Un colpo, un'opportunità di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Biglietto per un angelo ***
Capitolo 2: *** la svolta ***
Capitolo 3: *** Biglietto per una pazza stramba ***
Capitolo 4: *** come neve al sole ***
Capitolo 1 *** Biglietto per un angelo ***
AUTRICE: Akane
TITOLO: Un colpo,
un’opportunità
SERIE: original
TIPO: etero
GENERE: sentimentale,
comico
RATING: verde
PARTI: 4
DISCLAMAIRS: i
personaggi sono miei anche se in realtà Marco è di sé stesso poiché ho
preso spunto da una persona che esiste realmente
NOTE: questa storia è
tratta come sempre dalla mia realtà, è una situazione in cui mi sono
trovata e siccome la trovo originale e molto divertente, ho
sviluppato con l’immaginazione una storia vera e propria. Preparatevi
perché questa sono veramente io (come sempre, lo so…) e questo ragazzo
è un mito che riesce a non scappare dalle mie figuracce! Secondo me
saremmo stati una bella coppia io e lui, solo che questo lui non l'ha
mai capito! Purtroppo le cose non si sviluppato come ho fatto io...
Questa è una versione un pochino rivisitata rispetto all'originale di
anni fa, anche se forse andrebbe rivisitata anche questa versione!
Preparatevi a ridere… e
sappiate che a parte il finale, il resto è tutto successo!
Buona lettura. Baci
Akane
DEDICA: la dedico
ovviamente a Marco! Ma anche alla mia geme Saya che quella sera è morta
dal ridere, fra facce da pesce, ipotesi e prese in giro innocenti verso
i camerieri! Stupenda serata!
UN COLPO,
UN’OPPORTUNITA’
PARTE PRIMA:
BIGLIETTO PER
UN ANGELO
“Per
il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda,
se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre
voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…
io vorrei catturare te…
Ciao
Sherikel”
Se lo racconto
non mi credono, quel che mi è capitato è a dir poco assurdo e folle,
qualcosa da film o da manga… certo non da vita reale. Il fatto poi che
la fine sia un incognita anche per me, non so se gioca a favore o no.
Tuttavia
“parlerò” perché merita di essere raccontato.
Tutto iniziò
circa un anno fa, quando io e mia sorella Irene andammo in un pub di
non nostra usanza, dovevamo andare al cinema ed avevamo deciso di
mangiare qualcosa in quel locale vicino.
Non conoscendo
nessuno ci piazzammo in un angolo dove potevamo vedere tutto e tutti,
io ho sempre avuto la mania di arrivare trapelata ovunque e stare anni
a sistemarmi e capire in che punto del mondo sono, così anche in
quell’occasione non ebbi tempo di guardarmi attorno e fare il solito
doveroso punto della situazione.
Ero piuttosto
distratta dal pensiero fisso di cosa chiedere e appena vidi con la coda
dell’occhio il cameriere avvicinarsi, con ancora la giacca addosso mi
immersi nel menù e ordinai qualcosa da mangiare e da bere senza far
veramente caso a quel che leggevo. Alzai i miei occhi verdi solo per un
momento e fu lì che rimasi come bloccata in un ferma immagine e
folgorata mi dimenticai di continuare quel che stavo facendo.
Lo vidi… era il
ragazzo più bello che avessi mai visto fino a quel momento… o quasi.
Cominciai un
analisi veloce.
Biondo, io
avevo un debole per i biondi, poi con quel taglio semplice e
spettinato, non rasati ma nemmeno troppo lunghi, era perfetto. Occhi…
beh, gli occhi non riuscii a vederli bene, col senno di poi posso dire
che sono di un incredibile color dorato. I lineamenti erano semplici, a
dire il vero, carino, certo, ma non bellissimo; era lui che aveva
qualcosa di diverso, che si notava. Un fascino non proprio d’angelo,
più da faccia da schiaffi. Qualcosa mi catturò di quel ragazzo, era
strano perché poi quando lo feci vedere anche agli altri, piacque
perfino a chi normalmente i biondi non piacciono. Attirava.
Quando se ne
andò tornai a calare lo sguardo nel menù per vedere cosa avevo preso
(avevo indicato dei nomi di cibo caso) e senza preoccuparmi
molto dell’angelo appena visto, riferendomi a lui dissi schietta:
- Però, che
figo il cam… -
Mentre rivelavo
che il cameriere mi piaceva tornai a guardare dinanzi a me per trovare
la sua faccia davanti alla mia proprio sulla parola ‘cameriere’.
Inutile elencare i colori che assunsi, mi fermai in tempo non dicendo
tutto però il dubbio che lui avesse capito cosa stavo per dire, mi è
rimasto tutt’ora.
Era tornato per
portare le posate e la tovaglietta, quando se ne andò facendo finta di
nulla io mi sbloccai e aggredii Irene che aveva preso a ridere
divertita per la mezza figuraccia che avevo fatto: proprio un bel modo
di iniziare la serata in un nuovo locale!
Quella sera mi
limitai solo ad osservarlo attentamente nei minimi particolari, come
camminava veloce e deciso, come era allegro e socievole coi clienti,
come il suo sorriso fosse contagioso e disarmante, come lui fosse
effettivamente ed indubbiamente bello, non di una bellezza
convenzionale ma semplicemente da fissare dall’inizio alla fine…
Ero così
sfacciata nel mio osservarlo che non staccavo mai gli occhi dalla sua
persona, persa nel mio mondo fatto di cuoricini e rose tutte per lui,
come se il resto circostante sparisse e vi fosse solo lui.
Ero così, mi
perdevo nelle cose che mi piacevano e non mi rendevo conto di quello
che il mio corpo faceva, in quel caso i miei occhi. Senza staccarmi da
lui che lavorava andando su e giù per il locale, mi trovai distratta e
sognante a rispondere:
- No, nulla… -
Alla sua ovvia
domanda che arrivava durante i miei viaggi sfacciati sul suo bellissimo
corpo:
- Desideri
qualcosa? – Domanda che mi poneva spesso passando dal mio tavolo.
Nemmeno
arrossivo, ero completamente andata.
Fortunatamente
venne per noi il momento di andarcene, poiché se rimanevo lì avrei
combinato qualcos’altro.
Anche se ad
essere sinceri non è servito poi granché, visto quello che ho combinato
la volta successiva che sono tornata al locale.
La settimana
che passai la percorsi tutta ad elencare le doti fisiche di
quell’angelo fantastico che avevo incontrato, me lo sognavo e risognavo
immaginando come potesse chiamarsi, che tipo fosse, quale vita
conducesse e soprattutto se avesse la ragazza.
Ero
straconvinta di non dovermelo lasciar sfuggire, uno come lui quando
ricapitava sul mio cammino?
L’incognita sul
suo carattere però rimaneva, magari in realtà era un grande antipatico…
eppure da come si relazionava con gli altri non poteva che essere un
Dio sceso in terra!
Arrivai al
punto di idolatrarlo creandomi una sua immagine perfetta e alla fine
con mia enorme testardaggine presi la mia decisione: dovevo fare
qualcosa per catturare la sua attenzione.
Oltre a tutto
il resto io come persona sono piuttosto impacciata coi ragazzi, per cui
ogni volta che mi trovavo davanti una persona che mi piaceva molto
tendevo (anche tutt’or) a fare la mossa sbagliata.
In sostanza non
so quanto buono o cattivo fu quello che feci, però sicuramente mi mise
in una luce di folle scatenata e magari anche maniaca!
Ero in macchina
con Irene, ci stavamo dirigendo con mia somma gioia proprio a quel
locale e guarda caso in macchina c’era proprio ma proprio quella
canzone che mi faceva impazzire caricandomi alla grande, quella di
Eminem, Lose Yourself, che dice di non lasciar scivolare via
l’opportunità che ti si presenta per catturare quel che desideri.
Come
un’evocazione dall’alto, un chiaro segno del destino.
Gridai eccitata
al massimo:
- ECCO COSA
DEVO FARE! -
Irene per poco
non mollò una frenata nell’asfalto, le prese un colpo e mi fissò come
se fossi un extraterrstre.
- Mi rendi
partecipe dei tuoi strani e contorti pensieri? -
Mi chiese
ironica. Io non stavo parlando ad alta voce prima di esclamare quella
frase, stavo solo pensando e ripensando a lui. Banale, no?
Eppure era
diventata la mia attività migliore.
Puntai il dito
contro mia sorella e saltellando sul sedile anteriore cominciai
infervorata e felicissima a snocciolare mille parole al secondo:
- SI SI SI!
DAI, E’ FATTA! UN BIGLIETTO! UN SEMPLICE ED INNOCENTE BIGLIETTO PER
LUI! SCOPRO COME SI CHIAMA, POI A FINE SERATA PRIMA DI ANDARMENE GLI
LASCIO IL BIGLIETTO CON UNA FRASE! -
Lei alzò un
sopracciglio e dopo un attimo di silenzio in cui cercò di tradurre le
mie frasi sconnesse con una di senso compiuto, affermò logicamente:
- E cosa ci
scrivi? -
Io aprii subito
la bocca rispondendo ovvia e sicura di me e come la aprii la bloccai in
quella posizione, senza avere, in realtà, la più pallida idea di cosa
dire.
La richiusi
subito, poi mi massaggiai il mento, mi grattai il capo e il panico si
impossessò di me; la mente si mostrava a me in una lavagna nera e
vuota, nemmeno fossi in un interrogazione di inglese!
Ci impiegammo
un po’ a fare qualche proposta, lei molto abilmente, ormai mi conosceva
bene, tirò fuori dal caos della mia testa quel che volevo ottenere con
quel biglietto, il senso di scriverglielo, il significato
dell’ipotetica frase.
Concludemmo,
poi, che il modo migliore per dirgli quel che desideravo, era
attraverso la frase di una canzone.
Ovviamente la
scelta della canzone fu un lampo.
- LOSE
YOURSELF! LOOK, IF YOU HAD ONE SHOT, ONE OPPORTUNITY, TO SEIZE
EVERYTHING YOU EVER WANTED, ONE MOMENT, WOULD YOU CAPTURE IT OR JUST
LET IT SLIP? -
Concludendo con
un:
- YATTA!
GRANDE! -
Entusiasta!
Ricordando ora
quel glorioso momento in cui mi sentivo al settimo cielo, estremamente
orgogliosa di aver trovato la frase adatta, torno in quell’euforico
stato d’animo.
Tormentai mia
sorella per la geniale trovata tutto il tempo e da brava incosciente
quale ero, facevo a dir poco i salti di gioia.
Scoprii
facilmente il suo nome facendo attenzione ai suoi colleghi e a come lo
chiamavano.
Marco era il
suo soave nome.
Non riuscivo a
staccargli gli occhi di dosso e come una calamita, attirò anche quella
sera la mia completa e totale attenzione.
Irene non era
affatto convinta, ma io si.
Sentivo che
dovevo fare qualcosa e con la trovata del biglietto e la frase
illuminante di Eminem, l’idolo della mia vita, mi sentivo sicura e
tranquilla, felice senza spiegarmene il motivo. In fondo non c’era la
sicurezza che l’avrebbe letto solo lui, che soprattutto l’avrebbe
letto, che Marco fosse un tipo dal senso dell’umorismo, che
conosceva la canzone, che, che, che… ma il mio istinto mi diceva di
farlo e mi buttai.
La mia
incoscienza raggiunse picchi altissimi quella sera.
Nel foglio
avevo scritto:
“Per
il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda,
se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre
voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…io
vorrei catturare te…
Ciao
Sherikel”
Lo lasciai nel
tavolino per poi fuggire via trascinando la mia amata compagna di
follie.
Quella stessa
sera avevo la sana intenzione di tornare almeno una settimana più tardi
per vedere la reazione, invece, alla fine, tornai al locale ‘appena’ il
giorno dopo!
Ad
accompagnarmi, però, non era solo la solita Irene… bensì anche tutto il
mio gruppo al completo più una mia cara amica, la mia gemella virtuale,
Saya. Io e lei andiamo molto d’accordo, siamo pressoché identiche per
cui gemelle e poi siamo entrambe figlie di Kyo Soma (da Furuba), in
sostanza siamo due gatte terribili!
Lei non abitava
vicino a noi, per cui era venuta per stare una giornata insieme… e che
giornata!
La serata si
concluse degnamente… degnamente è una parola grossa, diciamo che si
concluse in maniera incisiva che tutti ricorderanno ora e sempre, nei
secoli dei secoli.
Feci per prima
la mia entrata trionfale nel pub ormai famoso, impettita e sicurissima
di me per poi inciampare e quasi cadere appena lui, Marco, mi passò
davanti salutandomi come nulla fosse.
Salutandomi.
Ed io poteri
morire se non lo salutai a mia volta… infatti quello che scrive ora è
il mio spirito dal momento che non ho ricambiato il saluto, imbambolata
com’ero a guardarlo e a non cadere del tutto.
