Il palazzo di Ermen

di Niere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo scrigno di Lara ***
Capitolo 2: *** Marie Florance ***
Capitolo 3: *** La Corte dei Severi ***
Capitolo 4: *** Terrore del futuro ***
Capitolo 5: *** Un amore eterno ***
Capitolo 6: *** Strana motivazione ***
Capitolo 7: *** Primi allenamenti ***
Capitolo 8: *** Incidente ***
Capitolo 9: *** Attacco notturno ***
Capitolo 10: *** Un nuovo membro ***
Capitolo 11: *** Anne ***



Capitolo 1
*** Lo scrigno di Lara ***


“Sofia, questo è il regalo di tua madre. Quando se ne è andata mi ha chiesto di consegnartelo solo il giorno del tuo ventesimo compleanno.”. Mio padre mi consegnò un cofanetto di legno tutto impolverato con scritto sopra  L.T.”: le iniziali della mamma. “Voleva che restassi da sola, io non devo vederlo. Fai con calma.”. E uscì dalla stanza. Mi tremavano le mani, ero indecisa se aprire o no il regalo. Se ne era andata quando io avevo solo otto anni, poi non l’ho più rivista. Non mi aveva mai telefonato o scritto, non aveva mai voluto sapere se stavo bene, cosa facevo, se avevo bisogno di lei. Non sapevo dove era, se aveva iniziato una nuova vita o se le mancavo. Forse le risposte sono qui dentro Mi feci coraggio e aprii il cofanetto, la prima cosa che vidi fu una sua foto, un bellissimo primo piano e sorrisi: le assomigliavo tantissimo e questo mi fece un po’ felice. Continuai a sbirciare nel piccolo scrigno e trovai un libretto per gli assegni e una lettera. Il cuore cominciò a battermi all’impazzata. Aprii il foglio e riconobbi la scrittura ordinata di mamma.

Sofia, piccola mia, se leggi questa lettera significa che ormai sei una donna e che io sono morta. Bambina mia, non avrei mai voluto lasciarti da sola, ma l’ho fatto per te, per proteggerti da un mondo troppo complicato. Ciò che leggerai lo troverai impossibile, ma è la pura verità: la mia famiglia era nobile e potente grazie a delle doti tramandate di generazione in generazione. Come le mie antenate, io sono una strega e lo sei anche tu. Le leggende parlano di donne diaboliche che hanno fatto un patto con il diavolo e che devono essere bruciate al rogo, tramite la caccia alle streghe. Quasi tutte le donne della nostra famiglia sono morte in questo modo, altre sono state uccise segretamente da uomini di chiesa. Ma noi streghe non siamo tutte uguali, non siamo tutte crudeli e spietate. Da quando ho scoperto i miei poteri, ho combattuto contro La setta dei Giusti, un’organizzazione che ha un unico scopo: sterminarci. Ho dedicato parte della mia esistenza a salvare la nostra specie e a difenderti, fin quando ho capito che l’unico modo per farti restare in vita era quello di starti lontana. Ora hai un ruolo molto importante e voglio che tu lo svolga: raggiungere le tue simili a Londra e combattere con loro. Non devi aver paura, hanno sempre saputo che un giorno saresti andata da loro e ti insegneranno tutto ciò di cui hai bisogno. Ti ho aperto un conto un banca, per cinque o sei anni non avrai problemi economici. Tesoro mio, ti auguro tanta fortuna e una vita più felice della mia, so che non mi deluderai… Ti prego di non svelare nulla a tuo padre, non deve sapere niente di questa storia, un giorno capirai. Un forte abbraccio…

Lara Tiziani

Ero terrorizzata, tremavo come una foglia sul letto della mia camera. Non solo avevo scoperto che mia madre era morta, ma ero una strega che probabilmente sarebbe stata uccisa da un momento all’altro. Piansi in silenzio, perché non sapevo cosa fare e mi sentivo terribilmente sola: cosa ne sarebbe stata della mia vita? Sarei dovuta partire e lasciare mio padre da solo? Cosa sarebbe successo a Londra? Le domande aumentavano con il passare dei minuti e capii che dovevo avere qualche risposta, almeno per sapere se ero in pericolo di vita. Mia madre non era riuscita a spiegarmi molto bene la situazione e probabilmente lo aveva fatto di proposito. Forse sarei dovuta partire per Londra, magari solo per qualche giorno, poi sarei ritornata alla vita di tutti i giorni, cercando di dimenticare questa storia assurda. Quando mi sentii più calma decisi di avvertire mio padre dell’imminente partenza. Mentre uscivo dalla stanza, mi guardai allo specchio, fortunatamente non si notava che avevo pianto. Sorrisi poco convinta e presi un bel respiro. Era impossibile che fossi una strega, me ne sarei accorta se avessi avuto qualche potere particolare: non sapevo fare magie o preparare pozioni. Ero sempre stata una ragazza comune, timida, non amavo mettermi in mostra e fino a pochi minuti prima sapevo cosa avrei voluto fare nei prossimi anni: laurearmi in giurisprudenza e andare a convivere con il mio ragazzo, Christian. Adesso la sorte aveva deciso di prendersi gioco di me.

 

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Capitolo 2
*** Marie Florance ***


Erano passati dieci giorni da quando avevo aperto lo scrigno di mia madre e avevo deciso che avrei provato ad accettare la realtà. Non sapevo se sarei riuscita a stare per un po’ di tempo a Londra, ma dovevo tentare perché altrimenti i suoi sacrifici sarebbero stati vani. Mio padre e i miei amici sapevano che mia madre mi aveva assicurato un posto in una della università inglesi, dove avrei potuto continuare gli studi.  Mio padre era contento per me, anche se mi confessò che si sarebbe sentito troppo solo nella nostra casa enorme, mentre Christian era furioso, aveva paura che tra noi sarebbe finita. Poche ore prima della mia partenza litigammo pesantemente e lui mi disse che non pensavo a lui, che la lontananza ci avrebbe fatto del male. Gli dissi che avrei fatto il possibile per mantenere vivo il nostro rapporto e che sarei tornata spesso in Italia, ma non sapevo se avrei potuto mantenere quelle promesse.

Il viaggio fu molto rapido e quando presi un taxi a Londra, gli chiesi di portarmi all’indirizzo che mia madre aveva segnato dietro alla sua foto. Dopo mezz’ora di viaggio, arrivammo ad una specie di castello sperduto tra la campagna. Era un edificio imponente, elegante e mi intimoriva. Suonai al cancello e mi aprirono, così varcai timorosamente la soglia e entrai nel giardino. C’erano tantissimi cespugli e alberi, tutto era curato nei minimi particolari, sembrava una rappresentazione di un quadro. C’era fin troppo silenzio, si sentivano solamente i miei passi sul sentiero. Improvvisamente comparve di fronte a me una donna bionda, con i capelli sistemati in una lunga treccia. Era molto chiara e magra, ma era bellissima. Mi sorrise e mi strinse la mano: “Piacere, sono Marie Florance. Tu sei senza ombra di dubbio Sofia, la figlia di Lara Tiziani. Sei uguale a lei, non c’è che dire.”.

“Lei conosceva mia madre?”. Sembrava una donna simpatica e gentile, mi sentivo meno preoccupata. Forse lei e mia madre erano amiche. Doveva avere tra i trenta e i quarant’anni, i suoi lineamenti erano delicati e aveva degli enormi occhi viola.

“Erano in molti a conoscerla qui dentro, ma questo lo scoprirai tu stessa. Vieni, sarai stanca. Ti accompagno subito alla tua stanza. Sei arrivata in un giorno triste, oggi è morta un’altra ragazza, aveva venticinque anni. Povera Sarah…”. Entrammo nella casa, non c’era nessuno per i corridoi che stavamo attraversando. Mentre mi guardavo intorno, Marie continuava a parlare: “Le altre sono tutte nelle segrete, le conoscerai più tardi o forse domani mattina. Appena ti sentirai pronta inizieremo ad ascoltare tutte le tue domande e a darti tutte le risposte che vuoi. Non deve essere facile per te scoprire dopo vent’anni la tua vera identità. Io l’ho sempre saputo e ne sono sempre stata felice. Mia madre mi ha insegnato quasi tutto quello che so, quindi per me è stato più facile accettare di vivere qui, al palazzo di Ermen.”.

“Il palazzo di Ermen? Si chiama così questo castello?”.

Marie sorrise e mi disse: “Si, in onore del  marito della donna che lo ha fondato. Da seicento anni noi streghe dimoriamo qui e tramandiamo il nostro sapere e le nostre tradizioni alle generazioni future.”.

Ci fermammo davanti ad una porta, estrasse un enorme mazzo di chiavi dalla tasca ed entrammo. Mi guardò attentamente, aspettando che finissi di guardarmi intorno e disse: “Pensavamo che ti avrebbe fatto piacere alloggiare nella camera di Lara. Ora ti lascio sistemare le tue cose. Oh, un’altra cosa, i tuoi jeans e la tua maglietta sono molto carini, ma non sono molto adatti al nostro ambiente. Tra un paio d’ore ti farò portare dei nuovi indumenti e spero non ti rechi troppo fastidio indossarli.”

Arrossii, non pensavo che il mio modo di presentarmi potesse essere sbagliato. Marie sembrò capire il mio imbarazzo, così si affrettò ad aggiungere: “Non è colpa tua, non potevi saperlo. Sappi che qui nessuno ti costringerà a indossare abiti che non sono di tuo gradimento, perciò se vuoi puoi continuare a indossare le tue cose, ma con il tempo imparerai ad apprezzare il guardaroba che ti forniremo.”. Con queste parole si congedò e rimasi per la prima volta da sola in quel posto sconosciuto.

