Sii fedele al tuo sangue (2)

di JosephineGreen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le tre piccole J ***
Capitolo 2: *** Josh ***
Capitolo 3: *** Un nuovo inizio. ***
Capitolo 4: *** Just be good di Green. ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni. ***
Capitolo 6: *** Provocazioni e soddisfazioni. ***
Capitolo 7: *** Orgoglio e pregiudizio. ***
Capitolo 8: *** Libri di fuoco e calderoni stregati. ***
Capitolo 9: *** Lo scontro ***
Capitolo 10: *** Un che di vano. ***



Capitolo 1
*** Le tre piccole J ***


Un caldo afoso sovrastava la spiaggia semi-deserta. In effetti, non era nella norma che una spiaggia californiana come quella di Bakersfield fosse così poco popolata da bambini urlanti e madri arrabbiate: in fondo, era più o meno l’ora di pranzo. L’unico segno di vita era un vasto ombrellone arancione un po scolorito, che però, non tutti potevano vedere. La spiaggia, se fosse stata osservata da un babbano, sarebbe apparita piena di alghe secche accasciate sulla sabbia, lunghi tronchi spezzati e con qualche cadavere di piccoli pesci lasciati li ad imputridire. Certo, non era di certo la migliore delle immagini, ma di sicuro gli artefici di quel lavoro credettero che nessuno si sarebbe mai avvicinato ad un luogo in tali condizioni: supposizione esatta, perchè, durante tutto il corso della giornata, nessuno si fece vivo.
-Charlotte,avresti altra protezione solare?-
La donna seduta accanto a Dwight si voltò stupita,portandosi gli occhiali da sole sopra la testa.
-Stai scherzando, spero.-
-Beh, se così fosse, non sarei una grande simpatia,no?-
Si sorrisero mentre la donna cominciava a rovistare nella grande borsa azzurra. Ne tirò fuori un tubetto di crema, che porse all’ex cognato.
-Voi inglesi proprio non vi capisco: sembrate sempre così composti e perfetti, ma quando vedete un po di sole andate subito ai ripari.-
Si avvicinò di più a lui.
-Il sole è vostro amico.-
-Cara Charlotte, noi non siamo abituati al sole come voi non lo siete alla pioggia e al freddo. E adesso smettila di commentare tutto ciò che avviene nel modo e dimmi dove sono Jack e Jo.-
-Credo che siano andati con Joseph a fare una passeggiata, non lo so per certo. Sene sono andati quando ti sei addormentato.-
Dwight si alzò reggendosi la schiena dolorante e cominciò ad infilarsi la t-shirt che aveva appoggiao sopra l’ombrellone. Charlotte sembrò piuttosto contrariata.
-Vuoi già andare via?-
-Io e i bambini dobbiamo cominciare a fare le valigie: tra una settimana comincerà la scuola e non siamo ancora andati a Diagon Alley a compraere il materiale.-
-Dwight devo chiederti un favore immenso.-
L’uomo la guardò preoccupato. Charlotte lo aveva sempre aiutato, fin a quando Julia era morta anni fa. Li aveva sempre ospitati per le vacanze estive e suo figlio Joseph aveva un rapporto bellissimo con i suoi bambini.
-Dimmi, Charlotte, dov’è il problema?-
La donna si rimise a sedere sul suo telo con un nervosismo crescente.
-Se non fossi alle strette non te lo chiederei Dwight, lo sai. Sono sempre stata capace di badare da sola alla mia vita e a quella di Joseph, ma stavolta è davvero la fine.-
Dwight sapeva a cosa si stava riferendo: il marito di Charlotte, Clarence. lavorava come pensolare tra California e Canada per degli affari che lui non era mai riuscito a capiche che cosa trattassero, ma di una cosa era sempre stato sicuro. Non erano affari puliti. Ogni volta che l’uomo tornava a casa i litigi erano frequenti, e ogni volta diventavano sempre più cattivi e violenti.
-Hai deciso di lasciare Clarence?-
La donna annuì lentamente.
-I dicorzi sono sempre cose traumatiche per i bambini, Dwight, ed è prprio su questo che si fonda la mia richiesta.-
 
 
-Più veloce, Jack, più veloce!- gridarono all’unisono Josephine e Joseph. Beh, si, si può pensare che in famiglia non avessero molta fantasia, ma quando erano stati dati loro i nomi, in fondo, si trovavano in due continenti diversi.
Avesso, invece, se ttrrovavano nello stesso carrello della spesa. Era un gioco che avevano architettato qualche anno prima, ma era rimasto sempre il loro preferito.
Il gioco consisteva nell’aver rubato un carrello da un supermercato babbano. Erano poi andati su una collinetta vicino casa loro e, spinti da Jack, avevano comiciato una tremenda corsa che si era conclusa con ginocchia sbucciate e vestiti sporchi. Da quella volta, ogni volta che andavano a prendere il carrello in cantina si ricordavano di munirsi di ginocchiere, gomitiere e un sacco nero da mettersi addosso.
La corsa si concluse con i due cuginetti rimasti a gambe all’aria e Jack piegato in due dalle risate. Era sempre così.
L’aria era molto calda, e, anche se nessuno di loro possedeva un orologio, si immaginarono che doveva essere più o meno l’una di pomeriggio. Si sdraiarono sul prato ad osservare il cielo azzurro.
-Vorrei che non ve ne dovreste andare mai più: ci divertiamo così tanto insieme.-
-Lo so Josh, sarebbe bellissimo, ma io e Jo abbiamo la scuola, e anche tu quest’anno ci andrai,no?-
-A proprosito, a che scuola andrai? Ti è arrivata la lettera,giusto?-
-Beh, veramente me ne sono arrivate due: una di una scuola  a poche ora di viaggio da San Francisco, mentre l’altra non ho idea di dove si trovi. Mamma ha detto che non è in America.-
-RAGAZZI, IL PRANZO E’ INTAVOLA!- sentirono urlare i tre cugini. Subito scattarono in piedi, nascosero il carrello dietro un folto cespuglio e impazzarono i una corsa verso casa loro.
Appena arrivati, ansimanti e sudati, corsero in bagno a lavarsi le mani per poi irrompere in cucina sorridendo.
Qua trovarono i rispettivi genitori che sistemavano la tavola. Dwight, appena li vide, si fermò, si sedette e fece loro segno di avvicinarsi.
I tre si guardarono un po preoccupati.
-Ragazzi, io e zia Charlotte siamo arrivati ad un’importante decisione.-
Si, adesso la tensione era davvero alle stelle.
-Abbiamo deciso che,visto la complicata situazione in questa casa,- detto questo rivolse un sorriso gentile al nipote- il piccolo Joseph verrà in Inghilterra a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.-
Silnzio assoluto.
Dwight rimase di stucco.
-Beh, credevo che sareste stati euforici! Joseph, ma non sei nemmeno un po contento.-
Joseph mosse appena le labbra, come per dire qualcosa, che però non uscì dalla sua bocca, ma da quella di Jack.
-E’ uno scherzo?-
-Certo che no, tesoro!-
Joseph sorrise radioso.
-In tal caso.. E’ fantastico!-

