Un colpo, un'opportunità

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Biglietto per un angelo ***
Capitolo 2: *** la svolta ***
Capitolo 3: *** Biglietto per una pazza stramba ***
Capitolo 4: *** come neve al sole ***



Capitolo 1
*** Biglietto per un angelo ***


AUTRICE: Akane
TITOLO: Un colpo, un’opportunità
SERIE: original
TIPO: etero
GENERE: sentimentale, comico
RATING: verde
PARTI: 4
DISCLAMAIRS: i personaggi sono miei anche se in realtà Marco è di sé stesso poiché ho preso spunto da una persona che esiste realmente
NOTE: questa storia è tratta come sempre dalla mia realtà, è una situazione in cui mi sono trovata e siccome la trovo originale e molto divertente, ho sviluppato con l’immaginazione una storia vera e propria. Preparatevi perché questa sono veramente io (come sempre, lo so…) e questo ragazzo è un mito che riesce a non scappare dalle mie figuracce! Secondo me saremmo stati una bella coppia io e lui, solo che questo lui non l'ha mai capito! Purtroppo le cose non si sviluppato come ho fatto io...
Questa è una versione un pochino rivisitata rispetto all'originale di anni fa, anche se forse andrebbe rivisitata anche questa versione!
Preparatevi a ridere… e sappiate che a parte il finale, il resto è tutto successo!
Buona lettura. Baci Akane
DEDICA: la dedico ovviamente a Marco! Ma anche alla mia geme Saya che quella sera è morta dal ridere, fra facce da pesce, ipotesi e prese in giro innocenti verso i camerieri! Stupenda serata!

UN COLPO, UN’OPPORTUNITA’


PARTE PRIMA:
BIGLIETTO PER UN ANGELO

“Per il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda, se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
… io vorrei catturare te…
Ciao Sherikel”

