Green Psychedelic

di Junko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** è più facile nascondere un segreto, che l’imbarazzo ***
Capitolo 2: *** L'attesa ***



Capitolo 1
*** è più facile nascondere un segreto, che l’imbarazzo ***


((Alla fine mi sono decisa a scrivere e, stranamente, a pubblicare questa mia fan fiction. I protagonisti sono tratti dalla popolare serie “Happy tree friends”. I personaggi che vi compariranno, però, non sono gli animaletti sanguinari che tutti noi siamo abituati a conoscere, ma bensì le loro versioni umane. Man mano si procederà con gli avvenimenti, conto di far comparire all’incirca tutti i personaggi.
Detto questo, vi lascio al primo capitolo, nonostante abbia avuto molti dubbi riguardo al pubblicare questa storia o meno.
Spero comunque possa piacere.))
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                                                                GREEN PSYCHEDELIC   
 
CAPITOLO 1

L’unico rumore presente nella stanza era il sordo ticchettare di una vecchia sveglia. Nulla oltre a quello.
Il ragazzo stava disteso sul suo letto, una mano posata sul volto, a ripararsi dalla luce mattutina che filtrava ormai in modo prepotente dalle finestre della stanza spoglia. L’arredamento forse, più che spoglio, lo si poteva definire essenziale; una scrivania con un vecchio windows 98, posta di fronte alla finestra dalle tende chiare; un armadio a doppie ante, lasciato mezzo aperto, che permetteva di scorgere al suo interno pile e pile di abiti accomodati in maniera del tutto casuale, e anche un po’ disordinata; i due letti singoli, separati solamente da un piccolo comodino,  sovrastato dai libri. Una tazza di caffè ormai freddo spiccava in cima ad essi.
Flippy si girò su di un fianco, in modo da dare le spalle alla finestra, stringendo a se il cuscino, che profumava di fresco, di pulito. Non ricordava a che ora fosse rientrato al dormitorio quella notte. Le tre forse? Possibile…
Era talmente stravolto, che una volta entrato nella sua camera, si era buttato sul letto così com’era. Se non altro si era curato di levarsi gli stivali, i guanti, e la cintura della mimetica, che ora giacevano abbandonati sul pavimento. Dopotutto sarebbe stato troppo scomodo dormire con cose del genere addosso. Il berretto, invece, era finito in qualche angolo del suo letto.
Mugugnò, socchiudendo gli occhi giallognoli, per poi lanciare un’occhiata sonnolenta alla sveglia: le dieci e quaranta.
Si tirò su, seduto, scostandosi i capelli verdi dal volto. A quel punto si accorse di essere coperto. Qualcuno doveva avergli messo addosso un lenzuolo: ricordava bene di essersi buttato sul letto senza nemmeno coprirsi, per poi addormentarsi all’istante. Non che facesse poi freddo, erano gli ultimi di maggio, ma lo trovò comunque un gesto gentile. Doveva per forza essere stato il suo compagno di stanza, chi altrimenti?
Esitò ancora pochi minuti, per poi decidersi ad alzarsi. Raccattò da terra le parti mancanti al suo vestito e si diresse in bagno, per una doccia. Una volta richiusa dietro di sé la porta, si spogliò.
Lo spruzzino dell’acqua, come al solito, era difettato. In quel dormitorio capitava spesso che qualcosa non funzionasse, o funzionasse solo in parte…questo, quasi sempre, era dovuto alla vecchiezza del college e dal fatto che, salvo casi estremi, quasi nessuno aveva il tempo o la voglia di mettersi a riparare o fare sostituzioni.
Trafficò ancora qualche istante con le manopole, fino a riuscire nel suo intento. Quando i getti tiepidi iniziarono ad accarezzarlo, l’acqua che stava scivolando ai suoi piedi assunse a tratti un’inquietante tinta rossastra.
Flippy trasalì a quella visione: era successo di nuovo.
Quante persone aveva ferito questa volta?
E quante aveva spinto ad allontanarsi ancora maggiormente da lui?
E soprattutto…aveva ucciso?
Non ricordava nulla della notte precedente. Non si era nemmeno reso conto di avere viso e capelli imbrattati di sangue. Sospirò amaramente. Bastava così poco a fargli perdere il controllo, a far risvegliare quel lato di sé stesso che non avrebbe mai voluto mostrare a nessuno.
Quando qualcosa, qualsiasi cosa veniva a ricordargli il suo passato di sergente, la guerra ed il sangue, finiva per trasformarsi in un folle violento, capace soltanto di uccidere. E quelle volte diveniva talmente disumano ed atroce da non poter credere alle sue stesse azioni, una volta compiute.
 Passato il momento, non aveva neppure ricordi di quello che aveva commesso, se non sfocati e frammentari, come se un’altra persona avesse assunto il comando del suo corpo, resettandolo.
Ma non era lui a commettere azioni tanto brutali. Lo sapeva. La sua coscienza e la sua mente erano come sdoppiate. Il cuore, quello no. Ne aveva uno soltanto e non toccava minimamente la sua nemesi folle.  Erano come due persone completamente diverse, che si ritrovavano costrette in uno stesso corpo, come i due poli di una calamita.

