Saga di Nami e Zoro - Loneliness (Episode II)

di Nami88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** GOODBYE ***
Capitolo 2: *** THREE YEARS LATER ***
Capitolo 3: *** THE BEGINNING OF THE END ***
Capitolo 4: *** UNEXPECTED - The shadow of yourself ***
Capitolo 5: *** NOBODY WITHOUT YOU ***
Capitolo 6: *** SWEET DREAM or BEAUTIFUL NIGHTMARE? ***
Capitolo 7: *** THIS IS NOT YOUR PLACE ***
Capitolo 8: *** NO MORE PART OF THIS FAMILY ***
Capitolo 9: *** DON'T BE IDIOT! ***
Capitolo 10: *** STORM INCOMING - Nami's home ***
Capitolo 11: *** I DON'T WANNA CRY ***
Capitolo 12: *** LOSING MYSELF - I got lost, as I always do... ***
Capitolo 13: *** AND NOW? ***
Capitolo 14: *** SURPRISE ***
Capitolo 15: *** Nami: I'M GONNA HAVE FUN! ***
Capitolo 16: *** Zoro: THE MASTER OF MY FAITH, THE CAPTAIN OF MY SOUL ***



Capitolo 1
*** GOODBYE ***




ALCUNI DEI PERSONAGGI  PRESENTI IN QUESTA FACFICTION NON SONO DI MIA PROPRIETA' MA SONO UTILIZZATI

NEL RISPETTO DEL PROPRIETARIO E DEL RELATIVO COPYRIGHT.
ALTRI SONO INVENTATI.
LA STORIA E' DEL TUTTO ORIGINALE.






« Così hai già deciso »
« Già…Ehi non guardarmi così d’accordo?! »
« Perdonami, non posso farne a meno. Sai come la penso. Quando glielo dirai? »
« Pensavo stasera. Il prossimo porto è tra un paio di giorni, non posso permettermi di attendere oltre »
« Capisco. Fammi sapere come la prende. Vai subito? »
« Sì, è meglio. Sono già abbastanza agitata. Non chiuderei occhio stanotte se non gli parlassi, non credo ci riuscirò comunque anche dopo averlo fatto ma avrò un pensiero in meno. Non aspettarmi alzata » disse Nami a Robin mentre usciva dalla stanza.
« Sai che non lo farò! » rispose sorridendo l’archeologa.

« Ehi ragazzi – chiese affacciandosi in cucina – Avete visto Rubber? ».
« Nami tesoro! Perché cerchi Rubber? Ci sono io per te! »
« No Sanji, ti ringrazio. Ho proprio bisogno di Rubber »
« Peccato – facendo spallucce – Lo troverai sul ponte allora! A dopo mia diletta! »
« Grazie molte » azzardando un sorriso teso.

Appena poggiati i piedi nudi sulla fresca erba del giardino, si fermò per un secondo e deglutì. La luce della luna era così intensa da illuminare ogni angolo, ma tra le luci e le ombre tutto era argento e nero e faceva fatica a distinguere le sagome, quindi si guardò attorno per scrutare la nave.
“Eccolo là – sospirando fra sé e sé – Coraggio Nami!”. Incalzò gli ultimi passi per raggiungere Rubber appollaiato sulla polena della nave, a gambe incrociate.

« Ciao Nami! »
« Ciao capitano »
« Non è una serata meravigliosa? La luna e le stelle riflettono sul mare, sembra che stiamo navigando su un mare di stelle! ».
Nami si affacciò e ammirò colpita lo spettacolo sotto i suoi occhi.
« Hai proprio ragione. Il mare stasera sembra un dipinto…un grande dipinto. Tanti anni che navigo e non avevo mai visto uno spettacolo simile »
« Già – rispose Rubber – Allora Nami, che c’è? Sei strana in questi giorni. Sarò un po’ svanito ma non sono certo stupido! » disse sorridendo trattenendo il cappello di paglia con la mano, prima che una folata di vento lo portasse via.
« Non ti si può nascondere niente eh… »
« Avanti Nami, quanti anni sono che ci conosciamo? Non sarò attento come altre persone ma penso di capire quando un’amica ha dei pensieri per la testa. Strano ma vero, ma a volte capita anche a me! Eh eh eh! »
« In questo caso… »
« Sputa il rospo! ».
« Sono venuta qua per questo in effetti. Voglio che tu sia il primo a saperlo, a parte Robin che ovviamente già lo sa, ma tu sei il capitano. Non voglio girarci intorno ancora per molto: Rubber, lascio la ciurma ».
………
Rubber si era incupito e le dava le spalle.
« Rubber, di’ qualcosa… »
« Che dovrei dire? Che sono contento? Forse sono quasi arrabbiato »
« Rubber... »
« Sei la nostra navigatrice, la nostra cartografa e il nostro tesoriere…sei praticamente il mio vice! »
« Non dire sciocchezze, è Zoro è il tuo vice »
« Si ma lui è il braccio destro e tu il sinistro…A chi la affido la carica se te ne vai? Sanji non è in grado di concentrarsi, Zoro dorme appena si appoggia a qualcosa, Chopper è troppo inesperto e non sa nemmeno nuotare! Usop è troppo fifone. Franky e Brook forse potrebbero andare...e forse anche Robin in effetti, ma non ha importanza…nessuno riuscirà mai a sostituirti! E io… »
« Rubber tu sei il miglior capitano che potrei mai desiderare, ne abbiamo passate così tante assieme ma ho bisogno di una svolta. Ho bisogno di cambiare vita. Di essere una persona diversa. Se resto qui, non posso cambiare. Non chiedermi perché...però arriva un momento in cui devi farlo. Non so come spiegare… »
« Non devi giustificarti, ognuno ha le proprie ragioni – si arrese infine – Dimmi solo se il motivo per cui lo stai facendo è quello che penso io »
Nami attese.
« E’ così non è vero? » chiese Rubber.
Nami sospirò « ….forse ».
« Lo immaginavo. Non credevo saresti arrivata a tanto. Credevo che lo avresti superato ma sbagliavo…Quindi la decisione è presa? »
« Sì, direi di sì. Non essere arrabbiato, ti prego »
« Non sono arrabbiato – disse cercando di azzardare un sorriso – Sai che quando sono triste mi arrabbio, più che altro per il dispiacere di perderti non perché sia davvero arrabbiato con te. Voglio che tu sia contenta Nami, davvero! E’ la tua vita…In altre circostanze ti impedirei anche con la forza di fare ciò che stai facendo ma le tue ragioni sono importanti, per quanto discutibili, quindi ho deciso che non ti tratterrò se non te la senti »
« Grazie Rubber, lo apprezzo molto » sospirò appoggiandosi al bordo della Sunny.
« Allora, dove ti scarichiamo? »
« La prima isola è tra un paio di giorni, mentre voi farete rifornimento io sbarcherò »
« Lo dirò domani ai ragazzi. Sanji e Chopper saranno distrutti per un bel po’. Anche Usop…Quando Sanji è di cattivo umore cucina da paura! Brrr...non voglio pensarci! »
« Già è vero! Riesci sempre a farmi sorridere! Ora vado a dormire, vorrei lasciarvi un paio di scartoffie prima di salutarvi e domani sarà meglio iniziare a lavorarci, non mi vedrete più molto presto credo… »
« Non preoccuparti, fai quel che devi »
« Grazie, buonanotte capitano ».
« Buonanotte Nami ».

---Nella stanza delle ragazze
« Ehi, eccoti qui ».
« Ciao Robin ».
« Sei stata fuori un po’. Come l’ha presa? ».
Nami si cacciò sul letto sbuffando e guardando il soffitto.
« Lo conosci. All’inizio si è arrabbiato poi ha cercato di nascondere il dispiacere dietro un sorriso a trentadue denti ma in fondo credo stesse per piangere o per esplodere…o tutte e due…alla fine l’ha accettato, comunque. Rubber è maturo quando deve fare il capitano. Domani lo dirà agli altri… E’ ora di dormire »
« Già, suppongo di sì ».
« Buonanotte Robin » finì sorridendo e guardandola con gli occhi lucidi.

***ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti!
Sono tornata e chiedo scusa se ci ho messo un po'.  Dopo aver passato 3 settimane a fare dei disegni ho provato a caricarli e non si vedono, che bello ^_^ Fa niente dai!
Ricomincia con questo capitolo la saga di Nami e Zoro, che spero vi emozionerà come ha emozionato me mentre la scrivevo e soprattutto spero vi piaccia come è stato per il primo episodio!
Come dicevo nell'introduzione, la trama di per se è molto semplice: il mio intento è stato quello di riuscire a tirare fuori i sentimenti dei protagonisti, piuttosto che arrampicarmi su di una trama troppo elaborata. I sentimenti, i pensieri e le emozioni sono al centro di questo episodio. Mentre scrivevo cercavo di sentirmi come loro, di soffrire con loro, gioire con loro, avere paura come loro e sono le stesse sensazioni che voglio trasmettere a voi. Spero di aver fatto un buon lavoro, anche stavolta me la sono riletta così tante volte che non me ne rendo più conto...
La colonna sonora che ho scelto per questa seconda avventura è "Need you now" di Lady Antebellum (che è una canzone meravigliosa e consiglio comunque di ascoltare perchè ne vale la pena) e "Solo un volo" di Eros e Ornella Vanoni.
Buona lettura e grazie!

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Capitolo 2
*** THREE YEARS LATER ***





Erano passati tre anni da quando li aveva salutati ed erano successe un sacco di cose.
Aveva portato con sé qualche spicciolo e aveva deciso di sbarcare a Crop Circle Island, l'isola più vicina in quel momento seguendo la rotta.
Il momento dell’addio era stato doloroso, pensava che sarebbe stata più forte e che avrebbe fatto pesare meno a tutti (compresa sé stessa) la difficoltà del distacco. Ovviamente sbagliava.
Aveva abbracciato forte Rubber, ringraziandolo per tutto quello che avevo vissuto con lui e la ciurma e lui aveva risposto:
« In bocca al lupo Nami, spero di rivederti prima o poi »
« E io ti auguro di diventare il Re dei Pirati, spero di sentir parlare di te molto presto! ».
Chopper e Sanji erano sull’orlo di una crisi isterica, peggio di quando Rubber aveva annunciato la cosa. Anche Usop non era di buon umore. Brook e Franky erano molto dispiaciuti, specialmente Franky che per poco non annegava nel mare di lacrime che lui stesso stava versando.
Zoro non si era nemmeno fatto vedere. Chi se ne importava, era l’ennesima conferma del fatto che stava facendo la cosa giusta .
Ultima ma non meno importante abbracciò la sua amica, ormai una sorella maggiore, Robin. Le lacrime non si trattennero.
« Addio amica mia, mi mancherai »
« Anche tu Robin. Grazie di tutto. Tieni d’occhio questi scapestrati d’accordo? »
« Ci penserò io a loro, anche se non sarò mai brava come te. Su, vai o mi metto a piangere anch’io! ».
Scese sul pontile senza voltarsi ma quando mise piede sulla terra ferma non poté resistere e volle guardarli un’ultima volta, nonostante si fosse promessa di non voltarsi indietro: erano controluce sulla nave e la fissavano come se volessero restare a guardarla finché non fosse sparita del tutto tra la folla. Poteva vedere che Sanji aveva acceso ben più di una sigaretta e Chopper stringeva tra i denti un fazzoletto cercando di trattenere il pianto. Rubber si sbracciava per salutarla con un gran sorriso. Cercavano di sorridere tutti per la verità ma senza un gran successo. Nami li guardava triste ma le facevano una gran tenerezza, si meritavano più di un semplice “addio”.
« Ehi, perché non facciamo una fotografia tutti assieme? Dai scendete! Ho la macchina fotografica con me! Chiederemo a un passante di scattarla! » e così fu. Rubber andò a cercare Zoro che comunque non riuscì a trovare.
« Ragazzi manca Zoro! Dove si sarà cacciato? Non riesco a trovarlo da nessuna parte... ».
« Chi se ne importa di quella testa verde! Avanti, non abbiamo tutto il giorno! » sbuffò Sanji.

Quello fu il vero momento dell’addio. Scattarono la foto sul molo e si salutarono per sempre.

Passati un paio di mesi, Nami decise di tornare a Coconut Village. Lì avrebbe aperto un’attività di cartografa in proprio e avrebbe comprato un po’ di terreno per far sorgere una coltivazione di mandarini tutta sua; voleva mettersi in affari in maniera onesta, non voleva più essere considerata la “gatta ladra”. Parola d’ordine: ricominciare da zero.
Lasciare il mare era stato difficile, soprattutto lasciare i suoi compagni. Solitamente era lei quella che cercava la coesione del gruppo e invece stavolta era stata lei proprio lei ad andarsene: non riusciva più ad andare avanti in quel modo. Erano sempre alla ricerca di qualcosa che forse neanche esisteva, lo One Piece...il tesoro di Gold Roger.
Voleva diventare ricchissima e famosa, era per quello che si era unita a loro, ma gli anni passavano e la meta sembrava sempre più lontana. Certo, le amicizie non valgono tutto l’oro del mondo, ma aveva bisogno di sentirsi realizzata in qualche modo. Era una ragazza avida e testarda. Questa almeno era la scusa che si era raccontata.

A Coconut Village negli anni erano cambiate molte cose: molte delle sue conoscenze se n’erano andate per un motivo o per l'altro, e altrettante nuove persone si erano stabilite nel piccolo paradiso. Coconut Village si era piuttosto allargata negli ultimi anni.
Sua sorella se n’era andata, si era sposata nel frattempo e aveva avuto un bel marmocchio. Si era trasferita con suo marito su di un’isola vicina lavorando nel suo negozio: Toriko, così si chiamava l'uomo, faceva il contabile e aveva un piccolo banco dove eseguiva prestiti. La loro vecchia casa era stata venduta ma non era un problema per Nami, nonostante avesse sperato di potervisi stabilire: aveva denaro sufficiente per comprare una casa e un terreno tutti suoi e così fece. Comprò il terreno e vi stabilì la sua casa: sorgevano entrambi su una radura verdeggiante vicino al mare. Il luogo dove riposava Bellemer era ben visibile e ogni giorno era d'ispirazione.
Era il luogo perfetto perché l’aria del mattino arrivava direttamente sul frutteto e presto notò che questo dava degli ottimi risultati.
Le vendite cominciarono a crescere e ben presto dovette assumere un paio di operai che lavorassero nella piantagione e una signora che l’aiutasse con le faccende domestiche, perché presa com’era dai conti non riusciva nemmeno a respirare. L’esportazione cominciò ad espandersi anche oltremare e ciò cominciò a farle guadagnare dei bei soldoni. Per non parlare poi dello studio di cartografia: l’aveva registrato sotto falso nome per non insospettire la Marina che la famosa Nami la “gatta ladra”, sulla quale pendeva una taglia di 16 milioni di Berry, fosse d’un tratto riapparsa pronta ad essere arrestata per il solo fatto di aver fatto parte della ciurma di Cappello di Paglia e ai militari poco importava quanto ora fosse una persona onesta. Per un gioco del destino, proprio quelli della Marina e del Governo Mondiale erano i suoi migliori clienti. Ogni qualvolta la Marina andava a farle visita si travestiva per non essere riconoscibile e fino a quel momento aveva funzionato, ma era convinta che presto o tardi ci sarebbe stato qualche bietolone più arguto che avrebbe notato delle somiglianze con la famosa Nami.
Tirando le somme e guardandosi allo specchio si riteneva pienamente soddisfatta della vita che aveva scelto; le cose non potevano andare meglio di così e aveva un sacco di soldi. Poteva permettersi tutto quello che voleva. Vagava per i negozi provandosi decine di vestiti, senza comprarne nemmeno uno. Le scarpe invece erano la sua vera passione: ne aveva di ogni tipo. Meraviglioso! Si sentiva come una principessa.

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Capitolo 3
*** THE BEGINNING OF THE END ***





Un anno più tardi le cose cominciarono a sprofondare e lo fecero nella maniera peggiore possibile: a Coconut Village arrivò una combriccola di pirati piuttosto numerosa e violenta. Era dai tempi di Arlong che a Coconut Village non mettevano piede i pirati, per cui la cosa colse gli abitanti del tutto impreparati e disarmati. Non riuscirono ad affrontare uno scontro e per evitare i troppi danni decisero di sottomettersi, questo fece tanta rabbia a Nami perché conosceva bene quella gentaglia e non erano persone oneste. Arrendersi non li avrebbe fermati o placati. Infatti, il consegnare a loro le chiavi della città non li distolse dal loro intento di distruggere e saccheggiare, e dopo essersi divertiti nei modi più crudeli e spregevoli lasciarono perdere e la città non fu del tutto rasa al suolo: alcune cose poterono essere sistemate ma di Coconut Village non rimase che un villaggio fantasma, sembrava proprio che a nessuno fosse concesso di essere felice e Nami era tra quelle persone.
La sera in cui arrivarono da lei, lo ricordava bene, era seduta al tavolo dopo una cena più o meno decente mentre sfogliava il quotidiano locale. Buttarono giù la porta e probabilmente speravano di divertirsi un po', ma non sapevano di aver trovato pane per i loro denti. Purtroppo, nonostante sapesse il fatto suo, non fu sufficiente a sovrastare degli uomini adulti e brutali. La sua arroganza le costò cara.
“Non era in programma ridurre in cenere la tua deliziosa bicocca ma vista la tua sconsideratezza temo proprio che dovremo fartela pagare!”.
Bruciarono ogni cosa. La casa, il frutteto, il negozio…non le rimase nulla di nulla. Gli affari erano finiti.
La portarono dal loro capitano, un certo Boogie Black. Il nome le suonò nuovo ma era sicura di averlo già sentito, anche se non ricordava dove, forse tra le cronache provenienti dal Nuovo Mondo.

Era intontita dalle botte. Gli occhi erano gonfi e socchiusi, vedeva sfocato ma per quel poco che riusciva a vedere notò dei tipacci mostruosi, quasi deformi. La peggior feccia che avesse mai visto. Di solito l’abito faceva il monaco, almeno nel caso dei pirati.
La trascinarono a peso morto sulla loro nave e benché non avesse esattamente la cognizione del tempo e del luogo, percepiva di trovarsi in posto buio e umido, forse la chiglia della nave. Odiava la sensazione del legno impregnato di umidità sulla pelle, specialmente se c’era già un sottile e viscido strato di muschio a ricoprirlo, ma era lì che l’avevano portata e avrebbe dovuto pazientare. Sembrava proprio una prigione, che la teneva a braccia legate alla parete con le catene.
Era l’unica prigioniera perché in effetti più volte aveva cercato di captare il respiro di altri ma niente, c’era davvero solo lei lì sotto o magari erano tutti morti, il che non era molto incoraggiante. Poteva sentire solo le urla della ciurmaglia ai piani superiori.
« Forza, branco di sudici animali! Tirate! ».
« Inutili molluschi strigliate quel ponte! Mi ci voglio specchiare! ».

La trattennero lì sotto diversi giorni o almeno così le parve. Lo stomaco brontolava indegnamente, le dava quasi la sensazione che si stesse digerendo da solo per la fame.
Finalmente, un mattina uno di loro andò a prenderla: quando spalancò la porticina le sembrava che gli occhi avessero preso fuoco per il fastidio della luce. In maniera non troppo delicata la sganciò dalle catene e l’afferrò per un braccio. Faceva fatica a reggersi in piedi, erano certamente più di tre forse quattro giorni che non toccava cibo e acqua e anche l’odore non era dei migliori. Non era certa che fosse lei a puzzare così, ma a stare là sotto senza aria fresca e con tutta quell’umidità di certo non profumava di violetta. Muovendosi al seguito di quella bestia, le arrivò di rimando il lezzo ferroso del sangue secco che capì provenire dai suoi stessi abiti e si convinse che era davvero lei a puzzare in quel modo orribile. Fece una smorfia.
Le mani di quell’energumeno, oltremodo grandi, facevano tranquillamente il giro del suo esile polso e non lasciavano scampo ma in fondo anche se avesse avuto la possibilità di scappare, non avrebbe avuto la forza di ribellarsi quindi perché sprecare energie?
Era un grosso uomo dall’aria stupida e gongolante, pieno di tatuaggi nascosti sotto una gran quantità di peli e sudore, forse sbavava anche ma non ne era sicura. La nave sembrava enorme perché non arrivavano mai a destinazione. All’improvviso il pirata si fermò davanti ad una porta in vetro e Nami notò che la nave era diventata un posto caldo e accogliente, per lo meno per chi ci abitava.
Il marinaio bussò tre volte e una voce gli concesse il permesso di entrare. Più che una voce sembrò un sibilo. L’omone però non entrò, anzi aprì la porta in tutta fretta e solo per quel che bastava a far passare una figura snella come quella di Nami, quasi lanciandola all’interno e richiudendo subito la porta dietro di lei. Nami lo guardò interrogativa: cosa c’era mai lì dentro da creare in un uomo del genere tanto terrore?
Come poté constatare poco dopo, all’interno della stanza non c’era nulla o così le sembrava perché intorno era tutto buio. Che l’avessero portata in un'altra prigione? .
Fece girare lo sguardo in alto, in basso, a destra e a sinistra ma riuscì a notare solo un seggio vuoto al centro della stanza posizionato sotto un fascio di luce bianca proveniente da un apertura nel soffitto. Continuò a guardarsi attorno e pochi secondi più tardi, su quello stesso trono vide seduta una persona, un uomo per la precisione, con una ragazza accanto. Per un attimo si chiese se non stesse impazzendo perché fino a poco prima lì non c’era nessuno, comunque sia aveva tutta l’aria di essere il capitano e la ragazza la sua “ancella”.
Nami cadde in ginocchio sfinita dalla fame e dalla sete, troppo stanca e dolorante per restare in piedi e anche per alzarsi; attese con lo sguardo basso il proprio destino. Passarono alcuni minuti lunghi un’eternità finché l’uomo finalmente si alzò dalla sedia. Ad ogni passo che rimbombava sordo sul legno del pavimento, il cuore di Nami accelerava il battito. Quando l’ombra dell’uomo la sovrastò completamente il cuore si stancò di correre e riprese lento la camminata verso quello che riteneva un destino ormai certo ed inevitabile. Si chiedeva perché mai il capitano le avesse concesso l’onore di essere eliminata da lui in persona…era un onore riservato solo ai personaggi illustri della pirateria, di certo non ad una comune cartografa.

