Carried away

di Phoenix Angel Suyari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carried away ***
Capitolo 2: *** Coming home ***
Capitolo 3: *** Mocking bird ***
Capitolo 4: *** Thursday's child ***



Capitolo 1
*** Carried away ***


Titolo: Carried away

Autore: Phoenix Angel Suyari

Rating: PG

Riassunto: non è mai troppo tardi per essere parte di qualcosa…

Traduzione: Chu

Link alla storia originale: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9357.html#cutid1

*

“RAGAZZO! Va’ ad aprire!”

Harry corse velocemente lungo il tappeto molto pulito di zia Petunia e fuori nell’ingresso. Non era ancora grande abbastanza per raggiungere la serratura, ma zia Petunia e zio Vernon la lasciavano aperta durante il giorno, quindi tutto quello che doveva fare era girare la maniglia. Anche questo era difficile da fare, ma non impossibile, come la serratura, per la quale aveva bisogno di una sedia.

Stando in punta di piedi, allungò la mano in alto sopra la sua testa e curvò la fine di dita molto piccole intorno alla maniglia d’argento. Ci vollero due tentativi – le sue dita continuavano a scivolare e poi lui cadde – ma alla fine ci riuscì, avvertendo un piccolo flusso di orgoglio per averlo fatto. Barcollando indietro, tirò, e si spostò di lato, per spingere la pesante porta dal davanti.

Quando la porta fu aperta abbastanza, guardò su, e dovette allungare il suo collo molto indietro. Sugli scalini della porta c’erano tre uomini. Uno era molto vecchio e gli sorrideva gentilmente. Alla sua sinistra c’era un uomo molto alto con i capelli neri, proprio come i suoi. E accanto a lui, un uomo più basso, che sembrò ad Harry come se fosse perfettamente apposto se l’avesse accolto con un abbraccio.

Il che, Harry pensò sarebbe stato carino forse, ma era un estraneo.

“Ciao,” disse il vecchio uomo, ed Harry tornò a guardarlo. “Stiamo cercando Vernon Dursley.”

Harry sbatte le palpebre, e poi tossì debolmente, facendo aggrottare la fronte all’uomo con i capelli scuri.

“Ragazzo! Chi è?”

Harry si tirò indietro e si appoggiò alla porta. “E’ per te, zio Vernon!”

Appena il paffuto uomo entrò nell’ingresso, Harry si sentì molto ben disposto ad andare ad abbracciare l’estraneo. Al contrario, si fece molto piccolo contro la porta, sapendo che se fosse rimasto in silenzio e senza muoversi, zio Vernon si sarebbe dimenticato di lui alla fine.

“Sì?” Disse zio Vernon. “Cosa volete?”

“Vernon Dursley, presumo?”

“Sì,” rispose zio Vernon, annuendo.

“Sono Albus Dumbledore. Non ci siamo mai incontrati ufficialmente. Harry guardò la faccia di zio Vernon corrugarsi, diventando leggermente rossa. “E questi sono Sirius Black, e Remus Lupin.

Il primo uomo, Sirius, lanciò un’occhiata severa verso zio Vernon. Zio Vernon ricambiò lo sguardo, con la faccia che perdeva lievemente colore. Harry non aveva mai visto nessuno far impallidire zio Vernon in quel modo. Solitamente chiunque lo faceva arrabbiare di più. E poi se la sarebbe presa con Harry. L’altro uomo fece un sorriso appena venne presentato, e poi avvolse le sue braccia intorno ad un braccio dell’uomo dai capelli scuri, dicendogli qualcosa a bassa voce. Harry pensò che stava per muoversi – sembrava come se volesse colpire zio Vernon – ma non lo fece.

“Bene, ci spostiamo in salotto?” chiese Dumbledore.

Harry lo guardò avanzare a grandi passi e con sicurezza, seguito dagli altri due uomini. Direttamente oltre zio Vernon, che iniziò a farfugliare rabbiosamente. E naturalmente, quando zio Vernon era arrabbiato…

“Chiudi quella dannata porta, ragazzo!” gridò, tirando un colpo e mancando Harry che si piegò velocemente. Non appena Harry aprì gli occhi per vedere se era stato già colpito o no, trovò zio Vernon che fissava oltraggiato l’uomo con i capelli neri, che teneva il suo polso in una morsa ferrea.

“Dammi una ragione,” ringhiò sulla faccia rossa di zio Vernon.

“Sirius,” disse l’altro uomo.

“E questa deve essere la sua affascinante moglie, Petunia,” disse Dumbledore, spostandosi verso zia Petunia, che era giunta lì nella confusione. Lei lo fissò, mentre lui le prese la mano e vi diede una buona stretta. “E’ un piacere incontrarla. Sono Albus Dumbledore.” Zia Petunia impallidì. “E questi sono i miei colleghi, Remus Lupin, e Sirius Black.

Sirius lasciò andare zio Vernon con una piccola, non troppo gentile spinta. Zio Vernon inciampò scontrandosi con la porta. Zia Petunia lanciò un piccolo urletto. Remus sospirò.

“Vi elogerei per esservi presi cura di Harry per i tre anni passati,” continuò Dumbledore. “Ma tutti noi sappiamo che non è necessario.

Harry si schiacciò contro il muro. Ogni volta che gli adulti parlavano di lui, lui finiva in un sacco di guai. Avanzò lentamente e con attenzione verso le scale, sperando che con un po’ di fortuna, potesse salirle di corsa e nascondersi nell’armadio al piano di sopra fino a quando tutto fosse finito. Certo, c’era la possibilità che si imbattesse in Dudley, ma avrebbe corso volentieri il rischio in quel momento.

Perché non ci spostiamo in una stanza più comoda per discutere di questo?”

Harry si buttò a terra e cadde alla base delle scale, con un fracasso. Sapeva che avrebbe attirato l’attenzione che ricevette, e quindi chiuse gli occhi molto stretti e corse su per le scale il più veloce che poteva, inciampando solo una volta. Dudley aveva lasciato i suoi pattini sulle scale.

“Chi c’è di sotto?” Chiese Dudley, nel momento in cui Harry concluse la sua arrampicata. Immediatamente, Harry afferrò la ringhiera. Era stato spinto giù per le scale abbastanza volte per sapere che era impossibile ruzzolare lontano quando uno aveva una buona presa.

“Non lo so.”

“Davvero?” Chiese Dudley. Afferrò il braccio di Harry e cercò di forzarlo a mollare la presa. Harry strinse più forte, sapendo che se Dudley l’avesse afferrato, l’avrebbe rotto di nuovo. Le braccia rotte fanno male, ed Harry già si sentiva poco bene. “Ho detto dimmelo!” Gridò, tirando.

“Non lo so!” Gridò di rimando Harry, premendo un ginocchio nello scalino per equilibrio.

Dudley tirò con tutto il suo peso, ed Harry chiuse gli occhi non appena la sua guancia sbatté contro la balaustrata. I suoi occhi si riempirono di lacrime e la sua testa diede un colpo. “La prossima volta ti conviene dirmelo!” disse Dudley, dandogli un calcio sul fianco prima di andarsene via.

Harry tirò su con il naso, non volendo lasciare la presa fino a quando non avrebbe udito la porta della stanza dei giochi di Dudley sbattere. Quando fu certo di essere solo, si tirò su, e si sedette sul primo scalino, strofinandosi la guancia dolente. Le dita di strinsero a pugno sotto il metto, alzandogli la testa. Harry sussultò in sorpresa – non avendo sentito nessuno arrivare – e guardò in su con occhi spalancati.

Remus gli sorrise gentilmente. Era accovacciato sulle scale guardando in alto verso Harry. “Stai bene?” Chiese. Harry fece un profondo respiro, e si strofinò la guancia, la mano che si allontanava macchiata. “Qui, lascia che lo faccia io,” disse Remus, mentre Harry tirava l’orlo della sua maglia troppo grande per pulire la mano.

Harry sbatté gli occhi, osservando mentre lui tirava fuori un fazzoletto e tamponando gentilmente sulla guancia di Harry. Nessuno aveva mai pulito i suoi tagli, ed Harry non sapeva cosa si doveva fare quando qualcuno lo faceva. Si morse il labbro. Remus riusciva a mandare via le bue. Solo le mamme ed i papà riuscivano a fare questo.

“Grazie,” disse Harry sottovoce, piegando le ginocchia più vicino.

“Prego, Harry,” rispose Remus, spostandosi per sedersi accanto a lui, imitando la sua posizione.

Harry lanciò un’occhiata verso di lui, e ricevette un sorriso. Guardò di nuovo giù velocemente. “Perché non sei giù?” chiese dopo qualche momento. Remus non sembrava il tipo di persona che si arrabbia. Quindi, Harry si sentì un po’ ardito.

“Bèh, non hanno davvero bisogno di me,” rispose.

Harry guardò di nuovo in su. Ma lui sembrava essere così importante. Remus sorrise.

“Come te la sei fatta quella?” chiese, indicando la guancia ferita di Harry.

“Sono caduto.”

“Capisco.”

Harry si abbracciò le ginocchia.

“Remus,” chiamò Dumbledore.

Remus si alzò e si spolverò i jeans. Harry fu colto di sorpresa quando gli tese la mano. “Ti andrebbe di venire con me?” chiese. Harry guardò dietro verso la porta della stanza dei giochi di Dudley. Era solo questione di qualche momento prima che Dudley si stancasse e uscisse fuori per ‘giocare’ con lui. Ma poi, zio Vernon era di sotto…

Esitò, ma nel momento in cui iniziò ad alzare la mano, Remus la prese, aiutandolo a mettersi in piedi. Harry sentì come se si stesse aggrappando a lui, per nessuna ragione che riusciva a comprendere. Si sentiva come se stesse affogando. Ma non voleva fare nulla che avrebbe fatto sì che a Remus non piacesse. Nessun adulto era stato così gentile con lui prima.

Remus scese le scale molto lentamente, aiutando Harry a scendere, e sorridendogli incoraggiante per tutto il tempo. Quando arrivano giù, Harry si sentì molto meglio. La sensazione non durò molto a lungo. Appena arrivano in salotto, Harry poté sentire l’occhiata trivellatrice di zio Vernon su di lui. Si chinò verso Remus, nascondendosi leggermente dietro una delle sue gambe. Remus diede alla sua mano una stretta rassicurante e poggiò l’altra mano sulla schiena di Harry, guidandolo verso il divano, dove era seduto Sirius.

