Nature Boy

di CottonBatu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Nature Boy

 

 

 

 

There was a boy

A very strange, enchanted boy

They say he wandered very far, very far

Over land and sea.

 

Nature Boy – Eden Ahbez

 

 

 

 

 

Lui le canzone d’amore non le capiva proprio.

 

All’inizio della loro relazione, Lavanda gli diceva sempre che quel genere di cose esistevano per dimostrare il proprio affetto alla ragazza che si ama, ma invece di chiarire il suo dubbio le parole di lei non facevano altro che aumentare il suo scombussolamento interiore. Se uno amava una persona, che bisogno c’era di dedicarle una canzone piena di parole trite e ritrite per farglielo capire? Perché una ragazza come Lavanda doveva sentire la necessità di essere coperta di regali costosi e parole finte quando l’amore doveva essere la cosa più semplice e gratuita del mondo?

C’erano molte cose che Ron non capiva e le canzoni d’amore erano in assoluto quello che capiva di meno.

Era anche per questo che ce l’aveva così tanto con Hermione in quell’ultimo periodo. Lei, che tra tutti era quella che doveva capire al volo la minima sfumatura del suo carattere, assurdo a dirsi, si era dimostrata quella più ottusa di tutti. Più ottusa persino di Lavanda.

 

Il fatto che più lo pressava, a Ron, era la mancanza di buona volontà quando si trattava di capire gli altri. Okay, magari lui non era l’esempio migliore quando si parlava di empatia, ma da una con un cervello così sviluppato come quello di Hermione, ci si sarebbe aspettati un minimo di comprensione maggiore, soprattutto considerando che era stata lei – e nessun altro, solo e unicamente lei – a causare tutto il casino.

 

E invece niente.

Furia cieca, piume gialle e nulla più.

 

Poi un giorno, durante le vacanze di Natale alla Tana, la radio della cucina concesse agli occupanti della casa una meritata pausa dalle smielate canzoni d’amore di Celestina Warbeck e intercettò una canzone babbana che parlava di un ragazzo strano e incantato che aveva gli occhi tristi. All’inizio non ci fece neanche caso, troppo impegnato a nascondere alla vista di Fred e George la collana che gli aveva regalato Lavanda, ma quella stessa notte il pensiero di quel ragazzo timido sempre in viaggio gli tornò in mente e lo scosse talmente tanto che quasi senza pensarci prese la sua scopa e volò fuori di lì in spasmodica ricerca di ossigeno.

 

The greatest thing…

 

 

Senza neanche essersene reso conto si ritrovò a volare alla cieca, con la testa pesante e la mente come una spugna imbevuta d’alcool il cui odore dà alla testa anche se si è a qualche metro di distanza da essa. Ron si sentiva strano, inebriato, nauseato dal senso di colpa con cui conviveva da mesi e che solo in quel momento era uscito in tutta la sua egemonica potenza per reclamare il proprio diritto di possesso sui suoi pensieri.

 

Ron si sentiva uno schifo.

 

Sorvolò il Devon nella penombra notturna con la luna piena come sua unica guida e quando si rese conto di essere giunto nei dintorni di Warminster, nel Wiltshire, la visione delle poche luci che ancora illuminavano la cittadina lo fecero improvvisamente cambiare direzione per dirigersi a Reading, dove viveva Hermione.

 

Se solo ci avesse riflettuto un attimo, Ron si sarebbe reso conto che piombare nel cuore della notte a casa della propria migliore amica dopo un litigio nato da ragioni che prescindevano completamente dall’amicizia, non sarebbe stata una buona idea neanche se la suddetta non fosse stata Hermione Granger. Ron però, fedele alla propria filosofia del “prima faccio e poi oh, cazzo”, non lo fece, e alle 3:15 del mattino svolazzò intorno a una grande casa di mattoni lussuosa a sufficienza da farlo sentire ancora più inadeguato di quanto già non si sentisse.

 

Lui a casa di Hermione c’era stato solo una volta e la sensazione che aveva provato entrando in quello che in confronto alla Tana era un vero e proprio palazzo non gli era piaciuta per niente. Si era sentito uno schifo anche allora e per un attimo si chiese se le due cose non fossero in qualche modo collegate.

