Grausam Schwärmen

di A g n e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tabella prompts ***
Capitolo 2: *** Spiel ***
Capitolo 3: *** Frühling ***
Capitolo 4: *** küßchen ***
Capitolo 5: *** Lüge ***
Capitolo 6: *** Buch ***
Capitolo 7: *** Rot ***
Capitolo 8: *** Warum? ***
Capitolo 9: *** Feuer ***
Capitolo 10: *** Regenbogen ***
Capitolo 11: *** Liebkosung ***
Capitolo 12: *** Pein ***
Capitolo 13: *** Treppe ***
Capitolo 14: *** Dunkelheit ***
Capitolo 15: *** Süßlich ***
Capitolo 16: *** Stein ***
Capitolo 17: *** Herbst ***
Capitolo 18: *** Wer? ***
Capitolo 19: *** Fälscher ***
Capitolo 20: *** Irrgang ***
Capitolo 21: *** Makellos ***
Capitolo 22: *** Dieb ***
Capitolo 23: *** Kälte ***
Capitolo 24: *** Stille ***
Capitolo 25: *** Zerbrechlich ***
Capitolo 26: *** Müdigkeit ***
Capitolo 27: *** Eule ***
Capitolo 28: *** Traumer ***
Capitolo 29: *** Albus und Gellert ***



Capitolo 1
*** Tabella prompts ***


Allora. Il problema di fondo è che ho scovato una raccolta di drabble scritta seguendo questo specchietto. Mi sono detta "perché no?", ho fatto un giretto sulla pagina della community Grideldore Ita (http://community.livejournal.com/grindeldore_ita/) ed ho trovato l'iniziativa per il mese di febbraio.
Una drabble al giorno, per 28 giorni.

Ecco lo specchietto.

Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì
1 Disegnare sull'acqua 2 Primavera 3 Bacio 4 Promessa 5 Immagine 6 Rosso come il sangue 7 Segreti e bugie
8 Respirando fuoco. 9 Estate. 10 Carezza. 11 Perdono. 12 Immagine. 13 Nero come la notte. 14 Padroni della morte.
15 L'odore della terra. 16 Autunno. 17 Stretta di mano. 18 Fortuna. 19 Immagine. 20 Bianco come la neve. 21 Il ladro.
22 Accarezzati dall'aria. 23 Inverno. 24 Abbraccio. 25 Riposo. 26 Immagine. 27 Giallo come il grano. 28 Albus e Gellert.

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Capitolo 2
*** Spiel ***


Prima è una macchia scura. Poi il cucchiaino fa roteare la foglia che colora linee casuali sull’acqua. Il colore ambrato scende a vortice, si mescola e si disperde.
E tu stai ancora giocando con cucchiaio, colino e tazzina.
Scuoto la testa.

"Albus!"
Sorridi.
"Sì, Gellert?"

Rispettiamo un copione non scritto. Occhiataccia, mia. Sorrisetto, tuo.
Lo sai che non sopporto quando fai così.
Sospiro. Finirà the ovunque, lo so. Come sempre.

"Crescerai mai, Albus?"

Fingo di essere adirato, ma sai che il mio sguardo di rimprovero durerà solo qualche secondo. Per quanto mi sforzi non riesco ad arrabbiarmi con te.
Warum?
Eppure non sono ciò che si definisce una persona paziente.

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Capitolo 3
*** Frühling ***


Dicono che l’inverno non ha potere sugli uomini.
Balle.

Avete mai visto un uomo in inverno?
Non l’inverno stagionale, no; l’inverno dentro.
L’uomo d’inverno è spento. Come bloccato in un limbo.
Vive, ma con cautela. Come se si stesse muovendo in una gabbia di cristallo che non deve rompere.

Albus era così, quando zia Bathilda me l’ha presentato.
Ho avvertito un mondo, dietro quegli occhi, ma congelato.
Quell'azzurro non indovinava la sfumatura del cielo di maggio, ma solo quella di una banale incrostazione acquosa quando la temperatura fuori scende sotto lo zero.

Ora ti guardo negli occhi dopo l’ennesima notte passata insieme.
E recupero nel tuo sguardo un’invincibile primavera.