Posò un dito sotto al mento abbattuto di Nami, sollevandola da terra senza alcuna fatica come fosse uno straccio; lei d’altra parte non oppose alcun tipo di resistenza.
Era faccia a faccia con il suo carceriere.
Il volto dell’uomo era bianco, dalla tonalità quasi bluastra, sembrava viscido e bagnato; gli occhi avevano una profonda ombra nera tutt’intorno messa ancor più in risalto dalle pupille verde acceso dal tratto serpentesco. Il sorriso compiaciuto svelava una serie di denti appuntiti dal colore discutibile, tanto quanto il fiato. Era alto e prestante, vestito elegantemente di nero e tutto sommato non sembrava vecchio. Gli occhi rivelavano un che di umano per quanto ormai l’umanità fosse probabilmente solo un ricordo; quando si sporse verso la luce, notò che il volto era terribilmente sfigurato come se fosse avvizzito. La sensazione ad un primo sguardo fu quella di guardare una persona che indossa una spessa una maschera di cera accartocciata. Aveva lunghi capelli neri ben pettinati all’indietro, anche se avevano un’aria vagamente unta o bagnata.
« Come ti chiami dolcezza? » in un soffio.
Nami non rispose. Si era distratta ad ascoltare il suono di quella voce: sembrava proprio un sibilo o un sussurro dolcemente pronunciato, per quanto il tono fosse bassissimo e tutt’altro che rassicurante. Un brivido infinito le percorse la schiena. Quell'uomo, quella voce mettevano....paura.

« Guarda come sei ridotta. Punirò qualcuno per averti conciata così, non temere. Le rosse sono un raro fiore, non andrebbero calpestate e tu, certamente, sei la più bella delle rose » .
Cosa? Complimenti? Beh poteva andarle peggio, ma il peggio comunque non tardò ad arrivare.

Ancora non rispondeva mentre rimaneva appesa al suo dito con le punte dei piedi che sfioravano il pavimento. Nami era paralizzata dal terrore, non le accadeva spesso di sentirsi così impotente.
Vedendo che non rispondeva, il capitano fece un gesto che le fece accapponare la pelle ma certe cose accadono in frazione di secondo; solo dopo che accadde Nami ebbe modo di realizzare. Dalle sue labbra uscì un lunga e grossa lingua che le passò sul viso in maniera lenta e quasi perversa, come per volerla assaggiare. Nami chiuse gli occhi e rabbrividì immobile, totalmente sconvolta.
« N-Nami » balbettò lei.
« Bene, vedo che iniziamo a ragionare. Io sono Boogie Black ».
« …detto “L’Uomo Nero” » tossì Nami.
« Esattamente, vedo che la mia fama mi precede. Capitano della Terror Scream…la mia nave. Mmm… - disse soddisfatto chiudendo gli occhi - Hai persino un buon sapore, posso solo immaginare quanto saresti squisita senza tutto quel sangue sul volto. Dunque, Nami, innanzitutto vorrei scusarmi per averti fatto attendere tutti quei giorni là sotto senza cibo e acqua. Davvero imperdonabile, ma vedi avevo alcune…faccende…da sbrigare che mi hanno tenuto occupato. Ad ogni modo, ti starai chiedendo perché ti ho concesso l’immenso onore di essere qui con me oggi. E’ un onore che un capitano concede solo ai suoi avversari più temibili, essere eliminati dal capitano in persona. Tuttavia, non sono qui per eliminarti. Poiché mi hanno riferito che sei stata un po’ troppo arrogante ero curioso di conoscere l’identità di colui che aveva osato ribellarsi; ero molto incuriosito, immagina poi la sorpresa quando ho imparato che non era un uomo ma una donna! Non si vede spesso un ragazza così forte e combattiva e credimi, ne ho conosciute molte ».
Fece una pausa e riprese a scrutarla. Che avesse capito?
« Ti sarai chiesta forse perché eri l’unica prigioniera nelle segrete: perché nessuno osa mai ribellarsi ai miei uomini e chi lo fa viene ucciso. Per tal motivo le segrete non vengono mai utilizzate. Puoi considerarlo più che un privilegio trovarti qui, viva. Ti faccio i miei complimenti per esserci arrivata. Ti svelerò che abbiamo intenzione di stabilire qui la nostra sede, confido quindi che non creerai altri problemi. Mi sembri fin troppo vivace ragazza ». Attese prima di parlare di nuovo, era piuttosto pensieroso e la guardava attentamente con aria interrogativa.
« Dove ti ho già vista? ».
Oh no, se avesse capito che faceva parte della famosa ciurma di Cappello di Paglia probabilmente l’avrebbe uccisa o peggio. Non rispose e aspettò che tirasse da solo le proprie conclusioni, possibilmente sbagliate.
« Mmm…Il tuo viso non mi è nuovo. Assomigli molto a…No, non è possibile. Tanto meglio per te ragazza. Mi hai ricordato per un attimo una certa…com’era il nome? – restò pensoso per alcuni secondi - Ma chi se ne importa…- la lasciò cadere a terra, come fosse nient’altro che una giacca vecchia, mentre tornava a passi leggeri verso la sua accompagnatrice – Sulla testa di quella ragazza pende una cifra considerevole » concluse quasi come se pensasse a voce alta. Era ovvio che nella mente aveva l’immagine della Nami pirata ma non ricordava il nome: Nami di certo non l’avrebbe aiutato a ricordare.

« Sei libera, ma non osare mai più ribellarti. Da oggi Coconut Village è sotto mio il controllo. Sai, adoro le donne focose ma come vedi – disse baciando la mano della sua amichetta – sono già impegnato, per cui non ti concederei un trattamento di favore se dovesse esserci una prossima volta. Spero comunque di rivederti presto mia cara, è stato davvero molto piacevole » terminò sogghignando.

Aveva paura Nami: sentiva ogni cosa viscida intorno a sé, persino l’aria che respirava le sembrava viscida. Si sentiva così debole e maledettamente inerme. Il mondo girava troppo veloce e non riusciva a trovare un appiglio per non essere trascinata verso il fondo.
Alzandosi piano e barcollando un po’ uscì dalla stanza, dove l’energumeno che l’aveva “gentilmente” scortata fin lì era già sull’attenti per condurla fuori.

Arrivata sul ponte, un cumulo di bestie l’aspettava in cerchio sbavando come cani che non vedevano una ciotola d’acqua da mesi o addirittura anni. La fischiavano, facevano strani “grugniti” e urlavano cose irripetibili, come se l’umiliazione subita fino a quel momento non fosse stata sufficiente.
Scese a testa bassa, senza guardarne nemmeno uno negli occhi. Era abituata a ricevere apprezzamenti ma in quel momento si sentì solo molto imbarazzata e umiliata. Anche una volta scesa non si voltò e sempre barcollando imboccò la via di casa. Mentre attraversava la città vedeva la paura della gente e le sembrava di percepire voci che bisbigliavano “Povera ragazza” o cose simili, le madri che coprivano gli occhi dei bambini. Gli anziani che parlottavano a bassa voce, ma nessuno che le avesse allungato una mano. Nessuno voleva sapere, vedere o sentire.

Arrivata a casa, si stupì di quanto avesse retto bene all’incendio: non era perfettamente integra e il legno era per la maggior parte annerito ovviamente ma ci poteva ancora vivere finché non ne avesse costruita una nuova. Il suo fiuto per gli affari non l'aveva ingannata quando le era stato consigliato da un costruttore di utilizzare legno di Sekoia, un albero ignifugo fino a determinate temperature che cresceva nell’arcipelago delle Hi No Shima, le isole del fuoco. Certo l'aveva pagato una cifra improponibile ma alla fine dei conti sembrava ne fosse valsa la pena.
Salì i pochi gradini che davano sulla veranda e arrivata davanti alla porta crollò in ginocchio a terra, stanca e sfinita. Respirò piano guardando il pavimento, i pugni erano così stretti che i segno lasciati dalle unghie sui palmi iniziarono a sanguinare. Fu proprio in quel momento che si rese conto di quanto si sentisse sola e persa senza i suoi amici.
Era sola.
Come aveva potuto non rendersene conto in tutto quel tempo? Forse non era mai stata così sola. Non c'era più nessuno accanto a lei. Nessuno.
Pianse fino allo sfinimento, urlando e battendo i pugni sul pavimento della veranda, cominciando a rimproverarsi e chiedendosi cosa le era saltato in testa e che fine avesse fatto tutta la forza che aveva sempre avuto. La vecchia Nami avrebbe combattuto fino all’ultimo, non sarebbe tornata a casa piangendo con la coda tra le gambe. Improvvisamente, ricordò una persona alla quale non piaceva vederla piangere: una persona che odiava il pianto, inutile simbolo di debolezza.
Un'altra illuminazione la colse di sorpresa: corse in casa, salì le scale verso la sua stanza e freneticamente iniziò a cercare la sua unica ancora di salvezza, buttando all'aria ogni cosa nei cassetti della specchiera. Ma dove diavolo era finita?! La fotografia scattata l’ultimo giorno con i suoi compagni. Eccola lì. Erano anni che non la prendeva tra le mani, dal momento in cui l'aveva fatta sviluppare l'aveva tolta dalla busta e con il dorso girato l'aveva infilata nel cassetto meno utilizzato tra i vestiti più vecchi che possedeva. La osservò. I bordi erano anneriti effettivamente ma i protagonisti erano integri, a quel punto però c'era solo un problema, aveva dimenticato un dettaglio di fondamentale importanza... la persona che cercava non era presente nella fotografia.
La rabbia le riempì il cuore: se prima odiava quella persona ora la odiava anche di più. Era sempre il solito stupido: per quale diavolo di motivo non aveva alzato il sedere dal letto per fare una stupida fotografia? Doveva sempre dormire?! E ora che lei aveva bisogno di rivederlo lui non c’era! Come sempre era inutile, non serviva a niente! .
Ricominciò a piangere di nuovo stringendo i pugni e i denti, per poi passare con l’indice sul volto di ognuno di loro e sorridere nervosa senza mai smettere di versare lacrime su lacrime. Infine, esausta, appoggiò la fotografia alla fronte in tutta la sua disperazione cercando di prendere fiato. Più li guardava sorridere più si sentiva male. Quanta amarezza, quanto dolore.
Le lacrime però terminarono ad un certo punto, non ne aveva più nemmeno una.
Doveva lavarsi, doveva mangiare e bere qualcosa. Era ancora tutta sporca di sangue.
Andò mesta verso il bagno dove la doccia zampillava.  Provando ad aprirla si rese conto che l’acqua scorreva ma solo quella fredda. Poco male, era piena di lividi e le avrebbe fatto bene. Tra il pianto e le botte, il volto era rosso quasi quanto i suoi capelli. Quando si asciugò, notò un taglietto aperto su uno zigomo e lo passò con il dito dopo aver superato un momento di indecisione nel farlo...eh sì, quello avrebbe lasciato una simpatica cicatrice. Uscì dal bagno trascinandosi fino al letto sul quale si gettò a peso morto con le braccia aperte. Si addormentò, troppo stanca per pensare ancora.

La mattina seguente l’umore non era migliorato e aveva una pessima cera. La notte prima era stata presa d’assalto da una montagna di incubi. Fu quella la sera in cui iniziò a sognarlo: era inevitabile, lui arrivava a difenderla ogni volta che era in pericolo ogni volta che si cacciava nei guai come una sciocca mocciosa incapace. Era la stessa persona che non sopportava chi piangeva.
A volte il confine tra il sogno e la realtà è fragile. Ogni qual volta Nami si svegliava con il cuore in gola credendo reale il sogno, ecco che il sogno diventava un incubo...la realtà diventava un incubo.

Ogni mattina si domandava il perché qualcuno lassù avesse deciso di tormentarla in quel modo, perché  doveva sognare proprio lui? Non trovando la risposta scossava la testa freneticamente come se volesse far uscire a forza quel pensiero. No, non poteva pensare proprio a lui: l’aveva deciso tanto tempo prima. Odiava quella persona, mai più gli avrebbe rivolto la parola, mai più avrebbe voluto rivederlo. Era off-limits.
Si trascinava poi al piano di sotto dove si sedeva al tavolo per fare colazione e guardandosi intorno si rendeva conto che non poteva continuare a vivere lì, non era accettabile.
Un giorno in particolare finalmente si decise: le erano rimasti dei soldi (pochi ma meglio di niente) così fece demolire la sua casa per costruirne una nuova più piccola e meno impegnativa, nel frattempo però avrebbe dovuto cercarsi un lavoro nell' immediato e anche un posto in cui dormire visto che non aveva momentaneamente un tetto sulla testa. Ma che lavoro poteva mai fare? Le sarebbe servito troppo tempo per far crescere un’altra piantagione per guadagnare altri soldi e comunque i pochi soldi rimasti sarebbero esauriti prima che le coltivazioni potessero realmente fruttarle qualcosa, inoltre la carica emotiva era pari a zero per potersi lanciare in qualche nuovo ed entusiasmante progetto.
Aveva cercato lavoro ovunque: panettieri, fruttivendoli, pescivendoli, artigiani di qualsiasi tipo...qualsiasi lavoro sarebbe andato bene ma niente.

Erano passati altri sei mesi ormai e la nuova casa era pronta. Fino ad allora aveva soggiornato in una taverna che al piano di sopra aveva alcune stanze quindi, come previsto, i pochi fondi rimasti erano praticamente esauriti.
Nessuno in città aveva lavoro da offrire, non ne avevano abbastanza nemmeno per sé stessi figuriamoci per altri, specialmente dopo che la ciurma di Boogie Black si era stabilita lì definitivamente.
In quei sei mesi era riuscita a ricominciare con una vecchia abitudine prima occasionale, trasformatasi ora in un vizio: il bere. Lo strappo alla regola ormai era diventato la regola. Ogni sera scendeva alla taverna e si scolava una, due bottiglie di vino. La locandiera era stanca di non essere pagata anche perché già da tempo le faceva credito. Una sera si rifiutò di servirla e Nami, ancora alticcia dalla sera precedente, iniziò a fare un gran baccano.
Ad un certo punto le si avvicinò un tizio, incoraggiato dai suoi compari seduti al tavolo poco più in là:
« Ehi tesoro… » disse appoggiandosi al bancone con aria ammiccante.
« Che vuoi? » chiese la rossa bruscamente, senza nemmeno guardarlo.
« Ti pago io una bottiglia, se tu in cambio... ».
Nami era ubriaca ma non completamente rincretinita: aveva capito perfettamente dove voleva arrivare il marinaio. Lo guardò stranita con aria vaga dalla testa ai piedi: non vide altro che un marinaio trincone di mezza età, unto e sporco, pieno di cicatrici e tatuaggi e dalla barba lunga e incolta. Senza contare le diverse mutilazioni tra mani e piedi.

« Una bottiglia di vino e 16 mila Berry ».
« Wow, sei una dura eh piccola » i suoi compagni lo incoraggiavano sempre di più.
 « 8 mila Berry » rilanciò lui.
« 11 mila ».
« Ultima offerta bambolina: 10 mila ».
« Andata. Prima fammi avere la mia bottiglia di vino. Ne avrò molto bisogno… » disse guardandolo un’ultima volta.

La parte ancora sana del suo cervello le urlava di non farlo, ma quella alticcia, affamata e in cerca di soldi aveva il sopravvento.
Si scolò la bottiglia quasi tutta in un paio di sorsi.

« Bene – disse il marinaio impaziente – Andiamo. Conosco un posticino niente male ma non mi sembri una tipo romantico! » disse sghignazzando, mentre usciva facendo segni di vittoria con i suoi compari.
« Speriamo che tu valga tutto quello che mi hai fatto spendere ». La tirò per un braccio e Nami lo seguì barcollando.

Quella fu la prima sera di una lunga ed interminabile serie.

Nel giro di poco la voce si sparse e il giro di uomini che andava a farle visita era diventato notevole.
Quello era il “lavoro” che aveva “trovato”. Squallido forse, ma con un guadagno regolare. Si odiava per questo ma non vedeva molte vie d’uscita.
Andare avanti diventava sempre più difficile, sempre più spossante ogni giorno, ogni ora.
Sempre più spesso ormai pensava a quell'idiota di spadaccino, ancora chiedendosi perché nella sua mente ubriaca apparisse la sua immagine ma non era mai abbastanza sobria per rendersi conto di ciò che le stava accadendo.
Continuare a rinnegarlo, le costava un’immensa fatica. Era certa che sarebbe impazzita prima nel tentativo di rifiutarlo e di cercare di odiarlo con tutta sé stessa per farlo sparire. Non era facile tenere chiusa una porta da sola e con le poche forze a propria disposizione, quando dall'altra parte sembrava che ci fosse un esercito che spingeva per entrare.
Si chiedeva cosa avrebbe pensato avendola vista così o anche solo sapendo quel che faceva. Non l’avrebbe mai accettato. Aveva dei valori troppo forti e radicati per poterle perdonare tutto questo. Lui era l’unico che avrebbe potuto salvarla ma non sarebbe mai tornato, non l’avrebbe mai più visto e la cosa peggiore era che proprio lei lo aveva allontanato per sempre dalla sua vita. Questo Nami non l’aveva ancora compreso.

Riceveva a casa sua e nel prezzo erano comprese un paio di bottiglie di vino da scolarsi tutte d’un fiato per dimenticare e ogni cliente era obbligato a portarle. No vino no party.
Nel giro di un anno e mezzo aveva addirittura aumentato le tariffe e riusciva a ricevere quattro persone al giorno guadagnando fino a 70.000 Berry a persona, peccato che a quel punto fosse ubriaca ogni ora del giorno e della notte. Non c’era il tempo di smaltire una sbornia che doveva rifornirsi per accontentare un altro cliente.
Certe volte piangeva, ma a loro non interessava o nemmeno ci facevano caso. Per alcuni era addirittura più divertente. Pirati da strapazzo, tutte bestie senza scrupoli.

Una volta, durante un appuntamento le scappò dalle labbra con un filo di voce una sola parola...... “Zoro”......il marinaio non se ne accorse, ma lei sì. Quella volta non poté rinnegarlo. Si era distratta un secondo e subito quella parola ne aveva approfittato per uscire. Non fu semplicemente pronunciata ma uscì a forza dalle sue labbra quasi avesse una vita propria. Voleva uscire, desiderava ardentemente essere pronunciata o magari urlata. Nami non riuscì più ad ignorarlo.
Quello fu il momento in cui decise che era davvero ora di smettere. Smettere con quella vita, smettere con l’alcool, prendere e partire. Cambiare vita. Voleva tornare la Nami di un tempo. Non capiva come avrebbe potuto farlo senza di loro e senza di lui ma in qualche modo ce l’avrebbe fatta. Lei era più di quello, lo era sempre stato e per quanto fosse ubriaca nulla le impedì quella volta di comprendere quanto lo amasse e lo desiderasse accanto, quanto aveva bisogno di lui. Ma ammettere che Zoro era parte integrante ed indelebile della sua vita, che era sempre stato in lei per quanto lei avesse cercato di odiarlo, era forse la parte più facile di tutto il gioco. Quello che avrebbe dovuto affrontare da ora in avanti sarebbe stata una vera sfida di sopravvivenza.
Se ammettere questo le era costato una fatica indicibile, convivere con il senso di colpa e il rimorso lo sarebbe stato molto di più.
 
Tre anni erano trascorsi dal giorno dell’addio.

***ANGOLO DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti lettori e lettrici!
Vado a rilento lo so...perdonatemi! L'influenza non mi lascia tregua!
Bene, allora so che questo capitolo e' stato un po' lunghettino ma era necessario, spero comunque che abbiate apprezzato! Dal prossimo partiamo con un ritmo piu' sostenuto.
Spero che abbiate gradito! ^_^
Grazie per le recensioni, per chi mi ha inserito addirittura tra gli autori preferiti  XD, per chi ha inserito la storia tra le ricordate o seguite o preferite! Ovviamente, grazie anche a chi legge e devo dire che siete in tanti (per fortuna :D ).
A prestissimo con i prossimi capitoli!

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Capitolo 4
*** UNEXPECTED - The shadow of yourself ***





Una mattina Nami ricevette una visita del tutto imprevista.
Era in cucina dando le spalle alla porta e sentì dei passi sulla veranda e qualcuno che si era fermato appena fuori dalla porta, già aperta in vista di una bellissima giornata di sole. Erano sempre le solite persone a farle visita, una valeva l’altra e non valeva la pena nemmeno voltarsi.
« Non ricevo a quest’ora. Torna più tardi ».
« Non ho un appuntamento ma speravo potessi ricevermi lo stesso » disse una voce femminile.
« Tanto meno ricevo donne. Vattene » disse guardando quella figura con la coda dell’occhio.
Non le diede molta importanza in un primo momento ma in una frazione di secondo si voltò di scatto osservando la figura longilinea che nell'ombra e a braccia conserte era appoggiata allo stipite.
« R-Robin? » chiese interrogativa, piena di sconcerto e lasciando cadere la propria colazione per terra.
« Ciao Nami – disse eterea – Ne è passato di tempo ».

Riusciva solo a balbettare.
« Robin…tu…come…sei qui. Non è un'allucinazione? ».
Non era ancora certa che fosse lei, era così diversa eppure avrebbe riconosciuto quegli occhi e quella voce tra mille.
« No, non è un'allucinazione! Sei davvero tu! Amica mia, che bello rivederti! » disse saltandole al collo in un abbraccio infinito, in cui chiedeva tutto l’affetto che le era mancato in quegli anni.
« Robin! Robin! » .
« Calmati Nami, va tutto bene. Sono proprio io! ».
Nami la fissava ancora stretta a lei con gli occhi pieni di lacrime.
Robin a sua volta sorrideva serena: « Ti va se facciamo due passi? Che ne dici? » domandò. Nami accettò felice e senza esitare.
Poco dopo passeggiavano sulla spiaggia, senza una meta precisa, come facevano un tempo.