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Capitolo 2
*** Josh ***


 
L’ampia cucina era quasi completamente immersa nell’oscurità: l’unica fonte di luce era  lo spiraglio della finesta che dava sul giardino, illuminato e fiorente. Dato che i proprietari si erano assentati per tre settimane, l’esterno risultava incolto, pieno di erbacce e di insetti che scorrazzavano qua e là felici in cerca di nutrimento. Un improvviso * pop * fece si che le piccole bestiole cominciassero una disperata fuga nel tentativo di salvare la pelle.
Quattro figure, munite grandi bauli pesanti si trovavano davanti la porta d’ingresso.
Il ragazzino dai capelli biondo scuro guardava con occhi sognanti le serafiche campagne inglesi: sembrava un bambino nel Paese dei Balocchi.
L’uomo adulto sorrise vedendo il suo sguardo e cominciò a trafficare nellen tasche in cerca delle chiavi, ma nello stesso momento la porta si aprì, mostrando Celia, la loro piccola elfa domestica, che li attendeva in gran gloria.
-Celia da il ben tornato signore! Anche ai signorini, ovviamente. Celia si sentiva tanto sola. Ma... Celia si chiede chi sia il giovane ragazzo? Amici signore?-
-Parenti, in realtà: Celia lui è Joseph Attle, mio nipote. Sarà nostro ospite fino a tempo inoltrato.-
Dopo le brevi presentazioni e l’espressioni spaesate di Celia, il gruppo entrò in casa soddisfatto.
L’odore non era certo dei migliori, e dava l’idea di uno scrigno che era rimasto chiuso per anni e anni. I due fratelli cominciarono a salire le scale verso le loro camere, dimenticandosi completamente che il cugino non avesse idea di dove dovesse alloggiare. Jack si voltò a metà delle scale.
-Josh, hai intenzione di mettere le radici oppure vuoi seguirci? La tua camera è di sopra!-
Il ragazzino sorrise e cominciò a salire le scale a stento, a causa del peso della sua valigia. Le scale si concludevano con un lungo corridoio, che si concludeva a sua volta con un’imponente porta finestra che dava su un’ampia terrazza: da lì la vista era favolosa. La sua camera era la seconda a sinistra, tra quella di Jo e Jack. Era una stanza di media grandezza, con una letto ad una piazza e mezzo, dall’aria piuttosto comoda. Accanto al letto era posizionato un comodino di legno d’acero, rifinito alla perfezione. Joseph si fermò a fissarlo.
-Era di nostro nonno.-
Il ragazzo balzò in piedi, e si voltò impaurito, trovandosi davanti Jack, con stampato in volto il solito sorrisetto beffardo.
-Stacci molto attento Josh, papà ci tiene molto.-
-Non c’è problema Jack. Dove posso mettere i miei vestiti?-
Jack gli indicò l’armadio a muro dall’altra parte della stanza rispetto al letto e se ne andò con passo gongolante. Joseph lo guardò sorridendo: che personaggio! Se non fosse stato così bien piazzato ( non che l’essere piazzati sia un difetto, anzi, molto spesso risulta un pregio, ma Jack era davvero troppo ben piazzato) e un pò paffutello le ragazze lo avrebbero adorato sicuramente.
Joseph chiuse la porta e si mise a sedere sul letto, riprendendo ad osservare il comodino: doveva valere centinaia di galeoni. Lo aprì, e, trovandolo completamente vuoto, cominciò a riempirlo con le sue foto di famiglie, qualche piccolo giocattolo e libro.
Dopo di che si stese sbadigliando, e, con l’intento di riposare gli occhi per qualche secondo, si addormentò pacificamente, sonnecchiando fino alla mattina dopo.
 

 
 

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Capitolo 3
*** Un nuovo inizio. ***


-Avete preso tutto vero? Piume? Calderoni? Avete tutti i libri di testo? Inchiostro? Avete preso l’inchiostro vero?-
-Papà, quando hai finito l’interrogatorio magari noi andiamo!-
Il padre sorride a Jack.
-Comportati bene Jackie, mi raccomando. E basta a Jo e Josh.-
-Certo, sarò il loro bodyguard, adesso però dobbiamo davvero andare!-
Dwight li abbracciò uno ad uno, sofermandosi più a lungo nell’abbraccio rivolto ai propri figli. In quel saluto c’era uno spirito malinconico che l’anno prima non c’era: ora sarebbe stato compleatmente solo fino al natale prossimo, e ciò lo riempiva di tristezza.
-Scrivetemi appena potete, e salutatemi Severus.- gridò l’uomo, mentre i tre ragazzi correvano verso l’espresso.
 
Il corridoio affollato dava il mal di testa alla piccola  Jo, e la faceva sentire piuttosto insignificante.
-Ma, Jackie, quante persone ci sono ad Hogwarts?-
-Non ora, Jo, sto cercando gli altri.-
Gli altri. Certo aveva visto gli amici del fratello l’anno prima, ma non poteva dire di conoscerli, fatta esclusione per Theodore e Draco. E se non si fosse trovata bene con loro? Se l’avessero presa in giro? Non voleva sentirsi esclusa.
-Ah, finalmente, Blaise!
Da uno scompartimento aperto spuntava la testa sorridente di un ragazzo di colore.
-Vieni Jack, manchi solo tu!-
-Quanti posti ci sono?-
-Due.-
Jack si voltò verso Jo e Josh con aria interrogativa, per poi esordire con un’alzata di spalle.
-Tu sali in braccio a me Jo.-
Non dette alla sorella il tempo di rispondergli che la trascinò dietro di sè. Lo scompartimento non era molto ampio, nè confortevole. Jo si sentì alzare di peso per poi trovarsi sulle gambe del fratello. Josh sedeva loro accanto. Si guardò intorno incuriosita.
-Allora nanerottoli, cominciamo le presentazioni. Ragazzi, lei è Jo, mia sorella, mentre lui è Joseph, o Josh, come vi pare, mio cugino. Jo, Josh, loro sono Blaise Zabini, Theodore Nott, Vincent Tiger, Gregory Goyle, Pansy Parkinson e Draco Malfoy.-
Ci fu un giro di strette di mano generali.
-Ma dove sono gli altri?-
Altri, oh santo cielo!
Pansy si sporse un pò con fare altezzoso.
-Sai Jack, Daphne e Millicent non sono più ben accette nel nostro gruppo.-
-Il fatto che tu ci abbia litigato non significa che non siano più nostre amiche Pansy!-
-Theodore, mi hanno detto cose terribili!-
-Non fare la vittima Pansy, lo sappiamo già cosa ti hanno detto, l’avrai ripetuto almeno un milione di volte!-
-I Green non lo sanno!-
-Io non sono un Green...-
Josh, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, si intrufolò timidamente nella conversazione. Pansy lo guardò scocciata.
-Si, come ti pare. Insomma, vuoi sapere che è successo o no Jack?-
Il ragazzo sbuffò.
-Se non puoi fare a meno di dirmelo.-
Evidentemente non poteva, perchè la ragazza si tuffò in un vivace racconto della litigata con le “ex-amiche”. Secondo quanto raccontato tutto sarebbe partito dal fatto che Millicent non aveva portato un pensierino a Pansy dopo la sua visita in Egitto: evidentemente la ragazza lo aveva ritenuto un motivo valido per interrompere un’amicizia di lunga durata.
-Mi sembra un enorme stupidaggine, ma non mi riguarda, quindi adesso passiamo a cose serie: quiddich!-
-Ahh, uomini e sport: non la trovi un’accoppiata un pò scontata Jo?-
-E perchè mai? Tutti adorano il quiddich!-
Blaise la guardò sorridente per poi spostare lo sguardo sul fratello.
-L’hai addestrata bene Jack.-
Il ragazzo gonfiò il petto.
-E’ la mia piccola peste preferita.- disse accarezzando i capelli alla piccola Jo.
 
 
-Ho paura Jo.-
La bambina si voltò verso il cugino accigliata. Si trovavano già nella Sala Grande e lo smistamento si sarebbe svolto a momenti.
-E perchè mai? Io sono tranquillissima.-
-Ah, la fai facile tu! Il tuo cognome inizia per “g”, ma il mio è uno dei primi! Oddio quest’attesa mi sta uccidendo!-
-Josh, hai preso degli ansiolitici o cosa?-
-Spiritosa!-
-Joseph Attle.- urlò chiramente la professoressa McGrannit dal fondo della sala.
-In bocca la lupo Josh!- sussurrò Jo tranquilla, mentre osservava il cugino che si avviava a passo lento verso lo sgabello dove era posto il logoro cappello che, di lì a pochi secondi, avrebbe deciso la sua sorte.
-E’ tuo fratello?- domandò uno voce alle sue spalle.
Jo si voltò, trovandosi davanti una bambina un pò più alta di lei dai lisci capelli color nocciola e dolci occhi azzurri.
-No, è mio cugino.- rispose un pò spaesata, ma quella sensazione fu niente quando sentì, dall’altra parte della sala il cappello urlare :- GRIFFONDORO!-

 

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Capitolo 4
*** Just be good di Green. ***


