Onyrica di Klowl (/viewuser.php?uid=115969)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Bibliotecaria ***
Capitolo 2: *** La Biblioteca ***
Capitolo 3: *** Che mi sarò mai persa? ***
Capitolo 4: *** Msn Chat...la maledizione della scatola nera. ***
Capitolo 5: *** Pornodiva ***
Capitolo 6: *** Ex ***
Capitolo 7: *** Sei un Comodino. ***
Capitolo 8: *** I nuovi sinonimi di ***
Capitolo 9: *** Lesbo Sex, I love it! ***
Capitolo 10: *** Cap 10: Un Grande Ritorno. ***
Capitolo 1 *** La Bibliotecaria ***
E
vissero per sempre felici e contenti
Non
so neanche io perché stasera ho deciso di rileggermi
questo vecchissimo libro di favole. Però devo dire che
è stato un bene,perché adesso
mi rendo conto di quale sia la causa delle delusioni amorose di noi
ragazze.
La
risposta è semplice,è proprio tra le mie mani. Le
favole e le altre cazzate che ci raccontavano quando eravamo ingenue
bambine.
In
queste storielle è tutto così semplice,dio mio.
Le
cose o sono bianche o sono nere. La prima persona che ti fa bagnare le
mutande
è quella che sposerai. I tuoi capelli saranno sempre in
ordine,e quando avrai
20 anni di esploderanno fuori due tette da Lara Croft e un culo da
Jennifer
Lopez che non permetteranno a nessuno di essere più ambita
di te.
Favole,appunto.
Il
premio per la miglior buffonata,però,và
sicuramente
alla costruzione del Principe Azzurro. Quest’ uomo ha tutto:
potere,bellezza,fascino,bel
carattere. Detta così,a me questo Azzurro sembra un
paradosso colossale. Il
fascino è dato dall’essere stronzi,le donne questo
lo sanno fin troppo
bene.
E
poi non è detto che una donna voglia al suo fianco un
uomo.
E
neanche ho finito di formulare questo pensiero che l’amarezza
mi è già piombata addosso.
Spengo
la luce del comodino e sprimaccio il mio cuscino.
Oggi mia madre ha uscito fuori di nuovo quel discorso . E nemmeno
stavolta io
ho avuto il coraggio di dirle la verità.
Quale
madre mai vorrebbe sentirsi dire che sua figlia è
diversa,malata,difettosa?
Non
stiamo qui a raccontarcela,le cose per noi non sono
mai cambiate.Siamo sempre la peste della popolazione,i pervertiti da
evitare.
Se
ami qualcuno del tuo stesso sesso,lo devi tenere per
te. Se qualcuno ti ha aggredito perché baciavi la tua
donna,non devi
denunciare,perché così si verrebbe a sapere della
tua perversione e
macchieresti la tua dignità. Questi sono i discorsi che noi
ci sentiamo dire,quando
ci viene fatto un torto.
Chi
vorrebbe essere noi?
Non
molti,credo.
Mi
sto davvero chiedendo per quanto tempo ancora riuscirò
a fingere. Per quanto tempo ancora dovrò tenere
quell’orrendo poster di quell’orrendo
calciatore a petto nudo? Cazzo,non mi piace neanche la sua squadra! Io
odio il
calcio! Non riesco neanche a seguire una partita,che già mi
scende il latte
alle ginocchia.
Do
un ultimo sguardo al display del mio cellulare,sono le
23 e 30.Basta con le riflessioni esistenziali,è ora di
dormire.
********************************************************************************************
Un
luogo bellissimo,soleggiato,pieno
di vita. Un tempo estivo. E per qualche ragione,so che questa
è la Sicilia.Sto
salendo una scala in pietra,e alla mia destra il mio sguardo si immerge
nel blu
del mare. Posto più bello non l’ho mai visto.
Arrivo
in cima,e vedo subito
una porticina in legno sgangherata. Sopra
quell’obbrobrio,un’insegna sbiadita:
“BIBLIOTECA
COMUNALE”
Mi
avvicino per entrarci,perché
io AMO i libri,cazzo. Ma ancora prima che io riesca ad entrare,una
donna esce
dalla porta e mi viene incontro,sorridendo.
E’
bella come una
maledizione,una sirena bruna che può trascinarti
nell’inferno.
“Sei
arrivata,finalmente.” Mi
arriva vicinissimo,così tanto vicino che posso specchiarmi
nei suoi occhi
nerissimi,che hanno qualcosa di orientale,così tanto vicino
che posso sentire
il calore della sua pelle bruna,così vicino che posso
sentire l’odore dei suoi
capelli,una cascata di seta nera e ribelle.
I
miei occhi ,grandissimi
bastardi,cadono sulla scollatura vertiginosa di lei,che porta una
camicia
bianca legata in vita…quel poco tessuto che dovrebbe
coprirla è anche
trasparente. Un suicidio.
La
sua lunga gonna verde ha
uno spacco laterale che la rende una dea della lussuria.
“Vieni
con me” mi
dice,afferrandomi il polso e lanciandomi uno sguardo ambiguo,mentre mi
trascina
dentro la Biblioteca….
Continua…
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Capitolo 2 *** La Biblioteca ***
Vieni
con me” mi
dice,afferrandomi il polso e lanciandomi uno sguardo ambiguo,mentre mi
trascina
dentro la Biblioteca….
Appena
entriamo,la donna mi
sbatte contro il muro,provocandomi un gran dolore alla spalla.
“Ahia,checazzo!”
esclamo io.
“Non
cominciare a
lamentarti,mi hai fatto soffrire un sacco” mi soffia
nell’orecchio. Ha
sollevato il ginocchio,il suo seno morbido è schiacciato
contro il mio petto,i
nostri bacini sembrano quasi una cosa sola.
Comincia
a leccarmi il
lobo,lentamente,giocosa e bastarda. La sua lingua passa a sfiorarmi
anche l’interno
dell’orecchio,ed io,CAZZO,sto proprio impazzendo. Sono
diventata tutto un
battito,in linea con il mio cuore,e nelle mie mutande comincio a
sentire quella
conosciutissima sensazione di caldo e umido.
Lei
si stacca un po’,per
guardarmi in faccia. Deve aver indovinato che cosa stavo pensando
,perché mi fa
un sorriso malizioso e mi solleva la gonna. Le sue dita giocherellano
con l’elastico
del mio slip,mentre lei mi bacia dolcemente.Mi lecca le labbra,e io
apro la
bocca per permetterle di toccare la mia lingua. Il bacio è
lento,ma in un
qualche modo violento e aggressivo. Passa a baciarmi il collo,le sua
mano
lascia stare l’elastico e sale sul mio seno,stringendolo un
po’.
Non
ce la faccio proprio più
ad aspettare,la allontano da me quel poco che basta per mettere le mani
sulla
sua camicetta e strappargliela. Sì,la strappo.
Il
suo seno dorato è una
visione paradisiaca,sembra quasi esplodere in tutta la sua morbidezza
nel
momento in cui le tolgo la camicia.
Lei
sorride,compiaciuta,mentre
io praticamente mi tuffo tra i suoi seni,e comincio a baciarli
dolcemente.
Piano piano con la bocca mi avvicino ai suoi capezzoli,mentre la sento
respirare sempre più profondamente.
Poi
finalmente apro le
labbra,e la mia lingua accarezza dolcemente i suoi capezzoli,che
diventano
sempre più duri,e a lei piace,me lo dice,e cerca anche di
farmelo capire
prendendo una delle mie mani e infilandole sotto la sua gonna.. Non ha
le
mutande,e io lo sento bene ,lo sento benissimo il suo frutto proibito
bagnato.Lascio perdere
il seno,voglio
baciarla lì,proprio lì,voglio sentire il suo
sapore..
DRIIIIIIN.
E
questo che è?
Driiin.
No,dai.
Cazzo.
E’
svanito tutto: la
biblioteca,la donna,il suo seno,il sesso.Tutto.
E
la mia fottuta sveglia sta
suonando. Sono le 07 del mattino di un fottuto lunedì e io
non riesco neanche
in sogno a farmi una bella scopata perché devo andare a
scuola.
Spengo
la sveglia e mi butto
giù dal letto (non avrebbe nessun senso rimanerci,tanto non
riesco a recuperare
quello che mi stava succedendo) ,metto la vestaglia e vado in cucina.
