Un apparecchio di troppo

di Bibismarty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vita di Sorriso Metallico ***
Capitolo 2: *** Il fattore G ***
Capitolo 3: *** Il numero del diavolo è il 2 ***
Capitolo 4: *** La curiosità è una brutta bestia ***
Capitolo 5: *** Frustini, vibratori e altri sexy giocattoli..sono categoricamente vietati! ***
Capitolo 6: *** Appuntamento tremolante ***
Capitolo 7: *** Se ti ubriachi, tu lo sai... ***
Capitolo 8: *** Complicazioni ***
Capitolo 9: *** M'ama non m'ama ***
Capitolo 10: *** Una messinscena per amarsi ***
Capitolo 11: *** I segreti sono come i rotoloni regina...non finiscono mai! ***
Capitolo 12: *** L’incinto svelato e l’incanto dell’Istrice ***
Capitolo 13: *** Eravamo due universi di solitudine ***



Capitolo 1
*** La vita di Sorriso Metallico ***


Ecco, la storia che sto progettando con perfidia per voi :) Allora I Tokio Hotel non mi appartengono e tutte le vicende che presenterò sono frutto della mia mente malata! 

Con reverenza vi porgo i miei più sinceri auguri di buona lettura :) A presto :)


Capitolo 1: La vita di Sorriso Metallico

“Accidenti è finita la carta igienica” Strillò teatralmente dal bagno, la sanguisuga. “Sophie, portami un nuovo rotolo!”
I miei occhi scattarono verso l'alto, in segno di imprecazione silenziosa. Sbuffai, infastidita, ma continuai a leggere la riga dove ero arrivata prima. Damon le toccò le labbra con il polpastrello del pollice e l'attirò a sé con delicatezza. Dovevo dire che Kerie Marianne era una scrittrice straordinaria!
“Allora Sof? Il mio culo non è pulito! Necessito di una pulizia!”
Scattai in piedi, con l'intenzione di aprire la porta e lanciare in testa a Tom il tomo, ma poi mi ricordai che non ne valeva la pena e dovevo ancora finire di leggerlo.
Con rassegnazione appoggiai il volume sul divano, dove prima ero comodamente sdraiata e raggiunsi il ripostiglio. Accesi la luce a neon, che si azionò lentamente, poi mi diressi con sicurezza allo scaffale di sinistra e presi un ennesimo rotolo di carta igienica. Era la terza volta in due giorni che Tom finiva, stranamente, la carta.
Spensi la luce e mi diresse verso la meta del diavolo. Aprii appena la porta in modo da far passare la carta dall'apertura.
“Ah no no! Se la lanci si bagnerà tutta!” protestò, indignato il ragazzo dall'altra parte del bagno.
Tom, aveva la triste tendenza a essere brutalmente snervante. Se Sophie non fosse stata costretta a lavorare per lui e il gruppo, lo avrebbe già strangolato.
“Tom, se la prendi al volo, come anche un bambino sarebbe capace di fare non si bagnerà” spiegai, ironica.
La risata di Tom, arrivò chiara. “E come fai a sapere che lancio farai senza vedere? E poi, sono seduto, le mie capacità motorie sono limitate”
Cosa mi trattiene dal lanciarlo da un treno in corsa? Le tue capacità mentali invece sono sempre state inesistenti.
Aprii la porta, tappandosi gli occhi con una mano, mentre con l'altra mano tenevo la carta davanti a me.
Hai paura di vedere qualcosa di maestosamente grande?
Tom, era solito fare riferimenti alle dimensioni del suo pene, per cui non fui nemmeno tentata di aprire gli occhi e esclamare ad alta voce “Oh, veramente deludente per un gigante della musica!”
Arrivai fino a Tom, che prese la carta dalle mie mani. “Brava Sorriso Metallico
Come dici, Impotente?” grugnii, inarcando le sopracciglia.
Fin qui, sei stata molto brava. Ora puoi vedere il Miracolo!” sfarfallò, allegramente.
“Come dici? Quel coso ti diventerà blu a forza di viagra” risposi girando i talloni e allontanandomi.
Prima di chiudere la porta sentii, una vaga risposta che sembrava più rivolta al suo pene che a me.
Mi diressi nuovamente verso il divano, riaprendo il libro nella pagina segnalata. Ma proprio prima di iniziare a leggere, mi raggiunsero dei brontolii consolatori. Probabilmente Tom stava confortando il suo Gioiello. Lui era fatto così: un esibizionista megalomane.
Avevo sempre avuto degli scontri accesi con Tom, a causa del suo carattere. Non potevamo essere più diversi.
A Tom non interessava un'assistente, usufruiva della sua posizione per impartire ordini anche quando non c'era bisogno, visto che la Universal mi doveva pagare lo stipendio ogni mese, tanto valeva farmi lavorare. Così spesso mi ritrovavo a portare a spasso il suo cane, annotare le serate con le fan, passargli il sale, oppure portargli gli asciugamani e la carta igienica in bagno.
All'inizio l'avevo trovata un'ingiustizia, ma poi avevo cominciato a farci il callo. Tom si divertita a vedermi sgobbare, cioè mi caricava di compiti se vedeva che ero a riposo, per cui la soluzione per evitarlo era dimostrare che ero sempre impegnata. A volte mi era capitato di piegare delle maglie per tre ore; nessuno se n'è mai accorto.
Per quanto fosse cattivo, potevo giurare di vedere della tristezza nei suoi occhi, che purtroppo però non mi avrebbe mai lasciato perlustrare.
Un altro mio datore di lavoro, molto esigente, era Bill. Posso dire con sicurezza che sono stata affidata a loro per lui. Bill, rispetto a tutto il gruppo, è quello che ha più bisogno del mio aiuto. Per cui ogni sua richiesta ha la precedenza su tutti gli altri componenti. Bill adora avere assistenti personali femmine. Si trova a suo agio con esse, perché può confidare le sue più nascoste esigenze, che io devo prontamente soddisfare. Bill non mi affidava mai compiti impossibili, era sempre stato molto corretto con me.
Anche se le sue crisi da perfezionista spesso mi avevano creato un fastidioso mal di testa.
Georg, invece, ultimamente era diventato un ombra! Il suo grave problema, era che vuole mantenere un segreto ai suoi compagni, per timore di poter scombussolare il gruppo. L'unica che ne era a conoscenza ero io. Georg mi aveva chiesto palesemente di mantenere la bocca chiusa. Ho deciso di aiutarlo, ma la tentazione di spifferare tutto è troppo forte!!
Gustav, infine, ma non per la poca importanza, è il mio migliore amico. Non mi ha mai chiesto nulla se non di uscire a fare una passeggiata. Ci sono pomeriggi in cui nella pausa girovaghiamo per il centro, parlando di tutto ciò che ci viene in mente! Oppure a volte quando è stanco di esercitarsi, viene a darmi una mano segretamente. È la persona più fantastica che io abbia mai conosciuto!
Io, invece, sono una persona folle. Adoro il mio lavoro, perché sono molto attiva, nonostante adori stare spaparanzata sul divano a ingurgitare schifezze. Chissà perché quando hai l'apparecchio ti viene così fame! È come essere incinta: ti viene il desiderio irrefrenabile di ingoiare il frigorifero e fare un bel ruttino, subito dopo.
Lo so che a 18 anni, avere l'apparecchio non è la cosa più figa del mondo, ma sono certa che chiunque riuscisse a vedere come mi sento io, sarebbe felice quanto me. Le mie placchette metalliche sono la mia personale maschera. Mi consentono di essere protetta dagli sguardi e di condurre la mia vita nella più assoluta indifferenza. Mi piace godermi la vita, senza preoccuparmi del giudizio altrui. Carpe diem. Non importa che cosa hai addosso, ma chi sei!
Ed io mi piaccio esattamente come sono!
La porta del bagno si spalancò improvvisamente. “Sophie, ti devo fare una domanda”
I miei occhi blu, si incontrarono con quelli marroni di Tom. “No”
“Ehi, non ti ho chiesto se potevo o meno! Ho detto che devo!”
Lo guardai perplessa.
“Cosa fa Bill in lacrime, più un luogo raccapricciante, più qualche bicchiere di troppo?”
Merda. “Bill in pericolo” risposi, già in piedi, scattante.
Ciao ciao Damon! Ci vediamo tra un secolo, quando potrò di nuovo aprire la copertina del tuo libro!
Quando Bill beveva, c'era sempre una motivazione. Non stava bene.
Tom, era uscito di tutta fretta dal bagno, tenendo saldamente tra le mani i bottoni, cercando di farli passare nelle fessure. La praticità per Tom, era totalmente un'utopia.
Così gli diedi il tempo di sistemarsi, mentre andai a prendere l'auto nel garage. Quando mi trovai davanti all'ingresso suonai frettolosamente il clacson e il mio peggior capo uscì con i rasta al vento: probabilmente il cappello era rimasto a impolverarsi sull'appendino.
“Sophie spostati!” gridò con risolutezza Tom avvicinandosi alla mia porta. Non era una richiesta, era un ordine.
Feci un radiografia al mio datore di lavoro senza battere ciglio. Scossi la testa, allibita.
Tom aprì la porta dell'autista, sperando che sarei fuggita subito fuori. Ma incontrò il mio sguardo severo.
“Niente patente, pantaloni scomodi per schiacciare i pedali, capelli che impediscono la visuale...Sei sicuro di poter guidare?” asserii, alzando un sopracciglio.
La mano di Tom, si strinse attorno al bordo della portiera della macchina. Sembrava che volesse disintegrarla.
“Tu...Appena porterò le chiappe di mio fratello a casa, comincerò a chiedere le tue dimissioni!” 
“Fallo e tu non avrai più una mano, per palpare il culo minorenne di una tua fan”
Lo sguardo del chitarrista si trasformò in una maschera illeggibile. Con durezza chiuse la porta, facendo dondolare l'abitacolo per il colpo subito. Con stizza aggirò la macchina e mi salì affianco.
Ormai ero abituata all'ira di Tom, per cui non ebbi alcuna reazione, ma in condizioni normali mi sarei spaventata.
Intuendo che Tom, non voleva aggiungere altro, misi in moto l'auto e mi diressi verso il centro, dove il rasta diceva che Bill era.
Svoltammo qualche angolo nel più assoluto silenzio, finché non captai i soliti, inequivocabili, borbottii del chitarrista. “Sapessi guidare almeno. Non hai nemmeno visto che era arancione, ci passavo mille volte io. Fermiamoci tre ore agli stop, tanto è il fratello di Tom che sta male non il mio”.
La testa di Tom cominciava a muoversi a destra e a sinistra, in una discussione amplificata da molti segnali corporei. Era una prerogativa del mio capo, di gesticolare in modo animato, quando era arrabbiato.
“A me almeno non hanno tolto la patente” asserii, spegnendo ogni protesta. “E la mia auto è integra” aggiunsi.
Tom mi fulminò. La sua adorata Cadillac, aveva subito leggera stritolatina, e ora probabilmente era sotto una pressa per diventare polvere. Lui odiava che io glielo ricordassi. La macchina in questione era stata il suo unico amore (escludendo in partenza le fan che andavano a letto con lui, visto che lo intrattenevano solo per qualche ora).
“Dovrebbero farti delle multe per eccessiva lentezza! Le tartarughe hanno il turbo rispetto a te” sbottò. “I bradipi riuscirebbero a fare il giro del mondo quattro volte più di te, saltando su una zampa sola”.
“Spiritoso, molto spiritoso. Metti la mano fuori dal finestrino e schiaccia il pulsante per farlo alzare! “
“Che ne dici, se ti lego al tetto della macchina e ti spingo giù da un burrone?”
Il semaforo davanti a me scattò improvvisamente, diventando rosso. La frenata che ne seguì fu brutale. I nostri corpi immediatamente furono scaraventati in avanti, bloccati all'improvviso dalle cinture. Il rinculo ci fece scattare poi indietro, addosso ai sedili.
“Merda” digrignò Tom, una volta che si rese conto di essere ancora vivo. “Vai piano, potevi uccidermi”.
Uno sguardo assassino incontrò gli occhi di Tom. E una risata, si liberò dalle nostre labbra.
“Kaulitz, tu sei terribilmente irritante!” proclamai, ancora sconvolta dalla calma che ci avvolgeva.
Tom, si voltò per nascondere una risata, ma improvvisamente si gelò sul sedile. “Sophie, ecco Bill!”
I miei occhi scattarono nella stessa direzione di quelli del passeggero e lo vidi. Le spalle curve rivolte verso il passo, il passo insicuro, lo sguardo perso, rivelavano il suo stato di incoscienza.
Accostai velocemente, e poi scattammo fuori dal veicolo alla rincorsa del nostro fuggitivo.
Tom lo afferrò saldamente per una spalla e lo fece voltare. Fu in quel momento che vidi le lacrime, che gli rigavano il volto.
Lunghe, trasparenti lacrime, che brillavano al sole mattutino.
“Bill? Che è successo?”
Bill mi guardò, con lo sguardo vuoto, di una persona che non vede. Non vi era nulla dell'attraente uomo, sicuro di sé, in quel momento sul suo volto.
Le sue spalle si alzarono, per liberare un altro singhiozzo.
“Katherine, mi ha lasciato”

                                                                                                                                            ****************

Comunicazioni:
Sophie, nella mia mente è questa adorabile ragazza.

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Capitolo 2
*** Il fattore G ***


Ciaoooo :) Ma siete fantastiche :) Mie care, in questo capitolo...naaaaaaa leggete :) Non vi voglio rovinare la sorpresa!

Alle care:

memy881: Tom, è un perfido e Sophie una cara ragazza, ma dobbiamo anche evidenziare che la pagano :) Comunque si La forza dell'amore è ancora in cantiere, ho intenzione di continuarla, ma con calma :)
Layla: ma mi segui? :) ne sono piacevolmente colpita :) Eh eh Georg non ha assolutamente intenzione di rivelare il suo segreto, ma nemmeno Sophie. Per cui non attenderti nulla di speciale per ora XD A me non dispiace che lo abbia mollato. Ah probabilmente tornerà in auge, più avanti, quando si accrogerà che Bill gli mancherà -_-
Felice di averti ispirato ad entrare in questa avventura :)
Nanushka97: piacere di conoscerti :) Grazie mille per i complimenti :) mi lusinghi :) Ti piace Sophie? Ne sono felice :) A presto :)
DarkAngel14: Ma grazie :) Sono felice che ti piaccia :) Tom è veramente irritante hai ragione! Per quanto riguarda Georg, lo vedremo il perchè, ma non ora XD
che cattiva XD Kusss :)
Destiny Hopeeeeeeeee: ti faranno santaaaaaaa ohohohohoh, Barbara Streisand! Ok scusa XD Credo di averti già risposto mia cara, ma lo rifaccio qui pubblicamente. Tieni d'occhi Tom, perchè ne combinerà delle belle XD Tu hai una pazienza incredibile! E Tom ce lo ha grande fidati XD bacio, bacio! sono di fretta, tanto ci sentiamo già per altre vie io e te :9 puoi chiedermi quello che vuoi anche altrove :)




Capitolo 2: Il fattore G

Sgranai gli occhi, sconvolta dalla notizia che le mie orecchie avevano appena percepito.
“Come? Perché avrebbe dovuto lasciarti così all'improvviso?”
Il mio affascinante capo, chinò la testa di lato, riducendo le pupille a fessure, come se stesse valutando quale risposta meritavo di sentire. “Non mi amava più” disse alla fine, con la voce stridente.
Assorbii la risposta, anche se non riuscivo a comprenderla fino in fondo. “Bill, è impossibile. Le persone non smettono di amare così!” protestai, credendo che mi volesse nascondere la vera motivazione. Bill nonostante le manie da perfezionista, non era un ragazzo di cui ci si poteva scordare facilmente.

È possibile invece” mi rispose, incedendo nella mia direzione. “Tu non sai quello che dici, piccola” E i suoi polpastrelli sfiorarono la mia pelle. “Parli ancora così perché non conosci, fortunatamente, il mondo in cui noi viviamo. Sarai salva finché entrerai dalla porta di servizio. Cara Sophie, i flash ti accecano, non catturano meglio la tua immagine. Il tappeto rosso, conduce all'oblio, non all'oscar. Fuggi, finché puoi!” Il suo sguardo, era intenso, duro, ma colmo di lacrime.
Con un respiro smorzato si voltò e si diresse verso il passaggio a livello, che si trovava poco distante.
Bill, tu hai bisogno solo di un po' di sesso!” gli urlò Tom, privo di ironia. Credeva in quello che stava dicendo.
Il fratello si voltò di scatto e allargò le braccia, per aiutarsi a dire quello che stava per uscirgli dalle labbra. “E tu Tom, hai solo bisogno di un po' di amore” Gli occhi di Bill, traboccarono e un fiume di lacrime rotolò sul suo viso. Scrollò il capo, lentamente, poi riprese il cammino.
Io e Tom ci guardammo per una frazione poi ci gettammo verso il nostro fuggitivo. L'afferrammo per i polsi, arrestando la sua camminata.
Bill, ora torniamo a casa, così ti fai un bel bagnetto e un bel pisolino, eh?” propose Tom.
Il nostro fuggitivo, annuì. “Voglio solo tornare a casa” sussurrò piano.
Gli annuii con il capo. Poi aiutata da Tom, ci dirigemmo nella direzione opposta, verso l'auto.
Bill continuò a guardare fuori dal finestrino, per tutto il viaggio. Non smise di piangere.

Katherine, giovane modella, promettente stella della Moda, era abituata ad avere tutto quello che voleva. Era il genere di persona che riesce ad ottenere tutto, solo schioccando le dita.
Le piaceva sentire la giuria applaudire le sue performance, sulla pista; sentire i flash catturarle lo sguardo ammaliante; e avere la scarpiera piena di scarpe con il tacco.
Non le piaceva certamente non essere chiamata come Stella della sfilata; che uno stilista le imponesse l'abito da mettere; essere contraddetta.
Katherine aveva un carattere severo e perfezionista, molto più accentuato che in Bill.
Mi ero, per questo, interrogata spesso sulla loro storia. Come potevano stare insieme due personaggi così in competizione? Una carriera avrebbe fatto sembrare meno importante l'altra.
In ogni caso non mi sarei aspettata che la loro relazione sarebbe terminata così inevitabilmente.
Probabilmente nemmeno Bill se l'era immaginato.
Metal detector” Mi raggiunse la chiamata dell'inconfondibile Tom, chiamandomi con un altro dei suoi soprannomi. “Gustav, chiede se puoi raggiungerlo in giardino” disse con disprezzo. “Spero che ti sotterri così finalmente mi libererò di te”.
In risposta ghignai, perfidamente, mentre i miei occhi scattarono verso l'alto.
Tom se ne andò ridendo sotto i baffi, trascinando i piedi per non alzare troppo la gamba e far cadere i pantaloni.
Bill, dormiva beatamente da un'ora ormai e la mia presenza non era strettamente necessaria. Decisi che avrei anche potuto tornare da lui, quando si sarebbe svegliato.
Mi alzai, ma prima di lasciare la stanza, riempii la brocca con dell'acqua fresca, in caso si fosse svegliato. Poi mi diressi verso l'ingresso sul retro della casa e uscii in giardino.
La casa dove abitavano i Tokio Hotel in pausa dalla tournee, per riposare e entrare nello spirito giusto, era in campagna, situata nei pressi di Magdeburgo. Si trattava di un Cottage in perfetto stile inglese, con candidi infissi bianchi, mentre il giardino che la circondava, constava di vari metri quadri di piante e fiori accuratamente trattati.
Mi piaceva come era strutturato. Un sentiero conduceva allo stagno e al gazebo, e su una piccola piastra di mattonelle ci si poteva comodamente prendere il sole nei giorni estivi. Tutto coordinato con alte piante, che lasciavano grandi ombre, sotto le quali ci si poteva riposare nei giorni di calura.
Individuai Gustav, intento a annusare il profumo di un fiore di loto, in fondo al sentiero.
Incedetti immediatamente verso di lui, per ricevere ordini, ma quando gli fui dietro, Gustav si voltò e mi sorrise. “Sophie sei arrivata”. Il sorriso di Gustav, era un uragano, un monsone. Ti sconvolgeva l'anima. I denti scintillarono pericolosamente, prima che le labbra si richiudessero.
A sua disposizione” gracchiai, ancora abbagliata, dal luccichio dei denti di Gustav.
Il mio biondo capo, si esibì in uno sorriso sghembo. “Veramente, ti ho chiamata per un consiglio” asserì mostrandomi il lavoro che stava svolgendo.
Come ti sembra?” domandò, nuovamente serio.
I muscoli di Gustav facevano bella mostra di loro, sul petto del ragazzo, risplendendo al sole del pomeriggio. “Stavo pensando di mettere altre siepi qua per rendere più intimo il laghetto, ma mi piacerebbe mettere anche un ponticello di legno per bellezza là, che dici?”
Il mio sguardo, perso nei riflessi cristallini dell'acqua, tra le ninfee, non si spostò di un millimetro, ma la mia bocca si aprì per volontà sua. “E' bellissimo” Ed era veramente bellissimo! La posizione dello stagno e i fiori colorati alle sponde, rendevano l'ambiente allegro e affascinante, come piaceva a me.
Grazie, Sophie! Ogni tuo complimento mi fa sentire meglio! Tu sei sempre sincera” mi disse, visibilmente più rilassato.
I miei occhi, involontariamente si voltarono verso il biondo, che teneva ancora saldamente le braccia robuste sul petto.
Normalmente non apprezzavo molto gli uomini palestrati, ma Gustav era decisamente affascinante nella sua massa. Non era esagerato, ma nemmeno scarso. Era molto proporzionato, con il suo nuovo fisico dimagrito, e l'altezza media. Sapevo che quando avevo cominciato a lavorare per i Tokio Hotel, Gustav era appena uscito da una brutta crisi, dopo che la sua ex lo aveva piantato. Era dimagrito tanto, a causa della depressione, e il gruppo era stato costretto a mandarlo da un dottore per somministrargli un programma alimentare adeguato. Nonostante, si fosse ripreso, non aveva più recuperato il suo peso originario, tanto che ogni volta che entravo nella stanza di Bill e vedevo la
vecchia foto che li ritraeva, allo specchio, non riuscivo ancora a credere che il ragazzo paffuto fosse Gustav.
Sorrisi lusingata. “E' sempre un piacere essere una fonte di consigli, Gusty” asserii guardando il mio amico, con allegria.
Gustav ricambiò, tenendo in mano sempre le cesoie. Quando me ne accorsi inorridii. “Non avrai intenzioni malefiche?”.
Le cesoie fecero uno schiocco chiudendosi. “No, ma..” Il sorriso di Gustav stava diventando malizioso.
Uhm, diciamo che dovrei andare a tagliare i peli delle ascelle a Tom” borbottai, come una ragazza in un film del terrore. Poi in uno scatto mi voltai e cominciai a correre.
Gustav, intuendo la mia mossa, scattò nello stesso momento e mi inseguì continuando ad aprire e chiudere la cesoia. “Sophie, non mi sfuggirai, ti farò depilare i peli sui piedi di Tom a vita!”.
Scoppiai a ridere, mentre le mie gambe continuavano a susseguirmi una davanti all'altra. “Non mi prendi! Gustav, dovresti essere un po' più alto”.
Gustav ridacchiò. “Scappa Sophie se non vuoi un taglio radicale” gridò, brandendo in aria la cesoia.
STOOOOOOP” proruppe una voce dall'alto. “Io non ho i peli sui piedi, Gustav, e Sophie deve prepararmi la vasca da bagno!”
Gustav ed io ci bloccarono immediatamente, provocando quasi un tamponamento, e guardammo verso l'alto chi aveva parlato.
Tom, si ergeva fuori dalla finestra del secondo piano, con i rasta che cadevano sulle spalle un po' a destra della testa e un po' a sinistra. “Avanti Sophie, non ti paghiamo certo per farti fare un nuovo taglio da Gus” proferì, con la solita aria da sbruffone. “Anche se ti starebbe divinamente la testa pelata”aggiunse acidamente prima di richiudere la finestra.
Gustav mi guardò, triste. “Devi proprio andare?”
Sorrisi. “Tornerò giusto in tempo per godermi il pranzo assieme a te. A dopo Gus”
Gli passai accanto, sfiorandogli appena la spalla, diretta verso la casa.
Mentre camminavo sentii, sulla schiena lo sguardo del mio biondo capo, preoccupato.



Sophie, è calda l'acqua?” domandò, sbuffando Tom, nella camera adiacente.
Tenevo il dito costantemente nell'acqua in attesa che divenisse calda al punto giusto.
Si, è tutto pronto, come desideri” risposi annoiata.
Nello stesso istante la porta si spalancò ed entrò il mio peggior incubo. Nudo.
Appena la vista si accorse della visione, la mia mente mi fece abbassare le palpebre. “Tom! Cristo, un accappatoio è chiedere molto?”
Il mio capo rise, piacevolmente contento. “Sorriso metallico dovresti sapere che mi piace fare il bagno nudo. Come lo fai tu? Con la panciera o i mutandoni della nonna?”
A Tom piaceva essere maligno e si divertita a fare il tipico So-Tutto-Io, giocare con la play e suonare la chitarra come se avesse costantemente orgasmi.
A Tom non piaceva che qualche donna lo ignorasse, litigare con Bill, ed avere la stanza più piccola del resto del gruppo.
Mi affrettai a uscire dal bagno, chiudendo con ansia la porta. Stare nelle vicinanze di Tom, richiedeva grandi sforzi di controllo.
Mi diressi decisa all'armadio per prendere gli asciugamani che mi avrebbe chiesto Tom, di li a poco, in modo tale da non dover più entrare in bagno.
Ma poco prima di aprire la maniglia sentii dei rumori provenienti dall'interno del mobile.
Molto sospettosa mi apprestai ad ascoltare in silenzio la situazione. Sembrava tutto di nuovo calmo.
Così con lentezza afferrai la maniglia e l'abbassai piano. Poi aprii l'alta. All'interno, raggomitolato sul fondo, sedeva Georg, visibilmente terrorizzato.














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Capitolo 3
*** Il numero del diavolo è il 2 ***


Sono proprio di fretta, ma voglio farvi questo regalo speciale! Spero sia di vostro gradimento! Ringrazio tutte le persone che si fermano a leggere! Mille inchini per voi :) Ringraziamo anche i Tokio Hotel per il loro aiuto in Giappone :) I miei tesorucci <3

Alle mie pedinatrici :):

memy881: Ciao! Certo Tom sarebbe in grado di andare in televisione nudo...mmm è un'idea da non scartare! No no mi dispiace ma Gerog deve mantenere un segreto, e si sa che i segreti devono rimanere segreti...sennò che segreti sono?? XD  Bill è a parte. Lo scoprirai con il tempo, come è fatto! Spero che questo capitolo riesca a mettermi molti altri  dubbi! Ciao ciao :)

nanushka97: Spero di aver scritto giusto il tuo nome XD "appena ho letto il titolo della storia in prima pagina, mi è comparso un sorriso da ebete, mi hai resa felice :D"
Non ci posso credere! Qualcuno è così entusiasto della storia?? Wow anche tu mi rendi felice :)
Bill si, si riprenderà in fretta, con gli impegni che lo chiamano sarà costretto! Ma no Tom è favoloso nella sua stronzaggine!
Tu quoto! Sophie for president, me too! è un piacere che ti sia caro Gustav, ma per quanto riguarda Georg non ci sono speranze! Un salutone anche a te!

Layla: "Un elefante in cristalleria avrebbe più tatto di lui" direi che hai ragione! Katherine dal canto suo, vista dagli occhi di Sophie è una stronza, ma ,o sarà sul serio? Lo vedremo!!!! Gustav lo adoro :) Nella mia versione è stupendo :)  Voglio lavorare molto su di lui :) Scommetto che ti piacerà :) Voglio che sia un po' diverso dal solito. Sto lottando per far venire fuori la sua personalità!
Georg è un grande punto interrogativo che non troverà risposta molto presto XD sono perfida? Ma no daiiii ::) scusa se scrivo poco ma è molto tardi e ci tengo moltissimo a postare :) attendo questo momento da tre settimane! ti aspetto come sempre per sapere come è andata :) Ciao, Layla :)



Capitolo 3: Il numero del diavolo è il 2

Georg Moritz Hagen Listing” digrignai, nel momento in cui mi resi conto di avere ancora un cuore. “Hai intenzione di farmi morire?” aggiunsi, in un tono, che sembrava essere rientrato negli standard di un dialogo civile.
Le braccia del mio capo, che prima abbracciavano le ginocchia, ora si alzarono all'altezza del viso per proteggersi dalla luce. “Sophie, mi hai fatto spaventare!”
La mia mano, stava massaggiando lentamente il petto, per cercare di calmare il battito impazzito del mio cuore. “Come fai a dire che io ti ho fatto paura, se sei tu quello matto che si nasconde nell'armadio?” sibilai, aumentando la gestualità con la mano sinistra.
Sophie, sono in missione segreta, per favore fai piano! Tom è fuori portata, vero?”
Sgranai gli occhi, stupita. “Non dirmi che stai ancora cercando di capire se sono venuti a conoscenza del tuo segreto?”
Georg scattò verso di me tappandomi la bocca con le mani, premendole nervosamente, cominciando a guardarsi intorno circospetto.
Mmmmm” mugugnai, senza provocare nessun suono, vista l'impossibilità di aprire bocca.
Il mio paranoico capo, mi liberò, ma non smise di perlustrare la stanza, come una sentinella.
Non lo sanno e non lo sapranno se uno di noi due non lo riferirà a loro” gli spiegai cercando di farla sembrare una condizione impossibile da realizzare.
Georg non sembrava per niente convinto e si ritirò nell'ombra dell'armadio. “Tu non mi hai visto. Non hai visto nulla di ciò che è successo”.
Georg non era malato, il fatto che ci assomigliasse non lo rendeva tale. Era diventato sospettoso e paranoico, da quando aveva scoperto di dover tenere un segreto ai suoi amici.
Non sarà l'ipnosi a farmi dimenticare che tu...”
Un paio di mutande mi coprì la visuale, all'improvviso. “Molto spiritoso, Georg!”
Afferrai il tessuto degli slip e me le tolsi dal viso. Solo quando furono tra le mie mani, lessi cosa vi era scritto sopra. “Tonight I'll be your student”. Tom.
La prima reazione fu di disgusto totale, la seconda fu di alzare l'oggetto in questione e gettarlo nella stessa direzione da dove era venuto.
Con mia grande soddisfazione il lancio fu perfetto. La mutanda circoscrisse una traiettoria a cucchiaio e con sommo piacere finì sui capelli stirati del mio capo frustrato.
Ridacchiai istericamente alla visione di Georg, più che confuso, che cercava di reggersi con nonchalance il nuovo cappello ottenuto.
Georg, si resse il cappello con cura, entrando in una parte non sua. Cominciò improvvisamente a imitare Tom. Si grattò spudoratamente in un punto appena sotto il suo organo riproduttivo ed esclamò: “Guarda che se sei gelosa, del mio nuovissimo style, non è colpa mia! Mi riforniscono giornalmente dei più pregiati tessuti del mondo, per proteggere l'arma atomica più pericolosa sulla faccia della terra”.
Una mano scattò immediatamente sulla bocca per frenare un attacco di risata isterica. Georg era bravissimo a imitare Tom perchè ogni parola poteva benissimo uscire anche dalla bocca del mio capo megalomane.
Georg continuò a scimmiottare Tom esagerando mano a mano.
Inaspettatamente, però, ci giunse glaciale la voce di Tom. “Sophie, dove sono i miei asciugamani?”
Io e Georg diventammo all'istante due statue, paralizzate dal terrore. Cosa aveva sentito Tom del nostro casino?
Sophie puoi portarmi immediatamente degli asciugamani?”
Nello stesso istante in cui Georg sentì la parola asciugamani, afferrò con velocità le ante dell'armadio e lo chiuse con decisione. Aleggiò nella stanza ancora per qualche secondo il tonfo che segnalò la chiusura.
Oh no no no! Georg, bravo bambino apri immediatamente!” Protestai cominciando a forzare le ante per aprirle nuovamente. Se avessi potuto, confido che mi si sarei nascosta anche io, ma era di vitale importanza portare gli asciugamani al mio capo. “Forza, Georgino, la serpe mi ucciderà. Salvami per favore!” implorai, sperando che nel cuore del mio oscuro capo si smuovesse un lato che era ancora tipicamente umano.
La maniglia della porta del bagno si abbassò improvvisamente e una figura circondata da una scia di goccioline e vapore acqueo comparve sulla soglia. “Si può sapere perchè parli con l'armadio?” domandò Tom, scuotendo il capo.
Mi voltai, ridacchiando istericamente, cercando di sembrare normale. “Oh no stavo imprecando contro l'armadio perchè non si apre” dissi posizionandomi davanti alla fessura, sperando che Georg non ruzzolasse giù improvvisamente.
Ma sarà...” sogghignò Tom. Ero sicura che volesse che abbassassi gli occhi, perchè lentamente si fece avanti e il suo sorriso si fece più sornione. “Il mondo è bello, perchè possiamo vederlo no? Gli occhi sono un dono miracoloso che ne pensi?”
Decisamente essere in territorio nemico non mi avrebbe aiutato a evitarlo.
Quando pensavo che mi sarei arresa e avrei guardato verso il basso, la porta della stanza si aprì ed entrò la mia salvezza.
La luce che penetrava dalle finestre nella stanza colpì i muscoli vistosi del batterista e i suoi capelli facendoli splendere. “Oh, Tom, per carità, copriti le miserie, porto Sophie a mangiare fuori. Quando torno, voglio vederti coperto!”
Tom si voltò di scatto verso il suo compagno. “Credi davvero che ti perdoni questa interruzione? Io e Sorriso Metallico ci stavamo divertendo! E poi il suo turno di lavoro non è ancora finito!”
Gustav rise, sarcasticamente. “Mio caro, il suo turno è finito cinque minuti fa!”
Poi mi guardò, incoraggiante. “Andiamo Sophie, indovina dove ti porterò!” aggiunse, allegramente.
Sentii direttamente l'irritazione di Tom, toccarmi la pelle e scaraventarmi contro l'armadio.
Deglutii piano, lo fissai lentamente nel volto, per carpire tutti le emozioni che gli colorivano il volto, dopo di che abbassai gli occhi al pavimento e incedetti verso Gustav.
Questa volta ero salva, ma non potevo dire che sarebbe stato lo stesso per le volte a venire.