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Capitolo 4
*** küßchen ***


Ho seguito la scena dall'angolo della stanza.
In silenzio.
Come se non volessi disturbare.
La piccoletta -ha tredici anni, mi ripetevo, non è così piccola!- ha aperto il pacchetto sparpagliando pezzetti di carta ovunque. Poi ha lanciato un gridolino di gioia e si è lanciata tra le braccia del fratello maggiore, stampandogli un bacio sulla guancia.
Albus ha ricambiato l'abbraccio, imbarazzato, accarezzando piano i riccioli ambrati della sorellina.

Che strana, questa piccola morsa che mi ha preso allo stomaco.
Scuoto la testa.
E' sua sorella, sottolineo con un tono particolarmente astioso al mio inconscio.

Io... geloso di lei?
Geloso della piccoletta?

Mi sforzo di riderci sopra.
Ma il mio incoscio, bastardo, non mi lascia in pace.
A lui non posso dire bugie.
Già. Geloso.

Ti porterò via da loro, Al.

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Capitolo 5
*** Lüge ***


A Minnow, perché se la merita. Sperando che ami Faber almeno quanto Montale.

L'amore che strappa i capelli è perduto ormai...

Non dovrei farlo.
So che non dovrei.
Ma non mi fermo.
Sollevo la mia mano, lentamente, e la poso leggera sul tuo viso.
Mi avvicino a te.
Piano, accarezzo i tuoi zigomi.

Traditore del proprio sangue.
Bugiardo.
Assassino.
Ma non mi fermo.

Poi mi dico che sto uccidendo di nuovo il mio stesso sangue.
Ariana non lo merita, Aber nemmeno.
Ma non mi fermo.
E sfioro con la bocca le tue labbra.

Una lacrima scende a rigarmi il volto.
Mi lascio cadere a terra e tu non fai un passo, non muovi un dito, non mi sostieni.
Te ne vai.
Senza parlare.
Due mesi di inganni e di crudeli illusioni.
E tutte le nostre promesse -così limpide, così vere!- si infrangono.

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Capitolo 6
*** Buch ***


Un fruscio di carta.
Pagine di libro che si accartocciano, si sollevano e si posano di nuovo una sull'altra, come vele al vento.

"Gellert. Smettila"

Lo guardi di sottecchi.
Ridacchia sotto i baffi, con quella sua inarrivabile faccia da schiaffi.
Bella, sempre così bella.
Ma da schiaffi.

"Di fare cosa?" chiede, innocente.
"Di far agitare le pagine del libro".
"Non sono io, mein Traumer. E' il vento".

Negare l'innegabile. A volte ti farebbe paura, se non ci fosse sempre questo filo di ironia a tenere insieme le frasi.

"Gellert..."
"Ooooh va bene". Mette un broncio, falsissimo.
"Tu guardi più il libro di me e io sono geloso, ecco".

Ma quanto sei scemo, pensi.
"Ed era il caso di fare tutte queste scene?"
Sorridi e ti avvicini a lui, che ti tira a sè e ti stringe.
"Io penso a te, mein Traum. Devi rivedere le tue priorità".
E tu, senza più ribattere, ti lasci abbracciare.

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Capitolo 7
*** Rot ***


"Occhio!"
Gellert prese al volo la boccetta di inchiostro rosso, senza riuscire ad evitare di macchiarsi le dita.
"Albus", ringhiò. "Stai-attento".
Alzò lo sguardo verso il compagno e non riuscì, per quanto si fosse sforzato, a trattenere un sorrisetto.
Albus era rimasto immobile accanto al tavolo; lo sguardo da cucciolo bastonato spuntava dalla pila di libri e pergamene che teneva in mano.

Come fai a prendertela con una persona che ti guarda così?

"Sei un vero disastro, Albus Dumbledore" sogghignò Gellert "e meriti una punizione".
Si scagliò verso il compagno, che intuendone le intenzioni mollò i figli sul tavolo e fece per scappare; non fu abbastanza veloce, però, da evitare il dito sporco di inchiostro che lasciò uno sbaffo rosso sul suo viso.

"Gellert! No! Fermo!"
Lottarono così come si gioca per alcuni minuti, poi Albus si lasciò cadere senza fiato sul letto, trascinandosi dietro il biondo.
"Basta" ansimò "mi arrendo".
"Ah, ti arrendi? Bene" replicò l'altro, chinandosi a baciare quelle labbra, rosse come l'inchiostro, mettendo fine alla lotta.
E iniziandone un'altra.