Mia
madre mi sta preparando
la colazione,che dolce.
“Dormito
bene?” mi
chiede,sorridendomi
“Non
sai quanto” vorrei
risponderle,ma non lo faccio. Semplicemente annuisco.
Lei
mi porge il mio bel
tazzone di latte.
“Il
caffè è finito “ mi dice
“ e non c’è nemmeno il
Nesquick” aggiunge quando vede che mi sto alzando per
avvicinarmi alla credenza dove AVREBBE DOVUTO ESSERCI il prodotto
più amato
della Nestlè.
Mi
risiedo,leggermente in
disappunto. Insomma,il latte senza caffè ,orzo o cioccolata
fa schifo.
Però
ci sono i biscotti,e mi
consolo con quelli.
“Amore
sto uscendo” mi dice
mia madre,ferma sulla porta,già tutta in ghingheri per
andare al lavoro. Solo
un attimo fa era in pigiama,come diavolo ha fatto ad essere
già pronta? E’ UNA
DONNA..dovrebbe essere NATURALMENTE in ritardo.
“Perfavore
lava i piatti
prima di andare via”
“Ok”
Sbam
. E’ uscita.
Accendo
la tv,perché ho
intenzione di abbuffarmi ancora di biscotti e voglio gustarmeli
guardando
qualcosa di poco impegnativo.
Sulla
Rai stanno facendo “Unomattina”.
L’allegria di un
programma che vuole
essere “serio” ma che è gestito da
fattoni. Proprio ora stanno intervistando l’ultima
soubrette trentenne che,tanto per cambiare,dice che vorrebbe tanto un
figlio.
Ok,adesso
basta ,devo andare
a prepararmi. Però prima faccio i piatti.
Non
so se ammirare mia madre
o maledirla per la fantastica scultura di arte contemporanea che
è riuscita a
creare usando quella tonnellata di piatti nel lavandino che adesso io
dovrei
lavare.
Maledirla
è meglio.
Insapona,insapona,insapona.
Sciacqua,sciacqua,sciacqua. Insapona,insapona,insapona.
Sciacqua,sciacqua,sciacqua.
Che
ore saranno?
Le
8.
Ah
ok. COSA?? MERDA MERDA
MERDA!
TOC
TOC.
“Avanti!”
“Buongiorno
Prof.Scusatemi
per il ritardo. Posso entrare?”
“E
perché non dovrei farti
entrare,Locanci,è solo la settantunesima volta che entri
alla seconda ora in
questa settimana”
La
classe ride,e rido anche
io.
“Professore
è impossibile
che sia la settantunesima volta,in una settimana abbiamo lezione con
lei solo
cinque volte”
“Siediti,và,basta
che non
disturbi più”
Attraverso
l’aula e mi
abbandono sulla mia sedia. Noi della quinta G siamo veramente fortunati
ad
avere degli insegnanti così simpatici.
“Oh
amò ti dobbiamo
raccontare una cosa assurda”
Questa
qui è Lidia,la mia
compagna di banco.
“E’
vero !Non sai che è
successo alla prima ora!” aggiunge Andrea,altro mio amico
seduto dietro di noi.
“Che
è successo?” chiedo
io,incuriosita.
“Dopo
dopo…” dice
Francesca,altra mia amica,compagna di banco di Andrea.
“No
dai,adesso!”
“Locanci
puoi almeno degnarci
della tua attenzione ???”
“…Ok,me
lo dici dopo”
sussurro a Francesca,per poi voltarmi rossa in faccia e con
un’aria colpevole
verso il prof.
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Capitolo 3 *** Che mi sarò mai persa? ***
“Allora?
Che è successo?”
La
campanella è suonata, il
prof è andato via e io non sto più nella pelle e
voglio sapere che mi sono
persa,cazzaccio!
“E’
entrato il tuo
amore” mi
risponde Lidia
“Cosa???”
sono già rossa in
faccia
“
E’ entrato il tuo
amore,qui,in classe,poco prima che tu arrivassi” mi spiega
candidamente lei.
Ma
che...E’ uno scherzo. Che
palle è uno scherzo.
“Davvero.”
S’intromette
Andrea,come se avesse letto nei miei pensieri.
“E’
entrata per chiedere al
prof delle informazioni sul suo corso di recupero.”
Lei
è entrata qui. E io me
la sono persa.
“Non
sapevo che avessimo il
prof di Francese in comune. Cioè,perché
è venuta a chiederlo a…”
“Perché
il suo professore
quest’anno non farà il corso di recupero. Lo
farà il nostro amatissimo Biagini,
in compenso”
Uh-Uh.
Sto seriamente
pensando di prendermi un ‘ insufficienza grave in francese.
“Non
starai pensando di
andare male in francese solo per vederla,spero” e questa
è di nuovo Lidia.
Che
cazzo,come fanno a
saperlo? Mi conoscono davvero così bene?
“E’
che…io vorrei solo
conoscerla meglio,ecco”.
Francesca,che
era uscita per
prendere qualcosa alle macchinette,ci raggiunge e si piazza dietro di
me,abbracciandomi
e scompigliandomi i capelli.
“
Ti hanno già detto
tutto,vero?”
“Sì”
rispondo,arrossendo.
Uno stupido vizio infantile di cui non mi libererò mai.
Lei
mi guarda e scoppia a
ridere.
“Dovresti
cominciare a
parlarle un po’ di più,sai … “
Ha
ragione. Quando la vedo
nei corridoi non riesco mai a fare molto,a parte salutarla. Riesco a
scriverle
qualcosa in chat,ma quello è il corteggiamento da sfigati e
sebbene io non sia
una Vip non mi ritengo nemmeno così in basso da parlare solo
dietro ad uno schermo.
E’
solo che lei è una
ragazza carina,simpatica e estroversa. Quando la incontro è
sempre circondata
da mille dei suoi trentamila amici,e mi sento un pesce fuor
d’acqua quando sono
vicina a lei. E non ci tengo a fare la figura della fessa imbranata.
Non
sono innamorata di
lei,no,e non mi piace nemmeno così tanto. Ma quando sei
lesbica e incontri
un’altra lesbica che sia un minimo appetibile,beh,ti ci
fiondi,perché sei
leggermente stanca di sentirti sola e di non avere l’affetto
(fisico,capitemi) che
un etero ha statisticamente maggiore
possibilità di ricevere. Detto così è
bruttissimo,ma è la verità,almeno per me.
“Facciamo
una partita a
scala quaranta?” Andrea interrompe le mie
riflessioni,fortunatamente.
Siamo
tutti d’accordo,basta
impegnarsi a non farsi scoprire dalla prof di turno.
Non
ho una fidanzata,ok,ma
non starò qui a piangere ,perché io ho degli
amici e averli non è una fortuna
per tutti.
Note
dell’autrice:
E
il terzo pessimo capitolo
è andato. Ho avuto però modo di notare che la mia
storia è seguita da tre
persone… tre lettori da cui non ho ricevuto nessuna
recensione. La cosa mi
dispiace un po’,perché io considero le recensioni
come un valido supporto per
la mia crescita di “scrittrice” : attraverso i
commenti positivi e negativi mi
perfeziono ,cercando di soddisfare le richieste dei lettori. Una cosa
che
potrebbe giovare sia a me che a voi, insomma.
Per
questo vi pregherei di
esprimere un misero parere.
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Capitolo 4 *** Msn Chat...la maledizione della scatola nera. ***
Tiro
fuori il mazzo di
chiavi dalla tasca posteriore del mio vecchio zaino. Trovo la chiave e
la
infilo nella serratura. Clank clank clank. Toh , eccomi a casa.
“Sono
a casaaa!” urlo .
Nessuno mi risponde. Mia madre non è tornata.
Pazienza
non ho nulla da
raccontarle. O almeno nulla di quello che vorrebbe sentirsi dire,
purtroppo per
me e per lei.
Butto
lo zaino sul divano e
scalcio via le mie scarpe. Io ho il brutto vizio di girovagare in casa
solo con
i calzini e tutto
questo per una malsana
imitazione della vita dei personaggi degli anime. Seriamente,dovrei
farmi una
vita vera.
Vediamo
vediamo, che cosa
metto nella mia pancia oggi? Carne o pasta? Necessito di una sbirciata
ai
condimenti: pesto e salsa.
