Per sbaglio e per fortuna di PattyOnTheRollercoaster (/viewuser.php?uid=63689)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cioccolatini ripieni ***
Capitolo 2: *** Con affetto dai Tiri Vispi Weasley ***
Capitolo 3: *** Gusti in comune ***
Capitolo 4: *** Le varie scoperte di Draco Malfoy ***
Capitolo 5: *** Macchie d'inchiostro ***
Capitolo 6: *** La consegna dei regali di Natale ***
Capitolo 7: *** La lettera ***
Capitolo 8: *** Per un tema di erbologia ***
Capitolo 9: *** Gli amici ***
Capitolo 10: *** L'ultimo viaggio ***
Capitolo 11: *** Un padre intollerante ***
Capitolo 12: *** Maestri dell'ironia ***
Capitolo 13: *** I casi della vita ***
Capitolo 1 *** Cioccolatini ripieni ***
Per sbaglio e per fortuna
Capitolo 1
Cioccolatini ripieni
Hermione
Dalla fine della guerra era passato un
anno. Io e Ron ci eravamo messi finalmente assieme alla fine di tutto
quanto; ci era voluto Voldemort per farci svegliare un po’.
Mi sembrava così strano che ci conoscessimo da quando
avevamo undici anni e ci fossimo resi conto di piacerci solo a
diciassette, da veri perdenti quali siamo e ai quali sono fiera di
appartenere. La banda dei perdenti: io, Ron e Harry.
Dopo un anno tutti e tre ricevemmo una lettera dalla preside McGranitt
che ci domandava, senza il solito tono formale che usava sempre nelle
lettere ufficiali, se volessimo tornare ad Hogwarts per un anno extra,
siccome non avevamo mai veramente terminato la scuola. Uccidere
Voldemort era stato un lavoro complicato, non avevamo avuto tempo di
studiare per il M.A.G.O. Ovviamente accettai subito. Non aver ottenuto
il diploma e non aver passato tutti assieme l’ultimo anno era
una delle cose che mi dispiaceva di più. Anche gli altri
tornarono volentieri, e non saremmo stati solo noi, ma anche altri
nostri compagni che non avevano terminato gli studi
dell’ultimo anno, soprattutto perché i genitori li
avevano ritirati dalla scuola. Lord Voldemort, durante l’anno
in cui aveva regnato incontrastato, era stato terribilmente influente
sulla comunità magica e anche su quella babbana che
custodiva il segreto, come i genitori di figli maghi o i babbani
sposati a streghe e maghi.
Con noi ci sarebbero stati anche Draco Malfoy, con gli inseparabili
Tiger e Goyle, e Blaise Zabini, che era stato ritirato poco prima della
fine dell’anno dai suoi genitori. Oltre ai Serpreverde sapevo
che con noi ci sarebbe stato Dean Thomas, che si era ritirato da scuola
negli ultimi tre o quattro mesi. Per i Tassorosso e i Corvonero invece
non sapevo nulla, a parte che ci sarebbero state le gemelle Padma e
Calì Patil.
Ci aspettava quindi un altro anno ad Hogwarts. L’ultimo, questa volta.
Quando fummo sul treno diverse persone ci guardavano e ci additavano
senza un briciolo di pudore, se possibile più di
prima… Immagino che vedere Il Bambino che era Sopravvissuto
più Volte fosse un vero spettacolo. Eravamo in
cabina assieme a Luna, Dean e Neville, e non tutti erano abituati agli
sguardi indiscreti a cui, dopo qualche tempo, io non facevo
più caso. “Non possiamo almeno tirare le
tendine?”, chiese Dean guardando nervoso verso la porta.
“Dean ha ragione”, dissi. Mi alzai e chiusi la
tenda dello scomparto, con la disapprovazione e le smorfie di un paio
di ragazzine del quinto anno che non potei non notare.
“Certo quello che hai fatto gli scorsi anni è
stato clamoroso, ma era ora che finissi il lavoro Harry”,
disse Luna masticando una Cioccorana. “Adesso sì
che la gente ti guarderà con interesse.”
Harry rise di gusto. “Finire il lavoro lo chiami
tu?”
“Ma certo”, sopraggiunse Neville con finta
noncuranza. “La Camera
dei Segreti e la Pietra
Filosofale erano solo l’inizio della
storia.”
“La Pietra
Filosofale?”, chiese Luna con interesse.
“Oh sì! Harry, Ron e Hermione hanno salvato la
Pietra Filosofale da Tu-sai-chi il primo anno che hanno frequentato
Hogwarts”, disse Neville concitato.
“E poi l’avete data a Madame Mortis?”,
chiese Luna con occhi sognanti.
“Noi… no!
Chi?”, domandò Ron parecchio confuso.
“Madame Mortis è la strega più vecchia
del mondo, nessuno sa quando sia nata, ma si hanno testimonianze della
sua esistenza già nel basso medioevo. Si dice che ogni mese
beva una Pozione
Rinvigorente mescolata a sangue di unicorno per restare
sempre giovane, ma certo la Pietra
Filosofale sarebbe molto più pratica che
uccidere tutti quegli unicorni”, disse Luna con lo stesso
tono che avrei usato io per parlare del punteggio che avevano fatto i
Cannoni di Chudley nell’ultima partita.
Dean ridacchiò e cominciò a succhiare con gusto
una piuma di zucchero extra-large. “Secondo voi
quest’anno ci sarà il campionato di
Quiddich?”
“Ma certo! Harry è ancora capitano!”,
esclamò Ron al mio fianco.
“Si? Farai i provini?”, chiese Dean nervoso.
“Si. Tranquillo”, aggiunse poi. “Non
credo ci sarà un cacciatore che ti possa superare.
Però devo fare comunque i provini, è una
questione di giustizia. Allenati, sono sicuro che sarai più
che pronto.”
Dean sorrise, appena un po’ più contento. Forse
pensava che Harry se la sarebbe presa con lui per essere stato
l’ex della sua ragazza, ma Harry non era così
sciocco. Oltretutto quell’anno Ginny non c’era. Lei
aveva già finito la scuola l’anno scorso, e si
stava dedicando ad un apprendistato da Olivander come fabbricante di
bacchette. Noi tutti avevamo preso una pausa come per una specie di
anno sabbatico.
I ragazzi, trascinati dal discorso, cominciarono a parlare di Quiddich.
Lanciai un’occhiata a Luna, che si immerse nella lettura del Cavillo,
così io tirai fuori Pozioni
Avanzate volume settimo e cominciai la leggere il capitolo
intitolato: ‘Pozioni Irritanti e Pozioni Irritatrici: le
differenze’.
Arrivammo ad Hogwarts, come al solito, verso sera. Salutammo Hagrid
che, come ogni anno, avrebbe accompagnato i ragazzini del primo per la
tradizionale traversata sul lago, e ci avviammo verso il castello. Una
volta che tutti furono seduti e in silenzio la McGranitt fece un
piccolo discorso, diede il benvenuto ai nuovi studenti e introdusse la
nuova insegnante di Pozioni, una donna alta con i capelli rossi e molto
ricci di nome Serena Blurett, e Difesa Contro le Arti Oscure, che
sarebbe stato tenuto da un mago dalla barba sfatta e gli occhi
infossati, George Goul.
Scoccai un’occhiata ad Harry e lo vidi un po’
rammaricato. Scommetto che adesso che sapeva la verità su
Severus Piton lo avrebbe accettato di buon grado come professore.
Alla fine del banchetto vidi Vitious che mi faceva segno di andare da
lui. Adesso era diventato vicepreside, e credo che fosse il
più adatto a quella carica. Chiamò i quattro
Capiscuola, uno per ogni casa: io ero quello di Grifondoro (per una
volta il mio egocentrismo prevalse, e devo ammettere che aspettavo
quella carica già da diverso tempo), Tassorosso aveva Hanna
Abbott, Corvonero un ragazzo di cui non sapevo il nome e Serpeverde,
come c’era da immaginare, Draco Malfoy.
“Voglio avvisarvi che quest’anno le regole sono
cambiate”, squittì Vitious, entusiasta come
sempre. “Ogni fine del mese i Capiscuola si riuniranno per
un’assemblea. Dovrete discutere di tutti i problemi della
scuola, compilerete una scheda e la consegnerete alla preside. Ogni
ultimo del mese, in modo che il primo del mese dopo la preside riceva
ogni vostra osservazione sull’andamento della scuola.
E’ chiaro?”
“Chiaro”, disse Hanna.
“Perfetto”, disse Vitious con un sorriso.
“Andate pure a dormire, domani vi aspetta il vostro ultimo
primo giorno!”
E così ci avviammo verso le nostre sale comuni. Anna e
l’altro ragazzo voltarono a destra dopo aver superato la Sala
Grande, e restammo solo io e Draco.
“Credi davvero che sia possibile fare una riunione mensile
assieme, Granger?”, chiese lui allora.
“Perché no?”, chiesi io, cercando di
essere cortese.
“Non lo so. Il fatto è che di solito io non parlo
con i Mezzosangue”, disse rivolgendomi un ghigno.
Lo guardai furiosa, ma cercai di non perdere la calma. “Mi
spiace che pensi così. Anche perché ho imparato
benissimo la formula di Trasfigurazione Animale. Mi basta tanto
così”, dissi avvicinando pollice e indice,
“per trasformati in un furetto bellissimo. O forse questa
volta potrei provare… che so, un pinguino! Sono tanto
simpatici.” E sorridendo me ne andai, mentre Malfoy arrossiva
di rabbia.
Draco
Non sopportavo la Granger nemmeno se la vedevo a distanza, figuriamoci
se volevo vederla una volta al mese, obbligatoriamente e per parlarci
senza insultarla né prenderla in giro! Se non fosse stato
così vantaggioso essere Caposcuola probabilmente mi sarei
dimesso dall’incarico solo per causa sua.
“Hey tu… tu”, dissi ad un ragazzino del
secondo anno, “dieci punti in meno a Tassorosso.”
“Perché?”, domandò lui con
tono lagnoso (i ragazzini di oggi non hanno nemmeno un po’ di
rispetto verso i più grandi e più nobili di loro).
“Perché sei troppo arrogant- ah! Un Fresbee
Zannuto!”, esclamai sbirciando nella sua borsa. In
realtà gli avevo tolto punti perché era da troppi
minuti che non esercitavo la mia autorità su qualcuno, ma un
Fresbee Zannuto era una buona scusa per sgridare uno sgorbietto del
secondo. Glielo presi e lo misi in borsa, mentre lui mugugnava qualcosa
che non mi diedi la pena di ascoltare. Proprio quando me stavo andando
scorsi la Granger che mi osservava con un cipiglio severo. La ignorai,
e me ne tornai in Sala Comune.
Le lezioni erano finite, e quella sera sarei dovuto andare alla
riunione dei Caposcuola. Era incredibile come le giornate passate a
studiare fossero così monotone e tediose, ma quando meno te
ne rendevi contoera già passato un mese. Feci una doccia
veloce, e quando tornai al dormitorio vidi Tiger e Goyle attorno al mio
letto che borbottavano qualcosa fra loro.
“Che cosa fate?”, chiesi asciugandomi i capelli.
Loro si voltarono di scatto e Goyle nascose qualcosa dietro la schiena.
“Niente!”
“Che hai lì?” Mi avvicinai e strinsi gli
occhi, dimentico di asciugarmi i capelli gocciolanti.
“Niente!”
“Ma dai, ti ho visto. Dietro la schiena!”
“Dietro la mia
schiena?”, chiese Goyle assumendo un’aria
esterrefatta. Mi prendeva per scemo?
“Ma che sei matto? Dammi qua!” Mi avvicinai e gli
strappai di mano una scatoletta quadrata e infiocchettata. Appiccicato
addosso c’era un bigliettino con scritto il mio nome.
“E’ per me!”
“Già… volevamo… dartelo di
persona”, borbottò Tiger.
“Volevate darmi una scatola con bigliettino a forma di cuore
rosa?”
“E che c’è di male?”, chiese
Tiger allargando le braccia. “Era l’unico
bigliettino che rimaneva”, borbottò poi.
Se conoscevo bene Tiger e Goyle quelli nella scatola erano dolci. E
altro che darmeli, quelli si li volevano mangiare! “Andate
via!”, esclamai stringendomi al petto la scatoletta di dolci.
“E poi non dovreste mangiare tutte quelle schifezze! Non
cercateli più, chiaro? Tanto adesso li butto. Non
m’interessano le ragazzine che mandano dolci.”
Una volta sicuro che Tiger e Goyle non mi avessero aggredito per
rubarmi un cioccocalderone aprii la scatola. Era piena di cioccolatini,
tutti incartati e con un adesivo che informava sul ripieno. Rigirai la
scatola per capire chi me li avesse mandati, ma purtroppo non
c’era scritto nulla. Solo quel bigliettino rosa con scritto
il mio nome in lettere eleganti. Non conoscevo nessuno con una
calligrafia del genere. Pensai che forse avevo
un’ammiratrice. Una dalla calligrafia elegante.
Chissà chi era…
Decisi di nascondere i cioccolatini, così Tiger e Goyle non
li avrebbero mangiati. Era quasi ora di andare alla riunione,
così mi vestii, presi un cioccolatino e feci per
assaggiarlo, ma proprio in quel momento arrivò Goyle.
Nascosi in fretta il cioccolatino nella tasca interna del mantello.
“Si?”
“Sono quasi le sette”, disse Goyle.
“Infatti sto andando”, dissi io spostandomi di lato
per sfuggirgli. Lo vidi guardarmi sospettoso e arricciare il naso nella
mia direzione. “Che succede?”
“Sento odore di crema alla nocciola”, disse alzando
il naso all’aria.
Si potrebbe lodare la capacità di Goyle di distinguere gli
odori a distanza di diversi centimetri, o forse addirittura metri e
metri, ma in quel momento sembrava in preda ad un attacco e avevo paura
che mi avrebbe mangiato. “Prova a vedere sul letto di Blaise,
magari anche a lui hanno mandato qualcosa”, dissi
velocemente, poi fuggii.
Evitando anche Tiger mi diressi alla saletta dove si sarebbe tenuta la
riunione. Andando mi dimenticai del cioccolatino: incontrai la Granger.
Sembrava assente e camminava con lo sguardo basso.
“Mezzosangue!”, l’apostrofai. Lei
alzò di scatto la testa e mi fulminò con lo
sguardo. In quel senso somigliava molto alla McGranitt. Si, avrebbe
potuto fare la preside. Non mi rispose, e continuò a
camminare a testa alta, ignorandomi, come se fossi una cacca di Doxy.
Non mi piaceva più prendere il giro la Mezzosangue come una
volta, perché prima reagiva ed era molto più
divertente.
La riunione fu noiosissima. Durò quasi un’ora
intera! Io non dissi quasi nulla, nessuno della mia casa si era
lamentato di qualcosa in particolare, anche se in realtà non
posso saperlo, perché non mi sono mai interessato a questo
genere di cose. Fare il Caposcuola è utile solo
perché si può usare il bagno privato, si possono
togliere punti alle altre case e i professori sono più
tolleranti e contano sul fatto che il Caposcuola dia il buon esempio,
così la colpa di un guaio non va quasi mai ad un Caposcuola.
Alla fine della riunione stavo per uscire, quando qualcuno mi
chiamò. Quella voce! Quanto la detestavo! L’avrei
riconosciuta fra mille: stridula, nervosa, antipatica. La Granger,
ovviamente. “Malfoy!”
Mi voltai e la guardai con quanto più disprezzo potessi
mettere nel mio sguardo. “Si?”
“Ti devo parlare di cose molto importanti”, disse
incrociando le braccia e facendo traballare tutti quei capelli
riccioluti.
Sospirai. “Proprio adesso?”
“Si. Non possiamo continuare a comportarci così.
Ormai dovremmo superare le nostre divergenze, la guerra è
finita e dovremmo dare il buon esempio. Sai, tutto inizia dalla scuola!
Se andassimo d’accordo… bla bla bla. Bla! Bla
bla?” Si,
più o meno è questo quello che sentii del suo
discorso.
Non so bene perché feci quel che feci allora. Okay, lo so:
per farla arrabbiare e farle notare che non la stavo ascoltando. Trovai
nella tasca il cioccolatino, di cui mi ero momentaneamente scordato, e
lo mangiai. Come da previsione, lei s’infuriò.
“Che cosa fai?! Mangi così, mentre ti
parlo!” Bingo.
“E’ olto
uono!”, esclamai.
“Non interessa quanto buono può essere! Sei un
menefreghista! Queste sono cose importanti!”, disse lei
furiosa, gesticolando.
Non l’avevo mai vista così arrabbiata.
“Granger calma”, le dissi facendo il tipico gesto
con le mani. “D’accordo, ti
ascolterò.”
Ero davvero ben intenzionato ad ascoltare, se non altro per non
sentirla strillare, ma in quel momento il mio cervello si
annebbiò. Vedevo solo la Granger davanti a me,
però sembrava così diversa dal solito! I suoi
capelli avevano preso il colore del cioccolato fuso, i suoi occhi
brillavano e la sua pelle era liscia e luminosa come il marmo.
Non mi ero mai accorto di quanto fosse bella. E, in fondo, che
importava se era Mezzosangue?! Oltretutto era una persona
così bella, non solo nel fisico, che non era per nulla da
disdegnare, ma anche nel carattere. Era gentile, educata, molto
intelligente.
Si. L’amavo.
Hermione
Lo sguardo di Malfoy si era spento. Mi osservava con un fantastico
sguardo da pesce lesso: gli occhi smorti, la bocca spalancata. Sembrava
fatto.
“Malfoy, ti senti bene?”, gli chiesi. Lui
sobbalzò, e io feci lo stesso.
“Hermione!”, gridò.
“Oddio cosa c’è? Stai male?”
Dovevo chiamare Madama
Chips!
“Ti preoccupi per me, sei così gentile”,
disse lui avvicinandosi.
O forse era meglio la
professoressa McGranitt.
“Andiamo Hermione!”, disse prendendomi le mani fra
le sue. “Fuggiamo via e amiamoci per sempre!”
Ma ripensandoci era
meglio chiamare direttamente un Medimago.
“Che cosa?”, chiesi staccandomi da lui.
“Potremmo andare a sposarci a Las Vegas,
lì i babbani si sposano così presto. Andiamo
Hermione, il nostro amore è così forte che non
può aspettare!”
“Mi prendi in giro? Mi fai paura Malfoy, smettila”,
dissi stizzita. Mi spaventai quando quasi si mise a piangere.
“Ma Hermione! Perché dici questo? Non mi
ami?”, domandò disperato avvicinandosi
pericolosamente.
“No! Ma sei impazzito? Se questo è uno scherzo ti
giuro che non mi piace”, dissi arretrando verso la porta.
“Non potrei mai considerare il nostro amore uno scherzo.
E’ la cosa più importante che ho, la sola cosa che
ho!”, disse con uno sguardo insistente e sperduto che non gli
si addiceva affatto.
“Il nostro amore? Malfoy, dico sul serio: smettila.”
“No. Il mio amore per te non si potrà mai
placare”, disse prendendomi le mani.
“Sta’ lontano da me!”, lo sgridai,
fuggendo via. Uscii dalla stanzetta e mi misi a correre verso la Sala
Comune. A metà strada mi scontrai contro Ron.
“Hermione”, mi disse lui guardandomi stupito.
“Che cos’hai? La riunione è
già finita? Perché corri?”, chiese poi
sospettoso.
“Malfoy è pazzo!”, esclamai guardandomi
le spalle e stringendomi a lui. Avevo paura di rivederlo spuntare
ancora dietro di noi, e ricominciare con le sue folli dichiarazioni
d’amore.
Ron rise e mi cinse la vita, avviandosi verso le scale. “Come
se non lo sapessimo!”, esclamò con un sorriso
dandomi un bacio sulla tempia.
Eccomi di ritorno! Dopo Therabithia
e svariati altri fandom torno alle origini! XD
E' l'influenza della nostalgia, alla quale mi sto abbandonando spesso:
ricordo i miei giorni da bimbetta di undici anni che aspettava lettera
da Hogwarts! XD Quando il primo di settembre passò e mi
accorsi che al posto di iniziare Hogwarts stavo per iniziare le scuole
medie quasi mi offesi XD
Be', la mia malattia mentale non c'entra niente con questa fic!
Piuttosto voglio dire:
Questa è la prima Dramione che scrivo, e se per caso vi
aspettate i soliti cliché del genere, rimarrete deluse.
Insomma, niente amori a prima vista, niente capelli color dell'oro per
Hermione, nessuno sbruffone Malfoy (piuttosto solo un ragazzo
complessato e, alla fine, uno come gli altri che ride e scherza), e
soprattutto niente cose come Prince
Serpeverde e Reginetta
dei Grifoni, è una cosa che detesto...
Poi, il genere è principalemnte comico e romantico, questo
significa che non alzerò mai il rating a rosso, indi per cui
non descriverò scene di sesso di alcun tipo -Draco ed
Hermione ringraziano: volevano proprio un po' di privacy-.
Non ho messo OOC negli avvertimenti, ma forse qualcuno avrà
da obbiettare ad alcuni comportamenti dei personaggi. L'unica cosa che
ho tentato di fare è mostrare un altro lato del loro
carattere che la Rowling non ha mostrato. Non è da
considerare OOC, a mio parere, perchè una persona ha
più sfaccettature, il fatto che poi quelle di Draco
risultino forse più strane è solo da attribuire
al fatto che, dalla Rowling, è considerato poco
più di un personaggio secondario e viene descritto solo dal
punto di vista di Harry.
Se volete potete avere anticipazioni su questa storia e leggerle nel
mio blog, che trovate nella mia pagina di autore.
Comunque, detto questo, spero che la fic possa piacervi almeno un po'!
^^
Mi farebbe molto piacere se lasciaste una piccola recensione, rispondo
sempre a tutti e a tutto le recensioni negative non mi sconvolgono! :)
Al prossimo capitolo,
Patrizia
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Capitolo 2 *** Con affetto dai Tiri Vispi Weasley ***
Capitolo 2
Con affetto dai Tiri Vispi Weasley
Hermione
“Oh non lo sopporto proprio più!”,
borbottai lanciandogli un’occhiata di sbieco e rimettendo il
libro nella borsa. Era da una settimana ormai che Malfoy non faceva
altro che guardarmi. Mi guardava spudoratamente e la sua vita sembrava
consistere solo in quello. Davvero non faceva nient’altro.
Ovunque fossi: in classe, nei corridoi, nella Sala Grande, nel parco.
Lui mi guardava con un’aria trasognata che non gli avevo mai
visto prima d’ora.
Se possibile, Ron aveva iniziato ad odiarlo più di prima. Lo
guardò anche lui malevolmente e disse minacciosamente:
“Forse dovrei andare a fargli un discorso. O una
fattura.”
“No, Ron. Dai, in fondo non ha fatto niente di male. Lascialo
stare, se succederà qualcosa vedremo di chiarire questa
situazione.”
“Però forse, sai… dovremmo parlargli
ora. Non gli fa bene stare in quello stato: i prof lo sgridano, non
mangia. Nemmeno Zabini sembra più essere suo
amico”, disse Ron uscendo dall’aula con una smorfia
di disgusto. Credo che vedere così Malfoy lo rendesse
triste: non se la sentiva di prendere in giro un menomato mentale.
Harry, che aveva sentito tutta la nostra conversazione,
s’intromise: “Sai, non credo che dovresti parlare
con lui. Dopo quello che ci hai raccontato io non ci parlerei, che ne
sai che non ti rapisce e il giorno dopo ti ritrovi in Egitto in luna di
miele? Però c’è sempre Zabini con cui
puoi parlare.”
“Ma certo! Con Zabini! Harry hai assolutamente ragione,
perché non è venuto in mente a me?”,
esclamai. Mi guardai attorno ma i Serpeverde si erano già
tutti dileguati. “La prossima volta che lo vedo ci
parlerò. Magari quando sarà da solo”,
precisai.
Harry fece un risolino, e alla muta domanda che gli rivolsi storcendo
il naso rispose: “Non vuoi vedere Malfoy?”
“Non è che non voglia vederlo, è solo
che l’ultima volta era strano. All’inizio pensavo
che non sarebbe più successo nulla, ma continua a essere
così… non so, è come se fosse
ossessionato da me, come se gli piacessi, cosa che è
impossibile. Sono sicura che si sta prendendo gioco di me. Parlare con
Zabini sarà molto meglio”, conclusi con tutta la
dignità che potei trovare.
Quel pomeriggio le mie preghiere furono esaudite. Zabini era nel parco,
seduto sull’erba, immerso nella lettura di un grosso libro.
Non appena lo vidi corsi da lui e mi sedetti al suo fianco.
“Ciao”, mi disse mettendo via il libro. Non
sembrava stupito che fossi lì e nemmeno infastidito. Anzi
pareva quasi rassegnato e deciso a prendere la situazione con
serietà, come una persona matura. E infatti al posto di un
insulto disse: “Sto facendo una fatica del diavolo con
Draco.”
“Ma si può sapere che
cos’ha?”, domandai spazientita alzando gli occhi al
cielo.
“Be’ non ne sono sicuro al cento per cento, ma
credo che quei cioccolatini che ha mangiato fossero stregati. Non so
con quale magia o con quale incantesimo, ma di sicuro c’era
qualcosa in quei dolci”, disse Zabini.
“Ha mangiato un cioccolatino di fronte a me”, dissi
lentamente, spalancando gli occhi dalla comprensione. “Forse
c’era una pozione d’amore dentro.”
“Possibile. Mi ha detto che ha trovato quei cioccolatini sul
letto. Conoscendolo avrà pensato che fossero da parte di
qualche ragazza.” Zabini sorrise leggermente.
Fu in quel momento che capii. “Oh, che stupida!”,
mi dissi, portandomi una mano alla fronte.
“Amore
al Primo Sguardo. E
questi cosa sono?”, domandai prendendo in mano una scatola di
dolci molto elegante.
“Sono
cioccolatini stregati. Per fare scherzi, sai? Chiunque li mangi
s’innamora della prima persona che vede”, disse
Fred prendendo in mano uno dei pacchetti.
“E funziona
davvero? Ingegnoso”, disse Ginny sorridendo.
“Si, ogni
singolo cioccolatino è stregato. L’effetto
può durare anche un mese, dipende dal peso del ragazzo, e se
sono un po’ stagionati è meglio.”
“Forte!”,
disse Ginny ridendo. “A chi ne manderesti uno?”,
chiese a George.
Lui ci pensò
un po’. “Non saprei. Forse a Ron, tanto per dargli
fastidio. O alla Parkinson”, disse lui con un ghigno.
E invece l’avevano mandato a Malfoy. Maledetti!
Mandai una lettera a Fred e George chiedendogli se per caso avessero
mandato una scatola di Amore
al Primo Sguardo a Malfoy, poi tornai in Sala Comune,
torcendomi le mani dall’agitazione.
Draco
Non era una cosa permanente per fortuna e, dopo una settimana di
effetto intenso, incominciò ad andare e venire.
C’erano dei momenti in cui ero lucido, e mi rendevo conto di
quello che succedeva senza pensare sempre alla Granger. Blaise mi aveva
detto che avevo mangiato quei cioccolatini incantati, e cazzo se erano
buoni! La verità era che ne avevo mangiati un sacco quando
ero tornato in camera mia, dopo aver cercato di fuggire con la Granger
a Las Vegas. Al solo pensiero mi era venuto un brivido quando lo avevo
saputo.
Avevamo appena finito una doppia ora di pozioni assieme ai Grifondoro,
e vidi la Granger venirmi incontro a passo svelto. In fondo alla stanza
Weasley mi guardava con sospetto.
“Malfoy! Malfoy aspetta, dovrei parlarti un
momento.”
“Sì, Mezzosangue? Tranquilla, mi hanno spiegato
che cos’è successo, ma non mi ritengo responsabile
delle azioni che ti causeranno danno. Anzi, a ben pensarci potresti
diventare un po’ più apprezzata: essere la cocca
di Malfoy, anche se per sbaglio, non è cosa da
tutti.”
Lei mi ignorò, e invece domandò, nervosa:
“Come va?”
“Bene, a parte qualche attacco. Perché me lo
chiedi?”
“Be’ adesso ho da fare, ma se stasera sei libero
potremmo vederci. Dovrei controllare quanto potente sia la magia che
hai ancora in corpo.”
Rimasi un attimo interdetto. “Oh…
d’accordo. Allora stasera ci vediamo… davanti alla
Stanza delle Necessità. Che ne dici?”
“Va bene. Dobbiamo risolvere questa faccenda”,
disse puntandomi contro un indice, come se fosse colpa mia.
Così quella sera appena dopo cena dissi a tutti che avevo da
fare. Solo Zabini in realtà sapeva quel che stava
succedendo, ma grazie a Dio non lo aveva detto a nessuno. Sarebbe stato
imbarazzante. Sapete
ragazzi, ho un appuntamento con la Granger, perché in
realtà sono innamorato di lei…
Ridicolo.
“Io vado”, dissi alzandomi da tavola.
“Dova vai?”, mi chiese Pansy alzando lo sguardo
verso di me. Quella sera indossava una maglietta particolarmente
scollata e in piedi riuscivo a vedere benissimo tutto quanto. Lei lo
sapeva bene, se le metteva apposta.
Era una gran zoccola si, ma assieme ci divertivamo. La nostra relazione
era libera da alcuna briglia, o almeno, io la vedevo così.
Se vedevo altre ragazze di solito si arrabbiava, ma lentamente
sbolliva, e cedeva definitivamente quando infine le chiedevo scusa e le
davo appuntamento al parco la sera, dove non poteva vederci nessuno.
Pansy era una ragazza molto carina, anche se difettava in cervello: era
molto ingenua. A volte pensavo che sarei stato felice per lei se avesse
trovato qualcuno che l’apprezzava veramente, ma non era un
pensiero tanto ridondante. Se così fosse successo, comunque,
mi ero ripromesso di lasciarla in pace.
“Devo andare a fare un… controllo”,
borbottai lanciando un’occhiata alla scollatura ed evitando i
suoi occhi. Mi defilai fuori dalla Sala Grande e sparii in corridoio.
Pansy mi seguì, correndo a passetti svelti sulle scarpe
basse della scuola. “Un controllo? Stai male?”
“No, no sto bene. Devo solo controllare una cosa, un
film.” Non so nemmeno come mi uscì dalla bocca
quella cosa. Solo, lo dissi.
“Devi controllare un film?”
“Si, si un film. Per Babbanologia.”
“Ma tu non fai Babbanologia”, disse lei scuotendo
la testa.
“No, infatti, ma il professore me lo ha chiesto come favore
speciale”, borbottai.
“Possiamo vederlo assieme”, disse guardandomi con
un sorrisetto.
“No!” Mi fermai di botto e Pansy fece lo stesso.
“No non puoi. Perché è un
film… porno.”
“Il professore di babbanologia ti ha chiesto di guardare un
film porno”, constatò lei guardandomi con le
sopracciglia sollevate.
“Si, certo”, dissi con finta naturalezza.
“Perché i film Babbani sono molto… sono
molto buoni. Sono precisi”, la mia voce si perse nella
pietosa bugia che stavo raccontando.
Pansy sorrise e mi trascinò in una classe vuota.
“Draco non raccontare stupidate! Ho capito che cosa sta
succedendo.”
“Che cosa?”, chiesi terrorizzato.
Pansy si avvicinò a me e mi sussurrò
all’orecchio: “Non hai bisogno di un film, credimi.
Ci penso io”, disse tutta contenta.
“No, aspetta Pansy”, dissi, cercando di strisciare
lateralmente. “Devo davvero, davvero andare.” Ma
ormai lei era partita, e mi stava lentamente trascinando con
sé. Fu in quel momento che ebbi una sorta di attacco. Mi
accorsi che quella che stavo baciando non era Hermione e la spinsi via
quasi con terrore.
“Draco ma cosa…?”
“Dov’è Hermione?”, domandai
basito, guardandomi attorno.
“Chi?!”,
chiese Pansy arrabbiata.
Non la stetti nemmeno a sentire e quasi scappai, pensando con
felicità di avere un appuntamento con la mia Hermione. E
odiandomi perché l’avevo tradita. Mi sistemai la
camicia, che Pansy era riuscita a slacciarmi fino quasi
all’ultimo bottone in pochi secondi (quando si dice
abilità), e corsi fino al settimo piano.
“Hermione!”, esclamai quando la vidi là
ad aspettarmi. Mi prostrai ai suoi piedi e le presi le mani.
“Hermione amore mio perdonami per quello che ho fatto.
E’ stata Pansy, te lo giuro, e non mi è nemmeno
piaciuto, sul serio! E non è che abbiamo fatto
granché, mi ha baciato. Ma lo ha fatto lei te lo
assicuro.” Dissi tutto questo in un fiato, non so neanche
come feci a parlare così velocemente.
Hermione mi guardava stupita. “Draco non preoccuparti. Spero
che tu non abbia traumatizzato Pansy piuttosto. Puoi fare quello che
vuoi con chi vuoi.”
La osservai stranito. “Ma io voglio fare solo con
te.”
Hermione corrugò le sopracciglia. “Per le mutande
di Merlino. No, ti prego, lasciamo perdere questo argomento. Tu devi
stare con chi vuoi, con Pansy, e con me…”,
sospirò chiudendo gli occhi, frustrata.
Era stupefatto. Non credevo che la mia Hermione fosse tanto esigente in
certe cose. “B’è tesero, se ti piacciono
le cose a tre posso chiamare Pansy e dirglielo, ma voglio che tu sappia
che non la toccherò con un dito, mi occuperò solo
ed esclusivamente…”
“Silenzio! Piuttosto entriamo”, disse aprendo la
porta della Stanza delle Necessità con aria rassegnata.
“Oh Hermione tu sei così gentile. Ma davvero non
merito il tuo perdono per quello che ho fatto prima. Io e Pansy,
soli… Sono un essere spregevole”, conclusi con
amarezza.
“Hm, d’accordo. Ora fa silenzio e dammi la
mano”, disse estraendo la bacchetta.
Feci come mi era stato ordinato. “Hermione, la tua pelle
è così liscia!”, esclamai quando presi
la sua mano. Lei corrugò le sopracciglia e
borbottò un incantesimo.
In quel momento mi riebbi. La mia mano era diventata di un rosa molto
intenso, e come a macchie. “Che cazzo mi hai fatto
Mezzosangue?!”, esclamai terrorizzato cercando di pulirmi la
mano e togliendola dalla sua.
“Ti preferivo innamorato.”
“Non è amore, è ossessione”,
ribattei. “E’ diverso.”
“Di sicuro”, disse lei piccata.
“Comunque… quei cioccolatini dovevano essere
difettosi, perché è molto strano, sai? Il tuo
palmo rivela ancora forti tracce dell’incantesimo ma, se non
sbaglio, gli effetti non dovrebbero manifestarsi tutto il
giorno.”
“Infatti. Và e viene. Porca miseria!”,
esclamai poi arrabbiato. “Ma non c’è una
soluzione?”
“Non che io sappia. Fred e George l’avevano
programmata con una durata di settantadue ore massime se uno mangiava
un solo cioccolatino, ma credo che ci sia qualcosa di sbagliato in
quelli che hai mangiato tu.”
“E ti pareva! Solo a me può capitare una cosa del
genere”, dissi sedendomi su una sedia che era comparsa e
mettendomi le mani nei capelli.
“Forse una soluzione ci sarebbe”, disse Hermione
sedendosi di fonte a me con fare pensoso.
“E cioè?”, chiesi alzando la testa di
scatto. Pendevo dalle sue labbra.
“Non c’è un’altra ragazza che
ti piace?”, chiese lei.
“Mi piace? Non proprio.” Ci pensai un momento, poi
ghignai. “C’è qualcuna che mi vorrei
fare, ma ancora non ho trovato il vero amore.”
“Ma chissà perché? Uno romantico come
te”, disse Hermione alzando un sopracciglio.
“Ehi guarda che io sono romanticissimo. Come credi che faccia
altrimenti ad arrivare al punto?”
“Ah, Malfoy per favore. Non voglio parlare con un maschilista
come te di certe cose”, disse la Granger guardandomi con
disprezzo.
“Ma per chi mi hai preso?”, chiesi piccato.
“Guarda che io rispetto le donne, anzi io amo le donne.
E’ solo… ho diciotto anni! A cosa credi che pensi
un ragazzo di diciotto anni?”
