Saga di Nami e Zoro - Loneliness (Episode II) di Nami88 (/viewuser.php?uid=109169)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** GOODBYE ***
Capitolo 2: *** THREE YEARS LATER ***
Capitolo 3: *** THE BEGINNING OF THE END ***
Capitolo 4: *** UNEXPECTED - The shadow of yourself ***
Capitolo 5: *** NOBODY WITHOUT YOU ***
Capitolo 6: *** SWEET DREAM or BEAUTIFUL NIGHTMARE? ***
Capitolo 7: *** THIS IS NOT YOUR PLACE ***
Capitolo 8: *** NO MORE PART OF THIS FAMILY ***
Capitolo 9: *** DON'T BE IDIOT! ***
Capitolo 10: *** STORM INCOMING - Nami's home ***
Capitolo 11: *** I DON'T WANNA CRY ***
Capitolo 12: *** LOSING MYSELF - I got lost, as I always do... ***
Capitolo 13: *** AND NOW? ***
Capitolo 14: *** SURPRISE ***
Capitolo 15: *** Nami: I'M GONNA HAVE FUN! ***
Capitolo 16: *** Zoro: THE MASTER OF MY FAITH, THE CAPTAIN OF MY SOUL ***
Capitolo 1 *** GOODBYE ***
ALCUNI DEI PERSONAGGI PRESENTI IN QUESTA FACFICTION NON SONO DI MIA PROPRIETA' MA SONO
UTILIZZATI
NEL RISPETTO
DEL PROPRIETARIO E DEL RELATIVO COPYRIGHT.
ALTRI SONO
INVENTATI.
LA STORIA E'
DEL TUTTO ORIGINALE.
« Così hai già
deciso »
« Già…Ehi
non guardarmi così d’accordo?! »
« Perdonami,
non posso farne a meno. Sai come la penso. Quando glielo
dirai? »
« Pensavo
stasera. Il
prossimo porto è tra un paio di giorni, non posso
permettermi di
attendere oltre »
« Capisco.
Fammi sapere come la prende. Vai subito? »
« Sì,
è
meglio. Sono già abbastanza agitata. Non chiuderei occhio
stanotte se non gli parlassi, non credo ci riuscirò comunque
anche dopo averlo fatto ma avrò un pensiero in meno. Non
aspettarmi alzata » disse Nami a Robin
mentre usciva
dalla stanza.
« Sai
che non lo farò! » rispose sorridendo
l’archeologa.
« Ehi
ragazzi – chiese affacciandosi in cucina – Avete
visto Rubber? ».
« Nami
tesoro! Perché cerchi Rubber? Ci sono io per
te! »
« No
Sanji, ti ringrazio. Ho proprio bisogno di Rubber »
« Peccato
– facendo spallucce – Lo troverai sul ponte allora!
A dopo mia diletta! »
« Grazie
molte » azzardando un sorriso teso.
Appena
poggiati i piedi nudi sulla
fresca erba del giardino, si fermò per un secondo e
deglutì. La luce della luna era così intensa da
illuminare ogni angolo, ma tra le luci e le ombre tutto era argento e
nero e faceva fatica a distinguere le sagome, quindi si
guardò
attorno per scrutare la nave.
“Eccolo
là –
sospirando fra sé e sé – Coraggio
Nami!”.
Incalzò gli ultimi passi per raggiungere Rubber appollaiato
sulla polena della nave, a gambe incrociate.
« Ciao
Nami! »
« Ciao
capitano »
« Non
è una
serata meravigliosa? La luna e le stelle riflettono sul mare, sembra
che stiamo navigando su un mare di stelle! ».
Nami si
affacciò e ammirò colpita lo spettacolo sotto i
suoi occhi.
« Hai
proprio ragione.
Il mare stasera sembra un dipinto…un grande dipinto. Tanti
anni
che navigo e non avevo mai visto uno spettacolo
simile »
« Già
–
rispose Rubber – Allora Nami, che c’è?
Sei strana in
questi giorni. Sarò un po’ svanito ma non sono
certo
stupido! » disse sorridendo trattenendo il
cappello di
paglia con la mano, prima che una folata di vento lo portasse via.
« Non
ti si può nascondere niente
eh… »
« Avanti
Nami, quanti
anni sono che ci conosciamo? Non sarò attento come altre
persone
ma penso di capire quando un’amica ha dei pensieri per la
testa.
Strano ma vero, ma a volte capita anche a me! Eh eh eh!
»
« In
questo caso… »
« Sputa
il rospo! ».
« Sono
venuta qua per
questo in effetti. Voglio che tu sia il primo a saperlo, a parte Robin
che ovviamente già lo sa, ma tu sei il capitano. Non voglio
girarci intorno ancora per molto: Rubber, lascio la ciurma ».
………
Rubber si
era incupito e le dava le spalle.
« Rubber,
di’ qualcosa… »
« Che
dovrei dire? Che sono contento? Forse sono quasi
arrabbiato »
« Rubber... »
« Sei
la nostra
navigatrice, la nostra cartografa e il nostro tesoriere…sei
praticamente il mio vice! »
« Non
dire sciocchezze, è Zoro è il tuo
vice »
« Si
ma lui è il
braccio destro e tu il sinistro…A chi la affido la carica se
te
ne vai? Sanji non è in grado di concentrarsi, Zoro dorme
appena
si appoggia a qualcosa, Chopper è troppo inesperto e non sa
nemmeno nuotare! Usop è troppo fifone. Franky e Brook forse
potrebbero andare...e forse anche Robin in effetti, ma non ha
importanza…nessuno riuscirà mai a sostituirti! E
io… »
« Rubber
tu sei il
miglior capitano che potrei mai desiderare, ne abbiamo passate
così tante assieme ma ho bisogno di una svolta. Ho bisogno
di
cambiare vita. Di essere una persona diversa. Se resto qui, non posso
cambiare. Non chiedermi perché...però arriva un
momento
in cui devi farlo. Non so come spiegare… »
« Non
devi
giustificarti, ognuno ha le proprie ragioni – si arrese
infine
– Dimmi solo se il motivo per cui lo stai facendo
è quello
che penso io »
Nami
attese.
« E’
così non è
vero? » chiese Rubber.
Nami
sospirò « ….forse ».
« Lo
immaginavo. Non
credevo saresti arrivata a tanto. Credevo che lo avresti superato ma
sbagliavo…Quindi la decisione è
presa? »
« Sì,
direi di sì. Non essere arrabbiato, ti
prego »
« Non
sono arrabbiato
– disse cercando di azzardare un sorriso – Sai che
quando
sono triste mi arrabbio, più che altro per il dispiacere di
perderti non perché sia davvero arrabbiato con te. Voglio
che tu
sia contenta Nami, davvero! E’ la tua vita…In
altre
circostanze ti impedirei anche con la forza di fare ciò che
stai
facendo ma le tue ragioni sono importanti, per quanto discutibili,
quindi ho deciso che non ti tratterrò se non te la
senti »
« Grazie
Rubber, lo apprezzo
molto » sospirò appoggiandosi al
bordo della Sunny.
« Allora,
dove ti scarichiamo? »
« La
prima isola è tra un paio di giorni, mentre voi farete
rifornimento io sbarcherò »
« Lo
dirò domani
ai ragazzi. Sanji e Chopper saranno distrutti per un bel po’.
Anche Usop…Quando Sanji è di cattivo umore cucina
da
paura! Brrr...non voglio pensarci! »
« Già
è
vero! Riesci sempre a farmi sorridere! Ora vado a dormire, vorrei
lasciarvi un paio di scartoffie prima di salutarvi e domani
sarà
meglio iniziare a lavorarci, non mi vedrete più molto presto
credo… »
« Non
preoccuparti, fai quel che devi »
« Grazie,
buonanotte capitano ».
« Buonanotte
Nami ».
---Nella
stanza delle ragazze
« Ehi,
eccoti qui ».
« Ciao
Robin ».
« Sei
stata fuori un po’. Come l’ha
presa? ».
Nami si
cacciò sul letto sbuffando e guardando il soffitto.
« Lo
conosci.
All’inizio si è arrabbiato poi ha cercato di
nascondere il
dispiacere dietro un sorriso a trentadue denti ma in fondo credo stesse
per piangere o per esplodere…o tutte e due…alla
fine
l’ha accettato, comunque. Rubber è maturo quando
deve fare
il capitano. Domani lo dirà agli altri…
E’ ora di
dormire »
« Già,
suppongo di sì ».
« Buonanotte
Robin » finì sorridendo e
guardandola con gli occhi lucidi.
***ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti!
Sono
tornata e chiedo scusa se ci ho messo un po'. Dopo aver
passato 3
settimane a fare dei disegni ho provato a caricarli e non si vedono,
che bello ^_^ Fa niente dai!
Ricomincia
con questo capitolo la saga di Nami e Zoro, che spero vi
emozionerà come ha emozionato me mentre la scrivevo e
soprattutto spero vi piaccia come è stato per il primo
episodio!
Come
dicevo nell'introduzione, la trama di per se è molto
semplice: il mio
intento è stato quello di riuscire a tirare fuori i
sentimenti
dei protagonisti, piuttosto che arrampicarmi su di una trama troppo
elaborata. I sentimenti, i pensieri e le emozioni sono al centro di
questo episodio. Mentre scrivevo cercavo di sentirmi come loro, di
soffrire con loro, gioire con loro, avere paura come
loro e sono le stesse sensazioni che voglio trasmettere a voi. Spero di
aver fatto un buon lavoro, anche stavolta me la sono riletta
così
tante volte che non me ne rendo più conto...
La
colonna sonora che ho scelto per questa seconda avventura è
"Need you now" di Lady Antebellum (che è una canzone
meravigliosa e consiglio comunque di ascoltare perchè ne
vale la
pena) e "Solo un volo" di Eros e Ornella Vanoni.
Buona lettura e grazie!
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Capitolo 2 *** THREE YEARS LATER ***
Erano passati tre anni da quando li aveva salutati ed erano successe un
sacco di cose.
Aveva
portato con sé qualche
spicciolo e aveva deciso di sbarcare a Crop Circle Island, l'isola
più vicina in quel momento seguendo la rotta.
Il
momento dell’addio era
stato doloroso, pensava che sarebbe stata più forte e che
avrebbe fatto pesare meno a tutti (compresa sé stessa) la
difficoltà del distacco. Ovviamente sbagliava.
Aveva
abbracciato forte Rubber, ringraziandolo per tutto quello che avevo
vissuto con lui e la ciurma e lui aveva risposto:
« In
bocca al lupo Nami, spero di rivederti prima o poi »
« E
io ti auguro di diventare il Re dei Pirati, spero di sentir parlare di
te molto presto! ».
Chopper e
Sanji erano
sull’orlo di una crisi isterica, peggio di quando Rubber
aveva
annunciato la cosa. Anche Usop non era di buon umore. Brook e Franky
erano molto dispiaciuti, specialmente Franky che per poco non annegava
nel mare di lacrime che lui stesso stava versando.
Zoro non
si era nemmeno fatto
vedere. Chi se ne importava, era l’ennesima conferma del
fatto
che stava facendo la cosa giusta .
Ultima ma
non meno importante abbracciò la sua amica, ormai una
sorella maggiore, Robin. Le lacrime non si trattennero.
« Addio
amica mia, mi mancherai »
« Anche
tu Robin. Grazie di tutto. Tieni d’occhio questi scapestrati
d’accordo? »
« Ci
penserò io a
loro, anche se non sarò mai brava come te. Su, vai o mi
metto a
piangere anch’io! ».
Scese sul
pontile senza voltarsi ma
quando mise piede sulla terra ferma non poté resistere e
volle
guardarli un’ultima volta, nonostante si fosse promessa di
non
voltarsi indietro: erano controluce sulla nave e la fissavano
come
se volessero restare a guardarla finché non fosse sparita
del
tutto tra la folla. Poteva vedere che Sanji aveva acceso ben
più
di una sigaretta e Chopper stringeva tra i denti un fazzoletto cercando
di trattenere il pianto. Rubber si sbracciava per salutarla con un gran
sorriso. Cercavano di sorridere tutti per la verità ma senza
un
gran successo. Nami li guardava triste ma le facevano una gran
tenerezza, si meritavano più di un semplice
“addio”.
« Ehi,
perché non
facciamo una fotografia tutti assieme? Dai scendete! Ho la macchina
fotografica con me! Chiederemo a un passante di scattarla! »
e
così fu. Rubber andò a cercare Zoro che comunque
non
riuscì a trovare.
« Ragazzi
manca Zoro! Dove si sarà cacciato? Non riesco a
trovarlo da nessuna parte... ».
« Chi
se ne importa di
quella testa verde! Avanti, non abbiamo tutto il
giorno! » sbuffò Sanji.
Quello fu
il vero momento dell’addio. Scattarono la foto sul molo e si
salutarono per sempre.
Passati
un paio di mesi, Nami
decise di tornare a Coconut Village. Lì avrebbe aperto
un’attività di cartografa in proprio e avrebbe
comprato un
po’ di terreno per far sorgere una coltivazione di mandarini
tutta sua; voleva mettersi in affari in maniera onesta, non voleva
più essere considerata la “gatta ladra”.
Parola
d’ordine: ricominciare da zero.
Lasciare
il mare era stato
difficile, soprattutto lasciare i suoi compagni. Solitamente era lei
quella che cercava la coesione del gruppo e invece stavolta era stata
lei proprio lei ad andarsene: non riusciva più ad andare
avanti
in quel modo. Erano sempre alla ricerca di qualcosa che forse neanche
esisteva, lo One Piece...il tesoro di Gold Roger.
Voleva
diventare ricchissima e
famosa, era per quello che si era unita a loro, ma gli anni passavano e
la meta sembrava sempre più lontana. Certo, le amicizie non
valgono tutto l’oro del mondo, ma aveva bisogno di sentirsi
realizzata in qualche modo. Era una ragazza avida e testarda. Questa
almeno era la scusa che si era raccontata.
A Coconut
Village negli anni erano
cambiate molte cose: molte delle sue conoscenze se n’erano
andate
per un motivo o per l'altro, e altrettante nuove persone si erano
stabilite nel piccolo paradiso. Coconut Village si era piuttosto
allargata negli ultimi anni.
Sua
sorella se n’era andata,
si era sposata nel frattempo e aveva avuto un bel marmocchio. Si era
trasferita con suo marito su di un’isola vicina lavorando nel
suo
negozio: Toriko, così si chiamava l'uomo, faceva il
contabile e
aveva un piccolo banco dove eseguiva prestiti. La loro vecchia casa era
stata venduta ma non era un problema per Nami, nonostante avesse
sperato di potervisi stabilire: aveva denaro sufficiente per
comprare una casa e un terreno tutti suoi e così
fece.
Comprò il terreno e vi stabilì la sua casa:
sorgevano
entrambi su una radura verdeggiante vicino al mare. Il luogo dove
riposava Bellemer era ben visibile e ogni giorno era d'ispirazione.
Era il
luogo perfetto perché
l’aria del mattino arrivava direttamente sul frutteto e
presto
notò che questo dava degli ottimi risultati.
Le
vendite cominciarono a crescere
e ben presto dovette assumere un paio di operai che lavorassero nella
piantagione e una signora che l’aiutasse con le faccende
domestiche, perché presa com’era dai conti non
riusciva
nemmeno a respirare. L’esportazione cominciò ad
espandersi
anche oltremare e ciò cominciò a farle guadagnare
dei bei
soldoni. Per non parlare poi dello studio di cartografia:
l’aveva
registrato sotto falso nome per non insospettire la Marina che la
famosa Nami la “gatta ladra”, sulla quale pendeva
una
taglia di 16 milioni di Berry, fosse d’un tratto riapparsa
pronta
ad essere arrestata per il solo fatto di aver fatto parte della ciurma
di Cappello di Paglia e ai militari poco importava quanto ora fosse una
persona onesta. Per un gioco del destino, proprio quelli della Marina e
del Governo Mondiale erano i suoi migliori clienti. Ogni qualvolta la
Marina andava a farle visita si travestiva per non essere riconoscibile
e fino a quel momento aveva funzionato, ma era convinta che presto o
tardi ci sarebbe stato qualche bietolone più arguto che
avrebbe
notato delle somiglianze con la famosa Nami.
Tirando
le somme e guardandosi allo
specchio si riteneva pienamente soddisfatta della vita che aveva
scelto; le cose non potevano andare meglio di così e aveva
un
sacco di soldi. Poteva permettersi tutto quello che voleva. Vagava per
i negozi provandosi decine di vestiti, senza comprarne nemmeno uno. Le
scarpe invece erano la sua vera passione: ne aveva di ogni tipo.
Meraviglioso! Si sentiva come una principessa.
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Capitolo 3 *** THE BEGINNING OF THE END ***
Un
anno più tardi le cose cominciarono a sprofondare e lo
fecero
nella maniera peggiore possibile: a Coconut Village arrivò
una
combriccola di pirati piuttosto numerosa e violenta. Era dai tempi di
Arlong che a Coconut Village non mettevano piede i pirati, per cui la
cosa colse gli abitanti del tutto impreparati e disarmati. Non
riuscirono ad affrontare uno scontro e per evitare i troppi danni
decisero di sottomettersi, questo fece tanta rabbia a Nami
perché conosceva bene quella gentaglia e non erano persone
oneste. Arrendersi non li avrebbe fermati o placati. Infatti, il
consegnare a loro le chiavi della città non li distolse dal
loro
intento di distruggere e saccheggiare, e dopo essersi
divertiti
nei modi più crudeli e spregevoli lasciarono perdere e la
città non fu del tutto rasa al suolo: alcune cose poterono
essere sistemate ma di Coconut Village non rimase che un villaggio
fantasma, sembrava proprio che a nessuno fosse concesso di essere
felice e Nami era tra quelle persone.
La sera
in cui arrivarono da lei,
lo ricordava bene, era seduta al tavolo dopo una cena più o
meno
decente mentre sfogliava il quotidiano locale. Buttarono giù
la
porta e probabilmente speravano di divertirsi un po', ma non sapevano
di aver trovato pane per i loro denti. Purtroppo, nonostante sapesse il
fatto suo, non fu sufficiente a sovrastare degli uomini adulti e
brutali. La sua arroganza le costò cara.
“Non
era in programma ridurre
in cenere la tua deliziosa bicocca ma vista la tua sconsideratezza temo
proprio che dovremo fartela pagare!”.
Bruciarono
ogni cosa. La casa, il frutteto, il negozio…non le rimase
nulla di nulla. Gli affari erano finiti.
La
portarono dal loro capitano, un
certo Boogie Black. Il nome le suonò nuovo ma era sicura di
averlo già sentito, anche se non ricordava dove, forse tra
le
cronache provenienti dal Nuovo Mondo.
Era
intontita dalle botte. Gli
occhi erano gonfi e socchiusi, vedeva sfocato ma per quel poco che
riusciva a vedere notò dei tipacci mostruosi, quasi deformi.
La
peggior feccia che avesse mai visto. Di solito l’abito faceva
il
monaco, almeno nel caso dei pirati.
La
trascinarono a peso morto sulla
loro nave e benché non avesse esattamente la cognizione del
tempo e del luogo, percepiva di trovarsi in posto buio e umido, forse
la chiglia della nave. Odiava la sensazione del legno impregnato di
umidità sulla pelle, specialmente se c’era
già un
sottile e viscido strato di muschio a ricoprirlo, ma era lì
che
l’avevano portata e avrebbe dovuto pazientare. Sembrava
proprio
una prigione, che la teneva a braccia legate alla parete con le catene.
Era
l’unica prigioniera
perché in effetti più volte aveva cercato di
captare il
respiro di altri ma niente, c’era davvero solo lei
lì
sotto o magari erano tutti morti, il che non era molto incoraggiante.
Poteva sentire solo le urla della ciurmaglia ai piani superiori.
« Forza,
branco di sudici animali! Tirate! ».
« Inutili
molluschi strigliate quel ponte! Mi ci voglio
specchiare! ».
La
trattennero lì sotto
diversi giorni o almeno così le parve. Lo stomaco brontolava
indegnamente, le dava quasi la sensazione che si stesse digerendo da
solo per la fame.
Finalmente,
un mattina uno di loro
andò a prenderla: quando spalancò la porticina le
sembrava che gli occhi avessero preso fuoco per il fastidio della luce.
In maniera non troppo delicata la sganciò dalle catene e
l’afferrò per un braccio. Faceva fatica a reggersi
in
piedi, erano certamente più di tre forse quattro giorni che
non
toccava cibo e acqua e anche l’odore non era dei migliori.
Non
era certa che fosse lei a puzzare così, ma a stare
là
sotto senza aria fresca e con tutta quell’umidità
di certo
non profumava di violetta. Muovendosi al seguito di quella bestia, le
arrivò di rimando il lezzo ferroso del sangue secco che
capì provenire dai suoi stessi abiti e si convinse che era
davvero lei a puzzare in quel modo orribile. Fece una smorfia.
Le mani
di quell’energumeno,
oltremodo grandi, facevano tranquillamente il giro del suo esile polso
e non lasciavano scampo ma in fondo anche se avesse avuto la
possibilità di scappare, non avrebbe avuto la forza di
ribellarsi quindi perché sprecare energie?
Era un
grosso uomo dall’aria
stupida e gongolante, pieno di tatuaggi nascosti sotto una gran
quantità di peli e sudore, forse sbavava anche ma non ne era
sicura. La nave sembrava enorme perché non arrivavano mai a
destinazione. All’improvviso il pirata si fermò
davanti ad
una porta in vetro e Nami notò che la nave era diventata un
posto caldo e accogliente, per lo meno per chi ci abitava.
Il
marinaio bussò tre volte
e una voce gli concesse il permesso di entrare. Più che una
voce
sembrò un sibilo. L’omone però non
entrò,
anzi aprì la porta in tutta fretta e solo per quel che
bastava a
far passare una figura snella come quella di Nami, quasi lanciandola
all’interno e richiudendo subito la porta dietro di lei. Nami
lo
guardò interrogativa: cosa c’era mai lì
dentro da
creare in un uomo del genere tanto terrore?
Come
poté constatare poco
dopo, all’interno della stanza non c’era nulla
o così le sembrava perché intorno era
tutto buio.
Che l’avessero portata in un'altra
prigione? .
Fece
girare lo sguardo in alto, in
basso, a destra e a sinistra ma riuscì a notare solo un
seggio
vuoto al centro della stanza posizionato sotto un fascio di luce bianca
proveniente da un apertura nel soffitto. Continuò a
guardarsi
attorno e pochi secondi più tardi, su quello stesso trono
vide
seduta una persona, un uomo per la precisione, con una ragazza accanto.
Per un attimo si chiese se non stesse impazzendo perché fino
a
poco prima lì non c’era nessuno, comunque sia
aveva tutta
l’aria di essere il capitano e la ragazza la sua
“ancella”.
Nami
cadde in ginocchio sfinita
dalla fame e dalla sete, troppo stanca e dolorante per restare in piedi
e anche per alzarsi; attese con lo sguardo basso il proprio destino.
Passarono alcuni minuti lunghi un’eternità
finché
l’uomo finalmente si alzò dalla sedia. Ad ogni
passo che
rimbombava sordo sul legno del pavimento, il cuore di Nami accelerava
il battito. Quando l’ombra dell’uomo la
sovrastò
completamente il cuore si stancò di correre e riprese lento
la
camminata verso quello che riteneva un destino ormai certo ed
inevitabile. Si chiedeva perché mai il capitano le avesse
concesso l’onore di essere eliminata da lui in
persona…era
un onore riservato solo ai personaggi illustri della pirateria, di
certo non ad una comune cartografa.