La
giuria mi suggerisce un
bel piattone di 200 grammi di pasta con il pesto. Tanto mia madre non
c’è e non
puo’ dirmi che esagero nelle porzioni.
Così
sia.
Metto
l’acqua a bollire e
accendo la tv. I Simpson, Dio quanto li amo. Sono diventati i miei
genitori da
quando ho cominciato le superiori. La mia unica compagnia a pranzo.
Almeno a
loro non devo dare troppo spiegazioni. Alla famiglia Simpson non
interessa
sapere come mai nella cronologia del mio browser ci sono dei video
lesbo. Tutto
questo non interessa né a Homer,che preferirebbe guardare la
tv piuttosto che
chiedermi se mi
piacciono le vagine; né a
Marge,che non vedrebbe l’ora di farmi mangiare qualcosa
preparato da lei; né
a
Lisa che parlerebbe per tutto il tempo di quanto sia importante essere
vegetariani e nemmeno a Bart che mi
ignorerebbe per giocare con Milhouse.
Avere
come famigliari delle icone
è un vantaggio? Non ne ho idea.
L’acqua
bolle , ci butto dentro
i 200 grammi di fusilli.
9
minuti di cottura.
Prendo
il mio portatile e lo
porto sul tavolo della cucina.
Lo
accendo e finalmente
appare il wallpaper de “L’uccello ferito e il
gatto” di Picasso. Quasi subito
appare anche la finestrella dell’account Msn. Scrivo il mio
indirizzo e la mia
password ed entro. Eccomi qui : il mio nick è Hop-Frog,una
citazione di Edgar
Allan Poe (che io amo) mentre la frase personale è
“essere stronzi è roba da
pochi, farlo apposta è roba da idioti”. Il mio
avatar è il quadro “Incubo” di
Fussli. Un enigma macabro, questa è l’immagine che
do di me.
Online
non c’è nessuno a
parte Francesca e qualche altro mio amico ,ma a nessuno di questi avrei
qualcosa da raccontare.
Dridondin!
Un
altro contatto in linea.
Oh.
Un
altro contatto in linea?
Ma che cazzo dico. E’ Ivana ,che ha come avatar una foto di
lei con la tempia
poggiata su una mano . I suoi bei capelli ondulati e lunghi,castano
chiari,sono
una perfetta cornice per quel volto dai lineamenti delicati e per i
suoi occhi
grandi (un po’ sporgenti,a dirla tutta) e nocciola.
I
pochi dreads tra le sue
ciocche,poi … mi piacciono.
Davvero
non si è ancora
capito? Lei è “il mio amore” secondo
Lidia. La ragazza per cui attualmente
sbavo. Tenetemi ferma sto saltellando sulla sedia.
Contattarla?
Ma che. Non
voglio sembrarle troppo attaccata al suo culo.
Turu-tù.
Ommioddio.
Ommioddio. Mi ha
scritto lei.
Ivana:
“Così va molto
male,sai?”
Che
… ? Avrà sbagliato
contatto.
Hop-Frog
: “ Che cosa va
male, cara? J
“
Vedo
che scrive.
Ivana:
“ Perché devo
contattarti sempre io e tu non mi contatti mai?”
Svegliatemi.
Cazzo è un
sogno.
Ivana:
“Beh? Che hai da dire
in tua difesa?”
Dai
cervello,su. Dì qualcosa
di creativo. Tu SEI creativa Marta … lo sai che è
così.
Hop-Frog
: “ Che mi sono
persa nella sua aurea positiva,e mi sono dimenticata di avere le
mani”
Ma
che cazzo di risposta è?
Mah.
Ivana:
“Per questa volta ti
perdono,ma solo perché hai detto qualcosa di bello su di
me”
Hop-Frog
“ Come potrei non
farlo J
“
Ivana
“Oh-oh! Così mi fai
arrossire”
Hop-Frog
“Eheheeh”
Sapessi
quanto sono
arrossita io.
Hop-Frog
“ Oh ma è vero che
oggi sei venuta nella mia aula?”
Ivana
“ Sì . Perché me lo
chiedi? Ho visto che oggi non c’eri”
Ha
visto che oggi non c’ero.
Mi ha cercata con lo sguardo. Sicuro che io non stia dormendo?
Hop-Frog
“ Sono entrata a
seconda,ma ero in aula già a prima. Sono onnipresente,lo sai
… E ti
ho visto. Dovresti temermi”
Ivana
“ Magari dimostrassi
questa onnipotenza anche quando ci sei J”
…
Colpita e affondata. Sono
tutto fumo e niente arrosto,io.
Hop-Frog
“Ogni cosa
a suo tempo,milady”
Ivana
“ J”
Hop-Frog
“ Bella foto, mi
piace l’angolazione dell’inquadratura”
Ivana
“ Sono bella io o la
fotografia?”
Le
piace essere corteggiata.
Bella civetta.
Hop-Frog
“ … tutte e due. Ma
lo dico solo per farti contenta”
Ivana
“ J”
Hop-Frog
“ J”
Ivana
“ Domani ci sei? Se ti
mando un sms esci dalla classe e ti fai un giro con me?Devo scappare da
una
probabile interrogazione”
Oddio.
Hop-Frog
“ Certo J”
Ivana
“ Ok. Ora scappo,ciao
ciao!”
Si
è disconnessa.
Wowowowowowowow.
Che sta
succedendo? Fermatemi.
Mi
alzo,ancora in quel
piacevole trance dovuto a quella conversazione surreale.
Mi
avvicino alla pentola on
lo sguardo perso nel vuoto. Poi mi decido ad abbassare lo sguardo. La
schiuma
sul bordo della pentola è troppa.
I
fusilli sono davvero così
indefiniti? Non me n’ero accorta.
Saranno
passati 9 minuti?
Cazzo,ne
sono passati 30! La
pasta è scotta!!!
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Capitolo 5 *** Pornodiva ***
Sono in una
stanza piena di divani e poltroncine. C’è solo un
letto matrimoniale al centro
della stanza.
Su
questo letto bianco, neanche a dirlo, è stesa
una donna , che in piedi dovrebbe essere alta almeno due metri.
Ha
gli occhi azzurri, il viso cavallino e due
labbra a canotto involgarite ulteriormente da un orrendo rossetto rosa.
Indossa
un reggiseno leopardato viola sulle sue
tette enormi … un particolare cordinato con le sue culottes.
“
Ciao tesoro!” mi dice, leccandosi le labbra con
uno sguardo osceno.
“Finalmente
sei arrivata” aggiunge.
Dalla
posizione in cui mi trovo, in piedi di fronte
al letto, io la guardo a bocca aperta, imbarazzatissima.
“
… dici a me?” le chiedo , la mia voce è
un
sussurro.
“Sì,
a chi se no? Troiona!” risponde lei, ridendo.
In questo modo mi da la possibilità di focalizzarmi sui suoi
denti enormi.
Aspetta
… mi ha chiamato Troiona?
“Eccola
qui, la nostra stella !” esclama una voce
dietro di me.
Un
uomo basso e grassoccio, con i capelli lunghi e
unti si è avvicinato a me.
“Sei
pronta per la scopata?” mi dice, battendomi
una mano sulla schiena.
Che?!
“
Dai dai, che oggi facciamo le tre scene finali”
aggiunge l’uomo, tutto soddisfatto.
Poi
l’individuo fissa il mio corpo.
“Hai
fatto bene a mettere questo costume, è
adattissimo alla scena.” Dice, dopo avermi fissato il petto a
lungo.
Allora
io do un’occhiata al mio corpo.
Oh
Cazzo.
Sono
nuda. Le mie piccole tettine di una seconda
scarsa, bianche come mozzarelle, sono nude , libere e dure come pietre.
L’unica
cosa che indosso è un gonnellino orribile, fatto di piume di
struzzo di un
osceno fucsia. Ai piedi ho delle scarpe viola con un tacco vertiginoso.
Proprio
adesso mi accorgo che quella stanza è piena
di telecamere e di riflettori puntati su di me.
“Allora,
ti spiego la scena”.
L’uomo
untuoso si è avvicinato e mi parla all’orecchio.
“Tu
ti metti in ginocchio sul bordo del letto … gli
strappi via le culottes e glielo succhi.”
