Cattivissimi noi

di blitzkingful
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Bad boys ***
Capitolo 3: *** Ogni cosa è meglio con i missili! ***
Capitolo 4: *** Tensione ***
Capitolo 5: *** Giorno libero ***
Capitolo 6: *** Ceneri ***
Capitolo 7: *** Cuore criminale ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“La maggior parte dei cattivi lo è a causa di un qualche… passaggio difficile nella sua infanzia. Un torto subito, scarsa considerazione, pene d’amore o qualunque altro duro colpo all’autostima… e per sfogarsi si decide di farla pagare al mondo intero. Io no. Io sono malvagio da sempre. Un criminale nato.”

Spark Speegeil si presentava così ai suoi interlocutori (non che ne avesse tanti) e, diversamente da molti, non andava troppo lontano dalla verità. Fin dalla culla, il piccolo Spark manifestava il tipico genio senza pari, che impiegava però sempre ed esclusivamente per fini di dubbia moralità… già all’asilo! Una povera maestra, rea di averlo messo in castigo, finì risucchiata in un buco nero generato da un macchinario costruito dal bambino! Spark credette di averla vaporizzata (“Evvai!”), ma la ritrovarono un anno dopo in Micronesia (“Azz!”)… Nonostante le ripetute denuncie e i costanti appostamenti dell’FBI, la vita in casa Spiegel scorreva tranquilla: i genitori avevano capito che il pargolo era venuto fuori così di suo, e l’avevano accettato. Spark trascorse così un’infanzia tranquilla… Almeno fino a quando non fu più figlio unico. Moira, così si chiamava la sorellina, si dimostrò brillante e cattiva quanto il fratellone… “…Se non addirittura di più!” si lasciò sfuggire la signora Speegeil un brutto giorno. Per Spark, già sotto pressione per la nuova concorrenza, fu l’ultima goccia. Nottetempo ritoccò la fedina penale della madre, ripulendo anche la propria. Il giorno dopo la donna venne arrestata e ancora oggi non è uscita. Spark fuggì quella sera stessa, deciso più che mai a diventare il più grande genio criminale della storia. Aveva solo sette anni. E nessuno avrebbe mai sentito parlare di lui, se mentre attraversava la strada non si fosse accorto dell’enorme razzo che stava per travolgerlo.

Dieci anni dopo, laboratorio misterioso, sera.

Spark il razzo l’aveva visto eccome, dopo averlo sentito: solo un idiota non si sarebbe accorto del caos generato da quel gigante di lamiera che distruggeva l’asfalto al suo passaggio. Calmatesi le acque, si era fermato ad esaminarne la struttura: chiunque ne fosse l’artefice, era un genio, essendo riuscito a ricavarlo da materiali di seconda mano! Spronato da questo esempio, negli anni Spark aveva affinato le sue tecniche ingegneristiche, imparando a costruire congegni funzionanti con il solo materiale a sua disposizione, di qualità o meno. Quel giorno stava lavorando a un gigantesco robot dalle sembianze di mantide religiosa: l’idea era dotarlo di tutti gli armamenti possibili e poi servirsene per andare alla conquista della Casa Bianca. Semplice ed efficace.
Stava per sistemare un bullone fondamentale, quando il cellulare squillò. Lanciando mille accidenti, premette il tasto di risposta, sapendo già chi ci fosse all’altro capo…
-Pronto.- 
- Ehilà, fratellone!-
-Qualunque cosa sia, non mi interessa, Moira.-
-Sicuro?-
-Come è vero che sono un maschio.- -Daaaai, non dire così! E’ una notiziona bomba!- Te la lancio io la bomba pensò Spark; -Ti ho già dett…-
-Ho conquistato la Scandinavia!!!- Spark allibì. Moira era già arrivata a quei livelli?! -… il prof VanArthur ha calcolato che di questo passo riuscirò ben presto a dominare tutta l’Europa! Non è fantastico?-
-Sssè… bof.. massì… già qualcosa…- replicò indifferente. Moira tacque per un paio di minuti, poi azzardò perplessa: -Ma… ti pare poco?-
-Confronto al MIO progetto, eccome.- La ragazza fischiò ammirata: -Però! Non vedo l’ora di sapere che cosa hai in mente…- Eh, perché vengo a dirtelo… fu la risposta mentale di Spark;
-Ah, piuttosto… questa settimana… ti va di venire a cena da me?-
Ancora?! Ma era fissata! Ogni settimana provava a farlo venire da lei per umiliarlo (perché la cena era di sicuro una scusa) … ma era un piano destinato sempre a fallire! –Certo!- rispose Spark; -Perfetto! Allora venerdì alle 7!-
-Venerdì alle 7…- ripetè il giovane. La chiamata terminò, e Spark si affrettò ad appuntare su un post-it: Venerdì, alle 7, rendersi irraggiungibile da Moira. –E adesso, Manty, torniamo a noi!-
Ma “Manty” il robottone crollò all’istante. Tutto per un bullone in meno. E una sorella di troppo.

Quella notte, museo cittadino.

Una figura longilinea raggiunse la stanza principale zigzagando tra i corridoi. Al centro della camera, il suo bersaglio: uno dei più grossi diamanti del mondo. L’ombra, che era ovviamente un ladro, sorrise sotto il passamontagna. Tirò fuori dal borsone un paio di occhialoni e li indossò. Subito gli si dispiegò innanzi una delle più aggrovigliate matasse di raggi infrarossi che avesse mai visto. Senza esitare, vi si tuffò. Se ci fosse stato qualcuno ad assistere alla scena, sarebbe rimasto attonito dalla fluidità di movimenti con cui l’”Arsenio Lupin” evitava i laser. Questione di una manciata di secondi, e raggiunse il diamante. A questo punto si sfilò un guanto, rivelando una mano squamosa decorata da cinque artigli belli appuntiti. (Come ci erano entrati nel guanto?!) Al pari di un compasso a punta di diamante, l’unghia dell’indice tagliò il vetro della teca come se fosse burro. Tolto il pezzo rotondo, più ampio di come si fa di solito, il criminale frugò nel borsone fino a trovare un sacchetto. Rapido, lo scambiò col diamante, e rimase in attesa. Nessun allarme. Bene! Poteva tornare indietro. Peccato che si fosse dimenticato di mettere via il gioiello: lo stringeva ancora in mano. Così, quando passò fra i laser, questi vennero riflessi dal prisma, rimbalzando di qua e di là fino a beccare il ladro (non tanto professionista). –Cazzo!- sibilò. In un attimo la stanza fu tutto un brulicare di guardie.
–Ma dove eravate prima?- scherzò il furfante. BANG! Le forze dell’ordine non hanno senso dell’umorismo, si vede.
La pallottola beccò di striscio il bersaglio vivente, che però nella confusione lasciò andare il diamante. Non ebbe l’occasione di recuperarlo, vista l’imminente nebbia balistica che si prospettava.
Pancia a terra, si mise a strisciare a tutta velocità verso una colonna all’angolo della stanza, e prima che gli spari potessero raggiungerlo, si attaccò al pilastro con un rampino. Con una rapidità da far invidia ai vampiri di Twilight, raggiunse subito il tetto. Da lì, usando di nuovo il rampino, si nascose su un edificio adiacente. Mentre i guardiani del museo chiamavano la polizia, Chad Fry (questo il nome del ladro) fremente di rabbia, si tolse il passamontagna. La sua faccia era come le mani: verde e squamosa. Gli occhi erano di un giallo intenso, con due fessure nere come pupille.

La mattina dopo, periferia.

Nessuno aveva voglia di farsi tutta la strada per il centro, così la banca cittadina aveva aperto una filiale periferica. Niente di speciale, due sportelli, un solo caveau, orari ridotti…
ma per Crook e la sua banda era sufficiente. Entrarono tracotanti e si diressero verso lo sportello sinistro, l’unico in servizio in quel momento. –Tutto il cucuzzaro, please- dichiarò beffardo Crook. L’impiegato, per nulla spaventato (questa è nuova, pensarono i ladri) rimase fermo a fissarli. Questi sono principianti, pensò l’uomo, non sapranno del pulsante d’allarme sotto tutti gli sportelli delle banche. Ho detto principianti? Facciamo ignoranti.
Mentre il segnale allertava la polizia, il caveau iniziò a vibrare. L’impiegato si voltò, iniziando a spaventarsi (finalmente, pensò Crook). Senza preavviso, il portellone blindato saltò in aria. Dal fumo emerse una figura allampanata e smilza. Sembrava una cavalletta su due zampe. I capelli erano ritti senza un solo ciuffo all’ingiù. Quando il fumo si diradò, l’impiegato bancario notò che braccia e mani, gambe e piedi e la parte superiore della faccia erano… robotiche. La pelle organica (quel poco che si vedeva) era giallognola, cosa che, insieme ai capelli neri, lasciava intendere un’origine asiatica.
–Truman Wing, il nostro… jolly!- lo presentò Crook. Truman sorrise ingenuamente. Il cyborg reggeva sacchi di dollari fra le mani. In pratica, era lui che si occupava del furto vero e proprio, gli altri erano solo un diversivo. Crook mise a nanna il bancario e dichiarò: -Qui abbiamo finito, prendiamo un sacco ciascuno e andiamo!- La gang scappò, seguita da Truman. Crook era al settimo cielo. Di sicuro saranno milioni di dollari, e tutto in una sola mattinata! Trovare quel cyborg è stata una botta di culo pazzesca! pensava correndo; quasi quasi mollo gli altri e mi tengo solo Lattinaman: è stato l’unico a rendersi utile e di sicuro può portarla tutta lui, la refurt…-MANI IN ALTO!- perdere tempo in banca era stato controproducente. Erano circondati dai piedipiatti, nessuna via da fuga. Il capobanda, per niente intimorito, schioccò le dita: -Truman,fai quel trucchetto del bazooka.-
Silenzio.
I poliziotti rimasero perplessi. –Ma delira o cosa?- chiese uno. Crook iniziò a sudare. –Truman?- ringhiò a denti stretti.
Si voltò verso i suoi sgherri, e gli venne un colpo quando non trovò nessun corpo cromato tra di loro. Cos’era successo? Bè, erano passati davanti a una fumetteria, e Truman, un po’ nerd, era rimasto incantato dal modellino dell’Unicorno Oscuro del Massacro, personaggio di una serie a fumetti che leggeva fin da piccolo. Rimasto a sbavare davanti alla vetrina, si era del tutto scordato del furto. Anzi, aveva sfondato la vetrina con un pugno, preso l’unicorno e se l’era data a gambe nella direzione opposta ai suoi “complici”. Mentre Crook andava incontro al suo destino, Truman, sul metrò, rimirava il suo personale trofeo.

Casa di Gru, il giorno prima.

La vita va avanti. Questo continuava a ripetersi il criminale dal naso puntuto, osservando la foto di Nefario, venuto a mancare due settimane prima, proprio il giorno del suo compleanno. Certo, prima o poi doveva succedere, era talmente in là con gli anni che non teneva più il conto esatto… ma proprio durante il suo compleanno! Almeno non aveva sofferto: si era accasciato sulla torta, mentre stava per spegnere le candeline, senza rantoli o dolori apparenti, senza niente. Come se si fosse addormentato dalla noia. E sulla torta, ricordiamocelo: un modo più dolce di questo per andarsene… ma si sa, una perdita, per quanto edulcorata, è pur sempre una perdita. Gru non aveva perso solo il suo tecnico scientifico, ma anche un amico fidato e affezionato. Per sublimare lo shock, però, decise di concentrarsi sul lato “scienziato”: -Mi serve un altro tecnico per le invenzioni!- sentenziò ad alta voce. –Kristoph!- un Minion poco più alto e magro degli altri, con un bel ciuffo nero di capelli, si voltò: -Poka?- chiese.
Gru, con la faccia più risoluta possibile, ordinò: –Carta e penna, subito!-
CONTINUA

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Capitolo 2
*** Bad boys ***


Banca del Male, tardo pomeriggio.

-Come sarebbe a dire “no”?!- protestò Spark.
Quell’omone di Mr. Perkins inarcò un sopracciglio: nessuno si era mai rivolto con quel tono a lui, il direttore della Banca del Male.
-Per una volta che necessito di liquidi, mi negate il versamento?! Va bene che siamo i cattivi, ma questo è ridicolo!- seguitò il baldo giovine.
-Mi rincresce, Speegeil- replicò in apparenza tranquillo Perkins, -ma la maggiore età è un requisito irrevocabile per accedere ai nostri servizi-
A Spark iniziò a pulsare una vena sul collo. Tutto quel bailamme a causa di Moira: se lei non avesse chiamato, il robo-mantide non sarebbe collassato, e Spark non sarebbe dovuto strisciare in ginocchio a chiedere un prestito al ciccione davanti a lui. Perché va bene arrangiarsi, ma un lavoro del genere richiedeva comunque costi altissimi. E ora saltava pure fuori che non era abbastanza grande! Il colmo! C’era di che impazzire!
–Sempre così, voi vecchi decrepiti! Dite che siamo il vostro futuro e poi ci tarpate le ali!- ringhiò infatti.
La pazienza del bancario criminale, già messa a dura prova, andava ormai collassando. Nemmeno suo figlio gli era mai parso così irritante! Soppresse l’impulso di tirar fuori la metafora della mela (e la mela da spremere), fece un respiro profondo (molto profondo, due minuti buoni) per poi tornare a rivolgersi a Spark, con il tono più paterno che potè: -Ascolti, Speegeil... la veda così: magari non è ancora pronto per lavorare in proprio!- Certo che lo sono, ammasso adiposo, se quella gallina di mia sorella lo è…!!! Stava per uscirsene con una risposta simile, ma Perkins fu più rapido: -Perché non si fa le ossa in una società già avviata? Voi giovani avete bisogno di partire dalla gavetta, per coltivare al meglio il vostro potenziale! E io in lei ne vedo parecchio! Oh, se gliene vedo! … Non come quel disgraziato di mio figlio…-
-Chi, l’Omino sulla Luna?- Spark aveva letto la storia di Vector su Internet.
Il bancario, a cui mai era andata giù la faccenda della luna, stavolta perse davvero la pazienza:
-FUORI DAI PIEDI.-

Sala d’attesa della banca, poco dopo.