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Capitolo 3
*** La Corte dei Severi ***


Mentre sistemavo i pochi effetti personali che avevo portato con me, Marie tornò con degli abiti per me e mi disse di prepararmi in breve tempo perché tutti mi attendevano per una riunione. Mi lasciò gli abiti sul letto e uscì di fretta. Rimasi stupita dal guardaroba: nel giro di poche ore mi avevano fornito molto di più di quello che sperassi. C’erano numerose maglie di modelli diversi, delle gonne ampie e lunghe, delle camicie e tre abiti. Uno in particolare era bellissimo: era aderente e la gonna cadeva morbida sui fianchi. Il davanti aveva un evidente scollatura ed era decorato con delle perline nere. Sospirai, pensando che probabilmente non avrei mai avuto occasione di indossarlo. L’unica pecca del mio nuovo guardaroba era che il nero era l’unico colore dominante. Tipico per delle streghe. Speravo fossero più originali. Optai per una camicia molto semplice e una delle gonne, abbinandoli con degli stivali semplici e comodi. Mi guardai allo specchio e mi sorpresi di ciò che rifletteva: il mio volto era sempre lo stesso, gli occhi castani, il naso all’insù, i capelli castani, lunghi e lisci che ricadevano morbidi sulle spalle, ma con quegli abiti addosso ero diversa, sembravo più grande e più matura, ma non mi sentivo me stessa. Possibile che potessi notare tutti quei cambiamenti nel giro di poche ore? Mi guardai più volte allo specchio, cercando di convincermi che era solo la mia suggestione, che andava tutto bene. In quell’istante volevo solo sentire la voce di Christian, anche se non avrei potuto confidargli le mie paure. Volevo sentirlo ridere, prendermi in giro, volevo osservarlo mentre leggeva. Morivo dalla voglia di chiamarlo, ma una parte di me sapeva che non era il momento adatto, dovevo andare alla riunione, l’avrei cercato più tardi. Chissà se in quel momento mi stava pensando, se anche lui voleva stare un po’ con me…

 Mi feci coraggio e mi avviai per i corridoi silenziosamente, preoccupata per quello che mi attendeva. Che genere di riunioni tenevano le streghe? Era come veniva descritto nei libri? E se non mi volevano tra i piedi? In fondo ero una perfetta sconosciuta, catapultata in un luogo terrificante contro la propria volontà.

Quando vidi Marie venirmi incontro, mi sentii sollevata, avevo proprio bisogno di un supporto morale. Stavo per dirle che non potevo farcela, che non mi sentivo pronta per affrontare tutto ciò, ma non ce ne fu bisogno, perché riuscì a leggere la mia espressione: “Guardati, sei pallidissima. Però devo ammetterti che temevo il peggio, pensavo che saresti scappata via dal terrore. Adesso andiamo, vedrai, sarà interessante.”. Mi guidò per altri tre o quattro corridoi, che sembravano interminabili, poi entrammo in un enorme sala. Era molto simile a un aula di tribunale, solo cento volte più grande. Appena entrai, tutti i presenti si voltarono a guardarmi, proprio come temevo. Mentre passavo tra le centinaia di persone riunite, osservai alcuni volti: alcuni mi sorrisero, altri sembravano solamente incuriositi, raramente qualcuno sussurrava qualcosa all’orecchio della persona vicina. Rimasi stupita del fatto che non c’erano solamente donne, ma c’erano anche molti uomini, anche se sembravano leggermente in minoranza.  Marie era ancora di fianco a me, così le dissi: “Chi sono tutti questi uomini? Non ci sono solo streghe qui?”.

Lei mi guardò come se avessi detto qualcosa di totalmente assurdo, poi rise a bassa voce e mi rispose: “Stai dimenticando gli stregoni… Ce ne sono molti in giro per il mondo, più di quanti tu possa immaginare.”.

Mi sentivo una stupida, come avevo fatto a non arrivarci da sola? Continuai ad osservare la gente, ringraziando il cielo che avevo deciso di indossare i nuovi abiti, almeno avevo qualcosa in comune con i presenti. La sala era piena di panche dove streghe e stregoni dovevano prendere posto. Ci sedemmo al centro della sala e solo allora mi accorsi che c’erano una decina di persone sedute su delle poltrone situate su un palco che ci osservavano attentamente. Una donna elegante e con i capelli grigi e lunghissimi si alzò e cominciò a parlare: “Bene, ci siamo tutti. Benvenuta Sofia Castelli, questa è la tua prima riunione in questo edificio. Sei al cospetto della Corte dei Severi e ti chiedo rispetto per il nostro operato. Non temere se ciò che sentirai da qui in avanti ti sembrerà poco chiaro, per i primi mesi Marie ti affiancherà e colmerà le tue lacune. Anche Kevin Larris ti darà una mano, appena ritornerà dal suo viaggio in Francia.”.

Detto questo iniziò a rivolgersi al resto della sala: “Io, Lavinia Manieri, voglio esporre a tutti i presenti una nuova strategia contro la Setta dei Giusti. Devo ammettere che negli ultimi decenni hanno acquisito potere, uccidendo molti della nostra specie, ma anche noi abbiamo fatto numerosi progressi e oggi sono lieta di mostrarvi un nuovo incantesimo. Samantha, raggiungimi!”.

Una ragazza con i capelli rossi e ricci si alzò e salì sul palco. Doveva avere la mia stessa età, ma a causa delle sue movenze sembrava molto più grande. Era alta e il suo viso era pieno di lentiggini, il suo sguardo era impenetrabile, il suo volto molto serio. Con naturalezza e senza timore iniziò a parlare: “Io, Samantha Ryan, ho fatto numerose ricerche per accentuare il potere del fuoco e sono pronta a mostrarvi i miei risultati.”.

Spostò lo sguardo su una poltrona vuota e rimase immobile per qualche secondo. Disse una frase in una lingua incomprensibile e in quel preciso istante i suoi capelli danzarono nell’aria come se ci fosse una forte tormenta . Il suo sguardo divenne sempre più concentrato e cupo, dai suoi occhi uscì un raggio verde che colpì la poltrona. Inizialmente non successe nulla, poi ci fu una forte esplosione e la poltrona si sgretolò in un secondo, lasciando un grande strato di cenere tutto intorno. Una buona parte della sala venne ricoperta di una nebbia fitta, che si diradò lentamente. Samantha sorrise soddisfatta e il suo sguardo mi fece gelare il sangue: era perfido, sembrava assetata di morte e di vendetta. Quella ragazza era in grado di far esplodere tutto ciò che le capitava di tiro con una facilità e una crudeltà sorprendente. Temevo che per lei non ci fosse differenza tra un oggetto e un essere umano e rabbrividii: non volevo diventare un’assassina, avere il suo stesso sguardo compiaciuto dopo aver portato distruzione. Marie appoggiò una mano sulla mia spalla e mi disse all’orecchio: “Non preoccuparti, non è niente. Capirai con il tempo, fidati.”.

Mi voltai a guardarla, sembrava tranquilla, quello che era appena successo non l’aveva turbata. Così mi guardai intorno e vidi le reazioni di streghe e stregoni: sembravano soddisfatti, alcuni annuivano in cenno di approvazione. Forse anche mia madre era così, spietata, egoista e senza scrupoli. Provai ad accostare le poche immagini che avevo di lei, i ricordi confusi della mia infanzia, ma non riuscii ad intravedere la crudeltà o l’odio nel suo sguardo affettuoso. Dovevo assolutamente sapere di più su quella strana associazione, sul palazzo e probabilmente solo Marie avrebbe avuto la pazienza di ascoltarmi. Dovevo solamente stare attenta a non farmi fare il lavaggio del cervello o qualcosa di simile. D’altronde, se mia madre aveva sperato che io mi unissi alle streghe, probabilmente sapeva che c’era una qualche probabilità che me la sarei cavata con le mie forze.

Tornai a guardare il palco. Lavinia, la donna che era a capo della riunione sorrise soddisfatta a Samantha e la congedò dopo essersi complimentata con lei. Si rivolse nuovamente al pubblico: “Da domani mattina Samantha e altre streghe vi approfondiranno questo incantesimo e lo useremo per il prossimo scontro. Inutile ricordarvi che sono ben accetti nuovi sortilegi e nuove idee. Con questo è tutto, vi congedo. Siete liberi di tornare alle vostre occupazioni.”. Mi alzai e cercai di farmi largo tra la folla, senza perdere di vista Marie.

 

 

 

NOTE: ciao Emily Doyle, voglio ringraziarti per la tua recensione, terrò presente i tuoi suggerimenti e sappi che sono sempre ben accetti. Spero che continuerai a seguire la storia e ovviamente fammi sapere il tuo parere!

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Capitolo 4
*** Terrore del futuro ***


Mentre uscivamo dalla sala dissi a Marie che avevo mille domande da farle e tantissime perplessità. Così mi invitò nella sua camera a prendere un thè. La sua non era una semplice camera da letto, era quasi un grande appartamento arredato con dei mobili antichi e ben lavorati. Tutto era perfettamente in ordine e non riuscii a far a meno di notare ogni dettaglio dell’arredamento: le pareti erano ricoperte da tele di ogni genere, i mobili invasi da portafoto e gingilli vari. In una stanza più piccola, era stato organizzato un semplice salotto, con al centro due poltrone e un tavolino. Mi fece accomodare mentre mi versava gentilmente del thè. Anche se la conoscevo da poche ore Marie iniziava a starmi simpatica, aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra e fino a quel momento aveva fatto di tutto per farmi sentire un po’ a mio agio. Era il momento di fare le domande, così mi feci coraggio e inizia: “Da quanto tempo sei qui?”

“Sono venuta qui quando avevo solo cinque anni e adesso ne ho trentaquattro. Anche se ero solo una bambina, desideravo fortemente rimanere al palazzo, dedicare la mia vita alla magia.”.

“Io invece non so se voglio restare qui, è tutto troppo diverso dalla mia realtà. Mi manca la vita di prima, la routine quotidiana, tutto…”

“Oh, è normale, ma con il tempo vedrai le cose in modo diverso. Tu sei una strega, sei destinata a condurre una vita fuori dal comune, inoltre qui non è così male, sai? Forse oggi ti sei spaventata alla riunione, ma siamo i tuoi simili, devi fidarti di noi…”.

“Si, ma Samantha… E’ stato orribile, uccidete la gente con i vostri poteri? E poi cos’è la Corte dei Severi?”

“Non so che idea ti sei potuta fare di noi, ma non ci divertiamo ad uccidere la gente… La nostra è una difesa, non puoi capire come ci si sente a subire la crudeltà della Setta dei Giusti. Ho visto gente morire a causa loro, tua madre ha perso la vita in un loro agguato. Credono di essere in grado di fare giustizia perseguitandoci, ma abbiamo già un tribunale: la Corte dei Severi, l’organo che giudica streghe e stregoni. Se uno di noi ha dei comportamenti scorretti viene bandito dal palazzo e nei casi più gravi condannato a morte. La nostra comunità è basata sulla giustizia più di quella umana, siamo gente onesta, mentre la Setta dei Giusti ci giudica come dei mostri. Ecco perché la società umana racconta leggende terribili su di noi, ma sappi che solo pochissime sono vere. Nella storia ci sono state streghe eccezionali, donne forti e determinate che hanno migliorato il nostro futuro. Loro  hanno combattuto per la nostra libertà, con la speranza che un giorno non ci sarà più bisogno di nascondersi tra queste mura. Noi dobbiamo continuare ciò che loro hanno iniziato e non posso prometterti che un giorno vedrai i miglioramenti e che i tuoi figli non vivranno con l’incubo di dover scappare e evitare i rapporti con il resto del mondo. Forse quando arriverà quel giorno tu ed io saremo morte, ma vale la pena di tentare. Io lo faccio per mio marito e la mia bambina, ho trovato la mia motivazione. La tua qual’ è?”.

