Angelo custode

di Mayo Samurai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno della vita del supereroe. ***
Capitolo 2: *** Giorno due della vita del supereroe ***
Capitolo 3: *** Parte terza della vita di un super eroe. ***
Capitolo 4: *** Giorno quattro della convivenza ***
Capitolo 5: *** Giorno cinque della convivenza ***
Capitolo 6: *** Parte sesta della convivenza ***
Capitolo 7: *** Ultimo giorno, nuovo inizio. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno della vita del supereroe. ***


 
Ciassu! Non sono un grand’che ha presentare le cose, nemmeno me stessa se è per questo, ma visto che è di obbligo mi impegnerò.
Sarà una fic a più capitoli, completamente UsUk, probabilmente il rating si alzerà senza arrivare al rosso…non posso scrivere rosso, accipigna!
Ora la smetto e vi lascio leggere in pace!
 
 
 
 
 
Tutti noi abbiamo un angelo custode, che veglia su di noi, che prega per noi.
E anche se non ne siamo a conoscenza o non ci crediamo, lui c’è e continua ad osservarci e a proteggerci.



Alfred F. Jones era un ragazzo normale.
Bhe, se un ragazzo che riesce a ingurgitare quantità industriali di hamburger, senza metter su peso (o a nasconderlo molto bene) o urla ai professori che gli chiedono perché non ha fatto i compiti un: “I’M THE HERO!” chiaro e tondo si possa definire normale… diciamo di sì, Alfred era un ragazzo normale, dopotutto.
Amava i videogiochi, odiava la scuola e qualunque cosa ad essa legata ed era sicuro che gli alieni esistessero, affermava anche che uno di loro avesse fatto sede nella sua camera e che non se ne voleva andare.
Era preparato a tutto, almeno secondo il suo “modesto” parere (anche se di modesto il ragazzo non aveva niente), e quindi qualsiasi calamità gli fosse accaduta: attacco da parte di zombie, invasione aliena, e anche carestia di hamburger, lui si sarebbe salvato e se la sarebbe cavata, dicendo che, essendo come gli eroi riuscisse a superare addirittura un dio, e che quest’ultimo doveva solo provare a mandargli qualcosa, che Alfred lo avrebbe rispedito a casa con il sedere rosso.
Ma qualcuno lassù, aveva sentito fin troppo bene le parole del ragazzo, le avrebbe sentite pure un sordo se è per questo, vista l’energia con cui era solito esprimersi.
E allora decise che, mettere alla prova un così baldo giovine sarebbe stata un ottima occasione per rimettere in riga quell’angelo un po’ troppo scorbutico!
Ma non si aspettava di certo che le cose avrebbero preso quella piega…
Nemmeno Alfred se è per questo….




Alfred poteva definire quella sera una sera normale, di una giornata normale, di una vita normale… o meglio, una vita assolutamente noiosa, con una giornata assolutamente noiosa e con una serata assolutamente noiosa.
Se ne stava davanti al computer come tutte le sere, un po’ di facebook di qua, yuotube per qualche canzone e qualche retata delle foto, niente di che, per l’appunto noioso.
Sbuffò per l’ennesima volta, si rassettò i capelli all’indietro e si lasciò cadere sullo schienale della sedia, fissando torvo lo schermo. Lasciò che un altro sospiro gli scivolasse dalle labbra e si mise a fissare la finestra, magari sarebbe apparso un ufo in cielo e lui sarebbe stato pronto a vederlo. Non successe mai, però accadde qualcosa di molto simile, solo che non era qualcosa con tante luci e magari con la velocità supersonica… e va bhe la velocità c’era, di fatti passò davanti alla finestra con un lampo bianco e con un urlo strozzato.
Per un attimo gli sembrò che avesse avuto le allucinazioni,magari troppo PC e cena pesante, Alfred disse una vocina nella sua testa, ma quando sentì chiaro e forte un tonfo in giardino non ebbe più dubbi.
Qualcosa era caduto a casa sua, nel suo giardino!
Si alzò di scatto e afferrò la tua tenuta da alieno, che consisteva in caschetto da minatore, con lampadina scarica e la mazza da baseball. Si precipitò giù dalle scale, sperando che i suoi zii non lo sentissero e si fiondò in giardino, tenendo ben alta la mazza, non si sa mai se gli alieni sono amichevoli o meno.
Girò l’angolo della casa e sbirciò in giardino, e rimase esterrefatto: nel bel mezzo del giardino, sulle rose della zia, se ne stava una figura bianca, che mugolava qualcosa: “deve essere una lingua aliena!” sussurrò Alfred a qualcuno che non c’era, ed eccitato e titubante più che mai si avvicinò lentamente, alzando la mazza e dicendo con voce sicura: “chi sei? Da dove vieni?”
La figura rimase immobile, erano cessati anche i mugolii, poi si mosse.
Alfred fece un balzo indietro, e si accorse che quella cosa bianca non erano che un paio di ali, delle bellissime ali, per la precisione, candide e gonfie di piume. Una cadde finendo sull’erba scura, sembrava brillare di luce propria. Guardò assorto la figura muoversi, e apparvero delle gambe umane, una schiena e una testolina bionda. Rimase deluso nel constatare che avesse fattezze umane. Avrebbe preferito un mostro tentacolare.
Fissò la schiena dello sconosciuto, ancora troppo intontito per muoversi, lo vide portarsi una mano alla testa e borbottare qualcosa contro gli unicorni… aspetta… unicorni!?
Alfred si lasciò scappare un verso di disappunto, gli unicorni!? Da quando gli alieni usano gli unicorni!? Basito e concentrato a fare supposizioni nella sua testa, non si accorse che “la cosa” si era girata e lo stava fissando.
Non appena abbassò gli occhi, ne incontrò un paio verdi, riusciva benissimo a vedere tutte le sfumature che essi avevano, dal verde chiaro al verde bottiglia. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì un suono che uno, lasciò che lo sguardo vagasse per il viso vagamente femminile della creatura.
Storne il naso quando vide troneggiare sopra quei bellissimi occhi smeraldo delle sopracciglia enormi e folte, erano orribili! Abbassò lo sguardo, dando un occhio ai suoi vestiti, una tunica leggera tenuta stretta in vita da una corda marrone era il suo unico abbigliamento, escludendo i sandali alla romana che gli avvolgevano le gambe.
La creatura aprì la bocca per parlare, Alfred si aspettò chissà quale canto angelico potesse venir fuori da delle labbra così piccole: “ hey idiota che hai da guardare!?”
Non certo una bella impressione.
“cosa?” fu l’unica reazione da parte di Alfred.
“ho detto che hai da guardare!? Sei sordo per caso!?” non era assolutamente angelica quella voce! Era acida e roca, con una evidente punta di rabbia, neanche troppo nascosta.
“s-sei caduto nel mio giardino… ecco cos’ho da guardare! Ma ti sei visto? Hai q-quelle cose… dietro la schiena! E porti quel ridicolo vestitino! Capisco che siamo in estate ma la sera fa freddo e…” tentò di giustificarsi Alfred abbassando la mazza.
“come ti permetti!?” lo bloccò “l’angelo”: “ senti io non so chi tu sia, potresti essere anche la persona più importante di questo mondo, ma guai a te se osi un'altra volta rivolgerti così a me! queste non sono cose!” sbraitò indicandosi le ali: “queste sono le mie ali! E non indosso un vestitino è una tunica, chiaro!?” accidenti se urlava! E accidenti se era acuta quella voce! Avrebbe svegliato l’intero vicinato.
“potresti abbassare la voce? Non vorrei che chiamassero la polizia!” ribatté Alfred guardandosi attorno.
L’altro biondo sembrò zittirsi, ma non smise un attimo di guardarlo torvo, le sopracciglia sembravano unite da quanto erano aggrottate, aveva già detto che erano brutte?
“la cosa” sbuffò e cominciò a guardarsi attorno: “hey tu, dove siamo?”
Che insolente! Atterra a casa sua, gli distrugge le sue rose (la zia gliela farà pagare per questo.) e neanche si presenta o chiede chi è lui! Credeva che gli angeli fossero creature buone e umili, questo era tutto il contrario! E naturalmente essendo l’eroe senza peli sulla lingua glielo fece notare: “certo che sei proprio acido! Credevo che gli angeli fosse buoni!”
L’interpellato lo guardò malissimo e per un attimo, negli splendidi occhi, vide passare un lampo di odio profondo, tanto palpabile che Alfred si zittì all’istante.
“ti ho chiesto dove siamo…”
“a New York bello!”
“New York?”
“non conosci la grande mela!? Ma da dove vieni scusa!? Ah! Qui siamo al centro del mondo! Siamo nella nazione più forte e figa di tutto il mondo!”
L’angelo non sembrò molto convinto: “so in che nazione mi trovo, e anche che città! Ma non so la via… potresti gentilmente dirmela?” sibilò in modo così simile ad un serpente che Alfred non si sarebbe stupito se gli fosse venuta fuori la lingua biforcuta.
“ci troviamo in Park Avenue, vicino a Central Park…” rispose il ragazzo storcendo il naso.
L’angelo non fece caso alla smorfia dell’’americano e si diresse fuori dal giardino.
“hey! Dove credi di andare!? Se ti fai vedere con quelle ali verrai catturato e portato in un centro alieni!”
“ma quale centro alieni! Idiota! Sono le due di notte! È già strano che tu sia sveglio!”
Le due di notte? Guardò l’orologio da polso e si accorse che effettivamente era un po’ tardi…
L’angelo si fermò quando arrivò al marciapiede, e lì ricominciò a guardarsi in giro.
“si può sapere che stai cercando?” chiese Alfred arrivandogli alle spalle.
“una casa”
“una casa?”
“o meglio, un ragazzo…”
“o mio dio! Non sarai mica...”
“cretino! Non in quel senso! Ma perché gli americani non ragionano mai!?”
“se non ragiono mai mi vorresti spiegare che ci fai qui e perché sei atterrato nel mio giardino!?”
Il biondo sbuffò e si voltò verso di lui: “come vedi io sono un angelo, un Angelo Custode per la precisione…” disse indicandosi le ali e l’aureola, ah! C’è anche quella.
“e sono qui perché devo fare da costude a un ragazzo… tutto chiaro fin qui?” Alfred annuì:” bravo, purtroppo il mio unicorno mi ha scaraventato qui! E non so da dove cominciare per trovare questo benedetto ragazzo!”
“che cosa ha fatto sto’ qui per meritarsi una maledizione del genere?” borbottò l’altro sarcastico, l’angelo lo guardò male: “è uno scapestrato, non va a scuola ed è maleducato! Mi toccherà insegnarli le buone maniere!”
Scapestrato, che marina la scuola… certo che questo ragazzo mi somiglia! pensò Alfred.
“ e per curiosità… sai com’è fatto?” magari se lo conosceva poteva spedirlo là prima che la mazza che teneva ancora in mano facesse il suo dovere.
“no… ma so il suo nome…”
“qual’è?”
“Alfred F. Jones.”
Ah.
“qualcosa non và?” chiese l’angelo voltando la testa.
L’americano aprì la bocca, per poi richiuderla subito, era una buona idea dire a quell’angelo che era lui Alfred F. Jones? Rischiando così di appiopparselo per il resto della sua esistenza? Però temeva che se non glielo avesse detto, probabilmente, quando l’avrebbe scoperto sarebbe stato anche peggio di adesso e lui non voleva che…
“oi ma ci sei o ci fai!?” lo sbraitare del biondo lo riportarono sulla terra.
“e-eh!? Che cosa?”
“ti ho chiesto se qualcosa non va!”
Alfred rimase in silenzio, poi rispose: “sono io Alfred.”
L’angelo rimase interdetto: “…cosa?...”
“sono io Alfred!” ripeté.
L’angelo prese un foglietto che teneva nella tunica, guardò l’indirizzo e lesse il nome del ragazzo, osservò a lungo la cassetta della posta e il cartello della via, per poi buttarsi a terra e rannicchiarsi: ”ma perché a me!? oooh Dio perché lui!?” urlò tenendosi la testa.
“non è così grave…” borbottò Alfred, leggermente turbato dal quel strano comportamento.
“non è grave!? NON E’ GRAVE!? Mi hanno appioppato un deficiente! E americano per giunta! Capisco di non essere l’elite degli angeli! Ma perché una persona simile!? Perché!?” urlò mettendosi in ginocchio.
“s-senti… nemmeno io sono molto contento che debba starmi accanto… ma non credi che conoscendomi solo così, da dieci minuti, accusarmi subito in quel modo sia eccessivo?”
L’angelo si limitò a fissarlo.
“intendo… non è meglio conoscerci meglio? Ad esempio… tu sai il mio nome, dove abito… ma io non so nulla di te… come ti chiami? Ce lo hai un nome?”
Il biondo rimase in silenzio per qualche secondo: “mi chiamo Arthur Kirkland… almeno prima di diventare un angelo…”
“bene Artie! Come vedi adesso non è più semplice parlare?”
“assolutamente no, e non mi chiamare Artie per favore!” sbottò rialzandosi.
"Uuuhh, quanta acidità! Ahahah! Magari ti serve un buon hamburger per tirarti su di morale!”
“scordatelo!”
“ e daiii, non fare lo scontroso!” ribatté Alfred mettendogli un braccio attorno alla spalle.
“lasciami! E non mi toccare mai più! Guai te se ci riprovi!” sibilò allontanandosi e tirando fuori una bacchetta con una stella finale.
“e questa cos’è? ma che carina!”
“non è carina! È al mia bacchetta!”
“… è carina però!”
“grrr…”
Arthur sospirò pesantemente e si massaggiò le tempie: “senti… dovremmo rimanere insieme finché tu non sarai diventato un ragazzo per bene! Quindi… che ne dici di ricominciare da capo e convivere pacificamente?”
“mmmh…. si, ci sto!” esclamò allegro Alfred tendendogli la mano.
l’altro ricamò la stretta: “bene, ora che ne dici di andare a dormire?”
“non ho sonno e non ho voglia!”
“BRITANNIA THUNDER!!”
Ancora prima che potesse capire cosa intendeva, Alfred si ritrovò a terra a tenersi il fianco che bruciava: “H-HAIA! Ma che cos’è quella roba!?” chiese, portandosi la mano al fianco ferito.
L’angelo ghignò compiaciuto: “il mio modo di farmi obbedire! Vedi, ogni volta che mi disubbidisci riceverai una piccola scossa! Chiaro?”
“c-cristallino…” borbottò rialzandosi.
“bravo, e ora fila a dormire!”
E senza farselo ripetere due volte, Alfred corse in casa, non aveva alcuna intenzione di finire arrosto! Era l’eroe lui!
 
 
 
 
Spero che vi sia piaciuto come inizio, certo Arthur non è il tipico angelo buono e mite ma…direi che sta, si,si.
E naturalmente, come d’ora in poi farò vi dico: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu! 

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Capitolo 2
*** Giorno due della vita del supereroe ***


Ed eccoci qui col secondo capitolo, vi lascio subito così andate a leggere! : D
 
 
 
 
Il giorno dopo Alfred aveva tutta l’intenzione di passarlo a letto, ne i suoi zii, ne quel maledettissimo angelo avrebbero rovinato i suoi piani.
Si rigirò tra le coperte, chiedendosi come mai avesse pensato che un angelo potesse rovinargli la giornata, e mentre ancora pensava, con un lampo fastidioso si ritrovò a terra, dolorante.
“ma che caz-“ alzò lo sguardo furente, chi si permetteva di svegliarlo in quel modo ne avrebbe pagato le conseguenze!
“è da dieci minuti che ti chiamo!” disse Arthur mettendosi le mani sui fianchi.
Alfred guardò intontito la sveglia, che ore erano? I suoi zii erano già andati al lavoro?
“ma… SONO SOLO LE 7:00!! Tu sei pazzo a svegliarmi così presto!” sbraitò rimettendosi in piedi e indicando la sveglia.
“a quest’ora la gente normale sta andando al lavoro, o ci è già! E tu devi andare a scuola!” ribattè Arthur, incrociando le braccia al petto.
“non ne ho voglia….” Borbottò l’americano buttandosi sul letto.
“alzati!” la voce di Arthur gli giunse ovattata sotto tutte quelle coperte.
“no!”
“BRITANNIA THUNDER!!” e per la seconda volta si ritrovò faccia a faccia col pavimento.
“e ora vieni giù in cucina, la colazione è pronta!”
Che? Solitamente gli zii non gliela preparavano, gli toccava sempre arrangiarsi. Allora, se la prima colazione era pronta, voleva dire che qualcuno l’aveva preparata!
Si alzò barcollante e seguì le ali del suo ospite.
Non appena arrivò in cucina rimase esterrefatto, la tavola era piena di marmellate e pane caldo e al suo posto se ne stava in attesa un bella tazza piena di latte fumante.
Aprì la bocca per parlare e guardò Arthur accanto a sé: ”l’hai fatto tu?” sussurrò, temendo che fosse tutto un sogno o uno scherzo di cattivo gusto.
L’angelo arrossì e annuì: ”visto che dovremo stare insieme per un po’ e sono il tuo tutore… tanto vale iniziare col piede giusto no?”
Alfred si prese due secondi per pensare: “ma certo!” urlò dandogli una sonora pacca sulla spalla, facendogli perdere l’equilibrio.
Alfred rise alla faccia sconcertato del biondo e si mise a tavola, addentando un grosso boccone di pane e marmellata: “delifioza!” bofonchiò a bocca piena.
“fai bocconi più piccoli e vedi di parlare con la bocca vuota!” lo riprese Arthur tirandogli un tovagliolo, Alfred ridacchiò divertito: “hai cucinato tu?”
A quella domanda l’angelo si irrigidì e cominciò a guardare fuori dalla finestra: “n-no… purtroppo no…”
“e perché?” Arthur si chiese se il ragazzo lo faceva apposta o era davvero così.
“…ho rischiato di far esplodere la cucina…”borbottò, tentando di mimetizzarsi col bancone.
“ CHE COS-coff !!coff!!” tentò di urlare Alfred, strozzandosi col latte, si batté il pugno sul petto e mandò giù tutto: “e come scusa!?” urlò esasperato, la cucina sembrava a posto.
Arthur scrollò le spalle con noncuranza: “e che ne so io! è la cucina che ce l’ha con me! Ero lì che facevo delle uova e all’improvviso un fumo nero riempie la cucina!” esclamò agitando le braccia di qua e di là.
Alfred sospirò, e pensare che si era sempre definito un disastro ai fornelli, ma questo tizio lo superava!
“bhe almeno la cucina sembra a posto…”
“si ho pulito tutto con la magia…”
E calò il silenzio, quasi imbarazzante, visto che nessuno dei due guardava l’altro, Alfred decise di concentrarsi sulla sua tazza ancora per poco, per poi passare lo sguardo ad Arthur, che aveva ripreso a guardare fuori dalla finestra.
Poteva definirlo anche “carino” in quel momento, così tranquillo, appoggiato al bancone in silenzio. Fuori gli uccellini cantavano e il sole entrava in cucina scaldando l’ambiente.
Ma naturalmente, visto che le cose perfette non esistono, Arthur interruppe i suoi pensieri: “spicciati e vai a cambiarti!”
Con uno sonoro “uffa” e uno sbuffo, Alfred finì la colazione, si alzò e andò in camera a cambiarsi.
 
 
 
“Tu non vorrai mica venire con me, vero?”
Alfred guardò male Arthur che era già sulla porta, pronto a uscire: “sono il tuo custode! Devo venire con te!” sbottò, chiaramente offeso.
L’americano sospirò e notando il tono ferito dell’altro si apprestò a chiarire: “intendo… non serve che tu venga con me, ho 19 anni! So cavarmela da solo! So dov’è la scuola e so come arrivarci!”
Ma Arthur non sembrava molto convinto, alzò un sopracciglio per esprimere il suo disappunto, poi con un sonoro sbuffo acconsentì: “ok… ma vedi di arrivarci a scuola! E in orario! Se provi a fregarmi io lo saprò chiaro!?”
“si, si, non preoccuparti!” urlò Alfred già fuori dal giardino, correndo per il vialetto.
Corse ancora per un po’, fino ad arrivare a una svolta, si guardò indietro per accertarsi che Arthur non lo stesse seguendo e poi scoppiò a ridere, imboccando la via.
“che idiota quell’angelo! Davvero credeva che sarei andato a scuola! E quella cosa del vedermi! Hahah! Oltre che insopportabile è anche bugiardo!” ghignò mentre si accendeva il suo I-pod.
Molti potevano considerare New York caotica, tutta quella gente, tutto quel traffico, ma Alfred no.
Amava quella città, amava prendere la metro sotterranea, che se sempre piena e amava passeggiare per le vie della città più bella e importante al mondo! Più fiero che mai camminava a testa alta e con un gran sorriso per il marciapiede guardandosi attorno.
Per un attimo, guardando una mamma che attraversava col figlio, si chiese se era davvero il caso di disubbidire ad Arthur… magari un piccolo sforzo poteva farlo…
“no.” disse ad alta voce per auto convincersi, infilandosi nella folla, sperando di riuscire a scomparire.
Ma si sbagliava di grosso.
 
 
 
