quel mio primo mese in California, un sacco di tempo prima. Il mio incubo personale, Simon, era finalmente morto, non c’erano più stati rapimenti improvvisi e non vedevo Korse da un sacco di tempo. Finalmente le cose iniziavano a girare nel verso giusto, considerata la mia epocale sfiga, sempre pronta a farmi finire in situazioni da cui dovevo tirarmi fuori usando tanta fantasia e colpi di culo. Come quando dovevo fermare un furgone della Better Living mentre io lo rincorrevo pattinando. O come quando avevo dovuto salvare me e Gerard da un esercito di scheletri agli ordini di un demone. Oppure come quella volta che ero riuscita a scappare dal garage assediato da Simon attraverso un buco nel muro. O come…

Eve, dacci un taglio, mi zittì la mia vocina interiore, annoiata da tutti i miei discorsi senza senso (o seghe mentali, come dir si voglia). Sorrisi: la potevo considerare quasi un’amica, un’amica isterica e nevrotica da proteggere e che non era mai d’accordo con me, ma che in fondo mi sarebbe mancata se non ci fosse stata.

“Terra chiama Eve, terra chiama Eve.” Joshua sventolò la sua mano davanti ai miei occhi con un sorriso, e mi accorsi solo in quel momento di essermi incantata e persa tra i miei pensieri. Lui mi guardò preoccupato. “Tutto okay? Sembravi totalmente da un’altra parte.”

“Sì, tranquillo. Stavo solo pensando a delle cose.”

Lo vidi intristirsi leggermente, e gli occhi grigi gli si annuvolarono. “Hai nostalgia di casa?” mi sussurrò.

“No, non è questo,” gli sussurrai di rimando. “Non è niente di cattivo. Vagavo solo un po’ con la testa, tutto qui.” Lo abbracciai forte. “Lo sai che non potrei mai rinunciare a te.”

Lui si tranquillizzò e poi mi lasciai cullare tra le sue braccia.

 

Un paio di giorni più tardi la situazione era la stessa: Showpony era andato a sbrigare delle cose per il Dr. Death Defying, e io e Grace eravamo dietro il Diner che ci allenavamo con le pistole a raggi. Anzi, a dir la verità stavamo giocando a chi colpiva più oggetti. A differenza del bowling stavo letteralmente stracciando la bambina, che aveva iniziato a usare la sua pistola viola da nemmeno un mese ed era una totale imbranata. Un poco alla volta riuscii a vincere tutti i soldi che avevo perso, e alla fine non potei fare a meno di soffiare sul foro d’uscita del proiettile e di infilarmi la pistola nella cintura come se fossi stata un cowboy. Grace continuava a fissarmi stupita, incapace di realizzare che, una volta tanto, ero stata io a battere lei. “Uno a uno, palla al centro,” le dissi con un ghigno malefico. “Pensaci due volte prima di sfidarmi ancora a una sparatoria.”

“Giochiamo a bowling?” mi chiese lei disperata.

“Niente affatto, fammi godere un po’ la vittoria,” dissi, ma poi andai nel garage a recuperare dieci lattine bianche vuote della Better Living e un paio di sassi della dimensione giusta che avevo poi lisciato per trasformarli in due palle perfette. Sembrava più di giocare a bocce, ma ci divertivamo lo stesso.

Ovviamente la bambina vinse, ma questa volta mi lasciò tenere i soldi che mi ero faticosamente riguadagnata. Stavamo terminando la seconda partita quando Joshua ci raggiunse: non aveva più addosso la tenuta da Showpony, ma un paio di jeans e una maglietta. Aveva un’aria preoccupata, e si vedeva che aveva corso. Mi preoccupai immediatamente. “Che è successo?”

“C’era…” iniziò, con ancora il fiatone. “C’era una ragazza, sul ciglio della strada, a dieci chilometri da qui. Sembrava svenuta, o forse era morta o stava male, e l’ho portata qui. È dentro il Diner, l’ho messa su uno dei tavoli.”

Ero sorpresa: Joshua era un tipo sospettoso a causa del suo passato, non si metteva a portare in salvo ragazze svenute. Normalmente avrebbe controllato accuratamente che non fosse una spia della Better Living, ma chissà perché quella volta non l’aveva fatto. Forse perché lei sembrava morta e lui voleva saperne qualcosa di più. Lasciai perdere il bowling e corsi a tutta velocità verso l’interno del Diner: la ragazza era lì, sdraiata sul tavolo vicino alla porta. I jeans e la maglietta erano sporchi di sabbia, e i capelli rossi in disordine. Inizialmente non la riconobbi, ma non appena Showpony e Grace entrarono sbarrai gli occhi e feci per urlare, ma il ragazzo mi tappò svelto la bocca. “La conosci?” mi chiese togliendomi la mano dalla bocca. Non feci in tempo a rispondergli che la ragazza si svegliò. Sbatté le palpebre, confusa, poi si mise a sedere a fatica. Non appena il suo sguardo incrociò il mio spalancò gli occhi e urlò: “Eve! Tu cosa ci fai qui?”

Jennifer?!

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Capitolo 2
*** An Old Acquaintance ***


An Old Acquaintance

 

“Voi due vi conoscete?” Il tono di Joshua era tra lo stupito e lo scandalizzato, e faceva rimbalzare lo sguardo da me a Jennifer e viceversa, come se non riuscisse a credere ai propri occhi. Grace si limitava ad osservare la scena e la nuova arrivata coi capelli rossi, e a vedere cosa sarebbe successo. Aprii bocca per rispondere al ragazzo, ma la mia amica mi afferrò per il colletto della maglia e mi fissò con i suoi occhi castani spalancati. “Eve! Sei in pericolo, un terribile pericolo!”

“In pericolo?” Le rivolsi uno sguardo confuso e scettico. “Guarda che sei in ritardo di quattro mesi.”

Mi fissò a occhi spalancati. “Mi prendi per il culo?” mi rispose mentre mollava la sua presa sulla mia maglietta, sbigottita.

“Per niente. Io sono in questo mondo parallelo da quattro mesi ed è mia intenzione rimanerci, e prima ancora è successo un casino tremendo in cui penso di aver rischiato la mia pelle abbastanza. E comunque, non avevi finito con le visioni?”

“Lo pensavo anch’io, ma ieri sera ne ho avuta un’altra. Non ricordo molto: solo te in una stanza tutta bianca. Riuscivo a sentire la tua paura, e anche qualcos’altro che non ricordo, ma non era una bella situazione.”

Iniziai a tremare: conoscevo solo un posto simile a quello che aveva descritto Jennifer, ma l’unica volta che ci ero rimasta era stato per pochissimo tempo e non mi era successo niente. Voleva dire che la Better Living alla fine sarebbe riuscita a prendermi? Che alla fine sarei morta comunque in quel posto orrendo? Joshua mi si avvicinò e mi abbracciò da dietro, cercando di calmarmi, senza riuscirci. “Quando… succederà?” mormorai.

“Non lo so, ma non molto tardi. Non sapevo come fare per avvisarti, eri sparita, pensavano che ti avessero rapita, non ti trovavano da nessuna parte… Sono uscita di casa per fare due passi e mi sono ritrovata qui dopo poco e sono svenuta. E quando mi sono svegliata c’eri tu e…” La mia amica sembrò accorgersi solo in quel momento di Showpony e Grace. “E loro chi sono?”

“Lei è Grace, e lui Joshua. Ma penso che tu lo conosca come Showpony.” Le rivolsi un sorriso come per dire ‘Hai capito in quale mondo siamo finite stavolta?’

Lei mormorò un ‘Oh’ sorpreso. “E tu come ci sei finita qui? E Gerard e gli altri dove sono?”

“A casa loro, ma io sono rimasta qui.” Incontrai il suo sguardo confuso e sospirai. “È una storia lunga, appena saremo da sole te la racconterò. Intanto dobbiamo trovarti un posto dove stare…”

“Non è un problema, lei dorme con te e Grace. Io vado nell’altra camera,” disse Joshua in fretta prima di rivolgersi alla bambina. “Accompagnala su, io parlo un attimo con Eve.”

Jennifer mi rivolse uno sguardo disperato, ma la tranquillizzai e lasciai che la piccola l’accompagnasse al piano di sopra. Appena fummo soli, mi girai verso Showpony e sospirai. “Non ricomincerai un altro dei tuoi discorsi, vero?”

“Ma hai sentito cosa ti ha detto? Una visione di te prigioniera alla Better Living? È impossibile, andiamo!”

“Non così impossibile, per me.” Iniziai a raccontargli in sintesi cosa era successo prima del mio arrivo in California, ma questo non diminuì i dubbi del ragazzo. “Io non mi fido e basta. I Draculoidi potrebbero averla trovata prima di noi, averle fatto un bel lavaggio del cervello e riportata sulla strada come se niente fosse.”

“Sì, e Korse in fondo in fondo è un bravo ragazzo,” replicai sarcastica. “Ma ti rendi conto delle cazzate che stai sparando o lo fai per prendermi in giro?”

“Eve, se qualcuno mi dicesse che tra non molto finirò prigioniero a Battery City un dubbio su quella persona mi verrebbe,” continuò Joshua calmo. Era questo che mi faceva ribollire di rabbia: il modo con cui esprimeva calmo le sue ragioni, come se alla fine fosse sempre lui ad avere ragione. E se non gliela davi, potevi stare tranquilla che esplodeva in un concentrato di rabbia. Non era decisamente il momento ideale per far scoppiare la bomba-Joshua, ma Jennifer era una mia amica, mi aveva aiutata nel far ricordare ai My Chemical Romance cosa era successo con Slay e non avrei accettato insinuazioni idiote del genere sul suo conto. Fissai il ragazzo nei suoi occhi grigi e sentenziai: “E va bene, brutto idiota, l’hai voluto tu. Quella ragazza, quella mia amica, che non è in alcun modo una spia di Korse e dei Draculoidi, rimarrà al Diner con noi Killjoys per tutto il tempo che vorrà, con o senza il tuo consenso. Se la cosa non ti va bene, per me puoi anche andartene da qui. La scelta è tua.”

Lui mi fissò freddo senza dire una parola, poi mi voltò le spalle e uscì dal Diner, dirigendosi verso il garage. Non ci voleva un genio per capire cosa stesse per fare: e infatti poco dopo lo vidi vestito con la sua divisa da Showpony che pattinava in direzione della stazione radio del Dr. Death Defying. Mi lasciai scappare un sospiro frustrato e andai a raggiungere le altre due ragazze al piano di sopra.

Jennifer e Grace erano sedute sul letto che un tempo era di Ray e, al contrario di quello che mi aspettavo, stavano chiacchierando tranquillamente, come se si conoscessero da un sacco di tempo o fossero sorelle. Stavano ridendo quando entrai nella stanza. “Ehi, che c’è di così divertente?” chiesi loro quando mi sedetti anch’io sul letto.

“Le stavo raccontando di quanto sei imbranata a giocare a bowling,” mi disse Grace con un luccichio malefico negli occhi. Raccolsi la provocazione e risposi: “Ah, sì? Vuoi che le dica quanto sei imbranata tu a usare una pistola a raggi, e che non riesci a colpire neanche un barattolo a un metro di distanza?”

Lei si rabbuiò improvvisamente e si diresse a tutta velocità fuori dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Jennifer fece per andarle dietro, ma io la fermai. “Non preoccuparti, le passa sempre.” Sospirai. “Ma non credo sarà lo stesso per Joshua.”

“Cos’ha contro di me, esattamente?” mi chiese.

“La stessa cosa che aveva contro di me mesi fa.”

Iniziai a raccontarle cosa era successo nel mio primo mese in California: Simon, Battery City, i Killjoys, l’odio e il passato di Showpony, la pistola a raggi, la scelta del mio nome di battaglia Lethal Bloody Venom, l’incontro col Dr. D, il rapimento di Gee e la mia avventura dentro la Better Living, l’amore tra me e Joshua, il patto con Korse, il mio tradimento (e qui la mia amica mi tirò un pugno sulla spalla per esprimere il suo disappunto) e il successivo salvataggio, la morte di Simon e la quasi-morte di Joshua, il mio addio a quel mondo parallelo, Josh. Le raccontai anche cosa era successo quei giorni prima di Natale, quando avevo ricevuto un pacco con i pattini di Showpony dentro, e di come avevo deciso di seguire il mio destino e tornare in quel mondo parallelo pericoloso ma che era quello dove viveva l’unica persona che avevo mai amato in vita mia. “E questo è tutto,” dissi alla fine allargando le braccia per sottolineare il concetto. Jennifer aveva gli occhi eccitati da quel racconto fantastico e avventuroso. “E pensare che io quel giorno mi stavo preparando per la verifica di latino,” mormorò, facendomi scoppiare a ridere e contagiando anche lei. “Pensi che Joshua tornerà presto?” mi chiese quando le risate finirono.

“Non lo so e non mi interessa. Deve piantarla di fare il coglione ogni volta che succede una cosa del genere,” borbottai.

Il sole iniziò a tramontare e lasciò il posto alla notte. Grace ci raggiunse di nuovo senza essere più arrabbiata e, dopo cena (le solite scatolette bianche di latta che Jennifer imparò ad odiare), ci infilammo nei nostri letti. Lasciai la porta della stanza aperta per vedere se Joshua sarebbe tornato, ma lui non si fece vivo. Rinunciai a capire quel ragazzo e mi addormentai.

Quando mi svegliai qualche ora dopo, a notte fonda, c’era una figura nera davanti alla porta dell’altra camera. Riconobbi subito chi era e la raggiunsi facendo il più piano possibile per non svegliare le altre due ragazze. La abbracciai da dietro e mi scaldai col suo calore. “Joshua…” iniziai, ma lui si liberò dalla mia presa ed entrò nella stanza che un tempo era di Mikey, Gee e Frank e cercò di chiudere la porta, ma io riuscii a sgusciare dentro insieme a lui. “Lasciami in pace,” mormorò senza molta convinzione.

“Smettila di essere così idiota una volta tanto, Killjoy dei miei stivali,” gli sussurrai di rimando.

“Vattene, devo stare da solo,” continuò sedendosi su un letto a caso e continuando a fissarmi. Anche al buio riuscivo a vedere quegli occhi grigi che mi osservavano. Con un sospiro lo raggiunsi e mi sedetti accanto a lui. “Potresti smetterla di essere così testardo? Di me non ti fidavi, di Jennifer non ti fidi… esiste qualcuno che ti ispira fiducia fin dal primo momento?” Rimase in silenzio e io continuai: “Sai che ti darei ragione se Jennifer fosse una sconosciuta. Credi che non mi accorga che i Draculoidi si fanno vivi sempre più spesso? Credi che non pensi che Korse un giorno si farà vivo e a quel punto saremo nella merda fino al collo? Credi che non voglia che Party Poison e gli altri tornino? Una spia sarebbe l’ultima cosa di cui avremmo bisogno.” Presi il viso del ragazzo tra le mie mani e lo costrinsi a guardarmi. “Ma io la conosco, Joshua. È una mia grandissima amica, condividiamo un enorme segreto, abbiamo imparato a fidarci l’una dell’altra. E anche se non è un modello di coraggio so che non mi tradirebbe e non si farebbe acchiappare dai Draculoidi. Quindi, per favore, potresti fare uno sforzo di volontà e provare a fidarti di lei, almeno finchè non torna a casa?”

Lo sentii sospirare nel buio. “E va bene.” Mi diede un bacio lieve sulle labbra, poi si spogliò nel buio, si infilò una maglietta pulita e si infilò dentro il letto, seguito dalla sottoscritta. “Ehi, che diavolo stai facendo? Torna di corsa nel tuo letto,” protestò Joshua, ma io non lo considerai e gli abbracciai il petto, affondando la testa nella sua spalla. Lui emise un suono frustrato e sibilò “Che rompiballe che sei,” ma ricambiò l’abbracciò e mi tenne stretta tra le sue braccia finchè non mi addormentai.

*
Aaah, lo so, Sunshines, sto iniziando a fare capitoli più corti, non più quelle Odissee di sei pagine di World D: (il capitolo "The Kids From Yesterday", se ve lo chiedete ù.ù) Ma l'importante è che questa Never Ending Story (citazione di BBBlondie) vada avanti, anche se lamaremmamiseria mi è venuta un'idea per una Frerard geniale che inizierò a scrivere dopo questa *-* Con tuuuuutta calma, voglio farvi venire il diabete e anche qualche infarto. Ma mi sa che alla fine quella che andrà all'ospedale sarò io, con tutti gli accidenti che mi manderete, garantito ç_ç
Dawn_: Preeeeeegoooooo :3 Me ne invento sempre una più del diavolo e attento alla tua salute mentale (ebbene sì, lo dichiaro in presenza di testimoni) perchè la sera non ho altro da fare. Televisione dove non c'è niente + lezione sbrigata di pomeriggio + computer che ti implora facendoti gli occhi tremanti da anime giapponese + strane sostanze strane = FANFICTIONS. E' una formulina semplice semplice ù.ù E poi mi spieghi peVchè sei entVata nella stoVia, caVa.
BBBlondie: sì, scappa un altro pezzo di storia perchè ho finalmente trovato le risposte ad alcune delle tante domande che si fa Eve (sì, le ho trovate adesso alla quarta FF -.-') Aggiornerò superprestissimo, tranquilla. E quand'è il tuo compleanno? Fai 18 anni anche te, giusto? *-* (Evvaaaaiiii, anche te hai i biglietti! :D)
Kumiko_Chan_: nooo, quali somiglianze XD No, non sembri una di sei anni: in confronto a me devi ancora farne di strada (ma a 18 probabilmente sarò ridotta nella tua stessa situazione -.-'). E ti dico subito che Simon non torna. E' morto, punto. Quindi, se vuoi fare il tifo per Korse accomodati pure, ma quel tizio io non lo faccio resuscitare nemmeno per scherzo. Perchè era uno stronzo bastardo e ha quasi ucciso Showpony >.< A-hem, comunque -.-' Non ne sentirai nemmeno la mancanza, dammi retta. 'I drink juice when I'm killing, 'cause it's fucking delicious' che canzone è, scusa? Perchè mi ispira parecchio. (A sentimento, direi che è dei Leathermouth)
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-62 giorni al The Best Day Ever

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Capitolo 3
*** An Argument ***


An Argument

Al mio risveglio, la mattina dopo, Joshua non era più nel letto accanto a me. Probabilmente si era alzato presto per fare qualcosa e non aveva voluto svegliarmi. In giro non c’era un biglietto o qualcosa che mi spiegasse dove era andato e cosa doveva fare. Sbuffai e tornai nell’altra camera: i letti di Jennifer e Grace erano vuoti, e al piano di sotto sentivo delle voci che parlavano e dei rumori. Mi infilai un paio di jeans diventati quasi bianchi da tanto erano consumati, una vecchia maglietta arancione di Gerard, un paio di guanti senza dita neri e rossi e i miei anfibi neri, mi legai al collo un foulard nero con delle chitarre elettriche disegnate sopra e misi la mia pistola a raggi nella cintura dei pantaloni. Finalmente vestita scesi al piano di sotto: le altre due ragazze erano sedute a un tavolo che chiacchieravano tra di loro. “Ciao, Eve,” mi salutò Jennifer non appena mi vide. “Dove sei stata tutta la notte?”

“Ero a dormire con Joshua,” risposi tranquilla mentre mi mettevo a sedere vicino a lei. Quando notai gli sguardi increduli che stavo ricevendo sospirai e aggiunsi: “Non in quel senso. L’ho beccato mentre stava andando a dormire, abbiamo parlato un po’ e poi mi sono addormentata insieme a lui.”

“Oooh, capisco,” continuò la mia amica in un tono parecchio ambiguo. Le tirai un calcio nello stinco sotto il tavolo e poi mi misi a ridere insieme a Grace. “Piuttosto, sapete dov’è finito?” chiesi.

“No, quando ci siamo svegliate se n’era già andato,” mi disse la bambina. Scrollai le spalle in risposta: probabilmente sarebbe tornato dopo poco, non c’era bisogno che mi preoccupassi.

Avrei fatto bene a preoccuparmi, invece.

Quando Showpony tornò erano più o meno le due del pomeriggio, e io ero dietro il Diner che cercavo, senza riuscirci, di insegnare a Jennifer come usare una pistola a raggi. Il suo rapporto col rinculo era esattamente quello che era stato il mio all’inizio: la mia amica cadde un paio di metri più indietro rispetto a dove stava in piedi. Mi misi poco educatamente a ridere, seguita dall’altra ragazza. “Okay, per oggi sarà meglio smettere, o non riuscirai più a sederti con tutte le culate che hai preso,” le dissi dopo un po’ prendendole di mano la mia pistola a raggi arancione e rimettendomela nella cintura. In quel momento vidi Joshua entrare nel garage: anche se col casco era impossibile vedere la sua espressione, capii dal modo in cui sbatté la porta per chiuderla che qualcosa non andava. Forse aveva litigato col Dr. D o la cosa che doveva fare era andata storta, chi poteva saperlo: in ogni caso, era meglio che sbollisse la sua rabbia da solo, altrimenti le conseguenze le avrebbe pagate di sicuro Jennifer. Lei aveva osservato tutta la scena incuriosita, poi si girò verso di me e disse: “Ma è sempre così?”

“Purtroppo quasi sempre,” le risposi con un sospiro. “Rientriamo, non sarebbe una bella cosa per te incontrare Joshua quando è in questo stato.”

I miei sforzi per far sì che Jennifer e il ragazzo non si incontrassero furono del tutto inutili: eravamo rientrate nel Diner da nemmeno dieci minuti quando Showpony ci raggiunse vestito normalmente. Scoccò un’occhiata alla mia amica che riconobbi subito: era la stessa che rivolgeva a me i primi tempi in cui ci conoscevamo. Uno sguardo diffidente, che esprimeva benissimo la sua voglia di buttarti fuori dalla sua vita e dal suo territorio a calci in culo. Io mi limitai ad ignorarlo, mentre Jennifer lo guardava con un misto di preoccupazione e rispetto, e soltanto quando lui salì al piano di sopra iniziò di nuovo a comportarsi normalmente. Capii che era preoccupata da morire per quello che sarebbe potuto succedere, e la tranquillizzai: “Ci parlo stasera io. Si sistemerà tutto, tranquilla.”

Lei mi rivolse un sorriso timido e poco convinto e tornammo a fare quello che stavamo facendo prima.

Quella sera, però, non riuscii a parlare con Joshua. Lui si chiuse nella sua camera prima ancora che potessi raggiungerlo, e io rimasi come un’idiota in piedi davanti alla porta chiusa. Bussai un paio di volte, ma il ragazzo sembrò non sentirmi o mi stava altamente ignorando. Dopo qualche minuto lasciai perdere e me ne andai a letto, rimandando il litigio al giorno dopo.

 

I giorni seguenti la situazione rimase più o meno la stessa: Joshua era tornato al suo carattere introverso e scontroso, e non parlava né con me né, ovviamente, con Jennifer. Sapevo che non potevo farci niente, dovevo solo aspettare che tutto passasse da solo.

Qualche giorno dopo scesi al piano di sotto dopo essermi svegliata: erano le dieci di mattina e Joshua era seduto al tavolo vicino alla finestra. Lo salutai, ma lui non mi rispose. Mi sedetti di fronte a lui a fissarlo, e poi esordii: “Dove sono Grace e Jennifer?”

“Sono uscite un’ora fa, andavano a fare un giro qui intorno,” mi rispose indifferente. Un allarme mi risuonò nel cervello e controllai a stento l’incredulità che avevo in corpo.

“Aspettaaspettaaspetta! Tu mi stai dicendo che le hai lasciate andare da sole nel deserto nella Zona 5 quando sai benissimo che i Draculoidi sono qui vicino e ci tengono d’occhio?” Non riuscivo a crederci. Andiamo, non può essere così imbecille!

“Sì,” mi rispose lui tranquillamente. Si girò verso di me. “Qualche problema?”

Rimasi a bocca aperta per la sua sfacciataggine. “Ti rendi conto di cosa hai fatto, almeno?!” gli urlai contro, alzandomi in piedi e appoggiando i palmi delle mani sul tavolo. “Hai lasciato che una bambina di dieci anni e una ragazza appena arrivata qui in California e che sa a malapena difendere sé stessa andassero a giro per le Zone come se niente fosse, come se i Draculoidi non ci stessero aspettando dietro l’angolo? Cosa cazzo ti sei fumato, ieri sera?!”