“
Ma è una donna…”
Neanche
finisco di dirlo che la Cavalla sul letto
si abbassa le mutande. E quello che ne esce fuori è
semplicemente … oh, Dio. Ha
un cazzo enorme.
La
Cavalla avvolge il membro nel suo palmo , e con
la mano comincia a fare su e giù, su e giù.
“Ok,
adesso che gli diventa duro siamo pronti a
girare.” Dice l’uomo alla Troupe. Prima di andare
dietro le telecamere mi da
una sonora pacca sul sedere.
“Ahi!”
Oh
cazzo. Mi guardo intorno, spaventata
e inorridita. Il mio sguardo si posa sull’enorme
pene di quella donna.
Che
cosa penserà mia madre di tutto questo?
No
no no. Non voglio farlo, no no no.
“FERMI
TUTTI!” urlo, rivolta alla troupe.
Tutti
gli uomini presenti in sala mi guardano
confusi. La Cavalla, dal canto suo, continua a menarsi
l’uccello.
L’
Untuoso viene verso di me, leggermente
preoccupato.
“Che
succede?” mi chiede.
“Non
voglio farlo” rispondo io, a bassa voce.
“Come?”
“Non
voglio farlo.” Ripeto, alzando la voce. “Scusami.
Io … ehm… mi ritiro. Ho chiuso.”
I
cameraman mi guardano a bocca aperta e persino la
Cavalla ha smesso di masturbarsi … L’uomo, il
Regista, è furioso.
“
E lo dici adesso?!” mi urla, rosso in volto.
Non
posso fare a meno di sentirmi un po’ in colpa.
“
Sì. Non ce la faccio” rispondo, con un filo di
voce.
Lui
mi fissa, incazzato nero. Sembra che gli occhi
stiano per uscire fuori dalle sue orbite.
“Ah
benissimo, signorina. Dopo tutti i soldi che hai fatto con
i precedenti
film? Brava, Brava.”
Precedenti
film? Un brivido mi corre lungo la
schiena.
“
Torna da noi quando non sarai una ragazzina
ingenua e avrai di nuovo bisogno di soldi, Puttana!” mi urla.
Io
annuisco debolmente, a disagio.
CIAF!
L’uomo
mi ha appena tirato un ceffone.
“Marta!
Dai svegliati!”
“Mmmh
…”
“Ogni
mattina la stessa storia! Dai che c’è
scuola!”
“
Non voglio, non voglio farlo. Mi vergogno.” Biascico.
“
Ti vergogni di che???” esclama mia madre.
Apro
gli occhi. Mia madre è china su di me.
“Che
ore sono?” le chiedo, la voce ancora troppo bassa.
“
Le sette e mezza! Alzati, è tardissimo!”
Le
sette e mezza?
Balzo
letteralmente fuori dal mio letto … Oggi proprio
non voglio fare tardi.
Non
oggi, non oggi Cazzo!
In
meno di sette minuti ho trangugiato una tazza di latte
e due biscotti ( proprio due , contati sulle dita della mia mano) e
adesso sono
in bagno. Non potendo tuffarmi nel lavabo per fare prima, mi butto delle porzioni d’acqua
in faccia che sono simili a
delle autentiche secchiate.
L’acqua
finisce sulla parete dietro di me, sul pavimento,
sullo specchio. Mia madre mi ucciderà, ma poco importa. OGGI
non posso fare
tardi.
Mi
asciugo la faccia, poi do una rapida occhiata al mio
riflesso nello specchio.
Le
occhiaie grigie sulla mia pelle bianchissima sono più
pronunciate del solito, oggi. I miei occhi castano scuri sono
finalmente “vivi”,
non spenti come tutte le mattine appena mi sveglio; e i miei capelli,
corti e
neri, sono un nido di merlo scompigliato.
E
quello sul mio mento cos’è?
Oh
no.
Sfiga.
Un
brufolo. Proprio stamattina , un brufolo sul mento.
E
io , mentre metto un po’ di matita e un velo di
fondotinta per coprire quel Vulcano, sto sperando con tutta me stessa
che il
buongiorno non si veda dal mattino.
Esco di casa
correndo. L’autobus sta proprio adesso svoltando
l’autobus.
Con
uno scatto felino che non ho mai avuto in vita mia (
magari mi vedesse l’insegnante di educazione fisica, adesso)
riesco ad arrivare
alla fermata un secondo prima che il gigante mostro blu vada via.
Salita
sull’autobus mi sento molto meglio. Sono
tranquilla e soddisfatta …
ma una parte
della mia anima si contorce per l’eccitazione. Che cosa
succederà, dopo?
Ed
eccolo … il solito mal di pancia da nervosismo.
Mi
accarezzo la pancia, mentre cerco un posto a sedere.
“Marta?”
Mi
volto a vedere chi mi ha chiamato. E rimango a bocca
aperta.
“Che
cosa ci fai tu, qui?” non riesco a fare a meno di
chiederle.
Note
dell’ Autrice:Ta-daaan. Lo so, lo so. Vi aspettavate
l’incontro con Ivana,
vero?
E
invece no! J
Per quella dovete aspettare il prossimo capitolo.
Però
ho un’altra richiesta per voi … Recensite, che
cavolo! Tra un po’ arrivo a
trenta lettori che seguono la storia ma non commenta neanche mezza
persona.
Rispetto
per gli autori. Preferisco mille recensioni critiche invece del
silenzio.
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Capitolo 6 *** Ex ***
“Che
cosa ci fai tu qui?” non riesco a fare a meno di
chiederle.
I
miei occhi fanno su e giù, su e giù su quella
figura seduta
vicino al finestrino.
Poi
incontrano i suoi, di occhi, neri e con quel taglio
che la fanno somigliare ad un’egiziana.
Puff.
Il mio cuore è sparito per un attimo.
“
Ho dormito da mia nonna, ieri. Quindi ho preso l’autobus
dalla fermata davanti casa sua”.
Ah,
ecco.
Il
silenzio scende su di noi. Mi impongo di guardare
fuori dal finestrino .
“Vedo
che sei contenta di vedermi” mi dice ironica
Silvia.
Silvia,
del liceo classico, diciottenne come me. Silvia,
di Taranto, occhi neri, pelle olivastra, naso piccolo , labbra carnose,
bassina,
con una seconda abbondante di seno.
Silvia
Cielo, che mi ha strappato via il cuore dal petto
e poi l’ha calpestato che ancora batteva.
Silvia
Cielo, una maledizione.
Silvia
Cielo, la mia ex.
I
miei occhi si riducono a due fessure.
“Ma
no, certo che no. Solo che non connetto bene la
mattina” ribatto, secca.
Mi
sembra di scorgere un’espressione triste sul suo bel
volto.
“
Beh, com’è la mattinata che ti aspetta?”
Le
mie dita stringono lo schienale del sedile su cui mi
sto aggrappando per rimanere in piedi, prima di risponderle.
“
Non sono cazzi tuoi,brutta stronza!” ho voglia di
urlarle, per poi mettermi a piangere due secondi dopo.
Ma
perché, perché dico io?
Perché
a soffrire sono soltanto io? Perché lei non mi
odia, come io odio lei? Perchè per lei è facile,
così facile andare avanti?
“Beh
…” rispondo, con un sorriso imbarazzato.
“Stamattina
è una di quelle mattine in cui mi andrebbe benissimo una
bella marinata di
Scuola” .
Lei
sorride.
“
Eh, per me è lo stesso. Oggi ho il compito in classe di
Latino.”
“
Mh. E ti senti preparata?”
“No
… come al solito” dice, ridendo.
Io
non mi unisco alla sua risata. Sto sperando con tutta
me stessa di arrivare presto a scuola. E’ la prima volta che
mi succede in
diciotto anni.
“
Vedo che hai tolto
il piercing che ti avevo regalato” .
La
sua voce è bassissima, quasi come se stesse parlando
con se stessa … ma io l’ho sentita, eccome. Le sue
parole mi schiaffeggiano
come urla.
Mi
volto a guardarla, la mia espressione è indecifrabile.
No,
questo non doveva dirlo. Questo tasto non doveva
toccarlo, no.
Lei
sostiene il mio sguardo per qualche secondo, poi lo
riabbassa.
E
qui finisce la nostra allegra chiacchierata sull’autobus.
Cammino
verso il mio Liceo, e sto ancora pensando a quel
maledetto incontro.