Se lo racconto non mi credono, quel che mi è capitato è a dir poco assurdo e folle, qualcosa da film o da manga… certo non da vita reale. Il fatto poi che la fine sia un incognita anche per me, non so se gioca a favore o no.
Tuttavia “parlerò” perché merita di essere raccontato.
Tutto iniziò circa un anno fa, quando io e mia sorella Irene andammo in un pub di non nostra usanza, dovevamo andare al cinema ed avevamo deciso di mangiare qualcosa in quel locale vicino.
Non conoscendo nessuno ci piazzammo in un angolo dove potevamo vedere tutto e tutti, io ho sempre avuto la mania di arrivare trapelata ovunque e stare anni a sistemarmi e capire in che punto del mondo sono, così anche in quell’occasione non ebbi tempo di guardarmi attorno e fare il solito doveroso punto della situazione.
Ero piuttosto distratta dal pensiero fisso di cosa chiedere e appena vidi con la coda dell’occhio il cameriere avvicinarsi, con ancora la giacca addosso mi immersi nel menù e ordinai qualcosa da mangiare e da bere senza far veramente caso a quel che leggevo. Alzai i miei occhi verdi solo per un momento e fu lì che rimasi come bloccata in un ferma immagine e folgorata mi dimenticai di continuare quel che stavo facendo.
Lo vidi… era il ragazzo più bello che avessi mai visto fino a quel momento… o quasi.
Cominciai un analisi veloce.
Biondo, io avevo un debole per i biondi, poi con quel taglio semplice e spettinato, non rasati ma nemmeno troppo lunghi, era perfetto. Occhi… beh, gli occhi non riuscii a vederli bene, col senno di poi posso dire che sono di un incredibile color dorato. I lineamenti erano semplici, a dire il vero, carino, certo, ma non bellissimo; era lui che aveva qualcosa di diverso, che si notava. Un fascino non proprio d’angelo, più da faccia da schiaffi. Qualcosa mi catturò di quel ragazzo, era strano perché poi quando lo feci vedere anche agli altri, piacque perfino a chi normalmente i biondi non piacciono. Attirava.
Quando se ne andò tornai a calare lo sguardo nel menù per vedere cosa avevo preso (avevo indicato dei nomi di cibo  caso) e senza preoccuparmi molto dell’angelo appena visto, riferendomi a lui dissi schietta:
- Però, che figo il cam… -
Mentre rivelavo che il cameriere mi piaceva tornai a guardare dinanzi a me per trovare la sua faccia davanti alla mia proprio sulla parola ‘cameriere’. Inutile elencare i colori che assunsi, mi fermai in tempo non dicendo tutto però il dubbio che lui avesse capito cosa stavo per dire, mi è rimasto tutt’ora.
Era tornato per portare le posate e la tovaglietta, quando se ne andò facendo finta di nulla io mi sbloccai e aggredii Irene che aveva preso a ridere divertita per la mezza figuraccia che avevo fatto: proprio un bel modo di iniziare la serata in un nuovo locale!
Quella sera mi limitai solo ad osservarlo attentamente nei minimi particolari, come camminava veloce e deciso, come era allegro e socievole coi clienti, come il suo sorriso fosse contagioso e disarmante, come lui fosse effettivamente ed indubbiamente bello, non di una bellezza convenzionale ma semplicemente da fissare dall’inizio alla fine…
Ero così sfacciata nel mio osservarlo che non staccavo mai gli occhi dalla sua persona, persa nel mio mondo fatto di cuoricini e rose tutte per lui, come se il resto circostante sparisse e vi fosse solo lui.
Ero così, mi perdevo nelle cose che mi piacevano e non mi rendevo conto di quello che il mio corpo faceva, in quel caso i miei occhi. Senza staccarmi da lui che lavorava andando su e giù per il locale, mi trovai distratta e sognante a rispondere:
- No, nulla… -
Alla sua ovvia domanda che arrivava durante i miei viaggi sfacciati sul suo bellissimo corpo:
- Desideri qualcosa? – Domanda che mi poneva spesso passando dal mio tavolo.
Nemmeno arrossivo, ero completamente andata.
Fortunatamente venne per noi il momento di andarcene, poiché se rimanevo lì avrei combinato qualcos’altro.
Anche se ad essere sinceri non è servito poi granché, visto quello che ho combinato la volta successiva che sono tornata al locale.
La settimana che passai la percorsi tutta ad elencare le doti fisiche di quell’angelo fantastico che avevo incontrato, me lo sognavo e risognavo immaginando come potesse chiamarsi, che tipo fosse, quale vita conducesse e soprattutto se avesse la ragazza.
Ero straconvinta di non dovermelo lasciar sfuggire, uno come lui quando ricapitava sul mio cammino?
L’incognita sul suo carattere però rimaneva, magari in realtà era un grande antipatico… eppure da come si relazionava con gli altri non poteva che essere un Dio sceso in terra!
Arrivai al punto di idolatrarlo creandomi una sua immagine perfetta e alla fine con mia enorme testardaggine presi la mia decisione: dovevo fare qualcosa per catturare la sua attenzione.
Oltre a tutto il resto io come persona sono piuttosto impacciata coi ragazzi, per cui ogni volta che mi trovavo davanti una persona che mi piaceva molto tendevo (anche tutt’or) a fare la mossa sbagliata.
In sostanza non so quanto buono o cattivo fu quello che feci, però sicuramente mi mise in una luce di folle scatenata e magari anche maniaca!
Ero in macchina con Irene, ci stavamo dirigendo con mia somma gioia proprio a quel locale e guarda caso in macchina c’era proprio ma proprio quella canzone che mi faceva impazzire caricandomi alla grande, quella di Eminem, Lose Yourself, che dice di non lasciar scivolare via l’opportunità che ti si presenta per catturare quel che desideri.
Come un’evocazione dall’alto, un chiaro segno del destino.
Gridai eccitata al massimo:
- ECCO COSA DEVO FARE! -
Irene per poco non mollò una frenata nell’asfalto, le prese un colpo e mi fissò come se fossi un extraterrstre.
- Mi rendi partecipe dei tuoi strani e contorti pensieri? -
Mi chiese ironica. Io non stavo parlando ad alta voce prima di esclamare quella frase, stavo solo pensando e ripensando a lui. Banale, no?
Eppure era diventata la mia attività migliore.
Puntai il dito contro mia sorella e saltellando sul sedile anteriore cominciai infervorata e felicissima a snocciolare mille parole al secondo:
- SI SI SI! DAI, E’ FATTA! UN BIGLIETTO! UN SEMPLICE ED INNOCENTE BIGLIETTO PER LUI! SCOPRO COME SI CHIAMA, POI A FINE SERATA PRIMA DI ANDARMENE GLI LASCIO IL BIGLIETTO CON UNA FRASE! -
Lei alzò un sopracciglio e dopo un attimo di silenzio in cui cercò di tradurre le mie frasi sconnesse con una di senso compiuto, affermò logicamente:
- E cosa ci scrivi? -
Io aprii subito la bocca rispondendo ovvia e sicura di me e come la aprii la bloccai in quella posizione, senza avere, in realtà, la più pallida idea di cosa dire.
La richiusi subito, poi mi massaggiai il mento, mi grattai il capo e il panico si impossessò di me; la mente si mostrava a me in una lavagna nera e vuota, nemmeno fossi in un interrogazione di inglese!
Ci impiegammo un po’ a fare qualche proposta, lei molto abilmente, ormai mi conosceva bene, tirò fuori dal caos della mia testa quel che volevo ottenere con quel biglietto, il senso di scriverglielo, il significato dell’ipotetica frase.
Concludemmo, poi, che il modo migliore per dirgli quel che desideravo, era attraverso la frase di una canzone.
Ovviamente la scelta della canzone fu un lampo.
- LOSE YOURSELF! LOOK, IF YOU HAD ONE SHOT, ONE OPPORTUNITY, TO SEIZE EVERYTHING YOU EVER WANTED, ONE MOMENT, WOULD YOU CAPTURE IT OR JUST LET IT SLIP? -
Concludendo con un:
- YATTA! GRANDE! -
Entusiasta!
Ricordando ora quel glorioso momento in cui mi sentivo al settimo cielo, estremamente orgogliosa di aver trovato la frase adatta, torno in quell’euforico stato d’animo.
Tormentai mia sorella per la geniale trovata tutto il tempo e da brava incosciente quale ero, facevo a dir poco i salti di gioia.
Scoprii facilmente il suo nome facendo attenzione ai suoi colleghi e a come lo chiamavano.
Marco era il suo soave nome.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e come una calamita, attirò anche quella sera la mia completa e totale attenzione.
Irene non era affatto convinta, ma io si.
Sentivo che dovevo fare qualcosa e con la trovata del biglietto e la frase illuminante di Eminem, l’idolo della mia vita, mi sentivo sicura e tranquilla, felice senza spiegarmene il motivo. In fondo non c’era la sicurezza che l’avrebbe letto solo lui, che soprattutto l’avrebbe letto, che Marco fosse un tipo dal senso dell’umorismo, che  conosceva la canzone, che, che, che… ma il mio istinto mi diceva di farlo e mi buttai.
La mia incoscienza raggiunse picchi altissimi quella sera.
Nel foglio avevo scritto:
“Per il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda, se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…io vorrei catturare te…
Ciao Sherikel”
Lo lasciai nel tavolino per poi fuggire via trascinando la mia amata compagna di follie.
Quella stessa sera avevo la sana intenzione di tornare almeno una settimana più tardi per vedere la reazione, invece, alla fine, tornai al locale ‘appena’ il giorno dopo!
Ad accompagnarmi, però, non era solo la solita Irene… bensì anche tutto il mio gruppo al completo più una mia cara amica, la mia gemella virtuale, Saya. Io e lei andiamo molto d’accordo, siamo pressoché identiche per cui gemelle e poi siamo entrambe figlie di Kyo Soma (da Furuba), in sostanza siamo due gatte terribili!
Lei non abitava vicino a noi, per cui era venuta per stare una giornata insieme… e che giornata!
La serata si concluse degnamente… degnamente è una parola grossa, diciamo che si concluse in maniera incisiva che tutti ricorderanno ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Feci per prima la mia entrata trionfale nel pub ormai famoso, impettita e sicurissima di me per poi inciampare e quasi cadere appena lui, Marco, mi passò davanti salutandomi come nulla fosse.
Salutandomi.
Ed io poteri morire se non lo salutai a mia volta… infatti quello che scrive ora è il mio spirito dal momento che non ho ricambiato il saluto, imbambolata com’ero a guardarlo e a non cadere del tutto.
Divenni di molti colori in volto ma mi trattenei e andai dritta al tavolo, sempre quello in fondo dove potevo avere la completa visuale della sala.
Notando la mia espressione iniziale mi chiesero cosa mi fosse preso così spiegai l’accaduto e il commento di Stefania fu:
- Spero che tu non gli abbia scritto una frase con tremila parolacce, essendo una frase di Eminem non mi convince! -
Rimasi male della poca fiducia ma ovviamente fu tutto un continuo scherzo nei miei confronti.
Le avevo tutte dalla mia parte ma il problema principale fu: quale sarebbe stata la mossa successiva?
Ma soprattutto: avrà letto il messaggio?
Come sapere quelle cose?
Ci guardammo incuriositi e quando ancora riflettevamo sul da farsi arrivò proprio Marco, il mio dolce angelo biondo, per prendere le ordinazioni ed io in un secondo ferma immagine pietrificai il mio volto dall’espressione stralunata, non ero preparata!
Con un’attenzione maniacale mi ripresi solo per osservare ogni minimo dettaglio del suo volto.
Nessuno sapeva ancora chi era il misterioso mito fantastico, per cui non fecero espressioni strane.
Ordinarono mentre sia io che Irene lo fissavamo sfacciate per capire qualcosa, il suo volto assumeva arie semplici e simpatiche, sorridente come sempre, nulla di particolare…  eppure giurerei che i suoi occhi dorati si fossero soffermati maggiormente su di me. Ne ero strasicura. Anche se effettivamente ‘Sherikel’ poteva essere anche Irene, per quel che lui ne sapeva e a ripensarci bene, forse, si soffermò di più entrambe.
Io finii così per chiedere qualcosa a caso, qualcosa, però, della quale non potevo certo mai fare a meno:
- Una birra! -
Siccome si tratta di lui, non posso dimenticare nessuna delle parole che lui mi ha rivolto nel corso di tutta la nostra storia:
- Bionda, rossa, verde…? -
Io alzai un sopracciglio… aveva il senso dell’umorismo, un'altra preziosa informazione: perfetto, esattamente una dote essenziale in un ragazzo. Se avessi potuto avere i cuoricini al posto degli occhi mi sarebbero sicuramente apparsi. Mi limitai ad una pronta risposta data senza riflettere, come mio solito, giusto perché volevo conversare con lui il più possibile:
- Verde! -
Lui rise divertito e compiaciuto della risposta, probabilmente anche lui preferiva chi sapeva stare agli scherzi.
- No, bionda… -
Corressi poi onde evitare che mi portasse strani intrugli verdastri!
Quando se ne andò mormorai sotto voce per non farmi sentire:
- Marco è lui… -
Il coretto si levò dal tavolo urlante:
- DAVVERO? È LUI? BE’, E’ MOLTO CARINO, HAI RAGIONE! -
Io nascosi la testa fra le braccia sperando che non avesse sentito, poi alzai le spalle e sentii i loro pareri.
- Secondo me si è soffermato di più a guardare sia Irene che te… ma questo perché non sa che Sherikel sei tu! -
Disse tecnicamente Giulia, una ragazza dallo stile dark e la forte personalità.
Questo mi rincuorò, poteva significare che aveva letto il biglietto.
- Si, ma questo non assicura che abbia letto il biglietto, può anche essere che un suo collega l’abbia buttato credendolo uno scherzo e non glielo abbia fatto leggere… -
Sentenziò razionale e calma Irene, io le lanciai un’occhiataccia!
- No! Sento che l’ha letto! -
Borbottai brusca.
- Si, però anche se l’ha letto non sa chi delle due è Sherikel e magari non si pronuncia perché vuole saperlo. -
Concordò Saya, lei era la mia gemella e quindi era ovvio che mi capisse meglio degli altri.
- Allora dovete chiamarmi ad alta voce per nome quando lui è nelle vicinanze! -
Sentenziai io convinta e subito fui accontentata, Marco non era molto lontano e il nostro amico impulsivo Cristian gridò a squarciagola:
- Sherikel! Cosa hai fatto! -
Io lo guardai come fosse un alieno da ammazzare. Maledetto, mi imbarazzò all’idea che effettivamente potesse funzionare, in forte contrasto con me stessa gli diedi un calcione ma poi alzai lo sguardo speranzosa verso Marco per vedere che reazione aveva avuto. All’apparenza nulla… oddio, il dubbio mi uccideva e lo espressi subito:
- Ci vuole qualcuno che glielo chieda, che abbia la faccia tosta di andare là da lui e dirgli: ‘hai ricevuto un certo biglietto da una certa pazza?’ -
Mi autodefinii tale da sola; tutti asserirono, effettivamente era la cosa più sensata da fare, così poi avremmo potuto fare il passo successivo.
Ci guardammo fra noi chiedendoci chi potesse fare una cosa del genere, normalmente ero io quella dalla faccia tosta, ma io ero eliminata dal gioco per cui l’attenzione di ognuno si spostò sulla mia gemella virtuale: Saya!
Lei era perfetta, il classico tipo da fare queste cose, senza nessun problema.
Nuovamente, però, il contrasto in me si fece avanti, ero felice di poter venire finalmente a sapere se aveva o no letto il biglietto, ma al contempo mi imbarazzava l’idea e mi mandava in tilt.
Saya stava per alzarsi ma io la fermai al volo, non potevo assolutamente permetterlo, non ancora:
- No, non sono pronta psicologicamente! -
Così non andò, rimanemmo nel buio della nostra ignoranza a crogiolarci sul: lo saprà o no? L’avrà letto o no?
Mi consolò il fatto che perfino a Stefania, che non le piacevano mai i biondi, l’apprezzasse fisicamente.
Marco passava di lì spesso ed ogni volta lanciava lo sguardo furtivo che io pronta captavo… peccato che non fossero gli unici sguardi ad essere lanciati!
Dico ‘peccato’ perché questi a cui mi riferisco non erano discreti, anzi: spudorati e sfacciati. Da farmi vergognare.
Tutti i membri del mio gruppo, quella sera eravamo in sei me esclusa ovviamente, ogni volta che lui passava si fermavano di botto dal parlare animatamente, lo fissavano con facce da pasce lesso puntando quei loro occhi sgranati e curiosi sul povero ragazzo, infine tornavano a parlare animati come se nulla fosse… non dopo, però, essere stati sgridati da me. Gli ordinavo sempre di non fissarlo in quel modo, di essere disinvolti o per lo meno di non fare espressioni particolari… invece loro puntualmente ogni santa volta si fermavano e gli regalavano le loro fisionomie da pesce!
Imbarazzanti.
E imbarazzante lo era anche il fatto che dopo il suo passaggio, il mio bell’uomo, svoltato l’angolo, lo si vedeva ridacchiare divertito!
Che momenti terribili… e l’ilarità era sempre maggiore!
Finché al nostro tavolo non arrivò un altro cameriere, tale Daniele, conoscente di Stefania, costui era un amico di suo fratello.
Daniele aveva riconosciuto la nostra amica ed era venuto a salutarla, parlarono un po’ del più e del meno poi lui guardò il tavolo e mettendolo a posto disse di punto in bianco:
- Chi di voi è Sherikel? -
Tutti zitti, il gelo calò mentre i miei amici mi fissarono alla velocità della luce costringendomi a rispondere. Con maestria feci la parte dell’attrice consumata, una tipa tutta d’un pezzo con nessun problema al mondo, a parte l’apocalisse che mi si agitava dentro.
Risposi fiera, come nulla fosse:
- Io! -
Lui fece uno strano sorrisino che non mi convinse, poi continuò:
- Hai scritto tu, ieri, un biglietto a Marco? -
Tutti tornarono a guardarmi con facce comicamente tese, sembrava che assistessero ad un film di alta suspense, erano molto buffi ma non avevo il tempo di notarlo allora!
Così con la mia faccia tostissima asserii:
- Si! -
Nel frattempo la mia aritmia andò a mille, il cuore mi sembrava dovesse uscire da un momento all’altro dalla gola, dentro di me ero proprio in crisi, non sapevo assolutamente cosa fare e il sudore mi colava lungo le guance, sudore freddo. Penso che se mi avessero solo sfiorata sarei saltata fino al soffitto.
Ebbene mentre io immaginavo la morte, lui se ne andò via tranquillo lasciandoci(mi) in  quel modo pietoso!
A quel punto tutti rimasero in silenzio guardando me e lui che si allontanava, cercando di capire cosa ciò significasse. Fu Stefania ragionevolmente arrabbiata  a richiamarlo:
- Ma scusa, cosa ha detto lui? Cosa ne pensa? -
Lui rispose:
- E che ne so? Mica me l’ha detto! -
Calò di parecchi punti sulla mia lista di gradimento, nonostante avesse un bel fondoschiena sembrava un cafone schizzato.
- Vai a chiederglielo poi diccelo, no? -
Gli ordinò quindi lei, l’avrei baciata per questo!
Io onestamente ero sull’orlo del crollo, fra la tensione di tutta la serata, giustificata, i sorrisini e gli sguardi di Marco… lui stesso che non mi lasciava pace con la sua bellezza… come potevo rimanere integra?
Daniele così sparì mollandoci in quello stato per tutto il resto della serata; nel frattempo feci a pezzi tutti i tovaglioli.
Tornò dopo molta attesa, io non ce la facevo più anche se facevo impulsivamente le cose più assurde ma poi la tortura terminò e Daniele mi si avvicinò e mi disse discreto e fintamente dispiaciuto:
- Ha detto che ha la ragazza e che non è interessato, mi spiace. -
Non ci fu tempo di realizzare risposte decenti, tanto meno di elaborare pensieri coerenti sul fatto di credergli o meno, poteva sempre aver fatto finta.
Dissi solo tranquilla mantenendo un sangue freddo che in realtà non avevo, ammirata da tutti per questo:
- Pazienza! -
Come se all’apparenza me ne importasse poco. Bugiarda: ero definitivamente venuta a mancare, dentro di me!
Lanciai un urlo, quando lui si allontanò.
La domanda sul cosa fare ora mi arrivò mentre volevo piangere e strapparmi i capelli per le pessime figure fatte per nulla, ma quando Marco passò dal tavolo e mi guardò a lungo, ora sapeva chi era Sherikel, non ebbi più dubbi.
Sarei tornata e ritornata mille e mille volte senza mai perdermi d’animo!
Chi ci credeva alla scusa della fidanzata? Era la classica che si tirava quando non ci si voleva esporre o mettere in mezzo a cose strane ed impreviste.
Ne ero sicura e lo fui per sempre!
La serata finì fra mille risa e battute che non si sprecarono.
Tanto lo sapevo, la mia sfortuna in campo amoroso mi perseguitava come una mosca con la cacca!
Tornammo ovviamente tantissime volte in quel pub ignorando le figuracce che facevo in continuazione, quella più grande che avevo fatto ed ogni altro divieto morale che la mia coscienza (ne avevo una anni fa) mi imponeva.