Chad stava scomodo su quel lussuoso divano rosso. Per distrarsi, prese una rivista dal porta giornali lì accanto, ma quando lesse il titolo in copertina (Borse in pelle di rettile: successo!) gli passò la voglia di leggere. Tamburellò le dita sulle ginocchia, lanciando occhiate stizzite alla zona terminali, una stanza a pareti trasparenti dove i clienti della banca si connettevano per ottenere informazioni per organizzare nuovi colpi. Dopo il fiasco al museo, Chad aveva bisogno di rifarsi. Peccato che nessun computer, al momento, fosse disponibile.
–Odio stare in attesa- sibilò fra sé e sé il ragazzo-serpe. Finalmente una postazione si liberò, e Chad si alzò con un –Oh!- esasperato. Nel momento in cui stava per entrare nella stanza, l’utente a cui si sarebbe dovuto sostituire gli finì addosso. Uno scontro pazzesco: all’uomo rettile era parso di aver battuto contro una parete di ghisa! Con l’adrenalina che gli faceva la ola, Chad diede addosso all’altro:
-Cos’è, guardare dove vai è fuori moda?!-
-Mi scusi…- entrambi si paralizzarono. L’uno era estremamente familiare all’altro…
-Truman?-
-Chad?- qualche attimo di smarrimento, poi esclamazioni di sorpresa, breve esultanza, pacche sulle spalle (solo di Chad, Truman sfondava lo sterno con le sue), seguiti da una terza voce: -Chad?! Truman?!-
Uomo serpente e cyborg si voltarono, perplessi: -Spark!!!- esclamarono poi, all’unisono. I tre si erano conosciuti da bambini, l’estate prima che Spark fuggisse di casa, in un campo estivo. Insieme avevano fatto vedere i sorci verdi agli animatori. La loro era una vocazione! Rimasero lì a parlare del più e del meno.
–Siete un po’ cambiati in questi anni!- ridacchiò a un certo punto Spark, ironizzando sul nuovo aspetto degli amici.
–Bè, colpa di mia madre- ribattè Chad –ha sbarellato di brutto con quei suoi bio-esperimenti, e… io ero la sua cavia.-
-Allucinante.- fu il commento di Spark, -E tu, Truman?- chiese subito dopo.
–Mah, stavo giocando con un paio di amici in mezzo alla strada, è arrivato un camion, io non l’ho visto arrivare, poi ci ha messo le mani mio padre, sai, l’inventore.- rispose tutto d’un fiato l’uomo robotico. Spark fece per replicare, ma la sua attenzione cadde sul giornale che il suo amico cyborg teneva sottobraccio. La pagina visibile era quella degli annunci, dei Geni del Male, ovvio. Il giovane genio se lo fece dare e si concentrò sulle richieste di personale: le parole di Perkins gli risuonavano in testa da quando aveva lasciato il suo ufficio, e su di esse il ragazzo stava architettando un nuovo, diabolico piano.

Quartieri residenziali, un’ora dopo.

Spark, Chad e Truman camminavano in mezzo alle casette tutte uguali alla ricerca di qualcosa. O meglio, era Spark che cercava, gli altri due lo seguivano e basta.
–Spark, se gentilmente volessi ragguagliarci su cosa cazzo ci facciamo qui, te ne sarei eternamente grato- esordì seccato Chad, dopo ore di silenzio. Spark lo guardò di sbieco, dopodiché tornò a dargli le spalle. Pochi secondi dopo, parlò: -Ecco la risposta che volevi.-
Chad e Truman si piegarono di lato per vedere quel che indicava il loro amico: una casa nera, con un giardino secco e incolto. Del tutto fuori tema con le altre case del quartiere. Spark rilesse un annuncio del giornale di Truman: -“AAA cercasi tecnico scientifico e ingegneristico, presentarsi al numero bla bla bla bla bla, citofonare Gru”. E’ questa.-
I tre si diressero verso la porta d’ingresso, con Chad e Truman rosi dai dubbi: -Ma Spark, io ancora non ho ben capito…- mormorò appunto Truman.
-Non è difficile, insomma!- sbuffò Spark, - E’ un’occasione d’oro per tutti e tre: ci facciamo assumere come assistenti, ci guadagniamo la fiducia di…Gru, o come si chiama, e poi… BABOOM!!!- i suoi due interlocutori sussultarono -…gli usurpiamo il trono.-
-Eh?- fece Truman, con conseguente esaurimento nervoso di Spark: -Gli soffiamo via tutto! Attrezzature, finanze, sgherri, varie ed eventuali! Quel che è SUO diverrà NOSTRO!-
-…o TUO, dipende…- commentò a mezza voce Chad. Il ragazzo genio preferì ignorarlo. Riguardando l’annuncio, suonò il campanello. Cinque minuti ad aspettare. Finalmente… -Chi è?-
-La rondine di balsa si scioglie negli asfodeli- recitò Spark. Gli altri due lo guardarono come si guarda uno che gira nudo per strada.
–Cheeee?!- chiesero dalla porta. Spark ripetè il delirio, ma nulla di fatto. Il padrone di casa troncò l’assurdo dialogo: –Non mi interessa niente, ok?-
Spark imprecò a denti stretti, per poi tirare un calcio alla porta. –Ouch! Il ginocchio!!- si sentì da dentro.
–ECCHECUSPIDE! E’ la parola d’ordine! Siamo qui per l’annuncio!- tuonò Spiegel senza un briciolo della sua tipica flemma.
–Aaaaah! L’annuncio! Dirlo subito?!- si udì un rimestare fra i lucchetti, e infine la porta si aprì. Sulla soglia stava un uomo di mezza età calvo, col naso adunco, spalle larghe e gambe sottili, un aspetto piuttosto buffo. E infatti Truman si mise a ridere.
–Sssssalve…- azzardò l’uomo, a disagio –io sono Gru… volete… volete accomodarvi?-

-Lasciatemelo dire, non mi aspettavo una risposta così presto. Lieto che abbiate accettato.- Gru si dimostrò un eccellente padrone di casa, ma senza troppi giri di parole arrivò all’argomento principale:-Credenziali?- Spark prese la parola per tutti e tre: -Ordunque, io mi chiamo Spark Speegeil, sì, l’ha già sentito questo cognome, non interrompa. Sono specializzato in meccanica, nanomeccanica, biogenetica, elettrotecnica, ingegneristica generale, fisica teorica, sperimentale e quantistica. Per farle un esempio, ecco i miei CalamiStivali, nome poco originale, lo so, ma l’importante è che funzionino.- schiacciò un pulsante sopra al tallone e subito la suola si irradiò di energia magnetica. Alzato il piede, attirò non poche pentole dalla cucina. Sbreng! –AHIO!! …ehm… e questo è niente in comparazione al resto. Chiaramente sono il diretto interessato all’annuncio… ma passiamo ai miei tirapiedi.-
-TIRAPIEDI?!- s’inalberò Chad, per poi beccarsi uno scappellotto.
–Chad Fry, è un mutante dotato delle capacità di un serpente proporzionali a un corpo umano, che lo rendono un ladro provetto. Ottimo per le missioni stealth. Il palo telegrafico qui presente è Truman Wing, cyborg di ultima generazione delle Industrie Wing. Forza sovrumana, scanner di ogni tipo, armi da fuoco incorporate, il meglio per le operazioni di sfondamento.-
Gru era sinceramente impressionato: certo che le nuove leve sapevano il fatto loro! –Ragazzi miei, trovare gente come voi al primo colpo è una fortuna unica, per quanto mi riguarda, siete ass…-
-FERMI UN MOMENTO!!!-
Spark fremette d’impazienza: cos’altro lo ostacolava?! Guardò il punto da cui era arrivato lo strillo e capì: ragazze. Matematico. Erano in tre, una bruna, una bionda e una mora. Molto carine, a dirla tutta, ma Spark non aveva tempo per le relazioni. E comunque portavano guai, era chiaro: la bruna, la più grande a vederla, avanzò risoluta verso Gru e gli si parò davanti: -Papà, non intendo dividere lo stesso tetto con degli emeriti sconosciuti!-
"Papà"?! Di bene in meglio… -Io e papà stiamo discutendo di lavoro, torna a giocare con Barbie&Ken, eh?- alla provocazione, la ragazza rispose con un’occhiataccia a Spark, che ammutolì per un attimo. –Perché hai un occhio bianco?- chiese la ragazza mora, la più giovane. Spark aveva infatti l’occhio sinistro guasto. Era successo qualche anno prima con una pistola laser difettosa…
-Mi è preferibile non parlarne- rispose con tono vagamente isterico. Intanto, Gru stava animatamente discutendo con sua figlia: -Insomma, Margo, ne abbiamo già parlato, mi serve un nuovo scienziato per…-
-Certo, certo, è la priorità… non ti aiuterà, non CI aiuterà, a superare…quello, lo vuoi capire?!-
-Non intendo tornare sull’argomento, Margo!-
-E comunque, non c’era bisogno di quell’annuncio! Io, Edith e Agnes possiamo benissimo occuparci del lavoro!- era un discorso privato fra loro due, infatti si erano appartati, ma cominciavano ad alzare troppo la voce.
–AH-EHM!- fece rumorosamente Spark, -siete giunti a una conclusione o dobbiamo sostare qui all’ingresso fino a domattina?!-
Gru, sotto pressione, si massaggiò le tempie prima di replicare: -OK, OK, sentite qua: adesso metterò alla prova i vostri due terzetti. Chi si dimostrerà più abile nelle prove che proporrò, lavorerà per me!- Spark, furente, dovette accettare. Gru chiamò a raccolta i suoi sgherri, i Minions, piccoli esserini gialli. Uno di loro, Kristoph, recitò a Spark, Chad e Truman la ridicola parola d’ordine dell’annuncio. Ce l’aveva inserita lui!
-…ad ogni modo, scorta questi tre nella camera per gli ospiti. Iniziamo domani.- concluse Gru. Mentre ognuno se ne andava per la propria strada, la bionda, Edith, provocò beffarda Chad: -Domani finirai ai miei piedi! Mi piacciono gli stivali…-
-T’ammazzo!- ruggì di rimando lui.

Stanza degli ospiti, sera.

-Le mocciose non erano previste.- affermò Spark a dita giunte; -Odio gli imprevisti.-
-Allora niente Monopoli?- domandò sconsolato Truman, rimettendo via la scatola del gioco.
Chad intanto leggeva su un foglio attaccato alla parete le regole imposte da Gru: -Tsè, sentite qua: “non toccare niente, a parte aria e pavimento, niente starnuti, rutti, puzzette e niente rumori molesti”! Ma tu guarda che…!-
-Uhm, ragazzi- fece Truman –secondo voi questo è un rumore molesto?- PEEEEEEEEEEEEEEEEEH!!!
Quella maledetta trombetta da stadio non assordò Spark e Chad per puro miracolo. Trattenendo a stento la furia omicida che gli cresceva dentro, Spark sbottò: -Ti smonto pezzo per pezzo se lo rifai!!!-
E mentre i ragazzi sfoggiavano elegantemente le loro qualità, nella stanza adiacente Margo commentò: -Se siamo fortunate, si butteranno fuori da soli.-
CONTINUA

NdA:
-Ho reinterpretato le scene del calcio alla porta e del rumore molesto per puro divertimento, non per mancanza di idee! Soprattutto l’idea della trombetta mi allettava...
-Caratterialmente parlando, per Spark mi sono basato, almeno inizialmente, su Sheldon Cooper, uno dei protagonisti di The Big Bang Theory.
-Non ho fornito una descrizione adeguata di Spark, indi percui eccola qui: ha i capelli bruni, coda di cavallo, l’occhio destro, quello buono, è rosso scuro, indossa una maglietta con il marchio di una rock band sotto il tipico camice bianco, guanti da lavoro viola e i CalamiStivali, rosso chiaro, hanno le suole enormi.
-Di Chad non ho detto che ha i capelli arancioni, sparati in ogni direzione, quando non è in servizio indossa una felpa normale. Truman va sempre in giro in abiti leggeri, con motivi a tema hawaiiano. Ora siamo a posto.
-Parlando di periodicità, sempre due capitoli alla settimana NON credo di potercela fare. Uno ogni sette giorni sì, salvo imprevisti.

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Capitolo 3
*** Ogni cosa è meglio con i missili! ***


La mattina dopo.