Parcheggiamo l'auto poco distante dal locale che Gus aveva scelto per il nostro pranzo, così ci vollero pochi minuti per raggiungere l'insegna che lo indicava.
Ristorante Italiano?” domandai sbigottita, una volta che riuscii a leggere i caratteri che vi erano sopra. “Hai la più pallida idea di quanto costi?”
Gustav si strinse nelle spalle. “Mi avevi detto che avresti tanto voluto assaggiare un bel piatto di spaghetti italiani, così mi è venuto in mente che qui il proprietario è italiano ed il cibo è tutto squisito!”
Il mio sguardo, tutt'altro che allegro, lo trafisse. “Non voglio che tu realizzi ogni mio piccolo capriccio!”
Gustav sorrise. “Ma non lo sto facendo! Ci volevo venire anche io! E poi il cuoco è mio amico, per cui farà una buona parola al proprietario per farci un fantastico sconto” asserì guardando la gente mangiare ai tavoli dalla vetrina. Ritornò a guardarmi: “Ti sto per aprire la porta, attenta” disse, allungando la gamba verso l'uscio.
Trattenni il respiro e alzai il dito verso di lui. “Non oserai!”
Gustav, in risposta, allungò l'altra gamba e fu a un passo dalla porta, tanto che poteva toccare con le dita la maniglia.
Odiavo che un uomo mi aprisse la porta, per farmi passare. Gustav lo sapeva e mi stava provocando per convincermi ad entrare.
Scattai verso la porta e premetti la maniglia verso il basso. La porta si aprì così velocemente che persi l'equilibrio, rischiando di cadere in avanti.
Per mia fortuna riuscii ad appigliarmi, prima di ruzzolare, ma ormai il danno era fatto. I clienti del ristorante ci stavano fissando, immobili.
Gustav, rise, inconscio che le mie guance stavano mutando colore: da un tiepido rosa, stavano diventando di un fosforescente bordò. Ero sicura che se avessero spento le luci avrebbero potuto vedere le mie guance a distanza e le avrebbero potute usare come fari, per orientarsi nella stanza.
Un cameriere ci venne incontro e ci chiese se eravamo in due. Gustav annuì, pimpante.
Intanto il mio viso, stava riacquistando il normale colorito, come se mi fossi posata sulla faccia un intero iceberg.
Il ragazzo che ci aveva accolto all'entrata ci fece sedere in un angolo appartato del locale, che era distante da tutti gli altri clienti della sala.
Mi tolsi la giacca e la appesi alla sedia, ma prima che potessi sedermi, Gustav mi apparve dietro le spalle e mi scostò la sedia per farmi sedere.
Quando mi voltai vidi Gustav sorridere sotto i baffi, sornione.
Che stai facendo?” dissi portandomi le braccia ai fianchi.
La risata che proseguì la mia domanda, gli fece vibrare il petto. “Mia cara, questo è un pranzo secondo le mie regole”.
Alzai un sopracciglio, sicura di essermi persa qualcosa.
Beh dovrai solo pranzare e divertirti, non pensare alla spesa o a come sono gentile con te! Sono sicuro che riuscirai a rilassarti”
Gustav, non era cattivo. Stava facendo tutto ciò che un buon amico farebbe con la propria amica quando ha bisogno di staccare dal lavoro.
Sorrisi. “D'accordo, ma l'acqua me la verso io. Potrei sentirmi più paralizzata del solito”.
Gustav rispose con un sorriso muto. Andò a sedersi di fronte, guardando ogni mia mossa diretta alla sistemazione del tavolo. “Tu sei la mia paraplegica preferita”.
Lo stupore mi ghiacciò, per qualche secondo. “Come?”
Nel senso che non ho mai conosciuto una persona più imbranata di te nel camminare” ammise, stranamente serio. “Eppure è una caratteristica che adoro. Ogni tua caduta è elegante. Anche se finisci a terra, sorridi e ti rialzi. Trovi sempre il coraggio di guardare il mondo, anche quando ti sembra che tutto sia perduto” esordì, enfatizzando la frase, come se stesse raccontando un miracolo.
Mi piace, che tu quando sei triste guardi il cielo, non il terreno. E se c'è nuvolo, non pensi che pioverà, ma che presto arriverà il sole!” continuò, fiero.
Il battito del mio cuore era così forte, che tutti avrebbero potuto guardarmi e vederlo battere nella mia gabbia toracica. Lo avrebbero visto schiantarsi contro le ossa, avrebbero sentito il fragore e percepito che di li a poco avrebbe smesso di battere.
Grazie”. Pronunciate quelle parole, il mio intero organismo sembrò calmarsi. Avevo sempre creduto che i suoni di alcune parole possiedono la proprietà di tranquillizzare.
Seguì un lungo sguardo corrisposto, interrotto solo dal cameriere, che ci chiese cosa volevamo ordinare. Scoprimmo che entrambi volevamo lo stesso piatto di spaghetti e ordinammo un'unica bottiglia di vino.
Nient'altro?” chiese il cameriere.
Direi di no. O desideravi dell'altro?” rispose, rivolgendo a me la domanda.
Gli rivolsi un sorriso. “Direi di no”.
Il cameriere si volatilizzò a portare in cucina il nostro ordine.
E' per questo e altro che ti adoro!”
Anche io” asserì Gus, piano.
Il pranzo seguì nella più completa libera associazione di argomenti. Toccammo picchi di intelligenza e fondi di demenza. Parlammo di politica, di problemi ambientali, dell'importanza dell'acqua e della scoperta che essa contiene cristalli che mutano in base all'ambiente in cui si trova, di bambini, poi non so come arrivammo a parlare delle mutande di Tom, del perizoma che Georg teneva come portafortuna nel cassetto e della capigliatura di Bill, tendente al riccio.
Qualche anno fa non avrei mai creduto che potesse essere così divertente discutere con Gustav, invece ora era diventato indispensabile, per me.
Quando fummo sazi e la bottiglia di vino vuota, uscimmo dal locale. Ci investì immediatamente un'aria di pioggia e ci accorgemmo che si erano formate varie pozzanghere sul ciglio della strada.
In quel momento non pioveva molto, ma presto la quantità sarebbe aumentata.
Così ci guardammo, e notammo che quello che ci passava nella mente era esattamente la stessa cosa. “Chi arriva ultimo alla macchina, bacia tutte le sere il perizoma di Georg”.
Come due schegge scattammo, cominciando a correre a perdifiato, sul marciapiede. La pioggia nel frattempo scendeva sempre più frequente e a gocce sempre più grandi.
Mi piaceva godermi ogni istante della mia vita, mi piaceva apprezzare le piccole cose: come la pioggia.
Mi fermai di colpo e alzai il viso verso il cielo. Vidi lunghe colonne scendere dal cielo cristalline gocce cadermi sul volto. L'acqua lavava via ogni dolore, ogni paura.
Aprii la bocca per far uscire la lingua, che una goccia bagnò.
Sophie, che fai? Vuoi prosciugare l'acqua del mondo?” Anche Gustav si era fermato.
Ridacchiai, felice.
Sophie?”. Il tono del mio capo si era fatto serio. Lo guardai, avvicinarsi e prendermi una mano.
Tu...”
Un groppo in gola, non mi fece respirare.
Tu...saresti disposta e venire in tour con i Tokio Hotel? Ti pagheremmo bene, e staresti bene! Avrai una tua stanza! E ti porterò a vedere il mondo!”.
Tutta la tensione scivolò via, trasportata dall'acqua. “Ma certo! Sarebbe magnifico! Non ti direi mai di no Gustav!”
E il biondo, mi cinse in un abbraccio, caldo e lungo.

Gustav zampillava di allegria, saltellando nelle quinte dello studio televisivo, salutando la gente che incontrava. Mi sembrava che fosse tornato un bambino che osserva il mondo attorno a sé con smisurata meraviglia.
Se non fosse stato per l'assurdità dell'idea, avrei potuto dare per vera l'ipotesi che Gustav avrebbe potuto volteggiare, come una graziosa ballerina di danza classica.
La sua euforia stava toccando picchi vertiginosi quando un altoparlante emise un suono stridente, seguito poi da una voce che si propagò per annunciare ai lavoratori frenetici, dell'imminente inizio del programma.
La reazione generale fu di proteggersi le orecchie, dal suono acuto, così solo in pochi udirono il seguito del discorso.
Saremo in onda tra dieci minuti. Tutti alle loro postazioni” annunciò con enfasi e autorità, la voce di una donna. “Chi sarà trovato a perdere tempo, verrà licenziato!”.
La mia attenzione fu catturata, da un uomo affascinante, che da quanto avevo capito era il presentatore del programma che avrebbe dato spettacolo di li a poco. Era uno dei pochi che non si era sconvolto per lo stridore e ora fissava con nervosismo il soffitto, come se nulla fosse successo. “Maledetto chi mi ha consigliato questo parto!” grugnì fissando con ansia la porta di servizio. Una donna in un elegante completo color crema, gli sorrise. “Dai Ami, quando finirà tutto andiamo fuori a fumare, eh? Ora ti voglio concentrato per lo show!” cinguettò lei, con il fare tipico dei manager. Di rimando il suo cliente cercò di darle una cartelletta in testa. “Azumi, taci” ringhiò, strozzato.
Sorrisi, tra me. Sembravano, cane e gatto, come me e Gustav.
Mi tornò in mente solo in quel momento che l'avevo perso di vista. Il mio sguardo cominciò a perlustrare il corridoio affollato in cerca del mio accompagnatore, ma non riuscivo in nessun modo a scorgerlo.
Decisi di lasciare la mia postazione e girovagare sperando di trovarlo da qualche parte felicemente saltellante.
Mi strinsi più volte tra le gente e con poca grazia, mi feci largo per riuscire a passare. Fu in una di quelle mosse soffocate che vidi un viso familiare: Bill. Lui stava guardando nella mia direzione con un sorriso che lentamente gli crebbe sul volto, a mano a mano che il mio corpo riaffiorava dal capannello di persone in cui ero incastrata
Lo raggiunsi, rispondendo al suo saluto, nel linguaggio verbale. Quando mi fu abbastanza vicino, perchè potesse sentire le mie parole, gli parlai: “Ehi, che ci fai qui?”
Bill sembrava pimpante. “Sono un ospite!”
Emisi un lungo verso di sorpresa. “Oh anche tu? Bene dai, ci divertiremo!”
Come anche tu?” chiese, confuso, passandosi una mano sul volto.
Fui colta da un improvviso vuoto di incomprensione, cosa gli era strano del fatto che avessi detto anche tu?
Ma prima che potessi anche solo dargli una risposta, mi squillò il cellulare e gli feci un cenno veloce che dovevo fuggire a rispondere. Bill annuì e voltò lo sguardo verso il monitor che segnalava il conto alla rovescia.
Pronto?” urlai, per farmi sentire sopra la confusione generale.
Sophie, sono Gus. Dove sei? Sono in coda in ordine di entrata! Tu devi cercare il signore con la scaletta! Così ti fai dire quando tocca a me e puoi seguirmi!”
Cosa? Perchè? So già quando è il tuo turno!”
Ci fu un lungo silenzio dall'altra parte della cornetta poi Gustav disse che mancavano cinque secondi all'inizio del programma e agganciò.
Mi guardai intorno. Tutti guardavano il display. Quattro...Tre...Due...Uno. “Benvenuti! Buona sera gentili spettatori! Diamo ufficialmente inizio a Mi importa!
L'ansia sciamò leggermente dai visi contriti e tutti si affrettarono a dirigersi alla loro occupazioni.
Rimaneva una fila composta appena dietro il palcoscenico, dove probabilmente si trovavano sia Bill che Gustav.
Arrivarono alle nostre orecchie varie risate provenienti dalla sala.
Mi scusi, è lei Sophie ....? La stanno aspettando all'entrata 2. Deve muoversi!”
L'uomo che aveva parlato stava guardando indaffarato una cartellina, sezionando con foca tutti i nomi.
Si muova!” esordì nervoso.
Trasalii, spaventata. “Ok, vado!” risposi, svignandomela. Che modi! Perchè dovevo andare all'entrata due? Gustav aveva bisogno di me?
Cari telespettatori, che ne dite di dare inizio alla gara?” domandò il conduttore, scatenando una serie di urli emozionati.
Bene, allora lasciate che vi presenti i concorrenti di oggi! Maestro, musica!” continuò il presentatore urlando.
Cominciai a correre; non potevo perdermi l'entrata di Gustav!
Riuscii a scorgere l'insegna che indicava l'entrata due abbastanza velocemente. Ero stata molto fortunata! Probabilmente avrei potuto guardarmi il programma in santa pace seduta su una di quelle poltroncine che danno ai parenti degli ospiti.
Raggiunsi la porta, e premetti sul maniglione anti-panico per aprirla.
La visione dell'interno fu molto chiara fin da subito. Un enorme schermo piatto, troneggiava sulla parete opposta alla porta, mentre in mezzo alla stanza vi erano due poltrone azzurre dall'aspetto invitante.
Sembrava tutto così perfetto e favoloso, quando mi accorsi che una delle due poltrone era occupata.
Sono convinta che qualsiasi persona avessi trovato su quella poltroncina non potesse scalfire la mia euforia per Gustav e il suo lavoro, ma quando vidi una inconfondibile capigliatura rasta, vestiti oversize, spaparanzati sulla poltrona, accompagnati da una postura rilassata a gambe aperte e le braccia stese sullo schienale, immediatamente scattò in me un tic nervoso. Tom, era allo studio. Tom, era nella mia stessa stanza. Tom si era appena accorto della mia presenza.
In un lampo si alzò e con un sorriso ebete si diresse verso di me (direi quasi correndo).
Ferraglia, buona sera! Non sei andata dal meccanico?”
Costrui mentalmente un piano, che mi avrebbe concesso di salvare il mio buon umore. Volsi, quindi, tutta la mia attenzione allo schermo.
Il terzo concorrente è Gustav Schäfer!”
Il mio amico entrò nello studio, salutando sorridente il pubblico che applaudiva euforico.
Tom si voltò di scatto, verso lo schermo. La telecamera inquadrava ancora il biondo. “Gustav?” proruppe scombussolato Tom. Il mio capo mi guardò, confuso. “Voi che ci fate qui?”
Oh anche tu? Che avete tutti?”
Come quarto concorrente, chi potrebbe essere dopo il famoso batterista Gustav? Stiamo parlando della Stella! Bill Kaulitz!” annunciò, in un grido, il nome.
La telecamera inquadrò l'entrata trionfale di Bill, che con passo sicuro e felpato raggiungeva la sua poltrona.
Ma c'era qualcosa che non andava. Non so come feci ad accorgermene, ma c'era qualcosa nei suoi occhi, nella sua espressione della sorpresa, della stizza, della preoccupazione. Il cervello di Bill stava lavorando, e vedendo le reazioni che lo muovevano, le informazioni giungevano alla sua scatola cranica alla velocità della luce. Lo vidi chinarsi verso Gustav e sussurrare qualcosa a denti stretti al suo orecchio, cercando di nascondere il labiale.
Come risposta Gustav sorrise e felice gli uscì dalle labbra una sola parola, che solo io riuscii a decifrare. Era il mio nome: Sophie.
Cosa voleva sapere Bill, riguardo a me?
Il mio affascinante capo moro ritornò a fissare la telecamera e lanciò un sorriso, stirato.
Abbiamo metà dei componenti dei Tokio Hotel, questa sera! Perfetto, passiamo al nostro quinto candidato”
Tu sei con Gustav?” domandò in un soffio Tom, avvicinandosi al mio orecchio.
Il mio sguardo incontrò l'espressione seria del mio interlocutore. “Che intendi? Mi ha invitato qui Gustav non certo per pulirgli il culo, ma nemmeno come appuntamento. Siamo amici”.
Il cervello di Tom, lavorava freneticamente. “Allora non sei venuta con Bill?”
Non riuscivo a capire dove volesse arrivare. “No, non fino a qualche secondo fa! Non sapevo che venisse anche Bill”.
Sul viso di Tom, si dipinse un sorriso. “Beh, allora tu sei venuta accompagnando Gustav. Uhm, che cattiva scelta”.
La situazione si stava complicando più del previsto. “Tom, io non sono venuta qui perchè sono la ragazza di Gustav. Mi ha chiesto solo un piacere!”.
E aspetti che io ti creda?” proruppe, aumentando la gestualità. “Quindi, tu non hai capito nulla? Ah, ho capito. Fai il doppio gioco ” aggiunse, entusiasta di aver risolto il suo mistero, che a me era ancora accuratamente nascosto.
Non sapevo ancora per quale motivo, ma Tom stava tramando qualcosa. Non ci volle molto perchè me ne accorgessi. Sentii la sua spalla toccare la mia, poi fui investita da una ventata di un profumo fragrante. Le sue labbra stavano guadagnando terreno, tanto che ormai superavano il limite consentito. Le sentii schiudersi innanzi al mio orecchio, e capii, troppo tardi, quali intenzioni aveva il mio capo, perchè ormai il mio lobo era stato catturato dalle sua labbra. “Sophie, sei spacciata” sussurrò staccandosi.
Il mio cuore esplose in un battito forsennato, alla disperata ricerca dell'ossigeno che mi serviva per respirare. “Dente Metallizzato, non ti sei accorta dell'espressione di Bill? È sorpreso, perchè non sapeva che ci fosse anche Gustav al programma, nemmeno io lo sapevo. Ma la cosa che maggiormente lo ha fatto infuriare, sei tu. Esci con il batterista, invece che con lui”. Il mio cuore si fermò, di colpo. Cosa?
La lingua di Tom, in una frazione dischiuse le labbra e lambì il mio orecchio, con sensualità. Cosa intendeva fare?
Lo schermo continuava a inquadrare i due giovani colleghi, che mostravano visi confusi.
Allora Bill e Gustav, era previsto che voi vi trovaste qui oggi insieme?” domandò il presentatore, ticchettando sulla cartellina.
La telecamera inquadrò i due ragazzi. “A essere sinceri no. È stata una sorpresa” commentò Bill, terribilmente serio.
Puntai i palmi delle mani sul petto del mio personale aguzzino e lo spinsi con tutta la forza che riuscii a trovare. Non fu una spinta forte, perchè i muscoli di Tom resistettero al colpo, ma fu abbastanza per liberarmi dai suoi giochetti pornografici.
Approfittai del momento di smarrimento del ragazzo rasta per fuggire. Mentre i piedi si susseguivano uno dietro l'altro, mi tornarono in mente le parole di Tom. Lui aveva ragione. Bill era arrabbiato con Gustav, a causa mia. Questa era l'unica spiegazione per cui Gustav aveva pronunciato il mio nome.
Signorina! Lei deve stare nella stanza 2. E' un ordine!”. Le urla provenivano probabilmente dal fondo del corridoio. Ma non volevo ascoltarle. Non sarei tornata in quella trappola per topi.
Mi feci scudo dietro a degli uomini robusti o molto alti e raggiunsi di soppiatto il bagno. Forse avrei potuto riordinare le idee con calma.
Una volta che fui dentro, andai verso lo specchio, e guardai il riflesso di ciò che ero.
Bill aveva ragione. Il mondo dello spettacolo è una gabbia in cui le sbarre sono invalicabili. Io, non ne facevo direttamente parte, ma ne sentivo le vibrazioni, l'aria, potevo toccare la superficie che ci divideva. Ero così vicina, che sentivo i suoi battiti. E non mi piaceva.
Una delle cose che avevo sempre desiderato era poter lavorare all'aperto, tra la gente, tra la natura. Mi piaceva sentire la vita scorrere placida. Eppure, avevo intrapreso la via opposta.
Forse non avrei dovuto dire a Gustav, che avrei accettato di seguire i Tokio Hotel in tour.
Essendo troppo impegnata a discutere su ciò che dovevo fare o non fare, non mi ero accorta che stavo camminando in cerchio e che di li a poco avrei anche consumato il pavimento.
Mi passai velocemente le mani sul volto, cercando di convincermi che avrei seguito Gustav nel programma e poi una volta concluso lo avrei informato che la mia affermazione era diventata una negazione.
Con decisione aprii la maniglia, pronta ad affrontare la mia sfida.
Lei, dove crede di andare?”
Due ruote infuocate mi fulminarono, in un lampo accecante.

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Capitolo 4
*** La curiosità è una brutta bestia ***


Oddio! Finalmente Ciao!!!! Che bello tornare a scrivere questa storia! Mi ci è voluto un po' ma mi sono messa d'imoegno e mi sono detta, ora la scrivo tutta e poi la metto su! Forza Marty o qui finiamo male! Mi sono messa al lavoro con questo caldo assurdo, anche se potevo essere benissimo in piscina T.T mi viene da piangere! Non ho ancora fatto il mio primo bagno d'estate! Chi di voi ha una bellissima piscina e mi invita a casa sua? XD Sono disperata!!! Beh a parte il fatto che mi sto liquiefacendo, sto bene e non vedo l'ora di sapere se questo capitolo vi è piaciuto :) Senza volerlo sono finita per innescare qualcosa di nuovo tra i miei personaggi. Forse stanno prendendo vita, che dite? Fatemi sapere tutte le vostre impressioni!!!! Thanks :) Ringrazio tutte le persona che mi hanno recensito (se non ho risposto, ditemelo che lo faccio immediatamente!!!!) o che semplicemente hanno letto! O hanno messo questa storia tra i preferiti!

PS: Mi sono innamorata di una nuova canzone dei Tokio Hotel: In your Shadow! è bellissima!
Ma la mia canzone preferita è An Deiner Seite! e La vostra qual'è??? Scrivetemelo :) Non vedo l'ora di sapere quale canzone riceverà più voti :)



Capitolo 4: La curiosità è una brutta bestia!  


Gli uomini, sono una specie rara, in via di estinzione direi. Ci sono diversi mammiferi che intendono farsi chiamare come tali, ma esistono particolari caratteristiche che identificano un vero uomo da tutti gli altri pretendenti: una di queste è la capacità di sentire. Non di ascoltare, ma di percepire, di provare di sfiorare le emozioni e perché no? Anche di viverle…
La mia domanda è semplice: quale tra i quattro miei compagni di vita era uno di loro?

  ........

Le mani di un assistente mi presero con forza dalle spalle e mi condussero, inerme, nella stanza dell'inferno.
Il diavolo sedeva, su una delle due poltrone azzurre, impegnato a tirare dalla cannuccia la sua bibita.
L'aria che lo avvolgeva era di finta noia. In verità si stava divertendo moltissimo; ora che il suo giocattolo era tornato poteva finalmente riprendere la partita, precedentemente interrotta.
Le gambe molto distanti tra loro, formavano un angolo retto, mentre la schiena aderiva allo schienale; le braccia invece erano posate sui bracciali e una mano reggeva il bicchiere, l'altra tamburellava.
“Mi raccomando, resti qui! Il mio collega deve venirla a chiamare qui, non può andarsene in giro” mi ammonì il mio sequestratore.
La mia unica risposta fu uno sguardo supplichevole: tutto ma non quella stanza! L'uomo scosse la testa e se ne andò abbandonandomi al mio crudo destino.
Le mie braccia che erano rimaste sospese davanti al petto per far congiungere le mani in simbolo di preghiera, scivolarono lentamente sui fianchi, ormai rassegnate.
Mi volsi nuovamente verso Tom, che continuò a ignorarmi. Si stava preparando per quella che sarebbe stata la sua vittoria, ne ero sicura.
I miei passi, sembravano carri armati, tanto che ero quasi convinta di sentire i cingolati muoversi.
Mi sentivo come un martello pneumatico che distrugge l'asfalto: sarebbe carino addirittura un lavoro del genere invece di questo supplizio!
Dovevo ammettere che se improvvisamente un operaio avesse aperto la porta chiedendo chi era in grado di dare un aiuto tempestivo, io avrei accettato senza tentennare e sarei scappata via allegramente.
Con un tonfo il mio corpo cadde sulla poltrona, adagiandosi a caso.
Sentii l'inconfondibile risata di Tom, risuonare nella stanza.
“Non capisco”
Non so come quelle parole, dubbiose, mi sfuggirono di bocca, ma ebbero un effetto inaspettato.
I suoi occhi si puntarono nei miei in chiaro segno di confusione. I suoi arti erano bloccati, aveva smesso persino di succhiare dalla cannuccia.
Rinvigorita dall’improvviso successo appoggiai i gomiti sul bracciolo più vicino a Tom, e adagiai il mento sul dorso delle mani. “Tu, sei il conquistatore del gruppo, quello che non deve chiedere mai” cominciai, decisa a tenere una filippica. Ormai il danno era fatto, ora che avevo aperto bocca avrei chiarito quanto c'era da chiarire.
“Allora dimmi, come mai perdi fiato cercando da me la conferma del tuo fascino? Ti senti forse insicuro?”
Le labbra di Tom si dischiusero, senza emettere alcun suono.
“Insomma, non hai bisogno della mia opinione per sentirti meglio no? Perché insisti a giocare una partita già persa in partenza?”
Tom rivolse il busto verso di me, mostrando estrema attenzione a ciò che gli stavo dicendo. “Perché nessuno resiste, e tu non sarai di meno. Prima o poi cadrai, anche se il tuo cuore batte per Gustav o Bill o chi ti pare. Tu desidererai essere mia, anche per un solo istante” rispose poi, appoggiandosi anche lui al bracciolo, granitico. Sembrava sicuro che le sue parole sarebbero arrivate esattamente dove voleva e la mia mossa gli avrebbe certamente facilitato i giochi. Ma dovevo ammettere che era diverso dal solito. Forse non stava giocando.
Il dubbio mi tolse il fiato, per qualche secondo, ma come se avessi ricevuto una nuova spinta ripartii all'attacco. “Ti è difficile capire che non puoi ottenere tutto? Non mi piacciono le cose troppo piccole. Sai la virtù sta nel mezzo” asserii, sorridendo, sempre più sicura nella mia parte della donna sensuale e irraggiungibile.
Tom non sembrò scomporsi, anzi avanzò verso di me con il viso e asserì: “Proprio per questo mi chiedo cosa ci fai ancora con Gustav. Dove  la tieni la lente d’ingrandimento?” chiese guardando le mie gambe.
Spalancai la bocca, sbalordita. “Tu…misero essere meschino”
“Come fai a dire che è piccolo, se non l’hai mai visto? Forza avanti se vuoi puoi rimediare ora e finiremo questa storia una volta per tutte!” asserì prendendo la fibbia della sua cintura, per sfilarsela.
“Oh oh oh” mi uscì di bocca mentre le mie mani ruotavano a 180 °C da destra a sinistra e di nuovo verso destra in segno di negazione. Sembravo molto un personaggio virtuale di The Sims. “Metti giù l’arma, mio caro!”
Tom rise, ma lasciò la cintura. “Vuoi farlo tu?” chiese, ancora più sensuale.
Stop. Improvvisamente mi bloccai, incapace di raggiungere il fine della frase che mi si era appena posta. “Cosa?” domandai, interdetta.
“Insomma, Dente Metallico, non farmi ridere! Vuoi tu avere l’onore di spogliarmi?”
Sussultai, sentendo la pelle d’oca sul mio corpo. Brutto porco! Ora ci penso io a te!
Avevo già teorizzato diversi modi per strangolarlo con la sua cintura, quando sentii il presentatore annunciare Gustav per iniziare la sua intervista.
Sul viso della mia ipotetica vittima si dipinse un’espressione di profonda delusione, che mi provocò un’esaltazione interiore.
Intanto Gustav si era alzato e stava raggiungendo la poltrona centrale dove si sarebbe svolta l’intervista. Trattenni un sospiro per l’emozione: Gustav stava per parlare e avrebbe fatto un figurone visto che sprizzava di felicità! Ma mentre la bocca di Gustav si dischiuse la porta si aprì e prima di sentire anche solo un suono un uomo del backstage mi aveva già trascinato fuori dalla stanza. Il mio compagno di merende si strinse nelle spalle, in risposta alle mie lamentele, che erano costituite da calci, urla, graffi e tutto quello che è contemplato con essi.
Tutto fu inutile. Solo quando la tv fu lontano dalla mia portata i miei polmoni trovarono il tempo per rilassarsi.
“Stia buona qui, ora e si muova solo quando glielo dico io”
La mia espressione sembrava quella di una bambina che ha messo il broncio dopo l’ennesimo dolcetto strappato al suo palato.
“Mi dovrete risarcire tutti per quello che ho perso in questo istante!” ghignai, incrociando le braccia al petto.
Il mio rapitore rise. “Mi dovresti risarcire tu per quello che non ti sto facendo perdere” e con questo mi spinse verso in un’apertura del backstage. “Buona fortuna” mi sussurrò subito dopo, prima che partisse una musica. Prima che potessi gridargli qualcosa sentii uno scrosciare di applausi assai vicini a me e mi voltai terrorizzata e capii nell’immediato che mi trovavo nello studio.
Centinaia di sguardi erano puntati su di me e su Gustav, in piedi al centro dello studio, che mi tendeva una mano. Deglutii. Non sapevo cosa stava succedendo, ma qualcosa mi diceva che era stata studiata questa entrata, visto che la musica era partita appena avevo messo piede sul palcoscenico.
Il presentatore mi lanciò diversi sorrisi di incoraggiamento, vedendomi terrorizzata ferma sul mio posto. Gustav invece non aveva smesso di sorridermi e mi faceva segno di avvicinarmi.
Tirai un grosso respiro, per farmi forza e avanzai lentamente verso il mio amico. Avevo la netta sensazione che la mia presenza non era casuale, anzi che fosse fondamentale per l’intervista di Gus.
Appena fui accanto al batterista mi cinse la vita e mi diede due baci sulle guance. “Sei bellissima” mi sussurrò piano all’orecchio, tenendo coperto il microfono, perché nessuno sentisse.
Poi ci sedemmo di fronte al presentatore. Notai che vi erano due poltrone e non una come mi era sembrato di vedere prima dallo schermo. Come avevo fatto a non accorgermene?
Il pubblico si ammutolì. Lo guardai più volte per capire cosa sapeva in più di me. Perché ero l’unica a non sapere nulla?
“Gustav allora è lei che viaggia assieme ai Tokio Hotel?” chiese il presentatore, che teneva salda la sua cartellina.
I miei occhi si puntarono su Gustav, che sorrise e compi piccole mosse lente per accompagnare il suo discorso. “Certamente. Quando Bill ci disse che aveva assunto un’assistente per il gruppo, non potevo immaginare che sarebbe arrivata una ragazza quale è Sophie”
“E tu Sophie, come te li immaginavi i Tokio Hotel?” chiese poi rivolto a me.
Gustav mi prese delicatamente la mano, e la strinse per infondermi il coraggio necessario per aprire la bocca. “Beh…Stupidi” mi sfuggi dalle labbra, prima che riuscissi a controllarmi. Il pubblicò scoppiò a ridere. Allarmata guardai Gustav, ma notai che non era affatto arrabbiato. “Cioè immaginavo fossero i soliti ragazzi esaltati, invece non lo sono, o per lo meno non tutti” aggiunsi dopo sperando di rimediare al danno fatto.
“E come è cominciata la vostra amicizia, allora?”
Gustav, si sciolse in un caldo sorriso come se gli fosse giunto alla mente un ricordo lieto, e mi accarezzò la mano, poi disse: “Quello fu un giorno memorabile. Mi ricordo che eravamo distrutti per la tournee ed eravamo appena arrivati a casa a Berlino. Quella sera era il primo giorno lavorativo di Sophie. Aveva lavorato tutto il giorno per preparare la casa, ma lo stesso eseguiva tutti i primi ordini che gli assegnavamo. Non spiaccicò parola con anima viva, e non rise nemmeno alle battute di Tom, cose che mi incuriosì molto!” La scioltezza di Gustav mi colpì particolarmente e il pubblicò sembrava a proprio agio e rideva spesso. “Così cominciai a farle domande che lei evitava, così diventò una specie di sfida e quando veniva a lavorare da noi cercavo di farla ridere. Finché un giorno scoprii il suo segreto. Portava l’apparecchio”
Sobbalzai, colpita dal fatto che avesse detto quel particolare in televisione. Le telecamere mi inquadrarono, per catturare questo particolare, così sorrisi un po’ impacciata.
Gustav mi strinse la mano. “Si vergognava così tanto che si era promessa di non ridere mai in nostra presenza, ma la convinsi del contrario e dovreste sentirla ora che battibecchi che fa con Tom!”
Il pubblico si unì in un’altra risata.
“Allora Sophie, tu che ricordi hai di Gustav?”
“Bellissimi. È l’amico che ogni ragazza vorrebbe! Non l’ho mai considerato mio datore di lavoro, perché è un mio amico. Mi piace parlare con lui” ammisi, cercando di far valere le qualità del batterista. Gustav mi rivolse uno dei suoi soliti sorrisi, che ti scaldano il cuore.
“Mi fanno sentire parte del loro gruppo, tanto che ormai credo di conoscere milioni di loro segreti
“SEGRETI??” Ciuffi castani svolazzarono attorno alla testa di un adirato Georg, che avanzava verso il centro del palco a pugni serrati. Calò improvvisamente un silenzio glaciale nello studio, all’entrata imperterrita del bassista in scena.
Meno esterrefatti furono le guardie della sicurezza che corsero verso il ragazzo per acciuffarlo.
“Fermo, dove vuole andare?”
Due uomini muscolosi lo presero per le braccia e lo sollevarono da terra, interrompendo la sua avanzata minacciosa perso la nostra postazione. 
In un lampo rivisitai le parole che avevo formulato e mi accorsi di aver pronunciato proprio SEGRETI. In quel momento capii che l’ossessione di Georg doveva averlo spinto fino allo studio in incognito per capire se il suo segreto appunto era stato svelato. Probabilmente era rimasto nascosto tutto il tempo tra il pubblico.
Mi voltai verso il presentatore che mi osservava vagamente stordito e mostrai un sorriso sghembo. “Beh non intendo dire proprio tutti i segreti, insomma solo i più stupidi, quelli alla portata di tutti i giorni. Non sono mai entrata a conoscenza di segreti troppo PERSONALI”.
Le resistenze di Georg cessarono immediatamente e i due enormi addetti alla sicurezza lo trascinarono via senza problemi.
L’avevo scampata per quella volta, ma ero convinta che Georg prima o poi doveva vuotare il sacco, o avrei detto tutto io agli altri componenti del gruppo. Ira o non ira.
“Gustav, direi che è il tuo momento del MI IMPORTA!”
Gustav annuì al presentatore e mi prese le mani. Mi sorrise nuovamente e poi mi parlò. “Mi importa: Sophie. Mi importa di te. Mi importa del tuo sorriso. Mi importa anche del tuo apparecchio. Mi importa che tu stia bene, ogni giorno. Mi importa che tu sia qui stasera, perché voglio dirti quando ci tengo alla tua presenza nella mia vita. Qualunque sia la tua risposta alla tua domanda mi importa che tu ne sia convinta e felice. Mi importa, mia cara Sophie, che tu venga con noi in tournee. Mi importa di te, amica mia”.
Accolsi tutte le parole di Gustav e le rinchiusi nei miei ricordi, per paura che potessero fuggire. La dolcezza con cui le aveva pronunciate era un buon motivo per salvarle dentro di me.
Ma la risposta non la conoscevo ancora. Come potevo dirglielo?
Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, per l’ansia. Gustav non riusciva a togliere lo sguardo dai miei occhi, cosa che mi mise ancora più ansia.
“Non chiedermi questa cosa” sussurrai il mio piano possibile, storcendo la bocca in segno di dispiacere.
Il presentatore nel frattempo aveva allungato il microfono per captare la nostra conversazione segreta, cercando però di non farsi scoprire. Inutilmente.
“Dimmi quello che devi dirmi. Dimmi no, va benissimo”.
Il mio cuore si fermò. Io non avevo mai voluto rinunciare a seguire il gruppo, certo avevo espresso delle lamentele, per paura, per timore, ma questo davvero mi avrebbe condotto a deludere Gustav? O peggio a umiliarlo davanti a tutte quelle persone? Io in realtà desideravo seguirli. Perderli in quel momento sarebbe stato come perdere la mia famiglia.
“No non ce n’è bisogno” sussurrai a Gustav. Mi schiarii la voce e dissi in modo tale che tutti mi potessero sentire: “Si, mi farebbe molto piacere!”
Il pubblicò esplose in mille applausi e giubilei.
Gustav aveva sgranato gli occhi per alcuni secondi, poi recepita per sincera la mia risposta, mi abbracciò fortissimo.
Così si concluse la mia prima apparizione in tv e constatai che poteva essere anche l’ultima.
Salutammo generosamente il pubblico e ci dirigemmo verso l’uscita dove incontrammo l’uomo che mi aveva sequestrato dalla stanza del diavolo per condurmi nello studio. Questa volta, però, aveva preso Tom.
Lo salutammo e gli scoccammo qualche bacino di augurio per prenderlo in giro e continuammo la nostra marcia.
“Farà la mia stessa fine?”
“No, a lui tocca Bill”
“Bill praticamente vuole fare una dedica a Tom?” chiesi, ancora incredula per la serata.
“Si. Praticamente avevamo avuto la stessa idea, ma senza saperlo. Lui ha invitato il fratello per dimostrargli il suo affetto fraterno, io per te per farti capire quanto ci tengo alla tua amicizia!”
“è per quello che si chiama MI IMPORTA?”
Gustav annuì, in silenzio.
“Ho capito ciò che vuoi dirmi Gus. Grazie per tutto! Mi ha fatto molto piacere che tu lo voglia dimostrare davanti a tutti quanto tieni a me. Ma lasciati dire una cosa. Non mi importa come lo dici o dove lo dici, non mi importa se lo dimostri poco o tanto! L’importante è che io so quanto è forte la nostra amicizia! Null’altro conta!”
Gustav si fermò e mi prese le mani. Eravamo ormai fuori dagli studi televisivi. “Ti voglio bene, Sophie”
“Te ne voglio tanto anche io!” risposi, con il cuore che traboccava di gioia.