Draco emise una risatina.
-A quanto pare qualcuno ha scambiato le culle alla nascita Jackie.-
Ma il ragazzo continuava a guardare fisso verso la direzione dove si trovava il cugino: questi si era tolto il Cappello Parlante quasi tremando, e non sembrava avere nessuna intenzione di muoversi da dove si trovava. La professoressa McGrannit si chinò su di lui e gli disse qualcosa che Jack, a causa della distanza, non riuscì a captare. Josh annuì e si diresse verso il tavolo dei Griffondoro esitante. Si sedette al primo posto che trovò liberò e cominciò a fissare il piatto, con aria tremendamente preoccupata.
Lo smistamento era ricominciato.
-Jack, stai bene?-
Il ragazzo si voltò verso l’amica.
-Non capisco...-
-Jack, sono sicura che c’è stato un errore!-
-Il Cappello non sbaglia Daphne, mai!-
Si passò la mano tra i capelli, continuando a riflettere sull’accaduto.
-Josephine Green.-
Jack alzò velocemente lo sguardo verso la Sala Grande, tornando alla realtà. Vide sua sorella che si avviava verso la professoressa McGrannit. Sembrava un pò spaesata, ma il suo passo era comunque deciso. Arrivò di fronte allo sgabello dove si trovava il Cappello, lo sollevò, si sedette e se infilò velocemente sulla testa. Il Cappello ci mise pochi secondi a decretare la sentenza.
-SERPEVERDE!-
Jack si sentì sollevare il cuore. Ce l’aveva fatta, sua sorella era una di loro.
La bambina, dal canto suo, sembrava altrettanto felice. Posò il cappello e comiciò a correre verso il tavolo dei Serpeverde, sedendosi accanto a suo fratello.
Si sorrisero radiosi.
-Lo sapevo che ce l’avresti fatta!-
-Si... in fondo lo sapevo anche io. Ma, Josh?-
Entrambi allungarono il collo per vedere il ragazzo.
Josh sembrava immerso in una piacevole conversazione con due ragazzi.
-Io non ci arrivo, riesci a vedere chi sono?-
Draco si sporse un pò verso il ragazzo.
-Non credo che ti piacerà ciò che vedrai Jack.-
Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, per poi alzarsi e vedere con chiarezza.
Oh, ma era ovvio! Chi potevano essere se non Potter e Weasley!
-Oh, santo cielo!- Prese il viso tra le mani.
-Ma chi sono quelli, Draco?-
-Jack ti ha mai parlato di Potter e Weasley?-
-Weasley? Oh, cielo Jack, ha davvero detto Weasley?!-
Jack sembrò troppo impegnato per ascoltarla.
Jo decise che era meglio lasciar perdere: avrebbero affrontato l’argomento l’indomani con calma.
 
 
-Jo, non credi sia l’ora di andare a letto?-
La ragazzina osservò l’orologio: le undici.
-D’accordo...- disse assumendo una finta aria afflitta.
Blaise le battè una pacca sulla spalla.
-Se vai a letto troppo tardi domani sarai distrutta e non riuscirai a seguire nemmeno una lezione!-
Jo lo guardò preoccupata.
-Sono molto difficili le lezioni?-
-Insostenibili!-
Jack spinse l’amico.
-Non dargli retta Jo, per una cervellona come te sarà uno scherzo. Adesso vai a letto!-
Jo schioccò un bacio sulla guancia al fratello, salutò gli altri con la mano e si avviò verso il corridoio che portava verso il dormitorio femminile. Estrasse dalla tasca un pezzo di pergamena con su scritto il numero della sua stanza: 21. Cominciò ad osservare le piccole insegne di legno che contrassegnavano ogni porta.
17.
18.
19.
20.
Era arrivata. appoggiò la mano sulla maniglia e spinse lentamente. Appena entrata notò di essere in compagnia: seduta su uno dei due letti a baldacchino c’era la ragazzina con cui aveva parlato quando era in fila per lo smistamento.
Entrambe rimasero immobili per qualche secondo.
-Ciao.-
-Ciao.-
-Io mi chiamo Claire Montgomery. E, tu...?-
-Oh, Josephine Green, ma Jo andrà benissimo.-
Jo si avvicinò a Claire e si strinsero la mano.
-Jo... Mi piace.-
-Grazie...-
Silenzio piuttosto imbarazzante.
-Anche tu sei Serpeverde?-
-Jo, siamo nel dormitorio di Serpeverde, la cosa mi sembra ovvia.-
-Oh, scusa, hai ragione. Il nervosismo mi gioca brutti scherzi!-
Claire le sorrise.
-Ti va di chiaccherare un pò prima di andare a letto?-
Jo si sentì più leggera.
-Oh si, tantissimo.-

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Capitolo 5
*** Rivelazioni. ***


Josh si unì al flusso di studenti di Griffondoro. Non riusciva ancora a capacitarsi dell’accaduto, e aveva una terribile paura di suo cugino. Era quasi sicuro che Jo se ne sarebbe fregata: che lui fosse Griffondoro, Corvonero e cose, lei gli avrebbe voluto bene. Ma Jack? Lui dava molto peso a queste cose, Josh lo sapeva.
Immerso nei suoi pensieri, non si era accorto che il piccolo gruppo si era fermato, così lui fu il solo a continuare ad avanzare e andò a sbattere contro un ragazzino davanti a lui.
-Hey, ma che ti prende?!-
-Scusami, ero sovrappensiero.-
Il ragazzo sorrise vedendo il ragazzo in difficoltà.
-Non ti preoccupare amico. Io sono Jimmy Peakers.- gli disse porgendogli la mano tesa.
Josh la strinse.
-Joseph Attle. Sei al primo anno anche tu?-
-Oh si, qua è tutto fantastico, non trovi?- esclamò Jimmy scattante.
Il ragazzo sbuffò con aria preoccupata.
-Si, molto.-
-Hey, c’è qualcosa che non va?-
Josh scosse la testa senza rispondere: non ne aveva voglia. Non era quello il momento. Dopo pochi minuti il grupo di giovani Griffondoro giunse all’entrata della loro sala comune, accolti in festa dalla Signora Grassa, che chiese la parola d’ordine all’allampanato prefetto dai capelli rossi.
Colibrì.
Attraversato il buco del ritratto, si stagliò davanti a loro l’ampia sala comune dei Griffondoro: illuminata e riscaldata da uno scoppiettante fuoco che ardeva  dentro al camino. Era piuttosto affollata da ragazzi e ragazze di ogni genere, intenti nelle azioni più ordinarie, che però lasciarono Josh a bocca aperta. Non aveva mai pensato veramente che, da quel momento fino al resto della sua vita, la magia sarebbe stata una componente fondamentale per la sua crescita. Insomma, aveva sempre saputo di essere un mago, a a volte la magia si era presentata anche esplicitamente in alcune delle sue azioni, ma possedere una bacchetta, imparare incantesimi, preparare pozioni... Quella era tutta un’altra cosa!
Avrebbe voluto trattenersi un po’ nella sala comune, come Jimmy gli aveva chiesto, ma era stata una giornata davvero pesante, e aveva un incondizionato bisogno di dormire. Salutò Jimmy e un altro ragazzino mingherlino che gli faceva compagnia e cominciò a salire le scale, tenendo ben saldo nelle mani il foglietto di pergamena con su scritto il numero della sua stanza.
21.
Quando si parla di coincidenze.
 
 
-SVEGLIAAA, E’ TARDIIII!-
Josh premette con forza il cuscino sulle orecchie per attenuare il terribile rumore. Ma chi diavolo era che si metteva ad urlare a quest’ora?
Si tirò su a fatica, trovandosi davanti la visione di un ragazzo dai capelli neri, piuttosto lunghi, legati in un piccolo codino.
-Buongiorno principessa, fatto bei sogni?-
-Chi diavolo sei?!-
Il ragazzo improvvisò un mezzo inchino con tanto di salto, ma il risultato fu piuttosto scadente, visto che finì per ruzzolare per terra. Jimmy era letteralmente piegato in due dalle risate.
-Io sono Ritchie Coote, paladino della giustizia! Cavaliere senza macchia e senza paura! Protettore delle donzelle indifese!-
-Dacci un taglio, Ritchie!- disse Jimmy tirandogli un cazzotto sulla spalla.
Josh sorrise un po’ imbarazzato. Si voltò e vide che anche il letto accanto al suo era occupato, ma evidentemente il ragazzo a cui apparteneva non doveva aver fatto moto caso agli schiamazzi di Ritchie, perchè dormiva di sasso. Josh fece un segno a Jimmy per attirare la sua attenzione, e indicò il letto con fare interrogativo. Quello sussurrò sotto voce :-Colin Canon.-
Mai sentito.
 