Divenni di
molti colori in volto ma mi trattenei e andai dritta al tavolo, sempre
quello in fondo dove potevo avere la completa visuale della sala.
Notando la mia
espressione iniziale mi chiesero cosa mi fosse preso così spiegai
l’accaduto e il commento di Stefania fu:
- Spero che tu
non gli abbia scritto una frase con tremila parolacce, essendo una
frase di Eminem non mi convince! -
Rimasi male
della poca fiducia ma ovviamente fu tutto un continuo scherzo nei miei
confronti.
Le avevo tutte
dalla mia parte ma il problema principale fu: quale sarebbe stata la
mossa successiva?
Ma soprattutto:
avrà letto il messaggio?
Come sapere
quelle cose?
Ci guardammo
incuriositi e quando ancora riflettevamo sul da farsi arrivò proprio
Marco, il mio dolce angelo biondo, per prendere le ordinazioni ed io in
un secondo ferma immagine pietrificai il mio volto dall’espressione
stralunata, non ero preparata!
Con
un’attenzione maniacale mi ripresi solo per osservare ogni minimo
dettaglio del suo volto.
Nessuno sapeva
ancora chi era il misterioso mito fantastico, per cui non fecero
espressioni strane.
Ordinarono
mentre sia io che Irene lo fissavamo sfacciate per capire qualcosa, il
suo volto assumeva arie semplici e simpatiche, sorridente come sempre,
nulla di particolare… eppure giurerei che i suoi occhi dorati
si fossero soffermati maggiormente su di me. Ne ero strasicura. Anche
se effettivamente ‘Sherikel’ poteva essere anche Irene, per quel che
lui ne sapeva e a ripensarci bene, forse, si soffermò di più entrambe.
Io finii così
per chiedere qualcosa a caso, qualcosa, però, della quale non potevo
certo mai fare a meno:
- Una birra! -
Siccome si
tratta di lui, non posso dimenticare nessuna delle parole che lui mi ha
rivolto nel corso di tutta la nostra storia:
- Bionda,
rossa, verde…? -
Io alzai un
sopracciglio… aveva il senso dell’umorismo, un'altra preziosa
informazione: perfetto, esattamente una dote essenziale in un ragazzo.
Se avessi potuto avere i cuoricini al posto degli occhi mi sarebbero
sicuramente apparsi. Mi limitai ad una pronta risposta data senza
riflettere, come mio solito, giusto perché volevo conversare con lui il
più possibile:
- Verde! -
Lui rise
divertito e compiaciuto della risposta, probabilmente anche lui
preferiva chi sapeva stare agli scherzi.
- No, bionda… -
Corressi poi
onde evitare che mi portasse strani intrugli verdastri!
Quando se ne
andò mormorai sotto voce per non farmi sentire:
- Marco è lui… -
Il coretto si
levò dal tavolo urlante:
- DAVVERO? È
LUI? BE’, E’ MOLTO CARINO, HAI RAGIONE! -
Io nascosi la
testa fra le braccia sperando che non avesse sentito, poi alzai le
spalle e sentii i loro pareri.
- Secondo me si
è soffermato di più a guardare sia Irene che te… ma questo perché non
sa che Sherikel sei tu! -
Disse
tecnicamente Giulia, una ragazza dallo stile dark e la forte
personalità.
Questo mi
rincuorò, poteva significare che aveva letto il biglietto.
- Si, ma questo
non assicura che abbia letto il biglietto, può anche essere che un suo
collega l’abbia buttato credendolo uno scherzo e non glielo abbia fatto
leggere… -
Sentenziò
razionale e calma Irene, io le lanciai un’occhiataccia!
- No! Sento che
l’ha letto! -
Borbottai
brusca.
- Si, però
anche se l’ha letto non sa chi delle due è Sherikel e magari non si
pronuncia perché vuole saperlo. -
Concordò Saya,
lei era la mia gemella e quindi era ovvio che mi capisse meglio degli
altri.
- Allora dovete
chiamarmi ad alta voce per nome quando lui è nelle vicinanze! -
Sentenziai io
convinta e subito fui accontentata, Marco non era molto lontano e il
nostro amico impulsivo Cristian gridò a squarciagola:
- Sherikel!
Cosa hai fatto! -
Io lo guardai
come fosse un alieno da ammazzare. Maledetto, mi imbarazzò all’idea che
effettivamente potesse funzionare, in forte contrasto con me stessa gli
diedi un calcione ma poi alzai lo sguardo speranzosa verso Marco per
vedere che reazione aveva avuto. All’apparenza nulla… oddio, il dubbio
mi uccideva e lo espressi subito:
- Ci vuole
qualcuno che glielo chieda, che abbia la faccia tosta di andare là da
lui e dirgli: ‘hai ricevuto un certo biglietto da una certa pazza?’ -
Mi autodefinii
tale da sola; tutti asserirono, effettivamente era la cosa più sensata
da fare, così poi avremmo potuto fare il passo successivo.
Ci guardammo
fra noi chiedendoci chi potesse fare una cosa del genere, normalmente
ero io quella dalla faccia tosta, ma io ero eliminata dal gioco per cui
l’attenzione di ognuno si spostò sulla mia gemella virtuale: Saya!
Lei era
perfetta, il classico tipo da fare queste cose, senza nessun problema.
Nuovamente,
però, il contrasto in me si fece avanti, ero felice di poter venire
finalmente a sapere se aveva o no letto il biglietto, ma al contempo mi
imbarazzava l’idea e mi mandava in tilt.
Saya stava per
alzarsi ma io la fermai al volo, non potevo assolutamente permetterlo,
non ancora:
- No, non sono
pronta psicologicamente! -
Così non andò,
rimanemmo nel buio della nostra ignoranza a crogiolarci sul: lo saprà o
no? L’avrà letto o no?
Mi consolò il
fatto che perfino a Stefania, che non le piacevano mai i biondi,
l’apprezzasse fisicamente.
Marco passava
di lì spesso ed ogni volta lanciava lo sguardo furtivo che io pronta
captavo… peccato che non fossero gli unici sguardi ad essere lanciati!
Dico ‘peccato’
perché questi a cui mi riferisco non erano discreti, anzi: spudorati e
sfacciati. Da farmi vergognare.
Tutti i membri
del mio gruppo, quella sera eravamo in sei me esclusa ovviamente, ogni
volta che lui passava si fermavano di botto dal parlare animatamente,
lo fissavano con facce da pasce lesso puntando quei loro occhi sgranati
e curiosi sul povero ragazzo, infine tornavano a parlare animati come
se nulla fosse… non dopo, però, essere stati sgridati da me. Gli
ordinavo sempre di non fissarlo in quel modo, di essere disinvolti o
per lo meno di non fare espressioni particolari… invece loro
puntualmente ogni santa volta si fermavano e gli regalavano le loro
fisionomie da pesce!
Imbarazzanti.
E imbarazzante
lo era anche il fatto che dopo il suo passaggio, il mio bell’uomo,
svoltato l’angolo, lo si vedeva ridacchiare divertito!
Che momenti
terribili… e l’ilarità era sempre maggiore!
Finché al
nostro tavolo non arrivò un altro cameriere, tale Daniele, conoscente
di Stefania, costui era un amico di suo fratello.
Daniele aveva
riconosciuto la nostra amica ed era venuto a salutarla, parlarono un
po’ del più e del meno poi lui guardò il tavolo e mettendolo a posto
disse di punto in bianco:
- Chi di voi è
Sherikel? -
Tutti zitti, il
gelo calò mentre i miei amici mi fissarono alla velocità della luce
costringendomi a rispondere. Con maestria feci la parte dell’attrice
consumata, una tipa tutta d’un pezzo con nessun problema al mondo, a
parte l’apocalisse che mi si agitava dentro.
Risposi fiera,
come nulla fosse:
- Io! -
Lui fece uno
strano sorrisino che non mi convinse, poi continuò:
- Hai scritto
tu, ieri, un biglietto a Marco? -
Tutti tornarono
a guardarmi con facce comicamente tese, sembrava che assistessero ad un
film di alta suspense, erano molto buffi ma non avevo il tempo di
notarlo allora!
Così con la mia
faccia tostissima asserii:
- Si! -
Nel frattempo
la mia aritmia andò a mille, il cuore mi sembrava dovesse uscire da un
momento all’altro dalla gola, dentro di me ero proprio in crisi, non
sapevo assolutamente cosa fare e il sudore mi colava lungo le guance,
sudore freddo. Penso che se mi avessero solo sfiorata sarei saltata
fino al soffitto.
Ebbene mentre
io immaginavo la morte, lui se ne andò via tranquillo lasciandoci(mi)
in quel modo pietoso!
A quel punto
tutti rimasero in silenzio guardando me e lui che si allontanava,
cercando di capire cosa ciò significasse. Fu Stefania ragionevolmente
arrabbiata a richiamarlo:
- Ma scusa,
cosa ha detto lui? Cosa ne pensa? -
Lui rispose:
- E che ne so?
Mica me l’ha detto! -
Calò di
parecchi punti sulla mia lista di gradimento, nonostante avesse un bel
fondoschiena sembrava un cafone schizzato.
- Vai a
chiederglielo poi diccelo, no? -
Gli ordinò
quindi lei, l’avrei baciata per questo!
Io onestamente
ero sull’orlo del crollo, fra la tensione di tutta la serata,
giustificata, i sorrisini e gli sguardi di Marco… lui stesso che non mi
lasciava pace con la sua bellezza… come potevo rimanere integra?
Daniele così
sparì mollandoci in quello stato per tutto il resto della serata; nel
frattempo feci a pezzi tutti i tovaglioli.
Tornò dopo
molta attesa, io non ce la facevo più anche se facevo impulsivamente le
cose più assurde ma poi la tortura terminò e Daniele mi si avvicinò e
mi disse discreto e fintamente dispiaciuto:
- Ha detto che
ha la ragazza e che non è interessato, mi spiace. -
Non ci fu tempo
di realizzare risposte decenti, tanto meno di elaborare pensieri
coerenti sul fatto di credergli o meno, poteva sempre aver fatto finta.
Dissi solo
tranquilla mantenendo un sangue freddo che in realtà non avevo,
ammirata da tutti per questo:
- Pazienza! -
Come se
all’apparenza me ne importasse poco. Bugiarda: ero definitivamente
venuta a mancare, dentro di me!
Lanciai un
urlo, quando lui si allontanò.
La domanda sul
cosa fare ora mi arrivò mentre volevo piangere e strapparmi i capelli
per le pessime figure fatte per nulla, ma quando Marco passò dal tavolo
e mi guardò a lungo, ora sapeva chi era Sherikel, non ebbi più dubbi.
Sarei tornata e
ritornata mille e mille volte senza mai perdermi d’animo!
Chi ci credeva
alla scusa della fidanzata? Era la classica che si tirava quando non ci
si voleva esporre o mettere in mezzo a cose strane ed impreviste.
Ne ero sicura e
lo fui per sempre!
La serata finì
fra mille risa e battute che non si sprecarono.
Tanto lo
sapevo, la mia sfortuna in campo amoroso mi perseguitava come una mosca
con la cacca!
Tornammo
ovviamente tantissime volte in quel pub ignorando le figuracce che
facevo in continuazione, quella più grande che avevo fatto ed ogni
altro divieto morale che la mia coscienza (ne avevo una anni fa) mi
imponeva.
Una sera Marco
non c’era ed io disperata ero molto depressa e di pessimo umore.
Quella volta
eravamo io, Stefania, Cristian ed Irene.
Quei dannati
antipatici presero a cantare per prendermi in giro la canzone di Laura
Pausini, La Solitudine.
Con quel loro
urlato e stonato:
- MAAARCO SE NE
è ANDATO E NON RITORNA Piùùùùùùùù!!!! E IL TREEEEENO DELLE SEETTE E
TRENTA SENZA LUUUUIIII….-
E via dicendo.
Medesimo
imbarazzo, medesima figura di merda che non fu l’ultima e nemmeno la
migliore; arrabbiata nera per l’assenza del mio cuccioletto e per il
loro canto irrispettoso, mi alzai dal tavolo e mi sedetti in quello
dietro infuriata, girai le spalle al mio posto libero e cacciai il
broncio come una bambina.
Fu lì che
arrivò Daniele per parlare con Stefania e salutarla, si intrufolò
proprio al mio posto dando a me le spalle e il suo bel sedere. Così per
vendicarmi mi sporsi dal suo lato e senza farmi vedere da lui ma solo
dai miei amici, cominciai a fare le boccacce in loro direzione come una
bambina piccola. Loro cercarono di trattenersi ma ad un certo punto si
misero a ridere sganasciati, il povero ragazzo pensando che ridessero
di lui si voltò e mi vide in piena smorfia di scherno… io mi fermai
impreparata in quella posa e Daniele probabilmente pensò che fosse
diretta a lui e che stessimo tutti prendendolo in giro, così prese e se
ne andò seccato.