Ad un tratto, il filo dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto da un rumore. Proveniva dalla camera, ne era sicuro.
Altri rumori, poi di nuovo silenzio.
< Hey, Flippy! Ci sei? >
Serrò il getto dello spruzzino, per riuscire a sentire meglio il suo interlocutore, nella stanza accanto. Il vapore aveva completamente appannato le pareti semitrasparenti della doccia.
< S-sì, sono qui. >
Lo spruzzino gocciolante, risuonava monotono, all’interno della piccola stanza.
< Sei in bagno?  Accidenti…volevo farmi una doccia prima di tornare a lezione! Ti manca molto? > Il compagno di stanza si avvicinò alla porta, socchiudendola.
< E non entrare! > Protestò Flippy.
< Ma non ci metti ancora molto, vero? > Chiese cantilenante, sporgendo leggermente la testa all’interno del bagno.
< Mi manca poco…e comunque ti ho detto di non entrare, Splendid! > Si lamentò un po’ imbarazzato, da dietro i vetri appannati.
< Ok, ok! > Splendid rise leggermente, ritirando la testa e chiudendo la porta. < Sbrigati però. >

Flippy riaprì il getto d’acqua, finendo di lavarsi il più velocemente possibile, appurando di essersi rimosso ogni probabile traccia di sangue. Lo odiava, il sangue. Odiava la violenza. Tanto più la guerra.
E pensare che lui in guerra c’era anche stato; ed era a causa di essa, se ora si ritrovava in quella situazione di semi-instabilità mentale, e se ogni giorno doveva imbottirsi di psicofarmaci per tentare di sedare il suo lato cruento. In realtà, Flippy possedeva una natura gentile e tranquilla; il che era un controsenso.
Tirò l’anta della doccia, facendo fuoriuscire una leggera macchia di vapore. Una volta fuori si avvolse in un grande salviettone bianco; ci si avvolse partendo dalla testa, a modo di cappuccio, incrociandolo sulle spalle. Messo a quella maniera, vi si nascondeva perfettamente, lasciando scoperte soltanto le gambe bianche.
< Flippy, hai finito? >
Si sentì chiamare dalla stanza accanto.
< Sì… > Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase, che la porta dinanzi a se si spalancò.
< Ah, meno male, non ne potevo più di aspettarti, sai? > In piedi, all’ingresso del bagno torreggiava Splendid, sorridente come al solito. Possibile che fosse sempre di buon umore?
< Quando la finirai di invadere la mia privacy? > Gli fece notare Flippy, avvolto nel suo grande asciugamano.
< Per così poco! > Replicò il compagno, senza perdere il sorriso, ed entrando in bagno.
Flippy dovette raccogliere i suoi vestiti e andarsene in camera. Avrebbe finito lì, mentre Splendid era occupato con la doccia. Almeno non lo avrebbe avuto tra i piedi mentre si rivestiva. L’avrebbe trovato imbarazzante.
Si lasciò cadere sul suo letto sfatto. Il contatto con il suo corpo e il salviettone, ne fece inumidire le lenzuola a righine azzurre. Si guardò attorno. Dove aveva potuto lasciare il suo berretto? Si protese da un lato, finendo per notarlo sporgere da sotto il letto, quindi tese la mano per recuperarlo; fu a quel punto che si sentì sfiorare la punta delle dita da qualcosa di freddo, metallico. Si sporse ancora, fino a guardare sotto il letto. Era il suo coltello. Sporco. Insanguinato.
Rabbrividì a quella visione, continuando a domandarsi cosa diamine avesse fatto la notte prima. Decise di lasciarlo dov’era. Almeno Splendid non lo avrebbe mai cercato lì sotto.
Il berretto invece lo esaminò, ma non vi ci trovò nemmeno una macchia di sangue. Decise di fare lo stesso con la mimetica che aveva indossato la notte precedente. Si sorprese nel notare che fosse intatta, fatta eccezione per la giacca. Quella aveva degli schizzi non troppo evidenti sul colletto, mentre la manica destra spiccava, abbondantemente impregnata di rosso.
Si asciugò alla meno peggio, cercando di fare in fretta, per poi abbandonare su di un angolo del letto il salviettone. A quel punto s’infilò dei boxer neri e i pantaloni verde scuro.
Afferrò la giacca macchiata e la nascose in un cassetto dell’armadio a doppie ante, quello rotto, posto in basso, che nessuno dei due per ovvi motivi, utilizzava. Lo richiuse, adocchiando la porta del bagno, come a voler controllare che Splendid non avesse deciso di aprire proprio in quel momento.
Lo sguardo gli cadde poi sui suoi stivali neri, buttati in un angolo accanto alla scrivania, e preferì infilarseli.
Rimase in piedi, di fronte alla finestra, e si decise ad aprirla. C’era un bel sole tiepido quella mattina.