« Che bel posto Nami. Sapevo già che tanti anni fa vivevi qui, prima di unirti a Rubber, ma non credevo fosse un posto così bello » disse guardando il cielo e assaporando i vari profumi.
Nami esitò.
« S-sì, se ti sembra un bel posto adesso avresti dovuto vederlo fino a tre anni fa, prima che arrivasse la ciurma di Boogie Black »
« Già, ho sentito che c’è stato qualche problema: le notizie per mare corrono veloci. Boogie Black ha causato diversi disagi negli ultimi tempi. Non capisco che interesse abbia nello stabilirsi a Coconut Village. La sua taglia attuale è di 120 milioni di Berry, non è un granché ma certo è un tipo che si fa notare. Si vocifera che possegga degli strani poteri ma nessuno ne ha prova certa ».
Nami sviò il discorso.

« Ehm, allora Robin dimmi di te…dimmi di voi. Come va? Cosa vi porta qui? Ci saranno anche… »
« No, mi dispiace Nami. Dopo che te ne sei andata sono cambiate un po’ di cose »
« In che senso scusa? » cercando di dissimulare la sorpresa unita ad un certo timore.
« Nel senso che non faccio più parte della ciurma. Sono di passaggio. Sono arrivata qui per caso: una tempesta mi ha colta di sorpresa e senza una navigatrice non è facile mantenere la rotta giusta. Navigo per conto mio ora, anche se non sono molto esperta devo ammetterlo. Ho una barchetta tutta mia – disse sorridendo - Come te avevo bisogno di staccare. Non è facile sostenere il peso di essere l’unica a donna a bordo, specialmente l’unica adulta. Non fraintendermi, adoro i ragazzi ma a volte era difficile sostenere certe situazioni senza di te! Inoltre, era ora che mi concentrassi solo sul mio sogno. Degli altri non so nulla da un paio di anni…mi dispiace. Mi dovrò fermare alcuni giorni qui ad ogni modo: la barca ha preso una bella batosta dopo la tempesta e l’ho affidata ad un carpentiere giù al porto. Mi piacerebbe passare questo tempo con te, se ti fa piacere »
« Capisco… » trattenendo la delusione, ma senza troppi sforzi.
« Scusa se non sono la persona che desideravi vedere! »
« No no ma figurati! Cosa stai dicendo!? » cercando di correggersi.
« Stavo solo scherzando…un pochino però dicevo sul serio! Ti va di ospitarmi? ».
Nami esitò qualche istante per poi tentare di dissuaderla dall’idea.
« Senti Robin, mi farebbe piacere se ti fermassi da me, davvero, ma non credo sia il caso ».
Robin le prese le mani e la fissava intensamente. Nami non aveva il coraggio di ricambiare quello sguardo indagatore. Robin strinse ancora più forte.
« Nami, guardami per favore ».
Robin la scrutava.
« Come sei finita in tutto questo? Ma guardati, sei l’ombra di te stessa ».
Non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare una parola in risposta, che gli occhi subito diventarono lucidi.
« Oh Nami, devi aver sofferto molto. Se solo avessi saputo…Non ti va di parlarne? Vedo tanta tristezza nei tuoi occhi, vedo la stanchezza nel tuo volto. E vedo anche una cicatrice …».
Nami esitava. La sua testa cominciò ad affollarsi di preoccupazioni e domande: Robin l’avrebbe compresa come una migliore amica o l’avrebbe criticata come una sorella maggiore?
« Capisco che tu non abbia voglia di parlarne ma ti conosco e c’è qualcosa che ti tormenta e che non mi vuoi dire. Lo sento e lo vedo. Se non parli tu inizierò io a farti delle domande. Dovrei forse offendermi? Tre anni da sola e già non ti fidi più di me? » in tono di sfida.
« No, non è così…Io… »
« Che c’è Nami? » insistette calma ma decisa.
« All’inizio era tutto meraviglioso. Ero emozionata e sempre alla ricerca di cose nuove. Ho creato un’azienda, due per la verità – sorridendo al ricordo del passato - tutte mie e nel mio paese natale. Gli affari andavano benissimo quando un giorno … » e le raccontò ogni cosa, ogni singola frase, gesto o sguardo che poteva ricordare. Le parole che inizialmente non volevano uscire, una volta preso il via uscirono come un fiume in piena.
« Nami… »
« Mi dispiace Robin, non so che dire. Mi vergogno terribilmente di me stessa. Avevo paura. Ero sola capisci? Come potevo non essermi mai accorta che ero completamente sola, non avevo più nessuno ». Le lacrime scorrevano copiose mentre parlava, fissando un punto indefinito dell’orizzonte.
« Nel momento in cui Black ha…non riesco nemmeno a dirlo! Accidenti! E anche i suoi uomini quando sono uscita sul ponte…avrei tanto voluto che foste lì con me. Mi sentivo così piccola e indifesa…Cosa avreste pensato di me vedendomi così…debole? E alla fine guarda come mi sono ridotta! ».

Silenzio. Sapeva e sentiva che gli occhi azzurri di Robin la scrutavano con attenzione.

« Vesto abiti aderenti e scollati, calze a rete! Un chilo di trucco e ho addirittura una cicatrice…e bevo come una spugna! Questa cicatrice ha segnato profondamente la mia vita » disse sfiorandola con la punta delle dita e asciugando le lacrime.
« Certo Nami, ma credo che l’abbia segnata nel modo sbagliato. Non voglio giudicarti ma la Nami che conoscevo avrebbe trovato la forza per reagire »
« La Nami che conoscevi non esiste più...Non esiste da sola, sono nessuno senza di voi. Ha smesso di esistere quando sono scesa dalla nave » disse con la rabbia fra i denti.
« Con “senza di voi”, intendi... »
« Intendo senza di voi » disse senza guardarla negli occhi ma con tono deciso.
« Ne sei certa?... »
Ci penso su.
« No – ammise in tono di sconfitta – Intendo anche...anche senza di...di lui ».

Qualche istante di silenzio per permettere a due timide lacrime di incorniciare il suo volto nuovamente, mentre seduta a terra rannicchiava le gambe e poggiava le braccia sopra alle ginocchia per nascondervi il viso.

« Nami, avanti. Dillo ad alta voce »
« Non voglio dirlo. E' un capitolo chiuso. Deve esserlo, per forza. Anche troppo ha affollato i miei pensieri nell’ultimo periodo e non capivo perché. Ero troppo ubriaca per rendermene conto. A dirla tutta – continuò sorridendo ironica – è un capitolo che non è mai stato aperto ».
« Sei troppo orgogliosa. Perché non lo vuoi ammettere? - incalzando i toni - Perché non vuoi ammettere di aver sbagliato? Il fatto che tu l’abbia ammesso dentro di te non vale niente se nessun’altro può sentirlo, non credi? Solo se lo dirai ad alta voce potrò essere testimone del fatto che è davvero quello che pensi. Lo so che dietro questa maschera da dura si nasconde una bambina fragile ed emotiva. Non mentire con me. Se devo essere sincera sapevo che prima o poi in qualche modo sarebbe venuta fuori questa storia. Credo foste gli unici a non esservene mai accorti! Meglio tardi che mai » concluse amorevole come sempre poggiandole una mano sulla spalla.

Rimase in silenzio ancora. Solo il canto dei gabbiani e delle onde che si infrangevano sulla riva disturbavano i suoi pensieri.
"Cosa dovrei dirti ora, Robin? Che cosa? Vorresti che dicessi: « Sì Robin hai proprio ragione, ho sbagliato tutto nella mia vita. Sono così stupida che non ho mai capito di essere innamorata di quella specie di...di...di Zoro! Non solo, gli ho anche dato la colpa di aver ucciso Pauly e me ne sono andata. Poi gli ho addirittura dato la colpa di avermi ridotta in questa situazione e di aver smesso di vivere! E' questo che vorresti ti dicessi non è vero?! »".
Improvvisamente delle parole inaspettate le riaffiorarono alla mente: "La vita è la cosa più preziosa che un uomo possiede. Tienitela ben stretta, e sarai l’uomo più ricco del mondo".
Già, era tipico di quel cavernicolo...Anche stavolta, Nami aveva imparato la lezione.

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Capitolo 5
*** NOBODY WITHOUT YOU ***





« Io… »
« Sì Nami…? »
« Non posso dirlo ad alta voce perché se lo facessi sarebbe come ammettere che senza di lui sono niente e nessuno. Tutto quello che credevo di essere, senza di lui non esiste. Non posso essere la vera Nami senza di lui. Ho cercato di dimenticarlo, ho cercato di odiarlo e forse l’ho odiato con tutta me stessa soprattutto appena me ne sono andata. Ti ricordi la domanda che mi avevi fatto quel giorno, tornati dal funerale di Pauly: ”Con chi ce l’hai Nami?”…Avevi ragione, avevi ragione come sempre: non dovevo usare lui come capro espiatorio, non quella volta. Non era giusto. Non ho mai voluto ascoltarlo, non ho mai voluto sentire quello che aveva da dire e come sempre ho dato a lui la colpa di tutto senza capire che ancora una volta era lì per me, senza capire che ancora una volta aveva dovuto scegliere per me come aveva sempre fatto, senza capire che di nuovo io, egoista e sciocca, non ho pensato a lui e a come anche lui potesse sentirsi...ma solo a me. Forse ero riuscita ad odiarlo abbastanza da poterlo dimenticare prima che questo fiume in piena mi travolgesse. Dopo quel terribile giorno, quando sono tornata a casa sono crollata definitivamente: compresi una volta per tutte che ero sola. Non avevo più nessuno. Sola, completamente sola. Non c'era più nessuno che sarebbe corso da me, se avessi avuto bisogno.
Hai sempre avuto ragione, usavo Zoro come scusa per avere qualcuno da incolpare dato che Pauly se n’era andato e non potevo più incolpare lui. Il solito comportamento da vigliacca…
Adesso capisco molte cose: capisco perché quando Pauly mi confessò i suoi sentimenti a Water Seven, preferii seguire Zoro. Lui era la mia casa, la mia famiglia e la mia vita.
Più capisco di amarlo, più odio me stessa per essermi ridotta così ma ormai è un circolo vizioso e invece di risalire aggrappandomi al ricordo riesco solo a scendere sempre più verso il fondo perché tutti i ricordi che ho pesano come una montagna. Mi sembra di essere legata a lui da una corda invisibile, più mi allontano e più la corda si tende e ora si è spezzata. Dopo la faccenda di Pauly, non credo che lui sarebbe mai disposto a perdonarmi. Gli ho detto delle cose terribili e inoltre, non prova amore per nessuno se non per…beh…lo sai anche tu. Questa volta non sarei così avida da pretenderlo per me, credo che sarebbe sufficiente averlo intorno o vederlo gironzolare o addormentarsi ovunque gli capiti. Sarebbe sufficiente tirargli qualche cazzotto ogni tanto o lanciarci frecciatine come facevamo un tempo. Sarebbe sufficiente sapere che è lì, che posso vederlo, sapere che c’è. Non è tanto ma credo mi accontenterei per una volta ed è certamente più di quanto io meriti. Come ho fatto a non accorgermene prima?…Che sciocca, eppure ripensandoci ora era così evidente… - sorrise Nami molto più serena, mentre davanti ai suoi occhi si affollavano invisibili ricordi del passato - Quanto volte avrai cercato di farmelo capire? »
« Diverse volte, sì… » rispose Robin sorridendo.
« Quanto mi dava sui nervi quel babbeo...- disse divertita - Ricordi l’ultima foto scattata insieme? Lui non c'era è vero, ma l’ho accarezzata e sfiorata così tante volte che ormai è consumata e ingiallita. Ho bisogno di lui Robin, non posso esistere se lui non è con me ».

Robin si meravigliò di tanta sincerità ma fu contenta di quello sfogo. Sapeva da molto tempo che quello che univa Nami e Zoro era qualcosa di unico e speciale, l’amore nato da una profonda amicizia-inimicizia che col tempo era diventato un vero e proprio esistere per l’altro. L’aveva sempre saputo, anche prima di loro. Un amore profondo e segreto, così profondo e segreto che nemmeno loro due erano a conoscenza finché non si erano detti addio.
Si era stupita molto quando Nami aveva deciso di andarsene dopo gli eventi di Pauly, ma sapeva che prima o poi si sarebbe ricreduta. Ne era certa. Era anche certa del fatto che, nonostante Zoro non avesse mai menzionato Nami in tre anni, le stesse cose valevano anche per lui.
« Sono felice che tu ne sia finalmente consapevole »
« Già…Ma a cosa serve? – chiese sconsolata - Chissà se è riuscito a diventare il migliore spadaccino del mondo… Sono certa di sì » concluse.
« Nami, da domani tutto sarà diverso. Te lo prometto ».
« Robin, ti prego non te ne andare » la implorò Nami abbracciandola.
« Non lo farò, non così presto almeno. Promesso » ricambiando l'abbraccio.
Il crepuscolo era vicino, l’aria fresca del mare iniziava a sferzare la sabbia. Era il momento di andare a casa.

Cenarono e parlarono del più e del meno come facevano una volta. Nami sembrava molto più serena, rilassata...libera.
Mentre Robin aiutava a sgombrare la tavola e la cucina, Nami corse in camera a preparare un altro letto per la sua amica. Più che un letto era un materasso appoggiato per terra che aveva comprato per gli ospiti, ospiti veri, ma non aveva mai avuto occasione di utilizzarlo. Non aveva un vero e proprio letto per un'altra persona ma cercò di agghindarlo al meglio per la specialissima ospite.
Nel tornare in cucina si fermò davanti ad uno specchio nel corridoio, catturata dal proprio riflesso. Si guardò con fare interrogativo, chissà Robin cosa aveva pensato vedendola così…I capelli erano lunghi fino alla vita. Fece una smorfia dopo aver osservato il suo viso stanco, toccando la piccola cicatrice con l’indice. Quel segno indelebile la faceva arrabbiare, non c'era niente che potesse fare per evitarlo.
Si voltò verso la cucina dove vedeva Robin vagare avanti e indietro portando piatti e altre stoviglie. Anche Robin era molto cambiata: sempre meravigliosamente bella come una dea. Il fisico statuario e i vestiti sempre alla moda, i capelli erano corti e simili a quelli di un ragazzo ma non esageratamente corti, quanto bastava perché potessero essere pettinati all’indietro in una specie di cresta. Due ciocche lunghe alcuni centimetri la ricadevano davanti alle orecchie con una leggera ondulazione. Che strano taglio di capelli….le dava un’aria quasi maschile ma allo stesso tempo era molto sensuale. Indossava un vestito viola molto attillato con una giacchetta in jeans nero dalla maniche corte e a sbuffo. Al collo aveva una sciarpa color sabbia e alle mani guanti dalle dita mozze, ai piedi stivali in pelle marrone dal tacco altissimo, come sempre. Nami sorrise. Sì, era proprio Robin. 
Sospirò, anche lei aveva voglia di tornare a sentirsi “nuova”.

Tornando in cucina, prese le poche ciotole rimaste sul tavolo e invitò Robin a sedersi in veranda mentre finiva di sgombrare la tavola. La raggiunse poco dopo, le si sedette accanto e ammirarono il cielo stellato tra una parola e l’altra.
« Sei cambiata molto Robin. Come mai questo nuovo look? » sospirò Nami osservando le stelle.
« In un’esplosione causata dai gingilli di Usop mi sono bruciata i capelli! Sembra divertente e lo è ripensandoci, ma ti assicuro che sul momento non è stato facile. Sembravo una strega...Zoro aveva finalmente modo di confermare la sua ipotesi! E’ stata una serata interessante quella – disse ridendo fra sé – Eravamo tutti mezzi bruciacchiati! E’ stata una delle ultime serate che abbiamo passato assieme. Non ho potuto fare diversamente se non tagliarli del tutto ».
« Stai molto bene! »
« Ti ringrazio – le sorrise - Ti donano i capelli lunghi sai? ».
Nami sorrise.
« Grazie, e a te corti!...Sai Robin, ti sembrerò sciocca ma pochi giorni fa ho aperto la finestra della mia stanza e mi è sembrato di sentire un profumo famigliare. Non quello del mare, o meglio era quello del mare, ma improvvisamente mi ha ricordato la Sunny. Allora ho stretto gli occhi all’orizzonte e mi è sembrato di vedere una nave e ho subito creduto che fosse lei. Che sciocca che sono! Le allucinazioni sono il primo passo verso la follia... vorrei tanto sapere come stanno tutti… » disse sospirando e guardando a sinistra verso il mare.
« E chi lo sa…ma sono certa che stanno benissimo. Se la sanno cavare ».
« Senti, ho una gran voglia di fare shopping! Ho voglia di comprarmi qualcosa di nuovo! Ti va si scendere in città domani? »
« Ma certo, è un’ottima idea! Ora andiamo a letto però, avremo bisogno di un sacco di energie! ».

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Capitolo 6
*** SWEET DREAM or BEAUTIFUL NIGHTMARE? ***





La mattina seguente, il sole splendeva alto nel cielo. Si prospettava una meravigliosa giornata: Robin era lì con lei, avrebbero passato un intero giorno insieme passeggiando per il centro e spendendo un mucchio di soldi in vestiti e scarpe. Cosa poteva esserci di meglio?

« Buongiorno Robin! Dormito bene? ».
Si accomodarono al tavolo in cucina davanti ad una bella colazione.
« Era un po’ che non dormivo in un letto normale o almeno su un materasso! Nella barca ho solo una brandina! Tu, ti senti meglio? »
« Meglio, sì. Fa sempre bene sfogarsi, non lo facevo da tanto. Sono più consapevole ora e lo accetterò meglio. Forse non sarà più così difficile ».
« E cosa farai? »
« Quello che so fare meglio! La pirata arraffatesori ovviamente! Sta per tornare Nami, la Gatta Ladra »
« Ah...interessante, e con quali soldi pensi di procurarti una nave? »
« Non ho soldi per una nave: partirò con te! »
« Questa sì che è una sorpresa! »
« Perché non mi sembri contenta? » chiese Nami dubbiosa.
« No, figurati! Sono felice della tua scelta solo non mi aspettavo che reagissi così bene e così in fretta! Sono molto felice! » disse con un sorriso di approvazione.
« Devo cambiare vita ma ora so quello che voglio e voglio tornare in mare » facendo oscillare il bicchiere colmo di spremuta fresca.
« Bene, prepara i bagagli allora. Partiremo domani. Oggi facciamo scorta di cibo e poi tutti a letto per partire all’alba ».
« Ok, ho alcuni negozi davvero deliziosi da mostrarti! ».

Robin era contenta della scelta di Nami, questo avrebbe facilitato di molto le cose e Nami ancora non sospettava nulla. In realtà era anche preoccupata perché sembrava quasi il comportamento di una persona isterica che dissimulava la propria pazzia, ma c’era una sorpresa per lei ed era certa che ne sarebbe rimasta più che soddisfatta.

« Sei pronta Nami? »
« Sicuro! Andiamo! ».
Una mezzora a piedi ed eccole entrare in città.

La presenza degli scagnozzi di Boogie Back si faceva sentire. Nonostante le persone avessero ripreso la loro vita era visibile ed evidente che vivevano sotto il costante terrore di svegliare il can che dorme. Per quei bruti anche la scusa più banale era un buon motivo per picchiare o uccidere qualcuno, di conseguenza la gente si muoveva veloce, sembrava che camminassero tutti in punta di piedi per non farsi sentire o notare.
I negozi comunque erano tornati a lavorare anche se le tasse erano altissime e lasciavano ben poco spazio ai divertimenti personali. Certo era che gli abitati di Coconut Village non erano più ricchi come un tempo. Si poteva vivere e sopravvivere, bastava far attenzione e non fare troppo rumore.
La presenza di Black aveva richiamato in città una notevole quantità di malviventi, che mensilmente gli facevano visita e per il quale lui organizzava delle fastose cene sfruttando uomini, donne e bambini come servitori.
Una volta arrivata, Nami percepì gli sguardi della gente carichi di disapprovazione e gli sguardi ancora peggiori di quei poco di buono che avevano frequentato la sua casa fino a qualche giorno prima. Due sguardi diversi ma entrambi più taglienti di una spada.
« Ehi bellezza! Sei libera questa sera? ».

« Nami, se vuoi posso...Mi basta un colpetto... »
« Lascia stare Robin. Non c’è problema »
« Perché non mi hai detto che....insomma...potevamo evitare »
« Tranquilla – disse cercando di abbozzare un sorriso – Va tutto bene ».
« Senti, perché non ci fermiamo in quel piccolo parco vicino al molo? L’ho visto mentre approdavo, sembra un posto carino e tranquillo »
« Ma certo, mi piace quel posto ma non mi sono mai fermata ».
Nami cercava di trattenere la rabbia, ma l'imbarazzo e la vergogna pesavo troppo su di lei.

Arrivarono al parco indicato da Robin e si sedettero sul bordo della fontana che zampillava acqua fresca. Una serie di grandi alberi piantati in circolo creava un’ombra rotondeggiante e la luce del sole al centro in un cerchio perfetto illuminava solo la fontana. Davanti c’era il mare e il riverbero della luce solare era così intenso che non lo si poteva nemmeno ammirare per un istante.
« Non mi ero mai fermata anche se l’avevo visto altre volte. Si sta proprio bene qui sotto ».
« Aspettami qui. Arrivo subito, ho appena visto una persona che conosco ».
« Una persona che conosci?? ».
L'archeologa corse via in fretta senza dare la possibilità a Nami di seguirla o replicare.
« Robin! ».
Mentre aspettava si guardava intorno con aria spaesata, seduta su una panchina. Lo sguardo vagava a destra e sinistra, e mentre vagava le sembrò di intravedere controluce verso il mare delle ombre o delle sagome ferme immobili. Il riflesso era forte, non riusciva a metterle bene a fuoco anche perché sul molo c’era un gran via vai di gente.
Non era nemmeno certa che fossero persone, in effetti: dapprima strinse gli occhi e notò che quelle sagome erano quasi in posa, forse erano delle statue che qualche artigiano aveva lasciato in attesa che fossero caricate.
Ancora non convinta, decise di alzarsi in piedi e iniziò a camminare lentamente verso quelle figure.
A pochi metri da lei, oltre l’ombra degli alberi, le sembrò di sentirsi chiamare.....
....No, non poteva essere.
Doveva trattarsi si un sogno.