Che
faccia tosta.
Ha
sempre avuto una bella faccia tosta, Silvia.
Il
piercing che mi ha regalato. Come potrei indossarlo
ancora? Che il mio orecchio cada per terra sanguinando se oso un'altra
volta
indossare quell’orecchino!
Un
passo dopo l’altro, i ricordi mi feriscono come
pugnalate in pieno petto.
NO!
Non
di nuovo, non adesso. Non voglio pensare all’odore di
salsedine, e al mare davanti a noi due che brilla sotto il sole delle
tre del
pomeriggio di un giorno di maggio.
Entro nell’atrio.
Vicino alla porta c’è il solito bidello rompi
palle.
“
Sei in ritardo.” Mi apostrofa “ Alzati prima, la
mattina”
“
Fatti i cazzi tuoi, una volta tanto” mi verrebbe da
dirgli, e invece gli passo di fianco senza dire nulla.
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Capitolo 7 *** Sei un Comodino. ***
CAP
7 : Sei un comodino.
Quando
entro nell’aula mi dirigo subito al mio banco,
senza spiccicare parola.
Sono
incazzata nera.
I
miei amici stanno parlando vicino alla finestra … hanno
capito che mi è successo qualcosa, e si stanno
già avvicinando.
Dio
, quanto li adoro.
“
Che è successo, amore?” mi chiede Lidia, i suoi
occhioni verdi spalancati.
“
Quella stronza della mia ex stamattina era sul mio
autobus” taglio corto io. Come se la presenza di un essere
inutile sullo stesso
mezzo di trasporto che ho usato stamattina giustificasse questa mia
rabbia
esplosiva. Solo adesso che dico ad alta voce quello che mi ha fatto
girare le
palle mi rendo conto di che sciocchezza sia.
“
Ma buongiorno!”
E’
Daria. Non la vedo da un sacco di giorni.
Mi
alzo in piedi e abbraccio il suo corpicino basso e
delicato.
Daria
è un essere speciale. E’ forse l’unica
persona che
sa veramente TUTTO di me.
Dolce
e sensibile, è la spalla di cui ho sempre avuto
bisogno.
Anche
i suoi occhioni nocciola sono preoccupati
… loro mi leggono come un libro aperto.
Le
scompiglio i lunghi capelli castano chiaro .
“
Una sciocchezza, lo so”
dico, rivolta anche ad Andrea, Lidia e Francesca.
“
Ma mi sono incazzata comunque. Oggi è una bella giornata
e me la trovo sul pullman, con il suo sorriso tutto dolce come se nulla
fosse
…”
“
Può capitare” dice Daria. “ Ma non per
questo devi
darla vinta al suo ricordo.”
“
Nel senso che … ?” chiedo.
“Nel
senso che non devi permettere che il suo ricordo ti
rovini la giornata”.
Saggia,
Daria. Il soprannome di “Confucia” se
l’è
guadagnato.
“
Hai ragione.”
“Vabeh
ma che ti ha detto?” mi chiede Andrea. Il solito
curiosone.
Dopo
dieci minuti ho finito di raccontare tutte le
possibili emozioni e
sensazioni di una
chiacchierata di due minuti.
Loro
rimangono un po’ in silenzio prima di dire qualcosa.
“Vabeh,
non è successo nulla” dice Lidia alla fine.
Beh,
lo dicevo io che mi sono infuriata per nulla.
“
Lo so … ma rivederla mi fa stare male. Molto male”
rispondo io.
I
miei amici si accorgono subito della nota di tristezza
nella mia voce.
Andrea
mi dà delle leggere pacche sulla spalla.
“Dai,
dai. Forza e coraggio, passerà”.
Siamo
tutti e cinque davanti la finestra del corridoio
che è di fronte alla nostra aula.
Il
mio sguardo si perde a guardare il cielo attraverso il
vetro.
In
particolare una nuvola bianca, un grande e
galleggiante batuffolo di ovatta, cattura la mia attenzione.
Dev’essere
divertente essere una nuvola. Così leggera,
senza problemi. Senza preoccupazioni .
“
Altre news?” sento dire da Andrea.
Senza
lezioni.
“
Sì …
ieri
Marcella mi ha telefonato e mi ha raccontato che …
“ comincia a raccontare
Francesca.
Senza
ex, senza relazioni.
OH,
CAZZACCIO!
“
Ragazzi, oggi mi vedo con Ivana!” urlo.
Francesca
smette subito di parlare … tutti e quattro mi
fissano a bocca aperta.
“
Racconta. Subito.” Dice Andrea, a nome di tutti.
Quando
finisco di raccontare tutta la conversazione tra
me e Ivana poso lo sguardo sulle loro facce.
Sono
felici … e eccitati.
“
Troppo figo!” esplode Lidia dopo una pausa.
“Eh
… lo so” rispondo io , le guancie in fiamme.
“
Buongiorno ragazzi!”
Questa
è la voce di Fioretti, il nostro insegnante di
Scienze della Terra.
E’
un uomo alto e magro, con i capelli bianchi e gli
occhiali spessi. Sembra un personaggio dei cartoni animati, e questo
perché è
eccessivamente pacato e decisamente troppo ingenuo.
Sul
serio, prenderlo in giro è diventato lo sport
preferito degli alunni della 5 G.
Una
cosa che facciamo spesso durante le sue spiegazioni,
per esempio, è fargli domande stupide e insensate. E la cosa
incredibile è che
lui risponde SERIAMENTE a tutte le domande che gli facciamo!
Io
mi volto per continuare a parlare con i miei amici, ma
una frase detta dal professore mi fa gelare il sangue:
“Oggi
si interroga”.
La
mia espressione muta all’istante. Il mezzo sorriso che
avevo si trasforma in una “O” da fare invidia
all’urlo di Munch, mentre i miei
occhi si sbarrano.
Lidia
nota la mia espressione.
“Non
hai studiato?” mi chiede, con il solito tono
tranquillo.
“
No! No che non ho studiato!” dico io, la voce
strozzata.
“Cazzo
Marta, hai già preso un 2! E’ sicuro come la morte
che oggi chiamerà te!”
Quello
che Lidia ha appena detto è la pura verità.
E
io sono nella merda. Nella merda più scura, liquida e
puzzolente che io riesca a immaginare.
Come
lo dico a mia madre?!
Come?!
Ditemi come!
Comincio
ad agitarmi. Tamburello le dita sul banco e mi
mordo il labbro.
Mi
guardo intorno. Nessuno, e quando dico nessuno intendo
NESSUNO, è preoccupato quanto lo sono io.
“
Ah, è strano che voi non opponiate obiezione.”
Dice il
prof, sorridendo.
Ma
perché non scoppia un incendio, quando serve???
Maledetta
Scuola troppo sicura!!!
“Bene,
allora cominciamo a chiamare …” continua, aprendo
il registro.
Sto
morendo.
“
Aloffi!”
Teresa
Aloffi si alza in piedi e raggiunge la cattedra.
Merda.
“
Bernabi!”
E
anche Bernabi si alza.
Merda
Merda Merda Merda Merda Merda.
Ok,
Marta. E’ il momento di usare quella che tu hai
felicemente battezzato come “Tecnica del Comodino”.
Premo
le mani sulle mie orecchie e poggio la fronte sul
tavolo.
Nella
mia testa comincio a ripetere, senza sosta:
“
Sei un Comodino. Sei un Comodino e un mobile non puo’
essere interrogato. Sei un comodino,e quindi niente puo’
ferirti e soprattutto nulla
puo’ interrogarti”.
Ci
sto riuscendo, mi sto isolando.
No,
non sono autistica. Non mi sto veramente isolando dal
mondo.
Con
questa tecnica riesco a non provare interesse per
quello che mi succede. Così, se mi sta per succedere
qualcosa di … fastidioso,
semplicemente vivo meglio la situazione perché per me
è come se stessi
guardando un film. Come se quella sfigata che sta per prendere un altro
2 non
fossi io, detta in parole semplici.
Le
voci sono lontane, quasi un brusio.
“
Sei un Comodino. Sei un Comodino e un mobile non puo’
essere interrogato. Sei un comodino,e quindi niente puo’
ferirti e soprattutto nulla
puo’ interrogarti”.
Sento
Lidia muoversi vicino a me.
