Per sbaglio e per fortuna

di PattyOnTheRollercoaster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cioccolatini ripieni ***
Capitolo 2: *** Con affetto dai Tiri Vispi Weasley ***
Capitolo 3: *** Gusti in comune ***
Capitolo 4: *** Le varie scoperte di Draco Malfoy ***
Capitolo 5: *** Macchie d'inchiostro ***
Capitolo 6: *** La consegna dei regali di Natale ***
Capitolo 7: *** La lettera ***
Capitolo 8: *** Per un tema di erbologia ***
Capitolo 9: *** Gli amici ***
Capitolo 10: *** L'ultimo viaggio ***
Capitolo 11: *** Un padre intollerante ***
Capitolo 12: *** Maestri dell'ironia ***
Capitolo 13: *** I casi della vita ***



Capitolo 1
*** Cioccolatini ripieni ***


Per sbaglio e per fortuna





Capitolo 1
Cioccolatini ripieni





Hermione
Dalla fine della guerra era passato un anno. Io e Ron ci eravamo messi finalmente assieme alla fine di tutto quanto; ci era voluto Voldemort per farci svegliare un po’. Mi sembrava così strano che ci conoscessimo da quando avevamo undici anni e ci fossimo resi conto di piacerci solo a diciassette, da veri perdenti quali siamo e ai quali sono fiera di appartenere. La banda dei perdenti: io, Ron e Harry.
Dopo un anno tutti e tre ricevemmo una lettera dalla preside McGranitt che ci domandava, senza il solito tono formale che usava sempre nelle lettere ufficiali, se volessimo tornare ad Hogwarts per un anno extra, siccome non avevamo mai veramente terminato la scuola. Uccidere Voldemort era stato un lavoro complicato, non avevamo avuto tempo di studiare per il M.A.G.O. Ovviamente accettai subito. Non aver ottenuto il diploma e non aver passato tutti assieme l’ultimo anno era una delle cose che mi dispiaceva di più. Anche gli altri tornarono volentieri, e non saremmo stati solo noi, ma anche altri nostri compagni che non avevano terminato gli studi dell’ultimo anno, soprattutto perché i genitori li avevano ritirati dalla scuola. Lord Voldemort, durante l’anno in cui aveva regnato incontrastato, era stato terribilmente influente sulla comunità magica e anche su quella babbana che custodiva il segreto, come i genitori di figli maghi o i babbani sposati a streghe e maghi.
Con noi ci sarebbero stati anche Draco Malfoy, con gli inseparabili Tiger e Goyle, e Blaise Zabini, che era stato ritirato poco prima della fine dell’anno dai suoi genitori. Oltre ai Serpreverde sapevo che con noi ci sarebbe stato Dean Thomas, che si era ritirato da scuola negli ultimi tre o quattro mesi. Per i Tassorosso e i Corvonero invece non sapevo nulla, a parte che ci sarebbero state le gemelle Padma e Calì Patil.
Ci aspettava quindi un altro anno ad Hogwarts. L’ultimo, questa volta.
Quando fummo sul treno diverse persone ci guardavano e ci additavano senza un briciolo di pudore, se possibile più di prima… Immagino che vedere Il Bambino che era Sopravvissuto più Volte fosse un vero spettacolo. Eravamo in cabina assieme a Luna, Dean e Neville, e non tutti erano abituati agli sguardi indiscreti a cui, dopo qualche tempo, io non facevo più caso. “Non possiamo almeno tirare le tendine?”, chiese Dean guardando nervoso verso la porta.
“Dean ha ragione”, dissi. Mi alzai e chiusi la tenda dello scomparto, con la disapprovazione e le smorfie di un paio di ragazzine del quinto anno che non potei non notare.
“Certo quello che hai fatto gli scorsi anni è stato clamoroso, ma era ora che finissi il lavoro Harry”, disse Luna masticando una Cioccorana. “Adesso sì che la gente ti guarderà con interesse.”
Harry rise di gusto. “Finire il lavoro lo chiami tu?”
“Ma certo”, sopraggiunse Neville con finta noncuranza. “La Camera dei Segreti e la Pietra Filosofale erano solo l’inizio della storia.”
“La Pietra Filosofale?”, chiese Luna con interesse.
“Oh sì! Harry, Ron e Hermione hanno salvato la Pietra Filosofale da Tu-sai-chi il primo anno che hanno frequentato Hogwarts”, disse Neville concitato.
“E poi l’avete data a Madame Mortis?”, chiese Luna con occhi sognanti.
“Noi… no! Chi?”, domandò Ron parecchio confuso.
“Madame Mortis è la strega più vecchia del mondo, nessuno sa quando sia nata, ma si hanno testimonianze della sua esistenza già nel basso medioevo. Si dice che ogni mese beva una Pozione Rinvigorente mescolata a sangue di unicorno per restare sempre giovane, ma certo la Pietra Filosofale sarebbe molto più pratica che uccidere tutti quegli unicorni”, disse Luna con lo stesso tono che avrei usato io per parlare del punteggio che avevano fatto i Cannoni di Chudley nell’ultima partita.
Dean ridacchiò e cominciò a succhiare con gusto una piuma di zucchero extra-large. “Secondo voi quest’anno ci sarà il campionato di Quiddich?”
“Ma certo! Harry è ancora capitano!”, esclamò Ron al mio fianco.
“Si? Farai i provini?”, chiese Dean nervoso.
“Si. Tranquillo”, aggiunse poi. “Non credo ci sarà un cacciatore che ti possa superare. Però devo fare comunque i provini, è una questione di giustizia. Allenati, sono sicuro che sarai più che pronto.”
Dean sorrise, appena un po’ più contento. Forse pensava che Harry se la sarebbe presa con lui per essere stato l’ex della sua ragazza, ma Harry non era così sciocco. Oltretutto quell’anno Ginny non c’era. Lei aveva già finito la scuola l’anno scorso, e si stava dedicando ad un apprendistato da Olivander come fabbricante di bacchette. Noi tutti avevamo preso una pausa come per una specie di anno sabbatico.
I ragazzi, trascinati dal discorso, cominciarono a parlare di Quiddich. Lanciai un’occhiata a Luna, che si immerse nella lettura del Cavillo, così io tirai fuori Pozioni Avanzate volume settimo e cominciai la leggere il capitolo intitolato: ‘Pozioni Irritanti e Pozioni Irritatrici: le differenze’.
Arrivammo ad Hogwarts, come al solito, verso sera. Salutammo Hagrid che, come ogni anno, avrebbe accompagnato i ragazzini del primo per la tradizionale traversata sul lago, e ci avviammo verso il castello. Una volta che tutti furono seduti e in silenzio la McGranitt fece un piccolo discorso, diede il benvenuto ai nuovi studenti e introdusse la nuova insegnante di Pozioni, una donna alta con i capelli rossi e molto ricci di nome Serena Blurett, e Difesa Contro le Arti Oscure, che sarebbe stato tenuto da un mago dalla barba sfatta e gli occhi infossati, George Goul.
Scoccai un’occhiata ad Harry e lo vidi un po’ rammaricato. Scommetto che adesso che sapeva la verità su Severus Piton lo avrebbe accettato di buon grado come professore.
Alla fine del banchetto vidi Vitious che mi faceva segno di andare da lui. Adesso era diventato vicepreside, e credo che fosse il più adatto a quella carica. Chiamò i quattro Capiscuola, uno per ogni casa: io ero quello di Grifondoro (per una volta il mio egocentrismo prevalse, e devo ammettere che aspettavo quella carica già da diverso tempo), Tassorosso aveva Hanna Abbott, Corvonero un ragazzo di cui non sapevo il nome e Serpeverde, come c’era da immaginare, Draco Malfoy.
“Voglio avvisarvi che quest’anno le regole sono cambiate”, squittì Vitious, entusiasta come sempre. “Ogni fine del mese i Capiscuola si riuniranno per un’assemblea. Dovrete discutere di tutti i problemi della scuola, compilerete una scheda e la consegnerete alla preside. Ogni ultimo del mese, in modo che il primo del mese dopo la preside riceva ogni vostra osservazione sull’andamento della scuola. E’ chiaro?”
“Chiaro”, disse Hanna.
“Perfetto”, disse Vitious con un sorriso. “Andate pure a dormire, domani vi aspetta il vostro ultimo primo giorno!”
E così ci avviammo verso le nostre sale comuni. Anna e l’altro ragazzo voltarono a destra dopo aver superato la Sala Grande, e restammo solo io e Draco.
“Credi davvero che sia possibile fare una riunione mensile assieme, Granger?”, chiese lui allora.
“Perché no?”, chiesi io, cercando di essere cortese.
“Non lo so. Il fatto è che di solito io non parlo con i Mezzosangue”, disse rivolgendomi un ghigno.
Lo guardai furiosa, ma cercai di non perdere la calma. “Mi spiace che pensi così. Anche perché ho imparato benissimo la formula di Trasfigurazione Animale. Mi basta tanto così”, dissi avvicinando pollice e indice, “per trasformati in un furetto bellissimo. O forse questa volta potrei provare… che so, un pinguino! Sono tanto simpatici.” E sorridendo me ne andai, mentre Malfoy arrossiva di rabbia.

Draco
Non sopportavo la Granger nemmeno se la vedevo a distanza, figuriamoci se volevo vederla una volta al mese, obbligatoriamente e per parlarci senza insultarla né prenderla in giro! Se non fosse stato così vantaggioso essere Caposcuola probabilmente mi sarei dimesso dall’incarico solo per causa sua.
“Hey tu… tu”, dissi ad un ragazzino del secondo anno, “dieci punti in meno a Tassorosso.”
“Perché?”, domandò lui con tono lagnoso (i ragazzini di oggi non hanno nemmeno un po’ di rispetto verso i più grandi e più nobili di loro).
“Perché sei troppo arrogant- ah! Un Fresbee Zannuto!”, esclamai sbirciando nella sua borsa. In realtà gli avevo tolto punti perché era da troppi minuti che non esercitavo la mia autorità su qualcuno, ma un Fresbee Zannuto era una buona scusa per sgridare uno sgorbietto del secondo. Glielo presi e lo misi in borsa, mentre lui mugugnava qualcosa che non mi diedi la pena di ascoltare. Proprio quando me stavo andando scorsi la Granger che mi osservava con un cipiglio severo. La ignorai, e me ne tornai in Sala Comune.
Le lezioni erano finite, e quella sera sarei dovuto andare alla riunione dei Caposcuola. Era incredibile come le giornate passate a studiare fossero così monotone e tediose, ma quando meno te ne rendevi contoera già passato un mese. Feci una doccia veloce, e quando tornai al dormitorio vidi Tiger e Goyle attorno al mio letto che borbottavano qualcosa fra loro.
“Che cosa fate?”, chiesi asciugandomi i capelli. Loro si voltarono di scatto e Goyle nascose qualcosa dietro la schiena.
“Niente!”
“Che hai lì?” Mi avvicinai e strinsi gli occhi, dimentico di asciugarmi i capelli gocciolanti.
“Niente!”
“Ma dai, ti ho visto. Dietro la schiena!”
“Dietro la mia schiena?”, chiese Goyle assumendo un’aria esterrefatta. Mi prendeva per scemo?
“Ma che sei matto? Dammi qua!” Mi avvicinai e gli strappai di mano una scatoletta quadrata e infiocchettata. Appiccicato addosso c’era un bigliettino con scritto il mio nome. “E’ per me!”
“Già… volevamo… dartelo di persona”, borbottò Tiger.
“Volevate darmi una scatola con bigliettino a forma di cuore rosa?”
“E che c’è di male?”, chiese Tiger allargando le braccia. “Era l’unico bigliettino che rimaneva”, borbottò poi.
Se conoscevo bene Tiger e Goyle quelli nella scatola erano dolci. E altro che darmeli, quelli si li volevano mangiare! “Andate via!”, esclamai stringendomi al petto la scatoletta di dolci. “E poi non dovreste mangiare tutte quelle schifezze! Non cercateli più, chiaro? Tanto adesso li butto. Non m’interessano le ragazzine che mandano dolci.”
Una volta sicuro che Tiger e Goyle non mi avessero aggredito per rubarmi un cioccocalderone aprii la scatola. Era piena di cioccolatini, tutti incartati e con un adesivo che informava sul ripieno. Rigirai la scatola per capire chi me li avesse mandati, ma purtroppo non c’era scritto nulla. Solo quel bigliettino rosa con scritto il mio nome in lettere eleganti. Non conoscevo nessuno con una calligrafia del genere. Pensai che forse avevo un’ammiratrice. Una dalla calligrafia elegante. Chissà chi era…
Decisi di nascondere i cioccolatini, così Tiger e Goyle non li avrebbero mangiati. Era quasi ora di andare alla riunione, così mi vestii, presi un cioccolatino e feci per assaggiarlo, ma proprio in quel momento arrivò Goyle. Nascosi in fretta il cioccolatino nella tasca interna del mantello.
“Si?”
“Sono quasi le sette”, disse Goyle.
“Infatti sto andando”, dissi io spostandomi di lato per sfuggirgli. Lo vidi guardarmi sospettoso e arricciare il naso nella mia direzione. “Che succede?”
“Sento odore di crema alla nocciola”, disse alzando il naso all’aria.
Si potrebbe lodare la capacità di Goyle di distinguere gli odori a distanza di diversi centimetri, o forse addirittura metri e metri, ma in quel momento sembrava in preda ad un attacco e avevo paura che mi avrebbe mangiato. “Prova a vedere sul letto di Blaise, magari anche a lui hanno mandato qualcosa”, dissi velocemente, poi fuggii.
Evitando anche Tiger mi diressi alla saletta dove si sarebbe tenuta la riunione. Andando mi dimenticai del cioccolatino: incontrai la Granger. Sembrava assente e camminava con lo sguardo basso.
“Mezzosangue!”, l’apostrofai. Lei alzò di scatto la testa e mi fulminò con lo sguardo. In quel senso somigliava molto alla McGranitt. Si, avrebbe potuto fare la preside. Non mi rispose, e continuò a camminare a testa alta, ignorandomi, come se fossi una cacca di Doxy. Non mi piaceva più prendere il giro la Mezzosangue come una volta, perché prima reagiva ed era molto più divertente.
La riunione fu noiosissima. Durò quasi un’ora intera! Io non dissi quasi nulla, nessuno della mia casa si era lamentato di qualcosa in particolare, anche se in realtà non posso saperlo, perché non mi sono mai interessato a questo genere di cose. Fare il Caposcuola è utile solo perché si può usare il bagno privato, si possono togliere punti alle altre case e i professori sono più tolleranti e contano sul fatto che il Caposcuola dia il buon esempio, così la colpa di un guaio non va quasi mai ad un Caposcuola.
Alla fine della riunione stavo per uscire, quando qualcuno mi chiamò. Quella voce! Quanto la detestavo! L’avrei riconosciuta fra mille: stridula, nervosa, antipatica. La Granger, ovviamente. “Malfoy!”
Mi voltai e la guardai con quanto più disprezzo potessi mettere nel mio sguardo. “Si?”
“Ti devo parlare di cose molto importanti”, disse incrociando le braccia e facendo traballare tutti quei capelli riccioluti.
Sospirai. “Proprio adesso?”
“Si. Non possiamo continuare a comportarci così. Ormai dovremmo superare le nostre divergenze, la guerra è finita e dovremmo dare il buon esempio. Sai, tutto inizia dalla scuola! Se andassimo d’accordo… bla bla bla. Bla! Bla bla?” Si, più o meno è questo quello che sentii del suo discorso.
Non so bene perché feci quel che feci allora. Okay, lo so: per farla arrabbiare e farle notare che non la stavo ascoltando. Trovai nella tasca il cioccolatino, di cui mi ero momentaneamente scordato, e lo mangiai. Come da previsione, lei s’infuriò.
“Che cosa fai?! Mangi così, mentre ti parlo!” Bingo.
“E’ olto uono!”, esclamai.
“Non interessa quanto buono può essere! Sei un menefreghista! Queste sono cose importanti!”, disse lei furiosa, gesticolando.
Non l’avevo mai vista così arrabbiata. “Granger calma”, le dissi facendo il tipico gesto con le mani. “D’accordo, ti ascolterò.”
Ero davvero ben intenzionato ad ascoltare, se non altro per non sentirla strillare, ma in quel momento il mio cervello si annebbiò. Vedevo solo la Granger davanti a me, però sembrava così diversa dal solito! I suoi capelli avevano preso il colore del cioccolato fuso, i suoi occhi brillavano e la sua pelle era liscia e luminosa come il marmo.
Non mi ero mai accorto di quanto fosse bella. E, in fondo, che importava se era Mezzosangue?! Oltretutto era una persona così bella, non solo nel fisico, che non era per nulla da disdegnare, ma anche nel carattere. Era gentile, educata, molto intelligente.
Si. L’amavo.

Hermione
Lo sguardo di Malfoy si era spento. Mi osservava con un fantastico sguardo da pesce lesso: gli occhi smorti, la bocca spalancata. Sembrava fatto.
“Malfoy, ti senti bene?”, gli chiesi. Lui sobbalzò, e io feci lo stesso.
“Hermione!”, gridò.
“Oddio cosa c’è? Stai male?”
Dovevo chiamare Madama Chips!
“Ti preoccupi per me, sei così gentile”, disse lui avvicinandosi.
O forse era meglio la professoressa McGranitt.
“Andiamo Hermione!”, disse prendendomi le mani fra le sue. “Fuggiamo via e amiamoci per sempre!”
Ma ripensandoci era meglio chiamare direttamente un Medimago.
“Che cosa?”, chiesi staccandomi da lui.
“Potremmo andare a sposarci a Las Vegas, lì i babbani si sposano così presto. Andiamo Hermione, il nostro amore è così forte che non può aspettare!”
“Mi prendi in giro? Mi fai paura Malfoy, smettila”, dissi stizzita. Mi spaventai quando quasi si mise a piangere.
“Ma Hermione! Perché dici questo? Non mi ami?”, domandò disperato avvicinandosi pericolosamente.
“No! Ma sei impazzito? Se questo è uno scherzo ti giuro che non mi piace”, dissi arretrando verso la porta.
“Non potrei mai considerare il nostro amore uno scherzo. E’ la cosa più importante che ho, la sola cosa che ho!”, disse con uno sguardo insistente e sperduto che non gli si addiceva affatto.
“Il nostro amore? Malfoy, dico sul serio: smettila.”
“No. Il mio amore per te non si potrà mai placare”, disse prendendomi le mani.
“Sta’ lontano da me!”, lo sgridai, fuggendo via. Uscii dalla stanzetta e mi misi a correre verso la Sala Comune. A metà strada mi scontrai contro Ron.
“Hermione”, mi disse lui guardandomi stupito. “Che cos’hai? La riunione è già finita? Perché corri?”, chiese poi sospettoso.
“Malfoy è pazzo!”, esclamai guardandomi le spalle e stringendomi a lui. Avevo paura di rivederlo spuntare ancora dietro di noi, e ricominciare con le sue folli dichiarazioni d’amore.
Ron rise e mi cinse la vita, avviandosi verso le scale. “Come se non lo sapessimo!”, esclamò con un sorriso dandomi un bacio sulla tempia.



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Eccomi di ritorno! Dopo Therabithia e svariati altri fandom torno alle origini! XD
E' l'influenza della nostalgia, alla quale mi sto abbandonando spesso: ricordo i miei giorni da bimbetta di undici anni che aspettava lettera da Hogwarts! XD Quando il primo di settembre passò e mi accorsi che al posto di iniziare Hogwarts stavo per iniziare le scuole medie quasi mi offesi XD
Be', la mia malattia mentale non c'entra niente con questa fic! Piuttosto voglio dire:
Questa è la prima Dramione che scrivo, e se per caso vi aspettate i soliti cliché del genere, rimarrete deluse. Insomma, niente amori a prima vista, niente capelli color dell'oro per Hermione, nessuno sbruffone Malfoy (piuttosto solo un ragazzo complessato e, alla fine, uno come gli altri che ride e scherza), e soprattutto niente cose come Prince Serpeverde e Reginetta dei Grifoni, è una cosa che detesto...
Poi, il genere è principalemnte comico e romantico, questo significa che non alzerò mai il rating a rosso, indi per cui non descriverò scene di sesso di alcun tipo -Draco ed Hermione ringraziano: volevano proprio un po' di privacy-.
Non ho messo OOC negli avvertimenti, ma forse qualcuno avrà da obbiettare ad alcuni comportamenti dei personaggi. L'unica cosa che ho tentato di fare è mostrare un altro lato del loro carattere che la Rowling non ha mostrato. Non è da considerare OOC, a mio parere, perchè una persona ha più sfaccettature, il fatto che poi quelle di Draco risultino forse più strane è solo da attribuire al fatto che, dalla Rowling, è considerato poco più di un personaggio secondario e viene descritto solo dal punto di vista di Harry.
Se volete potete avere anticipazioni su questa storia e leggerle nel mio blog, che trovate nella mia pagina di autore.
Comunque, detto questo, spero che la fic possa piacervi almeno un po'! ^^
Mi farebbe molto piacere se lasciaste una piccola recensione, rispondo sempre a tutti e a tutto le recensioni negative non mi sconvolgono! :)
Al prossimo capitolo,
Patrizia

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Capitolo 2
*** Con affetto dai Tiri Vispi Weasley ***


Capitolo 2
Con affetto dai Tiri Vispi Weasley





Hermione
“Oh non lo sopporto proprio più!”, borbottai lanciandogli un’occhiata di sbieco e rimettendo il libro nella borsa. Era da una settimana ormai che Malfoy non faceva altro che guardarmi. Mi guardava spudoratamente e la sua vita sembrava consistere solo in quello. Davvero non faceva nient’altro. Ovunque fossi: in classe, nei corridoi, nella Sala Grande, nel parco. Lui mi guardava con un’aria trasognata che non gli avevo mai visto prima d’ora.
Se possibile, Ron aveva iniziato ad odiarlo più di prima. Lo guardò anche lui malevolmente e disse minacciosamente: “Forse dovrei andare a fargli un discorso. O una fattura.”
“No, Ron. Dai, in fondo non ha fatto niente di male. Lascialo stare, se succederà qualcosa vedremo di chiarire questa situazione.”
“Però forse, sai… dovremmo parlargli ora. Non gli fa bene stare in quello stato: i prof lo sgridano, non mangia. Nemmeno Zabini sembra più essere suo amico”, disse Ron uscendo dall’aula con una smorfia di disgusto. Credo che vedere così Malfoy lo rendesse triste: non se la sentiva di prendere in giro un menomato mentale.
Harry, che aveva sentito tutta la nostra conversazione, s’intromise: “Sai, non credo che dovresti parlare con lui. Dopo quello che ci hai raccontato io non ci parlerei, che ne sai che non ti rapisce e il giorno dopo ti ritrovi in Egitto in luna di miele? Però c’è sempre Zabini con cui puoi parlare.”
“Ma certo! Con Zabini! Harry hai assolutamente ragione, perché non è venuto in mente a me?”, esclamai. Mi guardai attorno ma i Serpeverde si erano già tutti dileguati. “La prossima volta che lo vedo ci parlerò. Magari quando sarà da solo”, precisai.
Harry fece un risolino, e alla muta domanda che gli rivolsi storcendo il naso rispose: “Non vuoi vedere Malfoy?”
“Non è che non voglia vederlo, è solo che l’ultima volta era strano. All’inizio pensavo che non sarebbe più successo nulla, ma continua a essere così… non so, è come se fosse ossessionato da me, come se gli piacessi, cosa che è impossibile. Sono sicura che si sta prendendo gioco di me. Parlare con Zabini sarà molto meglio”, conclusi con tutta la dignità che potei trovare.
Quel pomeriggio le mie preghiere furono esaudite. Zabini era nel parco, seduto sull’erba, immerso nella lettura di un grosso libro. Non appena lo vidi corsi da lui e mi sedetti al suo fianco.
“Ciao”, mi disse mettendo via il libro. Non sembrava stupito che fossi lì e nemmeno infastidito. Anzi pareva quasi rassegnato e deciso a prendere la situazione con serietà, come una persona matura. E infatti al posto di un insulto disse: “Sto facendo una fatica del diavolo con Draco.”
“Ma si può sapere che cos’ha?”, domandai spazientita alzando gli occhi al cielo.
“Be’ non ne sono sicuro al cento per cento, ma credo che quei cioccolatini che ha mangiato fossero stregati. Non so con quale magia o con quale incantesimo, ma di sicuro c’era qualcosa in quei dolci”, disse Zabini.
“Ha mangiato un cioccolatino di fronte a me”, dissi lentamente, spalancando gli occhi dalla comprensione. “Forse c’era una pozione d’amore dentro.”
“Possibile. Mi ha detto che ha trovato quei cioccolatini sul letto. Conoscendolo avrà pensato che fossero da parte di qualche ragazza.” Zabini sorrise leggermente.
Fu in quel momento che capii. “Oh, che stupida!”, mi dissi, portandomi una mano alla fronte.

Amore al Primo Sguardo. E questi cosa sono?”, domandai prendendo in mano una scatola di dolci molto elegante.
“Sono cioccolatini stregati. Per fare scherzi, sai? Chiunque li mangi s’innamora della prima persona che vede”, disse Fred prendendo in mano uno dei pacchetti.
“E funziona davvero? Ingegnoso”, disse Ginny sorridendo.
“Si, ogni singolo cioccolatino è stregato. L’effetto può durare anche un mese, dipende dal peso del ragazzo, e se sono un po’ stagionati è meglio.”
“Forte!”, disse Ginny ridendo. “A chi ne manderesti uno?”, chiese a George.
Lui ci pensò un po’. “Non saprei. Forse a Ron, tanto per dargli fastidio. O alla Parkinson”, disse lui con un ghigno.

E invece l’avevano mandato a Malfoy. Maledetti!
Mandai una lettera a Fred e George chiedendogli se per caso avessero mandato una scatola di Amore al Primo Sguardo a Malfoy, poi tornai in Sala Comune, torcendomi le mani dall’agitazione.

Draco
Non era una cosa permanente per fortuna e, dopo una settimana di effetto intenso, incominciò ad andare e venire. C’erano dei momenti in cui ero lucido, e mi rendevo conto di quello che succedeva senza pensare sempre alla Granger. Blaise mi aveva detto che avevo mangiato quei cioccolatini incantati, e cazzo se erano buoni! La verità era che ne avevo mangiati un sacco quando ero tornato in camera mia, dopo aver cercato di fuggire con la Granger a Las Vegas. Al solo pensiero mi era venuto un brivido quando lo avevo saputo.
Avevamo appena finito una doppia ora di pozioni assieme ai Grifondoro, e vidi la Granger venirmi incontro a passo svelto. In fondo alla stanza Weasley mi guardava con sospetto.
“Malfoy! Malfoy aspetta, dovrei parlarti un momento.”
“Sì, Mezzosangue? Tranquilla, mi hanno spiegato che cos’è successo, ma non mi ritengo responsabile delle azioni che ti causeranno danno. Anzi, a ben pensarci potresti diventare un po’ più apprezzata: essere la cocca di Malfoy, anche se per sbaglio, non è cosa da tutti.”
Lei mi ignorò, e invece domandò, nervosa: “Come va?”
“Bene, a parte qualche attacco. Perché me lo chiedi?”
“Be’ adesso ho da fare, ma se stasera sei libero potremmo vederci. Dovrei controllare quanto potente sia la magia che hai ancora in corpo.”
Rimasi un attimo interdetto. “Oh… d’accordo. Allora stasera ci vediamo… davanti alla Stanza delle Necessità. Che ne dici?”
“Va bene. Dobbiamo risolvere questa faccenda”, disse puntandomi contro un indice, come se fosse colpa mia.
Così quella sera appena dopo cena dissi a tutti che avevo da fare. Solo Zabini in realtà sapeva quel che stava succedendo, ma grazie a Dio non lo aveva detto a nessuno. Sarebbe stato imbarazzante. Sapete ragazzi, ho un appuntamento con la Granger, perché in realtà sono innamorato di lei…
Ridicolo.
“Io vado”, dissi alzandomi da tavola.
“Dova vai?”, mi chiese Pansy alzando lo sguardo verso di me. Quella sera indossava una maglietta particolarmente scollata e in piedi riuscivo a vedere benissimo tutto quanto. Lei lo sapeva bene, se le metteva apposta.
Era una gran zoccola si, ma assieme ci divertivamo. La nostra relazione era libera da alcuna briglia, o almeno, io la vedevo così. Se vedevo altre ragazze di solito si arrabbiava, ma lentamente sbolliva, e cedeva definitivamente quando infine le chiedevo scusa e le davo appuntamento al parco la sera, dove non poteva vederci nessuno. Pansy era una ragazza molto carina, anche se difettava in cervello: era molto ingenua. A volte pensavo che sarei stato felice per lei se avesse trovato qualcuno che l’apprezzava veramente, ma non era un pensiero tanto ridondante. Se così fosse successo, comunque, mi ero ripromesso di lasciarla in pace.
“Devo andare a fare un… controllo”, borbottai lanciando un’occhiata alla scollatura ed evitando i suoi occhi. Mi defilai fuori dalla Sala Grande e sparii in corridoio.
Pansy mi seguì, correndo a passetti svelti sulle scarpe basse della scuola. “Un controllo? Stai male?”
“No, no sto bene. Devo solo controllare una cosa, un film.” Non so nemmeno come mi uscì dalla bocca quella cosa. Solo, lo dissi.
“Devi controllare un film?”
“Si, si un film. Per Babbanologia.”
“Ma tu non fai Babbanologia”, disse lei scuotendo la testa.
“No, infatti, ma il professore me lo ha chiesto come favore speciale”, borbottai.
“Possiamo vederlo assieme”, disse guardandomi con un sorrisetto.
“No!” Mi fermai di botto e Pansy fece lo stesso. “No non puoi. Perché è un film… porno.”
“Il professore di babbanologia ti ha chiesto di guardare un film porno”, constatò lei guardandomi con le sopracciglia sollevate.
“Si, certo”, dissi con finta naturalezza. “Perché i film Babbani sono molto… sono molto buoni. Sono precisi”, la mia voce si perse nella pietosa bugia che stavo raccontando.
Pansy sorrise e mi trascinò in una classe vuota. “Draco non raccontare stupidate! Ho capito che cosa sta succedendo.”
“Che cosa?”, chiesi terrorizzato.
Pansy si avvicinò a me e mi sussurrò all’orecchio: “Non hai bisogno di un film, credimi. Ci penso io”, disse tutta contenta.
“No, aspetta Pansy”, dissi, cercando di strisciare lateralmente. “Devo davvero, davvero andare.” Ma ormai  lei era partita, e mi stava lentamente trascinando con sé. Fu in quel momento che ebbi una sorta di attacco. Mi accorsi che quella che stavo baciando non era Hermione e la spinsi via quasi con terrore.
“Draco ma cosa…?”
“Dov’è Hermione?”, domandai basito, guardandomi attorno.
Chi?!”, chiese Pansy arrabbiata.
Non la stetti nemmeno a sentire e quasi scappai, pensando con felicità di avere un appuntamento con la mia Hermione. E odiandomi perché l’avevo tradita. Mi sistemai la camicia, che Pansy era riuscita a slacciarmi fino quasi all’ultimo bottone in pochi secondi (quando si dice abilità), e corsi fino al settimo piano.
“Hermione!”, esclamai quando la vidi là ad aspettarmi. Mi prostrai ai suoi piedi e le presi le mani. “Hermione amore mio perdonami per quello che ho fatto. E’ stata Pansy, te lo giuro, e non mi è nemmeno piaciuto, sul serio! E non è che abbiamo fatto granché, mi ha baciato. Ma lo ha fatto lei te lo assicuro.” Dissi tutto questo in un fiato, non so neanche come feci a parlare così velocemente.
Hermione mi guardava stupita. “Draco non preoccuparti. Spero che tu non abbia traumatizzato Pansy piuttosto. Puoi fare quello che vuoi con chi vuoi.”
La osservai stranito. “Ma io voglio fare solo con te.”
Hermione corrugò le sopracciglia. “Per le mutande di Merlino. No, ti prego, lasciamo perdere questo argomento. Tu devi stare con chi vuoi, con Pansy, e con me…”, sospirò chiudendo gli occhi, frustrata.
Era stupefatto. Non credevo che la mia Hermione fosse tanto esigente in certe cose. “B’è tesero, se ti piacciono le cose a tre posso chiamare Pansy e dirglielo, ma voglio che tu sappia che non la toccherò con un dito, mi occuperò solo ed esclusivamente…”
“Silenzio! Piuttosto entriamo”, disse aprendo la porta della Stanza delle Necessità con aria rassegnata.
“Oh Hermione tu sei così gentile. Ma davvero non merito il tuo perdono per quello che ho fatto prima. Io e Pansy, soli… Sono un essere spregevole”, conclusi con amarezza.
“Hm, d’accordo. Ora fa silenzio e dammi la mano”, disse estraendo la bacchetta.
Feci come mi era stato ordinato. “Hermione, la tua pelle è così liscia!”, esclamai quando presi la sua mano. Lei corrugò le sopracciglia e borbottò un incantesimo.
In quel momento mi riebbi. La mia mano era diventata di un rosa molto intenso, e come a macchie. “Che cazzo mi hai fatto Mezzosangue?!”, esclamai terrorizzato cercando di pulirmi la mano e togliendola dalla sua.
“Ti preferivo innamorato.”
“Non è amore, è ossessione”, ribattei. “E’ diverso.”
“Di sicuro”, disse lei piccata. “Comunque… quei cioccolatini dovevano essere difettosi, perché è molto strano, sai? Il tuo palmo rivela ancora forti tracce dell’incantesimo ma, se non sbaglio, gli effetti non dovrebbero manifestarsi tutto il giorno.”
“Infatti. Và e viene. Porca miseria!”, esclamai poi arrabbiato. “Ma non c’è una soluzione?”
“Non che io sappia. Fred e George l’avevano programmata con una durata di settantadue ore massime se uno mangiava un solo cioccolatino, ma credo che ci sia qualcosa di sbagliato in quelli che hai mangiato tu.”
“E ti pareva! Solo a me può capitare una cosa del genere”, dissi sedendomi su una sedia che era comparsa e mettendomi le mani nei capelli.
“Forse una soluzione ci sarebbe”, disse Hermione sedendosi di fonte a me con fare pensoso.
“E cioè?”, chiesi alzando la testa di scatto. Pendevo dalle sue labbra.
“Non c’è un’altra ragazza che ti piace?”, chiese lei.
“Mi piace? Non proprio.” Ci pensai un momento, poi ghignai. “C’è qualcuna che mi vorrei fare, ma ancora non ho trovato il vero amore.”
“Ma chissà perché? Uno romantico come te”, disse Hermione alzando un sopracciglio.
“Ehi guarda che io sono romanticissimo. Come credi che faccia altrimenti ad arrivare al punto?”
“Ah, Malfoy per favore. Non voglio parlare con un maschilista come te di certe cose”, disse la Granger guardandomi con disprezzo.
“Ma per chi mi hai preso?”, chiesi piccato. “Guarda che io rispetto le donne, anzi io amo le donne. E’ solo… ho diciotto anni! A cosa credi che pensi un ragazzo di diciotto anni?”
“Ron non è come te”, decretò lei.
“Il tuo Weasley è esattamente come me, ma di sicuro tu lo saprai meglio”, dissi ghignando. “Anzi forse no. In effetti Weasley non sembra uno molto portato per certe cose”, continuai sghignazzando.
“Se proprio ci tieni a saperlo Ron in quel campo è il migliore!”, gridò la Granger arrossendo. Si, in fondo capivo perché a Weasley piaceva, era una ragazza carina dopo tutto, cioccolatini a parte.
“Oh il migliore! Perché? Con chi altro hai provato? Ahi!”, esclamai ridendo. La Granger mi aveva dato una botta piuttosto forte sulla spalla. Non sapevo che conservasse tanta forza in quei braccini rachitici.
“Smettila”, mi rimproverò, ma vidi che stava trattenendo un sorriso.
“D’accordo, d’accordo. La pianto”, dissi alzando le mani in segno di resa. “Comunque… devo pensarci. Probabilmente c’è una ragazza che mi potrebbe piacere più delle altre. Si, forse potrebbe funzionare. Se mi mettessi con lei l’effetto dovrebbe sparire più in fretta o sparire del tutto no? Dopotutto, come diceva Silente: l’amore è la magia più potente del mondo.”
“Silente te l’ha detto?”, mi domandò.
“Leggi fra le righe: non l’ha detto, ma lo pensava”, sottolineai annuendo.
“Benissimo allora. Faccenda risolta”, disse Hermione. Si alzò, ma proprio in quel momento la borsa dei libri le si aprì in uno squarcio e tutto cadde a terra. Inchiostro, libri, biro, appunti, un tema. Proprio tutto. “Oh no”, esclamò lei frustrata raccogliendo la boccetta d’inchiostro.
“Granger! Ma quanti maledetti corsi segui?”, le chiesi esterrefatto. Tirai fuori la bacchetta e pulii alcuni libri macchiati d’inchiostro cambiacolore.
“Abbastanza. Praticamente tutti tranne Babbanologia e Divinazione.” Aggiustò la borsa e incominciò a rimettere dentro i libri.
“Anche Cura delle Creature Magiche? Ma non avevi smesso?”, domandai, corrugando le sopracciglia e raccogliendo qualche appunto.
“Si, ma ho ricominciato quest’anno. Hagrid è molto migliorato sai? Dovresti seguirle le sue lezioni, sono molto interessanti”, disse sorridendo.
“Si, per farmi strappare anche l’altro braccio dal suo ippocoso del cazzo”, commentai amaro.
“Non mi pare che ti manchi un braccio”, osservò lei acidamente strappandomi di mano degli appunti e ficcandoli nella borsa tutti assieme.
“Ma comqunque… come fai? E’ troppa roba da studiare tutta assieme!”, protestai. “E’ inumano. Tu sei inumana!” Ma dopotutto, pensai, lei è la Granger.
“Grazie del complimento. E tanto per la cronaca: basta essere organizzati e non rimanere indietro. A questo proposito… devo andare. Devo scrivere un tema per Aritmanzia.” Si voltò e se ne andò.
Poco dopo stavo per uscire anche io dalla Stanza delle Necessità, quando vidi un piccolo quadernino rilegato in cuoio marrone scuro che era finito sotto una delle due poltrone. Lo presi e aprii: nella prima pagina c’era scritto con la bella grafia di chi è abituato a scrivere molto: Diario di Hermione Granger.
Ero in dilemma con me stesso, sul serio: avrei dovuto ridarglielo dopo averlo letto o prima farlo girare per tutta la scuola e solo dopo riconsegnarglielo? Il dubbio mi tormentava e mi rodeva le ossa e il cuore… certo. Avrei deciso dopo, ma resta comunque un fatto: sono un vero bastardo. Pensai subito che fosse un diario personale, e non vedevo l’ora di leggerlo da cima a fondo!