C’era un uomo alto dai grossi avambracci e il ciuffo blu, una camicia rossa con una fantasia a spirali arancioni e un paio di slippini.
C’era una renna piagnucolona.
C’era una ragazzo esile dal naso lungo, i capelli ricci erano raccolti in tante treccine perfettamente attaccate al capo. La barba incolta ma solo vagamente accennata gli dava un'aria molto più adulta e fiera. Indossava una camicia bianca un po’ ingiallita, i pantaloni marroni con un paio di bretelle e un bel paio di stivaloni.
C’era un uomo biondo. Capelli raccolti in un codino in modo ordinato ma con alcune sottili ciocche che coprivano il volto. Quel volto non l’aveva mai visto completamente scoperto. Completo nero e ordinato, camicia bianca, cravatta rossa, sigaretta accesa.
C’era un tipo tutto..... pelle e ossa, anzi solo ossa!
Infine c’era un ragazzo, un ragazzo magro e non troppo alto. Fisico asciutto e scolpito. Sul corpo c’era qualche cicatrice in più rispetto all’ultima volta che l’aveva visto ma era lui: aveva un cappello di paglia. 
Qualcuno però mancava all’appello. Subito la mente di Nami iniziò a viaggiare e si sentì persa; i suoi occhi lo cercavano e poi, improvvisamente, si svegliò da quel sogno perché qualcuno la chiamava urlando a squarcia gola.

Era il ragazzo buffo col cappello di paglia. Saltava su e giù come una molla, sbracciandosi a più non posso.
Tutti si misero a urlare: « Nami!!! Nami! » ma lei non si muoveva.
Forse era un sogno...Il più dolce dei sogni o il più bello degli incubi?
Il ragazzo dal cappello di paglia sembrava non trattenersi più e mentre lei se ne stava imbambolata lì, allungò le sue braccia di gomma e l’afferrò in vita tirandola verso di sé. Mentre tutti l’abbracciavano e facevano un gran baccano intorno a lei, Nami cercava di dissimulare la preoccupazione nel non vedere l’unico membro assente del gruppo. Robin, rimasta al di fuori del quadretto, rideva felice perché la sorpresa era riuscita in pieno.
« Nami! Che bello vederti! Ci sei mancata! » disse Rubber staccandola da sé. Non era poi così basso, anzi ora era addirittura più alto di lei. Da lontano non aveva visto bene.
« Rubber…Brook…e Sanji…e Usop…Franky…piccolo Chopper…siete tutti qui!! Come sono felice di vedervi ragazzi! »  disse piangendo di gioia.
Rubber si tolse il cappello e glielo mise in testa sorridendo beffardo. Com’era cambiato: era un uomo ora.
Inutile tentare di descrivere la miriade di pensieri e sensazioni che invadevano ogni fibra del suo corpo. Era davvero difficile credere che fosse tutto reale.
« Nami, non piangere siamo tornati a salutarti! Perché piange? Non è felice di vederci forse? » chiese ingenuamente in capitano ai compagni. Nel frattempo il suo stomaco brontolò rabbioso.
« Ma no tonto! – disse Sanji – La mia dolce e bellissima Nami piange dalla gioia di vedere me! ».
« Veramente credo pianga dalla gioia di vedere tutti voi » precisò Robin sorridendo.
Nami ricambiò il sorriso.
« Vedo che non sei cambiato Rubber! Come sono felice! Venite, mi sembrate affamati, tanto per cambiare! – disse dopo averli salutati tutti quanti - Andiamo in posto un po’ fuori città a pranzare. E’ meglio non dare nell’occhio! Oggi siete miei ospiti! Seguitemi! ».

Lei e Robin aprivano la fila. Dietro, Rubber e Sanji erano alle prese con una discussione culinaria, e facevano un gran baccano.
« Siamo alle solite » sbuffò Robin divertita.
« E’ come un tempo...quando camminavamo sempre cinque passi avanti a loro per non farci notare! »
« Già! » risero assieme.
« Non posso crederci che siate qui tutti quanti. Ma Robin, quindi non era c'era niente di vero in tutto quello che mi hai raccontato!? Sei un ottima attrice i miei complimenti, anche per averli sopportati tutta sola per tutto questo tempo! »
« Ti ringrazio! Ad ogni modo l’unica parte vera era la storia dei miei capelli! Quella è stata veramente colpa di Usop ».
« E non trovi che sia ancora più splendida? » urlò Sanji inserendosi nella conversazione pur di non dare più corda a Rubber.
« Sì Sanji, hai proprio ragione! » rispose Nami voltandosi leggermente indietro.
« Oh mio dioooooo!!! »  iniziò a urlare Sanji.
« Che c’è Sanji? Perché urli adesso? Ricordati che non dobbiamo farci notare! » lo ammonì Usop. Anche Usop era diverso, sembrava più maturo...chissà se era anche meno fifone.
« Nami...ma tu...tu hai...una cicatrice sul tuo bellissimo volto!!!!! Chi mai ha osato sfigurarti?!?! » chiese inorridito.
« N-Nessuno Sanji, calmati. Può accadere di farsi male! ».
Robin sorrise alla bugia di Nami. Aveva già capito che non aveva intenzione di parlarne o i suoi compagni avrebbe sicuramente architettato qualcosa che li avrebbe cacciati in grossi guai.
Sanji ormai neanche la sentiva più e aveva iniziato a sproloquiare sulla vendetta che si sarebbe abbattuta sull’aggressore di Nami se mai lo avesse incontrato. I toni diventavano alti oltre che violenti, quindi mentre blaterava con un pazzo isterico lo trascinarono lontano. Nami sentì Usop dire qualcosa tipo: « Se Zoro fosse qui gli darebbe una lezione ».
Un nodo le strinse la gola e deglutì forte.
« Tutto ok Nami? » chiese l’amica.
« Sì sì... - rispose con indifferenza - Ma dov’è la Sunny? Non ditemi che... »
« No no tranquilla! E' in perfetta salute, Franky non le fa davevro mancare niente! Abbiamo attraccato lontano da qui, sapendo che qualcuno controlla la zona non volevamo guai. Avevamo programmato una bella sorpresa, non un tragico soggiorno... »
« Avete fatto bene. Sono la peggior feccia di pirati che abbia mai conosciuto. Se Sanji però non si calma li conoscerete molto presto temo » confermò Nami.

Nami li condusse in una locanda molto piccola e piuttosto caratteristica, il luogo era isolato e non avevano molti clienti. Non pirati, per lo meno.
Quando entrarono, i proprietari riconobbero subito la rossa che in città si era fatta una certa fame ma non le proibirono di entrare come a volte accadeva in altri posti. Ebbero qualche esitazione trovandosela di fronte ma Nami guidava la fila e fece loro un’espressione di pietà come a pregarli che non le negassero l’accesso o i suoi compagni avrebbero iniziato a farsi delle domande. Nami, che non poteva e non voleva raccontare tutto agli amici, ringraziò cercando di dimostrarsi serena e rilassata il più possibile come se mangiasse lì ogni giorno da quando li aveva salutati. Nonostante tutto, durante il pranzo, non poté fare a meno di notare uno strano confabulare tra i due locandieri e occhiate ambigue anche da parte di un bambino molto piccolo che gironzolava attorno al bancone. Probabilmente era il figlio dei proprietari.
Li fecero accomodare in un tavolo a loro scelta, il più isolato e ordinarono una montagna di cibo: Rubber finalmente poté ingozzarsi indisturbato.

« Vedo che non sei proprio cambiato » disse Nami contenta.
« Sì, il solito maleducato » confermò Sanji.
« Le buone maniere sono sconosciute al nostro capitano! Yohohoho! ».

« Rubber? ».
Rubber alzò lo sguardo con la bocca stracolma di carne: « Uh sgi Dabi? ».
« Ehm…Potrei, col tuo permesso, fare un giro sulla sua nave più tardi? »
« Sgerzi dod debi neahe ghiedello » continuando ad affogarsi.
« Ma che maleducato – lo ammonì Sanji – Sei proprio senza speranza! ».

Dopo l’abbuffata, completamente sazi, obbligarono il piccolo Chopper e Franky al trasporto di tutte le provviste che avevano acquistato nel pomeriggio gironzolando per la città. Intrapresero quindi una camminata non proprio rilassante per raggiungere la Sunny, ormeggiata in una baia a cavallo tra due scogliere piuttosto ripide.
« Wow, l’avete nascosta fin troppo bene. Sarà interessante scendere da qui » sorrise sarcastica Nami dalla punta più alta della scogliera.
« Nami adorata, vuoi che ti porti sulle spalle? »
« Ehm no Sanji, non importa, grazie comunque ».

Mentre scendevano, i pensieri di Nami vagavano sull’unica persona del gruppo che non era presente. Che gli fosse accaduto qualcosa? Impossibile, non a lui. Non era nemmeno concepibile. Ma allora dove accidenti si era cacciato? Il cuore le batteva sempre più forte, fremeva dalla voglia di vederlo ma ormai non era più certa che sarebbe accaduto. Sapeva che non era possibile che gli fosse capitato qualcosa ma la sua paura che lui non ci fosse più la stava facendo impazzire. Non si azzardava a domandare dove fosse, del resto l’avevano sempre vista urlargli insulti in faccia e se avesse chiesto che fine aveva fatto forse avrebbero sospettato qualcosa o comunque sarebbe parso molto strano.
Chissà gli altri cosa avevano pensato nel vederla così diversa...eppure non sembravano sorpresi, non uno sguardo strano o interrogativo. Meglio così, dopotutto.

Finalmente arrivarono nella spiaggia isolata che proteggeva la Sunny. Ed eccola lì, sorridere sotto i caldi raggi del sole, coccolata dalle piccole onde del mare ed abbracciata da due lingue di terra che la proteggevano dalla vista.

« Ecco Nami, bentornata a casa! Sali pure sulla nave! Noi intanto carichiamo le provviste! Gira, tocca, rompi...insomma, fai quel che vuoi! ».
« Posso darvi una mano? »
« No! – esordì Robin -  No, non importa assolutamente. Goditi il giro turistico di ricordi! » disse salutandola con la mano e spingendola a salire con insistenza.
Nami la guardò strana ma non chiese nulla, salì e basta.

Imboccò la passerella di risalita prima con lo sguardo, appoggiata direttamente sulla spiaggia ma il fondale era molto alto: c’era uno strapiombo sottomarino che garantiva un attracco sicuro. Non c’era da temere per la presenza degli scogli, l’acqua era così limpida e trasparente che si poteva manovrare la nave in tutta sicurezza.
« Direi che senza di me ve la cavate bene! Non era facile trovare questo posto e riuscire ad attraccare ».
« Brook se la cava benissimo come navigatore e con un timoniere d’eccellenza come Franky, non è stato difficile! ».
Sorrise di nuovo, era bello sentire le loro voci...i battibecchi: Rubber e Usop litigavano come al solito. Questa volta Rubber voleva a tutti i costi far passare per la porta della stiva dieci sacchi di provviste tutte in una volta. Usop cercava di spiegargli senza troppe speranze che non potevano passare tutti in una volta e rischiava di farli cadere in mare. Che tipi…

Nami sospirò e incalzò veloce i bassissimi gradini. Un volta sul ponte alzò il capo e iniziò a guardarsi attorno. Vedeva la Sunny splendere sotto il sole e dondolare leggera al ritmo delle onde. Il jolly roger di Cappello di Paglia sventolava ancora allegro e gioioso sulla sommità dell’albero maestro. Andò a prua della nave dove fu investita da una fresca folata di vento e respirò a pieni polmoni. Ancora non le sembrava vero, era così felice...però aveva sempre quel pensiero fisso: lui. Dov’era? Perché non era lì? Forse gli era successo qualcosa davvero. Lui non sapeva resistere ad una battaglia e forse proprio durante una battaglia lo avevano perso. Oppure, ancora peggio, era diventato il miglior spadaccino del mondo e lei non era lì mentre accadeva e forse lui era già tornato a casa sua a gioire sulla tomba di Kuina. Con gli altri non aveva mostrato interesse ma ora che era sola poteva mostrarsi preoccupata e triste. Difficilmente Zoro si allontanava da solo, senza senso dell’orientamento era impossibile che ritrovasse la strada per la nave…questo la portò a pensare che certamente non poteva più essere con loro. Loro lo sapevano e non potevano averlo lasciato solo con tutta quella strada da fare.
Assorta nei suoi pensieri, la brezza del mare le soffiò dolce sul volto ma lei era ancora immersa nelle più disparate congetture quando improvvisamente dei passi la destarono. Lenti e cauti. Un tintinnio li accompagnava in modo ritmico e regolare.
La brezza marina portò insistente, quasi volesse chiamarla, al suo naso un dolce profumo: lo stesso che pochi giorni prima l'aveva attirata alla finestra scrutando l'orizzonte in cerca della Sunny, quando credeva di aver avuto un’allucinazione. Conosceva quel profumo, ora lo ricordava chiaramente.

I passi venivano dalla terra ferma e iniziarono a salire. Conosceva anche quel modo di camminare e l’avrebbe riconosciuto fra mille. Il suo cuore prese a battere forte. Rimase immobile ad ascoltare, senza respirare dal timore di non riuscire a sentire, poi si sentì osservata e capì che lui era a bordo o quasi. Percepiva la sua presenza e il profumo la inondò portato dal vento. Non si voltò ancora perché le sembrava che fosse fermo tra la passerella e il ponte fissandola, indeciso se salire o meno. Il cuore stava per esplodere.

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Capitolo 7
*** THIS IS NOT YOUR PLACE ***





Fece un passo in avanti: aveva deciso di salire. Il cuore di Nami esplose definitivamente. Doveva cercare di trattenere le parole e i pensieri e i gesti, tutto in lei andava a mille all’ora.
Lui attese un secondo e fece un altro paio di passi in avanti. Nami aveva percepito che il ragazzo aveva posato la mano sulle spade a mo’ di appoggio, perché le sentì “sibilare” al suo tocco. Era sempre stato un gesto ricorrente.
“Cosa faccio ora? Cosa gli dico?!”.
Non era il momento di usare la carta dell’orgoglio per urlagli contro e trattarlo male (il che spesso e volentieri accadeva malgrado le intenzioni fossero diverse); da un lato avrebbe voluto parargli e chiedergli scusa e dirgli che aveva capito di aver sbagliato tre anni prima, dall’altro forse non era il caso, non era il momento. Che confusione. Era certa però che per una volta non doveva urlare. Finalmente prese il coraggio a quattro mani e in un solo respiro si voltò di scatto, incrociando le dita dietro alla schiena e disse:
« Ciao Zoro » con il sorriso più ingenuo e involontariamente ammiccante che riusciva a fare.
Lo spadaccino non rispose subito e mentre Nami aspettava che Zoro dicesse qualcosa, non poté fare a meno di guardarlo. Lui. Il pezzo mancante di quell’ incantevole puzzle. Un ragazzo alto e muscoloso, i capelli verdi splendenti e lo sguardo tenebroso fisso su di lei. Una camicia bianca dal collo aperto e tre spade fedeli al fianco. Pantaloni neri e stivali. Qualche cicatrice in più anche per lui ma era sempre Zoro.
Osservandolo meglio, Nami si accorse che qualcosa non andava: c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi; lo sguardo era severo e cupo. Non era lo sguardo che ricordava. Il suo sorriso da civetta scomparve quasi immediatamente dalla labbra.

« Che fai qui? » chiese Zoro senza emozione.

Nami s’incupì e strinse i pugni dalla rabbia ma cercò di restare il più calma e rilassata possibile. Niente carta dell’orgoglio, niente carta dell’orgoglio. Non era poi tanto cambiato quel babbeo.
« Credevo che tu non ci fossi…insomma non ti ho visto e… ».
Cercava di farfugliare qualunque cosa le venisse in mente purché la facesse restare calma.
« Voi donne arrivate subito alle conclusioni più assurde. Nemmeno io mi aspettavo di trovarti qui. La tua amica ci aveva avvisati di averti trovata, stava organizzando qualcosa. Li ho visti a terra ma non mi hanno detto che fossi già qui. Comunque, ho solo portato le spade ad affilare. Ora scusami, ho bisogno di una doccia e di dormire » e se ne andò, in silenzio come era arrivato.
« Sei sempre il solito idiota!!! » cominciò a ringhiare Nami. Era isterica e furibonda.
« E tu la solita strega. Questo non è più il tuo posto, non lo è più da tre anni ormai » disse allontanandosi.
La rabbia di Nami salì alle stelle e gli occhi diventarono ben presto lucidi. Era un vulcano pronto ad esplodere. Le sembro che una freccia dritta al cuore le avesse tolto il respiro.

Qualche minuto più tardi, gli altri salirono a bordo. Robin raggiunse Nami per prima.
« Piaciuta la sorpresa? » chiese eccitata.
« Oh sì, non immagini quanto sia felice ora. Maledetto troglodita rozzo e ignorante »
« Non dirmi che... »
Ma non ebbe il tempo di finire la frase perché Rubber si insinuò nel discorso.
« Ehi Nami come tuo ex capitano ti ordino di unirti a noi questa sera per cena! Hai per caso visto Zoro? » mentre Chopper e Franky portavano in cucina alcune delle scorte brontolando qualcosa sotto i baffi.
« Non c’è bisogno che me lo ordini Rubber. Rimango volentieri. Zoro…è...andato a farsi una doccia e a dormire »
« A dormire? Ma come? Abbiamo un ospite e non resta a cena? Mi sentirà, ora vado a dirgliene quattro! »

Il buio calò presto e ormai era ora di cena. Sanji aveva preparato dei piatti deliziosi in onore di Nami. Dalla nave venivano voci che cantavano in maniera del tutto stonata, urla e risate. Era un bel po’ di tempo che Nami non si divertiva così. Mentre Chopper e Rubber intonavano un coro, accompagnati dal musicista di bordo Brook, Nami iniziò a pensare che forse quello non era veramente il suo posto, non più oramai. Non riusciva proprio a farne a meno. Era come se si sentisse un’ospite davvero, non più parte di quella famiglia.
Erano tutti così diversi...Anche lei lo era ma solo fisicamente perché in effetti trovandosi di nuovo in quel luogo le sembrava di non essere cambiata affatto quasi come se il tempo per lei si fosse fermato e avesse ricominciato a scorrere solo una volta salita a bordo, mentre ognuno dei suoi compagni sembrava profondamente cambiato. Rubber era il solito sciocco e svampito, ma sembrava più adulto e più maturo. Chopper era molto cresciuto e sia lui che Usop non sembravano più tanto piagnucoloni e fifoni. Anzi, Usop aveva tutta l’aria di un vero bucaniere. Franky, Sanji, Brook e Robin erano già adulti non c’era molto da cambiare in loro, se non che Sanji sembrava più consapevole e sembrava avesse smesso di essere un inguaribile farfallone.
Era piena di gioia nel rivederli tutti lì come un tempo ma allo stesso modo non riusciva più a sentirsi parte integrante della ciurma. Così, colta da un momento di malinconia, si alzò stando attenta a non attirare l’attenzione e silenziosa uscì sul ponte. Robin la vide ma non la trattenne, né domandò spiegazioni.
Zoro non si era fatto vedere; forse dormiva ancora, probabilmente in attesa che fosse la giusta ora per allenarsi, non era nemmeno sceso per cena quindi poteva stare tranquilla di non trovarselo al seguito.
Pochi minuti di tranquillità nell’ammirare le stelle ed ecco di nuovo quei passi che la colsero impreparata. Non si voltò nemmeno, era troppo arrabbiata con lui. Lei voleva stare lì, sarebbe stato lui a sloggiare.
Rimase appoggiata al bordo della nave leggermente sporta in avanti, completamente indifferente ma ecco che i passi incalzavano lenti verso di lei, il suo cuore non poteva resistere.
Si fermò dietro di lei, a pochi centimetri. Era così vicino che poteva sentirne il calore, sembrava stesse bruciando.
Lo sentiva respirare. Il respiro lento e imperturbabile che ricordava chiaramente.
Cosa voleva? Che cosa stava aspettando? Perché non diceva niente?
Come aveva fatto poche ore prima, decise di intervenire per prima perché le dava molto più sui nervi sentirsi osservata; cercò il coraggio in lei e si voltò. Era così alto, molto più di quello che ricordava e molto più vicino di quel che si aspettava, tanto che dovette indietreggiare sulla ringhiera e addirittura sporgersi fuori per non sfiorarlo. Sfiorarlo o addirittura toccarlo sarebbe stato imbarazzante da morire. Aveva la bandana sugli occhi e Nami poteva intravedere solo l’ombra del suo sguardo. Quando aveva la bandana non era mai un buon segno. Possibile che fosse ancora arrabbiato dopo tanto tempo? Zoro non era uno che portava rancore ma in effetti Nami l'aveva combinata grossa. Qualcosa non andava davvero.

Non ce la faceva più a sostenere quello sguardo così truce. Per rompere il ghiaccio, disse la prima idiozia che le passò per la testa:
« Anche tu qui? » gli chiese abbozzando un mezzo sorriso.
Zoro ancora la fissava dall’alto. Le mani erano appoggiate sulle spade. Improvvisamente, spostò la mano sulla Wado Ichimonji e tenendola stretta, spinse l’elsa con il pollice sfoderando un paio di centimetri. Nami osservò il gesto sconcertata poiché Zoro sembrava sicuro di quel che stava facendo e non accennava a spostarsi. La lama scintillò alla luce della luna.
« E’ l’ora dell’allenamento ».
« C-cosa? » chiese Nami quasi distratta.
« Ho detto: è ora dell’allenamento. Vattene, mi disturbi ».
« Le abitudini non sono cambiate vedo. Immagino che dormirai ancora tutto il giorno senza alzare un dito allora ».
« Non provocarmi ».
« Ma che bella accoglienza Zoro. Sai che non mi fai paura, sei solo uno stupido scimmione tutto muscoli e niente cervello ».
« Tu dici? » chiese, sfoderando un altro paio di centimetri.
Nami non osò replicare.
« Ok, me ne vado! Datti una calmata! » e piano piano si scostò, stando attenta ancora una volta a non sfiorarlo. La verità era che avrebbe voluto stringerlo anche se lui l’avrebbe scostata e allontanata e avrebbe pensato che era matta da legare, ed era una sensazione strana perché fino a qualche tempo prima abbracciare quel cavernicolo pigro e un po’ svampito non era nemmeno sulla lista delle cose da fare.
Mentre lui restava più immobile di una statua, freddo e duro come il marmo, Nami lo accostò e sospirò a testa bassa. Di nuovo quel profumo, era proprio il suo ne era certa.
« Hai vinto Zoro. Me ne andrò. Una volta tanto devo darti ragione: non è il mio posto. Non più…Ti prego, non farne parola agli altri fino a domani. Voi partirete dopodomani e così sarà tutto finito, e dire che per un attimo avevo anche pensato di…ah, che sciocca che sono. Stammi bene. Buonanotte ».

