La casa dalle finestre che ridono di suni (/viewuser.php?uid=4130)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Cant't take my eyes off you ***
Capitolo 2: *** II: It's raining men ***
Capitolo 1 *** I. Cant't take my eyes off you ***
“ La
casa dalle finestre che ridono”, forse qualcuno lo ricorda,
è il
titolo di un vecchio film simil-horror di Pupi Avati, e non c'entra
nulla né con l'argomento né coi toni di questa
fanfic. Era
semplicemente il titolo che mi sembrava più significativo,
per
tutt'altre ragioni.
I
due titoli secondari dei capitoli, invece, sono rispettivamente
quelli di una canzone di Frankie Valli, il primo, e delle Weather
Girls il secondo, piuttosto famose, che mi sembravano altrettanto
calzanti anche ritmicamente.
La
storia segue il filone della serie di “Balena”, e
in particolare
si rifà a “Family Man”, sia
perché è ambientata poco dopo, sia
perché riprende un po' quello che era il fulcro di quella
fic,
l'importanza capitale del benessere e dell'allegria dei suoi figli
per Sasuke. Credo, però, che possa essere letta anche
indipendentemente da esse.
Mi
rendo conto che formalmente sembra – è - una fic
un po' mal
riuscita, su di toni, con dei cambi di ritmo bruschi. In
verità, ha
qualche cosa di sperimentale. Ho cercato di mescolare nella scrittura
più generi diversi – la commediola romantica, la
comicità, il
dramma, un po' di sana demenza e un filo di lirismo verso il finale.
Il risultato d'insieme è discontinuo, poco coerente e per
nulla
credibile, e me ne scuso. Spero comunque che non sia una lettura
completamente spiacevole.
A
presto.
La
casa dalle finestre che ridono
I:
Can't take my eyes off you
“ Dunque,
credo di aver ricostruito quasi tutti i punti salienti della
vicenda...”
Sakura,
che stava finendo di lavare i piatti ed aveva le mani immerse nella
schiuma, si voltò con un mezzo sorriso verso la soglia della
cucina,
dalla quale era appena sbucato il figlio.
Itachi,
particolarmente arruffato quel pomeriggio, indossava le braghe di
tela e la maglietta slabbrata con cui era solito girare per casa,
attirandosi il muto rimprovero del padre che poco apprezzava la sua
aria spesso trasandata. Il suo visetto raffinato era aggrottato in
un'espressione assorta e concentrata, ma un po' contrariata a dir la
verità. Aveva nelle mani un blocco per gli appunti e una
matita, di
cui stava distrattamente smangiucchiando la sommità.
“ Di
che parli, tesoro?” lo interrogò Sakura
pazientemente, ormai da
lungo tempo abituata alle stranezze e le eccentricità del
suo
primogenito.
Itachi
era un ragazzino stravagante, pieno di piccole manie, a volte quasi
petulante, sempre molto assorbito da qualche attività cui si
dedicava con impegno, e ben conscio delle proprie molteplici
qualità.
Più cresceva, più la kunoichi lo scopriva
immensamente simile,
quasi identico al padre: a quel Sasuke che suo marito sarebbe stato,
se avesse avuto un'infanzia semplice e spensierata come quella che
aveva fabbricato al figlioletto.
Sì,
Sakura Haruno stravedeva per sua figlia Chiyo, la perla di casa
Uchiha. Ma il debole che aveva per Itachi era un legame ancor
più
viscerale, per certi versi, a volte meravigliosamente sconvolgente,
che resisteva intatto anche all'adolescenza di lui. Ogni tanto le
capitava di soffermarsi ad osservarlo, ammirata, e sentirsi colmare
dall'orgoglio al pensiero che l'aveva fatto lei.
“ Beh,
per la verità l'immagine d'insieme è ancora molto
frammentaria,”
continuò il ragazzino, che aveva la peculiare abitudine di
non
badare talvolta alle risposte della gente e continuare a parlare
quasi per conto proprio – sproloquiando, esattamente come il
padre.
“Non è stato affatto facile entrare in possesso di
tutte queste
informazioni, sai?” concluse, sollevando finalmente gli occhi
neri
e ridenti su di lei.
Sakura
chiuse il rubinetto, incuriosita.
“ Cioè?”
l'interrogò.
Itachi
tornò a posare lo sguardo sui suoi appunti.
“ Ricapitoliamo:
tu ti sei invaghita di Sas'ke intorno ai sei o sette anni, mi avevi
detto, e correggimi se qualcuna delle mie nozioni ti sembra errata.
Dapprincipio non hai fatto proprio nulla, perché eri molto
timida e
non ti facevi valere.” Itachi s'interruppe quasi di scatto,
sbattendo gli occhi e arricciando le labbra pensosamente.
“Stento a
crederlo, questo. Comunque,” riprese, “dopo
è successa la
Tragedia, e a quel punto a Sas'ke non importava nulla né di
te nel
del resto del mondo. L'hai corteggiato inutilmente per anni e quando
ne avevate dodici lui se n'è andato via e ha fatto qualche
sciocchezza.” Nonostante fosse sbigottita dalla piega che
aveva
preso la conversazione, Sakura a quel punto si lasciò
sfuggire un
sorriso, intenerita da quella gentile definizione dei madornali
errori commessi dal padre, certamente formulata in virtù
dell'amore
che Itachi gli portava. “E' tornato che avevate tra i sedici
e i
diciassette anni. Tutto esatto, fin qui?”
Itachi
la guardava nuovamente, trepidante, e Sakura si umettò le
labbra,
rimaste fino ad allora socchiuse per la sorpresa, e ancora
intorpidita annuì. Poi aggrottò la fronte e si
poggiò la mano sul
fianco in posa non del tutto rassicurante, scagliandogli un'occhiata
scherzosamente severa.
“ Che
stai combinando, si può sapere?”
domandò.
Itachi
scrollò le spalle, ritratto assoluto dell'innocenza.
“ Niente.
Mi informo.” Si schiarì la voce, riprendendo a
scorrere i suoi
scritti. “Zio Naruto dice che a quel punto Sas'ke era molto
depresso e apatico e scostante. Per un anno e qualcosa è
stato
sottoposto a sanzioni severissime da parte del Consiglio e
dell'Hokage, poi la sorveglianza su di lui è andata
allentandosi ed
è stato reintegrato come chuunin a diciotto anni. E a quanto
pare,
pochi mesi dopo, a diciannove anni, vi siete fidanzati.”
La
voce del ragazzino era andata decrescendo sulle ultime parole, a mo'
di chiosa, e quando s'interruppe abbassò direttamente il suo
blocchetto e tacque con aspettativa.
“ E'
esatto,” confermò Sakura esterrefatta.
“Come hai saputo tutte
queste cose?”
Itachi
raddrizzò il capo, fiero.
“ Ho
le mie fonti,” annunciò, con un fare d'importanza
che le strappò
una risata.
“ Bene,
signor misterioso,” commentò poi la madre,
“se volevi sapere se
sei ben informato, la risposta è sì. Ora
sarà meglio se ti dedichi
a qualche attività un po' più produttiva, come
riordinare camera
tua,” intimò, velatamente minacciosa.
“ No,
invece!” protestò Itachi animandosi.
“Manca tutto un pezzo!
Siamo rimasti a che papà non ti si filava di striscio, poi
se n'è
andato, poi era depresso e poi vi siete fidanzati!”
“ E
dunque?” lo stuzzicò Sakura, divertita.
Itachi
sbuffò contrito, imbronciandosi, infine sospirò
pazientemente e la
guardò dritta in faccia.
“ Vorrei
sapere com'è successo che papà di punto in bianco
si è rassegnato
a fidanzarsi con te,” annunciò, brutalmente
schietto.
La
madre sgranò gli occhi verdi, indignata.
“ Itachi!”
protestò con veemenza. “Tuo padre non si
è affatto... Razza di
moccioso insolente!” sbraitò, lanciandogli contro
un cucchiaio.
Il
ragazzino si chinò per schivarlo e scoppiò a
ridere di gusto,
rivelando la propria burla.
“ Sto
scherzando, sto scherzando,” si affrettò ad
aggiungere, vedendo la
madre serrare i pugni sul punto di marciare verso di lui.
“Voglio
solo sapere com'è successo che vi siete
fidanzati,” aggiunse, più
gravemente. “E' importante. Sul serio.”
Sakura
abbandonò le intenzioni omicide e la postura aggressiva nel
vedere
sul suo viso una cristallina ed evidente serietà, quasi
espressione
di un bisogno.
“ Lo
vuoi sapere davvero?” chiese grave, sorpresa. Itachi non
aveva mai
mostrato grande interesse per quel genere di argomento.
Lui
annuì solennemente, senza perdere il contatto visivo, e
Sakura quasi
si emozionò.
Raccontare
a suo figlio da dove veniva. Com'era andata che lei e Sasuke fossero
arrivati un giorno a fare lui. Poi si mordicchiò un labbro,
incerta.
“ Non
sono sicura che Sas'ke sarebbe molto contento se te lo
raccontassi,”
osservò, tentennante.
“ Perché?”
chiese Itachi, spiazzato.
“ E'
una storia piuttosto imbarazzante. Per lui.”
Non
aveva nemmeno finito di parlare che già Itachi si fiondava a
sedere,
incrociava le dita sul tavolo e la osservava con aria attenta e
diligente.
“ Sono
tutt'orecchie, mammina!” affermò angelico.
Sakura
scoppiò a ridere di nuovo.
“ Sei
una serpe, Itachi!” commentò, scompigliandogli
affettuosamente i
capelli, appena prima di sospirare con un sorriso. “E va
bene.
Allora, vediamo un po'... Sì. Vedi, cominciò
tutto quando Takao
Mikomi arrivò a Konoha...”
“ Takao
chi?” guaì il figlio, perplesso.
“ Takao,”
e Sakura sorrise colpevole, “era un giovane ambasciatore di
Kiri
che venne a Konoha per certe trattative pacifiche tra i nostri paesi.
Arrivò a metà primavera, io avevo appena compiuto
diciannove anni,
tuo padre ne aveva ancora diciotto, il team sette era stato
ricostruito da pochi mesi e tutto stava lentamente tornando normale.
Ed ecco comparire Takao...”
La
prima a vederlo era stata Ino. Stava sostituendo la madre in negozio
ed era intenta a cambiare certi fiori nell'espositore fuori dalla
porta, quando lo scorse con la coda dell'occhio.
Era
un bel ragazzo alto, slanciato, solido, con passo sicuro e spalle
larghe, un viso regolare e raffinato, occhi grandi, nocciola. E
capelli scuri e ribelli. Se non fosse stata già felicemente
fidanzata e innamorata di Shikamaru, probabilmente la vicenda sarebbe
andata del tutto diversamente, perché spregiudicata com'era
lo
avrebbe abbordato, lui sarebbe realisticamente caduto vittima della
sua algida bellezza e della sua grazia, e le cose avrebbero preso
completamente un'altra piega.
Ma,
appunto, Ino era persa del suo Nara personale, quindi si
limitò ad
osservarlo con innocenza, senza secondi fini e soltanto incuriosita
dal fatto che si trattasse evidentemente di uno straniero.
Così,
Takao proseguì indisturbato la sua marcia, raggiunse il
palazzo
dell’Hokage, si presentò alle guardie,
spiegò loro che Tsunade
hime lo attendeva certamente per un’udienza privata e, una
volta
che Genma ebbe confermato quell’affermazione, si fece
scortare a
destinazione.
Raggiunse
la soglia dello studio di Tsunade nell’esatto istante in cui
un’altra persona ne fuoriusciva: una ragazza giovane, dalla
pelle
chiara, la figura sottile e proporzionata e due straordinari occhi
smeraldini, perfettamente e sublimemente verdi. Dopo un istante di
vaga sorpresa, lei si fece da parte per cedergli il passo.
“ Dovete
essere il nostro ospite di Kiri,” azzardò
cordialmente.
Takao
annuì appena, sorridendole in risposta. Un sorriso breve,
appena
accennato e in qualche modo elegante. Senza nemmeno accorgersene
Sakura si ritrovò spontaneamente a ricambiarlo.
“ Esatto.
Sono Takao Mikomi, l’ambasciatore dell'Acqua,”
confermò lui, con
un remotissimo e secco cenno d’inchino.
“ Benvenuto.
Io sono Sakura Haruno,” ribatté lei, con una
riverenza più
evidente.
Poi
gli voltò le spalle per allontanarsi, lasciandolo dare
inizio al suo
colloquio. Non si accorse minimamente del suo sguardo interessato che
indugiava su di lei mentre si allontanava, perché Sakura da
sempre
aveva occhi per un solo ragazzo, un ragazzo che non aveva mai fatto
nulla del genere con lei e a stento le rivolgeva –
sgarbatamente –
la parola.