Flippy si appoggiò al davanzale, osservando il grande parco del college che si presentava dinanzi a quella finestra. Molti studenti vi stavano passeggiando, si recavano alle lezioni, o si fermavano all’ombra di un albero a studiare, o chiacchierare. La sua stanza si trovava al terzo piano, e aveva una buona visuale di gran parte del college. Più avanti si poteva vedere la sede dell’università vera e propria. Era un edificio antico, decisamente il più grande ed elegante. I dormitori erano divisi in edificio est ed ovest, lui e Splendid si trovavano nel primo, destinato ai ragazzi. Quello destinato alle ragazze, come suggeriva il nome, era situato in zona opposta al loro. La mensa, invece, era collocata a metà strada tra i due dormitori. Erano numerosi gli edifici presenti; tra cui spiccava un’importante biblioteca, una caffetteria, ed un locale serale destinato allo svago. Spesso qualche band studentesca ci si esibiva.
I suoi capelli ancora bagnati stavano gocciolando sul davanzale, ma non se ne curò.
A quel punto il rumore della porta del bagno che si apriva attirò la sua attenzione, facendolo voltare.
< Fatto! > Annunciò Splendid. Era uscito già vestito, e con i capelli asciutti. Portava una tuta dalle maniche corte, di quelle con gli elastici alti, che spesso amava indossare. Il colore ricordava tanto l’azzurro bluastro dei suoi capelli.  < Dovresti asciugare anche i tuoi, o finirai per ammalarti. > Lo incoraggiò.
< Magari dopo. >
< Ma dopo abbiamo lezione! E poi non fa bene restare con la testa bagnata! >
< Non preoccuparti, non mi ammalerò per così poco. > Tentò Flippy, sorridendogli compiaciuto.
Splendid lo osservò poco convinto, esitò qualche istante per poi sparire nuovamente all’interno del bagno. Flippy lo sentì armeggiare con qualcosa.
Appena uscito, reggeva tra le mani un phon. < Dai, te li asciugo io. >
Flippy si sedette sul bordo del letto, rassegnato. Quando l’altro si metteva in testa qualcosa, era praticamente impossibile fargli cambiare idea. Ma, per quanto lo imbarazzasse ammetterlo, le sue attenzioni gli facevano piacere.
Il compagno si sedette sul letto, appena dietro di lui, accendendo il phon, e indirizzando l’aria calda sui capelli di Flippy. Quel rumore sordo primeggiava nella stanza, sovrastando tutti gli altri.
 Splendid prese a passare la mano libera tra quei capelli verdi, in modo da rendere più omogenea la diffusione dell’aria. A quel tocco, che risultava come una carezza tra i suoi capelli, Flippy arrossì.
Ormai gli capitava spesso in presenza del compagno, anche per le cose più stupide, e apparentemente insignificanti. Nemmeno lui sapeva spiegarsi cosa gli prendesse in presenza di Splendid. Dopotutto, erano entrambi ragazzi. Perché mai doveva reagire in…certi modi? Cercò di non pensarci.
< Ecco, abbiamo quasi finito! > Commentò l’altro, mentre faceva oscillare il phon dietro la sua testa. < Ah, manca la frangia… > aggiunse. Si mise quindi in ginocchio dietro a Flippy, tirandosi su in modo da poterlo asciugare anche davanti. Gli poggiò la mano libera su di una spalla, sporgendosi in avanti per raggiungere la frangia.  Nel fare ciò, il suo petto aderì alla schiena nuda di Flippy, che arrossì violentemente, a quel contatto inaspettato. Di riflesso scattò in piedi, e mentalmente ringrazio che Splendid si fosse trovato per tutto il tempo alle sue spalle e non avesse avuto modo di vederlo arrossire.
< Che ti prende? > Splendid lo osservava perplesso, con il phon ancora acceso saldamente tra le mani, puntato a mezz’aria.
< N-nulla…io…ho una cosa da fare…! > Rise nervosamente, senza guardarlo in faccia, dirigendosi verso l’armadio. Ne estrasse una maglia nera, aderente, e dal collo alto; se la infilò il più velocemente possibile e, nascosto alla vista di Splendid grazie all’anta aperta, riprese dal cassetto guasto la giacca della mimetica, infilandola in una borsa di tela. Richiuse l’anta.
Splendid lo osservava sempre più perplesso, senza spegnere il phon.
< Ah, io…torno subito! > Continuò con fare agitato, tenendo il viso basso, in modo da non mostrare la sua espressione. Si diresse velocemente verso la porta d’ingresso della camera, pronto a schizzarvi fuori.
< Ma dove stai andando? Non hai nemmeno finito di asciugare i capelli! Hey, Flippy! Ma che ti prende all’improvviso? >
Fece scattare la maniglia.
< Flippy! >
Uscì, richiuse la porta alle sue spalle in modo poco delicato. Una volta fuori, corse a tutta velocità per il corridoio. Sorpassò tutte le altre camere, fino a raggiungere le scale, e ne fece tutti e tre i piani di corsa, con una mano che reggeva la borsa, e l’altra saldamente attaccata allo scorri mano metallico. I suoi passi agitati rimbombavano per tutto il dormitorio.