“Ron non è come te”, decretò
lei.
“Il tuo Weasley è esattamente come me, ma di
sicuro tu lo saprai meglio”, dissi ghignando. “Anzi
forse no. In effetti Weasley non sembra uno molto portato per certe
cose”, continuai sghignazzando.
“Se proprio ci tieni a saperlo Ron in quel campo è
il migliore!”, gridò la Granger arrossendo. Si, in
fondo capivo perché a Weasley piaceva, era una ragazza
carina dopo tutto, cioccolatini a parte.
“Oh il migliore! Perché? Con chi altro hai
provato? Ahi!”, esclamai ridendo. La Granger mi aveva dato
una botta piuttosto forte sulla spalla. Non sapevo che conservasse
tanta forza in quei braccini rachitici.
“Smettila”, mi rimproverò, ma vidi che
stava trattenendo un sorriso.
“D’accordo, d’accordo. La
pianto”, dissi alzando le mani in segno di resa.
“Comunque… devo pensarci. Probabilmente
c’è una ragazza che mi potrebbe piacere
più delle altre. Si, forse potrebbe funzionare. Se mi
mettessi con lei l’effetto dovrebbe sparire più in
fretta o sparire del tutto no? Dopotutto, come diceva Silente:
l’amore è la magia più potente del
mondo.”
“Silente te l’ha detto?”, mi
domandò.
“Leggi fra le righe: non l’ha detto, ma lo
pensava”, sottolineai annuendo.
“Benissimo allora. Faccenda risolta”, disse
Hermione. Si alzò, ma proprio in quel momento la borsa dei
libri le si aprì in uno squarcio e tutto cadde a terra.
Inchiostro, libri, biro, appunti, un tema. Proprio tutto. “Oh
no”, esclamò lei frustrata raccogliendo la
boccetta d’inchiostro.
“Granger! Ma quanti maledetti corsi segui?”, le
chiesi esterrefatto. Tirai fuori la bacchetta e pulii alcuni libri
macchiati d’inchiostro cambiacolore.
“Abbastanza. Praticamente tutti tranne Babbanologia e
Divinazione.” Aggiustò la borsa e
incominciò a rimettere dentro i libri.
“Anche Cura delle Creature Magiche? Ma non avevi
smesso?”, domandai, corrugando le sopracciglia e raccogliendo
qualche appunto.
“Si, ma ho ricominciato quest’anno. Hagrid
è molto migliorato sai? Dovresti seguirle le sue lezioni,
sono molto interessanti”, disse sorridendo.
“Si, per farmi strappare anche l’altro braccio dal
suo ippocoso
del cazzo”, commentai amaro.
“Non mi pare che ti manchi un braccio”,
osservò lei acidamente strappandomi di mano degli appunti e
ficcandoli nella borsa tutti assieme.
“Ma comqunque… come fai? E’ troppa roba
da studiare tutta assieme!”, protestai.
“E’ inumano. Tu sei inumana!” Ma dopotutto,
pensai, lei
è la Granger.
“Grazie del complimento. E tanto per la cronaca: basta essere
organizzati e non rimanere indietro. A questo proposito…
devo andare. Devo scrivere un tema per Aritmanzia.” Si
voltò e se ne andò.
Poco dopo stavo per uscire anche io dalla Stanza delle
Necessità, quando vidi un piccolo quadernino rilegato in
cuoio marrone scuro che era finito sotto una delle due poltrone. Lo
presi e aprii: nella prima pagina c’era scritto con la bella
grafia di chi è abituato a scrivere molto: Diario di Hermione Granger.
Ero in dilemma con me stesso, sul serio: avrei dovuto ridarglielo dopo
averlo letto o prima farlo girare per tutta la scuola e solo dopo
riconsegnarglielo? Il dubbio mi tormentava e mi rodeva le ossa e il
cuore… certo. Avrei deciso dopo, ma resta comunque un fatto:
sono un vero bastardo.
Pensai subito che fosse un diario personale, e non vedevo
l’ora di leggerlo da cima a fondo!
Heylà popolo!
Allora, ho visto che ci sono un bel po' di persone che leggono e hanno
messo fra Preferiti,
Seguite, Da ricordare, e non
è che mi dispiaccia. Insomma, mi farebbe piacere ricevere
qualche recensione in più date le letture, ma personalmente
odio le persone che dicono: Oh!
Se non recenscisce nessuno non posto più! Prrr!
Insomma, è una minaccia proprio triste, anche
perchè significa che non te ne frega una mazza della tua
storia quanto della sua popolarità. Indi per cui, ringrazio
tutti coloro che hanno letto la fic, che già dal primo
capitolo sono più di quanti mi aspettassi! E ringrazio chi
ha recensito, siete stati gentilissimi! ^^ Grazie mille!
Poi, una precisazione: nella mia fic Fred e George sono entrambi vivi,
anche se è ambientata dopo la guerra. Cioè, sono
due dei miei personaggi preferiti, non riesco nemmeno volendo a farne
morire uno, proprio mi viene l'angoscia a pensare che ce n'è
uno solo! XD Lo so, non è normale, dato che -di fatto- loro
non esistono! XD
A parte questo, spero che il capitolo sia piaciuto, ho voluto mostrare
una parte di Draco che non si vede mai, soprattutto nelle Dramione,
dove è sempre figo-stronzo-sofferente-eccheppalle.
Secondo me è tipo impossibile essere costantemente
così stronzeggiante e innamorato, alla fine è un
ragazzo come tutti e qualche risata se la farà anche lui,
no? :) In un sacco di storie è sempre così
serio...
Be', a domani l'anticipazione sul blog, grazie mille ancora a tutti
coloro che hanno letto e recensito! ^^
Patrizia
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Capitolo 3 *** Gusti in comune ***
Capitolo 3
Gusti in
comune
Draco
Non era un diario
personale, in cui magari c’erano scritte cose imbarazzanti
sul conto della Granger, o magari su Potter e Weasley. Purtroppo no.
Era un diario di scuola, con la tabella degli orari, alcune date
segnate per un compito in classe e diversi promemoria.
All’inizio rimasi deluso, pensavo di scoprire qualcosa per
cui prendere in giro la zannuta. Ma andando avanti a sfogliare mi
accorsi che diverse pagine erano scarabocchiate con piccole poesie.
Erano scritte in piccolo, con diverse parole cancellate e poi
riscritte, alcune con degli appunti accanto. Mi accorsi che la Granger
era molto severa con le sue stesse creazioni. Alcune erano banali,
altre un po’ più rielaborate, sia dal punto di
vista del contenuto che da quello stilistico. Non che io
m’intenda di poesia, anzi al contrario non ci capisco
granché. Sono più un tipo da romanzo. Credo di
aver letto tutti i romanzi della libreria di mio padre, che
è enorme, e sono abbastanza fiero di averne riempita una
tutta mia di dimensioni considerevoli.
“Draco
eccola”, mi disse Zabini quando fummo in Sala Grande,
indicando l’altro lato del tavolo. C’era una
ragazza molto carina, del sesto anno e della mia stessa casa. Si
chiamava Sophie Ellemar. Era bionda e dai capelli corti, gli occhi
azzurri e un sorriso molto grazioso. Inutile dire che avesse un corpo
perfetto.
Ora mi sembra di
essere stato così stupido, ma da ragazzo avere un corpo
perfetto era una delle qualità principali per diventare la
mia fidanzata o, a seconda dei casi, la mia ragazza-occasione.
Mi avvicinai a lei e
mi sedetti al suo fianco. “Ciao.”
“Ciao”,
mi disse lei dopo avermi sorriso.
“Mi chiamo
Draco Malfoy”, dissi porgendole la mano.
“Sophie
Ellemar.” Strinse la mia mano forte e decisa. Secondo la mia
teoria una stretta di mano rivela molte cose, e una stretta forte e
decisa, ma non troppo pretenziosa, è una delle migliori.
“Senti, che
ne dici un giorno di uscire?” Non avevo voglia di fare il
misterioso, e andai subito al dunque.
Lei arrossì
un poco e poi, sorridendo, disse: “Perché no?
Possiamo fare un giro nel parco. Dicono che di sera sia bellissimo, io
non ci sono mai andata.”
“Già.
Oppure potresti venire su da me e poi…”, mi
accostai al suo orecchio e le sussurrai alcune parole scelte
accuratamente.
Hermione
“Oh
guardalo. Sono così fiera di lui!”, esclamai
guardando al tavolo dei Serpeverde con lo stesso sorriso che mia madre
aveva usato per quando imparai ad andare in bici.
Harry sorrise.
“Nemmeno fosse tuo figlio.”
“Infatti”,
mugugnò Ron piluccando un po’ di porridge.
“No,
cioè, lo so. E’ solo che ha seguito subito i miei
consigli, e adesso si sta dando da fare!”
Vidi Malfoy
avvicinarsi alla ragazza e sussurrarle qualcosa all’orecchio.
Lei si scostò da lui e le diede uno schiaffo così
forte che si udì il rimbombo per tutta la Sala. Malfoy
rimase fermo con gli occhi spalancati e il viso stupefatto, come
folgorato, una mano premuta sulla guancia, mentre guardava la vittima delle sue
avance andare via indignata.
Ron iniziò
a ridere a crepapelle, seguito subito da Harry. “Che
incapace!”, esclamò Ron.
“E lascialo
stare, dai! Se questa faccenda non si risolve al più presto
sarà nei guai”, dissi io mordendomi il labbro
inferiore e osservandolo guardare perplesso Zabini.
“Ma quanto
ti interessi a lui”, osservò Harry a voce bassa
mentre Ron ancora ridacchiava con la bocca piena di cereali.
“Non mi
interesso a lui, mi interesso a me. Se non la smetterà
sarà così fastidioso. Non posso nemmeno
arrabbiarmi con lui: non lo fa apposta!”, dissi indicandolo
con la mano.
“Credo che
comunque gli servano un paio di lezioni su come rimorchiare”,
disse Ron.
“Non
è che tu sia un esperto, sai? Ci hai messo degli
anni”, gli dissi arrabbiata. Lo zittii subito.
“Quello che gli serve è la ragazza giusta! Lui
è uno di quelli che pensano solo a una cosa. Le donne
secondo lui servono solo a quello”, commentai scuotendo la
testa imbronciata e incrociando le braccia al petto. Il mio orgoglio
femminista veniva fuori, almeno per una volta. “Gli
servirebbe una che gli piaccia sul serio.”
Avevo deciso ormai. Se
lui non era capace gliel’avrei trovata io la ragazza perfetta
per lui! Ma guarda!,
mi dissi, devo anche
fare da Cupido! E’ il colmo che Malfoy non sia
capace di trovarsi una ragazza! Pensavo che piacesse a tutte quelle
della sua casa, e anche a diverse ragazze di altre case.
Quella sera dopo le
lezioni andai a cercarlo, e lo trovai assieme a Zabini che
chiacchieravano sulla torre di astronomia.
“Malfoy”, lo chiamai.
“Granger”,
disse lui con un sorriso. “Che cosa ti porta qui?”
“La tua
incapacità”, dissi io. Mi guardò
smarrito, al che precisai: “La tua assoluta
incapacità di piacere alle ragazze come si deve.”
Zabini
soffocò una risata. “Certo quello schiaffo
l’hanno sentito tutti”, disse a mezza voce.
Malfoy lo
guardò con fastidio, poi si rivolse a me: “Non mi
serve il tuo aiuto Granger. So cavarmela da solo.”
“Ah, se te
la cavi come stamattina allora la vedo bene. Ti aiuterò io,
a mio rischio e pericolo.”
“Che vuol
dire a tuo rischio e pericolo?”
“Non ti sei
mai visto quando hai una crisi vero?”, chiese Zabini.
“Sei pericoloso. E anche un po’ patetico a dirla
tutta.”
Malfoy
s’infuriò e incrociò le braccia al
petto sbraitando: “Non è colpa mia!”
Rimase per un momento pensoso, poi disse: “E va bene. A
proposito Granger…”, aggiunse con un ghigno,
“se cerchi il tuo diario, ce l’ho io.”
“Come?”,
borbottai confusa.
“Il tuo
diario. Ti è caduto l’altro giorno nella Stanza
delle Necessità.”
Oh Cristo Santo!
Chissà se l’aveva letto? Ma che dico? Lui è Malfoy!
L’avrà letto in un fiato. Che vergogna,
c’erano scritte un sacco di cose private lì
dentro. Con molta probabilità arrossii, ma cercai di darmi
un contegno e dissi levando la testa in alto: “Bene. Me lo
porterai Sabato mattina dopo colazione, davanti alla Stanza delle
Necessità. Non te lo scordare.”
Draco
Preciso e puntuale mi
presentai al settimo piano Sabato mattina dopo colazione.
“Granger”, la salutai con cortesia,
“Dormito bene?”
“Una
meraviglia”, disse lei spiccia. “Adesso
entra.”
Aprii la porta e le
feci segno di passare. “Prima le signore”, spiegai
con un sorriso gentile.
Lei passò,
ma poi disse: “Non credere che comportandoti in modo gentile
interromperò le lezioni di galateo.”
Almeno ci avevo
provato. Sbuffai. “E va bene. Questo significa che non
sarò mai più gentile con te, per niente al
mondo.”
“E quando
mai lo sei stato?”, domandò lei sistemandosi su
una poltroncina. La stanza che aveva ricreato era circolare,
c’erano due comode, soffici poltrone e in mezzo un tavolino
rotondo. “Siediti. Facciamo in fretta, vorrei approfittare
della giornata per studiare.”
“Ma
perché non ti prendi una pausa?”, le chiesi io
sedendomi.
“Ma scherzi?
Non t’interessa nemmeno un po’ il nostro futuro? I
corsi che facciamo potrebbero servire tutti nel lavoro che sceglieremo.
Anzi, non sono mai abbastanza.”
“Sembri mia
madre”, le dissi. Voglio molto bene a mia madre, ma sa essere
così petulante a volte, tutta presa dalla società
e dai suoi meccanismi, proprio come Hermione.
“Zitto.
Piuttosto dimmi: quali sono i tuoi hobby?”
“Pensavo di
dover stare zitto”, biascicai seccato incrociando le braccia.
“Okay sei
sciolto. Allora?”
Sbuffai.
“B’è… vediamo… non
saprei veramente.” Ci pensai su un po’ seriamente.
“Credo… mi piace leggere”, buttai
lì.
“Davvero?”,
chiese Hermione. Era indeciso se considerarla fra il sorpreso o lo
scettico.
“Per chi mi
hai preso scusa? Non può piacermi leggere?”
“No, no! Che
cosa ti piace?”, domandò con un sorriso.
“Mah…
nulla di Allock, questo di sicuro. Ad esempio, però, ho
letto tutti i libri di Hellbun, è il mio scrittore
preferito. E la collana di Vampire
life in 21th century.”
“Ma dai?
L’ho letta anch’io!”, esclamò
la Granger. “Credo che sia una serie bellissima.”
“Il mio
preferito è il quarto”, dissi.
“No, secondo
me il più bello è il primo. In realtà
mi dispiace per come finisce la storia”, disse la Granger con
aria davvero triste.
“Non
può sempre finire bene”, dissi in tono diplomatico.
La Granger
sospirò. “Immagino che tu abbia ragione. Comunque,
dicevamo… c’è altro?”
“Non mi
viene in mente nient’altro.
B’è… il quiddich”, dissi
scrollando le spalle con ovvietà.
La Granger
alzò gli occhi al cielo e assunse un’aria annoiata
e seccata. “Uff! Il quiddich! E’ proprio quello
sport che divide tutte le case!”
Agitai le mani.
“Sciocchezze. Le case sono divise per natura. Se non ci fosse
il quiddich sta’ tranquilla che troveremmo un altro motivo
per detestarvi. Siete così… eroici”,
dissi sprezzante.
“Non
è assolutamente vero. Tutti possiamo diventare eroi. Lo
diceva anche David Bowie”,
disse alzando un dito con fare saccente.
“Possiamo essere eroi, anche solo
per un giorno”, citai.
“La conosci?
E’ una delle mie canzoni preferite”, disse Hermione
sorridendo.
“Se
c’è una cosa -ma è l’unica,
precisiamo- che apprezzo dei babbani, è la musica. Questo
non toglie niente alle Sorelle
Stravagarie, ma preferisco di gran lunga i musicisti
babbani. E poi, Bowie è un classico.”
“Sai, non
immaginavo che ti piacessero tutte queste cose. Nel senso, senza offesa
eh, ma credo che la maggior parte della gente crede che tu sia uno
tutto… ragazze e feste, e soldi e… cose del
genere, immagino”, disse lei un po’ incerta.
“Le
apparenze ingannano. Io non direi mai che Potter sia un uomo, ad
esempio”, dissi ridacchiando. E, prima che la Granger potesse
interrompermi con una filippica sulle tante abilità del
Bambino Sopravvissuto, aggiunsi: “E anche tu! Credevo fossi
una tutta casa e studio. Prima di tutto non immaginavo che scrivessi
poesie, poi non riesco proprio a vederti assieme a Weasley, sembri una
che non esce molto. E non pensavo che i tuoi gusti musicali
comprendessero Bowie”, dissi alzando un dito ad ogni nuovo
punto.
“B’è
che vuol dire? Perché sono una persona studiosa? Questo non
significa che io stia tutto tempo sui libri”, disse lei con
un leggero sorriso sul volto. Notai che aveva qualche rara lentiggine
sul naso.
“Hai
ragione”, concessi con un ghigno che, lo sapevo, somigliava
più ad un sorriso. “Allora? Finito
l’interrogatorio?”
“Stavo
pensando a qualcos’altro da chiederti, ma non mi viene in
mente nulla. Ti piace leggere, ti piace il quiddich e la musica
babbana”, disse.
“Stai
dicendo che sono comune?”, domandai.
Lei non mi diede retta
e andò avanti. “Non sarà difficile
trovarti una ragazza. Ci sono un sacco di ragazze a cui piace il
quiddich e anche leggere. La musica babbana forse è un
po’ da ricercare, ma non importa.”
“Tu…
tu cercherai una ragazza che abbia i miei stessi gusti per uscire con
lei? Come… un appuntamento al buio?” Non sapevo se
l’idea mi piacesse poi molto.
“Più
o meno”, disse Hermione cominciando a mettere via un
blocchetto degli appunti nel quale aveva scritto un paio di cose.
Tanto valeva
approfittarne. “La voglio carina!”, dissi
velocemente.
La Granger
alzò le sopracciglia.
“D’accordo.”
“Ed
è meglio se è di Serpeverde.”
“Si.”
“Ah, non
dirlo a Pansy. Mi uccide, o mi castra.”
“Hm
hm.”
“Se
è possibile con gli occhi scuri. Mi piacciono gli occhi
scuri. E i capelli lunghi. E anche un bel…”
“Draco!”,
esclamò lei alzando lo sguardo scocciata.
“Che
c’è?”, chiesi io bloccandomi con le mani
per aria: immaginavo che fossero posate su dei discreti fianchi morbidi
di donna.
“La puoi
smettere? Sto cercando una ragazza che possa uscire con te, non per te.”
“Non colgo
la differenza”, le feci notare con tono mellifluo. Lei si
alzò sbuffando e uscì dalla Stanza delle
Necessità, con me al seguito.
“Ti
farò sapere presto”, disse incamminandosi verso le
scale che portavano ai piani superiori.
“D’accordo”,
dissi rassegnato, come se le fosse importato del mio parere.
M’incamminai anche io, ma all’ultimo momento mi
ricordai di una cosa. “Ah, Hermione!”, gridai nel
corridoio deserto.
“Si?”,
chiese lei voltandosi.
“Il tuo
diario!”, dissi tirando fuori l’agendina e
lanciandogliela.
Lei la prese al volo,
sorrise e mi salutò con la mano, prima di scomparire alla
fine del corridoio.
Hermione
Certo, trovare una
candidata adatta per far perdere la testa a Malfoy non era facile.
C’erano un sacco di ragazze a cui piaceva leggere, a cui
piaceva il quiddich e, perché no?, anche la musica babbana.
Il vero problema era Draco: non sembrava un tipo che perdeva la testa,
al contrario sembrava un uomo dal sangue freddo e dal cuore
d’acciaio, e il fatto che usasse le ragazze solo per motivi
che non sto ad elencare, rendeva il tutto ancora più triste
e complicato. Comunque, a loro rischio e pericolo, me ne rendevo conto,
avevo trovato tre candidate. Usare delle ragazze per togliermi di dosso
Malfoy non era propriamente il modo giusto per innalzarmi a Dio, ma mi
giustificavo pensando che, se fosse andata bene, due persone avrebbero
trovato l’amore. Inidi per cui…
Numero uno: Halle
Fitzgrald. Serpeverde. Portiere della squadra di quiddich,
l’unica ragazza da quando Draco Malfoy era diventato capitano
e, a quanto ne sapevo dalle mie ricerche, lettrice accanita di gialli.
Candidata numero due:
Giorgia Demot di Corvonero. Anche lei lettrice accanita e probabilmente
esperta di musica babbana. L’unica pecca era appunto una
discendenza non proprio purosangue, infatti il padre era babbano, mi
pare facesse il lattaio, ma pensai che per una volta il perfettino
purosangue Malfoy poteva chiudere un occhio, dato che era una ragazza
molto carina.
Ultima, ma non per
questo meno importante: Yvette Harris. Serpeverde. Una ragazza davvero
bella. A quanto mi dicevano leggeva molto, suonava il contrabbasso, ed
era anche simpatica. Forse un po’ piccola per un maniaco come
Draco: non volevo causare la depressione post sesso-e-mollata a
nessuna ragazzina quattordicenne -quasi quindicenne-, così
avevo deciso di lasciarla per ultima.
Ero soddisfatta della
mia ricerca, e mi convinsi che stavo facendo la cosa giusta quando
andai a dare questi tre nomi, correlati di foto, a Draco. Me ne
convinsi quando lui, non appena mi vide,
s’illuminò come il sole a mezzogiorno. Affianco a
lui c’era Zabini, che si portò una mano alla
fronte e scosse la testa esasperato. Prima che potesse gettarmisi
addosso, Zabini prese Malfoy per un braccio.
“Draco,
meglio che stai qui”, gli disse strattonandolo.
“Perché?”,
chiese l’altro con sguardo smarrito osservando
l’amico. Poi sembrò arrabbiarsi: “Non
credevo che fossi geloso Blasie! Bell’amico che ho!”
Sospirai.
“Tieni Zabini, li do a te. Quando si riprende
daglieli”, dissi consegnandogli i fogli.
“Va
bene”, disse lui con sguardo rassegnato.
Mi girai e feci per
andarmene, ma Draco mi chiamò: “Hermione! Dove
vai? Aspettami! E tu mollami!”, aggiunse guardando male
Zabini.
“Non
preoccuparti Draco, ci vediamo domani alla Stanza delle
Necessità. Dopo cena.”
Sperando con tutto il
cuore che per il giorno dopo fosse tornato quello di sempre, me ne
andai verso la Sala Comune. Quando arrivai trovai Harry e Ron che
giocavano a Spara Schiocco. Mi sedetti affianco a loro e mi misi a
leggere un libro. “Dove sei andata?”, mi chiese Ron
con finto tono noncurante.
“A dare una
cosa a Malfoy, ma alla fine l’ho data a Zabini
perché lui era troppo impegnato a fantasticare”,
risposi senza alzare gli occhi dal libro.
“Ma
perché non lo lasci a sbrogliarsela da solo?”
“Perché
mi da’ fastidio. Non hai visto oggi a Erbologia?”
Harry ridacchiò, ricordando come Malfoy era stato morso da
un baccello per essere rimasto troppo tempo a guardare me. Che scemo,
nemmeno Ron fa queste cose, o almeno non durante Erbologia. Non
è giusto! Proprio a me doveva capitare! Era tutta colpa di
Malfoy, se non fosse stato così odioso Fred e George non lo
avrebbero mai preso di mira.
“Non credo
che dovremmo preoccuparcene molto”, disse Harry.
“Perché?”,
domandò Ron.
“Fra un
po’ sparirà. Non capisco il perché di
tutto questo affanno Hermione”, disse poi voltandosi verso di
me.
“Che noiosi
che siete, fra un po’ me ne vado davvero da Malfoy se non la
smettete di tormentarmi”, dissi io insolitamente acida.
“Anzi, me ne vado ora”, aggiunsi alzandomi. Non so
cosa mi prese. Sindrome premestruale forse.
Me ne andai a zonzo
per i corridoi senza incontrare quasi nessuno, a parte un ragazzo del
sesto e un bimbetto del primo anno che era fuori oltre il coprifuoco.
Tolsi cinque punti a Corvonero e continuai a camminare, intimandogli di
andare a letto.
Chissà se
poi ci andò. Forse ci è andato, e ha mancato
all’appuntamento con la ragazza della sua vita. Con la quale
avrebbe avuto tanti bambini, e avrebbero formato una famiglia felice. E
invece lei dopo aver mancato all’appuntamento non avrebbe mai
più voluto vederlo. E lui sarebbe finito un single di
quarant’anni, che leggeva fumetti porno di nascosto con la
paura che un vicino di casa lo scoprisse. E tutto questo a causa mia. Mia!
E’ una
brutta abitudine quella di farmi i filmini mentali mentre cammino, ma
giuro!, lo faccio solo quando non ho nulla da fare, altrimenti ripasso
la lezione -e non è che dicendovi questo faccia una gran
bella figura, ammettiamolo-.
Senza accorgermene
arrivai ai bagni dei Prefetti. E’ sempre stato un mistero per
me il motivo per cui quei bagni fossero bisex, forse il preside pensava
che i Prefetti fossero delle persone responsabili, o di quelli che
controllano prima di andare a fare il bagno. Ma mi spiace informarlo
che non è così: entrai senza farci caso, decisa a
fare un bagno rilassante, e quando chiusi la porta l’unica
cosa che sentì fu un rumore d’acqua smossa e poi
un grido.
“Ahhh!”
Mi voltai.
“Ahhh!”
“Oh Cristo!
Che cosa ci fai qui?”
“Io?
Tu!”, esclamai vedendo Malfoy che s’immergeva
nell’acqua. “Scusa”, aggiunsi poi
voltandomi, “Me ne vado.”
“No, resta
pure. Stavo uscendo. Sta’ girata!”
“Che
c’è ti vergogni? Cos’è? Ansia
da dimensioni?”, chiesi ridacchiando.
“Ma
sta’ zitta”, mi rimbeccò lui. Sentii il
rumore dell’acqua, alcuni fruscii e poi la voce di Draco:
“Puoi voltarti.”
Draco stava davanti a
me con addosso i pantaloni della divisa, e stava cercando le scarpe,
chino sul pavimento. “Oh non preoccuparti, le dimensioni non
contano”, lo rassicurai con un sorriso divertito. Aveva una
schiena liscia e bianca.
“Si, vedo
che infatti tu non ti sei mai preoccupata delle dimensioni dei tuoi
denti. O dello spazio infinito che occupano i tuoi capelli”,
ghignò lui.
Incrociai le braccia
spazientita. “Ma non avevi finito?”
“In
realtà no, ma ti cedo il posto. Prima le signore e le
rompipalle, indovina quale sei”, disse Draco allacciandosi la
camicia.
“Ah ah.
Divertente”, commentai con ironia.
“No, dico
sul serio”, disse lui prendendo la cravatta e rivolgendomi un
sorrisetto, “Non indovineresti mai in quale categoria ti
piazzo.” Lo vidi litigare con la cravatta, ma non riusciva
neanche a cominciarlo quel nodo.
“Ma come hai
fatto in tutti questi anni?”, domandai con tono critico e un
po’ strafottente.
“In
realtà ho disfatto il nodo pochissime volte, e le volte che
l’ho sfatto per sbaglio ci ho messo secoli a rimetterlo a
posto”, disse lui sciogliendo il nodo sbagliato e
ricominciando.
“Dammi qua,
tu non sei capace”, dissi con tono quasi disgustato,
avvicinandomi. Dopo sette anni a Hogwarts e dopo tutte le volte che la
mia cravatta era stata lanciata via da Ron, ero diventata brava a fare
i nodi. In nemmeno trenta secondi era pronto. “Non lo
disfare. Anzi, disfalo! Così impari come si fa la prossima
volta”, dissi aggiustandogli il colletto.
“D’accordo,
grazie”, disse lui stringendolo un po’.
“Il bagno è tutto tuo”, disse poi
avviandosi verso la porta.
“Dove vai
così conciato?”, chiesi prima che uscisse.
“Cioè?”
“B’è,
ti sei fatto il bagno, e sei tutto vestito… carino, ed
elegante”, osservai. Personalmente, anche se rimanevo a mollo
nel bagno dei Prefetti e per tornare in camera dovevo passare per i
corridoi, dopo la doccia non mi vestivo mai così bene. Ero
sempre un po’ sfatta, e comunque di solito andavo a dormire.
Oppure andavo da Ron e quindi… diciamo solo che la maggior
parte delle volte non serviva che mi vestissi bene.
Draco fece un
sorrisino. “La classe non è acqua”,
osservò con un sorrisino storto. Aprì la porta,
stava per andare chiudendosela alle spalle, quando la aprì
di un po’ e disse: “Tanto per la cronaca, tu sei
nella categoria delle signore. ‘Notte.”
“Buonanotte”,
dissi io debolmente.
Quel ragazzo era strano, non
lo dico tanto per dire.
Eccomi
qui! ^^ Evviva!
Tutta questa felicità è sospetta...
Una piccola nota di dovere: la canzone citata è Heroes, di David Bowie, per
questo l'ho messo nell'immagine del capitolo.
Altra nota, forse vi chiederete perchè Hermione non sia la
classica verginella di turno, che viene poi iniziata al sesso dal
subdolo ma innamorato Draco Malfoy. Be', semplicemente mi andava di
fare qualcosa di diverso, per una volta Ron e Hermione se la spassano
un po', poveracci se lo meritano anche loro! XD Nelle fic Hermione
è sembre così ritrosa e Ron così
stronzo, quindi ho pensato che per una volta potevano essere un po'
più... diciamo normali, al di fuori dello schema delle fic.
Spero che questa scelta non sia stata troppo avventata, non so ditemi
un po' che cosa ne pensate, come al solito sono bene accette recensioni
di tutti i tipi! :)
A domani -appena mi sarà possibile postare- l'anticipazione
del prossimo capitolo, grazie mille ai lettori, che aumentano di giorno
in giorno con mia grandissima soddisfazione e gratitudine ^^ e chi
dà soltanto un'occhiatina!
Patrizia
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Capitolo 4 *** Le varie scoperte di Draco Malfoy ***
Capitolo
4
Le varie scoperte di Draco Malfoy
Draco
“Allora… vorrei provare…
questa”, dissi indicando una delle foto che avevo davanti.
“Quella?”, chiese Hermione allungando il collo per
guardare la foto, dove c’era la più meravigliosa
creatura che avessi mai visto. “Va bene, io
questa”, disse lei allora indicando un’altra foto.
“Perfetto. Fra poco arrivano”, disse la cameriera
riprendendosi i menù con i dolci.
Avevo deciso di uscire allo scoperto. Non che ci fosse nulla di male ad
uscire con la Granger, ma poi potevo scommettere l’anima che
tutti ne avrebbero parlato come se ad uscire con me fosse stato Potter
travestito da Topolino. Fatto era che avevo provato ad uscire con una
delle tre ragazze, ma non era andata bene, così Hermione
aveva insistito per darmi lezioni
di galateo, come le chiamava lei. Eravamo quindi finiti,
nella tradizionale gita a Hogsmeade, in un bar ad ordinare un dolce.
Era un posto molto chic, che costava parecchio e dove nei
menù c’era la foto della pietanza: delle
fantastiche, succulente e meravigliose fette di torta.
Cominciavo ad ammettere anche un’altra cosa: la compagnia
della Granger non era per niente male. Era sempre una Mezzosangue,
intendiamoci, ma parlare con lei era molto meglio che parlare con
Pansy, o con Daphne, o con Millicent, o con qualunque altra ragazza
della mia casa. O, se proprio vogliamo essere sinceri, con qualunque
altra ragazza avessi mai conosciuto. Lei era intelligente e sapeva un
sacco di cose, fatto già noto ai più, ma era
anche più divertente di quanto mi aspettassi stare con lei,
non tanto per la sua grande capacità in dire battute,
più che altro ero io a prenderla un po’ in giro,
ma beccarci a vicenda era ormai divenuta una specie di recita molto
divertente da portare in scena.
“Allora, cosa pensi di fare con la prossima ragazza con cui
uscirai?”, mi chiese Hermione a bruciapelo, mentre io ero
perso in altre riflessioni.
“Non lo so”, risposi. “Vedrò
quando saremo lì.”
“Dov’è esattamente
lì?”, chiese la Granger sospettosa.
“B’è, Halle è della mia
stessa casa, così le ho dato appuntamento nella mia stanza.
Cioè, nel dormitorio maschile, ma ho detto agli altri di
stare alla larga da lì domani sera per cena,
perciò non ci sono problemi di…”, mi
bloccai, vedendo il cipiglio severo che era comparso sulla faccia di
Hermione. “Che c’è?”
“Allora, prima di tutto vorrei precisare una cosa: quando una
ragazza ti piace sul serio non dovresti pensare solo a fare sesso con
lei. Dovrebbe interessarti per altri e ben più importanti
motivi”, disse come se fosse ovvio.
“E dove sta scritto scusa?”, chiesi io aggottando
le sopracciglia.
“Da nessuna parte, ma di solito succede così.
Quando sei innamorato davvero senti… non so come spiegarlo,
senti il cuore scoppiare. Non è uno stupido modo di dire che
hanno coniato nei libri, lo senti sul serio. E per la persona che ami
faresti di tutto, puoi fare piccoli sacrifici, ma anche grandi
cose… Quando ami una persona sei così…
pieno di
lei che pian piano cominci ad acquistare i suoi stessi modi di dire
senza rendertene conto, e gli dai sempre la ragione su certe questioni
stupide, questioni che prima non ti avrebbero nemmeno interessato ma
che invece adesso, siccome riguardano lei, sono parte della vita e
delle tue preoccupazioni.” Hermione fece una piccola pausa,
ma poi riprese più imperterrita di prima: “E
cerchi di essere sincera con lei il più possibile riguardo
alle cose serie, perché vuoi che sappia come la pensi, e
vuoi che faccia la cosa giusta e che niente la ferisca. E poi non solo,
sei contento in modo irrazionale quando la vedi, e tutto il resto
prende contorni confusi, tutto il resto non è nulla quando
stai con lei. I problemi sono lontani anche se incombono, le
preoccupazioni non esistono anche se sono lì al tuo fianco,
ma tu non ci fai caso, perché sei con la persona che ami. E
tutto di lei ti sembra perfetto e bellissimo, e anche i difetti non li
cambieresti per niente al mondo, altrimenti non sarebbe più
la persona di cui ti sei innamorato. Vuoi… vuoi darle tutto,
tutto quel che puoi e soprattutto quel che non puoi. Vuoi ricevere
tutto quel che vorrà darti. E vuoi che sia felice,
perché se lei è felice allora anche tu sei
felice. E poi…”, Hermione si soffermò
un secondo a pensare, “e poi un sacco di altre cose che ora
non mi vengono in mente. Come faccio a spiegartelo?”
Fu più o meno allora che mi accorsi che io non mi ero mai
innamorato di qualcuno come lo intendeva Hermione. Non mi ero mai
sentito così pieno… così scemo.
Da quanto capivo dalla spiegazione di Hermione era più o
meno così che ci si sentiva… forse è
colpa mia che non ci avevo capito un cazzo. Insomma, per dirla tutta,
non avevo mai provato una stratta al cuore pensando ad una persona. E
in quel momento mi venne in mente che l’amore è
una delle poche cose per cui vale la pena vivere, lo dicono musicisti
d’ogni genere, e lo pensano tutti, quindi sarà
vero, pensai in quel momento. E io ero talmente privo di amore che mi
riducevo ad ascoltarlo nelle canzoni, a leggerlo nei libri, ma nella
realtà non lo avevo mai assaporato.
Ma allora la mia vita aveva uno scopo?
Forse si.
Forse no.
“Ecco le vostre torte”, disse la cameriera
posandoci di fronte dei piatti eleganti.
“Grazie”, disse Hermione sorridendo e prendendo la
forchetta.
Rimasi un secondo in silenzio, poi: “La tua fetta
è molto più grande della mia”, mi
lagnai.