“non potresti allentare la presa?” mugolò tenendo la testa chinata verso destra.
“scordatelo!”
“per piacere! Mi fa male e poi tutti mi stanno fissando!”
“mamma guarda quel ragazzo! Cammina in modo strano!”
“tesoro non avvicinarti… tsk ubriaco a quest’ ora del mattino…”
Alfred tentò, molto stupidamente, di rizzarsi bene sulla schiena e di spiegare alla donna che non era ubriaco, ma che un angelo piuttosto strano lo stesse torturando, ma un dolore lancinante al suo orecchio destro lo fece desistere.
“HAIA!! Per piacere! Daaiiii, mi fa malissimo!”
“te lo scordi, mi hai preso in giro, e ora paghi” borbottò Arthur dando un giro di polso, che fece spuntare delle lacrimucce ad Alfred, che tentava in tutti i modi di camminare normalmente.
“ma la gente non ti vede?” chiese notando che le persone non avevano minimamente notato la presenza di Arthur, nonostante girasse in tunica e con un paio di ali bianche e tanto lunghe che quasi toccavano terra.
“solo tu puoi vedermi…” rispose Arthur continuando a camminare imperterrito.
Che figo! Solo lui poteva vedere un angelo! Forse non era così male! Era tipo come il bambino che vedeva i fantasmi… però quello era inquietante… ma anche figo a dirla tutta. Aveva visto quel film da solo, “per testare il mio coraggio” aveva detto a se stesso quando si era chiesto quasi sull’orlo delle lacrime: “perché lo sto guardando?”
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dal dolore intenso che sentì all’orecchio, per un attimo era sicuro di averlo sentito staccarsi. Arthur aveva svoltato e trascinato il povero americano distratto con sé.
“siamo arrivati? È questa la tua scuola?” chiese fermandosi di fronte a un bell’edificio dall’alta parte della strada.
“no.”
Un altro giro di polso un altro gemito.
“s-si… è la mia scuola…” pigolò.
“bene, allora io ti lascio qui, cerca di seguire la lezione mi raccomando!” disse Arthur mollando la presa su Alfred, che non perse tempo e corse nel cortile, scappando il più lontano possibile.
Non appena fu dentro tirò un sospiro di sollievo nel constatare che Arthur era sparito, si appoggiò alle ginocchia e prese un grosso respiro, era da un po’ che non faceva ginnastica…
“ALFRED! Cherì! Non dirmi che attraversare il cortine è diventata un impresa così ardua!”
Alfred si voltò sentendosi chiamare, sorrise leggermente notando che era Francis, suo vecchio compagno di classe, che gli camminava incontro con un gran sorriso.
“si, è da un po’!” rise Alfred avvicinandosi, Francis spalancò le braccia per abbracciarlo, non che ad Alfred dispiacesse, ma il francese tendeva ad allungare la mani un po’ troppo spesso.
“aaaah, Alfred! Abbiamo sentito molto la tua mancanza!” disse allegro Francis.
Francis era un ragazzo francese giunto apposta dalla sua patria per venire a studiare lì, come tanti d’altronde. In quella scuola venivano ragazzi da tutti il mondo, solo per studiare, ad Alfred sembrò un tantinello stupido viaggiare per andare dall’altra parte del mondo solo per studiare! In una nazione come l’America ci vieni per divertirti non per rimanere chiuso tra quattro mura!
Chiacchierando di come avessero passato i mesi precedenti, Alfred e Francis si avviarono in classe.
“nihao Alfred! Sei tornato-aru!” questa parlata doveva appartenere solo al suo compagno cinese Yao, gli si avvicinò con un gran sorriso, che non accennò a diminuire quando vide il suo compagno russo, Ivan, salutarlo con quel sorrisetto inquietante.
Passarono i minuti precedenti all’inizio delle lezioni per raccontarsi di tutto e di più, delle scorribande di Francis con Antonio e Gilbert, dei fratelli di Yao e delle sorelle di Ivan.
Non appena suonò la campanella entrò il professore e Alfred, decidendo che forse non era il caso di essere maleducati al primo girono, si sistemò al proprio posto.
“buongiorno ragazzi... aaah vedo che il signor Jones ci ha degnati della sua “eroica” presenza…” commentò sarcastico, segnando finalmente “presente” accanto al suo nome.
Alfred gli rispose un gran sorriso: “mi mancavate!” ed era anche vero, in un certo sento starsene lì, con i suoi amici seduto tranquillo non era la fine del mondo, magari sopportavi qualche borbottio indistinto dei professori e poi andava tutto a meraviglia.
Ma anche adesso si sbagliava di grosso.
Forse d’istinto, forse perché qualcuno lassù glielo aveva detto, smise di parlottare con Francis e si voltò verso il professore, rimanendo completamente spiazzato.
Accanto a lui se ne stava un ragazzo, con un viso fin troppo simile a quello di Arthur, le stesse orribili sopracciglia e gli stessi magnifici occhi verdi.
Boccheggiò tentando si dire qualcosa: “tutto bene Alfred? Lo conosci?” gli chiese Francis, chinandosi verso di lui.
“n-no assolutamente no!” sbottò rizzandosi sulla sedia.
Francis non aggiunse altro, ma continuò a guadarlo con l’espressione “ti credo ma non mi convinci.”
“guarda, c’è un posto libero là infondo, dietro Alfred. E’ un po’ lontano dalla cattedra ma penso che come inizio vada bene lo stesso…”
Che cosa? pensò Alfred mentre vide avvicinarsi Arthur.
Seguì attento la camminata semplice ed elegante del biondo: “mmm…ma che ci fa qui?... sarà qui per spiarmi? Non si fida così tanto di me?... certo che la divisa gli sta bene, gli fa un bel- ma che cazzo stai pensando Alfred!? Ti sembra questo il momento di pensare a certe cose?... si però ti piace no? Si... cioè, no, nel senso che sta bene così! non che mi piace a me, non intendo in Quel senso! Accidenti!”
Mentre Alfred si scervellava a litigare con sé stesso, la mattinata passò tranquilla, Arthur era contento che Alfred seguiva in silenzio la lezione, magari il Britannia Thunder non sarebbe servito per oggi.
Suonò la campanella della ricreazione, come un fulmine Alfred afferrò Arthur per un braccio e lo trascinò fuori, sotto lo sguardo attonito dei compagni.
“MI SPIEGHI CHE CI FAI QUI!? SEI VENUTO A TORMENTARMI ANCHE A SCUOLA!?” gli sbraitò contro dopo averlo portato dietro la scuola, così che nessuno lo avrebbe preso per pazzo.
L’altro non sembrava minimamente scosso, spostò le mani di Alfred dalle proprie spalle e parlò: “di che stai parlando?” chiese con voce neutra.
Cosa? aspetta!
“d-di che sto parlando? Del fatto che piombi nel mio giardino e che mi tormenti da ieri! Ecco di cosa sto parlando!”
“io non ti ho mai visto prima…”
Ad Alfred cadde la mascella, che si stesse sbagliando? Che ci fosse un enorme malinteso, alzò le sopracciglia e chiuse la bocca, confuso.
“q-quindi tu non sei... un angelo?” chiese titubante, sicuro che il ragazzo sarebbe scappato dalla polizia e lo avrebbe denunciato.
L’alzarsi delle sopracciglia folte gli fece capire tutto.
“oh no…” Alfred cadde in ginocchio, aveva urlato ai quattro venti delle esistenza di Arthur! E molto probabilmente il biondo lo avrebbe detto in giro, facendo spargere la voce, lui sarebbe stato arrestato e portato in un manicomio per quello! No no, non poteva finire così, non per colpa di quello stupido angelo che…
“hahahahaha!!”
Alfred alzò la testa incredulo, il ragazzo davanti a sé rideva tenendosi la pancia, piegato in due dalle risate.
“…perché?” fu l’unica cosa che riuscì a dire, interdetto com’era.
“hahaha! E poi sono io l’idiota! Ma ti sembra? Hahahaha”
L’americano ammutolì e si sentì il più grande deficiente di tutta la storia, era naturale che non potesse esistere un copia sputata di Arthur! E per fortuna, aggiunse dopo.
“m-ma… ti sembrano gli scherzi da fare!? E io che credevo che saresti scappato dalla polizia…” mormorò, rialzandosi e tenendosi una mano al petto, altezza cuore.
“per dire cosa? che sei scemo fino al midollo? Hahaha!”
“ok, ora smettila! Gli angeli non dovrebbero essere pazienti e misericordiosi?”
Arthur si zittì, reprimendo a fatica un risolino: “si d’accordo, smetto…” disse asciugandosi una lacrimuccia.
“grazie… e così per sapere… che ci fai qui?” borbottò Alfred piuttosto offeso.
Arthur si rizzò e lo guardò serio: “sono qui per accertarmi che tu segua le lezioni con la dovuta attenzione, però da come ho visto nelle ore prima, sembra che tu sia capace di startene buono e tranquillo per qualche ora… che non siano del sonno.”
Alfred aggrottò le sopracciglia, cercando di stare dietro alle parolone usate da Arthur, scosse la testa rinunciandoci e guardando l’altro.
Notò, quasi con spavento, che le ali di Arthur erano sparite, non ci aveva fatto caso prima, mentre tentava di non rimanere segnato dall’incontro col suo cervello.
“…e le tue ali?”chiese titubante.
“ah... le ho ritirate”
“e come?” chiese affascinato.
“gli angeli possono passare alla forma umana semplicemente ritirando le ali”
Provò a immaginarsi le ali che accartocciavano e che si fondevano in qualche modo con la schiena.
“e non fa male?” chiese preoccupato.
“no.” rispose Arthur alzando un sopracciglio davanti all’espressione pensierosa e poco convinta di Alfred.
“ti farò vedere prima o poi… ah! La campanella, torniamo in classe”
Alfred annuì e insieme tornarono in classe.
 
 
 

Finalmente la campanella della fine, Alfred si alzò di scatto pronto a tornare a casa, si voltò verso Arthur per tornare insieme ma si accorse che si era trattenuto, o meglio era stato trattenuto da un francese fin troppo contento di fare la sua conoscenza.
“piacere cherì, sono Francis, e il tuo nome qual è?” chiese mellifluo allungando la mano.
Arthur non sembrava molto contento di fare la sua conoscenza, tuttavia allungò la mano e rispose alla stretta.
“Arthur Kirkland…”
Giocando sporco, Francis, non appena prese la mano del ragazzo, la voltò e la portò alle labbra, baciandogli le nocche: “il piacere è tutto mio, cherì” bisbigliò facendogli l’occhiolino.
Alfred pensava di non aver mai visti una persona fare una sfuriata simile.
Vide chiaramente le mutazioni del viso di Arthur che passava dallo scocciato allo schifato e vide anche la mano libera atterrare, con pochissima grazia, sulla faccia di Francis, allontanandolo.
Nel lasso di tempo che corse tra il bacia-mano e lo schiaffo fu minimo, ma bastò ad Arthur per tirare giù qualche santo, e poi lui era un angelo…
Con passo di marcia e indignato più che mai, Arthur si precipitò fuori dall’aula, Alfred fece per rincorrerlo, ma arrivato nel cortile non trovò nessuno: “che si sia trasformato e sia volato via?” si chiese alzando la testa e scrutando il cielo pensieroso, con un ultimo sbuffo l’abbassò e se ne tornò a casa, forse era lì.
 
 
 

“sono tornato!” disse non appena aprì la porta.
“ah, ciao Alfred…” rispose la zia alzando la testa dal libro che stava leggendo.
“ciao zia…” lui con gli zii non ci parlava molto e loro non parlavano molto con lui, rimaneva con loro e il loro adorato figliolo solo perché ci era costretto.
Se finisci la scuola puoi potrai andartene… pensò tra sé e sé mentre saliva le scale
“ah… Alfred, ho sentito dei rumori in camera tua, potresti controllare la finestra?” chiese la donna voltandosi e muovendo i lunghi capelli bruni.
“uhm? Ah, si, certo, ora vado…”
Rumori strani? Lui era a scuola, magari era stato Arthur quando era tornato. Se era tornato.
“Arthur? Sei qui?” bisbigliò aprendo piano la porta.
“si.”
La risposta secca dell’altro gli fece capire che non era per niente contento, se ne stava appollaiato sulla sedia della scrivania con le ali a fargli da guscio e fissava torvo la finestra.
“guarda che anche se la fissi male la finestra non si sposta…” commentò Alfred poggiando lo zaino vicino alla scrivania.
Arthur si voltò per guardarlo, gli regalò una smorfia e tornò a guardare fuori.
“…come vuoi.” Disse Alfred alzando le spalle: ”ma spostati, perché mi serve la sedia, grazie…”
Ma Arthur rimase lì d’era, ignorandolo completamente.
“…per piacere…”
Niente.
Scocciato decise che se non si fosse spostato da solo, lo avrebbe fatto lui.
Con la facilità con cui solleva un cuscino e con la stessa grazia di un elefante indiano, prese Arthur in braccio e lo buttò sul letto, questo non senza imprecazioni a go go.
“m-ma come ti permetti! Stavo pensando! Tsk! Devo ricominciare a usare il Britannia Thunder?” sibilò, mettendosi seduto a gambe incrociate e richiudendo le ali attorno a sé, senza lasciare nessun spiraglio.
“certo che sei permaloso! Ti ho anche chiesto per piacere!” sbottò Alfred leggermente offeso, sbuffò sonoramente vedendo che non reagiva, nascosto com’era dal guscio di piume e si sedette alla scrivania.
“devi fare i compiti…” borbottò Arthur.
“solo se mi chiedi scusa!”
“…”
Rimasero in silenzio per un po’, Alfred non aveva nemmeno voglia di ascoltare la musica, guardò l’ammasso bianco che era diventato Arthur riflesso nello schermo e sospirò.
“Perché devi essere così acido e permaloso? te la sei presa perché Francis ti ha fatto il baciamano? Certo che sei sensibile! Capisco che forse non è molto…”normale” per un ragazzo fare il baciamano al nuovo arrivato, ma Francis è fatto così, ha salutato anche me così la prima volta!” Alfred disse queste parole sperando che Arthur reagisse e gli spiegasse il perché della sua rabbia.
“ho avuto brutte esperienza con un francese… non mi piacciono…” rispose Arthur senza scostare le ali.
Rimase in silenzio ancora un attimo.
“non mi piacciono le sue attenzioni.” continuò facendo spuntare i piedi da sotto la sua “coperta”.
Alfred ridacchiò, aveva lo stesso tono di un bambino quando raccontava di aver combinato un guaio, probabilmente aveva anche la stessa espressione.
“che hai da ridere?” sbottò Arthur facendo spuntare metà viso da un ala.
Alfred scrollò le spalle senza smettere di sorridere: “pensavo che con un comportamento simile fossi carino!”
“che cosa!?” in un nano secondo Arthur aprì le ali e gli fu addosso, lo agguantò la maglietta e cominciò a sbraitargli contro:” NON SONO CARINO HAI CAPITO!? LA PROSSIMA VOLTA USERO’ IL BR-MMMPFF!!” non poté continuare perché Alfred gli tappò la bocca con una mano.
“idiota non urlare così! se ci sente mia zia e ti vede siamo fritti!” sussurrò terrorizzato all’idea di dover spiegare perché ci fosse un angelo in casa sua.
“Alfred tutto bene?” la voce della zia gli giunse chiara anche oltre la porta.
“merda!” si alzò di scatto, aprì l’armadio e ci scaraventò dentro Arthur che ancora si dimenava, riuscì a chiudere in tempo l’anta prima che la donna fece la sua comparsa da dietro la porta.
“Alfred qualcosa non va?”
“erm… noooo, niente zia..hahaha, va tutto a meraviglia…” sentì una spinta dall’altra parte delle ante ma non ci fece caso, si abbandonò ancora di più contro l’armadio.
“sicuro? Ho sentito urlare…”
“era il computer! È partito un video all’improvviso!”
La donna non sembrava molto convinta, fece viaggiare gli occhi verdi da Alfred  alla scrivania un paio di volte: “e perché tieni su l’armadio?”
“p-perché stavo cercando una maglietta… e… s-sei entrata tu! Mi hai colto di sorpresa!”
“…capito… bhe la prossima volta fai più attenzione quando ti guardi i filmati d’accordo?” e se ne andò.
Alfred tirò un sospiro di sollievo, che durò poco. Di fatti Arthur, ormai rimasto senza aria, spinse con tutta la forza di cui era dotato e riuscì ad aprire le ante e a catapultarsi fuori addosso ad Alfred, che perse l’equilibro e cadde a terra.
“ma sei deficiente!? Tenermi chiuso lì dentro a far compagnia ai tuoi calzini!?” sbottò rosso in volto.
“senti, non potevo lasciare che la zia ti vedesse! Non tutti i giorni ti piomba in casa un angelo!”
Arthur gli sibilò contro e tornò sul letto dell’altro, sedendosi come prima: “idiota, solo tu puoi vedermi, ricordi?”
Alfred rimase seduto a terra a guardarlo, poi parlò: “…mi dispiace di averti chiuso lì dentro, ok?”
L’angelo sembrava una statua da quanto era immobile.
Mosse un’ala, guardando da dentro il suo riparo Alfred, che sorrideva gentilmente.
“non mi sembra il caso di farsi venire il sangue amaro con me solo perché sei arrabbiato con Francis, domani gli spiegherai che il suo gesto non ti è piaciuto e poi amici come prima, ok?”
Arthur rimase sorpreso dal discorso appena fatto, credeva che quel ragazzo fosse un insensibile buzzurro americano, invece ora, si dimostrava molto più maturo e sensibile di lui.
Scostò definitivamente le ali e guardandolo imbronciato si alzò e si chinò su di lui per dargli una mano ad alzarsi.
“…m-mi dispiace…” borbottò rosso in volto, tendendogli la mano.
Alfred sorrise ancora di più: “e ci voleva tanto?” chiese afferrando la mano e mettendosi in piedi.
Arthur lo guardò male e Alfred rise:” ok, ok stavo scherzando…” ecco di nuovo quello sguardo burbero, che in un certo senso aveva cominciato ad apprezzare, finalmente si era ripreso.
Arthur si staccò, e si sedette normalmente sul letto: “ ora inizia a fare i compiti!”
“noooo!”
“BRITANNIA THUNDER!!”
Si, si era decisamente ripreso.
 
 
 
 
Consumarono la cena in camera di Alfred, che non se la sentiva, nè di mangiare con gli zii, nè di lasciare Arthur da solo in camera sua.Arthur mangiava in silenzio, guardando ogni tanto fuori dalla finestra. Alfred era abituato a mangiare così, gli zii non erano molto loquaci nei suoi confronti.
“sembra però che il cibo umano ti piaccia…”
Arthur alzò lo sguardo da sopra il suo piatto: “oh, bhe… non è la prima volta che mangio cibi umani... ci sono abituato” disse con una scrollata di spalle.
“ah si? E quando hai mangiato qui?”
“…quando ho fatto da custode a quel ragazzo francese… non si mangiava male… ma lui era insopportabile…”borbottò rabbrividendo leggermene.
Alfred preferì non fare domande su questo fantomatico ragazzo e preferì concentrarsi sulla sua cena.
Quando fu ora di andare a dormire Alfred fece qualche lagna, tutte zittite dalla comparsa della bacchetta in mano ad Arthur: “fila a nanna, ora.”
“ma non ho sonno…” borbottò Alfred rintanandosi sotto le coperte, nonostante fosse estate la sera faceva un bel frescolino.
“dormi.”
“non ho sonno ho detto!”
“e io ho detto dormi…”
“e tu non dormi?” lo ribeccò Alfred, sistemandosi sulla schiena.
“dopo.”
L’americanorimase un attimo in silenzio, guardando la figura di Arthur poggiato alla finestra che continuava a guardare fuori.
“perché guardi continuamente la finestra?” chiese mettendosi a pancia in giù e puntando il viso sui gomiti.
“cosa?... ah… perché… mi mancano un po’ gli altri…” sussurrò voltandosi un attimo verso il letto per poi tornare nella stessa posizione di prima.
Alfred interpretò quel “gli altri” come riferimento ai compagni angeli, appoggiò la testa al cuscino e fisso il viso serio di Arthur.
“perché non dormi anche tu?”
Arthur sbuffò sonoramente guardandolo torvo: “non ho sonno e aspetto che tu ti addormenta!”
“tsk… tanto non mi addormento così a comando…”commentò Alfred con voce impastata, mettendosi su un fianco.
“vedremo…”
“…”
“…stai dormendo vero?”
Un sonoro russare face capire all’angelo che ormai il ragazzo era partito per il mondo dei sogni, scosse la testa e gli sistemò le coperte: “ma tu guarda se devi fargli anche da balia! Tsk…”
Si mise seduto sulla sedia e fissò le coperte che si alzavano e abbassavano al ritmo del respiro.
“…buonanotte Alfred…”
 
 
 
 
 
Ringrazio infinitamente chi ha recensito *fa inchino*
 
 
_Moon: non so se comportandosi male appaia un Britannia Angel, io sono pigra e molte volte indisciplinata, però a me non è mai apparso…magari se tenti sei fortunata! XD
 
Usuk_love: io ti adoro solo per il nome ch porti (UsUk REGNA! >:D)  e naturalmente per la recensione lasciata, grazie mille!
 
SabakuNoKatrine: grazie per il geniale, è da un po’ che mi sono fissata col Britannia Angel, e vedendo che non c’erano fic in giro…mi sono arrangiata!
 
 
Konoha_hellising_94: certo che Arturo si ammorbidirà (non riesco nemmeno a pronunciarlo…ndMe, “se sei mongo-spastica non è colpa mia! ndAltraMe “ooohh, sta zitta!ndMe “allora zitta anche tu! Sei me stessa! Nd AltraMe.) ok la smetto XD
 
  
E quindi come al solito vi dico: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!

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Capitolo 3
*** Parte terza della vita di un super eroe. ***


 
“questa volta sarò io a insegnarti qualcosa!”
Arthur alzò la testa dal libro che stava leggendo, stranamente era riuscito a trovare qualcosa di decente nella libreria dell’americano.
Assottigliò gli occhi, studiando Alfred che se ne stava sulla porta tutto sorridente, pugni sui fianchi e sguardo deciso. Era lì da più di una settimana, ma purtroppo non era riuscito ad insegnargli le buone maniere o a non dormire in classe.
“no grazie” rispose tornando al suo libro.
“eeeh!? Ma perché?” chiese Alfred buttandosi sul letto, facendo perdere l’equilibrio ad Arthur che per poco non finì a terra.
“idiota! Non gettarti su letto in questo modo, o col tuo dolce peso lo sfondi!” sibilò ritraendo le gambe al petto.
“perché non vieni a fare un giro con meee?” Alfred arricciò le labbra in quella che doveva essere un’espressione tra l’offeso e il supplicante.
“perché non ho voglia di uscire, sto leggendo e visto che con te ci sto tutto il giorno, vorrei starmene qui tranquillo e beato a leggere!”
Arthur lanciò un’occhiata al ragazzo steso di fronte a lui, stava pensando a qualcosa ne era certo, solo lui aggrottava le sopracciglia così tanto e socchiudeva gli occhi per concentrarsi. Ma tanto era pronto al peggio.
Ma non “quel” peggio.
Alfred si mise seduto come i cani, incassò la testa nelle spalle, si fece venire gli occhi lucidi e si mise  a uggiolare.
Arthur sbiancò.
No! Questo non poteva farglielo! Cercò di scampare al pericolo coprendosi il viso col libro, ma con scarsissimi risultati, i mugolii disperati di Alfred si sentivano lo stesso.
“s-smettila… mi fai pena… per piacere smettila!”
Alfred fece tremare il labbro, e Arthur per poco non si mise a piangere.
“o-ok, verrò con te! Ma ora smettila!” cedette infine: “evviva! “ urlò Alfred tornando normale e abbracciandolo: “si ma per poco!” sibilò Arthur puntandogli la bacchetta alla pancia, intimandogli di spostarsi.
“fa niente, di sicuro mi chiederai di rimanere ancora quando vedrai dove ti porto!” esclamò tutto contento sedendosi a terra per mettersi le scarpe.
Arthur sospirò, come faceva un ragazzo praticamente maggiorenne e comportarsi come un bambino? Solo quei piccoli marmocchi erano così entusiasti di andare a fare un giro al parco. Se era lì che andavano
Al parco… ci andava spesso con suo fratello…
“daaaiiii! Sbrigatiiii!! Senò la giornata se ne va!”
Si, solo i bambini rompevano per una passeggiata.
 
 

“eccoci qui!” esclamò Alfred spalancando le braccia come se volesse abbracciare il cancello del parco.
“tutto ciò è molto carino… andiamo a casa…”
“hey! No! Aspetta, non sei ancora entrato nel parco e già vuoi andartene?” Alfred lo prese per un braccio, bloccando così la sua presunta fuga.
Arthur gli rivolse un’occhiata gelida, si guardò un po’ attorno poi riprese: “troppi mocciosi… andiamocene”
“ma se non sai nemmeno dove siamo!” replicò Alfred stingendo appena la presa, Arthur si bloccò: “davanti a un parco?”
Alfred rimase sbigottito: “non siamo in un parco qualunque!” spiegò: “ma siamo nel più grande parco al mondo! Il Central Park! Il polmone verde di New York! Non puoi dire di no a una passeggiata qui dentro!”
“sembri ben informato…”mormorò Arthur studiando il viso di Alfred, che sorrideva orgoglioso.
“certo! So praticamente tutto su questo parco!”
“bene, allora se vuoi che io ti segua, dovrai farmi da cicerone ogni qualvolta che incontreremo qualche riferimento storico… va bene?”
“…si… ma tu vieni?”
“si.”
“evviva!”
Alfred senza mollare la presa sul suo braccio, si mise a correre, superando il cancello.
“h-hey! Non serve correre così, r-rallenta!” balbettò Arthur piuttosto affaticato, non sembrava ma le gambe lunghe dell’ americano, bastavano e avanzavano per seminarlo!
“se sei vecchio e ti viene subito il fiatone, non è colpa mia!” rise Alfred, senza voltarsi
“non sono vecchio!” sbottò colpito nell’orgoglio.
“a no? E quanti anni hai?”
“ventitré…”
“allora sei vecchissimo!”
“sta zitto!”
Alla fine Alfred rallentò, sotto di minaccia di Arthur di gettarsi a terra e farsi trasportare.
“non serviva tirarmi un calcio dopo che mi sono fermato…” mugolò Alfred chino sulla caviglia lesionata.
“avrei usato il Britannia Thunder, ma in forma umana non posso fare magie o le vedrebbero tutti”
Alfred sembrava sollevato da questa notizia, niente più scariche elettriche per quel giorno!
“non rallegrarti troppo.” disse Arthur intuendo i suoi pensieri: “che posso benissimo arrangiarmi…”
Alfred gli fece una linguaccia, balzando lontano non appena vide la gamba dell’altro saettare verso di lui.
“tsk, visto che ormai siamo dentro, direi di cominciare a spiegarmi qualcosa no? Ad esempio… a che ti serve quell’enorme borsone che ti sei portato dietro?” borbottò adocchiando la borsa che Alfred aveva preso da casa senza spiegargli nulla: “non ci saranno dentro armi vero?”
“hahaha! Ma certo che no! Come potrei farlo? Ci sono dentro delle cose che ci faranno passare meglio la giornata!”
“del tipo?”
“del tipo che le vedrai! E ora in marcia!”
“e per dove?”
Alfred alzò le spalle: “dove ci portano i piedi!”
Arthur sospirò pesantemente, quella sarebbe stata una lunga giornata.
Passarono tutta la mattinata a passeggiare nel parco, visitandolo, Alfred era un ottimo cicerone e questo Arthur doveva ammetterlo, starlo a sentire mentre spiegava la costruzione del parco con voce entusiasta e piena di orgoglio era una meraviglia. Il tono strafottente e acuto spariva, lasciando spazio a una voce più calma e seria, quasi dolce, mentre descriveva ogni via del “polmone verde di Manhattan”.
“e questo è il museo di storia naturale!” disse fermandosi davanti a un grosso edificio bianco, le scalinate pullulavano di studenti e famiglie, che si apprestavano ad entrare.
“affascinante…”
“se vuoi lo visitiamo…” propose Alfred, vedendo lo sguardo interessato dell’altro.
“ah... d-davvero?” Arthur rimase stupito, strano da parte di uno che guarda immagini demenziali su internet dalla mattina alla sera, proporre di visitare uno dei musei più famosi al mondo.
“si! L’ho visto tante volte… sia nel film “una notte al museo” sia in gita… posso spiegarti anche questo!” ridacchiò.
Arthur soppesò la domanda, la bilancia era tutta a favore di accettare. Sentire di nuovo Alfred così serio e maturo era una delizia, poi, col il caldo che faceva, qualsiasi posto all’ombra sarebbe potuto andare bene, figuriamoci con l’aria condizionata.
“accetto con piacere…” disse con un piccolo sorriso.
Alfred ricambiò con uno ancora più grande: “perfetto! E stammi vicino o ti perdo!”
Arthur non seppe cos’era stato, forse la frase o come l’aveva detta, fatto sta che si sentì improvvisamente triste, tremò leggermente, i ricordi che gli bombardavano la testa gli impedirono di sentire Alfred che gli chiedeva se stava bene.
Barcollò un attimo, arretrando di un passo, probabilmente sarebbe caduto se Alfred non lo avesse acchiappato al volo, accompagnandolo alla panchina più vicina.