Una sera Marco non c’era ed io disperata ero molto depressa e di pessimo umore.
Quella volta eravamo io, Stefania, Cristian ed Irene.
Quei dannati antipatici presero a cantare per prendermi in giro la canzone di Laura Pausini, La Solitudine.
Con quel loro urlato e stonato:
- MAAARCO SE NE è ANDATO E NON RITORNA Piùùùùùùùù!!!! E IL TREEEEENO DELLE SEETTE E TRENTA SENZA LUUUUIIII….-
E via dicendo.
Medesimo imbarazzo, medesima figura di merda che non fu l’ultima e nemmeno la migliore; arrabbiata nera per l’assenza del mio cuccioletto e per il loro canto irrispettoso, mi alzai dal tavolo e mi sedetti in quello dietro infuriata, girai le spalle al mio posto libero e cacciai il broncio come una bambina.
Fu lì che arrivò Daniele per parlare con Stefania e salutarla, si intrufolò proprio al mio posto dando a me le spalle e il suo bel sedere. Così per vendicarmi mi sporsi dal suo lato e senza farmi vedere da lui ma solo dai miei amici, cominciai a fare le boccacce in loro direzione come una bambina piccola. Loro cercarono di trattenersi ma ad un certo punto si misero a ridere sganasciati, il povero ragazzo pensando che ridessero di lui si voltò e mi vide in piena smorfia di scherno… io mi fermai impreparata in quella posa e Daniele probabilmente pensò che fosse diretta a lui e che stessimo tutti prendendolo in giro, così prese e se ne andò seccato.
Ci rimasi male anche io, un po’, ma non più di tanto, l’importante era che Marco non mi avesse visto in quello stato!
Fu divertente, ridemmo a spese di qualcun altro, però ci tenevamo la pancia dal ridere!
Memorabile, quella volta!
Come anche memorabile fu un'altra nella quale con noi, sempre e solo noi (c’era anche Giulia), venne un amico di Stefania conosciuto da poco, lei non sapeva com’era ed effettivamente fu una sorpresa per tutti constatare che era brutto, noioso e anonimo.
Ci pentimmo a lungo di averlo fatto venire… fino ad un certo punto in cui al nostro tavolo venne il famoso ed amato mio Marco, sorridente e radioso più che mai salutò da amicone quel tipo. Sembravano conoscersi da molto, come fossero amici d’infanzia. Parlarono a lungo mentre noi tutti lo guardavamo scandalizzati: e lui e Marco e Marco e lui… volevo mangiarmi il mio comportamento ostile nei confronti del poveretto, avrei voluto essergli folle amica così da poter conoscere anche Marco… ma come immobilizzata, muta, colpita da un fulmine, rimasi secca a guardare i due che parlavano in confidenza.
Volevo uccidere un paio di persone, giusto per sfogare quanto mi tenevo ancora dentro.
Quando il biondo se ne andò noi assalimmo il ragazzo, lui spaventato ci guardò e ci spiegò che si conoscevano solo di vista, erano alla stessa scuola superiore, in classi differenti e anni differenti. Marco era un tipo famoso a scuola, irrequieto, finiva spesso dal preside e quando si arrabbiava con un calcio buttava giù una porta. Era un tipo allegro e simpatico ma veniva bocciato e così l’aveva perso di vista.
In realtà si erano parlati si e no una o due volte e di sfuggita.
Io ero a dir poco scandalizzata, mi guardai con gli altri amici e mi ripetevo le parole appena sentite analizzandole e rielaborandole, poi guardai Irene e chiesi spiegazioni maggiori, così lei esauriente disse:
- Che senso aveva che venisse a fare la parte dell’amicone con lui che nemmeno lo conosceva quasi? -
Qualcuno disse:
- Secondo me l’ha fatto apposta, quando ha visto che lui era a questo tavolo ne ha approfittato! -
- Si, probabilmente voleva godere nel vedere la tua faccia, Sherikel, sei stata degna da film comico! -
Io fra tutti i discorsi e le ipotesi compresi che in qualche modo c’ero di mezzo io!
Mai persona fu più felice di me in quell’istante.
Gioia e gaudio!
Lentamente stavo scoprendo molte cose interessanti su di lui: era una persona socievole, allegra e di spirito, stava agli scherzi, aveva il senso dell’umorismo e sempre la battuta pronta, un sorriso da infarto, un aspetto meraviglioso, un fascino incredibile ed un temperamento assolutamente non da principe angelico, tutt’altro; era forte e sicuro, sapeva combinare i suoi guai ed era meglio non farlo arrabbiare, celava dietro quella facciata una personalità irrequieta, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Chissà quante altre cose potevo scoprire!
Ero molto contenta per la piega che aveva preso la serata e quella notte rielaborai tutte le informazioni e le teorie fatte insieme.
La storia aveva preso una piega interessante!

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Capitolo 2
*** la svolta ***


PARTE SECONDA:
LA SVOLTA

" A lungo andare logora, questo comportamento… bisogna solo considerare di più gli altri, non concentrarci su noi stessi ma metterci nei panni degli altri. Tutti hanno problemi, hai ragione… per non scoppiare e soffrire serve una valvola di sfogo che non faccia male a chi ci sta intorno, altrimenti ci si auto compatisce e non va bene così… "

Nella mia storia platonica con Marco ero arrivata tutto sommato ad un buon punto, ormai ci conoscevamo, lui mi salutava sempre ed io ovviamente ricambiavo, veniva a servirci per primo, sempre lui, senza mai farci aspettare e quando lui non c’era al contrario dovevamo attendere secoli e secoli. Ben presto fu considerato il mio cameriere personale, tuttavia continuavo sempre a fare le mie figuracce mega: come ad esempio una volta che per fermarlo e chiedergli ancora qualcosa oltre alla prima rata di birra, allungai un braccio sbarrandogli la strada e schioccando istintivamente le dita… fu imbarazzante!

Lui si fermò e mi guardò ridendo di gusto rifacendo il gesto poi mi disse che era un modo originale di chiamarlo al che io divenni rossa, era uno dei pochi in grado di farmi andare in caos… ora sono così sfacciata che non succede più nemmeno quello!
Un’altra in cui mi feci notare fu quando chiesi alle 22.00 di sera un cappuccino: fu traumatico per me sapere da lui che in un pub a quell’ora non si facevano cappuccini, ma solo caffé macchiati o lisci!
Insistetti, anzi fu divertente perché quando mi spiegò che non ne facevano ma che se volevo mi portava uno macchiato, lo guardai allibita, poi shockata, infine insistente. Dissi così delusa e capricciosa:
- Ma io voglio il cappuccino! -
Lui mi guardò ridendo così realizzai un volta di più quanto fosse affascinante e quanto io riuscissi a farlo divertire!
Un’altra volta ancora mi capitò, scendendo dalle scale mobili dello spiazzo davanti al locale, di alzare lo sguardo e vedere proprio il mio angelo affacciato che guardava giù. Quando mi vide mi salutò sorridente ed io invece di ricambiarlo radiosa e fare bella figura, inciampai sugli scalini, quasi caddi e al posto del: ‘ciao’ , dissi:
- Merda! -
Ormai ero un caso disperato, entrambi sapevamo che almeno una volta a serata dovevo fare qualcosa di strano e imprevedibile, anche se a dire il vero la fama che mi ero fatta mi stava bene.

La pausa estiva mi lasciò traumatizzata, in crisi d’astinenza!
Si trattarono di due settimane nelle quali andai in Sicilia dai miei parenti; non vedendolo per tutto quel tempo infinito e non facendocela più, volevo assolutamente tornare da lui il prima possibile.
Sfiga volle, però, che proprio l’ultimo giorno di vacanza io mi storsi la caviglia sopra una vecchia storta.
Avevo il piede fasciato e la stampella per evitare di sforzarlo (il viaggio di ritorno in treno fu un trauma immenso, ma non paragonabile a quello della lontananza da Marco!); ebbene una volta tornata a casa riuscii ad andare da lui e quando finalmente fui nel suo locale venne subito al nostro tavolo.
Io ero lì che già mi beavo della sua bellezza, aveva i capelli un pochino più lunghi, mossi e sistemati con una leggera spruzzata di gel per domarli sulla fronte. Salutò allegro, non ho mai capito come faceva ad essere sempre così allegro, e ci chiese dove eravamo finiti poiché eravamo stati via a lungo:
- In vacanza, in Sicilia… ma come vedi siamo tornati! -
Come per dire: ‘non ti libererai mai di noi!’
Dopo di ché notò la mia stampella e mi chiese mostrando della preoccupazione o forse semplice interesse:
- Cosa è successo? -
Io non credevo che si stesse rivolgendo veramente e direttamente a me, cioè non al gruppo in generale ma proprio esclusivamente a me, mi sembrava impossibile però non mi feci cogliere impreparata e dissi:
- Una caduta in vacanza… mi sono storta la caviglia, ma ormai ci sono abituata! -
Per me ogni cosa uscisse dal suo sguardo o dalla sua voce era sinonimo di divino quindi pendevo dalle sue labbra, mi fece un incoraggiamento e un augurio di guarigione, poi fece il suo lavoro e abbandonò il tavolo.
Ebbene, solo per quello rimasi tutta la serata in una nuvoletta, tutta sognante… figurarsi se quasi non svenni quando, un paio di volte dopo, i miei amici mi dissero maliziosamente ironici:
- Si ma hai notato che ogni volta che deve prendere oppure portarci, si infila sempre nello spazio vicino a te? E se non c’è se lo crea lui! -
Io ovviamente questo l’avevo notato, ma sentirmelo dire da loro fu molto più soddisfacente.
Dopo di quello presi a chiamarlo per nome e lui rispondeva naturale, come fosse normale, senza seccarsi o quant’altro; ne ero molto felice, ovviamente.