Joshua non mi rispose e nei suoi occhi passò un alone di colpevolezza. Feci una smorfia. “Oh, adesso ho capito.” Mi misi di nuovo a sedere. “Volevi vedere se Jennifer era una spia, vero? Se tornano qui sane e salve vuol dire che avevo ragione io, altrimenti la tua teoria era giusta.” Lo fissai negli occhi, ma lui evitò il mio sguardo. Dopo un po’ disse: “Lo sai che non mi fido di nessuno, Eve. Dovevo controllare se era veramente dalla nostra parte.”

Ero sconvolta. E confusa. E delusa. “Non ti fidi nemmeno di me, allora.”

“Su queste cose, no.”

Ogni singola parola che diceva era una pugnalata in più al mio cuore. “E Grace… come hai potuto metterla in pericolo, Joshua? Come?

Perché non voglio che tutto questo venga distrutto!” La bomba-Joshua era finalmente esplosa, e non si sarebbe fermata per nulla al mondo. “Siamo rimasti in tre soltanto contro Korse, Eve, e una spia non può fermarci proprio adesso! Devo sapere se ci possiamo fidare di lei!”

Sì, ti ho detto di sì! Ascoltami e prova a fidarti di me, per una volta!”

“L’ho già fatto,” disse Showpony freddo, guardandomi poi con i suoi occhi grigi. “E tu ci hai tradito tutti.”

Spalancai gli occhi, sorpresa. Questo è un colpo basso. Pensavo che quell’episodio non avesse più importanza, che il ragazzo avesse capito perché avevo tradito involontariamente i Killjoys quattro mesi prima. Ma a quanto pareva non era così, e mi aveva rinfacciato quello di cui mi ero pentita subito dopo aver premuto il pulsante di quel maledetto telecomando. Abbassai lo sguardo e rimasi in silenzio. Joshua prese fiato diverse volte, come se volesse scusarsi o dirmi qualcos’altro, ma alla fine rimase in totale silenzio, come se non riuscisse a trovare le parole, e anch’io rimasi in silenzio. Mi alzai dal tavolo e uscii dal Diner, sedendomi sulla strada lì davanti a fissare il deserto. Dopo qualche minuto vidi Showpony uscire dal garage con i pattini e il casco addosso e dirigersi verso la direzione opposta a quella in cui andava di solito. Non ci dicemmo niente, e io mi limitai a seguirlo con lo sguardo finchè non sparì all’orizzonte. Rimasi a sedere per terra finchè Grace e Jennifer non tornarono, sane e salve. La mia amica notò subito il mio sguardo triste e mi venne incontro. “Cos’è successo?” mi chiese mentre mi alzavo.

“Ho litigato con Joshua.”

Lei sospirò. “È colpa mia, vero?”

“Cosa?” La guardai incredula. “No, assolutamente! È solo che…” Fissai l’orizzonte dove il ragazzo era scomparso. “…dovrebbe imparare a fidarsi di più delle persone.”

La ragazza mi sorrise dolce e mi cinse le spalle con un braccio. “Sono sicura che oggi o domani tornerà. Non potrà lasciarci a lungo da sole, no?” Fece un altro sorrisetto e io ricambiai per accontentarla, ma non ero ancora del tutto convinta di quello che mi aveva detto: Joshua era testardo esattamente quanto me, e molto probabilmente sarebbe rimasto via a lungo per sbollire la rabbia. O la delusione. O il fatto di avermi rinfacciato una cosa che sapeva benissimo che mi rinfacciavo da sola. O tutte e tre.

Raggiungemmo Grace e poi rientrammo nel Diner, chiudendoci la porta alle spalle.

*
Ciao, Sunshines! Vi auguro una buona Epifania, e spero che abbiate trovato nella vostra calza dolci e pistole a raggi in abbondanza ^_^ (Io no.Mannaggia -.-')
BBBlondie: la colpa è tutta della mia migliore amica, che mi ha fatto conoscere lo yaoi pochi mesi prima che scoprissi i MCR. E' stata la mia rovina D:Lo so che Jennifer è una brava ragazza (*-*) ma Joshua è un idiota. Punto. Però è tanto dolce ^ç^ (E adoro anche la tua definizione "dovrebbe essere un pò meno dito in culo" XD)
_Music_6277: che bello, una nuova critica! Grazie mille dei tuoi complimenti, sono contenta che le mie storie ti piacciano ^_^ E non ti preoccupare, qua nessuna è brava a recensire, me compresa. Quindi esci pure dal tuo angolino della vergogna XD
Kumiko_Chan_: perchè avevo il sospetto che ti saresti schierata dalla parte di Korse? XD Ti conosco troppo bene! E effettivamente Simon è era un gran bel personaggio *applauso* No, ma la Frerard sarà un pò diversa da quella cosa su Destroya: innanzitutto è una long-fic, e il Franco e il Gerardo si conosceranno in una situazione un pò particolare, diversa dal solito... dai, la pianto altrimenti qui spoilero in maniera assurda D:
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-60 giorni al The Best Day Ever

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Capitolo 4
*** An Unexpected Visit ***


An Unexpected Visit
 
Joshua non tornò quel giorno.
Né quello dopo.
Né quello dopo ancora.
Ero abituata al fatto che stava giorni lontano senza farsi vivo, ma in quei casi dopo qualche giorno il Dr. D mi mandava dei messaggi in codice attraverso la radio che mi facevano sapere che il ragazzo era sempre vivo e vegeto ed era solamente troppo impegnato o lontano per essermi vicino. Quei messaggi erano l’unica cosa che mi teneva in contatto con Showpony, e mi rassicuravo sempre quando li ascoltavo. Ma questa volta, quando dopo due giorni mi sintonizzai sullo show del Dr. Death Defying, non c’era nessun messaggio per me. Rimasi in allerta per tutto il programma, ma non arrivò nessuno di quei messaggi che ricevevo sempre. Aspettai altri due o tre giorni prima di raggiungere il Dj e chiedergli personalmente spiegazioni: Jennifer e Grace fecero un giro nei dintorni della Zona 5 per vedere se trovavano il ragazzo (stando attente ai Draculoidi) e io raggiunsi il piccolo garage del Killjoy. Quando mi vide sorrise, come se fosse davvero contento di vedermi. “Venom!” mi salutò. “Che ci fai da queste parti?”
Gli spiegai in poche parole quello che era successo, e non potei fare a meno di intristirmi mentre raccontavo: erano notti che non dormivo, preoccupata per Joshua e per quello che poteva succedergli. Speravo che parlare col Dr. D mi risollevasse, ma lui mi disse: “Non so dov’è Showpony, non aveva delle cose che doveva fare per me. Chiederò a qualcuno dei miei contatti se l’hanno visto, ma temo che ci vorrà tempo.”
“Va bene. Grazie lo stesso,” dissi con un sorriso triste. L’uomo mi guardò e poi mi mise una mano sulla spalla. “Lo so che ti stai preoccupando da morire, Lethal Bloody Venom, ma conosco Showpony da quando era bambino, prima ancora che diventasse un Killjoy, e se è scappato solo per una litigata tornerà presto. Altrimenti se la saprà cavare da solo, come sempre. Non preoccuparti, e usa la notte per dormire.” Sorrisi a quella battuta, salutai il Dj e poi lasciai il garage in direzione del Diner. Forse Jennifer e Grace hanno scoperto qualcosa… pensai, ma quando arrivai loro erano già lì che mi aspettavano, senza aver trovato notizie. Il peso che mi opprimeva il petto divenne ancora più insopportabile, e quella sera mi sdraiai sul letto dove avevo dormito con Joshua e piansi pensando a lui.
 
Eve, sta’ giù!
“Ma cosa…”
Non feci in tempo a finire la frase che qualcuno mi saltò addosso e mi fece cadere di schiena sul pavimento del Diner. Erano passati cinque giorni dalla scomparsa di Joshua, e io ero seduta su una sedia al bancone con le spalle alla porta, e adesso improvvisamente ero sdraiata per terra con qualcuno sopra di me. Feci per urlare e allungai una mano verso la mia pistola a raggi infilata nella cintura, ma uno schianto di vetri e una luce accecante mi bloccarono. La persona sopra di me mi prese e mi trascinò sotto un tavolo, al riparo di chiunque ci fosse là fuori. Non appena fui al sicuro diedi una sbirciata al deserto e mormorai: “Merda!”
Sulla strada erano apparsi la macchina nera della Better Living e un paio di Draculoidi decisi a farci fuori. Allungai una mano per sfoderare la mia pistola a raggi, ma toccai solamente il vuoto e ansimai. Mi girai alla mia destra e sbarrai gli occhi: la mia pistola arancione era nelle mani di Frank, che mirò fuori e lanciò un paio di colpi di avvertimento ai due tizi della Better Living. Evidentemente non dovevano essere i più coraggiosi della compagnia, perché rientrarono in macchina a gambe levate non appena sentirono i colpi risuonare nel deserto. Dopo che furono partiti l’unico rumore che si sentì per un po’ fu quello dei nostri respiri e delle voci spaventate di Grace e Jennifer al piano di sopra. Solo dopo essermi ripresa dallo shock mi girai verso Frank e dissi: “E tu che cazzo ci fai qui?”
“Non lo so. Stavo camminando per strada e pensavo a te, e improvvisamente mi sono ritrovato dove siamo partiti l’altra volta, vicino al cartello d’ingresso a Battery City. Quando ho visto la macchina nera con due Draculoidi dentro andare in questa direzione mi sono messo a correre come un matto cercando di non farmi vedere per arrivare in tempo e…” Si interruppe e, con una smorfia di dolore, si portò la mano sinistra alla spalla destra. Preoccupata, mi misi a sedere e aiutai il ragazzo a farlo, per poi guardare se era ferito. Dovetti reprimere un urlo: tutta la sua maglietta era imbrattata di sangue, soprattutto nella parte della spalla che era coperta con la mano. Iniziai ad ansimare: forse non era grave, ma andava curata subito. Mi misi il braccio sinistro di Frank sopra le spalle e aiutai a fatica ad alzarlo. Quando fummo finalmente in piedi iniziammo a camminare per salire al piano di sopra, mentre io urlavo: “Jennifer! Grace! Venite a darmi una mano!”
Loro due ci raggiunsero quando raggiungemmo la fine delle scale, e la bambina scoppiò improvvisamente a piangere, non so se per il fatto che Fun Ghoul era tornato o se perché era ferito e moribondo. La mia amica invece, dopo lo shock iniziale, mi raggiunse e mi aiutò a raggiungere insieme al ragazzo la nostra camera. Lo facemmo sedere sul bordo del mio letto mentre Grace mi portava la scatola bianca del pronto soccorso. Jennifer prese in mano una benda, ma io la fermai. “Vai giù insieme a Grace e calmala. Qui ci penso io.” Lei sembrò un po’ perplessa ma annuì e lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Sospirai. Okay, Eve. Vediamo cosa bisogna fare, mi dissi. “Dimmi se ti faccio male,” dissi a Frank, che annuì fortemente. Mi sedetti dietro di lui, con la sua schiena rossa di sangue davanti a me. Presi un paio di forbici dalla cassetta bianca e tagliai la parte di maglietta vicina alla spalla ferita, squarciando il tessuto mentre il ragazzo emetteva un gemito di dolore. Mormorai un veloce ‘Scusa’ e tornai al lavoro.
Con un pezzo di lenzuolo tolsi tutto il sangue intorno alla ferita, e mi rilassai quando fu un po’ pulita: non era così grossa come immaginavo, probabilmente il colpo della pistola a raggi doveva aver solamente sfiorato la spalla. Meglio, altrimenti avrebbe fatto un buco nel corpo impossibile da ricucire. “Questo ti farà un po’ male,” avvisai Frank mentre prendevo un pezzo di quello che sembrava cotone e lo imbevevo di disinfettante. Non appena lo appoggiai sulla ferita il chitarrista iniziò a imprecare e dire certe cose che non pensavo la mente umana fosse capace di pensare, ma cercai di ignorarlo e continuai col mio lavoro. “Va meglio?” gli chiesi dopo un po’. Lui annuì di nuovo e disse: “Che ci fa Jennifer qui? Pensavo avesse chiuso coi mondi paralleli.”
“Anche lei,” risposi mentre prendevo una benda e iniziavo a bendare la ferita. “Ha avuto un’altra visione e voleva avvertirmi. Era su di me…” Deglutii. “… prigioniera alla Better Living.”
Frank mormorò qualcos’altro che non riuscii a capire, probabilmente altre imprecazioni. “E Joshua dov’è?”
Inghiottii le lacrime. “È scomparso da cinque giorni, dopo aver litigato con me. Nessuno sa dov’è, nemmeno il Dr. D. Lo abbiamo cercato anche lontano da qui, ma non è da nessuna parte. E ho paura che…” Non riuscii a finire la frase, e un paio di lacrime mi caddero lungo le guance. Cercai di non farmi vedere dal ragazzo, ma lui se ne accorse, si girò e mi abbracciò, anche se non avevo ancora finito di guarirlo. “Ehi, ehi, ehi, non fare così. Joshua se la sa cavare, non potrebbe capitargli nulla di male. Vedrai che tra qualche giorno tornerà qui, e tutto andrà avanti come prima.”
Avrei potuto sorridergli e dirgli che aveva ragione, ma proprio non ce la facevo, la sentivo come una bugia. Quindi mi staccai da lui, lo fissai nei suoi occhi verdi e dissi: “È quello che mi dicono tutti, Frankie. Joshua se la sa cavare, Joshua tornerà tra poco, quando Joshua tornerà tutto sarà come prima. Ma non riesco a crederci, semplicemente non ci riesco. Ho paura di andare ad esplorare le Zone per poi trovarlo da qualche parte, morto, senza più nemmeno un briciolo di vita dentro di sè. Ho paura che non torni mai più, che se ne sia andato da qui per sempre. E chissà cos’altro può essergli capitato…”
Le parole che lasciai intendere vagarono sopra di noi nella stanza come una nuvola scura. Nessuno di noi due voleva dirle, ma poi Frank prese fiato e le disse.
“Hai paura che quelli della Better Living gli abbiano fatto qualcosa, vero?”
Annuii a testa bassa.
“Se posso dirlo, è una delle più grande cazzate che ho sentito negli ultimi tempi,” continuò. Io lo guardai stupita, e aggiunse: “Conosci che tipo è il nostro Showpony, attivo e veloce. Probabilmente per catturarlo non basterebbero tutti i Draculoidi di Battery City e dintorni.”
Gli sorrisi lievemente, ricambiata, poi chiesi: “E a casa? Quanto tempo è passato? Qui sono ormai quattro mesi che sono tornata.”
“Anche da noi sono passati quattro mesi. E…” Deglutì. “Ti stanno cercando, Eve. Sei scomparsa improvvisamente la sera della Vigilia di Natale senza lasciare un biglietto, e nessuno ti ha visto. Pensano a un rapimento, ma anche a qualcosa di volontario. Gee l’ha capito subito che eri tornata qui, ormai eri più legata alla California e a Joshua che alla tua famiglia.” Sorrise.
“Immagino che la mia famiglia sia distrutta, come dicono i telegiornali,” dissi.
“Bè, non hanno ancora perso la speranza di ritrovarti.”
“Già.” Finii di sistemare la benda del ragazzo e sorrisi. “Ecco fatto. Mi sa che dovrai rimanere qui un po’ per finire di guarire.”
“Penso di poter resistere,” mi disse con un sorriso. Si alzò in piedi, si tolse il resto della maglietta e si diresse verso la porta, indicando l’altra camera. “La mia roba e il mio letto ci sono sempre, vero?”
Annuii e feci per aggiungere Ah, in quella stanza ci dorme anche Joshua, ma poi mi ricordai che erano giorni che Showpony non dormiva nel suo letto. Frank notò la mia improvvisa tristezza e mi abbracciò di nuovo, senza dire nulla. Ricambiai l’abbraccio con tutta la forza che avevo mentre pensavo Per favore, per favore, fa’ che Joshua torni presto e che non gli succeda nulla.
In quel momento accadde una cosa stranissima.
Sentii dentro di me qualcuno che sospirava, ma ero sicurissima di non essere stata io. Non ci feci caso, ma poi sentii una mano che mi toccava la spalla e me la stringeva lievemente, come se volesse consolarmi. Girai piano la testa, immaginando che fosse la mano di Frank. Ma sulla mia spalla non c’era niente, nessuno la stava stringendo.
Sgranai gli occhi. Ma come…
In quello stesso istante la sensazione sparì.
Rimasi sorpresa da quello che era successo, ma me ne scordai quasi subito e tornai ad abbracciare stretta il ragazzo davanti a me, versando altre due lacrime. Non ce la faccio più, voglio che tutto torni alla normalità il più presto, voglio che questo dolore e la preoccupazione svaniscano…
 
Se soltanto…
 
Se soltanto avessi saputo prima tutto quello che sarebbe successo in seguito mi sarei risparmiata le lacrime, il sangue e il dolore per tutto il resto.

*
Buongiorno, Sunshines! Scusate se ho cambiato scrittura del capitolo, ma sono da una mia amica e non riuscivo a trovare il vecchio editor D: Comunque, rispondo alle recensioni.
_Music_6277: Joshua continua a essere così diffidente perchè è un'idiota, non c'è niente da fare ù.ù
BBBlondie: Ahah, ti do ragionissima sul fatto che gli uomini sono più scemi di noi donne, e ci mettono in pericolo nei modi più stupidi (vedi: entrare alla Better Living vestiti da Party Poison -.-'). E il Franco e Gerardo li ho lasciati tutti per noi ^_^ *spupazza Fun Ghoul*
Lady Numb (che ha recenito il primo capitolo): Evazick perdona Lady Numb, perchè anche lei vorrebbe recensire tutti i capitoli delle fanfiction che le piacciono, ma fondamentalmente non ha voglia e tempo -.-' Evazock ringrazia per i complimenti e spera che le piaccia questo capitolo. (Hai ragione, è inquietante parlare in terza persona D:)
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-58 giorni al The Best Day Ever

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Capitolo 5
*** A Question Without Answer ***


A Question Without Answer

Frank si riadattò velocemente alla vita da Killjoy, e dopo un paio di giorni sembrava che non se ne fosse mai andato dalla California. Tornò a vestirsi con i jeans e il giacchetto di pelle, e quando riprese la sua Pansy in mano sembrò di nuovo felice. Forse era così anche per gli altri ragazzi: era stato bello tornare alla vita di tutti giorni, ma in fondo sentivano la mancanza della vita spericolata e pericolosa di noi Guastafeste. Ed era vero: era di gran lunga meglio uno sparatoria con i Draculoidi che rimanere chiusi in una scuola o in un ufficio a fare cose di cui non ce ne importava niente. Lì, invece, lottavamo per la nostra vita e quello in cui credevamo, e questa era la cosa più bella che potessimo fare.

Purtroppo non potevo dire la stessa cosa di Jennifer. Dopo aver visto la sparatoria con i due Draculoidi che si erano fermati al Diner quando era arrivato Frank non era più la stessa: era sempre nervosa, in allerta e preoccupata che potessero farci fuori tutti da un momento all’altro. Era inutile rassicurarla e dirle che tutto sarebbe andato bene, che se imparava a usare la pistola a raggi si sarebbe sentita più al sicuro. L’unica cosa che voleva era andarsene di lì, e io avevo paura che potesse succedere la stessa cosa che era successa a me con Korse: la consegna dei Killjoys in cambio del ritorno a casa. Ma l’uomo non sapeva che Jennifer era arrivata, probabilmente non sapeva nemmeno chi era.

O forse sì?

Dopotutto, la Better Living sapeva il mio vero nome senza che io lo avessi rivelato a qualcuno, e molto probabilmente conosceva molte altre cose di me. Era una cosa che mi inquietava, e più di una volta mi ero chiesta come facesse a conoscermi meglio di me. E c’erano anche altre domande che mi facevo se mi capitava di riflettere: perché ero finita in tutti quei mondi paralleli? Chi mi aveva dato le ali e la spada che avevo nel posto della Black Parade? E quel sospiro e quella mano che mi aveva toccato le spalle… le avevo sentite davvero o me le ero solo immaginate? Domande senza risposta, forse destinate a non averne mai una.

Stranamente, Jennifer non aveva più visioni: forse, come era successo con le mie ali, andandosene dal posto della Black Parade aveva perso la sua capacità. Ma allora, quell’ultima visione che aveva avuto su di me? Un avvertimento, forse?

Ogni volta che smettevo di riflettere era perché mi era venuto un mal di testa assurdo a forza di pensare e trovare delle spiegazioni. Spiegazioni sicuramente non logiche, visto che le leggi della fisica non valevano decisamente più per me. Dopotutto avevo volato con due ali nere, ero caduta da un palazzo finendo in un mondo parallelo, avevo visto il vero aspetto di un demone, ero stata risucchiata da un poster e avevo avuto una cicatrice che mi aveva fatto recuperare i miei ricordi perduti. Chi ero io per poter dare spiegazioni logiche?

 

Una notte mi svegliai sentendo dei rumori dal letto davanti al mio. Rimasi in silenzio ad ascoltarli meglio, e capii che quelli che sentivo non erano altro che singhiozzi. Mi misi lentamente a sedere e fissai il letto che un tempo era di Ray: una figura, illuminata dalla poca luce che veniva dalle finestre, si muoveva sotto le coperte e singhiozzava senza dare segno di volersi fermare. Uscii dalle coperte e la raggiunsi, afferrandola per le spalle e iniziando a scuoterla. “Jennifer! Calmati, Jennifer!” le sussurrai piano, ma lei continuò a piangere nel sonno. La scossi ancora un po’ ma poi, non ottenendo alcun risultato, decisi di svegliarla una volta per tutte, e nel modo più traumatico possibile. Recuperai nel bagno la cassetta del pronto soccorso, la svuotai e la riempii d’acqua. Quando tornai in camera gliela rovesciai direttamente sulla testa.

I suoi grandi occhi marroni si spalancarono e lei boccheggiò, come se stesse affogando. Mi guardò stupefatta e sibilò: “Ma sei pazza?

“Dovresti ringraziarmi, stavi piangendo come una dannata,” dissi laconica mettendo la scatola per terra e sedendomi sul letto accanto alla mia amica, che si era messa a sedere stupefatta. “Davvero stavo piangendo?” mi chiese.

Annuii. “Avevi un incubo?”

Scosse la testa. “No. No, io…” Si portò le gambe al petto, nascondendosi una parte del viso. Gli occhi le diventarono lucidi. “Oddio, Eve, non so come spiegartelo. Per te è tutto così facile, sei sempre stata più forte di me, sai come cavartela in una situazione del genere… Ma io no. se mi trovassi da sola davanti a dei Draculoidi non saprei cosa fare, probabilmente scapperei a gambe levate e loro mi acchiapperebbero in poco tempo. Non so come usare una pistola a raggi, non so fare niente.” La voce le si incrinò. “Voglio solo tornare a casa.”

“Oh, Jennifer…” mormorai mentre le mettevo la testa sulla mia spalla e lasciavo che si sfogasse un po’. Ripensai alle sue parole: no, io non ero affatto più coraggiosa e forte di lei. Non lo dicevo a nessuno, ma tutte le notti piangevo silenziosamente per Joshua. Sentivo che era lontano, e non poter sapere come stava mi distruggeva.

Non sono così forte come dici, Jennifer, le dissi dentro di me. Sto in pena per lui, rido ma non smetto un attimo di preoccuparmi, ho paura che non torni mai più. Sai, pensavo di avere un cuore a prova di proiettile, di poter resistere a qualunque cosa come una roccia… ma mi sbagliavo. Non ce l’ho, e non lo avrò mai.

Le lacrime iniziarono a scorrermi giù per le guance senza che Jennifer se ne accorgesse e rimanemmo così, due ragazzine spaventate al buio che piangevano e si abbracciavano.

 

La mattina dopo Jennifer si svegliò poco prima di me e raggiunse Frank al piano di sotto. Io andai da loro qualche minuto dopo, dopo essermi data una sistemata veloce e aver fatto sparire il rossore del pianto dai miei occhi. I due stavano chiacchierando tranquillamente, e non smisero quando io mi sedetti su uno degli sgabelli davanti al bancone con una scatoletta bianca della Better Living appoggiata sul piano. Grace era ancora al piano di sopra che dormiva tranquilla, così avevamo il tempo per parlare di cose importanti. Fu proprio la mia amica ad iniziare.

“Eve…” mi chiamò mentre mangiavo. Alzai lo sguardo dalla scatoletta e fissai la ragazza. “Mh?”

“Mi è venuta un’idea.”