“tutto bene?”
Alfred aveva portato Arthur su una panchina, sotto una grossa quercia, l’altro biondo era chino su sé stesso e respirava lentamente, non aveva fatto altro da quando si erano seduti.
Si chinò anche lui per accertarsi che non stesse per vomitare.
“Arthur… che ti prende?” sussurrò.
Arthur alzò la testa, appoggiando la schiena alla panchina e sospirò: “niente…”sussurrò:” niente di che preoccuparsi…”
“un’insolazione?”
“forse…”
Arthur parlava a bassa voce, come se gli facesse male ascoltare la sua stessa voce.
“allora ti serve una bella rinfrescata! Hai fame per caso? È quasi ora di pranzo… però non è che dopo vomiti? Non che sia una bella esperienza… una volta mi è successo…”
“un semplice panino andrà bene…” lo interruppe, mettendogli una mano sulla bocca: “…alle verdure… niente salsa… e da bere del the, grazie…”
L’americano annuì e gli fece un sorrisetto, si alzò e si avviò al chiosco vicino.
Arthur ne approfittò per stendersi del tutto sulla panchina, sperando che le mamme ficcanaso o i vecchietti non gli chiedessero perché un giovane se ne sta sdraiato su una panchina, col braccio sugli occhi e con il respiro pesante.
“è successo di nuovo…”mormorò, scostando leggermente il braccio per poter vedere il cielo azzurro.
“è successo di nuovo e non mi sono controllato…” ripeté, nascondendosi di nuovo.
Come poteva, quello stupido americano assomigliargli così tanto? La stessa voce squillante, gli stessi occhi azzurri, la stessa attitudine a contraddirlo...
Era identico.
Cercò di riordinare le idee, ma l’inaspettata bibita ghiacciata che gli atterrò sulla pancia gli fece perdere il filo, si alzò di scatto, portandosi una mano alla parte colpita.
“calmati…è solo una bibita…” Alfred si era seduto ai suoi piedi, stava aprendo un lattina di coca.
Arthur cercò di calmare il fiatone che gli era venuto, si mise seduto, poggiandosi i gomiti sulle ginocchia e nascondendo il viso tra le mani.
“tieni” Alfred gli poggiò sulla testa il suo panino, Arthur sbuffò scocciato, allungò il braccio e prese il suo tramezzino.
“spero tu lo abbia preso giust-“
“tranquillo, alle verdure, senza salsa e del the giusto?” lo interruppe Alfred ripassandogli la lattina.
Arthur sbuffò nuovamente, mettendosi seduto bene.
“che ti è preso prima?” tipico di Alfred essere così inopportuno e invadente.
“…n-niente… assolutamente niente…” ma il tono evasivo di Arthur incitò il ragazzo a continuare.
“non è vero.” Obbiettò.
“credimi è così…” borbottò addentando il suo panino, ma Alfred non ne era convinto, anzi, il volto stanco e pallido dell’altro gli dicevano tutto il contrario.
“non mi piace la tua faccia, sembri un cadavere!” mormorò guardandolo preoccupato.
“è il colore della mia pelle… non devi preoccuparti per me… piuttosto vedi di non dare il tuo panino agli insetti…”
Alfred si voltò di scatto verso il suo pranzo, con la stessa faccia preoccupata di prima, ma il tramezzino era intatto.
“mmm, non mi piacciono gli scherzi sul cibo…”borbottò contrariato, Arthur ridacchiò leggermente, scherzare con Alfred era un buon modo per scacciare i brutti pensieri.

“se hai finito possiamo anche ripartire!”
Arthur lo guardò male, con ancora metà panino da finire.
“non è colpa mia se al posto di quel “forno” che ti ritrovi, io ho una bocca normale…”
Alfred aggrottò le sopracciglia offeso: “non ho un forno al posto della bocca…” mormorò incassando la testa nelle spalle.
“possiamo camminare anche mentre mangio... che ne dici?” propose Arthur vedendo la faccia afflitta dell’atro.
Il ragazzo sembrò illuminarsi e si alzò, tutto contento di poter proseguire con la passeggiata.
Passarono le ore più calde della giornata a visitare i musei, Arthur osservava affascinato le figure impagliate degli animali presenti nel museo di storia naturale.
“e lì c’è la sala degli animali africani!” esclamò Alfred avvicinandosi alla bacheca dove erano stati riposti una gazzella e una zebra di dimensioni naturali.
“sono fatti molto bene…”
“certo! Sono una fedelissima ricostruzione dell’animale originale! Qui tutto è fedelissimo a com’era nel passato! Hai visto all’ingresso il dinosauro? È finto ma sembra vero da quanto è fatto bene non trovi? Per non parlare delle statue di cera degli uomini delle caverne e…” Alfred parlava e parlava, ed Arthur stava ad ascoltare, rapito. Era la prima volta che lo vedeva così entusiasta di una cosa, raccontava tutto nei minimi particolari, con grande sicurezza rispondeva alle frequenti domande che Arthur gli rivolgeva.
Era la giornata perfetta, se Alfred fosse stato così tutti i giorni, non ci sarebbe stato bisogno della sua presenza, a parte un ego smisurato, il ragazzo si era dimostrato gentile, anche se a volte testardo e inconcludente.
“e qui…” Arthur lo seguiva come un fedele cagnolino, ad un certo punto pensò di esserlo diventato, quando si era staccato un attimo e Alfred lo aveva richiamato, ma tutto sommato si stava divertendo anche lui.
“e ora? Che vuoi fare? È da tutto il giorno che siamo qui..” disse, quando furono fuori dal museo, con il sole che picchiava ancora forte.
Alfred fece un gran sorriso, che sembrò leggermente inquietante da come era largo: “e ora la seconda parte!”
 

  
“…”
“dai vieni fuori!”
“…no…”
“su! Non ti prenderà in giro nessuno! Tutti sono vestiti così!”
“ah si!?”
“si!”
Alfred sentì lo sbuffò contrariato di Arthur fin dentro i camerini.
“i-io non esco conciato così!”
“e daaai… tutti sono in costume da bagno!”
“ma non con su i super eroi!” sbraitò aprendo di scatto la porta e indicandosi il costume, attirandosi l’attenzione di tutti i presenti.
In quel preciso momento, mentre aveva gli occhi di tutti puntati addosso, mentre si indicava le “regioni vitali”, Arthur Kirkland voleva morire.
“non è con i super eroi!” ribatté Alfred “è con le “s” di Superman!” concluse con tono serio e agitando il dito per aria.
Arthur sospirò pesantemente, perché dovevano trovarsi lì? Mezzi nudi di fronte a così tanta gente? Che se lo aspettava che il laghetto del pattinaggio invernale potesse trasformarsi in una piscina d’estate?
E mentre Arthur borbottava maledizioni su maledizioni, Alfred lo prese per un braccio e lo trascinò vicino all’acqua: “mi dispiace di aver preso quel costume… ma è l’unico che mi è rimasto da quando aveva tredici anni! Ed era l’unico che ti andava bene? O mi sbaglio?”
Borbottò un “si” poco convinto, forse era meglio così, non sarebbe stato piacevole doversi tenersi il costume per tutta la giornata, mentre un assillante americano ti bagnava di continuo.
“la vuoi smettete? Sono capace di entrare da solo!” sibilò allontanandosi dal bordo.
“eeeh, lo facevo perché tu te ne stavi lì come un baccalà!” spiegò Alfred, già immerso per buona parte del busto.
Arthur fece una smorfia, azzardandosi a riavvicinarsi al bordo.
“ce la faccio da solo…” borbottò chinandosi sull’acqua e fissandola torvo.
“non ti mangia mica sai…”
Arthur lo guardò male e gli fece una linguaccia, per poi allungare le gambe immergendole.
“è fredda…”
“è perché sei rimasto fuori al sole troppo tempo! vedrai che se entri ti riabitui subito!”
Arthur non sembrava molto convinto, entrò lentamente, bagnandosi prima ogni parte del corpo, le braccia, la spalle magre e la schiena pallida.
“mi dici come fai a essere così magro? Ma tu mangi almeno?” chiese Alfred notandole costole che affioravano dal torace mentre muoveva le braccia.
“certo che mangio! Mangio di meno perché sono un angelo! E poi parla per te! Io sarò magro, ma tu sei grasso!” commentò acidamente accennando alla pancetta che se ne stava sopra l’elastico del costume.
“non è pancetta! Non sono grasso… sono muscoli a riposo…” borbottò girandosi.
“se, se…”
Alfred lanciò un’occhiata contrariata alle spalle fin troppo magre dell’atro, erano esili ma belle ed eleganti, quasi femminili. Si accorse di esser rimasto immobile a fissarle, solo quanto venne richiamato e si mosse, sentendo l’acqua attorno a sé fredda.
Le ore che passarono in piscina furono piuttosto piacevoli, Alfred nuotava di qua e di là, dimostrando ad un disinteressato Arthur come fosse bravo a nuotare.
Arthur rimase attaccato al bordo per tutto il tempo, allungava le gambe ogni tanto ritraendole ogni volta che una persona gli passava accanto. “guarda che se stai in una piscina pubblica prima o poi qualcuno ti toccherà.” mormorò affiancandosi al biondo.
“non mi piace il contatto con l’altra gente…”
“Nemmeno se ti tocco la spalla? Io non sono “l’altra gente”!” disse sfiorandogli la spalla scarna. Quasi si spaventò quando sentì sotto le dita le ossa dure.
“non toccarmi!” sibilò spostandosi.
“prima o poi dovrai spiegarmi cosè tutto questo ribrezzo per le altre persone..”
Arthur ammutolì e non proferì parola per tutto il pomeriggio.
 

 
“se vuoi ora ce ne andiamo a mangiare in un ristorante qui vicino? Ti piace l’idea?”
Oggi era per caso il suo compleanno? Un Alfred così disponibile e gentile non capitava tutti i giorni.
“c-che non sia un Mc-Donald’s….” borbottò. Non ci era mai entrato, ma gli era bastato vedere dei ragazzi divorarsi assurdi panini ripieni per fargli passare qualsiasi voglia.
Alfred rise: “no, no… a dir la verità è un trattoria… i ristoranti sono un po’ costosi per me…” ridacchiò arrossendo appena.
Arthur annuì lievemente: “ok, va bene…”
L’americano gli rivolse un sorriso dolce: “bene! Allora ti porto in una trattoria dove si mangia benissimo! È dello zio di Feliciano e Lovino! Miei amici, Cucina italiana! È davvero buona! Dovresti assaggiare la loro carne! O la pasta! Delle vere squisitezze!”
Arthur annuì di nuovo, distrattamente, aveva sentito parlare delle loro abilità culinarie, che facevano concorrenza a quelle dei francesi.
Appena arrivarono vicino alla trattoria, Arthur rimase piacevolmente stupito nel constatare che non c’era tanta gente.
Poche persone=tranquillità, tranquillità=rilassarsi, rilassarsi=Arthur contento.
“oi! Feliciano! ciao!”
Alfred salutò il ragazzo che stava dietro alla cassa, un moretto piuttosto basso, esile, ma con un energia da far invidia ad Alfred.
“Alfred! Che bello rivederti! Ciao!” lo salutò l’italiano avvicinandosi.
Arthur lasciò che fosse l’americano ha gestire il tutto, voleva godersi la giornata osservando questo nuovo Alfred.
Feliciano li fece accomodare a un tavolo in veranda, dava sulla strada, una stradina secondaria, deliziosamente rivestita di pietrini grigi, con dei pali dall’aspetto pittoresco che illuminavano con la loro luce arancione il terreno.
“ti piace qui?”
Arthur si destò dai suoi pensieri guardando il ragazzo davanti a lui che gli sorrideva gentile.
“si… è bello…” mormorò leggermente imbarazzato giocando con la tovaglia candida.
Alfred ridacchiò compiaciuto: “grazie, è da quando sono piccolo che vengo in questo ristorante, i genitori di Feliciano e Lovino sono… erano grandi a mici dei miei genitori…”
Arthur notò il cambiamento di voce dell’altro, chiedendosi perché ogni volta che gli capitasse di parlare dei suoi genitori, si riferisse a loro al passato, cambiando improvvisamente comportamento.Preferì non interferire, non aveva voglia di rovinare l’atmosfera tranquilla che si era creata, si limitò a guardare il menù con finto interesse.
Ordinarono un bel piatto di spaghetti ciascuno, separati, come fece notare Alfred a Feliciano, che sorrise appena, quasi complice. Gli ricordava troppo un film Disney quel piatto di pasta e quel ristorante italiano…
E appena arrivò la loro ordinazione, Alfred ci si fiondò come se non mangiasse da anni.
“potresti mantenere un comportamento civile? Sai siamo in un luogo pubblico…”
Alfred alzò la testa, mostrando una bocca sporca di sugo e spaghetti: “tu defi proprfio assaggiare questi spageffi! Sono la fine del monfo!”
“parla a bocca vuota!” lo riprese Arthur: “ e adesso mangio, tranquillo…” mormorò girando la forchetta nel piatto, attorcigliando gli spaghetti attorno alla forchetta.
Portò alla bocca la posata, assaggiando la pasta.
Rimase un attimo fermo così, mentre il sapore del pomodoro e del ragù gli riempiva la bocca.
“deliziosi…” riuscì a dire, non appena poggiò la posata sul tavolo.
“vero? E non solo gli spaghetti! una volta ho preso una fiorentine deliziosa! Era così piena! Buonissima!”
Arthur ascoltò di tutte le cose che Alfred avesse mangiato in quel ristorante.Una volta aveva preso dei gamberetti, così tanti da farsi venire il maldipancia, una volta invece, aveva preso la pizza, la più buona che avesse mai assaggiato! Raccontò anche di come lui, con suo fratello e i due Vargas, quando avevano nove anni, andavano poi a giocare nel parco, dopo cena o pranzo, e di come si divertiva, a rincorrersi per le stradine, o a quanto ci mettessero per trovarsi quando giocava a nascondino.
Poi portarono il secondo, una splendida insalata di mare, piena di gamberi e cozze: “tutte freschissime!” disse orgoglioso Feliciano quando le mise in tavola.
“oi, Feli, ma dov’è Lovino? Stasera non l’ho visto…” disse Alfred, allungando il collo alla ricerca del maggiore dei Vargas, e della sua espressione costantemente scocciata.
L’italiano rise sotto i baffi, malizioso: “hihi, il fratellone è fuori con Antonio, forse non rientrerà per la notte.”
Alfred arrossì appena: “Feli..non davanti ad Arthur che non sa ancora niente…”mormorò imbarazzato.
L’italiano ridacchiò, nascondendo il viso col vassoio: “ok, scusa” e se andò.
“che cosa intendeva Feliciano?” chiese Arthur con tono innocente, tanto che sembrò che l’aureola fosse spuntata tra i capelli biondi.
“n-niente…” borbottò imbarazzato Alfred rimase un attimo in silenzio, giocando con il guscio vuoto di un’ostrica: ”t-tu che ne pensi… delle relazioni omosessuali?”
Scese il silenzio, dove un imbarazzatissimo Alfred guardava altrove e uno stupito Arthur fissava l’americano imbarazzato.
Il biondo scrollò le spalle: “ niente in contrario… vedi noi lassù siamo per la tolleranza…” si fermò un attimo, guardando con sguardo perso i fiori in veranda: “c’era un vecchio signore, che ho conosciuto quando ero ancora un marmocchio, che diceva che se tu ami una persona, non importa di che sesso, razza sia, a te importa solo che l’ami… potrebbe essere un mostro, ma tu di quella persona vedrai solo l’anima, solo ciò che è bello da vedere, mentre colore della pelle e l’aspetto fisico svaniscono…” mormorò con li occhi pieni di una luce calda e gentile, mai notata prima.
Alfred ascoltò tutto in rigoroso silenzio, senza neanche mangiare, ascoltò rapito quelle parole così sagge e sincere, abbassò la testa ripensandoci: “chi era… quel signore?”
Arthur scosse la testa: “ non me lo ricordo… era quando ero ancora in vita… tantissimi anni fa…”
“mi racconteresti come sei diventato angelo?”
Arthur si irrigidì, la luce gentile che albergava nei suoi occhi svanì, sembrò anche che stesse tremando.
“ma… se non vuoi fa niente eh…” aggiunse, notando il repentino cambiamento.
Arthur lo guardò riconoscente, quasi triste, accennando a un sorriso.Pagarono il conto, salutando con baci e abbracci il piccolo italiano.
“guarda che Feliciano non ha mica intenzione di stuprarti o cosa…” disse Alfred, rimproverandolo per l’espressione schifata che aveva fatto quando il ragazzo si era avvicinato a lui.
“non è che non mi fidi di Feliciano... ha l’aria del bravo ragazzo... ma non mi piace il contatto con la gente, tutto qua…”
“certo che mi hanno rifilato un catorcio di angelo…”
Arthur non ribatté e Alfred si ritrovò a terra, con la pancia che bruciava.
“HAIA!”
“ecco cosa succede ad abbassare la guardia…” mormorò divertito Arthur, soffiando sulla punta fumante della sua bacchetta.
Alfred fece una smorfia, rialzandosi: “questa me la paghi…” borbottò per poi prenderlo in braccio e correre in direzione del parco.
“c-che fai! M-mettimi giù!”
“se mi chiedi scusa!”
“grrr, non giocare con me ragazzino! O vuoi un'altra scarica!?” sibilò con la bacchetta già sfoderata.
“hahaha, se cado io cadi anche tu, e ti finisco addosso! Lo vuoi veramente!?”
Arthur si zittì, l’idea di ritrovarsi un americano di 100 Kg addosso non era una buona idea.
“almeno posso sapere dove mi stai portando?”
Ma Alfred non rispose, si limitò a rallentare, senza fermarsi.
Quanto un riverbero di luce lo colpì al viso, Arthur capì dove lo aveva portato.
Tentò di fuggire, di scappare il più lontano possibile, ma quando non sentì più le braccia di Alfred sotto di sé, si strinse a sé stesso e si lasciò cadere.
Proprio in mezzo alla piscina.
 
 
 

“Alfred sei un idiota…” sibilò, scuotendo le braccia nel tentativo di perdere un po’ di acqua.
Il ragazzo accanto a sé non faceva che ridere, anche lui fradicio dalla testa ai piedi.
“m-ma ti sei visto? Hahahaha! Sembri un pulcino tutto bagnato! Hahahha”
“smettila! È colpa tua se sono fradicio… cretino… trascinarti con me non è bastato…” di fatti, vendetta dolce vendetta, neanche il tempo di prendere fiato che gli aveva afferrato una caviglia e lo aveva scaraventato in piscina a sua volta.
“sei un cretino… e smettila di ridere!” sbraitò strizzandosi la maglietta, rabbrividendo all’aria fredda della sera.
“ahaha… c-cosa vuoi che sia un po’ di acqua hihi…”
“Ohh, l’acqua niente, il vento gelido invece fa qualcosa! Se ti prendi un malanno adesso guarda che io non ti curo chiaro!?”
“ma i super eroi non prendono le malattie!”
“gli idioti vorrai dire…” borbottò rimettendosi la maglietta, che aderì al petto come un seconda pelle gelida, facendolo rabbrividire: “s-se me lo prendo io, vedi come ti riduco…”mormorò sfregandosi le spalle.
All’improvviso sentì un dolce peso sulle spalle, e il freddo svanito del tutto, alzò la testa e vide poggiata sulla schiena una felpa grigia.
“non è gran ché…”disse Alfred alzando le spalle: “è quella di ricambio e non è pesantissima…”
Arthur rimase in silenzio, a guardare le guancie rosse del ragazzo, che tentava di nascondere il più possibile.
Ridacchiò impercettibilmente, guardandolo con affetto: “no… va bene così… su torniamo a casa…”
 
 
 
 
 
E finalmente ho finito anche questo capitolo :D mi scuso per il leggero ritardo, è che mi sono messa a scrivere solo ieri, dopo tre giorni di puro ozio…
Grazie a tutti quelli che seguono, mi rendete così felice! *___*
 
Ivan_Kirkald: grazie per la recensione! Fai il cos play di Britannia Angel? *__* o cielo che cosa buona e giusta!
 
 
Usuk_love: grazie! :D sia per la recensione sia per essere la una mia fan! *gongola* sono contentissima che ti abbia preso! Kufufufufu, vedrò di fargliene capitare di cotte e di crude a questi due, prima di giungere alla conclusione…
 
Konoha_Hellisng_94: (scrivo il tuo nome tutto giusto senza guardare *___*) niente più anteprima per te! Senò poi mi fai le recensioni corte! (quel bellissimo senò che la profe mi ha proibito di usare ^O^)
Спасибо (grazie in russo) ;-)
 
 
LibbyRed19: vedrò di far maltrattare Alfred ancora un pochino, giusto per poi farlo correre tra le braccia del suo Britannia Angel…è meglio che finisca qua o spoilerizzo troppo, grazie.
 
 
E come al solito: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
 

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Capitolo 4
*** Giorno quattro della convivenza ***


Yeeeeeeeeeeeeeeeeeeee il 4° capitolo!
Mi sento realizzata vedendo che en mancano almeno tre o quattro per concludere la fic *___*
Mi fa piacere che riesca a scrivere qualcosa di lungo!
Ah! Ecco, scusate il ritardo, ma la scuola mi ha portato via tempo e non ho potuto scrivere molto…e poi sono pigra e pigra è l’ispirazione, quindi…vi lascio al 4° cap.
Buona lettura.
*l’idea di Disneyland me l’ha suggerita Konoha_Hellsing_94, ringraziate anche lei!*
 
 
 
 
 
“eh? gita?”
Arthur guardò scioccato il professore, la scuola era praticamente finita e lui decideva di andare in gita!?
“wow” fantastico! E dove si và?” non serviva dire che Alfred era di tutt’altro avviso.
“Disneyland, California!” esclamòtirando fuori dei volantini e distribuendoli: ”visto che quest’anno è l’ultimo e vi siete comportati tutti egregiamente… io e gli altri professori abbiamo deciso di premiarvi e di portarvi in gita a Disneyland!”
“fantastico!”
Arthur gemette, non aveva voglia di viaggiare, tanto meno di andare in un luogo ancora più affollato di Ney Work.
Si accasciò sul banco, lasciando che le esclamazioni di stupore dei suoi compagni, gli pungessero la testa.
All’uscita erano tutti entusiasti, continuavano a chiacchierare su cosa portare, su cosa avrebbero fatto e addirittura con chi girare.
Tutti meno Arthur.
Il biondo camminava pestando i piedi, mugugnando irritato.
“non capisco cosa ti turba tanto… andiamo a Disneyland! È un sogno che si avvera! Francis ci è già stato, ma quello di casa sua, a Parigi, dice che è bellissimo!”
“se il francese dice una cosa, per me è meglio il contrario…”
“oooh, dai! Sembri un orso bruno!”
“e sia!”
Alfred si zittì, guardando deluso Arthur che avanzava a passo di marcia tra la folla, ignorando i passanti che urtava.
 

 
 
“Arthur?”
Alfred aprì piano la porta, sbirciando dentro, Arthur dopo averlo distanziato di un bel po’, era sparito, come dopo il primo giorno di scuola.
“ah, meno male sei qui…” sospirò rassicurato, entrando del tutto e sedendosi accanto all’angelo, che si era nuovamente nascosto nelle ali.
Portò le gambe al petto, sistemandosi bene sul letto.
“…perché fai così?” gli chiese dopo un minuto di silenzio.
“così come?” rispose, con un leggero tremolio delle piume.
“…perché ti nascondi sempre quando ti capita qualcosa che non ti piace?”
Silenzio.
Alfred continuò: “non mi sembra… giusto…”
“niente è giusto a questo mondo…” mormorò Arthur, scostando minimamente le ali.
Alfred lo guardò stupito: “come puoi essere così pessimista!?” urlò balzando in piedi: “come puoi pensare che tutto sia ingiusto!? Sei sempre così scontroso! Sei un angelo per l’amor del cielo! dovresti essere il primo a parlare di giustizia!” si scagliò su di lui, tentando di fargli aprire le ali: “e guardami in faccia quando ti parlo! Smettila di fuggire!”
“l-lasciami stare! Mollami!” Arthur tentò di resistere, ma quel dannato americano era troppo forte per lui.
E in poco si ritrovarono sul pavimento, Alfred che bloccava Arthur sotto di sé, guardandolo in attesa di risposte.
“l-lasciami! S-smettila! Spostati!” Arthur sembrava davvero spaventato, tentava di spingere via Alfred facendo leva sulle braccia, ancorate al suolo, le lunghe ali erano schiacciate contro il pavimento, frementi, nel tentativo di muoversi.
“ti lascio andare quando mi rispondi!”
Arthur scosse la testa: “s-spostati…”pigolò mordendosi le labbra.
Alfred non riusciva a capacitarsi del perché Arthur sembrava così riluttante di avere una persona più vicina di due metri.
Ma mentre era perso nelle sue considerazioni, Arthur era riuscito a liberare un’ala, e sbattendola violentemente contro il ragazzo sopra di sé, riuscì finalmente a liberarsi dalla sua presa.
“AHI!! A-Arthur!” Alfred tentò di alzarsi, ma un dolore al braccio le fece bloccare, vide solo le gambe di Arthur sparire dietro la porta.
Non appena riuscì a mettersi in piedi si lanciò all’inseguimento di Arthur, il braccio doleva, aveva preso una bella botta, ma il pensiero che Arthur fosse scappato e finito chissà dove lo preoccupava molto di più.
“A-Art-“
“Alfred che succede!?” sua zia gli comparve davanti a metà scale guardando il nipote con aria stranita: “Alfred che c’è da urlare così?”
Il ragazzo tentò di spiegarle, ma poi si ricordò che Arthur era lì in incognito, i suoi zii non sapevano nulla, chiuse la bocca, cercando di sbirciare dalla finestra.
“n-niente zia… s-sono caduto!” disse incerto mostrando il gomito rosso.
Ma la donna non sembrava convinta: “e allora perché hai urlato Arthur?”
Ora era nei guai.
Balbettò confuso e in trappola, poi vide sulle scale qualcosa che lo fece rabbrividire, delle piume erano sparse a fine scala, gli venne l’atroce dubbio che Arthur fosse ferito e che stesse perdendo piume… o anche sangue!
“scusami… ora devo andare” disse con tono serio scostando la zia, che rimase sulle scale, piuttosto turbata.
Alfred si lanciò in strada, senza una meta precisa, non aveva la minima idea dove fosse andato Arthur.
Mentre correva disperato per la strada in direzione della scuola, fece lo stesso tragitto per due volte guardandosi in giro febbrilmente
Non voleva spaventarlo in quel modo, se la ricordava bene l’espressione a dir poco terrorizzata di Arthur quando gli era finito addosso.
Aveva paura di lui.
E questo gli faceva male.
Troppo male.
 