Si
limitò quindi ad uscire dal quartier generale e raggiungere
i
compagni di squadra, con ineccepibile puntualità, trovandone
ovviamente due su tre presenti, che Kakashi come al solito era in
ritardo.
“ E'
arrivato l'ambasciatore dal villaggio della Nebbia,”
annunciò,
senza particolare interesse.
Naruto
la guardò perplesso, certo dimentico del fatto che stessero
aspettando una simile visita, e Sasuke si strinse sinteticamente
nelle spalle.
“ Sembra
più giovane di quel che mi aspettassi,”
continuò lei, tanto per
parlare.
“ Che
viene a fare?” chiese Naruto, confermando di non saperne
nulla.
“ I
trattati di pace,” gli rammentò Sasuke, secco.
“Dobe,”
aggiunse, per completezza.
Naruto,
come da copione, s'inalberò immediatamente.
“ Sas'ke!”
sbraitò, come se fosse tornato tutto uguale a prima.
“Adesso ti
spacco quella testa piena di boria contro...”
Sakura
sorrise, guardandoli battibeccare agguerriti. Non era tornato tutto
come prima, per niente, perché Sasuke sanguinava pian piano
ogni
giorno, ma sembrava talvolta riemergere con più frequenza, e
questo
la rasserenava. Rimaneva distante e malinconico, perso in un suo
mondo personale che non doveva essere molto allegro e da cui si
ostinava a tener fuori tutti quanti, soprattutto lei. Ma, pensava, le
cose si sarebbero sistemate, anche se non l'avrebbe mai amata.
Poi
Kakashi fece la sua scenica comparsa, e tutto riprese il suo corso.
Fu
soltanto due giorni dopo che lo rivide. Doveva presentare a Tsunade
dei tabulati dell'ospedale e la raggiunse in ufficio bussando
debolmente, prima di fare capolino.
“ Permes...
Oh. Scusatemi,” si affrettò ad esclamare,
scoprendo la sua shisho
ad udienza con l'uomo di Kiri. Fece per battere in ritirata, ma
Tsunade la trattenne.
“ Sakura!”
chiamò. “Entra pure.”
La
kunoichi fece quanto le era stato detto, e si avvicinò con
un
sorriso vagamente imbarazzato.
“ Buongiorno,”
esordì. “Scusatemi per...”
“ Non
c'è problema,” la interruppe l'Hokage, mentre
Takao mormorava a
sua volta un saluto. “Stavo appunto liberando il nostro
ospite per
il pomeriggio,” aggiunse, tendendo la mano perché
lei le
consegnasse i documenti, cosa che Sakura si affrettò a fare.
“ Oh,”
sussurrò.
“ Hai
già visitato Konoha, Takao?” continuò
Tsunade, cortese.
“ Una
passeggiata, ieri pomeriggio, ma...” rispose lui, noncurante.
“ Forse
ti farebbe piacere una guida? La dottoressa Haruno non ha impegni,
oggi, e sono certa che non le dispiacerebbe accompagnarti,”
aggiunse, lanciandole un'occhiata indagatrice.
“ Ma
certo,” confermò lei, disponibile.
L'uomo
accennò un sorriso, appena pronunciato e un po' affilato ma
gentile.
“ Con
piacere, allora,” assentì.
“ Bene.
Vi lascio andare, allora,” concluse Tsunade, con una discreta
pila
di fogli davanti.
Takao
annuì, formale.
“ La
ringrazio, Hokage sama. Buon lavoro,” si congedò,
impeccabile.
“ A
più tardi, shisho,” mormorò Sakura,
prima di seguirlo verso
l'esterno. Quindi si produsse in un altro sorriso all'indirizzo del
suo ospite, solerte. “C'è qualche posto in
particolare che le
piacerebbe vedere, Mikomi sam...?”
“ Takao,”
la corresse lui, diretto. “Non è il caso di badare
a queste
formalità.”
Sakura
annuì, sollevata.
“ Benissimo,”
commentò, facendogli strada verso l'uscita del palazzo.
“E io sono
Sakura, allora. Pensi di voler vedere qualche posto in particolare,
Takao-san?”
Lui
sembrò ragionarci per qualche istante, assorto e serio,
mentre
guadagnavano l'esterno.
“ Non
so. Qual è il tuo posto preferito, Sakura-san?”
Lei
ristette, sorpresa, poi si immerse in una breve riflessione,
prendendo la questione sul serio, e sorrise di getto.
“ Sì,
c'è un posto. Andiamo.”
Takao
non fece domande sulla loro destinazione. Si limitò a
seguirla di
buon grado, e sebbene non fosse molto loquace ma piuttosto sulle sue,
Sakura notò che sembrava un ragazzo gentile ed attento. Le
cedeva il
passo e la trattenne con un gesto elegante quando, non avendoli
notati mentre gli spiegava l'organizzazione cittadina, Sakura
rischiò
di farsi travolgere da una torma di bimbetti che giocavano. Seppure
le sue risposte fossero sintetiche, non sembravano infastidirlo le
sue domande ma anzi, le accolse tutte di buon grado e ne rivolse
altrettante a lei, educatamente.
Sakura
scoprì che aveva ventidue anni, era jonin da quando ne aveva
quattordici, era stato ANBU nella sua terra e aveva ottenuto
l'attuale carica di rilievo per i meriti in missione. Anche i suoi
genitori erano shinobi, entrambi ancora vivi, abitavano in una
graziosa casetta poco distante dal mare. Lui aveva preso un
appartamento da solo l'anno prima, più vicino al quartier
generale,
gli piaceva leggere libri gialli, aveva una passione inconsulta per
il cioccolato - “Anch'io,” esclamò
Sakura con sollievo, perché
non sempre era facile pranzare con uno che non toccava lo zucchero
nemmeno a morire – ma non gli piacevano troppo i dolci in
generale,
e nemmeno era un grande abbuffone - “Nemmeno io!”
esclamò di
nuovo Sakura, con altrettanto sollievo perché non era sempre
facile
pranzare con un altro che ingurgitava qualunque cosa gli capitasse
davanti.
“ Cos'è
questo posto?” le chiese Takao quando furono arrivati a
destinazione.
Sakura
imitò la panoramica del suo sguardo, realizzando che
l'orario del
loro arrivo era particolarmente fortunato. Il sole iniziava a
tramontare rosseggiante, riverberandosi gentilmente sulla radura e
sulla foresta al di là di essa in un frinire di animaletti e
un
frusciare di foglie mosse dal vento. Sull'altro lato, i raggi
rimbalzavano sulle mura e i tetti di Konoha e la Montagna Sacra,
illuminandoli di riflessi lucenti.
“ Qui
sorgeva il monumento agli Eroi caduti per Konoha,”
spiegò,
indicando il punto in cui l'erba un po' alta celava ogni resto della
lapide. “E' andato distrutto due anni fa, durante la Grande
Battaglia. La ricostruzione è quasi ultimata, ma non
è ancora stato
trasportato qui.”
“ Oh,”
commentò unicamente Takao, riprendendo a guardarsi intorno.
“Che
bel posto. È così calmo e tranquillo, con questa
pace.”
Sakura,
annuì, sorridendo.
“ E'
sempre così. Per questo mi piace,”
confermò. “E anche perché
qui è cominciato tutto quanto. Quand'ero bambina, appena
formato il
mio team, il nostro sensei ci portò qui per sottoporci a una
prova e
vedere se eravamo all'altezza,” spiegò, cogliendo
il suo sguardo
interrogativo.
Takao
sorrise.
“ E
lo eravate?”
Sakura
rise tra sé, intenerita da quel ricordo.
“ Due
su tre. Naruto sbagliò tutto.”
Takao
sgranò appena gli occhi.
“ Naruto?
Uzumaki? Lo shinobi della Volpe?” chiese, sorpreso.
Lei
assentì, incuriosita da quell'appellativo.
“ Lo
shinobi della volpe?” ripeté.
“ E'
così che lo chiamano tutti, per via del bijuu immagino. Ho
sentito
parlare di lui. Dicono che sia un guerriero incredibile, il migliore
di tutti. Sarei curioso di vederlo in azione. Ed è un tuo
compagno
di team?”
Sakura
si strinse nelle spalle.
“ Sì...”
mormorò, sorpresa dalla consapevolezza della nomea che il
suo amico
doveva aver conquistato, e che pure immediatamente le parve ovvia.
“ Accidenti.
E l'altro chi è? Qualcun altro di forte?” aggiunse
Takao, con
nello sguardo il brillio tipico dello shinobi che ama parlare di
shinobi.
“ Oh...sì.
Probabilmente hai sentito parlare anche di lui,” rispose a
disagio,
distogliendo lo sguardo. “Sas'ke Uchiha.”
Gli
occhi già sorpresi di Takao si fecero ancor più
increduli.
“ Quello
di Oto?”
Sakura
aggrottò la fronte.
“ E'
uno shinobi di Konoha.”
Takao
annuì senza interesse, certo non cogliendo il suo cruccio.
“ Ho
sentito parlare anche di lui, sì. E della sua famiglia, che
è
stata...” s'interruppe, improvvisamente cauto.
“ Massacrata,
sì,” completò Sakura sbrigativa.
“ Mi
dispiace.”
Il
suo tono era rigido e sempre un po' brusco, nonostante i modi
cordiali, ma il suo sguardo trasmetteva partecipazione.
“ Già.”
“ Certo
che però è strano...”
continuò il ragazzo, assorto.
“ Strano
che cosa?” lo interrogò Sakura, incuriosita.
“ Se
sei la loro compagna di squadra, devi essere un osso duro anche tu,
ma non ricordo di aver sentito parlare di te,”
spiegò lui,
meditabondo. “Anche se, in effetti, la nostra terra
è così
lontana che non tutte le notizie arrivano. Naturalmente sappiamo
della guerra e dell'Akatsuki, ma senza dovizia di
particolari.”
Sakura
si strinse semplicemente nelle spalle.
“ Comunque
la nostra squadra si è sbrindellata abbastanza presto. Poi
sono
stata allieva di Tsunade...”
“ Dell'Hokage?
Cavoli.”
Sakura
ristette, sorpresa da quella considerazione insolita della sua
esperienza.
Takao
rimase fermo a contemplare il sole calante, la fronte corrugata,
l'espressione quasi austera per la concentrazione. Poi distese le
labbra in un'espressione saputa, allungando meccanicamente le dita a
strappare una fogliolina da un ramo.
“ Ma
certo,” mormorò grave. “Akasuna no
Sasori. Sei stata tu,
non è vero?”
Sakura
arrossì leggermente, sorpresa. Non si considerava davvero un
portento, per questo, ma Takao sembrava pensarla diversamente.
“ Veramente
non ero sola, e...” farfugliò.
“ Devi
esserlo davvero, una forza. Vorrei allenarmi con te, una volta, se
non ti dispiace,” aggiunse lui, deciso.
Sakura
sgranò appena gli occhi, lusingata.
“ Certo
che no!” emise con sorpresa.
Di
solito la gente si concentrava su Naruto. O su Sasuke. O su entrambi.
Raramente su di lei, se non come medico.
Poi
Takao si riscosse, scrutando il cielo che si scuriva.
“ Sta
rinfrescando. Vieni, torniamo indietro. Puoi sempre mostrarmi
qualcosa del villaggio, lungo la via,” propose, facendole
strada.
“ D'accordo,”
confermò Sakura. “E se vuoi c'è un
posto molto suggestivo che ti
posso far vedere, ma non è troppo vicino perciò
sarebbe bene avere
la giornata libera,” aggiunse, allietata. “La Valle
dell'Epilogo,
ti racconterò la storia.”
Takao
annuì, assorto.
“ Domani
sono impegnato tutto il giorno col vostro Consiglio... ma forse
dopodomani, se non sarai in missione..?” ipotizzò.
Sakura
scrollò la testa.
“ Credo
che la shisho preferisca che io faccia gli onori di casa,
anziché
rifilarti a qualche zotico mio collega,” commentò,
visualizzando
chissà come mai l'immagine di Naruto che trangugiava ramen.
“ In
effetti, la compagnia è piacevole.”
Sakura
ridacchiò imbarazzata, imboccando il sentiero.
“ Ma
piantala, scrofa!” protestò Sakura per la
millesima volta,
esasperata da una Ino particolarmente insistente. “Come te lo
devo
dire? È stata una normalissima escursione!”
“ Ceeerto...”
cinguettò l'altra. “Me l'immagino... Tu, lui, la
cascata, il
pranzo al sacco, gli uccellini...”
“ ...La
tua maledetta testa dura,” concluse Sakura seccamente.