Hermione
Credevo davvero in tutto quello che avevo detto, e forse avevo anche
fatto centro, perché Draco mi sembrò pensoso dopo
il mio discorso.
La torta era buona.
“Allora? Ho ispirato qualche sentimento benevolo nel crudele
Malfoy?”, domandai speranzosa.
“No.”
“Uffa.”
“Però, insomma, non puoi sperare che raccontando
come ci si sente, io m’innamori. Non viene mica
così”, sbuffò Draco.
“Hai ragione, ma dì la verità, ti ho
fatto riflettere”, dissi puntandogli addosso la forchetta.
“Non sai quanto”, disse lui alzando le
sopracciglia, lo sguardo rivolto alla torta.
“Comunque sia, lasciamo perdere questo. Forse il sentimento
verrà. Il punto è che tu vai a letto con una
ragazza e poi non la consideri più. Ma è una cosa
così… triste. Non sai nulla di lei”,
dissi con enfasi. “Non t’interessa nemmeno un
po’?”
“Vuoi che sia sincero?”
“Sarà una cosa dolorosa?”
“Molto.”
“Vai.”
“La verità è che… si,
m’interessa a volte. Ma si vede che Amore mi odia,
perché le poche ragazze che m’interessano davvero
pare che non s’interessino a me. E la fanno loro la parte
delle stronze, almeno per una volta, e ci provano in un modo che anche
io definirei osceno. Io, che vuoi?, sono maschio, quindi dico di
sì al sesso facile con una ragazza che m’interessa
non solo fisicamente”, disse alzando le spalle.
“Oh”, dissi io, e per non parlare mangiai la torta.
Non mi aspettavo quella risposta da Draco, mi aspettavo che lui fosse
una specie di bambolotto senza sentimenti, una specie di
cliché umano. Il classico ragazzo che pensava solo al sesso,
sportivo, un po’ sciocco e molto superficiale. Ma mi scoprii
molto interessata invece a quel Draco che stavo man mano portando alla
luce, come un reperto storico, e avevo l’impressione che non
molte persone lo conoscessero così per come era davvero.
E’ proprio come diceva quel libro, gli altri si fanno
un’immagine di noi che non corrisponde al nostro vero essere
ma ad una maschera. E per ognuno siamo diversi, siamo più
maschere in una volta sola. Siamo maschere per loro e per noi stessi, e
quindi che cosa siamo? Non era l’argomento giusto da trattare
con una torta tanto pesante sullo stomaco.
“B’è allora perché non mi
dici una ragazza che ti piace davvero?”, chiesi.
“Ah no! Chi sei? La mia mammina?”, chiese lui
agitando una mano.
“Vabbè dai, se non vuoi che si sappia non lo dico
a nessuno”, dissi io stringendomi nelle spalle. Draco scosse
la testa. “E che mi dici di Pansy Parkinson?” Draco
sbuffò. “E allora dimmelo, no? Devo
indovinare?!”, chiesi spazientita.
“Mah, veramente adesso non mi piace nessuna”,
sputò lui.
“Oh! E ci voleva così tanto a dirlo?”
“Zitta Mezzosangue”, mi riprese infastidito.
“Piuttosto, dimmi che dovrei fare con Halle tutta la sera se
non le faccio conoscere il mio migliore amico!”
Feci una smorfia. “Suoi tuoi amici avrei parecchie
riserve”, commentai. “Comunque, non lo so, andate a
fare un giro per il parco, o potete venire in questo posto
così carino per la prossima volta ad Hogsmeade”,
dissi guardandomi attorno.
“Altro? No perché, passeggiare per il parco dopo
un po’ stanca.”
“Okay allora ho un’idea. Andate a cenare fuori nel
parco, come un pic-nic! Su un telo, con un fuoco in bottiglia
abbastanza potente che faccia un bel po’ di luce. Chiedi agli
elfi domestici di prepararti un cestino, anche se questo va contro la
mia politica. Ma vedi, per aiutarti farei di tutto”, conclusi
compiaciuta e benevola come la Madre Teresa.
“Non dubitavo che tu avessi una politica tutta tua, di certo
non poteva mancarti. Di cosa si tratta?”
“Non ti ricordi del C.R.E.P.A.? Guarda che esiste ancora! E
adesso conta ben quattro membri. Me, Ron, Harry e anche Ginny. Non ti
va di unirti anche tu? Ti do una spilla!”
“Ben quattro membri, non mi dire…”,
mormorò Draco piluccando una briciolina di torta.
“Ho solo una domanda: per cosa sta esattamente crepa? E
perché dovrei andare in giro con una spilla che ti augura di
andare al creatore?”
“B’è, prima di tutto sta per Comitato per la Riabilitazione
degli Elfi Poveri e Abbruttiti. Seconda cosa, dovresti
perché gli elfi domestici sono trattati come schiavi. Non
è assolutamente giusto quello che i maghi fanno ai loro
elfi! Loro ci aiutano in casa, dovremmo trattarli con riguardo.
Dovrebbero avere uno stipendio, le ferie, un sindacato, per soddisfare
i loro bisogni personali.”
“Dovresti cambiargli nome, sai? Quello è orribile.
Nessuno metterebbe mai una spilla crepa.”
“Ma perché?”, sbuffai.
“Perché dice crepa!”, esclamò
Draco esasperato, come se dovesse far capire qualcosa di molto
elementare ad una bambina altrettanto elementare.
“E’ solo un nome!”, dissi alzando gli
occhi al cielo.
“Il nome conta, cosa credi? Ad esempio per
un’agenzia il nome è come il biglietto da visita.
Ti fideresti mai di uno che si chiama, che ne so, Stronzibus?”,
disse lui con fare saccente.
“Ah, se me lo dice uno che si è sempre vantato del
suo nome allora dovrei dargli ascolto”, dissi alzando le
sopracciglia.
“Ah… la mia croce”, disse Draco con
finta sofferenza.
“Cosa vorrebbe dire la tua croce?”, domandai
curiosa.
“Mah, sai, è da una vita che mi dicono che devo
tenere alto l’onore di famiglia e tutte quelle cose
lì. E mio padre…” Si bloccò.
Divenne rosso in viso e abbassò lo sguardo. In quel momento
mi ricordai che Lucius Malfoy era ancora ad Azkaban. Certo, i
Dissennatori non erano più a guardia della prigione, ma
doveva essere lo stesso orribile sapere per lui che suo padre era
rinchiuso là dentro.
“Hm… capisco. Comunque sia il C.R.E.P.A. ha
già il suo nome ed è perfetto.” Tentare
di deviare i discorsi non era mai stato il mio forte, tuttavia Draco
ghignò, recuperando un po’ di spavalderia.
“Scommetto che sarei capace di trovare un nome più
interessante. Anzi, dieci nomi più interessanti!”
“Oh, ma certo. Dopotutto si sa che Draco Malfoy è
l’uomo giusto al momento giusto. Sempre!”
Draco sogghignò e guardò l’orologio.
“Dovremmo andare, quando arriveremo al castello
sarà già ora di cena.”
“D’accordo.” Alzai la mano per chiedere
il conto e quando arrivò la cameriera tirai fuori il
portafogli.
Draco allungò la mano e mi fece abbassare le mie sulle
ginocchia. “Faccio io”, disse dando alcune monete
alla signorina.
“Non ce n’era alcun bisogno, davvero”,
dissi io alzandomi.
“Devo conservare la mia reputazione di
gentil’uomo”, disse lui con aria di elegante
superiorità.
“Grazie.”
“Di nulla.”
Uscimmo dal bar, con tanti saluti e arrivederci da parte delle
cameriere e dei baristi, e cominciammo ad incamminarci verso Hogwarts.
Il freddo si era impadronito dell’aria, ma il mio cappotto
pesante era rimasto ancora chiuso nel bagagliaio. Non era certo a me
essere così sprovveduta, ma in quei giorni ero stata davvero
troppo impegnata, per lo studio, per Ron e anche per Draco, e
cominciavo a perdere qualche colpo. Cacciai le mani in tasca e
continuai a camminare.
“Comunque, al posto di cercare di convincere la gente ad
aderire al tuo movimento, dovresti prima farti
pubblicità”, esordì Draco
all’improvviso. “Non so, dovresti stampare
volantini che spiegano che cos’è il crepa. O fare
delle iniziative a pagamento, un galeone per… non so
qualcosa di buono da mangiare, o delle informazioni sui compiti, dato
che sei tu”, aggiunse infine ridacchiando.
“D’accordo, ci penserò”, dissi
cupamente. Vidi Draco ghignare e non potei fare a meno di sorridere.
“Ho detto che ci penserò, non che è
sicuro.”
“Io non ho detto niente”, disse lui. “A
proposito… seguirò il tuo consiglio, andremo a
mangiare fuori. Anche se moriremo di freddo se andrà avanti
di questo passo.”
“Oh, no! Una volta ho letto una magia che riscalda
l’ambiente circostante. Se fatta bene dovrebbe durare
un’ora per un ampiezza di circa cinque metri cubi”,
lo informai.
“Davvero? Grazie. Dove le trovi queste magie? Sono molto
utili.”
“In giro… leggendo”, dissi vagamente
stringendomi nelle spalle. “Non appena scopro di che magia si
tratta te lo dico.” Mi strinsi di più nelle spalle
e continuai a camminare. Tremavo dal freddo, e avevo addosso solo una
felpa leggera. Draco, al contrario di me, era stato molto
più previdente, e si era messo un lungo mantello nero, che
probabilmente doveva tenergli molto caldo. Rabbrividii.
“Hai freddo?”, mi chiese all’improvviso
lui voltandosi verso di me.
“Ma dai, come l’hai capito?”, chiesi
sarcastica. Il vento, come per punirmi della mia linguaccia acida,
prese a soffiare più forte.
“Aspetta.” Draco si fermò, si tolse il
mantello e me lo gettò sulle spalle.
Non potevo non far finta di non essere sollevata, e che volessi
restituirglielo, così mi limitai a dire: “E tu
adesso? Non avrai freddo?”
“Ho sotto il cappotto”, disse lui allacciandomi un
paio di bottoni del mantello, mentre io tremavo con le braccia
conserte, per cercare di trattenere il caldo.
“Andiamo.”
Il più velocemente possibile raggiungemmo il castello, e
solo quando fummo nella Sala d’Ingresso riuscii a rilassarmi.
Mi tolsi il mantello e lo porsi a Draco. “Grazie mille, sarei
morta assiderata. Sarebbe stato il viaggio Hogsmeade-Hogwarts
più lungo della mia vita”, dissi sorridendo.
“Di nulla.”
“A proposito, se vieni con me ti dico qual è
l’incantesimo per scaldare”, dissi andando verso le
scale.
“Devo andare nel dormitorio di Grifondoro?”, chiese
lui con espressione orripilata, come se avesse appena visto una cacca
di Doxy.
“No, non credo che la Signora Grassa ti farà
entrare.”
“La signora grassa è il quadro davanti alla porta
della vostra Sala Comune? Qual è?”
“Quello della… signora grassa, appunto”,
dissi avviandomi. “Ha su un vestito rosa, e a volte
è in compagnia del quadro di un’altra strega,
molto magra. Si chiama Violet.”
“Forse ho capito chi è”, disse Draco.
“Noi abbiamo la statua di un falco come entrata.”
Arrivammo davanti al ritratto e subito la Signora Grassa ci
fermò: “Alt! Lui non è un
Grifondoro.” Guardò Draco con aria sospettosa e
prevenuta, chinandosi su di lui per osservarlo meglio e tirando fuori
un monocolo.
“Tanto non entrerei nemmeno se me lo chiedessero per
favore”, la rimbeccò Draco.
“Che maleducato! Non provare a sgusciare dentro,
sai?”, continuò il quadro, poi incrociò
le braccia al petto con espressione sdegnata e mi guardò.
“Fiato d’ape”, dissi.
“Fiato d’ape? Che razza di parola
d’ordine sarebbe?”, commentò Draco
borbottando imbronciato.
La Signora Grassa si spostò per lasciare libero il
passaggio: “E’ la parola d’ordine che ho
inventato io!”, rispose a voce alta e squillante.
“E se proprio lo vuoi sapere sono uno dei quadri
più fantasiosi del castello! Le immagino le parole
d’ordine del Falco, sono le stesse da quando è
stato scolpito”, sbottò.
“Ah si? Sentiamo!”, disse Draco con tono di sfida.
Li lasciai ai loro battibecchi ed entrai. Andai subito a cercare un
quaderno nel quale appuntavo incantesimi, formule e altri promemoria.
Lo ricopiai su di un pezzo di carta e scesi in Sala Comune. Quando
uscii sul pianerottolo Draco e la Signora Grassa, al posto di fare
pace, stavano ancora battibeccando. Anzi, parevano essersi fatti
entrambi più agguerriti.
“Io credo che Harold
il Troll fosse un grande racconto per bambini!”,
stava dicendo Draco accalorato.
“Sciocchezze! Le favole di Frederick Nucklen sono molto
meglio!”, esclamò la Signora Grassa.
Non mi chiesi nemmeno per quale strana associazione libera di pensiero
fossero arrivati a discutere anche sulle favole per bambini. Nel
vedermi Draco arrossì e si voltò
dall’altra parte per non guardare la tela. In mi avvicinai a
lui e dissi: “L’incantesimo è
questo”, porgendogli il foglietto.
“Grazie”, borbottò prendendolo e
incamminandosi per la scalinata. “Ah, e tanto per la cronaca,
adesso vado a dire la mia fantastica parola d’ordine al mio
fantastico falco!”, gridò alla Signora Grassa.
“Hmpf!”, fece quella con una brutta smorfia in
viso. Quando fu sparito si voltò veloce verso di me e disse:
“Comunque non mi fido di lui, la parola d’ordine
è cambiata. Adesso è: alito di drago.”
Draco
Mi buttai sul letto e iniziai a fissare il soffitto con le braccia
incrociate dietro la nuca. Ero appena tornato dal mio fantomatico
appuntamento, ma non era andato come speravo. Certo, Halle era molto
carina e simpatica, ma già sapevo che non mi poteva piacere.
Il fatto era che avevo realizzato solo pochi giorni prima che mi
piaceva un’altra ragazza. Ma purtroppo quest’altra
era fidanzata, e anche se non lo fosse stata mi avrebbe ignorato e
respinto. Forse ero un po’ pessimista, ma la pensavo
così. D’altronde, come altro poteva andare con una
come lei? Eravamo del tutto incompatibili, lo sentivo. La mia era solo
cocciutaggine e fantasia repressa che si svegliava in me, adesso che
non avevo più il freno di mio padre.
Avevo rinviato l’appuntamento con Halle di qualche giorno,
per organizzare tutto come si deve. Ma era da un po’ di tempo
che pensavo solo a lei, la mia ragazza incompatibile. Era il mio chiodo
fisso: Hermione Granger. Meglio conosciuta come: la Mezzosangue,
l’Amica di Potty e Weasley e, ultima mia invenzione che non
avrei mai divulgato, la Ragazza che mi Piace Fidanzata con un Fesso.
Ma non l’avrei mai chiamata così davanti a tutti.
Udii una voce dall’altra parte delle tende del letto a
baldacchino: “Draco, sei tu?”
“Si”, risposi a Blasie con tono piatto.
“Com’è andata?”
“Di merda.”
“Lo sapevo.”
“E come facevi?”
Le tende si scostarono. “Scherzi? L’effetto della
pozione è sparito da un sacco, ma tu sembri ancora sulle
nuvole! Ti piace qualcuna, vero? Chi?”
“Cos’è? Il terzo grado?”,
chiesi infastidito.
“No, sono solo curioso”, disse lui alzando le
spalle.
Lo guardai un secondo. “Hm… poi se te lo dico mi
prendi in giro”, dissi, distogliendo lo sguardo da lui e
puntandolo di nuovo sul soffitto, dove era rimasto per venti minuti
prima che lui interrompesse i miei pensieri.
“E’ la Granger vero?”
Mi volsi verso di lui con uno scatto. “Ma che…!?
Come l’hai capito?”
“Conoscendoti non ci vuole tanto. E poi tu mi dici: se te lo dico mi prendi in giro.
Insomma, mi stai dando un grande indizio”, disse annuendo con
gli occhi spalancati, come a dire che era una cosa ovvia.
“Hm… e va bene è lei!”,
grugnii di malavoglia.
“Okay. Allora ’notte.”
“Tutto qui? Non hai qualche consiglio-Blasie da
darmi?”
“Cos’è un consiglio Blasie?”,
domandò lui stranito.
“E’ uno dei tuoi consigli filosofici”,
dissi io. “Intendiamoci, sono incomprensibili eh,
però almeno danno un speranza.”
“Ah”, ci pensò un secondo.
“…no. La Granger è carina, ma secondo
me dovesti lasciarla perdere, sarebbe troppo complicato stare con lei.
E poi sta già con Weasley, no?”
“Già”, mugugnai io.
“Draco?”
“Hm?”
“Posso fare un giro di scommesse su come andrà a
finire?”
Mi alzai di scatto a sedere sul materasso. “Non ti azzardare!
Non devi dirlo a nessuno Blaise”, sibilai rabbioso
guardandomi attorno per controllare che tutti dormissero -e a giudicare
dal russare di Theodore era così-. “Se lo dici a
qualcuno ti… ti…” Non riuscivo a
trovare una minaccia abbastanza grande.
Blaise si appoggiò ad una colonnina del letto, le braccia
incrociate ed un sorriso divertito.
“Mi…?”
“Ti do fuoco ai capelli!” Non me ne poteva venire
in mente una più stupida, no di certo.
Blaise scoppiò a ridere e mi diede la buonanotte,
lasciandomi furente sul letto. Mugugnando e borbottando mi misi sotto
le coperte e mi voltai verso il muro. Cercai di dormire, ma fu molto
difficile.
In meno di un mese avevo scoperto un sacco di cose: che la mia vita non
aveva senso perché non avevo mai amato nessuno, che gli elfi
domestici avevano un fan-club, che mi piaceva la Granger, e anche il
modo per riscaldare per un’ora un ambiente di cinque metri
cubi.
Buon salve! ^^
Allora, quale precisazione generale che mi hanno fatto notare nelle
scorse recensioni:
-Tyger muore nel settimo libro bruciato nell'Ardemonio, ma compare nel
primo capitolo di questa fic nonostante essa sia ambientata dopo la
guerra. Insomma, non ci sono giustificazioni plausibili, lo so -.-
però vi dico che il settimo libro l'ho letto solo
una volta e muoiono davvero troppe persone! XD Quindi, chiedo venia: mi
ero scordata di Tyger...
-I gusti musicali di Draco sono stranamente molto babbanofili! XD La
mia spiegazione è che Draco, non avendo più il
freno di suo padre, comincia a capire che la realtà dei
maghi non è l'unica che esiste e che i babbani non
sono poi così deficenti come li aveveva descritti Lucius.
Quindi comincia ad ascoltare musica babbana e ad apprezzarla, tanto
più che lui la apprezza come musica in quanto tale, non come
prodotto babbano.
-Ho messo Blaise Zabini come miglior amico di Draco, e... be', sono
stata contagliata dalle centinaia di Dramione che spopolano qui su efp e non ho
immaginato Theodore Nott come amico per Draco. Comunque a questo punto
non credo di cambiare la storia e spero che questo sia un dettaglio sul
quale potrete chiudere un'occhio.
Precisazione sul capitolo: la visione dell'amore da parte di Hermione
non rispecchia proprio quella che ho io in questo momento (o per lo
meno è una parte della mia visione), ma si può
dire che sia abbastanza vicina a quel che pensavo quando avevo
diciassette anni o giù di lì, questo per farvi
capire quanto Draco ed Hermione sono ancora dei ragazzini.
Be' a parte questo ringrazio di cuore tutte le persone che hanno
recensito lo scorso capitolo, leggere i vostri pareri e i vostri
consigli è stato bellissimo ^^ Poi un grazie alle persone
che hanno inserito questa storia fra le Seguite/Preferite/da Ricordare.
Siete più di quanto mi aspettassi!
Domani posterò sul mio blog l'anticipazione del prossimo
capitolo. A settimana prossima,
Patrizia
|
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Capitolo 5 *** Macchie d'inchiostro ***
Capitolo 5
Macchie d’inchiostro
Draco
Non potevo. Non potevo e basta.
Sarà strano, ma in diciotto anni di vita non ero mai stato
rifiutato. Non avevo mai rinunciato ad una ragazza, non avevo mai
fantasticato su qualcuna senza poi darle almeno un bacio, non ci avevo
quasi mai provato senza ottenere qualcosa. Insomma, ero un viziato, e
molto probabilmente avevo una mania ossessivo compulsiva che mi
impediva di non avere contatti fisici con l’altro sesso per
più di quattro giorni. Ma da quando avevo mangiato quei
dannati cioccolatini tutto andava storto! Non ero più io,
Draco Malfoy non era più l’emblema di Casanova a
Hogwarts, almeno nella mia testa. Venivo schiaffeggiato dalle ragazze,
rifiutavo del sesso che mi veniva così spontaneamente
offerto, fissavo appuntamenti senza un particolare fine. Era colpa solo
di Hermione Granger. Il solo modo di risolvere la questione era
confessarle che mi piaceva, ma siccome ormai tutto andava storto, di
sicuro mi avrebbe detto di no.
Mi sedetti nella solita poltrona che usavamo io ed Hermione nella
Stanza delle Necessità e attesi. Di solito lei non era mai
in ritardo, ma quella volta mi ritrovai ad aspettarla. Dopo circa un
quarto d’ora sentii la porta aprirsi.
“Granger! Alla buon’ora!”, la apostrofai.
Lo feci solo per darle fastidio, solitamente era lei che aspettava me,
e non vedevo l’ora di discutere un po’ sulla mia
sfacciataggine, per sentirle dire frasi come ‘da che pulpito viene la predica!’
Ma non fui soddisfatto.
“Scusami”, borbottò Hermione a sguardo
basso sedendosi di fronte a me.
Non indagai oltre, e dissi a voce alta: “Allora? Vuoi che ti
racconti com’è andato il mio galante
appuntamento?”
“Si, certo”, disse lei.
“Allora… scusa, ma con tutta la buona
volontà… non mi piace. Resta l’ultima
scelta, la ragazza babbana. Però non è
giusto”, mi lamentai. Non reagiva, così la buttai
lì: “Meriterei di meglio!”
“Si, certo”, disse Hermione, sempre ad occhi bassi,
apparentemente intenta a leggere degli appunti e scribacchiare ogni
tanto una correzione.
Non ci feci caso, pensando che fosse una delle su battutine pungenti, e
continuai imperterrito. “Insomma, credo di essere un caso
disperato”, dissi sbuffando e accasciandomi teatralmente
sulla poltrona.
“Si, certo”, disse ancora la Granger senza
guardarmi.
...
“Hermione? Va tutto bene?”
“Ma certo.”
Mi stava davvero ascoltando? Meglio fare una prova:
“L’altro giorno sono riuscito a mangiare
un intero Dorsorugoso di Norvegia e quando sono tornato al mio
dormitorio c’era Albus Silente disteso sul mio letto che mi
ha regalato un topo da compagnia: lo chiamerò Brutus, e ci
farò la lotta clandestina di topi.”
“Hm-m, certo.”
…
“Hermione…”
“Che c’è?”
Pensai che avrei voluto sedermi al suo fianco, e subito la sua poltrona
si allungò in un comodo divanetto per due. Non per
niente ci trovavamo nella Stanza delle Necessità. Mi alzai e
mi sedetti accanto a lei. “C’è qualcosa
che non va?”
“Certo che no, perché?”, chiese lei
guardando ostinatamente un libro.
“Mah, non lo so, continui a dire si, certo!”
Nemmeno il fatto che avessi imitato in modo stridulo e seccante la sua
voce l’aveva smossa dalla sua crociata: apparentemente
incendiare un libro con lo sguardo. Francamente, non pensavo ci sarebbe
mai riuscita.
“Ah scusa. Dicevi?”, chiese
all’improvviso alzando lo sguardo. Aveva gli occhi
leggermente arrossati e mi venne un dubbio.
“Granger hai pianto?”
“Certo che no”, disse lei spavalda sollevando il
mento. Si alzò e si mise la borsa a tracolla.
“Scusa Malfoy, ho tanto da studiare.”
E detto quello, sparì.
Hermione
Io mi sedetti da un lato, Ron dall’altro. Harry, poverino,
stava in mezzo a noi come il Belgio neutrale che sarebbe stato
attaccato e raso al suolo senza preavviso. Già me lo vedevo
Harry raso al suolo, colpito per sbaglio da una maledizione destinata a
Ron.
Mi schiarii la voce.
“Come?”, chiese Ron.
“Niente”, risposi io.
“Se devi dire qualcosa alle mie spalle puoi dirlo
direttamente a me”, disse Ron piccato.
“Non ho tempo per parlarti alle spalle, ho cose
più importanti da fare”, rimbeccai.
“Oh certo! Come ad esempio andare a fare una chiacchierata
con Malfoy, oppure studiare, o leggere, o chissà quante
altre cose interessanti!”
“Sta’ un po’ zitto Ronald! Sai una cosa?:
mi hai avvero stufato!”, esclamai. E, prima che arrivasse la
professoressa di pozioni, mi spostai in un banco vuoto. Rimasi
lì in silenzio ad aspettare, voltata dall’altra
parte per non vedere Ron. Poi, all’improvviso, la parte vuota
del banco venne occupata.
“Ciao”, disse Draco poggiando la borsa a terra e
sedendosi al mio fianco. Sentii lo sguardo di un paio di Serpeverde
dardeggiare verso di noi.
“Ciao”, mugugnai. Perfetto, non poteva scegliere
momento peggiore per essere -una volta tanto- gentile e sedersi vicino
ad una povera emarginata.
“Che bella faccia che hai, cos’è
successo?”
“Niente.”
Attimo di pausa. “Senti… Potty e il tuo ragazzo mi
stanno guardando male. Mica sarà colpa mia, no?”
“No, è colpa mia”, sospirai.
“Che cos’è successo?”,
ripeté lui.
“Mah… Ron è arrabbiato, dice che non
stiamo mai assieme. Ma non è assolutamente vero, stiamo
assieme un sacco di tempo. Praticamente dormo da lui!”
“Seh, dormi. Come no”, ghignò Draco
aprendo la cartella.
“Nel senso che… passiamo assieme tutte le sere,
insomma!”, sbraitai arrossendo, “E le lezioni! E il
pranzo, e tutto!”, esclamai. In quel momento entrò
la professoressa, così dovetti zittirmi.
“E quindi?”, bisbigliò Draco.
“E quindi niente. Quindi sta diventando un tormento. E
continua a fare allusioni a Lavanda Brown, che lei era diversa, che non
lo lasciava solo un minuto”, sibilai rabbiosa. “Che
vada dalla sua Lavanda allora, visto che gli piace tanto.”
Nemmeno a dirlo che vidi Lavanda sedersi tutta contenta affianco ad
Harry. Grugnii di rabbia e vidi Ron lanciarmi un’occhiata
eloquente.
“Ma lo hai visto? Lo hai visto bene? Hai visto che ha
fatto?!”, sibilai di nuovo, stringendo la penna
d’aquila e digrignando i denti.
“Si, si, ti conviene stare attenta”, disse Draco
prendendomi il mento e voltandolo verso la lavagna, anche lui lo
sguardo rivolto alla professoressa. “Dai, segui la
lezione”, mi intimò. Dopo meno di un secondo
ridacchiò, portandosi una mano alla fronte e facendo segno
di no con la testa.
“Che hai da ridere?”
“No, niente. E’ che non immaginavo che avrei mai
dovuto dire a te di stare attenta ad una lezione”, disse lui
copiando quel che c’era scritto alla lavagna.
“In effetti”, dissi io. “Quindi immagino
che sia meglio che non rovini la mia reputazione”, e
così dicendo aprii il quaderno degli appunti di pozioni.
“B’è, cambiare a volte fa
bene”, disse Draco.
“A volte.”
“… fa bene.”
“E quindi, che vorresti dire? Dovrei prestare meno attenzione
alle lezioni?”, chiesi copiando sulla pergamena uno schema.
“Certo che no. Dovresti scioglierti un po’, sei
così rigida a volte”, disse Draco scrollando le
spalle.
Trasalii.
“Oh, insomma,
che c’è? Il tuo buonismo ti impedisce di lasciarlo
in pace?”, sbottò Ron incrociando le braccia sul
petto e guardando fuori dalla finestra.
“No,
è solo che vorrei risolvere la faccenda. Da solo non ce la
potrà mai fare”, replicai io coprendomi meglio.
Era Sabato sera, e io e
Ron eravamo nella Stanza delle Necessità. Non ho idea di
quanto quella stanza venisse usata dagli alunni, ma probabilmente
tantissimo, perché i dormitori erano sempre affollati e non
ci si poteva incontrare lì con la propria fidanzata o
fidanzato.
“Si certo.
Dovresti saperlo che cosa cerca di fare Malfoy”,
brontolò Ron senza guardarmi.
“Oh, che
cosa?”, domandai con finta curiosità.
“Vuole…
vuole solo che gli dici qualcosa su Harry. Cosa credi? E’ un
approfittatore, vorrà fargli un brutto scherzo, o qualcosa
del genere.”
“Ma va, cosa
dici? Che cos’è, un bambino di cinque anni? E poi
sono stata io a proporgli il mio aiuto”, dissi con una
smorfia.
“E’
quello che credi”, disse Ron scuotendo la testa.
“Non credo che
Draco sia un così grande stratega”, dissi con una
risatina.
Ron si voltò
di scatto verso di me. “Cosa?” Lo guardai senza
capire. “Adesso lo chiami anche per nome?”
Sbuffai. “Che
cosa c’è di male?”, chiesi stringendomi
nelle spalle. “E’ come per la storia di Voldemort,
non chiamiamo i Serpeverde per nome solo perché non ci siamo
abituati. Ma ce l’hanno un nome, sai?”, sbottai
acida.
Ron mi puntò
addosso l’indice accusatore, così simile a quello
di sua madre. “Tu lo stai difendendo.”
“Io? No, non
è vero!”, protestai. “E da cosa
poi?”
“Da tutto.
Dalle mie accuse, dalle accuse degli altri. E ti difendi per essere
sempre assieme a lui!”
“Io non sto
sempre assieme a lui!”
“Come no? Ieri
pomeriggio eri con lui, Mercoledì sei andata da
lui!”, esclamò Ron. “E io che cazzo
sono? Quello di riserva?”
“E allora
anche se lo vedo un giorno o due? Io e te passiamo tutto il giorno
assieme. Adesso siamo assieme, no?”, chiesi spazientita.
Ron rimase un attimo in
silenzio, guardandomi, poi si alzò da letto e
cominciò a raccogliere i vestiti con gesti rabbiosi.
“Per quanto mi riguarda…”,
sbottò infilandosi i boxer, “…potevi
pure non venire”, e si mise i pantaloni.
“Ah
si?”, chiesi infastidita avvolgendomi le coperte attorno e
alzandomi a mia volta. Ron si mise le scarpe senza allacciarle e
raccolse la camicia guardandomi storto. “Non mi pare che
prima ti lamentassi che io fossi qui!”, strillai
istericamente.
“Non…
non è questo il punto”, borbottò Ron
facendo una smorfia. “Tipo… quando stavo assieme a
Lavanda eravamo sempre assieme, come una coppia vera.”
“Si, infatti
ho visto come ti piaceva stare con lei giorno e notte! Dopo tre mesi
non ce la facevi già più.”
“Si, ma stare
con te dovrebbe essere diverso!”, esclamò Ron
tutto d’un fiato. Si allacciò la camicia tutta
storta e stropicciata. Restammo in silenzio finché non fu
vestito e non cominciò a dare occhiate intorno nervosamente.
Prese la borsa.
“Dove
vai?”, chiesi con una nota di panico nella voce.
“Non sono
affari tuoi, perché non vai a cercare la compagnia di
Malfoy?”, sbottò Ron.
“Te
l’ho già spiegato il motivo per cui ci
vediamo”, dissi con voce quasi disperata.
“Si certo.
Perché non la pianti con questo atteggiamento perbenista e
non ti sciogli un po’?”, chiese Ron avviandosi
verso la porta. “Sei rigida”, mi disse con un
sibilo uscendo. E sbatté la porta.
“Hey… che hai?”, mi sussurrò
Draco.
“Come?”, chiesi girandomi a guardarlo.
“Ti senti bene?”
“Si, perché?”, chiesi confusa.
“Stai cercando di tagliare quella radice con la parte curva
del cucchiaio”, disse Draco indicando con un dito la mia
radice, che emetteva qualche mugolio di disapprovazione e si
divincolava sotto al cucchiaio.
“Oh!”, esclamai. La radice squittì nella
mia direzione.
“Tieni”, mi disse Draco passandomi la sua radice
già tagliata.
“Oh no, faccio in un attimo”, dissi togliendomi i
capelli dal viso e frugando nella borsa per cercare il coltello.
“Un attimo…”, ripetei.
“Tieni”, disse ancora Draco spingendo verso di me
le sue radici. “Lo rifaccio io in un attimo, tu invece mi
sembri fatta di asfodelo in polvere”, disse con un sorrisino.
“Grazie”, borbottai imbarazzata. Okay Hermione, concentrati!,
mi dissi. Guardavo le istruzioni alla lavagna ma non ne capivo nulla.
Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere. Dosai
distrattamente la polvere di unghia di troll, solo dopo un
po’ mi accorsi che ne stavo versando troppa.
“Accidenti!”, esclamai. Dalla mia pozione si
levò un piccolo sbuffo di fumo e, poco dopo, dal perfetto
colore smeraldo, divenne opaca e giallastra, mentre degli strani grumi
cominciavano a formarsi in superficie. “No, Santo Cielo,
no”, mormoravo disperata guardando il mio calderone con
pietà. Avevo quasi l’intera testa ficcata in
quella maledetta pozione.
Ad un tratto uno schizzo di qualcosa mi giunse in faccia. Mi toccai la
guancia e, quando guardai, la mano era piena d’inchiostro
nero. “Ma cosa…?”, mi voltai verso Draco
senza fiato e lo vidi ridacchiare.
Presi la penna dal mio calamaio e la agitai nella sua direzione. Grossi
schizzi d’inchiostro andarono a macchiargli la camicia e la
fronte, mentre lui cercava di proteggersi con il braccio.
Tornò all’attacco e mi lanciò addosso
altri schizzi d’inchiostro. Immersi ancora la mia penna nel
calamaio e continuai quel gioco silenzioso.
A quanto pare però, per la professoressa, non erano poi
troppo silenziose le risatine che cercavamo di soffocare,
perché ad un tratto si volse e venne verso di noi. A quel
punto la mia pozione si era fatta simile a cemento giallo, mentre in
quella di Draco erano cadute un paio di gocce d’inchiostro ed
era diventata viola scuro, molto fluida.
“Vi divertite”, constatò con leggerezza
mettendosi le mani sui fianchi.
Lanciai un’occhiata a Ron, ma lui stava ostinatamente
fissando corrucciato il suo calderone. Nascosi il volto, rosso come un
pomodoro, per non destare l’ira della professoressa e farle
notare il mio atteggiamento di sottomissione. Mi riscossi quando sentii
la risposta di Malfoy: “Si, parecchio grazie.”
“Dra-hm!”, esclamai dandogli un calcio sotto al
banco.
La professoressa alzò un sopracciglio. Quando faceva
così somigliava in modo inquietante a Piton, probabilmente
doveva essere la sua figlia illegittima, o qualcosa del genere.
“Siccome vi divertite così tanto a fare pozioni
passerete il venerdì sera in punizione, a preparare alla
perfezione la Pozione Seccalingua. Finché non
sarà perfetta tornerete qui ogni sera”,
decretò con voce imperiosa. “E ora uscite dalla
mia classe”, aggiunse voltandosi.
Draco
“Non posso crederci!”, sbottò Hermione.
“Che c’è? Non eri mai finita in
punizione, secchiona?”,
chiesi sogghignando.
“Solo una volta. Ma non era colpa mia”,
precisò. “Dellibus Gradi”, disse al
gargoyle che stava di guardia al bagno dei Prefetti. La statua si
scrollò, alzando una nuvoletta di polvere, poi si
spostò.
“Grazie”, dissi rivolto alla statua, entrando.
“Che cos’è un Dellibus Gradi?”,
chiesi poi a Hermione.
“E’ una tipo di pianta. Non ti ricordi?