 
Circa mezz’ora dopo il quartetto si avviava verso la Sala Grande per la colazione. Mentre ascoltava l’ennesima stupida battuta di Ritchie, Josh si sentì afferrare per un braccio e trascinare via. Si voltò impaurito e vide che il braccio che lo trascinava aveva al polso un piccolo bracciale in oro dalla quale penzolava una “G” rifinita di smeraldi. Non ebbe bisogno di passare al volto per capire che si trattava di sua cugina Jo. Quella si fermò dopo che ebbero svoltato l’angolo, si sistemò la divisa scolastica, prese un bel respiro e cominciò ad osservare il cugino.
-Jo, sei impazzita? Stavi per staccarmi un braccio!-
-Hai ragione, scusa, ma volevo parlare con te.- disse, per poi sporgersi un po’ verso il corridoio dove Jimmy, Ritchie e Colin stavano cercando Josh.-In privato. Chi sono quelli?-
-I miei compagni di stanza. Sono simpatici...-
-Non sembri molto convinto.-
-Jack è arrabbiato con me?-
-Perchè cambi discorso?- La ragazzina sorrise in segno di sfida.
-Jo, sono semplicemente preoccupato. Ieri sera Jack sembrava fuori di sè, l’ho visto!-
-Josh, hai subito iniziato a chiaccherare con Weasley! Certo che era fuori di se!-
Josh si fece piccolo piccolo.
-Ma... è molto simpatico Jo, insomma, è anche gentile.-
Jo si sentì attraversare da un fremito di rabbia.
-Ohh, si, davvero esilarante! Deve aver preso da sua madre! Sai, è stata di una comicità assurda quando ha ucciso mia madre.-
Josh tenne gli occhi fissi sul pavimento.
-Scusa Jo.-
-Le tue scuse non la riporteranno in vita, nè cambieranno nulla!- esclamò Jo arrabbiata.
-E allora che posso fare?!-
-Stagli il più lontano possibile Josh, te ne prego. Almeno da lui! I tuoi nuovo amici vanno bene!-
Il ragazzino sbuffò: come si faceva a resistere ad un faccino così dolce?

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Capitolo 6
*** Provocazioni e soddisfazioni. ***


-Test.-
Tutta la classe, sia Griffondoro che Serpeverde, rimase sbigottita.
Seamus Finnigan si alzò in piedi adirato.
-Ma professore, è il nostro primo giorno!-
-Meno 5 punti a Griffondoro per la tua sfacciataggine e stupidità, e adeso siediti se non vuoi che te ne tolga altri.-
Seamus si sedette molto lentamente, tenendo lo sguardo fisso su Piton. Blaise, che si trovava al tavolo accanto con Theodore e Jack, cominciò a ridere.
-Che diavolo ridi, Zabini?!- sibilò Seamus furente.
Blaise si irrigidì leggermente, senza scomporsi.
-Modera i toni scemo, non vorrai mica che ti vengano tolti altri punti. In fondo, come li recupereresti? Di sicuro non  con l’intelligenza carino.-
Adesso anche Jack aveva preso a sghignazzare.
-Si, Finnigan, devi essertela dimenticata a casa. Perchè non dici a mammina di mandartela per posta, insieme a qualche pannolino di ricambio?-
Seamus avvampò sistematicamente.
-Fate silenzio là in fondo.-
Momentaneamente, gli animi si placarono.
-Voglio che mi prepariate una semplice pozione per la cura dei foruncoli: l’abbiamo già fatta lo scorso anno, quindi dovreste riuscirci tutti.-
Posò il suo sguardo freddo e lugubre su Neville.
-O quasi... Bene, potete cominciare. Tra un’ora esatta dovrete travasare un po’ di pozione nelle boccette che si trovano nell’armadio e consegnarmela.-
Tutti gli studenti cominciarono ad alzarsi per andare a prendere gli ingredienti necessari per la preparazione, ma dopo pochi secondi, della polvere di corna di alce non rimaneva nemmeno un piccolo granello.
Ci fu qualcuno che rimase a bocca asciutta, e ciò non gli piacque affatto.
-Professore, la polvere di corna di alce è completamente finita! Può spiegarmi come faccio a preparare una pozione decente se non la posso usare?-
-Forse dovevi svegliarti un po’ prima Parkinson.-
Pansy si voltò verso Hermione, scrutandola con odio.
-Forse potrei usare la polvere di denti di castoro! Potresti prestarmeli, Granger?-
I Serpeverde nella stanza, che occupavano quattro tavoli, scoppiarono in una risata fragorosa. Piton, dal canto suo, si stampò sul volto un sorrisetto soddisfatto, mentre porgeva a Pansy un piccolo contenitore con dentro una polverina color avorio.
Hermione rimase impassibile cominciando a girare il mestolo nel calderone in senso anti-orario, ma Ron ed Harry non ebbero la stessa reazione.
-Tappati la bocca Parkinson! Credi di essere tanto carina con quella faccia a carlino?-
-Punizione signor Weasley.-
Ron fissò il professore sbigottito e pieno d’ira.
-Sta scherzando spero...- disse Harry sbigottito.
Piton mostrò i denti gialli in un sorriso raccapricciante.
-Oh no, sono serissimo Potter, e adesso comincia pure a preparare la tua pozione se non vuoi anche tu una punizione.-
Ron prese un grande respiro, e costò lui un grande sforzo di volontà non alzarsi e prendere a pugni Piton. Dopo pochi secondi, una vocina gli giunse da poco lontano.
-Oh no, il nostro amichetto Lenticchia fa il dispettoso il primo giorno di scuola.-
Ron non ebbe bisogno di voltarsi per capire a chi apparteneva quella voce.
-Chiudi il becco, idiota.-
Una lieve risatina.
-Sono aperti i giochi Weasley, ma lo vedremo solo alla fine come ne uscirai.-
-Che vuoi dire?-
-Che adesso ho un validissimo alleato.-
Ron si voltò lentamente verso Jack.
-E chi sarebbe?-
-La mia dolce ed innoqua sorellina.-
-Chi? Quella alta un metro ed un tappo?.-
Una vena sulla tempia di Jack prese a pulsare.
-L’ho vista ieri allo smistamento, anche se mi sono dovuto impegnare: sai, tutti gli altri bambini la coprivano. Sei sicuro che abbia già undici anni?-
-Attento a come parli!-
-Ohh, ma il mio preferito è il piccolo Josh. Adorabile.-
Sembrava che Jack avesse perso il controllo da un momento all’altro, e fu solo quando Theodore gli dette una pacca sulla spalla che riprese il controllo di sè. Si passò una mano tra i capelli ricci, prese un bel respiro e cominciò a mescolare insieme gli ingredienti. Tenedo gli occhi fissi sul calderone, concluse la movimentata conversazione con Ron.
-Sarò il tuo incubo Weasley, credimi.-
Ed era vero. Eccome se era vero.
 
Jo sbadigliò sonoramente.
-Sai, credo che andrò a letto.-
Claire imitò l’amica.
-Si, anche io. E’ stata una settimana pesantissima... Credi che saranno tutte così?-
-No, insomma, se fosse davvero così, tutti sarebbero sempre stanchissimi, mentre io vedo un sacco di ragazzi e ragazze sempre allegri e spensierati.-
-Forse da lunedì anche noi saremo così.-
Le due andarono a turno in bagno e, dopo pochi minuti, si stavano infilando nei loro lettini caldi. Jo si voltò verso Claire. Durante la settimana appena passata avevano legato molto. Claire le piaceva: era simpatica, ma non ridicola; intelligente, ma non secchiona, e odiova e amava tutto ciò che odiava e amava Jo.
-Buonanotte Jo.-
-Buonanotte Claire. Sono contenta che siamo diventate amiche.-
Claire si sporse verso il comodino per spengere la candela, ma prima di soffiare le rivolse un sorriso.
-Anche io.-
Buio.

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Capitolo 7
*** Orgoglio e pregiudizio. ***


Ottobre arrivò come una folata di vento gelido: i compiti cominciavano ad aumentare, gli incantesimi a farsi più difficili e le pozioni sempre più elaborate. Josh non aveva rivelato di possedere un grande talento accademico, ma si dava da fare e riusciva ad ottenere risultati piuttosto soddisfacenti, nonostante le forze impiegate. Quella mattina la lezione di pozioni, come al solito svoltasi con i Tassorosso, era stata più pesante del solito, e il suono della campanella fu un gran sollievo per tutti. Josh, al tavolo con Colin, Jimmy e Ritchie cominciò a mettere i suoi strumenti in cartella e stava per avviarsi fuori dalla classe, quando si sentì tirare per una manica. Quando si voltò si trovò di fronte a Ginny Weasley.
-Hey, Josh.-
-Ciao, Ginny.-
Il ragazzino la guardò in attesa che lei dicesse qualcosa, ma la sua bocca rimase sigillata.
-Ti serve qualcosa Ginny?-
-No, il fatto è che...- La ragazzina arrossì violentemente.
-Oh cielo, mi sento così cattiva e senza tatto nel dirtelo, ma ho visto che ultimamente non te la sei cavata molto bene a pozioni, e visto che è una materia che mi riesce piuttosto bene pensavo che se magari tu avessi bisogno di una mano potrei dartela io.-
Aveva detto tutto d’un fiato, al punto che al ragazzo servì qualche secondo per rielaborare il disorso.
-Sei molto gentile Ginny, ma voglio farcela da solo.-
-Ma, sei sicuro? Insomma, non sarebbe un problema per me, anzi, sarebbe un piacere!-
Lui la guardò di sottecchi. A che gioco stava giocando? Voleva prenderlo in giro, o voleva davvero dargli una mano? Se non fosse stata una Weasley, forse Josh avrebbe accettato la sua richiesta, ma non voleva mettersi ulteriormente nei guai con Jack. Le cose erano rimaste congelate sin dal giorno dello Smistamento, ma finalmente il cugino gli aveva dato un’appuntamento per parlare: si sarebbero incontrati il giorno dopo, il 30 Ottobre, dietro la serra numero tre appena dopo pranzo.
-Grazie ancora Ginny, ma, davvero, posso farcela da solo.-
Le rivolse un sorriso veloce e prese ad incamminarsi verso il corridoio che portava all’uscita dei sotterranei. Non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno.
 