Ci rimasi male
anche io, un po’, ma non più di tanto, l’importante era che Marco non
mi avesse visto in quello stato!
Fu divertente,
ridemmo a spese di qualcun altro, però ci tenevamo la pancia dal ridere!
Memorabile,
quella volta!
Come anche
memorabile fu un'altra nella quale con noi, sempre e solo noi (c’era
anche Giulia), venne un amico di Stefania conosciuto da poco, lei non
sapeva com’era ed effettivamente fu una sorpresa per tutti constatare
che era brutto, noioso e anonimo.
Ci pentimmo a
lungo di averlo fatto venire… fino ad un certo punto in cui al nostro
tavolo venne il famoso ed amato mio Marco, sorridente e radioso più che
mai salutò da amicone quel tipo. Sembravano conoscersi da molto, come
fossero amici d’infanzia. Parlarono a lungo mentre noi tutti lo
guardavamo scandalizzati: e lui e Marco e Marco e lui… volevo mangiarmi
il mio comportamento ostile nei confronti del poveretto, avrei voluto
essergli folle amica così da poter conoscere anche Marco… ma come
immobilizzata, muta, colpita da un fulmine, rimasi secca a guardare i
due che parlavano in confidenza.
Volevo uccidere
un paio di persone, giusto per sfogare quanto mi tenevo ancora dentro.
Quando il
biondo se ne andò noi assalimmo il ragazzo, lui spaventato ci guardò e
ci spiegò che si conoscevano solo di vista, erano alla stessa scuola
superiore, in classi differenti e anni differenti. Marco era un tipo
famoso a scuola, irrequieto, finiva spesso dal preside e quando si
arrabbiava con un calcio buttava giù una porta. Era un tipo allegro e
simpatico ma veniva bocciato e così l’aveva perso di vista.
In realtà si
erano parlati si e no una o due volte e di sfuggita.
Io ero a dir
poco scandalizzata, mi guardai con gli altri amici e mi ripetevo le
parole appena sentite analizzandole e rielaborandole, poi guardai Irene
e chiesi spiegazioni maggiori, così lei esauriente disse:
- Che senso
aveva che venisse a fare la parte dell’amicone con lui che nemmeno lo
conosceva quasi? -
Qualcuno disse:
- Secondo me
l’ha fatto apposta, quando ha visto che lui era a questo tavolo ne ha
approfittato! -
- Si,
probabilmente voleva godere nel vedere la tua faccia, Sherikel, sei
stata degna da film comico! -
Io fra tutti i
discorsi e le ipotesi compresi che in qualche modo c’ero di mezzo io!
Mai persona fu
più felice di me in quell’istante.
Gioia e gaudio!
Lentamente
stavo scoprendo molte cose interessanti su di lui: era una persona
socievole, allegra e di spirito, stava agli scherzi, aveva il senso
dell’umorismo e sempre la battuta pronta, un sorriso da infarto, un
aspetto meraviglioso, un fascino incredibile ed un temperamento
assolutamente non da principe angelico, tutt’altro; era forte e sicuro,
sapeva combinare i suoi guai ed era meglio non farlo arrabbiare, celava
dietro quella facciata una personalità irrequieta, non si faceva
mettere i piedi in testa da nessuno. Chissà quante altre cose potevo
scoprire!
Ero molto
contenta per la piega che aveva preso la serata e quella notte
rielaborai tutte le informazioni e le teorie fatte insieme.
La storia aveva
preso una piega interessante!
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Capitolo 2 *** la svolta ***
PARTE
SECONDA:
LA SVOLTA
" A lungo
andare
logora, questo comportamento… bisogna solo considerare di più gli
altri, non concentrarci su noi stessi ma metterci nei panni degli
altri. Tutti hanno problemi, hai ragione… per non scoppiare e soffrire
serve una valvola di sfogo che non faccia male a chi ci sta intorno,
altrimenti ci si auto compatisce e non va bene così… "
Nella mia storia platonica con Marco ero arrivata tutto sommato ad un
buon punto, ormai ci conoscevamo, lui mi salutava sempre ed io
ovviamente ricambiavo, veniva a servirci per primo, sempre lui, senza
mai farci aspettare e quando lui non c’era al contrario dovevamo
attendere secoli e secoli. Ben presto fu considerato il mio cameriere
personale, tuttavia continuavo sempre a fare le mie figuracce mega:
come ad esempio una volta che per fermarlo e chiedergli ancora qualcosa
oltre alla prima rata di birra, allungai un braccio sbarrandogli la
strada e schioccando istintivamente le dita… fu imbarazzante!
Lui si fermò e
mi guardò ridendo di gusto rifacendo il gesto poi mi disse che era un
modo originale di chiamarlo al che io divenni rossa, era uno dei pochi
in grado di farmi andare in caos… ora sono così sfacciata che non
succede più nemmeno quello!
Un’altra in cui
mi feci notare fu quando chiesi alle 22.00 di sera un cappuccino: fu
traumatico per me sapere da lui che in un pub a quell’ora non si
facevano cappuccini, ma solo caffé macchiati o lisci!
Insistetti,
anzi fu divertente perché quando mi spiegò che non ne facevano ma che
se volevo mi portava uno macchiato, lo guardai allibita, poi shockata,
infine insistente. Dissi così delusa e capricciosa:
- Ma io voglio
il cappuccino! -
Lui mi guardò
ridendo così realizzai un volta di più quanto fosse affascinante e
quanto io riuscissi a farlo divertire!
Un’altra volta
ancora mi capitò, scendendo dalle scale mobili dello spiazzo davanti al
locale, di alzare lo sguardo e vedere proprio il mio angelo affacciato
che guardava giù. Quando mi vide mi salutò sorridente ed io invece di
ricambiarlo radiosa e fare bella figura, inciampai sugli scalini, quasi
caddi e al posto del: ‘ciao’ , dissi:
- Merda! -
Ormai ero un
caso disperato, entrambi sapevamo che almeno una volta a serata dovevo
fare qualcosa di strano e imprevedibile, anche se a dire il vero la
fama che mi ero fatta mi stava bene.
La pausa estiva
mi lasciò traumatizzata, in crisi d’astinenza!
Si trattarono
di due settimane nelle quali andai in Sicilia dai miei parenti; non
vedendolo per tutto quel tempo infinito e non facendocela più, volevo
assolutamente tornare da lui il prima possibile.
Sfiga volle,
però, che proprio l’ultimo giorno di vacanza io mi storsi la caviglia
sopra una vecchia storta.
Avevo il piede
fasciato e la stampella per evitare di sforzarlo (il viaggio di ritorno
in treno fu un trauma immenso, ma non paragonabile a quello della
lontananza da Marco!); ebbene una volta tornata a casa riuscii ad
andare da lui e quando finalmente fui nel suo locale venne subito al
nostro tavolo.
Io ero lì che
già mi beavo della sua bellezza, aveva i capelli un pochino più lunghi,
mossi e sistemati con una leggera spruzzata di gel per domarli sulla
fronte. Salutò allegro, non ho mai capito come faceva ad essere sempre
così allegro, e ci chiese dove eravamo finiti poiché eravamo stati via
a lungo:
- In vacanza,
in Sicilia… ma come vedi siamo tornati! -
Come per dire:
‘non ti libererai mai di noi!’
Dopo di ché
notò la mia stampella e mi chiese mostrando della preoccupazione o
forse semplice interesse:
- Cosa è
successo? -
Io non credevo
che si stesse rivolgendo veramente e direttamente a me, cioè non al
gruppo in generale ma proprio esclusivamente a me, mi sembrava
impossibile però non mi feci cogliere impreparata e dissi:
- Una caduta in
vacanza… mi sono storta la caviglia, ma ormai ci sono abituata! -
Per me ogni
cosa uscisse dal suo sguardo o dalla sua voce era sinonimo di divino
quindi pendevo dalle sue labbra, mi fece un incoraggiamento e un
augurio di guarigione, poi fece il suo lavoro e abbandonò il tavolo.
Ebbene, solo
per quello rimasi tutta la serata in una nuvoletta, tutta sognante…
figurarsi se quasi non svenni quando, un paio di volte dopo, i miei
amici mi dissero maliziosamente ironici:
- Si ma hai
notato che ogni volta che deve prendere oppure portarci, si infila
sempre nello spazio vicino a te? E se non c’è se lo crea lui! -
Io ovviamente
questo l’avevo notato, ma sentirmelo dire da loro fu molto più
soddisfacente.
Dopo di quello
presi a chiamarlo per nome e lui rispondeva naturale, come fosse
normale, senza seccarsi o quant’altro; ne ero molto felice, ovviamente.
Una sera davo
le spalle alla sala e immersa nei discorsi con gli altri non facevo
attenzione a nessuno, improvvisamente vidi il viso di Marco vicino a me
che spuntava per chiedere cosa volessimo da bere quella sera, io saltai
nella sedia appiattendomi contro il muro dietro di me senza però
staccargli gli occhi di dosso: troppo improvviso, inaspettato… troppo
bello!
Solo brevemente
vidi lo sguardo di Stefania davanti a me che ci guardava attenta, come
se avesse capito qualcosa. Altre volte si piazzava lì facendomi
prendere gli stessi spaventi, al colmo della gioia ma sempre spaventi
erano…
- Ma Stefania,
che c’è che lo guardi così? -
Le chiesi
infine. Lei, molto attenta a questi particolari, m’illuminò d‘immenso:
- Ma non vedi
come siamo messi? Là, all’opposto della tua posizione, c’è un posto
libero dove è più comodo mettersi per i camerieri, infatti gli altri
che ci hanno lasciato da bere andavano da quella parte. Lì vicino a te
non c’è spazio, siete messi stretti… ma lui ogni volta si infila
proprio lì! Non è strano? -
- E’ vero…
molto indicativo… -
Rispose
un’altra mentre io ponderavo su quanto appreso e luccicavo di luce mia:
Era vero, sì!
- Fantastico! -
Conclusi
battendo le mani e sprizzando scintille elettriche da ogni parte di me
stessa.
Le cose in un
certo senso andavano avanti, progredivano bene. Nonostante fosse
iniziata in quel modo deludente aspettando ed avendo pazienza le cose
non erano andate così male.
Il problema si
presentò, però, proprio a quel punto del nostro strano rapporto: come
smuoverlo?
Qual era il
passo decisivo per diventare più di quello che eravamo? Di fatto ancora
nulla… conoscenti, sicuramente non amici; insomma, eravamo ancora un
cameriere e una cliente e la cosa comunque mi intristiva un po’, mi
seccava. Era bello come stava andando, ma sarebbe stato tutto
superficiale.
Mi sembrava
sempre irraggiungibile, di un altro pianeta e a onor del vero in quel
periodo non splendevo molto, cioè c’era qualcosa che non andava.
Un po’ con gli
amici, un po’ i soliti litigi col padre che bene o male tutti hanno, un
po’ con me stessa che sentivo il bisogno di una persona accanto solo
per me, da cui rifugiarmi, sentire e avere.
Accadde proprio
lì.
Quella
settimana avevo avuto una litigata furiosa con mio padre dove mi ero
arrabbiata molto con lui, non è che io abbia mai avuto problemi in
famiglia ma diciamo che mi scontro spesso con lui per i nostri tipi di
caratteri.
Quindi in
quell’occasione in cui avevo bisogno di distrarmi e rilassarmi, finì
con una ciliegina sulla torta: litigai anche con Stefania e Cristian.
Non spiego il
motivo, diciamo che era un periodo nero per tutti e loro non venivano
incontro a qualcuno che poteva star male ugualmente; sarebbe lungo
spiegare e difficile, posso però dire che in seguito facemmo pace
subito.
Tuttavia quella
sera mi bastò abbondantemente per credere che fra noi fosse tutto
finito e per farmi piangere di rabbia come una fontana, contro ogni mia
volontà ed orgoglio… e finire da sola al mio pub preferito, dove stavo
bene e potevo riprendermi!
Non avevo
voglia di tornare a casa, dare spiegazioni, stare con altri che
cercavano di tirarmi su… avevo solo voglia di stare sola per cui me ne
andai al mio rifugio.
Non era giorno
di piena, anche se di gente ce n’era in media quantità.
Avevo gli occhi
rossi gonfi di lacrime che ero riuscita a fermare, un espressione tetra
e dura, incenerivo chiunque mi si avvicinasse.
Mi misi in un
tavolo singolo nell’angolo della solita sala senza guardare in faccia
nessuno, riflettevo ancora sulle parole che ci eravamo detti poco
prima, su cosa avrei dovuto e potuto fare, sulle colpe e sui meriti,
quindi non vidi arrivare Marco.