L’ha detto la Sprite al quinto anno.”
“Ma come fai a ricordarti tutte queste cose?”,
chiesi spazientito. “Non ricordo nemmeno che cos’ho
mangiato stamattina a colazione”.
“Io studio”, disse Hermione tagliente alzando un
sopracciglio macchiato di nero. Soppressi una risatina a quella vista e
incrociai le braccia al petto. “Il Dellibus Gradi, detto
anche Pianta dalla Doppia Personalità, è una
pianta che si sviluppa sotto terra.” Cominciò a
girellare per la stanza, cercando qualcosa che si trovava lungo la
parete destra a quanto pareva. Tastava le pietre dure e fredde e le
osservava con attenzione.
“Che fai?”, chiesi.
“Zitto”, mi intimò lei.
“Dicevo… in superficie si vede solo un bellissimo
fiore dal profumo fortissimo, che serve per attirare le vittime, ma
quando ti avvicini ad annusarlo il Dellibus spunta fuori dal terreno e
mangia la sua preda.”
“Ma va?”
“Si. E’ grande circa quanto un drago adolescente, e
si trova soprattutto nei luoghi paludosi e vicino ai laghi.”
Hermione tastò ancora qualche pietra poi disse col sorriso
sulle labbra: “Trovato!”
“Cosa?”, chiesi avvicinandomi.
Lei mi ignorò, tirò fuori la bacchetta e
mormorò alcune parole sulla pietra. Quella
tremolò, poi sparì. Attorno ad essa cominciarono
a sparire tutte le altre pietre finché non si
rivelò una specie di armadio, in una nicchia della stanza.
“Che cos’è?”, chiesi
avvicinandomi.
“E’ una cosa che ho scoperto assieme a
Ron”, disse Hermione. “Non so come funzioni
esattamente, ma è una specie di collegamento con la Stanza
delle Necessità.”
“Questo è un passaggio per la Stanza?”,
chiesi incredulo indicando l’armadio.
“Non proprio, però ti procura un sacco di oggetti
di piccole dimensioni. Quello che ti serve, e che può
entrare nell’armadio.”
“E a te che serve?”
Hermione si voltò verso l’armadio e rimase a
guardarlo insistentemente. Ad un tratto quello scattò e si
aprì. Dentro, incredibile ma vero, c’erano costumi
da bagno di ogni foggia. Alzai un sopracciglio e la guardai scettico.
“Oh andiamo! Non abbiamo nulla da fare fino a
stasera”, mi incalzò Hermione.
Dannazione! Se non mi fosse piaciuta avrei detto di no! Devo avere più
carattere. Lavoraci su, Draco! “E va
bene”, dissi roteando gli occhi al cielo.
“D’accordo, girati”, mi disse agitando le
mani e cacciandomi via con un gesto. “Va’
via!”, esclamò.
“Non ti preoccupare, nemmeno se tu fossi
l’inventrice della pozione di bellezza ti salterei
addosso.” Mi girai e mi allontanai.
“Si dice che fosse orribile in realtà”,
disse Hermione.
“Chi?”
“L’inventrice della pozione di bellezza.”
“Sul serio?”
“Non lo so per certo. E’ una diceria. Ma se davvero
è così, di sicuro in compenso era molto
intelligente.”
Passarono alcuni minuti, in cui sentii i fruscii degli abiti che
scivolavano via dalla pelle. Forse era solo un’impressione
mia, ma pareva facesse molto più caldo di quando eravamo
entrati. Mi si seccò la bocca. All’improvviso la
consapevolezza che Hermione fosse a pochi passi da me, e si stesse
spogliando, diventò fortissima.
Quanto ci sarebbe voluto per voltarsi? Pochi secondi immagino. Ma che!
Qui parliamo di nanosecondi. E per raggiungerla? Quanto ci sarebbe
voluto per quello? Anche allora mi risposi: poco. E per toccare la sua
pelle morbida? Per annusare il suo profumo dolce? Toppo poco
perché potessi ancora trattenermi dal farlo.
In fondo… era triste per Weasley, no? Si capiva lontano un
kilometro. Quindi, magari, non mi avrebbe detto di no. Si sarebbe
rifugiata fra le mie braccia, e solo dopo si sarebbe accorta che io le
piacevo un mondo! Certo, essere accettato solo come
‘consolatore’ non era fantastico, ma mi sarei anche
accontentato.
D’accordo Draco,
mi dissi, è
ora. Ce la puoi fare, che c’è di difficile?
“Draco”, sentii la voce di Hermione provenire da
molto lontano. Mi voltai di scatto e la vidi.
Mi si accartocciarono le budella per la delusione. Tutto quel
fantasticare! E lei era già nella vasca.
“Puoi cambiarti se vuoi. Mi volto.” Portava un
costume intero azzurro. La vidi immergersi completamente
nell’acqua e fare qualche bracciata.
“D’accordo”, borbottai. Mi misi il primo
costume che trovai e mi sedetti al bordo piscina. Quando fui
lì Hermione mi si avvicinò. Si stava strofinando
forte il collo con una spugna, e teneva la sua indomabile montagna di
capelli tutta appallottolata in disordine sopra la testa.
“Sta venendo via?”, mi domandò
mostrandomi il collo.
“Quasi”, dissi io, e la raggiunsi nella vasca. Lei
riprese a strofinare con rinnovato vigore. “Guarda che hai
anche la schiena”, le dissi quando si voltò.
“Davvero?”, chiese preoccupata tentando inutilmente
di dare un’occhiata. Poi mi guardò con cipiglio
severo. “Ma come sei talentuoso. Riesci a far entrare
l’inchiostro anche nel colletto della camicia! E’
per questo che siamo in punizione.”
“Mica l’ho fatto apposta!”, esclamai
strappandole dalle mani la spugna con un gesto secco.
“Ma certo scommetto che è finito lì per
sbaglio!”, esclamò Hermione gesticolando e facendo
svolazzare schiuma profumata dappertutto.
“Dammi qua, faccio io. Sposta questi capelli
impossibili”, le dissi. Lei si tirò la chioma
ancora più su. Ecco, lo sapevo che stavo per fare una
cazzata, proprio da me: la schiena perfetta e sensuale di Hermione mi
stava davanti, a nemmeno un metro di distanza; non avevo mai visto una
schiena tanto bella. Mi schiarii la gola, in un tentativo di
riprendermi.
“Draco, mi chiedevo…”,
cominciò Hermione lentamente.
“Si?”, chiesi mentre strofinavo.
“…come va con la pozione
d’amore?”
“Oh bene, bene”, borbottai.
“Perfetto. Immagino che tu non veda l’ora di
liberarti di me”, disse poi ridacchiando.
“Non è vero”, mormorai con gli occhi
bassi.
Hermione si voltò a guardarmi con un sorriso indulgente.
“Andiamo Draco. Non è una novità che io
ti stia antipatica, non mi offendo mica.”
“Non… non mi stai più
antipatica”, dissi mollando la spugna, che prese a
galleggiare sul pelo dell’acqua.
“Sul serio?”, Hermione mi rivolse uno dei suoi
sorrisi più smaglianti. “Anche tu mi stai
simpatico.”
“Sul serio”, dissi io senza sorridere.
“A-ascolta, lo so sembra folle e anche un po’ da
stupidi, ma gli effetti della pozione sono spariti, per davvero. E tu
mi piaci. Mi piaci sul serio”, dissi velocemente.
Il sorriso di Hermione si spense un po’.
“Forse… forse è meglio che
vada”, borbottò avviandosi verso il bordo piscina.
“No aspetta!”, dissi io raggiungendola. La presi
per un braccio e la feci voltare. Restammo lì a guardarci
per non so quanto tempo, poi, non so bene con quale parte idiota del
mio cervello, le diedi un fugace bacio sulle labbra e mi ritrassi
subito.
La guardai negli occhi. Lei si voltò e scappò via.
Et
voilà! ^^
Be', non c'è molto da dire su questo capitolo, tranne che
forse può sembrare che Draco corra un po' troppo:
è stato avventato? Non so, secondo me queste cose capitano,
a volte uno nella vita pensa che ci si deve buttare, e
perchè non farlo? Fra l'altro Draco è uno che
ragiona più d'instinto che di cervello: si unisce ai
Mangiamorte perchè sa che deve farlo, e una volta
là si rende conto che ha sbagliato; oppure nel primo libro
corre a denunciare Hagrid (a causa di Norberto) senza pensare che anche
lui possa finire in punizione... Insomma, in definiva: un comportamento
del genere è del tutto legittimato. Avrà poi il
tempo di pensarci meglio nel prossimo capitolo XD
Riguardo ad Hermione: lei è una ragazza che difende i suoi
diritti, anche se si tratta di avere dei problemi con il suo fidanzato.
Hermione non ha mai pensato di poter piacere a Draco, così
considerava sciocco da parte di Ron essere geloso, e continuava a
vedere il nostro caro Serpeverde senza problemi. Se avesse saputo che
Draco aveva una cotta per lei probabilmente l'avrebbe allontanato, per
non daglie false speranze e non fare ingelosire Ron. Ma, vedete: il
caso è qualcosa di magnifico.
Che altro? Mah... niente d'importante! Domani pubblicherò
l'anticipazione del prossimo capitolo sul blog.
Vi ringrazio moltissimo, sono contenta di come sta andando questa
storia. Nonostante sia diversa dai soliti canoni che distinguono le
Draco/Hermione ho visto che molte persone la leggono, e le recensioni
che ricevo sono davvero gentili! ^^ Quindi non posso fare altro che
ringraziarvi di cuore e augurarvi una buona giornata,
Patrizia
|
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Capitolo 6 *** La consegna dei regali di Natale ***
Capitolo 6
La
consegna dei regali di Natale
Hermione
Che presuntuoso!
Massì… non ci dovevo pensare. Sarà
stato uno dei soliti scherzi tipici di Draco Malfoy.
Tanto, in fondo, a me che diavolo importava? Non ci dovevo pensare.
Anzi, non ci pensavo già, quindi era inutile pensare di non
pensarci.
Non m’importava.
No, no.
Proprio per niente…
Però che razza di persona!
Insomma, baciare così una ragazza ancora fidanzata (anche se
per un pelo)! Voglio dire… bah, non ci dovevo pensare
più. Non era una cosa che influiva particolarmente sulla mia
vita, era solo uno sciocco ragazzo Serpeverde che non aveva
assolutamente niente di meglio da fare in vita sua piuttosto che
complicare la vita degli altri.
Sbuffai. Mi alzai dal letto e guardai fuori dalla finestra, posando il
libro che stavo leggendo. Era il nuovo libro di Sam Guley,
s’intitolava Draghi
persiani. Una satira della società ben nascosta
in un giallo. Pensai che sarebbe piaciuto molto a Draco,
c’erano molti elementi nella narrazione che… basta.
Draco Malfoy era un argomento vietato! Non si doveva più
parlare di Draco Malfoy nella mia testa. Ma insomma! Parlavo pure da
sola! Anzi, peggio ancora: parlavo
da sola di Draco Malfoy!
Era arrivato l’inverno, e fra poco sarebbero iniziate le
vacanze di Natale. Per quell’anno i miei genitori sarebbero
andati a sciare, e io gli avevo anticipatamente detto di andare senza
di me, dato che ogni volta che mettevo ai piedi degli sci facevo
qualche danno, per lo più a me stessa. In più
avevo detto loro che tanto, per le vacanze, sarei andata a casa di Ron.
Purtroppo, con la nuova situazione che si era creata, avevo gentilmente
declinato l’invito della signora Weasley, e avevo deciso che
sarei rimasta al castello.
“Dai Hermione”, mi disse Harry con sguardo triste e
aria supplichevole due settimane prima della partenza,
“magari sarà anche una buona occasione per fare
pace con Ron. Non restare qui da sola, vieni assieme a noi.”
“No, meglio di no. Sarà brutto stare con la
famiglia di Ron tutta assieme dopo aver litigato con lui. Rovineremmo
tutta l’atmosfera festiva.”
“Ma dai, è Natale. E’ giusto che lo
passiamo tutti assieme. E poi ci sarò anche io, non devi
parlare per forza con Ron. E Ginny!” insistette Harry.
“E poi di sicuro la signora Weasley prenderà le
tue parti!”
Rimasi un attimo pensosa, dubitando che Molly mi avrebbe tanto
facilmente perdonata. A dirla tutta avevo un leggero timore di come
l’avrebbe presa. “No, è meglio di
no”, mormorai guardandomi le mani.
Non ero mai rimasta tanto tempo da sola al castello. Senza Harry e
senza Ron. Ma pensavo che sarebbe stata una buona
opportunità per portarmi avanti con il programma e per
ripassare meglio gli argomenti già affrontati, dopotutto
quest’anno avevamo i M.A.G.O., e non avevo la minima
intenzione di rimanere indietro. Forse sarebbe stato meglio almeno da
questo punto di vista. Ma anche con tutti quegli insistenti pensieri,
che di vero avevano ben poco e servivano solo ad auto-convincermi, un
vago senso di malessere e tristezza s’impadroniva di me ogni
sera, quando pensavo che era un giorno in meno verso le vacanze
natalizie.
Proprio in quel momento passò la McGranitt a prendere i nomi
di quelli che sarebbero rimasti a scuola per le vacanze. Harry mi
osservò con occhi melensi quando dette il proprio nome e io
non mi mossi dalla poltrona. Saremmo rimaste solo io, due ragazze del
terzo anno e qualche ragazzo del quarto. Sette in tutto. Non molti in
realtà. Del mio dormitorio sarebbero andati tutti a casa.
Il giorno in cui Harry e Ron partirono mi svegliai presto per
salutarli. Anche se avevo litigato con Ron non potevo lasciarlo andare
senza neanche dirgli due parole. Senza fargli gli auguri e consegnare a
lui e ad Harry di persona i regali che avevo preso loro per Natale.
Scesi le scale per andare alla Sala Comune. C’era molto caos
siccome la maggior parte della scuola stava partendo, e Calì
Patil stava gettando all’aria la valigia perché
non trovava più un cd delle Sorelle Stravagarie. Lo aveva
cercato dappertutto anche la sera prima. Scesi fino alla Sala grande e
lì trovai Ron ed Harry che parlavano accanto alla porta,
aspettando di uscire. Corsi verso di loro sorridendo.
“Ciao Hermione”, disse Harry contento.
“Fra cinque minuti partiranno le carrozze.”
“Ciao. Sono venuta a dirvi buon viaggio, e a darvi i
regali”, dissi tirando fuori dal sacchetto che mi ero portata
due pacchetti. Ne consegnai uno a Ron e uno ad Harry.
“Grazie”, disse Ron prendendo il suo.
Harry rimase un po’ lì, mi augurò Buon
Natale e mi salutò con un bacio sulla guancia, promettendomi
di salutare Ginny da parte mia, poi se ne andò con la scusa
di parlare con Dean Thomas. Io e Ron restammo soli, per la prima volta
dopo il nostro litigio.
Mi schiarii la gola.
“Grazie per il regalo”, borbottò Ron
senza guardarmi.
“Di nulla”, dissi io velocemente.
“Anche io ti ho comprato un regalo”, disse poi
alzando lo sguardo. “Ma credo che gli elfi lo abbiano preso
per consegnarlo direttamente a Natale, come al solito.”
“Oh, non importa. Senti…”, cominciai.
“Senti…”, disse Ron allo stesso tempo.
Ci guardammo sorridendo.
“Vai prima tu”, gli dissi, sistemando una ciocca di
capelli dietro l’orecchio.
“D’accordo. Volevo dirti… è
che mi dispiace per quello che ti ho detto, tutto qui”, disse
mentre le orecchie gli si dipingevano di un colore rosso acceso.
“Non volevo dire quello… ero arrabbiato. Non
è che lo pensassi davvero…”
“Si, si certo”, dissi io con lo sguardo basso.
“Volevi dirmi qualcosa?”, chiese con tono
speranzoso.
Volevo davvero dirgli qualcosa? In effetti non mi veniva in mente nulla
da dire. Ero arrabbiata con me stessa perché i miei pensieri
vertevano soprattutto su una sola persona. E quella persona non era
Ronald. “No, non fa niente”, dissi scuotendo la
testa.
“Ah, okay. Allora… allora ci vediamo”,
borbottò. Lo vidi avvicinarsi un po’, poi
cambiò idea e si voltò di scatto, andando a passo
di marcia verso l’uscita e spintonando un bambino del secondo
anno. Quello voleva dire che non eravamo più ufficialmente
fidanzati? Mi morsi un labbro e lo guardai unirsi ad Harry e Neville.
Harry mi lanciò un’occhiata a metà fra
il dispiaciuto e l’interrogativo. Per non farlo preoccupare
gli sorrisi e agitai la mano nella sua direzione.
Il mio stato emotivo era parecchio strano: mi ero appena lasciata con
Ron (anche se in realtà la situazione non era molto chiara),
e non sentivo quella sconvolgente tristezza che avrebbe dovuto
travolgermi, solo una vaga fitta di dispiacere.
Che fosse a causa del bacio? Di quel bacio? Di quel bacio di quella persona? Se
ci pensavo così tanto allora voleva dire che per me era
significato qualcosa. Ma era una cosa tanto sciocca, io non provavo
nulla per Draco, non mi ero mai nemmeno soffermata a pensare a lui in
quella maniera. Era un ragazzo carino, questo posso riconoscerlo, e
passare del tempo con lui era piacevole, potevo quasi dire che fossimo
amici.
Mi voltai sbuffando e mi avviai mogia verso la Sala Comune.
Draco
Non era stato il bacio della storia. Se fosse stato un film non avrei
di certo vinto l’Oscar. Anzi, nemmeno un riconoscimento.
Diciamocelo, era stato penoso. Talmente tanto che dopo Hermione era
scappata via.
Camminavo con le mani affondate nelle tasche e lo sguardo puntato a
terra per i corridoi solitari. Sembravo il Gobbo di Notre Dame
tanto ero chino su me stesso.
Quell’anno tutti quelli del mio dormitorio se
n’erano andati, perciò avevo la stanza tutta per
me, avrei potuto scatenarmi, saltare su tutti i letti, gironzolare nudo
nel dormitorio, restare con la luce accesa fino alle tre di notte!
…non era emozionante come avrei potuto pensare qualche anno
fa. Non avevo alcun programma interessante per utilizzare quella stanza
come si deve.
D’altra parte non volevo nemmeno tornare a casa. Da quando
papà era rinchiuso ad Azkaban a casa c’era solo
mia madre, i domestici e, qualche volta, una vecchia zia che le faceva
compagnia. Tornare in quella casa era deprimente, per quanto fosse casa
mia, ma era così silenziosa e buia. Sembrava ancora
più vuota di quanto non fosse già in
realtà. Eravamo tutti degli zombie da quando papà
era stato arrestato. L’unica cosa che mi dava un
po’ di speranza era che pensavano di rilasciarlo fra qualche
mese, siccome il nostro avvocato aveva detto al giudice che era stato
costretto a compiere tutto spinto dalla paura che tutti allora
provavano per Voldemort.
Io voglio bene a mio padre ma, diciamocela: all’inizio era
solo brama di potere, che solo poi era degenerata in paura. Ma per me
poteva anche passare per vigliacco, purché tornasse a casa.
Camminai ancora un po’, dirigendomi chissà dove.
Non avevo una meta precisa, vagavo per il castello allo stesso modo in
cui vagavo nei miei pensieri. “Ciao Draco”, mi
disse una voce che avrei riconosciuto fra mille.
“Hermione”, dissi alzando lo sguardo. Lei mi
guardò sorridendo mollemente, al che ghignai e chiesi:
“Perché ancora qui? Sul treno non accettano i
Mezzosangue?”
Lei mi diede una spintone e disse corrucciata: “Che gran
battuta. Sei ripetitivo, lo sai?”
“Non si può sempre essere originali”,
dissi alzando le spalle.
“Per questa volta ti perdonerò, ma in futuro mi
aspetto frecciatine più fantasiose”, disse
riprendendo a camminare alla direzione opposta alla mia.
“Aspettami!”, esclamai seguendola.
“Che fai? Mi pedini?”, chiese lei guardandomi
storto.
Non aveva accennato in alcun modo al bacio. Dopo
quell’episodio non ci eravamo più visti, ma
adesso, all’improvviso, aveva ripreso a parlarmi. A pensarci
bene forse fu solo perché ero l’unica persona
rimasta in tutta Hogwarts che lei conoscesse. E in effetti anche lei
era l’unica rimasta che conoscessi io.
“No, è solo che non so cosa fare.” La
raggiunsi e mi accordai al suo passo.
“Se è per questo nemmeno io”, disse lei
sbuffando. “Hanno organizzato un’uscita ad Hogsmede
per Capodanno, sai? Per di più credo che noi potremmo stare
fuori quanto vogliamo”, aggiunse pensierosa.
“Davvero? Perché?”, chiesi illuminandomi.
“Perché adesso siamo maggiorenni”, disse
lei. “Quindi suppongo che non risponda la scuola se a noi
succede qualcosa.”
“E chi ne risponde?”
“Noi”,
disse lei facendo una faccia di palese scocciatura.
“Ah, scusami se non l’avevo capito”,
replicai piccato. “Comunque, che ne dici di vederci per quel
giorno? Usciamo e andiamo un po’ ad Hogsmede a vedere che
fanno lì a Capodanno.”
“D’accordo.”
“Magari ci vediamo in giro.”
“Si, magari. Ah Draco, vieni con me? Ti ho preso un
regalo.” Sorrise, del sorriso più bello che avessi
mai visto.
“Sul serio? Grazie”, le dissi, riprendendomi. Poi,
come ricordandomene improvvisamente: “Io non ti ho preso
niente però.”
“Non importa”, disse Hermione scrollando le spalle.
Mi condusse alla Sala Comune di Grifondoro e chiese alla Signora Grassa
il permesso perché facesse entrare anche me solo per quella
volta. La Signora Grassa sbuffò e disse incrociando le
braccia: “E va bene. Ma solo per questa volta.” Si
fece da parte e ci fece passare. Mentre entravamo nella Sala Comune dei
Grifondoro ci gridò dietro con voce squillante:
“Solo perché è Natale!”
“Vieni qui vicino, se non entri assieme ad un ragazza la
scala non ti farà passare” disse Hermione
facendomi segno di avvicinarmi.
“Perché no?”
“Non lo so. I fondatori credevano però che i
ragazzi non fossero affidabili, ed era loro proibito anche solo
avvicinarsi al dormitorio femminile.” Hermione mi prese per
un braccio e iniziò a salire le scale. Quelle brontolarono
un poco, vibrarono leggermente, ma poi si fermarono silenziose.
“Veramente non ho mai provato ad entrare nel dormitorio
femminile di Serpeverde. Però Pansy è venuta un
sacco di volte nel mio.” Mi pentii subito di quello che avevo
appena detto. Potevo anche evitare di sbandierare la mia finta
relazione con Pansy Parkinson!
“Si b’è… Pansy Parkinson
è un caso a parte ma, noi ragazze di solito non siamo
disperate come voi.”
“Io non sono disperato!”, protestai.
“Si, certo che non lo sei”, disse Hermione con lo
stesso tono che avrebbe usato per parlare con un bambino.
“Adesso entra, prima che la scala cambi idea.”
Entrai nel dormitorio femminile e feci un risatina guardandomi
attorno.“Che hai da ridere?”, domandò
Hermione.
“No niente. E’ solo che già non
immaginavo di vedere mai nella mia vita la Sala Comune di Grifondoro,
figuriamoci il dormitorio femminile del settimo anno”, dissi
mettendo le mani in tasca.
“In effetti è vero, quale Grifodoro sana di mente
ti avrebbe mai lasciato entrare? Il mio è un gesto di
pietà.” Feci una smorfia al commento, ma non dissi
niente. Hermione si avvicinò al letto e
s’inginocchiò, cercandovi qualcosa sotto e
allungandosi fino allo spasimo, per poi riemergere. Si alzò
e mi porse un pacchettino.
“Perché lo tenevi sotto al letto?”,
domandai.
“E’ l’unico posto dove gli elfi domestici
non guardano”, disse lei stringendosi nelle spalle.
“Di solito non puliscono mai sotto al mio letto,
perché sanno che ci metto sempre dei cappellini.”
“Cappellini?”
“Si, così almeno avranno dei vestiti. Ma si
rifiutano di prenderli, e per non correre il rischio di trovarli non
puliscono più sotto al mio letto.”
Rimasi un attimo basito. Poi non resistetti, e scoppiai a ridere in
modo incontrollato. “Ma che scema!”, esclamai
ridendo della grossa.
Hermione s’infuriò e divenne tutta rossa.
“Che cosa? In più che ti ho comprato il regalo! Ma
perché?”
“No, no. Voglio dire, scusa!”, dissi ancora
ridendo. “E’ che non ho mai sentito una cosa del
genere! La rivolta degli elfi!”, esclamai.
Hermione rimase molto colpita da quello che dissi, e si sedette sul
letto pensosa. La raggiunsi e mi sedetti anche io al suo fianco a gambe
incrociate. “A che pensi?”, domandai, ancora con
sorridendo.
“Niente”, disse lentamente. “Penso solo
che… cavolo! Hai assolutamente ragione! Gli elfi si sono
rivoltati in un certo senso, si sono rifiutati di lavorare per me,
nonostante avessero dovuto farlo.”
“E allora?”, chiesi.
“E allora questo significa che loro hanno scelta. Se solo
riuscissi a farglielo capire allora sarebbe tutto diverso”,
mormorò con gli occhi fissi su un punto del letto di fronte
al suo.
“In che senso?”, chiesi grattando con
l’unghia il Magiscotch per aprire il mio regalo.
“Nel senso che capirebbero che loro possiedono il libero
arbitrio. Che possono rifiutarsi di fare qualcosa per i maghi, se solo
lo vogliono. Sta’ fermo”, disse poi scacciandomi la
mano dal pacco regalo. “Insomma, se per caso un mago oscuro
dicesse al suo elfo di fare qualcosa di male questi lo farebbe, anche
se sa che è sbagliato. E’ già successo
altre volte che gli elfi abbiano influito sulla storia”,
mormorò pensosa. Io continuavo a grattare sulla carta
regalo. “Vuoi stare femo?!”, domandò
Hermione all’improvviso.
“Uffa, perché?”, chiesi con voce
lamentosa.
“Devi aprirlo a Natale”, disse con voce ancora
pensosa.
Sbuffai e mi stesi sul letto. “E va bene.” Gettando
un’occhiata al comodino vidi l’ultimo libro uscito
di Sam Guley: Draghi
persiani. “Hey l’hai
letto?”, chiesi alzandomi e prendendolo in mano. Lo voltai e
iniziai a leggere il retro.
“Com’è?”, chiesi.
“Non male. Anche se non è all’altezza
dei suoi primi lavori”, disse Hermione con tono esperto.
“A quanto pare te ne intendi”, dissi sfogliandolo.
“Abbastanza”, disse con un vago sorriso
compiaciuto. Si sedette a gambe incrociate di fronte a me.
“L’hai finito?”, chiesi agitando il libro.
“Ieri sera.”
“Me lo presti?”, chiesi sfacciatamente, quasi
stringendomi il libro al petto.
“Certo.”
“Te lo riporto appena l’ho finito. Non ci
metterò molto”, dissi sorridendo.
“Immagino. Guley si legge in un attimo.”
“Tu quanto ci hai messo?”
“Quattro giorni.”
“Quattro?”, chiesi stupito alzando le sopracciglia.
“Questo mattone?”
Restammo a parlare tutto il pomeriggio. Il pomeriggio migliore della
mia vita probabilmente. Non avevo mai incontrato una ragazza carina,
divertente e interessante come Hermione.
Ed eccomi ancora qui...
Yeah!
XD
Okay, a parte le frenesie di inizio giornata (si, sono le dieci di
mattina, per me è inizio giornata), parliamo della
fanfiction.
In verità su questo capitolo io trovo ben poco da dire. I
problemi personali di Draco sono stati appena accennati, i dubbi di
Hermione non convincono ancora nemmeno lei, Natale in questa fic sta
arrivando in ritardo...! Dove andremo a finire?! ._. XD
A parte le amenità che scrivo sempre a fine capitolo... Se
per caso avete qualche osservazione, positiva o negativa che sia,
comunicatemela pure! Se voleste lasciare una recensione mi farebbe
molto piacere -anche quella: positiva o negativa- ma intanto voglio
ringraziare tutte le persone che hanno aggiunta questa storia fra le Preferite,
le Seguite
e le Ricordate
(non sto a fare la lista perchè non ho voglia, e poi... voi
lo sapete chi siete! XD).
Domani metterò l'anticipazione al prossimo capitolo, con
relativa immagine, sul blog.
Addioooo,
Patrizia
|
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Capitolo 7 *** La lettera ***
Capitolo 7
La
lettera
Hermione
“Professoressa McGranitt, vuole per caso un pacco-bomba
regalo?”, chiese gentilmente il professor Vitious.
“No grazie”, disse la McGranitt allontanando
cautamente il pacco e osservandolo guardinga con un sopracciglio alzato.
Vitious al contrario ne prese uno e cominciò ad aprire il
laccio con la massima calma. La McGranitt allontanò un
po’ la sedia, poi, proprio mentre il pacco stava per aprirsi,
scoppiò all’improvviso, e il piccolo professor
Vitious lanciò un gridolino e cadde dalla sedia, scomparendo
dalla vista. L’intero tavolo rise sguaiatamente, mentre uno
studente del quarto anno aiutava il professore ad alzarsi.
“Grazie mille Perks”, disse il professor
Vitious sistemandosi l’alto cappello a punta.
“Ne voglio uno anch’io!”,
esclamò subito Draco allungando una mano verso il
pacco-bomba regalo più vicino. Lo prese e lo
portò all’orecchio, scuotendolo leggermente.
“Devi trattarlo con riguard…!” Il pacco
esplose, una nuvola di fumo grigio circondò Draco. Presi a
tossire leggermente e a muovere la mano per scacciare il fumo. Quando
quello si fu diradato vidi un Draco alquanto sconvolto che si puliva
gli occhi con il dorso delle mani.
“Ci sei?”, chiesi.
“Più o meno”, rispose Draco con sguardo
perplesso. Mi guardò per un secondo, poi sorrise e
cominciò a vedere cosa c’era dentro al pacco.
Sorrisi e lo osservai. A volte somigliava ad un bambino. Fin da quando
erano iniziate le vacanze di Natale passavamo assieme tutta la giornata
e un paio di volte ero pure riuscita a convincerlo a fare i compiti che
ci avevano lasciato per le festività. Le cose da fare erano
più o meno le stesse per entrambe le case, così
potevamo fare benissimo i compiti assieme. Avevo scoperto che Draco non
era affatto male per quanto riguardava la scuola. Le uniche materie in
cui non andava bene erano Trasfigurazione ed Erbologia, ma nelle altre
non aveva nulla da invidiare a nessuno.
“Che hai trovato?”, chiesi allungando il collo.
“Due Caccabombe, un mazzo di carte magiche e un pacchetto di
Gelatine Tutti i Gusti + 1”, elencò lui gettandosi
alle spalle il pacco-bomba ormai vuoto. Quello fece un fischio acuto,
che poco a poco si affievolì. Draco scartò il
pacco di Gelatine e me ne porse una di un rassicurante color rosso.
“Gelatina?”, chiese.
“Grazie”, dissi io prendendola. La masticai
lentamente ma la mandai giù a fatica facendo una smorfia di
disgusto. “E’ sangue!”, mi lamentai.
“Tu che cos’hai?”
“Panna montata credo”, disse Draco ghignando e
masticando con gusto la sua gelatina.
Il pranzo di Natale era appena finito, e noi pochi studenti rimasti ci
eravamo riuniti tutti attorno ad un tavolo centrale assieme ai
professori. Quella mattina mi ero alzata tardissimo, così
avevo posticipato l’apertura dei regali a dopo ed ero subito
scesa a fare colazione. Ma dato che avevamo finito mi pareva il momento
di andare finalmente ad aprire i miei meritatissimi regali. Mi alzai da
tavola e informai Draco: “Io vado ad aprire i
regali.”
“Non li hai ancora aperti? Io l’ho fatto
stamattina”, disse lui mangiucchiando un’altra
gelatina. Fece una smorfia e la mandò giù.
“Posso venire?”
“Si certo.” Ormai la Signora Grassa si era
rassegnata al fatto che Draco entrasse e uscisse assieme a me dalla
Sala Comune di Grifondoro, e anche se ogni tanto lei e Draco si
lanciavano delle frecciatine lo lasciava sempre entrare. Solo, gli
aveva fatto promettere che non sarebbe mai entrato da solo, anche se a
mio parere era inutile tanto sforzo perché non credo lo
avrebbe mai fatto.
Una volta nel dormitorio mi buttai sul letto e presi un pacco. Era da
parte di mamma e papà. Lo scartai, e c’erano
dentro delle ciabatte pelose azzurre che probabilmente tenevano molto
caldo. Non appena Draco le vide soppresse una risata e io lo fulminai
con lo sguardo. “Che hai da ridere?”, chiesi con un
sibilo.
“Niente”, disse lui steso sul letto di
Calì.
“Sono bellissime”, borbottai corrucciata mettendo
via il bigliettino con cura.
Presi un altro pacco e lo scartai. Era da parte di Harry e Ginny e
dentro c’era una di quelle palle dove cade la neve, solo che
in quella potevi scegliere se far venire inverno, autunno, primavera o
estate. Era molto carina. Dentro c’era un biglietto che
diceva: Tanti auguri
Hermione! L’anno prossimo lo festeggeremo tutti assieme.
Misi la palla sul comodino e la osservai. “Metto
primavera”, decisi poi prendendola di nuovo in mano e
scuotendola. La prima volta divenne autunno, alla seconda scossa
primavera.
“Ma quanti regali hai?”, chiese Draco.
“Perché? Sono tanti?”
“Sono pochi!”, esclamò lui. E si mise a
contare sulle dita. “Sono… uno, due,
tre… quattro.”
“A me sembrano abbastanza”, protestai, punta
nell’orgoglio.
“Quattro regali? Non ho mai ricevuto quattro regali nemmeno
nella peggior annata”, disse Draco. Parve
all’improvviso illuminarsi: “A proposito! Grazie
mille per il regalo! Lo volevo proprio.”
Sorrisi soddisfatta e compiaciuta: avevamo praticamente gli stessi
gusti i fatto di libri, non potevo sbagliare! E poi Draco aveva tutti i
libri di Yvonne Rochuard tranne il primo, era molto difficile da
trovare ma per fortuna Harry mi aveva aiutato ad ottenerne una copia.
Era da dichiarare illegale la preferenza che Harry adesso otteneva nel
mondo magico! Gli facevano saltare le file, gli riservavano i posti
migliori a tutti gli avvenimenti, tentavano di invitarlo ovunque!
Ovviamente la McGranitt non era soggetta a queste smancerie e la prima
volta che aveva sgarrato gli aveva tolto 10 punti, immagino solo per
non fargli montare troppo la testa.
“Visto?”, chiesi raggiante. “Tu
sì che apprezzi i miei regali, non come Harry… e
Ron”, bofonchiai.
Presi un altro pacco. Era il solito della signora Weasley,
c’era un maglione color rosa antico che probabilmente non
avrei mai indossato e un pacco di dolci fatti in casa. “Ne
vuoi uno?”, chiesi a Draco. “La signora Weasley
cucina benissimo.”
“Grazie.” Scelse un dolce alla crema e lo
ingoiò in un sol boccone.
Presi l’ultimo pacchetto e guardai il bigliettino. Era di
Ron. Mi sentivo un po’ il colpa per non averlo pensato
nemmeno un po’ nell’ultima settimana. Invece di
crogiolarmi nel dolore come avrebbe fatto una vera fidanzata
innamorata, me ne stavo tutto il tempo assieme a Draco. E mi trovavo
più che bene! Sospirai e ruppi la carta. Dentro
c’era una scatoletta quadrata e piatta. La aprii e vi trovai
una cornice con dentro una foto di noi due, Harry e Ginny, che ci
muovevamo e salutavamo. Ron era alto e dinoccolato come al solito, e mi
superava di molto. Teneva un braccio sulla mia spalla, mentre io lo
stringevo per la vita. Sorridevamo, e sembravano davvero una coppia
felice. Due coppie molto felici, che aspettavano solo di essere
fotografate. Sospirai e guardai Draco, che si stava infilando qualcosa
in tasca.