Truman si svegliò per ultimo. Staccatosi la spina per la ricarica (lo alimentava una batteria al litio) cercò di orientarsi nella nuova abitazione. Seguendo l’invitante profumo di waffles, alla fine raggiunse la cucina, dove si erano riuniti tutti gli altri.
–‘Giorno!- fece il cyborg.
–Ciao.- rispose Chad da dietro il giornale. Era di pessimo umore per la nottataccia insonne: non mangiava da due giorni e lo stomaco l’aveva tormentato!
-Lieto di constatare che ti sei degnato finalmente di presentarti.- commentò sarcastico Spark, mentre si gustava… un ghiacciolo.
–Si può sapere come fai a mangiarlo a quest’ora?!- fece Margo, scioccata. Spark non fece una piega: –L’idea di attribuire un orario specifico agli alimenti è il parto di un emerito deficiente, signorinella.-
Margo si alzò minacciosa dalla sedia. Spark, bisogna proprio dirlo, aveva un talento naturale per far imbestialire istantaneamente il prossimo. Gru, tempestivo, si frappose fra la figlia e Speegeil.
–Ehm! Parlando d’altro- esordì –Qualcuno di voi ha visto Kyle venendo in cucina?- Stranamente, quel coso simile a un cane non si era ancora fatto vedere. Forse si stava nascondendo da Agnes, la quale diede per prima risposta negativa, seguita dalle sorelle.
Fu poi la volta dei ragazzi: -No, spiacente-; -Neanche so che faccia abbia-; -Mai vist…BURP!- all’improvviso, Chad espulse dalla bocca un piccolo cerchio di stoffa dalla fibbia metallica: un collare. Finì sul tavolo, proprio davanti ad Agnes: -Cagnolino tutto pelo!- pigolò con le lacrime agli occhi! Tutti gli sguardi erano ora puntati sul ragazzo-serpe, che tentò una fuga diplomatica: -Morivo di fame…!-
Gru, tramite forze primordiali, avvertì l’imminente baraonda e intervenne di nuovo: -Calma, calma, non facciamone un dramma! Era già bello vecchio!-
In tutta sincerità, non gli dispiaceva la prospettiva di non dover più subire attentati mordaci. Toccare il tema della vecchiaia gli fece però  tornare in mente  Nefario: per scampare a dolorose rimembranze, cercò di distrarsi tostando qualche fetta di pane. Come ebbe acceso il tostapane, tuttavia…
-VIA DI LI’!!!!- urlò Spark, spingendo via Gru. L’elettrodomestico si aprì in due e ne uscì di tutto: seghe rotanti, trivelle, un lanciafiamme, persino stelle ninja incandescenti. Fu panico generale. Chad rovesciò il tavolo, dietro al quale si rifugiò l’intera compagnia.
–Ma che succede?!- fece Gru;
-Stanotte ho convertito il tostapane in un Tosta-Morte™! Era un progetto che volevo attuare da un po’…-
-Bè, simpatico! Come si spegne?-
-Oh, per favore, mi crede così sempliciotto da mettere un interruttore per agevolare i buoni?!- ribattè indignato Spark.
Alla fine, comunque, il Tosta-Morte™ si scaricò, lasciando l’intera cucina devastata come testimonianza del suo potenziale.
–Bè, tutto sommato è stato piuttosto fico!- commentò Edith uscendo da dietro il tavolo. –Bah. E’ durato solo un’ora… devo ancora lavorarci!- sbuffò Spark, rivolgendosi poi a Gru: -Tale dimostrazione rende superflua la competizione con le sue figlie, dico bene?-
-Ti piacerebbe, ragazzo.- ansimò l’uomo, ancora sconcertato; -Bene, colazione finita. Passiamo ad altro-
-Alla gara?- chiese Chad. Gru scosse la testa: –No, quella inizia oggi pomeriggio. Al momento abbiamo un’altra… priorità.-
-Cioooooooè?- fecero i tre ragazzi.
Margo e Edith li guardarono con un sorriso perfido.

Teatro cittadino, alcune ore più tardi.

-Vi prego, fatemi esplodere il pancreas!- fu l’agonizzante bisbiglio di Spark, prigioniero di una maledetta poltroncina rossa.
Gru gli sferrò una gomitata per ammutolirlo, per poi intimargli col dito di guardare. Sul palcoscenico, infatti, le sue bambine si stavano esibendo in uno di quegli spettacoli danzanti sulle note di una qualche musica classica.
Il giovane criminale buttò un’occhiata ai suoi “tirapiedi”: Chad si teneva la testa appoggiata a una mano, mezzo addormentato e con un filo di bava grigiastra che pendeva dalle labbra. Truman, dall’alto della sua mente amorfa, non percepiva minimamente la noia cosmica emanata dall’ambiente, e se ne stava ritto sulla poltrona sorridente (forse aveva messo il salvaschermo). Ogni tanto, alcuni degli altri spettatori fissavano straniti i due, per il loro aspetto.
Spark sospirò disperato, e, mettendosi l’animo in pace, si concentrò sullo spettacolo, cercando perlomeno di sbirciare sotto i tutù.
Per la gioia di Speegeil, lo spettacolo volse al termine. La comitiva si riunì dietro le quinte, dove le tre ragazze si trattennero a parlare con quello che sembrava il regista, un ragazzone biondo che era solito suscitare l’adorazione delle mocciose: Spark li odiava, i tipi così. Il gruppo andò poi a mangiare al bar del teatro, dove, tra discorsi e complimenti vari, Spark ringhiò: -Pagherete anche per questo.-
-Pensa a pagarti il pranzo, adesso- fu la risposta canzonatoria delle ragazze.

Casa di Gru, tardo pomeriggio.

Spark e Chad irruppero in casa con una foga paragonabile a quella di un disperso nel deserto che ha appena scoperto un’oasi. Truman li seguì tranquillo, chiedendosi cosa fosse successo.
I Minions, durante l’assenza del padrone di casa, avevano risistemato la cucina. O almeno, ci avevano provato. In fin dei conti, però, il risultato finale non era del tutto catastrofico, forse grazie a Kristoph, l’unico fra quei piccoletti gialli a possedere un minimo di raziocinio.
–Ed ora, signori e signore- esordì Gru, sistemandosi sull’inquietante poltrona-rinoceronte,-il momento da voi tanto atteso!-
Premuto il pulsante sul bracciolo (il ginocchio del rinoceronte), subito si aprì il passaggio per i laboratori.
–Woooooow… forte!- fece Truman, una volta arrivati, guardandosi attorno. –Non direi, Truman. Un laboratorio sotterraneo? Il pacchetto base del supercattivo.- Evidentemente, Spark godeva nel dissacrare qualunque cosa che non fosse opera sua. Avrebbe fatto carriera, come critico.
Gru iniziava a chiedersi seriamente se voleva davvero rischiare di tenersi accanto una simile piaga, ma ormai non poteva tornare indietro. Raggiunto un tipico tavolo da scienziato, pieno di alambicchi e simili, si accomodò su una sedia. –Dunque, la questione è pressocchè elementare: io vi darò delle direttive, a cui voi dovrete attenervi. Il trio che svolgerà il lavoro in maniera più efficiente, lavorerà stabilmente con me.- Spark ridacchiò, sicuro di vincere: le ragazzette si erano imbarcate in una simile impresa per puro orgoglio, senza avere esperienza alcuna nel settore. Così la pensava lui.
Gru chiamò i Minions e li divise in due gruppi, uno assegnato alle sorelle e l’altro, che comprendeva anche Kristoph, al terzetto maschile.
–Iniziamo con un classico: costruitemi… un missile! Potete applicargli qualunque funzione, ma deve venire fuori un missile!- Spark avrebbe voluto protestare per il livello infantile dell’obbiettivo, ma desistette pensando a quanto velocemente avrebbe potuto umiliare le avversarie. Radunati i suoi Minions, iniziò a dare le disposizioni sulle componenti di cui necessitava. Non appena i tombolotti si misero al lavoro, il giovane genio del male realizzò che Gru non gli aveva affidato Kristoph a caso: i Minions fraintendevano gli ordini, si azzuffavano fra loro e si combinava poco o niente. Margo e sorelle, per un qualche ascendente favorevole, riuscivano a gestirli ottimamente.
Discorso diverso per i ragazzi: ecco quindi intervenire quel Minion atipico, dal corpo a pera e di cinque centimetri più alto della media dei suoi simili. Non è dato sapere se rispettassero o temessero la mente (di poco) superiore di Kristoph, fatto sta che se in giro c’era lui, i Minions diventavano più collaborativi.
Bene o male, alla fine Spark ottenne tutto ciò di cui abbisognava. –Scusa, e noi che facciamo?- chiese Chad accigliato.
Spark inarcò un sopracciglio e fissò l’uomo-serpe con commiserazione: -A meno che strisciare sulla pancia e attivare armi incorporate nel proprio corpo non si rivelino utili per progettare un missile… niente. Ricordatevi che sono io lo scienziato richiesto dall’annuncio.- Dopodichè tornò a mettere insieme i pezzi di lamiera sparsi sul pavimento. Di tanto in tanto gettava un’occhiata alle ragazze, sempre più nervoso in quanto il loro lavoro era sempre più avanti del suo. Chad, intanto, se ne stava seduto a gambe incrociate a giocare a battaglia navale con Kristoph. Truman dormiva in piedi, letteralmente.
I minuti passarono silenziosi, fino a quando i missili furono completati. Gru esaminò concentratissimo entrambi i lavori, per poi esprimersi: -Mi congratulo con tutti e due i gruppi: sul piano tecnico non c’è nessuno screzio o difetto che mi permetta di decretare chi abbia perso. Ma vediamo una dimostrazione pratica… un momento!- L’uomo dal naso a punta fece barricare con sè i giovani dietro un muro trasparente, di sicuro infrangibile. –Procedete.- fece infine.
Fu prima il turno delle tre sorelle: Margo premette il pulsante del telecomando e il missile schizzò in aria, esplodendo in un tripudio di colori. Minuscole particelle cromatiche si posarono su una specie di velivolo lì vicino, non solo colorandolo, ma addirittura componendoci un disegno! Raffigurava una mandria di unicorni al pascolo sotto un arcobaleno.
–MA CHE…?!- fu lo scandalizzato commento di Spark. –E’ stata un’idea di Agnes.- replicò Edith indicando la sorella più piccola. –Che bello! Brava!- esultò Truman applaudendo con la solita espressione beota. Agnes sorrise compiaciuta al cyborg. –Ora vediamo quanto schifo fa il vostro!- provocò Edith rivolta a Chad, il quale per tutta risposta sibilò minaccioso.
Spark, ignorando i due amici, attivò il suo missile: -Una dimostrazione puerile come quella non può competere con una vera arma di distruzione di massa!-. Compiuta la sua corsa verso l’alto, scoppiò anch’esso, senza però nessun effetto collaterale. Tutti rimasero in attesa per due minuti buoni.
–Ehm… Domanda: è tutto qui?- chiese dubbioso Gru. Spark non capiva minimamente: l’esplosione avrebbe dovuto liberare un nugolo di robo-termiti che si sarebbero accanite sulla prima struttura meccanica per nutrirsene, fino a farla svanire completamente. Cos’era andato storto?! Un dolore tremendo su tutto il corpo  gli diede la risposta: erano finite addosso a lui!
–AAAAAAAARGGGGH!!!! Toglietemele!!! Toglietemele!!!!- Lo spettacolo di Spark che correva da una parte all’altra gridando come un ossesso mobilitò subito Chad e Truman, cercando un modo per rendere inefficaci le robo-termiti. Margo, Edith e Agnes risero fino a star male. Anche a Gru veniva da sbellicarsi, ma si trattenne, dichiarando le sue figlie vincitrici del primo round.

Stanza degli ospiti, sera.

-Non finisce qui. No no no.- mormorò Spark accasciato sul letto; -Domani le cose andranno moooooolto diversamente.-
-Potrebbe essere così, se ci permetterai di aiutarti.- fu il lapidario commento di Chad. Truman giocava con una di quelle palline attaccate a una racchetta da un filo elastico. Spark alzò la testa in direzione del ragazzo rettile, sbuffando sommessamente. –E sia!- concesse infine scendendo dal letto.
–Quelle tre mocciose ancora non hanno capito chi io sia. Lasciamole pure crogiolarsi nella gioia della loro vittoria fittizia fino a domani…- Spark concluse la frase con uno sghignazzo che lasciava trasparire tutti i suoi infausti propositi.
Chad, per una volta, gli diede corda: -Lo confesso, farei carte false pur di vederle scornate! Sono talmente odiose…!!!-
-Mah, non saprei!- intervenne Truman, per la prima volta in tutta la giornata, -Agnes, per esempio, è così adorabile!-
Gelo totale. Mentre Chad lo squadrava sconvolto con le pupille ridotte a sottilissime fenditure nere, Spark, a mani congiunte, testa inclinata e con un sopracciglio inarcato (gli piaceva farlo, evidentemente), lentamente minacciò: -Hai il coraggio di ripeterlo, cosicchè ti possa buttare fuori di qui a cannonate?-
CONTINUA 

NdA:Bene, dopo essere sopravvissuto all'esame di maturità,non ho più scusanti, quindi, come affermato a gennaio, un capitolo alla settimana di sicuro!
MESSAGGIO PROMOZIONALE I tuoi genitori continuano a romperti la scatole? Il tuo coinquilino non vuole smettere di invadere i tuoi spazi? Sei semplicemente un sadico? Allora compra anche tu il tuo TOSTA-MORTE(TM)! Super accessoriato per qualunque modalità di massacro!Disponibile anche in tre diversi colori! Affrettati! In omaggio, il primo filamento di DNA per creare il tuo personale mostro mutante!

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Capitolo 4
*** Tensione ***


Spark si ergeva maestoso fra le carcasse di carri armati e altri veicoli militari.
Il suo esercito di Tosta-Morte™ aveva svolto il lavoro alla perfezione. Ora niente si frapponeva più fra lui e la conquista dell’intero paese. Il giovane genio del male cacciò una risata folle, udibile in ogni angolo del pianeta, gettando nel panico più totale l’intera razza umana. Sfogatosi, Spark radunò la sua armata e la spedì contro la Casa Bianca.
Il cielo si oscurò di colpo. Il ragazzo rimase interdetto: non era opera sua. Guardandosi attorno, non notò niente di strano, ma improvvisamente, proprio davanti a lui, piombò… il suo robo-mantide! “Demenziale! Era andato distrutto!” fu quello che riuscì a realizzare prima che il pilota del robot parlasse: -E’ venerdì! Sono le 7!-
Spark allibì: -Moira?!-
-Ora di cena!- fece ancora la sorella, per poi iniziare a manovrare di nuovo la macchina: una delle zampe anteriori, terminanti in affilatissime lame, si alzò e si scagliò in direzione di Spark. Colpito in pieno. Nessun dolore. Solo luce abbagliante e voci indistinte che sputavano sentenze quali “lei è migliore di te!” “eterno secondo!” “datti all’ippica!” “rinuncia!”
–MAI!- fu la feroce reazione di Spark, che si ritrovò a sedere sul letto della stanza degli ospiti di Gru. L’urlo del ragazzo aveva svegliato bruscamente sia Chad che Truman, i quali lo guardavano ora perplessi.
–Incubi- fu la semplice risposta di Spark alla silenziosa domanda dei compagni. Guardata la sveglia e constatato che mancavano ancora due ore alla colazione, i tre tornarono sotto le coperte.

