Il Fio Della Colpa

di Roccia di Burro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Piccola introduzione.

Questa storia è composta da personaggi inventati, che sono tutti fittizi. Qualsiasi riferimento a persone realmente esistenti è un puro caso.

Al contrario, la sua ubicazione è precisa.
La storia è ambientata nel North Carolina (USA), in una città di nome Greensburg, che non esiste ma che prende spunto (e solo per il nome) da una city non distante da Charlotte, città principale del suddetto stato. Charlotte è sede dei Charlotte Bobcats, una delle trenta squadre appartenenti alla NBA. Effettivamente è solo questo il motivo per cui l’ho scelta, dato che nella storia si parlerà spesso di basket, e anche in maniera piuttosto approfondita.
Oltre a questo, non ho avuto altra ragione per riferirmi al NC, o a Charlotte, scelta, ripeto, del tutto casuale.

Tutto qui^^ mi serviva un’ubicazione seria, altrimenti non sapevo bene come organizzarmi con la scuola e il resto. =)

Prima o poi inserirò dei ritratti dei personaggi principali, tanto per darvi un'idea^^.

Vi lascio alla lettura u.u


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« Hey, Dre’! Che fai oggi pomeriggio? »

Il ragazzo distolse lo sguardo dalla finestra.

« Hm? »

« Ho chiesto, che fai oggi? »

« Quel che vuoi. » sorrise. « Non ti stavo ad ascoltare, ammiravo il panorama. » ghignò, accennando con un movimento della testa alle ragazze del gruppo delle cheerleader sculettanti che stavano provando una coreografia, al campo sportivo nel cortile ovest.

Shawn gli si avvicinò.

« Beh, possiamo fare a meno di limitarci a guardare… »

« Ho capito, amico. Appena finisco becco Shirley e le chiedo di farsi trovare pronta con una sua amichetta… »

« Stai scherzando? » Shawn lo guardò incredulo.

Drake rise alla faccia dell’amico. Sapeva benissimo che aveva appena detto una stupidaggine. Lui era Drake Foster, non gli serviva certo fare i salti mortali per farsi dire di si da una ragazza.

« Chiudi quella bocca, pirla… » intimò al biondo, la cui mascella sfiorava il pavimento.

« No dai, cosa serve che le chiedi?? Basta che la guardi in faccia e quella si prostra a terra per te… Maledetto sciupafemmine… »

Il ragazzo si alzò dalla sedia, afferrando la borsa.

« Abbiamo allenamento, vieni. »

Shawn lo seguì, scotendo la testa.




Mike tirò un asciugamano in faccia a Drake, non appena questo aprì la porta dello spogliatoio.

« Sei in ritardo, stronzo! Vuoi che Miller tiri fuori le solite ramanzine sulla disciplina? »

Jonathan Miller era il loro coach, anche detto “il mastino”, con mille manie.

« Eddai, non rompere! Tu arrivi in ritardo un giorno si e l’altro pure! »

« Io non sono l’asso della squadra. » ribatté il ragazzo con una smorfia.

Drake lo superò ignorandolo il più possibile, andò al proprio armadietto e iniziò a cambiarsi.

« Per farmi perdonare oggi ci troviamo tutti a casa mia! »

« A fare che? »

« Un festino, serve chiederlo? Ci saranno anche le ragazze! »

Lo spogliatoio sembrò risvegliarsi dal torpore, in una cacofonia di mormorii e assensi bofonchiati a mezza voce.

« Chi porta la birra? » domandò Drake tutto d’un fiato, passandosi la lingua sulle labbra rosse, sorridendo malizioso.

Tutti si voltarono verso Dan, che dopo aver tentato invano di nascondersi, abbassò il giaccone scoprendo il proprio viso.

« E va bene!! » sospirò alzando le mani in segno di resa « Però una piccola quota stavolta ce le mettete, eh? »

« Oh andiamo, brutto tirchio!! » gli urlò dietro Drake « Sei un maledetto pieno di soldi, tuo padre è il padrone della birreria più grossa di tutta la regione, chi cazzo vuoi che se ne accorga se anche gli porti via un paio di casse? »

Dan quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

« D-due casse? Ma sei scemo?! »

« Guarda che siamo tanti… » iniziò.

« …e ci sono le ragazze. » sottolineò per concludere Shawn, facendogli notare l’ovvietà del fatto.

Il diretto interessato li guardò un po’ titubante.

« C’è anche Missy… » gli ricordò il biondo.

Dan cambiò completamente espressione.

« Ho detto qualcosa? Ho forse detto qualcosa?? E birra sia!! »

Una risata si sparse per la stanza.

« Idiota… »

« Oh che vuoi?! A me Missy piace! Non voglio fare brutta figura! »

Drake ridacchiò ancora, mentre usciva verso la palestra.






Andy chiuse il portatile, massaggiandosi le tempie.

« Non credi sia il caso di fare una pausa? Altrimenti al posto degli occhiali dovrai impiantarti due microscopi… »

« Grazie Joy… »

« Su, l’articolo lo finisci domani… »

« Il fatto è che manco sono arrivato a metà, capisci? »

« E allora? Abbiamo ancora tre giorni prima di stampare il giornale della scuola… »

« Ah Joy, cosa farei senza il tuo ottimismo?? »

« Ti saresti già lanciato a volo d’angelo da un ponte… »

« …Si, e poi mi ributti giù con queste frasette catastrofiche. »

« Sono solo realista. »

Andy rivolse un’occhiataccia alla ragazza, china sulla scrivania e sommersa da una cascata di riccioli biondo scuro. Joy alzò la testa sistemandosi il colletto della camicia.

« Che c’è? »

« Ah nulla, figurati… » levò gli occhiali dalla sottile montatura nera e lucida per stropicciarsi gli occhi. « Sono proprio distrutto… »

« Allora vai a casa! Sono le cinque meno un quarto… Ti trattieni a scuola ogni giorno da un paio di settimane a questa parte, un po’ di tempo per te prenditelo! Ricorda che hai anche i compiti da fare… »

Andy sorrise, ancora con i polpastrelli premuti sulle palpebre chiuse.

« D’accordo mammina… »

« Me ne vado anch’io adesso. Non ne posso più. »

La ragazza si alzò, prendendo giacca e cartella e avviandosi verso la porta.

« Ricordati di spegnere le luci, eh? »

« Si, si… »

« E ricorda anche che per camminare bisogna mettere un piede davanti all’altro, mentre per… »

« Joy!!! »

In risposta gli arrivò un cuscino in piena faccia.

« No, non toccare Roger! Lo sai che deve restare sullo scaffale di fianco alla porta… »

Roger era un peluche a forma di pinguino considerato la mascotte della redazione. La sua posizione era praticamente sacra, ma la ragazza a dire il vero non ci badava molto.

Roteando gli occhi, lo rimise dov’era prima, salutando Andy con un cenno della mano e un sorriso.

« A domani. »

« Au revoir. » biascicò lui di rimando, stiracchiandosi.

Rimase dieci minuti buoni a fissare il vuoto, poi, risvegliatosi dalla trance, decise che era davvero ora di darci un taglio, o ne andava della sua salute.
Spento in fretta il computer, infilò la felpa e tirò su la cerniera fin sopra il naso, rovistando in tasca alla ricerca delle chiavi dell’auto.
Sperava con tutto il cuore che quella vecchia carretta andasse in moto: suo padre gliel’aveva affibbiata perché mai e poi mai gli avrebbe permesso di mettere le mani sul suo intoccabile gioiellino, perciò si era dovuto accontentare della vecchia Ford Tanus del ’78 di un impossibile verde oliva, un cimelio di famiglia…

« …si, un vero catorcio. » commentò sarcastico, camminando lento in corridoio, mentre si rigirava le chiavi nella mano, ansioso di tornare a casa.




« Beh, questa non è giustizia! » sbottò Mike, calciando il pavimento.

« Ma la vuoi piantare? »

« E perché dovrei? Questo qua arriva in ritardo, e per tutto l’allenamento sta con la testa su Marte, e Miller che fa? Gli dà una pacchetta sulla spalla e gli chiede come sta!! Se lo facevo io mi uccideva!! »

« Ma questo è stato un episodio sporadico. Tu ti fai sempre i cazzi tuoi durante gli allenamenti… »

« Non è niente vero! » urlò, rischiando di rompere un timpano al povero Shawn che era l’unico ad avere ancora abbastanza forza da starlo ad ascoltare.

« Si che lo è. »

« E invece no! È che quello… quello… è solo un maledetto cocco di coach, ecco cosa!! »

Perfino Drake si voltò a guardarlo, allibito.

« “Cocco di coach”? Mikey, ti senti bene? »

« Mai stato meglio! E non chiamarmi Mikey!! »

Shawn roteò gli occhi, sospirando rassegnato.

« Mi sa che abbiamo tutti bisogno di un po’ di distrazioni… » mormorò, più a se stesso che agli altri.

Drake però parve averlo udito, dato che gli batté affettuosamente una mano sulla spalla.
Mentre camminavano, con Mike che continuava la sua invettiva contro Miller, Shawn scorse qualcuno in un corridoio laterale.

« Ehi, Dre’. » mormorò all’amico. « Che ne dici se prima del party con le ragazze ci divertiamo un po’? »

Il ragazzo lo guardò perplesso. Gli passò un braccio attorno al collo, lasciandolo penzolare sulla sua spalla, senza smettere di fissarlo in attesa di una risposta.
Shawn sorrise, ammiccando da sotto la scomposta frangia bionda, e accennò con un movimento della testa al buio corridoio su cui si era soffermato in precedenza.

« Ho trovato una “distrazione”. »




Andy nemmeno guardava dove stava andando. Aveva gli occhi fissi al pavimento, senza realmente vedere l’alternarsi dei piedi mentre camminava. Probabilmente stava dormendo ad occhi aperti. Per di più, con il bavero della felpa che quasi sfiorava il bordo inferiore degli occhiali, nemmeno a volerlo avrebbe avuto una visuale completa. Si sentiva un po’ talpa.
Immerso nel torpore, col cervello atrofizzato, la voce che lo chiamò tagliente gli arrivò come se il suo proprietario si trovasse a centinaia di metri di distanza.




Drake seguì con lo sguardo il punto che l’amico gli indicava, e le sue labbra si piegarono in un sorriso che si trasformò via via in un ghigno. I suoi occhi nocciola chiaro erano illuminati e assomigliavano a quelli di un gatto, mentre percorrevano il contorno dello studente che, a quanto pareva inconsapevolmente, stava andando loro incontro.

« Buon pomeriggio, finocchio. »




Il ragazzo non aveva nemmeno capito quello che gli era stato detto, tant’era soprappensiero. Alzò la testa incuriosito, con un’espressione decisamente ebete.

« Cos…? » ammutolì. La sua domanda era scemata in un flebile lamento nel giro d’un secondo, o anche meno.

Solo due parole gli erano ben chiare.
Drake Foster.
Lui e tutta la marmaglia di scimmioni che di solito gli stavano alle calcagna come obbedienti cagnolini erano lì.
E lo stavano guardando.

«Che c’è, non si saluta? »

« Ciao. » Andy non aveva nemmeno voglia di stare a discutere. Non un’altra volta. Non con il branco.

« Sentite ragazzi, vorrei andare a casa. »

Drake ridacchiò, e poco dopo lo seguirono anche gli altri, come se avessero un solo, enorme neurone in comune.

« Poverino. E io che credevo che ci stessi seguendo. Scusa, pensavo male. È che sai, avevo paura che volessi rimorchiare… »

« Senti Drake, ho detto che voglio solo… »

Ma non riuscì a finire la frase che l’altro lo aveva afferrato per la felpa, rischiando di soffocarlo.

« Primo. Tu non “vuoi” nulla. Secondo: guai a te se ti prendi così tanta confidenza con me, chiaro? »

Andy sapeva che avrebbe dovuto tacere e lasciar perdere, ma la voleva far finita il più presto possibile, in un modo o nell’altro.

« E come cazzo dovrei chiamarti? All’anagrafe è segnato Drake no? Adesso lasciami andare, per favore! »

Foster si voltò a guardare gli amici con un ghigno, sottolineando quanto il ragazzo avesse iniziato a ragionare, dato che chiedeva “per favore”. Stava per continuare, ma si fermò a guardarlo in volto.

« Ehi, ora ho visto che c’è di diverso… hai cambiato occhiali! Niente più rosa? »

« Erano rosso scuro. » sibilò il moro, mentre gli tornavano in mente quei poveri cristi di occhiali che avevano commesso l’errore di trovarsi sulla sua faccia nel momento sbagliato, ed erano finiti a terra, pestati barbaramente.

« Beh, non fa differenza. » ribatté piatto Drake. Stava per afferrargli il nuovo paio, quando Shawn lo interruppe.

« Ehi Dre’, non mi diventare monotono. »

L’interpellato lasciò andare il ragazzo per raggiungere l’amico. Andy si accorse con orrore che la sua cartella, precedentemente caduta a terra, si trovava tra le mani del biondo, che stava amabilmente frugando al suo interno.

« E-Ehi… » sapeva che ogni supplica sarebbe stata vana, ma tentar non nuoce, o almeno così si dice.

« Toh, guarda che ho trovato! » esultò Shawn, mostrando all’altro l’oggetto.

« Ehi, aspetta, quello è il mio cellulare!! »

« Però, pensavo che sarebbe stato rosa anche questo… » commentò Drake rigirandosi l’apparecchio metallizzato tra le lunghe dita affusolate.

« Ridammelo. » ordinò con una nota di panico nella voce. Ma nessuno lo ascoltò.

« Bene. » concluse infine Drake, rivolgendosi ad Andy. « Visto che gli occhiali, a detta del mio collega Yates, renderebbero la cosa monotona, mi interesserò di questo. »

Il moro ebbe un sussulto.

« Non puoi rompermelo! A differenza di te, non me ne posso permettere uno nuovo al mese, e… »

« Mica ho detto che lo spacco. »

Andy lo guardò interrogativo.

« Me lo tengo. Adios. » e se lo infilò in tasca, raggiungendo gli altri della compagnia, che già se n’erano andati ridendo come iene.

« No, no, mi serve! » iniziò ad urlargli dietro il ragazzo, cercando di inseguirli.

Ma Drake tornò da lui, afferrandolo per le spalle e frenando la sua corsa.

« Ho detto che me lo tengo io. » gli sibilò in faccia. « Guai a te se provi a venirmi dietro. Non voglio una checca come te alle calcagna. »

E per ribadire il concetto, prima che l’altro potesse schermirsi, gli assestò un pugno nello stomaco che lo lasciò senza fiato. Temendo di piantare violentemente le ginocchia al suolo, Andy si aggrappò al suo aggressore, che se lo scrollò di dosso senza fatica, dandogli uno spintone che lo fece cozzare contro il freddo muro alle sue spalle.

« Ci si vede. » lo salutò gelido, spingendosi il telefonino ancora più a fondo nella tasca dei jeans.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Vi ringrazio per le recensioni e per gli undici preferiti^^ scusate per il tempo trascorso tra un aggiornamento e l’altro, ho cercato di fare del mio meglio.
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« Ehm… Ciao mamma… »

La voce della signora Nolan gli giunse ovattata e metallica dall’altra parte del telefono.

« Ciao tesoro, è successo qualcosa? Mi sembra che tu abbia una voce un po’ strana… »

« Ehm, no… Cioè, a dire il vero avrei… ho perso il telefono. In casa però! »

Per un momento si sentì solo il silenzio.

« Come fai ad averlo perso in casa? »

« So che l’ho portato a casa da scuola, si, ma non mi ricordo dove l’ho messo… Non ti preoccupare, lo troverò presto… Te l’ho detto perché, se non mi senti rispondere, almeno sai il motivo… »

« D’accordo. » dalla voce si capiva che la donna era amareggiata. « Io devo andare adesso, sono molto stanca… Ci sentiamo domani, eh? Ti voglio bene. »

« Si… buonanotte mamma, ti voglio bene anch’io. » Andy percepiva le proprie parole come fossero distanti chilometri, forse a causa del tono leggermente incrinato.

Rimase con il telefono appoggiato all’orecchio, ascoltando il suono della linea libera senza realmente sentirlo. Non aveva né voglia né tempo materiale per stare lì a dare spiegazioni a sua madre, e non voleva farla preoccupare, che già era occupata abbastanza con il lavoro.
Monica Nolan era un’importante manager, promotrice della sede centrale di una delle maggiori aziende immobiliari della zona, per cui era sempre in giro per lavoro. Suo padre invece era un archeologo, sempre impegnato, spesso anche all’estero. Era una cosa triste, girare la casa costantemente soli, ma aveva il vantaggio di poter liquidare entrambi con un “si sto bene” e “no non è successo nulla”.

Riscotendosi, sfilò l’accappatoio e mise il pigiama, rintanandosi sotto le coperte come un leprotto nella tana.



« Dre’, ti togli? »

« Eh? »

« Dai, devo vedere The Life of Jak… »

« Ancora con quello stupido reality? Basta, mi hai scassato… »

« Ma Drake, per favore!! »

« Ho detto no! C’è un altro televisore di là, perché non vai a guardare quello? »

« Ma qui c’è il divano… Dai, fai il bravo fratellone… »

« No. »

« Daiiiii!! Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai!!! »

« Kat, ho capito! Finiscila di urlarmi nelle orecchie!! »

Scocciato, si alzò dei morbidi cuscini per lasciare il posto alla sorellina tredicenne, che tutta contenta si accomodò sul divano, e appropriandosi del telecomando si immerse nell’agognato programma. Drake lo odiava, era una sottospecie di reality stupido che raccontava le giornate-tipo di un altrettanto stupido cantante per adolescenti in crisi ormonale. Preferiva molto di più le partite di basket.

« Ehi, fratelloneee!! »

Kat lo stava chiamando a gran voce dal soggiorno. Che rumore fastidioso.

« E adesso che vuoi?! » le urlò di rimando il ragazzo, alquanto irritato.

Sentì i passi leggeri di Kat avvicinarsi alla sua stanza.

« Hai dimenticato il cellulare di là… » i suoi occhi nocciola lo fissavano perplessi. « Ma hai cambiato telefono per caso? »

Drake arrossì, borbottando avanzò verso di lei e glielo strappò dalle mani.

« Ehi, puoi essere anche un po’ più gentile, sai? »

« Tu questo non l’hai visto. Non farne parola con mamma e papà, altrimenti te la faccio pagare, chiaro? »

« Va bene, non serve che ti scaldi, solo che… »

« Chiaro?? »

La ragazzina lo scrutò leggermente spaventata, arrotolando nervosamente una ciocca di capelli attorno al dito.

« Si. » interdetta, girò sui tacchi e tornò in soggiorno.

Drake avvertì ancora per parecchio tempo quel senso di nervosismo che l’aveva colto all’improvviso, vedendo il telefono d’Andy Nolan tra le mani di sua sorella. E neppure quando si sistemò le coperte era completamente tranquillo.




« Buongiorno, Alexander. »

Di solito quando Joy lo chiamava con il suo nome intero, non era mai un buon inizio di giornata.

« Io e te dobbiamo fare un discorsetto. »

No, decisamente non lo era.

« Buongiorno anche a te… Cos’hai che non va? »

« E hai il coraggio di chiedermelo? Non mi hai mai risposto ai messaggi, e neppure alle chiamate!! E non dire che eri senza soldi, perché ti sei fatto la ricarica ieri mattina!! »

« Scusa, l’ho perso. »

La bionda aveva aperto la bocca per replicare, ma alla frase di Andy, l’aveva subito richiusa.

« Perso? »

« Si, l’ho perso in casa. »

« In casa? »

« La smetti di ripetere pezzi di ciò che dico? »

« Come ha fatto uno ordinato come te a perdere il telefono in casa? »

« E’ successo e basta. »

Joy gli si parò davanti, col naso a due centimetri dal suo.

« Tu. Non. Me. La. Racconti. Giusta. »

Andy si tolse gli occhiali, distogliendo lo sguardo e passandosi una mano tra i capelli. Lo sapeva che non sarebbe durato a lungo, ancora qualche secondo e le avrebbe detto tutto.

Resisti, Andy, resisti.

Dieci, nove, otto…

Basta solo che lei trovi un nuovo argomento di cui parlare…

Quattro, tre…

Andy…!

Uno…

« E va bene, non l’ho perso. »

Trionfante come non mai, la signorina Joy Cook incrociò le braccia passandolo da parte a parte con uno sguardo di fuoco, che gli intimava pericolosamente di parlare, onde evitare gravi conseguenze.

« Senti… promettimi una cosa, però. »

« Cosa? »

« Non dirlo a nessuno. E quando dico nessuno, intendo proprio nessuno. Neanche al gatto. »

« Ma che ti è successo, si può sapere? »

« Ehi, tu promettimi di non dirlo. »

« Va bene, va bene… » si era improvvisamente preoccupata.

Andy sospirò.

« E’ stato Drake Foster. Ce l’ha lui. »

« Cosa? »

« Si, si... »

« Scusa, ma non era stato sempre lui a romperti gli occhiali? »

« A-ha. »

« E i tuoi che dicono? »

« Mica gliel’ho detto. »

Joy lo fissò con sguardo interrogativo.

« No? »

« Senti, non voglio che si mettano a preoccuparsi per un cretino come quello… Ho detto che li ho rotti io, e che ho perso il telefono. »

« Ti rendi conto che agli occhi dei tuoi sembri più incapace di un poppante? »

« Si, ma mi va bene così. »

« Ma ne sei sicuro? »

« Si. »

La ragazza lo osservò ancora per qualche minuto, in ansia, ma senza il coraggio di dire qualcosa di più.




Drake si stava cambiando col ritmo di una lumaca in letargo. Non che non avesse voglia di andare all’allenamento, ma la notte precedente aveva dormito così male, che era tutto uno sbadiglio.

« Dre’, pensi di farcela per domani mattina? »

« Non rompere Shawn. » Anche le sue frasi erano lapidarie ma strascicate. Decisamente non era giornata.

« Forza, pelandroni!! Quanto vi ci vuole a cambiarvi, eh? Muovete le chiappe e portatele in questa palestra, o ci penso io, ma non vi piacerà!! »

Qualcosa aveva abbaiato? Ah già, forse era Miller. L’indomani avrebbe avuto luogo una partita importante per le selezioni delle squadre di basket delle scuole superiori per i regionali, per cui il coach era più nervoso del solito. E questo era tutto dire.




« Rogeeer!! Dammi tu l’ispirazione!! » Andy stava piagnucolando all’indirizzo del pinguino di peluche, che dall’alto della sua mensola sembrava compatirlo con gli occhietti di lucente plastica nera.

Saranno stati almeno quindici minuti che era fermo alla stessa riga, e non riusciva ad andare avanti. Quell’articolo voleva la guerra.

« …E guerra sia! »

Ma dopo mezz’ora era ancora fermo allo stesso punto. Era talmente esasperato che avrebbe preso volentieri a testate il monitor del computer, se avesse avuto la certezza che con questo metodo sarebbe stato in grado di scrivere l’articolo.

« Ma dai, diciamo le cose seriamente: a chi diavolo interessano gli articoli sul menu della mensa?? Mi conviene aspettare a scrivere quello sulla partita di domani… »

Si fermò, bloccando i pensieri che stava esponendo a voce alta tra sé e sé. Pensare alla partita gli faceva automaticamente ricordare Foster. Foster e il suo telefono. Maledetto bastardo…
Guardò l’orologio appeso alla parete, che segnava le sei. Era stanco morto, e voleva andare a casa. Spense in fretta il computer, prendendo sottobraccio cartella e giubbino in un unico fagotto informe, e si avviò lungo il corridoio.




« Ehi, ma hai intenzione di tenerlo? »

« Cosa? »

« Quello. »

Il biondo aveva accennato con un movimento della testa, al piccolo cellulare metallizzato che si trovava sulla panchina, accanto alla borsa di Drake.

« Boh. »

« Io pensavo che l’avessi gettato. » ghignò.

« Non mi interessa buttarlo via, anche non averlo per lui è una tortura. Che ci fa un giornalista senza telefono? » ridacchiò malevolo.

« Giornalista quello? » Shawn rise sguaiatamente « Se mi metto a scrivere un articolo io, lo faccio meglio…brutto frocetto del cazzo… Comunque se non te ne fai nulla, dallo a me, pensavo giusto di cambiare il mio… »

« Te lo darei volentieri, ma ho avuto un’idea migliore… »

Shawn lo guardò interrogativo.

« Che sarebbe? »

« Oh, vedrai, vedrai… Pazienta un po’, e potrai ridere… »




« Basta!! Tregua! » Andy si decise a staccare, per quel giorno. Tra l’altro in prima pagina ci sarebbe stato il pezzo sulla partita, quindi perché tanta fatica?

Si tolse gli occhiali, massaggiandosi il setto nasale, ammaccato. Quando non aveva ispirazione per gli articoli, la sua agitazione lo portava a premere gli occhiali sul naso, così forte che si lasciava le impronte. Spense i computer, infilò le proprie cose nella cartella, chiuse le finestre e si assicurò che ogni cosa fosse al proprio posto. Infilò il cappotto sistemandosi bene il bavero in modo da evitare i colpi d’aria.
Era ottobre inoltrato, non faceva ancora molto freddo, ma bisognava stare attenti ai colpi d’aria. Solo un paio di settimane prima Joy s’era beccata una tosse incredibile, ed Andy aveva il timore che avrebbe sputato un polmone da un momento all’altro.



« Shawn, non per puntualizzare, ma vorrei sapere che ti frulla per la testa… »

« Scusa, ma se te lo dico, che sorpresa è? »

« Si ma sono curioso! Quanto ti odio quando mi tieni sulle spine, maledetto… »

In quel momento Drake vide Andy, che soprappensiero stava andando loro incontro. Dalla sua espressione probabilmente non si era neppure accorto di loro due.
Fecero in modo di non allarmarlo, e quando gli furono abbastanza vicini, il biondo si fece da parte per lasciare all’amico la possibilità di fermarlo. Questi prese il moro per un braccio bloccandolo tra sé e il muro. La scena si svolse tanto velocemente che Andy, preso alla sprovvista, urlò di stupore.

« Ehi, Ehi, calmati Nolan, mi hai ucciso i timpani… »

« Foster… ma che? Cosa vuoi da me? Non ti basta il telefono, vuoi- »

Ma Drake non seppe mai come finì quella frase. Sentirono tutti e tre dei passi avvicinarsi affannosi, e Shawn si staccò dal muro per andare a vedere chi fosse.

« Foster! Yates!! »

Era inconfondibile. La voce bassa e potente del coach si riconosceva tra mille.

« Foster! »

Drake era spaventato. Non avrebbe voluto ammetterlo neppure a se stesso, ma era così. Andy Nolan non l’avrebbe mai denunciato ai professori, sarebbe stato assolutamente inutile. Grazie al suo talento teneva alto l’onore sportivo della scuola, ed era quasi intoccabile. Quasi, perché Miller nonostante tutto aveva un fottutissimo senso di giustizia. Se l’avesse beccato, l’avrebbe ucciso, come minimo. Suo malgrado dovette allentare la presa sull’esile spalla del ragazzo, staccandolo dalla parete sulla quale ormai aveva scavato una nicchia con la forma del proprio corpo.

« Ah, ragazzi, finalmente vi ho trovati… » Miller sembrava così immerso in quello che doveva dire loro da non accorgersi del terzo incomodo.

« Si coach, dica pure, come mai ci cercava? »

« Beh, dovevo darvi una notizia importante… » si arrestò un attimo, focalizzando l’attenzione sul moro.

Drake si accorse del cambiamento d’espressione da parte dell’uomo, e per evitare qualsiasi sospetto, tolse la mano dal cappotto di Andy, facendo piuttosto scivolare il braccio attorno al suo collo. Un’allegra chiacchierata tra amici. Non fosse che loro due, per quanto ne sapeva il coach, non si erano praticamente mai rivolti la parola, e che in quel momento la faccia del più piccolo non sembrava esattamente il ritratto della tranquillità.

« Tu sei Nolan, giusto? Come mai qui? »

Drake strinse a sé il ragazzo minacciosamente, come per fargli capire che se non si inventava qualcosa che gli salvasse il nobile deretano gliel’avrebbe fatta pagare con gli interessi.
Lo sentì irrigidirsi, ma vide che riuscì a mantenere il controllo.

« Ci stavamo mettendo d’accordo per l’articolo che devo scrivere domani a proposito della partita, signor Miller. Drake e Shawn mi stavano spiegando i vari nomi dei passaggi, e le principali modalità di gioco, dato che non sono esperto del basket. »

Era credibile.

« Oh, bene. Purtroppo però la partita non avrà luogo. »

« Come?? Perché no, che è successo? »

« Il vicepreside della scuola che la nostra squadra avversaria rappresenta ha avuto un brutto incidente in auto, ed ora è in ospedale, per cui i ragazzi, in segno di rispetto, hanno preferito rimandare a domenica prossima. »

« Ah, ok. » Drake era un po’ deluso; si era preparato tanto per questa partita, e i suoi sforzi erano stati pressoché vani.

Andy approfittò del momento.

« Se non vi dispiace io tornerei a casa, ho molte cose da fare. Arrivederci. » e si tolse da quella situazione più in fretta possibile.

Il solo fatto di potersi sedere sul sedile della sua auto scassata gli sembrava un enorme traguardo.
Era sabato, e alla partita mancava più di una settimana.
Ma anche sette giorni passano in fretta.


 





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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Che fastidio, che fastidio, che tremendo fastidio!! Mi è andata via l’ìspirazione come un palloncino all’elio trasportato da una bufera… e quando è tornata lei… se n’è andato internet!!! Stupidi operatori telefonici >__> avrei postato molto prima, altrimenti. Scusate gli errori grammaticali che ci possono essere, avrò controllato la storia mille volte e proprio per questo non la vedo più >__> Grazie per avere ancora il coraggio di seguire la storia. Dopo di questo, ci sono –al momento- altri otto capitoli pronti ad essere postati… (ve l’ho detto che avevo ispirazione xD) Vi ringrazio di cuore, davvero. Un bacio.
R.
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Joy gli ronzava intorno da mezz'ora, scrutandolo come un bambino guarda curioso una scimmia allo zoo.

« Mi vuoi dire che c'è? » le chiese fintamente seccato.

La ragazza ebbe un sussulto, diventando un po' rossa. Forte del suo orgoglio, però, si erse in tutta la sua statura e fece finta di nulla.

« Mh, niente… solo che ti vedo un po' più tranquillo oggi, per non dire gongolante. E' successo qualcosa di particolare? »

« No, non esattamente. L'altro ieri sono capitato tra le mani a Foster, ma per puro culo Miller li ha beccati e io me ne sono andato. »

Joy gli si avvicinò di più, mentre il professore seguitava a spiegare lo svolgimento dell'esperimento di chimica.

« Li ha beccati a picchiarti? E sono stati sospesi? »

« Cosa? No, no, non mi stavano picchiando affatto… »

« Per cui? »

« Me ne sono andato. »

« E basta? »

« Basta cosa? »

« Andy, ma possibile che capisci così poco? » la ragazza si voltò dall'altra parte, contrariata, non volendolo più guardare.

« Perché? » continuò tranquillo a rigirarsi la provetta tra le mani, fingendo stancamente di seguire la lezione.

Joy tacque per un po'. Quando gli rivolse lo sguardo, era vistosamente preoccupata, tanto che fece subito cambiare espressione anche a lui.

« Ehi, ma stai bene? » le domandò, non riuscendo a nascondere l'apprensione.

« Io si, tu no. »

« Ma…? »

« Lasciami parlare. Non capisci che stai subendo delle torture? »

« Ma che, guarda che io… »

« Ho detto di non interrompermi! Ti picchiano, ti rompono le cose, se non te le rompono le rubano, Drake Foster e quel branco di idioti che gli si trascina dietro non ti lasciano mai in pace! Devi fare qualcosa, non puoi vivere così! Non capisco come fai a stare tanto tranquillo, sei il diretto interessato, dovresti avere più cura di te stesso! Queste… sevizie… durano dall'anno scorso, io non posso accettarlo! »

« Stanne fuori. »

La ragazza strinse i pugni, fissando ostinatamente il blocco di appunti sul banco.

« Io non posso parlare, devi essere tu a decidere. Ma non sono più disposta a sopportare altro da te. »

« Adesso mi colpevolizzi? Eh? Bella amica che sei. Guarda che non è facile neanche per me… io… »

« Non cercare di scaricare su di me la tua frustrazione, Alexander! Se non ti piace questa situazione, cambiala! »

« Ripeto che non è facile! »

L'occhiata che ricevette gli sembrò quanto più irosa avesse mai visto. Aveva spesso assistito ad arrabbiature, anche consistenti, di Joy, ma fino a quel punto, mai.

« Cretino. Le cose difficili lo sono perché siamo noi a renderle tali. »

*

« Che schifo. »

Shawn emise un lungo sospiro.

« Dre', la smetti di lamentarti? Saranno tre ore che vai avanti così. »

« Si ma… la partita Shawn, la partita!! »

« Eh. »

« Ma come "eh"?! Sei senza cuore!! E io mi ero preparato tanto!! »

« E' solo una settimana… »

« Pensa: sono così demoralizzato che non ho nemmeno voglia di pestare Nolan… »

« Beh, a dire il vero non lo abbiamo mai pestato. Anzi, sarebbe interessante vedere che tipo di impronta lascerebbero le mie bellissime nocche sulla sua faccia. »

Drake si ridestò al torpore.

« Non è vero che non l'abbiamo mai picchiato, l'anno scorso per il giorno del Ringraziamento gli abbiamo fatto un occhio nero, come puoi non ricordartelo? E' un delitto quello che hai commesso, peggio che dimenticarti del nostro anniversario! »

A Shawn andò di traverso un po' dell'aranciata che stava bevendo, e iniziò a tossire rumorosamente. Quando si riprese, fissò l'amico allibito.

« Che c'è? Ho qualcosa sulla faccia? »

« Da quando abbiamo un anniversario, io e te? Per caso ci siamo ubriacati ad una festa, siamo andati a Las Vegas e ci siamo sposati? Guarda che se è così, sappi che quei matrimoni non sono validi, c'è una legge! Una legge! »

« Deficiente. E non guardarmi così, non sono mica pazzo. »

« No? Fossi in te qualche sospetto me lo farei venire… »

« Oooooooh che strazio che sei, Shawn! Intendevo il giorno in cui siamo diventati amici, non ti ricordi? »

« La rissa? »

« Non era una rissa… diciamo… una discussione animata? »

« Drake, avevi dieci anni e una sfacciataggine più grande di te, l'altro imbecille ne aveva dodici e più segatura che materia grigia, nel cervello… mi sembra che "discussione animata" sia troppo evoluto come termine… »

« Beh fatto sta che sei arrivato tu e mi hai salvato. »

« E quindi? »

« Sei stato il mio salvatore!! Il mio grande amico!! »

« Io mi chiedo perché sto ancora ad ascoltarti… ma non parlavamo di Nolan? »

« Si, hai ragione… però davvero, non ho voglia di pensare a lui adesso, ho anche della roba di scuola da recuperare… »

« Effettivamente faresti meglio a concentrarti su quello, e poi sulla partita. »

« Già, la partita! Partita mia… !! »

« Oddio, adesso ricomincia, ma perché parlo sempre troppo? Perché? »

Il biondo fissò il muro come se fosse l'unico essere nel raggio di chilometri in grado di comprendere le sue afflizioni, mentre Drake, ignorandolo completamente, continuava il proprio soliloquio.

*

« Joy? »

« Si. Dimmi. » sistemò i documenti nella cartella, dopo aver risposto distrattamente.

« Ascoltami. »

La bionda alzò la testa per accontentarlo.

« Oggi… è sabato. »

Stavolta Joy era davvero interessata. O forse preoccupata.

« Andy, cosa dovrei trovarci di profondo e/o interessante in questa constatazione? »

« No, è che… è passata una settimana. »

« Eh. »

« Una settimana senza che mi abbiano fatto nulla. »

Anche se non aveva specificato il soggetto della propria frase, il riferimento a Drake era comprensibile.

« Meglio. »

« Potresti mostrare un po' più di entusiasmo, no? »

La ragazza sospirò.

« Senti. Lo sai come la penso. Se anche la smettessero di romperti le scatole, tu non avresti comunque parlato. Intendi passare sopra a tutto così? Se non imparano adesso, un giorno potrebbero fare del male serio a qualcuno, e i loro danni… potrebbero non essere più riparabili. »

Andy non trovò argomenti con cui ribattere, ma forse fu il nodo alla gola che gli era venuto ad impedirgli di rispondere. In verità si vergognava. Ai suoi genitori non aveva detto nulla. Di quelli. Joy era l'unica con cui non aveva problemi a parlare, ma la sola idea di aprirsi ad altri gli procurava la reazione opposta. Sapeva che non andava bene, che ci stava rimettendo, ma non riusciva a muovere un dito. Si sentiva intrappolato, come se avesse i piedi nel cemento a presa rapida e tutto il resto del corpo libero. All'apparenza poteva sembrare capace di qualsiasi movimento, ma nella realtà era impossibilitato a spostarsi di un millimetro. Neppure un misero passo avanti.

« Lasciami un po' di tempo. Solo un po' di tempo in più. »

Ma mentre diceva questo, dentro di sé sapeva bene che qualunque scelta avesse fatto in futuro, sarebbe stata quella sbagliata.

*

« Shawn!! »

A sentirsi chiamare con quel tono, il ragazzo sapeva già per certo che si doveva aspettare il peggio.

« Dimmi. »

« Domani c'è la partita!! »

« Ti prego, dimmi che stai calmo, almeno oggi, ti scongiuro!! »

« Uff… tu non mi dai soddisfazione. »

« Io direi che invece sono l'unico che riesce a tenerti a freno. »

« Che vorresti dire, scusa? »

« Che sei pazzo. »

« Beh, tanto è per questo che io sono il tuo migliore amico preferito, vero? »

« Ok, adesso mi spieghi come il tuo cervello abbia potuto partorire una cosa come "migliore amico preferito". Sei il mio migliore amico, sei uno solo, come fai ad essere il preferito… io… »

« Shawn manchi di senso dell'umorismo. Si vede che hai bisogno anche tu di un po' di adrenalina. »

« Avrei bisogno di tranquillità. »

« Si, anche mio nonno parla esattamente come te, se vuoi te lo presento, potreste scoprire di avere molte cose in comune. »

L'altro rinunciò a rispondergli, tanto era inutile. Drake e le sue vaccate colossali. Non conosceva persona al mondo che avrebbe potuto continuare a sparare cavolate più a lungo di lui.

« Sai una cosa? Io penso che tu invece, abbia bisogno di… uno stimolo! »

« No, no, cosa ti frulla in testa? »

« Ah, te la do io l'adrenalina… »

« Sei preoccupante. »

« Mi è venuta un'idea, Shawn, un'idea! E sai perché? »

« No. »

Drake gli prese la testa con le mani e gliela girò in modo che osservasse il corridoio alla sua destra.

« Sai come si chiama quello? Andy Nolan. »

« No. » rispose Shawn, annoiato ma bendisposto ad accettare qualunque invito da parte dell'altro, « Quello si chiama divertimento. »

*

Andy era stanco morto. Non vedeva l'ora di arrivare a casa per infilarsi sotto la doccia, cenare velocemente e sprofondare nel divano davanti ad un dvd. Era così sereno che sarebbe riuscito a trascinarsi fino alla palestra per seguire la partita di basket (di cui non ne capiva pressoché nulla) e scrivere l'articolo. Era perfino in pace col mondo, che avrebbe potuto vedere i brutti musi di Foster & Co. senza vomitare.

« Accidenti, ma questo dev'essere destino. »

Perché parlava sempre così presto?

Alzò la testa, specchiandosi negli occhi dorati di Drake. Erano compiaciuti come quelli di un gatto che aveva appena agguantato la preda e si preparava a mangiarla. Non ebbe neppure la forza di rispondere. Ormai era al limite, non gl'importava neanche di ascoltarli. Che dovessero dirgli qualcosa, insultarlo, picchiarlo, metterlo in ridicolo, non faceva alcuna differenza, voleva solo che finisse presto. Voleva solo andare a casa e non sentire più niente.

« Domani c'è la partita… devo fare un po' di allenamento, non credi? »

« E quella borsa cos'è, ci sono dei soldi, hai rapinato una banca? Ah no, guarda un po', è proprio quella che usi per l'allenamento di basket, non è così? Allenamento che hai appena finito. Almeno minacciami in modo più convincente, o inizierò a temere che tu abbia perso in fantasia. »

Drake arretrò, rabbuiandosi. Shawn ebbe uno scatto d'ira improvvisa, che colse tutti di sorpresa, Andy in particolar modo. Lo afferrò per il bavero del cappotto sollevandolo leggermente in modo da guardarlo negli occhi. I suoi, azzurri, sembravano ghiaccio, freddi e impietosi.

« Non cercare di fare del sarcasmo, piccolo cretino, hai capito? Non mi piacciono quelli che cercano di prenderti in giro mostrandosi superiori. »

« Ah, ce ne sono tanti così. Ma io vi sto più simpatico, eh? »

« Non saprei che dirti, è una questione di sensazioni, sai? Il solo fatto di dover sopportare la tua vista mi disgusta. »

« Spiacente, non so che fare. »

« Potresti iniziare con lo sparire dalla faccia della terra. » Drake aveva preso la parola, senza curarsi della faccia di Andy che stava diventando di una bella sfumatura bordeaux per il debito d'ossigeno.

« Tu, e quell'aria da checca che ti porti dietro. »

« Cos'ho di così schifoso? Sono normale… esattamente come… » non riuscì a finire, colto da un colpo di tosse. Finalmente Shawn lo lasciò.

Cadde a terra come un sacco di patate. Si rialzò, spolverandosi i vestiti.

« Sei sbagliato. E lo sai benissimo. » la voce del ragazzo era piatta ma quell’indifferenza mal simulata era tagliente più che mai.

« No che non lo sono, e non sopporto questi tuoi modi- »

Non proseguì.
Un pugno lo colse in pieno addome, bloccandogli il diaframma. Si accasciò a terra, colto da un improvviso conato di vomito. Foster doveva proprio essersi affezionato al suo stomaco, dato che la metà delle volte che si vedevano (o meglio, scontravano) glielo distruggeva.
Spinto da una furia cieca e immotivata, Drake lo afferrò per i capelli, e senza tante cerimonie, lo sollevò fino a guardarlo negli occhi. Impresa alquanto difficile, dato che gli occhiali di Andy gli erano scivolati a metà naso, e ciocche scomposte coprivano la parte superiore del suo volto. Per di più, barcollante, ansimava rumorosamente, cercando di immagazzinare ossigeno, costituendo un peso morto che anche Drake faticava a tenere.

« Tu devi stare zitto. Zitto. Hai capito? »

Uno schiaffo, in pieno volto. Non lo avvertì subito, ma pochi secondi dopo un calore violento gli invase la guancia, crescendo d'intensità fino quasi a bruciare. Toccandosi la parte lesa con il palmo aperto della propria mano, il ragazzo cercò di raffreddarla, riuscendovi parzialmente.

« E rispondi quando ti faccio le domande, finocchio del cazzo!! »

Andy aveva cercato di guardarlo, di aprire bocca, ma scoprendo di non avere sensibilità sufficiente sui muscoli delle labbra, ancora intorpiditi, si trovò impossibilitato a fare ciò che gli era stato ordinato. Avrebbe davvero voluto poter rispondere. Chissà, magari questo avrebbe calmato l'altro. O forse no. Non lo sapeva. Non capiva molto, in quel momento. Aveva le sinapsi lente, vedeva offuscato, ma le sensazioni tattili e il dolore erano ingigantiti come raggi solari ampliati da una lente.

« Ho capito. »

Era davvero riuscito a rispondere? Non gli sembrava, nella confusione del suo stordimento, di aver avvertito la propria voce risuonare nel corridoio.

« Allora non dici nulla? Non sei proprio capace di dire nulla?! »

Ho capito. Scusa. Ho capito. Andy. Parla.
…Non riesco ad emettere suoni.
Vide il pugno. Quello si, lo vide distintamente, dinamico e nitido some una figura nera su un fondo candido. Cercò anche di ripararsi, alzando le braccia davanti al volto.
Ho capito, davvero.
Sentì la collisione col suo avambraccio, ma non si mosse. Una mano diversa gli afferrò il polso, privandolo di quello schermo che lo separava da Drake. Stupidamente si girò chiedendosi se fosse stato Shawn a compiere quel gesto, e così facendo si espose.
Troppo.
Il secondo pugno non riuscì ad evitarlo.
Una mazzata. Gli occhiali gli caddero definitivamente, e una fitta lancinante gli esplose dallo zigomo per trasformarsi in tante piccole scintille dipinte sulla retina. Come se già non ci vedesse poco da solo, quello bastò ad oscurargli il campo visivo per qualche attimo.
Relativamente poco tempo, sufficiente per un altro colpo, questa volta dal basso, che lo prese dritto sull'angolo della bocca. Si sentì urlare. La voce gli era uscita automaticamente, senza che fosse lui a decidere di emetterla. Sulla sua lingua, un liquido denso e caldo dal sapore ferroso. Sangue. Si portò una mano tremante a tastarsi, e scoprì di avere il labbro inferiore rotto.

« Non sai neanche schivare. Sei proprio inutile. »

Il quarto d'ora seguente, Andy lo passò a cercare di riprendersi dallo stordimento. Mise a fuoco il pavimento quel tanto da indivuduare la sagoma dei propri occhiali, e ad inforcarli. Con passi malfermi si trascinò in bagno, e non resistendo all'impulso di guardarsi allo specchio, scoprì che avrebbe preferito non farlo.
Lo zigomo sinistro era già provvisto di una macchia violacea, mentre un rivolo di sangue secco partiva dal labbro ferito fino ad inzuppare il colletto della camicia.
Era debole, ma sarebbe tornato a casa, avrebbe fatto una doccia e poi diretto a dormire.

La seconda mazzata, non fisica, arrivò dopo: con orrore Andy rimase a fissare la propria cartella, che aveva raccattato da terra. Dopo averci messo i libri che erano stati sparsi sulle mattonelle, si accorse che c'era una cosa fondamentale che mancava: le chiavi della macchina.
E non potevano essere cadute lì da qualche parte, perché non c'erano proprio da nessuna parte. Gliele avevano prese.
Corse fuori in cortile, scoprendo che nel parcheggio non c'era neppure l'auto. Avrebbe volentieri chiesto un passaggio a qualche bidello, ma erano le sette, era sabato e a scuola si trovava ormai solo lui. Quel giorno Drake e gli altri avevano fatto tardi, e i bidelli se n'erano già andati, figurarsi gli insegnanti.

Snervato, tornò nell'edificio. Aprì il proprio armadietto, e prese il cambio di biancheria che stava lì da secoli, a cui mai era dovuto ricorrere. Avrebbe pensato di doverlo usare per ginnastica, al limite, ma non certo perché non poteva andare da nessuna parte ed era chiuso a scuola.

Si infilò in una delle docce dello spogliatoio della palestra, e gli unici vestiti puliti che aveva trovato erano la felpa e i pantaloni della tuta da ginnastica che usava. Era con i colori simbolo della scuola, bianco in minima parte, ma soprattutto un orrendo blu elettrico che risaltava a miglia di distanza, colore che poi lui odiava. Raccattò un materassino dal ripostiglio degli attrezzi ginnici, e una coperta. Per quella notte si sarebbe arrangiato così.

*

« Ciao Joy. »

« Ehilà, Andy… posso chiederti cosa ti sei messo? »

« Non si vede? E' la tuta da ginnastica. »

« Si, quello si capisce, direi, intendevo dire "perché ti sei messo quell'affare?" »

« Mi hanno preso chiavi della macchina e macchina. Ho dormito a scuola, gli unici vestiti puliti erano questi e, vediamo...ah si, tengo i capelli così perché ho un leggero rigonfiamento causato da un pugno… non è grave ma non voglio che rischi di notarsi. »

La bionda non riuscì neppure a formulare una risposta. La sua unica reazione fu un cedimento della mandibola, con conseguente espressione ebete e bocca aperta.

« Stai cercando di prendere delle mosche? »

« Ma… ma… sei pazzo?? Vai subito a farti vedere in infermeria!! Irresponsabile!! Tu! Non pensi affatto al tuo corpo, sei proprio un - »

« Buona, buona, è tutto a posto. Ci sono stato. »

« Ah si? »

« Si, non è nulla di che, mi ha dato subito una pomata in modo che non diventasse viola e non si gonfiasse troppo, in un paio di giorni dovrebbe andare via.. comunque tu non dirle nulla, alla dottoressa Raley intendo, le ho chiesto di non parlare di questo… né di farmi domande. »

« Ma quanto sei imbecille!! »

« Senti, non ne parlerò, ok? Non finché non sarò pronto! »

« E aspetti che ti uccidano prima? Che sconsiderato… »

Vedendo la sua faccia, preferì cambiare discorso.

« Ok, inizia la partita tra poco. Andiamo, devo scrivere l'articolo, se non la seguo, come faccio? »

Non lo degnò di una risposta. Si limitò a seguirlo guardandolo in cagnesco.
Andy si accaparrò uno dei posti più distanti possibili dal campo di gioco e dagli altri spalti, cosa che però non gli impedì di farsi venire la nausea quando vide Foster entrare, acclamato come un eroe.

Grazie al cielo, la partita non durava molto. Ringraziò che il loro club di maggior prestigio non era di baseball, o in nove inning avrebbe anche potuto sviluppare inclinazioni al taglio di vene. Non aveva la minima idea di ciò che sarebbe potuto accadere dopo il match, nelle condizioni in cui era. Ma il limite stava per essere raggiunto, e doveva davvero affrontare Drake.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Oh grazie, ottantuno letture =) pensavo che avrei ricevuto un pacco bomba per il ritardo.
Chiedo scusa in anticipo per eventuali errori/orrori che troverete nel testo, l'ho letto troppe volte per riuscire a distinguere le parole ormai.
___________________________________________________________
A dire il vero, Andy non si era neppure accorto quando la partita aveva avuto inizio di preciso. Il suo cervello era in trance, recepiva soltanto le esclamazioni corali del pubblico. Quando si riscosse, vide Drake compiere un'azione strepitosamente agile, con la quale fece un canestro da due punti.

« Se fosse tanto bravo quanto intelligente io sarei a posto, davvero... »

Joy si accomodò silenziosamente accanto a lui, porgendogli un panino farcito con qualcosa che sembrava tonno.

« Questo significa tregua? » chiese titubante il ragazzo.

« Questo significa che ho scoperto di avere un fastidioso istinto materno, e dato che non hai mangiato nulla di nulla ti ho preso questo in mensa. Ringraziami. »

« Grazie. » borbottò Andy a bocca piena, cercando di non sputacchiare pezzetti di panino e nel contempo di non soffocarsi per il boccone troppo grosso che aveva ingurgitato.

Sugli spalti, gli studenti scalpitavano, mentre a bordo campo le cheerleader continuavano a dimenare i fianchi facendo un tifo molto coinvolto. Se c'era una sfida tra le due squadre di ragazzi, la stessa sfida era anche tra i team di cheerleader. La frenesia con cui agitavano i pon pon aveva un che di minaccioso.

Dopo dieci minuti finì il primo quarto di partita. Con orrore Andy si accorse che non aveva praticamente seguito nulla, rimanendo in uno stato semi-comatoso nel quale aveva fissato la tribuna di fronte con sguardo vacuo.

« Non ti preoccupare, non è successo nulla di che, a parte un'altra magnifica azione di Foster a circa 7 minuti dall'inizio. La folla è decisamente esplosa in un boato ma tu stavi su un altro pianeta, per cui ho pensato che forse era meglio se ne prendevo nota io. »

« Oh Joy sei un mito, come potrò mai ripagarti di tutto quello che fai per me?? »

La ragazza sospirò scuotendo leggermente il capo. I riccioli biondi le ondeggiarono sulle guance.

« Andy, io... Dirài che vado proprio a ficcare il dito nella piaga, ma... Sai bene quello che voglio da te. 
» mentre parlava aveva iniziato a trovare estremamente interessanti le unghie dei propri pollici. « Tu dovresti semplicemente dire la verità a chi di dovere, per farmi contenta. »

« Joy. »

« Eh. »

« Lo sai, non... Non affrontiamo più questo argomento per un po', ti prego. Non mi sento in vena. »

Questa volta gli occhi nocciola dell'amica si fissarono decisi nei suoi.

« Tu non sei mai in vena, è questo il punto. »

*

Era ingiusto. Era totalmente ingiusto. Si, va bene, erano solo cinquanta minuti, ma tremila stupidi secondi nei quali aveva tenuto il culo incollato alla panchinetta in legno chiaro degli spalti, tutto per un articolo che probabilmente quasi nessuno avrebbe letto. E lui avrebbe potuto impegnare quella domenica mattina in modo più proficuo.
No, un attimo, negativo. Non avrebbe potuto andare diversamente da così. A meno che non avesse preso in considerazione l'idea di andare a casa a piedi. Cosa fattibile, senza contare che casa sua era a circa ventiquattro miglia dalla scuola e che la fermata dell'autobus più vicina al suo nido distava cinque miglia. Inoltre, pur essendo a metà ottobre il freddo sembrava essere arrivato presto, e in media fuori c'erano dieci, massimo dodici gradi.

« Andy, io torno al mio quartier generale. »

« Ok. »

« Vieni con me? Ti do uno strappo fino a casa tua, così ti puoi lavare la roba che avevi ieri, sistemarti un po'...hm? »

« Non so. »

« Come sarebbe ''non so''? »

« Si, insomma... voglio la mia auto, io. »

« Si vabbè ma credo ci siano necessità prioritarie, al momento. »

« Si, ok, priorità, e adesso- »

Si interruppe di colpo perché un'idea gli balenò in mente. Era quanto mai stupida, però avrebbe anche potuto funzionare, in un fortuito caso. E si, il fallimento probabilmente gli avrebbe regalato un pugno sul naso nella migliore delle ipotesi, ma doveva tentare.

« Oh, ti si è inchiodata la lingua? »

« No, mi sono ricordato di una cosa che devo fare, e subito! Grazie ma ci vediamo lunedì! »

« Cioè domani. »

« Si, si... domani. Ciao eh! »

Le schioccò un bacio sulla guancia e corse via con la borsa che sbatteva sulla schiena e i vestiti che minacciavano di uscirne per riversarsi a terra. Per fortuna arrivò sano e salvo fuori da scuola.
Si guardò intorno: esattamente come previsto, si erano dileguati tutti, diretti in aula magna a fare casino. La sua scuola aveva vinto, e di sicuro Drake, Shawn e compagnia bella non avrebbero di certo perso l'occasione di far baldoria. Infatti l'intero gruppo delle oche con i pon pon era sparito assieme ai giocatori. E ti pareva.
Nel cortile principale vide i ragazzi della scuola che avevano affrontato nella partita di quella mattina rientrare nel proprio bus, seguiti dal loro coach che chiuse la fila.

Una vocina nella sua testa gli chiese se fosse consapevole della cavolata che stava per fare, ma Andy la scacciò frettolosamente. Era vero, la sua casa si trovava in periferia, era distante.
Ma quella di Drake no.

*

Il campanello suonò una volta sola. Kat stava ascoltando della musica con il lettore mp3 distesa sul proprio letto mentre sfogliava una rivista. Non aveva controllato l'ora, ma di sicuro suo fratello aveva ormai finito di giocare quello stupido match di pallacanestro. Figuriamoci se lei aveva voglia di andarlo a vedere. Tanto avrebbero vinto. La squadra era troppo forte, e Drake bravissimo.
Il campanello suonò di nuovo, e questa volta più a lungo. La ragazzina non poté ignorarlo, e di malavoglia si trascinò fino alla porta, levando gli auricolari.
Guardò chi stava al cancello scostando leggermente una tendina del soggiorno.
Era un ragazzo alto e magro, infagottato in quella che riconobbe essere la tuta da ginnastica della scuola superiore della città. Alzò il ricevitore del citofono.

« Si, chi è? »

« Ehm, sono...mi chiamo Andy, sono a scuola con Drake. Sono un suo amico. »

« Davvero? Strano, non ti avevo mai visto prima. Ad ogni modo, se lo cerchi non c'è. C'era una partita a scuola, dovresti saperlo, no? »

« Si, lo so, è anche finita...solo che gli avevo prestato un quaderno e non me l'ha più restituito. Domani è lunedì e mi serve per studiare...ti da fastidio se entro e vado a prendermelo? Credo l'abbia messo in camera... »

Non pensava che l'ostacolo più grande sarebbe stata la sorellina di Foster. Non lo pensava davvero. Tutte quelle domande...

« Ciao, scusa tu chi sei? »

Andy si voltò. Una bella donna con i capelli castani molto chiari lo fissava curiosa dal finestrino abbassato di un'auto di grossa cilindrata.