Una volta all’esterno, corse fino alla zona opposta del parco, decidendo di sostare all’ombra di un grande pino. Con il fiatone e il cuore che pareva pulsare sei volte più velocemente del normale, si appoggiò di schiena al tronco di quell’imponente albero, lasciandosi scivolare a terra, seduto. La borsa di tela ancora stretta in mano. Aveva corso fino alla zona del dormitorio femminile, tra gli sguardi che di tanto in tanto aveva attirato su di sé, nella sua sfrenata corsa.
Ora non c’era nessuno.
Iniziò a calmarsi.
Il rossore ormai doveva essere svanito, ed anche il suo respiro, lentamente, stava riprendendo un ritmo pacato. A infrangere il silenzio, vi era solamente il fruscio degli aghi di pino che oscillavano sotto un leggero vento, e il vociare distante di qualche universitario. Soprattutto si potevano percepire sfasate voci femminili.
Chiuse gli occhi; ancora faticava a capacitarsi di quanto fosse successo.

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Capitolo 2
*** L'attesa ***


CAPITOLO 2


Splendid era rimasto solo all’interno della camera.
Il phon ormai spento, dimenticato sulla scrivania non scottava più.
Il ragazzo era occupato nella ricerca di un libro; se ne potevano trovare sparsi un po’ ovunque all’interno della stanza condivisa: sul comodino, sulla scrivania. Qualche volta persino sul pavimento.
< Secondo volume…no. > Scartò il tomo, gettandolo sul proprio letto.
< Questo… > Rigirò tra le mani un vecchio libro. < Nemmeno. > Sentenziò, facendolo finire allo stesso modo del precedente.
Smise di rovistare tra i volumi accatastati sulla scrivania, guardandosi attorno, distratto. Di lì a poco sarebbero cominciate le sue lezioni, e lui avrebbe dovuto recarsi in sede per seguirle.
Ma probabilmente, quella mattina la concentrazione sarebbe venuta largamente a mancare: non riusciva a togliersi dalla testa lo strano comportamento di Flippy di poco prima. Ma che gli era preso?
Splendid, ormai da tempo, era abituato ai suoi improvvisi cambiamenti di personalità, ai suoi scatti di violenza; ma non a questo. L’aveva visto schizzare fuori dalla camera, aveva sentito i suoi passi rapidi divenire sempre più distanti. E non aveva fatto nulla. Non aveva nemmeno provato a seguirlo, da tanto era stato colto alla sprovvista. E pensare che fino a pochi istanti prima, il compagno sembrava perfettamente tranquillo. Allora perché?
Si passò una mano tra i capelli, serio, pensieroso. Come se la situazione non fosse già abbastanza demotivante, non riusciva nemmeno a trovare l’unico libro necessario all’imminente lezione.
Ripensò a Flippy. Forse stava dando troppo peso all’intera faccenda.
Cercò di distrarsi, tornando alla ricerca del volume disperso.
Ormai, aveva guardato praticamente dappertutto, e quindi decise di tentare nell’unico posto ancora inesplorato: sotto ai letti.
Il disordine era spesso di casa in quei vecchi dormitori, e non c’era da sorprendersi se ogni tanto qualcosa finiva in posti del genere.