Due ore dopo, cucina

–Cosa avevi da urlare, prima?- fu l’irritante domanda di Margo a Spark, che si limitò a guardarla di sbieco rispondendo: -Ho sognato che volevi sposarmi- col tono più disgustato possibile.
A parte Truman che stava facendo scempio di una brioche a bocca aperta, non si sentì volare un mosca nei successivi tre minuti. Chad, Gru , Agnes e Edith fissavano scandalizzati ora Spark, intento tranquillo a sorseggiare caffè, ora Margo, offesa a morte e inferocita.
Truman si alzò pacioso e chiese: -Il bagno?- -Per…per di là- balbettò distrattamente Gru, indicando il corridoio. Questo piccolo diversivo fortunatamente riportò una parvenza di armonia nella cucina, che in ogni caso durò poco: dopo il numero di Spark e Margo, toccava a Edith e Chad: -Molla i biscotti!- ringhiò la bionda, -Hai quasi finito la scatola!-
-Per forza- sibilò di rimando lo squamato, -Sono nella fase dello sviluppo. Devo nutrirmi ben bene.-
-A parte la faccenda del cane, anch’io sono in questa fase dello sviluppo, se la metti così! Molla i biscotti!-
-Col cavolo, tu sei una ragazza. Il tuo sviluppo l’hai già fatto da un pezzo.- E via così. E mentre, a sentir parlare di Kyle, Agnes scoppiava a piangere, Gru, con il viso fra le mani, implorava pietà.

Laboratorio di Gru, qualche minuto dopo.

–La seconda prova che ho in mente dimostrerà le vostre effettive competenze. Nessuna condizione specifica, niente schemi da rispettare: costruite quel che preferite.-
Il motivo recondito dietro quella decisione era il poco tempo a disposizione che Gru si era ritrovato nel progettare le prove: contava di risolvere la questione in fretta, di modo che ogni diverbio fra le sue figlie e gli aspiranti venuti da fuori s’acquietasse. Se avessero vinto Spark e soci, Margo, Edith e Agnes non avrebbero potuto opporre nulla, e si sarebbero limitate a ignorare i tre intrusi. Viceversa, in caso di vittoria delle figlie, gli sfidanti sarebbero spariti e pace ristabilita. Gru sperava intimamente per questa seconda opzione, ma non poteva in alcun modo favorire le ragazze: se si tratta di un tecnico delle invenzioni, anche un supercattivo dev’essere corretto. Quindi, niente boicottaggi. Purtroppo.
Diversamente era per Spark: il compito che affidò a Chad fu proprio quello di sabotare in qualunque modo l’operato della squadra avversaria! Truman invece doveva trasportare nelle posizioni richieste il materiale scelto da Speegeil e in generale supportarlo nei lavori pesanti. Grazie anche al gruppo di Minions guidato da Kristoph, in tre ore buone il progetto di Spark arrivò a buon punto. Margo avrebbe voluto poter dire lo stesso del lavoro del suo gruppo, ma stranamente ogni qualvolta giungevano a un risultato incoraggiante, la loro creazione cadeva in pezzi. Chad era troppo rapido per essere visto, e poi gli bastava occultare attrezzi, distrarre i Minions o togliere bulloni o altre componenti appena inserite: ci metteva un attimo, difficile farsi scoprire.
I lavori terminarono nel tardo pomeriggio. Le sorelle erano riuscite, a costo di inenarrabili sforzi, a terminare il loro progetto, ma glielo si leggeva in faccia che non corrispondeva alle loro aspettative. Di contro, Spark e compagnia avevano stampato in volto un sorriso, anzi, un ghigno, soddisfatto.
Come il giorno prima, Gru passò in rassegna entrambi i lavori. Quello delle figlie era una sorta di cannone montato su quattro ruote.
–E’ una versione più efficace del raggio gelante- spiegò stancamente Edith, fissando risentita in direzione della squadra avversaria. Agnes premette un pulsante e subito partì un enorme fascio di luce azzurrina che si abbattè sulla creazione dei ragazzi: un enorme poligono rettangolare di metallo, che arrivava quasi al soffitto. Tale cubo venne imprigionato all’interno di quello che si poteva definire a tutti gli effetti un iceberg fatto in casa. Imperturbabile, Spark premette l’onnipresente pulsante su un telecomando. Il gigantesco macchinario si illuminò di rosso, e quasi contemporaneamente l’iceberg si dissolse in fittissima nebbia: emanazione di calore!
–Bello, ma… esattamente, che sarebbe?- domandò Gru disorientato (soprattutto per la nebbia);
-Oh, bè, si ricorda il Tosta-Morte™? Ebbe…-
-STOP! PARTITA TERMINATA! VINCONO SPEEGEIL E SQUADRA!- tuonò Gru con una nota tremante nella voce. Gli bastava accostare i concetti di “Tosta-Morte™” e “gigante” per togliergli la voglia di scoprire le potenzialità di un simile ordigno.
Chad, Truman e i Minions della squadra vincitrice esultarono senza ritegno. Spark non degnò nemmeno di uno sguardo le avversarie, le quali, più che rodersi per la sconfitta subita, fissavano attonite l’orrore che aveva portato Speegeil alla vittoria.
Diradatasi la nebbia, la comitiva tornò al piano di sopra, in casa. I Minions rimasero in laboratorio a ripulire. Kristoph stava spazzando tranquillamente il pavimento quando, senza preavviso, si beccò un calcio sul sedere. Voltatosi, vide un Minion che lo fissava aggressivo. Uno della squadra di Margo, Edith e Agnes, probabilmente. Questi borbottò qualcosa di non molto amichevole, per poi eclissarsi. Kristoph roteò l’unico occhio, sospirando.
Mai un comportamento sensato, da quelle parti.

Casa di Gru, un’ora dopo

Truman zompava per i corridoi dell’abitazione senza uno scopo preciso, come spesso e volentieri gli accadeva quando lo lasciavano abbandonato a se stesso.
Ogni tanto entrava nel suo raggio visivo un qualche oggetto strano, che lo incuriosiva: lo prendeva, lo rigirava e, puntualmente, gli cadeva e, se era qualcosa di fragile, CRASH! In frantumi. Totalmente all’oscuro di star compiendo una vera e propria opera di distruzione, il cyborg continuava ad avanzare. Questo fino quando non passò accanto a una porta dalla quale si sentiva una vocetta che cantava qualcosa sugli unicorni. Truman si fermò di botto e sorrise: aveva intuito (miracolo) chi c’era in quella stanza. Senza preavviso, entrò. Nel senso che sfondò la porta. Non con un pugno, non con qualche arma che aveva incorporata ma andandoci addosso come se non ci fosse. E questo nonostante il suo visore gli avesse segnalato chiaramente la presenza di una barriera. Il ragazzo cibernetico guardò in direzione della causa della sua entrata: Agnes. Facendo ciao ciao con la mano, al pari di un bimbo di due anni, Truman riuscì a tranquillizzare subito la ragazza, inizialmente scossa per quell’irruzione.
Era scattata, è quasi superfluo dirlo, una forte simpatia tra i due, quasi fin da subito. Vuoi perché Truman, con le sue disarmanti lacune intellettive, faceva tanta tenerezza e Agnes aveva un debole per le cose tenere, vuoi per la passione in comune per gli unicorni (anche se con piccole differenze individuali)… fatto sta che c’era una bella intesa fra i due. Ciò spiegava perché Agnes non avesse ripreso Truman per il macello con la porta.
Come nulla fosse, la mora si avvicinò e chiese raggiante: -Vuoi giocare con me al regno arcobaleno?- nonostante non fosse più tanto in età infantile, era ancora attaccata ai suoi peluche e giocattoli vari, tutti a tema unicorno, e sovente si ritrovava a dargli voce e movimenti, facendoli agire in scenari inventati. Truman, la cui età mentale coincideva perfettamente col tipo di passatempo propostogli, accettò senza esitazioni. Agnes si sedette a gambe incrociate e iniziò a raccontare di un regno abitato solo da unicorni fatto tutto di zucchero e caramelle gommose, minacciato però da un malvagio fantasma (impersonato da un mocho). Truman seguiva entusiasta la narrazione, aspettando eccitato il momento in cui sarebbe entrato in scena.
A un certo punto non riuscì più ad attendere e sfoderò il suo asso nella manica: -Brutto spettro da strapazzo! Non farai tanto il gradasso contro l’UNICORNO OSCURO DEL MASSACRO!!!- il modellino che il cyborg teneva in mano era aberrante per gli amanti dei classici equini fatati: nero, muscoloso, dallo sguardo feroce, con il lungo corno rosso che sembrava più una trivella! Ma quello che maggiormente traumatizzò Agnes fu il raggio laser sparato proprio dal corno-trapano: sottilissimo e bianchiccio, polverizzò il fazzoletto e, apriti cielo, l’unicorno peluche della ragazza. Si trattava, nientemeno, che di una modifica al modellino apportata da Spark, su esplicita richiesta di Truman: il cyborg aveva realizzato infatti che una semplice statuetta alla lunga era troppo noiosa!
Danzando per festeggiare la vittoria, Truman uscì giulivo dalla camera. Agnes rimase un minuto buono paralizzata, con l’unico movimento dato dalla palpebra inferiore sinistra, che vibrava all’impazzata.

Fuori dalla casa, margini del quartiere.

A differenza di Truman, Chad era provvisto di un cervello perfettamente funzionante. Certo, era influenzato da istinti rettileschi ai quali ogni tanto cedeva, ma per il resto era più che lucido. Abbastanza per ricordare nitidamente le origini della sua condizione.
E dire che sulle prime aveva preso tutto come un gioco: lui sul tavolo operatorio, i fluidi organici che gli venivano iniettati tramite siringhe e tubicini… si rese conto troppo tardi che sua madre non giocava. Fu così che da normale adolescente afroamericano, Chad Fry divenne la serpe umana. Non seppe mai perché sua madre avesse fatto una cosa simile, né mai volle saperlo.
Furioso, tagliò ogni contatto con la famiglia e iniziò a vivere di furti, i quali col tempo divennero sempre più audaci e di natura sempre più scottante, grazie sia ai suoi superpoteri sia alla sua naturale inclinazione all’ignorare le regole. Le cose non sempre andavano bene, ma in fin dei conti la sua vita gli piaceva e s’era anche fatto una certa reputazione. E ora eccolo lì, ridotto a mero lacchè di colui che, in teoria, doveva essere il suo migliore amico.
Tutte queste riflessioni Chad le stava elaborando mentre passeggiava su e giù per il quartiere residenziale, approfittando anche degli ultimi momenti di sole della giornata per scaldarsi il più possibile (sangue freddo, gente).
–Ehi!- una voce brusca lo richiamò alla realtà: voltatosi, vide Edith che gli veniva incontro a passo di carica. Chad gemette: era quasi più snervante interagire con quella tipa che con Spark.
–Non credere- l’aggredì Edith, una volta raggiuntolo –che non mi sia accorta della tua performance, oggi. Se non era per i tuoi interventi, avremmo vinto anche questo round!- Chad sibilò sommessamente prima di rispondere: -Ciccia, il sabotaggio è parte integrante della sfida, perchè siamo i cattivi: ce ne sbattiamo del fair play.-
I due si guardarono in cagnesco per un tempo che parve interminabile, poi Edith ringhiò: -Ok, adesso vediamo come te la cavi nel confronto diretto.- per poi afferrarlo per un braccio, buttandolo a sedere per terra. La ragazza aveva preso lezioni di arti marziali dalla nonna, che nonostante l’aspetto innocuo nulla aveva da invidiare a gente più giovane.
Coincidenza: Chad era stato addestrato dalla medesima persona. Quindi ci mise meno di un attimo a sgusciare via e a contrattaccare afferrando Edith per le caviglie. Le spinse così in avanti e fece perdere l’equilibrio alla ragazza, che riuscì a evitare una rovinosa caduta eseguendo tempestivamente una perfetta capriola all’indietro. Continuarono così anche dopo il tramonto.
Chad avrebbe potuto ricorrere a qualche sotterfugio, usufruendo magari della sua natura di mutante, ma Edith lo aveva praticamente sfidato a dimostrare di valere qualcosa anche senza fare sfoggio delle suddette abilità speciali.
Ovviamente, se fosse venuto fuori un qualche colpo basso da parte della ragazza, a quel punto Chad non si sarebbe fatto problemi. I pochi passanti rimanevano esterrefatti  dallo spettacolo che gli si parava davanti, e tendevano a filare dritti dritti nella direzione opposta, maledicendo magari il loro cane per aver voluto uscire a passeggio proprio in quel momento.
Lo scontro finì quando, nella foga, i due strambi contendenti finirono nello stagno di un piccolo parco nei dintorni. Ne riemersero pieni di fango da capo a piedi. Prima che qualcuno dei due potesse proferir parola, Chad si accorse che Edith aveva in testa una rana. A una velocità tale da risultare impercettibile, il ragazzo afferrò l’anfibio con le zanne e lo ingurgitò senza nemmeno masticare.
–Ho fame.- si limitò a dire, -Credo sia ora di cena.- Edith si limitò ad annuire, scrutando il suo interlocutore. Doveva ammettere che il serpentello se l’era cavata più che bene durante tutta la zuffa. E poi, la performance con la rana! Quasi quasi le dispiaceva non averlo visto mentre faceva lo stesso con Kyle. Insomma, complice la passione di Edith per tutto ciò che era schifoso e non esattamente innocuo, Chad era diventato, da sgorbietto sfigato a qualcosa di, come era solita dire la ragazza, fico.
I due tornarono a casa discutendo amichevolmente sui recenti avvenimenti che li avevano coinvolti. Apparentemente fra i due non c’era più astio.

Casa di Gru, dopo cena.