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Heylà popolo!
Allora, ho visto che ci sono un bel po' di persone che leggono e hanno messo fra Preferiti, Seguite, Da ricordare, e non è che mi dispiaccia. Insomma, mi farebbe piacere ricevere qualche recensione in più date le letture, ma personalmente odio le persone che dicono: Oh! Se non recenscisce nessuno non posto più! Prrr! Insomma, è una minaccia proprio triste, anche perchè significa che non te ne frega una mazza della tua storia quanto della sua popolarità. Indi per cui, ringrazio tutti coloro che hanno letto la fic, che già dal primo capitolo sono più di quanti mi aspettassi! E ringrazio chi ha recensito, siete stati gentilissimi! ^^ Grazie mille!
Poi, una precisazione: nella mia fic Fred e George sono entrambi vivi, anche se è ambientata dopo la guerra. Cioè, sono due dei miei personaggi preferiti, non riesco nemmeno volendo a farne morire uno, proprio mi viene l'angoscia a pensare che ce n'è uno solo! XD Lo so, non è normale, dato che -di fatto- loro non esistono! XD
A parte questo, spero che il capitolo sia piaciuto, ho voluto mostrare una parte di Draco che non si vede mai, soprattutto nelle Dramione, dove è sempre figo-stronzo-sofferente-eccheppalle. Secondo me è tipo impossibile essere costantemente così stronzeggiante e innamorato, alla fine è un ragazzo come tutti e qualche risata se la farà anche lui, no? :) In un sacco di storie è sempre così serio...
Be', a domani l'anticipazione sul blog, grazie mille ancora a tutti coloro che hanno letto e recensito! ^^
Patrizia

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Capitolo 3
*** Gusti in comune ***


Capitolo 3
Gusti in comune





Draco
Non era un diario personale, in cui magari c’erano scritte cose imbarazzanti sul conto della Granger, o magari su Potter e Weasley. Purtroppo no. Era un diario di scuola, con la tabella degli orari, alcune date segnate per un compito in classe e diversi promemoria. All’inizio rimasi deluso, pensavo di scoprire qualcosa per cui prendere in giro la zannuta. Ma andando avanti a sfogliare mi accorsi che diverse pagine erano scarabocchiate con piccole poesie. Erano scritte in piccolo, con diverse parole cancellate e poi riscritte, alcune con degli appunti accanto. Mi accorsi che la Granger era molto severa con le sue stesse creazioni. Alcune erano banali, altre un po’ più rielaborate, sia dal punto di vista del contenuto che da quello stilistico. Non che io m’intenda di poesia, anzi al contrario non ci capisco granché. Sono più un tipo da romanzo. Credo di aver letto tutti i romanzi della libreria di mio padre, che è enorme, e sono abbastanza fiero di averne riempita una tutta mia di dimensioni considerevoli.
“Draco eccola”, mi disse Zabini quando fummo in Sala Grande, indicando l’altro lato del tavolo. C’era una ragazza molto carina, del sesto anno e della mia stessa casa. Si chiamava Sophie Ellemar. Era bionda e dai capelli corti, gli occhi azzurri e un sorriso molto grazioso. Inutile dire che avesse un corpo perfetto.
Ora mi sembra di essere stato così stupido, ma da ragazzo avere un corpo perfetto era una delle qualità principali per diventare la mia fidanzata o, a seconda dei casi, la mia ragazza-occasione.
Mi avvicinai a lei e mi sedetti al suo fianco. “Ciao.”
“Ciao”, mi disse lei dopo avermi sorriso.
“Mi chiamo Draco Malfoy”, dissi porgendole la mano.
“Sophie Ellemar.” Strinse la mia mano forte e decisa. Secondo la mia teoria una stretta di mano rivela molte cose, e una stretta forte e decisa, ma non troppo pretenziosa, è una delle migliori.
“Senti, che ne dici un giorno di uscire?” Non avevo voglia di fare il misterioso, e andai subito al dunque.
Lei arrossì un poco e poi, sorridendo, disse: “Perché no? Possiamo fare un giro nel parco. Dicono che di sera sia bellissimo, io non ci sono mai andata.”
“Già. Oppure potresti venire su da me e poi…”, mi accostai al suo orecchio e le sussurrai alcune parole scelte accuratamente.

Hermione
“Oh guardalo. Sono così fiera di lui!”, esclamai guardando al tavolo dei Serpeverde con lo stesso sorriso che mia madre aveva usato per quando imparai ad andare in bici.
Harry sorrise. “Nemmeno fosse tuo figlio.”
“Infatti”, mugugnò Ron piluccando un po’ di porridge.
“No, cioè, lo so. E’ solo che ha seguito subito i miei consigli, e adesso si sta dando da fare!”
Vidi Malfoy avvicinarsi alla ragazza e sussurrarle qualcosa all’orecchio. Lei si scostò da lui e le diede uno schiaffo così forte che si udì il rimbombo per tutta la Sala. Malfoy rimase fermo con gli occhi spalancati e il viso stupefatto, come folgorato, una mano premuta sulla guancia, mentre guardava la vittima delle sue avance andare via indignata.
Ron iniziò a ridere a crepapelle, seguito subito da Harry. “Che incapace!”, esclamò Ron.
“E lascialo stare, dai! Se questa faccenda non si risolve al più presto sarà nei guai”, dissi io mordendomi il labbro inferiore e osservandolo guardare perplesso Zabini.
“Ma quanto ti interessi a lui”, osservò Harry a voce bassa mentre Ron ancora ridacchiava con la bocca piena di cereali.
“Non mi interesso a lui, mi interesso a me. Se non la smetterà sarà così fastidioso. Non posso nemmeno arrabbiarmi con lui: non lo fa apposta!”, dissi indicandolo con la mano.
“Credo che comunque gli servano un paio di lezioni su come rimorchiare”, disse Ron.
“Non è che tu sia un esperto, sai? Ci hai messo degli anni”, gli dissi arrabbiata. Lo zittii subito. “Quello che gli serve è la ragazza giusta! Lui è uno di quelli che pensano solo a una cosa. Le donne secondo lui servono solo a quello”, commentai scuotendo la testa imbronciata e incrociando le braccia al petto. Il mio orgoglio femminista veniva fuori, almeno per una volta. “Gli servirebbe una che gli piaccia sul serio.”
Avevo deciso ormai. Se lui non era capace gliel’avrei trovata io la ragazza perfetta per lui! Ma guarda!, mi dissi, devo anche fare da Cupido! E’ il colmo che Malfoy non sia capace di trovarsi una ragazza! Pensavo che piacesse a tutte quelle della sua casa, e anche a diverse ragazze di altre case.
Quella sera dopo le lezioni andai a cercarlo, e lo trovai assieme a Zabini che chiacchieravano sulla torre di astronomia. “Malfoy”, lo chiamai.
“Granger”, disse lui con un sorriso. “Che cosa ti porta qui?”
“La tua incapacità”, dissi io. Mi guardò smarrito, al che precisai: “La tua assoluta incapacità di piacere alle ragazze come si deve.”
Zabini soffocò una risata. “Certo quello schiaffo l’hanno sentito tutti”, disse a mezza voce.
Malfoy lo guardò con fastidio, poi si rivolse a me: “Non mi serve il tuo aiuto Granger. So cavarmela da solo.”
“Ah, se te la cavi come stamattina allora la vedo bene. Ti aiuterò io, a mio rischio e pericolo.”
“Che vuol dire a tuo rischio e pericolo?”
“Non ti sei mai visto quando hai una crisi vero?”, chiese Zabini. “Sei pericoloso. E anche un po’ patetico a dirla tutta.”
Malfoy s’infuriò e incrociò le braccia al petto sbraitando: “Non è colpa mia!” Rimase per un momento pensoso, poi disse: “E va bene. A proposito Granger…”, aggiunse con un ghigno, “se cerchi il tuo diario, ce l’ho io.”
“Come?”, borbottai confusa.
“Il tuo diario. Ti è caduto l’altro giorno nella Stanza delle Necessità.”
Oh Cristo Santo! Chissà se l’aveva letto? Ma che dico? Lui è Malfoy! L’avrà letto in un fiato. Che vergogna, c’erano scritte un sacco di cose private lì dentro. Con molta probabilità arrossii, ma cercai di darmi un contegno e dissi levando la testa in alto: “Bene. Me lo porterai Sabato mattina dopo colazione, davanti alla Stanza delle Necessità. Non te lo scordare.”

Draco
Preciso e puntuale mi presentai al settimo piano Sabato mattina dopo colazione. “Granger”, la salutai con cortesia, “Dormito bene?”
“Una meraviglia”, disse lei spiccia. “Adesso entra.”
Aprii la porta e le feci segno di passare. “Prima le signore”, spiegai con un sorriso gentile.
Lei passò, ma poi disse: “Non credere che comportandoti in modo gentile interromperò le lezioni di galateo.”
Almeno ci avevo provato. Sbuffai. “E va bene. Questo significa che non sarò mai più gentile con te, per niente al mondo.”
“E quando mai lo sei stato?”, domandò lei sistemandosi su una poltroncina. La stanza che aveva ricreato era circolare, c’erano due comode, soffici poltrone e in mezzo un tavolino rotondo. “Siediti. Facciamo in fretta, vorrei approfittare della giornata per studiare.”
“Ma perché non ti prendi una pausa?”, le chiesi io sedendomi.
“Ma scherzi? Non t’interessa nemmeno un po’ il nostro futuro? I corsi che facciamo potrebbero servire tutti nel lavoro che sceglieremo. Anzi, non sono mai abbastanza.”
“Sembri mia madre”, le dissi. Voglio molto bene a mia madre, ma sa essere così petulante a volte, tutta presa dalla società e dai suoi meccanismi, proprio come Hermione.
“Zitto. Piuttosto dimmi: quali sono i tuoi hobby?”
“Pensavo di dover stare zitto”, biascicai seccato incrociando le braccia.
“Okay sei sciolto. Allora?”
Sbuffai. “B’è… vediamo… non saprei veramente.” Ci pensai su un po’ seriamente. “Credo… mi piace leggere”, buttai lì.
“Davvero?”, chiese Hermione. Era indeciso se considerarla fra il sorpreso o lo scettico.
“Per chi mi hai preso scusa? Non può piacermi leggere?”
“No, no! Che cosa ti piace?”, domandò con un sorriso.
“Mah… nulla di Allock, questo di sicuro. Ad esempio, però, ho letto tutti i libri di Hellbun, è il mio scrittore preferito. E la collana di Vampire life in 21th century.”
“Ma dai? L’ho letta anch’io!”, esclamò la Granger. “Credo che sia una serie bellissima.”
“Il mio preferito è il quarto”, dissi.
“No, secondo me il più bello è il primo. In realtà mi dispiace per come finisce la storia”, disse la Granger con aria davvero triste.
“Non può sempre finire bene”, dissi in tono diplomatico.
La Granger sospirò. “Immagino che tu abbia ragione. Comunque, dicevamo… c’è altro?”
“Non mi viene in mente nient’altro. B’è… il quiddich”, dissi scrollando le spalle con ovvietà.
La Granger alzò gli occhi al cielo e assunse un’aria annoiata e seccata. “Uff! Il quiddich! E’ proprio quello sport che divide tutte le case!”
Agitai le mani. “Sciocchezze. Le case sono divise per natura. Se non ci fosse il quiddich sta’ tranquilla che troveremmo un altro motivo per detestarvi. Siete così… eroici”, dissi sprezzante.
“Non è assolutamente vero. Tutti possiamo diventare eroi. Lo diceva anche David Bowie”, disse alzando un dito con fare saccente.
Possiamo essere eroi, anche solo per un giorno”, citai.
“La conosci? E’ una delle mie canzoni preferite”, disse Hermione sorridendo.
“Se c’è una cosa -ma è l’unica, precisiamo- che apprezzo dei babbani, è la musica. Questo non toglie niente alle Sorelle Stravagarie, ma preferisco di gran lunga i musicisti babbani. E poi, Bowie è un classico.”
“Sai, non immaginavo che ti piacessero tutte queste cose. Nel senso, senza offesa eh, ma credo che la maggior parte della gente crede che tu sia uno tutto… ragazze e feste, e soldi e… cose del genere, immagino”, disse lei un po’ incerta.
“Le apparenze ingannano. Io non direi mai che Potter sia un uomo, ad esempio”, dissi ridacchiando. E, prima che la Granger potesse interrompermi con una filippica sulle tante abilità del Bambino Sopravvissuto, aggiunsi: “E anche tu! Credevo fossi una tutta casa e studio. Prima di tutto non immaginavo che scrivessi poesie, poi non riesco proprio a vederti assieme a Weasley, sembri una che non esce molto. E non pensavo che i tuoi gusti musicali comprendessero Bowie”, dissi alzando un dito ad ogni nuovo punto.
“B’è che vuol dire? Perché sono una persona studiosa? Questo non significa che io stia tutto tempo sui libri”, disse lei con un leggero sorriso sul volto. Notai che aveva qualche rara lentiggine sul naso.
“Hai ragione”, concessi con un ghigno che, lo sapevo, somigliava più ad un sorriso. “Allora? Finito l’interrogatorio?”
“Stavo pensando a qualcos’altro da chiederti, ma non mi viene in mente nulla. Ti piace leggere, ti piace il quiddich e la musica babbana”, disse.
“Stai dicendo che sono comune?”, domandai.
Lei non mi diede retta e andò avanti. “Non sarà difficile trovarti una ragazza. Ci sono un sacco di ragazze a cui piace il quiddich e anche leggere. La musica babbana forse è un po’ da ricercare, ma non importa.”
“Tu… tu cercherai una ragazza che abbia i miei stessi gusti per uscire con lei? Come… un appuntamento al buio?” Non sapevo se l’idea mi piacesse poi molto.
“Più o meno”, disse Hermione cominciando a mettere via un blocchetto degli appunti nel quale aveva scritto un paio di cose.
Tanto valeva approfittarne. “La voglio carina!”, dissi velocemente.
La Granger alzò le sopracciglia. “D’accordo.”
“Ed è meglio se è di Serpeverde.”
“Si.”
“Ah, non dirlo a Pansy. Mi uccide, o mi castra.”
“Hm hm.”
“Se è possibile con gli occhi scuri. Mi piacciono gli occhi scuri. E i capelli lunghi. E anche un bel…”
“Draco!”, esclamò lei alzando lo sguardo scocciata.
“Che c’è?”, chiesi io bloccandomi con le mani per aria: immaginavo che fossero posate su dei discreti fianchi morbidi di donna.
“La puoi smettere? Sto cercando una ragazza che possa uscire con te, non per te.”
“Non colgo la differenza”, le feci notare con tono mellifluo. Lei si alzò sbuffando e uscì dalla Stanza delle Necessità, con me al seguito.
“Ti farò sapere presto”, disse incamminandosi verso le scale che portavano ai piani superiori.
“D’accordo”, dissi rassegnato, come se le fosse importato del mio parere. M’incamminai anche io, ma all’ultimo momento mi ricordai di una cosa. “Ah, Hermione!”, gridai nel corridoio deserto.
“Si?”, chiese lei voltandosi.
“Il tuo diario!”, dissi tirando fuori l’agendina e lanciandogliela.
Lei la prese al volo, sorrise e mi salutò con la mano, prima di scomparire alla fine del corridoio.

Hermione
Certo, trovare una candidata adatta per far perdere la testa a Malfoy non era facile. C’erano un sacco di ragazze a cui piaceva leggere, a cui piaceva il quiddich e, perché no?, anche la musica babbana. Il vero problema era Draco: non sembrava un tipo che perdeva la testa, al contrario sembrava un uomo dal sangue freddo e dal cuore d’acciaio, e il fatto che usasse le ragazze solo per motivi che non sto ad elencare, rendeva il tutto ancora più triste e complicato. Comunque, a loro rischio e pericolo, me ne rendevo conto, avevo trovato tre candidate. Usare delle ragazze per togliermi di dosso Malfoy non era propriamente il modo giusto per innalzarmi a Dio, ma mi giustificavo pensando che, se fosse andata bene, due persone avrebbero trovato l’amore. Inidi per cui…
Numero uno: Halle Fitzgrald. Serpeverde. Portiere della squadra di quiddich, l’unica ragazza da quando Draco Malfoy era diventato capitano e, a quanto ne sapevo dalle mie ricerche, lettrice accanita di gialli.
Candidata numero due: Giorgia Demot di Corvonero. Anche lei lettrice accanita e probabilmente esperta di musica babbana. L’unica pecca era appunto una discendenza non proprio purosangue, infatti il padre era babbano, mi pare facesse il lattaio, ma pensai che per una volta il perfettino purosangue Malfoy poteva chiudere un occhio, dato che era una ragazza molto carina.
Ultima, ma non per questo meno importante: Yvette Harris. Serpeverde. Una ragazza davvero bella. A quanto mi dicevano leggeva molto, suonava il contrabbasso, ed era anche simpatica. Forse un po’ piccola per un maniaco come Draco: non volevo causare la depressione post sesso-e-mollata a nessuna ragazzina quattordicenne -quasi quindicenne-, così avevo deciso di lasciarla per ultima.
Ero soddisfatta della mia ricerca, e mi convinsi che stavo facendo la cosa giusta quando andai a dare questi tre nomi, correlati di foto, a Draco. Me ne convinsi quando lui, non appena mi vide, s’illuminò come il sole a mezzogiorno. Affianco a lui c’era Zabini, che si portò una mano alla fronte e scosse la testa esasperato. Prima che potesse gettarmisi addosso, Zabini prese Malfoy per un braccio.
“Draco, meglio che stai qui”, gli disse strattonandolo.
“Perché?”, chiese l’altro con sguardo smarrito osservando l’amico. Poi sembrò arrabbiarsi: “Non credevo che fossi geloso Blasie! Bell’amico che ho!”
Sospirai. “Tieni Zabini, li do a te. Quando si riprende daglieli”, dissi consegnandogli i fogli.
“Va bene”, disse lui con sguardo rassegnato.
Mi girai e feci per andarmene, ma Draco mi chiamò: “Hermione! Dove vai? Aspettami! E tu mollami!”, aggiunse guardando male Zabini.
“Non preoccuparti Draco, ci vediamo domani alla Stanza delle Necessità. Dopo cena.”
Sperando con tutto il cuore che per il giorno dopo fosse tornato quello di sempre, me ne andai verso la Sala Comune. Quando arrivai trovai Harry e Ron che giocavano a Spara Schiocco. Mi sedetti affianco a loro e mi misi a leggere un libro. “Dove sei andata?”, mi chiese Ron con finto tono noncurante.
“A dare una cosa a Malfoy, ma alla fine l’ho data a Zabini perché lui era troppo impegnato a fantasticare”, risposi senza alzare gli occhi dal libro.
“Ma perché non lo lasci a sbrogliarsela da solo?”
“Perché mi da’ fastidio. Non hai visto oggi a Erbologia?” Harry ridacchiò, ricordando come Malfoy era stato morso da un baccello per essere rimasto troppo tempo a guardare me. Che scemo, nemmeno Ron fa queste cose, o almeno non durante Erbologia. Non è giusto! Proprio a me doveva capitare! Era tutta colpa di Malfoy, se non fosse stato così odioso Fred e George non lo avrebbero mai preso di mira.
“Non credo che dovremmo preoccuparcene molto”, disse Harry.
“Perché?”, domandò Ron.
“Fra un po’ sparirà. Non capisco il perché di tutto questo affanno Hermione”, disse poi voltandosi verso di me.
“Che noiosi che siete, fra un po’ me ne vado davvero da Malfoy se non la smettete di tormentarmi”, dissi io insolitamente acida. “Anzi, me ne vado ora”, aggiunsi alzandomi. Non so cosa mi prese. Sindrome premestruale forse.
Me ne andai a zonzo per i corridoi senza incontrare quasi nessuno, a parte un ragazzo del sesto e un bimbetto del primo anno che era fuori oltre il coprifuoco. Tolsi cinque punti a Corvonero e continuai a camminare, intimandogli di andare a letto.
Chissà se poi ci andò. Forse ci è andato, e ha mancato all’appuntamento con la ragazza della sua vita. Con la quale avrebbe avuto tanti bambini, e avrebbero formato una famiglia felice. E invece lei dopo aver mancato all’appuntamento non avrebbe mai più voluto vederlo. E lui sarebbe finito un single di quarant’anni, che leggeva fumetti porno di nascosto con la paura che un vicino di casa lo scoprisse. E tutto questo a causa mia. Mia!
E’ una brutta abitudine quella di farmi i filmini mentali mentre cammino, ma giuro!, lo faccio solo quando non ho nulla da fare, altrimenti ripasso la lezione -e non è che dicendovi questo faccia una gran bella figura, ammettiamolo-.
Senza accorgermene arrivai ai bagni dei Prefetti. E’ sempre stato un mistero per me il motivo per cui quei bagni fossero bisex, forse il preside pensava che i Prefetti fossero delle persone responsabili, o di quelli che controllano prima di andare a fare il bagno. Ma mi spiace informarlo che non è così: entrai senza farci caso, decisa a fare un bagno rilassante, e quando chiusi la porta l’unica cosa che sentì fu un rumore d’acqua smossa e poi un grido.
“Ahhh!”
Mi voltai. “Ahhh!”
“Oh Cristo! Che cosa ci fai qui?”
“Io? Tu!”, esclamai vedendo Malfoy che s’immergeva nell’acqua. “Scusa”, aggiunsi poi voltandomi, “Me ne vado.”
“No, resta pure. Stavo uscendo. Sta’ girata!”
“Che c’è ti vergogni? Cos’è? Ansia da dimensioni?”, chiesi ridacchiando.
“Ma sta’ zitta”, mi rimbeccò lui. Sentii il rumore dell’acqua, alcuni fruscii e poi la voce di Draco: “Puoi voltarti.”
Draco stava davanti a me con addosso i pantaloni della divisa, e stava cercando le scarpe, chino sul pavimento. “Oh non preoccuparti, le dimensioni non contano”, lo rassicurai con un sorriso divertito. Aveva una schiena liscia e bianca.
“Si, vedo che infatti tu non ti sei mai preoccupata delle dimensioni dei tuoi denti. O dello spazio infinito che occupano i tuoi capelli”, ghignò lui.
Incrociai le braccia spazientita. “Ma non avevi finito?”
“In realtà no, ma ti cedo il posto. Prima le signore e le rompipalle, indovina quale sei”, disse Draco allacciandosi la camicia.
“Ah ah. Divertente”, commentai con ironia.
“No, dico sul serio”, disse lui prendendo la cravatta e rivolgendomi un sorrisetto, “Non indovineresti mai in quale categoria ti piazzo.” Lo vidi litigare con la cravatta, ma non riusciva neanche a cominciarlo quel nodo.
“Ma come hai fatto in tutti questi anni?”, domandai con tono critico e un po’ strafottente.
“In realtà ho disfatto il nodo pochissime volte, e le volte che l’ho sfatto per sbaglio ci ho messo secoli a rimetterlo a posto”, disse lui sciogliendo il nodo sbagliato e ricominciando.
“Dammi qua, tu non sei capace”, dissi con tono quasi disgustato, avvicinandomi. Dopo sette anni a Hogwarts e dopo tutte le volte che la mia cravatta era stata lanciata via da Ron, ero diventata brava a fare i nodi. In nemmeno trenta secondi era pronto. “Non lo disfare. Anzi, disfalo! Così impari come si fa la prossima volta”, dissi aggiustandogli il colletto.
“D’accordo, grazie”, disse lui stringendolo un po’. “Il bagno è tutto tuo”, disse poi avviandosi verso la porta.
“Dove vai così conciato?”, chiesi prima che uscisse.
“Cioè?”
“B’è, ti sei fatto il bagno, e sei tutto vestito… carino, ed elegante”, osservai. Personalmente, anche se rimanevo a mollo nel bagno dei Prefetti e per tornare in camera dovevo passare per i corridoi, dopo la doccia non mi vestivo mai così bene. Ero sempre un po’ sfatta, e comunque di solito andavo a dormire. Oppure andavo da Ron e quindi… diciamo solo che la maggior parte delle volte  non serviva che mi vestissi bene.
Draco fece un sorrisino. “La classe non è acqua”, osservò con un sorrisino storto. Aprì la porta, stava per andare chiudendosela alle spalle, quando la aprì di un po’ e disse: “Tanto per la cronaca, tu sei nella categoria delle signore. ‘Notte.”
“Buonanotte”, dissi io debolmente.
Quel ragazzo era strano, non lo dico tanto per dire.


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Eccomi qui! ^^ Evviva!
Tutta questa felicità è sospetta...

Una piccola nota di dovere: la canzone citata è Heroes, di David Bowie, per questo l'ho messo nell'immagine del capitolo.
Altra nota, forse vi chiederete perchè Hermione non sia la classica verginella di turno, che viene poi iniziata al sesso dal subdolo ma innamorato Draco Malfoy. Be', semplicemente mi andava di fare qualcosa di diverso, per una volta Ron e Hermione se la spassano un po', poveracci se lo meritano anche loro! XD Nelle fic Hermione è sembre così ritrosa e Ron così stronzo, quindi ho pensato che per una volta potevano essere un po' più... diciamo normali, al di fuori dello schema delle fic.
Spero che questa scelta non sia stata troppo avventata, non so ditemi un po' che cosa ne pensate, come al solito sono bene accette recensioni di tutti i tipi! :)
A domani -appena mi sarà possibile postare- l'anticipazione del prossimo capitolo, grazie mille ai lettori, che aumentano di giorno in giorno con mia grandissima soddisfazione e gratitudine ^^ e chi dà soltanto un'occhiatina!
Patrizia

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Capitolo 4
*** Le varie scoperte di Draco Malfoy ***


Capitolo 4
Le varie scoperte di Draco Malfoy





Draco
“Allora… vorrei provare… questa”, dissi indicando una delle foto che avevo davanti.
“Quella?”, chiese Hermione allungando il collo per guardare la foto, dove c’era la più meravigliosa creatura che avessi mai visto. “Va bene, io questa”, disse lei allora indicando un’altra foto.
“Perfetto. Fra poco arrivano”, disse la cameriera riprendendosi i menù con i dolci.
Avevo deciso di uscire allo scoperto. Non che ci fosse nulla di male ad uscire con la Granger, ma poi potevo scommettere l’anima che tutti ne avrebbero parlato come se ad uscire con me fosse stato Potter travestito da Topolino. Fatto era che avevo provato ad uscire con una delle tre ragazze, ma non era andata bene, così Hermione aveva insistito per darmi lezioni di galateo, come le chiamava lei. Eravamo quindi finiti, nella tradizionale gita a Hogsmeade, in un bar ad ordinare un dolce. Era un posto molto chic, che costava parecchio e dove nei menù c’era la foto della pietanza: delle fantastiche, succulente e meravigliose fette di torta.
Cominciavo ad ammettere anche un’altra cosa: la compagnia della Granger non era per niente male. Era sempre una Mezzosangue, intendiamoci, ma parlare con lei era molto meglio che parlare con Pansy, o con Daphne, o con Millicent, o con qualunque altra ragazza della mia casa. O, se proprio vogliamo essere sinceri, con qualunque altra ragazza avessi mai conosciuto. Lei era intelligente e sapeva un sacco di cose, fatto già noto ai più, ma era anche più divertente di quanto mi aspettassi stare con lei, non tanto per la sua grande capacità in dire battute, più che altro ero io a prenderla un po’ in giro, ma beccarci a vicenda era ormai divenuta una specie di recita molto divertente da portare in scena.
“Allora, cosa pensi di fare con la prossima ragazza con cui uscirai?”, mi chiese Hermione a bruciapelo, mentre io ero perso in altre riflessioni.
“Non lo so”, risposi. “Vedrò quando saremo lì.”
“Dov’è esattamente lì?”, chiese la Granger sospettosa.
“B’è, Halle è della mia stessa casa, così le ho dato appuntamento nella mia stanza. Cioè, nel dormitorio maschile, ma ho detto agli altri di stare alla larga da lì domani sera per cena, perciò non ci sono problemi di…”, mi bloccai, vedendo il cipiglio severo che era comparso sulla faccia di Hermione. “Che c’è?”
“Allora, prima di tutto vorrei precisare una cosa: quando una ragazza ti piace sul serio non dovresti pensare solo a fare sesso con lei. Dovrebbe interessarti per altri e ben più importanti motivi”, disse come se fosse ovvio.
“E dove sta scritto scusa?”, chiesi io aggottando le sopracciglia.
“Da nessuna parte, ma di solito succede così. Quando sei innamorato davvero senti… non so come spiegarlo, senti il cuore scoppiare. Non è uno stupido modo di dire che hanno coniato nei libri, lo senti sul serio. E per la persona che ami faresti di tutto, puoi fare piccoli sacrifici, ma anche grandi cose… Quando ami una persona sei così… pieno di lei che pian piano cominci ad acquistare i suoi stessi modi di dire senza rendertene conto, e gli dai sempre la ragione su certe questioni stupide, questioni che prima non ti avrebbero nemmeno interessato ma che invece adesso, siccome riguardano lei, sono parte della vita e delle tue preoccupazioni.” Hermione fece una piccola pausa, ma poi riprese più imperterrita di prima: “E cerchi di essere sincera con lei il più possibile riguardo alle cose serie, perché vuoi che sappia come la pensi, e vuoi che faccia la cosa giusta e che niente la ferisca. E poi non solo, sei contento in modo irrazionale quando la vedi, e tutto il resto prende contorni confusi, tutto il resto non è nulla quando stai con lei. I problemi sono lontani anche se incombono, le preoccupazioni non esistono anche se sono lì al tuo fianco, ma tu non ci fai caso, perché sei con la persona che ami. E tutto di lei ti sembra perfetto e bellissimo, e anche i difetti non li cambieresti per niente al mondo, altrimenti non sarebbe più la persona di cui ti sei innamorato. Vuoi… vuoi darle tutto, tutto quel che puoi e soprattutto quel che non puoi. Vuoi ricevere tutto quel che vorrà darti. E vuoi che sia felice, perché se lei è felice allora anche tu sei felice. E poi…”, Hermione si soffermò un secondo a pensare, “e poi un sacco di altre cose che ora non mi vengono in mente. Come faccio a spiegartelo?”
Fu più o meno allora che mi accorsi che io non mi ero mai innamorato di qualcuno come lo intendeva Hermione. Non mi ero mai sentito così pieno… così scemo. Da quanto capivo dalla spiegazione di Hermione era più o meno così che ci si sentiva… forse è colpa mia che non ci avevo capito un cazzo. Insomma, per dirla tutta, non avevo mai provato una stratta al cuore pensando ad una persona. E in quel momento mi venne in mente che l’amore è una delle poche cose per cui vale la pena vivere, lo dicono musicisti d’ogni genere, e lo pensano tutti, quindi sarà vero, pensai in quel momento. E io ero talmente privo di amore che mi riducevo ad ascoltarlo nelle canzoni, a leggerlo nei libri, ma nella realtà non lo avevo mai assaporato.
Ma allora la mia vita aveva uno scopo?
Forse si.
Forse no.
“Ecco le vostre torte”, disse la cameriera posandoci di fronte dei piatti eleganti.
“Grazie”, disse Hermione sorridendo e prendendo la forchetta.
Rimasi un secondo in silenzio, poi: “La tua fetta è molto più grande della mia”, mi lagnai.