[In corsivo una citazione dal mio Faber adorato *-*]

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Capitolo 8
*** Warum? ***


Li ha visti, Aberforth,
Li ha visti confabulare insieme, li ha visti chini sullo stesso libro fino a sfiorarsi.
Li ha visti baciarsi di sfuggita, li ha visti rubarsi sorrisi a vicenda, parlare di cose sciocche o di propositi vani.
Li ha visti chiudersi in uno scrigno impenetrabile, lasciando fuori chiunque, costruendo castelli di scuse insensate o barricandosi dietro a un "non puoi capire".
Li ha visti fuggire dal mondo, per costruirne uno a loro misura.
Ha visto suo fratello allonanarsi e Gellert portarlo via.
Ha visto, e vede ancora, un volto bambino curvarsi in una domanda, Perché?, alla quale non trova risposta.

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Capitolo 9
*** Feuer ***


"Devo andare ora".
"No".

Un fermo diniego, detto con lo stesso tono di voce certo dei bambini sicuri di un capriccio.
Albus si strinse più forte contro Gellert.

"Albus".
"Non andare".

Un soffio di vento gelido.
Quando faceva freddo quella sera?
Un altro refolo ghiacciato.
Albus scosse la testa bruscamente, infastidito.

Gellert sorrise.
Tuffò le sue dita nell'oceano di rame sparso sulle sue spalle.
Albus si spostò, millimetricamente; si fermò incerto, il suo volto a distanza di pochi centimetri da quello del compagno. Attese.

Pochi istanti più tardi e fu uno sfiorarsi di labbra.
Fu il respirare lo stesso respiro.
Caldo.
Insensibile al gelo.

"Non andare".
"Non andrò".

E a lettere di fuoco lo dichiari.

 

[Il mio adorato Montale *-*]

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Capitolo 10
*** Regenbogen ***


Tic, tic, tic.
Il temporale sgocciolava via, nei lievi rumori del mattino.
Gellert sentì Albus muoversi nei gesti alla cieca del risveglio, ma non si girò.
Continuava a guardare lassù, verso l'effimero di un vago arcobaleno.

Albus si avvicinò.
"Che guardi?"
Un bacio leggero, poi rispose indicando l'arcobaleno.
Al sorrise.
"Bello. Peccato duri così poco".
I colori, nell'indifferente brezza del mattino, cominciavano a svanire.
"Einen Regenbogen, der eine Viertelstunde steht, sieht man nicht mehr" ribattè Gellert.
Albus non si mosse dall'incavo del collo del compagno e brontolò: "Goethe, che guastafeste. Tu stai durando ben più di un quarto d'ora, mein Regenbogen".
"E ancora non ti sei annoiato?"

Una risata, su un futuro incerto.

 

[La citazione di Goethe mio significa "Un arcobaleno che dura un quarto d'ora non lo si guarda più"]

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Capitolo 11
*** Liebkosung ***


Dormiva sereno tra i piccoli scricchiolii della notte, il lenzuolo scivolato da una spalla, i riccioli sparsi sul cuscino.
Albus era sdraiato accanto a lui, guardando incantato le linee d'argento che la luna dipingeva sul corpo del suo spendido efebo.
Allungò lentamente una mano e la mosse cauta in una carezza.
Gellert sorrise nel sonno.
Albus continuò ad accarezzare il suo viso mentre si faceva spazio, in lui, la consapevolezza che quei gesti che aveva conosciuto bambino, dalle mani della madre e della sorella, rinascevano spontanei per Gellert, carichi di tutt'altro significato.
Ma il dolce sorridere del compagno, quella notte, non lasciò spazio a remore di alcun tipo.
E la sua mano continuò a muoversi, piano.

