Amica, ciò che non ti ho mai detto

di B_Depressed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incubo ***
Capitolo 2: *** Il risveglio. ***
Capitolo 3: *** La dura realtà ***



Capitolo 1
*** L'incubo ***


Chiusi il diario, riposi la biro e spensi la luce.
Camminai fino al letto a castello, salii i gradini e mi infilai dentro le coperte ancora fredde.
Mi girai e rigirai come al solito, prendendo le posizioni più strane fino a trovare la posizione perfetta per dormire comodamente, caddi in un sonno profondo: quasi tombale.

Improvvisamente mi ritrovai in acqua. Un lago? Un fiume? Forse una piscina, o magari il mare. O magari sarà stato l’immenso oceano. Galleggiavo beatamente tra le piccole onde, c’ero solo io: sola, calma e tranquilla. Poco lontano riuscivo a vedere un boschetto pieno di alberelli verdi e cespugli pieni di bacche mature, dietro uno di essi vidi una sagoma un po’ ricurva: Erika.

La riconobbi subito, capelli sotto le spalle, la solita tuta sgualcita, le scarpe da ginnastica comode e il suo modo di camminare gobbo, schiena curvata verso il basso come un’anziana signora stanca e gobba a causa della vecchiaia.

La salutai sbracciandomi, lei mi fissava ma non batteva ciglio: era come incantata. Urlavo saluti che venivano ignorati, uno dopo l’altro. Dopo vidi un’altra sagoma dalle sembianze maschili, poi notai una lunga gonna beige ed una borsa della WWF verde acido: era una ragazza.

La fissai ma non la riconobbi, sentivo le loro voci e vedevo i loro gesti: si tenevano per mano e si chiamavano “migliore amica” a vicenda.

Qualcosa mi afferrò il piede e mi trascinò sott’acqua violentemente senza darmi tregua. Ingoiavo acqua, era dolce e fresca; più ingoiavo, più sentivo la mia testa scoppiare in cerca di un po’ di ossigeno.

Stavo lottando contro quella cosa che mi portava verso la morte, il piede era intorpidito, non lo sentivo più: il sangue non circolava. L’unica mia salvezza sarebbe stato vedere ciò che mi teneva stretta, ma la paura e l’agitazione non mi facevano aprire gli occhi.

Sentivo delle voci familiari, gente che mi diceva di combattere e di aprire gli occhi, il coraggio arrivò come d’impatto.

Prossimo capitolo: IL RISVEGLIO

B_Depressed

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Capitolo 2
*** Il risveglio. ***


Aprii gli occhi: ero a casa, nel mio letto con la fronte sudata in preda alle convulsioni, mia mamma che mi teneva schiacciata contro il letto per non farmi cadere: 3 metri di altezza. Un incubo, terribile, indimenticabile.

Ero in preda al panico, mia mamma appoggiò per terra un bicchiere di acqua fresca; quel bicchiere mi riportò all’incubo, mi scesero due lacrime gonfie pronte a piombare sulle coperte. La prima scese lungo la guancia e si tuffò dal mento fino ad arrivare al lenzuolo stropicciato; la seconda non arrivò non arrivò a destinazione. Si fermò sulle mie labbra morsicate e un po’ sanguinanti a causa della mia “morte” subacquea ; aveva un sapore salato mischiato delle lacrime a quello ferroso del sangue: dopotutto non era male. Era un sapore familiare, quello delle pellicine delle unghie, quando le stacchi a volte esce un po’ di sangue o quando ricuci un calzino che si sta bucando e ti buchi il dito con l’ago, stringi forte il dito ed esce del sangue con una forma simile ad una pallina piccolissima.

Mi riaddormentai, l’incubo continuò dal punto in cui si era fermato di colpo. I miei occhi erano aperti nell’acqua, era tutto buio e gelido, ero nelle profondità di un lago immenso; pesci che nuotavano liberamente senza creature malvagie che volevano portarle alla loro fine.

Fissai il mio piede, era avvolto da una nebbia verde smeraldo, era scura e fredda come il ghiaccio. Mi resi conto di poter respirare.

La nebbia rallentò, probabilmente eravamo giunti a destinazione; l’acqua era di un blu scurissimo, la nebbia prese forma. Eravamo dinanzi ad una bolla nera enorme, protetta da creature marine mai viste, orribili, inquietanti e furiose; riuscivo a sentire il loro umore. La nebbia mutata in essere quasi umano mi trascinò nella bolla oscura, si accese una luce verdognola.