Aveva detto tutto questo con parole di determinazione, sapeva che quello che faceva era giusto e che avrebbe proseguito, incurante della paura o del dolore. Lei aveva qualcuno da difendere, qualcuno per cui avrebbe rischiato la morte. La guardai in volto: in apparenza sembrava una donna fragile, chiusa in se stessa, ma in realtà era molto forte, più di chiunque altro avessi conosciuto. In quel momento desiderai essere come lei, lo desideravo con tutto il cuore. Riflettei su ciò che aveva detto, poi ammisi: “Io non ho una motivazione o uno scopo, per questo non riesco a trovare una ragione alla mia permanenza in questo luogo…”. Mi sentivo terribilmente insignificante e pensai che forse non avrei mai trovato il mio ruolo in quel palazzo.

Marie mi guardò per qualche istante, poi mi strinse la mano e disse: “Io so per chi devi andare avanti: per Lara, solo per lei. Sai, era un membro della Corte dei Severi. Lavorava giorno e notte per studiare nuove strategie, inoltre insegnava alle streghe più giovani. Aveva sempre mille cose da fare e tante cose da dire. Però una parte del suo cuore era rimasto con te e quando ci raccontava di come le mancavi, aggiungeva sempre che saresti diventata una donna fantastica. In fondo sapeva che saresti rimasta qui con noi e sperava che tu potessi prendere il suo posto nella Corte. Vuoi deluderla?”.

Non potevo credere che mia madre avesse una così piena fiducia in me. Non solo sperava che il mio futuro si intrecciasse con quello delle streghe, ma voleva che diventassi potente, un riferimento per la comunità in cui aveva creduto. Mi sentivo lusingata, ma preoccupata dalle enormi responsabilità che avrei dovuto affrontare se fossi diventata membro della Corte dei Severi. Non avevo mai desiderato stare al centro dell’attenzione, tantomeno emergere dal gruppo, ero prevalentemente un’osservatrice silenziosa. Provai a immaginarmi sul palco che avevo visto solo poco fa, cercai di vedermi nel bel mezzo di un mio discorso, decisa e senza timore della reazione dei presenti, ma sapevo che non era per me.

Guardai Marie e le dissi: “No, non voglio deluderla. Però per adesso preferisco solamente ambientarmi, farmi una mia idea di ciò per cui lottate. Vi chiedo solo un po’ di tempo, farò del mio meglio per esservi d’aiuto.”.

“Bene, è proprio ciò che volevo sentire. Ti insegnerò parecchio da oggi in poi, inizieremo da qualcosa di semplice ma utile. Da cosa vuoi iniziare? Medicina, filtri magici, trasformazione di oggetti… Quando avrai appreso abbastanza, affronteremo il discorso demoni”.

Demoni? Ebbi un sussulto al cuore. Avevo letto mille libri su mostri, vampiri, esseri della notte, ma pensavo fossero frutto della fantasia della gente, non avrei mai creduto che personaggi simili potessero esistere nel mondo reale, inoltre non avevo idea di quanto potessero essere pericolosi o come affrontarli. L’unica cosa certa è che ero terrorizzata, la paura aveva preso posto nel mio cuore e nella mia testa. Come potevo sopravvivere se un giorno avessi incontrato un demone? Probabilmente sarei morta al primo scontro, non ero molto ferrata sull’autodifesa. Sentivo il cuore battere all’impazzata, le mani tremarmi, non osavo immaginare che aspetto potessi avere. Lievemente sussurrai: “I … demoni? Cioè, come può essere possibile?”.

“Sei terrorizzata, vero?”. Il suo volto divenne più serio del solito: “Ti prometto che quando arriverà il giorno in cui dovrai combatterli, sarai più che preparata. Ti giuro che se ci fosse anche una sola probabilità che tu non possa resistere alle loro battaglie, resterai segregata nella tua stanza. Ma tutto ciò non servirà, perché quel giorno sarai in grado di badare a te stessa. Ricordati queste parole e portale con te quando avrai paura e temerai di non farcela.”

Annuii, cercando di mostrare serenità. Le sue parole sembravano sincere e sentivo che dovevo crederle, che non mi avrebbe abbandonata al mio destino. Inoltre non avevo altre alternative, potevo solamente ascoltare i suoi consigli e i suoi insegnamenti, non avrei mai potuto fare di testa mia. Sapevo che quel giorno la Sofia Castelli di sempre si era arresa per far spazio a una nuova Sofia, forse più inquietante, cupa, pericolosa, ma pur sempre determinata a seguire la sua strada ed affrontare le difficoltà. Una parte di me, quella legata ai primi venti anni della mia esistenza, mi stava abbandonando, forse per sempre, probabilmente dopo l’esperienza al palazzo di Ermen non sarei ritornata come prima e forse Christian non sarebbe riuscito a identificarmi nella mia nuova personalità. Temevo che se fossi cambiata, lui si sarebbe allontanato da me e non avrei sopportato il suo abbandono.

 

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Capitolo 5
*** Un amore eterno ***


I giorni successivi mi dedicai alle lezioni di Marie. Lei aveva tantissima pazienza con me, era sempre pronta a rispondere alle mie mille domande, mi raccontava le sue esperienze e mi incoraggiava negli studi. Notai con stupore che apprendevo in fretta, più di ciò che avrei mai potuto sperare. Marie sosteneva che essendo destinata alla stregoneria, era più che logico che imparassi tutto in breve tempo. Avevo sempre mille cose da fare, mille pozioni da imparare e mille sortilegi da testare. Avevo iniziato a studiare la lingua celtica, che era molto difficile, ma la trovavo affascinante oltre ogni dire. Iniziai a prendere confidenza con il luogo e con i suoi residenti. Cominciai a passare del tempo con delle mie coetanee, anche se provavo simpatia solo per due o tre ragazze, le altre mi mettevano in soggezione. Con mio grande piacere conobbi la figlia di Marie, la piccola Elene. Aveva poco più di tre anni ed era molto intelligente e allegra, i suoi occhi viola erano dolci e pieni di vita. Era adorabile e mi divertivo molto a passare del tempo con lei e a guardarla giocare. Con lei ebbi la conferma che c’era del bene nelle streghe e smisi di pensare che si trattassero di assassine.

Le giornate trascorrevano velocemente, mi dedicavo esclusivamente allo studio e non avevo tempo per pensare alle mie paure. Sentivo che tutto stava andando per il meglio e che ben presto mi sarei messa in paro con le mie coetanee, mi sentivo felice. Felice ma non completa e me ne rendevo conto quando chiamavo Christian. Parlavamo al telefono tutte le sere, prima che io andassi a dormire e ogni volta che sentivo la sua voce desideravo prendere il primo aereo per Roma solo per vederlo poche ore. Ero stanca di dovergli nascondere la verità, non mi sentivo onesta nei suoi confronti anche perché tra di noi non c’erano mai stati segreti. In lui cominciò a nascere il sospetto che gli mentissi, perciò le sue telefonate diventavano sempre più sospettose: credeva che mi vedessi con un altro ragazzo e io soffrivo in silenzio, ogni sua parola era per me come una pugnalata al cuore. Invece di avere il suo sostegno, ricevevo  solo parole fredde, scaricava in quel modo la sua rabbia e la sua preoccupazione, mentre io mi sentivo annegare nella sua sofferenza.

Nonostante questo problema, i giorni sembravano volare e dimenticai che Marie non era la mia unica guida di apprendimento. Era il 15 luglio, il mio dodicesimo giorno nel palazzo, quando qualcuno bussò alla mia stanza. Io ero seduta sulla mia poltrona a leggere, non aspettavo visite. Alzai lo sguardo e vidi di fronte a me un ragazzo alto, con i capelli neri e mossi e gli occhi verdi. Rimasi incantata dal suo sorriso: era ben disegnato sul suo volto e sembrava dolce e onesto. I  nostri sguardi si incrociarono per un tempo che mi parve infinito, mentre il mio cuore batteva a mille e rimasi immobile, incapace di dire una sola parola. Il ragazzo si avvicinò a me e mi porse la mano: “Ciao, Sofia. Io sono Kevin Larris, devono averti parlato di me. Desideravo tornare prima per conoscerti, ma ho avuto numerosi impegni in Francia.”.

In quel momento tornai a riflettere e a prendere lucidità, ma mi sentivo ipnotizzata dai suoi occhi. Gli strinsi la mano e dissi: “Ciao, non ti aspettavo. Vuoi accomodarti?”.

Si mise seduto sulla poltrona di fronte alla mia e iniziò a studiarmi. Abbassai lo sguardo intimidita, mentre aspettavo in silenzio che lui iniziasse il discorso. Dopo un po’ disse: “Marie mi ha parlato di te, mi ha spiegato come hai passato questi primi giorni. Hai avuto molta paura, non è vero?”.

“Ad essere sincera, il primo giorno ero terrorizzata, ma ora sembra che vada meglio, inizio a capire questo mondo. Credo che a modo mio mi sto adattando.”.

Lui mi sorrise, mentre continuava a studiarmi, poi aggiunse: “Sei stata cresciuta da un umano, non mi sorprende che sei un po’ riluttante a riconoscere la tua vera natura. I miei genitori erano entrambi stregoni, ho una mentalità differente dalla tua…”. Si fermò un istante, poi mi guardò serio: “Sai chi sono io?”.

Lo guardai confusa, così dissi: ”Cosa dovrei sapere?”.