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Capitolo 12
*** Pein ***


"Aber..."
"Aber un corno, Albus! Non venire a piangere ora! Non farlo! Non qui!"
"Io..."
"E' quello il problema, Albus! Tu! Tu, esistevi solo tu! Noi non c'eravamo più per te! Esistevi tu, il tuo dannato egoismo e quel... quel..."
"Non volevo..."
"Ah no?! No, tu non volevi, figurati! Non venire a fare la commedia ora Albus! Tu volevi, volevi quello che è successo! L'hai perseguito in ogni singolo istante! In ogni momento hai scritto la tua condanna, non pretendere che venga a tirartene fuori!"
"Mi dispiace..."
"Balle, Albus. Non ti dispiace, invece. Anche se fosse, è troppo tardi ora!"
"Perdonami".

E fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Un pugno, diretto al volto.
Ma il dolore più grande non sarebbe passato col tempo.

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Capitolo 13
*** Treppe ***


 
"Gellert!"
Albus lo vide entrare, da in cima alle scale e pensò bene di raggiungerlo nel modo più veloce che gli era venuto in mente in quel momento. Forse aveva dimenticato che il suo cervello non funzionava più quando all'orizzonte appariva quella testa riccioluta, quindi si sedette sul corrimano delle scale e si lasciò andare, scivolando; peccato che non riuscì a fermarsi in tempo, ribaltandosi e finendo tra le braccia di Gellert, atterrandolo sul pavimento.

"MEIN TRAUMER! Sei pazzo?!"
"Scusami", balbettò Albus mentre la pelle del viso creava un elegante ton sur ton con i suoi capelli. "Lo facevo sempre, da bambino..."
"Vuoi dirmi che sin da piccolo hai rischiato di ucciderti in questo modo barbaro? Che cosa terribile, Albus".
E scoppiarono a ridere, insieme, come compagni di un'antica alleanza.

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Capitolo 14
*** Dunkelheit ***


Il lenzuolo era diventato una catena, una pesante prigione di stoffa dalla quale non riusciva a liberarsi.
Sudore freddo, respiro appannato e male, male dentro, profondo e radicato.
Un incubo che non dimenticava una volta sveglio.
Sensi di colpa e di abbandono.
Una tristezza nera, densa e appiccicosa che toglieva il fiato.
E nemmeno l'alba che filtrava dalle finestre allentava il nodo alla gola che lo prendeva in queste notti.

Tendeva la mano umida accanto a sè, senza trovare il compagno.
Non avrebbe dormito più accanto a lui.
Mai più.
Non restava che aspettare che si facesse più chiaro attorno, implorando un angolo di luce nel suo brusco ritorno nel buio.

Luce, sempre più luce, intorno; buio, sempre più buio, nella nostra angoscia.

 

[E stavolta tocca a Shakespeare, Romeo and Juliet <3]

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Capitolo 15
*** Süßlich ***


Era una giornata particolarmente afosa.
Intorno, nulla si muoveva.
Silenzio, tranne un frinire di cicale, laggiù, vicino al fiume.

Nella stanza, l'unico a non avvertire il caldo soffocante era Gellert, che aveva appena iniziato una delle sue orazioni sul futuro che li attendeva con grande -e inutile- dispendio di gesti frenetici.

Albus lo guardava dal basso verso l'alto, sorridendo.
"...Padroni della morte, Albus, lo capisci?! ...Albus, mi stai ascoltando o cosa?"
"Gellert", rispose, senza smettere di sorridere. "Io ti ascolto sempre. Il fatto è che stai diventando monotono. So cosa ci attende. Ma perché dovrei preoccuparmi di diventare padrone della morte quando ho già te?"
"Sdolcinato".
"Noioso".
Un sorriso più ampio.

In fondo entrambi volevano lo stesso. O si sforzavano di crederlo.

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Capitolo 16
*** Stein ***


Ancora un brivido.
Si strinse nel mantello e chiuse gli occhi, attendendo che il freddo passasse.
Lasciò che una mano -secca, segnata, distrutta: lo specchio della sua anima- scivolasse fuori dal riparo della stoffa e si posasse piano sul freddo pavimento di pietra.
Nurmengard.
Gelo, nient'altro che gelo. E roccia, tutto intorno.

A volte lo colpiva, in modo duro e inatteso, il ricordo di corse nei prati e finte litigate, finite a rotolarsi nel prati, come due bambini.
Ricordava, all'improvviso, in stoccate dolorose, il profumo dei gelsi e dell'erba.
E della terra, finita sul viso e sulle mani.
Sui vestiti.

Adesso, sul mantello, solo gelo. E polvere.