Aiutò Harry a sedersi, prima di sedersi lui stesso. Sirius smise di lanciare occhiate a zio Vernon per guardare in basso verso Harry. Harry si era aspettato un’occhiataccia anche per lui, ma fu sorpreso di non trovarne. Invece, Sirius gli diede un sorriso affettuoso e gli scompigliò i capelli. Harry era molto confuso.

“Ciao, Harry,” salutò Dumbledore, dalla poltrona. Harry si voltò per guardarlo. Il vecchio uomo gli stava sorridendo, e Harry sentì la sua bocca contrarsi in un sorriso in rimando.

“Ciao,” rispose a bassa voce.

“Se non ti dispiace, ci sarebbe qualcosa di cui ci piacerebbe parlare con te.

“Non l’ho fatto apposta!” implorò automaticamente Harry.

Accanto a lui, Sirius si irrigidì. Remus gli strofinò la schiena in segno di sostegno. Dumbledore fece una breve risata.

“Non aver paura, Harry. Non stai per essere punito.”

Harry era chiaramente piuttosto scettico a riguardo, ma non disse nulla. Le calde, ferme carezze sulla sua schiena lo stavano cullando in una quiete che non aveva mai sperimentato prima.

“No, Harry. Ci piacerebbe parlarti della tua sistemazione.

Harry sbatté gli occhi.

“Sei a conoscenza del fatto che sei orfano?”

Harry annuì lentamente. “I miei genitori sono morti in un incidente stradale.

Sopra la sua testa, i due in mezzo a cui era seduto, si guardarono l’un l’altro. Dumbledore sorrise semplicemente. “Questa non è proprio la verità. Comunque, questo non è quello di cui dobbiamo discutere.” Congiunse le mani insieme. “Harry, i tuoi genitori indicarono un tutore per te alla tua nascita. Sfortunatamente, a causa di…complicazioni, sei stato posto sotto la tutela dei tuoi unici parenti in vita.

Harry annuì. Zia Petunia era la sorella di sua madre. Questo lo sapeva.

“Recentemente, queste complicazioni si sono chiarite, ed al tuo tutore è stata riaffidata la tua custodia.

Harry si agitò. Voleva rannicchiarsi come una palla, ma zia Petunia l’avrebbe sgridato per aver sporcato i suoi cuscini e l’avrebbe chiuso nel sottoscala fino alla colazione del giorno dopo.

“Siamo venuti qui a riprenderti.”

Huh?” chiese lui, guardando il gruppo che gli stava intorno.

“Ti riportiamo a casa,” spiegò gentilmente Remus.

Harry lo guardò.

“Sirius è il tuo padrino,” continuò, gesticolando verso l’uomo che gli sedeva accanto. Harry guardò, e Sirius gli diede un sorriso di saluto. “E vuole portarti a casa con sé. Dove appartieni.”

Harry si sentì molto, molto confuso. E si raggomitolò sul divano comunque. Zia Petunia avrebbe potuto arrabbiarsi; non gli importava più se veniva punito. Questo era molto più importante. E spaventoso.

Sia Sirius che Remus si voltarono verso di lui, e nonostante fosse spaventato com’era in quel momento, Harry non si era nemmeno mai sentito così protetto. Era come se niente avesse potuto passare oltre loro due ora. Non Dudley, non zia Petunia, nemmeno zio Vernon. Harry sentì il suo stomaco rilassarsi, ed il suo cuore aprirsi.

“Vedi, Harry,” disse Sirius, parlando per la prima volta. Harry scoprì che il suo della sua voce gli piaceva molto. “Il tuo papà era il mio migliore amico. E appena sei nato, mi chiese di prendermi cura di te, se gli fosse successo qualcosa.”

Harry si spostò un po’ in avanti.

“Gli somigli molto, sai,” continuò Sirius, e la sua voce suonò diversa. Non spiacevolmente diversa. Come se fosse ferito e lo stesse nascondendo.

Harry guardò Remus per conferma. Remus gli scostò alcune ciocche di capelli e batté leggermente il suo naso. “Eccetto per il fatto che hai gli occhi di tua madre,” aggiunse.

Harry guardò tra i due, essendosi dimenticato che non erano soli nella stanza. “Quindi…quindi verrò con voi?”

“Sì, verrai a casa con noi.”

“Per quanto?”

“Verrai a vivere con noi,” spiegò Remus.

“Per un po’?”

“No Harry,” corresse Sirius. “Da ora e per sempre.”

Perché io vi appartengo?”

Sirius fece un sorriso dolce, chinandosi un po’ in avanti per essere allo stesso livello degli occhi di Harry. “Perché fai parte di noi,” rispose. “Sei parte della nostra famiglia.”

Harry ragionò su questo. Girandosi verso Remus, chiese, “E tu cosa sei?”

“Come?”

“Lui è il mio padrino,” ragionò Harry, indicando Sirius. “Ma lui ha detto che siamo una famiglia,” Indicò fra di loro. “Quindi, sei anche tu mio padrino?”

Sirius rise e Remus sembrò un po’ confuso. Diede una pacca sulla spalla di Harry e scosse la testa divertito.

“Bèh…” disse Remus, spostandosi un po’. “Io sono…”

“Sì, lui è il tuo padrino non-ufficiale,” rispose Sirius.

“Okay,” replicò Harry, contento che questo si fosse sistemato.

Remus guardò via per un momento, poi di nuovo ad Harry, per un breve sorriso. Sirius stava ancora ridacchiando dietro Harry. Remus mandò uno sguardo supplichevole a Sirius, che con qualche sospirò, si ricompose.

Harry decise che gli piacevano. “Okay,” disse di nuovo.

Che c’è, Harry?” chiese Sirius, tirando indietro i capelli di Harry. Non avrebbe dovuto essere così piacevole, ragionò Harry. Avrebbero potuto essere una famiglia, ma Harry ancora non sapeva nulla su di loro. Eppure…sentiva più di essere parte di loro due, quei due estranei, che rispetto a tutto il tempo che aveva passato con i Dursley.

“Okay,” ripeté.

“Okay?” gli fece eco Remus.

“Sì. Verrò con voi.”

I due sorrisero. Harry non aveva realizzato che non gli avevano mai chiesto se voleva andare o no. Ma adesso lo stavano abbracciando, ed Harry sentì come se finalmente avrebbe scoperto dove apparteneva. Dopo essersi sentito escluso per così a lungo, avrebbe finalmente, alla fine scoperto dove apparteneva.

*

Note della traduttrice: ok, il primo capitolo è fatto. Scusate se non ho reso alla perfezione, ma ho cercato di non fare una schifezza con le frasi (scommetto che ho miseramente fallito). Ad ogni modo… vi avverto: per ora l’autrice ha pubblicato solo quattro capitoli, ma mi ha fatto sapere che presto ne pubblicherà di nuovi. E’ molto impegnata quindi non so quanto tempo di metterà a scriverli.

Fatemi sapere cosa ne pensate, tradurrò volentieri i vostri commenti a lei ;) mi raccomando!

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Capitolo 2
*** Coming home ***


Titolo: Coming home

Autore: Phoenix Angel Suyari

Rating: PG

Pairing: Sirius/Remus

Desclaimer: Harry Potter e tutti i personaggi della popolare serie sono proprietà di J.K.Rowling e come tutti gli autori, io li ho solamente presi in prestito per la mia personale soddisfazione.

Note dell’autrice: Sequel di Carried Away. Diventerà una serie? Diavolo, se lo sapessi! Questo è il risultato di ogni singolo commento in cui veniva richiesto un seguito. Ciao! Ecco il vostro sequel!

Traduzione: Chu

Note della traduttrice: com’è evidente dalla nota di Suyari, “Carried Away” era nata come one-shot. L’autrice ha iniziato una serie solo successivamente alle richieste di un sequel… ^_^’’ ho detto un’ovvietà, ma che volete farci? Era solo per essere più chiara… Quindi, chiarezza per chiarezza (eh?°_°): siccome l’autrice non è sicura di dove vuole andare a finire e, soprattutto, COME e QUANDO vuole finire, non si saprà mai se questa fic avrà una fine… Parlando d’altro: avete visto? Non è adorabile il piccolo Harry? E Remus? … E’ un papà nato…peccato che è gay XD e non lo dico io! Lo dice metà dei fan della serie! Inoltre, anche se non sono l’autrice, vi ringrazio da parte sua per i commenti! Grazie grazie grazie ^^

E comunque…attenti ai pancake! A me è venuta fame mentre leggevo…

Link diretto alla storia originale: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9710.html#cutid1

*

Harry sbatté gli occhi non appena la porta si aprì, rivelando una stanza così larga che Harry non era sicuro ci fosse molto di più del loro appartamento. Dopo tutto, vivevano in un appartamento a Londra. Ne sapeva abbastanza di stanze, per capire che quella camera era l’intero appartamento. Eppure, c’erano delle porte, e un ingresso. Guardò in alto e lasciò andare un piccolo sospiro verso il soffitto.

“Vuoi toglierti la giacca, Harry?” chiese Remus, con le mani sulle sue spalle.

Harry fu sbalzato dal suo sogni ad occhi aperti e lo guardò. Annuì lentamente, spostandosi per toglierla, ma Remus l’aveva messa via e avvolta prima che lui potesse iniziare a tirare una manica troppo larga.

Harry si sfregò il naso e guardò dietro di sé. Sirius stava chiudendo a chiave la porta e Remus stava riponendo il suo cappotto nell’armadio dell’ingresso.

“Bèh Harry,” disse Sirius, avvicinandosi per intrappolarlo in un abbraccio laterale. “Che cosa ne pensi?”

Harry non voleva essere scortese. “Uhmmm…” disse sotto voce. “E’…grande…”

“Andiamo, ti mostro la tua stanza.”

Harry si lasciò sfuggire un sussulto quando venne velocemente alzato in braccio, aggrappandosi sorpreso al braccio e alla spalla di Sirius, mentre veniva sistemato più vicino. Remus gli diede un sorriso comprensivo e li seguì mentre Sirius marciava lungo l’ingresso con Harry. Harry pensò, dall’espressione di Remus, che forse Sirius faceva questo molto spesso anche con lui.