Mi fissò come se dovessi continuare io il discorso, ma tutto ciò che feci fu dirle con gli occhi ‘Quindi?’ Lei guardò un attimo Frank, come per essere sicura di andare avanti, e lui annuì con la testa. Rassicurata, prese fiato e disse: “Mi hai detto che quelli della Better Living sanno tutto di te e tu vorresti scoprire perché, no? Stanotte ci ho pensato e credo che potremmo…” Intuii subito dove voleva andare a parare e espressi il mio parere.

“Eh, no! COL CAVOLO!” Lasciai cadere la forchetta con cui stavo mangiando sul bancone e fissai la mia amica. “Io là dentro non ci torno, nemmeno se mi pagassero con tutto l’oro di questo mondo!”

“Ma ci vorrebbe una mezz’ora al massimo, non di più!” continuò Jennifer. “Abbiamo una mappa del grattacielo, sappiamo dove andare a cercare!” Alzò una cartina dal tavolo e me la mostrò. Mi girai verso Frank, incredula. “Avevamo una cartina della Better Living qui dentro?” Ricevetti in risposta un’alzata di spalle e un sorriso preoccupante: no, evidentemente nel Diner non c’era mai stata una mappa del genere, e il ragazzo doveva averla recuperata quella mattina stessa. Non volevo sapere in che modo, ma faceva comodo averla. Tuttavia, non ero ancora convinta. Vedendomi indecisa, Jennifer giocò il suo asso nella manica.

“Chissà, forse sanno anche dov’è finito Joshua.”

Quelle parole mi fecero osservare la situazione da un altro punto di vista: aveva ragione, forse c’era qualche informazione su Showpony che noi non potevamo sapere, forse sapevano addirittura che fine aveva fatto! Ma il mio entusiasmo calò drasticamente come era salito: non valeva la pena rischiare così tanto per un paio di informazioni, e poi c’era quella visione… Scesi dallo sgabello e andai in garage. Mi sedetti su uno dei tanti tavoli e rimasi un po’ lì a pensare ai pro e ai contro. Ma, per quanto cercassi di evitarlo, il pensiero di Joshua tornava sempre fuori. Sospirai. “Cosa faccio, cosa faccio, cosa faccio?” cantilenai tra me e me.

Prova. Non ti costa nulla, suggerì la mia vocina interiore.

Sbuffai. “Tu non rischi di venire catturata e usata come cavia da laboratorio,” le risposi dentro di me.

La sentii esitare e poi continuò: Sapevi che avresti sempre rischiato se rimanevi in California.

“Sì, ma non sono così stupida da andare a consegnarmi al nemico.”

E quando hai liberato Party Poison non hai fatto la stessa cosa?

Sospirai di nuovo. Aveva fottutamente e assolutamente ragione, ma non me la sentivo di rischiare così tanto. Ma sapevo che era solo per quella cavolo di visione che mi trattenevo: in condizioni normali non ci avrei pensato due volte prima di infiltrarmi dentro Battery City e andare a rubare delle informazioni sotto il naso di Korse e dei Draculoidi.

Eppure.

Eppureeppureeppure.

Chiusi gli occhi, cercando di concentrarmi, ma gli occhi grigi e i capelli blu di Joshua mi passarono davanti in una miriade di ricordi sfuocati. E così presi la mia decisione: scesi dal tavolo e tornai dentro il ristorante, dove Jennifer e Frank mi aspettavano. Quando mi sentirono arrivare si girarono verso di me, impazienti di scoprire cosa avevo deciso.

Li fissai uno per volta e esordii: “Okay. Qual è il piano?”

*
Tanti auguri a teee, tanti auguri a teee, tanti auguri a Lucrezia, tanti auguri a teee...  eh sì Sunshines, oggi festeggiamo perchè la nostra cara BBBlondie fa diciotto anni, e non si fanno tutti i giorni ù.ù (appunto. Io li farò tra due anni ç_ç) Quindi BUON COMPLEANNO, KILLJOY.
I miei regali di compleanno oltre a questo capitolo sono un buono per un abbraccio con quel figodisumanamentesexy di Frank e il piano per rapirlo durante il concerto ù.ù
(E grazie per i complimenti :D)
Orsù, rispondiamo alle recensioni. E sono preoccupata: dov'è finita Kumiko_Chan? Me l'hanno rapita i Draculoidi? D:
E vi avviso che nel prossimo capitolo torna l'azione (EVVAI!!!)
Lady Numb: nooo, nemmeno io ho un'ossesione per il Franco, e infatti NON ho urlato a squarciagola "Frank! Non mi toccate Frank!" alla fine del video di SING (ç_ç).
Dawn_: *si fa piccola piccola mentre legge la recensione* Ehm, ehm... e mi sa che Joshua non lo vedremo in giro per ancora un bel pò. Eh eh. -.-' (E Frank non resisterà da solo con Eve, Jennifer e Grace, garantito XD)
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-57 giorni al The Best Day Ever (e domani rinizia la scuola. NOOOOO ç_____ç)

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Capitolo 6
*** A Plan ***


A Plan

 

“Allora, ricapitolando: ci servono una macchina, due tesserini della Better Living e due divise da Draculoide,” dissi leggendo dal foglio davanti ai miei occhi. Le due persone davanti a me annuirono con la testa e io alzai lo sguardo verso di loro. Il piano era pronto, a prova (o quasi) di bomba, e come al solito quella che rischiava di rimanerci secca ero io. Tutto nella normalità. Non avevo idea di quanto ci sarebbe voluto prima di metterlo in atto, ma speravo il meno tempo possibile: volevo scoprire se a Battery City conoscevano davvero tante cose di me e Joshua, e volevo scoprirle subito. Sospirai. “Avete una minima idea di come recuperare tutte queste cose, almeno?”

“Oh, non ti preoccupare,” mi disse Fun Ghoul, con un sorriso che sembrava più un ghigno e gli occhi verdi che gli luccicavano in un modo che mi faceva sentire tutto tranne che tranquilla. “A questo ci penso io.”

 

E ci pensò davvero lui. Due giorni dopo io e Grace eravamo al piano di sopra a sistemare le nostre pistole a raggi, quando sentimmo il rumore di una macchina provenire dalla strada davanti al Diner. La bambina si preoccupò immediatamente, e io misi un colpo in canna, pronta a combattere. Ma la voce di Jennifer ci chiamò, esultante: “Oddio, non ci posso credere! Grace, Eve! Scendete e guardate cos’ha trovato Frank!”

Non ce lo facemmo ripetere due volte e ci precipitammo a rotta di collo giù per le scale e attraverso il salone del piano inferiore, catapultandoci fuori dalla porta rischiando di cadere in terra. Non appena ci fummo riprese guardammo davanti a noi.

Oh. Porca. Miseria.

Io rimasi letteralmente a bocca aperta, mentre la bambina corse verso Frank, che stava scendendo in quel momento da una macchina con la vernice bianca rovinata dalla sabbia del deserto. A giudicare dal rumore del motore doveva filare meravigliosamente, e sembrava in tutto e per tutto la macchina di Mikey. In quel mio famoso primo mese i Killjoys erano gli orgogliosi proprietari di due macchine, entrambe distrutte dai Draculoidi: la Trans Am di Gerard (che era letteralmente saltata in aria dopo che il ragazzo era stato rapito) e la macchina di Mikey (a cui i Draculoidi avevano fuso parte del motore per impedirci di scappare. Ricordavo ancora la crisi che Kobra Kid aveva avuto nel vedere la sua auto inutilizzabile e rovinata sul ciglio della strada).

“Ma come diavolo hai fatto?” chiesi a Frank non appena riacquistai l’uso della parola. Lui mi guardò di nuovo con quello stesso luccichio strano negli occhi di due giorni prima e prese fiato per parlare, ma io lo fermai alzando una mano. “D’accordo. Non lo voglio nemmeno sapere.”

Passammo l’intero pomeriggio a sistemare l’auto, riempiendo quel triste bianco di colore: disegni, scritte, adesivi… Io e Jennifer ci impegnammo a disegnare un immenso ragno nero sul cofano anteriore, e io stessa riempii tutte e due le portiere con una sfilza di Na Na Na. Grace sfogò il suo talento artistico sul tettuccio dell’auto, e Frank dipinse un Look Alive, Sunshine e un enorme Killjoys, make some noise! sulla parte posteriore dell’auto. Personalizzammo anche le targhe: su quella anteriore incisi e dipinsi le mie iniziali, L.B.V., mentre su quella posteriore scazzai un numero di targa a caso. Ci mettemmo quattro ore per finirla, ma alla fine la nostra creazione era completa e non potemmo fare a meno di essere fieri di noi stessi. Mi dispiacque dover ricoprire tutto il colore con una vernice bianca che sarebbe andata via facilmente, ma non potevamo certo entrare a Battery City con una macchina del genere. E il nostro piano era di essere il più discreti e anonimi possibili. Risi a quel pensiero: come potevano una veggente, un chitarrista ricoperto di tatuaggi, una bambina di dieci anni e una ragazza che viaggiava da un mondo parallelo a un altro essere anonimi?

 

“Fun Ghoul… sei sicuro di quello che stiamo facendo?”

“Sicurissimo, Venom. Vedrai, non si accorgeranno nemmeno di quello che succederà.”

“Sarà…”

Eravamo nascosti da più di un’ora dietro una roccia in mezzo al deserto che spiavamo due Draculoidi impegnati in una ronda. La tensione era fortissima, avrebbero potuto scoprirci da un momento all’altro, e io ero un puro concentrato di nervosismo, nemmeno mi fossi scolata cinque litri di caffè uno dietro l’altro. Tenevamo le pistole a raggi pronte e caricate, in attesa di colpire. L’idea non mi allettava per niente, ma bastava il pensiero di Joshua a darmi la determinazione di cui avevo bisogno.

I Draculoidi si avvicinarono un altro po’, e noi aspettammo finchè non furono a un paio di metri di distanza. A quel punto Frank mi diede il segnale di partenza.

“Adesso, Eve!” gridò, ed entrambi uscimmo velocemente da dietro la roccia e sparammo. Colpimmo gli altri due nella parte destra del petto con una precisione invidiabile (ci eravamo allenati per ore affinché centrassimo il bersaglio al primo colpo), e li guardammo cadere morti per terra. Fun Ghoul si avvicinò a uno dei due e si inginocchiò, staccandogli dal petto il tesserino della Better Living. Poi si girò verso di me, guardandomi da dietro gli occhiali da sole. “Allora?”

“Io… n-non ce la faccio,” balbettai tremante, dando le spalle a lui e ai due cadaveri. “Fai tu, io ti aspetto alla macchina.” Mi incamminai verso l’auto, ferma sul ciglio della strada,  e mi ci appoggiai. Il ragazzo mi raggiunse poco dopo, con i tesserini, i vestiti e le maschere dei Draculoidi tra le braccia. Caricò tutto sui sedili posteriori e poi rientrò insieme a me dentro l’auto. Prima di partire si girò verso di me. “Tutto okay?”

No, per niente, pensai, ma invece annuii con la testa.

Partimmo a tutta velocità lungo la strada, cercando di ignorare il fumo e le fiamme che divampavano da dietro la roccia dove eravamo poco prima.

 

“Adesso spiegatemi un’ultima volta perché devo essere io l’autista,” chiese Jennifer scocciata, sul sedile del guidatore. La macchina era ferma sulla strada davanti al Diner con dentro la ragazza, mentre io, Frank e Grace eravamo sul bordo della strada per osservare meglio lo ‘spettacolo’.

“Te l’ho già detto e ridetto mille volte,” dissi. “Frank è facilmente riconoscibile, io non devo farmi vedere in giro altrimenti tutto il piano va a puttane, e Grace è decisamente troppo piccola.” Vedendo la mia amica sbuffare aggiunsi: “E hai quindici anni, quindi tra un anno dovresti prendere la patente comunque. Non ti farebbe comodo sapere almeno qual è il freno e qual è l’acceleratore?”

La sentii borbottare un ‘Che simpaticona’, poi, con un’aria impegnatissima in viso, accese il motore e diede gas. “Let the enginers roar, Jennifer!” le urlai per farle coraggio. Lei non se lo fece ripetere e la macchina sfrecciò lungo la strada fino a perdersi in lontananza. Dopo cinque minuti la vedemmo tornare indietro e sfrecciare nella direzione opposta. Poco dopo ritornò e tirò a dritto, senza accennare a fermarsi. Guardai preoccupata Grace, poi Frank e dissi: “Pensi anche tu quello che sto pensando io?”

Sospirò laconico. “Già. Si è scordata qual è il freno e sta pigiando a tutta manetta l’acceleratore.”

 

Finalmente, un paio di giorni dopo, eravamo pronti. Jennifer aveva risolto i suoi problemi con la macchina e aveva imparato a guidare decentemente. Non benissimo, certo, ma non avrebbe mai raggiunto i livelli di Mikey Way, il guidatore maniaco della velocità per eccellenza.

Aspettammo che fosse calata la notte e poi ci muovemmo. Frank sparì nel buio prima di noi, visto che doveva entrare a Battery City non insieme a noi e passando per un’altra strada che non fosse il tunnel. Mentre se ne andava, io finii di prepararmi al piano di sopra: mi chiusi i bottoni della giacca, mi infilai le scarpe e raggiunsi Jennifer nel salone, vestita nel mio stesso modo. Qualche ora prima avevamo portato Grace dal Dr. D, con la promessa che avremmo trovato qualche informazione su Showpony per farlo tornare a casa.

Uscimmo dal Diner e raggiungemmo la macchina, parcheggiata poco più in là. Aprii il bagagliaio e mi ci sdraiai dentro, cercando una posizione comoda. Jennifer mise le mani sul portellone e si preparò a chiuderlo. Prima di farlo mi guardò e disse: “Pronta?”

Annuii. “A dopo, Black Hole,” la salutai prima che il buio calasse sopra di me. Avevamo scelto il nome da Killjoy della mia amica il giorno prima, ispirandoci a una vecchia canzone dei Soundgarden, Black Hole Sun.

Rimasi nel buio e nel silenzio finchè la macchina non partì. Come sempre prima di ogni missione ero nervosa, e cercai di calmarmi vagando con la mente. Non so quanto ci mettemmo ad arrivare al tunnel che dal deserto portava alla città, ma me ne accorsi per la luce che filtrava da una fessura dello sportello del bagagliaio. Sentii la macchina che rallentava mentre si avvicinava al posto di blocco e iniziai a respirare più velocemente. Jennifer stava parlando con lo S/C/A/R/E/C/R/O/W di guardia e si stava calando alla perfezione nel suo ruolo di ragazza che lavorava alla Better Living. Tirai un sospiro di sollievo quando sentii il motore rombare di nuovo, ma poi una voce maschile chiese: “Cosa c’è nel bagagliaio?”

Deglutii e trattenni il respiro, col cuore che batteva all’impazzata. Pensai che Jennifer si sarebbe impappinata e mi avrebbe tradito, ma invece parlò così calma che mi stupì: “Roba per i piani alti che abbiamo preso ai Killjoys. Non qualcosa che ti riguarda, in ogni caso.” Evidentemente lo S/C/A/R/E/C/R/O/W non doveva essere molto convinto dalla risposta, e la mia amica parlò in modo autoritario e minaccioso. “Preferisci vedertela con Korse?”

Passò qualche secondo di silenzio, poi sentii il rumore metallico della sbarra che si alzava e la macchina ripartì. Tornai a respirare normalmente e ringraziai mentalmente Jennifer. Brava, Jennifer, bravissima. Continua così e vedrai che torniamo al Diner prima che finisca la notte.

L’auto continuò a muoversi per quelle che mi sembrarono ore, ma poi finalmente ci fermammo. Black Hole scese dall’auto e si diresse con passi sicuri verso il bagagliaio: lo sportello sopra di me si aprì, e dovetti chiudere gli occhi e riaprirli poco a poco per la luce improvvisa. Quando fui pronta, mi misi a sedere e uscii dal bagagliaio afferrando la maschera da Draculoide accanto a me. Jennifer chiuse il bagagliaio mentre mi infilavo la maschera. “Scusa se ti ho fatto aspettare così tanto, ma è stato difficile trovare una zona non controllata dalle telecamere vicino alla Better Living. Saremo lontane un centinaio di metri o poco più.”

“Okay.” Finii di sistemarmi la maschera di plastica sul viso e mi girai verso l’altra Killjoy. Spalancai le braccia, facendomi ammirare nel mio completo bianco. “Come sto?”

“Sembri uscita da una festa di Halloween.” Si infilò la pistola a raggi viola di Grace (pitturata di bianco per l’occasione) nella cintura e mi guardò un’ultima volta. “Okay, andiamo.”

 

Fu difficile avvicinarsi al grattacielo senza essere notate, ma alla fine ce la facemmo. Ci nascondemmo dietro un angolo non illuminato e osservai l’entrata principale. “Potremmo anche passare di lì, ma non sono sicura che sia una buona idea… Tu che ne pensi, Black Hole?” Non ricevetti nessuna risposta e quando mi girai vidi che dietro di me non c’era nessuno. “… Black Hole?”

“Sono qui!” mi rispose in un sussurro la sua voce qualche metro più indietro. La raggiunsi, sollevata e incazzata allo stesso tempo. “Mi hai quasi fatto prendere un colpo! Cosa pensavi di…” iniziai, ma mi fermai non appena aprì una porta di un sottoscala. Mi guardò con un sorriso stampato in faccia, mentre io rimanevo allibita. “Ti adoro. Se non fosse per il fatto che ho questa maledetta maschera addosso ti darei un bacio,” le dissi prima di scendere le scale seguita dalle sue risate.

Le scale si fermavano in una specie di cantina, e da lì un’altra rampa saliva verso l’alto, verso il piano terra. Il nostro obiettivo era raggiungere il quindicesimo piano nel modo più anonimo possibile, sempre se qualcuno non ci avesse fermato prima. Quando aprii la porta e mi ritrovai in un familiare corridoio bianco ebbi un dejavù di quando ero andata a liberare Party Poison vestita come lui. Maledetto Kobra Kid e le sue idee geniali.

“Sai dov’è l’ascensore?” chiesi a Jennifer prima di inoltrarmi nel corridoio. Annuì e mi diede veloci indicazioni per raggiungere l’ascensore il più velocemente possibile. Feci un cenno con la testa e partimmo.

In an anonymous world, who will show their face? Infiltrate… Camminando per i corridoi non potei non farmi venire in mente le frasi del trailer del video di SING: infiltrarsi, come stavamo facendo noi adesso.

Riuscimmo a raggiungere l’ascensore senza troppi inconvenienti e partimmo per il quindicesimo piano. Non appena le porte scorrevoli si chiusero controllai che non ci fossero telecamere nella cabina e mi appoggiai a una delle pareti con un sospiro. Inutile dire che non riuscivo a reggere quella cavolo di tensione, e per di più avevo caldo. Jennifer notò le mie condizioni e mi chiese: “Stai bene?”

“No,” risposi. “Con questa maschera addosso sto morendo di caldo. Ma come fanno i Draculoidi a portarla?”

Black Hole rise e mi scoccò un’occhiata maliziosa. “Se Simon era sempre vivo potevi chiederlo a lui. Dopotutto eravate diventate buoni amici.”
“Come no, amici per la pelle,” borbottai sarcastica tra me e me, ma ero sollevata per il fatto che il ragazzo era morto e non avrebbe potuto riconoscermi dentro la Better Living.

Come avrebbe potuto riconoscerti con quella maschera addosso? Sei ridicola, mi disse la mia vocina interiore.

Non so, le risposi. Ma sembrava sapere sempre tutto di me, e che avrebbe potuto riconoscermi ovunque. Non so come, ma so che ci sarebbe riuscito. L’ascensore si fermò e le porte si aprirono, interrompendo i miei pensieri e facendomi concentrare di nuovo sulla nostra missione.

L’archivio non era molto lontano dall’ascensore, e ci bastò attraversare un paio di corridoi (deserti, per nostra fortuna) per raggiungere la stanza che cercavamo. Misi la mano sulla maniglia della porta e mi girai verso Jennifer. “Entro io. Tu resta qui a controllare che non arrivi nessuno; se vedi arrivare qualcuno avvisami in qualunque modo e scappa, io me la saprò cavare.”

La mia amica annuì e entrai dentro la stanza, chiudendomi la porta alle spalle. La prima cosa che feci fu levarmi quella maledetta maschera di plastica dal viso e gettarla per terra, facendo respirare la mia pelle e i miei capelli, bagnati di sudore. Dopo essermi ripresa diedi un’occhiata alla stanza: c’era una sola finestra, e tutte le pareti erano ricoperte di grossi schedari di metallo. Tirai fuori una torcia elettrica da dentro la giacca bianca e iniziai a cercare la lettera B. La trovai verso il quinto schedario: mi inginocchiai, aprii il cassetto e iniziai a cercare il mio cognome. Un sacco di cognomi senza alcun senso per me mi sfilavano davanti agli occhi, e mi fermai soltanto quando non trovai una cartellina con scritto sopra Blackshadow, E. Era la mia, non c’erano altri Blackshadow in quell’archivio. Mi infilai la cartella sotto la giacca e mi preparai per uscire, poi il pensiero di Joshua mi attraversò la mente. Mi girai di nuovo verso gli schedari mordendomi un labbro: non conoscevo il suo cognome, ma qualcosa mi diceva che sotto la lettera S avrei trovato quello che cercavo. Velocemente, raggiunsi gli ultimi schedari, aprii il cassetto con la lettera S, mi misi in ginocchio e iniziai a sfogliare tutte le cartello finchè non vidi quel nome.

Showpony.

Sorrisi. Sfilai la cartella dal mucchio e la aprii, pronta a leggere velocemente quello che c’era scritto dentro, ma l’unica cosa che trovai fu un foglio con in cima il simbolo della Better Living e sotto delle parole che non avrei mai pensato di trovare.

Documenti trasferiti alla S/C/A/R/E/C/R/O/W Unit.

COSA?

Ero stupita: cosa voleva dire quel foglio? Perché tutte le informazioni su Joshua erano state trasferite ad un altro reparto? Non volevo nemmeno sapere a cosa gli era successo, ma almeno sapevo che la Better Living era responsabile, almeno in parte, della sua scomparsa. Mi preparai ad uscire, ma dalla porta filtrò improvvisamente della luce rossa che proveniva dal corridoio e un allarme iniziò a suonare. “Merda!” mormorai, e poi sentii dei passi avvicinarsi nel corridoio: in preda al panico, mi ficcai il foglio in tasca, rimisi la cartella al suo posto, chiusi il cassetto, nascosi la maschera da Draculoide e mi nascosi dietro la porta un attimo prima che si aprisse. Rimasi immobile e senza fiatare al buio mentre due Draculoidi controllavano la stanza, e pregai che non notassero il rigonfiamento della mia maschera sotto al tappeto. Dopo qualche secondo la porta si richiuse lasciandomi di nuovo al buio. Tornai a respirare e aspettai qualche minuto prima di uscire dalla stanza e ritrovarmi nel corridoio completamente rosso. Guardai sia a destra che a sinistra, ma di Jennifer non c’era traccia da nessuna parte. Iniziai ad ansimare e feci un salto quando una voce chiamò: “Venom!” Mi voltai alla mia sinistra.

Black Hole era dietro l’angolo che mi faceva segno di raggiungerla. Corsi verso di lei e ci dirigemmo insieme verso la via di fuga più vicina. “Scusa se non ti ho avvisato, ma quando ho sentito l’allarme sono corsa a nascondermi, sapendo che non eri così stupida da uscire in quel momento. Mi dispiace, mi dispiace tanto…”

“Non preoccuparti, è tutto… oh, MERDA!” Frenai di colpo non appena vidi dei Draculoidi svoltare nella nostra direzione. Afferrai il braccio di Jennifer e la trascinai nella direzione opposta, verso le scale. Speravo di poter scendere al pianterreno senza trovare ostacoli, ma non appena entrammo nelle scale di sicurezza del grattacielo vedemmo dei Draculoidi salire dai piani bassi. Ormai non ci era rimasta che una via di fuga, e corremmo in volata su per le scale. La mia amica era stremata, ma ce la facemmo ad arrivare in cima: aprimmo una porta e ci ritrovammo sul tetto buio, circondate dalle luci degli altri grattacieli. “E adesso?” chiese Jennifer sentendo che i nostri inseguitori stavano per raggiungerci.

Mi avvicinai al bordo del tetto e guardai giù: era un palazzo di venti piani, se ci fossimo buttate di sotto di sicuro saremmo morte spiaccicate sull’asfalto. Ci eravamo messe in trappola da sole, senza via di scampo. Mi preparai a tirare fuori la mia pistola a raggi e combattere, ma qualcosa giù in strada attirò la mia attenzione. Ignorai le proteste della mia vocina interiore e afferrai di nuovo il braccio di Jennifer mentre i Draculoidi si riversavano sul tetto. “Che vuoi fare?” mi chiese.