« Ehm...signora Foster? »

« Già. »

« Buongiorno, sono un amico di suo figlio, cioè, seguiamo lo stesso corso di storia contemporanea (ma poi Drake lo seguiva davvero quel corso? Andy aveva completamente sparato a caso) e gli avevo prestato degli appunti, che mi servirebbero per domani... Però suo figlio al momento è ancora a scuola, quindi pensavo di aspettarlo qui...se non le dispiace. »

La donna gli sorrise dolcemente invitandolo ad entrare. Si chiese come da una madre così gentile e affabile avesse potuto nascere un mostro simile. Ma forse certe domande è meglio non farsele.
La signora Foster lo fece accomodare in sala da pranzo, glissando dolcemente sulla tuta che Andy ancora indossava. In fondo non aveva avuto modo di cambiarsi, grazie al suo pargolo.

« Allora come hai detto che ti chiami? »

« Andy, signora. »

Non gli interessava mentire sul proprio nome, anzi sarebbe stato ancora meglio, se lei l'avesse saputo.

« Ma è da tanto che conosci Drake? Non ti ho mai visto... »

« Ah...no, a dire il vero non ci frequentiamo molto, però è un ragazzo davvero simpatico e vitale...mi piace la sua compagnia... >>

E anche quella dei suoi dolcissimi amici...

« Bene, mi fa piacere. >>

Davvero. Quella donna era un angelo. Questo alimentava le sue ipotesi che in realtà Drake fosse stato adottato, o abbandonato davanti alla porta di casa Foster da un demone maligno.
A smentire le sue ipotesi fu lo sguardo vivace che la donna gli rivolse, identico a quello del figlio quando era buono e tranquillo, con le iridi dorate che assumevano le stesse sfumature. Bah, la genetica.

« Mi scusi, avrei un po' di fretta...non vorrei sembrarle scortese, ma posso andare a prendere il quaderno io stesso? Non voglio essere invadente, solo che... »

« Oh, no caro, non preoccuparti. So bene che Drake è parecchio disordinato e si scorda di restituire quello che gli viene prestato... non hai idea di quante volte il povero Shawn è dovuto venire a riprendersi le proprie cose: appunti, oggetti vari...ah, cosa devo farci con quel ragazzo? »

Metterlo in una gabbia e sedarlo?

« Comunque se mi da il permesso ci metto solo cinque minuti, davvero... »

« Si, si certo! Kat, gli mostri dov'è la stanza di Drake, per favore? »

La ragazzina annuì. Andy si accorse solo in quel momento che lo stava fissando con sguardo curioso, come se fosse stato uno strano animaletto.
Lo condusse al piano di sopra.
Effettivamente, soffermandosi a guardarsi attorno, doveva ammettere che avevano proprio una bella casa: ampia e spaziosa, con mobili in legno chiaro e tende dai toni caldi e luminosi. Nel complesso, una dimora accogliente e allegra.

« Ecco qui. Attento a non ucciderti, c'è un letamaio per terra. Mio fratello non è ordinato, ma neanche tanto pulito, fidati. Come tutti i maschi. Esclusi i presenti, forse. »

Annuì con un cenno della testa senza badare ai suoi commenti, ed entrò.
Tutto sommato una camera comune. Mobili in legno rivestito in laminato bianco, pareti color verde pastello, tende acquamarina. Una bella stanza, non fosse stato per il caos soffocante che vi regnava.
A Drake non serviva nascondere qualcosa per evitare che fosse trovata: avrebbe potuto lascialra dovunque, in quel porcile.

« Bene Andy. » disse a sé stesso. « Hai cinque minuti. Sfruttali bene. »

Drake doveva davvero essere stupido. Altrimenti non si spiega perché avrebbe dovuto mettere le chiavi dell'auto di Andy nel posto più comune ed idiota possibile: il cassetto della biancheria intima. Le aveva trovate subito, nonostante la sola idea di frugare tre le mutande di Foster gli desse il voltastomaco. Meglio non pensarci troppo. Per recuperare il cellulare bastava chiamarlo con quello di casa. Drake aveva un apparecchio telefonico proprio sul comodino. Digitò velocemente i numeri e udì dopo pochi secondi la flebile suoneria provenire da un punto indefinito alle sue spalle.
Si voltò per scoprire con orrore che il suono era ovattato da qualcosa come un quintale di vestiti buttati a montagna sul tappeto. Magnifico.
Chiuse gli occhi e iniziò a scavare. Sperava che il piccolo aggeggio metallizzato fosse il più in alto possibile, perché immergere le mani in quell'ammasso informe di stoffa di dubbia condizione igienica era rivoltante, peggio dell'altro cassetto, dove almeno la roba era pulita.
Quando estrasse il telefono tirò un sospiro di sollievo.

*

In quel momento, niente gli sembrò più profumato, morbido ed accogliente del proprio divano.
E niente più scemo e prevedibile di Drake.

Certo, non poteva portare la sua auto -quel catorcio- chissà dove, ma almeno non "nasconderla" nel parcheggio pubblico del quartiere limitrofo, dai. Gli ci erano volute due ore di girovagare continuo prima di arrivare allo spiazzo, ma quella ricompensa scacciava tutto, anche il freddo penetrato fino alle ossa attraverso la stoffa sottile della felpa.
Si svestì e si infilò in bagno. Aveva avuto la tentazione di buttarsi in doccia totalmente vestito, ma poi, ripensandoci, frenò gli istinti.
Chiuse il getto e uscì dalla cabina, si avvolse un asciugamano attorno alla testa, inforcò gli occhiali e infilò l'accappatoio, stringendovisi come al tesoro più grande sulla Terra. Tornò in soggiosno e accese il camino. Per fortuna era un ragazzo abbastanza previdente: due giorni prima aveva già preparato la legna pronta da accendere in caso di freddo improvviso, non appena fosse tornato a casa da scuola.
In poco tempo il crepitìo dei ramoscelli più sottili invase la stanza, seguito a breve dalla fiamma che circondò i grossi pezzi di legno posti sul fondo. Le lingue di fuoco che danzavano oltre il vetro erano uno spettacolo che riscaldava anche solo attraverso lo sguardo.
Si accomodò sul divano e prese in mano il proprio telefono: era strano, ma sembrava che Drake per tutto quel tempo avesse continuato a caricargli la batteria e a tenerlo acceso. Infatti anche le chiamate e i messaggi a cui non aveva risposto, fatte da Joy e dai suoi genitori prima che li avvisasse di aver "perso" il cellulare, erano stati archiviati.
Cos'aveva in mente, di usarlo, se Andy non fosse riuscito a riaverlo? Pazzo.
Chissà se aveva già scoperto che qualcosa mancava. Chissà che stava facendo in quel momento. Ma a dire il vero, ora poco gli importava.

*

Drake ritornò a casa verso le sette di sera. Era stanco, felice e aveva un'espressione soddisfatta dipinta sul viso, accompagnata da un sorriso ebete che sembrava stampato.

« Dre'? »

« Eh...? »

« Ci sei o ci fai? »

« Sto bene Shawn, grazie di esserti preoccupato per me. »

« Sarà. Io comunque ti accompagno a casa in macchina. »

« Riesco ad arrivarci a piedi, da solo. »

« Non credo. Forse tu non te ne sei reso conto, però tutti quanti abbiamo accumulato una grande tensione prima della partita, soprattutto perché è stata rimandata di una settimana, che non è poco, e specialmente tu hai risentito di questo, che sei la punta di diamante della nostra squadra... »

« Wow, mammina, allora ti preoccupi davvero per me! »

« Dai, scemo. Guarda che sono stanco anch'io. »

Drake lo guardò. Effettivamente sul viso perfetto dell'amico c'erano segni di spossatezza evidenti.

« Allora forse sarà meglio che sia io a portare a casa te. Non voglio che rischi di fare un incidente per strada. »

Shawn sorrise.

« Ma no. »

« Ma si. Addesso vieni a casa con me, telefoni ai tuoi e dici che resti a dormire da me, va bene? »

« Ma non ho un cambio... »

« Te ne presto uno io. Dai, vieni, o mi farai fare quattro infarti finché non mi arriverà un messaggio da te, che sei a casa, intero. »

« Va bene. »

« Ehe, lo sapevo che ti avrei convinto!! » sorrise compiaciuto.

Shawn si chiese che strani meccanismi avesse il suo cervello, quando dopo la frase pronunciata da Drake si ritrovò a pensare che nonostante la stanchezza non aveva sbagliato neanche un congiuntivo. Wow.

*

« Ehm...Drake...? »

« Si? »

« Potresti ripetermi per favore cos'è esattamente questa? »

« Camera mia. »

« Da quant'è che non vengo a farti visita? »

« Due settimane. »

« E in due settimane sei riuscito a ridurla così???? »

« Ehm...si. »

« Qui altro che dormire, prima bisogna sistemare tutto. Assolutamente. O di notte avrò gli incubi su strane creature fatte di vestiti sporchi che cercano di strangolarmi, davvero. »

« Scusa. Sai che per me è difficile mantenere ordine, qui dentro. »

« Si, noto. Molto, molto difficile. »

« Beh, intanto ti presto un paio di boxer puliti, e guarda, te li do anche nuovi, mai messi, così poi non ti lamenti che- oh cazzo. »

« Che c'è? »

« Le chiavi! Ero sicuro di averle messe qui! »

« Che chiavi? E comunque, se permetti, in mezzo a 'sto casino io non mi direi sicuro di nulla. »

« No, no, fidati, le chiavi dell'auto di Nolan, le avevo messe nel cassetto perché così le avrei trovate subito all'occorrenza. Ma non ci sono. »

« Magari le ha prese tua madre. »

« Figurati. Lei non ha proprio la voglia, né il coraggio, a dirla tutta, di ficcare il naso in camera mia. E mia sorella prova disgusto solo a passarci davanti. »

« Allora non ne ho idea. Non avranno di certo messo le gambe. »

« Aspetta che controllo una cosa. »

Si voltò a frugare tra vestiti abbandonati sul pavimento, mentre Shawn assumeva inconsapevolmente un'espressione schifata.

« Non c'è. »

« Cosa non c'è? »

« Il telefonino di Nolan. »

« E quindi? »

Drake scese le scale di corsa senza rispondere, perciò all'amico toccò seguirlo in fretta, se voleva capire come stavano le cose.

« Mamma? »

« Si? » la signora Foster stava preparando la cena, e non si voltò, mentre tagliava dei pomodori freschi.

« Oggi è venuto per caso qualcuno qui? A...prendere qualcosa? »

« Oh, si, un tuo compagno di scuola. E' venuto per degli appunti. Davvero tesoro, se restituissi le cose che ti vengono prestate non faremmo queste figuracce. »

Drake sussultò e sentì i battiti del proprio cuore accelerare. E se era Nolan? E se aveva detto qualcosa? I suoi dubbi furono sciolti direttamente dalla madre.

« Povero ragazzo, si vergognava a chiedere indietro i suoi appunti. E' stato qui pochissimo, giusto il tempo di recuperare il quaderno. L'ho lasciato andare in camera tua, spero non ti dispiaccia. Ad ogni modo, è stato un miracolo che ne sia uscito vivo. Dovresti davvero sistemarla. Shawn, non sarai disordinato anche tu come lui, spero! »

« Ehm no, signora...senta, il ragazzo per caso aveva i capelli neri? »

« Si, neri e lisci, gli occhiali e si chiamava Andy. A dire il vero era la prima volta che lo vedevo. Tu lo conosci? »

« Si. » rispose il biondo, mentre osservava le diverse reazioni della pelle sulle gote di Drake man mano che differenti pensieri si succedevano nella sua mente.

« Si, » ripeté « lo conosco benissimo. »
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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Non avrei voluto inserire un capitolo così Andy centric. Davvero. Però è introspettivo, ed è il preludio alla seconda parte della fanfiction. Che da dopo questo capitolo sarà più sensuale, ma anche più angst. Scusate u.u.
Volevo inoltre rispondere a Kahoko: Shawn si comporta da deficiente, è vero. Però in realtà non ha un carvello da buttare come Drake, è solo troppo pigro per opporsi al suo amico. Quindi dal punto di vista emotivo è effettivamente stupido, ma a scuola ha buoni voti, ad esempio. Però si, verrebbe da prendere a calci anche lui…>_>
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La redazione era completamente vuota, così come la quasi totalità delle aule scolastiche. Arrivare in anticipo significava tranquillità, e alle prime ore della giornata era un toccasana.

« Buongiorno!! »

Joy sentì un bacio schioccare tra i propri capelli gonfi.

« Andy? Cos'è tutta quest'allegria di primo mattino? »

« Ho recuperato tutto: telefono, chiavi, auto. »

La ragazza lo squadrò.

« E anche shampoo e bagnoschiuma direi. »

« Grazie, davvero gentile… però si, anche quelli! »

« Scusa ma come hai fatto? Hai allungato a Foster una bustarella? »

« Macché, con quello non si può parlare né negoziare. Sono andato a casa sua. Quando lui non c'era, ovvio. »

« Cos'hai fatto tu?! » quasi si strozzò con il caffè.

« Si, ho fatto un salto fino alla villa, e per fortuna ho incontrato sua madre, che è stata davvero molto gentile. Con una scusa banalissima -cioè di prendere degli appunti che avevo dato a Drake- sono riuscito ad andare in camera sua. Ma poi quella donna è un angelo. Mi ha accolto con una gentilezza… »

« Allora Foster figlio è adottato. »

« Si, l'ho pensato anch'io, ma lui e sua mamma hanno la stessa faccia, per cui ne dubito… »

« Beh dai, anche se non hai fatto nulla di ciò che ti ho chiesto, mi sento sollevata. Perché hai recuperato tutto, intendo. »

« Grazie. »

« Questa storia non finirà comunque. »

« Che pessimismo. »

« Realismo, Andy. Sai meglio di me che hanno la testa dura. E avranno già capito che sei stato tu a riprenderti le tue cose, o perché gliel'ha detto la madre di Drake o perché l'ha capito lui. »

« Beh non credo che senza qualche dritta ci sia arrivato. E' più facile che abbia pensato di aver perso la roba. »

« Può darsi, anche se non ne sono convinta. E comunque ne avrebbe parlato con il suo caro amichetto Yates. Se Drake è stupido, lui non lo è di certo. »

« Cos'è, lo lodi adesso? »

« Guarda che non sono mica io a dire questo, sono i risultati che parlano. Per quanto scapestrato e bullo sia, Shawn ottiene sempre ottimi risultati a scuola. E lo vedo spesso in biblioteca. Anzi, diciamo che ogni volta che ci vado lo trovo lì a sfogliare dei libri, e ne prende un sacco in prestito. Non è cretino come gli altri, fidati. Non proprio "tutto muscoli e niente cervello" direi. Apprezzabile, anche se questo gioca a nostro svantaggio. »

« Beh e con questo, alla fine, dove vuoi andare a parare? »

« Che davvero dovresti parlare con il preside, o con gli insegnanti. »

« Al massimo col preside. E comunque non può farci niente. Primo: ci vogliono le prove. E siamo uno contro, uhm, vediamo… cinque o sei? Secondo: non ho certo voglia di spiegare il perché di tutto questo. Non al preside. Non brilla per intelligenza secondo me. Ed è più uno di loro, che una persona di vedute aperte. »

« Allora è perché ti vergogni? »

Andy rivolse lo sguardo altrove. Cercò di concentrarsi sul cortile che si stendeva oltre la finestra, ma non vide nulla. I suoi occhi vagavano nel vuoto, catturando la luce senza inviare segnali al cervello.

Si, mi vergogno da morire.

« Non è che mi vergogno… »

Per un attimo temette che gli si sarebbe allungato il naso come a Pinocchio.

« E cosa allora? »

« Non voglio che gli altri si facciano gli affari miei. »

« In realtà hai paura, non è così? »

Assunse uno sguardo fintamente stupito, rivolgendole gli occhi senza fissarli nei suoi.

« Paura? E di cosa? »

« Del giudizio altrui. Hai paura di essere giudicato. E ti vergogni, perché credi che ti riterranno sbagliato o qualcosa da eliminare, o malato, da correggere, o- »

« Ho capito, adesso basta! »

Joy si bloccò interdetta, guardando l'amico da cui aveva distolto l'attenzione, mentre gesticolava nel proprio monologo. Il ragazzo aveva il capo inclinato in avanti, con la fronte poggiata sulle mani che nascondevano parzialmente il volto. Era come rannicchiato su sé stesso, i gomiti sulle cosce per sostenere malamente il busto.

« Andy… » sussurrò. Non credeva che l'avesse sentita, aveva faticato lei stessa ad udire la propria voce.

Avvicinò la sedia alla sua e allungò titubante un braccio. Quando la sua mano gli sfiorò la spalla, lui sussultò.

« Io non sono una persona orribile. »

Era un'affermazione, ma tanto incerta da sembrare una domanda.

« Sei… sei un cretino e non sono io a doverti dire che sei una persona meravigliosa, perché lo sai anche tu. Non credevo che un anno e mezzo di cazzate sparate da un branco di imbecilli potesse farti il lavaggio del cervello. »

« Non lo so. Non so nulla. Non ho mai parlato con i miei genitori, sono sempre via, ma non mi sento abbandonato da loro, so che mi vogliono bene, ma io… Mi sento una merda, se proprio devo essere sincero… mi sento… non voglio che la gente mi odi. Sono uno come tanti… »

« Lo so. »

Senza sollevare la testa la abbracciò stringendola forte. Lei ricambiò l'abbraccio, preoccupandosi quando avvertì il corpo dell'amico tremare per i singhiozzi.

« Non sono sbagliato. »

« Lo so. E lo sai anche tu. »

« Per quanto ancora dovrò vivere così? Se penso a me stesso mi viene la nausea. »

« Senti, sei troppo suggestionabile. »

« Non riesco, non riesco ad essere razionale come te. » singhiozzò forte, e tossì, per un attimo incapace di parlare.

« Andy, io… »

Non proseguì. Al momento non le veniva nulla da dire, nulla che non fosse banale o scontato. Il ragazzo continuò a piangere forte. Era debole, e si faceva schifo per questo, ma da un altro punto di vista era stato anche troppo bravo a non farsi venire una crisi di nervi. Ogni parola, anche se senza valore, lo colpiva.
Una pugnalata. Ogni singolo sospiro lo era.
Un colpo.
Poi un altro.
E così era passato un anno.
E così era passato un anno e mezzo.
E così si era giunti al punto di rottura.
Mentre singhiozzava rumorosamente sulla spalla di Joy, i suoi nervi tesi sembrarono rilassarsi, scaricare la tensione accumulata per così tanto tempo. Anche le nocche delle sue mani, livide per la forza con cui stringeva la maglia della ragazza, riacquistarono il loro colore naturale, e lui lasciò andare di poco la morsa delle proprie dita, rendendosi conto solo in quel momento che forse aveva un po' esagerato. Il suo fisico era esile, vero, ma aveva comunque abbastanza forza fisica, soprattutto, ne aveva più di Joy.

« Joy… » accettò il fazzoletto che gli venne porto e si soffiò il naso. Poi si schiarì la voce rauca, deglutendo per eliminare quel fastidioso senso di gola impastata che aveva.

« Ti ho fatto male? Non credevo di stringerti così. Scusa. »

« No, non ti preoccupare. Non mi hai mica rotto una costola. »

Annuì in silenzio immergendosi di nuovo nel fazzoletto di carta.

« Mi sono un po' calmato. »

Si sforzò di sorridere, ma corrugò la fronte istintivamente, quando vide che Joy non sembrava affatto tranquilla.

« Sai, Alexander… » disse la ragazza dopo un paio di minuti di assoluto silenzio « A dire il vero, alle medie tu mi piacevi. »

Le gote di Andy reagirono immediatamente, infiammandosi di stupore e imbarazzo.

« Oh si, e tanto anche. » Joy lo fissò con gli occhi nocciola lucidi e dall'espressione triste, mentre tendeva le labbra in un sorriso dai toni amari.

« Non… non ne avevo idea. »

« Già, perché non l'ho mai detto a nessuno. Sai com'ero -grassottella, con l'apparecchio per i denti e dei capelli inguardabili- mentre tu eri sempre stato un bimbo, e poi un ragazzino, bellissimo. Con quei tratti leggermente femminei e quegli enormi occhi scuri avevi sempre conquistato tutti. Anche me. »

Si interruppe per allungarsi a prendere la bottiglietta d'acqua sulla scrivania e a versarne un po' in un bicchiere che porse all'altro, riempiendone un altro per berlo a sua volta.

« Era incredibile che fossi io la persona più vicina a te. Noi così diversi. Io così emarginata e tu socievole… »

« Ma anche tu eri sempre tra la gente! »

« Si ma non credere che non mi sentissi sfigata da morire. »

Rise.

« Poi nell'estate tra la seconda e la terza media ho fatto lo sviluppo, praticamente… ho tolto l'apparecchio, sono cresciuta un po', mi sono asciugata dai chiletti in più… i miei capelli sono diventati un po' più seri. Mi consideravo anche una bella ragazza. »

« Sei ancora una bellissima ragazza Joy. E pure sveglia. Hai un sacco di spasimanti. »

« Si, lo so, ma eri tu che mi interessavi. Tu che mi eri così vicino eppure eri il più irraggiungibile. Mi chiedevo perché non ti interessassi per nulla a me. Eppure me lo dicevi anche, che ero così carina. »

« Ti dicevo la verità. Scusami, non volevo che stessi peggio. »

« Ma no, ero così contenta. E poi a metà dell'anno in cui eravamo in terza media mi hai detto che eri gay. Che lo sei, tuttora. »

« Perché mi fidavo di te. »

« Già. »

« Scusami. Non avrei dovuto dirlo. »

« Mah, non saprei. A dire il vero ad un certo punto mi sono sentita quasi sollevata. Perché non era un mio problema. A te semplicemente non piacevano le ragazze. Quindi non è che fossi io ad avere qualcosa in meno ad una ipotetica fidanzata del futuro, o che ne so. Mi capisci? »

« Si, si. »

« Solo adesso mi accorgo di essermi comportata molto egoisticamente. »

« Perché? »

« Insomma. Ero la tua migliore amica. Una sorella quasi. Avrei dovuto accorgermene prima. Tu non stavi affatto bene. Da quando hai capito il tuo reale orientamento sessuale sei diventato strano, più triste come. Io questo l'ho riconosciuto solo dopo una lunga riflessione, e solo dopo che me l'avevi detto. Ti ha messo a disagio, sempre, e io avrei dovuto capirlo già dall'inizio. E poi quando finalmente ti sei aperto a me il mio primo pensiero è stato per me stessa. Ho completamente ignorato le tue implicite richieste d'aiuto. Perdonami. Io si che mi sono sentita una merda. »

« Tu mi hai aiutato più di chiunque altro. Davvero. Perché anche se magari pensavi alla tua condizione, la verità è che ti sei sempre impegnata per farmi sentire a mio agio in qualunque posto. Quindi ti devo ringraziare. »

« Sarà come dici tu. » Joy sospirò, scrollando le spalle e distogliendo lo sguardo di nuovo.

« Non mi sembri molto –come dire- tranquilla. »

« Mi piaci ancora, è questo il punto. Non sono mai riuscita davvero a rinunciare a te. »

Fu così sorpreso da non riuscire a replicare.

« No aspetta, non fraintendere. » si affrettò ad aggiungere lei « In realtà credo che la mia recidività sia solo frutto di testardaggine acuta. E' proprio nel mio carattere rifiutarmi di accettarlo. Solo perché non riesco a togliermi dalla testa quest'idea… che sarebbe anche stato bello se tu avessi ricambiato. Solo perché sono così schifosamente cocciuta, tanto che mi do fastidio da sola. »

« Cosa vuoi? Cosa… cosa vuoi sapere? »

« Avrei solo voluto vedere com'era. Come sarebbe stato con te. »

Riuscirono entrambi a sostenere lo sguardo l'uno dell'altra. Continuarono a fissarsi. Joy tamburellava sulla sedia con le dita, in assenza di altro di più intelligente con cui tenersi impegnata.

« Io non ne ho idea. Per le ragazze non riesco a provare interesse. Per quanto abbia una fervida immaginazione, proprio è inutile. Non funziona. »

« Lo so. Ed è forse questo che fa aumentare la mia curiosità. »

« Si, non avrei avuto dubbi. E' proprio tipico di te. »

« Scusami. »

Andy sospirò e si sistemò meglio sulla sedia.

« Solo questa volta. »

Joy si alzò mordendosi il labbro inferiore, muovendo qualche passo verso il centro della stanza e distanziandosi dall’amico. Non era stata così nervosa neanche ad un esame. Mai. Sentì movimento alle proprie spalle e sapeva che anche Andy si era alzato in piedi. Lo vide appoggiato al termosifone, le mani in tasca, lo sguardo sul pavimento. Dopo essersi avvicinata a lui, gli prese il viso con la mano destra e lo baciò. Ah, già, si era dimenticata di levargli gli occhiali. Ma non ci sarebbe stata un'altra volta, e non badò a quei dettagli insignificanti.
Era lei.
E Andy.
Il suo primo -e per ora unico- amore.
E si stavano baciando.
E poi basta.

Si staccò.

« Lo sapevo. »

« Cosa? » chiese lui.

« Era solo testardaggine. » gli sorrise.

« Ah. Quindi? »

« Io di te non sono innamorata. »

« Ah no? »

« No. »

« Non hai sentito nulla? »

« Proprio no. Però usi un ottimo burro di cacao. » scherzò.

« Cioè, io mi sono anche sprecato a farmi baciare da te e tu vieni a dirmi che non hai sentito nulla?! »

Stavolta Joy rise sonoramente, mentre l'altro sollevava gli occhi al soffitto, e lo abbracciò inspirando il profumo dei suoi capelli.

« Però ti voglio sempre tanto bene. Ci sarò sempre se avrai bisogno di sfogarti o parlare. »

« Grazie tante, lo sapevo già. »

« Sarà meglio che mi trovo il ragazzo, sai? Mi sono crucciata per un nonnulla per ben tre anni, volendo essere pignoli. »

« Si, sarà meglio davvero, o potrei strangolarti… »

*

Una giornata iniziata in modo strano può anche finire per essere monotona. Infatti, la mattinata di Andy si era rivelata piatta come l'elettrocardiogramma di un morto, per non dire noiosissima fino allo sfinimento. Quasi rimpiangeva il brio che gli regalava Foster.

« Tu, maledetto! Per fortuna che resti sempre dopo la fine delle lezioni… così potremo parlare di te a casa mia. Vorrei tanto sapere che diavolo credevi di fare andandoci, brutto finocchio! »

Beh, forse non così tanto.

Drake era all'altro capo del corridoio, e gli si avvicinò a grandi passi. Però era solo.

« Qual buon vento? »

« Sta' zitto. » ringhiò « Come ti sei permesso? »

« Senti, se qui c'è qualcuno che si è permesso troppe cose, quello sei tu. E non alzi neanche tanto la voce, adesso che non hai i tuoi cagnolini al seguito eh? »

« Perché sono da solo non è detto che non possa gonfiarti di botte. »

« Drake. »

« Che cazzo vuoi? Non dovresti neanche fiatare. »

« E' questo il punto. Perché, perché mi odi così tanto? Io non ti ho fatto nulla. E non dirmi "perché esisti", ormai non è una scusa valida. Parliamo seriamente. Perché continui a picchiarmi così? Perché mi rovini o mi porti via le cose? Perché Drake, cosa t'interessa? »

Stavolta il ragazzo fu colto di sorpresa e non rispose subito. Lo guardò come se avesse chiesto perché il colore blu si chiama "blu".

« Nolan. » non proseguì. Non sapeva come dire quello che voleva, ammesso che lo volesse davvero.

« Cosa c'è? »

« Tu mi fai schifo. »

« Fantastico, e dimmi, ti do altri fastidi? »

« Sei un finocchio. »

« Sono gay. »

« Dillo come vuoi, è sempre una cosa schifosa. E anche contro natura. »

« E per questo devi picchiarmi? »

« Dovrei ucciderti. I malati vanno curati. »

Questo gli faceva davvero male. Avrebbe dovuto urlare per farle diventare parole stupide. Ma quel ragazzo sembrava davvero così convinto di ciò che diceva, e che quello che usciva dalla sua bocca era la verità assoluta, che Andy si sentì molto fuori posto.

« Io non sono malato. »

« Lo sei. »

« No. Sono semplicemente una persona come le altre. E comunque io mi comporto sempre meglio di te, che fai atti di bullismo. Lo sai quanti assassini ci sono nel mondo? Quanti delinquenti? Quante persone davvero cattive? O quante persone davvero malate? Pensa ai pedofili. Tutto il male che fanno ai bambini. Io non faccio male a nessuno. »

« E dimmi, con chi avrai dei figli? »

Andy tacque.

« Devo per forza avere dei figli? Dimmelo, sono obbligato? Quando avrai una famiglia, e dei figli, fanne uno anche per me, ok? »

« Per favore. Quello che hai detto è una cosa stupida. »

« Lo so. Ma non posso farci niente. Certo non sono perfetto come tu vorresti, ma io mi impegno in quello che voglio fare, e ho anch'io degli ideali che voglio perseguire. Posso fare del bene a questo mondo, anche più di te, che come massima aspirazione hai quella di correre dietro ad una palla e buttarla in un cestino appeso. »

« Il basket è uno sport, è bellissimo ed è la mia passione. »

« Perfetto, allora tu farai tanti figli e giocherai a basket, io non farò figli ma magari farò un lavoro dove si salva la vita alle persone. Siamo pari così, no? E adesso lasciami andare a casa. »

« Questo non significa che smetterai di farmi schifo. »

Andy aveva mal di gola. Non voleva certo finire a fare discorsi filosofici con quel cretino. Però li stava facendo. E si sentiva sbagliato. Ma più che altro triste, triste da morire, perché un'altro essere umano lo odiava per qualcosa che era, e non per le sue azioni verso il mondo.
Era l'odio che gli faceva male.
Sentiva un peso su di sé.
Un peso che non voleva portare. Avrebbe voluto sentirsi normale.
Normale come gli altri. O forse anche no.
Non ne aveva idea, a dire il vero.
Avrebbe voluto morire, se questo gli avesse portato un po' di sollievo.
Non si era mai sentito così depresso, mai.
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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Questo capitolo è stato peggio di un parto trigemellare, l'ho cancellato e riscritto totalmente non so quante volte. Spero che così sia almeno in parte comprensibile. E' difficile spiegare perché Drake abbia continuato a maltrattare Andy, ed è difficile spiegare la reazione finale di Andy, i meccanismi del suo cervello contorto da Re delle Pare Mentali. Gomen nasai in anticipo >__>
Volevo rispondere a cry_chan che mi ha lasciato una recensione che mi ha colpito o.O mi ha colpito davvero!! Non credevo che una mia storia potesse suscitare tanto sentimento xD Grazie a te per leggerla, e grazie della recensione ^_^

Volevo anche cogliere l’occasione per dire a tutti coloro che leggono, che se lasciano due righe (mi bastano davvero due righe!!) in cui mi dicono che ne pensano della storia, sarei davvero felice…perché vedo che ci sono parecchie letture, e siccome i consigli aiutano a migliorare, qualunque cosa abbiate da dire su questa fic, per favore scrivetela…Grazie a tutti!! Finora siamo a quota 1180 hits!!!
Grazie di cuore^^
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« Ti faccio schifo? »

« Si. »

« E non mi pento di quello che ti ho fatto. »

Andy si sentiva come sotto una pressa, soffocato, senza ossigeno, schiacciato.

« Tu pensi che solo perché io sono diverso da te, allora puoi sentirti in diritto di ghettizzarmi, o peggio, eliminarmi? Un po' come quando chi usciva un po' dagli schemi era classificato come eretico, oppure quando le donne che volevano sentirsi più emancipate erano etichettate come streghe e bruciate sul rogo.
Ma non siamo più nel medioevo, né ai tempi dell'Inquisizione.
Bisogna guardare la cosa in un modo più umano. Ci hai mai pensato a questo? »

« Certo che ci ho pensato, ed è a quello che hai visto finora che sono arrivato. »

« Davvero? »

« Esatto. »

« Ma… sei sicuro? Che quello che pensi sia giusto? Se così fosse, la violenza sarebbe giusta. Ed è un controsenso. »

« Violenza? Io direi piuttosto correzione di una malattia. »

« Invece è violenza. E qualsiasi sia la tua motivazione, è sbagliata. E non si può giustificare. Cos'è, vuoi intraprendere un'altra Crociata? Vuoi fare una Guerra Santa? Io non posseggo di certo la "verità assoluta", però neanche tu. E non dovresti sentirti in diritto di giudicare.
Anche perché io credo che quello che pensi non sia farina del tuo sacco. »

« Nessuno mi costringe a pensare cose che non voglio pensare. »

« Invece sì. »

« E chi? »

Andy si prese del tempo prima di rispondere. Non riusciva a guardare l’altro in volto, e lasciò vagare gli occhi su ogni dettaglio che il cervello archiviava ma che lui non vedeva realmente. Forse parlare a Drake in questo modo, con paroloni e discorsi seri, era buttare perle ai porci. Forse si sarebbe sentito deridere e schernire. Però quello che diceva gli veniva da dentro, dal profondo. Drake non era cattivo. Uno cattivo è più subdolo. Uno cattivo non ti risponde quando gli fai obiezioni: elude le tue frasi e ti ferisce, non con percosse, ma con parole. Quegli occhi dorati di cui non sopportava l’insistenza dello sguardo non portavano odio. A volte disgusto, curiosità, ma non odio.

« La società. » mormorò infine « E anche una morale troppo chiusa e bigotta. Ma se ci pensi bene non c'è scritto in nessuna legge che chi è "diverso" va fatto fuori. Quindi non puoi attaccarti a queste motivazioni. »

Drake sospirò. Le iridi di solito energiche e fisse erano stavolta tremule, vive ma cariche di turbamento. Tentò di parlare, non disse nulla e sospirò di nuovo. Anche lui ora era in difficoltà. L’attenzione era catalizzata dal muro, dal pavimento. Dalle cose sterili. Da ciò che non poteva fargli domande a cui aveva timore di rispondere.
Tentò di dire qualcosa.
Si, ma cosa? Tanto valeva parlare in modo sensato. Tanto valeva riconoscere le proprie mancanze, i propri limiti.
Alzare bandiera bianca, almeno per un po’. Liberarsi dai crucci.

« Vuoi la verità? » rispondere con una domanda non era gratificante per nessuno dei due, ma l’altro annuì piano invitandolo a continuare. Avrebbe voluto anche gli insulti, pur di ricevere una risposta.
« Quelli come te mi fanno paura. Contrariamente a quanto pensi io non sono stupido, e ci ho pensato parecchio su questo. Ho anche provato a trattenermi dal picchiarti, ci ho provato davvero. Ma è più forte di me.
Ogni volta che ti vedo mi trovo a chiedermi perché non puoi essere come tutti, perché devi essere così… anormale, perché devi turbare la tranquillità… »

« La tranquillità?? Ma che cazzo dici? Cosa sei? Un cavallo con i paraocchi che ha paura di buttare lo sguardo su una strada che non sia quella verso cui è indirizzato? »

« Senti frocetto, non mi farai venire i sensi di colpa in questo modo. Non ci sperare. »

« Non voglio farti venire nessun senso di colpa. » ora sentiva lui stesso la rabbia montare.

Una rabbia che non avrebbe voluto provare. Che cavolo voleva quello? Rimanere fossilizzato lì, tra quelle solite quattro mura, senza un minimo di cambiamento, perché altrimenti qualcuno avrebbe potuto “turbare la tranquillità”…ma stava per caso scherzando?! Ricorrere alla violenza pur di far restare tutto forzatamente uguale? Usare delle barbarie pur di mantenere la facciata perfetta? Era così… così…ipocrita!

Si rendeva conto anche minimamente di tutto quello che gli aveva fatto passare?
No. Certo che no.

« Ma sei davvero sicuro di ciò che pensi? La violenza per te è giusta? Anche se usata in questo modo, è giusta? »

« L'hai detto anche tu che non ho la verità assoluta, ma non cambierò idea e intendo andare avanti per la mia strada. »

« Ma ti senti quando parli? Neanche un nazista farebbe discorsi simili! E poi ostenti tanta determinazione quando neppure tu sai davvero quello che fai. »

« Cosa? »

« Anche con la storia del mio cellulare… l'hai preso ma poi l'hai tenuto bene come se fosse stato tuo. E' come se agissi e poi facessi dei passi indietro. »

Drake distolse lo sguardo mentre negava. Questo significava solo una cosa per Andy: era davvero insicuro delle proprie azioni. E anche se aveva riflettuto, agiva ciecamente, seguendo l’istinto, seguendo il suo subconscio, comportandosi in modo ipocrita perché era quello più comodo. Ma non era giustificabile: Drake era grande, poteva capire ormai che il concetto di fondo era il rispetto della persona in sé, non poteva cavarsela dando la colpa agli insegnamenti ricevuti o dicendo “lo faccio ma non so perché”, non era accettabile.

« Io non faccio nessun passo indietro. »

« Allora perché quella volta non l'hai gettato? » non sapeva realmente che dirgli. Non ci capiva più nulla di quelle reazioni tra l’imbarazzato e il confuso e l’infastidito.

« Vuoi che lo faccia adesso? »

« Non è questo il punto. Devi ammettere che neppure tu sei davvero sicuro di quello che fai! Perché è così!! Svegliati! » il timbro della sua voce era esasperazione.

Drake ridacchiò.

« No, mai, perché non è vero. »

« Invece io sono convinto che tu sia solo orgoglioso, e non vuoi ammettere di sbagliare. Ma anche se tu ti scoprirai, io non ti giudicherò, perché a differenza di te sono una persona civile. »

Però si stava comportando in modo infimo. Gli stava sbattendo in faccia le sue debolezze, come Drake aveva fatto con Andy per anni. Girava il dito nella piaga. Foster, quello che non ha mai dubbi su nulla. Il modello, il punto di riferimento.
Quello popolare.
Quello giusto.
Che invece si rivelava essere la persona più insicura sulla faccia della Terra. E falsa, in un certo senso. Era così frustrante.

« Sarebbe come darmi del cretino da solo. »

« Dovresti solo riconoscere di essere umano e quindi di non essere infallibile. Non hai novant'anni, è ovvio che a quest'età si facciano delle cazzate. »

Drake sospirò quasi sconsolato. Andy mosse qualche passo verso di lui.

« Si forse non mi sono comportato nel modo migliore possibile, ma non è colpa mia. »

L'altro non disse nulla. Davvero, era già un passo avanti la discussione che era appena avvenuta, ma di nuovo pensò che proprio non riusciva, né voleva, giustificarlo per le sue azioni. Non si può scagliare una bomba e dopo scusarsi dicendo che tutti commettono sbagli. Troppo semplice. Chi ha sbagliato deve anche pagare. Ma che poteva fare? Che poteva dirgli? Non era un giudice. Non era un carceriere. Non un boia. Non un’entità superiore che poteva elargire giudizi a destra e a manca.
La sensazione di impotenza lo affondò. Voleva piangere, per liberarsi di tutta la tensione, ma se ne sarebbe vergognato.
Anche Drake già si vergognava di se stesso. Il suo volto era la personificazione del rimorso. Lo sguardo basso, dimesso. Si mordeva il labbro inferiore.
Ma non bastava.

“Non voglio le tue scuse, non me ne faccio nulla delle tue scuse!!”
Lo urlava dentro di sé ma la voce non usciva e la gola gli doleva da morire, come avesse ingoiato fuoco vivo.
“Tutto quello che voglio da te è che tu soffra! Sono cattivo.
Sono stronzo adesso, si, lo sono e non me ne pento! Mi hai fatto desiderare, alcune volte, di non essere mai nato…”

Aveva davvero bisogno di piangere. Ma dopo lo sfogo avrebbe ancora sentito quella rabbia che non poteva sconfiggere… Voleva solo che Drake provasse sulla propria pelle ciò che lui stesso aveva avvertito: la sensazione di essere sbagliato. Ma quel ragazzo era inattaccabile. Non aveva nulla a cui aggrapparsi per questo. Poteva essere incerto sui propri pensieri, sui propri ideali, ma sulla propria identità no.
E un uomo si sente perso quando non ha più nulla in cui riconoscersi.
E Drake…
E lui…

Un pensiero gli balenò in testa, e Andy si sentì vittorioso. Col senno di poi si sarebbe definito pazzo, senza alcuna razionalità, ma in quel momento, dove la ragione non aveva alcun peso, il sottile inganno che il suo cervello stava architettando gli sembrò la soluzione perfetta.
Perfetta per affossare anche se solo di un poco Drake.
Perfetta per vendicarsi.

« Sai Drake » iniziò, la voce incerta e tremula per l’emozione. Stava facendo un azzardo…ma doveva provare…
« il fatto è che...la cosa che più mi ha fatto soffrire in tutto questo tempo, è che all'inizio io ti ammiravo. Mi sembravi una brava persona. »

« Senti, risparmiati le ramanzine. » non si era accorto di nulla. Ci credeva a quel “ti ammiravo”. Ci credeva perché era impegnato a pensare a se stesso. Di nuovo.

« E poi...tu... »

« Cosa c'è? »

« Tu eri sempre così lodato da tutti. Così solare. Così affabile. Così carino. »

Drake indietreggiò. Forse aveva capito. O forse no. Forse era l’effetto sorpresa. Andy decise che quella era la volta decisiva. Doveva recitare una parte. E l’avrebbe fatto benissimo.

« Cosa vuoi da me? » la voce uscì stridula, tanto da farlo stupire di sé stesso.

« E invece ti sei rivelato quello che più di tutti mi odiava... »

« Ti ho già detto che non ti odio. »

« Ma sembrava così!! E proprio perché eri tu mi ha buttato il morale a terra. »

« Perché, cosa c'entro io? »

Andy si scoprì un bravo attore, assumendo la propria espressione più triste e contrita.
E, in quel momento, decise di mettere da parte la propria coscienza.

« Perché tu mi sei sempre piaciuto da morire... »

Riuscì a resistere dallo scoppiargli a ridere in faccia.

« Eh? »

« E' vero. »

Invece no, disse quella solita coscienza, che si sbrigò a zittire.

« Io ti piaccio? » incredulo, sbigottito, con la mascella cadente per lo stupore.

« Si. »

Invece non è così.

« E tu invece ti sei messo con Shirley... »

Proprio la ragazza più popolare della scuola.

« Ma a lei interessi solo perché sei il ragazzo più in vista di tutti. »

E a me neanche per quello.

« E allora? » sbottò Drake, ancora indeciso su quale santo chiamare in aiuto.

« Tu le vuoi bene? »

« E' carina, tutto qui. Un divertimento, e lo sa anche lei. Mica dobbiamo sposarci, solo che io sono un uomo, lei una donna, e a volte abbiamo bisogno, per così dire, di contatto fisico. »

Drake era un sempliciotto. Stava al suo gioco senza saperlo. Colto dall’effetto sorpresa, si era dimenticato di intimargli di farsi gli affaracci suoi. E Andy aveva facilmente fatto breccia nella sua intimità. Aveva acquistato un po’ di confidenza.

« Quindi la usi? »

« Non ho detto che non sono affezionato a lei... »

« Però non siete così interessati l'uno all'altra...quindi perché non stare con qualcuno che ti vuole bene non solo per la tua popolarità? »

« Qualcuno, chi? »

« Io. »

Ma per favore.

« Anche se mi hai fatto soffrire tanto...non smetterò di averti nel cuore. »

Mi sembra di guardare un film strappalacrime di serie B, così esagerato…e non guardarmi così.

« Ma che stai dicendo? »

Sto sparando cazzate, non lo capisci? No che non lo capisci. Tu ci credi. Perché per quanto sciocco e perditempo alla fine sei ingenuo. Troppo.

« Mi piaci. Se tu provassi a conoscermi meglio, allora forse... »

« Forse cosa? » guardava Andy come se il moro fosse impazzito. Ma se l'aveva sempre evitato come la peste, come faceva a dire di essere interessato a lui? Cos'aveva, la sindrome di Stoccolma?*

Prima di rispondere Andy lo fissò negli occhi.

« Forse potrei piacere anch'io, a te. »

« Impossibile. »

Tu dici?

« Tu dici? »

Drake sarà anche stato agile e veloce, ma erano troppo vicini perché potesse scappare. Inoltre, nello stato confusionale in cui era non riuscì a capire bene ciò che stava succedendo.
Andy allungò una mano e la poggiò sulla sua spalla, per poi portargli entrambe le braccia al collo, e premere le labbra sulle sue.
L'altro rimase così, immobile, incapace di elaborare i dati, segnali disperati che gli vorticavano nel cervello.

Poi di colpo si rese conto di quello che stava facendo.

Lui. E Andy. Stava baciando un ragazzo.

E non avvertì nulla, non brividi, non repulsione, non schifo, perché alla fine sentiva solo un paio di labbra che erano quasi come le sue, che non avevano nulla di così orrendo. E fu quello che lo spaventò oltre ogni altra cosa.
Joyce la chiamava “epiphany”. Rivelazione.
Per la maggior parte delle volte scioccante e inaspettata.

« Questo è troppo!! »

Si divincolò spingendo l'altro più lontano possibile da sé, e incapace di proferire altre parole, corse via coprendosi la bocca con una mano, come se fosse qualcosa che non doveva mostrare in pubblico per nessun motivo.

Andy non si mosse.

*

« Dre', stai bene? »

« No. »

Shawn si aspettava che all'inizio l'amico negasse. Invece una risposta cosi diretta lo colse di sorpresa.

« Ehi, che succede? E' tutta la mattina che sei strano. »

« Niente. »

Adesso lo riconosceva.

« Ma se hai appena detto che non stai bene. »

« Sono affari miei. Non ti riguardano. »

Interdetto, non seppe cosa replicare.

« Insomma...non è credibile! » il castano saltò fuori con un affermazione che solo lui capiva.

« Non è credibile cosa, Drake? »

« Dopo tutto quello che abbiamo fatto, dopo tutto quello che HO fatto, cosa mi viene a dire? »

« Di cosa stai parlando? Mi sono perso qualche passaggio? »

« Avanti, la lezione è finita, andiamo a pranzo in mensa. »

Senza guardarlo infilò la tracolla della cartella e si diresse fuori dall'aula. Shawn era un po' preoccupato. Non che Drake fosse sempre stato allegro, per carità a tutti capitavano momenti "no", però di solito ne parlava, non manteneva il silenzio stampa a quel modo.

« Ehi, cosa ti succede oggi? »

« Smettila di chiedermelo, ok? »

Il ragazzo tacque. Appoggiò a terra la propria roba e andò a prendere un vassoio e un paio di piatti, poi si diresse al bancone del cibo.
Dopo poco tornò e porse all'amico una porzione di pasta col formaggio, che iniziò a rimestare controvoglia con la forchetta.

« Almeno potresti mangiare un po'. »

« Non ho fame. »

« Proprio non vuoi dirmi cos'hai? »

Drake lo guardò fisso con un'espressione indecifrabile. Poi gli si avvicinò iniziando a parlargli sottovoce.

« Senti...se un ragazzo ti dicesse... »

« Che cosa? »

« Se ti confessasse... »

...

« Vuoi andare al punto del discorso? »

« Ah. No. Niente. »

« Come "no, niente"? »

« Quello che ho detto. Lascia perdere. » e infilò in bocca una forchettata di pasta.

« Ehi, pensi proprio di ignorarmi così? »

Ma per il resto della giornata non ricevette nessuna risposta.

Più tardi, verso le quattro, i due con tutto il resto della squadra si diressero all'allenamento di basket, nella palestra. Come al solito Miller li aspettava puntualissimo e col classico cipiglio burbero. Mai che si sciogliesse, quell'uomo. Neppure alla loro vittoria di domenica aveva fatto qualcosa in più che dire "Bravi ragazzi" e "Dovremo comunque migliorare".
Sembrava un carceriere, più che un allenatore.

Drake a questo non badò. Il suo pensiero era rivolto a Nolan.
Che diavolo gli era saltato in testa? Come fa a piacerti una persona che non ha fatto altro che trattarti come uno straccio da piedi? E comunque Andy non conosceva nulla di lui, solo la facciata.
Boh. Era nel caos più assoluto.
E comunque, oltretutto, come aveva potuto baciarlo? Non che fosse stato il suo primo bacio, però di certo era la prima volta che baciava un maschio. Non gli era successo mai, neanche per sbaglio.
E la cosa che gli dava più fastidio era che non faceva tanto...schifo. Era stato solo un bacio.

Mike, uno dei suoi compagni di squadra, gli sfrecciò davanti palleggiando, e interrompendo per un attimo il filo dei suoi pensieri.

« Lui però non lo bacerei manco morto. » bisbigliò a sé stesso storcendo la bocca.

Si stupì di quanto aveva detto solo dopo aver realizzato pienamente la frase.
Anche di Nolan pensava la stessa cosa. All'inizio, almeno. Il solo toccarlo, che non fosse per prenderlo a pugni, gli provocava stizza, fastidio. Ma se ripensava a quel breve momento in cui le loro labbra erano entrate in contatto, non riusciva a trovarsi disgustato.

« FOSTER!! »

Un urlo titanico lo riportò con i piedi per terra.

« S-si, coach? »

« Si può sapere a che stai pensando?! Il canestro, l'hai sbagliato tre volte di fila! »

« Mi scusi. »

« Quando sei sul campo devi pensare al campo, e basta. Sono stato abbastanza chiaro?! »

« Certo coach. Non si ripeterà più. »

Ma proprio due minuti più tardi, un'altra disattenzione si fece avanti, e lui venne riportato alla realtà da un colpo fortissimo sul naso che lo fece capitolare a terra.

« Ehi Dre', stai bene?? »

« Che diavolo è successo?! »

« Ma come, non hai sentito Dan?, ti ha urlato dietro di prendere la palla tre volte! E alla fine tu l'hai presa, direttamente in faccia però. »

« Il naso non è rotto, non ti preoccupare, ho solo preso una zuccata. »

« Vai in infermeria. Anzi, ti accompagno. »

« Grazie, riesco a camminare da solo. » sbottò.

Un'espressione ferita si dipinse sul viso di Shawn. Drake si sentì un po' in colpa, ma si alzò da terra e snobbando il leggero capogiro che ne seguì, partì e uscì dalla palestra.

Non era nulla. Solo una botta.
Drake riposava seduto su un letto, con un pacchetto di ghiaccio secco premuto sul naso. La dottoressa se n'era andata in presidenza, per alcune questioni amministrative, e lui era rimasto da solo. Per evitare scocciature, tirò le tendine bianche in modo da celarsi alla vista di chiunque fosse entrato.

Dopo dieci minuti circa, nei quali si stava annoiando a morte, sentì la porta aprirsi.

« Dottoressa? » disse la persona che era appena entrata. Non capì se fosse qualcuno di sua conoscenza perché la voce gli giungeva ovattata da dietro il paravento.

Nessuna risposta.

« C'è nessuno? »

Silenzio.

« Dottoressa? »

"E che palle...ma non ha niente di meglio da fare, questo qui?"

Drake scostò leggermente la tendina per vedere chi era quel testardo che continuava a sbraitare ad un muro, e quando lo vide quasi cadde dal letto. Sperava di non aver fatto troppo rumore, ma sapeva che nel silenzio più totale i suoi sussulti dovevano essere risuonati come colpi di pistola.

« Ah ma allora c'è qualcuno... »

"no, no, no, no!!"

Il ragazzo che era appena entrato si avvicinò al suo letto e tirò la tenda.

« Drake Foster? »

Merda. Era proprio Nolan.

« Drake, cosa ti è successo? »

« Niente, assolutamente niente. E stammi lontano! »

« Si, si certo... »

Il ragazzo si sedette ai piedi del letto senza guardarlo.

« Devo solo aspettare che rientri la dottoressa, non ti darò fastidio. »

In realtà la sua sola presenza gli faceva andare il sangue alla testa. Era in stato confusionale, pensando a lui, a lui e a quello stupido comportamento a cui era stato spettatore il giorno prima. Ma Andy rispettò ciò che aveva detto, non lo guardò né gli rivolse la parola.
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* La sindrome di Stoccolma è a grandi linee una difesa psicologica che si sviluppa in persone che sono state rapite o segregate o seviziate, e che le porta ad affezionarsi o innamorarsi del rapitore o di chi ha fatto loro del male, pur di non avvertire la sofferenza.
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Per il momento il capitolo è finito, ma non questa vicenda dell'infermeria. Semplicemente stava diventando troppo lungo e ho dovuto tagliare una parte, che inserirò nel prossimo.
Inoltre volevo farvi vedere più o meno le facce di quei due. Questo è il link di un disegno di Andy e Drake, che siccome mi piacciono molto insieme, ho ritratto abbracciati. Per vederlo, cliccate lì ---> AD

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Grazie delle recensioni, ragazze, sono davvero felice Q3Q così mi fate arrossire...che tenerezza...le risposte le metto subito, così poi potete andare alla lettura in tranquillità...
@cry_chan: non ti preoccupare, aggiorno! Il fatto è che sono una che rischia molto la "fuga dell'ispirazione" e anche se ho dei capitoli già pronti aspetto, di norma, un mese prima di postare il successivo, in modo da non creare disagi se per caso mi partisse qualche neurone...capisci? =)
Grazie mille per i complimenti ^^
@DarkViolet92: (che bel nick) beh c'è sempre una prima volta ^^ grazie mille del commento, mi fa piacere...=)
@damis: se ci fossero un Andy e un Drake io spererei che almeno avessero un po' più di neuroni di questi due xD a quanto pare la versione "confusa" di Drake è molto piaciuta...bene, perché sarà confuso per molto tempo ancora!! u_u grazie del commento =)
@Regina di Picche: anche il tuo è un bel nick! solo il mio fa schifo? °__° intanto grazie per l'occhiata alla gallery in dA ^__^ poi grazie per la recensione, è molto attenta °v° di sicuro avrò disseminato imprecisioni ed errori di battitura, ma non sono molto brava nel controllare, e va a finire che quando rileggo dopo qualche mese mi verrebbe da bruciare tutto...grazie davvero per leggere la mia storia =) e non preoccuparti per le recensioni, se hai voglia di scrivere qualcosa bastano due righe...mi fa solo tanto piacere sapete cosa pensate !! così posso migliorarmi òwò
@reader: si Drake ha una maschera di AMIANTO sulla faccia...ma Andy scava u.u e comunque, non che lui sia un santo >__> grazie del commento!! Mi piacciono le persone che si fan prendere dalle emozioni *lascia perdere i miei scleri...*
@jecu: che tenerezza questo commento, con il "ti sa conquistare poco a poco" ç___ç grazie...!!
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Per paura di qualche mossa azzardata, Drake non gli tolse gli occhi di dosso. Poteva sembrare paranoico, ma non se ne curò affatto.

Guardandolo bene, con più attenzione, Andy era davvero un ragazzo particolare.
Aveva tratti delicati, e una pelle molto chiara, che contrastava con i capelli neri.
Drake sotto quel punto di vista si considerava uno nella norma, certo, era un ragazzo carino, eppure aveva un viso abbastanza anonimo. I capelli castano chiaro, un naso regolare, labbra che non erano ne carnose né sottili...Andy attirava più l'attenzione.
Anche perché era magro, ma non così esile, se lo si guardava bene. Ed era solo circa cinque centimetri più basso di lui. Eppure non apparteneva a nessun club sportivo, solo alla redazione del giornale della scuola.
Provò a pensare a com'era prima. Prima che scoprisse che Andy era gay.
Non l'aveva mai tenuto molto in considerazione. Avevano frequentato le stesse scuole medie.* Effettivamente Nolan era molto ben voluto, da tutti. Ma il loro istituto non era molto grande. La loro High School comprendeva invece più di duemilacinquecento studenti.
Non gli era mai stato neppure antipatico. Indifferente, a dirla tutta.
Finché un giorno, all'inizio della prima superiore, lo vide baciare un ragazzo nel cortile sul retro. Allora ne parlò con Shawn e gli altri della squadra. E da quel momento divenne il loro stupido passatempo.
Effettivamente, adesso, ripensandoci in un altro modo, e da un altro punto di vista, si sentiva davvero un idiota. In fondo non era colpa di Andy se non reagiva ai pestaggi, o alle provocazioni. Lui era molto spesso da solo, ma aveva l'appoggio, per così dire, del "branco". Avrebbero potuto rovinargli la vita in due minuti, se l'avessero voluto. Andy era supportato da Cook, la sua amica. Non l’aveva detto a nessun altro, Drake ne era praticamente certo.

« Scusa, per cosa ti serve? »

Andy alzò la testa di scatto, riportato bruscamente alla realtà da uno stato quasi catalitico.