Robin la stava aspettando nella loro vecchia stanza, ormai si era fatto tardi.
Tutto era rimasto come prima. Chissà se l’avevano preparata per l’occasione o se era sempre rimasta così.
« Tutto bene Nami? Non è cambiato praticamente nulla hai visto? Il tuo letto è ancora fatto! » disse facendole l’occhiolino.
« Beh in realtà mi sembrate molto cambiati, tutti…o quasi tutti… »
« Con quel “quasi” ti riferisci per caso a…Zoro? ».
Nami sospirò qualcosa sottovoce.
« Ti sbagli invece - disse Robin, intenta a giocherellare con i  propri capelli – E’ molto, molto cambiato da quando ci hai lasciati. Se ti stai chiedendo il perché si comporta in questo modo te lo spiego volentieri prima che cominci a pensare cose strane…come ad esempio che lui ti odi. Dunque, cerca di seguirmi perché è molto semplice: lo conosciamo tutti, sappiamo che non è il tipo da portare rancore: io credo che non l’abbia mai avuta con te nemmeno dopo il modo in cui l’hai trattato, anche se (siamo sinceri) ne avrebbe avuta ragione e lo sai. Penso semplicemente che si sia…annullato…sì, mi sembra il termine adatto - disse Robin in tutta tranquillità - E’ diventato una specie di fantasma armato di spada che di giorno scompare ed esce di notte per allenarsi. Non litiga nemmeno più con Sanji, perché chiaramente Sanji non ha più delle mire…voglio dire, lo sbruffone lo fa lo stesso con me ma a Zoro non dà fastidio, se capisci cosa intendo. Lui mangia, combatte e dorme. Nient’altro. Con te per lo meno parlava…più o meno. Sono certa che da quando te ne sei andata si senta profondamente solo » concluse sorridendo.
Nami non sembrava convinta e Robin incalzò la dose.
« Perdona l’ironia – sorrise – ma ti sembra che Zoro abbia sempre avuto quello sguardo da assassino? ».
Cercò di ricordare meglio. No, Zoro non aveva mai avuto quello sguardo. Era fiero e spavaldo, ironico e sempre pronto alla battaglia ma nemmeno nelle situazioni più difficili aveva mai avuto quello sguardo minaccioso. Non c’erano più fierezza e spavalderia, c’era solo…vuoto…vuoto e buio, forse.
« No, forse no ».
« E cosa pensi significhi? »
« Non lo so… »
« Non posso credere che una ragazza intelligente come te non se ne renda conto » la canzonò divertita. « Si è annullato perché in un secondo il mondo gli è crollato addosso. So che sembra ridicolo per una persona come Zoro ma sono convinta che nel momento in cui gli hai detto che non lo avresti mai perdonato, le sue certezze siano crollate una dopo l’altra. Forse non era più sicuro di ciò che era giusto e cosa sbagliato: credeva di aver fatto del suo meglio per salvarti e come sempre l’hai trattato a pesci in faccia. Come ti dissi tanto tempo fa, non si trattava di una dormita sul ponte mentre gli altri lavorano o di una vela non ammainata...E’ come se avesse subito una sorta di....rottura interiore. Tanto grande quanto grande era il suo dolore. Ha deciso di annullarsi per non dover più scegliere tra cosa è giusto e cosa no. Quella di Pauly fu l’ultima volta. Zoro da allora ha sempre continuato a svolgere il suo compito in maniera egregia, sempre fedele a Rubber, sempre il suo braccio destro ma nelle sue azioni non c’è più sentimento, nessun tipo di emozione o volontà. Esegue gli ordini, niente di più. Non prova più emozioni. Sopravvive, nient’altro. Non biasimarlo se si comporta così. L’unico tra noi che ha il diritto di giudicarci è Rubber, se lui non lo fa non devi farlo nemmeno tu e anche questo discorso mi sembra ti sia stato fatto tempo indietro, o sbaglio? Oltretutto, chi meglio di te può comprenderlo?...Non voglio darti la colpa Nami ma devi cercare per una volta di metterti nei suoi panni, per una sola volta. Ora che hai compreso di aver sbagliato tre anni fa potresti cercare di essere gentile...lui non è guarito come hai fatto tu...Non sei d’accordo? ».
« Se pensavi già tre anni fa che avevo sbagliato perché non me ne hai parlato allora? Perché non mi hai impedito di andarmene? » chiese Nami cambiando argomento.
Robin sorrise. « Non era la soluzione giusta, per lui e per te. Eri troppo scossa e non sarebbe cambiato nulla. Dare tempo al tempo è ciò la storia ci insegna. Ero certa che prima o poi avresti compreso, non ne ho dubitato per un solo istante. Cercare di farti restare e farti vedere come stavano le cose realmente sarebbe davvero stato uno sforzo vano, sei troppo orgogliosa e testarda. Scusami se hai sofferto ma era giusto che le cose andassero così, che comprendessi sulla tua pelle cosa significava. Scusami davvero ».
Nami si mise a ridere inaspettatamente.
« Sei davvero straordinaria Robin ».
« E poi, fatto non trascurabile, cosa ti aspettavi? Che ti saltasse addosso dopo il modo in cui l’hai trattato? Se anche l’avesse vissuta diversamente non credo ti avrebbe accolto in maniera diversa. Sicuramente sarebbe stato imbarazzatissimo e dopo essere diventato rosso avrebbe iniziato a farfugliare qualcosa senza senso per poi iniziare a brontolare come suo solito… ».
« Avevo pensato di parlargli sai ma dopo averlo visto in questo stato non sono più tanto convinta che sia la cosa migliore. Non lo capisco proprio quello! Ho già sofferto troppo…forse è meglio mettere davvero la parole fine in tutta questa storia. Voi partirete dopodomani e io resto qui quindi…. »
« Resti qui? Credevo volessi partire… »
« Sì, con te...non con... aaahhh! Ne parleremo domani. Buonanotte » ringhiò da sotto il cuscino.
« Buonanotte, ragazza cocciuta! ».

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Capitolo 8
*** NO MORE PART OF THIS FAMILY ***





La mattina seguente qualcuno bussava alla porta con insistenza.
La luce del sole forte e brillante entrava dalla finestra, quando le ragazze aprirono gli occhi rimasero abbagliate.
« Buongiorno amica mia – disse stiracchiandosi Robin – Sembra proprio una bella giornata! Cosa dice la nostra navigatrice di bordo? »
« Che non sono una navigatrice… » rispose Nami da sotto il cuscino per ripararsi dalla luce.
« Dormito bene? »
« Non proprio » bofonchiò da sotto le coperte.

« Namiiiiii…Robiiiiin…coraggio splendide dee del mattino! Ho preparato una colazione speciale tutta per voi! ».
« Sì Sanji ci vestiamo e arriviamo! » rispose ridendo Robin.
« Lo sai che così lo farai morire? » le disse Nami divertita.
« Già, magari saremo fortunate! Coraggio, andiamo prima che ritorni ».

In cucina però non trovarono nessuno ad attenderle, c'era solo un biglietto contornato di cuoricini.
« Che roba è? » chiese Nami.
« Sembra un biglietto - rispose Robin afferrandolo – E’ scritto da Sanji, direi »
« Sembrerebbe di sì dai cuoricini...davvero patetico »
« Non essere cattiva - sorrise l'amica - Dice che ci aspettano in giardino ».
Salirono sul ponte dove in giardino era stata apparecchiata una tavola imbandita e piena di manicaretti. Sanji litigava con Rubber e Chopper che cercavano di rubare il cibo prima che il cuoco desse il permesso di mangiare. Franky e Usop facevano un po’ di allenamento mattutino combattendo tra di loro e Brook leggeva un taccuino a tavola. Zoro dormiva sotto un albero.

“Quale onore – pensò Nami – Si è degnato di unirsi a noi”.

« Buongiorno bellissime signorine. Posso domandarvi un bacio per iniziare bene la giornata? ».
« Torna immediatamente al tuo posto e lascia in pace Nami e Robin. Ma guarda che razza di screanzato! Mie adorate, prego accomodatevi pure.... anche voi, branco di villani! ».
« Ciao Nami! - la salutò Usop - Siediti vicino a me e Rubber! »
« Non ci pensare nemmeno Usop, la mia dolcissima Nami siederà accanto a me! ».
« Calma ragazzi, mi siederò a capo tavola così sarò imparziale! ».
« Accidenti! Tutta colpa tua naso lungo! » fulminando Usop con lo sguardo.
Usop non gli diede peso e dopo quest’ultima provocazione, Sanji suonò il triangolo per richiamare tutti all’ordine e soprattutto a tavola. Neanche a dirlo, scattarono come delle molle. A tavola c'era però un posto vuoto, un posto che senza nemmeno farlo apposta sarebbe stato vicino al suo. L'amarezza tornò all'attacco.
Era inevitabile guardarlo, cercarlo. Non faceva che pensare a quegli occhi…a quello sguardo. La odiava, per forza. Ne era certa. Robin non mai aveva torto, più volte le sue “ipotesi” si erano rivelate corrette ma allora perché se secondo lei non la odiava la guardava in quel modo? D'accordo era comprensibile che dopo il trattamento riservatogli da Nami, Zoro non fosse particolarmente propenso al dialogo ma guardarla in quel modo...No, Nami non era convinta delle parole di Robin. Anzi, al contrario era sempre più convinta che per una volta fosse lei stessa ad avere ragione.
Lo stomaco si strinse. Non aveva fame, per niente.

« Che giornataaaa! SUPEEER! – esordì Franky stiracchiandosi dopo la colazione – Allora Nami, veniamo al dunque: noi partiremo domani mattina. Ti unisci a noi? Questa sarà la volta buona: lo troveremo quel dannato One Piece! ».
« Io beh…non lo so…non ho avuto ancora il tempo di pensarci, insomma…mi sembra ancora un sogno che siate qui »
« Anche per noi è super averti ritrovata però vedi, non abbiamo in progetto di tornare per molto tempo o forse non torneremo affatto, per cui se vuoi unirti di nuovo a noi...abbiamo un posto mancante di navigatrice e cartografa. L’ultima si è licenziata! » facendole l’occhiolino.
« Fammici pensare e poi vi farò sapere, d'accordo? »
« Nessun problema sorellina ».
« Nami, te l’ho detto che sei ancora più [………………..] ».
 La voce di Sanji era sempre più distante. Non era più sufficiente pensare a quel babbeo che sotto l'albero ronfava come un orso ma adesso c'era anche un altro problema. Andare o restare? Aveva già detto a Zoro che se ne sarebbe andata, non poteva certo rimangiarsi la parola; era vero anche che in una situazione normale non le sarebbe interessato cosa aveva detto a Zoro e avrebbe fatto semplicemente quello che si sentiva. La cosa diventava molto più complicata del previsto.

« Nami?? Nami tesoro mio?! »
« Oh sì Sanji, scusami! Grazie per i complimenti! Mi sono fatta crescere i capelli! » azzardò una frase a caso sperando che azzeccasse il discorso fatto da Sanji e sembrò funzionare. Nami tirò un sospiro di sollievo.

La giornata sembrò passare troppo veloce benché sulla Sunny non ci fosse tanto da fare e non aveva ancora pensato se restare a Coconut Village o se partire. Di lì a poche ore avrebbe dovuto salutarli di nuovo e per sempre…non sapeva cosa fare.
Voleva stare con loro ma non poteva farlo in quelle condizioni. Parlare con Zoro, trovare il modo di farlo per sistemare tutto e chiarirsi era l’unica soluzione ma aveva troppa paura. Paura di un rifiuto che dava per scontato. Aveva forse paura che Zoro rifiutasse le sue scuse come lei aveva rifiutato le sue?
Che Zoro le stesse riservando lo stesso trattamento che lei gi aveva riservato tanto tempo prima? In quel caso stava funzionando alla perfezione.

Di nuovo, il tramonto giunse inesorabile e il sole sprofondò nelle acque marine spegnendosi come una candela nell’acqua. L’ora in cui il fantasma armato di spada faceva la sua visita era sempre più vicina.
Dopo cena iniziò per lei il conto alla rovescia. Aveva bisogno di stare sola e di pensare. Iniziò a gironzolare per la nave, su e giù, a destra e a sinistra, accarezzandone ogni dettaglio.

Tutti dormivano della grossa, tranne Robin; era certa che paziente più di un Buddah la stesse aspettando nella loro stanza.
Nami decise infine di arrampicarsi sulla cima dell’albero maestro e ammirare il panorama per quella che poteva essere davvero un’ultima volta e magari avrebbe trovato le risposte che cercava. Piano piano, salì in cima. Senza difficoltà comunque. Era ancora agile come una pantera.
Arrivata in cima, chiuse gli occhi e spalancò le braccia; fece un lungo e profondo respiro per poi riaprirli. Si guardò attorno: da una parte il mare nero e profondo ed infinito, dall’altra le luci del centro cittadino. Uno dei due avrebbe fatto parte della sua vita per sempre di lì a poche ore.

« Scendi ladra, distrai i miei allenamenti con questo baccano. Oppure resta ferma. I tuoi passi risuonano nel silenzio della notte e mi dà fastidio ».
« Lasciami stare. Non sono in vena. Non esisto questa sera ».
« Magari… » bisbigliò sottovoce lo spadaccino, ma non abbastanza piano perché Nami non potesse sentire.
Quelle parole la ferirono una volta per tutte. Stanca e indispettita saltò giù con un paio di balzi agili e felini.
« Qual è il problema? Non sai se restare o andare? Mi sembrava avessi già preso la tua decisione ieri sera »
« Che ti importa? E da quando ti preoccupa quello che faccio? »
« Non me ne importa nulla infatti ma se vuoi un consiglio allora vattene, è meglio »
« Non devi convincermi, credo sia la scelta migliore per tutti. Stupido » rispose Nami con un sospiro, mentre toccava terra.
Si fissarono per alcuni silenziosi secondi. Lei lo guardava con gli occhi lucidi: avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo forte dopo averli urlato contro chissà quali insulti ma lui l’avrebbe respinta, spinta via; lo sguardo di Zoro non lasciava adito a dubbi.
Non c’era spazio per Nami su quella nave. Non c’era spazio per Nami nel suo cuore, se mai in tanti anni c’era stato.
Non avrebbe aspettato un secondo di più, non li avrebbe salutati.
« Non faccio più parte di questa famiglia ormai ».
Senza troppa esitazione approfittò di una cima appesa che penzolava lì vicino (non si chiese da dove fosse arrivata o perché fosse lì), per tuffarsi dolcemente in acqua e tornare a riva con alcune bracciate. L’acqua del mare era tiepida e accogliente.
Arrivata sulla spiaggia, si voltò e guardò verso l’alto del pendio già scoraggiata per tutta la strada che avrebbe dovuto fare in salita e al buio. Una stretta allo stomaco le fece venire il dubbio ma ormai aveva detto addio, non poteva certo tornare indietro e dire “scusa mi sono sbagliata”. Prese il coraggio a quattro mani e iniziò la sua rampicata verso casa, non c’era nessuna fretta.
Sentì che Zoro non aveva perso un secondo per sguainare le spade e iniziare l’allenamento, evidentemente non gliene importava poi tanto proprio come Nami aveva sospettato...beh almeno si erano rivolti la parola, ma era una magra consolazione.
Zoro invece la guardò con la coda dell’occhio e la vide sprofondare nell’oscurità. Lo fece in maniera impercettibile, senza che lei potesse sentirsi osservata e notasse che lui in realtà l’aveva seguita con lo sguardo e non l'aveva mollata un secondo finché non era sparita tra le tenebre.

Era notte fonda ormai. Non vedendola rientrare, Robin si recò sul ponte sperando di trovarla là ma in cuor suo sapeva che se n’era già andata.
« Se n’è andata vero? » chiese allo spadaccino.
Nessuna risposta.
« Perdonami Zoro se disturbo i tuoi allenamenti. Non voglio che tu ti interrompa, davvero. Voglio solo sapere se se n’è andata ».
Zoro si fermò una frazione di secondo, il tempo per lasciar cadere una goccia di sudore.
« Ti sembra di vederla in giro forse? »
« Già appunto. Buonanotte » e alzando le spalle se ne tornò in camera sua, per niente sorpresa.

La mattina seguente la ciurma si alzò di primo mattino per fare colazione e preparare la nave alla partenza. Si aspettavano tutti di veder arrivare Nami assieme a Robin, non di meno si aspettavano che lei partisse con loro. Non vedendola arrivare, iniziarono a domandarsi dove fosse finita Nami in maniera così improvvisa.
« Forse sarà andata a comprare qualcosa da mangiare… » ipotizzò Rubber.
« Che dici sciocco?!…Forse, è andata a comprarmi un regalino d’addio perché ha deciso di non partire con noi » iniziò a disperare Sanji.
Robin dapprima ascoltò incuriosita e divertita ma ogni ipotesi si faceva sempre più ridicola e decise quindi di intervenire con la classe e la serenità che solo lei possedeva.
« Se n’è andata ragazzi, tutto qui ».
« Cosa? Nami se n’è andata? Nel senso che non torna più? » chiese Rubber.
« Ma così?...Senza dire nulla? » Chopper era decisamente stupito.
« La cara Nami non mi farebbe mai nulla del genere! Se n’è andata nel bel mezzo della notte, tutta sola su quelle montagne?! Non è da Nami, sono furiosooooo! – iniziò a urlare Sanji - …Ci sono! TU! Capelli di verza! Alzati! Dico a te! » lanciando una focaccia bollente e guarnita di salsa dolce sulla faccia di Zoro, profondamente addormentato sotto al solito albero.
« Che fine ha fatto Nami?! Sicuramente sarai stato l’ultimo a vederla ne sono certo! Tu e i tuoi allenamenti! Perché non l’hai fermata?! O Forse l’hai uccisa e hai gettato il suo corpo in mare, dannato? Rispondi! E’ forse così?! Sappiamo tutti che non la sopporti e che forse la odi, non è vero?!? ».
Sanji era furioso ed era a poco più di un paio di centimetri dalla faccia di Zoro, ancora sporca.
« La vedo brutta ragazzi » sussurrò Usop.
Zoro non disse nulla, in un primo momento. Lasciò che Sanji blaterasse senza ritegno poi quando Sanji sembrò superare il limite non esitò un secondo per estrarre la spada dall'elsa e puntarla al collo del cuoco: « Allontanati. Subito. Non ho intenzione di rispondere a questa domanda. Non uccido le donne, nemmeno se si tratta di quella strega e specialmente durante gli allenamenti. Finitela di fare baccano e lasciatemi dormire ».
 Sanji rimase interdetto e non riuscì a replicare.
Zoro chiuse la spada nel fodero e se ne andò sottocoperta senza dire altro.

Rimasero tutti di sasso.

« Ma che avrà Zoro? » chiese Rubber.
« Lo sai com’è quella testaccia dura – disse Usop – Secondo me ha preso troppo sole… ».

Sanji comunque non era convinto, anzi era così pensieroso che non gli corse nemmeno dietro come faceva solitamente; nonostante questo, per calmarsi dovette tirare un paio di calci a qualcosa e ridurlo a brandelli.

« Ragazzi, non possiamo aspettare Nami. Mi dispiace… »
« Ma Rubber… »
« Non c’è più tempo Chopper. Siamo già in ritardo »
« Ma… »
« Questo è un ordine » concluse un Rubber perentorio che se ne andò pensoso sulla polena.
Chopper era rimasto fortemente colpito da tutta quell’autorità. Rubber faceva il capitano nel vero senso del termine solo quando era molto, molto arrabbiato. Anche Robin rimase stupita: aveva già notato che Rubber si alterava troppo facilmente e gioiva anche troppo facilmente circa tutto ciò che riguardava Nami. Comunque a quello ci avrebbe pensato più avanti se si fosse presentata l’occasione, era pur sempre il capitano e un ordine del capitano andava eseguito. Franky iniziò a levare l’ancora e Usop a spiegare le vele.
« Fermi! Fermi! Yohohohoho! » arrivò correndo Brook.

Brook informò Rubber che era in arrivo una tempesta piuttosto violenta e sarebbe stato meglio restare ormeggiati per partire verso sera se la tempesta si fosse calmata; la baia offriva protezione non solo dalla vista ma anche dalle correnti marine, ormeggiare lì non sarebbe stato troppo pericoloso. Per Rubber non ci furono problemi, nei suoi occhi si lesse anche la speranza di poter rivedere Nami prima di partire.
Era il primo pomeriggio quando il primo fulmine squarciò il cielo: la ciurma era già sotto coperta da quando il cielo si era ingrigito ed aveva aspettato paziente e annoiata l'arrivo del fortunale. La Sunny aveva iniziato a dondolare dapprima tranquilla e poi sempre più indispettita dai cavalloni. Per ingannare il tempo si parlava del più e del meno, si faceva baccano e si cantava. Robin leggeva un libro di storia intitolato: “I Cento Anni di Buio: quello che il Governo non dice”, Sanji fumava pensieroso la sua sigaretta...ormai la decima in pochissimo tempo e questo a Robin non sfuggì: qualcosa frullava nella testa del cuoco.