Margo voleva vederci chiaro una volta per tutte.
Spark Speegeil non le era piaciuto fin dal primo momento in cui si era presentato a suo padre, e l’invenzione di quel pomeriggio l’aveva convinta definitivamente che era molto meglio essere a conoscenza di quello che passava per la testa del genio malvagio. Quella sera non aveva cenato, affermando di avere da fare. Rinchiusosi nella stanza degli ospiti, ne era uscito dopo circa due ore. Margo, nascosta in corridoio, colse il momento ed entrò rapida nella stanza.
La prima cosa che la colpì fu il perfetto ordine in cui versava la camera. Evidentemente anche quei tre avevano un minimo di creanza. Ma non era certo lì in veste di ispettore dell’igiene. Cercò qualunque cosa, un documento, un diario, che potesse suggerirle le reali intenzioni di Spark, ma di primo impatto non c’era nulla.
La ragazza non si perse d’animo, e, insistendo, scoprì finalmente uno scomparto segreto sotto il letto: sicuramente ideato da Speegeil. Al suo interno trovo fogli riportanti progetti, schizzi, note, appunti e osservazioni che spaziavano dalla costruzione di invenzioni a piani di conquista. Fu proprio fra questi ultimi che Margo trovò le sue risposte: Spark aveva progettato, tra le altre cose, la conquista degli Stati Uniti, il totale monopolio delle risorse idriche mondiali e… l’appropriamento a suo nome delle proprietà di Gru. Margo rimase scossa dalla scoperta: quel tizio era anche peggio di quanto le era parso! Non era solo odioso, era proprio un mostro!
Un mostro che era tornato e che le stava proprio alle spalle –Ti diverte invadere lo spazio altrui?- fece atono Spark.
Margo sobbalzò e si voltò a fissare l’unico occhio funzionante del ragazzo, d’un rosso tanto acceso che sembrava ardere. La ragazza non riuscì a sostenere quello sguardo malevolo e uscì di corsa, senza curarsi se Spark la stesse seguendo o meno.
No, il giovane criminale non si era mosso. "Scappa, scappa pure, signorinella. Ora conosci i miei propositi. E allora? Se anche cercherai di avvertire il tuo papino, ho già pronto qualcosa da dire per convincerlo che ti sei inventata tutto. Spark Speegeil stavolta non si può fermare!" concluse i suoi pensieri con una risata invasata, che si interruppe bruscamente per un attacco di tosse. Passato, Spark si mise a risistemare i suoi progetti, sparsi sul pavimento. "Col senno di poi," rimuginò "non è stata una grande trovata scrivere il piano per filo e per segno."

Luogo sconosciuto, nello stesso istante.

Moira Speegeil era una bella ragazza dai lunghi capelli corvini e dalla carnagione olivastra. Indossava abiti strani, ricavati da brandelli di diversi capi di vestiario cuciti assieme. Vista da fuori, sembrava tutt’altro che un genio, e invece era un’eccellente fisica e grande esperta di ingegneristica. Un suo difetto vero era il suo carattere troppo dispersivo, che non le permetteva di esprimere al meglio le sue qualità.
Fortunatamente, Moira aveva incontrato il professor Arthur VanArthur (nome d’arte), ottimo assistente, supervisore  e amico. Compensava in efficienza  scientifica quello che gli mancava in altezza (un metro scarso) e in vista (4 decimi, occhiali a fondo di bottiglia); VanArthur aveva a sua volta un assistente, Nigel: un piccolo esserino viola, molto remissivo, dalle gambe sottilissime e dalle enormi orecchie a sventola. Svolgeva in pratica le stesse mansioni dei Minions di Gru, ma senza gli intoppi di questi ultimi.
Coadiuvata da questa coppia, Moira potè finalmente avviare i piani criminali che sognava da quando, da bambina, osservava suo fratello all’opera.
Adorava Spark: certo, era perfido, poco simpatico e anche egocentrico, ma era pure capace di grande affetto verso le persone a lui care. Questo aspetto della sua personalità era però scomparso quando Moira aveva iniziato a seguirlo sulla via del supercattivo. La ragazza non riusciva a capirne la ragione, perciò tentò più volte di contattare Spark, di convincerlo a incontrarsi per parlarne. Ma il fratello aveva sempre rifiutato in malo modo.
Finchè...
–Ha accettato, stavolta! Domani sarà qui!- aveva gridato euforica, per tutta la settimana, a VanArthur, che si era limitato a sorriderle cordialmente.
–Dobbiamo fare in modo che niente vada storto! Prepariamogli tutti i piatti che adora!- trillò ancora Moira, richiamando a sé Nigel: -Allora, prendi nota: spaghetti aglio olio e peperoncino, polpette di riso, macedonia di frutta, ma senza banana, mi raccomando…- e mentre il piccoletto viola sotto dettatura scriveva frenetico su un taccuino, VanArthur guardò fuori dalla parete a vetro, fissando l’immensità del cosmo e il pianeta Terra.
–Chissà poi se viene davvero…- commentò fra sé e sé in tono indecifrabile.
CONTINUA

NdA
Uf! Capitolo bello corposo, e infatti c'ho messo più del previsto. Spero vi piaccia, alla prossima!
 

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Capitolo 5
*** Giorno libero ***


Notte fonda, camera delle ragazze.

–Ve lo assicuro, quello lì ci distrugge!-
Margo ancora non si era ripresa dallo shock della sua scoperta, neanche mentre la stava riferendo alle sorelle: Spark non si sarebbe accontentato di far da spalla a Gru, gli avrebbe usurpato il comando e cacciato lui e le figlie in mezzo alla strada. O peggio.
L’unica a dar retta a Margo era Agnes, inviperita per il trattamento che Truman aveva riservato al suo unicorno peluche.
Edith, che aveva superato l’inimicizia con Chad, si rifiutava di credere fino in fondo che uno come il ragazzo-serpe potesse aggregarsi a una simile mina vagante: -Ma sei sicura di non aver letto male?- domandò poco convinta e assonnata.
Margo diede un pugno al suo cuscino: -Difficilmente potrei aver frainteso qualcosa del tipo ‘guadagnati la sua fiducia e poi siluralo’! Non mi stai prendendo sul serio, Edith!- La bionda, calcandosi sugli occhi l’onnipresente berretto, bofonchiò:-Se ne sei così sicura, perché non ti inventi qualcosa per fermarlo?-
-E cosa?-
-Guadagnati la sua fiducia e poi siluralo- citò Agnes, dando prova di non essere così infantile come appariva. Margo infatti si trovò d’accordo: Spark non era l’unico in grado di delineare una strategia in pochi attimi. Anche il cervello della maggiore delle sorelle Gru funzionava nello stesso modo.

Mattina, cucina.

Margo non si sprecò nemmeno a dire alcunché al padre, il che attirò immediatamente i sospetti dell’infido Speegeil. Sei stranamente silenziosa stamattina, era ciò che l’occhio rosso di Spark comunicava. La fanciulla replicò semplicemente con un sorriso. Spark non seppe come reagire e preferì concentrarsi sulla mela che stava sbocconcellando. Agnes fissava adirata Truman, il quale, a sorpresa, sembrava capirne la ragione, visto che si era fatto piccolo piccolo (in contrasto con i due metri abbondanti di altezza). Edith e Chad erano gli unici due fuori dal circolo di muta violenza che si stava consumando in quella stanza, e stavano discutendo amichevolmente.
Gru finì la sua colazione prima di tutti e annunciò che quello sarebbe stato giorno libero, perché aveva da fare fuori città. Allontanatosi a bordo della sua macchinona corazzata, pregò di ritrovare casa sua ancora in piedi al suo ritorno. Avuto il via libera, Edith propose a Chad di andare a fare un giro in skateboard. Il rettiloide avrebbe voluto obiettare che non sapeva andare in skate, ma la ragazza lo trascinò fuori senza aspettare la risposta. Continuando a scrutare furente Truman, Agnes si ritirò in camera sua. Il cyborg rimase seduto a testa bassa. Spark e Margo, accigliati, si ritrovarono a dover lavare i piatti insieme.
–A che gioco stiamo giocando?- fu il ringhio inumano di Spark.
–Quale gioco?- rispose Margo innocente.
–Non mi freghi, signorinella. Non dici niente al tuo vecchio dei piani che ho per voi, il che non ti servirebbe a niente, voglio precisare, ma sarebbe la reazione più logica in una situazione analoga a questa. Quindi. A che gioco stiamo giocando?- Spark rimase gelido e impassibile per tutto il suo discorso, cosa che smosse la fiducia di Margo nel suo piano, ma solo per un secondo.
–Nessun gioco. Mi chiedevo solo se sul tuo treno per il successo può salire qualcun altro.-
Speegeil fissò sbigottito la sua interlocutrice, che stava sfoggiando un sorriso complice e perfido. Spark rimase per la prima volta senza parole. Ma i suoi pensieri gli riempivano la mente come sempre: Astuta. Cerca di salvare la baracca con il mio stesso metodo. Ma non ci casco. E’ pur vero che dandole corda potrei scoprire qualche chicca di questo posto che ancora mi sfugge, cose utili per mandare avanti l’attività senza sorprese. Quindi, perché no? Stiamo al gioco.
–Allora? Soci?- chiese Margo. Il giovane malvagio, simulando stupore, rispose con un’altra domanda: -A cosa dobbiamo questo tuo voltafaccia al… sangue del tuo sangue?-
L’intrepida occhialuta quasi si morse la lingua, perché ciò che stava per dire era di un ignobiltà tale da far vomitare sul posto: -Non è nostro padre. Ci ha adottate per i suoi scopi…- Il che era anche vero, a ben vedere. -…lo odio e voglio che paghi.- Questo invece non era vero. Non più, per l’esattezza.
A Spark sembrò di cogliere una sfumatura di disperazione nella voce di Margo. Ma siccome la compassione non rientrava nella sua gamma emotiva, la ignorò bellamente.
-Va bene.- ribattè invece -Soci.-  
In quel momento, Truman si avvicinò a Spark, all’oscuro di cosa avesse trattato la conversazione tra i due. –Senti, Spark, avrei bisogno di un favore…-

Base spaziale orbitante di Moira Speegeil, nello stesso istante.  

-
Su su su! Dai, Nigel, più svelto! – Moira era su di giri, e ogni secondo che passava significava che suo fratello era sempre più vicino. Quella sera lo avrebbe finalmente rivisto, avrebbe chiarito le cose fra loro due, sarebbero tornati a volersi bene come una volta e insieme avrebbero fatto faville.
Questa era l’idea della ragazza, ma VanArthur la pensava diversamente.
Nigel era impegnato nel decorare la sala da pranzo quando il suo creatore gli si avvicinò. –Dimmi un po’, tu credi che Speegeil maschio verrà davvero?- L’esserino violaceo tentennò un poco prima di rispondere: -N-non si è presentato le altre volte, non vedo perché oggi dovrebbe essere diverso.- Tenne la voce bassa per non farsi udire da Moira. VanArthur annuì, con espressione indecifrabile. –Spark Speegeil non tiene minimamente in conto coloro che gli stanno intorno, nemmeno i parenti più prossimi. Meglio così, abbiamo campo libero per dedicarci al lavoro.-
-Già già…- confermò poco convinto Nigel prima di tornare alle decorazioni.

Casa Gru, camera delle ragazze, pomeriggio.

Agnes fissò il punto dove il suo amato unicorno era stato fritto a tradimento e scoppiò in un pianto silenzioso. A Kristoph, intento a risistemare la porta, si strinse il cuore. Constatato l’ottimo esito del suo operato da falegname, raggiunse la ragazza per tentare di consolarla.
Come si voltò, Truman irruppe nella stanza allo stesso modo della prima volta.
Il povero Minion ci rimase di merda. Il cyborg, ignorandolo, trottò vicino ad Agnes, la quale gli voltò le spalle imbronciata.
–Ehm…lo so… non avrei dovuto…- bofonchiò Truman –ho decisamente esagerato… sai, mi ero fatto prendere…dalla storia…- La mora non accennava a reagire in alcun modo. -…perciò… ecco… mi rendo conto che… chiedere scusa e basta non… non basta, già… perciò ho… ho qui un… bè, non è un unicorno, ma…- un lieve pigolio elettronico smosse Agnes dal suo broncio e la fece finalmente voltare verso il giovane uomo cibernetico.
Questi stringeva fra le mani un esserino lucido e cromato, dagli occhi simili a fanali: una robo-tartarughina.
–Si chiama Bessie.- azzardò Truman con un sorriso teso. Gli occhi di Agnes brillavano: la questione dell’unicorno peluche sembrava già scordata. Presa “Bessie” dalle mani del cyborg, la rimirò estasiata, per poi rivolgersi proprio a Truman: -Grazie…- fece Agnes, prima di abbracciarlo.
Ogni traccia di timore sparì dall’animo di Truman, che tornò così al suo solito sorriso un po’ idiota. Rivoltosi a Kristoph, gli fece il segno del pollice in alto. Il Minion glielo fece di rimando, commosso dal gesto del giovane.
Poi tornò, per la seconda volta, a occuparsi della porta.

Centro città, sera inoltrata.