All’inizio con
la sua aria allegra disse con un fondo di stupore nel vedermi sola:
- Ehilà, come
mai sola, oggi? -
Io alzai di
scatto la testa verso di lui, non mi aspettavo il suo arrivo per cui
non mi preoccupai di mostrare un espressione meno irata, lo vidi
irrigidirsi impercettibilmente. Sicuramente rimase impressionato da me
e dallo stato in cui ero, tanto più che avevo dei semplici pantaloni
sportivi e scoloriti, una felpa nera col cappuccio e i capelli
spettinati: poco presentabile insomma, meno del solito.
- Cosa è
successo? -
Mi chiese
subito con un inclinazione della voce meno allegra, più seria e
gentile; volevo illudermi che fosse veramente interessato, che altri al
posto suo non mi avrebbero chiesto nulla, volevo far finta che almeno
lui, quella sera, fosse dalla mia parte e potesse tirarmi su senza
essere invadente o darmi fastidio.
Mi trovai un
po’ smarrita, non sapevo cosa dire e cosa fare, tirai su col naso come
una bambina e sentii subito, appena provai a parlare, il nodo
riformarsi e le lacrime che premevano di nuovo… dovevo dire che avevo
litigato con la mia migliore amica e che forse era tutto finito, un
amicizia durata anni, dovevo dire anche che non credevo più ai
sentimenti che legano le persone (famiglia esclusa poiché io con la mia
ci stavo bene ad ogni modo).
- Ecco…
momentaccio… -
Riuscii a dire
solo quello mantenendo una voce meno strozzata e inclinata al pianto,
sapevo che riparlarne con qualcuno mi avrebbe provocato di nuovo dolore.
Lui accennò ad
un sorriso che non saprei interpretare, forse di incoraggiamento; penso
che capì che non era il caso di insistere, si vedeva subito che ero
‘nera’, così con più dolcezza mi disse:
- Capita…
forza… -
Provai a fare
quel che si dice un sorriso di ringraziamento, ma mi salì solo una
smorfia malinconica.
Credo che
quella sera mi ‘vide’ per la prima volta.
Nacque un certo
imbarazzo perché nemmeno lui sapeva cosa fare:
- Cosa ti
porto? -
- Una birra…
bionda… -
Sorrise
ricordandosi quella volta in cui io non ero stata precisa e mi aveva
chiesto di che tipo la volessi mettendoci anche un bel ‘verde’ di
mezzo, sapeva che anche io mi riferivo alla stessa cosa e se riuscivo a
fare riferimenti di quel tipo, me lo dissi anche io, non ero poi tanto
male, tuttavia ancora non me la sentivo di sorridere come facevo sempre
per lui.
Non mi tirai su
subito, però ammetto che se ci riuscii fu merito di Marco; riflettei
che per una volta potevo averlo tutto per me e piangermi addosso
sarebbe stato uno spreco, così mi diedi della stupida e trovai in me,
come al solito, la forza di andare avanti, di vivere a modo mio in
maniera stravagante.
Non feci
espressioni gioiose, ma smisi di avere quell’aria da funerale, quando
mi portò la birra gli chiesi dell’acqua così mi bagnai il fazzoletto di
carta mettendomelo sugli occhi, non mi truccavo mai normalmente, quella
sera men che meno!
Mi stavo
ravvivando con calma e si notava… come si notava anche che ogni volta
che lui passava mi guardava ammiccando amichevolmente al mio indirizzo.
Penso di avergli fatto una certa impressione abituato ormai a vedermi
in atteggiamenti buffi e divertenti, poco seri, insomma. Sicuramente
aveva subito una specie di shock, rendendosi conto solo ora che avevo
molto ancora da mostrare e che potevo essere più interessante di quel
che sembrava d’impatto. Per lo meno ragionando su quella sera, immagino
andò così.
Accantonai del
tutto i miei problemi decisa a mandare tutti al diavolo, non li avrei
ascoltati più Cristian e Stefania a meno che non si fossero scusati, ma
anche in quel caso ero intenzionata a lasciar stare.
Di natura sono
forte e nonostante i momenti down che capitano a tutti nella vita mi
riprendo sempre in fretta o da sola o aiutata da qualcuno, detesto
perdere troppo tempo a star male o per altri o per sciocchezze, io non
credo ci siano mai motivi abbastanza grandi per piangere sulla propria
vita, ma solo su quella degli altri quando si vedono bambini per strada
che muoiono di fame o malattia, quando si sente parlare dell’Africa o
dell’India, oppure quando si sente che una nuova guerra è iniziata. Io
credo che vada bene star male per le stupidaggini che ci succedono, ma
non rimanerci lì a lungo altrimenti la sofferenza di chi sta veramente
male viene sprecata e dimenticata.
Con questa
filosofia mi rialzo in fretta e trovo la forza dentro di me, credendo
nella persona che sono senza demoralizzarmi con confronti e cose
simili. Io so quello che sono, non gli altri e fare affidamento su
qualcuno va bene ma fino ad un certo punto, perché devo sapere andare
per la mia strada con la mia mentalità senza farmi influenzare.
Sono consigli
di una persona preziosa che io stessa detti ad essa quando stava male.
Altre volte
Marco mi chiese, passando davanti, se volessi qualcos’altro e quando
finii la birra domandai un Gin Lemon, avevo sete ma non volevo acqua o
succhi.
Mi sentivo
decisamente meglio e quando mi portò da bere si sedette al mio tavolo.
Potrei morire anche ora a ricordarlo, per me fu una sorpresa enorme che
mi fece dimenticare del tutto quello che mi aveva demoralizzato e fatto
arrabbiare quella sera.
Avevo lì
davanti a me Marco che sorseggiava una birra e fumava una sigaretta.
Come inizio
fece quello che sapeva far meglio: sorrise ed io andai sempre più in
confusione!
- Ho un attimo
di pausa, posso stare qui? -
Io trattenei il
respiro quando lui parlò proprio diretto a me, ok, l’aveva già fatto ma
da così vicino, cioè seduto di fronte a me, mai. Desiderai all’istante
che il momento non finisse più.
- Si, prego… -
Arrossii solo
in un primo momento, anche se ero sempre sognante non credevo ancora
che rimanesse lì davanti a me. Non mi spiegai il motivo per cui lo fece
ma ora penso di poterlo giustificare come curiosità nei miei confronti,
prima di allora probabilmente si era limitato a definirmi pazza e
strana, ora c’era qualcosa che l’aveva attirato ed io la definii solo
sana curiosità… anche se non mi sembrava il tipo che gli piaceva farsi
corteggiare o che stuzzicava chi gli moriva chiaramente dietro.
Tirò una
boccata di fumo (eravamo nella sala fumatori ma io non fumavo e non
fumo tutt’ora… ero lì perché ormai quello era il nostro posto) ed io
notai come la sigaretta gli stesse bene fra le dita e poi fra le
labbra. In generale ritengo che ci sono tipi che sono più belli quando
fumano, non lo so, forse a livello di estetica… è una cosa complicata
che non capisco seppure sono io a pensarlo. Io detesto il fumo, non ho
mai tirato nemmeno una volta e avendo problemi respiratori, a volte,
preferisco evitarlo, ma siccome tutti i miei amici fumano alla fine
sono abituata anche a quello e riconosco che in alcune persone la
sigaretta alla mano sta bene.
Marco è fra
questi. Guardavo quindi assorbita la sua mano, le due dita affusolate
che reggevano disinvolte la Camel, aveva delle belle mani e lo notai
solo in quel momento che potevo vederle bene e con calma; a me
piacciono le mani e le guardo sempre nei ragazzi. Ce ne sono di belle,
curate, d’artista, con le unghie sistemate e non mangiate, le dita
sottili ma non troppo, con un apparenza forte, non pelose o troppo
venose o nodose, semplicemente belle. Quelle le adoro ed erano proprio
le sue.
Prendendomi
ancora una volta alla sprovvista cominciò a parlarmi, aveva un tono
calmo ma con una sfumatura d‘interesse:
- Come va’? -
Io mi scossi
dalla contemplazione delle mani:
- Vuoi? -
Mi chiese poi
notandolo:
- No, non fumo…
guardavo come la tieni… comunque sto piuttosto meglio, grazie! -
Avevo un tono
di voce basso e non allegro come avrei voluto, avevo pianto molto
quella sera e anche gridato quindi non avevo voglia di mostrare stati
d’animo che ancora non sentivo, inoltre anche fisicamente ero stanca e
spossata ma non volevo andarmene a casa, per nessuna ragione.
Mi sembrava di
stare in un posto sospeso a metà fra la vita reale e quella finta, dove
potevo stare bene senza far nulla, dove nessuno mi rompeva e mi portava
ai miei doveri.
- Come mai sei
nella sala fumatori, allora? -
Chiese senza
capire.
- Ormai questi
sono i miei angoli preferiti, ci mettiamo sempre qua con gli altri e
sto bene qui… -
Lui fece un
cenno affermativo, aveva uno sguardo diretto al mio, mi scrutava
cercando di capire cosa mi passasse per la testa… almeno così mi
sembrava.
Man mano che
parlavamo la confusione e l’agitazione iniziale scemava, mi sentivo
sempre più a mio agio e tranquilla e riuscivo a fare qualche piccolo
sorrisino tirato, lui in compenso aveva quelle sue espressioni che
andavano dalla seria alla divertita, cercava di tirarmi su ma non
potevo dirgli che mi bastava che rimanesse lì e per me era a posto!
Lanciò uno
sguardo al mio cellulare sul tavolo, notando che era spento, non volevo
che nessuno mi rompesse, tanto a casa sapevano che ero da Stefania, lei
pensava fossi a casa… quindi non mi preoccupai di nessuno, non volevo
che mi rintracciassero.
- Allora, è un
momentaccio, eh? -
Introdusse il
discorso senza nemmeno sapere bene come fare, apprezzai il tentativo e
pensai che forse riuscivo a parlarne senza rimettermi a piangere come
una stupida, mi sentivo sempre scema quando piangevo, lo ritenevo un
inutile segno di debolezza, io non lo ero e quindi era assurdo farlo!
Parlai con un
sorriso di scusa inspiegabile che mi venne naturale e un tono basso,
lui si appoggiò al tavolo per sentire e sorseggiò la sua birra.
- Si, capita… è
una settimana nera… ho litigato con mio padre giorni fa, quindi il mio
umore si è guastato per quello, poi è un periodo che coi miei amici non
va‘. Io e la mia migliore amica ci stiamo allontanando e stasera
abbiamo litigato di nuovo, ci siamo dette cose brutte, sai come
succede, no? Una tira l’altra… e tutti rimangono male, poi. Contando
che personalmente non sto troppo bene di natura, ora, per via di
problemi personali legati a nulla se non a me stessa, è stato facile
per me scoppiare… -
Mi ascoltò in
silenzio e serio, non so quanto capì dal mio discorso confuso ma alla
fine la voce mi tremò così decisi che bastava. Distolsi lo sguardo dal
suo, io guardavo e guardo sempre negli occhi le persone quando parlo o
quando parlano loro però in certi momenti non ci riesco, il suo sguardo
era troppo diretto e penetrante, mi stava prestando attenzione ed era
motivo d’imbarazzo in quell’attimo.
- Non
preoccuparti, capisco sai… se sei tu per prima a non star bene è ovvio
che finisce così, sono gli altri che ti sono intorno a dover capire…
quelli che ti sono veramente legati… -
Mi sorprese il
suo discorso, aveva tutta l’aria di qualcosa di serio e profondo.
- Si, è vero ma
non penso di dovermi giustificare così, la colpa è mia come degli
altri. Io devo saper accantonare i miei problemi quando sono con gli
altri, tutti ne hanno e non è giusto poi prendersela con chi non
c’entra… vero è comunque che anche lei, la mia amica, ha fatto
esattamente la stessa cosa. Sai, il suo problema è che pensa che solo
lei ha guai e che gli altri abbiano sciocchezze trascurabili… io vorrei
farle capire che nel mondo ci sono cose peggiori della sua e che ognuno
ha le magagne, ma questo non lo comprende. Quando fa la parte della
vittima mi manda in bestia perché non considera gli altri e non si
accorge se con chi si sfoga sta bene o male… -
Di natura io
quando parlo faccio caos e non utilizzo un buon vocabolario, ma il
fatto stesso di non dire parolacce nel discorso era una grande vittoria
visto che di norma parlo come uno scaricatore di porto!
Mi resi conto
di aver parlato troppo e me ne scusai imbarazzandomi ancora, però avevo
rialzato lo sguardo, mi prendeva il discorso e mi sembrava uno sfogo
personale… che avvenisse con lui mi faceva felice. Mi sentivo più
leggera rispetto che se ne avessi parlato con qualcun altro.