« Come? »

« La dottoressa. »

« Ah. Un articolo del giornale. »

« Quello della scuola? »

« Si. Sai, per i fondi all'infermeria e cose simili. »

« Ah, capisco. »

Si sentiva molto stupido a parlare di cose tanto superficiali con lui. Dopo tutto quello che era successo, dopo quello che aveva fatto, dopo i loro discorsi. Dopo il bacio.
Si sentì avvampare le guance e si voltò a guardare quanto erano sexy i neon della stanza. Si, di un ottimo giallino colera, impolverati al punto giusto.
E dire che era sempre stato così disinvolto, con gli altri e con Shirley. Si erano scambiati effusioni in pubblico parecchie volte. Però quell'unico brevissimo contatto era per lui tanto strano e fuori norma che si imbarazzava a pensarci tra sé e sé.
Avere quella presenza lì accanto, gli procurava tensione. Se ne sentiva talmente tanta attorno che avrebbe potuto toccarla con le mani.

« Stammi un po'a sentire, vuoi dirmi cosa ci trovi in me? »

« Devo avere dei motivi? Mi piaci e basta. »

Risposta pronta. Andy tornò di nuovo a guardare altrove, apparentemente ignorandolo. Drake invece si sentiva agitato, ed era incapace di stare fermo.

« Non può essere solo quello. Devi avere...dei...motivi. »

« Che cocciuto che sei. Ti ho detto che non lo so. Mi piaci e basta. »

« Insomma, pensaci! »

Stavolta l'altro aspettò prima di rispondere. Drake notò in lui un cambiamento di espressione, ma non riuscì a decifrarlo. Era già abbastanza impegnato a cercare di non scappare.

« Uhm, vediamo... »

Non sapeva che dire. Pensava che bastasse zittirlo con una risposta secca, ma stavolta non ci era riuscito. Provò a pensare ai lati positivi di Foster. Era un bravo cestista.
Interessante.
Lui di basket non ci capiva un'acca.
Era bello.
Troppo superficiale. Anche se doveva ammettere che era bello davvero. Quei furbi occhi dorati avrebbero attirato l'attenzione di chiunque.
Era...solare? Certo, finché non ti ringhiava addosso e ti rompeva gli occhiali e ti pestava e ti rubava metà cose.
Però doveva ammettere che era solare.

« La tua...vitalità? »

« Tutto qui? » sembrava un po' scettico.

« Sei carino. Molto carino. » gli sembrò che Drake fosse arrossito. Doveva essere una sua impressione.

« Oh si, carinissimo, soprattutto con questa cosa sulla faccia e un naso gonfio e rosso che sembra un incrocio tra una carota e un peperone. »

« Ma dai, è perché hai preso una botta. Forse. Hai preso una botta? »

« Pallonata. »

« Ah. »

« Beh, continua. »

« Certo che devi essere davvero narcisista per farti dire tutte queste cose. »

« Sono solo curioso! »

« Anche la tua curiosità è un lato positivo. Almeno, a me piace. Sei curioso come un bambino. » sparata sul momento. Per fortuna gli dava degli indizi su cosa dire.

« Ma sta' zitto... » voltò la testa dall'altra parte per non farsi vedere.

Andy si accorse che era davvero arrossito. Allora non era stata una sua impressione, Drake si era imbarazzato. Questo un po' lo lasciò spiazzato. Non aveva mai visto il suo lato "infantile". Non immaginava che ne avesse uno. Drake, quindi, era una di quelle persone che sembrano avere una scorza dura, ma che in realtà sono morbide come burro.
Non credeva che solo per uno stupido bacio gli si sarebbe schiuso come la corolla di un fiore in primavera.
Era stupito. E anche un po' perplesso.

« Guarda che se continui a tenerti quel sacchetto di ghiaccio sul naso, ti si staccherà per congelamento. »

Il ragazzo si girò di nuovo a guardarlo. In effetti, doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Dal freddo, il naso gli faceva un po' male. Abbassò il ghiaccio e lo mise sul tavolino di fianco al letto.

« Ehi. »

« Cosa vuoi? »

« Scusa sai, potresti essere anche un po' più gentile quando rispondi... comunque ho visto che hai un taglio. »

« Dove? » Drake si osservò le mani.

« No, in faccia. Probabilmente quando hai preso la pallonata ti ha anche graffiato. Sanguini, aspetta. »

Si alzò e andò a trafficare in un armadietto, poi tornò con una bottiglietta contenente un liquido verde chiaro trasparente, un batuffolo di cotone e un cerotto.
Drake cercò di indietreggiare, ma non riuscì a fare altro che risalire di poco sulla testiera del letto.

« Cosa vuoi fare? » la voce gli uscì stridula.

« Ti disinfetto, tutto qui. Adesso sta' fermo, mi sembra che questo disinfettante sia di quelli che bruciano. »

Sembrava fuoco liquido. Ma non era quello che lo preoccupava. Piuttosto, Andy gli si era avvicinato un po' troppo, per una semplice disinfettata. Insomma, aveva le braccia lunghe, poteva anche distenderle, non serviva che gli stesse così appiccicato. Cercò di non incrociare il suo sguardo.
Gli tolse il batuffolo.

« Brucia? »

« Solo un po'. Non muoio, non ti preoccupare. »

Andy stava per aprire la confezione del cerotto, quando l'altro gliela strappò di mano.

« Sono capace di mettermelo da solo. »

« Già, e scommetto che vedi benissimo dove hai il graffio perché hai gli occhi anche sulle mani, vero? Eh si, li vedo... avanti idiota, da' qua. »

E glielo tolse senza tante cerimonie dalle dita, poi glielo schiaffò altrettanto bruscamente sul viso, prese il disinfettante e il resto e andò a metterli via.
Drake pensò che forse si era offeso.
Il broncio con cui l'altro tornò a sedersi non fece altro che confermare.

« Ok, ok, grazie. »

« Mh. » fu la sua unica risposta.

« Comunque per inciso, sappi che il tuo amore incondizionato, non è corrisposto. »

« Come fai a dirlo? »

Inarcò un sopracciglio.

« Vuoi che non sappia neanche quello che penso? Ti ho detto che non mi interessi! Zero. Nada. Comprendi? »

« Ma se non mi conosci neanche come fai a dire che non sei interessato a me? »

« Beh neanche tu mi conosci ma a quanto pare sai benissimo che sei interessato. E' lo stesso discorso, non ti pare? »

« No. Perché non puoi rifiutarmi a priori. »

Mamma mia che testa dura.

« Senti, Nolan, sei un ragazzo, e tanto basta. »

« Ne sei sicuro? »

Drake sentì un nodo prendergli la gola, cosa che lo impossibilitò a rispondere. Andy gli si avvicinò lentamente.

« Prova a pensare che io sia Andy. »

« Tu sei Andy. » cercava di prendere tempo.

« Si, ma...solo Andy. Una persona. Fine. »

« E poi? »

« Chiudi gli occhi. »

« Non se ne parla neanche. »

« Se non vuoi provare, scappa. Vattene. »

Forse era vero che la curiosità di Drake era pari a quella di un bambino.
Non si mosse.
Questa volta registrò tutto molto meglio.
Ogni sensazione, ogni movimento, ogni sospiro. Le labbra di Andy erano piacevolmente calde, e descrivevano degli spostamenti quasi circolari sulle sue. La sua lingua, umida...un momento. La sua lingua??

« Ehi, ehi, frena!! » si staccò bruscamente.

« Che c'è? »

« Pensavo che volessi baciarmi! » la sua voce suonava quasi scandalizzata.

« E io cosa stavo facendo? » chiese l'altro infastidito per essere stato interrotto sul più bello.

« Mi hai messo la lingua in bocca! »

« Detto così non è per niente piacevole. »

« Comunque non dovevi farlo. »

« Mai sentito parlare di bacio alla francese? »

« Io la chiamo slinguazzata. »

« Però. Che finezza. Ad ogni modo finché non te ne sei accorto non mi sembrava che ti facesse tutto 'sto schifo. »

Dovette riconoscere, anche se a malincuore, che aveva ragione. Ma si era spaventato, e l'aveva interrotto. Diamine, odiava non avere il controllo della situazione. Di solito le ragazze si piegavano a lui come carta al vento, facevano tutto quello che lui, anche implicitamente, chiedeva. E anche in quella situazione così nuova e palesemente assurda, voleva essere lui a tenere in mano le redini del gioco. Perché era di un gioco che si trattava, no?

« E va bene. » disse infine, in un sussurro. « Vuoi che provi questa inebriante esperienza? » chiese con tono canzonatorio.

« Sei tu a volerlo. »

Drake preferì glissare sull'ultima frase del moro. Si mise in posizione più eretta con la schiena, portò una mano dietro la nuca dell'altro e annullò la distanza tra loro. Insinuò la lingua tra le sue labbra fino a che i due muscoli si intrecciarono, poi iniziò a muovere il capo in modo deciso. Curiosità, ecco ciò che lo spingeva ad agire. Da parte di Andy, amore. O questo era quello che credeva lui.
Stavolta fu proprio Andy il primo a staccarsi.

« Ma non puoi essere un po' più delicato? »

« Di cosa ti lamenti? »

« Non so, stai cercando forse di ammazzarmi? »

« Sei tu che non sai apprezzare. » gonfiò il petto orgogliosamente « Io bacio benissimo. »

« Allora, oltre che baciare benissimo, prova ad essere un po' più dolce! Così ti godi meglio il momento, ci hai mai pensato? Lo so che magari per te baciarsi è un preliminare stupido e che deve durare poco, tanto basta arrivare al sodo, ma io non la penso come te. »

« Tsk. » sbuffò l'altro. « Femminuccia. »

Il moro gli scoccò un’occhiata rabbiosa.
In quel momento entrò la dottoressa. Andy la chiamò, per il suo articolo, momentaneamente dimentico di Drake, e l'altro ne approfittò per levare le tende.

« Doc, io sono a posto, tolgo il disturbo! »

« Aspetta. »

Il ragazzo si sentì fermare da una lieve stretta attorno al suo polso. Si voltò, e vide due pozzi color caramello che lo fissavano supplicanti da dietro un paio di occhiali.

« Aiutami anche tu, a raccogliere le informazioni. Ok? »

« Eh? »

Andy gli si avvicinò, per parlargli senza essere sentito dalla donna seduta alla scrivania. Perché Andy sapeva di doversi conquistare la sua fiducia. Drake no. Per cui lo ascoltò.

« Stai un po' con me. Cosa ti costa? »

Effettivamente, nulla.
Di nuovo per semplice curiosità, il ragazzo rimase con l'altro. Ascoltarlo fare milioni di domande alla dottoressa era di una noia mortale, ma lui era interessante.
Si stupì di vederlo così concentrato nello scrivere le risposte della donna di fronte a loro, le sue lamentele per quanto le strutture di primo soccorso nella scuola fossero carenti di manutenzione e obsolete, per il disinteresse del preside nei confronti di un argomento tanto delicato, per il rischio a cui erano sottoposti gli studenti.
Non la stette molto a sentire, per la verità, ma guardò Andy mentre annotava le cose scrivendo alla velocità della luce sul blocchetto per gli appunti.
Notò che in alcuni passaggi importanti, aveva il tic di mandarsi alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio sinistro, con una tale noncuranza che si aspettava che prima o poi si graffiasse da solo.
Quando ebbe finito, salutò brevemente la dottoressa e uscì dalla stanza.
Assonnato, anche Drake fece lo stesso, ma prese la direzione opposta a quella dell'altro ragazzo, finché una voce non lo bloccò.

« Dove vai? »

« A casa. »

« Non vieni con me? »

« Dove? »

« Alla redazione. Devo copiare a computer gli appunti, scrivere l'articolo, darlo a Joy perché corregga la bozza e discutere con lei i dettagli. »

A Drake quasi andò la saliva per traverso. Questo gioco stava iniziando a durare un po’ troppo.

« No grazie, io passo. »

« Perché? »

« Se vuoi vedermi morire di noia fa' pure. Ci vediamo domani a scuola. Adios. » e girò sui tacchi camminando lungo il corridoio a lunghe falcate.

Andy lo guardò finché non lo vide sparire dietro l'angolo.
L'aveva baciato di nuovo.
Però Drake l'aveva lasciato fare. Ma era cretino o cosa? Non si fermava a pensare a quello che faceva?

Invece ci pensava eccome.
Mentre trotterellava verso casa, Drake si inchiodò.

« Oddio... »

L'aveva realizzato in quel momento. Di nuovo. Si erano baciati di nuovo.
E lui non l'aveva fermato. Anzi aveva ricambiato.
Si tastò le labbra e gli venne un conato di vomito. Lo stomaco si rivoltò come un calzino, e dovette appoggiarsi ad un albero a bordo strada per non cadere.
Cosa gli stava succedendo? Era forse impazzito? Aveva baciato un uomo, e più di una volta.
Doveva stare male, per forza.
Eppure non riusciva a non pensare a lui.
Era davvero una persona normale. Un adolescente, un moccioso, proprio come lui.
Solo due ragazzini.
Non c'era niente di male se...

« E invece si, maledizione!! » urlò, più a sé stesso che a qualcun'altro.

*

« Alexander. »

« Di che colpa mi sono macchiato stavolta? »

Joy lo raggiunse nel corridoio della scuola.

« Cosa ci facevi con Foster? »

« Nulla. »

« Stavate parlando o sbaglio? »

« Mh. »

« E perché gli hai chiesto di venire con te? »

« Cos'è, un interrogatorio? »

« Voglio semplicemente capire. »

Andy sospirò.

« Abbiamo parlato. Ieri. »

« Ah. »

« Di tutto quello che è successo nell'ultimo anno e mezzo. Ha ammesso di avere sbagliato. Ha detto che quello che ha fatto è stato dettato da stupidità, non cattiveria. Da insicurezza, da paura. Non che l'omosessualità gli faccia meno schifo, d'ora in avanti, solo che a quanto pare ha compreso il detto "vivi e lascia vivere". »

« Tutto qui? »

« Tutto qui. »

« E decidi di non far nulla, come al solito? Se davvero è pentito, dovrebbe andare lui stesso a rivelare quello che ha fatto ai professori, al preside e chiederti scusa anche davanti a loro. »

« No. »

« Come sarebbe a dire "no"? »

« Non importa. »

Joy lo squadrò bene prima di riprendere la parola.

« Di' la verità, cosa stai architettando? »

« Nulla. » sbottò Andy, cercando di assumere la propria espressione più innocente.

« Non sperare che mi fidi. »

Stavolta il ragazzo non cercò di discolparsi, ma si sciolse semplicemente in un sorriso amaro.

« Se te lo dicessi, mi odieresti, Joy. Tu e il tuo senso di giustizia. Io non sono puro di cuore come te, per metterla sul biblico. »

« Ma che stai farfugliando? »

« La vendetta è una cosa brutta, ma io avrò la mia. Voglio vederlo contorcersi per i pensieri contrastanti della sua mente, dilaniarsi su questioni nelle quali non è capace di decidersi, solo così potrà capire come ci si sente ad avere paura. Paura Joy, quella con la P maiuscola. Sentirsi fuori posto, sentirsi indegni della gente, del mondo, della società. Butterò giù tutte le sue certezze, una dopo l'altra. E solo quando lo vedrò strisciare mi darò un po' di pace. »

E detto questo se ne andò.

« Io l'articolo lo termino domani. » concluse mentre usciva dal portone.

Joy rimase come pietrificata sul posto. Era quello l'Andy che conosceva? Se si, doveva essergli accaduto qualcosa. Di tremendo, sicuramente. O forse era la frustrazione accumulata piano piano, a farlo parlare così? Per volere una vendetta simile a tutti i costi, quanta rabbia repressa doveva serbare in cuore? Pensarci le faceva scendere i brividi giù per la schiena.

« Non farti del male, Andy...ti prego. » e non riuscì a trattenere improvvise lacrime calde e amare, che le rigarono le guance interrotte solo da violenti singhiozzi.
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Vi chiedo scusa. Andy NON è un bimbo innocente, NON è un santo e NON è portato al perdono. E' un po' bastardo di suo, ha le sue zone di luce e quelle d'ombra. Ora mi verrete a dire che non doveva reagire così, che passerà dalla parte del torto, che ripagare le malefatte con la stessa moneta non porta a nulla di buono...beh, lo so anch'io. Ma tutti facciamo cose stupide no? Vi dirò, nemmeno io reagirei così. Ma lui è un po' cretino, e preferisce complicarsi la vita. Credo che si capisca che non ha fatto una conversione istantanea e NON è affatto innamorato di Drake. Lo vuole solo condurre all'esasperazione. Imbecille .__.

*Appunto: “scuola media” non è un termine che si possa usare per le scuole americane. Però non ho voglia di stare a incasinare tutto con riferimenti a sistemi di istruzione a noi estranei, per cui mantengo alcune parole del nostro lessico scolastico per facilitare la comprensione delle loro età…ok? =)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Vi dirò che l’ultima reazione di Joy l’ho scritta ad occhi bendati…quel pianto è esagerato oltre ogni dire, e mi stava venendo la carie ai denti da quant’era smelenso, ma non posso far comportare i personaggi sempre come vorrei…ha avuto uno “svarione”, credo sia appropriato chiamarlo così, e non succederà di nuovo (anche perché è osceno).
Mi ha fatto molto piacere vedere le vostre recensioni, hanno ognuna un punto di vista diverso e ognuna riporta impressioni differenti…purtroppo ad alcune di voi piace il lato dolce della storia, ad altre quello peperino, ad altre ancora quello angst. Se vi accontentassi tutte (e mi piacerebbe, davvero) dovrei scrivere circa quattro seguiti diversi xD ma non si può, e la storia andrà in un solo senso u.u credo che parecchia gente ne sarà delusa, ma vi do una rassicurazione: nulla è stabile, tutto è precario, nella nostra vita. Perciò le carte in tavola possono cambiare come una bandierina al vento.
Cioè: non pensate che in questa gabbia di matti ci sia un personaggio che riesce a stare tranquillo u.u tutto può mutare in qualunque momento, e non è detto che qualcosa che sembra tranquillo e pacifico lo resti per molto.

Ora passiamo alle risposte alle recensioni^^ (si, l’introduzione qui è lunga ma se volete, potete saltarla, come sempre u.u)

damis: a quanto pare hai capito bene ciò che voglio far capire qui =) chi gioca col fuoco scopre che è un’arma a doppio taglio…son contenta che ti piaccia come stanno andando le cose ^^

cry_chan: anche a me piace Andy manipolatore, però ogni tanto mi sale il rimorso per quello che gli ho fatto fare…non saprei, ad un certo punto i personaggi fanno quello che vogliono >_> neppure a me è piaciuta la reazione di Joy u.u grazie per la recensione =*

Unendlichkeit: ecco il pepe xD si anche a me piace, così come adoro il lato infantile e puerile e anche un po’ sciocco di Drake. “Alexander” è stata una scelta istantanea, è un nome che in tutte le sue traduzioni (Alexander, Alessandro, Alexandre) significa molto per me, e il diminutivo è solo perché, beh…quando Andy viene chiamato col suo nome intero, cosa rara, lo fa risaltare di più, no? E poi è una cosa più o meno dovuta, è realistica: gli inglesi/americani abbreviano TUTTO. Mi dispiace ammetterlo ma è così xD spero che la storia continuerà a piacerti anche dopo alcuni risvolti futuri.

DarkViolet92: ehi ehi non indovinare tutto subito eh, io volevo trattenervi con un po’ di suspence, ancora!! xD grazie per la recensione, spero che continuerai a seguirmi ^^

_Armonia_: sisi io adoro le manipolazioni mentali, mentre sono contraria all’uso della forza bruta x prevalere. Infatti speravo si notasse il contrasto tra il tentativo di Drake di piegare qualcuno a sé (ricatti, torture etc) e quello di Andy (scavare dentro una persona) grazie per averlo notato ^^ comunque ad un certo punto mi sono ricordata che Andy è pur sempre un ragazzino e non una macchina da guerra psicologica, per cui non so se avrà la forza di continuare così imperterrito…vedremo! Grazie della recensione =*

RiflessoCondizionato: figurati, non è lunga!! E poi leggo tutto u.u sai, a me piace sviluppare i personaggi poco a poco, altrimenti se dicessi tutto subito nessuno seguirebbe più la storia e anch’io perderei interesse a scriverla…a dire il vero mi sa che io stessa scopro di cosa sono capaci i miei pg man mano che la storia va avanti xD si, credo che lo scambio di ruoli sia un passaggio dovuto, dopotutto chi non ha mai desiderato vendicarsi per un torto subìto? Grazie davvero della recensione, è molto piena, grazie!! Spero che continuerai a lasciarmi commenti ^^


Ricordo come sempre che sia commenti positivi che negativi sono ben accetti, servono a migliorare! Anzi, devo dirvi che attraverso ciò che ho letto ho deciso di cambiare alcune parti della storia che prima risultavano un po’ forzate…grazie a tutte ^__^ e le risposte sono colorate perché io faccio confusione e se devo trovare subito un paragrafo di ciò che ho scritto, se non è diviso per colore divento scema e non lo trovo più. Scusate, sono parecchio imbranata u.u
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Quella sera a cena c'erano tutti. Sua madre, suo padre, Kat. Ma nessuno sembrava essersi accorto della sua tintarella verde malaticcio. Non aveva fame, per niente. Si sentiva marcio dentro, per quello che aveva fatto.

« Tesoro, mi passi l'insalata? »

« Si, tieni. » prese la terrina e la mise tra le mani della madre.

« Grazie. Drake, sei un po' taciturno stasera, c'è qualcosa che non va? »

« No, no. » si sforzò di sorridere, sperando che la sua smorfia non sembrasse piuttosto una mezza paresi.

« Ah, sapete cos'ho sentito oggi? » intervenne suo padre.

« No, cosa? » chiese Kat, che alle novità era sempre interessata anche più del dovuto.

« Avete presente i Delson, quelli che stanno nel quartiere sud? »

« Quelli che hanno la catena di profumerie? »

« Si loro. Dai amore, li avevamo invitati all'ultimo cocktail che abbiamo fatto a casa nostra, non li ricordi più? »

« Mi sa di si, la moglie era quella donna alta con quell'orrendo vestitino color lilla slavato? »

« Si, proprio quella. Beh, si dice che abbiano litigato con il figlio minore, quello di vent'anni, e che lui sia andato a vivere via. »

« Ma dai? »

« Si, si. E sapete perché? »

« No, di certo. Illuminaci. »

Il signor Foster si protese di più sul tavolo, quasi temesse di essere sentito da altri.

« Perché hanno scoperto che era gay. »

Kat e Susan fecero la stessa esclamazione di disappunto misto a stupore. Erano proprio identiche. Drake piuttosto avvertì una morsa allo stomaco che non sembrava intenzionata a lasciarlo.

« Si, vi dico! »

« Oh, poveri loro. Un figlio così è una vera disgrazia. » commentò sua madre rattristata.

« Scusate, vado un attimo in bagno. » mormorò Drake.

« Tesoro, sei sicuro di stare bene? »

« Si, forse ho preso solo un colpo di freddo tornando a casa da scuola. »

Si allontanò da quella stanza il più in fretta possibile, le pareti che gli sembravano opprimerlo come una coltre di fumo marmoreo, corse alla cieca fino ad arrivare al bagno, chiuse la porta a chiave alle proprie spalle e si gettò sulla tazza del gabinetto, vomitando anche l'anima.

*

« Shawn, ho bisogno di parlarti. »

« Ah, buongiorno anche a te. »

« Sbrigati! » gli urlò Drake, afferrandolo per una manica della camicia e infilandolo a forza dentro la prima classe vuota che trovarono.

« Dre', che ti prende? Sei strano, non lo puoi negare, da almeno tre giorni, e io- »

« Sta' zitto, ti prego. » si massaggiò le tempie cercando le parole giuste.

« Nolan...lui... »

« Cos'ha? »

« Mi si è dichiarato. »

Shawn rimase basito per qualche attimo, per poi scoppiare a ridere fino a doversi tenere lo stomaco con le mani.

« Oddio, non ci credo, ma che è, cretino? Si è innamorato di te?! Questa si che è bella!! »

« Non c'è niente da ridere. »

« Avanti, Dre', non ti riconosco più, sei così serioso!! Un tempo ad una notizia simile ti saresti piegato in due peggio di me!! »

« Si, ma non sono quello spensierato di una volta, chiaro?! »

Il biondo si fermò a guardarlo. Nei suoi occhi non lesse nulla, a parte molto nervosismo.

« Cosa c'è? »

« Mi ha baciato. »

« Bleah... vabbè, e allora? L'hai menato? Non vorrai dirmi per caso che l'hai ucciso, spero! Guarda che io non ti copro più le spalle! »

« Deficiente, ti ho detto di non scherzare. Mi ha baciato due volte. »

« E allora? »

« Mentre un'altra volta...sono stato io. »

« Sei stato tu a far cosa? »

« L'ho baciato. L'ho baciato anch'io. »

Non ebbe il coraggio di guardarlo. Shawn invece non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Non capiva. Cos'era successo al Drake che se ne faceva un baffo di tutto e di tutti? Da quando era diventato così taciturno? Così freddo?

« Shawn... se... se io... »

« Cosa c'è? »

« Non è che mi interessi Nolan. Però...non mi ha fatto schifo. Lo capisci? Ho paura. »

Lo guardò, gli occhi dorati che avevano perso la loro brillantezza, due bulbi vitrei che supplicavano per ottenere un appiglio, per non affogare. Afferrò di getto Shawn per le spalle, perdendo l'equilibrio e appoggiandosi ad un banco con la schiena, boccheggiando prima di riuscire a parlare.

« Se io fossi gay, mi odieresti? »

In un riflesso incondizionato il biondo lo spinse via in malo modo.

« Toglimi le mani di dosso, Dre'! »

Ma si pentì subito di quello che aveva detto.

« Cioè...scusa, non intendevo dire che...insomma..no che non ti odierei cretino, saresti sempre tu! Il mio migliore amico. Fine. »

« Se io ti baciassi ti farebbe schifo. »

« Si, e non provare a farlo per favore. »

« A me con Andy non ha fatto schifo. »

« Lo so, questo me l'hai già detto. Ma per uno stupido bacio non significa che tu sia gay. Magari avevi solo voglia di provare qualcosa di diverso. »

« Ma lui...non è una persona orribile. »

« Lo so Drake. »

« E allora perché l'abbiamo sempre trattato così? »

« Io pensavo che ce l'avessi con lui. »

« Lo pensavo anch'io. Perché...è sbagliato essere omosessuali, capisci? »

« A me non me ne frega granché, se devo essere sincero. »

« Ho paura. » e Shawn non collaborava...dov'era finito l'amico che non sopportava Nolan e lo voleva spiaccicato a terra come una mosca fastidiosa? Stava dicendo quello solo per consolarlo?

« Ti ho già detto che per un bacio non è detto che devi essere per forza- »

« No. Non è solo per quello. Ripensandoci, se fossi stato tanto sicuro di ciò che credevo, e di ciò che credevo di essere, non me la sarei presa così a cuore, non l'avrei considerata una cosa personale. Il fatto è che la prima cosa che ho pensato quando ho visto Nolan baciare quel tizio, in prima superiore, nel cortile...ho provato solo curiosità. Solo quella. »

« Cosa vorresti dire? »

« Probabilmente sono bisessuale, ecco. Forse non m'interessa di nulla. Però se i miei genitori lo venissero a scoprire... »

« Allora è questo il problema? »

« Quale? » guardò l'amico. Sembrava arrabbiato, gli occhi azzurri stretti a due fessure rabbiose.

« Tu sei sempre stato condizionato dai tuoi genitori. Tuo padre è una personalità dominante, e tu sei sempre stato succube di lui, lo so. E lui è omofobo all'estremo. Forse è per questa sua omofobia che tu hai iniziato a provare curiosità, e dall'altro lato, schifo verso i gay e verso te stesso, per aver pensato cose simili. »

Lo strinse a sé, scoprendo che tremava.

« Ma non ti devi preoccupare. E' vero, hai fatto le tue minchiate, ma sei e sarai sempre una persona meravigliosa. Io ti voglio bene Drake. Se hai bisogno di parlare, ci sono. E se credi che Nolan possa essere una persona interessante anche da quel punto di vista, allora ok. Va bene lo stesso. De gustibus, no? » sospirò, stingendolo più forte.

« Ma dove lo trovo un altro amico come te? »

« Dappertutto. Se sai cercare. E comunque, grazie anche a te. »

Sorrise tra i suoi capelli morbidi e castani.

*

Anche dopo la chiacchierata liberatoria con Shawn, Drake non si sentiva tranquillo, né sereno o in pace con sé stesso. Fu per questo che quando vide Andy dirigersi verso di lui, quel giorno, in mensa, provò la stessa paura e si allontanò in fretta. Non voleva vederlo, non ancora.

« Andy, che fai? »

« Come che faccio? »

« Stavi andando da Foster. »

« Lo so Joy, grazie. »

« La domanda è: perché cavolo stavi andando da lui? »

« Per parlarci? »

« Tutto qui? E parlare di cosa? Non mi pare che voi abbiate tanto in comune. »

« Beh, potrebbe essere, e potrebbe anche non essere. »

« Quando la smetterai di darmi risposte tanto evasive? »

« Più avanti. Dai tempo al tempo. »

« Dio, quanto mi fai innervosire quando fai così. »

Prese la sua roba e andò a mangiare fuori in giardino. Andy si sentì un po' in colpa, ma non voleva perdere di vista il proprio obiettivo. Purtroppo Drake sembrava irrintracciabile, e per quel giorno dovette rinunciare.
Per circa quattro giorni la storia si ripeté identica. Drake sembrava improvvisamente sparito dalla circolazione. Lui, che te lo trovavi tra i piedi anche nei momenti meno opportuni, ora era svanito. Completamente.
Andy era irritato. Dopo cinque giorni era convinto che avrebbe dovuto rinunciare, ma un colpo di fortuna, forse, gli fece cambiare idea.
Quella mattina, la prima persona che incrociò sulle scale fu proprio Drake.

« Ehilà! Buongiorno! » lo accolse con un sorriso falso e calcolato, che però l'altro non smascherò.

« Non ho tempo, devo andare in classe. »

« Sbaglio o mi stai evitando? »

« Non sbagli. » rispose l'altro, superandolo di corsa e scendendo i gradini quasi saltando.

Non era deciso a lasciarlo scappare. Non stavolta. Lo rincorse e quando finalmente riuscì a raggiungerlo lo bloccò afferrandolo per un braccio.

« Drake, che ti succede? »

Il ragazzo non si voltò.

« Lasciami stare, Andy. »

L'altro restò un po' sorpreso da quell'uscita, tanto che allentò involontariamente la presa.

« Mi hai chiamato Andy... » disse in un sussurro. « C-comunque...dimmi, cos'hai? »

« Non lo so. »

« C'è qualcosa che ti ho fatto? »

« Oh si, quello si. »

« Cosa? »

Drake a quel punto si voltò di scatto.

« Lo sai bene cosa! Che ti aspettavi, che fosse tutto rose e fiori?! Non capisco neanche quello che voglio!! Non so che fare!! Ho paura. Paura ok? Devo mettere in ordine i miei pensieri. E adesso lasciami stare. » e si divincolò dalla stretta, correndo in classe senza più voltarsi.

A quanto pare le cose funzionavano, esattamente come voleva, e l'altro sembrava più travagliato che mai. Qualcosa dentro di lui però sembrava impedirgli di gioirne. Scacciò via quella stupida vocina, e si decise che per completare il piano serviva ben altro. Non era abbastanza, non ancora. Una settimana di dilemma non erano nulla, nulla rispetto a quello che aveva patito lui per un periodo così prolungato.

*

Purtroppo le cose per Andy non furono così facili. Drake continuava ad evitarlo come la peste, e per di più sembrava che Shawn fosse più che intenzionato a fargli da cane da guardia, e come al solito, ad assecondarlo in tutto e per tutto. Così, passarono due inutili settimane nelle quali non riuscì a fare niente.
Non aveva potuto neanche parlargli. Peggio di un testimone sotto il programma di protezione dell'FBI. Doveva agire, però.

Così, quel pomeriggio si costrinse a fare qualcosa che non avrebbe mai pensato: cercò su google notizie sul basket e sulla squadra del loro Stato. E la ricerca ottenne buoni risultati.
Fece due passi dopo la scuola, e andò a suonare per la seconda volta il campanello di casa Foster.
Fu di nuovo Kat ad andare al citofono.

« Sì? »

« Ciao, sono Andy Nolan. Ti ricordi di me? »

La ragazzina guardò fuori dalla finestra.

« Ah si, cerchi mio fratello o devi recuperare altri appunti? »

« No, stavolta sono qui proprio per lui. »

« Ok. »

Il cancello si aprì dopo il segnale elettronico, e si presentò in casa conciato decisamente meglio dell'ultima volta.

« Ciao Kat. »

« Ciao, ti ricordi il mio nome? »

« Si, ho una buona memoria per questo. »

« A-ha. Drake è su in camera. Te lo chiamo? »

« Non ti disturbare, vado a trovarlo io. Tanto conosco la strada. »

« Okay. »

Drake stava facendo dei compiti, di malavoglia, ma aveva quasi finito, quando sentì bussare alla porta della propria stanza. Possibile che quella rompiscatole di sua sorella non avesse ancora capito che non gli doveva distrarre i neuroni quando aveva la porta della camera chiusa?! Si diresse a passi pesanti verso la maniglia, la tirò, pronto per dirle quattro paroline dolci...

« Buonasera. »

Chiuse la porta di scatto. Solo dopo si rese conto che avrebbe anche potuto spaccare il naso alla persona che si trovava dall'altra parte del legno. La riaprì titubante.

« Nolan? »

« Vuoi sbatterla ancora? No perché avvisami prima, così non rischio di fare un infarto. »

« Scusa. »

« .... »

« No, cioè, che diavolo vuoi? Fuori da casa mia!! »

« Dai, smettila di evitarmi, non... »

« Se i miei genitori ti trovano qui...oddio...vattene, vattene subito!! Se ti vedessero, tu che sei...tu... »

« Non ho scritto "frocetto del cazzo" in fronte, se è questo che intendi. E non dimenticare che tua mamma mi ha già visto una volta, e in tenuta decisamente pittoresca. Eppure non ha detto niente. »

« Perché tu non li conosci. Entra in camera, muoviti, e non fare rumore. »

« Non sarai un po' paranoico? »

Senza dargli bado, Drake lo afferrò per il bavero del cappotto e lo tirò dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

« Che vuoi? »

« Sei libero sabato pomeriggio? »

« Perché? »

« Esci con me. »

.....

« Che cosa?! Sei pazzo? No. Non se ne parla. Primo: non ti conosco. »

« Non sono un maniaco... »

« Secondo: i miei genitori sanno che non ti conosco. Non ti hanno praticamente mai visto. E uscire io e te, da soli...neanche morto. E poi non ci voglio uscire con te. »

« Proprio non me la vuoi dare? »

« Eh?! »

« Un'occasione. »

« Ah. No. E ora fuori. »

« Sabato c'è la partita dei Charlotte Boncats. »

« Bobcats. »

« Cosa? »

« Si chiamano Charlotte Bobcats. »

« Ah, si. Beh, comunque, sabato, Qui a Greensbourgh. »

« E allora? »

« Non vorresti andare a vederla? »

« Avrei dovuto prendere i biglietti secoli fa, adesso saranno introvabili, finiti, oppure ad un prezzo stratosferico. »

« Non se tuo zio è uno dei responsabili dell'organizzazione nello stadio. »

Estrasse due sottili strisce dalla tasca interna del cappotto e gliele mise in mano. L'altro le guardò come estasiato.

« Tu...tu...sei un mito!! » e per l'euforia gli si lanciò addosso abbracciandolo.

« Cosa devo pensare di te dopo questo? »

Drake si staccò come scottato da una fiamma invisibile.

« Cancella gli ultimi quattro secondi. » borbottò deglutendo a fatica.

« Proprio quattro? Allora, vieni? »

« Io... »

Le scelte possibili erano tre: andare alla partita sapendo di accettare l'uscita con Andy. Non uscire con Andy sapendo di rinunciare ad una partita potenzialmente indimenticabile.
Oppure, uccidere Andy, sotterrarne il corpo e andare alla partita da solo.
E l'ultima delle tre sembrava davvero molto, molto allettante.

« Non saprei, ci devo pensare. »

« Capisco. » lasciò vagare lo sguardo sulla stanza, magicamente pulita e con tutti i mobili tornati visibili.

« Ti aspettavi che dicessi si subito? »

« A dire il vero non avevo aspettative particolari. »

« Io con te non ci voglio uscire. » in mano stringeva ancora i biglietti.

« Sono una persona così orribile? »

« Ti ho già spiegato il motivo. »

Il moro sospirò. « Ok, allora lo prendo come un no. » e stese la mano verso di lui. « Chiederò a Joy di andarci. »

Drake osservò quei biglietti come qualcosa di raro e prezioso. Effettivamente erano entrambe le cose.

« Non ho detto "no", ho detto che non lo so. »

« E che non vuoi uscire con me. »

Drake lo fissò a lungo e in silenzio. I suoi occhi grandi lo guardavano tranquilli e con una nota di rassegnazione da dietro le lenti. Si sentì un po' egoista. Se avesse accettato di uscire l'avrebbe fatto solo per la partita. E questo lo sapevano entrambi.
Era orgoglioso. E lo sapeva. Non avrebbe mai chiesto scusa ad Andy per le vicende passate. Però in un qualche modo voleva farsi perdonare. Perdonare, per gli errori del passato. Sperando di trovare un po' di sollievo.
In fondo, era come aveva detto Shawn, no? Lui era lui, indipendentemente da chi gli piaceva. Quindi, poteva anche provare.
Con Andy...con chiunque.

« Forse con te ci voglio uscire. »

« Forse? »

« Perché tra tutte le cose, hai scelto proprio questa, la partita? »

« So che ti piace il basket. Mica sei una ragazza. Avresti preferito che ti avessi chiesto di andare a fare shopping? »

« Dio, no!! »

« Anche perché non te l'avrei mai chiesto. Me + shopping = totale disastro. »

« Grazie. »

Andy sgranò gli occhi.

« Come? »

« Ti ringrazio. E' davvero una cosa molto carina, quella che hai fatto. Comunque, anche se non ci fosse la partita di mezzo, verrei lo stesso con te. »

« E' un si. »

« Si. In fondo certe scelte le devo fare indipendentemente dal giudizio degli altri. »

Il moro rimase piacevolmente sorpreso. Drake stava cambiando. In così poco, brevi riflessioni lo avevano portato ad una trasformazione radicale nel suo modo di pensare e di agire. Lo aveva spinto alla ribellione, alla ricerca di una propria identità, di una propria libertà di scelta. Forse, davvero non era così infimo.
Si chiese se per caso fosse impazzito. Era il solito Drake. Non poteva perdonarlo così facilmente.
Non lo avrebbero comprato un paio di sorrisi e qualche sguardo felino.
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Fine capitolo.
Stupido, cocciuto Alexander.
Mi piace troppo il rapporto di fortissima amicizia che c’è tra Shawn e Drake. Si vede che sta testa bionda gli vuole bene, un bene di quelli disinteressati, sapete…decisamente sono la coppia di amici che preferisco...

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Mi rendo conto di stare postando dopo due settimane (diciassette giorni per la precisione) ma non ho proprio la forza mentale per tenere nel computer un capitolo che ho praticamente finito da secoli...

damis: Andy il vendicatore xD quando ho scritto il pezzo della "confessione" di Drake a Shawn non ho neppure pensato a qualcosa di diverso...non so se si sia capito ma a me Shawn piace parecchio, ed essendo Drake una persona di cui ha profonda stima, non credo che avrebbe potuto arrabbiarsi o imbarazzarsi, a parte il momento di shock iniziale...grazie della recensione ^^
cry_chan: anch'io non sopporto le persone come il padre di Drake! Per loro diverso=sbagliato...!! Nell'ultima scena del capitolo, quando Andy chiede a Drake di uscire, mentre scrivevo stavo facendo un appassionato tifo per lui xD eppure sono io l'autrice, dovrei sapere come vanno le cose...e invece non è così!! Quando mi metto a scrivere, spesso e volentieri, decido sul momento cosa deve accadere =) grazie per la recensione ^^
DarkViolet92: spero che maturi in fretta u.u insomma, ha sedici anni, ormai deve imparare a pensare con la propria testa!! Grazie mille per la recensione =) spero che anche questo capitolo ti piaccia...
Unendlichkeit: anche tu con la fissa di Alèxandros? >3> tu e una mia amica fareste una bella coppia, perché lei adora Alessandro Magno e il nome in sé, è una specie di totem per lei sisi u.u  la scena della cena mi ha fatto stare male per Drake ;__; poverino, neanche se lo merita, in fondo...sei pronta ad amare Shawn? Brava, vedo che avremo possibilità di andare d'accordo...xD Shawn il santo della pazienza, dovremo chiamarlo d'ora in poi...pure alla partita xD vedrai u.u e grazie anche a te per la recensione ^^
RiflessoCondizionato: tranquilla, non cambio totalmente la storia per i commenti dei lettori, solo che le recensioni sono spesso strumenti che ci fanno aprire gli occhi e ci indicano, precisamente, cosa c'è che non va in alcune parti della storia...avevo già dei dubbi su qualcosa che avevo scritto, e grazie alle recensioni di tutte ho capito cos'era e l'ho cambiato, e adesso sono soddisfatta =) sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo, e mi scuso per gli aggiornamenti non proprio veloci, ma lo so che anche se scrivo due o tre capitoli di seguito poi arriverà un momento in cui ci sarà un "blocco" e non voglio squilibri troppo fortu tra un update e l'altro...ho i tempi di un bradipo xD grazie davvero per la recensione, come sempre...^__^ un bacio.

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Sono davvero felice, perché ho notato che a tutte piace il rapporto Drake/Shawn, a cui tengo in modo particolare...grazie!!! >///< ora vi lascio alla lettura ^^ Un bacio a tutte, e un abbraccio forte ^^
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L'aveva completamente ignorata. Per due settimane, forse poco più. Non la badava, completamente. E' un breve tempo, ma se si è abituati a parlare continuamente, anche solo del più e del meno, la lontananza e il vuoto si avvertono.

Eppure Andy sembrava non avere intenzione di dirle cosa stava facendo. Cercava Foster. Lo rincorreva per i corridoi. Stava a rimuginare a computer, e quando riusciva a parlargli sembrava più burbero di prima.
Dato che non si voleva scucire, e lei sapeva quanto maledettamente bravo era a tenere segreto qualcosa, se lo voleva, doveva scoprirlo con le proprie forze. O grazie ad un altro informatore.

Joy si diresse nella biblioteca scolastica, si sedette al tavolino più vicino all'entrata, aprì un libro e attese.

Dopo un quarto d'ora circa, Tra altri studenti che andavano e venivano dalla stanza, scorse una testa bionda. Era lui.

*

Shawn aveva bisogno di un libro, per distrarsi. Era venerdì, e come ogni venerdì la seconda ora pomeridiana era di laboratorio di chimica. Materia che gli era facilissima, se non si trattava di pratica. Ne usciva sempre nervoso fino al limite, e l'unica cosa con cui riusciva a calmarsi erano dei libri. Possibilmente di fantascienza.

Per cui appena varcò la soglia della biblioteca e inalò il profumo lieve e polveroso della carta stampata si sentì subito meglio. Salutò la ragazza che stava alla scrivania d'entrata e mosse qualche passo verso lo scaffale che gli interessava. Si trovava all'altra estremità dell'aula, per cui molto spesso si sedeva sul pavimento a leggere, perché quell'angolino era più intimo e silenzioso della sala di lettura, e un poco più buio.

Estrasse un libro dalla mensola quando sentì qualcosa sfiorargli la schiena. Ne fu così sorpreso e insieme spaventato che lasciò inavvertitamente cadere il tomo, girandosi di scatto.

« Ah. Sei...la Cook. » terminò con una nota quasi interrogativa nella voce.

« Si. Ho bisogno di parlarti. »

« Com'è che da una settimana a questa parte vogliono tutti parlare con me? »

Joy lo fissò perplessa.

« Ah, lascia stare. Cosa vuoi, piuttosto? E per favore, non saltare fuori così, mi hai fatto prendere un colpo. »

« Cosa sta succedendo? »

« Cosa sta succedendo dove? »

« Con Foster. Il...il tuo amico. E Andy. »

« Il caro Nolan non te ne ha parlato? »

Joy si risentì un poco. Dalla sicurezza con cui rispondeva, Shawn doveva certamente sapere cosa stava accadendo. L'unica all'oscuro di tutto era lei.

« Non mi parla più da un po'. Sembra...preso da altro. »

« Oh, eccome se lo è. Pensa che sabato lui e Dre' dovrebbero uscire. Secondo me si sono bevuti il cervello tutti e due, ma alla fine sono cose che non mi riguardano. »

La ragazza fu così shockata che quasi si dimenticò di come si faceva a parlare.

« Che...che diavolo...COSA?! »

« Non urlare, siamo in biblioteca. E non chiedere spiegazioni a me. Non mi è dato di conoscere le arcane ragioni per le quali tutto d'un tratto Nolan si è innamorato di Drake e Dre' è passato a...sponde diverse. »

« Eh? »

Il biondo posò i suoi occhioni azzurri sulla faccia sconvolta della ragazza che gli stava di fronte.

« Ho l'impressione che tu ti sia persa qualche passaggio. Te lo riassumo io. Circa tre settimane fa il tuo caro compagno d'avventure deve avere fatto un qualche discorso strano e mezzo filosofico con Dre'. Il che lo ha scombussolato parecchio, a giudicare dalle facce che faceva il giorno dopo. »

« Si, fin qui c'ero. »

« E alla fine di quel discorso, Andy si è dichiarato. »

« Non ci credo. » mormorò lei scotendo piano la testa.

« Invece si. Ha detto a Dre' che gli piace. E pensa un po'? L'ha baciato. Drake ha provato a non pensarci concentrandosi in altro, ma non è stato che un breve palliativo. Era così "concentrato" che tra un po' si faceva rifare il setto nasale da una pallonata, ad allenamento.
Solo dopo qualche giorno mi ha spiegato cosa c'era effettivamente che non andava. »

« Dimmi cosa. »

« Devi sapere che nella famiglia di Drake la morale, a proposito di questo tema, è rigidissima. Da come suo padre ne parla, a volte mi ricorda un nazista. Giuro, non scherzo, è molto duro. Per cui Drake ha sempre avuto paura di affrontare questo argomento anche con sé stesso. E la sfiga ha voluto che lui non avesse, in realtà, alcun odio verso gli omosessuali. »

« Ah no? Mi riesce davvero molto difficile crederlo. » rispose sarcastica Joy.

« Invece è così. Fidati. Drake... » non continuò, lasciando cadere la frase nel vuoto.

...

« Perché non parli? Ti è caduta la lingua? »

« Sono affari suoi, personali. »

« Sono anche affari di Andy, e quello che lo riguarda, riguarda anche me. »

« Drake prova interesse verso Andy. »

La ragazza non replicò. Rimase a guardare Shawn come se da un momento all'altro la sua testa dovesse aprirsi e lasciar saltare fuori un cartello con su scritto "sei su scherzi a parte!!".
Ma non accadde nulla.

« Scusa...ne sei sicuro? » avanti, dov’era la telecamera di Candid Camera?

« Bah, non ne è sicuro neanche lui. E' per questo che gli ha detto di si, quando Andy gli ha chiesto di uscire. Per...provare. »

Joy tacque per un po'. Doveva un attimo riorganizzare i propri pensieri, o avrebbe sommerso il biondo con domande a cui probabilmente nemmeno lui era in grado di rispondere, se non avanzando ipotesi.

« Non capisco perché Andy non me ne abbia voluto parlare. Comunque...escono loro due soli? »

« Vanno a vedere la partita dei Bobcats. » e qui ebbe un moto di stizza. « Biglietti introvabili. Avrei voluto andare a vederla anch'io, a dirla tutta. »>

« Che roba è? »

Shawn quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

« Che roba è? Tu chiedi...? I Charlotte Bobcats sono la squadra di basket simbolo del nostro Stato, il team che ci rappresenta nell'NBA, come puoi non conoscerli?! »

« Scusami se non so nulla -e neppure m'interessa- di pallacanestro! E non guardarmi così, sembra che abbia ucciso qualcuno! »

« Questo...questo E' un delitto! »

Joy decise di ignorarlo onde arginare i cataclismi imminenti.

« Torniamo al nostro discorso principale, per favore. »

Contrariato, l'altro annuì.

« Comunque si, escono da soli. »

« E i suoi genitori? »

« Di Dre'? »

« Si. »

« Non lo so. La madre ha visto Andy una volta sola, il padre mai. »

« Capisco. »

« Forse dovremo andare con loro. »

« Eh? » Joy era scandalizzata.

« Non dico di stare lì a reggere il moccolo, sia chiaro. Solo...faremo finta di essere in gruppo. Altrimenti succede un bel casino. »

« Perché vuoi farlo? In fondo non credo staresti tanto male se quei due non approfondissero la loro conoscenza. »

« Lo faccio per Drake. Non hai idea di quanto ci stia male per questa storia. Il tuo caro amichetto l'ha messo in un bel casino, e parlo del casino interiore, non col mondo. Si tormenta, praticamente. Perché non sa cosa vuole, non sa che fare. »

In quel preciso istante a Joy tornarono in mente le crude parole che Andy le aveva rivolto tempo prima, a proposito di una vendetta che voleva avere a discapito di Foster.
Non sapeva quanto di tutta quella faccenda fosse stato architettato da Andy, che dopo la rivelazione del suo interesse nei confronti dell'altro doveva esserci dentro comunque, fino al collo, ma non riusciva a capire che diavolo stesse succedendo.
Come aveva fatto ad innamorarsi di lui?
E l'altro non poteva chiudere subito la faccenda?
E dato che Andy si era accorto che Drake gli piaceva, sarebbe ancora stato in grado di vendicarsi, qualunque cosa quel termine volesse dire, per lui?
Non riusciva a darsi risposte sensate. Però Shawn aveva ragione.
Qualunque cosa stesse accadendo, dovevano aiutarli, in un modo o nell'altro.

« Si, forse hai ragione. »

« Ok. Ne parlo prima con Drake. »

« Ok , io avviso... cioè... » voleva forse dire "avviso Andy"?

Abbassò lo sguardo vergognandosi un po'. Foster aveva detto tutto a Shawn, mentre lei invece era venuta a sapere i fatti dall'amico di uno dei diretti interessati.
Sussultò leggermente quando si sentì poggiare una mano sulla spalla, e alzò gli occhi per incontrare quelli azzurri dell'altro, con un'espressione gentile e quasi compassionevole.

« Senti, non so perché Andy non ti abbia raccontato nulla, però forse si sentiva imbarazzato, o avrà avuto comunque i suoi buoni motivi. Se provi a parlargli come fai di solito riuscirete a chiarirvi. In fondo sei la sua migliore amica, no? »

« Mh. O così almeno pensavo. »

« Ti conviene andare da lui adesso, prima che sia troppo tardi o che torni a casa. »

« Si, penso di sì. Grazie. »

Shawn scrollò le spalle in segno di noncuranza, ma Joy lo ringraziò anche col cuore, per la disponibilità che aveva dimostrato nei suoi confronti. Fece dietro front diretta alla redazione, dove sapeva che avrebbe trovato Andy.

*

« Ciao. »

« Ciao Joy. » il ragazzo non smise di digitare sulla tastiera del computer, alzando a malapena il viso per salutarla.

« Ho parlato con Shawn. »

« A-ha. »

Probabilmente non l'aveva davvero ascoltata. Si incamminò verso la scrivania e spense il monitor.

« Ehi. » lo richiamò.

« Che c'è? » si voltò verso di lei stizzito da quel gesto improvviso.

« Ho parlato con Shawn. »

Stavolta il ragazzo aprì bocca per rispondere, ma la richiuse immediatamente realizzando la frase.
Sgranò gli occhi.

« Tu cosa? »

« Perché non mi hai detto che ti piaceva Drake Foster? E...e comunque...come fa a piacerti? Cioè, dopo tutto quello che è successo?! »

Il moro si girò a guardare il monitor ormai scuro.

« Questo non te lo posso dire. »

« Oh, fantastico. Quanti altri segreti hai? No, dimmi almeno il numero, così mi regolo. »

« Scusa se non ti ho detto questa cosa. Ma tu non avresti approvato. » E Andy sapeva di non riferirsi ai suoi incontri-scontri con Drake, ma alla tela che stava tessendo.

« Ok. Senti...a me sta bene lo stesso, capisci? »

« Si. Però...non voglio parlarne. E ti prego, non dire nulla. »

« Va bene. »

....

« A proposito. »

« Cosa? »

« Come fate sabato? »

« Shawn ti ha detto anche questo? »

« Si. »

« Come facciamo per cosa? »

« E' sabato, e i genitori di Drake sono a casa entrambi. La partita è alle otto. Dovrete partire circa alle sette. »

« Lo so. »

« Sarete soli. »

« Si, so anche questo. »

« Quindi? »

Non rispose, perciò Joy riprese il discorso.

« Io e Shawn avevamo pensato di accompagnarvi. »

« Eh? »

« Se veniamo anche noi, i sospetti cadranno, se sospetti ci saranno. E' anche possibile che i suoi genitori non pensino nulla. I tuoi, poi sono sempre via per lavoro. Da quant'è che non li vedi? »

« Papà è tornato due settimane fa ma è partito l'altro ieri...mamma anche, perché così si potevano vedere...però è partita di nuovo stamattina. »

« Ok, meglio. Allora, che ne dici? »

Andy annuì.

« Grazie. »

*

« Oh, grazie Shawn, mi stai salvando la vita!! Ma scusa, tu e la Cook che fate mentre noi siamo nello stadio? »

« Non lo so e non ci voglio pensare. Io quella partita però la voglio vedere, per cui credo che andrò in un pub di quelli col maxi schermo e me la guarderò li. »

« A-ha. Beh, davvero, grazie...grazie ancora. »

« Smettila, mi fai venire i brividi. »

*

Sabato sera arrivò anche troppo in fretta. Andy aveva provato a documentarsi sulle regole della pallacanestro, ma non ci aveva capito nulla e aveva rinunciato miseramente dopo venti minuti di assoluta catalessi. Si sarebbe fatto spiegare qualcosa durante il match. Era anche un'amichevole, per cui non si sarebbe rotto i timpani ascoltando le tifoserie. Almeno sperava.

Drake a questo sembrava proprio non pensarci. Saltellava come una cavalletta avanti e indietro per il soggiorno di casa, con al collo la sciarpa dei Charlotte Bobcats, che implorava pietà.
Quando il campanello suonò, Kat ringraziò il cielo perché finalmente poteva liberarsi di quel suo fratello irriconoscibile, o piuttosto, peggio del solito.
Al posto del guidatore era Shawn. Aveva ritenuto opportuno guidare perché, tra tutti, era quello decisamente più tranquillo. Drake era in un pianeta a parte, Andy era in tensione per Drake, Joy per Andy. Ringraziò il suo sangue freddo, mise in moto e partì salutando con una mano i genitori dell'amico fermi sulla soglia della casa.

Arrivati nei pressi dello stadio, la folla iniziava a farsi pressante. Già si sentivano urla concitate, il traffico era bloccato e clacson infuriati, quanto gli automobilisti che ne facevano spropositato uso, risuonavano per le strade.
E per fortuna che a dicembre stavano tutti in casa per il freddo.

« Qui ci lasciamo. » disse Shawn parcheggiando l'auto alla bell'e meglio in un parcheggio a circa trenta metri dall'imponente palazzo dello sport.

« Ok. Grazie del passaggio. »

« Grazie amigo! » Gli fece eco Drake, che sembrava avere momentaneamente riacquistato le proprie facoltà mentali e la propria lucidità.

Shawn, ancora risentito perché non avrebbe potuto godere della partita dal vivo (come invece avrebbe fatto Andy, che di basket ne sapeva quanto un marziano sull’allevamento delle marmotte) fece loro un sorriso sarcastico e si avviò in direzione opposta. Joy lo seguì, salutandoli con la mano e guardando apprensiva Drake, che sembrava avere intenzione di farsi venire una crisi epilettica il più presto possibile.

Entrare nello stadio fu come buttarsi nel pieno della corsa dei tori di Pamplona. Neanche loro capirono come riuscirono ad arrivare vivi e potenzialmente integri ai propri posti a sedere. Andy si sedette e tirò giù accanto a sé l'altro, che aveva di nuovo lasciato scappare i neuroni. Effettivamente doveva ammettere che anche lui sentiva la tensione fremere sotto la pelle, contagiato dagli altri spettatori presenti. L'edificio era gremito di persone, pieno zeppo come una scatola di sardine.

« Andy, tra un po' inizia!! »

« Drake calmati, o avrai un collasso alla fine del primo quarto. »

« No fidati, duro fino alla fine. Fidati. »

Ma la cosa gli riusciva molto difficile.

Quando i giocatori entrarono in campo da entrambe le tribune esplosero dei boati. Non aveva mai sentito tanto casino in vita sua. Però non appena rivolse lo sguardo al campo di gioco rimase lui stesso senza parole. Coloro che vi si trovavano schierati al centro non erano persone normali. Erano qualcosa di più. Dieci...specie..di armadi. Fisici possenti e arti lunghissimi. Si immaginò in mezzo a loro e all'improvviso si sentì piccolo e insignificante.