–Sei stato gentile con Truman, oggi.-
-Mah, che vuoi che ti dica, mi ha chiesto una tartaruga meccanica, a costruirla non ci voleva niente, per quale motivo logico avrei dovuto rifiutare?- Quello che Spark non capiva era cosa se ne facesse, di un simile aggeggio.
Quello che invece capiva era che Margo era determinata a mettergli i bastoni fra le ruote. Gli era rimasta appicicata alle calcagna per tutto il giorno, nel tentativo di farsi spiegare come intendeva liberarsi di Gru una volta diventato il suo tecnico delle invenzioni. Era diventata stucchevolmente gentile, sempre a chiedere se necessitava di qualcosa, a fare la ruffiana e simili. E in ultimo, aveva invitato Spark a uscire fuori. E lui cosa aveva risposto? “Certo”.
Non doveva dare l’impressione di aver capito i piani dell’avversaria. Comunque. Eccoli lì, nella chiassosa metropoli, a cercare un buon posto dove cenare. Margo, fissando Spark di sottecchi, constatò che senza il camice e quelle scarpe dalle suole enormi faceva molta meno paura. A patto di non soffermarsi sull’occhio guasto.
Finalmente, fra la calca ammassatasi sul marciapiede, Margo adocchiò un ristorante cinese. A Spark andava bene tutto, quindi entrarono, vennero sistemati a un tavolo, ordinarono e si misero ad aspettare.
Margo, riassumendo la faccia perfida di quella mattina, bisbigliò: -Allora, adesso che siamo lontani da orecchie indiscrete… mi dici il tuo piano? Cosa posso fare io? Eh?-
Spark la ignorò per qualche attimo, pensieroso in quanto per la strada gli era parso che qualcuno li stesse pedinando. Ma si riprese velocemente, e tornò a concentrarsi sulla “complice”: -Oh, tempo al tempo, signorinella, ora godiamoci un gustoso pasto orientale senza troppe angustie. Dimentichiamo i complotti, gli screzi e tutto quanto, e pensiamo solo a passare una bella serata.-
Ehi, sembrava quasi un discorso romantico… non che Spark fosse immune al fascino femminile, anzi! Sarebbe stato controproducente , tuttavia, scoprirsi innamorato della sua acerrima nemica. Spark rimase quindi a riflettere seriamente su quel che gli era appena uscito di bocca, così come Margo, spiazzata allo stesso modo.
Non rimasero a pensarci molto, comunque, in quanto uno strano tizio, dall’aria allucinata, era apparso come dal nulla proprio davanti al loro tavolo.
–Lei è un cameriere?- chiese perplesso Spark. Per tutta risposta si vide arrivare un gancio formidabile in faccia, che lo ribaltò a terra. Margo si coprì la bocca, nel panico più totale. Conosceva benissimo quell’individuo: si trattava nientemeno che del suo insegnante di danza. Già da tempo dimostrava una morbosa ossessione per la ragazza, acuitasi sempre più nel tempo. Margo e sorelle avevano dato poca importanza alle attenzioni dell’uomo, poiché niente era mai sfociato in atteggiamenti gravi.
Fino a quella sera. In pubblico, per giunta.
Un impiegato del ristorante stava già chiamando la polizia, ma sarebbe stato troppo tardi in ogni caso. L’uomo, fuori di testa, spostò il suo sguardo da deviato sull’oggetto del suo desiderio, e fece per dire qualcosa.
Non ne ebbe il tempo.
Da sotto il tavolo, quasi fosse un demone emerso dagli inferi, Spark si rialzò lentamente. L’espressione truce che sfoggiava era tale che persino la mente instabile del professore di danza registrò il pericolo.
–Mi stavi già sulle palle l’altro ieri, e ti avevo visto solo da lontano- sentenziò Speegeil. Senza dare all’altro il tempo di controbattere, Spark tirò fuori una specie di pistola in miniatura e premette il grilletto. Un fascio di luce bordeaux avvolse l’uomo, che fra urla strazianti… si trasformò in un ratto.
Spark lo prese per la coda, tendendola a mo’ di fionda verso l’uscita: -Poteva andarti peggio.- confidò sadico al neo-roditore prima di spararlo fuori dal ristorante. Senza scomporsi, il giovane genio fece: -Puah! Dovrei  lavarmi le ma…-
-Oddìo, Spark, mi hai salvato la pelle!- lo interruppe Margo, saltandogli addosso impulsivamente.
–OUF! D’accordo, nessun problema, era solo un mentecatto, non parliamone più!- cercò di minimizzare il ragazzo, avvampando;  –Ora, se non ti spiace…- cambiò discorso Spark –dovremmo toglierci di torno, perché è probabilissimo che qualcuno abbia chiamato le forze dell’ordine, e preferirei non esserci quando arriveranno. Non… non gli sto simpatico, ecco.-
Margo gli sorrise, per la prima volta, sinceramente: -Non stento a crederlo.-

Base spaziale orbitante di Moira Speegeil, nello stesso istante.

Nigel giochicchiava nervoso con la forchetta.
VanArthur picchiettava un piede sul pavimento fissando fuori dalla vetrata.
Moira, che per la serata aveva tirato fuori dal guardaroba un vestito più elegante (e normale) del solito, stava seduta a testa china, sconfortata. –Non verrà neanche stavolta, vero?- mormorò.
Nigel guardò l’ora: Spark sarebbe dovuto arrivare due ore prima. VanArthur sospirò seccato. La ragazza, ferita nell’animo, si alzò dalla sedia e si diresse nei suoi appartamenti privati, sull’orlo delle lacrime. Nigel rimase seduto a fissare la forchetta.
Sussultò quando udì la voce, insolitamente severa, di Arthur: -Così non si può andare avanti. Urgono provvedimenti immediati.-

Casa Gru, notte fonda.

–Senti, per quanto riguarda tutta la faccenda del complotto…-
-Oh, lasciamo perdere. Ne sarai contenta, immagino, visto che volevi fermarmi a tutti i costi.-
-Oh, ehm, l’avevi capito?-
-Signorinella, voi donne dovreste smetterla di sottovalutare il QI del genere maschile.-
-Vale anche viceversa, sai?-
-Touchè.-
L’uscita dei due ragazzi si era trasformata in un vero e proprio appuntamento, dopo l’incidente dell’insegnante stalker. Vuoi per la sensazione da scampato pericolo, vuoi per la continua interazione, alla fine Margo e Spark erano diventati alquanto…intimi.
Dopo la fuga alla chetichella dal ristorante, i due avevano visitato genericamente la città scoprendo l’uno la parte migliore dell’altra, fino ad accorgersi dell’ora tarda. Arrivati sulla soglia di casa, si erano chiariti definitivamente.
–Decisamente, sarebbe troppo anche per me neutralizzare il padre di…. De… della… uhm…-
-…della tua ragazza?- lo punzecchiò Margo, fingendo di fare la saccente; -Ergh… immagino sia la definizione più… uff!... Attendibile.- ansimò il ragazzo, faticando a mantenere il suo tipico atteggiamento.
Giunti a quel punto, l’unica conseguenza era una sola: bacio!
Le labbra dei due rimasero a contatto per breve tempo, perché la porta si spalancò con foga e un adirato Gru tirò dentro i due amanti.
CONTINUA
 
NdA: OK. E’ ufficiale. Mai più darò un tempo preciso entro il quale pubblicare i miei lavori. C’è sempre qualche problema che mi impedisce di mantenere. Quindi, arrivederci a quando mi sarà possibile (spero presto). 

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Capitolo 6
*** Ceneri ***


L’indomani, stanza degli ospiti.

La sveglia suonò, puntuale come le tasse.
Chad fece per alzarsi, ma un colpo di frusta lo convinse a rimanere disteso. Maledisse Edith per averlo praticamente trascinato sullo skateboard. Gliel’aveva detto che non era capace! Era scivolato quasi ogni volta durante gli esercizi, e nei pochi momenti in cui  era riuscito a rimanere in equilibrio, si era ignominiosamente capottato per sbattere poi la zucca dritto dritto sulla rampa. La parte peggio ridotta del suo corpo, però, era senza dubbio la schiena. Per un po’ non avrebbe potuto strisciare senza atroci sofferenze.
La sveglia, inclemente, continuava a trillare. Incacchiatosi come, è il caso di dirlo, una biscia, Chad agguantò il mefitico orpello tecnologico e lo scagliò fuori dalla finestra, centrando magistralmente il vicino di casa di Gru, Fred McDade. Rinfrancato dal ritrovato silenzio, Fry si apprestò a tornare nel mondo dei sogni, ma qualcosa simile a un martello di ghisa si abbatté impietoso sul suo sterno.
–Sorgi e splendi, Chaddone!- esclamò quella lattina umana decerebrata di Truman.  
–"Chaddone"?!...- fu tutto quel che Chad riuscì a pensare prima di cadere di nuovo preda della sua agonia fisica, accentuata dalla pacca letale del cyborg.
A costo di incommensurabili sforzi, l’uomo-serpe riuscì a mettersi in posizione eretta.
–Ti vedo euforico, Truman.- borbottò sarcastico.
–Nh?-
-Allegro.- rettificò, memore dello scarno vocabolario dell’amico.
–Sì, bè, ieri è stata una bella giornata.- rispose infine Truman; -Dov’è Spark?- chiese poi.
Chad rimase interdetto: -Co-come, dov’è? Nel suo le…- Ma il giaciglio di Spark era immacolato e soprattutto vuoto. –Ok.- fece Fry –Dov’è Spark?-
-Ehi, non fare il furbo, l’ho chiesto IO a TE!-

Cucina.

Gru non si era mai infuriato così tanto, negli ultimi dieci anni.
Ma la sera prima, era stato pugnalato alle spalle.
Si era assentato giusto per una giornata, ma era bastato perché venisse giù  il finimondo. Non solo, di ritorno, non aveva trovato una delle sue figlie in casa. Era già abbastanza tardi. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu la notizia che Spark Speegeil, aspirante assistente, mirava a sottrargli tutto.
Com’era successo? Rimasta la stanza degli ospiti sprovvista di sorveglianza (Chad era fuori con Edith, Truman se la spassava con Agnes e Spark era già uscito assieme a Margo), uno dei Minions di turno alle pulizie di casa era entrato indisturbato e, svolgendo il suo lavoro (alla meno peggio), si  era incidentalmente scontrato nello scomparto segreto di Spark. Subito tutti i fogli  lì contenuti si erano sparsi sul pavimento. Raccolti (sempre alla meno peggio) li aveva poi posati in corridoio, a raso muro. Non ci volle molto perché il padrone di casa li adocchiasse e, incuriosito, iniziasse a leggerli, fino al progetto incriminante. E quando vide dalla finestra il ragazzo, assieme a sua figlia, Gru, coi nervi a fior di pelle, diede libero sfogo alla sua furia. E ancora non era finita. Il supercattivo dal naso a punta camminava alterato avanti e indietro per la cucina, sotto gli occhi di una timorosa Margo, che dopo un sonno tormentato, stava subendo una sfuriata epocale.
Inutile dire quante il padre gliene avesse dette, in riferimento a quel bacio fatale. Inutile dire quante volte Margo avesse tentato di spiegare lo sviluppo della storia.
Gru si maledì per quel maledetto annuncio, dovuto esclusivamente alla sua incapacità di affrontare una perdita.
Dopo essersi convulsamente strofinato gli occhi, fece per riprendere a parlare, ma una voce irritantemente vivace lo battè sul tempo: -Uh, ci sono i Cocconcini!- Truman superò Gru e si avventò sulla scatola sul tavolo, senza badare a Margo, seduta proprio lì accanto. Si mise in bocca cinque biscotti tutti in una volta, per poi sputarli, mezzi masticati: -Ah, già, a me il cocco fa schifo.-
Chad, accortosi dello sguardo tutt’altro che amichevole del loro anfitrione, azzardò: -Ha mica visto Spark?-
Gru si voltò verso il rettiloide, cui vennero i brividi per il tono forzatamente gentile dell’uomo: -Oh, ma sicuro! E’ passato per la porta principale, proprio stanotte, ha attraversato la strada e da allora non l’ho più visto! Vi consiglierei, anzi- la voce di Gru abbandonò ogni camuffamento e si fece greve; -VI ORDINO di seguire il suo esempio e di non farvi mai più vedere da queste parti. Avete il tempo di raccogliere i vostri effetti personali.-
Il messaggio era chiaro.
Anche per Truman.

Due ore dopo, parco cittadino.

-E’ grandioso.- digrignò Spark, mentre strappava le ali a una mosca, la cui unica colpa era stata posarsi sul naso di un giovane criminale dal pessimo umore. Completata la tortura, schiacciò l’insetto senza pietà e tornò a scrutare furioso il panorama davanti a sé. –Doveva filare tutto liscio, bastava così poco, ma niente. Ho permesso al nemico di starmi vicino, me ne sono innamorato, mi sono rimbecillito ed è bastato un padre indignato per togliermi di mezzo. Vatti a fidare dei consigli di un banchiere in sovrappeso.- continuava a borbottare.
–Spark!- gridò una voce. L’interpellato alzò lo sguardo e vide i suoi due “scagnozzi” venirgli incontro.
–Mi stavo effettivamente chiedendo cosa ne fosse stato di voi. Arguisco che Gru vi ha sfrattati soltanto poco fa.-
-Da quanto sei qui?- chiese Chad, dimentico dei suoi dolori skateboardistici.
Spark ci pensò su un attimo: -Uhm, dalle tre di stanotte. Le panchine sono più comode di quel che sembra.-
Chad era allibito. Spark sembrava depresso. Ma non poteva essere. Non l’aveva mai visto con l’autostima sotto i tacchi.
–Voi come mi avete trovato?- chiese Speegeil. Fu Truman a rispondere, orgoglioso di sé: -Col mio GPS interno!-
-Mh.- commentò Spark, fiacco. Chad, seriamente preoccupato, cerco di intervenire: -Senti, SP, non è andata come avevi previsto. Ok. E’ chiaro. Niente ci vieta di ritentare altr…-
-Ma ritentare cosa?!- sbottò Speegeil, sconfortato; -Non so come sia per voi, ma io è tutta la vita che cerco di raggiungere un obiettivo decente. Ma ogni volta c’è sempre un qualche intoppo che mi manda all’aria tutto. Quando ci siamo rincontrati ero già alla frutta, e neanche me ne rendevo conto. Ho praticamente puntato tutto su questo piano, e ho mandato tutto a quel paese. Adesso non so più che fare. La nostra collaborazione termina qui. Scusate se vi ho coinvolto. Addio, gente.- concluso lo sfogo, fece per andarsene, ma qualcosa lo afferrò per le caviglie.
Era Truman, gettatosi a terra: -NOOOOO!- gridò disperato; -Non può finire così! Non puoi lasciarmi a me stesso! Sono troppo idiota per farmi largo nella vita da solo! Ho bisogno di almeno due persone intelligenti come supporto!-
-Ok, Chad è uno, il secondo non può essere tuo padre?- replico stizzito Spark, mentre tentava di liberarsi.
–Sono orfano da due anni.- ribattè il cyborg. Chad tornò a parlare, aprofittando del silenzio che era calato: -Dì un po’, Spark, per caso il suddetto “qualche intoppo” ha a che fare con la tua famiglia?- il ragazzo-serpe doveva aver colto nel segno, perché il ragazzo dall’occhio guasto abbandonò i suoi sforzi per liberarsi dalla stretta di Truman.
Rapidamente, sulla faccia di Spark tornò a delinearsi quel sorriso inquietante che indicava il sorgere di un’idea nella sua testa: -Signor Fry, posso chiederle come ha raggiunto quest’intuizione?-
-Ricordo quel poco che mi ha raccontato a riguardo, signor Speegeil- fece Chad, scimmiottando l’amico; -E ho una certa esperienza personale.-
Il ragazzo genio, ricaricato, sentenziò: -E’ il momento di scendere al nocciolo del problema! Non appena Truman allenterà le ganasce…-

Periferia, pomeriggio presto.