Hermione
Credevo davvero in tutto quello che avevo detto, e forse avevo anche fatto centro, perché Draco mi sembrò pensoso dopo il mio discorso.
La torta era buona.
“Allora? Ho ispirato qualche sentimento benevolo nel crudele Malfoy?”, domandai speranzosa.
“No.”
“Uffa.”
“Però, insomma, non puoi sperare che raccontando come ci si sente, io m’innamori. Non viene mica così”, sbuffò Draco.
“Hai ragione, ma dì la verità, ti ho fatto riflettere”, dissi puntandogli addosso la forchetta.
“Non sai quanto”, disse lui alzando le sopracciglia, lo sguardo rivolto alla torta.
“Comunque sia, lasciamo perdere questo. Forse il sentimento verrà. Il punto è che tu vai a letto con una ragazza e poi non la consideri più. Ma è una cosa così… triste. Non sai nulla di lei”, dissi con enfasi. “Non t’interessa nemmeno un po’?”
“Vuoi che sia sincero?”
“Sarà una cosa dolorosa?”
“Molto.”
“Vai.”
“La verità è che… si, m’interessa a volte. Ma si vede che Amore mi odia, perché le poche ragazze che m’interessano davvero pare che non s’interessino a me. E la fanno loro la parte delle stronze, almeno per una volta, e ci provano in un modo che anche io definirei osceno. Io, che vuoi?, sono maschio, quindi dico di sì al sesso facile con una ragazza che m’interessa non solo fisicamente”, disse alzando le spalle.
“Oh”, dissi io, e per non parlare mangiai la torta. Non mi aspettavo quella risposta da Draco, mi aspettavo che lui fosse una specie di bambolotto senza sentimenti, una specie di cliché umano. Il classico ragazzo che pensava solo al sesso, sportivo, un po’ sciocco e molto superficiale. Ma mi scoprii molto interessata invece a quel Draco che stavo man mano portando alla luce, come un reperto storico, e avevo l’impressione che non molte persone lo conoscessero così per come era davvero. E’ proprio come diceva quel libro, gli altri si fanno un’immagine di noi che non corrisponde al nostro vero essere ma ad una maschera. E per ognuno siamo diversi, siamo più maschere in una volta sola. Siamo maschere per loro e per noi stessi, e quindi che cosa siamo? Non era l’argomento giusto da trattare con una torta tanto pesante sullo stomaco.
“B’è allora perché non mi dici una ragazza che ti piace davvero?”, chiesi.
“Ah no! Chi sei? La mia mammina?”, chiese lui agitando una mano.
“Vabbè dai, se non vuoi che si sappia non lo dico a nessuno”, dissi io stringendomi nelle spalle. Draco scosse la testa. “E che mi dici di Pansy Parkinson?” Draco sbuffò. “E allora dimmelo, no? Devo indovinare?!”, chiesi spazientita.
“Mah, veramente adesso non mi piace nessuna”, sputò lui.
“Oh! E ci voleva così tanto a dirlo?”
“Zitta Mezzosangue”, mi riprese infastidito. “Piuttosto, dimmi che dovrei fare con Halle tutta la sera se non le faccio conoscere il mio migliore amico!”
Feci una smorfia. “Suoi tuoi amici avrei parecchie riserve”, commentai. “Comunque, non lo so, andate a fare un giro per il parco, o potete venire in questo posto così carino per la prossima volta ad Hogsmeade”, dissi guardandomi attorno.
“Altro? No perché, passeggiare per il parco dopo un po’ stanca.”
“Okay allora ho un’idea. Andate a cenare fuori nel parco, come un pic-nic! Su un telo, con un fuoco in bottiglia abbastanza potente che faccia un bel po’ di luce. Chiedi agli elfi domestici di prepararti un cestino, anche se questo va contro la mia politica. Ma vedi, per aiutarti farei di tutto”, conclusi compiaciuta e benevola come la Madre Teresa.
“Non dubitavo che tu avessi una politica tutta tua, di certo non poteva mancarti. Di cosa si tratta?”
“Non ti ricordi del C.R.E.P.A.? Guarda che esiste ancora! E adesso conta ben quattro membri. Me, Ron, Harry e anche Ginny. Non ti va di unirti anche tu? Ti do una spilla!”
“Ben quattro membri, non mi dire…”, mormorò Draco piluccando una briciolina di torta. “Ho solo una domanda: per cosa sta esattamente crepa? E perché dovrei andare in giro con una spilla che ti augura di andare al creatore?”
“B’è, prima di tutto sta per Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti. Seconda cosa, dovresti perché gli elfi domestici sono trattati come schiavi. Non è assolutamente giusto quello che i maghi fanno ai loro elfi! Loro ci aiutano in casa, dovremmo trattarli con riguardo. Dovrebbero avere uno stipendio, le ferie, un sindacato, per soddisfare i loro bisogni personali.”
“Dovresti cambiargli nome, sai? Quello è orribile. Nessuno metterebbe mai una spilla crepa.”
“Ma perché?”, sbuffai.
“Perché dice crepa!”, esclamò Draco esasperato, come se dovesse far capire qualcosa di molto elementare ad una bambina altrettanto elementare.
“E’ solo un nome!”, dissi alzando gli occhi al cielo.
“Il nome conta, cosa credi? Ad esempio per un’agenzia il nome è come il biglietto da visita. Ti fideresti mai di uno che si chiama, che ne so, Stronzibus?”, disse lui con fare saccente.
“Ah, se me lo dice uno che si è sempre vantato del suo nome allora dovrei dargli ascolto”, dissi alzando le sopracciglia.
“Ah… la mia croce”, disse Draco con finta sofferenza.
“Cosa vorrebbe dire la tua croce?”, domandai curiosa.
“Mah, sai, è da una vita che mi dicono che devo tenere alto l’onore di famiglia e tutte quelle cose lì. E mio padre…” Si bloccò. Divenne rosso in viso e abbassò lo sguardo. In quel momento mi ricordai che Lucius Malfoy era ancora ad Azkaban. Certo, i Dissennatori non erano più a guardia della prigione, ma doveva essere lo stesso orribile sapere per lui che suo padre era rinchiuso là dentro.
“Hm… capisco. Comunque sia il C.R.E.P.A. ha già il suo nome ed è perfetto.” Tentare di deviare i discorsi non era mai stato il mio forte, tuttavia Draco ghignò, recuperando un po’ di spavalderia.
“Scommetto che sarei capace di trovare un nome più interessante. Anzi, dieci nomi più interessanti!”
“Oh, ma certo. Dopotutto si sa che Draco Malfoy è l’uomo giusto al momento giusto. Sempre!”
Draco sogghignò e guardò l’orologio. “Dovremmo andare, quando arriveremo al castello sarà già ora di cena.”
“D’accordo.” Alzai la mano per chiedere il conto e quando arrivò la cameriera tirai fuori il portafogli.
Draco allungò la mano e mi fece abbassare le mie sulle ginocchia. “Faccio io”, disse dando alcune monete alla signorina.
“Non ce n’era alcun bisogno, davvero”, dissi io alzandomi.
“Devo conservare la mia reputazione di gentil’uomo”, disse lui con aria di elegante superiorità.
“Grazie.”
“Di nulla.”
Uscimmo dal bar, con tanti saluti e arrivederci da parte delle cameriere e dei baristi, e cominciammo ad incamminarci verso Hogwarts. Il freddo si era impadronito dell’aria, ma il mio cappotto pesante era rimasto ancora chiuso nel bagagliaio. Non era certo a me essere così sprovveduta, ma in quei giorni ero stata davvero troppo impegnata, per lo studio, per Ron e anche per Draco, e cominciavo a perdere qualche colpo. Cacciai le mani in tasca e continuai a camminare.
“Comunque, al posto di cercare di convincere la gente ad aderire al tuo movimento, dovresti prima farti pubblicità”, esordì Draco all’improvviso. “Non so, dovresti stampare volantini che spiegano che cos’è il crepa. O fare delle iniziative a pagamento, un galeone per… non so qualcosa di buono da mangiare, o delle informazioni sui compiti, dato che sei tu”, aggiunse infine ridacchiando.
“D’accordo, ci penserò”, dissi cupamente. Vidi Draco ghignare e non potei fare a meno di sorridere. “Ho detto che ci penserò, non che è sicuro.”
“Io non ho detto niente”, disse lui. “A proposito… seguirò il tuo consiglio, andremo a mangiare fuori. Anche se moriremo di freddo se andrà avanti di questo passo.”
“Oh, no! Una volta ho letto una magia che riscalda l’ambiente circostante. Se fatta bene dovrebbe durare un’ora per un ampiezza di circa cinque metri cubi”, lo informai.
“Davvero? Grazie. Dove le trovi queste magie? Sono molto utili.”
“In giro… leggendo”, dissi vagamente stringendomi nelle spalle. “Non appena scopro di che magia si tratta te lo dico.” Mi strinsi di più nelle spalle e continuai a camminare. Tremavo dal freddo, e avevo addosso solo una felpa leggera. Draco, al contrario di me, era stato molto più previdente, e si era messo un lungo mantello nero, che probabilmente doveva tenergli molto caldo. Rabbrividii.
“Hai freddo?”, mi chiese all’improvviso lui voltandosi verso di me.
“Ma dai, come l’hai capito?”, chiesi sarcastica. Il vento, come per punirmi della mia linguaccia acida, prese a soffiare più forte.
“Aspetta.” Draco si fermò, si tolse il mantello e me lo gettò sulle spalle.
Non potevo non far finta di non essere sollevata, e che volessi restituirglielo, così mi limitai a dire: “E tu adesso? Non avrai freddo?”
“Ho sotto il cappotto”, disse lui allacciandomi un paio di bottoni del mantello, mentre io tremavo con le braccia conserte, per cercare di trattenere il caldo. “Andiamo.”
Il più velocemente possibile raggiungemmo il castello, e solo quando fummo nella Sala d’Ingresso riuscii a rilassarmi. Mi tolsi il mantello e lo porsi a Draco. “Grazie mille, sarei morta assiderata. Sarebbe stato il viaggio Hogsmeade-Hogwarts più lungo della mia vita”, dissi sorridendo.
“Di nulla.”
“A proposito, se vieni con me ti dico qual è l’incantesimo per scaldare”, dissi andando verso le scale.
“Devo andare nel dormitorio di Grifondoro?”, chiese lui con espressione orripilata, come se avesse appena visto una cacca di Doxy.
“No, non credo che la Signora Grassa ti farà entrare.”
“La signora grassa è il quadro davanti alla porta della vostra Sala Comune? Qual è?”
“Quello della… signora grassa, appunto”, dissi avviandomi. “Ha su un vestito rosa, e a volte è in compagnia del quadro di un’altra strega, molto magra. Si chiama Violet.”
“Forse ho capito chi è”, disse Draco. “Noi abbiamo la statua di un falco come entrata.”
Arrivammo davanti al ritratto e subito la Signora Grassa ci fermò: “Alt! Lui non è un Grifondoro.” Guardò Draco con aria sospettosa e prevenuta, chinandosi su di lui per osservarlo meglio e tirando fuori un monocolo.
“Tanto non entrerei nemmeno se me lo chiedessero per favore”, la rimbeccò Draco.
“Che maleducato! Non provare a sgusciare dentro, sai?”, continuò il quadro, poi incrociò le braccia al petto con espressione sdegnata e mi guardò.
“Fiato d’ape”, dissi.
“Fiato d’ape? Che razza di parola d’ordine sarebbe?”, commentò Draco borbottando imbronciato.
La Signora Grassa si spostò per lasciare libero il passaggio: “E’ la parola d’ordine che ho inventato io!”, rispose a voce alta e squillante. “E se proprio lo vuoi sapere sono uno dei quadri più fantasiosi del castello! Le immagino le parole d’ordine del Falco, sono le stesse da quando è stato scolpito”, sbottò.
“Ah si? Sentiamo!”, disse Draco con tono di sfida.
Li lasciai ai loro battibecchi ed entrai. Andai subito a cercare un quaderno nel quale appuntavo incantesimi, formule e altri promemoria. Lo ricopiai su di un pezzo di carta e scesi in Sala Comune. Quando uscii sul pianerottolo Draco e la Signora Grassa, al posto di fare pace, stavano ancora battibeccando. Anzi, parevano essersi fatti entrambi più agguerriti.
“Io credo che Harold il Troll fosse un grande racconto per bambini!”, stava dicendo Draco accalorato.
“Sciocchezze! Le favole di Frederick Nucklen sono molto meglio!”, esclamò la Signora Grassa.
Non mi chiesi nemmeno per quale strana associazione libera di pensiero fossero arrivati a discutere anche sulle favole per bambini. Nel vedermi Draco arrossì e si voltò dall’altra parte per non guardare la tela. In mi avvicinai a lui e dissi: “L’incantesimo è questo”, porgendogli il foglietto.
“Grazie”, borbottò prendendolo e incamminandosi per la scalinata. “Ah, e tanto per la cronaca, adesso vado a dire la mia fantastica parola d’ordine al mio fantastico falco!”, gridò alla Signora Grassa.
“Hmpf!”, fece quella con una brutta smorfia in viso. Quando fu sparito si voltò veloce verso di me e disse: “Comunque non mi fido di lui, la parola d’ordine è cambiata. Adesso è: alito di drago.”

Draco
Mi buttai sul letto e iniziai a fissare il soffitto con le braccia incrociate dietro la nuca. Ero appena tornato dal mio fantomatico appuntamento, ma non era andato come speravo. Certo, Halle era molto carina e simpatica, ma già sapevo che non mi poteva piacere. Il fatto era che avevo realizzato solo pochi giorni prima che mi piaceva un’altra ragazza. Ma purtroppo quest’altra era fidanzata, e anche se non lo fosse stata mi avrebbe ignorato e respinto. Forse ero un po’ pessimista, ma la pensavo così. D’altronde, come altro poteva andare con una come lei? Eravamo del tutto incompatibili, lo sentivo. La mia era solo cocciutaggine e fantasia repressa che si svegliava in me, adesso che non avevo più il freno di mio padre.
Avevo rinviato l’appuntamento con Halle di qualche giorno, per organizzare tutto come si deve. Ma era da un po’ di tempo che pensavo solo a lei, la mia ragazza incompatibile. Era il mio chiodo fisso: Hermione Granger. Meglio conosciuta come: la Mezzosangue, l’Amica di Potty e Weasley e, ultima mia invenzione che non avrei mai divulgato, la Ragazza che mi Piace Fidanzata con un Fesso.
Ma non l’avrei mai chiamata così davanti a tutti.
Udii una voce dall’altra parte delle tende del letto a baldacchino: “Draco, sei tu?”
“Si”, risposi a Blasie con tono piatto.
“Com’è andata?”
“Di merda.”
“Lo sapevo.”
“E come facevi?”
Le tende si scostarono. “Scherzi? L’effetto della pozione è sparito da un sacco, ma tu sembri ancora sulle nuvole! Ti piace qualcuna, vero? Chi?”
“Cos’è? Il terzo grado?”, chiesi infastidito.
“No, sono solo curioso”, disse lui alzando le spalle.
Lo guardai un secondo. “Hm… poi se te lo dico mi prendi in giro”, dissi, distogliendo lo sguardo da lui e puntandolo di nuovo sul soffitto, dove era rimasto per venti minuti prima che lui interrompesse i miei pensieri.
“E’ la Granger vero?”
Mi volsi verso di lui con uno scatto. “Ma che…!? Come l’hai capito?”
“Conoscendoti non ci vuole tanto. E poi tu mi dici: se te lo dico mi prendi in giro. Insomma, mi stai dando un grande indizio”, disse annuendo con gli occhi spalancati, come a dire che era una cosa ovvia.
“Hm… e va bene è lei!”, grugnii di malavoglia.
“Okay. Allora ’notte.”
“Tutto qui? Non hai qualche consiglio-Blasie da darmi?”
“Cos’è un consiglio Blasie?”, domandò lui stranito.
“E’ uno dei tuoi consigli filosofici”, dissi io. “Intendiamoci, sono incomprensibili eh, però almeno danno un speranza.”
“Ah”, ci pensò un secondo. “…no. La Granger è carina, ma secondo me dovesti lasciarla perdere, sarebbe troppo complicato stare con lei. E poi sta già con Weasley, no?”
“Già”, mugugnai io.
“Draco?”
“Hm?”
“Posso fare un giro di scommesse su come andrà a finire?”
Mi alzai di scatto a sedere sul materasso. “Non ti azzardare! Non devi dirlo a nessuno Blaise”, sibilai rabbioso guardandomi attorno per controllare che tutti dormissero -e a giudicare dal russare di Theodore era così-. “Se lo dici a qualcuno ti… ti…” Non riuscivo a trovare una minaccia abbastanza grande.
Blaise si appoggiò ad una colonnina del letto, le braccia incrociate ed un sorriso divertito. “Mi…?”
“Ti do fuoco ai capelli!” Non me ne poteva venire in mente una più stupida, no di certo.
Blaise scoppiò a ridere e mi diede la buonanotte, lasciandomi furente sul letto. Mugugnando e borbottando mi misi sotto le coperte e mi voltai verso il muro. Cercai di dormire, ma fu molto difficile.
In meno di un mese avevo scoperto un sacco di cose: che la mia vita non aveva senso perché non avevo mai amato nessuno, che gli elfi domestici avevano un fan-club, che mi piaceva la Granger, e anche il modo per riscaldare per un’ora un ambiente di cinque metri cubi.


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Buon salve! ^^
Allora, quale precisazione generale che mi hanno fatto notare nelle scorse recensioni:
-Tyger muore nel settimo libro bruciato nell'Ardemonio, ma compare nel primo capitolo di questa fic nonostante essa sia ambientata dopo la guerra. Insomma, non ci sono giustificazioni plausibili, lo so -.- però vi dico che il settimo libro l'ho letto solo una volta e muoiono davvero troppe persone! XD Quindi, chiedo venia: mi ero scordata di Tyger...
-I gusti musicali di Draco sono stranamente molto babbanofili! XD La mia spiegazione è che Draco, non avendo più il freno di suo padre, comincia a capire che la realtà dei maghi non è l'unica che esiste e che i babbani non sono poi così deficenti come li aveveva descritti Lucius. Quindi comincia ad ascoltare musica babbana e ad apprezzarla, tanto più che lui la apprezza come musica in quanto tale, non come prodotto babbano.
-Ho messo Blaise Zabini come miglior amico di Draco, e... be', sono stata contagliata dalle centinaia di Dramione che spopolano qui su efp e non ho immaginato Theodore Nott come amico per Draco. Comunque a questo punto non credo di cambiare la storia e spero che questo sia un dettaglio sul quale potrete chiudere un'occhio.

Precisazione sul capitolo: la visione dell'amore da parte di Hermione non rispecchia proprio quella che ho io in questo momento (o per lo meno è una parte della mia visione), ma si può dire che sia abbastanza vicina a quel che pensavo quando avevo diciassette anni o giù di lì, questo per farvi capire quanto Draco ed Hermione sono ancora dei ragazzini.

Be' a parte questo ringrazio di cuore tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, leggere i vostri pareri e i vostri consigli è stato bellissimo ^^ Poi un grazie alle persone che hanno inserito questa storia fra le Seguite/Preferite/da Ricordare. Siete più di quanto mi aspettassi!
Domani posterò sul mio blog l'anticipazione del prossimo capitolo. A settimana prossima,
Patrizia

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Capitolo 5
*** Macchie d'inchiostro ***


Capitolo 5
Macchie d’inchiostro





Draco
Non potevo. Non potevo e basta.
Sarà strano, ma in diciotto anni di vita non ero mai stato rifiutato. Non avevo mai rinunciato ad una ragazza, non avevo mai fantasticato su qualcuna senza poi darle almeno un bacio, non ci avevo quasi mai provato senza ottenere qualcosa. Insomma, ero un viziato, e molto probabilmente avevo una mania ossessivo compulsiva che mi impediva di non avere contatti fisici con l’altro sesso per più di quattro giorni. Ma da quando avevo mangiato quei dannati cioccolatini tutto andava storto! Non ero più io, Draco Malfoy non era più l’emblema di Casanova a Hogwarts, almeno nella mia testa. Venivo schiaffeggiato dalle ragazze, rifiutavo del sesso che mi veniva così spontaneamente offerto, fissavo appuntamenti senza un particolare fine. Era colpa solo di Hermione Granger. Il solo modo di risolvere la questione era confessarle che mi piaceva, ma siccome ormai tutto andava storto, di sicuro mi avrebbe detto di no.
Mi sedetti nella solita poltrona che usavamo io ed Hermione nella Stanza delle Necessità e attesi. Di solito lei non era mai in ritardo, ma quella volta mi ritrovai ad aspettarla. Dopo circa un quarto d’ora sentii la porta aprirsi.
“Granger! Alla buon’ora!”, la apostrofai. Lo feci solo per darle fastidio, solitamente era lei che aspettava me, e non vedevo l’ora di discutere un po’ sulla mia sfacciataggine, per sentirle dire frasi come ‘da che pulpito viene la predica!’ Ma non fui soddisfatto.
“Scusami”, borbottò Hermione a sguardo basso sedendosi di fronte a me.
Non indagai oltre, e dissi a voce alta: “Allora? Vuoi che ti racconti com’è andato il mio galante appuntamento?”
“Si, certo”, disse lei.
“Allora… scusa, ma con tutta la buona volontà… non mi piace. Resta l’ultima scelta, la ragazza babbana. Però non è giusto”, mi lamentai. Non reagiva, così la buttai lì: “Meriterei di meglio!”
“Si, certo”, disse Hermione, sempre ad occhi bassi, apparentemente intenta a leggere degli appunti e scribacchiare ogni tanto una correzione.
Non ci feci caso, pensando che fosse una delle su battutine pungenti, e continuai imperterrito. “Insomma, credo di essere un caso disperato”, dissi sbuffando e accasciandomi teatralmente sulla poltrona.
“Si, certo”, disse ancora la Granger senza guardarmi.
...
“Hermione? Va tutto bene?”
“Ma certo.”
Mi stava davvero ascoltando? Meglio fare una prova: “L’altro giorno sono riuscito a  mangiare un intero Dorsorugoso di Norvegia e quando sono tornato al mio dormitorio c’era Albus Silente disteso sul mio letto che mi ha regalato un topo da compagnia: lo chiamerò Brutus, e ci farò la lotta clandestina di topi.”
“Hm-m, certo.”

“Hermione…”
“Che c’è?”
Pensai che avrei voluto sedermi al suo fianco, e subito la sua poltrona si allungò  in un comodo divanetto per due. Non per niente ci trovavamo nella Stanza delle Necessità. Mi alzai e mi sedetti accanto a lei. “C’è qualcosa che non va?”
“Certo che no, perché?”, chiese lei guardando ostinatamente un libro.
“Mah, non lo so, continui a dire si, certo!” Nemmeno il fatto che avessi imitato in modo stridulo e seccante la sua voce l’aveva smossa dalla sua crociata: apparentemente incendiare un libro con lo sguardo. Francamente, non pensavo ci sarebbe mai riuscita.
“Ah scusa. Dicevi?”, chiese all’improvviso alzando lo sguardo. Aveva gli occhi leggermente arrossati e mi venne un dubbio.
“Granger hai pianto?”
“Certo che no”, disse lei spavalda sollevando il mento. Si alzò e si mise la borsa a tracolla. “Scusa Malfoy, ho tanto da studiare.”
E detto quello, sparì.

Hermione
Io mi sedetti da un lato, Ron dall’altro. Harry, poverino, stava in mezzo a noi come il Belgio neutrale che sarebbe stato attaccato e raso al suolo senza preavviso. Già me lo vedevo Harry raso al suolo, colpito per sbaglio da una maledizione destinata a Ron.
Mi schiarii la voce.
“Come?”, chiese Ron.
“Niente”, risposi io.
“Se devi dire qualcosa alle mie spalle puoi dirlo direttamente a me”, disse Ron piccato.
“Non ho tempo per parlarti alle spalle, ho cose più importanti da fare”, rimbeccai.
“Oh certo! Come ad esempio andare a fare una chiacchierata con Malfoy, oppure studiare, o leggere, o chissà quante altre cose interessanti!”
“Sta’ un po’ zitto Ronald! Sai una cosa?: mi hai avvero stufato!”, esclamai. E, prima che arrivasse la professoressa di pozioni, mi spostai in un banco vuoto. Rimasi lì in silenzio ad aspettare, voltata dall’altra parte per non vedere Ron. Poi, all’improvviso, la parte vuota del banco venne occupata.
“Ciao”, disse Draco poggiando la borsa a terra e sedendosi al mio fianco. Sentii lo sguardo di un paio di Serpeverde dardeggiare verso di noi.
“Ciao”, mugugnai. Perfetto, non poteva scegliere momento peggiore per essere -una volta tanto- gentile e sedersi vicino ad una povera emarginata.
“Che bella faccia che hai, cos’è successo?”
“Niente.”
Attimo di pausa. “Senti… Potty e il tuo ragazzo mi stanno guardando male. Mica sarà colpa mia, no?”
“No, è colpa mia”, sospirai.
“Che cos’è successo?”, ripeté lui.
“Mah… Ron è arrabbiato, dice che non stiamo mai assieme. Ma non è assolutamente vero, stiamo assieme un sacco di tempo. Praticamente dormo da lui!”
“Seh, dormi. Come no”, ghignò Draco aprendo la cartella.
“Nel senso che… passiamo assieme tutte le sere, insomma!”, sbraitai arrossendo, “E le lezioni! E il pranzo, e tutto!”, esclamai. In quel momento entrò la professoressa, così dovetti zittirmi.
“E quindi?”, bisbigliò Draco.
“E quindi niente. Quindi sta diventando un tormento. E continua a fare allusioni a Lavanda Brown, che lei era diversa, che non lo lasciava solo un minuto”, sibilai rabbiosa. “Che vada dalla sua Lavanda allora, visto che gli piace tanto.”
Nemmeno a dirlo che vidi Lavanda sedersi tutta contenta affianco ad Harry. Grugnii di rabbia e vidi Ron lanciarmi un’occhiata eloquente.
“Ma lo hai visto? Lo hai visto bene? Hai visto che ha fatto?!”, sibilai di nuovo, stringendo la penna d’aquila e digrignando i denti.
“Si, si, ti conviene stare attenta”, disse Draco prendendomi il mento e voltandolo verso la lavagna, anche lui lo sguardo rivolto alla professoressa. “Dai, segui la lezione”, mi intimò. Dopo meno di un secondo ridacchiò, portandosi una mano alla fronte e facendo segno di no con la testa.
“Che hai da ridere?”
“No, niente. E’ che non immaginavo che avrei mai dovuto dire a te di stare attenta ad una lezione”, disse lui copiando quel che c’era scritto alla lavagna.
“In effetti”, dissi io. “Quindi immagino che sia meglio che non rovini la mia reputazione”, e così dicendo aprii il quaderno degli appunti di pozioni.
“B’è, cambiare a volte fa bene”, disse Draco.
“A volte.”
“… fa bene.”
“E quindi, che vorresti dire? Dovrei prestare meno attenzione alle lezioni?”, chiesi copiando sulla pergamena uno schema.
“Certo che no. Dovresti scioglierti un po’, sei così rigida a volte”, disse Draco scrollando le spalle.
Trasalii.

“Oh, insomma, che c’è? Il tuo buonismo ti impedisce di lasciarlo in pace?”, sbottò Ron incrociando le braccia sul petto e guardando fuori dalla finestra.
“No, è solo che vorrei risolvere la faccenda. Da solo non ce la potrà mai fare”, replicai io coprendomi meglio.
Era Sabato sera, e io e Ron eravamo nella Stanza delle Necessità. Non ho idea di quanto quella stanza venisse usata dagli alunni, ma probabilmente tantissimo, perché i dormitori erano sempre affollati e non ci si poteva incontrare lì con la propria fidanzata o fidanzato.
“Si certo. Dovresti saperlo che cosa cerca di fare Malfoy”, brontolò Ron senza guardarmi.
“Oh, che cosa?”, domandai con finta curiosità.
“Vuole… vuole solo che gli dici qualcosa su Harry. Cosa credi? E’ un approfittatore, vorrà fargli un brutto scherzo, o qualcosa del genere.”
“Ma va, cosa dici? Che cos’è, un bambino di cinque anni? E poi sono stata io a proporgli il mio aiuto”, dissi con una smorfia.
“E’ quello che credi”, disse Ron scuotendo la testa.
“Non credo che Draco sia un così grande stratega”, dissi con una risatina.
Ron si voltò di scatto verso di me. “Cosa?” Lo guardai senza capire. “Adesso lo chiami anche per nome?”
Sbuffai. “Che cosa c’è di male?”, chiesi stringendomi nelle spalle. “E’ come per la storia di Voldemort, non chiamiamo i Serpeverde per nome solo perché non ci siamo abituati. Ma ce l’hanno un nome, sai?”, sbottai acida.
Ron mi puntò addosso l’indice accusatore, così simile a quello di sua madre. “Tu lo stai difendendo.”
“Io? No, non è vero!”, protestai. “E da cosa poi?”
“Da tutto. Dalle mie accuse, dalle accuse degli altri. E ti difendi per essere sempre assieme a lui!”
“Io non sto sempre assieme a lui!”
“Come no? Ieri pomeriggio eri con lui, Mercoledì sei andata da lui!”, esclamò Ron. “E io che cazzo sono? Quello di riserva?”
“E allora anche se lo vedo un giorno o due? Io e te passiamo tutto il giorno assieme. Adesso siamo assieme, no?”, chiesi spazientita.
Ron rimase un attimo in silenzio, guardandomi, poi si alzò da letto e cominciò a raccogliere i vestiti con gesti rabbiosi. “Per quanto mi riguarda…”, sbottò infilandosi i boxer, “…potevi pure non venire”, e si mise i pantaloni.
“Ah si?”, chiesi infastidita avvolgendomi le coperte attorno e alzandomi a mia volta. Ron si mise le scarpe senza allacciarle e raccolse la camicia guardandomi storto. “Non mi pare che prima ti lamentassi che io fossi qui!”, strillai istericamente.
“Non… non è questo il punto”, borbottò Ron facendo una smorfia. “Tipo… quando stavo assieme a Lavanda eravamo sempre assieme, come una coppia vera.”
“Si, infatti ho visto come ti piaceva stare con lei giorno e notte! Dopo tre mesi non ce la facevi già più.”
“Si, ma stare con te dovrebbe essere diverso!”, esclamò Ron tutto d’un fiato. Si allacciò la camicia tutta storta e stropicciata. Restammo in silenzio finché non fu vestito e non cominciò a dare occhiate intorno nervosamente. Prese la borsa.
“Dove vai?”, chiesi con una nota di panico nella voce.
“Non sono affari tuoi, perché non vai a cercare la compagnia di Malfoy?”, sbottò Ron.
“Te l’ho già spiegato il motivo per cui ci vediamo”, dissi con voce quasi disperata.
“Si certo. Perché non la pianti con questo atteggiamento perbenista e non ti sciogli un po’?”, chiese Ron avviandosi verso la porta. “Sei rigida”, mi disse con un sibilo uscendo. E sbatté la porta.

“Hey… che hai?”, mi sussurrò Draco.
“Come?”, chiesi girandomi a guardarlo.
“Ti senti bene?”
“Si, perché?”, chiesi confusa.
“Stai cercando di tagliare quella radice con la parte curva del cucchiaio”, disse Draco indicando con un dito la mia radice, che emetteva qualche mugolio di disapprovazione e si divincolava sotto al cucchiaio.
“Oh!”, esclamai. La radice squittì nella mia direzione.
“Tieni”, mi disse Draco passandomi la sua radice già tagliata.
“Oh no, faccio in un attimo”, dissi togliendomi i capelli dal viso e frugando nella borsa per cercare il coltello. “Un attimo…”, ripetei.
“Tieni”, disse ancora Draco spingendo verso di me le sue radici. “Lo rifaccio io in un attimo, tu invece mi sembri fatta di asfodelo in polvere”, disse con un sorrisino.
“Grazie”, borbottai imbarazzata. Okay Hermione, concentrati!, mi dissi. Guardavo le istruzioni alla lavagna ma non ne capivo nulla. Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere. Dosai distrattamente la polvere di unghia di troll, solo dopo un po’ mi accorsi che ne stavo versando troppa.
“Accidenti!”, esclamai. Dalla mia pozione si levò un piccolo sbuffo di fumo e, poco dopo, dal perfetto colore smeraldo, divenne opaca e giallastra, mentre degli strani grumi cominciavano a formarsi in superficie. “No, Santo Cielo, no”, mormoravo disperata guardando il mio calderone con pietà. Avevo quasi l’intera testa ficcata in quella maledetta pozione.
Ad un tratto uno schizzo di qualcosa mi giunse in faccia. Mi toccai la guancia e, quando guardai, la mano era piena d’inchiostro nero. “Ma cosa…?”, mi voltai verso Draco senza fiato e lo vidi ridacchiare.
Presi la penna dal mio calamaio e la agitai nella sua direzione. Grossi schizzi d’inchiostro andarono a macchiargli la camicia e la fronte, mentre lui cercava di proteggersi con il braccio. Tornò all’attacco e mi lanciò addosso altri schizzi d’inchiostro. Immersi ancora la mia penna nel calamaio e continuai quel gioco silenzioso.
A quanto pare però, per la professoressa, non erano poi troppo silenziose le risatine che cercavamo di soffocare, perché ad un tratto si volse e venne verso di noi. A quel punto la mia pozione si era fatta simile a cemento giallo, mentre in quella di Draco erano cadute un paio di gocce d’inchiostro ed era diventata viola scuro, molto fluida.
“Vi divertite”, constatò con leggerezza mettendosi le mani sui fianchi.
Lanciai un’occhiata a Ron, ma lui stava ostinatamente fissando corrucciato il suo calderone. Nascosi il volto, rosso come un pomodoro, per non destare l’ira della professoressa e farle notare il mio atteggiamento di sottomissione. Mi riscossi quando sentii la risposta di Malfoy: “Si, parecchio grazie.”
“Dra-hm!”, esclamai dandogli un calcio sotto al banco.
La professoressa alzò un sopracciglio. Quando faceva così somigliava in modo inquietante a Piton, probabilmente doveva essere la sua figlia illegittima, o qualcosa del genere. “Siccome vi divertite così tanto a fare pozioni passerete il venerdì sera in punizione, a preparare alla perfezione la Pozione Seccalingua. Finché non sarà perfetta tornerete qui ogni sera”, decretò con voce imperiosa. “E ora uscite dalla mia classe”, aggiunse voltandosi.

