Symbiosis

di Frytty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Today it's not an ordinary day ***
Capitolo 3: *** You are Me and Me is You, so... WHAT? ***
Capitolo 4: *** I Kiss a Girl and I Don't Like It ***
Capitolo 5: *** Magic doesn't tell always the truth ***
Capitolo 6: *** Hormones' Issue ***
Capitolo 7: *** You were there and it was enough for me. ***
Capitolo 8: *** A Date with Mom and Dad ***
Capitolo 9: *** Feelings ***
Capitolo 10: *** From Joy to Sadness in fifteen minutes ***
Capitolo 11: *** Epilogue-Trouble Again? ***
Capitolo 12: *** About Rings, Desktop's Drawer, Mess and Love ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Salve!

Sono di ritorno con una nuova Ff su Robert (che dire, quel ragazzo ispira xD) *.* Preannuncio che è composta da 10 capitoli, esclusi il prologo e l'epilogo che sono a parte, a cui seguiranno una serie di shot che prendono ispirazione dalla bingo challenge (se qualcuno ne ha sentito parlare su livejournal). Comunque, ne parlerò adeguatamente a tempo debito, per ora questa è solo la Ff base, di partenza.

Fondamentalmente, l'idea è venuta fuori pensando al film Freaky Friday-Quel pazzo venerdì, in cui madre e figlia si trovano reciprocamente l'una nel corpo dell'altra e ne succedono di tutti i colori, come sa chi ha visto il film (e chi non l'ha visto, deve farlo, perché è semplicemente geniale xD). Ho provato ad immaginare cosa potesse succedere a ritrovarsi nel corpo di un attore famoso e cosa sarebbe successo a Robert, catapultato nel corpo della sua ex, ma sto anticipando troppo, vero?

Oops! xD

In ogni caso, mi sono cimentata con un tono più leggero, niente di drammatico e qualche pizzico di introspezione, che non manca mai nei miei lavori.

Ci tenevo a ringraziare Piccola Ketty che mi ha sostenuta nell'elaborazione di questa Ff, mi ha fatto da beta e mi ha donato ispirazione quando mancava *.* quindi, davvero, grazie!

Spero vi faccia divertire almeno la metà di quanto ha fatto divertire me nello scriverla *.*

 

Buona lettura! <3

 

 

 

 

< Sai, un giorno chiesi ad un pittore di farmi un ritratto. >

< Ah, sì? E perché? >

< Perché volevo vedermi con gli occhi di qualcun altro. Sapevo bene qual era la mia immagine riflessa allo specchio, ma non mi ero mai conosciuta attraverso gli occhi di un estraneo. >

< E cosa hai scoperto di nuovo? >

< Che ero totalmente diversa da quello che immaginavo di essere. >

< In che senso? >

< Nel senso che mi ero sempre vista come una ragazza normale, capelli di un  castano chiaro comune, occhi di un azzurro comune, fisico nella media; ma non mi ero mai accorta di tutti quei piccoli, insignificanti particolari, che mi rendevano unica. >

< Questo sarebbe un tentativo di elogio personale? >

< No. Voglio solo dire che il piccolo neo dietro l'orecchio sinistro, la cicatrice, ricordo della varicella, sul naso, qualche lentiggine sulle gote, facevano di me una persona fuori dalla normalità. >

< Vuoi dire che ti sei resa conto che anche i tuoi difetti contribuivano a creare di te una persona speciale, unica, che non sarebbe esistita mai più? >

< Sì, è quello che voglio dire. >

< E adesso come ti vedi? >

< I tuoi occhi mi disegnano molto più bella di quella che sono in realtà. >

< Ma tu sei bella; anzi, bellissima. >

< Sciocchezze! Sarò anche speciale, ma non bella. >

< Non saresti una modella ora se non fossi bella. >

< E' diverso. >

< No, è la stessa cosa. >

< E poi io volevo fare la dottoressa, da grande. >

< Perché la dottoressa? >

< Perché mi piace prendermi cura degli altri; mi fa sentire utile. >

< Potresti prenderti cura di me. >

< Lo sto già facendo. >

 

Quella era l'ultima conversazione che Cailin ricordava di aver avuto con Robert, qualche giorno prima della scenata memorabile che gli aveva fatto davanti al portone di casa, in mezzo a passanti spaventati e a cani nervosi.

In fondo, era contenta di com'erano andate le cose: se non avesse deciso di chiudere la loro relazione avrebbe continuato a vivere nella bugia. Cailin non si era mai reputata una bella ragazza, anche se in molti lo pensavano, ma credeva che la storia con Robert sarebbe durata, nonostante i continui periodi di lontananza che erano costretti a sopportare.

Se ripensava a quando si erano incontrati per la prima volta, le scappava ancora un sorriso.

Era ad uno dei soliti after party dopo una sfilata e si stava annoiando a morte, come al solito e lui le si era seduto vicino e le aveva semplicemente detto:

< Io sono Robert e tu sei bellissima. > e le aveva teso la mano.

Cailin era arrossita come una ragazzina ed era riuscita a malapena a mormorare il suo nome e ad allungare una mano.

Non avrebbe mai immaginato, ovviamente, che ne sarebbe nata una storia d'amore così importante, specialmente quando, la sera dopo, dopo un'eccellente cena in uno dei ristoranti più chic di New York, l'aveva invitato ad entrare in casa sua.

Avevano bevuto un po', ma era stato Robert stesso ad evitare che si ubriacasse, impedendosi di versarle l'ennesimo bicchiere di vino rosso, cosa che Cailin aveva trovato estremamente premurosa.

L'aveva lasciato per qualche minuto da solo in cucina, mentre lei si richiudeva alle spalle la porta della sua camera per indossare la sua mise casalinga.

 

< Ed io che pensavo fossi andata ad indossare un completo intimo estremamente sexy. >

< Ed io che pensavo tu fossi già disteso, completamente nudo, sul divano del salotto... >

 

Avevano riso entrambi e Cailin si era accinta a preparare il fantomatico tè con cui l'aveva invitato a salire.

Dopo un'ora trascorsa a parlare del più e del meno, a ridere e a punzecchiarsi simpaticamente, Robert aveva pensato fosse ora di levar tende e lasciarla dormire in santa pace, ma lei non aveva nessuna intenzione di rimanere da sola e l'aveva invitato, molto candidamente, sul piccolo terrazzino attrezzato per vedere le stelle, dove era inevitabilmente crollata dal sonno.

Robert era stato costretto a prenderla in braccio e ad individuare a tastoni la porta della sua camera per adagiarla sul letto e quando aveva provato ad allontanarsi, dopo aver controllato che fosse ben coperta, Cailin gli aveva stretto una mano intorno al polso e aveva mormorato qualcosa che somigliava molto ad un ti prego, non andare; così Robert era rimasto e si era steso accanto a lei, carezzandole i capelli fin quando Morfeo non aveva rapito anche lui.

La mattina dopo, Cailin era fermamente convinta di essere da sola, ma dovette ricredersi quando sentì un rumore di padelle e posate in cucina. Si era guardata stranita in giro, credendo fossero i suoi vicini, ma una volta appurato che il rumore proveniva proprio dalla sua cucina, si decise ad alzarsi, infilarsi le pantofole e andare a controllare.

Un Robert imbrattato di farina dalla testa ai piedi, stava, molto innocentemente, avrebbe osato aggiungere, ciambottando con l'impasto delle frittelle.

L'espressione di Cailin avrebbe volentieri raggiunto il pavimento, tanta la sorpresa, ma non sarebbe stato da lei, perciò si limitò soltanto a ridere, una mano davanti alla bocca nel tentativo di non farsi scoprire.

Robert si era voltato verso di lei, preso alla sprovvista e aveva fatto cadere a terra il mestolo con il quale stava vigorosamente sbattendo le uova, imbrattando il pavimento già sporco di farina, latte e zucchero; cosa che non aveva fatto altro che far cominciare a ridere Cailin ancora di più, tanto che fu costretta a piegarsi in due, le lacrime agli occhi ormai.

 

< Se volevi farmi venire un infarto ci sei riuscita benissimo! > Aveva borbottato, incrociando le braccia al petto dopo aver poggiato la scodella con il restante delle uova sul tavolo dietro di lui.

 

< Vogliamo parlare della mia cucina? Adesso chi pulisce? > Aveva scherzato lei, in risposta, mettendo le mani ai fianchi e guardandolo come una madre avrebbe guardato il figlio che aveva appena combinato una marachella.

 

< Avrei pulito... > Aveva detto, imbronciato.

 

Cailin gli si era avvicinata senza nessuna intenzione in particolare, se non quella di fargli tornare il sorriso e gli aveva spettinato i capelli, permettendo ad una nuvola di farina di liberarsi intorno a loro per qualche secondo. Le era scappato un altro sorriso che aveva cercato di trattenere con scarso successo, sebbene Robert fosse troppo impegnato ad osservarle le labbra per curarsi di rimanerne offeso.

E poi lui le aveva preso il viso tra le mani e le aveva sporcato le guance di cacao e cioccolata e lei aveva socchiuso gli occhi, persa nei diamanti grezzi che erano gli occhi celesti di Robert e aveva semplicemente atteso che le loro labbra si scontrassero.

Si era quasi aspettata di vederne saltar fuori scintille e fuochi d'artificio; invece, aveva solo avvertito sulla lingua il sapore delle fragole e del gelato alla panna che sua nonna le preparava sempre quand'era piccola e si era lasciata inevitabilmente andare.

Robert l'aveva spinta dolcemente contro la parete accanto al forno e aveva continuato a baciarla, come se fosse diventata la cosa più importante, come se stesse traendo da lei il suo sostentamento.

Erano finiti a fare l'amore e Cailin nemmeno si ricordava come. Era solo convinta di essersi ritrovata senza vestiti, avvolta da un profumo familiare che sapeva di zucchero filato e caramelle mou e di aver provato un indescrivibile, ossessivo desiderio di sentirlo dentro di sé.

Forse era da quel momento che avevano cominciato ad essere una coppia, chissà.

Forse quando la notizia era apparsa su tutti i più importanti tabloid newyorkesi, avevano dovuto accettarla anche loro, anche se non ne avevano mai parlato.

Cailin non se lo ricordava e nemmeno Robert.

L'unica cosa che ricordavano era che adesso non stavano più insieme ed erano sei mesi che non si incontravano.

Persi nei loro rispettivi lavori, facevano finta di niente, convinti che la vita sarebbe andata avanti comunque e lei, la vita, sarebbe certo andata avanti, se non avesse incrociato quello in cui la maggior parte degli uomini aveva smesso di credere: il destino.

Ribadivano che erano solo coincidenze, Cailin e Robert, ma non potevano certo sapere quanto si sbagliassero in realtà.

 

Il destino fa fuoco con la legna che c'è.

Alessandro Baricco, Castelli di Rabbia.

 

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Capitolo 2
*** Today it's not an ordinary day ***


Come annunciato sul mio profilo di scrittrice su Facebook, mi accingo ad aggiornare ^^

Un grazie speciale a chi ha commentato, inserito tra le preferite, seguite, da ricordare e a chi ha solo letto *.* ma non avete proprio voglia di lasciarmi un piccolo commentino? *occhi da cucciolo indifeso* xD (scherzo, ovviamente, non obbligo nessuno, io u.u)

Da questo capitolo le cose cominciano a farsi interessanti...

 

Buona lettura! <3

 

 

 

 

Oggi non è che un giorno qualunque

di tutti i giorni che verranno,

ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno

dipende da quello che farai oggi.

Ernest Hemingway

 

Cailin, quella mattina, si era svegliata più tardi del solito. Aveva un giorno libero e aveva deciso di godersi qualche ora in più di sonno, visto che era una settimana che non riusciva a dormire decentemente.

Sbadigliò, come al solito, e si stiracchiò, o meglio, fece stretching mattutino, come lo chiamava Robert, ma d'altronde era sempre stato quello il suo modo di iniziare la giornata e, si sa, le abitudini le si abbandona malvolentieri.

Lanciò un'occhiata alla sveglia esattamente due secondi prima che il suo cellulare iniziasse a squillare e che lei cominciasse a maledirsi in tutte le lingue da lei conosciute-che, per inciso, non erano molte-per averlo dimenticato acceso.

< Ok, sconosciuto, ti dò due secondi per convincermi che hai un buon motivo per telefonarmi, altrimenti riattacco. > Prese un respiro profondo, infastidita dal fatto che chi l'aveva chiamata non avesse neanche il coraggio di farsi riconoscere, adottando un insensato sconosciuto. 

< Cailin, sono Robert e sono nei guai. Senti, è difficile da spiegare adesso, ma dovresti fidarti di me e lasciarmi entrare nel portone, ti prego! > La voce di Robert le suonò ansiosa, preoccupata e supplichevole e, sebbene fosse tentata dal lasciarlo in qualunque sorta di guaio si fosse cacciato, non era ancora una stronza menefreghista e sbuffando agganciò, alzandosi per andare al citofono.

Premette il pulsante che avrebbe aperto il portone principale dell'edificio e cominciò in tutta tranquillità a prepararsi la colazione.

Il campanello suonò due volte proprio quando la caffettiera aveva preso a gorgogliare e a diffondere nella stanza il profumo di caffè e due colpi alla porta, decisi e determinati, la fecero trasalire, sebbene sapesse di chi si trattava.

< Non pretenderai che io ti ospiti, vero? > Proruppe appena aperta la porta, verso uno scarmigliato Robert.

< Tu mi odi e te lo concedo, ma ti prego, ti prego, questo è l'unico posto dove posso stare, perciò, ti prego, non mandarmi via. > Era sporco di terra, aveva i capelli bagnati, i jeans strappati sul ginocchio e un taglio sulla mano.

< Si può sapere che diavolo hai combinato? > Lo apostrofò, spostandosi di lato per farlo entrare e richiudendo la porta l'istante successivo, seguendolo in cucina.

< Non ci crederesti. > Borbottò lui in risposta, accasciandosi su una sedia.

Cailin fece spallucce e prese posto a tavola, cominciando a cospargere una fetta biscottata di marmellata di amarena, la sua preferita.

< Vuoi fare colazione, hai fame? > Sarebbe stato certamente scorretto da parte sua non offrire niente.

Robert scosse la testa e si stropicciò la faccia, con il risultato di sporcarsi ancora di più.

< Puoi fare una doccia, se vuoi. Dovrei avere qualcosa di tuo da qualche parte. > Si alzò e con un sospiro lo precedette verso il bagno, occupandosi poi di entrare nella sua stanza e di rovistare nei cassetti alla ricerca degli indumenti che Robert aveva lasciato da lei e che non si era più preoccupato di andare a riprendere.

Quando rientrò nel bagno con una sua camicia a quadri blu, un jeans, un asciugamano pulito e della biancheria intima, lui era già sotto la doccia e per un istante Cailin rimase affascinata dalle linee sfumate che riusciva ad intravedere attraverso il vetro appannato della doccia.

Non era cambiato molto in quei sei mesi, ma, d'altronde, nemmeno lei lo era. Aveva i soliti capelli castano chiaro che le ricadevano a boccoli sulle spalle, gli stessi occhi azzurri grandi ed espressivi e la stessa corporatura snella, ma atletica e non poté impedirsi di arrossire quando Robert riapparve fuori dalla doccia con solo la testa, le gocce d'acqua che delineavano perfettamente il suo viso leggermente spigoloso e i capelli perfettamente spettinati.

Abbassò lo sguardo e poggiò gli indumenti sul termosifone accanto a lei, prima di uscire silenziosamente, seppur conscia dello sguardo di Robert su di lei.

 

Cailin era così, non chiedeva mai, non si impicciava mai degli affari degli altri e se poteva non esitava certo a difendere un amico in difficoltà, per questo aveva accolto Robert nonostante i loro trascorsi.

Non aveva fatto domande e si era limitata ai suoi soliti modi diretti e concisi e alle sue domande spicce: hai fame? cosa vuoi fare? guardiamo un film?

Avevano deciso di guardare la televisione ed era ormai già sera. Cailin era semi sdraiata sul divano, le gambe strette al petto e il mento sulle ginocchia e lui, seduto sulla poltrona, la osservava, i piccoli frammenti di film che si rispecchiavano negli occhi chiari di lei, affascinandolo.

Per un attimo Robert dimenticò il motivo per il quale si erano lasciati e non ricordò altro che il suo sapore sulle labbra, il modo in cui se le mordeva quando facevano l'amore e il piacere diventava troppo intenso, la limpidezza dei suoi occhi quando le mormorava che l'amava e il sorriso dolce che le si disegnava sulle labbra quando la svegliava con le sue coccole al mattino.

Poi la verità gli si riversò addosso come una cascata di acqua fredda.

Lei lo odiava. Aveva creduto alle parole di Kristen. Si era rifiutata, con tutta la determinazione che le apparteneva, di credere ad una sola delle sue scuse sincere e non aveva versato neanche una lacrima quando gli aveva detto di andare via, il più lontano possibile da lei.

Gli occhi gli si inumidirono al pensiero di quella sera, alle urla e alle porte sbattute e distolse lo sguardo, riposizionandolo sullo schermo della tv.

< Stai ancora sanguinando, lo sai? > Mormorò lei, mordicchiandosi un'unghia: il suo solito modo di fare quando era imbarazzata.

Robert lanciò uno sguardo al taglio che aveva sulla mano e si rese conto solo in quell'istante di quanto bruciasse quell'insulsa, inutile ferita.

< Dovrei avere del disinfettante e qualche cerotto, aspetta. > Si alzò e si diresse in bagno, rovistando per qualche istante nei cassetti e ritornando nel salotto con una bottiglia di disinfettante inutilizzata, dell'ovatta e cerotti di diverse misure.

Con una precisione ed una calma quasi maniacale, imbevette un batuffolo di ovatta con uno spruzzo di disinfettante e gli tamponò la ferita, costringendolo a trattenere il fiato, poi, individuò un cerotto abbastanza grande e lo scartò, poggiandolo delicatamente sul taglio.

< Ecco fatto. > Gli sorrise e si allontanò per rimettere tutto al suo posto, ma lui fu più veloce e la trattenne per un polso.

< Grazie. Di tutto. > Bisbigliò con fare incerto.

Cailin sorrise lieve e si allontanò.

< Allora, vuoi dirmi cosa hai combinato? > Gli domandò quando fu tornata a sedersi sul divano.

< No, credo di no. > Rispose lui, scuotendo la testa.

< Come sarebbe a dire no? Ti sto ospitando in casa mia senza nemmeno sapere perché diavolo sei qui e perché reputi proprio questa casa il posto più sicuro! Se hai ucciso qualcuno ti conviene dirmelo, sai? Non sono affatto disposta a... > Ma la interruppe.

< Stai parlando troppo, Cailin. > Le sorrise e lei arrossì, abbassando la testa.

Già, stava parlando troppo. Peccato che ne fosse lui la causa, perché solo lui riusciva a mandarle così in confusione il cervello, da non farle rendere neanche conto di quello che diceva.

< E comunque, per la cronaca, non ho ucciso nessuno, quindi puoi dormire sonni tranquilli. Diciamo che sono stato inseguito da un'orda di paparazzi e fan impazzite che volevano abusare di me e che per salvarmi sono stato costretto a scavalcare un muretto. > Alzò la mano con fare teatrale, mostrando il cerotto, segno che era stato uno dei mattoni del famoso muretto a tagliarlo.

< Ho quasi rischiato di essere investito, ho travolto un tizio che stava portando dei fiori e sono arrivato qui. > Terminò.

< La tua vita è molto più interessante della mia, lo ammetto. > Rispose lei, gli occhi sbarrati dalla sorpresa.

< Oh, lo credo bene! > Asserì lui.

< E perché sei a New York? > Gli chiese ancora, avida di notizie.

< Sto girando un film, sai, una di quelle cose sdolcinate che tu odi. > La prese in giro, facendole una linguaccia e Cailin, suo malgrado, si ritrovò a sorridere.

< Suppongo che tu sia stanco. Posso cederti il mio letto, se vuoi e io posso dormire qui, sul divano. Hai sicuramente più bisogno tu di un materasso morbido che io. > Si alzò in piedi, seguita a ruota da lui e ponderò la questione.

< Oh, non se ne parla! Non posso privarti del tuo letto! Sono o no un gentleman? Dormirò io sul divano. > Insistette.

< Senti, questa è casa mia e decido io dove far dormire gli ospiti, chiaro? > Precisò, tentando di mettere in campo la sua miglior espressione fredda e convincente.

< Possiamo dormire tutti e due nel tuo letto, no? E' grande abbastanza per entrambi e non sarebbe certo la prima volta, quindi... > Propose lui senza nessuna punta di malizia.

Cailin dovette ammettere che quella era la soluzione migliore: nessuno dei due sarebbe stato costretto ad adattarsi allo spazio ristretto del divano e tutti e due avrebbero dormito sonni tranquilli.

< D'accordo, ma ad una condizione... > Sospirò, prima di essere interrotta.

< Terrò le mani a posto, promesso. Sono un gentleman, io! > Sbuffò lui, seguendola nella sua stanza.

Era tutto esattamente come se lo ricordava: le pareti color indaco, qualche gigantografia di alcuni dei suoi servizi fotografici, il letto dalla testiera in ferro battuto, il comodino pieno di cornici colorate, la specchiera in un angolo con tutte le sue collane e i suoi bracciali, la trousse con i trucchi, una pila di libri ammucchiati accanto alla finestra, l'orsetto di pezza che le aveva regalato al loro primo appuntamento ufficiale in bella mostra tra i cuscini e la famosa parete ricoperta di frasi che Cailin aveva scritto a mano e che aveva arricchito di qualche foto: ce n'era anche una di loro due insieme, lei sulle sue spalle vestita in modo buffo e lui che sorrideva divertito.