“Metti le tue braccia attorno al mio collo e non mollare mai la presa, qualunque cosa succeda.”

Lei ubbidì, ma non appena mi vide voltarmi e iniziare a correre verso il bordo del tetto iniziò a dire: “Eve! Per favore, per favore, non lo fare, ci spiaccicheremo per terra! Eve, ferm… AAAAHHHH!”

Nel momento in cui iniziò a urlare terrorizzata io mi gettai giù dal tetto urlando e con il sorriso sulle labbra mentre i nostri inseguitori ci guardavano stupiti. Mi piaceva un sacco la sensazione di cadere: la provavo una notte sì e l’altra pure nei miei sogni. Ma questa non era un sogno, era la realtà, e ci saremmo sfracellate sull’asfalto in un batter d’occhio.

O meglio, lo avremmo fatto se non fossimo atterrate sulla parte superiore del telone del furgone che avevo adocchiato poco prima.

Meglio ancora, il telone lo sfondammo.

Cademmo tra le scatole di cartone di cui era riempito il camion, che si fermò immediatamente. Qualcuno aprì il telone e guardò dentro, ma non notò le due ragazzine nascoste al buio tra gli scatoloni e lo richiuse. Quando i passi si allontanarono raggiunsi Jennifer, atterrata dietro di me. “Tutto okay?” le chiesi, ma lei non mi rispose nemmeno, ancora sotto shock. Avanzammo tra gli scatoloni e riuscimmo a scendere doloranti dal camion un attimo prima che ripartisse. Respirammo un attimo e poi raggiungemmo di nuovo l’auto, un po’ più in là. Dentro, sul sedile del guidatore, Frank ci stava già aspettando e mise in moto non appena ci catapultammo sui sedili posteriori. “Com’è andata?” ci chiese.

“Bene, abbiamo trovato quello che cercavamo,” gli risposi mentre controllavo che la mia cartella fosse ancora al suo posto sotto la mia giacca bianca. Mi girai preoccupata verso Jennifer, che non parlava. “Black Hole… tutto okay?” ripetei.

Lei uscì subito dal suo stato di trance e mi indicò furiosa con l’indice. “Tu… tu… tu sei fuori di testa!” urlò. “Come… come hai potuto pensare che ce la potevamo fare? Perché non me l’hai detto prima?!”

“Perché tu avresti preferito rimanere su quel fottuto tetto invece che lanciarti giù da venti piani per sfuggire ai Draculoidi!”

“Cos’avete fatto?” chiese Frank incredulo e confuso. Aprii bocca per rispondergli, ma Jennifer si gettò addosso a me e iniziò a singhiozzare: “Voglio tornare a casa…”

Con gli occhi tristi, la abbracciai e la lasciai sfogare mentre tornavamo in assoluto silenzio e a tutta velocità verso il Diner.

*
Buonasera, Sunshines! Contente che è tornata un pò di azione in questa storia? (Ma non nella mia vita. -.-') So che così vi preoccuperete ancora di più per Joshua, ma this is the life *risata malvagia*
Uhm, rispondo alle recensioni che è meglio -.-'
Per chi non lo sapesse, gli S/C/A/R/E/C/R/O/W sono quei tizi del video di SING con la maschera con la faccina della Better Living.
(E notate com'è lungo questo capitolo! Sono fiera di me stessa ^_^)
Lady Numb: penso che qualunque persona normale possa mangiare in testa al Nano, io più di tutti *sfoggia il suo metro e settantasette*
BBBlondie: bè, io a quasi sedici anni ho una mente da bambina di dieci, di che ti lamenti? XD E al concerto rapiremo Frank, in qualunque modo. Io porto qualcosa per stordirlo e tu pensa a un modo per arrivare in California senza che nessuno ci scopra.
Kumiko_Chan_: evvai, la Sunshine è tornata!! Dì a Korse che Gee non possiamo tingerlo di blu, ci ha pensato prima Jared Leto (maledetta Diva >.<). No, i titoli dei capitoli non sono citazioni/titoli, li sto un pò scazzando perchè con i nomi dei capitoli sono un disastro. Infatti in altre storie li chiamo solo 'Capitolo 1, 2, 3...' (che schifo -.-') Nooo, tieni le faccine, che mi piacciono tanto! Vivacizzano un pò la recensione, come se non bastassero i tuoi scleri XD (E a proposito, io durante il video di SING non ho urlato a Frank che era un'idiota, ma ho iniziato a sclerare "Frank! Non mi toccate Frank!" con delle velate (ma mica tanto) minacce a Korse e ai Draculoidi. Nessuno può uccedere quei quattro idioti, solo io ù.ù)
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-56 al The Best Day Ever

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Capitolo 7
*** A File ***


A File

 

La mattina dopo, al mio risveglio, Jennifer non era più nel suo letto. Era sfatto, ma di lei non c’era traccia. E quando andai a controllare nell’altra camera notai anche la scomparsa di Frank. L’ansia mi assalì e non smisi un attimo di tremare mentre mi infilavo i vestiti, e non mi calmai per niente quando scesi al piano di sotto e trovai il Diner vuoto. Stavo per correre a chiamare aiuto quando notai un foglio sul bancone. Lo presi tra le mani tremanti: non era una richiesta di riscatto, come avevo pensato, ma più semplicemente un biglietto d’addio.

 

Eve,

non ce la faccio più, come ti sarai resa conto. Questo mondo non è fatto per me. Dovevo solo informarti della mia visione, e l’ho fatto. Dopo quello che è successo stanotte ho deciso di tornare a casa. Mi dispiace non averti salutata un’ultima volta, ma sapevo che sarebbe stato difficile per entrambe separarci per sempre. Ti volevo solo dire che per me sei stata un’amica importante, e che spero di rivederti ancora, un giorno o l’altro.

Ti voglio bene.

Jennifer.

P.S. Frank si è offerto di accompagnarmi, e Grace è sempre dal Dr. D. Non ti preoccupare se non vedi nessuno in giro quando ti svegli.

 

Posai il foglio di nuovo sul bancone con le lacrime agli occhi. Jennifer aveva fatto la sua scelta e io la rispettavo, ma non potei fare a meno di essere triste: era probabile che non ci saremmo riviste mai più, e non era facile perdere un’amica come lei. Comunque sorrisi tra le lacrime e le augurai tutto il bene possibile. Presi di nuovo il biglietto tra le mie mani e lo portai in camera mia, nascondendolo nell’armadio, dentro a una scatola dove tenevo le cose che per me erano preziose: un disegno di Grace, delle munizioni per la pistola a raggi, il mio foulard amaranto, una collana (un sasso di colore tra l’azzurro e il verde appeso a un filo) che mi aveva regalato Joshua e i documenti che avevo preso alla Better Living quella stessa notte. Li tirai fuori insieme alla collana, che mi infilai al collo con un sorriso amaro, poi presi la cartella tra le mani e scesi di nuovo al piano di sotto. Mi sedetti a un tavolo e la aprii. La prima pagina era piena di informazioni varie come data di nascita, nome, cognome: avrei potuto decidere di andare avanti e passare al foglio successivo, ma qualcosa mi costrinse a leggere quella prima parte. E feci bene, perché il nome che incontrai era leggermente diverso dal mio.

Evelyn Blackshadow.

Spalancai gli occhi per la sorpresa, incredula, mentre Frank tornava dall’aver accompagnato Jennifer. “Ehi!” mi salutò, ma io non gli risposi, ancora sotto shock. In uno scatto di rabbia, lasciai cadere il foglio sul tavolo e lanciai uno strillo che spaventò il ragazzo, che corse subito da me, spaventato. “Che è successo?”

“È successo che ho sbagliato cartella!” urlai. “Questi non sono i documenti di Eve Blackshadow, ma di Evelyn! E io non mi sono mai chiamata così, il mio nome è sempre stato Eve!” Appoggiai i gomiti sul tavolo e mi misi la testa tra le mani. “Cazzo, ho rischiato la mia vita e quella di Jennifer per niente, è stato tutto inutile…”

“Andiamo, non fare così,” ribatté Frank, prendendo il foglio in mano e iniziando a leggerlo in silenzio. Poi mi chiese: “Il tuo cognome è Blackshadow, giusto?”

“Sì,” risposi secca.

“Sei alta un metro e settantacinque?”

“Sì.”

“Sei nata il 23 maggio 1995 a New York?”

“S-sì.”

“Sei figlia unica?”

“Sì, ma…”

“Abiti a Manhattan?”

Alzai lo sguardo verso il ragazzo, incredula. “Aspetta, ma tu come…”

“C’è scritto tutto qua,” disse semplicemente. Sorrise. “A quanto pare, hai appena trovato il tuo doppio in questo mondo.”

“Già.” Mi rivolsi a Frank. “Secondo te, ognuno di noi ha un doppio in questo mondo parallelo?”

“Io e i ragazzi di sicuro non li abbiamo, ma a quanto pare tu e Joshua sì, visto quello che mi hai raccontato.” Continuò a leggere il foglio ad alta voce. “Sei stata… no, questo no.” Si fermò, improvvisamente preoccupato e con una strana espressione in faccia.

“Sono stata? Vai avanti,” lo incalzai, ma lui fece finta di nulla e fece per andare avanti, ma io non mi feci fregare e gli strappai la cartella di mano. Scorsi veloce la prima pagina, lessi la voce dopo Luogo di residenza e deglutii, spaventata. Oddio.

C’era scritto Causa della morte: ELIMINATA.

“Hanno… hanno ucciso il mio doppio?” mormorai senza fiato. Corsi alla voce successiva, Data di morte, e lessi la data: 20 agosto 2017.

Continuai a leggere il foglio, scoprendo altre informazioni su Evelyn: era orfana, non era sposata e lavorava nel grattacielo di Better Living. Nessun segno di ribellione, nessuna stranezza. Ma allora perché l’avevano ‘eliminata’? Un’idea mi balenò in testa e mi girai di nuovo verso Frank. “Frankie… la data 20 agosto 2017 ti dice nulla?”

Lui ci pensò su un attimo, poi schioccò le dita non appena ricordò. “Sì, più o meno sì. Eravamo entrati a Battery City per cercare alcune informazioni, ma siamo cascati in una trappola senza che ce ne accorgessimo. Eravamo in una stanza in un grattacielo vicino alla Better Living senza vie di fuga e coi Draculoidi che stavano per entrare. Pensavamo di essere spacciati, ma all’improvviso si è aperta una porta nascosta in una delle pareti. Siamo usciti di lì e siamo corsi in tutta fretta alla macchina per poi scappare dalla città.” Mi guardò pensieroso. “Pensi che questa Evelyn c’entri qualcosa?”

“Credo di sì. La Better Living doveva avere un buon motivo per uccidere una ragazza che lavorava per loro,” replicai continuando a fissare la parola ELIMINATA: mi faceva venire la pelle d’oca pensare che il mio ‘doppio’ fosse stato ucciso un paio d’anni prima. “Forse è stata lei che vi ha aiutati a scappare, e non appena l’hanno scoperto l’hanno ammazzata.”

“Perché, Eve? Perché qualcuno di loro dovrebbe aiutare noi, i Killjoys, i ribelli, i reietti della società?”

“Tu non sai cosa sta succedendo a Battery City,” lo informai. “Gira voce che un paio di adolescenti abbiano provato a fuggire verso il deserto con delle maschere addosso e dei vestiti colorati. Era come se avessero scritto in fronte ‘Ehi, siamo Killjoys!’, e non appena i Draculoidi li hanno presi li hanno uccisi.”

Frank mi guardò stupefatto. “E tu come fai a sapere tutte queste cose?”

Sorrisi furba. “Ho i miei informatori.”

Anche lui sorrise, divertito. “Non avrei mai pensato che una ragazzina come te diventasse in breve tempo un’altra persona. Stai crescendo, Eve, e più in fretta di quello che sembra.”

“Non è l’unico modo per resistere quaggiù?” chiesi malinconica mentre riprendevo in mano la cartella e scorrevo tutti i foglio fino all’ultimo, dove campeggiavano due foto di Evelyn: una normale e una con la croce rossa e la scritta EXTERMINATED. Sbarrai gli occhi e deglutii; Frank se ne accorse e mi raggiunse, guardando le foto insieme a me. Seguì qualche minuto di silenzio stupefatto, poi disse: “Uao. Sei tu.”

Aveva ragione: Evelyn Blackshadow era me. O meglio, io con i capelli lunghi e neri e ventiquattro anni. Ma per il resto era come se fosse stata mia sorella gemella: gli stessi occhi, lo stesso sguardo, la stessa pelle, la stessa espressione. Era come fare un salto avanti nel futuro e vedersi più vecchia.

“B…bè. Non mi aspettavo una cosa del genere,” mormorai, scioccata.

Il ragazzo sembrava stupito quanto me. “… Almeno sappiamo perché la Better Living sa tutto di te. Quando ti hanno vista devono aver pensato che Evelyn non era morta e che era tornata in circolazione.”

“Andiamo, Frank, è impossibile!” esclamai girandomi a guardarlo. “Lei era molto più grande di me, e abbiamo anche i capelli diversi!”

“Ti ricordi quando Gee ti ha raccontato dello scoppio della centrale nucleare?” mi chiese. Annuii e dissi: “Pensi che abbiano pensato che Evelyn era cambiata per colpa delle radiazioni?”

Lui annuì. Sospirai. Un mistero in meno da risolvere, pensai. Riportai lo sguardo sulle due foto e le fissai per qualche istante.

Qualcuno sospirò e una voce familiare disse: Da quanto tempo…

Mi voltai verso Fun Ghoul. “Hai detto qualcosa?”

“No,” mi rispose confuso. Lo guardai perplessa, poi lasciai perdere. “Ah, non importa. Mi sarà sembrato.”

Lui fece un cenno con la testa, poi si mise a sedere davanti a me. “Hai trovato qualche informazione su Joshua?”

“Una cartella c’era. Però…” Mi infilai una mano in tasca e tirai fuori il foglio che avevo preso la sera prima, quello con il simbolo della Better Living e l’avviso del trasferimento dei documenti di Showpony alla S/C/A/R/E/C/R/O/W Unit. “Ho trovato solo questo,” dissi mentre lo passavo al ragazzo. Lui lo lesse attentamente. “Secondo te cosa vuol dire?” gli chiesi ansiosa.

“Non ne ho idea, ma…” Alzò gli occhi e incontrò il mio sguardo speranzoso e spaventato, e cercò di rassicurarmi. “Non ti preoccupare, non è detto che Joshua sia lì alla Better Living. Forse avevano delle informazioni su di lui e le hanno trasferite a un’altra unità per controllarle meglio. Tutto qui.” Sorrise, ma io non gli risposi: Frank mi stava spudoratamente mentendo, e lo sapevo. Avevo una mezza idea di quello che facevano alla S/C/A/R/E/C/R/O/W Unit, e quelle informazioni non potevano essere state spostate solo per un semplice controllo. Un paio di idee folli mi attraversarono la testa, ma mi rifiutai di ritenerle credibili: l’unica cosa che potevo fare era aspettare, aspettare e aspettare.

*
Ciao, Sunshines! Stasera non ho niente di interessante da dirvi (tranne che ho preso 5 a fisica. La mia seconda insufficienza), e parto con le recensioni con Monroeville in sottofondo.
Lady Numb: io ce lo vedo benissimo Frank sconvolto che guarda Eve della serie 'Hai fatto davvero quello che penso tu abbia fatto? D:' XD Non conosco le idee che ti stai facendo nella tua testolina malata, ma scommetto che una di loro è quella giusta ^_^ (Perchè 'Sempre se io ci vada'? D:)
BBBlondie: BBBlondie Vengeance. Mi piace. Mi piace tanto. :D Sono contenta che tu stia impazzendo per cercare di capire che fine ha fatto Joshua, ma dovrai aspettare ancora un paio di capitoli per avere la risposta (sì, ora mi ucciderai XD). Per quanto riguarda Jennifer... alla fine è venuta fuori completamente diversa da come me l'ero immaginata ai tempi di We All Go To Hell: all'inizio doveva essere lei la tizia forte e estroversa e Eve quella timida e spaventata, ma alla fine non so perchè i ruoli si sono invertiti. I misteri della vita. (E col Nano facciamo a turno, niente scuse. Dopotutto il piano te l'ho regalato io ù.ù)
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-54 al The Best Day Ever

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Capitolo 8
*** A Ghost's Voice ***


A Ghost’s Voice

 

Quello stesso pomeriggio Frank andò a prendere Grace dal Dr. Death Defying. Mi chiese se volevo andare con lui, ma io rifiutai, e rimasi quelle due ore solitarie seduta sul mio letto a pensare. Mi rigiravo la collana di Joshua tra le mani, incapace di credere alle idee che mi si affollavano nella testa. Volevo metterle a tacere tutte, ma era impossibile: non si sarebbero fermate finchè non avessi scoperto la verità, per quanto dolorosa potesse essere. Una lacrima mi scese lungo la guancia e colpì la pietra nella mia mano.

Me la asciugai velocemente e pensai ad un’altra cosa: quella sensazione di essere toccata alla spalla, quel sospiro e quella voce… non erano niente. Le avevo sentite veramente, e non ero impazzita o cose simili. Ma dirlo a qualcuno non era proprio una buona idea, e decisi di tenere la cosa soltanto per me. La mia vocina interiore stava stranamente zitta, come se non volesse disturbarmi.

... Vocina interiore?

Smisi di far girare la collana tra le mie dita e pensai un attimo a tutto quello che avevo scoperto quel pomeriggio: Evelyn era il mio doppio. Ed era morta. E la voce che aveva parlato qualche ora prima mi era familiare e si riferiva sicuramente alla ragazza. E adesso la mia vocina interiore era stranamente silenziosa.

E quindi…

Un’idea folle mi balenò in testa, ma decisi di aspettare la sera prima di metterla in atto.

 

Quando Grace e Frank finalmente tornarono, il ragazzo mi prese da parte e mi disse: “Credo che per ora sia meglio non dire niente a Grace di Joshua e di quello che abbiamo scoperto, diventerebbe soltanto più preoccupata. Per te va bene?” Io annuii indifferente, come se la cosa non mi importasse più di tanto, poi gli chiesi: “Ti dispiace se stasera dorme con te? Ho bisogno di… stare un po’ da sola.”

Lui mi guardò un attimo confuso, poi annuì. Evidentemente pensava che avevo bisogno di stare da sola per pensare a Joshua, e non aveva tutti i torti. Dovevo pensare a una persona, ma non al Killjoy.

Passai il pomeriggio tranquilla ma, a mano a mano che la notte si avvicinava, diventai sempre più nervosa. Insomma, non era un’idea sicura al cento per cento, e se mi fossi sbagliata? Sapevo che la delusione mi avrebbe colpita più forte di ogni altra cosa, ma valeva la pena tentare: almeno non correvo rischi e mettevo in pericolo la mia vita.

Finalmente la notte arrivò portando il buio sul deserto. Ogni secondo che passava ero sempre più agitata, ma ero brava a nascondere la mia ansia.

Aspettai che Grace e Frank se ne fossero andati nell’altra camera, mi sdraiai sul letto e rimasi un po’ ad ascoltare il silenzio intorno a me. Solo quando fui sicura che tutti dormivano, sussurrai: “… Evelyn? Ci sei?”

Nessuno mi rispose. Mi dissi che forse era stata un’idea stupida, che era impossibile, ma poi la mia vocina interiore parlò con un sospiro malinconico. Erano anni che nessuno mi chiamava in questo modo.

Deglutii: non ci potevo credere, stavo davvero parlando con una ragazza uccisa un paio d’anni prima e che era la mia vocina interiore? La sentii ridere. Pensavo che ormai ti fossi abituata alle stranezze.

“Bè, diciamo che questa era l’ultima cosa che mi aspettavo,” le risposi dentro di me. “Piuttosto, mi spieghi come mai sei… insomma… dentro la mia testa?”

È una storia lunga e complicata.

“Come hai detto tu, alle stranezze ci ho fatto l’abitudine. Se mi raccontassi che sei un omino verde venuto da Marte non me ne stupirei.”

È vero. Fece una pausa e poi continuò: Ci credi nel destino, Eve?

Trasalii. “A… Abbastanza.”

E credi che tutto quello che ti è capitato fino ad adesso sia opera del destino?

Rimasi in silenzio. Avevo una vaga sensazione che fosse così, e mi limitai ad annuire con la testa. Poi aggiunsi: “Vuoi dire che tutto questo mi è successo solo perché… ‘era scritto’? Non ha senso!”

‘Era scritto’ solo fino a un certo punto, precisò Evelyn. Solo fino a quando te ne sei andata per la prima volta dalla California. Non era previsto che tu ricordassi tutto e che tornassi qui. Quando ti sei risvegliata e ti sei ricordata cosa era successo hai preso in mano il tuo destino e lo hai scritto. Lo hai stravolto.

“Quindi il mio destino era solo… di vivere un paio di avventure mortali per poi scordarmene?” le dissi arrabbiata. Oltre ad avere una sfiga, dovevo avere anche un destino di merda? “E a cosa serviva, scusa? A niente, ad assolutamente nulla!”

Non è vero, disse l’altra ragazza. Se queste cose non ti fossero mai successe, avresti conosciuto Gerard e gli altri? Avresti conosciuto e ti saresti innamorata di Joshua?

Ero sempre più confusa, quei discorsi non portavano da nessuna parte. “Ma… non capisco.”

Eve, il destino non è immutabile. Alcuni fatti sì, ma altri no. Quando sei tornata nel tuo mondo ti è stata offerta una possibilità: rimanere lì per sempre, dove avevi una famiglia e degli amici, oppure tornare in California dalla persona che amavi. Il destino offre sempre delle scelte del genere: siamo noi che non ce ne accorgiamo e ce le lasciamo scappare. Tu te ne sei accorta e hai scelto cosa era meglio per te.

“E il posto della Black Parade? Sono finita anche lì per il destino?”

Quella è stata una mia idea. Evelyn ridacchiò. Pensavo che fosse troppo traumatico spedirti subito nella California del 2019.

“Oh, invece ritrovarmi sbattuta in un posto desolato con una spada e un paio d’ali per combattere un demone e un esercito di scheletri era rilassante,” commentai sarcastica. Rimanemmo un attimo entrambe in silenzio, poi chiesi: “E tu? Perché sei diventata la mia vocina interiore?”

Per aiutarti, credo.

Aiutarmi? Ma se mi dicevi sempre di mollare tutto, di stare zitta, di fare sempre il contrario di quello che mi diceva l’intuito!”

Era proprio per questo, per farti imparare a seguire l’intuito e non la coscienza.

Sbuffai, sconvolta da tutto quel casino. Almeno avevo capito un sacco di cose quel giorno: perché ero finita nei mondi paralleli, come faceva la Better Living a sapere tutto su di me, perché avevo una vocina interiore così irritante… A proposito. “È perché tu eri il mio ‘doppio’ in questo mondo parallelo che sei diventata la mia coscienza?”

Credo di sì. Ci sono un sacco di cose che impari dopo la morte, anche su quello che verrà. Potrei anche dirti cosa ti succederà in futuro, ma farei meglio a non dirtelo.

Quell’ultima frase mi fece nascere un pensiero in testa. Rimasi zitta per qualche minuto, poi esordii: “Evelyn… tu sai anche cos’è successo a Joshua, vero?”

La sentii rispondere a malincuore Sì.

“Posso farti una domanda? Una sola?”

Va bene.

Deglutii: non ero pronta a dire quelle parole, ma dovevo saperlo. “È… è morto?”

Il silenzio che seguì era insopportabile. Pensai che la ragazza se ne fosse andata, senza rispondere a una domanda che avrebbe calmato oppure no i miei pensieri e le mie preoccupazioni, quelle che non mi facevano dormire da giorni; ma poi la sua voce risuonò di nuovo nella mia testa, limpida e cristallina.

No.

Tirai un sospiro di sollievo, poi iniziai a sparare domande a raffica. “Dov’è? Sta bene? Chi c’è con lui? Cosa…”

Avevi detto una sola domanda, mi interruppe Evelyn. E comunque non so nessuna di quelle cose, mi dispiace. Aveva un tono davvero dispiaciuto, ma io non me ne curai e chiesi acida: “Non le sai o non me le vuoi dire?”