Ci volle un’ora buona perché anche Bill e Tom finissero e la sicurezza lasciasse Georg, visto che durante un duro interrogatorio era andato in escandescenza e aveva sbattuto la testa sul muro. Così Gustav fu costretto a portare Georg all’ospedale, con la mia auto. Bill si offrì di accompagnarli e mi lasciò qualche banconota per prendere un taxi insieme alla scimmia di suo fratello, con la scusa che dovevamo riposare e Tom, l’indomani doveva provare per il gruppo. La cosa non mi piacque per niente, sapeva proprio di abbandono.  Avrei preferito mille volte andare all’ospedale per accompagnare Georg che portare a casa lo scimpanzé.
“Non chiamarmi così!”
“Non ho detto nulla” protestai, per l’accusa appena subita.
“Lo so come mi chiami!” gridò Tom.
“Scimpanzè?” domandai allargando le braccia.
“Appunto” mugugnò lui, strisciando i piedi.
“Da quando in qua ti offendi per i miei nomignoli? Di solito sei tu che me ne affibbi uno al secondo!”
Tom si strinse nelle spalle. “I miei sono affettuosi”.
“Anche i miei. Scherzi?”
Il chitarrista rise. “Certamente. Dai ti sei divertita questa sera? Gustav ha dichiarato tutto il suo amore per te?”
“Mmm” mugugnai infilando la mani nelle tasche del giaccone, per il vento freddo che ci stava colpendo. “Mi ha chiesto di fare una notte selvaggia di sesso, ma nessuna dichiarazione di amore” scherzai, ridacchiando.
Tom sgranò gli occhi. “A me Bill ha chiesto la stessa cosa! Dici che si siano messi d’accordo?”
Scoppiammo a ridere. “Temo di si” asserii alla fine, asciugandomi una lacrima dal forte ridere.
Ma Tom, non voleva demordere, ormai era entrato nel vivo del momento Io intervisto-Tu rispondi.
“Ora seriamente! Ti ha detto nulla?”
Lo fissai, ora irritata. “Ti prego Tom! Siamo amici come dovrei dirtelo?”
“Bill era molto preoccupato” ammise Tom, pensieroso.
Mi strinsi nelle spalle, guardando la strada deserta. “Sinceramente non ci credo. È fuggito e mi ha lasciato con te da sola, quindi non deve essere molto preoccupato”.
Tom sbuffò. “Perché voi donne non capite nulla! Non riuscite mai a capire quando un uomo vi ama!”
“Tze, gli uomini non amano” dissi, puntandogli un dito sul petto, a mo di rimprovero.
“Allora la tua lingua è più sagace di quanto pensassi. Non hai alcuna intenzione di scegliere, anzi vuoi tenerli a bada tutti prima di scegliere con quale partner aprirai le danze!”
“Tom per favore! Che cosa sarebbero queste danze?” protestai, alzando le mani in segno di strangolamento immaginario. “Tu non sai quanto sia difficile per me! Vivere con quattro esseri di sesso maschile e cercare di soddisfare tutte le loro esigenze non è facile! Soprattutto le tue, mister so tutto io!” Tom scrollò le spalle indifferente, non capendo il mio punto di vista.
“E Gustav è un amico fantastico che sa aiutarmi nel momento del bisogno!”
Tom alzò la testa al cielo, particolarmente silenzioso. D’improvviso era diventato schivo.
“Stai bene, Tom?” sussurrai, appoggiandogli una mano sul braccio.
Il mio interlocutore ruotò gli occhi nella mia direzione e rimase a fissarmi per alcuni secondi interminabili. “Tu lo sai che stai giocando con il fuoco? Per quanto ti possa sembrare strano e sconcertante noi uomini..” L’ultima parola la disse indicando se stesso in un teatrale gesto. “..non ragioniamo con questo stupido essere” Enfatizzò essere abbassando lo sguardo alla cerniera dei suoi pantaloni. “Non sempre per lo meno. Perché sai che cos’altro ci funziona molto bene?”
Ero ammutolita, la voce di Tom, si era quasi incrinata a quelle parole. Tom non aveva mai parlato a quel modo, e in quel momento mi sentii fortunata e orgogliosa di aver potuto assistere ad uno spettacolo così raro.
I suoi occhi si illuminarono nella notte, mentre mi fissò intensamente. Poi il suo dito si alzò e lentamente premette sul mio petto. Esattamente tra il mio seno e poco più sotto della spalla. Sul cuore.
Un fremito mi percorse il corpo. Ecco cosa Tom voleva dirmi. Gli uomini provano delle emozioni. Sentii le guance infiammarmi e notai che quelle di Tom non erano da meno.
Non uscì nessuna parola. Nemmeno niente. Il silenzio ci inghiottì e ci costrinse a volgere lo sguardo altrove, dove trovammo una brezza a rinfrescare i nostri rossori.
Tom si strinse maggiormente nel suo giubbotto e s’incamminò verso Obens Hill dove avremmo potuto trovare un taxi. “Ho voglia di riposare. Torniamo a casa”.
Potevo sbagliarmi, forse avevo preso un granchio, ma quel tono, così avvilito e amareggiato, non era normale per Tom. Qualcosa era successo in lui.
Tom non era come aveva sempre cercato di farmi capire. E fu in quel momento che mi resi conto che ero pronta per partire in tournee con i Tokio Hotel.
La curiosità è una brutta bestia!

 
 

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Capitolo 5
*** Frustini, vibratori e altri sexy giocattoli..sono categoricamente vietati! ***


Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo di Un apparecchio di troppo! Beh ragassuoli miei, altre disavventure per Sophie! Dal prossimo capitolo se ne vedranno delle belle soprattutto perchè comincia il tour, e gli animi sono surriscaldati, che accadrà? Dai scopriamolo insieme :)


Capitolo 5: 
 Frustini, vibratori, e altri sexy giocattoli... 
                ... sono categoricamente vietati!



Era appena sorto il sole quando aprii gli occhi. Mi trovavo nella mia stanza, quella degli ospiti, a casa dei Tokio Hotel. Mi ero gettata a letto, ieri notte, senza nemmeno togliermi i vestiti. 
Mi stropicciai gli occhi per riuscire ad aprirli meglio e a svegliarmi, per far sparire la sensazione di scarsa nitidezza e appannamento. 
La sera prima Tom non mi aveva nemmeno augurato la buona notte. Probabilmente era ancora pensieroso per la nostra conversazione. Mi chiedevo cosa potesse essergli successo, cosa cercasse di dirmi fingendo di sapere un enorme segreto di cui io non potevo essere a conoscenza. 
Ripensai velocemente alle frasi su Bill, ma le cancellai subito dopo. Possibile che Tom non conoscesse i sentimenti di suo fratello? Insomma Bill era ancora innamorato di Katherine non di me! Perché poi si era chiuso in  quel silenzio impenetrabile se non gli credevo? 
Totalmente confusa mi sedetti sul letto e osservai i raggi del sole penetrare in piccoli spiragli sotto le tende e sovrastare alcuni vestiti sparsi per terra, abbandonati sul pavimento in sovrumane montagne. 
Con un altro sforzo di volontà mi alzai e decisi di andare a saccheggiare il frigorifero. 
Per mia fortuna il mio barattolo preferito c’era: Nutella. Presi un bel cucchiaio dal cassetto e lo infilai nel barattolo. Già pregustavo le kcal sciogliersi sulla lingua quando una mano mi rubò il mio strumento del piacere. 
Arrabbiata mi voltai e incontrai una massa di capelli castani arruffati e spettinati davanti alla mia visuale. Georg infilò il cucchiaio in bocca con la mano destra e cominciò a fare diversi mormorii, per l’apprezzamento, mentre con la sinistra reggeva una grossa sacca piena di ghiaccio puntata sulla fronte. 
“Vatti a prendere un altro cucchiaio, bell’imbusto. Quello è il mio!” brontolai, scontrosa per come aveva interrotto il mio momento di intimità con la Nutella. 
Georg si tolse il cucchiaio dalla bocca e me lo mostrò. “È leccato. Potrei avere un sacco di germi pericolosi!” 
Il mio sguardo orripilato lo fece ridere. Decisi che era meglio recuperare un altro cucchiaio. 
“Ok opto per un altro cucchiaio, ma la prossima volta se dovessi ripetere un affronto come questo dirò a tutti il tuo bellissimo segretuccio” spiegai, facendo sembrare il ricatto molto serio. 
Georg, che aveva riempito nuovamente l’incavo del suo cucchiaio, alle mie parole si bloccò di colpo proprio con la lingua fuori dalla bocca, perché stava per leccare la superficie incavata che tratteneva tutta la Nutella. Srotolò la lingua verso il palato e mi fissò allibito. “Non oserai pormi questo ricatto assurdo e perfido”. 
Mi strinsi nelle spalle. “Si che posso” e lo guardai impallidire mentre ritornavo a sedermi vicino al barattolo delle mie gioie mattutine. 
“No. Stai bleffando” tentò Georg sempre più confuso e agitato, con gli occhi sgranati. 
Risi. “Certo che sto scherzando!” 
Georg si batté più volte la sacca del ghiaccio sulla fronte e tirò un sospiro di sollievo. 
“Ma perché non vuoi dire agli altri quello che ti tormenta?” gli chiesi, affondando il cucchiaio nella Nutella. 
Il mio compagno di golosità mattutine, mi guardò cercando di decifrare con quale tono stessi parlando. “Perché il gruppo si sfascerebbe o semplicemente mi sostituirebbero” spiegò poi, quando era sicuro di non aver captato alcun pericolo. 
“Ma se non glielo dici è peggio e cosa dirai a Mary?” 
Georg si incupì e si grattò la testa con il ghiaccio. “Troverò il modo di dirglielo” 
Non capivo. Come poteva partire in tournee in queste condizioni? “Ma devi dirglielo prima di partire! Come farai ad abbandonare Mary?” domandai sempre più perplessa. 
Georg mi fissò, turbato. “Non lo so”. 
Non aveva alcun senso. 
“Ti prego promettimi ancora che non dirai nulla! Devo dirglielo io! Mary capirà, per ora è ok. Ma presto parlerò loro. Ho solo bisogno di tempo” 
Annui e gli posai una mano sulla sua e la strinsi per dargli coraggio. 
Georg mi sorrise, debolmente, in segno di riconoscimento. 
“Ehi, piccioncini l’ora delle effusioni è già scaduta”. 
Ci voltammo all’unisono e seguimmo l’entrata teatrale in scena di Tom, a petto nudo, con i soli pantaloni di un pigiama il triplo di lui, addosso. 
“Dente Metallico, ho fame. Scaldami un toast mentre mi faccio la doccia. E non bruciarlo” ordinò prima di fare retromarcia e uscire di nuovo dalla cucina. 
Alla faccia del silenzioso, sensibile ragazzo di ieri sera. Tom era tornato, il solito e impareggiabile stronzo di tutti i giorni. 
Scattai già dalla sedia e a malincuore presi il pane dalla credenza per infilarlo nel tostapane. 
“Perché non gli metti della naftalina nel toast? Magari la smette di essere così acido di prima mattina” propose Georg leccando con cura il cucchiaio. 
“Mi ammazzerebbe” ammisi, sconsolata. Eppure avevo una voglia matta di fargli un dispetto per il suo atteggiamento da schizofrenico: prima era dolce e sensibile e l’indomani un perfetto cafone. 
Quando sentii l’acqua della doccia aprirsi dal bagno, aprii il frigorifero e cercai qualcosa che potesse fargli rovinare la sua colazione. 
“Ehi, Sophie! La salsa piccante! Ogni tanto la beve Gustav e qualche volta anche io, ma lui la odia!  Ti prego mettigliela e se non ce la fai lo farò io per te!” 
Scoppiai a ridere. “Oddio, ma come faccio?” Presi il vasetto di salsa e chiusi il frigo. “Lo scoprirà!” 
Georg si alzò di scatto lasciando sul bancone della cucina il barattolo della Nutella e il cucchiaio pronto per studiare un nuovo infallibile scherzo. “Mmm, possiamo mettere la salsa sotto qualche formaggio e non vedrà nulla!” 
“Se ne accorgerà e costringerà Bill a licenziarmi!”. La paura mi bloccava ancora. 
“Senti se gliela fai passare liscia per come ti tratta lo farà sempre! È il tuo capo non il tuo proprietario. Se vengono fuori casini, è stata colpa mia, ok?” 
Dopo qualche altra insistenza cedetti e ci organizzammo per questo memorabile scherzo e quando Tom ritornò in cucina si erano già alzati anche Bill e Gustav, e il toast era servito in tavola. 
Con disinvoltura continuai a preparare il pranzo per i nuovi arrivati, fingendo di non interessarmi a ciò che stava accadendo alla tavola. 
Mi voltai più volte per capire se Tom aveva cominciato ad addentare il suo toast, ma non sembrava accadere nulla. Cercai di cogliere le reazioni di Georg per capire cosa stava succedendo, ma sembrava volesse immergere la testa nella sua tazza da the. Cosa stava succedendo insomma? 
Presi la colazione di Gustav e Bill e la portai sulla tavola, così ebbi modo di osservare da vicino la situazione. 
Tom stava mangiando il suo toast. Eppure la salsa ce l’avevamo messa, e mi ero assicurata che fosse effettivamente ben piccante. Come poteva Tom non sentirla?
Il chitarrista non si verso nemmeno un bicchiere di acqua, anzi sembrava inghiottire bene la colazione. La mia vendetta era fallita miseramente. 
Anche Georg quando alzò lo sguardo sembrò assai perplesso quanto me. 
“Ti sei superata, Metal Detector. Mi hai messo proprio di buon umore. Mi sento molto come dire…piccante” 
Sobbalzai. Sapeva tutto, aveva intuito che avevo messo quella maledetta salsa piccante nella sua colazione ma lo stesso non beveva. Forse era troppo orgoglioso per abbassarsi a cadere nel mio scherzetto.   
Finito di mangiare si alzò e si diresse verso di me, mi sfiorò la spalla e si diresse verso il secchiaio dove lasciò giù il piatto, su cui gli avevo messo i toast. 
Ma prima che Tom potesse anche solo cercare di strangolarmi suonò il campanello e sorridendo mi diressi verso l’entrata. Ero salva! 
Saltellai pimpante fino all’entrata e aprii la porta. Sull’uscio mi salutò David, che era venuto per farci visita e fissare le ultime cose riguardo al tour. 
“Salve, Sof! Come te la passi con i maschioni? Non avrei mai detto che tu potessi resistere così da poter venire anche in tour! Mi aspettavo che fuggissi, per abbracciare la fede cattolica come suora di clausura!” 
“Molto appagante come alternativa, ma preferirei rinunziare. Sai, non so come, ma ho ancora voglia di vedere un po’ di luce, grazie” 
David non colse minimamente la mia ironia e rise come se avessi raccontato una barzelletta assai scompisciante e dirigendosi verso la cucina, mi diede un’altra sua perla di saggezza: “Sai quello che lasci, ma mai quello che trovi! Avrai solo che problemi con un uomo adulto! Meglio quei vibratori che trovi nei sexy shop, mia cara Sophie!” 
Disgustata dall’idea di dover ricorrere a vibratori elettrici, per mancata soddisfazione dal partner, contrassi il viso in una smorfia. 
“Di che Sex Toy parli?” domandò Georg, appena entrammo nella stanza, dove tutto il gruppo era adunato. 
“Chiedi a Sophie, li voleva lei” disse David, incurante delle facce che tutti fecero e come mi guardarono. Io, in mia difesa, cercai di far capire che ero stata fraintesa, ma il rossore che mi aveva invaso le guance, mi tradì miseramente. 
David, troppo allegro, per accorgersi di ciò che le persone attorno a lui, pensavano e dicevano, continuò imperterrito a parlare e ad esporre tutti i suoi piani sul futuro tour. 
Per fortuna tutti e quattro, furono costretti a guardare altrove e il rosso acceso che divampava sul mio viso sparì. Rimasi ancora un po’ ad ascoltare, poi decisi che era meglio lavare un po’ di piatti, visto che la sera prima nessuno ci aveva pensato. 
Dopo una buona mezz’ora David venne a cercarmi e mi mise sulla tavola un elenco di tutte le cose necessarie, che non sarebbe state incluse nel pullman del tour. Con curiosità mi diressi verso il foglio e cominciai a leggere qua e là cosa vi fosse scritto. Con orrore notai certi punti: “45- Tampax, e vari”. Certo, era strano che un uomo si potesse ricordare un elemento così fondamentale femminile, ma ancora più sorprendente era il commento a lato “I ragazzi non li portano, quindi dovrai pensarci tu”. Ovvio che non li portano accidenti! Sono uomini! 
“-47: frustini, vibratori, e altri giocattoli sexy sono vietati” continuava poi. “Non me li distrarre per favore, hanno bisogno di concentrazione”. “48: mutandoni della nonna. Vedi voce 47”. 
“Oh mio dio David, ma che elenco hai fatto?” dissi alquanto orripilata. 
“Beh, è la prima volta che una donna dorme sul bus del tour, normalmente gli elementi femminili hanno un'altra sistemazione” spiegò David. 
“Guarda che ci vivo già 365 giorni all’anno in questa casa con loro!” risposi, perplessa. 
“Ma tu non sai come sono appena usciti da un concerto! Mia cara, se fossi in te anche quando sarete in hotel evita la stanza di Tom, e preparati lo spray al peperoncino, nel caso qualcuno di loro ti scambi per una di quelle bionde senza cervello che saltellano nei loro paraggi nelle feste post-concerto!” 
Se qualcuno avesse avuto una macchina fotografica in quel momento e mi avesse fatto una foto, l’avrebbe potuta benissimo sostituire all’originale del quadro dell’Urlo di Munch e nessuno si sarebbe mai accorto della differenza. Regnava in me la più completa disperazione. Dove e come mi stavo andando a gettare? In una gabbia di matti? 
Certo, David esagerava sempre, anche fin troppo. Ma quale e quanto poteva ritenersi vero, delle sue parole?   
Non feci in tempo a sotterrarmi nel pavimento, per sparire alla vista di tutti, che david se ne andò e entrò Tom, che venne diretto verso di me. 
Quando mi fu abbastanza vicino per avvicinare le sue labbra al mio orecchio, mi sussurrò scherzosamente queste parole: “Lo so che sei stata tu” 
Mi ci vollero alcuni secondi perché la mia mente percepisse di cosa stava parlando. 
Sapevo che se ne era accorto. Era evidente, avevamo seminato tracce ovunque e i nostri comportamenti erano stati fin troppo limpidi, per non fargli sorgere il dubbio. 
E non potevo mentire, perché era certo. La colpevole ero io. 
Respirai profondamente nonostante il terrore mi stesse divorando le gambe, che tremavano senza sosta, ma decisi di passare all’attacco per far sembrare il mio scherzo un gesto dovuto e ben motivato. Per far rendere credibile la scena presi il cucchiaio che stavo lavando dal secchiaio e glielo puntai contro: “Tu credi di potermi prendere in giro, eh?” esordii, sbattendoglielo davanti al viso. Tom indietreggiò spaventato dal mio scatto. “Pensi che mi faccia piacere essere trattata come una stupida? Non amo le persone che si aprono con una persona, ma il giorno dopo sembrano non ricordare nulla! Puff. Ti sei scordato forse quello che hai fatto ieri sera o semplicemente potrebbe nuocere alla tua immagine simpatizzare con me?” 
Il mio capo fissò le gocce di detersivo scivolare dal manico del cucchiaio, cadere sul pavimento e formare grandi chiazze di schiuma bianca. Poi alzò lo sguardo e incontrò i miei occhi freddi. “Io non voglio farlo. Non era mia intenzione prenderti in giro. Mi dispiace che ti sia sembrato così” 
Mi sfuggì una risata isterica. “Certo è normale lasciarsi andare con le persone e mostrarle un lato sensibile per poi cancellarlo e fare di nuovo il solito menefreghista! La prossima volta quando cercherai un conforto saprò come risponderti, e ti posso giurare che non sarà piacevole”. 
Le mani di Tom si alzarono in un impeto, per accompagnare quella che doveva essere una risposta, ma poi il mio interlocutore si zittì. 
Non eravamo vicini, ma riuscivo a vedere la sua espressione sofferente. Forse c’era qualcosa che voleva dirmi, eppure non si sentiva pronto a dirla. 
Strinsi il manico del cucchiaio, per poi abbandonarlo sul tavolo. “Non importa, Tom. Scusami, farò finta che non sia successo nulla” dissi, dandogli le spalle. Avrei lasciato perdere tutto, se lui avesse voluto. In fondo bastava fingere che Tom non si fosse tolto la sua maschera. E dire che ci ero andata così vicino… 
“Nondevilasciarestare!” urlò Tom tutto d’un fiato. 
“Come?” chiesi, spostando lo sguardo ancora su di lui. 
“Non ti devi dimenticare di quel me. Se mi sono sentito di mostrarti chi sono, è perché mi sono fidato di te” disse Tom prima di coprire la distanza che ci divideva. “Non dimenticarti di quel me” 
Ero ancora più perplessa ora. “Tu ti sei fidato? E perché io dovrei fidarmi di chi mi tratta in modi diversi in base a chi gli sta attorno?” 
Tom abbassò lo sguardo afflitto e fece un passo indietro. “Io non lo so perché faccio così” 
“Non ti ho chiesto io di farlo. Potevi continuare a chiamarmi in modi stupidi e impartirmi ordini. Ma non si torna indietro, Tom. Quando fai qualcosa, ti fai conoscere, ti apri insomma, le persone si aspettano delle cose. Non puoi continuare ad avanzare e poi tornare indietro. Devi fare la tua decisione. Non mi interessa quale sia, decidi” 
Tom chiuse gli occhi. “Non posso farlo” dichiarò, rassegnato. “Non posso cancellare quello che sono e quello che ti ho mostrato, come non posso smettere di trattarti come un’assistente. Sei una nostra dipendente”. 
Quelle parole mi colpirono dritte sul volto. “Tu mi hai fatto credere ieri sera che fossi una persona con un cuore. Ho quasi pensato che saremmo potuti diventare amici” spiegai, presa da una strana foga. 
“Non possiamo essere amici” continuò il mio capo, strofinandosi una mano sul braccio lentamente. 
“Perfetto” sussurrai, continuando a guardare il suo viso, pietrificato. “Se è quello che vuoi lo accetterò” asserii, incrociando le braccia. La conversazione doveva finire qui. 
“Sophie” Tom mi prese le spalle, stringendomi. “Ho detto che non posso, non ho detto che non voglio”. 
Ora si che mi stava facendo infuriare. Gli afferrai la maglietta e la strinsi nelle mani, guardandolo dirittamente in volto. “Hai paura? Di me? Di pentirtene? Di mostrare il tuo vero te?” 
Tom abbassò lo sguardo, per sfuggire alla mia visuale. Nessuna reazione lo scosse. 
Sospirai. “Vai, Tom. Mi avrebbe fatto piacere conoscere quella persona, ma hai deciso di fare il capo menefreghista, che purtroppo conosco già e con cui non voglio avere nulla a che farci”. 
Il viso di Tom si contrisse in una maschera sofferente. Ma avevo deciso, ormai. No lui aveva deciso. 
“I piatti non si lavano da soli, Beduino” dissi infilandomi i guanti e dandogli completamente le spalle. 
Indugiò per qualche secondo sulla porta, ma poi se ne andò. E per la seconda volte avevo un lato nuovo diverso di Tom. 