Posò
un dito sotto al mento
abbattuto di Nami, sollevandola da terra senza alcuna fatica come fosse
uno straccio; lei d’altra parte non oppose alcun tipo di
resistenza.
Era
faccia a faccia con il suo carceriere.
Il volto
dell’uomo era
bianco, dalla tonalità quasi bluastra, sembrava viscido e
bagnato; gli occhi avevano una profonda ombra nera
tutt’intorno
messa ancor più in risalto dalle pupille verde acceso dal
tratto
serpentesco. Il sorriso compiaciuto svelava una serie di denti
appuntiti dal colore discutibile, tanto quanto il fiato. Era alto e
prestante, vestito elegantemente di nero e tutto sommato non sembrava
vecchio. Gli occhi rivelavano un che di umano per quanto ormai
l’umanità fosse probabilmente solo un ricordo;
quando si
sporse verso la luce, notò che il volto era terribilmente
sfigurato come se fosse avvizzito. La sensazione ad un primo sguardo fu
quella di guardare una persona che indossa una spessa una maschera di
cera accartocciata. Aveva lunghi capelli neri ben pettinati
all’indietro, anche se avevano un’aria vagamente
unta o
bagnata.
« Come
ti chiami dolcezza? » in un soffio.
Nami non
rispose. Si era distratta
ad ascoltare il suono di quella voce: sembrava proprio un sibilo o un
sussurro dolcemente pronunciato, per quanto il tono fosse bassissimo e
tutt’altro che rassicurante. Un brivido infinito le percorse
la
schiena. Quell'uomo, quella voce mettevano....paura.
« Guarda
come sei
ridotta. Punirò qualcuno per averti conciata
così, non
temere. Le rosse sono un raro fiore, non andrebbero calpestate e tu,
certamente, sei la più bella delle
rose » .
Cosa?
Complimenti? Beh poteva andarle peggio, ma il peggio comunque non
tardò ad arrivare.
Ancora
non rispondeva mentre
rimaneva appesa al suo dito con le punte dei piedi che sfioravano il
pavimento. Nami era paralizzata dal terrore, non le accadeva spesso di
sentirsi così impotente.
Vedendo
che non rispondeva, il
capitano fece un gesto che le fece accapponare la pelle ma certe cose
accadono in frazione di secondo; solo dopo che accadde Nami ebbe modo
di realizzare. Dalle sue labbra uscì un lunga e grossa
lingua che le passò sul viso in maniera lenta e
quasi
perversa, come per volerla assaggiare. Nami chiuse gli occhi e
rabbrividì immobile, totalmente sconvolta.
« N-Nami » balbettò
lei.
« Bene,
vedo che iniziamo a ragionare. Io sono Boogie
Black ».
« …detto
“L’Uomo
Nero” » tossì Nami.
« Esattamente,
vedo che
la mia fama mi precede. Capitano della Terror Scream…la mia
nave. Mmm… - disse soddisfatto chiudendo gli occhi - Hai
persino
un buon sapore, posso solo immaginare quanto saresti squisita senza
tutto quel sangue sul volto. Dunque, Nami, innanzitutto vorrei
scusarmi per averti fatto attendere tutti quei giorni là
sotto
senza cibo e acqua. Davvero imperdonabile, ma vedi avevo
alcune…faccende…da sbrigare che mi hanno tenuto
occupato.
Ad ogni modo, ti starai chiedendo perché ti ho concesso
l’immenso onore di essere qui con me oggi. E’ un
onore che
un capitano concede solo ai suoi avversari più temibili,
essere
eliminati dal capitano in persona. Tuttavia, non sono qui per
eliminarti. Poiché mi hanno riferito che sei stata un
po’
troppo arrogante ero curioso di conoscere
l’identità di
colui che aveva osato ribellarsi; ero molto incuriosito, immagina poi
la sorpresa quando ho imparato che non era un uomo ma una donna! Non si
vede spesso un ragazza così forte e combattiva e credimi, ne
ho
conosciute molte ».
Fece una
pausa e riprese a scrutarla. Che avesse capito?
« Ti
sarai chiesta forse
perché eri l’unica prigioniera nelle segrete:
perché nessuno osa mai ribellarsi ai miei uomini e chi lo fa
viene ucciso. Per tal motivo le segrete non vengono mai utilizzate.
Puoi considerarlo più che un privilegio trovarti qui, viva.
Ti
faccio i miei complimenti per esserci arrivata. Ti svelerò
che
abbiamo intenzione di stabilire qui la nostra sede, confido quindi che
non creerai altri problemi. Mi sembri fin troppo vivace
ragazza ». Attese prima di parlare di nuovo, era
piuttosto
pensieroso e la guardava attentamente con aria interrogativa.
« Dove
ti ho già vista? ».
Oh no, se
avesse capito che faceva
parte della famosa ciurma di Cappello di Paglia probabilmente
l’avrebbe uccisa o peggio. Non rispose e aspettò
che
tirasse da solo le proprie conclusioni, possibilmente sbagliate.
« Mmm…Il
tuo viso
non mi è nuovo. Assomigli molto a…No, non
è
possibile. Tanto meglio per te ragazza. Mi hai ricordato per un attimo
una certa…com’era il nome? –
restò pensoso
per alcuni secondi - Ma chi se ne importa…- la
lasciò
cadere a terra, come fosse nient’altro che una giacca
vecchia,
mentre tornava a passi leggeri verso la sua accompagnatrice –
Sulla testa di quella ragazza pende una cifra
considerevole » concluse quasi come se
pensasse a voce
alta. Era ovvio che nella mente aveva l’immagine della Nami
pirata ma non ricordava il nome: Nami di certo non l’avrebbe
aiutato a ricordare.
« Sei
libera, ma non
osare mai più ribellarti. Da oggi Coconut Village
è sotto
mio il controllo. Sai, adoro le donne focose ma come vedi –
disse
baciando la mano della sua amichetta – sono già
impegnato,
per cui non ti concederei un trattamento di favore se dovesse esserci
una prossima volta. Spero comunque di rivederti presto mia cara,
è stato davvero molto piacevole »
terminò
sogghignando.
Aveva
paura Nami: sentiva ogni cosa
viscida intorno a sé, persino l’aria che respirava
le
sembrava viscida. Si sentiva così debole e maledettamente
inerme. Il mondo girava troppo veloce e non riusciva a trovare un
appiglio per non essere trascinata verso il fondo.
Alzandosi
piano e barcollando un
po’ uscì dalla stanza, dove l’energumeno
che
l’aveva “gentilmente” scortata fin
lì era
già sull’attenti per condurla fuori.
Arrivata
sul ponte, un cumulo di
bestie l’aspettava in cerchio sbavando come cani che non
vedevano
una ciotola d’acqua da mesi o addirittura anni. La
fischiavano,
facevano strani “grugniti” e urlavano cose
irripetibili,
come se l’umiliazione subita fino a quel momento non fosse
stata
sufficiente.
Scese a
testa bassa, senza
guardarne nemmeno uno negli occhi. Era abituata a ricevere
apprezzamenti ma in quel momento si sentì solo molto
imbarazzata
e umiliata. Anche una volta scesa non si voltò e sempre
barcollando imboccò la via di casa. Mentre attraversava la
città vedeva la paura della gente e le sembrava di percepire
voci che bisbigliavano “Povera ragazza” o cose
simili, le
madri che coprivano gli occhi dei bambini. Gli anziani che parlottavano
a bassa voce, ma nessuno che le avesse allungato una mano. Nessuno
voleva sapere, vedere o sentire.
Arrivata
a casa, si stupì di
quanto avesse retto bene all’incendio: non era perfettamente
integra e il legno era per la maggior parte annerito ovviamente ma ci
poteva ancora vivere finché non ne avesse costruita una
nuova.
Il suo fiuto per gli affari non l'aveva ingannata quando le era stato
consigliato da un costruttore di utilizzare legno di Sekoia, un albero
ignifugo fino a determinate temperature che cresceva
nell’arcipelago delle Hi No Shima, le isole del fuoco. Certo
l'aveva pagato una cifra improponibile ma alla fine dei conti sembrava
ne fosse valsa la pena.
Salì
i pochi gradini che
davano sulla veranda e arrivata davanti alla porta crollò in
ginocchio a terra, stanca e sfinita. Respirò piano guardando
il
pavimento, i pugni erano così stretti che i segno lasciati
dalle
unghie sui palmi iniziarono a sanguinare. Fu proprio in quel momento
che si rese conto di quanto si sentisse sola e persa senza i suoi
amici.
Era sola.
Come
aveva potuto non rendersene
conto in tutto quel tempo? Forse non era mai stata così
sola.
Non c'era più nessuno accanto a lei. Nessuno.
Pianse
fino allo sfinimento,
urlando e battendo i pugni sul pavimento della veranda, cominciando a
rimproverarsi e chiedendosi cosa le era saltato in testa e che fine
avesse fatto tutta la forza che aveva sempre avuto. La vecchia Nami
avrebbe combattuto fino all’ultimo, non sarebbe tornata a
casa
piangendo con la coda tra le gambe. Improvvisamente, ricordò
una
persona alla quale non piaceva vederla piangere: una persona che odiava
il pianto, inutile simbolo di debolezza.
Un'altra illuminazione
la
colse di sorpresa: corse in casa, salì le scale verso la sua
stanza e freneticamente iniziò a cercare la sua unica ancora
di
salvezza, buttando all'aria ogni cosa nei cassetti della specchiera. Ma
dove diavolo era finita?! La fotografia scattata l’ultimo
giorno
con i suoi compagni. Eccola lì. Erano anni che non la
prendeva
tra le mani, dal momento in cui l'aveva fatta sviluppare l'aveva tolta
dalla busta e con il dorso girato l'aveva infilata nel cassetto meno
utilizzato tra i vestiti più vecchi che possedeva. La
osservò. I bordi erano anneriti effettivamente ma i
protagonisti
erano integri, a quel punto però c'era solo un problema,
aveva
dimenticato un dettaglio di fondamentale importanza... la persona che
cercava non era presente nella fotografia.
La rabbia
le riempì il
cuore: se prima odiava quella persona ora la odiava anche di
più. Era sempre il solito stupido: per quale diavolo di
motivo
non aveva alzato il sedere dal letto per fare una stupida fotografia?
Doveva sempre dormire?! E ora che lei aveva bisogno di rivederlo lui
non c’era! Come sempre era inutile, non serviva a niente! .
Ricominciò
a piangere di
nuovo stringendo i pugni e i denti, per poi passare con
l’indice
sul volto di ognuno di loro e sorridere nervosa senza mai smettere di
versare lacrime su lacrime. Infine, esausta, appoggiò la
fotografia alla fronte in tutta la sua disperazione cercando di
prendere fiato. Più li guardava sorridere più si
sentiva
male. Quanta amarezza, quanto dolore.
Le
lacrime però terminarono ad un certo punto, non ne aveva
più nemmeno una.
Doveva
lavarsi, doveva mangiare e bere qualcosa. Era ancora
tutta sporca di sangue.
Andò
mesta verso il bagno
dove la doccia zampillava. Provando ad aprirla si rese conto
che
l’acqua scorreva ma solo quella fredda. Poco male, era piena
di
lividi e le avrebbe fatto bene. Tra il pianto e le botte, il volto era
rosso quasi quanto i suoi capelli. Quando si asciugò,
notò un taglietto aperto su uno zigomo e lo passò
con il
dito dopo aver superato un momento di indecisione nel farlo...eh
sì, quello avrebbe lasciato una simpatica
cicatrice.
Uscì dal bagno trascinandosi fino al letto sul quale si
gettò a peso morto con le braccia aperte. Si
addormentò,
troppo stanca per pensare ancora.
La
mattina seguente l’umore
non era migliorato e aveva una pessima cera. La notte prima era stata
presa d’assalto da una montagna di incubi. Fu quella la sera
in
cui iniziò a sognarlo: era inevitabile, lui arrivava a
difenderla ogni volta che era in pericolo ogni volta che si cacciava
nei guai come una sciocca mocciosa incapace. Era la stessa persona che
non sopportava chi piangeva.
A volte
il confine tra il sogno e
la realtà è fragile. Ogni qual volta Nami si
svegliava
con il cuore in gola credendo reale il sogno, ecco che il sogno
diventava un incubo...la realtà diventava un incubo.
Ogni
mattina si domandava il
perché qualcuno lassù avesse deciso di
tormentarla in
quel modo, perché doveva sognare proprio lui? Non
trovando
la risposta scossava la testa freneticamente come se volesse far uscire
a forza quel pensiero. No, non poteva pensare proprio a lui:
l’aveva deciso tanto tempo prima. Odiava quella persona, mai
più gli avrebbe rivolto la parola, mai più
avrebbe voluto
rivederlo. Era off-limits.
Si
trascinava poi al piano di sotto
dove si sedeva al tavolo per fare colazione e guardandosi intorno si
rendeva conto che non poteva continuare a vivere lì, non era
accettabile.
Un giorno
in particolare finalmente
si decise: le erano rimasti dei soldi (pochi ma meglio di
niente)
così fece demolire la sua casa per costruirne una nuova
più piccola e meno impegnativa, nel frattempo
però
avrebbe dovuto cercarsi un lavoro nell' immediato e anche un posto in
cui dormire visto che non aveva momentaneamente un tetto sulla testa.
Ma che lavoro poteva mai fare? Le sarebbe servito troppo tempo per far
crescere un’altra piantagione per guadagnare altri soldi e
comunque i pochi soldi rimasti sarebbero esauriti prima che le
coltivazioni potessero realmente fruttarle qualcosa, inoltre la carica
emotiva era pari a zero per potersi lanciare in qualche nuovo ed
entusiasmante progetto.
Aveva
cercato lavoro ovunque:
panettieri, fruttivendoli, pescivendoli, artigiani di qualsiasi
tipo...qualsiasi lavoro sarebbe andato bene ma niente.
Erano
passati altri sei mesi ormai
e la nuova casa era pronta. Fino ad allora aveva soggiornato in una
taverna che al piano di sopra aveva alcune stanze quindi, come
previsto, i pochi fondi rimasti erano praticamente esauriti.
Nessuno
in città aveva
lavoro da offrire, non ne avevano abbastanza nemmeno per sé
stessi figuriamoci per altri, specialmente dopo che la ciurma di Boogie
Black si era stabilita lì definitivamente.
In quei
sei mesi era riuscita a
ricominciare con una vecchia abitudine prima occasionale, trasformatasi
ora in un vizio: il bere. Lo strappo alla regola ormai era diventato la
regola. Ogni sera scendeva alla taverna e si scolava una, due bottiglie
di vino. La locandiera era stanca di non essere pagata anche
perché già da tempo le faceva credito. Una sera
si
rifiutò di servirla e Nami, ancora alticcia dalla sera
precedente, iniziò a fare un gran baccano.
Ad un
certo punto le si avvicinò un tizio, incoraggiato dai suoi
compari seduti al tavolo poco più in là:
« Ehi
tesoro… » disse appoggiandosi al
bancone con aria ammiccante.
« Che
vuoi? » chiese la rossa bruscamente, senza
nemmeno guardarlo.
« Ti
pago io una bottiglia, se tu in cambio... ».
Nami era
ubriaca ma non
completamente rincretinita: aveva capito perfettamente dove voleva
arrivare il marinaio. Lo guardò stranita con aria vaga dalla
testa ai piedi: non vide altro che un marinaio trincone di mezza
età, unto e sporco, pieno di cicatrici e tatuaggi e dalla
barba
lunga e incolta. Senza contare le diverse mutilazioni tra mani e piedi.
« Una
bottiglia di vino e 16 mila Berry ».
« Wow,
sei una dura eh piccola » i suoi compagni
lo incoraggiavano sempre di più.
« 8
mila Berry » rilanciò lui.
« 11
mila ».
« Ultima
offerta bambolina: 10 mila ».
« Andata.
Prima fammi
avere la mia bottiglia di vino. Ne avrò molto
bisogno… » disse guardandolo
un’ultima
volta.
La parte
ancora sana del suo
cervello le urlava di non farlo, ma quella alticcia, affamata e in
cerca di soldi aveva il sopravvento.
Si
scolò la bottiglia quasi tutta in un paio di sorsi.
« Bene
– disse il
marinaio impaziente – Andiamo. Conosco un posticino niente
male
ma non mi sembri una tipo
romantico! » disse
sghignazzando, mentre usciva facendo segni di vittoria con i suoi
compari.
« Speriamo
che tu valga
tutto quello che mi hai fatto spendere ». La
tirò per
un braccio e Nami lo seguì barcollando.
Quella fu
la prima sera di una lunga ed interminabile serie.
Nel giro
di poco la voce si sparse e il giro di uomini che andava a farle visita
era diventato notevole.
Quello
era il “lavoro”
che aveva “trovato”. Squallido forse, ma con un
guadagno
regolare. Si odiava per questo ma non vedeva molte vie
d’uscita.
Andare
avanti diventava sempre più difficile, sempre più
spossante ogni giorno, ogni ora.
Sempre
più spesso ormai
pensava a quell'idiota di spadaccino, ancora chiedendosi
perché
nella sua mente ubriaca apparisse la sua immagine ma non era
mai
abbastanza sobria per rendersi conto di ciò che le stava
accadendo.
Continuare
a rinnegarlo, le costava
un’immensa fatica. Era certa che sarebbe impazzita prima nel
tentativo di rifiutarlo e di cercare di odiarlo con tutta sé
stessa per farlo sparire. Non era facile tenere chiusa una porta da
sola e con le poche forze a propria disposizione, quando dall'altra
parte sembrava che ci fosse un esercito che spingeva per entrare.
Si
chiedeva cosa avrebbe pensato
avendola vista così o anche solo sapendo quel che faceva.
Non
l’avrebbe mai accettato. Aveva dei valori troppo forti e
radicati
per poterle perdonare tutto questo. Lui era l’unico che
avrebbe
potuto salvarla ma non sarebbe mai tornato, non l’avrebbe mai
più visto e la cosa peggiore era che proprio lei lo aveva
allontanato per sempre dalla sua vita. Questo Nami non
l’aveva
ancora compreso.
Riceveva
a casa sua e nel prezzo
erano comprese un paio di bottiglie di vino da scolarsi tutte
d’un fiato per dimenticare e ogni cliente era obbligato a
portarle. No vino no party.
Nel giro
di un anno e mezzo aveva
addirittura aumentato le tariffe e riusciva a ricevere quattro persone
al giorno guadagnando fino a 70.000 Berry a persona, peccato che a quel
punto fosse ubriaca ogni ora del giorno e della notte. Non
c’era
il tempo di smaltire una sbornia che doveva rifornirsi per accontentare
un altro cliente.
Certe
volte piangeva, ma a loro non
interessava o nemmeno ci facevano caso. Per alcuni era addirittura
più divertente. Pirati da strapazzo, tutte bestie senza
scrupoli.
Una
volta, durante un appuntamento
le scappò dalle labbra con un filo di voce una sola
parola......
“Zoro”......il marinaio non se ne accorse, ma lei
sì. Quella volta non poté rinnegarlo. Si era
distratta un
secondo e subito quella parola ne aveva approfittato per uscire. Non fu
semplicemente pronunciata ma uscì a forza dalle sue labbra
quasi
avesse una vita propria. Voleva uscire, desiderava ardentemente essere
pronunciata o magari urlata. Nami non riuscì più
ad
ignorarlo.
Quello fu
il momento in cui decise
che era davvero ora di smettere. Smettere con quella vita, smettere con
l’alcool, prendere e partire. Cambiare vita. Voleva tornare
la
Nami di un tempo. Non capiva come avrebbe potuto farlo senza di loro e
senza di lui ma in qualche modo ce l’avrebbe fatta. Lei era
più di quello, lo era sempre stato e per quanto fosse
ubriaca
nulla le impedì quella volta di comprendere quanto lo amasse
e
lo desiderasse accanto, quanto aveva bisogno di lui. Ma ammettere che
Zoro era parte integrante ed indelebile della sua vita, che era sempre
stato in lei per quanto lei avesse cercato di odiarlo, era forse la
parte più facile di tutto il gioco. Quello che avrebbe
dovuto
affrontare da ora in avanti sarebbe stata una vera sfida di
sopravvivenza.
Se
ammettere questo le era costato
una fatica indicibile, convivere con il senso di colpa e il rimorso lo
sarebbe stato molto di più.
Tre anni
erano trascorsi dal giorno dell’addio.
***ANGOLO DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti lettori e lettrici!
Vado
a rilento lo so...perdonatemi! L'influenza non mi lascia tregua!
Bene,
allora so che questo
capitolo e' stato un po' lunghettino ma era necessario, spero comunque
che abbiate apprezzato! Dal prossimo partiamo con un ritmo piu'
sostenuto.
Spero
che abbiate gradito! ^_^
Grazie
per le recensioni,
per chi mi ha inserito addirittura tra gli autori preferiti
XD,
per chi ha inserito la storia tra le ricordate o seguite o preferite!
Ovviamente, grazie anche a chi legge e devo dire che siete in tanti
(per fortuna :D ).
A
prestissimo con i prossimi capitoli!
|
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Capitolo 4 *** UNEXPECTED - The shadow of yourself ***
Una mattina Nami ricevette una visita del tutto imprevista.
Era in
cucina dando le spalle alla
porta e sentì dei passi sulla veranda e qualcuno che si era
fermato appena fuori dalla porta, già aperta in vista di una
bellissima giornata di sole. Erano sempre le solite persone a farle
visita, una valeva l’altra e non valeva la pena nemmeno
voltarsi.
« Non
ricevo a quest’ora. Torna più
tardi ».
« Non
ho un appuntamento ma speravo potessi ricevermi lo
stesso » disse una voce femminile.
« Tanto
meno ricevo donne. Vattene » disse
guardando quella figura con la coda dell’occhio.
Non le
diede molta importanza in un
primo momento ma in una frazione di secondo si voltò di
scatto
osservando la figura longilinea che nell'ombra e a braccia conserte era
appoggiata allo stipite.
« R-Robin? » chiese
interrogativa, piena di sconcerto e lasciando cadere la propria
colazione per terra.
« Ciao
Nami – disse eterea – Ne è passato di
tempo ».
Riusciva
solo a balbettare.
« Robin…tu…come…sei
qui. Non è un'allucinazione? ».
Non era
ancora certa che fosse lei, era così diversa eppure avrebbe
riconosciuto quegli occhi e quella voce tra mille.
« No,
non è
un'allucinazione! Sei davvero tu! Amica mia, che bello
rivederti! » disse saltandole al collo in
un abbraccio
infinito, in cui chiedeva tutto l’affetto che le era mancato
in
quegli anni.
« Robin!
Robin! » .
« Calmati
Nami, va tutto bene. Sono proprio io! ».
Nami la
fissava ancora stretta a lei con gli occhi pieni di lacrime.
Robin a
sua volta sorrideva
serena: « Ti va se facciamo due passi? Che
ne
dici? » domandò. Nami
accettò felice e
senza esitare.
Poco dopo
passeggiavano sulla spiaggia, senza una meta precisa, come facevano un
tempo.
« Che
bel posto Nami.
Sapevo già che tanti anni fa vivevi qui, prima di unirti a
Rubber, ma non credevo fosse un posto così
bello » disse guardando il cielo e
assaporando i vari
profumi.
Nami
esitò.
« S-sì,
se ti
sembra un bel posto adesso avresti dovuto vederlo fino a tre anni fa,
prima che arrivasse la ciurma di Boogie Black »
« Già,
ho sentito
che c’è stato qualche problema: le notizie per
mare
corrono veloci. Boogie Black ha causato diversi disagi negli ultimi
tempi. Non capisco che interesse abbia nello stabilirsi a Coconut
Village. La sua taglia attuale è di 120 milioni di Berry,
non
è un granché ma certo è un tipo che si
fa notare.