Non mi piaceva, decisi in quel momento. Io stavo con Ron, io amavo Ron.
“Allora, finito?”, chiese Draco.
“Si. Ma scusa, tu quanti regali ricevi a Natale?”
“Non lo so, più di una decina. Più i
soldi.”
Alzai il naso all’aria. “A me piacciono i dolci
fatti in casa”, annunciai.
Draco
Okay, se continuavo di questo passo non c’era proprio
speranza che io le piacessi. Sul serio, prima la baciavo non appena
dopo la litigata con il suo fidanzato, poi le fregavo la lettera che
questo qui aveva allegato ad una romantica, strappalacrime e totalmente
orrenda foto di loro due assieme agli amici.
Ma dopotutto ero solo curioso. E infatti il contenuto della lettera non
mi deluse nemmeno un po’.
Cara Hermione,
Buon Natale! Tutti qui
sentono la tua mancanza, persino Kreacher è un po’
dispiaciuto che tu non ci sia, e Fleur non fa altro che ripetere
‘Ma non còpisco perché Hermione non
scia venuta!’
Volevo dirti che mi
dispiace molto per quello che è successo prima delle
vacanze. Ma stavo pensando che forse ci conviene fare una pausa. Hai
ragione tu, passiamo molto tempo assieme, e probabilmente è
per quello che abbiamo litigato. Dovremmo allontanarci per qualche
mese, solo per vedere come va. Nel frattempo, se credi che Malfoy non
sia una persona poi così male, cercherò di non
odiarlo e non litigarci più (anche se non ti posso garantire
che non mi scappi una fattura).
Be’, spero che
tu stia passando bene le vacanze a Hogwarts. Ci vediamo quando torno e
grazie mille per il tuo regalo, è molto utile e di sicuro lo
userò durante queste vacanze.
Con affetto,
Ron
Mah.
Secondo me questo era uno scemo.
E poi di che fattura parlava? Ti affatturo io semmai.
Mah.
Chissà cosa gli aveva regalato…
Avrei dovuto risigillare la lettera e poi darla ad Hermione. Potevo
dirle che l’avevo trovata. No, non mi avrebbe mai creduto.
Potevo dirle che un elfo domestico voleva consegnargliela ma io mi ero
fatto dare la lettera. Così si, ci avrebbe creduto. Meglio
ancora: avevo incontrato l’elfo nella Sala Comune di
Grifondoro. Il fatto era che lei dormiva quando io me n’ero
andato quel pomeriggio, le avrei detto che mi ero fatto dare la lettera
per non svegliarla. Ovviamente non l’avevo letta.
Dovevamo incontrarci per fare i compiti il giorno prima di capodanno, e
avevo deciso che le avrei dato la lettera in quell’occasione.
Così feci. “Ah Hermione,” dissi prima di
iniziare, “ascolta, l’altra volta mi sono
dimenticato di dirti una cosa.”
“Cosa?”, domandò lei guardinga. Poi:
“Dai, non cominciare”, sbuffò
spazientita.
“A fare che?”, chiesi sbigottito.
“A cercare di cambiare discorso. Lo fai sempre: ogni volta
che dobbiamo studiare.” Aveva uno sguardo così
severo che mi faceva venir da ridere.
“No, te lo giuro: non è per cambiar
discorso”, dissi sorridendo e tirando fuori la lettera dalla
tasca interna del mantello. Gliela porsi e dissi: “A Natale
un elfo ti voleva consegnare questa, ma siccome stavi dormendo gli ho
detto che te l’avrei data io. Poi però…
insomma mi sono scordato.”
“Oh”, disse lei stupita prendendo la lettera e
guardando il mittente. “E’ di Ron.” Fece
un sorriso tenero e la mise in mezzo alle pagine di un libro.
Oh Cristo!
Che avevo fatto? Potevo nascondere quella lettera e non farle sapere
mai che il suo fidanzato stava cercando di mollarla con un espediente
così patetico! Potevo risparmiarle un sacco di casini e robe
varie tenendomi quella lettera per me! Quel sorriso così
fiducioso e dolce non faceva che acuire i miei sensi di colpa, era
terribile starlo a guardare sapendo cosa c’era scritto in
quella lettera.
Presto, molto presto, il sorriso si sarebbe sciolto.
Dopo aver finito di studiare salutai Hermione e mi rintanai nel mio
dormitorio. Presi un libro e iniziai a leggere. Lo posai.
Chissà se Hermione aveva già letto la lettera?
Bah! Affari suoi, dopotutto. No?
Mi alzai e andai a controllare in bacheca l’orario per andare
a Hogsmede a Capodanno. Con Hermione avevamo deciso di andare a fare un
giro per festeggiare, ma ancora non sapevamo bene come organizzare la
serata. Però pensavo di fare un giro per la città
e poi andare a bere qualcosa ai Tre Manici di Scopa.
…chissà se aveva già letto la lettera.
Basta. Non dovevo più interessarmi a lei in modo
così morboso! Non mi era mai capitata prima una cosa del
genere. Ero attratto da lei come le api lo erano dal miele, mi
interessava tutto su di lei, sulla sua vita, sulle sue abitudini, i
suoi pensieri, le opinioni. E m’interessava che stesse bene,
che fosse felice.
Ma non era una cosa un po’ strana? Non mi era mai successo
prima di affezionarmi così tanto a qualcuno. I miei amici
più intimi erano per lo più amici
d’infanzia, e a quell’età non ero ancora
totalmente consapevole delle mie emozioni per analizzare quel che
sentivo per loro. Pensavo di essere diventato un maniaco.
La sera di Capodanno, alle nove in punto, mi feci trovare davanti alla
porta per uscire dal castello, come avevamo accordato. Quando Hermione
arrivò non sembrava per nulla strana o triste, era come se
quella lettera non fosse mai esistita.
“Ciao”, dissi alzando la mano in segno di saluto.
“Ciao. Scusa per il ritardo”, disse lei sorridendo.
Era imbacuccata in un cappotto largo e ampio, con tanto di sciarpa,
guanti e cappellino.
“Ma come ti sei messa? Sembri lo yeti.”
“Non voglio raffreddarmi, potrei perdere dei giorni di
lezione”, borbottò allora.
Sbuffai e roteai gli occhi al soffitto. “Andiamo
va’. Basta che non mi fai fare brutta figura”,
dissi ghignando.
Hermione
Dopo aver letto la lettera tirai un lungo respiro. La piegai e la
rimisi nella busta delicatamente, come se potesse sgretolarsi. Mi presi
il lusso di girellare per la stanza, di guardare fuori dalla finestra e
di mangiucchiare un dolce, prima di essere investita dalla
consapevolezza che Ron mi aveva lasciata. Con molta finezza in effetti,
una cosa che non credevo possibile, ma l’aveva fatto.
Ero divisa in due. Da una parte mi dispiaceva, perché il
rapporto che avevo avuto con Ron era stato davvero speciale, il mio
primo rapporto, in tutti i sensi, con una persona. Era stato il mio
primo ragazzo, il mio primo amante, il mio primo migliore amico. Il
primo con cui avevo passato momenti veramente romantici, e anche il
primo con cui avevo mai litigato, e di cui ero mai stata gelosa. Ma
analizzare così freddamente la questione non voleva dire
qualcosa di più che un cervello abituato a ragionare?
Mi chiesi se fosse causa mia la nostra rottura. Ron, anche come amico,
era davvero fantastico, e mi preoccupai che dopo questo non ci saremmo
più parlati. Mi sentivo in colpa: probabilmente a Ron quelle
parole erano costate fatica, perché pensava che mi avrebbero
ferita, ma io non mi sentivo poi tanto triste. In un certo senso era
come se tutti i suoi sforzi fossero stati inutili, come se avessi preso
quella lettera e l’avessi gettata al fuoco senza riguardo.
Realizzai che negli ultimi mesi avevo come giocato sporco. Avevo, in un
certo senso, ingannato Ron: mentre l’amore che provavo per
lui era svanito poco a poco, quasi senza che me ne accorgessi. Ma non
avevo voluto cedere e la mia cocciutaggine aveva fatto sì
che arrivassimo a questo: una patetica lettera nella quale Ron diceva,
fra le righe, che non voleva più stare con me.
Certo un lato positivo effettivamente c’era: non ero triste.
Almeno, non come sarei stata se avessi davvero amato ancora Ron.
Più che altro mi sentivo una persona davvero meschina,
perché tutta quanta la colpa sembrava ricadere solo su di me.
Ci pensai per diversi giorni, finché non giunse Capodanno.
Il mattino del 31 di Dicembre mi ricordai improvvisamente che avevo un
appuntamento con Draco per uscire a festeggiare, così feci
la doccia, mi cambiai, mi preparai per uscire e andai verso la porta
principale.
L’unico commento di Draco fu: “Ma come ti sei
messa? Sembri lo yeti.”
E fu allora che mi resi conto che, alla fine, e con molte
difficoltà, mi piaceva Draco. Me ne accorsi per un semplice
motivo, addirittura banale: non riuscivo ad arrabbiarmi con lui.
Nemmeno per una stupida battuta sulla mia somiglianza con uno yeti.
Probabilmente se fosse stato qualcosa di più serio, come
averlo trovato assieme a Pansy o a qualcun’altra delle
ragazze che gli cadevano ai piedi, allora sì che mi sarei
arrabbiata. Sarei stata gelosa. Anche con Ron, era sempre stato
così. Sulle stupidaggini, come prestare gli appunti, non
riuscivo a non cedere, ma sulle cose importanti diventavo una furia.
Ormai era inutile negarlo: mi piaceva Draco.
Distolsi lo sguardo e borbottai una stupidaggine come: “Non
voglio raffreddarmi, potrei perdere dei giorni di lezione.” Brava Hermione! Dimostra ancora
una volta quanto sei stramba, pensai. Ma Draco si
limitò a sbuffare e disse di andare.
Fuori faceva davvero freddo. Vidi Draco coprirsi meglio con il mantello
invernale e sogghignai. “Che hai da ridere?”,
chiese lui piccato.
“Niente. Hai freddo?”, chiesi innocentemente.
“Ma che dici?”, disse lui acido alzando in naso
all’aria.
“Vuoi un guanto? O un’inutile cappello che serve
solo a tener calde le orecchie?” Allungai una mano, dopo aver
preventivamente tolto il cappuccio alle dita del guanto, e gli toccai
la guancia. “Sei gelato”, dissi con tono di
rimprovero.
“E va bene, ho freddo!”, esclamò Draco
infastidito. Ma quando tornai a guardarlo vidi che stava sorridendo un
po’.
Hogsmeade era piena di gente per le strade, l’aria che si
respirava era accogliente e rilassata. I ragazzi in giro urlavano e
correvano, le famigliole passeggiavano tranquillamente con i bambini
poco più avanti che si lanciavano palle di neve, o in
braccio ai genitori che esibivano petardi magici e li facevano
scoppiare. C’erano diversi banconi dietro ai quali maghi
dall’aria allegra vendevano cibo, giocattoli, vestiti e
quant’altro.
Un bambino passò vicino a Draco con in mano un bastoncino
dal quale uscivano delle luci sfrigolanti, quando si muoveva lasciava
dietro di sé una scia luminosa che svaniva in un istante.
“Oh!” esclamai additandoli. “Quelli ce li
hanno anche i babbani.”
Draco lanciò un’occhiata al bambino e
ghignò. “Non come quelli”, disse
scuotendo la testa.
“Ti dico di si!”, protestai accalorandomi subito.
Draco si avvicinò ad una bancarella e comprò una
scatoletta con dentro dieci o quindici di quei bastoncini. Ne accese
uno e cominciò a muoverlo per aria, dopo un po’ le
scintille sprigionate si bloccavano a mezz’aria e rimanevano
lì, lucenti come stelle.
Le osservavo meravigliata. Poi sorrisi a Draco e chiesi: “Si
possono toccare?”
“Certo. Prendine una”, disse Draco con un sorriso
invitandomi a prendere una scintilla dorata.
Strinsi la mano attorno ad una delle luci. Fu come se la staccassi
dall’aria. La sentii tiepida fra i polpastrelli quando la
misi di fronte gli occhi per osservarla meglio, e notai che sembrava
oro sciolto. “Rimane così?”, domandai
lanciando un’occhiata a Draco.
Lui scosse la testa. “No. Dopo un po’ si spegne;
diventa come un sasso.”
“Oh… peccato”, dissi osservando ancora
l’oro, delusa e con le labbra rivolte
all’ingiù. “Non importa”,
aggiunsi poi, e mi misi in tasca la scintilla.
Passammo di fronte a Mielandia, che per l’occasione stava
regalando piccoli sacchetti con dentro dolci gratis, e passammo anche
di fronte alla sede in Hogsmeade di Tiri Vispi Weasley,
che era aperto e stava facendo affari d’oro.
“Entriamo?”, proposi indicando la porta. Vidi Draco
fare una smorfia di disappunto, poi alzò le spalle e fece
cenno di sì con la testa, come rassegnandosi. In
realtà speravo di incontrare Fred o George,
perché era da molto che non li vedevo, in effetti
l’ultima volta era stato prima di andare a scuola, per
comprare i libri dell’ultimo anno. Mi guardai
attorno ma non scorsi le facce di nessuno dei due. “A quanto
pare…”, cominciai, ma venni interrotta.
“Hermione!”, sentii esclamare da qualcuno alle mie
spalle. Sia io che Draco ci voltammo e dietro di noi vidi
Fred con un sorriso a trentadue denti, che si faceva largo
fra la folla per venire verso di noi. Lo riconobbi grazie ad una spilla
color porpora con sopra una grossa F
d’oro.
“Fred!”, esclamai. Quasi buttai a terra un bimbetto
che stava al mio fianco per abbracciarlo. “Come stai? Allora
tu e George lavorate anche a Capodanno?”
“Già… ma per Natale ci siamo presi un
riposo. Però abbiamo deciso di aprire almeno per Capodanno,
perché tutti sarebbero stati in giro. Si stanno facendo
affari d’oro. Hai visto quanta gente
c’è?”, chiese Fred orgoglioso
guardandosi attorno.
“Già”, dissi seguendo il suo sguardo. Il
negozio era letteralmente stipato di gente, non c’era un
angolo che non fosse occupato da qualcuno che provava giochi e scherzi.
In quel momento mi ricordai di Draco. Lo agguantai per un braccio e
dissi: “C’è anche Draco assieme a
me.”
Lui mi guardò come se fossi impazzita, poi fece un cenno di
saluto a Fred. “Weasley”, disse.
“Ah, Malfoy! Da quanto tempo”, disse Fred con un
ghigno strano sul volto. Poi si voltò verso di me e chiese:
“Perché quest’anno non sei venuta a
casa? Ron non mi ha voluto dire niente.” Lanciò
un’occhiata a Draco, poi proseguì: “Mica
avrà fatto qualcosa di stupido? Quello scemo! Sarebbe
proprio da lui”, osservò con atteggiamento critico
alzando un sopracciglio. A quel punto Draco, in maniera molto
carismatica, ci lasciò soli con la scusa di andare a fare un
giro per il negozio.
Appena fu sparito Fred si chinò su di me e chiese:
“Perché te ne vai in giro con Malfoy?”
Mi strinsi nelle spalle e dissi: “Non è poi
così antipatico, se impari a conoscerlo.” Cercai
di sviare la conversazione, chiedendo dove fosse George, ma non ottenni
quello che volevo.
“Cos’è successo con Ron? Era strano
quando è tornato a casa. E comunque George è a
Diagon Alley.”
“Mah… veramente…”, cominciai
titubante abbassando lo sguardo e gonfiando le guancie come una bambina
di tre anni. Buttai fuori l’aria e sputai fuori tutto
d’un fiato: “Io e Ron abbiamo deciso di fare una
pausa.”
Fred fece una smorfia incredula. “Non centrerà
qualcosa Malfoy”, chiese quasi con disgusto.
“No, no!”, esclamai mettendo le mani di fronte a
me, sapendo bene di mentire spudoratamente. “E’ che
non… non andiamo d’accordo ultimamente.”
Non resistetti, e dovetti chiederglielo: “Come…
come hai visto Ron questo Natale?”
Fred si strinse nelle spalle e guardò altrove.
“Non saprei. All’inizio era un po’ strano
ma, tipo ieri, era già tornato il solito scemo.”
“Bene”, dissi convinta.
In quel momento sentii Draco chiamarmi e mi voltai. Aveva addosso un
paio di guanti con, sul palmo, disegnate due facce che parlottavano fra
loro. Ad un tratto fece come per applaudire e, quando separò
le mani, le due facce gli spruzzarono addosso dell’acqua.
Mi misi a ridere e mi congedai da Fred, dicendo: “Ci vediamo
Fred, scusami ma devo andare. Saluta tutti quando torni a casa eh! Dai
un bacio a Ginny a da parte mia!” E con passo deciso andai
verso Draco, che stava litigando con i suoi stessi guanti.
Ciao a tutti! ^^
Allora, Hermione ha avuto una specie di illuminazione divina. Durante i
giorni di vacanza senza Ron si è accorta che, in fondo, si
sente meglio con Draco che con lui. E' come se cercasse di
autoconvincersi lei stessa che stare con Ron era la cosa più
giusta, ma solo perchè pareva la cosa più
naturale da fare. Mentre invece sembrava totalmente sbagliato stare con
Draco. Ovviamente lei sentiva di stare bene con lui ma era come se non
lo accettasse (Freud sarebbe d'accordo, è tutta questione di
subconscio! XD).
Su Draco non c'è molto da dire, è sempre il
solito Draco che ne approfitta per leggere la corrispondenza altrui! XD
Ringrazio di cuore tutte le persone che Seguono la
fic, o che l'hanno messa fra le Ricordate o
addirittura le Preferite!
^^ Mi fate un piacere enorme, ve lo assicuro. E grazie anche a chi usa
un po' del proprio tempo per recensire, grazie mille siete gentilissimi
e vostri preziosi consigli sono sempre bene accetti! :)
Al prossimo capitolo a tutti, ciao ciao! ^^
Patrizia
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Capitolo 8 *** Per un tema di erbologia ***
Capitolo otto
Per un tema di Erbologia
Draco
Mentre Hermione si avvicinava a me vidi il gemello Weasley che la
osservava con un’espressione a metà fra lo
stupefatto e l’offeso. Poi mi guardò, distolse lo
sguardo e sorrise, passandosi una mano sulla fronte e scuotendo la
testa. Probabilmente doveva trovare quella situazione molto buffa: il
Purosangue Draco Malfoy che lasciava una scia di bava dietro alla
Babbana di nascita Hermione Granger. Si, vista da un esterno doveva
essere una cosa esilarante.
“Che cosa stai facendo? Solo perché conosci il
proprietario, che fra l’altro ti odia, non puoi venire qui a
toccare tutto”, mi rimproverò Hermione togliendomi
i guanti dalle mani e rimettendoli nella scatola.
“Non ci pensare neanche!”, sbraitò una
delle facce stampata sul guanto. Hermione sbuffò e spinse
bene dentro, chiudendo la scatola. I guanti fecero ancora qualche
mugolio di protesta, ma poi smisero.
“Allora”, disse rimettendola al suo posto,
“che facciamo adesso? Vuoi comprare qualcosa?”
“No, per carità! Questo negozio non voluto da
Dio!”, esclamai. “Qui è dove vendono
quel fantastico elisir che mi ha fatto diventare scemo per
mesi!”
“Elisir?”
“Si, quella roba, quel… Amore al Primo Sguardo,
quello lì.”
“Oh, già”, disse Hermione ridacchiando.
Non potei fare a meno di sorridere. Mi ero da poco reso conto che,
prima di conoscere Hermione, la mia vita mi sembrava senza senso. Se
devo essere sincero a quel tempo ero un po’ depresso. Pensavo
che Hermione non si sarebbe mai messa assieme a me, credevo che non mi
avrebbe mai nemmeno considerato. Però, anche a costo di star
male, avrei rifatto tutto daccapo. Solo per stare con lei, per avere
almeno la sua amicizia. Mi sarei accontentato di quella piuttosto di
non vederla più. Se prima, nelle notti più
solitarie, pensavo che sarei potuto tranquillamente morire senza avere
nessun rimorso, adesso sentivo che c’erano mille cose che
desideravo fare! Non erano tutte cose che riguardavano Hermione,
riguardavano anche me, e ciò che io volevo essere. Le mie
passioni e i miei desideri, era come se si fossero riaccesi.
“Usciamo, dai. Andiamo ai Tre Manici di Scopa”,
proposi.
“D’accordo.”
I Manici era pienissimo, quasi non si poteva entrare. Stavamo per
andarcene quando, all’improvviso, il tavolo vicino a noi si
liberò. Ci affrettammo a sederci, e Rosmerta venne a
prendere le ordinazioni. “Una burobirra”, disse
Hermione togliendosi i guanti e sorridendo a Rosmerta.
“Un Whisky Incendiario.”
“Ci andiamo giù pesante eh?”, chiese
Hermione ghignando.
Sotto il mantello portava un maglione bianco e una gonna con trama
scozzese, assieme a delle calze pesanti nere. La trovai molto carina.
No, okay, se devo essere sincero, la trovai bellissima.
“E’ Capodanno, bevi qualcosa anche tu.”
Hermione esitò. “Andiamo!”, la
incoraggiai. “Non fare la santarellina, lo so che fai parte
degli alcolisti anonimi.”
“Non è vero! Bevo solo alle feste, o roba del
genere”, disse lei.
“Non posso crederci”, dissi sconsolato,
“sono uscito assieme alla McGranitt.”
“Stupido”, sibilò Hermione tirandomi un
calcio da sotto il tavolo. “Vai a ordinare il whisky, che ti
faccio vedere quanto reggono bene l’alcol i
Granger!”
“Mai quanto i Malfoy”, replicai alzandomi.
Quando fui di ritorno Hermione stava giocherellando con la scintilla
che aveva preso per aria poco prima. Era un po’ meno
luminosa, ma lo stesso dorata. “Eccomi qua”,
annunciai mettendogli davanti il bicchierino di whisky. “Ti
avverto: il mio corpo è fatto per metà
d’alcol, quindi è difficile che tu mi
superi.”
“Ti scorre il whiskey nelle vene”,
esclamò Hermione allegra.
“Esattamente!”, dissi prendendo in mano il
bicchiere. Lo tenni sollevato, ed Hermione mi imitò.
“Al nuovo anno che verrà!”
“Giusto. All’ultimo anno scolastico!”,
esclamò Hermione.
“Evviva!”, esclamai io. E bevvi tutto
d’un sorso.
Hermione
La mia memoria arriva fino a quando arrivammo al terzo bicchiere. Tutto
ciò che racconterò qui di seguito sarà
incerto e forse addirittura frutto della mia immaginazione.
L’alcol rendeva tutto ciò che c’era
attorno a me confuso e troppo veloce, e i miei movimenti, per colpa del
crudele contrappasso, erano invece divenuti più lenti.
Ciononostante l’euforia scorreva nelle mie vene sottoforma di
Whisky Incendiario. “Oh guarda! C’è un
uomo che suona la chitarra!”, esclamai indicandolo.
Draco lo guardò con aria assonnata e assente. Aveva le
guancie di un bel colorito roseo. “Chissà, forse,
se glielo chiediamo, suonerà qualcosa di bello che ci
piace.”
“Si, giusto. Devo andare a fare pipì
adesso!”, esclamai allegramente, come se tutto il mondo
dovesse saperlo.
Draco ridacchiò e disse: “Vuoi che ti
accompagni?”
“Maniaco”, lo rimproverai ridendo. “Lo so
che vorresti, ma la verità è che Ron mi ha
mollata, quindi in teoria poteresti, ma sarebbe così
squallido!” E così dicendo me ne andai verso il
bagno. In quel momento non mi sembrò per nulla strano aver
detto quelle cose. L’alcol scioglie la lingua, ma non so dire
se sia una caratteristica negativa o positiva. La mia lingua non
dovrebbe mai essere sciolta, o rischio di dire cose stupide come
questa, dovrebbe stare sempre ben legata, dentro ad una camicia di
forza.
Quando mi guardai allo specchio del bagno dei Tre Manici di Scopa
vidi che avevo i capelli un po’ troppo arruffati persino per
i loro standard, così li sistemai, mi diedi una sciacquata
alla faccia accaldata, mi sistemai un po’ i vestiti e tornai
da Draco. Lo vidi un po’ strano, così mi sedetti
al suo fianco e decisi di bere un po’ d’acqua
fresca. Mentre sorseggiavo, e tutto il mondo pareva che girasse attorno
con un ritmo costante, Draco borbottò qualcosa.
“Come?”, chiesi.
“Cosa… cosa dicevi a proposito della
lettera?”
“Oh… b’è… Ron mi
ha mandato una lettera, che diceva che avremmo dovuto fare una
pausa.” Mi fermai. Non avrei dovuto raccontare queste cose a
Draco, probabilmente non gli importavano. Avergli detto poi anche della
lettera era il colmo, non ricordavo nemmeno di averlo fatto, accidenti
a me! E poi cos’era lui, la Posta del Cuore? E se parlare di
Ron gi avesse dato fastidio? Perchè una volta mi aveva
baciata, è vero, ma non ero sicura che non fosse a causa
della pozione.
“E quindi?”, chiese lui.
“Io… conosco bene Ron, lui non è il
tipo che fa queste cose… pause di riflessione, ho bisogno
dei miei spazi, cose del genere. Probabilmente mi ha voluta allontanare
senza… essendo un po’ gentile.” Sospirai
e bevvi un altro po’ d’acqua.
“E tu? Che ne pensi?”, borbottò ancora
Draco. Non mi guardava, fissava il suo bicchiere e continuava a
rigirarselo fra le mani, le sopracciglia aggrottate come se fosse
concentrato per un tema.
“Mah… veramente non mi dispiace più di
tanto. E’ che negli ultimi tempi non era più come
prima. Litigavamo sempre, per qualsiasi cosa”, dissi
scrollando le spalle.
Draco sollevò lo sguardo di scatto. “Per colpa
mia?”, chiese.
“Eh? No!”, esclamai.
“B’è sì… un
po’… ma diciamo che era solo un pretesto per
litigare. Forse Ron starebbe meglio con un’altra ragazza, e
io con un altro ragazzo. Però, ad essere sincera, non mi
dispiace più di tanto”, ripetei. Feci una pausa,
guardando altrove. “Penso che almeno rimarremo amici. Ron
è un buon amico, è sempre rimasto al fianco mio e
di Harry, e anche se ha fatto delle stupidaggini poi ha rimediato.
E’ anche un buon amante, ma un cattivo studente.”
Snocciolai con naturalezza, travolta dalla schiettezza del whisky.
Draco mi fissò, aggrottando le sopracciglia ancora di
più.
Mezzanotte era passata da un po’, erano quasi le tre del
mattino ma c’era ancora gente per strada, solo le famigliole
erano sparite, e in giro si vedevano solo ragazzi ubriachi urlanti e
magari qualche coppia.
“Che facciamo?”, chiese Draco. “Torniamo
al castello?”
“Okay”, approvai. Mi alzai, mi misi addosso solo il
mantello, tenendo fra le mani la giacca, perché avevo
davvero troppo caldo, e uscimmo dai Tre Manici di Scopa. Fuori il
fresco fu come una manna dal cielo, dentro il locale si respirava
un’aria viziata e troppo calda per i miei gusti. Io e Draco
ci incamminammo silenziosi verso Hogwarts, lentamente, le mani in tasca
e lo sguardo basso.
Quando fummo dentro al castello, nella Sala d’Ingresso, ci
fermammo. Draco sarebbe andato verso i sotterranei mentre io avrei
salito le scale fino alla torre dove si trovava la Sala Comune di
Grifondoro. “Allora ci vediamo… domani”,
disse Draco.
“D’accordo. Dobbiamo ancora finire il tema di
Erbologia”, gli ricordai.
Draco roteò gli occhi al cielo e fece un piccolo sbuffo.
“D’accordo, mi sforzerò. Però
è il primo dell’anno! Non sarebbe festa in Casa
Granger So Tutto Io?”
Lo guardai con occhi severi. “Ci rimane solo quello da fare,
poi avrai un’intera settimana libera! Io invece credo che mi
porterò avanti con il programma, oppure farò un
ripasso generale”, aggiunsi poi pensosa. “Per
vedere se ricordo bene tutti gli argomenti che abbiamo fatto da inizio
anno a qui. Sai com’è, faccio un ripasso ogni fine
del mese, ma non si sa mai, forse dovrei…”
“D’accordo, va bene!” Draco,
tormentandosi le mani disse: “Vabè…
okay. Buonanotte.” Si girò e si avviò
verso i sotterranei.
“Draco!”, lo chiamai. Lui si voltò.
Corsi verso di lui gli diedi un bacio sulle labbra e sorrisi.
“Notte”, dissi soltanto, prima di avviarmi verso le
scale. Non appena fui al dormitorio, seduta sul mio letto, mi diedi
dell’imbecille.
Santo cielo. Era stata
una cosa stupida, dettata dall’alcol e dalla frenesia di
festeggiamenti e complicate vicende sentimentali. Avrei dovuto dire a
Draco che mi dispiaceva di averlo fatto, e che la cosa non si sarebbe
certo ripetuta.
Il giorno dopo mi incontrai con Draco a colazione. C’era
ancora il tavolo unico e, fra insegnanti e alunni, non lo riempivamo
nemmeno tutto. Quella mattina mi ero svegliata con un po’ di
mal di testa, ma era passato dopo aver fatto una doccia e aver preso un
pozione Bollicine Bollenti di Madama Chips. Quando mi sedetti al suo
fianco Draco mi guardò con espressione indecifrabile, poi mi
sorrise e disse: “Ciao, come va?”
“Bene grazie, non c’è male. Non ti
faceva male la testa stamattina?”, indagai.
“No, la notte ha fatto il miracolo e mi ha completamente
guarito da ogni male”, disse mangiando delle uova strapazzate.
Mi servii di porridge, poi presi anche un toast e lo spalmai con la
marmellata di albicocche, la mia preferita. “Facciamo
così, adesso andiamo a prendere un paio di libri in
biblioteca e poi facciamo il tema. Potrei venire da te? Solo per
oggi.”
“Come vuoi. Perché?”
“La Signora Grassa sta male. Ieri ha festeggiato con la sua
amica Violet e ha avuto un’indigestione di cioccolatini.
Stamattina mi ha aperto la porta, e dopo è scappata fuori
dalla cornice con una mano sulla bocca”, dissi bevendo del
succo di zucca.
“Che schifo. Non pensavo che i quadri potessero sentirsi
male”, osservò Draco mentre beveva il suo
caffè mattutino. Lui beveva sempre il caffè, se
non lo faceva non carburava, e sembrava uno zombie fino alle undici di
mattina, come minimo.
“Già. I quadri di Hogwarts sono molto
interessanti”, osservai masticando il mio toast.
“Mi piacerebbe trovare un libro che ne parli.”
Una volta finita la colazione andammo il biblioteca, per cercare i
libri da usare per fare il tema, così presi in prestito Le piante meno comuni - come
conoscerle, e anche Un
giardino particolare per maghi particolari. Quando
arrivammo davanti al Falco di pietra che stava a controllare
l’entrata alla Sala Comune di Serpeverde, quello mi
scoccò un’occhiataccia. “Non sei di
Serpreverde”, osservò facendo schioccare la
lingua. Aveva una voce roca e cupa, gli si addiceva.
“E’ un’ospite”, disse Draco
risoluto.
Il Falco mi guardò ancora per un po’, poi disse:
“Non potrai entrare non accompagnata da un Serpreverde, o da
un’insegnante, chiaro?”
“Certo”, dissi con il tono più
rispettabile che avessi.
Il Falco si spostò e ci fece entrare nella Sala Comune. Era
molto diversa da quella di Grifondoro, che consideravo molto
più accogliente. I colori regnanti qui erano quelli della
casa di Serpeverde, argento e verde, ma c’era anche un forte
colore di pietra fredda che non mi piaceva. Preferivo di gran lunga i
colori della mia casa ma… che ci potevo fare se a Salazar
Serpevede piacevano il verde e l’argento? Draco si sedette ad
un tavolo quadrato su uno sgabello di pietra, e mi fece cenno di
sedermi di fronte a lui. “Cominciamo subito… prima
che mi tiri indietro.”
“D’accordo. Tu leggi questo”, gli dissi,
passandogli uno dei libri che avevamo preso in prestito. “Ti
ricordi cosa devi cercare, vero?”, indagai. Draco mi
guardò con aria smarrita. “Wunder, chiamato
anche il Fiore della Meraviglia”, dissi io aprendo il mio
volume.
“Fiore della Meraviglia… certo”, disse
Draco aprendo il librone.
Draco
Quando misi l’ultimo punto fui soddisfatto. Il mio tema non
era scritto fittamente come quello di Hermione, tuttavia era una delle
rare volte in cui potevo vantarmi di aver finito tutti i trenta
centimetri del tema di Erbologia, e questo senza una calligrafia
elefantiaca. “Cosa facciamo?”, chiesi a quel punto
ad Hermione, stiracchiandomi sulla sedia.
“Non lo so, quello che vuoi. Mi fai vedere il tuo
dormitorio?”, mi chiese muovendosi leggermente sulla sedia.
Si era lamentata più di una volta della scomodità
dei nostri sgabelli. Serpeverde pensava fossero adatti alla
concentrazione per lo studio, per questo non aveva fatto mettere delle
sedie normali. A volte credevo che quell’uomo fosse pazzo. Ma
restava comunque il miglior fondatore.
“Vuoi vedere se dormiamo in un letto di pietra?”
“Come i giganti. Il fratellastro di Hagrid abita in una
caverna.”
“Il fratellastro di Hagrid?”, chiesi perplesso.
“Si! Non lo sai? Hagrid ha un fratellastro, si chiama Grop.
Adesso è diventato molto gentile, capisce la nostra lingua,
e sta attento quando cammina”, disse con veemenza.
Si vede che feci una strana smorfia, perché Hemrione
scoppiò a ridere. “Che
c’è?”, chiesi ridendo a mia volta.
“Hai fatto una faccia!”, disse lei riprendendosi.
Sorrisi e mi alzai. “Dai, vieni su… ti faccio
vedere. Forse ho qualcosa che potrebbe interessarti.”
“Davvero?”, domandò sorpresa.
Su nel dormitorio avevo il baule pieno di libri. Me li facevo inviare
per posta quando ne finivo uno, così avevo sempre qualcosa
da leggere, e nel corso di ogni anno si accumulavano. Alla fine di ogni
anno scolastico quasi non riuscivo a chiudere il baule.
“Guarda…”, dissi aprendo il lucchetto e
cominciando a tirare fuori calzini sporchi e altre cose cercando di non
farmi vedere da Harmione. “Anzi, aspetta…
c’è disordine, non guardare”. Gettai in
un angolo un mucchio di roba e cominciai a scavare in cerca del libro.
“Posso?”, chiese Hermione inginocchiandosi al mio
fianco.
“Si, certo.”
“Wow, che bello! Questo ancora non l’ho
letto”, disse prendendo in mano un recente acquisto.
Mi sentivo inebriato dalla sua presenza. Era troppo vicina per sentirmi
lucido e troppo lontana perché non pensassi più a
lei. La sera prima ero talmente stordito che, quando mi aveva baciato,
quasi non avevo capito cos’era successo, ed ero rimasto
lì impalato a fissarla mentre se ne andava. Che bella figura
da idiota! Però fra me non potevo fare a meno di pensare che
se l’aveva fatto le dovevo piacere, almeno un po’.
Anzi, per forza le piacevo, Hermione non era una ragazza che bacia i
ragazzi per caso, ne ero certo. E poi si poteva dire che fossimo amici
già da un po’ quindi poteva essere che,
conoscendomi, aveva pensato che non fossi un completo demente.
“Hermione”, chiamai.
“Si?”, chiese lei voltandosi a guardarmi con un
leggero sorriso e un libro fra le mani.
Le presi il viso fra le mani e la baciai. Per davvero, questa volta. Le
sue labbra morbide sapevano di dolce, e si muovevano assieme alle mie.
Ad un tratto sentii le sue mani fra i capelli e mai un contatto
così semplice mi aveva provocato una così forte
scossa. Sentii il cuore gonfiarsi e battere più forte.
Quando mi fermai mi accorsi che eravamo ancora inginocchiati davanti al
baule. Stavo per alzarmi, e dire a Hermione di fare altrettanto, quando
lei mi sorrise.