                                                                                                           ***

Bill inserì la pila di magliette che aveva stipato sul letto nella valigia. “Lascia stare, Tom. Devi sapere che non si apre mai. Dovresti essere orgogliosa che ti abbia parlato in quel frangente. Parlare con Tom di cose serie o di lui, è un evento assai raro, come un’eclissi di sole completa” 
“Un’eclisse che ti acceca. Pensavo davvero di essere riuscita finalmente a valicare il suo muro” 
“è un muro più basso di quanto tu possa credere. Secondo me sei troppo abituata a guardare la base per accorgerti che la cima è molto vicina” 
“Come?” 
“Tom è l’esemplare più semplice della specie umana. Ti basta un tocco per farlo crollare” 
Lo guardai torva. “Non sono d’accordo, insomma come sarei riuscita ad aprirlo?” 
Bill scrutò la maglietta che teneva in mano. “Tu non lo hai fatto. Io l’ho fatto. Io l’ho lasciato aperto e vulnerabile. E prima che riuscisse a richiudersi ha incontrato te” disse gettando la t-shirt nella pila delle cose da lasciare a casa. 
Mi distesi sul letto, stiracchiandomi. “Ora come dovrei comportarmi?” chiesi fissando il soffitto. 
“Beh come ti verrà naturale” disse facendosi cadere sul letto accanto a me. 
Rimanemmo qualche secondo in silenzio, poi ruppi il silenzio ponendogli un’altra domanda: “Hai già finito la valigia?” 
“Si, ora mi lasci riposare le mie gracili braccine?” 
Risi. “No, prepara anche la mia!” implorai girandomi e puntando i gomiti al materasso per sollevare il petto. 
“Non l’hai ancora fatta?” domandò Bill girandosi sul fianco per guardarmi in viso e rimproverarmi. 
Lo guardai, candidamente, con l’espressione tipica di chi non ha fatto nulla di male. “No” 
Bill si avvicinò al mio viso. “Ti consiglio di andare a farla ora”. 
I miei occhi si posarono sulla sua bocca, che erano appena appena socchiuse. Il mio cuore non rispose più ai miei comandi, batteva senza sosta.  “Ci sono tante cose più divertenti da fare” 
“E cosa, se non sono troppo indiscreto?” domandò, con gli occhi color mandarla sempre più luminosi. 
Il mio cervello si era perso in così tanti viaggi mentali, che non riuscivo più a vedere ciò che mi stava accadendo nel concreto in quel momento, che non mi accorsi nemmeno che Bill mi era avvicinato. Mi resi conto degli ultimi eventi solo quando sentii la sua mano toccarmi una ciocca di capelli che sfogliò tra le dita. “Hai un piccolo filo, aspetta” mi sussurro praticamente all’orecchio. 
“Grazie” dissi in un tono flebile. 
Bill, il mio capo, era a pochi centimetri dal mio viso, ma i suoi occhi erano concentrati sui miei capelli per accorgersi che le nostre labbra erano così vicine. 
“Tu come stai?” 
La domanda lo colpì in pieno, perché la sua reazione fu rapida e dura. Si ritrasse velocemente e abbassò lo sguardo, e i suoi muscoli si irrigidirono all’istante. 
“Potrebbe andare molto meglio, ma ci sono tante distrazioni qui. Quindi è tutto ok”. 
Avrei voluto aggiungere dell’altro ma proprio mentre aprii la bocca la porta si spalancò e il momento di confidenza era concluso. 
Georg entrò nella stanza, agitato. “Tom e Gustav si danno alla guerra” 
“Come?” 
“Guerra di acqua!”

La scena era apocalittica. Gustav reggeva la sua arma, di pesante e impenetrabile plastica, tenendo leggermente il grilletto per sparare a Tom che si era nascosto dietro il capanno di legno in giardino. 
I raggi del sole baciavano i muscoli bagnati di Gustav, in un trionfo di luce. La sua camminata trionfale lo condusse verso il capanno, dove Tom si nascondeva. 
“Vieni fuori parassita!” urlò Gustav, come il tipico sceriffo dei film western. 
Tom, che probabilmente assumeva il ruolo del bandito, sbucò da dietro un cespuglio alle spalle di Gustav e sparò un getto di acqua sulla nuca dell’amico. Quest’ultimo si voltò e rispose all’attacco, muovendosi lateralmente per cercare un riparo. 
“Parassita a chi?” chiese Tom. “Impara a capire chi è superiore”. 
Gustav smise di spostarsi lateralmente e avanzò proprio verso il getto. “Proprio tu? Ma fammi il piacere! Ti corrono tutte dietro ma nessuna ti piglia!” 
“E a te nessuna va dietro! Sei messo peggio! Pure la tua amichetta si prende gioco di te!” 
Gustav, di colpo si bloccò, e smise di contrattaccare. “Come ti permetti?” 
Tom smise di sparare e scoppiò in una risata di derisione. “Non te ne rendi conto? Ti gioca per arrivare ad un altro” spiegò, tra le risate. 
La rabbia montò in Gustav, che gettò a terra la pistola ad acqua e scattò in un balzo verso Tom, e gli assestò un pugno in pieno viso. 
Sophie gridò per lo spavento. Bill e Georg che erano rimasti a guardare fino ad allora si gettarono verso i due compagni per soccorrere Tom, che nel frattempo aveva perso l’equilibrio ed era caduto indietro. 
Tom riuscì a mettere le mani indietro e si rialzò velocemente per gettarsi sopra l’amico e colpirlo. La colluttazione divenne più ridicola che furiosa, ma tutti si prestarono per separarli. 
Georg riuscì ad afferrare Tom e a tirarlo lontano da Gustav, mentre Bill teneva a terra Gustav, anche se era più un gesto simbolico visto che Gustav era molto più forte di Bill e se avesse voluto alzarsi l’avrebbe fatto senza problemi. 
Tom si asciugò un rivolo di sangue all’angolo della bocca. “Non provarci più!” 
“Ma siete ammattiti tutti e due? Cosa vi prende?” 
“Non posso permettere che sparli di te” rispose Gustav, guardando l’amico con rabbia. 
“Ma nemmeno colpirlo! Gustav, che cavolo ti prende?” 
“Cercavo di difenderti!” si difese lui. 
“Ma non ne ho bisogno!” 
Tom scoppiò a ridere. “Che ti dicevo, Gus? Non gliene frega nulla di te!” 
“Di che cavolo stai parlando? Tom, non fai altro che dimostrarmi quanto sei deficiente” dichiarò, con un’espressione di delusione, per poi rivolgere le sue attenzioni verso Gustav. “Sai, credo che tu in fondo avessi ragione” 
Uno sbuffo uscì dal chitarrista. “Voi donne, sapete sempre come farvi perdonare, perché non sapete ammettere di avere sbagliato” e con questo se ne tornò in casa, calciando un sassolino trovato nell’erba. 
“Ma si può sapere che gli è preso?” domandai, sempre più confusa. 
“Donne. Problemi con le donne. Qualche ferita si sarà aperta…” spiegò Bill, offrendo una mano a Gus, per alzarsi. 
Sophie fissò le imposte chiuse della loro casa, confusa e preoccupata. 
 

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Capitolo 6
*** Appuntamento tremolante ***


Buona sera a tutti! Finalmente posso annunciare di aver concluso gli esami di maturità! 5 anni della mia vita conclusi dopo tanti sforzi! Faccio mille auguri a tutti coloro che stanno tenendo degli esami o che li hanno conclusi oppure che li avranno tra molto! Ma ora potete rilassarvi leggendo questo nuovo capitolo di Un apparecchio di troppo!

 

p.s: Scusate davvero il ritardo, ma ora penso di potermi dedicare con diligenza a questa storia! Mi piace troppo J

 

 

 

Capitolo 6: Appuntamento tremolante

 

L'amore è una bestia crudele.

E, purtroppo, non ho ancora trovato il modo per difendermi.

 

 

Un’altra notte aveva spento la rabbia e messo a tacere i bollenti spiriti che il giorno prima avevano colpito il gruppo. Mi ero alzata puntuale e avevo fatto il bucato, preparato la colazione, studiato la tabella del tour per cercare di ritagliare del tempo per alcune interviste tra le varie tappe.
Ero riuscita a contattare ben due riviste a cui era possibile vendere le interviste, prima che il timer della lavatrice scattasse.
Mi stavo dirigendo in lavanderia, quando passando davanti alla stanza di Bill percepii alcuni rumori ben riconoscibili anche all’esterno: Bill piangeva.
Appoggiai i polpastrelli sulla porta, che era socchiusa. La spinsi leggermente per sporgere il mio capo.
La scena che mi si presentò era palese. Bill sedeva sul bordo del letto e sfogliava le pagine di un album di foto.
Lo conoscevo bene quell’album, perché l’avevo scorto spesso sul suo comodino. Quando Bill si sentiva troppo distante da Katherine lo sfogliava per sentirsela vicina e poi la chiamava. Ora però il telefono era stato lasciato sul cuscino, e le pagine dell’album erano diventate macigni, che attraevano copiose lacrime.
Una volta per la curiosità mi ero seduta a sfogliarlo per capire cosa spingesse Bill ad amare Katherine. La cosa che mi aveva colpito maggiormente era stata la sistemazione delle foto che era molto curata e creativa, tipica dello stile di Bill. Avevo visto spesso Bill e Katherine insieme, ma non avrei mai detto che quelle foto potessero rappresentare un mondo così estraneo a me. In alcune foto c’era Katherine con una semplice tuta e una morbida coda di cavallo, abbracciata a Bill che sorrideva come un bambino, in altre invece lei che sorrideva davanti ad una statua.
Capii quella volta che Bill amava quella Katherine che nessuno vedeva e che lui aveva avuto la possibilità di incontrare. E come non capirlo? Quando ti innamori di una persona che si mostra a te per quello che è, sei spacciato.
Spinsi la porta quel tanto che mi bastò per sgusciare nella stanza. Andai verso Bill silenziosamente.
Quando lo raggiunsi gli posai una mano sulla spalla e la strinsi leggermente per infondere forza.
Bill si volse a guardarmi, con il viso ancora bagnato dalle lacrime.
Gli rivolsi l’espressione più tenera che potevo offrirgli, ma non sembrò accorgersene perché ritornò a fissare la sua foto.
Mi spinsi in avanti per vedere quale delle foto dell’album lo stava distruggendo. Sulla carta lucida era rappresentata Katherine sorridente, mentre reggeva un bigliettino. C’era scritto: Bill ti amo.
Ebbi appena il tempo di leggere, perché Bill spinto da un altro singulto decise di afferrare il bordo superiore con i pollici e di strappare con un colpo netto l’immagine.
Le due parti caddero sul pavimento, abbandonate da Bill.
“Non ha senso tenere ricordi delle bugie che le persone ti hanno detto” proruppe Bill, riafferrando l’album per appoggiarlo sulle sue ginocchia.
Sospirai, riflettendo sulle dure parole che uscivano dalla bocca di Bill. “E se lei te lo avesse scritto perché era così che si sentiva? E se ti amava veramente?”
Le mani di Bill si aggrapparono ai bordi dell’album con estrema ansia, nervosismo e rabbia. “Se lei mi avesse amato veramente non mi avrebbe lasciato perché desideravo vederla, toccarla e..”
Il tono di voce si era sempre più alto ogni parola che diceva, e preso da implacabile collera chiuse l’album, per poi sollevarlo e con foga scaraventarlo dalla parte opposta della stanza, dove andò a fracassarsi contro lo specchio, che si frantumò in mille pezzi.
“…e baciarla” concluse la frase, quasi in sussurro, ormai liberato da ogni furia in seguito al suo gesto di simbolica liberazione. 
 
 
“Sei in arresto” dichiarai in un sussurro, ridendo già all’idea del mio perfido scherzetto.
Come avevo immaginato Georg, prevedibile come poteva solo lui essere, che si era nascosto tra i cespugli, spiccò un esilarante saltello su se stesso, che gli fece perdere l’equilibrio e gli provocò una goffa caduta all’indietro. 
Quando Georg si rese conto di essere stato beffeggiato dalla pessima assistente di Bill, ritornò a poggiarsi sulle ginocchia e mi fissò con aria di rimproverò. “Tu sei perfida! Tom poteva scoprirmi!” dichiarò a bassa voce, temendo sempre di essere colto in flagrante.
“Non è per farmi sentire importante, ma ti sei reso conto di quello che sta facendo Tom?”
Georg si voltò nuovamente verso la siepe e scostò dei rametti per osservare meglio l’oggetto delle sue precedenti osservazioni. “Sta macchinando un piano segreto per estorcermi delle informazioni”
Mi voltai perplessa nella stessa direzione cui era rivolto Georg, ma vidi Tom sempre intento a stendere il bucato esattamente come stava facendo prima.
“Georg io non vedo nessun atteggiamento sospetto, Tom sta stendendo i panni che dovrei stendere io oggi. Tutto qui”
Georg si irrigidì e sbiancò. “Aspetta, guarda” annunciò criptico.
Mi rivoltai nuovamente e vidi avvicinarsi Bill. “E allora?” sibilai, frustrata.
“Ascolta” protestò Georg, cercando di controllare il volume della voce, che stava raggiungendo note acutissime.
Acquietai il nervosismo che mi creava, per ascoltare quello che i gemelli si sarebbero detti.
“Dov’è Sophie?” domandò Bill fissando Tom al lavoro.
“Non lo so e non chiedermelo. Ero venuto qui solo per chiederle una cosa e invece mi sono ritrovato a stendere i panni” disse scrollando le mutande  di Bill, dall’acqua in eccesso.
“E che problema c’è? Sono tutti nostri questi capi, per cui dovremmo farlo noi questo lavoro non lei!”
“Senti Bill, fallo tu allora visto che la maggior parte delle cose sono tue!” gridò Tom, gettandogli la mutanda che teneva tra le mani in quelle del fratello.
Bill le afferro tra il pollice e l’indice come fossero contaminate da qualche strana sostanza. “Che ti prende! Stavo solo cercando di difendere Sophie dalle tue critiche infondate”.
“Non ne ha bisogno, sa difendersi benissimo da sola” dichiarò Tom andando a recuperare il cestino con le mollette, lasciato sul prato poco distante.
“Se non è presente non può certo farlo, non pensi?” proferì, guardando sempre con più attenzione un puntino bianco sui suoi boxer.
La scena mi provocò una risatina, che Georg prontamente soffocò con la sua mano. Ruotai gli occhi per protestare ma lui non mi stava nemmeno guardando, perché era troppo concentrato ad ascoltare quello che stavano dicendo. Probabilmente aveva il cuore che gli batteva a mille.
“Che ti importa Bill? È solo la tua assistente” sbottò Tom, tornando al punto dove vi era suo fratello. “Si può sapere che cavolo stai cercando nelle tue mutande?”
Bill alzò lo sguardo, perplesso. “Come?”
“Sembri il piccolo chimico! Perché stai guardando in quel modo i tuoi boxer?”
“Niente” rispose Bill, portando la mano con le mutande dietro alla schiena. Tom si accigliò, guardandolo torvo.
“È una persona come tutte le altre! Ha dei sentimenti esattamente come te!”
“Parla quello che le rifila tutti i suoi problemi, senza mai domandarle nulla. Non è un mulo da caricare. Quando sarà piena come un uovo esploderà come tutte le tue ex assistenti”
Bill lo fissò interdetto, ma allo stesso tempo incuriosito.
“Ho capito. Temi che possa farla scappare via? Che non la vedrai più girare per casa?”
“Non ho detto quello, Bill” ribattè, raccogliendo dalla cesta una nuova maglietta.
“Ma l’hai pensato!”
Tom sbuffò. “No”
“Ammettilo” lo incalzò Bill, in modalità “se non parli o neghi vuol dire che ho ragione”.
“Sei un cretino, Bill. Non capisci niente e pretendi sapere tutto dagli altri. Pensa agli affari tuoi!”
“Non hai smentito” dichiarò saltellando sul posto.
“Ho detto NO!” urlò il rastaro, sempre più nervoso. Bill smise si saltare. “Mi sembra proprio chiaro e se lo vuoi sapere non me ne frega nulla se se ne andrà o meno. Che vada pure. Così alla mattina non mi dovrò più preoccupare di trovarmi la mostarda nel pane”
“Non era mostarda!”
“Bill sei un cretino! Era un esempio!”
Alcuni secondi di silenzio ingoiarono il giardino. Tutti erano ammutoliti, chi per ansia (Georg) chi per guardarsi negli occhi, Tom e Bill, che scoppiarono a ridere, sciogliendo le tensioni della precedente conversazione.
“Ok, fratellone, farò finta di credere che non te ne importai nulla. Ascolta se la vedi le puoi dire che devo parlarle? Devo chiederle una cosa su Georg. Tu non lo vedi strano ultimamente?”
“No, è sempre il solito imbecille di tutti i giorni perché?”
“Uhm, strano. A me sembra che qualcuno mi osservi e mi pedini costantemente” asserì Bill, stringendosi nelle spalle.
“E perché pensi che sia proprio Georg?” domandò Tom.
“Perché di sfuggita mi accorgo di strane macchie rosse che si muovono e mi sembra di udire imprecazioni tipiche di Georg. Per esempio stamattina mi sono alzato e sentivo degli strani rumori da dentro l’armadio, e mi è sembrato di udire “porca di quell’elfa nana”
Tom scoppiò a ridere. “Allora è lui. È sicuro!”
“Ne ero certo! Bene, devo assolutamente scoprire perché mi spia” dichiarò girando i talloni per ritornare verso la casa.
“Aspettami, devo cercare anch’io la tua assistente: deve ancora finire di stendere” disse Tom raggiungendo il fratello.
Ruotai la testa come un automa e fissai negli occhi Georg che probabilmente aveva fatto lo stesso. “Sono fottutamente, Fottuto!”disse lui, “Resterò senza lavoro!” dissi io nello stesso momento.
 
Mi ci vollero un paio di minuti per ragionare su quanto era appena accaduto. Tom aveva espresso il suo totale disprezzo per la mia figura professionale e Bill, per quanto ne sapevo, poteva anche decidere che non ero più adatta per le sue esigenze.
Scattai in piedi e cominciai a mangiarmi le unghie per il nervosismo. Georg nel frattempo stava strappando l’erba da terra, pregando in una strana lingua, probabilmente arabo, nella speranza di ottenere una redenzione.
Ripresa lucidità, afferrai le spalle di Georg e lo scrollai senza imprimere forza. “Ascoltami, tu non mi hai mai visto! D’accordo? E io non ho mai incontrato te! Promesso”
Gli occhi di Georg erano ancora puntati nel vuoto quando mi rispose anche lui promesso. Ma sapevo di potermi fidare della sua parola, perché se voleva nascondere il suo segreto doveva collaborare con me.
Mi alzai di scatto e mi diressi verso la casa. Entrai dal retro e entrai nel bagno del retro, dopo essermi accertata che Bill e Tom fossero saliti al piano superiore.
Socchiusi la porta e tirai lo sciacquone. Sentii i passi dei due gemelli per le scale, attirati dal rumore nel bagno dove mi trovavo.
Mi avvicinai al lavandino cercando di essere naturale.
La porta si aprì di scatto. “Sophie sei qui!”
“Si. Che succede?”
Bill mi guardò torvo. “Non mi sembrava di aver visto la porta chiusa prima. Beh comunque ti stavamo cercando. Volevo scusarmi per prima! E Tom voleva sapere dove eri finita perché sei scappata via all’improvviso”
La risata che emisi, gelò il sangue anche a me, non riesco a immaginare cosa potessero pensare i gemelli. “Oh niente, un bisogno urgente”. Solo le iene ridono a quel modo.
“Oh, d’accordo. Comunque sai perché Georg è così misterioso?”
Scossi la testa, forse con troppa convinzione, perché si guardarono spalancando gli occhi.
“No no, non mi sono accorta di nulla”
“Ma stai bene, Sof?” chiese Bill avanzando.
Mi ritrassi lentamente mostrando un sorriso finto. “Tutto ok” asserii scartando Bill e poi Tom per sfuggire in giardino.
Non vidi la scena, ma capii che era successo quando lasciai la casa: Georg, che era stato scoperto dietro la porta di casa, aveva urlato a più non posso. A volte mi chiedo perché per nascondere un segreto, debba nascondersi nei posti più stupidi del mondo. L’universo maschile era ancora un’incognita per me. E forse lo sarebbe stato per sempre.
 
La sera arrivò molto presto. Avevo promesso a Gustav che saremmo andati a vedere al cinema Hunger Games, prima di partire, così avevamo deciso di andarci proprio quella sera.
Mi misi un paio di jeans a sigaretta neri e una maglietta a barchetta marrone chiaro abbinata alla borsa. Mi legai i capelli in una coda e andai a bussare alla porta di Gustav.
Gus mi urlò di entrare, così abbassai la maniglia e entrai piano. Il batterista si stava infilando la maglietta nera, ma riuscii a intravedere i muscoli statuari appena in tempo.
Gustav venne verso di me con un sorriso e mi baciò la guancia. “Stai benissimo così, Sof!”
Sbattei le palpebre velocemente, mentre la mia mente ripercorreva la scena appena vissuta. Era il Gustav di sempre?
Comunque metti i tacchi alti, che ti slanciano!”
“Hhm si” mugugnai.
Gustav, mi prese sotto braccio e mi trascinò via dalla sua camera. “Il cinema ci aspetta”.
Poco dopo eravamo seduti sulle poltroncine del cinema multisale. Reggevo sulle gambe la vaschetta di popcorn più grande che avessi mai visto.
Gustav mi sorrise e affondo la mano della vaschetta. “Beh dai sono contento di essere qui con te oggi!”
“Sono contenta che puoi vederti questo film! Era da tanto che lo aspettavi, giusto?”
“Si ho letto tutti i libri! Spero solo non sia deludente!”
Sorrisi. “No dai vedrai che sarà piacevole!”
Gustav non poté rispondermi perché la pubblicità si fermò e partì la sigla iniziale.
Gli bisbigliai sottovoce: “Buona visione!”
Gustav era troppo preso dal film per potermi rispondere, ma non mi offesi perché sapevo quanto aveva atteso quel momento ed era comprensibile.
Il film mi entusiasmò parecchio, e Gustav non sembrò lamentarsi per la regia, ma quasi a metà film accadde qualcosa di imprevedibile.
Le poltrone cominciarono a tremare. I popcorn caddero a terra. La gente cominciò a urlare.
Inizialmente nessuno sembrò essersi spaventato, ma nel momento in cui tutti si resero conto che quel tremore era segno di un terremoto, tutti ci catapultammo verso l’uscita. La confusione che si creò nel corridoio era insostenibile. Tutte le persone all’interno delle varie sale stavano evacuando l’edificio e così ben presto la gente cominciò a spingere e qualcuno cadde a terra con il rischio di essere pestato da chi veniva dietro per la foga della fuga.
Gustav afferrò la mia mano e la strinse forte, cercando di trovare un buco tra la folla.
Un ragazzino, però, ci venne incontro e persi il contatto con il batterista. Spinta da dietro inciampai e caddi in ginocchio nel corridoio. Immediatamente mi coprii la testa, e guardai in avanti per vedere dove fosse Gustav, ma non riuscii a vedere altro che gambe.
Prima che il panico mi divorasse però due mani mi afferrarono dalle ascelle e mi sollevarono da terra. Quando la mia testa incontrò un petto caldo, capii che ero salva, e istintivamente chiusi gli occhi. Ero al sicuro, chiunque mi avesse sollevato mi stava portando al sicuro.
Furono attimi di confusione: sentii spesso la gente venirmi addosso, urla di terrore echeggiare nel corridoio, ma non aprii mai gli occhi per vedere la paura sul volto di chi mi stava affianco.
Poco dopo sentii l’aria fredda della notte sulla pelle e capii che il mio salvatore mi aveva portato fuori dall’edificio. Ascoltai il respiro affannoso dell’uomo che mi reggeva in braccio, finché non mi lasciò sull’asfalto.
Solo allora aprii gli occhi. Il mio sguardo andò subito a posizionarsi sul volto del mio salvatore. La sorpresa mi gelò il sangue nelle vene.
“Quanto pesi, dente Metallico!”
Il meraviglioso salvatore della mia vita, era un infimo bastardo: Tom.
“Tu? Che ci facevi al cinema? E se peso così tanto perché non mi hai lasciato dentro?”
Tom si chinò in modo tale che i nostri volti fossero allo stesso livello. “Stavo guardando un film porno, è vietato?” Poi mi prese il braccio furibondo: “Ma sei stupida? Hai rischiato di rimanere travolta dalla folla!”
Il suo sfogo mi lasciò perplessa. “Ti sei spaventato per me?”
Tom si alzò e mi diede le spalle. “Se ti fai del male non c’è nessuno che mi prepara la colazione”
Bastardo! Ti da fastidio ammettere che hai avuto paura di perdermi?
“Stai qui, non muoverti, vado a vedere se qualcuno ha bisogno di una mano” disse prima di andare a parlare con la famiglia accanto a noi.
Probabilmente stavo vivendo un sogno. Provai a darmi un pizzicotto, ma il dolore mi fece capire che era tutto reale. Dunque come era possibile che Gustav e Tom fossero quello che avevo visto questa sera? Gustav era divenuto l’amico gay della situazione che da consigli sul vestire e Tom aveva appena mostrato che ci teneva a me e si era proposto volontariamente di aiutare altre persone che nemmeno conosceva.
“Dente metallico, stai dormendo a occhi aperti?”
La voce di Tom mi riscosse dai miei pensieri. Scrollai la testa. “No, scemo. Non c’è bisogno di una mano?”
Tom sorrise. “Ti do fastidio? No, non posso fare niente ora. Stanno arrivando delle ambulanze, ma sembra che siano usciti tutti vivi. Tuttavia ci sono delle persone che hanno riportato lesioni dovute alla foga dell’uscita”.
Annui, in segno di comprensione.
“Tu sei ferita?”
I miei occhi incontrarono i suoi color nocciola. Non riuscii a rispondere perché il mio cervello cominciò a elaborare pensieri complicati. Il duplice atteggiamento di Tom aveva reso poltiglia la mia materia grigia.
“Ehi, Metal, hai perso la lingua?” chiese Tom, quasi divertito.
Mi riscossi dal mio turbine mentale. “No, tutto a posto. Ma non vedo Gustav”
“Sta aspettando l’ambulanza in fondo alla via, ma sta bene!”. Mentre parlava mi indicò un gruppo di persone sotto il segnale dello stop.
“Oddio che si è fatto?”
“È stato spinto contro la porta mentre cercava di tornare indietro a prenderti. Stupido. Fare il salmone tra il panico collettivo”
Sgranai gli occhi. “Cosa? Si è ferito per salvarmi? Che dolce!”
Tom si coprì il viso con le mani. “Possibile che non capisci nulla? Si è ferito per colpa tua! Non è dolce, è scemo!”
Lo guardai torva. “Anche tu hai rischiato di farti male nel fermarti per raccogliermi! Sei stupido anche tu allora!”
Tom sbuffò. “Ma sei ritardata? Io ero dietro di te, lui voleva tornare indietro sapendo che tutti stavano andando dalla parte opposta! Non è un eroe, ma un’irresponsabile” imprecò, alzando il tono della voce.
“Sei per caso geloso?”
Tom rise sonoramente. “Vuoi scherzare? Ma quante arie ti dai?”
Colpita. Io mi vantavo? Mi alzai con l’animo ferito. “Io non mi do arie! Insomma perché dovrei?”
“Perché parli come se tutti dovessero essere ai tuoi piedi! Hai mai visto che cazzo di lavoro fai?”
Ora stava esagerando! Stizzita gli puntai il dito contro. “Non osare insultare il mio lavoro! Sto cercando di racimolare soldi per l’università, non mi sembra troppo vergognoso! Tu piuttosto che sfoggi la tua ricchezza ogni giorno, non ti vergogni sapendo che dall’altra parte del mondo qualcuno soffre perché non ha un tozzo di pane o una pozza dove lavarsi?”
Tom girò la testa, rabbioso, ma consapevole che avevo ragione. Ora avevo scavalcato il muro dei suoi sentimenti. Ero dentro le sue mura difensive. Potevo distruggerlo, ma decisi di rimanere ferma in punta di piedi ad attendere che fosse lui a cacciarmi o ad aprirmi le porte definitivamente.
“Chi sei tu Sophie per arrivare nella nostra vita, rivoltarci come calzini e lasciarci a terra senza fiato?” Aveva aperto le porte! Incredibile! “Chi sei? Capisco perché Bill ti volesse così insistentemente. Mi fai quasi paura”
Detto ciò si sedette con lo sguardo vuoto.
Lo imitai e gli appoggiai una mano sul ginocchio. “Una ragazza diversa da voi. Tutto qui”
Tom tornò a fissarmi e mi concesse un debole sorriso. “Forse mi sbaglio ma tu ci farai penare, dal primo all’ultimo. Una specie di mano dal cielo” Poi ritornò a fissare il vuoto davanti a se e l’attesa fu dominata dal silenzio.
Tutto il tempo mi chiesi cosa sarebbe successo il giorno dopo, quale Tom mi avrebbe salutato e che cosa avrei dovuto fare nel caso in cui sarebbe stato quello stronzo e megalomane.
Parecchi minuti dopo arrivarono le ambulanze, e decidemmo di andare da Gustav, per aiutarlo. Fortunatamente se la cavò con un solo cerotto. Nel frattempo arrivarono Georg e Bill a prenderci e ci riportarono a casa. Accesi la tv per vedere quali danni aveva fatto il terremoto, ma constatai con sollievo che era stata comunque una scossa lieve.
Ero così stanca che decisi di andare a letto subito dopo. Salutai debolmente con la mano e mi diressi su per le scale. Tom non rispose a nessun saluto: aveva di nuovo chiuso ogni barriera.  
 

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Capitolo 7
*** Se ti ubriachi, tu lo sai... ***


Ecco qui un nuovo capitolo di questa serie che fa impazzire il mondo! Scusate l'immenso ritardo, ma l'università mi ha rubato un sacco di tempo!!


Se ti ubriachi, tu lo sai...



Il buio regnava. Il sole era tramontato da parecchio ormai. E il pullman era fermo da almeno tre ore, per consentire agli autisti di riposare. Deambulai al buio. Per raggiungere la zona relax dove avrei trovato un frigo, per bere qualcosa. Ma prima ancora di arrivare sentii un forte odore di alcool impregnare l’aria della zona relax. Raggiunsi l’interruttore, tastando incerta la parete con la mano  e accesi la luce. La scena che mi si presentò, mi fece sospirare.

Tom era riverso a terra accanto ad un tavolino colmo di bottiglie di superalcolici mezzi vuoti e ad una pozzanghera di vodka  (o qualcosa di simile) nella quale aveva immerso una mano.
“Tom! Ma che cavolo stai facendo?”
Per fortuna era ancora conscio e emise un grugnito, forse un tentativo di risposta, non andato a buon fine.
Mi chinai su di lui e lo feci voltare a pancia in su, per verificare in che condizioni era.
Tom aprì gli occhi e il nocciola delle sue pupille mi immobilizzò. “Hai ragione”
 
 
***                                                                    16 ore prima                                                           ***
 
 
Sbadigliai rumorosamente, attirando l’attenzione del rastaro più suscettibile del pianeta.
“Dente Metallico, smettila di aprire la bocca o gli insetti ti ci faranno il nido li dentro”
Serrai le labbra all’istante. Gli insetti fanno il nido?? Gli rivolsi uno sguardo truce e mi voltai dall’altra parte, mentre incrociavo le braccia. Tutto il mio corpo dava l’ impressione di essere sul punto di esplodere, poiché trasbordante di odio profondo.
Sedevo sulla mia valigia in attesa che i pullman della tournee scivolassero sul selciato in giardino, per raccoglierci e portarci per il resto dell’Europa, nei prossimi lunghissimi mesi.
Tutti i componenti della band si trovavano in salotto: Gustav sedeva comodamente sprofondato in poltrona; Bill leggeva accigliato una cartina a gambe incrociate sul pavimento, Georg girava in cerchio per la stanza, crogiolandosi continuamente nell’ansia e forse nella pura disperazione. Il suo segreto restava ancora nascosto, ma se qualcuno lo avesse scoperto, la tournee forse sarebbe saltata. La sua agitazione non poteva essere più grande.
Per quanto riguarda Tom, invece, beh… Lui era sceso dalle scale sollevando senza sforzo la sua valigia e l’aveva posizionata accanto alla mia. Questo mi aveva fatto illudere di una sua predisposizione al dialogo, ma le mie speranze erano andate in fumo ben presto. Non solo non era stato disposto a rivolgermi la parola in modo amichevole, ma aveva ripreso con le sue prese in giro e si era avvicinato a me solamente per osservarmi in modo tale da trovare nuovi modi per offendermi.
Il mio umore non poteva dirsi migliore di quello di Georg. La mia mattina era iniziata molto presto, ed era stata abbastanza movimentata. David aveva pensato bene di comprare delle maledettissime trombe da stadio per poter irrompere nella mia stanza e suonarle accanto alle mie orecchie, mentre dormivo. Dio solo sa per quale motivo ho ancora la capacità di udire dall’orecchio sinistro.
Poi aveva trillato per la stanza: “Sveglia, Principessa!”, gongolando dalla gioia.
Il mio tentativo di rifugiarmi la testa sotto il cuscino, fu invano. Neppure aggrapparmi al letto è servito a farlo desistere. Mi ha letteralmente fatto scendere dal letto a strattoni.
Una volta in piedi mi ha gettato tra le mani una maglietta dello staff dicendomi che finalmente l’avventura era iniziata. Ma quale avventura??? Io volevo solo dormire!
“Ehi metaldetector, mi stai fissando il pacco”. L’ultima parola mi sembrava fosse stata caricata da una punta d’orgoglio.
“Cosa?”  esclamai inorridita.
“Ma che bugiarda, piccola Metal. Ti stavi godendo la visione della mia piramide di Giza e osi pure mentirmi” disse gesticolando teatralmente, allargando le mani nel pronunciare piramide di Giza.
Chiusi gli occhi a due fessure. “Non mi piacciono le mummie, Mr Imbalsamato”
La collera avvampò dentro di Tom in un istante. Si sporse in avanti e mi afferrò la coda di cavallo che mi serviva per tenere legati i capelli, tirandola leggermente verso di sé, spostandomi così il viso in modo tale da avvicinare la sua bocca al mio orecchio. Improvvisamente trattenni il respiro. “Ti piacerebbe esplorare gli antichi tesori, non fare la stupida! Stai rinunciando a una meraviglia!”. Deglutii lentamente.
“ La mummia sei tu, Metallofona, ma se ti lasci smummificare forse potrei mostrarti come è brava la mia lingua esploratrice” aggiunse in un sussurro.
Il suo alito caldo sul mio orecchio mi aveva provocato una serie infinita di brividi lungo tutto il corpo. Ero così pietrificata che non mi ero accorta che tutti nella stanza stavano guardando cosa stava succedendo tra noi.
Tom lasciò la presa e io, ritrovato un barlume di coraggio, lo fissai con disprezzo. “Al massimo mi farebbe ridere il tuo Puffo Blu” asserii, abbassando lo sguardo verso la cerniera dei suoi jeans.
Per fortuna non ebbe modo di replicare, perché David irruppe nella stanza, suonando ancora le maledette trombe da stadio.
“Si parteeee!” esclamò, euforico.
Con riluttanza alzai la maniglia del trolley e mi diressi verso l’uscita, consapevole che quella sarebbe stata una giornata infernale.
 