Si vocifera che possegga degli strani poteri ma nessuno ne ha prova
certa ».
Nami
sviò il discorso.
« Ehm,
allora Robin
dimmi di te…dimmi di voi. Come va? Cosa vi porta qui? Ci
saranno
anche… »
« No,
mi dispiace Nami. Dopo che te ne sei andata sono cambiate un
po’ di cose »
« In
che senso scusa? » cercando di dissimulare
la sorpresa unita ad un certo timore.
« Nel
senso che non
faccio più parte della ciurma. Sono di passaggio. Sono
arrivata
qui per caso: una tempesta mi ha colta di sorpresa e senza una
navigatrice non è facile mantenere la rotta giusta. Navigo
per
conto mio ora, anche se non sono molto esperta devo ammetterlo. Ho una
barchetta tutta mia – disse sorridendo - Come te avevo
bisogno di
staccare. Non è facile sostenere il peso di essere
l’unica
a donna a bordo, specialmente l’unica adulta. Non
fraintendermi,
adoro i ragazzi ma a volte era difficile sostenere certe situazioni
senza di te! Inoltre, era ora che mi concentrassi solo sul mio sogno.
Degli altri non so nulla da un paio di anni…mi dispiace. Mi
dovrò fermare alcuni giorni qui ad ogni modo: la barca ha
preso
una bella batosta dopo la tempesta e l’ho affidata ad un
carpentiere giù al porto. Mi piacerebbe passare questo tempo
con
te, se ti fa piacere »
« Capisco… » trattenendo
la delusione, ma senza troppi sforzi.
« Scusa
se non sono la persona che desideravi vedere! »
« No
no ma figurati! Cosa stai
dicendo!? » cercando di correggersi.
« Stavo
solo scherzando…un pochino però dicevo sul serio!
Ti va di ospitarmi? ».
Nami
esitò qualche istante per poi tentare di
dissuaderla dall’idea.
« Senti
Robin, mi farebbe piacere se ti fermassi da me, davvero, ma non
credo sia il caso ».
Robin le
prese le mani e la fissava
intensamente. Nami non aveva il coraggio di ricambiare quello sguardo
indagatore. Robin strinse ancora più forte.
« Nami,
guardami per favore ».
Robin la
scrutava.
« Come
sei finita in tutto questo? Ma guardati, sei l’ombra di te
stessa ».
Non ebbe
nemmeno il tempo di pronunciare una parola in risposta, che gli occhi
subito diventarono lucidi.
« Oh
Nami, devi aver
sofferto molto. Se solo avessi saputo…Non ti va di parlarne?
Vedo tanta tristezza nei tuoi occhi, vedo la stanchezza nel tuo volto.
E vedo anche una cicatrice …».
Nami
esitava. La sua testa
cominciò ad affollarsi di preoccupazioni e domande: Robin
l’avrebbe compresa come una migliore amica o
l’avrebbe
criticata come una sorella maggiore?
« Capisco
che tu non
abbia voglia di parlarne ma ti conosco e c’è
qualcosa che
ti tormenta e che non mi vuoi dire. Lo sento e lo vedo. Se non parli tu
inizierò io a farti delle domande. Dovrei forse offendermi?
Tre
anni da sola e già non ti fidi più di
me? » in tono di sfida.
« No,
non è
così…Io… »
« Che
c’è Nami? » insistette
calma ma decisa.
« All’inizio
era
tutto meraviglioso. Ero emozionata e sempre alla ricerca di cose nuove.
Ho creato un’azienda, due per la verità
– sorridendo
al ricordo del passato - tutte mie e nel mio paese natale. Gli affari
andavano benissimo quando un giorno
… » e le
raccontò ogni cosa, ogni singola frase, gesto o sguardo che
poteva ricordare. Le parole che inizialmente non volevano uscire, una
volta preso il via uscirono come un fiume in piena.
« Nami… »
« Mi
dispiace Robin, non
so che dire. Mi vergogno terribilmente di me stessa. Avevo paura. Ero
sola capisci? Come potevo non essermi mai accorta che ero completamente
sola, non avevo più nessuno ». Le lacrime
scorrevano
copiose mentre parlava, fissando un punto indefinito
dell’orizzonte.
« Nel
momento in cui
Black ha…non riesco nemmeno a dirlo! Accidenti! E anche i
suoi
uomini quando sono uscita sul ponte…avrei tanto voluto che
foste
lì con me. Mi sentivo
così piccola e
indifesa…Cosa avreste pensato di me vedendomi
così…debole? E alla fine guarda come mi sono
ridotta! ».
Silenzio.
Sapeva e sentiva che gli occhi azzurri di Robin la scrutavano con
attenzione.
« Vesto
abiti aderenti e
scollati, calze a rete! Un chilo di trucco e ho addirittura
una cicatrice…e bevo come una spugna! Questa
cicatrice ha
segnato profondamente la mia vita » disse
sfiorandola
con la punta delle dita e asciugando le lacrime.
« Certo
Nami, ma credo
che l’abbia segnata nel modo sbagliato. Non voglio giudicarti
ma
la Nami che conoscevo avrebbe trovato la forza per
reagire »
« La
Nami che conoscevi
non esiste più...Non esiste da sola, sono nessuno
senza di
voi. Ha smesso di esistere quando sono scesa dalla
nave » disse con la rabbia fra i denti.
« Con
“senza di voi”, intendi... »
« Intendo senza
di voi » disse senza guardarla negli occhi
ma con tono deciso.
« Ne
sei certa?... »
Ci penso
su.
« No
– ammise in tono di sconfitta – Intendo
anche...anche senza di...di lui ».
Qualche
istante di silenzio per
permettere a due timide lacrime di incorniciare il suo volto
nuovamente, mentre seduta a terra rannicchiava le gambe e poggiava le
braccia sopra alle ginocchia per nascondervi il viso.
« Nami,
avanti. Dillo ad alta voce »
« Non
voglio dirlo. E'
un capitolo chiuso. Deve esserlo, per forza. Anche troppo ha affollato
i miei pensieri nell’ultimo periodo e non capivo
perché.
Ero troppo ubriaca per rendermene conto. A dirla tutta –
continuò sorridendo ironica – è un
capitolo che non
è mai stato aperto ».
« Sei
troppo orgogliosa.
Perché non lo vuoi ammettere? - incalzando
i
toni - Perché non vuoi ammettere di aver
sbagliato? Il
fatto che tu l’abbia ammesso dentro di te non vale niente se
nessun’altro può sentirlo, non credi? Solo se lo
dirai ad
alta voce potrò essere testimone del fatto che è
davvero
quello che pensi. Lo so che dietro questa maschera da dura si nasconde
una bambina fragile ed emotiva. Non mentire con me. Se devo essere
sincera sapevo che prima o poi in qualche modo sarebbe venuta fuori
questa storia. Credo foste gli unici a non esservene mai accorti!
Meglio tardi che mai » concluse amorevole
come sempre
poggiandole una mano sulla spalla.
Rimase in
silenzio ancora. Solo il canto dei gabbiani e delle onde che si
infrangevano sulla riva disturbavano i suoi pensieri.
"Cosa
dovrei dirti ora,
Robin? Che cosa? Vorresti che
dicessi: « Sì
Robin hai proprio ragione, ho sbagliato tutto nella mia vita. Sono
così stupida che non ho mai capito di essere innamorata di
quella specie di...di...di Zoro! Non solo, gli ho anche dato la colpa
di aver ucciso Pauly e me ne sono andata. Poi gli ho addirittura dato
la colpa di avermi ridotta in questa situazione e di aver smesso di
vivere! E' questo che vorresti ti dicessi non è
vero?! »".
Improvvisamente
delle parole
inaspettate le riaffiorarono alla mente: "La vita è
la cosa più preziosa che un uomo possiede. Tienitela ben
stretta, e sarai l’uomo più ricco del mondo".
Già,
era tipico di quel cavernicolo...Anche stavolta, Nami aveva imparato la
lezione.
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Capitolo 5 *** NOBODY WITHOUT YOU ***
« Io… »
« Sì
Nami…? »
« Non
posso dirlo ad
alta voce perché se lo facessi sarebbe come ammettere che
senza
di lui sono niente e nessuno. Tutto quello che credevo di essere, senza
di lui non esiste. Non posso essere la vera Nami senza di lui. Ho
cercato di dimenticarlo, ho cercato di odiarlo e forse l’ho
odiato con tutta me stessa soprattutto appena me ne sono andata. Ti
ricordi la domanda che mi avevi fatto quel giorno, tornati dal funerale
di Pauly: ”Con chi ce l’hai
Nami?”…Avevi
ragione, avevi ragione come sempre: non dovevo usare lui come capro
espiatorio, non quella volta. Non era giusto. Non ho mai voluto
ascoltarlo, non ho mai voluto sentire quello che aveva da dire e come
sempre ho dato a lui la colpa di tutto senza capire che ancora una
volta era lì per me, senza capire che ancora una volta aveva
dovuto scegliere per me come aveva sempre fatto, senza capire che di
nuovo io, egoista e sciocca, non ho pensato a lui e a come
anche
lui potesse sentirsi...ma solo a me. Forse ero riuscita ad odiarlo
abbastanza da poterlo dimenticare prima che questo fiume in piena mi
travolgesse. Dopo quel terribile giorno, quando sono tornata a casa
sono crollata definitivamente: compresi una volta per tutte che ero
sola. Non avevo più nessuno. Sola, completamente sola. Non
c'era
più nessuno che sarebbe corso da me, se avessi avuto bisogno.
Hai
sempre avuto ragione, usavo
Zoro come scusa per avere qualcuno da incolpare dato che Pauly se
n’era andato e non potevo più incolpare lui. Il
solito
comportamento da vigliacca…
Adesso
capisco molte cose: capisco
perché quando Pauly mi confessò i suoi sentimenti
a Water
Seven, preferii seguire Zoro. Lui era la mia casa, la mia famiglia e la
mia vita.
Più
capisco di amarlo,
più odio me stessa per essermi ridotta così ma
ormai
è un circolo vizioso e invece di risalire aggrappandomi al
ricordo riesco solo a scendere sempre più verso il fondo
perché tutti i ricordi che ho pesano come una montagna. Mi
sembra di essere legata a lui da una corda invisibile, più
mi
allontano e più la corda si tende e ora si è
spezzata.
Dopo la faccenda di Pauly, non credo che lui sarebbe mai disposto a
perdonarmi. Gli ho detto delle cose terribili e inoltre, non prova
amore per nessuno se non per…beh…lo sai anche tu.
Questa
volta non sarei così avida da pretenderlo per me, credo che
sarebbe sufficiente averlo intorno o vederlo gironzolare o
addormentarsi ovunque gli capiti. Sarebbe sufficiente tirargli qualche
cazzotto ogni tanto o lanciarci frecciatine come facevamo un tempo.
Sarebbe sufficiente sapere che è lì, che posso
vederlo,
sapere che c’è. Non è tanto ma credo mi
accontenterei per una volta ed è certamente più
di quanto
io meriti. Come ho fatto a non accorgermene prima?…Che
sciocca,
eppure ripensandoci ora era così evidente… -
sorrise Nami
molto più serena, mentre davanti ai suoi occhi si
affollavano
invisibili ricordi del passato - Quanto volte avrai cercato di farmelo
capire? »
« Diverse
volte, sì… » rispose
Robin sorridendo.
« Quanto
mi dava sui
nervi quel babbeo...- disse divertita - Ricordi
l’ultima
foto scattata insieme? Lui non c'era è vero, ma
l’ho
accarezzata e sfiorata così tante volte che ormai
è
consumata e ingiallita. Ho bisogno di lui Robin, non posso esistere se
lui non è con me ».
Robin si
meravigliò di tanta
sincerità ma fu contenta di quello sfogo. Sapeva da molto
tempo
che quello che univa Nami e Zoro era qualcosa di unico e speciale,
l’amore nato da una profonda amicizia-inimicizia che col
tempo
era diventato un vero e proprio esistere per l’altro.
L’aveva sempre saputo, anche prima di loro. Un amore profondo
e
segreto, così profondo e segreto che nemmeno loro due erano
a
conoscenza finché non si erano detti addio.
Si era
stupita molto quando Nami
aveva deciso di andarsene dopo gli eventi di Pauly, ma sapeva che prima
o poi si sarebbe ricreduta. Ne era certa. Era anche certa del fatto
che, nonostante Zoro non avesse mai menzionato Nami in tre anni, le
stesse cose valevano anche per lui.
« Sono
felice che tu ne sia finalmente consapevole »
« Già…Ma
a
cosa serve? – chiese sconsolata - Chissà se
è
riuscito a diventare il migliore spadaccino del mondo… Sono
certa di sì » concluse.
« Nami,
da domani tutto sarà diverso. Te lo
prometto ».
« Robin,
ti prego non te ne andare » la
implorò Nami abbracciandola.
« Non
lo farò, non così presto almeno.
Promesso » ricambiando l'abbraccio.
Il
crepuscolo era vicino, l’aria fresca del mare iniziava a
sferzare la sabbia. Era il momento di andare a casa.
Cenarono
e parlarono del più
e del meno come facevano una volta. Nami sembrava molto più
serena, rilassata...libera.
Mentre
Robin aiutava a sgombrare la
tavola e la cucina, Nami corse in camera a preparare un altro letto per
la sua amica. Più che un letto era un materasso appoggiato
per
terra che aveva comprato per gli ospiti, ospiti veri, ma non aveva mai
avuto occasione di utilizzarlo. Non aveva un vero e proprio letto per
un'altra persona ma cercò di agghindarlo al meglio per la
specialissima ospite.
Nel
tornare in cucina si
fermò davanti ad uno specchio nel corridoio, catturata dal
proprio riflesso. Si guardò con fare interrogativo,
chissà Robin cosa aveva pensato vedendola
così…I
capelli erano lunghi fino alla vita. Fece una smorfia dopo aver
osservato il suo viso stanco, toccando la piccola cicatrice con
l’indice. Quel segno indelebile la faceva arrabbiare, non
c'era
niente che potesse fare per evitarlo.
Si
voltò verso la cucina
dove vedeva Robin vagare avanti e indietro portando piatti e altre
stoviglie. Anche Robin era molto cambiata: sempre meravigliosamente
bella come una dea. Il fisico statuario e i vestiti sempre alla moda, i
capelli erano corti e simili a quelli di un ragazzo ma non
esageratamente corti, quanto bastava perché potessero essere
pettinati all’indietro in una specie di cresta. Due ciocche
lunghe alcuni centimetri la ricadevano davanti alle orecchie con una
leggera ondulazione. Che strano taglio di capelli….le dava
un’aria quasi maschile ma allo stesso tempo era molto
sensuale.
Indossava un vestito viola molto attillato con una giacchetta in jeans
nero dalla maniche corte e a sbuffo. Al collo aveva una sciarpa color
sabbia e alle mani guanti dalle dita mozze, ai piedi stivali in pelle
marrone dal tacco altissimo, come sempre. Nami sorrise. Sì,
era
proprio Robin.
Sospirò,
anche lei aveva voglia di tornare a sentirsi
“nuova”.
Tornando
in cucina, prese le poche
ciotole rimaste sul tavolo e invitò Robin a sedersi in
veranda
mentre finiva di sgombrare la tavola. La raggiunse poco dopo, le si
sedette accanto e ammirarono il cielo stellato tra una parola e
l’altra.
« Sei
cambiata molto Robin. Come mai questo nuovo look? »
sospirò Nami osservando le stelle.
« In
un’esplosione
causata dai gingilli di Usop mi sono bruciata i capelli! Sembra
divertente e lo è ripensandoci, ma ti assicuro che sul
momento
non è stato facile. Sembravo una strega...Zoro aveva
finalmente
modo di confermare la sua ipotesi! E’ stata una serata
interessante quella – disse ridendo fra sé
– Eravamo
tutti mezzi bruciacchiati! E’ stata una delle ultime serate
che
abbiamo passato assieme. Non ho potuto fare diversamente se non
tagliarli del tutto ».
« Stai
molto bene! »
« Ti
ringrazio – le sorrise - Ti donano i capelli lunghi
sai? ».
Nami
sorrise.
« Grazie,
e a te
corti!...Sai Robin, ti sembrerò sciocca ma pochi giorni fa
ho
aperto la finestra della mia stanza e mi è sembrato di
sentire
un profumo famigliare. Non quello del mare, o meglio era quello del
mare, ma improvvisamente mi ha ricordato la Sunny. Allora ho stretto
gli occhi all’orizzonte e mi è sembrato di vedere
una nave
e ho subito creduto che fosse lei. Che sciocca che sono! Le
allucinazioni sono il primo passo verso la follia... vorrei tanto
sapere come stanno
tutti… » disse sospirando e
guardando a sinistra verso il mare.
« E
chi lo sa…ma sono certa che stanno benissimo. Se la sanno
cavare ».
« Senti,
ho una gran
voglia di fare shopping! Ho voglia di comprarmi qualcosa di nuovo! Ti
va si scendere in città domani? »
« Ma
certo, è
un’ottima idea! Ora andiamo a letto però, avremo
bisogno
di un sacco di energie! ».
|
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Capitolo 6 *** SWEET DREAM or BEAUTIFUL NIGHTMARE? ***
La
mattina seguente, il sole splendeva alto nel cielo. Si prospettava una
meravigliosa giornata: Robin era lì con lei, avrebbero
passato
un intero giorno insieme passeggiando per il centro e spendendo un
mucchio di soldi in vestiti e scarpe. Cosa poteva esserci di meglio?
« Buongiorno
Robin! Dormito bene? ».
Si
accomodarono al tavolo in cucina davanti ad una bella colazione.
« Era
un po’ che
non dormivo in un letto normale o almeno su un materasso! Nella barca
ho solo una brandina! Tu, ti senti meglio? »
« Meglio,
sì. Fa
sempre bene sfogarsi, non lo facevo da tanto. Sono più
consapevole ora e lo accetterò meglio. Forse non
sarà
più così difficile ».
« E
cosa farai? »
« Quello
che so fare meglio! La pirata arraffatesori ovviamente! Sta per tornare
Nami, la Gatta Ladra »
« Ah...interessante,
e con quali soldi pensi di procurarti una nave? »
« Non
ho soldi per una nave: partirò con te! »
« Questa
sì che è una sorpresa! »
« Perché
non mi sembri contenta? » chiese Nami dubbiosa.
« No,
figurati! Sono
felice della tua scelta solo non mi aspettavo che reagissi
così
bene e così in fretta! Sono molto
felice! » disse con un sorriso di
approvazione.
« Devo
cambiare vita ma
ora so quello che voglio e voglio tornare in mare »
facendo
oscillare il bicchiere colmo di spremuta fresca.
« Bene,
prepara i
bagagli allora. Partiremo domani. Oggi facciamo scorta di cibo e poi
tutti a letto per partire all’alba ».
« Ok,
ho alcuni negozi davvero deliziosi da mostrarti! ».
Robin era
contenta della scelta di
Nami, questo avrebbe facilitato di molto le cose e Nami ancora non
sospettava nulla. In realtà era anche preoccupata
perché
sembrava quasi il comportamento di una persona isterica che dissimulava
la propria pazzia, ma c’era una sorpresa per lei ed era certa
che
ne sarebbe rimasta più che soddisfatta.
« Sei
pronta Nami? »
« Sicuro!
Andiamo! ».
Una
mezzora a piedi ed eccole entrare in città.
La
presenza degli scagnozzi di
Boogie Back si faceva sentire. Nonostante le persone avessero ripreso
la loro vita era visibile ed evidente che vivevano sotto il costante
terrore di svegliare il can che dorme. Per quei bruti anche la scusa
più banale era un buon motivo per picchiare o uccidere
qualcuno,
di conseguenza la gente si muoveva veloce, sembrava che camminassero
tutti in punta di piedi per non farsi sentire o notare.
I negozi
comunque erano tornati a
lavorare anche se le tasse erano altissime e lasciavano ben poco spazio
ai divertimenti personali. Certo era che gli abitati di Coconut Village
non erano più ricchi come un tempo. Si poteva vivere e
sopravvivere, bastava far attenzione e non fare troppo rumore.
La
presenza di Black aveva
richiamato in città una notevole quantità di
malviventi,
che mensilmente gli facevano visita e per il quale lui organizzava
delle fastose cene sfruttando uomini, donne e bambini come servitori.
Una volta
arrivata, Nami
percepì gli sguardi della gente carichi di disapprovazione e
gli
sguardi ancora peggiori di quei poco di buono che avevano frequentato
la sua casa fino a qualche giorno prima. Due sguardi diversi ma
entrambi più taglienti di una spada.
« Ehi
bellezza! Sei libera questa sera? ».
« Nami,
se vuoi posso...Mi basta un colpetto... »
« Lascia
stare Robin. Non c’è problema »
« Perché
non mi hai detto che....insomma...potevamo evitare »
« Tranquilla
– disse cercando di abbozzare un sorriso – Va tutto
bene ».
« Senti,
perché
non ci fermiamo in quel piccolo parco vicino al molo? L’ho
visto
mentre approdavo, sembra un posto carino e
tranquillo »
« Ma
certo, mi piace quel posto ma non mi sono mai
fermata ».
Nami
cercava di trattenere la rabbia, ma l'imbarazzo e la vergogna pesavo
troppo su di lei.
Arrivarono
al parco indicato da
Robin e si sedettero sul bordo della fontana che zampillava acqua
fresca. Una serie di grandi alberi piantati in circolo creava
un’ombra rotondeggiante e la luce del sole al centro in un
cerchio perfetto illuminava solo la fontana. Davanti c’era il
mare e il riverbero della luce solare era così intenso che
non
lo si poteva nemmeno ammirare per un istante.
« Non
mi ero mai fermata anche se l’avevo visto altre volte. Si sta
proprio bene qui sotto ».
« Aspettami
qui. Arrivo subito, ho appena visto una persona che
conosco ».
« Una
persona che conosci?? ».
L'archeologa
corse via in fretta senza dare la possibilità a Nami di
seguirla o replicare.
« Robin! ».
Mentre
aspettava si guardava
intorno con aria spaesata, seduta su una panchina. Lo sguardo vagava a
destra e sinistra, e mentre vagava le sembrò di intravedere
controluce verso il mare delle ombre o delle sagome ferme immobili. Il
riflesso era forte, non riusciva a metterle bene a fuoco anche
perché sul molo c’era un gran via vai di gente.
Non era
nemmeno certa che fossero
persone, in effetti: dapprima strinse gli occhi e notò che
quelle sagome erano quasi in posa, forse erano delle statue che qualche
artigiano aveva lasciato in attesa che fossero caricate.
Ancora
non convinta, decise di alzarsi in piedi e iniziò a
camminare lentamente verso quelle figure.
A pochi
metri da lei, oltre l’ombra degli alberi, le
sembrò di sentirsi chiamare.....
....No,
non poteva essere.
Doveva
trattarsi si un sogno.
C’era
un uomo alto dai grossi
avambracci e il ciuffo blu, una camicia rossa con una fantasia a
spirali arancioni e un paio di slippini.
C’era
una renna piagnucolona.
C’era
una ragazzo esile dal
naso lungo, i capelli ricci erano raccolti in tante treccine
perfettamente attaccate al capo. La barba incolta ma solo vagamente
accennata gli dava un'aria molto più adulta e fiera.
Indossava
una camicia bianca un po’ ingiallita, i pantaloni marroni con
un
paio di bretelle e un bel paio di stivaloni.