 

(Giusto perché avevo detto "poco angst")

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Capitolo 17
*** Herbst ***


Seduto in riva al lago, al riparo del grande olmo, Albus si stava godendo qualche refolo fresco di quel tardo pomeriggio.
Un soffio di vento più forte degli altri fece planare accanto a lui una foglia. La prese al volo, cominciando a giocherellarci.

Pochi minuti dopo, la foglia si agitò e si tinse dei colori dell'autunno, diventando di uno splendente cremisi.

"Ciao, Gellert", disse, senza nemmeno girarsi. "Non ti piaceva, verde?"

Il giovane biondo si chinò su di lui, insinuandosi tra i lunghi capelli ramati dell'amante e commentò, prima di lasciargli un bacio leggero sul collo: "Il rosso è indiscutibilmente più bello, mein Traumer".

Albus sorrise, perdendosi nel profondo dei suoi occhi azzurri.

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Capitolo 18
*** Wer? ***


Si scrutavano come due lupi pronti ad attaccare, tesi nello sforzo dell'attenzione.
Una maschera di indifferenza uguale, da portare divisa a metà, lasciava trapelare da piccole dolorose crepe la sofferenza di quel "Non importa".

Poi, Gellert abbassò la bacchetta.
Si avvicinò ad Albus, con la mano tesa, con lo stesso sorriso che aveva quando zia Bathilda glielo aveva fatto conoscere.
Come se volesse presentarsi, di nuovo.

Albus, anni prima, aveva risposto a quella mano tesa stringendola forte, ricambiando il sorriso.
Ora, in cambio, uno sguardo triste.

"Herr Albus, voi non mi conoscete più, a quanto pare... lasciate che mi ri-presenti...", lo motteggiò il biondo, fingendo la complicità di sempre.

Ma non era più lui.
Chiunque fosse stato.

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Capitolo 19
*** Fälscher ***


Ti bastano pochi passi per percorrere la tua cella.
Uno smacco, per chi pretendeva di comandare il mondo, essere rinchiuso in qualche metro di pietra.

A volte, qualche guizzo della tua giovinezza ritorna, abbastanza vivido da darti la forza di alzarti in piedi e tornare a camminare avanti e indietro per la stanza, come una tigre in gabbia, come se sperassi, credessi davvero, che nel mentre si sia aperto un passaggio, un varco, una via di fuga.

Ogni volta realizzi che tutto è fermo, in una morsa silenziosa e implacabile.
E ritornano alla mente le parole benpensanti e innegabilmente vere del tuo nobile, vecchio amico.

Homo faber fortunae suae.

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Capitolo 20
*** Irrgang ***


Da uno dei ripiani scivolò a terra una foto.
Albus la raccolse; un giovane biondo gli sorrideva, fermo in una posa distratta, da un bosco di abeti, in pieno inverno.
Albus rabbrividì. Aveva sempre odiato il freddo.
Il biondo, invece, sembrava perfettamente a suo agio, in quel labirinto di rami ghiacciati. Come se fosse a casa, in un ambiente che di domestico aveva ben poco.
Sospirò.
Chiunque fosse, lo invidiava. Potesse averla lui, quella tranquillità, nei meandri gelidi* della sua casa...
"Signora Bathilda, le è caduta questa..."
"Oh, grazie figliolo..." rispose, sorridendo. Un breve sguardo e un sorriso più ampio. "E' mio nipote... dovrebbe venire a trovarmi a breve. Te lo presenterò. Hai bisogno di conoscere gente della tua età..."

Per qualche strano motivo, all'annuncio di quella decisione, il cuore di Albus saltò un battito.

 

[*gelidi in senso lato, of course... non sono affatto sicura che si capisca, dalla fic...]

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Capitolo 21
*** Makellos ***


Bianco come la luna il suo cappello,
come l'amore rosso il suo mantello.
Tu lo seguisti senza una ragione,
come un ragazzo segue l'aquilone.

Vi siete addormentati abbracciati, stretti sotto una coperta il cui bianco accecante ora ti infastidisce.
Torni a chiudere gli occhi mentre ascolti Albus respirare piano, nella profonda tranquillità del sonno.

Ad occhi chiusi stai meglio, non c'è nessun bianco che ti disturba, nessuna luce troppo forte ti ferisce.