Lei esitò per un attimo, sorpresa dalle mie parole, poi riprese il controllo. Dammi retta, saperle non ti aiuterebbe. Anzi, peggiorerebbe la situazione. È meglio per te scoprirlo da sola. Adesso dormi, ti farà bene: i prossimi giorni saranno impegnativi.

Feci per chiederle ‘Perché, quelli passati non lo erano?’, ma sentii che se ne era andata via. Con un sospiro mi girai su un fianco sul letto, pensando a Joshua. Cosa gli era successo di così grave, e perché la ragazza non voleva dirmelo? Mille e una ipotesi mi passarono per la testa, ma non una di loro mi sembrava plausibile o comunque accettabile. Mi addormentai con l’immagine di quei due occhi grigi davanti ai miei e la paura nel cuore.

*
Ehilà, Sunshines! Come va dalle vostre parti? Siete pronte a sapere che dal prossimo capitolo le cose prenderanno una strana piega e tornerà una nostra vecchia conoscenza? (No, non sono i Killjoys -.-')
E Kumiko_Chan è scomparsa. Di nuovo. -.-'
Per Dawn_: se stai leggendo, il prossimo capitolo recensirai di sicuro. Garantito. E poi mi spieghi perchè sei entrata nella storia (vedi recensione al primo capitolo)
BBBlondie: *spaventata dalle minacce, si fa piccola,* No, tra poco saprai dov'è Joshua, te lo giuuuro! D: Ma come hai fatto a capire al volo che era Evelyn? ç_ç
LOL Me la immagino troppo bene la scena di noi due alle tre di notte fuori dal Palasharp a stonare I Don't Love You, con i vecchietti che passano scuotendo la testa e dicendo "Ai miei tempi..." E poi per caso passa il tour bus, ci raccatta e scappiamo coi Killjoys verso nuove avventure. Il miglior finale per il 7 marzo *O*
Lady Numb: eh, il futuro per Eve si prevede rosissimo... anzi, fucsia XD
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-52 al The Best Day Ever

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Capitolo 9
*** A Drac ***


A Drac

 

Non capii subito quello che intendeva dire Evelyn con ‘i prossimi giorni saranno impegnativi’: a me sembravano i soliti di sempre. Bè, ovviamente senza Joshua e Jennifer. Ma tranne quello erano sempre i soliti giorni del pericolo di noi Killjoys, su questo non avevo dubbi.

Mi aspettavo che sarebbe successo qualcosa il giorno subito dopo aver parlato con la ragazza/mia vocina interiore, ma non accadde nulla. Aspettai il giorno successivo e quello ancora dopo, ma la situazione era calma come il mare piatto. A una settimana da quella notte, non era ancora successo niente di così impegnativo.

La notte del settimo giorno provai a parlare di nuovo con Evelyn, ma lei rimase zitta: forse non mi sentiva oppure mi ignorava altamente. Era strano non sentire la sua voce darmi consigli o rompermi le scatole come faceva sempre, e mi chiesi se fosse perché aspettava che gli eventi cambiassero.

Non rivelai né a Frank né a Grace quello che avevo scoperto: era una cosa solo mia, dentro la mia testa, e non avevo voglia di condividerla con nessuno per adesso. Ogni singolo giorno speravo che Evelyn mi dicesse qualcosa o mi desse qualche informazione su Joshua, ma era una speranza vana e inutile.

Finchè le informazioni non arrivarono in un altro modo.

 

Un urlo spaventato di una bambina.

E io che correvo giù per le scale a rotta di collo urlando “GRACE!!”

 

Ecco in che modo arrivarono le notizie.

 

 

Era l’ottavo giorno dopo la mia chiacchierata con Evelyn e io ero a sedere sul mio letto che sistemavo la mia pistola a raggi. Frank era nell’altra camera a fare qualcos’altro, e Grace era fuori ad allenarsi con la sua pistola viola, anche se sospettavo che in realtà stesse giocando. Ricaricai la mia pistola con le munizioni e controllai che fosse perfetta mentre canticchiavo una vecchia canzone che avevo sentito poche ore prima alla radio del Dr. Death Defying. Misi l’arma davanti alla finestra, alla luce del sole: risplendeva così forte e brillante che pareva appena uscita da una macchinetta della Better Living, e non una veterana di più di quattro mesi.

In quel preciso istante sentii un urlo spaventato provenire da davanti il Diner.

“AAAAAHHHH!”

Scattai in piedi con la pistola ancora in mano e mi catapultai fuori dalla stanza, mentre Frank apriva la porta della sua camera e mi seguiva a tutta velocità con la sua pistola a raggi verde infilata nel fodero della cintura. Scesi le scale così velocemente che rischiai di cadere con un tonfo al piano di sotto. “GRACE!” urlai, sperando che la bambina potesse ancora sentirmi.

Io e Frank uscimmo di corsa dal Diner e ci fermammo lì davanti. I miei sospetti si rivelarono essere giusti: cinque moto bianche erano parcheggiata sull’altro lato della strada, e i Draculoidi stavano accerchiando Grace, che era spalle al muro e aveva in faccia l’espressione più spaventata che le avessi mai visto fare.

Fun Ghoul sfoderò in un batter d’occhio la sua pistola a raggi e colpì alla gamba uno dei Draculoidi più vicini, che lanciò un urlo e si girò verso di noi. “Inizia la festa…” mormorò il ragazzo prima di lanciarsi in combattimento. Io mi slanciai per raggiungere la bambina, ma un altro Draculoide si voltò verso di me e mi sparò. Mi scansai in tempo prima che il colpo mi passasse a pochi centimetri di distanza, proprio nel punto dove pochi attimi prima c’era il mio braccio sinistro. Recuperai la concentrazione e fu il mio turno di sparare: il mio nemico schivò tutti i miei colpi – facendomi incazzare – ma alla fine riuscii a centrargli in pieno la fronte, facendolo crollare a peso morto sull’asfalto. Feci un respiro profondo e mi girai verso il muro dove c’era la bambina, ma lei non era più lì.

Il mio cuore perse un colpo. Dov’è? DOV’È?!

“EVE, AIUTAMI!” Il grido disperato della bambina mi fece immediatamente girare verso la parte della strada che andava verso Battery City: Grace era lì, e un Draculoide la stava trascinando verso la sua moto. La piccola provava a resistere cercando di liberare il suo braccio dalla presa di ferro in cui era, ma era decisamente una lotta un po’ impari. Non persi tempo e corsi verso di lei. Frank si accorse di cosa stavo facendo e mi corse dietro, lasciando perdere i due Draculoidi che avevano avuto la sfortuna di intralciare la sua strada.

Sparai un colpo di avvertimento al Draculoide senza però colpirlo, ma bastò: lasciò andare immediatamente Grace, che cadde per terra, stupita da quella liberazione improvvisa. “Corri dentro il Diner, Grace! Corri, corri!” le urlai. Lei non se lo fece ripetere due volte e sparì alle mie spalle, dritta tra le braccia di Frank. Lo guardai e lui rispose al mio sguardo, come se stesse dicendo ‘Vai tranquilla, a lei ci penso io’. Feci un cenno di assenso e tornai a fissare il Draculoide davanti a me. E va bene, divertiamoci un po’, pensai.

Fu lui a sparare il primo colpo, ma io lo evitai abbondantemente abbassandomi con la testa. “Tutto qui quello che sai fare…” iniziai con un sorriso beffardo mentre mi rialzavo, e rischiai di venire colpita in pieno petto da un altro colpo che evitai all’ultimo momento. Quando tornai a guardare verso di lui non ero più così allegra, e sicuramente non sorridevo più. “D’accordo. Ci andrò giù pesante anch’io.”

Misi un colpo in canna nella pistola a raggi, mirai e feci fuoco. Il Draculoide non si preoccupò nemmeno di spostarsi e lo colpii in piena spalla, lasciandolo senza fiato e facendolo crollare a terra. Lo raggiunsi prima che potesse rialzarsi, mi inginocchiai accanto a lui e gli puntai la pistola al petto, dove doveva esserci il cuore. Stavolta non avrei fatto come con Simon, non avrei esitato: nessuno poteva permettersi di rapire Grace, e tantomeno quelli della Better Living.

Misi il dito sul grilletto e mi preparai a sparare.

E qualcosa attirò la mia attenzione.

Da sotto la maschera del Draculoide spuntava una minuscola ciocca di capelli. Minuscola, ma potevo riconoscerla tra mille, tante volte l’avevo vista.

Deglutii e iniziai a tremare, facendo muovere anche la pistola. N-No. N-No, questo no!

Riconobbi anche quegli occhi che mi fissavano impassibili, freddi e vuoti: avevano fissato in quel modo anche me per molto, un sacco di tempo prima.

Per la precisione, quattro mesi prima.

Con le lacrime agli occhi, portai la mano sinistra al collo del Draculoide e iniziai a togliergli lentamente la maschera. Mi sono sbagliata, mi sono sbagliata, non può, nonpuòesserevero, è soltanto un incubo, un maledetto incubo, PER FAVORE SVEGLIATEMI!

Arrivata a metà del viso, era praticamente impossibile che mi fossi sbagliata, a meno che non avesse un fratello gemello. E non poteva averlo: tutta la sua famiglia era morta un paio d’anni prima in un incendio.

Quando finii di togliergli la maschera quella mi rimase in mano, vuota. Continuai a fissare quel viso sotto shock, senza avere il coraggio di piangere o urlare.

Ero così sconvolta che non provai a resistere quando un altro Draculoide mi afferrò per le braccia e mi tirò su in piedi per catturarmi. La maschera e la mia pistola mi caddero per terra, e il Draculoide che fino a poco prima era disteso per terra riprese la sua faccia di plastica e la indossò di nuovo, calando il sipario sul suo viso.

Non mi accorsi nemmeno che Frank era arrivato dietro di noi e che aveva sparato al petto al Draculoide che mi teneva prigioniera, facendolo crollare a terra. Crollai anch’io, ma mi fermai in ginocchio per terra, senza distogliere lo sguardo dal Draculoide ancora sano e salvo che stava raggiungendo a tutta velocità la sua moto lì vicino. Partì e noi lo lasciammo andare, seguito da un’altra moto sola. Non mi mossi quando rimanemmo da soli sulla strada, sotto il sole bollente e con tre Draculoidi morti da far sparire. Non sentivo neppure Grace, che doveva essersi nascosta da qualche parte dentro il Diner.

“Eve? Eve, cosa è successo?” Frank iniziò a scuotermi per le spalle, cercando di farmi riprendere da qualunque cosa avessi visto. “Cazzo, non hai visto che ti era arrivato alle spalle? Perché non ti sei difesa?”

“F-Frankie…” balbettai, senza poter ancora riuscire a mettere in fila decentemente una frase e i miei pensieri. “E-Era lui, l’ho visto, era lui…”

“Lui chi, Eve?” mi chiese ancora, arrabbiato. Poi capì che la cosa era più grave di quello che immaginava e mormorò, calmo: “Simon? È ancora vivo?”

Scossi la testa, come se avesse appena detto qualcosa di estremamente idiota. “No, non era lui. Era… era…” Non avevo il coraggio di dire quel nome: dirlo sarebbe stato come ammettere che era tutta la realtà, la fottutissima e inaccettabile realtà. Ma poi lo sparai fuori.

Mi voltai verso Frank e lo abbracciai stretto, infilando la mia testa nel suo petto e cominciando a piangere.

“Era Joshua!

*
*si nasconde in un angolino a rispondere alle recensioni cercando di ignorare le occhiatacce che sta ricevendo dalle Sunshines*
Lady Numb: sono contenta che il personaggio di Evelyn ti piaccia :D E Joshua... bè, ora sai che fine ha fatto. Eheh. -.-'
BBBlondie: perchè sento che mi ucciderai sedutastante dopo aver letto questo capitolo? Anch'io so essere perspicace quando voglio (Anche se poi vado sempre a leggere le soluzioni dei gialli della Settimana Enigmistica -.-') Per caso la ragazza del simil-Frank somigliava a Jamia? XD
Dawn_: probabilmente tu sarai la seconda persona a farmi fuori dopo aver scoperto che Joshua... bè sì, insomma... comunque. Mi fa piacere che leggi sempre anche se commenti raramente. (E a proposito: a quando il nuovo capitolo di Death Black Parade? Voglio Hollow ç_ç)
E Kumiko_Chan è tornata. E mi ucciderà più di tutte voi messe insieme.
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-51 al The Best Day Ever

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Capitolo 10
*** A Capture ***


A Capture

(Let me be the one to save you)

 

“J-Joshua…?” ripetè Frank incredulo mentre io continuavo a piangere senza controllo dentro il suo petto. Balbettò: “E-Eve, sei sicura? Forse ti sei sbagliata…”
Gli ho levato la maschera, Frank!” urlai tra le lacrime. “Ho riconosciuto una ciocca di capelli blu e gli occhi, e poi gli ho scoperto il viso per vedere se era davvero lui. E… e…” La mia frase venne interrotta da un singhiozzo più forte di tutti gli altri. Mi strinsi ancora più forte al ragazzo, l’unica cosa reale e viva in quel deserto. Non so per quanto rimanemmo in quella posizione, ma a un certo punto lui si rialzò in piedi e diede una mano anche a me; avevo smesso di piangere, ma continuavo a singhiozzare e avevo le guance solcate da due fiumi di lacrime. Frank non mi lasciò mai andare la mano mentre tornavamo al Diner, ma, quando eravamo a pochi metri dalla porta, mi fermai. Lui mi guardò confuso, poi dissi: “G-Grace. Dobbiamo dirglielo.”

Esitò. “Ne sei sicura?”

Annuii. “Vorrà sicuramente sapere perché sono ridotta in queste condizioni, e nessuna scusa sarà abbastanza credibile.” Mi girai verso il ragazzo. “Nemmeno io vorrei dirglielo, ma penso che non sia il momento migliore per raccontarle una bugia, non importa quanto sia dura la verità.”

Lui ci pensò su per un attimo, poi fece un cenno con la testa. “D’accordo. Glielo dirò io.”

Feci un sorriso triste. “Grazie, Frankie.”

Rispose al sorriso e lasciò andare la mia mano lentamente. “Vai al piano di sopra. È meglio che tu non sia in giro mentre parlo con Grace.”

Annuii di nuovo e entrai dentro il Diner: della bambina non c’era traccia, forse si era nascosta da qualche parte per evitare che i Draculoidi la trovassero. Frank entrò dentro soltanto quando io iniziai a salire lentamente le scale, e lo sentii chiamare: “Grace? Piccola, devo dirti una cosa.” Lei arrivò, e lui iniziò a parlarle soltanto quando io fui arrivata in cima ai gradini. Sulla soglia della mia camera sentii un urlo provenire dal piano di sotto: “NON È VERO, NON È VERO, MI STAI MENTENDO! Joshua non potrebbe fare una cosa del genere! Lui… non può… essere…” Grace scoppiò a piangere, e io mi rifugiai in camera mia per evitare di sentire altro: il mio cuore aveva già abbastanza cicatrici per quel giorno, e non avevo bisogno di ascoltare gli urli disperati della bambina.

Mi sdraiai sul letto su un fianco e ripensai a cosa era appena successo. Una parte di me si rifiutava di crederci, potevo essermi sbagliata, sicuramente era andata così… ma non conoscevo nessun altro con i capelli blu elettrico e gli occhi grigi come quelli di Joshua.

Scoppiai a piangere di nuovo e affondai la testa dentro il cuscino. “Perché lui? Perché?!” urlai tra le lacrime.

Eve… mi dispiace così tanto… La voce di Evelyn era davvero dispiaciuta, quasi sull’orlo delle lacrime, ma io non mi feci impietosire e dissi, dentro il cuscino: “Tu lo sapevi, non è vero?” Lei rimase in silenzio, la risposta era ovvia. Allora continuai: “Perché non hai voluto dirmelo? Perché non mi hai avvisato invece di dirmi solo ‘I prossimi giorni saranno impegnativi’?”

Perché ormai ti conosco bene. Se te lo avessi detto una settimana fa tu non avresti fatto nulla per salvare Grace, non avresti mosso un dito per evitare di uccidere Joshua.

“E questo ti sembra un ottimo motivo?” chiesi acida con una lacrima che mi scorreva lungo la guancia.

Aver salvato la vita di Grace ti sembra poco?

 

Rimasi fino al pomeriggio successivo sul letto, piena di tristezza. Non riuscivo a pensare a due parole così diverse come ‘Joshua’ e ‘Draculoide’ nella stessa frase, a meno che in mezzo non ci fosse il verbo ‘uccidere’. Il verbo ‘essere’ non aveva alcun senso tra quei due nomi, era totalmente irrazionale come un sogno o un incubo.

Ma quella era la realtà.

Cercai di non ascoltare i discorsi di Grace e Frank al piano di sotto: avevo bisogno di stare completamente da sola, addirittura senza Evelyn. La consideravo una traditrice, perché non mi aveva detto niente, ma sapevo che in fondo aveva ragione: se avessi saputo che Showpony era diventato un Draculoide mi sarei bloccata e avrei lasciato che portassero via la bambina. La mia ignoranza aveva due facce come una medaglia, ma mi sembrava che non ci fosse stato alcun vantaggio.

Verso le sette di sera qualcuno bussò alla porta della mia camera. Mi misi a sedere sul letto e mi asciugai le guance, con gli occhi ancora rossi. “Avanti.”

La porta si aprì leggermente e Grace entrò dentro: aveva i capelli arruffati più del solito e i suoi occhi erano rossi come i miei. Non ci furono bisogno di parole: allargai le bracciai e lei ci si tuffò dentro, scoppiando immediatamente a piangere mentre le accarezzavo i ricci. Versai le ultime due lacrime, poi capii cosa dovevo fare: era un’idea folle, fuori di testa e quasi sicuramente non avrebbe funzionato. Ma dovevo farlo: non volevo ritrovarmi un’altra volta in una situazione del genere, e non volevo mai più vedere Grace in quello stato.

Dopo poco la bambina si staccò dal mio abbraccio, mi fece un sorriso triste e uscì dalla stanza. Fissai il deserto fuori dalla finestra mentre decidevo gli ultimi particolari, poi mi alzai in piedi. Mi infilai i miei anfibi neri, mi legai il foulard magenta al collo e infilai la mia pistola a raggi nel fodero della cintura. Mentre mi preparavo, lo sguardo mi cadde sul mio letto, dove la collana che mi aveva regalato Joshua brillava con gli ultimi raggi di sole: dopo un attimo di esitazione la presi e me la infilai al collo, nascondendola sotto il foulard.

Sei veramente pronta per farlo? mi chiese Evelyn preoccupata. Sorrisi lievemente: era da giorni che non la sentivo così spaventata. Non le risposi e uscii dalla stanza, scendendo al piano di sotto.

Frank e Grace, seduti a un tavolo, si girarono verso di me. Il viso del ragazzo si illuminò non appena mi vide in forma, ma si gelò non appena notò la pistola e il foulard. Mi guardò negli occhi. “Eve, cosa…”

“Non posso restare qui con le mani in mano, Frankie,” risposi calma mentre uscivo da dietro il bancone. “Vado a Battery City.”

Cosa? Sei impazzita, per caso?” Si alzò e mi raggiunse, preoccupato. “Non riuscirai a cancellare un intero lavaggio del cervello a Joshua solamente comparendogli davanti. Potrebbe non riconoscer…”

Stai zitto!” urlai. Poi ripresi, più calma: “Per te è semplice, puoi tornare a casa quando vuoi. Ma Joshua è il motivo per cui ho deciso di tornare qui, e non sarà certo Korse a impedirmi di andarlo a salvare. Lo porterò qui, e poi decideremo cosa fare.” Superai il ragazzo e uscii dal Diner, seguita da lui e da Grace. Feci per incamminarmi verso Battery City, ma una mano mi afferrò il polso e mi costrinse a girarmi. “Non ti servirà a nulla, è una missione suicida!”

“E allora sarò morta provandoci.” Con uno scrollone mi liberai dalla presa di Frank e iniziai a correre a tutta velocità lungo la strada, mentre il mio nome urlato riecheggiava in tutto il deserto.

 

Raggiunsi il tunnel in poco tempo, quando ormai la notte era scesa e mi nascondeva tra le ombre. Evelyn rimaneva in silenzio, non so se perché seguiva con attenzione quello che stavo facendo o se perché era spaventata e preoccupata. Mi fermai davanti al tunnel con la pistola in mano, feci un respiro profondo e entrai dentro.

Mi appiattii al muro più che potevo, cercando di evitare la luce e le telecamere: non c’era bisogno che tutta la Better Living venisse a conoscenza del mio arrivo, l’effetto sorpresa mi bastava e avanzava. Andai avanti lentamente e stando attenta che nessuno mi vedesse, con i denti stretti e lo sguardo determinato. Ormai niente e nessuno potevano farmi tornare indietro.

Quando entrai in città nessuno mi aveva notata, e non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Mi voltai verso i grattacieli illuminati e rimasi un attimo ferma: era da tanto che non entravo da sola in una città del genere, così simile alla mia cara e vecchia Manhattan. Scacciai quel pensiero e feci un passo avanti, ma venni bloccata da un ronzio elettronico alla mia sinistra. Mi girai col cuore che batteva a mille: su un lampione lì vicino una telecamera inquadrava proprio verso di me, e non voleva cambiare la sua posizione. “Merda,” mormorai. Puntai la pistola e le sparai contro, distruggendole il suo occhio nero: lei ronzò un’ultima volta e poi cadde a terra, distruggendosi in mille pezzi come se fosse stata di vetro. Mi avvicinai e tirai un calcio a quel poco che era rimasto integro: ormai Korse doveva sapere del mio arrivo, e l’effetto sorpresa era andato a puttane. Ma questo non mi avrebbe fatto cambiare per niente idea: lasciai stare la telecamera e mi diressi verso il palazzo della Better Living, rimanendo sempre al buio e evitando le altre telecamere.

Raggiunsi il grattacielo in mezz’ora, e a quel punto uscii allo scoperto: non c’erano angoli bui o posti in cui mi potevo nascondere, e allora sarei entrata lì dentro a testa alta, passando dall’entrata principale. Feci un altro respiro profondo, strinsi la mia mano sull’impugnatura della pistola e iniziai a camminare.

Camminavo veloce e con un passo quasi militare, un passo di una Killjoy che non si sarebbe fermata davanti a niente e che sarebbe andata avanti sulla sua strada eliminando chiunque l’avesse ostacolata. Fu questa la cosa che mi colpì non appena arrivai a un paio di metri dall’entrata.

Fuori non c’era nessuno di guardia, né un Draculoide o uno S/C/A/R/E/C/R/O/W .

Soltanto le telecamere, che continuavano a inquadrarmi.

La cosa non mi piace, pensai. Potevo sempre tornare indietro e preparare un altro piano, ma era probabile che mi avrebbero inseguita, e da sola e a piedi non ce l’avrei fatta a tornare al Diner senza venire catturata. Feci una smorfia: mi ero messa in trappola da sola, senza nessuna via di fuga. Tanto valeva terminare quello che avevo iniziato.

Percorsi gli ultimi passi che mi separavano dalla porta, misi la mano sulla maniglia e la spinsi, entrando. Mi aspettavo di trovare almeno lì qualcuno, ma anche lì c’era il deserto più totale: nessun rumore, nessuno in vista. Sembrava che nessuno si fosse accorto del mio arrivo. A quel punto la paura si impossessò davvero di me: Frank aveva ragione, era una missione idiota e suicida. La cosa migliore adesso era tornare al Diner e preparare un altro piano con più calma, possibilmente senza entrare un’altra volta dentro Battery City da sola. Ma, quando raggiunsi la porta e feci per aprirla, quella rimase chiusa. La scossi un paio di volte, ma non si mosse.

Oooookay… adesso posso considerarmi nei guai fino al collo.

Sentii dei rumori di passi in lontananza alle mie spalle e mi voltai immediatamente con la pistola a raggi sfoderata davanti a me. I Draculoidi non ci misero molto tempo a sbucare da davanti a me e a raggiungermi. Li guardai velocemente: erano troppi, non ce l’avrei mai fatta a farli fuori o ferirli tutti. Potevo considerare la mia carriera da Killjoy chiusa, a questo punto.

Eve, diavolo, non puoi arrenderti così! Tenta di uscire, spara, fai qualcosa! urlò Evelyn spaventata dentro di me, e io tentennai ancora un po’. Lei capì che quelle parole non bastavano e continuò.

Fagli vedere l’inferno, Lethal Bloody Venom.