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Capitolo 9
*** DON'T BE IDIOT! ***





« Ragazzi, avete visto quanto è cambiata Nami? » disse Chopper.
« Già – annuì Usop – Non sembra più lei. Non ho detto niente perché non mi andava di essere preso a pugni in faccia ma la luce che aveva negli occhi sembra essersi spenta »
« Anche io ho avuto questa impressione. Sembra un’altra persona la super sorellina Nami » disse Franky.
« Ma che dite? Io non ho avuto queste impressioni… »
« Questo, Rubber, perché non vedi al di là del tuo naso! »
« Detto da te Usop fa proprio ridere! Ideaaaaaa!!! Andremo a salutare Nami! Un giorno in più non cambia nulla! » suggerì Rubber entusiasta.
« Ma non eri stato tu a dire che non volevi andare a trovarla e che eravamo in ritardo?? Vuoi deciderti una buona volta?? » chiese Usop irritato.
« Sì e allora? »
« E allora, possibile che cambi idea come una banderuola al vento?? »
« Io sono il capitano e io decido! »
« Sì sì va bene, lo sappiamo…Sei senza speranza! ».
Tutti furono d’accordo con il capitano anche se il programma era partire per sera o notte che fosse, se il temporale si fosse calmato. Dunque avrebbero aspettato un giorno in più e il giorno successivo sarebbero andati a casa di Nami per poterla salutare e magari convincere a restare. Solo Robin, con grande sorpresa, lasciò tutti a bocca aperta, con la solita calma celestiale disse: « Non credo sia necessario Rubber, andarla a prendere intendo ».
Gli occhi di tutti si spalancarono.
« Robin…e perché mai? Abbiamo un sacco di tempo! » commentò Chopper.
« Fidatevi ragazzi, non sarà necessario »
« Ti dispiace spiegarti meglio? »
« Neanche questo è necessario. Lo capirete fra poco ».
« Ma che hanno tutti oggi? » si chiese Usop a mo’ di domanda retorica.
Robin riusciva sempre a tranquillizzare gli animi di tutti così nessuno fece altre indagini.
Impegnata nella lettura del suo libro, lo sguardo venne richiamato da quello Sanji che la fissava proprio come se la stesse chiamando telepaticamente. Robin fece un cenno di assenso.

Un terribile tuono colse tutti di sorpresa.

« Ehi! Ma dov’è Zoro!? - chiese preoccupato il dottore - Sono stanco di curare raffreddori su raffreddori! E se finisce fulminato?? ».
« Non dovrebbe stare fuori con questo tempo. Vado a chiamarlo! » disse Usop.
« No » disse Sanji alzandosi di scatto. Lo guardarono in modo interrogativo con una certa sorpresa. « Vado io. Ho bisogno di un po’ d’aria » terminò. Sguardo basso, mani infilate nelle tasche dei pantaloni e via, fuori verso la tempesta.
« Cosa? Un po’ d’aria? Ma sei impazzito?! C'è un uragano fuori e tu hai bisogno di un po' aria?? Senza contare che Zoro ti ucciderà se ti sporgi anche solo dalla porta, non gli piace essere disturbato durante l'allenamento! Non sarebbe meglio mandare Rubber o qualcuno che non rischi la morte? Sanjiii! Sto parlando con te! » ma lo sbraitare di Usop non servì proprio a nulla, Sanji prese il pacchetto di sigarette ed uscì dalla cucina.
« Si può sapere cos’avete tutti oggiiiii?! Uffa! Non mi ascolta mai nessuno! » e sprofondò di nuovo sulla sedia.
Tuttavia, non c’era da preoccuparsi troppo: quei due sapevano cavarsela dopotutto.

Pochi secondi dopo, Robin posò il libro e con aria soddisfatta si alzò andando verso la porta e prese a controllare cosa accadeva dall’oblò. Questo attirò l’attenzione dei compagni che si precipitarono fitti attorno all’archeologa per guardare la scena.
« Adesso ragazzi capirete il perché  non è necessario andare a prendere Nami ».
Era sera, quasi ora di cena anche se era talmente buio che sembra notte inoltrata da un sacco di tempo e la tempesta non accennava a smettere. Il profilo di Zoro era illuminato dalla povera luce lunare riflessa dalla pioggia battente, quando qualche nuvola permetteva alla luna di mostrarsi.
Zoro si muoveva veloce in perfetta sincronia con il vento e i fulmini. Sanji stette ad osservarlo per alcuni minuti nascosto dietro all’albero maestro mentre sembrava che qualcuno stesse gettando dalle nuvole delle vere e proprie secchiate di acqua gelida.
« Non sarebbe meglio che rientrassi? » chiese Sanji alzando il tono della voce per farsi sentire.
« E hanno mandato te a dirmelo? » senza mai smettere di allenarsi. Era una furia, come la tempesta.
« No, sono venuto di mia spontanea volontà »
« Questa è nuova. Ti sarai fatto comprare da uno degli sguardi di Nico Robin. Ad ogni modo state tranquilli, questo tempo è l’ideale per allenarsi » sferzando altri tre colpi.
« In realtà Zoro – cercando di riaccendere la sigaretta – vorrei parlarti, e stai attendo a come ti rivolgi a Robin o non sarò più tanto gentile ».
Zoro non commentò e non si fermò.
« Beh…chi tace acconsente » dopo aver aspirato una profonda boccata di fumo. Non lo faceva spesso di aspirare così profondamente, solo quando era preoccupato e nervoso.
« Dunque, insulso spadaccino, non pretendo che tu mi risponda. Mi riterrò molto fortunato se riuscirai a capire quello che sto per dirti...Pretendere una tua risposta sarebbe davvero da babbei. Parlerò solo io, non vorrei ti distraessi troppo. Nami... - e un tuono gridò in cielo - L’hai spinta tu ad andarsene: ti conosco bene e conosco lei. Non se ne sarebbe mai andata senza salutarci. Non so cosa le hai detto, o non le hai detto, ma non ce l’ho con te per questo Zoro. Conosco quello sguardo sai, non credere di poterlo nascondere per sempre sotto una bandana e certamente non a me. E’ lo sguardo di chi ha perso tutto e sei così da quando lei se n’è andata. Tre anni. Non ti sembra un po' eccessivo? Non credo sia per la storia di Pauly e per le parole che ti ha detto, no…ci vuole ben altro per offenderti e io lo so bene. Credo piuttosto che sia stato l' effetto che le parole di Nami hanno avuto su di te. Non so cosa ti abbia detto in quell’occasione ma conoscendola non credo sia stata troppo gentile – apirò di nuovo - Abbi il coraggio di ammetterlo o sei così codardo? O forse sei così stupido da non esserti accorto nemmeno della tristezza che anche Nami ha negli occhi?! Non voglio andare oltre in questa conversazione, e detto da me fa quasi ridere ma ricordati che questa potrebbe essere la tua ultima occasione. Lei era qui e l’hai cacciata ma hai ancora un’altra possibilità…anche ai più stupidi è concessa, fortunatamente per voi. Non ne avrai altre, ricordatelo. Mi costa molto dirti questo ma non posso pensare di vedere Nami soffrire – i pugni si strinsero - Metti da parte quel dannato orgoglio, maledizione! Eccciiiù !! Ah, dannazione! Mi è caduta la sigaretta e il dottore mi darà una bella strigliata per essermi beccato il raffreddore! – disse ridendo sommessamente – Io torno dentro. Qualunque cosa tu abbia da dirle nel bene o nel male, fallo. Non essere idiota.......idiota » girò i tacchi e si incamminò sotto coperta tra uno starnuto e l’altro. Gli altri avevano gli occhi sgranati e trattenevano il fiato:
« Vai Zoro…che cosa aspetti… ».
« Coraggio fratello! ».
« Ora ho capitoooo! Yohohohohoho!!! ».
« Ma perché continua ad allenarsi?! ».

Sanji scendeva il primo gradino molto lentamente quasi aspettando che Zoro facesse qualcosa; si accorse infatti che lo spadaccino si era fermato. Anche lui si fermò nell’attesa che facesse la prima mossa. Entrambi erano immobili sotto la pioggia scrosciante. Zoro continuando a dargli le spalle voltò leggermente la testa verso Sanji, quanto bastava per concedere a Sanji solo la coda dell’occhio; dal canto suo Sanji gli offrì un sorriso beffardo e Zoro, a quel punto, non esitò un solo secondo: lasciò cadere la Ichimonji, saltò in acqua e nuotando forte contro il mare raggiunse la spiaggia. Non aspettò di riposarsi ma corse via veloce come il vento, per sparire nel nero della notte.
“E' andato....” pensò Sanji « ECCIUUU! » “Speriamo non si perda”.
Sanji aspettò ancora un secondo, raccolse accuratamente le spada più preziosa di Zoro e rientrò facendo il simbolo della vittoria e sorridendo ai compagni.
I compagni erano sconvolti: Zoro che lascia cadere la Ichimonji a terra? La sua spada più preziosa.
« Non ci credo…….! » disse Franky.
« Credo che abbia qualcosa di più importante da perdere per una volta…Stupido spadaccino! - disse Sanji sedendosi accanto al forno ancora caldo dalla cena e togliendosi la giacca inzuppata - ECCIU!!!! Accidenti! Chopper dammi le mie sigarette…quelle asciutte! ECCIUUU!! »
« Dovresti smettere di fumare Sanji…Dai, copriti » disse allungando una coperta e il pacchetto nuovo.
« Taci dottore...ECCIUU!!!! ».
« Ecco – disse Robin sedendosi di nuovo col suo libro – Ora si tratta solo di aspettare »
« Potevi dirlo anche prima Robin! Tutta questa suspense per questo! »
« Non sarebbe stato interessante » disse la mora sedendosi sulla poltrona con il suo libro.
« Io non ci sto capendo niente! Di che cosa state parlando?! » urlò Rubber offeso.
« Niente capitano! Quando sarai più grande! Yohohohoho! ».

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Capitolo 10
*** STORM INCOMING - Nami's home ***





Facciamo un passo indietro alla sera precedente, quando Nami dopo l'ultimo confronto con Zoro decide di abbandonare la ciurma una volta e per tutte e si getta dalla nave per iniziare il suo ritorno verso casa prima che i compagni si potessero accorgere che se n'era andata.

Dopo ore di estenuante cammino finalmente era giusta a casa, in quella casa che ormai non le dava più nessuna emozione. Non calore, non sicurezza.
Non aveva voglia di pensare a nulla, c'era troppa amarezza e troppa rabbia nel suo cuore. Perché Robin aveva dovuto organizzare quella farsa? Non che fosse colpa sua, voleva bene a Robin e capiva che l’aveva fatto per vederla sorridere nuovamente ma si era rivelata una disfatta totale.
Nella sua testa si affollavano un milione di voci.
“Smettila di mentire a te stessa sciocca”.
“Dillo…ti prego Nami, pronuncia quel nome!”.
“No…non lo farò! Devo smetterla!”.
“Non c’è più possibilità. Domani mattina loro ripartiranno e io ricomincerò da zero. Me ne andrò da qui”.
Si tormentò di pensieri fino a che gli occhi troppo stanchi crollarono sotto il peso di una giornata piena di emozioni e di una camminata davvero troppo sfiancante. Il suo cervello stava fumando: era meglio dormire pregando che fosse una notte tranquilla.

Il giorno seguente Nami si alzò a fatica. Lentamente si mise seduta sul letto e fece cadere la testa fra le mani. Com’era pesante. “Ma che ore sono?” si domandò. Afferrò l’orologio e si stupì che fosse già mattino inoltrato. Lentamente si alzò e guardò la sua faccia allo specchio. Poteva andare peggio, dopotutto.
Si fece una bella doccia e di nuovo si guardò allo specchio facendo una smorfia terribile. Quasi presa da un raptus, afferrò le forbici e iniziò a tagliarsi i capelli corti a caschetto, come li portava un tempo. Senza alcuna voglia o emozione, rientrò in camera sua dove guardò fuori dalla finestra come era solita fare appena sveglia, ma aveva deciso che dal giorno seguente non l’avrebbe più fatto.
Vide che il sole splendeva alto ma la foschia si alzava dall’orizzonte ed era sempre più vicina. Il tasso di umidità era elevato.
« Mmm…Tempesta in arrivo da qui a paio d’ore al massimo. Speriamo che i ragazzi siano già sulla rotta giusta per evitarla. Al lavoro Nami, devi cercarti qualcosa da fare! ».

Iniziò a pulire e lucidare qualsiasi cosa. Stirò e piegò ogni cosa di stoffa che trovò in giro per la casa o che non fosse al suo posto ma in breve tempo le faccende domestiche si esaurirono. Andò in cucina e iniziò a preparare una torta di crema e mandarini, secondo la ricetta che Sanji le aveva insegnato tanto tempo prima. Il procedimento era piuttosto lungo e l’avrebbe tenuta occupata per tutto il pomeriggio.

La tempesta che aveva previsto era infine arrivata e una fitta coltre di nubi nere aveva coperto il sole tanto che sembrava buio anche se il crepuscolo ancora era lontano.
Nami cercava di dissimulare la preoccupazione per i suoi amici cercando di mostrarsi una cuoca abile e disinvolta che trafficava freneticamente per la cucina, ma non poteva tradire la preoccupazione che nutriva per i suoi compagni che a quell'ora erano certamente in mare aperto e lo sguardo cadeva sempre più spesso fuori dalla finestra verso l'orizzonte.

Era ormai era sera inoltrata quando finalmente infornò la torta. Improvvisamente non ci fu più corrente, un fulmine doveva aver colpito qualche centralina.
« Accidenti…Così non verrà bene! Se mi tolgono corrente ora che è a mezza cottura sarà una vera schifezza! Uff…Speriamo che i ragazzi stiano bene. Sono preoccupata… ».
Ecco l’aveva detto ad alta voce: era preoccupata.
Le ore passavano e la corrente elettrica non tornava. Si annoiava da morire.
L’unico compagno che aveva era l’orologio, un compagno piuttosto antipatico con il suo snervante ticchettio.

Per ingannare il tempo, prese una giacca e andò a sedere sulla panchina in veranda: il temporale era molto forte ma a lei non faceva paura.
La luna illuminava a tratti il paesaggio quando spuntava timida da dietro alle nuvole, per il resto del tempo era buio pesto. Il vento era forte e nonostante fosse riparata dalla tettoia, le arrivava ogni tanto una folata ventosa leggermente bagnata ed era freddo, insolitamente freddo per essere estate.
Da tempo non vedeva una tempesta del genere e i suoi pensieri si catapultavano sempre di più su i suoi amici che forse erano in balia della tempesta. Una tempesta del genere era terribile sulla terra ferma, figurarsi in mare.
« Quasi quasi vado a comprarmi un animaletto domani. Devo finirla di parlare da sola o prima o poi diventerò pazza sul serio...non vorrei mai dare ragione a Zoro! » disse ridendo senza pensare troppo alle parole, ma subito si bloccò rendendosi conto di aver pronunciato quel nome e per di più ridendo, una terribile eresia. Si mise la mano sulla bocca.
« Fa freddo - si ricompose immediatamente - Meglio rientrare ».
Si alzò cupa e rientrò in casa dove verificò che la luce ancora non era tornata e il suo stomaco reclamava inesorabile l’ora cena, ormai passata da un pezzo.

« Come faccio a prepararmi la cena al buio?! Dovrò vedere se c’è qualcosa di pronto e freddo temo. Accidentaccio…e la torta posso già buttarla! ».

« Arrosto freddo e insalata? No grazie…Uff...Anche il cibo sta diventando noioso. Credo che mi siederò a tavola ad osservare il nulla finché non torna la corrente. Questo sì che sarà divertente… » disse con sarcasmo.

Il ticchettio dell’orologio era logorante.

Improvvisamente le parve di sentire dei passi che correvano nelle pozzanghere a grande velocità e sembrava essere era più di una persona, diretta proprio verso casa sua.
Era uno strano orario per avere visite, specialmente con quel tempaccio e ciò non la convinse. Al contrario sembrava preoccupata. Sperava in cuor suo che fossero loro ma sapeva perfettamente che non era possibile.
Si avvicinò cauta alla finestra, sbirciando dalla la tenda. Le sembrava di vedere delle sagome a ridosso del giardino ma non era certa. Era troppo buio e c’erano troppi giochi di luce e confondere la vista. Poteva benissimo essere frutto della sua immaginazione o ancor più semplicemente le ombre instabili degli alberi alla luce dei lampi e dei fulmini creavano delle strane forme. Forse aveva solo immaginato lo scalpiccio nelle pozzanghere: la pioggia era battente, poteva essersi trattato di quello e magari un po’ di grandine.
Ben presto tutte le sue supposizioni si rivelarono errate:
“Toc, toc, toc”.

Qualcuno bussava alla porta, cogliendola di sorpresa. Sobbalzò leggermente ma senza emettere il minimo rumore.
Esitò. Il cuore iniziava la sua scalata in gola, cominciava ad essere molto agitata.

“Toc, toc, toc”.
Di nuovo.

Non vedeva l’ombra di nessuno dietro la porta, il che poteva essere un fatto abbastanza incoraggiante; magari il vento aveva scaraventato qualcosa addosso alla porta il cui suono ricordava casualmente qualcuno che stava bussando; che idiozia, era proprio il suono di qualcuno che bussava e se qualcuno bussava significava anche che qualcuno si aspettava che lei aprisse. Anche Rubber ci sarebbe arrivato.
Con cautela ed attenzione girò la maniglia e aprì lentamente di pochissimi centimetri, quanto bastava per sbirciare con un solo occhio. Non vide nessuno di fronte a lei. Qualcosa però attirò la sua attenzione più in basso, dove vide un bambino di al massimo sei o sette anni che la fissava immobile con le mani lungo i fianchi e gli occhi sgranati. Era bagnato fradicio come un pulcino. Faceva molta tenerezza e Nami tirò un sospiro di sollievo.
« Ehi piccolino, sei tutto bagnato. Ti sei perso? Vuoi entrare al caldo? ».
Il bambino non rispose. Continuando a fissarla, alzò il suo piccolo e magro braccino per mostrarle un foglio ingiallito e arrotolato a mo’ di pergamena.
« Che cos’è piccolo? È la strada per tornare a casa tua? Fammi vedere » lo prese e lo srotolò.
Quando lo vide da vicino, per quanto fosse sgualcito e illeggibile a causa dell'acqua di cui era inzuppato, il sangue le gelò nelle vene e il sorriso amorevole che portava sulle labbra fino a pochi minuti prima scomparve definitivamente.

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Capitolo 11
*** I DON'T WANNA CRY ***



wanted

Guardò il bambino spaventatissima.
Quello non era un comune foglio di pergamena, era la sua taglia da pirata.
« Tu sei Nami della Ciurma di Cappello di Paglia? » chiese il ragazzino.
Avrebbe voluto rispondere: “No ma che cosa dici piccolino?!”, purtroppo con i capelli corti non c’era più via di scampo: era riconoscibile e il suo sguardo spaventato la tradiva, era completamente terrorizzata non tanto dal foglio che ritraeva la taglia quanto dal fatto che fosse stato quel piccolino ad aprire la strada a qualcosa di molto peggiore. Infatti, notò nell’ombra ed illuminati dai lampi, una schiera di energumeni armati che attendeva qualche metro più indietro; non si era sbagliata quando in principio aveva sentito diverse persone correre sul terreno inzuppato.
Avevano mandato avanti quel povero bambino per evitare che lei non aprisse la porta o si trovasse preparata a reagire o a fuggire.
« Scusa signorina ma abbiamo tanta fame io e miei fratelli e c’è una grossa taglia. Mi hanno promesso che ... che... » non fece in tempo a finire la frase. Un singulto lasciò il piccolo senza respiro: cadde in avanti a peso morto con gli occhi spalancati; Nami si piegò agile per prenderlo e non farlo cadere a terra.
Non c’era altro da capire. Era tutto molto chiaro. Quei maledetti senza pietà si erano serviti di lui facilmente e tanto facilmente se ne erano liberati.
Lo raccolse e lo sdraiò delicatamente sulla panchina, coprendogli gli occhi con una mano. Lo fissò per qualche secondo regalandogli una lacrima. Sembrava stesse dormendo. Non era colpa di quel piccolo ma quel è fatto è fatto.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Com'era possibile essere arrivati a quel punto?
La sua vita le stava sfuggendo di mano e sembrava che non fosse possibile fermala o mettere la parola fine, in un modo o nell'altro.

Non sapeva come li avrebbe affrontati perché la paura era tanta ma erano venuti per lei e non poteva tirarsi indietro. La vecchia Nami non l’avrebbe fatto e nemmeno quella nuova si sarebbe data per vinta. Strinse forte i pugni e con la freddezza e la lucidità di chi conosce il proprio destino, rientrò in casa.
Li sentiva schiamazzare. Probabilmente stavano aspettando una sua mossa.
Prese i vari pezzi del Perfect Clima Attack chiuso in un cassetto da tanto di quel tempo che era completamente ricoperto di polvere. Non si lasciò condizionare dagli eventi e con tutta calma prese a lucidarlo con cura. Una volta pulito alla perfezione, con sguardo alto e fiero uscì di casa, strinse il bastone tra le mani più forte che poté. Il sudore si fece freddo.
Uno di loro si era fatto avanti nel frattempo: doveva essere una sorta di ammiraglio o un pezzo grosso della ciurma pirata.
« Questa volta – cominciò lui – non ne uscirai viva. Ricordo bene tre anni fa, quando hai cercato di ribellarti e sei stata catturata. Ti abbiamo fatta prigioniera...Lo vedi questo? - chiese mostrando nella penombra il volto per metà squarciato. Nami sussultò - Il capitano me l'ha fatto per averti ridotta in fin di vita l'ultima volta. Me la pagherai per questo inutile ragazzina. Ma non è per questo che sono qui. Prima il dovere e poi il piacere - leccando la lama della spada - In un primo momento il capitano aveva pensato di lasciarti vivere e farti sua sposa facendoti addirittura l’onore di sostituirti alla sua attuale compagna ma vista la taglia che pende sulla tua testa ha ritenuto che non fosse il caso. Sarebbe stato un terribile spreco, non ti pare? Eh eh eh. Cosa pensi di fare con quello stuzzicadenti? Tu sei da sola e noi – continuò voltandosi verso i suoi uomini – siamo un centinaio. Anche se fossi armata fino ai denti non credo cambierebbe molto ».
« Se Black ha mandato cento di voi a prendermi forse non vi ritiene tanto in gamba da sconfiggermi. Io, una povera ragazza armata di un solo “stuzzicadenti” ».
« Questo lo vedremo signorinella. Eh eh eh. Fatti sotto. Adoro battermi con le signore! Vinco sempre io… ».
« Ti piace vincere facile a quanto pare! » rispose Nami lanciandosi all’attacco.
« Non provocarmi bambolina »
« Tu non provocarmi brutto grassone. Mi batterò fino alla fine! ».