- A lungo
andare logora, questo comportamento… bisogna solo considerare di più
gli altri, non concentrarci su noi stessi ma metterci nei panni degli
altri. Tutti hanno problemi, hai ragione… per non scoppiare e soffrire
serve una valvola di sfogo che non faccia male a chi ci sta intorno,
altrimenti ci si auto compatisce e non va bene così… -
Marco sembrava
aver capito appieno il discorso ed eravamo sulla stessa lunghezza
d’onda, la pensavamo uguale e andammo avanti a parlare di queste cose
anche dopo la sua sigaretta e la birra, peccato però che fu richiamato
al dovere e non poté rimanere oltre. Si vedeva che era un po’
dispiaciuto, penso che fosse stato bene e il risultato era divino anche
per me, potevo dire di stare bene e non mi sembrava vero.
Quella sera me
ne andai quando il locale chiuse, fui l’ultima e tornai alla macchina
accompagnata da lui; non parlammo molto nel tragitto, diciamo che
godemmo semplicemente l’uno della compagnia dell’altra. Sentivamo che
si era creato qualcosa di nuovo, di diverso rispetto a prima… ci
guardavamo con occhi diversi, la svolta che serviva era avvenuta, me ne
resi conto a casa.
Per questo ora
sono così contenta al solo parlarne, sono arrivata a questo punto della
nostra storia, non stiamo insieme, non è successo veramente nulla di
grandioso, ma a me sembra stupendo anche solo il momento in cui sono,
quel qualcosa che aspettavo cambiasse fra noi è successo ed ora devo
solo aspettare la sua prossima mossa.
Non vedo l’ora
di rivederlo.
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Capitolo 3 *** Biglietto per una pazza stramba ***
PARTE
TERZA:
BIGLIETTO PER
UNA PAZZA SCATENATA
“
’Vieni come sei
Come
eri
Come
voglio che tu sia
Come
un amico’
Allora,
ti va? Ok, non ‘come voglio (io)che tu sia’ ma come vuoi essere tu,
naturale…
3484884442
Marco,
il cameriere biondo!”
Sono curiosa di
vedere cosa succederà oggi che torno al solito pub, dove lui c’è. Dopo
quella sera non abbiamo avuto vere e proprie chiacchierate sempre a
causa del suo lavoro, ma comunque mi saluta sempre chiedendomi come
va’, io faccio altrettanto e con lo sguardo ci incrociamo e ci
cerchiamo ogni volta, puntualmente. Anche quando mi metto in posti
scomodi dove lui non può arrivare, almeno un giretto senza motivo dalle
mie parti se le fa e mi saluta. Noto che quando cammina fra i tavoli
c’è sempre molta gente, io lo fisso come una calamita, naturale, ma lui
non può certo guardare uno ad uno i clienti per vedere se hanno bisogno
di lui… vi cammina in mezzo ma non guarda le persone, però lo noto
sempre e quando passa davanti al mio tavolo con i soliti amici (poi con
Stefania si è sistemato tutto) lo sguardo lo butta. Non è casuale e
generale come con gli altri, lo punta esclusivamente su di me, io lo
noto perché lo guardo così finiamo per farci quasi sempre un cenno.
È un momento
interessante, anche perché ogni volta che vado là so che almeno
qualcosa succederà o se anche così non è sono contenta lo stesso perché
in linea di massima le cose vanno bene ugualmente.
Entro
accompagnata dai soliti e lui è lì che lavora, io sono vestita come
sempre appariscente non di proposito. Noto che di sottofondo ci sono i
Nirvana e come succede ogni volta che ci sono loro io mi metto a
cantarli agitando il braccio in aria, con il pollice, l’indice e il
mignolo aperti. Giusto per passare ulteriormente inosservata… quando
faccio queste cose non ci rifletto mai, le faccio e basta!Così non mi
becco solo gli sguardi di tutti i presenti ma anche di quelli di Marco,
il che non mi dispiace affatto. Lui si mette a ridere vedendomi ed io
abbasso il braccio con un ombra di vergogna… che cessa quando torna il
ritornello di ‘Come as you are’ ed io riprendo la mia performance
canora.
Continuo
guardandolo, ridendo a mia volta, quando gli passo accanto mi da’ un
scherzoso buffetto sulla schiena ed io sarei sicuramente andata in
fiamme solo fino a qualche mese prima… e senza i Nirvana!
Irene e gli
altri ci guardano senza capire da dove vengano tutti questi
cambiamenti, non penso lo rivelerò mai, lo ritengo più che altro un
segreto fra me e lui e questo pub; a pensarci bene tutti quelli che
lavorano qua sanno gli sviluppi della nostra stramba storia e non mi
dispiace, certo io sono più per la privacy ma adoro anche essere al
centro dell’attenzione.
Viene come
sempre Marco a prenderci l’ordinazione, come sempre si mette accanto a
me, parliamo velocemente del più e del meno e poi viene richiamato al
lavoro.
È una serata
come tante, rido, scherzo, mi diverto e guardo il mio biondo preferito,
gli sorrido e continuo a ridere e scherzare.
Quando mi porta
la mia solita birra grande, insieme al foglietto del conto del tavolo
mi lascia un altro biglietto, lì per lì penso sia solo un ulteriore
scontrino, lui se ne va’ e io bevo. Solo dopo un attimo gli presto la
giusta attenzione, lo apro e quel che vedo mi lascia lo stupore più
totale seguito da una gioia incontaminata per la quale farei i classici
salti di gioia, incontenibile quel che sento.
Sul foglio ecco
una scritta a mano che dice:
“
’Vieni come sei
Come
eri
Come
voglio che tu sia
Come
un amico’
Allora,
ti va? Ok, non ‘come voglio (io) che tu sia’ ma come vuoi essere tu,
naturale…
3484884442
Marco,
il cameriere biondo!”
- AAAH! -
Mi sfugge
istintivo un urlo quando leggo tutto, mi ha citato proprio Come as you
are dei Nirvana e il mio biglietto dell‘altra volta! - Porca merda, mi ha
dato il suo numero! -
Gli altri mi
fissano con tanto d’occhi e sento una certa risatina all’angolo della
sala accanto… certo, il mio urlo deve essere giunto fin di là da lui!
Boccheggio in
un primo istante, non penso sia vero, di fatto è irreale, insperato,
incredibile ma forse effettivamente è concreto…
Faccio leggere
il biglietto a Irene che lo pronuncia ad alta voce e tutti scoppiano
cominciando a farmi i complimenti felici per me… come se fossimo già
sposati! Insomma, cerco di stare coi piedi per terra, non partire per
la tangente come solo io arrivo a fare ma non è facile. Mi ripeto che è
solo un biglietto, significa che vuole approfondire la nostra amicizia,
cioè il nostro rapporto e di per se è positivissimo, ora io devo stare
attenta a non rovinare tutto e fare la mossa giusta. Ci penso e ripenso
a cosa dovrei fare mentre mille congetture e consigli, nonché domande,
mi arrivano facendomi caos e confusione, infine guardo mia sorella.
Solitamente lei mi conosce e sa cosa farei e cosa invece dovrei fare,
la ritengo più saggia rispetto agli altri che tendono di solito a
buttarsi a capofitto in qualsiasi storia solo per il gusto di farlo.
- Cosa faresti
tu? -
Le chiedo a
bruciapelo dopo essermi scervellata.
Lei mi fissa e
si fa silenzio, ecco che sta per arrivare la sua perla di saggezza, le
porgo tutta la mia attenzione:
- Sherikel, il
punto è che non sono io… semplicemente fai quello che faresti senza
pensarci troppo! È stato catturato da te spontanea, passionale e
irruenta! Non stare a rifletterci, non è da te… se fai qualcosa di
perfetto e giusto poi lui si accorgerebbe che quella non sei tu! -
Logica non
troppo complicata per il mio cervello regredito, in un primo momento
aveva usato un linguaggio complicato per i miei gusti ma poi
conoscendomi l’ha semplificato.
- Devo essere
me stessa! -
Concludo
trionfale. Ho sempre sognato di sentirmi dire parole simili, da fanfic,
insomma!
Mi esalta
tantissimo la situazione e non sto più in me, prendo il numero e lo
copio sul mio cellulare poi lo guardo e lo riguardo e continuo a
guardarlo ancora beandomi della sua vista: è il numero più bello che
abbia mai visto!
- Gli scrivo un
sms così riceve il mio numero, intanto… poi aspetto domani, ora lui
lavora ed è comunque inutile aspettarmi altro. Oddio, non mi sembra
vero, ma vi rendete conto? -
Ho le guance in
fiamme, me le batto per sbollirle e cercare di tornare normale ma è
difficile, mi sembra di aver ricevuto qualche scossa elettrica. Che
sogno!
Rimango con la
testa fra le nuvole tutta la sera, gli altri parlano, io li guardo
senza vederli, non credo ancora a quanto mi sta succedendo.
Io di natura
sono un tipo di poche parole riguardo gli aggeggi telefonici, non mi
piace usarli, tanto meno per parlare con qualcuno, mi inibiscono.
Il primo
messaggio che gli scrivo è uno semplice:
‘Ciao, sono
Sherikel, penso ormai che mi conosci. Questo è il mio numero.’
Non ho chiaro
una tecnica per far si che lui mi scriva e parli con me a tutti i costi
però ugualmente dopo nemmeno un ora ricevo la sua risposta:
‘Ciao, certo
che ci conosciamo. Come va?’
Io mi metto di
nuovo ad urlare, fortuna che sono sola in casa altrimenti mi sarei
beccata un sacco di sguardi strani e avrei dovuto rispondere a tutti.
Comincio a saltellare come una scimmia e senza trattenermi rido di
felicità. Sto bene, non sono mai stata meglio prima e in questi momenti
cosa vuoi che si dica? Che sto bene, ovvio!
È la verità e
l’unico pensiero coerente e sensato che ho!
Così ci penso
un attimo e gli rispondo:
‘ Io bene, tu?
Una curiosità, di sera lavori, ma di giorno che fai?’
In breve
intavoliamo circa due orette di conversazione dove ci conosciamo
veramente facendoci domande e risposte su cose fra le più diverse: che
vita facciamo, cosa pensiamo, come andiamo…
Eccone alcuni
fra miei e suoi:
Lui: ‘Anche io
bene. Di giorno mi godo il mio riposo, tu?’
Io: ‘ Logico,
mi sembra giusto. Io studio e faccio qualche lavoretto…’
Lui: ‘ Tipo?
Cosa studi?’
Io: ‘ Come
lavoro, baby sitter, all’uni invece studio teologia! Strano, vero?’
Lui: ‘
Sorprendente, piuttosto! Poi farai la suora? ;)’
Io: ‘ Non sei
il primo che me lo dice…insegnerò religione!’
Lui: ‘
Carino…devi andare d’accordo coi marmocchi!’
Io: ‘ Non ho
pazienza ma poi divento come loro e stiamo molto bene insieme!’
Lui: ‘ Vorrei
vederti in quei momenti, allora! Quindi tu sei credente…’
Io: ‘ Si, ma
soprattutto mi piacciono le religioni in generale, tu?’
Lui: ‘ A dire
il vero sono ateo, ma ammiro chi crede in qualcosa…’
Io: ‘ Avrò
molto lavoro da fare, con te!’
Lui: ‘ :D
Auguri!’
Poi arriva mia
mamma che mi assegna i soliti lavori di casa da fare, mi ordina di
togliermi dal computer e cambiare la ghiaia dei gatti, di dare una
spazzata alla casa e di caricare la lavastoviglie. Sbotto e brontolo,
non ho molta intenzione di staccarmi dal pc e dal cellulare ma se
lavoro c’è poco da fare, non arrivo a scrivere… inoltre non vorrei
finire subito la ricarica del cellulare, per non parlare delle 17. 30
che devo andare all’università!
Figuriamoci, ho
mille cose da fare e chi riesce a concentrarsi così? Ho voglia solo di
una cosa, di continuare a parlare con lui; effettivamente gli sms per
me sono l’ideale, perché non si deve parlare a voce e posso pensare
almeno un po’ a cosa dirgli, non vede se mi imbarazzo o se salto di
gioia, posso fare tutte le facce strambe che voglio. Sto bene, mi piace
tutto questo, l’avrò detto mille volte!
Anche mille
volte l’ho detto mille volte!
Così gli spiego
a malincuore i miei problemi e lo saluto dicendo che ci saremmo
risentiti dopo… ovviamente nel frattempo gli squillo un paio di volte,
cerco di trattenermi e non asfissiarlo ma se gli seccherebbe non mi
risponderebbe. Io stessa detesto quando la gente mi scassa troppo, sono
amante della libertà sotto ogni forma e per ogni cosa, quindi
nonostante io sia presa così per lui cerco di non esagerare. Anche se
non sembra, il cervello un po’ mi funziona.
Per punizione
verso mia madre che mi ha interrotto, però, la tempesto di parole,
vortici e vortici nei quali spiego per filo e per segno tutto quello
che è successo la sera prima e che ci siamo detti nei messaggi…
arricchito, il racconto, dei miei commenti personali e felicissimi!
Sono
irriconoscibile, altro che musona maschiaccia irascibile…
Oddio, voglio
vedere Marco!