< L'hai tenuto. > Prese in mano l'orsetto di peluche, mentre Cailin si affannava a recuperare il suo pigiama, perso nei meandri del suo armadio.

Si voltò appena verso di lui e le scappò un sorriso triste.

< Oh, Penny! Sì, l'ho tenuto, è il mio orsetto preferito. > Rispose, ritornando a rovistare nei cassetti.

Robert accarezzò con un dito la targhetta sul fianco del pupazzo che recitava ancora quest'orsetto è di Cailin e Rob e sorrise appena.

Lo rimise al suo posto e continuò a guardarsi in giro nella stanza, osservando le riviste, per lo più di moda che Cailin conservava per il semplice motivo che aveva prestato il volto a diverse marche importanti, le foto di una Cailin in miniatura, di al massimo quattro anni, che dava da mangiare alle anatre a Central Park, i bracciali tintinnanti sulla specchiera; tutte cose che ricordava alla perfezione e che, probabilmente, non avrebbe mai dimenticato, perché anche se lo nascondeva il più delle volte o tentava di mascherarlo, quella con Cailin era stata una storia importante che probabilmente non sarebbe neanche finita se solo qualcuno si fosse fatto gli affaracci suoi e non avesse avuto il desiderio di scombinare le carte.

Ad attirare la sua attenzione, tuttavia, furono un paio di anelli poggiati quasi a caso sul primo cassetto del comodino accanto al letto, vicino ad una foto che ritraeva Cailin con i genitori e la sorella. Erano bellissimi, incastonati di brillantini e splendenti anche alla debole luce della lampada da notte.

Robert ne prese uno tra le mani e lo studiò, rivolgendo un'occhiata alla proprietaria dell'oggetto che, finalmente, era riuscita nella sua impresa e stava ora cercando di rimettere in ordine i vestiti stropicciati.

Sei mesi, tuttavia, erano tanti e anche se lui non c'era ancora riuscito a rifarsi una vita sentimentale, certo non valeva lo stesso per lei: chi gli assicurava che non avesse trovato qualcun altro con cui condividere il suo tempo, il suo letto e, chissà, magari la vita? Forse quelli non erano altro che gli anelli di fidanzamento.

Suonava strano anche a Robert che un fidanzato ufficiale non si fosse fatto sentire per un'intera giornata, ma per quanto ne sapeva, Cailin poteva anche avergli mandato un messaggio, dicendogli che il suo ex le era appena piombato dentro casa e che lei, generosa, non aveva potuto negargli il suo aiuto.

All'istante, fu come se la bolla di serenità e pace che aveva sempre rappresentato per lui quella camera dalle pareti indaco, si fosse rotta e lui fosse piombato nella sua solita paranoia e nel suo solito cinismo.

Per un attimo gli sembrò anche di avvertire una stretta per niente piacevole all'altezza del petto, quasi una morsa, che lo costrinse a ricadere seduto sul materasso morbido, quell'anello ancora in mano.

Non si era neanche accorto che Cailin, nel frattempo, era andata in bagno a cambiarsi e che era appena rientrata nella stanza con indosso il suo pigiama azzurro a cuoricini bianchi.

< Quello sarebbe il mio lato, in verità. > Gli fece notare, imbarazzata, indicandogli il posto in cui si era seduto.

< Ah, davvero? Sì, ehm... scusa. > Si alzò in fretta e passò dall'altro lato, nascondendo l'oggetto in un pugno.

Cailin scostò delicatamente le coperte e vi si intrufolò sotto, allungando una mano per spegnere la bajour sul comodino.

Robert, intento a sfilarsi i jeans e la camicia, pensò che tanto valeva chiederglielo, perché aveva imparato che arrovellarsi su qualcosa era inutile; avrebbe potuto benissimo farle una semplice quanto diretta domanda e il dubbio sarebbe stato risolto.

Si intrufolò anche lui sotto le coperte, poggiando la schiena contro la testiera del letto e rigirandosi l'anello tra le mani. Cailin gli dava le spalle e se non fosse stato per il suo respiro leggermente accelerato, avrebbe pensato che si fosse già addormentata.

< Allora, non pensavi di dirmelo, vero? > Mormorò.

Cailin si voltò verso di lui, disorientata.

< Dirti cosa? > Chiese.

< Che ti sei fidanzata. > Rispose lui, ovvio.

< Fi-fidanzata?!? Io?!? Non sono affatto fidanzata! > Si mise seduta anche lei e assunse un'espressione imbarazzata e stupita.

< Lo capisco, sai? Insomma, gli ex non sono di certo le prime persone a cui si annuncia qualcosa del genere... > Riprese, abbassando lo sguardo.

< Robert, io non sono affatto fidanzata. Saranno sei mesi che non esco con un individuo di sesso maschile! > Avrebbe dovuto decisamente mordersi la lingua, perché sapeva che quell'affermazione le sarebbe costata cara, specialmente con un tipo come Robert. Non essere uscita con un individuo di sesso opposto per sei mesi, era come voler dire che non l'aveva ancora dimenticato.

< Allora questo cos'è? Uno scherzo? > Le mostrò l'anello, aggressivo.

In realtà i suoi propositi non erano quelli di mettere in atto una scenata, solo che non era riuscito a trattenersi e la morsa al cuore non si era ancora attenuata.

< Tu hai...! Ok, senti, lo so che ti suonerà strano, ma quelli non sono anelli di fidanzamento. Sono uscita con Allison l'altra sera e in metropolitana abbiamo incontrato una strana signora indiana che mi ha dato questi, dicendo che avevo bisogno di risolvere una questione delicata con qualcuno con cui ero stata molto legata in passato. Me li ha praticamente regalati e, sai com'è fatta Allison, no? è fissata con tutte queste cose mistiche e magiche e mi ha convinta ad accettarli, tutto qui. > Fece spallucce, rilassandosi.

< E tu credi davvero che possano aiutarti? > Non se l'era ancora bevuta, ovvio, ma voleva ancora darle una possibilità.

< No, certo che no! Sono arrivata a casa e li ho buttati sul comodino, non ci avevo nemmeno più pensato. > Chiarì, sventolando una mano per intendere che quelle erano tutte un mucchio di sciocchezze.

< E se funzionassero? > Domandò innocentemente.

< Sono soltanto degli stupidi anelli di plastica, Robert! E due anelli non mettono d'accordo le persone. > E lei lo sapeva bene, visto che i suoi avevano divorziato dopo neanche due anni di matrimonio. Lei era piccolissima e non poteva ricordarselo, ma il matrimonio non aveva certo aiutato la mamma e il papà a rimettersi insieme e le fedi erano abbandonate nell'angolo più remoto del vecchio cassettone che la mamma aveva ereditato dalla nonna, come uno spiacevole ricordo.

< Si dice che quando ci si crede davvero, nelle cose, queste si avverino. > Sentenziò, sicuro, sorridendole.

< Ma io non ci credo. > Ripeté Cailin.

< Neanche io, ma potremmo provare. Chi ti dice che quella donna non stesse parlando proprio di me? > La sfidò, infilandosi l'anello all'anulare e abbandonando la mano sul lenzuolo.

< Noi non abbiamo litigato! > Si tirò indietro a quell'affermazione di Robert e lo osservò con cipiglio severo.

< Beh, se non sbaglio, non solo abbiamo litigato, mi hai anche dato uno schiaffo e un calcio nelle parti intime. > Le ricordò, assottigliando lo sguardo.

Cailin arrossì, forse perché credeva che lui non se la ricordasse più quell'orrenda serata. Non aveva mai litigato così furiosamente con nessuno, nemmeno con sua sorella da bambine.

< Ok, d'accordo, abbiamo litigato e ti ho picchiato, ma te lo meritavi! > Si difese.

< Sai che non è così, Cailin. Non me lo meritavo affatto. Non hai voluto credermi e hai preferito dar retta a Kristen. Come hai anche solo potuto pensare che ti avevo tradita con una delle tue migliori amiche, come? Io ti amavo e lo sai questo. > Tutta la rabbia che si era tenuto dentro per quegli interminabili sei mesi, venne fuori e lui non riuscì più a trattenersi.

Cailin rimase in silenzio; non aveva molto da dire e, in ogni caso, non avrebbe saputo come difendersi. Si limitò ad abbassare lo sguardo e a torturare il lenzuolo con le dita, in difficoltà.

< Allora, non vuoi provarlo? > Le chiese lui dopo interminabili minuti, indicandole l'anello.

Cailin lo fissò negli occhi per un istante e poi si sporse verso il comodino per afferrare l'anello gemello, infilandoselo al dito.

< Beh, ora possiamo ritornare a dormire, no? > Si intrufolò di nuovo sotto le coperte e gli diede le spalle.

Robert fece lo stesso, voltandosi dalla sua parte e osservandole i capelli, più chiari di come ricordava.

Aveva voglia di stringerla, di stringerla e di non lasciarla scappare, di stringerla e di dirle che in quei sei mesi, lui non l'aveva affatto dimenticata e che non era riuscito più a fare l'amore con nessuna così come lo faceva con lei, ma si limitò a chiudere gli occhi e a lasciarsi trascinare dall'oblio.

 

 

 

Abbigliamento

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Capitolo 3
*** You are Me and Me is You, so... WHAT? ***


Salve!

Scusate il ritardo, avrei dovuto pubblicare ieri pomeriggio, ma ho avuto dei contrattempi e mi sono ripromessa di farlo oggi, quindi eccomi qui ^^

Ringrazio tutti coloro che hanno commentato, letto, sbirciato e coloro che hanno inserito tra i preferiti/da ricordare/seguiti *.*

Da questo capitolo in poi cominciano i guai per i due piccioncini xD

 

Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei pubblicizzare una Ff che ho appena pubblicato nella sezione Remember Me e che è nata da un sogno che ho fatto diversi mesi fa. Mi piacerebbe che la leggeste e, magari, lasciaste un commentino-inoino xD 

Remember Me

 

Buona lettura! <3

 

Edit: Perdonatemi, ma mi sono resa conto solo adesso di aver pubblicato il capitolo sbagliato ç.ç Ho pubblicato il terzo invece del secondo -.- pardon, risolvo subito!

 

 

 

 

Il giorno successivo Cailin si svegliò con un mal di testa che non ricordava di avere la sera prima. Si stropicciò gli occhi, ancora assonnata, e si guardò intorno, sbadigliando.

Allungò una mano per recuperare il suo solito elastico per capelli, invano. Qualcuno avrebbe dovuto spiegarle dov'era sparito il comodino. Riaprì gli occhi per ritrovarsi di fronte una delle pareti della sua stanza e, per la precisione, quella su cui aveva appeso la gigantografia di uno dei suoi servizi fotografici preferiti.

Lei dormiva sempre dalla parte opposta e ricordava di aver detto a Robert di spostarsi la sera prima, ma allora... si voltò nella direzione dove avrebbe dovuto esserci il corpo di Robert e per un istante rimase con gli occhi sbarrati dalla sorpresa, incredula.

O Robert aveva dei poteri soprannaturali, oppure era l'Harry Potter di nuova generazione, perché nessuno sarebbe mai riuscito a farsi ricrescere i capelli in una sola notte.

C'era qualcosa che non le quadrava.

Si scompigliò i capelli.

Da quando aveva bisogno di scompigliarsi i capelli?!?

E poi... dov'erano finiti i suoi bellissimi capelli lunghi? 

Si alzò in fretta e si avvicinò alla specchiera nell'angolo per darsi un'occhiata.

L'urlo che ne seguì, non solo ebbe il potere di svegliare Robert, ma anche quello di far rintanare la gatta di casa, nominata dalla stessa Cailin Flurry, sull'armadio della stanza, il più lontano possibile da lei, o meglio, lui. 

< Ma che diavolo...? > Borbottò Robert, che ci mise ancora qualche secondo a realizzare che quella con cui aveva parlato, di certo non era la sua voce.

Gettò uno sguardo a Cailin e quello che vide per poco non gli provocò uno svenimento immediato.

Insomma, quello era lui e allora lui doveva essere...

No, era impossibile. Quelle cose non esistevano, la magia era per libri e racconti e fiabe per bambini, ma non per il mondo reale. Eppure, senza nemmeno sapere come, si ritrovava una chioma folta e di color castano chiaro al posto del suo taglio corto e pratico, prettamente maschile, due occhi azzurro chiaro, una bocca leggermente carnosa e tratti delicati e fini come quelli di una bambola.

< Stiamo sognando, no? Tutto questo non è reale, vero? > Cailin aveva la sua voce!

Si erano, letteralmente, scambiati il corpo!

< Oh mio Dio! > Ricadde seduto sul materasso, lo sguardo perso.

< Lo sapevo! Tu e le tue idee strampalate! Nessuno ci ha avvertiti che questi cosi... > Indicò l'anello che ancora portava al dito e che reputava unico responsabile del disastro. < ... ci avrebbero trasformati. E adesso, come ne veniamo fuori? > Continuò, le mani sui fianchi e l'aria determinata.

< Dovrei trovarla io una soluzione? > Robert si indicò mesto.

< Sei stato tu a volerli provare. > Obiettò lei.

< Non sono stato io, però, a riceverli in regalo, o sbaglio? > La prese in giro.

< Se tu non fossi stato così egocentrico come tuo solito, non ci troveremmo in questo guaio! Cosa ti ha fatto pensare che potessi essere fidanzata? > Sbraitò fuori controllo, passeggiando nervosamente per l'intera stanza.

< Tu mi hai lasciato, Cailin! Per quanto ne sapevo, potevi anche avere un altro! > Si alzò in piedi anche lui, avvicinandosi.

< Oh, ma certo! Io potevo avere un altro mentre tu non potevi scoparti la mia migliore amica! > Era cosciente di averlo accusato ingiustamente; ne pagava ancora le conseguenze, ma non poteva rivolgersi a lei in quei termini, non lo tollerava.

< Pensavo che avessi imparato a conoscermi, pensavo che tu ti fidassi di me! > Ribatté contrito.

Cailin sbuffò e voltò la testa per non dover essere costretta ad incontrare i suoi stessi occhi.

< Comunque, io dovrei lavorare oggi. Come facciamo? > Domandò, più calma, qualche istante dopo.

< E come conti di lavorare nelle mie condizioni? > Le chiese, sarcastico.

< Non ne ho idea, genio. Dimmelo tu. > Dovevano smetterla di litigare, se ne rendeva conto, altrimenti non sarebbero arrivati da nessuna parte, ma non poteva fare a meno di esasperarsi se pensava all'intera faccenda.

< Ok, senti: ci prepariamo e fingeremo che io sia te e tu sia me, almeno per oggi. > Propose.

< Forse basterebbe sfilarci l'anello e tutto tornerebbe come prima! > Afferrò l'anello con la mano libera e provò a sfilarlo dal dito: niente.

< Temo che non sia così semplice. > Sospirò lui.

< Che vuoi dire? > Lo osservò senza capire.

< La tizia indiana che te li ha regalati ha detto che servivano per risolvere una questione importante con qualcuno con cui in passato eri stata legata, giusto? >

Cailin/Robert annuì.

< Allora forse dovremmo risolvere i nostri problemi, sul serio e poi l'effetto si annullerà da solo. > Spiegò.

< E come fai ad esserne sicuro? > Domandò incerta.

< Beh, non lo so, ma mi sembra l'unica soluzione plausibile. > Alzò gli occhi al cielo.

< Dovremmo trovare questa tizia. Magari lei ha qualcosa per annullare la magia. > Imitò il simbolo delle virgolette con le dita e sbuffò rumorosamente.

< E come facciamo a rintracciarla? >

< Devo chiamare Allison. Ok, per il momento procediamo come hai deciso tu e stasera vedremo di risolvere questa situazione. > Era un bene che, finalmente, stava riemergendo la solita Cailin fredda e padrona della situazione.

Entrambi si avviarono verso il bagno e mentre Cailin evitava di guardarsi allo specchio e tentava di spazzolarsi i denti in maniera decente, producendo più rumore possibile con lo spazzolino, in modo da non dover ascoltare il ronzio dei suoi pensieri, Robert aveva pensato bene di cominciare la giornata con una doccia e si stava già spogliando, totalmente dimentico del fatto che non si trovasse più nel suo corpo.

< Ehm... si può sapere cosa hai intenzione di fare? > Gli chiese Cailin, mentre accettava il fatto che doveva pur radersi vista la condizione pietosa in cui versava la faccia di Robert.

< Sto facendo una doccia, non vedi? > Come a sottolineare il fatto, Robert aprì il rubinetto dell'acqua calda.

< No, non se ne parla proprio! Avresti intenzione di lavare il mio corpo? Cioè, di toccarlo? > Proferì lei scandalizzata.

< Beh, non so tu, ma io solitamente sono abituato a strofinarmi quando faccio la doccia, non mi metto in ammollo, aspettando che lo sporco vada via da sé. > Sbuffò, spazientito dalla situazione.

< Ah-ah, molto divertente. Vorrà dire che farai la doccia in intimo. > Decise, mentre si piegava sulle ginocchia per aprire una delle ante del mobile e recuperare un rasoio.

< Oh, andiamo! Ti ho vista nuda milioni di volte, che sarà mai? E comunque non ho intenzione di fare niente di sconcio, tranquilla. > Sorrise appena e quel piegarsi di labbra in quella maniera così maliziosa e affascinante, per un attimo distrassero Cailin dai suoi propositi di cercare un rasoio e la fecero rimanere lì bloccata, impossibilitata a muoversi.

Non si era mai vista particolarmente attraente, ma doveva ammettere che vedersi con gli occhi di qualcuno che non eri tu, era tutta un'altra cosa.

< No, scordatelo! O in intimo, o niente. > E pensare che potevano rimanere bloccati l'uno nel corpo dell'altro per tutta la vita!

Aveva sempre pensato che ad essere un uomo, ci avrebbe sicuramente più guadagnato che perso: niente ciclo ogni mese, possibilità di indossare solo ed esclusivamente jeans, nessun bisogno di ceretta e niente trucco, ma ora che ci si ritrovava davvero nei panni di un uomo non sapeva come comportarsi.

< D'accordo, farò la doccia in intimo. > Sbuffò Robert, arrendevole.

< Accidenti! > Esclamò.

< Cosa? > Le chiese Robert da sotto la doccia.

< Non ho la schiuma da barba e scommetto che tu non te ne sia portato dietro un flacone, dico bene? > Si guardò di nuovo allo specchio, come se la barba potesse sparire come per magia.

< No, non ho avuto molto tempo di pensare visto che sono stato braccato da fan e fotografi per tutta la giornata! > Rispose sarcastico.

< Ok, allora questa è un'altra delle milioni di cose a cui dobbiamo trovare una soluzione, perfetto! > Lanciò via l'asciugamano con cui si era appena lavata il viso e corse in camera ad infilarsi i vestiti della sera prima di Robert.

La giornata si preannunciava un disastro completo.

Il suo cellulare squillò dalla sua solita postazione, il comodino e lei, convinta che potesse essere Allison o comunque qualcuno che si sarebbe in qualche modo impegnato a risolvere la situazione, corse ad afferrarlo. Il nominativo Mamma per poco non le causò un attacco di panico.

Sua madre avrebbe di certo identificato che quella non era la sua solita voce. Poteva fingere un raffreddore improvviso, ma sua madre era allenata a scoprire anche il più piccolo dei problemi e sarebbe saltata alla conclusione sbagliata, come suo solito.

Robert era ancora sotto la doccia e se non voleva che l'interessata cominciasse a preoccuparsi perché non rispondeva, non le restava che tentare comunque.

< Pronto, mamma? >

< Tesoro! Stai bene? Ti sento strana... > Ecco, come non detto.

< Sì, è che sono un po' raffreddata, sai, durante l'ultimo servizio mi hanno svestita un po' troppo... > Tentò di rendere la sua voce il più femminile possibile, ma il suo timbro naturale era sovrastato da quello decisamente più maschio di Robert.

< Devi assolutamente prendere qualcosa, amore, hai una voce terribile. Mi ricordi tuo padre quando aveva deciso di riprendere a fumare! > Beh, ci era vicina.

< Ho appunto chiamato Sasha; le ho detto di passare in farmacia a recuperare qualcosa. > Rise nervosa e pregò che Robert uscisse da quel bagno il più in fretta possibile per toglierla da quell'impiccio.

< Bene! Allora, ci vediamo domani a pranzo, non te ne sei dimenticata, vero? > Oh, no! Erano mesi che sua madre insisteva perché si fermasse a pranzo e lei aveva sempre rifiutato pur di non trovarsi sommersa dai parenti ed ora non poteva disdire.

< No! Certo che no, mamma! Ci sarò! > Poteva fingere una febbre, una bronchite acuta, un'emergenza al lavoro... qualunque cosa!

< Bene, allora buona giornata e riguardati, intesi? > 

< Certo, mamma, non preoccuparti! > Agganciò e sospirò di sollievo.

Erano davvero fottuti, nel vero senso della parola!

< Ok, intelligentona, adesso come diavolo faccio ad asciugarmi le mutande? > Proruppe Robert, facendo il suo ingresso nella stanza, vestito solo dell'accappatoio, un asciugamano in testa, legato a mo' di turbante, per trattenere i capelli.