Una sera davo le spalle alla sala e immersa nei discorsi con gli altri non facevo attenzione a nessuno, improvvisamente vidi il viso di Marco vicino a me che spuntava per chiedere cosa volessimo da bere quella sera, io saltai nella sedia appiattendomi contro il muro dietro di me senza però staccargli gli occhi di dosso: troppo improvviso, inaspettato… troppo bello!
Solo brevemente vidi lo sguardo di Stefania davanti a me che ci guardava attenta, come se avesse capito qualcosa. Altre volte si piazzava lì facendomi prendere gli stessi spaventi, al colmo della gioia ma sempre spaventi erano…
- Ma Stefania, che c’è che lo guardi così? -
Le chiesi infine. Lei, molto attenta a questi particolari, m’illuminò d‘immenso:
- Ma non vedi come siamo messi? Là, all’opposto della tua posizione, c’è un posto libero dove è più comodo mettersi per i camerieri, infatti gli altri che ci hanno lasciato da bere andavano da quella parte. Lì vicino a te non c’è spazio, siete messi stretti… ma lui ogni volta si infila proprio lì! Non è strano? -
- E’ vero… molto indicativo… -
Rispose un’altra mentre io ponderavo su quanto appreso e luccicavo di luce mia:
Era vero, sì!
- Fantastico! -
Conclusi battendo le mani e sprizzando scintille elettriche da ogni parte di me stessa.
Le cose in un certo senso andavano avanti, progredivano bene. Nonostante fosse iniziata in quel modo deludente aspettando ed avendo pazienza le cose non erano andate così male.
Il problema si presentò, però, proprio a quel punto del nostro strano rapporto: come smuoverlo?
Qual era il passo decisivo per diventare più di quello che eravamo? Di fatto ancora nulla… conoscenti, sicuramente non amici; insomma, eravamo ancora un cameriere e una cliente e la cosa comunque mi intristiva un po’, mi seccava. Era bello come stava andando, ma sarebbe stato tutto superficiale.
Mi sembrava sempre irraggiungibile, di un altro pianeta e a onor del vero in quel periodo non splendevo molto, cioè c’era qualcosa che non andava.
Un po’ con gli amici, un po’ i soliti litigi col padre che bene o male tutti hanno, un po’ con me stessa che sentivo il bisogno di una persona accanto solo per me, da cui rifugiarmi, sentire e avere.
Accadde proprio lì.
Quella settimana avevo avuto una litigata furiosa con mio padre dove mi ero arrabbiata molto con lui, non è che io abbia mai avuto problemi in famiglia ma diciamo che mi scontro spesso con lui per i nostri tipi di caratteri.
Quindi in quell’occasione in cui avevo bisogno di distrarmi e rilassarmi, finì con una ciliegina sulla torta: litigai anche con Stefania e Cristian.
Non spiego il motivo, diciamo che era un periodo nero per tutti e loro non venivano incontro a qualcuno che poteva star male ugualmente; sarebbe lungo spiegare e difficile, posso però dire che in seguito facemmo pace subito.
Tuttavia quella sera mi bastò abbondantemente per credere che fra noi fosse tutto finito e per farmi piangere di rabbia come una fontana, contro ogni mia volontà ed orgoglio… e finire da sola al mio pub preferito, dove stavo bene e potevo riprendermi!
Non avevo voglia di tornare a casa, dare spiegazioni, stare con altri che cercavano di tirarmi su… avevo solo voglia di stare sola per cui me ne andai al mio rifugio.
Non era giorno di piena, anche se di gente ce n’era in media quantità.
Avevo gli occhi rossi gonfi di lacrime che ero riuscita a fermare, un espressione tetra e dura, incenerivo chiunque mi si avvicinasse.
Mi misi in un tavolo singolo nell’angolo della solita sala senza guardare in faccia nessuno, riflettevo ancora sulle parole che ci eravamo detti poco prima, su cosa avrei dovuto e potuto fare, sulle colpe e sui meriti, quindi non vidi arrivare Marco.
All’inizio con la sua aria allegra disse con un fondo di stupore nel vedermi sola:
- Ehilà, come mai sola, oggi? -
Io alzai di scatto la testa verso di lui, non mi aspettavo il suo arrivo per cui non mi preoccupai di mostrare un espressione meno irata, lo vidi irrigidirsi impercettibilmente. Sicuramente rimase impressionato da me e dallo stato in cui ero, tanto più che avevo dei semplici pantaloni sportivi e scoloriti, una felpa nera col cappuccio e i capelli spettinati: poco presentabile insomma, meno del solito.
- Cosa è successo? -
Mi chiese subito con un inclinazione della voce meno allegra, più seria e gentile; volevo illudermi che fosse veramente interessato, che altri al posto suo non mi avrebbero chiesto nulla, volevo far finta che almeno lui, quella sera, fosse dalla mia parte e potesse tirarmi su senza essere invadente o darmi fastidio.
Mi trovai un po’ smarrita, non sapevo cosa dire e cosa fare, tirai su col naso come una bambina e sentii subito, appena provai a parlare, il nodo riformarsi e le lacrime che premevano di nuovo… dovevo dire che avevo litigato con la mia migliore amica e che forse era tutto finito, un amicizia durata anni, dovevo dire anche che non credevo più ai sentimenti che legano le persone (famiglia esclusa poiché io con la mia ci stavo bene ad ogni modo).
- Ecco… momentaccio… -
Riuscii a dire solo quello mantenendo una voce meno strozzata e inclinata al pianto, sapevo che riparlarne con qualcuno mi avrebbe provocato di nuovo dolore.
Lui accennò ad un sorriso che non saprei interpretare, forse di incoraggiamento; penso che capì che non era il caso di insistere, si vedeva subito che ero ‘nera’, così con più dolcezza mi disse:
- Capita… forza… -
Provai a fare quel che si dice un sorriso di ringraziamento, ma mi salì solo una smorfia malinconica.
Credo che quella sera mi ‘vide’ per la prima volta.
Nacque un certo imbarazzo perché nemmeno lui sapeva cosa fare:
- Cosa ti porto? -
- Una birra… bionda… -
Sorrise ricordandosi quella volta in cui io non ero stata precisa e mi aveva chiesto di che tipo la volessi mettendoci anche un bel ‘verde’ di mezzo, sapeva che anche io mi riferivo alla stessa cosa e se riuscivo a fare riferimenti di quel tipo, me lo dissi anche io, non ero poi tanto male, tuttavia ancora non me la sentivo di sorridere come facevo sempre per lui.
Non mi tirai su subito, però ammetto che se ci riuscii fu merito di Marco; riflettei che per una volta potevo averlo tutto per me e piangermi addosso sarebbe stato uno spreco, così mi diedi della stupida e trovai in me, come al solito, la forza di andare avanti, di vivere a modo mio in maniera stravagante.
Non feci espressioni gioiose, ma smisi di avere quell’aria da funerale, quando mi portò la birra gli chiesi dell’acqua così mi bagnai il fazzoletto di carta mettendomelo sugli occhi, non mi truccavo mai normalmente, quella sera men che meno!
Mi stavo ravvivando con calma e si notava… come si notava anche che ogni volta che lui passava mi guardava ammiccando amichevolmente al mio indirizzo. Penso di avergli fatto una certa impressione abituato ormai a vedermi in atteggiamenti buffi e divertenti, poco seri, insomma. Sicuramente aveva subito una specie di shock, rendendosi conto solo ora che avevo molto ancora da mostrare e che potevo essere più interessante di quel che sembrava d’impatto. Per lo meno ragionando su quella sera, immagino andò così.
Accantonai del tutto i miei problemi decisa a mandare tutti al diavolo, non li avrei ascoltati più Cristian e Stefania a meno che non si fossero scusati, ma anche in quel caso ero intenzionata a lasciar stare.
Di natura sono forte e nonostante i momenti down che capitano a tutti nella vita mi riprendo sempre in fretta o da sola o aiutata da qualcuno, detesto perdere troppo tempo a star male o per altri o per sciocchezze, io non credo ci siano mai motivi abbastanza grandi per piangere sulla propria vita, ma solo su quella degli altri quando si vedono bambini per strada che muoiono di fame o malattia, quando si sente parlare dell’Africa o dell’India, oppure quando si sente che una nuova guerra è iniziata. Io credo che vada bene star male per le stupidaggini che ci succedono, ma non rimanerci lì a lungo altrimenti la sofferenza di chi sta veramente male viene sprecata e dimenticata.
Con questa filosofia mi rialzo in fretta e trovo la forza dentro di me, credendo nella persona che sono senza demoralizzarmi con confronti e cose simili. Io so quello che sono, non gli altri e fare affidamento su qualcuno va bene ma fino ad un certo punto, perché devo sapere andare per la mia strada con la mia mentalità senza farmi influenzare.
Sono consigli di una persona preziosa che io stessa detti ad essa quando stava male.
Altre volte Marco mi chiese, passando davanti, se volessi qualcos’altro e quando finii la birra domandai un Gin Lemon, avevo sete ma non volevo acqua o succhi.
Mi sentivo decisamente meglio e quando mi portò da bere si sedette al mio tavolo. Potrei morire anche ora a ricordarlo, per me fu una sorpresa enorme che mi fece dimenticare del tutto quello che mi aveva demoralizzato e fatto arrabbiare quella sera.
Avevo lì davanti a me Marco che sorseggiava una birra e fumava una sigaretta.
Come inizio fece quello che sapeva far meglio: sorrise ed io andai sempre più in confusione!
- Ho un attimo di pausa, posso stare qui? -
Io trattenei il respiro quando lui parlò proprio diretto a me, ok, l’aveva già fatto ma da così vicino, cioè seduto di fronte a me, mai. Desiderai all’istante che il momento non finisse più.
- Si, prego… -
Arrossii solo in un primo momento, anche se ero sempre sognante non credevo ancora che rimanesse lì davanti a me. Non mi spiegai il motivo per cui lo fece ma ora penso di poterlo giustificare come curiosità nei miei confronti, prima di allora probabilmente si era limitato a definirmi pazza e strana, ora c’era qualcosa che l’aveva attirato ed io la definii solo sana curiosità… anche se non mi sembrava il tipo che gli piaceva farsi corteggiare o che stuzzicava chi gli moriva chiaramente dietro.
Tirò una boccata di fumo (eravamo nella sala fumatori ma io non fumavo e non fumo tutt’ora… ero lì perché ormai quello era il nostro posto) ed io notai come la sigaretta gli stesse bene fra le dita e poi fra le labbra. In generale ritengo che ci sono tipi che sono più belli quando fumano, non lo so, forse a livello di estetica… è una cosa complicata che non capisco seppure sono io a pensarlo. Io detesto il fumo, non ho mai tirato nemmeno una volta e avendo problemi respiratori, a volte, preferisco evitarlo, ma siccome tutti i miei amici fumano alla fine sono abituata anche a quello e riconosco che in alcune persone la sigaretta alla mano sta bene.
Marco è fra questi. Guardavo quindi assorbita la sua mano, le due dita affusolate che reggevano disinvolte la Camel, aveva delle belle mani e lo notai solo in quel momento che potevo vederle bene e con calma; a me piacciono le mani e le guardo sempre nei ragazzi. Ce ne sono di belle, curate, d’artista, con le unghie sistemate e non mangiate, le dita sottili ma non troppo, con un apparenza forte, non pelose o troppo venose o nodose, semplicemente belle. Quelle le adoro ed erano proprio le sue.
Prendendomi ancora una volta alla sprovvista cominciò a parlarmi, aveva un tono calmo ma con una sfumatura d‘interesse:
- Come va’? -
Io mi scossi dalla contemplazione delle mani:
- Vuoi? -
Mi chiese poi notandolo:
- No, non fumo… guardavo come la tieni… comunque sto piuttosto meglio, grazie! -
Avevo un tono di voce basso e non allegro come avrei voluto, avevo pianto molto quella sera e anche gridato quindi non avevo voglia di mostrare stati d’animo che ancora non sentivo, inoltre anche fisicamente ero stanca e spossata ma non volevo andarmene a casa, per nessuna ragione.
Mi sembrava di stare in un posto sospeso a metà fra la vita reale e quella finta, dove potevo stare bene senza far nulla, dove nessuno mi rompeva e mi portava ai miei doveri.
- Come mai sei nella sala fumatori, allora? -
Chiese senza capire.
- Ormai questi sono i miei angoli preferiti, ci mettiamo sempre qua con gli altri e sto bene qui… -
Lui fece un cenno affermativo, aveva uno sguardo diretto al mio, mi scrutava cercando di capire cosa mi passasse per la testa… almeno così mi sembrava.
Man mano che parlavamo la confusione e l’agitazione iniziale scemava, mi sentivo sempre più a mio agio e tranquilla e riuscivo a fare qualche piccolo sorrisino tirato, lui in compenso aveva quelle sue espressioni che andavano dalla seria alla divertita, cercava di tirarmi su ma non potevo dirgli che mi bastava che rimanesse lì e per me era a posto!
Lanciò uno sguardo al mio cellulare sul tavolo, notando che era spento, non volevo che nessuno mi rompesse, tanto a casa sapevano che ero da Stefania, lei pensava fossi a casa… quindi non mi preoccupai di nessuno, non volevo che mi rintracciassero.
- Allora, è un momentaccio, eh? -
Introdusse il discorso senza nemmeno sapere bene come fare, apprezzai il tentativo e pensai che forse riuscivo a parlarne senza rimettermi a piangere come una stupida, mi sentivo sempre scema quando piangevo, lo ritenevo un inutile segno di debolezza, io non lo ero e quindi era assurdo farlo!
Parlai con un sorriso di scusa inspiegabile che mi venne naturale e un tono basso, lui si appoggiò al tavolo per sentire e sorseggiò la sua birra.
- Si, capita… è una settimana nera… ho litigato con mio padre giorni fa, quindi il mio umore si è guastato per quello, poi è un periodo che coi miei amici non va‘. Io e la mia migliore amica ci stiamo allontanando e stasera abbiamo litigato di nuovo, ci siamo dette cose brutte, sai come succede, no? Una tira l’altra… e tutti rimangono male, poi. Contando che personalmente non sto troppo bene di natura, ora, per via di problemi personali legati a nulla se non a me stessa, è stato facile per me scoppiare… -
Mi ascoltò in silenzio e serio, non so quanto capì dal mio discorso confuso ma alla fine la voce mi tremò così decisi che bastava. Distolsi lo sguardo dal suo, io guardavo e guardo sempre negli occhi le persone quando parlo o quando parlano loro però in certi momenti non ci riesco, il suo sguardo era troppo diretto e penetrante, mi stava prestando attenzione ed era motivo d’imbarazzo in quell’attimo.
- Non preoccuparti, capisco sai… se sei tu per prima a non star bene è ovvio che finisce così, sono gli altri che ti sono intorno a dover capire… quelli che ti sono veramente legati… -
Mi sorprese il suo discorso, aveva tutta l’aria di qualcosa di serio e profondo.
- Si, è vero ma non penso di dovermi giustificare così, la colpa è mia come degli altri. Io devo saper accantonare i miei problemi quando sono con gli altri, tutti ne hanno e non è giusto poi prendersela con chi non c’entra… vero è comunque che anche lei, la mia amica, ha fatto esattamente la stessa cosa. Sai, il suo problema è che pensa che solo lei ha guai e che gli altri abbiano sciocchezze trascurabili… io vorrei farle capire che nel mondo ci sono cose peggiori della sua e che ognuno ha le magagne, ma questo non lo comprende. Quando fa la parte della vittima mi manda in bestia perché non considera gli altri e non si accorge se con chi si sfoga sta bene o male… -
Di natura io quando parlo faccio caos e non utilizzo un buon vocabolario, ma il fatto stesso di non dire parolacce nel discorso era una grande vittoria visto che di norma parlo come uno scaricatore di porto!
Mi resi conto di aver parlato troppo e me ne scusai imbarazzandomi ancora, però avevo rialzato lo sguardo, mi prendeva il discorso e mi sembrava uno sfogo personale… che avvenisse con lui mi faceva felice. Mi sentivo più leggera rispetto che se ne avessi parlato con qualcun altro.
- A lungo andare logora, questo comportamento… bisogna solo considerare di più gli altri, non concentrarci su noi stessi ma metterci nei panni degli altri. Tutti hanno problemi, hai ragione… per non scoppiare e soffrire serve una valvola di sfogo che non faccia male a chi ci sta intorno, altrimenti ci si auto compatisce e non va bene così… -
Marco sembrava aver capito appieno il discorso ed eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, la pensavamo uguale e andammo avanti a parlare di queste cose anche dopo la sua sigaretta e la birra, peccato però che fu richiamato al dovere e non poté rimanere oltre. Si vedeva che era un po’ dispiaciuto, penso che fosse stato bene e il risultato era divino anche per me, potevo dire di stare bene e non mi sembrava vero.
Quella sera me ne andai quando il locale chiuse, fui l’ultima e tornai alla macchina accompagnata da lui; non parlammo molto nel tragitto, diciamo che godemmo semplicemente l’uno della compagnia dell’altra. Sentivamo che si era creato qualcosa di nuovo, di diverso rispetto a prima… ci guardavamo con occhi diversi, la svolta che serviva era avvenuta, me ne resi conto a casa.
Per questo ora sono così contenta al solo parlarne, sono arrivata a questo punto della nostra storia, non stiamo insieme, non è successo veramente nulla di grandioso, ma a me sembra stupendo anche solo il momento in cui sono, quel qualcosa che aspettavo cambiasse fra noi è successo ed ora devo solo aspettare la sua prossima mossa.
Non vedo l’ora di rivederlo.