La conferma ai miei presunti pensieri negativi arrivò appena David annunciò come ci saremmo disposti sul pullman. Ero convinta che i ragazzi avrebbero alloggiato in un pullman solo, mentre noi dello staff saremmo stati sistemati su un altro, ma fui informata che su richiesta di Bill io ero stata collocata sul pullman della band ed era stato ricavato un lettino in più.
Ma la cosa che in assoluto mi sconvolse la giornata e che capii avrebbe rovinato l’intera routine era che David si era divertito a decidere la disposizione dei letti e che, con mio grande sgomento, il mio letto sarebbe stato proprio quello di fronte a quello di Tom.
“Obiezione!” urlai.
“Respinta” sentenziò David, quasi divertito.
“Come è possibile che io dorma affianco ad un uomo?”
“Suvvia. Siete grandi e vaccinati. Non sarà un problema” asserì David.
Non potevo lasciare che le cose restassero così, ma dovevo fare di tutto per far valere le mie ragioni.
“Io non dormo vicino a Sorriso Metallico! Potrei bloccarle la crescita nel caso in cui decida di masturbarmi”. L’intervento di Tom, mi lasciò allibita, ma fui disposta a cancellare le sue parole, perché in qualche modo avevamo un obiettivo comune e lui stava perorando la mia causa, benché lo facesse per sé e non per me.
“Non dire stronzate Tom! Sophie non si lascerebbe sconvolgere da te, visto la sua esperienza sul campo” disse strizzandomi l’occhio. Tutti si voltarono verso di me con espressione interrogativa.
Io fissai David sbigottita, incredula, mentre le guancie mi si coloravano di un rosso acceso. Cosa stava dicendo?
“David, non la voglio accanto a me quella megera. Dormo sul divanetto piuttosto”
“Mi dispiace Tom, ma è stato deciso che per risolvere il conflitto tra voi due, la vicinanza vi sarà d’aiuto. Ricorda che poi sarà solo per qualche notte. Quando ci fermeremo negli hotel ognuno avrà la sua stanza”
“Ma perché non vicino a Bill, visto che è stato lui ad assumermi?”
“Bill ha acconsentito Dolcezza. La decisione è stata presa”
Il mio sguardo si posò immediatamente su Bill, che in risposta si strinse nelle spalle.
I suoi occhioni mi disarmarono. Così feci la cosa più stupida che potessi fare: mi arresi. La rabbia sciamò e mi sgonfiai come un palloncino. Il mio piede, che prima era sul piede di guerra si ritirò e andai a rifugiarmi in infermeria, perché avevo bisogno di cure, enormi cure.
Tom invece non sembrava essersi arreso per nulla, anzi. Chiese a David di parlare in privato. Lo sentii urlare, anche se non capivo cosa dicesse. Poi lo vidi allontanarsi, dando calci all’aria, per sfogare una rabbia repressa.
“Mi deve proprio odiare, vero?” domandai sconsolata.
“Non ti preoccupare. Se dovesse essere proprio così terribile dormirò io con Tom, e ti lascerò il mio posto al piano superiore con Bill e Georg” disse Gustav appoggiandomi la sua mano sulla mia.
Gli risposi con un sorriso tenue, prima di appoggiare la mia testa alla sua spalla.
 
Un’ora dopo, le nostre valigie erano sistemate, e i pullman avevano imboccato l’autostrada per la Repubblica Cieca. Il primo concerto dei Tokio Hotel si sarebbe svolto a Praga.
Per rilassare la mente ed evitare di fondermi il cervello decisi di condurre una ricerca sulla città e scoprire quali bellezze avrei potuto visitare. Aprii Google e tra le voci lessi:
“Praga è una città magica, ricca di ponti, cattedrali, di torri dorate e di cupole delle chiese, ma anche una moderna metropoli europea, che si specchia da più di dieci secoli nelle acque del fiume Moldava”
L’eccitazione cominciò a divorarmi. La cosa più bella che poteva offrirmi la Tournee era proprio il fatto che mentre il gruppo avrebbe fatto il soundcheck, io avrei potuto visitare la città per una parte.
Provai a vedere dalle foto della città, per scegliere quali erano le parti più belle che non mi sarei persa per nulla al mondo.
Mi innamorai immediatamente di Ponte Carlo, abbellito da romantici lampioncini e maestose statue. Mi ricordava vagamente il ponte del cartone di Anastasia, forse era per quello che mi attirava.
Poi decisi che non mi sarei persa nemmeno il Castello, e la Cattedrale di San Vito. Nel caso in cui mi avanzasse del tempo, pensai, che avrei potuto visitare anche le altre cose che mi suggerivano le  guide.
“Praga è proprio bella come città” asserì Gustav sedendosi sul divanetto accanto a me.
Gli sorrisi. “Ho notato. Quando ci sei stato?”
“L’hanno scorso e l’altro anno ancora”
“Ma l’hai visitata o l’hai vista dal finestrino di questo pullman?”
Gustav sorrise. “La seconda scelta è corretta. Non abbiamo molto tempo Sophie per visitare. E la sera dopo il concerto siamo così stanchi che di visitare ne abbiamo proprio poca voglia”.
Annui, comprendendo ciò che mi stava dicendo. “Gustav, ma in che hotel alloggeremo?”
Il batterista mi rivolse un sorrisino divertito e dopo aver preso le redini del computer scrisse il nome dell’Hotel: Alchymist Grand Hotel.
Le foto dell’hotel mi lasciarono di stucco. Tutto era arredato con gusto e i mobili erano di uno stile antico. Si abbinava molto l’oro con il rosso.
“Quando sarai in una di queste camere ti dimenticherai del tuo pernottamento nel pullman con il troglodita Tom. Comunque ti basta fare un fischio e lo metto in riga io, quello”
L’idea di Gustav che mi difende, mi fece arrossire. “Grazie Gus, è da veri gentiluomini ciò che ti stai offrendo di fare”
Bill entrò nel salottino in quel momento. “Sophie avresti voglia di un pomeriggio rilassante con creme e trattamenti bellezza?”
Lo guardai mentre si passava una mano tra i capelli. “Certo! Gus non ti dispiace vero?”
“No, tranquilla Sof. Io farò un po’ di palestra oggi. Le creme non fanno per me” aggiunse con ironia.
Lo abbracciai forte e lo ringraziai per essere così come era. Poi lo salutai dolcemente con la mano e seguii Bill nel piano superiore del pullman.
 
Quando abbandonammo la Germania, Bill mi aveva steso una crema idratante sul viso, mi aveva fatto un’acconciatura ai capelli e la manicure.
Finalmente, rilassata e stanca decisi di andare verso il mio letto per riposare un poco, prima di arrivare a destinazione.
Quando arrivai nell’angolo del mio letto, scoprii che mi attendeva una brutta sorpresa.
Tom aveva completamente invaso il corridoio. Immagino che lo avesse fatto apposta, per farmi arrabbiare, per cui decisi di non stare al suo gioco. E scavalcai la valigia che ostruiva il passaggio per sedermi comodamente sul mio nuovo letto.
“Quello non è il tuo letto”
La sua voce irritante arrivò alle mie orecchie come una frustata. Come?
“Ti hanno messo l’apparecchio anche alla lingua?”
“Cosa?”
“Forse da piccola hai avuto qualche incidente che ti ha fatto rimbambire. Ti ho detto che quel letto è MIO”. Solo dicendo mio, si girò a guardarmi con un’espressione truce. “Togliti”
Ero sbigottita. Ma non volevo assolutamente farmi prendere dal panico. “Tu allora scendi dal mio orrido Bradipo!”
“Bradipo? Io? Bellezza forse hai bisogno di una dimostrazione delle mie doti”
“Perché sei un FULMINE a letto? Accidenti forse dovresti rivedere le tue doti mio caro, perché non va affatto bene essere un tantino fulminei con una donzella da soddisfare”
“Io non devo soddisfare nessuno. Io faccio sesso per il mio godimento”
I miei occhi lo fissavano allibita. Era vero e io non sapevo cosa replicare. Non era uno stupratore. Le donne che passavano la notte con lui erano consapevoli di non valere nulla. Facevano un accordo implicito.
L’idea però continuava a ripugnarmi. Ma la mia bocca era secca, vuota. Nessuna parola sarebbe uscita.
“Non mi guardare con quell’espressione da babbea. Comunque il letto è tuo e stavo solo scherzando”. Le sue parole mi fecero esplodere. Ero talmente in collera che mi alzai e lo colpii, non so con quale forza, sulle spalle e sul petto. In un attimo Tom mi bloccò le mani.
“Ora so perché sei così acido. Non ti ama nessuno. Non ti amerà mai nessuno! TI ODIO”
Le ultime due parole aleggiarono nell’aria per alcuni secondi. Sembrava ci fosse un’eco a farle sostenere in aria, ma forse era solo la consapevolezza che quelle parole erano dure, come il piombo. E l’avevano colpito, fortissimo. Nessuna espressione colorava il suo viso. Tom era stato pugnalato.
Lo vidi alzarsi, senza fiatare e lasciare la zona notte. Crollai esausta sul letto. Cosa avevo fatto?
Cosa avevo urtato nel suo cuore per renderlo così? Perché qualcosa avevo detto, qualcosa che gli aveva ricordato un dolore forse, qualche avvenimento.
 
 
***                                                               4 ore dopo                                                                ***
 
 “Hai ragione”                                                                 
“Ragione per cosa? A cosa ti riferisci?”
Tom cercò di alzare il busto per sedersi, aggrappandosi al tavolino basso di vetro.
“Avevi ragione quando mi hai detto che nessuno mi ama. Nessuno mi amerà mai!” disse prima di crollare nuovamente a terra.
Mi inginocchiai accanto a lui e cercai di tenerlo sveglio dandogli dei col pettini con la mano, sul viso. “Tom, sveglia! Non penso le cose brutte che ti ho detto! Ero solo tanto arrabbiata con te per il tuo atteggiamento. Non penso sul serio che nessuna ragazza possa amarti”
Tom riprovò ad alzarsi, questa volta aggrappandosi alle mie braccia e poi alle spalle, mentre io cercavo di aiutarlo tirandolo verso di me. “No, hai ragione. Io sono terribile. Io faccio schifo. Non mi sono mai innamorato. Nessuna si è mai innamorata di me, perché sono stronzo”
“Suvvia Tom, a tutte le donne piacciono gli stronzi!”
Tom mi fissò, con gli occhi pericolosamente ludici. “A te piacciono?” chiese in tono melanconico.
“Beh, preferisco i ragazzi romantici”
Tom imprecò e gesticolò in modo convulso. “Vedi, nessuna mi amerà”
“Tom, stai delirando. Ora andiamo a letto e dormiamo. Domani sarai più lucido per parlarne!”
 
In quel momento, forse svegliato dal frastuono entrò Georg nel salottino. “Che succede, qui? Sophie, sei tu?”
Tom vedendolo entrare, si animò nuovamente e lo indicò con foga. “E’ georg! Lui ha un segreto! Crede che io non sappia che cos’è, ma io so cosa nasconde!”
Quelle parole procurarono una strana reazione nel bassista, che si tolse una ciabatta dal piede e la scagliò dritta verso Tom. Il poco equilibrio di Tom dovuto all’alcool, gli fu fatale, e cadde all’indietro come un sacco di patate.
“Georg!” strillai, allibita.
“Era un testimone pericoloso” si scusò Georg, guardandolo di sottecchi.
“È ubriaco, Georg! Non sa quello che dice!”
Georg si avvicinò e cominciò la sua verifica sul corpo di Tom: gli sollevò le palpebre, lo schiaffeggiò, gli aprì la gola. “Ossignore, è ubriaco fradicio. È putrefatto”
“Georg! Cosa stai dicendo? Dai su, aiutami a portarlo a letto”
Georg non si fece pregare due volte e mi aiutò a trasportare il rastaro nel suo letto.
Diedi un bacio veloce a Georg sulla guancia e crollai sul letto, con la testa affollata di pensieri.
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Complicazioni ***


Ciao a tutti! :) Sono lieta di postarvi oggi un nuovo capitolo di questa storia!!
Ci sono molte novità! Prima di tutto, sono lieta di annunciare che ho voluto inserire un narratore diverso nella storia.
E' annunciato prima del nuovo paragrafo in grossetto. Vi annuncio che si troverà alla fine del capitolo. Ditemi che ne pensate!
Se l'idea piace potrei proseguire in questa direzione visto che mi sono divertita molto a cambiare punto di vista :)
Inoltre ho messo molta carne al fuoco, e spero di essere entrata nel vivo dell'azione e di tenervi in suspance fino al prossimo capitolo :)
Lo so, sono cattiva!! ;) Buona lettura!!

 

 

 

Capitolo 8 : Complicazioni

 

Quando David mi disse che avrei dovuto dormire accanto a Tom, non avevo pensato a tutto ciò che esso comportava.
Me ne accorsi solamente quella mattina, quando mi svegliai. Appena aperto gli occhi, fissai il soffitto e sbadigliai, poi mi voltai di lato e misi le masi sotto il cuscino, con una volontà pari a zero di alzarmi. Scrutai il suo volto rilassato per una frazione di secondo, ma poi ci fu qualcosa che deviò il mio sguardo. Si trattava di una strana protuberanza che alzava le lenzuola.
Mi ci volle una seconda frazione di secondo per rendermi conto che quella protuberanza era causata dall’erezione mattutina di Tom. Saltai in piedi in un baleno. Nemmeno se mi avessero punto il sedere sarei stata tanto rapida!
Una risata fragorosa rimbombò nella gola di Tom. “Dimensioni spaventevoli, Ferraglia?”
Lo fulminai con lo sguardo. “Che bastardo! Fingevi di dormire? E corri in bagno a sistemare quel coso!”
Gli occhi di Tom brillarono. “Aspettavo che ti svegliassi, perché speravo che mi avresti aiutato tu”
“Ommioddio!” strillai, indignata. Serrai i pugni per contenere la rabbia e me ne andai via a imprecare in turco, lontano da lui, sennò lo avrei ridotto in mille pezzi lui e la sua montagna dell’Everest… Anzi no, montagnola. Ok, assomigliava più all’Everest, ma non doveva interessarmi!!
“Comunque bel pigiamino, Metal!” mi urlò dietro, prima di soffocare una risatina isterica.
Odioso.
 
 
Quella mattina a colazione Tom era felice come una pasqua. Gongolava, dall’entusiasmo. Ora sapeva che avevo visto la sua erezione e me ne ero andata infuriata. Aveva vinto questa battaglia.
Questo mi causava tic involontari e istinti omicidi.
Solo il sorriso di Gustav riusciva a trattenermi dal procurarmi un lassativo molto potente e farlo cadere accidentalmente (“ops”) per rimediare alla mia sconfitta.
La mia furia omicida sciamò solo quando Gustav mi offrì una valvola di sfogo, dicendomi che se ci fossimo sbrigati avremmo fatto in tempo a fare una passeggiata in un parco a Praga, prima che iniziassero le prove. Si trattavano di due ore misere, ma era il massimo che potesse chiedere Gustav, visto che il tour doveva assorbire tutte le loro energie e il loro tempo.
Decisi quindi di fare una colazione veloce e di correre subito in camera, ma quando mi stavo per dirigere verso il mio letto, vidi dal finestrino una scena che fece vibrare tutti i miei campanelli d’allarme. Georg stava chiamando qualcuno all’ombra di uno dei camion del tour, e poco distante da lui, acquattati vicino alle ruote di un rimorchio c’erano Bill e Tom, che avevano tutta l’aria di origliare.
Aprii improvvisamente il finestrino del bus, e udii qualche parola sconnessa e nervosa di Georg. Cavoli cosa riuscivano a sentire Bill e Tom?
Avevano già scoperto il segreto di Georg. Dovevo agire, subito!
Mi guardai intorno alla ricerca di un’idea, poi feci la cosa più semplice che mi veniva in mente: urlai. “Ehi voi due, venite a fare colazione! Smettetela di giocare!”
La testa di Georg, scattò versò la mia direzione e i suoi occhi si incastrarono ai miei. Capì subito che qualcosa non andava e si defilò tra i camion, con il telefono sempre stretto nella mano destra.
Mi sembrò di vedere nel suo viso una nota di ringraziamento rivolta a me.
Invece le espressioni dei gemelli erano tutt’altro che benevoli.
Quando mi raggiunsero sul pullman, le proteste furono copiose. “Hai rovinato tutto Sophie! Eravamo ad un passo dalla verità!!”
“Era una donna, sono sicuro. Stava parlando con una donna”
“Primo dovreste farvi gli affari vostri e secondo non pensate che magari stesse litigando con la sua ragazza?”
Tom rise. “Bella battuta, Metal. Georg non ha la fidanzata” disse scuotendo la testa incredulo verso la mia tesi.
Cretino.
 
 
La passeggiata al parco con Gustav, calmò ogni mio istinto omicida. Camminammo molto e Gustav si dimostrò molto loquace e curioso verso di me. Mi chiese molte cose riguardo alla mia famiglia, l’università, i vari lavori svolti, la mia vita normale e parlammo anche di animali e passioni personali. Gli raccontai che mi piaceva parecchio leggere, che amavo alcune serie televisive e di tutti i miei progetti per il futuro.
Dal canto suo Gustav raccontò della sua vita prima di avere successo con i Tokio Hotel. Di come veniva preso in giro a scuola, della sua passione per la batteria e del suo cambiamento caratteriale che lo ha portato ad aprirsi e a non isolarsi.
Il parco stimolò il nostro entusiasmo: era pulito e curato. Condussi Gustav verso un ponticello che consentiva di superare un ruscello, perché mi piaceva molto la posizione in cui era e per via della sua forma. Sembrava di stare in un film.
 
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Quando fummo sul ponte, pungolai Gustav con un dito. “Dai parlami un po’ delle ragazze dei Tokio Hotel”. Cercai di fare gli occhi dolci.
Gustav rise. “Bella domanda” asserì, appostandosi alla staccionata del ponte.
Si guardò intorno riflettendo su come rispondere. Quando annunciò di sapere da dove partire, mi appoggiai anche io, accanto a lui. “Allora partiamo da Bill. Di ragazze ufficiali ne ha avute 2. È il solito romanticone, sentimentale che fa fatica a riprendersi dopo una storia lunga. Ha avuto alcuni flirt brevi durante l’estate, ma non ama parlarcene perché non sono stati importanti nella sua vita. A differenza di Tom, non si è mai portato in camera una fan per una notte. Katherine è stata per lui la donna dei suoi sogni. La sognava da quando la vedeva nei giornali di moda. Ha fatto di tutto per conoscerla ed è riuscito a conquistarla. Non era innamorato, era fuori di zucca. L’amava e l’ama ancora alla follia. Gli ha stregato il cuore, quella donna. Bill è il tipico ragazzo che ti riempie di regali, attenzioni. Era capace di fare dei viaggi rocamboleschi per raggiungerla nei giorni di pausa e stare con lei anche per poco tempo. Le ha dato anima e corpo, per questo soffre molto ora. Spero che riuscirà a superare questo momento.
Tom invece è solito lasciare bigliettini alle fan con il numero della sua stanza. Gli albergatori sono molto indiscreti, ma non so quali accordi facciano con Tom, per far passare tranquillamente queste biondine con i tacchi a spillo fino alla suite di Tom. E il giorno dopo come se niente fosse le salutano con garbo e a colazione sono muti come pesci.
Tom ha avuto una storia più lunga del normale. È stato un periodo particolare. Aveva bloccato il corteo del trionfo nella sua stanza e sapevamo per certo che non lasciava più a nessuna il suo numero. Fingeva davanti alle macchine fotografiche e basta. Solo una volta abbiamo intravisto questa ragazza con lui. Non sembrava la solita ragazza che si porta a letto. Qualche tempo dopo, scoprimmo che la sua stanza era tornata ad affollarsi e lui era diventato nuovamente il playboy di sempre.
Georg, invece ha fatto un periodo in cui si divertiva con le ragazze anche lui. Non erano proprio storie di una notte, ma magari di una settimana, massimo un mese. Mi è capitato di vederlo entrare nella sua camera in dolce compagnia. Georg è molto simpatico e fa ridere le ragazze. A loro piace.
Anche se ora mi sembra di vederlo piuttosto solo. Chissà magari si è stufato di fare il cacciatore”
In quel momento pensai al segreto che nascondeva Georg. Io sapevo perché i tempi d’oro di Georg era finiti!
“Non mi hai raccontato di te, Gustav! Parlami delle tue ragazze!”
“Ok, ok… Allora io ho avuto tre storie che vale la pena chiamare così. Non sono il tipo di uomo che desidera passare una notte di passione con una donna. Ma non sono mai stato così fortunato da trovare una ragazza che mi ami per quello che sono. Una mi ha tradito con un cretino, e qualche giorno dopo mi ha lasciato un biglietto con scritto che non era pronta per stare con me. La seconda si è degnata di chiamarmi per dirmi che non mi amava più, e la terza peggiore delle altre mi ha usato per ottenere popolarità e visibilità. E quando io ero cotto a puntino, è andata a letto con Tom”
“Cosa?” gracchiai, inorridita.
“Hahaha, non sei la prima a reagire così. Non pensare male di Tom, non ha colpe. Non l’aveva praticamente mai vista questa ragazza. È stata lei a fiondarsi nel suo letto. Mi ha fatto alzare il gomito e poi si è presentata da Tom, in abiti succinti e gli si è praticamente spalmata addosso. La cosa che mi fa più ridere è che Tom, non era solo in camera e dopo l’amplesso è apparsa un’altra ragazza che era andata a fare la doccia e lui ha proposto a loro un balletto a tre. Tom mi ha raccontato che è scappata via in lacrime. Anzi se non fosse stato per Tom, che si ricordava chi era e che cosa era venuta a fare in camera sua, io sarei stato all’oscuro di tutto. Lei non si voleva degnare di dirmelo. Poiché aveva preso una cantonata con Tom, pensava di poter tornare da me e fingere che non fosse mai successo nulla. Invece l’ho messa alla porta con tanti saluti. Alla fine non è mai diventata popolare”
“Sono allibita. Non pensavo esistessero ragazze simili!”
“Invece esistono, purtroppo. Ma non sono tutte così. Per esempio tu sei una ragazza meravigliosa. Dolce, gentile e seria. Non hai doppi fini, in quello che fai”
Gustav distolse gli occhi dal fiumiciattolo sotto di noi e i nostri occhi si incontrarono. Il mio senso propriocettivo mi diceva che eravamo vicinissimi. Le nostre braccia si sfioravano.
“Tu mi piaci molto, Sophie” esordì Gustav, con estrema lentezza e dolcezza. “Mi piace il tuo sorriso; il tuo sguardo. Dio, se mi perderei nei tuoi occhi”
Successe tutto brevemente. L’atmosfera così romantica e dolce che aveva creato Gustav, mi inebriò a tal punto che lentamente i nostri visi accorciarono le distanze e in pochi febbricitanti istanti le nostre labbra si unirono in un bacio caldo, anche se leggermente impacciato.
Ma quando le mie labbra incontrarono le sue, nel mio cervello si accese una lampadina, una luce alquanto fastidiosa, la ragione. Mi ritirai indietro, cercando di allontanare Gustav puntando le mani sul suo petto. “Non posso, Gustav. Non posso coinvolgermi sentimentalmente con un ragazzo del gruppo per non rovinare il mio lavoro. Non posso davvero” proferii, rammaricata, anche un po’ triste.
La delusione negli occhi di Gustav era palese e lacerante. “Sophie, si che puoi! Potresti lasciare questo lavoro e potremmo stare insieme”. Le parole di Gustav, erano concitate. Si leggeva il lui tutta la frustrazione del rifiuto e l’incredulità per la situazione creatasi.
In quel frangente mi suonò il telefono nella tasca. Allungai la mano per afferrarlo nella borsa, ma Gustav mi supplicò di non rispondere. “Gustav, potrebbe essere Bill! Potrebbe avere bisogno di me”
Gustav annuì. Stava già scivolando sulla strada ripida della perduta speranza.
Una volta afferrato il cellulare, vidi subito chi stava cercando di contattarmi.
Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. Sembrava che mi stesse per uscire dal petto.
Trattenni il respiro per un istante e poi rifiutai la chiamata. Alzai lo sguardo verso Gustav, che persisteva nel mantenere lo sguardo a terra.
Mentii. “E’ Bill. È ora di tornare indietro. Il lavoro mi attende”
Gustav, suo malgrado, annuì. Io, invece, stavo esplodendo dentro di me. Il cuore mi era esploso alla semplice vista di quel nome. Cosa mi stava succedendo? E Gustav, si era dichiarato, complicando inevitabilmente molte cose. E ora cosa sarebbe successo?
 
  
Tom
 
Che schifo di concerto. Il primo della Tournee è sempre una merda.
Dovrò parlare con il tecnico audio, perché mi sembrava davvero cannata l’acustica.
L’unica cosa positiva è stato il pubblico, sempre caldo e coinvolgente. Quattro ragazzine si sono quasi picchiate per prendere il plettro che ho lanciato nella loro direzione. Almeno loro sono divertenti. Ah e quanto ridere quando sono mezze svenute le ragazzine davanti a me quando ho strizzato l’occhiolino. Sono un figo. Beh, senza dubbio il migliore del gruppo.
“Che hai da ridere Tom?” mi chiese Bill, prima di esibirsi in un gigantesco sbadiglio.
Mi strinsi nelle spalle. “Niente di che. Stavo pensando alle fan che ho conquistato questa sera”
Sophie, che per tutto il tragitto in pullman, era rimasta con la testa appoggiata al vetro a fissare fuori dal finestrino, ora mi stava guardando di sottecchi. Quando si accorse che l’avevo scoperta ritornò a fingere di interessarsi al paesaggio esterno.
Poco dopo giungemmo davanti all’hotel. Un capannello di ragazzine era appostata davanti all’entrata. Sicuramente, tra quelle che si offriranno, ci saranno almeno 5 ragazze, che potrei portarmi in camera. Tuttavia il mio stato d’animo mi diceva che qualcosa non andava come al solito.
Scendemmo, circondati dai nostri bodyguard, per tenere a debita distanza le fans.
Per Sophie fu un po’ traumatico attraversare questo mare di donne urlanti, poiché molte non ebbero la decenza di farsi delle domande riguardo la sua presenza, anzi l’etichettarono subito come nemica e la spintonarono, calpestarono sui piedi, credendola forse una fidanzata di noi, visto che scese dal nostro pullman e entrò nell’hotel con noi.
Una cosa che però cambiò totalmente l’atmosfera fuori dall’hotel, fu che oltre ad esserci una ragazza con noi, nessun biglietto con il numero della mia camera uscì dalla mia tasca.
Non scelsi nessuno per trascorrere la nottata.
Salii i gradini che ci portavano alla hall. Mi voltai e guardai le file confuse di ragazzine urlanti richiamarmi. Volevano conoscere i segreti della nostra vita, passare del tempo con noi, alcune forse fare sesso con noi. Ma qualcosa teneva a freno tutti i miei istinti. Qualcosa che ancora non riuscivo a definire.
Mi rigirai verso i miei compagni di viaggio e incontrai lo sguardo di Sophie. Era ferma in mezzo alla hall, che mi fissava mentre si contorceva le mani. Qualcosa dentro di me, si bloccò.
Sembrarono secondi interminabili, quelli durante i quali rimanemmo a fissarci incapaci di dire o fare qualsiasi cosa.
Fu in quel momento che realizzai che era bellissima, mentre sbatteva le ciglia e sembrava esitante, come se qualcosa le premesse dentro. In quel momento sembrava l’unica in tutto il gruppo a provare lo stesso che provavo io: ansia, confusione.
Ma era solo quello che provavo io? E perché lo provavo? Forse avevo la febbre.
Bill la chiamò e lei si voltò per raggiungerlo. Bill, mentre Sophie lo raggiungeva, mi fissò qualche istante e capì. Capì quello che ancora io non riuscivo ad afferrare.
Sorrise.
 