Vorresti ti fosse sempre possibile chiudere gli occhi davanti ad Albus, per non avvertire il baluginio candido della sua anima innocente.
Il nero, lo sai, non si può sporcare, ma il bianco...

Scuoti la testa. A volte pensi ad Al come ad un bambino. E' pienamente responsabile delle sue azioni.

Immacolato sì, ancora.
Forse.

Ma non sarai tu a sporcarlo.

 

[Non si è capito un tubo vero? ç_ç Btw, l'intro è Marinella, del Faber, ovviamente]

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Capitolo 22
*** Dieb ***


"Für der Obergute, Herr Gregorovich!" ridacchiò, un attimo prima di saltare fuori dalla finestra e correre via veloce, sull'acciottolato della strada.
Farla in barda al vecchio fabbricante di bacchette era stato anche troppo facile, pensò, mentre il ghigno strafottente scivolava via dal suo volto per lasciar posto al sorriso di trionfo.

La bacchetta. Era sua.
Un passo più vicino alla meta.

La rigirò tra le mani, quasi temesse di scoprirla falsa.
Invece non un segno, non un graffio.
Lucida e perfetta, lo strumento del Bene Superiore.

Per un attimo, un viso buono, dai luminosi occhi azzurri, fece capolino tra i suoi ricordi.
Ma lo scacciò, con relativa facilità.
Dove c'era la Gloria non c'era spazio per l'Amore e il Bene.
Mentì a se stesso, con la solita, falsa, arrogante sicumera.

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Capitolo 23
*** Kälte ***


Le mani di Gellert erano sempre dannatamente fredde, qualsiasi fosse la temperatura all'esterno.
Fredde, eppure dal tocco così bruciante, così disperatamente urgente e possessivo.
Albus detestava il freddo.
Gli seccava anche quando la temperatura era di un solo grado inferiore a quanto si aspettasse.
Ma quando il freddo era il freddo delle sue mani, allora lo invocava.
Essere accarezzati dalle mani di Gellert era come essere accarezzati dall'aria; era il freddo che risvegliava dal sonno, il freddo che rinfrescava, il freddo che rigenerava.
Il freddo degli spazi aperti e di alta montagna.
Lo stesso freddo dei pungenti refoli che ogni mattina risvegliavano l'abbraccio addormentato dei due amanti.
Il solo freddo di cui Albus non si sarebbe mai lamentato.

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Capitolo 24
*** Stille ***


Si risvegliarono sotto una pesante coltre di neve.
Fuori, fioccava ancora in grandi batuffoli bianchi che cadevano piano. 
Silenzio.

Sembrava che tutte le cose si fossero messe d'accordo per accentuare il silenzio tra i due.
Non uno scricchiolio delle ante.
Non un rumore di passi sulle scale.
Non un fruscio delle tende.
Non una parola.

E fuori, lo stesso.

Non una parola.
Non c'era più, da molto -troppo- quella voce.
Aber si muoveva piano, senza guardare negli occhi il fratello rinnegato.
Come se fosse solo.

Albus implorava pietà.
Nel silenzio del dolore e della perdita, implorava comprensione.
Ma tutto quello che otteneva in risposta ai suoi sbagli era il silenzio.
Attonito, smarrito, irato.
Silenzio.

E fuori, lo stesso.

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Capitolo 25
*** Zerbrechlich ***


"Ariana, cosa ci fai ancora in piedi?"
Mi viene incontro, nervosa. La prendo in braccio -non mi abituerò mai a sentirla così leggera, così fragile, così sottile- e la riporto nella sua camera.
So che è il temporale ad agitarla, come accade con tutti i rumori forti e improvvisi.
Sento che trema.
Sospiro - non è mancanza di pazienza, mi dico, come a giustificarmi; è questo sentimento di impotenza, la mancanza di una soluzione, che mi tormenta.
Fossi davvero il mago brillante che tutti dicono, Ariana non sarebbe così.
Ma ora c'è Gellert.
Con lui troverò una soluzione.

E potrò di nuovo abbracciare Ariana senza paura che mi si spezzi tra le mani.