Non appena sentii il mio nome di battaglia, sorrisi come il Joker e sparai un primo colpo a uno dei Draculoidi davanti a me, facendolo cadere sul pavimento immacolato. I suoi compagni rimasero un attimo sorpresi e ne approfittai per sparare altri colpi, ritagliandomi una minuscola via di fuga da quell’accerchiamento. Mi ci infilai dentro e corsi via per cercare una via di fuga da qualche altra parte dell’edificio, ma un altro Draculoide mi si parò davanti, impedendomi di scappare. Gli puntai la pistola verso il petto e alzai lo sguardo verso i suoi occhi.

Non avrei dovuto farlo.

Il mio sguardo incontrò gli stessi occhi e la stessa maschera che avevo visto il giorno prima, e capii cosa intendeva Evelyn quando diceva che sapeva cosa avrei fatto se avessi saputo in anticipo cosa era diventato Joshua: abbassai leggermente la pistola e lo guardai con un’aria incredula. “… Joshua?” sussurrai, ma lui non diede segno di avermi sentito. Senza che me ne accorgessi, altri due Draculoidi mi afferrarono per le braccia e mi bloccarono, facendo in modo che la mia pistola cadesse per terra. Mi risvegliai dallo shock e mi dimenai per liberarmi, ma una voce purtroppo familiare disse: “Guarda chi si rivede. Eve.”

Mi girai alla mia destra, dove Korse mi guardava con un sorriso soddisfatto in viso. Aprii bocca per dirgli qualcosa, ma qualcuno mi colpì violentemente alla testa e crollai per terra.

E.

Non.

Riuscii.

A.

Smettere.

Di.

C

a

d

e

r

e

.

.

.

*
Ehilà, Sunshines. Non so ancora come faccio a ripresentarmi da queste parti dopo lo scorso capitolo, ma vabbè -.-' In compenso grazie ai vostri commenti ho scoperto quanto mi piace fare la stronza della situazione. Ohssììì ^_^
Bè, non sto a rispondere a tutte le recensioni, visto che sono tutte una serie di "OMMIODDIO JOSHUA UN DRACULOIDE?! Al rogo l'autrice!!" eccetera eccetera. A Dawn_ dico che non la sto prendendo in giro e che voglio di nuovo l'icsoicso (D:), a Kumiko_Chan_ che le do il permesso di picchiarmi non appena mi vede (scena della serie: tu mi tiri un pugno e io "Ahi! Ma che ho fatto?" e tu "Perchè hai fatto diventare Joshua un Draculoide! ç_ç"), e a BBBlondie che so di essere sadica, e il prossimo capitolo è impossibile da leggere anche a me D: *SPOILER!*
Ah, e la frase sotto il titolo del capitolo è di Bulletproof Heart, ovviamente.
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-49 al The Best Day Ever

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Capitolo 11
*** An Experiment ***


Per BBBlondie e anche tutti gli altri: questo è l'ultimo capitolo tragico, seriamente. Lo giuro, è l'ultimo. Il bello è che questo terno di capitoli (9, 10 e 11) fa star male anche me D:

An Experiment

(It was a lie when they smiled and said ‘You won’t feel a thing’)

 

Dopo quanto tempo tornai di nuovo cosciente? Un’ora, un giorno, una settimana? Non lo sapevo. Avevo completamente perso il senso del tempo, e il fatto di essere finita prigioniera dentro la Better Living non mi aiutava certo a rimanere sveglia. Quando tornai completamente in me, sbattei le palpebre un paio di volte e poi aprii gli occhi, per poi richiuderli velocemente non appena una luce forte li ferì. Li aprii un poco alla volta lentamente per farli abituare, e quando tornai finalmente a vedere la prima cosa che notai fu il soffitto bianco sopra la mia testa. Al centro esatto del soffitto c’era una luce bianca accecante, talmente chiara che non riuscivo a capire quando finiva la lampada e iniziava il muro.

Mi misi lentamente a sedere, indolenzita e con la testa che mi faceva ancora male per la botta che mi avevano dato. Mi strofinai gli occhi e mi presi la testa tra le mani, cercando di portare un po’ d’ordine nel casino che c’era dentro: sapevo benissimo cosa mi era successo, e sapevo anche che ero finita dove non avrei dovuto essere. Mi guardai addosso: non avevo più addosso i miei vestiti colorati da Killjoy, ma un camice bianco come quelli dei pazienti di un ospedale che mi arrivava poco sopra le ginocchia e poco sotto le spalle. Rabbrividii, mi toccai il collo e iniziai ad ansimare quando non sentii la collana di Joshua. Dov’è? Dove l’hanno messa? pensai in preda al panico mentre continuavo a tastare il collo per trovarla. Quando capii che era inutile, smisi e mi guardai intorno per vedere se era lì in giro, ma non la vidi a prima vista.

La stanza dove ero prigioniera era uguale a quella dove ero stata rinchiusa quando avevo tentato di salvare Gerard, ma in questa c’era anche il letto di metallo con delle lenzuola bianche dove ero seduta io. Nient’altro, se non le pareti bianche. La prima cosa che mi venne in mente non appena mi diedi un’occhiata in giro fu che la mia migliore amica di Manhattan, JoJo, probabilmente si sarebbe sentita male in un posto del genere: era glaucofobica, e il solo pensiero di una stanza tutta bianca come quella la faceva stare male. Sospirai. Come faccio a pensare a lei quando devo uscire da qui il più presto possibile?

Fulminata da un’idea mi girai verso la porta alla mia sinistra e la fissai. Scesi dal letto, raggiunsi a piedi nudi la parete opposta e, con una rincorsa, mi lanciai contro la porta a tutta velocità. Non rallentai nemmeno, e quando avvenne l’impatto mi ritrovai scaraventata sul pavimento: inutile dire che la porta non si era nemmeno spostata. Sapevo che sarebbe stato inutile riprovarci, quindi lasciai perdere e raggiunsi il letto, seguita dalla telecamera che stava in uno degli angoli. Stavo per mettermi di nuovo a sedere quando notai un luccichio sotto il letto. Incuriosita, mi inginocchiai e tirai fuori l’oggetto, mettendomelo in mano: la collana di Joshua splendette ancora più forte. Con un sorriso amaro me la infilai al collo, nascondendola sotto il camice, e poi mi sdraiai sul letto su un fianco. Cos’hai intenzione di fare? mi chiese Evelyn con un sussurro.

“Non lo so,” le risposi dentro di me. “Penso che l’unica cosa che possa fare sia aspettare.”

 

Non c’era un modo per misurare il passare del tempo all’interno della cella, e quindi non so dopo quanto tempo la porta si aprì dall’esterno. Non appena sentii che veniva aperta, scattai a sedere sul letto e osservai i due Draculoidi sulla soglia. Valutai un attimo le possibilità che avevo: scappare con solo quel camice addosso e senza armi era un po’ un suicidio, e probabilmente non sarei nemmeno riuscita a uscire dal grattacielo. Non sapevo cosa mi avrebbero fatto, ma pensai di essere abbastanza forte per resistere a qualunque cosa sarebbe successa. Sarei morta, se necessario, ma non sarei mai diventata una di loro.

Mi alzai in piedi, nascondendo il mio tremore e la mia paura, e raggiunsi i Draculoidi: li guardai per un momento, e fui sollevata quando vidi che nessuno dei due era Joshua. Uscimmo dalla stanza, che venne chiusa, e osservai il corridoio: era uguale a quello dove eravamo stati rinchiusi io e Gerard qualche mese prima, ma l’unica differenza era che c’era una sola porta, la mia. Alla mia sinistra, qualche metro più in là, c’era la fine del corridoio.

Con uno spintone uno dei due Draculoidi mi indicò di dirigermi alla mia destra. Lo fulminai con un’occhiataccia. “Ehi, vacci piano,” gli dissi con tutto il coraggio di cui ero capace: solo perchè ero prigioniera alla Better Living non significava che avessi rinunciato al mio orgoglio e alla mia sfacciataggine. Tuttavia mi voltai in quella direzione e iniziai a camminare lungo il corridoio bianco a piedi nudi, seguita dagli altri due. Ci fermammo davanti a una porta aperta, dietro una curva: con un altro spintone mi fecero cenno di entrare e io obbedii, incuriosita e spaventata da quello che sarebbe accaduto dopo poco. Non appena ebbi varcato la soglia, i Draculoidi chiusero la portae mi lasciarono sola dentro la stanza.

Mi rifiutai di muovere un solo passo in più e rimasi in piedi davanti alla soglia mentre mi guardavo intorno: al centro della stanza, davanti a me, c’era un lettino bianco come quelli di un ambulatorio, e sui tavoli vicini ai muri c’era una moltitudine di apparecchi e attrezzature che, più che da un ospedale, sembravano usciti da un laboratorio scientifico. Deglutii non appena realizzai che ci avevo azzeccato in pieno: feci dietrofront e allungai una mano verso la maniglia per uscire di lì e tentare la fuga, ma alle mie spalle si aprì una porta e sentii qualcuno uscirne. Imprecai tra me e me e mi voltai di nuovo.

Da una porta laterale che non avevo notato prima erano apparsi tre Draculoidi, seguiti da un uomo con un camice bianco da medico (o da scienziato) addosso. Si avvicinò al lettino e mi guardò: ricambiai lo sguardo senza smettere per nemmeno un attimo di rigirarmi le mani una dentro l’altra.

“Stai tranquilla, non ti succederà nulla,” mi rassicurò lui, parlandomi come se non avessi nemmeno dieci anni. Sorrisi amaramente dentro di me: col tempo avevo imparato a capire che, quando ti dicevano che non avresti sentito niente, che non ti sarebbe successo nulla di grave, tendeva a capitarti l’esatto contrario. Ne avevo fatto le spese molte volte, e non avevo intenzione che questa fosse una di quelle volte; mi limitai a rimanere ferma, in piedi, con le mani che si tormentavano tra di loro davanti al mio petto.

Uno dei Draculoidi mise un colpo nella canna della sua pistola a raggi, facendomi trasalire. Capii che non era esattamente il momento migliore per fare l’eroina impassibile: non pensavo sarebbe successo niente di pericoloso per la mia mente, e non credevo che mi avrebbero fatto un lavaggio del cervello in quel momento. Lentamente, mi diressi verso il lettino e mi ci sedetti sopra, sotto lo sguardo soddisfatto dell’uomo.

La prima mezz’ora successiva fu relativamente ‘normale’, come se stessi facendo una semplice visita di controllo: pressione, battito cardiaco, eccetera eccetera. Fu dopo che… bè, iniziò il peggio.

L’uomo si diresse verso un tavolo lì accanto e iniziò a trafficare con gli oggetti che c’erano sopra, nascondendo quello che stava facendo alla mia vista. Quando si girò per tornare verso di me, in mano aveva una siringa vuota, con l’ago bene in vista. Mi afferrò con la mano libera il braccio sinistro e, prima ancora che potessi dire qualcosa, mi infilò l’ago in una delle vene del polso, senza nemmeno usare qualcosa per alleviare il dolore. Strinsi i denti mentre l’ago penetrava nella mia pelle e scavava per cercare la vena; quando la trovò, mi sembrò quasi di sentire il sangue che usciva per andare a riempire la siringa. Quando fu piena, l’uomo strappò via l’ago violentemente, e io mi coprii il polso con l’altra mano mentre serravo un attimo gli occhi per riprendermi. Lui tornò di nuovo verso il tavolo, e io guardai la ferita: da un buchetto minuscolo stava iniziando a uscire una marea di sangue, pure troppo per un buco così minuscolo. Lo pressai con l’altra mano per far smettere di uscire il sangue: ne spuntò soltanto un’ultima goccia, poi smise. Sospirai di sollievo, ma in realtà mi faceva ancora male, e presto sarebbe comparsa una cicatrice.

Intanto l’uomo era tornato di nuovo dal tavolo con un’altra siringa, stavolta piena di un liquido trasparente che non mi convinceva per nulla. Feci per allontanarmi da lui, ma mi sentivo debole e stanca e non opposi resistenza quando mi afferrò di nuovo il braccio sinistro e me lo tenne fermo. “Questo potrebbe farti male,” mi disse indifferente, come se il fatto che provassi dolore o meno fosse l’ultimo dei suoi problemi. Questa volta l’ago mi si conficcò poco sotto la spalla, facendomi uscire un gemito di dolore, e lo sentii scavare per più tempo rispetto a poco prima. Fu quasi un sollievo sentirlo trovare la vena e iniettare il liquido dentro di me: mi sembrava quasi di poterlo sentire diffondersi nel mio sangue.

Anche questa volta l’ago uscì violentemente dalla mia pelle, ma stavolta la ferita non iniziò a sanguinare. Ne fui sollevata e aspettai che mi succedesse qualcosa, ma non accadde nulla. Fui tentata di dire Scusa, cosa dovrebbe succedere adesso?, ma improvvisamente mi sentii mancare il fiato. Mi portai una mano al petto e cercai di respirare normalmente, ma sembrava che l’ossigeno non riuscisse ad arrivarmi ai polmoni. Feci un respiro profondo con la bocca: inutile. Il cuore iniziò a battermi più forte, non solo per la mancanza di ossigeno, ma anche per la paura. Paura del rivivere una cosa che mi era già successa.

Quando avevo tredici anni c’era stato un periodo in cui avevo sofferto la stessa cosa che mi stava succedendo adesso: andavo in apnea. Di notte, mentre dormivo, improvvisamente non riuscivo a respirare. Dovevo mettermi a sedere sul letto e cercare di tornare a respirare normalmente, cosa parecchio difficile quando sei in una situazione in cui ti sembra di poter morire da un momento all’altro. La prima volta che mi era successo i miei genitori si erano talmente spaventati che mio padre aveva quasi chiamato l’ambulanza, ma col passare del tempo (e col fatto che dovevo dormire con due cuscini invece di uno) l’apnea notturna si era calmata fino al punto di capitarmi molto raramente e in condizioni particolari.

Ormai ero letteralmente piegata in due mentre tentavo di tornare a respirare: sembrava che ci fosse un blocco nei polmoni, qualcosa che mi impediva di portare aria dentro il mio corpo. Quasi non sentii l’ennesimo ago penetrarmi la pelle e iniettarmi qualcos’altro, ma poco dopo l’apnea iniziò a sparire lentamente e l’ossigeno tornò in circolazione dentro di me. Mentre tornavo alla normalità, mi voltai alla mia destra, verso i Draculoidi: non mi stupì vedere Joshua, ma fu la sua totale e quasi innaturale indifferenza a colpirmi duramente. Come puoi permettergli di farmi una cosa del genere, Joshua? gli chiesi dentro di me con le lacrime agli occhi. In condizioni normali avrebbe fatto il diavolo a quattro, avrebbe rischiato la sua stessa vita per mettermi in salvo e dare una lezione ai Draculoidi, ma adesso… adesso mi guardava inespressivo, come se quello che mi stava succedendo non fosse una cosa che lo riguardava.

Continuò così per tutto il tempo: aghi che mi entravano nella pelle, il mio dolore, i miei sguardi speranzosi, ma mai ricambiati, verso Showpony. Quando arrivò la fine avevo le braccia ricoperte di minuscole cicatrici ed ero sfinita, fisicamente e mentalmente. Non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi senza aiuto, e due Draculoidi dovettero trascinarmi di peso verso la mia cella. Aprirono la porta, mi lasciarono cadere sul pavimento e mi chiusero di nuovo dentro.

Rimasi immobile sul pavimento per quello che mi parve un tempo infinito, poi trovai la forza di alzarmi prima sui bracci e poi sulle gambe e appoggiarmi al muro per poter raggiungere il letto e sdraiarmici lentamente sopra su un fianco. Mi portai una mano al collo per trovare la collana di Joshua e, una volta trovata, la intrappolai tra le mie dita, stringendola forte. Le lacrime iniziarono a sgorgarmi dagli occhi aperti mentre pensavo a cosa sarei andata incontro. Non era la morte, non era il lavaggio del cervello, non era la tortura.

Era solo la vita di una cavia.

 

*
Non vi dico niente, Sunshines, questo capitolo parla da solo -.-'
La frase sotto il titolo è di Disenchanted. Come dicono dalle mie parti, 'era la morte sua'.
E ci sono un paio di cose vere in questo capitolo: la mia migliore amica (che non si chiama JoJo XD) è veramente glaucofobica, e io ho sofferto di apnea notturna quando avevo tredici anni (e ancora oggi dormo con due cuscini sotto la testa. Che goduria ^_^)
BBBlondie: so di essere una sadica e sono anche un'idiota, perchè questi capitoli fanno star malissimo anche me. Sadica e idiota, che bella coppia di aggettivi -.-' E so anche che mi odi, ma non mi permetterei MAI di fare qualcosa per farti odiare Frank *eresia! D:* E Joshua non risponde delle sue azioni, almeno non consapevolmente, perchè devi odiarlo?
Lady Numb: no, penso che tornare a casa per Eve sia una PESSIMA alternativa, sono quattro mesi che la cercano come disperati: mica può sbucare così dal nulla e dire "Ehi, ero in California nel 2019!" Ed effettivamente questo è quello che Jennifer aveva visto. Poor Eve...
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-47 al The Best Day Ever

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Capitolo 12
*** In The Meantime... ***


In The Meantime…

 

Frank rimase a guardare Eve scomparire veloce all’orizzonte: per essere una ragazzina correva forte, e sicuramente lui non sarebbe riuscito a raggiungerla. E anche se ce l’avesse fatta, non avrebbe potuto in alcun modo farle cambiare idea su quello che voleva fare.

Quando la ragazza sparì, il chitarrista si mise la mano tra i capelli. E adesso? pensò. Jennifer se n’era andata, Grace non andava messa in alcun modo in pericolo, Joshua era diventato inspiegabilmente un Draculoide, e Eve era partita a fare l’eroina e salvarlo. Non c’era niente che potesse fare, era totalmente da solo.

A meno che…

Frank si girò verso di Grace e si inginocchiò in modo da guardarla bene negli occhi. Le mise le mani sulle spalle e disse: “Ascoltami bene, Grace. Appena me ne vado corri a nasconderti. In garage, sotto il bancone, dentro il letto, non importa: nessuno ti deve trovare, in alcun modo, capito? Rimani nascosta finchè non torno io, non azzardarti a uscire prima, per nessun motivo.”

“Quanto stai via?” chiese la bambina preoccupata e con gli occhi lucidi.

“Non lo so, piccola. Cercherò di fare il più veloce possibile, va bene?” Si rialzò e le diede un bacio sulla fronte. “Adesso vai, corri!

Lei non se lo fece ripetere due volte e corse all’interno del Diner. Non appena si chiuse la porta alle spalle Frank fece dietrofront e iniziò a correre nella stessa direzione in cui era andata Eve poco tempo prima. Corse più veloce che potè, senza fare caso alle fitte dolorose che riceveva dalla spalla e dalla milza, e si fermò soltanto quando raggiunse il cartello che dava il benvenuto a Battery City. Attraversò velocemente la strada e si fermò vicino a un cespuglio ormai secco per il caldo e la sabbia….

 

…. e si ritrovò improvvisamente davanti a casa sua, nello stesso punto da dove era partito. Si guardò intorno, sbigottito, e poi guardò sé stesso: non aveva più addosso il giacchetto di pelle e quei jeans consumati, ma la maglietta e i pantaloni che aveva quando era atterrato in California, e anche la sua spalla sembrava improvvisamente guarita. Si riprese velocemente dallo shock iniziale e poi corse dentro casa. Raggiunse il telefono in un batter d’occhio e iniziò a digitare freneticamente un numero. Per fortuna era da solo in casa: Jamia aveva portato le bambine da sua madre ed era andata a trovare una sua amica.

“Pronto?” disse una voce dall’altro capo del telefono.

Frank fece un sospiro di sollievo, poi urlò: “Gee! Ho bisogno di vederti, subito!”

Il silenzio sbigottito e imbarazzato del cantante durò qualche secondo, poi sussurrò a denti stretti: “Non mi sembra il momento adatto per una sveltina, Frankie. Qui a casa con me ci sono Lyn-z e Mikey…”

“Ma non in quel senso, pervertito!” gli disse l’amico, anche se lui sarebbe stato il primo a pensare male. “Ci troviamo al parco vicino a casa mia tra un quarto d’ora, avvisa Ray e porta anche tuo fratello!”

“Frank, ma cos’è successo?” chiese Gerard preoccupato, ma l’altro gli attaccò il telefono in faccia prima ancora di rispondergli.

 

“Madeleine, dove vai? Torna da mamma!”

La bambina ignorò tranquillamente sua madre e iniziò a sgambettare con le sue gambette da treenne sul prato, allontanandosi sempre di più dalla panchina dove la donna era seduta. Cadendo e rialzandosi riuscì ad attraversarlo tutto, e si ritrovò in uno dei tanti viali sterrati e alberati del parco cittadino. Le panchine erano piene di nonni e genitori con bambini piccoli, ma una panchina in particolare attirò l’attenzione della piccola Madeleine: sopra c’erano le persone più strane che aveva mai visto nei suoi tre anni di vita.

Il primo ragazzo, seduto a sinistra, aveva la faccia pallida come un vampiro e dei capelli così rossi che pareva stessero bruciando, e non smetteva un secondo di sistemarseli mentre parlava con un altro ragazzo nervosissimo con dei capelli biondi con delle strisce più scure. Alla fine della panchina c’era un terzo ragazzo con dei capelli castani talmente ricci da far venire voglia alla bambina di toccarli. Sembrava che tutti aspettassero qualcosa o qualcuno, e lei rimase ad aspettare con loro, nascosta dietro un cespuglio. All’improvviso gli sguardi dei tre seduti sulla panchina si voltarono verso destra, e Madeleine si voltò insieme a loro: c’era un ragazzo basso che stava correndo verso gli altri tre, con i lunghi capelli neri che gli finivano continuamente sugli occhi coprendo i suoi occhi verdi. Si fermò davanti alla panchina e riprese fiato, poi iniziò a parlare velocemente agli altri. La bambina sarebbe rimasta volentieri a sentire cosa si dicevano, ma sua madre la ritrovò, la sollevò di forza da terra e la riportò al suo passeggino mentre la sgridava, tra i pianti e gli strilli della piccola.

Frank, intanto, continuò a raccontare cos’era successo tra gli sguardo sempre più preoccupati e increduli degli altri componenti dei My Chemical Romance. Quando smise di parlare osservò le reazioni dei tre sulla panchina: Gerard aveva uno sguardo spiritato e si teneva la testa tra le mani, Mikey sembrava ancora più nervoso del solito e Ray aveva una mano tra i capelli, incapace di credere a quello che aveva appena sentito. Il silenzio cadde per qualche secondo, rotto solo dal rumore di alcuni bambini che giocavano lì accanto, poi Ray disse: “Dio. Dobbiamo fare qualcosa.”

Wow, allora sotto quella matassa di ricci si nasconde un cervello, pensò sarcastico Frank, che non vedeva l’ora di tornare da Grace. “Potremmo muovere le chiappe da questa panchina, andare a casa mia e tornare in California, che ne dite?” disse.

“Adesso?”

Il chitarrista fulminò Gerard. “E quando, tra un mese? Quando Eve sarà morta?”

“Frank… non possiamo andarcene adesso,” continuò l’altro, tirando fuori le parole una per una con fatica. “Non possiamo abbandonare le nostre famiglie, il tour e tutto il resto…”

“Mi stai prendendo per il culo?” si incazzò Frank. “Lo sai benissimo che quando torneremo non sarà passato nemmeno un secondo, non cercare di arrampicarti sugli specchi!”

“Ma se l’hai detto tu che questi quattro mesi sono passati anche in California!” si intromise Mikey.

“E va bene! Magari su questo mi sbaglio, contento? Ma andare ad aiutare Eve mi sembra il minimo che possiamo fare dopo tutto quello che ha fatto per noi, no?” Vide che Ray stava per intervenire e lo bloccò. “È vero, ci ha anche consegnato a Korse, ma chi è che si è fatta in quattro per farci uscire da quel maledetto furgone? Chi è che si è fatta il mazzo per andare a liberare Gerard alla Better Living? Tutte queste cose non vi dicono più nulla?”

“Eve se la sa cavare da sola, ce la farà,” continuò Mikey.

“Scusami tanto, quale parte della storia ti sei perso? Jennifer che è tornata a casa? Grace nascosta da sola al Diner? Joshua che è diventato un Draculoide e Eve che è andata alla Better Living per salvarlo come se fosse Wonder Woman?” gli disse Frank sarcastico, ma in realtà non riusciva a credere alle proprie orecchie. Come possono essere così egoisti? pensò. Come possono non voler aiutare una persona che ha aiutato noi? Pensava che adesso qualcuno dicesse ‘Okay, andiamo a fare il culo ai Draculoidi e a salvare Eve e Joshua’, ma nessuno lo fece. Anzi, nessuno disse nulla. Guardò con disprezzo quelli che credeva suoi amici e disse: “E va bene. Vuol dire che ci andrà da solo, brutti pezzi di merda.” Fece dietrofront e iniziò di nuovo a correre nella direzione da dove era venuto.