Nel buio della mia stanza stringevo il telefono. Un ricordo vivido, non mi faceva dormire.
Sophie e Gustav erano così vicini, sul ponte. Poi i loro visi si sono sfiorati e in un attimo Gustav la stava baciando.
In quel momento, sentii salire in me la tristezza. Quel bacio non mi aveva lasciato indifferente. Mi infastidiva che loro si stessero baciando. Anche se non ne capivo il motivo.
Poi Sophie lo allontanò e il mio cuore ebbe un sussulto. Ero soddisfatto. Allora avevo preso il telefono in mano.
Ero confuso. Nemmeno il buio mi permetteva di dormire. Il tumulto dentro di me non cessava, ancora.
Guardai lo schermo acceso del telefono. Era aperta la pagina del Registro delle chiamate. L’ultima chiamata era stata fatta quella mattina, verso Sophie.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** M'ama non m'ama ***


Ecco il capitolo 9, pronto per voi! Non so voi a leggerla, ma io mi diverto un sacco a scriverla :)
Buona lettura :)

Capitolo 9 : M’ama non m’ama

 
Non riuscivo a dormire. Ero completamente in panne, dopo che mi ero persa negli occhi di Tom.
Per un momento mi era sembrato di volare, di scomparire dalla hall dell’hotel e di spiccare il volo in un altro mondo. Non so perché ma mi ero sentita bene, protetta e avvolta. Credo che fosse l’intensità dei suoi occhi a suggerirmi questo. Avevo quasi sentito le mani di Tom passarmi sui fianchi e trovarsi dietro la mia schiena, per cingermi in un passionale abbraccio.
Ma la domanda mia, ora, è questa: avevo una grande e fervida immaginazione o le sensazioni che avevo provato solo qualche ora fa, erano indette da un qualcosa di concreto e reale? Era solo la mia mente o Tom, desiderava lo stesso?
Qualche minuto dopo si era invece risolta una situazione che mi stava corrodendo. Gustav era venuto qui nella mi stanza, per chiedermi di perdonarlo e per fingere che non fosse successo nulla.
Non voleva dimenticassi, ma che andassi avanti senza compromettere il rapporto di amicizia e di lavoro che ci univa e ci unisce tutt’ora.
Ho acconsentito. Anche se in me, regna ancora la tristezza, quando lo guardo. Gustav mi piace, ma non potrò mai ricambiare quello che lui prova per me. Non ha la stessa intensità. Sarei stata falsa se glielo avessi fatto credere. Gustav merita di essere amato, apprezzato e ricambiato. Io so bene il dolore che si prova nel non essere ricambiati…
Un suono sordo proveniente dalla porta mi mise sull’attenti. Qualcuno doveva avere bussato. Corsi verso la porta nella penombra. “Chi è?” domandai, esitante.
“Sono Bill. Ti prego apri, devo parlare con te” rispose il mio capo.
Feci scattare la serratura e aprii la porta. Davanti a me svettava la figura di Bill, trasognante e malinconico in tutta la sua bellezza.
Non feci in tempo a farlo entrare e a chiudere la porta che mi riversò addosso un fiume di parole.
“Sophie, è successa una cosa incredibile. Mi ero messo a letto e stavo per addormentarmi quando ho ricevuto una telefonata. E..Era Katherine e voleva vedermi così sono sgattaiolato fuori dalla camera ancora mezzo addormentato, ho chiamato un taxi e l’ho raggiunta. Era qui a Praga, è venuta per vedermi, Sophie, capisci? Io, ne sono follemente innamorato. E lei mi ricambia. Ommioddio, mi ha detto che sono sexy, e poi ci siamo baciati, e abbiamo fatto l’amore ben due volte. Era tutto diverso, tra l’altro era una vera bomba, molto più di una volta…”
“Ehi Ehi Bill, frena!! Non voglio sentire certi particolari, ok? Piuttosto, dimmi, ti ha detto che vuole tornare con te?”
L’entusiasmo di Bill, si spense in un secondo. “No…”
“Non è un buon segno, Bill” asserii, sconsolata.
“Beh, potrebbe essergli sfuggito visto che le nostre lingue non volevano scollarsi”
“E quando sei andato via, allora? Cosa ha detto?”
“Beh che era tardi e che domani doveva partire presto per una sfilata e aveva bisogno di riposare un po’”
“Tutto qui?”
“Ah e che doveva fare una doccia e che sapevo dov’era l’uscita”
“Bill, non mi sembra per niente una buona cosa. Non ti vede da settimane, ha il tempo di fare l’amore con te, ma non di chiarire la vostra situazione. Se veramente volesse stare con te, te lo direbbe. Mi sa tanto da “ho voglia di un uomo, scopiamo e ciao ciao””
“Allora perché tu non dici la stessa cosa a Tom, visto che si capisce lontano un miglio che ti piace?” sbottò Bill, visibilmente ferito.
Ma il mio orgoglio non voleva cedere. “Perché è diverso Bill. Tom non sa cosa provo per lui e non sono sicura di essere ricambiata, poi c’è di mezzo il lavoro, la tournee e Gustav”
“Gustav?”
“Mi ha baciata, stamattina”
Bill era allibito. “Cosa?” Cominciò a farneticare come una quattordicenne e non stava più nella pelle. “Gustav, il mio amico Gustav? Allora non è gay. Mmmmm e tu sei felice o no?”
“Non esattamente, non lo ricambio come lui vorrebbe”
“Allora avevo ragione? Ami Tom?” saltò subito alle conclusioni, Bill. Gli leggevo quasi una luce di speranza negli occhi.
“Non sono proprio sicura che sia amore…” cercai di spiegare, ma Bill era già partito a saltellare per la stanza, con le mani al cielo a cantare a squarciagola: “Sophie ama Tom, e lui non lo sa!”
L’istinto di sopravvivenza mi fece scattare verso di lui e gli premetti una mano sulla bocca. “Ti prego Bill, non urlare. Potrebbe sentirci!”
Bill per dimostrarmi che aveva capito annuì e io allentai la presa. “Ma è così no?”
Lo guardai esasperata. “Si, Bill. Almeno credo”
“Ommioddio” strillò Bill, in preda al sé più selvaggio.
“Bill, frena tutto il tuo entusiasmo. Sei venuto qui per parlare di te, ricordi?”
E di nuovo il suo entusiasmo sciamò in un batter di ciglia.
Parlammo di tante altre cose per un’oretta o due, chi lo sa. Poi ci addormentammo, sfiniti, sullo stesso letto. Non successe proprio nulla tra noi. Bill era solo troppo stanco per andare fino alla sua stanza ed era crollato accanto a me. Non ci eravamo nemmeno sfiorati.
Ma qualcuno il giorno dopo non fu in grado di capire questo, e fraintese tutto.
 
Avete mai visto una tragedia? Io si. Quella mattina, posso giurare di aver dovuto assistere all’incipit di una tragedia.
Gustav venne a bussare alla mia porta, credo per scusarsi ancora o offrirsi di fare qualcosa da tipici amici per abituarsi al’idea, ma quest’ultima, forse lasciata socchiusa da Bill, si era spalancata rivelandoci nel letto, insieme. La tragedia l’ho vista nei suoi occhi, quando urlò rivolto a me e a Bill, che eravamo dei pessimi amici, che ora capiva perché non poteva funzionare tra me e lui, perché ero innamorata del suo amico e collega di lavoro.
Beh, non aveva tutti i torti…ma il fatto era che io non amavo Bill. C’era stato solo un gigantesco, enorme inconveniente.
Tutto qui? Magari. La tragedia divenne vero e puro dramma nel momento in cui l’unica persona che avrei voluto non vedesse, entrò dalla soglia della porta. E nei suoi occhi lessi la rabbia più assoluta, e un disprezzo tale da farmi venire voglia di sprofondare nei recessi della terra.
Bill a quel punto saltò sul letto, in piedi e mostrò a tutti che era vestito. “Non è successo niente! Abbiamo solo dormito! Io sono venuto qui per parlare e poi sono crollato…”
“Parlare di cosa, eh, Bill?” ringhiò Gustav.
Bill rimase paralizzato, con la bocca spalancata a mò di pesce lesso. Non voleva dirlo.
“Avanti Bill, devi dirglielo” lo incitai io, quasi in una supplica.
“Io…non posso”
“La ami, non è vero?” chiese Tom. Stranamente la sua voce non era né rabbiosa né tendeva a incrinarsi. Sembrava quasi curioso.
“Bill ama Katherine e ieri è uscito con lei ed è venuto a raccontarmelo” dissi tutto d’un fiato.
Le reazioni furono di due tipi: quella di Bill fu di nervosismo e delusione nei miei confronti. Mi strillò dietro cose come “perché?”, “non dovevi dirlo”, seguiti da diverse imprecazioni.
Tom e Gustav invece in un coretto, quasi in falsetto, urlarono “cosa?”. Erano sbigottiti e confusi.
“Bill sei andato dalla strega? Ti avevo detto di lasciarla perdere e andare avanti!” continuò Tom, ora più rilassato, ma comunque preoccupato per Bill.
“Oh ma sentilo. Sono grande abbastanza Tom. Non sono tuo figlio. Se non te ne fossi accorto sono tuo fratello”
“Piantala Bill. Ha ragione Tom. Non saresti dovuto andare. Meriti di meglio, Bill” continuò Gustav, cercando di andare verso di lui.
Ma Bill non aveva intenzione di sentire i loro consigli e li scansò con furia. “Perché voi sapete cosa mi merito? Cosa ne sapete dell’amore voi? C’è gente, qu, che non ha nemmeno il coraggio di dichiararsi, figurarsi se può farmi una lezione sull’amore” disse, prima di sbattere la porta della mia camera ed evaporare dalla scena.
Ok, questo si che si chiamava Buongiorno! Altre mattine così, e mi avrebbero regalato un viaggio di sola andata per l’ospedale psichiatrico.

La colazione quella mattina avvenne in religioso silenzio, ma la tensione era palpabile.
Bill non alzava quasi la testa dal piatto, probabilmente per la rabbia che aveva accumulato.
Gustav mi lanciava qualche occhiata per tenermi sott’occhio e capire se era tutto ok, se stavo bene, se ero calma. Lo ero.
Tom mangiava con la stessa strafottenza di sempre: stravaccato sulla sedia e mangiava di buon gusto tutto, leccando il coltello il maniera provocatoria. Ma che aveva fatto al dolce Tom, della sera prima?
Georg invece era terrorizzato. Faceva cadere ogni tre per due il coltello sul piatto facendomi procurare un infarto, ogni volta. I suoi occhi scorrevano da un componente all’altro, in preda ad un’ansia incontrollabile. Non servirono nemmeno le mie occhiate raggelanti per impedirgli di comportarsi da nevrotico. Mi appuntai mentalmente che dovevo spiegare a Georg che quel silenzio non era dovuto al fatto che tutti sapevano del suo segreto.
Poi successe una cosa che pietrificò ogni commensale della tavola. Bill alzò la testa dal piatto, e guardò con sfida Tom. Poi lasciò cadere nel piatto il pezzo di pane che reggeva nella mano e con un tono moderato, per farsi sentire da tutti, disse: “Tom questa notte è andato in bianco. Nessuna ragazza nel suo letto”
La notizia ci colpì come un tram in corsa. Per me furono anche due, viste le mie condizioni dopo l’impatto. Tom non aveva fatto sesso quella notte? Ma non rinunciava ad una notte di sesso nemmeno con la febbre! Tutti erano abbastanza perplessi quanto me.
Tom incassò il colpo con eleganza, e ci fissò velocemente per poi tornare da Bill e rispondergli: “Ero stanco. Bill invece è andato a scoparsi la ex, la modella di ghiaccio”
Georg si illuminò e forse preso dall’euforia per non essere al centro del discorso, si mise ad applaudire attirando gli sguardi di disapprovazione di tutti. Gustav gli diede una pacca sulla nuca e Georg ritirò le mani sotto il tavolo, avvilito.
“Io le donne che mi piacciono, le conquisto e me le vado a riprendere”
Tom, sono sicura, mi guardò dritto negli occhi. “Le donne provocano solo dolore. Ti fanno innamorare e poi ti trafiggono il cuore”. Fu un sollievo quando spostò la sua attenzione su Bill. “E Bill sai che Katherine non ti ama più da tempo. Ti ha tradito e tu hai sofferto moltissimo!”
Bill si alzò in piedi di scatto e gli puntò il dito contro. “Non hai il diritto, Tom. Non puoi dire queste cose. Me lo avevi promesso…” disse attirando l’attenzione di alcune persone nella sala.
Quando stava per esplodere, si girò sui tacchi e scomparve dalla sala da pranzo.
Tom si scusò per la discussione e nel modo più elegante, uscì anche lui.
Io, Gustav e Georg, gli unici rimasti, ci guardammo increduli. “Ma che gli succede a quei due? Si sono drogati?”
 
 
Tom
 
Maledetti cappellini. Dovrei cominciare a farne a meno. Dove cavolo li infilo ora? Beh uno qui, l’altro qui e…sono un genio! E ora a noi.
Uscii dalla mia stanza d’albergo quasi con sollievo. Non avevo passato una bella notte, e non era andata meglio al risveglio e nemmeno a colazione. Si prospettava una bella giornata.
Chiusi dietro di me la porta. Quando mi stavo incamminando verso l’ascensore incontrai Gustav, e mi accostai a lui per prenderlo insieme.
“Bella giornata eh?”
“Già”
“Hai risolto con Bill?” mi chiese, premendo il pulsante di chiamata per l’ascensore.
“Più o meno. Mi sono scusato per le cose che ho detto e mi scuso con te ora per come mi sono comportato a colazione”
“Fratello, l’importante è che tutto sia ok per stasera, sennò sarà una merda!”
“E tu con Sophie? Ci hai parlato?” chiesi mentre entravamo nel piccolo scompartimento dell’ascensore.
“Ehi amico, a che ti riferisci?”
“Beh si vedeva lontano un miglio che eri geloso di Bill questa mattina. E vai dietro a Sophie da parecchio”
“Non è vero! Comunque non è andata. Il lavoro le occupa tempo e…beh ma fatti gli affari tuoi!”
Risi. “Scusa, era solo curiosità. Quindi la lascerai perdere?”
Gustav sospirò. “Devo. Se lei cambiasse idea io ci sarei. Ma non credo di piacerle. Potrebbe esserci qualcuno là fuori che le piace, o che è in grado di farla felice e darle una vita normale”
“Quindi se un altro ragazzo ci provasse con lei, tu non lo odieresti?”
Gustav fissò per qualche istante le porte davanti a sé. “Sinceramente? Se lei fosse felice, no. Ma se le torce un solo capello, dovrà passare sul mio cadavere prima di poterla toccare di nuovo. E sono muscoloso, parecchio”.
Non le torcerò un solo capello. Quei meravigliosi capelli, dal profumo inebriante. Prometto Gustav.
 
 
Sophie
 
Eravamo ormai distanti da Praga diverse miglia.
“Posso chiederti una cosa, Tom?” domandai abbassando il libro che stavo leggendo per guardarlo negli occhi.
Lui, disteso sul letto, ruotò la testa per guardarmi. “Dimmi, Metal”
Finsi di non aver sentito l’appellativo che mi aveva dato. “Perché ieri sera non hai portato nessuna a letto?”
Le pupille di Tom si dilatarono. Era segno che l’avevo preso contropiede.
“L’ho detto prima: ero stanco”
“Non è colpa mia? Intendo per le cose che ti ho detto?”
Tom rise. “Beh se davvero tu avessi questo potere Sophie ti farei un monumento. No, non è stata colpa tua. Ti sembro il tipo che si fa condizionare?”
Lo guardai, incerta. “Comunque mi fa piacere, perché sei meno a rischio di malattie. Da morto non potrai più suonare la chitarra”
“Sophie, guarda che uso il preservativo…” Il mio nome. Aveva detto il mio nome. E non se ne era reso conto. “Comunque anche io sono contenta tu non sia andata a letto con Bill”
La sua affermazione mi spiazzò. “Perché?”
“Perché ce l’ha piccolo” disse, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Presi il cuscino che era accanto a me e glielo gettai contro. “Sei un cretino”
Tom si parò parzialmente il viso con le mani e poi lo afferrò e me lo strappò dalle mani. “Ehi cerchi di picchiarmi ora? Non ti facevo così aggressiva!”
“Con i cretini bisogna esserlo”
Gli occhi di Tom erano puntati dritti nei miei. “Sei carina”
“Cretin…Aspetta, cos’hai detto?”
Tom rise nuovamente. “Quando sei arrabbiata sei carina. Mi diverte vederti imbronciata”
Un attimo. Questo era il Tom di ieri sera? Quale Tom era? Ma che cavolo stava succedendo?
“Cosa ti avevo detto sulla bocca spalancata?” proferì Tom, sogghignando.
Impuntai le mani sui fianchi, con furia. “Ti riferisci ai ragni che nidificano o al fatto che ti eccita sessualmente?”
“Decidi tu”. Questo era il Tom solito, quello stronzo.
Tutte queste sfaccettature del mio coinquilino mi rendevano difficile decifrarlo, e allo stesso tempo mi facevano avvicinare a lui per curiosità, interesse, e chissà cos’altro.
“Sophie, ti posso chiedere un favore?” domandò Tom, fissandomi seriamente in volto.

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Una messinscena per amarsi ***


Era da qualche giorno che ci stavo pensando quindi mi è stato facilissimo scrivere questo capitolo. Spero veramente che vi piaccia perchè io lo adoro! 

Buona lettura :)

Capitolo 10: Una messinscena per amarsi

 

“Sophie, ti posso chiedere un favore?”
“Ti serve qualcuno che ti lavi le mutande?” domandai cinica.
 “Se vuoi farlo ho un cesto bello pieno. Ma no. Non è quello che ti volevo chiedere. In verità volevo sapere se avresti voglia di fingere, per una sera, di stare con me. Cioè di essere la mia ragazza. La mia fidanzata…Beh insomma chiamala come vuoi”
OH MERDA!
“Sophie, tutto ok?” chiese il mio capo, allungando una mano per scuotermi leggermente. Probabilmente avevo l’espressione di uno di quei manichini saldamente ancorati al terreno. Magari avevo pure una di quelle posizioni inquietanti.
Appena mi toccò, il mio corpo si sciolse, come la neve al primo raggio di sole.
“Ascolta si tratterà di una sola sera e ho davvero bisogno del tuo aiuto” mi chiese con tono supplichevole, congiungendo le mani in segno di preghiera.
“Perché?”
“Perché sei una donna e mi serve una ragazza” mi rispose indicandosi il petto a livello del seno, ma con lo sguardo di uno che non ha capito bene cosa intendevo.
“No no, ascolta, perché ti serve una ragazza? Cosa devi dimostrare?”
“Ah, scusami! Ho fatto una scommessa. Ho un amico che ha la chitarra migliore del mondo e mi ha promesso che me l’avrebbe regalata solo se al mio ritorno mi presenterò con una ragazza stabile, magari già con l’anello di fidanzamento”
Ok. Ok. Calma. “Ma sei fuori di testa?”. Ok, come si fa a stare calmi?
“Perché?”
“Perché non puoi venirmi qui a chiedere un favore dopo tutto quello che mi hai fatto passare e pensare che io accetti, tra l’altro, di essere la tua ragazza!”
“Sophie non sai quanto mi dispiaccia averti trattato così”. Sospirò e con gli occhi incollati al pavimento disse: “Tu non sai che io ho un’avversione verso le donne. Da quando mi hanno distrutto il cuore. E pensato tu fossi una di quelle, la solita arrivista che cerca di mettersi con Bill o Gustav, o magari con entrambi. Invece non è stato così. E me ne scuso ora, Sophie. Non ne vado fiero, ma ti prego di credermi. Sono pronto a ricambiare questo favore. Quanti soldi vorresti? Mille?”
Mise una mano nella tasca dei jeans per estrarre un blocchetto degli assegni.
Allungai istintivamente la mano in avanti e la scossi energicamente. “No, no ti prego. Non voglio soldi! Hai detto tu stesso che non sono un’arrivista. Ma c’è una cosa che vorrei: che tu la smettessi di chiamarmi con quegli stupidi appellativi”
Tom rise. “Allora accetti?”
Sbuffai. “Forse, Tom. Ma devi promettermi ciò che ti ho chiesto”
“Certo, Sophie. Smetterò di prendermi gioco di te, di chiamarti Metal, Metallofona, Metal Detector, Ferraglia..E poi cosa c’era?”
“Basta così ti prego!” lo supplicai, con le mani giunte.
“Ah si giusto! Comunque se accetti dovremmo lavorare insieme questi giorni per essere sicuri di sapere tutto su di noi, per non cadere in tranello”
La mia espressione rivelava i dubbi che mi dilaniavano. “Sul serio, Tom? Potremmo non arrivare vivi a fine viaggio se noi due lavoriamo insieme!”
“Perché no? Te l’ho detto, non sarò quel Tom stronzo che hai conosciuto. Ci tengo moltissimo ad ottenere quella chitarra”
Ci fissammo per un lungo momento, in silenzio. Poi sospirai e gli chiesi: “Posso chiederti perché hai scelto me?”
Tom si sfregò le mani e si mordicchiò un labbro. Stava pensando a cosa rispondermi.
“Perché sei l’unica donna che conosco” asserì piano.
Lo guardai perplessa. “Ma Tom hai ogni notte una ragazza diversa a letto, come puoi dire che non ne conosci nessuna?”
Tom mi indicò lo specchio. “Guardati e dimmi se credi di essere simile a tutte le ragazze che passano la notte con me”.
Risi, istericamente. Ma a che gioco stava giocando? “Certo che non lo sono. Io sono brutta e loro sono sexy e belle. Non c’è bisogno che io mi guardi allo specchio per trovare risposta”. Cominciavo ad irritarmi.
“Alzati per favore e vai a specchiarti” mi disse, serio.
Lo fissai torva, molto titubante. Ma quando mi sorrise, per incoraggiarmi, mi convinse.
Mi avviai e mi specchiai come mi aveva suggerito Tom.
Quando vidi il mio riflesso, mi fissai i capelli e i denti che avevo mostrato, aprendomi in un misero sorriso. Non mi piaceva nulla di ciò che vedevo. “Vedo una ragazza con dei capelli conciati malissimo, con l’apparecchio, che sembra una ragazzina, invece che una donna attraente”.
“Io vedo una donna gentile, serena e elegante”. Sobbalzai dallo spavento. Non mi ero resa conto che Tom era arrivato alle mie spalle. Ora sentivo il suo respiro sulla spalla. Era vicinissimo.
“Non credo. Vestita così, certamente no” dichiarai, glaciale e abbattuta.
“No, forse con la tuta no, ma hai un’andatura e un modo di porti che ti rende affascinante. Mentre le ragazze che vengono nella mia stanza sono sexy, certo, ma non hanno un filo di creanza, un po’ di eleganza, e non potrebbero avere una storia seria con me, visto che vogliono solo la mia Torre di Babele”
“Oh ma la smetti con queste metafore?” gridai, indignata.
“Cerco solo di essere elegante!”
“Allora definisce il tuo pene con il nome che il vocabolario gli attribuisce. Non con strutture che non hanno le stesse qualità fisiche” proferii, con stizza.
“Sophie, ti avverto che mi stai istigando ad una guerra verbale”. I suoi occhi lampeggiarono. Li vidi dal riflesso nello specchio. Sulle sue labbra vi era dipinto un sorrisino sghembo.
Ok. Calma. Inspirai lentamente. “Ok, continuiamo senza più interruzioni”. Però cavoli potrà agitarmi il fatto che un uomo così sexy mi stia guardando allo specchio e mi stia facendo così tanti complimenti in un colpo solo, no? Maledetti ormoni, calmatevi!
Tom rise. “Se ho chiesto a te, è perché so che posso fidarmi. So che tu sei la persona che il mio amico non si aspetterà mai che gli porterò. Lui sa che non sono un uomo che ha storie lunghe e si aspetterà che gli presenti una sciacquetta qualunque, che smaschererà in due secondi. Tu, invece, sei perfetta per me. Io avrò la mia chitarra e anche tu avrai i tuoi vantaggi”
Muoio. Ma scherziamo? È vero che il “sei perfetta” era riferito al tipo di donna per vincere la scommessa, ma sembrava così reale quando lo disse.
No, basta illusioni, dovevo vedere questa cosa come un lavoro.
Con un tono molto basso, sussurrai: “Ok, facciamolo”.
La felicità di Tom, mi travolse. “Grazie, Sophie! Sono in debito con te!”
Sorrisi. “Mi importa che tu rispetti i patti”.
“Perfetto. Iniziamo subito. Cominciamo con il sesso. Così quando ti chiederanno come è, saprai rispondere” disse, toccandomi la spalla e la schiena e dando una leggera pressione per spostarmi verso i letti.
“Cosa? Ma sei impazzito?”. Tutto il mio corpo si irrigidì come un palo.
Tom si fermò e scoppiò a ridere di gusto. “Stavo scherzando! Sophie, non ci baceremo e non faremo nulla che violi i nostri corpi e la nostra intimità. L’unica cosa che potrei chiederti è di tenerci per mano quella sera e sempre se me lo consentirai di tenere un braccio sulla tua vita per far sembrare la cosa più reale. Otterrò la chitarra e ce ne andremo via in un batti baleno. E poi non ti toccherò più”
Peccato. Quasi quasi potevo farci un’abitudine al fatto che Tom mi accarezzasse la pelle. Su una spiaggia dei tropici, mentre sorseggiamo un frullato esotico…
“Sophie, te lo prometto”.  Ritornai alla realtà. Purtroppo. Scrutai il suo viso che mi rassicurò. Sembrava sincero.
“D’accordo. Non ti preoccupare. Ma non farlo mai più. Credevo volessi stuprarmi” dissi sgranando gli occhi per far capire la mia paura.
“Non lo farei mai. Anche perché non ne ho bisogno di solito di obbligarle le ragazze. Sono loro che saltano nel mio letto” dichiarò facendomi l’occhiolino.
Il mio sguardo ammonitore lo raggiunse e lui scoppiò a ridere nuovamente.
“Adoro quell’espressione, è inutile, non mi limiterò mai a fare queste affermazioni!”
Dio, aiutami!
 
Nei tre giorni a seguire lavorammo sodo per rispondere alle più svariate domande: come ci siamo conosciuti, le cose che ci piacciono, come baciamo, come faceva sesso Tom (fu un po’ dura sentire parlare delle sue prestazioni con altre donne, ma era essenziale ai fini del lavoro. Io non avevo bisogno di dirlo perché ero vergine), alcuni ricordi che potevano servire per alleggerire la serata, cosa indossavamo di biancheria, le nostre fantasie sessuali e tanto altro.
Tom mi interrogava spesso, perché era fondamentale che io sapessi tutto di lui. Per quanto riguardava me poteva inventare, ma Steven, cioè l’amico di Tom, lo conosceva bene e non potevo inventarmi qualcosa perché avrebbe capito subito che stavo imbrogliando.
Tom mi avvisò anche del genere di persona che era e mi spiegò cosa mi sarei dovuta aspettare.
Alla sera del terzo giorno ero una bomba, ero super informata e potevo diventare una spia a pieni voti. O un detective, mah.
“Sophie, è arrivato il momento di scegliere come vestirsi”
“Devo proprio?”. Riprodussi il tono più lamentoso del pianeta.
“Certo che si! È fondamentale che tu sia vestita come ci si aspetta che tu sia vestita. Non puoi presentarti vestita da una donna di strada, no? Forza prenditi i vestiti che vuoi, vai i bagno e fammi la sfilata”
Producendo una quantità esorbitante di sbuffi feci quello che Tom voleva.
Appena mi infilai una tuta sformata verde, uscii e richiamai la sua attenzione con queste parole: “Così va bene, cretino?”
Tom alzò lo sguardo dalla sua chitarra e rise fragorosamente. “No!”
“Ti odio” dissi rientrando in bagno.
“E’ una serata, in un locale, pieno di ricconi, non puoi andare in tuta!” mi urlò contro, il mio capo. “Impegnati di più”
Impegnati di più. Gli feci il verso rovistando tra i miei vestiti. Trovai un abitino corto che poteva essere adatto alla ragazza di Tom. Estremamente attillato.
Uscii fingendo di essere una modella. “Questo?”
Tom piegò leggermente la testa di lato. “Ti salterei addosso, Sophie, ma non è l’abito che voglio. Comunque belle forme!”
La mia ciabatta volò nella sua direzione in meno di un secondo. “Pervertito”
Tom rise, fino a che non mi chiusi dentro in bagno, nuovamente.
Uff, dovevo pur aver qualcosa.
“Io avrò lo smoking” mi urlò il capo da fuori.
Se lui si vestiva elegante anche io dovevo avere qualcosa che si addicesse al suo livello. Poi mi venne in mente che avevo comperato un vestito molto elegante, per un party sofisticato, ma che non avevo mai messo. Rovistai tra i miei vestiti finché non lo trovai. Era perfetto.
Lo indossai e uscii un po’ impacciata. Non avevo mai messo un vestito lungo.
Tom rimase senza parole. Deglutì. “Questo è il vestito che volevo. Sei molto elegante”
“Grazie” risposi, sentendo un improvviso caldo.
“Vado a cambiarmi anche io, così verifichiamo che l’abbinamento vada decentemente”
Tom uscì dal bagno, vestito elegantissimo, con giacca e cravatta.
“Sei bellissimo” mi sfuggì.
Tom mi sorrise. “Grazie, anche tu” disse e mi prese per un braccio per trascinarmi davanti allo specchio.
Stavamo bene insieme, anche se lui era follemente bello e io sembravo una bambina che vuole fare la grande. Il mio vestito era azzurro chiaro, con il decolté rotondeggiante che evidenziava il seno. Appena sotto il seno partiva la gonna molto delicata che era composta da alcuni strati quasi luminosi grazie al alcuni punti dorati, e si apriva su un lato per creare uno spacco mozzafiato.
Solo che di mozzafiato in me non c’era nulla.
“Non vergognarti. Tieni le spalle dritte e guarda come ti evidenzia i tuoi punti forti, Sophie. È mai possibile che tu non riesca a valorizzarti da sola? Devi solo osservare il tuo riflesso allo specchio e vedere come sei. Vedere tutte le cose belle che hai. Vedrai farai un figurone. Solo se metti i tacchi alti, eh!”
Risi. “Li metterò, capo”
“Perfetto” sussurrò Tom, continuando a fissare il nostro riflesso nello specchio.
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La sera successiva i Tokio Hotel suonarono a Varsavia. Ascoltai il concerto dietro le quinte e mi sembrò tutto fantastico. Quando finì il concerto tutti e quattro erano stanchi, ma soddisfatti perché era andato tutto abbastanza bene. Il pubblicò lasciò il palazzetto e Bill, Gustav e Georg furono accompagnati al party post concerto, mentre Saki accompagnò me e Tom, dopo esserci preparati nel club di Steven.
Il gruppo sapeva che Tom, mi aveva chiesto di accompagnarlo e tutti lo avevano ammonito di fare il bravo con me e mi avevano detto di stare attenta a Tom. Gustav era particolarmente infastidito dalla cosa ma mi abbracciò e mi incoraggiò visto l’ansia che provavo. Era stato molto gentile con me e lo ringraziai. A Tom riservò un saluto più freddo ma dai loro sguardi capii che non c’erano bisogno di parole. Gustav si fidava di Tom e glielo stava dicendo con il corpo.
Bill mi baciò sulla fronte e mi stritolò. Mi raccomandò di essere affascinante e di non scappare via perché gli serviva ancora un sostegno morale.
Georg mi ricordò, sussurrandomi piano all’orecchio che avevo un segreto da custodire. Gli dissi che poteva smetterla di nominarlo perché nessuno sospettava nulla o lo avrei detto io, urlandolo alla stampa. Il messaggio gli arrivò forte e chiaro, visto che ammutolì e girò i tacchi.
Un’ora dopo Tom e io scendemmo dal pullman del tour e arrivò Saki a bordo di una limousine.
“Wow! Facciamo le cose in grande!” esultai vedendola costeggiare il pullman.
“Tutto per la mia ragazza” disse, mentre il viso gli si illuminava. Mi aprì la portiera e aspettò che entrassi, per poi scomparire all’interno anche lui.
 

Steven era un uomo alto, moro, con due profondi occhi verdi, di bell’aspetto, molto sicuro di sé e ricco. Questo faceva di lui l’attrazione perfetta per almeno 5 ragazze sexy, con abiti succinti.