« Ehi Andy! Andy, hai visto? Guarda quello là, quello sulla destra. »

Il ragazzo fece come gli era stato indicato, e rivolse il suo sguardo al primo giocatore da destra, un uomo abbastanza alto ma non tra i più massicci della squadra. Aveva il pizzetto sopra cui spiccava un sorriso furbo. Con lo sguardo sembrava percorrere attentamente le fila degli spalti ammiccando qua e là. Per un attimo i suoi occhi, attenti e quasi felini, gli ricordarono quelli di Drake, nonostante fossero neri, contro il dorato di quelli dell’altro. Anzi, tutta la sua figura gli ricordava per intero Foster, anche se ad una prima occhiata dovevano sembrare incomparabili, anche perché il giocatore era di colore, mentre Drake aveva colori chiari dominanti anche nei capelli.

« Chi è? » chiese, seriamente incuriosito.

« Quello è Gerald Wallace, il mio idolo. Gioca come ala piccola*, proprio come me. Quanto vorrei diventare come lui…sai che nel 2006 ha ricevuto il premio di “Migliore nelle palle rubate dell’NBA”? E’ agile come una gazzella, in campo. »

« Davvero? »

« Si! »

Il tono di Drake era sognante. Per curiosità, Andy lo guardò a lungo. I suoi occhi brillavano di una luce intensa che mai gli aveva visto prima d'ora, e i suoi capelli contrastavano con l'acceso colore arancio e blu della sciarpa che indossava, caricandosi di sfumature alla luce artificiale delle lampade.
Non riuscì a fare a meno di pensare che era bellissimo. Non solo per il suo viso, anche perché le sue emozioni trasparivano completamente dai suoi occhi astuti e dal suo sorriso largo e spontaneo.
In quel momento pensò che non v'era altro luogo in cui volesse essere a parte lì dove già stava, accanto a Drake.
La tela che aveva intessuto fino a quel momento, stava inghiottendo anche lui.

*

« Ma no, dai, non è possibile!! »

« Cosa? Cosa non è possibile?! »

Andy era leggermente esasperato. Tutti facevano, o meglio urlavano commenti sulla partita, in più gli speaker facevano la cronaca tecnica.
E lui non ci stava capendo niente.

« Era un fallo, Andy. »

« Ah. »

Un giocatore fece canestro, e sul tabellone luminoso, due punti vennero aggiunti al punteggio della squadra avversaria.

« Perché hanno segnato due punti? Non era sotto al canestro.. E' un tiro da tre... »

Drake lo guardò male.

« Secondo te le linee che ci sono per terra servono come ornamento? »

« Delimitano qualcosa. »

« Ma va'?? Dai? Non lo sapevo. »

« Drake non prendermi in giro, non ci capisco niente. »

L'altro sospirò.

« Ti spiego in breve: dalla linea di metà campo in poi, verso ogni canestro, quella è zona da tre punti, finché non arrivi alla prima linea bianca, quella più esterna. Ecco, oltre quella c'è la zona da due punti, mentre l'altra area, la più interna, è da un punto. Ci sei fin qua? »

« Ah. Si. Ho capito. »

« Grazie. Ora posso continuare a guardare. »

« Vai vai. »

Nel secondo quarto di partita ad Andy sembrava di avere le idee un po' più chiare. Anche perché all'inizio, per la maggior parte del tempo non aveva affatto guardato l'incontro, aveva tenuto gli occhi fissi su Drake finché le fiamme alle guance non gli suggerirono di cambiare obiettivo.

Proprio nel gruppetto che stava seguendo con lo sguardo, un giocatore della squadra avversaria tirò violentemente la maglia da dietro di un componente dei Bobcats.

« Ehi guarda, è fallo antisportivo!! Arbitro, ma sei cieco?! IMBECILLE!! » sbraitò improvvisamente colto dal furore, trascinato anche dallo sdegno degli altri tifosi.

Sentendo un pizzicorino alla nuca, si voltò alla sua sinistra e trovò che Drake lo stava fissando allibito.

« Che c'è? »

« Sei sicuro di stare bene? »

« Mai stato meglio. E' quell'arbitro idiota che... Aspetta, era un fallo antisportivo quello? »

L'altro annuì ancora ad occhi sgranati.

« Come lo sai? Tu, che tra un po' non distingui una palla da basket e una da pallavolo? »

« L'ho...letto su internet. »

Il ragazzo gli scoppiò a ridere in faccia in modo molto poco delicato, senza riuscire a trattenersi.

« Mi sa che ho avuto una cattiva influenza su di te... » cercò di dire tra le risate.

Si rialzò senza smettere di ridere, mettendo in bella vista i canini bianchissimi. Che sorriso bastardamente ammaliante, notò Andy.
Il suo cervello gli disse che per una recita ben costruita, si stava facendo trasportare un po' troppo, ma qualcosa dalle parti del suo cuore schiacciò quei fastidiosi suggerimenti non richiesti, e con uno sguardo complice di cui non si credeva capace, rimase ad ascoltare Drake mentre gli spiegava, man mano che la partita si svolgeva, le varie regole del gioco.
Andy ne venne inconsapevolmente assorbito, fino a che non ci fu più nulla attorno a lui che la partita e la voce dell'altro.
_____
*l’ala piccola è un ruolo del basket. Non ho voglia di mettervi link pieni di informazioni tecniche (che mi sono sorbita tutte quante, dalla prima all’ultima) quindi vi spiego in poche parole: un’ala piccola è il giocatore più versatile dal punto di vista delle funzionalità. E’ di media corporatura e altezza, tra i giocatori, per cui può scattare tra gli altri giocatori, rubando loro la palla, oppure fare portentose schiacciate, perché di solito ha anche un’ottima elevazione.
Ho scelto questo ruolo per Drake perché è alto 1,88 metri ed è molto agile e scattante.
E poi Gerald Wallace ha la faccia simpatica =)

Tanto per informazione, Shawn gioca come playmaker, la cui maggiore qualità deve essere l’abilità nel maneggiare la palla e nello sfondare la difesa avversaria. Deve essere molto bravo negli assist (ovvero i passaggi che permettono ad un altro di fare canestro) e infatti è la spalla di Drake, nelle partite. Anche perché è un po’ più massiccio di lui come corporatura, anche se di poco più basso.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Sono riuscita a far passare quasi un mese, yay!! Rispondo alle recensioni u.u

damis: sono contenta che ti piaccia il basket, così se scrivo qualche boiata tu puoi correggermi xD eh si Andy si sta facendo coinvolgere, ma chissà come andrà a finire? *risata sadica* grazie della recensione, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento >__<

cry_chan: eh si, Andy ha gli ormoni in subbuglio, ma Drake mi sembra che ce li abbia molto più attivi...non so perché, ma l'ho visto sempre come un tipo un po'..."fisico". Non che sia stupido comunque xD Joy non riesce a non impicciarsi. Ha proprio l'anima della giornalista .__. Grazie della recensione ^^

RiflessoCondizionato: ma non ti preoccupare cara, non faccio mica pagare la multa se qualcuno non riesce a recensire xD spesso e volentieri neppure io ho tempo per lasciare commenti, quindi non ti scusare! Piuttosto sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, e soprattutto contenta perché Shawn riscuote successi, ed è il personaggio che in fondo, ha il posto più importante nel mio cuoricino...davvero la storia ti ricorda qualcosa che c'è in una delle tue? Che cosa carina <3 non ho letto le tue storie, devo ammetterlo, però se mi dici qual è potrei darci un'occhiata >__<

Volevo ringraziare in generale tutte le persone che seguono questa storia e fare i complimenti a coloro che continuano a recensire, per la perseveranza che hanno xD io non so se riuscirei a lasciare sempre un parere su tutti i capitoli di una storia *si gratta il mento pensierosa*
p.s. per Alice (si tu, proprio tu) anche se mi dici a scuola cosa ne pensi, due righe puoi anche scrivermele, sai? ò.ò
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Si stava divertendo, non poteva negarlo.

Lui e Drake erano completamente gasati, per il fatto che i Bobcats stavano avendo decisamente la meglio sull'altra squadra.
E lui, che pian piano riusciva a distinguere le varie azioni, iniziava a godersi davvero il gioco. Sentiva lo spirito sportivo entrargli dentro come energia pura.
Non credeva che un gioco potesse unire così tanto.

*

La sirena suonò. La partita era finita.

« Hanno vinto Andy, hanno vinto!! »

Urla di giubilo riempirono completamente il palazzetto, i tifosi esultavano in massa come un unico corpo, i giocatori stringevano la mano a quelli della squadra avversaria, come di consueto dopo una partita, in segno d'amicizia e di rispetto, mentre gli speaker sovrastavano a fatica il rumore che sorgeva dagli spalti.

*

La fredda aria invernale sferzò loro il viso come lame affilate, costringendoli a rialzare fin sulle guance il bavero dei cappotti. Andy ringraziò il suo cappuccio di pelo: era sempre stato molto sensibile al freddo.

« Tutto ok? »

« Si, si. Tu? »

« Sto bene. Mi devo abituare a 'sta temperatura polare, ma sono a posto. »

Una lieve melodia si levò attorno a loro.

« E' un telefono? »

« Accidenti, è il mio! » disse Drake, iniziando a rimestare nelle tasche alla ricerca dell'apparecchio. Quando finalmente lo trovò lesse il nome sul display e per poco non fece un infarto, l'espressione che si tramutava da tranquilla a sconvolta.

« Oh merda. »

« Che c'è? »

Si accinse a rispondere.

« P-pronto? »

Una voce femminile leggermente distorta dalle vibrazioni metalliche del cellulare si levò così alta e stridula che non fu necessario mettere in vivavoce per sentirla a distanza.

« Drake!!! Dove diavolo sei finito?! Perché non mi hai detto dove andavi stasera?? Sono dovuta venire a saperlo da tua sorella!! TUA SORELLA!! Cosa ci fai alla partita?! Senza di me!! »

« M-ma Shirley...io... »

« E poi oltre tutto, come se questo non bastasse, sei fuori con quella sciacquetta!! »

« Eh?! » chiese flashato il ragazzo, posando gli occhi su Andy. Non gli sembrava il termine più adatto per definirlo, "sciacquetta".

« La Cook!! Come hai potuto?! »

« Ah, Joy... » tirò un sospiro di sollievo.

« COME OSI CHIAMARLA PER NOME?! »

« Scusami, ma non avevo capito di chi parlavi, comunque- »

« Avresti dovuto dirmelo!! Perché non mi hai chiesto di venire con te?! Perché?? Sono o non sono la tua ragazza?! »

« Ma Shirley, a parte il cheerleading a te cosa interessa del basket...? »

« Avrei potuto stare vicino a te, Drakey... » sbottò con voce piagnucolosa.

A sentirsi storpiare il nome a quel modo, Drake ebbe l'impulso omicida di scagliare il telefono il più lontano possibile, in mezzo alla neve magari, che sbraitasse da solo al fresco.

« Senti, adesso devo andare...scusami piccola, ti chiamo domani io, ok? »

« Non sperare di cavartela così!! » strillò di nuovo lei, inviperita.

« Mi farò perdonare...come si deve. »

Ci fu un breve silenzio proveniente dall'altro capo della linea.

« Ok tesoruccio...ci sentiamo domani allora... »

« Si. Ciao. »

« Ciao ciao... »

Andy ascoltò inorridito il cambiamento di voce da parte della ragazza. La preferiva stridula piuttosto che forzatamente seducente. Aveva i brividi lungo la schiena. E non era per il freddo.

« Scusami la domanda ormai stupida ma...tu non le hai detto nulla? »

« Ehm, no. »

« Ma sei scemo? Non la conosci abbastanza per sapere che avrebbe reagito così? »

« Si ma era in campeggio con le altre cheerleader, mica sapevo che tornava oggi! »

« In teoria tra fidanzati ci dovrebbe essere più comunicazione... »

« Beh sai, non è che io e lei "comunichiamo" molto...se non altro non a parole. »

« Si si non voglio sapere altri dettagli, per favore. » poi però spinto dalla curiosità, non si trattenne « Te la sei portata a letto? »

« Cosa? Ah, no, non ancora. »

« Cosa significa "non ancora" ? » borbottò incrociando le braccia al petto.

« Niente. Assolutamente niente. »

« Ti sei messo con lei solo per quello! Solo con quell'obiettivo lì, oddio, che schifo! Una cosa davvero da bastardi! » gli diede le spalle per andarsene, ma venne bloccato prima di riuscire a muovere più di due passi.

« Andy aspetta, aspetta... insomma, non puoi biasimarmi. »

« Ah no? »

« Cosa puoi ottenere da una come lei? Conversazioni amichevoli? Conversazioni sportive? Conversazioni intelligenti? Sinceramente non mi va di parlare di vestiti da consigliarle o di tonalità del lucidalabbra, argomenti in cui non sono neanche particolarmente ferrato. E non guardarmi così. »

« Perché come ti sto guardando? »

« Male. »

« Non è vero! »

« Vuoi uno specchio? »

Il loro confronto visivo fu interrotto da un rumore molto esplicativo proveniente dallo stomaco di Drake.

« Di' un po', da quanto non mangi? »

« Dalle cinque. Ero troppo agitato per la partita. »

« Beh menomale, così non eri agitato per dover uscire con me. »

Un secondo. Ma provocargli agitazione e confusione non era il suo obiettivo primario?

« Guarda che ero in subbuglio anche per quello. Diciamo, entrambe le cose. Anche se comunque Shawn e Joy ci sono venuti in aiuto. »

Si, era proprio quello il suo obiettivo.
E adesso?

« Stai tranquillo, anche se sei con me... fai sempre quello che ti senti di fare...non...non sforzarti. »

Ma che diavolo stava dicendo?! Era impazzito?! E i suoi propositi??

« Grazie. » rispose l'altro.

Stava per succedere. E sta volta per davvero. Andy lo sentiva. Solo che non capiva cos'era quella stretta allo stomaco, né perché la faccia gli stesse diventando bollente pur essendo fuori alla mercé del freddo polare. Sentiva solo il cuore rimbombargli nelle orecchie.
Non gl'importava di essere per strada. Tanto era buio, e nessuno avrebbe badato a loro, in un parcheggio pieno zeppo di auto di ogni dimensione. Alzò la testa quel tanto che gli bastò per raggiungere le labbra di Drake, che trovò ghiacciate. Anche le sue risentivano dell'aria gelida, e non avevano molta sensibilità.
Man mano che approfondirono il bacio però, sentirono riaffiorare il calore e con esso anche gli stimoli tattili.
Drake cercò la sua lingua, la intrecciò alla sua, poi si tirò leggermente indietro per far si che fosse Andy ad allungarsi verso di lui.
E l'altro rispose a quel gesto, cercando la sua bocca come fosse ossigeno, portando le mani fasciate da morbidi guanti in lana ad accarezzargli le gote arrossate per l'aria sferzante.
Il moro si sentì spingere lentamente contro un'auto, ma non avvertì nessun senso di prigionia, si beò solo delle attenzioni dell'altro. Lasciò che la sua bocca scendesse lungo il collo lasciando una sottile linea di baci, che si concentrarono in un solo punto appena sopra la clavicola. Poi risalì e prima di continuare a baciarsi si guardarono negli occhi per un attimo fugace.

Si sentirono dei passi in lontananza, ma entrambi li ignorarono. Andy avvertì le dita fredde di Drake insinuarsi sotto la propria maglia, e voleva dirgli di smettere, ma tutto ciò che ne ricavò fu un gemito sulle labbra dell'altro.

« Ehi guarda cos'abbiamo! Un moccioso tifoso di quei ladri! »

Una lama di ghiaccio scese lungo la schiena ad entrambi. Subito dopo, fuoco. Quasi come se avessero toccato una recinzione elettrificata, si staccarono superando qualsiasi previsione di velocità. Un semplice richiamo proveniente da qualche punto imprecisato era bastato a provocare una tachicardia momentanea.
Drake si voltò: a circa una ventina di metri da loro distinse a fatica un gruppo di tre, no quattro uomini adulti. Vide che stavano fissando proprio loro due. Capì subito a cosa si riferivano: il suo giubbotto non aveva il cappuccio col pelo come quello di Andy, perciò anche alla flebile luce dei lampioni si vedeva chiaramente la sua sciarpa dai colori sgargianti.
Quelli dovevano essere tifosi della squadra che aveva perso contro i Bobcats, e anche un po' brilli, a giudicare da come faticavano a camminare diritti.

« Ladri a chi? » disse, incapace di trattenersi.

« L'arbitro era comprato! » gli urlarono quelli in risposta.

« Drake, andiamo via... » sussurrò Andy tirandogli la manica del giubbino.

« Non era comprato, è stata una vittoria schiacciante! »

« Drake, ti prego...lascia perdere, andiamo! » la sua preoccupazione non faceva che aumentare.

« O-ho..senti com'è coraggioso... »

« Drake, ora basta! » gli disse Andy, rendendosi conto solo dopo di aver alzato troppo la voce.

Gli altri ridacchiarono.

« Dovresti ascoltare la tua ragazza, moccioso. »

Il ragazzo si voltò.

« Andiamo via, ti prego. Shawn ti ha scritto dov'erano andati lui e Joy, infiliamoci in quel bar e basta, non dovrebbe essere molto distante. »

L'altro annuì.

« Va bene, andiamo. »

Intanto l'altro gruppetto si stava avvicinando a loro, a giudicare dall'intensità crescente delle loro parole.

« Merda. Presto, muoviamoci! »

Andy prese per mano Drake e si incamminò dapprima lentamente, superando l'auto che aveva fatto loro da appoggio nei momenti precedenti.

« Ehi! Aspettate un attimo. » disse perplesso uno degli uomini.

« Cosa c'è? » gli chiese uno dei suoi amici.

« Quella non è una ragazza. » sbraitò cercando di indicare col dito malfermo il moro.

Le cose si mettevano ancora peggio.

« E' un maschio! Ladri e pure finocchi. »

« Cazzo. » riuscì solo a dire Drake.

Non di molto aiuto. Ma cosa poteva esserlo?

« Corri più veloce che puoi!! » gli urlò Andy, per poi iniziare a correre egli stesso.

Ecco, forse quella frase.
Per fortuna erano completamente sobri, e questo giocava a loro favore. Sgattaiolarono svelti tra le macchine fino ad arrivare all'uscita del parcheggio, per poi sfrecciare lungo la strada principale senza voltarsi.

« Come si chiama? »

« Cosa? »

« Il pub dov'è Shawn! »

« Non mi ricordo! »

« Guarda nel telefono! »

« Non c'è tempo. Corri! »

Gli schiamazzi dei quattro tizi sbronzi si facevano sentire, segno che li stavano rincorrendo.
L'adrenalina entrò in circolo automaticamente. Entrambi i ragazzi sentivano il cuore in gola.

« Era qualcosa come Molly. No, Miley. »

« Sei sicuro? »

« No, c'era una "a". Mal...Mil... »

« Mia? »

« Esatto! Come lo sai? »

Andy gli indicò qualcosa dritto davanti a loro: seguendo la linea del braccio, Drake notò un'insegna al neon viola, che si distingueva per il colore particolare.

« Ok, muoviti! »

« Aspettami, non ho tanta resistenza come te, io. » Andy sentiva il fiato corto.

« Si. Tanto quelli sono indietro. Fai un ultimo sforzo. »

Si catapultarono nel bar a velocità supersonica, ansimanti e sudati, attirando lo sguardo dei clienti più vicini alla porta. Fortunatamente alla tv davano la partita in diretta, per cui erano quasi tutti lì davanti, a guardare i replay migliori in un programma di discussione sportiva.

« Guarda -anf- Drake... Sono lì. »

« Li ho visti anch'io... »

Joy alzò un braccio per salutarli e fece loro segno di avvicinarsi.

« Che vi è successo? Siete stati inseguiti da un branco di leoni scappati dallo zoo? »

« Peggio. » commentò Andy, dopo essersi seduto a riposare.

« Tifosi della squadra perdente incazzati e ubriachi fradici. »

« Ottimo riassunto. »

L'unico commento di Shawn fu uno sbadigliante "Oh", mentre Joy non disse nulla, ma la sua espressione si fece chiaramente apprensiva.

« Non preoccuparti, siamo riusciti a scappare, come vedi. »

« Di' un po', avete una calamita per i guai, voi due? »

« Spero di no! » sbottò Drake, ordinando una coca al cameriere per rinfrescarsi la gola, secca per la corsa improvvisa e forzata. « Vuoi qualcosa anche tu? » chiese ad Andy, che si era appena svestito del cappotto e dei guanti ed era andato a sistemare anche il suo sull'attaccapanni.

« Oh, si grazie.. solo acqua. »

« Sei sicuro? »

« Si, si. »

Drake fece spallucce e ordinò anche per lui. Quando il moro si sedette, l'altro gli scostò una ciocca ribelle che si era incastrata tra la stanghetta degli occhiali e il suo orecchio. Il gesto lento e misurato non sfuggì agli altri tre, con conseguente silenzio imbarazzato e sguardi che vagavano dappertutto tranne che sulle loro facce, di chiunque fossero.

« A-hem... » Shawn si schiarì la voce per rompere il mutismo « Allora bella la partita. »

« Si si. » annuì convinto Drake. « Hai visto Wallace? » gli chiese concitato.

« E tu Felton? » rispose di rimando il biondo.

Dopo un paio di secondi, guardandosi sempre negli occhi, esplosero in un « Certo che si!! » e scoppiarono a ridere, dandosi un cinque con la mano.

Erano davvero uniti. E il basket li legava ancora di più. Joy li guardò, sorridendo, per poi rivolgersi ad Andy, che era seduto di fronte a lei.

« Senti ma....di' la verità: non c'hai capito un tubo, vero? Della partita. »

« Ehi! Ma per chi mi hai preso, mica sono così cretino. » rispose con tono fintamente offeso « Drake mi ha spiegato le cose man mano che la partita si svolgeva. » ammise infine tra lo sconfitto e lo sconfortato.

« Ma no, hai capito tutto subito. » lo rincuorò l'altro. « E poi quella del fallo antisportivo è stata micidiale! »

« Oh, sta' zitto. »

Andy gli tirò un leggero pugno sulla spalla, ma questo non impedì a Drake di continuare a ridergli in faccia.

« No, davvero, avreste dovuto sentire con che fervore faceva il tifo!! » continuò imperterrito.

« Ma la finisci? » cercò di tirargli un altro pugno, che venne prontamente bloccato dall'altro.

« Ammetilo che il basket è un bello sport. »

« Passabile. »

« Guarda che mi offendo. »

« Chi se ne frega. »

Al momento la cosa che gli importava di più era che se Drake non mollava immediatamente il suo polso avrebbe potuto fare fumo dalle orecchie, perfino. Per fortuna arrivarono le loro bevande, e il ragazzo iniziò a bere la propria acqua. Avrebbe voluto affogarcisi. Non si era mai sentito tanto imbarazzato in vita sua. Però non poteva darlo a vedere, per cui cercò di simulare noncuranza e tranquillità.

Joy però, scettica e fin troppo abituata alle sue prove teatrali d'autore, si voltò verso Shawn, mormorando qualcosa che solo lui poteva sentire.

« Adesso sì che mi sembra di reggere il moccolo. »

« Non me lo dire. » borbottò il biondo da dietro le dita della propria mano appoggiata sul viso in una posa falsamente contemplativa.

« E voi cos'avete fatto tutto questo tempo? »

« Ah, io ho guardato la partita. »

« C'era da immaginarselo. E tu Joy? »

« Mentre lui non badava a me perché troppo intento a guardare lo schermo, tanto da dimenticarsi di chiudere la bocca e stare lì impalato come un ebete insieme ad un'altra dozzina di idioti, ho preso un bel ragazzo che ho incontrato qui dentro e siamo andati a pomiciare. »

Shawn rimase anche questa volta a bocca aperta, come se la sua mascella sentisse terribilmente l'influsso della forza di gravità.

« Tu cosa? »

Joy lo osservò a lungo prima di rispondere.

« Ho guardato anch'io la partita, cretino. Solo che non ero a due centimetri dal televisore. »

Shawn si rilassò leggermente, mantenendo però un'espressione involontariamente crucciata.

« Come hai fatto a dire una cosa simile con lo stesso tono con cui stai parlando ora? Ma sei un automa?? »

« Ah, no. » intervenne Andy « Joy è fatta così. Potrebbe dirti qualunque cosa con la stessa voce e la stessa espressione. E' il suo talento speciale. Pensa che un giorno… »

« Oh no, non di nuovo. » sbottò lei.

« Un giorno mi ha detto che era riuscita a trovare il regalo di Natale che voleva per sua madre, e due secondi dopo mi ha raccontato che uno dei suoi vicini di casa era stato ricoverato in ospedale per intossicazione alimentare, con lo stesso tono che io ho capito che si era intossicato per il regalo che lei aveva fatto a sua madre!! Ti sembra possibile?! »

« La devi proprio sbraitare ai quattro venti, questa stupida storiella? »

Lui rise compiaciuto. Era uno dei lati più divertenti e interessanti della ragazza, la sua impassibilità in certe situazioni.

« Non ci trovo nulla da ridere. Cioè... mi ha fatto credere di aver perso di vista una donna alla quale avrebbe potuto succedere di tutto! Mi sento uno schifo. Grazie Joy, questa mi mancava proprio. »

« E comunque, ci tengo a precisare che avrebbe potuto davvero accadermi qualunque cosa, tanto per l'attenzione che avevi tu... »

« Scusa. »

Shawn a quanto pare era davvero sconvolto.
Per evitare collassi di neuroni, Drake glissò amabilmente sulle sue ultime uscite e propose di tornare a casa, mozione approvata da tutti i presenti.

Il viaggio di ritorno fu di gran lunga più tranquillo di quello di andata. Il primo ad essere portato a destinazione fu Drake. Andy scese prima di lui per permettergli di smontare dalla parte del marciapiede e non da quello della strada. L'altro suonò il campanello di casa propria e attese.

« Beh, allora grazie della serata. »

« Grazie a te. » rispose il moro, sorridendogli dolcemente.

« No...davvero... » riprese lui, e senza riuscire a trattenersi gli stampò un lieve bacio sulle labbra.

« Bentornato Drake. »

La voce di suo padre lo attraversò da parte a parte. Si era totalmente dimenticato di essere davanti a casa sua. L'aveva visto? O con il suo corpo era riuscito a coprire la scena? Non voleva saperlo. Non voleva chiederlo.

« Ciao papà. » gli sembrava di avere del cemento a presa rapida in bocca.

« Tutto bene la partita? »

« S-si. »

« Noi andiamo Dre'. » disse Shawn, intimando ad Andy di rientrare il più velocemente possibile in auto, cosa che eseguì immediatamente.

« Buonanotte. »

« Buonanotte. »

« 'Notte signor Foster. »

« Altrettanto, ragazzi. »

Dal tono di voce sembrava tutto tranquillo. Ma non si poteva mai sapere. Il biondo mise in moto la macchina e ripartirono.
Dopo circa venti minuti di strada si scorse la casa di Andy.

« Comunque voi pensate che se ne sia accorto? Che...mi ha baciato. »

« Non credo. Spero di no. » disse Joy. « 'Notte Andy. Sta' tranquillo. »

« Mh. Buonanotte anche a voi. »

Joy abitava solo un paio di isolati più in là, ma Shawn insistette lo stesso per accompagnarla in auto.

« Guarda che ci arrivavo anche a piedi. »

« Lo so ma dopo quello che mi hai detto stasera non ho più intenzione di far camminare una donna sola neanche per dieci metri. »

« Ti ho proprio shockato? Guarda che scherzavo. »

« Ma è vero che ci sono un sacco di delinquenti in giro! »

« Non c'è nessuno qui. Per quanto mi riguarda, il primo delinquente potresti essere tu. »

« Grazie, e io che mi preoccupo anche. Comunque le prossime volte non ti perdo di vista, così non mi farai vergognare come un ladro. »

« Le prossime volte? »

« Quando dovremo di nuovo, diciamo, fare da spalla a quei due. »

« Ah. »

« Non sei convinta. »

« No, no, lo sono. Beh, al momento buonanotte. »

« Altrettanto. Joy. »

Salutò il ragazzo con la mano ed infilò le chiavi nella serratura.
Le prossime volte.
Bah.
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Non preoccupatevi, non ci saranno morti né feriti xD alla prossima!!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Woohoo!! Sono riuscita a fare un aggiornamento dopo un mese e un giorno!

cry_chan: già, chi è questa Shirley?? Eppure la sua prima apparizione l'ha già fatta nel primo capitolo (dovevo essere scema a creare un personaggio come lei) è la dolce e pacata fidanzata (se se) di Drake. E' la capo cheerleader...che ragazza interessante xD mi fa piacere che tu abbia rivalutato Joy ^^
RiflessoCondizionato: ma figurati se mi annoi, io adoro le recensioni fatte col cuore così, come la tua ♥♥♥♥♥..io ho sinceramente paura dei tifosi ubriachi xD è un'accoppiata di fattori assolutamente tremenda...poveri ragazzi!! ): non sapevo di descrivere baci che vi attizzano così tanto xD ne sono felice! Non odiare Shirley...poverina, perdonala, perché non sa quello che fa u.u spero he anche questo capitolo ti piaccia °v°
damis: se il padre di Drake li avesse visti il pover'uomo non si ritroverebbe più né testa né palle, per cui visto che è ancora vivo credo non li abbia notati...xD non vi dirò nulla su Joy e Shawn u.u sono solo amici. spero che anche questo cap ti piaccia, fammelo sapere >__<
ACEdance: (lol scrivere il tuo nick mi fa sorridere, è tenero ♥) infatti manco l'hanno visto il bacio...io ci tengo alla pelle di Drake!!! Dai, che ti trovo una Joy in carne ed ossa te la regalo per il compleanno (come se ti servisse poi xD) leggi anche questo capitolo e dimmi se ti fa 'chifo o se è passabile, mi fido del tuo giudizio! ç^ç
DarkViolet92: ha! E io non vi dico nulla di nulla su Joy e Shawn u.u tzè. Spero che questo capitolo ti piaccia, grazie della recensione =)

Grazie a tutte quante di nuovo. E non odiate Shirley xD
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« Comunque da te non me lo sarei mai aspettato, mi deludi Dre’. »


« Perché? »

« Pensavo che io e te ci saremmo divertiti… »

« E invece? »

« Invece ci sei cascato. Ecco cosa. »

« Per carità. Con Shirley? Stiamo insieme. Ma non stiamo “davvero” insieme. »

« Mica parlavo di lei. »

« E di chi? »

Il biondo alzò un sopracciglio.

« Hai anche il coraggio di chiedere? »

Drake sollevò il proprio sguardo dal pranzo, osservando l’amico in modo interrogativo. Ma poco dopo realizzò.

« Nolan? » borbottò a bocca piena. « Ma va’. »

« Ah! Non puoi negare. Non puoi. Dico sul serio. »

« Siamo usciti una volta sola! Stai sparando assurdità, controllati. »

« Per favore. Lo conosciamo da una vita. Non è che ci sei uscito una volta dopo che l’hai conosciuto due settimane fa chissà dove. Una vita, una vita. »

« Si, non serve che mi ripeti le cose. »

« No, forse non te ne rendi conto… Ma, per prima cosa, hai cornificato Shirley. »

« Perché credi che lei non l’abbia fatto nei miei confronti? Non pensavo vivessi nel mondo delle fiabe. » concluse scuotendo affranto il capo.

Shawn fece una pausa stupita per la seconda volta. Stava iniziando a dargli fastidio, questo non aver la risposta pronta.

« Bah, cornuti e contenti. » si decise a mangiare il proprio sandwich.

« Hai intenzione di farmi la predica? Se non sbaglio non sono mai stato l’unico a prendere le cose alla leggera. »

« Lo so, però Shirley è un caso più unico che raro. La maggior parte delle ragazze che si comporta piuttosto “liberamente” non ha mai pretese, ma lei è una tale tritura-ammenicoli… »

« Ok, allora dopo le parlo. »

« Ecco bravo. Vedi di non farla sbraitare troppo. »

« A-ha. »

« E vedi di deciderti. »

« In che senso? »

« L’affare con Shirley è solo una parte del mio discorso di prima. L’altra riguarda proprio Nolan. »

« Perché? »

« La signorina Morgan sarà scaricata oggi stesso, dico bene? »

« Esatto. »

« E con Nolan quanto intendi continuare? »

« Finché voglio. » borbottò concentrandosi sul piatto e continuando a mangiare.

« Se lo dici tu. Ci eravamo promessi di non incappare in storie serie. Te lo sei forse dimenticato? »

« No. Vedrai, non combinerò casini. »

« Non lo so, sei troppo preso da lui. »

« Ma no. Perché ci siamo baciati? Come se per me fosse stato il primo bacio, per favore. E neanche per lui. Non è un grande affare, l’ho fatto perché mi andava, punto. »

« Hai chiuso gli occhi. »

« E tu che ne sai? »

« Quando sei sceso davanti a casa tua, gli hai dato un bacio. E hai chiuso gli occhi. Una cosa oscena, sembravate due fidanzatini. »

« Mi piace e basta! Ce ne sono mille come lui. »

« Oddio, non guardare da questa parte! »

« Cretino, non mi riferivo a te, parlavo in generale. »

« Mh. Perciò devo dedurre che per te lui non è niente di speciale. »

« Certo che no. »

« Guardami in faccia quando lo dici. »

Drake sbuffò, e si voltò mostrandogli il suo miglior sguardo irritato.

« Ho detto che per me non è niente di speciale. »

A questo punto gli toccava credergli.
Ma non ci riusciva.

*

« Ciao Andy. »

« Ciao. » rispose l’interpellato con un sorriso. « Oggi ci vediamo solo a pranzo eh? Non abbiamo corsi in comune, stamattina. »

« Già. Tutta colpa del fatto che tu hai mollato chimica. »

« Ho scoperto che non mi piace così tanto. »

La ragazza scrollò le spalle. « Scelta tua. Piuttosto, hai sentito Drake? »

« No. Però se suo padre avesse notato qualcosa, sabato sera, me l’avrebbe detto. »

« Non ti ha scritto, domenica? »

« Guarda che non ce l’ha il mio numero. »

« Come no? Si è tenuto il tuo telefono per più di una settimana! »

Andy scosse la testa. « Non si è salvato il numero, in ogni caso. »

« Ma scusa, uscite insieme!! Come potete non scambiarvi i numeri? Ah, sono circondata da idioti. »

« Grazie… comunque piano con quell’”uscite insieme”. Siamo solo andati a vedere una partita. Di basket. » Andy sottolineò l’ultima parola.

Ancora non ci credeva. Basket. Cioè, lui… basket!! Davvero, davvero senza parole.

« Si, avete visto la partita… e poi? »

« Cosa “e poi”? »

« La smetti di ripetere quello che dico? Sei fastidioso. »

« No, è che non capisco cosa vuoi insinuare. »

« Dai, ti ha baciato quando eravamo davanti a casa sua. »

« Non me lo ricordare. Credevo che quel giorno la mia vita sarebbe finita. Mai più voglio vedere suo padre, mai più. Come se poi l’avessi visto, tra il buio e la tensione che avevo. »

« Non cercare di spostare il discorso su padri, madri, fratelli o quel che è. Stavamo parlando di te e lui. »

« Sei una rompiscatole, lo sai? »

« Si, e ne vado fiera. Tu continua a raccontare. »

« Joy, hai proprio l’anima del giornalista. »

« Prego? » chiese lei inarcando un sopracciglio.

« Avvoltoio. Ecco cosa sei. Comunque… beh… noi… »

« Oh, deduco che vi siate baciati eccome. Insomma, per festeggiare la vittoria. »

« Ma perché ti interessa tanto? Questo è gossip. »

« Questa è morbosa curiosità, e lo sai che io sono LA morbosa curiosità, in persona. O forse mi sto dando allo yaoi. »

« Al che cosa? »

« Niente, tu non hai sentito niente. »

Andy la fissò. Anche lei era preoccupante. Decise di lasciar cadere il discorso, anche perché parlarne lo metteva in imbarazzo. Si voltò ad ammirare il giardino della scuola imbiancato dalle stille di rugiada che, ghiacciatesi, erano diventate brina. Il flebile sole che filtrava dalle nuvole le faceva rilucere, come minuscoli cristalli dalle mille sfaccettature.

All’improvviso gli balenò in mente un ricordo. Il suo discorso con Drake. Due settimane e mezzo prima. E in due settimane era successo di tutto.
Gli tornò alla memoria anche un’altra cosa. Quella che avrebbe voluto seppellire.

Si fermò a riflettere.

Dio, che aveva fatto. Drake gli piaceva. Si, non ci volevano tante ore di pare mentali e analisi per capirlo. Avrebbe potuto sviscerare le proprie reazioni ed emozioni, ma il risultato sarebbe stato sempre quello.
Gli piaceva.
Un’infatuazione, o serio interesse che fosse, gli piaceva.
Cos’era il piacere, poi? Armonia. Complicità. Credeva di non avere nulla in comune con lui. Si sbagliava.
E anche il basket, doveva ammettere che gli andava a genio.
Ma lui soprattutto, lui era al centro della sua attenzione. Lui, in tutta la sua sfacciataggine, il suo infantilismo, lo sguardo furbo che ti conquistava. Ora capiva perché era tanto popolare. Non riuscivi a farne a meno, una volta che l’avevi conosciuto.
E lui, adesso, ne aveva bisogno come l’aria. Dopo due sole settimane.
Si era ficcato nei guai.
Com’era partito tutto?
Ah si.
Cercava una vendetta. Voleva che Drake si innamorasse di lui, per farlo tormentare.
Perché dubitasse della propria identità.
Ed era vero, Drake era stato male. Aveva sofferto. Si era sentito sbagliato. Andy non sapeva che avesse anche subìto disturbi e indisposizioni fisiche, indigestioni, ansia. Però lo immaginava.
E si sentiva uno schifo.
Da una parte, si era reso conto di avergli fatto male. Davvero male. Si sentiva cattivo, sporco. Uno stronzo.
Dall’altra, comprendeva che, dopo tutto il casino che aveva combinato, non era neanche riuscito a raggiungere il proprio obiettivo: non era rimasto freddo e distaccato. Si era fatto coinvolgere. Aveva aiutato quel ragazzo con lo stesso fervore con cui aveva cercato di farlo stare male, se non con più attenzione, addirittura.
E alla fine non s’era neppure vendicato, perché in quel vortice di subdoli inganni c’era finito pure lui.

E ogni volta che guardava Drake un senso di amarezza lo riempiva. Perché Andy era un bugiardo. Perché gli aveva mentito.
Perché non era innamorato di lui. O meglio, all’inizio no.

Doveva dirglielo? Se lo avesse fatto, avrebbe rovinato tutto. Se lo avesse fatto, Drake l’avrebbe odiato. E a ragione.
Se non gliel’avesse detto, si sarebbe portato dentro il peso. Ma se lo meritava. E se l’avesse detto a Joy?

No, lei l’avrebbe scuoiato vivo. Non poteva dirglielo. Anche perché parlarne sarebbe stato ammettere che si, l’aveva davvero fatto, aveva davvero architettato una cosa simile, aveva davvero fatto quella cazzata, la più grande della sua vita.
Però, a pensarci bene, se non gli fosse venuto in mente un piano tanto stupido, non avrebbe mai conosciuto davvero Drake.
E non sarebbe stato così bene. Perché con lui stava davvero così bene. Doveva ringraziare la sua stupidità.
Probabilmente.
Ma certe cose era meglio dimenticarle.

« Andy, ti sei imbambolato? Il discorso, non l’hai finito! »

« Non c’è più nulla da dire. » le rispose tranquillamente. Poi, come desideroso di intavolare un’altra conversazione, la richiamò « Joy. »

« Si? »

« Grazie di essermi sempre vicina. »

« Figurati. Ti sono stata accanto nei tuoi momenti peggiori, adesso che sei entrato in quello di gloria vuoi che sparisca? E poi lo sai che ti voglio bene. Sei come il fratello intelligente che non ho. »

« Dai, tuo fratello è una brava persona. »

« Prego? » alzò un sopracciglio.

A dire il vero Andy non conosceva bene il fratello di cui Joy stava parlando. Era più vecchio di loro, aveva 24 anni, e abitava in un’altra città, con la moglie. L’aveva visto solo un paio di volte, tempo prima, quand’era piccolo, e l’impressione che gli aveva fatto era buona. Si vedeva che era fratello di Joy. Innanzitutto erano uguali. Stessa faccia. E poi, litigavano spesso, ma si volevano bene, erano legati.

« Ma dai. Sei la sua “ricciolina”. »

« Oh ti prego, non dirlo mai più. Odio quando mi chiama così. »

Ridacchiò. Come avrebbe dovuto chiamarla? I ricci di Joy sembravano oro colato su tralci di vite fresca. Il ricordo della precedente riflessione stava già scemando. In fondo stava bene. Più o meno.

*

Drake aveva detto a Shawn che avrebbe chiuso i ponti con Shirley. Cioè, non sarebbero stati più fidanzati. Perché lei era carina, certo, le era affezionato, certo, ma…non poteva più stare con lei. Per lei non provava solo interesse fisico, altrimenti avrebbe potuto stare con chiunque lo attraesse.
Era una ragazza simpatica. Si sapeva divertire. Era davvero affascinante.
Però c’era una nuova incognita, ora, nella sua vita. Un’incognita che si chiamava Alexander. E se pensava a lui non poteva far finta di essere interessato a Shirley. Non era certo una cosa passeggera. Lo avvertiva. E stare con lei era un impegno. Non poteva darlo per scontato.

Però come al solito, tra il dire e il fare, ormai c’è di mezzo un intero sistema solare, altro che mare.
Quando avrebbe dovuto dirglielo? E soprattutto, come? Ma più importante ancora: come diavolo avrebbe reagito? Probabilmente staccandogli la testa a morsi.
Non era solo una questione “lei mi ama tanto”, perché non era certo innamorata di lui.
Le piaceva, oh si. E c’era anche il fatto che lui era molto popolare. E lei era la reginetta della scuola, praticamente. In più, la caposquadra delle cheerleader. La più in vista. Presuntuosa, orgogliosamente consapevole della propria bellezza.
Tutti si sarebbero aspettati che loro stessero insieme. Tutti.
Ma si sa, le cose molto spesso non vanno come ci si aspetta. Se l’avesse lasciata avrebbe scatenato qualcosa come un pandemonio.
In più, Dan, uno dei suoi compagni di squadra, era innamorato perso della migliore amica di Shirley, Missy Collins, e se avesse combinato un casino, lui lo avrebbe ammazzato.
Ma ciò che andava fatto, andava fatto. Non c’erano scusanti.
Finite le lezioni, Drake si incamminò deciso verso l’aula di arte. Sapeva di trovarla lì, dato che quello era il suo corso pomeridiano.

« Ehi. Ciao. »

« Ciao Drake!!! Come va? »

« Bene. » le sorrise. Lei lo abbracciò raggiante.

« Possiamo parlare? »

« Certo! »

« In privato però. »

« Si… » la sua espressione si fece perplessa « C’è qualcosa che non va, Drake? »

« No, non proprio. »

La condusse in un’aula vuota, e chiuse la porta alle proprie spalle. Era il momento. Si sentiva una persona orribile. Però doveva farlo, era meglio per entrambi.

« Shirley… io non ti voglio mentire. »

Lei annuì in silenzio, lasciandolo proseguire.

« E non voglio essere costretto a farlo. Perciò prima che sia troppo tardi, voglio essere onesto con te. »

La ragazza corrucciò leggermente la fronte, ma non disse nulla.

« Le cose… le cose non sono più come un tempo. E io… non… »

« Cosa? »

« Non... non me la sento più di stare con te. Scusami. »

Lei sgranò gli occhi e indietreggiò.
Fece una smorfia, quasi come se stesse per piangere, ma poi tirò su col naso e cercò di restare seria.

« Per... Perchè? »

Drake avrebbe voluto concludere così, senza dirle una parola di più. Però glielo doveva, almeno quello.

« Perché… c’è qualcuno… a cui penso. Spesso. Troppo spesso. E non voglio fare così, devo scegliere. E purtroppo, questa è la mia scelta. Mi dispiace Shirley. Mi dispiace. »

« No, ok. Va... va bene. » una lacrima che non riuscì a trattenere le rigò la guancia.

« Va bene. Posso almeno sapere chi è? »

« No. Preferisco di no. »

« Ok. »

« Shirley, mi dispiace davvero… »

« No, va bene. Va… » nascose la testa tra le mani e iniziò a piangere. « No… » mormorò tra i singhiozzi « E’ giusto così, non ti devi sforzare, non farlo, sono solo… presa alla sprovvista… »

Drake non riuscì a non sentirsi, comunque, sollevato. Le si avvicinò e le diede un bacio a fior di labbra.

« Questo è l’ultimo. Su, tranquilla… non piangere. Troverai sicuramente qualcuno meglio di me. » le scostò una ciocca di capelli biondi dal viso.

« Perdonami, ma ora devo andare. »

« Ok. » disse lei, momentaneamente più calma. « Ok. Ci vediamo, Drake. » e si voltò per prendere un fazzoletto dalla cartella.

Drake era un po’ triste, ma doveva davvero andare. Doveva. La abbracciò un’ultima volta e uscì dalla stanza. Probabilmente adesso che lui non era più accanto a Shirley, stava piangendo come una fontana. Urlando, sbraitando. Tirando calci ai muri. Aveva forse chiamato Missy per raccontarglielo tutta incazzata tipo iena. Ma non importava.
Era suo diritto sfogarsi. Forse avrebbe cercato di sputtanarlo in qualche modo.
Ma neppure questo importava.
E non credeva comunque che lei l’avrebbe fatto.
Ora doveva andare. Doveva andare da Andy.

Doveva…

« Drake! » Dan gli correva incontro sventolando la mano in saluto.

« Ciao. Oggi ci vediamo ad allenamento? »

« Si. Adesso però… »

« Ok, fantastico! Senti, sabato sera sei libero? Io e gli altri andiamo al Donovan’s. »

Il Donovan’s era uno dei locali più in vista di Greensbourgh. Era praticamente la loro seconda casa, ci andavano sempre. Ma non era monotono, era… bello così.

« Ma io dovrei… »

« Dai Drake, il Donovan’s! Sono quasi riuscito a invitare Missy ad uscire con me! »

Che tempismo.
Al Donovan’s non poteva dire di no. Non poteva proprio.

« Ok Dan, ci sarò. A che ora? »

« Alle nove. Come al solito. Ci porti anche Shirley? Così lei porterà tutte le altre del loro gruppo, e avremo musica, cibo, bibite e ragazze. »

« Beh, a dire il vero… » forse era meglio glissare « Si, credo ci sarà anche lei. »

« Stupendo! A dopo allora. »

« A dopo. »

Lo salutò velocemente e si diresse da qualche parte.
Si perché non aveva proprio idea di dove fosse Andy. Alla redazione non c’era, l’aveva appena superata ed era tutto chiuso. Quindi… dove cavolo avrebbe potuto cercare?
Andando per esclusione, nei laboratori no. A lui, lo sapeva, piacevano le materie umanistiche. Meno di pratico c’era, meglio stava. Nell’aula di storia? Salì una rampa di scale e cercò la porta. Bussò, sicuro che comunque non ci fosse nessuno in particolare. Non c’era neppure Andy in effetti.
Non era andato a casa, o gliel’avrebbe detto. Magari doveva aspettare che Shawn finisse le lezioni al suo corso di lettere, lui che era il cervello di ogni situazione avrebbe saputo consigliarlo meglio.
Anche perché non aveva nessunissima voglia di rivoltare la scuola come un calzino.
Si, decisamente. Si diresse a grandi passi dall’amico, sicuro che sarebbe stato la soluzione ideale. In effetti lo era, ma per motivi totalmente diversi.

« Ehi! Ola Shawn, hai finito? »

« Si finalmente… oggi la lezione è stata di una noia mortale, mi stavo addormentando! »

« Solo oggi? Ma se sei mezzo imparentato con un ghiro! »

« Ah, spiritoso… comunque, piuttosto, cosa ti ha portato fino a questa porta? Cioè, lettere! L’equivalente della peste per te. »

« Non trovo Andy. »

Shawn lo fissò per un po’, quasi come avesse detto “non trovo il quaderno di scienze” o un’altra sciocchezza simile.

« E quindi? »

« Non so, magari tu che sei più sveglio di me sai darmi consigli. Da qualche parte nella scuola deve essere. »

Il ragazzo scoppiò a ridere. Drake si sentì irritato. In fondo era una cosa seria!

« Sei irrecuperabile. »

« Perché? »

Il biondo non rispose e lo afferrò per un braccio, portandolo nell’aula, da dove stavano ancora uscendo studenti desiderosi di tornare alle proprie case. Drake si guardò intorno per vedere se c’era qualcosa che spiegasse il gesto dell’amico, e in effetti c’era, eccome.

« Andy. »

« Esatto. »

« Qui? »

« E’ lettere, non marziano. »

« Vabbè, ma… »

« Se vuole fare il giornalista, lo scrittore, o quel che è, ovvio che segue il corso di lettere. »

« Si ma qui sorge un altro dubbio. »

« Ovvero? »

« Tu. »

« Eh. »

« Da quant’è che segui questo corso? »

« Siamo in questa scuola da due anni, quindi direi… due anni? »

« Esatto. E lui? »

« Due anni. »

« Ma bene. »

« E con questo? »

Drake si prese una piccola pausa per evitare di bestemmiargli dietro, e si massaggiò lentamente le tempie. Per fortuna che doveva essere Shawn il più sveglio. Ah, no, un attimo, lui era sveglio solo quando si trattava di cose logiche come ragionamenti o robe simili, per tutto il resto aveva la stessa brillantezza di un bradipo.

« L’hai avuto nello stesso corso per due anni, e non mi hai mai detto niente?! »

« Tanto a me non deve mica niente. »

« No, non capisci… quando noi… quando io… quando lo prendevamo in giro, gli portavamo via le cose e tutto quel periodo idiota, tu l’hai sempre avuto in corso. Perché non me ne hai parlato? Se tu lo conoscevi… »

« Perché non ho mai parlato a lui!! Cioè, lo conoscevo, magari, ma solo da un punto di vista scolastico…e poi lui lo vedi com’è, un nerd –anche se non è fanatico dei computer- e sta sempre in prima fila. Io più vicino alla porta sono, meglio è: sempre pronto a scappare. » concluse annuendo convinto.

« Si, ma… » nonostante il discorso di Shawn fosse perfettamente logico, normale e comprensibile, Drake sembrava deciso a trovare qualche pretesto per rimproverarlo di non avergli mai fatto parola su quel fatto che –solo ora- gli sembrava tanto straordinario.

« “Ma” cosa? » ribatté subito il biondo alzando le sopracciglia. « Tu parli sempre con tutti quelli che hai nei corsi? Non credo proprio. »

« Ma… Andy è Andy! »

« Andy è Andy adesso, prima era “un soggetto inutile, finocchio e potenzialmente dannoso”. Nonché, in certi ambiti, l’essere più insignificante su questa Terra. Neppure tu gli avresti parlato. »

Sospirando, l’altro si sentì finalmente pronto ad accogliere la verità. Tutto quello scambio di interessanti verità l’aveva distolto dal suo obiettivo: andare da Andy.
Però, ora che ce l’aveva davanti (e del tutto inconsapevole della propria presenza, a giudicare dall’attenzione con cui continuava a scrivere su un quaderno, o quel che era, il naso a poco più di due centimetri dal banco) non si ricordava più perché lo volesse vedere.
O meglio, forse non l’aveva mai saputo. Sapeva soltanto che dopo aver parlato con Shirley, e ancora prima di concludere la conversazione, si sentiva libero. Non solo libero da lei, che bene o male, non era una carceriera, ma piuttosto libero da tutto quanto, dalle costrizioni, dalla gente…
Sembrava assurdo perché prima aveva una ragazza ed era un giovane brillante, di talento sportivo, popolare. Ora era sempre lo stesso Drake, ma non aveva una fidanzata (senza contare che quella che aveva appena lasciato era la più in vista, che equivaleva a dire che parecchi ragazzi avrebbero dato via un braccio pur di trovarsi al suo posto con la bella bionda), aveva messo le questioni personali davanti ad un amico (Dan e la sua “questione Missy”) e come se non bastasse si era preso una cotta per un ragazzo, con cui tra l’altro era pure uscito una volta. Quindi, custodiva un segreto.
Eppure non si era mai sentito così eccitato, felice, di certo non spensierato, ma vivo.
Quando giocava a basket si sentiva pieno di vita. Ma anche adesso. Guardare quell’esile figura seduta di spalle e quasi accartocciata tra sedia e banco, i suoi capelli neri e lucidi dai riflessi opalescenti, le spalle ampie ma ossute, gli metteva addosso una tenerezza indicibile. E dire che lui non era mai stato un tipo tanto sentimentale. Effettivamente tutto ciò che di bello notava, aveva sempre un paragone concreto, per ciò che aveva ora davanti a sé invece, faticava a trovarne definizione, “elevato”, o forse “spirituale”, o forse ancora “superiore”, ma non rendeva l’idea. La sua materia grigia si era divisa in tanti piccoli esserini festosi che gli impedivano di costruire discorsi sensati, pensieri sensati.

Si decise: avrebbe raggiunto Andy e poi tutto il resto sarebbe stato di minore importanza. Non gli serviva un motivo per andare da lui, aveva lui e questa era già una valida ragione.
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Ho interrotto qui il capitolo perché di perdermi negli sproloqui non verbali di Drake non ne avevo proprio voglia xD tanto è partito per la tangente, quindi riportare su carte (virtuale) ciò che il suo cervello concepisce sarebbe diventato impossibile. Non mi chiamo mica James Joyce io. Al prossimo. *saluto militare*

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Evviva i neurini di Drake che ballano il merengue. Anche i miei neuroni lo ballano, per cui se le risposte alle recensioni sono corte vi prego di scusarmi...çç

cry_chan: *abbraccia* si Shawn è decisamente il più figo :D e Drake da quando ha imparato a pensare, lo fa troppo spesso...grazie della recensione cara =)

damis: tu sei sempre quella che fa le predizioni più esatte xD beh Shirley è un discorso a parte, però per adesso è tranquilla, quindi lasciamola stare che è meglio...o no? *sorriso sadico*
Regina di Picche: mia cara, le tue recensioni sono sempre così piacevoli ♥ non mi lamento perché qualcuno no ha tempo di recensire è__é e poi a volte non si ha nemmeno la voglia, ma lo capisco, anch'io sono una lettrice eh =) grazie per le correzioni grammaticali, ti giuro che i puntini di sospensione sono la mia tortura: so che ne vanno messi tre (le variazioni di numero sono solo svarionamenti miei) però non sapevo se fosse una regola fissa quella di staccare le parole che vengono dopo...grazie per la delucidazione ^^ per quanto riguarda il saremo/saremmo dato che la frase è al futuro (pensavo che io e te ci saremo divertiti -in futuro) ho lasciato una sola m, ma siccome era troppo vaga la cosa ho optato infine per mettere il condizionale... parlando d'altro, non so cos'è 'sta fissa che hanno tutte ma Shawn e Joy non si piacciono, mi pare ò.ò ma i fandom si sa, sono facili a nascere xD grazie della recensione ^^
Bibby111: oh che bello una nuova recensitrice -si spera- ! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta =) dato che odio gli uke-checca isterica ho cercato di rendere Andy un ragazzo normale, pur lasciandogli un margine di "sensibilità" in più...spero che anche questo capitolo ti piaccia, anche se Andy verserà qualche lacrimuccia...un bacio =*
ACEdance: io ti voglio bene e del tuo giudizio mi interessa perché anche se è di parte ti conosco e so discernere le cose troppo "di parte". E comunque sono fermamente convinta che tu abbia un'ottima capacità analitica -e pure un tantino estremista e cinica nei confronti dei miei personaggi- quindi mi va bene che tu mi rimproveri gli svarioni da fangirl u.u beh Shirley sarà anche una cheerleader ma di fronte a certe cose tutti o quasi reagiscono allo stesso modo...avrà modo anche lei di riflettere sull'evento! Mica è finita qui. E Drake ha un cervello essenzialmente molto semplice (diciamo che ha un circuito solo) per cui si entusiasma come un bambino di cinque anni, e non accetterò recriminazioni in merito u.u e Shawn è più figo quindi ragiona meglio. (anch'io sono di parte, concedimelo C:) leggi questo capitolo ma non ammazzarmi.
DarkViolet92: non confermo né smentisco a proposito di Joy e Shawn, scoprirete più avanti come va a finire...ad ogni modo Andy ha un cuore quindi prima o poi doveva pentirsi...o almeno nella mia ottica è così =) altrimenti avrebbe proprio esagerato...

