Istanti

di Isyde
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La sua Luce ***
Capitolo 2: *** Neve ***
Capitolo 3: *** Argento ***
Capitolo 4: *** Ventre ***



Capitolo 1
*** La sua Luce ***


 
 
 
 
 
 


Luce.

 

 

 

Lentamente la sua mente riemerse dall'oblìo in cui era scivolata la sera prima.

Sentì il bisogno di muovere le braccia che erano poste sotto il cuscino ed allungare le gambe, che per tutta la notte erano rimaste rannicchiate a sè.

Sorrise, quando i suoi piedi si scontrarono con un'altra gamba.

Avrebbe voluto girarsi e cercare rifugio nel suo petto, sentire il suo respiro lento e regolare, rimanere lì, finchè lui non si svegliasse e con quell'aria stordita gli chiedesse che giorno fosse oggi.

Eh, sì, perchè Ronald Weasley soffriva, o così almeno diceva, di piccole amnesie quotidiane.

Si stiracchiò ancora, ma i muscoli indolenziti, sembravano contrariati alla sua richiesta di movimento. Così decise di stringere di più gli occhi ed abbandonarsi al torpore del mattino.

Il suo cervello, però, non volle ubbidirle ed iniziò a lavorare freneticamente.

Le ricordò che doveva alzarsi ed affrontare una delle giornate più difficili della sua vita.

A nulla erano serviti i lunghi e, al quanto complessi, discorsi di Ron per farle accettare la sua presenza.

Lei non aveva bisogno di avvocati improvvisati o di sconti solo perchè era legata ad un ragazzo la cui rispettabilità era ben superiore alla sua famiglia intera.

Da sola avrebbe oltrepassato quella porta.

Da sola si sarebbe difesa dagli attacchi e dalle supposizioni dei membri del Winzengamot.

E da sola sarebbe tornata a casa.

Ma lui questo faticava a capirlo.

E per la prima volta in quei due anni in cui avevano cercato di conoscersi, Pansy comprese quanto erano diversi l'uno dall'altro.

Non riusciva a cogliere, quanto fosse importante per lei trovare la Luce da sola.

Aveva vissuto una vita nell'ombra, in attesa che le tenebre spazzassero via ogni sua più flebile speranza.

Fin da piccola, desiderava una vita...libera.

Nulla di più, nulla di meno.

La desiderava, ma non si azzardava a prendersela.

Come fare a prenderla? Come renderla sua?

Perchè poterla afferrare, anche solo una volta, equivaleva lasciare ogni privilegio, ogni comodità a terra ed incespicare più volte, prima di raggiungerla.

Il privilegio di essere Parkinson, il privilegio di non toccarla.

E per ben sedici anni, preferì osservare la libertà da lontano.

Come una luce fioca ed irrangiungibile che colpiva solo pochi eletti.

Fra quei pochi eletti c'era lui, il ragazzo per cui provava qualcosa che andava oltre al semplice affetto adolescenziale.

Così goffo, timido ed impacciato nella vita di tutti giorni quanto coraggioso, impavido e sicuro nel campo di battaglia.

Si rigirò ancora nel letto, irritata dal fatto che non riusciva ad addormentarsi. Si coprì il volto con un lenzuolo a causa di raggio abbagliante che colpì le sue palpebre. Aspettò qualche secondo e poi cambiò posizione, scontrandosi gentilmente con un corpo caldo ed addormentato.

Tentata dall'idea di poterlo osservare, senza che lui arrossisca o faccia domande alquanto paranoiche, aprì definitivamente gli occhi, lasciando che la Luce rischiarasse ogni ombra della sua notte.

Toccò quel naso lungo e fiero, che tanto adorava mordere.

Lasciò che il suo dito esplorasse gli angoli più morbidi della sua bocca, indugiando poi, su una piccola fossetta sul mento.

La Luce.

La sua Luce.

Forse stavolta, ci era riuscita.

Forse stavolta, era riuscita a coglierla, prima che le sfuggisse via.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Neve ***


Neve

 

 

 

Piccoli fiocchi di neve si posavano sul ghiacciato terreno, che pochi mesi prima era un rigoglioso prato.

Gli gnomi si erano nascosti sotto il terreno, procurando a sua madre una specie di crisi isterica.

Sospirò ancora e sistemò meglio il libro sulle ginocchia, che inesorabilmente era scivolato giù.

La concentrazione nella lettura non era mai stato il suo forte e quel giorno non era nemmeno riuscito a leggere le prime due righe. Fissò l'orologio per qualche secondo e s'innervosì per la lentezza con cui giravano le lancette.

Richiuse il libro di botto e lo gettò a terra.

In lui, vi era la consapevolezza del fallimento.

Aveva perso definitivamente ogni volontà o voglia di combattere da quando lei se n'era andata una mattina.

Ricordava perfettamente quelle ultime ore passate insieme.