Spark, Chad e Truman scesero dall’autobus.
Una vera fortuna che una delle fermate fosse proprio davanti al condominio a due piani ove il signor Speegeil, ormai da tempo, aveva preso residenza. Speegeil figlio rimase ragionevolmente basito dallo squallore della struttura, che aveva rintracciato sulle pagine gialle, ma si riprese subito e lesto salì le scale. Chad ritenne più opportuno rimanere in disparte, ed espresse il suo parere a Truman, già partito dietro al giovane scienziato.
Spark si sentiva inconsuetamente teso. Non ci era abituato neanche un po’, e infatti suonò il campanello senza neanche un briciolo dell’esitazione che fa indugiare un individuo normale. Il cuore minacciò un’apocalisse atomica non appena dall’interno dell’abitazione si udirono passi verso la porta. Quando però sulla soglia apparve la figura stanca ma rispettabile del genitore, il corpo di Spark riuscì a ripristinare i valori abituali.
La scena che seguì sembrava una trasposizione in carne e ossa del finale della parabola del figliol prodigo. Con la differenza che non c’era nessun vitello grasso.
–Non hai idea di quante volte abbia provato a contattarti.- fece infine l’uomo, sul punto di piangere. Spark si morse il labbro inferiore: non era mai stato un figlio modello (eufemismo), ma la sua famiglia lo amava comunque. E lui aveva ricambiato distruggendola: Moira da qualche parte nello spazio, la madre in prigione e ora suo padre lì in quella bettola. Spark stesso si stupì di quanto la cosa, di colpo, lo facesse star male.
–Dai, entriamo.- intervenne nuovamente Speegeil senior, spezzando il silenzio. Lì, sul divano sfondato del bilocale di quell’appartamento in capo al mondo, padre e figlio tornarono a parlare dopo un lustro di lontananza. Spark riuscì a sfogarsi com’era nelle sue intenzioni, confessando che alla base di tutto, come aveva intuito solo poche ore prima, c’era non l’orgoglio, ma la frustrazione per essere stato messo in secondo piano da un momento all’altro.
Il padre ascoltò pazientemente fino a che il trafelato discorso del figlio, caratterizzato come sempre da un eloquio ricercato, cessò. Solo allora prese la parola: -E’ sempre stato un po’ difficoltoso trattare con te, Sparky. Per metterla sul semplice. Ma se è vero che si è quel che si è, allora di certo quel che dovevo fare non era cercare di cambiarti.- Dove stava andando a parare? Spark non riusciva a capirlo, e la cosa lo irritava. –Il succo, senza tanti giri di parole, è che sia io che tua madre ti abbiamo sempre voluto un universo di bene e abbiamo sempre confidato che, nel bene o nel male, saresti riuscito a realizzarti.-
-Ma…la mamma…Moira…-
-Quel che tua madre ha detto di tua sorella lo ha detto in un momento in cui se ne stava soprapensiero. Non c’era da prenderla sul serio. La realtà è che non abbiamo mai preferito l’uno all’altro: siete entrambi i nostri amatissimi geni del male.- Silenzio. –Ora credo sia meglio che tu vada, sai, se resti le cose si faranno sempre più smielate.-
-Eh…- rantolò Spark, stordito da quanto aveva appena appreso. Ripresosi, si alzò di scatto dal divano e, fissando suo padre con fare cameratesco, esordì:
-Ti giuro che saprò farmi perdonare per tutto questo equivoco.-
-Aw, mi basta che tu faccia scagionare la mamma.- ribattè Speegeil padre; -La sua ultima compagna di cella le sta dando delle noie, mi dice. Oh, e torna quando vuoi.-
Chad intanto aveva il suo bel daffare a convincere Truman a non seguire Spark: come si fa a trattenere una macchina umana inarrestabile e deficitaria di comprendonio?! I due erano proprio dalla scalinata quando il loro amico li raggiunse.
–Eccoti qui. Allora?-
-La faccenda è risolta, almeno per quanto riguarda il mio blocco mentale: ora il mio genio non è più smorzato da complessi d’inferiorità.-
-Addio mondo, allora.- replicò sarcastico l’uomo-serpe.
–Confrontarsi con i genitori è proprio ricostituente. Perché non lo fai anche tu, Chad?.- domandò gioviale Spark.
La risposta fu: -Ma scherzi?! Mia madre è pazza senza remissione, l’hanno pure internata! Cosa vuoi risolvere con un discorsetto?!-
Truman avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma venne interrotto dallo squillo del suo cellulare, una delle tante applicazioni sparse per il corpo. Dopo un minuto buono passato a dimenarsi come un tarantolato, riuscì a trovare il tasto di risposta (sulla tempia sinistra): -Pronto?- fece; -Oh! Ciao! Come… Eh?! Bè… sì, è ovvio, arriviamo…- Terminata la chiamata, il cyborg squadrò gli altri due, perplessi. –Era Kristoph. Ha detto che è successo un casino e che ha bisogno d’aiuto.- disse semplicemente, per poi partire spedito in direzione di casa Gru. Spark e Chad gli andarono dietro, quasi automaticamente.
Non osarono mai chiedere a Truman quando e perché avesse dato il suo numero al Minion.

Quartiere residenziale, un’ora dopo.

Un nugolo di curiosi si era ammassato intorno alla residenza dei Gru, o meglio, dove sarebbe dovuta essere la residenza dei Gru. Quel che la calca stava osservando sbigottita era un enorme cratere che sprofondava fino al laboratorio sotterraneo, mezzo devastato.
Kristoph, correndo avanti e indietro nervosamente, avrebbe voluto che tutti se ne andassero in fretta, ma perché ciò potesse essere possibile, ci sarebbe stato bisogno di tutti gli altri Minions, disgraziatamente dispersi dopo… la catastrofe.
–Levatevi di torno, parassiti urbani!- berciò una voce imperiosa, che Kristoph identificò subito con il volto di un certo ragazzo dall’occhio guasto. Nello stesso momento, un’altra conoscenza del Minion si faceva strada strisciando fluidamente fra le gambe dei "parassiti". Raggiunto il bordo dell’enorme buca, si alzò in piedi, spalancò la bocca, mostrò le zanne e lanciò il sibilo più minaccioso nella storia dei serpenti. Atterrita da tale spettacolo, la folla si disperse. L’ultimo a dileguarsi fu Fred McDade. Spark e Truman raggiunsero Chad e Kristoph, potendo così concentrarsi sul motivo della loro convocazione.
Speegeil si fece calare giù nel laboratorio da Truman e il suo avambraccio-rampino, dando il via a una fitta indagine. Fitta ma breve, poiché non gli ci volle molto a rinvenire un paio di enormi occhiali dalle lenti a fondo di bottiglia.
–Arthur VanArthur.- ringhiò.
–Poka?- chiese ansiosamente Kristoph, sceso assieme a Chad e Truman (e i loro rampini).
–Il tecnico scientifico di mia sorella c’entra qualcosa.-
-E tua sorella?-
-Pah! Lei non avrebbe mai approvato un simile assedio alla concorrenza. Mai stata così professionale. Come ha fatto a conquistare la Scandinavia?!-
-Bè, ok, che facciamo?-
-Mi pare elementare, Chad, raggiungiamo la base di Moira e chiediamo a VanArthur spiegazioni esaurienti. E se è successo qualunque cosa a Moira o a Margo, io…- gli occhiali vennero ridotti a un cubetto più in fretta di quanto avrebbe fatto un apparecchio compressore.
–Ok, ok, in fondo anche io ci terrei a salvare Agnes…- sentenziò quieto Truman.
–Ma, non ci dicevi che tua sorella ha la base in orbita nel cosmo? Come ci arriviamo?- obiettò Chad. Kristoph fece per suggerire l’aeronave di Gru, ma notò che era stata divorata dalle robo-termiti superstiti del razzo di Spark.
Questi però non pareva in difficoltà: -Ho i miei mezzi…- ghignò.
CONTINUA

NdA: Fred McDade è un personaggio secondario del film, quando Gru praticamente minaccia di morte il suo cane (reo di aver fatto i suoi bisogni nel giardino del protagonista) e quando Gru parte a bordo del suo razzo alla volta della luna. Il cognome del personaggio appare nei titoli di coda.
 

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Capitolo 7
*** Cuore criminale ***


Base orbitante, stanza delle comunicazioni.

-Ben ritrovato, Mr. Perkins! E’ ancora in piedi, la banca?-
-Non sono dell’umore, Arthur.- rispose duro l’omone, che riempiva tutto lo schermo.
Non è mai dell’umore, ‘sto qui, fu il pensiero dello scienziato miope, il quale però si guardò bene dall’esprimerlo a voce alta.
–Co-comunque, la contatto per riferirle il buon esito della prima fase del piano illustratole stamane.-
Perkins allentò un poco la sua abituale espressione truce: -Intende che…-
-…Gru, la sua prole e buona parte dei suoi equipaggiamenti, nonché la sua abitazione, sono attualmente in mia custodia.-
Il direttore della banca scoppiò in un esclamazione soddisfatta talmente fragorosa che Arthur VanArthur sobbalzò sulla sedia;
-Encomiabile, Arthur! L’avevo inserita nella mia lista nera, ma se tutto va come deve andare, potrà considerarsi riscattato.-
-Me ne rallegro, signore.- borbottò l’altro di rimando. Arthur si era chiesto più volte cosa mai l’avesse spinto a diffondere nella rete la storia del fallimento del furto della luna. Forse come esempio di un colpo fallito a tutti gli aspiranti criminali. Forse perché non sapeva chi fosse il padre dell’Omino sulla Luna .
La cosa, ovviamente, non lo aveva mai aiutato a interagire col banchiere, tantomeno quella mattina. C’era voluto del bello e del buono per farsi ascoltare. E fortuna che era un collegamento via satellite.
–Ora, non solo potrò vendicarmi di Gru, ma si potrà riprendere il Progetto Luna da dove si era fermato.- continuò Mr. Perkins beffardo.
–Certo, certo… esattamente come le avevo detto… il tempo di trovare il raggio restringente, di modificarlo adeguatamente…-
-Faccia quel che deve ma lo faccia. Ricordi che è ancora a rischio!- L’ultima immagine visibile sul monitor fu una mela.
VanArthur scese dalla sedia, ringalluzzito nonostante le minacce. Vicino alla porta automatica, stava mogio mogio Nigel.
–Oh, e smettila!- lo rimbecco il suo creatore; -Non dispiacerti troppo per la Speegeil, era ovvio già da un pezzo che non avesse abbastanza mordente per questo lavoro!- il piccoletto violaceo rabbrividì, non osando guardarlo in faccia. VanArthur, irritato, uscì dalla stanza, risistemandosi il suo secondo paio di occhiali. Scusate tanto se sono pratico!, urlò interiormente mentre si dirigeva dai suoi prigionieri per assicurarsi l’assenza di sorprese.
Fu costretto a rinunciare, perché dal corridoio trasparente vide con orrore quel che sembrava un imminente assedio.

Cella di detenzione.

Dire che Gru era irritato sarebbe stato un blando eufemismo, considerati gli eventi dell’ultima settimana più il vero e proprio sequestro ad opera di un nano impazzito. Da quanto aveva capito dalla ragazza che aveva incontrato lì dentro, Moira, il tappo infernale era stato il suo assistente fidato fino alla sera prima, quando l’aveva narcotizzata e segregata, per poi prelevare casa Gru con un titanico artiglio meccanico, in virtù di un qualche fantomatico piano organizzato in combutta con Mr. Perkins. Di questi sapeva il coinvolgimento perché VanArthur se l’era lasciato sfuggire durante un’accesa scazzottata fra i due durante l’assalto. Gru si era fatto mettere sotto dai robot dell’altro, ma perlomeno aveva avuto la soddisfazione di tirar via gli occhiali al suo nuovo avversario, mezzo cieco. Tra l’altro, aveva scoperto che Moira era la sorella di quello Speegeil che mirava a detronizzarlo. Piccolo il mondo, piccolo lo spazio.
La suddetta fanciulla al momento stava discutendo animatamente con Margo proprio a proposito del subdolo fratellone: cose come "E’ proprio un tipo impossibile" "Però quando vuole…" "Davvero ti ha baciato?" e simili. Stizzito, Gru si sforzò di non ascoltare, preferendo fissare l’immensità siderale dall’oblò della cella.
Con suo enorme stupore, vide fluttuare nel vuoto, verso di loro, quell’enormità rettangolare che, due giorni prima, aveva fatto vincere la seconda prova a Spark e soci. L’uomo chiamò le sue figlie e Moira perché la vedessero anche loro: -Ehi! E’ quell’aggeggio calorifico di Spark!- esclamò Edith, sbalordendo Moira: -Spark?!- ansimò infatti; -E’ venuto?!- chiese, per poi svenire. I Minions, prigionieri anch’essi, lanciarono un boato d’esultanza!…
Che si spense non appena il bizzarro velivolo saltò in aria vergognosamente.
Silenzio raggelante. Moira, per sua fortuna, era ancora a terra.
VanArthur scelse proprio quel momento per entrare: -Bè, me la sono fatta sotto per niente. Chiunque fosse e qualunque cosa volesse fare, bè… nulla di fatto!- commentò più a se stesso che ai suoi detenuti. Margo fissò il minuscolo scienziato con il medesimo sguardo omicida che aveva rivolto a Spark le prime volte. Impressionato, Arthur preferì filare via all’istante, per andare a setacciare l’arsenale di Gru alla ricerca del raggio restringente.

Esterno.