Volevo ringraziare tutte/i, sia coloro che hanno recensito, coloro che hanno solo letto e i 33 che hanno inserito la storia tra le loro "seguite" ^^ Grazie a voi questa fanfic continua!! *__*b
Vi chiedo solo di perdonarmi le reazioni di Andy che avranno luogo in questo capitolo, spiego meglio alla fine per non rovinarvi la lettura ^__^v
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« Drake, o ti riscuoti da ‘sto stato di trance, o mi vedrò costretto ad adottare metodi poco ortodossi. »

« A-ha. »

« Nocciola bacata, devo andare a casa. »

« Non chiamarmi “nocciola bacata”, i miei capelli hanno un colore bellissimo. »

« E io devo andare a casa. »

Drake lo guardò, levando gli occhi di dosso ad Andy con uno sforzo epocale, cercando di fissarlo nel modo più rancoroso che potesse, ma tanto lui non ci riusciva per nulla a lanciare occhiate cariche d’odio, neppure simulato, soprattutto se vedeva due occhioni azzurro cielo enormi, a palla, che sembrava Nemo di “Alla ricerca di Nemo” e che…

« Maledetto traditore. »

« Che ho fatto adesso? »

« Hai gli occhi! »

Solo il muro riuscì a notare un tic nervoso che colse il biondo al braccio, quasi fosse indeciso tra il misurare la febbre all’amico con la mano, o usarla per spedirlo su Marte con un pugno.

« Cioè, » si decise a spiegare lui « hai gli occhi troppo belli. Troppo blu, celesti, cerulei o come si dice, troppo di cristallo e ti perdono. »

« Scusa, quando esattamente siamo passati dal parlare dei miei occhi a parlare di perdono? Hai perso un po’ di cervello strada facendo? Forse dalle orecchie? O dal naso. Sai, gli egizi quando mummificavano i corpi, estraevano con un lungo uncino… »

« No, grazie, non m’interessa. Preferirei digerirlo, il pranzo di oggi, non vomitarlo. Comunque intendevo che ti perdono anche se non mi hai mai detto di Andy, che è in corso con te e blablabla. »

« Ma che gentile concessione… »

« Voglio andare da lui. » espresse poi con tono lamentoso.

« E invece di fare i capricci come un moccioso dell’asilo, vacci, no? Ti si sono cementati i piedi? »

« Ma… mi sento un idiota. »

« Perché? »

« Beh… » si avvicinò a lui sussurrando, come se temesse che qualche orecchio indiscreto potesse cogliere le sue parole « Non c’è solo lui in classe, anche qualcun altro sta scrivendo qualcosa o riordinando gli appunti… »

Shawn sospirò.

« Devi sapere che noi, in quanto esseri umani, abbiamo una vasta gamma di possibilità di comportamento. E dato che hai, fino ad ora, frequentato solo ragazze, e intendo Shirley e quell’altro vagone di sventole che hai avuto in questi anni, hai focalizzato su un unico tipo di incontro. Ma sai, non è che se devi andare a trovare la persona che ti piace nella sua classe, l’unico tipo di approccio è 1) entri, 2) fai in modo di farti notare da tutti, 3) ti siedi di fianco a lei e vi avvinghiate come anguille selvatiche, ovviamente attirando l’attenzione in ogni modo provocante che possa esistere, 4) forse finalmente inizi a parlare –e ripeto forse. »

« E che devo fare? »

« Entrare e dire “ciao” è troppo difficile? Ti stai facendo più problemi di tua sorella. Non è che da quando sei gay ti sei rincoglionito? »

« Non sono gay. »

« Allora non neghi di essere rincoglionito. Beh almeno l’hai ammesso, ora si può procedere alla guarigione. »

« Nessuno vi ha insegnato che tra “gay” e “checca isterica” c’è una differenza ben definita? »

Una voce dal tono fortemente irritato e sarcastico li colse di sorpresa, alle spalle.

« A dire il vero volevo iniziare il discorso apostrofandovi con un paio di paroline dolci, ma non sapevo quale fossero le più adatte, per cui ho preferito lasciar perdere. »

« Andy. » il lamento di Drake gli era uscito di bocca in un basso rantolo.

« Ecco sfumati i tuoi piani di conquista. » borbottò stancamente Shawn « La prossima volta farai come hai sempre fatto in vita tua? »

« Cioè? »

« Prima agisci, poi, forse, pensi. »

« Non ti sopporto, Shawn. »

« Invece io ti amo. » sospirò sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle. « Adesso devo proprio andare, ho sopportato fin troppo di questi svarioni. Ciao Andy, occupatene tu. »

« Ciao Shawn. Buon pomeriggio. »

Il biondo gli sorrise. « Ciao, idiota. » borbottò dolcemente, salutando l’amico con un affettuoso bacio tra i capelli. In risposta gli arrivò un broncio corredato da una serie di sguardi corrucciati, ma sapeva che andava bene così.

Quando sparì girando l’angolo, Andy si voltò a guardare Drake.

« Che cosa aspettavi ad entrare? E piuttosto, perché volevi farlo? Credevo avessi paura di prendere l’orticaria, mettendo piede in cotanta letteratura. »

Drake perse tutti i buoni propositi che si era messo in testa.

« Ho piantato Shirley. » confessò laconico. Un inizio perfetto.

« In giardino? »

« Andy. »

« …Scusa. »



« Ma l’hai lasciata davvero? »

« Si. »

« Perché? Lei ti piaceva. Insomma… non solo fisicamente. »

« Lo so. Però… »

« Cosa? Ti ha tradito? »

« Si ma non è quello il punto. Anch’io l’ho fatto. » non notò uno sguardo di profondo rimprovero da parte del moro. « Diciamo che… non era abbastanza. Lei non era abbastanza per me, o per lo meno… non era quello che volevo. »

Andy lo fissò confuso. Cosa lasciava intendere quella mezza frase? C’era qualcosa da leggere tra le righe, o era una semplice considerazione a sé stante?
Quell’”abbastanza” che Shirley non era… a cosa si riferiva?
Era lui quello che gli aveva fatto capire che lei non era all’altezza? Oppure era solo lei ad essere troppo stupida o non sufficientemente adeguata a Drake?

Il ragazzo lo guardava con palese disagio dipinto negli occhi dorati.

« Non… non dici nulla? »

« Beh, mi dispiace un po’ per lei. Ci sarà rimasta male. » non è che gli dispiacesse davvero, ma non sapeva che dire, e una frase simile, anche se di circostanza, gli sembrava appropriata.

« Credo di si. Cioè, si. Ha pianto. Forse dopo che me ne sono andato mi ha maledetto in tutti i modi ma… va bene. Davvero. »

« Ok. »

Si guardarono, tra l’imbarazzo e il non saper bene cosa dire.

« Io sono abbastanza? »

Gi era uscita così, quella stupida domanda, senza un filtro razionale, direttamente dalla corteccia cerebrale alla bocca, come se in mezzo non ci fosse proprio nulla che lo facesse rinsavire prima di avventurarsi in terreni pericolosi.

« Io non riesco a capirti bene. Sei così… diverso da me. »

Aveva detto tutto e niente.

« Non credo che... tu abbia proprio risposto alla mia domanda. »

« Mi piaci. »

« Anche tu. »

« Quello che so di certo è che sei molto più di “abbastanza”. » sorrise, arrossendo.

Andy non era una persona impulsiva. Se non altro, lo era a parole, nel ficcarsi nei guai per le boiate che sparava, ma non aveva mai picchiato nessuno, tanto per dirne una, né fatto sgambetti o cose simili, perciò quello che avvenne negli istanti successivi lo visse come guardando un film, come dall’esterno, come fosse stato il corpo di un altro, e non il suo, ad agire.

Seppe solo che fu pienamente cosciente del prima e del dopo. Prima era fuori dall’aula. Dopo era dentro. Prima c’era molta gente nella stanza. Dopo, ora, adesso, c’erano solo lui e Drake. Prima la porta era aperta e la luce accesa. Ora era chiusa e la luce spenta. Era dicembre, era dicembre e faceva freddo, fuori in cortile, la nebbia era indice dell’umidità diffusa, quel pulviscolo gelido che li circondava. Erano le quattro. Non era luminoso, tra le pareti gremite di scaffali silenziosi che li circondavano, come racchiudendoli in un nido di carta e inchiostro, ma non era neppure quel buio pesto che fa sentire sperduti e impotenti. Era tutto di un grigio azzurro perlaceo e lattiginoso, mentre la fioca luce pomeridiana, fredda, veniva spezzata, dispersa e cristallizzata da quelle goccioline invernali che appannavano i vetri. Non seppe per quanti minuti, ore o forse solo secondi, rimasero a guardarsi negli occhi. Vedeva le iridi di Drake, di una sfumatura quasi verde. I raggi che entravano dalle finestre sembravano lunari, surreali, disegnavano strane ombre allungate e geometriche sui muri, che si piegavano e si rompevano sui banchi, le sedie, gli oggetti scompostamente appoggiati a mensole e armadi, la lavagna con ancora qualcosa scritto, con i residui dei pennarelli, le mattonelle fredde, il muro sporco, libri, fogli, penne, carte cartine mappe le pareti il tepore tutto era luce ed ombra e niente era mezzo tono, il contrasto cromatico, i respiri…

« Drake. »

…il suo nome.

Erano uno di fronte all’altro, immobili, le braccia lungo i fianchi, inutili e senza vita. Gli occhi tremuli.

« Baciami. »

E chiuse gli occhi. E un attimo prima era in piedi, e quello dopo era seduto. Su un banco, sospinto dall’altro, obbediente e silenzioso. Sembrava che non volesse altro che quell’invito, sembrava che non riuscisse a trovare abbastanza coraggio per chiederglielo. Non era il solito bacio. Quello timido, quello del “mi piaci”, del “sono attirato da te”.
Quello fisico.
Sembrava che fossero corpo e spirito mischiati, e che tutto insieme si stesse toccando. Si stavano baciando anche i loro cuori.
Andy non ci capiva niente. Ed era sicuro che neanche Drake ci capisse qualcosa. Ma non importava. Ora era con lui e lo voleva. Con ogni singola cellula.
Lo sapeva, in quel momento, com’era iniziato tutto.
Quel ragazzo l’aveva torturato, oh si.
Voleva vendicarsi, oh si.
Voleva farlo innamorare, oh si. Poi magari tradirlo, o prenderlo per il culo o sputtanarlo davanti a tutti.
Farlo stare male, ferirlo in qualunque modo.
Ma poi si era accorto che sotto le minacce c’erano problemi più gravi. E non ci voleva un genio a capire che la famiglia di Drake era stata la principale causa di quel suo comportamento aggressivo.
Sentiva di essere importante per Drake, lo sapeva, ne era certo.
E lo perdonava.
Di tutto.
Per sempre.
Fanculo alla vendetta, fanculo al “guarda che all’inizio lo stavi prendendo in giro in un modo orribile”
Si era comportato altrettanto male. Ora erano pari.
La sua anima stava gridando. Si sentiva cattivo. Stava provando a convincersi che buttarsi tutto alle spalle era possibile.
Ma gli veniva da piangere.
Le mani di Drake erano ovunque. Sui suoi fianchi, sulle sue gambe, sul suo torace, il suo petto il suo collo. Gli aprirono la cerniera della felpa. Si insinuarono sotto la maglietta. Tastarono l’ombelico, gli addominali poco definiti, le costole in evidenza, passarono alla schiena, e lo strinse a sé spingendo con i palmi aperti sulla sua pelle.

Drake stava agendo per istinto. Ma era lucido. Più che mai. Si ricordò per un attimo Shirley. Com’era eccitante toccarla, com’era insignificante rispetto a quello. Eppure ciò che stava facendo, praticamente, non era nulla, nulla: solo lievi contatti, e dove? Ovunque. Aveva voglia di tastare tutto il suo corpo come un cieco che vuole costruire nella propria mente l’immagine di una persona toccandone i lineamenti. Le sue labbra poi, erano talmente calde, umide, morbide, dolci. Gliele morse scherzosamente, gliele leccò, le succhiò, le assaporò come nettare prezioso. Si staccò ansante e gli sollevò il capo, avventandosi sul suo collo e affondandovi i canini affilati, senza ferire. Passò la lingua ruvida come quella di un gatto sul punto che si arrossava un po’ per la pressione invasiva dei denti, e iniziò a costellarlo di piccoli baci. Gli abbassò la cerniera della felpa, infiltrandosi sotto la T-shirt per disegnare con le lunghe dita affusolate tutta la superficie epidermica possibile. Sentiva il corpo dell’altro percorso di brividi al passaggio delle sue mani fredde, ma non gli dispiacque, perché avvertiva la reazione, la vita sotto i polpastrelli, gemiti che era lui a provocare, a strappare alle labbra riluttanti. Gli levò la felpa definitivamente, gli tolse gli occhiali per avere più accesso al suo viso, tanto a che serviva vedere? Bastava il contatto. Era più forte di qualsiasi stimolo visivo. Lo strinse in vita con le braccia e lo sollevò prendendolo su di sé, mentre l’altro gli cingeva la vita con le gambe per ancorarsi meglio, fiondandosi sulla sua bocca e intrecciando la sua lingua con la propria.
Poi gli sfuggì dalle mani. Dall’abbraccio.
Volontariamente.
Con un gemito soffocato.
Andy si accasciò sul banco su cui prima era stato seduto. Poi scivolò a terra, raccogliendosi sulle ginocchia piegate, incapace di alzare la testa, fissando il pavimento.

« Andy! Che ti succede?! » Drake era spaventato, sorpreso. Aveva il fiatone.

Andy si sedette a terra e si coprì il volto con le mani.

« Andy. »

« Alexander. »

« Ehi. »

Nessuna risposta.
Un singhiozzo. Un altro. Un pianto sommesso ma non del tutto silenzioso.

« Sono andato troppo oltre? »

Scosse la testa. I lunghi capelli corvini ricaddero come una coltre scomposta sulla faccia già nascosta dalle dita.

« E’ colpa mia. » lo disse in un modo quasi indecifrabile.

Drake era sempre più allarmato, gli venne in mente di tutto, di peggio, il terrore più puro lo colse, ma la prima cosa che fece fu quella di afferrarlo per le braccia e sollevarlo fino a che tornò in posizione eretta. Ma non riuscì a liberare il viso per guardarlo negli occhi. Fu spettatore solo della continuazione del suo pianto.

« Non ci riesco. » singhiozzò ancora « Non posso. Non posso. Non sono sereno. Non così. »

« Ma cosa ti prende adesso? »

« Ti voglio bene. Ti voglio troppo bene. E’ per questo che non ci riesco. »

« Non riesci a fare cosa? »

« Non riesco a fare tutto questo con tranquillità. E come potrei. »

« Ma che cos’è successo, si può sapere? » si sentiva arrabbiato, frustrato. Voleva fare qualcosa ma non sapeva cosa, perché non sapeva niente di niente.

Gli afferrò i polsi con violenza, senza preoccuparsi di fargli male, li allontanò e sgarbatamente gli sollevò i capelli dal viso, scoprendolo del tutto.
Rosso, accaldato, con le lacrime che avevano rigato le guance ma che si erano bruscamente fermate per la sorpresa. Non tardarono a stillare di nuovo sulle ciglia nere.

« Voglio aiutarti, qualsiasi cosa sia, ma devi dirmi cos’hai. » aveva paura, ma il suo tono era deciso.

« Non puoi aiutarmi. Non puoi. »

Ringhiò rabbioso. Voleva sapere. L’altro sospirò in un singhiozzo convulso.

« Ti ho mentito. »

Un filo di voce. Che spezzò la stanza. Perfino i volumi sugli scaffali sembravano mormorare tra loro curiosi.

« Mentito… » non era una domanda, né un’affermazione. Drake ripeté apaticamente la parola, come se non ne avesse capito il significato. « Su cosa? » sembrava tornato in sé.

« A… all’inizio. » si sentiva male, sapeva cosa sarebbe successo poi, ma doveva dirglielo.

« All’inizio quando? »

Non riuscì a sostenere il suo sguardo, e si concentrò su un punto imprecisato del pavimento.

« Dopo che abbiamo parlato, un mese fa, un mese e mezzo, due mesi, chi se lo ricorda, non lo so… io mi sono dichiarato a te. Ti ho detto che mi piacevi tanto. Che quello che mi faceva più male del tuo comportamento verso di me era il fatto che mi piacevi, ma sembravi odiarmi. Che ti trovavo attraente, interessante, carino, vitale. »

Drake bloccò le sue sinapsi, perché non voleva fare congetture, non voleva concludere qualcosa di troppo doloroso. Volle solo sentirselo dire, così avrebbe sofferto una volta sola.

« Non era vero. »



« Non mi piacevi. Non mi piacevi. Avevo tanto rancore. Tanto. E paura. Ti ho detto che mi piacevi perché volevo metterti in confusione. »

« E come? » si stupì del proprio tono controllato.

« Volevo farti innamorare di me, se possibile. O comunque, volevo che avessi dei dubbi sulla tua sessualità, e di conseguenza, che ti odiassi come odiavi me perché ero gay. Perché sono gay. »

« Volevi, praticamente, fare rivoltare le mie convinzioni contro me stesso? Per farmi avere una crisi di identità? »

Andy annuì, incapace di confermare a parole.

« Perché? »

« Non avrei mai potuto attaccarti su altri fronti. Tu sei più forte, più popolare, più famoso e benvoluto di me. Sei più ricco e più talentuoso in campo sportivo, più potente. Più tutto. L’unica cosa che mi restava era l’attacco psicologico. »

« Non potevi dirmi che pretendevi delle scuse da me? Mi ero già… accorto di avere fatto una cazzata. »

« Tu non capisci. Ero diventato talmente frustrato da perdere il mio senso di giustizia e diventare cattivo. Ho fatto una cosa subdola, ma… ti prego, cerca di comprendermi!! Due anni Drake. Due anni, Due fottutissimi anni nei quali non c’è stato un giorno in cui non avessi morse allo stomaco per quello che mi facevate! Mi avete picchiato, mi avete derubato, umiliato, danneggiato svariate cose, offeso nei modi peggiori… »

« E credi che io non sia stato male? » era calmo solo perché doveva ancora raggiungere il limite.

« Cosa? »

« Dopo che ti è venuta la brillante idea di baciarmi. Sai per quanti giorni ho avuto lo stomaco rovesciato come un calzino? Sai quanti pasti ho vomitato? Quante notti ho passato in bianco? »

« Drake!! Tu parli di giorni, io di mesi! Anni!! Ma non voglio giustificarmi, so che ho sbagliato, voglio solo farti capire… »

« CERTO CHE HAI SBAGLIATO!! » urlò, incapace di autocontrollo.

Lo fissò, tremante di rabbia, i pugni che si aprivano e si chiudevano convulsamente.

« Quindi tu non provi nulla per me. Stai solo facendo la puttana? O stai trattando me come tale? Io non mi vendo a nessuno!! »

« Ma che dici, certo che provo qualcosa per te! »

« Cosa?! Cosa? »

« Mi piaci. » si bloccò, ma un fiume di parole si riversò sull’altro senza che Andy avesse il potere di fermarlo « Mi piaci da morire, non ho mai provato una cosa simile, ti voglio bene, ma non ti voglio solo bene, ti voglio più che bene, ti desidero, con tutto me stesso, non vorrei mai separarmi da te, non voglio, non lo voglio davvero, ogni volta che ti vedo e che sento la tua voce mi ci annego in quelle parole, mi perdo nei tuoi occhi, nel tuo profumo, io… »

« Basta così. »

Il moro restò a bocca aperta, incapace di continuare.

« Non so se crederti. Non lo so. So solo che probabilmente mi sono innamorato di te, ed è stata la stronzata più grande della mia vita. Ti ho fatto male, si, ma… ti sei comportato in un modo orrendo. Schifoso, lo sai? Rivoltante. Non posso, non riesco a tenere gli occhi fissi su di te. Non voglio più vederti. Me ne vado, anzi… » accennò un risolino isterico. Voltò le spalle in modo meccanico e scomposto. A grandi passi si allontanò.

Dopo un attimo di smarrimento, Andy infilò la felpa e gli corse dietro.

« Aspetta… » sussurrò « Aspetta, aspetta, aspetta!!!! Non andare!! Urlò in un climax ascendente di voce, senza preoccuparsi del fatto che in giro per la scuola c’era ancora qualche bidello che riordinava le classi o qualche insegnante che avrebbe potuto seriamente preoccuparsi. Drake aveva già il giubbotto addosso e la cartella a tracolla, che aveva lasciati fuori dalla porta dell’aula in cui si trovavano, era al di là dell’uscita della scuola, ma a lui non importava, non poteva, non voleva perderlo…
Non ora.
Incurante del gelo e dell’umidità, corse come un cretino dietro a quel ragazzo, fino a raggiungerlo e ad afferrarlo per un braccio.

« Drake. Drake. Ti supplico. »

Quello si voltò e afferratolo per le spalle lo sbatté addosso al muro in un modo che gli ricordò i vecchi tempi. Si accorse di tremare in modo incontrollato, ma non di paura. Uno freddoloso come lui, stava praticamente morendo. Drake continuò a schiacciarlo sulla fredda parete, ma con le braccia distese, quasi volesse mantenere la distanza tra loro. Aveva la testa china e ci mise un po’ prima di riuscire a parlare, e quando lo fece, la sua voce era rotta e insicura.

« Io… ti volevo. E volevo essere tuo. Ma adesso è come se mi fossi sempre stato chiuso, e la persona di cui mi sono innamorato, un’altra. Non tu. Non riesco a sopportare la tua vista. Lasciami andare, e non rivolgermi la parola. »

E detto questo se ne andò. Andy si sentiva sprofondare. Tornò dentro, avvertendo su di sé solo ghiaccio. Si vestì ed andò alla propria auto. Ma prima di riuscire a partire, stette un quarto d’ora buono a fissare il nulla.
Era successo.
Aveva rovinato tutto.
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IMMAGINE DEI PERSONAGGI PRINCIPALI cliccare qui sopra ^^b - Per ringraziarvi delle oltre 3400 letture!!


NOTA PER TUTTI: come avevo detto prima del capitolo, qui le reazioni di Andy sono parecchio estreme. E' lagnoso, piange, schiamazza, va fuori con cinque gradi e un'umidità così densa che si taglia col coltello, però... riflettete un attimo: dopo tutto quello che gli è successo vuole solo essere tranquillo. Forse ancora più che stare con Drake, desidera la pace. E portarsi dentro il peso di aver mentito ad una persona che adesso è così importante per lui, è uno strazio. Almeno adesso s'è tolto il peso. Non so se sperasse in un perdono immediato, però dopo aver trovato felicità, vedersela sfuggire dalle mani a questo modo fa scattare automaticamente la paura morbosa di lasciare andare questa felicità, e nello specifico, Drake. Purtroppo non s'è lasciato convincere, neppure dalla disperazione. Sarò anche melodrammatica, però io sono emotiva e reagisco così, e in Andy c'è tanto del mio cervello :( non riesco mai a staccarmi totalmente dai miei personaggi, vi chiedo scusa...

 
NOTA FACOLTATIVA (SALTATELA SE VOLETE):
Ah, volevo aggiungere una nota, anzi, più di una.
-Il nome Alexander l’ho usato perché per me ha un significato particolare, ma soprattutto perché è il nome-simbolo per una delle mie migliori amiche.
-Drake deriva dalla serie tv “Drake & Josh”, andata in onda su Italia 1 nel 2009 in estate (credo. La mia memoria è una realtà molto discutibile). Amavo il nome e il personaggio.
-Il basket non lo sopporto. Allora perché il basket? Perché un mio compagno di classe (con tendenze yaoi non naturali, ovvero, che si dedica allo yaoi solo per far piacere a me e darmi un po’ d’ispirazione artistica) gioca a basket e lo ama. E lo ammiro per questo suo impegno.
-Le cheerleader perché non-riesco-a-sopportarle. Ok, è ginnastica, ok è divertente, ok dà carica alla squadra, ma Cristo, perché sanno dimenare un po’ il fondoschiena credono che solo questo basti nella vita. Poi escono dal liceo e non sanno più fare un cazzo. Ok, scusate lo sfogo, ma quando vedo certe cose inutili all’ennesima potenza mi viene il nervoso…
-Giornalismo non è il sogno di Andy, ma di Joy (che non segue lo stesso corso di Andy ma quello di un altro insegnante perché quello del corso di Andy le sta sull’anima)
-Andy vuole fare…non ve lo dico u.u

Perché questi appunti? Perché ho trovato delle incredibili somiglianze tra la mia storia e quella di Mady, “I can’t love you”, che ho scoperto recentemente. Non è colpa mia se il protagonista di chiama Derek e il suo amico lo chiama Drake e suo fratello gioca a basket e le sue amiche cheerleader sono scimmie analfabete!!! E’ una situazione molto comune in America u.u
Quindi, Mady, se per caso ti capita di leggere questo messaggio,spero che non ti prenderà un colpo come è preso a me! A parte quelle cose lì, le due storie non hanno un tubo di niente in comune. No, lo dico perché mi dispiacerebbe che lei lo pensasse (magari manco sa che esisto, io, e pure la mia fan fiction, ma quando una persona s’impegna x scrivere qualcosa ci tiene al proprio lavoro, no?)

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Rispondo subito alle recensioni =)

Bibby111: mwhahahahah finché sono nella mia modalità perfida potete tenervi la vostra speranza èvé no dai, sto scherzando...però un fondo di verità c'è: non credo che sia così facile riappacificare gli animi... a presto ^^
damis: mi dispiace che in questo capitolo Shawn venga un  po' strapazzato, ma gli voglio troppo bene per non farlo soffrire Q3Q grazie della recensione <3
DarkViolet92: eh già è proprio un bel po' di tempo ciò che ci vuole...grazie della recensione =)
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Quando Andy rincorse Drake per cercare di fermarlo, non aveva idea che l’avrebbe pagata cara, per questo. Il giorno dopo si svegliò solo perché risentiva dell’orario abituale, ma più di aprire gli occhi e sbattere le palpebre due o tre volte, non riuscì a fare.

« Ah, Alexander… Mi dispiace. Sembra bella alta. » sua madre guardava corrucciata il termometro. « Beh, se non altro, nella sfortuna, è stata una fortuna che io fossi a casa per un bel periodo… Ma come te lo sei preso un febbrone simile? »

« Sono uscito da scuola in felpa. » borbottò amareggiato.

« Allora te la sei cercata! » lo rimproverò.

« Lo so, scusa. »

Monica lo guardò dolcemente.

« Rimani a letto, e per qualsiasi cosa, chiamami, d’accordo? Io devo sistemare la casa, ma non farò rumore. »

« Certo mamma. » le sorrise di rimando.

Lei gli accarezzò la testa e gli rimboccò le coperte, per poi uscire dalla stanza e dirigersi verso il piano terra. La sentì scendere le scale con i suoi soliti passi felpati. Ammirava molto sua madre. Una donna tanto bella quanto brillante.
Riuscì a rimanere concentrato su di lei per poco, mentre il cervello passava sotto il dominio dell’ “argomento Drake”, che essendo fresco fresco del giorno prima, gli bruciava come lava incandescente nelle viscere e nello stomaco.
Aveva rovinato davvero tutto. Quello che c’era stato. Quello che avrebbe potuto esserci.
Non si aspettava nulla di più, dopo una simile confessione, ma avrebbe tanto voluto che Drake l’avesse compreso. Dopo quanto era successo, come poteva dimenticare tutto? Anche sapendo quello che aveva fatto, come avrebbe potuto?


« Ma non ha dimenticato. » sospirò tra sé e sé.

Forse avrebbe davvero dovuto dire tutto ai suoi genitori. Ma non ne aveva nessuna voglia. Si sarebbe sentito solo sgridare per non averne parlato prima. E sua madre avrebbe dato in escandescenze, partendo come un bersagliere verso la scuola e cercando Drake, Shawn e tutti quelli della loro compagnia per fucilarli. Suo padre le avrebbe detto di calmarsi, mentre con perfetta discrezione andava a prepararle l’arsenale.
Quei due erano fatti così: lei impulsiva, lui pacato, ma sotto sotto perfettamente complementari.
No, aveva deciso. Quello l’avrebbe lasciato perdere. Tanto per come stavano andando le cose, Drake era sparito dalla sua vita. E forse, non vi sarebbe mai più tornato.

Un paio di giorni dopo venne a trovarlo Joy, che aveva amorevolmente scritto per lui gli argomenti delle lezioni che si era perso.

« Tu dimmi come farei senza di te. »

« Faresti lo stesso, solo forse senza una rompiscatole. » lo salutò con un buffetto sulla spalla, prese la sedia della scrivania di Andy, e la portò vicino al letto, sistemandosi accanto a lui.

« Allora come sta l’ammalato? Ma tu d’inverno devi sempre prenderti il colera, non ce li hai gli anticorpi? »

« Guarda che quella anormale sei tu, che il massimo grado che ha visto il tuo termometro in sedici anni è stato trentasette e mezzo… »

« Perché ho delle buone difese immunitarie. »

« Devi proprio vantartene qui e adesso? »

« Certo. »

« Comunque questa influenza me la sono presa per colpa mia… »

« Addirittura? Perché non ti bastano le sessioni di febbri da cavallo che ti vengono, no? »

« Avevo un’ottima ragione per correre come un cretino fuori al freddo, anche se non sono servite a concludere nulla. »

« Quale? »

« Stavo parlando con Drake. »

« E questo spiega tutto? »

« Se mi lasci finire… Dicevo, stavamo parlando. Poi ci siamo baciati. In una classe, era vuota. »

« Lo spero bene. »

« Ecco… Ci stavamo baciando, però mi è venuta in mente una cosa che… Oddio, ho paura a raccontartelo. »

« Perché? » era curiosa e lo guardava con fare interrogativo.

« Prima che ti dica cos’è successo, sappi subito che ti arrabbierai. Però… Sappi anche che non te l’ho mai detto perché avevo paura che mi avresti scuoiato vivo. Ma dato che sono ammalato, non farlo ora, ok? »

« Se non so di cosa mi devi parlare… »

« Tu promettimelo e basta. »

« Va bene, non ti ucciderò. Adesso spicciati a parlare. »

Andy fece un bel respiro, e cominciò. Le raccontò tutto, fin dall’inizio. Fin da quando avevano parlato lui e Drake, proprio come aveva detto al ragazzo. Lei non lo interruppe mai, e conveniva o dissentiva con lui per qualcosa solo con brevi cenni della testa, o con occhiate più o meno eloquenti. Quando giunse al momento clou della narrazione, la vide ancorarsi alla sedia con le mani, mentre tratteneva il fiato dallo stupore. Stava per dire, o meglio, urlare qualcosa, ma si trattenne perché voleva ascoltare tutto quanto, prima di commentare.

« …e così lui se n’è andato, e io mi ritrovo qui con il colera addosso. »

Joy sembrava stata centrifugata. Aveva uno sguardo allibito.

« E tu, per tutto questo tempo, cosa diavolo hai fatto, praticamente? »

« Mi sono dannato l’anima. »

« Mio Dio… Ma tu sei cretino. Cioè, sei davvero cretino. Perché non me l’hai detto subito?! Ma ancor peggio, come ti è passato per la testa!!! Cosa ti eri fumato? »

« Niente, è quello il problema. Ancora non capisco come ha fatto il mio cervello a partorire un’idea tanto contorta. »

« Ma la tua mente è contorta, questo si sapeva. Piuttosto mi chiedo dove hai trovato il fegato di attuare un’impresa simile. »

« Non me lo chiedere, non lo so. »

« Ma lui ti piace o no? »

« Se mi piace? Da morire! Ci penso continuamente. »

« Ma quand’è esattamente che la finzione si è trasformata in realtà? Intendo dire, quand’è che da recita, il tuo interesse è diventato reale? »

« Non lo so, è stato troppo graduale perché ci sia un giorno preciso. Comunque credo che la partita che siamo andati a vedere abbia influito in maniera decisiva. Ero lì con lui, e nessun altro attorno. Oddio, ho proprio fatto un gran casino. »

« Se non altro bisogna riconoscere che se non fosse stato per questa trovata adesso non saresti innamorato cotto di lui, che tra l’altro non mi sembra neppure male, come persona. »

« Si, l’avevo pensato anch’io… »

Tra loro calò il silenzio. Joy continuò a fissare straniata le pieghe che le coperte modellavano sul corpo di Andy, mentre lui cercava il particolare interesse che poteva suscitare un soffitto bianco e nudo.

« Dimmi una cosa. » esordì piano.

« Mh. » rispose Joy, senza togliere gli occhi dal piumino.

« Non ti è venuta voglia di uccidermi? »

« Oh, non sai quanta. » lo scrutò apprensiva e con un’espressione quasi dolente « Ma ormai è troppo tardi, hai già fatto tutto tu. Neppure sgridarti servirebbe, ti sei già rovinato con le tue mani. »

Era un po’ indelicato, ma Andy dovette riconoscerne, a malincuore, la fondatezza.

Qualcuno bussò allo stipite della porta socchiusa. Una voce calda, bassa ma limpida chiese il permesso di entrare.

« Papà!! » Andy avrebbe tanto voluto saltare fuori dal letto e correre ad abbracciarlo, ma le forze gli permisero solo di sollevarsi in posizione un po’ più eretta sul cuscino.

Il signor Nolan entrò nella stanza, sorridente come sempre.

« Oh chi si vede!! Buonasera, Joy. Quanto tempo!! »

« Buonasera, Philip!! E’ tornato anche lei. » la ragazza gli sorrise e strinse la mano che l’uomo le porgeva.

« Eh si, Monica mi ha detto che questo furbone s’è beccato la febbre… Come stai, Andy? »

« Sono stato meglio, ma qui a letto mi riposo… e tu papà? Come va? »

« Bene! Non sono potuto tornare appena tua madre mi ha telefonato, perché dovevo ancora terminare una sessione al museo di Caleigh, ma sono riuscito ad accorciare lo stesso i tempi. »

« Che cos'hai fatto? »

« Ho dovuto tenere una presentazione su alcuni resti paleontologici ritrovati alcuni mesi fa. Hanno terminato la pulizia e la lucidatura due settimane fa e adesso sono pronti per l'esposizione. »

« Era lo scheletro di un T-Rex? » chiese Joy interessata.

Philip rise di gusto « No Joy, magari lo fosse stato! Purtroppo è difficile ritrovare oggetti organici tanto grandi... Succede solo su Jurassic Park! »

« Beh se le servono degli scheletri può prendere suo figlio, appenderlo al soffitto o metterlo in una teca sotto formalina! »

« Che vorresti dire? » protestò lui.

« Che sei un mucchietto di pelle e ossa. Vedi di nutrirti, anche se stai male, altrimenti andrà a finire che ti piegherai come un foglio di carta. »

Andy sbuffò e si mise a bere un po' del tè caldo che sua madre gli aveva portato prima di scendere. Suo padre continuò a parlare loro del museo e delle sue ricerche, e il bruciore che sentiva al petto iniziò pian piano a scemare.

*

Andy avrebbe tanto voluto svegliarsi e scoprire che era stato tutto un incubo. Scoprire che Drake gli voleva ancora bene. Ma se lui non avesse combinato il casino iniziale, Drake non gli avrebbe voluto bene, perciò ripristinare la situazione precedente non era una vera soluzione.
Avrebbe piuttosto desiderato di non aver mai conosciuto lui e tutti i Foster. Ecco, meglio l'apatia alle sofferenze.
Stava da superschifo. "Schifo" era troppo riduttivo. Oltre alla febbre, com'è giusto che fosse, s'era buscato un bel raffreddore e gli dolevano le orecchie e la gola.
Non si sentiva bene con niente del mondo circostante, la sua unica soluzione era dormire in un letargo sofferto, cercando di respirare con la bocca mentre il setto nasale aspirava solo una minima quantità di aria calda come fumo di fornace.
Non appena si sentì abbastanza lucido da rendersi conto che la noia lo uccideva, frugò velocemente nella libreria dello studio cercando qualche lettura leggera. Sua madre non era una donna normale: teneva sugli scaffali alcuni libri romantici per ragazzine, e li leggeva anche spesso. Diceva che erano teneri e divertenti, ma Andy si chiedeva solo se Monica non avesse sbattuto la testa troppo forte quand'era giovane.
Ad ogni modo il suo cervello non era in grado di impegnarsi con qualcosa di più serio e decise di buttarsi alla lettura per giovani adolescenti alle porte della pubertà.

Pessima idea.
Le scenette romantiche non erano un buon ricostituente, soprattutto per la situazione in cui egli stesso versava da ormai già quattro giorni. Stupidi, idiotissimi romanzetti rosa. Avrebbe tanto voluto che la vita fosse stata come in una storia di quelle: dopo appena due pagine dal litigio Drake sarebbe tornato da lui implorante di perdonarlo (per cosa poi?) e dicendo che era stato uno sciocco a non capire i suoi sentimenti, lui - Andy - nonostante fosse stato circondato da una pestilenziale aura batterica avrebbe avuto un aspetto carino, tenero e solo un po' più arrossato, avrebbe fatto di nuovo breccia nel cuore dell'altro e bam! - Tutti vissero felici e contenti.

Si guardò allo specchio, tanto per curiosità. Seconda pessima idea.
I capelli erano scomposti e grassi - doveva lavarli assolutamente - aveva le labbra screpolate, il naso rosso e graffiato a forza di soffiarlo, due occhiaie violacee da far paura a Dracula e il resto della pelle di un verdino cadaverico. Il ritratto della salute. E soprattutto davvero sexy.
Andò in bagno sconsolato e si infilò nella doccia. Ah, l'acqua calda e il bagnoschiuma profumato, i piccoli piaceri della vita!
Ripensò con più calma alla sua situazione attuale: lui stava male, non c'era possibilità di recupero momentaneo, Joy non poteva fare nulla, Joy era comunque l'unica a conoscere la situazione nei dettagli, Drake lo odiava, Shawn di riflesso lo super-odiava, Drake non era di certo a casa a struggersi dall'amore per lui. Porbabilmente l'aveva già mandato a quel paese definitivamente e stava cercando un'altra ragazza. Una donna magari.
Anzi lo sapeva dov'era Drake. Perché era sabato, ormai era una settimana che stava a casa in quarantena, e week end + tempo passato = Drake si era già scordato di lui. E per lui e la sua compagnia di amici il sabato era il giorno sacro da passare da Donovan's. Ci avrebbe scommesso la testa.

Si mise a fantasticare su quello che stava potenzialmente facendo Foster. Pessimissima idea. Non c'è due senza tre.

*

« Dai Dre', che ti ci vuole a prepararti? »

« Taci. »

« Siamo nervosetti... »

« Shawn, sto scegliendo i miei vestiti migliori, ok? Se devo morire voglio almeno farlo con decoro. »

« Perché dovresti morire? »

« Ne abbiamo già parlato: ho mollato Shirley, Missy è amica di Shirley, Shirley è arrabbiata con me, di conseguenza lo è la sua amica, di conseguenza ogni mio amico viene guardato male da loro. »

« Non siamo mica all'asilo, Drake... E poi a te cosa importa? »

« Dan mi staccherà la testa se Missy non vorrà parlargli per colpa mia! »

« Ma cosa vuoi che succeda... Tu sei tu, Dan è Dan, e quei due scemi non c'entrano un accidenti con te e Shirley. »

« Speriamo. » il ragazzo uscì titubante dalla propria stanza.

« E quelli sarebbero i tuoi vestiti migliori? » lo squadrò Shawn.

« E' la mia maglietta preferita! » protestò scandalizzato « E comunque non potevo mettermi un completo, era proprio da funerale... »

« Vabbè lasciamo perdere, tu sei troppo contorto e illogico per capirti. Muoviti che siamo in ritardo, avevamo detto di trovarci con gli altri alle nove, no? »

« Beh, perché che ore sono? »

« Indovina un po'? Le nove! E siamo ancora a casa. »

Drake sapeva per esperienza che quando Shawn abbassava il tono di voce per una strana legge di proporzionalità inversa si alzava automaticamente il suo livello di nervosismo. E non era una buona cosa. Si vestì in fretta e furia attorcigliandosi la sciarpa in qualche modo quand'era già sulla porta, e bofonchiò un saluto inidirzzato, più che ai genitori, ad un punto imprecisato della porta del soggiorno.
Si infilò in auto senza aspettare una risposta.

Dopo dieci minuti che stavano viaggiando - ai cento all'ora perché Shawn odiava essere in ritardo - si ricordò di qualcosa che gli fece fare un tuffo al cuore.

« Merda, il cellulare!! L'ho lasciato sul comodino!! »

Shawn lo avrebbe ammazzato. Si, di lì a poco lo avrebbe sgozzato, tagliato a pezzi e avrebbe buttato i resti del suo corpo in un fosso al buio, così nessuno se ne sarebbe accorto fino alla mattina successiva, ma allora sarebbe stato troppo ghiacciato perché il coroner capisse l'ora del decesso. Probabilmente gli avrebbe cancellato le impronte digitali e gli avrebbe strappato i denti per impedire alla polizia di identificarlo.
Morto, in un fosso e senza un nome.

Shawn gli lanciò un'occhiata fulminante e iniziò a frugarsi in tasca.
Eccolo, il coltello! Già vedeva i titoli in prima pagina: "Ritrovato a pezzi corpo di ragazzo, sconosciuta l'identità" e ancora "Un efferato assassinio a Greensbourgh, la polizia non ha ancora una pista da seguire"

Il biondo estrasse qualcosa che luccicava alla luce dei lampioni costeggianti la strada, e allungò il braccio verso di lui.

« Se la tua testa non fosse attaccata al collo, avresti perso anche quella. » e gli mise in mano il suo telefono. « L'ho preso io prima di uscire. Apprezza e ringrazia. »

A Drake sembrava di avere ricevuto un dono divino.

« Oh telefono, mio caro telefono... »

« Ringrazia me, non lui... »

Finalmente iniziò a scorgere l'insegna azzurra del locale. Era più bella di quella del Paradiso. Chissà se il Paradiso ce l'aveva poi, un'insegna...
Parcheggiarono in un tempo record (i miracoli che solo Shawn poteva compiere) e si unirono agli altri, già all'interno del locale e forniti di tavolino e bevande. Drake cercò Shirley, e la trovò placidamente appollaiata accanto a Missy, con davanti un bicchiere colmo di un liquore dal vivace colore arancio. Era bellissima come sempre. I lisci capelli biondi le ricadevano attorno al viso e sulla spalla destra, lasciando sensualmente scoperto il lato sinistro del collo. Il vestito blu faceva risaltare la pelle chiara.
Quando lo vide agitò leggermente la mano in segno di saluto e gli sorrise. Menomale. Anche Missy lo accolse sorridendo. Gli era andata di lusso.

« Finalmente, pensavo vi foste persi! »

« Ciao Dan, tutto ok? »

« Alla grande! » l'amico lo salutò con un'affettuosa pacca sulla spalla. Per quella sera sarebbe rimasto vivo.

« Se volete lamentarvi del ritardo con qualcuno dovete prendervela con questa tartaruga, sia chiaro. » puntualizzò Shawn.

« Dai Shawn Connery, rilassati... »

Shirley chiamò il biondo e lo invitò ad andare a ballare con gli altri.

« Drake, quante volte devo dirti che i nostri nomi non si scrivono allo stesso modo, sei... » ma non finì la frase perché Mike, Dan e Shirley l'avevano già trascinato in pista. Dopo due secondi già si era dimenticato il fastidio per essere arrivato in ritardo e afferrò Drake stesso per un braccio coinvolgendolo nel pogo generale.

Questi si abbandonò momentaneamente alla musica. Aveva riflettuto parecchio quella settimana, su Andy, sul loro rapporto, sul suo comportamento... Ora però non ne poteva più. Non ci voleva pensare. Musica, amici, un po' di svago. Si, così andava bene.

Constatò con piacere che Dan e Missy stavano ballando avvinghiati. Schioccò le labbra: almeno lui non avrebbe dovuto affrontare la ghigliottina. Shirley gli si avvicinò. Era radiosa, quella sera. I capelli le ondeggiavano ad ogni movimento. Gli stava ancora sorridendo. Allora era vero che non s'era arrabbiata così tanto...

Dopo un paio d'ore erano tutti più o meno brilli, e il delirio incalzante si stava prendendo i loro corpi e le loro giovani menti: battute assurde, amoreggiamenti, ma tanto erano loro e solo loro, i fantastici dodici, e niente andava oltre i limiti. Shawn era l'unico che ancora riusciva a fare battute intelligenti.
O meglio, l'unico che ancora faceva battute umanamente comprensibili: a parte il fatto che doveva riportare Drake e sé medesimo a casa vivi e potenzialmente integri, non poteva bere alcool per principio. Non che non gli piacesse. Non che soffrisse di pressione bassa. Semplicemente dargli degli alcolici equivaleva a liberare il Grande Demone delle Disinibizioni.
Perché Yates junior non reggeva neanche una goccia di birra... E quindi era un astemio forzato. Se non altro era il loro grande giudice supremo, colui che evitava sempre per un pelo che qualcuno soccombesse per gli eccessi. Oppure, come piaceva definirlo a Drake, la loro "Mary Poppins" (un giorno ci avrebbe rimesso la testa per questo).
Si accoccolò meglio tra i cuscini del divanetto su cui sedeva.


Shawn non solo era sobrio, ma si sentiva sobrio. Anche lui avrebbe voluto spassarsela un po', essere un po' - ehm - "allegro"... Beh magari non allegro come Mike mancava solo che si mettesse a ballare in mutande sul tavolo - però più rilassato... Shirley gli si sedette accanto.

« Allora come procede la serata? » si ravviò i capelli con un gesto veloce e felino.

« Tutto bene. Sono stufo di bere succo d'arancia però. »

« Mi dispiace... »

« Figurati, non è colpa tua se ho una resistenza da poppanti. » le sorrise.

Shirley ricambiò il sorriso e si avvicinò di più.

« Senti Shawn, te lo chiedo francamente: sai chi ha Drake per la testa? »

« In che senso? »

Sapeva di aver posto una domanda retorica. E sapeva benissimo a cosa Shirley si stesse riferendo. Strano però che fosse stata così diretta.

« Quando mi ha lasciata si è giustificato dicendo che si era innamorato di un'altra. »

« Ti ha detto proprio così? »

Shirley lo guardò sollevando leggermente le sopracciglia. « Beh ha detto che un'altra persona occupava i suoi pensieri. »

Shawn annuì tacendo. Drake non aveva mentito, non si era preso la briga di fingere che almeno fosse una ragazza. Ma ormai non importava più molto, dato che era successo quello che era successo. Osservò l'amico con la coda dell'occhio, impegnato in una vivace imitazione di un proprio professore. Da quando Andy gli aveva svelato ciò che aveva architettato, tutto era finito nell'oblio di colpo. Drake non ne aveva voluto parlare, e lui non gli aveva ancora chiesto nulla, per rispetto. Quando ne avesse avvertito il bisogno, lui era lì.

« Io e Drake non parliamo molto di questi argomenti. » mentì « Non so chi possa essere. Mi dispiace. » le sorrise cercando di essere convincente. Non doveva sforzarsi molto, era piuttosto bravo a dissimulare imbarazzo e bugie.

Shirley conservò un'espressione piatta. Non riuscì a capire se l'aveva bevuta. Confidava nel futuro, ad ogni modo.

« Insomma, Drake mi ha scaricata per un'ignota figura? » inarcò un sopracciglio, lievemente infastidita.

« Purtroppo è la verità. »

La ragazza sospirò. « Allora mi toccherà accontentarmi di questa verità. » tornò a sorridere. « Vuoi provare qualcosa di diverso? »

« Mh? »

« Da bere! » esclamò lei, porgendogli un bicchiere pieno di qualcosa a metà tra l'arancio e il magenta.

« Ma non posso bere alcolici, Shirley! »

« Lo so, infatti non è alcolico. E' solo frizzante. »

« Beh sembra invitante... Cosa c'è dentro? »

« Segreto! » gli strizzò l'occhio « Su, assaggialo. »

Shawn si portò alla bocca il bicchiere e ne sorseggiò il contenuto. Era frizzante e bruciava un po' la gola, però era buono. Aveva anche sete. Era molto buono. Fruttato.
Molto frizzante però. Un po' caldo. Strano.
Shirley sorrise. Gli occhi nocciola contornati di matita argentata sostenevano un'espressione fintamente sorniona, e si ridussero piano a due fessure.
Il biondo la guardò con occhi lucidi. Rise di rimando mostrando i canini bianchi.

« Andiamo a ballare, Shawn? » gli chiese lei melliflua.

Il ragazzo annuì ancora sorridendo.

« Oh, dove vai? » la delicatezza di Drake nel porre certe domande era storia.

« Pista. » rispose Shawn. Si sentiva la testa un po' pesante. « Torniamo tra un po'. »

Gli occhi dorati dell'amico lo fissarono seri. Da quando in qua...?
Non si sentiva abbastanza in forze per controbattere e lo lasciò andare senza interrogarlo ulteriormente.

Shawn non distingueva bene i vari suoni, la musica era alta. Cinse Shirley in vita. Si muoveva molto bene. Ma aveva mai ballato con Shirley? Pensò un pochino: no, probabilmente no. Un grosso errore non averlo mai fatto, perché era così brava. Beh forse non era brava nel senso che aveva tecnica... Ma poi c'era una tecnica per ballare quel tipo di musica?
... Ma che domande si stava facendo? Le luci erano vorticose.
Gli piaceva quell'atmosfera. Il vestito di Shirley era senza spalline, e per il suo continuo divincolarsi stava un po' scendendo sul seno. Glielo sistemò, e lei gli sorrise.

« Ehi piano, dove tocchi? » gli giunse la sua risata argentina.

La ragazza gli si strinse più forte addosso. Shawn non le rispose. Non sentiva lingua e cervello molto collegati. Ballava.
Era liberatorio. I capelli della sua ballerina profumavano di albicocca. Gli piaceva ballare.
Qualcuno lo chiamava, qualcuno che si trovava molto lontano da lui, e la sua voce era talmente ovattata... Non lo badò e continuò a ballare.

Shirley guardò con soddisfazione il viso di Drake, abbastanza alticcio da non riuscire a staccarsi dal divano, abbastanza lucido da osservare con orrore le mani di Shawn, che senza alcun ritegno percorrevano il corpo scolpito della giovane.
Sorrise di nuovo.

« Shawn... » la sua voce nell'orecchio era calda e invitante « Sei davvero un bravo ballerino sai? »

Più che altro si sentiva ebete. Non pensava di essere un granché dato che le sue gambe si muovevano da sole. Non c'era un cervello a controllarle, fosse stato per lui il suo corpo avrebbe potuto finire un po' più in basso dello sterno.
Il seno di Shirley premeva morbido sul suo petto. La stringeva. Non voleva farle male. Voleva... La voleva. La voleva? La assecondò.

« Cosa cazzo sta facendo? »

Drake incespicò. La sbornia gli passò di colpo. Shawn. E Shirley. Avvinghiati come due anguille in mezzo alla pista, trascinati in un ballo che non era più un ballo, sembrava così... Oscenamente osceno. Basta. Doveva fermare quello spettacolo, erano pornografici, era ovvio che Shawn aveva qualcosa che non andava, aveva... Aveva bevuto.
Era ubriaco. Era da tanto che non lo vedeva così ma non avrebbe potuto dimenticarsi l'atteggiamento dell'amico sotto l'effetto dell'alcool, in passato erano stati momenti troppo devastanti perché finissero nel dimenticatoio.
Ma mica era cretino, lo sapeva che lui era relegato ai succhi di frutta, che diavolo aveva bevuto? Guardò i bicchieri sul tavolino. Uno di succo d'arancia, uno color magenta che non riconosceva... Succo magenta? Che roba era? Lo afferrò e lo annusò. Era fruttato. Lo assaggiò.
Merda.

« Shawn! Vieni via! »

Non si staccava da Shirley. L'aveva anzi sollevata tenendola per la schiena e la stava baciando con più vigore.

« Smettila cretino, non sai quello che fai! Se te ne penti... »

Non lo sentiva. Non lo sentiva affatto. Non c'era altra soluzione: lo staccò da Shirley. Il ragazzo lo guardò inebetito sorridendo.

« Che fai? Mi stavo divertendo... Ma...! Oh, che bella ragazza... »

Drake stava per rispondergli irritato che non era una donna quando Shawn si fiondò anche su di lui.
Si, decisamente sapeva di alcool.

Sentiva gli schiamazzi di approvazione degli altri, seduti sui divanetti color porpora. Riuscì con fatica a staccare l'amico dalle proprie labbra, e lo guardò negli occhi, lucidi e arrossati, per poi voltarsi verso la bionda. Questa non gliela doveva fare.

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La finisco qui altrimenti il capitolo diventa troppo lungo. Shawn morirà? Lo saprete nella prossima puntata!!


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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Bibby: non credo che questo cambierebbe poi tanto le cose… Quando Shawn è ubriaco può succedere di tutto, si sa u.u quindi nessuno se ne preoccupa molto. Direi che è piuttosto una fortuna xD grazie della recensione, spero che anche questo capitolo ti piaccia :)
damis: fossi stata al posto di Drake avrei riempito Shirley di improperi fino a perdere la voce, però a volte anche lui, stranamente, riesce a trovare le parole giuste. O quasi xD grazie della recensione e un bacione anche a te <3
areon: hai recensito tesoro ç___ç si Andy è stupido ma gli vogliamo bene per questo, no? =) spero che questo capitolo ti piaccia :)  quasi quasi me la stampo anch’io *pensa* alla prossima piccolina mia >u<
RiflessoCondizionato: visto? Puntuale come un orologio svizzero! Mi sa che sei l’unica a cui Shirley non sta antipatica… spero che anche questo capitolo ti piaccia, purtroppo è venuto più lungo del previsto, ma dato che te la vuoi leggere in vacanza forse è meglio così xD un bacio =*
wappa: oh una nuova lettrice :3 benvenuta xD è tanto tenero che tu chiami Alexander “Alex”  <3 sono contenta che la scena ti sia piaciuta e che ti abbia fatto ridere, io mi sentivo un po’ in colpa per Shawn mentre la scrivevo… Riguardo agli aggiornamenti devo avvisarti che vado ad un ritmo regolare mensile, come un manga xD detto ciò spero che anche questo capitolo ti piaccia =)

Volevo ringraziare ancora tutti coloro che recensiscono, che hanno la storia tra le seguite (41, wow!) o che semplicemente leggono =) siete il mio sostegno!! *____*v

P.S.: ascoltate la Waka Waka!! (come se c’entrasse qualcosa con la storia…>_>)
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« Shirley! »

Era furibondo. No, furibondo non rendeva l’idea. Avanzò con ampie e veloci falcate verso la ragazza. D’accordo, forse strozzarla non era molto legale, doveva darsi una calmata.

« E’ inutile che mi guardi con quell’aria di sufficiente innocenza. » per non urlare come un ossesso e farsi riconoscere da tutti aveva dovuto digrignare i denti. « Come hai potuto far ubriacare Shawn? Lo sai che non regge neppure mezza birra, deficiente! »

« Oh, si è ubriacato? Mi dispiace… Magari la prossima volta stai più attento a quello che fai. »

Si massaggiò energicamente le tempie. « Tu… » fece una pausa per selezionare con cura le parole « Tu sei - non doveva cedere alla rabbia, doveva solo – una gran vacca. »

« Prego? »

Oh, ed era perfettamente inutile che spalancasse gli occhi a quel modo, sapeva che se lo sarebbe dovuta aspettare. Beh, non da Drake magari…

« Si. Contenta? Ecco, adesso te l’ho detto. Sei proprio una vacca. In tutte le sfaccettature che questo epiteto possa avere. E anche una gran stronza. Tu nella tua… Stupida… Presunzione di essere sempre la migliore, e ti chiedi perché mi sono innamorato di un altro – un’altra? »

« Che fai, balbetti? »

Taci, gallina…

« Non cambiare discorso. » borbottò frettolosamente « Qui si parla del fatto che poiché sei una principessina viziata, che pensa che tutto le sia dovuto, sei arrivata a fare del male a Shawn. Questo, è questo il peggio. Ti rendi conto che hai messo a rischio la salute di una persona perché ti sentivi offesa? Ridicolo. Tutto è ridicolo. Tu lo sei. Sei patetica. »

« Ehi, ti pare giusto abbandonarmi qui? » qualcuno aveva parlato da un punto imprecisato dietro di lui.

Voce strascicata. Pacca sulla spalla. Singhiozzo.

« Eddai Shawn riprenditi, per l’amor del cielo… »

Il ragazzo gli si appoggiò ad una spalla sorridendo. In quel momento quanti neuroni gli erano già morti? Lo afferrò per un braccio e cercò di portarlo in bagno. Non collaborava. Perché non collaborava?

« No, che fai? Non ci voglio venire! Dove mi porti? Lasciami stronzo… »

« Almeno adesso hai capito che sono un ragazzo eh? »

« La-scia-miiii… » la voce sfumò.