“L'ho solo
accompagnato a vedere un posto tipico. È un ragazzo
simpatico, e
gentile, e poi è la shisho che mi ha detto di fargli da
guida,” si
difese, arrossendo.
“ E
tu la stai facendo molto, molto
coscienziosamente,” commentò
Ino impietosa, con malizia.
“ Oh,
ma insomma! Tu stai sempre a pensar male per qualunque cosa! Siamo
solo buoni amici, e comunque lui non è assolutamente ambiguo
con
me!”
E
questo, a dire il vero, Sakura non lo poteva proprio sapere.
Perché
nessun ragazzo era mai stato ambiguo con lei e nessuno l'aveva mai
corteggiata, eccezion fatta per l'imbarazzante tentativo di Rock Lee,
e l'unico ragazzo che lei avesse corteggiato non se la filava di
striscio. Perciò, in materia, Sakura era perfettamente,
assolutamente ignorante.
Altrimenti
si sarebbe resa conto che, per esempio, Takao non le aveva levato gli
occhi di dosso tutto il giorno. O che le aveva sorretto il braccio ad
ogni gradino, ad ogni rilievo del terreno con una dedizione toccante.
Avrebbe trovato per lo meno bizzarro che avesse insistito per
riempirle la ciotola al momento del pranzo o che le avesse colmato il
bicchiere d'acqua ogni volta che lei lo svuotava, immediatamente.
Si
sarebbe sorpresa anche di certi punti delle loro conversazioni,
magari. Come quando, a metà strada verso la Valle, Takao
aveva
distrattamente osservato:
“ Spero
che queste passeggiate non ti creino problemi.”
“ Che
genere di problemi?” aveva chiesto lei, perplessa.
“ Beh,
non so,” era stato il borbottio di lui. “Se hai un
fidanzato,
potrebbe non apprezzare che te ne vada per i boschi con un
altro.”
“ Ma
quale fidanzato,” aveva commentato innocentemente Sakura,
rabbuiandosi.
E
non aveva badato nemmeno al suo successivo sorriso.
A
lei Takao piaceva. La sua simpatia e la sua stima la lusingavano, e
le piaceva il modo in cui riuscivano a parlarsi semplicemente, senza
troppi imbarazzi. Lui non era molto diplomatico e neanche tanto
sensibile, alle volte, e riguardo alla propria vita tendeva a
lasciarsi appresso lacune notevoli e non tanti particolari,
poiché
decisamente schivo; in compenso era capace di investirla di domande e
di ascoltare ogni sua sillaba con quella considerazione che nessuno
le aveva mai tributato.
Era
rilassante. Aveva una bella voce e modi risoluti, ma non aggressivi.
La faceva ridere, e si ricordava quel che lei diceva. Era contenta
all'idea di vederlo, perché sapeva che si sarebbe divertita,
ed era
tutto lì e non voleva pensare ad altro.
Le
insistenze di Ino la mettevano a disagio, e nemmeno lei sapeva bene
perché. Normalmente l'avrebbe liquidata con due strilli e
uno
spintone, ma ora si ritrovava ad arrossire come una bimbetta.
“ Io
non penso male affatto, carina, io constato,” la riprese in
quel
momento l'amica, altezzosa.
“ E
cosa staresti constatando?”
“ Che
tu flirti, bella,” sentenziò Ino con un risolino,
e lei si fece di
nuovo violetta. “Flirti, e questo è
bene.”
“ Ma
non è vero per niente!” si difese Sakura,
caparbia. “Lo
frequento come amico!”
“ Ah
sì? E dimmi, qual è la prossima in gita in
programma per la vostra
bella amicizia?” ridacchiò
perfidamente Ino.
“ Mpf.
Domenica pomeriggio lo porto in cima alla montagna degli
Hokage,”
brontolò lei. “C'è una magnifica vista
di lassù!” si difese,
cogliendo l'espressione dell'amica che si faceva sommamente
maliziosa.
“ Ma
ceeeerto!” trillò Ino, comprensiva. Poi
sospirò leggermente,
scuotendo la chioma bionda. “Senti, Sakura, guarda che io
sono
contenta. Non puoi continuare a sospirare per quell'altro e non avere
una vita.”
“ Ma
questo non c'entra nulla!” sbottò Sakura
innervosendosi.
“ Va
bene, va bene...” sospirò Ino senza insistere.
Fortunatamente
doveva andare a fare le visite in corsia, e Sakura poté
riprendere
fiato prima di raggiungere i compagni di squadra.
Non
aveva detto loro dell'intesa creata con Takao. Aveva semplicemente
spiegato che Tsunade le aveva chiesto di fargli la guida e che
perciò
gli avrebbe mostrato un po' i dintorni, senza dimostrare particolare
entusiasmo. Sasuke si era - stranamente - stretto nelle spalle,
Naruto aveva ridacchiato osservando che non un po' di fortuna avrebbe
potuto scroccargli qualche pranzo in giro.
L'idea
di accennare all'amicizia con lo straniero la metteva a disagio.
Sicuramente Naruto, dopo esser stato traviato dall'ero-sennin, le
avrebbe stracciato le scatole peggio di Ino. Quanto a Sasuke, sarebbe
stata doppiamente imbarazzata dal fatto che a lui non interessasse
minimamente, oltre al disagio di parlarne in sua presenza.
Non
che ci fosse qualcosa di cui parlare, ovviamente.
E
comunque non c'entrava con Sasuke. Non erano nemmeno fatti suoi, a
ben guardare.
“ Ciao,
Sakuraaaa!” starnazzò Naruto vedendola arrivare.
“Ti ho cercata,
ieri, volevo pranzare fuori... Dov'eri finita?”
“ Oh...io,
sai, dovevo fare da guida...”
“ All'ambasciatore,
ma certo!” concluse lui, ilare. “L'abbiamo visto
per strada,
l'altro ieri, vero teme?” aggiunse, dando di gomito a Sasuke,
che
in cambiò lo stecchì con un'occhiataccia.
“ Sì,
beh, e allora?” mormorò noncurante.
Naruto
rise di gusto.
“ Hinata
dice che sua sorella è rimasta fulminata!”
affermò divertito.
“ Da
quello lì?” smozzicò Sasuke annoiato.
“ Sì.
E dice che non è mica l'unica,”
continuò Naruto, che sembrava
trovare il tutto molto comico. “Dicono tutte che è
proprio bello.
E non è male credo, vero, Sakura?”
Lei
non ci poté fare proprio nulla, suo malgrado.
Sentì la vampata di
calore salirle dritta in faccia e seppe di essere arrossita come un
papavero.
“ B-beh,
sì...” cercò di dire con noncuranza.
Naruto
scoppiò a sghignazzare.
“ Haaa,
sei diventata tutta rossa!” commentò, con tatto
elefantiaco.
Sakura
fece per tirargli un cazzotto, ma non ne ebbe il tempo.
“ E
piantala di ridere, deficiente,” intimò Sasuke
esasperato,
mollandogli una manata da stordirlo. “Possibile che non
riesci a
smetterla di fare casino per dieci secondi?” aggiunse,
particolarmente incarognito.
“ Adesso
ti...” protestò l'altro, indispettito.
Ma
no, Naruto lo faceva apposta a non smetterla. Per lui, e lo sapevano
tutti e tre.
Forse,
però, in quel momento Sasuke era distratto da qualcos'altro.
C'era
un sole che spaccava le pietre. Naruto rantolava da dieci minuti,
rumorosamente, Shikamaru sbuffava senza sosta, Ino si lamentava
debolmente e Sasuke ruminava truce chiedendosi perché mai
dovessero
essere proprio loro ad occuparsi di andare a trasportare
metà degli
archivi da un capo all'altro del villaggio, di domenica pomeriggio,
dato che al quartier generale c'erano troppe scartoffie. Soprattutto,
perché proprio lui.
Per
fortuna, almeno Hinata stava zitta.
“ Oh-oh,”
cinguettò Ino interrompendo per qualche secondo la sua nenia
straziante mentre puntava un qualcosa poco distante. Naruto
seguì il
suo sguardo e sghignazzò piano, e quando Sasuke controvoglia
fece
altrettanto capì subito perché.
Stavano
chiacchierando animatamente, e camminavano fianco a fianco sulla via
del villaggio. Sakura gesticolava enfaticamente; si riusciva a
sentire vagamente il suono della sua voce accesa, e poi quella grave
del tizio di Kiri che si intrecciava alla sua con tono ironico.
Sasuke storse il naso, scrutandolo analiticamente. Non capiva proprio
cosa ci potessero trovare le oche, in quello lì. Era
l'individuo più
inutile e insignificante del mondo.
Poi
Sakura si mosse, con naturalezza, e le sue mani si appoggiarono sul
fianco del ragazzo di Kiri in uno spintone scherzoso, mentre lei
scoppiava a ridere. Gettava indietro la testa esplodendo nella sua
risata argentina e poi la chinava di nuovo in avanti, scossa dai
fremiti. Non la vedeva ridere così liberamente da tantissimo
tempo.
Da quando avevano dodici anni, e si sorprese di non essersene accorto
fino a quel momento, che com'era cambiato lui era cambiata anche
Sakura, ed era diventata una cosina un po' mesta e fin troppo
irritabile. Non era più stupida e frivola come allora,
sì, ma era
anche molto meno frizzante. In quel momento, invece, sembrava
ribollire di allegria genuina.
“ Ma
come ci divertiamo, mh?” cinguettò Ino con malizia.
“ Inoo...”
sbuffò Shikamaru pazientemente.
Lei
naturalmente lo ignorò.
“ Yuu-huu!
Sakuraaa!” chiamò cinguettando.
“ Yamanaka,”
sbuffò Sasuke truce.
Come
se non bastassero gli archivi da spostare a rovinargli la giornata.
Sakura
li aveva visti, ormai, e si avviava verso di loro seguita dal tizio
di Kiri.
“ Ciao,
ragazzi,” esordì incerta.
“ Sakura!
Non ci presenti il tuo amico?” replicò Naruto,
solare come sempre.
“ Ciaooo,”
trillò Ino facendole un cenno d'intesa, spudorata.
“ Ma...certo,”
fece lei, guardandola male. “Takao Mikomi, l'ambasciatore di
Kiri.
Questi sono Hinata Hyuuga, Shikamaru Nara, Ino Yamanaka... E Sas'ke e
Naruto, ti ho parlato di loro.”
“ P-piacere.”
“ Salve...”
“ Onoooratissima!”
“ E
così finalmente ci incontriamo! Sakura ci ha parlato un po'
di te,
vieni da Kiri, pensa un po' che viaggio lungo...”
“ Mpf.”
L'ultimo
saluto, per così chiamarlo, quello di Sasuke, fece calare un
istante
di silenzio.
“ E'
un piacere conoscervi,” commentò Takao, cordiale,
rivolto agli
astanti in generale, per poi concentrarsi sui due più
illustri
membri di quel piccolo drappello carico di scatole e raccoglitori.
“Ho sentito molto parlare di voi, e non solo da
Sakura.”
“ Haha,
davvero?” rise Naruto, entusiasta.
“ Chissà
con quali toni lusinghieri, allora,” sentenziò
Sasuke, laconico.
Generando
un altro breve vuoto nella conversazione.
Takao
lo osservò serio.
“ Ho
sentito dire molte cose su di lei, Uchiha sama,”
affermò
formalmente, intuendo un certo distacco. “Non so quante siano
vere...”
“ Probabilmente
tutte,” concluse lui, cupo e lapidario.
“ Sas'ke...”
lo rimproverò sottovoce Sakura, preoccupandosi all'idea che
il
Consiglio venisse a sapere che prendeva a male parole gli ospiti
stranieri e glielo facesse pesare.
Sasuke
la interpretò come una manifestazione di fastidio nei propri
confronti. Serrò le labbra e non emise una sola altra
sillaba per
tutto il resto del tempo in cui la Yamanaka cinguettò
aneddoti del
tutto insignificanti, e Naruto pose domande assolutamente prive di
interesse su quel posto nullo che era Kiri. Shikamaru sbadigliava, e
Hinata sembrava in imbarazzo.
“ E
adesso che fate?” chiese poi Naruto, e Sasuke
prestò attenzione.
“ Sto
accompagnando Takao-san a vedere la cima del monte,” rispose
Sakura.
“ Aaah,
che bello, ci verrei anch'io,” sospirò il
junchuuriki.
“ Beh,
vieni,” propose lei facendo spallucce.
“ Eh,
magari Sakura... Beata te che hai questo bell'incarico di fare la
guida, noi dobbiamo sfacchinare.”
“ Ma
anche noi abbiamo sfacchinato. Siamo appena stati ad
allenarci,”
intervenne Takao, compiaciuto.