L’atmosfera mi rendeva già particolarmente ansiosa, figurarsi vedere queste 5 bamboline salutare Tom ammiccando o con sguardi languidi. Ero tesa come al mio primo saggio di danza in prima elementare. E ce ne vuole per rendermi così!
Steven si alzò in piedi, appena ci vide, facendo scomodare una ragazza che gli si era appollaiata sulle gambe.
Ci tese la mano e si presentò, allungando il tempo della stretta della mano con me per fissarmi attentamente.
“Bella scelta, fratello” dichiarò lui, ammiccando a Tom.
Tom sorrise, in modo un po’ forzato. Forse era teso quanto me.
“Accomodatevi ragazzi e raccontatemi tutto di voi” disse indicandoci l’unico divanetto libero a parte la modella taglia 0.
Tom si sedette vicino a lei e io accanto a lui. Non mi accorsi della scelta sbagliata fino a quando la modella non cominciò ad allungare le mani su Tom. Questa cosa mi innervosì all’inverosimile. Se avessi potuto le avrei staccato quelle mani a morsi. Ogni tanto la mia ira prendeva il soppravvento, che ci volete fare?
“Allora chi mi racconta da quanto siete una coppia?” domandò Steven, rigirando il calice tra le mani e studiando ogni singolo nostro movimento.
Tom mi guardò dolcemente e mi prese una mano per stringerla. “Siamo insieme da 6 mesi. Non trovi che stiamo molto bene insieme?”.
Steven lo trapassò con lo sguardo e si rivolse a me questa volta. “E come vi siete conosciuti, piccioncini?”
“Oh, è una storia veramente buffa! Tom era in bagno. Bill mi aveva assunto quella mattina come sua assistente. Era stata una giornata dura e pesante e non avevo fatto in tempo a fare pipì. Mi scappava così forte che non ho badato al fatto che la porta era socchiusa e l’ho spalancata. Tom era sul water. Un’incontro fuori dagli schemi, no?”
Steven rise sonoramente. “Tipico di Tom, restare in bagno con la porta socchiusa. Non vi chiedo che odore c’era nell’aria perché posso immaginarlo”
Ridemmo entrambi, sciogliendoci un po’. E Tom afferrò il polso della modella per allontanarlo e dirle cortesemente che non le interessava. I miei occhi brillarono, almeno credo.
“Beh e poi? Che cosa è successo?” proseguì Steven.
Tom prese il comando. “Le chiesi il mio numero”.
“In bagno?”
“Tom Kaulitz non si fa sfuggire un minuto!” disse il chitarrista, ammiccando. Steven sembrava compiaciuto dalla risposta. “Comunque lei non accettò come si può intuire e scappò fuori”.
“Beh insomma non potevo stare certo lì a guardarti” ironizzai io. Tutti risero.
“Comunque potevi aspettare perché così ti sei persa Giza!”
“Ma per favore! Ho preferito farti attendere per rendere tutto più eccitante” ammisi, stuzzicandolo come da copione.
“Eh si, hai ragione, quella si che è stata una cosa eccitante”. Tom stava andando alla grande, sembrava veramente che stesse ricordando un momento eccitante.
“Il primo bacio?”. Steven alzava il livello della conversazione. Scavava alla ricerca del possibile  tranello.
“A River Sun” dicemmo in coro. Perfetto, stava andando tutto alla grande. Ci guardammo, felici.
“Con la lingua o senza?”
Tom mi aveva detto che ha sempre baciato con la lingua le sue ragazze. Ma che se avesse trovato la ragazza dei suoi sogni l’avrebbe baciata prima senza lingua. Perché non ci sarebbe stata fretta di portarla a letto.
“Senza lingua” risposi, sicura.
“Bugia” dichiarò Steven ridendo. “Tom non bacia nessuna senza la lingua”.
Tom e io ridemmo. Tom mi aveva avvisato che Steven lo avrebbe detto.
“Nessuna, a parte la ragazza perfetta. Quella per la vita. Non avevo fretta di andare a letto con lei, per cui potevo godermi il momento”
Steven ci guardò perplesso. Poi continuò: “E la prima volta?”
Ripetei quando mi aveva suggerito Tom, per filo e per segno, aggiungendo brevi commenti.
“Le hai mostrato cosa sai fare, eh. Bravo, fratello”
Io e Tom eravamo all’apice della felicità. Tutto andava come previsto!
La serata continuò allegramente. Eravamo in grado a rispondere a qualsiasi sua domanda. Perfino quando Steven chiese a Tom una cosa che non ci eravamo preparati, lui seppe rispondere correttamente perché probabilmente me l’aveva visto fare nel periodo in cui ho lavorato con i Tokio Hotel.
Tutto filò liscio, finché Steven annunciò: “Ora festeggiamo tutti insieme, con un bacio!”
Merda. E ora? Dovevo aspettarmelo. Insomma, una coppia si bacia, no?
Steven ci versò da bere e alzò il calice verso l’alto dichiarando di voler brindare a noi e alla nostra storia. Si portò il bicchiere alle labbra e bevve, seguito da Tom e da tutte le ragazze.
Ora tutti si sarebbero baciati, ma io e Tom, avevamo un accordo. Tom non mi avrebbe baciato. Ci avrebbe scoperti, ne ero certa.
Steven mise giù il bicchiere e disse ancora di brindare con l’amore e si voltò verso una delle modelle accanto a lui e la baciò appassionatamente.
Io mi voltai terrorizzata verso Tom, abbattuta, per cercare una rassicurazione, ma lui mi guardò dritto dritto negli occhi e mi disse: “Scusami Sophie, non è proprio come me l’ero immaginato …” e mi prese il volto tra le sue mani calde e mi attirò a sé, per baciarmi.
Ero immobile quando sentii le labbra di Tom toccare le mie e baciarle delicatamente. Fu così improvviso che avevo gli occhi spalancati per la sorpresa.
Tuttavia era quello che desideravo da diverso tempo e Tom voleva quella chitarra. Così mi lasciai andare: chiusi gli occhi e dischiusi le labbra per rispondere al bacio, caldo e sensuale che mi stava dando Tom.
Il mio cuore non smetteva di martellarmi nel petto, mentre mi lasciavo andare alle sensazioni incredibili che provavo nel sentire le labbra di Tom, baciarmi e volermi. Sentivo le sue mani stringermi e accarezzarmi. Era qualcosa di sublime che non volevo assolutamente finisse.
“Ehi ehi ragazzi, basta smancerie!”
La voce di Steven ci riportò alla realtà. “Andiamo a ballare” suggerì partendo con il corteo di ragazze.
Io e Tom ci eravamo staccati e appena i nostri occhi si erano incrociati, si erano allontanati come calamite con la stessa carica elettrica. Era scesa la vergogna tra noi. Ci eravamo baciati, un po’ troppo appassionatamente per il normale.
Il problema è che volevo farlo ancora e ancora, ma non volevo lasciarmi trasportare o sarei finita nel letto di Tom e poi me ne sarei pentita per l’eternità. Io non volevo essere una delle tante. Io lo amavo e probabilmente per lui quel bacio non significava nulla.
Mi alzai lentamente e mi sistemai i capelli in modo meccanico. Sospirai. “Meglio se andiamo a ballare anche noi, non trovi?”
“Vado a bere qualcosa, prima” disse lapidario.
“Ehi Tom, non fa niente per il bacio. Dovevamo dare spettacolo, e capisco perché tu l’abbia fatto”
Tom non mi guardò in faccia e si avviò verso il bar, allentando il nodo della cravatta.
Non era vero che non era niente. Io volevo un altro bacio.
 
Tom
 
Un bacio. Un bacio. Volevo un bacio. Baciare Sophie era stato come liberare una parte di me sconosciuta. E quella parte di me voleva Sophie, all’infinito. Ma dovevo starle distante per non rischiare di prenderla da parte e baciarla fino a consumarla. Era bellissima, no, ma che dico, meravigliosa.
Ora era seduta al bar con le gambe accavallate. Le si vedevano le gambe lunghe e affascinanti, attraverso lo spacco. Ogni piccola cellula del mio corpo mi stava dando dello stupido per non essere già da lei.
Con un dito stava toccando il bordo del bicchiere, formando dei cerchi. Aveva un’aria così malinconica. La osservai mentre ordinava il secondo bicchiere, e poi il terzo e il quarto.
Quattro bicchieri. C’era qualcosa che non andava. Stava bevendo troppo. Mi alzai e la raggiunsi. “Sophie, non pensi di aver bevuto abbastanza?” le chiesi cercando di toglierle il bicchiere dalle mani.
“No” mi rispose secca. E bevve tutto d’un sorso il bicchiere che reggeva. Non feci in tempo a fermarla che aveva già prosciugato il contenuto.
“Che ti prende? Non puoi ubriacarti!” le gridai contro.
“Si, invece, finchè non ballerai con me, troglodita” disse girando la testa. I suoi occhi erano lucidissimi. Si capiva che l’effetto dell’alcool le stava rubando la coscienza.
Decisi di portarla a ballare, almeno per allontanarla dal bar. L’aiutai a raggiungere la pista sorreggendola visto che indossava vertiginosi tacchi. La strinsi a me per sorreggerla e cominciai a volteggiare con lei, come in un ballo scolastico. Era la mia principessa.
Il fatto di tenerla stretta tra le mie braccia mi faceva sentire importante e il mio cuore mi scoppiava dalla contentezza.
“Voglio baciarti” annunciò lei con la testa ciondolante.
“Lo vorrei tanto anche io, ma sei ubriaca e non sarebbe giusto”
Si accostò alla mia spalla e cominciò a piangere. “Sei un’insensibile”
Ok, era una balla triste.
“Io mi sono lasciata andare perché ti amo. Io ti amo. E vorrei baciarti un milione di volte”
Le tirai su il mento con le dita. “Ma Sophie non sai quello che dici. Tu non puoi amare uno come me. Meriti una persona migliore, che stia sempre accanto a te, che ti rispetti e che non debba viaggiare tanto per lavoro. Meriti una persona speciale che ti sappia rendere felice. Io sono stato con troppe donne, ti sentiresti sempre in competizione e non sono il tuo principe azzurro. Tu sei una principessa e ti meriti un eroe”
Sophie mi guardò con gli occhi colmi di lacrime. “Tu sei il mio eroe. Mi hai salvato al cinema. Io ti amo”
“Ti sbagli, Sophie. Tu non ami me, ma quello che ti sembra di vedere. Ma non sono l’uomo che credi. Non voglio vederti soffrire”
Sophie aprì la bocca per replicare ma non le uscì una parola. Mi chinai verso di lei e le stampai un bacio sulla fronte. “Non sai quanto ti vorrei, ma non posso. È ora di tornare a casa, piccola”.
“Ma che bel quadretto” dichiarò Steven fissandoci. “L’avevo capito subito che stavate inscenando di essere una vera coppia. Nello stesso momento in cui mi hai chiesto se stavate insieme.
Tuttavia la chitarra è tua, visto che vi siete salvati in corner. Si capisce distante un chilometro che vi amate alla follia. E la ragazza non ci va piano eh? Sono sicuro che sarete una bellissima coppia quando lei sarà sobria” disse, ridendo.
Scossi la testa. “No, non credo che lo saremo mai. Non la merito. Ora la devo accompagnare a letto, prima che vomiti o cose simili. Ti ringrazio per tutto Steven! Buonanotte e al prossimo anno”
“Abbi più fiducia in te stesso, fratello. Quando ci rivedremo mi raccomando portala con l’anello. Buonanotte”. Mi ammiccò e se ne andò.
Accompagnai Sophie verso la limousine e la caricai con delicatezza, sdraiandola sul comodo divanetto, accanto a me, e feci in modo che si appoggiasse al mio braccio, così la potevo tenere d’occhio.
“Baciami” sussurrò lei, ancorandosi al mio braccio come se fosse una boa e lei dispersa in un oceano vastissimo.
“No, Sophie. Non in questo stato”
“Sto bene” disse, alzando la testa per avvicinarsi al mio viso. Mi sorrise debolmente e mi baciò sulle labbra.
Smosse un masso gigantesco dal mio cuore e il mio desiderio di averla crebbe a dismisura. Risposi al bacio, ma mantenni la dolcezza necessaria per non scombussolarla. Quanto desideravo che questo momento non finisse mai.
Le accarezzavo i capelli e le braccia e poi la schiena, mantenendo un ritmo lento.  Ci baciammo, forse, per tutto il tragitto.
Quando l’auto si fermò, fu durissimo staccarci. Tutto il mio corpo voleva restare a baciarla ancora.
L’aiutai a scendere a la condussi fino alla sua camera dove l’adagiai con dolcezza. Ma Sophie non era ancora assopita e mi chiese di sdraiarmi accanto a lei, cosa che feci. 
Mi chiese di baciarla ancora. Il mio cervello diceva che dovevo andare via subito, ma ascoltai ancora il cuore. Cominciai a baciarle delicatamente le mani, e la spalla, le guancie e le labbra bellissime; finché lei non crollò nel sonno.
Le diedi un bacio sulla guancia. “Domani ti sveglierai e non ricorderai più nulla, principessa. Addio. Hai realizzato il mio più bel sogno. Grazie, Sophie”. E con questo lasciai la sua stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Quando il click della porta mi avvisò che il mio sogno era concluso, sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Non piangevo per una donna da anni. Fu un fiume che non volli prosciugare con la forza, ma lasciai scorrere finché non fui sicuro che mi ero liberato del tutto.

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Capitolo 11
*** I segreti sono come i rotoloni regina...non finiscono mai! ***


Come potrete mai perdonarmi? Dopo circa 5 lunghi mesi posto un capitolo della mia storia. Sono da punire severamente!! Non sapete quanto mi è mancato avere il tempo da dedicare a questa storia che mi entusisma da morire! E non vedo l'ora di sentire le vostre opinioni in merito, visto che ci sono delle novità per voi!
Vi volevo inoltre annunciare che sono intenzionata a finire questa storia e pensavo di fare circa 15 capitoli, quindi me ne mancherebbero solo quattro! sarei super felice come voi di leggere gli ultimi istanti di questa piccola fic!
Ho fatto l'ultimo esame ieri pomeriggio e mi sono messa all'opera subito questa mattina! Non posso promettere nulla ma la mia speranza è di scrivere la fine di questa storia in queste due settimane di pausa che mi restano :)
Martina




Capitolo 11 : I segreti sono come i rotoloni regina...non finiscono mai!




Sophie

“Sei viva?”
Con fatica aprii gli occhi, poiché mi sembravano incollati e gonfi. Ma subito la luce che filtrava dalle tende me li fece chiudere nuovamente. Per evitare il fascio di luce fastidioso mi girai dalla parte opposta, incontrando una figura buia, appollaiata sul mio letto.
Alla vista dell’ombra, che non riconobbi, il mio istinto mi fece indietreggiare.
“Sophie, sono io!”
La voce che mi parlò mi sembrava conosciuta. Per cui mi bloccai e sforzai la vista per riuscire a mettere a fuoco il suo proprietario.
I miei occhi mi mostrarono Bill che con un sorriso raggiante, se ne stava seduto sul bordo del mio letto. “Forza, bevi un po’ d’acqua, ti aiuterà” mi disse, teneramente, porgendomi un bicchiere.
Lentamente mi misi seduta e lo guardai. Era bellissimo. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, una maglietta nera e sul suo viso era incorniciato il più bel sorriso del mondo.
Afferrai il bicchiere, e lo ringraziai, debolmente. Mi sentivo particolarmente scombussolata. E la sensazione di malessere allo stomaco e alla gola non mi faceva stare meglio.
“Vedo che sei tornata sulla terra, terrestre” commentò fissando il mio aspetto disordinato.
Allontanai il bicchiere dalle labbra e deglutii l’ultimo sorso di acqua. “E non ricordo nulla. Ho un mal di testa feroce”
L’espressione di Bill sembrava segnalarmi un’improvvisa delusione. “Cavoli, e io che speravo di ottenere informazioni da te…”. Le spalle si incurvarono; come un palloncino che si sgonfia appoggiò tutto il peso sul pugno della mano e sul braccio destro che stava appoggiato al ginocchio.
I suoi occhi erano brillanti. Aveva un fascino tutto suo.
“Perché speravi ti raccontassi io? Tom, non ti ha detto nulla?” chiesi accomodandomi un po’ meglio con la schiena contro il cuscino. Anche perché nemmeno io sapevo bene cosa fosse successo la serata precedente.
“Magari! Tom stamattina è stato molto puntuale ed è già sceso a fare colazione! Sono riuscito a rubargli solo qualche gossip. Non ricordi proprio nulla della serata, delle ore da sobria?”
Ridussi gli occhi a due fessure. “Non ti sei accorto che ho bevuto?” domandai sarcastica. Mi sembrava impossibile in fatto di aver rimosso così tanto della mia serata precedente. Per cui insistetti ancora, nella speranza che mi rivelasse qualcosa, un segreto inconfessabile, magari. “E cos’altro?”
Bill mi sorrise, dolcemente. “Cara, forse sembro ancora da svezzare, ma conosco bene i sintomi post sbornia, e tu li hai tutti. Anche se Tom non lo avesse accennato, appena sono entrato da quella porta lo avrei capito al volo. Comunque so che Tom ha ottenuto la chitarra e che lui ti ha baciato per via della farsa e poi tu sei andata al bar e ti sei ubriacata”.
I miei occhi erano due mongolfiere, giganti. “Ti ha detto che mi ha baciato?”
“Si, e che gli dispiace averlo fatto ma ha detto che tu hai compreso le sue motivazioni e che è tutto a posto tra voi. Poi ti ha preso dal bancone del bar e ti ha portato a casa, perché non riuscivi a stare in piedi”.
Mi guardai le mani, perplessa. Il mio ultimo ricordo è legato al momento in cui dissi a Tom che doveva dare spettacolo e che capivo le sue motivazioni. Ma la memoria mi suggeriva che Tom sembrava contrariato da quella risposta. Allora perché ora sembrava così tranquillo che io avessi capito questo? Ero stata troppo affrettata nel giudicare la sua reazione?
Lo scatto di Bill verso di me, mi distrasse dai miei pensieri. “Sophie, come è stato baciare mio fratello?”. Due occhi enormi e lucenti mi fissavano come se fossi la caramella più gigante del pianeta.
“Bill, mi stai facendo paura” asserii, allontanando la testa e leggermente le spalle indietro.
Bill era in modalità baldoria. “Ma tu hai baciato Tom Kaulitz. E non lo dico solo perché sono suo fratello, ma è risaputo che sia un gran baciatore. Allora? Ti è piaciuto?”
Allungai la mano per tappare la bocca al cantante. “Bill non urlare! E..si, è stato bello, ma non ti mettere a strillare! Non ne vado così…fiera” L’ultima parola mi uscì dalle labbra come un sussurro.
Ma Bill era partito nella sua danza euforica, aprendo la bocca ma senza emettere suono, per rispettare il mio divieto di urlare.
Mi sentivo sconfitta, ma vederlo così contento, mi strappò un sorriso. “Sei tutto matto, Bill”
Bill mi strizzò l’occhiolino e allungò le sue lunghe braccia per avvolgermi con tutta la dolcezza che aveva. Restare tra le sue braccia, anche se magre, mi faceva sentire protetta e sicura.
“Ti voglio bene, Bill” bisbigliai, così piano che pensai quasi che non mi avrebbe mai sentito.
Qualche istante dopo, però, Bill mi strinse ancora di più e ricambiò: “Te ne voglio anche io, Stupidina”. Sono sicura sorridesse, come tutte le volte che mi chiamava così.



 Tom

Amo Sophie. È un dato di fatto. Mi batte il cuore all’impazzata appena la vedo entrare in una stanza. Proprio come quella mattina.
Come se non bastasse l’avevo sognata quella notte. Ma non è stato un sogno, ma un vero incubo visto che quando mi sono svegliato mi sono reso conto che era stato solo un’illusione.
Mi era bastato sentirle dire due parole per rendermi la persona più felice del mondo. Ci eravamo baciati e…mi sono svegliato, nella vera e cruda realtà.
Stavo mangiando quando la vidi.
Bellissima. Era semplicemente bellissima, anche con quei jeans non marcati, quella camicetta dallo stile retrò e le scarpe più comode del mondo, ma poco eleganti. Era semplicemente quello che desideravo.
Credo che il mio cervello potesse essere raffigurato come un’enorme stanza vuota, con un’unica ruota gigante e un criceto obeso che corre su di essa annaspando. Tanto per rendere l’idea della lentezza con la quale stava lavorando mentre il mio sguardo era fisso su di lei.
Era sulla soglia della sala e si guardava intorno. I suoi lineamenti erano così dolci.
Poi il suo sguardo si posò su di me, poi sorrise e avanzò.
Le sorrisi anche io. Da fuori si poteva vedere che la mia faccia era simile a quella di un pesce?
Accidenti a me.
“Buongiorno Tom!” esclamò lei, prima di sedersi di fronte a me. “Come mai così mattiniero?”
“Buongiorno Sophie! Dormito bene? Pensavo di risolvere alcune cosette prima di partire. Gli altri stanno arrivando?”
Sophie rise, spostandosi una ciocca dietro l’orecchio. “Si, grazie. Anche se questa mattina non ce l’avrei fatta senza Bill. Che mal di testa tremendo! Bill è andato a svegliare Gustav e Georg, che a quanto pare questa mattina hanno deciso di dare forfait”
“Come al solito insomma”
Ridemmo entrambi. Ma il groppo in gola non voleva saperne di sciogliersi, perché constatai che le si illumina il viso quando ride.
“Comunque mi devi assolutamente dire cosa è successo ieri sera o potrei impazzire. Non ho vomitato, vero? E se si non su di te, vero?”
Negai con la testa. “Certo che no. Però non riuscivi a reggerti in piedi. Ti ho portato a letto e poi me ne sono andato via tirandomi dietro la porta”.
Sophie rimase per almeno cinque interminabili secondi silenziosa come non mai. Poi il suo sguardo si abbassò e parlò: “Per quanto riguarda ieri sera, mi dispiace. Intendo per le cose che ti ho detto”
“No, avevi ragione. È stata solo una messinscena e ti ringrazio per aver compreso la situazione”. Analizzai le mie parole un secondo dopo che le pronunciai. Cosa avevo detto? Bugiardo, sei un perfetto imbecille bugiardo.
Sophie rialzò lo sguardo con un sorriso timido, ma caldo. “Siamo amici, allora?”
Le rivolsi il sorriso più falso che potessi mostrarle e annuii. “Certamente, amici!”
Tutta l’aria del ristorante si ghiacciò improvvisamente. Amici. Il mio cuore cadde a pezzi sul pavimento, morto.



Sophie

La colazione proseguì in serenità, anche dopo l’arrivo degli altri componenti della band.
Una volta finito, andammo a recuperare le nostre valigie che consegnammo ai facchini dell’hotel pronti a farsi i muscoli nel trasportarle fino ai nostri pullman.
Il nostro viaggio ora ci avrebbe condotto a Bratislava.
Raggiunsi il mio pullman e giunsi alla mia piccola stanzetta condivisa con…
Un momento. Bill? “Che ci fai tu, qui?”
Bill sedeva sul letto di Tom, a gambe incrociate con un sorriso gigantesco.
“Siamo diventati roommates! Siamo compagni di stanza, Sophie! Ci attendono spassosi pigiama party e sedute rilassanti con i migliori prodotti di zio Bill. Sarai la mia regina!”
Condividere i miei spazi personali con Bill era decisamente meglio che con il chitarrista dei Tokio Hotel, ma il mio entusiasmo era attenuato dalla rabbia incontrollata verso quell’essere infido di Tom. Le mani mi prudevano, perché avevo una voglia incontrollata di insultarlo per bene. Questa volta mi avrebbe sentito.
“Scusami Bill, festeggerò con te, dopo aver urlato per bene in faccia a Tom il mio disprezzo”
Il sorriso di Bill si spense. “Ok, ma fai presto piccola Sof”
Gli stampai un bel bacio sonoro sulla guancia e gli promisi che avrei fatto in fretta.
La mano di Bill che mi salutava in modo energico, mi assicurò che la sua delusione era sparita.
Rincuorata da ciò, mi diressi con decise falcate nel nuovo scompartimento di Tom.
Non annunciai nemmeno la mia presenza. Gli puntai direttamente il dito dritto al petto. “Cos’hai fatto?”
Tom mi rivolse lo sguardo più innocente del mondo. Ma a me non me la dava a bere.
“Pensavo di risolvere alcune cosette prima di partire” scimmiottai la sua voce nel ripetere la frase che mi aveva detto quella mattina a colazione. “Dovevi chiedere a David di farti spostare, eh?”
Tom si rabbuiò nel sentire la mia rabbia accentuata ad ogni parola. “Sophie, l’ho fatto solo perché siamo amici ora, no? Non ha senso farci stare ancora così vicini e poi tu ti trovi meglio con Bill, potrai confidare tutte le tue cose e sentirti ascoltata..”
Il tono della sua voce mi calmò. “Ma allora perché non dirmelo prima?”
“Avevo paura che se te lo avessi detto avresti rifiutato per orgoglio, per dimostrare che potevi resistere anche a convivere con me”
“Non lo avrei fatto!” esclamai contrariata.
“Ok. Allora il problema non sussiste no? Comunque mi dispiace di non averti avvisato del cambiamento. Magari ti saresti rilassata di più a colazione sapendo che non avresti dovuto passare altre notti vicino a me” disse, prima di ridere.
Di ridere io proprio non avevo voglia. “Ma non è così, io stavo bene anche…”
“Non ti devi preoccupare, Sophie. Lo so quanto posso essere odioso! Ora devo proprio esercitarmi un po’ con la chitarra se non ti dispiace”. Detto questo mi si avvicinò per stamparmi un bacio fugace sulla guancia e uscì.
Credo che rimasi ferma interminabili secondi a fissare il vuoto, mentre con i polpastrelli mi sfioravo il punto esatto dove Tom mi aveva baciato. Potevo sentire ancora la pressione delle sue labbra sulla mia pelle. E il mio cervello era completamente annebbiato.



Bill

Me ne stavo giusto spaparanzato sul mio letto, pensando a quali prodotti di bellezza avrei potuto sperimentare su Sophie, quando sentii una melodia arrivare da qualche parte indefinita del pullman.
Visto che Sophie non era ancora tornata, decisi di alzare il mio sedere piccolo, ma cool, per capire da dove giungesse quella musica.
Non ci volle molto per trovare Tom, nel lounge. Sedeva nel suo inconfondibile modo, sul divanetto di pelle, e reggeva tra le mani la sua chitarra preferita.
Era in fase di composizione. Questo voleva dire una sola cosa: aveva bisogno di svuotare la mente e cancellare ogni pensiero che lo tormentava.
Io, il mio fratellone lo conoscevo bene. Impossibile che mi sfuggisse un’emozione che lo invadesse.
Lo capii quando distrusse la sua bicicletta nuova, quando sembrava non importargli nulla, ma dentro di sé il dispiacere per la perdita di quella bici, era vivido. Pianse diversi giorni, quando pensava che nessuno lo sentisse, ma non fu così, perché io percepisco sempre quando una lacrima gli solca il viso.
Quando eravamo piccoli ero in grado di capire quando si faceva male e mentiva per non preoccupare mamma e papà. Quante volte lo sentivo sgattaiolare in cucina per medicarsi il ginocchio o il gomito.
Era un duro, il mio fratellone. Il suo motto era resistere in silenzio.
Capii subito che la prima cotta di Tom fu Gisela. Potevo quasi sentire il suo cuore battergli nel petto. Sentii anche tutto il dolore che provò quando Gisela, gli disse che stava insieme a Hubert.
La cosa mi fa ancora ridere ora, quanto struggimento per una storiella da bambini. Ma il mio Tom, non si diede per vinto e fece in modo che nessuna ragazza lo rifiutasse più, diventando un vero sex simbol.
Sapevo sempre anche quando era felice, come il giorno in cui papà gli comprò la sua prima chitarra, o il giorno in cui mamma ci portò a Disneyland.
Quando due bambini nascono gemelli, il loro destino è inesorabilmente legato e ogni sensazione sembra spartita per entrambi. Sapevo bene che quel senso di tristezza che percepivo proveniva da lui. Era palese per me.
Avevo capito tutto fin dal primo momento. Quella notte che Tom entrando in albergo non ha consegnato nessun biglietto alle ragazze urlanti là fuori, e che rimase a guardare Sophie, io sapevo già tutto. Glielo leggevo negli occhi. Mi era bastato guardarlo per sentire tutta la confusione che provava e quella sensazione di calore nel petto. Il cuore aveva accelerato. Si era innamorato.
Ed ora sapevo perché si sentiva così, perché Tom non crede di meritarsi una ragazza come Sophie e sta facendo di tutto per dimenticarla. Ahimè, mio fratello in queste cose non è molto bravo, infatti non ci sta riuscendo e credo che non ci riuscirà.
Il vortice dei miei pensieri fu interrotto da una porta che si chiuse rumorosamente.
La curiosità mi spinse a indagare del perché di quel rumore e vidi dalla finestrella del pullman che Georg si stava guardando intorno in modo sospetto.
Non ci pensai nemmeno un secondo in più, a sgattaiolare fuori dal pullmino e seguirlo. Il desiderio di scoprire un segreto era inebriante.
Appena uscito vidi Georg dirigersi in modo furtivo dietro un tir del tour. Più silenzioso di un gatto, lo seguii e mi appostai all’angolo del tir, in modo da poter osservare cosa stesse facendo e ascoltare cosa dicesse, ma allo stesso tempo senza essere visto.
Notai che estrasse il telefono dalla tasca della giacca e digitò un numero di telefono. Poi si portò l’apparecchio all’orecchio.
Oh mio Dio, stavo scoprendo il segreto di Georg. E il mio ruolo di agente segreto mi calzava a pennello.



Georg

“Pronto?”
“Ciao, amore!”
 “Ciao Georg!”
“Ti chiamo ora perché sto partendo per Bratislava. Non sai quanto mi mancate”
“Anche tu, amore mio! Ti penso sempre e mi riascolto ogni sera del concerto le vostre canzoni così le faccio sentire anche a lui”
“Come state, tesoro?”
“Bene, bene. Andiamo molto d’accordo. Non vediamo l’ora di poterti far vedere una cosa”
“Appena finirò il tour, tornerò da voi e non vi lascerò per tanto tanto tempo!”
“Tesoro non ti preoccupare, qui ce la stiamo cavando egregiamente. O no?”
“Dagli un bacio anche da parte mia la sera. Oh quanto mi manchi!”
“Tesoro appena ricevo la risposta, ti invio la foto della mia ecografia così puoi vederlo anche tu”
“Sarebbe meraviglioso! Tesoro mi dispiace tantissimo di non essere presente. Sono così contento per noi, e anche emozionato visto che sapremo presto se è maschio o femmina”
“Quale sesso preferiresti?”
“Beh, mi piacerebbe molto se fosse un maschietto per insegnargli a suonare il basso, ma se fosse una femmina sarei orgoglioso comunque, perché sarebbe bellissima come te, e avrebbe una voce incantevole”
“Tu non hai idea di quanto ti ami, Georg Listing”
“Anche io ti amo, Mary. E voglio bene anche al piccolo bambino che porti nel tuo bellissimo pancione. Non vedo l’ora di tornare da voi! Ora devo andare amore, ma ti richiamerò presto. Ciao!”
“Ciao, bassista mio preferito! In bocca al lupo per il concerto!”



Bill

…Sapremo presto se è maschio o femmina…
…E voglio bene anche al piccolo bambino che porti nel tuo bellissimo pancione…
Ora era tutto chiaro. Georg sta per diventare PAPÀ.

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Capitolo 12
*** L’incinto svelato e l’incanto dell’Istrice ***


Capitolo 12: L’incinto svelato e l’incanto dell’Istrice


Sophie

Nei giorni seguenti fui immersa nel mio lavoro e non ebbi tempo per riflettere su ciò che era successo, tuttavia quando scendeva la notte mi ritrovavo a fissare il soffitto senza riuscire a chiudere un solo occhio. La mia mente continuava a pensare a Tom steso nel suo letto a dormire accanto a me. Solo qualche giorno fa mi bastava voltarmi dal lato destro per vederlo, e visto che provavo un certo odio verso di lui cercavo di non farlo tanto spesso per non dargli troppa soddisfazione e dimostrare che un po’ ne ero attratta. Ma ora che non potevo più farlo mi mancava.

Sembra impossibile ma ogni volta che ti manca qualcosa la vorresti, e magari quando ce l’hai accanto a te non te ne curi abbastanza. Sarà per questo che si dice che in amore vince chi fugge. Chissà.

Quella mattina non fu diversa dalle altre. Al mio risveglio sembravo un istrice che ha appena visto passarsi davanti la ruota di un auto. Dovevo avere un aspetto sconvolto. Tastandomi i capelli potevo percepire quando fossero disordinati e ricchi di nodi.

Stavo producendo un sonoro sbadiglio quando qualcuno bussò alla porta. Controvoglia mi alzai e dopo essermi assicurata che non fosse un maniaco, aprii facendo entrare nella mia caverna in subbuglio, Bill.

Quest’ultimo appena vide la mia stanza d’hotel strillò dall’ansia. “Oh mio Dio. È passato un uragano? Che ti è successo?”

Cercai di minimizzare con un gesto fluido della mano e sbadigliando teatralmente mi diressi nuovamente verso il letto.

“Signorinella, le pare questo il modo di ridursi? Sembri uscita da una notte alquanto insonne” 

Lo fulminai con lo sguardo. “Direi che con l’alcool ho chiuso per ora. E poi si sono piuttosto frustata ultimamente e non riesco a dormire” ammisi, facendomi scivolare sul letto come un sacco di patate.

Bill che invece aveva dormito come un ghiro, era pimpante e mi si avvicinò nel tentativo di rianimarmi. “Avanti, Sophie! Non abbatterti così! Stai lavorando sodo e meravigliosamente. Grazie a te ho ottenuto la suite con la vista sulla città! Sono davvero emozionato!” trillò euforico, battendo la mani davanti a sé.

“Potessi avere io un centesimo del tuo entusiasmo ora, sarebbe magnifico” dissi sprofondando tra le spalle.