« Dio se ci sei dimmi che non è giunta la sua ora… »

Vedeva il bagno. Lo vedeva, vicino, rassicurante… Era una sua impressione o la porta riluceva?
Spalancò il battente con un gomito trascinandosi dietro l’amico, lo fece appoggiare al lavandino e aprì il rubinetto.
L’aria fresca sembrava averlo calmato, e questo aveva già iniziato a portare a galla i primi effetti dell’eccesso di alcool.

« Urgh… Non mi sento bene… »

Il suo viso si contrasse in una piccola smorfia. Drake si bagnò le mani con dell’acqua fresca e le passò sulle guance arrossate e calde di Shawn. Le braccia con cui era ancorato al marmo del lavabo gli cedettero un po’ al tocco refrigerante. Stava lentamente riprendendo lucidità.

« Come va, un po’ meglio? »

« Mmmh… »

« Shawn? »

« Non… Non riesco… »

« Cosa? »

« Non… »

Si mise diritto con uno scatto fulmineo, quasi fosse stato scottato, si premette le mani sulla bocca e corse giusto dentro il gabinetto che gli stava di fronte. Drake entrò a sua volta e lo sostenne per la vita, sollevandogli i capelli dalla fronte madida di sudore.

« Il mio… Stomaco… »

Un altro conato gli impedì di continuare.
Sospirò.

« Sei a posto? » chiese titubante Drake, un po’ teso, per poi rilassarsi al cenno d’assenso che ricevette in risposta.

Shawn si liberò dolcemente dalla sua stretta e andò a sciacquarsi la bocca. L’altro intanto si era seduto sull’unica sedia nella stanzetta9865.

« Mi sento rivoltato come un calzino, un calzino che però prima è stato investito da un tir… »

« Se non altro non sei impazzito. Tu non bevi più nulla che non sia stato prima passato ad un attentissimo vaglio, sia chiaro… »

« Ho la testa pesaaaante… »

« …che poi mi diventi un pervertito e perdi il senso del pudore. E poiché questo già lo sappiamo, preferiamo evitarlo, vero? »

« Oh no… Che ho fatto stavolta? »

« Vuoi saperlo? »

« Aspetta che mi siedo, non vorrei svenire per lo shock. »

Drake si mosse per alzarsi e lasciargli il posto, ma Shawn lo fermò.

« Tu sei più morbido della sedia, e scusami ma in questo momento non ho bisogno di mettere le chiappe su del legno freddo, mi sento già abbastanza uno straccio… »

Gli si accoccolò in braccio appoggiandogli la testa su una spalla e nascondendovi gli occhi.

« Avanti spara… Che ho combinato? »

« Allora… Iniziamo dal principio: per prima cosa sei andato a ballare. »

« Si, me lo ricordo. »

« Con Shirley. »

« Vabbè, ricordo anche questo. Più o meno. »

« Stavate ballando in maniera molto – ehm – focosa. »

« Mh? »

« Insomma diciamo che eravate un po’ pornografici. »

« Ok dai questo si può anche sopportare, non è così vergognoso… »

« E poi non contenti vi siete messi a limonare… »

« CHE COSA?! » il ragazzo aveva alzato di colpo la testa e ora lo stava fissando ad occhi spalancati.

« La tua mascella è parecchio… Cadente… »

« Io ho fatto che cosa?? »

« Eh mi dispiace… »

« Mio Dio, sono deficiente… »

« Non hai mica deciso tu di ubriacarti… Su dai non è così grave… Anchesepoihaibaciatome ma tutto si risolve… »

« Eh? »

« Eh? »

« No… Non ho capito quello che hai detto. »

« Quando? »

« Drake… »

« Ok… Beh… quando sono venuto a staccarti da Shirley La Piovra hai… Deciso di rivolgere le tue attenzioni a me… Ecco si… A me. »

« Attenzioni? »

« Attenzioni. »

« Ho tentato di stuprarti? »

« Mi hai baciato. »

Il ragazzo fece pesantemente ricadere la testa sulla spalla dell’amico.

« Sono troppo distrutto per vomitare un’altra volta. »

« Ehi, non sono così schifoso! »

« Primo: non me lo ricordo per cui non posso giudicare. Secondo: spero che tu abbia cercato di mandarmi via… »

« Mandarti via? »

« Se quando ti ho baciato mi hai assecondato, sappi che sei un imbecille con la patente di imbecille. »

« Non sono così lobotomizzato, fidati un po’… E poi perché avrei dovuto assecondarti? Non sei mica Andy e… »

Si zittì. Gli prese un nodo alla gola e strinse a sé il biondo nascondendosi a sua volta nell’incavo del collo dell’altro.

« Che ricordo orribile… »

« Beh cambiamo discorso. Se non ne vuoi parlare. »

« Non voglio. Scusa. »

« Non importa, è tutto ok. »

Annuì con un cenno della testa. Stettero in silenzio, perché al momento quello era più utile di tante parole. Così, seduti e abbracciati, ad ascoltare il rumore ovattato che giungeva dall’altra stanza. Chissà che diavolo stava facendo Shirley adesso… Nessuno dei due se ne curò poi tanto. Preferivano stare loro due soli, vicini tra loro e lontani dal mondo, a non pensare a nulla, a respirare l’uno sulla pelle dell’altro, a dimenticare per un po’ lo schifo che c’era fuori.

« Ho la gola impastata e mi sta venendo un crampo al collo. »

« Bevi acqua. » rispose Drake con voce roca.

« Si. »

Lo sentì sollevarsi, e le gambe prima riscaldate dal suo corpo ricevettero una sferzata d’aria fredda. Il rumore dell’acqua che scorreva era monotono e ipnotizzante. Si massaggiò le tempie senza aprire gli occhi.

« Torniamo di là? »

« Se lo faccio, litigo con Shirley. »

« Non è detto. Se vuoi ci litigo io. »

« Pfft… Ti voglio bene Shawn. »

« Devo per caso ripeterti che non ero cosciente quando ti ho baciato? »

« Ha! Sappi che mi hai infilato la lingua in bocca, brutto alcolizzato maniaco pervertito… Ti denuncio per molestie, ecco cosa… »

« Oh mio Dio, che schifo, ma non puoi risparmiarmi certi dettagli? »

« Però a parte la puzza di alcool non era così male… Ripetiamo? »

« Non… Non se ne parla neanche! Senti: non m’interessa se non vuoi risolvere i tuoi problemi con Nolan, ma se sei sessualmente frustrato vedi di trovare una soluzione. E di trovarla in fretta. »

« Non ci parlo più con lui. Ho chiuso. »

« Bene. Ma io non sono un ripiego ok? »

« Dai… Neanche un contentino? Un assaggino? »

« Ti annego nel cesso, giuro. »

« Dai… Per il tuo amico! Solo un bacino piccolo… »

« No. »

« Ti prometto che tengo le mani a posto… Fatti baciare Shawn! » stava ridendo a vedere le espressioni disgustate dell’altro.

Il ragazzo si chinò su di lui fino a sfiorargli il naso col proprio.

« Fatti crescere un bel paio di tette, e poi ne riparliamo. Eh? »

Drake scoppiò a ridere. « Grazie. Lo sapevo che di te potevo fidarmi. Ti voglio sempre irreprensibile, ok? Non farti traviare dalle tentazioni come ho fatto io… »

« Non c’è pericolo. Te l’ho già detto, mio caro: le tette. Le tette. » e annuì convinto.

La serata poté considerarsi conclusa.  Usciti dal bagno, salutarono in fretta gli altri e annunciarono che tornavano a casa. Nessuno obiettò, poiché la faccia di Shawn aveva una sfumatura talmente poco sana che l’unico posto in cui si poteva mandarlo era a letto. Drake insistette per guidare, quasi utilizzando le cinture di sicurezza a mo’ di camicia di forza. Era incredibile, quel biondino con la testa vuota: aveva il fisico debilitato e lo stesso voleva mettersi al volante. Che zuccone.

« Dai rompiscatole… »

« Ho detto no. »

« La macchina è mia, se guidi tu come ci arrivo a casa? »

« Dormi da me. »

« E il pigiama? E le mutande? E il letto? »

« Ho tutto. »

« Non mi metterò le tue mutande, sappilo. »

« Ne ho di nuove, lo so che sei schizzinoso… »

Controvoglia, facendo capricci, sospirando, Shawn inviò un sms al padre avvisandoli che si sarebbe fermato dall’amico. Non era la prima volta, per cui non avrebbero fatto storie.

« E’ tardi. E’ l’una e mezza. Beh, non così tardi ma i miei saranno a letto di già… Quindi quando ti fai la doccia vedi di fare un po’ piano… »

« Si si non ti preoccupare, so essere silenzioso come un gatto. »

« Se sei nel pieno delle tue facoltà. »

« Dettagli. »

Anche il tragitto dal cortile al salotto fu una tortura. Era già dicembre, e sudati com’erano, nonostante sciarpe e giubbini, si stavano congelando. Tra un po’ si aspettavano di trovare i pinguini in giardino.

« Doccia doccia doccia! »

« No, prima io! Sono stanco e debilitato, ricordi? »

« Tsk! Ti offro ospitalità e mi ripaghi così? »

Il biondo non gli rispose, e levatosi i vestiti alla velocità della luce si infilò nel box aprendo l’acqua calda.

« Ah… Che gioia… »

« Almeno non buttare la roba come riso ad un matrimonio. »

« Scusa. »

« Figurati, tanto è da una settimana che sono diventato un casalingo… »

Per fortuna che avevano un bagno al piano inferiore, mentre le camere da letto erano al primo piano, perché il buon proposito di fare poco rumore si era dissolto in un nanosecondo non appena erano entrati in casa.

*

« Cazzo sono già le due. »

« Se non fossi così lento a lavarti… Ci hai messo mezz’ora. »

« Eh, esagerato. »

« Io ci ho messo cinque minuti. »

« Smettila di lamentarti, sembri mia madre. Parla meno e lavora di più. Non riesco a sistemare il materasso. »

« Se non avessi un materasso nell’armadio dovresti dormire per terra. »

« Ah no, tu mi avresti ceduto il tuo letto. Ma poi perché hai un armadio nel materasso? »

« Io avrei cosa? » si premette una mano sulla bocca per non ridere troppo forte.

« Un ar… Ok, ho sonno. »

« Ok così dovrebbe essere a posto. Mettiamoci a dormire subito, mi cala la palpebra… »

« Yes. » si infilò sotto le coperte.

Si salutarono sottovoce e spensero le luci. Dopo cinque minuti, però, una voce tremula si alzò dal letto più basso. Sembrava che faticasse a parlare, ma l'altro non ne comprendeva il motivo, assonnato com'era.

« Drake… »

Un mugolio infastidito con qualche nota di disappunto fu tutto ciò che ebbe in risposta.

« Stavo pensando che se ero ancora ubriaco avresti dovuto dormire con le spalle al muro. »

« Perché ti metti a pensare adesso a ‘ste cose… » non riusciva neppure ad intonare una domanda degna di questo nome.

« Non lo so. Non so se ridere o piangere. » soffocò una risatina nel cuscino.

« Te la do io la soluzione… Dormi. »

Finalmente senza più interruzioni, Morfeo regnò indisturbato fino al mattino successivo.

*

« …allora non vieni ancora a scuola? Ma che palle… »

« Joy, ho la febbre, no che non vengo. » la voce risuonava metallica dall’altoparlante del telefonino.

« Appestato! » lo canzonò la ragazza scandendo bene le sillabe. « Ti manderemo al lazzaretto, o in quarantena! Su di te dovrebbero fare le ricerche quelli di X-Files, il tuo sistema immunitario non è normale! »

« Solo perché è inutile non vuol dire che sia da analizzare… Senti adesso vado, ho anche mal di testa. »

« Ok. E mi raccomando, guarisci presto. » giunse all’entrata della scuola. Aveva l’orecchio che scottava, perché il suo telefono era datato e la batteria si surriscaldava in fretta. Scivolò tra qualche studente frettoloso cercando di non farsi investire, e mentre ne schivava un altro, rimase per un momento col fiato sospeso.
Di fronte e lei, in fondo al corridoio, aveva notato una testolina bionda lentigginosa e a fianco un ragazzo con dei vispi occhi dorati. Si, erano loro.

« Joy? Ci sei ancora? »

« Andy. » lo chiamò piano.

« Dimmi. »

« Ti sei chiarito con Drake? » poi, senza aspettare una sua risposta, specificò meglio. « Voglio dire, gli hai almeno parlato... L’hai proprio più sentito? »

« No, non mi ha telefonato, né io ho fatto altrettanto con lui. »

« E quando hai intenzione di farlo? »

« Perché dovrei? Adesso? Primo: sono ammalato e sono parecchio stanco. Secondo: lui mi odia, ok? Ed è anche abbastanza comprensibile. Comunque sono lo stesso arrabbiato con lui, perché… »

« Non mi interessa un fico secco del perché sei arrabbiato con lui. Queste cose non le devi dire a me, le devi dire a lui. »

« Se gli parlo a questo modo si arrabbia ancora di più, e se gli dico che mi dispiace di essermi comportato così, non mi crede. Non mi ha creduto la prima volta, per qual motivo dovrebbe farlo ora? »

« Forse perché è passato del tempo e anche lui ha avuto modo di riflettere sopra l’accaduto? Dio, Andy, sei così smidollato. »

« Hai nient’altro da dirmi? »

« Sei un imbecille. Ma tanto lo sai già, a che serve ripetertelo? » e riattaccò il telefono, rabbiosa.

Arrestò la sua camminata rimanendo a braccia conserte a fissare i due ragazzi, che armeggiavano con libri e quaderni accanto ai propri armadietti. Aveva una gran voglia di andare da Drake e spaccargli la faccia. Quel cerebroleso di Andy non aveva tutti i torti: Drake avrà anche potuto essere ferito dal comportamento subdolo dell’altro, ma non è che negli anni precedenti lui si fosse comportato proprio al bacio… Come se non bastasse, dopo aver confessato la sua losca trama, il ragazzo si era scusato, cosa che non credeva l’altro avesse mai fatto. Però da un diverso punto di vista capiva benissimo Foster; anche lei si sarebbe sentita irrimediabilmente ferita e tradita, dopo una rivelazione simile. Su questo Joy stessa sapeva di essere intransigente: chi si prendeva gioco dei suoi sentimenti doveva perire nel modo più atroce e doloroso. Questo era il suo pensiero, ed era molto estremo perché lei, abituata ad essere schietta e trasparente, a volte anche a sproposito, sapeva bene che non si sarebbe mai potuta trovare nella situazione di dire “Ti ho mentito”.
Ma vedere le cose anche dal punto di vista di colui che stava dalla parte del torto, le aveva fatto comprendere quante potessero essere le sfaccettature di una situazione simile, e quanto sottile e soggettiva fosse la linea che divideva il torto e la ragione.

Persa nei suoi pensieri non si era resa conto che uno degli oggetti principali delle sue elucubrazioni si era allegramente defilato. Si diresse verso la redazione del giornale scolastico e accese il computer, senza realmente guardare il monitor.



Quando arrivò la pausa pranzo, Joy aveva finalmente preso una decisione. Scese in fretta le scale con la borsa che le sbatteva sul fianco ad ogni passo, e percorse il corridoio con lo sguardo che saettava attento scrutando gli studenti. Sapeva che la probabilità più alta di incontrarli si concentrava attorno alla mensa, per cui all’angolo del corridoio svoltò a destra, e infatti li vide, Drake e Shawn, che chiacchieravano tranquilli nei pressi dell’entrata.
Il primo a notarla fu il biondo, che fece cenno all’amico di voltarsi. Non appena il ragazzo la vide, seguendo lo sguardo dell’altro, assunse un’espressione indecifrabile, tra lo sprezzante, l’imbarazzato e l’arrabbiato, ma darne una definizione precisa era pressoché impossibile.
Si fermò accanto a loro, col respiro un po’ accelerato; non si era resa conto di aver quasi corso nell’ultimo tratto percorso.

« Drake, dovrei parlarti. »

Il ragazzo le rispose con una smorfia. « Non ho niente da dire a te. Né altro da farmi dire. Vattene. »

« No, davvero, dovresti ascoltarmi. Andy… »

« Già, proprio a lui ho pensato quando ti ho vista. Sarai contenta adesso, eh? Cosa speravate di ottenere? Quanto ci avete ragionato sopra, prima di decidere in quale modo prendermi per il culo? » ogni sillaba era veleno. E non c’era da biasimarlo.

« Non iniziare così, ti prego. Innanzitutto io di questa cosa non ne sapevo nulla, Andy me ne ha parlato dopo che a te. E non sto tentando di scaricare tutta la colpa su di lui, voglio solo dire la verità ed essere chiara, ok? »

« E credi che possa fidarmi? »

« Ti ho mai detto qualcosa che poi si è rivelata essere falsa? Vi ho mai raccontato balle? » si rivolse anche a Shawn, nella speranza che questi l’aiutasse. I suoi occhi azzurri erano però freddi e accusatori.

« Capirai, come se ci fossimo parlati tanto. »

« Drake, Andy sta male. Non voglio che tu provi pietà per lui. Intendo che sta male perché ha la febbre, e non è venuto a scuola. Altrimenti ti avrebbe parlato lui. »

« E così ha mandato te a fare da portavoce? Non ha neppure le palle per telefonarmi? »

« Non è così! E’ stanco, non si sente bene ed è sempre a letto, lo capirai almeno un po’… Ad ogni modo, devi credere quanto dico che gli dispiace di essersi comportato così. Drake, tu a lui piaci un casino, lui ti vuole bene! Te ne vuole davvero tanto! Ti prego, non odiarlo… » era poco concentrata, e stava perdendo sia la sua proverbiale imparzialità, che la sua capacità di essere convincente con le parole. Male, molto male.

« Ma come puoi chiedermi una cosa simile? »

« Dre’, abbassa la voce… »

« Oh chi se ne frega, Shawn! Mi sentano pure tutti! » si rivolse di nuovo alla ragazza, col viso arrossato per l’ira. « Io non lo odio. Come... Come potrei odiarlo? Solo che mi ha deluso, cazzo… Mi ha deluso da morire. E non riesco a perdonarlo! E non lo farò, fino a quando non verrà da me in ginocchio a… »

« Stai esagerando!! Prova a pensare a tutto quello che hai fatto tu a lui, piuttosto! Ha passato due anni d’inferno grazie alle tue trovate da deficiente! Gli hai fatto di tutto, o non te lo ricordi più? L’hai picchiato, gli hai rotto degli oggetti, gliene hai portati via altri… Gli occhiali da vista te li ricordi? Le sue scarpe da ginnastica? Il telefono? L’auto? Sei diventato smemorato di colpo, per caso? »

Drake la afferrò per il maglione e la attirò a sé, avvicinando i loro visi tanto che si trovavano a neppure due centimetri di distanza.

« Sei venuta qui per difendere Andy o per farmi semplicemente incazzare? » Joy annaspò un poco, afferrandogli gli avambracci per allontanarlo da sé. « Torna da me un’altra volta e io… »

« Smettila. »

Tagliente, secco e perentorio, il richiamo di Shawn arrivò come da un’altra dimensione. Strinse forte il polso di Drake e quest’ultimo mollò la presa di scatto, barcollando sul posto e spostando velocemente lo sguardo dalle proprie mani tremanti e rosse per la stretta che avevano tenuto sulla stoffa grezza, a Joy, che si accarezzava il collo, tossendo lievemente. Aveva gli occhi lucidi per lo spavento.

« Io… Io… » balbettò. Non riusciva a trovare le parole. Ora che si era un po’ calmato si era anche reso conto di quello che stava per fare.

La ragazza non lo ascoltò, e voltatasi di scatto, si allontanò a passi veloci, le mani ancora attorno al proprio collo.

« Ma ti sei bevuto il cervello? »

« Shawn, io non… »

« Di solito sto dalla tua parte, ma stavolta hai esagerato. Ti rendi conto di quello che stavi per fare? Era proprio questo che Joy intendeva con “trovate da deficiente”. Se non impari a controllare gli scatti di rabbia finirai per fare davvero male a qualcuno, male irreparabile e scusami se sono così franco, ma non ti verrò a difendere in quel caso. Sappilo. E comunque sia, lei non ti ha fatto nulla, ok? Toccala un’altra volta e ti stacco le palle. E se dovessi avere un incontro ravvicinato con Andy e ti comporti così anche con lui, te le stacco lo stesso. »

« Scusa. »

« Non è con me che devi scusarti. » Il suo tono si era fatto più dolce.

« Si, hai ragione. » e lasciò la mano dell’amico per dirigersi di corsa nella direzione che la ragazza aveva preso prima di lui.

La trovò seduta su uno dei gradini della porta sul retro, quella che dava sul cortile interno della scuola. Era rannicchiata in un angolo e si abbracciava le ginocchia. Le si avvicinò calmo, come se avesse dovuto raggiungere un gattino senza spaventarlo e farlo scappare. Si sedette accanto a lei, ma non sapeva come cominciare. Le parole gli sembravano tutte troppo banali. Allora appoggiò anche lui il mento sulle ginocchia alzate e guardò l’erba del vasto giardino, cosparsa di goccioline ghiacciate. Solo allora si rese conto che sia lui che Joy erano senza giubbotto, e fuori faceva un freddo cane. Si voltò a guardarla di nuovo, e vide che aveva il naso e le guance arrossati per la bassa temperatura. Forse un po’ tremava. Le si avvicinò di più e le circondò le spalle con un braccio, dopo aver ritirato le mani dentro alle maniche morbide e calde della felpa. Al tocco iniziale, lei ebbe un piccolo sussulto, ma si tranquillizzò subito dopo.

« Stai attento a non diventare verde la prossima volta. O dovremo chiamarti Hulk Foster. »

« E pensare che volevo iniziare io il discorso. » sospirò amaramente. « Scusami. Ti ho fatto male? »

Joy scosse la testa. I riccioli biondi le ricaddero scomposti attorno al viso.

« Ho solo preso paura. Tanta. Adesso capisco davvero come si è sentito Andy, tempo fa. E tu non eri da solo e lui non prendeva solo spaventi. »

« L’abbiamo picchiato parecchio, lo so. »

« Ma perché? » la domanda terribile. Non sapeva mai cosa rispondere.

« Per stupidità. » disse infine. « Ti pare che esista una ragione intelligente per dare a qualcuno il diritto di picchiare? »

« No. »

« Infatti. E poi per paura. Quando ho scoperto che era gay mi sono sentito quasi preso in causa, perché l’ho scoperto per, diciamo, visione diretta, e c’eravamo solo io, lui e l’altro ragazzo che Andy stava baciando. E mi sono sentito coinvolto. Solo che a casa mia omosessualità, blasfemia, inferno, omicidio… Sono più o meno la stessa cosa. E gli altri mi hanno seguito perché sono dei caproni, ecco perché. Mi considerano il leader del gruppo, e sono dei caproni. Brutto binomio, eh? »

« Il peggiore. Il “branco”… » non riuscì a trovare qualcosa di abbastanza offensivo da abbinarci, e tacque.

« Anche Shawn è così idiota? » domandò dopo un po’. Le poche volte che ci aveva parlato, le aveva dato un’impressione diversa.

« Shawn è pigro. » rise Drake. « Così pigro e menefreghista che si lasciava trascinare dalla mia impulsività senza muovere un dito. E comunque pensa anche che avevamo dai tredici ai quattordici anni, all’epoca in cui è iniziato tutto. Eravamo mocciosi. E’ cambiato, adesso. Anche prima, mi ha sgridato, sai? Meno male. Lui è più ragionevole di me, è il mio “freno a mano”… »

« Cosa sarei io? »

In piedi accanto allo stipite della porta, il ragazzo li osservava con un sorrisino sarcastico ma affettuoso.

« Shawn coccolami, mi sento una merda con le gambe. » si lamentò Drake con voce piagnucolosa.

« Per fortuna che non hai detto “col cervello” perché non sarebbe stato del tutto esatto… » si sedette accanto a lui e gli diede un bacio sulla fronte.

« Ti sei scusato? »

« Si. »

« Ringrazia che è una donna pacata, fosse stata un’altra, *coffcoff*Shirley*coffcoff*, avrebbe accolto la tua ammenda evirandoti senza alcun ripensamento… »

« E’ inutile che fai allusioni idiote… Ricorda cosa ha fatto a te piuttosto, quella baldracca… »

« Perché, che ha fatto? » chiese Joy, curiosa.

« Non fare la giornalista con me, Cook. Non sono così scemo da scucirmi davanti a te. »

« Praticamente l’ha fatto ubriacare, così lui ha ballato con Shirley in un modo oscenissimo, poi l’ha baciata, poi ha baciato me e poi è andato a vomitare. E le ultime due cose non sono legate da rapporti causa-effetto, sia chiaro. »

« Grazie Dre’. Tu si che sai cos’è la discrezione. »

Joy fu scossa da piccoli tremiti prima di scoppiare in una fragorosa risata.

« Ma come ha fatto a farti ubriacare? Non ti sei accorto di bere troppo? »

« Lui?! Ma se non regge neanche un centilitro di birra! Pensa che una volta… » la bocca gli venne bruscamente tappata da una mano dell’amico.

« Ok, fine dei racconti imbarazzanti! Prima di iniziare a decantare aneddoti, pensa che io mi vergogno come un ladro, ok? »
 
« Tanto tu mi perdoni, vero? » disse piano lui, socchiudendo gli occhi come un gatto sornione.

« Ormai ti conosco, è inutile che provi con me quegli sguardi furbetti, non m’incanti. »

Drake gli scoccò un leggero bacio sulle labbra, che fecero allontanare di colpo l’altro come se fosse stato scottato.

« Ma che schifo!! Non farlo mai più! »

« Hai visto? Io so sempre come neutralizzarti… »

Joy era un po’ sconvolta, ma non disse nulla. Piuttosto, dopo qualche secondo, avanzò la proposta di rientrare, dato che nessuno dei tre aveva un giubbino, e rischiavano l'assideramento. Oltretutto la pausa pranzo stava per finire, e dovevano tornare alle loro lezioni. Nessuno dissentì, e la ragazza in cuor suo si sentì già un po' riscaldata. Forse aveva combinato davvero qualcosa di buono. Infine, l'unica cosa che serviva per superare quel momento difficile, era semplicemente affrontare la questione.

*

Andy guardò il termometro. La febbre era finalmente scesa. Si sentiva meglio già da prima, e ciò significava che era decisamente sulla via della guarigione. Il raffreddore era già affievolito e riusciva a respirare bene. Tra due giorni avrebbe potuto tornare a scuola, forse anche prima.
Il telefonino squillò. Lo prese e osservò lo schermo, ma sul display campeggiava la scritta "numero sconosciuto", e in effetti il numero sottostante non l'aveva mai visto. Rispose, curioso.

« Indovina chi è tornato dall’Europa? » e poi seguì una risata che era assolutamente inconfondibile. « Sono fuori dalla porta, aprimi! »

Andy lanciò via le coperte e quasi ruzzolò giù dal letto. Senza inforcare le ciabatte scese le scale rischiando tre volte di cadere e rompersi l’osso del collo. Corse verso l’entrata e vide oltre il vetro lavorato del portoncino una sagoma scura che si muoveva. Giunse in scivolata fino alla porta e l’aprì di scatto, gettandosi al collo della persona che gli stava di fronte ancora prima di guardarlo in volto.

« Josh!! » urlò felice. Quella mattinata uggiosa si stava decisamente trasformando in una splendida giornata.

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Teheeeee!! Chi sarà mai ‘sto Josh?? Capitolo lunghissimo per i miei standard. O__O


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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Supermega ritardo di quattro giorni!! Scusatemi ragazzi/e .__.

DarkViolet92: io su Josh non mi posso scucire, ma ti posso assicurare che Joy ringrazia perché apprezzi gli sforzi che sta facendo u.u Spero che anche questo capitolo ti piaccia ^^
Cry_chan: Credo che la differenza tra Drake e Shawn sia che entrambi sono idioti, solo che Shawn lo è con stile xD Anch’io punterei su Josh-cane, si si xD
RiflessoCondizionato: Io l’opzione e) Josh = criceto indonesiano, la sfrutterei volentieri u.u purtroppo era già tutto deciso e il fato non ha voluto modifiche u.u Sono contenta che dopo questo episodio sia tu che altre abbiate iniziato ad apprezzare Joy, all’inizio non stava molto simpatica ai lettori, forse per la sua ingente presenza accanto ad Andy e nel suo cuoricino-ino xD Spero che tu riesca a leggere questo capitolo…
Damis: sono felice che ti piacciano i dialoghi xD io adoro scrivere attraverso i dialoghi e per questo punto su essi molto più che sulle parti descrittive… E Josh saprete finalmente chi è, in questo capitolo! Continua a seguirmi =)
ShadowHeart: noooooooo ti prego, ti imploro, pietà!!! Non voglio che mi ammazzi xD e comunque prima leggi questo capitolo, e poi decidi cosa farne di me u.u Anche se non ti rivelerò mai dove abito, mwhahahahahah!!
NekoRika: argh, hai recensito il primo capitolo xD Non so per quale intervento divino mi sono accorta della tua recensione, sta di fatto che è così, e ne sono felicissima u.u Innanzitutto perché tira in ballo un po’ tutti li aspetti della storia, e sono contenta che gli sviluppi ti siano piaciuti (e concordo su Shirley, ognuno ha le sue motivazioni, e nessuno a questo mondo è completamente dalla parte del torto o della ragione). E poi io adoro le tue fanfic ^^; quindi la tua recensione, senza nulla togliere alle altre, mi ha un po’ riscaldato il cuoricino… Spero che continuerai a seguire la storia, anche dopo l’introduzione dei due personaggi che qui presenterò =)
IceWarrior: credo che la tua sia una delle recensioni più lunghe che io abbia mai ricevuto, se non la più lunga, ma questo mi ha fatto molto piacere, e spero di riuscire a replicare ad ogni punto =) Per prima cosa sono piacevolmente colpita dalla tua analisi dei personaggi principali, molto attenta e precisa, e soprattutto azzeccata ^^ Alla seconda osservazione che hai fatto ti sei praticamente risposta da sola xD Ho vagliato attentamente i possibili risvolti che il gesto di Andy, quello di tentare di conquistare Drake, avrebbe potuto avere. Ho scelto di farlo cadere nella trappola velocemente e in modo tanto sprovveduto perché, semplicemente, è ciò che esprime il carattere e l’indole di Drake. E’ un ragazzo impulsivo e che, come spesso Shawn gli rimarca, agisce prima di pensare. Inoltre la sua omofobia era qualcosa di innaturale, derivante più dalla paura di affrontare il proprio vero “io” piuttosto che da fondate convinzioni. In fin dei conti, il subdolo piano architettato da Andy è stato per lui l’ancora di salvezza che gli ha permesso di liberarsi dai pregiudizi e dalla personalità opprimente del padre, il baluardo che Drake ha inconsciamente afferrato vedendolo come la propria unica possibilità di evolversi e di non diventare, come invece stava accadendo, una persona violenta e brutale.
Per quanto riguarda il rapporto Drake-Shawn, devo confessare che li adoro insieme, e che devo trattenermi come una matta per non scrivere di un Drake assatanato che tenta di stuprare l’amico. Accidenti a me e alla mia anima da fangirl! Grazie del commentone, spero che anche questo capitolo (di poco più lungo del precedente) sia di tuo gradimento =)
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« Josh!! »

Il ragazzo gli sorrise di rimando. « Allora, ho sentito che ti sei preso un bel febbrone! Tanto per cambiare, eh? »

« Già, non mi smentisco mai. Oh, ma ci sei anche tu! Scusami, dietro a questo bestione non ti avevo vista… »
« “Bestione” a chi?! »
« Ciao Andy. Come stai? » La giovane scansò Josh e andò a sua volta ad abbracciare l’amico convalescente.
« Tutto bene, grazie… Piuttosto, voi due dovete raccontarmi un bel po’ di cose! Su, entrate. »

Eveline non se lo fece ripetere e si accomodò nel soggiorno, seguita a ruota dagli altri due.

« Scusate se vi accolgo in questo modo, ma fino a due minuti fa ero a letto. »
« Ti abbiamo disturbato? »
« No, tranquilla… Allora, com’è l’Europa? »
« Fantastica. » Rispose semplicemente la ragazza. « Io e Josh abbiamo passato tre mesi stupendi. Siamo stati prima in Germania, a Berlino, e poi in Spagna, a Madrid. »
« Però, proprio nelle capitali! »
« Si. Davvero grandiose. A me è piaciuta più Berlino, se devo esser sincera… A lui, come puoi ben immaginare, ha colpito maggiormente la Spagna. »
« Assolutamente si!! Ci sono delle ragazze che… Una bomba. »
« …si. La Spagna ti ha colpito, caro mio, in testa però. E anche forte. »
« Oh per favore. Sei soltanto gelosa perché io ho trovato da divertirmi e tu no. » Si voltò verso Andy. « Ma ti pare che una debba essere gelosa del proprio fratello? »
« Non sono gelosa, semplicemente io non mi metto a pomiciare con la prima che capita, per quanto bella sia. Tu non ti fai problemi, eh? »
« Si è trovato una fidanzata spagnola? » Chiese Andy a bassa voce, che ancora non aveva capito bene il vero argomento della discussione.
« Pfui, fidanzata, questo qui? Non sarebbe capace di far durare una storia neppure convivendoci, con la ragazza, figuriamoci se si trovano in due continenti diversi. Tanto per spiegarti in poche parole, nel gruppo di studenti in cui eravamo – gruppo decisamente variegato e multietnico – lui è quello che, tra locali, bar e discoteche, si è divertito di più. Facendo l’idiota. »
« Non ho fatto l’idiota, sono solo un tipo esuberante! »
« Non sei esuberante, sei un esibizionista egocentrico, e anche un cretino. Non sai quante volte ho sperato che il buon Dio mi cambiasse faccia. Almeno nessuno avrebbe pensato che eravamo fratelli. »
« Quanto la fai tragica. E poi rassegnati, Eve, l’unica cosa che ci distingue, a parte la lunghezza dei capelli, si trova molto più in basso del viso. »
« Seguendo il tuo dito, si direbbe che tu ti sia dimenticato di non portare la quarta di reggiseno. E poi, io non sono così brutta. » Sbottò incrociando altezzosamente le braccia e raddrizzando la schiena impettita.
« E sei anche un tappo. »
« Sei tu che sei fuori misura, idiota. Guarda che sono un metro e settanta, sai? »

Andy li guardava sorridendo. Non aveva neppure voglia di metterli a tacere. Avevano vinto un concorso per un viaggio di tre mesi in Europa, e avevano potuto frequentare una scuola tedesca e una spagnola. Era contentissimo per loro, ma gli erano mancati così tanto che anche assistere ai loro soliti battibecchi era piacevole. Anzi, lo convinceva ancora di più che erano tornati davvero, che erano lì accanto a lui, pronti a ricostituire lo storico quartetto con lui e Joy. Si conoscevano fin dalle scuole elementari, inoltre Andy e i gemelli erano vicini di casa.

« Comunque Eve non ha tutti i torti… Sbaglio o sei cresciuto ancora? »
Josh si schiarì la voce orgoglioso. « Ma certo. Adesso sono alto un metro e novantadue centimetri! »
« …di pura stupidità. »
« Avete appena sentito la critica del giovedì mattina proposta dall’acidissima Eveline So-Tutto-Io Fortington. »
« Dai ragazzi, siete appena tornati a casa, non siete contenti? »
« Non avrei potuto essere più felice! » Assicurò la ragazza. « Finalmente potrò chiudere a chiave la porta della mia stanza e lasciare questo scimmione fuori. »
« Insomma voi due! Prima “bestione”, adesso “scimmione”… Che vi ha preso? »
« “Bestione” non è terribile. » Cercò di rimediare l’interpellato. « Si può anche prendere come un complimento. »
« Già, è sempre lei che deve fare la guastafeste. Beh Andy, raccontaci anche tu come ve la siete passata tu e Joy in nostra assenza! »

Andy abbassò lo sguardo prima di rispondere, pensando a quale notizia avesse potuto dire per prima.

« Beh, a dir la verità, di cose ne sono successe un sacco… »

*

Drake si sentiva teso. Mentre prendeva la sua roba dall’armadietto, negli spogliatoi della palestra, non poté fare a meno di pensare alla situazione della loro squadra scolastica, che era abbastanza preoccupante. La loro scuola era piuttosto grande e grazie a questo fatto, avevano reclutato parecchie matricole nel loro team, ma uno dei titolari, Stan Mercer, si era infortunato seriamente ad un ginocchio, terminando così la propria carriera di giocatore e lasciandoli scoperti per il ruolo di Ala Grande.
C’era sempre la possibilità che tra quelli del primo anno vi fosse qualche talento nascosto, o comunque qualcuno dalle capacità sfruttabili, ma Stan era uno dei loro punti di forza, e quella domenica mattina vi sarebbe stata un’importante partita per decretare, a livello regionale, le squadre che si sarebbero guadagnate l’accesso al campionato nazionale di basket delle scuole superiori.
Si cambiò in fretta ed entrò nella palestra. Anche il coach Miller non aveva un’espressione serena, o per meglio dire, li guardava ancora più in cagnesco del solito. Si misero tutti in fila per il regolare saluto, ma il professore fece loro cenno di sedersi sulle panchine, e a sua volta prese posto su una sedia.

« Ragazzi, come sapete Mercer non potrà giocare questa domenica. » Come al solito, andava subito dritto al punto. « E forse, mi duole ammetterlo, dovrà rinunciare completamente a diventare un giocatore professionista. E’ stato dimesso dall’ospedale l’altro ieri e si trova ancora a casa a riposo. Di certo non lo si può colpevolizzare, dato che il suo infortunio è stato causato da un’altra persona e non da una sua mancanza, né si può dimenticare che è stato sempre un prezioso elemento per la nostra squadra, ma non ci si può adagiare su questo brutto evento e dimenticare di essere realisti.
Forse penserete che sia un ragionamento crudele, ma dobbiamo assolutamente rimpiazzare Mercer. E dobbiamo farlo il più presto possibile, anche per lui. Se vedesse che il suo team è rallentato dalla sua mancanza, si sentirebbe un peso, e avrebbe ancora più sensi di colpa di quelli che già avverte. Vi chiedo in primo luogo la massima collaborazione e mi rivolgo soprattutto a quelli del primo anno. Coloro che si trovano al secondo e al terzo anno già hanno coscienza della struttura della squadra, dei suoi punti di forza e di quelli deboli. Voi matricole siete più inesperti, per quanto dotati, e poiché ancora non siete stati indirizzati ad un ruolo preciso, dovrete dimostrarmi tutta la vostra versatilità, soprattutto per poter colmare il vuoto lasciato da Mercer, il cui ruolo era quello di Ala Grande.
Quello di cui abbiamo bisogno è di qualcuno che abbia caratteristiche intermedie tra un Centro, ovvero un difensore, e un attaccante. E’ un ruolo per il quale è necessaria una buona presenza fisica, una certa prestanza e soprattutto molta energia; un’Ala Grande deve essere in grado di agire bene sui rimbalzi e anche sui passaggi.
In questi giorni ci alleneremo più duramente del solito. E come ultima cosa, ma non per questo meno importante, ricordatevi sempre che quando si è in campo, è bene ricordarsi del proprio ruolo, ma la cosa migliore è tenere a mente che si gioca in una squadra. Bisogna aiutarsi e collaborare: il gioco di squadra è tutto, ragazzi. Niente individualismi o colpi di testa.
Bene, è tutto, iniziamo pure con un po’ di riscaldamento! »

Drake si sentiva più rincuorato; Miller sarà anche stato un orso scorbutico, ma come allenatore ci sapeva fare eccome. Era un abile orchestratore e sapeva come tenere il loro morale alto. Gran parte di queste qualità le aveva anche Shawn, che infatti ricopriva un ruolo molto versatile e che era decisamente bravo a controllare la situazione generale in campo. Possedeva un’ottima regia del gioco e – cosa che non guastava per uno come lui – era scattante e agile come un furetto.
Nonostante il clima lugubre, l’allenamento fu un vero successo. Grazie al consolatorio discorso di poco prima, si sentivano tutti pieni di forze, e in campo si dimostrarono attenti e coordinati. Dan non sbagliò neppure un canestro (poiché, anche se per un cestista bravo come lui era facile centrarli tutti, qualcuno sfuggiva sempre) e Mike sembrò meno burbero del solito; nella partita finale “matricole contro 2°-3° anno” evitò perfino di difendere l’area sotto canestro col metodo del terrore, cosa che invece era solito fare servendosi della propria stazza e dell’espressione inquietante.

Il tempo passava velocemente e in modo piuttosto piacevole.

*

Eveline, seduta accanto al fratello che guidava, ripensava intensamente alla visita a casa di Andy.

« Ma stai scherzando? » Gli aveva domandato dopo che il ragazzo ebbe finito un sunto di tutto quello che era capitato dall’inizio della scuola.
« Proprio per nulla. » Sorrise.
« Non avrei mai creduto che Drake Foster fosse gay. Ma c’è diventato a causa tua? » Chiese ancora, incredula.
« No, te l’ho già detto. Questa sua tendenza era “latitante” ma presente da tanto tempo nella sua mente. Io sono stato solo… La scintilla che ha acceso il tutto. »
« Pazzesco. Dopo tutte le stronzate che ha fatto. »
« Ad ogni modo, penso che mi ci vorrà un po’ per realizzare bene questa cosa. » Affermò Josh, grattandosi il mento soprappensiero. « Se mi avessi detto di punto in bianco che quel damerino figlio di papà era dell’altra sponda ti avrei riso in faccia, ma dopo aver sentito tutto questo racconto non posso fare a meno di convincermene. »

Le case e gli alberi sfrecciavano davanti ai suoi occhi, visti ma non realmente guardati. Il cielo era già scuro e la scia indistinta di abitazioni la intontirono. Sbadigliò sonoramente e allungò una mano per accendere l’autoradio.

« Certo che la vita di Andy sembra un film. » Borbottò a bassa voce, sicura che il fratello l’avrebbe comunque sentita.
« Già. » Commentò. « E negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli effetti speciali. »
« …Credi che i genitori di Drake sospettino qualcosa? » chiese poi.
« Non lo credo affatto. Se avessero anche il minimo presentimento che nella loro famiglia ci possa essere qualcosa che non è perfetto, l’avrebbero già individuato. Probabilmente Drake a quest’ora si troverebbe in riformatorio o in un ospedale psichiatrico. »
« Mmh, hai ragione. Che tristezza. »
« Puoi scommetterci. Meno male per Andy che i suoi genitori hanno una mente molto più aperta. Mi chiedo però perché non abbia mai detto loro che subiva violenze da quel gruppo di idioti. »
« Andy è uno che rimugina troppo sulle cose, e anche se sembra forte per ciò che ha sopportato, ha bisogno dell’approvazione degli altri. »
« E con questo? »
« Avrà pensato che se lo raccontava ai genitori, questi avrebbero perso fiducia in lui, forse… O comunque si sarà vergognato. »
« Come fosse colpa sua! » Rimbrottò stizzita Eveline.

*

Drake era sfinito. L’allenamento era stato intensivo, proprio come annunciato da Miller, e non che le sue sessioni normali fossero tanto più leggere. In più era durato due ore e mezza invece che solo due ore. Da infarto. Si chinò a prendere un asciugamano dalla propria borsa, seguito a ruota da Shawn. Mentre frizionava la fronte e il collo, un ragazzo passò dietro di lui e si diresse verso l’allenatore, che si trovava a centro campo.

« Su Dre’, andiamo a lavarci? Sono mezzo morto… »
« Si, si… Arrivo. »

Poco prima di uscire dalla porta della palestra, si voltò curioso a guardare chi stesse parlando con Miller: uno spilungone, ben piazzato ma snello, con folti capelli castani e due occhi di un verde tanto intenso da catalizzare completamente la sua attenzione. Lo colse una fastidiosa sensazione di dejà vu. Aveva già visto quel ragazzo, di questo ne era certo.
Si, ma dove? Nonostante la piena sicurezza di conoscere quel viso, non riusciva a ricordarsi il frangente in cui l’avesse già incontrato, neppure sforzandosi. Controvoglia, caracollò dietro all’amico fino a raggiungere le docce.

« Shawn? » chiese accostando la bocca al muro che separava i due cubicoli.
« Si? » rispose l’altro.
« Hai visto chi stava parlando con il coach? »
Silenzio. « …Qualcuno parlava con Miller? »
« Se, ciao. »
« No, dai… Chi parlava con lui? »
« Non lo so, per questo ho iniziato ‘sto discorso. Pensavo l’avessi notato. »
« Non l’hai visto in faccia? »
« Si, e so anche che non è la prima volta che me lo trovo davanti. Solo che non ricordo quando… »
« E’ inutile che ti metti a pensarci adesso. Dopo questo tour de force io non mi ricordo neppure la mia data di nascita. »
« Si, hai ragione. »
« Come sempre. Hai finalmente imparato a riconoscere la mia supremazia. »

Drake aprì la porta della doccia, vi sfrecciò fuori, si infilò fulmineo in quella di Shawn e gli chiuse completamente l’acqua calda.
L’urlo del povero ragazzo, che non aveva potuto ribellarsi perché si stava lavando i capelli e nella fretta dei movimenti un po’ di shampoo gli era entrato in un occhio, echeggiò per tutto lo spogliatoio. Insieme alle risate di scherno di Drake.

« Tu. Vuoi. Morire. »
« Credici. » lo prese in giro, mentre gli rivolgeva linguacce e gestacci dalla doccia di fronte.

*

Quel venerdì mattina si prospettava essere meraviglioso. Andy si sentiva benissimo e pronto per tornare a scuola. Aprì la finestra della propria stanza e scoprì con piacere che nonostante il freddo dicembrino, era sorto un pallido sole, e il cielo era limpido.
Fece colazione con entrambi i genitori, che dopo un bel po’ di tempo avevano finalmente possibilità di lavorare vicino casa (anche se sapevano che presto avrebbero dovuto spostarsi di molto) e si volevano godere appieno il loro rinnovato quadretto familiare.
Salutati brevemente questi, uscì dal portoncino di casa per raggiungere il garage, quando il rumore di un clacson attirò la sua attenzione.

« Ehilà! »
« Josh, Eve. Buongiorno. » Salutò gli amici sventolando energicamente la mano.
« Ti va di farti dare un passaggio? » Chiese Eveline, che si trovava alla guida.
« Come no! Arrivo subito. » Salì in auto sul sedile posteriore, accanto agli zaini dei gemelli. « Che bel calduccio qui. Non posso uscire due minuti che già rischio di congelare. »
« Quest’inverno sembra più freddo del solito. »

Arrivarono a scuola in perfetto orario, anche in anticipo.
« Vai troppo veloce. Sei spericolata. »
« Sta’ zitto Josh, sei tu il nonnetto che va ai trenta all’ora. »
« Dai trenta agli ottanta c’è una bella differenza. »
« Dai, le strade non sono ghiacciate. »
« Dio, che sorella devo avere… »
« Ciao ragazzi! » Una voce squillante li raggiunse. « Pronti per riprendere la solita noiosissima scuola americana? »
« A dire la verità mi mancava casa. » Ridacchiò Eveline, abbracciandola.


Poco più in là, Drake stava chiedendo a Mike se aveva per caso visto chi stesse parlando con Miller il pomeriggio precedente, dopo gli allenamenti.

« Ancora con questa storia? »
« Shawn, sai come sono fatto. La curiosità potrebbe uccidermi. »
« Datti un po’ di tregua! O almeno, danne a me. »
« Ma voglio assolutamente sapere chi è… » piagnucolò.

Svoltando l’angolo, sbucarono nel corridoio principale. In direzione contraria giungeva il gruppetto di Andy. Drake lo notò subito: aveva l’aria un po’ smunta, Joy non gli aveva mentito. Dopo la chiacchierata-diverbio che aveva avuto con la ragazza, si sentiva comunque più sollevato. Si sentiva perfino in grado di sopportare la presenza di Andy senza dare di matto, ed era già qualcosa.
Doveva ammettere che comunque, in quelle due settimane che era mancato da scuola, ne aveva avvertito l’assenza. Brillante come Shawn e quasi più loquace dell’amico, gentile e bendisposto verso di lui, nonché terribilmente carino e una vera gioia per gli occhi. Come riusciva a farne a meno?
Era così concentrato su Andy che si accorse dopo un bel po’ di uno studente molto alto che lo accompagnava. Uno studente con folti capelli castani e due grandi occhi verdi…

« Shawn, Shawn è lui!! »
« Cosa? »
« Quello! Quello vicino ad Andy! »
« Cos’è, un attore famoso? »
« Ma no, demente, è quello che ieri parlava col coach! »
« Ah davvero? »
« Si! Ecco perché mi sembrava di conoscerlo, è amico di Andy… »
« Questo non spiega proprio nulla! Io non l’ho mai visto dall’inizio dell’anno. L’hai visto solo tu. Non è che magari è uno spirito che solo tu sei in grado di percepire? »
« No, hai ragione tu, all’inizio dell’anno non c’era… E allora dove- » Si bloccò di scatto, realizzando in un unico momento chi fosse quel ragazzo.

La consapevolezza della situazione che gli aveva fatto conoscere la sua esistenza gli giunse come un getto d’acqua fredda, uno sciame d’aghi sulla schiena.
« Drake, c’è qualcosa che non va? »
Non c’era dubbio, era lui. Stesso viso, stesso modo di camminare, lo stesso atteggiamento teatrale e la parlata accompagnata da un’imponente gestualità. E soprattutto quegli stessi stupendi occhi smeraldini. Forse, solo un po’ più alto. Ma d’altronde, era passato un anno e mezzo.
Si definì stupido, per non essersene ricordato subito. Era stato difficile perché fin dalla prima superiore si era concentrato su Andy, lasciando da parte le sue amicizie. Neppure di Joy, prima di approfondire i rapporti, aveva un’idea precisa.
Ma quel ragazzo era indimenticabile, perché l’aveva visto in una sola, unica, ma fondamentale occasione.

« Drake, stai bene? »
« E’ lui, ne sono certo. E’ proprio quello lì. »
« Chi? Chi diavolo è? »
« Ti ricordi in prima superiore, quando ti ho detto che Andy era finocchio e quando abbiamo iniziato a creargli problemi? »
« Si. »
« L’avevo scoperto da solo, perché l’avevo visto baciare un ragazzo nel cortile sul retro della scuola. »
« Me lo ricordo. » Annuì. Poi anche nei suoi occhi passò un lampo d’improvvisa comprensione. « No, vuoi dire che… »
« Esatto. E’ lui. Quello che stava baciando Andy, è quel ragazzo alto con i capelli castani. »


I quattro ragazzi camminavano assieme, e mentre Eveline e Joy parlavano fra loro, Josh, decretando quei discorsi troppo “da femmine” decise di intavolare un'altra conversazione con Andy. Questi, curioso come non mai di sapere di più sul loro viaggio all’estero, cominciò a tempestarlo di domande, a cui l’amico era più che felice di rispondere.

« …E comunque i resti del muro di Berlino sono una figata! Hanno lasciato che artisti da tutto il mondo disegnassero su questo i loro graffiti, e così oltre che un monumento alla memoria, è anche uno splendido “arredo urbano”, per usare un eufemismo. »
« Ragazzi, scusate. » Li interruppe Joy. « Siamo arrivati. Questa è l’aula di tedesco. »

Josh scrutò la porta con fare circospetto. Si ricordava di un laboratorio linguistico al primo piano, ma forse, quell’anno, avevano cambiato leggermente la disposizione delle classi, e né lui né Eveline erano riusciti ad assimilare la nuova pianta prima della partenza. Quando le sue ipotesi vennero confermate dai due amici, li salutò con un abbraccio e assieme alla sorella si avviò verso la sua prima lezione dopo il ritorno a casa. Joy e Andy continuarono a camminare verso i rispettivi corsi, quando Drake, trafelato, raggiunse i due e afferrò la ragazza per un braccio, trascinandola con sé, congedandosi con un “Ciao” bofonchiato tra i denti ed evitando il più possibile un contatto visivo con l’altro.
Andy, troppo sorpreso per pensare a qualunque altra cosa, rimase a fissare l’angolo dietro il quale avevano svoltato i due, con la mascella leggermente cadente e le sopracciglia rialzate.

« Drake? …Drake! Che diavolo stai facendo?! Dovrei andare a lezione! » Il braccio le faceva quasi male da quanto il ragazzo la stava strattonando. Una ciocca di capelli le entrò in bocca, ed ella la tolse rabbiosa. « Insomma, vuoi fermarti? Sembri un mentecatto, un pazzo, un esagitato! Un cretino! Beh, più del solito. »

Drake finalmente arrestò la sua corsa e la spinse dentro un’aula vuota; chiuse la porta senza accendere neppure una luce, cosicché entrambi i loro volti erano illuminati solo da una flebile luce proveniente dalle finestre. Afferrò Joy per le spalle.

« Tu devi spiegarmi un po’ di cose. »

La ragazza accese la luce e lo guardò sarcastica. « E tu devi spiegarmi che ti è preso all’improvviso, idiota. » Notò che aveva un’espressione stralunata, come se gli avessero detto che il giorno dopo sarebbe stato ferragosto.

« Chi è quel ragazzo che prima camminava con Andy? »
« Chi, Josh? »
« Che ne so io come si chiama! Non te l’avrei chiesto, altrimenti. »
« Si può sapere perché non ti calmi? »
« Non posso calmarmi! » La voce gli uscì alterata. « Io lo so chi è quello. »
« Ma allora lo conosci oppure no? » Iniziava a spazientirsi. A giunta che rischiava di arrivare in ritardo per le lezioni, doveva anche sorbirsi gli sbalzi d’umore di Drake?
« Insomma… Quello che voglio sapere, è che tipo di relazioni ha con Andy. »
« Sono amici… Perché? »
« Amici? Solo amici? »
« Mi stai facendo perdere la pazienza. »

Drake allentò la presa e portò una mano a massaggiarsi le tempie. « Al primo anno ho visto quel ragazzo baciare Andy. »
« “Quel ragazzo” ha un nome, e te l’ho già detto. Comunque questi sono affari loro, non ho nessun diritto di spiattellarli al primo che passa. »
« Ti sembro il primo che passa? Joy!! Devi aiutarmi… »
« Drake, ascoltami bene: se hai qualche problema con Andy, col suo passato, con le sue amicizie, con qualunque cosa lo riguardi… Devi arrangiarti con lui. E se proprio vuoi che ti dica la mia, credo che tu non dovresti avanzare nessuna pretesa su Andy, specialmente quella di essere geloso di lui, e specialmente dopo averlo rifiutato! Buona giornata. »

Fece per andarsene, ma Drake la bloccò. « Ehi, » lo richiamò « sei un uomo? Allora tira fuori le palle. » E uscì dalla stanza sbattendo la porta.


« Shawn, ti prego. »
« Ho detto di no. »
« Ma… Ma siamo amici!! Per favore, ti supplico… »
« E’ proprio perché sono tuo amico che ti rispondo di no. Arrangiati. »
« Con che faccia vado da lui? Con che faccia? »
« Con la tua. Magari senza quell’espressione da schizofrenico, o prenderà paura. E pettinati. Sembri un pulcino passato in mezzo ad un temporale. »

Il ragazzo lasciò cadere pesantemente la testa sulle braccia, sospirando.
« Hai quasi infilato i capelli nel purè. E alzati! »
« Credi che mi manderà a quel paese? »
« Non ne ho idea. Però, se vuoi la mia, non credo che presentarsi da una persona e ficcare il naso nei suoi affari sia un buon metodo di riallacciare i rapporti… Poi, vedi un po’ tu… »
« Beh, tanto ormai lui mi odia. Peggio di così non può andare. »
« Ti ha per caso detto che ti odia? »
« No, ma… »
« E allora come puoi saperlo? »
« D’accordo, ma… »
« Se vuoi sapere cosa pensa una persona, devi chiederglielo! »
« Si, ma… »
« E smettila di complicarti la vita. Intesi? »
« Ok. » Iniziò a fissare l’amico senza dire nulla, e questi, sentendosi osservato, cercò di chiedergli cosa volesse, rischiando di soffocarsi col boccone che stava masticando. « Oh, nulla… » Rispose Drake ignorando i rantolii dell’altro. « Avrei voluto ringraziarti. Solo che siamo in mensa, non si può. »
Shawn deglutì rumorosamente. « Perché da un po’ di tempo a questa parte non riesci a ringraziarmi dicendo semplicemente “Grazie”? »
Drake ridacchiò, ma non gli rispose. Finito di pranzare, tornò mesto alle sue lezioni, senza aver davvero voglia di seguirle. Quel pomeriggio aveva laboratorio linguistico, prima spagnolo, e poi tedesco. Nei corsi pomeridiani, solitamente, facevano esercizio pratico e lavori di gruppo, mentre lasciavano grammatica e letteratura alla mattina.
Entrò in aula assieme al resto degli studenti, che occuparono i propri posti a sedere facendo, come sempre, un gran casino. La professoressa entrò per ultima e cercò di zittire tutti, senza un gran risultato. Sospirando, estrasse il registro e iniziò a fare l’appello. Era un passaggio noioso, ma assolutamente necessario, dato che, nonostante il corso di spagnolo fosse diviso in tre sezioni per l’ingente numero di frequentatori, ogni classe contava almeno trenta studenti.
Prese posto vicino a Shawn in ultima fila, indossò uno delle due paia di cuffie in dotazione al computer che aveva davanti, posò la testa sulla spalla di Shawn, e chiuse gli occhi.
Fu un sonno agitato, ma se non altro lo aiutò a rasserenarsi e gli infuse un po’ di coraggio in più. Se l’amico non l’aveva svegliato, significava che la professoressa era rimasta alla cattedra tutto il tempo, e questo era un bene.