Cailin, risoluta, si avviò alla cassettiera e gli passò un reggiseno e uno slip puliti.

< Chiudi gli occhi, ti cambio io, ok? > Lo ammonì prima che potesse anche solo azzardarsi a dire qualcosa di poco conveniente.

< Sì, mamma. > Le fece il verso, alzando gli occhi al cielo.

Cailin svestì se stessa dall'accappatoio, aprì il gancio del reggiseno e sfilò le mutandine dal suo corpo.

Afferrò il reggiseno pulito e aiutò Robert a infilarlo, per poi agganciarlo dietro la schiena, sistemando le bretelle trasparenti sulla spalla.

Quando afferrò le mutandine avvertì una strana sensazione al basso ventre, come quando sei emozionato per qualcosa e hai lo stomaco sottosopra; peccato che anche il cavallo dei suo pantaloni sembrò essersi animato di vita propria, perché improvvisamente il tessuto cominciò ad essere decisamente stretto e lei fu costretta ad arrossire all'impressione che il corpo di Robert si fosse improvvisamente risvegliato alla vista del suo corpo nudo.

< Ci mancava solo questa! > Soffiò, arrabbiata.

< Cosa? > Domandò Robert ancora ad occhi chiusi.

< Lascia stare, non è importante. > Decisa a non pensarci, infilò gli slip a una se stessa immobile e paziente, permettendo a Robert di aprire di nuovo gli occhi.

Cailin si rialzò in piedi e in quello stesso istante, come guidato da una forza superiore, lo sguardo di Robert si posò proprio all'altezza del cavallo dei suoi ex jeans e quello che scoprì lo fece scoppiare a ridere rumorosamente.

< Bene! Ridi pure! Vorrei solo farti notare che se il tuo corpo ha avuto questa reazione, è solo per un motivo: sei un porco, ecco cosa! > Era furiosa e tremendamente imbarazzata.

< Dio, non ce la faccio... è troppo divertente vederti in una situazione simile... > La indicò e continuò a ridere, asciugandosi le lacrime ai lati degli occhi.

< Stronzo! > Sbuffò e andò via dalla stanza, chiudendosi in bagno.

Era in guai seri e come se non bastasse Robert sembrava non essere assolutamente interessato alla faccenda.

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Capitolo 4
*** I Kiss a Girl and I Don't Like It ***


Salve a tutte!

Oh Dio, sono distrutta! No, davvero, volevo aggiornare ieri, e visto che avevo una pausa dall'università volevo farlo, poi, come non detto, ho dovuto cucinare e sono dovuta scappare di nuovo in università fino alle 19.30 ç.ç quando sono tornata ho avuto solo la forza di gettarmi a peso morto sul divano a guardare la tv, quindi perdonatemi davvero per il ritardo. Ora, anche se sono più in coma che vigile xD, ho deciso comunque di aggiornare, altrimenti passerebbe troppo tempo e domani ho un'altra giornata piena -.-"

Ringrazio tutti coloro che leggono, commentano, sbirciano, preferiscono e seguono e ricordano *.* I love you so much, guys *.* don't forget! <3

 

Buona lettura! *.*

 

P.S. La scorsa volta ho dimenticato di segnalarlo, ma ho creato anch'io un profilo su Formspring, quindi, chiunque volesse farmi delle domande, personali o inerenti alle mie storie, può chiedere ed io risponderò volentieri ^^ vi lascio il link: Formspring

 

 

 

 

< All'una tu hai una pausa, giusto? > Camminavano svelti lungo il marciapiede che avrebbe condotto Robert/Cailin al suo servizio fotografico e Cailin/Robert alla macchina appositamente richiesta affinché la conducesse sul set.

< Mmm... > Rispose lui, distratto.

< Insomma, vuoi starmi a sentire?!? Questa è una cosa seria e tu la stai prendendo come un gioco! > Lo rimproverò.

< Ti sto ascoltando, Cailin. > Sbuffò di rimando.

< E comunque, potresti togliere le mani da dietro la testa? Sai, è poco femminile e dovresti camminare con un minimo di decenza, non come un rapper appena uscito dal ghetto! > Gli sistemò il vestito e gli lisciò le pieghe della giacca che gli aveva fatto indossare.

< Scusami, ma, sai, io sono un uomo, non la modella-perfettina. >

< Dio, sei insopportabile! Ma come diavolo ho fatto a stare con te? > Replicò ad alta voce.

Il via vai delle persone intorno a loro riusciva ancora a distrarla, ma non a sufficienza. Era ancora furiosa per via del casino che era successo per colpa di Robert e aveva paura che non ne sarebbero mai venuti a capo e che sarebbe stata costretta a trascorrere il suo tempo imprigionata nel corpo dell'uomo dell'anno.

Robert, d'altra parte, non sembrava minimamente scosso dalla situazione. Aveva sempre desiderato provare cosa significava essere nel corpo di qualcuno poco conosciuto, di qualcuno che non veniva costantemente fermato dalle ragazzine per un autografo, di qualcuno che poteva decidere, anche se parzialmente, della sua vita e quella era la sua occasione e aveva tutta l'intenzione di sfruttarla al massimo.

Cailin si fermò di fronte ad un edificio che Robert non aveva ancora avuto modo di notare durante le riprese del suo film e durante le poche passeggiate che gli erano concesse e si concedette un istante per ammirarlo bene: era un grattacielo a specchio, color bronzo, alla cui sommità capeggiava un'insegna che alla luce del sole sembrava luccicare. Chanel.

< Bene, è qui che devi andare. Chiedi di Rachel alla segretaria del quinto piano, ti dirà lei cosa fare. Hai un servizio fotografico fra mezz'ora e il fotografo è un mio grande amico, quindi, vedi di comportarti bene. Non ci vorrà molto, sono solo pochi scatti. Hai un'intervista per Vanity Fair fissata per le undici e poi sei libero, tutto chiaro? > Gli spiegò rapida.

< Sì, capo. > Si portò una mano alla fronte nel classico saluto militare e per un istante Robert vide sul suo stesso viso l'ombra di un sorriso divertito.

< Tu devi dirmi qualcosa? Non so, come devo comportarmi con qualcuno, cosa devo fare...? > Chiese ancora Cailin mentre intravedeva in lontananza la macchina che poco prima aveva richiesto.

< Non molto in verità. Mi pare di aver capito che oggi dovevo girare la scena del primo bacio con la mia co-protagonista, ma non devi preoccuparti, Emilie è bravissima e ti sentirai a tuo agio, vedrai. All'una ho la pausa pranzo e nel pomeriggio sono libero. A che ora hai detto che dobbiamo vederci? > Si scostò i capelli dal volto e se li portò dietro un orecchio: un gesto che Cailin riconobbe come suo e che a Robert era sembrato piuttosto naturale fare.

< All'una qui davanti e non fare tardi. > Lo avvisò, mentre già cominciava ad avviarsi alla vettura posteggiata lì vicino.

< Ok, allora a dopo. > La salutò e, cogliendola del tutto impreparata, gli si avvicinò per baciarle una guancia. Era strano sapere di essere stati appena baciati dalle proprie labbra, ma, tutto sommato, piacevole.

Accennò un sorriso e scappò via.

 

< Oh, Cey, finalmente sei arrivata! Aspettavamo solo te! Ma sei splendida! > A parte il fatto che l'amico di Cailin sembrava un manico di scopa vestito con giacca e cravatta dai colori sgargianti e aveva una voce stridula da donnetta in calore, sembrava piuttosto simpatico.

Robert si ritrovò a sorridere e a ringraziare mentre veniva trascinato da due assistenti di Richard-era questo il nome del fotografo-per prepararsi. Era nervoso, cosa piuttosto normale per lui, ancora così poco abituato alla vita sotto i riflettori, ma si disse che una volta sul set sarebbe filato tutto liscio come l'olio e non avrebbe avuto nessun tipo di problema.

Karin e Samantha, rispettivamente truccatrice e parrucchiera, lo fecero accomodare su uno sgabello girevole davanti ad uno di quegli specchi che gli era capitato di vedere soltanto nei vecchi film anni Cinquanta e che credeva non esistessero più, di quelli con la cornice formata da una fila di lampadine accese che mettevano in risalto la figura di chi ci si specchiava.

Samantha gli acconciò i capelli in una cascata soffice di boccoli, mentre Karin, decisamente la più oca tra le due, si occupò dell'ombretto che sfumò leggero sulle palpebre, del rossetto, di un bel rosa luccicante e del fard che sparse con agilità sul suo viso grazie all'aiuto di una spugnetta morbida.

Robert aveva sempre pensato che il viso di Cailin non avesse bisogno di essere ricoperto di trucco, perché, ed era strano dirlo, lei era perfetta nella sua semplicità e anche al mattino appena sveglia, sembrava sempre uscita da una qualche clinica di benessere. Certo, doveva ammettere che l'ombretto e il rossetto mettevano in risalto le due caratteristiche che lui preferiva del suo corpo, ovvero gli occhi, di un celeste così chiaro che sembrava ghiaccio, e le labbra, carnose quel tanto che ti invitava a baciarle all'istante, ma per lui sarebbe anche potuta uscire in pigiama, con gli occhi gonfi di sonno e sarebbe comunque risultata bellissima.

< Sai, Cailin, non riesco ancora a capire come tu abbia potuto lasciarti scappare quel pezzo di ragazzo di Robert Pattinson. Voglio dire, non è cosa da tutti i giorni incontrarlo ad un party e sentirsi dire che sei bellissima, no? > Karin masticava una caramella a molla e l'odore di fragola e panna si era diffuso intorno a Robert, stordendolo.

< Sì, suppongo di sì. > Si era ritrovato a rispondere senza troppo entusiasmo. Non amava dare confidenza ai collaboratori dei professionisti con cui lavorava; il più delle volte non cercavano altro che un'occasione per diventare famosi.

< Ma allora cos'è successo di preciso? Avete litigato? > Chiese ancora, curiosa, finendo di sfumare con un dito l'ombretto.

< Più o meno... sì. > Meglio restare sul vago.

< E non pensi mai a lui? > Già, chissà se Cailin lo pensava ogni tanto.

< No, non spesso. > Probabilmente non l'avrebbe mai saputo e, per quanto ne sapeva, Cailin non era molto felice di riaverlo intorno. Non aveva fatto altro che rimproverarlo fin dal suo arrivo lì.

< Beh, se fossi in te io ci farei un pensierino. Ho sentito dire che è ancora single e che non vuole impegnarsi. > Gli sorrise.

< Magari se non vuole impegnarsi, non vorrà nemmeno tornare con me. > Ponderò la cosa.

< Nella vita la speranza è l'ultima a morire, non si dice sempre così? Potreste rivedervi e potrebbe scattare la scintilla. > Karin schioccò le dita e continuò a sorridere.

< Già... chissà. > Avrebbe voluto essere nella testa di Cailin, Robert e poter conoscere ogni suo pensiero, ogni sua emozione e ogni suo ricordo.

< Ad ogni modo, sei pronta! > Gli annunciò, voltando lo sgabello in modo che potesse vedersi nello specchio.

Era bellissima, come al solito.

 

< Allora, tra dieci minuti si comincia! > Annunciò un assistente regia da un megafono.

Cailin non era mai stata su un set, ad eccezione di quando si era trovata, per forza di cose, a dover andare a trovare Robert qualche anno prima, sul set di Twilight, quindi, a rigor di logica, quella era la sua prima volta su un set. Ed era anche la prima volta che si ritrovava a doverci lavorare.

Il via vai dei tecnici e delle cineprese, la frastornavano e le urla delle fan di Robert accorse per vederlo all'opera, la facevano sentire piccola piccola, sebbene non si trovasse più nel suo corpo, ma in quello di un ragazzo che vantava la bellezza di centottanta centimetri.

< Allora, Rob, tutto bene? > Una ragazza alta la metà di Robert, dai capelli mossi e biondi e gli occhi vivaci, le aveva appena rifilato una poderosa pacca su un braccio e l'aveva accostata l'istante successivo.

< Sì... bene, tu? > Cailin ricordò che Robert le aveva parlato di Emilie, la sua co-protagonista.

< Come al solito. Pronto per questo bacio? > Sorrise maliziosa.

< Ah... perché, dobbiamo baciarci? > Chiese lei, scettica, spalancando gli occhi.

< Ovvio! Non l'hai letto il copione? > Rise.

< Ehm... devo essermi dimenticato che dovevamo girarla oggi quella scena... > Si scompigliò i capelli e si sentì avvampare.

< Al solito. > Sbuffò Emilie, divertita.

Beh, era vero, Robert le aveva detto che quel giorno avrebbero girato quella scena, ma sentirselo dire dalla stessa ragazza che stavi per baciare, era tutta un'altra cosa. E poi, lei era una convinta eterosessuale, perché doveva baciare una ragazza? Non che avesse qualcosa contro i gay, anzi, ma lei non lo era e non aveva intenzione di diventarlo quel giorno. Eppure, cos'avrebbe potuto fare? Ormai era lì ed entro pochi istanti qualcuno avrebbe urlato Ciak! Si gira! e lei si sarebbe dovuta calare nella parte di... beh, del personaggio di Robert e non poteva certo rischiare di farlo licenziare, altrimenti ce l'avrebbe avuto sulla coscienza per tutta la vita.

Una donna della produzione lo invitò a prendere il suo posto sulla scena, accanto ad Emilie, che stava terminando di sistemarsi i capelli con l'aiuto della parrucchiera e che, una volta che ebbe rivolto lo sguardo su di lei-lui- sorrise spontanea e sincera.

Cailin/Robert ricambiò e si passò di nuovo la mano tra i capelli, scompigliandoli, in attesa del regista, Allen che, materializzatosi davanti a loro in un batter d'occhio, rifinì gli ultimi dettagli.

< Allora, mi raccomando Robert: passione, determinazione e concentrazione ed anche tu, Emilie, non lasciarti prendere troppo; è solo il primo bacio per Tyler e per Ally, quindi niente di troppo precipitoso. > Aveva lo sguardo serio, ma bonario di chi sa fare bene il proprio lavoro e lo ama e Cailin provò subito stima per lui.

< Ti autorizzo io a mettermi la lingua in bocca. > Le disse Emilie, avvicinandosi al suo orecchio e scoppiando a ridere l'istante dopo.

Cailin strabuzzò gli occhi e dovette compiere un immenso sforzo per non spalancare anche la bocca e fare una figuraccia con i fiocchi.

Robert baciava quella... quella... insomma, quella lì con la lingua?!?

Sentì lo stomaco ribellarsi e un fiotto di bile risalirle alla gola.

Avrebbe dovuto baciarla con la lingua?!? Sarebbe svenuta, o peggio, morta!

Sei una persona adulta, Cailin, professionale e coraggiosa e non puoi certo lasciarti abbattere da un'inezia come questa, no? Si ripeté per farsi coraggio e non collassare.

Qualcuno alla sua sinistra gridò Ciak! Motore e... azione! e lei, del tutto impreparata sulle battute, attese che fosse Emilie a fare la prima mossa, sperando di non sbagliare.

< Allora... ehm... questo è il tuo posto preferito? > Le, anzi gli, chiese, guardandola.

Siano ringraziati i tabelloni con le frasi da recitare! L'uomo dalle lenti spesse e dai capelli boccolosi e unti che reggeva in mano un enorme cartello bianco con su scritta la sua battuta, la salvò dall'inventare una qualsivoglia stupidaggine.

< Tu sei sicuramente la mia compagnia preferita. > Quel film le avrebbe fatto venire la carie, bleah!

Come da copione le si avvicinò lentamente e chiuse gli occhi, cercando di immaginare il viso di un ragazzo e non di una ragazza.

Il cuore cominciò a pompare sangue sempre più velocemente e si sentì arrossire, ma, tutto sommato, sembrava avesse fatto una bella figura, perché il pubblico di fan applaudì e il regista le si avvicinò felice.

< Gran bella scena, ragazzi! Questa la teniamo. > Urlò al cameraman dietro di lui, prima di sospendere tutto per la pausa pranzo.

La macchina dai vetri oscurati la stava già aspettando e lei ci si infilò svelta, battendo la testa-accidenti a Rob e alla sua altezza- diretta al luogo dell'incontro con... beh, con se stessa.

Robert, con sua grande sorpresa, era già lì, le braccia incrociate sul petto, ad attenderla e quando la vide sbucare dalla berlina nera, le corse incontro.

Cailin, gentile, salutò l'autista e si rivolse alla se stessa costretta a vivere in stretta sintonia con il suo ex.

< Ti hanno fatto un occhio nero? No, perché assomigli moltissimo ad un Panda e visto che è un animale protetto, dovremmo sul serio telefonare il WWF. > Aggrottò le sopracciglia in un'espressione sarcastica e mise le mani ai fianchi, indignata.

Robert la osservò prima scettico, poi, visto che Cailin non sembrava scherzare, si diede un'occhiata veloce nel finestrino della berlina ancora posteggiata e strabuzzò gli occhi, prima di rendersi conto del danno.

< Devo essermi stropicciato un occhio, niente di grave. > Spiegò alla fine con completa nonchalance.

< Oh, certo, niente di grave, tanto vai soltanto in giro con la mia faccia! > Esplose lei.

< Si dà il caso che io sia un maschio e che non sono per niente abituato a trucchi e roba da femmine. > Imitò il suo tono arcigno.

< Ma si dà il caso che adesso tu sia intrappolato nel corpo di una donna, quindi, se non vuoi mandare completamente a monte la mia carriera, ti conviene fare attenzione! > Brontolò, prendendolo per un braccio e trascinandolo nel primo bar disponibile.

< Possiamo usare il bagno, vero? > Quasi urlò al barista in tono minaccioso e, senza attendere risposta, trascinò se stessa nell'angusto bagno del locale.

Strappò qualche foglio di carta assorbente, passandola velocemente sotto l'acqua calda, e tentò di rimediare al danno di Robert, strofinando energicamente.

La situazione era piuttosto surreale in verità: Robert Pattinson impegnato a ripulire dal trucco di troppo la famosa modella Cailin Lowers. Nessuno avrebbe mai immaginato che in realtà era il contrario e che ora Robert si trovava nel corpo di Cailin e viceversa.

Robert, nel frattempo, si stava dando alla contemplazione del proprio viso. Non che si fosse trovato bello o formidabile in passato, anzi, ma forse per via degli occhi con cui si stava osservando che non erano i suoi, o forse per un'improvvisa scalata della sua autostima, ora si trovava piuttosto accettabile.

Cailin, d'altra parte, aveva evitato per tutta la mattina di guardarsi in uno specchio; non è certo cosa da tutti i giorni ritrovarsi nel corpo del proprio ex per cui si provava ancora qualcosa, forse.

Sentiva i suoi stessi occhi scrutarla con attenzione e si sentì arrossire.

< Si può sapere perché mi stai fissando? > Domandò con una certa indignazione.

< Niente... sto solo ammirando la mia bellezza e il mio indiscutibile sex appeal. > Rispose lui con sufficienza.

< Ti ricordavo più modesto, sai? > Cailin buttò via la salvietta e si sciacquò le mani.

< E io ti ricordavo più dolce. > Sbuffò lui.

Cailin/Robert alzò gli occhi al cielo e strofinò le mani sui jeans per asciugarsi, rinunciando alle salviette monouso.

< Strano, l'unico che mi rende acida sei tu. > Rispose, spingendo la porta per uscire dal bagno.

Robert la seguì, portandosi dietro un orecchio una ciocca di capelli color cioccolato al latte come fosse naturale per lui. Era abituato a scompigliarsi i capelli, ma cominciava a pensare che determinati gesti li avesse ereditati da Cailin quando si era trasferito nel suo corpo, quasi come se avvenissero in automatico.

< Dove andiamo adesso? > Le domandò mentre si immettevano nuovamente nel traffico cittadino.

< Devo chiamare Allison, anzi, tu devi chiamare Allison. > Gli puntò un dito contro, svoltando a destra sul marciapiede, evitando una carrozzina.

< Come sarebbe a dire che io devo chiamare Allison? > Fu costretto a correre per raggiungerla: per fortuna aveva un paio di Converse ai piedi, perché non osava immaginare come doveva essere andare in giro su quei trampoli che le donne osavano definire semplicemente tacchi.

< Secondo te, cervellone, posso chiamarla io, con la tua voce e con il rischio di farmi sbattere il telefono in faccia? > Si fermò all'improvviso e lo osservò, indicandosi il viso.

Il discorso, ovviamente, filava.

< Oh, beh... d'accordo. > Si portò la borsetta ad altezza viso e cominciò a rovistarvi dentro alla ricerca dell'iPhone di Cailin.

Possibile che le donne avessero bisogno di tutti quegli aggeggi quando andavano in giro? Non potevano mettere tutto in tasca?

< Ma cos'è questa, la borsa di Mary Poppins?!? Rossetto no, qualcosa di indefinito no, chiavi no, fazzoletti no, gel igienizzante no, assorbenti no... oh, eccolo! > Non solo aveva riempito le mani di Cailin di oggetti, ma stava bellamente armeggiando con il suo cellulare come se niente fosse.

Cailin gli sottrasse la borsetta dalle mani, infilandoci nuovamente tutto dentro e richiudendola.

Rovistò per cinque minuti nella sua rubrica telefonica, poi premette il pulsante verde che avrebbe avviato la chiamata ad Allison.