 
 
Incontrò Francis e Ivan, il primo che andava in biblioteca, il secondo vicino alla scuola, ad entrambi chiese se avevano visto Arthur, inventandosi la scusa che lo stava cercando per una cosa importante.
Ma purtroppo entrambi non gli seppero dire nulla.
“no, non l’ho visto” era la frase ricorrente che gli rispondevano tutti quelli a cui chiese informazioni.
Sconsolato e stanco morto, tentò al parco, sperando che Arthur non se ne fosse tornato in paradiso, a casa.
Per l’ennesima volta si mise le mani a coppa accanto alla bocca e urlò il suo nome, ma niente, nessuno rispose.
Disperato, ricominciò la sua corsa per il parco.
“AAARTHUUUUR! AARTHUUUR!! DOVE SEEI!?”
Alfred si fermò quando vide la piscina e un secondo pensiero gli attraversò la testa: “e se si fosse ucciso?”
Scosse la testa, inorridito da sé stesso e dal pensiero.
Si guardò attorno febbricitante, dov’era ora? Stava bene? Aveva freddo? fame? Si sentiva solo?
Alfred si morse il labbro e strinse in pugni, come se volesse darsi forza e ricominciò la sua ricerca.
 
 
 
 
“sono tornato…” Alfred entrò in casa con passo funereo, trascinando i piedi a testa bassa.
Non l’aveva trovato, aveva girato per tutto il pomeriggio, finché i piedi non gli avevano fatto male e il sole era tramontato.
Alfred andò in camera, ignorando la zia che la guardava sempre più stranita, non gli interessava se avesse chiamato la polizia, che faccia pure pensò, tanto non gli importa più nulla ora, ora che aveva perso quella presenza, che un po’ lo assillava ma che teneva compagnia, si sentiva solo.
Gli piaceva avere qualcuno in camera, mentre faceva i compiti o stava al PC e non solo in casa, ma anche per la strada della scuola, per quella del gelataio o del parco.
Era piacevole chiacchierare con Arthur prima di andare a dormire, lo rassicurava vederlo seduto alla finestra che guardava fuori.
Gli venne quasi da piangere mentre apriva la porta.
Si lasciò cadere a peso morto sul letto, guardando la scrivania con aria afflitta, la finestra era troppo dolorosa.
“dove sei stato?”
“a cercare Arthur…”
“ah… e lo hai trovato?”
“no.”
Silenzio.
“ma lo hai cercato bene?”
“CERTO!” esclamò scioccato, appoggiò i gomiti al letto sollevandosi e voltandosi verso la finestra, da dove proveniva la voce.
Si zittì.
Inspirò ed espirò un paio di volte, cercando nella sua testa la forza di resistere all’impulso di alzarsi e riempire di botte Arthur, o di abbracciarlo.
Strinse i denti e lentamente si alzò, sentendosi improvvisamente leggero, le gambe gli tremarono un po’ e sentì il sangue raccogliersi ai piedi, lasciando gli arti freddi e molli.
Si fermò di fronte alla finestra, incrociò le braccia al petto e guardò furente il biondo di fronte a sé.
Arthur abbassò la testa, mortificato: “…mi dispiace…”
Alfred non fece nulla, si limitò a rispondere: “non farlo mai più!”
 
 
 
 
“mi dispiace…”
Alfred alzò la testa dal suo piatto e guardò Arthur, chino sulla sua cena.
Scrollò le spalle: “mangia”
“…ero spaven-“
“smettila!”
Arthur si zittì, risucchiando aria e guardandolo insicuro.
“non voglio che ti senta in colpa… è colpa mia invece…” mormorò allungando un braccio in direzione di Arthur, per poi farlo cadere sul letto.
“non dovevo essere così…”
“burbero?”
Alfred fece un sorrisetto: “si… burbero”
Arthur giocò con la pasta, spostandola di qua e di là con la forchetta.
Tentò di aggiungere qualcosa, ma l’altro lo blocco: “non dire niente” scosse la testa: “non serve…” accennò a un sorriso che Arthur non tardò a ricambiare.
 
 
 
 
“sai…a un certo punto, mentre ti cercavo, ho avuto la sensazione di essere abbandonato… avevo paura che saresti sparito per sempre…” mormorò nascondendosi il viso nel lenzuolo.
“…mi hai fatto spaventare” riprese voltandosi dall’altra parte, dandogli la schiena.
Arthur rimase in silenzio, guardando le lenzuola che si alzavano lentamente.
Si alzò e si sedette sul letto, appoggiandosi delicatamente alla schiena del ragazzo, gli scompigliò dolcemente i capelli, sorridendo appena: “non me ne andrò mai più, promesso…” mormorò a bassa voce.
“che peccato…”
“hey!” protestò dandogli un pugno sulla spalla, sentendolo ridacchiare: “tsk! Sei senza cuore!”
“io? ma se tu sei scapato senza dire nulla!” lo riprese girandosi e guardandolo con un espressione finta offesa.
“mpft!” Arthur alzò la testa, altezzoso.
Alfred ridacchiò girandosi del tutto, sfiorando con la pancia la schiena di Arthur:” mi fa piacere che tu sia tornato…” disse sentendo un piacevole calore diffondersi a livello dello stomaco.
L’angelo sorrise dolcemente: “si… anche a me”
 
 
 
 
La mattina seguente era una di quelle mattine che presagiscono a una bella giornata.
C’era un bellissimo venticello che rinfrescava l’aria, prima che diventasse bollente per via del sole estivo.
Almeno secondo Alfred e le persone normali.
Secondo Arthur, invece, le nuvole lontane potevano essere potenzialmente cariche di pioggia: “e se poi incontriamo turbolenze mentre viaggiamo? E se dobbiamo fare lo scalo da qualche altra parte e ci mettiamo ore in più ad arrivare? E se…”
“e se stessi zitto?”
Arthur obbedì, guardandolo offeso: “stavo solo avanzando delle teorie…”
“teorie che portano sfortuna se continui a ripeterle, tranquillizzati, questi aerei sono i migliori, non hai nulla da temere, poi ci sono io con te! L’eroe!”
Arthur storse il naso, poco convinto.
Riuscì a rimanere in silenzio per un paio di minuti, mentre osservava l’aeroporto attorno a sé
“e se…”
“urgh!”
 
 
 
 
Alla fine, Alfred riuscì a convincere Arthur che volare con gli aerei non era pericoloso, evitando accuratamente di informarlo su qualsiasi problema in cui avrebbero potuto incappare.
La partenza fu tranquilla, Arthur rimase in silenzio a squadrare i motori dell’aereo, che si intravedevano dai finestrini.Alfred rimase a guardarlo a sua volta, gli faceva tenerezza con quell’espressione concentrata, mentre studiava le ali, sorrise appena, trovandolo adorabile.
Fermati…
Tu stai trovando adorabile un altro ragazzo? Un angelo per giunta!?
Voltò la testa imbarazzato, come se l’avessero scoperto, cercando di concentrarsi su qualcos’altro… magari il colore dei sedili.
Verdi.
Imprecò a bassa voce e prestò attenzione al pavimento, almeno quello era blu.
“A-Alfred… e se finisce la benzina?” la voce insicura di Arthur lo fece voltare.
Mossa stupida.
Si ritrovò davanti gli occhioni verdi di Arthur, resi ancora più luminosi da quella patina di insicurezza che si aveva riempiti.
Balbettò impacciato, stranamente non riusciva più a connettere bene il cervello, c’era qualche cosa di verde e tremendamente bello che glielo impediva.
“ma no cherì! Sta tranquillo! Non sei mai salito su un aereo?” Francis spuntò dal sedile davanti, mise con eleganza un braccio sulla testiera e si voltò, guardando con tenerezza Arthur, che istintivamente si era rannicchiato per stargli il più lontano possibile.
Alfred ringraziò mentalmente Francis, ma cambiò idea quando vide che si allungava verso il biondo e gli poggiava una mano sulla testa, scompigliandogli i capelli con fare affettuoso.
“non mi toccare!” Arthur rispose per lui. Aveva avuto l’impulso di allontanare Francis, in modo che non potesse toccare ancora l’angelo, gli si erano strette le budella e il cuore quando aveva visto lo sguardo del francese.
Abbassò gli occhi, guardando il pavimento, si portò una mano alla pancia e sentì un gorgoglio mai provato, chiuse gli occhi: “magari è il viaggiare in aereo…” pensò.
Ma non appena sentì una presa sul suo braccio li riaprì, rimanendo piacevolmente sorpreso.
Arthur si era attaccato al suo braccio, nel tentativo di sfuggire a Francis che si allungava sempre di più per cercare di avvicinarlo.
“e dai Francis! Lascialo in pace e vieni a sentire la nuova canzone che ho scaricato! È magnifica!”
“però mai quanto me!” l’assalto di Francis venne fermato da Gilbert e Antonio, che gli tirava la camicia, incitandolo ad ascoltarlo.
Con un leggero sbuffo Francis si rivoltò sedendosi accanto ai compagni.
Sia Alfred che Arthur sospirarono sollevati.
“meno male se ne andato!” borbottò Arthur, stringendo ancora un po’ la felpa di Alfred, che avvampò.
Da una parte voleva che il biondo gli rimanesse aggrappato a lui, ma una parte gli suggeriva che era sbagliato provare queste cose per un altro ragazzo…
“Alfred tutto bene?”
Il ragazzo si voltò bianco: “s-si…” mormorò: “ t-tutto bene…”
Arthur finalmente si staccò, appoggiandosi la finestrino e finalmente Alfred ricominciò a respirare normalmente.
Il resto del viaggio continuò senza che Arthur, anche se inconsapevolmente, attentasse alla vita di Alfred.Finalmente, dopo solo due ore e mezza di viaggio, sia che per Alfred che per Arthur sembrò un’eternità, arrivarono davanti ai cancelli del parco, piuttosto stanchi per il viaggio, ma entusiasti.
“wow! Guarda Arthur quella giostra! Ti va di andarci dopo? Dai ci divertiremo!”
Arthur cercò di smorzare l’entusiasmo di Alfred, ma quando vide i suoi brillanti occhi azzurri perse ogni voglia e si lasciò trascinare.
 
 
 
 
“io lassù non ci salgo!”
“e daaaiii, solo un giro!”
“no! Quel coso è troppo…” Arthur gesticolò in direzione delle lunghe, enormi e terrificanti montagne russe.
“troppo cosa?”
“è troppo, ecco!” borbottò incrociano le braccia al petto e sbuffando.
Alfred sospirò: “se fai queste ti faccio fare un gioco a tua scelta…”
“qualsiasi?”
“…si, qualsiasi…”
Arthur lo squadrò un attimo, prese la cartina e dopo una veloce consultazione accettò, ghignando leggermente: “ok”
Alfred fece un gran sorriso, ignaro di quello che avesse scelto.
 
 
 
 
Non appena toccò terra, Arthur si accasciò sulla panchina più vicina, mentre Alfred trotterellava al suo fianco: “è stato mitico! Hahaha perché hai chiuso gli occhi al giro della morte? È stato fenomenale! Chissà a che velocità andavamo!”
“forse perché avevo paura di morire…”sussurrò bianco come un cencio.
“oi? Tutto a posto?” chiese Alfred chinandosi su di lui, Arthur fece un gesto con la mano: “s-si…mi serve solo che tutto la smetta di girare…”
Alfred ridacchiò e si sedette accanto a lui, aspettando che tornasse del colore normale.
 
 
 
 
“t-tu vuoi andare lì?” questa volta era il turno di Alfred a sbiancare.
Guardò l’edificio, che si ergeva minaccioso in mezzo allo spiazzo, vedeva frotte di ragazzi accalcarsi per entrare e storse il naso, perché sembrava piacere a tutti una cosa così inquietante?
“avevi detto che andava bene qualsiasi posto…”mormorò Arthur.
Alfred deglutì, questo era un colpo basso.
Avanzarono insieme alla folla e passo dopo passo, Alfred si sentiva sempre più insicuro e quando si ritrovò davanti alle porte del Twilight Zone Tower of Terror la sua sicurezza svanì del tutto e dovette farsi tirare da Arthur, che sembrava molto impaziente.
“questa cosa non mi piace per niente…” borbottò quando venne fatto sedere su dei divani e venne abbassata una sbarra che gli bloccò il busto.
“tranquillo, non muori mica…” ridacchiò Arthur nel vederlo così spaventato.
Aveva scoperto che le cose dell’occulto e cose legate al mondo dell’horror spaventavano a morte Alfred. Bastava anche una maschera di cartone che il ragazzo sobbalzava e si nascondeva dietro alla prima cosa che trovava.
Doveva ammettere che era divertente vederlo spaventato, e la faccia offesa di quando si accorgeva che era Arthur e non qualche creatura paranormale era adorabile, guancie rosse e occhi lucidi dall’imbarazzo.
Alfred lanciò un gemito quando le luci si spensero e i divani cominciarono a muoversi.
 
 
“i-io lì n-non ci torno…” borbottò Alfred con la testa incassata nelle spalle e faccia bianca.
Arthur rise, gustandosi la faccia dell’americano.
“era solo un su e giù” disse prendendo fiato. “che cosa c’era di così terribile?”
Alfred scrollò le spalle: “lo sai che odio i fantasmi…”
L’angelo gli lanciò uno sguardo affettuoso: “ penso che sia ora di pranzo…che ne dici di andar-“
“da McDonald’s!” lo anticipò Alfred riacquistando un po’ di colore.
“…si, da McDonald’s…”
 
 
Era la prima volta che Arthur entrava in un McDonald’s.
Tutto ciò che conosceva erano i racconti di Alfred, che lo descriveva come il paradiso in terra, con tanto di angeli che ti servivano il pranzo.
“bhè, anch’io sono un angelo, ma non ho mai servito il pranzo a nessuno” borbottò quando gli recensì il “ristorante”.
Era la prima volta che ci andava e anche l’ultima.
Non gli diede fastidio la coda, l’aspettare in piedi, nemmeno il cibo, l’insalata era buona e così le bibite.
Quello che fece desistere Arthur al tornare in posti simili era Alfred.
Rimase scioccato nel osservare il ragazzo mangiare, o qualsiasi cosa si avvicinasse al mangiare, perché gli sembrò che non masticasse neanche, solo il movimento delle guancie gli faceva capire che per i tre millisecondi tra cui metteva in bocca e ingoiava, almeno uno lo passasse a masticare.
Abbassò la forchetta, gemendo dallo sconforto, era riuscito a farlo tornare a scuola e a farlo diventare un po’ più diligente, ma la buona educazione e Alfred sembravano riluttanti a conoscersi, anche solo guardarsi di sfuggita.
“perfè non manfi?” con la grazia che era solito avere, Alfred gli rivolse la parola, guardandolo preoccupato.
“te l’ho detto mille volte! Parla a bocca vuota e mastica a bocca chiusa!” sibilò sporgendosi verso di lui, farsi sentire da tutto il ristorante mentre riprendeva Alfred non rientrava tra le cosa da fare quel giorno.
“ma fe una cofa è buona” deglutì: “ bisogna mangiarla con enfasi!”
“con gusto ignorante… e se proprio devi mangiare con entusiasmo, vedi di farlo in modo civile! Guardati! Sembri un cane! Vieni qui che sei lurido…”
Arthur si sporse ancora di più, allungando una mano fazzoletta e poggiandola sulla guancia di Alfred cominciò strofinare: “tsk! È come badare a un bambino!”
Dal canto suo Alfred rimase di sasso, strinse i pungi afferrandosi i jeans, sperando che il rossore alla guancie non insospettisse Arthur.
“fatto… ora puoi anche ricominciare a respirare”
Alfred rilasciò il fiato imbarazzatissimo e si accasciò sulla sedia, si diede dell’idiota più di una volta, mentre Arthur lo guardava stranito.
“sei sicuro di stare bene? Non è che sei ancora scombussolato per prima…”
“n-no! Và tutto a meraviglia… eh-eh” sorrise ebete, sperando che Arthur se la bevesse.
Quest’ultimo scrollò le spalle e si dedicò alla sua insalata.
Per fortuna.
 
 
Il pomeriggio scivolò velocemente, molto simile alla mattina, Arthur che non voleva fare le montagne russe chiamandole “cosi troppo veloci” e Alfred che lo supplicava di salire assieme a lui, non avendo  intenzione di lasciarlo da solo ad aspettare.
“e se ti portano via? Non mi sembri così robusto per difenderti da solo…”
“ma!...Primo non mi rapiranno, secondo, sono un angelo! Posso svignarmela quando voglio! Devo ricordarti che sono armato?” chiese accennando alla bacchetta.
Alfred si portò istintivamente la mano alla pancia, trovandola illesa.
Arthur fece una smorfia, tornando a guardare le montagne russe: “non mi piacciono… sono troppo veloci…”
“ma tu da dove vieni? Sei mai salito su un treno mentre eri in vita!?”L’altro si irrigidì, fissando torvo il vialetto.
“n-no…”mormorò chinando la testa: “non erano ancora stati inventati…”
Cosa!?
Alfred rimase stupito, da quanti anni allora Arthur è un angelo?
Aprì la bocca per chiederglielo, incuriosito più che mai, ma l’atro lo anticipò: “ok… salgo, andiamo…”
Chiuse la bocca, seguendolo con lo sguardo, poi con i piedi.
 
 
Alfred si lanciò letteralmente sul letto: “waaaa, è comodissimo!!” esclamò agitando braccia e gambe.
“ma perché devi fare sempre l’idiota?” borbottò Arthur poggiando le loro valigie nella stanza: “hai anche mollato la valigia fuori!” bofonchiò gettandogli addosso il borsone.
Alfred rise: “dovevo provare i letti! Dai vieni anche tu! Non sai cosa ti perdi!”
“li proverò stanotte, tranquillo” sistemò la sua accanto al letto vicino al muro, stiracchiandosi. Così facendo non si accorse di Alfred che gli afferrava i fianchi e lo sollevava. Si rese conto di essere “rapito” solo quando avvertì uno strattone a livello della vita e si ritrovò buttato sul letto, da un Alfred che si sganasciava dalle risate.
“ma allora sei cretino per davvero! Lasciami!” strillò imbarazzato, tentando di rimettersi in piedi.
“hahahaha! Sei tutto rosso!! Hihi”
“mpft! E tu tutto scemo!”
“hehe, e daaai, era solo uno scherzo”
“tsk!”
Alfred sorrise dolcemente: “dovresti mangiare un po’ di più… se continui così diventai invisibile!” esclamò, percependo ancora sotto le dita i fianchi magri di Arthur.
Quest’ultimo si voltò lentamente, guardandolo male:”…fatti i cavoli tuoi… americano obeso…”sibilò uscendo dalla stanza.
“hey! Io non sono obeso!” esclamò offeso seguendolo.
“ma perché ti sei offeso così!?” gli urlò dietro prima di vederlo sparire per le scale, rimase fermo, guardando la tromba della scala, turbato e triste. Perché ogni volta che si faceva un’osservazione sul suo corpo, Arthur andava in escandescenza?
Era come se avesse paura del giudizio altrui, ogni volta che lo guardava e se ne accorgeva, volgeva lo sguardo da un'altra parte, facendo finta di niente.
Per non parlare delle volte in cui capitava che qualcuno si avvicinasse più di due metri, si irrigidiva e faceva capire con un solo sguardo di stare alla larga.
Solo Alfred sembrava il privilegiato, riusciva addirittura a sfiorarlo, poche le volte che riusciva a toccarlo col palmo intero.
Tornò in camera e si distese sul letto, rimuginando alle sue parole, non ricordava di aver detto qualcosa di offensivo… ”bhe forse sei stato un po’ troppo diretto” gli disse una vocina sottile sottile.
Scosse la testa e affondò la faccia nel cuscino, sperando di riuscire a riordinare le idee.
 
 
 
 
 
:D spero che vi sia piaciuto anche questo!
E scusate ancora il ritardo...(ho perso 10 min buoni o anche più per riuscire a pubblicarlo..maledetto codice..)
Passiamo ai ringraziamenti:
 
Ivan_Kirkland: come vedi niente malattie per il nostro Britannia Angel, ma solo una…fuga non completa ^___^
Per il passato di Artie dovrai aspettare…il prossimo cap…almeno se non mi viene in mente altro.
Grazie

Fuiki: bhe grazie per ogni lode, come ho già scritto, i video sono…bellissimi…
No problema se non commenti anche gli altri, l’importante che commenti i prossimi!
Grazie.
 
LibbyRed19: il Britannia Thunder dovrà stare un po’ a riposo per adesso,(motivi che verranno spiegati più avanti) però come vedi Alfred ne risente anche se non c’è per davvero XD
Grazie
 
Usuk_love: kufufufu grazie per tutti i complimenti che mi fai! Sono felice di sentirmi dire che scrivo bene, direi che è la cosa più appagante per uno scrittore…poi io che continuo a leggere fanficotion stupende…grazie mille.
 
Konoha_Hellsing_94: grazie per l’idea di Disneyland! Non so perché ma ero ferma a gardaland, mentre scrivevo avevo in mente il nostro parco…=W=
*mene vado, mene vado, mene vado a Gardaland! Gardaaaland! Garadaaaalad!*
Per maggiori chiarimenti sulla storia rivolgersi all’autrice, che non è detto che spifferi tutto.
XD
_Moon: Alfred è un bravo conoscitore della storia americana..almeno quella, almeno quella che c’è…(poveretto, è così’ giovane che ha una minima parte della storia rispetto a le altre nazioni)
Spamano, spamano! *si unisce al coro* eeeeh, è stata la mi OTP dopo che avevo lasciato la via dell’UsUk, (per poi tornarci con furore! >:D) e anche loro sono bellissimi…e poi c’è il bel culetto di Spain…*Q*
*muore*


Stavo pensando di cambiare nome ai capitoli...non mi piacciono per niente...se troverò qualcosa di più adatto allora lo cambierò..qualcuno ha idee? :D
 
 
Bhe e come al solito dopo i ringraziamenti: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!

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Capitolo 5
*** Giorno cinque della convivenza ***


Solo la mattina dopo Alfred si rese conto di essersi addormentato vestito, e che qualcuno lo aveva coperto, togliendogli la cintura e le scarpe.
Si mosse incerto, leggermente intontito, dormire con i vestiti addosso non era comodissimo, pensò.
Osservò la stanza per qualche secondo, senza riuscire a connettere il cervello, poi all’improvviso si ricordò di Arthur, si era addormentato e lui, nonostante fosse arrabbiato, lo aveva accudito lo stesso.
Abbassò la testa sentendosi uno schifo: “farò pace con Arthur… si! Un vero eroe non deve lasciarsi scoraggiare!” disse riacquistando sicurezza.
Balzò giù dal letto, carico di energia e di buone aspettative.
Avrebbe fatto la pace con Arthur e avrebbero passato i quattro giorni che rimanevano alla partenza solo per loro, all’insegna del divertimento.
 