Mi avvicinai ancora…
Allora, sono di fretta... per fortuna non c'è
tanto da dire su questo capitolo. No. Il mio pc sta per morire, quindi
se riuscirò a finire di scrivere sarà un miracolo.
Quindi, grazie mille per le recensioni che avete lasciato, sono molto
carine :D Grazie anche a tutti quelli che seguono la storia... fuggo.
Patrizia
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Capitolo 9 *** Gli amici ***
Capitolo
nove
Gli amici
Draco
Le
accarezzai i capelli ricci e morbidi, affondando le mani in
quell’intruglio disordinato. Hermione stava appoggiata al mio
petto e vi disegnava ghirigori con la punta del dito. Sentivo il suo
profumo impregnare la stanza, il materasso, le lenzuola. Persino me. E
pensavo, con molta poeticità potrei aggiungere, che anche il
mio odore impregnasse lei.
Hermione
si tirò su e si appoggiò con il busto al mio
petto, mentre io le accarezzavo la schiena. Sorrisi e le diedi un bacio
sulle labbra. Sentivo la sua pelle calda a contatto con la mia e
ripensai a cosa era accaduto poco prima.
Musica*.
Hermione
sorrise e disse: “Almeno, prima abbiamo finito il
tema.”
La
guardai un secondo sbalordito, poi scoppiai a ridere. “Ma che
dici?”, esclamai. “Che scema!”
Hermione
rise e si distese al mio fianco. “Voglio dire che adesso,
almeno, non abbiamo più niente da fare.”
“Ah,
ho capito”, ghignai voltandomi e facendola scivolare sotto di
me: “Vuoi il bis.”
Hermione
ridacchiò e disse: “Magari…”
“Ah,
come mi piaci!”, dissi abbracciandola.
Hermione
I
seguenti giorni trascorsero tutti più o meno allo stesso
modo finché non iniziò la scuola. Dovetti
ammettere che i corridoi vuoti e silenziosi mi mancavano
perché fu strano, dopo tanta calma, sentire di nuovo il
brusio costante della Sala Grande, le grida e le risate ogni mattina.
Quando vidi Ron ed Harry gli corsi incontro e li abbraccai entrambi.
“Ciao!”, esclamai. “Come avete passato il
Natale? Oh, Ron! Lo sai che ho incontrato tuo fratello a Capodanno?
Avete fatto i compiti di Natale? Guardate che quest’anno
abbiamo i M.A.G.O., purtroppo non ho fatto in tempo a ripassare tutti
gli incantesimi inventanti da Oss il Solitario, ma in compenso ho
già scritto il tema per Aritmanzia, più lungo di
sette centimetri di quanto aveva detto la professoressa
Vector!”, lo dissi quasi tutto d’un fiato e loro
rimasero a guardarmi, forse un po’ impauriti.
“Abbiamo
passato un buon Natale”, disse infine Ron con voce flebile.
“Quindi
non avete fatto i compiti! Ron, ti ho regalato apposta la
Penna-Termina-Compiti perché li facessi!”,
esclamai. “Ho parlato con la professoressa McGranitt, e lei
mi ha detto…!”, cominciai, ma venni interrotta da
Ron che sbuffò divertito e agitò una mano.
“Andiamo
Hermione, rilassati! Siamo a Gennaio, mancano ancora mesi agli esami. E
poi ce la siamo sempre cavata, no?”
“Si,
ma…”, cercai di protestare ma Harry
cercò di sviare il discorso.
“Ma
sì lascia stare. Piuttosto, che hai fatto tu a
Natale?”
“Niente…
non c’era quasi nessuno a scuola. Ho fatto i compiti, a
differenza di qualcuno, e poi…”, e poi mi sono
fidanzata con Draco Malfoy, pensai, ma questo è
irrilevante no? Mi era venuto in mente solo in quel
momento che avrei dovuto dire a Harry e Ron come stavano le
cose… Soprattutto a Ronald. Ma non sapevo nemmeno da dove
iniziare il discorso. Per fortuna, si fa per dire, mi venne in aiuto
Draco. In quel momento lo vidi dall’altra parte del corridoio
e ci scambiammo uno sguardo. Lui ci vide e ci venne incontro
sorridendo. Harry e Ron stavano un po’ all’erta,
pensando sicuramente che avesse qualcosa di stupido da dire. Ma
sapevano anche che adesso io e lui eravamo amici, quindi non sapevano
come comportarsi. Era gentile da parte loro tentare di essere cordiali.
Avvicinandosi,
Draco ghignò. “Allora Weasley? Qualche parente ti
ha regalato un galeone?”, domandò. Mi portai una
mano agli occhi, disperata: era una partita persa in partenza. Ron non
rispose ma le orecchie gli si tinsero di rosso, così Draco
continuò. “No, okay,
scusate…”, fece uno strano sorriso e scosse
leggermente la testa, “Come va?”.
A
quel punto Ron sembrava aver perso l’uso della parola, mentre
Harry si riprese e chiese con cautela, osservandolo sospettoso:
“Bene… e tu?”
“Bene,
nemmeno a chiederlo, no?”, chiese Draco ghignando.
“A
Malfoy va sempre tutto bene”, mormorò Harry con un
vago sorriso.
“Ovviamente”,
disse Draco stringendosi nelle spalle.
“Be’… ci vediamo allora”,
Draco si voltò e se ne andò.
Gli
fui grata per quello. Di solito mi salutava con un bacio, probabilmente
aveva deciso di non risultare odioso a Ron. Sembrava che si stesse
sforzando di essere gentile. Era stato carino da parte sua cercare di
non litigare con i miei amici. A dir la verità ero stupita
della sobrietà con cui si erano comportate le parti.
Quando
Draco fu andato via Harry mi guardò a metà fra lo
sbalordito e il divertito. “Che cosa gli hai
fatto?”, chiese con un sorriso bonario.
Mi
strinsi nelle spalle. “Io? Niente! La verità
è che lui è sempre così, ma non lo da
mai a vedere. Lo sai che leggiamo gli stessi libri?”
“Ah,
quindi questo lo scagiona da tutte le accuse”, disse Harry
rivolto a Ron con un mezzo sorriso avviandosi verso la Sala Comune.
“Ma
come fate?”, chiese Ron, il cui mutismo era svanito.
“A
fare che?”
“A
leggere tutti quei libri, io non avrei mai tempo.”
“Non
hai voglia, vorrai dire”, lo stuzzicai.
Ron
agitò una mano come a dire
‘sciocchezze’. “Preferisco fare altro,
tutto qui.”
La
Sala Comune era tornata ad essere piena come al solito e, dopo che
Harry e Ron ebbero disfatto i bauli e controllato di avere tutto,
scesero in Sala Comune assieme agli altri. Si erano riformati i soliti
gruppi, e tutti parlavano delle loro vacanze Natalizie. La mia idea era
di parlare con loro delle mie
vacanze il più presto possibile, o meglio: di parlare con
loro di me e Draco. Speravo proprio che non facessero una sceneggiata. Ma poi, a loro, che gliene
importa? Mica devo chiedere il permesso a loro. Avrei
parlato prima con Ron, dicendogli che dopo aver letto la sua lettera
avevo capito che non eravamo più fatti per stare assieme.
Non volevo dirgli però che era da prima della nostra
separazione che non lo amavo più… almeno nel vero
senso della parola. Avrei scelto le parole con cura, non volevo che si
arrabbiasse o che diventasse triste. Quando Ron ed Harry scesero io ero
seduta a leggere sulla poltrona davanti al fuoco, così mi
raggiunsero e sedettero. Ron stava dicendo qualcosa a proposito di un
giocatore di Quiddich che aveva cambiato squadra, poi si rivolse a me.
“Ah, Hermione!”
“Hm?”,
chiesi senza alzare gli occhi dal libro.
“Fred
mi ha detto che ti ha vista assieme a Malfoy a Capodanno.”
“E’
giusto.”
“Mi
ha detto che andavate molto d’accordo.”
“Si.”
“Hermione…”
Lo
esortai a continuare. “Si?”
“…ma
lui, ti piace?”
Alzai
gli occhi dal libro. “Ma come sei delicato Ron.”
“Allora?”
Vidi
Harry stare in silenzio a guardare, ad un tratto accennò al
fatto che aveva lasciato la porta del bagno aperta, o qualche scemenza
del genere. Si alzò e fuggì, lasciando me e Ron
faccia a faccia. La Sala Grande non era molto piena, c’erano
solo pochi studenti del sesto e del settimo anno.
Rimasi
in silenzio per un po’, meditando sulle parole delicate che
avrei dovuto usare ma che, ovviamente, non mi venivano alle labbra.
“Ron… dì la verità. Noi non
ci rimetteremo più assieme vero?”, chiesi con
tanta sincerità che sembravo Luna.
Le
orecchie di Ron divennero rosse di colpo. Mi piaceva quando succedeva,
invece Ron lo odiava. “Io… veramente…
non ne avevo l’intenzione. E’ solo che negli ultimi
mesi sono cambiate tante cose”, disse frettolosamente.
“Però”,
cominciai dubbiosa, “possiamo sempre essere amici,
no?” Pregai, in attesa della risposta.
Ron
sorrise. “Ma certo!”
Sorrisi
anch’io. “E ti sforzerai di essere amico di
Draco?”, chiesi.
“Ah!
Quindi ho ragione, lui ti piace!”, disse trionfante.
“Stiamo
assieme”, dissi velocemente tornando al mio libro.
Il
volto di Ron si contrasse in una smorfia di stupore e, forse,
disappunto. Forse l’avrebbe fatto arrabbiare scoprire che
appena ci eravamo lasciati mi ero subito messa con un altro ragazzo,
come se lui non avesse lasciato traccia nella mia vita. Ma non era
così, affatto: stare con Ron era stato bellissimo, ma da
qualche mese a questa parte eravamo diventati più amici che
altro.
“Da
quanto?”, domandò Ronald corrugando le
sopracciglia.
“Circa
una settimana”, dissi annuendo. Ron rimase ancora un
po’ basito, poi scoppiò a ridere.
Alla
fine ero felice che non si fosse arrabbiato. Ron era un ragazzo
ragionevole -la maggior parte delle volte- anche se da alcuni suoi
comportamenti non sembrava così. Non c’era motivo
di arrabbiarsi in fondo: eravamo stati fidanzati, ci eravamo lasciati
perché non ci amavamo più, e adesso stavo con un
altro.
Si,
Ron era un ottimo amico di cui non avrei mai potuto fare a meno.
Draco
Blaise
si avvicinò a me con tale velocità che
pensai avesse dei pattini a rotelle ai piedi. Quando me lo ritrovai
davanti ero comodamente steso sul divano. “Scappa”,
mi disse soltanto. Lo guardai confuso per qualche secondo, poi sentii
una specie di urlo, o peggio un rantolo come di un maiale sgozzato,
proveniente dal dormitorio femminile del settimo anno. Mi alzai a
sedere di scatto. I piedi di Pansy, calzati in quelle che parevano
scomodissime scarpe, apparvero sulle scale. Poco dopo apparve
l’intera Pansy che, a passo di marcia, si dirigeva verso di
me. Mi feci piccolo piccolo sul divano. Certo, scappare sarebbe stata
una prospettiva allettante, ma io e Pansy eravamo compagni di Casa non
avrei potuto evitarla per molto tempo, così mi preparai alla
sua ira.
“Draco”,
disse Pansy con rabbia malcelata, “è vero quel che
vanno a dire in giro di te?”
“Dipende
da cosa ti hanno detto”, dissi io cercando di prendere tempo.
Non volevo morire giovane, voi dovete capirmi!
“Tu
e la Granger state assieme?”, chiese lei con voce bassa e
sibilante di rabbia.
“Oh,
quello!”, esclamai io cercando di assumere un tono di
stupore. “Si”, dissi poi seccamente.
Pansy
divenne rossa come un pomodoro, strinse i pugni e fece un verso di
rabbia. “Ma…”, tentò di dire,
“Io…!”
Non
potevo credere di essermela cavata con così poco.
“Si?”, le chiesi, cercando di incoraggiarla al
dialogo.
Pansy
fece un verso di frustrazione, sbatté un tacco sul pavimento
e si gettò in avanti, probabilmente per picchiarmi, ma io mi
spostai e corsi di sopra fino al dormitorio maschile, fra
l’ilarità dell’intera casa. Mi chiusi la
porta alle spalle, ma ad un tratto sentii dei passi sul pianerottolo e
qualcuno tentò di aprire la porta, ma afferrai la maniglia a
cercai di tenerla chiusa. “Draco! Apri la porta! Dobbiamo
parlare!”, urlava Pansy mentre picchiava il pugno sul
battente. Terrorizzato feci più forza, chiedendomi fin
quando avrebbe resistito.
Speravo, nel frattempo, che Hermione se la cavasse
meglio di me con i suoi amici. Ma che razza di amici sono se mi saltano
addosso in quel modo? Certo Blaise non aveva fatto niente, mi aveva
solo fatto gli auguri, e Theo aveva fatto qualcosa come un cenno di
congratulazioni. Era per questo che erano miei amici, soprattutto
Blaise. Lui era sempre pronto a dare consigli, ma non cercava di farmi
cambiare idea. Anche per le cose più stupide che facevo, si
limitava ad esprimere la sua opinione e consigliarmi, non mi forzava a
fare nulla anche perché sapeva che inutile insistere con me:
sono una testa dura e per capire le cose devo sbattere addosso alla
realtà. Blaise sì che era un buon amico. Invece
Pansy non era per nulla buona come ragazza occasionale.
Buondì.
Allora... hmmm, non so. Questo capitolo non mi convince pienamente,
è per questo che è venuto un po' corto rispetto
ad altri: non riuscivo proprio a mandarlo avanti. Insomma, nooon so,
è la fine forse, ha qualcosa che non quadra. Mah... i
misteri dello scrivere.
Comunque, la nota:
* Questo 'musica' inserito così a capo, da solo, non
è farina del mio sacco u_u l'idea mi è venuta da
un libro di Alessandro
Baricco, City.
E' una lettura molto bella e divertente, e se qualcuno di voi non sa
cosa leggere ve la consiglio, è davvero un libro molto
carino ^^
Comunque, vi prometto che il prossimo capitolo non sarà
tanto disastroso! XD Intanto ringrazio i fedeli recensori (*_* siete
sempre gentilissimi e le vostre impressioni e i suggerimenti sono
sempre bene accetti), e tutti coloro che hanno inserito questa storia
fra Preferite/Seguite/Ricordate,
mamma mia siete tantissimi, grazie, grazie mille! ^^
Al prossimo capitolo,
Patrizia
|
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Capitolo 10 *** L'ultimo viaggio ***
Capitolo
dieci
L’ultimo
viaggio
Hermione
Adesso, seriamente, Ron cominciava a dare fastidio. Erano passati dei
mesi da quando io e Draco stavamo assieme e tutto andava bene, non
c’erano problemi di alcun tipo. Pian piano tutti si erano
abituati al fatto che due persone che prima si odiavano avessero infine
fatto amicizia e poi si fossero fidanzate. Era solo Ron che continuava
a prendermi in giro. Mi dava sui nervi!
Gli esami si stavano avvicinando e io non facevo altro che studiare. Mi
incontravo con Draco ogni pomeriggio in biblioteca per fare i compiti e
integrare gli appunti che prendevamo a lezione. Dopo qualche tempo
avevo convinto anche Harry e Ron a venire con noi, perché
ogni sera mi chiedevano di correggere i loro compiti, ma io ero
talmente stanca che non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Allora li
convinsi a venire a studiare assieme a me e Draco, così
avremmo potuto lavorare tutti assieme. All’inizio non
volevano, ma poi dei voti troppo bassi li convinsero.
Una sera, in biblioteca, cercavo informazioni per una ricerca della
professoressa Vector gli altri invece dovevano ancora terminare un tema
per pozioni che io avevo già fatto tre giorni prima (li
avevo avvertiti dopotutto di non perdere tempo a Quiddich). Ad un
tratto udimmo un forte rumore provenire da un corridoio poco lontano
dal nostro. Ron si alzò per vedere che cosa fosse e tutti lo
seguirono, me compresa, in cerca d’aria dal claustrofobico
tema di Aritmanzia. In mezzo al corridoio, che raccoglieva
freneticamente una montagna di libri caduti per terra, c’era
una ragazza che pensavo appartenesse al sesto anno. Aveva capelli neri
lunghi fino alla vita, lisci e lucenti, dagli occhi si capiva che fosse
orientale, e i colori sulla sua divisa erano quelli di Corvonero.
Quando ci vide disse in un sussurro, con un’espressione di
chi ha fatto un guaio: “Scusatemi, non volevo
disturbare.” Ron tirò fuori la bacchetta, fece un
ampio movimento con le braccia e i libri si rimisero in ordine.
Proprio quando l’ultimo libro fu a posto arrivò
Madama Prince, che ci guardava come se fossimo delle muffe che
mangiavano i libri. “Cosa è successo? Chi di voi
è stato? Se trovo un solo libro macchiato o rovinato vi
farò punire a vita!”, esclamò.
Ron prese un cipiglio indignato e disse: “Non siamo stati
noi! Il rumore veniva da là!”, e così
dicendo indicò la sua destra. Madama Prince lo
guardò sospettosa, poi si diresse nella direzione da lui
indicata a passo veloce. “Andiamocene”, ci
pregò Ron con occhi disperati.
Andammo a prendere le nostre cose, lasciate due corridoi più
in là, e fuggimmo dalla biblioteca. Assieme a noi
c’era la ragazza di Corvonero. Quando fummo sicuri di essere
fuori pericolo ci sorrise, mostrando una fila di denti candidi, e
disse: “Grazie mille.”
“Di nulla”, rispose Ron.
La ragazza si presentò, stringendo la mano ad ognuno di noi.
Si chiamava Babette Koruko, e frequentava il settimo anno (la mia
valutazione sull’età della gente non era mai stata
precisa come il mio studio). Sua madre era francese, suo padre
giapponese.
“Per caso qualcuno di voi fa Antiche Rune?”, chiese
Babette. In quel momento mi ricordai di lei. Era una ragazza che vedevo
solo esclusivamente ad Aritmanzia e Antiche Rune (i corsi pomeridiani
avanzati), di solito sedeva in fondo alla classe, e non sembrava mai
particolarmente interessata alla lezione. Da quanto ne sapevo non
s’impegnava poi molto a scuola, ma riusciva a prendere voti
decenti. Che mente
sprecata!
“Io.”
“Ah si… siamo in classe assieme?”
“Si.”
“Ecco… non ho capito cos’ha detto il
professore a proposito dei poemi classici di Rufus il
Modesto.”
“Oh, è semplice!”, esclamai io.
“Aspetta ti faccio vedere gli appunti.” Trafficai
con la borsa e presi il mio quaderno di Antiche Rune. Restammo
lì a parlottare fra di noi su cose che probabilmente gli
altri non capivano nemmeno, e alla fine ci avviammo verso la Sala
Grande.
Non era ancora ora di cena ma alcuni studenti affamati gironzolavano
lì attorno aspettando che arrivassero le sette. Lo stomaco
di Ron brontolò, e lui disse: “Ho fame.”
“Anche io”, disse Babette con una smorfia.
“Forse potremmo andare alle cucine a chiedere qualcosa agli
elfi”, tentò Ron gettandomi un’occhiata
di sbieco.
“Non farla diventare un’abitudine”,
raccomandai.
“Tu sai dove sono le cucine?”, chiese Babette a Ron.
“Certo! Vieni ti faccio vedere.” Entrambi si
diressero verso le cucine, seguiti dal mio sguardo di disapprovazione.
Draco
Esattamente un mese prima degli esami, a cena, ricevetti una lettera.
Leggendola quasi mi affogai con l’acqua, ma quando mi ripresi
arrivai fino in fondo alla pagina. Più andavo avanti
più sgranavo gli occhi, e più sgranavo gli occhi
più Blasie mi guardava attento. Alla fine mi alzai di
scatto, diretto alla guferia lasciando la lettera accartocciata sul
tavolo. “Draco, posso leggere la tua posta?!”, mi
urlò dietro Blasie.
“Come ti pare!”, gli gridai di rimando
distrattamente.
Una volta arrivato in guferia scrissi in fretta due righe su un foglio
di quaderno e inviai la lettera con un allocco bruno che sapevo essere
molto veloce nelle consegne. Rimasi lì, solo nella guferia
in cui entrava un vento fresco, a battere i denti e pestare
nervosamente un piede sulla paglia e sulle cacche secche dei gufi, ma
in quel momento non m’importava più di tanto
macchiarmi le scarpe.
Al leggere quella lettera la mia prima reazione era stata di stupore,
poi felicità, poi preoccupazione. Ma alla fine, permaneva la
felicità più che altro. Qualcuno entrò
nella guferia e quando mi voltai vidi Hermione.
“Ciao”, le dissi con un sorriso a trentadue denti
stampato in faccia e le braccia strette al corpo.
“Ciao”, disse lei evitando un cocciuto gufo
appollaiato a terra che non si voleva spostare. “Che
è successo?”
Cercai di non sembrare così entusiasta, perché
non sapevo come avrebbe reagito Hermione -e questo faceva parte della
mia preoccupazione-, così cercai di mantenere un tono
misurato mentre dicevo: “Faranno un appello per rilasciare
mio padre.”
Inizialmente Hermione corrugò leggermente le sopracciglia,
ma poi il suo volto si aprì in un sorriso. Venne verso di me
e mi abbracciò forte. “E’ una bellissima
notizia Draco!”
Non riesco quasi a descrivere quanto fossi felice per quel che aveva
detto. A Hermione non dava fastidio che mio padre fosse stato un
Mangiamorte, che io fossi stato un Mangiamorte. Non aveva alcun tipo di
pregiudizio o, se lo aveva, lo aveva superato tempo addietro. Era solo
felice per me, per mio padre, per mia madre. Non le importava se
eravamo stati nemici un tempo, al contrario di molte persone che avevo
conosciuto che, dopo la fine della guerra, mi guardavano con sospetto,
quasi con disprezzo, come se fossero sicuri che alla prima
possibilità avrei dichiarato la mia fedeltà a
Voldemort in pubblico. Ogni volta che incontravo persone come quelle mi
vergognavo di quel che avevo fatto. Per ciò che ero stato, che ero stato fiero di essere
…almeno per un po’.
Quella sera, dopo tre ore molto proficue passate assieme ad Hermione,
eravamo stesi sopra un letto matrimoniale. Stavo girato di lato verso
di lei, che era sdraiata di schiena, e tracciavo linee sulla sua pancia
con la punta delle dita. Ad un tratto lei cominciò a passare
l’indice sopra il Marchio Nero, che stava ancora tatuato sul
mio avambraccio. Non se ne sarebbe mai andato, a ricordarmi gli errori
giovanili, e a ricordarmi che cosa succede se non si usa la propria
testa. Per questo non mettevo più le maniche corte.
“Un paio d’anni fa…”,
cominciò Hermione senza guardarmi negli occhi,
“avrei giurato che tu fossi l’essere più
spregevole al mondo.”
“Ah, grazie”, dissi ironico.
“Non ridere.”
“Perché no? Direi che abbiamo fatto un grosso
passo avanti no?”, chiesi sorridendo.
Anche Hermione sorrise. “Ti va se quest’estate
andiamo da qualche parte assieme?”, chiese.
Esitai. La verità era che per quell’estate volevo
stare a casa. Non è che non volessi stare con Hermione ma
desideravo rivedere mio padre. Era da quasi tre anni che non lo vedevo
né lo sentivo. Non gli facevo nemmeno delle visite,
perché lui non voleva, non voleva che lo vedessi
imprigionato. Ogni tanto ci andava mia madre, ma quando tornava era di
umore pessimo e non le andava mai di parlare. D’altronde
nemmeno io ero mai stato un grosso chiacchierone con i miei genitori,
quindi probabilmente anche se avesse provato a raccontarmi qualcosa non
mi sarei comportato in maniera corretta.
Hermione intuì che ero in difficoltà.
“Era soltanto un’idea”,
mormorò abbassando lo sguardo.
“No! No, non è che non voglia. E’
che… preferirei stare a casa. Sai… con
papà, e…”, la voce mi si
affievolì.
Hermione sembrava l’avessero zittita cucendogli le labbra
assieme. Le presi il mento fra le dita e l’attirai verso di
me, dandole un bacio. Non sapevo se dire si o no quelle parole.
Erano così facili da pronunciare nella mia testa, ma muovere
la lingua e la labbra per articolarle pareva uno sforzo enorme.
Immaginavo che, così, da sole, senza nemmeno un contesto
attorno, sarebbero suonate stupide. Immaginavo di avere
un’inflessione di voce debole. Non sarei mai riuscito a
trasportare in quelle due parole tutto quel che sentivo nel cuore,
tutta la gioia che provavo quando mi trovavo assieme a lei, la
sensazione del cuore che si gonfiava e della gola che si stringeva,
quando pensavo a lei. L’ansia che sentivo di stringerla fra
le braccia e sentire tutto il suo corpo, di trasmetterle quel che
provavo… perché quel che provavo era fantastico.
Avrei dovuto essere molto abile per poter farle capire tutte quelle
cose.
“Ti
amo.”
Il tempo parve fermarsi finché lei non mi guardò
negli occhi, quasi stupefatta. Immaginavo che tentasse di leggerci la
verità di quell’affermazione. E infine tutto il
tempo ritornò quando lei disse:
“Ti amo anch’io.”
Restammo in silenzio abbracciati, perché sembrava giusto in
quel momento. Sembrava che il resto del mondo non esistesse,
perché che altro mondo poteva esserci al di fuori di quello?
La mia mente era completamente vuota, al contrario di quanto si possa
pensare. Si potrebbe pensare che una miriade di pensieri mi
attraversasse la testa, tutti confusi e colorati, ma la
verità era che non ne sentivo il bisogno. Non avevo bisogno
di pensare, perché sarebbe stato del tutto sciocco
concentrarmi su altro mentre ero lì, con la donna che amo.
Decisi di rischiare il tutto per tutto, così glielo chiesi:
“Perché quest’estate non vieni da me? Ti
presento i miei genitori, potrai stare a casa mia tutto il tempo che
vuoi.”
Lei ci pensò su. “Quest’anno mamma e
papà vorrebbero andare in vacanza in un posto lontano,
all’estero. Vogliono andare a visitare la Spagna, e mi hanno
detto che vorrebbero prenotare un hotel per due o tre settimane. Ma
forse potrei lasciarli andare da soli… così
spenderebbero anche di meno.”
“Allora va bene?”
“Non credo che faranno obiezioni. Quindi direi di
sì”, disse Hermione con un sorriso smagliante.
“Perfetto.”
Perfetto! Avevo appena programmato come sarei finito nella merda.
Hermione
Mandai una lunga lettera a mamma e papà, raccontando loro
tutte le novità. Gli chiesi se avevo il permesso di andare a
stare da Draco per tutto il tempo della loro vacanza. Loro mi chiesero
che fine aveva fatto Ron, e chi fosse Draco, ma si fidavano di me (dopo
sette anni di completa autogestione da parte mia era il minimo) e
risposero di sì, che andava bene, e che avrebbero
approfittato economicamente della mia assenza per allungare la loro
vacanza: si erano appropriati dell’intero mese. Quindi,
appena due settimane dopo la fine della scuola, sarei andata a stare da
Draco.
Non posso nascondere di essere rimasta molto stupita del fatto Lucius
Malfoy sarebbe stato rilasciato, perché le prove della sua
colpevolezza erano molte e gravi. Ma l’avvocato dei Malfoy
aveva giocato sulla rispettabilità della famiglia, la paura
che dovevano aver provato davanti a Voldemort, il fatto che il signor
Malfoy non avesse ucciso nessuno -solo perché non ne aveva
avuto l’opportunità, secondo la mia opinione-,
così era stato rilasciato. Non era stato un caso molto
discusso. Avevano tentato di insabbiarlo il più presto
possibile con tutti i mezzi a loro disposizione. A mio parere era
ingiusto dal punto di vista prettamente legislativo e pensavo che fosse
una questione di denaro, ma non pensai nemmeno ad esporre le mie teorie
a Draco o a chiunque altro, per paura che giungessero alle sue
orecchie. Nonostante tutto ciò che pensavo della famiglia
Malfoy e soprattutto di Lucius Malfoy, non potevo ignorare la
felicità di Draco riguardo al rilascio di suo padre. In quel
periodo era talmente felice che quasi camminava ad un metro da terra!
Quando arrivarono gli esami scoprii quanto Draco fosse felice e quanto
contassi per lui. In sostanza, quando ci sono gli esami di fine anno,
sono nervosa e scatto per qualsiasi cosa. Sopportarmi è una
questione dura, so anch’io di essere ingestibile. Ma i
M.A.G.O. mi avevano completamente gettato in abisso di disperazione,
non sapevo più cosa fare, era come se dovessi morire da un
girono all’altro, e la mia carnefice era la McGranitt.
In quel periodo Draco dimostrò tutta la sua pazienza.
Eravamo in Biblioteca, stavo facendo uno schema per Storia della Magia
a proposito della Rivoluzione della Magia Applicabile, e non riuscivo a
trovare una data importante sul libro.
“Com’è possibile che non me la
ricordi?”, borbottai piccata, le sopracciglia corrucciate
quasi attaccate alle pagine. “E’ assurdo che non
l’abbia scritta negli appunti! Voglio
dire…”, e continuai così per un
po’.
Draco si volse verso Harry e gli chiese qualcosa, lui
soffocò una risata e fece di sì con la testa. Non
gli lanciai più di un’occhiata infastidita e
continuai a sfogliare il libro. In quel momento alcuni ragazzini del
terzo anno arrivarono in biblioteca, parlando ad un tono di voce che
definire alto sarebbe riduttivo. Eravamo in biblioteca dopotutto! In
quei momenti assomigliavo inquietantemente a Madama Prince. Alzai lo
sguardo e sbuffai, pensando che comunque se ne sarebbero andati presto.
Ma rimasero lì a chiacchierare allegramente e ad alta voce.
Li guardai di nuovo, un po’ più arrabbiata, e
sbuffai sonoramente. Notai che nel frattempo Harry e Ron si erano fatti
piccoli piccoli, e cercavano di evitare il mio sguardo.
“Scusate!”, chiamai all’improvviso
attirando gli sguardi del gruppetto, “Potreste fare un
po’ di silenzio?” Quelli mi guardarono come se
fossi un’alga o qualcosa di altrettanto viscido, ma poi
ripresero a parlare un po’ più a bassa voce.
Ripresi a cercare la data, ma le voci andarono in crescendo. Ad un
tratto mi alzai di scatto e mi diressi verso di loro a passo di marcia.
Sentii distintamente Ron ridacchiare ed Harry sospirare.
“Insomma! Volete stare un po’ zitti?!”,
sbraitai. “Qui, questa!”, dissi agitando le braccia
per aria indicando gli scaffali, “Sapete che
cos’è? Si chiama biblioteca, un
posto che serve per studiare, dove si sta in silenzio, non un posto
dove chiacchierare! Se volete parlare andatevene al Paiolo
Magico!” I ragazzini mi guardarono un po’ stupiti,
poi uno di loro sbuffò e rise di gusto, portandosi una mano
alla fronte come se avesse visto qualcosa di esilarante. “Che
cosa ridi?!”, chiesi io furente. “Qui non si ride,
non si piange, non si grida, non si parla! Non dovete nemmeno
respirare! Quindi fuori di qui prima che vi tiri un calcio dove vi
farà molto male! Sono stata…?!”, non
riuscii a terminare la frase, perché qualcuno mi prese per
un braccio e mi trascinò via. Mi guardai alle spalle e vidi
Draco che camminava sicuro verso l’uscita della biblioteca,
con la sua e la mia borsa in spalla. “Non pensate di
cavarvela così, chiaro?! Venti punti in meno a Tassorosso e
Grifondoro!”, riuscii a dire prima che sparissero dalla mia
vista. Avevo tolto dei punti alla mia casa…
Draco mi trascinò fuori dalla biblioteca, si girò
verso di me e mi prese per le spalle. “Hermione…
rilassati per favore.”
Quasi iniziai a piangere. Sapevo di essere un disastro: avevo le
occhiaie perché stavo sveglia quasi tutta la notte per
studiare, mi era venuta l’herpes per il nervoso, non mangiavo
quasi per non perdere tempo per ripassare tutto il programma e, in
genere, ero una vera e propria stronza. “Come faccio a
rilassarmi? Fra una settimana ci sono gli esami, e io non sono mai
stata così indietro nello studio! Mi manca Storia della
Magia, Incantesimi e Antiche Rune, e dovrei anche rivedermi bene
Trsfigurazione ora che ci penso,
perché…”
Draco mi chiuse la bocca con due dita e io rimasi a fissarlo in
silenzio. “Se fai così”,
cominciò lui con voce calma, “non fai altro che
peggiorare la situazione. Se ti agiti non potrai mai ricordarti tutto,
se invece sei rilassata e affronti gli esami con calma vedrai che
andranno più che bene.” Ma come faceva ad essere
così maledettamente diplomatico? Non lo sopportavo in quel
momento.
“Ma…”, provai a dire, ma lui mi chiuse
di nuovo le labbra.
“Niente ma. La vuoi una camomilla?”, chiese con
sguardo truce.
Draco
Alla fine, com’era da aspettarsi, gli esami andarono
più che bene. Non a me ovviamente, per me furono discreti. I
voti ci vennero comunicati non appena dopo la fine degli esami, dato
che era l’ultimo anno. Presi una D in Storia della Magia, ma
riuscii anche (e menomale, dopo tanto sforzo da parte di Hermione) a
guadagnarmi una A in Erbologia. Le altre materie andarono tutte
abbastanza bene, alcune O e un Eccezionale in Difesa Contro le Arti
Oscure. Non mi lamento però, potevo andare peggio. Dopotutto
Oltre Ogni Previsione non è un cattivo voto. E chi se ne
importava di Storia della Magia in fondo? Non era nelle mie aspirazioni
diventare Archeologo di Siti Magici-storici. Hermione, ovviamente,
prese tutti Eccezionale e una sola O. Potter e Weasley presero voti
decenti, come i miei.
Dopo la fine degli esami Weasley e quella strana ragazza che avevamo
conosciuto in biblioteca, Babette mi pare che si chiamasse, si misero
assieme. C’era da aspettarselo dopotutto: due scemi come loro
erano perfetti l’uno per l’altra. Passavano tutto
il tempo a dire cavolate e bisticciare, sembravano un duo comico. Forse
stavano cercando di rimpiazzare i gemelli testarossa, e ci riuscivano
davvero alla grande.
Alla fine della scuola la Mc Granitt fece uno dei suoi soliti discorsi.
Un po’ mi dispiaceva che non ci fosse più Silente,
dato che i suoi discorsi erano molto più divertenti e, in
alcuni casi, anche più profondi.
Prima della partenza io e Blaise stavamo cercando di raccogliere le
nostre cose sparse per la stanza. Non trovavo più il pigiama
e nemmeno l’orologio magico che mi avevano regalato i miei un
sacco di anni fa. Era proprio una situazione disperata: erano le nove
di mattina e ancora non avevo finito di preparare il baule! Fra due ore
il treno sarebbe partito e io non trovavo il mio orologio. Il pigiama
passi, ne avevo molti altri, ma l’orologio era un regalo.
“’Fanculo…”, dissi soltanto
prima di tirare fuori la bacchetta dalla tasca dei jeans.
“Accio orlogio”, e così dicendo puntai
la bacchetta per aria. Un grido mi giunse dal bagno, e vidi Theodore
uscire con in bocca lo spazzolino massaggiandosi una guancia. Il mio
orologio lo aveva colpito in pieno ed aveva lottato per uscire dalla
porta. Siccome non riusciva Theo l’aveva aperta per lui, ma
mi guardava in cagnesco. “Scusa”, dissi
stringendomi nelle spalle.
Quando, per puro miracolo, finii di preparare il baule scesi a fare
colazione. Praticamente la trangugiai, dato che mancava solo
un’ora alla partenza e, entro poco, sarebbero partite le
carrozze verso la stazione di Hogsmeade. Quando fummo tutti fuori dalla
scuola ad aspettare la carrozze ci infilammo nella prima che trovammo.
Formavamo il più strano gruppo mai esistito. Io, Hermione,
Potter e Blaise. Era un po’ strano, ma arrivammo alla
stazione senza decapitarci a vicenda.