Bill si addolcì e si sedette accanto a me, prima di avvolgermi tra le sue lunghe braccia. “Sai cosa mi diceva la mia mamma quando tornavo a casa triste? Mi diceva che non c’è motivo al mondo per cui dovessi smettere di sorridere. Nessuno ha il diritto di rubartelo. Quindi vivi appieno la tua vita, senza troppi pensieri, quando sei in pausa ridi, canta, balla, rendi la tua vita bella da morire come piace a te, mettici il tuo tocco, fai affidamento solo sulle tue forze e non aspettare che la tua felicità venga dall’azione di qualcun altro”

Sul mio viso apparve un sorriso flebile, ma sincero. “Bill, tu dici sempre cose fantastiche, ma è difficile non pensare al fatto che devo lavorare tutto il giorno per voi e allo stesso tempo avere a che fare con i miei sentimenti per Tom. Ogni volta che lo vedo e non posso toccarlo io sto male. Il fatto che lui vuole che restiamo amici mi fa male”

Bill mi strinse forte forte a sé e pronunciò delle parole magiche che mi riempirono di calore. “È un grande sciocco a lasciarsi scappare una ragazza fantastica come te”

Risposi al suo abbraccio con più forza che avevo. “Grazie di essere sempre al mio fianco”

Bill roteò le mani in aria, per intendere che pensava fosse una cosa da poco. “Tutto per la mia sorellina!”

Risi nel vedere il suo modo buffo di gesticolare.

Bill si bloccò e rimase con un indice a mezz’aria. “Stasera dopo il concerto ci sarà un party. Farò in modo che tu sia una bomba e lui non potrà fare altro che cadere ai tuoi piedi, però prima dobbiamo dare assolutamente una sistemata a questi cosi…”. Bill prese tra i polpastrelli una ciocca dei miei capelli con molta cautela come se dovessero mordere. “Non so se basterà un parrucchiere qui, penso che ci vorrà un ferramenta”

“Ehi” gli urlai contro, dandogli un colpo sulla mano che mi teneva i capelli. “Come ti permetti? Lo sai quante ore Mastro Istrice ci ha messo per conciarmeli così?”

“Non ne voglio sapere nulla, io li licenzierei se fossi in te!” disse con aria scioccata.

Ridacchiammo sotto i baffi prima di scoppiare in una fragorosa risata. Bill sapeva sempre come rendermi felice.

Quando ci fummo ripresi, Bill cercò in rubrica il numero del miglior parrucchiere di Bratislava e mi ammiccò mentre stava facendo partire la chiamata.

Nel frattempo mi diressi in bagno a darmi una sistemata e prepararmi per iniziare il mio lavoro.

 

Quando uscii dal bagno, Bill era sparito e ritrovai un biglietto sul letto. Diceva:

 

Il parrucchiere è alle sei, fatti trovare in atrio.
Sono dovuta scappare per delle commissioni. 
Un bacione

 

Perfetto ora che avevo appuntamento con il miglior parrucchiere di Bratislava i miei capelli potevano esultare in mistici balli etnici, e io potevo anche cominciare a fare la trafila di chiamate per l’organizzazione della serata. Ero pronta a diventare una centralinista.


Bill

Dopo quello che avevo sentito qualche giorno fa, non avevo ancora parlato con Georg. Prima del concerto avevo bisogno di farlo e poi mi serviva il suo aiuto.

Mi presentai in camera sua senza preavviso. Georg mi aprì senza problemi e mi mostrò cosa stava facendo per rilassarsi.

“Yoga?”

Georg annuì sedendosi per terra e incrociando le gambe.

“Da quando in qua fai yoga scusa?”

Il bassista fece mente locale cominciando a contare sulle dita. “Mmm, Penso…tre mesi perché?”

Bill lo squadrò con le braccia incrociate. “È da quando Mary è incinta?”

“Si, più o meno…” disse, poi qualcosa nel suo cervello lo fece fermare. “Cos’hai detto?”

“Ti ho chiesto se è da quando Mary è incinta” ripetei il più tranquillamente possibile. Bingo.

Georg sbiancò. Non so come successe, ma la notizia lo sconcertò a tal punto che fece una mossa azzardata e cominciò a urlare il dolore perché non riusciva più a tornare alla posizione normale, si era incastrato con le gambe.

Sussultai dallo spavento e mi chinai su di lui, per riuscire a capire come aiutarlo a sciogliere gli arti.

Georg urlava in modo isterico e incontrollabile e mi traforava i timpani. “Ti prego calmati, sono qui per aiutarti!” urlai affannando le mani in aria.

“La gamba sinistra, alzala” mi urlò avvinghiandomi con le braccia disperatamente.

Non so nemmeno come feci, tanta adrenalina avevo in corpo, ma riuscii a liberarlo dalla sua posizione sollevando la gamba che mi diceva.

Georg si stese senza fiato a terra. “Ok, basta con lo yoga. Altro che rilassamento, mi fa venire un infarto”

Lo guardai con rimprovero mentre si massaggiava le tempie. “Sono d’accordo con te! Non vorrai mica lasciare Mary a badare da sola al tuo bambino”

Georg sgranò gli occhi. “Merda è vero, tu lo sai! E pensare che poteva essere solo un grosso incubo” protestò mettendosi a sedere. “Ora lo sai cosa dovrò farti vero?”

Non capivo a cosa si riferisse. “Come scusa?”

Lo sguardo di Georg sembrava posseduto dal diavolo. “Dovrò ucciderti”

Per un attimo temetti veramente che gli fosse andato di volta il cervello, ma subito dopo scoppiò a ridere fragorosamente.

“Ma sei fuori di ghianda? Volevi farmi venire un attacco cardiaco?” urlai esasperato.

“E tu allora che spii le mie conversazioni? Ciò che hai sentito deve restare tra di noi, hai capito?”. Mi puntò un dito accusatorio e di avvertimento.

“Perché non ce l’hai detto?” chiesi, sinceramente intenzionato a capire e soprattutto perché non riuscivo a trovarne una motivazione valida.

“Perché avevo paura che mi diceste di rinunciare al tour. Non vorrei stare distante da Mary, ma è appena agli inizi della gravidanza. Tra qualche settimana avremo finito e io potrò tornare da lei e badare al piccolino, senza dover rinunciare a questa tournee”

Capii le preoccupazioni di Georg, e pure tutti i suoi strambi comportamenti fino ad ora.

“Ti prometto che manterrò il segreto fino alla fine di questo tour, ma a due semplici condizioni”

Georg mi guardò torvo. “Possibile che tu devi sempre ottenere qualcosa?” brontolò puntando le mani sui fianchi.

Risi. “Sono due cosine da niente, fidati. Uno: mi devi promettere che appena finirà l’ultimo concerto dirai a tutti gli altri che sei incinto”

“Scemo non sono io quello incinto” borbottò Georg, indicandosi la pancia.

Sminuii la sua interruzione con un gesto della mano. “Suvvia non è così importante chi ha la pancia”

Georg non sembrava convinto, visti gli occhi che mi fece.

“Comunque voglio che sia tu a dare la lieta notizia a tutti. Secondo: devi fare una piccola cosa stasera” dissi chinandomi per guardarlo dritto negli occhi. “Ho bisogno che tu seduca degli uomini”

Gli occhi di Georg sembrano due palle giganti da tennis o gli occhi in un alieno. “Come?”

“Oddio scusami ho sbagliato a parlare. Ho bisogno che tu spinga degli uomini a sedurre Sophie”

La confusione sul viso di Georg era palese. “Perché dovrei fare una cosa simile?”

“Uffa Georg la smetti di fare domande. Il mio piano è semplice. Te lo spiego. Allora voglio far in modo che Tom si ingelosisca e per farlo ho bisogno che veda che alcuni uomini facciano la corte a Sophie. Quindi ho bisogno che tu chieda agli uomini più carini del locale di provarci con lei. Capito? Poi…”

 

Tom

La vidi appena varcai la soglia dell’atrio.

Era vestita con un abito rosso fuoco che le cadeva perfettamente sui fianchi per poi scivolare fino alle caviglie impreziosite dalle stringhe dei sandali luminosi e argentati che portava.

La chioma castana era una distesa morbida che le ricadeva sulle spalle per poi proseguire lungo la schiena. Quando si girò, forse perché mi aveva percepito arrivare, questa produsse un’onda fluente attorno al suo viso. Così voltata, potevo osservare finalmente i tratti del suo volto. Irradiava luce , da quanto bello era. Ma era naturale, suo, non sembrava costruito.

L’apparecchio ai denti non le spegneva per nulla la luminosità del sorriso. Era splendida.

Mi soffermai un po’ troppo sulla linea delle sue labbra, quel tanto che bastò per non recepire cosa mi stesse dicendo.

Mi collegai alla terra solo quando mi sventolò una mano davanti agli occhi. “Ci sei Tom?”

Sbiascicai un flebile certo. Poi feci un respiro profondo e cercai di trovare un attimo di autocontrollo. “Vogliamo andare?” dissi passandole una mano sulla schiena per sospingerla leggermente in avanti. Lei mi rivolse un sorriso impacciato, ma capì cosa volevo fare e avanzò. Tolsi subito la mano, perché mi sembrava andasse in fiamme.

Più avanti ci aspettavano Bill, Georg e Gustav tutti e tre vestiti a puntino per la serata.

Bastò un attimo, una piccola esitazione sul volto di Bill, per intercettare uno sorriso sornione.

Gli rivolsi il mio sguardo più truce per annullare ogni sua fantasia. Non avrei provato a sedurre Sophie. Non quella sera, né mai. Poteva anche togliersi quel sorriso da stupido.

Appena gli diedi le spalle sono sicuro di averlo sentito sogghignare come quelle volte in cui era convinto che non si stava sbagliando. Non mi credeva.

 

 

 Note Finali: 

Siamo quasi alla fine!!! Il prossimo capitolo è già pronto e devo dire che lo adoro. Non vedo l'ora di sentire i vostri commenti e opinioni! 

Adoro questa scena finale di Tom, che guarda Sophie. Ho provato a immedesimarmi nei pensieri un uomo. Che siano veramente così? Che ne pensate? 

Martina

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Eravamo due universi di solitudine ***


Capitolo 13: Eravamo due universi di solitudine

Sophie
Se mi avessero chiesto se c’era un posto dove volessi stare in quel momento, avrei risposto proprio lì.
Mi voltai perché sentii dei passi alle mia spalle. Davanti a me stava avanzando Tom. Il suo passo era deciso e elegante. Forse era per la giacca e la cravatta che indossava, ma sono sicura che nel suo modo di camminare ci fosse qualcosa di veramente raffinato. Non camminava come sempre, aveva uno charme particolare.
Gli sorrisi, perché ero felice di vederlo. Era tutto il giorno che non lo incontravo e mi mancava sentire i suoi occhi penetranti osservarmi.
“Che eleganza” mi complimentai.
Tom non rispose. Che stupida a pensare che vestita così gli avrei fatto azionare il suo cuore, probabilmente stava già pensando a quante ragazze avrebbe conosciuto quella sera.
“Ci sei, Tom?” gli chiesi, sventolandogli una mano davanti al viso.
Tom uscì dai suoi sogni a luce rossa. “Vogliamo andare?” disse, prima di posarmi una mano sulla mia schiena.
In quell’istante sentii un brivido percorrermi tutta la schiena. Il suo tocco era magico, riusciva a scuotere ogni centimetro del mio corpo.
Tom intanto fece una leggera pressione per spingermi in avanti. Gli rivolsi un sorriso, che doveva essere molto più impacciato che sicuro, mentre cominciai ad avanzare verso il resto del gruppo.
In quel momento Tom tolse la sua mano. Parte dei miei neuroni gridarono di disaccordo.
L’altra mi ricordò ce stavamo per andare nella terribile Valle delle Lacrime. Mi aspettava una notte di pianto ininterrotto.
 
La cosa più imbarazzante durante tutto il viaggio fu stare seduta tra Gustav e Tom. Nessuno dei due fiatò, rimasero tutto il tempo a fissare il vuoto davanti a sé. Solo prima di scendere mi chiesero se avessi bisogno che qualcuno dall’esterno mi aiutasse a scendere.
Invece Bill e Georg erano rilassati e giocherelloni più che mai. Si davano pugnetti sulle spalle, si commentavano i rispettivi capi d’abbigliamento e accennavano a strane posizioni di yoga, di cui io proprio non capivo nulla.
Fu un sollievo per me scendere da quell’inferno di auto. Solo che non avevo fatto i conti con l’inferno che avrei trovato fuori. Qualcosa in me voleva gridare che era meglio tornare a casa.
La paura nel vedere la gente accalcata ai lati di un lussuoso tappeto rosso che conduceva all’entrata, mi bloccò. I bodyguard all’inizio del tappeto ci fecero segno di avanzare mentre allargavano le braccia per tenere distanti le mani delle fan esuberanti. Intanto partirono una serie incontrollata di flash nella nostra direzione.
Fu solo grazie allo strattone di Bill che mi riscossi. Se non mi avesse tirato per un braccio sarei rimasta paralizzata lì in mezzo al marciapiede.
“Ora sorridi e cammina dritto senza fermarti” mi sussurrò.
Feci come mi disse, ma mentre sfilammo davanti alla folla, sentii alzarsi commenti che non avrei mai voluto udire. “Chi è quella che ha vicino Bill?” “Come è vestita quella z…..?”
Quando la porta del locale si chiuse alle nostre spalle, tirai un sospiro di sollievo.
Bill si posizionò davanti a me e mi alzò il viso perché lo riuscissi a guardare negli occhi. “Dimentica ciò che hai sentito là fuori e divertiamoci. Ok?”
Avevo una domanda pressante nella testa, però. “Non sembro una z…., vero?”
Bill rise. “Certo che no, è solo invidia perché sei magnifica!”
OK. Era solo invidia. Ora dovevo cacciare questi brutti pensieri.
Il mio sguardo si posò sul viso contrito di Tom, che però non ricambiò e continuò la sua camminata verso il centro del locale. Era ora anche di smetterla di pensare a lui, pensai con amarezza.

Georg
Bill mi aveva parlato chiaro. Dovevo trovare alcuni uomini avvenenti per Sophie. Il lavoro ignobile lo devo sempre fare io, eh?
Mi guardai intorno per localizzare qualche figone. Ho un radar infallibile io! Sicuramente avrei trovato q… Scovati, bei fusti, ora tocca a me!
Raggiunsi una coppia di bell’imbusti muscolosi. “Buonasera” esclamai, esibendo tutto il mio affascinante piglio. Dovevo sembrare un uomo d’affari, mica uno che cerca rogne.
No, un momento. Il mio fascino non li aveva scalfiti nemmeno. Ora questi palloni gonfiati dovranno vedersela con me.
“Ragazzi!” urlai cercando di entrare nella loro visuale.
Questi, finalmente, mi notarono e mi guardarono con aria di sufficienza. Che sbruffoni. Se solo  sapessero il mio conto in banca, farebbero meno gli spacconi.
“Vi và di guadagnare qualche banconota da venti per provarci con una mia amica?”
Appena sentirono la parola banconota drizzarono le orecchie. Patetici.
 “Certo, facci vedere quale è l’obiettivo” dichiararono come se fossero dei sicari. Forse lo erano sul serio. Merda. Ma chi avevo contattato? Ok, magari avrei potuto rimettere in chiaro le regole. Si.
“Prima dovete starmi a sentire. Le regole sono queste: dovete solo provarci con questa ragazza, facendole dei complimenti, insomma cercando di parlare con lei. Una alla volta. Non tutti due insieme, ok? Se arriva un tizio a chiedervi di lasciarla in pace, fatelo, ok? L’obiettivo è far ingelosire questo tizio”
Gli energumeni, annuirono.
“Bene, sgancia i soldi, amico”
Ma pensavano veramente che fossi stupido? “No belli. Vi anticipo dei soldi. Poi a lavoro finito vi consegno gli altri” dissi mostrando loro la banconota, per dimostrare che non stavo mentendo.
“Ok, d’accordo amico”
Noi amici non lo siamo, né ora né mai. Troglodito.
“La mia amica è laggiù al bancone con un vestito rosso. Non potete sbagliare” dissi con un sorriso fintissimo. Insomma mi servivano questi tizi, non potevo certo inimicarmeli.
La prima massa muscolare si mosse. L’operazione Uniamo i cuori solitari era iniziata.
Stavo quasi gongolando quando notai che il secondo energumeno mi stava fissando in modo tetro.
Mamma, che acido!
 
Tom
Quanto era odioso questo party! Non facevo in tempo a muovere un passo, che qualche ragazza mi si buttava addosso desiderosa di attenzione. Erano anche belle donne e sexy, ma proprio non avevo voglia di dedicare loro nemmeno un secondo.
Il mio sguardo, benché sondasse ogni angolo del locale, continuava a posarsi su quella minuta ragazza al bancone che reggeva il bicchiere come se fosse la sua ancora personale.
Ogni fibra del mio corpo voleva raggiungerla, ma la mia coscienza mi ripeteva che non c’era una sola buona motivazione per rubarle la felicità, turbandola con la mia presenza.
Eravamo due universi di solitudine, abbandonati in mezzo ad un locale affollato, incapaci di congiungere le nostre solitudini.
Ridirezionai il mio sguardo su di lei, ma qualcosa era cambiato attorno a lei.
Un uomo…muscoloso…le si era avvicinato.
Sentii avvampare dentro di me. Come si permetteva di avvicinarsi? Preso dalla rabbia mi avvicinai per sentire cosa voleva da lei.
Mi bloccai solo quando riuscii a sentire qualche stralcio di conversazione.
“Cosa fai qui tutta sola?”
“Aspetto i miei amici”
“Allora aspetterò con te, così non sarai sola. Vuoi qualcosa da bere?”
Sophie alzò il bicchiere che teneva in mano e si strinse nelle spalle.
Pessimo conquistatore.
Il muscoloso però non si arrendeva e cominciò ad adularla con una serie di complimenti. Diamine avrei fatto mille volte meglio io! Patetico.
Poi fece la sua mossa falsa: allungò una mano verso il suo viso. Sophie si ritrasse, probabilmente infastidita.
A quel punto dovevo intervenire. Non potevo più stare a guardare quel coglione mentre la toccava.
“Metti già le mani, Romeo”
Il muscoloso ruotò il suo volto verso di me. “Che vuoi?”
“Lascia stare la mia ragazza” digrignai, infuriato. Sophie che era al mio fianco, sussultò.
Quest’ultimo sogghignò e la lasciò. “Tienitela, è frigida”.
Una volta che si fu dileguato, mi voltai verso Sophie. “Come stai?” le chiesi con la maggiore premura possibile.
“Grazie” sussurrò. Non mi guardava in viso.
“Sei al sicuro ora” le riferii avvicinandomi al suo orecchio. “Vuoi che usciamo a prendere un po’ d’aria?”
Lei annuì.
Quando fummo fuori, si accostò al muro e respirò profondamente.
“Sei sicura di stare bene?”. Cominciavo a preoccuparmi.
Mi guardò dritto negli occhi lucidi. Erano colmi di lacrime. “Dentro hai detto che ero la tua ragazza. Lo so perfettamente che lo dicevi solo per farlo andare via, ma…”
Stava singhiozzando. Ora perché piangeva?
“Tom, lo so che ci siamo detti che eravamo solo amici, ma io credo di non riuscire a vederti solo come tale”
Stava succedendo davvero? “Cosa?”. Il suo viso era ormai rigato dalle lacrime.
“Sono una stupida a pensare che tu potessi davvero desiderare quello che desidero io, ma almeno ti prego smettila di starmi attorno. Smettila di fare il carino con me, perché io mi sto illudendo…”
Non potevo sentire altre parole. Le mie mani fremevano. Accade tutto in un attimo, eliminai le distanze tra noi, spingendola contro il muro con il mio corpo e appostando le mani alla parete del locale.
I nostri visi erano praticamente appiccicati. “Io ti desidero e non sai quanto..”. Il mio desiderio era alle stelle: bramavo le sue labbra. Chiusi gli occhi e le mie labbra catturarono le sue.
Dapprima danzarono sulla superficie, per assaporare il gusto l’uno dell’altra, poi si dischiusero e le nostre lingue si incontrarono. Il calore che provai era indescrivibile.
Non mi feci ripetere due volte dal mio cuore che avrei dovuto tenerla tra le braccia. Le mie mani prima le percorsero le linee del viso, per poi scorrere una sulla sua schiena e tirarla verso di me, e l’altra tra i capelli.
Sophie non rimase impassibile e mi accarezzò dolcemente il viso e la nuca. Era decisamente più controllata di me. Io l’avrei divorata dalla foga che avevo, volevo sentirla mia.
Non riuscivo a staccarmi! Era come una calamita per me. Adoravo il gusto delle sue labbra; adoravo bagnarle con la mia lingua; adoravo morderle il labbro inferiore. Mio dio, ero pazzo di lei.
Non mi sarei staccato per nulla al mondo da quelle labbra. Ora che erano unite alle mie, tutto sembrava perfetto. Tutto assumeva un senso. Forse era questo che stavo aspettando da tutta una vita: Sophie.
 
Georg 
Dieci minuti dopo l’energumeno tornò.
Devo dire che fu un sollievo, visto che l’altro scimmiotto aveva continuato a fissarmi insistentemente, facendomi quasi credere che avesse un debole per i ragazzi belli come me.
“Tu sei pazzo, amico”
Ancora con questa solfa dell’amico? Ma non siamo mica i teletabbis! NON SIAMO AMICI! In quale lingua te lo devo spiegare?
“Perché?”
L’uomo indicò con il polline il bancone del bar. “La tua amica è una bella pollastrella. Ma il tuo amico dovrebbe farsi un po’ più decente. Nessun muscolo, poco fascino. Ti credo che la ragazza non se lo fila. Pagagli un abbonamento in palestra”
Non riesco a credere alle mie orecchie. Come se lui fosse Mister Bellezza!
Finsi un sorriso. “Eh, sai com’è. Ma il piano ha funzionato?”
“Bello, lui si è ingelosito subito. Vai tu stesso a controllare fuori dal locale. Si stanno limonando alla grande”
La mia faccia credo che potesse assomigliare a quella di un pesce. Mentre boccheggia. Si, esatto, da pesce lesso!
Il mio istinto fu di abbracciare l’omone, cosa che a quest’ultimo non piacque particolarmente e mi allontanò con le mani. “Ma sei fuori di testa?”
Ero troppo euforico per badare a ciò che facevo. Li pagai come previsto e corsi a raccontare tutto a Bill.
 
Gustav
Era da un pezzo che non vedevo più Tom e nemmeno Sophie. Avevo un brutto presentimento, ma la mia ragione scacciava via ogni pensiero negativo.
Decisi così di dare un’occhiata anche all’esterno. Quando fui fuori però vidi all’istante qualcosa che mi gelò il cuore.
Tom e Sophie erano incollati l’uno all’altra e si stavano baciando con passione.
Tutti i miei sogni si infransero. In un solo istante. Non solo non voleva me, Sophie, ma voleva Tom, un mio amico e collega.
E Tom sapeva benissimo i sentimenti che provavo per Sophie.
 “Cosa sta succedendo qui fuori?” gridai, anche se era palese ciò che stava succedendo.
Tom e Sophie si scollarono di qualche centimetro, ma quando mi videro si staccarono del tutto.
Sophie mantenne il viso fisso a terra, mentre Tom avanzò verso di me, per cercare di spiegare.
“Ti posso spiegare tutto Gustav…”
Lo bloccai con un gesto. “Non c’è niente da spiegare, si capisce benissimo”
“Avrei dovuto dirtelo. AVREI VOLUTO. Ma è stato improvviso, io pensavo di non piacerle e non sapevo sarebbe successo”
“Quella volta in ascensore mi hai chiesto se mi avesse dato fastidio che qualcuno ci provasse con Sophie. Sapevi benissimo già allora che ti interessava e non hai detto nulla…”
Il mio tono di voce era altissimo, ma non riuscivo a controllare la rabbia. Potevo comprendere che Sophie amasse un altro, ma non potevo tollerare che un amico mi prendesse in giro.
“Ehi un attimo, Gustav. Davvero non volevo sbilanciarmi troppo” cominciò a protestare lui, allungando le sue mani sulle mie spalle.
Ma io avevo già superato il limite di sopportazione. Non riuscivo più a connettere, tanto che mi risultò spontaneo serrare la mano a pugno e sferrarglielo contro. Dritto sul naso.
Durò tutto un secondo. Ma mi sembrò di vedere la scena a rallentatore mentre la mia mano colpiva Tom e lui si ritirava indietro coprendosi il viso con le mani.
“Che fai?” urlò lui, disperato, guardandomi con un misto di rabbia e paura.
“Stammi distante. Non sono in vena di parlare con te ora” ringhiai.
Ma Tom non voleva smettere. “Io non volevo certo farti del male, Gustav. Te lo avrei detto!”
Non ce la facevo più a sentire anche solo una parola. Mi voltai per andarmene, ma Tom mi rincorse e tentò di fermarmi. Allora accadde l’inevitabile. Attaccai nuovamente, ma questa volta Tom non si difese solamente. Mi sferrò un altro pugno, e cominciò così la nostra lite furiosa.
Non so quale sia stata la parte più brutta della serata, se fu il momento in cui Sophie mi implorò di smettere guardandomi con la paura negli occhi o fu quando gli uomini della sicurezza ci scaraventarono a terra per calmarci. Oppure quando David dovette scusarsi, per non dire prostrarsi davanti al proprietario del locale per non diffondere la notizia ai media, promettendo che non sarebbe mai più accaduta una cosa simile.
Quella sera la trascorsi in pronto soccorso a farmi medicare a tre metri da Tom, anche lui sotto torchio di un’infermiera. Sapevo che c’era, ma cercavo di non guardarlo minimamente. Il solo vederlo mi irritava.
Sophie per fortuna era stata riaccompagnata in albergo da Bill e Georg, atterriti e disorientati.
L’avevo fatta grossa. Lo sapevo. Mi sarei preso le mie responsabilità, ma che nessuno venga a dirmi che non si sarebbe almeno sentito ferito leggermente nel sapere che un amico ha lavorato alle tue spalle per conquistare la ragazza che sapeva benissimo piacere anche a te.
Quella notte scoprii un lato nascosto di me: potevo essere pericoloso anche io se mi arrabbiavo.
 
Sophie 
Se avessi fatto un’intervista a un campione eterogeneo di donne, per chiedere loro cosa ne pensano di due uomini che litigano per loro, sono certa che il 98 % di loro mi risponderebbe che ne sarebbero lusingate.
Vi assicuro che non lo è minimamente. Quando Tom e Gustav cominciarono a darsele di santa ragione (anche se tanto santa non era) il primo pensiero fu alla loro incolumità. Ero terrorizzata all’idea che qualcuno si facesse veramente male. Non li riconoscevo più!
Tornata in albergo siccome non avevo sonno ed ero troppo agitata anche solo per mettermi a letto, girovagai per la stanza in cerchio, cercando di svuotare la mente.
Avevo dei pensieri ricorrenti: Gustav che sferra il primo pugno; il bacio di Tom, e infine quello che ha detto Gustav riguardo l’evento in ascensore. Accennava al fatto che Tom era interessato a me da qualche tempo.
Quindi Tom mi ricambiava. Il bacio non era stato uno svago serale.
Da un certo punto di vista la cosa mi eccitava e volevo saltare sui muri per esultare di gioia, ma dall’altra parte sapevo che ciò infastidiva Gustav ed era stata la causa scatenante del litigio.
Ero dilaniata. Cosa avrei dovuto fare con entrambi? Mi avrebbero più parlato? E se per causa mia il gruppo si sciogliesse?
Cancellai l’ultimo pensiero dalla mia mente in un baleno. Non avrei permesso una cosa simile, mai e poi mai.
In quel momento bussarono alla porta. Il mio cuore fece un triplo salto carpiato. E ora chi era? Cosa stava succedendo?
Mi diressi alla porta con il cuore in tumulto.
Aprii di poco la porta e vidi che sulla soglia c’era Tom. Egli appena mi vide mi rispose con un sorriso raggiante. Il naso era bendato e aveva anche un cerotto sulla fronte.
“Che ci fai qui?” bisbigliai, scrutando il corridoio a destra e sinistra.
“È già entrato in camera, non ti preoccupare. Posso entrare un attimo?”
“E se qualcuno ti scoprisse?”
Tom scosse la testa. “Non accadrà. Devo parlarti un attimo”
Lo lasciai entrare.
“Lo sai vero che questo è solo un assaggio, se Georg scopre che sei qui?”
“Non lo scoprirà mai” disse, guardandosi intorno.
“Tutto ok?” chiesi, insospettita dall’atteggiamento.
“Sediamoci un attimo” mi disse indicando il letto.
Lo seguii a ruota.
Quando ci fummo accomodati, mi prese una mano.
Il mio cuore era già al settimo cielo. Mi sembrava troppo bello per essere vero.
“Sono venuto qui per parlare di ciò che è successo e per sapere se stai bene. Non è stato un bello spettacolo no?”
Scossi la testa. No, per niente.
“Volevo parlarti di ciò che ha detto Gustav. È vero. Quando ho capito che mi piacevi ho pensato di parlarne con lui, ma siccome non ero certa dei tuoi sentimenti non volevo che ne sapesse nulla nessuno. Ho sbagliato. Non avrei dovuto fare niente senza prima parlarne direttamente con lui. Solo che ieri sera quando hai detto quelle cose, ho capito che anche per te era lo stesso e non potevo più aspettare altro” disse sciogliendosi in un sorriso. “Era impossibile resisterti. Eri così bella anche con le lacrime”
Era ufficiale. Stavo sognando. Ma certo, come era possibile che Tom Kaulitz fosse lì nella mia stanza, a quell’ora a tenermi la mano mentre si dichiara. Sono così fantasiosa che dovrei scriverci un libro! Sophie sei un genio! Diventerò una scrittrice!
Però prima di svegliarmi, rendiamo questo sogno ancora più bello.
Strinsi la mano di Tom, per imprimergli ancora più forza. “Non sapevo che tu mi ricambiassi. Pensavo che tu mi odiassi visto come ti comportavi, tutte le prese in giro”
“Penso che tutto ciò che ti dicessi fosse un modo per allontanarti. Ma non ci sono riuscito. Alla festa a cui siamo andati in cui ti sei finta la mia ragazza, ti ho baciato. Cioè ci siamo baciati, ma tu hai dimenticato tutto”
Mi girava la testa. “Davvero? Quindi non c’è stato solo quel bacio che ricordo?”
Tom mi guardò dritto negli occhi. “No, Sophie. Ci siamo baciati lungo tutta la strada del ritorno e hai voluto che ti baciassi anche in albergo. Sono rimasto finché non sei crollata poi sono scappato via”
Ero allibita. “Perché non me l’hai detto?”
“Perché ero confuso, mi avevi detto tante cose belle ma eri sotto effetto dell’alcool, e poi non pensavo di meritarti, te l’ho detto anche ma tu insistevi sul fatto che ero il tuo eroe. Ho avuto paura che tu potessi affezionarti troppo a me”
“Quindi sei qui per dirmi che non lo devo fare, che è stato un errore anche questa sera?”
Tom mi accarezzò il viso con una mano. “No, sono qui per dirti che avrei potuto agire diversamente e che voglio essere un po’ più egoista se è questo che mi permetterà di stare con te”
L’atmosfera poteva dirsi infuocata. Almeno lo credevo io per via delle sensazioni che provavo.
Mi protesi verso di lui e lo abbracciai. Volevo sentire ancora le sue braccia avvolgermi.
E in questo abbraccio ci stendemmo sul piumone. E in quel momento cominciammo a baciarci.
Eravamo distesi sul mio letto, uno nelle braccia dell’altro, avvinghiati come due koala. Ma non c’era niente di provocante in questo o sessuale. Semplicemente stavamo soddisfando il nostro bisogno di stare vicini, finalmente uniti.
I nostri baci erano dolci, tranquilli, così rilassanti che mi sembrava di stare in paradiso.
Fu in quella posizione che ci addormentammo entrambi.
 

 

Note finali 

Siamo praticamente al terzultimo capitolo della saga! Non siete felici? 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Mi sono un po' sfogata. Era da un po' che volevo unire questi briconcelli! 

Non vedo l'ora di farvi leggere ciò che avverrà prossimamente! Preparatevi sulle vostre seggiole perchè urlerete un sacco!! 

Alla prossima :) 


 

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