“ Ma
dai!” proruppe Ino con innocenza.
“ Certo.
La vostra Sakura è veramente una kunoichi
eccezionale,” continuò
lo straniero, sorridendole.
La
mascella di Sasuke, stretta da parecchio, cigolò
così sinistramente
che Shikamaru emerse dal suo leggero torpore pomeridiano per
guardarsi brevemente intorno, cercando di capire da dove fosse venuto
quel rumore.
“ E'
v-vero, è fortissima,” commentò Hinata
gentilmente.
Sakura
ridacchiò, imbarazzata.
“ Scusatemi,
ma credo che dovremmo andare a posare questa roba,”
intervenne
Shikamaru; se perché fosse effettivamente stufo di reggere
le
scartoffie o perché avesse invece intuito che Sasuke era
lì lì dal
dare i numeri, questo non è dato saperlo.
“ Ma
certo,” commentò Takao facendo loro segno di
procedere. “Spero
di vedervi in un'altra occasione.”
“ Volentieri.
Magari non sotto questo sole cocente,” rispose Shikamaru,
imbracciando meglio il peso.
“ E'
stato un grandissimo piacere,” gli fece eco Ino,
apparentemente
deliziata.
“ A
presto allora, eh!” continuò Naruto con enfasi.
Sasuke
si stava già allontanando, con un cenno del capo.
Quello
lì non era solo inutile e insignificante. Era un coglione
galattico.
“ Mi
piace,” sentenziò Takao, assorto.
“ Che?”
chiese Sakura.
Lui
fece cenno col capo verso il basso, verso lo spettacolo dell'intera
Konoha immersa nel sole.
“ La
tua terra. È un po' strano che non ci sia il mare, ma mi
piace lo
stesso. Al posto del blu, c'è il verde della
foresta.”
Sakura
sorrise orgogliosa, rimirando a sua volta la bellezza del villaggio.
“ Mi
piace, il verde,” continuò Takao, girandosi a
guardarla negli
occhi.
“ E
ci credo!” rispose Sakura con un sorriso, del tutto mancando
l'allusione. “La foresta è così
rilassante, non so come farei a
starci lontana.”
Lui
annuì, sospirando lievemente.
“ Già.”
E
poi, prendendo a malapena fiato:
“ Senti,
Sakura-san... Cosa fai domani a cena?”
Non
dirlo a nessuno. Non devi dirlo assolutamente a nessuno.
Promettimelo, Ino, a nessuno. Hai capito? Nessuno. E comunque non so
ancora se accettare, e tu non lo devi dire a nes-su-no, chiaro?
Ino
percorreva il corridoio come un bufalo alla carica, e
spalancò la
porta dell'archivio con tanta foga da rischiare di scardinarla.
“ L'ha
invitata a cena!” trillò esagitata.
Il
lavoro si stava rivelando più lungo del previsto, dal
momento che
Tsunade aveva deciso che non solo bisognava fare un po' di spazio
negli archivi ma occorreva proprio risistemarli da cima a fondo, e
spostare tutto. Non si sapeva perché avesse rifilato
quell'ingrato
compito proprio a loro, ma forse, dato che al momento la situazione
era di una calma stagnante e non c'erano missioni impegnative, non
voleva consumare i sandali dei suoi migliori shinobi mandandoli in
giro a far da scorta a qualche banale riccone. Così, per il
secondo
giorno di fila erano tutti lì a inscatolare fogli e
fascicoli per
spostarli. Nessuno aveva più uno sfavillante buonumore,
anche se
Hinata sfoggiava inalterata la sua disarmante dolcezza.
Le
parole di Ino, comunque, vennero accolte da un silenzio pesante e
perplesso.
“ Nara.
La tua ragazza straparla,” si degnò di dire
Sasuke, infine.
“ Ho
sentito,” commentò Shikamaru senza scomporsi.
“Sei in ritardo,
Ino,” aggiunse, imperturbabile.
“ Mi
avete sentita?” sbottò lei, allibita.
“ Certo,
Ino-chan,” rispose Hinata, sorridendo. “Ma non
abbiamo capito,”
aggiunse con delicatezza.
“ Infatti,”
ridacchiò Naruto, approvandola con un cenno d'assenso.
“ Quello
di Kiri! L'ambasciatore!”
“ Oh,
sì, Takao,” confermò Naruto, senza
notare la testa di Sasuke che
si sollevava di scatto e il suo sguardo che si posava su Ino con
nuova attenzione.
“ Ha
invitato Sakura a cena, stasera!”
“ Ma
vaaaaa!” esplose Naruto esterrefatto, lasciando franare a
terra un
grosso raccoglitore prima di mettersi a sogghignare.
“ Davvero?”
sussurrò Hinata posando lo sguardo sul jinchuuriki che,
purtroppo,
non aveva ancora dimostrato lo stesso brillante spirito d'iniziativa.
“ Tu
come lo sai?” chiese Shikamaru, rassegnato. Era innamorato di
un'oca pettegola, e non ci poteva fare proprio nulla.
“ Me
l'ha detto lei adesso!”
“ Bah,”
brontolò Sasuke, indifferente.
Ino
lo staffilò con lo sguardo.
“ Come
sarebbe, bah?” replicò indignata.
“ Quello
che ho detto, bah,” rispose lui, criptico.
“ E'
un bellissimo ragazzo, e molto gentile!” protestò
lei, nonostante
Shikamaru stesse tentando di farle segno di smettere. Subito.
“ Capirai,
quel babbeo,” brontolò Sasuke con la massima
indifferenza.
Negli
anni a venire, Sakura avrebbe ripetuto più e più
volte che doveva
ad Ino moltissimo. La ragione si giocò
nella manciata di
secondi successivi a quello scambio di battute.
Ino
squadrò Sasuke, e realizzò che teneva in mano dei
fogli al
contrario.
Increspò
le labbra in un sorrisetto velenoso, poggiandosi al tavolo con fare
provocatore.
“ Tu
pensala come vuoi, Sas'ke, ma comunque Sakura ha accettato l'invito,
e ben volentieri,” mentì, sfacciata.
La
testa del genio schizzò verso l'alto e, nell'ombra di
sgomento che
per una frazione di secondo gli attraversò le iridi, Ino
lesse di
aver fatto centro. Poi il volto di Sasuke tornò
impenetrabile come
sempre.
“ Ha
accettato?” ripeté Naruto incredulo. A quel punto
lui stesso
lanciò un'occhiata esplorativa in direzione del migliore
amico, ma
la faccia di lui sembrava marmo senza sentimento.
“ Felicitazioni.
Possiamo lavorare, adesso?” biascicò il genio,
seccato.
“ Strano,”
osservò unicamente Shikamaru.
“ Sono
contenta per lei,” mormorò Hinata, schietta.
L'invidia,
decisamente, non rientrava nel novero delle sue caratteristiche.
“ Ma
certo! Ci voleva proprio, in fondo Sakura si merita un ragazzo che
l'apprezzi e capisca quant'è speciale,” concluse
Ino, lanciando un
ultimo magistrale affondo. “Scusatemi, torno
subito,” concluse,
prima di marciare fuori.
“ Ma
dove va?” chiese Naruto perplesso.
“ E
chi lo sa,” sospirò Shikamaru. “Si
sarà commossa. Femmine...”
gemette, prima di alzarsi stancamente per andarle appresso.
Ma
Ino era partita di carriera, schizzando lungo il corridoio come se
l'avessero lanciata. Si scaraventò giù per le
scale, svoltò due
angoli e per poco non sbatté dritta addosso all'amica.
“ Tu!”
“ Ino,
ma cosa...?” sbuffò Sakura, sorpresa.
“ Tu
devi accettare quell'invito a cena!” intimò lei,
di slancio.
Sakura
sospirò.
“ Ne
abbiamo appena parlato, ti ho detto che non so se...”
“ No!
Lo devi accettare!” la interruppe l'altra, con foga.
“Noi...abbiamo
litigato e siamo state lontane, ma ora siano di nuovo le stesse
amiche di prima, e se anche per te e così e se ti fidi di
me, allora
accetta quell'invito a cena e non fare domande!” ingiunse, la
voce
argentina apertamente accorata.
Sakura
la guardò a bocca aperta.
“ Ma
io non so se lui...”
“ Appunto,
non lo sai. Può darsi che funzioni. E se non funziona, avrai
comunque tutto da guadagnare,” insistette
Ino, guardandola
dritta negli occhi. “Fidati di me,”
ripeté a voce bassa.
Sakura
la osservò senza parlare per un lungo istante, trasse un
respiro
profondo ed annuì.
“ Va
bene. Hai ragione.”
Ino
sorrise radiosa, e lei di rimando.
“ Adesso...vado...la
shisho...” borbottò Sakura.
“ Certo.
A dopo,” concluse Ino, e rimase a guardarla allontanarsi nel
silenzio del corridoio.
“ Diavolo
di femmina!”
La
ragazza si voltò indietro di scatto, colta in flagrante.
“ Oh...Shika,”
cinguettò. “Io stavo...”
Lui
scosse la testa, con un mezzo sorriso.
“ Adesso
ho capito come mai mi sono innamorato di te,”
commentò, pacato.
“Io stesso non avrei saputo far meglio.”
Ino
scoppiò a ridere di cuore, gli gettò le braccia
al collo e gli
scoccò un bacio.
|
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Capitolo 2 *** II: It's raining men ***
Ok,
bene, salve, eccomi qua.
Alla
faccia di quella malfidente di slice (=P), questo
secondo capitolo
era già pronto insieme al primo, perciò inutile
tirarla per le
lunghe.
Purtroppo
questa seconda parte è quella più demenziale e
meno credibile, ma
mi pare abbiate comunque capito che non è una storia da
prender sul
serio.
Perciò
– scusandomi – vi lascio semplicemente alla lettura.
A
presto
II:
It's raining men (hallelujah?)
“ Ero
quasi convinto che avresti rifiutato.”
Anch'io,
pensò Sakura, sorridendo nervosamente a Takao. Aveva
indossato un
kimono grazioso e Ino l'aveva costretta a truccarsi leggermente e
raccogliere i capelli, e adesso non sapeva più bene se si
assomigliava.
“ Volevo
solo...pensarci,” azzardò incerta.
“ Hai
fatto bene,” commentò lui, cortese. “Mi
sono fatto consigliare
un ristorante dal tuo collega, quello con la coda.”
“ Shikamaru,”
si rallegrò Sakura. “Meno male. Se avessi chiesto
a Naruto, ti
avrebbe mandato al chiosco del ramen.”
Takao
sorrise, facendole cenno col braccio per cederle il passo.
“ Sono
simpatici, i tuoi compagni,” osservò
distrattamente. “Sai,
Naruto Uzumaki è proprio come me l'aspettavo.”
Sakura
lo guardò incuriosita, ringraziandolo mentalmente per il
tentativo
di metterla a suo agio.
“ Davvero?”
“ Sì.
Così pieno di energia. Si vede a occhio che è una
potenza della
natura.”
Sakura
ridacchiò. Quanto a quello, non c'erano dubbi.
“ Beh,
è un buffone, ma ha un cuore d'oro.”
Iniziò
così, la cena. Parlando di Naruto e di quante ne avevano
passate e
del Quarto e di Kyuubi. Di Sasori, di Chiyo la vecchia, e poi delle
spiagge di Kiri e delle mareggiate, di quando avevano imparato a
lanciare i kunai, di quando lei e Ino non erano più amiche e
del
padre di Takao che scolpiva figurette nel legno e faceva il modellino
di tutti i compaesani immaginandoli nelle posizioni più
buffe, e
Sakura rideva.
Nient'altro.
“ Vuoi
il dolce?” le chiese Takao, quand'ebbero spazzolato via tutte
le
portate.
“ No,
grazie,” si schernì lei, satolla. “Sono
a posto per il resto
della settimana, credo.”
“ Ma
è solo lunedì,” osservò lui,
parendo sconcertato.
Sakura
ridacchiò di nuovo, mentre il suo accompagnatore ordinava
due sakè.
Non ne beveva, di solito, ma un bicchierino per digerire stavolta ci
voleva.
Continuavano
a parlare. Sakura pensava che fosse un bene, e lo pensò
finché,
mentre Takao andava a pagare il conto, le venne in mente come sarebbe
stato essere seduta lì a quel tavolo a cenare con il ragazzo
che a
cena fuori non l'avrebbe mai portata. Volle disperatamente smettere
di pensarci, ma non era facile.
Perché
non era affatto la stessa cosa.
Fuori
la serata era mite, il cielo stellato. Takao si offrì di
accompagnarla verso casa e Sakura non riuscì a rifiutare,
sebbene
fosse tesa come una corda di violino.