Il giorno dopo, quando entrò nella Sala Grande per il panzo era tesissimo. Prima di sedersi al suo posto al tavolo dei Griffondoro, gettò un’occhiata a quello dei Serpeverde: Jack stava ridendo a crepapelle insieme a quel suo amico di colore, e sembrava molto felice. Forse quella era la volta buona che l’avrebbe perdonato e tutto sarebbe tornato come prima.
Il ragazzino cominciò a buttar giù qualche boccone ma, questi, scendevano giù per il suo esofago come massi di proporzione gigantesca. Cercò allora di intrattenersi in una conversazione con Colin, che risultò essere piuttosto piacevole e che lo aiutò a dimenticarsi, almeno momentaneamente, dell’impresa che doveva affrontare: forse anche troppo, perchè quando Colin lo congedò dicendo che doveva ripassare trasfigurazione, la Sala Grande era ormai semi deserta. Josh, preso da una frenesia inumana, cominciò a correre alla volta delle serre, arrivando in pochi minuti alla tanto agoniata serra numero tre. Chinandosi per riprendere fiato, vide il cugino seduto a terra che strappava e giocherellava con fili d’erba. Jack alzò gli occhi a abbozzò un mezzo sorriso, facendogli poi cenno con la testa di sedersi accanto a lui.
Josh prese un ultimo e lungo respiro e si mise a sedere.
-Ciao Jack.-
-Ciao Josh.-
Il ragazzo lo fissava dall’alto in basso senza proferire parola e mettendolo in uno stato di totale soggezzione.
-Hai per caso qualcosa da dire?-
-Sei tu che hai voluto parlarmi Jack.-
-Oh, ma sai benissimo che non sono io che devo darti delle spiegazioni. Se tu non avessi voluto parlarmi, non saresti venuto.-
Sul suo viso alloggiava il solito sorriso sbruffone, che lo faceva apparire tanto sicuro di se, ma soprattutto, che lo faceva sentire tanto sicuro di sè.
Josh continuava a non proferirie parola, tenendo lo sguardo fisso sul manto erboso.
-D’accordo, visto che oggi sei di poche parole, dirò quello che penso. All’inizio credevo che ci fosse stato un errore, insomma, in fondo il sangue che ci scorre nelle vene un po’ si assomiglia. Abbiamo passato estati intere a giocare, ridere e scherzare, e adesso ti sei schierato dalla parte del nemico.-
-Io non mi sono schierato dalla parte di nessuno! Non sono stato io a scegliere di essere smistato in Griffondoro!-
-Non mi sembra che passare giornate con Weasley e i suoi stupidi amici ti dispiaccia, caro Joseph!-
-Quando la smetterai di accanirti contro Ron? Non è colpa sua se sua madre ha compiuto degli errori! Lui è a posto.-
Jack lo fulminò e si alzò di scatto.
-La mela marcia non cade mai lontano dall’albero, cugino.-
Josh sospirò e si mise a sedere.
-Non voglio litigare con te Jackie, e non voglio che tu sia arrabbiato con me.-
-Ma questo non dipende da me Josh: dipende soltanto da te.-
-Jo cosa ne pensa?-
-Jo ha la mia stessa opinione, ma, la conosci, lei è troppo buona ed è troppo affezzionata a te per riuscire a farti ragionare.-
-Possiamo trovare un compromesso?-
-I compromessi sono per gli idioti, per quelli che non sanno prendere una posizione. I compromessi sono per i deboli. Tu vuoi essere un debole?-
-Tutti siamo un po’ deboli.-
Jack emise un grugnito.
-Smetterai di frequentare Weasley?-
Josh fissò il pavimento arrabbiato e confuso. Perchè? Perchè doveva accanirsi così tanto? Lui non lo conosceva, non sapeva quanto Ron fosse simpatico. Quanto sua sorella fosse gentile e disponibile. Quanto Fred e George fossero esilaranti. Non voleva rompere di rapporti con Jack e Jo, ma ciò che gli era stato chiesto era esagerato.
-No, Jackson.-
Jack sorrise con falsa allegria. Si avvicinò al cugino lentamente ma con passi forti e decisi, alzando più che poteva le spalle e il petto senza sembrare ridicolo.
-Divertiti con i tuoi amcici mezzosangue, ma non ti aspettare che tu sia un privilegiato. Per me tu sei come loro. Allo stesso livello. Allo stesso livello di Weasley.-
Si voltò di scatto e si incamminò verso il castello. Josh rimase seduto lì ancora qualche minuto a riflettere sull’accaduto. Quando si alzò per andare a Trasfigurazione, cinque minuti dopo, una lacrima rigava il suo viso.
 
La sala comune era semi-deserta, se non per quel tavolo di fronte al camino, sempre occupato dallo stesso gruppo di ragazzi.
-Hey, Jo, che fine ha fatto tuo fratello?-
-“Fine”? Perchè? Non era a lezione con voi oggi?-
Blaise e Draco scossero la testa.
-Non si è fatto vivo nemmeno a cena!- esclamò Daphne –Insomma, nessuno l’ha visto da pranzo in poi!-
Jo cominciò a tormentarsi le unghie. Che cosa poteva esser successo? Sapeva che Jack avrebbe parlatocon Josh nel pomeriggio, ma com’era possibile che suo fratello fosse sparito, quando lei stessa aveva visto suo cugino a cena? Doveva esserci sotto qualcosa.
Mentre lei e Daphne tentavano di buttare giù delle ipotesi sulla sconosciuta collocazione del fratello, l’ingresso della sala comune si aprì, e da esso ne emersero Jack e Marcus Flitt. La differenza d’altezza tra i due era notevolmente diminuita dall’anno precedente,nonostante fosse ancora palese che Jack fosse molto più piccolo rispetto all’amico.
-Jack! Cielo, ma dov’eri finito?!-
Il ragazzo sollevò la ragazzina senza il benchè minimo sforzo e la guardò sorridendo.
-Io e Marcus avevamo da discutere, e, indovina?! Sono il nuovo battitore dei Serpeverde!-
Tutti sembravano molto sorpresi, soprattutto Draco.
-Ma, Jack, è fantastico, quindi ci alleneremo insieme?!-
-Si amico, insieme li distruggiamo quegli insulsi Griffondoro.-
Jo si svegliò dal suo stato di trance per la gioia della niova carica del fratello.
-Jackie, hai parlato con Josh?-
Il ragazzo si irrigidì tutto d’un tratto, posò la sorella dalla sua stretta e si lasciò cadere nel posto libero accanto a Blaise.
-Joseph Attle per me è un Griffondoro come tutti gli altri, e si merita il loro stesso trattamento.-
Jo rimasa abasita. Come poteva dire una cosa del genere? Come poteva parlare così di loro cugino? Sangue del loro sangue? Il timido ragazzino con il quale giocavano ogni estate? Capì comunque che quello non era il momento migliore per parlarne, visto l’umore del fratello. Diede la buonanotte a tutti e comiciò ad avviarsi verso il suo dormitorio quando sentì delle voci lungo il corridoio. Provenivano dalla stanza 12. Si avvicinò di soppiatto per non farsi sentire.
-Te lo dico io, bella mia, è cotto stracotto di te!-
-Si, lo credo anche io. Insomma, le attenzioni che da a me non le da a nessun altra ragazza, e per questo ci può essere una sola spiegazione, no?-
-Decisamente si! Siete bellissimi insieme. Anche solo pronunciare il vostro nome mi fa sentire in pace con me stessa! Pansy e Draco. Draco e Pansy.-
Jo si scostò bruscamente, andando a sbattere contro il muro alle sue spalle.
-Che cosa è stato?-
Jo sgranò gli occhi terrorizzata. Non voleva farmi cogliere in flagrante ad origliare le conversazioni altrui. Impazzò in una corsa forsennata, riuscendo a buttarsi nella prima stanza con la porta lasciata aperta, prima che Pansy si affacciasse per vedere chi stesse origliando.
Fortunatamente la stanza era vuota, ma Jo aspettò un attimo prima di reincamminarsi lungo il corridoio, avendo paura che Pansy fosse sempre di vedetta.
Non c‘era che dire: una fine adeguata per una giornata tanto stressante.