Draco
“Non posso crederci!”, sbottò Hermione.
“Che c’è? Non eri mai finita in punizione, secchiona?”, chiesi sogghignando.
“Solo una volta. Ma non era colpa mia”, precisò. “Dellibus Gradi”, disse al gargoyle che stava di guardia al bagno dei Prefetti. La statua si scrollò, alzando una nuvoletta di polvere, poi si spostò.
“Grazie”, dissi rivolto alla statua, entrando. “Che cos’è un Dellibus Gradi?”, chiesi poi a Hermione.
“E’ una tipo di pianta. Non ti ricordi? L’ha detto la Sprite al quinto anno.”
“Ma come fai a ricordarti tutte queste cose?”, chiesi spazientito. “Non ricordo nemmeno che cos’ho mangiato stamattina a colazione”.
“Io studio”, disse Hermione tagliente alzando un sopracciglio macchiato di nero. Soppressi una risatina a quella vista e incrociai le braccia al petto. “Il Dellibus Gradi, detto anche Pianta dalla Doppia Personalità, è una pianta che si sviluppa sotto terra.” Cominciò a girellare per la stanza, cercando qualcosa che si trovava lungo la parete destra a quanto pareva. Tastava le pietre dure e fredde e le osservava con attenzione.
“Che fai?”, chiesi.
“Zitto”, mi intimò lei. “Dicevo… in superficie si vede solo un bellissimo fiore dal profumo fortissimo, che serve per attirare le vittime, ma quando ti avvicini ad annusarlo il Dellibus spunta fuori dal terreno e mangia la sua preda.”
“Ma va?”
“Si. E’ grande circa quanto un drago adolescente, e si trova soprattutto nei luoghi paludosi e vicino ai laghi.” Hermione tastò ancora qualche pietra poi disse col sorriso sulle labbra: “Trovato!”
“Cosa?”, chiesi avvicinandomi.
Lei mi ignorò, tirò fuori la bacchetta e mormorò alcune parole sulla pietra. Quella tremolò, poi sparì. Attorno ad essa cominciarono a sparire tutte le altre pietre finché non si rivelò una specie di armadio, in una nicchia della stanza. “Che cos’è?”, chiesi avvicinandomi.
“E’ una cosa che ho scoperto assieme a Ron”, disse Hermione. “Non so come funzioni esattamente, ma è una specie di collegamento con la Stanza delle Necessità.”
“Questo è un passaggio per la Stanza?”, chiesi incredulo indicando l’armadio.
“Non proprio, però ti procura un sacco di oggetti di piccole dimensioni. Quello che ti serve, e che può entrare nell’armadio.”
“E a te che serve?”
Hermione si voltò verso l’armadio e rimase a guardarlo insistentemente. Ad un tratto quello scattò e si aprì. Dentro, incredibile ma vero, c’erano costumi da bagno di ogni foggia. Alzai un sopracciglio e la guardai scettico. “Oh andiamo! Non abbiamo nulla da fare fino a stasera”, mi incalzò Hermione.
Dannazione! Se non mi fosse piaciuta avrei detto di no! Devo avere più carattere. Lavoraci su, Draco! “E va bene”, dissi roteando gli occhi al cielo.
“D’accordo, girati”, mi disse agitando le mani e cacciandomi via con un gesto. “Va’ via!”, esclamò.
“Non ti preoccupare, nemmeno se tu fossi l’inventrice della pozione di bellezza ti salterei addosso.” Mi girai e mi allontanai.
“Si dice che fosse orribile in realtà”, disse Hermione.
“Chi?”
“L’inventrice della pozione di bellezza.”
“Sul serio?”
“Non lo so per certo. E’ una diceria. Ma se davvero è così, di sicuro in compenso era molto intelligente.”
Passarono alcuni minuti, in cui sentii i fruscii degli abiti che scivolavano via dalla pelle. Forse era solo un’impressione mia, ma pareva facesse molto più caldo di quando eravamo entrati. Mi si seccò la bocca. All’improvviso la consapevolezza che Hermione fosse a pochi passi da me, e si stesse spogliando, diventò fortissima.
Quanto ci sarebbe voluto per voltarsi? Pochi secondi immagino. Ma che! Qui parliamo di nanosecondi. E per raggiungerla? Quanto ci sarebbe voluto per quello? Anche allora mi risposi: poco. E per toccare la sua pelle morbida? Per annusare il suo profumo dolce? Toppo poco perché potessi ancora trattenermi dal farlo.
In fondo… era triste per Weasley, no? Si capiva lontano un kilometro. Quindi, magari, non mi avrebbe detto di no. Si sarebbe rifugiata fra le mie braccia, e solo dopo si sarebbe accorta che io le piacevo un mondo! Certo, essere accettato solo come ‘consolatore’ non era fantastico, ma mi sarei anche accontentato.
D’accordo Draco, mi dissi, è ora. Ce la puoi fare, che c’è di difficile?
“Draco”, sentii la voce di Hermione provenire da molto lontano. Mi voltai di scatto e la vidi.
Mi si accartocciarono le budella per la delusione. Tutto quel fantasticare! E lei era già nella vasca.
“Puoi cambiarti se vuoi. Mi volto.” Portava un costume intero azzurro. La vidi immergersi completamente nell’acqua e fare qualche bracciata.
“D’accordo”, borbottai. Mi misi il primo costume che trovai e mi sedetti al bordo piscina. Quando fui lì Hermione mi si avvicinò. Si stava strofinando forte il collo con una spugna, e teneva la sua indomabile montagna di capelli tutta appallottolata in disordine sopra la testa.
“Sta venendo via?”, mi domandò mostrandomi il collo.
“Quasi”, dissi io, e la raggiunsi nella vasca. Lei riprese a strofinare con rinnovato vigore. “Guarda che hai anche la schiena”, le dissi quando si voltò.
“Davvero?”, chiese preoccupata tentando inutilmente di dare un’occhiata. Poi mi guardò con cipiglio severo. “Ma come sei talentuoso. Riesci a far entrare l’inchiostro anche nel colletto della camicia! E’ per questo che siamo in punizione.”
“Mica l’ho fatto apposta!”, esclamai strappandole dalle mani la spugna con un gesto secco.
“Ma certo scommetto che è finito lì per sbaglio!”, esclamò Hermione gesticolando e facendo svolazzare schiuma profumata dappertutto.
“Dammi qua, faccio io. Sposta questi capelli impossibili”, le dissi. Lei si tirò la chioma ancora più su. Ecco, lo sapevo che stavo per fare una cazzata, proprio da me: la schiena perfetta e sensuale di Hermione mi stava davanti, a nemmeno un metro di distanza; non avevo mai visto una schiena tanto bella. Mi schiarii la gola, in un tentativo di riprendermi.
“Draco, mi chiedevo…”, cominciò Hermione lentamente.
“Si?”, chiesi mentre strofinavo.
“…come va con la pozione d’amore?”
“Oh bene, bene”, borbottai.
“Perfetto. Immagino che tu non veda l’ora di liberarti di me”, disse poi ridacchiando.
“Non è vero”, mormorai con gli occhi bassi.
Hermione si voltò a guardarmi con un sorriso indulgente. “Andiamo Draco. Non è una novità che io ti stia antipatica, non mi offendo mica.”
“Non… non mi stai più antipatica”, dissi mollando la spugna, che prese a galleggiare sul pelo dell’acqua.
“Sul serio?”, Hermione mi rivolse uno dei suoi sorrisi più smaglianti. “Anche tu mi stai simpatico.”
“Sul serio”, dissi io senza sorridere. “A-ascolta, lo so sembra folle e anche un po’ da stupidi, ma gli effetti della pozione sono spariti, per davvero. E tu mi piaci. Mi piaci sul serio”, dissi velocemente.
Il sorriso di Hermione si spense un po’. “Forse… forse è meglio che vada”, borbottò avviandosi verso il bordo piscina.
“No aspetta!”, dissi io raggiungendola. La presi per un braccio e la feci voltare. Restammo lì a guardarci per non so quanto tempo, poi, non so bene con quale parte idiota del mio cervello, le diedi un fugace bacio sulle labbra e mi ritrassi subito.
La guardai negli occhi. Lei si voltò e scappò via.


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Et voilà! ^^
Be', non c'è molto da dire su questo capitolo, tranne che forse può sembrare che Draco corra un po' troppo: è stato avventato? Non so, secondo me queste cose capitano, a volte uno nella vita pensa che ci si deve buttare, e perchè non farlo? Fra l'altro Draco è uno che ragiona più d'instinto che di cervello: si unisce ai Mangiamorte perchè sa che deve farlo, e una volta là si rende conto che ha sbagliato; oppure nel primo libro corre a denunciare Hagrid (a causa di Norberto) senza pensare che anche lui possa finire in punizione... Insomma, in definiva: un comportamento del genere è del tutto legittimato. Avrà poi il tempo di pensarci meglio nel prossimo capitolo XD
Riguardo ad Hermione: lei è una ragazza che difende i suoi diritti, anche se si tratta di avere dei problemi con il suo fidanzato. Hermione non ha mai pensato di poter piacere a Draco, così considerava sciocco da parte di Ron essere geloso, e continuava a vedere il nostro caro Serpeverde senza problemi. Se avesse saputo che Draco aveva una cotta per lei probabilmente l'avrebbe allontanato, per non daglie false speranze e non fare ingelosire Ron. Ma, vedete: il caso è qualcosa di magnifico.
Che altro? Mah... niente d'importante! Domani pubblicherò l'anticipazione del prossimo capitolo sul blog.
Vi ringrazio moltissimo, sono contenta di come sta andando questa storia. Nonostante sia diversa dai soliti canoni che distinguono le Draco/Hermione ho visto che molte persone la leggono, e le recensioni che ricevo sono davvero gentili! ^^ Quindi non posso fare altro che ringraziarvi di cuore e augurarvi una buona giornata,
Patrizia

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Capitolo 6
*** La consegna dei regali di Natale ***


Capitolo 6
La consegna dei regali di Natale





Hermione
Che presuntuoso!
Massì… non ci dovevo pensare. Sarà stato uno dei soliti scherzi tipici di Draco Malfoy.
Tanto, in fondo, a me che diavolo importava? Non ci dovevo pensare. Anzi, non ci pensavo già, quindi era inutile pensare di non pensarci.
Non m’importava.
No, no.
Proprio per niente…
Però che razza di persona!
Insomma, baciare così una ragazza ancora fidanzata (anche se per un pelo)! Voglio dire… bah, non ci dovevo pensare più. Non era una cosa che influiva particolarmente sulla mia vita, era solo uno sciocco ragazzo Serpeverde che non aveva assolutamente niente di meglio da fare in vita sua piuttosto che complicare la vita degli altri.
Sbuffai. Mi alzai dal letto e guardai fuori dalla finestra, posando il libro che stavo leggendo. Era il nuovo libro di Sam Guley, s’intitolava Draghi persiani. Una satira della società ben nascosta in un giallo. Pensai che sarebbe piaciuto molto a Draco, c’erano molti elementi nella narrazione che… basta.
Draco Malfoy era un argomento vietato! Non si doveva più parlare di Draco Malfoy nella mia testa. Ma insomma! Parlavo pure da sola! Anzi, peggio ancora: parlavo da sola di Draco Malfoy!
Era arrivato l’inverno, e fra poco sarebbero iniziate le vacanze di Natale. Per quell’anno i miei genitori sarebbero andati a sciare, e io gli avevo anticipatamente detto di andare senza di me, dato che ogni volta che mettevo ai piedi degli sci facevo qualche danno, per lo più a me stessa. In più avevo detto loro che tanto, per le vacanze, sarei andata a casa di Ron.
Purtroppo, con la nuova situazione che si era creata, avevo gentilmente declinato l’invito della signora Weasley, e avevo deciso che sarei rimasta al castello.
“Dai Hermione”, mi disse Harry con sguardo triste e aria supplichevole due settimane prima della partenza, “magari sarà anche una buona occasione per fare pace con Ron. Non restare qui da sola, vieni assieme a noi.”
“No, meglio di no. Sarà brutto stare con la famiglia di Ron tutta assieme dopo aver litigato con lui. Rovineremmo tutta l’atmosfera festiva.”
“Ma dai, è Natale. E’ giusto che lo passiamo tutti assieme. E poi ci sarò anche io, non devi parlare per forza con Ron. E Ginny!” insistette Harry. “E poi di sicuro la signora Weasley prenderà le tue parti!”
Rimasi un attimo pensosa, dubitando che Molly mi avrebbe tanto facilmente perdonata. A dirla tutta avevo un leggero timore di come l’avrebbe presa. “No, è meglio di no”, mormorai guardandomi le mani.
Non ero mai rimasta tanto tempo da sola al castello. Senza Harry e senza Ron. Ma pensavo che sarebbe stata una buona opportunità per portarmi avanti con il programma e per ripassare meglio gli argomenti già affrontati, dopotutto quest’anno avevamo i M.A.G.O., e non avevo la minima intenzione di rimanere indietro. Forse sarebbe stato meglio almeno da questo punto di vista. Ma anche con tutti quegli insistenti pensieri, che di vero avevano ben poco e servivano solo ad auto-convincermi, un vago senso di malessere e tristezza s’impadroniva di me ogni sera, quando pensavo che era un giorno in meno verso le vacanze natalizie.
Proprio in quel momento passò la McGranitt a prendere i nomi di quelli che sarebbero rimasti a scuola per le vacanze. Harry mi osservò con occhi melensi quando dette il proprio nome e io non mi mossi dalla poltrona. Saremmo rimaste solo io, due ragazze del terzo anno e qualche ragazzo del quarto. Sette in tutto. Non molti in realtà. Del mio dormitorio sarebbero andati tutti a casa.
Il giorno in cui Harry e Ron partirono mi svegliai presto per salutarli. Anche se avevo litigato con Ron non potevo lasciarlo andare senza neanche dirgli due parole. Senza fargli gli auguri e consegnare a lui e ad Harry di persona i regali che avevo preso loro per Natale. Scesi le scale per andare alla Sala Comune. C’era molto caos siccome la maggior parte della scuola stava partendo, e Calì Patil stava gettando all’aria la valigia perché non trovava più un cd delle Sorelle Stravagarie. Lo aveva cercato dappertutto anche la sera prima. Scesi fino alla Sala grande e lì trovai Ron ed Harry che parlavano accanto alla porta, aspettando di uscire. Corsi verso di loro sorridendo.
“Ciao Hermione”, disse Harry contento. “Fra cinque minuti partiranno le carrozze.”
“Ciao. Sono venuta a dirvi buon viaggio, e a darvi i regali”, dissi tirando fuori dal sacchetto che mi ero portata due pacchetti. Ne consegnai uno a Ron e uno ad Harry.
“Grazie”, disse Ron prendendo il suo.
Harry rimase un po’ lì, mi augurò Buon Natale e mi salutò con un bacio sulla guancia, promettendomi di salutare Ginny da parte mia, poi se ne andò con la scusa di parlare con Dean Thomas. Io e Ron restammo soli, per la prima volta dopo il nostro litigio.
Mi schiarii la gola.
“Grazie per il regalo”, borbottò Ron senza guardarmi.
“Di nulla”, dissi io velocemente.
“Anche io ti ho comprato un regalo”, disse poi alzando lo sguardo. “Ma credo che gli elfi lo abbiano preso per consegnarlo direttamente a Natale, come al solito.”
“Oh, non importa. Senti…”, cominciai.
“Senti…”, disse Ron allo stesso tempo. Ci guardammo sorridendo.
“Vai prima tu”, gli dissi, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“D’accordo. Volevo dirti… è che mi dispiace per quello che ti ho detto, tutto qui”, disse mentre le orecchie gli si dipingevano di un colore rosso acceso. “Non volevo dire quello… ero arrabbiato. Non è che lo pensassi davvero…”
“Si, si certo”, dissi io con lo sguardo basso.
“Volevi dirmi qualcosa?”, chiese con tono speranzoso.
Volevo davvero dirgli qualcosa? In effetti non mi veniva in mente nulla da dire. Ero arrabbiata con me stessa perché i miei pensieri vertevano soprattutto su una sola persona. E quella persona non era Ronald. “No, non fa niente”, dissi scuotendo la testa.
“Ah, okay. Allora… allora ci vediamo”, borbottò. Lo vidi avvicinarsi un po’, poi cambiò idea e si voltò di scatto, andando a passo di marcia verso l’uscita e spintonando un bambino del secondo anno. Quello voleva dire che non eravamo più ufficialmente fidanzati? Mi morsi un labbro e lo guardai unirsi ad Harry e Neville. Harry mi lanciò un’occhiata a metà fra il dispiaciuto e l’interrogativo. Per non farlo preoccupare gli sorrisi e agitai la mano nella sua direzione.
Il mio stato emotivo era parecchio strano: mi ero appena lasciata con Ron (anche se in realtà la situazione non era molto chiara), e non sentivo quella sconvolgente tristezza che avrebbe dovuto travolgermi, solo una vaga fitta di dispiacere.
Che fosse a causa del bacio? Di quel bacio? Di quel bacio di quella persona? Se ci pensavo così tanto allora voleva dire che per me era significato qualcosa. Ma era una cosa tanto sciocca, io non provavo nulla per Draco, non mi ero mai nemmeno soffermata a pensare a lui in quella maniera. Era un ragazzo carino, questo posso riconoscerlo, e passare del tempo con lui era piacevole, potevo quasi dire che fossimo amici.
Mi voltai sbuffando e mi avviai mogia verso la Sala Comune.

Draco
Non era stato il bacio della storia. Se fosse stato un film non avrei di certo vinto l’Oscar. Anzi, nemmeno un riconoscimento. Diciamocelo, era stato penoso. Talmente tanto che dopo Hermione era scappata via.
Camminavo con le mani affondate nelle tasche e lo sguardo puntato a terra per i corridoi solitari. Sembravo il Gobbo di Notre Dame tanto ero chino su me stesso.
Quell’anno tutti quelli del mio dormitorio se n’erano andati, perciò avevo la stanza tutta per me, avrei potuto scatenarmi, saltare su tutti i letti, gironzolare nudo nel dormitorio, restare con la luce accesa fino alle tre di notte! …non era emozionante come avrei potuto pensare qualche anno fa. Non avevo alcun programma interessante per utilizzare quella stanza come si deve.
D’altra parte non volevo nemmeno tornare a casa. Da quando papà era rinchiuso ad Azkaban a casa c’era solo mia madre, i domestici e, qualche volta, una vecchia zia che le faceva compagnia. Tornare in quella casa era deprimente, per quanto fosse casa mia, ma era così silenziosa e buia. Sembrava ancora più vuota di quanto non fosse già in realtà. Eravamo tutti degli zombie da quando papà era stato arrestato. L’unica cosa che mi dava un po’ di speranza era che pensavano di rilasciarlo fra qualche mese, siccome il nostro avvocato aveva detto al giudice che era stato costretto a compiere tutto spinto dalla paura che tutti allora provavano per Voldemort.
Io voglio bene a mio padre ma, diciamocela: all’inizio era solo brama di potere, che solo poi era degenerata in paura. Ma per me poteva anche passare per vigliacco, purché tornasse a casa.
Camminai ancora un po’, dirigendomi chissà dove. Non avevo una meta precisa, vagavo per il castello allo stesso modo in cui vagavo nei miei pensieri. “Ciao Draco”, mi disse una voce che avrei riconosciuto fra mille.
“Hermione”, dissi alzando lo sguardo. Lei mi guardò sorridendo mollemente, al che ghignai e chiesi: “Perché ancora qui? Sul treno non accettano i Mezzosangue?”
Lei mi diede una spintone e disse corrucciata: “Che gran battuta. Sei ripetitivo, lo sai?”
“Non si può sempre essere originali”, dissi alzando le spalle.
“Per questa volta ti perdonerò, ma in futuro mi aspetto frecciatine più fantasiose”, disse riprendendo a camminare alla direzione opposta alla mia.
“Aspettami!”, esclamai seguendola.
“Che fai? Mi pedini?”, chiese lei guardandomi storto.
Non aveva accennato  in alcun modo al bacio. Dopo quell’episodio non ci eravamo più visti, ma adesso, all’improvviso, aveva ripreso a parlarmi. A pensarci bene forse fu solo perché ero l’unica persona rimasta in tutta Hogwarts che lei conoscesse. E in effetti anche lei era l’unica rimasta che conoscessi io.
“No, è solo che non so cosa fare.” La raggiunsi e mi accordai al suo passo.
“Se è per questo nemmeno io”, disse lei sbuffando. “Hanno organizzato un’uscita ad Hogsmede per Capodanno, sai? Per di più credo che noi potremmo stare fuori quanto vogliamo”, aggiunse pensierosa.
“Davvero? Perché?”, chiesi illuminandomi.
“Perché adesso siamo maggiorenni”, disse lei. “Quindi suppongo che non risponda la scuola se a noi succede qualcosa.”
“E chi ne risponde?”
Noi”, disse lei facendo una faccia di palese scocciatura.
“Ah, scusami se non l’avevo capito”, replicai piccato. “Comunque, che ne dici di vederci per quel giorno? Usciamo e andiamo un po’ ad Hogsmede a vedere che fanno lì a Capodanno.”
“D’accordo.”
“Magari ci vediamo in giro.”
“Si, magari. Ah Draco, vieni con me? Ti ho preso un regalo.” Sorrise, del sorriso più bello che avessi mai visto.
“Sul serio? Grazie”, le dissi, riprendendomi. Poi, come ricordandomene improvvisamente: “Io non ti ho preso niente però.”
“Non importa”, disse Hermione scrollando le spalle.
Mi condusse alla Sala Comune di Grifondoro e chiese alla Signora Grassa il permesso perché facesse entrare anche me solo per quella volta. La Signora Grassa sbuffò e disse incrociando le braccia: “E va bene. Ma solo per questa volta.” Si fece da parte e ci fece passare. Mentre entravamo nella Sala Comune dei Grifondoro ci gridò dietro con voce squillante: “Solo perché è Natale!”
“Vieni qui vicino, se non entri assieme ad un ragazza la scala non ti farà passare” disse Hermione facendomi segno di avvicinarmi.
“Perché no?”
“Non lo so. I fondatori credevano però che i ragazzi non fossero affidabili, ed era loro proibito anche solo avvicinarsi al dormitorio femminile.” Hermione mi prese per un braccio e iniziò a salire le scale. Quelle brontolarono un poco, vibrarono leggermente, ma poi si fermarono silenziose.
“Veramente non ho mai provato ad entrare nel dormitorio femminile di Serpeverde. Però Pansy è venuta un sacco di volte nel mio.” Mi pentii subito di quello che avevo appena detto. Potevo anche evitare di sbandierare la mia finta relazione con Pansy Parkinson!
“Si b’è… Pansy Parkinson è un caso a parte ma, noi ragazze di solito non siamo disperate come voi.”
“Io non sono disperato!”, protestai.
“Si, certo che non lo sei”, disse Hermione con lo stesso tono che avrebbe usato per parlare con un bambino. “Adesso entra, prima che la scala cambi idea.” Entrai nel dormitorio femminile e feci un risatina guardandomi attorno.“Che hai da ridere?”, domandò Hermione.
“No niente. E’ solo che già non immaginavo di vedere mai nella mia vita la Sala Comune di Grifondoro, figuriamoci il dormitorio femminile del settimo anno”, dissi mettendo le mani in tasca.
“In effetti è vero, quale Grifodoro sana di mente ti avrebbe mai lasciato entrare? Il mio è un gesto di pietà.” Feci una smorfia al commento, ma non dissi niente. Hermione si avvicinò al letto e s’inginocchiò, cercandovi qualcosa sotto e allungandosi fino allo spasimo, per poi riemergere. Si alzò e mi porse un pacchettino.
“Perché lo tenevi sotto al letto?”, domandai.
“E’ l’unico posto dove gli elfi domestici non guardano”, disse lei stringendosi nelle spalle. “Di solito non puliscono mai sotto al mio letto, perché sanno che ci metto sempre dei cappellini.”
“Cappellini?”
“Si, così almeno avranno dei vestiti. Ma si rifiutano di prenderli, e per non correre il rischio di trovarli non puliscono più sotto al mio letto.”
Rimasi un attimo basito. Poi non resistetti, e scoppiai a ridere in modo incontrollato. “Ma che scema!”, esclamai ridendo della grossa.
Hermione s’infuriò e divenne tutta rossa. “Che cosa? In più che ti ho comprato il regalo! Ma perché?”
“No, no. Voglio dire, scusa!”, dissi ancora ridendo. “E’ che non ho mai sentito una cosa del genere! La rivolta degli elfi!”, esclamai.
Hermione rimase molto colpita da quello che dissi, e si sedette sul letto pensosa. La raggiunsi e mi sedetti anche io al suo fianco a gambe incrociate. “A che pensi?”, domandai, ancora con sorridendo.
“Niente”, disse lentamente. “Penso solo che… cavolo! Hai assolutamente ragione! Gli elfi si sono rivoltati in un certo senso, si sono rifiutati di lavorare per me, nonostante avessero dovuto farlo.”
“E allora?”, chiesi.
“E allora questo significa che loro hanno scelta. Se solo riuscissi a farglielo capire allora sarebbe tutto diverso”, mormorò con gli occhi fissi su un punto del letto di fronte al suo.
“In che senso?”, chiesi grattando con l’unghia il Magiscotch per aprire il mio regalo.
“Nel senso che capirebbero che loro possiedono il libero arbitrio. Che possono rifiutarsi di fare qualcosa per i maghi, se solo lo vogliono. Sta’ fermo”, disse poi scacciandomi la mano dal pacco regalo. “Insomma, se per caso un mago oscuro dicesse al suo elfo di fare qualcosa di male questi lo farebbe, anche se sa che è sbagliato. E’ già successo altre volte che gli elfi abbiano influito sulla storia”, mormorò pensosa. Io continuavo a grattare sulla carta regalo. “Vuoi stare femo?!”, domandò Hermione all’improvviso.
“Uffa, perché?”, chiesi con voce lamentosa.
“Devi aprirlo a Natale”, disse con voce ancora pensosa.
Sbuffai e mi stesi sul letto. “E va bene.” Gettando un’occhiata al comodino vidi l’ultimo libro uscito di Sam Guley: Draghi persiani. “Hey l’hai letto?”, chiesi alzandomi e prendendolo in mano. Lo voltai e iniziai a leggere il retro. “Com’è?”, chiesi.
“Non male. Anche se non è all’altezza dei suoi primi lavori”, disse Hermione con tono esperto.
“A quanto pare te ne intendi”, dissi sfogliandolo.
“Abbastanza”, disse con un vago sorriso compiaciuto. Si sedette a gambe incrociate di fronte a me.
“L’hai finito?”, chiesi agitando il libro.
“Ieri sera.”
“Me lo presti?”, chiesi sfacciatamente, quasi stringendomi il libro al petto.
“Certo.”
“Te lo riporto appena l’ho finito. Non ci metterò molto”, dissi sorridendo.
“Immagino. Guley si legge in un attimo.”
“Tu quanto ci hai messo?”
“Quattro giorni.”
“Quattro?”, chiesi stupito alzando le sopracciglia. “Questo mattone?”
Restammo a parlare tutto il pomeriggio. Il pomeriggio migliore della mia vita probabilmente. Non avevo mai incontrato una ragazza carina, divertente e interessante come Hermione.


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Ed eccomi ancora qui...
Yeah!
XD
Okay, a parte le frenesie di inizio giornata (si, sono le dieci di mattina, per me è inizio giornata), parliamo della fanfiction.
In verità su questo capitolo io trovo ben poco da dire. I problemi personali di Draco sono stati appena accennati, i dubbi di Hermione non convincono ancora nemmeno lei, Natale in questa fic sta arrivando in ritardo...! Dove andremo a finire?! ._. XD
A parte le amenità che scrivo sempre a fine capitolo... Se per caso avete qualche osservazione, positiva o negativa che sia, comunicatemela pure! Se voleste lasciare una recensione mi farebbe molto piacere -anche quella: positiva o negativa- ma intanto voglio ringraziare tutte le persone che hanno aggiunta questa storia fra le Preferite, le Seguite e le Ricordate (non sto a fare la lista perchè non ho voglia, e poi... voi lo sapete chi siete! XD).
Domani metterò l'anticipazione al prossimo capitolo, con relativa immagine, sul blog.
Addioooo,
Patrizia

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Capitolo 7
*** La lettera ***


Capitolo 7
La lettera





Hermione
“Professoressa McGranitt, vuole per caso un pacco-bomba regalo?”, chiese gentilmente il professor Vitious.
“No grazie”, disse la McGranitt allontanando cautamente il pacco e osservandolo guardinga con un sopracciglio alzato.
Vitious al contrario ne prese uno e cominciò ad aprire il laccio con la massima calma. La McGranitt allontanò un po’ la sedia, poi, proprio mentre il pacco stava per aprirsi, scoppiò all’improvviso, e il piccolo professor Vitious lanciò un gridolino e cadde dalla sedia, scomparendo dalla vista. L’intero tavolo rise sguaiatamente, mentre uno studente del quarto anno aiutava il professore ad alzarsi.
“Grazie mille Perks”, disse il professor Vitious  sistemandosi l’alto cappello a punta.
“Ne voglio uno anch’io!”, esclamò subito Draco allungando una mano verso il pacco-bomba regalo più vicino. Lo prese e lo portò all’orecchio, scuotendolo leggermente.
“Devi trattarlo con riguard…!” Il pacco esplose, una nuvola di fumo grigio circondò Draco. Presi a tossire leggermente e a muovere la mano per scacciare il fumo. Quando quello si fu diradato vidi un Draco alquanto sconvolto che si puliva gli occhi con il dorso delle mani.
“Ci sei?”, chiesi.
“Più o meno”, rispose Draco con sguardo perplesso. Mi guardò per un secondo, poi sorrise e cominciò a vedere cosa c’era dentro al pacco. Sorrisi e lo osservai. A volte somigliava ad un bambino. Fin da quando erano iniziate le vacanze di Natale passavamo assieme tutta la giornata e un paio di volte ero pure riuscita a convincerlo a fare i compiti che ci avevano lasciato per le festività. Le cose da fare erano più o meno le stesse per entrambe le case, così potevamo fare benissimo i compiti assieme. Avevo scoperto che Draco non era affatto male per quanto riguardava la scuola. Le uniche materie in cui non andava bene erano Trasfigurazione ed Erbologia, ma nelle altre non aveva nulla da invidiare a nessuno.
“Che hai trovato?”, chiesi allungando il collo.
“Due Caccabombe, un mazzo di carte magiche e un pacchetto di Gelatine Tutti i Gusti + 1”, elencò lui gettandosi alle spalle il pacco-bomba ormai vuoto. Quello fece un fischio acuto, che poco a poco si affievolì. Draco scartò il pacco di Gelatine e me ne porse una di un rassicurante color rosso. “Gelatina?”, chiese.
“Grazie”, dissi io prendendola. La masticai lentamente ma la mandai giù a fatica facendo una smorfia di disgusto. “E’ sangue!”, mi lamentai. “Tu che cos’hai?”
“Panna montata credo”, disse Draco ghignando e masticando con gusto la sua gelatina.
Il pranzo di Natale era appena finito, e noi pochi studenti rimasti ci eravamo riuniti tutti attorno ad un tavolo centrale assieme ai professori. Quella mattina mi ero alzata tardissimo, così avevo posticipato l’apertura dei regali a dopo ed ero subito scesa a fare colazione. Ma dato che avevamo finito mi pareva il momento di andare finalmente ad aprire i miei meritatissimi regali. Mi alzai da tavola e informai Draco: “Io vado ad aprire i regali.”
“Non li hai ancora aperti? Io l’ho fatto stamattina”, disse lui mangiucchiando un’altra gelatina. Fece una smorfia e la mandò giù. “Posso venire?”
“Si certo.” Ormai la Signora Grassa si era rassegnata al fatto che Draco entrasse e uscisse assieme a me dalla Sala Comune di Grifondoro, e anche se ogni tanto lei e Draco si lanciavano delle frecciatine lo lasciava sempre entrare. Solo, gli aveva fatto promettere che non sarebbe mai entrato da solo, anche se a mio parere era inutile tanto sforzo perché non credo lo avrebbe mai fatto.
Una volta nel dormitorio mi buttai sul letto e presi un pacco. Era da parte di mamma e papà. Lo scartai, e c’erano dentro delle ciabatte pelose azzurre che probabilmente tenevano molto caldo. Non appena Draco le vide soppresse una risata e io lo fulminai con lo sguardo. “Che hai da ridere?”, chiesi con un sibilo.
“Niente”, disse lui steso sul letto di Calì.
“Sono bellissime”, borbottai corrucciata mettendo via il bigliettino con cura.
Presi un altro pacco e lo scartai. Era da parte di Harry e Ginny e dentro c’era una di quelle palle dove cade la neve, solo che in quella potevi scegliere se far venire inverno, autunno, primavera o estate. Era molto carina. Dentro c’era un biglietto che diceva: Tanti auguri Hermione! L’anno prossimo lo festeggeremo tutti assieme. Misi la palla sul comodino e la osservai. “Metto primavera”, decisi poi prendendola di nuovo in mano e scuotendola. La prima volta divenne autunno, alla seconda scossa primavera.
“Ma quanti regali hai?”, chiese Draco.
“Perché? Sono tanti?”
“Sono pochi!”, esclamò lui. E si mise a contare sulle dita. “Sono… uno, due, tre… quattro.”
“A me sembrano abbastanza”, protestai, punta nell’orgoglio.
“Quattro regali? Non ho mai ricevuto quattro regali nemmeno nella peggior annata”, disse Draco. Parve all’improvviso illuminarsi: “A proposito! Grazie mille per il regalo! Lo volevo proprio.”
Sorrisi soddisfatta e compiaciuta: avevamo praticamente gli stessi gusti i fatto di libri, non potevo sbagliare! E poi Draco aveva tutti i libri di Yvonne Rochuard tranne il primo, era molto difficile da trovare ma per fortuna Harry mi aveva aiutato ad ottenerne una copia. Era da dichiarare illegale la preferenza che Harry adesso otteneva nel mondo magico! Gli facevano saltare le file, gli riservavano i posti migliori a tutti gli avvenimenti, tentavano di invitarlo ovunque! Ovviamente la McGranitt non era soggetta a queste smancerie e la prima volta che aveva sgarrato gli aveva tolto 10 punti, immagino solo per non fargli montare troppo la testa.
“Visto?”, chiesi raggiante. “Tu sì che apprezzi i miei regali, non come Harry… e Ron”, bofonchiai.
Presi un altro pacco. Era il solito della signora Weasley, c’era un maglione color rosa antico che probabilmente non avrei mai indossato e un pacco di dolci fatti in casa. “Ne vuoi uno?”, chiesi a Draco. “La signora Weasley cucina benissimo.”
“Grazie.” Scelse un dolce alla crema e lo ingoiò in un sol boccone.
Presi l’ultimo pacchetto e guardai il bigliettino. Era di Ron. Mi sentivo un po’ il colpa per non averlo pensato nemmeno un po’ nell’ultima settimana. Invece di crogiolarmi nel dolore come avrebbe fatto una vera fidanzata innamorata, me ne stavo tutto il tempo assieme a Draco. E mi trovavo più che bene! Sospirai e ruppi la carta. Dentro c’era una scatoletta quadrata e piatta. La aprii e vi trovai una cornice con dentro una foto di noi due, Harry e Ginny, che ci muovevamo e salutavamo. Ron era alto e dinoccolato come al solito, e mi superava di molto. Teneva un braccio sulla mia spalla, mentre io lo stringevo per la vita. Sorridevamo, e sembravano davvero una coppia felice. Due coppie molto felici, che aspettavano solo di essere fotografate. Sospirai e guardai Draco, che si stava infilando qualcosa in tasca.
Non mi piaceva, decisi in quel momento. Io stavo con Ron, io amavo Ron.
“Allora, finito?”, chiese Draco.
“Si. Ma scusa, tu quanti regali ricevi a Natale?”
“Non lo so, più di una decina. Più i soldi.”
Alzai il naso all’aria. “A me piacciono i dolci fatti in casa”, annunciai.