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Capitolo 3
*** Biglietto per una pazza stramba ***


PARTE TERZA:
BIGLIETTO PER UNA PAZZA SCATENATA

“ ’Vieni come sei
Come eri
Come voglio che tu sia
Come un amico’
Allora, ti va? Ok, non ‘come voglio (io)che tu sia’ ma come vuoi essere tu, naturale…
3484884442
Marco, il cameriere biondo!”


Sono curiosa di vedere cosa succederà oggi che torno al solito pub, dove lui c’è. Dopo quella sera non abbiamo avuto vere e proprie chiacchierate sempre a causa del suo lavoro, ma comunque mi saluta sempre chiedendomi come va’, io faccio altrettanto e con lo sguardo ci incrociamo e ci cerchiamo ogni volta, puntualmente. Anche quando mi metto in posti scomodi dove lui non può arrivare, almeno un giretto senza motivo dalle mie parti se le fa e mi saluta. Noto che quando cammina fra i tavoli c’è sempre molta gente, io lo fisso come una calamita, naturale, ma lui non può certo guardare uno ad uno i clienti per vedere se hanno bisogno di lui… vi cammina in mezzo ma non guarda le persone, però lo noto sempre e quando passa davanti al mio tavolo con i soliti amici (poi con Stefania si è sistemato tutto) lo sguardo lo butta. Non è casuale e generale come con gli altri, lo punta esclusivamente su di me, io lo noto perché lo guardo così finiamo per farci quasi sempre un cenno.
È un momento interessante, anche perché ogni volta che vado là so che almeno qualcosa succederà o se anche così non è sono contenta lo stesso perché in linea di massima le cose vanno bene ugualmente.
Entro accompagnata dai soliti e lui è lì che lavora, io sono vestita come sempre appariscente non di proposito. Noto che di sottofondo ci sono i Nirvana e come succede ogni volta che ci sono loro io mi metto a cantarli agitando il braccio in aria, con il pollice, l’indice e il mignolo aperti. Giusto per passare ulteriormente inosservata… quando faccio queste cose non ci rifletto mai, le faccio e basta!Così non mi becco solo gli sguardi di tutti i presenti ma anche di quelli di Marco, il che non mi dispiace affatto. Lui si mette a ridere vedendomi ed io abbasso il braccio con un ombra di vergogna… che cessa quando torna il ritornello di ‘Come as you are’ ed io riprendo la mia performance canora.
Continuo guardandolo, ridendo a mia volta, quando gli passo accanto mi da’ un scherzoso buffetto sulla schiena ed io sarei sicuramente andata in fiamme solo fino a qualche mese prima… e senza i Nirvana!
Irene e gli altri ci guardano senza capire da dove vengano tutti questi cambiamenti, non penso lo rivelerò mai, lo ritengo più che altro un segreto fra me e lui e questo pub; a pensarci bene tutti quelli che lavorano qua sanno gli sviluppi della nostra stramba storia e non mi dispiace, certo io sono più per la privacy ma adoro anche essere al centro dell’attenzione.
Viene come sempre Marco a prenderci l’ordinazione, come sempre si mette accanto a me, parliamo velocemente del più e del meno e poi viene richiamato al lavoro.
È una serata come tante, rido, scherzo, mi diverto e guardo il mio biondo preferito, gli sorrido e continuo a ridere e scherzare.
Quando mi porta la mia solita birra grande, insieme al foglietto del conto del tavolo mi lascia un altro biglietto, lì per lì penso sia solo un ulteriore scontrino, lui se ne va’ e io bevo. Solo dopo un attimo gli presto la giusta attenzione, lo apro e quel che vedo mi lascia lo stupore più totale seguito da una gioia incontaminata per la quale farei i classici salti di gioia, incontenibile quel che sento.
Sul foglio ecco una scritta a mano che dice:
“ ’Vieni come sei
Come eri
Come voglio che tu sia
Come un amico’
Allora, ti va? Ok, non ‘come voglio (io) che tu sia’ ma come vuoi essere tu, naturale…
3484884442
Marco, il cameriere biondo!”
- AAAH! - Mi sfugge istintivo un urlo quando leggo tutto, mi ha citato proprio Come as you are dei Nirvana e il mio biglietto dell‘altra volta! - Porca merda, mi ha dato il suo numero! -
Gli altri mi fissano con tanto d’occhi e sento una certa risatina all’angolo della sala accanto… certo, il mio urlo deve essere giunto fin di là da lui!
Boccheggio in un primo istante, non penso sia vero, di fatto è irreale, insperato, incredibile ma forse effettivamente è concreto…
Faccio leggere il biglietto a Irene che lo pronuncia ad alta voce e tutti scoppiano cominciando a farmi i complimenti felici per me… come se fossimo già sposati! Insomma, cerco di stare coi piedi per terra, non partire per la tangente come solo io arrivo a fare ma non è facile. Mi ripeto che è solo un biglietto, significa che vuole approfondire la nostra amicizia, cioè il nostro rapporto e di per se è positivissimo, ora io devo stare attenta a non rovinare tutto e fare la mossa giusta. Ci penso e ripenso a cosa dovrei fare mentre mille congetture e consigli, nonché domande, mi arrivano facendomi caos e confusione, infine guardo mia sorella. Solitamente lei mi conosce e sa cosa farei e cosa invece dovrei fare, la ritengo più saggia rispetto agli altri che tendono di solito a buttarsi a capofitto in qualsiasi storia solo per il gusto di farlo.
- Cosa faresti tu? -
Le chiedo a bruciapelo dopo essermi scervellata.
Lei mi fissa e si fa silenzio, ecco che sta per arrivare la sua perla di saggezza, le porgo tutta la mia attenzione:
- Sherikel, il punto è che non sono io… semplicemente fai quello che faresti senza pensarci troppo! È stato catturato da te spontanea, passionale e irruenta! Non stare a rifletterci, non è da te… se fai qualcosa di perfetto e giusto poi lui si accorgerebbe che quella non sei tu! -
Logica non troppo complicata per il mio cervello regredito, in un primo momento aveva usato un linguaggio complicato per i miei gusti ma poi conoscendomi l’ha semplificato.
- Devo essere me stessa! -
Concludo trionfale. Ho sempre sognato di sentirmi dire parole simili, da fanfic, insomma!
Mi esalta tantissimo la situazione e non sto più in me, prendo il numero e lo copio sul mio cellulare poi lo guardo e lo riguardo e continuo a guardarlo ancora beandomi della sua vista: è il numero più bello che abbia mai visto!
- Gli scrivo un sms così riceve il mio numero, intanto… poi aspetto domani, ora lui lavora ed è comunque inutile aspettarmi altro. Oddio, non mi sembra vero, ma vi rendete conto? -
Ho le guance in fiamme, me le batto per sbollirle e cercare di tornare normale ma è difficile, mi sembra di aver ricevuto qualche scossa elettrica. Che sogno!
Rimango con la testa fra le nuvole tutta la sera, gli altri parlano, io li guardo senza vederli, non credo ancora a quanto mi sta succedendo.

Io di natura sono un tipo di poche parole riguardo gli aggeggi telefonici, non mi piace usarli, tanto meno per parlare con qualcuno, mi inibiscono.
Il primo messaggio che gli scrivo è uno semplice:
‘Ciao, sono Sherikel, penso ormai che mi conosci. Questo è il mio numero.’
Non ho chiaro una tecnica per far si che lui mi scriva e parli con me a tutti i costi però ugualmente dopo nemmeno un ora ricevo la sua risposta:
‘Ciao, certo che ci conosciamo. Come va?’
Io mi metto di nuovo ad urlare, fortuna che sono sola in casa altrimenti mi sarei beccata un sacco di sguardi strani e avrei dovuto rispondere a tutti. Comincio a saltellare come una scimmia e senza trattenermi rido di felicità. Sto bene, non sono mai stata meglio prima e in questi momenti cosa vuoi che si dica? Che sto bene, ovvio!
È la verità e l’unico pensiero coerente e sensato che ho!
Così ci penso un attimo e gli rispondo:
‘ Io bene, tu? Una curiosità, di sera lavori, ma di giorno che fai?’
In breve intavoliamo circa due orette di conversazione dove ci conosciamo veramente facendoci domande e risposte su cose fra le più diverse: che vita facciamo, cosa pensiamo, come andiamo…
Eccone alcuni fra miei e suoi:
Lui: ‘Anche io bene. Di giorno mi godo il mio riposo, tu?’
Io: ‘ Logico, mi sembra giusto. Io studio e faccio qualche lavoretto…’
Lui: ‘ Tipo? Cosa studi?’
Io: ‘ Come lavoro, baby sitter, all’uni invece studio teologia! Strano, vero?’
Lui: ‘ Sorprendente, piuttosto! Poi farai la suora? ;)’
Io: ‘ Non sei il primo che me lo dice…insegnerò religione!’
Lui: ‘ Carino…devi andare d’accordo coi marmocchi!’
Io: ‘ Non ho pazienza ma poi divento come loro e stiamo molto bene insieme!’
Lui: ‘ Vorrei vederti in quei momenti, allora! Quindi tu sei credente…’
Io: ‘ Si, ma soprattutto mi piacciono le religioni in generale, tu?’
Lui: ‘ A dire il vero sono ateo, ma ammiro chi crede in qualcosa…’
Io: ‘ Avrò molto lavoro da fare, con te!’
Lui: ‘ :D Auguri!’
Poi arriva mia mamma che mi assegna i soliti lavori di casa da fare, mi ordina di togliermi dal computer e cambiare la ghiaia dei gatti, di dare una spazzata alla casa e di caricare la lavastoviglie. Sbotto e brontolo, non ho molta intenzione di staccarmi dal pc e dal cellulare ma se lavoro c’è poco da fare, non arrivo a scrivere… inoltre non vorrei finire subito la ricarica del cellulare, per non parlare delle 17. 30 che devo andare all’università!
Figuriamoci, ho mille cose da fare e chi riesce a concentrarsi così? Ho voglia solo di una cosa, di continuare a parlare con lui; effettivamente gli sms per me sono l’ideale, perché non si deve parlare a voce e posso pensare almeno un po’ a cosa dirgli, non vede se mi imbarazzo o se salto di gioia, posso fare tutte le facce strambe che voglio. Sto bene, mi piace tutto questo, l’avrò detto mille volte!
Anche mille volte l’ho detto mille volte!
Così gli spiego a malincuore i miei problemi e lo saluto dicendo che ci saremmo risentiti dopo… ovviamente nel frattempo gli squillo un paio di volte, cerco di trattenermi e non asfissiarlo ma se gli seccherebbe non mi risponderebbe. Io stessa detesto quando la gente mi scassa troppo, sono amante della libertà sotto ogni forma e per ogni cosa, quindi nonostante io sia presa così per lui cerco di non esagerare. Anche se non sembra, il cervello un po’ mi funziona.
Per punizione verso mia madre che mi ha interrotto, però, la tempesto di parole, vortici e vortici nei quali spiego per filo e per segno tutto quello che è successo la sera prima e che ci siamo detti nei messaggi… arricchito, il racconto, dei miei commenti personali e felicissimi!
Sono irriconoscibile, altro che musona maschiaccia irascibile…
Oddio, voglio vedere Marco!