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Capitolo 8
*** Libri di fuoco e calderoni stregati. ***


Jack e Jo si gettarono sul letto simultaneamente. Erano felicissimi di essere di nuovo a casa per le vacanze di Natale, dopo tutto lo stress che si era accumulato ad Hogwarts nell’ultimo periodo: l’apertura della Camera dei Segreti aveva creato un caos inaudito.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, contemplando il soffitto della stanza, fino a che non sentirono dei passi avvicinarsi alla porta della stanza.
-Ehm, ragazzi..-
Josh sostava sulla porta guardandoli imbarazzato.
-Mamma, cioè zia.. cioè...-
-Con parole tue, ragazzo.- sospirò Jack sempre mantenendo lo sguardo fisso verso il soffitto. Jo gli dette una gomitata.
-Scendiamo subito a salutare zia Charlotte, Josh.-
I due si sorrisero e Josh fu felice di vedere che almeno la cugina gli stava dando un minimo d’appoggio, dopodichè s’incamminò al piano di sotto. Jo si voltò di scatto verso Jack guardandolo torvo.
-Devi per forza trattarlo così? E’ pur sempre nostro parente, Jackie!-
-Lascia perdere Jo, tu non puoi capire.-
-Capire? E cosa ci sarà mai da capire? Ok, è amico di Weasley, questo uccide anche me Jack, ma non puoi condannarlo alla gigliottina per questo. Credi che a me faccia piacere?-
Jack scattò a sedere iroso.
-Qualcuno deve prendere una posizione, Josephine! Non possiamo continuare a far finta di niente, a far finta che ci stia bene!-
-Tu non ci hai mai nemmeno provato!- urlò la ragazzina.
-Non puoi capire.- ripetè il fratello risdraiandosi sul letto. In quel momento si sentì qualcuno salire le scale e davanti alla porta della loro stanza emerse Dwight Green, sempre con quel suo fare affascinante ma trasandato allo stesso tempo, con i ricci scomposti dell’esatto colore di quelli del figlio.
-Che succede? Ti ho sentito urlare tesoro.-
-Jack è così ostinato papà, non riesco a farlo ragionare!-
Dwight sospirò. Non era certo la prima volta che il figlio maggiore gli dava dei problemi. Soltanto una settimana prima aveva ricevuto una lettera da parte del Professor Piton, che gli riferiva che la situazione scolastica del figlio non era certo una delle migliori. Jack era sempre stato una piccola calamità, ma adesso che stava crescendo, Dwight aveva paura che la piccola calamità si sarebbe potuta trasformare in un disastroso uragano.
-Ne parleremo più tardi, adesso non mi sembra il momento più adatto. L’unica cosa che voglio che facciate adesso è che vi stampiate un bel sorriso su quei faccini e che veniate a salutare vostra zia e vostro cugino. Niente obbiezione, niente lamentele, e, soprattutto, niente urla.-
Non fu necesario dire altro: i due ragazzi scattarono in piedi, si sistemarono le pieghe delle vesti con le mani e cominciarono a scendere le scale molto silenziosamente e compostamente.
Al piano di sotto, ad aspettarli, c’erano i già annunciati Josh e zia Charlotte. La donna corse loro incontro abbracciandoli con molto affetto, mentre il bambino rimase seduto al tavolo circolare al centro della grande cucina. Sembrava molto in soggezzione.
-Beh, passate delle belle vacanze ragazzi! Vorrei potermi trattenere un po’ di più, ma ho così tante cose da sbrigare, con il lavoro e tutto il resto, che non so ancora dove ho trovato il tempo di riuscire a prendere una passaporta! Comunque, ci vediamo tra due settimane, quando riporterò Joshy. Grazie ancora Dwight, mi hai fatto un favore davvero troppo grande per essere ricambiato.-
-E’ stato soltanto un piacere. Passate delle buone vacanze.-
Jo abbracciò il cugino con forza e gli diede un bacio sulla guancia, augurandogli buon Natale, mentre Jack gli fece un sorriso forzato in aggiunta di un semplice e freddo:- Divertiti e salutami tutti.-
Quando i parenti furono partiti le acque si erano ormai calmate, e la tanto fatidica discussione venne rimandata ad un futuro, avrebbero scoperto ben presto, non molto lontano. Infatti, la sera dopo a cena, Jo decise di rinfilare il dito nella piaga.
-Papa, riguardo alla discussione di ieri pomeriggio...-
-So già tutto.-
Jo e Jack si guardarono esterrefatti, avendo avuto entrambi lo stesso pensiero: “Gliel’hai detto?!”. Evidentemente il padre intercettò questo scambio di sguardi, chiarendo la situazione.
-E’ stato Josh a dirmi tutto.-
-Oh... E tu cosa ne pensi? Insomma, mi darai ragione dicendo che Jack sta esagerando, vero?-
-Esagerando?! Non penso che avrei avuto una reazione diversa, tesoro.-
Jo rimase immobile qualche secondo, con il cucchiaio pieno di pudding che stava per portare alla bocca ancora alzato. Jack dal canto suo, gonfiò le spalle e mise su un’espressione da “te-l’-avevo-detto”.
-Starai scherzando spero!-
-Josephine, tu sei ancora troppo piccola per capire. Tu non hai nemmeno conosciuto tua madre. Con questo non sto certo dicendo che a te non manchi, è solo che per me e tuo fratello è tutto più complicato.-
Jo buttò lo sguardo sul resto del suo pudding e lì lo lasciò per tutta la sera, ignorando completamente i discorsi del padre e del fratello sul quiddich.
Dopo cena non dette nemmeno una mano a sistemare la tavola, ma andò di filato in bagno a cambiarsi e poi a letto. Mentre dormiva, fece un sogno molto strano: era sulla spiaggia a Bakersfield a fare castelli di sabbia con Josh, quando un ombrà oscurò il cielo, e, alzando gli occhi, si accorgeva che era una gigante Pansy Parkinson che oscurava la luce solare. La mega-Pansy la afferrava con le enormi mani, la sollevava alla sua altezza e gli sussurrava:- Chi amerebbe mai una pulce come te? Adesso che non c’è nemmeno più il tuo cuginetto come farai?-. In quel momento Jo si voltava e vedeva Josh che giocava con Weasley a rincorresti, e voltandosi verso di lei urlava :- Grazie di aver assecondato pulce!-.
La ragazzina si svegliò di botto, sudata da capo a piedi e con una terribile senzazione addosso. Aveva decisamente bisogno di un bicchier d’acqua. Scendendo le scale per andare in cucina, vide suo padre in salotto. Ma cosa ci faceva ancora sveglio? Si avvicinò di soppiatto, sentendo delle voci provenire dalla stanza e vide una fioca luce: sembrava che il fuoco nel camino fosse acceso. Si avvicinò così tanto da arrivare ad appoggiarsi alla porta, in modo di sentire chiaramente cio’ che il padre e il suo misterioso interlocutore stessero dicendo.
-E’ più preoccupante di quanto pensassi Mcnair! Dei mezzosangue sono già stati attaccati, e chi dice che la bestia non degeneri e non cominci ad attaccare anche i purosangue? Ci sono i miei figli in quella scuola, e non li lascerò morire per una vostra supposizione riguardo il suo ritorno!-
Bestia? Ritorno? Jo non riusciva davvero a capire quello che il padre stesse dicendo, ma ecco che l’altra voce ricominciò a parlare.
-Fidati di noi Green! Lucius sa a che cosa andava incontro quando ha messo il libro in quel calderone, e, se non sbaglio, anche suo figlio è la a rischiare la pelle! Non ti sto chiedendo le stelle, solo di venire a quello stramaledetto incontro. Non puoi mancare.-
Dwight percorse la stanza a grandi passi veloci. La figlia non poteva vederlo involto, ma avrebbe scommesso 1000 galeoni che il nervosismo, l’indecisione e la preoccupazione si erano impossessati di lui.
-Non ero nemmeno uno di voi, Mcnair, perchè vieni a cercare me?-
Questo “Mcnair” emise una risata roca e grottesca, e se le circostanze non fossero state così misteriose, Jo ne avrebbe riso a crepapelle. Ma non era certo in vena di ridere: di cio’ che aveva appena udito non aveva capito nemmeno la metà, e il tono preoccupato del padre stava diventando snervante anche per lei.
-Il fatto che tu non avessi il nostro “segno di riconoscimento”, se così vogliamo chiamarlo, non significa che tu non fossi un Suo sostenitore. E vogliamo parlare della tua dolce mogliettina?-
Dwight battè un colpo sul tavolo con il pugno chiuso. Jo si avvicinò di più per vedere meglio, e in quel momento capì. Il volto di un uomo, presumibilmente l’interlocutore del padre, sbucava dal fuoco. Portava gli scomposti capelli in un caschetto mal tagliato, e la bambina riuscì a vedere parecchie cicatrici che sottolineavano il viso sciupato.
-Lascia stare mia moglie! Se è così necessaria la mia presenza verrò, ma non ti assicuro un mio aiuto Mcnair, nè un sicuro sostegno. Sono tempi irrequieti, e se dovesse venire che sono dalla vostra parte... Beh, non so quanti giovamenti potrei trarne. E ti ripeto, comunque, che sono solo supposizioni infondate. Sarebbe l’ora che vi metteste in testa che lui è morto 11 anni fa. Non si possono resuscitare i morti.-
-Ti ricrederai vecchio mio. Domani sera a mezzanotte a casa Malfoy: cerca di essere puntuale.-
La figura svanì in un piccolo turbine di lingue di fuoco e cenere. Il padre si passò la mano nei capelli nello stesso identico modo in cui lo faceva il fratello e si lasciò cadere sulla poltrona al centro della stanza.
La bambina cominciò ad indietreggiare piano piano, cercando di fare meno rumore possibile, e quando fu certo di non essere a tiro d’orecchio del padre, riprese un’andatura normale, salendo le scale e dirigendosi verso la propria camera. Entrò, si sedette sul letto fissando il pavimento e pensando a cio’ che aveva appena sentito.
“Non metterti nei pasticci Jo” continuò a pensare, fino a che non si addormentò sognando libri infuocati e calderoni stregati.