< Allison! Sono io, Cailin. Senti... hai presente quella tizia strana che mi ha regalato quei due anelli? Ti ricordi se ha nominato qualche negozio, un luogo dove poterla trovare? > Attese la risposta, lanciando un'occhiata alla Cailin intrappolata nel suo corpo che attendeva in trepidazione.

< Tra la nona e la decima strada... capito. No, no, solo per curiosità. Grazie, ci sentiamo! > Sorrise a Cailin e si avviò per fermare un taxi.

< Allora, cos'ha detto? > Gli chiese.

< Ha detto che si ricordava che la vecchia ha una specie di sgabuzzino tra la nona e la decima strada. >

< E hai intenzione di andarci adesso? > Gli chiese, scandalizzata, seguendolo verso il taxi.

< Sbaglio o eri tu quella che voleva risolvere questa cosa il prima possibile? > Si bloccò di colpo e si voltò verso di lei, scettico.

Cailin sospirò e, le braccia lungo i fianchi, molli, dovette rassegnarsi a seguirlo, perché, fondamentalmente, aveva ragione; voleva risolvere quella cosa il più presto possibile, perché, nonostante avesse più volte odiato il suo corpo, ora lo voleva indietro a qualsiasi prezzo.

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Capitolo 5
*** Magic doesn't tell always the truth ***


Salve! Oggi sono di parola ^^ Avrò una settimana allucinante, ad eccezione di giovedì che è festa, perciò ne approfitto per aggiornare oggi perché non voglio farvi attendere troppo xD

Come al solito ringrazio tutti coloro che leggono, commentano, preferiscono ecc <3 mi riempite il cuore, davvero *.*

 

Buona lettura!

 

 

 

< Può girare qui? La settima strada è sempre trafficata a quest'ora. > Chiese Cailin/Robert al tassista, battendo sul separè che li divideva dal guidatore.

Il tassista, un uomo sulla cinquantina dai baffi più neri della notte, annuì, continuando a muovere la testa al ritmo dell'ultimo successo di Katy Perry.

< Sei pienamente sicura di dove stiamo andando? Io questa zona non la conosco. > Robert scrutò curioso fuori dal finestrino, non distinguendo altro se non un ammasso di grattacieli.

< Per forza, tu non vivi a New York, intelligentone. > Proferì acida lei, incrociando le braccia al petto.

< Ah, perché quindi non abbiamo ereditato anche la memoria, i ricordi... insomma, il cervello insieme ai nostri corpi? > Le chiese, sorpreso.

< Fortunatamente no, sai che disastro. > Si vide quasi le pupille volare fuori dalle orbite come nei cartoni animati.

Rimasero in silenzio per tutto il resto del tragitto ed esattamente fin quando l'uomo baffuto non li depositò su un marciapiede lercio di cartacce e lattine di birra, in uno dei quartieri della periferia.

La vecchia, come l'aveva definita Robert, non aveva un vero e proprio negozio a sua disposizione; era un piccolo seminterrato ricavato in un palazzo moderno e lei abitava esattamente nel portone accanto. Non c'era nessuna insegna, solo un cartello contro il vetro della porta che recitava Open. 

< Hai intenzione di suonare o dobbiamo aspettare un miracolo? > Chiese a Robert, spazientita, battendo un piede a terra.

< Fallo tu, no?!? > Le fece una linguaccia e lei con un sospiro e con un ammonimento mentale, decise di soprassedere, avvicinandosi al campanello.

La porta si aprì da sola e Cailin entrò spedita, senza meraviglie. L'ambiente era scuro, illuminato solo da qualche candela e vi regnava un caos incredibile.

I libri non erano ordinati sugli scaffali e diversi oggetti magici, tra cui palle di cristallo, strane provette dallo strano contenuto, carte e amuleti, erano disseminati sui vari banconi alla rinfusa, sommersi da scialli di varie dimensioni e di vario colore.

Cailin riconobbe anche l'odore forte e vagamente destabilizzante della cannella e dei chiodi di garofano.

< C'è nessuno? > Chiese ad alta voce, fermandosi ad un bancone e guardandosi attorno.

< Secondo me non c'è nessuno. > Le mormorò Robert, affiancandola.

< Perché lasciare il cartello, allora? > Chiese, ovvia.

Perché aveva la netta sensazione di essere sempre, costantemente messo da parte? Non poteva essere solo una sua impressione. 

< Chi mi chiamare? > La voce profonda di una donna li spaventò. Aveva scostato una tenda verde mare ed era entrata nella stanza, asciugandosi le mani in uno strofinaccio sporco.

< Oh, ma io ricordare te: essere tu insieme a tua amica ieri sera, su metro. > Puntò un dito su Robert/Cailin, gli occhietti accesi di una luce perversa.

< Ehm... sì... ecco, vede... si ricorda degli anelli che mi ha dato? > Intervenne Cailin/Robert, alzando la mano e mostrandole il cerchietto di argento che sostava ancora intorno al suo dito.

< Sì, gli anelli di amore e gioia, sì. > Annuì la donna dopo una breve occhiata.

< Li abbiamo indossati ieri sera ed ora siamo l'uno nel corpo dell'altra. Non c'è una soluzione per venirne fuori? > Continuò Cailin speranzosa.

La maga era una donna piccola, ossuta, dalla pelle abbronzata e dagli occhi neri come pece, i capelli grigi raccolti in una grande treccia che oscillava sulla sua schiena quando si muoveva. L'espressione che assunse alla domanda di Cailin sembrò turbarla, ma solo per un attimo.

< Io avere detto te che tu avere situazione complessa da risolvere. Ora situazione avere possibilità di essere risolta. > Spiegò pratica.

< Sì, ma come? > Intervenne Robert, sporgendosi verso di lei.

< Semplice! Voi dovete amare voi stessi! > Alzò le braccia al cielo e sorrise trionfante.

< Cosa significa? > Chiese Cailin, la fronte aggrottata e lo sguardo perso: se non le fosse capitata una cosa del genere, avrebbe sicuramente convinto la donna a seguirla in una clinica per malati mentali.

< Significare che voi dovete fare amore. > Fece spallucce.

< Cioè... lei vorrebbe dire che noi dobbiamo... > Robert indicò se stesso e poi Cailin con fare sorpreso.

< Sì, dovete trovare armonia. > Asserì la maga.

< Lei sta scherzando, spero! Io dovrei fare l'amore con lui? Ma non ci penso nemmeno! > Sbottò Cailin, mettendo il muso.

< Unico modo per venire fuori di magia. > Ricadde seduta sul primo sgabello disponibile, accanto ad uno scaffale pieno di fiori secchi e impolverati.

< Senti, dobbiamo pur provarci, no? Non possiamo rimanere intrappolati nel corpo dell'altro per sempre, non trovi? Io lo trovo rivoltante, tu lo trovi rivoltante: l'unica cosa da fare è sbarazzarci del problema. > Rifletté Robert, voltandosi verso di lei.

Ovviamente aveva ragione: non potevano rimanere così per sempre, quindi l'unico modo era quello di unirsi carnalmente e fare in modo che tutto ritornasse come prima, ma come poteva? Insomma, prima le piombava a casa senza nessun preavviso, poi insisteva per indossare quegli stupidi anelli e adesso doveva anche farci sesso?!? Era il suo ex e ci erano voluti mesi per dimenticarlo e anche se non poteva dire di esserci riuscita in pieno, ciò non escludeva che aveva potuto riprendere in mano le redini della sua vita con tranquillità dopo il dolore iniziale. Fare l'amore con lui l'avrebbe riportata al passato e lei non voleva.

Sospirò grave e annuì.

< D'accordo, togliamoci il pensiero e facciamola finita con queste stupidaggini. > Rispose, lanciandogli un'occhiata.

Ringraziarono la donna e uscirono.

 

Fino a quel momento la cosa si stava rivelando più complicata del previsto. Robert aveva pensato che sarebbe stato semplice come i vecchi tempi, quando bastava un bacio e qualche carezza per accendere la passione, ma si era dimenticato di un particolare. Non stavano più insieme e non si sfioravano da sei mesi.

Avevano cenato in un ristorante cinese lì vicino con tranquillità, cercando di sotterrare l'ascia di guerra e di rilassarsi in vista della nottata ed erano stati bene, nonostante il velo di tensione ben percepibile.

Ora che erano entrambi sotto le coperte, pronti per l'atto che li avrebbe liberati da quella magia, sembravano essersi trasformati in statue di ghiaccio.

Entrambi fissavano un punto della parete color indaco di fronte a loro; Cailin con le braccia incrociate al petto e il volto affondato nel cuscino morbido e Robert seduto, la schiena che poggiava contro la testiera in ferro battuto del letto, immobile.

Si schiarì la voce e si voltò verso Cailin, ovvero, verso il suo stesso corpo raggomitolato sotto il piumone pesante.

< Senti, se non te la senti lo capisco. > Mormorò, arrossendo.

Sentì un fruscio di lenzuola e capì che anche Cailin si era voltata verso di lui.

< E come pensi di risolvere questa cosa? Domani avremo altri impegni e non possiamo continuare a fare finta di niente con gli altri. > Rispose, arresa.

< Possiamo provare a fare finta che tra noi non sia successo mai niente, che ci siamo incontrati al ristorante poco fa e che adesso abbiamo solo tanta voglia di fare sesso. > Tentò lui.

< Voi maschi non pensate ad altro, vero? > Sbuffò lei, arrossendo come una ragazzina.

< Lo sto dicendo per alleggerire la tensione, Cailin. > Abbandonò la sua posizione seduta e si distese, sistemando la testa sul cuscino.

Non vuoi rimanere così per sempre, vero Cailin? Allora c'è solo un modo per venire fuori da questa situazione.

Si fece coraggio e gli si avvicinò, accarezzandogli una guancia.

Tutto sta nel pensare che sia Robert e non te stessa quello che stai guardando, coraggio, Cailin, puoi farcela.

Robert la osservò sorpreso, ma si ritrovò a breve a ricambiare quelle carezze e a chiudere gli occhi, immaginando le curve dolci di Cailin scorrergli sotto le dita, la sua pelle liscia e calda, il suo profumo deciso e i suoi capelli morbidi e si ritrovò a gemere senza essersene neanche reso conto.

Cailin lo aveva spogliato di quasi tutti gli indumenti in una frenesia che riconobbe come sua quando era preso dall'eccitazione crescente, e ora stava baciando e mordendo qualunque parte di lei/lui con dovizia e passione.

Erano l'uno nel corpo dell'altra, eppure in quel momento, avevano ripreso ad essere loro stessi, padroni perfetti del loro corpo.

La mattina successiva, quando Cailin si svegliò per colpa del gatto che aveva deciso di acciambellarsi sulla sua pancia per continuare a dormire, notò che Robert non era nel letto accanto a lei e dalle altre stanze della casa, non proveniva nessun rumore che facesse intendere la presenza di qualcun altro oltre lei.

Sbadigliò e accarezzò il gatto, prendendolo in braccio e posandolo sul pavimento, prima di sorridere e stiracchiarsi.

< Cazzo! Cailin! Cailin! Devi venire immediatamente! > Si spaventò all'urlo di Robert che, come notò qualche istante più tardi, aveva ancora la sua voce. Possibile che, nonostante avessero fatto tutto quello che la maga gli aveva detto, non fosse servito a nulla? Che fossero ancora l'uno nel corpo dell'altra?

< Cailin!!! > Riconobbe la sua voce arrabbiata e decise di alzarsi immediatamente, scostando le lenzuola e rendendosi conto che era nuda. Dio, che orrore! Chiuse gli occhi e cercò a tentoni la biancheria intima e una maglietta, prima di infilarsi il paio di jeans della sera prima. Incredibile che dopo tutta la fatica che aveva dovuto fare per fare l'amore con quel troglodita di Pattinson, non si fosse sistemato un bel niente!

< Arrivo! Dove sei? > Gli chiese, già in corridoio.

< In bagno... > Stava... no... Robert stava davvero piangendo? Impossibile.

Aprì cautamente la porta del bagno e vi intrufolò la testa dentro: Robert, ovvero se stessa, era seduto sul bordo della vasca, la faccia tra le mani e stava piangendo come neanche Cailin ricordava di aver mai fatto.

< Che succede? > Gli chiese timorosa, avvicinandosi piano.

Robert tirò su col naso e si alzò in piedi, abbassando gli slip e mostrando a Cailin quella che per lui era una cosa orribile, ovvero, una macchia di color rosso vivo.

< Ed io che pensavo che stessi per morire! > Aveva la tentazione di mandarlo a quel paese per quel falso allarme, ma sospettava che la cosa non gli sarebbe stata molto gradita, quindi evitò.

< Perché, questo non è già abbastanza grave? > Domandò, allargando gli occhi.

< No, non lo è. Hai le mestruazioni. E' normale per una donna. > Rispose, alzando gli occhi al cielo.

< Come sarebbe a dire che ho le mestruazioni? > Chiese lui, le mani ai fianchi e un'espressione saccente sul viso.

< Non ho intenzione di spiegarti il cosa, come e perché. Ti basti sapere che devi usare questi per evitare di sporcarti. > Aprì un cassetto e gli lanciò dietro un involucro verde e azzurro. < E che devi cambiarti almeno una volta ogni due ore, almeno per i primi giorni. > Continuò, pratica.

Robert continuò ad osservarla spaesato, rigirandosi l'involucro plastificato tra le mani, non capendoci più niente di tutta quell'assurda situazione.

Cailin sospirò e gli prese l'assorbente dalle mani.

< Avanti, ti faccio vedere come devi metterlo. > Era come insegnare ad un bambino come si mangia da solo.

< Vuoi dire che non sto per morire? > Le chiese speranzoso.

< No, non stai per morire. > Rispose lei, paziente.

< A proposito: non è servito a nulla fare quello che ci ha detto quella vecchia maga ieri sera. > Finse di esultare e si sistemò i jeans.

< Lo vedo. > Fece spallucce e uscì fuori dal bagno, optando per andare a preparare la colazione.

 

Per tutto il periodo in cui era stata insieme a Robert, Cailin aveva vissuto come in una fiaba, perché, per la prima volta, tutto quello che aveva sognato da bambina si stava avverando: gli stilisti facevano a pugni pur di vederla sfilare con un loro abito, le agenzie sarebbero state disposte a pagarle il triplo di qualsiasi cifra avesse mai guadagnato pur di avere qualche suo scatto ed era sulle copertine di tutte le più importanti riviste di moda e non; aveva conosciuto Robert, il primo ragazzo che era interessato a lei per com'era veramente e non per il successo che stava ottenendo ed era riuscita a comprare uno di quegli appartamenti in stile americano che le erano sempre piaciuti. Non poteva chiedere di meglio ed era felice.

Si sentiva come sospesa nel tempo, rinchiusa nella sua personale bolla di sapone rosa da cui non sarebbe più uscita per niente al mondo, eppure le cose erano andate male.

La bolla si era rotta e lei era precipitata sull'asfalto senza paracadute, facendosi male.

Quando aveva deciso di dire addio a Robert e a tutto quello che lo riguardava, credeva di aver fatto la cosa più giusta, di cui non si sarebbe mai pentita, ma quando la cornice sfavillante di quella convinzione era svanita, si era sentita per la prima volta davvero sola e abbandonata.

La consapevolezza che non poteva tornare indietro e che Robert non le sarebbe più stato accanto la mattina quando si svegliava, che non le avrebbe più augurato buona fortuna prima di una sfilata, che non le avrebbe più fatto recapitare un mazzo di orchidee, i suoi fiori preferiti, solo per farle sapere che lui, nonostante tutto c'era, ci sarebbe sempre stato e l'amava, l'aveva fatta soffrire per mesi interi.

Aveva sistemato la sua roba nella parte di armadio che non usava mai pur di non averla continuamente sotto gli occhi e soltanto grazie alla sua manager e ad Allison, era riuscita a rimettersi in piedi e a continuare con la sua vita di sempre.

Ed ora era di nuovo punto e a capo.

Le era piombato davanti agli occhi, sconvolgendola, in meno di mezzo minuto e aveva avuto modo di combinare già tanti di quei pasticci, a partire dalla questione dell'anello, che lei era convinta che, prima o poi, sarebbe diventata matta.

Mentre preparava il caffè e versava il latte freddo in un bicchiere, ripensò alla cena della sera prima in quel ristorante cinese vicino casa.

Le era sembrato di essere tornata indietro nel tempo e di star vivendo un ricordo.

Robert aveva ordinato il sushi, che era uno dei suoi piatti preferiti, e lei aveva ordinato gli spaghetti, che ricordava essere il piatto cinese preferito di Robert e avevano continuato a chiacchierare per tutto il tempo che il cameriere aveva impiegato per portar loro i piatti, come un tempo.

Nessuna frecciatina acida, nessun commento sarcastico; solo risate genuine che le avevano fatto ritornare il buon umore e che le avevano permesso di accantonare, anche solo per un attimo, tutta quell'assurda situazione dello scambio di corpi.

Robert aveva rubato dal suo piatto e lei dal suo, tanto che alla fine se li erano scambiati e c'era stato un momento, tra la fine della cena e l'arrivo del cameriere con il conto, in cui i loro occhi si erano incrociati e in una frazione di secondo, Cailin non aveva visto l'azzurro dei suoi stessi occhi, ma il celeste mare di quelli di Robert e vi aveva letto dentro tutte le parole che avrebbe voluto dirle, ma che non riusciva a pronunciare per paura che i suoi sentimenti fossero mutati.

E nel momento in cui le loro risate si erano spente ed i loro volti erano diventati seri, aveva avuto la tentazione di urlargli che lei era ancora lì, che se non era più uscita con nessuno da quando si erano lasciati, era perché non era riuscita a fare a meno di paragonare a lui ogni singolo essere di sesso maschile che le si era avvicinato in quei mesi e che, dopotutto, lei non l'odiava affatto, anzi lo amava come il primo giorno.

Eppure era rimasta in silenzio e quelle parole le si erano bloccate in gola insieme al respiro e al cuore e allora aveva abbassato lo sguardo e aveva fatto finta di niente.

Il gorgogliare della caffettiera la distrasse dal ricordo di quella serata e lei si ritrovò a versare il caffè nelle due tazzine che aveva preparato sul tavolo con la testa pesante e i sentimenti confusi.

< Ho un mal di pancia tremendo, è normale? > Le chiese Robert, entrando in cucina e vedendola indaffarata con la confezione dei biscotti.

< Ne ho sempre sofferto durante il ciclo. > Si sforzò di sorridere, ma era sicura che la sua assomigliasse piuttosto ad una smorfia.

< Che succede? > Le chiese infatti lui, prendendo posto di fronte alla tazzina fumante.

Cailin fece spallucce e mise in bocca un biscotto al cioccolato con la ferma convinzione che quando tutta quella situazione si sarebbe risolta, lui sarebbe sparito di nuovo e lei sarebbe stata di nuovo sola.

< Odio ammetterlo, ma mia madre ha ragione quando dice che mi si legge in faccia che sto dicendo una bugia. > Prese la tazzina tra le mani e ne bevve un sorso.

Cailin sospirò.

< Ehi... ne verremo fuori, d'accordo? Riusciremo a risolvere questa situazione e torneremo alle nostre vite. > Allungò una mano e le accarezzò la spalla-o era meglio dire che si carezzò la spalla, visto che quello che possedeva Cailin era il suo corpo?

< Non è solo quello... > Rispose triste.

< E cosa allora? > Non voleva indagare troppo, ma conosceva Cailin da così tanto tempo e quando erano stati insieme si erano sempre detti tutto, anche le cose più assurde e anche se tutto era cambiato, voleva che fosse ancora così.

< Non voglio rimanere da sola. > Disse in un sussurro appena udibile.

Robert non seppe cosa rispondere e si limitò ad osservarla mentre si torturava le mani e fissava con insistenza la superficie del tavolo.

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Capitolo 6
*** Hormones' Issue ***


Salve a tutte!

Ancora non mi spiego come mi sia potuta beccare il raffreddore proprio ora che inizia la primavera (e dopo essere stata bene durante i mesi di freddo polare!), ma fatto sta' che ce l'ho e anche se mi sento come se avessi un tappo di sughero nel naso, stanotte la mia testolina non ha potuto fare a meno di farmi sognare che le recensioni aumentassero fino ad arrivare a 12 per capitolo *.* ed io che me ne stavo bellamente di fronte allo schermo con una faccia simile O.o e gongolavo nel rispondere a tutte *.*

Non che mi stia lamentando delle tre deliziose personcine che recensiscono sempre, per carità, anzi, che Dio vi benedica, sul serio, ma sono malata, per cui, perdonate i miei schizzi xD

Ringrazio, come sempre, tutte coloro che hanno commentato, che hanno soltanto letto, che hanno inserito tra i preferiti/da seguire/da ricordare *.* I love you so much, remember it! <3

 

Buona lettura! <3

 

 

 

 

< Credo che questa situazione non si risolverà per molto, molto tempo ancora. > Deviò l'argomento Robert, mettendo da parte la tazza di caffè e osservandosi le mani decisamente femminili. E pensare che aveva sempre ribadito che le sue lo erano, invece ora si ritrovava ad averne sul serio due!

< Cosa pensi che dobbiamo fare allora? > Gli chiese lei, approfittando del fatto che Robert non avesse seguito la sua linea di discorso, per sforzarsi di pensare ad altro.