La porta da sola era intimidatoria. Legno di sequoia finemente cesellato, con rifiniture d’acciaio. Harry fissò quel blocco a piombo e lo guardò mentre veniva aperto come se dovesse attaccarlo da un momento all’altro. Remus gli arruffò i capelli per distrarlo e gli sorrise quando lo guardò. Harry sorrise debolmente di rimando.

Sirius si spostò al centro della stanza e allargò il suo braccio libero.

Harry si guardò intorno. Questa stanza era anche più grande della prima. Aveva un largo letto, con tende e imponenti finestre con pesanti drappeggi. Tre intere finestre. Tre intere finestre ciascuna delle quali era più grande di tutte le finestre del prezioso salotto di zia Petunia messe insieme. Ed Harry ne aveva tre.

Il pavimento era di legno lucido. Che brillava e che esibiva orgogliosamente nessun segno di abuso. I muri sembravano molto lunghi, quasi come se non finissero, ma come se continuassero a ruotare. C’erano anche altri arredi. Scaffali, riempiti con un sacco di copertine colorate. Ripiani con qualsiasi genere di cose, luccicanti e luminose, ed Harry intuì che molta di quella roba poteva rompersi molto facilmente, quindi avrebbe dovuto tenersi lontano da loro. Due enormi cassettoni fiancheggiavano un immenso armadio ad entrambi i lati. All’estremità più lontana c’erano una scrivania ed una sedia che sembravano come qualcosa proveniente da un museo. C’era una cesta per i giocattoli ed un comodino con una lampada che sembrava molto, molto costosa appoggiata su di esso.

Il soffitto si allargava all’infinito, facendo sentire Harry anche più piccolo di quando zio Vernon lo sgridava. Distolse lo sguardo, sentendosi stordito e notò un largo quadro sul muro accanto al letto. Due persone ricambiarono il suo sguardo. Uno aveva i capelli scuri, proprio come i suoi. E l’altra aveva capelli rosso fuoco e occhi che Harry riconobbe.

Stava guardando oltre la sua spalla verso gli imponenti specchi proprio dietro, quando pensò di aver visto un guizzo. Guardando di nuovo, sbatté gli occhi, ma il ritratto era fermo. Si sentì un po’ strano, ma scosse la testa e pensò che ancora non conosceva quel luogo. Ne sarebbe stato spaventato probabilmente per un po’. E davvero, i ritratti non si muovono.

“Bèh?” disse Sirius dopo un po’.

Harry lo guardò, senza capire.

“Che ne pensi?”

Harry non voleva essere scortese. “E’…molto carina…”

Sirius sorrise e lo strinse. “Sono contento che ti piaccia,” replicò, sistemando Harry in piedi sul pavimento. Harry non lasciò andare la presa e Sirius si fermò un attimo, prima di sollevarlo di nuovo.

“Bene…” disse Remus. “Vuoi cambiarti? Non sapevamo che taglia avevi, ma abbiamo comprato un po’ di cose…” Si spostò attraverso la stanza, aprendo l’armadio. “Penso di riuscire a trovare qualcosa qui dentro che ti stia meglio di quello che hai addosso ora.”

Harry guardò la sua maglietta troppo grande, e i pantaloni che si tenevano su solo perché aveva legato una corda lungo la cintola. Sirius piegò la testa, guardando attraverso la frangia scura di Harry.

“Vuoi qualcosa da mangiare invece?” Chiese Remus.

Harry non alzò lo sguardo.

“Un bagno forse?”

Harry si curvò più vicino, sulla spalla di Sirius. Sirius guardò verso Remus, prima di piegarsi a sua volta su Harry. Lo strinse più vicino, e premette protettivamente una mano sulla schiena di Harry, prima di iniziare ad ondeggiare. Harry fissò il muro, mentre Sirius iniziava a canticchiare, ondeggiando ancora, e presto Harry si accorse che era molto difficile rimanere sveglio, per non dire preoccupato.

 

Quando si svegliò, era buio. Si sedette, sfregandosi gli occhi con l’orlo della maglietta che copriva le sue piccole mani. Quando la sua mente si schiarì, si ritrovò da solo, nel grande letto, nell’enorme stanza. Sussultò leggermente e strisciò fino all’orlo del letto, insicuro sul da farsi.

Le finestre tracciavano lunghe, scintillanti ombre lungo il pavimento. Era tutto molto silenzioso, e guardando in basso, c’era una lunga strada fino al pavimento. Ora, Harry aveva due possibilità. Poteva rimanere nella stanza spaventosa, tutto solo, aspettando che i mostri lo andassero a prendere. O poteva sperare che i mostri che vivevano sotto i letti dei bambini piccoli e con i capelli neri non l’avrebbero preso mentre raggiungeva la porta. Guardò in avanti. La porta era molto lontana.

Dall’angolo dell’occhio, gli sembrò di vedere qualcosa muoversi, e preso dal panico, si decise per l’opzione B. Tuffandosi giù dal letto, cadde pesantemente a terra, ad una buona distanza dal letto, per il suo piccolo corpo. Una volta a terra, non perse tempo, correndo con tutte le sue forse verso la porta. Era leggermente aperta, e lui la spinse di lato, e schizzò via, verso l’ingresso.

Non sapeva dove stava andando, ma sapeva di dover andare lontano, molto lontano da quella stanza. Andò a sbattere contro una sedia nel salotto, e cadde a terra in un mucchietto ansimante, abbracciando la sedia più vicino e nascondendosi dietro di essa. Gli occhi cercavano freneticamente i mostri.

C’era un camino nel salotto, che tracciavano ombre poco familiari in tutte le direzioni. Harry pensò che forse poteva sedersi sul divano ed aspettare. Uscendo fuori da dietro quella, si guardò intorno nella stanza per due volte prima di trovare il divano, e correre verso di esso.

Si fece male alla pancia durante il primo salto, il divano era più alto di quanto avesse creduto prima. Con uno sformo molto grande, si sollevò su e si voltò, passando in rassegna tutta la stanza di nuovo. Ogni cose era ferma dove stava prima. Immobile e poco minacciosa da vicino al fuoco. Harry sospirò, e affondò giù, stringendo un cuscino contro il suo petto.

Si ricordò troppo tardi delle regole di zia Petunia riguardo i piedi sul divano. Comunque, al momento era molto più spaventato all’idea di far ciondolare i suoi piedi oltre il lato del divano che cacciarsi nei guai. E poi, non stava indossando le scarpe.

Rimase seduto lì per un po’; sussultando ad ogni suono strano e ombra che si muoveva. Dopo un po’, cercare i mostri gli stava stancando gli occhi, e continuava a sforzarsi di guardare velocemente in alto, non appena si accorgeva di aver abbassato la guardia per un momento.

Fu in uno di quei momenti, tra il ricordarsi di rimanere sveglio ed il sentirsi molto stanco, che avvertì il suo corpo venir sollevato. Si spostò al movimento con un piccolo lamento, ma sentiva i suoi occhi troppo pesanti per aprirli. Non importava comunque, perché era steso contro qualcosa di caldo e solido, la sua guancia sostenuta da una curva, e la sua testa piegata sotto qualcosa di similarmente caldo.

Sospirò quando qualcosa lisciò gentilmente i suoi capelli, le mani chiudendosi in un pugno sul tessuto. Il suo corpo non si preoccupava di svegliarsi, e molto presto, non importava più.

 

La seconda volta in cui Harry si svegliò, il sole splendeva tramite le finestre e la sua stanza era calda e non appariva minacciosa. Inspirò piano con il naso e si sedette. Quando si stiracchiò, calciò qualcosa e la sua risposta automatica fu di bloccarsi.

Ma ciò che aveva calciato alzò solo una testa pelosa. Sbatté gli occhi e sbadigliò, stiracchiandosi. Harry lo guardò e non riuscì a ricordare di aver visto un cane nella casa prima. Poi però, aveva solo visto due stanze. Il cane agitò la coda e si alzò. Harry trattenne il fiato. Il cane – come qualsiasi altra cosa lì dentro – era molto grande.

Stava aspettando che…bèh, non ne era sicuro. Ma non si aspettava di venir leccato sul naso. Sbatté gli occhi e si strofinò il naso. Ma allora il cane lo buttò a terra, leccandogli la guancia e il collo fino a che lui non ridacchiò. Alzò un braccio per farsi scudo e ricevette in risposta un naso freddo e che annusava. Ridacchiò più forte e rotolò. Il cane lo seguì.

“Ok! Ok!” gridò Harry, tra le risatine. “Hai vinto tu!”

Il cane gli diede un’ultima leccata sulla tempia, prima di tirarsi indietro. Harry si sedette, strofinandosi la faccia. “Geez…”

Il cane piegò la testa, scodinzolando.

Harry allungò una mano per grattare dietro un orecchio abbassato. “Dov’era ieri sera?” chiese. “Era spaventoso qui dentro.” Il cane piegò la testa di nuovo, la coda si bloccò. “Bèh, adesso non è più così spaventoso,” disse Harry, guardandosi intorno nella stanza. “Ok, è ora di fare colazione.”

Scese giù – i mostri non vengono durante il giorno – e camminò con passi felpati lungo la stanza. Era quasi a metà strada quando si fermò. “Mi dovrei cambiare,” disse e si voltò indietro.

Il cane saltò giù dal letto e lo seguì dove ricordava che Remus era andato il giorno precedente, mentre parlava dei vestiti. Trascinandosi fuori dai suoi vestiti troppo grandi, li piegò con attenzione e li posò sulla sedia. Dall’armadio dei vestiti tirò fuori un maglione verde e dei pantaloni di velluto a coste che gli andavano bene, ma Harry non sapeva come chiudere i bottoni, quindi li legò con la corda.

Con il cane alle calcagna, camminò fuori dalla stanza e guardò l’ingresso. Tutto quanto sembrava più piacevole alla luce del sole.  Molto più…pacifico. Camminò piano lungo l’ingresso, verso la sala da pranzo, voltandosi verso il cane quando arrivarono lì. “Lo sai dov’è la cucina?”

Il cane lo superò ed Harry lo seguì.

La porta della cucina si aprì e sia Harry che Remus si guardarono l’un l’altro sbattendo le palpebre. Poi Remus sorrise. “Buongiorno, Harry.”