Spero tanto di morire, pensò mentre correva. Sì, spero che un Draculoide o Korse mi sparino e mi uccidano mentre cerco di salvare Eve. Voglio che la notizia arrivi a quei tre stronzi lì sulla panchina. Voglio rimanere sulle loro coscienze per sempre. Voglio che…

 

“Frank, aspetta!”

*
Wow, non avete idea di quanto sia stanca stasera, Sunshines: l'allenamento mi ha distrutto, e ho la schiena che chiede pietà.
Non so se ho reso bene l'idea o meno, ma questo capitolo parte da quando Eve va a Battery City per fare l'eroina e salvare Joshua. *tattarataaaaaaa!*
Lady Numb: internata nel 2019 e nel 2010, che bella cosa... XD Porta avanti l'opera di convincimento, mi raccomando! XD
BBBlondie: ho capito che tu ormai mi odi, e al concerto mi ucciderai e rapirai il Franco senza di me (NOOOOOOO D:). Ti adoro anch'io (<3) e vedrai che le cose (forse) miglioreranno...
Kumiko_Chan_: sabato? Non ti sembra di essere un pò in ritardo? o_O (Okay, non farci caso. Manca dieci alle dieci e non vedo l'ora di infilarmi dentro il letto per riprendermi dall'incubo/invasione di zombie di stanotte.) Qualcosa di familiare? Non capisco assolutamente di chi *coff, Daniel, coff* stai parlando. Lo vedo come riesco a farti rimanere senza parole (voglio dire, non vedo una tua Odissea da secoli! Stai perdendo colpi, vecchia mia ù.ù) e l'apnea notturna non è DECISAMENTE simpatica. Non se tuo padre urla a tua madre "Oddio, chiama un'ambulanza!" mentre tu sei lì che stai per affogare da un momento all'altro.
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-45 al The Best Day Ever

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Capitolo 13
*** A Rescue ***


A Rescue

 

Late dawns and early sunsets, just like my favorite scenes…then holding hands and life was perfect, just like upon the screen…

Era questo che stavo canticchiando tra me e me, sdraiata sul letto su un fianco. I miei occhi, aperti e vacui, vagavano senza una meta precisa sulla parete davanti a me, e tra le dita mi rigiravo la pietra azzurra-verde della collana di Joshua, appesa al mio collo.

Running away and hiding with you, I never thought they’d get me here… not knowing you’d change from just one bite… I fought them all off just to hold you close and tight…

Avevo perso completamente il senso del tempo: non riuscivo a percepire più il passare dei giorni e delle ore. La cella e il laboratorio: solo questo, nient’altro.

Se non gli sguardi indifferenti di Joshua.

Ormai avevo le braccia ricoperte di cicatrici, più o meno grandi. Contarle era una fatica sprecata: erano sempre di più, e alcune scomparivano all’improvviso. Ce n’erano di tutti i tipi: tagli, buchi di siringhe, ferite varie… e nelle mie vene scorrevano più composti chimici che sangue.

But does anyone notice, but does anyone care? And if I have the guts to put this to your head… but would anything matter if you’re already dead? And should I be shocked now by the last thing you said? Before I pull this trigger, your eyes vacantly and stained…

Non sapevo perchè avevo iniziato a cantare quella canzone. No, in realtà lo sapevo benissimo: rappresentava alla perfezione la situazione che c’era tra me e Showpony in quel momento. Se solo avessi avuto il coraggio di sparargli, di riportalo tra noi, di non farlo restare quello che aveva sempre odiato essere… ma era importante il fatto che, forse, era già morto dentro?

And in saying you loved me made things harder at best, and these words changing nothing as your body remains… and there’s no room in this hell, there’s no room in the next… and our memories defeat us, and I’ll end this direst…

Chissà. Forse Joshua aveva sbagliato a dirmi che mi amava, quella sera nel deserto. Magari avrei potuto ucciderlo, liberarlo da quello che era diventato… oppure no. I miei ricordi mi avevano sconfitta, mi avevano resa debole… e quei vuoti occhi grigi avevano fatto il resto.

Stavo impazzendo. Letteralmente. Ero sul baratro della follia: bastava soltanto che qualcuno mi desse una spinta.

But does anyone notice… there’s a corpse in this bed?

E per ora nessuno si accorgeva che nel letto di quella cella c’era solo un cadavere.

 

Rimasi per ore in quella posizione, e quando smisi di cantare intorno c’era solo il silenzio. Mi sembrò che fossero passati giorni prima di sentire dei rumori provenire fuori dalla stanza. Non ci feci caso: era normale che qualcuno passasse per quel corridoio. Anzi, forse erano venuti di nuovo a prendermi per portarmi in laboratorio. Strinsi la collana più forte tra le mie dita: no, non ci volevo andare, non volevo più provare dolore, non volevo più sentire gli aghi che mi entravano nella pelle…

Un rumore insolito mi risvegliò dai miei pensieri. Non tentai nemmeno di mettermi a sedere sul letto per vedere cosa sarebbe successo: ero troppo debole, non riuscivo nemmeno a muovermi. I minuti successivi furono pieni di urla, grida e spari. E, quando degli altri passi si avvicinarono alla porta e io mi girai verso di lei, un botto più forte di tutti gli altri spaccò la serratura e la fece cadere a terra. Con la vista confusa e debole vidi a malapena la porta che si apriva e qualcuno che entrava dentro. Mi sforzai di mettere a fuoco la figura: aveva i pantaloni bianchi, un giubbotto blu e teneva in mano una pistola a raggi gialla. I corti capelli rossi, uguali ai miei, erano spettinati, e al volto aveva una mascherina gialla da supereroe, da cui spuntavano due occhi verdi.

Non ci voleva un genio per capire chi fosse.

“P… P… Party… P-Poison…?” mormorai, leggermente confusa.

“In carne e ossa, honey,” mi disse lui con un sorriso mentre si toglieva la mascherina e rinfoderava la pistola. Si avvicinò al mio letto e mi aiutò a mettermi a sedere. “Forza, è ora di uscire da qui.” Cercò di mettermi in piedi ma, non appena vide quanto tremavo ed ero debole, mi prese in braccio come avrebbe fatto con una bambina piccola. Mi aggrappai al suo collo con le braccia, lasciando che il ragazzo le vedesse. Il suo tono scherzoso sparì non appena vide tutti i segni sulla mia pelle. “Dio, Eve… cosa ti hanno fatto?” mi sussurrò.

Non gli risposi e strinsi la stretta delle mie braccia sul suo collo.

Lui non disse nient’altro e uscì dalla stanza, dicendo a qualcuno: “È qui, l’ho trovata.” Girai lentamente la testa e vidi stupita Jet Star, Kobra Kid e Fun Ghoul che mi guardavano preoccupati e allo stesso tempo sollevati. Guardai Frank e feci un sorriso, il primo che facevo da un sacco di tempo. “Sei andato a chiamare aiuto.”

Si avvicinò e mi strinse lievemente il braccio. “Pensavi davvero che ti avrei lasciata qui dentro?” Mi sorrise di rimando, ma smise non appena vide tutte le cicatrici sul mio braccio. Vidi il suo sguardo passare dall’incredulo all’incazzato, con la rabbia che si faceva strada sul suo viso. “Quei figli di puttana…” mormorò, controllando a stento la rabbia.

“Ehm… penso che faremmo meglio a uscire da qui,” disse Mikey, capendo che se fossimo rimasti dentro la Better Living troppo a lungo Frank avrebbe dato di matto e non avrebbe più risposto delle sue azioni. Gerard non se lo fece ripetere due volte e iniziò a correre con me in collo lungo il corridoio alla nostra destra, seguito dagli altri. Il cuore mi balzò in gola e gli occhi mi si spalancarono per la paura: strinsi ancora più forte il ragazzo, che si fermò di nuovo. “Eve, mi stai stritolando!” protestò, ma io non lo ascoltai e iniziai a mormorare: “Non portarmi là, per favore, per favore, non portarmi lì dentro…”

“L’uscita è di là, e a meno che tu non voglia spaccare un muro…”

Non portarmi lì dentro!” urlai, scoppiando poi a piangere. Vidi i ragazzi scambiarsi degli sguardi stupiti e poi Gee mi disse: “Tranquilla, non ti portiamo là dentro. Tiriamo a dritto verso le scale, e poi usciamo di qui e torniamo al Diner. Se ti porto da un’altra parte hai il diritto di picchiarmi, va bene?”

Annuii piano, versando le ultime lacrime, e poi iniziammo di nuovo a correre. Sentii Ray dire: “Ma che diavolo le è successo?” e Frank che rispondeva: “Non lo so, ma se trovo il bastardo che le ha fatto tutto questo giuro che lo ridurrò in un modo che sarà irriconoscibile perfino per sé stesso.” Quando passammo davanti alla porta del laboratorio serrai gli occhi e strinsi Gerard un attimo più forte. Tutti capirono immediatamente cosa mi era successo e non mi stupì vedere Fun Ghoul mettere un colpo nella canna della sua pistola a raggi con un’espressione incazzata, seconda solo a quella che aveva fatto Mikey quando i Draculoidi gli avevano rovinato la macchina.

Arrivammo alle scale senza altri problemi, le salimmo e sbucammo in uno dei tanti corridoi della Better Living. “Di qua!” disse Kobra Kid, indicando la direzione alla sua sinistra: conoscendolo, doveva essersi studiato a memoria tutta la piantina del grattacielo e dintorni. Continuammo a correre in quella direzione, senza che nessuno, stranamente, ci inseguisse. Soltanto quando arrivammo alla fine del corridoio e intravidi l’atrio dell’ingresso principale, da un altro corridoio sbucò un gruppetto di Draculoidi pronti a metterci i bastoni tra le ruote. Ray, Frank e Mikey impugnarono le loro pistole a raggi e aprirono il fuoco, seguendo me e Gerard attraverso l’atrio e coprendoci le spalle. Sentivo i proiettili sfiorarmi, e mi aggrappai forte al ragazzo, che ricambiò la presa. “Siamo quasi all’uscita, resisti,” mi sussurrò. Annuii e fissai la porta principale avvicinarsi davanti a noi. Gee cercò di aprirla con una mano, ma lei rimase chiusa, esattamente come era successo a me.

Il ragazzo mormorò qualcosa tra sé e sé, poi si girò alle nostre spalle. “Jet Star!” urlò: lui si girò immediatamente verso di noi, capì cosa doveva fare e, dopo aver sistemato un Draculoide, puntò la sua pistola verso il vetro della porta e sparò. Il vetro si incrinò solamente, ma era ancora abbastanza resistente per impedirci di uscire. Era fatta, eravamo nella cacca fino al collo.

Non voglio morire, non voglio morire, iniziai a pensare con l’ansia che saliva e il respiro che si faceva affannato. Gerard si guardò intorno preoccupato per cercare una soluzione, ma in quel preciso istante sentii uno spostamento d’aria alla mia destra e il vetro che andava in frantumi: sia io che il ragazzo ci voltammo stupefatti verso il Draculoide morto e caduto per terra che ci aveva aperto la strada. Frank e Mikey ci passarono accanto soddisfatti, e il primo aveva quel suo sorriso malefico che mi era mancato. “Cazzo, Frank, un po’ più di grazia?” gli disse Gee con aria di rimprovero, ma in realtà aveva un sorriso enorme in faccia e gli occhi che gli brillavano. Ray si unì di nuovo a noi e iniziammo a correre fuori dal grattacielo, dentro la città. Faceva decisamente freddo, e io avevo addosso soltanto quel maledetto camice bianco: sperai che la nostra corsa non durasse a lungo, e infatti dopo qualche metro svoltammo un angolo e ci ritrovammo davanti alla macchina di Frank, ancora intatta. Mikey si mise al posto di guida (anche se ancora mezza confusa, capii che ci aspettava una corsa a tutta velocità), Ray sul sedile del passeggero e Fun Ghoul sui sedili dietro. Gerard mi depositò accanto al ragazzo prima di entrare anche lui e lanciarci a tutta velocità nella notte di Battery City.

Iniziai a rilassarmi, e quella follia che mi aveva presa dentro la cella si stava dissolvendo come la nebbia. Finalmente mi sentivo di nuovo Eve Blackshadow. Mi sentivo di nuovo Lethal Bloody Venom, la Killjoy.

Mi sentivo di nuovo me stessa.

Dopo aver attraversato il tunnel, Frank prese qualcosa dietro di sé e me lo mise in grembo. “Penso che questi ti faranno comodo,” mi disse con un sorriso. Riuscii a intravedere alla poca luce i miei vestiti da Killjoy, e anche la mia pistola a raggi arancione. Senza poter aspettare un secondo, mi tolsi di dosso il camice e mi infilai la mia maglia, i pantaloni, le scarpe e il foulard, e infilai la pistola nel fodero della cintura. Gee prese il camice e aprì il finestrino per gettarlo fuori, ma io lo fermai. “No, lascialo a me. So io cosa devo farci.” Lui sembrò un po’ riluttante ma alla fine me lo riconsegnò.

Mentre mi sistemavo il foulard, la pietra della collana mi rimbalzò contro il petto: un pensiero improvviso mi fulminò e dissi: “Joshua! Lo abbiamo lasciato lì dentro! Dobbiamo tornare a prenderlo, e…”

“Non preoccuparti, sono sicura che ci raggiungerà tra non molto,” cercò di rassicurarmi Mikey.

“Come fai ad esserne così sicuro?”

Ci pensò Ray a rispondermi. “Sai com’è, se ammazzi quasi tutti i Draculoidi tranne lui è probabile che sarà lui ad inseguirci.” Feci un lieve cenno d’assenso e mi rilassai sui sedili. Dopo pochi minuti Gerard si girò a guardare la strada dietro a noi e disse: “Sta arrivando.”

Il mio cuore perse un colpo e mi voltai anch’io: una moto ci stava inseguendo con il fanale acceso e, anche se non riconoscevo il guidatore, sentivo che era Joshua. Rimasi impassibile mentre dicevo: “Ferma la macchina.”

Se si fosse potuto girare, Mikey mi avrebbe guardata stupito. “Cosa? Eve, sei impazzita o…”

“Ho detto. Ferma. La. Macchina.”

Lo dissi con un tono così deciso e duro che nessuno replicò e l’auto rallentò sempre più lentamente fino a fermarsi. La moto fece la stessa cosa e si fermò qualche metro più indietro. Scendemmo tutti dalla macchina e io mi girai verso Joshua, che era smontato dalla sua moto. Feci un respiro profondo e mi diressi a passo sicuro verso di lui, con la pistola a raggi in mano. Quando fui a meno di tre metri di distanza, la alzai e gli sparai un colpo nella gamba destra, facendolo crollare a terra. Sentii Mikey urlare come una checca isterica e provare a dirmi qualcosa, ma Gee lo fermò. “Lasciala stare. Sa quello che deve fare.”

Magari lo sapessi, pensai con un sospiro. Aveva solo una misera idea, e forse non avrebbe funzionato; e a quel punto saremmo stati nei casini. Raggiunsi Joshua, immobile sull’asfalto, e mi inginocchiai accanto a lui. Stavolta gli tolsi la maschera più velocemente e la gettai via, rimanendo a fissare quei tratti così familiari e quegli occhi grigi che mi avevano sempre affascinato, illuminati dal fanale della moto. Avvicinai la mia bocca al suo orecchio. “Sai, questo speravo proprio di non doverlo fare,” gli sussurrai con la voce che tremava. Lui rimase impassibile: mi morsi il labbro inferiore e poi, lentamente, appoggiai la mia bocca sulla sua e lo baciai.

E pensai ai ricordi allo stesso ritmo del battito del mio cuore.

Tu-tum.

Il primo incontro tra me e Showpony.

Tu-tum.

La litigata nel garage.

Tu-tum.

Lui che mi salvava da Simon.

Tu-tum.

Quella notte nel deserto.

Tu-tum.

La sua quasi-morte.

Tu-tum.

Il mio addio e il mio ritorno.

Tu-tum.

La sua scomparsa.

Tu-tum.

La mia disperazione nel vederlo come un nemico.

Tu-tum.

 

Tu-tum.

 

Mi staccai dal suo viso e lo fissai alla luce del fanale. Niente, la sua espressione non era cambiata per niente. Disperata e arrabbiata allo stesso tempo, gli tirai un pugno sul petto con le lacrime agli occhi e urlai: “Andiamo, idiota, svegliati! Ricordati di me, ricordati tutto!” Presi il suo viso tra le mani e rimasi a fissarlo negli occhi, determinata a farlo tornare quello di sempre, in qualunque modo.

Joshua continuò a fissarmi vacuo, poi improvvisamente sbatté le palpebre e, a poco a poco, i suoi occhi ripresero la loro luminosità. Lo sentii lamentarsi un momento per il dolore alla gamba e poi, quando i nostri sguardi si incontrarono, sussurrò: “…Eve?”

Feci un enorme sorriso, misi la mia testa sul suo petto e iniziai a piangere di nuovo, ma stavolta erano lacrime di felicità. Lui, sempre più confuso, mi passò una mano tra i capelli corti e mi disse: “Ehi, calmati, ci sono io qui. Non devi preoccuparti di niente.” Lo sentii gemere di nuovo e chiedere: “A proposito… perché la gamba mi fa così male?”

Smisi di singhiozzare, imbarazzata, e confessai: “Ehm… ti ho sparato.”

“Tu cosa?” gridò scandalizzato. Mi allontanò da lui per avere spiegazioni, ma poi notò i suoi vestiti e la maschera da Draculoide qualche metro più in là e mi guardò di nuovo, scioccato. “E-Eve… cosa mi è successo?”

“Te lo spiegherò con calma quando saremo tornati al Diner. Forza, andiamo, sono tornati anche gli altri Killjoys.” Lo aiutai a rimettersi in piedi e poi ci dirigemmo insieme verso la macchina di Frank, le nostre due mani che si stringevano a vicenda.

 
*
Per Kumiko_Chan: RECENSIONE OMERICA OBBLIGATORIA
E tutti vissero felici e contenti, soprattutto le Sunshines perchè Joshua era tornato sè stesso, e anche l'autrice perchè erano cessate le minacce di morte nei suoi confronti e perchè aveva scritto un capitolo beeeeello lungo ^_^
Lady Numb: Eve, colei che si è fatta il mazzo in più di un occasione XD Ma come puoi ben vedere, è tutto tornato tranquillo...
BBBlondie: ahah, Madeleine non è il doppio di nessuno, era solo una che passava lì per caso e che io ho gettato nella storia *afferra la bambina e la getta dentro il computer* Okay, questa era penosa -.-' La tua curiosità è stata saziata abbastanza?
Kumiko_Chan_: Il Frerard era d'obbligo, cavoli ù.ù E' stata la tinta a dare dei problemi al Vichingo, è una certezza matematica, Mikey era stato troppo sotto l'effetto di Ricky Rebel e Ray stava ancora cercando i suoi neuroni in quel cesto di capelli XD Allenamento di pallavolo, mia cara, non ti dico che palle fare 7-8.30 di sera due volte a settimana, più due ore il martedì -.-' Ma almeno porta le sue soddisfazioni (? o_O) Hai visto che poi ho inserito Early Sunsets Over Monroeville qui dentro? E nel prossimo capitolo ci sarà un'altra canzone di Bullets...
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-43 al The Best Day Ever

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Capitolo 14
*** A Burned White Coat ***


A Burned White Coat

(And I feel like there’s nothing left to do, but prove myself to you)

 

“Quindi… ho tentato di rapire Grace, ti ho sparato, ti ho impedito di fuggire dalla Better Living e sono rimasto impassibile a guardarti mentre ti usavano come cavia?”

“Eh… già.”

Si prese la testa tra le mani e abbassò lo sguardo. “Dio,” mormorò a voce bassa, talmente bassa che quasi non la sentii nemmeno io. Soltanto dopo qualche minuto trovò la forza e il coraggio di rialzare lo sguardo e guardarmi con i suoi occhi grigi. “Eve, io… mi dispiace tanto.”

Allungai le mani sul tavolo dove eravamo seduti uno di fronte all’altra e presi le sue mani tra le mie. Gli sorrisi dolce. “Tranquillo, non ti sto dando la colpa, non sapevi cosa stavi facendo. Per fortuna sono arrivati i ragazzi.”

Non appena eravamo arrivati al Diner dopo essere scappati da Battery City, avevo raccontato a Joshua tutto quello che era successo dopo la sua scomparsa. Lui mi aveva ascoltata sempre più sconvolto e pallido, e alla fine mi aveva guardato con gli occhi spalancati e un’espressione imbarazzata in faccia. Lo avevo costretto a dirmi cosa era successo dopo che se ne era andato: mi disse che si era allontanato di parecchio, ma alla fine si era pentito e si era messo in marcia per tornare al Diner. A quel punto, però, aveva incontrato un gruppo di Draculoidi (troppi perfino per lui) e si ricordava solo di aver ricevuto una botta in testa dopo aver lottato. Dopo quello, il suo primo ricordo era quello di lui sdraiato sull’asfalto con un dolore atroce alla gamba e io che lo sovrastavo con le lacrime agli occhi.

Parlando con Gerard e gli altri, avevo scoperto che ero rimasta prigioniera per una settimana (incredibile come il tempo si fosse dilatato in quella cella). Subito dopo che me ne ero andata, Frank era andato ad avvisare gli altri ragazzi, che si erano convinti a tornare in California solo dopo un litigio di dimensioni epiche. Quando erano tornati nel 2019 era passato solo un giorno, e avevano preferito preparare un piano accurato fino nei minimi dettagli, anche se ci avrebbero messo più tempo. “Se avessimo saputo cosa ti stava succedendo avremmo fatto più in fretta,” mi aveva detto Ray con tristezza.

E che dire di Grace? Era contenta che i Killjoys fossero tornati, ed era scoppiata in lacrime non appena aveva visto che Joshua era tornato quello di sempre. Sembrava si fosse già scordata cos’era successo e cos’era stato il ragazzo, ma non aveva importanza: adesso Showpony era di nuovo con noi. Ma, come me, era stato segnato nel profondo.

“Tu dici che non mi stai incolpando, Eve. Ma io mi sto incolpando da solo.” Joshua mi tirò su la manica sinistra della maglia, scoprendo tutte le mie cicatrici. Rabbrividii nel vederle e chiusi un momento gli occhi, per poi riaprirli e posarli sul ragazzo, che non aveva smesso un attimo di fissarmi. “Come… come posso aver permesso che ti facessero questo? Come ho potuto non accorgermene?”

Tirai giù la manica bruscamente. “Sarebbe successo comunque, con o senza di te.”

“Sì, ma…”

“E che palle, Joshua! Non ti ho mai sentito fare la vittima in questo modo!” La voce di Frank emerse da dietro il bancone, dove stava cercando delle munizioni per la sua pistola a raggi. Io e Showpony ci voltammo in quella direzione, e il chitarrista sbucò poco dopo con una scatola di cartone che appoggiò sul piano. Si girò verso noi due e continuò: “Eve non ti incolpa, Grace non ti incolpa, noi non ci pensiamo nemmeno a dirti qualcosa, di che ti lamenti? Vuoi una lettera scritta e firmata da Korse?” Scoppiammo a ridere mentre lui sorrideva e scompariva di nuovo dietro il bancone. Mi voltai di nuovo verso Joshua e gli dissi: “Ha ragione.”

Fece spallucce. “Ovvio. Lui ha sempre ragione.”

“Sagge parole, ragazzo!” esclamò di nuovo Frank da dietro il bancone.

 

Indovinate un po’ quanto i My Chemical Romance rimasero in California, alla fine? Tre settimane, contando anche quella in cui io ero stata prigioniera. Era incredibile la velocità con cui erano tornati ai loro vecchi ritmi, e desiderai più di una volta che rimanessero insieme a noi per sempre. Ma sapevo che era impossibile, e non fui sorpresa quando, all’inizio della quarta settimana, mi dissero che dopo un paio di giorni sarebbero tornati nel nostro mondo.

Il giorno della loro partenza il cielo era stranissimo: per la prima volta in assoluto era coperto da nuvole grigie, come se avrebbe iniziato a piovere da un momento all’altro. Forse anche il cielo era triste per la partenza dei Killjoys. Fu uno degli addii più strazianti che feci: sapevamo tutti che questa volta non ci sarebbero stati ritorni improvvisi, né da parte mia né da parte loro. “Allora… buona fortuna,” ci disse Mikey con un sorriso triste. Gli sorrisi di rimando mentre pensavo Sì, e ce ne vorrà anche tanta.