Parlarono
poco, lungo la strada, perché la sera era silenziosa e
quieta e
anche per qualche altra ragione che lei non sapeva bene. Quando si
fermarono vicino a casa sua, Sakura sorrise di cuore.
“ Grazie,
Takao-san. È stata una bellissima serata.”
“ Anche
per me,” rispose lui, imitandola. “Sono molto
contento che
l'Hokage ti abbia chiesto di farmi da guida. Sei una persona
radiosa.”
Sakura
ci rimase di sale. Radiosa, lei. Fino a quel momento aveva meritato
l'appellativo di insopportabile, o al massimo petulante, o ad andar
proprio bene sciocca. E ora, radiosa.
“ G-grazie...”
mormorò di nuovo. “Lo stess...”
S'interruppe,
rendendosi conto che lui si avvicinava e si chinava verso di lei. I
riflessi le suggerirono unicamente di fare un passo indietro, e si
serrò le braccia al petto istintivamente. Takao rimase
interdetto,
immobile.
“ Aspet...”
farfugliò Sakura, imbarazzata al parossismo e con
l'impressione di
essere proprio stupida. “Cioè, io...”
Deglutì
faticosamente. Takao la guardava in silenzio, interrogativo.
“ Tu.”
Aveva
lo stesso tono gentile di un attimo prima, e la rincuorò.
“ E'
solo che...sono confusa ora e... non...” Ridacchiò
scioccamente.
“Troppo in fretta,” riuscì a biascicare.
“ Oh,”
fece lui. “Ma certo,” annuì.
Rimase
teso nell'aria un disagio muto, spigoloso.
“ Spero
che questo non pregiudichi i nostri progetti per i prossimi
tempi,”
aggiunse lui, conservando un'ammirevole padronanza di sé.
“Non
aveva intenzione di essere pressante. Veramente, non ho nessunissima
fretta. Passerò qui qualche settimana e poi forse
dovrò tornare
altre volte. E se te lo stai chiedendo, non ho né fidanzate
né
mogli a Kiri, e non intendo prendermi gioco di te.”
il
suo tono calmo e la sua schiettezza ebbero il potere di rilassarla.
“ Veramente,
non ci avevo nemmeno pensato,” ammise diretta.
“ Meglio
così,” concluse Takao. “Allora buona
notte, Sakura-san.
Riposati,” concluse cortesemente.
“ Buonanotte...a
te.”
Sorrise
un'ultima volta, e si avviò verso la porta.
Ovviamente,
l'idea di Sakura di mantenere stretto riserbo sui suoi rapporti con
Takao Mikomi, ambasciatore di Kiri, cozzò contro la dura
realtà
l'indomani mattina. Perché molte persone li avevano visti
cenare
insieme, soli, la sera prima, e la voce era corsa di bocca in bocca e
insomma, all'ora pranzo Konoha sapeva che c'era qualcosa di tenero
tra quei due.
Sempre
all'ora di pranzo, però, c'era una sola persona, oltre ai
due
diretti interessati, che sapesse che effettivamente Takao aveva
cercato di baciare Sakura, e quella persona era Ino Yamanaka.
“ Cosacosacosaaa?”
strillò sottovoce, per quanto questo fosse possibile,
ingoiando una
polpetta intera. “Ha! L'avevo detto, io!”
esclamò trionfalmente.
“ Sì,
ma sta' zitta!” sbottò Sakura guardandosi
cautamente intorno. “Non
voglio che lo sappia mezzo villaggio!”
“ E
ora cosa farai?” continuò l'amica ignorandola.
“Quando vi
vedrete di nuovo? E cosa farai? Ti piace? Eh?”
l'aggredì.
“ Non
lo so,
Ino,” scandì Sakura
minacciosa. “Ho passato la vita a sognare una cosa sola, e
adesso...”
“ Takao
è cariino! Vero che è carino?”
“ Ma
mi stai ascoltando?” sibilò Sakura, stizzita.
“ Sì.
Sì, sì, sì.”
Sakura
non aggiunse altro. Si vedeva che era assorta, spaesata.
Otto
minuti dopo che si furono salutate alla fine della pausa pranzo anche
Shikamaru, come Sakura aveva del resto previsto, era venuto a
conoscenza di quell'ulteriore particolare. Con lei e Ino, facevano
tre. Più Takao, quattro, e Sakura pensava di poter stare
tranquilla
in quanto alla mancata diffusione della notizia.
Ma
si sbagliava.
Nell'archivio
– ancora – c'erano solo Sasuke e Naruto,
perché Hinata era
impegnata col suo team, quando Shikamaru arrivò per il
pomeriggio.
Ino era appena tornata indietro per recuperare una lettera, aveva
detto, e lui si aggregò ai due colleghi mettendosi
svogliatamente a
scartabellare.
Ino
aspettò cinque minuti per comparire, dopo aver finto di
recuperare
la sua lettera. Contava sul fattore sorpresa, non dubitando
minimamente che Shikamaru avrebbe colto al volo l'antifona: vantaggi
dell'essere fidanzata con una mente superiore.
Si
precipitò nella stanza come un tornado.
“ Noncicrederaimaiiii!”
squittì al suo indirizzo, con voce talmente acuta che Sasuke
strizzò
gli occhi con fastidio.
Shikamaru,
perplesso, la guardò domandandosi cos'altro potesse essere
accaduto
di sbalorditivo in quei pochi minuti.
“ Che
c'è?”
“ Ha
tentato di baciarla!”
Naruto
sgranò gli occhi come una civetta, e Sasuke rimase
perfettamente
immobile.
Shikamaru
esitò per una frazione di secondo.
Ma
sì, al diavolo. Vediamo di sistemarci tutti in santa pace
una volta
per tutte, in un modo o nell'altro.
Forse Sasuke Uchiha stava per ucciderlo, ma del resto se continuava
ad essere così nervoso e incazzato lui non dubitava che
avrebbe dato
di nuovo i numeri e massacrato comunque gente a caso, perciò
tanto
valeva fare un tentativo.
“ Cosa?
Intendi l'ambasciatore di Kiri e Sakura?” domandò
svogliatamente,
infilandosi le mani in tasca.
Ino
sorrise.
Perfetto.
“ COOSA?”
sbraitò Naruto. “MA...”
E
poi più niente, perché ci fu un boato, e poi un
tonfo sordo, e lo
scatolone pieno di documenti che stava in mano a Sasuke un attimo
prima si era appena schiantato sul tavolo e poi era rovinato a terra,
sparpagliando sul pavimento tutto il suo contenuto.
“ Tutto
a posto, Sas'ke?” cinguettò Ino con innocenza.
Shikamaru dovette
sforzarsi per non ridere.
“ Gli
è solo caduto quello,” minimizzò
Naruto, del tutto assorbito
dalla nuova notizia. “Ma... Sakura!”
esclamò, ilare. “Devo
proprio passare un po' di tempo con lei, mi sa che ne ha, di cose da
raccontarmi!”
“ Che
pettegola che sei, dobe,” sibilò Sasuke, malevolo.
“ Pensa
per te, teme!” rispose lui. “Ti cade tutto,
oggi!”
Continuava
a fare il ragazzino, per distrarlo, per tirarlo fuori. Ma aveva
visto, stavolta aveva visto benissimo anche lui, e Ino aveva appena
guadagnato un nuovo alleato.
“ Comunque
lei non era sicura, e perciò ha preferito
tergiversare,”
continuava la ragazza, come se niente fosse. “Ma sono sicura
che la
prossima volta...” continuò, vaga.
“ Beh,
ma è giusto,” commentò Naruto, annuendo
ripetutamente. “Io l'ho
sempre detto che Sakura è bellissima!” aggiunse
sincero.
Ci
fu un altro fruscio di fogli che cadevano, alle sue spalle, e lui
sogghignò complice verso la kunoichi. Per la seconda volta
consecutiva, Shikamaru si strozzò con la saliva per evitare
di
ridacchiare.
Non
c'era bisogno di essere un genio come lui per sapere che sarebbe
sicuramente morto sull'istante, in quel caso.
Nel
tentativo di diradare i suoi incontri con Takao, Sakura si prese
qualche ora da passare nell'archivio con i compagni. Sapeva che
vedere il ragazzo di Kiri avrebbe significato dovergli dare una
risposta, prima o poi, e non era affatto sicura di conoscerla.
Poteva
tentare. In fondo, passare la vita a sospirare per un uomo che non la
voleva – per un uomo pazzo che non la voleva, precisamente
– era
un'assurdità. D'altra parte, anche se lui non la voleva, lei
voleva
ancora lui.
Era
confusa, in effetti.
Col
senno di poi, e senza dispiacersene minimamente, avrebbe realizzato
che trascorrere ore ed ore al giorno in una stanza chiusa con quattro
o cinque persone tra cui Sasuke stesso non fosse la strategia
vincente da adottare nel suo caso. Ma sul momento la rassicurava la
compagnia delle persone di sempre.
Stavano
lì tutti insieme, tra uno spostamento e l'altro, parlottando
di
tanto in tanto del più e del meno. Ino li omaggiava del suo
ciarlare
spensierato e, sebbene Sasuke fosse disposto a giurare il contrario,
non c'era dubbio che il suo chiacchiericcio vivace e variato li
rilassasse tutti quanti, lui compreso. Il lavoro era un po' noioso ma
non particolarmente pesante, e con la giusta compagnia diventava
persino accettabile.
E
poi cominciarono i fatti.
Il
primo si verificò appena due ore dopo che Sakura si fu
riunita agli
amici. Stava spostando un grosso plico di sfogli da uno scaffale
basso a uno in cima al mobile, e quando si rese conto di non essere
abbastanza alta aveva già le braccia protese per aria e si
reggeva
sulle punte dei piedi. Non fece in tempo ad abbassarsi. Una mano
chiara e decisa comparve in alto nel suo campo visivo e le
sfilò via
il plico, poggiandolo là dove doveva stare.
Ne
sentì distintamente la presenza dietro la propria schiena,
quasi
come se la stesse toccando anche se così non era
assolutamente. Le
si fermò il fiato per un secondo e Sasuke rimase immobile
alle sue
spalle, lo sentiva respirare.
“ Hai
altro da mettere lì sopra?” chiese a voce bassa.
Sakura
tentò – invano – di buttare
giù l'aria e poi scosse debolmente
la testa.
“ No,”
rispose. “Grazie...”
Sasuke
non si mosse ancora per qualche secondo.
“ Prego,”
mormorò poi, allontanandosi.
Sakura
impiegò qualche secondo a ritrovare una respirazione e un
battito
cardiaco normali. Quando ci riuscì, e ritornò
alla realtà, Naruto
e Ino erano accucciati in un angolo e ridevano con le teste chine su un
libro, e Shikamaru li guardava sbuffando pazientemente.
Si
chiese cosa mai potesse contenere quel volume, ignorando che non era
affatto di quello, che ridevano.
Il
secondo fatto ebbe
luogo l'indomani mattina, mentre spostavano una gran montagna di roba
nel sotterraneo della Tesoreria, che era mezzo vuoto. Sakura stava
trasportando una cassa così grossa che, pur con tutta la sua
forza,
dopo una trentina di metri dovette fermarsi a prendere fiato,
sbuffando.
“ Accidenti
che...” si affannò, afferrandone un lato per
imbracciarla di
nuovo. Non arrivò mai all'altro, perché prima che
potesse prendere
la maniglia quella era già scivolata nella mano di Sasuke,
che si
era caricato un cartone sul braccio libero. Non disse niente ma
sollevò la cassa insieme a lei e si rimisero in marcia.
Dalle labbra
gli sfuggì solo un impercettibile gemito quando ebbe
caricato su il
peso, perché quella maledetta cosa pesava ottocento milioni
di chili
e un attimo prima lei la stava spostando da sola.
Gettò
un'occhiata alle sue braccia: bianche, esili, fini. Aggrottò
la
fronte.
Qualcosa
era successo, a Sakura, in sua assenza. E adesso non era escluso che
potesse persino rischiare di essere lui a soccombere, in un corpo a
corpo.
Sakura
invece non ci fece caso. Più della fatica, a renderle
difficoltoso
il camminare era l'idea che, per la prima volta da quand'erano
bambini, stessero realmente facendo qualcosa insieme.
Il
terzo fatto fu quello
definitivo. Non perché si trattasse di qualcosa di
eclatante, ma
perché fu in quel momento che Sakura realizzò,
ineluttabilmente,
che non poteva sostituire Sasuke con nessuno, probabilmente non
avrebbe potuto mai.