“
Sei un Comodino. Sei un Comodino e un mobile non puo’
essere interrogato. Sei un comodino,e quindi niente puo’
ferirti e soprattutto nulla
puo’ interrogarti”
Qualcuno
mi tocca la spalla.
Merda.
Mi ha chiamato all’interrogazione.
“Locanci?” mi
chiama il Prof.
Lentamente,
sollevo la fronte dal banco. Sto preparando
la migliore espressione da cucciolo bastonato che posso avere.
Ma
quando alzo gli occhi sul prof, c’è qualcosa di
… strano.
Fioretti
infatti sta guardando verso la porta. Tutti
stanno guardando in quella direzione.
Dal
mio banco non riesco a vedere molto … ma chissene,
devo pensare ad un modo per saltarmi questa interrogazione!
Proprio
adesso, quasi mi avesse letto nel pensiero, l’insegnante
torna a guardarmi, un po’ seccato.
“Locanci?”
Silenzio.
“
… Sì?” riesco a dire, con la voce
flebile e un sorriso
imbarazzato sulle labbra.
“
Ti cercano.” Mi dice, indicando la porta.
Ma
che …?
Mi
sporgo per vedere chi c’è sull’uscio. E
per poco non
mi prende un colpo.
Sulla
porta c’è Ivana.
Ivana,
la ragazza per cui ho preso a sbavare.
Ivana,
la civetta con cui ho parlato ieri.
Ivana,
che è venuta a cercarmi in classe senza mandarmi
un sms.
Ivana,
la ragazza che mi piace.
Ivana,
la ragazza che mi ha appena visto inciampare nello
zaino che avevo posato ai piedi del mio banco.
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Ehhh sì. L'incontro con Ivana sarà ampiamente
trattato nel prossimo capitolo. Per il momento ho voluto tenervi ancora
sulle spine :) E poi ... come avrei potuto non parlare della Tecninca
del Comodino? :)
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Capitolo 8 *** I nuovi sinonimi di ***
Quando
esco fuori dalla porta sono rossa come un
peperone.
Alzo
gli occhi sul viso di Ivana, che mi sta guardando
con un mezzo ghigno stampato in faccia.
“…
Buongiorno” mi dice, continuando a fissarmi con quel
suo ghigno TERRIBILMENTE SEXY.
“
Buongiorno” le rispondo io, con un filo di voce e
abbassando subito lo sguardo.
Prima
che piombi nel mutismo imbarazzante, trovo qualcosa
da dirle.
“Sai,
mi hai appena salvato da una morte certa”
Cominciamo
a camminare nel corridoio , verso una meta
sconosciuta.
“Cioè?”
mi chiede lei, incuriosita. Indossa un Kaftano
viola , dei jeans chiari e al collo ha un foulard nero. I capelli sono
sciolti,
e i suoi dread le ricadono sulle spalle.
“Cioè
Fioretti oggi mi avrebbe sicuramente interrogato”
le dico, guardandola con quella che vorrei che sembrasse gratitudine.
“Meno
male che mi hai chiamato fuori”
“Ehh
lo so di essere una Salvatrice” risponde lei, con il
suo sorrisetto.
“E
poi, se aspettassi te, sarei già vecchia!”
continua,
buttandomi un’occhiata.
Sbam!
Di
nuovo con la storia che non ho iniziativa e bla bla
bla.
Che
poi è tutto vero.
Ma
io adesso che le rispondo?
“Ehm…”
comincio, guardandola negli occhi.
Oddio
oddio oddio.
Vado
in fiamme.
“E’
vero, probabilmente è così.” Dico,
senza distogliere
lo sguardo.
COSA?!
Ma
che risposta le ho dato???
“Ah
sì, eh?” mi dice lei, senza togliersi il
sorrisetto.
Si
ferma di botto,e con lei mi fermo io.
“Che…
che c’è?” le chiedo, quasi con un
sussurro.
Lei
mi fissa, seria.
“E’
questo il tuo modo di volermi bene?”
COME?!
“Oh…
io… Veramente, dai, lo sai che stavo scherzando”
dico, con una risatina.
Mi
gratto il gomido, leggermente a disagio.
“Ah
beh” mi risponde, fingendosi offesa.
Ricominciamo
a camminare.
“Perché
per un attimo ho creduto che non ti importasse
nulla”
“Ma
no, ma che, mi importa”
“Allora
esci con me, domani pomeriggio”
EH?
“S..
sì, certo” le dico, con la prontezza
d’animo di chi
ha ricevuto una bella tegola in testa.
Oh
Merda.
Domani
uscirò con Ivana.
Oh
Cazzo, Ivana mi ha chiesto di uscire.
SI!!!
Vai
così, Marta. Adesso devi solo concludere questo
incontro senza fare la figura dell’idiota.
“Ma…
dove stiamo andando?”
“In
bagno.”
“Ah.”
“Sì,
vorrei fumarmi una sigaretta. La cosa ti disturba?”
“Disturbarmi?”
le dico.
“Ma
no, ma che. Figuriamoci.”
“Tu
non fumi, vero?”
“No,
non mi piace. E poi fa male.”
Lei
aggrotta la fronte.
Forse
non avrei dovuto dirlo.
“
… Sì. Non così tanto. Insomma, se non
dovessimo fare
tutto quello che ci fa male…”
“Lo
so” la precedo.
“Ma
io lo faccio perché non sopporto il sapore.”
“Per
lo stesso motivo, infatti, non bevo alcolici”
“TU
NON BEVI?!”
Nulla
di strano, è la solita reazione che segue questa
mia affermazione.
Da
quando bere è diventato sinonimo di respirare?
Perché
nessuno mi ha avvisato?
“Sì,
non sopporto il sapore dell’alchool.”le dico,
stringendomi nelle spalle.
Lei
aggrotta la fronte.
“Certo
che sei una tipa strana, tu”
“E’
vero” le dico, sorridendo e con le guance rosse “
me
lo dicono tutti.”
Adoro
quando mi dicono di essere strana.
Sul
serio.
E
questo non perché io voglia essere un’alternativa
da
strapazzo che invade il web con le sue riflessioni inutili quanto
banali (ma
che lei considera comunque originalissime).
No.
Per
me è diverso.
Il
fatto è che io non amo la prevedibilità.
Siamo
arrivati in bagno.
Neanche
metto piede sulle pastrelle in ceramica che già
la puzza di fumo si impossessa della mia pelle, dei miei capelli e dei
miei
indumenti.
Maledizione!
In
ogni angolo ci sono gruppetti di ragazza che fumano.
Ivana
sembra contenta, e tira fuori il suo accendino e la
sua sigaretta.
Per
oggi dovrò trattenermi dal fare smorfie di disgusto.
Però
sono una vera ipocrita.
Perché
non mi piace fumare e non fumo, ma credo che i
fumatori siano veramente sexy.
Guardate
Ivana adesso.
La
sigaretta appesa tra le labbra sottili , si è
appoggiata con la schiena al muro. Tiene le mani in tasca, e fissa il
vuoto. I
capelli le incorniciano il viso e ogni tanto, con la delicata mano
destra,
allontana la sigaretta dalla bocca per gettare fuori il fumo.
E
neanche finisco questa riflessione che dentro la mia
testa parte “Fumo Blu”, una canzone di Mina che
dice proprio così:
“Con me tu puoi
Fumare la tua pipa quando vuoi
Perché mi piaci molto di più
E sei così romantico
Fumo blu, fumo blu
Una nuvola e dentro tu
E poi, e poi se un uomo sa di fumo
Ma sì, ma sì è veramente un uomo
E ti amerò finché vorrai
proprio perché sei così”
… Però
ovviamente nel mio caso è per una donna.
In
realtà
non ho ancora detto tutta la verità sulla mia passione
malsana per i fumatori.
E’ una
cosa
che ha a che fare con mio Padre.
Quando ero
piccola vedevo mio Padre fumare. Affacciato alla finestra, pensieroso e
con la
sigaretta in bocca, mi sembrava bellissimo.
A me
sembrava un eroe che rifletteva sulle sorti dell’intera
umanità.
Quando hai 8
anni queste cavolate le pensi spesso.
Ancora
adesso, Papà è per me l’eroe affacciato
alla finestra.
Anche se
quando torno a casa non c’è proprio nessuno che
riflette con una sigaretta in
mano.