Iniziò quindi a parlarmi del suo passato: “Mio padre, Simon Larris, venne dal Canada quando aveva solo sei anni. Il destino volle che nello stesso anno, una bambina italiana rimasta orfana venne accolta in questo palazzo: era Lara, tua madre. Furono per molti anni compagni di giochi e nove anni dopo tra loro nacque una storia, che li ha cambiati profondamente. Si sono amati follemente, fin quando Lara partì per Roma, la sua città natale. Aveva diciotto anni, era troppo giovane per capire che ciò che avrebbe fatto di lì a poco  era un errore. Rimase in Italia per quattro mesi e quando lei e Simon si ritrovarono lei era diversa: aveva conosciuto un italiano ed era convinta che la sua vita potesse proseguire in maniera più semplice, abbandonando la magia. Simon la amava follemente, la lasciò libera di seguire il suo cuore e Lara scelse una nuova vita a Roma. Mio padre credeva che la sua vita avrebbe proseguito senza un senso, che non avrebbe amato nessun’altra. Poi conobbe mia madre, si sposarono e nacqui io. Era felice, più di quanto sperava, aveva un ottimo futuro davanti a sé. Sperava che anche Lara stesse bene e volle constatarlo di persona. Così la cercò e la rivide: era sposata e a breve avrebbe avuto una bambina. Lei gli confessò che non voleva svelare a sua figlia la verità, che la sua bambina avrebbe condotto una vita normale, quella che lei aveva conquistato dopo molti anni. Simon le disse che la piccola non poteva fuggire da ciò che era, che un giorno avrebbe dovuto fare i conti con i suoi poteri, ma Lara non volle sentir ragione. Circa nove anni dopo, Lara tornò al palazzo. Aveva capito che aveva commesso molti errori, che doveva tornare a esercitare la stregoneria. Ci vollero parecchi mesi prima che tutti la riaccettassero nella comunità, ma ci riuscì. Mio padre era rimasto vedovo, poter rivedere Lara era per lui una grande gioia, così fece di tutto per riconquistarla. Con mille difficoltà e mille dubbi, la loro storia riprese da dove era stata interrotta, ancora più potente di prima. Lara confessò a Simon quanto era stato doloroso per lei abbandonarti e che solo in caso della sua morte tu avresti saputo che eri una strega. Gli disse dello scrigno che avresti dovuto ricevere per i tuoi venti anni e che lei aveva sempre saputo che saresti diventata una donna forte e intelligente. Simon però temeva che sarebbe stato troppo tardi per te, che avevi bisogno di essere istruita il prima possibile, ma Lara era sempre stata molto testarda e anche quella volta non dette retta a mio padre. La sua testardaggine però la fece entrare nella Corte e a diventare una delle streghe più potenti. Purtroppo, tre anni fa, durante un attacco nel bosco, si allontanò dagli altri e venne ferita a gravemente. Simon tentò di salvarla inutilmente, persero entrambi la vita quella notte. Li trovarono la mattina seguente, restarono insieme fino alla morte. Lara è stata il grande amore di mio padre e per lei fu lo stesso.”. Rimanemmo in silenzio, a fissare il vuoto.

Erano molte le verità che mi erano state celate su mia madre. Nel giro di pochi giorni avevo scoperto che la sua vita era stata più difficile di quanto potessi immaginare, aveva sempre deciso di allontanarsi dalle persone che amava. Sperai che gli anni con Simon l’avessero resa felice, l’avessero aiutata nei momenti più tristi però mi venne spontaneo chiedermi quanto avesse amato mio padre. Non potevo pensare che lo avesse sposato per un capriccio o perché amare Simon significava continuare la stregoneria, non era capace di una crudeltà simile. Come si può sposare un uomo che non si ama realmente? Avevo pochi ricordi dei miei genitori insieme, ma sembravano felici, fatti l’uno per l’altra.

Tornai a guardare Kevin, chiedendomi se aveva qualcosa in comune con l’uomo che aveva fatto innamorare mia madre. Lui mi guardava insicuro, dopo un po’ di incertezza disse: “Non ci siamo incontrati per caso, sono stato io a insistere perché potessi istruirti. Quello che sto per dirti forse non ti farà piacere, ma voglio che tu sappia la verità, visto che per molti anni ti è stata negata.”

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Capitolo 6
*** Strana motivazione ***


Volevo alzarmi, evitare di ascoltare quello che stava per dirmi, perché avevo il sospetto che avrebbe reso tutto più difficile. Volevo potermi fidarmi di lui come mi fidavo di Marie, ma forse non sarebbe mai stato possibile. Preoccupata dissi: “Non voglio sapere nulla. Speravo che tu potessi aiutarmi, ma non è così, vero?”.

Mi allontanai dalla poltrona e mi affacciai alla finestra, cercando di controllarmi. Kevin mi afferrò per un braccio e mi costrinse a girarmi e a guardarlo negli occhi. Il suo volto era a pochi centimetri dal mio e il suo sorriso era sparito: “Ascoltami, ti prego. Ho perso mia madre quando avevo solo cinque anni, avevo solo mio padre. Quando Lara tornò qui avevo nove anni, ma notai subito il sentimento che la legava a Simon e non mi faceva impazzire. I primi anni non volli sapere nulla di loro due, poi chiesi a mio padre la verità. Lui non sapeva e non voleva mentirmi, perciò mi raccontò del rapporto che aveva con Lara, giurandomi però che questo non poteva sminuire l’amore per mia madre, Anne. Iniziai ad odiare Lara, non potevo far a meno di pensare che Simon non avesse fatto altro che desiderarla, anche quando era sposato con Anne e restare qui divenne insopportabile. Provai a resistere, ma quando seppi di te, credevo di impazzire: li sentii parlare del tuo futuro e mio padre le disse che desiderava conoscerti e che ti avrebbe voluto bene come una figlia. Temendo che tu avresti raggiunto tua madre, decisi di andare in Canada. Simon non si oppose, diceva che avevo bisogno di tempo per riflettere e per capire che il mio odio per Lara e per te non mi avrebbe portato da nessuna parte. Aveva ragione, come sempre, così dopo tre anni ritornai al palazzo di Ermes. Ero cambiato, non ero più un ragazzino, provai ad accettare tua madre. Lei era sempre gentile con me, era paziente ma credo che aveva smesso di sperare che la accettassi. La mattina che seppi della loro morte, il mio odio per lei riaffiorò all’improvviso: se lei non si fosse allontanata durante lo scontro lui non sarebbe morto, se lei non fosse tornata al palazzo, io e lui avremmo vissuto in tranquillità e probabilmente sarebbe ancora qui…”. Si interruppe. Il suo volto era sofferente, non provavo rabbia per lui, volevo solo consolarlo. Prima che potessi dire qualcosa, lui proseguì: “Credevo che l’odio mi avrebbe fatto diventare un mostro, ma passò, riuscii a superare quel momento difficile. Sapevo però che saresti venuta, lo sapevano tutti. Marie cercò di vederti tramite le sue arti e quando ti mise a fuoco le sembrò di vedere Lara. Mi dissero che dovevo allontanarmi da Londra, almeno per i primi mesi e che dovevo starti lontano. Ma io non sono un pazzo, stavo acquisendo potere, così spiegai alla corte che non solo sarei rimasto qui, ma desideravo istruirti personalmente, per due motivi. Il primo, perché mio padre avrebbe fatto il possibile per essere la tua guida e proteggerti. Il secondo è che ho bisogno di avere di te un’idea diversa. Per molti anni ho visto te e tua madre come un pericolo, delle persone negative, ora voglio dimostrare a me stesso che non era vero. Sappi che è difficile: solo guardarti mi fa affiorare ricordi dolorosi. La tua somiglianza con Lara è impressionante, credo che l’immagine che ora ho davanti a me è la stessa che poteva vedere mio padre anni prima, quando osservava attentamente la donna che ha sempre amato. Sei libera di odiarmi, di dirmi che non vuoi avere nulla a che fare con me, me lo merito e lo accetterò.”. Detto questo rimase in silenzio, a fissare il pavimento.

La sua storia e la sua strana motivazione mi preoccupavano molto, ma non era giusto farlo soffrire ancora. Sapevo che ero in grado di affrontare il suo rammarico nei miei confronti. Dovevo dimostrarglielo e trovavo necessario che sapesse che anche  io avevo bisogno del suo appoggio. Mi avvicinai a lui, non sapevo da dove cominciare, non mi sarebbe bastata tutta la giornata per raccontargli di me e dei miei timori :“Non posso odiarti, avrei agito allo stesso modo. Anche io mi chiederò sempre se mia madre ha amato di più Simon rispetto a mio padre ma saperlo non cambierà il mio futuro.”.

Provai a regalargli uno dei miei sorrisi rassicuranti e sembrò che si stesse calmando. Ci guardammo negli occhi per un arco di tempo elevato, ognuno stava studiando l’altro, cercando di capire le emozioni e ciò che stava pensando. Infine abbassai lo sguardo e arrossii.

Lui mi arruffò i capelli e cercò di sdrammatizzare la situazione: “Credo di poterti sopportare… Non è difficile come credevo. “ e mi sorrise.

“Kevin, ho bisogno del tuo aiuto. Senza di te potrei non farcela.”.

“Sono qui per questo, devi solo fidarti di me. Non avrei dovuto scaricare su di te le mie angosce, ho sbagliato, ma non sarebbe stato onesto nei tuoi confronti nasconderti il passato. Avevo pensato di spiegarti tutto dopo alcuni mesi, ma sarebbe stato peggio, non trovi?”.

“Si, forse hai ragione. Mi dispiace per quello che hai sofferto, non posso capire il tuo dolore ma non mi opporrò se un giorno non vorrai più farmi da guida.”.

“Questo non succederà mai… Ehi, ti aspetto domattina alle sette per il tuo primo combattimento. Non cercare scuse. Domani io e te ci scontreremo.”. Uscì dalla stanza, lasciandomi da sola ad affrontare la paura derivante dalle sue parole. Sapevo che un giorno o l’altro avrei dovuto iniziare a combattere, ma in cuor mio speravo che fosse il più tardi possibile.

Rimasi nella mia stanza per molto tempo, cenai da sola e speravo di crogiolarmi nei miei pensieri per il resto della serata, ma Marie venne a cercarmi. Sapeva che avevo conosciuto Kevin e temeva che ciò mi avrebbe turbato. Le spiegai che andava tutto bene e che ero semplicemente agitata per la mia prima battaglia.

Lei mi studiò per qualche minuto, poi tentò di rassicurarmi: “Kevin è un ragazzo fuori dal comune, può metterti soggezione, ma è un bravo stregone e sa il  fatto suo. Ha solo ventuno anni, ma è tra i più potenti a praticare stregoneria. Devi essere onorata di poter apprendere da lui, ma sappi che non sarà semplice, è molto severo e pretende molto dagli altri. Scoprirai da te che è un ragazzo eccezionale, proprio come i suoi genitori. Io li ho conosciuti entrambi e posso assicurarti che hanno fatto il possibile perché diventasse un uomo leale e intelligente. A mio parere hanno avuto ottimi risultati, ma inutile perdere tempo in chiacchiere, lo capirai molto presto. Per domani non aver paura, non ti farà del male, vuole solo che tu impari il prima possibile a difenderti perchè devi essere in grado di badare a te stessa.”.