È passato qualche giorno durante i quali ci siamo scambiati qualche messaggio ma non troppi, senza esagerare, insomma. Ci teniamo in contatto ed ormai abbiamo imboccato una strada che mi piace, so, o almeno immagino di sapere, dove condurrà questa via e non ho fretta di percorrerla perché so che questa è la parte migliore delle storie, la fase dell’innamoramento. Prima non lo conoscevo veramente, mi piaceva come può piacermi un attore della tv, è solo conoscendolo e stando in contatto con lui che ci si può innamorare e devo ammettere che questo sentimento cresce sempre più.
Prima ero felice perché era come un sogno irrealizzabile, sono quelle cose che si desiderano d’istinto… Marco è un bellissimo ragazzo, a mio parere, con quel fascino un po’ trascurato ma carismatico, il carattere che si può intuire mi incuriosisce e desidererei avere un fidanzato come lui, ma se fosse stato uno stronzo e antipatico l’avrei pestato e basta. Sono quelle cose che poi ti capitano e dopo averle desiderate ti sembra di stare su una nuvoletta, ci credi poco ma mano a mano che procede analizzi la cosa e quel che provi; ti piace e speri non si rovini tutto.
Io mi sento così.
Ad un certo punto della giornata, mi arriva un suo messaggio:
‘Posso chiamarti?’
Sto bevendo una birra, sono birra dipendente, in compagnia di Irene, Stefania e Cristian, a casa mia; mentre loro parlano ed io con loro leggo l’sms e ovviamente mi va di storto il sorso, lo sputo d’istinto addosso a chi ho davanti, Cristian, ma non mi allarmo più di tanto perché so che lui gli sputi in faccia ogni tanto li merita (che cattiva che sono), la vittima diventa di sasso ed il mio viso comincia a diventare rosso, poi bordeaux e infine viola. Prendo a tossire rendendomi conto che non mi sono rimessa ancora del tutto, gli altri mi guardano come se fossi un alieno ed io continuo a guardare il display del cellulare mentre stringo la bottiglietta di birra.
Infine il consueto urlo impanicato, comincio a saltellare di agitazione e dalle espressioni che faccio devo essere a dir poco buffa, mi fissano proprio da pazza. Quando finalmente mi chiedono cosa io abbia, li fisso ricordandomi della loro presenza e sentenzio in fibrillazione:
- Vuole chiamarmi! -
- Cosa? -
Si scatena un po’ di panico misto a felicità, uno dice di farmi chiamare, uno invece mi chiede cosa gli dico… ed io che cazzo ne so cosa gli dico? È lui che vuole chiamarmi, avrà lui qualcosa da dirmi!
 Accidenti… io adoro i ragazzi così che prendono l’iniziativa ma non in modo irruento ed esagerato… cioè… lui è perfetto, nonostante io prima l’abbia corteggiato apertamente e spudoratamente come normalmente non succede, insomma è il ragazzo in caso che fa così con la ragazza e non viceversa, ma ora le cose si sono stabilite ed è tutto così divino che non so cosa fare, odio il telefono, parlarci attraverso, così gli scrivo:
‘ Sei sicuro?’
Lui: ‘ Certo che sono sicuro, perché?’
Io: ‘ Ora?’
Lui: ‘ Si, sei occupata? Non ti va’?’
Io: ‘ No è che il telefono mi inibisce e mi imbarazzo…’
Lui: ‘ Non ti mangio…’
Io: ‘ Promesso?’
In risposta la sua chiamata.
Boccheggio e guardo l’apparecchio che squilla dicendo: ‘Drin Dirn-Rispondi al telefono-Drin Drin-Chiamano al telefono-Drin Drin-‘A rispondi a ‘sto cazzo de telefono?-Drin Drin-‘A li mortacci tua, rispondi a ‘sto minchia de telefonooooooo’
La mia suoneria originale e simpaticona ora mi fa piangere dalla disperazione. Fisso il display sul quale lampeggia il nome del chiamante: amore mio!
- Dai rispondi, scema! -
Ebbene si, lo farò, altrimenti magari Marco pensa male!
Sospirando preoccupata mi rassegno e schiaccio il tasto verde:
- Pronto? -
La mia voce è sottile ed incerta, trema.
- Ciao… -
La sua invece è chiara ed allegra, non ha mai problemi, immagino rida solare anche ora. La sua immagine nella mia mente mi rilassa un po’, scatto verso la porta d’entrata e mi siedo sullo scalino per parlare più in silenzio. Gli altri comunque ascoltano la conversazione con tanto d’orecchi! (certo non si ascolta con gli occhi o la bocca!!!)
- Ciao…scusa, non volevo non rispondere solo che sai il mio problema… -
- Si, mentale! - Suggeriscono dal soggiorno sentendo la mia frase, io impreco poco fine nella loro direzione, lui non capisce e pensa che me la sia presa con lui così devo anche spiegare l’equivoco con una varietà di colori incredibile in volto. Finisce che lui scoppia a ridere, di me immagino, ed io dopo un primo momento d’imbarazzo gli vado dietro, effettivamente è comica la situazione… un pochino…
- Se non inizi, non lo vincerai mai, sai? -
È ironico mentre lo dice ma so che ha ragione.
- Si, è vero, io mi adatto subito solo che è la prima idea di dover parlare al telefono, persino con gli amici mi viene l’agitazione se devo prendere su la cornetta, è più forte di me! -
Comincio a rilassarmi di più, merito suo ovviamente che mi parla come fossimo amici da secoli, in realtà non credo che siamo ancora amici. Più di conoscenti e meno di amici… credo…
- Allora, che stavi facendo? -
Cambia discorso, dal tono della voce potrebbe essere a casa disteso nel divano comodo con la televisione accesa che si riposa, anche se il suo sottofondo è silenzioso mentre il mio manda, guarda caso, Eminem!
- A dire il vero nulla, oggi non abbiamo l’università così sono quasi tutti i miei amici da me, è un porto di mare casa mia e ci viene chi vuole, sta quanto vuole, fa quel che vuole… non sono mai stati problemi, è stata un improvvisata. -
Sostiene una certa allegria, secondo quanto diciamo:
- E’ bello così, anche casa mia è uguale. Abito da solo in un appartamento e sono rare le volte in cui sono solo… -
- Sei un animale da compagnia, come me! -
Lui ride poi però abbassa la voce facendosi più serio ed in un certo senso affettuoso, ha sempre un tono squillante di norma e sentirlo così mi fa ricordare quella sera speciale.
- Vedo che avete fatto pace, poi… -
Si riferisce effettivamente anche lui a quella volta e ai miei amici, mantengo la sua inclinazione e rispondo:
- Si… tutto bene, i soliti equivoci che feriscono, l’importante poi è parlare e aggiustare… -
Liquido il discorso così e al suo silenzio, chissà a cosa sta pensando, chiedo:
- Tu che facevi? Come mai mi hai chiamato? -
- Io non facevo nulla, inizio il turno alle 18 così mi stavo solo rilassando, siccome non ho nessuno per casa, per ora, ho pensato di chiamarti… -
Sembra come sempre, quella sua felicità inspiegabile per la vita, eppure c’è un fondo, nella sua voce come di malinconia, non ne sono sicura.
- Tutto bene? -
- Perché? -
- E che ne so, rispondi! -
Rimane stupito e dice che va tutto bene, ma mi sembra sempre strano. Continuiamo a parlare per un po’, tanto paga lui, io sono sempre un po’ impacciata e lui più spigliato e ad un certo punto lo dice, come potrebbe dire: che prurito al fondoschiena!
- Ti va uno di questi pomeriggi di uscire con me? Ovviamente prima del mio turno di lavoro, quindi presto… -
Io trattengo di nuovo il respiro, elaboro quanto appreso e poi cado ufficialmente nel panico, di nuovo.
Ok, mi ha chiesto circa di uscire, di pomeriggio è meno imbarazzante per me, cazzo, perché sono timida coi ragazzi e sono uno scaricatore di porto con gli altri? È allucinante… ancora non ci credo, rispondo dopo un lungo silenzio di riflessione, durante il quale il tasso di felicità lentamente sale, finalmente poi rispondo:
- Si! Quando vuoi! -
Ehm, forse dovevo fare più la preziosa e dire: dipende quando, sai sono molto impegnata e non so…
Ma io non ce l’avrei mai fatta, ho reagito d’istinto, anzi, in fondo ci ho pensato anche troppo, non avrei mai potuto mettere l’incertezza dove ho tanta sicurezza!
Lui con la sua solita allegria:
- Perfetto! Facciamo sabato! Poi ci mettiamo d’accodo meglio, ok? -
- Si… -
Vado avanti a ‘si…’ sognanti per un bel po’, poi ci salutiamo che lui deve prepararsi ed andare a lavoro.
Chiudiamo la comunicazione, sto in silenzio a lungo mentre mi ripeto mentalmente che uscirò con lui da sola con Marco, l’uomo dei miei sogni!
Sospiro poi urlo di gioia, un urlo che si trasforma in uno di terrore.
Porco mondo esco con Marco e che faccio poi? Cosa dico? Come mi comporto?
La verità? Ho una paura fottuta!

Alla fine opto per uno dei miei tipici abbigliamenti, per essere più a mio agio. Metto sotto sopra la camera lo stesso per poi indossare maglia e pantaloni che erano sopra di tutti!
Ho dei pantaloni neri larghi con le cerniere su tutta la gamba, il cavallo basso e arricciati alle caviglie dove navigano, sopra invece una maglia dal taglio semplice e la stoffa leggera che cade liscia sulla pelle, non aderisce troppo ma non ingrassa nemmeno, anzi; è nera con uno scollo esagerato e sul petto (che io ho piuttosto prosperoso e oserei aggiungere: troppo!) c’è stampata una tigre con della stoffa in rilievo, color sabbia e nera per le ombre, è fatta bene e fa la sua figura invidiabile, poi, modestamente, si addice alla mia indole!
I capelli li lascio sciolti sulla schiena, ho rifatto le maches l’altro giorno e sono ancora di mille colori vivi… rosse, arancio, rosa, nere, bionde, castane. Mi assesto gli occhiali sul naso dopo essermi truccata leggermente, un trucco che consiste in un filo di matita nera nella parte inferiore dell’occhio e il mascara, Irene voleva mettermi altra roba tipo ombretti, fondotinta, rossetti o lucidalabbra ma io ho sgraziatamente rifiutato: ma dico, mi ci vedete con tutta quella roba in volto? Ma per favore!
Marco non mi riconoscerebbe nemmeno!
Marco… Oddio… ho pensato il suo nome disinvolta, come se fosse normale che ora lo vedo… diavolo, che roba!
Mi piace dire come niente fosse: ora vedo Marco!
Anzi, lo ripeto: ora vedo Marco!
E lo dico anche ad alta voce, convinta e soddisfatta:
- Ehi, ora vedo Marco! -
Finché non mi metto a ridacchiare da sola. Gli altri, tutti presenti per l’occasione, mi guardano come fossi impazzita e probabilmente è proprio questo.
Sono un caso senza speranza, ne sono convinta, ma intanto lo ripeto:
- Esco con Marco! -
Chissà perché scuotono la testa?