 
 
La cosa, però, si rivelò più dura del previsto.
Incontrò Arthur nel salone da pranzo, era seduto a uno dei tavoli e mentre faceva colazione leggeva.
“sempre a leggere” pensò avvicinandosi guardingo, se leggeva avrebbe potuto prenderlo di sorpresa, in modo che fosse costretto ad ascoltarlo.
Ma prima che potesse solo sfiorargli la spalla, Arthur si alzò, percorrendo veloce il salone lasciando Alfred imbambolato col braccio teso.
Scosse la testa e fece per seguirlo, ma un gorgoglio familiare lo fecero tentennare un po’.
idiota! Prima la colazione e poi Arthur! Io sto morendo di fame! E poi lo dice sempre anche Arthur, la colazione è un pasto importante! pensò lo stomaco di Alfred.
ma no! Sbrigati a raggiungerlo! Se lo perdi adesso poi non lo trovi più! gli sussurrò il cuore con una leggera capriola.
Con un gorgoglio di protesta lo stomaco gli si strinse, ma Alfred lo ignorò, quasi correndo tra i tavoli.
Riuscì a intravedere Arthur prima che uscisse dall’hotel, lo chiamò, attirandosi l’attenzione di tutti i presenti meno che quella di Arthur, che camminava spedito.
Sembrava che lo stesse deliberatamente ignorando.
Sbuffò, ricominciando la sua corsa.
Fu così per tutto il giorno, non appena Alfred riusciva ad avvicinarlo lui gli sfuggiva, spesso solo per qualche centimetro e quando lo chiamava sembrava non sentirlo, continuando a rigare dritto.
non si è nemmeno fermato a pranzo! Se lo prendo lo mangio! gli urlò lo stomaco verso mezzogiorno, torcendosi dolorosamente.
Alfred represse un gemito, poggiandosi la mano sulla pancia:”dammi una tregua... per piacere…”
eccolo! L’ho visto dietro quel gruppo! Guarda! gli urlò il cuore facendo un balzo.
Protestarono anche i piedi, lanciando scosse di dolore per le gambe, ma Alfred li ignorò tutti e si mise a correre, come d’altronde stava facendo da tutto il giorno.
Passò tutto il giorno a rincorrerlo, solo a pomeriggio tardo, finalmente, riuscì a raggiungerlo.
Con un ultimo sforzo accelerò e gli fu addosso, afferrandolo per una spalla e girandolo violentemente. Stanco e affamato non fece caso all’espressione stupita di Arthur e così, gli urlò tutto addosso: “senti, Non ho alcuna intenzione di stare a rincorrenti ancora! Non voglio sapere perché tu sia sempre così paranoico e scocciato! Io volevo solo fare la pace con te! Nient’altro! Né chiederti il perché del tuo comportamento, né per assillarti con altre cose! Volevo solo fare pace!” sbraitò.
Alfred respirava pesantemente e in modo irregolare, guardando con occhi lucidi l’altro, che rimase a fissarlo in silenzio, per qualche secondo:”…scuse accettate…” mormorò abbassando la testa e sospirando pesantemente:”…e scusa… per la mia fuga... la seconda…”
Alfred scosse la testa: “penso che tu abbia i tuoi buoni motivi.” mormorò gentilmente, sistemandosi bene eretto, senza però togliere le mani dalle spalle di Arthur: “va..bene così…” sorrise dolcemente: “va bene così…”
Per un attimo rimasero fermi, semplicemente a guardarsi, con la luce pomeridiana che colpiva i loro visi, dandogli delle magnifiche sfumature rossastre e arancio.
Alfred si sentì in dovere di fare qualcosa, di avvicinarsi, di guardarlo meglio, di… baciarlo?
Strinse impercettibilmente la camicia di Arthur, ma lui non se ne accorse, gli fece un leggero sorriso piegando la testa di lato, solo un pochino, ma abbastanza per renderlo adorabilmente irresistibile.
L’altro ricorse a tutto il suo auto controllo per non gettarsi su di lui e magari traumatizzarlo con un bel bacio, solo a stampo ne, ma pur sempre un bacio.
Per fortuna venne in suo aiuto una grossa sferzata di acqua gelida, che investì entrambi, bagnandoli da capo a piedi.
“…proprio qui dovevi fermarti?” chiese Arthur sbattendo lentamente gli occhi, alzando poi la testa e leggendo “Grizzly River Run”.
Alfred emise un suono che sembrò molto simile a una pernacchia, per poi scoppiare a ridere, facendosi venire le lacrime agli occhi.
E Arthur seguì il suo esempio, tenendosi la pancia dal ridere, rannicchiandosi leggermente.
Era così bello ridere insieme, non si ricordava di aver mai sentito ridere Arthur in questo modo, così allegro, così spontaneo.
“hahaha… a-allora…” Alfred si rialzò resettandosi i capelli fradici: “pace?” chiese allungando la mano e mostrando il mignolo.
L’altro sorrise e fece la stessa cosa col suo: “si… pace” ridacchiò appena.
“ora però è meglio che ci andiamo a cambiare... non credo che ci farebbero andare a mangiare conciati così” sorrise Arthur precedendolo.
Alfred sorrise di rimando, affiancandolo.
 
 
 
 
“noooooo, non voglio andare a casaaa….” Mugolò Alfred aggrappandosi alle porte dell’hotel e guardando supplichevole Arthur, che si mise le mani sui fianchi, sospirando esasperato: “ per me puoi rimanere qui per sempre, almeno non ti avremo più tra i piedi!”
“sei cattivo! Non voglio rimare qui da solo!”
“e allora vieni, che il pullman tra poco parte!”
Alfred scosse la testa energicamente: “ eeee daaaaaiiiii, non puoi fare qualche sorta di magia… e che ne so?... far sparire i professori ?”
“se la conoscessi ti avrei fatto sparire tempo fa!” commentò acido afferrando un braccio del ragazzo: “andiamo!”
“gnnnnnnooooo! Lasciami! Non voglio andare a casa!”
“ e muoviti! O vuoi che riutilizzi il Britannia Thunder!?”
Alfred si sbloccò, scoccò un’occhiata guardinga ad Arthur: “n-non puoi farlo in mezzo a tutta questa gente…”
“scommettiamo?” gli chiese ghignando maligno.
Il ragazzo rabbrividì e di malavoglia staccò le mani dal portone: “ ok… arrivo….”
“bravo! Era così difficile?”
Alfred sporse il labbro inferiore, facendo finta di singhiozzare, questo fece scappare un sorriso ad Arthur, che gli diete una pacca affettuosa sulla testa: “andiamo supereroe… se non ci sei tu chi mi tiene compagnia sull’aereo?” il tono era divertito ma Alfred poté chiaramente scorgere una nota di paura nella voce di Arthur.
“…è vero!” rise di gusto: “allora è deciso! Ti starò accanto per evitare che ti venga un infarto!”
“a me non vengono gli infarti!” sbottò offeso.
Alfred ridacchiò appena:” come vuoi….”
Arthur alzò la testa altezzoso, ma si capiva che scherzava, dal piccolo sorriso che non si decideva a scomparire.
E poi, diciamoci la verità, Alfred non aveva alcuna intenzione di lasciare Arthur in balia di Francis.
 
 
 
“casa dolce casa!” esclamò Alfred spalancando la porta e precipitandosi dentro.
“e pensare che solo tre ore fa non volevi tornare…”
Il ragazzo scrollò le spalle: “ora che sono qui però sono felice di essere tornato!”
A volte Alfred sapeva essere stano forte, pensò Arthur mentre lo seguiva per le scale: “ma… e i tuoi zii?” chiese, notando che la casa fosse molto silenziosa e che Alfred lo avesse fatto entrare senza curarsi di nulla.
“partiti per le vacanze.”
“ah….CHE COSA!?  E ti hanno mollato qui!? Senza nessuno!?” chiese Arthur sconvolto.
“capisco che sei maggiorenne… ma per molte cose ci vuole e esperienza e..”
“tranquillo è sempre così.”
“eh?”
“dico…” continuò Alfred fermandosi a metà scale e girandosi verso di lui: “ci sono abituato… magari qualche volta mandano la vicina... ma spesso passavo le giornate da solo.“
Arthur lo guardò sbigottito, senza comprendere come delle persone potessero lasciare un ragazzo da solo durante l’estate.
“non fare quella faccia!” lo ribeccò Alfred, riprendendo a salire: “tanto adesso qualcuno che si prende cura di me c’è!”
L’altro perse qualche secondo a collegare le cose, e quando ci arrivò, arrossì leggermente.
 
 
 
 
“ e stasera ci guardiamo un film! Che ne dici!?” Alfred si lanciò sul divano, travolgendo Arthur che si era messo a leggere tranquillo.
“m-ma che modi!” stillò cercando di togliersi almeno 100 kg di americano che ridacchiava dei suoi sforzi: “ci guardiamo the Grudge!?”
“ e che sarebbe?”
“un film!”
Arthur aggrottò le sopracciglia e sospirò: “sai almeno di che cosa tratta?”
“è un film horror! Dicono sia terrorizzante!”
“ma se a te basta una smorfia che te la fai sotto dalla paura!”
“non è vero!” protestò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’altro.
“f-forse un pochino… ma un eroe come me non si deve lasciar intimidire da una cosa finta come uno stupido fantasma di un film!”
Arthur sospirò nuovamente: “e sia...però se hai gli incubi ti arrangi, ok?”
“certo! Te lo prometto!”
Cosa, che purtroppo, non fece mai.
 
 
 
Alfred si strine le gambe per l’ennesima volta, affondando il viso tra le ginocchia, gemendo spaventato.
Arthur invece, non sembrava minimamente scosso, guardava il film in tranquillità, certo non senza qualche sobbalzo, ma senza alcuna paura.
“è-è-è f-finito?” pigolò il ragazzo dal suo nascondiglio.
“si… aspetta… no.”
Con un altro gemito l’altro si rannicchiò ancora di più, sbirciando dalle gambe.
“mi spieghi perché ti ostini a guardare ste’ cose e poi ti ritrai così!?
“p-perché sono u-un eroe… e-e devo abituarmi …” mormorò.
Arthur sbuffò, prese il telecomando e spense la Tv: “a nanna!” decretò, non potendo più sopportare i gemiti spaventati dell’americano.
“eeeh!? Ma stavo guardando!” l’altro alzò un sopracciglio scettico: “come vuoi, ma ora vai a dormire! Una vista prolungata di quella roba e mi diventi matto, alzati!”
Ma Alfred non sembrava dello stesso parere, rimase lì sul divano a fissare il pavimento.
“ e ora che ti prende!?”
“e-e se ci fosse qualcosa sotto il divano?”
“…non c’è niente… non c’è nemmeno il sotto! Guarda! Tocca terra!”
Il ragazzo sembrò convincersi e con passi incerti seguì Arthur su per le scale, fino in camera.
“ e ora che c’è?” chiese Arthur facendolo sobbalzare.
“e-e se… ci sono sotto il letto? Q-quello non è a terra…”
Arthur sbuffò per la trilionesima volta nella serata: ”ti assicuro io che non c’è nulla di cui aver paura! e ora fila a dormire!”
E con un gemito Alfred si cambiò velocemente e si infilò sotto le coperte, avvolgendosi per bene, nascondendosi:”…t-ti va..di tenermi compagnia?” mormorò facendo spuntare il naso e guardandolo supplichevole.
L’altro lo fissò per qualche istante per poi sedersi sul letto, poggiandosi sulla pancia del ragazzo: “così va meglio?”
Alfred annuì e chiuse gli occhi, biascicando un “buonanotte”
 
 
 
“n-no… no… aspetta!”
Arthur venne svegliato dalla voce implorante di Alfred, sbatté gli occhi assonnato e si accorse di essersi addormentato seduto, nella stessa posizione di prima, girò la testa incuriosito dai richiami del ragazzo.
Capì che stava sognando dagli occhi chiusi, ma non sembravano sogni piacevoli: teneva le sopracciglia aggrottate e faceva scattare la testa di qua e di là, agitandosi.
“no…” mugolò ancora muovendo appena la mano, Arthur incuriosito e preoccupato dal suo comportamento gli passò una mano tra i capelli, cercando di svegliarlo.
Ma sbagliò, perché all’improvviso Alfred si agitò ancora di più mettendosi ad urlare ed agitare braccia e gambe.
“A-Alfred! Calmati! Sono io! Arthur! Svegliati!” l’angelo gli fu addosso subito, riuscì ad immobilizzarlo e prendendogli il viso con entrambe le mani lo tenne fermo, chiamandolo.
E come cominciato finì, il ragazzo aprì gli occhi di scatto respirando velocemente, come se fosse appena uscito dall’apnea, guardandosi attorno spaesato.
Guardò Arthur con occhi sgranati dalla paura, il viso era imperlato di sudore e i capelli gli si appiccicavano sulla fronte, chiuse la bocca, che tremò leggermente prima di piegarsi in una smorfia triste. Si morse il labbro mentre le prime lacrime gli solcavano il volto e finivano sul cuscino, inzuppandolo.
Arthur gli carezzò la testa delicatamente sdraiandosi accanto a lui, non disse nulla, aspettò che si sfogasse.
 
 
 

“n-non volevo… f-fare così…”mormorò Alfred rannicchiato sul divano, mentre si teneva le gambe.
“non ci pensare” rispose Arthur porgendogli una tazza di tè caldo, che però il ragazzo non prese, così l’appoggiò al comodino accanto al divano.
Si sedette vicino al ragazzo, in attesa.
“ti andrebbe… di raccontarmi cosa stavi sognando?” gli chiese a bruciapelo dopo un po’.
Alfred si irrigidì, tremando un po’ di più.
“se non vuoi però…”
“n-no... è giusto che tu sappia… così dopo s-sarai tu a raccontare del tuo passato!” esclamò accennando a un sorriso.
Arthur lo guardò in silenzio, incuriosito dalla proposta dell’americano, che riportò la testa in avanti e la incassò tra le spalle, fissando un punto indefinito.
“stavo sognando… di quando era piccolo… quando vivevo con i miei genitori e mio fratello… si… ho un fratello, gemello per la precisione che è ancora vivo… ma molto lontano…”mormorò notando l’espressione sorpresa dell’atro.
“vivevamo poco lontani da qui… era una bella casa… spaziosa… adatta per viverci in quattro... perfetta…”
Ridacchiò appena: ”finchè non accadde…”
Arthur aveva paura a chiederlo: “cosa… accadde?”
Alfred chiuse gli occhi, lasciando che i ricordi riaffiorassero e gli riempissero la testa.
 
 
 
“Alfred dove sei?” una donna camminava per il corridoio della sua casa, chiamava il figlio di sei anni, che amava nascondersi per poi farsi cercare: “Alfred vieni fuori!” chiamò scherzosa: “è ora di andare a nanna! Matt è già nel letto!”
Una risatina leggere catturò la sua attenzione e vide da sotto la tenda, spuntare due piedini scalzi, che si muovevano frenetici.
Sorrise e quatta quatta si avvicinò: “chissà dov’è Alfred... non lo trovo più…” un’altra risata dalle tende.
Camminò all’indietro fino a sfiorare il tessuto con le dita, poi si girò di scatto abbracciando le tende: ”ti ho preso!” urlò sentendo sotto di sé il figlio, che urlava divertito.
“ma non è giusto!” protestò, facendosi strada tra il tessuto: “avevi detto che non mi riuscivi a trovare! Come hai fatto!?” chiese il bambino, chiaramente affascinato dalla capacità della madre.
La donna rise: “segreto della mamma!” disse mettendosi un dito sulla bocca e facendo l’occhiolino.
Il bambino rise ancora, divincolandosi dalla presa materna e scappare in camera.
“e adesso mi trovi ancora!?” chiese dopo che si era nascosto sotto le coperte, col sedere all’aria, visto la collinetta che si era formata.
“si! Si! Sei lì sotto!” intervenne il fratello indicandolo.
“aaaw! Matt! Era per la mamma!” borbottò uscendo dal suo nascondiglio.
L’altro bambino assunse un’espressione dispiaciuta, arrossendo fino alla punta dei capelli.” M-mi dispiace….”pigolò.
“ooh, su, non litigate.” disse il padre avvicinandosi, e rimboccandogli le coperte.
“non fare quella faccia lì Alfred…” disse notando l’espressione scocciata del bambino, che si mise a braccia conserte.
“ mpft! Era per la mamma…”
“lo so… ma Matt non l’ha fatto apposta? Vero Matt?”
“assolutamente!” rispose scuotendo energicamente la testa.
Alfred sbuffò: ”ok… ti perdono..” disse allungando il mignolino verso il fratello:” ma perché sono un eroe! E gli eroi sono anche umili!”.
Matthew ridacchiò ricambiando la stretta del maggiore: “pace fatta!”
“si! Pace fatta!”
I due risero felici, mentre il padre li copriva e gli dava un leggero bacio sulle tempie:” ora dormite... buona notte”
“buona notte papà!” esclamarono in coro, per poi chiudere gli occhi ed addormentarsi.
 
 
 
Quello che fece svegliare i due bambini fu lo strano odore che riempiva la stanza.
Confusi cercarono di aprire gli occhi, ma non appena alzarono le palpebre subito, si misero a lacrimare.
La stanza era piena di fumo grigio che l’oscurava.
“A-Alf-coff! Alfred! Che succede!?” Matthew spaventato gli tese la mano, che l’altro non tardò ad afferrare.
Insieme scesero dal letto, facendosi strada nella stanza ormai satura di fumo.
Quando arrivarono vicino alla porta sentirono un gran caldo e quando Alfred toccò la maniglia, ritrasse la mano, trovandola ustionata.
Si morse un labbro, mentre accanto a lui Matthew scoppiava a piangere. Tornarono indietro, nascondendosi sotto le coperte.
“aspettami qui, coff coff! T-torno subito!” disse Alfred tentando di intravedere il fratellino dietro la patina di lacrime.
“n-non andare! T-ti prego..coff coff! N-non lasciarmi qui da solo!” gli si gettò addosso, abbracciandolo spaventato.
Alfred fece per dire qualcos’altro, ma venne interrotto da uno schianto proveniente dalla porta.
“c’è nessuno qui!?” la voce di un uomo raggiunse i bambini, che si misero a sbracciarsi e a urlare per attirare la sua attenzione. In poco l’uomo gli fu vicino, e caricateseli in braccio corse fuori.
“oh no! Kumajiro!” Matthew cominciò ad agitarsi tra le braccia del pompiere, indicando la stanza.
“non c’è tempo!” urlò quello in risposta, avanzando veloce tra le fiamme.
“m-ma…”pigolò il piccolo, ma capendo la situazione si zittì, piangendo in silenzio.
Alfred rimase basito, come faceva a non capire quanto fosse importante l’orsacchiotto per suo fratello?
Veloce come un fulmine si divincolò dalla presa dell’uomo e corse indietro, non sentì nemmeno i richiami del fratello.
Stupidi grandi, non capiscono mai niente.
Schivò agilmente le fiamme, arrivando finalmente davanti alla porta, e vide che Kumajiro se ne stava sull’uscio, in attesa di essere salvato.
Felice per il ritrovamento, si chinò per raccoglierlo… e li vide.
Lì vicini, schiacciati da una trave del soffitto, i suoi genitori, inermi tra le fiamme.
Vide i lunghi capelli biondi della mamma, bruciacchiati e ormai neri, gli occhiali di papà poco più in là, rotti e anneriti.
Si avvicinò a loro, ignorando le fiamme che gli lambivano il pigiama, voleva vederli un’ultima volta, prima che il fuoco li mangiasse.
Forse per le troppe lacrime che gli colavano dal viso, o forse per i forti singhiozzi che gli scappavano dalla bocca, che non si accorse della trave che cadeva, fin troppo vicino a lui.
 
 
 
 
Si risvegliò in ospedale, lo capì dall’odore pungente tipico ospedaliero e dal dolore sordo che provava alla testa.
Si guardò attorno confuso, percependo delle bende che gli fasciavano metà visto, coprendogli l’occhio destro.
Non si accorse delle lacrime che cominciavano a solcargli il viso, le notò solo quando sentì il cuscino ormai zuppo e gli occhi stanchi e pizzicanti, le lasciò fare.
Vennero a trovarlo parecchie persone, in primis Matthew, che spaventato a morte lo abbracciò stretto, scoppiando a piangere: “c-credevo che non t-ti svegliassi più! U-uh… l-la mamma e il papà… non… s-se ne sono andati!... in cielo!” Alfred gli carezzava distrattamente la testa, non riusciva a provare niente, ne dolore per la perdita dei genitori, ne sollievo per la presenza del fratello.
Più nulla.
Si sentiva come una bambola di pezza, che senza un occhio guardava il mondo, inerme, morta.
Venne a trovarlo anche il pompiere che lo aveva salvato, parlandogli del rischio che aveva corso, si scusò più volte per non esser riuscito a salvare anche i suoi genitori e gli regalò un enorme pupazzo a forma di alieno sperando di fargli scappare un sorriso, ma niente.
Ma quando gli venne data la notizia si mosse, eccome se si mosse.
Gli dissero che suo fratello sarebbe andato a vivere in Canada.
In Canada.
Alfred non sapeva dove si trovava, ma sentiva che era molto lontano, e quando i grandi gli dissero che sarebbe partito quel pomeriggio, urlò, strepitò, protestò, fece di tutto per farsi spiegare il perché di una cosa cattiva.
Ma quelli gli risposero che una famiglia aveva adottato Matthew e che ad Alfred ci potevano pensare gli zii, che “fortunatamente” vivevano a New York.
Non poté nemmeno andare a salutarlo: “la ferita potrebbe riaprirsi” dicevano le infermiere.
“Insensibili.” sibilò Alfred più di una volta.
E pian piano si chiuse in un guscio che solo in pochi riuscirono a penetrare.
 
 
 

Chiuse gli occhi, le labbra tremavano ancora leggermente, ma tutto sommato sembrava più rilassato di prima.
“ho sognato la stessa cosa… mi capita spesso… solo che la sogno diversa… sono altre le cose che prendono i mie genitori e mio fratello… questa volta era il bambino del film…” mormorò fissando il vuoto.
Sospirò rilassando i muscoli e afferrando la tazza di tè con entrambe le mani, bevendolo a piccoli sorsi.
“io e mio fratello siamo collegati… io alcune volte io sogno quello che sogna lui e viceversa... se lui è triste io lo so… e se io sono felice lui lo sa… forse adesso sarà anche lui sveglio e spaventato...con qualcuno accanto…”
Arthur rimase in silenzio religioso per tutto il tempo, non si aspettava che un ragazzo così allegro potesse avere un passato così triste, abbassò lo sguardo, fissando il rivestimento del divano con aria assente.
Forse aveva capito il motivo della ribellione di Alfred, costretto a dividersi dal fratellino dopo la morte recente dei genitori, costretto a vivere con persone che non potevano capirlo completamente.
“ e tu invece? Che mi racconti?” la voce di Alfred lo riscosse dai suoi pensieri, lo guardò negli occhi, che sembrava avessero ripreso lucidità.
Sospirò a sua volta: “mha… niente... c-cosa vorresti sapere?”
“come sei diventato un angelo? Perché?”
Arthur schiuse gli occhi, cercando i ricordi nella sua testa.
“sono nato nel 1840, in Inghilterra... non fare quella faccia, si sono inglese! Problemi!?” il biondo gli fece una smorfia ricominciando a raccontare.
“mio padre era un ingenere… lavorava per la costruzione della Metropolitana di Londra, eravamo adagiati rispetto ad altre famiglie, nonostante fossimo sette fratelli, tra cui due minorenni.”
“sette fratelli!? Cavolo!”
“la smetti di interrompermi!?”
“scusa…”
“mpft!Dicevo… si, sette fratelli, il maggiore era Ian, seguito da Eric, Aidan, Eileen , io, Peter e Chloe.
In quest’ordine per grandezza… non eravamo tutti fratelli di sangue, a parte Peter, figlio di mia madre, Ian, Eric e Eileen venivano dalla prima moglie di mio padre, un’irlandese, che morì giovane.
Invece Chloe e Aidan sono stati addottati.”
Sospirò nuovamente, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
“è successo quando avevo ventitré anni… Peter ne aveva solo dieci… eravamo al porto…”
 
 
 

“a daaai! Arthur! Sei una lumaca!” un bambino biondo cenere saltellava tra i marinai del porto, che lo salutavano con un gesto della mano, lo conoscevano bene quel marmocchio di casa Kirkland, insieme ai fratelli veniva spesso a fargli visita.
Peter aveva dieci anni e amava il mare, gli piaceva l’odore di salsedine nei polmoni, espirava grandi boccate d’aria, gonfiando il piccolo petto.
“rallenta… che se cadi non ti porto a casa in spalle…” poco più in là lo seguiva Arthur Kirkland, suo fratello maggiore, che camminava tranquillo, con la giacca in braccio.
“ahahah! Hai visto quella nave Art? è gigaaanteeeescaa!”
L’altro sorrise, Peter era così ingenuo e puro, per lui tutto era bello e buono (a parte le cose che gli preparava il fratello) e indicava tutto con le sue dita sottili, come se avesse paura che le cose scappassero.
“non si indica Peter” lo riprese gentilmente abbassandogli la mano: “un vero gentiluomo non lo fa!”
“uffaaaa! Ma ho solo dieci anni! Perché devo essere un gentiluomo? Non ne ho voglia..”
“perché anch’io come te ho seguito questa disciplina…”
“e sei diventato una mummia, si... che bello!”
Il bambino rise divertito, schivando con un salto agile le braccia del fratello: “adesso ti faccio vedere io che mummia sono!” esclamò cominciando a rincorrerlo tra le casse di pesci.
“hahaha prendimi!”
Ad Arthur piaceva stare col fratellino, lo rilassava. Senza contare le volte che invece lo faceva esasperare con le sua marachelle, lui e Chloe sembravano nati per questo.
“r-rallenta!” esclamò senza fiato, ok, forse un po’ di attività fisica in più non gli avrebbe fatto male.
“ahahahah! Arthur è un baccalààà! Arthur è un baccalààààà!!”
Arthur si sollevò dalle ginocchia, diventate la sua ancora di salvezza, cadere in mezzo a tutto quel viscidume non era nei suoi programmi giornalieri.
E adesso che ci pensava, avrebbe dovuto prendere il tè con i fratelli tra poco. Meglio avvertire Peter pensò mentre guardava il fratellino avvicinarsi a un’altra nave.
Da cui sembrava stessero cadendo delle grosse botti.
Gli uomini di bordo cominciarono ad urlare di spostarsi, sbracciandosi spaventati.
Ma Peter, intento com’era a immaginarsi nelle vesti di un pirata e di solcare i mari, non si accorse di nulla e fece un passo in più verso la nave.
“NO PETER!!” Arthur non si ricordava di aver mai fatto uno scatto simile, nemmeno quando il ragazzino e Chloe stavano annegando in quella fontana, che sconsiderati.
Scattò in vanti mollando la sua giacca e raggiungendo il fratellino in quattro e qua’trotto.
Lo afferrò per le spalle, girandolo, pronto a fargli una ramanzina, ma l’improvvisa scomparsa della luce gli fece capire di non avere più tempo.
Con una forza e violenza che non aveva mai avuto, scaraventò Peter lontano, vedendo un guizzo di smarrimento in quegli occhi color del cielo.
Sorrise, gli venne naturale, quando notò il viso del fratello contrarsi in una smorfia di terrore e allungare le braccia verso di lui, tutto nel lasso di tempo prima che atterrasse a terra con poca grazia.
Vide anche le botti, cadergli addosso al rallentatore, buttandolo in mare, colpendolo violentemente e stordendolo.
Percepì la morsa gelida del mare che gli riempiva i polmoni, e poi il buio.
Non si ricordava di aver mai sentito Peter urlare così.
 