“Guarda che ho trovato,” disse Harry, facendo gesti verso il cane.

Remus lo guardò pensierosamente per un momento prima di sospirare. “Vedo che hai conosciuto Padfoot.”

“Padfoot?” Gli fece eco Harry, grattando dietro l’orecchio di Padfoot. “E’ questo il suo nome?”

“Sì.”

“Di chi è?”

“Bèh, si potrebbe dire che Padfoot è padrone di sé stesso,” replicò Remus, piazzando un largo piatto di pancake sul tavolo.

“Oh,” disse Harry. “Ma vive qui, giusto?”

“Occasionalmente.”

Finì di sistemare la tavola e poi si voltò verso Harry. “Hai fame?”

“So farli anche io i pancake,” lo informò Harry, arrampicandosi sulla sedia che gli era stata offerta.

“Davvero?” Gli chiese, ignorando gli sbuffi del cane.

“Uh-huh,” rispose Harry, sedendosi in ginocchio e allungando una mano verso lo sciroppo.

“Padfoot, perché non vai a svegliare Sirius?”

Harry guardò oltre la sua spalle, mentre il cane usciva dalla cucina. “E’ un cane buono.”

“Qualche volta può esserlo, sì.”

“Zia Petunia odia i cani. E, sai, zia Marge ne ha tanti, ma mordono.”

“Cani cattivi?”

“Sono stato morso tante volte.”

“Hmm,” fu tutto ciò che disse Remus.

Harry tornò a guardare il suo piatto e notò quanto sciroppo ci aveva messo, raggelando.

“Harry? C’è qualcosa che non va?”

“Mi dispiace.”

“Per cosa?”

Harry gesticolò verso il suo piatto tristemente, ma Remus guardò senza dire niente. “Ne ho messo troppo,” suggerì. A volte, se si è sinceri, si viene puniti di meno. Ma solo a volte.

Remus rimase fermo per un momento poi sospirò. “Harry, non preoccuparti di questo. Puoi prendere tutto lo sciroppo che vuoi. E mangiare quanto vuoi. Questa è la tua casa ora e Sirius ed io non abbiamo così tante regole per cominciare. Le dosi dello sciroppo non le abbiamo sulla lista.”

“Certamente no,” disse Sirius, entrando. “Se l’avessimo, Moony sarebbe stato cacciato via.”

“Sirius…”

“Moony?” Fece eco Harry.

“Sì, che sarebbe Remus qui,” disse Sirius, abbracciando Remus da dietro. Ondeggiò un poco, e Remus non resistette a lungo, prendendo la tazza di thé con entrambe le mani, per non farlo versare. “’Giorno, amore,” aggiunse, baciando Remus sul collo. Remus arrossì lievemente, occhi che guizzarono verso Harry per qualche breve momento. Harry rimase semplicemente a guardare. Sirius sembrò non accorgersene.

“’Giorno Harry.” Allungò una mano lungo il tavolo per scompigliargli i capelli, prima di sedersi di fronte a lui. “Dormito bene?” chiese, prendendo lo sciroppo e versandolo senza farci attenzione sui suoi pancake.

“Umm…” disse Harry. Guardò i suoi pancake, giocherellando con la sua forchetta.

“Era troppo grande?”

“Huh?” chiese, alzando lo sguardo.

“La stanza,” si corresse Sirius, prima di prendere un sorso del suo thé. “Era troppo grande?”

Remus si sedette.

“Umm…un poco…sì…”

“Deve essere stato abbastanza pauroso al buio. Non ci avevo pensato.” Guardò Remus. “Dovremmo sistemare questo, Moony.”

Remus annuì e prese lo sciroppo.

Harry li guardò per un po’. Sirius sembrava molto interessato ad Harry, e Remus sembrava molto interessato alla sua colazione. Harry notò che entrambi avevano messo molto più sciroppo di quanto ne avesse messo lui. Tonnellate.

“Umm…ho visto il cane…” offrì come argomento di conversazione.

Sirius sorrise. “Cosa ne pensi?”

“E’ grande.”

“E’ sempre stato grande,” rispose Sirius, ghignando.

Remus sbuffò nel suo thé e Sirius lo guardò con un sopracciglio alzato. L’altro uomo scosse semplicemente la testa, rimettendo la sua tazza a posto e nascondendo una risata dietro la mano.

“Ma è amichevole,” continuò Sirius, guardando con sospetto Remus dall’angolo dell’occhio. “Non farebbe del male ad una mosca.”

“Questo non va molto bene,” replicò Harry.

Sirius sembrò sorpreso. “Come mai?”

“Per via dei ladri e dei cattivi e dei mostri.”

“Bèh, suppongo che ci sia io per quello.” Ridacchiò. Remus sorrise. “Quello che voglio dire è che Padfoot è molto socievole, ma riesce a capire quando c’è qualcosa di cattivo in giro. Quindi, non preoccuparti. Ti proteggerà da tutto quello.”

“Inoltre,” aggiunse Remus. “In questa casa non vivono cose cattive. Niente ti farà del male finché rimarrai in questa casa.”

“Giusto,” concordò Sirius, allungandosi per afferrare la mano di Remus e stringerla. “Non ci sono cose cattive qui.”

Remus sorrise e strinse di rimando.

Harry pensò che se questo era vero, forse avrebbe potuto dormire quella notte. Bèh, forse se la porta rimaneva aperta. E se Padfoot dormiva con lui. Lui avrebbe solo dovuto trovare il cane prima dell’ora di andare a dormire. Una garanzia contro i mostri era piacevole, ma avere un grande, grosso cane con le zanne nascoste non avrebbe fatto male, pensò Harry.

Se questo avesse fallito, c’era sempre la camera da pranzo. Dove le tenebre fuggivano ad un tocco caldo ed Harry era cullato al sicuro fino alla mattina.

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Capitolo 3
*** Mocking bird ***


Titolo: Mocking bird

Autore: Phoenix Angel Suyari

Rating: PG

Pairing: Sirius/Remus

Riassunto: chi siamo, chi saremo…

Note dell’autrice: Questo è il sequel di Coming Home, che è a sua volta il sequel di Carried Away. *sospiro* Sembra proprio che alla fine sia diventata una serie. Questo è anche il vincitore del mio sondaggio di scrittura più recente (Suyari ha un livejournal in cui fa sondaggi sui suoi scritti, per vedere qual è quello più apprezzato…NdTraduttrice)

Traduttrice: Chu

Note della traduttrice: Scusatemi per il ritardo, ma sono stata fuori casa per via dell’università. Comunque, vi ringrazio a nome di Suyari per le vostre entusiaste recensioni! Grazie mille!!! Riguardo il capitolo… penso che qui vedremmo il lato, come dire, ‘da professore’ di Remus…*_* come le spiega lui le cose le capisce anche Sirius! A proposito di lui…fatevi quattro risate alle sue spalle XD e…Niente scuola! Niente scuola! Niente scuola!

Link diretto a questo capitolo: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/12220.html#cutid1

*

Harry sospirò, con le braccia che penzolavano oltre il lato della vasca da bagno. Quell’appartamento aveva un sacco di grandi stanze, e il bagno non faceva eccezione. Avrebbe potuto nuotare nella vasca, ma non era buona educazione. Non riusciva a ritrovarsi a giocare con i giocattoli da bagno, o provare più gioia nelle bolle che ricoprivano l’acqua in diverse, scintillanti tonalità. Era strano. Tutto ciò.

Harry non era speciale, ma nessuno l’avrebbe mai detto dal modo in cui i suoi padrini si comportavano. Lo trattavano con così tanto affetto che lui si sentiva in colpa per non aver fatto nulla per essersi meritato quella devozione.

L’acqua si agitò appena lui si mosse, facendo gocciolare senza accorgersene acqua dalle punte delle sue dita sbadate. Le gocce caddero giù su del pelo nero, e Padfoot si scosse un po’. Alzò lo sguardo verso Harry, mettendosi seduto per leccargli la guancia.

Harry sapeva che al cane non importava se lui era lì, anche se lui non ne faceva parte. La verità era che Harry non faceva parte di nessun posto.

Padfoot guaì e premette il muso contro la mano di Harry. Lo fece diverse volte fino a quando Harry gli grattò il muso e si alzò. “Okay…è ora di uscire.”

L’asciugamano che Remus aveva lasciato era molto largo e abbastanza caldo. Harry premette il viso contro di esso e prese un profondo respiro. Il profumo era piacevole. Non come gli asciugamani di zia Petunia. Quelli odoravano di troppo sapone e del miscuglio di fiori dei vestiti asciutti che stavano nell’armadio della biancheria. No, l’asciugamano qui profumava d’estate. Come se fossero stati messi al sole e al venticello ad asciugarsi lentamente e ad impregnarsi di tutto ciò che apparteneva alla natura. Avvicinandolo di più, rimase lì in piedi per un po’, sentendo il suo petto stringersi ed i suoi occhi pizzicare. Padfoot guaì e Harry lasciò andare un piccolo gemito, accasciandosi sul pavimento e stringendo l’asciugamano. Il cane si spostò accanto a lui, poggiando il suo muso sul piccolo ginocchio di Harry e aspettando che finisse di piangere.

 

Quando Harry riprese conoscenza, era nel letto. Raggomitolato, con un pigiama leggero che aveva disegnate delle buffe palline d’oro con le ali. Quando mosse il suo braccio, sembrò come se le palline brillassero. La porta della sua camera era aperta ed era ancora giorno. Decidendo che aveva fame – e davvero troppo spaventato per giocare con uno qualsiasi dei bei giochi che adesso aveva – Harry si liberò con attenzione delle coperte, si girò e dopo aver penzolato e saltato, raggiunse il pavimento. Voltandosi di nuovo, si ritrovò faccia a faccia con una creatura che aveva circa la sua stessa altezza, orecchie che penzolavano e occhi della grandezza di una pallina da tennis. Entrambi sbatterono gli occhi, prima che Harry gridasse come un pazzo e corresse alla porta.

Andò a sbattere contro un paio di gambe, aggrappandosi ai pantaloni. La creatura dietro di lui stava strillando agitata e Harry chiuse forte gli occhi, sperando che il mostro andasse via. Una mano premette contro la sua schiena, per rassicurarlo, e lui udì Sirius dire, “Nettie, torna in cucina.”

Con un gemito ed un sonoro pop, la creatura sparì.