< Secondo me dovremmo dirlo ai nostri amici, magari hanno qualche soluzione da consigliarci. > Fece spallucce.

< Non ho amici maghi, mi dispiace. > Borbottò Cailin cupa.

< Nemmeno io, ma potrebbero darci il sostegno di cui abbiamo bisogno. > Tentò ancora.

Cailin non rispose e si limitò a giocherellare con le briciole di biscotti cadute sul tavolo, fin quando, senza preavviso, il citofonò suonò ed entrambi sobbalzarono sulle loro sedie, spaventati a morte.

< Chi può essere a quest'ora? > Domandò lei, alzandosi per andare a rispondere. Si bloccò a metà percorso, ricordandosi che anche se era ancora Cailin, ora era Robert e non avrebbe potuto rispondere senza dare un'impressione equivoca.

< Dovresti rispondere tu. > Gli disse, indicandolo.

< Oh, è vero. > Sollevò la cornetta dell'aggeggio e schiacciò il pulsante che avrebbe aperto il portone.

< Ma come, non chiedi neanche chi è? > Lo guardò stupefatta.

< Chi vuoi che sia! E comunque, sono abituato a fare così a casa mia. > Rispose con noncuranza.

< Sì, ma si dà il caso che questa non sia casa tua! > Lo rimproverò.

Avvertirono distintamente le porte dell'ascensore aprirsi e poi richiudersi e il ticchettio di un tacco sul marmo del pianerottolo.

Cailin corse a spiare dal buco della serratura, cercando di fare il meno rumore possibile, per scoprire che era soltanto Allison e che poteva tirare un sospiro di sollievo.

Aprì senza esitare e si sporse per abbracciarla, cosa che faceva sempre per salutarla. Il suo cervello registrò l'azione con due minuti di ritardo, perché quello che chiunque avrebbe tranquillamente potuto constatare da fuori, Robert Pattinson era avvinghiato con estrema audacia alla migliore amica della sua ex fidanzata.

< Robert. Ma che piacere. Cosa ci fai qui? > Altro che piacere! L'avrebbe fulminato col pensiero.

< Ehm... ho chiesto asilo politico, vero Cailin? > Si separò immediatamente dal suo corpo e sorrise tirata, rivolgendo un'occhiata supplicante verso se stessa.

< Fammi capire: tu hai ospitato il tuo ex fidanzato in questo appartamento senza avvisarmi, senza spiegarmi la situazione ed io devo piombare qui con questa scusa insolente e del tutto inappropriata?!? > Puntò un dito al centro esatto del petto di Robert/Cailin, gli occhi minacciosi e le sopracciglia aggrottate in un'espressione di rabbia e incomprensione.

< Ma è successo per caso, non era programmato niente! > Protestò Robert in difesa di Cailin e un po' anche di se stesso.

< Oh, lo credo bene! > Sbottò Allison furiosa.

< Senti, è meglio se ti siedi, perché ti dobbiamo spiegare una cosa. > Cailin le afferrò un braccio e la spinse verso la sedia più vicina, facendocela atterrare con poca grazia.

< Ehi, ma che modi! > Protestò lei, divincolandosi dalla sua presa e attendendo.

< La prima cosa che ti verrà spontaneo fare sarà quella di non crederci, ma, ti prego, fai uno sforzo. > Le anticipò Cailin con le sopracciglia di Robert aggrottate, mentre prendeva posto di fronte alla sua amica.

< State per sposarvi? > Quasi urlò, orripilata.

< No! > Urlò Cailin altrettanto forte.

< Sei incinta? > Chiese ancora, indicando Robert.

< Dovrebbe essere lei incinta e non io, comunque no, mi spiace. > Robert alzò gli occhi al cielo.

< E allora cosa...? Un momento... come sarebbe a dire che dovrebbe essere lei incinta e non tu? Avete letto troppo Harry Potter, ragazzi? > Li osservò sospettosa, i capelli biondi che le sfioravano le guance e il giubbetto di jeans che indossava per via del venticello fresco che spirava da nord-ovest.

< Sarebbe a dire, che questi anelli ci hanno praticamente permesso di prendere l'uno il posto dell'altra. > Brontolò Robert, indicando l'oggetto incriminato.

< Mi state prendendo in giro. > Era ovvio, si stavano prendendo gioco di lei.

Insomma, aveva ascoltato per nottate intere gli sfoghi di Cailin su quanto le mancasse Robert e si ricordava altrettanto chiaramente tutto quello che le diceva; Robert era un bastardo e doveva lasciarlo perdere, perché non poteva vivere per sempre con il rimorso che forse non era come sosteneva lei, che Kristen si era sbagliata o aveva semplicemente detto una cattiveria per farli allontanare definitivamente, che doveva riprendere a fare la sua vita, che lei era forte e non doveva abbattersi così... tutte cose che erano diventate un mantra per Cailin.

La presenza di Robert lì, in quell'istante e l'invenzione di tutta quella storia assurda sugli anelli, era solo per giustificare la debolezza di Cailin, ne era sicura.

< Non ti stiamo prendendo in giro, Ally. > Le rispose con calma Cailin.

< Ok, ma questo non mi impedisci di mettervi alla prova, giusto? > Cailin e Robert si guardarono con orrore. Cailin perché sapeva di cosa era capace la sua migliore amica e Robert perché non avrebbe sopportato un altro contatto ravvicinato con Cailin dopo quello che era successo solo qualche ora prima.

Allison accolse il loro silenzio come ammissione.

< Cailin, tu sei la mia migliore amica da anni ormai, quindi dovresti essere in grado di rispondere a delle semplici domande. > Si rivolse a Robert. < Qual è il mio colore preferito? > Continuò.

Se Robert fosse stato un personaggio dei cartoni animati, in quell'istante, gli sarebbero spuntati una decina di punti interrogativi intorno alla testa a mo' di aureola.

< Blu? > Tentò poco convinto.

< Verde prato. > Rispose Cailin sicura.

< La mia marmellata preferita? > Continuò Allison.

< Ehm... fragola? > Riprovò Robert. Non era mai stato un granché con la memoria. D'altronde lei non la conosceva affatto questa Allison.

< Lampone. > Borbottò Cailin.

Allison si abbandonò contro lo schienale della sedia e sgranò gli occhi.

< Ma allora non mi stavate prendendo in giro! > Esclamò.

Entrambi fecero segno di no con la testa.

< O. Mio. Dio! E ora? > Chiese.

< Abbiamo provato a parlare con quella maga indiana dell'altra sera che mi ha dato questi cosi e... beh, per farla breve, ci ha fatto intendere che dovevamo fare l'amore per rimettere tutto a posto, ma... > Cailin tentennò.

< Ma...? > La incitò l'amica.

< Ma non è servito a niente. > Terminò.

< Siete proprio sicuri che abbia detto che dovevate fare sesso per togliervi da questa situazione? > Li osservò attenta.

< Sicurissimi, Allison. > Rispose Robert, portandosi indietro una ciocca di capelli. Tutto sommato, comunque, non era così male trovarsi nel corpo di Cailin. Era costantemente circondato dal suo buon profumo e poteva sfiorarsi i capelli quando voleva, una delle caratteristiche di lei che più amava.

< E pensare che io ero venuta qui per parlare di soluzioni e non di problemi. > Sbuffò, tirando fuori da una tasca il suo blackberry ultimo modello e prendendo a smanettare alla tastiera.

 

< Tu credi che ci aiuterà? > Le chiese Robert più tardi, disteso a pancia in su sul letto che divideva con Cailin, le braccia dietro la testa.

< E' la mia migliore amica, certo che lo farà. > Rispose Cailin che, nel frattempo, stava sistemando i vestiti nell'armadio.

Era fatta così: quando sentiva di avere tanto caos dentro, voleva che almeno le cose che la circondavano, avessero un ordine, un senso.

Robert si alzò e si avvicinò alla parete tappezzata di fotografie, sfiorando con due dita quella che ritraeva loro due. Era stata fissata al muro con una puntina da disegno blu e fu semplice per lui staccarla e rigirarsela tra le mani.

< Perché l'hai tenuta? > Le domandò, tornando a sedersi sul letto, gli occhi ben fissi sulla carta lucida.

Cailin si voltò appena verso di lui e individuò la foto tra le sue mani. Era un bel ricordo, quello.

< Perché non avrei dovuto? > Rispose con un'altra domanda.

< Pensavo ti saresti liberata di tutto quello che poteva anche solo ricordarti me. > Le confessò con sincerità, guardandola mentre prendeva posto accanto a lui.

< Non volevo liberarmi di te, lo sai. Credevo che non fossimo fatti per stare insieme, ma non rimpiango niente di quello che siamo stati. > Gli prese la foto dalle mani e le scappò un sorriso a riguardarla.

< Perché prima mi hai detto che non vuoi rimanere da sola? > Avrebbe voluto farle quella domanda qualche ora prima, quando lei aveva pronunciato quella frase, ma il coraggio gli era venuto a mancare. Ora che non lo stava fissando negli occhi era tutto più semplice.

< Perché è la verità. > Rispose, facendo spallucce.

< E pensi di esserlo? Sola, intendo. > Voleva solo scuoterla e dirle che lui era lì, che se voleva che le cose si sistemassero, sarebbe bastato tornare insieme.

< A volte sì, lo penso e a volte lo sono. > Spiegò.

< C'è qualcosa che ti manca? > Provò a capire meglio quello che provava.

Cailin avrebbe voluto rispondere tu, ma non lo fece e rimase in silenzio, travolta dai ricordi e dalla sensazione di pace e benessere che solo Robert sapeva donarle.

 

< Siete una coppia di idioti, lo sapete questo, vero? > Li aggredì Allison quando li passò a prendere quel pomeriggio.

Robert aveva infilato al corpo di Cailin uno dei suoi vestiti preferiti, per contro Cailin, aveva infilato al corpo di Robert uno dei tanti jeans sdruciti e una felpa nera con cappuccio; senza contare le immancabili Nike. Era un lusso che poteva permettersi, d'altronde. Se proprio doveva vestire i panni di Robert, tanto valeva farlo in tutta comodità e poi aveva la possibilità di indossare quello che la sua agente non le avrebbe mai permesso per colpa delle solite situazioni di marketing e di brutta pubblicità.

< Cos'hai scoperto? > Le domandò Cailin. Meglio evitare di rispondere agli insulti di Allison.

< La maga voleva semplicemente dire che dovevate fare pace, non che dovevate fare l'amore! > Guardò Cailin/Robert con sospetto.

< Non guardarmi così! Non sono l'unica ad aver capito male! > Si difese Cailin.

< Sì, ma da lui potevo aspettarmelo, da te no. > Mise in moto e si inserì nel traffico cittadino senza difficoltà.

< Grazie tante. > Borbottò Robert, incrociando le braccia al petto offeso. Quella Allison le era già antipatica.

< Comunque, come fai a saperlo? > Domanda lecita.

< Semplice, io parlo indiano. > Rispose con un sorriso.

< Tu cosa?!? E perché diavolo non me l'hai detto prima??? > Robert si sporse con la testa tra i sedili anteriori e ci mancò poco che stordisse Cailin per quanto aveva urlato.

< Ma sentilo! Glielo spiegavi tu, per telefono, in che situazione ci eravamo cacciati?!? Ci è mancato poco che non ci credesse stamattina! > Urlò quanto lui e lo costrinse ad indietreggiare.

< Litigate ancora come bambini dell'asilo. > Cinguettò Allison, allegra.

< Ringrazia il cielo che se ti aggredissi ora rischierei di ammazzarmi anch'io. > Sibilò Robert dal sedile posteriore.

< In ogni caso, se continuate a battibeccare in questo modo, non risolverete proprio un bel niente e rimarrete così per sempre. > Puntualizzò lei, svoltando a destra.

< Quindi? > Intervenne Cailin, sistemandosi la cintura.

< Quindi, vi sto portando ad un benefico corso di yoga! > Se non fosse stata al volante, l'avrebbero vista sicuramente saltellare come un grillo.

La yoga era uno di quegli sport che Robert avrebbe definito da femmina. Non perché fosse amante del calcio, del tennis o di qualsiasi altro sport comunemente definito maschile, ma proprio perché lo yoga vuol dire infilarsi una di quelle tutine strette dai colori improbabili, fascia ai capelli, scaldamuscoli di lana e bisogna assumere tutte quelle posizioni altamente equivoche. 

Ora che era nel corpo di Cailin non c'erano problemi, ma poteva solo immaginare come dovesse sentirsi lei.

Allison le aveva procurato uno di quei pantaloni stretti, maschili, in stile tuta da ginnastica e una maglietta grigia con scollo a V. Per completare l'opera, una fascia nera, stretta, con cui avrebbe dovuto domare i suoi capelli impossibili.

Cailin credette di non poter raggiungere più un livello così basso di autostima, nemmeno nel corpo di qualcun altro.

< Wow! Stai benissimo! > Esultò Ally quando la vide uscire dallo spogliatoio.

< Perché quella faccia, scusa? Sappi che è me che stai mettendo in ridicolo. > Le sorrise Robert.

Non gli dispiaceva essere vestito in quel modo. Insomma, faceva comunque la sua bella figura.

< Sì, ma nel frattempo ci sono io nel tuo corpo. > Sospirò rassegnata e seguì Allison verso la palestra.

Robert, che non aveva mai sopportato vederla triste, le afferrò un polso e la costrinse a voltarsi verso di lui.

< Sei comunque bellissima, lo sai. > Le mormorò.

Lei abbassò appena lo sguardo e accennò un sorriso.

< Se vuoi puoi farmi una foto. Mi assicurerò che i mezzi d'informazione ne siano ampiamente provvisti. > Scherzò.

< Quello che vuoi. Della mia reputazione non m'importa granché. Piuttosto... sai che questi assorbi-sangue sono piuttosto fastidiosi? > La prese a braccetto e la invitò a camminare.

< Si chiamano assorbenti, Robert, a-s-s-o-r-b-e-n-t-i. > Scandì, alzando gli occhi al cielo.

< Dettagli. > Fece aria davanti a sé con la mano, come a dire che la questione era irrilevante.

La sala/palestra era piuttosto ampia e una dozzina di donne, ragazze e addirittura bambine (presumibilmente costrette dalle mamme), stavano già socializzando mentre si adoperavano a sciogliere i muscoli.

< C'è una cosa positiva: conciato in questo modo non ti riconosceranno. > Bisbigliò Cailin all'orecchio destro di Robert-no, in realtà, era il suo orecchio.

Intravidero Allison chiacchierare con l'istruttrice, una ragazza alta e bionda con i muscoli al posto giusto.

< Non possiamo andarcene? > Cailin si guardò intorno con sospetto, stritolando la sua stessa mano e rifiutandosi di lasciarla andare.

< Lo farei volentieri, anche perché ho ancora mal di pancia. > Robert dovette piegarsi in avanti quel minimo che gli avrebbe permesso di attutire l'ennesima fitta.

< Posso dire all'istruttrice che stai male e che ti accompagno nello spogliatoio e ce ne stiamo in santa pace per la prossima oretta. > Le brillavano gli occhi a all'idea di sabotare il corso.

< Ormai siamo qui e poi Allison ci sta indicando, quindi temo che non abbiamo proprio scelta. > Rispose Robert a denti stretti per evitare che l'istruttrice gli leggesse il labiale, visto che si stava avvicinando.

< Tu devi essere Cailin, ma che piacere conoscerti, finalmente! Ally mi parla sempre tanto di te! > Strinse la mano a Robert con vigore, sorridendo. < E tu sei Robert, il suo ragazzo, giusto? Ma che bella coppia che siete! > Continuò stringendo la mano anche a Cailin che era in procinto di vomitare per quella scenetta senza senso.

< Bene! Possiamo cominciare, no? > Batté le mani due volte e si rivolse alle altre presenti nella stanza.

Un'ora dopo, sudate e ansanti, erano tutte pronte per una doccia. La yoga doveva essere un esercizio della mente, ma come aveva loro spiegato Allison, alcuni istruttori alternavano anche esercizi di aerobica, per mantenere non solo la mente, ma anche il corpo, perfettamente sano e in armonia.

< Allison, ricordami di far segnare sulla mia agenda che tutti i mercoledì, più o meno... fino alla fine della mia vita, sono impegnata. > Cailin occupò il primo posto disponibile sulla panca di legno, tra il mormorio di tutte quelle che si stavano cambiando.

Si alternarono alle docce e ritornarono ai loro vestiti casual.

Quando l'aria fresca della sera punzecchiò loro il viso, Robert ebbe l'insensata voglia di abbracciare Cailin. Era una volontà del tutto inaspettata e che sorprese perfino lui.

Le sorrise quando la vide salire in macchina, ma lei non lo guardò.

 

< Sai a cosa pensavo? > Mormorò Robert nel buio della stanza. Erano di nuovo sotto le coperte, i muscoli doloranti e Cailin aveva solo intenzione di dormire, non certo di chiacchierare.

< Ma non mi dire, tu pensi! > Robert la ignorò.

< Pensavo che sarebbe bello se continuassimo a sentirci. Come amici, è chiaro. > Propose, osservando il suo corpo raggomitolato sotto le coperte come la sera prima.

Di certo, il modo di dormire di Cailin non era mutato, dormiva ancora chiusa a riccio, anche se non era nel suo corpo.

< E perché? > Gli chiese, voltandosi verso di lui.

< Beh, perché mi piace la tua compagnia. > Rispose sincero.

< Nessun secondo fine, Pattinson? > Gli diede una gomitata nelle costole che non riuscì a fargli male.

< Lo giuro. > Si mise una mano sul cuore con fare solenne.

< E se io volessi qualcosa di più? > No. Stop. Rewind. Non l'aveva detto sul serio, vero? Ops.

< Perché, tu vorresti qualcosa di più? > Fu Robert, questa volta, a voltarsi verso di lei ad occhi sgranati.

< Ehm... no... cioè, era solo un'ipotesi... > Balbettò.

< Senti, mi spiace davvero se per tutto il tempo che siamo stati insieme, ti ho trascurata e non ti ho trattata come meritavi e so che non riesci più a fidarti di me, ma ho capito i miei errori e sono cambiato. > Si sentiva gli occhi lucidi al solo pensiero di tutti i no che era stato costretto a dirle perché il lavoro era più importante di tutto il resto.

< Hai bevuto qualcosa di nascosto, per caso? > Cailin si tirò su, facendo leva sulle braccia.

< No. > Rispose lui, meravigliato da quella domanda.

< Allora devono essere gli ormoni in subbuglio per via del ciclo. > Dichiarò, lasciandosi cadere di nuovo contro il materasso.

< Ormoni in subbuglio?!? Ma quali ormoni in subbuglio! > Protestò lui, infervorandosi.

< Quando si ha il ciclo si hanno continui sbalzi d'umore, è normale. > Gli spiegò.

< Io non ho nessuno sbalzo d'umore, stavo tentando di dirti la verità! > Quasi urlò.

Perché non riusciva ad ammettere, per una sola volta nella sua vita, che era serio, che non stava scherzando e che non era più un ragazzino? Aveva imparato dai suoi errori, l'ultimo dei quali gli era costato la persona più importante della sua vita: lei, ed ora che tentava di scusarsi, di mostrarsi davvero dispiaciuto per quello che era successo, lei cosa faceva, metteva in piedi la scusa degli ormoni?!?

Possibile che fosse così cieca?

Possibile che si ostinasse a negare?

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Capitolo 7
*** You were there and it was enough for me. ***


Salve!

Rieccomi dopo una stressante giornata trascorsa all'università -.- ad aggiornare *.*

Ringrazio tutte le persone che hanno commentato lo scorso capitolo, che hanno solo letto, che hanno inserito tra i preferiti/ricordare/ecc *.* I love you all! <3

Vi ricordo che se volete pormi qualche domanda, potete farlo su Formspring; io sarò felicissima di rispondervi *.*

 

Buona lettura! <3

 

 

 

 

La camera da letto dell'appartamento di Cailin si rischiarò a poco a poco, permettendo alla luce del sole di fare capolino dalle serrande abbassate e di lasciar intravedere i contorni del mobilio e le loro figure ancora addormentate e serene.

La sveglia sul comodino scattò, segnando le undici e trenta di un venti marzo soleggiato e frizzante, già pronto alla primavera.

La serratura della porta d'ingresso scattò, silenziosa e il familiare ticchettio proveniente dalle scarpe di Allison, riecheggiò nel corridoio.

< Sveglia, splendori!!! E' ora di sorgere!!! > Urlò, avviandosi nella camera da letto.

Se avessero tentato di ricostruire la scena a mente sana e lucida, probabilmente non ci sarebbero riusciti.

Si svegliarono di soprassalto, spaventati, cozzando entrambi contro la testiera del letto e borbottando di dolore, prima di guardarsi: Robert con una massa informe di pelo sulla testa al posto dei capelli, due occhiaie da far invidia ai vampiri della Transilvania e gli occhi arrossati e gonfi per via del sonno; Cailin con una barba che non radeva da diversi giorni e i capelli più scompigliati del solito.

< Allison, chi ti ha dato il diritto di entrare in casa mia? > Borbottò la diretta interessata, lo sguardo assassino.

< Ma tu, amore! Non ti ricordi che mi hai fatto una copia delle tue chiavi per qualsiasi emergenza? > Sorrise l'amica, raggiante.

Robert, d'altro canto, riuscì ad individuare solo due cose utili nelle mani di Allison: un bicchiere di Starbucks e una bustina da cui proveniva il classico profumo di ciambelle al cioccolato.