La ringraziai e lei si congedò, lasciandomi del tempo per riflettere sulle sue parole. Decisi di chiamare mio padre e come al solito raccontai una marea di bugie sull’università. Non meritava tutto questo, il palazzo di Ermes lo aveva privato della sua famiglia, era a tutti gli effetti un uomo solo. Avrei voluto spiegargli del perché mia madre era andata via di casa perché per molti anni si era tormentato credendo di non essere stato alla sua altezza. Avrei desiderato dirgli che stavo diventando una strega, ma che gli avrei voluto bene per sempre e che per lui ci sarei stata ogni volta che avrebbe avuto bisogno di me, ma non era facile, non avrebbe capito, mi avrebbe presa per pazza. Iniziai a comprendere che umani e stregoni non erano ancora in grado di convivere pacificamente e che era necessario nascondere la nostra identità a tutti i costi. Sapevo che un giorno avrei dovuto fare una scelta importante: rinunciare alla mia nuova vita da strega oppure dire per sempre addio a Christian. Fino a poche ore fa credevo che non sarebbe stato necessario perderlo, che avrebbe accettato di starmi a fianco anche se dovevo utilizzare i miei poteri, ma quella sera mi accorsi che le mie erano solo illusioni, amavo Christian più di chiunque altro, ma il mio amore non sarebbe bastato a convincerlo che per lui non ero una minaccia.

 

 

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Capitolo 7
*** Primi allenamenti ***


La mattina seguente mi preparai in fretta e mi recai al cortile, sperando che Kevin avesse cambiato idea e che lo avrei affrontato successivamente. Lui era già lì, seduto su uno dei muretti intento a parlare con un paio di streghe. Quando mi vide mi venne incontro e non potei far a meno di osservarlo come avevo fatto il giorno precedente: anche lui portava degli abiti scuri e la camicia che indossava metteva in evidenza le sua muscolatura. Ero totalmente terrorizzata all’idea di dover combattere contro uno stregone, non riuscivo a pensare con razionalità, volevo solo che la giornata finisse al più presto.

Quando mi venne abbastanza vicino, mi sorrise e mi fece cenno di seguirlo. Mentre ci dirigevamo verso il retro dell’enorme edificio, iniziò a parlare: “Stai tranquilla, non è nulla di troppo impegnativo, voglio solo testare le tue capacità.”.

Ci fermammo in una parte del giardino priva di cespugli e alberi. Il sole picchiava forte anche se era presto, il caldo era insopportabile. Kevin si sistemò a tre o quattro metri di distanza da me e sempre sorridendo, mi disse di attaccarlo usando unicamente la mia forza fisica. Feci un respiro profondo, dicendo a me stessa che era semplicemente una prova e che dovevo solo prestare attenzione a ciò che facevo. Mossi un passo verso di lui, cercando di avvicinarmi, ma non ci riuscii. Era come se polsi e caviglie fossero bloccati con delle ganasce di ferro e per quanta pressione potessi fare, una forza immaginaria non mi consentiva nessun movimento. Provai più volte a liberarmi dalla morsa, ma invano, così alzai lo sguardo verso Kevin. Era molto concentrato, sempre abbastanza distante. Il palmo della sua mano era rivolta verso di me ed emanava un lieve bagliore. Poi chiuse la mano e urlò: “Riprova!”

Feci molti tentativi, cominciavo ad avere mal di testa e il respiro affannato. Quando meno me lo aspettavo,  con i suoi poteri mi scaraventò dalla parte opposta del cortile, sentivo il vento troppo forte contro il mio corpo e aspettavo l’imminente impatto con il suolo. Solo all’ultimo istante, sentii sotto di me una pressione che mi risparmiò di ferirmi gravemente o di rompermi qualche osso. Rimasi seduta per terra, coprendomi la testa con le mani. Cominciava a girarmi la testa e mi sentivo terribilmente spossata. Volevo ritornare nella mia stanza, riposarmi per pochi minuti e calmarmi. Kevin corse verso di me e mi costrinse a guardarlo in faccia: “Rialzati, cosa aspetti? In battaglia saresti già morta… Adesso prova a pensare a qualche incantesimo, sei una strega!”

Con il fiato corto, risposi:“Sono esausta, facciamo una pausa, ti prego.”

Mi sollevò di peso, in pochi secondi ero in piedi di fronte a lui. Mi guardò severo e mi ordinò di ricominciare da capo, perchè non sarei rientrata a palazzo finchè non fossi riuscita ad attaccarlo. Mi concentrai e provai a ricordare tutti gli insegnamenti di Marie, cercando ciò che poteva essermi di aiuto. Decisi di tentare con un incantesimo di invisibilità, ricordavo perfettamente come funzionava. Con un po’ di timore, ripetei la formula in celtico e sentii una forte scossa provenire dal mio corpo. Iniziai a vedere il paesaggio intorno a me più chiaro, segno che il mio incantesimo aveva funzionato. Kevin cambiò espressione, sembrava compiaciuto della mia idea. Mi avvicinai a lui, cercando di farmi venire in mente qualcosa di efficace. Proprio mentre mi sentivo vittoriosa, venni fermata per l’ennesima volta, ma in modo più completo. Kevin aveva bloccato ogni parte del mio corpo, potevo solo muovere i miei occhi. Si avvicinò verso di me, mi afferrò il volto con una mano e mi fece tornare visibile. Mi guardò vittorioso, poi commentò: “Stai iniziando ad usare il cervello! Con un umano o un demone avresti avuto la meglio, ma sappi che se sei invisibile agli occhi, con la magia si può rintracciare ogni tuo movimento.”. Mi lasciò andare, mi allontanai leggermente da lui, ero arrabbiata e stanca: “Per adesso può bastare, ma da ora in poi non faremo altro che esercitarci e non sarò clemente come oggi. Devi attaccare e difenderti contemporaneamente, devi ferire il nemico ma devi pensare a rimanere in vita, chiaro?”

Il suo tono di voce non ammetteva repliche, perciò mi limitai ad annuire e a camminargli a fianco silenziosamente. Proseguimmo per il giardino senza parlare, in parte perché non ne avevo voglia, ma soprattutto perché per la prima volta osservai bene quella parte di cortile. Il sentiero era formato da piccole pietre bianche, ben incastonate tra loro, gli alberi erano altissimi e carichi di fiori. Nelle zone d’ombra c’erano delle panchine in pietra dall’aria secolare, ma perfette in ogni loro dettaglio, su alcune riposavano pigramente dei gatti. In un angolo nascosto del giardino c’era un lago circondato da cinque salici piangenti, con i rami che danzavano nell’aria, scossi dalla lieve brezza. Prima di metter piede in quel luogo, credevo che sarei stata costretta a vivere in un luogo tetro, buio, ma ciò che i miei occhi osservavano e registravano erano la rappresentazione della perfezione. Avrei potuto passare ore a passeggiare in quel giardino, solo per guardare incantata il paesaggio. Kevin notò che la mia attenzione era rivolta al cortile, quindi mi lasciò il tempo di osservare tutto ciò che volevo e mi permetteva di fermarmi di tanto in tanto. Quando rientrammo nel palazzo, mi lasciò  tornare nella mia camera per rinfrescarmi e riposarmi, ne avevo assolutamente bisogno. Mi accorsi che ero stata ben sette ore ad allenarmi, il tempo era letteralmente volato. Mi feci una doccia fresca e mi sentii subito meglio, la testa non mi faceva più male. Decisi di viziarmi un po’, mettendomi della crema per il corpo e sistemandomi i capelli. Infine mi dedicai alla lettura, per rilassarmi e per cercare di apprendere nuove formule.

Dopo un’ora, Marie e Elene vennero a trovarmi, per sapere se andava tutto bene. La bambina mi corse incontro e volle che la prendessi in braccio. Come sempre mi raccontò di come aveva trascorso la giornata e mi dimostrò cosa aveva imparato. Mi riempiva di felicità sentirla ridere e rendermi partecipe dei suoi giochi, ma Marie la congedò, dicendo che aveva bisogno di parlarmi. Sua figlia ubbidì, ma prima di andarsene mi chiese se nei giorni successivi poteva venire a giocare nella mia stanza.

Quando Elene si allontanò, Marie mi riempì di mille domande, voleva sapere tutti i dettagli dei miei progressi e rimase in silenzio finchè non finii di farle un resoconto dell’esercitazione. Quando terminai, disse: “Non credevo che ti avrebbe trattenuta per tutte queste ore, solitamente i primi allenamenti sono meno intensi. Credi che avrai problemi a continuare ad avere Kevin come guida?”.

Ero arrabbiata con lui, aveva fatto di tutto per innervosirmi e c’era riuscito benissimo, ma ero convinta che i suoi insegnamenti erano necessari, anche se erano estenuanti. Non mi sarei tirata indietro per nessuna ragione al mondo: “No, voglio continuare, davvero. Va tutto bene, mi insegnerà molte cose…”. Avevo assunto un tono notevolmente preoccupato, infatti Marie scoppiò a ridere.

“Non temere, nessuno ti impedirà di ascoltare i suoi consigli. Volevo solo avere conferma che tutto andasse per il verso giusto. Però voglio essere informata di qualsiasi problema, anche il più banale, siamo intesi? Non voglio essere tenuta all’oscuro di niente, vista anche la diffidenza che ha nei tuoi confronti.”

Abbassai lo sguardo, dispiaciuta. Odiavo pensare che lui non riuscisse a fidarsi di me solo perché Lara era mia madre, lo trovavo ingiusto. Marie mi studiò per qualche istante, poi sul suo volto si disegnò un sorriso malizioso e aggiunse: “Non essere delusa, il tempo porta consiglio e sono certa che si gli farai cambiare idea.”.

Con quelle parole riuscii a calmarmi e quella sera riposai tranquilla, ignara di come Kevin volesse continuare l’addestramento.

 

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Capitolo 8
*** Incidente ***


Gli allenamenti con Kevin proseguivano ininterrottamente e mi distruggevano fisicamente e psicologicamente. Il primo giorno aveva impedito che mi ferissi, ma successivamente questo non si verificò più. Ogni sera tornavo nella mia stanza con numerosi lividi e tagli su tutto il corpo, molte volte il dolore mi impediva di dormire. Avrei potuto curarmi, ne ero capace, ma Kevin mi costrinse a non farlo, perchè dovevo avere il terrore di farmi del male e questo avrebbe accelerato il mio apprendimento. Così ogni mattina verificava che non mi fossi medicata durante la notte e con il passare delle ore nuove ferite si aggiungevano a quelle che ancora dovevano rimarginarsi. Non aveva alcuna pietà di me, neanche quando mi slogavo un polso o una caviglia e tutto ciò non faceva altro che farmi arrabbiare e innervosire. Provai a ribellarmi numerose volte, urlandogli contro tutto ciò che mi passava per la testa, ma lui continuava a dirmi che i suoi metodi avrebbero avuto presto ottimi risultati e che un giorno lo avrei ringraziato. Avevo forti dubbi sui suoi criteri di insegnamento, ma non commentavo, avevo deciso di soffrire in silenzio o almeno ci riuscii per le prime settimane.