Draco
Okay, se continuavo di questo passo non c’era proprio speranza che io le piacessi. Sul serio, prima la baciavo non appena dopo la litigata con il suo fidanzato, poi le fregavo la lettera che questo qui aveva allegato ad una romantica, strappalacrime e totalmente orrenda foto di loro due assieme agli amici.
Ma dopotutto ero solo curioso. E infatti il contenuto della lettera non mi deluse nemmeno un po’.

Cara Hermione,
Buon Natale! Tutti qui sentono la tua mancanza, persino Kreacher è un po’ dispiaciuto che tu non ci sia, e Fleur non fa altro che ripetere ‘Ma non còpisco perché Hermione non scia venuta!’
Volevo dirti che mi dispiace molto per quello che è successo prima delle vacanze. Ma stavo pensando che forse ci conviene fare una pausa. Hai ragione tu, passiamo molto tempo assieme, e probabilmente è per quello che abbiamo litigato. Dovremmo allontanarci per qualche mese, solo per vedere come va. Nel frattempo, se credi che Malfoy non sia una persona poi così male, cercherò di non odiarlo e non litigarci più (anche se non ti posso garantire che non mi scappi una fattura).
Be’, spero che tu stia passando bene le vacanze a Hogwarts. Ci vediamo quando torno e grazie mille per il tuo regalo, è molto utile e di sicuro lo userò durante queste vacanze.
Con affetto,
Ron

Mah.
Secondo me questo era uno scemo.
E poi di che fattura parlava? Ti affatturo io semmai.
Mah.
Chissà cosa gli aveva regalato…
Avrei dovuto risigillare la lettera e poi darla ad Hermione. Potevo dirle che l’avevo trovata. No, non mi avrebbe mai creduto. Potevo dirle che un elfo domestico voleva consegnargliela ma io mi ero fatto dare la lettera. Così si, ci avrebbe creduto. Meglio ancora: avevo incontrato l’elfo nella Sala Comune di Grifondoro. Il fatto era che lei dormiva quando io me n’ero andato quel pomeriggio, le avrei detto che mi ero fatto dare la lettera per non svegliarla. Ovviamente non l’avevo letta.
Dovevamo incontrarci per fare i compiti il giorno prima di capodanno, e avevo deciso che le avrei dato la lettera in quell’occasione. Così feci. “Ah Hermione,” dissi prima di iniziare, “ascolta, l’altra volta mi sono dimenticato di dirti una cosa.”
“Cosa?”, domandò lei guardinga. Poi: “Dai, non cominciare”, sbuffò spazientita.
“A fare che?”, chiesi sbigottito.
“A cercare di cambiare discorso. Lo fai sempre: ogni volta che dobbiamo studiare.” Aveva uno sguardo così severo che mi faceva venir da ridere.
“No, te lo giuro: non è per cambiar discorso”, dissi sorridendo e tirando fuori la lettera dalla tasca interna del mantello. Gliela porsi e dissi: “A Natale un elfo ti voleva consegnare questa, ma siccome stavi dormendo gli ho detto che te l’avrei data io. Poi però… insomma mi sono scordato.”
“Oh”, disse lei stupita prendendo la lettera e guardando il mittente. “E’ di Ron.” Fece un sorriso tenero e la mise in mezzo alle pagine di un libro.
Oh Cristo! Che avevo fatto? Potevo nascondere quella lettera e non farle sapere mai che il suo fidanzato stava cercando di mollarla con un espediente così patetico! Potevo risparmiarle un sacco di casini e robe varie tenendomi quella lettera per me! Quel sorriso così fiducioso e dolce non faceva che acuire i miei sensi di colpa, era terribile starlo a guardare sapendo cosa c’era scritto in quella lettera.
Presto, molto presto, il sorriso si sarebbe sciolto.
Dopo aver finito di studiare salutai Hermione e mi rintanai nel mio dormitorio. Presi un libro e iniziai a leggere. Lo posai. Chissà se Hermione aveva già letto la lettera?
Bah! Affari suoi, dopotutto. No?
Mi alzai e andai a controllare in bacheca l’orario per andare a Hogsmede a Capodanno. Con Hermione avevamo deciso di andare a fare un giro per festeggiare, ma ancora non sapevamo bene come organizzare la serata. Però pensavo di fare un giro per la città e poi andare a bere qualcosa ai Tre Manici di Scopa.
…chissà se aveva già letto la lettera.
Basta. Non dovevo più interessarmi a lei in modo così morboso! Non mi era mai capitata prima una cosa del genere. Ero attratto da lei come le api lo erano dal miele, mi interessava tutto su di lei, sulla sua vita, sulle sue abitudini, i suoi pensieri, le opinioni. E m’interessava che stesse bene, che fosse felice.
Ma non era una cosa un po’ strana? Non mi era mai successo prima di affezionarmi così tanto a qualcuno. I miei amici più intimi erano per lo più amici d’infanzia, e a quell’età non ero ancora totalmente consapevole delle mie emozioni per analizzare quel che sentivo per loro. Pensavo di essere diventato un maniaco.
La sera di Capodanno, alle nove in punto, mi feci trovare davanti alla porta per uscire dal castello, come avevamo accordato. Quando Hermione arrivò non sembrava per nulla strana o triste, era come se quella lettera non fosse mai esistita.
“Ciao”, dissi alzando la mano in segno di saluto.
“Ciao. Scusa per il ritardo”, disse lei sorridendo. Era imbacuccata in un cappotto largo e ampio, con tanto di sciarpa, guanti e cappellino.
“Ma come ti sei messa? Sembri lo yeti.”
“Non voglio raffreddarmi, potrei perdere dei giorni di lezione”, borbottò allora.
Sbuffai e roteai gli occhi al soffitto. “Andiamo va’. Basta che non mi fai fare brutta figura”, dissi ghignando.

Hermione
Dopo aver letto la lettera tirai un lungo respiro. La piegai e la rimisi nella busta delicatamente, come se potesse sgretolarsi. Mi presi il lusso di girellare per la stanza, di guardare fuori dalla finestra e di mangiucchiare un dolce, prima di essere investita dalla consapevolezza che Ron mi aveva lasciata. Con molta finezza in effetti, una cosa che non credevo possibile, ma l’aveva fatto.
Ero divisa in due. Da una parte mi dispiaceva, perché il rapporto che avevo avuto con Ron era stato davvero speciale, il mio primo rapporto, in tutti i sensi, con una persona. Era stato il mio primo ragazzo, il mio primo amante, il mio primo migliore amico. Il primo con cui avevo passato momenti veramente romantici, e anche il primo con cui avevo mai litigato, e di cui ero mai stata gelosa. Ma analizzare così freddamente la questione non voleva dire qualcosa di più che un cervello abituato a ragionare?
Mi chiesi se fosse causa mia la nostra rottura. Ron, anche come amico, era davvero fantastico, e mi preoccupai che dopo questo non ci saremmo più parlati. Mi sentivo in colpa: probabilmente a Ron quelle parole erano costate fatica, perché pensava che mi avrebbero ferita, ma io non mi sentivo poi tanto triste. In un certo senso era come se tutti i suoi sforzi fossero stati inutili, come se avessi preso quella lettera e l’avessi gettata al fuoco senza riguardo.
Realizzai che negli ultimi mesi avevo come giocato sporco. Avevo, in un certo senso, ingannato Ron: mentre l’amore che provavo per lui era svanito poco a poco, quasi senza che me ne accorgessi. Ma non avevo voluto cedere e la mia cocciutaggine aveva fatto sì che arrivassimo a questo: una patetica lettera nella quale Ron diceva, fra le righe, che non voleva più stare con me.
Certo un lato positivo effettivamente c’era: non ero triste. Almeno, non come sarei stata se avessi davvero amato ancora Ron. Più che altro mi sentivo una persona davvero meschina, perché tutta quanta la colpa sembrava ricadere solo su di me.
Ci pensai per diversi giorni, finché non giunse Capodanno. Il mattino del 31 di Dicembre mi ricordai improvvisamente che avevo un appuntamento con Draco per uscire a festeggiare, così feci la doccia, mi cambiai, mi preparai per uscire e andai verso la porta principale.
L’unico commento di Draco fu: “Ma come ti sei messa? Sembri lo yeti.”
E fu allora che mi resi conto che, alla fine, e con molte difficoltà, mi piaceva Draco. Me ne accorsi per un semplice motivo, addirittura banale: non riuscivo ad arrabbiarmi con lui. Nemmeno per una stupida battuta sulla mia somiglianza con uno yeti. Probabilmente se fosse stato qualcosa di più serio, come averlo trovato assieme a Pansy o a qualcun’altra delle ragazze che gli cadevano ai piedi, allora sì che mi sarei arrabbiata. Sarei stata gelosa. Anche con Ron, era sempre stato così. Sulle stupidaggini, come prestare gli appunti, non riuscivo a non cedere, ma sulle cose importanti diventavo una furia. Ormai era inutile negarlo: mi piaceva Draco.
Distolsi lo sguardo e borbottai una stupidaggine come: “Non voglio raffreddarmi, potrei perdere dei giorni di lezione.” Brava Hermione! Dimostra ancora una volta quanto sei stramba, pensai. Ma Draco si limitò a sbuffare e disse di andare.
Fuori faceva davvero freddo. Vidi Draco coprirsi meglio con il mantello invernale e sogghignai. “Che hai da ridere?”, chiese lui piccato.
“Niente. Hai freddo?”, chiesi innocentemente.
“Ma che dici?”, disse lui acido alzando in naso all’aria.
“Vuoi un guanto? O un’inutile cappello che serve solo a tener calde le orecchie?” Allungai una mano, dopo aver preventivamente tolto il cappuccio alle dita del guanto, e gli toccai la guancia. “Sei gelato”, dissi con tono di rimprovero.
“E va bene, ho freddo!”, esclamò Draco infastidito. Ma quando tornai a guardarlo vidi che stava sorridendo un po’.
Hogsmeade era piena di gente per le strade, l’aria che si respirava era accogliente e rilassata. I ragazzi in giro urlavano e correvano, le famigliole passeggiavano tranquillamente con i bambini poco più avanti che si lanciavano palle di neve, o in braccio ai genitori che esibivano petardi magici e li facevano scoppiare. C’erano diversi banconi dietro ai quali maghi dall’aria allegra vendevano cibo, giocattoli, vestiti e quant’altro.
Un bambino passò vicino a Draco con in mano un bastoncino dal quale uscivano delle luci sfrigolanti, quando si muoveva lasciava dietro di sé una scia luminosa che svaniva in un istante. “Oh!” esclamai additandoli. “Quelli ce li hanno anche i babbani.”
Draco lanciò un’occhiata al bambino e ghignò. “Non come quelli”, disse scuotendo la testa.
“Ti dico di si!”, protestai accalorandomi subito.
Draco si avvicinò ad una bancarella e comprò una scatoletta con dentro dieci o quindici di quei bastoncini. Ne accese uno e cominciò a muoverlo per aria, dopo un po’ le scintille sprigionate si bloccavano a mezz’aria e rimanevano lì, lucenti come stelle.
Le osservavo meravigliata. Poi sorrisi a Draco e chiesi: “Si possono toccare?”
“Certo. Prendine una”, disse Draco con un sorriso invitandomi a prendere una scintilla dorata.
Strinsi la mano attorno ad una delle luci. Fu come se la staccassi dall’aria. La sentii tiepida fra i polpastrelli quando la misi di fronte gli occhi per osservarla meglio, e notai che sembrava oro sciolto. “Rimane così?”, domandai lanciando un’occhiata a Draco.
Lui scosse la testa. “No. Dopo un po’ si spegne; diventa come un sasso.”
“Oh… peccato”, dissi osservando ancora l’oro, delusa e con le labbra rivolte all’ingiù. “Non importa”, aggiunsi poi, e mi misi in tasca la scintilla.
Passammo di fronte a Mielandia, che per l’occasione stava regalando piccoli sacchetti con dentro dolci gratis, e passammo anche di fronte alla sede in Hogsmeade di Tiri Vispi Weasley, che era aperto e stava facendo affari d’oro. “Entriamo?”, proposi indicando la porta. Vidi Draco fare una smorfia di disappunto, poi alzò le spalle e fece cenno di sì con la testa, come rassegnandosi. In realtà speravo di incontrare Fred o George, perché era da molto che non li vedevo, in effetti l’ultima volta era stato prima di andare a scuola, per comprare i libri  dell’ultimo anno. Mi guardai attorno ma non scorsi le facce di nessuno dei due. “A quanto pare…”, cominciai, ma venni interrotta.
“Hermione!”, sentii esclamare da qualcuno alle mie spalle. Sia io che Draco ci voltammo e dietro di noi vidi Fred  con un sorriso a trentadue denti, che si faceva largo fra la folla per venire verso di noi. Lo riconobbi grazie ad una spilla color porpora con sopra una grossa F d’oro.
“Fred!”, esclamai. Quasi buttai a terra un bimbetto che stava al mio fianco per abbracciarlo. “Come stai? Allora tu e George lavorate anche a Capodanno?”
“Già… ma per Natale ci siamo presi un riposo. Però abbiamo deciso di aprire almeno per Capodanno, perché tutti sarebbero stati in giro. Si stanno facendo affari d’oro. Hai visto quanta gente c’è?”, chiese Fred orgoglioso guardandosi attorno.
“Già”, dissi seguendo il suo sguardo. Il negozio era letteralmente stipato di gente, non c’era un angolo che non fosse occupato da qualcuno che provava giochi e scherzi. In quel momento mi ricordai di Draco. Lo agguantai per un braccio e dissi: “C’è anche Draco assieme a me.”
Lui mi guardò come se fossi impazzita, poi fece un cenno di saluto a Fred. “Weasley”, disse.
“Ah, Malfoy! Da quanto tempo”, disse Fred con un ghigno strano sul volto. Poi si voltò verso di me e chiese: “Perché quest’anno non sei venuta a casa? Ron non mi ha voluto dire niente.” Lanciò un’occhiata a Draco, poi proseguì: “Mica avrà fatto qualcosa di stupido? Quello scemo! Sarebbe proprio da lui”, osservò con atteggiamento critico alzando un sopracciglio. A quel punto Draco, in maniera molto carismatica, ci lasciò soli con la scusa di andare a fare un giro per il negozio.
Appena fu sparito Fred si chinò su di me e chiese: “Perché te ne vai in giro con Malfoy?”
Mi strinsi nelle spalle e dissi: “Non è poi così antipatico, se impari a conoscerlo.” Cercai di sviare la conversazione, chiedendo dove fosse George, ma non ottenni quello che volevo.
“Cos’è successo con Ron? Era strano quando è tornato a casa. E comunque George è a Diagon Alley.”
“Mah… veramente…”, cominciai titubante abbassando lo sguardo e gonfiando le guancie come una bambina di tre anni. Buttai fuori l’aria e sputai fuori tutto d’un fiato: “Io e Ron abbiamo deciso di fare una pausa.”
Fred fece una smorfia incredula. “Non centrerà qualcosa Malfoy”, chiese quasi con disgusto.
“No, no!”, esclamai mettendo le mani di fronte a me, sapendo bene di mentire spudoratamente. “E’ che non… non andiamo d’accordo ultimamente.” Non resistetti, e dovetti chiederglielo: “Come… come hai visto Ron questo Natale?”
Fred si strinse nelle spalle e guardò altrove. “Non saprei. All’inizio era un po’ strano ma, tipo ieri, era già tornato il solito scemo.”
“Bene”, dissi convinta.
In quel momento sentii Draco chiamarmi e mi voltai. Aveva addosso un paio di guanti con, sul palmo, disegnate due facce che parlottavano fra loro. Ad un tratto fece come per applaudire e, quando separò le mani, le due facce gli spruzzarono addosso dell’acqua.
Mi misi a ridere e mi congedai da Fred, dicendo: “Ci vediamo Fred, scusami ma devo andare. Saluta tutti quando torni a casa eh! Dai un bacio a Ginny a da parte mia!” E con passo deciso andai verso Draco, che stava litigando con i suoi stessi guanti.


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Ciao a tutti! ^^

Allora, Hermione ha avuto una specie di illuminazione divina. Durante i giorni di vacanza senza Ron si è accorta che, in fondo, si sente meglio con Draco che con lui. E' come se cercasse di autoconvincersi lei stessa che stare con Ron era la cosa più giusta, ma solo perchè pareva la cosa più naturale da fare. Mentre invece sembrava totalmente sbagliato stare con Draco. Ovviamente lei sentiva di stare bene con lui ma era come se non lo accettasse (Freud sarebbe d'accordo, è tutta questione di subconscio! XD).
Su Draco non c'è molto da dire, è sempre il solito Draco che ne approfitta per leggere la corrispondenza altrui! XD

Ringrazio di cuore tutte le persone che Seguono la fic, o che l'hanno messa fra le Ricordate o addirittura le Preferite! ^^ Mi fate un piacere enorme, ve lo assicuro. E grazie anche a chi usa un po' del proprio tempo per recensire, grazie mille siete gentilissimi e vostri preziosi consigli sono sempre bene accetti! :)
Al prossimo capitolo a tutti, ciao ciao! ^^
Patrizia

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Capitolo 8
*** Per un tema di erbologia ***


Capitolo otto
Per un tema di Erbologia





Draco
Mentre Hermione si avvicinava a me vidi il gemello Weasley che la osservava con un’espressione a metà fra lo stupefatto e l’offeso. Poi mi guardò, distolse lo sguardo e sorrise, passandosi una mano sulla fronte e scuotendo la testa. Probabilmente doveva trovare quella situazione molto buffa: il Purosangue Draco Malfoy che lasciava una scia di bava dietro alla Babbana di nascita Hermione Granger. Si, vista da un esterno doveva essere una cosa esilarante.
“Che cosa stai facendo? Solo perché conosci il proprietario, che fra l’altro ti odia, non puoi venire qui a toccare tutto”, mi rimproverò Hermione togliendomi i guanti dalle mani e rimettendoli nella scatola.
“Non ci pensare neanche!”, sbraitò una delle facce stampata sul guanto. Hermione sbuffò e spinse bene dentro, chiudendo la scatola. I guanti fecero ancora qualche mugolio di protesta, ma poi smisero.
“Allora”, disse rimettendola al suo posto, “che facciamo adesso? Vuoi comprare qualcosa?”
“No, per carità! Questo negozio non voluto da Dio!”, esclamai. “Qui è dove vendono quel fantastico elisir che mi ha fatto diventare scemo per mesi!”
“Elisir?”
“Si, quella roba, quel… Amore al Primo Sguardo, quello lì.”
“Oh, già”, disse Hermione ridacchiando.
Non potei fare a meno di sorridere. Mi ero da poco reso conto che, prima di conoscere Hermione, la mia vita mi sembrava senza senso. Se devo essere sincero a quel tempo ero un po’ depresso. Pensavo che Hermione non si sarebbe mai messa assieme a me, credevo che non mi avrebbe mai nemmeno considerato. Però, anche a costo di star male, avrei rifatto tutto daccapo. Solo per stare con lei, per avere almeno la sua amicizia. Mi sarei accontentato di quella piuttosto di non vederla più. Se prima, nelle notti più solitarie, pensavo che sarei potuto tranquillamente morire senza avere nessun rimorso, adesso sentivo che c’erano mille cose che desideravo fare! Non erano tutte cose che riguardavano Hermione, riguardavano anche me, e ciò che io volevo essere. Le mie passioni e i miei desideri, era come se si fossero riaccesi.
“Usciamo, dai. Andiamo ai Tre Manici di Scopa”, proposi.
“D’accordo.”
I Manici era pienissimo, quasi non si poteva entrare. Stavamo per andarcene quando, all’improvviso, il tavolo vicino a noi si liberò. Ci affrettammo a sederci, e Rosmerta venne a prendere le ordinazioni. “Una burobirra”, disse Hermione togliendosi i guanti e sorridendo a Rosmerta.
“Un Whisky Incendiario.”
“Ci andiamo giù pesante eh?”, chiese Hermione ghignando.
Sotto il mantello portava un maglione bianco e una gonna con trama scozzese, assieme a delle calze pesanti nere. La trovai molto carina. No, okay, se devo essere sincero, la trovai bellissima. “E’ Capodanno, bevi qualcosa anche tu.” Hermione esitò. “Andiamo!”, la incoraggiai. “Non fare la santarellina, lo so che fai parte degli alcolisti anonimi.”
“Non è vero! Bevo solo alle feste, o roba del genere”, disse lei.
“Non posso crederci”, dissi sconsolato, “sono uscito assieme alla McGranitt.”
“Stupido”, sibilò Hermione tirandomi un calcio da sotto il tavolo. “Vai a ordinare il whisky, che ti faccio vedere quanto reggono bene l’alcol i Granger!”
“Mai quanto i Malfoy”, replicai alzandomi.
Quando fui di ritorno Hermione stava giocherellando con la scintilla che aveva preso per aria poco prima. Era un po’ meno luminosa, ma lo stesso dorata. “Eccomi qua”, annunciai mettendogli davanti il bicchierino di whisky. “Ti avverto: il mio corpo è fatto per metà d’alcol, quindi è difficile che tu mi superi.”
“Ti scorre il whiskey nelle vene”, esclamò Hermione allegra.
“Esattamente!”, dissi prendendo in mano il bicchiere. Lo tenni sollevato, ed Hermione mi imitò. “Al nuovo anno che verrà!”
“Giusto. All’ultimo anno scolastico!”, esclamò Hermione.
“Evviva!”, esclamai io. E bevvi tutto d’un sorso.

Hermione
La mia memoria arriva fino a quando arrivammo al terzo bicchiere. Tutto ciò che racconterò qui di seguito sarà incerto e forse addirittura frutto della mia immaginazione. L’alcol rendeva tutto ciò che c’era attorno a me confuso e troppo veloce, e i miei movimenti, per colpa del crudele contrappasso, erano invece divenuti più lenti. Ciononostante l’euforia scorreva nelle mie vene sottoforma di Whisky Incendiario. “Oh guarda! C’è un uomo che suona la chitarra!”, esclamai indicandolo.
Draco lo guardò con aria assonnata e assente. Aveva le guancie di un bel colorito roseo. “Chissà, forse, se glielo chiediamo, suonerà qualcosa di bello che ci piace.”
“Si, giusto. Devo andare a fare pipì adesso!”, esclamai allegramente, come se tutto il mondo dovesse saperlo.
Draco ridacchiò e disse: “Vuoi che ti accompagni?”
“Maniaco”, lo rimproverai ridendo. “Lo so che vorresti, ma la verità è che Ron mi ha mollata, quindi in teoria poteresti, ma sarebbe così squallido!” E così dicendo me ne andai verso il bagno. In quel momento non mi sembrò per nulla strano aver detto quelle cose. L’alcol scioglie la lingua, ma non so dire se sia una caratteristica negativa o positiva. La mia lingua non dovrebbe mai essere sciolta, o rischio di dire cose stupide come questa, dovrebbe stare sempre ben legata, dentro ad una camicia di forza.
Quando mi guardai allo specchio del bagno dei Tre Manici di Scopa vidi che avevo i capelli un po’ troppo arruffati persino per i loro standard, così li sistemai, mi diedi una sciacquata alla faccia accaldata, mi sistemai un po’ i vestiti e tornai da Draco. Lo vidi un po’ strano, così mi sedetti al suo fianco e decisi di bere un po’ d’acqua fresca. Mentre sorseggiavo, e tutto il mondo pareva che girasse attorno con un ritmo costante, Draco borbottò qualcosa.
“Come?”, chiesi.
“Cosa… cosa dicevi a proposito della lettera?”
“Oh… b’è… Ron mi ha mandato una lettera, che diceva che avremmo dovuto fare una pausa.” Mi fermai. Non avrei dovuto raccontare queste cose a Draco, probabilmente non gli importavano. Avergli detto poi anche della lettera era il colmo, non ricordavo nemmeno di averlo fatto, accidenti a me! E poi cos’era lui, la Posta del Cuore? E se parlare di Ron gi avesse dato fastidio? Perchè una volta mi aveva baciata, è vero, ma non ero sicura che non fosse a causa della pozione.
“E quindi?”, chiese lui.
“Io… conosco bene Ron, lui non è il tipo che fa queste cose… pause di riflessione, ho bisogno dei miei spazi, cose del genere. Probabilmente mi ha voluta allontanare senza… essendo un po’ gentile.” Sospirai e bevvi un altro po’ d’acqua.
“E tu? Che ne pensi?”, borbottò ancora Draco. Non mi guardava, fissava il suo bicchiere e continuava a rigirarselo fra le mani, le sopracciglia aggrottate come se fosse concentrato per un tema.
“Mah… veramente non mi dispiace più di tanto. E’ che negli ultimi tempi non era più come prima. Litigavamo sempre, per qualsiasi cosa”, dissi scrollando le spalle.
Draco sollevò lo sguardo di scatto. “Per colpa mia?”, chiese.
“Eh? No!”, esclamai. “B’è sì… un po’… ma diciamo che era solo un pretesto per litigare. Forse Ron starebbe meglio con un’altra ragazza, e io con un altro ragazzo. Però, ad essere sincera, non mi dispiace più di tanto”, ripetei. Feci una pausa, guardando altrove. “Penso che almeno rimarremo amici. Ron è un buon amico, è sempre rimasto al fianco mio e di Harry, e anche se ha fatto delle stupidaggini poi ha rimediato. E’ anche un buon amante, ma un cattivo studente.” Snocciolai con naturalezza, travolta dalla schiettezza del whisky. Draco mi fissò, aggrottando le sopracciglia ancora di più.
Mezzanotte era passata da un po’, erano quasi le tre del mattino ma c’era ancora gente per strada, solo le famigliole erano sparite, e in giro si vedevano solo ragazzi ubriachi urlanti e magari qualche coppia.
“Che facciamo?”, chiese Draco. “Torniamo al castello?”
“Okay”, approvai. Mi alzai, mi misi addosso solo il mantello, tenendo fra le mani la giacca, perché avevo davvero troppo caldo, e uscimmo dai Tre Manici di Scopa. Fuori il fresco fu come una manna dal cielo, dentro il locale si respirava un’aria viziata e troppo calda per i miei gusti. Io e Draco ci incamminammo silenziosi verso Hogwarts, lentamente, le mani in tasca e lo sguardo basso.
Quando fummo dentro al castello, nella Sala d’Ingresso, ci fermammo. Draco sarebbe andato verso i sotterranei mentre io avrei salito le scale fino alla torre dove si trovava la Sala Comune di Grifondoro. “Allora ci vediamo… domani”, disse Draco.
“D’accordo. Dobbiamo ancora finire il tema di Erbologia”, gli ricordai.
Draco roteò gli occhi al cielo e fece un piccolo sbuffo. “D’accordo, mi sforzerò. Però è il primo dell’anno! Non sarebbe festa in Casa Granger So Tutto Io?”
Lo guardai con occhi severi. “Ci rimane solo quello da fare, poi avrai un’intera settimana libera! Io invece credo che mi porterò avanti con il programma, oppure farò un ripasso generale”, aggiunsi poi pensosa. “Per vedere se ricordo bene tutti gli argomenti che abbiamo fatto da inizio anno a qui. Sai com’è, faccio un ripasso ogni fine del mese, ma non si sa mai, forse dovrei…”
“D’accordo, va bene!” Draco, tormentandosi le mani disse: “Vabè… okay. Buonanotte.” Si girò e si avviò verso i sotterranei.
“Draco!”, lo chiamai. Lui si voltò. Corsi verso di lui gli diedi un bacio sulle labbra e sorrisi. “Notte”, dissi soltanto, prima di avviarmi verso le scale. Non appena fui al dormitorio, seduta sul mio letto, mi diedi dell’imbecille.
Santo cielo. Era stata una cosa stupida, dettata dall’alcol e dalla frenesia di festeggiamenti e complicate vicende sentimentali. Avrei dovuto dire a Draco che mi dispiaceva di averlo fatto, e che la cosa non si sarebbe certo ripetuta.
Il giorno dopo mi incontrai con Draco a colazione. C’era ancora il tavolo unico e, fra insegnanti e alunni, non lo riempivamo nemmeno tutto. Quella mattina mi ero svegliata con un po’ di mal di testa, ma era passato dopo aver fatto una doccia e aver preso un pozione Bollicine Bollenti di Madama Chips. Quando mi sedetti al suo fianco Draco mi guardò con espressione indecifrabile, poi mi sorrise e disse: “Ciao, come va?”
“Bene grazie, non c’è male. Non ti faceva male la testa stamattina?”, indagai.
“No, la notte ha fatto il miracolo e mi ha completamente guarito da ogni male”, disse mangiando delle uova strapazzate.
Mi servii di porridge, poi presi anche un toast e lo spalmai con la marmellata di albicocche, la mia preferita. “Facciamo così, adesso andiamo a prendere un paio di libri in biblioteca e poi facciamo il tema. Potrei venire da te? Solo per oggi.”
“Come vuoi. Perché?”
“La Signora Grassa sta male. Ieri ha festeggiato con la sua amica Violet e ha avuto un’indigestione di cioccolatini. Stamattina mi ha aperto la porta, e dopo è scappata fuori dalla cornice con una mano sulla bocca”, dissi bevendo del succo di zucca.
“Che schifo. Non pensavo che i quadri potessero sentirsi male”, osservò Draco mentre beveva il suo caffè mattutino. Lui beveva sempre il caffè, se non lo faceva non carburava, e sembrava uno zombie fino alle undici di mattina, come minimo.
“Già. I quadri di Hogwarts sono molto interessanti”, osservai masticando il mio toast. “Mi piacerebbe trovare un libro che ne parli.”
Una volta finita la colazione andammo il biblioteca, per cercare i libri da usare per fare il tema, così presi in prestito Le piante meno comuni - come conoscerle, e anche Un giardino particolare per maghi particolari. Quando arrivammo davanti al Falco di pietra che stava a controllare l’entrata alla Sala Comune di Serpeverde, quello mi scoccò un’occhiataccia. “Non sei di Serpreverde”, osservò facendo schioccare la lingua. Aveva una voce roca e cupa, gli si addiceva.
“E’ un’ospite”, disse Draco risoluto.
Il Falco mi guardò ancora per un po’, poi disse: “Non potrai entrare non accompagnata da un Serpreverde, o da un’insegnante, chiaro?”
“Certo”, dissi con il tono più rispettabile che avessi.
Il Falco si spostò e ci fece entrare nella Sala Comune. Era molto diversa da quella di Grifondoro, che consideravo molto più accogliente. I colori regnanti qui erano quelli della casa di Serpeverde, argento e verde, ma c’era anche un forte colore di pietra fredda che non mi piaceva. Preferivo di gran lunga i colori della mia casa ma… che ci potevo fare se a Salazar Serpevede piacevano il verde e l’argento? Draco si sedette ad un tavolo quadrato su uno sgabello di pietra, e mi fece cenno di sedermi di fronte a lui. “Cominciamo subito… prima che mi tiri indietro.”
“D’accordo. Tu leggi questo”, gli dissi, passandogli uno dei libri che avevamo preso in prestito. “Ti ricordi cosa devi cercare, vero?”, indagai. Draco mi guardò con aria smarrita. “Wunder, chiamato anche il Fiore della Meraviglia”, dissi io aprendo il mio volume.
“Fiore della Meraviglia… certo”, disse Draco aprendo il librone.

Draco
Quando misi l’ultimo punto fui soddisfatto. Il mio tema non era scritto fittamente come quello di Hermione, tuttavia era una delle rare volte in cui potevo vantarmi di aver finito tutti i trenta centimetri del tema di Erbologia, e questo senza una calligrafia elefantiaca. “Cosa facciamo?”, chiesi a quel punto ad Hermione, stiracchiandomi sulla sedia.
“Non lo so, quello che vuoi. Mi fai vedere il tuo dormitorio?”, mi chiese muovendosi leggermente sulla sedia. Si era lamentata più di una volta della scomodità dei nostri sgabelli. Serpeverde pensava fossero adatti alla concentrazione per lo studio, per questo non aveva fatto mettere delle sedie normali. A volte credevo che quell’uomo fosse pazzo. Ma restava comunque il miglior fondatore.
“Vuoi vedere se dormiamo in un letto di pietra?”
“Come i giganti. Il fratellastro di Hagrid abita in una caverna.”
“Il fratellastro di Hagrid?”, chiesi perplesso.
“Si! Non lo sai? Hagrid ha un fratellastro, si chiama Grop. Adesso è diventato molto gentile, capisce la nostra lingua, e sta attento quando cammina”, disse con veemenza.
Si vede che feci una strana smorfia, perché Hemrione scoppiò a ridere. “Che c’è?”, chiesi ridendo a mia volta.
“Hai fatto una faccia!”, disse lei riprendendosi.
Sorrisi e mi alzai. “Dai, vieni su… ti faccio vedere. Forse ho qualcosa che potrebbe interessarti.”
“Davvero?”, domandò sorpresa.
Su nel dormitorio avevo il baule pieno di libri. Me li facevo inviare per posta quando ne finivo uno, così avevo sempre qualcosa da leggere, e nel corso di ogni anno si accumulavano. Alla fine di ogni anno scolastico quasi non riuscivo a chiudere il baule. “Guarda…”, dissi aprendo il lucchetto e cominciando a tirare fuori calzini sporchi e altre cose cercando di non farmi vedere da Harmione. “Anzi, aspetta… c’è disordine, non guardare”. Gettai in un angolo un mucchio di roba e cominciai a scavare in cerca del libro.
“Posso?”, chiese Hermione inginocchiandosi al mio fianco.
“Si, certo.”
“Wow, che bello! Questo ancora non l’ho letto”, disse prendendo in mano un recente acquisto.
Mi sentivo inebriato dalla sua presenza. Era troppo vicina per sentirmi lucido e troppo lontana perché non pensassi più a lei. La sera prima ero talmente stordito che, quando mi aveva baciato, quasi non avevo capito cos’era successo, ed ero rimasto lì impalato a fissarla mentre se ne andava. Che bella figura da idiota! Però fra me non potevo fare a meno di pensare che se l’aveva fatto le dovevo piacere, almeno un po’. Anzi, per forza le piacevo, Hermione non era una ragazza che bacia i ragazzi per caso, ne ero certo. E poi si poteva dire che fossimo amici già da un po’ quindi poteva essere che, conoscendomi, aveva pensato che non fossi un completo demente.
“Hermione”, chiamai.
“Si?”, chiese lei voltandosi a guardarmi con un leggero sorriso e un libro fra le mani.
Le presi il viso fra le mani e la baciai. Per davvero, questa volta. Le sue labbra morbide sapevano di dolce, e si muovevano assieme alle mie. Ad un tratto sentii le sue mani fra i capelli e mai un contatto così semplice mi aveva provocato una così forte scossa. Sentii il cuore gonfiarsi e battere più forte. Quando mi fermai mi accorsi che eravamo ancora inginocchiati davanti al baule. Stavo per alzarmi, e dire a Hermione di fare altrettanto, quando lei mi sorrise.
Mi avvicinai ancora…


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Allora, sono di fretta... per fortuna non c'è tanto da dire su questo capitolo. No. Il mio pc sta per morire, quindi se riuscirò a finire di scrivere sarà un miracolo.
Quindi, grazie mille per le recensioni che avete lasciato, sono molto carine :D Grazie anche a tutti quelli che seguono la storia... fuggo.
Patrizia

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Capitolo 9
*** Gli amici ***


Capitolo nove
Gli amici





Draco
Le accarezzai i capelli ricci e morbidi, affondando le mani in quell’intruglio disordinato. Hermione stava appoggiata al mio petto e vi disegnava ghirigori con la punta del dito. Sentivo il suo profumo impregnare la stanza, il materasso, le lenzuola. Persino me. E pensavo, con molta poeticità potrei aggiungere, che anche il mio odore impregnasse lei.
Hermione si tirò su e si appoggiò con il busto al mio petto, mentre io le accarezzavo la schiena. Sorrisi e le diedi un bacio sulle labbra. Sentivo la sua pelle calda a contatto con la mia e ripensai a cosa era accaduto poco prima.
Musica*.
Hermione sorrise e disse: “Almeno, prima abbiamo finito il tema.”
La guardai un secondo sbalordito, poi scoppiai a ridere. “Ma che dici?”, esclamai. “Che scema!”
Hermione rise e si distese al mio fianco. “Voglio dire che adesso, almeno, non abbiamo più niente da fare.”
“Ah, ho capito”, ghignai voltandomi e facendola scivolare sotto di me: “Vuoi il bis.”
Hermione ridacchiò e disse: “Magari…”
“Ah, come mi piaci!”, dissi abbracciandola.