Ce l’ho davanti e penso di star vistosamente tremando, ma la mia facciata rimane sempre tutta d’un pezzo, ho l’aria naturale da menefreghista rilassata in qualunque ambiente e situazione, sono fatta così, anche se dentro mi si agita l’impossibile.
Dunque, ero rimasta a… Ah si: ce l’ho davanti. Quel che noto prima di ogni cosa è l’altezza, non avevo mai notato che fosse così alto ed è la cosa più importante perché lo è più di me ed è essenziale.
La seconda cosa che noto è quella che noto sempre: è bellissimo!
Cioè… non come lo è Brad Pitt, piuttosto come lo è Benjiamin McKanzie, anzi, è circa il suo sosia secondo il mio modesto parere, solo che ha l’aria più sveglia e spigliata, proprio da simpaticone.
La terza è l’abbigliamento: porta dei jeans stretti che gli fasciano fin troppo bene gambe e fondoschiena, dove io normalmente sbavo senza ritegno, una maglia nera maniche lunghe attillata ma non di quelle dove non respiri.
Sorride e mi saluta per la seconda volta, alla prima mi ero imbambolata a guardarlo:
- Oh, ciao… -
Mormoro finalmente e lui mi fa la solita domanda:
- Come va? -
Questo mi fa sciogliere, me lo chiede sempre dopo quella volta che mi ha visto star male:
- Bene, grazie… tu? -
Accentua il sorriso e dice che sta bene anche lui e dopo poco ci troviamo a parlare camminando per il centro cercando un bar che ci ispiri, è merito suo se nel giro di un attimo chiacchieriamo da grandi e vecchi amici, ha un ottima parlantina non di quelle esagerate e fastidiose, tiriamo entrambi fuori la battuta per rilassarci a vicenda ma fra noi quella più tesa sono sempre io.
Non ho mai fatto cose del genere e mi sento strana ma felice, si, insomma, le solite cose!
A sistemare definitivamente il mio stato d’animo è una persona anzi, quel che fa e dice o meglio facciamo poi noi.
Ci viene incontro e ci passa accanto, ci fissa insistente e poi è come se riconoscesse Marco, torna indietro e lo chiama, il mio biondo si gira e lo fissa cercando di ricordare chi sia ma non mi sembra abbiano un’espressione rilassata, qualcosa non mi convince. Mi faccio un po’ da parte senza ascoltare tutto quel che si dicono ma l’orecchio viene attirato da una frase di questo sconosciuto, non avrei mai voluto farmi i fatti loro ma proprio non ci sono riuscita a non sentire:
- Ma come non ti ricordi… tua sorella non ti ha parlato di me? -
Marco comincia ad incupirsi e non mi piace più la sua espressione, i suoi occhi azzurri diventano sempre più di fuoco.
- Mia sorella non credo abbia a che fare con te, conosco i suoi amici… -
La sua voce si indurisce, io mi allarmo sempre più avvicinandomi indiscreta. L’altro ribatte schernendolo:
- No, non sono suo amico, è storia vecchia… è stata un ottima amante, quando la rivedi salutamela… -
Marco non risponde, non so cosa pensa e cosa ci sia dietro, ma quello che dice mi piace sempre meno.
- Si tratta di 2 o 3 anni fa, è stato un colpo di fulmine, non ti ha mai raccontato la storia? È commovente… mi dispiace un po’ ma ho dovuto lasciarla, per me ha mandato a puttane il suo matrimonio ed una che cambia idea tanto facilmente potrebbe farlo sempre, non volevo fare la parte che ha fatto fare al marito… come sta, ora? Si sarà risposata quante volte? Ho visto che tipo era, interessante ma non seria… giusto da una scopata e via! -
Onestamente non credo a quel che sento, come può un essere umano essere così bastardo? Io non conosco la situazione e cosa significhi esattamente tutto questo ma trovo quest’uomo schifoso e nauseante, lo fisso come se fosse un alieno dall’aspetto orripilante, non oso immaginare com’è Marco… e poi questo stronzo mi sta rovinando la mia uscita con lui, non può farmi una cosa del genere.
Mi prudono all’istante le mani che apro e stringo a pugno in continuazione, i miei occhi prendono un inclinazione all’assassinio piuttosto evidenti, il sangue mi va alla testa, cosa facile per una come me e decido di non trattenermi più, la sua risatina scema mi fa agire all’istante e senza accorgermene io e Marco diciamo ed agiamo allo stesso momento, in maniera uguale:
- Brutto figlio di puttana! -
Ed entrambi i pugni si infrangono nel volto di quell’essere ignobile che viene sbattuto violentemente contro il muro.
Anche senza capire che cazzo diceva esattamente è da trucidare solo per il suo modo di fare, aggiungici che ha rovinato il mio appuntamento e il quadro del perfetto suicida è completo!
Stronzo!
Io e Marco ci guardiamo con il respiro un po’ affannato più per la rabbia che per altro, le pupille si restringono da dilatate che erano e notiamo entrambi che abbiamo la stessa identica espressione di ira misto stupore, mentre una sorta di soddisfazione sempre crescente si fa strada.
- Ora mi sento meglio! -
Anche questo lo diciamo insieme e torno in me arrossendo un po’, l’arrabbiatura scema immediatamente; lui ride battendomi la spalla ed io ne vengo contagiata, andiamo avanti così per un po’ mentre lasciamo il tipo a terra stordito.
È stato un ottimo diversivo per rompere del tutto il ghiaccio, in fin dei conti ora non potrei desiderare di meglio, una pestata ogni tanto in compagnia fa più che bene, no?
Il resto del pomeriggio fino alle 18.00 lo passiamo scherzando, lui mi racconta un po’ di sua sorella che ha avuto un matrimonio disastroso per cause ignote che non ha mai voluto spiegare a fondo, tutti le hanno lasciato la sua privacy e la sua disperazione, è caduta in depressione ed ora sta sempre peggio. Ora i conti tornano. Capisco che la sua famiglia non è molto felice come lui appare, lui è così allegro e spiritoso di natura, uno così è difficile da trovare… sono sempre più convinta che è la mia anima gemella.
- Sai, a dire il vero quando l’altro giorno ti ho chiamato, l’ho fatto perché avevo appena visto mia sorella. È pietosa ed ogni volta trascina nella sua tristezza chiunque la circondi, non sono mai riuscito a capirla anche se da piccoli eravamo molto affiatati. Mi ha stupito quella tua domanda su cosa avessi io… come l’avevi capito che c’era qualcosa? -
Io prendo una lunga sorsata di cioccolata, di pomeriggio preferisco quella, e sorrido imbarazzata; detesto quando mi ringraziano con un espressione così disarmante e sincera, non sopporto quando riconoscono che sono una specie di brava persona che considera chi mi sta intorno. Io che mi preoccupo per qualcuno? Ma siamo pazzi?
Invece lui mi sta scoprendo in ogni frangente, non bastavano le figure di merda che ho già fatto con lui!
- No, non so, mi sei sembrato strano, diverso… non che io abbia parlato con te tante volte, anzi, ma è stata una sensazione… mi dispiace per tua sorella, comunque. -
Lui mi fissa serio, incurva leggermente le sue labbra in un tenero sorriso come di ringraziamento e non mi toglie lo sguardo penetrante di dosso, giusto per finire di arrostirmi!
Capisce che non voglio cose sdolcinate o sentimentali, così rispetta questo chiaro messaggio che gli lancio e se ne sta in silenzio un momento ed io gliene sono grata.
Per il resto… beh, per il resto non sono mai stata meglio e sono contenta di non aver parlato come uno scaricatore di porto, come faccio sempre!

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Capitolo 4
*** come neve al sole ***


PARTE QUARTA:
COME NEVE AL SOLE

Siamo al suo pub, ormai è diventato il pub di Marco. Sempre le solite, meno Cristian, siamo tutte su di giri, cioè di ottimo umore. L’unico neo è che è sabato sera e Marco ha molto da fare, mi ha salutato ed abbiamo scambiato due parole in fretta, poi è stato ultra impegnato tutta la sera e questo mi avrebbe demoralizzato se non avessi avuto un buon umore e le altre sclerate tutte al mio servizio a sparare scemenze tutto il tempo. Siccome abbiamo come sempre qualcosa contro Cris, dopo aver sparlato di lui tutta la sera eccoci commentare che se non ci diamo una regolata col casino che stiamo facendo ci tagliano le teste e le mettono al posto di quelle indiane che ci sono d’abbellimento in giro per il locale. Poi inventiamo i nomi: Giulia sarebbe stata Testa Ricciuta per via dei ricci finti, io invece Testa Arcobaleno per il colore multiplo che ho, Stefania Testa Vuota e al momento di dire quella di Irene, esce quella di Cristian: Testa di Cazzo!

Penso sia il culmine della serata, non dico le risate che scoppiano, Irene addirittura piange ed io, anche se capisco a scoppio ritardato, rido ugualmente.
Carino anche quando faccio la gaffe di commentare ad alta voce l’idea che secondo me uno dei ragazzi seduti al tavolo accanto al nostro, è gay: quando questi si alza per andarsene ci dice che non lo è!
Sono tutte shockate e gelate, io alzo le spalle e quando se ne va commento cinicamente:
- Embè? Era una mia impressione, chi se ne frega se non lo è… cioè, lo conoscete? Dovete sposarlo? Siete loro sorelle? No, e allora che ve ne importa di quello che ha detto, pensato e fatto? Al diavolo, no? Ho fatto figure peggiori, non shockatevi troppo per questa! -
Anche se però non sono molto convinte della mia filosofia, riesco a spostare il loro shock su di me e non su quel tipo.
Molti punti di divertimento li abbiamo quando ci buttiamo le bucce dei bagigi l’una contro l’altra in una lotta serrata che mi porta a rimanere in canottiera nera, facciamo così tante scemate che non sappiamo più per cosa ridere per prima. Era da molto che non passavamo una serata simile e quando sono convinta che ci stanno per buttare fuori vedo Marco sedersi al tavolo poco lontano dal nostro, con dei suoi colleghi e parlare di lavoro. Lì per lì mi chiedo perché non venga da me ma poi effettivamente ammetto che dopo una serata intera dove io ho riso come una cretina e lui ha faticato come uno che lavora, forse ha più da dire a gente come lui e i suoi colleghi piuttosto che a me… un po’ me ne dispiaccio ma basta che arrivi domani perché tutto torni come prima. A cambiare radicalmente l’umore è quando arriva una ragazza ondeggiante che al loro tavolo li saluta come li conoscesse e poi gracchiando un:
- Posso sedermi? -
Siccome non ci sono posti liberi si siede PROPRIO sull’unica persona più esterna: MARCO!
Il gelo cala in tutto il tavolo, i miei occhi si fanno sottili sottili, due lame verdi più tendenti al grigio, penso. Il mio volto di pietra e il silenzio regna sul mio tavolo, lo sguardo penetra e trapassa prima mia sorella accanto a me, poi Marco e quella ragazza dall’altra parte. Muovo solo le pupille lasciando dritta ed immobile la testa. Stringo le labbra e se mi trattengo è solo per un miracolo… del resto cosa dovrei fare?
Dannazione!
Le mani mi prudono e l’ultima volta che è accaduto ho preso a pugni uno sconosciuto che mi stava antipatico!
Non credo a quel che vedo, tutte mi fissano preoccupate ed io asserisco tagliente e piatta:
- Sono fratello e sorella, ne sono certa! -
Chissà come faccio ad esserne certa, visto che so che lui ha una sorella maggiore ma è molto più grande di lui!
Seconda considerazione:
- I loro profili si somigliano! -
Terza:
- Sono solo amici! -
Quando stavo per fare la quarta, la divina provvidenza ha fatto si che si liberasse un posto a quel tavolino e che proprio mentre stavo notando che comunque Marco non la stava toccando con le braccia e lei era SOLO seduta sulle sue gambe, questa poi si è alzata per sedersi al posto vicino.
Ecco quindi la quarta considerazione più sollevata:
- Visto? Era una sorella o un’amica! -
Quinta:
- Comunque se erano fidanzati lo saprei, siamo sempre qua e non l’abbiamo mai vista, poi lui non me ne ha parlato! -
Sesta ed ultima sempre più convinta e rassicurata:
- Non la caga assolutamente come dovrebbe nel caso fossero fidanzati. Facendo un lavoro simile avrei visto la sua ragazza e capito che è tale. Non è così, quindi non ha la ragazza! Si, ho ragione io! -
Nessuno poi azzarda ad asserire altro e il mio umore torna alto, ridente e scherzoso, solo io so come ci riesco!
Non sono tipo da scenate di gelosia, grida, accuse e conclusioni affrettate, non lo farò mai e penso che lui me ne sarà grato quando semplicemente ascolterò quello che ha da dirmi a fine serata.
Con somma fatica arriva il momento di chiudere per loro e di andare via per noi, io mi lascio un po’ indietro per aspettare Marco, abbiamo parlato pochissimo e l’impressione è stata che lui ce l’avesse con me per qualcosa… o forse era solo veramente molto indaffarato.
Tuttavia se tutto fosse normale avremmo scambiato qualche parola durante il tragitto dal pub alle macchine, sicuramente… ed invece siamo stati lì in silenzio per tutto il tempo senza parlare, entrambi con arie più scure di sempre. Mi pesa questa cosa, non mi piace, è come se fossimo due estranei. Sospiro spazientita e spontaneamente dico:
- Non dici nulla? Sei stanco? -
Lui sospira a sua volta ma non proprio spazientito, è più stufo. Non ci guardiamo, risponde serio:
- Si, sono stanco… è stata una serata dura… -
Altro attimo di silenzio. Arriviamo alla macchina e sembra che dobbiamo salutarci così senza aver detto nulla di consistente. Sono molto delusa e la rabbia mi cresce dentro, rabbia che si sostituisce presto in tristezza ovvia che però dura poco, visto che mi sorprende.
Sento la sua mano sul braccio, lui che mi mormora un ciao basso e si tende verso di me per salutarmi con un bacio sulla guancia. Questo mi spiazza ancora di più e penso che sia la serata delle sorprese, il calore mi invade violento e col cervello di nuovo in confusione per il contatto inaspettato, lo fisso senza capire. Poi sussurra:
- Era un’amica che prima lavorava lì, poi se ne è andata e ogni tanto viene a salutarci. -
Silenzio da parte mia, sia mentale che a parole.
Lui credo aspetti qualcosa da parte mia ma sto elaborando, non è facile a questo punto della serata, la prima cosa che sento è incontaminata gioia, poi una veloce realtà mi schiaffeggia: mi sono sentita bene sapendo questo, ma non solo… lui si è sentito in dovere di dirmelo.
Non mi ci vuole molto.
Ci sono dentro con tutte le scarpe e se non sono presuntuosa, in questo sentimento, ora sono finalmente ricambiata…
- Io e te dobbiamo uscire come si deve, di sera… -
Lascia così in sospeso la frase mentre mi regala penso il primo sorriso dopo circa metà serata. Un sorriso dei suoi spontaneo e sincero, di quelli che contagiano e mi contorcono lo stomaco.
Invece di starmene ad arrossire o ponderare possibili risposte ricambio ebete e lo lascio salire in macchina.
Qualcosa è definitivamente cambiato… in meglio, immagino!