Si mise quindi a gattoni accanto al suo, abbassando la testa fino a potervi guardare sotto, arrivando a sfiorare il pavimento con i capelli. Nulla. Solo penombra e un po’ di polvere. Si sporse allora verso quello del compagno. Nulla di nuovo.
Fece per rialzarsi, quando, per una frazione di secondi, un lieve riflesso metallico catturò la sua attenzione, trattenendolo. Proveniva da sotto al letto di Flippy.
Splendid rimase fermo per un istante. Aveva come una strana sensazione al riguardo, una sorta di sinistro presentimento. Tentennò, ma prima che potesse compiere anche solo la minima azione, prima che potesse infilare la sua mano alla ricerca di qualcosa, un rumore inaspettato richiamò nuovamente la sua attenzione: era un messaggio al cellulare.
Si alzò da terra.  Proveniva da dentro al cassetto del piccolo comodino. Lo aprì cautamente, facendo oscillare la tazza di caffè non finito, che dal giorno prima si era ritagliata un posto fisso in mezzo ai libri.
Ne estrasse il suo telefono rosso, soffermandosi a leggere il messaggio. Nulla di rilevante.
Cacciò il cellulare in tasca; stava per richiudere il cassetto, quando, seminascosto da dei fogli, vi notò il volume che da una ventina di minuti a quella parte stava mettendolo in seria difficoltà.
< Ecco dov’era! > esclamò sollevato, prelevando il libro giallognolo dall’interno del cassetto.
Strano che un volume destinato allo studio fosse infilato in un posto de genere, normalmente non ce ne metteva mai.
Decise comunque di non porsi il problema, e svelto lo infilò nella sua tracolla da scuola, richiudendone l’amplia cerniera. Era pronto ad abbandonare il dormitorio per dirigersi in sede.
 
Le volte in cui Splendid si recava al di fuori della sua stanza, finiva immancabilmente per far scattare una sorta di rutine all’interno del college. Infatti, ogni studente che incrociava i suoi passi s’interrompeva all’istante  per potergli rivolgere un saluto, o un semplice sorriso. Al suo passaggio parevano tutti come ipnotizzati.
Questo perché, Splendid, non era uno studente comune, uno come tutti gli altri. Lui rientrava in quella categoria di persone che vantavano una sorta di posto d’onore all’interno della società. Era infatti ritenuto un eroe, di quelli che si vedono nei film, o nei fumetti, ed era in grado di fare cose che gli altri potevano solamente immaginare.
Non c’era persona all’interno dell’istituto che non conoscesse il suo nome. Lui, dal canto suo, tendeva a riempirsi d’orgoglio nel sentirsi tanto indispensabile e benvoluto.


< Buongiorno, Splendid! > Una ragazza sconosciuta lo salutò nel passare. L’ennesima studentessa. Era in compagnia di un’altra ragazza più bassa, che lo fissava insistente.
< Buongiorno ragazze! > Sorrise, accennando un saluto con la mano, mentre si allontanava a passo cadenzato.
Splendid non vi prestò comunque troppa attenzione, proseguendo per la sua strada.
 Sorrideva ai passanti, salutava apparentemente allegro, ma in realtà un pensiero fisso lo turbava. Non riusciva a togliersi di mente li bizzarro comportamento di Flippy.
Avrebbero avuto lezione insieme quella mattina ma Splendid aveva come il presentimento che, in casse, il compagno, non si sarebbe fatto vedere.