Ci si avventò come un animale, lasciando basite Allison e la stessa Cailin.

< Ehm... sta bene, no? > Mimò con il labiale a Cailin, mentre lo osservavano trangugiare il caffè in un solo sorso.

< Ha il ciclo. Non dirmelo. > Rispose lei, alzando gli occhi al cielo e scostando le coperte per alzarsi.

Le faceva male la schiena e le gambe sembravano essere di piombo.

< Cosa ci fai qui, comunque? > Continuò dopo qualche istante, ignorando i commenti di approvazione di una se stessa seduta all'indiana sul pavimento, la bocca sporca di cioccolato.

< Mi sono informata circa i vostri impegni lavorativi di oggi e Rob ha l'ennesimo servizio fotografico, mentre tu dovrai recitare qualche scena fra... venti minuti. > Controllò velocemente l'orologio e sorrise.

< Cosa?!? Venti minuti?!? Come faccio a prepararmi in venti minuti?!? > Cailin sgranò gli occhi che, per inciso, non riusciva a tenere aperti.

< Sei un uomo adesso, Cailin, ci metterai meno del previsto. > La incoraggiò con una pacca veloce sulla spalla.

Cailin lanciò un'occhiata disperata a Robert che aveva appena finito di mangiare la sua ciambella ed ora sorrideva soddisfatto.

Era al corrente che quando aveva il ciclo, solitamente, aveva bisogno di zuccheri, ma era convinta di non essere mai apparsa così disperata.

Borbottò qualcosa di incomprensibile e strattonò se stessa per un braccio, cercando di rimetterla in piedi e di pulirle la bocca.

< Hai un servizio fotografico e devi essere lì fra venti minuti. > Lo ammonì, mentre recuperava un pettine e tentava di dare forma all'ammasso di nodi che erano i suoi capelli appena sveglia.

< Un servizio fotografico?!? Ma... come faccio?!? > Pestò un piede a terra, mentre qualcosa di indefinito gli ricordava di andare in bagno a cambiarsi.

< Proprio l'altro giorno hai posato per uno dei fotografi di maggior successo al mondo e per una delle riviste di moda più vendute ed ora vuoi farmi credere che non sai più come si fa? > Cailin risistemò il pettine sulla mensola e gli lanciò dei vestiti affinché si cambiasse, mentre lei indossava la camicia a quadri azzurra di due giorni prima e il solito paio di jeans sdruciti.

< Ma come faccio con... > Ma non lo lasciò neanche finire la frase.

< Va' a lavarti, non c'è tempo per fare conversazione. > E con questo, lo spinse verso il bagno in malo modo.

Cailin era abituata ad essere sempre puntuale e a non dimenticare mai un appuntamento di lavoro, eppure quella mattina aveva dimenticato il servizio fotografico per Elle Magazine, era in ritardo, aveva fame, non riusciva a radersi in maniera decente (ovvero, senza rischiare di tagliarsi) e stava sudando freddo per via del nervoso.

Robert, invece, non solo si era già lavato e vestito, ma era anche stato truccato da Allison ed era in perfetto orario, perché la limousine lo stava già attendendo davanti al portone di casa.

< Ne ho abbastanza di queste cose da maschi! Mi sono stufata! > Esplose, lasciando cadere il rasoio nel lavabo e incrociando le braccia al petto.

< Dai a me, faccio io. > Robert smise di sistemarsi i capelli e afferrò nuovamente il rasoio, facendole voltare il viso dalla sua parte e prendendo a raderlo come era solito fare tutte le mattine quando doveva girare.

< Non è così difficile, ci vuole solo un po' di pratica. E poi, non è meglio della ceretta? Niente strappi e niente dolore. > Sorrise, afferrando l'asciugamano e tamponando la pelle perfettamente liscia.

< Io la detesto la barba! > Borbottò lei di rimando, guardando altrove.

Allison li accompagnò fino alla limousine, dopo di che, li salutò, avanzando verso la sua macchina e promettendo che si sarebbero sentiti nel pomeriggio per organizzare qualcosa.

Bella storia! pensò Cailin, una volta seduta sui comodi sedili di pelle della vettura che l'avrebbe condotta sul set. Mi tocca un altro giorno in compagnia di quella pervertita di Emilie!

Non poteva sperare di peggio, ma la situazione che trovò al suo arrivo, fu ancora più devastante.

Emilie stava animatamente litigando con un ragazzo più alto di lei dall'aria burbera e cavernicola, con la barba incolta e i capelli di media lunghezza, selvaggi.

Non seppe cosa provò, eppure le si strinse il cuore e non sapeva nemmeno spiegarsene il motivo. Non era per il litigio, non era perché la troupe si era radunata intorno a loro senza alcun rispetto per la loro privacy e nemmeno perché quell'odioso ragazzo le stava dicendo un mucchio di parole sgradevoli. Sul viso di Emilie leggeva la sofferenza e vedeva le lacrime, quelle che versi solo per la persona che ami sul serio, quelle che lei aveva versato per Robert tempo prima.

Eppure, era strano: strano perché non era nel suo corpo e strano perché il cuore di Robert batteva comunque all'impazzata e lei non l'avrebbe mai detto.

La folla si era diradata, la troupe si era volatilizzata ai suoi usuali compiti, il ragazzo si stava allontanando velocemente ed Emilie era ancora lì, al centro della scena a piangere lacrime amare e lei sentiva la necessità di fare qualcosa, l'intero corpo di Robert le imponeva di agire e lei le si avvicinò velocemente, aiutata dalle gambe lunghe del suo ex, raggiungendola in poche falcate e manifestando la sua presenza con una carezza al braccio che, per quanto leggera, la fece voltare.

< Hai... hai visto tutto, no? > Aveva la voce flebile e bagnata di pianto.

Cailin annuì, abbassando lo sguardo.

< Mi spiace, Em... davvero. Se vuoi parlarne, se hai bisogno di sfogarti... sono qui. > Cercò di sorriderle, anche se risultava difficile anche a lei.

< E' che... deve essere così complicato? Perché non può andare tutto liscio, nel verso giusto come vorresti? > Sbuffò Emilie frustrata.

Cailin non rispose, in attesa che continuasse.

< Non stiamo insieme da molto, ma... insomma, non so se ti è mai capitato, ma sento che è quello giusto, il ragazzo per cui ho aspettato tutto questo tempo. > Due lacrime le rigarono le guance. < Io mi sento una buona a nulla, Rob! Non sono in grado di farmi volere bene! > Continuò, singhiozzando.

< Non dire sciocchezze, Em! Io ti voglio bene, tutti qui ti vogliono bene, lo sai! Sei una donna di talento, forte e indipendente, non ti manca nulla e non puoi permettere a qualcuno che non ti merita di farti stare male. > Chissà se Robert le avrebbe detto lo stesso. Forse no, perché con lei non era mai stato molto disponibile. Sapeva che non l'aveva fatto per cattiveria, ma a volte aveva sentito il bisogno di una spalla su cui piangere, di qualcuno con cui confrontarsi e la maggior parte delle volte lui era troppo impegnato per darle retta.

< Sei sempre così... maledettamente gentile nei miei confronti, Rob! Sopporti i miei sfoghi, hai sempre un consiglio per me ed io non so mai come ringraziarti. > Sbuffò, tirando su col naso e lanciandosi tra le sue braccia.

Beh, magari si sbagliava. Magari Robert era cambiato da quando si erano separati.

< Non c'è bisogno di ringraziarmi, di niente, Em. > Le mormorò stranita.

Sorrise e chiuse gli occhi, immaginandosi tra le braccia di Robert, per una volta, confortata e capita.

 

< Starai benissimo con quel vestito, Cey! > Sarah, assistente di scena assunta per il servizio fotografico, era nota per la sua esuberanza, la sua allegria e la sua spensieratezza che sapeva mettere a proprio agio perfino le modelle più pudiche. Cailin la conosceva da anni, ma Robert, ovviamente, aveva avuto modo di incontrarla solo qualche ora prima, quando gli aveva mostrato un intero guardaroba tra vestiti e scarpe. Gli sapeva indicare marche, ultime star che l'avevano indossato e qualità del tessuto. Robert ne era rimasto pietrificato. Conosceva la moda, o, per lo meno, sapeva quel poco che gli insegnavano tv e riviste, ma non pensava che esistessero persone in grado di memorizzare tutte quelle informazioni.

< Ehm... non so. Non è troppo... vistoso per un servizio fotografico? > Chiese, la voce ovattata per colpa della porta del camerino che lo divideva da Sarah, intento ad infilarsi il vestito color giallo canarino che gli aveva messo in mano.

< Scherzi?!? Il giallo è di moda! Torno tra dieci minuti per vedere come ti sta! > La sentì allontanarsi sui suoi trampoli fucsia brillantati e sospirò di sollievo.

Il vestito gli stava alla perfezione, ovviamente, ma lui non aveva nessuna intenzione di posare per quel servizio. Si sentiva triste, spossato, gli faceva male la pancia e aveva bisogno di farsi una doccia, di nuovo. Inoltre, quel maledetto vestito che gli ricordava tanto quello che Cailin aveva utilizzato per un servizio fotografico dal tema Alice nel Paese delle Meraviglie, rimaneva sollevato sul davanti, lasciando intravedere la stoffa degli shorts che doveva indossare rigorosamente senza intimo, per via della trasparenza e non sapeva come fare con l'assorbente.

Si sedette sullo sgabello messo a disposizione nel camerino, portandosi indietro i capelli con entrambe le mani.

Odiava quella situazione, odiava dover essere nel corpo di Cailin, odiava avere le mestruazioni, odiava non avere controllo del suo corpo e odiava quei maledetti ormoni che lo facevano scoppiare a piangere per i motivi più futili come quello.

Probabilmente Sarah aveva la soluzione a portata di mano, gli sarebbe bastato chiedere, ma non riusciva ad alzarsi per aprire la porta e aveva solo voglia di piangere e di andare a casa. Poteva chiamare Cailin e farsi venire a prendere, ma la borsa era troppo lontana.

Singhiozzò senza ritegno, tentando di asciugarsi le lacrime con le dita pur di non farsi vedere in quelle condizioni, ma aveva il presentimento che il mascara che gli aveva obbligato a mettere Allison, fosse già del tutto colato, imbrattandogli il viso e rendendolo peggio di uno spaventapasseri. 

Aveva bisogno di un abbraccio, di qualcuno che lo aiutasse a rimettere insieme i cocci del suo cuore infranto, o meglio, i cocci del cuore infranto di Cailin, perché in quel momento era il cuore di lei che reclamava attenzione e non faceva altro che battere furiosamente, rimbombandogli nelle orecchie, stordendolo.

Chiuse gli occhi e si ritrovò a pensare a quella mattina di molto tempo prima, quando si era svegliato per primo e Cailin gli dormiva addosso, la testa sul suo petto, un braccio che gli circondava la vita e un altro abbandonato sul cuscino, l'espressione distesa e felice e lui aveva trascorso le successive ore a carezzarla con lo sguardo, a sfiorare con un dito i lineamenti delicati del suo viso, ad odorare il profumo dei suoi capelli e a pensare che era davvero l'uomo più fortunato del mondo ad aver trovato una donna come Cailin, che sapeva apprezzarlo per quello che era e non per la sua fama o per quello che raccontavano di lui i giornali.

Continuò a piangere anche quando Sarah bussò alla porta per chiedergli se era pronto, incurante del resto.

Se lui era così distrutto, poteva solo immaginare come doveva stare Cailin, così piccola e fragile, volubile e delicata come un fiore appena sbocciato.

Non ci aveva pensato a suo tempo quando la loro storia era finita e solo adesso si rendeva conto di quello che aveva perso, di quanto male aveva fatto a Cailin e di come non avesse saputo chiedere scusa.

Si sfilò il vestito e si infilò svelto il vestito con cui era uscito quella mattina e aprì la porta, lasciando di stucco Sarah.

< Io vado a casa. Avverti il fotografo e digli che rimandiamo il servizio. Non mi sento molto bene. > Biascicò con l'unico desiderio di sprofondare nel divano e imbottirsi di tv spazzatura.

< Ok. Cey, sicura che non ti serva niente? > Gli domandò, correndole dietro.

Robert non si voltò per rispondere, continuando per la sua strada.

 

< Ne ho abbastanza del tuo film, sai? Voglio dire, drammatico, romantico, profondo, ma non posso farmi prendere a pugni! Devo avere ancora un livido sulla schiena... > Cailin fece il suo teatrale ingresso in casa senza salutare, convinta che Robert fosse già rientrato. In effetti, Robert non aveva detto una bugia a Sarah: si sentiva uno straccio e aveva passato le successive ore dopo il suo rientro a casa in uno stato catatonico che aveva finito per far preoccupare persino i muri, raggomitolato sul divano, le ginocchia al petto e lo sguardo vuoto, mentre la televisione continuava il suo monologo solitario.

Quando Cailin se ne accorse si bloccò, incredula.

< Che succede? Ti senti poco bene? > Gli chiese, premurosa, disfandosi del giubbino di jeans e sedendosi accanto a lui.

Nessuna risposta.

Cailin sapeva fin troppo bene cosa voleva dire quello sguardo: era quello che di solito lei indossava quando voleva essere lasciata in pace, quando il mondo sembrava remarle contro e lei era da sola a cercare di batterlo; era lo sguardo della sofferenza e della tristezza, non quella psicologica, ma quella del cuore.

< E' successo qualcosa durante il servizio? Ti hanno trattato male? > Riprovò, cercando di attirare la sua attenzione.

Robert fece solo cenno di no con la testa.

< Non posso aiutarti se non vuoi parlare, Rob. > Gli accarezzò i capelli, conscia che non erano davvero quelli di Robert, ma i suoi. 

< Non puoi aiutarmi. > Rispose lui con voce flebile, intrisa di pianto.

< Non dire sciocchezze! Sei nel mio corpo, so meglio di te cosa mi succede. > Alzò gli occhi al cielo esasperata.

< E allora non c'è bisogno che io ti dica niente. > Borbottò di rimando, nascondendo il viso tra le ginocchia.

< Il cervello rimane il tuo ed io non so leggere nel pensiero... adesso va meglio? > Si corresse, sarcastica.

< Ho fatto annullare il servizio. Mi dispiace. > Si rifiutò di incontrare il suo sguardo, con la paura di potervi leggere disappunto e irritazione, invece Cailin sospirò soltanto, comprensiva.

< E' per via del ciclo? Avresti dovuto chiedere a Sarah, lei ha sempre una soluzione per tutto e... > Ma non la lasciò continuare.

< Non è solo per quello. > Cailin lo osservò interdetta, senza la forza di dire niente, nella speranza che continuasse.

< Lo so che non sono mai stato particolarmente bravo a capire le persone e so che non sono stato in grado di leggere i tuoi silenzi quando stavamo insieme. Ti ho messa sempre al secondo posto, dopo il lavoro, perché era più importante e mi illudevo di donarti comunque il meglio di me, quello che qualunque ragazza avrebbe voluto. Sono stato cieco e tu hai sofferto in silenzio pur di proteggere quello che avevamo costruito insieme ed io non me ne sono mai accorto. > Aveva rialzato il viso e aveva preso a fissare lo stesso punto invisibile di poco prima.

Ci aveva pensato molto in quelle ore precedenti ed era arrivato alla conclusione che aveva commesso una serie infinita di errori con Cailin e che in quel momento, nonostante quell'assurda situazione avrebbe dovuto contribuire a rappacificarli, non si stava comportando come un uomo maturo. Le aveva chiesto scusa per non essere stato presente quando lei ne aveva avuto più bisogno, ma poteva bastare? Cailin continuava a soffrire e, nonostante tutto, a non dimenticarlo, a non dimenticare nulla di quello che avevano vissuto. Quella mattina, nel camerino, aveva avvertito distintamente il piccolo e fragile cuore di quella bellissima donna fare crack e contorcersi dal dolore e lui si era domandato se era successo anche a lei, se quando lui era lontano e non poteva sentirla, né vederla, il suo cuore si era spezzato producendo quello stesso rumore. Eppure lei aveva fatto finta di niente ed era andata avanti, forte e coraggiosa come l'aveva sempre definita.

< Ascolta, Rob... io non voglio addossarti nessuna colpa. Non mi pento di quello che siamo stati e non potrò mai farlo e... insomma, forse non sono stata trattata come una principessa, forse sono sempre stata lasciata da sola a compiere le scelte più difficili, ma non m'importa. Eri con me e a me bastava. > Aveva gli occhi lucidi, ma cercava di non piangere. Robert si era davvero così tanto immedesimato in lei da capire quello che aveva provato, come si era sentita quando poteva guardarlo solo in televisione perché lui si era dimenticato di avvertirla dell'ennesima cerimonia di presentazione a cui doveva prender parte e lei non si era potuta organizzare in modo da avere la giornata libera?

Anche lei aveva scoperto qualcosa in più su chi era diventato Robert in quei mesi in cui erano stati lontani, ma poteva dire di averlo davvero compreso?

< Sono stato un egoista. Mi dispiace. > Riprese a piangere, perché sentiva che quello, in quel momento, era l'unica cosa in grado di fare bene. Forse erano gli ormoni, come diceva Cailin, o forse era la consapevolezza che si era instaurata finalmente in lui, fatto sta che non riusciva ad impedire a quelle gocce salate di solcare le guance di Cailin.

Tuttavia, non ebbe modo di rifletterci su, perché la porta di casa si era appena spalancata ed una Allison alquanto furiosa e annoiata, aveva fatto il suo ingresso, trascinandosi dietro qualcosa o qualcuno. 

< Perdonate l'intrusione improvvisa, ma questo essere è per caso qualcuno di vostra conoscenza? > Non si era neanche resa conto che Robert stava piangendo e lui, d'altro canto, fece in fretta ad asciugarsi le lacrime, perché non aveva nessuna intenzione di scatenare domande.

L'essere in questione borbottò qualcosa di incomprensibile mentre veniva trascinato all'interno della stanza, neanche fosse un indiziato per omicidio.

< Tom?!? > Quasi urlarono contemporaneamente Cailin e Robert quando lui li osservò, imbarazzato.

< Volete dirmi che lo conoscete? > Chiese Allison allibita, sgranando gli occhi.

< Certo! > Robert annuì anche con la testa.

< O santo cielo! In ogni caso, ha cercato di circuirmi per poter salire ed io ho pensato che fosse un fan. > Continuò, alzando gli occhi al cielo e allentando la presa dal braccio di Tom.

< Ehi, primo, non ti stavo affatto circuendo; secondo, sei tu che ti sei messa in mezzo e terzo, sbaglio, o anche tu rispondevi alle mie provocazioni? > Le fece presente il diretto interessato, facendola arrossire.

Cailin si alzò in piedi e lo abbracciò. Gli era terribilmente mancato e da quando lei e Robert si erano lasciati, aveva troncato i rapporti anche con lui, per non essere influenzata in alcun modo. In fondo, avevano sempre avuto un bellissimo rapporto, fin da quando Robert gliel' aveva presentato a Londra, la Vigilia di Natale. E poi, per lei che non aveva un fratello, Tom era diventata come una persona di famiglia.

< Ehi, amico! Ti trovo bene, ma... ehi, stai... piangendo? > Lo osservò come si osserverebbe un alieno e, per un attimo, fu tentato di chiedere a Cailin/Robert se c'era qualcosa che doveva sapere.

< E' una storia lunga, Tom. Forse è meglio che ti siedi... > E lui, Tom, aveva imparato dai film che una frase come quella appena pronunciata da Cailin/Robert, non portava mai a niente di buono.

Tom si mostrò meno restio di Allison nell'accogliere la notizia e non ne sembrò nemmeno molto sorpreso.

< Era ora che chiariste, no? > Esclamò a racconto finito.

Cailin e Robert si scambiarono l'occhiata di chi non ha ancora finito di affrontare un discorso delicato e preferirono non rispondere.

< Beh, visto che adesso siete in ottima compagnia, posso anche abbandonarvi, no? > Allison si alzò dalla sedia e con un'aria esasperata afferrò la sua borsa a tracolla.

< Hai da fare, bellezza? > Le chiese Tom con aria maliziosa.

< Sicuramente con qualcuno dal quoziente intellettivo più alto di quello di un bradipo. > Rispose a tono, salutando Cailin con un bacio sulla guancia.

< Mi stai dando del bradipo?!? > Tom si indicò, compito e incredulo.

< Io?!? Non potrei mai essere così scortese! > E con un sorriso che la diceva lunga, scomparve.

< Mi stava prendendo in giro? > Chiese Tom, stralunato, guardando Robert.

< Ehm... beh, non puoi avere fascino su tutte... > Gli fece presente, abbozzando un sorriso.

< E poi odia essere rimpiazzata. Non farci caso, è normale. > Rispose Cailin con un'alzata di spalle.

< Ma io non voglio rimpiazzare nessuno! > Sbuffò lui.

< Noi lo sappiamo, ma Allison no, per cui dovrai sopportarla. > Sorrise.

< Ed io che pensavo di godermi una settimana di vacanza... > Si abbandonò contro la sedia, l'aria disperata.