“Harry…Harry, va tutto bene,” disse Sirius cercando di calmarlo e piegandosi in giù. Harry scosse la testa, stringendo la presa. “Harry…Harry, vieni qui.” Sirius aprì le braccia e Harry si lanciò fra di esse, tremando come una foglia. Sirius emise un debole suono, alzando Harry dal pavimento e tenendolo stretto. Solo quando iniziò a calmarsi – Sirius stava di nuovo facendo quell’ipnotico movimento ondeggiante – Harry ebbe il coraggio di alzare lo sguardo dalla camicia.  Remus gli sorrise, non essendosi spostato minimamente dall’uscio della porta. Harry ipotizzò che entrambi fossero arrivati correndo. Guardando in su, Sirius gli sorrise.

Harry aveva paura che si arrabbiassero, ma Sirius gli mise una mano dietro la testa – e con grande sorpresa di Harry – gli baciò gentilmente la fronte. “Va meglio?” chiese, come se Harry si fosse appena sbucciato un ginocchio. Harry sbatté gli occhi, tirando rumorosamente su con il naso, strofinandoselo con il polso. “Co-… Voi ave-avevate detto che non c’erano mostri qui.”

Sirius gli sorrise comprensivo, mentre Remus si avvicinò a loro, asciugando il naso di Harry con un fazzoletto. Harry lo guardò, non sapendo cosa fare in una situazione del genere. “Soffia, amore.” Quindi, fece così. Remus gli pulì il naso e poi diede un piccolo colpetto sulla punta, con quel sorriso che Harry pensava non lasciasse il suo viso molto spesso.

“Bene,” iniziò Sirius. Gli diede un colpetto al sedere e attraversò la stanza. Remus lo seguì, sedendosi accanto a Sirius sul letto. Harry stava sulle gambe di Sirius. “Speravamo di far trascorrere la settimana prima della grande rivelazione, ma…” Rivolse lo sguardo a Remus, che gli sorrise di rimando e gli strinse un braccio per appoggio. “Sembra che questo abbia cambiato il piano.”

Sospirò e diede ad Harry un piccolo abbraccio. “Harry, hai mai sentito delle storie sulla magia?”

Harry sbatté gli occhi. “Magia?” gli fece eco con curiosità.

Sirius annuì. “Magia,” confermò.

“Come streghe e draghi, forse con una principessa?” suggerì prontamente Remus.

Harry tirò di nuovo su con il naso, guardando le mani di Remus. Sopra la sua testa, i suoi tutori si guardarono l’un l’altro.

“E riguardo i prestigiatori?” chiese Remus, con una punta di entusiasmo, come se avesse appena pensato a qualcosa di grandioso. “Qualche volta sono alle feste di compleanno.”

“Stai parlando di quei tizi che tirano fuori i conigli fuori dai cappelli e che segano le persone a metà?” chiese Sirius.

Remus annuì. “Sì, proprio loro. Hai mai assistito ad uno spettacolo di magia, Harry?”

“Dudley è andato ad una festa di compleanno e me ne ha parlato,” replicò Harry, con un cenno della testa. “Quello aveva fatto della roba con i palloncini. Dudley ha avuto una tigre.”

Harry lanciò loro un’occhiata attraverso la sua frangia. Sirius stava fissando Remus, come se Harry avesse detto qualcosa di folle. Remus sospirò. “Li piegano, Sirius,” disse, dando una pacca sulla spalla dell’altro uomo. Sirius lo guardò come se ci credesse poco.

“Io l’ho visto il palloncino…” continuò Harry a voce bassa. “Era blu…”

“Sì,” disse Remus, piegandosi in avanti per guardare Harry negli occhi. Gli accarezzò la spalla. “E qualche volta tirano fuori una moneta o qualcosa del genere dall’orecchio di qualcuno. O fanno un gioco con le carte.” Si sedette di nuovo, gesticolando con le mani. “Indossano cappelli neri e qualche volta mantelli. Hanno anche delle bacchette.”

Harry e Sirius alzarono di nuovo lo sguardo su di lui con espressioni simili. Remus sospirò di nuovo. “Ad ogni modo, i prestigiatori…fanno la magia.”

“Davvero?”

Harry guardò Sirius; sorpreso che il suo padrino stesse facendo una domanda del genere. Remus lasciò andare un gemito e fece scorrere una mano fra i suoi capelli. “Del tipo babbano,” gli disse. “Fumo e illusioni con gli specchi… Non complicare le cose, Sirius!”

“Babbani?” chiese Harry debolmente.

Sirius guardò in basso. “Babbani è come noi chiamiamo la gente che non ha la magia,” spiegò.

“La magia è vera?”

“Verissima, piccolo Prongs,”

Harry era abbastanza certo che ‘piccolo Prongs’ era riferito a lui, quindi incontrò gli occhi di Sirius. “Quindi i prestigiatori…” iniziò, cercando di capire. “Fanno magia vera?”

“No, amore. I prestigiatori sono persone che fingono di fare magia,” lo corresse Remus.

“Solo i maghi e le streghe possono fare della vera magia,” concluse Sirius.

Harry si appoggiò a lui, sentendosi un po’ male.

“Vedi,” continuò. “Ci sono due…um…mondi è un po’…vedi, Harry, ci sono due tipi di persone…così non va bene… I Maghi-”

“Sirius, così lo confondi.”

“E’ più difficile di quanto pensavo, Moony.”

“Solo perché lo stai complicando,” replicò, allungando una mano verso Harry. Harry rimase immobile mentre Remus lo prendeva in braccio, mettendolo sulle sue gambe e guardandolo. “Il mondo è un posto molto grande, Harry. E ci sono un sacco di tipi diversi di persone in esso. Un sacco di gente può fare un sacco di cose differenti. Alcune persone, come i medici, possono farti sentire meglio quando stai male. Altre sono molto brave negli sport e fanno sì che quello sport diventi il loro lavoro. Alcune persone sono brave a cucinare, quindi diventano cuochi e fanno questo. Fin qui hai capito?”

Harry annuì. “La gente ha un lavoro.”

“Sì, Harry. Ha un lavoro. Non tutti hanno un lavoro che piace, ma spesso le persone scelgono i lavori in base a ciò che sono bravi a fare. Sirius, per esempio è bravo a cacciarsi nei guai, quindi è una specie di poliziotto, perché era il lavoro più pericoloso che ha trovato.”

“Moony…”

Remus gli sorrise.

“Sei un poliziotto?” chiese Harry.

“Una specie…Remus…”

“Ci sto arrivando, amore.”

“Qual è il tuo lavoro?” gli chiese Harry, alzando lo sguardo.

Il sorriso di Remus non era così felice come Harry lo conosceva, ma rispose. “Lavoro con i libri.”

“Ohhh,” disse Harry, come se avesse capito. Non voleva far arrabbiare Remus per non aver compreso ciò che lui aveva perso tempo a spiegare così attentamente. Anche se forse era un po’ troppo piccolo.

Remus si schiarì la voce. “Quindi, vedi, Harry… La gente può fare qualsiasi cosa. Alcune persone possono anche fare della vera magia. E queste persone si chiamano maghi, se sono uomini, e streghe, se sono donne.”

Harry lo guardò sbattendo gli occhi.

“Devi andare in una scuola speciale per imparare ad essere una brava strega o un bravo mago. Solo che non tutti possono decidere di voler essere maghi quando crescono. Diversamente dai pompieri e dai dottori e dagli avvocati, le persone che da grandi saranno maghi e streghe sono nate così. Hanno un talento speciale dentro di loro, che resta assopito fino a che non ne hanno bisogno.” Premetto la punta delle sue dita sul piccolo petto di Harry. “Tu ce l’hai, che dorme ancora dentro di te, Harry.”

Harry si puntò i piccoli palmi sul petto. “C’è qualcosa dentro di me?!” chiese, incredulo, con gli occhi spalancati. “Non è niente che possa ferirti, Harry. Ci sei nato, fa parte di te, come il tuo sangue.”

“Ho del sangue magico?”

“Ehi, ottimo Moony! Ce l’hai ancora!”

Il sorriso che ora Remus aveva era uno nuovo. Harry non riusciva a dargli il giusto significato, perché era abbastanza sicuro che i sorrisi non potevano essere sia così felici e tristi allo stesso tempo. “Giusto, Harry. Tu hai sangue magico.”

Sirius si avvicinò, piegandosi in avanti. “E se hai sangue magico? Questo cosa significa?”

Harry aggrottò la fronte cupamente per un momento. “Che devo diventare un mago da grande?”

Sirius lanciò un allegro grido d’approvazione e lo abbracciò, mentre Remus disse quasi troppo piano, “Non è che devi.”

“Voi-voi siete…” chiese Harry, guardando fra di loro, da in mezzo alle braccia di Remus, seduto sulle sue gambe. “Entrambi…”

“Maghi?” domandò Sirius.

Harry annuì.

“Certamente,” rispose. Allontanandosi, mise una mano nella manica. “Vuoi vedere?

Harry era consapevole che adesso era il momento giusto per tirarsi indietro, ma la sua curiosità batté il suo istinto di auto-difesa. Quindi, annuì.

Sirius tirò fuori ciò che sembrava un rametto liscio, o forse la gamba tagliata di una vecchia sedia, e la tenne in mostra. Harry guardò in basso verso quella cosa, su verso Sirius, poi verso Remus e di nuovo in basso.

“Questa è la mia bacchetta,” spiegò Sirius. “Non si può fare la magia senza una bacchetta. Bèh, effettivamente si può, ma-”

“Sirius.”

“Faccio qualcosa!”

“Che cosa farai?” chiese Harry, la curiosità che faceva capolino.

Sirius scrollò le spalle. “C’è qualcosa che vuoi?”

Harry si morse il labbro, facendosi inconsapevolmente piccolo piccolo sulle gambe di Remus. Non era ancora abituato ad aver il permesso di volere qualcosa, figuriamoci richiederlo. Remus gli strofinò le spalle, in segno di sostegno.

“Hmm…” disse Sirius, cacciando un po’ fuori la lingua e battendo la bacchetta contro il palmo di una mano. “Cosa c’è di emozionante, ma non spaventoso…?”

“Lascia che lo faccia io,” replicò Remus, alzando Harry e riposizionandolo sulle gambe di Sirius. “Combineresti un casino.”