 
                                                                          *******

 
Un piacevole venticello estivo carezzava i suoi capelli, ancora leggermente inumiditi. Il profumo di resina fresca era inebriante, e se non altro, riusciva a farlo rilassare almeno un po’. Flippy sostava ancora all’ombra di quel grande pino, svuotato della voglia d’alzarsi.
Aveva leggermente perso la cognizione del tempo a forza di pensare e, con molta facilità, la lezione che avrebbe dovuto seguire quella mattina doveva essere già iniziata da svariati minuti. Pazienza. Tanto non intendeva affatto recarsi in sede. Sospirò. Si sentiva un perfetto idiota. Non sarebbe dovuto scappare via così, non di nuovo. Chissà cosa aveva pensato, Splendid, nel vederlo sparire all’improvviso.
Si morse un labbro, coscienzioso del fatto che, una volta rientrato al dormitorio, il compagno avrebbe voluto come minimo sapere il motivo del suo gesto.
Aveva “una cosa da fare”? Che scusa patetica.
Chiuse nuovamente gli occhi. Le voci soffuse, in lontananza non erano cessate per niente. Ma in mezzo ad esse, ora spiccava un altro rumore, qualcosa di nuovo, di diverso. Un suono basso, ritmico, che si faceva strada verso di lui. Rumore di passi.
Quel dettaglio lo costrinse a riaprire gli occhi.
< C-ciao…Flippy… >
A forse tre metri di distanza da lui, ferma in piedi, sostava una ragazza. I suoi lunghi capelli rosso acceso, spruzzati di forfora, facevano risaltare il candore della sua pelle. Portava una maglietta leggera, dalle maniche decisamente troppo lunghe per quelle esili braccia. Stretto a sé, saldamente, reggeva un vecchio libro dagli angoli consumati.
La giovane gli rivolse un sorriso carico di timidezza, mentre nei suoi occhi marroni si poteva leggere chiaramente una sfumatura di timore, di esitazione. Come non sapesse bene nemmeno lei se accomodarsi accanto al ragazzo, o ripensarci e scappar via.
< Ah, Flaky. Ciao…>  Tentò di ricambiare il sorriso, cacciando via i pensieri negativi. Probabilmente non gli riuscì tanto bene.
Flaky strinse maggiormente a sé  il vecchio libro, senza muoversi di un millimetro. < C-come mai da queste parti…? C-cioè, non che ci sia qualcosa di male, è s-solo che non ti avevo mai visto vicino al dormitorio…delle ragazze, e…quello che i-intendo… > La voce le tremava. Dopotutto, come biasimarla? Erano passati circa tre mesi da quando Flippy aveva dato di matto in sua presenza. L’aveva anche ferita, con un coltello. Lei aveva gridato; aveva pianto terrorizzata, senza riuscire a muoversi. Fortunatamente era poi intervenuto Splendid. Come sempre.
Solo alcuni, all’interno del college, erano a conoscenza della situazione disturbata di Flippy. Flaky era una di questi.
< Diciamo che ci sono capitato per caso. > Flippy interruppe il monologo imbarazzato di lei, rivolgendole un sorriso cortese.
Flaky tentennò ancora qualche istante, dubbiosa sul da farsi. Poi, in un momento di coraggio ritrovato, sgattaiolò svelta accanto a lui, sedendosi a sua volta all’ombra del pino. Con la schiena poggiata al tronco, si voltò verso Flippy, poggiando il vecchio libro sul prato.
< Io invece vengo spesso q-qui… > Sorrise nervosamente. < A studiare… > La sua voce tremava ancora.
Flippy ebbe per un momento, come l’impressione di aver violato “il suo posto segreto” o qualcosa del genere.
< Allora non ti disturbo oltre…scusami. >
Fece per alzarsi, ma Flaky lo interruppe: < N-no, non…non sei di disturbo…affatto…! >
Il ragazzo si arrestò, tornando con la schiena poggiata al pino.
La risposta di lei sembrava sincera, non di circostanza, e questo lo incoraggiò a trattenersi ancora.
< Flippy…? >
< Sì? >
< Ecco, mi chiedevo s-se ti sentissi poco bene…mi sembri pallido. >
< Non è nulla, non preoccuparti. > Le sorrise ancora.