Pensando di sfruttare il temporale, lanciò subito una sfera di ghiaccio, seguita da un Thunderball; il pirata, che non si aspettava tutto quel potere da un bastone, finì a terra fumante sotto la pioggia sotto le risate di scherno del resto della ciurma che per il momento sembrava solo giocare la parte degli spettatori. Purtroppo non era ancora abbastanza: lui, come ognuna di quelle bestie, aveva la pellaccia fin troppo dura.
« Interessante il tuo giochino – disse lui rialzandosi, pulendosi dal fango che copriva il volto – Avanti, fammi vedere cos’altro sai fare! ».
« Se me lo chiedi... ».
Nami di nuovo si lanciò in una serie di attacchi veloci a ripetizione, uniti a potenti calci. Certo, Nami era forte più di tante ragazze e più di tanti uomini ma non tanto quanto lui e di sicuro non di più: era evidente. Il pirata era ferito ma si reggeva perfettamente in piedi e non aveva nemmeno il fiatone. Nami invece era quasi a corto di energie. Ansimava e il panico la stava stringendo sempre di più nella sua morsa, ma non avrebbe mollato.
« Sei stanca forse? Non è necessario che ti sforzi. Finirà comunque molto presto! Prima di ucciderti, vuoi sapere come abbiamo fatto a scoprirti? ».
Non era una domanda alla quale rispondere, era certa che gliel’avrebbe detto di lì a poco.
« Quel mocciosetto vi ha visti alla locanda, tu e Capello di Paglia e il resto della ciurma. Si è insospettito e con i genitori è andato dal capitano attirato dalle taglie che pendono sulle vostre teste. Il capitano gli ha concesso di accompagnarci qui in cambio di parte della ricompensa. Il mio signore ha bisogno delle vostre teste per barattare il permesso di circolare liberamente nei mari. E’ un aspirante membro della Flotta dei Sette, sai? Povero sciocco, pensava davvero che gli avremmo concesso di vivere se ci avesse aiutati! Ah ah ah ah! Ora, prima che ti uccida, mi dirai dove sono i tuoi amici. Lo farai, eccome se lo farai! ».
« Era solo un bambino…Ora basta, basta, bastaaaa! » urlò Nami gettandosi di nuovo all’attacco. Era il momento di tentare il tutto per tutto.
Le sue forze diminuivano ad ogni colpo, lo sentiva chiaramente. Era il momento di provare il Thunderball Tempo, se non avesse funzionato aveva esaurito ogni arma in suo possesso. Era sfinita ed era così tanto tempo che non lo eseguiva che per prima aveva qualche dubbio sulla riuscita. Respirò profondamente, cercò di concentrarsi nei pochi secondi che aveva a disposizione e tentò richiamare quel po’ di energia che le restava.
Alzò il bastone, cercò di chiamare il Thunderball Tempo una prima volta ma niente da fare. Lo chiamò due, tre volte ma ancora niente.
Il respiro era affannato e il capo di quella banda di farabutti si avvicinava sogghignando, dopo aver fatto segno ai suoi compari di accerchiarla. Cosa avrebbe potuto fare ora? Di certo non avrebbe mai detto dove erano diretti i suoi amici, nemmeno sotto tortura. Il suo cervello stava per esplodere nel tentativo di pensare a come salvare la propria pelle, quella dei suoi amici e cercando allo stesso tempo una maniera per reagire e cavarsela in condizioni dignitose. Troppi pensieri e troppo in fretta, non riusciva a trovare la soluzione a nessuno di quelli.
Li vedeva avvicinarsi: chi con la spada alzata, chi con un pugnale in mano.
Il buio e la luce intermittente dei lampi confondevano i suoi occhi stanchi e bagnati sulla distanza che la separava da una fine sicura.
Non si era resa conto di quanto fosse vicino il loro capo e improvvisamente, senza nemmeno il tempo di reagire, si trovò atterrata da un colpo fortissimo al viso e subito da un altro dalla parte opposta. Intontita, cercò di rialzarsi ma perdeva molto sangue dal naso e le girava la testa. Il dolore era esagerato. Era come se un martello enorme l’avesse colpita e la sua testa stesse ancora vibrando a causa del colpo. La vista si fece sfocata e non a causa della pioggia. Il panico iniziò ad invaderla. Sentì qualcosa di caldo incorniciarle il viso: sangue.
« Allora signorina, sembra che tu non abbia più tante forze...Non fai più la sbruffona ora? Eh eh eh ».
Nami, sdraiata a terra e immersa nel fango, si voltò appoggiata ai gomiti e guardava quel mostro sovrastarla.
« Dove sono i tuoi compagni? Ti ucciderò comunque, che tu me lo dica o meno. Se me lo dici lo farò velocemente, se invece hai il coraggio di aspettare altri dieci secondi, i miei uomini saranno lieti di farti parlare ».
« Mai » sibilò Nami, cercando di trattenere le lacrime. Non voleva piangere e non poteva.
« Bene. Ammetto che è stato interessante battersi con te. Ragazzi, è tutta vostra! ».
Li sentì urlare di gioia; era il premio per una dura battaglia e chiuse gli occhi aspettando la fine. Qualcosa però accadde: in un secondo, gli urli di una folla in festa diventarono grida di dolore e singhiozzi soffocati.
Riaprì gli occhi e vide cadere i primi davanti a lei come sacchi di patate.

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Capitolo 12
*** LOSING MYSELF - I got lost, as I always do... ***





« Che succede?! » sentì urlare all’ufficiale tra le grida dei suoi uomini.
« Signore, eccolo là! » gli rispose uno.
« Chi sei tu e come osi!? Fatti vedere vigliacco! Voi, branco d'incapaci, andate a prenderlo! »
« Subito signore! ».
Nami era confusa, cosa stava succedendo?
Nessuno parlava eppure li sentiva chiaramente cadere a terra uno dopo l'altro.
« Fatti vedere maledetto! » urlava il pirata.

Nera come il buio nella notte più tenebrosa, una sagoma accennata dalla pioggia battente avanzava camminando. Nami non vedeva bene, non capiva se era per via del fango o della botta ricevuta: anche i pensieri cominciarono a confondersi.
Vedeva una sagoma nera indistinta che portava qualcosa in mano, forse una spada, forse due, perché il bagliore dei lampi rifletteva arrogante su quelle lame. La figura misteriosa si fermò e si tolse qualcosa che aveva sul capo, lasciandolo cadere a terra…forse un fazzoletto o uno straccio.
Nami si strofinava gli occhi sempre più freneticamente.

Ciò che prima gli copriva il voltò rivelò due occhi carichi di fuoco ardente, rabbia e odio, pronti alla battaglia. Questo Nami non poteva vederlo, se avesse potuto si sarebbe accorta subito dell’identità del suo salvatore.
« Ma certo...Roronoa Zoro! Guarda guarda…Due piccioni con una fava, quale occasione! Fatti avanti, ragazzo! - disse l’ufficiale gettandosi contro Zoro, con la sciabola alzata - Assaggia la mia lamaaaa!!! ».

“Cosa? Z-Zoro? Ha detto Zoro? Non-Non è possibile…lui va sempre in giro con tre spade…lui-lui non le abbandona mai e non si toglie mai la bandana mentre combatte…” iniziò ad agitarsi. Non vedeva nulla e invece voleva vedere, voleva sapere.
Non era possibile che fosse lui. La sua mente era già abbastanza confusa: che bisogno c’era di riempirla ancora di sciocchezze e inutili speranze?
Ancora stesa a terra, osservava la scena (o meglio le ombre) come a rallentatore.
« No - rispose lo spadaccino, saltando - Tu assaggia la mia lama. Tecnica a due spade, doppio taglio! ».

Seguì il silenzio.

Nami venne inondata di una pioggia di fango: sentì un corpo cadere in avanti tanto vicino a lei da ricoprirla di schizzi. Chi era caduto? Chi aveva perso?

Zoro alzò lo sguardo verso i pochi pirati rimasti. Quella feccia non aveva abbastanza fegato per affrontarlo, così scapparono tutti a gambe levate senza nemmeno il bisogno di minacciarli.
Aspettò che fossero abbastanza lontani e si avvicinò a Nami. La guardava dall’alto con ancora quello sguardo negli occhi e senza dire una parola. Anche Nami lo fissava ma con lo sguardo interrogativo di chi non sa e di chi non vede nulla.
Nonostante non lo vedesse, poteva però sentirlo chiaramente. Poteva sentire che era davvero lui, lì di fronte a lei. Gli occhi si inondarono di lacrime. Cercò di trattenerle perché sapeva che lui non le sopportava ma le fu impossibile.
Zoro aspettò diversi minuti prima di muoversi.
Intorno a loro regnava il silenzio assoluto, disturbato solo dallo scrosciare della pioggia. Ormai il temporale era lontano; tuoni, lampi e fulmini erano ormai all'orizzonte nonostante il vento e la pioggia non accennassero a calmarsi.

Infine, dopo aver ritenuto quel breve periodo di silenzio una punizione sufficientemente esemplare, si chinò in ginocchio vicino a quella bambina spaventata e prendendole delicatamente la testa la spinse verso di sé per poi baciarle la fronte e sospirare profondamente come a ringraziare un dio in cui non credeva di essere arrivato in tempo e senza perdersi lungo il cammino.
« Stupida – bisbigliò - Vuoi sempre fare tutto da sola. Perché se hai paura ti cacci sempre in certe situazioni? ».
Raccolse la bandana e la passò piano sul taglio aperto che Nami aveva sul capo. La raccolse piano e la strinse senza esagerare come a farle capire che era lì per salvarla ma non come un amico, non come l’aveva salvata tante altre volte in passato.
Piena di tagli e lividi e coperta di sangue, la portò in braccio fino in casa.
« Più tardi penseremo anche a lui » disse Zoro osservando il bambino sulla panchina. Sembrava stesse dormendo.

Una volta arrivati in cucina, Zoro la posò delicatamente sul divano per poi lasciarsi cadere a terra sulle ginocchia, stanco, fradicio e gocciolante. Ma era davvero la stanchezza il motivo per il quale si trovava in ginocchio?
Nami voleva vedere: riprese a strofinare gli occhi freneticamente quando finalmente la vista iniziò a tornare a fuoco e finalmente poteva vederlo. Gli occhi facevano male ma chi se ne importava, era davvero lui. Era lui.

Aveva smesso di piangere ormai perché la sua attenzione si era concentrata solo sul comportamento strano dello spadaccino. Zoro chinò il capo e sfiorò le mani di Nami esitante e tremante, per poi stringerle tra le sue. Nami rimase sorpresa e non poté fare a meno di ritrarsi impercettibilmente al suo tocco, ma restò in silenzio e in attesa. Voleva dire milioni di cose e nessuna nello stesso tempo.

« Non dovevi andartene tre anni fa Nami ma adesso non puoi tornare così...non ce la faccio. Quando sei andata via ho cercato in ogni modo di dimenticarti, di non pensare che te ne eri andata per colpa mia…Tutto era cambiato. Mi mancava una pazza scatenata, una strega rompiscatole che non faceva altro che sbraitare. Persino il cuoco non mi rivolgeva più la parola e la strega in seconda mi guardava sempre in maniera strana quasi volesse dirmi qualcosa, non sai quanto mi dava sui nervi. Solo Rubber mi parlava ancora…lui è sempre stato l’unico a non vedermi come una pecora nera. Ciò nonostante mi sentivo solo. Sono sempre stato solo, sono stato addestrato alla solitudine nella mente e nell’anima ma senza di te non mi sono mai sentito davvero così solo.  Tutto quello che avevo conquistato girava intorno a te. Me lo diceva sempre il mio maestro: “Attento Zoro, quando la solitudine è troppa e troppo forte, finisci col perdere te stesso” e io mi sono perso. Dopotutto, mi perdo sempre no? Sei tu la navigatrice, non io… ».
Si fermò e restò in silenzio alcuni secondi lunghi un’eternità. Riusciva ancora a fare dell’ironia, persino su se stesso.

Nami lo fissava.
Il tempo si era fermato.
Osservava Zoro in un’ennesima prova di coraggio personale. Quello che vedeva era un samurai inginocchiato davanti ad una ragazza nel tentativo di redimersi e liberarsi dei propri fantasmi. Per un attimo si domandò se Zoro stesse piangendo ma era impossibile da capire essendo gocciolante e comunque non riusciva a vederlo in volto.

Il silenzio della notte era un’arma davvero spaventosa e tagliente.

« Nami, se torni sconvolgi il mio mondo e non so se sono pronto. Quando ti ho visto il primo giorno sulla nave, ti ho odiato profondamente per essere riapparsa così all’improvviso proprio come te n’eri andata, senza darmi il tempo e la possibilità di restare sano. Ti ho spinto ad andartene perché non volevo che tornassi, desideravo con tutto me stesso di non vederti mai più. Avevi già sconvolto il mio mondo in maniera irreparabile una volta. In una maniera che nemmeno io mi sarei mai immaginato. Cosa sarebbe successo se fossi rimasta? Che ne sarebbe stato di me?! » domandò con rabbia.

Ancora silenzio.
Nami ascoltava. Le parole riecheggiavano nella testa e facevano un gran baccano.

« Voglio che tu sappia che mi dispiace per la faccenda di Pauly. Dopo che te ne sei andata ho iniziato ad avere molti dubbi sulle mie capacità di spadaccino e su quello che mi era stato insegnato. Tutte le mie convinzioni…le mie certezze, svanite…crollate…te ne eri andata a causa mia. Decisi che da quel momento avrei combattuto su ordine di Rubber, non avrei fatto ne più né meno di ciò che mi veniva richiesto. Non volevo più scegliere. Non ero più me stesso. Sentivo il vuoto e l’ombra dentro di me crescere ogni giorno di più, sentivo che non avevo più nulla per cui combattere. Agitare le spade contro qualche farabutto era diventato un gesto meccanico, senza voglia e sentimento. Non avevo più voglia di combattere, ma solo di…uccidere. Sono diventato una perfetta macchina per uccidere, un mostro... » disse in un tono che aveva quasi del sarcastico.

“Robin aveva ragione” pensò Nami.

« Ti ho odiata Nami… - la rossa sussultò e subito Zoro si corresse - ma mai quanto ho odiato me stesso nel momento in cui ti ho lasciata andare la prima e persino la seconda volta. Quella sera, quell'ultima sera, quando ti raggiunsi sul ponte per parlarti, era per dirti che non volevo pensassi di me che sono un essere abominevole ma non ci sono riuscito, maledizione! Non ci sono riuscito! Sono il più stupido degli stupidi e il più codardo tra i codardi! Invece era proprio quello che pensavi, non è vero? E te ne sei andata - Zoro si concesse una pausa. Il respiro era affannato: per lui doveva essere una prova molto dura da superare - Sono sempre stato convinto che tu fossi e saresti sempre stata la mia unica e più grande debolezza. Ero così debole quando tu eri nei paraggi: com’era possibile che una ragazzina abbassasse così le mie difese? Non riuscivo mai a dire no, non riuscivo mai ad avere l’ultima parola con te. Tu, così solare, così allegra, così viva....sempre pronta a combattere, sempre pronta a sacrificarsi, sempre pronta a farmi crollare con un solo sguardo. Io invece sono un samurai e devo avere una sola vocazione: la spada. Hai sempre avuto ragione sul mio conto: sono uno stupido. Troppo tardi ho capito che eri la mia forza. La mia vera forza. Vederti combattere mi faceva sferrare sempre un colpo in più. Sei stata una tempesta arrivata troppo in fretta nella mia vita e troppo in fretta te ne sei andata lasciando dietro di te nient’altro che cenere ».

Di nuovo silenzio.
Nami si rendeva conto che non era facile per lui. Le parole uscivano rigide e a fatica, era come se una parte di lui stesse cercando di riprendersele e di trattenerle ma era evidente che Zoro invece voleva dirle e stava combattendo contro il suo orgoglio.
Presto o tardi avrebbe dovuto parlare anche lei, cosa avrebbe detto non lo sapeva. Troppi pensieri occupavano la sua testa, non c'era tempo per pensare.

« Non sono bravo in queste cose…Mi costa molto riuscire a fare questo, spero tu lo possa comprendere – la stretta attorno alle sue mani diventava sempre più forte e la voce era quasi strozzata – perdonami, Nami. Perdonami per averti odiata, perdonami per averti cacciata, perdonami per averti sempre ignorata o trattata male o per averti fatto credere da sempre che di te non mi importasse nulla. Perdonami per il dolore che ti ho causato: non lo meritavi. Solo ora lo capisco, solo ora che sono stato ad un passo dal perderti davvero per sempre. Non ho nessun diritto di venire qui a dirti tutto questo. Chi sono io se non uno stupido e rozzo troglodita senza il senso dell'orientamento? Ma era giusto che tu sapessi e credo di dovere un grazie a qualcuno per avermi spinto a venire fin qui. Non so nemmeno come ho fatto ad arrivare senza perdermi... » sembrava stesse abbozzando un ghigno.
Restava inginocchiato di fronte a lei senza alzare lo sguardo…imbarazzo, pentimento, perdono....amore…
Il coraggio e l’orgoglio avevano combattuto una dura battaglia in lui per tanto tempo ma finalmente il coraggio aveva vinto.

« Ho combattuto come un leone Nami, credimi, ma non ho mai avuto armi contro di te. Tutti gli anni passati a ignorarti, a trattarti male, erano tutte scuse per mantenere il distacco ma io non lo sapevo! Non avevo idea di cosa fosse ciò che nutrivo nei tuoi confronti. Temevo che avvicinandomi, la mia vocazione di diventare lo spadaccino migliore del mondo sarebbe andata perduta e avevo un voto da mantenere...e c’era lei… » Nami sussultò.
“Lei” era Kuina: la devozione e l’amore di Zoro per Kuina l’avevano sempre spaventata.
« …ma lei è il passato ed è ora che me ne renda conto. Senza di te invece non sarò mai lo spadaccino migliore del mondo, se non ho nulla da difendere...se non ho nulla per cui combattere. Senza di te sono nessuno. Non avrei mai dovuto scegliere tra te e la mia vocazione…perdonami ».
Cosa stava facendo? Stava.......implorando?

Nami era confusa: si trovava davanti ad uno Zoro che non conosceva. Sapeva da sempre che in lui (molto molto in fondo e ben nascosto) si nascondeva un animo dolce e molto più sensibile di quanto non volesse mostrare, sotto alla corazza del cavernicolo e nascosto in qualche angolo remoto, ma mai avrebbe pensato che una cosa del genere sarebbe accaduta.
« Appena il cuoco mi ha aperto gli occhi sono corso qui, non so nemmeno io con quale scopo. Ho corso e basta. Sentivo che era la cosa giusta da fare. Poi ho visto quei bastardi…e non mi sono potuto trattenere! Dovevo ucciderli…ho desiderato eliminarli uno ad uno! – la presa si faceva forte e i denti erano stretti, era infuriato al solo pensiero – Quei bastardi! Avrei voluto… ».

« Zoro » lo interruppe Nami.

Lo spadaccino alzò lo sguardo a fatica come se sulla testa ci fosse un masso di una tonnellata.
Si fissarono per un lungo istante.
L’ombra scura e truce nei suoi occhi era svanita. Lo sguardo era tornato quello di sempre e quello che lei ricordava, fiero e orgoglioso e timido ma fortemente provato.

« Sono...sono io che ti devo delle scuse. Non avrei mai dovuto darti la colpa della morte di Pauly. Sono stata una stupida…anche più stupida di te e sono davvero troppo egoista. Non ti ho voluto ascoltare. Ho compreso troppo tardi che l’avevi fatto per salvarmi, ho compreso troppo tardi la scelta che avevi dovuto fare e non ho…non mai pensato a quanto ti sia potuta pesare o costare quella scelta. Non ho mai pensato che anche tu sapessi…sapessi soffrire - disse Nami con forte imbarazzo - Ho pensato solo a me, come sempre. Perdonami. Sono stata egoista e ingiusta. Lo sono sempre stata nei tuoi confronti. Ho cercato di odiarti e ci sono riuscita ma sono arrivata ad un punto in cui il mio cuore aveva capito e per quanto io ti abbia rinnegato con tutta me stessa alla fine, hai vinto tu. Questa volta hai avuto tu l’ultima parola. Grazie Zoro » rispose Nami gettandoglisi al collo.
« Ti ho odiato tanto Zoro – disse Nami usando le stesse parole che Zoro aveva usato poco prima - ma mai quanto ti ho amato. Ti amavo da sempre ma anche io, come te, me ne sono resa conto troppo tardi. Non sai quanto tempo ho desiderato rivederti e quanto ho sofferto rivedendoti finalmente sulla Sunny senza poterti parlare perché ero convinta che mi odiassi. Esiste un vecchio detto che dice: “La solitudine: o ci fa ritrovare o ci fa perdere noi stessi”. Per quel che mi riguarda, sono vere entrambe ».

Zoro non rispose, continuava a guardarla con gli occhi stanchi; entrambi avevano lottato così a lungo ma erano finalmente liberi dal demone che li possedeva.

« Ti sei tagliata i capelli. Ora sei proprio la strega di sempre ».

Bastarono quelle parole, perché senza pensarci Nami appoggiasse le labbra su quelle dello spadaccino che ricambiò inerme. Aveva ritrovato Zoro o meglio Zoro l’aveva ritrovata: per una sola volta nella vita era stato Zoro a riportarla sul sentiero di casa.
Chi l’avrebbe mai pensato che dopo tanti anni insieme passati ad insultarsi e a punzecchiarsi, sarebbe finita così?
La sollevò facilmente ma delicato come chi ha tra le mani una farfalla, la fece sdraiare sul divano.
Zoro non era un esperto: c’era una certa differenza tra divertirsi con le signorine del porto ed essere lì con la persona più importante; ma in quel momento non gli importava di essere teso e imbarazzato, si lasciò guidare dal proprio istinto e Nami lo assecondò.
Le mani di Zoro si mossero leggere ma tremanti sotto la maglietta di Nami. Aveva paura di farle male dopo la battaglia che aveva affrontato.
Rimase fermo sul suo ventre sottile come quello di una vespa, accarezzandolo e baciandolo.
Nami al contrario non si fece problemi a strappargli la camicia di dosso. Era un po’ dolorante ma anche a lei non importava nulla. L’imbarazzo e rossore sulle guance dello spadaccino la facevano impazzire.
Uno ad uno, ogni vestito cadde.
Nami accarezzava quel corpo, liscio e perfettamente scolpito. Passò con il dito ogni cicatrice che Zoro aveva sul petto, pensando a quanto male avesse dovuto sopportare nella sua vita e pensando anche a quanto bene lei avrebbe potuto e saputo dargli.
Così diversi ma così simili, così uniti. Erano complementari: il giorno e la notte, il fuoco e il ghiaccio. L’uno il susseguirsi dell’altro.
Erano finalmente insieme.