È passato
qualche giorno durante i quali ci siamo scambiati qualche messaggio ma
non troppi, senza esagerare, insomma. Ci teniamo in contatto ed ormai
abbiamo imboccato una strada che mi piace, so, o almeno immagino di
sapere, dove condurrà questa via e non ho fretta di percorrerla perché
so che questa è la parte migliore delle storie, la fase
dell’innamoramento. Prima non lo conoscevo veramente, mi piaceva come
può piacermi un attore della tv, è solo conoscendolo e stando in
contatto con lui che ci si può innamorare e devo ammettere che questo
sentimento cresce sempre più.
Prima ero
felice perché era come un sogno irrealizzabile, sono quelle cose che si
desiderano d’istinto… Marco è un bellissimo ragazzo, a mio parere, con
quel fascino un po’ trascurato ma carismatico, il carattere che si può
intuire mi incuriosisce e desidererei avere un fidanzato come lui, ma
se fosse stato uno stronzo e antipatico l’avrei pestato e basta. Sono
quelle cose che poi ti capitano e dopo averle desiderate ti sembra di
stare su una nuvoletta, ci credi poco ma mano a mano che procede
analizzi la cosa e quel che provi; ti piace e speri non si rovini tutto.
Io mi sento
così.
Ad un certo
punto della giornata, mi arriva un suo messaggio:
‘Posso
chiamarti?’
Sto bevendo una
birra, sono birra dipendente, in compagnia di Irene, Stefania e
Cristian, a casa mia; mentre loro parlano ed io con loro leggo l’sms e
ovviamente mi va di storto il sorso, lo sputo d’istinto addosso a chi
ho davanti, Cristian, ma non mi allarmo più di tanto perché so che lui
gli sputi in faccia ogni tanto li merita (che cattiva che sono), la
vittima diventa di sasso ed il mio viso comincia a diventare rosso, poi
bordeaux e infine viola. Prendo a tossire rendendomi conto che non mi
sono rimessa ancora del tutto, gli altri mi guardano come se fossi un
alieno ed io continuo a guardare il display del cellulare mentre
stringo la bottiglietta di birra.
Infine il
consueto urlo impanicato, comincio a saltellare di agitazione e dalle
espressioni che faccio devo essere a dir poco buffa, mi fissano proprio
da pazza. Quando finalmente mi chiedono cosa io abbia, li fisso
ricordandomi della loro presenza e sentenzio in fibrillazione:
- Vuole
chiamarmi! -
- Cosa? -
Si scatena un
po’ di panico misto a felicità, uno dice di farmi chiamare, uno invece
mi chiede cosa gli dico… ed io che cazzo ne so cosa gli dico? È lui che
vuole chiamarmi, avrà lui qualcosa da dirmi!
Accidenti…
io adoro i ragazzi così che prendono l’iniziativa ma non in modo
irruento ed esagerato… cioè… lui è perfetto, nonostante io prima
l’abbia corteggiato apertamente e spudoratamente come normalmente non
succede, insomma è il ragazzo in caso che fa così con la ragazza e non
viceversa, ma ora le cose si sono stabilite ed è tutto così divino che
non so cosa fare, odio il telefono, parlarci attraverso, così gli
scrivo:
‘ Sei sicuro?’
Lui: ‘ Certo
che sono sicuro, perché?’
Io: ‘ Ora?’
Lui: ‘ Si, sei
occupata? Non ti va’?’
Io: ‘ No è che
il telefono mi inibisce e mi imbarazzo…’
Lui: ‘ Non ti
mangio…’
Io: ‘ Promesso?’
In risposta la
sua chiamata.
Boccheggio e
guardo l’apparecchio che squilla dicendo: ‘Drin Dirn-Rispondi al
telefono-Drin Drin-Chiamano al telefono-Drin Drin-‘A rispondi a ‘sto
cazzo de telefono?-Drin Drin-‘A li mortacci tua, rispondi a ‘sto
minchia de telefonooooooo’
La mia suoneria
originale e simpaticona ora mi fa piangere dalla disperazione. Fisso il
display sul quale lampeggia il nome del chiamante: amore mio!
- Dai rispondi,
scema! -
Ebbene si, lo
farò, altrimenti magari Marco pensa male!
Sospirando
preoccupata mi rassegno e schiaccio il tasto verde:
- Pronto? -
La mia voce è
sottile ed incerta, trema.
- Ciao… -
La sua invece è
chiara ed allegra, non ha mai problemi, immagino rida solare anche ora.
La sua immagine nella mia mente mi rilassa un po’, scatto verso la
porta d’entrata e mi siedo sullo scalino per parlare più in silenzio.
Gli altri comunque ascoltano la conversazione con tanto d’orecchi!
(certo non si ascolta con gli occhi o la bocca!!!)
- Ciao…scusa,
non volevo non rispondere solo che sai il mio problema… -
- Si, mentale!
- Suggeriscono dal soggiorno sentendo la mia frase, io impreco poco
fine nella loro direzione, lui non capisce e pensa che me la sia presa
con lui così devo anche spiegare l’equivoco con una varietà di colori
incredibile in volto. Finisce che lui scoppia a ridere, di me immagino,
ed io dopo un primo momento d’imbarazzo gli vado dietro, effettivamente
è comica la situazione… un pochino…
- Se non inizi,
non lo vincerai mai, sai? -
È ironico
mentre lo dice ma so che ha ragione.
- Si, è vero,
io mi adatto subito solo che è la prima idea di dover parlare al
telefono, persino con gli amici mi viene l’agitazione se devo prendere
su la cornetta, è più forte di me! -
Comincio a
rilassarmi di più, merito suo ovviamente che mi parla come fossimo
amici da secoli, in realtà non credo che siamo ancora amici. Più di
conoscenti e meno di amici… credo…
- Allora, che
stavi facendo? -
Cambia
discorso, dal tono della voce potrebbe essere a casa disteso nel divano
comodo con la televisione accesa che si riposa, anche se il suo
sottofondo è silenzioso mentre il mio manda, guarda caso, Eminem!
- A dire il
vero nulla, oggi non abbiamo l’università così sono quasi tutti i miei
amici da me, è un porto di mare casa mia e ci viene chi vuole, sta
quanto vuole, fa quel che vuole… non sono mai stati problemi, è stata
un improvvisata. -
Sostiene una
certa allegria, secondo quanto diciamo:
- E’ bello
così, anche casa mia è uguale. Abito da solo in un appartamento e sono
rare le volte in cui sono solo… -
- Sei un
animale da compagnia, come me! -
Lui ride poi
però abbassa la voce facendosi più serio ed in un certo senso
affettuoso, ha sempre un tono squillante di norma e sentirlo così mi fa
ricordare quella sera speciale.
- Vedo che
avete fatto pace, poi… -
Si riferisce
effettivamente anche lui a quella volta e ai miei amici, mantengo la
sua inclinazione e rispondo:
- Si… tutto
bene, i soliti equivoci che feriscono, l’importante poi è parlare e
aggiustare… -
Liquido il
discorso così e al suo silenzio, chissà a cosa sta pensando, chiedo:
- Tu che
facevi? Come mai mi hai chiamato? -
- Io non facevo
nulla, inizio il turno alle 18 così mi stavo solo rilassando, siccome
non ho nessuno per casa, per ora, ho pensato di chiamarti… -
Sembra come
sempre, quella sua felicità inspiegabile per la vita, eppure c’è un
fondo, nella sua voce come di malinconia, non ne sono sicura.
- Tutto bene? -
- Perché? -
- E che ne so,
rispondi! -
Rimane stupito
e dice che va tutto bene, ma mi sembra sempre strano. Continuiamo a
parlare per un po’, tanto paga lui, io sono sempre un po’ impacciata e
lui più spigliato e ad un certo punto lo dice, come potrebbe dire: che
prurito al fondoschiena!
- Ti va uno di
questi pomeriggi di uscire con me? Ovviamente prima del mio turno di
lavoro, quindi presto… -
Io trattengo di
nuovo il respiro, elaboro quanto appreso e poi cado ufficialmente nel
panico, di nuovo.
Ok, mi ha
chiesto circa di uscire, di pomeriggio è meno imbarazzante per me,
cazzo, perché sono timida coi ragazzi e sono uno scaricatore di porto
con gli altri? È allucinante… ancora non ci credo, rispondo dopo un
lungo silenzio di riflessione, durante il quale il tasso di felicità
lentamente sale, finalmente poi rispondo:
- Si! Quando
vuoi! -
Ehm, forse
dovevo fare più la preziosa e dire: dipende quando, sai sono molto
impegnata e non so…
Ma io non ce
l’avrei mai fatta, ho reagito d’istinto, anzi, in fondo ci ho pensato
anche troppo, non avrei mai potuto mettere l’incertezza dove ho tanta
sicurezza!
Lui con la sua
solita allegria:
- Perfetto!
Facciamo sabato! Poi ci mettiamo d’accodo meglio, ok? -
- Si… -
Vado avanti a
‘si…’ sognanti per un bel po’, poi ci salutiamo che lui deve prepararsi
ed andare a lavoro.
Chiudiamo la
comunicazione, sto in silenzio a lungo mentre mi ripeto mentalmente che
uscirò con lui da sola con Marco, l’uomo dei miei sogni!
Sospiro poi
urlo di gioia, un urlo che si trasforma in uno di terrore.
Porco mondo
esco con Marco e che faccio poi? Cosa dico? Come mi comporto?
La verità? Ho
una paura fottuta!
Alla fine opto
per uno dei miei tipici abbigliamenti, per essere più a mio agio. Metto
sotto sopra la camera lo stesso per poi indossare maglia e pantaloni
che erano sopra di tutti!
Ho dei
pantaloni neri larghi con le cerniere su tutta la gamba, il cavallo
basso e arricciati alle caviglie dove navigano, sopra invece una maglia
dal taglio semplice e la stoffa leggera che cade liscia sulla pelle,
non aderisce troppo ma non ingrassa nemmeno, anzi; è nera con uno
scollo esagerato e sul petto (che io ho piuttosto prosperoso e oserei
aggiungere: troppo!) c’è stampata una tigre con della stoffa in
rilievo, color sabbia e nera per le ombre, è fatta bene e fa la sua
figura invidiabile, poi, modestamente, si addice alla mia indole!
I capelli li
lascio sciolti sulla schiena, ho rifatto le maches l’altro giorno e
sono ancora di mille colori vivi… rosse, arancio, rosa, nere, bionde,
castane. Mi assesto gli occhiali sul naso dopo essermi truccata
leggermente, un trucco che consiste in un filo di matita nera nella
parte inferiore dell’occhio e il mascara, Irene voleva mettermi altra
roba tipo ombretti, fondotinta, rossetti o lucidalabbra ma io ho
sgraziatamente rifiutato: ma dico, mi ci vedete con tutta quella roba
in volto? Ma per favore!
Marco non mi
riconoscerebbe nemmeno!
Marco… Oddio…
ho pensato il suo nome disinvolta, come se fosse normale che ora lo
vedo… diavolo, che roba!
Mi piace dire
come niente fosse: ora vedo Marco!
Anzi, lo
ripeto: ora vedo Marco!
E lo dico anche
ad alta voce, convinta e soddisfatta:
- Ehi, ora vedo
Marco! -
Finché non mi
metto a ridacchiare da sola. Gli altri, tutti presenti per l’occasione,
mi guardano come fossi impazzita e probabilmente è proprio questo.
Sono un caso
senza speranza, ne sono convinta, ma intanto lo ripeto:
- Esco con
Marco! -
Chissà perché
scuotono la testa?
Ce l’ho davanti
e penso di star vistosamente tremando, ma la mia facciata rimane sempre
tutta d’un pezzo, ho l’aria naturale da menefreghista rilassata in
qualunque ambiente e situazione, sono fatta così, anche se dentro mi si
agita l’impossibile.
Dunque, ero
rimasta a… Ah si: ce l’ho davanti. Quel che noto prima di ogni cosa è
l’altezza, non avevo mai notato che fosse così alto ed è la cosa più
importante perché lo è più di me ed è essenziale.
La seconda cosa
che noto è quella che noto sempre: è bellissimo!
Cioè… non come
lo è Brad Pitt, piuttosto come lo è Benjiamin McKanzie, anzi, è circa
il suo sosia secondo il mio modesto parere, solo che ha l’aria più
sveglia e spigliata, proprio da simpaticone.
La terza è
l’abbigliamento: porta dei jeans stretti che gli fasciano fin troppo
bene gambe e fondoschiena, dove io normalmente sbavo senza ritegno, una
maglia nera maniche lunghe attillata ma non di quelle dove non respiri.