Era appena iniziato agosto, il caldo accompagnava tutti i miei allenamenti. Quel giorno mi sentivo stranamente sicura di me stessa, i lividi cominciavano a diminuire anche se erano sempre evidenti e dolorosi. Mi allenavo da circa tre ore, ero riuscita ad evitare numerosi attacchi da parte di Kevin, ero migliorata tantissimo, lo avevano notato tutti. D’un tratto, mentre scagliavo su di lui dei rami, mi sentii colpire da dietro le spalle. Persi l’equilibrio e l’incantesimo di Kevin mi trascinò per diversi metri lungo il terreno, fin quando il tronco di un albero non fece da ostacolo. Sbattei la testa sul suolo, mentre con la gamba colpii la pianta. Era stata la caduta più violenta degli ultimi giorni, a malapena riuscivo a respirare. La testa pulsava fortemente, mentre sentivo una dolorosa fitta vicino al ginocchio destro, come se delle lame affilate scavassero sotto la mia pelle. Avrei voluto urlare, stavo troppo male, ma il dolore mi impediva di emettere qualsiasi suono, inoltre non riuscivo ad alzarmi in piedi. Il panico lasciò posto alla consapevolezza di essermi rotta la gamba. Alzai lo sguardo, sperando che qualcuno capisse che stavo male e che mi soccorresse.

Seduta per terra, vidi Kevin avvicinarsi a me, mentre diceva: “Forza, alzati. Dobbiamo proseguire. Perché resti immobile?”. Non si era accorto che mi era impossibile stare in piedi, perciò provai a dire con un filo di voce: “Io…non…non posso…cioè…” ma le parole mi morirono in gola.

Non mi dette il tempo di riprendermi e cercò di sollevarmi da terra, prendendomi per le braccia. Proprio mentre mi dava sostegno per alzarmi, il dolore aumentò e urlai: “Fermo… La gamba è rotta. Non posso muovermi. Lasciami a terra.”. Caddi addosso a lui e una fitta ancora più forte mi colpì al ginocchio. Lui mi strinse forte a sé e iniziò a preoccuparsi. Avrei voluto piangere, ma non volevo che lui mi vedesse fragile o vulnerabile, perciò nessuna lacrima rigò il volto. Stringevo i denti per il dolore, sapevo che non mi era possibile muovermi. Kevin mi prese tra le sue braccia e mi portò nella mia stanza.

Quando mi adagiò sul letto, cominciai a perdere la cognizione di ciò che mi succedeva intorno: sembrava di essere invasa dal dolore, nella mia mente non c’era posto per altro. Vidi Marie entrare di corsa nella camera, con il volto preoccupato. Cercai di concentrarmi su quello che stavano dicendo, riuscii a notare solamente che entrambi erano molto agitati. D’un tratto Kevin si avvicinò a me e si sedette al bordo del letto, mentre io mi contorcevo dal dolore. Con voce calma disse: “Tra pochi secondi andrà tutto meglio…Ti curerò io…”.

Forse in quel momento non riuscivo a pensare con lucidità, così iniziai a urlargli addosso: “Ora sei contento, vero? Mi avresti potuto uccidere, ne sei consapevole? E’ questo dolore che mi sta uccidendo… Lo so, non riesco a resistere.”.

Iniziò ad agitarsi, le mani gli tremavano: “No, non è vero, stai tranquilla…”. Posò le sue mani sul ginocchio rotto e rimase immobile.

Mi spostai leggermente per evitare quel contatto e una nuova fitta mi fece inarcare la schiena: “Non mi toccare… vattene via, non voglio vederti mai più. Chiaro? Rispondimi: sono stata abbastanza chiara?”. Kevin rimase interdetto, non sapeva come comportarsi con me, probabilmente non stavo dando un bello spettacolo di me stessa, ma era più forte di me, la rabbia aveva superato il mio autocontrollo.

Marie si avvicinò al letto e mi bloccò le spalle: “Stai tranquilla, vuole solo darti una mano. Non puoi curarti da sola.”. Guardò Kevin e gli suggerì: “Fai in fretta, sta veramente male. Guarda come trema…”.

Lui appoggiò nuovamente le mani sul mio ginocchio e chiuse gli occhi. Sentivo le ossa rimarginarsi provocandomi molta sofferenza, così chiusi e gli occhi e appoggiai la testa sul cuscino. La ferita doveva essere molto grave, perché ci vollero diversi minuti perché le fitte terminassero. Mentre attendevo e notavo che la mia gamba stava migliorando, dissi: “Non voglio restare qui, devo andarmene. Voglio solo vedere Christian, vorrei che lui fosse con me adesso, starei meglio.”

Marie e Kevin non dissero nulla, così riaprii gli occhi: si stavano guardando preoccupati ma non mi risposero. Poi il mio sguardo incrociò quello di Kevin, solo in quel momento mi parlò: “La tua gamba sta ritornando intatta. Riposati questa notte e se domani mattina hai ancora voglia di tornare in Italia nessuno ti tratterrà qui.”. Detto questo tolse le mani dalla mia gamba e si alzò dal letto.

Marie mi studiò per qualche secondo, poi si rivolse a Kevin: “Non può andare via, abbiamo bisogno di lei. Sofia, ti prego, rifletti: è stato solo un incidente, ora stai bene, sei solo un po’ stanca. Domani mattina potrai continuare a esercitarti, come sempre. Si è risolto tutto.”.

Cercai di evitare il suo sguardo e analizzai attentamente la gamba: riuscivo a muoverla perfettamente e non mi provocava alcun dolore, ero veramente guarita, ma sapevo che sarebbe potuta andare peggio. Senza guardare le mie guide, sussurrai: “Non so se sia il caso di restare qui, ci penserò un po’. Nel frattempo voglio restare da sola a riflettere. Soprattutto, non voglio vedere te, Kevin.”. Alzai lo sguardo e notai che lui mi stava fissando senza rivelare le sue emozioni: “Ho tentato di accettare i tuoi metodi, ma sei solamente pazzo. Credi che i tagli, le ossa rotte possano rendermi una strega migliore o una donna più forte? Pensavo fossi uno degli stregoni più abili, speravo di poter contare su di te, invece da quando ti ho conosciuto le poche certezze che avevo su questa nuova vita si sono frantumate.”.

Ci guardammo per un tempo che mi sembrò interminabile, infine rispose: “Non era mia intenzione rendere la tua permanenza in queste mura insopportabile. Vattene, sei solo una ragazzina egoista… Non fai parte del nostro mondo. Un giorno dovrai smettere di scappare dalle difficoltà. Dovrai affrontare i tuoi problemi, ma quel giorno sarai sola. Sola ad a combattere le tue paure.”. Fece cenno a Marie di uscire insieme a lui dalla mia stanza e rimasi sul letto a riflettere. Le sue parole mi avevano ferita profondamente, ogni frase non faceva altro che insinuare dubbi nella mia testa: e se ero io quella sbagliata? Forse non avevo fatto abbastanza per diventare parte di quel mondo, dove ognuno aveva il suo ruolo, le sue convinzioni. Io ero per metà una semplice umana, probabilmente era per questo motivo che mi sentivo così fragile e sperduta. Mi rannicchiai su me stessa e piansi, quella volta non riuscii a tenere dentro le lacrime e con il volto ancora bagnato mi addormentai, desiderando di non aver mai fatto quel discorso con Kevin.

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Capitolo 9
*** Attacco notturno ***


Mi svegliai nel cuore della notte, era impossibile non accorgersi di quanto tremasse la stanza. Doveva essere un terremoto fortissimo, anche perché da oltre la porta si sentiva molta confusione. Balzai dal letto, cercando di farmi strada nel buio. Mi sentivo ancora molto affaticata a causa dell’incidente di poche ore prima. Sapevo che dovevo correre fuori dall’edificio ma credevo che non avrei mai fatto in tempo. D’un tratto la porta si spalancò e la luce proveniente dai corridoi era accecante: “Sofia, muoviti, dobbiamo difenderci!”. Era Kevin, il suo volto era teso e preoccupato. Gli corsi incontro, felice di vederlo e di sapere che era venuto a soccorrermi. Mi buttai fra le sue braccia, faticavo a stare in piedi. Lui mi strinse forte a sé e sussurrò: “Dannazione, sei ancora così debole!”.

Non riuscivo a capire quello che stava succedendo, cominciavo solamente a realizzare che non si trattava di un semplice terremoto e che eravamo nei guai: “Kevin, cosa sta succedendo? Siamo in pericolo?”.

“I demoni ci stanno attaccando. Dobbiamo raggiungere gli altri, in fretta…”. Mi prese per mano e iniziammo a correre, più veloce  che potevo. Le mie gambe però giocavano brutti scherzi, inciampai più volte ma prima che potessi toccare terra le braccia della mia guida mi afferravano per incitarmi a continuare quella corsa contro il tempo. Una parte di me sapeva che stavamo andando incontro alla morte, ma improvvisamente mi sentivo tranquilla: ero con Kevin, avremo combattuto insieme, non mi aveva abbandonata. Saremo rimasti insieme fino alla fine e d’un tratto capii quanto fosse importante per me. Finalmente avevo trovato la mia motivazione: renderlo fiero di me e farmi perdonare le cose orribili che gli avevo urlato in faccia. Potevano sembrare scopi insignificanti, ma in quel momento era ciò che mi dava forza per affrontare le mie paure.

Mi lasciai condurre verso corridoi privi di luce e stretti finchè non arrivammo in una sala antica e abbandonata. Una sua parete era rasa al suolo, consentendo il passaggio a degli esseri deformi e dalla pelle grigia. Alcuni di loro avevano delle armi arrugginite che ferivano gravemente la mia gente. Nella sala erano presenti tutte le streghe e tutti gli stregoni, ognuno di loro si batteva con coraggio per evitare che i nostri nemici si impossessassero del palazzo. Riconobbi la maggior parte delle persone con cui avevo condiviso le mie ultime giornate e non potei fare a meno di notare che molti erano stesi a terra. Un centinaio di cadaveri erano sdraiati sul pavimento, nessuno si curava più di loro, la battaglia non era terminata e sarebbe andata avanti ancora per molto.