 

Atterrò davanti alla porta di casa e fu quasi sul punto di suonare al campanello prima di rendersi conto di che ora fosse. Indietreggiò di qualche passo nel tentativo di individuare la finestra di Hermione e per la prima volta dopo ore un lampo di consapevolezza lo fece quasi tornare indietro. Poi senza neanche accorgersene invocò un Patronus e il piccolo Jack Russell Terrier corse all’interno della casa sorpassando le pareti che Ron non avrebbe avuto il coraggio di oltrepassare neanche in pieno giorno.

Youll ever learn…

 

 

Qualche minuto dopo la luce della seconda finestra del secondo piano si accese e Hermione comparve incorniciata dalle imposte chiuse per poi scomparire subito dopo. Ron aveva lo sguardo ancora fisso sulla finestra quando lei uscì dalla porta d’ingresso avvolta in una vestaglia da camera pastello.

 

«Che è successo?» chiese lei allarmata, senza preoccuparsi di mettere in ordine la sua capigliatura leonina. Ron fu sul punto di mettersi a piangere senza neanche capirne il motivo. «È stato attaccato qualcuno? Ginny sta bene? Harry…» le parole le morirono in gola. Hermione prese un respiro profondo e lo guardò cercando di distinguere i suoi contorni nell’oscurità.

 

«Harry sta bene» riuscì a dire Ron ignorando la stretta di gelosia che gli aveva attanagliato il petto. «Volevo sapere come stavi»

 

Hermione aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente incrociando le braccia al petto. Poi si avvicinò di qualche passo e sciolse un braccio per portarsi una mano sulla tempia.

«Ti prego non dirmi che sei uscito in piena notte solo per venirmi a trovare»

Ron fece un’alzata di spalle, distogliendo lo sguardo.

 

«Hai ignorato tutti i gufi che ti ho mandato» Fu l’unica cosa che riuscì a dirle e dal modo in cui lo guardò, Ron capì che Hermione dovette trattenersi con tutte le sue forze per non prenderlo a schiaffi.

 

«Li ho ignorati perché sono furiosa con te, Ron Weasley» disse lei a denti stretti. «E non credere che questa tua farsa riuscirà a cancellare quello che hai fatto»

 

«Mi sei mancata» mormorò lui stralunato e Hermione stentò a credere alle proprie orecchie. Per un attimo fu tentata di tornare dentro e sbattere il ricordo di lui fuori dalla porta insieme a Ron stesso, ma s’impose di trattenersi per motivi a cui si impose di non pensare.

 

«Non è più un mio problema»

 

«E invece sì che lo è. Oggi ho sentito una canzone, Hermione, una canzone davvero bella, ma non so chi la cantava. E io non ci ho capito niente di quello che voleva dire, e allora ho capito che mi servi tu, perché tu sei bravissima a spiegarmi le cose che non capisco e da quando non mi parli più le cose che non capisco sono aumentate un sacco»

Hermione sospirò e rimase in silenzio. Poi girò sui tacchi e si diresse lentamente verso la porta d’ingresso ancora aperta. Ron la vide sfiorare la maniglia e per un attimo fu convinto che lei gli avrebbe chiuso la porta in faccia.

Se lei lo avesse fatto lui sapeva che ne sarebbe morto.

 

«Entra» fu poco più di un sussurro, ma ebbe l’effetto di un grido.

Ron fece un balzo in avanti con rinnovata energia e corse nel caldo della casa di Hermione.

 

 

 

 

 

To be continued…

 

 

 

 

Con la consapevolezza che quello che ho appena partorito è uno schifo indegno, vi porgo i miei saluti più sentiti C:

Colgo l’occasione per annunciare il mio cambio di nickname da gigia990 a CottonBatu. Gigia990 non mi è mai piaciuto, così quando ho visto che c’era la possibilità di cambiarlo ho colto la palla al balzo, tutto qui.

Tornando alla storia, io me ne scuso sentitamente. Sono nel bel mezzo di un periodo duro e questo è quello che è uscito. Posso solo dirvi che avevo un bisogno impellente di tornare alle antiche origini e che inizialmente oltre ad essere una one-shot era anche destinata alla mia cartella della vergogna al sicuro dai vostri occhi. Non so ancora cosa mi abbia fatto cambiare idea, ma forse l’idea di dividerla in due capitoli mi ha dato speranza sufficiente per tentare di salvare la fic dal baratro. I commenti sono sempre i benvenuti, lo sapete, ma se vi sentite tanto offesi da decidere di ignorarla, non vi biasimerò D:

A presto!