Hermione, con un incantesimo non verbale, sollevò il suo
baule e lo issò sul treno. La seguii e cominciai a cercare
uno scompartimento. Ne trovammo uno in fondo al treno, vuoto, e anche
lì chi ci raggiunse erano tra i più improbabili.
Alla fine oltre a me ed Hermione c’erano Blaise, Potter,
Weasley con la sua Corvonero, poi arrivò Pansy, un
po’ imbronciata, e Paciock. Distolsi lo sguardo da quella
comitiva e ridacchiai. “Che hai da ridere?”, chiese
Potter con sguardo strano.
“Niente”, dissi io agitando una mano. Guardai di
nuovo tutti gli altri, che si osservavano un po’ in cagnesco
e un po’ insicuri.
Potter seguì il mio sguardo e disse: “Ah. Ho
capito.” Anche lui fece un piccolo sorriso velato, poi si
volse per non farsi vedere.
Il treno fece un fischio
e cominciò a vibrare. Per l’ultima volta lo sentii
partire sotto ai miei piedi.
Fu una strana sensazione. Un misto di qualcosa di già
provato, ma con una certa malinconia in più. Per quanto,
molte volte, avessi urlato ai quattro venti il mio disprezzo per quella
scuola, Hogwarts mi piaceva, era diventato un luogo importante per me,
vi avevo vissuto una parte della mia vita, forse una delle migliori,
l’adolescenza, e tutto ciò che mi era successo
lì, per quanto fossero vicende personali, era strettamente
legato e direi anche influenzato da quel luogo. Ci avevo passato sette
anni ed ero davvero cambiato. Se non vi fossi andato non sarei
diventato quello che sono, non avrei fatto le stesse esperienze, e
magari sarei rimasto un immaturo opportunista -cosa che, da un lato, mi
piaceva essere-. Era stata come una seconda casa, un posto che un
po’ detestavo, ma che era anche l’unico nel quale
potevo rifugiarmi. Da ogni cosa. Era un posto per evadere, e nel
contempo un posto che mi era intollerabile. Forse la scuola
è sempre così: un rapporto di amore-odio. Era
strano convivere con quelle sensazioni, ma…
Si, il castello mi
sarebbe mancato.
Mi guardai attorno e scoprii che tutti quanti stavamo guardando
Hogwarts dal finestrino. Si ergeva immensa e troneggiava su tutto dal
suo colle. Chissà cosa stavano pensando gli altri, mentre
partivamo per il nostro ultimo viaggio in treno.
Eccomi
qui, in leggero anticipo. Parto domani per un mini-viaggio e non volevo
lasciar correre troppo tempo fra un'aggiormanto e l'altro. Comunque,
parliamo della storia!
Una volta finito l'ultimo anno a Hogwarts non volevo terminare la
fanfic così facilmente u_u Indi per cui ho deciso di
liberare Lucius Malfoy! Siii! Un degno antagonista della coppia,
evviva! XD
Nel prossimo capitolo mi direte che cosa ne pensate di come ho reso il
personaggio, se è abbastanza IC, anche perchè lui
è così ambiguo. Spero di essermi mantenuta in
linea con il suo carattere.
Poi, ebbene: anche se qualcuna di voi odia letteralmente Ron e vorrebbe
vederlo stecchito sotto l'espresso di Hogawarts non volevo
lasciarlo solo. Poveraccio, sarebbe l'unico in tutto il gruppo! E'
anche uno dei miei personaggi preferiti, non potevo assolutamente
lasciarlo single. L'ho accoppiato apposta con qualcuno di un po'
più simile al suo carattere, anche perchè credo
che sia giusto così per certe persone (sebbene si dica in
giro che gli opposti si
attraggono).
Riguardo allo scorso capitolo; hmmm, lo sapevo che c'era qualcosa che
non andava, nemmeno una recensione piccina picciò
è arrivata. Ma vi capisco u_u Nemmeno io avrei recensito una
roba del genere XD Spero di essermi rifatta un'immagine ai vostri occhi
con questo capitolo.
Un'altra cosa: ho voluto sottolineare questa specie di nostalgia,
felicità, un po' paura e un po' ansia di lasciare la scuola.
Io ho finito il liceo l'anno scorso, e so cosa si prova! E' stato un
anno bellissimo e davvero divertente! XD
Quindi voglio dedicare questo capitolo a tutti coloro che quest'anno
lasciano il liceo, augurandovi di avere le idee
chaire per il vostro futuro, con il consiglio di godervi
questo anno scolastico e tenervi stretti gli amici che vi siete fatti
durante la scuola ^^ (e non vi crucciate troppo per la
maturità, basta studiare come avete sempre fatto, se siete
arrivati fino in quinta supererete anche questo ostacolo! XD).
Al prossimo capitolo, che posterò Martedì,
Patrizia
|
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Capitolo 11 *** Un padre intollerante ***
Capitolo
undici
Un
padre intollerante
Draco
Mio padre
piegò la testa di lato, come se non avesse sentito bene, e
disse con voce vellutata: “Puoi ripetere?”
“Ho invitato
la mia fidanzata a stare qui da noi per un mese”,
ripetéi con voce piccola.
“No,
l’altra parte per piacere”, disse lui con voce
candida, la più temibile.
“La mia
fidanzata… Hermione Granger.”
Papà era
davvero terrificante a volte. Ci credo che a Voldemort stava
simpatico,sarebbe riuscito ad incutere terrore senza provare remore
perfino ad un agnellino. Posò la forchetta sul tavolo e
sospirò, gli occhi chiusi e il volto che esprimeva una
rabbia che tentava di essere celata. Mia madre ci osservava
preoccupata. Aspettava lo scoppio. Solo lei riusciva a calmare mio
padre. Era un vero genio in queste cose. Procedeva così:
osservava lo scoppio senza dire una parola, aspettava che si placasse,
preparava una tazza di tè corretto con whisky incendiario a
mio padre, poi diceva la sua. E la maggior parte della volte riusciva
anche ad aver ragione su di lui! Mentre io ero proprio una frana,
nemmeno in una discussione sul tempo che fa sarei risultato vincitore.
“Draco…
cosa… io ti ho…”, cominciò
papà. Non sapeva nemmeno che cosa dire, e un po’
questo era sintomo di terribile incazzatura. “Dille che non
può”, decretò infine con un gesto della
mano, come se stesse scacciando una mosca.
“Come?”,
chiesi io allibito.
“Hai sentito
bene, non può venire a stare qui. Dille che non
può venire, dille che siamo… in vacanza, che ne
so.”
“Ma
perché?”
“Draco!”,
disse lui con un’espressione addolorata in viso, come se gli
stessi facendo un grande torto. “Io non ospito Mezzosangue in
casa mia, e tu lo sai bene! Se questo è un nuovo modo per
farmi dispetto sappi che…”
“Dispetto?!”,
gridai, alzandomi. “Che cosa centri tu? E’ la mia fidanzata, cosa
c'entri tu?! Volevo solo portarla a conoscervi! E piantala con questa
storia dei Mezzosangue, non significa niente! Lo sai anche tu che maghi
grandissimi erano Mezzosangue o nati Babbani,
quindi…”, girai attorno al tavolo e mi avviai
fuori dalla sala, “…non venire a raccontarmi
palle.”
Quando fui in camera
mia ero talmente arrabbiato che cominciai sistematicamente a fare a
pezzi il copriletto, sfilacciandolo sempre di più con il diffindo, poi
direttamente con le mani, il che era più soddisfacente. Non
potevo credere che dopo tutto ciò che era successo
papà ancora si ostinasse ad essere così ottuso!
Sapeva benissimo anche lui che quella del sangue puro era una
stupidaggine bella e buona, per lo meno la parte che riguardava le
capacità dei Mezzosangue. Fin da piccolo mi aveva inculcato
l’idea che i Babbani fossero esseri stupidi e superficiali,
ed era per quello che non sapevano usare la magia. Chi si mescolava con
i Babbani non poteva che essere stupido quanto loro, almeno secondo la
teoria di mio padre. Per questo disprezzava così tanto
Babbani e Mezzosangue. Ma sapeva benissimo che un mago Mezzosangue o
persino nato Babbano, aveva le stesse identiche possibilità
di un Purosangue. Era a conoscenza del fatto che Voldemort fosse stato
un Mezzosangue, o almeno confidavo lo avesse saputo dopo la sua morte,
e lui era stato il più grande mago dei nostri tempi, assieme
a Silente.
A mezzanotte circa,
quando il copriletto era ormai ridotto ad un fazzoletto usato, sentii
un delicato bussare alla porta. “Avanti”, dissi con
voce piatta.
Mia madre
aprì la porta di uno spiraglio ed entrò,
sedendosi accanto a me sul letto. “Caspita. Ti sei dato da
fare”, disse passando una mano leggera sulla stoffa nera
distrutta.
Abbassai lo sguardo,
colpevole. “Scusa”, borbottai.
“Non
importa, a volte papà sa essere irritante”, disse
mamma con un sorrisetto tra il furbo e il malinconico. Io, per tutta
risposta, non seppi fare altro che grugnire.
Ero leggermente
turbato da quello che era successo. Da quello che era successo a me.
Credo di non aver mai provato tanta angoscia e rabbia in un solo colpo.
Quando papà aveva chiaramente dimostrato tutto il suo
disprezzo per Hermione, per me: perché mi ero mescolato con
i Mezzosangue. Mi ero sentito tradito, mi chiedevo perché
mai mio padre,
l’uomo che mi aveva cresciuto, faticava tanto a capirmi. Non
riuscivo a ragionare in quel momento, se non me ne fossi andato avrei
dato sfogo a tutta quella rabbia che mi montava nel petto ogni volta
che pensavo a quanto era stato sciocco. Gli avrei urlato contro
qualsiasi cosa, sarei stato capace di vomitargli addosso tutte le
più sporche accuse che mi venivano in mente.
Io l’avrei
fatto. Per lei.
Perché
tutto questo non era solo per me, per quello sguardo freddo che mi
aveva lanciato. Lanciato a suo figlio. Era anche per Hermione. Non
sopportavo che parlassero male di lei, che pensassero male di lei.
Senza nemmeno conoscere che persona fantastica fosse. Lo stesso errore
che avevo fatto io in fin dei conti, e che avevo rimpianto con tutto me
stesso. So per certo che, delle volte, dovevo averle reso la vita un
inferno.
“Tuo padre
ha detto che può venire. A patto che stia lontana da
lui”, disse mamma.
Alzai di scatto la
testa. “Sul serio?”
“Si. Ma
Draco, devi stare attento, capito?”, mi disse, uno sguardo
ammonitorio dipinto sul volto.
“E di
che?”
“Io non ti
metterei mai di fronte ad una scelta del genere, ma sai
com’è fatto tuo padre. E’ cocciuto, si
arrabbia in fretta, non accetta le cose finché non gliele si
sbattono in faccia. Quindi stai attento a non fare… a non
farlo arrabbiare, altrimenti dovrai trovarti nella condizione di
scegliere.”
Sentivo la gola
stretta, come se stessi per piangere. “Scegliere
cosa?”
“Sono
abbastanza sicura di cosa sceglieresti, fra l’amore
rassicurante della tua famiglia e l’amore della
più bella ragazza che tu abbia mai visto, ma potresti
perdere tante cose se scegli. Qualunque sia la tua decisione.”
Mamma si
avvicinò, mi prese la nuca e mi diede un bacio sulla fronte.
Ormai ero parecchio più alto di lei, ed ero anche
fisicamente più forte, ma il suo bacio mi lasciò
piccolo e debole, come un bambino.
Ormai mamma non era
più giovane come una volta. Aveva alcuni capelli grigi,
perenni occhiaie sotto gli occhi, come se non dormisse mai abbastanza,
cominciavano a marcarlesi sul volto le rughe d’espressione, e
il suo corpo aveva perso quello slancio e quella fluidità
che di sicuro aveva da giovane. Eppure mi parve così bella
in quel momento. Come una mattina d’inverno, mentre la neve
cade e tutto è silenzioso. Mia madre era esattamente
così, gelida all’esterno, ma così bella
e speciale in fondo.
“Mi
raccomando”, disse alzandosi, “vedi di non
distruggere altri copri letti.”
Hermione
Già il
cancello in ferro battuto mi metteva in soggezione. Era così
elaborato e così bello che non si poteva stare lì
senza ammirarlo. Feci vagare lo sguardo più in là
e vidi la casa. Una vera reggia, non c’è che dire.
Era talmente perfetta che sarebbe potuta andar bene come castello in
una fiaba: tutta giocata sui toni del grigio pietra e sullo stile
rinascimentale. Molto raffinata ed elegante. Proprio quello che mi
aspettavo in fondo.
Ad un tratto vidi la
porta in fondo al vialetto aprirsi e scorsi Draco. Non appena mi vide
cominciò a corrermi incontro, mentre il cancello si
aprì da solo con uno scatto. Varcai la porticina laterale
senza nemmeno più pensare alla mia piccola valigia, e gli
corsi incontro. A metà strada c’incontrammo, e ci
abbracciammo come se non ci vedessimo da anni. Anche se, in fondo, non
erano passate che due settimane. Ma che giorni vuoti senza di lui!
“Come
stai?”, mi chiese lui all’orecchio mentre ci
dondolavamo sul posto.
“Benissimo”,
risposi.
“Hm”,
disse Draco dandomi un bacio sul collo. “Hai un buon
odore.” Si staccò da me sorridendo e
andò a prendermi la valigia, come un vero gentilmago
farebbe. Alzò la bacchetta, mormorò qualcosa, e
il mio trolley si alzò e rimase a svolazzare sopra la sua
testa.
Mentre ci dirigevamo
alla villa domandai: “Che hai fatto in queste due
settimane?”
“Niente,
proprio niente. E’ rilassante non dover fare i compiti delle
vacanze”, disse Draco con un sorriso soddisfatto.
“Non hai
fatto niente? Io invece mi sono informata su alcuni lavori che
m’interessano. Ad esempio mi piacerebbe lavorare al San
Mungo, o magari per il Ministero, oppure chi lo sa? A te cosa
piacerebbe fare?”, chiesi tutto d’un fiato.
Credo che Draco rimase
un po’ sbigottito da tutto quel parlare di lavoro.
Però sorrise e disse: “Veramente non ne ho
idea,”
“Davvero?”
Che delusione: Draco non sembrava in vena di sproloquiare assieme a me
su carriere e posti fissi.
“Davvero.”
“Ma cosa ti
piace fare? Ci sarà qualcosa per cui sei portato,
no?”
“Boh…
stavo pensando di lavorare alla Gringott.”
“Perché?”
“Come
Spezzaincantesimi.”
“Capisco.”
Si, in effetti la vedevo come una carriera adatta a lui.
“E’ una buona idea. Ho sentito che per lavorare
alla Gringott si deve avere una buona conoscenza di Storia della Magia,
Difesa Contro le Arti Oscure, Incantesimi e Pozioni”,
snocciolai contando sulla dita. Nel frattempo eravamo arrivati
nell’atrio di quella casa enorme, ma non c’era
anima viva. Draco mi condusse su per le scale, sempre con la valigia
che fluttuava poco sopra di noi. Passammo per diversi corridoi, e
pensai di sfuggita che se Draco mi avesse lasciata sola mi sarei persa.
Poi arrivammo davanti ad un’enorme porta in legno. La camera
di Draco.
Era molto accogliente,
con un camino, un grande letto a baldacchino a due piazze, un grosso
armadio che occupava un intera parete, una libreria che occupava quella
opposta, e una grande scrivania addossata al terzo muro. Una porticina
si apriva su un lato della stanza, e faceva entrare
un’arietta fresca. “C’è un
portico qui?”, chiesi dirigendomi alla porta.
“Si,
è anche bello grande”, disse Draco mentre faceva
poggiare la valigia ai piedi del letto.
Uscii sul portico, ed
ebbi la vista più bella che ci si poteva immaginare. Davanti
a me si estendevano le pianure verdi, ma in fondo, proprio in fondo
vicino all’orizzonte, si vedeva il mare, che si mescolava al
cielo. “Che bello”, mormorai sporgendomi di
più.
“Bello
vero?”, chiese Draco, avvicinandosi. Mi cinse la vita con una
mano e mi avvicinò a sé. Alzai lo sguardo e
sorrisi, poi baciai Draco.
“Sono
contenta di essere qui.”
“Anche io
sono felice che tu sia qui”, disse lui dandomi un bacio sulla
fronte.
Quel pomeriggio lo
passai assieme a Draco a mettere a posto le mie cose, che erano entrate
tutte nella piccola valigia solo grazie ad un Incantesimo di Estensione
Irriconoscibile. Mi cedette parte del suo armadio, e io vi misi i miei
vestiti. Mi rimproverò per non essermi portata un costume,
dato che mi aveva detto che abitava vicino al mare, e che ci saremmo
andati anche tutti i giorni se mi andava! Gli feci promettere che
avrebbe seriamente pensato a quella storia degli Spezzaincantesimi
della Gringott, e gli dissi che se voleva lo avrei accompagnato a fare
domanda.
Quella sera mi
preparai per bene per scendere a pranzo con i Malfoy, mi misi una gonna
nera non troppo corta, delle collant, delle normali scarpe da
ginnastica e una camicia bianca. Mi sembrava di essere abbastanza
sobria ma non troppo seria. Non era da me pensare al giudizio degli
altri ma volevo fare buona impressione sui Malfoy. Non mi era mai
capitato di voler fare buona impressione su qualcuno in modo
così morboso. Non mi era successo quando ero uscita con
Viktor Krum, né quando stavo con Ron -anche
perché ci conoscevamo da anni-, non volevo fare impressione
a nessuno con i miei voti, ma era solo per soddisfazione personale che
studiavo molto e desideravo averne di ottimi. Così, dopo
diciannove anni di vita, desideravo davvero fare colpo
su qualcuno. Su qualcuno in particolare: Lucius Malfoy. Non
lo conoscevo nemmeno un po’, ma conoscevo la sua fama, e
sapevo di non essergli simpatica. Un po’ per Draco, un
po’ per me stessa, e un po’ per la stupida
discriminazione sui Babbani, avrei fatto cambiare idea a
quell’uomo. A tutti i costi.
Draco
Avevo visto Hermione
in diverse vesti: in divisa, elegante, normale, totalmente imbacuccata
in diversi strati di abiti, e persino senza abiti. Ma non
l’avevo mai vista conciata a quel modo. “Come ti
sei vestita?”, sbraitai.
“Che
c’è? Non posso vestirmi bene? E’
eccessivo?”, chiese preoccupata guardandosi allo specchio da
tutte le angolazioni.
“No,
è che… non ti ho mai vista così.
Perché hai messo quella camicia? Sembri mia
nonna”, dissi andando ad aprire la sua valigia e frugandoci
dentro in cerca di qualcosa di meno terrificante. Tirai fuori una
maglietta normale e gliela lanciai. “Mettiti questa
va’, che è meglio.” Almeno non sarebbe
sembrata Madre Teresa. Era una maglietta rossa con le maniche corte e
una leggera scollatura. Nulla di sofisticato, ma non era certo un gran
galà.
Quando scesi avevo un
po’ paura di sapere che cosa avrei trovato. Forse ci sarebbe
stato mio padre in tenuta di guerra con la pergamena che decretava la
nobiltà della famiglia Malfoy, una pergamena che stava al
sicuro in una cornice appesa sopra al camino da prima che io nascessi.
Ma per fortuna non trovai nulla del genere, sembrava tutto come al
solito. Anzi sembrava meglio del solito: la tavola era imbandita come
se dovessimo tenere un banchetto per trenta persone. Mio padre e mia
madre erano seduti da un lato del tavolo, che solo da una parte poteva
accogliere sei persone, dalla parte opposta alla loro c’erano
altre due sedie scostate per me ed Hermione. La feci sedere,
perché sembrava che l’occasione lo richiedesse,
poi mi accomodai. Arrivò subito la prima portata,
accompagnata da un basso elfo che si chiamava Lelo. Vidi Hermione
stringere le labbra, ma sorrise all’elfo quando quello la
servì. Lelo dal canto suo era felicissimo di ricevere un
sorriso, da mia madre e mio padre sono sicuro che non ne riceveva mai,
e da me nemmeno, da una parte perché non ero quasi mai in
casa per tutto l’anno e dall’altra
perché non m’intessava sorridere ad un elfo
domestico.
“Signorina
Granger”, disse mio padre quando tutti furono serviti,
“è un piacere averla ospite in casa
nostra.” Che ruffiano!
Hermione sorrise e,
senza smettere di guardarlo in viso, disse: “E’ un
piacere per me essere qui, signor Malfoy. La sua casa è
splendida.”
“Sempre
meglio di quella di Arthur Weasley, immagino.” Ecco che cominciamo,
pensai rabbuiandomi.
“Mi
è giunta voce che la famiglia Weasley non soffra
più di disagi economici. Grazie al negozio dei figli
gemelli, e anche perché il signor Weasley ha ottenuto un
aumento, ed è stato trasferito. Mi risulta che lavori per il
reparto Relazioni con i Non Maghi, si occupano della fetta di
comunità Babbana che entra in contatto con il mondo
magico”, disse Hermione con odiosa saccenza.
Mio padre la
guardò contrariato, ma non fece in tempo a dire nulla
poiché mia madre chiese: “Posso domandarvi come vi
siete conosciuti? Sarà l’argomento
dell’anno alle cene di famiglia”, aggiunse poi
ridacchiando.
Io ed Hermione ci
guardammo. “In effetti c’entrano non poco i
Weasley”, borbottai.
Mio padre
corrugò la fronte. “Prego?”, chiese
inarcando un sopracciglio.
“E’
che, per farmi uno scherzo stupido, i gemelli Lenticchia…
cioè, i gemelli Weasley, mi hanno mandato un pacco di
cioccolatini stregati. Quando ne mangi uno t’innamori della
prima persona che vedi. E davanti a me c’era lei”,
dissi indicando Hermione.
“Draco stava
andando malissimo a scuola, così decisi di aiutarlo a far
scomparire l’incantesimo, ma non funzionò. Poi,
con il tempo, ci siamo conosciuti meglio e poi ci siamo messi
assieme”, proseguì Hermione.
Mia madre ci guardava
con tanto d’occhi.
“B’è… hanno fatto un gran bel
commercio i Weasley.”
“Dovreste
proprio andare a visitare il loro negozio, una volta. E’
pieno di qualsiasi cosa riusciate ad immaginare!”
“A Capodanno
ci ho trovato dei guanti parlanti!”, esclamai.
“Lo sai che
Draco da piccolo voleva assolutamente, a tutti i costi, un pupazzo
parlante di cui non ricordo il nome”, cominciò mia
madre con un sorriso, “e ci diede fastidio fino alla vigilia
per averlo. Poi, non appena aprì il pacco con il pupazzo,
quello gli schizzò addosso dell’acqua e lui non lo
toccò più per il resto della sua vita. Una volta
mi pare di aver visto il pupazzo rincorrerlo su per le scale. Eri
terrorizzato, vero Draco?”
Sbuffai e roteai gli
occhi al soffitto, mentre Hermione si rotolava dalla risate.
“Non è vero, cosa dici?”,
ribattéi io. “E poi era un pupazzo enorme, era a
forma di alce, e poteva anche parlare!”
“Ripeteva
solo quello che sentiva, Draco”, disse mio padre con un vago
sorriso.
“Si,
infatti! Una volta mi ha chiamato tesoro, e un’altra volta
Dobby!”
“Dobby!”,
esclamò Hermione.
“Già…”,
ringhiò papà, e il sorriso sparì dal
suo volto. “Quell’elfo che mi ha rubato
Potter.”
“Oh, Harry
non l’ha mai voluto, lo ha lasciato libero. Andò a
lavorare ad Hogwarts pe run po’ di tempo. Silente gli dava lo
stipendio”
“Lo
stipendio?”, domandò mamma.
Hermione
annuì freneticamente. “Si, si! Dobby era
felicissimo di avere uno stipendio, credo avesse anche un giorno
libero…”
“Hm…
e che fine ha fatto?”, domandò papà
sollevando un sopracciglio, come se meditasse di andarlo a trovare.
“Dobby
è morto l’anno scorso signor Malfoy. Durante la
guerra contro Tom Riddle”, disse Hermione con voce greve.
Mio padre
strizzò gli occhi. “Tom…?”
“Era il vero
nome di Voldemort, signor Malfoy. Di sicuro si ricorderà.
Comunque sia… Dobby in fondo vi voleva bene”,
continuò Hermione. Ma diceva sul serio o solo per far
piacere ai miei genitori? Chissà quanti calci avevo dato a
quell’elfo! Non poteva volermi alcun bene a meno che non
riservasse un’animo masochista.
“Come fai a
sapere il nome dell’oscuro signore?”, chiese
sospettoso mio padre.
“Sono amica
di Harry Potter signore, so cose che nemmeno il Ministero
sa”, disse lei sorridendo.
Dopo un po’,
siccome la conversazione languiva, mia padre decise di indagare a fondo
su alcune di quelle che probabilmente riteneva questioni importanti:
“Signorina Granger, dove abita lei?”
“Poco fuori
Londra signore, in campagna”, rispose prontamente Hermione.
“E i suoi
genitori che lavoro fanno?”
“Sono
entrambi dentisti.”
“Den…?”,
mio padre lasciò la parola in sospeso, con un’aria
di insofferenza dipinta sul volto.
“Dentisti.
Nel mondo non magico è una professione molto utile. Quando
qualcuno ha i denti rovinati va dal dentista, e quello glieli cura.
E’ come un dottore, solo che specializzato per i denti. So
che c’è un reparto simile al San Mungo.”
“Con una
bacchetta è molto più facile curare dei
denti”, osservò papà.
“Ha ragione,
anche se molto più pericoloso”, ribatté
Hermione con tono noncurante.
Mio padre
alzò di scatto lo sguardo su di lei, infastidito. Poi si
riprese, si schiarì la voce e disse:
“Bene… che cosa pensa di fare dopo la scuola
signorina Granger?”
“La prego,
mi chiami Hermione.”
“Solo se tu
mi chiamerai Lucius.”
Tutta questa falsa
cortesia mi faceva venire da vomitare. Era sì da mio padre,
ma da Hermione proprio non me lo aspettavo. Era tutta sorrisi e frasi
accurate, studiate perfettamente per dire esattamente quello che voleva
dire, ma senza offendere. Una vera strega, la adoravo.
“Ne stavo
parlando proprio oggi con Draco. Mi piacerebbe lavorare
all’Ospedale San Mungo, possibilmente nel reparto dedicato ai
bambini. Oppure mi piacerebbe anche dedicarmi alla mia compagnia per i
diritti degli elfi domestici.” Mi portai una mano alla fronte
e chiusi gli occhi. Se avesse detto quel nome potevo anche riportarla a
fare i bagagli: papà l’avrebbe fatta fuggire
indignata a forza di risate. “Il C.D.E.D., Comitato per i
Diritti degli Elfi Domestici.” Era un miracolo…
Mia madre la
guardò interessata. “E’ una cosa davvero
innovativa.”
“Grazie
mille. Gli elfi domestici sono sempre stati trattati in una maniera
barbara, ma questo non ha senso. Sono degli esseri come noi, hanno
sentimenti e ragione, quindi quel che hanno fatto i maghi per tutti
questi anni può essere considerata vera e propria
schiavitù. Mi piacerebbe farlo capire alla gente, ma per
farlo avrei bisogno di tanti soldi e tanta
pubblicità”, terminò Hermione bevendo
un sorso di vino.
“Trovo che sia un grande
progetto”, osservò mia madre, mentre
papà la osservava con le sopracciglia corrugate.
Heylà... Non mi stancherò mai di pubblicare! XD
Tornata dalla mini-vacanza mi accingo a pubblicare un nuovo capitolo.
Sul quale non ho poi molto da dire in effetti. Mancano solo
due capitoli alla fine di questa storia, e poi finirà anche
lei.
Be', nonostante i recensori siano misteriosamente spariti tutti in una
volta (o si siano nascosti per sfuggire ai Draco ed Hermione)
così all'improvviso a me non importa: continuerò
imperterrita fino alla fine XD
Al prossimo capitolo, ciao a tutti i lettori! E mille milla grazie a
chi Segue,
a chi Preferisce
e a chi Ricorda
questa semplice storiella ^^
Patrizia
|
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Capitolo 12 *** Maestri dell'ironia ***
Capitolo
dodici
Maestri dell’ironia
Draco
Non avevo mai preso un autobus, ma mio padre si era rifiutato di
prestarmi la sua scopa a due posti, così ero in piedi in
mezzo ad una vecchia e ad un ragazzo alto e grosso il doppio di me, che
mi schiacciava contro la signora. Volevo chiamare il Nottetempo, ma
Hermione aveva detto che potevamo benissimo raggiungere la spiaggia in
venti minuti d’autobus. Così, mentre preparavo le
cose per il mare, lei andò a comprare i biglietti e ad
informarsi sui mezzi, e poco dopo mi stava trascinando dentro ad un
catorcio rosso e blu che faceva un rumore della miseria. Era in momenti
come quello che apprezzavo ancora di più la magia.
“Ti vuoi sedere?”, mi chiese Hermione. Si era
liberato un posto, e da vero galantuomo l’avevo
fatta accomodare, mentre io ero rimasto in piedi.
“E tu? No, dài, stai seduta.”
“Siediti”, mi disse lei alzandosi.
“Come vuoi.” Sedetti tenendo le borse fra i piedi e
quando fui ben accomodato Hermione si sedette sulle mie ginocchia.
“Ah, ho capito. Era questo il tuo subdolo piano”,
dissi allungando le braccia e cingendole i fianchi.
“Mamma mia mi hai scoperto”, disse lei ridacchiando.
“La mia mente geniale non ha limiti.”
In poco più di un quarto d’ora fummo al mare. Ero
stato varie volte al mare con una ragazza ma con Hermione, almeno fino
ad allora… era stato un inferno. Aveva controllato duecento
volte che fosse tutto al suo posto, che non avessimo dimenticato nulla
e che ogni cosa fosse organizzata alla perfezione. Era così
solo con lo studio, ma ripensandoci penso che si sentisse un
po’ sottopressione, a causa di mio padre ovviamente. Dopo
aver trovato un posto decente per sistemarci misi
l’ombrellone nella sabbia, stesi l’asciugamano e
rimasi in costume. C’era un sole forte, ma ogni tanto qualche
filo di vento spezzava la calura e mi dava come la sensazione che un
velo di seta passasse sulle braccia e sulle gambe. Poi il vento si
placava, e pian piano tornavo a sentire la pelle scaldarsi al sole. Mi
voltai a guardare Hermione.
“Andiamo a farci un bagno?”, domandai.
“Abbiamo appena fatto colazione”,
protestò lei titubante.
“Oh andiamo! Dai!”, dissi mettendomi in ginocchio e
tirandola leggermente per un braccio.
“Dài… dài!”,
cominciai a piagnucolare come un bambino piccolo.
“Hm”, Hermione esitò. “E va
bene.” La presi in braccio e lei protestò
vivamente, scalciando e urlando. Mi avviai verso l’acqua e
cominciai ad immergermi fino alle ginocchia. “Non mi buttare
giù! Non lo fare! Draco?! Non ti parlo più per il
resto dell’estate! Non farlo!”, gridava intanto
Hermione a metà fra il terrorizzato e il divertito.
“Oddio mi fanno male le braccia!”, esclamai
teatrale.
“Non ci provare”, sibilò Hermione.
Ghignai. “Non ci posso fare nulla è più
forte di me. Davvero, le mie braccia flosce non resisteranno ancora.
Ecco! Stanno per cedere! Lo sento!”
“No! Draco!”
Splash! Si,
fece più o meno così. Splash! Uno di
quelli belli forti.
Hermione si alzò grondante acqua peggio del mostro della
laguna, con uno sguardo assassino che, se avesse potuto, mi avrebbe
ucciso. Si scostò i capelli dalla faccia con un gesto
pesante e mi fissò con l’aria di una che mi
avrebbe volentieri affettato qualcosa. “Non. Farlo. Mai.
Più.”
Io sghignazzavo come un mongoloide, ma all’improvviso lei mi
si gettò addosso e cominciò a spruzzarmi
d’acqua fredda. Dopo un’abile manovra
riuscì persino a infilarmi la testa sott’acqua e
farmi cadere sulla sabbia del fondo. Rispuntai fuori sorridendo,
spruzzando goccioline salate tutto attorno, mentre Hemrione rideva di
gusto poco lontano, il corpo immerso fino alle spalle.
“Scema! E se fossi morto?”
“Allora sì che i tuoi mi avrebbero spellata viva.
Altro che Mezzosangue”, disse lei circondandomi i fianchi con
le gambe e il collo con le braccia.
“Nata Babbana assassina l’ultimo discendente della
famiglia Malfoy. Il movente, ancora da scoprirsi”, recitai
con tono neutro. Diedi un bacio ad Hermione sulle labbra, ma quando mi
ritrassi mi accorsi che era seria, e guardava l’acqua
scintillare sotto il sole. “Che hai?”
Scosse le spalle. “Niente.” Non dissi nulla. Avevo
imparato che dopo un po’, anche nelle situazioni
più spinose, Hermione si sbloccava e anche se
all’inizio era restia a parlare di qualcosa poi raccontava
tutto. Attesi pazientemente. “E’ che”,
cominciò, “io non piaccio nemmeno un po’
ai tuoi genitori. Pensano che non sia una buona strega.”
“Ed è vero per caso? Sei la strega più
intelligente che abbia mai conosciuto, lo sai”, dissi
cercando d’incoraggiarla. “Che t’importa
di loro?”
“Sono i tuoi genitori”, protestò con
aria triste.
“E allora? Li dovrai sopportare solo per un altro paio di
settimane. E poi non ci sono mai in casa. Hai visto, no?”
“Si, ma vorrei che sapessero lo stesso che non sono
un’incapace solo perché sono di origine
Babbana.”
“Mio padre lo sa, credimi”, dissi facendo una
smorfia.
Hermione alzò lo sguardo, fiera. “Non
m’importa se lo sa. Voglio che lo riconosca davanti a me. Ho
deciso”, disse con aria risoluta, “fin quando
resterò ospite in casa tua farò di tutto per
dimostrare a tuo padre che sono in grado di padroneggiare le arti
magiche quanto lui, e che i Babbani sono delle persone anche
più ingegnose dei maghi. E lui dovrà accettare
questa cosa!”
Settimane dure attendevano tutta la famiglia.
Hermione
Quando tornammo a casa dal mare avevo insistito per comprare dei
pasticcini da offrire ai genitori di Draco per cena. Fu davvero una
pessima idea…
“Ho comprato questi pasticcini ad un negozio Babbano, ne
volete un po’?”, domandai alla fine della cena.
Sciolsi il nodo elegante del pacchetto e cominciai a far passare il
mini vassoio di cartone. Proprio in quell’istante un elfo
domestico portò in tavola una torta interamente coperta di
panna, del diametro di un cocomero, affianco alla quale i miei
pasticcini impallidirono e, se avessero potuto, sarebbero di sicuro
andati a nascondersi.
Draco s’illuminò. “La mia
preferita!”, esclamò agguantando la torta e
tagliandone una fetta improponibile per poi metterla sul piattino e
cominciare a strafogarsi. Lucius Malfoy imitò il figlio,
mentre io piluccavo un bignè ripieno alla crema con sguardo
rassegnato.
“Hermione, mi passeresti quello con sopra la
fragola?”
Mi voltai, e vidi Narcissa che mi sorrideva, la mano tesa.
“Oh, ma certo.” Le passai il dolce e ricambiai il
sorriso. Felice della non totale disfatta dei miei pasticcini dissi:
“Uno dei prossimi giorni pensavo di andare alla
Gringott… giusto per sentire cosa dicono, eh
Draco?”
Lui si volse, ingoiò un po’ di torta e disse:
“Okay.”
“Per cosa?”, domandò Lucius.
“Per sentire per gli Spezzaincantesimi”, disse
Draco.
“Hm, buona idea”, disse Narcissa annuendo.
Lucius Malfoy guardò per un secondo il figlio, poi disse:
“Anche il tuo bisnonno lavorava per la Gringott.” E
con questa era fatta: la Gringott era stata sede per
cinquant’anni di un membro della famiglia Malfoy, questo non
poteva che rendere il luogo quasi sacro agli occhi di Lucius.
“Domani?”, domandò Draco.