« Avresti anche potuto fare finta di seguire, comunque. » Lo riprese Shawn.
« No, non avevo proprio voglia. Avevo bisogno di fare un sonnellino post-pranzo. » Sbadigliò sonoramente.
« Du bist wirklich dumm. » Lo apostrofò l’altro.
« Non parlarmi in tedesco, la lezione non è ancora iniziata! E comunque non sono uno scemo… » Rimbrottò.

Quell’ora volò. E Drake fu costretto a stare attento, suo malgrado. L’insegnante di spagnolo avrebbe anche potuto essere dolce e permissiva, ma quello di tedesco non tollerava nessuno sgarro. Per fortuna quel giorno non avevano allenamento di basket, quindi appena suonò la campana prese in fretta la propria roba e si diresse di filato fuori dall’aula. Salutò Shawn con un bacio sui capelli (e lui non ne fu per nulla contento, tanto che sentì le proteste dell’amico seguirlo lungo le scale) e si fiondò nel cortile, aspettando pazientemente che gli studenti uscissero. Dopo cinque minuti scorse tra le altre una testolina con folti capelli neri, e finalmente intravide il viso di Andy. Con un leggero risentimento, notò a fianco a lui, oltre a Joy, anche Josh, e una ragazza molto bella che gli somigliava incredibilmente.
Nonostante le gambe gli sembrassero diventate ghiaccio, riuscì ad armarsi di forza di volontà e a raggiungere il ragazzo. Quando egli si accorse della sua presenza, non riuscì a nascondere un certo stupore, e forse anche imbarazzo.

« Ciao. »
« Ciao. » Salutò Andy di rimando, abbassando lo sguardo.
« Posso parlarti? »
Il ragazzo annuì, e lo seguì lontano dagli altri, che dietro suo incoraggiamento proseguirono lasciandoli indisturbati.

« Beh… Come stai? Joy mi ha detto… »
« Bene, grazie. »
« Ecco… Joy mi aveva parlato di – voglio dire – ho riflettuto un po’ e… » Fu interrotto da Josh che richiamava Andy cercando di attirare la sua attenzione.
« Ehi, Andy, ti ricordi che stamattina sei venuto con noi? Ti aspettiamo, ok? »
« Ah, è vero! Si grazie Josh! »
« Quanto ci metti? » Chiese ancora. Drake si infastidì un po’, sentendosi quasi un peso, una faccenda da sbrigare in fretta.
« Ah, io… Tra cinque minuti arrivo. » Rispose l’altro, titubante. Il ragazzo si infastidì ancora di più.
« Si può sapere che diavolo ha quel Josh? Non vede che sei impegnato? » Borbottò, acido.
« Beh, scusa sai se si preoccupa per me. E poi ha solo fatto una domanda. »
« Si, si… » In realtà non voleva far innervosire Andy, altrimenti il suo tentativo di riconciliazione sarebbe andato a farsi friggere. « Ma senti, chi è quel ragazzo? Non l’ho mai visto quest’anno… » La curiosità, purtroppo, ebbe la meglio.
« E’ un mio amico, è stato in Europa per questioni di studio… »
« Si, certo, eccone un altro che dice che è solo un “amico”. »
« Scusami? »
« Andiamo, sai benissimo di cosa sto parlando! Se è tuo amico, perché l’hai baciato? »
Andy indietreggiò di un paio di passi, inarcando le sopracciglia. « Quando l’avrei fatto? »
« Beh, al primo anno… Vi ho visti nel retro della scuola… Ma in fondo non importa, giusto? » Cambiò discorso vedendo l’espressione rabbuiata di Andy « Ti stavo dicendo che… »
« Importa eccome invece! Sono due settimane che non ci parliamo e la prima cosa che mi vieni a chiedere è questa? E poi a te cosa interessa? Pensavo che non volessi avere più nulla a che fare con me! »
« Si, ma… »
« E non lo neghi neanche! »
« No, in realtà volevo dire che era solo curiosità, la mia, non volevo ficcanasare… »
« Mi spiace ma hai dato proprio quell’impressione! Se vuoi proprio saperlo in prima superiore ero molto confuso, e baciare Josh è stato solo un errore dettato da questa confusione e dalla mia sprovvedutezza, siamo solo amici, e lui è etero! E comunque tu dovresti essere l’ultimo a rompere le scatole, dato che ti attacchi alla bocca di Shawn ad ogni buona occasione! »
« Che cosa? Non è vero! »
« Certo, come no! Credi che non sappia quello che fai? Se hai intenzione di scusarti per qualcosa, sappi che hai completamente sbagliato approccio. »
« Beh, caro il mio santarellino febbricitante, se c’è qualcuno che si deve scusare per il suo comportamento, quello sei tu! Dopotutto non sono stato io a raccontarti un mucchio di frottole sui miei sentimenti facendoti innamorare e poi dandoti dell’imbecille, giusto? »
« E chi ti ha mai dato dell’imbecille? E comunque mi sarò comportato da idiota io, ma non è che tu ci sia andato tanto leggero, o devo forse rammentarti tutti i miei lividi e tutti i danni che mi hai fatto? Eh? »
« Bene, fantastico! Ancora non capisco perché ti ho aspettato fuori da scuola! »
« Non chiederlo a me! Adesso se non ti dispiace io me ne torno a casa! »
« Bene, vai pure! Se è così che vuoi dimostrare di tenerci a me per farti perdonare… »
Andy, che si era avviato verso il cancello della scuola, si voltò di scatto, furibondo. « Non ho nessuna intenzione di farmi mettere sotto processo da uno come te! E comunque, se proprio vuoi saperlo, in prima superiore io non stavo affatto con Josh! »
« Ah no? E con chi allora, con lo Spirito Santo? »
« No, con Eveline! » E girò sui tacchi raggiungendo i gemelli, che si trovavano già al parcheggio.

Drake rimase impalato a fissare il cancello come uno scemo. Andy stava con chi?

« Allora, risolti gli enigmi? » Shawn lo raggiunse e gli mise una mano sulla spalla. L’altro si voltò a guardarlo, ancora incredulo.
« Non ci crederai mai… »
« Non crederò a cosa? »
« Vieni a casa mia, ti spiego tutto. » Disse soltanto.

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Ad agosto sarò in vacanza dal 4 al 20 (presumibilmente) e non so se riuscirò a rispettare la scadenza di un mese esatto per l’aggiornamento.
Cercherò di essere il più veloce possibile. Al prossimo capitolo ^^

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Chiedo scusa a tutti voi per questo aggiornamento di due mesi anziché uno. Non voglio portare scuse, sebbene ce ne siano, ma vi prometto che cercherò di essere puntuale d'ora in poi, come lo sono stata, più o meno, in precedenza.
Non ho avuto molto tempo di controllare gli eventuali errori grammaticali e mi scuso in anticipo, e non risponderò singolarmente alle recensioni. Ringrazio tutti voi che seguite questa storia e vi lascio alla lettura. Grazie =)
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La casa era silenziosa e buia, solo una flebile luce proveniva dalla stanza di Drake, dove lui e Shawn stavano seduti sul letto sepolti tra le coperte. Per fortuna di entrambi erano soli, dato che Kat era a casa di un’amica e i genitori si trovavano ancora al lavoro; così, almeno, avrebbero potuto parlare francamente senza timore di essere scoperti da orecchie che indiscrete sentivano più di quanto avrebbero dovuto.
« Drake. » Richiamò l’amico, dopo che l’interpellato ebbe finito il racconto. « Ma sei sicuro di aver visto bene? »
« Certo che lo sono. Mi ricordo quel giorno come fosse ieri. »
« Eppure Andy ha detto che era il ragazzo di Eveline… » Protestò ancora, lasciando la frase cadere in un vuoto silenzio.
Drake chinò la testa e si guardò le gambe incrociate, liquidando il tutto con un’alzata di spalle: nonostante fosse l’unico testimone di quanto avvenuto un anno e mezzo prima, era colui che probabilmente ne aveva capito meno di tutti.
Eppure era assolutamente sicuro di avere ricordi esatti dell’avvenimento: che tra Eveline e Andy ci fosse qualcosa non aveva molta importanza, il ragazzo era incollato all’amico in un bacio per niente casto, e quello era inconfutabile. Non gli importava di avere come prova solo la sua parola, anche a costo di attirarsi le ire del diretto interessato avrebbe indagato a fondo nella faccenda, perché doveva saperne di più; inoltre, anche se di minor peso, il fatto che Andy avesse a quei tempi una relazione eterosessuale era un episodio alquanto bizzarro che necessitava anch’esso di esplicazioni.
« Ad ogni modo, » interloquì Shawn « ciò che urge adesso è riallacciare i rapporti con il tuo lovelove. »
« Come cazzo l’hai chiamato? » Il ragazzo non sapeva se picchiarlo o ridere, o fare entrambi.
« Drake, rispondimi sinceramente: tu ne sei innamorato, no? »
L’amico scrollò leggermente le spalle facendo scorrere distrattamente lo sguardo attorno a sé. « Non lo so, a dir la verità. Qualche settimana fa ne ero pienamente convinto, però adesso… Insomma, cos’è l’amore, infine? » Rivolse a Shawn uno sguardo piagnucoloso e supplichevole, che però lo lasciarono indifferente.
« E’ una domanda di tale portata che rispondervi adesso su due piedi è impossibile… Tu vuoi stare con lui? »
« Sarebbe una delle definizioni di “amore”? »
« Non proprio. Comunque, rispondi alla mia domanda. »
Drake indugiò pochissimo. « Si, dannazione, si. Io voglio stare con lui. »
« E allora, buttati! »
« Ma qualcosa tra di noi si è rotto, capisci? » Replicò esasperato. « Come possiamo passare sopra a quello che è successo così senza- »
« Passare sopra a cosa? Drake ma non capisci? »
Il ragazzo lo fissò straniato, lasciandolo proseguire. « Quello che voglio dire è che ciò che è successo tra te e Andy, secondo me, avrebbe dovuto unirvi ancora di più! »
« …Stai delirando? »
« Zitto e ascolta: Andy ti ha confidato di aver iniziato tutto per vendetta, no? »
Drake annuì, senza riuscire a comprendere lo scopo di quel discorso.
« E dopo ti ha detto che però pian piano si è innamorato di te, no? Fino al punto ti doverti confessare tutto, perché stare con te altrimenti sarebbe stato insopportabile! »
« E con questo? »
« Andy si è aperto totalmente con te, ormai lui per te non ha più segreti! Ti ha detto tutto! E ha quindi dimostrato di voler agire con te a carte scoperte, di volersi fidare ciecamente di te. »
« Si, me ne sono reso conto. E’ stato un atto di grande forza di volontà, perché ammettere di aver giocato sporco è difficile e umiliante. Ma ciò non toglie che si sia comportato male… »
L’amico lo interruppe con un gesto sbrigativo della mano. « Se dovessimo attaccarci a tutto, vivremmo soli e isolati dal mondo. Ricorda che comunque io, te e gli altri, gli abbiamo regalato quasi due anni di inferno, cosa di cui mi vergogno ancora adesso. E comunque lui si è scusato nel modo più sincero e contrito possibile per il suo comportamento, noi cos’abbiamo fatto? Abbiamo lasciato cadere la faccenda nel silenzio, nel nulla. Anche se tu sei stato travolto dai fatti, hai gettato alle spalle il tuo operato violento senza preoccuparti dei danni che abbiamo causato. Ed è ciò che ho fatto anch’io. »
Drake non rispose, accogliendo il discorso dell’amico, che purtroppo non faceva una grinza, con una silenziosa e mesta vergogna per se stesso.
« Non gli ho mai chiesto scusa… »
« Lo so. »
« Ho come l’impressione di essere io quello più in torto tra i due, eh? »
Shawn sospirò amaramente. « Mi sa di si. »
« Non ho nessun diritto di impicciarmi dei suoi affari. Ma accidenti, sono curioso, devo sapere! »
« Allora dovrai chiederglielo con gentilezza, e ciò che lui ti risponderà… Beh, sarà solo una gentile concessione. In quanto a balle, menzogne e inganni siete più o meno pari, tu non devi nulla a lui – a parte delle scuse – e lui non deve nulla a te. »
« Tradotto in termini spicci, sono nella merda. »
« No, semplicemente devi agire con accuratezza e andarci con i piedi di piombo. »
Drake si strinse di più nella coperta di pile che stava usando per coprirsi le spalle, e poggiò la testa sulle gambe dell’amico. In un gesto amorevole e quasi paterno, questi iniziò ad accarezzargli la testa, poggiandogli poi un morbido bacio sui capelli. L’altro, alla stregua di un gattino infreddolito, si stiracchiò allungandosi verso di lui e lo cinse in vita, poggiandogli la testa sul petto e toccando con la fronte la pelle calda e liscia del collo. Adagiandosi sul cuscino e continuando a stringersi, i due si abbandonarono lentamente a Morfeo.

*

Josh sorseggiava rumorosamente la propria cioccolata calda, guadagnandosi occhiate acide e infastidite da parte della sorella. Quel pomeriggio avevano deciso di trasformarlo in una piccola rimpatriata, e si erano riuniti a casa dei gemelli per guardare un film e chiacchierare del più e del meno.
« Josh finiscila, non si capisce niente. » Gli sibilò irosa in un orecchio.
« Non rompere, è bollente! »
Infastidita, voltò la testa di scatto e cercò di riprendere la visione della pellicola. Con pessimi risultati. Nervosa, gli tolse la tazza di mano, si recò in cucina praticamente volando oltre il corridoio e versò nella bevanda un po’ di latte freddo; tornò dal fratello e gliela rese, con un atteggiamento leggermente più addolcito.
Quando questi per ringraziarla le schioccò un bacio umido e zuccheroso sulla guancia, fu con un mezzo sorriso che gli si appoggiò ad una spalla.
« Voi due non cambierete mai. » Commentò affettuosamente Joy, mentre un Will Smith di pixel si agitava sullo schermo
« Abbiamo fatto bene a scegliere di vedere “Io, Robot”. » Disse Eveline, glissando su quanto asserito dall’amica poco prima. « E’ un film interessante. »
« E’ tenerissimo. » Rispose l’altra. « Adoro come Isaac Asimov, alla quale opera si è ispirata questa pellicola, riesce a descrivere il rapporto tra umani e robot e come questi ultimi, descritti attraverso le sue parole, sembrino così… »
« Vivi? » Concluse Josh. « Si, lo credo anch’io. »
Andy avrebbe voluto dire la sua, se non che il cellulare squillò nell’esatto momento in cui aprì bocca. Prese l’apparecchio dal tavolino di fianco al sofà e osservò il display tramutando la sua espressione da curiosa a corrucciata.
« Chi è? » Fece Joy, osservando la leggera smorfia dell’amico.
« Lui. » Rispose soltanto.
Si alzò dal cuscino e si diresse in cucina portando il telefono all’orecchio e rispondendo. La voce di Drake gli giunse metallica dall’altro capo della linea, ma non era per la naturale distorsione timbrica che il tono era incerto e titubante.
« Ciao. » Interloquì.
« Ciao. »
« Disturbo? »
« …No. Dimmi. »
« Avrei bisogno di parlarti. »
Andy sbuffò. Al momento avrebbe voluto godersi la giornata, e non era propriamente sicuro che intavolando una discussione con Drake questa sarebbe stata classificabile come “bella, divertente, piena di eventi piacevoli”.
« Non intendevo subito. » Continuò l’altro, quasi a smentire i suoi pensieri. « Anche perché vorrei parlarti a quattr’occhi, se possibile. »
« Oh. » Rispose Andy, quasi preso in contropiede. « Beh domani a scuola… »
« No, preferirei parlare in privato. »
« Mi stai invitando a casa tua? »
« Diciamo che mi sto invitando a casa tua. »
Il ragazzo staccò per un attimo il telefono dal padiglione, guardandolo come se questo potesse dargli una spiegazione per un comportamento così sfacciato. Optò comunque per una risposta cortese. « Beh, io ho la casa libera domani pomeriggio… »
« Ottimo. Non voglio essere sfrontato, beninteso… E’ che se tu venissi da me non sarei molto tranquillo. »
« A-ha. »
« Troppo traffico in casa. »
« Capisco. »
« Contando anche che credo di aver sentito mia sorella blaterare qualcosa a proposito di un party e di varie amiche… Per carità. »
« Certo, non saprei come darti torto. »
« Allora… A domani? »
« Si. Vieni alle quattro? »
« Ok. »
Si salutarono in fretta dopo che Andy gli ebbe comunicato il suo indirizzo, e quando concluse la telefonata questo rimase in cucina per qualche secondo, nella stanza buia e fresca. Dal salotto giungevano ovattati i discorsi degli amici e i rumori cacofonici del film, che non riusciva a distinguere bene. Si sentì stranamente vuoto.
Un tempo, una telefonata simile l’avrebbe lasciato rincuorato, con le guance bollenti per la gioia di parlare a quel ragazzo che tanto voleva e che si sforzava di non volere. Solo pensare al suo nome gli procurava una fastidiosa morsa allo stomaco, nonostante non si sentisse più in colpa. Provava tristezza, tanta. E un senso di amarezza che sarebbe stato duro a morire. Si assopiva, certo, ma latente continuava a ricordargli quello che avrebbe potuto avere e che invece aveva gettato alle ortiche.
Tornò in soggiorno cercando di dimenticare la conversazione che si era appena svolta. Per fortuna, nessuno fece domande.

Il giorno dopo Andy si sentiva ancora nervoso, quasi osservato. A lezione di lettere c’era anche Shawn, questo lo sapeva bene, ma erano i propri rimescolamenti interiori a turbarlo. E la cosa era più letterale di quanto ci si potrebbe aspettare. Non aveva idea se le pare mentali che era capace di imbastire in poco tempo avrebbero potuto avere effetti anche fisici, ciò che sapeva era che oltre a sentirsi inquieto, la colazione gli stava risultando indigesta come non mai. Uno strano peso gli impediva di sentirsi bene al 100%, influendo negativamente sull’attenzione che stava prestando al professore.
« …e quindi lo scrittore lascia spazio a varie interpretazioni che ogni lettore potrà apportare a modo proprio. Sentiamo un po’ le vostre opinioni. Signor Nolan, lei che dice? »
Un remoto angolino del cervello di Andy gli stava sussurrando di aver quasi udito il proprio nome, ma questi non vi badò finché questa vocina fastidiosa tornò per la terza volta, e cercò di scuoterlo in maniera parecchio pressante.
« Signor Nolan! »
Il ragazzo quasi scivolò dalla mano con cui sorreggeva il mento, mentre il suo gomito sentiva venire meno l’appoggio del banco.
« P-professore… Mi scusi, non l’ho sentita… »
« Lo credo bene, è la quarta volta che ti chiamo! »
« Mi perdoni… Ero sovrappensiero. » Ammise sottovoce, sentendo la vergogna montare.
« Sicuro di sentirti bene? » Chiese l’uomo, mostrandosi gentile e apprensivo nonostante avesse benissimo potuto affibbiargli una nota e una bella lavata di capo.
« Certo, sto benissimo. Ero solamente distratto, mi scusi. »
« Passi questa volta, ma che non si ripeta più. Tornando al nostro argomento di discussione, qualcuno ha opinioni in merito? »
Uno studente doveva avere alzato la mano dietro Andy, perché il professore gli diede la parola. Prima che potesse realizzarlo appieno, il ragazzo avvertì nelle proprie orecchie la voce profonda e melodiosa di Shawn, che diceva la sua sui significati del sogno iniziale del racconto breve “The Sisters”, firmato Joyce.
Non lo stette realmente ad ascoltare, lasciandosi cullare dal suo tono narrativo e rassicurante.

Quel pomeriggio sembrava non passare mai, quasi quanto la mattinata a scuola era praticamente volata. Andy aspettava ormai esasperato che la lancetta dell’orologio toccasse le quattro . Decise di distrarsi: andò in cucina e mise sul fuoco un pentolino con dell’acqua per il tè, quasi assopendosi davanti alle danzanti fiammelle blu del fornello. Poco dopo, era così intento a versare il liquido nella tazza che il trillo insistente del campanello lo fece sobbalzare, rischiando di ustionarsi.
Andò ad aprire e si diede mentalmente dell’idiota per non aver preparato abbastanza acqua a servire due tazze, nell’eventualità che Drake avesse voglia di qualcosa di caldo.
Spalancò l’uscio rabbrividendo, ed eccolo là: stretto nel giubbotto blu, un berretto di lana scura calcato sui capelli chiari, qualche ciuffo ribelle che usciva da sotto l’orlo per ricadere fastidioso sugli occhi dorati, le mani in tasca. Il suo nervosismo si poteva intravedere dalla punta del piede che leggera tracciava piccoli circoletti nella ghiaia davanti al cancello, mentre mordicchiava distrattamente la cerniera del bavero.
« Vieni, entra pure… E sbrigati che si muore di freddo. » Aggiunse Andy con un mezzo sorriso.
L’altro non aspettò un ulteriore invito e si precipitò verso la soglia, sfregando le suole sullo zerbino.
Si richiuse la porta alle spalle mentre il padrone di casa gli chiedeva il giubbotto e gli offriva da bere. Accettò volentieri una cioccolata calda, che Andy, dopo aver sistemato il capo sull’attaccapanni, si affrettò a scaldare.
« Come stai? » Chiese Drake, rivolgendo lo sguardo alla schiena di Andy che trafficava con tazze e pentolini.
« Bene. » Rispose frettoloso. Poi si voltò a guardarlo in volto. « Tu? »
« Non c’è male. »
« Ah, siediti pure… E scusami del disordine. Nella cioccolata vuoi altro zucchero? Se vuoi posso tirare fuori qualche biscotto, e- »
« E’ la prima volta che vengo a casa tua. » Lo interruppe.
Andy si immobilizzò, per poi posare ciò che teneva in mano e lasciar ricadere le braccia lungo i fianchi, improvvisamente pesanti. « Si, è vero. »
Accese il fuoco e andò a sedersi di fronte a lui, al tavolo.
« Strano che tu ci sia venuto per un motivo simile… »
« Più che strano, triste. Avrei voluto visitarla in tempi  più felici. » Nei suoi occhi di solito vivaci e allegri si notava un’aria malinconica.
« Si, mi avrebbe fatto piacere. »
Drake prese un biscotto dal piatto che gli era stato sistemato davanti, e lo addentò senza dire altro.
Passarono così alcuni minuti in silenzio, non imbarazzati, ma pensierosi. L’ospite lasciava vagare lo sguardo curioso su ogni mobile, Andy lo teneva fisso sul tavolo scuro senza una particolare ragione.
« Oh la cioccolata. » Si ricordò d’un tratto. La versò e portò all’altro la tazza. « Allora, » proseguì « dicevi di volermi parlare. »
« Esatto. Innanzitutto devo chiederti scusa. »
Andy non gli chiese il perché di quelle scuse. In qualunque caso, sentiva che Drake si sarebbe spiegato da solo, e infatti non si sbagliava.
« Per un sacco di cose, a dire la verità. Per averti picchiato… più volte. Per averti rotto gli occhiali, per averti preso il telefono, per averti rubato le chiavi della macchina e la macchina stessa, - e iniziò a rivangare fatti di più di un anno prima – e poi per averti nascosto dei libri, per averti segregato in un’aula e averti impedito di seguire la conferenza della scuola, per averti fatto arrivare in ritardo parecchie mattine e averti fatto sgridare dai professori, per aver nascosto nella tua redazione i registri di alcuni professori, per averti imbrattato l’armadietto, per averti spesso rovesciato addosso i vassoi della mensa e poi… non mi ricordo. Comunque, scusa. »
Andy lo fissò serio. « Scuse accettate. Non significa certo che ti perdoni. » In risposta ricevette uno sguardo allarmato. « Intendo dire… non posso dirti “grazie delle scuse, adesso con un colpo di spugna laverò via tutto quello che è successo”, perché non è possibile. Però voglio la tua parola che non lo farai mai più. »
« E’… è ovvio! »
« Non parlo solo di me. » Il ragazzo assottigliò gli occhi da dietro le lenti spesse.
« Per ovvio includevo anche questo, certamente, Non alzerò un dito su nessuno, lo prometto. »
« Beh anche io comunque devo- »
« No! …No. Tu le tue scuse me le hai già fatte, e sinceramente sono risultate molto meno impacciate delle mie. Volevo dirti solo che… io… »
Non riuscì a proseguire, fermato da un’inspiegabile voglia di mordersi le labbra. Forse non trovava le parole? Fece un respiro profondo e si massaggiò le tempie. Quando riaprì gli occhi che aveva leggermente strizzato, li riversò dritti in quelli neri dell’altro.
« Devo essere franco, Andy. Quello che voglio sei tu. Cioè… ci ho pensato su, credimi. Mi piaceva com’eravamo prima. Mi piaceva quando eravamo così legati, e mi manca da morire quel periodo. Io ti voglio. E sono perfettamente serio. »
Andy si mosse nervoso sulla sedia.
« E non m’importa di quello che dovrò fare per riconquistare la tua fiducia, e non m’importa dei tuoi trascorsi… »
« Bugiardo! »
« Come? » Il ragazzo s’interruppe interdetto.
« E’ una balla! Credi che non ti conosca? So benissimo che sei curioso da morire, figuriamoci se non te ne frega nulla del mio passato. »
« Beh… » Drake sembrò rifletterci un attimo sopra. « In effetti mi sta esplodendo la cistifellea a pensarci, però ho deciso che sono affari tuoi e non me ne deve fregare nulla. »
Andy lo guardò scettico. « A me non cambia nulla dirtelo, Drake… Mi ha dato fastidio solo che quel giorno tu me l’abbia chiesto come se fosse l’unica cosa che volevi sentire da me, ecco tutto. »
Il ragazzo assunse un’espressione compiaciuta che però mascherò subito. « No, ho deciso che non mi deve interessare. Voglio solo sapere una cosa… Tu… Sei gay? »
« Beh, mi sembra che i trascorsi siano piuttosto chiari… »
« Non significano nulla per me i trascorsi, voglio sentirlo da te: sei gay oppure no? »
Andy lo guardò fisso. « Si. »
« Non ti piacciono le ragazze? »
« No. »
« Neanche un pochino? »
« No, Drake, non me ne frega niente delle ragazze, mi piacciono gli uomini. »
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
« Sono stato con Eveline perché volevo provare a vedere com’era con le ragazze, e il risultato dell’esperimento è stato terribile, dopo appena una settimana mi sono messo a slinguare suo fratello, ma ti pare? Ecco tutto! Un comportamento affatto esemplare… » Aggiunse allegro.
« Ti avevo detto che non ne volevo sapere niente! » Protestò l’altro, non ascoltato.
« Comunque, tornando seri… Anche a me mancano quei bei momenti passati assieme, Drake. »
Di nuovo il silenzio si frappose tra di loro. Drake allungò le mani a prendere tra queste quella di Andy, calda e morbida come la zampa di un gatto.
« Possiamo ricominciare? » Chiese sottovoce.
« Come amici? »
Annuì, delicato. « Per il momento voglio solo credere che tu non mi odi. »
« Non ti odio affatto, Drake… »
« Nemmeno io. Ti prego… Non scappare da me. »
L’interpellato scosse la testa. « Ci tengo davvero alla nostra amicizia, e lo dico in tutta sincerità. Solo… una cosa. »
L’altro strinse di più la sua mano.
« Vorrei che anche Josh ed Eveline ti andassero a genio, voglio dire… Loro sono parte della mia vita. Hanno un posto fondamentale nel mio cuore. E non voglio pensare all’opinione che puoi avere di Josh, ma ti assicuro che oltre ad essere assolutamente etero è una persona fantastica. »
Drake soppesò per qualche secondo la risposta da dare. « …Basta che non mi chiedi di essere culo e camicia, ok? Perché io il culo non lo voglio fare affatto. »

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Chiedo scusa se non rispondo alle recensioni ma è quasi l’una e sono proprio stanca >_>

Chiedo scusa anche per l’aggiornamento bimestrale. Purtroppo con i corsi all’università ho davvero poco tempo a disposizione, e devo organizzarmi per fare tante cose. Spero di riuscire a postare tra un mese il prossimo capitolo. Un bacio e un abbraccio collettivo :* buona lettura.

 

***************************

 

Andy si alzò lasciando Drake seduto al tavolo a scaldarsi con la sua cioccolata bollente; accostò il volto alla finestra e tirò leggermente la vaporosa tenda color salvia, per osservare il vialetto del suo quartiere. Erano appena le quattro e mezza, ma già imbruniva, il sole pallido e distante non riusciva a colorare il tramonto che si presentava freddo e argenteo ai suoi occhi. Dal tepore della sua cucina riusciva tuttavia a guardare al crepuscolo con distacco, percependovi qualcosa di etereo e quasi magico.

Scosse la testa cercando di tornare con i piedi per terra; abitare nei pressi di un bosco doveva aver contribuito a spegnere qualche sinapsi di troppo. O forse la colpa della sua sensibilità al mistero era da attribuire ad un padre archeologo troppo affascinato dall’irrazionale e dagli antichi miti – specialmente quelli egiziani, di cui aveva sentito parlare circa un migliaio di volte – e da una madre che sosteneva il gioco del marito anche quando non ce n’era affatto bisogno.

« Che guardi? »

La voce dell’amico giunse inaspettata ma non sgradita da qualche parte alle sue spalle.

Si strinse nel maglione minimizzando la propria risposta con un’alzata di spalle. « Il tramonto. »

« E com’è? »

Andy lo guardò interrogativo, aspettando che la domanda venisse esplicata, invano. « In che senso “com’è”? E’un tramonto… Sii più specifico. »

« Di solito non mi fermo a guardare il sole che cala. Soprattutto non d’inverno; non faccio in tempo a voltarmi che già sembra notte. Mi mette tristezza, tutto questo buio. Tutto questo freddo. »

Il ragazzo rimise la tenda al suo posto e si avvicinò all’altro, prendendo posto su una sedia accanto a lui. « Sei un tipo freddoloso? » Nonostante fosse una cavolata, era sempre un tratto di lui, che non aveva ancora avuto occasione di acquisire.

« Non molto a dire la verità. Mi sembravi tu quello che si congela subito. »

La sottile allusione di Drake ci mise un po’ a farsi strada nella memoria di Andy, che solo dopo qualche secondo realizzò che il ricordo a cui aveva fatto riferimento risaliva a poco più di un mese prima.

« Oh… » Commentò, abbassando gli occhi a mo’ di scusa. « La partita di basket a Greensbourgh, vero? In effetti quella sera si rischiava di morire assiderati… »

L’imbarazzo colse entrambi impreparati; Andy distolse lo sguardo cercando di trovare qualcosa di interessante in una cucina di cui conosceva ogni dettaglio da sedici anni, mentre Drake tornò a soffiare sulla cioccolata, bevendola a piccoli sorsi rumorosi dal cucchiaio.

La conversazione sembrava precipitata nel mutismo, in una sorta di limbo di cristallo, che ambedue avevano paura di frantumare col secco suono delle proprie voci. Restarono immersi in un silenzio evanescente, mentre ogni tanto, in un andirivieni monotono e quieto, Andy andava ad alimentare la stufa a legna; Drake lo osservava zitto mentre apriva la portelletta e i riverberi aranciati e tremuli del fuoco gli coloravano i capelli.

Questi tornò per l’ennesima volta a sedersi accanto a lui, con le gote arrossate e umide per la ventata di calore a cui aveva esposto il viso. L’ospite si affrettò a distogliere lo sguardo, preoccupato che l’insistente contatto visivo potesse lasciar trasparire i pensieri che gli si affollavano nella testa. All’interno della scatola cranica, probabilmente, stava avendo luogo un summit tra tutti i neuroni che dicevano la propria sul da farsi, dai più moderati che suggerivano di levare le tende e tornarsene a casa, ai più ribelli e rivoluzionari (e incoscienti) che urlavano a gran voce di saltare addosso ad Andy, di baciare quelle guance tonde deliziosamente imporporate e mordicchiare il suo collo bianco.

No, non poteva dare ascolto a questi ultimi: con tutta la fatica che aveva fatto per riuscire a ricostruire una parvenza di tregua, di non belligeranza con il ragazzo, nemmeno per un milione di dollari avrebbe mandato tutto a puttane.

Recise momentaneamente i collegamenti col proprio sistema ormonale, che incalzante, stava diventando sempre più fastidioso.

« Accidenti, sono già le cinque? Si è fatto tardi. »

Andy lo guardò con l’espressione sorpresa e colpevole di un giornalista che è sorpreso a dormire ad occhi aperti nel bel mezzo di una conferenza stampa.

« Oh… Si si certo. » Cercò di ripiegare. « Comunque non mi disturbi se resti qui, sai. »

« Immagino, ma devo proprio rientrare. Non ho detto a nessuno che uscivo, e sarà meglio che mi faccia trovare a casa per l’ora di cena. »

« Se vuoi puoi restare a mangiare da me. » Propose in uno slancio di generosità.

« Davvero, mi piacerebbe, ma è meglio che vada. Grazie della cioccolata, era ottima. » Prese la tazza e il piattino e li portò nel lavabo, ignorando le proteste dell’altro che voleva fare di tutto per sembrare un perfetto e accogliente padrone di casa.

Andy lo accompagnò alla porta, dopo avergli passato giubbotto e berretto, aprì il cancello e rimase sulla soglia per salutarlo, sfregandosi con le mani le braccia infreddolite.

« Allora grazie di tutto, Andy. »

Al ragazzo non era sfuggita la lieve inflessione con cui aveva pronunciato il proprio nome, impercettibilmente più marcata e profonda.

« Grazie a te. Grazie davvero… Di essere venuto fin qui. » Strusciò un piede, avvolto da una morbida pantofola, contro una caviglia, nervosamente. Il non avere una risposta pronta anche per quel momento, evento insolito ad uno con la lingua biforcuta come la sua, gli urtava incredibilmente i nervi.

Con un gesto sgraziato e incerto, ma sufficientemente veloce, Drake gli portò una mano sulla spalla e avvicinò il volto al suo; istintivamente Andy strizzò gli occhi e abbassò il viso, cercando di proteggersi da un contatto. Si trovò invece stretto ma non imprigionato in un abbraccio che lasciava trasparire un tono convulso e disperato, suggeriti dalla forza con cui le mani del ragazzo si erano avvinghiate al suo maglione.

Si lasciò cullare, dimenticandosi del gelo che li circondava e che faceva uscire il loro fiato in piccole volute bianche.

Cinse con entrambe le braccia il collo e la schiena ampia, accarezzandogli i capelli morbidi da sopra il berretto; gli occhiali gli stavano scivolando via dal naso, ma non vi badò, perché quel momento, quella dolce curva che le loro figure formavano, avviluppate l’una nell’altra, era più importante anche del tempo.

Poggiò entrambe le palme delle mani sulle tempie di Drake e gli baciò la fronte fredda.

Questi in tutta risposta gli sollevò il mento e premette piano le labbra sulle sue nel bacio più dolce – e breve - che avesse mai ricevuto in vita sua; preso in contropiede, sciolse il contatto e lo guardò rabbuiato, sistemandosi gli occhiali sul setto nasale, leggermente ammaccato.

« E’ essere amici, questo, per te? » Rimbrottò a pochi centimetri dal suo volto.

L’altro inarcò le sopracciglia sottili, volgendo lo sguardo a terra. « Questo è essere “noi”. E’ essere “Drake e Andy”, perché non riesco a vedere un rapporto tra noi senza contatto fisico. »

« Il tuo problema è che non vedi nessun rapporto senza contatto fisico… Quante volte hai baciato Shawn, tanto per fare un esempio? »

« E questo deve essere per forza un problema? » Sussurrò, la voce di poco più stridula e piagnucolosa.

L’altro  si fermò davvero a riflettere, spiazzato. « Uhm… » Sospirò, affranto. « Suppongo di no. »

Rimasero a guardarsi per qualche secondo; Drake era fermamente convinto di avere stampata sulla faccia un’espressione ottusa, ma scrollò le spalle e ripeté in un sussurro che era più conveniente per lui tornare a casa.

Inaspettatamente Andy gli sorrise, in un gesto che l’altro non riuscì a decifrare ma che riuscì lo stesso a togliergli un grosso peso dal cuore. Raggiunse il cancelletto a passi incalzanti cercando di sopperire al gelo e salì in auto. Fece inversione di marcia e poco prima di riprendere la via di casa sollevò di poco la mano sventolandola in direzione dell’amico che ricambiò ondeggiando rigidamente il pugno che, dato il freddo, non ne voleva sapere di aprirsi.

Sgattaiolò in casa più in fretta possibile, rincorso dal pressante ricordo di ciò che era successo quando si era arrischiato ad uscire senza cappotto.

Saltellando da un piede all’altro per scacciare i brividi, si fiondò come un missile davanti al camino, lottando con se stesso per non gettarsi sul vetro incandescente. Sprofondò nella sua poltrona preferita e rimase a fissare il fuoco con un’espressione ebete per circa mezz’ora, poi si alzò e si sentì più stanco che mai; frugò nell’armadietto dei libri e si mise a riordinare degli appunti, ma non riuscì a pensare ad altro se non al bacio di Drake, e lo odiò per averlo fatto. Rivedeva la scena nella sua mente, e ogni volta provava un moto di stizza. Era davvero così debole da farsi fregare da una bocca calda? O forse era più corretto chiedersi, era davvero così disperato? Non riuscì a non arrossire, ripensando a quei pochi secondi per l’ennesima volta. 

 

 

Il viaggio di ritorno fu all’insegna dell’ansia. Sebbene sembrasse che tutti avessero deciso di non sfidare il gelo e rimanere a casa, Drake guidò stringendo convulsamente il volante e spidocchiando guardingo ad ogni angolo, nel più vivo terrore che spuntasse suo padre dal nulla e scoprisse dov’era andato.

Fino all’ultimo metro prima di intravedere la familiare schiera di villette tra le quali c’era anche la sua bella casa color crema, aveva temuto di farsi beccare dai genitori. Avrebbe adottato l’unica tattica in grado di salvarlo: negare, negare sempre, anche se non era sicuro che questo gli avrebbe risparmiato di trascorrere il resto dei suoi giorni in una fredda cella d’isolamento al manicomio più vicino.

Poi si disse che i manicomi non esistevano più e che erano stati sostituiti da ospedali psichiatrici nei quali i pazienti venivano curati e non detenuti, ma una malefica vocina nella sua testa gli insinuò il dubbio che qualche pazzoide ne avesse tenuto aperto almeno uno.

Infine, dandosi mentalmente del paranoico, mise l’auto al sicuro in garage ( « E se i miei arrivano adesso e sentono che ha il motore ancora caldo?! » pensò allarmato) e si fiondò in casa dissimulando in maniera assai poco credibile l’aria colpevole che gli s’era appiccicata addosso da almeno un’ora.

Le stanze erano buie e silenziose, ma tiepide. Sbirciò nel camino: era rimasta una bella dose di tizzoni che ardevano rossastri come una piccola fornace. Prese un paio di ciocchi e li gettò nel porta legna, poi salì in camera e osservando un po’ i quaderni, un po’ la play station, optò per la seconda e si buttò sul materasso afferrando il joystick.

 

 

La mattinata si presentava umida e fredda. Il gelido vapore che esalava dagli alberi inargentati e dalle strade si insinuava sotto i vestiti e Drake camminava in fretta verso la scuola cercando di scaldarsi le mani sfregandole energicamente l’una contro l’altra e procedendo spedito.

Non appena entrò nell’atrio sentì il calore invaderlo e benedì i termosifoni, bene dell’umanità. Non avevano dato un Nobel a chi li aveva inventati? No? Ma come avevano potuto?! Intravide Shawn che prendeva alcuni libri dal proprio armadietto, e senza neanche salutarlo, lo agguantò per il cappuccio e lo trascinò nella prima aula vuota che gli capitò a tiro.

« Devo parlarti. » borbottò senza tanti preamboli.

L’amico lo guardò stralunato. « Meno male, per un attimo ho temuto che volessi stuprarmi. » replicò, alludendo sarcastico alla presa ferrea che l’altro ancora esercitava sul suo giubbino, e che si affrettò ad allentare.

« Scusami. »

« Dicevi? » continuò, invitandolo a spiegarsi.

« Ieri sono andato a casa di Andy. »

Shawn annuì poco convinto, non capendo perché quella zucca vuota gli stesse ribadendo cose che già sapeva.

« Vi siete sbranati? » chiese poi, cercando di capire quale fosse il punto del discorso. Doveva essere una cosa molto seria, a giudicare dall’espressione a tratti funerea e a tratti sconvolta di Drake.

« L’ho baciato. » esalò infine in un sospiro sconsolato.

« E ti ha mandato affanculo? »

L’amico scosse la testa.

« Allora non vedo dove sta il problema. »

« Ma tu… non sei arrabbiato? Ho rischiato di rovinare tutto… » ammise con un singulto strozzato.

Shawn si passò una mano sulla fronte. « Ti ha sgridato? No. Ti ha tirato un pugno? No. Ha risposto al bacio? A quanto pare si. Non ci vedo niente di male Dre’, tu sei fatto così, lo sapevo che non saresti riuscito a tenere le mani a posto. Non le tieni neanche con me, figurarsi con il signor Occhidolci Nolan. »

« Grazie tu si che sai sempre come non farmi sentire un idiota. » soffiò irritato, simile ad un grosso e fulvo gatto dagli occhi dorati e dalle orecchie a sventola.

« Su, muoviti, dobbiamo andare a lezione – e tu sei sempre in ritardo. Se poi incontriamo Andy e lui non ti falcia significa che non sei andato male, ok? E smettila di fare quella faccia lì. » gli ordinò accigliato, dopo aver visto il broncio che Drake aveva messo su.

Riusciva sempre ad essere terribilmente infantile, nei momenti meno indicati.

 

 

Andy giunse a scuola trafelato e in ritardo, a dispetto della sua proverbiale puntualità. Schizzò come un razzo nella classe di lettere antiche, e trovò gli altri studenti che assonnati sistemavano le borse e gli zaini su sedie e banchi. Qualche testa si girò a guardarlo mentre ansimava e prendeva posto.

« Andy, tutto bene? » un ragazzo piuttosto basso con i capelli rossicci gli si era avvicinato silenziosamente e gli aveva messo una mano sulla spalla.

« Ah, Vincent, ciao… Si tutto bene… » disse annaspando sull’ultima parola.

« Sicuro? Mi sembri un po’ di corsa. » sollevò un sopracciglio e gli lanciò un’occhiata in tralice.

La verità era che il ragazzo aveva del fanatismo verso gli orari delle lezioni e per lui “ritardo” significava essere in anticipo di soli cinque miseri minuti. Rincuorato ma perplesso, Vincent tornò al proprio posto scotendo la testa.

In fondo era un ragazzo così bravo e tranquillo, lui, che proprio non comprendeva come potessero esistere persone con una simile frenesia nelle vene, e consigliò ad Andy di rilassarsi e respirare a fondo onde evitare un infarto alla veneranda età di sedici anni e mezzo.

 

 

Le ore trascorsero lente e monotone, e quando suonò la campana dell’una e un quarto, che segnava l’inizio della pausa pranzo, gli studenti si risvegliarono magicamente e schizzarono fuori dalle aule come proiettili, chi diretto alla mensa, chi a casa, chi al bar, e infine alcuni che semplicemente avevano voglia di una passeggiata ristoratrice per sgranchirsi un po’ le gambe.

Andy si ritrovò con Joy, Eve e Josh sotto tacito accordo, e notò piacevolmente che nulla sembrava cambiato e i mesi di assenza degli amici erano lontani e costituivano uno sfocato ricordo.

Si sedettero al loro tavolo preferito, che era un po’ piccolo ma appartato, e sistemarono i vassoi quasi come stessero giocando a tetris per riuscire a farci stare anche quattro persone con annessi bagagli.

Andy iniziò a mangiare il suo pasticcio di carne, e il cielo volle che il suo sguardo fosse intercettato da Drake, che cercava un tavolo libero, proprio mentre il nostro eroe era alle prese con un pezzo di lasagna particolarmente grosso e bollente, col quale rischiò un po’ di ustionarsi e un po’ di strozzarsi. Tossì e gli vennero le lacrime agli occhi, mentre sentiva le guance e le orecchie scaldarsi violentemente per l’imbarazzo, e venne salvato in corner da Eveline che gli diede qualche poderosa pacca sulla schiena che quasi gli sfondò il costato ma lo salvò da soffocamento sicuro. Risollevando gli occhi, vide che Drake gli sorrideva imbarazzato e lo salutava con la mano. Nel farlo, i piatti che aveva sul vassoio scivolarono di lato e per poco non finirono di sotto, mentre Shawn imprecava e aiutava l’amico a non combinare disastri.

Uno pari.

E dato che gli dei sembravano aver voglia di divertirsi, il gruppo ben fornito e variegato di cheerleaders e giocatori della squadra di basket scolastica decise di andare ad accaparrarsi il grande tavolo proprio accanto a quello in qui il quartetto stava consumando il proprio pranzo fumante. Non era vicinissimo, ma di sicuro nessun altra tavolata era altrettanto a portata d’orecchio.

Joy scoccò loro un’occhiata di disapprovazione, evidentemente alludendo allo starnazzare delle ragazze che, civettuole, ridacchiavano stupidamente e si rassettavano i bei capelli per farsi notare.

« Ah già, me n’ero quasi scordato! » esclamò ad un tratto Josh, interrompendo il rumoroso sferragliare di forchette e coltello e abbandonando le posate al proprio destino; si batté una mano sulla fronte e sgranando gli occhi fece assumere alla sua bocca una perfetta forma ovale.

« Che diavolo c’è adesso? » chiese Eve, aggrottando le sopracciglia nella sua solita espressione da “adesso-Josh-spara-una-cazzata”.

« Mi sono dimenticato di chiedervi una cosa… » continuò ignorandola, e ammiccando a Andy e Joy. « Chi è il capitano della squadra di basket? »

Andy rischiò la trachea una seconda volta. « Perché ti interessa saperlo? »

« E’ urgente, devo parlargli! »

« E’ urgente e te ne sei dimenticato? Credimi, se fossi solo un po’ più lento andresti all’indietro. » gli rimproverò la sorella, scotendo la lunga coda, esasperata. « Se solo non avessimo la stessa faccia, faticherei a credere che siamo parenti. E’ pur sempre probabile che ti abbiano fatto un trapianto alla nascita. »

« Dai Eve, non essere acida. » le rispose allegramente. « Allora, chi è? » ripeté, rivolto a Joy.

« Drake Foster » disse quella tranquillamente.

« Davvero? » e la bocca di Josh tornò a formare la sua perfetta O.

Andy annuì. « Che devi dirgli? »

« Adesso sentirai. » replicò l’amico con un guizzo divertito negli occhi. Si alzò abbandonando momentaneamente i suoi broccoletti e si diresse verso il tavolo dove si trovava la squadra. Dopo aver adocchiato Drake, gli comunicò che aveva bisogno di parlargli ma che non c’era problema se anche gli altri ascoltavano. Il ragazzo rimase un po’ interdetto e rivolse uno sguardo nervoso ad Andy, che finse di non aver visto nulla, e si concentrò sul proprio piatto tendendo però l’orecchio tanto che aveva paura che si staccasse dalla sua testa e andasse a posarsi tra le braccia di Dan, che era seduto nel posto più esterno.

« Ho parlato con il professor Miller e ho concordato il mio ingresso in squadra. Ho sentito che vi manca un giocatore che si prenda il ruolo fisso di ala grande, giusto? »

Drake annuì lentamente, curioso.

« Beh, se è possibile vorrei candidarmi. »

Il tavolo cadde nel silenzio. Tutti fissavano Josh, questo nuovo arrivato che appena aveva fatto vedere la sua faccia già si era proposto per una parte così importante, si era inserito bruscamente nel loro gruppo come un cuneo appuntito e ora pretendeva anche riconoscimenti. Però non poterono fare a meno di notare che la stazza era assolutamente perfetta per i requisiti richiesti, e anche come fisico il ragazzo sembrava adatto. Drake comprendeva bene che un rifiuto netto sarebbe stato da pazzi. Aveva una gran voglia di mandare via Josh a calci perché si, era un bambino, era infantile e si, era assolutamente geloso di lui e del rapporto speciale che poteva vantare di avere con Andy, ma d’altro canto la sua squadra era a corto di giocatori davvero validi e quel ragazzo sembrava la manna caduta dal cielo. Li guardava con quegli occhi grandi e tondi da cucciolotto felice, e Drake si aspettava quasi di vederlo scodinzolare.

« Per queste questioni burocratiche devi parlare con Shawn. » disse infine.

L’interessato gli scoccò un’occhiata infastidita e gli assestò un calcio negli stinchi, così forte che lo fece quasi piangere.

« Per le questioni burocratiche, eh? Com’è che gli affari in cui bisogna impegnarsi anche col cervello li lasci sempre a me? »

« Perché sei tu quello col cervello qui… » rispose in un sospiro affannato Drake, piegato sul tavolo dal dolore, con ciocche di capelli che sfioravano pericolosamente il purè di patate.

L’amico gli mollò un buffetto sulla testa e si rivolse a Josh con un sorriso.

« Allora stasera alle quattro presentati in palestra e facci vedere di cosa sei capace. Poi ti faremo sapere. Ok? Immagino che Miller ti abbia mandato da noi perché questo lunedì era impegnato, mi pareva avesse accennato qualcosa del genere sabato… Ad ogni modo, affare fatto. Ci si vede questo pomeriggio. » concluse, porgendogli la mano, che venne presto afferrata e stretta con vigore.

A Josh, se possibile, si era illuminato ancor più il viso; tornò dagli amici barcollante e con lo sguardo vacuo e sornione.

« Come mi piacerebbe far parte di una squadra… » mormorò prima di rituffare la forchetta nei broccoli e infilarsene una generosa porzione in bocca.

 

 

Alle tre in punto Josh Fortington stava scavando un solco nel pavimento dello spogliatoio maschile della palestra scolastica a furia di camminare avanti e indietro lungo lo stesso breve percorso. Avrebbe dovuto cambiarsi già adesso? Avrebbe dovuto presentarsi alle quattro in punto oppure prima? Se si fosse presentato in orario avrebbe rischiato di apparire troppo ossequioso, se fosse arrivato in anticipo invece avrebbe dato l’impressione di essere previdente o semplicemente noioso e bacchettone?

Si sedette sulla panca di fianco al borsone che aveva appoggiato di malagrazia pochi minuti prima, ma dopo alcuni secondi si rialzò in piedi, quasi come se il sedile fosse incandescente. Iniziò a ripetersi febbrilmente le regole del basket, anche se le conosceva perfettamente a memoria e in quella specie di “provino” che avrebbe dovuto sostenere non si richiedeva una conoscenza teorica, ma pratica.

Guardò l’orologio: erano le tre e cinque minuti. Maledisse il tempo che passava così lento e si vide come in un cortometraggio mandato avanti in flashforward, davanti ad un lungo tavolo al quale erano seduti i ragazzi della squadra, con al centro Drake che lo fissava con occhi freddi e gli diceva che era la peggior dimostrazione a cui avesse mai assistito.

Una forte stretta lo prese alla bocca dello stomaco, e decise che doveva fare qualcosa, altrimenti sarebbe morto di angoscia entro un quarto d’ora. Si cambiò in fretta indossando una T-shirt e un paio di pantaloncini corti, infilò un paio di morbidi calzini di spugna e poi le scarpe da ginnastica, sfilò un asciugamano dalla borsa e se lo mise attorno al collo, poi andò in palestra. Come immaginava, era già aperta; molto probabilmente Drake aveva chiesto al responsabile di lasciare così la porta anche dopo la fine delle lezioni mattutine in vista dell’occasione speciale di quel pomeriggio. Si infilò nella stanza e accese le luci. L’odore di plastica e legno tipico degli strumenti ginnici lo fece sentire un po’ più a casa; posò il borsone a terra e andò nel ripostiglio a prendere un pallone. Afferrò l’oggetto e lo fece scorrere tra le mani grandi, tanto che con le lunghe dita tornite riusciva a tenere comodamente la palla senza doverla afferrare con entrambe le palme. Tastò con i polpastrelli la ruvida superficie arancione, prese un bel respiro e iniziò a riscaldarsi. Fece qualche giro del campo palleggiando davanti a sé, cambiando mano e ritmo. Poi ripeté alcuni palleggi incrociati sotto le gambe e provò qualche mossa veloce, scatti, scarto dell’avversario – immaginario – con stop della palla, e infine qualche tiro a canestro. Poi decise che aveva voglia di esercitarsi un po’ anche su una delle cose che stavano particolarmente a cuore ai ruoli di centro e ala grande, ovvero i rimbalzi sotto canestro. Lanciò la palla verso il tabellone e il cerchio del cesto e corse fulmineo per afferrarla non appena veniva respinta senza centrare il canestro. Lanciava, saltava e poi afferrava la palla schizzando dall’altra parte del terreno di gioco. Reiterò quest’operazione per parecchie volte, finché si sentì abbastanza carico, e poi provò qualche tiro libero per testare la propria mira. Ma gli piaceva troppo correre, intercettare la palla, scartare i giocatori, così si mise a fare un po’ di finte e deviazioni improvvise, segnando un canestro alla fine del lungo percorso, come a coronare l’azione.

Da poco lontano gli giunse il suono di qualcosa che avrebbe potuto essere un applauso.

Si voltò di scatto, col fiatone.

Drake era appoggiato allo stipite della porta con una spalla e teneva le caviglie incrociate; notò che si era già completamente cambiato indossando la divisa da allenamento della squadra. Sorrideva.

« Vedo che hai già iniziato il riscaldamento. Molto bene, così possiamo cominciare subito con la parte principale di questo incontro. »

« Cosa dovrò fare? » chiese Josh.

Intanto, da dietro le spalle del capitano erano spuntati Shawn, Dan MacGill, Mike Evans e un paio di ragazzi di cui Josh non conosceva il nome. Presero posto sulle panchine riservate al coach e alla squadra, appena davanti alle tribune e adiacenti al campo. Il ragazzo salutò nervoso: non si sentiva molto sicuro, ora che aveva sei paia di occhi puntati addosso.

Anche Shawn sorrideva, e questo lo mise molto più a suo agio del ghigno a metà tra il malizioso e il divertito che troneggiava sul viso appuntito di Foster. Assomigliava ad un’alta e smilza volpe che si leccava i baffi, pronto a catturarlo come un indifeso leprotto.

Drake gli si avvicinò. Effettivamente il suo paragone, da quella prospettiva, non gli sembrava più tanto felice: lui era circa dieci centimetri più alto dell’altro, e parecchio più grosso.

« Allora… » disse, raggiungendolo e squadrandolo per bene, sempre con quel suo sorrisetto strafottente nel quale Josh vedeva un che di pornografico « …abbiamo pensato un po’ a cosa farti fare, e siamo giunti alla conclusione che un breve incontro uno contro uno è la cosa migliore. »

Il ragazzo avrebbe voluto deglutire ma sembrava che non fosse rimasta una goccia di saliva nella sua bocca.

« E chi dovrò sfidare? » chiese con voce roca.

Drake gli si avvicinò ancor di più, fissando, per quanto possibile, le iridi dorate nelle sue.

« Me, e chi sennò! L’ala piccola di solito è quella che insieme al playmaker dà più fastidio ad un’ala grande, ma visto che Shawn deve rimanere in panchina a osservarti da un punto di vista esterno, io ti studierò direttamente sul campo. Sei pronto? »

Josh annuì, e passò la palla a Drake.