Hermione
I seguenti giorni trascorsero tutti più o meno allo stesso modo finché non iniziò la scuola. Dovetti ammettere che i corridoi vuoti e silenziosi mi mancavano perché fu strano, dopo tanta calma, sentire di nuovo il brusio costante della Sala Grande, le grida e le risate ogni mattina. Quando vidi Ron ed Harry gli corsi incontro e li abbraccai entrambi. “Ciao!”, esclamai. “Come avete passato il Natale? Oh, Ron! Lo sai che ho incontrato tuo fratello a Capodanno? Avete fatto i compiti di Natale? Guardate che quest’anno abbiamo i M.A.G.O., purtroppo non ho fatto in tempo a ripassare tutti gli incantesimi inventanti da Oss il Solitario, ma in compenso ho già scritto il tema per Aritmanzia, più lungo di sette centimetri di quanto aveva detto la professoressa Vector!”, lo dissi quasi tutto d’un fiato e loro rimasero a guardarmi, forse un po’ impauriti.
“Abbiamo passato un buon Natale”, disse infine Ron con voce flebile.
“Quindi non avete fatto i compiti! Ron, ti ho regalato apposta la Penna-Termina-Compiti perché li facessi!”, esclamai. “Ho parlato con la professoressa McGranitt, e lei mi ha detto…!”, cominciai, ma venni interrotta da Ron che sbuffò divertito e agitò una mano.
“Andiamo Hermione, rilassati! Siamo a Gennaio, mancano ancora mesi agli esami. E poi ce la siamo sempre cavata, no?”
“Si, ma…”, cercai di protestare ma Harry cercò di sviare il discorso.
“Ma sì lascia stare. Piuttosto, che hai fatto tu a Natale?”
“Niente… non c’era quasi nessuno a scuola. Ho fatto i compiti, a differenza di qualcuno, e poi…”, e poi mi sono fidanzata con Draco Malfoy, pensai, ma questo è irrilevante no? Mi era venuto in mente solo in quel momento che avrei dovuto dire a Harry e Ron come stavano le cose… Soprattutto a Ronald. Ma non sapevo nemmeno da dove iniziare il discorso. Per fortuna, si fa per dire, mi venne in aiuto Draco. In quel momento lo vidi dall’altra parte del corridoio e ci scambiammo uno sguardo. Lui ci vide e ci venne incontro sorridendo. Harry e Ron stavano un po’ all’erta, pensando sicuramente che avesse qualcosa di stupido da dire. Ma sapevano anche che adesso io e lui eravamo amici, quindi non sapevano come comportarsi. Era gentile da parte loro tentare di essere cordiali.
Avvicinandosi, Draco ghignò. “Allora Weasley? Qualche parente ti ha regalato un galeone?”, domandò. Mi portai una mano agli occhi, disperata: era una partita persa in partenza. Ron non rispose ma le orecchie gli si tinsero di rosso, così Draco continuò. “No, okay, scusate…”, fece uno strano sorriso e scosse leggermente la testa, “Come va?”.
A quel punto Ron sembrava aver perso l’uso della parola, mentre Harry si riprese e chiese con cautela, osservandolo sospettoso: “Bene… e tu?”
“Bene, nemmeno a chiederlo, no?”, chiese Draco ghignando.
“A Malfoy va sempre tutto bene”, mormorò Harry con un vago sorriso.
“Ovviamente”, disse Draco stringendosi nelle spalle. “Be’… ci vediamo allora”, Draco si voltò e se ne andò.
Gli fui grata per quello. Di solito mi salutava con un bacio, probabilmente aveva deciso di non risultare odioso a Ron. Sembrava che si stesse sforzando di essere gentile. Era stato carino da parte sua cercare di non litigare con i miei amici. A dir la verità ero stupita della sobrietà con cui si erano comportate le parti.
Quando Draco fu andato via Harry mi guardò a metà fra lo sbalordito e il divertito. “Che cosa gli hai fatto?”, chiese con un sorriso bonario.
Mi strinsi nelle spalle. “Io? Niente! La verità è che lui è sempre così, ma non lo da mai a vedere. Lo sai che leggiamo gli stessi libri?”
“Ah, quindi questo lo scagiona da tutte le accuse”, disse Harry rivolto a Ron con un mezzo sorriso avviandosi verso la Sala Comune.
“Ma come fate?”, chiese Ron, il cui mutismo era svanito.
“A fare che?”
“A leggere tutti quei libri, io non avrei mai tempo.”
“Non hai voglia, vorrai dire”, lo stuzzicai.
Ron agitò una mano come a dire ‘sciocchezze’. “Preferisco fare altro, tutto qui.”
La Sala Comune era tornata ad essere piena come al solito e, dopo che Harry e Ron ebbero disfatto i bauli e controllato di avere tutto, scesero in Sala Comune assieme agli altri. Si erano riformati i soliti gruppi, e tutti parlavano delle loro vacanze Natalizie. La mia idea era di parlare con loro delle mie  vacanze il più presto possibile, o meglio: di parlare con loro di me e Draco. Speravo proprio che non facessero una sceneggiata. Ma poi, a loro, che gliene importa? Mica devo chiedere il permesso a loro. Avrei parlato prima con Ron, dicendogli che dopo aver letto la sua lettera avevo capito che non eravamo più fatti per stare assieme. Non volevo dirgli però che era da prima della nostra separazione che non lo amavo più… almeno nel vero senso della parola. Avrei scelto le parole con cura, non volevo che si arrabbiasse o che diventasse triste. Quando Ron ed Harry scesero io ero seduta a leggere sulla poltrona davanti al fuoco, così mi raggiunsero e sedettero. Ron stava dicendo qualcosa a proposito di un giocatore di Quiddich che aveva cambiato squadra, poi si rivolse a me. “Ah, Hermione!”
“Hm?”, chiesi senza alzare gli occhi dal libro.
“Fred mi ha detto che ti ha vista assieme a Malfoy a Capodanno.”
“E’ giusto.”
“Mi ha detto che andavate molto d’accordo.”
“Si.”
“Hermione…”
Lo esortai a continuare. “Si?”
“…ma lui, ti piace?”
Alzai gli occhi dal libro. “Ma come sei delicato Ron.”
“Allora?”
Vidi Harry stare in silenzio a guardare, ad un tratto accennò al fatto che aveva lasciato la porta del bagno aperta, o qualche scemenza del genere. Si alzò e fuggì, lasciando me e Ron faccia a faccia. La Sala Grande non era molto piena, c’erano solo pochi studenti del sesto e del settimo anno.
Rimasi in silenzio per un po’, meditando sulle parole delicate che avrei dovuto usare ma che, ovviamente, non mi venivano alle labbra. “Ron… dì la verità. Noi non ci rimetteremo più assieme vero?”, chiesi con tanta sincerità che sembravo Luna.
Le orecchie di Ron divennero rosse di colpo. Mi piaceva quando succedeva, invece Ron lo odiava. “Io… veramente… non ne avevo l’intenzione. E’ solo che negli ultimi mesi sono cambiate tante cose”, disse frettolosamente.
“Però”, cominciai dubbiosa, “possiamo sempre essere amici, no?” Pregai, in attesa della risposta.
Ron sorrise. “Ma certo!”
Sorrisi anch’io. “E ti sforzerai di essere amico di Draco?”, chiesi.
“Ah! Quindi ho ragione, lui ti piace!”, disse trionfante.
“Stiamo assieme”, dissi velocemente tornando al mio libro.
Il volto di Ron si contrasse in una smorfia di stupore e, forse, disappunto. Forse l’avrebbe fatto arrabbiare scoprire che appena ci eravamo lasciati mi ero subito messa con un altro ragazzo, come se lui non avesse lasciato traccia nella mia vita. Ma non era così, affatto: stare con Ron era stato bellissimo, ma da qualche mese a questa parte eravamo diventati più amici che altro.
“Da quanto?”, domandò Ronald corrugando le sopracciglia.
“Circa una settimana”, dissi annuendo. Ron rimase ancora un po’ basito, poi scoppiò a ridere.
Alla fine ero felice che non si fosse arrabbiato. Ron era un ragazzo ragionevole -la maggior parte delle volte- anche se da alcuni suoi comportamenti non sembrava così. Non c’era motivo di arrabbiarsi in fondo: eravamo stati fidanzati, ci eravamo lasciati perché non ci amavamo più, e adesso stavo con un altro.
Si, Ron era un ottimo amico di cui non avrei mai potuto fare a meno.

Draco
Blaise si avvicinò a me  con tale velocità che pensai avesse dei pattini a rotelle ai piedi. Quando me lo ritrovai davanti ero comodamente steso sul divano. “Scappa”, mi disse soltanto. Lo guardai confuso per qualche secondo, poi sentii una specie di urlo, o peggio un rantolo come di un maiale sgozzato, proveniente dal dormitorio femminile del settimo anno. Mi alzai a sedere di scatto. I piedi di Pansy, calzati in quelle che parevano scomodissime scarpe, apparvero sulle scale. Poco dopo apparve l’intera Pansy che, a passo di marcia, si dirigeva verso di me. Mi feci piccolo piccolo sul divano. Certo, scappare sarebbe stata una prospettiva allettante, ma io e Pansy eravamo compagni di Casa non avrei potuto evitarla per molto tempo, così mi preparai alla sua ira.
“Draco”, disse Pansy con rabbia malcelata, “è vero quel che vanno a dire in giro di te?”
“Dipende da cosa ti hanno detto”, dissi io cercando di prendere tempo. Non volevo morire giovane, voi dovete capirmi!
“Tu e la Granger state assieme?”, chiese lei con voce bassa e sibilante di rabbia.
“Oh, quello!”, esclamai io cercando di assumere un tono di stupore. “Si”, dissi poi seccamente.
Pansy divenne rossa come un pomodoro, strinse i pugni e fece un verso di rabbia. “Ma…”, tentò di dire, “Io…!”
Non potevo credere di essermela cavata con così poco. “Si?”, le chiesi, cercando di incoraggiarla al dialogo.
Pansy fece un verso di frustrazione, sbatté un tacco sul pavimento e si gettò in avanti, probabilmente per picchiarmi, ma io mi spostai e corsi di sopra fino al dormitorio maschile, fra l’ilarità dell’intera casa. Mi chiusi la porta alle spalle, ma ad un tratto sentii dei passi sul pianerottolo e qualcuno tentò di aprire la porta, ma afferrai la maniglia a cercai di tenerla chiusa. “Draco! Apri la porta! Dobbiamo parlare!”, urlava Pansy mentre picchiava il pugno sul battente. Terrorizzato feci più forza, chiedendomi fin quando avrebbe resistito.
Speravo, nel frattempo, che Hermione se la cavasse meglio di me con i suoi amici. Ma che razza di amici sono se mi saltano addosso in quel modo? Certo Blaise non aveva fatto niente, mi aveva solo fatto gli auguri, e Theo aveva fatto qualcosa come un cenno di congratulazioni. Era per questo che erano miei amici, soprattutto Blaise. Lui era sempre pronto a dare consigli, ma non cercava di farmi cambiare idea. Anche per le cose più stupide che facevo, si limitava ad esprimere la sua opinione e consigliarmi, non mi forzava a fare nulla anche perché sapeva che inutile insistere con me: sono una testa dura e per capire le cose devo sbattere addosso alla realtà. Blaise sì che era un buon amico. Invece Pansy non era per nulla buona come ragazza occasionale.


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Buondì.
Allora... hmmm, non so. Questo capitolo non mi convince pienamente, è per questo che è venuto un po' corto rispetto ad altri: non riuscivo proprio a mandarlo avanti. Insomma, nooon so, è la fine forse, ha qualcosa che non quadra. Mah... i misteri dello scrivere.

Comunque, la nota:
* Questo 'musica' inserito così a capo, da solo, non è farina del mio sacco u_u l'idea mi è venuta da un libro di Alessandro Baricco, City. E' una lettura molto bella e divertente, e se qualcuno di voi non sa cosa leggere ve la consiglio, è davvero un libro molto carino ^^

Comunque, vi prometto che il prossimo capitolo non sarà tanto disastroso! XD Intanto ringrazio i fedeli recensori (*_* siete sempre gentilissimi e le vostre impressioni e i suggerimenti sono sempre bene accetti), e tutti coloro che hanno inserito questa storia fra Preferite/Seguite/Ricordate, mamma mia siete tantissimi, grazie, grazie mille! ^^
Al prossimo capitolo,
Patrizia

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Capitolo 10
*** L'ultimo viaggio ***


Capitolo dieci
L’ultimo viaggio





Hermione
Adesso, seriamente, Ron cominciava a dare fastidio. Erano passati dei mesi da quando io e Draco stavamo assieme e tutto andava bene, non c’erano problemi di alcun tipo. Pian piano tutti si erano abituati al fatto che due persone che prima si odiavano avessero infine fatto amicizia e poi si fossero fidanzate. Era solo Ron che continuava a prendermi in giro. Mi dava sui nervi!
Gli esami si stavano avvicinando e io non facevo altro che studiare. Mi incontravo con Draco ogni pomeriggio in biblioteca per fare i compiti e integrare gli appunti che prendevamo a lezione. Dopo qualche tempo avevo convinto anche Harry e Ron a venire con noi, perché ogni sera mi chiedevano di correggere i loro compiti, ma io ero talmente stanca che non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Allora li convinsi a venire a studiare assieme a me e Draco, così avremmo potuto lavorare tutti assieme. All’inizio non volevano, ma poi dei voti troppo bassi li convinsero.
Una sera, in biblioteca, cercavo informazioni per una ricerca della professoressa Vector gli altri invece dovevano ancora terminare un tema per pozioni che io avevo già fatto tre giorni prima (li avevo avvertiti dopotutto di non perdere tempo a Quiddich). Ad un tratto udimmo un forte rumore provenire da un corridoio poco lontano dal nostro. Ron si alzò per vedere che cosa fosse e tutti lo seguirono, me compresa, in cerca d’aria dal claustrofobico tema di Aritmanzia. In mezzo al corridoio, che raccoglieva freneticamente una montagna di libri caduti per terra, c’era una ragazza che pensavo appartenesse al sesto anno. Aveva capelli neri lunghi fino alla vita, lisci e lucenti, dagli occhi si capiva che fosse orientale, e i colori sulla sua divisa erano quelli di Corvonero. Quando ci vide disse in un sussurro, con un’espressione di chi ha fatto un guaio: “Scusatemi, non volevo disturbare.” Ron tirò fuori la bacchetta, fece un ampio movimento con le braccia e i libri si rimisero in ordine.
Proprio quando l’ultimo libro fu a posto arrivò Madama Prince, che ci guardava come se fossimo delle muffe che mangiavano i libri. “Cosa è successo? Chi di voi è stato? Se trovo un solo libro macchiato o rovinato vi farò punire a vita!”, esclamò.
Ron prese un cipiglio indignato e disse: “Non siamo stati noi! Il rumore veniva da là!”, e così dicendo indicò la sua destra. Madama Prince lo guardò sospettosa, poi si diresse nella direzione da lui indicata a passo veloce. “Andiamocene”, ci pregò Ron con occhi disperati.
Andammo a prendere le nostre cose, lasciate due corridoi più in là, e fuggimmo dalla biblioteca. Assieme a noi c’era la ragazza di Corvonero. Quando fummo sicuri di essere fuori pericolo ci sorrise, mostrando una fila di denti candidi, e disse: “Grazie mille.”
“Di nulla”, rispose Ron.
La ragazza si presentò, stringendo la mano ad ognuno di noi. Si chiamava Babette Koruko, e frequentava il settimo anno (la mia valutazione sull’età della gente non era mai stata precisa come il mio studio). Sua madre era francese, suo padre giapponese.
“Per caso qualcuno di voi fa Antiche Rune?”, chiese Babette. In quel momento mi ricordai di lei. Era una ragazza che vedevo solo esclusivamente ad Aritmanzia e Antiche Rune (i corsi pomeridiani avanzati), di solito sedeva in fondo alla classe, e non sembrava mai particolarmente interessata alla lezione. Da quanto ne sapevo non s’impegnava poi molto a scuola, ma riusciva a prendere voti decenti. Che mente sprecata!
“Io.”
“Ah si… siamo in classe assieme?”
“Si.”
“Ecco… non ho capito cos’ha detto il professore a proposito dei poemi classici di Rufus il Modesto.”
“Oh, è semplice!”, esclamai io. “Aspetta ti faccio vedere gli appunti.” Trafficai con la borsa e presi il mio quaderno di Antiche Rune. Restammo lì a parlottare fra di noi su cose che probabilmente gli altri non capivano nemmeno, e alla fine ci avviammo verso la Sala Grande.
Non era ancora ora di cena ma alcuni studenti affamati gironzolavano lì attorno aspettando che arrivassero le sette. Lo stomaco di Ron brontolò, e lui disse: “Ho fame.”
“Anche io”, disse Babette con una smorfia.
“Forse potremmo andare alle cucine a chiedere qualcosa agli elfi”, tentò Ron gettandomi un’occhiata di sbieco.
“Non farla diventare un’abitudine”, raccomandai.
“Tu sai dove sono le cucine?”, chiese Babette a Ron.
“Certo! Vieni ti faccio vedere.” Entrambi si diressero verso le cucine, seguiti dal mio sguardo di disapprovazione.

Draco
Esattamente un mese prima degli esami, a cena, ricevetti una lettera. Leggendola quasi mi affogai con l’acqua, ma quando mi ripresi arrivai fino in fondo alla pagina. Più andavo avanti più sgranavo gli occhi, e più sgranavo gli occhi più Blasie mi guardava attento. Alla fine mi alzai di scatto, diretto alla guferia lasciando la lettera accartocciata sul tavolo. “Draco, posso leggere la tua posta?!”, mi urlò dietro Blasie.
“Come ti pare!”, gli gridai di rimando distrattamente.
Una volta arrivato in guferia scrissi in fretta due righe su un foglio di quaderno e inviai la lettera con un allocco bruno che sapevo essere molto veloce nelle consegne. Rimasi lì, solo nella guferia in cui entrava un vento fresco, a battere i denti e pestare nervosamente un piede sulla paglia e sulle cacche secche dei gufi, ma in quel momento non m’importava più di tanto macchiarmi le scarpe.
Al leggere quella lettera la mia prima reazione era stata di stupore, poi felicità, poi preoccupazione. Ma alla fine, permaneva la felicità più che altro. Qualcuno entrò nella guferia e quando mi voltai vidi Hermione. “Ciao”, le dissi con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia e le braccia strette al corpo.
“Ciao”, disse lei evitando un cocciuto gufo appollaiato a terra che non si voleva spostare. “Che è successo?”
Cercai di non sembrare così entusiasta, perché non sapevo come avrebbe reagito Hermione -e questo faceva parte della mia preoccupazione-, così cercai di mantenere un tono misurato mentre dicevo: “Faranno un appello per rilasciare mio padre.”
Inizialmente Hermione corrugò leggermente le sopracciglia, ma poi il suo volto si aprì in un sorriso. Venne verso di me e mi abbracciò forte. “E’ una bellissima notizia Draco!”
Non riesco quasi a descrivere quanto fossi felice per quel che aveva detto. A Hermione non dava fastidio che mio padre fosse stato un Mangiamorte, che io fossi stato un Mangiamorte. Non aveva alcun tipo di pregiudizio o, se lo aveva, lo aveva superato tempo addietro. Era solo felice per me, per mio padre, per mia madre. Non le importava se eravamo stati nemici un tempo, al contrario di molte persone che avevo conosciuto che, dopo la fine della guerra, mi guardavano con sospetto, quasi con disprezzo, come se fossero sicuri che alla prima possibilità avrei dichiarato la mia fedeltà a Voldemort in pubblico. Ogni volta che incontravo persone come quelle mi vergognavo di quel che avevo fatto. Per ciò che ero stato, che ero stato fiero di essere  …almeno per un po’.
Quella sera, dopo tre ore molto proficue passate assieme ad Hermione, eravamo stesi sopra un letto matrimoniale. Stavo girato di lato verso di lei, che era sdraiata di schiena, e tracciavo linee sulla sua pancia con la punta delle dita. Ad un tratto lei cominciò a passare l’indice sopra il Marchio Nero, che stava ancora tatuato sul mio avambraccio. Non se ne sarebbe mai andato, a ricordarmi gli errori giovanili, e a ricordarmi che cosa succede se non si usa la propria testa. Per questo non mettevo più le maniche corte.
“Un paio d’anni fa…”, cominciò Hermione senza guardarmi negli occhi, “avrei giurato che tu fossi l’essere più spregevole al mondo.”
“Ah, grazie”, dissi ironico.
“Non ridere.”
“Perché no? Direi che abbiamo fatto un grosso passo avanti no?”, chiesi sorridendo.
Anche Hermione sorrise. “Ti va se quest’estate andiamo da qualche parte assieme?”, chiese.
Esitai. La verità era che per quell’estate volevo stare a casa. Non è che non volessi stare con Hermione ma desideravo rivedere mio padre. Era da quasi tre anni che non lo vedevo né lo sentivo. Non gli facevo nemmeno delle visite, perché lui non voleva, non voleva che lo vedessi imprigionato. Ogni tanto ci andava mia madre, ma quando tornava era di umore pessimo e non le andava mai di parlare. D’altronde nemmeno io ero mai stato un grosso chiacchierone con i miei genitori, quindi probabilmente anche se avesse provato a raccontarmi qualcosa non mi sarei comportato in maniera corretta.
Hermione intuì che ero in difficoltà. “Era soltanto un’idea”, mormorò abbassando lo sguardo.
“No! No, non è che non voglia. E’ che… preferirei stare a casa. Sai… con papà, e…”, la voce mi si affievolì.
Hermione sembrava l’avessero zittita cucendogli le labbra assieme. Le presi il mento fra le dita e l’attirai verso di me, dandole un bacio. Non sapevo se dire si o no quelle parole. Erano così facili da pronunciare nella mia testa, ma muovere la lingua e la labbra per articolarle pareva uno sforzo enorme. Immaginavo che, così, da sole, senza nemmeno un contesto attorno, sarebbero suonate stupide. Immaginavo di avere un’inflessione di voce debole. Non sarei mai riuscito a trasportare in quelle due parole tutto quel che sentivo nel cuore, tutta la gioia che provavo quando mi trovavo assieme a lei, la sensazione del cuore che si gonfiava e della gola che si stringeva, quando pensavo a lei. L’ansia che sentivo di stringerla fra le braccia e sentire tutto il suo corpo, di trasmetterle quel che provavo… perché quel che provavo era fantastico. Avrei dovuto essere molto abile per poter farle capire tutte quelle cose.
“Ti amo.”
Il tempo parve fermarsi finché lei non mi guardò negli occhi, quasi stupefatta. Immaginavo che tentasse di leggerci la verità di quell’affermazione. E infine tutto il tempo ritornò quando lei disse:
“Ti amo anch’io.”
Restammo in silenzio abbracciati, perché sembrava giusto in quel momento. Sembrava che il resto del mondo non esistesse, perché che altro mondo poteva esserci al di fuori di quello? La mia mente era completamente vuota, al contrario di quanto si possa pensare. Si potrebbe pensare che una miriade di pensieri mi attraversasse la testa, tutti confusi e colorati, ma la verità era che non ne sentivo il bisogno. Non avevo bisogno di pensare, perché sarebbe stato del tutto sciocco concentrarmi su altro mentre ero lì, con la donna che amo.
Decisi di rischiare il tutto per tutto, così glielo chiesi: “Perché quest’estate non vieni da me? Ti presento i miei genitori, potrai stare a casa mia tutto il tempo che vuoi.”
Lei ci pensò su. “Quest’anno mamma e papà vorrebbero andare in vacanza in un posto lontano, all’estero. Vogliono andare a visitare la Spagna, e mi hanno detto che vorrebbero prenotare un hotel per due o tre settimane. Ma forse potrei lasciarli andare da soli… così spenderebbero anche di meno.”
“Allora va bene?”
“Non credo che faranno obiezioni. Quindi direi di sì”, disse Hermione con un sorriso smagliante.
“Perfetto.”
Perfetto! Avevo appena programmato come sarei finito nella merda.

Hermione
Mandai una lunga lettera a mamma e papà, raccontando loro tutte le novità. Gli chiesi se avevo il permesso di andare a stare da Draco per tutto il tempo della loro vacanza. Loro mi chiesero che fine aveva fatto Ron, e chi fosse Draco, ma si fidavano di me (dopo sette anni di completa autogestione da parte mia era il minimo) e risposero di sì, che andava bene, e che avrebbero approfittato economicamente della mia assenza per allungare la loro vacanza: si erano appropriati dell’intero mese. Quindi, appena due settimane dopo la fine della scuola, sarei andata a stare da Draco.
Non posso nascondere di essere rimasta molto stupita del fatto Lucius Malfoy sarebbe stato rilasciato, perché le prove della sua colpevolezza erano molte e gravi. Ma l’avvocato dei Malfoy aveva giocato sulla rispettabilità della famiglia, la paura che dovevano aver provato davanti a Voldemort, il fatto che il signor Malfoy non avesse ucciso nessuno -solo perché non ne aveva avuto l’opportunità, secondo la mia opinione-, così era stato rilasciato. Non era stato un caso molto discusso. Avevano tentato di insabbiarlo il più presto possibile con tutti i mezzi a loro disposizione. A mio parere era ingiusto dal punto di vista prettamente legislativo e pensavo che fosse una questione di denaro, ma non pensai nemmeno ad esporre le mie teorie a Draco o a chiunque altro, per paura che giungessero alle sue orecchie. Nonostante tutto ciò che pensavo della famiglia Malfoy e soprattutto di Lucius Malfoy, non potevo ignorare la felicità di Draco riguardo al rilascio di suo padre. In quel periodo era talmente felice che quasi camminava ad un metro da terra!
Quando arrivarono gli esami scoprii quanto Draco fosse felice e quanto contassi per lui. In sostanza, quando ci sono gli esami di fine anno, sono nervosa e scatto per qualsiasi cosa. Sopportarmi è una questione dura, so anch’io di essere ingestibile. Ma i M.A.G.O. mi avevano completamente gettato in abisso di disperazione, non sapevo più cosa fare, era come se dovessi morire da un girono all’altro, e la mia carnefice era la McGranitt.
In quel periodo Draco dimostrò tutta la sua pazienza.
Eravamo in Biblioteca, stavo facendo uno schema per Storia della Magia a proposito della Rivoluzione della Magia Applicabile, e non riuscivo a trovare una data importante sul libro. “Com’è possibile che non me la ricordi?”, borbottai piccata, le sopracciglia corrucciate quasi attaccate alle pagine. “E’ assurdo che non l’abbia scritta negli appunti! Voglio dire…”, e continuai così per un po’.
Draco si volse verso Harry e gli chiese qualcosa, lui soffocò una risata e fece di sì con la testa. Non gli lanciai più di un’occhiata infastidita e continuai a sfogliare il libro. In quel momento alcuni ragazzini del terzo anno arrivarono in biblioteca, parlando ad un tono di voce che definire alto sarebbe riduttivo. Eravamo in biblioteca dopotutto! In quei momenti assomigliavo inquietantemente a Madama Prince. Alzai lo sguardo e sbuffai, pensando che comunque se ne sarebbero andati presto. Ma rimasero lì a chiacchierare allegramente e ad alta voce. Li guardai di nuovo, un po’ più arrabbiata, e sbuffai sonoramente. Notai che nel frattempo Harry e Ron si erano fatti piccoli piccoli, e cercavano di evitare il mio sguardo.
“Scusate!”, chiamai all’improvviso attirando gli sguardi del gruppetto, “Potreste fare un po’ di silenzio?” Quelli mi guardarono come se fossi un’alga o qualcosa di altrettanto viscido, ma poi ripresero a parlare un po’ più a bassa voce.
Ripresi a cercare la data, ma le voci andarono in crescendo. Ad un tratto mi alzai di scatto e mi diressi verso di loro a passo di marcia. Sentii distintamente Ron ridacchiare ed Harry sospirare. “Insomma! Volete stare un po’ zitti?!”, sbraitai. “Qui, questa!”, dissi agitando le braccia per aria indicando gli scaffali, “Sapete che cos’è? Si chiama biblioteca, un posto che serve per studiare, dove si sta in silenzio, non un posto dove chiacchierare! Se volete parlare andatevene al Paiolo Magico!” I ragazzini mi guardarono un po’ stupiti, poi uno di loro sbuffò e rise di gusto, portandosi una mano alla fronte come se avesse visto qualcosa di esilarante. “Che cosa ridi?!”, chiesi io furente. “Qui non si ride, non si piange, non si grida, non si parla! Non dovete nemmeno respirare! Quindi fuori di qui prima che vi tiri un calcio dove vi farà molto male! Sono stata…?!”, non riuscii a terminare la frase, perché qualcuno mi prese per un braccio e mi trascinò via. Mi guardai alle spalle e vidi Draco che camminava sicuro verso l’uscita della biblioteca, con la sua e la mia borsa in spalla. “Non pensate di cavarvela così, chiaro?! Venti punti in meno a Tassorosso e Grifondoro!”, riuscii a dire prima che sparissero dalla mia vista. Avevo tolto dei punti alla mia casa…
Draco mi trascinò fuori dalla biblioteca, si girò verso di me e mi prese per le spalle. “Hermione… rilassati per favore.”
Quasi iniziai a piangere. Sapevo di essere un disastro: avevo le occhiaie perché stavo sveglia quasi tutta la notte per studiare, mi era venuta l’herpes per il nervoso, non mangiavo quasi per non perdere tempo per ripassare tutto il programma e, in genere, ero una vera e propria stronza. “Come faccio a rilassarmi? Fra una settimana ci sono gli esami, e io non sono mai stata così indietro nello studio! Mi manca Storia della Magia, Incantesimi e Antiche Rune, e dovrei anche rivedermi bene Trsfigurazione ora che ci penso, perché…”
Draco mi chiuse la bocca con due dita e io rimasi a fissarlo in silenzio. “Se fai così”, cominciò lui con voce calma, “non fai altro che peggiorare la situazione. Se ti agiti non potrai mai ricordarti tutto, se invece sei rilassata e affronti gli esami con calma vedrai che andranno più che bene.” Ma come faceva ad essere così maledettamente diplomatico? Non lo sopportavo in quel momento.
“Ma…”, provai a dire, ma lui mi chiuse di nuovo le labbra.
“Niente ma. La vuoi una camomilla?”, chiese con sguardo truce.

Draco
Alla fine, com’era da aspettarsi, gli esami andarono più che bene. Non a me ovviamente, per me furono discreti. I voti ci vennero comunicati non appena dopo la fine degli esami, dato che era l’ultimo anno. Presi una D in Storia della Magia, ma riuscii anche (e menomale, dopo tanto sforzo da parte di Hermione) a guadagnarmi una A in Erbologia. Le altre materie andarono tutte abbastanza bene, alcune O e un Eccezionale in Difesa Contro le Arti Oscure. Non mi lamento però, potevo andare peggio. Dopotutto Oltre Ogni Previsione non è un cattivo voto. E chi se ne importava di Storia della Magia in fondo? Non era nelle mie aspirazioni diventare Archeologo di Siti Magici-storici. Hermione, ovviamente, prese tutti Eccezionale e una sola O. Potter e Weasley presero voti decenti, come i miei.
Dopo la fine degli esami Weasley e quella strana ragazza che avevamo conosciuto in biblioteca, Babette mi pare che si chiamasse, si misero assieme. C’era da aspettarselo dopotutto: due scemi come loro erano perfetti l’uno per l’altra. Passavano tutto il tempo a dire cavolate e bisticciare, sembravano un duo comico. Forse stavano cercando di rimpiazzare i gemelli testarossa, e ci riuscivano davvero alla grande.
Alla fine della scuola la Mc Granitt fece uno dei suoi soliti discorsi. Un po’ mi dispiaceva che non ci fosse più Silente, dato che i suoi discorsi erano molto più divertenti e, in alcuni casi, anche più profondi.
Prima della partenza io e Blaise stavamo cercando di raccogliere le nostre cose sparse per la stanza. Non trovavo più il pigiama e nemmeno l’orologio magico che mi avevano regalato i miei un sacco di anni fa. Era proprio una situazione disperata: erano le nove di mattina e ancora non avevo finito di preparare il baule! Fra due ore il treno sarebbe partito e io non trovavo il mio orologio. Il pigiama passi, ne avevo molti altri, ma l’orologio era un regalo. “’Fanculo…”, dissi soltanto prima di tirare fuori la bacchetta dalla tasca dei jeans. “Accio orlogio”, e così dicendo puntai la bacchetta per aria. Un grido mi giunse dal bagno, e vidi Theodore uscire con in bocca lo spazzolino massaggiandosi una guancia. Il mio orologio lo aveva colpito in pieno ed aveva lottato per uscire dalla porta. Siccome non riusciva Theo l’aveva aperta per lui, ma mi guardava in cagnesco. “Scusa”, dissi stringendomi nelle spalle.
Quando, per puro miracolo, finii di preparare il baule scesi a fare colazione. Praticamente la trangugiai, dato che mancava solo un’ora alla partenza e, entro poco, sarebbero partite le carrozze verso la stazione di Hogsmeade. Quando fummo tutti fuori dalla scuola ad aspettare la carrozze ci infilammo nella prima che trovammo. Formavamo il più strano gruppo mai esistito. Io, Hermione, Potter e Blaise. Era un po’ strano, ma arrivammo alla stazione senza decapitarci a vicenda.
Hermione, con un incantesimo non verbale, sollevò il suo baule e lo issò sul treno. La seguii e cominciai a cercare uno scompartimento. Ne trovammo uno in fondo al treno, vuoto, e anche lì chi ci raggiunse erano tra i più improbabili. Alla fine oltre a me ed Hermione c’erano Blaise, Potter, Weasley con la sua Corvonero, poi arrivò Pansy, un po’ imbronciata, e Paciock. Distolsi lo sguardo da quella comitiva e ridacchiai. “Che hai da ridere?”, chiese Potter con sguardo strano.
“Niente”, dissi io agitando una mano. Guardai di nuovo tutti gli altri, che si osservavano un po’ in cagnesco e un po’ insicuri.
Potter seguì il mio sguardo e disse: “Ah. Ho capito.” Anche lui fece un piccolo sorriso velato, poi si volse per non farsi vedere.
Il treno fece un fischio e cominciò a vibrare. Per l’ultima volta lo sentii partire sotto ai miei piedi.
Fu una strana sensazione. Un misto di qualcosa di già provato, ma con una certa malinconia in più. Per quanto, molte volte, avessi urlato ai quattro venti il mio disprezzo per quella scuola, Hogwarts mi piaceva, era diventato un luogo importante per me, vi avevo vissuto una parte della mia vita, forse una delle migliori, l’adolescenza, e tutto ciò che mi era successo lì, per quanto fossero vicende personali, era strettamente legato e direi anche influenzato da quel luogo. Ci avevo passato sette anni ed ero davvero cambiato. Se non vi fossi andato non sarei diventato quello che sono, non avrei fatto le stesse esperienze, e magari sarei rimasto un immaturo opportunista -cosa che, da un lato, mi piaceva essere-. Era stata come una seconda casa, un posto che un po’ detestavo, ma che era anche l’unico nel quale potevo rifugiarmi. Da ogni cosa. Era un posto per evadere, e nel contempo un posto che mi era intollerabile. Forse la scuola è sempre così: un rapporto di amore-odio. Era strano convivere con quelle sensazioni, ma…
Si, il castello mi sarebbe mancato.
Mi guardai attorno e scoprii che tutti quanti stavamo guardando Hogwarts dal finestrino. Si ergeva immensa e troneggiava su tutto dal suo colle. Chissà cosa stavano pensando gli altri, mentre partivamo per il nostro ultimo viaggio in treno.