Flaky abbassò lo sguardo, forse poco convinta. Avrebbe voluto insistere, chiedere cosa non andasse…ma aveva troppa paura. Paura di un’ipotetica reazione di Flippy. Era così imprevedibile quel ragazzo; non si sapeva mai bene come comportarsi in sua presenza. Ma almeno una cosa la sapeva per certo, o per meglio dire; per esperienza: evitare i rumori eccessivamente forti.
Si scostò una ciocca rossa dal viso, in un gesto carico di tensione. L’attenzione della ragazza fu poi catturata dalla borsa di tela, di quelle sportive, che il giovane reggeva ancora saldamente in mano. Era rigonfia. Si domandò cosa mai potesse esserci, ma ovviamente non si azzardò a chiederglielo.
Flippy la notò. Quasi s’era scordato di portarsela ancora appresso. La sua intenzione iniziale era semplicemente quella di andare in lavanderia, senza farsi notare, per ripulire la giacca. Constatò che fosse meglio iniziare a farlo.
< Scusami, ora devo andare. > Si alzò in piedi. Flaky lo seguiva con lo sguardo, da un lato sorpresa, dall’altro sollevata che se ne andasse già.
< Ah. Allora b-buona giornata… > Sorrise nervosamente.
< Grazie. Anche a te. > Ricambiò il sorriso, questa volta un po’ meno forzatamente.
Si avviò quindi verso il suo dormitorio. Splendid doveva sicuramente trovarsi a lezione in quel momento, e ci sarebbe rimasto per le prossime due ore, quindi non avrebbe corso il rischio d’incontrarlo.
Attraversò il vasto parco, sotto il tiepido sole di quella giornata di maggio. Questa volta senza correre.
Una volta oltrepassato il portone d’accesso al dormitorio, prese le scale che portavano al piano interrato, quello adibito a lavanderia comune. Le percorse fino a giungere all’interno della grande stanza pavimentata a mattonelle bianche, accendendo la luce. Non c’era nessuno.
Pensò che fosse meglio così, avvicinandosi alla prima lavatrice, ed infilandoci la giacca appena estratta dalla borsa.
Ogni suono, in lavanderia veniva ampliato. Probabilmente perché al suo interno vi era scarsissimo arredamento, se paragonato alle dimensioni della stanza. Era grande. Forse anche fin troppo. E completamente bianca: pareti, mattonelle, lavatrici, tutto. L’unica fonte d’illuminazione, non essendoci finestre, era una lampadina che penzolava dal soffitto, con i cavi elettrici in bella vista.
Flippy finì di regolare la lavatrice, e aspettò, con le braccia incrociate al petto. Il rumore del macchinario risuonava a vuoto, ripetitivo. Forse un suono un po’ troppo alto per il ragazzo, ma non al punto da fargli  ricordare cose strane, cose che potevano fargli perdere il controllo.
Altre volte era stato in lavanderia, ma mai il rumore della lavatrice era stato un problema. Questo, probabilmente era anche dovuto ai farmaci che quotidianamente assumeva.
Anzi. Di lì a poco avrebbe dovuto prendere le sue pillole. Non poteva sgarrare, doveva ricordarsene ogni giorno. Da quando ne assumeva, i suoi attacchi di violenza erano notevolmente calati, ma ciò non stava certo a significare che fosse guarito, e i fatti parlavano da soli; come la notte precedente. Ancora non riusciva a ricordare cosa avesse fatto, o dove fosse stato. Con chi? E come mai nessuno si era accorto di nulla, nemmeno quel tanto decantato eroe di Splendid?
Il “bit” della lavatrice che terminava il ciclo di lavaggio, li fece abbandonare quei cupi pensieri.
Flippy la aprì, introducendo il braccio nel cestello ed estraendone la giacca bagnata. Le tracce di sangue erano state lavate a dovere. La rigirò un po’ tra le mani, giusto a controllare che fosse effettivamente pulita. Sembrava a posto.
Si avviò quindi verso l’uscita della lavanderia: sarebbe dovuto tornare controvoglia nella sua camera, era ora che assumesse i suoi medicinali.
Si augurò con tutto se stesso di non ritrovarci Splendid. 

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