Sorride e mi
saluta per la seconda volta, alla prima mi ero imbambolata a guardarlo:
- Oh, ciao… -
Mormoro
finalmente e lui mi fa la solita domanda:
- Come va? -
Questo mi fa
sciogliere, me lo chiede sempre dopo quella volta che mi ha visto star
male:
- Bene, grazie…
tu? -
Accentua il
sorriso e dice che sta bene anche lui e dopo poco ci troviamo a parlare
camminando per il centro cercando un bar che ci ispiri, è merito suo se
nel giro di un attimo chiacchieriamo da grandi e vecchi amici, ha un
ottima parlantina non di quelle esagerate e fastidiose, tiriamo
entrambi fuori la battuta per rilassarci a vicenda ma fra noi quella
più tesa sono sempre io.
Non ho mai
fatto cose del genere e mi sento strana ma felice, si, insomma, le
solite cose!
A sistemare
definitivamente il mio stato d’animo è una persona anzi, quel che fa e
dice o meglio facciamo poi noi.
Ci viene
incontro e ci passa accanto, ci fissa insistente e poi è come se
riconoscesse Marco, torna indietro e lo chiama, il mio biondo si gira e
lo fissa cercando di ricordare chi sia ma non mi sembra abbiano
un’espressione rilassata, qualcosa non mi convince. Mi faccio un po’ da
parte senza ascoltare tutto quel che si dicono ma l’orecchio viene
attirato da una frase di questo sconosciuto, non avrei mai voluto farmi
i fatti loro ma proprio non ci sono riuscita a non sentire:
- Ma come non
ti ricordi… tua sorella non ti ha parlato di me? -
Marco comincia
ad incupirsi e non mi piace più la sua espressione, i suoi occhi
azzurri diventano sempre più di fuoco.
- Mia sorella
non credo abbia a che fare con te, conosco i suoi amici… -
La sua voce si
indurisce, io mi allarmo sempre più avvicinandomi indiscreta. L’altro
ribatte schernendolo:
- No, non sono
suo amico, è storia vecchia… è stata un ottima amante, quando la rivedi
salutamela… -
Marco non
risponde, non so cosa pensa e cosa ci sia dietro, ma quello che dice mi
piace sempre meno.
- Si tratta di
2 o 3 anni fa, è stato un colpo di fulmine, non ti ha mai raccontato la
storia? È commovente… mi dispiace un po’ ma ho dovuto lasciarla, per me
ha mandato a puttane il suo matrimonio ed una che cambia idea tanto
facilmente potrebbe farlo sempre, non volevo fare la parte che ha fatto
fare al marito… come sta, ora? Si sarà risposata quante volte? Ho visto
che tipo era, interessante ma non seria… giusto da una scopata e via! -
Onestamente non
credo a quel che sento, come può un essere umano essere così bastardo?
Io non conosco la situazione e cosa significhi esattamente tutto questo
ma trovo quest’uomo schifoso e nauseante, lo fisso come se fosse un
alieno dall’aspetto orripilante, non oso immaginare com’è Marco… e poi
questo stronzo mi sta rovinando la mia uscita con lui, non può farmi
una cosa del genere.
Mi prudono
all’istante le mani che apro e stringo a pugno in continuazione, i miei
occhi prendono un inclinazione all’assassinio piuttosto evidenti, il
sangue mi va alla testa, cosa facile per una come me e decido di non
trattenermi più, la sua risatina scema mi fa agire all’istante e senza
accorgermene io e Marco diciamo ed agiamo allo stesso momento, in
maniera uguale:
- Brutto figlio
di puttana! -
Ed entrambi i
pugni si infrangono nel volto di quell’essere ignobile che viene
sbattuto violentemente contro il muro.
Anche senza
capire che cazzo diceva esattamente è da trucidare solo per il suo modo
di fare, aggiungici che ha rovinato il mio appuntamento e il quadro del
perfetto suicida è completo!
Stronzo!
Io e Marco ci
guardiamo con il respiro un po’ affannato più per la rabbia che per
altro, le pupille si restringono da dilatate che erano e notiamo
entrambi che abbiamo la stessa identica espressione di ira misto
stupore, mentre una sorta di soddisfazione sempre crescente si fa
strada.
- Ora mi sento
meglio! -
Anche questo lo
diciamo insieme e torno in me arrossendo un po’, l’arrabbiatura scema
immediatamente; lui ride battendomi la spalla ed io ne vengo
contagiata, andiamo avanti così per un po’ mentre lasciamo il tipo a
terra stordito.
È stato un
ottimo diversivo per rompere del tutto il ghiaccio, in fin dei conti
ora non potrei desiderare di meglio, una pestata ogni tanto in
compagnia fa più che bene, no?
Il resto del
pomeriggio fino alle 18.00 lo passiamo scherzando, lui mi racconta un
po’ di sua sorella che ha avuto un matrimonio disastroso per cause
ignote che non ha mai voluto spiegare a fondo, tutti le hanno lasciato
la sua privacy e la sua disperazione, è caduta in depressione ed ora
sta sempre peggio. Ora i conti tornano. Capisco che la sua famiglia non
è molto felice come lui appare, lui è così allegro e spiritoso di
natura, uno così è difficile da trovare… sono sempre più convinta che è
la mia anima gemella.
- Sai, a dire
il vero quando l’altro giorno ti ho chiamato, l’ho fatto perché avevo
appena visto mia sorella. È pietosa ed ogni volta trascina nella sua
tristezza chiunque la circondi, non sono mai riuscito a capirla anche
se da piccoli eravamo molto affiatati. Mi ha stupito quella tua domanda
su cosa avessi io… come l’avevi capito che c’era qualcosa? -
Io prendo una
lunga sorsata di cioccolata, di pomeriggio preferisco quella, e sorrido
imbarazzata; detesto quando mi ringraziano con un espressione così
disarmante e sincera, non sopporto quando riconoscono che sono una
specie di brava persona che considera chi mi sta intorno. Io che mi
preoccupo per qualcuno? Ma siamo pazzi?
Invece lui mi
sta scoprendo in ogni frangente, non bastavano le figure di merda che
ho già fatto con lui!
- No, non so,
mi sei sembrato strano, diverso… non che io abbia parlato con te tante
volte, anzi, ma è stata una sensazione… mi dispiace per tua sorella,
comunque. -
Lui mi fissa
serio, incurva leggermente le sue labbra in un tenero sorriso come di
ringraziamento e non mi toglie lo sguardo penetrante di dosso, giusto
per finire di arrostirmi!
Capisce che non
voglio cose sdolcinate o sentimentali, così rispetta questo chiaro
messaggio che gli lancio e se ne sta in silenzio un momento ed io
gliene sono grata.
Per il resto…
beh, per il resto non sono mai stata meglio e sono contenta di non aver
parlato come uno scaricatore di porto, come faccio sempre!
|
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Capitolo 4 *** come neve al sole ***
PARTE
QUARTA:
COME NEVE AL SOLE
Siamo al suo pub, ormai è diventato il pub di Marco. Sempre le solite,
meno Cristian, siamo tutte su di giri, cioè di ottimo umore. L’unico
neo è che è sabato sera e Marco ha molto da fare, mi ha salutato ed
abbiamo scambiato due parole in fretta, poi è stato ultra impegnato
tutta la sera e questo mi avrebbe demoralizzato se non avessi avuto un
buon umore e le altre sclerate tutte al mio servizio a sparare scemenze
tutto il tempo. Siccome abbiamo come sempre qualcosa contro Cris, dopo
aver sparlato di lui tutta la sera eccoci commentare che se non ci
diamo una regolata col casino che stiamo facendo ci tagliano le teste e
le mettono al posto di quelle indiane che ci sono d’abbellimento in
giro per il locale. Poi inventiamo i nomi: Giulia sarebbe stata Testa
Ricciuta per via dei ricci finti, io invece Testa Arcobaleno per il
colore multiplo che ho, Stefania Testa Vuota e al momento di dire
quella di Irene, esce quella di Cristian: Testa di Cazzo!
Penso sia il
culmine della serata, non dico le risate che scoppiano, Irene
addirittura piange ed io, anche se capisco a scoppio ritardato, rido
ugualmente.
Carino anche
quando faccio la gaffe di commentare ad alta voce l’idea che secondo me
uno dei ragazzi seduti al tavolo accanto al nostro, è gay: quando
questi si alza per andarsene ci dice che non lo è!
Sono tutte
shockate e gelate, io alzo le spalle e quando se ne va commento
cinicamente:
- Embè? Era una
mia impressione, chi se ne frega se non lo è… cioè, lo conoscete?
Dovete sposarlo? Siete loro sorelle? No, e allora che ve ne importa di
quello che ha detto, pensato e fatto? Al diavolo, no? Ho fatto figure
peggiori, non shockatevi troppo per questa! -
Anche se però
non sono molto convinte della mia filosofia, riesco a spostare il loro
shock su di me e non su quel tipo.
Molti punti di
divertimento li abbiamo quando ci buttiamo le bucce dei bagigi l’una
contro l’altra in una lotta serrata che mi porta a rimanere in
canottiera nera, facciamo così tante scemate che non sappiamo più per
cosa ridere per prima. Era da molto che non passavamo una serata simile
e quando sono convinta che ci stanno per buttare fuori vedo Marco
sedersi al tavolo poco lontano dal nostro, con dei suoi colleghi e
parlare di lavoro. Lì per lì mi chiedo perché non venga da me ma poi
effettivamente ammetto che dopo una serata intera dove io ho riso come
una cretina e lui ha faticato come uno che lavora, forse ha più da dire
a gente come lui e i suoi colleghi piuttosto che a me… un po’ me ne
dispiaccio ma basta che arrivi domani perché tutto torni come prima. A
cambiare radicalmente l’umore è quando arriva una ragazza ondeggiante
che al loro tavolo li saluta come li conoscesse e poi gracchiando un:
- Posso
sedermi? -
Siccome non ci
sono posti liberi si siede PROPRIO sull’unica persona più esterna:
MARCO!
Il gelo cala in
tutto il tavolo, i miei occhi si fanno sottili sottili, due lame verdi
più tendenti al grigio, penso. Il mio volto di pietra e il silenzio
regna sul mio tavolo, lo sguardo penetra e trapassa prima mia sorella
accanto a me, poi Marco e quella ragazza dall’altra parte. Muovo solo
le pupille lasciando dritta ed immobile la testa. Stringo le labbra e
se mi trattengo è solo per un miracolo… del resto cosa dovrei fare?
Dannazione!
Le mani mi
prudono e l’ultima volta che è accaduto ho preso a pugni uno
sconosciuto che mi stava antipatico!
Non credo a
quel che vedo, tutte mi fissano preoccupate ed io asserisco tagliente e
piatta:
- Sono fratello
e sorella, ne sono certa! -
Chissà come
faccio ad esserne certa, visto che so che lui ha una sorella maggiore
ma è molto più grande di lui!
Seconda
considerazione:
- I loro
profili si somigliano! -
Terza:
- Sono solo
amici! -
Quando stavo
per fare la quarta, la divina provvidenza ha fatto si che si liberasse
un posto a quel tavolino e che proprio mentre stavo notando che
comunque Marco non la stava toccando con le braccia e lei era SOLO
seduta sulle sue gambe, questa poi si è alzata per sedersi al posto
vicino.
Ecco quindi la
quarta considerazione più sollevata:
- Visto? Era
una sorella o un’amica! -
Quinta:
- Comunque se
erano fidanzati lo saprei, siamo sempre qua e non l’abbiamo mai vista,
poi lui non me ne ha parlato! -
Sesta ed ultima
sempre più convinta e rassicurata:
- Non la caga
assolutamente come dovrebbe nel caso fossero fidanzati. Facendo un
lavoro simile avrei visto la sua ragazza e capito che è tale. Non è
così, quindi non ha la ragazza! Si, ho ragione io! -
Nessuno poi
azzarda ad asserire altro e il mio umore torna alto, ridente e
scherzoso, solo io so come ci riesco!
Non sono tipo
da scenate di gelosia, grida, accuse e conclusioni affrettate, non lo
farò mai e penso che lui me ne sarà grato quando semplicemente
ascolterò quello che ha da dirmi a fine serata.
Con somma
fatica arriva il momento di chiudere per loro e di andare via per noi,
io mi lascio un po’ indietro per aspettare Marco, abbiamo parlato
pochissimo e l’impressione è stata che lui ce l’avesse con me per
qualcosa… o forse era solo veramente molto indaffarato.
Tuttavia se
tutto fosse normale avremmo scambiato qualche parola durante il
tragitto dal pub alle macchine, sicuramente… ed invece siamo stati lì
in silenzio per tutto il tempo senza parlare, entrambi con arie più
scure di sempre. Mi pesa questa cosa, non mi piace, è come se fossimo
due estranei. Sospiro spazientita e spontaneamente dico:
- Non dici
nulla? Sei stanco? -
Lui sospira a
sua volta ma non proprio spazientito, è più stufo. Non ci guardiamo,
risponde serio:
- Si, sono
stanco… è stata una serata dura… -
Altro attimo di
silenzio. Arriviamo alla macchina e sembra che dobbiamo salutarci così
senza aver detto nulla di consistente. Sono molto delusa e la rabbia mi
cresce dentro, rabbia che si sostituisce presto in tristezza ovvia che
però dura poco, visto che mi sorprende.