C’era
un uomo biondo. Capelli
raccolti in un codino in modo ordinato ma con alcune sottili ciocche
che coprivano il volto. Quel volto non l’aveva mai visto
completamente scoperto. Completo nero e ordinato, camicia bianca,
cravatta rossa, sigaretta accesa.
C’era
un tipo tutto..... pelle e ossa, anzi solo ossa!
Infine
c’era un ragazzo, un
ragazzo magro e non troppo alto. Fisico asciutto e scolpito. Sul corpo
c’era qualche cicatrice in più rispetto
all’ultima
volta che l’aveva visto ma era lui: aveva un cappello di
paglia.
Qualcuno
però mancava
all’appello. Subito la mente di Nami iniziò a
viaggiare e
si sentì persa; i suoi occhi lo cercavano e poi,
improvvisamente, si svegliò da quel sogno perché
qualcuno
la chiamava urlando a squarcia gola.
Era il
ragazzo buffo col cappello di paglia. Saltava su e giù come
una molla, sbracciandosi a più non posso.
Tutti si
misero a urlare: « Nami!!!
Nami! » ma lei non si muoveva.
Forse era
un sogno...Il più dolce dei sogni o il più bello
degli incubi?
Il
ragazzo dal cappello di paglia
sembrava non trattenersi più e mentre lei se ne stava
imbambolata lì, allungò le sue braccia di gomma e
l’afferrò in vita tirandola verso di
sé. Mentre
tutti l’abbracciavano e facevano un gran baccano intorno a
lei,
Nami cercava di dissimulare la preoccupazione nel non vedere
l’unico membro assente del gruppo. Robin, rimasta al di fuori
del
quadretto, rideva felice perché la sorpresa era riuscita in
pieno.
« Nami!
Che bello
vederti! Ci sei mancata! » disse Rubber
staccandola da
sé. Non era poi così basso, anzi ora era
addirittura
più alto di lei. Da lontano non aveva visto bene.
« Rubber…Brook…e
Sanji…e Usop…Franky…piccolo
Chopper…siete
tutti qui!! Come sono felice di vedervi
ragazzi! »
disse piangendo di gioia.
Rubber si
tolse il cappello e glielo mise in testa sorridendo beffardo.
Com’era cambiato: era un uomo ora.
Inutile
tentare di descrivere la
miriade di pensieri e sensazioni che invadevano ogni fibra del suo
corpo. Era davvero difficile credere che fosse tutto reale.
« Nami,
non piangere
siamo tornati a salutarti! Perché piange? Non è
felice di
vederci forse? » chiese ingenuamente in
capitano ai
compagni. Nel frattempo il suo stomaco brontolò rabbioso.
« Ma
no tonto! –
disse Sanji – La mia dolce e bellissima Nami piange dalla
gioia
di vedere me! ».
« Veramente
credo pianga dalla gioia di vedere tutti
voi » precisò Robin sorridendo.
Nami
ricambiò il sorriso.
« Vedo
che non sei
cambiato Rubber! Come sono felice! Venite, mi sembrate affamati, tanto
per cambiare! – disse dopo averli salutati tutti quanti -
Andiamo
in posto un po’ fuori città a pranzare.
E’ meglio
non dare nell’occhio! Oggi siete miei ospiti!
Seguitemi! ».
Lei e
Robin aprivano la fila. Dietro, Rubber e Sanji erano alle prese con una
discussione culinaria, e facevano un gran baccano.
« Siamo
alle solite » sbuffò Robin
divertita.
« E’
come un tempo...quando camminavamo sempre cinque passi avanti a loro
per non farci notare! »
« Già! » risero
assieme.
« Non
posso crederci che
siate qui tutti quanti. Ma Robin, quindi non era c'era niente di vero
in tutto quello che mi hai raccontato!? Sei un ottima attrice
i
miei complimenti, anche per averli sopportati tutta sola per tutto
questo tempo! »
« Ti
ringrazio! Ad ogni
modo l’unica parte vera era la storia dei miei capelli!
Quella
è stata veramente colpa di Usop ».
« E
non trovi che sia
ancora più
splendida? » urlò Sanji
inserendosi nella conversazione pur di non dare più corda a
Rubber.
« Sì
Sanji, hai proprio ragione! » rispose Nami
voltandosi leggermente indietro.
« Oh
mio dioooooo!!! » iniziò a
urlare Sanji.
« Che
c’è
Sanji? Perché urli adesso? Ricordati che non dobbiamo farci
notare! » lo ammonì Usop. Anche
Usop era
diverso, sembrava più maturo...chissà se era
anche meno
fifone.
« Nami...ma
tu...tu
hai...una cicatrice sul tuo bellissimo volto!!!!! Chi mai ha osato
sfigurarti?!?! » chiese inorridito.
« N-Nessuno
Sanji, calmati. Può accadere di farsi
male! ».
Robin
sorrise alla bugia di Nami.
Aveva già capito che non aveva intenzione di parlarne o i
suoi
compagni avrebbe sicuramente architettato qualcosa che li avrebbe
cacciati in grossi guai.
Sanji
ormai neanche la sentiva
più e aveva iniziato a sproloquiare sulla vendetta che si
sarebbe abbattuta sull’aggressore di Nami se mai lo avesse
incontrato. I toni diventavano alti oltre che violenti, quindi mentre
blaterava con un pazzo isterico lo trascinarono lontano. Nami
sentì Usop dire qualcosa
tipo: « Se Zoro fosse
qui gli darebbe una lezione ».
Un nodo
le strinse la gola e deglutì forte.
« Tutto
ok Nami? » chiese l’amica.
« Sì
sì... - rispose con indifferenza - Ma
dov’è la Sunny? Non ditemi
che... »
« No
no tranquilla! E'
in perfetta salute, Franky non le fa davevro mancare niente! Abbiamo
attraccato lontano da qui, sapendo che qualcuno controlla la zona non
volevamo guai. Avevamo programmato una bella sorpresa, non un tragico
soggiorno... »
« Avete
fatto bene. Sono
la peggior feccia di pirati che abbia mai conosciuto. Se Sanji
però non si calma li conoscerete molto presto
temo » confermò Nami.
Nami li
condusse in una locanda
molto piccola e piuttosto caratteristica, il luogo era isolato e non
avevano molti clienti. Non pirati, per lo meno.
Quando
entrarono, i proprietari
riconobbero subito la rossa che in città si era fatta una
certa
fame ma non le proibirono di entrare come a volte accadeva in altri
posti. Ebbero qualche esitazione trovandosela di fronte ma Nami guidava
la fila e fece loro un’espressione di pietà come a
pregarli che non le negassero l’accesso o i suoi compagni
avrebbero iniziato a farsi delle domande. Nami, che non poteva e non
voleva raccontare tutto agli amici, ringraziò cercando di
dimostrarsi serena e rilassata il più possibile come se
mangiasse lì ogni giorno da quando li aveva salutati.
Nonostante
tutto, durante il pranzo, non poté fare a meno di notare uno
strano confabulare tra i due locandieri e occhiate ambigue anche da
parte di un bambino molto piccolo che gironzolava attorno al bancone.
Probabilmente era il figlio dei proprietari.
Li fecero
accomodare in un tavolo a
loro scelta, il più isolato e ordinarono una montagna di
cibo:
Rubber finalmente poté ingozzarsi indisturbato.
« Vedo
che non sei proprio cambiato » disse Nami
contenta.
« Sì,
il solito maleducato » confermò
Sanji.
« Le
buone maniere sono sconosciute al nostro capitano!
Yohohoho! ».
« Rubber? ».
Rubber
alzò lo sguardo con la bocca stracolma di
carne: « Uh sgi Dabi? ».
« Ehm…Potrei,
col tuo permesso, fare un giro sulla sua nave più
tardi? »
« Sgerzi
dod debi neahe ghiedello » continuando ad
affogarsi.
« Ma
che maleducato – lo ammonì Sanji – Sei
proprio senza speranza! ».
Dopo
l’abbuffata,
completamente sazi, obbligarono il piccolo Chopper e Franky al
trasporto di tutte le provviste che avevano acquistato nel pomeriggio
gironzolando per la città. Intrapresero quindi una camminata
non
proprio rilassante per raggiungere la Sunny, ormeggiata in una baia a
cavallo tra due scogliere piuttosto ripide.
« Wow,
l’avete
nascosta fin troppo bene. Sarà interessante scendere da
qui » sorrise sarcastica Nami dalla punta
più
alta della scogliera.
« Nami
adorata, vuoi che ti porti sulle spalle? »
« Ehm
no Sanji, non importa, grazie comunque ».
Mentre
scendevano, i pensieri di
Nami vagavano sull’unica persona del gruppo che non era
presente.
Che gli fosse accaduto qualcosa? Impossibile, non a lui. Non era
nemmeno concepibile. Ma allora dove accidenti si era cacciato? Il cuore
le batteva sempre più forte, fremeva dalla voglia di vederlo
ma
ormai non era più certa che sarebbe accaduto. Sapeva che non
era
possibile che gli fosse capitato qualcosa ma la sua paura che lui non
ci fosse più la stava facendo impazzire. Non si azzardava a
domandare dove fosse, del resto l’avevano sempre vista
urlargli
insulti in faccia e se avesse chiesto che fine aveva fatto forse
avrebbero sospettato qualcosa o comunque sarebbe parso molto strano.
Chissà
gli altri cosa
avevano pensato nel vederla così diversa...eppure non
sembravano
sorpresi, non uno sguardo strano o interrogativo. Meglio
così,
dopotutto.
Finalmente
arrivarono nella
spiaggia isolata che proteggeva la Sunny. Ed eccola lì,
sorridere sotto i caldi raggi del sole, coccolata dalle piccole onde
del mare ed abbracciata da due lingue di terra che la proteggevano
dalla vista.
« Ecco
Nami, bentornata
a casa! Sali pure sulla nave! Noi intanto carichiamo le provviste!
Gira, tocca, rompi...insomma, fai quel che vuoi! ».
« Posso
darvi una mano? »
« No!
–
esordì Robin - No, non importa assolutamente.
Goditi il
giro turistico di ricordi! » disse
salutandola con la
mano e spingendola a salire con insistenza.
Nami la
guardò strana ma non chiese nulla, salì e basta.
Imboccò
la passerella di
risalita prima con lo sguardo, appoggiata direttamente sulla spiaggia
ma il fondale era molto alto: c’era uno strapiombo
sottomarino
che garantiva un attracco sicuro. Non c’era da temere per la
presenza degli scogli, l’acqua era così limpida e
trasparente che si poteva manovrare la nave in tutta sicurezza.
« Direi
che senza di me ve la cavate bene! Non era facile trovare questo posto
e riuscire ad attraccare ».
« Brook
se la cava
benissimo come navigatore e con un timoniere d’eccellenza
come
Franky, non è stato difficile! ».
Sorrise
di nuovo, era bello sentire
le loro voci...i battibecchi: Rubber e Usop litigavano come al solito.
Questa volta Rubber voleva a tutti i costi far passare per la porta
della stiva dieci sacchi di provviste tutte in una volta. Usop cercava
di spiegargli senza troppe speranze che non potevano passare tutti in
una volta e rischiava di farli cadere in mare. Che tipi…
Nami
sospirò e
incalzò veloce i bassissimi gradini. Un volta sul ponte
alzò il capo e iniziò a guardarsi attorno. Vedeva
la
Sunny splendere sotto il sole e dondolare leggera al ritmo delle onde.
Il jolly roger di Cappello di Paglia sventolava ancora allegro e
gioioso sulla sommità dell’albero maestro.
Andò a
prua della nave dove fu investita da una fresca folata di vento e
respirò a pieni polmoni. Ancora non le sembrava vero, era
così felice...però aveva sempre quel pensiero
fisso: lui. Dov’era? Perché non era
lì? Forse
gli era successo qualcosa davvero. Lui non sapeva resistere ad una
battaglia e forse proprio durante una battaglia lo avevano perso.
Oppure, ancora peggio, era diventato il miglior spadaccino del mondo e
lei non era lì mentre accadeva e forse lui era
già
tornato a casa sua a gioire sulla tomba di Kuina. Con gli altri non
aveva mostrato interesse ma ora che era sola poteva mostrarsi
preoccupata e triste. Difficilmente Zoro si allontanava da solo, senza
senso dell’orientamento era impossibile che ritrovasse la
strada
per la nave…questo la portò a pensare che
certamente non
poteva più essere con loro. Loro lo sapevano e non potevano
averlo lasciato solo con tutta quella strada da fare.
Assorta
nei suoi pensieri, la
brezza del mare le soffiò dolce sul volto ma lei era ancora
immersa nelle più disparate congetture quando
improvvisamente
dei passi la destarono. Lenti e cauti. Un tintinnio li accompagnava in
modo ritmico e regolare.
La brezza
marina portò
insistente, quasi volesse chiamarla, al suo naso un dolce profumo: lo
stesso che pochi giorni prima l'aveva attirata alla finestra scrutando
l'orizzonte in cerca della Sunny, quando credeva di aver avuto
un’allucinazione. Conosceva quel profumo, ora lo ricordava
chiaramente.
I passi
venivano dalla terra ferma
e iniziarono a salire. Conosceva anche quel modo di camminare e
l’avrebbe riconosciuto fra mille. Il suo cuore prese a
battere
forte. Rimase immobile ad ascoltare, senza respirare dal timore di non
riuscire a sentire, poi si sentì osservata e capì
che lui
era a bordo o quasi. Percepiva la sua presenza e il profumo la
inondò portato dal vento. Non si voltò ancora
perché le sembrava che fosse fermo tra la passerella e il
ponte
fissandola, indeciso se salire o meno. Il cuore stava per esplodere.
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Capitolo 7 *** THIS IS NOT YOUR PLACE ***
Fece
un passo in avanti: aveva deciso di salire. Il cuore di Nami esplose
definitivamente. Doveva cercare di trattenere le parole e i pensieri e
i gesti, tutto in lei andava a mille all’ora.
Lui
attese un secondo e fece un
altro paio di passi in avanti. Nami aveva percepito che il ragazzo
aveva posato la mano sulle spade a mo’ di appoggio,
perché
le sentì “sibilare” al suo tocco. Era
sempre stato
un gesto ricorrente.
“Cosa
faccio ora? Cosa gli dico?!”.
Non era
il momento di usare la
carta dell’orgoglio per urlagli contro e trattarlo male (il
che
spesso e volentieri accadeva malgrado le intenzioni fossero diverse);
da un lato avrebbe voluto parargli e chiedergli scusa e dirgli che
aveva capito di aver sbagliato tre anni prima, dall’altro
forse
non era il caso, non era il momento. Che confusione. Era certa
però che per una volta non doveva urlare. Finalmente prese
il
coraggio a quattro mani e in un solo respiro si voltò di
scatto,
incrociando le dita dietro alla schiena e disse:
« Ciao
Zoro » con il sorriso più
ingenuo e involontariamente ammiccante che riusciva a fare.
Lo
spadaccino non rispose subito e
mentre Nami aspettava che Zoro dicesse qualcosa, non poté
fare a
meno di guardarlo. Lui. Il pezzo mancante di quell’
incantevole
puzzle. Un ragazzo alto e muscoloso, i capelli verdi splendenti e lo
sguardo tenebroso fisso su di lei. Una camicia bianca dal collo aperto
e tre spade fedeli al fianco. Pantaloni neri e stivali. Qualche
cicatrice in più anche per lui ma era sempre Zoro.
Osservandolo
meglio, Nami si
accorse che qualcosa non andava: c’era qualcosa di diverso
nei
suoi occhi; lo sguardo era severo e cupo. Non era lo sguardo che
ricordava. Il suo sorriso da civetta scomparve quasi immediatamente
dalla labbra.
« Che
fai qui? » chiese Zoro senza emozione.
Nami
s’incupì e
strinse i pugni dalla rabbia ma cercò di restare il
più
calma e rilassata possibile. Niente carta dell’orgoglio,
niente
carta dell’orgoglio. Non era poi tanto cambiato quel babbeo.
« Credevo
che tu non ci fossi…insomma non ti ho visto
e… ».
Cercava
di farfugliare qualunque cosa le venisse in mente purché la
facesse restare calma.
« Voi
donne arrivate
subito alle conclusioni più assurde. Nemmeno io mi aspettavo
di
trovarti qui. La tua amica ci aveva avvisati di averti trovata, stava
organizzando qualcosa. Li ho visti a terra ma non mi hanno detto che
fossi già qui. Comunque, ho solo portato le spade ad
affilare.
Ora scusami, ho bisogno di una doccia e di
dormire » e
se ne andò, in silenzio come era arrivato.
« Sei
sempre il solito
idiota!!! » cominciò a ringhiare
Nami. Era isterica e furibonda.
« E
tu la solita strega.
Questo non è più il tuo posto, non lo
è più
da tre anni ormai » disse allontanandosi.
La rabbia
di Nami salì alle
stelle e gli occhi diventarono ben presto lucidi. Era un vulcano pronto
ad esplodere. Le sembro che una freccia dritta al cuore le avesse tolto
il respiro.
Qualche
minuto più tardi, gli altri salirono a bordo. Robin
raggiunse Nami per prima.
« Piaciuta
la sorpresa? » chiese eccitata.
« Oh
sì, non immagini quanto sia felice ora. Maledetto troglodita
rozzo e ignorante »
« Non
dirmi che... »
Ma non
ebbe il tempo di finire la frase perché Rubber si
insinuò nel discorso.
« Ehi
Nami come tuo ex
capitano ti ordino di unirti a noi questa sera per cena! Hai per caso
visto Zoro? » mentre Chopper e Franky
portavano in
cucina alcune delle scorte brontolando qualcosa sotto i baffi.
« Non
c’è
bisogno che me lo ordini Rubber. Rimango volentieri.
Zoro…è...andato a farsi una doccia e a
dormire »
« A
dormire? Ma come?
Abbiamo un ospite e non resta a cena? Mi sentirà, ora vado a
dirgliene quattro! »
Il buio
calò presto e ormai
era ora di cena. Sanji aveva preparato dei piatti deliziosi in onore di
Nami. Dalla nave venivano voci che cantavano in maniera del tutto
stonata, urla e risate. Era un bel po’ di tempo che Nami non
si
divertiva così. Mentre Chopper e Rubber intonavano un coro,
accompagnati dal musicista di bordo Brook, Nami iniziò a
pensare
che forse quello non era veramente il suo posto, non più
oramai.
Non riusciva proprio a farne a meno. Era come se si sentisse
un’ospite davvero, non più parte di quella
famiglia.
Erano
tutti così
diversi...Anche lei lo era ma solo fisicamente perché in
effetti
trovandosi di nuovo in quel luogo le sembrava di non essere cambiata
affatto quasi come se il tempo per lei si fosse fermato e avesse
ricominciato a scorrere solo una volta salita a bordo, mentre ognuno
dei suoi compagni sembrava profondamente cambiato. Rubber era il solito
sciocco e svampito, ma sembrava più adulto e più
maturo.
Chopper era molto cresciuto e sia lui che Usop non sembravano
più tanto piagnucoloni e fifoni. Anzi, Usop aveva tutta
l’aria di un vero bucaniere. Franky, Sanji, Brook e Robin
erano
già adulti non c’era molto da cambiare in loro, se
non che
Sanji sembrava più consapevole e sembrava avesse smesso di
essere un inguaribile farfallone.
Era piena
di gioia nel rivederli
tutti lì come un tempo ma allo stesso modo non riusciva
più a sentirsi parte integrante della ciurma.
Così, colta
da un momento di malinconia, si alzò stando attenta a non
attirare l’attenzione e silenziosa uscì sul ponte.
Robin
la vide ma non la trattenne, né domandò
spiegazioni.
Zoro non
si era fatto vedere; forse
dormiva ancora, probabilmente in attesa che fosse la giusta ora per
allenarsi, non era nemmeno sceso per cena quindi poteva stare
tranquilla di non trovarselo al seguito.
Pochi
minuti di tranquillità
nell’ammirare le stelle ed ecco di nuovo quei passi che la
colsero impreparata. Non si voltò nemmeno, era troppo
arrabbiata
con lui. Lei voleva stare lì, sarebbe stato lui a sloggiare.
Rimase
appoggiata al bordo della
nave leggermente sporta in avanti, completamente indifferente ma ecco
che i passi incalzavano lenti verso di lei, il suo cuore non poteva
resistere.
Si
fermò dietro di lei, a
pochi centimetri. Era così vicino che poteva sentirne il
calore,
sembrava stesse bruciando.
Lo
sentiva respirare. Il respiro lento e imperturbabile che ricordava
chiaramente.
Cosa
voleva? Che cosa stava aspettando? Perché non diceva niente?
Come
aveva fatto poche ore prima,
decise di intervenire per prima perché le dava molto
più
sui nervi sentirsi osservata; cercò il coraggio in lei e si
voltò. Era così alto, molto più di
quello che
ricordava e molto più vicino di quel che si aspettava, tanto
che
dovette indietreggiare sulla ringhiera e addirittura sporgersi fuori
per non sfiorarlo. Sfiorarlo o addirittura toccarlo sarebbe stato
imbarazzante da morire. Aveva la bandana sugli occhi e Nami poteva
intravedere solo l’ombra del suo sguardo. Quando aveva la
bandana
non era mai un buon segno. Possibile che fosse ancora arrabbiato dopo
tanto tempo? Zoro non era uno che portava rancore ma in effetti Nami
l'aveva combinata grossa. Qualcosa non andava davvero.
Non ce la
faceva più a
sostenere quello sguardo così truce. Per rompere il
ghiaccio,
disse la prima idiozia che le passò per la testa:
« Anche
tu qui? » gli chiese abbozzando un mezzo
sorriso.
Zoro
ancora la fissava
dall’alto. Le mani erano appoggiate sulle spade.
Improvvisamente,
spostò la mano sulla Wado Ichimonji e tenendola stretta,
spinse
l’elsa con il pollice sfoderando un paio di centimetri. Nami
osservò il gesto sconcertata poiché Zoro sembrava
sicuro
di quel che stava facendo e non accennava a spostarsi. La lama
scintillò alla luce della luna.
« E’
l’ora dell’allenamento ».
« C-cosa? » chiese
Nami quasi distratta.
« Ho
detto: è ora dell’allenamento. Vattene, mi
disturbi ».
« Le
abitudini non sono
cambiate vedo. Immagino che dormirai ancora tutto il giorno senza
alzare un dito allora ».
« Non
provocarmi ».
« Ma
che bella
accoglienza Zoro. Sai che non mi fai paura, sei solo uno stupido
scimmione tutto muscoli e niente cervello ».
« Tu
dici? » chiese, sfoderando un altro paio di
centimetri.
Nami non
osò replicare.
« Ok,
me ne vado! Datti
una calmata! » e piano piano si
scostò, stando
attenta ancora una volta a non sfiorarlo. La verità era che
avrebbe voluto stringerlo anche se lui l’avrebbe scostata e
allontanata e avrebbe pensato che era matta da legare, ed era una
sensazione strana perché fino a qualche tempo prima
abbracciare
quel cavernicolo pigro e un po’ svampito non era nemmeno
sulla
lista delle cose da fare.
Mentre
lui restava più
immobile di una statua, freddo e duro come il marmo, Nami lo
accostò e sospirò a testa bassa. Di nuovo quel
profumo,
era proprio il suo ne era certa.
« Hai
vinto Zoro. Me ne
andrò. Una volta tanto devo darti ragione: non è
il mio
posto. Non più…Ti prego, non farne parola agli
altri fino
a domani. Voi partirete dopodomani e così sarà
tutto
finito, e dire che per un attimo avevo anche pensato di…ah,
che
sciocca che sono. Stammi bene. Buonanotte ».