“Saprete cavarvela senza di noi?” ci chiese Gerard.

“Tranquillo, abbiamo resistito per quattro mesi, possiamo continuare a farlo. E forse non saremo soli.” Indicai davanti a me con la mano. “Dicono che stia succedendo qualcosa a Battery City, che qualcuno stia iniziando a capire cos’è veramente la Better Living. Chissà, forse tra un po’ ci saranno dei nuovi Killjoys che combatteranno con noi.” Guardai i ragazzi. “Ma nessuno potrà mai sostituirvi.”

Il silenzio che calò era profondamente triste, e mi parve di vedere delle lacrime brillare negli occhi di Frank. Lui si strofinò gli occhi e esclamò: “Ah, piantiamola con queste sdolcinatezze. Mi farai venire il diabete, Venom.” Scoppiammo tutti a ridere e, con un ultimo saluto, i ragazzi si voltarono per andarsene. Improvvisamente, però, un’idea mi passò fulminea per la testa e urlai loro: “Aspettate un attimo! Devo darvi una cosa!”

Non appena si voltarono di nuovo, corsi a tutta velocità verso il garage chiudendomi la porta alle spalle. Afferrai un foglio di carta, una busta e una penna quasi scarica e iniziai a scrivere di getto. Pensavo che sarei scoppiata a piangere, ma le lacrime non arrivarono nemmeno ai miei occhi e riuscii a finire di scrivere senza versarne nemmeno una. Quando finii, piegai la lettera e la infilai nella busta, e sopra vi scrissi un indirizzo. Uscii dal garage e raggiunsi i ragazzi e Joshua, che aspettavano solo me. Consegnai la busta a Gerard. “Per favore, portatela all’indirizzo che c’è scritto sopra. È importante.” Lui mi guardò e fece un cenno di assenso, e gli rivolsi uno sguardo che voleva dire ‘Grazie’.

I quattro Killjoys si allontanarono di nuovo, e quando furono lontani ma ancora a portata d’orecchio urlai: “Se sentite il bisogno di tornare quaggiù, non fatevi problemi!”

“Non penso che ci mancherà vedere il brutto muso di Korse!” mi urlò Ray in risposta, scatenando le risate di me e Joshua. Rimanemmo sulla strada da soli a guardarli andare via (avevamo portato Grace dal Dr. D per sbrigare alcune cose da soli) e, quando sparirono, mi lasciai sfuggire un sospiro. “Credi che torneranno?” mi chiese Showpony.

“No, non lo faranno.” Guardai la strada deserta. “Non ne hanno alcun motivo.” Lui non disse nulla, e si limitò a stringermi la mano. Si voltò verso di me e mi puntò gli occhi addosso. “Cos’hai scritto in quella lettera?”

“Spiegazioni. Scuse. Desideri. Fantasie. Cose che chi la riceverà non capirà mai. Ma l’importante è averci provato.”

Joshua capì che non volevo dire altro e cambiò discorso. “Lo facciamo adesso?”

Mi girai verso di lui, guardandolo con i miei occhi castani pieni di determinazione. “Sì.”

Tornammo dentro il garage e Showpony recuperò una scatola di fiammiferi da un tavolo mentre io tiravo fuori da un angolo polveroso quel maledetto camice bianco. I ricordi di quella settimana nel laboratorio mi passarono veloci davanti agli occhi, ma io deglutii con forza e li scacciai via. Mi girai verso il ragazzo e uscimmo, raggiungendo lo spazio dietro il Diner. Gettai il camice per terra con tutto l’odio di cui ero capace e poi rimasi un momento a fissarlo prima che Joshua mi mettesse in mano i fiammiferi. “L’onore è tutto tuo.”

Aprii la scatolina, tirai fuori un fiammifero e lo sfregai con forza sul bordo della scatola per accenderlo. Prese immediatamente fuoco e lo lanciai sul camice, che iniziò a bruciare quasi subito, la stoffa che si piegava e si anneriva prima di ridursi in cenere. Non distolsi lo sguardo nemmeno quando sentii quello preoccupato del ragazzo su di me, fissando le fiamme ipnotizzata. Quelle fiamme erano una promessa a me stessa: non avrei mai permesso che una cosa del genere succedesse di nuovo, né a me né a nessun altro. Giurai che avrei continuato a correre, a far vedere l’Inferno a Korse e ai Draculoidi, e che avrei protetto Grace e Joshua da tutto questo. Avevo solo quindici anni, quasi sedici, ma questo non mi sembrava un buon motivo per non promettere una cosa del genere.

Mi voltai verso Showpony mentre lui non mi guardava: c’era qualcosa di strano nei suoi occhi, qualcosa che non sapevo definire. Sicuramente era rimorso, per non avermi protetta come aveva giurato di fare. Forse tristezza, per tutto quello che era successo. Una cosa sola era certa: eravamo cambiati entrambi, nel profondo, ma non sapevo dire se era un cambiamento positivo o negativo. Dovevamo accettarlo comunque, perché sarebbe rimasto. Per sempre, forse.

Rimanemmo in silenzio finchè la fiamma non si spense da sola e il camice non si ridusse a un mucchietto di cenere. Gli diedi un calcio con lo stivale. “Ti senti meglio adesso?” mi chiese Joshua.

“Diciamo di sì,” gli risposi con un sorriso triste. Lo presi per mano e, in quel momento, le nuvole sopra di noi diventarono ancora più scure. Sta arrivando un temporale, pensai.

Non proprio… commentò Evelyn dentro di me. Feci un’espressione stupita mentre Showpony mi strattonava per tornare dentro il Diner prima di bagnarci.

E poi capii.

Non mi mossi di un passo, e rimanemmo fermi dietro l’edificio mentre qualcosa iniziava a scendere dalle nuvole. Mi staccai dal ragazzo e feci un paio di passi mentre lui mi diceva: “Ti prenderai qualcosa se rimani qui al freddo sotto la pioggia! Entriamo dentro!”

“Joshua…” Mi voltai verso di lui e sorrisi. “…Non è pioggia.”

Lui fece uno sguardo confuso e poi la roba che stava scendendo dalle nuvole gli atterrò sulla maglietta. La guardò sciogliersi confuso e poi disse: “Ma cosa…?”

Iniziai a ridere e alzai lo sguardo al cielo mentre Joshua esclamava, stupito: “Sta… nevicando. Sta nevicando nel fottuto deserto!”

As snow falls on desert sky until the end of everything…” sussurrai tra me e me. Tornai dal mio Amante della Demolizione e lo afferrai, ancora confuso, e iniziammo a ballare: lì, sotto la neve, in mezzo al deserto, nella California del 2019. Ballammo sopra le ceneri e alla fine anche Joshua scoppiò a ridere, mentre mi vedeva di nuovo felice, di nuovo la vecchia Eve. Ci fermammo di botto e rimanemmo a guardarci negli occhi, con la neve che ci copriva i vestiti di bianco poco a poco. Sentii il ragazzo sussurrare: “I’d end my days with you in a hail of bullets…

Non mi presi nemmeno la briga di sorridere: le parole di quella canzone andavano oltre qualunque parola o gesto. Mi avvicinai lentamente al suo viso.

And in this pool of blood I’ll meet your eyes, I mean this...

Mi bloccai poco prima che le nostre labbra si incontrassero e pronunciai l’ultima parola.

… forever.

*
Se ho scritto questo capitolo ascoltando Demolition Lovers? Ma cosa dite, Sunshines? XD
Non è difficile indovinare da dove è presa la frase sotto il capitolo, su su ù.ù
Sono spiacente di dirvi che il prossimo capitolo sarà l'ultimo ç_ç A questo punto lascio decidere a voi: volete un'altra storia (horror) della buonanotte o ne avete piene le palle di questi idioti? Lascio la scelta a voi, io intanto cerco di scrivere quella maledetta Frerard.
Lady Numb: anche a me piace un sacco il rapporto tra Frank e Eve, lui è un pò il suo fratello maggiore e nessuno può permettersi di farle del male ù.ù
BBBlondie: sono felice di vedere che non sei più arrabbiata con me XD Eve senza Joshua? Un pò irreale, non trovi?
Kumiko_Chan_: finalmente è tornata l'Odissea della Sunshine! *festeggia ^^* Non ti rispondo a tutta la recensione altrimenti viene fuori un coso lungo più del capitolo, ma ti ringrazio comunque per il tempo che hai sprecato a scrivere e per i complimenti: sono contenta di essere riuscita a mettere bene insieme sia gli ambienti di Na Na Na che di SING, dopotutto fanno parte dello stesso mondo. E anche se hai indovinato, Simon nel capitolo non c'è -.-' Sì, sono una stangona di un metro e settantasette XD Il fatto che sai schiacciare è già qualcosa, ho visto gente capace di cose peggiori (vedi: quelli di classe mia -.-')
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-41 al The Best Day Ever

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Capitolo 15
*** A Letter ***


A Letter

 

C’era una lettera in mezzo al tavolo del salotto, con l’indirizzo bene in vista.

Intorno al tavolo e alla lettera, c’erano quattro sedie.

E sulle sedie c’erano, che fissavano il tavolo (e soprattutto la lettera), quattro ragazzi.

Il primo, coi capelli castani ricci.

Il secondo, pallido con corti capelli rossi spettinati.

Il terzo, con i capelli tinti di biondo platino.

Il quarto, con lunghi capelli neri e occhi verdi.

Fissavano tutti la lettera come se aspettassero qualcosa, qualcuno che rompesse il ghiaccio e dicesse cosa fare.

Era passata poco meno di una settimana da quando erano tornati a casa, ma ancora nessuno dei My Chemical Romance si era deciso a consegnare quella lettera. Ne avevano parlato molte volte, ma tutte le volte il discorso era stato lasciato cadere nel silenzio, come se fosse troppo difficile da affrontare. Ma questa volta erano stati fermi, e avevano deciso che era ora di fare qualcosa: e per questo si erano riuniti tutti a casa di Ray, per decidere cosa fare di quella maledetta lettera.

Inaspettatamente, fu Mikey a parlare per primo. “Chissà cosa ha scritto Eve.”

“Da quando in qua sei diventato così curioso, Mikey?” chiese ironico Ray, contento che l’atmosfera si fosse un po’ rilassata. Frank sorrise a quel commento, e solo Gerard non reagì.

“E se la leggessimo? Così, tanto per sapere cosa ha scritto…”

“In teoria, questa si chiamerebbe violazione della privacy.”

“E allora? Nessuno lo saprà mai che l’abbiamo letta!”

“Io credo che qualcuno sappia già cosa c’è dentro. Vero, Gee?”

Queste ultime parole, dette da Frank, fecero rivolgere l’attenzione verso il cantante, che si risvegliò dai suoi pensieri solo in quel momento. “Eh?” Ci mise un po’ a capire cosa avevano detto, e replicò: “Ehi, cosa ve lo fa pensare?”

“La tenevi tu, a casa tua. Fossi stato io l’avrei già letta da un bel po’,” continuò il chitarrista.

“Già, ma io non mi chiamo Frank Iero,” replicò il rosso un’ultima volta con un sorriso, senza però smentire. Anzi, prese la busta che era sul tavolo, la aprì sicuro, tirò fuori la lettera e iniziò a leggerla ad alta voce.

 

Cara mamma,

come state tu e papà?

So che non è il modo migliore per iniziare una lettera, non dopo essere scomparsa per più di quattro mesi. Sento già la tua voce che urla ‘Come pensi che stiamo? Siamo arrabbiati con te, siamo disperati perchè non ti troviamo più, e vogliamo solo che tu torni a casa!’

Credimi, mi mancate un sacco, ma non posso proprio tornare a casa. Anzi, non voglio.

Prima che tu vada avanti, voglio dirti che ho scelto di mia spontanea volontà di andarmene. Non l’ho fatto per colpa vostra, per la scuola o altri motivi: era destino. Detto così suona strano, ma è la verità, per quanto assurda e illogica possa essere. Ma in questi ultimi mesi ho capito che la logica non è tutto, che ci sono cose che superano le leggi della fisica:io le ho viste, e posso dire che sono meravigliose e anche orribili.

È inutile continuare a cercarmi, mamma. Non riuscirete a trovarmi, per quanto possiate provare. Non immaginerai mai dove sono: è un posto stupendo, ma anche pericoloso, e l’ho scoperto a spese mie e di altri. Ma qui ho conosciuto l’unico ragazzo che io abbia mai amato.

Vorrei raccontarti tante cose di lui: il modo in cui mi fa star bene, in cui mi protegge, i suoi occhi grigi e il suo carattere duro eppure fragile… forse ti piacerebbe, ma non vi potrete mai incontrare.

Mamma, tu non sai cosa ho passato in questi ultimi mesi, ancora prima che me ne andassi. Vorrei tanto poterti raccontare tutto come una favola, tutti i pericoli che ho corso e i nemici che ho affrontato… ma sarebbe inutile, non mi crederesti. Oppure non capiresti.

Adesso sto bene, qui. Ho la persona che amo e degli amici fedeli, e tutta l’avventura che ho sempre sognato. Non immagineresti cosa è capace di fare tua figlia, di quanto forte sia diventata! Forse non ho un cuore a prova di proiettile, ma forse è meglio così: altrimenti non proverei più sentimenti, e, dopo che questo è successo a un’altra persona, so che è orribile.

Ti prego, non arrabbiarti con me: mi mancate un sacco, ma ho finalmente trovato un posto in cui stare. Il mio posto nel mondo.

Vi voglio tanto bene, anche se adesso non ci rivedremo mai più. Siete stati dei bravi genitori, anche se con i vostri difetti, e vi sarò grata per tutto quello che avete fatto per me.

Addio.

Eve.

P.S. Per favore, non dire niente di questa lettera alla stampa o alla polizia. Le cose si complicherebbero ancora di più e tu e papà non trovereste più pace.

 

Quando il ragazzo smise di leggere, nella stanza calò il silenzio più totale. Durò pochi minuti, e poi fu rotto da Ray che diceva: “Che facciamo?”

Gerard rimise la lettera dentro la busta. “Penso che dovremmo consegnarla. È sua madre, ha il diritto di sapere come sta sua figlia?”

Mikey annuì. “Gliela spediamo o gliela portiamo noi?”

Il silenzio calò di nuovo: tutti pensavano la stessa cosa, ma nessuno voleva dirla. Fu Frank a decidere per tutti: si alzò dalla sua sedia e afferrò il suo giacchetto di pelle su una poltrona lì accanto.

 

Per fortuna la (vecchia) casa di Eve non era molto lontana, e i ragazzi decisero di andarci a piedi. Per evitare di essere riconosciuti, si erano infilati gli occhiali da sole e si erano imbacuccati nei loro giacchetti. Quando arrivarono al numero 19 si fermarono davanti al campanello per suonare, ma poi una vecchietta li fece entrare insieme a lei nel palazzo. La ringraziarono e presero l’ascensore, diretti al quarto piano. Con un sospiro di sollievo si levarono gli occhiali e si guardarono tra di loro. “Dite che ci riconoscerà?” chiese Ray.

“Nah, è improbabile. Quale madre si interessa veramente agli interessi della figlia e si ricorda qual è la sua band preferita?” rispose Frank tranquillo.

Arrivati al quarto piano, scesero e si fermarono davanti alla porta alla loro sinistra: la scritta Blackshadow sul campanello lampeggiava quasi minacciosa, e Gerard fu costretto a darsi una spintarella per poterlo suonare.

Dei rumori all’interno fecero intuire che qualcuno stava correndo ad aprire la porta. E infatti poco dopo si aprì di uno spiraglio, lasciando intravedere la donna dall’altra parte. I ragazzi rimasero meravigliati di quanto somigliasse a Eve: non aveva i suoi capelli o il suo viso, ma le due avevano gli stessi occhi castani e quella strana espressione coraggiosa in superficie eppure così fragile nel profondo. Lei li squadrò un momento e poi disse: “Sì?”

Loro rimasero un attimo imbarazzati. Gerard aprì la bocca per parlare, ma la donna lo batté sul tempo. “Aspettate, ma voi non siete quel gruppo che piace a Eve? Quelli con cui aveva festeggiato Natale a dicembre? Come vi chiamate… My Chemical Romance?”

Frank, stupito, si sentì addosso lo sguardo di Ray, come se gli stesse dicendo Meno male non ci riconosceva, eh? Gee non se ne accorse nemmeno e disse: “Sì, siamo noi. Vede, il fatto è che… abbiamo una cosa da parte di Eve.”

Lei non sembrò tradire alcuna emozione, ma si capiva che in realtà era preoccupata e sollevata allo stesso tempo. Aprì la porta e li fece entrare in uno stretto corridoio che sfociava a dritto in una cucina e a sinistra in un salotto. Sopra quello che un tempo doveva essere un camino (ora murato) c’era una mensola piena di foto. Mikey diede loro un’occhiata veloce: un bebè che strillava dentro la sua culla, una treenne su un triciclo rosa e azzurro, una bambina di dieci anni con un buffo cappello in testa e una torta di compleanno davanti, una ragazzina di tredici anni che abbracciava stretta una sua amica, come se non volesse lasciarla andare. L’ultima, all’estrema destra, era la più recente: sembrava essere stata scattata in uno studio fotografico, ma si capiva che in realtà era stata fatta in casa. Una ragazza con una maglietta nera, un paio di jeans strappati e degli anfibi neri stava a sedere su un tappeto steso per terra; aveva la bocca spalancata in una risata allegra e piena di vita, e i suoi corti capelli tinti di rosso andavano a giro di qua e di là in una massa impossibile da domare.

Mikey osservò per un’ultima volta tutte quelle foto della stessa persona.

Della loro Eve.

La madre della ragazza si accomodò su uno dei due divani e i ragazzi si strinsero nell’altro. Senza dire una parola, Gerard tirò fuori dalla sua tasca la busta e la passò alla donna, che la prese e fissò per un attimo l’indirizzo che vi era scritto sopra. Alzò lo sguardo e guardò le persone davanti a sé. “Voi sapete dov’è, non è vero?” chiese in tono stanco. Non ricevendo risposta, continuò: “Sta bene? Perché non può tornare?”

Gee deglutì e indicò la busta. “Credo che farebbe meglio a leggere quella lettera.”

Lei sospirò, aprì la busta e iniziò a leggere. Mano a mano che andava avanti, la sua espressione cambiava: sollievo nel sapere che Eve stava bene, tristezza nel sapere che non sarebbe tornata, felicità malinconica nel sapere che finalmente si sentiva a casa sua. Appoggiò lettera e busta accanto a sè e poi puntò lo sguardo sui ragazzi. “Non mi direte dov’è. Vero?”

Gerard si toccò i capelli, nervoso, e disse con una smorfia: “Bè… è parecchio difficile da spiegare. Penso che quello che le ha detto Eve possa bastare come risposta.”

“Anche perché se le dicessimo dov’è veramente ci prenderebbe per droga…” Frank venne interrotto dal calcio di Mikey sul suo stinco, e il biondo venne fulminato da un’occhiataccia così intensa da incenerirlo. La madre di Eve sorrise e chiese, quasi imbarazzata: “Conoscete anche questo ragazzo di cui parla?”

I ragazzi si scambiarono un’occhiata divertita. “Sì,” disse alla fine Gerard. “Lui e Eve si sono salvati la vita incontrandosi.”

La donna annuì e poi, dopo qualche minuto di silenzio, si alzò in piedi. “Venite, voglio farvi vedere una cosa.”

I quattro la seguirono di nuovo nel corridoio e su per una rampa di scale fino ad arrivare al piano di sopra. Qui si fermarono davanti alla porta del centro, dove c’era un cartello con su scritto KEEP OUT! HIGH LEVELS OF ROCK’N’ROLL! La donna la aprì e poi si fece da parte, facendo entrare i ragazzi dentro quella che un tempo era la camera di Eve.

Cosa provarono loro quando entrarono lì dentro? Bè, è facile spiegarlo: come vi sentireste se entrereste in un posto tappezzato di vostre foto, testi di vostre canzoni e disegni che vi ritraggono? Soddisfatti? Felici? Sbalorditi?

Questo fu quello che provarono i My Chemical Romance quando entrarono nella camera della ragazza dai capelli rossi.

Sopra il letto, sul muro, c’erano appesi una miriade di poster: 30 Seconds To Mars, Evanescence, Linkin Park, Avenged Sevenfold… ma soprattutto My Chemical Romance. Ray riuscì a intravedere in un angolo i testi di Famous Last Words e Our Lady of Sorrows, e Gerard fece una smorfia guardando il poster della Black Parade: vedersi con i capelli bianchi gli aveva ricordato Slay, il suo ‘gemello cattivo’ che aveva affrontato più di sei mesi prima. Frank diede un’occhiata allo stereo e alla trentina di dischi che erano sopra la scrivania nera e coperta di scritte (Niente male come collezione, pensò soddisfatto) e Mikey si mostrò particolarmente interessato ai libri e ai disegni della ragazza. Su un chiodo attaccato al muro, una mascherina da Party Poison fatta in casa penzolava molle, e uno degli ultimi disegni ritraeva una ragazza con corti capelli rossi e un ragazzo con un fisico femminile con dei capelli blu elettrico.

“Quando io e mio marito stavamo divorziando, Eve si rifugiava sempre qui dentro quando litigavamo,” iniziò la donna, appoggiata con la schiena alla soglia della porta. “Anche se lei non diceva niente, sapevo che si infilava le cuffie o accendeva lo stereo e ascoltava la musica a palla. Penso fosse il suo unico modo per sopravvivere al suo mondo che si sgretolava sotto i suoi occhi.” Fece una pausa. “Ha un atteggiamento da dura, ma in realtà in fondo è fragilissima. Se la giornata le gira male, le basta pochissimo per spezzarsi dentro di sé, ma non lo dice mai a nessuno, è troppo testarda per farlo.” Ridacchiò e poi guardò seria i quattro ragazzi. “La musica l’ha salvata. La vostra musica l’ha salvata.”

 

Gerard e gli altri salutarono la donna, promettendole di avvisarla se avrebbero ricevuto altre notizie da Eve, e poi si avviarono lentamente verso casa di Ray. All’inizio il silenzio regnò sovrano, poi Mikey chiese: “Non pensavo che Eve… bè, fosse una tipa del genere. Voglio dire, non sapevo che avesse bisogno della musica per stare bene.”

“Ci sono un sacco di cose che non ci ha detto,” continuò Frank. “Forse non voleva sembrare una debole. Oppure voleva ricominciare da zero, scordarsi cosa era successo prima e cos’era stata. E penso che ci stia riuscendo anche piuttosto bene,” concluse con un sorriso.

“Pensate che si rifarà viva?” chiese Ray.

“No, non credo,” rispose Gerard. “Non ne ha motivo, e forse farebbe stare ancora più male sua madre. Penso che adesso anche lei sia più contenta per Eve, ora che sa che sta bene e che è felice.”

Il resto del tragitto venne percorso in totale silenzio, senza pronunciare nemmeno una parola. Il cantante osservò un momento un vicolo cieco alla sua destra: era forse quello da dove Eve era poi finita in California? Mentre fissava la stradina minuscola e lasciava che gli altri lo superassero di qualche metro, sentì una voce familiare dentro la sua testa. Grazie.

Gerard sorrise tra sé e sé: la vedeva pure troppo bene, in mezzo al deserto con la sua pistola a raggi arancione bene in vista, il foulard amaranto tirato su per nasconderle il viso e i capelli tinti di rosso che le vagavano da una parte all’altra della testa. E di cosa, honey? le chiese dentro di sé.

Di tutto.

 

The End.

*
E questo era l'ultimo capitolo, Sunshines. Non sono ancora sicura quando pubblicherò l'ultima (e vi giuro, sarà l'ultima) storia di questa serie, perchè ho altre storie da portare avanti (FrerardFrerardFrerard), ma vi giuro che arriverà. Sul serio.
Ringrazio tutte le persone che hanno letto questa storia e l'hanno messa tra le preferite e le segiute. Ringrazio soprattutto BBBlondie, Dawn_, Kumiko_Chan_,Lady Numb, _Music_6277 e Angel_made_from_neon che hanno avuto il coraggio di recensire i capitoli. Grazie mille, Sunshines. Alla prossima! :D
Per BBBlondie: quella Eva Killjoy che hai aggiunto su Facebook sono io :D
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
-38 al The Best Day Ever

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