Kevin d’un tratto abbandonò la mia mano e voltandosi per regalarmi un ultimo sguardo disse: “Se vedi che per noi non c’è più speranza, scappa. Fallo per me.”. E corse via, nel giro di pochi secondi mi risultò difficile distinguerlo tra la folla. Il non vederlo mi provocò una strana reazione: mi sentivo persa, temevo di non avere più occasione di rivedere i suoi occhi verdi e sinceri, era una paura superiore a quella del combattere. Sapevo che non sarei mai riuscita a scappare da quelle mura, i demoni non mi avrebbero permesso di allontanarmi, mi avrebbero uccisa, in un modo o nell’altro. I miei pensieri furono interrotti da tre mostri che mi circondarono e che erano pronti ad attaccarmi. Avevano occhi simili a quelli dei serpenti e la loro pelle era lucida, dai loro pori usciva una strana sostanza viscida. Non potevo far a meno di notare il loro odore sgradevole e la loro voce rauca. Senza esitazione lanciai il primo incantesimo: due demoni caddero a terra, in una pozza di sangue. Il terzo nemico mi corse incontro, agitando la sua ascia e urlando a squarciagola. Tesi la mano contro di lui e pronunciai la formula in celtico: la sua arma esplose e pezzi della sua lama gli trafissero il cranio. Rimase immobile davanti a me, mentre sul suo volto sfigurato compariva un perfido sorriso, poi scivolò per terra, privo di vita.

Sentii che le forze mi stavano abbandonando: Kevin aveva ragione, ero ancora debole. Mi appoggiai ad una delle pareti, cercando di riprendere fiato. La stanza intorno a me sembrava ruotare senza sosta, avevo la vista annebbiata. Dovevo continuare a combattere, sapevo che ero in grado di lottare lucidamente ancora per un po’. I minuti passavano lenti, i gesti erano sempre più precisi e i riflessi rapidi. Tolsi la vita ad altri sei demoni, poi lottai con un mostro altissimo, infine persi il conto dei nemici che stavo uccidendo. In quel momento non riuscivo a percepire la presenza delle altre streghe, ero concentrata unicamente su me stessa e le mie strategie. Non avevo modo di cercare con lo sguardo le mie guide, perché per ogni demone che riuscivo a sconfiggere, un altro mi si parava davanti. Oltre agli incantesimi, iniziai a ricorrere alle armi, perché ero riuscita a sfilare un pugnale ad uno dei corpi stesi a terra.

D’un tratto riconobbi Marie, un demone la stava mettendo in difficoltà ma lei sembrava ancora sicura di sé. Mentre le correvo incontro per prestarle aiuto, il mostro la trapassò con la sua spada. Dal ventre di lei iniziò a fuoriuscire del sangue, il suo volto divenne pallido e le sue gambe cedettero. Il demone la afferrò per i capelli e pronunciò un incantesimo di fuoco. Parte del suo viso fu invaso da delle fiamme verdi e iniziò ad urlare per il dolore. Accelerai il passo e mi gettai contro quell’essere ripugnante. Si girò di scatto, mi ferì ad un braccio e cominciai a sanguinare. La ferita non era molto profonda ma occupava tutto l’avambraccio, impedendomi di muovere l’arto. Sentivo la ferita bruciare mentre del sangue caldo colava lentamente sulla mia pelle, per poi lasciare delle macchie scure sul pavimento.

Il demone rise soddisfatto, credeva di essere a un passo dalla vittoria, ma la mia rabbia era incontenibile, aveva fatto del male a Marie e avrebbe pagato con la sua stessa vita. Lo colpii con il pugnale in pieno petto e pronunciai un incantesimo di avvelenamento. In quel modo la lama della mia arma fu letale per lui e in pochi secondi il suo cuore smise di battere.

Corsi incontro a Marie, che giaceva a terra, immobile. Mi inginocchiai vicino a lei e le tolsi i capelli dal viso. Il suo volto era in parte bruciato, cancellando alcuni dettagli dei suoi lineamenti. I suoi grandi occhi viola erano sbarrati, la bocca socchiusa. Provai a chiamarla due, tre volte, ma invano. Recitai alcune formule di guarigione, ma non c’era più niente da fare per lei. Tra le lacrime le dissi: “Marie, non puoi andartene così… Marie…

Un uomo corse verso di me e prese il corpo di Marie tra le sue braccia. Era alto, i suoi capelli erano in parte ingrigiti, ma il volto non dimostrava alcun segno dell’età. Aveva le lacrime agli occhi e in quel momento capii che era suo marito. Le baciò la fronte e la guardò attentamente, mentre non poteva celare il suo dolore. Le sussurrò qualche frase all’orecchio, ma non riuscii a capire nulla a causa della grande confusione nella stanza. Poi vidi Kevin, era stanco ma non sembrava ferito. Si voltò verso di me e capì che era successo qualcosa di terribile. Lo vidi venirmi incontro, guardare il corpo privo di vita di Marie e baciarle la mano. Anche il suo volto non riusciva a nascondere la sofferenza per la perdita di una buona amica, ma a differenza di me, sembrava ragionare con lucidità.

Mi aiutò a rimettermi in piedi e in quell’istante notò il braccio sanguinante: “Vieni, andiamocene da qui. Per adesso non c’è più nulla che puoi fare.”.

Guardai per l’ultima volta Marie, cercando di smettere di piangere e lasciai che Kevin mi conducesse lontano da quell’inferno. La battaglia era finita, avevamo respinto i demoni, ma probabilmente a un caro prezzo. Da quel che avevo potuto constatare c’erano state molte vittime tra di noi e molti feriti.

Kevin rimase vicino a me, a consolarmi e a medicarmi il braccio. Ero a pezzi, era come se vagavo in una stanza buia e fredda , mentre lui era un piccolo spiraglio di luce, lontano e difficile da raggiungere, ma una parte di me, non so se la testa o il cuore suggeriva di andargli incontro.

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Capitolo 10
*** Un nuovo membro ***


Ritornare alla normalità non fu facile, non potevo cancellare dai miei ricordi il dolore, la morte e le terribili immagini della notte dell’attacco, l'unica mia certezza era che non potevo abbandonare la mia gente, sarei rimasta ad affrontare le avversità con loro. L’intero Palazzo non si fermò un solo istante, vennero organizzati i funerali per i deceduti e iniziò la ricostruzione delle sale distrutte. Fortunatamente, dopo la tragedia ci fu una buona notizia: Kevin avrebbe fatto parte della Corte dei Severi. Lui era felicissimo e emozionato, così il suo entusiasmo riuscì a contagiarmi e a tirarmi su il morale.

La cerimonia di nomina era fissata per il 9 agosto alle sei del pomeriggio. Mancava solo mezz’ora e sarei scesa alla sala, tutto era perfetto, la serata sarebbe stata fantastica, mi sentivo bene. Mentre mi stavo sistemando i capelli, squillò il cellulare: era Christian.

“Ciao, amore… Come stai?”.

“E me lo chiedi? Sofia, che stai facendo? Ti rendi conto che è più di una settimana che non ti fai sentire?”. Sembrava molto arrabbiato. Possibile che mi ero dimenticata di telefonargli? Avevo così tanti pensieri che mi ero scordata di lui, non mi era mai successo.

“Possibile? Ti sbagli, non può essere passato così tanto tempo. Mi dispiace se ti ho fatto preoccupare…”.

“Senti, smettila con i tuoi soliti mi dispiace e dimmi che hai… Da quando sei partita è cambiato qualcosa, anche tu sei cambiata. Voglio la verità…

Aveva ragione, ero diversa, ma non potevo dirgli quello che stavo vivendo. Inoltre non ero più sicura dei miei sentimenti nei suoi confronti, anche perché cominciavo a voler bene a Kevin e questo iniziava a logorare la mia storia con Christian. Sapevo però che parte della verità dovevo rivelargliela: “Non sai quanto mi è difficile dirtelo: sono confusa. Qui è tutto diverso, mi sono resa conto che voglio di più da una relazione. Tu sei importante per me, ma non mi basta più. Mi dispiace dirtelo così, avrei dovuto parlartene prima…”.

“Oddio, Sofia. Che stai cercando di dirmi? Mi vuoi lasciare?”. Era sempre più nervoso, odiavo quando si arrabbiava in quel modo, non ragionava più.

“Voglio del tempo per riflettere. Non ti chiedo altro.”

“Forse non hai capito: voglio una risposta in questo preciso istante…”.

Non sapevo cosa dire, non volevo prenderlo in giro o ferirlo, ma sapevo di non amarlo più come prima. Con voce tremante, risposi: “Hai ragione, forse è meglio farla finita. Non pensavo che sarebbe andata in questo modo. Temo che questo sia un addio…”.

“Allora addio, Sofia. Non sentiamoci più, è meglio troncare ogni tipo di rapporto.”. E riattaccò. Mi misi seduta sul pavimento, la schiena appoggiata al letto. C’è un limite alla sofferenza? Dopo quanto dolore un cuore può smettere di battere? Io ero al limite della sopportazione, mi sentivo vuota e insensibile. Avrei desiderato starmene immobile per sempre, lasciare che i minuti, le ore scivolassero sul mio corpo privando la mia vita di ogni senso. Rimasi a fissare il pavimento, senza muovermi, fin quando suonò la sveglia del cellulare, per ricordarmi che la cerimonia stava per iniziare. Mi guardai per l’ultima volta allo specchio, notando il riflesso di quella ragazza vestita di scuro e con il volto stranamente pallido.

I corridoi erano deserti, erano già tutti alla Sala Reale. Accelerai il passo, desideravo distrarmi, essere circondata dalla gente, per non pensare a Christian. Sapevo che lasciarlo era la scelta più opportuna perché ormai avevo deciso di vivere come una strega. Questo nuovo mondo non poteva coincidere con quello passato, inoltre non avevo intenzione di mollare tutto, non dopo tutto quello che avevo passato.

Entrai nella sala e presi posto.  Non c’erano addobbi o decorazioni, tutto era molto semplice, ma elegante e curato nei minimi dettagli, come sempre. Al centro della sala presero posto i membri della Corte dei Severi e notai subito che era stata preparata una poltrona vuota per Kevin. Nella sala scese il silenzio e prese parola Edmond Cross, uno stregone con cui avevo avuto modo di parlare poche settimane prima. Era un uomo sui trenta anni ed era molto intelligente e affascinante: “Io, Edmond Cross, parlo a nome della Corte dei Severi. Convochiamo Kevin Larris.”.