“Apprezzo molto la tua fiducia!” disse ironicamente Sirius, circondando Harry con le braccia in un lento abbraccio.

Remus si alzò e attraversò la stanza, prendendo la sua bacchetta e trascinando una sedia al centro della camera. Harry osservò, affascinato, mentre faceva un passo indietro, tenendo la bacchetta. Disse una parola che Harry non capì e la sedia lasciò andare un piccolo suono, come un ‘poof’, un po’ di fumo e poi…

“Uaoooo…”

“Moony è sempre stato bravo in Trasfigurazione.”

Remus agitò di nuovo la bacchetta, dopo aver sorriso ad Harry, ed il comodo divano rosa diventò una poltrona coperta di peluria blu. E poi fu una lampada verde con i pois rosa, un tavolo di marmo, un orologio giallo, e alla fine tornò alla sua vita di sedia di legno di cedro.

Harry batté le mani.

Remus si spostò un po’ imbarazzato, lanciando un’occhiata a Sirius quando si unì anche lui all’applauso. Fece un breve inchino, dopo esser stato spinto a farlo, e rimise a posto la sedia. Tornando al letto, Harry salì allegramente sulle sue gambe, facendo versetti all’oggetto che aveva fatto il lavoro.

“Ne avrò una anche io?”

“Quando compirai undici anni,” rispose Sirius, con una risata nella sua voce. Scompigliò i capelli di Harry. “Appena prima di andare a scuola.”

Harry si fermò, e ci fu una lunga pausa, che fece preoccupare i suoi tutori, i quali si guardarono l’un l’altro, prima che il loro sguardo tornasse su di lui. Lui sbatté gli occhi, alzando lo sguardo. “Non devo andare a scuola fino a quando non avrò undici anni?” chiese, sconvolto.

“Ehm, sì, piccolo Prongs,” rispose Sirius, poggiando cautamente una mano sulla sua schiena. “I Maghi non iniziano la scuola finché non compiono undici anni.”

“Niente scuola?” domandò Harry, guardandoli, con grandi occhi verdi che scrutavano.

“No.”

“Sebbene, se vuoi-” iniziò Remus, ma si fermò non appena Harry saltò sulle sue gambe, con le braccia per aria.

“EVVIVA!” gridò. Con il saltò superò i suoi tutori, finendo sul letto, dove iniziò a saltellare con entusiasmo. “Niente scuola! Niente scuola!” canticchiò.

Remus sospiro, mentre Harry continuava, e guardò Sirius afflitto. “Questo è opera tua e di Prongs.”

“Non preoccuparti, Moony…”

“Niente scuola! Niente scuola!”

“Gli insegneremo noi tutto ciò che necessita di sapere prima di allora.”

“Niente scuola!”

“Sarà semplice.”

Harry lanciò un grido, e cadde in maniera scomposta sul letto, nascondendosi dietro Remus e sbirciando fra le braccia di Remus e Sirius. I due seguirono il suo sguardo, trovando Nettie, l’elfo domestico che si torceva le mani nervosamente. Remus guardò Sirius, che ghignò.

“Okay…inizieremo dalle basi per costruire tutto il resto!”

*

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Capitolo 4
*** Thursday's child ***


Titolo: Thursday’s Child

Autore: Phoenix Angel Suyari

Rating: PG

Pairing: Sirius/Remus

Riassunto: Dentro, tutti nascondono qualcosa

Note dell’autrice: Questo è il terzo capitolo di questa (ancora senza nome) serie. Seguito di Mocking Bird. Che è il terzo capitolo, seguito di Coming Home, che è il seguito di Carried Away.

Traduzione: Chu

Note della traduttrice: Che dirvi? Questo purtroppo è l’ultimo capitolo pubblicato, ma Suyari mi ha detto che ha intenzione di continuare. Per quanto riguarda questo capitolo…bèh, preparate i fazzoletti, perché Harry sarà davvero dolcissimo!

Link diretto a questo capitolo: http://community.livejournal.com/domus_felicus/12488.html#cutid1

*

Harry dondolò le gambe sotto la sua sedia e utilizzò la sua forchetta per spalmare la panna montata sulla sua cialda. La colazione a casa di Sirius e Remus comprendeva sempre un qualche tipo di zucchero. Era lì da una settimana, e ogni mattina, Remus gli aveva sorriso quando lui entrava in cucina e gli metteva un piatto di fronte che era destinato ad essere ricoperto da qualche tipo di sciroppo, gelatina o marmellata.

Prese un morso dal suo toast – con marmellata di fragole – e si chiese cosa avrebbe detto zia Petunia se avesse saputo che stava mangiando qualcosa di dolce per colazione ogni giorno. O cosa avrebbe detto Dudley se l’avesse visto mettere sulla sua colazione quando sciroppo voleva.

Una volta, Remus aveva preparato anche le uova e un po’ dello sciroppo dal toast ci era finito sopra. Harry era andato in panico, preoccupato del fatto che lo sciroppo era stato sprecato su qualcosa che non aveva bisogno di sciroppo. Ma quando l’avevano notato, i suoi tutori non lo sgridarono e nemmeno gli dissero che aveva sbagliato. Entrambi avevano spinto un po’ delle loro uova verso lo sciroppo nei loro piatti e l’avevano mangiate in quel modo. Harry allora si era sentito meglio, e le uova con un po’ di sciroppo erano effettivamente buone.

Quella mattina, Sirius era ben vestito. Doveva andare al lavoro quel giorno. Harry non era proprio sicuro su come si sentiva riguardo il fatto che Sirius se ne andasse. Da una parte, andare al lavoro era qualcosa che tutti i grandi facevano. (Tranne zia Petunia e la signora Figg, anche se qualche volta Harry aveva pensato che forse la signora Figg una volta aveva lavorato, tanto tempo prima.) Zio Vernon andava al lavoro tutti i giorni, tranne la domenica. E i vicini andavano a lavoro. Harry li vedeva tutti andarsene alla mattina. Alcuni di loro in dei completi, altri con giornali o tazze di caffè. Alcuni di loro andavano in macchina; altri prendevano l’autobus o il treno.

“Sirius, guiderai?”

“Hmm?” Chiese, mandando giù il sorso di tè e mettendo giù la tazza. “Guidare dove?”

“Al lavoro.”

“Oh.” Sorrise e rise leggermente. “No, Harry. Apparirò.”

“Oh…” disse Harry, tornando a guardare il suo piatto. Non sapeva cosa fosse, ma non pensava che sarebbe stato giusto chiedere.

“Sai che cos’è Apparire?” chiese gentilmente Remus.

Harry scosse la testa, gli occhi incollati sulla sua cialda.

“Harry, va bene fare le domande. Specialmente quando non capisci qualcosa. E’ così impariamo.”

“Inoltre,” aggiunse Sirius. “Faresti felice Moony, facendo tutti i tipi di domande. Ama insegnare.”

“Sirius.”

“Beh, è vero.”

Harry sbirciò in alto per vedere Remus guardare al suo piatto. Sirius lo stava osservando, e Harry sapeva che anche se dicevano che andava bene fare domande, alcune cose non era giusto chiederle. Come ora.

“Ho un’idea,” disse Sirius. “Moony, perché tu ed Harry non studiate un po’ ogni giorno?”

“Come a scuola?” Chiese Harry.

“Mmm, non proprio. Ma imparerai.” Si voltò verso Remus. “Ha bisogno di imparare, Moony. E tu sei meglio di qualsiasi insegnante che potremmo assumere.” Sirius sorrise ad Harry. “Moony aveva i voti più alti a scuola. Tutti erano gelosi. Anche io.”

Sirius fece una risata, e si sporse per dare una gomitata al fianco di Remus. “Andiamo, Moony…” mormorò, vicino all’orecchio di Remus. “Sai che è vero. Inoltre…Harry sarà più a suo agio se sarai tu ad insegnargli. Non è vero?”

Remus sospirò. Harry quasi li interruppe per dir loro che non era necessario. Ad ogni modo non doveva andare a scuola fino ad undici anni. E non voleva assolutamente dare fastidio a Remus.

“Va bene,” concordò lievemente Remus.

Sirius fece un largo sorriso. “Bene allora, voi due potete iniziare appena me ne vado.” Guardò l’orologio. “Ovvero adesso. Sono in ritardo.” Alzandosi, si sporse per baciare la guancia di Remus e poi fece il giro del tavolo scostando i capelli di Harry e dandogli un bacio sulla fronte. “Ti porterò qualcosa, piccolo Prongs.”

Harry – ancora sorpreso per l’affetto che stava ricevendo – sbatté le palpebre. Voleva dire che non aveva bisogno di nulla, ma qualcosa dentro di lui lo fermò in tempo. Sirius scomparve con un pop, e Harry fissò il punto in cui il suo padrino stava un attimo prima.

“Apparizione,” disse Remus, “è uno dei modi in cui viaggiano i maghi. Si deve studiare per questo, e dare un esame per prendere una licenza. Si inizia a sedici anni, ci sarà un corso a scuola.” Si alzò, sparecchiando quello che aveva lasciato Sirius. “L’Apparizione è un modo per spostarsi da un posto all’altro, ed è la forma più comune di spostamento che usano i maghi grandi abbastanza per utilizzarlo.”

Harry spostò la sua forchetta sopra la cialda, appiattendo di nuovo la panna. C’era molto da imparare, e tutto ancora lo sorprendeva.

Remus tornò al tavolo e si sedette, sorridendogli gentilmente. Harry si sentì meglio, la tensione che si calmava nel suo petto. “Cominceremo dopo colazione, okay?”

Annuì, e premette la forchetta nella cialda.

“Qui, la taglio per te.”

Harry si tirò indietro mentre Remus si alzava e tagliava la cialda per lui. Si chiese se la magia potesse farlo, invece di usare coltello e forchetta, non sapendo che i suoi tutori stavano utilizzando la magia ad un livello minimo per farlo abituare con calma al suo nuovo stile di vita.

“Grazie,” disse dopo che Remus ebbe finito, ficcando la forchetta in un pezzo più piccolo e mettendolo lentamente in bocca.

Remus sorrise semplicemente e sollevò la sua tazza. “Di niente, Harry.”