“Andiamo alla Gringott e poi al San Mungo? Ti va?”
“Se andate alla Gringott potete andarci con Lucius, no
caro?”, intervenne Narcissa.
La faccia che in quel momento Lucius Malfoy esibì faceva
pensare che avesse appena ingoiato un limone, e chiaramente non gradiva
l’dea di doverci accompagnare in un viaggio
d’affari. Ma qualcosa stava avvenendo fra i due coniugi, solo
che né io e né Draco avevamo ancora la prontezza
di spirito per capirlo. Fatto sta che dopo una brave pausa e un boccone
particolarmente grande di torta, Lucius disse con le sopracciglia
leggermente corrugate: “Ma certo.”
“Grazie papà”, disse Draco quasi
stupito. “A che ora?”
“Partiamo alle otto. Vi voglia puntuali in salotto,
chiaro?”
“Ci andiamo con la polvere?”, domandò
Draco, alludendo sicuramente al camino.
“No, meglio che vi porti io, facciamo una smaterializzazione
congiunta. Non vorrei che i genitori della signorina Granger mi
mandassero un gufo quando la figlia si perderà per il
camino”, disse mellifluo.
Non dissi niente e mi limitai a ridacchiare come se fosse una battutina
divertente, dentro di me avrei voluto tirargli quella sua mastodontica
torta sulla faccia. Quando la cena finì e io e Draco fummo
in camera ero talmente presa dai miei pensieri su come riuscire a fare
colpo su Lucius Malfoy che indossai, senza rendermene nemmeno conto, il
pigiama meno sexy che avevo.
“Wow, che bel pigiamino”, commentò Draco
sghignazzando.
“Solo perché non ti piacciono le pecore non vuol
dire che sia un brutto pigiama”, bofonchiai.
Draco rise, allungò le braccia e mi fece sdraiare accanto a
lui. “Domani andremo a sentire per i nostri futuri lavori, lo
sai?”
“Certo che lo so”, dissi scandalizzata.
“Ma lo vedi quante cosa sono cambiate? Abbiamo finito la
scuola, e ora dobbiamo lavorare”, disse Draco. Non so se la
cosa lo rendeva felice o meno.
“Chissà che faremo di qui a cinque
anni”, pensai, gli occhi puntati sul baldacchino del letto.
“Tu credi che potremmo fare una riunione di tutti quelli del
nostro anno quando saremo più grandi?”
Strabuzzai gli occhi. Da tutti potevo aspettarmi una cosa del genere,
ma no da Draco. Insomma, non sembrava un tipo esattamente nostalgico.
Una di quelle persone che voleva rivedere i compagni di scuola di un
tempo, magari al Paiolo Magico a parlare dei vecchi tempi.
“Insomma non subito. Dico… immaginati fra uno e
due anni ritrovarsi tutti quanti, ad esempio ai Tre manici di scopa,
e raccontarci come va, cosa stiamo facendo. Chissà cosa
staremo facendo noi due.” Si voltò a guardarmi.
“Ah, io scommetto che starò facendo qualcosa che
tutti considererete noioso, come una ricerca scientifica sui pinguini,
o un praticantato agli elfi domestici per diventare chef a tutti gli
effetti.”
Draco mi osservò accigliato. “E sarebbero cose
utili?”
“I pinguini hanno ancora tanto da insegnarci”,
dissi piccata.
Draco scoppiò in una risata, poi cominciò a
baciarmi il collo, e una sua mano si insinuò sotto la
maglietta, ad accarezzarmi la pancia. “Prendi la bacchetta
Hermione, fai il muffliato alla stanza.”
Dopo quelle parole, è top secret.
Draco
Papà acconsentì a passare prima per il San Mungo,
ma solo perché scoprimmo troppo tardi che la Gringott
avrebbe aperto solo dopo le nove, perché a quanto pareva un
drago aveva eluso la sorveglianza, si era liberato e, dopo aver vagato
mezzo cieco per qualche tempo, lo avevano riacchiappato, ma dovevano
ancora rimetterlo davanti alla sua camera di sicurezza e mettere a
posto tutto quel che aveva distrutto. Quando Hermione uscì
dall’Ufficio Collocazione del San Mungo pareva molto
soddisfatta e aveva in viso quel suo sorrisetto tipico di quando
dimostrava qualcosa.
“Che hanno detto?”, domandai.
“Che sono qualificata per ricoprire tutti i lavori
dell’ospedale. Ma ne ho scelto uno in particolare”,
disse lei piegando un foglio e mettendolo in borsa. “Ho
intenzione di compilare la domanda per il reparto di Malattie
Trasmissibili da Creature e Animali Magici.”
“Ah”, commentai soltanto.
“Non è una delle posizioni più
ambite”, commentò invece papà, con
molta fantasia potrei aggiungere.
“Ma è quella che piace a me. Guardi il signor
Weasley, fin a poco tempo fa viveva con poco, però era
felice, e il suo lavoro gli piaceva tanto...”,
ricordò Hermione sognante.
“B’è non importa, possiamo
andare.”
Papà fece una smorfia involontaria, poi ci mise le mani
sulle spalle e, stringendo forte per assicurarsi di non perderci, si
smaterializzò. O meglio, ci provò. Per un secondo
rimase come intontito, senza sapere che cosa stava accadendo. Proprio
in quel momento un Guaritore passò di lì e ci
vide tutti e tre indaffarati a guardarci con tanto d’occhi.
Si fermò gentilmente e chiese a mio padre: “State
tentando di Smaterializzarvi?”
“Si”, rispose lui.
“Mi piace signore, per il momento tutto l’ospedale
è stato stregato, a quanto pare un paziente è
uscito dalla sua stanza, ma dobbiamo assolutamente ritrovarlo,
è una persona abbastanza importante. Se volete
Smaterializzarvi potete uscire, oppure usare la Metro Polvere. Offre
l’ospedale, potete andare in un qualsiasi camino.”
Sorrise, e se ne andò.
“Metro Polvere?”, domandai.
“Andiamo”, acconsentì papà.
Vagammo per quasi dieci minuti alla ricerca di un camino ma alla fine
lo trovammo, accanto ad una sala d’aspetto. Ognuno di noi
prese un pizzico di polvere, andai prima io, poi Hermione e alla fine
papà, tutti e tre dicendo a chiare lettere: Gringott.
Purtroppo, dovevamo aspettarcelo, nulla poteva andare bene in una
situazione che comprendeva mio padre ed Hermione a stretto contatto.
Caddi con il culo in una specie di piccolo ripostiglio, e non riuscii a
venirne fuori abbastanza in fretta prima che arrivasse Hermione. Ora,
non fraintendetemi, poteva non essere così terribile avere
addosso Hermione, anche se intralciava un po’ la mia fuga
verso l’uscita e l’aria fresca, ma il fatto
è che poco dopo arrivò anche mio padre.
“Ahi!”, esclamai involontariamente quando Hermione
cadde esattamente sul mio stomaco. “Bastardo!”,
gridai quando invece si aggiunse il peso di mio padre, e quello non fu
del tutto involontario.
“Che cosa?!”, domandò lui furioso.
“Alzati! Mi sto spaccando l’osso sacro!”
“Credi che sia facile alzarsi senza schiacciare la tua
promessa sposa?”
“Signor Malfoy potrebbe togliere la mano da
lì?”
“Le mie mani sono al loro posto, ma credo che Draco non possa
dire la stessa cosa a proposito delle sue.”
“Via maniaco”, mi sibilò Hermione
rabbiosa dandomi uno schiaffetto sulla mano che, guarda un
po’, era finita proprio su una sua coscia.
“Scusa.”
“Potremmo cercare di uscire?”, domandò
papà. “Oh per carità, voi potrete
restare qua dentro a copulare, ma io non desidero assistere, per quanto
questo ti sorprenda Draco.”
“D’accordo… però dove
siamo?”, domandai.
“Qui ci sono delle pietre, o qualcosa del genere.”
“Dove?”
“Aspetta.” Sentii Hermione trafficare sopra di me,
poi la bacchetta si accese.
“E’ stata una buona idea Draco, mi chiedo come non
ce l’abbia avuta tu, dato che sei un mago”,
osservò mellifluo papà.
Hermione si schiarì la gola, poi puntò il fascio
di luce contro le pareti. Tre erano perfettamente lisce, una era piena
di pietre e grossi blocchi che ci tenevano incastrati in quello spazio
angusto. “Dobbiamo essere capitati qui per tutti i guai
avvenuti alla banca nelle ultime ore”, disse Hermione.
“Che acume”. Papà era bravissimo
nell’essere pungente.
“E’ incredibile vero? Lo hanno anche i
Babbani.” Anche Hermione era sulla buona strada.
“Okay, d’accordo. Prima usciamo, poi potrete
litigare quanto vi pare”, dissi spazientito. “Come
usciamo da qui?”
“Ci penso io”, disse mio padre. “Basta
spazzarle via.”
“No, ci penso io”, intervenne Hermione.
“Sarebbe meglio farle evanescere, per non distruggere
nient’altro, e nel caso ci fosse qualcuno là
fuori.”
“Se le facessi evanescere chi ti dice che una pietra
più in alto non ci schiaccerebbe, cadendo?”,
domandò papà, che in effetti aveva più
che ragione.
Hermione rimase pensosa. Era incredibile come potesse pensare anche con
una gamba che raschiava contro un muro e le braccia incastrate fra me e
mio padre. “Hai assolutamente ragione”, concesse
infine. “Dopotutto immagino che non si sentirà in
colpa a colpire un dipendente della Gringott o magari un
cliente.”
Papà sbuffò e la guardò di sottecchi.
“Nemmeno un po’”, disse infastidito.
“Allora prego.” Hermione prese un cipiglio
incattivito e si voltò dall’altra parte. Come se
il non vederlo potesse cancellare il fatto che fosse lì a
pochi millimetri da lei.
Papà si schiarì la gola e si mosse leggermente,
tutto il suo peso andò a gravare sulla parte sinistra del
mio corpo, ma non dissi nulla. Puntò la bacchetta con un
piccolo scatto secco e, due secondi dopo, con uno schianto terribile,
le pietre erano state sbalzate via, mentre noi eravamo rotolati a
terra. Purtroppo, questa volta Hermione non era addosso a me,
l’unica cosa che c’era addosso a me era una pietra
abbastanza considerevole posta troppo vicino al mio inguine. Mi
sollevai, mi guardai attorno. Feci appena in tempo a realizzare che ci
trovavamo in una delle gallerie della Gringott, probabilmente molto
lontani dall’entrata perché
l’umidità e l’aria viziata impregnava
tutto. Sentii un grido d’aiuto e mi voltai di scatto verso
Hermione. Si teneva la testa con una mano e gli occhi fortemente
chiusi. Mi volsi di scatto dall’altra parte.
Un baratro andava in fondo per chissà quanti metri, talmente
tanto che pareva dovesse portare dritti all’inferno. Appeso
per le mani un paio di metri più in basso, in una sporgenza
di pietra dura, c’era papà. Appeso. Il viso
deformato in una smorfia di terrore. Le mani rosse per lo sforzo di
reggersi.
“Papà!”, esclamai sporgendomi e tendendo
la mano.
“Draco, dammi la mano Draco!” Potevo vedere i suoi
piedi agitarsi sopra il nero baratro che inghiottiva tutto.
“Ci sono!”, urlai. Era impossibile arrivare a
raggiungerlo con le mani, così stavo tirando fuori la
bacchetta, ma prima che potessi anche solo toccarla con la punta delle
dita, vidi mio padre sollevarsi a mezz’aria con un singulto
di terrore e planare dolcemente verso di me. Solo quando
toccò terra, e fui sicuro che fosse in salvo, mi voltai
stupefatto a guardare Hermione.
Osservava mio padre con sguardo ansioso, il viso tirato, gli occhi
incerti come di cerca disperatamente approvazione, e non la trova.
“Ti senti bene, Lucius?”, domandò con
voce piccola.
Papà la osservò per qualche secondo, si
sistemò gli abiti come se non fosse accaduto nulla, come se
solo un po’ di polvere li avesse sporcati. Poi
alzò il mento, fiero, e disse: “Non male, per una
Mezzosangue.” A quel punto fece una cosa che di rado faceva,
sorrise leggermente. Un sorriso, non un ghigno.
Hermione si illuminò.
Ri-salve...
Allora, non volevo mandare avanti all'infinito questa sottospecie di
faida fra Lucius e Hermione, ma quella che per ora è solo
gratitudine da parte di Malfoy
Senior si trasformerà man mano in qualcosa di
meno moralmente
obbligato (ebbene si, cari amici lettori, anche Lucius ha
una morale u_u Solo un pochino però...). Non possiamo sapere
tramite quali contorti ragionamenti Lucius, non essendoci un suo POV,
cambi idea su Hermione, ma nel prossimo capitolo (nonché
ultimo) vi svelerò un po' cosa pensa.
Sono tipo stra-felice
perchè ci sono un sacco di Seguite, Ricordate e
Preferite!
Wow, mi stupisco io stessa di quanto la storia piaccia. Non lo dico per
finta modestia ma perchè ci sono delle Draco/Hermione
davvero mooolto meglio di questa, e la mia mi sembrava una storiella un
po' semplciotta...
Comunque GRAAAZIEEE! Spero che il maiuscolo renda tutta la mia
gratitudine XD
Al prossimo capitolo,
Patrizia
|
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Capitolo 13 *** I casi della vita ***
Capitolo 13
I casi
della vita
Hermione
Ridacchiai, mentre Lucius usciva dalla banca soddisfatto facendo
roteare con grazia il bastone da passeggio, dal quale non si separava
mai, e sfoggiava un sorrisino strafottente. “Che ore sono
Draco?”, domandò.
“Quasi le
due.”
“Torniamo
tutti a casa, dobbiamo dare la buona notizia a tua madre. Poi direi che
stasera usciamo, a cena.”
“Tu e la
mamma?” Draco si voltò a guardarmi con occhi
furbi. Sapevo cosa voleva dire: se i suoi genitori uscivano, allora non
c’era pericolo di farsi trovare a dilettarsi in
attività illecite in camera sua, o magari in tutte le stanze
di quella casa enorme.
“No, no,
tutti assieme: voglio offrire alla tua promessa una bella cena.
Vestitevi eleganti.”
Pensavo che Draco
sarebbe stato felice: il signor Malfoy sembrava molto soddisfatto,
sembrava addirittura contento di me. Dopo essere usciti dalle gallerie,
grazie all’aiuto di un sistema di rilevamento magico che, per
sicurezza, si trovava nella Gringott, andammo a protestare dai
folletti. Loro si dissero dispiaciuti di ciò che era
accaduto (anche se i loro schiamazzi non lo dimostravano), ma quando il
signor Malfoy tirò fuori la storia di far causa alla banca,
che suo figlio avrebbe tanto voluto lavorare per loro come
Spezzaincantesimi ma non avrebbe accettato che lo facesse per una banca
così scadente, piuttosto avrebbe gettato nel fango il nome
della Gringott -perché non si trattano i clienti in questo
modo- allora il folletto aveva iniziato ad innervosirsi. Aveva chiamato
i rinforzi, e sembrava che fossero riusciti a ristabilire
l’ordine. Quasi senza rendermene conto, però,
incominciai a blaterare di cosa avrebbe pensato Harry, dato che il suo migliore amico era
stato trattato in questo modo dalla sua banca, dissi che sicuramente
avrebbe ritirato il suo denaro e le azioni che pensava di investire
nella Gringott. Al solo sentir nominare Harry Potter i folletti si
agitarono maggiormente, e quando seppero che noi lo conoscevamo di
persona e che eravamo suoi grandi amici (cosa vera solo in parte)
furono onestamente dispiaciuti. Quando poi scoprirono che Harry Potter
avrebbe ritirato i suoi soldi dalla banca, allora non esitarono: Draco
uscì di lì con un contratto di lavoro che gli
permetteva di fare un tirocinio di sei mesi al termine del quale
avrebbero deciso se tenerlo come Spezzaincantesimi. “Ma
è solo una formalità”, disse il
folletto con fare rassicurante e untoso.
Ma se dopo questo
Draco era soddisfatto di aver -ancora una volta- aggirato le leggi che
dovevano invece seguire i comuni mortali ed era molto più
felice del fatto che Lucius mi avesse ringraziata e che si fosse
complimentato con me per la mia parlantina, non lo fu altrettanto
quando seppe della cena. A casa, mentre ci preparavamo, lo vedevo
taciturno. Quando tentò, per la terza volta, di infilare il
piede destro nella scarpa sinistra, allora glielo chiesi, prima che
facesse di peggio: “Draco?”
“Eh?”
“Che
cos’hai?”
Lui scosse le spalle,
evitò il mio sguardo, e rispose un evasivo ma poco convinto:
“Niente.” Sbuffai e andai a sedermi vicino a lui.
Gli presi la scarpa e lo costrinsi ad infilarla nel piede giusto.
“Grazie”, borbottò.
“Se non mi
dici che cos’hai ti faccio uscire con questa orrenda
camicia”, dissi.
“Che
cos’ha che non va?” Punto nel vivo, con una critica
al suo stile sempre elegante e distinto, si risvegliò.
“Te lo dico,
se mi dici che cos’hai.”
Lui sbuffò
spazientito. Si guardò un secondo attorno, come se avesse
paura che i muri lo ascoltassero, poi disse stringendosi una spalla:
“E’ che non mi va di andare in un posto
affollato.”
Corrugai le
sopracciglia. “Perché?”
Draco
esitò. “E’ che non voglio che ci
vedano.”
“Si ma,
perché?”
“Papà…
papà è, insomma, è appena
tornato…” Lasciò la frase in sospeso ma
capii quel che intendeva dire. Di sicuro, per quanto litigassero,
voleva molto bene a suo padre e non voleva che la gente per strada lo
riconoscesse, lo additasse, e ne parlasse come un Mangiamorte. Un servo
del Signore Oscuro. Qualcuno di malvagio, di egoista, qualcuno che
aveva perso una guerra. Un alleato del perdente. Per di più
un alleato estremamente ricco e ben visto, che aveva sempre negato la
sua appartenenza alla setta, ma che dopo la guerra era caduto
terribilmente in disgrazia.
“Oh”,
dissi soltanto. Non sapevo che cosa dire, così mi voltai
verso Draco e dissi solo quel che pensavo: “Tuo padre si
è comportato sempre in modo sbagliato, sia come cittadino,
sia come seguace di Voldemort.” Alla pronuncia di quel nome
Draco fece le labbra sottili, ma non disse nulla.
“E’ normale che ora la gente parli di
lui… male, purtroppo, ma credo che sia meglio
così. Se si nascondesse diventerebbe una specie di leggenda,
se si comporta come al solito fa vedere che non ha nulla da nascondere.
Tutti sbagliano, è nella natura degli esseri
umani.”
“Uno sbaglio
che hanno pagato centinai di persone”, mormorò
Draco. Scosse la testa, chiuse gli occhi. “Non
è… non è facile. Lo sai anche tu, no?
Non è stato facile in quegli anni… Le alleanze e
i traditori… I morti.” Rabbrividii a quelle
parole. Erano stati anni di terrore. Ma adesso erano passati, e
ricordarli con rancore non serviva a nulla, se non a peggiorare una
situazione che doveva essere di rifioritura per la comunità
magica. “Hermione, senti… sono andato ad Hogwarts
solo perché mia madre voleva che finissi l’ultimo
anno scolastico. E non volevo dirle di no, perché era
già troppo triste. Ma non sai quanta fatica ho fatto, tu non
immagini. La gente mi guardava male, mi odiava! Credi che non lo
sappia? Tutti quelli che si voltavano a guardarmi,
e…”
“E allora
che cos’hai fatto?!”, domandai bruscamente, al che
Draco s’interruppe. “Hai continuato ad andare
avanti come se nulla fosse, e alla fine mi pare che le cose non siano
andate poi così male, non è vero? Hai scoperto
che Harry non è poi una così cattiva persona, e
nemmeno Ron.”
Draco sorrise. I suoi
occhi freddi come il ghiaccio acquistarono una dolcezza rara.
Posò una mano sul mio viso e disse: “Hai
dimenticato la cosa più importante. Ho conosciuto
te.”
Ridacchiai.
“E’ stato per sbaglio”, commentai.
“Ma che
sbaglio? Per fortuna!”
Draco si
avvicinò a me e mi diede un piccolo bacio sulle labbra.
Sorrisi, rimanendogli così vicina da poter scorgere ogni
ciglia dei suoi occhi e ogni pagliuzza nelle sue iridi. E
l’odore della sua pelle, il colore dei suoi capelli. E mi
parve così bello che pensavo di essere la donna
più fortunata al mondo che lo aveva per sé. Si
allontanò, fece un sorrisino e indicò la porta
con la testa dicendo: “Dai, muoviamoci, altrimenti il suo
buon umore sparirà subito.”
Quando arrivammo in
salotto Lucius e Narcissa stavano seduti al tavolo accanto al camino e
parlavano a bassa voce. Ci videro arrivare e il signor Malfoy si
alzò, dicendo: “Andremo in un ristorante sul lungo
mare, conosco i proprietari. Ci hanno tenuto un tavolo per
quattro.”
“Come si
chiama?”, domandò Draco.
“Non lo
conosci. Quindi, tu vai con tua madre, io vado con Hermione.”
Il signor Malfoy mi porse il braccio in modo galante e io lo presi,
sotto lo sguardo sospettoso di Draco. Ci avvicinammo al camino, il
fuoco verde brillò e il signor Malfoy ed io saltammo
assieme, mentre lui mi stringeva forte le spalle per non farmi perdere
tra i camini. Chiusi gli occhi, come mi ero ormai abituata a fare, e
attesi che quella sensazione come di avere uno stomaco dotato di vita
propria cessasse. Atterrammo dolcemente, con una tecnica tutta di
Lucius che non comprendeva il rotolare o il cadere con le chiappe sul
pavimento, in un locale illuminato caldamente da candele sospese per
aria.
Un uomo grasso con la
pelata, un grembiule da cuoco, e dei baffi sottili modellati
all’insù ci venne incontro con le braccia aperte.
“Lucius! Sei arrivato, sempre puntuale, sempre
puntuale!”
“Ciao Frank,
come va?”, salutò lui stringendogli la mano.
“Ah, io
tutto bene, gli affari vanno gonfie vele!” Il gioviale Frank
si volse verso di me. “Piacere bella signorina, mi chiamo
Frank Getsbury, chef”, annunciò facendomi un
baciamano.
“Molto
piacere, Hermione Granger.”
“E’
la fidanzata di Draco”, aggiunse il signor Malfoy. Non mi
aspettavo che lo dicesse, così mi limitai ad allargare il
mio sorriso e arrossire leggermente.
“Ah, Draco
è fortunato. Una ragazza bella come te…”
“Grazie”,
mormorai.
Frank
scoppiò in una grassa risata e cominciò a farci
strada. “Venite, venite. Vi faccio vedere il vostro
tavolo.” Ci guidò fuori dalla stanzetta del
camino, nel salone grande pieno di tavoli e candele, dove
già parecchia gente stava mangiando e chiacchierando,
creando nella sala un brusìo persistente. Notai qualche
testa voltarsi verso di noi e scrutare malamente Lucius, ma lui non se
ne accorgeva o non vi faceva caso, e continuava a camminare con la
testa alta, lo sguardo fiero che sfuggiva agli occhi della gente e
faceva pensare ad una sicurezza mista ad arroganza.
Quando fummo seduti il
signor Malfoy ordinò una bottiglia di vino rosso elfico e si
voltò verso di me, con un sorrisino di circostanza.
“Quando arriveranno Draco e Narcissa?”, domandai.
“Ho chiesto
loro di attardarsi qualche minuto, vorrei parlare un attimo con
te.” Lucius Malfoy poggiò la schiena sulla sedia
con grande eleganza, la sua figura si fece ancora più
maestosa, in un atteggiamento forse divertito o forse sprezzante.
“Oh”,
dissi soltanto, leggermente nervosa e un po’ imbarazzata.
“E di cosa?”
Il vino elfico
arrivò, e Lucius riempì fino a metà
due piccoli calici. Me ne porse uno e bevemmo in silenzio. Quando ebbe
finito indicò il mio calice e disse: “Ti
piace?”
“Si, molte
grazie.”
“Hermione,
ti vorrei ringraziare”, disse ad un tratto.
Sorrisi, quasi
automaticamente. Ero felice che finalmente non fosse più
arrabbiato con me. “Ho reagito d’istinto, tutti
quegli anni di allenamento con Harry e Ron sono serviti a
qualcosa”, dissi tentando di smorzare la tensione.
“No, non
intendevo quello.” Lo guardai senza capire. Lucius
lanciò un’occhiata furtiva tutta intorno a
sé, poi, indicando vagamente con il dito la sala, disse:
“Credi che non mi accorga di come mi guardano? Mi odiano,
credono che sia un codardo assassino.” Abbassò
leggermente lo sguardo. “Forse hanno ragione, lo sono
stato… ma non lo sono più.” Di fronte a
quelle confessioni non sapevo che dire. Non capivo perché mi
dicesse certe cose, però vedevo quanto era complicato per
lui dirle. Non sapevo cosa fare, ma il discorso non sembrava finito
così mi limitai ad aspettare. “Volevo dirti
grazie”, continuò, “per aver superato i
pregiudizi.”
Abbassai gli occhi sul
mio bicchiere. “Anche Draco ci ha messo molto del suo. Ha
superato i suoi
pregiudizi.”
“Tutto da
solo, devi ammettere. Io non sono mai stato di grande aiuto in questi
casi.”
“Ha imparato
la lezione da solo e ci ha messo un po’, è vero,
però intanto ci è riuscito. E’ questo
l’importante.” Sorrisi leggermente e guardai Lucius.
Anche lui sorrise, e
disse: “Sei così giovane Hermione, però
sei molto intelligente.”
“Anche lei,
ed è anche astuto”, dissi facendo un ghignetto.
“Chiamami
Lucius, per favore.” Questa volta seppi che era sincero, che
non lo diceva solo per le apparenze, per fare le cose per bene,
perché voleva essere fintamente gentile per poi far finta di
non essere stato maleducato. Lo diceva per davvero.
“D’accordo.
E tu chiamami Hermione.”
In quel momento
arrivarono Draco e Narcissa. “Eccoci arrivati!”,
disse lei con noncuranza sedendosi accanto al marito. Si
servì un bicchiere di vino fresco e prese un
menù. “Allora, vediamo un
po’”, mormorò guardandolo.
Draco
Ero un pazzo, lo
sapevo. Avevo ordinato talmente tanta roba che non potevo mangiarla
tutta. Per fortuna Hermione aveva fatto il contrario, aveva ordinato
solo un primo piatto, così mangiucchiava tutto quello che io
scartavo, che non era poi poco messo tutto assieme. “Non
avresti dovuto prendere anche il contorno di patate”,
osservò Hermione con sguardo preoccupato.
“Perché?”
“Ne hai
lasciato metà! Che spreco. Lo sai che
c’è gente che muore di fame?”,
domandò con cipiglio severo.
“Ha proprio
ragione, Draco. Lo sai quanto costa ogni piatto?”,
domandò mio padre servendosi un’ingente
quantità di pasticcio di carne. Per ragioni diverse
sostenevano la stessa idea, in una sorta di silenzioso accordo.
Non so cosa si siano
detti quel giorno, ma qualsiasi cosa fosse ha funzionato. Hanno trovato
un modo per andare d’accordo. A volte non sono favorevoli
alle idee reciproche, e sono tutti e due molto testardi, cercano di far
ragionare
l’altro. Inutile dire che non ci riescono quasi mai,
però si apprezzano a vicenda. Cominciò tutto quel
giorno. Mia madre disse solo che papà voleva parlare con
Hermione. All’inizio ero un po’ agitato, e
continuavo a dirle di andare, di muoverci, ma quando arrivammo al
ristorante tutto era normale. Niente piatti che volavano, niente
fatture per aria. Pensai soltanto: caspita!
“Ho sempre
creduto che niente sarebbe cambiato se io avessi buttato un pezzo di
torta o un piatto di pasta. La gente affamata non ne avrebbe
goduto”, obbiettai.
“Si ma loro
non l’avrebbero buttato!”, insistette Hermione.
“Se fossero
qui gli offrirei volentieri la mia cena, ma non ci sono. Quindi
perché devo rimpinzarmi fino a farmi venire mal di
pancia?”
“Sei uno
sperpera cibo”, mi accusò Hermione.
“Dammi qua, lo prendo io”, disse strappandomi dalle
mani un piatto di riso con gesto secco e sopracciglia corrugate.
“E per di
più mi fai spendere soldi inutilmente”,
rincarò papà.
Lo guardai
indispettito. Si erano coalizzati contro di me, e se volevano sfidarmi
nulla li avrebbe fermati. Una volta assieme erano indistruttibili.
“Pensavo ti piacesse, di solito lo facevi spesso”,
lo punzecchiai.
“Attento a
ciò che dici Draco, o sarò costretto a lasciarti
senza viveri per un anno”, mi minacciò puntandomi
la forchetta addosso.
“Sopravvivrei”,
ghignai.
Mio padre mi
guardò allibito. “E come?”
Sbuffai.
“Dieci galeoni al mese da quando sono nato, quasi nessuna
spesa da pagare a parte le uscite con gli amici e i libri, dove credi
che siano tutti quei soldi?” Mio padre mi guardò
senza capire. “Ho aperto un libretto di risparmio alla
Gringott”, continuai, addentando del pollo fritto.
Papà mi
guardò, sbigottito. “E quanto hai?”
“Abbastanza
da sopravvivere per un anno in modo indipendente”, gongolai
soddisfatto.
Quando arrivammo al
caffè ero ormai troppo pieno per fare qualsiasi tipo di
discorso. Ero accasciato sulla sedia con una pancia degna di una donna
incinta di qualche mese. Mi chiesi come faceva Hermione a non mollarmi
subito, con tutti i difetti che avevo, e mi ritenni fortunato. Mi
voltai verso di lei e proprio in quel momento la vidi ingozzarsi con il
caffè, sgranare gli occhi nella tazzina e sputacchiare un
po’, prima di prendere il tovagliolo e riuscire a
ristabilirsi. Era rossa in viso, e continuava a tossire
perché le era andata di traverso la bevanda.
“Hermione ti
senti bene? Vuoi ordinare un po’
d’acqua?”, domandò mamma.
Lei fece segno di no,
e quando si rimise guardò oltre il nostro tavolo, dove due
persone la osservavano. Una in modo sfacciatamente ostile,
l’altra il modo curioso. Li riconobbi subito. A quel punto
anche papà si voltò, e fece qualcosa di simile ad
un ringhio quando li vide. Mamma seguì il suo sguardo e fece
un sospiro rassegnato, passandosi una mano fra i capelli. In piedi,
vicino ad un tavolo, c’erano Arthur e Molly Weasley che
sbirciavano Hermione.
“Credo di
dover andare a salutare”, disse Hermione posando il
tovagliolo e alzandosi, anche se dalla sua espressione avrei giurato
che avrebbe preferito trovarsi sotto ad un camion piuttosto che di
fronte alla madre Lenticchia. La osservai andare titubante verso di
loro e iniziare una conversazione. Sembrava in difficoltà.
Avevamo finito di bere il caffè nel frattempo, e
papà chiese il conto e pagò. Infine ci alzammo
per lasciare il ristorante.
Mi accostai ad
Hermione e diressi uno sguardo rigido di saluto verso i Weasley.
“Andiamo?”, domandai poi a voce bassa, fingendo di
essere di fretta, per togliere Hermione da quell’impiccio.
La signora Weasley
fece un versetto di sdegno e disse apertamente:
“Perché Hermione? Che cos’aveva Ron che
non andava?”
“Ma niente,
niente, proprio niente”, balbettò Hemrione
imbarazzata, fissando un punto imprecisato ai piedi della signora
Lenticchia.
“Andiamo
Molly, la stai mettendo in imbarazzo”, intervenne il marito.
“Era solo
per chiacchierare!”
“Draco?
Hermione?” La voce di papà arrivò come
un fulmine a ciel -quasi- sereno. Se prima la conversazione non era
delle migliori a quel punto non poteva che andare peggio.
Papà si fece strada a grandi passi fino a noi e
mormorò anche lui: “Andiamo?” Poi
rivolse un’occhiatina al signor Weasley.
“Lucius”,
fece quello rigido.
“Arthur”,
disse lui con un ghigno sadico di divertimento. Sapevo che si divertiva
a torturalo, così come io mi ero divertito per anni a
torturare Harry, Ron ed Hermione. Ma questa volta non c’era
nulla su cui potesse colpirlo, così la battuta venne da una
fonte inaspettata.
“Non ti si
vede più al Ministero, eh Lucius?”,
domandò spavaldo il signor Weasley.
Papà scosse
le spalle. “Non tanto è vero. Non riesco a
corrompere il nuovo Ministro, è una brava
persona”, disse come se non fosse nulla di che. Per un
secondo il signor Weasley lo osservò sbigottito, poi fece un
piccola risatina. Papà continuò: “Ho
saputo che sei stato trasferito ancora.”
“Sono al
reparto Relazioni con i Non Maghi”, disse fiero il signor
Weasley.
“Bene,
ottimo. Adesso potrai permetterti di abitare in una casa più
grande, no?”, domandò papà con un
ghigno amichevole.
“Più
grande anche della tua, Lucius.”
“Non ci
scommetterei. Vieni a prendere le misure una volta, così poi
vedremo chi ha la casa più grande. Porta anche i tuoi figli,
i ragazzi saranno felici di rivedersi.”
Io ed Hermione alzammo
la testa simultaneamente. Entrambi avevamo ascoltato questo scambio di
battute con attenzione, aspettandoci prima o poi la consueta battutina
maligna, che però non era arrivata.
Il signor Weasley
sorrise, mentre sua moglie guardava papà stupefatta.
“Si, sarebbe perfetto. Ci sentiamo via gufo.”
“Aspetto un
gufo Arthur”, disse papà. “Ciao,
arrivederci Molly.”
Salutammo e ci
dirigemmo fuori, nel fresco della sera. Le strade erano illuminate,
c’era parecchia gente in giro, l’aria rinfrescava
il lungo vialone nel quale ci trovavamo. Eravamo vicini al mare, o
almeno così pensai dall’odore salmastro che si
respirava. Il tipico odore del mare, salato e umido. E infinito.
“Che ne dite
di fare un giro?”, propose mamma.
“Sarebbe
perfetto, per smaltire un po’ di cibo”, disse
Hermione posandosi una mano sulla pancia e guardando anche me con aria
critica.
Prendemmo una grossa
via alla nostra sinistra, commentando le vetrine dei negozi ancora
aperti, annusando quell’aria di mare che si espandeva
dappertutto con leggerezza. Io ed Hermione ci tenevamo per mano,
accanto ai miei genitori.
Ripensai a tutto quel
che ci aveva portati fin qui. Se me lo avessero detto qualche mese fa
non ci avrei creduto ma in quel momento realizzai che non potevo
restare senza Hermione. Senza di lei la mia vita sarebbe stata vuota,
ero cambiato grazie a lei. Mi
aveva cambiato la vita.
“Adesso,
manca solo una cosa da fare!”, esordì Hermione a
voce alta e solenne. La guardammo tutti incuriositi. Lei
scoccò un’occhiata divertita a papà:
“Dovete conoscere i miei genitori.”
Per qualche secondo
calò il silenzio più allibito. Poi…
tutti scoppiamo a ridere.
Fine
Questa storia non è
stata scritta senza fini di lucro. Tutti i personaggi e il mondo di
Harry Potter appartengono all’autrice J.K.Rowling.
Ho
finitooo!
Yeah!
XD
Aaallora...
Hmmm, non so cosa dire, questa storia è partita
così per gioco, giusto per cimentarmi in una Draco/Hermione,
una coppia di cui non avevo mai provato a scrivere. Comunque questo
racconto mi ha dato molti spunti su cui riflettere e credo che abbia
migliorato il mio modo di scrivere di una coppia, soprattutto grazie
alle osservazioni dei lettori che hanno recensito, siete stati tutti
gentilissimi e i vostri consigli sono davvero utili! ^^
Be' quindi vi lascio, grazie mille per aver anche solo letto questa
storia, ne approffitto per augurare a tutti (magari un po' in anticipo
ma vabbè) buona
Pasqua! :)
Un saluto a tutti, spero di ritrovarvi ancora in futuro, sia come lettori che
come autori
:D
Patrizia
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