Quanto era costato a Zoro nascondere tutto quello per così tanti anni, quanta forza gli era servita? Certamente oltre ogni immaginazione e Nami lo capiva alla perfezione. Anche a lei ne era servita molta per combattere il proprio orgoglio. Zoro però era forte, lo era davvero e non sapeva mentire.
La sollevò con passione e non si azzardò mai a staccare le proprie labbra da quelle di Nami, mentre la portava in camera da letto, come se avesse paura di poterla perdere di nuovo da un momento all’altro.
Si amarono quella notte come mai prima di allora. Erano liberi di amarsi per sempre.

Cosa sarebbe successo la mattina seguente? Chi se ne importava.
Quello era un altro momento, era un altro mondo.

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Capitolo 13
*** AND NOW? ***





Nami aprì gli occhi. Era nel suo letto, era sola e…vestita? Forse aveva sognato tutto. Si sollevò dubbiosa. No, non poteva aver sognato: il profumo di Zoro inondava tutta la stanza e le lenzuola.
Aprì la finestra veloce sperando che non se ne fosse andato e lo vide davanti alla veranda ad allenarsi. Sorrise.

Si infilò un paio di pantaloncini, una canottiera e i soliti sandali altissimi, e corse in giardino.
Andò in veranda facendo piano per non distrarlo ma era impossibile che non si fosse già accorto della sua presenza.

« B…buongiorno » disse senza smettere di allenarsi, per evitare lo sguardo di Nami. Zoro era molto timido e probabilmente si sentiva imbarazzato. Quanto era buffo quando arrossiva.
« Buongiorno » gli rispose sorridendo ammiccante.
« Scusa se mi sono alzato e ti ho lasciata sola - - - cinquecento, cinquecentouno - - - ma dovevo recuperare ».
« Non … non preoccuparti. Dov’è il… »
« L’ho riportato ai suoi genitori. Non chiedermi com’è andata e come ho fatto a trovarli ».
Nami abbassò lo sguardo, intristita e amareggiata.
« Quando finisci, mi trovi in spiaggia » gli disse.
« Cinquecentotrenta, cinquecentotrentuno… »

Nami si incamminò verso la spiaggia.
La giornata era meravigliosa: il temporale aveva spazzato via ogni nuvola e la foschia. Il mare era piatto come una tavola e limpidissimo.
Riprese a pensare ai suoi compagni: si era resa conto che non erano partiti perché la tempesta li aveva colti prima del previsto, inoltre Robin come sempre era riuscita a combinare il tutto. Era quasi certa che Robin nascondesse qualche altro potere.
Comunque, ancora non le sembrava vero che fosse successo tutto così in fretta. Certo, era proprio da Zoro abbandonare tutto di punto in bianco se di mezzo c’era un ideale da inseguire…
Era felice sì ma era tutto così strano…Cosa sarebbe accaduto adesso? Questo era il momento buono per pensarci. Si sentiva sospesa in un limbo dal quale non sapeva come uscire.

Andò a sedersi sulla scogliera mentre aspettava che Zoro la raggiungesse. I gabbiani sghignazzavano contenti per tutto il pesce che la marea aveva portato a riva.
Non c’era pensatoio migliore di quello.
Poco più tardi Zoro la raggiunse e le si sedette accanto. La bandana sugli occhi, quasi a nasconderli. Il suo imbarazzo era tangibile.

« Allora, non mi hai ancora detto perché siete rimasti… ».
In realtà si era già risposta da sola alla domanda, ma sentigli raccontare la propria versione sarebbe stato molto più interessante.
« Brook aveva previsto la tempesta, così si è pensato di rimandare la partenza. Inizio a pensare che non sia stato un caso, non del tutto almeno ».
« Brook non è male come navigatore a quanto pare »
« Non quanto te » rispose imbarazzato con tono severo.
« E dopo che cosa è successo? »
« In realtà, tutti si chiedevano dove fossi finita dalla sera prima. Non offenderti ma non avevo detto a nessuno. Sanji deve aver intuito che ti avevo spinta ad andartene e si è arrabbiato ma Nico Robin era stranamente troppo tranquilla. Dopocena, nonostante la tempesta, sono uscito ad allenarmi. Ad un certo punto è arrivato il cuoco che si è messo a farmi la paternale e allora ho capito. Sembro una stupida testa di rapa ma ogni tanto anche io so cogliere le allusioni. Ho mollato tutto e…e sono corso qui. Come avrai notato, non ho la Wado Ichimonji…ho pensato fosse meglio lasciarla sulla nave. Spero per lui che l’abbia trattata con cura o sentirà quanto affilata è la sua lama…Mentre scendevo dalla nave mi è sembrato di vedere Rubber e gli altri incollati agli oblò che cercavano di capire cosa stava accadendo. Nico Robin aveva la solita espressione, come se in qualche modo sapesse o si fosse messa d’accordo con il cuoco »
« Sì, è tipico di Robin! »
« Non sarà facile spiegare a Rubber tutto questo. Il suo cervello non comprende certe cose... ».
« Che storia avvincente - lo canzonò Nami - Beh, non credo sarà necessario spiegarglielo. Prima o poi lo capirà, mi auguro » sorrise serena Nami.
« Convinta tu... ».

Restarono in silenzio a fissare il mare.
A Zoro non piaceva parlare, Nami lo sapeva e non gli importava. Non era il momento adatto alle forzature.

« Sai che ore sono? »
« A occhio e croce dovrebbe essere quasi mezzogiorno » disse Nami osservando la posizione del sole.

Sospirarono all'unisono.

« Che cosa faremo adesso, Zoro? »
« La domanda più giusta è cosa farai tu »
Sorrise tristemente Nami.
« Non lo so… »
Zoro trattenne il respiro.

« Non ho intenzione di costringerti. Adesso sai che cosa penso e sai che c’è qualcuno che combatterà sempre per te…Non importa quanto tu sia lontana. Ora che entrambi sappiamo, sarà più facile. Se tu fossi vicina – aggiunse un po’ imbarazzato - sarebbe meglio ».
« Sei carino quando arrossisci ».
Lui arrossì ancora di più.
« Piantala ».

« Verrò con voi. Mi manca il mare…Mi mancate tutti. Ho bisogno di sentirmi viva, di nuovo. E’ stato stupido abbandonarvi…Sono stati tre lunghissimi anni Zoro, anni difficili e ho fatto delle cose e sono successe delle cose di cui non vado fiera. Non ne andresti fiero nemmeno tu se le sapessi ».
« Non mi interessa quello che è stato. Entrambi abbiamo commesso degli errori. L’unica cosa che m'importa ora è vedere che non sei cambiata, che in fondo sei sempre rimasta tu. Ho chiuso con il passato ».
Nami sorrise di nuovo.
Rimasero alcuni secondi senza parlare.

« Nami, io non sono un “marito”…se capisci cosa intendo. Non sono come quel donnaiolo del cuoco. Non credo mi vedrai mai fare sviolinate o coprirti di complimenti o cose simili, l'abito che vorresti farmi indossare mi va stretto. Ma stai certa che quello che sento per te è vero e reale e non cambierà, non finché le mie spade saranno in grado di difenderti. Avrai sempre il mio cuore e mi avrai sempre al tuo fianco. Il giorno in cui non sarò più in grado di fare questo mi farò da parte, lo giuro. Non crederò mai che il tuo affetto sia scontato…Combatterò sempre per te e per mantenerlo vivo. Te lo prometto. Questo è il mio nuovo voto. Sono certo che Kuina capirà…– disse guardando in cielo – Adesso avrò un motivo in più per mantenere il voto che avevo fatto con lei. Ora ho capito come diventare il migliore del mondo: bisogna avere qualcuno da amare e da difendere. Ora lo so ».

Nami rise e Zoro grugnì in segno di disapprovazione. Non era facile per lui esprimere certi pensieri, figuriamoci poi se la diretta interessata si metteva a ridere.
« Zoro, ti sembro il tipo di ragazza che potrebbe desiderare un uomo come Sanji? Non sono certo una donzella indifesa io o un’ochetta senza cervello! » gli disse ridendo.
« Già, non direi proprio » sogghignò Zoro con suo sorriso scanzonato.
« Inoltre non mi sembra di aver mai detto che devi indossare i panni del fidanzato. Nemmeno io mi ci ritrovo troppo comoda sai? Vorrei solo che fosse tutto come prima, con una nota di colore in più ».
In fin dei conti era quello che desiderava anche lui.

Era tornato il suo Zoro. Un amico e un compagno di avventure prima ogni altra cosa e quella che stavano per affrontar insieme sarebbe stata l'avventura più strana, difficile ed emozionante di tutte.
« Non mi aspetto niente Zoro. Non pretendo nulla (se non i soldi che ancora mi devi carino) – Zoro si irrigidì e Nami si mise a ridere - Mi conosci…non sono smielata, non sono il tipo. Sapere che ci sei e che ogni tanto saprai sorprendermi come hai fatto ieri è sufficiente. Voglio che le cose tornino come un tempo, solo questo ».

Il vento soffiò dal mare e li inondò di una leggera spruzzata d’acqua.
« Dimmi un po', dicevi sul serio? Rivuoi davvero tutti i soldi che ti devo? » chiese lo spadaccino.
« Ma che domande.............certo che sì! Anzi, ora sei obbligato ».
Zoro grugnì in una smorfia.
« Ma pensi solo a quello?! Strega ».

Nami sorrise compiaciuta.

« Come vanno le ferite? » chiese Zoro.
« Penso di aver passato momenti peggiori. Certo si fanno sentire ».
Le venne istintivo toccarsi la cicatrice.
« Chopper non vedrà l’ora di aiutarti…E’ ora di andare. Rubber sarà preoccupato » disse Zoro levandosi in piedi e incamminandosi verso la città.
« Ehi aspettami! Non vorrai rischiare di perderti »
« Difficile. Dopo questa notte non credo mi perderò più ».

Il tragitto fu lungo e silenzioso. Zoro, si sapeva, non era molto loquace. Nami era felice e soprattutto era serena, camminava appena dietro di lui e lo guardava compiaciuta e sorridente. Non c'era bisogno che nessuno dei due parlasse. Non era necessario ma a Nami avrebbe fatto molto piacere potergli leggere nel pensiero per sapere cosa passava in quella “testa di rapa”.

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Capitolo 14
*** SURPRISE ***





« Accidenti…Ma dove è finito Zoro? E’ ora di partire! Perderemo la marea uffi! » disse Rubber immusonito e seduto sulla polena.
« Calma Rubber, sono certa che sarà di ritorno fra poco. Ho questo presentimento ».
« Già – sospirò Sanji – Non è uno sprovveduto quella testa di legno ».
« Come fai a saperlo Robin? »
« Semplice Rubber – rispose lei sorridendo – Sta arrivando proprio da lassù ».
Robin indicò in direzione della scogliera.
Qualche minuto più tardi, Zoro spuntò dalla spiaggetta e salì a bordo. Nami era rimasta indietro per far loro una sorpresa.

« Zoro! Eravamo preoccupati! » disse Rubber.
« Parla per te Rubber  » rispose Usop un po’ scocciato.
« Tutto bene amico? » chiese Franky.
« Sì, tutto bene » andando diritto sotto coperta.
Per una volta, nessuno dei suoi compagni cercò di farlo sentire in imbarazzo bensì si comportarono come se la sera precedente non avessero visto né saputo cosa stava succedendo. Era chiaro che lo sapevano ed era certo che l'unico a non aver capito fosse proprio Rubber: Nami aveva deciso di restare indietro per fare una sorpresa proprio al suo capitano.
Mentre scendeva di sotto incrociò lo sguardo di Robin e in maniera impercettibile le fece un cenno d’assenso, lei gli sorrise per approvazione. Sanji non disse nulla, pur avendolo notato, limitandosi ad incrociarne lo sguardo con falso (falsissimo) disprezzo.

Alcuni minuti dopo….

« NAMI!!!! Sei tornata! - urlò Rubber - Sai anche Zoro è appena tornato! Vi siete incontrati lungo la strada?!? Che bello ora ci siamo proprio tutti! ».
« Già…Che coincidenza eh! Dannazione » sbuffò Sanji pestando la sigaretta per terra con inutile violenza.
« Rubber, posso tornare a far parte della tua ciurma? ». Non volle girarci attorno troppo a lungo.

Ci fu un attimo di silenzio.
Tutti urlarono di gioia e iniziò una grande festa per la ritrovata navigatrice.
« Lo prendo come un sì! » disse abbracciandoli in lacrime.

Nel frattempo Sanji, raggiunse Zoro sottocoperta che preferiva evitare i festeggiamenti. Lo trovò stravaccato suo letto con gli occhi chiusi.

« Lo so che non stai dormendo. Se cerchi la Ichimonji, l’ho riposta nel tuo armadietto. L’ho asciugata e riposta nel fodero ».
« Devo ringraziarti. Non solo per la spada… » sempre restando sdraiato e senza guardare  Sanji negli occhi.
« Dacci un taglio. Non ho bisogno dei tuoi ringraziamenti. So riconoscere una sconfitta quando la vedo e so aiutare un...amico. E comunque, non illuderti troppo. L’ho fatto soprattutto per Nami. Lo sapevo da anni, prima o poi sarebbe successo. Solo tu eri l’unico stupido a non essertene accorto…a parte Rubber ma con lui non c'è concorrenza. Che razza di citrulli. Solo stai attento a non farla soffrire o a quel punto dovrai vedertela con me ».
« Sai che paura »
« Prova a ripeterlo »
« Piantala, ti prometto che non accadrà. L’ho promesso a lei e adesso lo prometto a te. Ti devo molto »
« Non mi devi nulla, testa di muschio » e così dicendo voltò le spalle, per tornare sul ponte a festeggiare.
« Sanji » lo chiamò Zoro.
« Uh? » Sanji restò di spalle voltando appena la testa.
« Tu la ami davvero, non è così? »
Sanji esitò.
« Ha importanza? » chiese abbassando lo sguardo. Sembrava stesse sogghignando dal tono della voce.
Zoro non rispose, si limitò ad osservarlo. Sapeva benissimo la risposta. Sanji a quel punto uscì.

Nami sul ponte informava i suoi compagni di quanto era successo la sera precedente, preoccupati nel vederla così “ammaccata”: era meglio sbrigarsi a partire. Probabilmente erano già sulle loro tracce.
Mollarono gli ormeggi e spinta dal vento la Sunny uscì dalla baia con grinta. Nami sulla polena sorrideva felice, tenendo ben stretto il Cappello di Rubber prestatole per l'occasione speciale. Non si mosse da lì fino al tramonto, non aveva nessuna intenzione di perdersi un solo attimo di quell'aria meravigliosamente fresca e profumata e di quella libertà. Era così tanto tempo che non osservava un tramonto nel bel mezzo dell'oceano che non poteva perderselo per nulla al mondo.

Zoro la raggiunse più tardi, poco prima del calar del sole quando il cielo iniziava a colorarsi di rosa.
Si sorrisero a vicenda, pronti ad affrontare tante nuove avventure assieme.

Era un nuovo inizio per Nami, era un nuovo inizio per Zoro, ed era un nuovo inizio per ognuno di loro.
Quello era un nuovo inizio verso il Nuovo Mondo.

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Capitolo 15
*** Nami: I'M GONNA HAVE FUN! ***





Non  mi sembrava vero.
Il mondo girava troppo veloce.
Come sarebbe stata la nostra vita da ora in avanti?
Io desideravo che le cose non cambiassero.

Era un lato di Zoro che non conoscevo. Pensandoci meglio, mi immaginavo che tutto avrebbe dovuto essere come un tempo: io che giro su e giù per il ponte e do ordini a destra e a sinistra, e mentre tutti corrono indaffarati lui ronfa all’ombra degli alberi. A quel punto avrei iniziato a sbraitare. Classici battibecchi tra fidanzatini. Ora che ci penso, anche prima era così!........Che imbarazzo…..
O magari, mi sarei messa a prendere il sole con Robin sul ponte e Sanji avrebbe iniziato a fare il donnaiolo come sempre.
“Nami adorata posso spalmarti la crema?”
“Ma certo Sanji” e vedere Zoro aprire un occhio e schiattare di gelosia. Questo era divertente.

Come ho fatto a non accorgermene prima ancora non lo capisco. Ora che lo vedo chiaramente mi sembra molto evidente. Mah…

Che bella la sensazione del vento tra i capelli e il profumo del mare e che tramonto meraviglioso! Quanto mi mancava tutto questo!
« Ehi Rubber ridammelo! Era il mio pezzo di torta! »
« No era il mio! »
« E chi l’avrebbe deciso scusa?! »
« Io sono il capitano! »
« E allora?! Eravamo in tre a volerlo e tu ti arroghi sempre il diritto di finire ciò che resta nel piatto! Di’ un po’ ma non ti vergogni?! ».
« Sì Rubber, Usop ha ragione! ».
« Certo che non mi vergogno! ».
« Cerchi guai allora! Avanti Chopper diamogli una lezione! »
« Ci sto! Io sono pronto! All’attacco!! ».
« Adesso vi sistemo io! ».

Mi erano mancate persino le loro bisticciate, per questa volta non me la sento di prenderli a sberle per aver rovinato il mio momento di meditazione. Solo per questa volta però.

Siamo una famiglia, tutti quanti insieme. Ora mi sento parte integrante forse ancora di più rispetto a tre anni fa, molto più di quanto non mi fossi mai sentita prima.
Eccolo qua, avrà già dormito abbastanza?

Forse dovrei iniziare a essere gelosa delle spade……
............ma cosa sto dicendo?!

Preparati Zoro, se prima ti facevo impazzire ora sarà molto peggio! Mi divertirò da pazzi!

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Capitolo 16
*** Zoro: THE MASTER OF MY FAITH, THE CAPTAIN OF MY SOUL ***





Sono felice che alla fine tutto si sia concluso per il meglio.

Guardandola ora così serena e felice, mi rendo conto che forse avrei dovuto farlo molto prima. Tutto credevo, ma non che per lei valessero le stesse cose.

Quando quel cuoco da strapazzo mi ha detto di correre da lei, ho corso; non so nemmeno io come ho fatto a non perdermi ma dentro di me sentivo che aveva bisogno di me e che era nei guai. Era sempre stato così: non potevo lasciarla sola un minuto che si cacciava nei guai, immagino in tre anni. Mi ha detto di averne passate di tutti i colori e di vergognarsi molto di ciò che è stato, conoscendola probabilmente non ne sarei entusiasta ma ora come ora non me ne importa niente.
Abbiamo sofferto troppo entrambi per poterci permettere di rivangare ciò che è stato.
Deve averne passate molte in questi tre anni. Lo vedo nei suoi occhi.
Il cuoco aveva ragione, la stanchezza del suo animo è evidente. Qualunque cosa abbia fatto o le sia capitata deve averla provata duramente ed è una magra consolazione per me che ancora mi sento responsabile sapere che non ero solo nella mia sofferenza.

Ero sempre stato così cieco da non accorgermi di quanto lei per me fosse importante. Ora capisco il perché non appena c’era puzza di pericolo mi veniva istintivo correre a salvarla.

Ah dannazione, ora quel viscido cuoco dei miei stivali non perderà occasione per farmi diventare matto…lui e i suoi tentacoli. Per fortuna Nami sa il fatto suo. Ma stai attento sopracciglio a ricciolo, non allungare troppo le mani o te le taglio.
“Sei geloso spadaccino???” .
Già lo immagino.

Comunque sia, ora che Nami è tornata mi sembra che tutti siano più sereni. Il quadro è completo e l'armonia tornerà a regnare sovrana: mi sembra che si respiri un’aria nuova. Ce n’era bisogno. Io sono il primo a sentirmi finalmente libero dai fantasmi del passato.

« Ehi Zoroooo! Non stare lì come uno stoccafisso! C’è bisogno di un quarto per fare a botte! ».
« Zoro è in squadra con noi! »
« Non credo proprio Usop! »
« Come sarebbe a dire?! Tu vali già per tre! »
« Niente da fare! Muoviti Zoro! ».

Ci risiamo, siamo alle solite.

« Arrivo Rubber, arrivo ».
Lasciamela guardare un’ultima volta…
E' bello vederla sorridere.

Non so perché ma ho la sensazione che se prima mi rendeva la vita impossibile, i giorni a venire saranno anche peggio.

Mi viene in mentre un vecchio mantra che il maestro ci faceva recitare per “scacciare i demoni e liberare lo spirito e riprendere il controllo del nostro destino”. Non ci ho mai capito nulla e ho sempre pensato che fosse inutile così l'ho dimenticata. Ora però la ricordo alla perfezione e mi sembra chiaro come il sole il messaggio che cercava di trasmetterci:

Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio gli dei qualunque essi siano
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l'Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

Aveva ragione: io sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima.
E' incredibile come nella vita ogni cosa presto o tardi prenda una sua forma.

« Zoro ti muovi?!?!? - questo è Usop - Si può sapere a cosa stai pensando?!?!? Non ce la facciamo più a tenerlo fermo!!! ».
« Sto arrivando! Mi spiace Rubber ma stavolta sono con Usop e Chopper! ».


TO BE CONTINUED...


***ANGOLO DELL'AUTRICE

Si conclude così il secondo capitolo! 
Spero lo abbiate gradito e spero di essere riuscita a trasmettere le emozioni e i sentimenti dei protagonisti allo stesso modo in cui le ho vissute io nello scriverlo e, ancora oggi, nel rileggerlo.
La poesia finale che forse non tutti conoscono (o magari la ricorderete nella pubblicità tv di Invincibili) è a onor del vero di William Ernest Henley: ho voluto inserirla tra i pensieri di Zoro perchè mi sembra molto adatta alla situazione oltre che perfettamente in linea con il carattere del nostro samurai. 
E' una poesia che trovo davvero meravigliosa ed è ad essa che ho voluto ispirarmi nello scrivere il secondo episodio (thank you very much Sir W.E. Henley ^_^ ).
Infine un grazie gigante ai miei lettori e ai miei recensori per il supporto che mi date in quest'avventura, un grazie davvero di cuore a tutti tutti tutti senza esclusioni!
A prestissimo con l'ultima avventura dei Mugiwara!

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