Quella inquietudine che lesse nei suoi occhi scuri, quella freddezza nei movimenti che tanto gli rammentava la ragazza che anni prima aveva incontrato e non quella che amava visceralmente.

Lei era tornata ad indossare i panni dell'algida Purosangue, un ruolo così discordante con la sua vera essenza.

Era riuscito a non farsi prendere dall'emotività, a sconfiggere quel mostro impulsivo che albergava nel suo cuore da anni.

La lasciò andare, non prima di averle strappato una promessa.

-Ritornerai, vero?- gli chiese, allentando la morsa con cui l'aveva stretta a sè.

Lei si voltò verso la piccola finestra del vecchio dormitorio scolastico.

I suoi occhi erano catturati dall'ammaliante danza dei primi fiocchi di neve che Novembre accolse con indifferenza.

-Nevicherà ancora, quando ritornerò.- sussurrò voltandosi verso di lui. Un sorriso stirato fece capolino fra le sue labbra, ancora rosse per i disperati baci con cui aveva cercato di farla desistere.

Novembre era fuggito, rincorso da un Dicembre stanco ed opaco, seguito da un Gennaio insolitamente gelido. Febbraio stava per fare capolino, portandosi con sè, anche l'esame di ammissione all'Accademia per Auror.

Degluitì il vuoto e riprovò a leggere.

Sotto i suoi occhi deboli e stanchi, scorrevano veloci parole e concetti che aveva già dimenticato.

I ricordi della sua infanzia e prima parte della sua giovinezza apparteneva a un passato che molto spesso lui tendeva a scordare. Come se non volesse ricordare l'ingenuità con cui vedeva il mondo e con cui sognava.

Sperava di avere successo tanto e quanto i suoi fratelli, di baciare la ragazza dei suoi sogni, di far felice la sua famiglia.

Speranze infantili.

Ora si accorse di aver quasi smesso di sognare.

Il più delle volte sperava di vivere una vita tranquilla.

Niente più guerre, vendette e morti.

Era talmente assorto nei suoi pensieri, che non si accorse di un timido rumore che proveniva da fuori.

Qualcuno, o forse qualcosa, batteva contro il vecchio portone della casa che aveva visto crescere corraggiosi Grifondoro.

Si riscosse lentamente e domandandosi chi potesse salutarli proprio oggi, s'incamminò verso il vecchio portone.

Lo aprì, senza preoccuparsi di controllare dalla piccola finestra.

Un silenzio riempì lo spazio e il tempo.

Avvolgendoli in una nube di domande senza risposta, di sentimenti contrastanti, di parole senza suono, di irragionevole sorpresa.

-Pansy...- disse solamente, mentre il suo petto ritornava a pretendere ossigeno.

La neve aveva imbiancato il cappello scuro che indossava. Una goccia, non seppe mai se di pianto o di nevischio, cadde, segnando la guancia sinistra, rimarcando la magrezza del suo volto e la sofferenza dei suoi occhi.

-Nevica, Ron.- mormorò Pansy, lanciando uno sguardo fugace alla coltre di neve fresca che si stava formando dietro di sè.

-Sta ancora nevicando.-

E lui fece qualche passo verso di lei, aspettando che qualche fiocco lo colpisse, portandosi via quei mesi amari e infelici, pregando che riuscissero a ridare, al suo cuore, lo splendore di un tempo.

Sorrise.-Già. Nevica.-

 

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Capitolo 3
*** Argento ***


Argento

 

 

La primavera aveva sciolto la neve sui tetti delle case, creando così piccoli fiumiciattoli di acqua ghiacciata.

Le strade Babbane erano vuote mentre Pansy camminava spedita.

Le mani erano affondate nelle tasche, il viso era coperto da una sciarpa pesante. Svoltò sulla destra e s'incamminò in un piccolo vicolo. Si fermò davanti a una porta scura e tirò fuori la sua bacchetta, con cui disegnò dei piccoli cerchi.

Pochi secondi dopo la porta si aprì rivelando l'ingresso di uno spazioso appartamento.

Non fece nemmeno in tempo a lasciare il cappotto nelle mani di un silenzioso Elfo, che fu circondata dall'abbraccio di un corpo che conosceva bene.

-Daphne- sussurrò, affondando la testa sulla sua fragile spalla.

La ragazza bionda la strinse nuovamente a sé, cercando di reprimere le lacrime.

La condusse in un salotto, illuminato da alcuni spettrali torce magiche, che tanto le ricordava la Sala Comune della sua Casa.

-Come mai dalle nostre parti, Pansy?- domandò Daphne una volta che si riprese.

L'altra ragazza la fissò intensamente prima di rispondere.

Ora portava i capelli più corti, le sue vesti rivelavano un corpo magro e spigoloso. Gli occhi erano come spenti, velati e smorti, che riflettevano appena la luce delle torce. Non poté non accorgersi del grosso anello d'oro che portava all'anulare sinistro.