Erano
usciti in ricognizione, tutto il vecchio team sette. Una passeggiata,
soprattutto per gente di quel calibro. Se non fosse che Naruto da tre
giorni non perdeva occasione per romperle l'anima e stuzzicarla in
ogni modo possibile.
Alla
terza battuta maliziosa nel giro di cinque minuti lei uscì
dai
gangheri e gli si avventò addosso per dargli una ripassata.
Si
rincorsero tra gli alberi per qualche minuto, mentre i due rudi
uomini sharinganmuniti li osservavano senza proferire verbo, e Naruto
si prese qualche pugno e poi la spintonò. Sakura
rimbalzò a terra
per prendere lo slancio e, nella foga, non badò a dove
mettesse il
piede e lo storse contro una radice sporgente.
Non
disse niente, riprendendo la marcia, finché un balzo
più stirato
degli altri le strappò un leggerissimo lamento.
“ Ti
sei fatta male?”
Imprecò
mentalmente: proprio Sasuke la doveva sentire, che odiava che si
lamentasse.
“ No,
ho solo messo un piede in fallo poco fa, non è
niente,” rispose
spiccia, accennando un sorriso. Sasuke non rispose, e si
voltò verso
gli altri.
“ Fermiamoci
un attimo,” disse.
Sakura
rimase così immobile da sembrare finta, con gli occhi
sgranati.
Sasuke.
Fermiamoci
un attimo.
E
il colpo di grazia.
“ Magari
è meglio se ti siedi un momento,” aggiunse, atono.
Sasuke.
Sakura
cercò di parlare, ma non le riuscì per niente.
“ Che
succede?” chiese Naruto atterrando accanto a loro, seguito
immediatamente dal sensei.
“ Si
è fatta male alla caviglia,” rispose il genio,
diretto.
E
non c'erano nella sua voce lo scherno e il disprezzo che avrebbero
dovuto esserci, soltanto un tono pratico.
Sakura
non riuscì a fare altro che sedersi come aveva detto lui.
“ Tutto
a posto, Sakura?” chiese Kakashi, bonario, mentre Naruto si
avventurava a dare un'occhiata intorno, già che c'era.
“ S...ì...ih.”
Quell'ultimo
sussulto nella sua voce era dovuto al fatto che Sasuke si era
accoccolato per terra, proprio davanti a lei, e aveva sollevato il
suo piede da terra delicatamente, esaminandolo. Le sfiorava la
caviglia appena con le punta delle dita, e sebbene potesse sembrare
un controsenso dal momento che il medico era lei, per una semplice
caviglia qualunque shinobi poteva dare una diagnosi immediata.
“ Non
sembra gonfia,” mormorò lui, prima di muovere di
lato
l'articolazione. “Non è nemmeno slogata.
Probabilmente solo
indolenzita, Sakura,” concluse, sempre sorreggendole il piede
con
dita come farfalle.
E
Sakura si rese conto che era tutta lì, la differenza. Che di
nessun
altro uomo, mai, l'avrebbe commossa e emozionata tanto il semplice
modo in cui le toccava un tallone. Che mai mai e mai nessun Takao e
nessun signor qualunque sarebbe stato capace di toglierle il fiato
soltanto perché le sfiorava una tibia senza intenzioni. Le
venne
quasi da piangere nel capire che lei Sasuke non se lo sarebbe mai
tolto dalla pelle, e dai polmoni, e non c'era nulla che potesse fare.
“ Non
è niente,” aggiunse lui.
Lo
fissò domandandosi se la stesse prendendo in giro, ma Sasuke
rimaneva serio e la guardava dritta in faccia.
E
proprio prima che Kakashi parlasse, certo per dichiarare chiuso
l'incidente, Naruto ripiombò accanto a loro.
“ O
che fai lì per terra, teme? Cerchi funghi?”
domandò ilare.
Sasuke
rilasciò cadere il suo piede velocemente, voltandosi
indispettito.
“ Si
è fatta male, dobe rompiballe, stavo
controllando,” rispose
altero.
“ Certo,”
commentò Naruto scettico, senza nemmeno dissimulare. Si
fissarono
per qualche secondo e il jinchuuriki non aveva più l'aria da
ragazzino scemo che sfoggiava da mesi e mesi, ma l'espressione sicura
dello shinobi che era, che aveva affrontato prove e sofferto e
imparato, e che si sarebbe fatto valere. Era stato Sasuke stesso,
crudelmente, a fornirgli i mezzi per diventare il titano umano che
sapeva essere. E adesso era ora che ci sbattesse la faccia.
Kakashi
si schiarì la voce, conciliante.
“ Se
l'incidente è concluso, è meglio rimettersi in
marcia,” suggerì.
Se
li riportò tutti via intruppati, meno ilari, meno vivaci.
Ciascuno
con qualcosa per la testa.
Non
se ne preoccupò, comunque. Erano adulti, adesso, e se erano
sopravvissuti agli anni passati non sarebbero certo morti per qualche
grattacapo giovanile. Li ricondusse a Konoha e diede loro
appuntamento per il giorno dopo, prima di svignarsela alla svelta.
Doveva incontrare Tenzo per andare a conoscere questo giovane
ambasciatore, ed era piuttosto curioso di scoprire che tipo fosse il
ragazzo che faceva il filo a Sakura. Perché d'accordo, erano
adulti
ma erano pur sempre i suoi allievi, e avrebbe spezzato i denti a
qualunque bellimbusto ronzasse intorno alla piccolina.
Naruto
lo squadrò andare via, poi salutò Sakura che
zoppicava verso casa e
s'incollò ai talloni di Sasuke.
“ Ehi,
teme!”
“ Che
vuoi?”
Silenzio.
“ Teme!”
“ Cosa
cavolo vuoi?”
Silenzio.
“ Teemee...”
“ E
cosa dia...?”
“ E
girati, cacchio!”
Sasuke
rallentò il passo e si voltò indietro,
insofferente.
“ Cosa.
Vuoi?”
“ ...Ti
va un ramen?”
Sasuke
lo scrutò con odio profondo, emise una sorta di sibilo e
fece per
piantarlo lì.
“ Sul
serio, dai!” lo trattenne Naruto, afferrando il suo braccio.
“Voglio solo far due parole!”
“ E
se io invece no?” protestò Sasuke rigido.
“ Me
ne frego. Ti pedino, sai?”
“ Dobe...”
ringhiò Sasuke.
“ Dico
sul serio.” Il tono di Naruto si fece grave.
Sasuke
sbuffò, annoiato, dando un'occhiata intorno. Quindi
lì dov'era,
incivile come sempre, s'appoggiò al muretto che costeggiava
la
strada e incrociò le braccia.
“ Dimmi.”
Naruto
lo guardò perplesso, prima di fare spallucce. Per lui, un
posto
valeva l'altro.
“ E'
per questa faccenda di Sakura e il...” iniziò,
diretto.
“ Oh,
ancora con questa Sakura!” sbottò Sasuke irato.
“Lo volete
capir...”
“ No,
tu
lo vuoi capire che
non sei credibile?” lo zittì Naruto alzando la
voce. “Davvero
non te ne accorgi che quasi non inganni più neanche te
stesso? Non
lo vedi che persino il tuo stesso corpo ti dice di smetterla
di infierire su te stesso perché tanto il passato
non...”
“ Naruto!”
Schivò
il pugnò di Sasuke con uno scatto e afferrò la
sua mano con la
propria, soffiandogli le parole successive dritte in faccia.
“ Cosa
credi? Vuoi darmi un pugno? Dammelo. Credi davvero che sarà
un pugno
a farmi male,” e Sasuke cercò di divincolarsi con
un ringhio, ma
lui tenne salda la presa, “dopo tutto il resto? Tre anni e
mezzo a
sputare sangue e lacrime ad ogni respiro, e adesso credi di
spaventarmi con un pugno? Puoi anche massacrarmi, Sas'ke, e io
continuerò a dirti la verità. COME HO SEMPRE
FATTO!” Lo spintonò
rabbioso, ma non lasciò la sua mano e gli
caracollò appresso, e
Sasuke gli rifilò una spallata, e un calcio, dicendo un
qualcosa con
voce strozzata. “Anche quando non te ne fregava un cazzo di
ascoltarmi e mi ammazzavi solo ignorandomi! E continuerò a
farlo
finché muoio, perciò uccidimi pure di fottuti
pugni!”
Lo
sbatté via per davvero stavolta, Sasuke barcollò
arretrando di un
paio di passo e rimase a fissarlo in cagnesco.
“ Ma
cosa stai dicendo?”
“ Sto
dicendo che non ho più voglia di fare finta di essere un
coglione
che trova tutto divertente per rassicurarti, perché non
è così!
Basta! Prima era così, e poi ho visto e provato il dolore in
così
tante forme che non ho
più voglia di guardarlo! BASTAA!” Su quel ruggito
finale Naruto
tirò un gran cazzotto al muro, e quello si sbriciolo dove
l'aveva
colpito e venne giù come burro.
Sasuke
rimase fermo, respirando in fretta, accigliato, rabbioso. Ma Naruto
lo sembrava anche più di lui, in quel momento.
“ Vuoi
Sakura? E prenditela! Sono dieci anni che non aspetta altro! Invece
devi infliggere a te stesso e a lei altro dolo...”
“ Non...”
“ Non
un CAZZO!” ululò Naruto. “Non
c'è nessun non
a parte nella tua testa bacata!” Prese fiato, squadrando il
genio
in cagnesco, e ricominciò a parlare con voce più
controllata. “Io
voglio diventare Hokage e voglio che il mio migliore amico stia bene,
e le otterrò queste due cose, Sas'ke, perché ho
fatto troppa strada
per fermarmi!”
Sasuke
non rispose più. Chinò lo sguardo a
aggrottò la fronte, muto,
completamente chiuso.
Naruto
si scompigliò i capelli e scosse la testa.
“ E
tu cos'è che vuoi? Vuoi andare avanti o vuoi rimanere
indietro
mentre tutti gli altri proseguono?”
Sasuke
tornò a guardarlo, e nei suoi occhi che nonostante il
tentativo
dissimulazione erano chiari di ansia e di paura Naruto trovò
la
risposta, e respirò. Avanti. Avanti. Avanti.
“ E
allora ti ci devi impegnare, teme, e non ti basterà
giocherellare
con la dannata caviglia di Sakura.”
E
poi, avvicinandosi di nuovo:
“ Guarda
che...”
Non
la finì la frase, perché era un po' patetica. Si
indicò soltanto,
con tutt'e due le mani. Io sono qua. Sono sempre stato qua di fianco,
anche quando non te ne accorgevi. Ti do una mano, se vuoi.
Sasuke
si voltò dall'altra parte, e si spostò dal
muretto, fece due passi,
si piegò sulle ginocchia e si rialzò, e poi si
passò le mani sulla
faccia, tormentato. Naruto pensò che gli sarebbe piaciuto
abbracciarlo, se Sasuke fosse stato quel genere di persona che si
possa abbracciare, ma non lo era.
Però
il genio fece una cosa che lo sorprese comunque: fu lui a tornargli
vicino, con la testa bassa, rimase fermo per qualche secondo e poi
appoggiò la spalla contro la sua. Naruto dopo un istante di
sorpresa
fece altrettanto, e rimasero lì a tenersi su a vicenda, ed
era il
più stretto degli stretti abbracci fraterni del mondo.
Mentre
Naruto Uzumaki affrontava una volta per tutte il leggendario
masochismo di Sasuke Uchiha, Sakura Haruno se la vedeva col suo nuovo
non-ragazzo.
Incontrò
Takao sulla via del quartier generale, maledicendo la propria
maledetta sfiga prima di stiracchiare un sorriso.
“ Ciao,”
salutò.
“ Buongiorno
a te. Sei stata in missione?” rispose lui, sorridendole a sua
volta.
Sakura
annuì vaga.
“ Una
piccola ricognizione.”
“ Tutto
a posto, spero,” commentò lui.
“ Oh,
certo,” confermò Sakura.
“ Bene.
Io... Mi aspettano ma, allora... Siamo sempre d'accordo per la visita
al tempio di sabato?” s'informò lo shinobi.
“ Sì...No.
Non so.”
Le
scapparono fuori le parole una dopo l'altra, assurde, e
avvampò.
“ Come?”
chiese infatti Takao, educatamente perplesso.
“ Non...
Forse potremmo rimandare, alla settimana prossima, se ti va
bene,”
balbettò Sakura imbarazzata. Era un ragazzo simpatico, e
carino, e
le dispiaceva calciarlo via.
Takao
sembrò un po' destabilizzato, ma lo mascherò in
fretta.
“ Ah.
Va bene, certo...” confermò. “Ma, dimmi,
c'entra per caso
l'altra sera...?”
“ Sì.