 

Quando Sirius tornò a casa, Harry si era completamente dimenticato che se n’era andato. Lui e Remus erano nella sala da pranzo, rincorrendo un piccola creatura pelosa. Rotolava, come una palla, ma veloce come un topo, e dopo averla rincorsa sotto i divani ed intorno ai tavoli per quasi mezz’ora, Harry era un ridente, malmesso pasticcio.

Sirius stava sorridendo largamente sull’uscio della porta, quando Harry guardò in alto.

“Sirius!” gridò, correndo verso di lui.

Sirius si abbassò per prenderlo al volo, abbracciandolo stretto. “Beh, ma guardati! Ti stai divertendo con Moony, piccolo Prongs?”

Harry ridacchiò, appoggiandosi alla spalla di Sirius per riprendere fiato.

“Abbiamo perso il nostro Fezgig (non ho la minima idea di come si traduca…e se abbia una traduzione XD N.D.T.),” si preoccupò di rispondere Remus, spostandosi per appoggiasi allo stipite della porta, un po’ senza fiato.

“Oh, è questo quello che stavate facendo voi due?” Rise e mise Harry giù, spostandosi per tirarsi su le maniche. Harry si appoggiò agli stinchi di Sirius, iniziando a sentire i singhiozzi nel suo petto. “Forse posso essere d’aiuto.”

“Lo puoi prendere da qui,” replicò Remus, lasciandosi cadere accanto ad Harry e avvolgendo un braccio intorno a lui. Harry si sistemò nell’abbraccio, singhiozzando leggermente. “Vediamo come se la cava Paddy, ok?” sussurrò ironico.

Harry fece una grossa risata che alla fine era più un singhiozzo.

“Si da il caso che io sia un professionista, Moony.”

“Certamente, amore. Certamente.”

Singhiozzando, Harry si sistemò un po’ più comodamente, mezzo sdraiandosi inconsapevolmente addosso a Remus. Appoggiò entrambe le braccia sulle ginocchia di Remus, poggiando il mento sugli avambracci. Remus gli diede un leggero colpetto sulla schiena; facendo calmare i singhiozzi mentre Sirius avanzava comicamente nella stanza da pranzo ed iniziava a cercare.

 

Più tardi, Fezgig preso e messo al sicuro in una gabbia, Sirius diede a Harry il suo regalo. Sembrava una rana di cioccolato, ma quando Harry l’aprì, la rana saltò fuori. Harry cadde e Remus lo aiutò a rimettersi in piedi mentre Sirius afferrava la rana, ridandola a Harry, che non voleva mangiare quella cosa viva. Era solo magia, spiegò Sirius.

Insieme alla rana, c’erano delle carte da collezione, e Harry ne trovò una con una strega chiamata Morgana Le Fey. Prima di andare a dormire quella notte, invece di una favola da un libro, Remus e Sirius gli parlarono di lei. Quella notte, Harry sognò di cavalieri e cavalli e una bandiera che sventolava in alto.

 

Due giorni dopo, Harry entrò in cucina trovando Sirius ai fornelli. Non era vestito per andare a lavoro, e Remus non era in cucina.

“’Giorno, piccolo Prongs,” lo salutò sopra la spalla, con un sorriso.

“’Giorno,” disse Harry, andando a sedersi.

Sirius gli mise un piatto davanti che Harry considerò di poter dare a Padfoot, se il cane fosse arrivato, ma…

“Lo so, non sono un bravo cuoco,” spiegò Sirius. “Avrei potuto chiedere a Nettie di pensarci…” Harry rabbrividì. Non si era ancora abituato agli Elfi domestici. “Ma aveva qualcosa di più importante da fare.”

Harry annuì. “Dov’è Remus?” chiese, dando un colpetto ad un uovo, per provare. Quello colò ed il naso di Harry si arricciò leggermente.

“Non si sente bene.” Harry alzò lo sguardo. “Quindi rimarrò a casa oggi.”

“E’ malato?” chiese Harry, avvertendo un nodo al petto.

“Starà bene entrò lunedì,” replicò Sirius, sorridendo con fare rassicurante.

Harry deglutì. Lunedì era troppo lontano per stare meglio.

“Non preoccuparti, piccolo Prongs.” Allungò la mano lungo il tavolo per dare a quella di Harry una stretta tranquillizzante. “Moony guarisce ogni volta. Non starà male per molto.”

“Forse possiamo preparargli un brodo di pollo.”

La bocca di Sirius fece una strana smorfia, prima di comporsi in un sorriso confortante. “Sì, suppongo che possiamo farlo.”

“Sta dormendo?” chiese Harry, sollevando un toast troppo bruciato e ricoprendolo di gelatina al lampone. Ne prese un morso, e fu grato che i suoi tutori non avevano regole riguardo la quantità di gelatina che poteva avere.

“Ci sta provando,” disse Sirius, masticando un pezzetto di toast. Il suo naso di arriccio e lo guardò. “Ho dannatamente bisogno di imparare a cucinare,” borbottò.

“Io lo so fare,” disse Harry.

“Ho un’idea. Lasciamo che Nettie cucini, e noi andremo a comprare gli ingredienti per il brodo mentre lei lo fa.”

Harry era stato educato a non lamentarsi, e a mangiare anche se era robaccia orribile. Ma qualcosa dentro di lui gli diede un colpetto, e sentì che stranamente sprecare quel cibo non aveva importanza. Era un po’ sconcertato da sé stesso, ma anche quella sensazione sembrò essere toccata da quel qualcosa, ed annuì.

“Bene allora. Vai a lavarti, io lo dirò a Nettie.”

 

Preparare il brodo fu un disastro.

Harry guardò la cucina e sospirò in vece di zia Petunia. Erano fortunati che Remus non avesse lasciato la sua stanza, perché probabilmente si sarebbe arrabbiato. Harry non voleva vedere mai Remus arrabbiato. E quel qualcosa dentro di lui in particolar modo non voleva mai vedere Remus arrabbiato con lui.

C’era una larga macchia di farina sul suo naso e ne aveva un po’ fra i capelli. C’erano cereali appiccicati ai suoi calzini, e riso sulla sua maglietta. Un po’ delle spezie era finito sulla sua maglia, e c’era una strana macchia sul suo ginocchio. Sirius non appariva in uno stato migliore.

Assaggiò un sorso e prendendone un altro cucchiaio, lo raffreddò soffiando prima di darlo ad Harry. “Beh, non ha un bell’aspetto, ma è buono.” Harry assaggiò. Sirius gli arruffò i capelli. “Hai fatto un buon lavoro, piccolo Prongs. Anche con me che accozzavo tutto insieme.”

Harry fece un grosso sorriso e scese già per prendere una scodella ed un cucchiaio.

 

Remus non aveva un bell’aspetto, pensò Harry. Infatti, sembrava che avesse bisogno di un ospedale. Ma Remus gli sorrise mentre entrava. Harry si avvicinò piano piano al letto, Sirius dietro di lui con il vassoio.

“Ti abbiamo preparato il brodo,” disse, appoggiandosi al lato del letto, ed allungando le sue piccole mani per avvolgerle intorno all’avambraccio di Remus.

“E Sirius ha aiutato?” chiese, facendo poi una risata spenta.

“Certo che sì, amore,” replicò Sirius, poggiando il vassoio. “Non potevo lasciare Harry da solo in cucina.”

La testa di Remus si voltò di lato e lui ammiccò a Harry. “Ti ha rallentato, vero?”

Sirius sbuffò, offeso. Poi sorrise, e si spostò per sistemare le coperte.

Harry tirò su con il naso.

“Qual è il problema, Harry?” chiese Remus, allungandosi debolmente per tirargli i capelli indietro.

“Stai per morire?” chiese Harry, con un singhiozzo.

“Oh piccolo…” Guardò verso Sirius poi di nuovo Harry. “No…no, Harry…non morirò.” Si tirò su, Sirius dietro di lui solo per precauzione, e allungò le mani, tirando Harry sul letto. Harry tirò pesantemente su con il naso, premendo il volto contro il collo di Remus e aggrappandosi alla sua maglia. Le braccia di Remus lo tenevano vicino, ma mancavano della forza di una persona in salute.

“Non voglio che tu muoia!” gemette Harry.

“Harry…shh…” Passò gentilmente la sua mano sulla schiena di Harry. “Non morirò. Lo prometto.” Sospirò, poggiandosi contro Sirius, che lo sostenne. “Ogni tanto mi ammalo, amore. E’ tutto.”

Harry pianse sulla sua spalla, avvertendo il calore della febbre incontrare le sue lacrime.

Sirius avvolse le sue braccia intorno ad entrambi, ed abbracciarono insieme Harry per un po’, mentre lui si aggrappava disperatamente a Remus. Il suo petto faceva un sacco male. Molto più male della volta in cui si era ammalato e non poteva respirare. Molto più male di quella volta in cui Dudley l’aveva fatto giocare a baseball e aveva lanciato un home–run nel suo stomaco. Harry si sentiva male nel pensare a Remus che stava male. E non sapeva perché.

Non si era mai sentito in quel modo con i Dursley. Quando si ammalavano, o c’era più lavoro da fare per Harry, oppure lo ignoravano completamente. Aveva anche visto zio Vernon stare così male da non poter lasciare il letto, e non si era sentito nemmeno un po’ male.

Non così. Mai così.

Sotto la sua guancia, i muscoli di Remus tiravano e si contraevano spasmodicamente, dentro, dentro profondamente. Ogni volta che tremava, le mani di Harry stringevano più forte. Harry lo ascoltava respirare, veloci inspirazioni e deboli espirazioni che non erano mai della stessa lunghezza. Sirius strofinava la schiena di Remus, le sue spalle, le braccia, e Harry poteva sentire i suoni nel petto di Remus. Quelli che non lasciava uscire fuori. Dopo un po’, quando le mani di Remus stavano tremando, e i muscoli erano molto, molto tesi, poggiò la sua testa giù, baciando il capo di Harry, e disse, “Sirius.” Dalla sua voce sembrava come se stesse trattenendo molto dolore, ed Harry si premette più vicino.

“Andiamo, piccolo Prongs,” mormorò Sirius, spostandosi per forzare gentilmente Harry a lasciare andare la presa.

“No…” gridò Harry, le lacrime che ricominciavano di nuovo a scendere. “No! Moony!”

“Shh…Andrà tutto bene,” disse, mentre Sirius allontanava Harry.