Ma questa
è
un’altra storia.
“Perché
mi
guardi così?”
Oh.
Mi ero
imbambolata a fissarla.
Ennesima
figuraccia per Locanci.
“Nulla”
mi
affretto a dire.
“Conosci
per
caso la canzone ‘Fumo Blu’ di Mina?”
“Sì,
perché?”
“Niente,
la
stavo pensando proprio adesso”
E lei si mette
a ridere.
“Pensi
che
io sia bellissima quando fumo?” mi chiede.
La voce
delle altre ragazze che parlottano è un sottile brusio. Io
ho occhi e orecchie
solo per la ragazza che mi sta davanti.
“Sì.
Ma
anche senza sigaretta”
Sto
diventando di un colorito scarlatto, lo sento.
Lei sorride.
“Grazie,
cara.” Risponde, con un sorriso divertito.
“Di
nulla” le
dico, tossicchiando.
Lei butta
via quello che rimane della sua sigaretta.
“Ho
finito,
possiamo andare.”
Ma mentre
stiamo uscendo da quella cappa di fumo, nel bagno entra una ragazza
robusta e
con i capelli corti e rossi.
“Ciao,
Ivana!” saluta
“Ehi,
ciao
tesoro! Come va?”
“Bene
bene.Tu?”
“Bene
anche
io. Allora è tutto confermato per domani?”
“Sìsì,
certo. Domani a casa mia.”
“Ok.
Porto
anche Marta”
Marta sarei
io?
“Oh,
ehm.
Piacere, Marta” le dico, porgendole la mano.
“Piacere,
Sara” risponde lei, con un sorriso educato.
“Ma
sì, più
siamo, meglio è”
Che cosa
vorrebbe dire?
Quante
persone saranno , domani, con me ed Ivana?
Comincio a
provare un leggero nervosismo.
“Ok,
noi
andiamo.”
Fuori dal
bagno, non posso fare a meno di chiedere ad Ivana delucidazioni
riguardo quell’incontro.
“ Che
cosa
faremo domani, esattamente?”
“Oh,
nulla
di che” mi risponde lei, riavviandosi i capelli.
“ Un
pomeriggio tra amiche” dice.
Ma quando
pronuncia la parola “amiche” noto uno strano guizzo
nei suoi occhi e una
particolare inclinazione nella voce.
Che diavolo
mi aspetta, domani?
“Carissima
adesso devo proprio andare. A prossima ora ho un compito importante e
devo
sistemare i biglietti sul banco.”
Mi da’
un
veloce bacio sulla guancia, poi mi fa un occhiolino e dice:
“Ci
sentiamo
tramite sms, per domani”
Dieci minuti
dopo lei non c’è, mentre io sono rimasta
imbambolata a fissare il vuoto e
toccarmi la guancia.
Note
dell’autrice:
“Fumo
Blu, fumo Blu, una nuvola e dentro
tuuuu!”
E
sì, questa canzone mi piace
proprio. E poi anche a me, come Marta, piacciono i fumatori.
Cooomunque.
Alla
fine sono riuscita ad
aggiornare.
Gli
esami universitari mi stanno
scuoiando viva, e oggi, dal momento che mi sono svegliata con la voglia
di non
fare nulla, ho deciso di andare avanti con le mie storie.
Vi
informo adesso: le cose
diventeranno sempre più movimentate, per Marta.
Spero
che mi facciate sapere cosa
pensate di questo capitolo.
Alla
prossima, carissimi!
|
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Capitolo 9 *** Lesbo Sex, I love it! ***
La biondina
si abbassa gli short, passandosi la lingua sul labbro superiore, con
un’occhiata inequivocabile.
La mora, che
ha una farfalla tatuata sulla chiappa destra, non ha nessuna intenzione
di
togliersi il perizoma.
Preferisce
il lavoro di lingua, lei.
Si mette in
ginocchio davanti all’altra. Le pareti bianche della toilette
fanno risaltare
la sua malsana abbronzatura da lampada.
La bionda,
occhioni verdi e rossetto
fucsia, le
sorride maliziosa e le accarezza la chioma.
Io stringo
le gambe; Andrea poggia
il suo libro di
francese sul suo grembo.
La moretta
è
contenta, altro che.
Il tanga
rosa dell’altra scivola giù. Le labbra carnose
della Farfalla sul Culo si
avvicinano a quella valle rosa, depilata e morbida.
Un bacio
tenero, quasi una presa in giro.
La bionda
ride.
Un altro
bacio tenero, ma la lingua slitta fuori a sfiorare le Labbra.
La lingua fa
su e giù, su e giù. Lentamente sulla vagina
dell’altra.
“MA
CHE
CAVOLO STATE FACENDO?!”
Io e Andrea
saltiamo sulle nostre sedie.
Le comode
sedie su rotelle del Laboratorio di Francese.
Biagini
è
ancora al suo pc, tutto intento a guardare un documentario sulla Parigi
del
1789. In lingua originale, ovviamente.
Quella
dietro di noi, a bocca aperta e occhi fissi sullo schermo, è
Lidia.
“Shhhh
cazzo
urli” le sibila Andrea, rosso in volto.
Il guaderno
ancora stretto sul cavallo dei jeans, deciso a non dare spettacolo col
suo
Cavaliere Sveglio.
“Come
vedi,
guardavamo un Porno. Questo
prima che tu
decidessi di farci scoprire” le dico io, ironica.
“Che
succede, lì?”
Biagini si
è
sporto dalla sua postazione. Ci sta fissando, seccato.
“Locanci,
stai facendo attenzione al documentario?”
Cazzo.
“Ehm
… io …”
“Devo
forse
venire a controllare il vostro pc?”
CAZZO!
Andrea si
affretta a chiudere la finestra del Browser, senza togliere gli occhi
dal prof.
In
situazioni come queste io e lui abbiamo il dono della telepatia.
Comincio a
crederci sul serio.
“Locanci,
vieni a sederti vicino a me.”
Dio mio che
frantuma coglioni.
Mi alzo
lentamente dal mio posto, con un’espressione indecifrabile
sul volto.
Lentamente,
la coda tra le gambe, mi
avvicino a
Biagini.
“Siediti
a
quella sedia. E GUAI se cambi posto” mi dice, indicandomi con
la testa una
sedia dietro di lui.
Io mi
abbandono sulla sedia.
Che è
rotta.
Lo schiena
della sedia cede sotto il mio peso, e dalla mia bocca esce un
“OHHH!” mentre
evito di finire con il culo per terra.
La classe
ride.
Biagini, che
si era voltato a guardare lo schermo, torna a fissarmi, ancora
più incazzato di
prima.
Io lo fisso,
con un mezzo sorisetto imbarazzato.
“Allora”
dice alla fine lui “ continuamo a guardare il documentario.
Locanci, perché non
ci dici che cosa hai capito fino ad ora?”
Su, Marta.
Che cosa hai capito?
Cosa hai
capito, a parte il fatto che ad Andrea bastano dieci minuti per
raggiungere
un’erezione soddisfacente?
“Ehm
… sì.”
Comincio io. Tossicchio.
“Beh,
la
Rivoluzione Francese …”
“Vabeh,
lasciamo stare” risponde lui seccato, tornando a guardare il
monitor.
Io
arrossisco. Ho fatto l’ennesima figura di merda.
Beh, almeno
non mi ha lasciato continuare la scena muta.
Nella mia
tasca destra il cellulare comincia a vibrare.
Deve essermi
arrivato un sms.
Non posso
permettermi di leggerlo ora, con Biagini a due centimetri di distanza.
Fingo di
interessarmi al documentario, ma in realtà sto ancora
pensando a quelle scene
lesbo.
E a due
occhioni nocciola con dei dread.
Una pallina
di carta mi arriva in testa.
Mi volto
nella direzione del lancio. Francesca si sta sbracciando.
Sta cercando
di farmi capire che devo leggere il messaggio.
Con un movimento di testa le
indico il prof. Non
posso farmi scoprire, di nuovo.
Torno a
fissare lo schermo.
E quella
sigaretta tra le labbra, poi …
Altra
vibrazione nelle mie tasche.
Cavolo,
proprio non capiscono.
Ma io , dal
canto mio, sono proprio curiosa di sapere che cosa stanno cercando di
dirmi.
Lentamente,
attenta a non fare un minimo rumore, la mia mano scivola nelle mie
tasche.