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Capitolo 9
*** Lo scontro ***


“... Egregi saluti. Dwight Green.”
Dwight rilesse la lettera più e più volte: gli sembrava piuttosto convincente ed efficace. Non gli piacevano questi affari burocratici e formali, ma era in quello che consisteva il suo lavoro al ministero, e quindi era costretto a farlo.
Si stava alzando dalla scrivania, dirigendosi verso la credenza per prendere una busta da lettere e la cera per sigillare la lettera, quando un gufo planò in picchiata dentro la stanza attraverso la finestra. Era un grande gufo di dimensioni spropositate, che portava nel becco una sottile lettera chiusa dal sigillo di Hogwarts.
L’uomo gli si avvicinò, gli strappò dal becco la lettera e lo congedò, lasciando che si portasse via una scatoletta intera di biscottini gufici. Dopo di che si affrettò a chiudere la finestra: la fredda tramontana di inizio febbraio non avrebbe sicuramente giovato ai suoi dolori al collo.
Si sedette alla scrivania, e, con tutta calma aprì la lettera, svelandone il contunuto.
”Bristol,
 Maniero Green,
 Studio di Dwight Green.
 Signor Green,
 è convocato, dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, a presentarsi entro le sette di questa   sera al già menzionato istituto per tenere un urgente colloquio con il sottoscritto Albus Percival  Wulfric Brian Silente, preside dell’istituto, per trattare di un fatto svoltosi oggi all’ora di pranzo: suo figlio Jackson Green si è “scontrato” con Ronald Weasley, frequentate il secondo anno e facente parte della casa di Griffondoro, i quali genitori sono stati, a sua volta, convocati. I diretti interessati avranno l’obbligo di partecipare all’incontro. Con la speranza di poterla vedere tra poche ore,
                                                                                                                                        Albus Silente”
Dwight, in un impeto di rabbia, gettò la lettera per terra.
-Guai, guai, sempre stramaledetti guai!- urlò di botto, lanciando un potente pugno al muro che gli stava di fianco. Immediatamente dei piccoli passetti si avvicinarono allo studio. Dalla porta aperta uscì fuori un lungo naso e due occhi spalancati.
-Ci sono problemi, signore? Celia aiuta.-
Dwight si passò le mani tra i capelli scuri che stavano cominciando ad inevarsi.
-Che ore sono?-
Celia saltò di scatto e si catapultò in cucina per consultare il grande orologio posto sopra ai fornelli e poter dare una risposta al suo padrone. Dopo cinque minuti l’elfa non aveva ancora fatto ritorno. Dwight si alzò scocciato e si avviò con pssi lunghi ed impaziente verso la cucina, dove trovò l’elfa intenta ad osservare con molta concentrazione l’orologio.
-Cosa diavolo stai facendo?-
-Io... Io, signore, pensa di non saper leggere l’orologio, signor Green... A Celia dispiace, Celia si scusa...-
-Potevi dirlo subito, senza farmi perder tempo.- sbuffò l’uomo impaziente: erano le 18.40, ed era in netto ritardo. Si avviò all’ingresso, dove dal grande attaccapanni afferrò di corsa il suo soprabito, per poi smaterializzarsi con un “POP”, lasciando la piccola elfa da sola in una casa desolata.

Si materializzò nel primo posto, più vicino possibile ad Hogwarts, che gli era venuto in mente: Mielandia. Appena ebbe sistemato adeguatamente le pieghe della giacca, cominciò ad incamminarsi verso la scuola. Si ricordava delle periodiche visite ad Hogsmade quando ancora era uno studente, quindi non fu difficile per lui riuscire a ritrovare il percorso che portava alla scuola. Dopo pochi minuti di marcia il castello si presentò in tutta la sua imponenza agli occhi del signor Green, che si fermò per contemplarlo.
 I ricordi affiorarono nella sua mente: lo smistamento, il suo tentativo non riuscito di entrare nella squadra di quiddich, i G.U.F.O., l’incontro con Julia, il loro primo bacio. Aveva passato degli anni bellissimi nel castello, e tornarvi dopo così tanto tempo fu come affrontare un piacevole tuffo nel passato. Riprese la marcia.
Arrivò davanti al portone sbarrato e battè tre forti colpi con il pugno chiuso. Ci volle qualche minuto e altri due tentativi prima che qualcuno si accorgesse del suo arrivo. Fu la professoressa McGrannit ad accoglierlo e ad accompagnarlo nella stanza del preside.
-Sono spiacente del ritardo professoressa McGrannit, ma il gufo che doveva avvertirmi è arrivato soltanto mezz’ora fa.-
-Oh, non deve preoccuparsi Dwight, anzi, siamo noi a doverci scusare per il così poco preavviso, ma era necessario un colloquio. Questa situazione va avanti da troppo tempo ormai.-
Il signor Green si fermò accigliato.
-Situazione?-
-Ma si, il conflitto tra Jackson e Ronald Weasley: non passa giorno senza che i due ragazzi non abbiano un battibecco, ma speravo che non arrivasero alle mani.-
-Lei sa come... Insomma... Come si sono svolti i fatti diciamo.-
-A grandi linee, ma credo che sia meglio che ascolti le versioni dei diretti interessati. Adesso, se vuole seguirmi.-
In pochi silenziosi minuti giunsero all’ingresso dell’ufficio del Preside. I gargoyle di pietra si mossero, e con voce lugubre chiesero quale fosse la parola d’ordine.
-Sorbetto al limone!-
Le braccia dei due gargoyle si spostarono tanto da lasciare il passaggio alle due figure, che salendo una sottile scala a chiocciola, si ritrovarono nel circolare ufficio del preside. Nella stessa stanza si trovavano Jack e Ron, seduti su una panca stondata posta a lato della scrivania del preside, che si guardavano in cagnesco, i signori Weasley, seduti su due sedie poste di fronte alla scrivania, e dietro a loro, in piedi, il professor Piton, accanto al quale si pose la professoressa McGrannit, dopo aver fatto apparire una sedia per il Signor Green. Di Silente neanche l’ombra.
Appena Jack vide suo padre scattò in piedi con un’espressione preoccupata in volto e si diresse verso di lui per salutarlo. Si abbracciarono e, mentre erano ancora strinti l’uno all’altro il signor Green sussurrò all’orecchio al figlio.
-Quando la smetterai di combinare guai, piccola peste che non sei altro?-
Jack si staccò dall’abbraccio per capire se suo padre fosse arrabbiato o no, ma, quando vide che gli stava accennando un sorriso a mezza bocca, fece l’occhiolino e tornò a sedersi sulla panca.
-Buonasera Dwight, sono lieto di rivederti.-
Lo salutò con una pacca sulla spalla  il professor Piton.
-Anche io Severus, molto.-
Dopo di chè, Dwight Green si voltò ad osservare i coniugi Weasley, che lo fissavano con un’aria strana, indecisi se salutarlo o meno. Fu Artur a buttarsi.
-Buonasera Dwight.-
Il signor Green sibilò un leggerissimo –‘Sera.- mentre si stava sedendo, per poi chiudere bocca definitivamente.
L’atmosfera tesa che si era creata nella stanza fu spezzata dall’arrivo del professor Silente.
-Aaah, adesso che siamo tutti, direi che possiamo cominciare!- esclamò sorridente e sereno il preside. Strinse la mano al Signor Green, si sedette, posizionandosi di modo da poter avere una compleata visuale su tutti, e cominciò.
-Bene, come vi ho già comunicato nella mia lettera, riguardo la quale, a proposito, mi scuso per il ritardo, oggi si è verificato uno scontro “frontale” tra i vostri figli. Non è la prima volta che i ragazzi battibeccano, ma la faccenda si è fatta seria per l’utilizzo delle maniere forti, da entrambi i lati; quindi ho sentito il bisogno di convocarvi qui, di modo da poter discutere dell’accaduto e per poi assegnare al giovane Jackson e al giovane Ronald un adeguato castigo.-
La signora Weasley si voltò a guardare auo figlio, uccidendolo con lo sguardo.
-Ma adesso lascio la parola ai diretti interessati, ponendo un’ultima domanda: chi è stato a cominciare?-
-LUI!-
-LUI!-
I due si osservarono sbuffando.
-Preside, ammetto che sono stato io ad alzare le mani per primo, ma lui mi ha provocato!- esclamò Jack con furore.
-Provocato?! Ho detto solo la verità!- obbiettò Ron arrabbiato.
-Dicendo che cosa hai provocato l’ira di Jackson, Ronald?- chiese il preside calmo.
-Beh, ecco, io gli ho semplicemente detto...-
-Ha detto che nella mia famiglia siamo soltanto sporchi mangiamorte, non degni nemmeno di Azkaban!-
Il signor Green si alzò di scatto, voltandosi rabbioso nei confronti di Ron.
-Hai detto questo?-
Ron annuì fievolmente. Il signor Green afferrò il soprabito, affermando che non avrebbe ascoltato nessun altra scocchezza uscita da quall’inutile bocca, e, mentre usiva, fece segno al figlio di seguirlo.
I due uscirono, lasciando gli altri a bocca aperta. Jack accompagnò il padre al portone per salutarlo.
-Allora non sei arrabbiato papa?-
-Sai che non mi piace che tu alzi le mani, ma stavolta non posso davvero biasimarti. NOn permettere mai più a nessuno di parlarti così!-
-Ma è vero? Insomma... che in famiglia ci sono dei mangiamorte?-
Il signor Green abbracciò il figlio con forza.
-Ci sono ancora cose che non posso dirti e che non capiresti.-
-Papa, questo è un si, vero?-
-Non devi pensare a queste cose: i tuoi unici compiti adesso sono cercare di andare bene a scuola e tenere d’occhio tua sorella. Ci sono cose che riuscirai a capire col tempo, ma adesso è troppo presto.-
-Tu lo eri?-
-Ci vediamo Jack. Ti voglio bene.-
Gli dette un bacio sulla guancia e se ne andò, chiudendosi il portone alle spalle.
“Lui lo era, e anche mamma lo era. Ne sono certo.” fu l’ultimo pensiero di Jack prima di tornarsene nel suo dormitorio per prepararsi per la cena.