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Capitolo 8
*** A Date with Mom and Dad ***


Non vedevo l'ora di passare all'università e adesso mi ritrovo ad implorare di ritornare alle elementari, ma si può?!? Ed io che pensavo che sarebbe stato tutto più semplice... -.-

Ok, la smetto di tediarvi xD Avrei voluto aggiornare lunedì per festeggiare il mio 28 all'esame di linguistica, ma avevo un mal di testa tremendo e non sono riuscita a fare molto a parte stendermi sul divano e cercare di concentrarmi su qualche programma idiota alla tv, perciò aggiorno oggi e perdonatemi del ritardo *implora*

Vi rendete conto che mancano pochissimi capitoli alla fine? ç.ç

 

Buona lettura! <3

 

 

 

 

Calò un silenzio piuttosto imbarazzante tra loro quando Tom decise che era arrivato il momento di andare a sistemare i bagagli in albergo.

Magari, se nessuno li avesse interrotti durante quel momento di totale e incondizionata confessione, adesso non avrebbero avuto tutti questi problemi, eppure, Cailin ricordava bene i silenzi con Robert. Non erano pesanti e non erano dettati da mancanza di argomenti. Erano leggeri, soffici, come uno strato di ovatta su cui potevi adagiarti e che prendeva la forma del tuo corpo. Forse lui non aveva mai compreso i suoi silenzi, ma Cailin era riuscita a leggere gli occhi di Robert moltissime volte e niente di quello che vi aveva letto poteva, in qualche modo, averla resa indifferente alle sue attenzioni. In fondo, aveva pianto per lei poco prima e le aveva chiesto scusa, quindi poteva dedurne che provava nei suoi confronti ancora un minimo di affetto.

Eppure c'era qualcosa di incompleto in quel discorso, qualcosa che Robert non aveva avuto ancora modo di dirle.

Aprì la bocca come per dire qualcosa, indecisa, ma lui fu più lesto e la precedette.

< Ho bisogno di una doccia. > Si alzò, avviandosi verso la porta e poi nel corridoio.

Non voleva parlarne, era chiaro.

Lo sentì armeggiare in bagno con il flacone del bagnoschiuma e poi con l'acqua, in cerca, forse, della temperatura ottimale; sentì il fruscio dei vestiti che venivano sfilati e lo sportello del mobile sotto il lavabo, da cui probabilmente aveva afferrato un asciugamano, che si richiudeva. E fu in quell'istante che il suo cellulare squillò.

Cailin lo estrasse dalla borsa e lesse mamma, il che bastò a farla entrare nel panico.

Corse verso il bagno e allungò verso Robert la mano che reggeva il cellulare.

< Non dirmi che è... > L'espressione di Cailin era chiara: puro terrore.

< Devi rispondere. > Gli ordinò debolmente.

Robert con un sospiro chiuse il rubinetto della doccia e si preparò mentalmente alla conversazione più stressante della sua vita.

< Ciao, mamma! > Finse un tono allegro e sorpreso.

< Cailin! Ma possibile che tu ti sia dimenticata dell'unico pranzo che avevamo organizzato insieme pur di non farti assentare?!? Insomma, siamo o no i tuoi genitori? > La voce ancora gioviale della signora Susan l'accolse.

< Certo che siete i miei genitori, che domande! > Rise appena.

< E allora non pretenderai che fissiamo un appuntamento con la tua manager, vero? E' passato così tanto tempo dall'ultima volta che ti abbiamo vista! > Robert avvertì chiaramente un sospiro e la voce di un uomo borbottare qualcosa.

< E' che sono stata molto impegnata e poi è periodo di nuovi servizi fotografici e non ho avuto un momento libero... > Improvvisò, lanciando un'occhiata a Cailin che gli fece un cenno affermativo con la testa.

< D'accordo, ma esigo che tu venga a pranzo domani e bada che non accetterò un no come risposta. > Lo minacciò bonariamente.

< D'accordo, d'accordo, non mancherò. Promesso. > Tutto, pur di finire quella conversazione.

Cailin, rimasta per tutto il tempo con il fiato sospeso, imprecò sottovoce quando si vide sgusciare fra le gambe la gattina di casa, miagolando. Non riusciva ancora a capire come gli animali riuscissero a riconoscere il loro padrone anche se sotto sembianze diverse.

< Piccola, non è decisamente il momento... > Bisbigliò, facendo ampi gesti con le mani affinché si allontanasse.

< Ma... sbaglio o sento la voce di un ragazzo? > Susan era una donna curiosa, come tutte le madri d'altronde e non perdeva occasione, durante i pranzi ai quali invitava Cailin, di farle notare come si fosse lasciata scappare Robert, uno dei ragazzi più cortesi che aveva mai conosciuto.

Robert lanciò un'occhiata inceneritrice a Cailin, chiedendole di smetterla.

< Ehm... è solo Robert. E' qui per un film e ha pensato di passare a salutarmi. > Non poteva mentire ad una donna come la madre di Cailin.

< Oh, ma che splendida notizia! Perché non estendi l'invito di domani anche a lui? Mi farebbe molto piacere rivederlo. > Esclamò, entusiasta.

< Ma magari ha i suoi impegni, deve girare... > D'altronde era come si sarebbe comportata Cailin, no?

< Sciocchezze, se ha trovato il tempo di venire a trovarti, troverà anche quello necessario per un pranzo in famiglia. Vi aspetto domani allora, buona notte! > Non gli diede nemmeno la possibilità di replicare, che aveva già agganciato.

< Ok, ora sì che siamo in un bel guaio! Come faremo a imbrogliare i tuoi? > Posò il cellulare sulla mensola dove giacevano le spazzole per capelli e osservò Cailin con occhio critico che, nel frattempo, era riuscita a far zittire il gatto prendendolo in braccio e grattandogli il muso con fare affettuoso.

< Ti dirò cosa fare, non preoccuparti. > Rispose, sorridendogli.

 

La mattina dopo fu decisamente la più caotica dell'intera settimana. Robert, che non aveva dormito affatto nell'ansia del pranzo a casa dei genitori di Cailin, aveva cominciato a mettere sottosopra l'armadio fin dalle prime luci dell'alba, in un tentativo, alquanto inutile, di trovare qualcosa di decente da indossare. Si rendeva perfettamente conto di essere diventato peggio di una qualsiasi donna, ma era troppo agitato e doveva tenere le mani occupate, altrimenti avrebbe cominciato a strapparsi i capelli. I pranzi a casa di Cailin l'avevano sempre messo in soggezione. I genitori di lei erano persone semplici, modeste e lo avevano sempre trattato come qualcuno della famiglia, quasi un figlio, ma la signora Susan era una delle madri più impiccione che aveva avuto modo di conoscere e alla prima occasione, qualche anno prima, non aveva mancato di chiedergli quali erano le sue reali intenzioni con sua figlia, cosa che, di norma, avrebbe dovuto domandare il marito. Lui era rimasto basito per qualche istante e poi aveva risposto, timidamente, che erano solo pochi mesi che si frequentavano e non se la sentiva di mettere sotto giudizio il loro rapporto così in fretta e la signora Susan aveva sorriso cordiale e l'aveva invitato a prendere un altro biscotto dal piatto a centro tavola.

Cailin, d'altro canto, conosceva bene la madre e, il più delle volte, preferiva inventare di sana pianta le scuse più assurde per sottrarsi dalle sue grinfie e per non far esplodere Robert, perciò, erano sulla stessa barca, anche se seduti in parti opposte e dalla sua, di parte, stava entrando acqua.

< Ma si può sapere cosa combini a quest'ora del mattino? > Cailin, svegliata dal trambusto, si era sollevata sui gomiti per dare una sbirciata a Robert, gli occhi gonfi di sonno e la voglia di sotterrarsi da qualche parte pur di venire fuori da tutta quell'assurda storia.

< Sto prendendo in esame il tuo guardaroba. > Rispose lui con noncuranza.

< E da quando in qua ti interessano i vestiti? > Borbottò, ricadendo con la testa sul cuscino.

< Da quando ho bisogno di tenere la mente e le mani occupate. > Rispose, rovistando nel cassetto della biancheria intima.

< Sei nervoso per il pranzo da mia madre? > Gli domandò, sedendosi di nuovo a mezzo busto e individuando il suo profilo nell'ombra arancione della stanza.

< Nervoso?!? No! Perché dovrei. > Rise, teso come una corda di violino (o di chitarra, visto che era il suo strumento preferito).

< Adesso tu sei me, no? Non hai niente da temere. > Fece spallucce.

< Oh, certo! E se dovesse accorgersi di qualcosa? Come glielo spiegheresti tutto questo disastro?!? > Si rialzò, avvicinandosi al letto con aria minacciosa.

< Non se ne accorgerà, vedrai e poi è solo un pranzo. Per fortuna. > Aggiunse a bassa voce, anche se Robert la sentì lo stesso.

< Posso inventarmi che sono malato, che ho la febbre, il morbillo, un virus australiano... > Si mise in ginocchio di fronte a lei, lo sguardo spaventato.

< Sai meglio di me che sarebbe capace di precipitarsi a casa per vedere come sto davvero. > Cailin prese a giocare con il risvolto del lenzuolo, abbassando lo sguardo.

Era arrossita e non le succedeva più da... beh, da molto tempo ed una strana paura cominciò a prendere possesso di lei, la paura della consapevolezza che non era affatto indifferente a Robert e, anche se l'aveva sempre riconosciuto ed ammesso, constatarlo era tutta un'altra cosa.

< Non se la convinco che Robert sta già facendo il possibile. > Ammiccò in modo malizioso e si avvicinò ancora di più al suo viso, costringendola a deglutire a vuoto.

Erano i suoi occhi quelli che la scrutavano in quel modo, eppure lei continuava a vederci quelli di Robert, il suo sguardo.

< Non funzionerà. > Bisbigliò, non riuscendo ad allontanarsi da quegli occhi.

< Ma possiamo provarci. > Erano a meno di un centimetro di distanza e Cailin sentiva il cuore nel corpo di Robert che lei aveva preso in prestito, rimbombarle forte nelle orecchie.

Aveva voglia di baciarlo. Sarebbe bastato avvicinarsi un tantino di più per sfiorarlo.

Cailin socchiuse gli occhi e restò in attesa e, proprio quando credette che Robert l'avrebbe baciata, lui deviò la traiettoria, spostandosi sulla sua guancia, accarezzando dolcemente la pelle con le labbra, un lieve tocco.

Riprese a respirare velocemente, come se fosse rimasta in apnea, ma non ebbe la forza di allontanarsi e si rintanò con il viso nell'incavo tra il collo e la spalla di lui, arpionando tra le dita la maglietta che usava come pigiama.

Il primo quasi-abbraccio dopo sei mesi di lontananza.

< Tutto bene? > Le mormorò, carezzandole la schiena.

Lei annuì soltanto, gli occhi chiusi e la bocca secca.

< Non sembra, però. > Le fece notare.

< E' che... > Non ebbe la forza di continuare, perché essere sincera le costava un grande sforzo. Lui l'aveva fatto e, anche se non si sentiva in dovere di ricambiare, sapeva che lo meritava e, comunque, era sempre la verità.

< ...mi sei mancato, sai? > Arrossì ancora.

< Mi sei mancata anche tu. Mi manchi ancora. > Confessò lui, stringendola a sé definitivamente. Non importava più chi fosse nel corpo di chi. Erano solo Cailin e Robert, solo... un po' diversi.

Rimasero abbracciati per un tempo che parve infinito ad entrambi, poi, quando si resero conto che il sole stava prendendo possesso dell'intera stanza, si separarono, optando per alzarsi.

< Ok, senti, voglio liberarmi del tuo corpo prima che passi un altro mese, sei d'accordo? > Pensare che Robert aveva imparato ad indossare un assorbente in maniera corretta era già drammatico di suo, ma sapere che voleva sbarazzarsi del tuo corpo, era decisamente raccapricciante. Si sarebbe meritato un cazzotto, ma Cailin era fin troppo abituata alle sue stranezze e sgranò soltanto gli occhi, sorpresa.

< Perché? Cos'è, un ultimatum? > Quasi sorrise, mentre si spazzolava i denti.

< Odio, e lo dico in senso letterale, odio questo dannatissimo ciclo. Come... diavolo fate voi donne a sopportarlo? Insomma, io non riesco a sopportare nemmeno un misero taglietto sul dito che sanguina, e voi, ogni mese, per una settimana, perdete sangue dal vostro organo riproduttivo! E'... inquietante! > Spiegò, spazzolandosi i capelli.

< E' solo questione di abitudine, Rob e poi non è così tragico. > Rise, scuotendo la testa e sciacquandosi la bocca dal dentifricio.

< Considera che io sono soltanto un principiante. > Alzò gli occhi al cielo e le fece la linguaccia dallo specchio, facendola scoppiare a ridere.

< Tornando alle cose serie, non credo mia madre si accorgerà di qualcosa, ma la conosco e non ha memoria di niente, perciò nei piatti mi rifila sempre qualcosa che non mangio, come le cipolle, i peperoni sotto spirito e quell'odiosa salsa al pepe nero davvero vomitevole, senza contare... > Ma fu interrotta.

< Senza contare le costolette di agnello, il purè di carote, la cheesecake di tua cugina, i piselli, gli odiosi pasticcini al cioccolato e mandorle e il liquore alle noci. > Terminò Robert per lei.

< Questa è la seconda volta che mi stupisci: devo cominciare a preoccuparmi? > Aggrottò la fronte e lo scrutò attenta.

Lui fece spallucce con disinvoltura.

< Siamo stati insieme due anni e mezzo, Cailin. Le persone a cui vuoi bene non si dimenticano così facilmente. > Chiarì.

Ricordava ancora tutte quelle cose di lei e, oltretutto, era come se tra loro non fosse cambiato assolutamente nulla dopo la confessione di Robert e la sua arresa solo qualche minuto prima. C'era voluto un po', ma aveva buttato giù i muri che li separavano e ora condividevano lo stesso spazio spirituale oltre che materiale.

< Già... non si dimenticano. > Rispose, pensierosa, uscendo dalla stanza.

 

La signora Susan e suo marito Ray avevano acquistato quella bellissima villetta nel New Jersey quando Cailin aveva appena un anno. Lei ci era cresciuta, ma non l'aveva mai definita davvero casa sua, forse perché sognava, un giorno, di poter rivendicare il territorio di New York, città che aveva sempre adorato.

In ogni caso, Cailin aveva ereditato da sua madre la passione per i gatti e anche se adesso sua madre non aveva più la pazienza di prendersene cura (tanto che l'unico sopravvissuto della famiglia, Flurry, Cailin aveva deciso di tenerlo con sé), quando trovava un gattino abbandonato sulla strada, faceva del suo meglio per accudirlo fin quando qualcuno non fosse venuto a reclamarlo.

< Facciamo ancora in tempo a scappare, secondo me. > Le mormorò Robert, mentre camminavano per raggiungere la villetta.

< Calmati, Robert e fa' il disinvolto. Sei nel mio corpo e non posso essere così tesa quando vado a mangiare dai miei. > Sbuffò con un sorriso.

Si sentiva in colpa. Avrebbe potuto rifiutare la chiamata la sera prima, ma Dio solo sa cosa avrebbe combinato sua madre e, anche nell'ipotesi che non si sarebbe allarmata, non sapevano quando sarebbero riusciti a risolvere quella situazione, perciò, era meglio abituarsi a quella tortura.

Cailin/Robert suonò il campanello e attese che qualcuno corresse ad aprire, presumibilmente suo padre. Solitamente, durante questi pranzi, sua madre era sempre troppo impegnata in cucina per poter pensare anche alla porta o al telefono.

< Ma guarda chi si rivede! Cailin! E' un sacco di tempo che non ti vedo, sai? > Ray, un uomo gioviale dai capelli bianchi e dai baffi grigi, sorrise a Robert che fu costretto ad abbracciarlo, come era solita fare Cailin tutte le volte. Non l'avrebbe fatto se non fosse stato per una spinta della diretta interessata che l'attimo dopo aveva sorriso spudorata.

< Robert! E' un piacere rivederti! Venite, entrate pure. > Continuò l'uomo. < Tua madre è impegnata con l'arrosto. > Sorrise, prendendo i loro cappotti e sistemandoli nell'armadio nell'ingresso.

< Cailin! Per fortuna non te ne sei dimenticata, questa volta! Avevo preparato una ciambella buonissima la scorsa volta, peccato tu non abbia potuto assaggiarla. > Abbracciò Robert, rischiando di strozzarlo e poi si voltò verso Cailin, sorridente e raggiante.

< Robert! Che bello vederti! Mi chiedevo quando saresti passato a farci una visita, sai? Ti trovo in forma. > Continuò, ritornando ai fornelli e facendo cenno ad entrambi di sedersi.

< Grazie, anche lei sta benissimo, Susan. > Sua madre adorava essere chiamata per nome da Robert. La faceva sentire importante.

< Oh, troppo gentile. Allora, come mai questa visita improvvisa? > Robert rischiò di strozzarsi con il succo d'arancia che gli era appena stato messo davanti.

< Lavoro. Giriamo un nuovo film a New York e ho pensato di passare a fare una visita a Cailin. > Rispose lei, lanciando un'occhiata in tralice a Robert.

Strano che sua madre non si fosse accorta che era rimasta in silenzio tutto il tempo.

< Mi auguro che non sia stata scortese come suo solito. > Accarezzò brevemente la testa di Robert, mentre lui non avrebbe voluto far altro che sotterrarsi.

< Mamma! Ma come ti viene in mente?!? > Rispose risoluto, tentando di difendersi e di difendere Cailin.

< Eravate così belli insieme, non capisco come abbiate potuto separarvi! > Obiettò con un sospiro nostalgico, ritornando alla terrina con le uova da sbattere.

< Non cominciare... > Borbottò Robert a volto basso. C'era una cosa positiva dell'essere intrappolato nel corpo di Cailin: poteva dire quello che voleva a Susan senza preoccuparsi di risultare scortese o maleducato.

< Era solo un'affermazione, non volevo insinuare niente, certo... > Si difese lei con una risata.

< Beh, potete preparare la tavola insieme, no? > Continuò, esortandoli verso la sala da pranzo.

Cominciarono a disporre tovaglioli, posate, bicchieri e piatti in assoluto silenzio.

< Voglio andare via, sul serio. > Si lamentò lui, mettendo su la sua migliore espressione da cucciolo bastonato.

< Come devo dirtelo?!? Ormai siamo qui. Dobbiamo solo pranzare, poi con una scusa ci defiliamo. > Rispose, sistemando le sedie.

Robert sbuffò, ma sapeva che andarsene sarebbe stato oltremodo scortese e anche i genitori avevano una pazienza di cui non bisognava approfittare.

Si sedettero tutti a tavola quando Susan fece il suo ingresso con una zuppiera da cui proveniva un ottimo odore, speziato e deciso.

Versò una generosa cucchiaiata di zuppa di verdure nel piatto di ognuno, ritornando in cucina per mettere da parte la zuppiera e recuperando una teglia di alluminio ancora tiepida dove era stato abbrustolito del pane da immergere direttamente nella zuppa fumante.

Ray versò del vino sia a Robert che a Cailin che non batterono ciglio, continuando a masticare in silenzio.

< Ti piace ancora la mia zuppa, vero Robert? Appena ho saputo che ti aggregavi a noi, ho deciso all'istante quale sarebbe stato il piatto da servire. > Sorrise Susan, osservando Robert con occhi maliziosi.

< Squisita davvero, è sicuramente il mio piatto preferito! > Rispose Cailin/Robert.

Si era dimenticata che la zuppa, oltre ad essere un piatto forte della madre, era anche il piatto preferito di Robert quando pranzava con loro.

Robert trangugiò tutto d'un sorso il suo bicchiere di vino, costringendo Ray a riempirgliene un secondo con un'occhiata piuttosto scettica.

Sua figlia non amava particolarmente le bevande alcoliche e meno che mai il vino. Faceva un'eccezione solo quando pranzava lì, con loro.

Altri due bicchieri di vino scomparvero durante il secondo e un quarto prima del dolce.

< Cailin, non starai esagerando con quel vino? > Le fece notare la madre, preoccupata.

< Ma no, mamma, sto benissimo! > Sorrise, gli occhi liquidi e non perché stava per mettersi a piangere.

Cailin gli fece anche segno di stare attento a come si comportava, perché non era più nel suo corpo, ma lui si limitò a fare spallucce e a sorseggiare dal suo bicchiere.

Ormai era diventato paonazzo, senza contare che non aveva minimamente preso in considerazione il fatto che Cailin, non essendo abituata a bere, reggeva l'alcol decisamente peggio di lui.

Quando cominciò a ridere sguaiatamente mentre il padre di Cailin si preoccupava di tagliare la torta al limone che la signora Susan aveva preparato quella mattina, Ray si bloccò con il coltello a mezz'aria, gli occhi spalancati, Susan si voltò verso la sua presunta figlia con aria scandalizzata e la vera Cailin, che ancora reggeva in mano il piatto su cui sarebbe dovuta finire la seconda fetta di torta, assunse un'espressione decisamente esasperata. Si erano, in pratica, voltati tutti verso Robert in una maniera altamente inquietante, da film horror, dove lui interpretava la preda di un esorcista assatanato.

< Cielo, mi sono ricordato di quella volta in cui Tom fece rovesciare la torta in faccia al cameriere al matrimonio di sua cugina... > Non smise per un secondo di ridere, facendo persino fatica a respirare.

Cailin gli diede una gomitata nello stomaco per farlo smettere, ma era totalmente su di giri e l'ultima cosa che voleva fare era dimenticarsi il motivo per cui stava ridendo.