 
 
 
“Quando mi svegliai ero morto, e mi trovavo nel “centro di accoglienza anime” almeno me lo hanno presentato così, sono molto organizzati lassù…
Fatto sta che mi raccontarono quello che era successo, visto che non ricordavo niente, e mi dissero che non ero un’anima qualunque, avendo perso la vita in modo violento e per salvare quella del mio fratellino, mi dissero che ero diventato un angelo, un Angelo Custode.
Dapprima non capivo, non ricordavo niente e anche con i racconti facevo fatica a collegare i fatti, ma quando mi venne dato il permesso di vedere il “Mondo di sotto” ricordai tutto, ricordai il giorno del incidente e quelli prima.”
Si fermò un attimo, sorseggiando il tè.
“scoprii che i miei fratelli erano ormai tutti adulti e sposati, Ian, il maggiore, aveva preso il posto di nostro padre e gli altri avevano trovato tutti un impiego sicuro.
Peter ormai era un uomo, vent’anni, ma aveva ancora la stessa luce birichina di quando ne aveva dieci.
Scoprì anche che ogni giorno in cui ricorreva la mia morte… andavano tutti lì, e stavano in silenzio… e poi gettavano una rosa in mare…” sorrise appena: “io adoro le rose…”
“Il mio più grande rammarico è stato quello di non averli visti crescere… di non aver potuto vivere ancora con loro, erano felici allora, anche se il vuoto lasciato da me sembrava in qualche modo turbarli…”
Rimase in silenzio, poi sospirò: ”vidi tutta la loro vita, vegliando su ognuno di loro, e quando infine anche Chloe se ne andò, mi affidarono ad altre persone…
Ed è così che sono diventato un angelo.”
Alfred lo guardava a bocca aperta, era incredibile, e stano, farsi raccontare di come sei morto.
Chiuse la bocca quando Arthur si voltò a guardarlo.
“ora ti senti meglio?”
Il ragazzo annuì: ”si… solo una cosa devi spiegarmi…”
“uhm?”
“perché odi tanto il contatto fisico?” chiese guardandolo dritto negli occhi.
All’improvviso Arthur si irrigidì, e passò lo sguardo altrove.
“ecco… è una storia lunga…”
“abbiamo tutta la notte… ti prego!” pigolò Alfred guardandolo con occhi supplichevoli:” il tuo passato è così interessante!”
Stupido americano adulatore.
Sbuffò e si sistemò meglio sul divano, ricominciando a raccontare:” era il primo ragazzo che mi affidarono… un francese.
All’ inizio non era male,era gentile e beneducato… di fatti non capivo perché dovevo fargli da balia.
Purtroppo lo scoprii a mie spese…”
Strinse i denti irritato: ”era un maniaco, della peggior specie, non disdegnava nemmeno gli uomini! Grrr, le volte che mi ha abbracciato dicendomi ” non preoccuparti Arthùr! Sarà una tua impressione!” balle, quel depravato ne approfittava per palparmi!
Ed io da scemo e ingenuo qual’ero ci credevo anche!...mi ha fatto tanti di quegli agguati… e una volta ci è anche quasi riuscito… schifoso….”
“riuscito a far che?” Arthur gli lanciò un’occhiata del tipo: “ ma tu sei davvero scemo”
Sbuffò: ”a toccarmi per bene! Stavo dormendo e quando mi sveglio me lo ritrovo addosso che mi stava attaccato al collo!” rabbrividì: “odio le cose viscide.
Per fortuna avevo la bacchetta a portata di mano, e sono riuscito a svignarmela… devo averlo mandato all’inferno per tutte le maledizione che gli ho lanciato contro…” sibilò stingendo i pugni.
Alfred aggrottò le sopracciglia:" ah… capisco… ma adesso?...dov’è?”
“è morto da tempo, non fare quella faccia, è morto di vecchiaia, sarà stato… centocinquant’anni fa!”
Arthur sbuffò per l’ennesima volta, fissando rabbioso la finestra.
“uhm… si è fatto tardi… in piedi, andiamo a dormire.” Disse con tono ben diverso da quello usato per il francese.
Alfred emise un verso strozzato, guardandosi attorno spaurito: “ecco…”
“e ora che c’è?”
“n-non è che potresti… ma di sicuro mi dirai di no…”
“se non parli come faccio a sapere cosa vuoi?”
“ecco… p-potresti dormire con me?” chiese con occhi supplicanti. Lo bloccò prima che facesse una sfuriata: “non ti toccherò neanche con lo sguardo! Giuro! È-è solo che… adesso ho paura…”
Congiunse le mani in preghiera guardandolo supplicante.
Arthur sospirò: ”… d’accordo… ma voglio cinque centimetri di distacco!”
Alfred fece un gran sorriso: “certo!” annuì felice, affiancandolo e afferrandogli un lembo del pigiama.
“e questo?” chiese alzando un sopracciglio.
“è-è per i mostri..se mi prendono… ho un appiglio…” mormorò imbarazzato guardando altrove.
“…sigh…”
 
 
 
 
 “buona notte”
“buona notte Arthur…” sussurrò chiudendo gli occhi e stingendo ancora un pochino il pigiama.
L’angelo stette a fissarlo per un po’ prima di addormentarsi.
Pensò che non aveva mai saputo del passato delle persona che doveva sorvegliare, rimase sveglio ad osservare i lineamenti giovani di Alfred che pian piano si rilassavano, cedendo il posto alla calma del sonno.
Chiuse gli occhi anche lui, lasciandosi cadere tra le braccia di Morfeo.
Era da un po’ che non dormiva così bene.

 
 
SCUSATEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!
Scusate immensamente il ritardo! Ma la scuola mi ha proprio atterrato in questi giorni, è da Lunedì che abbiamo verifiche, e sono riuscita solo ora a finire di scrivere!
E poi un certo contest che Usuk_love e Konoha_Hellisn_94 conoscono bene mi ha tenuta occupata all’inizio…
E ora qualche spiegazione, la frase: “un gentiluomo non lo fa” forse potrebbe ricordare qualcosa a qualcuno, se vi dico professor Layton?
Ian, Eric, Aidan, Eileen, Peter e Chloe, sono I fratelli di Arthur e rappresentano rispettivamente: la Scozia(ho deciso per Ian perchè l’avevo letto e mi era piaciuto, per il resto me li sono inventati) Eric è il Galles(di loro non ci sono ne immagini originali ne nomi, mi sono inventata tutto) Eileen è l’Irlanda, Peter lo conoscete, Aidan è l’Australia, di lui ci sono immagini originali, così come di Chloe, la repubblica di Wy, sorellina di quest’ultimo, ma niente nomi ufficiali, tutto inventato.
E poi non so tra quando arriverà il prossimo capilo…so solo che scriverò anche una piccola one-shot…(non puoi fare pubblicità alle tue fic! NdAltraMe oooh, ma che sarà?NdMe se ti bannano rido…NdAltraMe smettila!! piace anche a te scrivere e ricevere commenti! NdMe >////> NdAltraMe)
E ora i ringraziamenti:
 
 
 
Fuiuki: come ti ho già detto, sono spaventa e ammiro il tuo spaventoso intuito, come vedi il francese ambiguo c’è’, ma non riuscirei a scrivere che riesce a farselo neanche se volessi, il mio cervello si rifiuta…
Grazie per i commenti.
 
 
 
_Moon: ho centrato il mio obbiettivo se ti ho fatto sciogliere! *ride*
Purtroppo dovrai aspettare il prossimo capitolo per vedere accadere qualcosa…e che qualcosa… *viene colpita dall’AltraMe* : “idiota! Smettila di fare spoiler….è morta…continuo io i ringraziamenti”
Grazie.
 
 
 
LibbyRed19:  grassie per i complimenti, e come vedi forse, ma dico forse, anche Arthur si darà un svegliata….”ma allora non sono solo io! Anche tu stai facendo spoiler” NdMe torna a morire!NdAltraMe* calciorota via Me
 
 
 
Ivan_Kirkland: ed eccoti servito il passato di Iggy, e non solo! Contornato dal passato di Alfred… cavolo che battute squallide…”buhahahahahhahaha!!!NdMe ma naturalmente perché l’autrice è scema ride….sigh...NdAltraMe
 
 
 
Revy21: si si il lemon ci sarà…kufufufufufuNdMe…….starai nel rating arancio vero? NdAltraMe  si, scassa pillole…NdMe
 
 
 
Konoha_Hellsing_94: che posso dire, lieta di averti stupito, spero che non mi ucciderai per quello che scriverò più avanti…Perché?NdKH94……….è triste…NdMe…..zitta cretina!NdAltraMe
:D basta scleri e basta spoiler….altrimenti…scappa scappa o il fratellone ti prende! E la tua capitale diventerà…Parigi! *scappa anche lei*
 
 
 
Usuk_love: Alfredo ha cominciato a guardarsi un po’ attorno e a riconoscere cos’è buono e cosa non lo è….sembra che stia parlando del male e del bene…bha, grazie e continua a seguirmi! Perché le imprese dei nostri eroi non finiscono qui! Ci vedremo alla prossima puntata! *sparisce con robe scritte che vorticano sullo sfondo e musichetta figa*
 
 
E non può mancare il finale: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
 

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Capitolo 6
*** Parte sesta della convivenza ***


La mattina dopo Alfred si svegliò con l’impressione che qualcosa gli fosse vicino, avvertiva una presenza.
Ma non quel tipo di presenza che i protagonisti dei film dell’orrore percepivano prima di essere brutalmente sbranati, no, era un qualcosa di benevolo, avvertiva il calore che proveniva da esso.
Stropicciò gli occhi e si ricordò della sera prima solo quando notò Arthur, disteso accanto a lui, che dormiva beatamente.
E senza rendersene conto il viso aveva cambiato colore, al pensiero, che la sera prima non era sembrato così cattivo, che Arthur avesse dormito accanto a lui per tutta la notte.
Scese dal letto senza far rumore e in punta di piedi e indietreggiando, si appoggiò al muro, sospirando pesantemente.
Tornò con lo sguardo alle coperte, dandosi del maniaco non appena gli occhi sfioravano la curva dei fianchi.
Chinò la testa, rimuginando su tutto quello che era accaduto in quel mese.
Uno strano angelo gli piomba in giardino dicendogli che sarebbe diventato il suo custode, e sempre lui lo accompagna a scuola, diventando miracolosamente un umano, ritirando le ali.
Poi era andato con lui a Central Park, e lì ci aveva passato la giornata, in piscina e nei musei, concludendo il tutto con un piatto di spaghetti e un bagno fuori programma.
Poi ancora erano finiti a Disneyland, a giocare a nascondino, con Arthur che si nascondeva e Alfred che lo cercava.
E infine, solo la sera prima, a notte fonda, entrambi avevano raccontato del loro passato, finendo la notte a dormire insieme.
Sospirò una seconda volta, accasciandosi a terra.
dopotutto pensò provare qualcosa per una persona, anche se dello stesso sesso, dopo tutto quello che abbiamo passato… è normale… no? si chiese malinconico.
Si ricordava di quello che Arthur gli aveva detto, quella sera al ristorante dei Vargas: “c’era un vecchio signore, che ho conosciuto quando ero ancora un marmocchio, che diceva che se tu ami una persona, non importa di che sesso, razza sia, a te importa solo che l’ami… potrebbe essere un mostro… ma tu di quella persona vedrai solo l’anima, solo ciò che è bello da vedere, mentre colore della pelle e l’aspetto fisico svaniscono”
Era così per lui?
Vedeva solo ciò che era bello da vedere in Arthur? lo guardò meglio e pensò che non fosse cambiato di un millimetro dal giorno in cui l’aveva conosciuto, né il carattere, né l’aspetto.
Ma forse… quel vecchio signore non intendeva questo, forse intendeva che la persona da noi amata diventasse ancora più bella di quello che era, mostrandosi in tutta la sua perfezione!
Fece un sorriso, stranamente sollevato e sereno: “si… probabilmente è così…” sussurrò a sé stesso, rialzandosi.
Ora si sentiva sicuro, molto più di prima, e con l’immagine di Arthur che gli sorrideva, di Arthur che lo riprendeva, di Arthur che lo consolava, andò in cucina, preparando la colazione, ormai certo di quello che provava.
Solo gioia e grande, grandissima felicità.
 
 
 
 
“ma perché dobbiamo far lezione anche oggi?” questa era la domanda ricorrente che tutti i ragazzi (compreso Arthur, stranamente) facevano ai professori.
“la scuola non è ancora finita e la festa sarà solo tra tre giorni, quindi anima in pace e su! Andate in palestra!”
Con mormorii di dissenso la classe si mosse, passando per il cortile picchiato da sole e fiondandosi negli spogliatoi, molto più freschi.
“non ce la faccio più… perché non finisce più-aru!?” chiese Yao togliendosi la maglietta per sostituirla a una canotta molto più leggera.
“a me piace il caldo!“ esclamò allegro Ivan, sistemandosi la sua sciarpa lilla, che tutti squadrarono come se fosse un mostro verdognolo: “ma mi manca molta la mia terra” aggiunse guardando fuori dalla finestra, come se all’improvviso potesse spuntare della neve.
“durante le vacanze me ne torno in Francia, non vedo l’ora di poter rivedere la mia adorata Torre Eiffel!” intervenne Francis affiancandosi ai due, mentre si legava i capelli con un codino turchese.
“e tu Arthur? Torni a casa tua?” gli chiese a bruciapelo Yao.
L’interpellato alzò la tesa dalla sua sacca, arrossendo di botto: “ecco..f-forse…” cominciò, venendo però interrotto da Francis, che gli mise un braccio intorno alle spalle: ”cherì, se non hai dove andare, casa mia è sempre aperta per i bisognosi!” esclamò insinuate.
A tutti sembrò che ad Arthur stesse per venire un infarto: divenne paonazzo e cominciò a balbettare qualcosa, tentando di sfuggire alla presa di Francis, cercando disperatamente di mettersi la maglietta, essendo colto mentre se la stava infilando.
“dove scappi? Guarda che non faccio niente sai…” sussurrò malizioso al suo orecchio, l’altro emise un gemito spaventato.
“Francis forse è meglio che lo molli.”
La voce stranamente fredda e ostile di Alfred fece desistere da qualsiasi intento il francese, che dopo averlo guardato un attimo si staccò, alzando le braccia a mo di difesa: “capito, non te lo tocco stai tranquillo!” commentò accennando a un sorriso, sperando di dissolvere l’aria tesa che si era creata.
Si girò vero di Arthur, sperando di farlo calmare, ma quest’ ultimo era già scomparso.
“è in palestra.” lo rassicurò Ivan, passandogli accanto.
Alfred tirò un sospiro di sollievo, non aveva voglia di rincorrere Arthur per tutta la scuola, tantomeno di spiegare perché uno dei suoi compagni di classe fosse misteriosamente sparito.
Seguendo i compagni lo ritrovò seduto in panchina, che si guardava attorno nervosamente, era tutta la mattina che era nervoso.
Il che era strano, lo aveva visto dormire placidamente e svegliarsi in maniera simile, per questo non capiva le profondo occhiaie che mostrava, nemmeno la pelle quasi bianca, da quanto fosse pallido.
Gli si avvicinò con cautela, era come avere a che fare con un animale braccato, che si sentiva il fiato dei suoi predatori sul collo in continuazione.
“g-grazie… per aver… scacciato Francis...” mormorò arrossendo, giocò un attimo con le dita:”non c’è l’avrei fatta da solo… grazie…” continuò chinando la testa.
Alfred lo guardò sorpreso, lui che lo ringraziava così apertamente? Sbatté le palpebre, chiedendosi se non gli fosse venuta la febbre.
Cosa più comprensibile con la faccia stravolta che si ritrovava.
La professoressa lo interruppe da qualsiasi supposizione ordinandogli di correre per riscaldarsi. Alfred rimase con lo sguardo fisso su Arthur per tutto il tempo della corsa, sembrava stanco, incredibilmente stanco, aveva anche faticato a svegliarlo quella mattina.
Guardò le proprie gambe correre, perso nei suoi pensieri, si accorse solo al giro dopo che Arthur si era fermato e stava piegato sulle ginocchia, respirando fatica.
Spaventato, gli fu subito vicino: “Arthur!? Tutto bene!?” chiese allarmato poggiando dolcemente la mano sulla schiena del altro.
Il biondo alzò la testa e la scosse, con una faccia da zombie tanto si sforzava di mantenere un’espressione normale: “v-và tutto bene…”sussurrò, respirando pesantemente, mentre piccole gocce di sudore gli colavano dalla fronte.
“JONES! KIRKLAND! Tutto bene!?” la voce della professoressa face alzare la testa all’americano, che si affrettò a rispondere: ”si, si! Gli serve solo un po’ di riposo…” mormorò mentre avvertiva il peso di Arthur sul corpo, cadergli addosso come morto, abbassò lo sguardo terrorizzato, cos’era successo ad Arthur?
Aprì la bocca per dire qualcosa ma se la ritrovò asciutta, e quando finalmente gli tornò dopo una deglutizione piuttosto dolorosa, urlò con tutto il fato che aveva in corpo:” P-PROFESSORESSA! ARTHUR E’ SVENUTO!”
 
 
 
 
 
Con un mugolio tentò di aprire gli occhi, ma una forte luce lo investì in pieno, facendogli cambiare idea, mugolò ancora quando tentò di alzare il braccio per difendersi, trovandolo bloccato da diversi tubi.
“A-Arthur!? Sei sveglio!? Rispondi!” la voce di Alfred gli giunse amplificata di almeno cento volte, gemette tentando di dirgli di smetterla di urlare, ma si ritrovò la gola secca: “a-acqua… per piacere…”
La figura di Alfred sparì dalla sua vista, nel tempo di battere le ciglia che fu di ritorno con un bel bicchiere di acqua fresca che Arthur scolò in tre secondi.
Con un sospiro di piacere si abbandonò nei cuscini: “che è successo?” chiese con voce flebile.
“sei svenuto e hai fatto prendere un colpo a tutti!” disse Alfred guardandolo severo, sospirò: “ma è bello vedere che ti sei svegliato” continuò con un tono molto più gentile e dolce.
Arthur arrossì fin alla punta dei capelli a quel sorriso e cercò di nascondersi nelle coperte, profondando un po’ più giù.
“i dottori hanno detto che è stato un calo di zuccheri… te lo dicevo io che non mangiavi abbastanza!” lo rimproverò incrociando le braccia la petto e sedendosi sul letto.
“…s-scusa …forse avevi ragione…” borbottò imbarazzato, non poteva dirgli tutto no? Gli lanciò un’occhiata e notò che si era messo a fissare fuori dalla finestra, distratto.
Era giusto dirglielo? No… lo avrebbe solo fatto soffrire, tanto ci era abituato a inghiottire tutto per non far soffrire gli altri, quindi una volta in più non gli avrebbe fatto male. Se non fosse che era molto più difficile delle altre volte.
“hai bisogno di qualcosa? Vuoi del tè?” la voce di Alfred gli fece alzare la testa verso il proprietario:”A-ah… si… grazie…” mormorò stingendo le coperte.
L’altro sorrise e uscì dalla stanza.
Arthur sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e cercando di calmare il tremito della mani.
 
 
 
 Si rese conto di essersi riaddormentato quando vide che il sole era calato già da un pezzo: “ho dormito tutto il giorno” pensò mentre cercava di alzarsi, notò con piacere che le flebo non c’erano più e che ora era molto più libero, si mise seduto guardando fuori dalla finestra, da cui si intravedeva il giardino dell’ospedale.
Sospirò un’altra volta, incassando la testa nelle spalle.
Perché gli sembrava tutto così difficile? Perché tutto sembrava essere più pesante? Si sentiva premere dentro il petto, il cuore si stringeva dolorosamente al pensiero del ragazzo o si allargava in maniera spropositata, facendogli quasi male.
Si portò la mano al cuore, stringendo la maglietta, cominciando a faticare a respirare.
Si ridistese, spaventato dalla sua stessa reazione, com’era possibile che il solo pensiero di Alfred lo mandasse in panico in quel modo?
Strinse il cuscino, riuscendo a stabilizzare il suo respiro.
Sbatté gli occhi più volte sentendoli pizzicare, e senza riuscire a trattenersi oltre, si addormentò lasciando che le lacrime cadessero dai suoi occhi ormai chiusi.
 
 
 
 
“ è bello che ti abbiano dimesso subito!” esclamò Alfred mentre camminava allegro per il vialetto dell’ospedale, tenendo la borsa del compagno che camminava accanto a lui, in silenzio.
“uhm? Qualcosa non và?” chiese fermandosi e chinandosi verso di lui, guardandolo negli occhi.
Arthur fece un passo indietro, intimidito, arrossendo.
“s-sto bene…” mormorò abbassando la testa.
L’altro sbatté gli occhi indeciso, aprì la bocca per commentare ma Arthur lo precedette:”t-ti va di mangiare qualcosa? Io sto morendo di fame!” esclamò con finta allegria, superandolo.
Alfred lo vide allontanarsi con passo frettoloso e con un sospiro pesante lo seguì.
 
 
 

“ah… stasera esco… mi chiedo perché non vieni anche tu!” disse Alfred mentre si metteva le scarpe e voltandosi verso Arthur.
L’altro rimase un attimo in silenzio, facendo mente locale dove stesse andando il ragazzo poi si ricordò: la festa finale della scuola.
Si ricordò della piccola discussione che avevano avuto, Alfred insisteva che anche Arthur venisse: “per farci compagnia e per salutare i compagni!”
“no grazie, sai che non mi piace la folla… non mi piace stare insieme agli altri…” borbottò arrossendo, mostrando molto interesse per i propri piedi.
“ma… non è giusto… e daaai, per piacere!”
Ma un’occhiata fredda da parte dell’inglese lo fece desistere.
“è un vero peccato! Ci siamo tutti e poi faremo anche un grande falò! Ci sarà da mangiare e da bere, ci sarà anche la musica e…”
“no, è inutile tentare di convincermi” lo bloccò Arthur, alzando la mano.
Alfred fece per aggiungere qualcosa, ma chiuse la bocca quasi subito.
Si avvicinò all’ altro che guardava la televisione distrattamente, con le gambe rannicchiate al petto.
“d’accordo” accettò infine: ”però continuerà a dispiacermi…” disse passando una mano tra i capelli biondi del angelo, che si irrigidì e divenne dei colore dei pomodori.
Staccò subito la mano, rendendosi conto solo ora del gesto compiuto, fece un passo indietro e balbettò qualcosa, mentre già apriva la porta e fuggiva fuori, in direzione della scuola.
Arthur si sfiorò la testa con mano tremante, mentre l’altra stringeva i pantaloni.
Sospirò nervosamente mentre nascondeva il viso tra le ginocchia, dandosi più e più volte dello stupido, ripetendosi che sentimenti del genere lo avrebbero solo mandato alla deriva.
Erano troppo sporchi.
Impuri.
 