 

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Capitolo 10
*** Un che di vano. ***


Josh si sedette sul letto, osservando il sole di giugno che stava tramontando. Ripenso al suo primo anno, a tutte le vicende che si erano susseguite, alle lezioni, ai professori, a Jack e Jo, a colui, o meglio “colei”, che aveva aperto la camera dei segreti, che si era scoperto appena il giorno prima essere Ginny Weasley. Si, era stato un anno decisamente movimentato, ma, in fondo, non era stato così terribile: almeno, si era fatto degli amici.
Quasi come se potessero leggergli nel pensiero, entrarono nella stanza Colin, Ritchie e Jimmy, che stavano chiaccherando spensieratamente.
-Hey, ma allora sei qui!- esclamò Jimmy sorpreso di vederlo.
-Mi sembra evidente.-
-Oh cielo! Abbiamo un comico qui!- prese ad urlare Ritchie con il suo solito fare esagerato ed estroverso.
Josh si alzò lentamente rimettendosi a fare la valigia.
-Beh, se davvero ci fosse, non saresti di certo tu, mio caro Richard.-
I quattro amici risero insieme.
-Che progetti avete per quest’estate? Andrete in vacanza all’estero?- chiese Colin.
-Forse, non lo so, non ho ancora parlato di questo con papa. A me piacerebbe un sacco andare in Australia!- rispose Jimmy speranzoso.
Ritchie storse il naso.
-Australia?! Ma hai idea di quanti insetti ci sono in Australia?! Tu ti becchi una puntura da un’ape australiana e sei morto stecchito dopo solo cinque minuti!-
-E chi l’avrebbe detta questa stupidaggine?- chiese Colin dubbioso.
-Io!-
-Oh, allora tutto si spiega.-
Ritchie era famoso tra quelli del primo anno per essere una di quelle persone che tutti catalogano come “parolai”. Nessuno dei suoi amici capì mai perchè faceva così: forse per attirare l’attenzione, o magari credeva davvero a quello che diceva. Solo una cosa era certa: un ottimo settanta per cento di quello che usciva dalla sua bocca erano bugie belle e buone.
-Che amici esilaranti che mi sono trovato!-
-Andiamo genio tu cosa farai allora quest’estate?-
-Credo che andrò in Scozia dai miei nonni. Tu Josh?-
Josh, che aveva appena chiuso il baule, non con poco sforzo, si massaggiò le tempie soddisfatto.
-Io me ne torno a casa, finalmente!-
 
 
I corridoi erano praticamente deserti a quell’ora, per via del banchetto che si stava svolgendo nella Sala Grande, così Jo ne approfittò per passeggiare in solitudine ed abbandonarsi ai propri pensieri.
Era stato un anno terribilmente impegnativo e stressante per via dello studio, delle questioni familiari e sociali, per poi parlare dell’apertura della camera dei segreti.  Il fatto che fosse stato un anno così difficile non significava che lei non si fosse divertita, o che non avesse fatto nuovi amici: nonostante non avesse fatto molta amicizia con le ragazze della “gang” di cui faceva parte suo fratello, aveva legato molto con i maschi, soprattutto con Theodore, e poi c’era Claire, la sua migliore amica. Si, era stato un anno difficile.

-Cielo se è stato un anno difficile!- esclamò Theodore esausto gettandosi sul morbido materasso del letto di Draco. Erano tutti nella sua stanza per fare un resoconto dell’anno.
-Bene,- cominciò il giovane Malfoy- è stata dura, ma siamo ancora qui! In fondo, dei purosangue come noi non potevano che uscirne vincenti no?!-
Gli altri tre ragazzi annuirono concordi.
-Certo, non si è concluso come avrei voluto...-
Theodore su alzò a sedere con fare perplesso.
-Che intendi dire?-
-Beh, lo sapete... In fondo, speravamo più o meno tutti che il mostro della camera dei segreti riuscisse nel suo intento!-
-Magari con Weasley.- sussurrò Jack.
Blaise scosse la testa.
-Nah, Weasley non è mezzosangue, e comunque è troppo stupido anche per essere ucciso!-
I quattro amici risero. Gli anni della spensieratezza e privi di problemi. Forse i più belli di sempre. Ma la felicità, si sa, non dura per sempre; anzi, si potrebbe affermare che essa sia una delle conquiste più ardue e più vane, visto che una volta acquisita, è davvero difficile conseguire nell’impresa di nuovo. Se gli studenti di Hogwarts considerarono quell’anno difficile, si può soltanto immaginare le difficoltà che sarannò costretti ad affrontare in futuro. Ma il fututo e il passato sono sempre connessi da una linea sottile, impossibile da spezzare. Si consluse così il loro secondo anno, con una vana speranza di futura tranquillità. Vana è davvero il termine adatto.
 
 
 
Ok, allora l’angolo autrice lo faccio anche io.
Mi scuso per l’orrore di questo capitolo e per come ho organizzato il sequel della prima storia, ma i primi tre anni sono davvero privi di avvenimenti importanti. Per questo ho deciso, per non annoiare i lettori, i quali immagino saranno numerosissimi (vana speranza), di saltare il terzo anno, completamente privo di avvenimenti degni di nota, e di passare direttamente al quarto, nel quale comincia a formarsi la vera storia, e che quindi comincia a divenire un po’ più movimentato. Ringrazio chi mi ha seguito (cioè nessuno), chi mi segue (rinnovo il nessuno), e chi mi seguirà (forse).
Siate fedeli al vostro sangue.

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