Robin la
stava aspettando nella loro vecchia stanza, ormai si era fatto tardi.
Tutto era
rimasto come prima.
Chissà se l’avevano preparata per
l’occasione o se
era sempre rimasta così.
« Tutto
bene Nami? Non
è cambiato praticamente nulla hai visto? Il tuo letto
è
ancora fatto! » disse facendole
l’occhiolino.
« Beh
in realtà mi sembrate molto cambiati, tutti…o
quasi tutti… »
« Con
quel “quasi” ti riferisci per caso
a…Zoro? ».
Nami
sospirò qualcosa sottovoce.
« Ti
sbagli invece -
disse Robin, intenta a giocherellare con i propri capelli
–
E’ molto, molto cambiato da quando ci hai lasciati. Se ti
stai
chiedendo il perché si comporta in questo modo te lo spiego
volentieri prima che cominci a pensare cose strane…come ad
esempio che lui ti odi. Dunque, cerca di seguirmi perché
è molto semplice: lo conosciamo tutti, sappiamo che
non
è il tipo da portare rancore: io credo che non
l’abbia mai
avuta con te nemmeno dopo il modo in cui l’hai trattato,
anche se
(siamo sinceri) ne avrebbe avuta ragione e lo sai. Penso semplicemente
che si sia…annullato…sì, mi sembra il
termine
adatto - disse Robin in tutta tranquillità - E’
diventato
una specie di fantasma armato di spada che di giorno scompare ed esce
di notte per allenarsi. Non litiga nemmeno più con Sanji,
perché chiaramente Sanji non ha più delle
mire…voglio dire, lo sbruffone lo fa lo stesso con me ma a
Zoro
non dà fastidio, se capisci cosa intendo. Lui mangia,
combatte e
dorme. Nient’altro. Con te per lo meno
parlava…più
o meno. Sono certa che da quando te ne sei andata si senta
profondamente solo » concluse sorridendo.
Nami non
sembrava convinta e Robin incalzò la dose.
« Perdona
l’ironia
– sorrise – ma ti sembra che Zoro abbia sempre
avuto quello
sguardo da assassino? ».
Cercò
di ricordare meglio.
No, Zoro non aveva mai avuto quello sguardo. Era fiero e spavaldo,
ironico e sempre pronto alla battaglia ma nemmeno nelle situazioni
più difficili aveva mai avuto quello sguardo minaccioso. Non
c’erano più fierezza e spavalderia,
c’era
solo…vuoto…vuoto e buio, forse.
« No,
forse no ».
« E
cosa pensi significhi? »
« Non
lo so… »
« Non
posso credere che
una ragazza intelligente come te non se ne renda
conto » la canzonò
divertita. « Si è annullato
perché in un
secondo il mondo gli è crollato addosso. So che sembra
ridicolo
per una persona come Zoro ma sono convinta che nel momento in cui gli
hai detto che non lo avresti mai perdonato, le sue certezze siano
crollate una dopo l’altra. Forse non era più
sicuro di
ciò che era giusto e cosa sbagliato: credeva di aver fatto
del
suo meglio per salvarti e come sempre l’hai trattato a pesci
in
faccia. Come ti dissi tanto tempo fa, non si trattava di una dormita
sul ponte mentre gli altri lavorano o di una vela non
ammainata...E’ come se avesse subito una sorta di....rottura
interiore. Tanto grande quanto grande era il suo dolore. Ha deciso di
annullarsi per non dover più scegliere tra cosa è
giusto
e cosa no. Quella di Pauly fu l’ultima volta. Zoro da allora
ha
sempre continuato a svolgere il suo compito in maniera egregia, sempre
fedele a Rubber, sempre il suo braccio destro ma nelle sue azioni non
c’è più sentimento, nessun tipo di
emozione o
volontà. Esegue gli ordini, niente di più. Non
prova
più emozioni. Sopravvive, nient’altro. Non
biasimarlo se
si comporta così. L’unico tra noi che ha il
diritto di
giudicarci è Rubber, se lui non lo fa non devi farlo nemmeno
tu
e anche questo discorso mi sembra ti sia stato fatto tempo indietro, o
sbaglio? Oltretutto, chi meglio di te può
comprenderlo?...Non
voglio darti la colpa Nami ma devi cercare per una volta di metterti
nei suoi panni, per una sola volta. Ora che hai compreso di aver
sbagliato tre anni fa potresti cercare di essere gentile...lui non
è guarito come hai fatto tu...Non sei
d’accordo? ».
« Se
pensavi già
tre anni fa che avevo sbagliato perché non me ne hai parlato
allora? Perché non mi hai impedito di
andarmene? » chiese Nami cambiando
argomento.
Robin
sorrise. « Non era la soluzione giusta, per
lui e per
te. Eri troppo scossa e non sarebbe cambiato nulla. Dare tempo al tempo
è ciò la storia ci insegna. Ero certa che prima o
poi
avresti compreso, non ne ho dubitato per un solo istante. Cercare di
farti restare e farti vedere come stavano le cose realmente sarebbe
davvero stato uno sforzo vano, sei troppo orgogliosa e testarda.
Scusami se hai sofferto ma era giusto che le cose andassero
così, che comprendessi sulla tua pelle cosa significava.
Scusami
davvero ».
Nami si
mise a ridere inaspettatamente.
« Sei
davvero straordinaria Robin ».
« E
poi, fatto non
trascurabile, cosa ti aspettavi? Che ti saltasse addosso dopo il modo
in cui l’hai trattato? Se anche l’avesse vissuta
diversamente non credo ti avrebbe accolto in maniera diversa.
Sicuramente sarebbe stato imbarazzatissimo e dopo essere diventato
rosso avrebbe iniziato a farfugliare qualcosa senza senso per poi
iniziare a brontolare come suo solito… ».
« Avevo
pensato di
parlargli sai ma dopo averlo visto in questo stato non sono
più
tanto convinta che sia la cosa migliore. Non lo capisco proprio quello!
Ho già sofferto troppo…forse è meglio
mettere
davvero la parole fine in tutta questa storia. Voi partirete dopodomani
e io resto qui quindi…. »
« Resti
qui? Credevo volessi partire… »
« Sì,
con
te...non con... aaahhh! Ne parleremo domani.
Buonanotte » ringhiò da sotto il
cuscino.
« Buonanotte,
ragazza cocciuta! ».
|
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Capitolo 8 *** NO MORE PART OF THIS FAMILY ***
La mattina
seguente qualcuno bussava alla porta con insistenza.
La luce
del sole forte e brillante entrava dalla finestra, quando le
ragazze aprirono gli occhi rimasero abbagliate.
« Buongiorno
amica mia
– disse stiracchiandosi Robin – Sembra proprio una
bella
giornata! Cosa dice la nostra navigatrice di bordo? »
« Che
non sono una
navigatrice… » rispose Nami da
sotto il cuscino per ripararsi dalla luce.
« Dormito
bene? »
« Non
proprio » bofonchiò da sotto le
coperte.
« Namiiiiii…Robiiiiin…coraggio
splendide dee del mattino! Ho preparato una colazione speciale tutta
per voi! ».
« Sì
Sanji ci vestiamo e arriviamo! » rispose
ridendo Robin.
« Lo
sai che così lo farai
morire? » le disse Nami divertita.
« Già,
magari saremo fortunate! Coraggio, andiamo prima che
ritorni ».
In cucina
però non trovarono nessuno ad attenderle, c'era solo un
biglietto contornato di cuoricini.
« Che
roba è? » chiese Nami.
« Sembra
un biglietto - rispose Robin afferrandolo – E’
scritto da Sanji, direi »
« Sembrerebbe
di sì dai cuoricini...davvero patetico »
« Non
essere cattiva - sorrise l'amica - Dice che ci aspettano in
giardino ».
Salirono
sul ponte dove in giardino
era stata apparecchiata una tavola imbandita e piena di manicaretti.
Sanji litigava con Rubber e Chopper che cercavano di rubare il cibo
prima che il cuoco desse il permesso di mangiare. Franky e Usop
facevano un po’ di allenamento mattutino combattendo tra di
loro
e Brook leggeva un taccuino a tavola. Zoro dormiva sotto un albero.
“Quale
onore – pensò Nami – Si è
degnato di unirsi a noi”.
« Buongiorno
bellissime signorine. Posso domandarvi un bacio per iniziare bene la
giornata? ».
« Torna
immediatamente
al tuo posto e lascia in pace Nami e Robin. Ma guarda che razza di
screanzato! Mie adorate, prego accomodatevi pure.... anche voi, branco
di villani! ».
« Ciao
Nami! - la salutò Usop - Siediti vicino a me e
Rubber! »
« Non
ci pensare nemmeno Usop, la mia dolcissima Nami siederà
accanto a me! ».
« Calma
ragazzi, mi siederò a capo tavola così
sarò imparziale! ».
« Accidenti!
Tutta colpa tua naso lungo! » fulminando
Usop con lo sguardo.
Usop non
gli diede peso e dopo
quest’ultima provocazione, Sanji suonò il
triangolo per
richiamare tutti all’ordine e soprattutto a tavola. Neanche a
dirlo, scattarono come delle molle. A tavola c'era però un
posto
vuoto, un posto che senza nemmeno farlo apposta sarebbe stato vicino al
suo. L'amarezza tornò all'attacco.
Era
inevitabile guardarlo,
cercarlo. Non faceva che pensare a quegli occhi…a quello
sguardo. La odiava, per forza. Ne era certa. Robin non mai aveva torto,
più volte le sue “ipotesi” si erano
rivelate
corrette ma allora perché se secondo lei non la odiava la
guardava in quel modo? D'accordo era comprensibile che dopo il
trattamento riservatogli da Nami, Zoro non fosse particolarmente
propenso al dialogo ma guardarla in quel modo...No, Nami non era
convinta delle parole di Robin. Anzi, al contrario era sempre
più convinta che per una volta fosse lei stessa ad avere
ragione.
Lo
stomaco si strinse. Non aveva fame, per niente.
« Che
giornataaaa!
SUPEEER! – esordì Franky stiracchiandosi dopo la
colazione
– Allora Nami, veniamo al dunque: noi partiremo domani
mattina.
Ti unisci a noi? Questa sarà la volta buona: lo troveremo
quel
dannato One Piece! ».
« Io
beh…non lo
so…non ho avuto ancora il tempo di pensarci,
insomma…mi
sembra ancora un sogno che siate qui »
« Anche
per noi è
super averti ritrovata però vedi, non abbiamo in progetto di
tornare per molto tempo o forse non torneremo affatto, per cui se vuoi
unirti di nuovo a noi...abbiamo un posto mancante di navigatrice e
cartografa. L’ultima si è
licenziata! » facendole
l’occhiolino.
« Fammici
pensare e poi vi farò sapere,
d'accordo? »
« Nessun
problema sorellina ».
« Nami,
te l’ho
detto che sei ancora più
[………………..] ».
La
voce di Sanji era sempre
più distante. Non era più sufficiente pensare a
quel
babbeo che sotto l'albero ronfava come un orso ma adesso c'era anche un
altro problema. Andare o restare? Aveva già detto a Zoro che
se
ne sarebbe andata, non poteva certo rimangiarsi la parola; era vero
anche che in una situazione normale non le sarebbe interessato cosa
aveva detto a Zoro e avrebbe fatto semplicemente quello che si sentiva.
La cosa diventava molto più complicata del previsto.
« Nami??
Nami tesoro mio?! »
« Oh
sì Sanji,
scusami! Grazie per i complimenti! Mi sono fatta crescere i
capelli! » azzardò una frase a
caso sperando che
azzeccasse il discorso fatto da Sanji e sembrò funzionare.
Nami
tirò un sospiro di sollievo.
La
giornata sembrò passare
troppo veloce benché sulla Sunny non ci fosse tanto da fare
e
non aveva ancora pensato se restare a Coconut Village o se partire. Di
lì a poche ore avrebbe dovuto salutarli di nuovo e per
sempre…non sapeva cosa fare.
Voleva
stare con loro ma non poteva
farlo in quelle condizioni. Parlare con Zoro, trovare il modo di farlo
per sistemare tutto e chiarirsi era l’unica soluzione ma
aveva
troppa paura. Paura di un rifiuto che dava per scontato. Aveva forse
paura che Zoro rifiutasse le sue scuse come lei aveva rifiutato le sue?
Che Zoro
le stesse riservando lo
stesso trattamento che lei gi aveva riservato tanto tempo prima? In
quel caso stava funzionando alla perfezione.
Di nuovo,
il tramonto giunse
inesorabile e il sole sprofondò nelle acque marine
spegnendosi
come una candela nell’acqua. L’ora in cui il
fantasma
armato di spada faceva la sua visita era sempre più vicina.
Dopo cena
iniziò per lei il
conto alla rovescia. Aveva bisogno di stare sola e di pensare.
Iniziò a gironzolare per la nave, su e giù, a
destra e a
sinistra, accarezzandone ogni dettaglio.
Tutti
dormivano della grossa,
tranne Robin; era certa che paziente più di un Buddah la
stesse
aspettando nella loro stanza.
Nami
decise infine di arrampicarsi
sulla cima dell’albero maestro e ammirare il panorama per
quella
che poteva essere davvero un’ultima volta e magari avrebbe
trovato le risposte che cercava. Piano piano, salì in cima.
Senza difficoltà comunque. Era ancora agile come una pantera.
Arrivata
in cima, chiuse gli occhi
e spalancò le braccia; fece un lungo e profondo respiro per
poi
riaprirli. Si guardò attorno: da una parte il mare nero e
profondo ed infinito, dall’altra le luci del centro
cittadino.
Uno dei due avrebbe fatto parte della sua vita per
sempre di
lì a poche ore.
« Scendi
ladra, distrai
i miei allenamenti con questo baccano. Oppure resta ferma. I tuoi passi
risuonano nel silenzio della notte e mi dà
fastidio ».
« Lasciami
stare. Non sono in vena. Non esisto questa sera ».
« Magari… » bisbigliò
sottovoce lo spadaccino, ma non abbastanza piano perché Nami
non
potesse sentire.
Quelle
parole la ferirono una volta
per tutte. Stanca e indispettita saltò giù con un
paio di
balzi agili e felini.
« Qual
è il
problema? Non sai se restare o andare? Mi sembrava avessi
già
preso la tua decisione ieri sera »
« Che
ti importa? E da quando ti preoccupa quello che
faccio? »
« Non
me ne importa nulla infatti ma se vuoi un consiglio allora vattene,
è meglio »
« Non
devi convincermi,
credo sia la scelta migliore per tutti.
Stupido » rispose Nami con un sospiro,
mentre toccava
terra.
Si
fissarono per alcuni silenziosi
secondi. Lei lo guardava con gli occhi lucidi: avrebbe voluto
abbracciarlo, stringerlo forte dopo averli urlato contro
chissà
quali insulti ma lui l’avrebbe respinta, spinta via; lo
sguardo
di Zoro non lasciava adito a dubbi.
Non
c’era spazio per Nami su
quella nave. Non c’era spazio per Nami nel suo cuore, se mai
in
tanti anni c’era stato.
Non
avrebbe aspettato un secondo di più, non li avrebbe
salutati.
« Non
faccio più parte di questa famiglia
ormai ».
Senza
troppa esitazione
approfittò di una cima appesa che penzolava lì
vicino
(non si chiese da dove fosse arrivata o perché fosse
lì),
per tuffarsi dolcemente in acqua e tornare a riva con alcune bracciate.
L’acqua del mare era tiepida e accogliente.
Arrivata
sulla spiaggia, si
voltò e guardò verso l’alto del pendio
già
scoraggiata per tutta la strada che avrebbe dovuto fare in salita e al
buio. Una stretta allo stomaco le fece venire il dubbio ma ormai aveva
detto addio, non poteva certo tornare indietro e dire “scusa
mi
sono sbagliata”. Prese il coraggio a quattro mani e
iniziò
la sua rampicata verso casa, non c’era nessuna fretta.
Sentì
che Zoro non aveva
perso un secondo per sguainare le spade e iniziare
l’allenamento,
evidentemente non gliene importava poi tanto proprio come Nami aveva
sospettato...beh almeno si erano rivolti la parola, ma era una magra
consolazione.
Zoro
invece la guardò con la
coda dell’occhio e la vide sprofondare
nell’oscurità. Lo fece in maniera impercettibile,
senza
che lei potesse sentirsi osservata e notasse che lui in
realtà
l’aveva seguita con lo sguardo e non l'aveva mollata un
secondo
finché non era sparita tra le tenebre.
Era notte
fonda ormai. Non
vedendola rientrare, Robin si recò sul ponte sperando di
trovarla là ma in cuor suo sapeva che se n’era
già
andata.
« Se
n’è andata
vero? » chiese allo spadaccino.
Nessuna
risposta.
« Perdonami
Zoro se
disturbo i tuoi allenamenti. Non voglio che tu ti interrompa, davvero.
Voglio solo sapere se se n’è
andata ».
Zoro si
fermò una frazione di secondo, il tempo per lasciar cadere
una goccia di sudore.
« Ti
sembra di vederla in giro forse? »
« Già
appunto.
Buonanotte » e alzando le spalle se ne
tornò in
camera sua, per niente sorpresa.
La
mattina seguente la ciurma si
alzò di primo mattino per fare colazione e preparare la nave
alla partenza. Si aspettavano tutti di veder arrivare Nami assieme a
Robin, non di meno si aspettavano che lei partisse con loro. Non
vedendola arrivare, iniziarono a domandarsi dove fosse finita Nami in
maniera così improvvisa.
« Forse
sarà andata a comprare qualcosa da
mangiare… » ipotizzò
Rubber.
« Che
dici
sciocco?!…Forse, è andata a comprarmi un regalino
d’addio perché ha deciso di non partire con
noi » iniziò a disperare Sanji.
Robin
dapprima ascoltò
incuriosita e divertita ma ogni ipotesi si faceva sempre più
ridicola e decise quindi di intervenire con la classe e la
serenità che solo lei possedeva.
« Se
n’è andata ragazzi, tutto qui ».
« Cosa?
Nami se n’è andata? Nel senso che non torna
più? » chiese Rubber.
« Ma
così?...Senza dire
nulla? » Chopper era decisamente stupito.
« La
cara Nami non mi
farebbe mai nulla del genere! Se n’è andata nel
bel mezzo
della notte, tutta sola su quelle montagne?! Non è da Nami,
sono
furiosooooo! – iniziò a urlare Sanji -
…Ci sono!
TU! Capelli di verza! Alzati! Dico a te! » lanciando
una
focaccia bollente e guarnita di salsa dolce sulla faccia di Zoro,
profondamente addormentato sotto al solito albero.
« Che
fine ha fatto
Nami?! Sicuramente sarai stato l’ultimo a vederla ne sono
certo!
Tu e i tuoi allenamenti! Perché non l’hai
fermata?! O
Forse l’hai uccisa e hai gettato il suo corpo in mare,
dannato?
Rispondi! E’ forse così?! Sappiamo tutti che non
la
sopporti e che forse la odi, non è
vero?!? ».
Sanji era
furioso ed era a poco più di un paio di centimetri dalla
faccia di Zoro, ancora sporca.
« La
vedo brutta ragazzi » sussurrò
Usop.
Zoro non
disse nulla, in un primo
momento. Lasciò che Sanji blaterasse senza ritegno poi
quando
Sanji sembrò superare il limite non esitò un
secondo per
estrarre la spada dall'elsa e puntarla al collo del
cuoco: « Allontanati. Subito. Non
ho intenzione di
rispondere a questa domanda. Non uccido le donne, nemmeno se si tratta
di quella strega e specialmente durante gli allenamenti. Finitela di
fare baccano e lasciatemi dormire ».
Sanji
rimase interdetto e non riuscì a replicare.
Zoro
chiuse la spada nel fodero e se ne andò sottocoperta senza
dire altro.
Rimasero
tutti di sasso.
« Ma
che avrà Zoro? » chiese Rubber.
« Lo
sai
com’è quella testaccia dura – disse Usop
–
Secondo me ha preso troppo sole… ».
Sanji
comunque non era convinto,
anzi era così pensieroso che non gli corse nemmeno dietro
come
faceva solitamente; nonostante questo, per calmarsi dovette tirare un
paio di calci a qualcosa e ridurlo a brandelli.
« Ragazzi,
non possiamo aspettare Nami. Mi
dispiace… »
« Ma
Rubber… »
« Non
c’è più tempo Chopper. Siamo
già in ritardo »
« Ma… »
« Questo
è un
ordine » concluse un Rubber perentorio che
se ne
andò pensoso sulla polena.
Chopper
era rimasto fortemente
colpito da tutta quell’autorità. Rubber faceva il
capitano
nel vero senso del termine solo quando era molto, molto arrabbiato.
Anche Robin rimase stupita: aveva già notato che Rubber si
alterava troppo facilmente e gioiva anche troppo facilmente circa tutto
ciò che riguardava Nami. Comunque a quello ci avrebbe
pensato
più avanti se si fosse presentata l’occasione, era
pur
sempre il capitano e un ordine del capitano andava eseguito. Franky
iniziò a levare l’ancora e Usop a spiegare le vele.
« Fermi!
Fermi! Yohohohoho! » arrivò
correndo Brook.
Brook
informò Rubber che era
in arrivo una tempesta piuttosto violenta e sarebbe stato meglio
restare ormeggiati per partire verso sera se la tempesta si fosse
calmata; la baia offriva protezione non solo dalla vista ma anche dalle
correnti marine, ormeggiare lì non sarebbe stato troppo
pericoloso. Per Rubber non ci furono problemi, nei suoi occhi si lesse
anche la speranza di poter rivedere Nami prima di partire.
Era il
primo pomeriggio quando il
primo fulmine squarciò il cielo: la ciurma era
già sotto
coperta da quando il cielo si era ingrigito ed aveva aspettato paziente
e annoiata l'arrivo del fortunale. La Sunny aveva iniziato a dondolare
dapprima tranquilla e poi sempre più indispettita dai
cavalloni.
Per ingannare il tempo si parlava del più e del meno, si
faceva
baccano e si cantava. Robin leggeva un libro di storia intitolato:
“I Cento Anni di Buio: quello che il Governo non
dice”,
Sanji fumava pensieroso la sua sigaretta...ormai la decima in
pochissimo tempo e questo a Robin non sfuggì:
qualcosa
frullava nella testa del cuoco.
|
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Capitolo 9 *** DON'T BE IDIOT! ***
« Ragazzi,
avete visto quanto è cambiata
Nami? » disse Chopper.
« Già
–
annuì Usop – Non sembra più lei. Non ho
detto
niente perché non mi andava di essere preso a pugni in
faccia ma
la luce che aveva negli occhi sembra essersi spenta »
« Anche
io ho avuto
questa impressione. Sembra un’altra persona la super
sorellina
Nami » disse Franky.
« Ma
che dite? Io non ho avuto queste
impressioni… »
« Questo,
Rubber, perché non vedi al di là del tuo
naso! »
« Detto
da te Usop fa
proprio ridere! Ideaaaaaa!!! Andremo a salutare Nami! Un
giorno in
più non cambia
nulla! » suggerì Rubber
entusiasta.
« Ma
non eri stato tu a
dire che non volevi andare a trovarla e che eravamo in ritardo?? Vuoi
deciderti una buona volta?? » chiese Usop
irritato.
« Sì
e allora? »
« E
allora, possibile che cambi idea come una banderuola al
vento?? »
« Io
sono il capitano e io decido! »
« Sì
sì va bene, lo sappiamo…Sei senza
speranza! ».