No. Non...” Sakura ridacchiò di se stessa.
Patetica, a dirla
tutta.
Takao
si schiarì la voce.
“ Mi
sembri un po' confusa,” osservò senza prendersela.
Lei
si morse le labbra, sbuffando.
“ E'...
complicato. Non sono sicura che ti convenga darmi retta, in
realtà,”
ammise onestamente.
“ Vedremo.
Buona serata,” concluse lui, congedandosi.
“ Ciao,”
mormorò Sakura, avvilita.
“ Sì,
no, non so. Quale uomo non sognerebbe di sentirsi rivolgere parole
simili?”
Il
tono di voce di Ino era pesantemente sarcastico, esasperato.
“ Sono
andata in confusione, va bene?” grugnì Sakura,
sulla difensiva.
“ Ricordamene
la ragione,” sospirò l'amica. “Ah,
sì, giusto... Perché Sas'ke
ti ha toccato un piede.”
“ Ino!”
ringhiò lei, vergognosa.
“ Ma
io sto solo ripetendo quel che hai fatto tu! Non prendertela con me,
se non ha senso!” protestò l'amica, sgranando gli
occhi azzurri.
“ Il
fatto è che io lo amo!” sbottò Sakura
corrucciandosi. “Io lo
amo, Ino, così tanto che non so più che cosa
fare...” mormorò
avvilita.
“ Io
propenderei per la botta in testa e passa la paura...”
brontolò
l'altra, corrucciandosi.
La
situazione era drasticamente complicata.
Sakura
aveva un conto in sospeso con una ragazzo con cui non voleva uscire,
e una drammatica rassegnazione definitiva al fatto che il ragazzo che
voleva da sempre non l'avrebbe scelta mai. D'altro canto, il
già
citato losco individuo di cui era perdutamente innamorata stava
realizzando suo malgrado che dopotutto, forse, magari, in
realtà
avrebbe anche potuto decidersi una buona volta ad accettare il fatto
che la sua vita a Konoha senza Sakura, o con Sakura che stava con un
altro, sarebbe stata ancora peggio del solito. Decisamente peggio.
La
cosa più frustrante era ammettere che Naruto avesse ragione,
poi.
Naruto,
lui da quella storia aveva tratto una nuova importante lezione, e
cioè: tergiversare era stupido. Perciò
stabilì che avrebbe chiesto
ad Hinata di uscire con lui entro la fine del mese. O al massimo di
quello successivo.
Non
era facile, perché da anni e anni non faceva che pensare a
qualcun
altro oltre se stesso e accollarsi la responsabilità del
benessere
altrui, e dal momento che il suo progetto di diventare Hokage
significava anche che avrebbe passato la vita ad occuparsi del
benessere di tanti
altri, l'idea di dedicare qualche tempo solo a se stesso, prima di
prendere decisioni, non gli era invisa. Ma se fosse arrivato qualche
belloccio straniero e si fosse portato via Hinata, lui poi come
avrebbe fatto?
Ino
era molto contrariata dal fatto che il suo brillante piano,
consistente nell'usare un corteggiatore di Sakura per ingelosire
Sasuke, non stesse funzionando come aveva sperato. Shikamaru, invece,
le diceva di portare pazienza. Perché sapeva che una volta
piantato
un seme bisognava aspettare che germogliasse e che spingesse il
virgulto fuori dalla terra, prima di diventare una pianta.
E
Shikamaru tendeva ad avere ragione una scandalosa quantità
di volte.
Quanto
da lui pronosticato avvenne quel lunedì, all'uscita di una
riunione
del corpo dei jonin di Konoha. Una data che difficilmente sarebbe
stata dimenticata, perché nel giro di pochissimi minuti
ebbero luogo
un incidente diplomatico internazionale e una pubblica sceneggiata
romantica operata dal più improbabile dei protagonisti.
Improbabile
per la sceneggiata, non per l'incidente diplomatico: non era il primo
che avesse provocato, e realisticamente non sarebbe stato nemmeno
l'ultimo.
I
ninja della Foglia erano gente tutta d'un pezzo, guerrieri che non
avevano tempo da sprecare con questioni banali e futili intrighi
sentimentali. Quando succedeva però, raramente, che qualcuno
di essi
venisse svelato sulla piazza, tutti si divertivano sempre abbastanza.
Cominciò
tutto mentre gli shinobi sciamavano fuori dal salone. Sakura stava
strascinando i piedi dietro Ino e Shikamaru, con umore tetro e
uggioso, e Naruto sgambettava loro appresso chiacchierando con
Hinata. Quando Choji attirò l'attenzione di Shikamaru per
fare
quattro parole l'intera truppa rallentò il passo; Sakura,
intravedendo la sagoma di Tsunade all'altro capo dell'atrio,
pensò
di raggiungerla per discutere di un paio di pazienti.
Galeotta
fu l'idea.
Aveva
fatto sì e no dieci metri che Takao Mikomi spuntò
da una porta
laterale con un paio di consiglieri. Vedendola si rischiarò,
le fece
cenno con la mano e si congedò dagli ospiti per raggiungerla.
Incastrata.
Allo
scorgere l'ambasciatore avvicinare la bella, dopo la chiacchierata
cena della settimana precedente, qualcuno – tra cui,
chiaramente,
Sasuke - già spostò l'attenzione lì.
Siccome però a quella serata
non ne era seguite altre, e non li s'era più visti molto
insieme,
c'era chi aveva anche ipotizzato che si fosse davvero trattato di
un'innocente cena tipica offerta all'ospite straniero,
perciò
l'evento non suscitò l'attenzione meritata.
“ Ciao,”
esordì Takao raggiungendola.
“ Buon
pomeriggio.”
“ Senti,
c'è qualcosa che ti vorrei dire,”
continuò lui a voce bassa,
tanto che la kunoichi dovette sporgersi – e a quel punto
qualcun
altro prese a guardare, sebbene la conversazione fosse inudibile.
“Ed
è che, ecco, Sakura, tu mi piaci davvero molto, e so che sei
confusa, naturalmente, ma vorrei davvero che mi dessi
un'occasione.”
Lei
ci rimase lì come un salame.
Mai
stata corteggiata in vita sua.
“ V-veramente
io...” esalò, ritraendosi.
E
Takao, ingenuamente, fece l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare:
allungò la mano e la strinse senza alcuna
aggressività intorno al
polso di lei.
“ Aspetta.”
“ No
senti, davvero, non...”
Non
è il momento, voleva dire Sakura.
Ma
non lo poté fare.
“ Ehi,
tu, ma sei sordo? Non hai sentito che ha detto di no?”
Konohamaru
avrebbe poi giurato che Sasuke si era trasformato in serpe e aveva
attraversato l'atrio a incalcolabile velocità per
rimaterializzarsi
in forma umana accanto a Sakura; l'avvenimento veniva narrato secondo
più versioni, tra le quali una più accreditata
delle altre.
Si
era spostato camminando, come chiunque altro. Ma nel suo modo
silenzioso e impercettibile, sicché di fatto l'avevano
notato solo
quando aveva parlato. E per di più Sasuke tendeva a parlare
spesso e
volentieri con un tono di voce così basso che le sue
frequenze
risultavano difficilmente percepibili all'orecchio umano. Quella
volta, preso dalla foga del momento, lo fece con una voce tanto alta
e risonante che tutti, ma proprio tutti i presenti si voltarono da
quella parte.
Takao
lo guardò sorpreso, prima di accigliarsi lievemente.
“ Non
credo che la cosa ti riguardi,” osservò fermo.
Quale
audacia! Sasuke lo fulminò con la sua più
riuscita occhiata
omicida.
“ Ah,
sì? Vogliamo uscire qua fuori e vedere se mi riguarda o
meno?”
Shikamaru
sbiancò, dicendosi che la pianta doveva aver succhiato un
bel po' di
vitamine, se era spuntata così in fretta e così
rigogliosa. Naruto
invece soffocò nel palmo della mano una risata che
risuonò come una
pernacchia, non portando molto aiuto al mantenimento di una parvenza
di decoro.
Tsunade
si fece livida.
Sakura,
di marmo.
La
platea ammutolì. Genma si premurò addirittura di
prendere lo
stecchino in mano per levarselo di bocca, perché
così spalancata
com'era gli sarebbe caduto di sicuro. Kakashi si domandò
disperatamente da dove mai gli fosse venuta quell'idea che i suoi
allievi fossero diventati adulti perché, tra Sasuke che
svalvolava e
Naruto che sghignazzava in un angolo, c'era di che farsi sorgere
ragionevoli dubbi.
“ Non
credo di aver capito,” ribatté Takao senza perdere
la calma.
“ Hai
capito benissimo. E se vuoi te lo spiego meglio, scocciatore”
sibilò Sasuke, glaciale.
Takao
si voltò verso Sakura, grave.
“ Mi
avevi detto di non essere impegnata,” osservò
asciutto.
“ Ah,
ecco, vedi che gliel'aveva chiesto,” mormorò
Moegi, annuendo. Le
donne queste cose le capivano meglio.
La
kunoichi sgranò gli occhi, sbalordita, e si riscosse.
“ Ma
non lo sono, infatti!” confermò.
“ Per
il momento.”
Evidentemente
le parole sfuggirono di bocca a Sasuke, che immediatamente dopo
infatti assunse un sorprendente colorito paonazzo. Non
cambiò
espressione, tuttavia, e rimase stoicamente immobile a fronteggiare
il rivale.
Naruto
non ce la fece più, e scoppiò apertamente a
ridere a crepapelle.
“ Molto
bene. Col vostro permesso,” esplose Takao, voltando le spalle
e
marciando via talmente sdegnato che a nessuno venne l'idea di non
farsi da parte per lasciarlo passare.
“ Mikomi
sama!” esclamò Tsunade incamminandosi marziale al
suo seguito, non
prima di essersi voltata indietro per un secondo, verso Sasuke, e
aver espulso un micidiale e minacciosissimo “Tu!”.
Tenzo
poggiò il torace alla schiena di Kakashi, per sussurrargli
direttamente nell'orecchio.
“ Dopo
lo ammazza.”
Ridacchiarono
sadicamente.
“ Non
c'è niente da vedere!” esclamò a quel
punto Naruto, ancora scosso
dai residui di riso. “E' tutto a posto, amici,
circolare!” E si
piantò accanto agli altri due, sorridendo beffardo.
“E allora,
teme, questa cos'era?” chiese esilarato.
Sasuke,
già tendente al rosso fiamma, si fece quasi fosforescente.
“ Beh,
che vuoi? E' la nostra compagna di squadra, e quello le stava dando
fastidio.”
Sakura
s'irrigidì sul posto, prima di voltare la testa verso di lui
con
foga, le labbra stirate in una smorfia assassina non del tutto
dissimile da quella che gli aveva rivolto un attimo prima Tsunade.
Compagna
di squadra?
“ Tu!”
ringhiò, confermando l'analogia. “TU! Pezzo...
D'IDIOTA!”
“ Oh-oh,”
mormorò Naruto, allarmato.
“ RAZZA
DI SOTTOSPECIE DI AMEBA! Come osi! Cosa ne sai tu di quello che
dà
fastidio a me, presuntuoso e arrogante VERME!”
“ Occhio
ai pugni, tem...”
“ E
TU STA' ZITTO, NARUTO!”
Tutto
il corpo di Sakura esprimeva una violenza e una pulsione distruttiva
così tangibili che persino Sasuke si domandò
vagamente se non
sarebbe stato meglio battere decorosamente in ritirata con le gambe
intere. Ma era bellissima, e nel dubbio rimase lì dov'era.
“ Ma
Sakura, non...” rispose sostenuto.
“ TACII!”
ruggì lei a tre centimetri dalla sua faccia, facendogli
incassare la
testa nella spalle. “Come ti permetti, dopo avermi rovinato
la vita
per anni, di venire qui ad allontanare qualcuno che finalmente mi
degna di considerazione, perché sono LA TUA COMPAGNA DI
SQUADRA?”
Sasuke
sembrò oltraggiato. A lui era parsa una spiegazione del
tutto
plausibile.
“ Ma
cosa dovevo...?” si azzardò a rispondere,
nonostante il tentativo
di Naruto di trattenerlo.
“ COSA
DOVEVI DIRE?” ripeté Sakura mollandogli un tale
spintone che lo
spedì letteralmente culo a terra. “Dovevi dire è
la donna
della mia vita e quello le stava dando fastidio, ecco cosa!
Oppure stare zitto e farti i fatti tuoi!”
Chinò
la testa con un sussulto e sembrò quasi rimpicciolirsi,
avvilita.
Era
tutto inutile. E lei era troppo stupida, a crederci ogni volta.