 
 
 
“uhm? E Arthur non è venuto?” Francis gli si avvicinò reggendo un bicchiere colmo di quello che sembrava vino.
Alfred annuì sconsolato: “purtroppo non si sentiva molto bene…. E poi non gli piace la folla…” mormorò spiegando al francese, che tacque, per poi alzare le braccia in maniera teatrale rovesciando un po’ di vino: “è un vero peccato! Sono sicuro che si sarebbe divertito!” esclamò facendo un finto broncio, che scomparve subito quando Antonio e Gilbert lo chiamarono.
Lasciò in fretta l’americano, che si poggiò al tavolo, servendosi di una buona porzione di patatine.
Nemmeno lui se la sentiva di lasciare Arthur da solo a casa, non gli era piaciuta la luce che aveva negli occhi, e nemmeno le grosse occhiale che da qualche giorno glieli incorniciavano in maniera lugubre.
Sospirò, infilandosi una manciata di patatine in bocca, pensando: era da un po’ che Arthur aveva un’aria strana, sembrava sciupato ed erano giorni che non tirava più fuori la sua bacchetta, tantomeno non si era più trasformato.
Sembrava continuamente stanco, tanto che si addormentava praticamente ovunque, sul divano, sul suo letto, una volta anche in classe, per fortuna non russava.
E ogni volta che si svegliava, sembrava più intontito di prima e dopo neanche venti minuti, che già dormiva di nuovo.
Non riusciva a capacitarsi del perché del suo comportamento, il perché avesse continuamente sonno, ma conoscendo la natura irascibile e sensibile dell’altro preferì non farne parola.
La sua attenzione poi passò alla grande catasta di legna che si stava creando nel cortile, il falò di fine anno stava per iniziare, e questo significava: fuochi artificiali offerti gentilmente da Yao e i suoi genitori, balli e tanto tanto divertimento, tra musica e alcol.
Si sedette su una panchina, guardando divertito il Bad Touch Trio (il gruppo che Francis aveva creato insieme a Gilbert e Antonio) che già cominciavano a dimenarsi e a incitare gli altri a seguirli.
Rise leggermente, pensando che di sicuro Arthur li avrebbe giudicati come buzzurri, senza grazia e senza contegno.
Già Arthur… chissà come stava adesso…
 
 
 
Si affrettò lungo il viale, la festa era finita tardi e lui non se la sentiva di lasciare Arthur da solo ancora.
Accelerò il passo quando intravide casa sua, e non appena arrivò davanti alla porta l’apri di scatto (si ricordava di averla chiusa, strano) si precipitò su per le scale fu subito al pianerottolo (strano) e si fiondò in camera, sicuro di trovarli lì.
Infatti era lì, rannicchiato sotto il lenzuolo che dormiva tranquillo, le mani leggermente strette al cuscino, sentiva i suoi respiri calmi fin dalla porta, che chiuse delicatamente.
Si avvicinò a lui, in punta di piedi, per poi sedersi sul letto, sorridendo dolcemente.
Gli carezzò delicatamente i capelli, sentendoli morbidi e lisci sotto le dita, sorrise ancora di più quando Arthur sospirò qualcosa nel sonno e fece un piccolo sorriso.
Si avvicinò ancora un po’, fermandosi quando percepì il suo respiro infrangersi sul suo viso, e fu allora che Arthur aprì gli occhi.
Alfred si ritrasse spaventato e imbarazzatissimo, ma l’altro non sembrava dello stesso parere.
Sorrise dolcemente e si scansò facendo spazio ad Alfred, che lo guardò perplesso.
“ho sonno… ti va di dormire insieme a me?” chiese con voce impastata e incredibilmente dolce.
Lo spazio accanto ad Arthur era invitante, sentiva un po’ del calore e del profumo dell’angelo che lo invogliavano a stendersi.
Così fece.
Si sdraiò titubante, ancora incredulo della reazione del altro, che non la smetteva di sorridere, e non appena il ragazzo si fu steso lo abbracciò strofinando il viso nella sua maglietta: "è così bello averti qui…” mormorò ridacchiando appena.
Più imbarazzato che mai Alfred gli carezzò la schiena, non riuscendo a pensare a nient’altro, Arthur rispose con un sospiro di sollievo e un abbandono contro il suo corpo.
“sei comodo… “commentò a mezza voce, per poi alzare la testa e guardandolo con occhi lucidi.
Fece un sorrisetto sghembo, mostrando i denti candidi e si avvicinò al suo viso, sempre di più, la distanza si accorciava mentre Alfred chiudeva istintivamente gli occhi e diventando paonazzo al solo pensiero.
Si sporse un po’ anche lui, avvertendo le mani di Arthur che si stringevano alle spalle.
Era pronto.
Dischiuse leggermente le labbra, come aveva sembra visto nei film e si preparò.
A un bacio che non arrivò mai.
Sentì invece delle voce che lo chiamavano insistentemente.
“Alfred! Alfred! Su bello addormentato! È tardi! HOP HOP!!”
Con un mugolio infastidito aprì controvoglia gli occhi, per ritrovarsi davanti Francis che lo guardava divertito e la sensazione che quello che aveva vissuto prima era tutto un sogno.
Grugni scocciato mentre Francis si rizzava in piedi e gli prendeva la giacca: “ti sei addormentato lo sai? Ormai saranno le l’una passate!” esclamò lanciandogli l’indumento, che Alfred prese al volo.
“ah… CHE COSA!? L’una passata!?” urlò ormai completamente sveglio.
“si bello mio!” esclamò Gilbert comparendo alle spalle del amico:” e parli pure nel sonno! Però non abbiamo mica origliato, vero ragazzi?” ghignò dando una gomitata ad Antonio che ridacchiò divertito.
Alfred li guardò rosso in volto: ”tranquillo, borbottavi e basta, non abbiamo capito niente!” intervenne lo spagnolo con tono allegro, calmandolo.
Ma Alfred era tutt’altro che calmo, con un balzo fu subito lontano dai tre, che ancora se la ridevano, e cominciò a correre per le vie di Park Avenue.
E nel tempo record di un quarto d’ora fu davanti case e come si ricordava di aver fatto, la porta era ben chiusa.
La spalancò lo stesso, ansioso di controllare se effettivamente Arthur stesse dormendo come aveva sognato.
Si precipitò davanti camera sua, non sapeva se il suo sogno fosse premonitore, ma ora, mentre avvicinava la mano alla maniglia gli sembrava tutto così diverso, molto più cupo.
E i suoi sospetti divennero certezze quando sentì oltre la porta un pianto soffocato.
 
 
 
Aprì piano la porta, terrorizzato all’idea di cosa ci avrebbe trovato dietro.
In un primo momento non vide niente, la luce della luna colpiva il suo letto e basta, lasciando il resto della stanza in penombra, ma quando scorse la figura rannicchiata in un angolo di Arthur gli venne un colpo.
Prima che le ginocchia gli cedessero riuscì ad avvinarsi al ragazzo, che se ne stava nascosto tra le gambe e singhiozzava a mezza voce, come se si vergognasse dei suoi singulti.
“Arthur…” sussurrò sfiorandogli la spalla.
L’altro alzò la testa di scatto, spaventato dall’improvviso contatto e sgranò gli occhi quando vide Alfred, si fece rosso in volto e cercò di strisciare ancora più in là, tornando con la testa tra le ginocchia: “v-vattene via!” urlò dal suo nascondiglio.
“ma…”
“no! non voglio! Vattene!” strillò una seconda volta, scuotendo la testa e agitando la mano.
Alfred lo abbracciò. Se lo portò al petto come si fa con gli uccellini feriti, che si poggiano vicino al cuore sperando di scaldarli, di dargli conforto; lo strinse stretto, ma con delicatezza.
Sentì Arthur che si zittiva e che smetteva di respirare, ma solo per un attimo, in quello dopo affondò il viso nella sua spalla, nascondendosi nella maglietta e scoppiando a piangere ancora più forte.
Gli carezzò la schiena, respirando a pieni polmoni il profumo dei suoi capelli, sapevano di mare.
Non disse nulla, si rammaricava di non trovare parole di conforto, di riuscire ad alleviare le sue sofferenze. Si beò in quell’abbraccio tanto desiderato avvertendo le mani di Arthur che si aggrappavano alla sua maglietta. Poggiò il mento sulle sue spalle sentendole tremare violentemente, e lo abbracciò più frote, turbato dal suo comportamento.
Si girò e si appoggiò al muro, mettendosi Arthur sulle gambe incrociate, passando una mano nei suoi capelli e poggiando la tempia sinistra alla testa di Arthur chiuse gli occhi.
Le mani dell’altro, che si erano spostate sulla sua spalle, si strinsero ancora, come alla ricerca di un appiglio sicuro.
Aspettò svariati minuti, immobile, ascoltando ogni sospiro, ogni singhiozzo, ogni mugolio emesso da Arthur.
Si ridusse tutto a un respiro pesante, che si infrangeva sul petto di Alfred, proprio sul cuore.
“… Arthur…” sussurrò al suo orecchio, tacendo poi, in attesa di risposta.
L’angelo alzò la testa, mostrando un viso sconvolto ma sorridente, tirò sul col naso, strofinandolo: ”v-và tutto bene..” deglutì: ”tranquillo…”
“non ci credo.” Alfred lo guardò serio, fissandolo negli occhi.
Arthur tentennò un attimo, fuggendo con lo sguardo: ”è la verità…”
Ma il ragazzo era irremovibile: ”ti prego… non ti giudicherò in alcuno modo… sono qui per aiutarti… per piacere…”
L’altro abbassò la testa, mordendosi le labbra.
“ti prego…”
Arthur sospirò: “non voglio farti carico delle mie pene…” mormorò: ”ma insisti tanto…”
Alfred annuì.
“… devo andarmene…” sussurrò.
Fu come una doccia fredda, con tanto di cubetti di ghiaccio che picchiavano sulla testa, sulle spalle. Tentò di dire qualcosa, boccheggiò, all’improvviso senza aria.
“p… perché!?” riuscì a chiedere infine.
Arthur sorrise debolmente: ”ormai sei un bravo ragazzo…”
“NON E’ VERO!” ribatté Alfred con voce disperata: ”non è vero niente! C-continuo a non ascoltare in classe… e-e poi sono sempre maleducato… e anche…”
L’angelo gli poggiò le mani sulle guancie, scuotendo la testa: “no… ho finito il mio lavoro… e anche il tempo…”
“ma…”
“ e poi mi sono comportato male…”
“…COME!?” urlò Alfred basito: ”ma se mi hai insegnato tutte quelle cose!? Come puoi aver fatto del male!? Aver sbagliato!? Non è giusto!? Non è vero niente!” continuò abbracciandolo stretto: “non voglio che te ne vada! Assolutamente! non lascerò che tu te ne vada!”
Arthur si zittì, limitandosi ad accarezzargli la testa.
“non voglio che tu te ne vada…” pigolò Alfred dalla sua spalla.
“… devo… e anche se volessi… non posso… non mi rimane molto tempo…”
"c-che intendi?”
Alfred alzò la testa con occhi lucidi, lanciò uno sguardo smarrito ad Arthur, che sospirò: ”p-preferirei non dire nulla…”
“ti prego!”
Arthur risucchiò aria, assumendo un’espressione disperata, boccheggiò un attimo:”… s-sono stato punito…” sbattè le palpebre guardando in un altro punto: ”e… se non me ne vado adesso… non potrò più andarmene”
“meglio così no!? Così rimarrai qui per sempre!”
Arthur scosse la testa: ”… se rimango qui ancora… morirò.”
La seconda doccia, che gli tolse tutte e forze e lo fece sbiancare.
Sgranò gli occhi, guardandolo senza capire.
L’angelo fece un sorrisetto malinconico, poggiandosi le mani sul petto: ”ora ti mostro…” sussurrò sbottonandosi la camicia.
Alfred guardò spaventato le costole che affioravano sotto la pelle pallida: “aaah… e non è tutto…” continuò Arthur mordendosi un labbro, mentre alle sue spalle si udì un fruscio.
Dapprima Alfred non capì cosa stava succedendo, ma poi quando sul viso di Arthur comparve il dolore, intuì qualcosa e sfiorata la schiena scarna dell’altro, sentì qualcosa di freddo colargli tra le dita.
Scioccato si guardò la mano, ricoperta da una strana poltiglia rosso molto scuro, che a contatto col pavimento svaniva con un sibilo.
Alzò la tesa e si accorse solo ora degli strani bastoni sulla schiena di Arthur. Realizzò che erano le ali, o quello che ne rimaneva, solo grazie alle poche piume ancora attaccate.
Rimase a bocca aperta mentre osservava il colabrodo che erano le ali, piene di graffi da cui colava la sostanza vermiglia, sul pavimento comparvero delle piume, spoglie e raggrinzite, spente e sporche.
“perché?” chiese senza riuscir a dire altro.
“… perché… non ho seguito le regole” rispose Arthur con un sorriso malinconico mentre le lacrime tornarono a cascare dagli occhi.
Alfred sfiorò le ali, che si ritrassero come ustionate: ”s-scusa!” disse accorgendosi della smorfia fatta da Arthur.
“m-mi dispiace…” mormorò con voce rotta accarezzandogli una guancia: ”n-non volevo farti soffrire ancora… io…”
“no… scusami tu… ti aveva promesso che ti avrei fato vedere come spuntavano le ali… ma ti ho deluso vero?” rispose Arthur, facendosi scappare un singhiozzo: “ho deluso un sacco di persone… anche me stesso…” mormorò abbassando la testa scuotendola leggermente.
“non è vero niente! T-tu sei… una persona fantastica! Cavolo! Hai messo in riga me! U-un idiota di americano…” disse accennando a un sorriso, anche se in quel momento era tutto meno che felice.
Arthur scosse la testa e fece per aggiungere qualcosa, ma Alfred lo precedette: ”non voglio che tu te ne vada…”
L’altro nascose il viso nella maglietta, rannicchiandosi.
“nemmeno io voglio andarmene…”
Il cuore di Alfred perse un colpo, per poi ricominciare a battere più veloce.
E quando Arthur alzò la testa dal suo petto e lo guardò, Alfred fece l’unica cosa che gli venne in mente: lo baciò.
Toccò le sue labbra in modo frettoloso, in un gesto disperato. Sentì le proprie tremare leggermente contro quelle impassibili di Arthur.
Si staccò subito, vergognandosi come un ladro per quel gesto.
“… i-io… io…” non potè finire che l’altro gli fu addosso, unendo nuovamente le loro labbra.
Rimase interdetto, pronto a tutto, sfuriate, botte, calci, insulti, tutto.
Meno che a questo.
Chiuse gli occhi e piegò la testa di lato, cingendo la vita di Arthur, avvicinandolo. Sospirò di piacere quando avvertì le dita dell’altro carezzarli i capelli. Muovevano le labbra in modo frenetico, staccandosi e unendosi di continuo, mentre Alfred gli carezzava il viso con mani tremanti.
I respiri, veloci, si infrangevano sui loro visi.
Alfred spostò l’attenzione sul collo candido di Arthur, riempiendolo di baci, lasciando scie umide.
“Arthur, Arthur,Arthur” ogni volta che si staccava sussurrava il suo nome, senza smettere di sfiorare la pelle accaldata: ”ritira le ali…” sussurrò carezzando la schiena dell’ altro, udì un fruscio, e con un mugolio le ali si ritirarono, senza lasciare segni.
Arthur gemette appena, cingendogli il collo con le braccia, mentre Alfred, passando le braccia sotto le sue ginocchia e la schiena, lo sollevava. Si mise in ginocchio prima di alzarsi in piedi e di dirigersi verso il letto.
Lo poggiò delicatamente, mettendosi a cavalcioni sopra di lui, ricominciando a baciarlo famelicamente. Gli sfiorò titubante i fianchi, sentendoli fremere.
Si staccarono alla ricerca di aria, guardandosi negli occhi.
Arthur carezzò con mani tremanti il viso di Alfred, sorridendo felice: ”è…stato un errore” sussurrò baciandolo: ”ma” bacio: ”un errore”, bacio: ”che”, bacio: ”rifarei” bacio: ”ancora” bacio: ”e ancora” disse.
Alfred lo guardò sorpreso ma felice tanto quanto lui.
“un… errore?” chiese incuriosito.
“un angelo non può innamorarsi di un umano… lo porterebbe alla dannazione eterna amare una cosa così pura, rischiando di sporcarla con la sua imperfezione…” sussurrò.
“primo, tu non sei puro.” commentò con una risatina a vedere la faccia offesa di Arthur: ”e secondo…” sussurrò stringendolo: ”non me ne importa un fico secco del inferno, quando posso avere il paradiso qui con me.” finì baciandogli leggermente il collo, facendogli venire i brividi.
Arthur sorrise e gli carezzò i capelli, con tranquillità.
Sembrava che tutta la fretta e la disperazione fosse sparita, lasciando posta a una grande quiete.
L’altro si puntellò sui gomiti guardandolo sensualmente, sorrise e si sfilò la maglietta, facendola cadere a terra. Gli si riavvicinò, facendo scontrare i petti nudi, facendo scappare un gemito ad entrambi.
Poco a poco tutti i loro vestiti furono a terra, sparsi qua e là, lasciando i due ragazzi nudi, l’uno avvinghiato all’altro.
Era meraviglioso e strano trovarsi lì, pensò Alfred mentre sentiva Arthur fremere contro di lui, era incredibile di come i suoi cinque sensi fossero attenti a captare qualsiasi cosa provenisse dal compagno.
L’udito recepiva qualsiasi gemito, sospiro e mugolio emesso da Arthur, che gli giungeva come dolce musica.
L’olfatto stava in allerta, pronto a ricevere l’inebriante profumo della pelle dell’angelo, che sapeva anche un po’ di quello di Alfred, in quel momento.
Il gusto assaggiava il sapore salato della pelle pallida, lasciando scie umide e gemiti soffocati.
Il tatto si dedicava a modellare il corpo minuto di Arthur, sfiorando, toccando con più veemenza in parti sensibili.
E la vista si godeva lo spettacolo offertogli, si fermava a incontrare gli occhi verdi dell'altro, rimanendo incantata davanti alle sfumature di verde che li riempivano, resi ancora più luminosi dalla sottile patina di piacere e lacrime che li copriva.
Si beò nella vista del corpo perfetto del compagno, minuto e sottile sembrava così leggero e fragile, per questo il tatto lo trattavo con così tanta grazia e delicatezza.
Approfittò di ogni singolo momento per imprimersi per bene ogni caratteristica di Arthur, qualsiasi, intrappolò il suo respiro nei propri polmoni, come se volesse farlo suo per sempre.
Lo accarezzò ovunque le sue mani riuscissero ad arrivare, facendolo arrossire o sorridere, a seconda del punto.
Era magnifico.
Alfred non riusciva a spiegarsi meglio, nemmeno tutti quei paroloni che aveva sempre usato Francis credeva avessero funzionato in quel momento, e poi… davvero pensava di ricordarseli in un momento del genere?
Lo guardò attraverso gli occhi liquidi di piacere, mentre ansimava pesantemente e cercava un appiglio, trovando subito le mani di Alfred, che si stinsero calorosamente attorno alle sue.
Sussurrò più e più volte il suo nome, mentre l’altro gli rispondeva mugolando il suo.
Era perfetto.
Era perfetto quando sentì di non riuscire a trattenersi più, e lasciò che tutto il calore accumulato si liberasse con un mugolio mal trattenuto e una sensazione di completezza mai provata, era perfetto anche quando si distese accanto ad Arthur, ansimante e stremato, ma estremamente felice.
Poggiò una mano tremante al petto di Arthur, che si alzava e abbassava con violenza, alla ricerca di aria, e avvertì la mano dell’altro che non tardò a ricambiare la presa.
Sorrise sereno, guardando il viso sudato del compagno poco più in là, e con una leggera spinta gli fu accanto, stringendolo stretto.
Rimasero in silenzio finché i loro respiri non si calmarono, permettendo di parlare normalmente.
“Arthur…” sussurrò poi, passando una mano tra i capelli di Arthur: ”…rimarrai qui per sempre?” gli chiese guardandolo negli occhi, pieni di amore.
L’altro si prese un attimo per perdersi in quei ritagli di cielo, tremando leggermente quando distolse lo sguardo: ”ecco… io…”
“ti prego” la voce lamentosa di Alfred gli raggiunse il cuore, che si strinse leggermente al udire quelle parole.
“s-si…” mormorò infine, sorridendo appena: ”Rimarrò…” continuò con voce rotta.
Alfred gli rivolse uno dei suoi sorrisi più belli e smaglianti, lo baciò con delicatezza, stringendolo a sé.
 
 
 

Rimase parecchio tempo sveglio, ad osservarlo.
Scrutava con attenzione ogni minimo particolare, dalla piega della bocca socchiusa, ai capelli che gli cadevano sul visto, solleticando la fronte rilassata.
Non voleva perdersi un particolare che uno.
Cercava addirittura di sbattere gli occhi il meno possibile, per paura che quando gli avrebbe riaperti, Alfred fosse scomparso.
Sospirò a lungo, sospiro brevi e lunghi uscivano dalla sua bocca, sfiorando gentilmente il naso del ragazzo, che si storse un paio di volte.
Si morse il labbro, sentendosi un traditore, uno schifoso bugiardo, per aver mentito ad Alfred solo qualche ora prima.
“rimarrai qui per sempre?” la domanda continuava a rimbalzargli in testa, impedendogli di pensare a qualsiasi altra cosa.
No. Alfred non avrebbe sofferto, l’indomani si sarebbe svegliato senza preoccupazioni, e tutto questo grazie al potere speciale degli angeli custodi.
Ringraziò mentalmente questi “poteri” mentre sentiva gli occhi pizzicare sempre di più.
Iniziò tutto con lo sbattere sempre più veloce e umido delle palpebre, con un tremolio delle labbra, e un mugolio represso, per poi finire con un cuscino umido e un ragazzo che dormiva tranquillo nel suo letto.
Da solo.
 
 
 
 
I die each time you look away 
My heart, my life will never be the same 
This love will take my everything 
One breath, one touch will be the end of me
 
 
 
 
Eeee fatto!!!!!
 di sicuro adesso mi vorrete linciare vero? Soprattutto Konoha_Hellsing_94, che ha anche l’opportunità di farlo… .mi sa che domani a scuola io non vado…
Bhe, grazie per tutti i commenti lasciati e per avermi seguito, perché il prossimo capitolo sarà l’ultimo! E purtroppo non uscirà prima di martedì, visto che me ne vado in Sardegna a vedermi la Sardiglia! *W*
Ecco un altro motivo per linciarmi… *alza le spalle* mi prenderò le mie responsabilità quando serve, e ora via ai ringraziamenti!
Ah… se ci sono degli errori… sono troppo gasata per cercarli… quindi spero di non averne fatti troppi…
Nove pagine di word! Un nuovo record!! Alè *corre e lancia coriandoli*
Il testo finale è Love Song Requiem, una canzone bellissima, ve la consiglio.
 
 
 
Hanon993: benvenuta nella fic! ^^ è sembra bello vedere che anche niove persona si aggiungono alla “seguizione”(???) della mia fic!
Grazie  per i complimenti.
 
 
 
Ivan_Kirkland: se ti ho fatto piangere con il cap prima...bhe, non mi uccidere quando leggi questo ok? ^^” *intanto prepara le valigie*
 
 
 
LibbyRed19::D contenta che ti sia piaciuto così tanto, questi capitoli si stanno facendo aspettare perché li trovo leggermente più impegnativi da scrivere degli altri…volevo renderli speciali, spero di aver centrato il bersaglio!
 
 
 
Usuk_love: felice che ti abbai commosso, spero ceh questo non ti mandi in depressione allora XD
Grazie per avermi seguito con così tanta perseveranza! È molto appagante per uno scrittore avere i propri fa fissi….. (coff. Coff… f.forse non dovrei farlo… ma un po’ di pubblicità non fai mai male no? ndME ocio che ti bannano… è già la seconda volta…NdAltraMe   per la fama tutto!!NdME  ho pubblicato un’altra storia su faccia libro, per il contest UsUK, non so se l’ahi già vista… se no… allora facci un saltino…. grazie…. >/////>
 
 
 
Konoha_hellisg_94: è sul finale che domani mi tirerai dietro tutti i santi del paradiso vero?
Ma come ti ho già detto, keep calm e vedrai che finirà tutto bene ok?
Brava! ^^
Della scena spinta ne avevi già letto, ma credo che sia… appagante leggere finalmente il seguito ne?
Kufufufufu… *va ad alzare il rating ad arancio*
 
 
 
 
E un’ultima cosa… per tutte quelle che mi hanno chiesto una scena spinta… ECCOVI ACCONTENTATE PERVERTITE!!!
X°°°°°D
(scherzo, io sono anche peggio… *rapeface mode on*)
 
 
Ultimissima cosa: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
 

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Capitolo 7
*** Ultimo giorno, nuovo inizio. ***


Alfred si svegliò lentamente.
Aprì un occhio e poi l’altro, tranquillamente, mentre stirava le gambe intorpidite e le braccia si stendevano ritte ai lati, verso la parete.
Poggiò il braccio sinistro sul materasso con la sensazione di dover incontrare qualcosa, prima delle lenzuola. Rimase perplesso quando non percepì l’ostacolo, si voltò, trovando il letto vuoto.
E che voleva trovarci?
Sbatté gli occhi confuso, perché aveva pensato che ci fosse qualcuno?
Si mise a sedere, guardando fuori dalla finestra, come se potesse dargli una risposta, ma di nuovo, non c’era nessuno.
Guardò la sveglia: ”8:16” lesse a sé stesso, per poi riguardare con più attenzione i numerini, sbigottito.
Ma da quando si svegliava così presto!? Era in vacanza!
Boccheggiando si alzò, per verificare che non fosse finito in un’altra dimensione.
Sbirciò nella stanza degli zii, trovandola vuota come doveva essere, leggermente rilassato andò in cucina, per guardare il calendario.
“12 Giugno.”
Sospirò sollevato, non sembrava fosse cambiato nulla.
Si preparò la colazione, dopo qualche secondo di smarrimento, nell’attesa che arrivasse qualcuno a prepararla. Si cambiò in fretta come se ci fosse qualcuno che lo aspettava.
Arrivò davanti alla porta di casa con chiavi, cellulare, soldi e I-pod, ma nessun programma.
E ora?
Che fare?
Si sentiva un po’ solo, anche più delle altre estati.
Solitamente usciva con gli amici, tentava di andare a trovare Matthew (soldi e organizzazione, mancavano, per non parlare del coraggio), o passava le giornate per la città, bighellonando annoiato.
Sospirò per l’ennesima volta e decise di uscire lo stesso, magari avrebbe incontrato qualcuno.
 
 
 
A metà mattina si sedette al tavolino di un bar.
Accaldato e annoiato sbuffò, accasciandosi sul piano di fresco metallo del tavolo.
Si tolse gli occhiali e si strofinò gli occhi, una luce così forte per i suoi occhi chiari era una tortura. Mugolò infastidito e quando abbassò le mani, dopo un battito di ciglia, scorse una figura candida di fronte a sé.
Stordito sbatté gli occhi di nuovo, ma non c’era nessuno.
Si mise gli occhiali e spaesato si guardò attorno, nella speranza di vederla ancora, sembrava così vera poco prima…
Si alzò senza nemmeno ordinare e notò che sulla sedia accanto c’era una piccola piuma.
La prese e sentì che era tiepida, sembrava fremere tra le sue dita. Rimase pochi secondi in contemplazione, poi, con un gesto veloce se la mise in tasca.
Continuò a bighellonare per la città senza incontrare nessuno e continuando a guardarsi attorno, sperando di rincontrare la figura bianca.
“magari è un alieno!” pensò mentre addentava il pranzo.
Verso le due tornò a casa, il sole di mezzogiorno lo aveva cotto abbastanza, frastornato si ficcò sotto la doccia fredda, rilassando i muscoli accaldati e il cervello affaticato.
Si lasciò cadere sul letto, con i capelli ancora umidi, e sospirò pesantemente, annoiato al massimo.
Rimase immobile mentre fissava fuori dalla finestra, scrutando il cielo, come se da un momento all’altro dovesse apparire un UFO.
E senza accorgersene si addormentò.
Sognò di trovarsi in una stanza scura, completamente nera. Si guardò attorno spaesato, dove si trovava?
All’improvviso scorse tre figure che lo guardavano amorevolmente, riconobbe i suoi genitori  e suoi fratello, ancora giovani, come l’ultima volta che li aveva visti.
Fece un passo verso di loro, tendendo le braccia, ma quelli rimasero immobili, sorridendo.
Cominciò a correre, cercando di raggiungerli, ma ogni passo diventava sempre più corto e si accorse che il suo corpo era rimpicciolito, fino a ritornare alle dimensioni di quando aveva sei anni.
Osservò spaventato le mani paffute e i piedini scalzi, alzò lo sguardo e notò con terrore che la sua famiglia era scomparsa.
“mamma? Papà? Matthew? D-dove siete?” pigolò facendo qualche passo.
A un certo punto vide qualcos’altro e si avvicinò.
Vide con stupore che si trattavano di ali, grandi, belle e gonfie di piume, incuriosito si avvicinò, dietro doveva esserci qualcuno, sentiva un debole respiro e si muovevano dolcemente.
Le sfiorò, ma non appena le sue piccole mani vennero a contato con le piume, quelle cominciarono a cadere e a vorticare attorno a lui, impaurito si mise le braccia davanti al viso, per coprirlo, tentò di urlare ma il timore che le piume gli finissero in bocca gliela fece tener ben chiusa.
Inciampò nei suoi stessi passi e cadde.
Si svegliò di soprassalto, con la sensazione di cadere ancora addosso.
Si resettò i capelli e notò, oltre che era pomeriggio inoltrato, che tra le mani stringeva una piccola piuma.