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Eccomi qui, in leggero anticipo. Parto domani per un mini-viaggio e non volevo lasciar correre troppo tempo fra un'aggiormanto e l'altro. Comunque, parliamo della storia!

Una volta finito l'ultimo anno a Hogwarts non volevo terminare la fanfic così facilmente u_u Indi per cui ho deciso di liberare Lucius Malfoy! Siii! Un degno antagonista della coppia, evviva! XD
Nel prossimo capitolo mi direte che cosa ne pensate di come ho reso il personaggio, se è abbastanza IC, anche perchè lui è così ambiguo. Spero di essermi mantenuta in linea con il suo carattere.
Poi, ebbene: anche se qualcuna di voi odia letteralmente Ron e vorrebbe vederlo stecchito sotto l'espresso di Hogawarts non volevo lasciarlo solo. Poveraccio, sarebbe l'unico in tutto il gruppo! E' anche uno dei miei personaggi preferiti, non potevo assolutamente lasciarlo single. L'ho accoppiato apposta con qualcuno di un po' più simile al suo carattere, anche perchè credo che sia giusto così per certe persone (sebbene si dica in giro che gli opposti si attraggono).

Riguardo allo scorso capitolo; hmmm, lo sapevo che c'era qualcosa che non andava, nemmeno una recensione piccina picciò è arrivata. Ma vi capisco u_u Nemmeno io avrei recensito una roba del genere XD Spero di essermi rifatta un'immagine ai vostri occhi con questo capitolo.

Un'altra cosa: ho voluto sottolineare questa specie di nostalgia, felicità, un po' paura e un po' ansia di lasciare la scuola. Io ho finito il liceo l'anno scorso, e so cosa si prova! E' stato un anno bellissimo e davvero divertente! XD
Quindi voglio dedicare questo capitolo a tutti coloro che quest'anno lasciano il liceo, augurandovi di avere le idee chaire per il vostro futuro, con il consiglio di godervi questo anno scolastico e tenervi stretti gli amici che vi siete fatti durante la scuola ^^ (e non vi crucciate troppo per la maturità, basta studiare come avete sempre fatto, se siete arrivati fino in quinta supererete anche questo ostacolo! XD).

Al prossimo capitolo, che posterò Martedì,
Patrizia

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Capitolo 11
*** Un padre intollerante ***


Capitolo undici
Un padre intollerante





Draco
Mio padre piegò la testa di lato, come se non avesse sentito bene, e disse con voce vellutata: “Puoi ripetere?”
“Ho invitato la mia fidanzata a stare qui da noi per un mese”, ripetéi con voce piccola.
“No, l’altra parte per piacere”, disse lui con voce candida, la più temibile.
“La mia fidanzata… Hermione Granger.”
Papà era davvero terrificante a volte. Ci credo che a Voldemort stava simpatico,sarebbe riuscito ad incutere terrore senza provare remore perfino ad un agnellino. Posò la forchetta sul tavolo e sospirò, gli occhi chiusi e il volto che esprimeva una rabbia che tentava di essere celata. Mia madre ci osservava preoccupata. Aspettava lo scoppio. Solo lei riusciva a calmare mio padre. Era un vero genio in queste cose. Procedeva così: osservava lo scoppio senza dire una parola, aspettava che si placasse, preparava una tazza di tè corretto con whisky incendiario a mio padre, poi diceva la sua. E la maggior parte della volte riusciva anche ad aver ragione su di lui! Mentre io ero proprio una frana, nemmeno in una discussione sul tempo che fa sarei risultato vincitore.
“Draco… cosa… io ti ho…”, cominciò papà. Non sapeva nemmeno che cosa dire, e un po’ questo era sintomo di terribile incazzatura. “Dille che non può”, decretò infine con un gesto della mano, come se stesse scacciando una mosca.
“Come?”, chiesi io allibito.
“Hai sentito bene, non può venire a stare qui. Dille che non può venire, dille che siamo… in vacanza, che ne so.”
“Ma perché?”
“Draco!”, disse lui con un’espressione addolorata in viso, come se gli stessi facendo un grande torto. “Io non ospito Mezzosangue in casa mia, e tu lo sai bene! Se questo è un nuovo modo per farmi dispetto sappi che…”
“Dispetto?!”, gridai, alzandomi. “Che cosa centri tu? E’ la mia fidanzata, cosa c'entri tu?! Volevo solo portarla a conoscervi! E piantala con questa storia dei Mezzosangue, non significa niente! Lo sai anche tu che maghi grandissimi erano Mezzosangue o nati Babbani, quindi…”, girai attorno al tavolo e mi avviai fuori dalla sala, “…non venire a raccontarmi palle.”
Quando fui in camera mia ero talmente arrabbiato che cominciai sistematicamente a fare a pezzi il copriletto, sfilacciandolo sempre di più con il diffindo, poi direttamente con le mani, il che era più soddisfacente. Non potevo credere che dopo tutto ciò che era successo papà ancora si ostinasse ad essere così ottuso! Sapeva benissimo anche lui che quella del sangue puro era una stupidaggine bella e buona, per lo meno la parte che riguardava le capacità dei Mezzosangue. Fin da piccolo mi aveva inculcato l’idea che i Babbani fossero esseri stupidi e superficiali, ed era per quello che non sapevano usare la magia. Chi si mescolava con i Babbani non poteva che essere stupido quanto loro, almeno secondo la teoria di mio padre. Per questo disprezzava così tanto Babbani e Mezzosangue. Ma sapeva benissimo che un mago Mezzosangue o persino nato Babbano, aveva le stesse identiche possibilità di un Purosangue. Era a conoscenza del fatto che Voldemort fosse stato un Mezzosangue, o almeno confidavo lo avesse saputo dopo la sua morte, e lui era stato il più grande mago dei nostri tempi, assieme a Silente.
A mezzanotte circa, quando il copriletto era ormai ridotto ad un fazzoletto usato, sentii un delicato bussare alla porta. “Avanti”, dissi con voce piatta.
Mia madre aprì la porta di uno spiraglio ed entrò, sedendosi accanto a me sul letto. “Caspita. Ti sei dato da fare”, disse passando una mano leggera sulla stoffa nera distrutta.
Abbassai lo sguardo, colpevole. “Scusa”, borbottai.
“Non importa, a volte papà sa essere irritante”, disse mamma con un sorrisetto tra il furbo e il malinconico. Io, per tutta risposta, non seppi fare altro che grugnire.
Ero leggermente turbato da quello che era successo. Da quello che era successo a me. Credo di non aver mai provato tanta angoscia e rabbia in un solo colpo. Quando papà aveva chiaramente dimostrato tutto il suo disprezzo per Hermione, per me: perché mi ero mescolato con i Mezzosangue. Mi ero sentito tradito, mi chiedevo perché mai mio padre, l’uomo che mi aveva cresciuto, faticava tanto a capirmi. Non riuscivo a ragionare in quel momento, se non me ne fossi andato avrei dato sfogo a tutta quella rabbia che mi montava nel petto ogni volta che pensavo a quanto era stato sciocco. Gli avrei urlato contro qualsiasi cosa, sarei stato capace di vomitargli addosso tutte le più sporche accuse che mi venivano in mente.
Io l’avrei fatto. Per lei.
Perché tutto questo non era solo per me, per quello sguardo freddo che mi aveva lanciato. Lanciato a suo figlio. Era anche per Hermione. Non sopportavo che parlassero male di lei, che pensassero male di lei. Senza nemmeno conoscere che persona fantastica fosse. Lo stesso errore che avevo fatto io in fin dei conti, e che avevo rimpianto con tutto me stesso. So per certo che, delle volte, dovevo averle reso la vita un inferno.
“Tuo padre ha detto che può venire. A patto che stia lontana da lui”, disse mamma.
Alzai di scatto la testa. “Sul serio?”
“Si. Ma Draco, devi stare attento, capito?”, mi disse, uno sguardo ammonitorio dipinto sul volto.
“E di che?”
“Io non ti metterei mai di fronte ad una scelta del genere, ma sai com’è fatto tuo padre. E’ cocciuto, si arrabbia in fretta, non accetta le cose finché non gliele si sbattono in faccia. Quindi stai attento a non fare… a non farlo arrabbiare, altrimenti dovrai trovarti nella condizione di scegliere.”
Sentivo la gola stretta, come se stessi per piangere. “Scegliere cosa?”
“Sono abbastanza sicura di cosa sceglieresti, fra l’amore rassicurante della tua famiglia e l’amore della più bella ragazza che tu abbia mai visto, ma potresti perdere tante cose se scegli. Qualunque sia la tua decisione.”
Mamma si avvicinò, mi prese la nuca e mi diede un bacio sulla fronte. Ormai ero parecchio più alto di lei, ed ero anche fisicamente più forte, ma il suo bacio mi lasciò piccolo e debole, come un bambino.
Ormai mamma non era più giovane come una volta. Aveva alcuni capelli grigi, perenni occhiaie sotto gli occhi, come se non dormisse mai abbastanza, cominciavano a marcarlesi sul volto le rughe d’espressione, e il suo corpo aveva perso quello slancio e quella fluidità che di sicuro aveva da giovane. Eppure mi parve così bella in quel momento. Come una mattina d’inverno, mentre la neve cade e tutto è silenzioso. Mia madre era esattamente così, gelida all’esterno, ma così bella e speciale in fondo.
“Mi raccomando”, disse alzandosi, “vedi di non distruggere altri copri letti.”

Hermione
Già il cancello in ferro battuto mi metteva in soggezione. Era così elaborato e così bello che non si poteva stare lì senza ammirarlo. Feci vagare lo sguardo più in là e vidi la casa. Una vera reggia, non c’è che dire. Era talmente perfetta che sarebbe potuta andar bene come castello in una fiaba: tutta giocata sui toni del grigio pietra e sullo stile rinascimentale. Molto raffinata ed elegante. Proprio quello che mi aspettavo in fondo.
Ad un tratto vidi la porta in fondo al vialetto aprirsi e scorsi Draco. Non appena mi vide cominciò a corrermi incontro, mentre il cancello si aprì da solo con uno scatto. Varcai la porticina laterale senza nemmeno più pensare alla mia piccola valigia, e gli corsi incontro. A metà strada c’incontrammo, e ci abbracciammo come se non ci vedessimo da anni. Anche se, in fondo, non erano passate che due settimane. Ma che giorni vuoti senza di lui!
“Come stai?”, mi chiese lui all’orecchio mentre ci dondolavamo sul posto.
“Benissimo”, risposi.
“Hm”, disse Draco dandomi un bacio sul collo. “Hai un buon odore.” Si staccò da me sorridendo e andò a prendermi la valigia, come un vero gentilmago farebbe. Alzò la bacchetta, mormorò qualcosa, e il mio trolley si alzò e rimase a svolazzare sopra la sua testa.
Mentre ci dirigevamo alla villa domandai: “Che hai fatto in queste due settimane?”
“Niente, proprio niente. E’ rilassante non dover fare i compiti delle vacanze”, disse Draco con un sorriso soddisfatto.
“Non hai fatto niente? Io invece mi sono informata su alcuni lavori che m’interessano. Ad esempio mi piacerebbe lavorare al San Mungo, o magari per il Ministero, oppure chi lo sa? A te cosa piacerebbe fare?”, chiesi tutto d’un fiato.
Credo che Draco rimase un po’ sbigottito da tutto quel parlare di lavoro. Però sorrise e disse: “Veramente non ne ho idea,”
“Davvero?” Che delusione: Draco non sembrava in vena di sproloquiare assieme a me su carriere e posti fissi.
“Davvero.”
“Ma cosa ti piace fare? Ci sarà qualcosa per cui sei portato, no?”
“Boh… stavo pensando di lavorare alla Gringott.”
“Perché?”
“Come Spezzaincantesimi.”
“Capisco.” Si, in effetti la vedevo come una carriera adatta a lui. “E’ una buona idea. Ho sentito che per lavorare alla Gringott si deve avere una buona conoscenza di Storia della Magia, Difesa Contro le Arti Oscure, Incantesimi e Pozioni”, snocciolai contando sulla dita. Nel frattempo eravamo arrivati nell’atrio di quella casa enorme, ma non c’era anima viva. Draco mi condusse su per le scale, sempre con la valigia che fluttuava poco sopra di noi. Passammo per diversi corridoi, e pensai di sfuggita che se Draco mi avesse lasciata sola mi sarei persa. Poi arrivammo davanti ad un’enorme porta in legno. La camera di Draco.
Era molto accogliente, con un camino, un grande letto a baldacchino a due piazze, un grosso armadio che occupava un intera parete, una libreria che occupava quella opposta, e una grande scrivania addossata al terzo muro. Una porticina si apriva su un lato della stanza, e faceva entrare un’arietta fresca. “C’è un portico qui?”, chiesi dirigendomi alla porta.
“Si, è anche bello grande”, disse Draco mentre faceva poggiare la valigia ai piedi del letto.
Uscii sul portico, ed ebbi la vista più bella che ci si poteva immaginare. Davanti a me si estendevano le pianure verdi, ma in fondo, proprio in fondo vicino all’orizzonte, si vedeva il mare, che si mescolava al cielo. “Che bello”, mormorai sporgendomi di più.
“Bello vero?”, chiese Draco, avvicinandosi. Mi cinse la vita con una mano e mi avvicinò a sé. Alzai lo sguardo e sorrisi, poi baciai Draco.
“Sono contenta di essere qui.”
“Anche io sono felice che tu sia qui”, disse lui dandomi un bacio sulla fronte.
Quel pomeriggio lo passai assieme a Draco a mettere a posto le mie cose, che erano entrate tutte nella piccola valigia solo grazie ad un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile. Mi cedette parte del suo armadio, e io vi misi i miei vestiti. Mi rimproverò per non essermi portata un costume, dato che mi aveva detto che abitava vicino al mare, e che ci saremmo andati anche tutti i giorni se mi andava! Gli feci promettere che avrebbe seriamente pensato a quella storia degli Spezzaincantesimi della Gringott, e gli dissi che se voleva lo avrei accompagnato a fare domanda.
Quella sera mi preparai per bene per scendere a pranzo con i Malfoy, mi misi una gonna nera non troppo corta, delle collant, delle normali scarpe da ginnastica e una camicia bianca. Mi sembrava di essere abbastanza sobria ma non troppo seria. Non era da me pensare al giudizio degli altri ma volevo fare buona impressione sui Malfoy. Non mi era mai capitato di voler fare buona impressione su qualcuno in modo così morboso. Non mi era successo quando ero uscita con Viktor Krum, né quando stavo con Ron -anche perché ci conoscevamo da anni-, non volevo fare impressione a nessuno con i miei voti, ma era solo per soddisfazione personale che studiavo molto e desideravo averne di ottimi. Così, dopo diciannove anni di vita, desideravo davvero fare colpo su qualcuno. Su qualcuno in particolare: Lucius Malfoy. Non lo conoscevo nemmeno un po’, ma conoscevo la sua fama, e sapevo di non essergli simpatica. Un po’ per Draco, un po’ per me stessa, e un po’ per la stupida discriminazione sui Babbani, avrei fatto cambiare idea a quell’uomo. A tutti i costi.

Draco
Avevo visto Hermione in diverse vesti: in divisa, elegante, normale, totalmente imbacuccata in diversi strati di abiti, e persino senza abiti. Ma non l’avevo mai vista conciata a quel modo. “Come ti sei vestita?”, sbraitai.
“Che c’è? Non posso vestirmi bene? E’ eccessivo?”, chiese preoccupata guardandosi allo specchio da tutte le angolazioni.
“No, è che… non ti ho mai vista così. Perché hai messo quella camicia? Sembri mia nonna”, dissi andando ad aprire la sua valigia e frugandoci dentro in cerca di qualcosa di meno terrificante. Tirai fuori una maglietta normale e gliela lanciai. “Mettiti questa va’, che è meglio.” Almeno non sarebbe sembrata Madre Teresa. Era una maglietta rossa con le maniche corte e una leggera scollatura. Nulla di sofisticato, ma non era certo un gran galà.
Quando scesi avevo un po’ paura di sapere che cosa avrei trovato. Forse ci sarebbe stato mio padre in tenuta di guerra con la pergamena che decretava la nobiltà della famiglia Malfoy, una pergamena che stava al sicuro in una cornice appesa sopra al camino da prima che io nascessi. Ma per fortuna non trovai nulla del genere, sembrava tutto come al solito. Anzi sembrava meglio del solito: la tavola era imbandita come se dovessimo tenere un banchetto per trenta persone. Mio padre e mia madre erano seduti da un lato del tavolo, che solo da una parte poteva accogliere sei persone, dalla parte opposta alla loro c’erano altre due sedie scostate per me ed Hermione. La feci sedere, perché sembrava che l’occasione lo richiedesse, poi mi accomodai. Arrivò subito la prima portata, accompagnata da un basso elfo che si chiamava Lelo. Vidi Hermione stringere le labbra, ma sorrise all’elfo quando quello la servì. Lelo dal canto suo era felicissimo di ricevere un sorriso, da mia madre e mio padre sono sicuro che non ne riceveva mai, e da me nemmeno, da una parte perché non ero quasi mai in casa per tutto l’anno e dall’altra perché non m’intessava sorridere ad un elfo domestico.
“Signorina Granger”, disse mio padre quando tutti furono serviti, “è un piacere averla ospite in casa nostra.” Che ruffiano!
Hermione sorrise e, senza smettere di guardarlo in viso, disse: “E’ un piacere per me essere qui, signor Malfoy. La sua casa è splendida.”
“Sempre meglio di quella di Arthur Weasley, immagino.” Ecco che cominciamo, pensai rabbuiandomi.
“Mi è giunta voce che la famiglia Weasley non soffra più di disagi economici. Grazie al negozio dei figli gemelli, e anche perché il signor Weasley ha ottenuto un aumento, ed è stato trasferito. Mi risulta che lavori per il reparto Relazioni con i Non Maghi, si occupano della fetta di comunità Babbana che entra in contatto con il mondo magico”, disse Hermione con odiosa saccenza.
Mio padre la guardò contrariato, ma non fece in tempo a dire nulla poiché mia madre chiese: “Posso domandarvi come vi siete conosciuti? Sarà l’argomento dell’anno alle cene di famiglia”, aggiunse poi ridacchiando.
Io ed Hermione ci guardammo. “In effetti c’entrano non poco i Weasley”, borbottai.
Mio padre corrugò la fronte. “Prego?”, chiese inarcando un sopracciglio.
“E’ che, per farmi uno scherzo stupido, i gemelli Lenticchia… cioè, i gemelli Weasley, mi hanno mandato un pacco di cioccolatini stregati. Quando ne mangi uno t’innamori della prima persona che vedi. E davanti a me c’era lei”, dissi indicando Hermione.
“Draco stava andando malissimo a scuola, così decisi di aiutarlo a far scomparire l’incantesimo, ma non funzionò. Poi, con il tempo, ci siamo conosciuti meglio e poi ci siamo messi assieme”, proseguì Hermione.
Mia madre ci guardava con tanto d’occhi. “B’è… hanno fatto un gran bel commercio i Weasley.”
“Dovreste proprio andare a visitare il loro negozio, una volta. E’ pieno di qualsiasi cosa riusciate ad immaginare!”
“A Capodanno ci ho trovato dei guanti parlanti!”, esclamai.
“Lo sai che Draco da piccolo voleva assolutamente, a tutti i costi, un pupazzo parlante di cui non ricordo il nome”, cominciò mia madre con un sorriso, “e ci diede fastidio fino alla vigilia per averlo. Poi, non appena aprì il pacco con il pupazzo, quello gli schizzò addosso dell’acqua e lui non lo toccò più per il resto della sua vita. Una volta mi pare di aver visto il pupazzo rincorrerlo su per le scale. Eri terrorizzato, vero Draco?”
Sbuffai e roteai gli occhi al soffitto, mentre Hermione si rotolava dalla risate. “Non è vero, cosa dici?”, ribattéi io. “E poi era un pupazzo enorme, era a forma di alce, e poteva anche parlare!”
“Ripeteva solo quello che sentiva, Draco”, disse mio padre con un vago sorriso.
“Si, infatti! Una volta mi ha chiamato tesoro, e un’altra volta Dobby!”
“Dobby!”, esclamò Hermione.
“Già…”, ringhiò papà, e il sorriso sparì dal suo volto. “Quell’elfo che mi ha rubato Potter.”
“Oh, Harry non l’ha mai voluto, lo ha lasciato libero. Andò a lavorare ad Hogwarts pe run po’ di tempo. Silente gli dava lo stipendio”
“Lo stipendio?”, domandò mamma.
Hermione annuì freneticamente. “Si, si! Dobby era felicissimo di avere uno stipendio, credo avesse anche un giorno libero…”
“Hm… e che fine ha fatto?”, domandò papà sollevando un sopracciglio, come se meditasse di andarlo a trovare.
“Dobby è morto l’anno scorso signor Malfoy. Durante la guerra contro Tom Riddle”, disse Hermione con voce greve.
Mio padre strizzò gli occhi. “Tom…?”
“Era il vero nome di Voldemort, signor Malfoy. Di sicuro si ricorderà. Comunque sia… Dobby in fondo vi voleva bene”, continuò Hermione. Ma diceva sul serio o solo per far piacere ai miei genitori? Chissà quanti calci avevo dato a quell’elfo! Non poteva volermi alcun bene a meno che non riservasse un’animo masochista.
“Come fai a sapere il nome dell’oscuro signore?”, chiese sospettoso mio padre.
“Sono amica di Harry Potter signore, so cose che nemmeno il Ministero sa”, disse lei sorridendo.
Dopo un po’, siccome la conversazione languiva, mia padre decise di indagare a fondo su alcune di quelle che probabilmente riteneva questioni importanti: “Signorina Granger, dove abita lei?”
“Poco fuori Londra signore, in campagna”, rispose prontamente Hermione.
“E i suoi genitori che lavoro fanno?”
“Sono entrambi dentisti.”
“Den…?”, mio padre lasciò la parola in sospeso, con un’aria di insofferenza dipinta sul volto.
“Dentisti. Nel mondo non magico è una professione molto utile. Quando qualcuno ha i denti rovinati va dal dentista, e quello glieli cura. E’ come un dottore, solo che specializzato per i denti. So che c’è un reparto simile al San Mungo.”
“Con una bacchetta è molto più facile curare dei denti”, osservò papà.
“Ha ragione, anche se molto più pericoloso”, ribatté Hermione con tono noncurante.
Mio padre alzò di scatto lo sguardo su di lei, infastidito. Poi si riprese, si schiarì la voce e disse: “Bene… che cosa pensa di fare dopo la scuola signorina Granger?”
“La prego, mi chiami Hermione.”
“Solo se tu mi chiamerai Lucius.”
Tutta questa falsa cortesia mi faceva venire da vomitare. Era sì da mio padre, ma da Hermione proprio non me lo aspettavo. Era tutta sorrisi e frasi accurate, studiate perfettamente per dire esattamente quello che voleva dire, ma senza offendere. Una vera strega, la adoravo.
“Ne stavo parlando proprio oggi con Draco. Mi piacerebbe lavorare all’Ospedale San Mungo, possibilmente nel reparto dedicato ai bambini. Oppure mi piacerebbe anche dedicarmi alla mia compagnia per i diritti degli elfi domestici.” Mi portai una mano alla fronte e chiusi gli occhi. Se avesse detto quel nome potevo anche riportarla a fare i bagagli: papà l’avrebbe fatta fuggire indignata a forza di risate. “Il C.D.E.D., Comitato per i Diritti degli Elfi Domestici.” Era un miracolo…
Mia madre la guardò interessata. “E’ una cosa davvero innovativa.”
“Grazie mille. Gli elfi domestici sono sempre stati trattati in una maniera barbara, ma questo non ha senso. Sono degli esseri come noi, hanno sentimenti e ragione, quindi quel che hanno fatto i maghi per tutti questi anni può essere considerata vera e propria schiavitù. Mi piacerebbe farlo capire alla gente, ma per farlo avrei bisogno di tanti soldi e tanta pubblicità”, terminò Hermione bevendo un sorso di vino.
“Trovo che sia un grande progetto”, osservò mia madre, mentre papà la osservava con le sopracciglia corrugate.

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Heylà... Non mi stancherò mai di pubblicare! XD
Tornata dalla mini-vacanza mi accingo a pubblicare un nuovo capitolo. Sul quale non ho poi molto da dire in effetti. Mancano solo due capitoli alla fine di questa storia, e poi finirà anche lei.
Be', nonostante i recensori siano misteriosamente spariti tutti in una volta (o si siano nascosti per sfuggire ai Draco ed Hermione) così all'improvviso a me non importa: continuerò imperterrita fino alla fine XD
Al prossimo capitolo, ciao a tutti i lettori! E mille milla grazie a chi Segue, a chi Preferisce e a chi Ricorda questa semplice storiella ^^
Patrizia

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Capitolo 12
*** Maestri dell'ironia ***


Capitolo dodici
Maestri dell’ironia





Draco
Non avevo mai preso un autobus, ma mio padre si era rifiutato di prestarmi la sua scopa a due posti, così ero in piedi in mezzo ad una vecchia e ad un ragazzo alto e grosso il doppio di me, che mi schiacciava contro la signora. Volevo chiamare il Nottetempo, ma Hermione aveva detto che potevamo benissimo raggiungere la spiaggia in venti minuti d’autobus. Così, mentre preparavo le cose per il mare, lei andò a comprare i biglietti e ad informarsi sui mezzi, e poco dopo mi stava trascinando dentro ad un catorcio rosso e blu che faceva un rumore della miseria. Era in momenti come quello che apprezzavo ancora di più la magia.
“Ti vuoi sedere?”, mi chiese Hermione. Si era liberato un posto, e da vero galantuomo  l’avevo fatta accomodare, mentre io ero rimasto in piedi.
“E tu? No, dài, stai seduta.”
“Siediti”, mi disse lei alzandosi.
“Come vuoi.” Sedetti tenendo le borse fra i piedi e quando fui ben accomodato Hermione si sedette sulle mie ginocchia. “Ah, ho capito. Era questo il tuo subdolo piano”, dissi allungando le braccia e cingendole i fianchi.
“Mamma mia mi hai scoperto”, disse lei ridacchiando.
“La mia mente geniale non ha limiti.”
In poco più di un quarto d’ora fummo al mare. Ero stato varie volte al mare con una ragazza ma con Hermione, almeno fino ad allora… era stato un inferno. Aveva controllato duecento volte che fosse tutto al suo posto, che non avessimo dimenticato nulla e che ogni cosa fosse organizzata alla perfezione. Era così solo con lo studio, ma ripensandoci penso che si sentisse un po’ sottopressione, a causa di mio padre ovviamente. Dopo aver trovato un posto decente per sistemarci misi l’ombrellone nella sabbia, stesi l’asciugamano e rimasi in costume. C’era un sole forte, ma ogni tanto qualche filo di vento spezzava la calura e mi dava come la sensazione che un velo di seta passasse sulle braccia e sulle gambe. Poi il vento si placava, e pian piano tornavo a sentire la pelle scaldarsi al sole. Mi voltai a guardare Hermione.
“Andiamo a farci un bagno?”, domandai.
“Abbiamo appena fatto colazione”, protestò lei titubante.
“Oh andiamo! Dai!”, dissi mettendomi in ginocchio e tirandola leggermente per un braccio. “Dài… dài!”, cominciai a piagnucolare come un bambino piccolo.
“Hm”, Hermione esitò. “E va bene.” La presi in braccio e lei protestò vivamente, scalciando e urlando. Mi avviai verso l’acqua e cominciai ad immergermi fino alle ginocchia. “Non mi buttare giù! Non lo fare! Draco?! Non ti parlo più per il resto dell’estate! Non farlo!”, gridava intanto Hermione a metà fra il terrorizzato e il divertito.
“Oddio mi fanno male le braccia!”, esclamai teatrale.
“Non ci provare”, sibilò Hermione.
Ghignai. “Non ci posso fare nulla è più forte di me. Davvero, le mie braccia flosce non resisteranno ancora. Ecco! Stanno per cedere! Lo sento!”
“No! Draco!”
Splash! Si, fece più o meno così. Splash! Uno di quelli belli forti.
Hermione si alzò grondante acqua peggio del mostro della laguna, con uno sguardo assassino che, se avesse potuto, mi avrebbe ucciso. Si scostò i capelli dalla faccia con un gesto pesante e mi fissò con l’aria di una che mi avrebbe volentieri affettato qualcosa. “Non. Farlo. Mai. Più.”
Io sghignazzavo come un mongoloide, ma all’improvviso lei mi si gettò addosso e cominciò a spruzzarmi d’acqua fredda. Dopo un’abile manovra riuscì persino a infilarmi la testa sott’acqua e farmi cadere sulla sabbia del fondo. Rispuntai fuori sorridendo, spruzzando goccioline salate tutto attorno, mentre Hemrione rideva di gusto poco lontano, il corpo immerso fino alle spalle. “Scema! E se fossi morto?”
“Allora sì che i tuoi mi avrebbero spellata viva. Altro che Mezzosangue”, disse lei circondandomi i fianchi con le gambe e il collo con le braccia.
“Nata Babbana assassina l’ultimo discendente della famiglia Malfoy. Il movente, ancora da scoprirsi”, recitai con tono neutro. Diedi un bacio ad Hermione sulle labbra, ma quando mi ritrassi mi accorsi che era seria, e guardava l’acqua scintillare sotto il sole. “Che hai?”
Scosse le spalle. “Niente.” Non dissi nulla. Avevo imparato che dopo un po’, anche nelle situazioni più spinose, Hermione si sbloccava e anche se all’inizio era restia a parlare di qualcosa poi raccontava tutto. Attesi pazientemente. “E’ che”, cominciò, “io non piaccio nemmeno un po’ ai tuoi genitori. Pensano che non sia una buona strega.”
“Ed è vero per caso? Sei la strega più intelligente che abbia mai conosciuto, lo sai”, dissi cercando d’incoraggiarla. “Che t’importa di loro?”
“Sono i tuoi genitori”, protestò con aria triste.
“E allora? Li dovrai sopportare solo per un altro paio di settimane. E poi non ci sono mai in casa. Hai visto, no?”
“Si, ma vorrei che sapessero lo stesso che non sono un’incapace solo perché sono di origine Babbana.”
“Mio padre lo sa, credimi”, dissi facendo una smorfia.
Hermione alzò lo sguardo, fiera. “Non m’importa se lo sa. Voglio che lo riconosca davanti a me. Ho deciso”, disse con aria risoluta, “fin quando resterò ospite in casa tua farò di tutto per dimostrare a tuo padre che sono in grado di padroneggiare le arti magiche quanto lui, e che i Babbani sono delle persone anche più ingegnose dei maghi. E lui dovrà accettare questa cosa!”
Settimane dure attendevano tutta la famiglia.