“ Non
posso più sopportarlo. Non voglio più essere in
squadra con te. Non
voglio avere più niente a che fare con te, Sas'ke.”
Si
voltò e fece per andarsene, così da evitare
almeno di mettersi a
piangere davanti a tutti. E invece Sasuke la prese per un braccio.
“ Ma
piantala un po',” sbottò, la tirò
bruscamente indietro e la fece
planare contro di sé, chiudendole la bocca con un bacio.
“ Oh,
finalmente,” sbuffò Shikamaru, estenuato.
Sakura
rimase impalata, incredula e del tutto dimenticata di essere
incavolata come una iena. Rimase a respirarlo, a berlo e ad adorarlo,
completamente psicolabile com'era quel deficiente, e gli
allacciò le
braccia al collo mentre Sasuke la sollevava leggermente da terra,
senza smettere di baciarla.
“ UCHIHA!”
tuonò infine Tsunade inferocita, ricomparendo sulla soglia,
e tutti
sembrarono improvvisamente molto indaffarati e attesi altrove,
sciamando via alla chetichella. “ESIGO DELLE SCUSE
UFFICIALI!”
Scuse
che naturalmente Sasuke fu costretto a porgere, ma questa è
un'altra
faccenda.
Ed
ecco la storia.
“ Non
ci posso credereeeh!”
Itachi
sghignazzava come un matto. Si stringeva le braccia intorno al ventre
e dondolava su e giù, con gli occhi pieni di lacrime di risa
e
scrosci incontrollati che lo facevano tremare d'estasi.
Suo
padre! Certe volte non capiva proprio come gli venissero certe idee!
Sembrava l'uomo più represso e controllato del mondo, e poi
ogni
tanto se ne saltava fuori con della mattane inaudite. Era
assolutamente comico.
Sakura
rideva a sua volta di gusto, e guardando ridere Itachi la sua
ilarità
cresceva, e così pure quella di lui, e andavano avanti a
sbellicarsi
di gusto, dondolando davanti al tavolo, senza fiato, affannati, rossi
e maledettamente divertiti. Quando uno dei due sembrava sul punto di
calmarsi, l'altro partiva con un nuovo attacco e tutto ricominciava,
e ci volle del bello e del buono perché riuscissero a
tranquillizzarsi un pochino.
“ Com'è...successa
la storia delle scuse?” boccheggiò Itachi,
ridacchiando
debolmente.
Sakura
prese fiato, sbuffando.
“ Per
fortuna... Takao era una persona molto ragionevole...” Rise
di
nuovo. “Ho dovuto minacciare tuo padre delle peggiori
pene,
ma ne sono venuta a capo.”
“ Come
hai fatto?” chiese Itachi, ammirato.
Sakura
esitò, pensando che forse quello non era un argomento adatto
a un
quindicenne.
“ Non
me lo ricordo,” mentì.
Itachi
rise di nuovo, scuotendo la testa, e in quel momento la porta di casa
si aprì, e Chiyo lanciò uno strillo a mo' di
saluto.
“ Ciao!”
rispose la madre.
La
bambina sbucò dalla porta, e dietro di lei Sasuke, che era
andato a
prenderla in accademia. Bombo s'infilò tra le sue gambe
raggiungendo
a sua volta la famiglia, prima d'imboccare direttamente la porta del
giardino.
Al
solo vedere il padre, Itachi proruppe in un nuovo e più
tremendo
attacco di risa isteriche, e Sakura non poté evitare di
ricominciare
a ridere a sua volta.
“ Cosa
succede?” chiese Chiyo curiosa, senza ricevere nessuna
risposta
intelligibile.
“ Ma
che avete? State bene?” aggiunse Sasuke, aggrottando la
fronte.
“ S-sì...
Per il moment....pfff!”
Itachi si accasciò sul tavolo senza fiato, eppure ancora
rideva.
“ Eh?”
fece suo padre, senza capire. Gli lanciò un'occhiata
interrogativa,
poi una a Sakura che ridacchiava sfrenatamente.
“ Ma
che stavate combinando?”
“ Non
credo che...la cosa ti riguard....iiih.”
La
risposta insensata del figlio lo indispose un pochino, ma per Sasuke
il buonumore dei bambini era capitale e perciò, invece di
arrabbiarsi, si limitò ad ignorare lui e Sakura con
superiorità.
“ Che
bello tornare a casa e trovare moglie e figlio in questo
stato,”
osservò asciutto e quasi sprezzante, levandosi la giubba.
“ Io
voglio sapere di cosa ridete!” si lamentò Chiyo,
speranzosa.
“ Moglie?
Credevo fosse la tua...compagna di squadra!”
infierì ancora Itachi, trascinando la madre in una nuova
sghignazzata.
“ Ma
cosa stai dic...?”
E
Sasuke sgranò gli occhi con sgomento, trafitto dalla
comprensione
della realtà.
Per
il momento.
Non
credo che la cosa ti riguardi.
Compagna
di squadra.
Compagna
di squadra!
“ SAKURA!”
ringhiò avvampando, in preda al più sfrenato
imbarazzo. Non poteva
aver raccontato ad Itachi quell'episodio orribile e umiliante in cui
si era comportato come il più totale imbecille davanti a
più di
metà dei loro colleghi, anche se per la verità
qualcuno di loro
aveva ripreso a guardarlo come una persona proprio in
quell'occasione. Ma era lo stesso la più grossa vergogna che
si
fosse inflitto e lei non poteva averla raccontata al ragazzo.
E
Sakura, nel vederlo così atterrito, non poté far
altro che
scoppiargli a ridere in faccia di nuovo, confermando il suo atroce
sospetto.
“ Sakura...”
gemette Sasuke, e Itachi giù di nuovo a ragliare come un
asino, che
ormai gli mancava la voce. “E tu piantala,
testina!” intimò lui,
senza sortire per una volta alcun effetto.
“ Io
lo voglio sapere! Nii-san! Lo voglio sapere! Nii-san, dimmelo!
Nii-san!” ripeteva Chiyo, aggrappata al braccio del fratello.
“ Ora
te lo di...” gemette il ragazzo.
“ Non
ci pensare neanche!” eruppe suo padre con un'occhiata
eloquente.
“Sakura, come diamine ti è venuto in mente
di...?”
“ Vieni,
Ch-chiyo...” sussurrava intanto Itachi, alzandosi sulle gambe
malferme.
“ E
tu non ti azzardare!” intimò Sasuke.
“Sakura, smettila di ridere
come una scema e spiegami... Chiyo, torna subito qui! Non ascoltare
una parola di quello che sta per dire tuo fratello!” Ma
già i
ragazzi sparivano su per le scale
“ M-mi
dispiace, U, ma m-m....mmh...” E Sakura ridacchiò
ancora, chinando
il capo.
“ Piantala
di ridere com'è un'oca. Mi hai reso ridicolo con i
bambini!”
soffiò lui, indignato.
“ Ma
hai fatto tutto tu!” protestò lei senza riuscire a
rimanere seria.
Vedendo la sua espressione non solo arrabbiata, ma decisamente
ferita, si rese però conto che Sasuke non poteva che
prendere
malissimo una cosa del genere, senza i dovuti sottotitoli.
Tirò
un paio di profondi respiri per calmarsi, sotto il suo sguardo sempre
altrettanto glaciale ed offeso.
“ Mi
dispiace, ma Itachi me l'ha chiesto, e sembrava tenerci così
tanto... Guarda, aveva anche preso degli appunti per ricostruire la
storia,” aggiunse, indicando il blocchetto del figlio con un
ultimo
risolino incontrollato.
“ Non
è una buona ragione per farmi fare la figura
dell'idiota,” osservò
lui, freddo, senza tuttavia impedirsi di gettare una scorsa ai fogli.
“ Ma
Sas'ke, è così che è andata... Ti sei
comportato come un...o scemo
davanti a tutta l'assemblea, ed è stato esilarante. Cosa
dovevo
fare? Mentirgli?”
Sasuke
la fissò astioso, senza smettere la sua espressione
oltraggiata.
“ Potevi
optare per un dignitoso silenzio,” osservò
asciutto.
“ No!”
ribatté lei decisa. “Itachi lo voleva sapere,
perché ci vuole
bene e siamo i suoi genitori. Sas'ke...” E
aggrottò la fronte,
grave. “Tuo figlio ha conservato intatta la stima di te dopo
essere
venuto a sapere cose ben peggiori sul tuo passato. Non credo che
questo cambierà le cose.”
Sasuke
rimase in silenzio, cupo e rigido.
Sapeva
che sua moglie su quel punto aveva ragione, e che se Itachi aveva
saputo passare sopra a tutta la verità sulla morte del suo
zio
omonimo, sul tradimento di Konoha, su Orochimaru, Akatsuki e tutti
quegli orrori, probabilmente non c'era niente che potesse strappargli
la sua fiducia, e lui sarebbe invecchiato serenamente con un figlio
che era un capolavoro e una figlia così bella che facevano
male gli
occhi a guardarla, ed era molto meglio di quanto avrebbe mai potuto
sperare.
Ma
riteneva ugualmente oltremodo offensivo il modo in cui lei aveva
spiattellato la vicenda ad Itachi alle sue spalle. E ora quel testina
se la stava ridendo alla faccia sua, come se non fosse stato lui il
genitore e quell'altro il figlio.
In
quella, un nuovo scoppio di risa corale risuonò al piano di
sopra.
Itachi
doveva aver riassunto alla sorella la storia narrata dalla madre, e
li si sentiva sganasciarsi incontrollatamente da lì in
cucina.
Sasuke lanciò alla moglie uno sguardo glaciale ma nemmeno
Sakura
riuscì a rimanere del tutto seria, ci provava davvero ma non
riusciva, allora si coprì la bocca con la mano e
cercò di fare in
modo che non le tremassero le spalle.
“ Sarai
contenta, ades...” iniziò lui, sdegnato.
Ma
Sakura gli sorrise, non con scherno ma in quell'altro modo che era
solo per lui.
“ Sentili,”
sussurrò amorevole. “Sentili, perché
sei tu che li fai divertire
così tanto, e questa risata non è su di te, ma per
te. Li volevi felici, sentili.”
Sasuke
deglutì qualcosa che attutì la vergogna e
risvegliò qualcos'altro
di più morbido e più struggente. Proprio allora
la porta, di sopra,
si aprì e le risate dei bambini suonarono più
nitide e scroscianti,
spumeggiavano come cascate e si accavallavano rumorose, riempivano
tutta la casa tanto da impregnarne i muri, quella casa dieci volte
morta e poi resuscitata, ridevano persino
le finestre perché gli acuti di Chiyo facevano tremare i
vetri. Li
sentì continuare a biascicare e sghignazzare come pazzi, e
dei,
Itachi quanto rideva, sembrava sul punto di soffocarsi. Anche Sasuke,
ora anche lui non respirava più, e giù Chiyo a
ululare dal ridere,
con quella sua vocetta acuta e tintinnante.
Apparvero
così, senza fiato, congestionati, Itachi con la bocca
spalancata,
paonazzo, che si reggeva la pancia con una mano e con l'altra si
asciugava via le lacrime dagli occhi e non ce la faceva a smettere,
partiva un altro scroscio, gli suonava fin nel cervello, e ridi
così
tutta la vita, figlio mio, ogni giorno. Chiyo che
barcollava
contro la parete e per poco non cadeva per terra perché non
si
reggeva in piedi da quanto si scompisciava, bellissima, e tutt'e due
a contorcersi esilarati.
E
allora gli si sciolse via l'imbarazzo, che tanto con quei due non
serviva, e pensò che se quello era l'effetto, in
realtà l'avrebbe
raccontata lui stesso altre dieci volte, quella storia, dipingendosi
ancor più ridicolo di quanto fosse stato perché
in effetti cosa
importava, di sembrare un cretino, se Itachi si spanciava in quel
modo, e Chiyo dietro?
Si
girò cercando di dire qualcosa a sua moglie e la
guardò in
silenzio, anche lei piegata sul tavolo a ridere a crepapelle
picchiando debolmente la mano sul legno, sussultando tanto da far
tremare le gambe del mobile. Non disse niente e la guardò
soltanto,
lui che mai avrebbe potuto immaginare che sarebbe andata
così, che
aveva pensato a lungo che non ci fosse nessun futuro possibile e se
mai l'aveva immaginato era stato con orrore. E invece quella donna
lì, straordinaria, l'aveva preso e gli aveva spaccato via
tutti i
catenacci e grattato la ruggine, ed era stata capace, da sola, di
trasformare una casa che grondava sangue in una in cui ridevano
tutti. Persino le finestre.
Si
coprì la bocca con una mano, e non sapeva bene come ma stava
ridendo
anche lui, adesso.
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