Gaia

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nature Boy

 

 

 

 

 

 

 

 

A little shy

And sad of eye

But very wise was he.

 

Nature Boy – Eden Ahbez

 

 

 

 

 

 

Guardandolo aggirarsi intorno all’isola della cucina di casa Granger, Hermione giunse alla conclusione che Ron fosse uscito definitivamente fuori di testa.

Non che la cosa fosse un suo problema, certo.

Lei con Ron aveva chiuso e questo era quanto. Hermione era una persona troppo posata, troppo razionale, troppo matura per permettere a una semplice sbandata di rovinarle la vita, e nonostante le lacrime salate che ancora macchiavano il suo cuscino si ostinassero ad affermare il contrario, era la sua mente a comandare. Mai, avrebbe permesso alle sue lacrime di avere la meglio sul suo cervello, perché il cervello non l’aveva mai tradita. Era stato il suo cuore ora martoriato a ingannare lei e la sua mente e ora era tutto morto, come il suo cervello aveva predetto.

 

Hermione fece una smorfia per cacciare via quei pensieri. Si liberò della vestaglia e la gettò su uno sgabello in attesa che Ron dicesse quello che doveva prima di essere libera di cacciarlo di casa senza avere rimorsi di coscienza.

A vederlo così, però, infreddolito dal vento notturno di dicembre, intontito per chissà quale ragione e concentrato sul tostapane, Ron non sembrò in vena di chiacchiere e Hermione s’indispettì ancora di più di quanto già non fosse.

 

Chi si credeva di essere per piombare in casa sua in piena notte senza una buona ragione?

Un vigliacco, ecco cos’era. Un bugiardo, un vile, un bifolco ignorante.

Hermione si morse la lingua per zittire i suoi pensieri e il dolore che ne derivò non fu niente in confronto all’improvviso senso di colpa che le pugnalò il petto nel momento stesso in cui formulò quel pensiero. Una fitta di rabbia le colpì nuovamente lo stomaco, rendendole impossibile rimanere ferma. Oh, no, non sarebbe diventata una snob per colpa di Ron Weasley.

Non gli avrebbe permesso di portarle via quel poco di stima che ancora aveva di se stessa.

 

«Che vuoi?» chiese lei senza neanche pensarci.

Non pronunciò quelle parole a voce molto alta, ma spezzarono il silenzio che si era andato a creare così all’improvviso che risuonarono tonanti.

Ron sussultò e distolse la sua attenzione dal tostapane improvvisamente conscio del luogo in cui si trovava. I suoi occhi appannati si puntarono su di lei e Hermione quasi si pentì di aver parlato. Lo sguardo di Ron aveva sempre provocato in Hermione reazioni che lei detestava perché impossibili da controllare. Lei odiava non avere ogni cosa sotto controllo, e odiava anche gli occhi di Ron, soprattutto in quel momento.

 

«Niente, Hermione» sussurrò Ron appena udibile, come se stesse lottando per far uscire quelle parole di bocca.

 

«Non saresti dovuto venire»

Lui non rispose e Hermione dovette trattenersi per non andargli vicino e scuoterlo per farlo tornare in sé. «È meglio che tu vada»

 

«Non farmi andare via» disse Ron riscuotendosi brevemente dal suo stato di torpore. «Tu devi spiegarmi, Hermione»

 

«Spiegarti cosa?»

 

«Tutto»

Ron le si portò davanti e le prese le mani con un gesto talmente fluido che Hermione non era riuscita a prevederlo.

«Mi devi spiegare tutto quello che non capisco, Hermione. Non c’è nessuno che mi spiega le cose come fai tu»

 

Hermione sentì le sue guance arrossarsi e la sua ira crebbe tanto da bloccarle il respiro. Si liberò della debole stretta di lui e si andò a sedere su uno degli sgabelli posti intorno all’isola in modo da mantenere abbastanza distanza tra lei e Ron.

 

«Non hai bisogno di me, hai Lavanda ora» pronunciare quelle parole le fece più male di quanto avesse potuto immaginare. Una tempesta di rabbia e di dolore e di tristezza e di lacrime era sul punto di scatenarsi e Hermione ebbe la sensazione che se Ron non se ne fosse andato immediatamente lei non sarebbe riuscita a gestire quel turbine di sensazioni esauste come aveva intenzione di fare.