Hermione
Quando tornammo a casa dal mare avevo insistito per comprare dei pasticcini da offrire ai genitori di Draco per cena. Fu davvero una pessima idea…
“Ho comprato questi pasticcini ad un negozio Babbano, ne volete un po’?”, domandai alla fine della cena. Sciolsi il nodo elegante del pacchetto e cominciai a far passare il mini vassoio di cartone. Proprio in quell’istante un elfo domestico portò in tavola una torta interamente coperta di panna, del diametro di un cocomero, affianco alla quale i miei pasticcini impallidirono e, se avessero potuto, sarebbero di sicuro andati a nascondersi.
Draco s’illuminò. “La mia preferita!”, esclamò agguantando la torta e tagliandone una fetta improponibile per poi metterla sul piattino e cominciare a strafogarsi. Lucius Malfoy imitò il figlio, mentre io piluccavo un bignè ripieno alla crema con sguardo rassegnato.
“Hermione, mi passeresti quello con sopra la fragola?”
Mi voltai, e vidi Narcissa che mi sorrideva, la mano tesa. “Oh, ma certo.” Le passai il dolce e ricambiai il sorriso. Felice della non totale disfatta dei miei pasticcini dissi: “Uno dei prossimi giorni pensavo di andare alla Gringott… giusto per sentire cosa dicono, eh Draco?”
Lui si volse, ingoiò un po’ di torta e disse: “Okay.”
“Per cosa?”, domandò Lucius.
“Per sentire per gli Spezzaincantesimi”, disse Draco.
“Hm, buona idea”, disse Narcissa annuendo.
Lucius Malfoy guardò per un secondo il figlio, poi disse: “Anche il tuo bisnonno lavorava per la Gringott.” E con questa era fatta: la Gringott era stata sede per cinquant’anni di un membro della famiglia Malfoy, questo non poteva che rendere il luogo quasi sacro agli occhi di Lucius.
“Domani?”, domandò Draco.
“Andiamo alla Gringott e poi al San Mungo? Ti va?”
“Se andate alla Gringott potete andarci con Lucius, no caro?”, intervenne Narcissa.
La faccia che in quel momento Lucius Malfoy esibì faceva pensare che avesse appena ingoiato un limone, e chiaramente non gradiva l’dea di doverci accompagnare in un viaggio d’affari. Ma qualcosa stava avvenendo fra i due coniugi, solo che né io e né Draco avevamo ancora la prontezza di spirito per capirlo. Fatto sta che dopo una brave pausa e un boccone particolarmente grande di torta, Lucius disse con le sopracciglia leggermente corrugate: “Ma certo.”
“Grazie papà”, disse Draco quasi stupito. “A che ora?”
“Partiamo alle otto. Vi voglia puntuali in salotto, chiaro?”
“Ci andiamo con la polvere?”, domandò Draco, alludendo sicuramente al camino.
“No, meglio che vi porti io, facciamo una smaterializzazione congiunta. Non vorrei che i genitori della signorina Granger mi mandassero un gufo quando la figlia si perderà per il camino”, disse mellifluo.
Non dissi niente e mi limitai a ridacchiare come se fosse una battutina divertente, dentro di me avrei voluto tirargli quella sua mastodontica torta sulla faccia. Quando la cena finì e io e Draco fummo in camera ero talmente presa dai miei pensieri su come riuscire a fare colpo su Lucius Malfoy che indossai, senza rendermene nemmeno conto, il pigiama meno sexy che avevo.
“Wow, che bel pigiamino”, commentò Draco sghignazzando.
“Solo perché non ti piacciono le pecore non vuol dire che sia un brutto pigiama”, bofonchiai.
Draco rise, allungò le braccia e mi fece sdraiare accanto a lui. “Domani andremo a sentire per i nostri futuri lavori, lo sai?”
“Certo che lo so”, dissi scandalizzata.
“Ma lo vedi quante cosa sono cambiate? Abbiamo finito la scuola, e ora dobbiamo lavorare”, disse Draco. Non so se la cosa lo rendeva felice o meno.
“Chissà che faremo di qui a cinque anni”, pensai, gli occhi puntati sul baldacchino del letto.
“Tu credi che potremmo fare una riunione di tutti quelli del nostro anno quando saremo più grandi?”
Strabuzzai gli occhi. Da tutti potevo aspettarmi una cosa del genere, ma no da Draco. Insomma, non sembrava un tipo esattamente nostalgico. Una di quelle persone che voleva rivedere i compagni di scuola di un tempo, magari al Paiolo Magico a parlare dei vecchi tempi.
“Insomma non subito. Dico… immaginati fra uno e due anni ritrovarsi tutti quanti, ad esempio ai Tre manici di scopa, e raccontarci come va, cosa stiamo facendo. Chissà cosa staremo facendo noi due.” Si voltò a guardarmi.
“Ah, io scommetto che starò facendo qualcosa che tutti considererete noioso, come una ricerca scientifica sui pinguini, o un praticantato agli elfi domestici per diventare chef a tutti gli effetti.”
Draco mi osservò accigliato. “E sarebbero cose utili?”
“I pinguini hanno ancora tanto da insegnarci”, dissi piccata.
Draco scoppiò in una risata, poi cominciò a baciarmi il collo, e una sua mano si insinuò sotto la maglietta, ad accarezzarmi la pancia. “Prendi la bacchetta Hermione, fai il muffliato alla stanza.”
Dopo quelle parole, è top secret.

Draco
Papà acconsentì a passare prima per il San Mungo, ma solo perché scoprimmo troppo tardi che la Gringott avrebbe aperto solo dopo le nove, perché a quanto pareva un drago aveva eluso la sorveglianza, si era liberato e, dopo aver vagato mezzo cieco per qualche tempo, lo avevano riacchiappato, ma dovevano ancora rimetterlo davanti alla sua camera di sicurezza e mettere a posto tutto quel che aveva distrutto. Quando Hermione uscì dall’Ufficio Collocazione del San Mungo pareva molto soddisfatta e aveva in viso quel suo sorrisetto tipico di quando dimostrava qualcosa.
“Che hanno detto?”, domandai.
“Che sono qualificata per ricoprire tutti i lavori dell’ospedale. Ma ne ho scelto uno in particolare”, disse lei piegando un foglio e mettendolo in borsa. “Ho intenzione di compilare la domanda per il reparto di Malattie Trasmissibili da Creature e Animali Magici.”
“Ah”, commentai soltanto.
“Non è una delle posizioni più ambite”, commentò invece papà, con molta fantasia potrei aggiungere.
“Ma è quella che piace a me. Guardi il signor Weasley, fin a poco tempo fa viveva con poco, però era felice, e il suo lavoro gli piaceva tanto...”, ricordò Hermione sognante. “B’è non importa, possiamo andare.”
Papà fece una smorfia involontaria, poi ci mise le mani sulle spalle e, stringendo forte per assicurarsi di non perderci, si smaterializzò. O meglio, ci provò. Per un secondo rimase come intontito, senza sapere che cosa stava accadendo. Proprio in quel momento un Guaritore passò di lì e ci vide tutti e tre indaffarati a guardarci con tanto d’occhi. Si fermò gentilmente e chiese a mio padre: “State tentando di Smaterializzarvi?”
“Si”, rispose lui.
“Mi piace signore, per il momento tutto l’ospedale è stato stregato, a quanto pare un paziente è uscito dalla sua stanza, ma dobbiamo assolutamente ritrovarlo, è una persona abbastanza importante. Se volete Smaterializzarvi potete uscire, oppure usare la Metro Polvere. Offre l’ospedale, potete andare in un qualsiasi camino.” Sorrise, e se ne andò.
“Metro Polvere?”, domandai.
“Andiamo”, acconsentì papà.
Vagammo per quasi dieci minuti alla ricerca di un camino ma alla fine lo trovammo, accanto ad una sala d’aspetto. Ognuno di noi prese un pizzico di polvere, andai prima io, poi Hermione e alla fine papà, tutti e tre dicendo a chiare lettere: Gringott. Purtroppo, dovevamo aspettarcelo, nulla poteva andare bene in una situazione che comprendeva mio padre ed Hermione a stretto contatto. Caddi con il culo in una specie di piccolo ripostiglio, e non riuscii a venirne fuori abbastanza in fretta prima che arrivasse Hermione. Ora, non fraintendetemi, poteva non essere così terribile avere addosso Hermione, anche se intralciava un po’ la mia fuga verso l’uscita e l’aria fresca, ma il fatto è che poco dopo arrivò anche mio padre. “Ahi!”, esclamai involontariamente quando Hermione cadde esattamente sul mio stomaco. “Bastardo!”, gridai quando invece si aggiunse il peso di mio padre, e quello non fu del tutto involontario.
“Che cosa?!”, domandò lui furioso.
“Alzati! Mi sto spaccando l’osso sacro!”
“Credi che sia facile alzarsi senza schiacciare la tua promessa sposa?”
“Signor Malfoy potrebbe togliere la mano da lì?”
“Le mie mani sono al loro posto, ma credo che Draco non possa dire la stessa cosa a proposito delle sue.”
“Via maniaco”, mi sibilò Hermione rabbiosa dandomi uno schiaffetto sulla mano che, guarda un po’, era finita proprio su una sua coscia.
“Scusa.”
“Potremmo cercare di uscire?”, domandò papà. “Oh per carità, voi potrete restare qua dentro a copulare, ma io non desidero assistere, per quanto questo ti sorprenda Draco.”
“D’accordo… però dove siamo?”, domandai.
“Qui ci sono delle pietre, o qualcosa del genere.”
“Dove?”
“Aspetta.” Sentii Hermione trafficare sopra di me, poi la bacchetta si accese.
“E’ stata una buona idea Draco, mi chiedo come non ce l’abbia avuta tu, dato che sei un mago”, osservò mellifluo papà.
Hermione si schiarì la gola, poi puntò il fascio di luce contro le pareti. Tre erano perfettamente lisce, una era piena di pietre e grossi blocchi che ci tenevano incastrati in quello spazio angusto. “Dobbiamo essere capitati qui per tutti i guai avvenuti alla banca nelle ultime ore”, disse Hermione.
“Che acume”. Papà era bravissimo nell’essere pungente.
“E’ incredibile vero? Lo hanno anche i Babbani.” Anche Hermione era sulla buona strada.
“Okay, d’accordo. Prima usciamo, poi potrete litigare quanto vi pare”, dissi spazientito. “Come usciamo da qui?”
“Ci penso io”, disse mio padre. “Basta spazzarle via.”
“No, ci penso io”, intervenne Hermione. “Sarebbe meglio farle evanescere, per non distruggere nient’altro, e nel caso ci fosse qualcuno là fuori.”
“Se le facessi evanescere chi ti dice che una pietra più in alto non ci schiaccerebbe, cadendo?”, domandò papà, che in effetti aveva più che ragione.
Hermione rimase pensosa. Era incredibile come potesse pensare anche con una gamba che raschiava contro un muro e le braccia incastrate fra me e mio padre. “Hai assolutamente ragione”, concesse infine. “Dopotutto immagino che non si sentirà in colpa a colpire un dipendente della Gringott o magari un cliente.”
Papà sbuffò e la guardò di sottecchi. “Nemmeno un po’”, disse infastidito.
“Allora prego.” Hermione prese un cipiglio incattivito e si voltò dall’altra parte. Come se il non vederlo potesse cancellare il fatto che fosse lì a pochi millimetri da lei.
Papà si schiarì la gola e si mosse leggermente, tutto il suo peso andò a gravare sulla parte sinistra del mio corpo, ma non dissi nulla. Puntò la bacchetta con un piccolo scatto secco e, due secondi dopo, con uno schianto terribile, le pietre erano state sbalzate via, mentre noi eravamo rotolati a terra. Purtroppo, questa volta Hermione non era addosso a me, l’unica cosa che c’era addosso a me era una pietra abbastanza considerevole posta troppo vicino al mio inguine. Mi sollevai, mi guardai attorno. Feci appena in tempo a realizzare che ci trovavamo in una delle gallerie della Gringott, probabilmente molto lontani dall’entrata perché l’umidità e l’aria viziata impregnava tutto. Sentii un grido d’aiuto e mi voltai di scatto verso Hermione. Si teneva la testa con una mano e gli occhi fortemente chiusi. Mi volsi di scatto dall’altra parte.
Un baratro andava in fondo per chissà quanti metri, talmente tanto che pareva dovesse portare dritti all’inferno. Appeso per le mani un paio di metri più in basso, in una sporgenza di pietra dura, c’era papà. Appeso. Il viso deformato in una smorfia di terrore. Le mani rosse per lo sforzo di reggersi.
“Papà!”, esclamai sporgendomi e tendendo la mano.
“Draco, dammi la mano Draco!” Potevo vedere i suoi piedi agitarsi sopra il nero baratro che inghiottiva tutto.
“Ci sono!”, urlai. Era impossibile arrivare a raggiungerlo con le mani, così stavo tirando fuori la bacchetta, ma prima che potessi anche solo toccarla con la punta delle dita, vidi mio padre sollevarsi a mezz’aria con un singulto di terrore e planare dolcemente verso di me. Solo quando toccò terra, e fui sicuro che fosse in salvo, mi voltai stupefatto a guardare Hermione.
Osservava mio padre con sguardo ansioso, il viso tirato, gli occhi incerti come di cerca disperatamente approvazione, e non la trova. “Ti senti bene, Lucius?”, domandò con voce piccola.
Papà la osservò per qualche secondo, si sistemò gli abiti come se non fosse accaduto nulla, come se solo un po’ di polvere li avesse sporcati. Poi alzò il mento, fiero, e disse: “Non male, per una Mezzosangue.” A quel punto fece una cosa che di rado faceva, sorrise leggermente. Un sorriso, non un ghigno.
Hermione si illuminò.


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Ri-salve...
Allora, non volevo mandare avanti all'infinito questa sottospecie di faida fra Lucius e Hermione, ma quella che per ora è solo gratitudine da parte di Malfoy Senior si trasformerà man mano in qualcosa di meno moralmente obbligato (ebbene si, cari amici lettori, anche Lucius ha una morale u_u Solo un pochino però...). Non possiamo sapere tramite quali contorti ragionamenti Lucius, non essendoci un suo POV, cambi idea su Hermione, ma nel prossimo capitolo (nonché ultimo) vi svelerò un po' cosa pensa.

Sono tipo stra-felice perchè ci sono un sacco di Seguite, Ricordate e Preferite! Wow, mi stupisco io stessa di quanto la storia piaccia. Non lo dico per finta modestia ma perchè ci sono delle Draco/Hermione davvero mooolto meglio di questa, e la mia mi sembrava una storiella un po' semplciotta...
Comunque GRAAAZIEEE! Spero che il maiuscolo renda tutta la mia gratitudine XD

Al prossimo capitolo,
Patrizia

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Capitolo 13
*** I casi della vita ***


Capitolo 13
I casi della vita





Hermione
Ridacchiai, mentre Lucius usciva dalla banca soddisfatto facendo roteare con grazia il bastone da passeggio, dal quale non si separava mai, e sfoggiava un sorrisino strafottente. “Che ore sono Draco?”, domandò.

“Quasi le due.”
“Torniamo tutti a casa, dobbiamo dare la buona notizia a tua madre. Poi direi che stasera usciamo, a cena.”
“Tu e la mamma?” Draco si voltò a guardarmi con occhi furbi. Sapevo cosa voleva dire: se i suoi genitori uscivano, allora non c’era pericolo di farsi trovare a dilettarsi in attività illecite in camera sua, o magari in tutte le stanze di quella casa enorme.
“No, no, tutti assieme: voglio offrire alla tua promessa una bella cena. Vestitevi eleganti.”
Pensavo che Draco sarebbe stato felice: il signor Malfoy sembrava molto soddisfatto, sembrava addirittura contento di me. Dopo essere usciti dalle gallerie, grazie all’aiuto di un sistema di rilevamento magico che, per sicurezza, si trovava nella Gringott, andammo a protestare dai folletti. Loro si dissero dispiaciuti di ciò che era accaduto (anche se i loro schiamazzi non lo dimostravano), ma quando il signor Malfoy tirò fuori la storia di far causa alla banca, che suo figlio avrebbe tanto voluto lavorare per loro come Spezzaincantesimi ma non avrebbe accettato che lo facesse per una banca così scadente, piuttosto avrebbe gettato nel fango il nome della Gringott -perché non si trattano i clienti in questo modo- allora il folletto aveva iniziato ad innervosirsi. Aveva chiamato i rinforzi, e sembrava che fossero riusciti a ristabilire l’ordine. Quasi senza rendermene conto, però, incominciai a blaterare di cosa avrebbe pensato Harry, dato che il suo migliore amico era stato trattato in questo modo dalla sua banca, dissi che sicuramente avrebbe ritirato il suo denaro e le azioni che pensava di investire nella Gringott. Al solo sentir nominare Harry Potter i folletti si agitarono maggiormente, e quando seppero che noi lo conoscevamo di persona e che eravamo suoi grandi amici (cosa vera solo in parte) furono onestamente dispiaciuti. Quando poi scoprirono che Harry Potter avrebbe ritirato i suoi soldi dalla banca, allora non esitarono: Draco uscì di lì con un contratto di lavoro che gli permetteva di fare un tirocinio di sei mesi al termine del quale avrebbero deciso se tenerlo come Spezzaincantesimi. “Ma è solo una formalità”, disse il folletto con fare rassicurante e untoso.
Ma se dopo questo Draco era soddisfatto di aver -ancora una volta- aggirato le leggi che dovevano invece seguire i comuni mortali ed era molto più felice del fatto che Lucius mi avesse ringraziata e che si fosse complimentato con me per la mia parlantina, non lo fu altrettanto quando seppe della cena. A casa, mentre ci preparavamo, lo vedevo taciturno. Quando tentò, per la terza volta, di infilare il piede destro nella scarpa sinistra, allora glielo chiesi, prima che facesse di peggio: “Draco?”
“Eh?”
“Che cos’hai?”
Lui scosse le spalle, evitò il mio sguardo, e rispose un evasivo ma poco convinto: “Niente.” Sbuffai e andai a sedermi vicino a lui. Gli presi la scarpa e lo costrinsi ad infilarla nel piede giusto. “Grazie”, borbottò.
“Se non mi dici che cos’hai ti faccio uscire con questa orrenda camicia”, dissi.
“Che cos’ha che non va?” Punto nel vivo, con una critica al suo stile sempre elegante e distinto, si risvegliò.
“Te lo dico, se mi dici che cos’hai.”
Lui sbuffò spazientito. Si guardò un secondo attorno, come se avesse paura che i muri lo ascoltassero, poi disse stringendosi una spalla: “E’ che non mi va di andare in un posto affollato.”
Corrugai le sopracciglia. “Perché?”
Draco esitò. “E’ che non voglio che ci vedano.”
“Si ma, perché?”
“Papà… papà è, insomma, è appena tornato…” Lasciò la frase in sospeso ma capii quel che intendeva dire. Di sicuro, per quanto litigassero, voleva molto bene a suo padre e non voleva che la gente per strada lo riconoscesse, lo additasse, e ne parlasse come un Mangiamorte. Un servo del Signore Oscuro. Qualcuno di malvagio, di egoista, qualcuno che aveva perso una guerra. Un alleato del perdente. Per di più un alleato estremamente ricco e ben visto, che aveva sempre negato la sua appartenenza alla setta, ma che dopo la guerra era caduto terribilmente in disgrazia.
“Oh”, dissi soltanto. Non sapevo che cosa dire, così mi voltai verso Draco e dissi solo quel che pensavo: “Tuo padre si è comportato sempre in modo sbagliato, sia come cittadino, sia come seguace di Voldemort.” Alla pronuncia di quel nome Draco fece le labbra sottili, ma non disse nulla. “E’ normale che ora la gente parli di lui… male, purtroppo, ma credo che sia meglio così. Se si nascondesse diventerebbe una specie di leggenda, se si comporta come al solito fa vedere che non ha nulla da nascondere. Tutti sbagliano, è nella natura degli esseri umani.”
“Uno sbaglio che hanno pagato centinai di persone”, mormorò Draco. Scosse la testa, chiuse gli occhi. “Non è… non è facile. Lo sai anche tu, no? Non è stato facile in quegli anni… Le alleanze e i traditori… I morti.” Rabbrividii a quelle parole. Erano stati anni di terrore. Ma adesso erano passati, e ricordarli con rancore non serviva a nulla, se non a peggiorare una situazione che doveva essere di rifioritura per la comunità magica. “Hermione, senti… sono andato ad Hogwarts solo perché mia madre voleva che finissi l’ultimo anno scolastico. E non volevo dirle di no, perché era già troppo triste. Ma non sai quanta fatica ho fatto, tu non immagini. La gente mi guardava male, mi odiava! Credi che non lo sappia? Tutti quelli che si voltavano a guardarmi, e…”
“E allora che cos’hai fatto?!”, domandai bruscamente, al che Draco s’interruppe. “Hai continuato ad andare avanti come se nulla fosse, e alla fine mi pare che le cose non siano andate poi così male, non è vero? Hai scoperto che Harry non è poi una così cattiva persona, e nemmeno Ron.”
Draco sorrise. I suoi occhi freddi come il ghiaccio acquistarono una dolcezza rara. Posò una mano sul mio viso e disse: “Hai dimenticato la cosa più importante. Ho conosciuto te.”
Ridacchiai. “E’ stato per sbaglio”, commentai.
“Ma che sbaglio? Per fortuna!”
Draco si avvicinò a me e mi diede un piccolo bacio sulle labbra. Sorrisi, rimanendogli così vicina da poter scorgere ogni ciglia dei suoi occhi e ogni pagliuzza nelle sue iridi. E l’odore della sua pelle, il colore dei suoi capelli. E mi parve così bello che pensavo di essere la donna più fortunata al mondo che lo aveva per sé. Si allontanò, fece un sorrisino e indicò la porta con la testa dicendo: “Dai, muoviamoci, altrimenti il suo buon umore sparirà subito.”
Quando arrivammo in salotto Lucius e Narcissa stavano seduti al tavolo accanto al camino e parlavano a bassa voce. Ci videro arrivare e il signor Malfoy si alzò, dicendo: “Andremo in un ristorante sul lungo mare, conosco i proprietari. Ci hanno tenuto un tavolo per quattro.”
“Come si chiama?”, domandò Draco.
“Non lo conosci. Quindi, tu vai con tua madre, io vado con Hermione.” Il signor Malfoy mi porse il braccio in modo galante e io lo presi, sotto lo sguardo sospettoso di Draco. Ci avvicinammo al camino, il fuoco verde brillò e il signor Malfoy ed io saltammo assieme, mentre lui mi stringeva forte le spalle per non farmi perdere tra i camini. Chiusi gli occhi, come mi ero ormai abituata a fare, e attesi che quella sensazione come di avere uno stomaco dotato di vita propria cessasse. Atterrammo dolcemente, con una tecnica tutta di Lucius che non comprendeva il rotolare o il cadere con le chiappe sul pavimento, in un locale illuminato caldamente da candele sospese per aria.
Un uomo grasso con la pelata, un grembiule da cuoco, e dei baffi sottili modellati all’insù ci venne incontro con le braccia aperte. “Lucius! Sei arrivato, sempre puntuale, sempre puntuale!”
“Ciao Frank, come va?”, salutò lui stringendogli la mano.
“Ah, io tutto bene, gli affari vanno gonfie vele!” Il gioviale Frank si volse verso di me. “Piacere bella signorina, mi chiamo Frank Getsbury, chef”, annunciò facendomi un baciamano.
“Molto piacere, Hermione Granger.”
“E’ la fidanzata di Draco”, aggiunse il signor Malfoy. Non mi aspettavo che lo dicesse, così mi limitai ad allargare il mio sorriso e arrossire leggermente.
“Ah, Draco è fortunato. Una ragazza bella come te…”
“Grazie”, mormorai.
Frank scoppiò in una grassa risata e cominciò a farci strada. “Venite, venite. Vi faccio vedere il vostro tavolo.” Ci guidò fuori dalla stanzetta del camino, nel salone grande pieno di tavoli e candele, dove già parecchia gente stava mangiando e chiacchierando, creando nella sala un brusìo persistente. Notai qualche testa voltarsi verso di noi e scrutare malamente Lucius, ma lui non se ne accorgeva o non vi faceva caso, e continuava a camminare con la testa alta, lo sguardo fiero che sfuggiva agli occhi della gente e faceva pensare ad una sicurezza mista ad arroganza.
Quando fummo seduti il signor Malfoy ordinò una bottiglia di vino rosso elfico e si voltò verso di me, con un sorrisino di circostanza. “Quando arriveranno Draco e Narcissa?”, domandai.
“Ho chiesto loro di attardarsi qualche minuto, vorrei parlare un attimo con te.” Lucius Malfoy poggiò la schiena sulla sedia con grande eleganza, la sua figura si fece ancora più maestosa, in un atteggiamento forse divertito o forse sprezzante.
“Oh”, dissi soltanto, leggermente nervosa e un po’ imbarazzata. “E di cosa?”
Il vino elfico arrivò, e Lucius riempì fino a metà due piccoli calici. Me ne porse uno e bevemmo in silenzio. Quando ebbe finito indicò il mio calice e disse: “Ti piace?”
“Si, molte grazie.”
“Hermione, ti vorrei ringraziare”, disse ad un tratto.
Sorrisi, quasi automaticamente. Ero felice che finalmente non fosse più arrabbiato con me. “Ho reagito d’istinto, tutti quegli anni di allenamento con Harry e Ron sono serviti a qualcosa”, dissi tentando di smorzare la tensione.
“No, non intendevo quello.” Lo guardai senza capire. Lucius lanciò un’occhiata furtiva tutta intorno a sé, poi, indicando vagamente con il dito la sala, disse: “Credi che non mi accorga di come mi guardano? Mi odiano, credono che sia un codardo assassino.” Abbassò leggermente lo sguardo. “Forse hanno ragione, lo sono stato… ma non lo sono più.” Di fronte a quelle confessioni non sapevo che dire. Non capivo perché mi dicesse certe cose, però vedevo quanto era complicato per lui dirle. Non sapevo cosa fare, ma il discorso non sembrava finito così mi limitai ad aspettare. “Volevo dirti grazie”, continuò, “per aver superato i pregiudizi.”
Abbassai gli occhi sul mio bicchiere. “Anche Draco ci ha messo molto del suo. Ha superato i suoi pregiudizi.”
“Tutto da solo, devi ammettere. Io non sono mai stato di grande aiuto in questi casi.”
“Ha imparato la lezione da solo e ci ha messo un po’, è vero, però intanto ci è riuscito. E’ questo l’importante.” Sorrisi leggermente e guardai Lucius.
Anche lui sorrise, e disse: “Sei così giovane Hermione, però sei molto intelligente.”
“Anche lei, ed è anche astuto”, dissi facendo un ghignetto.
“Chiamami Lucius, per favore.” Questa volta seppi che era sincero, che non lo diceva solo per le apparenze, per fare le cose per bene, perché voleva essere fintamente gentile per poi far finta di non essere stato maleducato. Lo diceva per davvero.
“D’accordo. E tu chiamami Hermione.”
In quel momento arrivarono Draco e Narcissa. “Eccoci arrivati!”, disse lei con noncuranza sedendosi accanto al marito. Si servì un bicchiere di vino fresco e prese un menù. “Allora, vediamo un po’”, mormorò guardandolo.

Draco
Ero un pazzo, lo sapevo. Avevo ordinato talmente tanta roba che non potevo mangiarla tutta. Per fortuna Hermione aveva fatto il contrario, aveva ordinato solo un primo piatto, così mangiucchiava tutto quello che io scartavo, che non era poi poco messo tutto assieme. “Non avresti dovuto prendere anche il contorno di patate”, osservò Hermione con sguardo preoccupato.
“Perché?”
“Ne hai lasciato metà! Che spreco. Lo sai che c’è gente che muore di fame?”, domandò con cipiglio severo.
“Ha proprio ragione, Draco. Lo sai quanto costa ogni piatto?”, domandò mio padre servendosi un’ingente quantità di pasticcio di carne. Per ragioni diverse sostenevano la stessa idea, in una sorta di silenzioso accordo.
Non so cosa si siano detti quel giorno, ma qualsiasi cosa fosse ha funzionato. Hanno trovato un modo per andare d’accordo. A volte non sono favorevoli alle idee reciproche, e sono tutti e due molto testardi, cercano di far ragionare l’altro. Inutile dire che non ci riescono quasi mai, però si apprezzano a vicenda. Cominciò tutto quel giorno. Mia madre disse solo che papà voleva parlare con Hermione. All’inizio ero un po’ agitato, e continuavo a dirle di andare, di muoverci, ma quando arrivammo al ristorante tutto era normale. Niente piatti che volavano, niente fatture per aria. Pensai soltanto: caspita!
“Ho sempre creduto che niente sarebbe cambiato se io avessi buttato un pezzo di torta o un piatto di pasta. La gente affamata non ne avrebbe goduto”, obbiettai.
“Si ma loro non l’avrebbero buttato!”, insistette Hermione.
“Se fossero qui gli offrirei volentieri la mia cena, ma non ci sono. Quindi perché devo rimpinzarmi fino a farmi venire mal di pancia?”
“Sei uno sperpera cibo”, mi accusò Hermione. “Dammi qua, lo prendo io”, disse strappandomi dalle mani un piatto di riso con gesto secco e sopracciglia corrugate.
“E per di più mi fai spendere soldi inutilmente”, rincarò papà.
Lo guardai indispettito. Si erano coalizzati contro di me, e se volevano sfidarmi nulla li avrebbe fermati. Una volta assieme erano indistruttibili. “Pensavo ti piacesse, di solito lo facevi spesso”, lo punzecchiai.
“Attento a ciò che dici Draco, o sarò costretto a lasciarti senza viveri per un anno”, mi minacciò puntandomi la forchetta addosso.
“Sopravvivrei”, ghignai.
Mio padre mi guardò allibito. “E come?”
Sbuffai. “Dieci galeoni al mese da quando sono nato, quasi nessuna spesa da pagare a parte le uscite con gli amici e i libri, dove credi che siano tutti quei soldi?” Mio padre mi guardò senza capire. “Ho aperto un libretto di risparmio alla Gringott”, continuai, addentando del pollo fritto.
Papà mi guardò, sbigottito. “E quanto hai?”
“Abbastanza da sopravvivere per un anno in modo indipendente”, gongolai soddisfatto.
Quando arrivammo al caffè ero ormai troppo pieno per fare qualsiasi tipo di discorso. Ero accasciato sulla sedia con una pancia degna di una donna incinta di qualche mese. Mi chiesi come faceva Hermione a non mollarmi subito, con tutti i difetti che avevo, e mi ritenni fortunato. Mi voltai verso di lei e proprio in quel momento la vidi ingozzarsi con il caffè, sgranare gli occhi nella tazzina e sputacchiare un po’, prima di prendere il tovagliolo e riuscire a ristabilirsi. Era rossa in viso, e continuava a tossire perché le era andata di traverso la bevanda.
“Hermione ti senti bene? Vuoi ordinare un po’ d’acqua?”, domandò mamma.
Lei fece segno di no, e quando si rimise guardò oltre il nostro tavolo, dove due persone la osservavano. Una in modo sfacciatamente ostile, l’altra il modo curioso. Li riconobbi subito. A quel punto anche papà si voltò, e fece qualcosa di simile ad un ringhio quando li vide. Mamma seguì il suo sguardo e fece un sospiro rassegnato, passandosi una mano fra i capelli. In piedi, vicino ad un tavolo, c’erano Arthur e Molly Weasley che sbirciavano Hermione.
“Credo di dover andare a salutare”, disse Hermione posando il tovagliolo e alzandosi, anche se dalla sua espressione avrei giurato che avrebbe preferito trovarsi sotto ad un camion piuttosto che di fronte alla madre Lenticchia. La osservai andare titubante verso di loro e iniziare una conversazione. Sembrava in difficoltà. Avevamo finito di bere il caffè nel frattempo, e papà chiese il conto e pagò. Infine ci alzammo per lasciare il ristorante.
Mi accostai ad Hermione e diressi uno sguardo rigido di saluto verso i Weasley. “Andiamo?”, domandai poi a voce bassa, fingendo di essere di fretta, per togliere Hermione da quell’impiccio.
La signora Weasley fece un versetto di sdegno e disse apertamente: “Perché Hermione? Che cos’aveva Ron che non andava?”
“Ma niente, niente, proprio niente”, balbettò Hemrione imbarazzata, fissando un punto imprecisato ai piedi della signora Lenticchia.
“Andiamo Molly, la stai mettendo in imbarazzo”, intervenne il marito.
“Era solo per chiacchierare!”
“Draco? Hermione?” La voce di papà arrivò come un fulmine a ciel -quasi- sereno. Se prima la conversazione non era delle migliori a quel punto non poteva che andare peggio. Papà si fece strada a grandi passi fino a noi e mormorò anche lui: “Andiamo?” Poi rivolse un’occhiatina al signor Weasley.
“Lucius”, fece quello rigido.
“Arthur”, disse lui con un ghigno sadico di divertimento. Sapevo che si divertiva a torturalo, così come io mi ero divertito per anni a torturare Harry, Ron ed Hermione. Ma questa volta non c’era nulla su cui potesse colpirlo, così la battuta venne da una fonte inaspettata.
“Non ti si vede più al Ministero, eh Lucius?”, domandò spavaldo il signor Weasley.
Papà scosse le spalle. “Non tanto è vero. Non riesco a corrompere il nuovo Ministro, è una brava persona”, disse come se non fosse nulla di che. Per un secondo il signor Weasley lo osservò sbigottito, poi fece un piccola risatina. Papà continuò: “Ho saputo che sei stato trasferito ancora.”
“Sono al reparto Relazioni con i Non Maghi”, disse fiero il signor Weasley.
“Bene, ottimo. Adesso potrai permetterti di abitare in una casa più grande, no?”, domandò papà con un ghigno amichevole.
“Più grande anche della tua, Lucius.”
“Non ci scommetterei. Vieni a prendere le misure una volta, così poi vedremo chi ha la casa più grande. Porta anche i tuoi figli, i ragazzi saranno felici di rivedersi.”
Io ed Hermione alzammo la testa simultaneamente. Entrambi avevamo ascoltato questo scambio di battute con attenzione, aspettandoci prima o poi la consueta battutina maligna, che però non era arrivata.
Il signor Weasley sorrise, mentre sua moglie guardava papà stupefatta. “Si, sarebbe perfetto. Ci sentiamo via gufo.”
“Aspetto un gufo Arthur”, disse papà. “Ciao, arrivederci Molly.”
Salutammo e ci dirigemmo fuori, nel fresco della sera. Le strade erano illuminate, c’era parecchia gente in giro, l’aria rinfrescava il lungo vialone nel quale ci trovavamo. Eravamo vicini al mare, o almeno così pensai dall’odore salmastro che si respirava. Il tipico odore del mare, salato e umido. E infinito.
“Che ne dite di fare un giro?”, propose mamma.
“Sarebbe perfetto, per smaltire un po’ di cibo”, disse Hermione posandosi una mano sulla pancia e guardando anche me con aria critica.
Prendemmo una grossa via alla nostra sinistra, commentando le vetrine dei negozi ancora aperti, annusando quell’aria di mare che si espandeva dappertutto con leggerezza. Io ed Hermione ci tenevamo per mano, accanto ai miei genitori.
Ripensai a tutto quel che ci aveva portati fin qui. Se me lo avessero detto qualche mese fa non ci avrei creduto ma in quel momento realizzai che non potevo restare senza Hermione. Senza di lei la mia vita sarebbe stata vuota, ero cambiato grazie a lei. Mi aveva cambiato la vita.
“Adesso, manca solo una cosa da fare!”, esordì Hermione a voce alta e solenne. La guardammo tutti incuriositi. Lei scoccò un’occhiata divertita a papà: “Dovete conoscere i miei genitori.”
Per qualche secondo calò il silenzio più allibito. Poi… tutti scoppiamo a ridere.


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Fine










Questa storia non è stata scritta senza fini di lucro. Tutti i personaggi e il mondo di Harry Potter appartengono all’autrice J.K.Rowling.









Ho finitooo!
Yeah!
XD
Aaallora...
Hmmm, non so cosa dire, questa storia è partita così per gioco, giusto per cimentarmi in una Draco/Hermione, una coppia di cui non avevo mai provato a scrivere. Comunque questo racconto mi ha dato molti spunti su cui riflettere e credo che abbia migliorato il mio modo di scrivere di una coppia, soprattutto grazie alle osservazioni dei lettori che hanno recensito, siete stati tutti gentilissimi e i vostri consigli sono davvero utili! ^^

Be' quindi vi lascio, grazie mille per aver anche solo letto questa storia, ne approffitto per augurare a tutti (magari un po' in anticipo ma vabbè) buona Pasqua! :)
Un saluto a tutti, spero di ritrovarvi ancora in futuro, sia come lettori che come autori :D
Patrizia

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