Sento la sua
mano sul braccio, lui che mi mormora un ciao basso e si tende verso di
me per salutarmi con un bacio sulla guancia. Questo mi spiazza ancora
di più e penso che sia la serata delle sorprese, il calore mi invade
violento e col cervello di nuovo in confusione per il contatto
inaspettato, lo fisso senza capire. Poi sussurra:
- Era un’amica
che prima lavorava lì, poi se ne è andata e ogni tanto viene a
salutarci. -
Silenzio da
parte mia, sia mentale che a parole.
Lui credo
aspetti qualcosa da parte mia ma sto elaborando, non è facile a questo
punto della serata, la prima cosa che sento è incontaminata gioia, poi
una veloce realtà mi schiaffeggia: mi sono sentita bene sapendo questo,
ma non solo… lui si è sentito in dovere di dirmelo.
Non mi ci vuole
molto.
Ci sono dentro
con tutte le scarpe e se non sono presuntuosa, in questo sentimento,
ora sono finalmente ricambiata…
- Io e te
dobbiamo uscire come si deve, di sera… -
Lascia così in
sospeso la frase mentre mi regala penso il primo sorriso dopo circa
metà serata. Un sorriso dei suoi spontaneo e sincero, di quelli che
contagiano e mi contorcono lo stomaco.
Invece di
starmene ad arrossire o ponderare possibili risposte ricambio ebete e
lo lascio salire in macchina.
Qualcosa è
definitivamente cambiato… in meglio, immagino!
Siamo al solito
pub, quello di Marco, con la differenza che sta volta lui non è a
servire ma dalla parte del cliente, con me, seduto ad un tavolo
tranquillo e rilassato.
È il suo giorno
libero ed ha deciso di sfruttarlo per uscire insieme di sera, da soli…
soli è un eufemismo visti i suoi amici che lavorando non ci mollano un
secondo!
Anche se però
potrebbero passare tutte le Miss e i Mr del mondo, che nulla mi
deconcentrerebbe dal contemplare il mio unico amore della mi vita tutto
per me.
Dopo una serata
passata su parole, chiarimenti, chiacchierate più o meno serie e anche
solite risa, arriva un momento importante, lo sento con molta sicurezza
che sta per arrivare. Che sia al nostro locale mi rilassa e mi piace,
un po’ meno che siamo guardati ma non posso aver tutto dalla vita. Non
importa cosa è stata la serata fin qua, come siamo vestiti, cosa ci
siamo detti e cosa è successo di particolare, né cosa ci diremo poi…
importante è solo questo.
Mi guarda negli
occhi ed io penso probabilmente che morirò per questo, è difficile
rimanere normali quando il ragazzo dei tuoi sogni ti fissa in questo
modo. Io e Marco si rideva, io finalmente mi ero rilassata constatando
che effettivamente sarebbe perfetto per me, ma mi dovevo accorgere solo
ora che quando è serio ha uno sguardo veramente da infarto? Mi sembra
di essere penetrata da questi occhi, normalmente reggo lo sguardo, ora
non riesco, mi imbarazzo terribilmente e abbasso il mio.
Sarebbe bello
se facesse quello che ho sempre sognato… mi prendesse il mento fra le
dita, mi alzasse il volto e poi mi baciasse romanticamente.
Sento che si
avvicina col volto e aspetta, cosa non lo so, vorrei sapere che
espressione ha ma non ho il coraggio di alzare lo sguardo, rimango così
ferma a faccia bassa e proprio quando sono sicura che sta per fare
qualcosa parla, ma quello che dice mi lascia un po’ di sasso:
- Vuoi ancora
qualcosa da bere? Guarda, c’è il mio collega, se vuoi lo fermo… -
Non capisco
cosa c’entri e che senso ha dire una cosa del genere ora, stupita ed
incredula alzo la testa in fretta per vedere se lo sta fermando
veramente, così mi giro verso il corridoio dei tavolini centrale e
cerco il cameriere per dirgli che non serve nulla ed è lì, mentre non
lo guardo ma ho la testa girata, mentre penso ad altro e non ho
imbarazzo addosso, che le sue labbra chiudono le mie prima che possa
dire qualunque cosa.
Si posano
leggere e sta lì fermo un momento per vedere se lo accetto, io divampo
immediatamente, non posso crederci. Solo questo realizzo in un secondo
e poi nient’altro, sono occupata a pensare tecnicamente cosa devo fare,
sono come un bacucco immobile. Mi giro verso di lui e mi ricordo di
chiudere gli occhi (l‘unica volta che un ragazzo mi ha baciato ho
scordato di chiudere gli occhi e li ho tenuti aperti, ma quello è stato
per shock, non mi aspettavo di ricevere un bacio…), facendolo mi
rilasso un po’ e finisco di farlo quando mi prende la mano appoggiata
sul tavolino, il calore della sua mi fa respirare, ma trattengo di
nuovo il fiato.
Cazzo, mi sta
baciando!
Vedendo che non
sono affatto contraria ha un leggero sorriso perfino in questo momento,
glielo ruberò io il suo sorriso, lo giuro, e lo terrò solo per me per
sempre.
Finalmente mi
apre le labbra e comincia a giocare con la mia lingua, io lo assecondo,
in vita mia ho dato un solo bacio e non sono sicura di stare facendo
giusto… spero di si, spero di non essere troppo impacciata, spero che
gli piaccia così come sta piacendo a me, da matti.
Non so se ci
guardano e se questi battiti di mani sono solo nella mia testa o sono
veramente i suoi colleghi che hanno vinto qualche scommessa, non so
nemmeno se la musica che si sente è veramente Lose Yourself di Eminem,
che dice all’inizio: Look, If you had one shot, one opportunity… e poi
non ricordo altro… non so proprio ma quello che sento è così grande che
lo ricorderò e realizzerò solo dopo, per ora non riesco a fare altro
che continuare a baciarlo e stringere la sua mano istintiva, senza
respirare ancora.
Non me lo
aspettavo così e nemmeno me l’ero immaginata… eppure non poteva essere
in altro modo.
Vedete, devo
dire ai miei amici dopo, faccio bene a basare la mia esistenza su
Eminem, vedete cosa mi ha portato?
Ho vinto!
Ci stacchiamo
con mio sommo rammarico, nonostante il caos iniziale e il panico su
cosa fare con la bocca, come muovere la mia lingua e tutte queste cose
qua, poi mi sono solo lasciata andare e ho fatto come faceva lui.
Sicuramente si è accorto della mia totale inesperienza, avrò fatto
l’ennesima figura.
Riprendo a
respirare e sento di essere color fuoco sulle guance, spero che la luce
più bassa del locale mascheri il mio colorito acceso, abbasso gli occhi
evasiva, non ci penso su minimamente che potrei provare a scrutare la
sua espressione, nemmeno se mi pagano, lo farei!
Anche se un
pagamento migliore dei soldi l’ho ottenuto e potrei fare lo sforzo di
essere come tutte le persone normali e guardarlo negli occhi anche dopo.
Ecco, lo sto
facendo di nuovo, penso troppo!
Ma al diavolo,
è così bello e devo perdermelo?
Alzo lo sguardo
timida come forse non si immaginava io potessi esserlo, con un
sorrisino d’imbarazzo catapulto la mia attenzione su di lui e sospiro
subito, d’istinto, come se mi fossi subito ricordata che è Marco e che
finché è lui va tutto bene. Cavolo, effettivamente è MARCO!
Oddio, no, non
devo andare ora nel pallone, perché sono così strana?
Lo fisso
inebetita, mi sembra più bello ed ho il classico cuore che non sta
fermo. I suoi occhi chiari luminosi dopo un primo momento in cui si
mantiene serio, distendono la sua espressione e mi regala uno dei suoi
radiosi e rilassanti sorrisi che sembrano ringraziare il mondo intero,
anche se dovrei essere io a ringraziarlo… fortuna che sorride.
Il mio
imbarazzo e il mio shock scemano immediatamente e mi ricordo del perché
sono sempre stata catturata da questo ragazzo che è sì bello, ma non
eccessivamente. Mi ha catturato il suo carisma, la sua spigliatezza, la
sua simpatia e il suo eterno buon umore. Ha sempre la battuta pronta e
sono sicura che ce l’ho anche ora:
- Te l’ho
fatta… -
La mia tensione
si allenta del tutto e rilassata sorrido a mia volta, sapevo che era
così, ormai posso dirlo di conoscerlo abbastanza da affermare senza
ombra di dubbio che mi piace super ufficialmente!
- Scemo… chi ti
dice che non sono stata io a fartela? -
Come mi viene
questa risposta non lo so ma se ci pensavo forse non mi sarebbe mai
uscita meglio!
Lo vedo
rifletterci un secondo e poi stringersi nelle spalle, infine sentenzia
con la sua aria furba e sveglia:
- Mi sa che
sono stati quegli idioti a farcela, invece! -
Alzo un
sopracciglio e guardo nella direzione da lui indicata, nella sala
accanto ci sono tutti i suoi colleghi che ridono commentando
animatamente felici dell’accaduto, seguito, immagino, meglio di come si
segue un reality show!
Fortuna che non
c’erano quelle ‘arpie’ di Irene e compagnia!
Mi sciolgo
totalmente immaginando se fossero state qui anche loro e rido
contagiata da Marco. Che coppia, penso che ci siamo proprio trovati.
Dopo un attimo
di discorsi di cui onestamente non riesco a focalizzare bene un senso
compiuto (da parte mia, poiché immagino lui ne stia seguendo uno suo
pensando che io capisca ed abbia la testa per sostenere una
conversazione…), durante la quale abbiamo giocato un po’ l’uno con la
mano dell’altra senza stringercela più come avevamo fatto prima (siamo
entrambi tipi poco sdolcinati e romantici), sia io che lui ci sentiamo
fin troppo osservati e notiamo che i suoi amici da prima non ci hanno
staccato gli occhi di dosso e finché si trattava della scena clou va
bene, ma poi basta, non arrivo a scacciare l’agitazione che ogni tanto
si affaccia, dannazione!
Forse lo nota
quanto me questa fatica verso la naturalezza con tutti questi sguardi,
così lancia un ultimo sguardo divertito e con aria comprensiva nei miei
confronti dice:
- Che ne dici
se ce ne andiamo in un altro posto meno spiato, ora? Credo abbiano
vinto le scommesse, ormai! -
Io me ne
sollevo molto, speravo me lo dicesse, anche se spero pure che questo
posto non sia il suo appartamento altrimenti penso che morirei di
doppio imbarazzo, ma non penso. Se ho capito com’è, farà esattamente
quello che non mi aspetto ma che mi piacerà e mi farà star bene, quindi
sono tranquilla.
Ci alziamo e
prendiamo le nostre cose avviandoci verso l’uscita, guardo la sua mano
e ci penso indecisa. Il panico mi prende di nuovo. Ho sempre pensato di
non essere una tipa romantica, odio le coppiette che vanno in giro mano
nella mano a dimostrare al mondo intero che stanno insieme eppure ora
mi sembra di capirle improvvisamente. Il desiderio che cresce in me
prepotente e insistente, incomprensibile per me, mi dà un gran fastidio
poiché mi provoca non pochi problemi con me stessa. Cosa significa il
mio assoluto desiderio immenso di prendergli la mano e sentirla nella
mia?
Da quando sono
così mielosa e femminuccia?
Mi mordo il
labbro corrugando la fronte incerta, non so che fare ma non credo di
avere la forza di prendere io l’iniziativa… proprio quando mi sto per
rassegnare ecco che la questione si risolve in un attimo.
Marco mi dà
ulteriormente prova che ho ragione, mi legge nel pensiero e riesce per
questo ad adottare il modo migliore per accontentarmi e farmi stare da
Dio.
Da che era
davanti a me a che si ferma per affiancarmi, una volta che gli sono
accanto mi tocca con il braccio e la spalla, guarda avanti e procediamo
con passo calmo, il tocco del suo dorso sul mio mi fa trattenere il
fiato ed ecco che diventa sempre più chiaro, la sua mano è più calda e
mentre prende la mia capisco che è la classica mano che io adoro,
grande, forte, liscia dalle dita lunghe e curate. Avvolge la mia con
naturalezza disarmante.
Ecco, lo
sapevo, questo ragazzo sarà la mia rovina… mi farà sciogliere come neve
al sole…
Ma del resto io
ho sempre amato l’estate proprio per il sole, ora ne approfitterò
spudoratamente per crogiolarmici accanto!
Cavolo, ci
penso ogni tanto per rendermene conto… chi l’avrebbe mai detto? Io e il
ragazzo dei miei sogni… io e Marco… si tratta veramente di saper
cogliere l’occasione adatta… a questo punto allora, evviva Eminem!
FINE
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