Kevin entrò deciso nella stanza. Oltre al suo classico abbigliamento composto da camicia nera e pantaloni scuri, aveva un mantello nero che gli regalava un fascino particolare. Il suo volto era serio e un po’ teso. Appena lo vidi, mi sentii subito meglio, dimenticai quello che avevo fatto pochi minuti prima e pensai solo a lui. Strinse la mano a Edmund, che proseguì: “Kevin Larris è invitato ad unirsi alla Corte dei Severi per il suo continuo impegno in questi anni per la nostra comunità e per il coraggio mostrato nell’ultima battaglia. Kevin Larris, ti offriamo un grande privilegio, ma da esso derivano grandi impegni. Sei disposto ad accettarli e continuare il tuo operato con giudizio e fedeltà per la nostra comunità?”.

“Io, Kevin Larris, sono onorato di entrare a far parte della Corte dei Severi e giuro di accettare le responsabilità che mi affiderete.”.

“Allora così sia. Hai la nostra fiducia, siamo sicuri che non ci deluderai.”.

Si strinsero nuovamente la mano, poi Edmond lasciò Kevin da solo: era il momento del discorso. Ci aveva lavorato a lungo, in modo quasi maniacale e non mi aveva dato il permesso di leggerlo. Fece uno dei suoi soliti sorrisi, poi cominciò a parlare: “Io, Kevin Larris, ho sempre desiderato far parte del Corte dei Severi, ma non sempre i sogni possono avverarsi. Quest’oggi però questo sogno è diventato realtà, ma ho ancora molti progetti, molti desideri. Mi sono accorto che questo non è il punto di arrivo, ma un punto di partenza. E’ l’opportunità per migliorare me stesso e ciò che mi circonda. In questo giorno vorrei ricordare a tutti voi il nostro obbiettivo: vivere senza la minaccia dei demoni e della Setta dei Giusti. Un singolo individuo non può nulla, ma insieme possiamo cambiare la nostra vita.”.

Streghe e stregoni applaudirono entusiasti. Kevin sorrise e si mise seduto alla sua poltrona. Ero fiera di lui e sapevo che lui in quel momento era felicissimo. Tutti i membri della Corte si alzarono dal loro posto e andarono a stringergli la mano, come da tradizione. La cerimonia era finita, lasciando posto ai festeggiamenti.

Mi avviai con la folla alla sala dove era stato organizzato un buffet e attesi l’entrata di Kevin, volevo fargli le mie congratulazioni e parlargli, ormai sapevo che passare del tempo con lui mi faceva stare bene. Aspettai impaziente per alcuni minuti, fin quando i componenti della Corte entrarono chiacchierando. Ovviamente, l’attenzione era tutta per il nuovo membro, perciò si trattenne con decine di persone che volevano scambiare due chiacchiere con lui, poi finalmente si avvicinò verso di me e lo abbracciai, sussurrandogli all’orecchio che meritava tutto questo e che ero felicissima per lui.  Mi studiò per qualche istante e prese il mio volto tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi: “Per me tutto questo è molto importante, ma se tu fossi ritornata in Italia, la mia nomina non avrebbe colmato il vuoto che avresti lasciato.”

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Capitolo 11
*** Anne ***


“Per me tutto questo è molto importante, ma se tu fossi ritornata in Italia, la mia nomina non avrebbe colmato il vuoto che avresti lasciato.”

Rimasi pietrificata da quelle parole, dal suo sguardo carico di sentimento. Avrei tanto voluto dirgli che per me lui era importante, che stava diventando parte della mia nuova vita, ma una parte di me aveva paura. Io e Christian ci eravamo appena lasciati, non ero pronta a lasciarmi andare in una nuova storia, inoltre non mi sembrava giusto.

Presi coraggio e mentre Kevin mi teneva ancora il volto con le sue mani, dissi: “Cosa vuoi dire? Ti prego, ho bisogno di capire...”.

“Cosa c’è da capire? Pensavo che i miei gesti e le mie attenzioni fossero chiare. Sofia, io mi sto innamorando di te, ogni secondo passato al tuo fianco è un regalo meraviglioso. Lo so che sta succedendo tutto in così poco tempo, ma io voglio provare a starti vicino e non solo come una guida o come amico...”.

Abbassai lo sguardo, non avevo il coraggio di guardarlo ancora negli occhi. Improvvisamente ebbi paura delle sue parole, anche se erano sincere. Forse non ero ancora pronta per amarlo, o forse già provavo qualcosa per lui. In quell’ istante mi resi conto che avevo paura solamente della mia indecisione. Lui capì dalla mia espressione che qualcosa non andava e si allontanò un po’ da me.

Rialzai lo sguardo e guardai il suo volto deluso: “Kevin, io non so cosa provo per te. Sono certa che ti voglio bene, sei il mio punto di riferimento e la persona che mi è stata più vicina in questo periodo difficile. Con te ho conosciuto parti del mio carattere che ignoravo, ho scoperto cos’ è il terrore, la sofferenza, ma ho anche capito che a volte esce una parte di me del tutto nuova, la mia parte più coraggiosa. Io ho così tante cose da imparare, devo ancora conoscere me stessa, perché non sono più la ragazzina che viveva a Roma, persa nel suo mondo. Come posso provare a conoscerti se ancora non so chi sono io? Iniziare una storia con te non mi porterebbe da nessuna parte, mi confonderebbe le idee. L’ unica cosa che conta per me in questo momento è diventare una strega forte e indipendente, tutto il resto è solo una distrazione che non posso permettermi.”. Mentre dicevo questo delle lacrime scorrevano solitarie sul mio viso, soffrivo terribilmente, ero distrutta. Desideravo con tutto il cuore amarlo, renderlo felice, essere al suo fianco, ma i problemi e la sofferenza degli ultimi giorni creavano una barriera tra noi due. Nel mondo c’erano cose più importanti dei miei sentimenti nei suoi confronti, c’era una guerra che durava decenni, c’era odio. Avrei tanto voluto che tutto questo sparisse, che ci fossimo solo lui ed io, ma tutto ciò era da egoisti, non potevo fingere di non vedere la terribile realtà che ci circondava.

Speravo che lui capisse, che il mio discorso non rovinasse il nostro rapporto, ma non fu così. Mi guardò adirato, i suoi occhi mostravano tutta la sua rabbia e rispose: “Lo sapevo, pensi sempre a te stessa. Per te non conta nient’ altro, le persone che ti circondano non hanno alcun valore. Io darei la vita per te e tu mi ripaghi in questo modo? Stai rovinando uno dei giorni più belli della mia vita, aspettavo questo momento da tanti anni e con due semplici parole l’ hai reso un inferno. Tu sei proprio come tua madre, distruggi tutto ciò che hai intorno.”.

Non erano solo le sue parole a ferirmi, era anche il suo sguardo, carico di odio e rancore. Non era più il Kevin che mi era stato accanto negli ultimi giorni, era un estraneo. Non voleva capire ciò che provavo, quanto stessi soffrendo in quel momento. La sua freddezza nei miei confronti mi fece sentire sola, per la prima volta da quando mi ero trasferita al Palazzo di Ermen. Nei primi giorni sapevo di poter contare su Marie e quando lei era morta, non mi sentivo abbandonata perchè Kevin era al mio fianco, mi aveva dato la forza per rialzarmi e sperare in un futuro migliore. Ma in quel momento ero veramente sola e mi mancava il respiro.

Dovevo allontanarmi da quegli occhi verdi e da quello sguardo crudele. Piangendo, corsi lontana da lui, non mi importava più della festa. Uscii dal salone, percorsi di fretta i corridoi deserti, sperando che nessuno mi seguisse. Andai nel giardino, l’ aria era calda, non c’ era un filo di vento. Mi incamminai verso un viale secondario e mi misi seduta su una panchina, sola con il mio dolore. In quel momento riuscivo solamente a piangere, non volevo fare altro. I singhiozzi mi toglievano il respiro, mi sentivo a pezzi. Dopo circa dieci minuti iniziai a calmarmi, mi asciugai le lacrime e mi lasciai travolgere dal silenzio del giardino. Sapevo che nessuno avrebbe notato la mia assenza almeno fino alla fine dei festeggiamenti. Nessuno mi avrebbe cercata e nessuno avrebbe interrotto quel momento. Decisi di rimanere lì ancora per un po’, avrei affrontato i miei problemi in un altro momento, magari il giorno successivo.

Ad un tratto sentii una risata cristallina, molto simile alla mia. Sentivo dei passi veloci verso la mia direzione e improvvisamente vidi una ragazza, forse più giovane di me, che correva spensierata. Dietro di lei c’era un ragazzo alto, con i capelli castani e un po’ lunghi. Il ragazzo la raggiunse e la abbracciò teneramente. In quel momento vidi il volto della ragazza: era mia madre. Mi alzai dalla panchina e urlai: “Mamma!”. Ma lei non mi sentì, nemmeno quel ragazzo. Non riuscivano a vedermi, mentre io non riuscivo a credere ai miei occhi.

I due ragazzi si guardavano intensamente e si misero seduti su una panchina vicino a quella dove fino a poco fa ero seduta. Ero incantata da tutto ciò, forse stavo sognando e non avevo intenzione di svegliarmi. Una nuova lacrima mi bagnò il viso, ero così vicina a mia madre, potevo rivedere ancora una volta il suo volto.

Il ragazzo le baciò delicatamente le labbra e le disse: “Promettimi che sarà sempre così.”

Lara lo guardò interrogativa: “A cosa ti riferisci Simon?”. Simon. Quel ragazzo era il padre di Kevin. Lo guardai in volto, per trovare delle somiglianze. L’ unica cosa in comune con il figlio erano gli occhi, dello stesso colore che mi aveva incantato.

Simon riprese a parlare: “Promettimi che non ci lasceremo mai, che un giorno mi sposerai e che passeremo tutta la vita insieme.”.

Lara sorrise dolcemente e rispose: “Lo prometto. Nulla potrà cambiare quello che provo per te, perché io ti amerò sempre. Prometto anche che un giorno ti sposerò, ma quel giorno è ancora lontano. Abbiamo solo quindici anni!”. Entrambi scoppiarono a ridere, felici di essere insieme. Sorrisi amaramente e mormorai tra me e me: “Mamma, non sai quanto ti sbagli.”.

L’ immagine si dissolse lentamente e davanti a me trovai una donna che indossava un lungo mantello nero. I suoi capelli castani scuri erano molto corti e lisci. I suoi occhi erano scuri, spenti, ma di un taglio bellissimo. Era molto magra, con il volto delicato che stonava con il suo sorriso. Si, perché quel sorriso non mi convinceva per niente.

“Sofia, finalmente ho il piacere di conoscerti.”.

Indietreggiai titubante: “Chi sei tu, e come sai il mio nome?”.

“Sono l’ unica donna che abbia amato Simon. Io sono Anne.”.

Non era possibile, non poteva essere la madre di Kevin.

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