Tutti furono
d’accordo con il
capitano anche se il programma era partire per sera o notte che fosse,
se il temporale si fosse calmato. Dunque avrebbero aspettato un giorno
in più e il giorno successivo sarebbero andati a casa di
Nami
per poterla salutare e magari convincere a restare. Solo Robin, con
grande sorpresa, lasciò tutti a bocca aperta, con la solita
calma celestiale disse: « Non credo sia
necessario
Rubber, andarla a prendere intendo ».
Gli occhi di
tutti si spalancarono.
« Robin…e
perché mai? Abbiamo un sacco di
tempo! » commentò Chopper.
« Fidatevi
ragazzi, non sarà necessario »
« Ti
dispiace spiegarti meglio? »
« Neanche
questo è necessario. Lo capirete fra
poco ».
« Ma
che hanno tutti oggi? » si chiese Usop a
mo’ di domanda retorica.
Robin riusciva
sempre a tranquillizzare gli animi di tutti così nessuno
fece altre indagini.
Impegnata nella
lettura del suo
libro, lo sguardo venne richiamato da quello Sanji che la fissava
proprio come se la stesse chiamando telepaticamente. Robin fece un
cenno di assenso.
Un terribile
tuono colse tutti di sorpresa.
« Ehi!
Ma
dov’è Zoro!? - chiese preoccupato il dottore -
Sono stanco
di curare raffreddori su raffreddori! E se finisce
fulminato?? ».
« Non
dovrebbe stare fuori con questo tempo. Vado a
chiamarlo! » disse Usop.
« No
» disse Sanji
alzandosi di scatto. Lo guardarono in modo interrogativo con una certa
sorpresa. « Vado io. Ho bisogno di un
po’
d’aria » terminò.
Sguardo basso, mani
infilate nelle tasche dei pantaloni e via, fuori verso la tempesta.
« Cosa?
Un po’
d’aria? Ma sei impazzito?! C'è un uragano fuori e
tu hai
bisogno di un po' aria?? Senza contare che Zoro ti ucciderà
se
ti sporgi anche solo dalla porta, non gli piace essere disturbato
durante l'allenamento! Non sarebbe meglio mandare Rubber o qualcuno che
non rischi la morte? Sanjiii! Sto parlando con
te! » ma
lo sbraitare di Usop non servì proprio a nulla, Sanji prese
il
pacchetto di sigarette ed uscì dalla cucina.
« Si
può sapere
cos’avete tutti oggiiiii?! Uffa! Non mi ascolta mai
nessuno! » e sprofondò di nuovo
sulla sedia.
Tuttavia, non
c’era da preoccuparsi troppo: quei due sapevano cavarsela
dopotutto.
Pochi secondi
dopo, Robin
posò il libro e con aria soddisfatta si alzò
andando
verso la porta e prese a controllare cosa accadeva
dall’oblò. Questo attirò
l’attenzione dei
compagni che si precipitarono fitti attorno all’archeologa
per
guardare la scena.
« Adesso
ragazzi capirete il perché non è
necessario andare a prendere Nami ».
Era sera, quasi
ora di cena anche
se era talmente buio che sembra notte inoltrata da un sacco di tempo e
la tempesta non accennava a smettere. Il profilo di Zoro era illuminato
dalla povera luce lunare riflessa dalla pioggia battente, quando
qualche nuvola permetteva alla luna di mostrarsi.
Zoro si muoveva
veloce in perfetta
sincronia con il vento e i fulmini. Sanji stette ad osservarlo per
alcuni minuti nascosto dietro all’albero maestro mentre
sembrava
che qualcuno stesse gettando dalle nuvole delle vere e proprie
secchiate di acqua gelida.
« Non
sarebbe meglio che rientrassi? » chiese
Sanji alzando il tono della voce per farsi sentire.
« E
hanno mandato te a dirmelo? » senza mai
smettere di allenarsi. Era una furia, come la tempesta.
« No,
sono venuto di mia spontanea volontà »
« Questa
è nuova.
Ti sarai fatto comprare da uno degli sguardi di Nico Robin. Ad ogni
modo state tranquilli, questo tempo è l’ideale per
allenarsi » sferzando altri tre colpi.
« In
realtà Zoro
– cercando di riaccendere la sigaretta – vorrei
parlarti, e
stai attendo a come ti rivolgi a Robin o non sarò
più
tanto gentile ».
Zoro non
commentò e non si fermò.
« Beh…chi
tace
acconsente » dopo aver aspirato una
profonda boccata di
fumo. Non lo faceva spesso di aspirare così profondamente,
solo
quando era preoccupato e nervoso.
« Dunque,
insulso
spadaccino, non pretendo che tu mi risponda. Mi riterrò
molto
fortunato se riuscirai a capire quello che sto per dirti...Pretendere
una tua risposta sarebbe davvero da babbei. Parlerò solo io,
non
vorrei ti distraessi troppo. Nami... - e un tuono gridò in
cielo
- L’hai spinta tu ad andarsene: ti conosco bene e conosco
lei.
Non se ne sarebbe mai andata senza salutarci. Non so cosa le hai detto,
o non le hai detto, ma non ce l’ho con te
per questo
Zoro. Conosco quello sguardo sai, non credere di poterlo nascondere per
sempre sotto una bandana e certamente non a me. E’ lo sguardo
di
chi ha perso tutto e sei così da quando lei se
n’è
andata. Tre anni. Non ti sembra un po' eccessivo? Non credo sia per la
storia di Pauly e per le parole che ti ha detto, no…ci vuole
ben
altro per offenderti e io lo so bene. Credo piuttosto che sia stato l'
effetto che le parole di Nami hanno avuto su di te. Non so
cosa ti
abbia detto in quell’occasione ma conoscendola non credo sia
stata troppo gentile – apirò di nuovo - Abbi il
coraggio
di ammetterlo o sei così codardo? O forse sei
così
stupido da non esserti accorto nemmeno della tristezza che anche Nami
ha negli occhi?! Non voglio andare oltre in questa conversazione, e
detto da me fa quasi ridere ma ricordati che questa potrebbe essere la
tua ultima occasione. Lei era qui e l’hai
cacciata ma
hai ancora un’altra possibilità…anche
ai più
stupidi è concessa, fortunatamente per voi. Non ne avrai
altre,
ricordatelo. Mi costa molto dirti questo ma non posso pensare di vedere
Nami soffrire – i pugni si strinsero - Metti da parte quel
dannato orgoglio, maledizione! Eccciiiù !! Ah, dannazione!
Mi
è caduta la sigaretta e il dottore mi darà una
bella
strigliata per essermi beccato il raffreddore! – disse
ridendo
sommessamente – Io torno dentro. Qualunque cosa tu abbia da
dirle
nel bene o nel male, fallo. Non essere
idiota.......idiota » girò i
tacchi e si
incamminò sotto coperta tra uno starnuto e
l’altro. Gli
altri avevano gli occhi sgranati e trattenevano il fiato:
« Vai
Zoro…che cosa aspetti… ».
« Coraggio
fratello! ».
« Ora
ho capitoooo! Yohohohohoho!!! ».
« Ma
perché continua ad allenarsi?! ».
Sanji scendeva il
primo gradino
molto lentamente quasi aspettando che Zoro facesse qualcosa; si accorse
infatti che lo spadaccino si era fermato. Anche lui si fermò
nell’attesa che facesse la prima mossa. Entrambi erano
immobili
sotto la pioggia scrosciante. Zoro continuando a dargli le spalle
voltò leggermente la testa verso Sanji, quanto bastava per
concedere a Sanji solo la coda dell’occhio; dal canto suo
Sanji
gli offrì un sorriso beffardo e Zoro, a quel punto, non
esitò un solo secondo: lasciò cadere la
Ichimonji,
saltò in acqua e nuotando forte contro il mare raggiunse la
spiaggia. Non aspettò di riposarsi ma corse via veloce come
il
vento, per sparire nel nero della notte.
“E'
andato....” pensò
Sanji « ECCIUUU! »
“Speriamo non si perda”.
Sanji
aspettò ancora un
secondo, raccolse accuratamente le spada più preziosa di
Zoro e
rientrò facendo il simbolo della vittoria e sorridendo ai
compagni.
I compagni erano
sconvolti: Zoro che lascia cadere la Ichimonji a terra? La sua spada
più preziosa.
« Non
ci credo…….! » disse
Franky.
« Credo
che abbia
qualcosa di più importante da perdere per una
volta…Stupido spadaccino! - disse Sanji sedendosi accanto al
forno ancora caldo dalla cena e togliendosi la giacca inzuppata -
ECCIU!!!! Accidenti! Chopper dammi le mie sigarette…quelle
asciutte! ECCIUUU!! »
« Dovresti
smettere di
fumare Sanji…Dai,
copriti » disse allungando una
coperta e il pacchetto nuovo.
« Taci
dottore...ECCIUU!!!! ».
« Ecco
– disse Robin sedendosi di nuovo col suo libro –
Ora si tratta solo di aspettare »
« Potevi
dirlo anche prima Robin! Tutta questa suspense per
questo! »
« Non
sarebbe stato interessante » disse la mora sedendosi sulla
poltrona con il suo libro.
« Io
non ci sto capendo niente! Di che cosa state
parlando?! » urlò Rubber offeso.
« Niente
capitano! Quando sarai più grande!
Yohohohoho! ».
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Capitolo 10 *** STORM INCOMING - Nami's home ***
Facciamo
un passo indietro alla sera precedente, quando Nami dopo l'ultimo
confronto con Zoro decide di abbandonare la ciurma una volta e per
tutte e si getta dalla nave per iniziare il suo ritorno verso casa
prima che i compagni si potessero accorgere che se n'era andata.
Dopo ore di
estenuante cammino
finalmente era giusta a casa, in quella casa che ormai non le dava
più nessuna emozione. Non calore, non sicurezza.
Non aveva voglia
di pensare a
nulla, c'era troppa amarezza e troppa rabbia nel suo cuore.
Perché Robin aveva dovuto organizzare quella farsa? Non che
fosse colpa sua, voleva bene a Robin e capiva che l’aveva
fatto
per vederla sorridere nuovamente ma si era rivelata una
disfatta
totale.
Nella sua testa
si affollavano un milione di voci.
“Smettila
di mentire a te stessa sciocca”.
“Dillo…ti
prego Nami, pronuncia quel nome!”.
“No…non
lo farò! Devo smetterla!”.
“Non
c’è
più possibilità. Domani mattina loro ripartiranno
e io
ricomincerò da zero. Me ne andrò da
qui”.
Si
tormentò di pensieri fino
a che gli occhi troppo stanchi crollarono sotto il peso di una giornata
piena di emozioni e di una camminata davvero troppo sfiancante. Il suo
cervello stava fumando: era meglio dormire pregando che fosse una notte
tranquilla.
Il giorno
seguente Nami si
alzò a fatica. Lentamente si mise seduta sul letto e fece
cadere
la testa fra le mani. Com’era pesante. “Ma che ore
sono?” si domandò. Afferrò
l’orologio e si
stupì che fosse già mattino inoltrato. Lentamente
si
alzò e guardò la sua faccia allo specchio. Poteva
andare
peggio, dopotutto.
Si fece una bella
doccia e di nuovo
si guardò allo specchio facendo una smorfia terribile. Quasi
presa da un raptus, afferrò le forbici e iniziò a
tagliarsi i capelli corti a caschetto, come li portava un tempo. Senza
alcuna voglia o emozione, rientrò in camera sua dove
guardò fuori dalla finestra come era solita fare appena
sveglia,
ma aveva deciso che dal giorno seguente non l’avrebbe
più
fatto.
Vide che il sole
splendeva alto ma
la foschia si alzava dall’orizzonte ed era sempre
più
vicina. Il tasso di umidità era elevato.
« Mmm…Tempesta
in
arrivo da qui a paio d’ore al massimo. Speriamo che i ragazzi
siano già sulla rotta giusta per evitarla. Al lavoro Nami,
devi
cercarti qualcosa da fare! ».
Iniziò
a pulire e lucidare
qualsiasi cosa. Stirò e piegò ogni cosa di stoffa
che
trovò in giro per la casa o che non fosse al suo posto ma in
breve tempo le faccende domestiche si esaurirono. Andò in
cucina
e iniziò a preparare una torta di crema e mandarini, secondo
la
ricetta che Sanji le aveva insegnato tanto tempo prima. Il procedimento
era piuttosto lungo e l’avrebbe tenuta occupata per tutto il
pomeriggio.
La tempesta che
aveva previsto era
infine arrivata e una fitta coltre di nubi nere aveva coperto il sole
tanto che sembrava buio anche se il crepuscolo ancora era lontano.
Nami cercava di
dissimulare la
preoccupazione per i suoi amici cercando di mostrarsi una cuoca abile e
disinvolta che trafficava freneticamente per la cucina, ma non poteva
tradire la preoccupazione che nutriva per i suoi compagni che a
quell'ora erano certamente in mare aperto e lo sguardo cadeva sempre
più spesso fuori dalla finestra verso l'orizzonte.
Era ormai era
sera inoltrata quando
finalmente infornò la torta. Improvvisamente non ci fu
più corrente, un fulmine doveva aver colpito qualche
centralina.
« Accidenti…Così
non verrà bene! Se mi tolgono corrente ora che è
a mezza
cottura sarà una vera schifezza! Uff…Speriamo che
i
ragazzi stiano bene. Sono preoccupata… ».
Ecco
l’aveva detto ad alta voce: era preoccupata.
Le ore passavano
e la corrente elettrica non tornava. Si annoiava da morire.
L’unico
compagno che aveva era l’orologio, un compagno piuttosto
antipatico con il suo snervante ticchettio.
Per ingannare il
tempo, prese una
giacca e andò a sedere sulla panchina in veranda: il
temporale
era molto forte ma a lei non faceva paura.
La luna
illuminava a tratti il
paesaggio quando spuntava timida da dietro alle nuvole, per il resto
del tempo era buio pesto. Il vento era forte e nonostante fosse
riparata dalla tettoia, le arrivava ogni tanto una folata ventosa
leggermente bagnata ed era freddo, insolitamente freddo per essere
estate.
Da tempo non
vedeva una tempesta
del genere e i suoi pensieri si catapultavano sempre di più
su i
suoi amici che forse erano in balia della tempesta. Una tempesta del
genere era terribile sulla terra ferma, figurarsi in mare.
« Quasi
quasi vado a
comprarmi un animaletto domani. Devo finirla di parlare da sola o prima
o poi diventerò pazza sul serio...non vorrei mai dare
ragione a
Zoro! » disse ridendo senza pensare troppo
alle parole,
ma subito si bloccò rendendosi conto di aver pronunciato
quel
nome e per di più ridendo, una terribile eresia. Si mise la
mano
sulla bocca.
« Fa
freddo - si ricompose immediatamente - Meglio
rientrare ».
Si
alzò cupa e
rientrò in casa dove verificò che la luce ancora
non era
tornata e il suo stomaco reclamava inesorabile l’ora cena,
ormai
passata da un pezzo.
« Come
faccio a
prepararmi la cena al buio?! Dovrò vedere se
c’è
qualcosa di pronto e freddo temo. Accidentaccio…e la torta
posso
già buttarla! ».
« Arrosto
freddo e
insalata? No grazie…Uff...Anche il cibo sta diventando
noioso.
Credo che mi siederò a tavola ad osservare il nulla
finché non torna la corrente. Questo sì che
sarà
divertente… » disse con sarcasmo.
Il ticchettio
dell’orologio era logorante.
Improvvisamente
le parve di
sentire dei passi che correvano nelle pozzanghere a grande
velocità e sembrava essere era più di una
persona,
diretta proprio verso casa sua.
Era uno strano
orario per avere
visite, specialmente con quel tempaccio e ciò non la
convinse.
Al contrario sembrava preoccupata. Sperava in cuor suo che fossero loro
ma sapeva perfettamente che non era possibile.
Si
avvicinò cauta alla
finestra, sbirciando dalla la tenda. Le sembrava di vedere delle sagome
a ridosso del giardino ma non era certa. Era troppo buio e
c’erano troppi giochi di luce e confondere la vista. Poteva
benissimo essere frutto della sua immaginazione o ancor più
semplicemente le ombre instabili degli alberi alla luce dei lampi e dei
fulmini creavano delle strane forme. Forse aveva solo immaginato lo
scalpiccio nelle pozzanghere: la pioggia era battente, poteva essersi
trattato di quello e magari un po’ di grandine.
Ben presto tutte
le sue supposizioni si rivelarono errate:
“Toc,
toc, toc”.
Qualcuno bussava
alla porta, cogliendola di sorpresa. Sobbalzò leggermente ma
senza emettere il minimo rumore.
Esitò.
Il cuore iniziava la sua scalata in gola, cominciava ad essere molto
agitata.
“Toc,
toc, toc”.
Di nuovo.
Non vedeva
l’ombra di nessuno
dietro la porta, il che poteva essere un fatto abbastanza
incoraggiante; magari il vento aveva scaraventato qualcosa addosso alla
porta il cui suono ricordava casualmente qualcuno che stava bussando;
che idiozia, era proprio il suono di qualcuno che bussava e se qualcuno
bussava significava anche che qualcuno si aspettava che lei aprisse.
Anche Rubber ci sarebbe arrivato.
Con cautela ed
attenzione
girò la maniglia e aprì lentamente di pochissimi
centimetri, quanto bastava per sbirciare con un solo occhio. Non vide
nessuno di fronte a lei. Qualcosa però attirò la
sua
attenzione più in basso, dove vide un bambino di al massimo
sei
o sette anni che la fissava immobile con le mani lungo i fianchi e gli
occhi sgranati. Era bagnato fradicio come un pulcino. Faceva molta
tenerezza e Nami tirò un sospiro di sollievo.
« Ehi
piccolino, sei tutto bagnato. Ti sei perso? Vuoi entrare al
caldo? ».
Il bambino non
rispose. Continuando
a fissarla, alzò il suo piccolo e magro braccino per
mostrarle
un foglio ingiallito e arrotolato a mo’ di pergamena.
« Che
cos’è
piccolo? È la strada per tornare a casa tua? Fammi
vedere » lo prese e lo srotolò.
Quando lo vide da
vicino, per
quanto fosse sgualcito e illeggibile a causa dell'acqua di cui era
inzuppato, il sangue le gelò nelle vene e il sorriso
amorevole
che portava sulle labbra fino a pochi minuti prima scomparve
definitivamente.
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Capitolo 11 *** I DON'T WANNA CRY ***
Guardò
il bambino spaventatissima.
Quello
non era un comune foglio di pergamena, era la sua taglia da pirata.
« Tu
sei Nami della Ciurma di Cappello di
Paglia? » chiese il ragazzino.
Avrebbe
voluto rispondere:
“No ma che cosa dici piccolino?!”, purtroppo con i
capelli
corti non c’era più via di scampo: era
riconoscibile e il
suo sguardo spaventato la tradiva, era completamente terrorizzata non
tanto dal foglio che ritraeva la taglia quanto dal fatto che fosse
stato quel piccolino ad aprire la strada a qualcosa di molto peggiore.
Infatti, notò nell’ombra ed illuminati dai lampi,
una
schiera di energumeni armati che attendeva qualche metro più
indietro; non si era sbagliata quando in principio aveva sentito
diverse persone correre sul terreno inzuppato.
Avevano
mandato avanti quel povero
bambino per evitare che lei non aprisse la porta o si trovasse
preparata a reagire o a fuggire.
« Scusa
signorina ma
abbiamo tanta fame io e miei fratelli e c’è una
grossa
taglia. Mi hanno promesso che ...
che... » non fece in
tempo a finire la frase. Un singulto lasciò il piccolo senza
respiro: cadde in avanti a peso morto con gli occhi spalancati; Nami si
piegò agile per prenderlo e non farlo cadere a terra.
Non
c’era altro da capire.
Era tutto molto chiaro. Quei maledetti senza pietà si erano
serviti di lui facilmente e tanto facilmente se ne erano liberati.
Lo
raccolse e lo sdraiò
delicatamente sulla panchina, coprendogli gli occhi con una mano. Lo
fissò per qualche secondo regalandogli una lacrima. Sembrava
stesse dormendo. Non era colpa di quel piccolo ma quel è
fatto
è fatto.
Chiuse
gli occhi e respirò profondamente.
Com'era
possibile essere arrivati a quel punto?
La sua
vita le stava sfuggendo di
mano e sembrava che non fosse possibile fermala o mettere la parola
fine, in un modo o nell'altro.
Non
sapeva come li avrebbe
affrontati perché la paura era tanta ma erano venuti per lei
e
non poteva tirarsi indietro. La vecchia Nami non l’avrebbe
fatto
e nemmeno quella nuova si sarebbe data per vinta. Strinse forte i pugni
e con la freddezza e la lucidità di chi conosce il proprio
destino, rientrò in casa.
Li
sentiva schiamazzare. Probabilmente stavano aspettando una sua mossa.
Prese i
vari pezzi del Perfect
Clima Attack chiuso in un cassetto da tanto di quel tempo che era
completamente ricoperto di polvere. Non si lasciò
condizionare
dagli eventi e con tutta calma prese a lucidarlo con cura. Una volta
pulito alla perfezione, con sguardo alto e fiero uscì di
casa,
strinse il bastone tra le mani più forte che
poté. Il
sudore si fece freddo.
Uno di
loro si era fatto avanti nel frattempo: doveva essere una sorta di
ammiraglio o un pezzo grosso della ciurma pirata.
« Questa
volta –
cominciò lui – non ne uscirai viva. Ricordo bene
tre anni
fa, quando hai cercato di ribellarti e sei stata catturata. Ti abbiamo
fatta prigioniera...Lo vedi questo? - chiese mostrando nella penombra
il volto per metà squarciato. Nami sussultò - Il
capitano
me l'ha fatto per averti ridotta in fin di vita l'ultima volta. Me la
pagherai per questo inutile ragazzina. Ma non è per questo
che
sono qui. Prima il dovere e poi il piacere - leccando la lama della
spada - In un primo momento il capitano aveva pensato di lasciarti
vivere e farti sua sposa facendoti addirittura l’onore di
sostituirti alla sua attuale compagna ma vista la taglia che pende
sulla tua testa ha ritenuto che non fosse il caso. Sarebbe stato un
terribile spreco, non ti pare? Eh eh eh. Cosa pensi di fare con quello
stuzzicadenti? Tu sei da sola e noi – continuò
voltandosi
verso i suoi uomini – siamo un centinaio. Anche se fossi
armata
fino ai denti non credo cambierebbe molto ».
« Se
Black ha mandato
cento di voi a prendermi forse non vi ritiene tanto in gamba da
sconfiggermi. Io, una povera ragazza armata di un solo
“stuzzicadenti” ».
« Questo
lo vedremo
signorinella. Eh eh eh. Fatti sotto. Adoro battermi con le signore!
Vinco sempre io… ».
« Ti
piace vincere facile a quanto
pare! » rispose Nami lanciandosi
all’attacco.
« Non
provocarmi bambolina »
« Tu
non provocarmi brutto grassone. Mi batterò fino alla
fine! ».
Pensando
di sfruttare il temporale,
lanciò subito una sfera di ghiaccio, seguita da un
Thunderball;
il pirata, che non si aspettava tutto quel potere da un bastone,
finì a terra fumante sotto la pioggia sotto le risate di
scherno
del resto della ciurma che per il momento sembrava solo giocare la
parte degli spettatori. Purtroppo non era ancora abbastanza: lui, come
ognuna di quelle bestie, aveva la pellaccia fin troppo dura.
« Interessante
il tuo
giochino – disse lui rialzandosi, pulendosi dal fango che
copriva
il volto – Avanti, fammi vedere cos’altro sai
fare! ».