–Povero patetico ingenuo di un Arthur!- bisbigliò tronfio Spark, nella sua tuta da astronauta e camminando sulla superficie metallica della struttura grazie ai suoi CalamiStivali. Poco più in là, fluttuava una piccola navicella monoposto.
Il diversivo del Tosta-Morte™ gigante aveva permesso alla sua squadra di agganciarsi al bersaglio senza essere rilevata. Ora ognuno doveva eseguire il suo compito.

Ingresso principale.

Truman passeggiava tranquillo come se nulla fosse, non scomponendosi neanche un po’ nemmeno quando gli si pararono davanti decine e decine di sentinelle robot.
–Ecco, ecco, ecco!- esclamò su di giri invece, mentre le sue braccia si aprivano e si univano fra di esse, formando tramite complicati passaggi una canna da arma da fuoco; -Il trucco del bazooka!- e fu tutto un boom-boom.

Camera di sorveglianza.

Sputando il caffè in faccia al collega, l’addetto al monitoraggio si concentrò sulla telecamera X86, che riprendeva una specie di androide intento a fare strage di meccanoidi. Tramite un messaggio via radio, fece confluire tutti i robot della base verso l’intruso, per poi realizzare che fosse opportuno informare il capo.
–Pesssssssssima idea.- fece una voce sibilante dietro ai due sventurati guardiani.
Il tempo di battere ciglio e Chad li aveva già sostituiti ai monitor. Localizzati i prigionieri, contattò subito Spark tramite auricolare.

Cella di detenzione.

Margo era rimasta scioccata dal terrore, credendo il suo quasi-fidanzato ormai deceduto.
Moira, rinvenuta, chiese agli altri quanto ci avrebbe messo Spark a raggiungerli. Nessuno ebbe il coraggio di dirle alcunché.
E meno male, visto che il presunto morto apparve agli attoniti prigionieri passando per la grata del condotto di aerazione. Hackerando il pannello di controllo, riuscì ad aprire la cella.
–Ce li ho.- dichiarò, parlando all’auricolare; -recupera Truman e raggiungetemi. Ora tocca a Van…- venne travolto dalle sue due ragazze prima di terminare la frase. Moira lo prese a botte per il suo comportamento, per poi abbracciarlo piangendo di gioia: -Che cretino che sei, mi sono dovuta cacciare nei guai perché venissi…- mugugnò con la faccia nascosta nel petto del fratello.
Spark proprio non sapeva come controbattere, così disse solo: -Scusa.-
Margo, con la quale si era già chiarito la notte prima, si limitò ad abbracciarlo. Avrebbe voluto… fare di più, ma suo padre si schiarì la voce, severo.
Finite le effusioni, il gruppo si accinse a riunirsi a Chad e Truman, ma ebbero giusto il tempo di attraversare qualche corridoio.
Davanti a loro, senza preavviso, si parò un furioso Van Arthur, all’interno di un colossale esoscheletro robotico dalle braccia gorillesche: -Ma guarda un po’ chi infine si è degnato di onorarci con la sua fetida presenza… l’altro Speegeil! Sì, bè, sei in ritardo.-
Moira prese la parola:-Arthur, non so cosa ti è saltato in testa, ma vorrei…-
-Zitta, incompetente!- La ragazza ammutolì.
Spark, riassunta la sua espressione demoniaca, tirò fuori da una tasca un cubo di metallo blu e lo lanciò a terra. Il gingillo si illuminò e iniziò a scomporsi e a espandersi fino a formare una struttura meccanica più complessa, grande quasi quanto l’armatura del nemico: ora era una sorta di cyber-leone pronto a uccidere. Allo schioccare delle dita di Speegeil, la fiera sintetica si avventò sull’esoscheletro, dilaniandolo senza tanti complimenti.
VanArthur comunque fu più lesto e riuscì a sgattaiolare via prima di diventare carne da macello. Chad e Truman sopraggiunsero proprio in quel momento, rimanendo un attimo attoniti per il leone robot.
–Portate le ragazze, i Minions e Mr. Gru al punto convenuto. Kristoph vi aspetta lì. Io mi occupo del sorcio.- furono le disposizioni di Spark. Moira ridacchiò, constatando che il fratello era tornato come un tempo: attaccato ai suoi affetti e spietato con chi li minacciava.
"Mr. Gru" invece non era convinto: -Aspetta un momento, ragazzotto. Non penserai mica che mi affidi a te dopo quel che volevi farmi? E comunque questa vendetta è anche un po’ mia!-
Il ragazzo dall’occhio rosso sospirò: -Così non facilita le cose, sa? Ma va bene, venga.-
I due salirono in groppa al leone e partirono all’inseguimento dell’avversario. Chad guardò il resto dell’entourage e intimò loro di darsi una mossa.

Alloggi, stanza segreta.

Moira Speegeil poteva anche essere troppo frivola per essere una supercriminale, ma Arthur VanArthur era un autentico codardo.
Vista la malaparata della situazione, aggravata pure dal non aver ancora rinvenuto quel dannatissimo raggio restringente, l’occhialuto nano di scienza aveva perso ogni controllo e si era rifugiato nel suo sancta sanctorum personale. Lì era riuscito a darsi una calmata e a escogitare un contrattacco contro quell’infernale ragazzaccio.
Stava giusto finendo di mettere a punto i dettagli, quando la parete destra della camera venne sfondata da un raggio laser. Spark e Gru fecero irruzione, seguiti dal leo-bot.
–Gah!- strillò VanArthur, al colmo della strizza; -A-assurdo! Questo appartamento è schermato da qualsiasi rilevamento e non viene ripreso dalle telecamere! C-come…?!-
-Il tuo amichetto qui ha cantato.- fu la risposta atona degli altri due. Da dietro le gambe di Spark spuntò la testolina di Nigel, con un cipiglio di rivalsa.
Inorridito dal voltafaccia imprevisto della sua creatura, Arthur afferrò un fucile dall’aria futuristica e sparò alla cieca, costringendo i suoi nemici a buttarsi a terra. Diversi raggi colpirono in pieno il leo-bot, che si fuse all’istante. Con il sangue che gli ribolliva in corpo, Spark tirò fuori la sua pistola laser e con un colpo solo disarmò l’altro.
–E ora, tappo, per aver umiliato mia sorella e trattenuto la mia fidanzata, io…!!!-
All’ultimo, VanArthur scoprì di essere vicino al bottone nascosto nel pavimento. Lo premette e si aprì una botola: la sua via di fuga.
Con la celerità del re dei vigliacchi, vi si tuffò sfuggendo alla punizione.
Seccato, Spark ritenne comunque la faccenda terminata e consigliò a Gru di andare a recuperare casa sua. Il criminale dal naso puntuto sorrise divertito, considerando che tutto sommato quel giovane non era del tutto un mostro.
Lo squillo di un cellulare riempì d’un tratto la stanza devastata. Spark e Gru lo trovarono giusto accanto alla botola: senza dubbio di proprietà di VanArthur. Lessero il nome comparso sul displayer: PERKINS. Speegeil avviò la chiamata e una voce inferocita scaturì dall’apparecchio: -Arthur! Allora? Non mi ha dato più not…-
-Arthur VanArthur è permanentemente non raggiungibile, spiacente.-
-Eh?!- fece Mr. Perkins, disorientato.
–Buonasera, sugna semovente. Ti ricordi di me? Sono il ragazzo con parecchio potenziale.- riprese Spark con tono inquietante, dando una breve occhiata a Gru, incuriosito; -Ho qui con me un tuo ex-cliente desideroso di conferire teco per qualche istante.- detto ciò, passò proprio a Gru il cellulare, bisbigliandogli: -Si prenda una soddisfazione.-
Capito al volo, l’uomo prese in mano il telefonino e, con un inflessione della voce che non lasciava adito a dubbi, ringhiò: -Stammi bene a sentire, bastardo. Dovesse esserci una terza volta in cui un tuo parente o lecchino metterà a rischio la mia famiglia, verrò direttamente da te. E sarà ben più che una mela a finire maciullata.-
Senza aspettare eventuali repliche, Gru tirò contro un muro il cellulare, spaccandolo.
Spark si rallegrò al pensiero di non essere al posto del grassone.

Superficie lunare, poco dopo.

Un guscio di salvataggio si schiantò in un cratere. Ne uscì un ometto di un metro scarso, con occhialoni spessi e malmessi. Si guardò attorno, con aria sollevata.
–Bè, per il rotto del rotto della cuffia, ma l’ho fatta franca. Phew!- fece; -Ora tutto quel che devo fare è muovermi via da qui.-
Saltando qua e là per il satellite, giunse infine davanti a una stramba costruzione bianca che ricordava vagamente un fungo. Sembrava la carcassa di un’astronave. Fece per avvicinarsi ed esaminarla, ma venne intercettato da uno strano tizio dall’aria stralunata, che aveva l’aria di abitare lì da tempo.
Un alieno?
No, un cretino, del tutto terrestre.
–Ehi, ehi, ehi!- esultò quello; -Ma dimmi te i casi della vita! Herbert Dicklesburgh! Non sei cresciuto per niente dal college!-
-Chiamami Arthur VanArthur.-
-Che?! Usi ancora quel nome da perdente?-
-E’ un nome d’arte, Victor!-
-Vector, prego! Oh yeah!- e partì per la tangente con quel suo equivoco movimento di bacino.
VanArthur si ricordò seduta stante cosa l’aveva spinto a diffondere la storia del furto lunare: la soddisfazione di sputtanare il suo odiato ex-compagno di stanza.

EPILOGO

Arthur VanArthur non avrebbe mai trovato il raggio restringente, perché se l’era imboscato Spark già il primo giorno di convivenza con i Gru. Non solo: l’aveva modificato in modo che l’effetto fosse permanente e reversibile a proprio piacimento. Kristoph lo custodiva a bordo dell’astronave ammiraglia costruita sempre da Spark. Fu proprio con questo nuovo modello dell’arma che la cricca, una volta riunitasi, riportò sulla Terra la casa tinta di nero. Tempo qualche giorno, e il paesaggio nel vecchio quartiere residenziale era tornato allo stato iniziale, con l’unica traccia oscura in mezzo a tanto candore.

Moira Speegeil, dopo l’avventura appena passata, capì che quella della supercattiva non era la sua strada: come confessò al fratello, aveva un po’ esagerato quando aveva decretato la Scandinavia conquistata: era arrivata solo a metà Finlandia, e più per merito di VanArthur che suo! Optò così per un’onesta carriera di normale scienziata.

Agnes avrebbe voluto fidanzarsi con Truman, ma il cyborg spiazzò tutti rifiutando: non gli andava di essere amato solo perché faceva tenerezza. Ci tenne però che rimanessero amici. La ragazza si sarebbe ad ogni modo potuta consolare con Bessie la meca-tartaruga.

Chad e Edith non vennero mai nemmeno sfiorati dall’idea che ci fosse del tenero tra loro due. Il loro rapporto si basava su lei che insegnava a lui ad andare sullo skateboard e sull’agonismo derivante dal decretare chi dei due fosse il miglior karateka. Si sfidarono molte volte nel dojo della comune mentore, ma essa non seppe mai dire chi potesse spuntarla.

Spark fece scagionare sua madre, più o meno allo stesso modo in cui la fece mettere dentro. Ci volle un po’ perché madre e figlio tornassero a parlarsi, ma alla fine ci riuscirono. Sempre grazie alle sue doti, Spark ricomprò la vecchia casa ai genitori. Pur non smentendo la sua natura di criminale, il giovane divenne molto più sopportabile e soprattutto più socievole. Questo permise a lui e a Margo di instaurare ufficialmente la loro relazione, accolta con non poca esitazione dal padre di lei…

Gru scrisse per suo esclusivo diletto il seguito di Un grande unicorno, la favoletta ideata per le sue figlie quando erano piccole. Questa nuova storia si intitolava Tre cagnacci rognosi e, per ovvi motivi, non la rese mai nota nè a Spark né a Chad. A Truman sì, tanto non capiva l’allusione.

Due mesi dopo, laboratorio di Gru.

-Idea luminosa!- fece Gru con la solita espressione un po’ persa. –Telefono, per favore!- disse ad alta voce.
Il cellulare ci mise un po’ ad arrivare, visto che veniva conteso tra Kristoph e Nigel, desideroso di fare buona impressione col suo nuovo datore di lavoro. –Molla! Glielo do io!- -Papopapo!- bisticciavano. Seccato, Gru li raggiunse e strappò via loro l’oggetto della disputa. Compose un numero e aspettò che rispondessero. –Professor Speegeil!- tuonò poi; -La voglio qui all’istante per il mio nuovo progetto! Niente ma!- e riattaccò.

Luna Park, contemporaneamente.

Spark sbuffò, rimettendo via il telefonino.
–Che c’è?- chiese Margo, tenendogli la mano.
–Era tuo padre. Il nostro appuntamento è appena terminato.- Margo sbuffò anch’essa.
–Quell’uomo è impossibile! Quando gli propongo io qualcosa fa orecchie da mercante, ma se l’idea è sua, niente ma!- concluse Spark imitando la voce di Gru.
Margo obiettò: -I tuoi piani prevedono sempre la distruzione di almeno un intero stato. Un po’ troppo costoso, no?-
-Sono un incompreso!- fece il ragazzo, teatrale.
–No, Spark, sei un pazzo furioso.- ribattè la fanciulla, ironica.
Spark si voltò verso Margo e, avvicinandosi al suo viso, sussurrò: -La cosa non sembra dispiacerti, signorinella.-
Margo si levò dal contatto labiale imminente e si allontanò a grandi passi dal fidanzato. –Conosci il patto.- esordì, altezzosa; -Niente baci se non perdi il vizio di chiamarmi così!-
-Oh, eddai!-

I tre micini uno strano giorno

Incontraron tre cagnacci che non volevan levarsi di torno

Non poco erano tediosi

E per l’unicorno anche dannosi

Ma bastò poi un po’ di pazienza

Perché i tre dimostrassero la lor vera essenza

Il tutto per tutto rischiarono

E i tre micini dal pericolo salvarono

E qual gioia, quale amore

Scoprire che anche un cane rognoso in fondo ha un cuore

FINE

 

  

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