Shawn mise il fischietto in bocca, e soffiò.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Bene, sembra che per Yule io riesca a rispettare i limiti mensili d’aggiornamento ^^ e già che ci sono rispondo anche alle recensioni!
areon: ecco, lo sapevo io che con quel capitolo avrei soddisfatto la tua indole di donna da shojo u.u comunque non ti devi preoccupare, arriverà molto, molto di più di un semplice bacio… *sguardo da assatanata* tremate u.u/
RiflessoCondizionato: e tra l’altro sia nella storia che da noi si è circa a Natale, per cui stranamente sono riuscita a far combaciare le stagioni e una bella atmosfera con caminetto e cioccolata calda ci vuole xD spero che ti piaccia anche questo capitolo :3

Buona lettura a tutti.
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Josh non aveva fatto in tempo a sentire il sibilo del fischietto di Shawn, che Drake era già sparito da davanti ai suoi occhi. Sapeva che era l’asso della sua squadra, e nonostante avesse più volte sentito parlare delle sue abilità, solo ora riusciva a capire quale ragione ci fosse di prodigarsi in cotante lodi. Quello non era un essere umano, era un folletto. Un folletto che correva come un fulmine. Si ritrovò ben presto alle sue spalle nel tentativo di raggiungerlo e sottrargli la palla, ma nessuno sforzo riuscì a colmare il vantaggio che l’avversario aveva su di lui, e in breve tempo Drake mise a segno un canestro, con una tale grazia che per un fugace attimo Josh si ritrovò a guardarlo con la mascella cadente.
Tentando di riprendere il controllo della situazione, gli si oppose e allargò le braccia per impedirgli di passare. Drake palleggiava guardandolo fisso negli occhi: sembrava un’altra persona, completamente diversa da quella che poco prima gli sorrideva beffarda, e per quanto esile in confronto a Josh, questo dovette ammettere a se stesso che gli incuteva un certo timore e, si accorse con una punta di sorpresa, una significativa dose di reverenza.
Osservò come una scena in slow-motion i muscoli degli arti di Drake tendersi nello scatto, un fascio di nervi e tendini che si muoveva all’unisono, armoniosa, mentre scartava a sinistra.
Josh sentì le guance avvampare: aveva previsto il suo spostamento. Era riuscito a calarsi nel gioco ed ora aveva compreso le intenzioni dell’avversario: voleva schivarlo passandogli di fianco alla spalla destra, e aveva già mosso qualche passo incrociato verso di lui. Si slanciò nella rotta di collisione, pronto ad afferrare la palla e a strappargliela dalle mani, ma con un improvviso gesto, Drake caricò il proprio peso completamente sull’altra gamba, spinse forte e scartò dalla parte opposta, filando velocemente e raggiungendo l’altro canestro, dove mise a segno un secondo punto; quella di prima era stata solo una finta, anzi, probabilmente il ragazzo gli aveva permesso di capire i suoi movimenti, lasciandolo nell’illusione di poterlo sconfiggere..
Josh era sconvolto: era davvero questo il livello che gli veniva richiesto? Di questo passo non sarebbe mai riuscito a raggiungere Drake e a sottrargli la palla, e ciò significava che non avrebbe superato la prova. Di colpo tutto il suo ottimismo filò via come sospinto da una fredda sferzata di vento invernale, e la tensione muscolare scemò assieme all’autostima.
Era fregato.
L’avevano sottoposto ad un esercizio impossibile per lui, non sarebbe mai stato adatto. Avrebbe fatto meglio a ritirarsi prima di fare la figura di cacca più colossale della sua vita.
A qualche metro di distanza da lui, Drake faceva volteggiare il pallone sull’indice destro, imbronciato.
« Beh, si può sapere che hai? »
Josh aveva le mascelle bloccate, come se avesse masticato cemento a presa rapida, e riuscì solo a fissare il suo interlocutore con uno sguardo ebete, che cercò di far sembrare anche lontanamente un’espressione interrogativa.
« Dov’è finita la forza che avevi prima » e fece un ampio gesto col braccio ad indicare il campo « quando stavi provando da solo? Così mi deludi. » Concluse.
Non rideva. Il sorriso sghembo con cui l’aveva accolto sembrava solo un lontano ricordo.
« Sei troppo veloce. » borbottò in un pigolio, che di sicuro l’altro non udì.
Una voce assonnata si levò dagli spalti.
« E dagli un po’ di tregua… » sbottò Shawn, grattandosi la testa con fare noncurante. « Sei partito come un proiettile! Guarda che non stai mica giocando contro Shannon Kinsey. »
Josh non conosceva la persona che era appena stata nominata, ma immaginò che fosse qualcuno che Drake odiava molto, perché tutto ciò che rispose all’amico si risolse in un lungo e basso ringhio gutturale. Gettò a terra la palla riprendendo a farla rimbalzare, i polpastrelli lividi per quanto l’aveva, probabilmente inconsciamente, stretta fino a quel momento.
« Ti do un’altra possibilità, intesi? » gli urlò dietro, con gli occhi che gli sembravano dardeggiare lingue di fuoco, furiosi come non mai.
… O forse era solo lui ad essere troppo impressionabile, avrebbe detto a se stesso più tardi.
Ripartì alla carica. Josh piegò le ginocchia e lo aspettò, rassegnato. Non sarebbe riuscito a fermarlo neppure questa volta, ne era certo.
Infatti la scena si ripeté quasi identica alle due precedenti, e il nostro giovane eroe stava quasi pensando al peggio, quando qualcosa lo fece trasalire.
Aveva notato un movimento, un tremito nei gesti di Drake. Sembrava come se fosse… Arrabbiato. Anzi, no, non era la parola giusta.
Furibondo, era la parola giusta. Non aveva idea di cosa gli fosse successo, ma la rabbia che infondeva in ogni palleggio lo facevano sembrare leggermente più tremolante e scoordinato, per quanto sempre fatale.
Josh lo inseguì. Gli corse dietro sospinto da una forza d’animo di cui non conosceva l’origine, ma vedeva quasi uno spiraglio, nel buio totale della sua sconfitta.
D’altronde, si disse, lui aveva le gambe molto più lunghe di quelle di Drake, e anche se l’altro aveva più possibilità di essere agile e veloce perché era più piccolo di lui, non c’era motivo per cui non potesse compensare la mancanza di leggerezza con la prestanza fisica. Gli arrivò di fianco e sentiva quasi di poterlo sovrastare; tese un braccio per bloccarlo, ben attento a mirare al pallone per non commettere fallo, e sentì le dita sfiorare la superficie ruvida. Non riuscì ad afferrarlo, però comprese di avere destabilizzato l’avversario: quando questi si preparò a lanciare a canestro, Josh si accorse di come la sua postura risultasse quasi stonata, nel complesso delle grandiose azioni che Drake aveva eseguito precedentemente.
Lo spiraglio di luce che aveva avvertito poco prima si allargò fino a diventare una gioiosa finestrella che gli faceva ciao ciao con le tendine (pensò seriamente di avere un calo di glucosio tra i neuroni) e seppe esattamente ciò che doveva fare: Drake non centrò il canestro; la palla sbatté forte sul tabellone e ritornò ai giocatori. Un rimbalzo! Quello era un rimbalzo! Ed era la mossa che per antonomasia spettava al “centro” e all’”ala grande”.
Un colpo di fortuna?
Josh si sentiva come colpito in pieno petto da una secchiata d’acqua fresca. Saltò con tutta la forza che aveva in corpo e arrivò alla palla molto prima dell’altro, anzi, la sua azione fu così eclatante che Drake non ebbe neppure la possibilità di saltare come si doveva.
Strinse il pallone come se fosse stato il suo bambino, e schizzò via verso il canestro opposto. L’altro, com’era da aspettarsi, gli era già alle calcagna, ma questa volta lui era lanciatissimo. In un gesto furtivo che quasi lo prese in contropiede, Foster gli fu addosso pronto a riprendere in mano le redini del gioco, ma ormai erano già entrati nell’area più piccola: Josh balzò di nuovo verso l’altro, e senza neppure tentare di ricordarsi come fosse una posa decente per mirare a canestro, vi schiacciò dentro la palla appendendosi con le mani al cerchio di metallo rosso, mentre la retina gli solleticava gli avambracci.
Quando scese a terra, la prima cosa che notò fu il sorriso furbo di Shawn, che ammiccava nella sua direzione con i tondi occhi azzurri. Sembrava stranamente consapevole della situazione e per nulla sorpreso di com’era andata a finire, e anche Drake doveva essere abbastanza confuso su questo, perché non toglieva gli occhi di dosso all’amico, anche se dalla sua posizione Josh non riusciva a intravedere la sua espressione.
Quando si voltò, si ritrovò con i vispi occhi dorati puntati dritti nei suoi, ma non riuscì ad elaborare molto di più, dacché uno strano ronzio gli aveva invaso le orecchie.
Il ragazzo continuò a fissarlo da sottinsù mordendosi il labbro inferiore, e Josh si accorse solo in quel momento che non sembrava per nulla stanco o affaticato: in confronto al suo fiatone, col petto che si alzava e si abbassava dolorosamente, il leggero luccichio del sudore sulle gote rosse di Drake sembrava una manciata di brillantini natalizi. Si, era decisamente fuori allenamento.
Si aspettava di essere sbranato, e invece, dopo qualche secondo, il ragazzo di fronte a lui si sciolse in un sorriso ormai quasi familiare, che lo rincuorò quasi più del suo successo di poco prima.
« Era proprio questo che mi aspettavo. » disse continuando a tenere quell’espressione di una felicità talmente spontanea e sincera che Josh non riuscì a fare a meno di unirsi a lui in un sorriso decisamente più contenuto e modesto.
Drake ridacchiò mettendo in mostra due file di perfetti denti candidi e tese la mano all’altro, che la strinse con vigore.
Poi, veloce come un gatto, il ragazzo andò alle panchine e saltò in braccio a Mike Evans, un ragazzo di colore che era, se possibile, ancora più grosso di Josh, e di sicuro più burbero.
« Allora Mike, che ne dici, è con noi? » chiese alludendo all’altro, che li raggiunse caracollando incerto.
« Se non ti togli dai piedi lo farò entrare in squadra al tuo posto. » borbottò, fissando guardingo il compagno, che in quel momento era impegnato a protendersi verso Shawn nel tentativo di afferrargli il fischietto.
Si rivolse poi a Josh e lo studiò con attenzione.
« Dovrai migliorare, mi sembri un po’ fuori forma. Hai mai giocato a basket? »
« Solo amatorialmente, con degli amici. » rispose pronto.
« E’ già qualcosa. Non sei tremendo, per non aver mai giocato seriamente prima d’ora. »
« Ho-hoo!! » commentò Drake solare « E’ un gran complimento questo da parte di Mike, lo sai? A me dice sempre che sembro una cavalletta impazzita! » Aggiunse ridanciano, concentrandosi sul succo di frutta che stava bevendo avidamente rannicchiato vicino alle ginocchia di Shawn, seduto per terra dopo essere stato nuovamente fulminato da un’occhiataccia di Mike ad un suo tentativo di buttarlo giù dalla panchina per accaparrarsi un posto.
« Perché tu lo sei, una cavalletta impazzita. » commentò l’interpellato. « Se solo fossi un po’ meno esuberante ed esibizionista, porteremo a casa risultati più soddisfacenti! »
Josh esitò un attimo, poi si arrischiò a prendere la parola.
« Ehm… Ma voi non siete i secondi nel campionato regionale delle scuole superiori? » chiese, come se non capisse davvero cosa ci fosse da essere insoddisfatti di questo.
« Secondi, appunto. » rispose Mike, gelido.
Mentre questo non guardava, Drake gli fece segno di lasciar perdere.

*

« Allora com’è andata? » gli chiese Andy allegro quando si incontrarono alla fine delle lezioni pomeridiane.
« Beh, sembra bene. » rispose « Mi hanno detto che non posso essere sicuro dell’ammissione senza prima aver consultato ufficialmente Miller, il coach, ma loro metteranno una buona parola per me. »
« Giudizio unanime? »
« Direi di si. » disse stiracchiandosi allegro. « Come sarei felice di poter entrare in squadra, dev’essere fantastico! »
« Lo spero per te. » Andy gli diede un’affettuosa pacca sulla schiena. « Se fossi in grado di correre per più di due metri senza inciampare nelle mie stesse gambe proverei anche io ad iscrivermi a qualche club, ma fino ad allora… Vi invidio davvero tanto, sai? Tu, Shawn, Drake… »
« A proposito di Drake! » trillò l’amico « Ma lo sai che è davvero… »
Andy non seppe mai cos’era, perché in quell’esatto momento Joy uscì dalla propria classe e si accodò al duo, congratulandosi con Josh. La testa di Eveline sbucò da dietro i riccioli biondi dell’amica, e sotto al cipiglio scontroso si aprì un sorriso che addolcì il suo viso fino a renderla quasi irriconoscibile.
« Allora, complimenti. » mormorò soave.
« Grazie! » disse Josh, raggiante più che mai, schioccandole un rasposo bacio sul naso che la fece tornare al suo sguardo torvo di sempre.
All’improvviso sembrò che il fratello avesse un’illuminazione, e la prese per entrambe le spalle facendola trasalire.
« Sai a chi assomigli? »
Eve lo scrutò accigliata, guardandolo con un’espressione che diceva chiaramente che no, era impossibile che capisse a chi poteva assomigliare, almeno secondo i contorti ragionamenti del fratello.
« A Mike Evans! » squittì ridendo. « Avete la stessa faccia così… Affabile? » e riprese beffarla.
Con sommo disappunto della diretta interessata, anche Andy e Joy si unirono a Josh, incapaci di trattenere le risa. Mike e la ragazza non avrebbero potuto essere più diversi nell’aspetto, ma come atteggiamento sembravano fatti con lo stesso malandato stampo.
Il cipiglio di Eveline si fece, se possibile, ancora più altero, e stette un passo avanti a loro per tutto il tragitto fino ai cancelli della scuola, scotendo la lunga coda castana in segno di disapprovazione.

*

Il giorno dopo, a pranzo, il gruppetto composto da Andy, Eve, Josh e Joy fu intercettato dallo sguardo di Shawn che si sbracciò per attirare la loro attenzione e si diresse trafelato verso il loro tavolo. Dando indicazioni a Drake su cosa voleva per pranzo, lo lasciò a sbraitargli dietro per aver abbandonato la fila piazzandogli il vassoio vuoto tra le mani, davanti alla signora della mensa che lo fissava seccata e spazientita.
« Allora, come va? » chiese sorridendo a tutti, e nella fredda luce dei neon sembrò ancora più lentigginoso.
« Bene, e tu? » cercò di rispondere Josh a bocca piena, rischiando di sputacchiare il pasticcio un po’ dappertutto.
« Non c’è male… » rispose titubante l’altro, sperando di aver decifrato in modo corretto i grugniti del ragazzo.
Shawn percorse i volti dei presenti con gli occhi, continuando a sorridere benevolo, anche se quando incrociò lo sguardo di Andy entrambi arrossirono e cercarono di concentrarsi altrove. La separazione violenta tra Drake e Andy di qualche settimana prima aveva colpito anche il loro rapporto, finora amichevole; fu così che a Shawn cadde involontariamente lo sguardo sulla scollatura di Joy, per nulla profonda ma sufficiente abbastanza a far risaltare le sue prominenti forme, e avvampando fino ad una delicata tonalità di bordeaux, si sforzò di tornare a fissare in faccia Josh, quasi dimentico del motivo per cui l’aveva cercato.
« Ehm… » iniziò, sperando che Joy non si fosse accorta che non l’aveva esattamente guardata negli occhi « Abbiamo parlato con Miller. » disse, riacquistando la propria aria razionale e composta.
Eve vide il fratello trattenere il fiato.
« E…? »
Il sorriso sul volto di Shawn si fece più largo « Benvenuto in squadra, Josh. »
Il ragazzo sussultò sul posto e fece uno sforzo inumano per trattenersi dall’alzarsi e saltellare con le mani di Shawn tra le sue, come un perfetto imbecille. Dubitava che dopo avrebbe avuto ancora qualche speranza di giocare con loro.
« Bene, quindi gli allenamenti sono martedì, giovedì e venerdì dalle quattro e mezza alle sei, poi il sabato o la domenica c’è la partita, e si tiene ogni due settimane. Vediamo che altro… Ah si!, per la divisa facciamo oggi, ok? Hai già della roba da ginnastica nell’armadietto? »
Josh annuì « Ho la tuta della scuola. »
« Fantastico. » disse Shawn « Ora vado altrimenti Dre’ mi sgozza… Ci si vede! » E tornò di corsa al proprio tavolo agitando le braccia per calmare Drake, che sembrava avere tutta l’intenzione di tirargli dietro il suo piatto di roast beef.
« Non è un tipo molto paziente, quel Foster… » osservò Josh un po’ apprensivo.
« No, proprio per niente. » fece sarcastico Andy, concentrandosi sulle proprie patate arrosto e cercando di non pensare alle sfaccettature del carattere di Drake, ora impegnato in una furibonda lotta con un paio di spaghetti felloni e completamente ignaro della speculazione filosofica sul suo conto.
Andy cercò di spostare l’argomento della conversazione, e non gli venne alla mente nulla di meglio che parlare della nuova occupazione sportiva dell’amico.
« Allora, oggi hai il primo allenamento? »
« Così pare. » rispose Josh, allegro.
« Scusate se vi interrompo. » s’intromise Eveline, con tono sommesso. « Chi è quella ragazza bionda? »
« Quale delle quaranta ragazze bionde che ci sono in questa sala? » le fece eco il fratello.
Eve accennò brevemente con un dito al tavolo dove il club di basket quasi al completo e il club delle cheerleader stavano pranzando in modo particolarmente chiassoso. Era possibile distinguere due studentesse dai capelli chiari, ma solo una aveva lunghe onde dorate che le ricadevano sulle spalle e che lei continuava a scuotere con fare seducente.
« Oh, Shirley Morgan. » disse Joy inarcando un sopracciglio. « Perché ti ha colpito? »
L’altra non rispose subito, ma continuò a fissare torva – quindi con uno sguardo nella media – la ragazza che le era stata indicata.
« Continuava a girarsi verso di noi e a fare commenti con la sua amica, quella con i capelli ricci e la pelle scura… »
« Missy Collins. » la aiutò Joy, annuendo. « E’ la sua migliore amica, nonché una delle ragazze più popolari » e qui alzò le sopracciglia in modo tale, per la convinzione che una simile definizione non fosse mai stata tanto inappropriata, che si aspettarono di vederle scomparire sotto i capelli « di tutto l’istituto. E poi su di loro non è che ci sia molto altro da dire. » concluse con una nota amareggiata nella voce.
« Hai capito di cosa stavano parlando? » le chiese Andy, convinto che per una volta tanto non sarebbe stato lui nel mirino delle loro conversazioni.
« Beh, non è che si siano date tanta pena di nasconderlo. » rispose. « Anzi, mancava solo che si mettessero ad indicare col dito in modo plateale, tipo i mocciosi dell’asilo. Stavano facendo commenti su Josh. » concluse, un sorriso obliquo sul volto. « E sembrava che stessero – ehm – apprezzando quello che vedevano. »
L’attenzione del fratello sembrò improvvisamente svegliarsi in quel momento, e allungò il collo perché dalla sua posizione non riusciva a vedere bene le due ragazze.
« Davvero facevano apprezzamenti? » chiese scrutando il tavolo con gli occhi verdi spalancati « Joy, mi puoi ripetere quali sono? »
La ragazza eseguì, ma aggiunse « Ti consiglio caldamente di non farti abbindolare da un paio di gambe lunghe e di moine, però. »
Josh interruppe finalmente la sua opera di osservazione e guardò l’amica. « Perché dici così? » chiese, leggermente preoccupato per la possibile risposta. »
« Beh… Forse è meglio che sia qualcun altro ad elencarti tutte le ragioni. O meglio, a descriverti la scenetta. » aggiunse, con un risolino di scherno.
Andy sbuffò. Non gli andava molto di rivangare il fatto, perché gli ricordava il periodo felice che aveva trascorso con Drake, ma pensò che l’incolumità dell’amico fosse molto più importante.
« Ok, ti dirò cos’è successo. Tu però acqua in bocca, ok? Me l’ha raccontato Drake, e mi ha promesso di non farne parola con nessuno… »
« E quindi è ovvio che noi tre lo dobbiamo sapere assolutamente. » concluse per lui Eve, con una luce vagamente inquietante negli occhi.
Andy assentì ridendo e si lanciò nel racconto della malefatta di Shirley in discoteca ai danni di un povero e ignaro Shawn.
« …e magari a lui nemmeno piace. » commentò Eve, aspra. « Si vede da qui che è solo una sottospecie di gallina pesantemente truccata. » aggiunse poi, quasi in un bisbiglio rivolto solo a se stessa.
« Pare di no. » disse Andy, confermando la sua intuizione. « E ci è rimasto veramente male, perché lo sanno tutti che lui non regge l’alcool, e insomma, è stato un colpo basso. »
Josh sembrava affranto e deluso, come un bambino a cui viene offerta una torta bellissima ma dal sapore orripilante. La voglia di approfondire la conoscenza delle cheerleaders era sfumata all’istante.

*

Quel pomeriggio non sembrava neppure troppo freddo nonostante fosse dicembre, e la prospettiva delle vacanze di Natale che si avvicinavano – a dire il vero mancavano solo un paio di giorni – fece sentire Andy assolutamente bendisposto verso il mondo.
Quando salì in macchina, fu con una certa allegria che infilò la chiave nel quadrante e accese il motore, alzando quasi al massimo il volume dell’autoradio e mettendo sulla sua stazione preferita.
Arrivò a casa circa venti minuti dopo, parcheggiò l’auto nel suo garage, accanto alla facciata rivolta verso la strada, e stava quasi per infilare la chiave nella toppa quando sentì un forte trambusto provenire dal retro dell’abitazione.
Un po’ allarmato, brandì la borsa della scuola come un’arma, pesante per tutti i libri di cui era stipata, e percorse il vialetto di ghiaia.
Voltò l’angolo, col cuore in gola, e…
« Mamma! »
Abbandonò la cartella lungo il fianco, sollevato ma ancora con il sangue che gli pulsava nelle vene. Sorrise, contento di vedere la madre prima del suo ritorno a casa previsto precedentemente, ma la sua espressione cambiò subito alla vista di quella della donna.
Era una maschera di apprensione, con i capelli arruffati e lo sguardo fuggente.
« Mamma… che succede? » chiese, non tanto sicuro di voler ricevere una risposta.
Lei gli si avvicinò e lo guardò grave.
« E’ papà. »
Andy sentì il respiro mancargli.
« Cosa… Cos’è successo? »
« Stava tornando da uno scavo, quando… Un incidente. » deglutì. « Un incidente con un tir. »
Sembrò incapace di proseguire.
Ad Andy turbinarono nella mente le peggiori immagini di incidenti stradali che aveva visto nei suoi sedici anni di vita. Ma perché i notiziari erano così ossequiosi nel farle vedere, eh? Avrebbe preferito rimanere nell’ignoranza.
Non sapere.
Ma doveva chiedere.
« E… Stanno… Bene? »
Monica respirò a fondo, le labbra le tremavano.
« Jared ha perso un braccio. » pigolò, mentre lacrime calde le solcavano il viso. « Papà è in sala di rianimazione. Le sue condizioni sono gravissime. »
Si accasciò sul petto del figlio, incapace di proseguire.
« Dov’è? »
« A Greensbourgh. » disse lei, la voce spezzata dai singhiozzi.
« Andiamo. »
I suoi occhi erano velati, e sentiva un forte bruciore alla gola, ma quando Andy parlò la voce era ferma.
Aiutò la madre a salire nella sua auto, e si mise al volante.

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Ho ho ho!!! Buone feste mie care e miei cari *U*
Purtroppo dato che sono una sadica, Andy non passerà delle vacanze altrettanto felici e serene u.u
Ma non disperate, nulla è perduto!!
Auguri a tutti voi :)

Ah già, Jared è un collega di Philip Nolan, il papà di Andy. E' un ragazzo giovane che si è laureato da poco, e potrebbe comparire ancora, più avanti nella storia.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ok, vi chiedo scusa di nuovo, ma questi esami mi stanno uccidendo e il capitolo pure. L'avrò riscritto tipo quattro volte e continuava a farmi schifo. Questa è la versione "finale" e spero vivamente che vi piaccia .-.
Rispostine...

areon: NO, non è Jared Leto u_u il mio Jared, detto anche J.J. per ovvi motivi, è un ragazzotto svampito con i capelli fulvi e le lentiggini e non c'entra un tubo con il figone dei 30stm u_u
Eveline è scorbutica, ma proprio per questo è puccia <3 si, la amo tanto. Per sapere se Phil muore devi leggere il capitolo /awe

RiflessoCondizionato: si effettivamente ho tifato per Drake anche io, che dovrei essere imparziale, ma Josh... Non è che mi sia antipatico, è che Josh è proprio un coglione >_> altro che Eve, lei è bella, intelligente, forte, tenace, *coffcoff* ok la smetto di influenzare la gente sui miei stessi pg...>_>

Come sempre, buona lettura.
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Andy aveva quasi la sensazione di trovarsi in una bolla d’aria che rendeva tutto il resto dei rumori ovattati e distanti. Sua madre taceva, e il suo respiro leggero era impercettibile anche ad un orecchio in ascolto.

Ripensandoci più tardi, avrebbe attribuito la calma che regnava innaturale allo shock della notizia appresa, ma non era del tutto convinto di ciò.
Probabilmente il suo cervello si stava ancora rifiutando di elaborare ciò che Monica gli aveva riferito, perché non poteva accettarlo, suo padre morto, no, era una cosa impensabile. I medici di sicuro l’avrebbero salvato, non c’era di che preoccuparsi. E poi non poteva essere così grave, insomma… Jared aveva perso un braccio, ma era vivo e vegeto, no?
Ma capita spesso, gli mormorò una voce malefica dall’interno della sua testa, decisa ad insinuare in lui il germe del pessimismo, capita molto spesso che negli incidenti qualcuno muoia e qualcun altro rimanga praticamente illeso, non sarebbe il primo caso…
No, non doveva pensarci. Sarebbe finito tutto bene, e questo pensiero sarebbe diventato ben presto distante e sarebbe finito nel dimenticatoio. Vedeva già lui, sua madre e Philip seduti davanti al loro camino in un imprecisato inverno futuro, tutti integri e sani, a brindare alla loro salute e totalmente concentrati sulla meravigliosa serata.
Ma man mano che si avvicinavano alla zona dell’ospedale, la stolta sicurezza lasciava posto a tensione, preoccupazione, e quando l’imponente struttura color mattone fece capolino tra i condomini, Andy deglutì, un lampo di panico negli occhi scuri.
« Mamma. » mormorò, quando furono scesi dall’auto.
Lei si voltò a guardarlo ma non sembrò essere in grado di aprire bocca per rispondergli.
« Quante ore fa è avvenuto l’incidente? »
Monica lo fissò a lungo e poi tirò su col naso, stringendosi nelle spalle.
« Cinque ore fa, ormai. Non sono riusciti a contattarmi prima di quattro ore dopo l’arrivo in ospedale, perché hanno dovuto cercare di stabilizzare le condizioni. Solo in seguito hanno frugato tra gli effetti personali per avvertire le persone più vicine. »
La mente di Andy lavorava frenetica. Se dopo quattro ore dall’incidente le condizioni di suo padre erano ancora sul “gravissimo” ma non erano peggiorate, allora forse c’era la possibilità che si sarebbe salvato?
Non riusciva a fare a meno di pensare però, che le sue farneticazioni fossero solo un disperato tentativo di crearsi una ragione, seppur labile, per non gettarsi dal primo ponte che avrebbe incontrato.
Durante il viaggio in auto aveva desiderato quasi di poter volare, di raggiungere quell’ospedale il più in fretta possibile, e ora che era lì sentiva un assoluto terrore scorrergli nelle vene, e ad ogni passo che facevano verso il portone lo sentiva avvicinarsi tanto velocemente che se non fosse stato attento avrebbe potuto inghiottirlo.
Per un folle momento aveva sperato di trovarlo chiuso, ma era chiaro che l’entrata di una clinica non era di certo sprangata alle tre del pomeriggio.
Varcarono la soglia e si guardarono entrambi attorno, per un momento spaesati; la quiete congelata che regnava nel vasto parcheggio si trasformò di botto in un brusio concitato mischiato a varie voci da nastro registrato provenienti dalla sala d’aspetto e dalla fila di ascensori sulla loro destra.
I cartelli colorati indicavano vari blocchi di reparti, e poco sotto quello del Pronto Soccorso videro una targa recante la scritta “Urgenze – rianimazione – terapia intensiva, piano terra, corridoio giallo”.
Di nuovo un torpore mistico si era impossessato di Andy, e il percorso gli sembrò durare ore, quando invece con tutta probabilità avevano impiegato non più di due o tre minuti per raggiungere la sala dove suo padre era ricoverato. Un paio di volte aveva creduto di urtare della gente che camminava in senso contrario, ma non era mai riuscito a produrre sufficienti sinapsi per scusarsi, e quando la porta scorrevole dai vetri lucidi si aprì davanti a lui e alla madre, pensò che le porte dell’inferno avrebbero prodotto di sicuro un rumore più gradevole.
Fu grato a Monica per aver preso l’iniziativa con la signorina della segreteria, perché si sentiva le mascelle cementate, e in ogni caso non avrebbe probabilmente saputo mettere in fila nemmeno il proprio nome col cognome.
La donna chiese loro i nominativi e un documento d’identità valido per poter permettere loro di proseguire oltre; Andy frugò nella cartella che teneva addosso, ancora piena dei libri che si era dimenticato di deporre in auto, così che si accorse solo in quel momento che la cinghia della tracolla gli stava segando la spalla e gli provocava una certa dose di dolore.
Estrasse la patente di guida, la prima cosa che gli era capitata sotto mano, e la porse alla signorina che gli sorrise dolce, scrutandolo da capo a piedi con i suoi limpidi occhi azzurri.
« Siete la moglie e il figlio del signor Nolan? » chiese infine.
Monica annuì. « Possiamo vederlo? »
Elga, Andy riuscì a leggere il nome sul cartellino di riconoscimento, scosse il viso incorniciato di corti capelli biondi con un’espressione che pareva sinceramente dispiaciuta. « Mi dispiace signora. » disse « Purtroppo le sue condizioni sono tali che a nessuno è permesso entrare nella stanza. Si trova nella sala di rianimazione, che è riservata esclusivamente al personale medico e deve rimanere totalmente sterile. Quando verrà trasferito nella camera apposita per i ricoverati gravi ma in condizioni stabili, allora potrete visitarlo. Mi risulta che la persona che si trovava con lui al momento dell’incidente sia nel reparto di chirurgia qui a fianco – e indicò un corridoio con la porta rossa sulla sinistra della segreteria – e sia possibile andarlo a trovare. Come desiderate. » concluse.
Monica aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma poco dopo si riscosse e chiese al figlio cos’aveva intenzione di fare. Questi si strinse nelle spalle e propose di raggiungere Jared; entrambi lasciarono la sala d’aspetto di quel pianerottolo e si diressero nell’altra corsia secondo le istruzioni dell’infermiera.
Qui trovarono un’altra segretaria e ripeterono la procedura di identificazione, e dopo aver ottenuto il numero di stanza dove si trovava l’amico, la raggiunsero senza dire una parola. Appena entrarono, Monica si trattenne a stento dal premersi una mano sulla bocca e Andy strinse quasi convulsamente la cinghia della borsa, finché le nocche delle mani diventarono livide.
Il ragazzo giaceva sull’ultimo letto vicino alla finestra oscurata da pesanti cortine grigie, e non aveva nulla a che fare con il giovanotto energico e dalla pelle abbronzata che avevano sempre visto: il suo volto sembrava un ammasso di carne tritata, circondato da ciocche di scomposti e arruffati capelli fulvi, che ricadevano sulle spalle. Ciò che non era coperto di tagli rossastri e freschi, era pallido o violaceo. Un grosso livido si estendeva sullo zigomo destro, e il labbro inferiore era spaccato lungo un angolo.
Avvicinandosi Andy si accorse che l’aspetto dell’amico non era poi così terribile, e le sue ferite non erano gravi come sembravano da lontano.
Sembrava che stesse dormendo profondamente, ma quando furono quasi a livello del letto, il ragazzo alzò lo sguardo e puntò su di loro due iridi grigie, a malapena visibili sotto gli occhi pesti.
Andy lasciò cadere di malagrazia la cartella su una sedia e si gettò al capezzale del degente.
« Oh Jared… Come ti senti adesso, fa male? »
L’interpellato cercò di sollevare un braccio tremante e di estrarlo da sotto le lenzuola, e seppure la cosa sembrò costargli uno sforzo immane, riuscì a posargli un avambraccio sulla spalla e a tirarlo più vicino a sé.
« Non molto… A dire il vero. » gli borbottò all’orecchio. « Ho mezzo corpo anestetizzato. » tossì, e riuscì a schiarire la voce impastata. « Acqua. » gracchiò.
Monica, che era la più vicina al comodino, afferrò una bottiglietta di plastica e la passò al figlio, che la aprì e la posò sulle labbra di Jared.
Bevve avidamente, ma riuscì ad ingollare solo qualche sorso, e quasi subito si scostò come se anche quello fosse uno sforzo eccessivo per lui. Strinse gli occhi, sofferente, e si lasciò ricadere pesantemente sui guanciali.
« E’ stata colpa del ghiaccio. » disse dopo un po’, guardando affranto il soffitto bianco. Era tutto bianco, lì dentro. Le lenzuola, le pareti, il soffitto, gli armadi. Anche la pelle di Jared era bianca, dove non era rossa o viola. Sembrava che il dolore avesse portato via tutti i colori tranne quelli più forti e terrificanti.
O forse, di nuovo, era Andy ad essere troppo suggestionabile.
« Cosa è stata colpa del ghiaccio? » chiese Monica, anche se era consapevole di conoscere già la risposta.
« L’incedente. » rispose il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dalle lampade al neon spente. « Quel camion… Non credo che corresse troppo forte. Eravamo in autostrada dopotutto. E sembrava davvero pulita. C’era il sale, anche. Ma… » e qui sembrò doversi concentrare per ricordare con precisione. « Deve aver perso il controllo del veicolo. Si. Ha sbandato. Ha divelto il guardrail, ma non quello di lamiera, quello di cemento che divide i due sensi di marcia, capisci? E quando ce ne siamo accorti, ormai ci era addosso. » concluse, con la voce che sfumava. « E Philip… »
Guardò entrambi con uno sguardo interrogativo, anche se il terrore che vi si scorgeva nascosto faceva capire che temeva il peggio. « Nessuno mi ha detto niente. » aggiunse con voce strozzata.
« Non sappiamo. » disse Monica, scuotendo la testa. « E’ ancora vivo. » disse poi, tanto per chiarire il dubbio principale.
Jared volse lo sguardo dall’altra parte, mentre il suo petto sussultava leggermente, quasi come se anche piangere fosse troppo devastante per il suo fisico. Andy prese un fazzoletto, e dopo aver costretto l’amico a voltarsi, tamponò le lacrime dalle sue guance segnate e dagli occhi che teneva chiusi, un po’ per la vergogna, un po’ per il dolore.
« E tu… » azzardò Monica. « Ci hanno detto… Il braccio… »
« La mano. » la corresse Jared. « La mano destra. Tranciata di netto. Andata. Per fortuna che sono mancino. » aggiunse dopo una breve pausa.
« Ti fa male? »
« Figurati. Almeno quello… Mi hanno dato talmente tanto anestetico che credo basterà per una settimana. Non riesco mica a tirar fuori il braccio da sotto le lenzuola sai, non me lo sento neppure. »
La donna annuì comprensiva e gli chiese se aveva bisogno di altro. Il ragazzo stava per rispondere, quando entrò un medico seguito da un altro paio di robusti infermieri.
« Lei è il signor Jared Johnson? » chiese al paziente, che annuì.
« Dobbiamo parlare con lei. Da soli. » aggiunse poi in un eloquente tono che non ammetteva repliche.
I due visitatori uscirono in corridoio, dove rimasero a ciondolare per circa mezz’ora, senza avere la minima idea di cosa fare. Nessuno dei due propose di ritentare la fortuna con la segreteria del reparto di rianimazione, consapevoli del fatto che le condizioni di Philip erano talmente gravi e instabili che molto probabilmente sarebbero stati mandati via a vista.
Quando il dottore uscì, Andy notò che aveva in mano un generoso plico di fogli, ma non riuscì a leggere quello che dicevano le stampe; si avvicinò al medico e gli domandò se potevano tornare nella camera.
« Siete amici del signor Johnson? » ribatté questi.
« Si, siamo i parenti di Philip Nolan, quello… Che ha avuto l’incidente con lui. »
Il primario annuì, pensoso.
« Beh, suppongo che non ci sia nessun problema nel farvi rimanere un pi’ con lui. » disse, alludendo a Jared con una fugace occhiata alla porta socchiusa. « Ma non potrete rimanere più di tanto, perché il nostro paziente sarà presto trasferito. »
« Trasferito? » gli fece eco Monica, mentre il dottore aggiungeva di avere una certa fretta e di non poter restare a dare esplicazioni a loro. Li salutò con un cenno molto distinto e una stretta di mano, e se ne andò seguito dai due infermieri che l’avevano accompagnato.
Quando la testa di Andy fece capolino dalla porta, Jared sussultò, come interrotto nel mezzo di riflessioni particolarmente intense. Sembrava turbato.
Il ragazzo si avvicinò al suo letto.
« C’è qualcosa che non va? » gli chiese timido, ma non era sicuro di voler davvero sapere la risposta.
« No. » sospirò Jared. « Mi hanno proposto di farmi fare un intervento alla mano, all’ospedale di Charlotte. Un trapianto. »
« Beh ma è fantastico, no? » disse Monica, con un’espressione vagamente più rincuorata. « Ormai la medicina dei trapianti delle mani è progredita parecchio dai primi interventi, e hanno più volte mostrato, anche ai notiziari, che la ripresa dei pazienti è stata molto buona, e che riescono ad utilizzare la mano come se fosse la propria, o quasi. »
Jared guardò altrove, leccandosi velocemente le labbra secche. « Non lo so. » rispose dopo una breve pausa. « E’ sempre una cosa… Pericolosa. Devono connettere tutto, anche i nervi, e se sbagliano… Potrei rimanere paralizzato dalla spalla al polso per sempre! » concluse, disperato.
« Ma… Hanno sempre delle mani a disposizione? » chiese piano Andy, preferendo spostare il fulcro del discorso perché non sapeva come lenire la devastazione interiore dell’amico, perfettamente comprensibile, di fronte ad un dilemma da cui probabilmente sarebbe dipeso il suo futuro.
« No. » ribatté Jared. « A dire il vero è… » scrollò le spalle incapace di continuare, ma poi si fece forza e concluse « E’ una mano bionica. »
Alle sue parole lo sguardo di Monica sembrò sprofondare in un abisso.
« Una… Cosa? »
Jared annuì, sorpreso dalle sue stesse parole. « Non sarebbe il primo intervento di questo tipo, e di sicuro non sarà l’ultimo. E’ tutto per un progetto delle università mediche, l’hanno già fatto anche in Italia, il primo è stato più di due anni fa, e mi hanno anche detto che il paziente sta ancora bene e anzi, va alla grande. Io sono giovane e in forze, sono il candidato ideale, capite? E’ meglio di una mano presa da un… cadavere, poi. Non c’è pericolo di rigetto per un’altra pelle, ma per metallo o quello che è insomma, che è sterile… Anche se ovviamente all’inizio dovrò prendere un sacco di farmaci immunodepressori, o mi inietteranno delle cellule staminali, non lo so… Meglio di niente però, eh? » e li guardò entrambi sperando che almeno loro potessero dargli un qualche responso.
« Per me dovresti provare. » disse la donna, animata da una strana luce negli occhi umidi, protendendosi verso Jared quasi a rafforzare le proprie parole. « Insomma, se è un progetto così particolare, nuovo, quello che vuoi… Chiameranno un’equipe di esperti, non dei chirurghi generali che non sono abbastanza qualificati, no? » chiese scuotendo la testa, come se anche solo l’ipotesi di un tale azzardo fosse inimmaginabile.
« A dire il vero – disse l’altro con un mezzo sorriso – ho già accettato. Preferisco rischiare piuttosto che condannarmi ad una menomazione certa. Non voglio credere di essere già spacciato. Non posso. Ci saranno un sacco di bioingegneri… »
Monica annuì, e gli scostò i lunghi capelli dal viso con fare materno.
« E poi… » aggiunse il ragazzo « Mi portano via in elicottero. Figo, no? Io ho sempre sognato di volare, anche se ovviamente non per una ragione simile. » e si sforzò di nascondere la nota di panico che aveva pervaso la sua voce.

*

Dopo ore di attesa che parvero interminabili, senza più Jared che ormai era già stato trasportato nella struttura ospedaliera di Charlotte, un dottore uscì trafelato dalla sala di rianimazione e andò a parlare con Andy e Monica. Le condizioni di Philip sembravano stabili, e finalmente qualcuno sembrava propenso a dire loro concretamente quali traumi aveva subito, dacché ormai ne avevano le scatole piene di sentirsi dire solo che versava in “gravissime condizioni”, senza un’esplicazione in più.
Il verdetto non era comunque dei più felici, anzi.
Frattura cranica, per fortuna non profonda, e una costola spezzata aveva perforato un polmone e la sua pleura, causando il collasso della parte ferita dell’organo.
Purtroppo Philip aveva manifestato sintomi di febbre già dopo tre ore dall’incidente, e oltre all’applicazione del drenaggio avevano dovuto somministrargli una certa dose di antibiotici per prevenire infezioni gravi.
« Lo teniamo in coma farmacologico. » spiegò il dottore. « Dopo numerosi controlli abbiamo verificato che non ci fosse nessun danno alla corteccia cerebrale, ma quello è il problema minore. La frattura si sanerà, ma il capo deve stare in immobilità completa. Il trauma peggiore è comportato dal pneumotorace, che è abbastanza esteso. A causa della forte lesione dovuta all’incidente si è rischiato di ottenere un emopneumotorace, ma il deflusso forzato del sangue è stato applicato tempestivamente, e questo non si è mescolato alla miscela d’aria del polmone. Abbiamo stabilizzato le condizioni, e al momento è fuori pericolo. »
« E’ salvo quindi? » mormorò Monica, facendo chiaramente intendere che al di là di specifici dettagli medici, era quella risposta a starle maggiormente a cuore.
« Si, posso affermarlo quasi con certezza. Naturalmente lo teniamo sotto controllo costante. »
« Posso restare qui per la notte? »
Il medico indugiò un po’ prima di rispondere. « Signora… Al momento suo marito non è in grado di avvertire la presenza di altre persone, neppure degli infermieri, ed entrare nella sala dov’è ricoverato è vietato per chiunque non faccia parte del personale addetto. Vada a riposare, di sicuro è rimasta qui per molto tempo. Se ci sono emergenze la chiameremo, ma per il momento può ritornare domani. »
Anche se riluttanti, i due seguirono il consiglio e andarono a casa; Monica ebbe qualcosa da ridire quando Andy annunciò che il giorno dopo non sarebbe andato a scuola, ma i suoi tentativi di rifiuto furono talmente deboli che dopo un po’ capitolò. Dopotutto era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale, e non sarebbe sicuramente stato una grave perdita.
Una parte difficile di tutta quella faccenda fu spiegare a Joy e agli altri cos’era successo, l’indomani, quando non lo videro all’istituto; dovette raccontare tre volte a tre persone diverse l’accaduto, perché come al solito Eve e Josh non si trovavano mai a casa nello stesso momento e avevano scelto momenti diversi per contattarlo. Tutto ciò fu molto penoso per Andy, che ormai aveva ripercorso mentalmente o verbalmente il giorno prima tante di quelle volte da avere la nausea al solo pensiero.
Quando il telefono squillò per la quarta volta, immaginò con gioia di gettarlo fuori in giardino e lasciare che si congelasse.
Era Drake: probabilmente Joy o Josh avevano raccontato tutto anche a lui e Shawn, ma Andy sentì che non ne poteva più di parlare con degli estranei di Jared e suo padre, e fu molto tentato di non rispondere. Infine quasi solo per cortesia, premette il piccolo tasto verde e ascoltò la voce squillante di Drake raggiungerlo metallica dall’altro capo dell’apparecchio. Per fortuna il ragazzo fu molto comprensivo; non gli fece domande su ciò che era capitato ma chiese semplicemente se Philip stava migliorando, e se lui a la madre avevano bisogno di qualcosa, anche solo di un po’ di conforto.
Fino a poco prima si sentiva in guerra con il mondo, non aveva voglia di parlare – o meglio discutere – con nessuno, ma appena sentì la voce di Drake sentì che il peso che da ore gli opprimeva il petto stava leggermente scemando, lasciando posto ad un calore corroborante, che lo avvolgeva come un abbraccio.
Aveva un nodo alla gola, che gli costò un doloroso silenzio mentre Drake gli chiedeva preoccupato se fosse tutto a posto.
« Grazie. » riuscì solo a mormorare, e riattaccò il telefono.
Andy diede per assodato che quello era il peggior Natale della sua vita. Non era disperato e non si strappava di certo i capelli urlando come in una pantomima, ma si sentiva costantemente ansioso, all’erta, con il panico nel cuore ogni volta che un dottore gli si avvicinava per dargli notizie del padre. Aveva il terrore di sentire che era peggiorato, che aveva avuto una ricaduta, che le ferite non si sanavano, che aveva riportato un danno irreversibile. Invece poco a poco Philip migliorava, anche se con una lentezza quasi esasperante.

*

Andy aveva appena finito di apparecchiare la tavola per il pranzo; si sedette, e lo sguardo gli cadde sulla madre, che stava ancora ai fornelli e gli dava la schiena.
La osservò, con un misto di amore e sofferenza, il cuore più pesante. Era sempre stata una donna così bella, alta, formosa, dai tratti dolci e decisi e i colori scuri tipici di un’ascendenza ispanica.
La guardò a lungo, e gli parve che portasse sulle spalle il doppio degli anni che aveva, infagottata in abiti sgualciti, con i capelli in disordine e occhiaie violacee che non si curava più nemmeno di nascondere.
Cosa poteva fare? Aveva provato a darle tutto il conforto che poteva. Le aveva detto “Io sono qui, mamma” e l’aveva racchiusa nei suoi abbracci di uomo acerbo, accarezzandole la testa e baciandole le guance. Ma a mano a mano che i giorni passavano, le telefonate di amici e parenti lontani si facevano più rade, le visite dal padre - che pur essendo cosciente a tratti, non aveva la forza di parlare o di interagire con loro – si contornavano di un’atmosfera greve e pesante.
E Monica si chiudeva lentamente in un silenzio carico di pensieri che non voleva condividere, nemmeno con lui.

L’olio nella padella era caldo, e sfrigolava rilasciando il suo aroma; la donna vi svuotò la confezione di straccetti di carne, e prese a mescolare fino a quando si rese conto che aveva preparato troppo per due persone sole. Quando lei cucinava, erano sempre in tre a casa. Sempre.
Andy se n’era accorto, come si rendeva conto di ogni minimo movimento, espressione, allusione gestuale, da un po’ di tempo a quella parte. Voleva dirle che non importava, che avrebbero messo da parte quello che avanzava, ma il suo pensiero si era appena articolato nella mente che il campanello suonò.
Era un rumore squillante, ma gli sembrò profondo come quello di un gong da monaci buddhisti, e lo fece trasalire. Sperò vivamente che chiunque fosse l’avventore, avesse poco da riferire; sbirciò da dietro la tenda del soggiorno, e il suo cuore ebbe un tuffo quando riconobbe la sagoma smilza che si sporgeva oltre le punte del cancello per vedere se c’era qualcuno in casa.
Era tremendamente tentato di fare orecchie da mercante, ma all’ultimo non resistette ed aprì l’uscio. Attese in silenzio e con la porta socchiusa, finché i passi si fecero più vicini, e si trovò faccia a faccia con l’ospite.
Prese come di consueto il cappotto e la sciarpa, e notò che Drake recava in mano un involto piuttosto grosso.
« Spero di non disturbare… » mormorò, anche se non era necessario parlare così piano.
In realtà Andy si sentiva disturbatissimo, ma allo stesso tempo era felice di avere qualcosa che lo distraesse dal sentimento di impotenza e dai sensi di colpa che provava ogni volta che guardava sua madre persa nella propria tristezza, e si sentì un po’ crudele di aver pensato questo.
Il ragazzo venne accompagnato in cucina, dove la stufa recava un po’ di calore e vita, con la legna che scoppiettava allegra dietro lo sportello.
« Oddio… Stai mangiando! Scusami, è che pensavo che alle tre del pomeriggio… Che tempismo pessimo, mi dispiace… Ti lascio in pace, me ne vado… »
« No, fermo, non ci disturbi affatto! » Andy lo trattenne per un braccio.
« “Ci”? C’è qualcun altro… » non fece in tempo a formulare la domanda che Monica era appena uscita dalla dispensa con un vasetto di salsa al curry in mano.
Andy le mostrò un sorriso forzato e balbettando presentò Drake sperando che sua madre non se la prendesse con lui per non averla avvisata della visita. Con suo immenso stupore, il viso della donna si illuminò e le sue belle labbra si aprirono in un sorriso dolce e sincero come non ne vedeva da giorni.
« Drake Foster… » ripeté assorta. « Non disturbi, figliolo, non devi preoccuparti… Vieni, siediti. Mi dispiace che tu sia venuto adesso, pranzando saremo di poca compagnia… Tu hai già mangiato, immagino… »
Drake si strinse nelle spalle, imbarazzato. « A dire il vero torno giusto adesso da un allenamento con la squadra, ehm, della scuola, e non sono passato da casa perché volevo venire a trovare Andy, per cui in realtà no… »
Lo sguardo della donna si illuminò, e lei si affrettò a prendere un piatto e delle posate dalla credenza.
« Perfetto! Spero che ai tuoi genitori non dispiaccia se resti qui per pranzo, sempre se ti va… »
« Non c’è nessuno a casa, signora Nolan, i miei sono entrambi al lavoro. Ma è sicura che non sono di troppo? »
Monica non avrebbe potuto essere più convinta che Drake fosse una manna dal cielo, e glielo fece capire con svariate pacche sulla spalla e inviti a prendere posto a tavola. Quasi dimentico dell’altro motivo per cui era lì, il ragazzo si batté un palmo sulla fronte e consegnò ad Andy il pacco che teneva in mano, spiegando che era un dolce natalizio che aveva chiesto a sua madre di fare – « Perché io sono proprio negato in cucina… » - per un amico che voleva andare a trovare.
Il ragazzo lo accettò, pensando che in fondo la signora Foster si stava dimostrando una buon’anima molto più di quanto avrebbe potuto credere; e dopo averlo assaggiato, tutti si convinsero che aveva anche delle mani d’oro.
Drake passò con loro tutto il pomeriggio, e la loro casa si riempì di un po’ di vitalità, che negli ultimi tempi aveva fatto sentire la sua mancanza, lasciando un vuoto grigio e opprimente. Andy capì, d’un tratto, cosa serviva alla madre.
Lui le aveva di certo offerto tutto il conforto e l’affetto che era in grado di offrire, ma nonostante questo il loro nucleo familiare, già di per sé ristretto, si era chiuso e isolato sempre di più. Drake era non solo un estraneo, ma un elemento che almeno per Monica era completamente nuovo, e non semplicemente una “distrazione”, che era una definizione fin troppo superficiale e semplicistica, ma una finestrella sul mondo esterno, una ventata di luce. Andy benedì quel suo carattere solare ed esuberante, perché lo stava facendo rinascere. Sentirlo solo per telefono, se ne rese pienamente conto, non era neppure lontanamente sufficiente. Aveva bisogno di lui, di averlo accanto, di poterlo toccare con le mani per convincersi che non era un miraggio lontano.
Dopo aver sistemato la cucina alla fine del pranzo, Monica decise che era ora di dare una sistemata anche a se stessa, e li lasciò per recarsi al piano superiore.
Drake la seguì con lo sguardo e poi si voltò verso Andy.
« A quanto pare ho fatto una buona impressione, o no? »
Il ragazzo gli sorrise senza rispondere. Si protese verso di lui e gli poggiò la testa su una spalla, chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo. « Si. » mormorò. « Un’ottima impressione. »
Drake gli accarezzò il viso, dolcemente. « E tu come te la passi? »
« …vorrei tanto che mio padre stesse bene in fretta. La casa è vuota senza di lui. Non che fosse mai stato presente fisicamente, era sempre in giro per lavoro, ma il solo pensiero ch lui c’era, là fuori, era come averlo sempre accanto… »
Drake abbozzò un sorriso amaro che Andy, ancora ad occhi chiusi, non colse.
« Pensa un po’ che con il mio, di padre, la situazione è all’esatto opposto. La sua ditta non è certo distante da casa, e ce l’ho anche troppo tra i piedi… Ma mai un abbraccio, un sorriso, un gesto d’amore. A volta mi chiedo se io e Kat siamo davvero figli suoi. Lei ha la sua stessa faccia, ma io sono tutto mia madre, chissà, potrei essere il risultato di una scappatella. A volte… » e qui la voce si fece più dura ma incerta « A volte vorrei davvero che non fosse mio padre. Almeno non soffrirei così tanto per le sue non-attenzioni. »
Andy alzò il volto fino ad incontrare gli occhi dell’altro, lucidi, che fissavano ostinatamente il tavolo senza battiti di ciglia. Non sapeva che dire. Non aveva mai avuto di questi problemi, e si rese conto in quel momento di quanto fosse fortunato. Aveva paura a dire qualcosa, paura di pronunciare parole vuote, di circostanza, che non avrebbero aiutato nessuno. Prese il volto di Drake tra le mani e lo costrinse con dolcezza a guardarlo.
« Tu sei un ragazzo tenace, Drake. Di sicuro un giorno troverai anche la forza di affrontare tuo padre e di mostrargli le tue paure e le tue insicurezze. »
« Non lo so… E’ sempre stato una figura così… Autoritaria? Non lo so. Imponente, di sicuro. »
« Si, magari incute timore, ma anche lui è un essere umano. »
Drake sospirò. « Mai parole furono più sagge. E’ umano, soprattutto quando sbaglia. »
Andy aveva esaurito i consigli. Gli si avvicinò. Dal piano superiore giungevano i passi della madre che stava probabilmente facendo la spola tra la sua camera da letto e il bagno, ma li ignorò. Si era riproposto di avere un rapporto platonico con Drake, aveva giurato che dopo quella faccenda ci sarebbe andato con i piedi di piombo, che lo avrebbe guardato da lontano e gli avrebbe parlato quando c’erano altri amici con loro.
Si, vabbè.
Scalciò prepotentemente tutti quei pensieri nefandi, e baciò le sue labbra dolci, che sapevano di crema, di zucchero e di caramello.
Drake rispose al bacio, stringendogli la nuca tra le dita affusolate, e portando l’altro braccio a cingere i fianchi sottili di Andy. Com’era bello dimenticarsi di tutto e sentire solo i loro corpi che strusciavano l’uno contro l’altro come due gatti…
Andy lasciò la propria sedia e si sedette a cavalcioni dell’altro, gettandogli le braccia al collo e continuando a baciarlo con vigore. Sentiva le sue mani dappertutto e si scostò i capelli dal viso, gettando alcune ciocche dietro le orecchie.
All’improvviso Drake si staccò come se avesse avuto un’illuminazione folgorante.
« Andy. »
« Dimmi. »
« Tua madre… » esitò « Lei sa che tu sei… »
« Cosa? »
Abbassò la voce e si guardò intorno. « Lei sa che sei gay? » bisbigliò.
Andy lo fissò, e pensò che probabilmente Drake si era fatto qualche scrupolo nel caso Monica tornasse da loro e li trovasse in quella posizione non giustificabile con “lo stavo solo abbracciando”.
« Si che lo sa. E anche mio padre. » riprese a baciarlo, ma Drake lo scostò dolcemente da sé.
« E… Come l’hanno presa quando gliel’hai detto? »
« Allora… » cercò di far tornare alla mente le scene del fatidico giorno. « Mia madre si è messa a piangere, mio padre è rimasto in silenzio, ma non l’ho mai visto tanto sconvolto. Per un po’ non mi hanno parlato, ma ero abbastanza piccolo, e l’accettazione è stata poco traumatica. Hanno sempre tentato di cambiarmi, anche se non apertamente, fino all’anno scorso, ma alla fine si sono messi l’anima più o meno in pace. Sono stati loro a “spingermi” a mettermi con Eveline. Fino a che non mi sono letteralmente buttato su Josh, e allora hanno rinunciato al diabolico piano. »
Ridacchiò quando notò Drake fare un movimento stizzito al nome di Josh, e gli stampò un bacio sulle labbra a mo’ di scusa.
« Se io lo dicessi ai miei… Beh, probabilmente sentiresti parlare del mio brutale assassinio al notiziario serale. »
« Ad ogni modo adesso sei a casa mia, no? »
Il ragazzo lo fissò con quegli occhi dorati che sembravano poterti guardare dentro, e gli sorrise mettendo in mostra i canini affilati.
« Si. » rispose, e lo attirò a sé riprendendo a baciarlo. Aveva voglia di lui. Aveva fame di lui. Non poteva starne senza, o sarebbe impazzito. E se un giorno avesse dovuto affrontare l’ira di suo padre, l’avrebbe fatto, sarebbe sceso in campo, perché aveva qualcosa per cui combattere, e quel motivo che lo faceva andare avanti per la propria strada, non se lo sarebbe mai fatto portare via.

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