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Capitolo 26
*** Müdigkeit ***


"Albus. Guardati. Sei uno straccio. Devi riposarti. Fermati, una buona volta".
Albus sollevò la testa verso di lui, con uno sguardo appannato.
"Lo so, ma..."
"Ma niente. E' colpa sua, lo so. Ti sta facendo dannare"

Albus tentò di controbattere, ma era troppo stanco per arrabbiarsi. Così balbettò, inciampando nella parole: "Dovrei lasciarli a loro stessi?! Lo sto già facendo... troppo..."

Gellert aprì la bocca per farsi sfuggire una replica acida, ma all'ultimo si fermò.

"Realizzeremo il nostro progetto, Al. Anche per il loro bene, lo sai".

Il loro bene?, pensò il rosso. Sì, forse...

Ma convincersene era sempre più difficile.

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Capitolo 27
*** Eule ***


"...e come vedi questo paragrafo contraddice pienamente quello che avevo letto l'altro gio- Albus? Non guardarmi in quel modo. Sembri un gufo!"

Albus era rimasto a fissare Gellert, lanciato in uno dei suoi monologhi su uno degli ultimi volumi letti, un mezzo sorriso stampato sul volto, la testa appoggiata alla mano.

Poi all'improvviso si decise.
Si alzò, gli andò vicino e si chinò su di lui.

Gellert non mosse un dito, preso alla sprovvista, mentre il giovane tuffava la mano tra i suoi riccioli biondi.

Poi Albus lo baciò.
Un bacio leggero, a labbra socchiuse, foriero di richieste e aspettative.

Presto si scostò, incerto, aspettandosi una reazione incattivita.
Ma Gellert lo prese per la giubba, riavvicinandolo a sè.


(Aggiungo una noticina perché mi dicono che non si coglie. Albus non sa come reagirà Gellert perché questa è la descrizione del loro primo bacio, che detto così fa molto Cenerentola, ma that's it.)

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Capitolo 28
*** Traumer ***


Minerva entrò nell'ufficio, sfoggiando un sorriso scintillante. Salutò Silente e posò un pacco di fogli sulla scrivania.

"Grazie, Minerva. Come mai così felice, oggi?"
"In realtà non ci sono motivi precisi, Albus. Però mi sono svegliata di buon umore, è una splendida giornata, finalmente ho finito di fare esami...", si girò, attratta dallo splendore della dirompente natura dei primi giorni d'estate.
"Da bambina amavo svisceratamente i campi di grano. Ci passavo delle ore a correre... non trovi anche tu siano stupendi, Albus? Oro puro!"

Albus annuì, sorridendo, seguendo con lo sguardo Minerva che usciva dall'ufficio.

Poi, appena la porta si chiuse, lasciò che una lacrima sfuggisse dagli occhi.

Vecchio illuso, sciocco sentimentale.
Traumer.

(Traumer significa sognatore. E' il soprannome con cui Gellert chiamava Albus)

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Capitolo 29
*** Albus und Gellert ***


Allora, ehm ehm.
Questa è l'ultimo prompt ç_ç *si dispera*
E quindi vorrei dedicare questa fic ad alcune personcine speciali:
Emme e Miki_tr, ovvio;
Minnow, per le sue drabble e i suoi incoraggiamenti;
a ferao, per i suoi commenti;
a Joey, per i soprannomi in tedesco
.


Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare
guardate l'ossigeno al suo fianco dormire:
soltanto una legge che io riesco a capire
ha potuto sposarli senza farli scoppiare.

Aggrappati l'uno all'altro, come un naufrago a un relitto, fino ad uniformare il respiro, i battiti del cuore.

Stretti, quasi avvinghiati, come per paura di perdersi, le dita intrecciate, due corpi perfettamente aderenti.

E quelle labbra che si sfioravano, a ritmi sempre più serrati, nel rubarsi frammenti di sospiri, a confondersi la proprietà di gemiti di piacere.

E quegli occhi chiari, profondi, da perdercisi dentro. Quegli occhi pieni di sogni e speranze e ambizioni.

Legati, uniti insieme, mediante leggi incoerenti, pericolose e incomprensibili. Un calcolo folle eppure così sicuro. Un gioco menzognero, eppure così trasparente.

Uniti come idrogeno e ossigeno, così diversi eppure così bisognosi l'uno dell'altro per creare qualcosa di importante.

Uniti in una condanna ad essere disperatamente soli.

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