 

«No, no, no» disse lui, scuotendo la testa, «Lavanda non è paragonabile a te, Hermione. Lavanda sarà anche la mia ragazza, ma non riesce a spiegarmi tante cose. Certe volte sono io che devo spiegare a lei»

Un grugnito sarcastico sfuggì dalle labbra di Hermione, impossibile da fermare. «Io invece ho bisogno di te che mi spieghi le cose, Hermione, come oggi pomeriggio mentre sentivo la radio, ma tu oggi pomeriggio non c’eri. E non me ne sono accorto finché non mi sono reso conto che non avevo capito il significato di quella canzone – ed era una canzone semplicissima, miseriaccia, ma io non l’ho capita lo stesso e tu non eri lì a spiegarmela»

 

«Da come parli sembra che tu abbia bisogno di una maestra più che di un’amica»

 

«No, no, no!» Ron batté le mani sull’isola, indispettito dalla valuta mancanza di cooperazione di lei, e abbassò lo sguardo sugli arabeschi irregolari del marmo della superficie rimanendo in silenzio per un breve momento. «Ho bisogno di un’Hermione nella mia vita»

Ron alzò lo sguardo con un accenno di trionfo ad illuminargli gli occhi, ma Hermione sospirò incapace di dargli le rispose per cui era venuto.

 

«Sono stanca, Ron» mormorò solo, alzandosi dallo sgabello e recuperando la vestaglia gettata sul sedile accanto. «Torna a casa, mettiti a letto e ricordati di fare tutti i compiti che ci ha assegnato Piton»

 

Hermione era quasi arrivata alla rampa di scale che portava al piano di sopra, quando Ron trovò il coraggio di aprire bocca.

«Faccio schifo in pozioni»

 

«Perché non ti applichi!» trillò lei quasi urlando. Hermione si morse il labbro inferiore e lanciò un’occhiata all’oscurità del corridoio superiore sperando di non vedere il volto di suo padre spuntare da dietro l’angolo. Fece un grosso respiro per calmarsi, poi tornò a grandi passi verso Ron, lo prese per un braccio e lo trascinò con violenza all’ingresso.

«Te lo concedo, magari è stata tutta colpa mia. Ti ho viziato e ora non sei capace di prenderti cura di te stesso a livello accademico. Ora però devi andartene. Sei intelligente, puoi farlo»

 

«Spiegami come» instette lui, appoggiandosi contro la porta per evitare che lei la aprisse.

Hermione contemplò la possibilità di lanciarsi alla ricerca del pomello nascosto alle sue spalle, ma la vicinanza che quel gesto avrebbe provocato la fece desistere dal suo intento.

In compenso emise un grugnito, livida.

 

«Capiscilo da solo»

 

«Non ci riesco»

 

«Non mi interessa»

 

«Non è vero»

Hermione ridusse gli occhi a due fessure e Ron capì di aver superato il limite. Immemore delle sue precedenti preoccupazioni, lei gli si lanciò contro avviluppandolo in quello che lui felicemente interpretò come un abbraccio e per un attimo Ron sembrò aver ritrovato la pace. Poi la porta si aprì e Hermione lo spinse fuori con tutte le sue forze ignorando il sorriso di lui spento all’improvviso per lasciare spazio a un rinnovato sconforto.

 

«Dico sul serio, vattene»

 

«Rimango qui, Hermione. Anche una settimana, finché non mi fai entrare»

 

«BENISSIMO!» urlò lei, esasperata «Vuoi dormire davanti casa mia? Fai come vuoi! Muori di freddo, sei il benvenuto»

Hermione lo trascinò per qualche passo lungo il vialetto, poi gli lasciò il braccio e tornò sui suoi passi, furibonda.

 

«SEI LA MIA MIGLIORE AMICA, MISERIACCIA!» strillò lui a pieni polmoni. Hermione si girò a guardarlo un’ultima volta, con gli occhi piani di rabbia e lacrime.

Poi la porta si chiuse con un tonfo sordo.

 

 

 

 

 

 

To be continued…

 

 

Mai una volta che io tenga fede al mio conto dei capitoli originale. xD

Olrait, questo è quanto per oggi. Come avrete notato è un capitolo piuttosto di passaggio, ma il lato di Hermione meritava di essere raccontato C:

Ho già ringraziato chi ha commentato nella casella delle recensioni, perciò qui sotto mi limiterò a ringraziare tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite o le preferite o anche chi solo ha letto. GRAZIE!

Come al solito ogni commento è ben accetto C;

A presto!
Gaia

 

 

 

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