La “nebbia” mi portò al cospetto della Morte; non era come la Morte che si vedeva dalle cartomanti, o nei telefilm, era imponente e bianca. Essa non parlava, mi toccò la fronte, mi fece vedere immagini familiari: me e la mia migliore amica, ero completamente rilassata grazie alla visione di quelle scene, però poi uno schizzo di sangue rosso vivo macchiò qui ricordi. Parole orribili comparivano nella mia mente: TRADIMENTO, ABBANDONO, SOLITUDINE.

Tolsi la mano della Morte dalla mia fronte, le feci molte domande riguardanti la visione: essa mi soffiò in faccia e io sfrecciai verso l’alto ritornando alla superficie del lago.

Mi svegliai ancora dall’incubo, dovevo dire tutto a LEI, l’amica speciale che mi voleva bene da quattro felici anni; scrissi il sogno in un sms e poi mi resi conto che lei nella mia vita non c’era più. Cancellai il messaggio.

Prossimo capitolo: LA DURA REALTÀ

B_Depressed

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Capitolo 3
*** La dura realtà ***


Guardai l’ora sul cellulare, era tutto annebbiato dalle lacrime che iniziavano a sgorgare contro la mia volontà, cinque lunghi minuti di acqua salata credo; erano le 6.19 di mattina. Non avevo sentito la sveglia, mi alzai di scatto ricadendo poi sul letto, colpa della pressione, mi ripresi quasi subito; mi lavai velocemente, mi vestii e iniziai a truccarmi e piastrare i capelli troppo gonfi e scompigliati a causa della brutta nottata.

Sentii mia mamma urlare contro mia sorella, che non voleva fare colazione con i biscotti. Mancavano 10 minuti e poi dovevo uscire di casa per prendere il pullman al freddo; intanto misi a posto la mia piastra e mi scottai due dita, soffrii in silenzio. Fuori era buio, salutai mia sorella, le diedi un bacino e l’abbracciai forte.

Fuori era tutto gelato, i vetri delle auto erano ghiacciati, il cancellino non si chiudeva, un signore andava a lavoro in bici e io pensavo. Nella mia vita niente è perfetto, nessuno ha una vita perfetta; ho genitori separati, un patrigno orribile, una mamma isterica, un papà meraviglioso, una sorella magnifica, un cane che mi ascolta accoccolandosi al mio fianco tutte le sere, un fidanzato stupendo che mi ama alla follia.

Una cosa mancava, Lei. Lei era una traditrice non lo scorderò mai; non scorderò mai le sue parole. Per lei la nostra amicizia di quattro anni era NULLA; non sono mai stata niente per lei. Beh, allora ciaoooo! Una persona in meno da salutare.

Il pullman arrivò, salii con Patrick e Stefano, due miei amici dalle medie; nessun posto, iniziai a messaggiare con LUI, l’amore della mia vita. Seconda fermata e ultima del mio paese entrò tanta gente, tra cui una bimbaminkia di nome Martina e una balenottera che si crede stupenda di nome Laura. Iniziarono a parlare male della gente seduta nel pullman, nessuno si rendeva conto delle cose brutte che venivano dette da quelle bocche ancora sporche di latte materno.

Dopo mezz’ora arrivai alla mia odiosa scuola, inciampai un paio di volte sul marciapiede e continuai a camminare spedita e rossa dall’imbarazzo; era lunedì, un giorno straziante: otto ore di scuola, una pausa pranzo con una ragazza d’oro, Jennifer. Entrai nel bar, presi una sedia e la misi vicino al calorifero acceso vicino ai miei amici che parlavano del calcio, presi il City, un giornale gratis che ti distribuiscono in stazione; lessi, come sempre, il mio oroscopo: amore tutto alla grande, lavoro impegnarsi di più, benessere comprare un profumo alla Verbena e amicizia guardarsi le spalle.

La campanella suonò, andammo tutti davanti al laboratorio, aspettammo la professoressa di prestampa; nel camminare vidi il mio ragazzo, mi guardò e continuò per la sua strada.

Prossimo capitolo: Jenny, è successo questo con Lei.

B_Depressed

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