-Avevo voglia di vederti.- disse solamente Pansy accettando una tazza di caldo tè.

-Già, è passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo viste.-

-Come...Come stai, Dahpne?- chiese Pansy. Un silenziò calò sulla sala, prendendosi anche la poca luce degli occhi di Daphne, che rimase immobile, mentre fasci di luce giocavano a far luccicare la sua collana preziosa.

-Io? Io sto bene, Pansy. Piuttosto, tu come stai? Non deve essere facile sopportare Weasley.-

Un sorriso di scherno si dipinse sul volto della ragazza e lasciò che la sua mano passase sui suoi capelli biondi.

Pansy allungò la mano sinistra verso l'amica. Daphne notò subito l'anello.

Un serpente d'argento stringeva la base dell'anello e si racchiudeva in sé stesso, lasciando che due pietre verdi s'incastrassero fra la sua testa e la sua coda.

Argento.

La consapevolezza di quanto fosse reale tutto ciò, la fece ammutolire.

Argento come la sua personalità, magnetica e fredda.

Argento come la loro Casa e il suo passato.

L'amore racchiuso in due occhi di smeraldo, l'accettazione in un serpente d'argento.

Argento come testimonianza di un amore vero.

Sorrise all'amica e le fece i complimenti.

-Siete invitati al matrimonio.- disse solamente Pansy ritirando la mano e rigirando l'anello più volte.

Lasciò una busta color crema sul tavolo e si alzò.

La salutò con un abbraccio veloce.

Decise di smaterializzarsi direttamente a casa, dove si trovò nel bel mezzo della sua camera da letto.

Lanciò uno sguardo divertito all'informe figura raggomitolata sul suo letto, il gelo del suo cuore, si riscaldò.

Si distese anche lei, accanto a lui, strappandolo dal mondo folle dei sogni.

Lui le sorrise solamente, incendiando ogni suo vaso sanguigno, riportando il calore sulle sua guance pallide.

Si lasciò stringere in un abbraccio soffice e vellutato.

Dopo un po', le prese la mano e sfilò l'anello. Ignorando il suo sguardo perplesso.

Ronald incise con la bacchetta delle lettere che Pansy non riuscì a leggere.

-Ora, è veramente perfetto.- disse lui mentre le infilava dolcemente l'anello, marchiandola ancora con il suo amore reso solido, freddo e bellissimo come solo la prima nevicata dell'inverno, poteva essere.

Solo ore dopo, quando Ronald si affrettò a recarsi in Accademia, Pansy lesse le poche lettere incise nell'argento.

Batte ancora, solo per te.

 

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Capitolo 4
*** Ventre ***


 Ventre.

 

 

In principio fu un mal di pancia, accompagnato da una leggera emicrania.

Poi una difficoltà a rimanere attenta e concentrata.

Infine un chiaro malessere quotidiano e che la rendeva sofferente nei confronti dell'allegria di suo marito e del resto della sua famiglia che la fece chiudere in un mutismo solido quanto lo era la sua testardaggine.

Fu solo una sera di settembre, seduta su un gradino dell'entrata principale del Maniero dell'antica dimora della sua famiglia , che comprese.

Bastò un veloce calcolo e lo sgomento s'impossessò di ogni suo pensiero.

Nemmeno si accorse dell'arrivo di suo marito.

Si appoggiò a lui, come se fosse l'unica ancora in mezzo a una tempesta biblica. Respirò a fondo e sfiorò il suo ventre, nascosto da un cappotto nero, come i suoi occhi lucidi e consapevoli di una nuova vita.

Strinse di più la sua grande mano e gli confessò quella terribile e straordinaria novità.

-Sono incinta.-

Lo disse con voce chiara, rimarcando l'ultima parola, che colpì Ronald come solo una frusta può fare, diretta e impetuosa, che

gli fece seccare la gola, immobilizzando ogni suo muscolo e colorando vagamente di rosso le sue orecchie.

Sentì solamente la mano di Pansy stringere la sua e dirigerla al suo ventre.

Vita.

Solo allora comprese che quel ventre si sarebbe gonfiato, ospitando la vita.

Un sorriso gli increspò le labbra.

Circondò sua moglie con le sue braccia, giurandole così protezione ed amore.

E dopo molti anni, quel vecchio Maniero poté udire nell'aria, due risate cariche di felicità e di sorpresa. Il suo pavimento accolse lacrime di gioia, i suoi camini riscaldarono un ventre rigonfio, attendendo così un nuovo erede.

Un nuovo inizio.

 

 

 

 

 

 

 

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Un ringraziamento speciale va a AliH per aver indetto questo bellissimo contest.

Un grazie a chiunque abbia letto, un bacione a Benzina, per aver commentato lo scorso capitolo.

Isy.

  

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