Siamo al solito pub, quello di Marco, con la differenza che sta volta lui non è a servire ma dalla parte del cliente, con me, seduto ad un tavolo tranquillo e rilassato.
È il suo giorno libero ed ha deciso di sfruttarlo per uscire insieme di sera, da soli… soli è un eufemismo visti i suoi amici che lavorando non ci mollano un secondo!
Anche se però potrebbero passare tutte le Miss e i Mr del mondo, che nulla mi deconcentrerebbe dal contemplare il mio unico amore della mi vita tutto per me.
Dopo una serata passata su parole, chiarimenti, chiacchierate più o meno serie e anche solite risa, arriva un momento importante, lo sento con molta sicurezza che sta per arrivare. Che sia al nostro locale mi rilassa e mi piace, un po’ meno che siamo guardati ma non posso aver tutto dalla vita. Non importa cosa è stata la serata fin qua, come siamo vestiti, cosa ci siamo detti e cosa è successo di particolare, né cosa ci diremo poi… importante è solo questo.
Mi guarda negli occhi ed io penso probabilmente che morirò per questo, è difficile rimanere normali quando il ragazzo dei tuoi sogni ti fissa in questo modo. Io e Marco si rideva, io finalmente mi ero rilassata constatando che effettivamente sarebbe perfetto per me, ma mi dovevo accorgere solo ora che quando è serio ha uno sguardo veramente da infarto? Mi sembra di essere penetrata da questi occhi, normalmente reggo lo sguardo, ora non riesco, mi imbarazzo terribilmente e abbasso il mio.
Sarebbe bello se facesse quello che ho sempre sognato… mi prendesse il mento fra le dita, mi alzasse il volto e poi mi baciasse romanticamente.
Sento che si avvicina col volto e aspetta, cosa non lo so, vorrei sapere che espressione ha ma non ho il coraggio di alzare lo sguardo, rimango così ferma a faccia bassa e proprio quando sono sicura che sta per fare qualcosa parla, ma quello che dice mi lascia un po’ di sasso:
- Vuoi ancora qualcosa da bere? Guarda, c’è il mio collega, se vuoi lo fermo… -
Non capisco cosa c’entri e che senso ha dire una cosa del genere ora, stupita ed incredula alzo la testa in fretta per vedere se lo sta fermando veramente, così mi giro verso il corridoio dei tavolini centrale e cerco il cameriere per dirgli che non serve nulla ed è lì, mentre non lo guardo ma ho la testa girata, mentre penso ad altro e non ho imbarazzo addosso, che le sue labbra chiudono le mie prima che possa dire qualunque cosa.
Si posano leggere e sta lì fermo un momento per vedere se lo accetto, io divampo immediatamente, non posso crederci. Solo questo realizzo in un secondo e poi nient’altro, sono occupata a pensare tecnicamente cosa devo fare, sono come un bacucco immobile. Mi giro verso di lui e mi ricordo di chiudere gli occhi (l‘unica volta che un ragazzo mi ha baciato ho scordato di chiudere gli occhi e li ho tenuti aperti, ma quello è stato per shock, non mi aspettavo di ricevere un bacio…), facendolo mi rilasso un po’ e finisco di farlo quando mi prende la mano appoggiata sul tavolino, il calore della sua mi fa respirare, ma trattengo di nuovo il fiato.
Cazzo, mi sta baciando!
Vedendo che non sono affatto contraria ha un leggero sorriso perfino in questo momento, glielo ruberò io il suo sorriso, lo giuro, e lo terrò solo per me per sempre.
Finalmente mi apre le labbra e comincia a giocare con la mia lingua, io lo assecondo, in vita mia ho dato un solo bacio e non sono sicura di stare facendo giusto… spero di si, spero di non essere troppo impacciata, spero che gli piaccia così come sta piacendo a me, da matti.
Non so se ci guardano e se questi battiti di mani sono solo nella mia testa o sono veramente i suoi colleghi che hanno vinto qualche scommessa, non so nemmeno se la musica che si sente è veramente Lose Yourself di Eminem, che dice all’inizio: Look, If you had one shot, one opportunity… e poi non ricordo altro… non so proprio ma quello che sento è così grande che lo ricorderò e realizzerò solo dopo, per ora non riesco a fare altro che continuare a baciarlo e stringere la sua mano istintiva, senza respirare ancora.
Non me lo aspettavo così e nemmeno me l’ero immaginata… eppure non poteva essere in altro modo.
Vedete, devo dire ai miei amici dopo, faccio bene a basare la mia esistenza su Eminem, vedete cosa mi ha portato?
Ho vinto!
Ci stacchiamo con mio sommo rammarico, nonostante il caos iniziale e il panico su cosa fare con la bocca, come muovere la mia lingua e tutte queste cose qua, poi mi sono solo lasciata andare e ho fatto come faceva lui. Sicuramente si è accorto della mia totale inesperienza, avrò fatto l’ennesima figura.
Riprendo a respirare e sento di essere color fuoco sulle guance, spero che la luce più bassa del locale mascheri il mio colorito acceso, abbasso gli occhi evasiva, non ci penso su minimamente che potrei provare a scrutare la sua espressione, nemmeno se mi pagano, lo farei!
Anche se un pagamento migliore dei soldi l’ho ottenuto e potrei fare lo sforzo di essere come tutte le persone normali e guardarlo negli occhi anche dopo.
Ecco, lo sto facendo di nuovo, penso troppo!
Ma al diavolo, è così bello e devo perdermelo?
Alzo lo sguardo timida come forse non si immaginava io potessi esserlo, con un sorrisino d’imbarazzo catapulto la mia attenzione su di lui e sospiro subito, d’istinto, come se mi fossi subito ricordata che è Marco e che finché è lui va tutto bene. Cavolo, effettivamente è MARCO!
Oddio, no, non devo andare ora nel pallone, perché sono così strana?
Lo fisso inebetita, mi sembra più bello ed ho il classico cuore che non sta fermo. I suoi occhi chiari luminosi dopo un primo momento in cui si mantiene serio, distendono la sua espressione e mi regala uno dei suoi radiosi e rilassanti sorrisi che sembrano ringraziare il mondo intero, anche se dovrei essere io a ringraziarlo… fortuna che sorride.
Il mio imbarazzo e il mio shock scemano immediatamente e mi ricordo del perché sono sempre stata catturata da questo ragazzo che è sì bello, ma non eccessivamente. Mi ha catturato il suo carisma, la sua spigliatezza, la sua simpatia e il suo eterno buon umore. Ha sempre la battuta pronta e sono sicura che ce l’ho anche ora:
- Te l’ho fatta… -
La mia tensione si allenta del tutto e rilassata sorrido a mia volta, sapevo che era così, ormai posso dirlo di conoscerlo abbastanza da affermare senza ombra di dubbio che mi piace super ufficialmente!
- Scemo… chi ti dice che non sono stata io a fartela? -
Come mi viene questa risposta non lo so ma se ci pensavo forse non mi sarebbe mai uscita meglio!
Lo vedo rifletterci un secondo e poi stringersi nelle spalle, infine sentenzia con la sua aria furba e sveglia:
- Mi sa che sono stati quegli idioti a farcela, invece! -
Alzo un sopracciglio e guardo nella direzione da lui indicata, nella sala accanto ci sono tutti i suoi colleghi che ridono commentando animatamente felici dell’accaduto, seguito, immagino, meglio di come si segue un reality show!
Fortuna che non c’erano quelle ‘arpie’ di Irene e compagnia!
Mi sciolgo totalmente immaginando se fossero state qui anche loro e rido contagiata da Marco. Che coppia, penso che ci siamo proprio trovati.

Dopo un attimo di discorsi di cui onestamente non riesco a focalizzare bene un senso compiuto (da parte mia, poiché immagino lui ne stia seguendo uno suo pensando che io capisca ed abbia la testa per sostenere una conversazione…), durante la quale abbiamo giocato un po’ l’uno con la mano dell’altra senza stringercela più come avevamo fatto prima (siamo entrambi tipi poco sdolcinati e romantici), sia io che lui ci sentiamo fin troppo osservati e notiamo che i suoi amici da prima non ci hanno staccato gli occhi di dosso e finché si trattava della scena clou va bene, ma poi basta, non arrivo a scacciare l’agitazione che ogni tanto si affaccia, dannazione!
Forse lo nota quanto me questa fatica verso la naturalezza con tutti questi sguardi, così lancia un ultimo sguardo divertito e con aria comprensiva nei miei confronti dice:
- Che ne dici se ce ne andiamo in un altro posto meno spiato, ora? Credo abbiano vinto le scommesse, ormai! -
Io me ne sollevo molto, speravo me lo dicesse, anche se spero pure che questo posto non sia il suo appartamento altrimenti penso che morirei di doppio imbarazzo, ma non penso. Se ho capito com’è, farà esattamente quello che non mi aspetto ma che mi piacerà e mi farà star bene, quindi sono tranquilla.
Ci alziamo e prendiamo le nostre cose avviandoci verso l’uscita, guardo la sua mano e ci penso indecisa. Il panico mi prende di nuovo. Ho sempre pensato di non essere una tipa romantica, odio le coppiette che vanno in giro mano nella mano a dimostrare al mondo intero che stanno insieme eppure ora mi sembra di capirle improvvisamente. Il desiderio che cresce in me prepotente e insistente, incomprensibile per me, mi dà un gran fastidio poiché mi provoca non pochi problemi con me stessa. Cosa significa il mio assoluto desiderio immenso di prendergli la mano e sentirla nella mia?
Da quando sono così mielosa e femminuccia?
Mi mordo il labbro corrugando la fronte incerta, non so che fare ma non credo di avere la forza di prendere io l’iniziativa… proprio quando mi sto per rassegnare ecco che la questione si risolve in un attimo.
Marco mi dà ulteriormente prova che ho ragione, mi legge nel pensiero e riesce per questo ad adottare il modo migliore per accontentarmi e farmi stare da Dio.
Da che era davanti a me a che si ferma per affiancarmi, una volta che gli sono accanto mi tocca con il braccio e la spalla, guarda avanti e procediamo con passo calmo, il tocco del suo dorso sul mio mi fa trattenere il fiato ed ecco che diventa sempre più chiaro, la sua mano è più calda e mentre prende la mia capisco che è la classica mano che io adoro, grande, forte, liscia dalle dita lunghe e curate. Avvolge la mia con naturalezza disarmante.
Ecco, lo sapevo, questo ragazzo sarà la mia rovina… mi farà sciogliere come neve al sole…
Ma del resto io ho sempre amato l’estate proprio per il sole, ora ne approfitterò spudoratamente per crogiolarmici accanto!
Cavolo, ci penso ogni tanto per rendermene conto… chi l’avrebbe mai detto? Io e il ragazzo dei miei sogni… io e Marco… si tratta veramente di saper cogliere l’occasione adatta… a questo punto allora, evviva Eminem!


FINE

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