« Se
me lo chiedi... ».
Nami di
nuovo si lanciò in
una serie di attacchi veloci a ripetizione, uniti a potenti calci.
Certo, Nami era forte più di tante ragazze e più
di tanti
uomini ma non tanto quanto lui e di sicuro non di più: era
evidente. Il pirata era ferito ma si reggeva perfettamente in piedi e
non aveva nemmeno il fiatone. Nami invece era quasi a corto di energie.
Ansimava e il panico la stava stringendo sempre di più nella
sua
morsa, ma non avrebbe mollato.
« Sei
stanca forse? Non
è necessario che ti sforzi. Finirà comunque molto
presto!
Prima di ucciderti, vuoi sapere come abbiamo fatto a
scoprirti? ».
Non era
una domanda alla quale rispondere, era certa che
gliel’avrebbe detto di lì a poco.
« Quel
mocciosetto vi ha
visti alla locanda, tu e Capello di Paglia e il resto della ciurma. Si
è insospettito e con i genitori è andato dal
capitano
attirato dalle taglie che pendono sulle vostre teste. Il capitano gli
ha concesso di accompagnarci qui in cambio di parte della ricompensa.
Il mio signore ha bisogno delle vostre teste per barattare il permesso
di circolare liberamente nei mari. E’ un aspirante membro
della
Flotta dei Sette, sai? Povero sciocco, pensava davvero che gli avremmo
concesso di vivere se ci avesse aiutati! Ah ah ah ah! Ora, prima che ti
uccida, mi dirai dove sono i tuoi amici. Lo farai, eccome se lo
farai! ».
« Era
solo un
bambino…Ora basta, basta,
bastaaaa! » urlò Nami gettandosi
di nuovo
all’attacco. Era il momento di tentare il tutto per
tutto.
Le sue
forze diminuivano ad ogni
colpo, lo sentiva chiaramente. Era il momento di provare il Thunderball
Tempo, se non avesse funzionato aveva esaurito ogni arma in suo
possesso. Era sfinita ed era così tanto tempo che non lo
eseguiva che per prima aveva qualche dubbio sulla riuscita.
Respirò profondamente, cercò di concentrarsi nei
pochi
secondi che aveva a disposizione e tentò richiamare quel
po’ di energia che le restava.
Alzò
il bastone,
cercò di chiamare il Thunderball Tempo una prima volta ma
niente
da fare. Lo chiamò due, tre volte ma ancora niente.
Il
respiro era affannato e il capo
di quella banda di farabutti si avvicinava sogghignando, dopo aver
fatto segno ai suoi compari di accerchiarla. Cosa avrebbe potuto fare
ora? Di certo non avrebbe mai detto dove erano diretti i suoi amici,
nemmeno sotto tortura. Il suo cervello stava per esplodere nel
tentativo di pensare a come salvare la propria pelle, quella dei suoi
amici e cercando allo stesso tempo una maniera per reagire e cavarsela
in condizioni dignitose. Troppi pensieri e troppo in fretta, non
riusciva a trovare la soluzione a nessuno di quelli.
Li vedeva
avvicinarsi: chi con la spada alzata, chi con un pugnale in mano.
Il buio e
la luce intermittente dei
lampi confondevano i suoi occhi stanchi e bagnati sulla distanza che la
separava da una fine sicura.
Non si
era resa conto di quanto
fosse vicino il loro capo e improvvisamente, senza nemmeno il tempo di
reagire, si trovò atterrata da un colpo fortissimo al viso e
subito da un altro dalla parte opposta. Intontita, cercò di
rialzarsi ma perdeva molto sangue dal naso e le girava la testa. Il
dolore era esagerato. Era come se un martello enorme l’avesse
colpita e la sua testa stesse ancora vibrando a causa del colpo. La
vista si fece sfocata e non a causa della pioggia. Il panico
iniziò ad invaderla. Sentì qualcosa di caldo
incorniciarle il viso: sangue.
« Allora
signorina,
sembra che tu non abbia più tante forze...Non fai
più la
sbruffona ora? Eh eh eh ».
Nami,
sdraiata a terra e immersa nel fango, si voltò appoggiata ai
gomiti e guardava quel mostro sovrastarla.
« Dove
sono i tuoi
compagni? Ti ucciderò comunque, che tu me lo dica o meno. Se
me
lo dici lo farò velocemente, se invece hai il coraggio di
aspettare altri dieci secondi, i miei uomini saranno lieti di farti
parlare ».
« Mai » sibilò
Nami, cercando di trattenere le lacrime. Non voleva piangere e non
poteva.
« Bene.
Ammetto che è stato interessante battersi con te. Ragazzi,
è tutta vostra! ».
Li
sentì urlare di gioia;
era il premio per una dura battaglia e chiuse gli occhi aspettando la
fine. Qualcosa però accadde: in un secondo, gli urli di una
folla in festa diventarono grida di dolore e singhiozzi soffocati.
Riaprì
gli occhi e vide cadere i primi davanti a lei come sacchi di patate.
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Capitolo 12 *** LOSING MYSELF - I got lost, as I always do... ***
« Che
succede?! » sentì urlare
all’ufficiale tra le grida dei suoi uomini.
« Signore,
eccolo là! » gli rispose uno.
« Chi
sei tu e come osi!? Fatti vedere vigliacco! Voi, branco d'incapaci,
andate a prenderlo! »
« Subito
signore! ».
Nami era
confusa, cosa stava succedendo?
Nessuno
parlava eppure li sentiva chiaramente cadere a terra uno dopo l'altro.
« Fatti
vedere maledetto! » urlava il pirata.
Nera come
il buio nella notte
più tenebrosa, una sagoma accennata dalla pioggia
battente avanzava camminando. Nami non vedeva bene, non capiva
se
era per via del fango o della botta ricevuta: anche i pensieri
cominciarono a confondersi.
Vedeva una
sagoma nera
indistinta che portava qualcosa in mano, forse una spada, forse due,
perché il bagliore dei lampi rifletteva arrogante su quelle
lame. La figura misteriosa si fermò e si tolse qualcosa che
aveva sul capo, lasciandolo cadere a terra…forse un
fazzoletto o
uno straccio.
Nami si
strofinava gli occhi sempre più freneticamente.
Ciò
che prima gli copriva il
voltò rivelò due occhi carichi di fuoco ardente,
rabbia e
odio, pronti alla battaglia. Questo Nami non poteva vederlo, se avesse
potuto si sarebbe accorta subito dell’identità del
suo
salvatore.
« Ma
certo...Roronoa
Zoro! Guarda guarda…Due piccioni con una fava, quale
occasione!
Fatti avanti, ragazzo! - disse l’ufficiale gettandosi contro
Zoro, con la sciabola alzata - Assaggia la mia
lamaaaa!!! ».
“Cosa?
Z-Zoro? Ha detto Zoro?
Non-Non è possibile…lui va sempre in giro con tre
spade…lui-lui non le abbandona mai e non si toglie mai la
bandana mentre combatte…” iniziò ad
agitarsi. Non
vedeva nulla e invece voleva vedere, voleva sapere.
Non era
possibile che fosse lui. La
sua mente era già abbastanza confusa: che bisogno
c’era di
riempirla ancora di sciocchezze e inutili speranze?
Ancora
stesa a terra, osservava la scena (o meglio le ombre) come a
rallentatore.
« No
- rispose lo
spadaccino, saltando - Tu assaggia
la mia lama.
Tecnica a due spade, doppio taglio! ».
Seguì
il silenzio.
Nami
venne inondata di una pioggia
di fango: sentì un corpo cadere in avanti tanto vicino a lei
da
ricoprirla di schizzi. Chi era caduto? Chi aveva perso?
Zoro
alzò lo sguardo verso i
pochi pirati rimasti. Quella feccia non aveva abbastanza fegato per
affrontarlo, così scapparono tutti a gambe levate senza
nemmeno
il bisogno di minacciarli.
Aspettò
che fossero
abbastanza lontani e si avvicinò a Nami. La guardava
dall’alto con ancora quello sguardo negli occhi e senza dire
una
parola. Anche Nami lo fissava ma con lo sguardo interrogativo di chi
non sa e di chi non vede nulla.
Nonostante
non lo vedesse, poteva
però sentirlo chiaramente. Poteva sentire che era davvero
lui,
lì di fronte a lei. Gli occhi si inondarono di lacrime.
Cercò di trattenerle perché sapeva che lui non le
sopportava ma le fu impossibile.
Zoro
aspettò diversi minuti prima di muoversi.
Intorno a
loro regnava il silenzio
assoluto, disturbato solo dallo scrosciare della pioggia. Ormai il
temporale era lontano; tuoni, lampi e fulmini erano ormai all'orizzonte
nonostante il vento e la pioggia non accennassero a calmarsi.
Infine,
dopo aver ritenuto quel
breve periodo di silenzio una punizione sufficientemente esemplare, si
chinò in ginocchio vicino a quella bambina spaventata e
prendendole delicatamente la testa la spinse verso di sé per
poi
baciarle la fronte e sospirare profondamente come a ringraziare un dio
in cui non credeva di essere arrivato in tempo e senza perdersi lungo
il cammino.
« Stupida
–
bisbigliò - Vuoi sempre fare tutto da sola.
Perché se hai
paura ti cacci sempre in certe situazioni? ».
Raccolse
la bandana e la
passò piano sul taglio aperto che Nami aveva sul capo. La
raccolse piano e la strinse senza esagerare come a farle capire che era
lì per salvarla ma non come un amico, non come
l’aveva
salvata tante altre volte in passato.
Piena di
tagli e lividi e coperta di sangue, la portò in braccio fino
in casa.
« Più
tardi
penseremo anche a lui » disse Zoro osservando il
bambino
sulla panchina. Sembrava stesse dormendo.
Una volta
arrivati in cucina, Zoro
la posò delicatamente sul divano per poi lasciarsi cadere a
terra sulle ginocchia, stanco, fradicio e gocciolante. Ma era davvero
la stanchezza il motivo per il quale si trovava in ginocchio?
Nami
voleva vedere: riprese a
strofinare gli occhi freneticamente quando finalmente la vista
iniziò a tornare a fuoco e finalmente poteva vederlo. Gli
occhi
facevano male ma chi se ne importava, era davvero lui. Era lui.
Aveva
smesso di piangere ormai
perché la sua attenzione si era concentrata solo sul
comportamento strano dello spadaccino. Zoro chinò il capo e
sfiorò le mani di Nami esitante e tremante, per poi
stringerle
tra le sue. Nami rimase sorpresa e non poté fare a meno di
ritrarsi impercettibilmente al suo tocco, ma restò in
silenzio e
in attesa. Voleva dire milioni di cose e nessuna nello stesso tempo.
« Non
dovevi andartene
tre anni fa Nami ma adesso non puoi tornare così...non ce la
faccio. Quando sei andata via ho cercato in ogni modo di dimenticarti,
di non pensare che te ne eri andata per colpa mia…Tutto era
cambiato. Mi mancava una pazza scatenata, una strega rompiscatole che
non faceva altro che sbraitare. Persino il cuoco non mi rivolgeva
più la parola e la strega in seconda mi guardava sempre in
maniera strana quasi volesse dirmi qualcosa, non sai quanto mi dava sui
nervi. Solo Rubber mi parlava ancora…lui è sempre
stato
l’unico a non vedermi come una pecora nera. Ciò
nonostante
mi sentivo solo. Sono sempre stato solo, sono stato addestrato alla
solitudine nella mente e nell’anima ma senza di te non mi
sono
mai sentito davvero così solo. Tutto
quello che avevo
conquistato girava intorno a te. Me lo diceva sempre il mio maestro:
“Attento Zoro, quando la solitudine è troppa e
troppo
forte, finisci col perdere te stesso” e io mi sono perso.
Dopotutto, mi perdo sempre no? Sei tu la navigatrice, non
io… ».
Si
fermò e restò in
silenzio alcuni secondi lunghi un’eternità.
Riusciva
ancora a fare dell’ironia, persino su se stesso.
Nami lo
fissava.
Il tempo
si era fermato.
Osservava
Zoro in un’ennesima
prova di coraggio personale. Quello che vedeva era un samurai
inginocchiato davanti ad una ragazza nel tentativo di redimersi e
liberarsi dei propri fantasmi. Per un attimo si domandò se
Zoro
stesse piangendo ma era impossibile da capire essendo gocciolante e
comunque non riusciva a vederlo in volto.
Il
silenzio della notte era un’arma davvero spaventosa e
tagliente.
« Nami,
se torni
sconvolgi il mio mondo e non so se sono pronto. Quando ti ho visto il
primo giorno sulla nave, ti ho odiato profondamente per essere
riapparsa così all’improvviso proprio come te
n’eri
andata, senza darmi il tempo e la possibilità di restare
sano.
Ti ho spinto ad andartene perché non volevo che tornassi,
desideravo con tutto me stesso di non vederti mai più. Avevi
già sconvolto il mio mondo in maniera irreparabile una
volta. In
una maniera che nemmeno io mi sarei mai immaginato. Cosa sarebbe
successo se fossi rimasta? Che ne sarebbe stato di
me?! »
domandò con rabbia.
Ancora
silenzio.
Nami
ascoltava. Le parole riecheggiavano nella testa e facevano un gran
baccano.
« Voglio
che tu sappia
che mi dispiace per la faccenda di Pauly. Dopo che te ne sei andata ho
iniziato ad avere molti dubbi sulle mie capacità di
spadaccino e
su quello che mi era stato insegnato. Tutte le mie
convinzioni…le mie certezze,
svanite…crollate…te
ne eri andata a causa mia. Decisi che da quel momento avrei combattuto
su ordine di Rubber, non avrei fatto ne più né
meno di
ciò che mi veniva richiesto. Non volevo più
scegliere.
Non ero più me stesso. Sentivo il vuoto e l’ombra
dentro
di me crescere ogni giorno di più, sentivo che non avevo
più nulla per cui combattere. Agitare le spade contro
qualche
farabutto era diventato un gesto meccanico, senza voglia e sentimento.
Non avevo più voglia di combattere, ma solo
di…uccidere.
Sono diventato una perfetta macchina per uccidere, un
mostro... » disse in un tono che aveva
quasi del
sarcastico.
“Robin
aveva ragione” pensò Nami.
« Ti
ho odiata Nami… - la rossa
sussultò e subito
Zoro si corresse - ma mai quanto ho odiato me stesso nel momento in cui
ti ho lasciata andare la prima e persino la seconda volta. Quella sera,
quell'ultima sera, quando ti raggiunsi sul ponte per parlarti, era per
dirti che non volevo pensassi di me che sono un essere abominevole ma
non ci sono riuscito, maledizione! Non ci sono riuscito! Sono il
più stupido degli stupidi e il più codardo tra i
codardi!
Invece era proprio quello che pensavi, non è vero? E te ne
sei
andata - Zoro si concesse una pausa. Il respiro era affannato: per lui
doveva essere una prova molto dura da superare - Sono sempre stato
convinto che tu fossi e saresti sempre stata la mia unica e
più
grande debolezza. Ero così debole quando tu eri nei paraggi:
com’era possibile che una ragazzina abbassasse
così le mie
difese? Non riuscivo mai a dire no, non riuscivo mai ad avere
l’ultima parola con te. Tu, così solare,
così
allegra, così viva....sempre pronta a combattere, sempre
pronta
a sacrificarsi, sempre pronta a farmi crollare con un solo sguardo. Io
invece sono un samurai e devo avere una sola vocazione: la spada. Hai
sempre avuto ragione sul mio conto: sono uno stupido. Troppo tardi ho
capito che eri la mia forza. La mia vera forza. Vederti combattere mi
faceva sferrare sempre un colpo in più. Sei stata una
tempesta
arrivata troppo in fretta nella mia vita e troppo in fretta te ne sei
andata lasciando dietro di te nient’altro che
cenere ».
Di nuovo
silenzio.
Nami si
rendeva conto che non era
facile per lui. Le parole uscivano rigide e a fatica, era come se una
parte di lui stesse cercando di riprendersele e di trattenerle ma era
evidente che Zoro invece voleva dirle e stava combattendo contro il suo
orgoglio.
Presto o
tardi avrebbe dovuto
parlare anche lei, cosa avrebbe detto non lo sapeva. Troppi pensieri
occupavano la sua testa, non c'era tempo per pensare.
« Non
sono bravo in
queste cose…Mi costa molto riuscire a fare questo, spero tu
lo
possa comprendere – la stretta attorno alle sue mani
diventava
sempre più forte e la voce era quasi strozzata –
perdonami, Nami. Perdonami per averti odiata, perdonami per averti
cacciata, perdonami per averti sempre ignorata o trattata male o per
averti fatto credere da sempre che di te non mi importasse nulla.
Perdonami per il dolore che ti ho causato: non lo meritavi. Solo ora lo
capisco, solo ora che sono stato ad un passo dal perderti davvero per
sempre. Non ho nessun diritto di venire qui a dirti tutto questo. Chi
sono io se non uno stupido e rozzo troglodita senza il senso
dell'orientamento? Ma era giusto che tu sapessi e credo di dovere un
grazie a qualcuno per avermi spinto a venire fin qui. Non so nemmeno
come ho fatto ad arrivare senza
perdermi... » sembrava
stesse abbozzando un ghigno.
Restava inginocchiato
di fronte a lei senza alzare lo sguardo…imbarazzo,
pentimento, perdono....amore…
Il
coraggio e l’orgoglio
avevano combattuto una dura battaglia in lui per tanto tempo ma
finalmente il coraggio aveva vinto.
« Ho
combattuto come un
leone Nami, credimi, ma non ho mai avuto armi contro di te. Tutti gli
anni passati a ignorarti, a trattarti male, erano tutte scuse per
mantenere il distacco ma io non lo sapevo! Non avevo idea di cosa fosse
ciò che nutrivo nei tuoi confronti. Temevo che
avvicinandomi, la
mia vocazione di diventare lo spadaccino migliore del mondo sarebbe
andata perduta e avevo un voto da mantenere...e
c’era lei… » Nami
sussultò.
“Lei”
era Kuina: la devozione e l’amore di Zoro per Kuina
l’avevano sempre spaventata.
« …ma
lei
è il passato ed è ora che me ne renda conto.
Senza di te
invece non sarò mai lo spadaccino migliore del mondo, se non
ho
nulla da difendere...se non ho nulla per cui combattere. Senza di
te sono nessuno. Non avrei mai dovuto scegliere tra te e la
mia
vocazione…perdonami ».
Cosa
stava facendo? Stava.......implorando?
Nami era
confusa: si trovava
davanti ad uno Zoro che non conosceva. Sapeva da sempre che in lui
(molto molto in fondo e ben nascosto) si nascondeva un animo dolce e
molto più sensibile di quanto non volesse mostrare, sotto
alla
corazza del cavernicolo e nascosto in qualche angolo remoto, ma mai
avrebbe pensato che una cosa del genere sarebbe accaduta.
« Appena
il cuoco mi ha
aperto gli occhi sono corso qui, non so nemmeno io con quale scopo. Ho
corso e basta. Sentivo che era la cosa giusta da fare. Poi ho visto
quei bastardi…e non mi sono potuto trattenere! Dovevo
ucciderli…ho desiderato eliminarli uno ad uno! –
la presa
si faceva forte e i denti erano stretti, era infuriato al solo pensiero
– Quei bastardi! Avrei
voluto… ».
« Zoro » lo
interruppe Nami.
Lo
spadaccino alzò lo sguardo a fatica come se sulla testa ci
fosse un masso di una tonnellata.
Si
fissarono per un lungo istante.
L’ombra
scura e truce nei
suoi occhi era svanita. Lo sguardo era tornato quello di sempre e
quello che lei ricordava, fiero e orgoglioso e timido ma fortemente
provato.
« Sono...sono io che
ti devo delle scuse. Non avrei mai dovuto darti la colpa della morte di
Pauly. Sono stata una stupida…anche più stupida
di te e
sono davvero troppo egoista. Non ti ho voluto ascoltare. Ho compreso
troppo tardi che l’avevi fatto per salvarmi, ho compreso
troppo
tardi la scelta che avevi dovuto fare e non ho…non mai
pensato a
quanto ti sia potuta pesare o costare quella scelta. Non ho mai pensato
che anche tu sapessi…sapessi soffrire - disse Nami con forte
imbarazzo - Ho pensato solo a me, come sempre. Perdonami. Sono stata
egoista e ingiusta. Lo sono sempre stata nei tuoi confronti. Ho cercato
di odiarti e ci sono riuscita ma sono arrivata ad un punto in cui il
mio cuore aveva capito e per quanto io ti abbia rinnegato con tutta me
stessa alla fine, hai vinto tu. Questa volta hai avuto tu
l’ultima parola. Grazie Zoro » rispose Nami
gettandoglisi
al collo.
« Ti
ho odiato tanto
Zoro – disse Nami usando le stesse parole che Zoro aveva
usato
poco prima - ma mai quanto ti ho amato. Ti amavo da sempre ma anche io,
come te, me ne sono resa conto troppo tardi. Non sai quanto tempo ho
desiderato rivederti e quanto ho sofferto rivedendoti finalmente sulla
Sunny senza poterti parlare perché ero convinta che mi
odiassi.
Esiste un vecchio detto che dice: “La solitudine: o ci fa
ritrovare o ci fa perdere noi stessi”. Per quel che mi
riguarda,
sono vere entrambe ».
Zoro non
rispose, continuava a
guardarla con gli occhi stanchi; entrambi avevano lottato
così a
lungo ma erano finalmente liberi dal demone che li possedeva.
« Ti
sei tagliata i capelli. Ora sei proprio la strega di
sempre ».
Bastarono
quelle parole,
perché senza pensarci Nami appoggiasse le labbra su quelle
dello
spadaccino che ricambiò inerme. Aveva ritrovato Zoro o
meglio
Zoro l’aveva ritrovata: per una sola volta nella vita era
stato
Zoro a riportarla sul sentiero di casa.
Chi
l’avrebbe mai pensato che dopo tanti anni insieme passati ad
insultarsi e a punzecchiarsi, sarebbe finita così?
La
sollevò facilmente ma delicato come chi ha tra le mani una
farfalla, la fece sdraiare sul divano.
Zoro non
era un esperto:
c’era una certa differenza tra divertirsi con le
signorine del porto ed essere lì con la persona
più
importante; ma in quel momento non gli importava di essere teso e
imbarazzato, si lasciò guidare dal proprio istinto e Nami lo
assecondò.
Le mani
di Zoro si mossero leggere
ma tremanti sotto la maglietta di Nami. Aveva paura di farle male dopo
la battaglia che aveva affrontato.
Rimase
fermo sul suo ventre sottile come quello di una vespa, accarezzandolo e
baciandolo.
Nami al
contrario non si fece
problemi a strappargli la camicia di dosso. Era un po’
dolorante
ma anche a lei non importava nulla. L’imbarazzo e rossore
sulle
guance dello spadaccino la facevano impazzire.
Uno ad
uno, ogni vestito cadde.
Nami
accarezzava quel corpo, liscio
e perfettamente scolpito. Passò con il dito ogni cicatrice
che
Zoro aveva sul petto, pensando a quanto male avesse dovuto sopportare
nella sua vita e pensando anche a quanto bene lei avrebbe potuto e
saputo dargli.
Così
diversi ma così
simili, così uniti. Erano complementari: il giorno e la
notte,
il fuoco e il ghiaccio. L’uno il susseguirsi
dell’altro.
Erano
finalmente insieme.