Passò il resto del pomeriggio a guardare film su film, senza seguirli veramente, la sua attenzione era riservata alle piccole piume che aveva messo in un barattolo, per paura che volassero via col minimo movimento.
Quando le mise sulla scrivania, prima di andare a dormire, si accorse che brillavano al buoi e gli facevano da lanterna.
Il giorno seguente si sentiva carico e sereno, scoccò un’occhiata alle piume, al sicuro dentro al barattolo, e scese per fare una veloce colazione e fiondarsi fuori, alla ricerca di quella strana figura che lo tormentava.
 


Prima tappa: Central Park.
Teoricamente non aveva nessuna meta, ci era finito lì trasportato dai suoi piedi, quasi contro la sua volontà.
Si inoltrò tra le vie alberate del parco guardandosi in giro insistentemente, non credeva che trovare una persona, almeno così gli sembrava che fosse, in mezzo a New York fosse semplice, ma ci volle provare lo stesso.
Fece un giro molto strano, passò davanti alla maggior parte dei musei del parco, statue o sculture, rimanendo a guardarle anche per qualche minuto, tentando di ricordare qualcosa.
Percorse il parco in lungo e in largo, scrutando attorno con meticolosità, avendo timore che ogni minimo particolare potesse sfuggirgli.
Per pranzo si fermò al ristorante di Feliciano e Lovino, dove chiese ai due fratelli se avessero visto aggirarsi per il parco, magari di sera, una figura bianca.
Feliciano lo aveva guardato spaventato mentre Lovino aveva borbottato qualcosa a riguardo dei “fantasmi” e “leggende metropolitane”.
Giusto, la teoria del fantasma non era ancora stata presa in considerazione pensò, mentre pranzava scarabocchiava sul tovagliolo, ritrovandoselo pieno di disegni stilizzati di ali: “come mai ce l’hai tanto con le ali?” gli chiese gentilmente Feliciano quando lo servì.
“a-ah… di preciso non lo so neppure io… è da ieri che mi sento strano… come se stessi dimenticando qualcosa!” l’altro lo guardò comprensivo: ”capita spesso anche a me! Lovino dice che per trovare una cosa basta tornare sui propri passi! E vedrai che la troverai subito!”
Alfred lo guardò pensieroso: ”ma io non ricordo nemmeno dove sono stato con la cosa che ho perso!” esclamò offeso e imbarazzato.
L’italiano scrollò le spalle: ”sforzati, il mio nonno diceva che se una cosa non ti riesce vuol dire che non i impegni abbastanza!”
“… ma tu parli solo con frasi già dette?”
“ahaha, è bello ricordarsele, possono tornare molto utili…” disse enigmatico sparendo dalla vista dell’americano.
Alfred rimase lì lì, a ripensare alle parole di Feliciano, forse suo fratello non aveva tutti i torti: ”tornare sui propri passi… tornare… sui… propri.. passi… mmmm” finì in fretta di mangiare pagò il conto e uscì, un’idea che si ingranava in testa.
 
 
 
Si mise di fronte all’entrata del parco più vicina a casa sua, espirò a fondo e chiuse gli occhi, lasciando che fossero i suoi passi e la sua memoria a guidarlo.
Non fece caso alle voci dei passanti (le facce naturalmente non poteva vederle) mentre avanzava tranquillo, con mani di fronte a sé per qualsiasi evenienza, per le vie del parco.
Si fermò solo quando sentì l’aria cambiare di temperatura, e si rese conto di essere davanti alla piscina.
Socchiuse gli occhi alla luce pomeridiana, scrutando l’acqua, ma niente piume né figure bianca.
Scoraggiato si avvicinò al cancelletto di entrata e lì la vide, una piuma molto più lunga delle altre se ne stava incastrata tra il filo metallico, fulmineo la prese e se la mise in tasca, allontanandosi euforico.
Per la seconda volta si fece guidare dei suoi piedi, che si fermarono di fronte al museo di storia naturale e lì tra le briglie della statua del cavallo c’era un’altra piuma.
Fece una fatica del diavolo per prenderla e non farsi scoprire dalle guardie di fronte al museo, fortunatamente era pieno zeppo e con un paio di tentativi, riuscì ad issarsi da una zampa ed afferrare con la punta della dita la piuma, prima che le guardia potessero capire che stava facendo.
Provò a farsi riaccompagnare dei propri piedi, ma nulla, sembravano scarichi, provò anche a riposarsi ma ancora  niente, tentò anche di imporre alle gambe di muoversi  ma si rese conto che così non era più naturale.
Sospirò e guardò le piume che poggiavano leggere sul suo palmo, erano tiepide e sembravano vive, e poteva scommetterci, brillavano al buio.
Si consolò del fatto che erano già quattro, e che se continuava così magari la figura era sempre più vicina.
 
 
Si buttò sul letto quando ormai era calata la sera, il suo stomaco brontolò adirato, mangiare solo panini veloci girando senza sosta per la città, non rientrava tra le cose abitudinarie.
Si sfregò la fronte, gli stava venendo un malditesta con i fiocchi a correre sotto il sole, lo sguardo gli cadde sul calendario.
Si alzò è lo studiò attentamente, forse poteva trovarci qualche indizio della sua amnesia.
Notò che nessun giorno speciale era segnato, neanche quello di fine scuola: “strano” mormorò:”di solito mi segno le date importanti”
Lo guardò meglio e mentre se lo avvicinava al naso, sentì un fruscio leggerissimo e due piume, una lunga e l’altra piuttosto piccola, gli caddero sui piedi.
 
 

Passò il resto della settimana alla ricerca delle piume, si accorse che erano tutte i posti a lui familiari. giovedì le trovò addirittura nel bicchiere, mentre mangiava dai fratelli italiani, che erano diventati ormai i suoi messaggeri, qualunque cosa accadesse nel parco gliela riferivano: ”sembra molto un poliziesco!” esclamò Feliciano elettrizzato, mentre gli snocciolava il solito resoconto: nessuna figura misteriosa.
Le trovò a scuola, incastrate in una mattonella sul retro.
Ripeté l’esperimento dei piedi, chiuse gli occhi e si fece guidare, si mise l’I-pod per sembrare meno suonato, ma non fece qual gran lavoro.
Le gambe lo portarono all’ospedale, si preoccupò un po’ che abbia fatto qualche incidente e non mi ricordi niente? pensò mentre saliva le scale magari sono stato così grave che gli altri hanno preferito tacere… rimuginò mentre aspettava che l’infermiera gli desse informazioni.
“no, spiacente, nessun Alfred F. Jones è stato ricoverato qui.” disse, per precauzione si era ricordato di chiedere di lui in terza persona.
Sai che figura, andare all’accettazione e dire: ”salve! Sono mai stato operato qui?”
Sospirò e ringraziò l’infermiera, che tornò al proprio lavoro, ma perché i suoi piedi l’avevano portato lì? si chiese premendo il bottone dell’ascensore, aveva camminato abbastanza per quella settimana, aveva le vesciche ai piedi per la fatica fatta.
Camminò frettolosamente nel vialetto, per allontanarsi il prima possibile e le vide, due piume che galleggiavano leggere nella fontana.
Si guardò attorno, e non vedendo nessuno sospirò, pronto a un bagno fuori programma.
 
 

Era riuscito miracolosamente a sfuggire alle guardie, che lo avevano visto proprio mentre usciva dalla fontana. Fradicio e piuttosto nervoso fece di corsa il bel pezzo di strada che lo divideva da casa.
Si fiondò dentro, chiudendo la porta con un tonfo e accasciandocisi sopra, esausto.
Non ce la faceva più, era tutta la settimana che continuava a trovare piume su piume, ma senza arrivare a niente.
E la figura non si era più fatta vedere.
Sospirò e si tirò su a fatica, barcollò in cucina dove si preparò un piatto veloce, anche lo stomaco sembrava molto contrariato, e mandò giù a stento il cibo.
Andò a dormire presto, e sotto le lenzuola fresche rimirò il suo piccolo tesoro: quattordici (le aveva contate) piume candide, che fremevano tra le sue dita e che brillavano al buio, come tante piccole lucciole.
“una cosa così bella deve per forza appartenere a una cosa altrettanto bella…” sussurrò rimirandole.
Provò ad associare le piume a qualche creatura mitica, dopo vari tentativi appurò che piume così bianche dovevano appartenere solo ad un angelo.
“un angelo?” si chiese mentre sentiva un formicolio alle mani.
Improvvisamente senza fiato si alzò e prese in mano il barattolo, guardandolo come se lo avesse visto solo adesso. Boccheggiò, spaventato dal suo stesso comportamento e si impose di calmarsi, che gli prendeva tutto ad un tratto? Perché gli si era mozzato il respiro all’improvviso?
Si portò una mano al petto e sentì che il cuore batteva all’impazzata, si sedette sul letto, frastornato, e lentamente si accasciò sul materasso, stringendo ancora il barattolo.
Si bagnò le labbra secche e pian piano si accorse che la vista si offuscava e capì di stare piangendo solo quando sentì le lacrime scorrere sulle guancie, e bagnare il cuscino.
“c-cos’è… che dimentico?” sussurrò a sé stesso: ”p-perché… mi sento… t-triste?”  pigolò stringendosi.
Cercò di calmare il respiro, ma senza risultati, si morse il labbro, soffocando i singhiozzi.
“p-perché mi sembra… di dimentic-are qualcosa d-di importante? Uhg!” nascose la faccia nel cuscino singhiozzando forte e stringendo il barattolo, mentre lentamente scivolava tra le braccia di Morfeo.
 
 
 
Si svegliò intontito, si mise seduto e sbadigliò rumorosamente.
Scoccò un’occhiata al barattolo, prima di alzarsi ed avviarsi verso la porta.
Gli sorse un dubbio quando fu a metà stanza, si voltò e guardò meglio il barattolo. Era vuoto.
Si fiondò sul letto, spostando freneticamente le lenzuola: ”dove sono!? Maledizione dove sono!?” urlò sollevando anche il cuscino, il barattolo cadde a terra senza rompersi.
Appurando che il letto fosse vuoto si mise alla ricerca delle piume per la stanza.
Dopo aver strisciando in ogni angolino scese di sotto, magari gli erano cadute la sera prima…
Guardò attentamente anche in salotto, senza trovare niente.
Si lasciò cedere sul divano con un gemito: ”dove sono?” pigolò con il viso nascosto fra le mani.
Sentì un leggero sbuffo di aria che gli solleticava il viso, alzò la testa e vide che la finestra era aperta.
Il folle pensiero che le piume erano là fuori, a vorticare nel vento, lo fece rabbrividire. Si alzò, trovando molto stupida la speranza che fossero incastrate da qualche parte in giardino.
Si affacciò e vide il gatto dei vicini giocare con qualcosa, la faceva balzare tra le unghie, senza toccarla veramente.
Alfred divenne dello steso colore della piuma con cui stava giocando il gatto, si precipitò fuori e con poca grazia scacciò il felino, che contrariato gli soffiò contro.
Afferrò con dita tremanti la piccola piuma, rimasta illesa.
Notò la secondo proprio in fondo al vialetto, si avvicinò, iniziando così un lungo percorso.
Le trovava a intervalli irregolari, sempre più lontane l’una dall’altra, camminava curvo, scrutando attentamente la strada, timoroso di perderne anche solo una.
Si fermò quando la quattordicesima piuma non si trovava, e si accorse di essere finito in un piccolo parco. “abbandonato” gli dicevano le piccole altalene e lo scivolo arrugginito.
Si guardò attorno e riconobbe il parco in cui lui e la sua famiglia andavano il pomeriggio: ”è molto più sicuro che Central Park” diceva sua madre, rivolta a  un gruppo di signore che annuivano concordi.
Quante volte si erano sbucciati le ginocchia in quel parchetto, tutta colpa di un sasso nascosta tra l’erba. Lo schifoso se ne stava lì e faceva inciampare tutti, compreso il padre di Alfred, che cadde, scatenando l’ilarità di tutti, lui compreso.
Avanzò tra gli arbusti secchi, guardando il terreno ricoperto da spaurite chiazze di erba gialla, che lo facevano sembrare la testa di un uomo calvo. La giostra cigolava sinistra ad ogni soffio d’aria, e gli animali dondoli lo guardavano inespressivi, con i loro occhi neri, opachi e consunti.
Deglutì incerto sul da farsi, improvvisamente si rese conto di non riuscire a sentire più il rumore delle auto, nemmeno quello degli uccellini.
Camminava lento, guardandosi attorno nervoso e non si accorse del solito sasso, il quale ci aveva inciampato più volte.
Si ritrovò a terra senza accorgersene e in quel momento, lì da solo, sotto il sole e con delle semplici piume nascoste nelle tasche, gli venne voglia di piangere. Si trattenne dal farlo e si alzò in fretta, rimirandosi le mani sbucciate che bruciavano dolorosamente.
Cercò una fontana, si ricordava che era vicino alle panchine, che non erano molto lontane.
Si fece strada tra i cespugli spogli, mentre pian piano la sua memoria sembrava sbloccarsi.
Ora cominciava a ricordare, si ricordò della volta che era andato a Disneyland, e di quando aveva fatto il bagno a Central Park e anche di aver visitato i musei adiacenti, la cosa strana è che gli sembrava di essere in compagnia di qualcuno, di qualcuno a cui teneva…
La testa sembrava alleggerirsi, come se i grossi lucchetti che bloccavano i suoi ricordi fossero svaniti, e mentre si avvicinava alle panchine, non si spaventò minimamente della figura che vi era seduta.
Era di schiena, e riuscì a vedere solo una cosa, una chioma biondo chiaro.
Si fermò quando era un metro e rimase immobile, in silenzio.
“ce ne hai messo di tempo…” disse la persona seduta, alzando lo sguardo verso il cielo.
Alfred rimase zitto.
“credevo fossi più sveglio… bhe, vuol dire che ho fatto un buon lavoro con la tua memoria” continuò, mettendosi a fissare il terreno.
“come mai così silenzioso?” lo riprese.
Alfred si fece avanti, silenzioso e rapido, abbracciando il biondo.
Arthur sorrise debolmente e passò una mano nei capelli biondo cenere di Alfred, con dolcezza: ”dispiace anche a me.” sussurrò.
“s-sei una bastardo!” disse Alfred, con voce soffocata dalla miriade di lacrime che cadevano e dalla pelle chiara dell’altro.
“forse…”
“no! Forse un cazzo! Sei un bastardo punto e basta!” urlò l’altro alzando la testa, per dirgliele in faccia, mostrando i suoi grandi occhi turchesi limpidi come pozze e rossi ai lati.
Arthur sorrise ancora, carezzandogli il viso dolcemente: ”non volevo andarmene, è stata dura anche per me.” sussurrò a fior di labbra, facendo naso-naso con Alfred, che tirò sul col naso.
“p-perché!? Perché te ne sei andato!?” mormorò rosso e affannato.
Il sorriso di Arthur si spense: ”ho dovuto affrontare una prova…” disse, facendo posto ad Alfred, che si sedette accanto a lui: ”una prova di fedeltà…” continuò: ”solo chi aveva qualcosa per cui vivere riusciva a sopravvivere…” concluse guardando con amore il ragazzo accanto a sé.
Alfred rimase sbigottito: ” h-hai sofferto così tanto… solo per me?” pigolò guardandolo con gli occhi che ricominciavano a pizzicargli.
Arthur annuì e Alfred si sentì uno schifo: ”m-mi dispiace… è-è tutta colpa mia…” disse con voce rotta, chinando la testa.
“assolutamente no, è una prova che tutti gli angeli custodi devono fare, per vedere se sono degni di insegnare a qualcun’altro, e se non fosse stato per te, ora io non sarei qui.” disse tranquillamente Arthur, spazzandogli via i capelli dalla fronte.
Alfred alzò la testa, guardandolo sorpreso: ”e perché sei tornato? Per dirmi che non puoi rimanere? Che i tuoi doveri da angelo ti impediscono di restare con me!?” urlò isterico: ”io comunque non ho alcuna intenzione di lasciarti andare!” sbraitò guardandolo con avidità: ”n-non voglio! As-“
Il suo sfogo venne interrotto da Arthur che gli tappava la bocca con una mano: ”stai calmo! Non ho alcuna intenzione di andarmene! E anche se volessi non potrei!”
“uhpm? Prfè?” borbottò Alfred dietro alla mano dell’altro.
“ho rinunciato alle ali per stare con te.” disse semplicemente.
Tolse la mano, lasciando cadere la macella di Alfred, che lo guardava come se avesse appena detto una grossa parolaccia: ”che cosa?” sussurrò stupefatto.
Arthur scrollò le spalle con noncuranza: ”non è nulla, molto meglio stare qui, che starmene lassù guardandoti andare avanti senza di me…” questa volta il tono era basso, con un’evidente nota di rammarico: “non voglio più stare senza le persone che amo” sussurrò stringendo i pugni, facendo sbiancare le nocche.
Alfred lo guardò pieno di gratitudine e amore, si perse in quei grandi occhi verdi, resi ancora più belli dalla luce del sole, che ci giocava come se fossero stati pezzi di vetro, dandogli miliardi di sfumature diverse di verde. Erano così belli da far impallidire qualsiasi smeraldo, così lucidi da-
“smettila di fissarmi come un’ebete!” sborrò Arthur, facendolo sobbalzare, si morse anche la lingua per la sorpresa, e imprecare contro il suo adorato ex-angelo.
“non ho la faccia ebete!” ribatté mentre passava la lingua sul palato, sperando di non essersela tagliata.
Arthur sbuffò e poi scoppiò a ridere allegramente, trascinando con sé un offeso ma molto felice Alfred, che scoppiò a ridere più forte di lui.
Quando riuscirono a calmarsi rimasero a guardarsi un attimo, prima di annullare finalmente la distanza tra loro.
Baciare Arthur era un po’ come tornare indietro nel tempo, che passarono sotto le palpebre chiuse tutte le immagine dei momenti passati insieme.
Si staccò quasi subito, il piangere lo aveva lasciato senza fiato, Arthur gli fece un dolce sorriso, avvicinandosi a lui e carezzandogli la guancia affettuosamente.
“mi sei mancato.” sussurrò Alfred.
“come facevi? Ti avevo cancellato la memoria.” chiese incuriosito Arthur mentre si sistemava meglio sulle sue gambe.
Alfred scollò le spalle: ”lo sapevo e basta, sentivo di dimenticare qualcosa… qualcosa di dannatamente importante…” rispose abbracciandolo stretto.
L’altro arrossì e ricambiò l’abbraccio, carezzandogli la nuca.
“c’è una cosa che non capisco” disse ad un tratto Alfred, guardandolo negli occhi.
“huh? Cosa?”
“perché… continuavo ma trovare queste?” chiese tirando fuori dalla tasca le piume.
“oh! Ma queste sono le mie vecchie piume!” disse sorpreso Arthur, afferrandole.
“e tu come fai a saperlo?”
“le piume per gli angeli sono come le strisce per le zebre, tutte diverse per ognuno.”
Alfred ci pensò su un attimo: ”mmm però non ci posso far niente, perché le trovavo allora?”
L’altro scrollò le spalle: ”non so, e non è vero che non puoi farci niente.” disse accartocciandole nei palmi.
“no! Fermo! Nooo!!” urlò Alfred tentando di fermarlo, con tutta la fatica fatta per tenerle in ordine!
“tranquillo.” disse Arthur aprendo le mani, mostrando una piccola pallina informe, ne staccò un pezzo e cominciò modellarlo.
Le dita sottili scorrevano esperte andando a formare una lunga catenella, poi con l’ultimo pezzo rimasto ci fece una stella cerchiata, che attaccò con un minuscolo gancio alla catenina.
Alfred rimase a bocca aperta, mentre l’altro gli legava al collo il ciondolo.
“ecco, si possono modellare.” disse sorridente: ”sono molto resistenti, ma se fai le cose con gentilezza si lasciano modellare…”
Prese il pezzo di pallina rimanente, iniziando a modellare anche quello, fino a formare una rosa: ”m-mi piacciono tanto” disse rosso mentre si allacciava al collo il ciondolo.
“brillano al buio e sono… come dire… legati, perché provengono dalle stesse piume.” borbottò accarezzando le sue opere.
Alfred gli afferrò il ciondolo e con l’unghia ci incise una piccola “A” un po’ storta, ma leggibile.
“eeeh!? Che fai!?” sbottò Arthur, guardando contrariato la rosa ormai graffiata.
“incido la mia iniziale!” rispose l’altro allegro.
Arthur storse il naso e afferrò il ciondolo dell’altro, incidendo a sua volta una “A” questa molto elegante e ben disegnata: ”fatto!” esclamo soddisfatto.
“così saremo ancora più uniti eh?” chiese Alfred facendo un enorme sorriso.
Si baciarono di nuovo, questa volta con più veemenza, stretti l’uno all’altro. Si staccarono solo quando l’aria era diventata indispensabile.
“andiamo a casa?” sussurrò Arthur a fior di labbra, Alfred sorrise e si alzò annuendo, gli tese la mano, che l’altro non tardò a stringere.
Mentre si avviavano tra le sterpaglie Arthur alzò la testa e gli chiese: ”hai progetti per quest’estate?”
Il ragazzo scosse la testa: ”no… cioè… in teoria si… ma non ne ho il coraggio” borbottò guardando a terra.
“il coraggio di fare che?”
“… di andare a trovare Matthew…”
Arthur si fermò, costringendo anche Alfred a fare lo stesso: ”… e che aspetti!? Che arrivi un aereo dal cielo? No carino, ora so cosa fare! Sbrigati, che se siamo fortunati mentre due giorni saremo da tuo fratello!” esclamò riprendendo a camminare così improvvisamente che Alfred venne strattonato.
“h-hey! Fermo! Non sono io che dovrei decidere se andare o no!?” sbottò imbarazzato.
“sono pur sempre il tuo angelo custode! Almeno in parte.” disse Arthur avanzando a grandi falcate verso casa.
Alfred borbottò qualcosa contrariato.
“se saremo insieme sono sicuro che ce la farai.” intervenne l’altro, facendogli scivolare per la schiena una miriade di brividi.
Insieme…
Guardò la propria mano stretta attorno a quella di Arthur e sorrise, si, aveva ragione, insieme avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa.
 
 
 
Tutti noi abbiamo un angelo custode, che veglia su di noi, che prega per noi.
E anche se non ne siamo a conoscenza o non ci crediamo, lui c’è e continua ad osservarci e a proteggerci.
 
 
 
Finittoooooooooo!! Waaaa! M i sento realizzata per esser riuscita a concludere questa fic! Solitamente scrivevo solo drabble (o bocconcini di storie, come dico io) e riuscire a completare una fic di ben 7 cap è davvero tanto per me, riuscire a metter in piedi una storia, e farla anche piacere, èp davvero bellissimo.
E questo non sarebbe stato possibile senza di voi, lettori, che commentavate quello che scrivevo, ad ogni recensione ero sempre più felice, grazie, grazie di cuore, veramente.
Forse per voi non sarà molto,. Ma per uno scrittore, anche se alle primissime armi, è sempre bello ricevere commenti, anche negativi, perché aiutano a crescere, e l’indifferenza è uan cosa molto brutta.
Quindi ancora grazie di cuore a tutti quelli che hanno recensito: Konoha_Hellsing_94, la mia “sorellina”, la quale non perdeva occasione per farsi soilerare XD, Usuk_love autoproclamatasi mia fan ^///^, Ivan_Kirklad che mi ha seguito per bene fino in fondo,  _Moon molto partecipe anche lei, Libby_Red grande fan del Britannia Thunder, che purtroppo non è più ritornato(ad Alfred rimarrà per sempre la fobia però!) Fuiuki, SabakuNoKatrine, hanon993, Revy21 e tutti quelli che hanno letto e si sono divertiti leggendo.
Spero di riuscire a crearne ancora così, di riuscire a migliorarmi sempre più! Fino a rendere perfetto il mio modo di scrivere, sono cresciuta molto dalla prima fic che ho pubblicato, e ne vado fiera, perché pian piano sto crescendo, grazie a tutti voi, che commentate, sia in positivo che in negativo.
Grazie infinite.
 
 
 
E come per ogni capitolo che scriverò: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
  

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