Prese Harry in braccio, ed anche se Harry lottò, se lo mise con facilità in spalla e lo portò fuori.

 

Sirius sistemò Harry nel letto, il piccolo che piangeva forte ora. Gli accarezzò i capelli, baciò la tempia e si raddrizzò. “Torno subito, piccolo Prongs. Devo solo aiutare Moony.”

Harry cadde sui suoi cuscini, e pianse. Sirius lasciò la porta aperta di un po’ e scomparì oltre l’ingresso.

 

Harry pianse così forte, che alla fine si addormentò, svegliandosi nel pomeriggio. Si mise a sedere, sentendosi vuoto e si strofinò un occhio. Si guardò intorno, alla ricerca dei suoi occhiali, trovando invece Padfoot. Il cane sollevò la sua testa e gli leccò la guancia, e Harry gli gettò le braccia intorno e pianse di nuovo.

 

Cenò con Sirius, che lo dovette rassicurare ogni cinque minuti che Remus stava dormendo e non era morto. Harry non aveva fame, ma sapeva dagli anni con zia Petunia che come si sentiva non era una scusa per non mangiare. Quindi spinse il cibo nel suo piatto e mangiò quello che stava ai margini.

 

Fece avanti e indietro lungo l’ingresso per tutto il giorno dopo, volendo vedere Remus, ma troppo spaventato. Sirius continuava a rassicurarlo che Remus stava bene. Ma Harry ricordava quanto male era stato quella notte, ed era davvero molto spaventato riguardo cosa avrebbe trovato se fosse andato a visitarlo.

Sirius lo prese dall’ingresso e lo portò a vedere un film al cinema. Harry si addormentò a metà spettacolo. Troppo stanco e troppo angosciato per ricordare che cosa era stato portato a vedere. Troppo preoccupato per godersi la sua prima volta in un cinema.

 

La mattina seguente, Harry si trascinò in cucina. Triste ed esausto, nonostante tutte le dormite che si era fatto, aprì la porta con una spinta, con tutta la sua forza. Si sentiva così pesante quel giorno.

Con la testa bassa, si spostò lungo la stanza, e si arrampicò sulla sua sedia, appoggiandosi completamente sul tavolo e fissando con occhi vuoti il niente, aspettando la colazione anche se non aveva fame. Un piatto venne sistemato davanti ai suoi occhi. Pancake messi in colonna. Il profumo raggiunse il suo naso prima che i suoi occhi si focalizzassero. I pancake erano incolonnati ordinatamente, ed ognuno aveva un frutto differente dentro. I due che stavano in alto avevano schegge di cioccolato.

Si rizzò a sedere, tirandosi lentamente indietro, prima di voltarsi a guardare. Remus mise un bicchiere di succo di frutta vicino al suo piatto e gli sorrise. Era pallido e sembrava stanco, ma stava molto meglio di tre giorni prima. Harry lasciò andare un singhiozzo e si lanciò contro di lui. Remus avvolse un braccio intorno al lui, abbracciandolo stretto.

Sirius entrò in cucina, vestito per lavorare. Baciò Remus sul collo, e poi la testa di Harry prima di spostarsi per versarsi una tazza di tè. Remus passò gentilmente la mano sulla schiena di Harry.

“Te l’avevo detto che sarebbe stato meglio entro lunedì,” disse Sirius, sedendosi.

Harry tirò su con il naso, sfregando il viso contro il fianco di Remus. Tirando su con il naso, guardò in alto verso Remus, le braccia intorno a lui più stretto che poteva. “Stai davvero meglio?”

“Sì, piccolo,” replicò, asciugando le lacrime con le punte delle sue mani. “E’ passato per ora.”

Harry si aggrappò a lui, appoggiando la testa contro di lui.

“Ma c’è qualcosa che devi sapere, Harry.”

Harry guardò lungo il tavolo fino a Sirius.

“Quando ho detto che Moony si ammala parecchio, intendo davvero parecchio. Questo succederà di nuovo.” Harry si aggrappò più forte, e Remus passò la mano sulla nuca del ragazzino. “Ma, proprio come ora, Remus si riprenderà la prossima volta. Hai capito?”

Harry deglutì, e guardò in alto mentre Remus lo sollevava e si sedeva, sistemando Harry sulle sue gambe.

“Harry,” disse, tenendolo con fermezza. “Mi sono sempre ammalato in questo modo fin da quando avevo la tua età. E’ una malattia che ho avuto per tutta la mia vita, ed è qualcosa per cui non c’è cura, quindi starò male in questo modo per il resto della mia vita.” Cullò Harry più vicino, ed Harry chiuse gli occhi contro il battito regolare del cuore di Remus. “Mi dispiace, piccolo. Questo è qualcosa che non andrà mai via, ma quando crescerai, ti abituerai al mio essere malato, okay?”

“Perché sei malato?”

Remus e Sirius si guardarono l’un l’altro. Harry aprì gli occhi, e guardò l’uno e l’altro. Poi Remus abbassò lo sguardo verso di lui e gli fece un lieve sorriso. “Harry, ci sono un sacco di malattie nel mondo. E come tutti gli altri, i maghi si ammalano.”

“Ci sono molti modi per ammalarsi nel mondo magico,” aggiunse Sirius, che si era spostato per sedersi accanto a loro. “E nonostante la magia può curare molto malattie, non può guarirle tutte. Alcune malattie sono oltre la magia.”

“Quando ero piccolo,” disse Remus. Si bloccò, prendendo un respiro per calmarsi prima di continuare. Sirius gli strofinò il braccio. “Stavo giocando nel giardino di una casa che apparteneva ad una delle amiche di mia madre. Stavano facendo una festa, ed i miei genitori erano stati invitati. Mia madre mi intimò di non andare troppo lontano, ma stavamo facendo un gioco e lo facemmo.”

Harry strofinò una piccola mano sul suo cuore, sapendo che questo era difficile da spiegare. Voleva dire che era okay, non aveva bisogno di sapere. Non aveva niente a che fare con lui. Ma quel qualcosa dentro di lui, quel qualcosa che aveva incominciato a crescere da quando aveva iniziato a vivere lì sussurrò di lasciare che Remus continuasse.

“Sai che cos’è un licantropo, Harry?”

Harry scosse la testa.

“Un licantropo è qualcuno che si trasforma in lupo durante la luna piena. Ci sono tre modi di diventarlo. Ci si può nascere, si può usare la magia – magia molto difficile, pericolosa e proibita – per diventarlo, o si può essere morsi da un licantropo.”

“Perché?”

“Non ne sono certo, Harry. Forse perché sono soli? Tutto quello che so, è che durante quella notte, mentre stavamo giocando, c’era la luna piena. I licantropi che sono stati morsi si trasformano solo sotto la luce della luna piena.”

“Perché?”

“E’ magia, amore,” disse Sirius.

Remus annuì. “E’ un tipo di magia. E durante quella notte, sono stato morso da un licantropo.”

“Quindi…” disse Harry, cercando di collegare i punti. “Tu sei…un licantropo?”

“Sì, piccolo. Sono un licantropo.”

“Harry,” disse Sirius, sporgendosi verso di loro. “Venerdì notte, quando Remus non stava bene, è stato perché c’era la luna piena quella notte. E lui si stava trasformando.”

“Fa molto male,” replicò Harry. Non aveva bisogno di essere una domanda, quella. Ci era arrivato.

Remus annuì. “Fa molto male.”

“Devi proprio farlo?”

“Non ho scelta, Harry?”

Harry sospirò, poggiando la testa sul petto di Remus ancora una volta. La magia avrebbe dovuto essere buona, avrebbe dovuto rendere la vita felice e migliore. Non avrebbe dovuto far male alle persone.

“Ora, Harry, questo è molto importante.” La voce di Sirius era seria ed Harry incrociò lentamente il suo sguardo. “Non puoi dire a nessuno che Remus è un licantropo.”

Harry non ne aveva intenzione, ma chiese comunque, “Perché?”

“Perché le persone hanno paura dei licantropi, Harry,” rispose Remus.

“E per quanto stupido possa suonare – e credimi, è una stupida, stupida legge –”

“Sirius.”

“I licantropo non sono autorizzati a vivere come gli altri maghi. Non possono avere un lavoro, non sono autorizzati a stare con i bambini, e posso avere un mare di guai per non aver fatto assolutamente niente.”

Harry si aggrappò a Remus, che gli scostò indietro i capelli. Non voleva che Remus andasse via, e non voleva che lo portassero via da lui. Remus era stata la prima persona che Harry avesse mai incontrato che l’avesse trattato come se fosse importante.

“Quindi è un segreto.”

Harry annuì.

Sirius e Remus si guardarono l’un l’altro e sorrisero lievemente. Harry poteva avvertire il sollievo fra di loro, la tensione e l’ansia scivolare via. Non gli importava se Remus era un licantropo o anche se era un mago o meno. Era una delle due persone che amavano Harry.

E lui era una delle due persone che Harry amava molto, davvero molto.

 

Dopo che Sirius se ne fu andato, Remus ed Harry misero a posto e poi si andarono a sedere nella sala da pranzo.

“Cosa vuoi fare oggi, Harry?” chiese Remus, ma Harry si era già addormentato. Sorridendo lievemente, Remus lo abbracciò stretto, chiuse gli occhi e lo raggiunse nel sonno. Per la prima volta negli ultimi giorni, Harry dormì profondamente. Sicuro e felice – cullato dolcemente fra le braccia di un licantropo.

*

Note finali della traduttrice: Ma non è semplicemente BELLISSIMO questo capitolo? E’ il mio preferito insieme al secondo… Ma questi quattro capitoli sono tutti stupendi, non è vero? La tenerezza di Remus e Sirius nel parlare e nell’interagire con Harry è così commovente; per non parlare dei piccoli gesti che si scambiano lui e Sirius… Ed Harry è davvero adorabile! E’ così dolce… Beh, io per ora ho finito. Spero di tornare presto con un nuovo capitolo tradotto (Suyari mi ha detto che sta lavorando al quinto capitolo, ma che il lavoro le toglie molto tempo…abbiate pazienza!), per ora vi lascio e vi raccomando di lasciare tanti commenti (a proposito…Suyari vi ringrazia di cuore per quelli lasciati agli altri capitoli…l’avete fatta felice!!)…questa fic li merita, no? ;)

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