Quanto
era costato a Zoro
nascondere tutto quello per così tanti anni, quanta forza
gli
era servita? Certamente oltre ogni immaginazione e Nami lo capiva alla
perfezione. Anche a lei ne era servita molta per combattere il proprio
orgoglio. Zoro però era forte, lo era davvero e non sapeva
mentire.
La
sollevò con passione e
non si azzardò mai a staccare le proprie labbra da quelle di
Nami, mentre la portava in camera da letto, come se avesse paura di
poterla perdere di nuovo da un momento all’altro.
Si
amarono quella notte come mai prima di allora. Erano liberi di amarsi
per sempre.
Cosa
sarebbe successo la mattina seguente? Chi se ne importava.
Quello
era un altro momento, era un altro mondo.
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Capitolo 13 *** AND NOW? ***
Nami
aprì gli occhi. Era nel suo letto, era sola
e…vestita?
Forse aveva sognato tutto. Si sollevò dubbiosa. No, non
poteva
aver sognato: il profumo di Zoro inondava tutta la stanza e le lenzuola.
Aprì la finestra veloce sperando che non se ne fosse andato
e lo vide davanti alla veranda ad allenarsi. Sorrise.
Si infilò un paio di pantaloncini, una canottiera e i soliti
sandali altissimi, e corse in giardino.
Andò in veranda facendo
piano per non distrarlo ma era impossibile che non si fosse
già
accorto della sua presenza.
« B…buongiorno » disse
senza smettere di allenarsi, per evitare lo sguardo di Nami. Zoro era
molto timido e probabilmente si sentiva imbarazzato. Quanto era buffo
quando arrossiva.
« Buongiorno » gli
rispose sorridendo ammiccante.
« Scusa se mi sono
alzato e ti ho lasciata sola - - - cinquecento, cinquecentouno - - - ma
dovevo recuperare ».
« Non … non preoccuparti.
Dov’è il… »
« L’ho riportato
ai suoi genitori. Non chiedermi com’è andata e
come ho
fatto a trovarli ».
Nami abbassò lo sguardo, intristita e amareggiata.
« Quando finisci, mi trovi in
spiaggia » gli disse.
« Cinquecentotrenta,
cinquecentotrentuno… »
Nami si incamminò verso la spiaggia.
La giornata era meravigliosa: il
temporale aveva spazzato via ogni nuvola e la foschia. Il mare era
piatto come una tavola e limpidissimo.
Riprese a pensare ai suoi compagni:
si era resa conto che non erano partiti perché la tempesta
li
aveva colti prima del previsto, inoltre Robin come sempre era riuscita
a combinare il tutto. Era quasi certa che Robin nascondesse qualche
altro potere.
Comunque, ancora non le sembrava
vero che fosse successo tutto così in fretta. Certo, era
proprio
da Zoro abbandonare tutto di punto in bianco se di mezzo
c’era un
ideale da inseguire…
Era felice sì ma era tutto
così strano…Cosa sarebbe accaduto adesso? Questo
era il
momento buono per pensarci. Si sentiva sospesa in un limbo dal quale
non sapeva come uscire.
Andò a sedersi sulla
scogliera mentre aspettava che Zoro la raggiungesse. I gabbiani
sghignazzavano contenti per tutto il pesce che la marea aveva portato a
riva.
Non c’era pensatoio migliore di quello.
Poco più tardi Zoro la
raggiunse e le si sedette accanto. La bandana sugli occhi, quasi a
nasconderli. Il suo imbarazzo era tangibile.
« Allora, non mi hai ancora detto perché
siete rimasti… ».
In realtà si era già
risposta da sola alla domanda, ma sentigli raccontare la propria
versione sarebbe stato molto più interessante.
« Brook aveva previsto
la tempesta, così si è pensato di rimandare la
partenza.
Inizio a pensare che non sia stato un caso, non del tutto
almeno ».
« Brook non è male come navigatore a
quanto pare »
« Non quanto
te » rispose imbarazzato con tono severo.
« E dopo che cosa è
successo? »
« In realtà,
tutti si chiedevano dove fossi finita dalla sera prima. Non offenderti
ma non avevo detto a nessuno. Sanji deve aver intuito che ti avevo
spinta ad andartene e si è arrabbiato ma Nico Robin era
stranamente troppo tranquilla. Dopocena, nonostante la tempesta, sono
uscito ad allenarmi. Ad un certo punto è arrivato il cuoco
che
si è messo a farmi la paternale e allora ho capito. Sembro
una
stupida testa di rapa ma ogni tanto anche io so cogliere le allusioni.
Ho mollato tutto e…e sono corso qui. Come avrai notato, non
ho
la Wado Ichimonji…ho pensato fosse meglio lasciarla sulla
nave.
Spero per lui che l’abbia trattata con cura o
sentirà
quanto affilata è la sua lama…Mentre scendevo
dalla nave
mi è sembrato di vedere Rubber e gli altri incollati agli
oblò che cercavano di capire cosa stava accadendo. Nico
Robin
aveva la solita espressione, come se in qualche modo sapesse o si fosse
messa d’accordo con il cuoco »
« Sì, è tipico di
Robin! »
« Non sarà facile spiegare a Rubber tutto
questo. Il suo cervello non comprende certe
cose... ».
« Che storia avvincente
- lo canzonò Nami - Beh, non credo sarà
necessario
spiegarglielo. Prima o poi lo capirà, mi
auguro » sorrise serena Nami.
« Convinta tu... ».
Restarono in silenzio a fissare il mare.
A Zoro non piaceva parlare, Nami lo sapeva e non gli importava. Non era
il momento adatto alle forzature.
« Sai che ore sono? »
« A occhio e croce dovrebbe essere quasi mezzogiorno
» disse Nami osservando la posizione del sole.
Sospirarono all'unisono.
« Che cosa faremo adesso, Zoro? »
« La domanda più giusta è cosa
farai tu »
Sorrise tristemente Nami.
« Non lo so… »
Zoro trattenne il respiro.
« Non ho intenzione di
costringerti. Adesso sai che cosa penso e sai che
c’è
qualcuno che combatterà sempre per te…Non importa
quanto
tu sia lontana. Ora che entrambi sappiamo, sarà
più
facile. Se tu fossi vicina – aggiunse un
po’
imbarazzato - sarebbe meglio ».
« Sei carino quando arrossisci ».
Lui arrossì ancora di più.
« Piantala ».
« Verrò con voi.
Mi manca il mare…Mi mancate tutti. Ho bisogno di sentirmi
viva,
di nuovo. E’ stato stupido abbandonarvi…Sono stati
tre
lunghissimi anni Zoro, anni difficili e ho fatto delle cose e
sono
successe delle cose di cui non vado fiera. Non ne andresti fiero
nemmeno tu se le sapessi ».
« Non mi interessa
quello che è stato. Entrambi abbiamo commesso degli errori.
L’unica cosa che m'importa ora è vedere che non
sei
cambiata, che in fondo sei sempre rimasta tu. Ho chiuso con il
passato ».
Nami sorrise di nuovo.
Rimasero alcuni secondi senza parlare.
« Nami, io non sono un
“marito”…se capisci cosa intendo. Non
sono come quel
donnaiolo del cuoco. Non credo mi vedrai mai fare sviolinate o coprirti
di complimenti o cose simili, l'abito che vorresti farmi indossare mi
va stretto. Ma stai certa che quello che sento per te è vero
e
reale e non cambierà, non finché le mie spade
saranno in
grado di difenderti. Avrai sempre il mio cuore e mi avrai sempre al tuo
fianco. Il giorno in cui non sarò più in grado di
fare
questo mi farò da parte, lo giuro. Non crederò
mai che il
tuo affetto sia scontato…Combatterò sempre per te
e per
mantenerlo vivo. Te lo prometto. Questo è il mio nuovo voto.
Sono certo che Kuina capirà…– disse
guardando in
cielo – Adesso avrò un motivo in più
per mantenere
il voto che avevo fatto con lei. Ora ho capito come diventare il
migliore del mondo: bisogna avere qualcuno da amare e da difendere. Ora
lo so ».
Nami rise e Zoro grugnì in
segno di disapprovazione. Non era facile per lui esprimere certi
pensieri, figuriamoci poi se la diretta interessata si metteva a ridere.
« Zoro, ti sembro il
tipo di ragazza che potrebbe desiderare un uomo come Sanji? Non sono
certo una donzella indifesa io o un’ochetta senza
cervello! » gli disse ridendo.
« Già, non direi
proprio » sogghignò Zoro con suo
sorriso scanzonato.
« Inoltre non mi sembra
di aver mai detto che devi indossare i panni del fidanzato. Nemmeno io
mi ci ritrovo troppo comoda sai? Vorrei solo che fosse tutto come
prima, con una nota di colore in più ».
In fin dei conti era quello che desiderava anche lui.
Era tornato il suo Zoro. Un amico e
un compagno di avventure prima ogni altra cosa e quella che stavano per
affrontar insieme sarebbe stata l'avventura più strana,
difficile ed emozionante di tutte.
« Non mi aspetto niente
Zoro. Non pretendo nulla (se non i soldi che ancora mi devi carino)
– Zoro si irrigidì e Nami si mise a ridere - Mi
conosci…non sono smielata, non sono il tipo. Sapere che ci
sei e
che ogni tanto saprai sorprendermi come hai fatto ieri è
sufficiente. Voglio che le cose tornino come un tempo, solo
questo ».
Il vento soffiò dal mare e li inondò di una
leggera spruzzata d’acqua.
« Dimmi un po', dicevi sul serio? Rivuoi davvero
tutti i soldi che ti devo? » chiese lo
spadaccino.
« Ma che domande.............certo che
sì! Anzi, ora sei obbligato ».
Zoro grugnì in una smorfia.
« Ma pensi solo a quello?!
Strega ».
Nami sorrise compiaciuta.
« Come vanno le
ferite? » chiese Zoro.
« Penso di aver passato momenti peggiori. Certo si
fanno sentire ».
Le venne istintivo toccarsi la cicatrice.
« Chopper non
vedrà l’ora di aiutarti…E’
ora di andare.
Rubber sarà preoccupato » disse
Zoro levandosi
in piedi e incamminandosi verso la città.
« Ehi aspettami! Non vorrai rischiare di
perderti »
« Difficile. Dopo questa notte non credo mi
perderò più ».
Il tragitto fu lungo e silenzioso.
Zoro, si sapeva, non era molto loquace. Nami era felice e soprattutto
era serena, camminava appena dietro di lui e lo guardava compiaciuta e
sorridente. Non c'era bisogno che nessuno dei due parlasse. Non era
necessario ma a Nami avrebbe fatto molto piacere potergli leggere nel
pensiero per sapere cosa passava in quella “testa di
rapa”.
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Capitolo 14 *** SURPRISE ***
« Accidenti…Ma
dove è finito Zoro? E’ ora di partire! Perderemo
la marea
uffi! » disse Rubber immusonito e seduto
sulla polena.
« Calma
Rubber, sono certa che sarà di ritorno fra poco. Ho questo
presentimento ».
« Già
– sospirò Sanji – Non è uno
sprovveduto quella testa di legno ».
« Come
fai a saperlo Robin? »
« Semplice
Rubber – rispose lei sorridendo – Sta arrivando
proprio da lassù ».
Robin
indicò in direzione della scogliera.
Qualche
minuto più tardi,
Zoro spuntò dalla spiaggetta e salì a bordo. Nami
era
rimasta indietro per far loro una sorpresa.
« Zoro!
Eravamo preoccupati! » disse Rubber.
« Parla
per te Rubber » rispose Usop un
po’ scocciato.
« Tutto
bene amico? » chiese Franky.
« Sì,
tutto bene » andando diritto sotto coperta.
Per una
volta, nessuno dei suoi
compagni cercò di farlo sentire in imbarazzo
bensì si
comportarono come se la sera precedente non avessero visto
né
saputo cosa stava succedendo. Era chiaro che lo sapevano ed era certo
che l'unico a non aver capito fosse proprio Rubber: Nami aveva deciso
di restare indietro per fare una sorpresa proprio al suo capitano.
Mentre
scendeva di sotto
incrociò lo sguardo di Robin e in maniera impercettibile le
fece
un cenno d’assenso, lei gli sorrise per approvazione. Sanji
non
disse nulla, pur avendolo notato, limitandosi ad incrociarne lo sguardo
con falso (falsissimo) disprezzo.
Alcuni
minuti dopo….
« NAMI!!!!
Sei
tornata! - urlò
Rubber - Sai anche Zoro
è appena tornato! Vi siete incontrati lungo la strada?!? Che
bello ora ci siamo proprio tutti! ».
« Già…Che
coincidenza eh!
Dannazione » sbuffò Sanji
pestando la sigaretta per terra con inutile violenza.
« Rubber,
posso tornare a far parte della tua ciurma? ». Non
volle girarci attorno troppo a lungo.
Ci fu un
attimo di silenzio.
Tutti
urlarono di gioia e iniziò una grande festa per la ritrovata
navigatrice.
« Lo
prendo come un sì! » disse
abbracciandoli in lacrime.
Nel
frattempo Sanji, raggiunse Zoro
sottocoperta che preferiva evitare i festeggiamenti. Lo
trovò
stravaccato suo letto con gli occhi chiusi.
« Lo
so che non stai
dormendo. Se cerchi la Ichimonji, l’ho riposta nel tuo
armadietto. L’ho asciugata e riposta nel
fodero ».
« Devo
ringraziarti. Non
solo per la spada… » sempre
restando sdraiato e
senza guardare Sanji negli occhi.
« Dacci
un taglio. Non
ho bisogno dei tuoi ringraziamenti. So riconoscere una sconfitta quando
la vedo e so aiutare un...amico. E comunque, non illuderti troppo.
L’ho fatto soprattutto per Nami. Lo sapevo da anni, prima o
poi
sarebbe successo. Solo tu eri l’unico stupido a non essertene
accorto…a parte Rubber ma con lui non c'è
concorrenza.
Che razza di citrulli. Solo stai attento a non farla soffrire o a quel
punto dovrai vedertela con me ».
« Sai
che paura »
« Prova
a ripeterlo »
« Piantala,
ti prometto
che non accadrà. L’ho promesso a lei e adesso lo
prometto
a te. Ti devo molto »
« Non
mi devi nulla,
testa di muschio » e così
dicendo voltò
le spalle, per tornare sul ponte a festeggiare.
« Sanji »
lo chiamò Zoro.
« Uh?
» Sanji restò di spalle voltando appena la testa.
« Tu
la ami davvero, non è così? »
Sanji
esitò.
« Ha
importanza? » chiese abbassando lo sguardo. Sembrava stesse
sogghignando dal tono della voce.
Zoro non
rispose, si limitò ad osservarlo. Sapeva benissimo la
risposta. Sanji a quel punto uscì.
Nami sul
ponte informava i suoi
compagni di quanto era successo la sera
precedente, preoccupati
nel vederla così “ammaccata”: era meglio
sbrigarsi a
partire. Probabilmente erano già sulle loro tracce.
Mollarono
gli ormeggi e spinta dal
vento la Sunny uscì dalla baia con grinta. Nami sulla polena
sorrideva felice, tenendo ben stretto il Cappello di Rubber prestatole
per l'occasione speciale. Non si mosse da lì fino al
tramonto,
non aveva nessuna intenzione di perdersi un solo attimo di quell'aria
meravigliosamente fresca e profumata e di quella libertà.
Era
così tanto tempo che non osservava un tramonto nel bel mezzo
dell'oceano che non poteva perderselo per nulla al mondo.
Zoro la
raggiunse più tardi, poco prima del calar del sole quando il
cielo iniziava a colorarsi di rosa.
Si
sorrisero a vicenda, pronti ad affrontare tante nuove avventure assieme.
Era un
nuovo inizio per Nami, era un nuovo inizio per Zoro, ed era un nuovo
inizio per ognuno di loro.
Quello
era un nuovo inizio verso il Nuovo Mondo.
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Capitolo 15 *** Nami: I'M GONNA HAVE FUN! ***
Non
mi sembrava vero.
Il mondo
girava troppo veloce.
Come
sarebbe stata la nostra vita da ora in avanti?
Io
desideravo che le cose non cambiassero.
Era un
lato di Zoro che non
conoscevo. Pensandoci meglio, mi immaginavo che tutto avrebbe dovuto
essere come un tempo: io che giro su e giù per il ponte e do
ordini a destra e a sinistra, e mentre tutti corrono indaffarati lui
ronfa all’ombra degli alberi. A quel punto avrei iniziato a
sbraitare. Classici battibecchi tra fidanzatini. Ora che ci penso,
anche prima era così!........Che imbarazzo…..
O magari,
mi sarei messa a prendere il sole con Robin sul ponte e Sanji avrebbe
iniziato a fare il donnaiolo come sempre.
“Nami
adorata posso spalmarti la crema?”
“Ma
certo Sanji” e vedere Zoro aprire un occhio e schiattare di
gelosia. Questo era divertente.
Come ho
fatto a non accorgermene prima ancora non lo capisco. Ora che lo vedo
chiaramente mi sembra molto evidente. Mah…
Che bella
la sensazione del vento
tra i capelli e il profumo del mare e che tramonto meraviglioso! Quanto
mi mancava tutto questo!
« Ehi
Rubber ridammelo! Era il mio pezzo di torta! »
« No
era il mio! »
« E
chi l’avrebbe deciso scusa?! »
« Io
sono il capitano! »
« E
allora?! Eravamo in
tre a volerlo e tu ti arroghi sempre il diritto di finire
ciò
che resta nel piatto! Di’ un po’ ma non ti
vergogni?! ».
« Sì
Rubber, Usop ha ragione! ».
« Certo
che non mi vergogno! ».
« Cerchi
guai allora! Avanti Chopper diamogli una lezione! »
« Ci
sto! Io sono pronto! All’attacco!! ».
« Adesso
vi sistemo io! ».
Mi erano
mancate persino le loro
bisticciate, per questa volta non me la sento di prenderli a sberle per
aver rovinato il mio momento di meditazione. Solo per questa volta
però.
Siamo una
famiglia, tutti quanti
insieme. Ora mi sento parte integrante forse ancora di più
rispetto a tre anni fa, molto più di quanto non mi fossi mai
sentita prima.
Eccolo
qua, avrà già dormito abbastanza?
Forse
dovrei iniziare a essere gelosa delle spade……
............ma
cosa sto dicendo?!
Preparati
Zoro, se prima ti facevo impazzire ora sarà molto peggio! Mi
divertirò da pazzi!
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Capitolo 16 *** Zoro: THE MASTER OF MY FAITH, THE CAPTAIN OF MY SOUL ***
Sono felice che alla fine tutto si sia
concluso per il meglio.
Guardandola
ora così serena
e felice, mi rendo conto che forse avrei dovuto farlo molto prima.
Tutto credevo, ma non che per lei valessero le stesse cose.
Quando
quel cuoco da strapazzo mi
ha detto di correre da lei, ho corso; non so nemmeno io come ho fatto a
non perdermi ma dentro di me sentivo che aveva bisogno di me e che era
nei guai. Era sempre stato così: non potevo lasciarla sola
un
minuto che si cacciava nei guai, immagino in tre anni. Mi ha detto di
averne passate di tutti i colori e di vergognarsi molto di
ciò
che è stato, conoscendola probabilmente non ne sarei
entusiasta
ma ora come ora non me ne importa niente.
Abbiamo
sofferto troppo entrambi per poterci permettere di rivangare
ciò che è stato.
Deve
averne passate molte in questi tre anni. Lo vedo nei suoi occhi.
Il cuoco
aveva ragione, la
stanchezza del suo animo è evidente. Qualunque cosa abbia
fatto
o le sia capitata deve averla provata duramente ed è una
magra
consolazione per me che ancora mi sento responsabile sapere che non ero
solo nella mia sofferenza.
Ero
sempre stato così cieco
da non accorgermi di quanto lei per me fosse importante. Ora capisco il
perché non appena c’era puzza di pericolo mi
veniva
istintivo correre a salvarla.
Ah
dannazione, ora quel viscido
cuoco dei miei stivali non perderà occasione per farmi
diventare
matto…lui e i suoi tentacoli. Per fortuna Nami sa il fatto
suo.
Ma stai attento sopracciglio a ricciolo, non allungare troppo le mani o
te le taglio.
“Sei
geloso spadaccino???” .
Già
lo immagino.
Comunque
sia, ora che Nami è
tornata mi sembra che tutti siano più sereni. Il quadro
è
completo e l'armonia tornerà a regnare sovrana: mi sembra
che si
respiri un’aria nuova. Ce n’era bisogno. Io sono il
primo a
sentirmi finalmente libero dai fantasmi del passato.
« Ehi
Zoroooo! Non stare
lì come uno stoccafisso! C’è bisogno di
un quarto
per fare a botte! ».
« Zoro
è in squadra con noi! »
« Non
credo proprio Usop! »
« Come
sarebbe a dire?! Tu vali già per tre! »
« Niente
da fare! Muoviti Zoro! ».
Ci
risiamo, siamo alle solite.
« Arrivo
Rubber, arrivo ».
Lasciamela
guardare un’ultima volta…
E' bello
vederla sorridere.
Non so
perché ma ho la sensazione che se prima mi rendeva la vita
impossibile, i giorni a venire saranno anche peggio.
Mi viene
in mentre un vecchio
mantra che il maestro ci faceva recitare per “scacciare i
demoni
e liberare lo spirito e riprendere il controllo del nostro
destino”. Non ci ho mai capito nulla e ho sempre pensato che
fosse inutile così l'ho dimenticata. Ora però la
ricordo
alla perfezione e mi sembra chiaro come il sole il messaggio che
cercava di trasmetterci:
Dal
profondo della notte che mi avvolge,
buia
come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio
gli dei qualunque essi siano
per
l'indomabile anima mia.
Nella
feroce morsa delle circostanze
non
mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto
i colpi d'ascia della sorte
il
mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre
questo luogo di collera e lacrime
incombe
solo l'Orrore delle ombre,
eppure
la minaccia degli anni
mi
trova, e mi troverà, senza paura.
Non
importa quanto sia stretta la porta,
quanto
piena di castighi la vita,
io
sono il padrone del mio destino:
io
sono il capitano della mia anima.
Aveva
ragione: io sono il padrone del mio destino, il capitano della mia
anima.
E'
incredibile come nella vita ogni cosa presto o tardi prenda una sua
forma.
« Zoro
ti muovi?!?!? -
questo è Usop - Si può sapere a cosa stai
pensando?!?!?
Non ce la facciamo più a tenerlo
fermo!!! ».
« Sto
arrivando! Mi spiace Rubber ma stavolta sono con Usop e
Chopper! ».
TO BE
CONTINUED...
***ANGOLO DELL'AUTRICE
Si
conclude così il secondo capitolo!
Spero
lo abbiate gradito e spero di essere riuscita a trasmettere le emozioni
e i sentimenti dei protagonisti allo stesso modo in cui le ho vissute
io nello scriverlo e, ancora oggi, nel rileggerlo.
La
poesia finale che forse non tutti conoscono (o magari la ricorderete
nella pubblicità tv di Invincibili) è a onor del
vero di William
Ernest Henley: ho voluto inserirla tra i pensieri di Zoro
perchè mi
sembra molto adatta alla situazione oltre che perfettamente in linea
con il carattere del nostro samurai.
E'
una poesia che trovo davvero meravigliosa ed è ad essa che
ho voluto
ispirarmi nello scrivere il secondo episodio (thank you very much Sir
W.E. Henley ^_^ ).
Infine
un grazie gigante ai miei lettori e ai miei recensori per il supporto
che mi date in quest'avventura, un grazie davvero di cuore a tutti
tutti tutti senza esclusioni!
A
prestissimo con l'ultima avventura dei Mugiwara!
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