Tiro fuori
il mio Lg Tribe e apro il messaggio.
“Oggi
non
sei sembrata molto contenta di vedermi”
Uh?
Che diavolo
vorrà dire?
Solo
leggendo il nome del mittente ricollego tutto. E il sangue mi si gela
nelle
vene.
Silvia.
Il messaggio
è di Silvia Cielo.
Rimetto il
cellulare in tasca. Non ho proprio nessuna intenzione di risponderle.
Ma dico io,
come cazzo si permette?
Dopo tutto
quello che c’è stato, dovrei anche fare i salti di
gioia quando la vedo?
Che altro
vuole? Che le chieda di camminarmi sulla schiena?
No, no.
Neanche le
rispondo.
Non si
merita neanche un nano
secondo del mio
tempo.
No, no, no.
Non le risponderò.
E’ un
capitolo chiuso, e basta.
Non è
degna
di un mio sms.
Due secondi
dopo ho finito di scriverle la mia risposta:
“Beh,
che ti
aspettavi? Non so, dopo quello che è successo, mi sembra
un’atteggiamento
normale.”
Cos’altro
potrei scriverle?
Nella
mia mente si forma
subito la parola
“Troia”.
Ma no, non
posso scriverglielo. Non ancora.
Invio il
messaggio.
Biagini si
volta a spiegare qualcosa sulla Rivoluzione.
“La
fase del
Terrore, ragazzi …”
Vibrazione.
Voglio
proprio vedere che cosa mi ha risposto.
“
Capisco
che sei arrabbiata con me. E’ normale, hai ragione. Ma sai,
ci sono un sacco di
cose che vorrei dirti. Cose che dovresti capire. Ti prego, vediamoci ,
uno di
questi pomeriggi. Ho veramente bisogno di parlarti.”
Le scrivo
subito la mia risposta.
“ Ah,
bene.
Meno male che lo capisci anche da te che è legittimo
portarti sul culo.”
Sciaff!
Non ho
più
il cellulare in mano.
Una mano me
l’ha tolto con un movimento improvviso.
Alzo la
testa, incazzatissima.
I miei
occhi, dal punto in cui
prima era il mio
cellulare, vanno a cercare chi me l’ha preso.
Merda.
Biagini
è
ancora più incazzato di prima.Il mio cellulare nella mano
destra, mi dice:
“Questo
te
lo ridò alla fine delle lezioni.”
Note
dell’autrice:
Capitolo di
transizione, che cerca di farvi capire cosa sta per succedere.
L’esame
è
andato male.
L’assistente
era una stronza che mi ha preso a calci in culo e io, da brava
depressa, oggi
ho passato la giornata a dormire.
Yawn.
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Capitolo 10 *** Cap 10: Un Grande Ritorno. ***
CAP 10: Un
Grande Ritorno.
Cammino con
la coda tra le gambe, come un cane che è stato appena
sculacciato.
Andrea e
Lidia mi raggiungono,disponendosi ai miei lati.
“ahò,
ma che
ti ha detto il prof?” mi chiede Andrea, sinceramente
preoccupato.
E che mi ha
detto Biagini?
Non
rispondo, seccata.
Ancora mi
rode il culo per le 300 recenti figure di merda.
Davvero.
In questa
settimana è come se stessi facendo una gara con me stessa.
Vedo
già il
titolo sui giornali:
“Marta
Locanci batte il record di scene imbarazzanti in breve tempo”.
“Oh?”
Lidia
cerca di riportarmi alla realtà.
Mi volto per
controllare che Biagini non sia nelle nostre vicinanze,poi attacco a
parlare.
“Ma
niente…che sono sempre distratta… che i
professori credono io non stia dando il
meglio di me…” dico, la voce bassissima.
Loro due non
rispondono, e non dicono nulla per il resto del tragitto verso la
classe.
Ed è
meglio.
E’
meglio
perché io non voglio ascoltare la mia voce triste e
incazzata.
Perché
sì,
non mi ha fatto piacere fare quella figuraccia con il prof, ma non
è questo che
ha cambiato la mia giornata.
Non voglio
proprio accettare che il mio cellulare sia colpevole di tutto questo.
Non voglio
pensare che la tecnologia sia stata la mia rovina.
Non voglio
ricordare che una chat privata mi abbia fatto conoscere Silvia.
Perché
sì,
cellulare e pc e anche il mio autobus ora sono infestati dal suo morbo,
dal suo
fastidioso fantasma.
Una macchia
sul pavimento che l’ammoniaca non lava via.
La mia mano
corre nella mia tasca, prendendo il cellulare.
Ancora non
le ho risposto.
“
Capisco
che sei arrabbiata con me. E’ normale, hai ragione. Ma sai,
ci sono un sacco di
cose che vorrei dirti. Cose che dovresti capire. Ti prego, vediamoci ,
uno di
questi pomeriggi. Ho veramente bisogno di parlarti.”
Biagini mi
ha tolto l’LG di mano proprio mentre stavo scrivendo la
risposta, quindi non l’ho
inviata.
Mi fermo
sulla porta dell’aula, prima di entrare.
La risposta
che avevo pensato non mi convince.
Io la odio come
poche cose nella mia vita, e su questo non c’è
dubbio.
“ Cosa
vorresti dirmi?” le scrivo.
Ma anche lei
ha diritto di parola. No?
Neanche
finisco di pensare che già sento la vibrazione.
“Vediamoci.
Ti prego. Voglio abbracciarti”.
Tremo.
Tremo e non
so cosa pensare.
Come cazzo
è
possibile che mi faccia questo effetto?
Non ci siamo
lasciate da molto… Non MI HA LASCIATA da molto.
Però
lo
trovo umiliante.
Vorrei
essere forte e sprezzante, tutta protesa in avanti, pronta , piena di
progetti
e di voglia di nuove conoscenze.
SOTTO A CHI
TOCCA!
E invece no.
Il mio
pollice è veloce sulla tastiera:
“Ok.
Oggi
stesso, oggi pomeriggio. Il solito posto. Anche doposcuola.”
Avrei mille
cose da fare al posto di vederla.
Una doccia,
un film, leggere, disegnare, scrivere. Studiare.
“Ok.
All’una
e mezza”.
Ma no.Le do
ancora lo spazio che non si merita.
“E
così sia”
le scrivo, sperando che il gelo delle mie parole la raggiunga.
“In
classe,
Locanci” mi ordina la Butoli, insegnante di Matematica.
Mi siedo al
mio posto, disinteressata e disgustata da tutto.
Note
dell’autrice:
Evvai.
Pare che io
sia di nuovo in pista, mie care.
Ho pensato
che Marta è stata lasciata in sospeso, così, a
bocca aperta mentre cercava affannosamente
il suo cellulare sparito chissà dove.
E non era
giusto.
Non è
giusto
perché ho una buffa teoria: i nostri personaggi vivono.
Vengono al
mondo il primo giorno che scriviamo di loro, che imprimiamo lettere
sulla
pagina bianca.
E hanno
bisogno di noi.
Sempre.
E quando una
storia finisce?
Eh…
quando
una storia finisce, i personaggi smettono di vivere. E ritornano a
vivere
ogniqualvolta qualcuno legge la storia.
Sono
fermamente convinta che non siano consapevoli di rivivere per due, tre,
quattro
volte le stesse situazioni. Per loro è sempre roba nuova.
Ma non
c’è
niente di più crudele che lasciare un protagonista in
sospeso.
Soprattutto
se questa protagonista è Marta Locanci.
Non ricordo
se ve l’ho mai detto, ma sono molto affezionata a lei.
Perché si da il caso che
Marta sia io.
Marta non
è
altro che una piccola Me, che ha visto meno cose di quelle che ho visto
io.
Con meno o
forse più cicatrici sul corpo.
Con
più
mancanze, ma più pulita.
E il titolo
del capitolo, infatti, non è dedicato tanto agli sms di
Silvia, quanto a me.
Al mio
ritorno.
A me che
sono una persona diversa dalla Klowl che cominciò a scrivere
questa storia.
A me che
sono mille volte più incasinata e bisognosa di energia
positiva.
Cosa che le
vostre recensioni riescono a darmi.
Sono curiosa
di sapere cosa avete fatto, in questo tempo.
Scrivetemi…un
abbraccio.
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