< Robert, dovresti accompagnarla a prendere un po' d'aria, no? Ray, non avresti dovuto versarle tutto quel vino! > Susan rimbrottò il marito, assumendo un cipiglio severo, mentre Cailin prendeva sottobraccio Robert e se lo trascinava in giardino, l'aria furibonda.

< Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in testa, eh?!? Ti ubriachi perché credi di non riuscire a sopravvivere ad un fottuto pranzo in famiglia?!? Bella mossa, Robert, dico sul serio! > Aveva incrociato le braccia al petto e camminava avanti e indietro stizzita.

< Oh, senti, non ho ucciso nessuno, no? Ho solo bevuto qualche bicchiere di troppo! Ho dimenticato che il tuo corpo non regge l'alcol come il mio! > Bofonchiò, ridacchiando ancora.

< Solite scuse! Proprio tipico di te! Ogni volta che fai qualcosa di sbagliato cerchi di inventare le scuse più improbabili, come se potesse cambiare qualcosa! Cosa speri di ottenere rovinando questo pranzo? > Gli urlò contro.

< Niente! Niente! Niente! E' proprio tipico di te, invece, pensare che ci sia sempre un secondo fine in quello che faccio, no?!? Sono non-ne-combino-una-giusta-Robert, per te, non è vero? Perché diamine non provi ad ascoltarmi ogni tanto? Mi hai quasi obbligato a venire qui, pur sapendo che non era quello che volevo e che nella situazione in cui ci troviamo non avrebbe avuto senso! > Adesso non sorrideva più.

< Certo! Addossiamo tutta la colpa a Cailin, tanto lei è solo un'insensibile rompipalle, giusto? Sono fredda, glaciale, testarda, orgogliosa, insopportabile, solo perché sono una modella e non una fottutissima rock-star! > Urlò così tanto che le si seccò la gola e le lacrime le scivolarono lungo le guance senza che lei neanche se ne rendesse conto.

Robert, spiazzato da quella visione, anche perché non aveva mai pensato che Cailin fosse di ghiaccio, senza anima e poi perché non aveva idea che ci fosse stato qualcuno che aveva avuto il coraggio di definirla così, non poté fare altro che abbracciarla. Cailin donava tutta se stessa alle persone che amava e lui lo sapeva bene.

< Mi spiace, mi spiace... davvero. Non volevo insinuare che sei un'insensibile, davvero, non lo penso e mai lo penserò. > Cercò di consolarla.

Cailin annuì da sopra la sua spalla e si asciugò le lacrime, rendendosi conto di aver esagerato a prendersela così con lui.

< Vado a dire ai tuoi che andiamo via, ok? > Si offrì Robert, prendendole una mano e stringendola appena, scrutandola per capire come stava.

< Vado io. Sei tu quello sbronzo, no? > Cercò di sorridere e ricambiò la stretta, accarezzandogli appena una guancia.

< Già, è vero! Allora ti aspetto in macchina... > Mormorò, avvicinandosi per lasciarle un bacio sulla guancia.

Cailin arrossì appena e liberò la mano dalla sua presa calda e sicura, osservando se stessa allontanarsi verso il cancello della villetta.

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Capitolo 9
*** Feelings ***


Visto che me lo sentivo che dovevo aggiornare in fretta? xD

Questo week-end mi sono data al riposo e al relax e mi sento realizzata perché ho lasciato perdere il libro di storia e quello di storia del cinema xD

Vi annuncio ufficialmente che questo è il terz'ultimo capitolo e che quindi, a conti fatti, mancano il 9° e il 10° più un piccolo epilogo prima della serie di One-Shot sempre dedicate alla coppia Robert/Cailin *.* (sono ufficialmente la mia "coppia" preferita questi due, tra quelle che ho creato *.*)

 

Buona lettura e buon inizio di settimana! <3

 

 

 

 

< Ti rendi conto?!? Me lo sono dovuta sorbire per tutta la giornata! > Allison, che si era offerta di accompagnare Cailin/Robert a fare shopping, o, quantomeno, a passeggiare per il centro, perché di certo Cailin non aveva intenzione di mettere mani nel guardaroba del suo ex, si stava dilungando da circa mezz'ora nella descrizione della sua giornata trascorsa a scappare da Tom, mentre loro erano a fingere di essere la coppietta perfetta a casa dei genitori di Cailin.

< Potevi mandarlo a quel paese, no? > Le fece notare, voltandosi di fronte alla vetrina di un negozio di scarpe.

< Credi che non ci abbia provato? E' più cocciuto di un mulo! > Borbottò.

< Beh, dovresti sentirti lusingata, no? Grazie a Robert, Tom ha acquistato la sua bella fetta di fama, senza contare che fa gola a moltissime ragazze. > Fece spallucce. Conosceva Tom e, sebbene fosse sempre stato il classico ragazzo che ci prova spudoratamente con chiunque abbia un bel viso, un bel fondoschiena o delle belle gambe, sapeva che c'era un solo motivo se si era trasformato in stalker il giorno precedente: Allison gli interessava. Peccato che non fosse corrisposto.

< Non mi interessa un accidenti della sua fama, Cey! Quello è... un maniaco! > Alzò gli occhi al cielo, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

< Sicura che non ti interessi proprio niente di lui? > La osservò con cipiglio sospetto.

< Al cento per cento. > Rispose lei, sicura, nascondendo le guance color porpora nella sciarpa che aveva legato al collo per ripararsi dal vento fresco della mattina.

< E' che... insomma, dopo quella storia di Tray non sei uscita più con nessuno e magari ti farebbe bene pensare di nuovo ai ragazzi come ad esseri umani e non come a fedifraghi rozzi. > Osservò, citando quello che l'amica le aveva detto quando aveva scoperto che Tray la tradiva con una sua collega d'ufficio.

< Ma sono dei fedifraghi rozzi! > Sbottò lei.

< Sì, ok, ma ti è mai passato per la testa che ci potrebbe essere qualcuno veramente interessato a te, che ha solo intenzione di corteggiarti e farti stare bene? > Quando si parlava con Allison di sentimenti, bisognava attingere a tutte le proprie riserve di pazienza.

< E questo ipotetico qualcuno sarebbe Tom? > Sgranò gli occhi, schivando per miracolo un passeggino.

< Perché no! > D'accordo che era sempre stata lei quella che riusciva ad accorgersi di tutto, ma non pensava che Allison potesse essere così cieca!

< E' come dire che Robert ha smesso di essere un egoista presuntuoso. > Incrociò le braccia al petto e si guardò la punta delle scarpe, assorta.

< Robert non è un egoista presuntuoso! > Lo difese Cailin, arrossendo.

< Lasciarti a casa e farsi accompagnare da Kristen per la cerimonia più importante dell'anno, io lo considero un atto egoistico. > Sbuffò.

< E' successo ere fa, Ally! E comunque sai anche tu che è perennemente distratto e si dimentica le cose! > Mancava soltanto il coro d'angioletti che sospirava circondato da cuoricini.

< Lo ami ancora? > Le chiese improvvisamente seria e dimentica di Tom.

< Suppongo di non aver mai smesso. > Sospirò e si scompigliò i capelli.

< Risolverete tutto, vedrai. > Le accarezzò un braccio e le baciò una guancia a mo' di conforto, trascinandola nel primo negozio di vestiti alla sua destra.

 

< Ehi, leggi qui, Rob! I giornalisti pensano che avresti chiesto a Cailin di fidanzarvi ufficialmente durante le riprese di Remember Me. Se sapessero cos'è successo sul serio... > Tom, impadronitosi del computer portatile di Cailin, stava spulciando la rete alla ricerca di qualcosa di interessante.

< Ci sono abituato, ne scrivono così tante su di me. > Sbuffò, osservando passivamente lo schermo della tv dove l'ennesimo chef di turno cercava di spiegare ad un pubblico femminile sorridente qual era il sistema migliore per sbucciare una cipolla.

< Insomma, questa storia non finirà mai? Non c'è un contro-incantesimo o roba simile? > Gli chiese, sporgendosi in avanti, attento.

< Dobbiamo solo smettere di litigare e fare pace. > Rispose lui, facendo spallucce.

< Tutto qui?!? E non basta dire ok, sono un coglione, mi dispiace? > Tentò, scettico.

< Credi che non ci abbiamo provato? Suppongo sia qualcosa di più profondo di un mucchio di parole buttate a caso solo per dovere. Credo bisogna esserlo davvero, crederci sul serio. > Spiegò.

< Siete andati perfino a letto insieme! Beh, in ogni caso, adesso puoi valutare la tua performance senza farci la figura dell'imbecille. > Si rimise al pc, aprendo il programma di posta elettronica.

< Dovresti provare. Le donne godono più di noi maschi. > Borbottò sarcastico.

< Davvero? Che novità, non fanno altro che urlare tutto il tempo! > L'e-mail della sua manager catturò la sua attenzione per qualche istante.

< Quello non è godere, Tom, quello è fingere. > Constatò.

Tom fece finta di niente, mentre la cartella Posta in arrivo si riempiva nuovamente.

In fondo Robert non poteva lamentarsi. Aveva capito Cailin molto di più rimanendo nel suo corpo, che vivendola giorno per giorno come quando erano fidanzati e si poteva ritenere soddisfatto dell'esperienza, nonostante i suoi contro.

E poi, dopo la disastrosa litigata/sfogo del pomeriggio prima nel giardino dei genitori di lei, le cose avevano cominciato a girare nel verso giusto: scherzavano come un tempo, si sorridevano e lei non si scostava più quando capiva che stava per sfiorarle una guancia o una mano e, per la prima volta, Cailin aveva mormorato il suo nome durante il sonno, si era voltata verso di lui e si era accoccolata con la testa sul suo petto, intrecciando le gambe alle sue.

Era stato così felice, che non aveva neanche pensato al fatto che, in realtà, era lui ad essersi accoccolato addosso a Cailin e non viceversa e aveva preso ad accarezzarle i capelli (che poi erano i suoi capelli), tranquillizzandola.

Negli ultimi tempi, tra un nuovo progetto e l'attenzione dei giornalisti sempre addosso, aveva quasi rimosso il sentimento che avvertiva nei suoi confronti, al punto da credere che fosse riuscito finalmente a dimenticarla, che il loro ricordo non gli avrebbe fatto più male, invece, non solo si era reso conto che bastava la sua presenza a renderlo felice, ma anche che non aveva mai smesso di amarla e che se l'aveva lasciata andare, era stato solo perché non sopportava che lei non gli avesse accordato la sua piena fiducia.

Non voleva fare altro che amarla, sentire il suo calore sotto le coperte la mattina appena sveglio, avvertire il suo profumo dolce confonderlo e poter riprendere confidenza con la sua pelle ed il suo piacere, ma aveva paura di affrettare troppo le cose, perché Cailin era sempre stata la più riflessiva e quella che impiegava più tempo a prendere le decisioni.

Eppure lo sentiva che lei desiderava la stessa cosa, era evidente.

Era solo una sua impressione, o lì dentro era peggio di una camera a gas?

Cailin era freddolosa di natura ed era abituata a mantenere la temperatura della casa sempre costante, ma, o quando aveva cozzato contro il termostato quella mattina in corridoio aveva scombinato tutta la programmazione, oppure il suo corpo (cioè, in verità, quello di Cailin), aveva reagito all'idea che si era formata nella sua mente, di essere di nuovo un tutt'uno con lei.

Si sbottonò la camicia che aveva recuperato dall'armadio a doppie ante di Cailin e se la fece scorrere giù per le spalle, ricavandone un sollievo immediato.

Sospirò di piacere quando si rilassò contro la poltrona, trovando refrigerio nella stoffa raffreddatasi dopo l'allontanamento del suo corpo.

< Questa devi proprio... > Tom, che aveva reperito un'altra notizia assurda su Robert e Cailin, osservando il suo migliore amico, prima impallidì, poi spalancò la bocca, riacquistò colore, diventando di un bel rosso acceso e, per finire, lo indicò come se fosse stato un alieno.

< Tom, ti senti bene? Perché hai quella faccia da pesce lesso? > Gli chiese lui, ignaro.

< Dov... insomma, dovresti co-coprirti, ti pare? > Balbettò in difficoltà.

Robert abbassò lo sguardo sul seno di Cailin, rendendosi conto solo in quell'istante di essere semi-nudo, a parte il reggiseno semplice che Cailin gli aveva infilato prima di uscire con Allison.

Riafferrò svelto la camicia, cercando di coprirsi il più possibile.

< Potresti smetterla, adesso, di guardare le tette della mia ragazza? > Sbraitò contro Tom, lanciandogli un cuscino che lo centrò in pieno volto, risvegliandolo dal coma. 

< Io... non ti stavo affatto guardando le tette! > Protestò, abbassando lo sguardo sullo schermo del pc.

< Certo che no! E asciugati la bava, lumaca! > Borbottò, incupendosi.

< Divertente. E comunque, visto che sembra che tu l'abbia dimenticato, Cailin non è la tua ragazza. > Constatò pratico.

< Cosa vorresti dire con questo? Non sarà la mia ragazza, ma non posso di certo permettere che il mio migliore amico guardi in questo modo la ragazza che amo! > Sbuffò, furioso.

< Cosa c'è di male? Cailin è una bellissima ragazza e ha un corpo da favola e io, a differenza di te, sono un uomo! > Gli fece presente, sarcastico.

< Beh, allora, visto che sei un uomo, vedi di tenere gli ormoni a bada. > Lo scimmiottò con un'occhiata omicida.

< Quella si chiama gelosia, lo sai Rob? > Gli fece notare qualche istante più tardi, mentre un Robert nuovamente vestito della sua camicia, si ostinava a fissare lo schermo del televisore come se potesse esplodere.

Borbottò qualcosa di assolutamente incomprensibile, lasciando modo a Tom di scuotere la testa e di sorridere divertito dalla faccenda.

E anche se fosse stato geloso? Per lui non era certo un mistero che Cailin lo attraeva ancora. Sì, aveva mentito con i suoi amici quando gli chiedevano, nei giorni in cui era cupo e triste e pensava a lei e al suo sorriso, se andava tutto bene, che Cailin non gli mancava affatto e che poteva avere migliaia di donne ai suoi piedi capaci di rimpiazzarla, ma dentro di sé, sapeva benissimo che era una falsità e che non ci sarebbe mai stata una donna come Cailin nella sua vita, che gli sapesse donare amore, affetto, amicizia, senza pretendere nulla in cambio e accettando di essere anche trascurata pur di stare con lui.

Sì, era decisamente geloso.

 

Quando Cailin tornò a casa quella sera, imprecando perché, dopo una settimana, non era ancora riuscita a far mettere al corpo di Robert un piede dietro l'altro, trovò la casa silenziosa e buia.

< Rob? Sono tornata! > Alzò la voce per farsi sentire e tastò la parete alla ricerca dell'interruttore della luce, non trovandolo.

Lasciò le chiavi sul mobile dell'ingresso e proseguì verso la cucina, avvolta in una strana penombra. Magari Robert si era dimenticato di spegnere la luce sul piano cottura (cosa che, per inciso, dimenticava sempre anche lei).

< Rob? > Riprovò, avvicinandosi di soppiatto.

E se l'avessero rapito?

No, si era così immedesimata in Robert da aver imparato anche a pensare come lui.

E poi, rapirlo in casa sua, con Tom che gli aveva fatto compagnia per gran parte della giornata? Era escluso.

La porta della cucina era aperta e lo scenario che le si presentò di fronte, le sembrò insolito e al tempo stesso meraviglioso.

Robert aveva apparecchiato la tavola di candele profumate, i piatti del servizio "buono" che lei utilizzava solo in occasioni speciali e aveva poggiato una rosa sul suo piatto.

Come se non bastasse, aleggiava un profumo delizioso e dal forno proveniva il classico odore di torta appena sfornata.

Stentava a crederci, eppure non era impazzita e quello non era un sogno. Ma se Robert aveva davvero fatto tutto quello per lei, dove si era cacciato?

< Che fai, non ti siedi? > La sua stessa voce la fece sussultare, spingendola a voltarsi e Robert era lì, di fronte a lei. Aveva indossato uno dei suoi vestiti più belli, che, non a caso, era quello che le aveva regalato lui in occasione di un after party e sorrideva.

< Mi hai spaventata... > Replicò in un sussurro.

< Scusami. Volevo che fosse una sorpresa. > Bisbigliò in risposta.

< E'... insomma... bellissimo. > Si voltò di nuovo verso la tavola.

< Perché non ti siedi? > La invitò, sospingendola gentilmente verso la sedia.

Era tutto irreale: Robert era nel suo corpo, eppure la stava corteggiando lo stesso, le stava facendo capire che a lui importava.

In fondo, era così importante chi era nel corpo di chi? 

Robert la servì in silenzio, mentre lei si rigirava la rosa tra le mani, annusandola di tanto in tanto e sorridendo appena.

< Hai fatto tutto da solo? > Gli chiese, assaggiando lo stufato.

< Beh, in verità mi ha dato una mano Tom; se la cava meglio di me ai fornelli. > Arrossì, abbassando lo sguardo.

< E' buonissimo. > Continuò, facendo ricadere il silenzio.

Come doveva considerare quella cena?

Come doveva comportarsi?

Era come se fosse tornata indietro, come se quello fosse il suo primo appuntamento con un ragazzo, uno per la quale hai perso la testa, uno di cui ti sei innamorata, anche se tutte le tue amiche ti ripetevano che eri una pazza e che non ci saresti mai andata d'accordo, uno di quelli che si aspettavano una risposta e che ti ponevano davanti a delle scelte.

< Tu... insomma... mi hai perdonato per quello che ho fatto, no? > Le chiese dopo un po', prendendo un sorso di vino dal bicchiere per nascondere il suo imbarazzo.

< Oh... beh... direi di sì. > Soppesò. Non ci aveva nemmeno più dato importanza.

< E... provi ancora qualcosa... per me, giusto? > Tentennò, sentendosi uno stupido. Non che si fosse preparato chissà quale discorso, tuttavia, aveva il cervello completamente spento e non riusciva a pensare a niente, se non alla voglia di stringerla e baciarla per sempre.

< Sono innamorata di te da sempre, Robert, lo sai. > Mormorò. Era o non era quello il momento di dire la verità una volta per tutte?

< Ok, perché ho bisogno che mi aiuti a lavare i piatti. > Sbatté le ciglia in un tentativo di corruzione blanda e sorrise, mentre a Cailin cascava la mascella sulla tavola. Lei gli confessava di amarlo e lui le chiedeva aiuto con i piatti?!? Era per caso finita in uno di quei film romantici da quattro soldi, dove il principe azzurro non cede alla passione nemmeno se la vede nuda nel letto?

< Stai scherzando. > Tentò.

< No, affatto. > Rispose lui, serio.

Aveva davvero ragione Allison: con Robert ci voleva molta, molta, molta pazienza per resistere alla tentazione di farlo diventare eunuco.

Si alzarono contemporaneamente e, mentre Robert prendeva in mano lo strofinaccio, pronto ad asciugare posate e stoviglie varie, Cailin tentava di convincersi che, in fondo, non solo Robert non era mai stato molto normale, ma che, paradossalmente, a dispetto della cena, della rosa e delle candele profumate, non l'amava e si era dimenticato di lei non appena gli aveva sbattuto la porta in faccia quella sera di sei mesi prima.

< Qualcosa non va? > Le chiese quando Cailin aggredì con forza una pentola.

< No, certo che no! > Gli lanciò la spugna in faccia, imbrattandolo di detersivo per piatti, e si allontanò furiosa più che mai.

< Cailin! Cailin, e dai, era uno scherzo! > La rincorse fin nella sua stanza, dove si era lanciata a peso morto sul letto, nascondendo la testa tra i cuscini e chiudendo gli occhi nella speranza di essere finita solo in un brutto incubo.

< Uno scherzo un corno, Robert! Come diavolo puoi prendermi in giro in questo modo? Sai benissimo quello che provo per te, lo sai, dannazione! Possibile che tu debba sempre rovinare tutto? > Sbraitò, lasciandolo di stucco.

< Senti, mi spiace, d'accordo? Era solo uno scherzo. Il fatto è che non sono molto bravo con le parole e non trovavo il modo di dirti che... > Si bloccò ad un solo passo dal letto.

Cailin attese, il cuore in subbuglio, la testa che girava.

< Che... cosa? > Chiese quando capì che Robert non aveva intenzione di parlare.

< Che... questa settimana sarà anche stata terribile, ma sono felice di esserti stato accanto comunque e che ho capito cosa vuol dire per te soffrire e ho imparato che il suono di un cuore che si spezza è un suono orribile e che quando non ti senti abbastanza fa male. Mi sono comportato da vero idiota con te, Cailin, ma, credimi, non l'ho mai fatto intenzionalmente, non avrei mai voluto ferirti e so che può sembrare strano, perché ho la tua voce, ho il tuo corpo e, in parte, anche i tuoi problemi, ma ti amo, ti amo dal momento in cui ti ho vista seduta su quel divano a quella festa e ti ho amata anche quando mi hai mandato a quel paese e ho continuato ad amarti anche durante questa settimana, anche se non abbiamo il nostro corpo e tutto sembra più incasinato del solito. Volevo dirti questo ieri sera, prima che Tom ci interrompesse. Volevo che tu lo sapessi. > Riprese, guardandola negli occhi.

< Ho lavato piatti fino ad ora, solo perché tu non riuscivi a dirmi che mi ami?!? > Si alzò a mezzo busto, indicandolo incredula. < Vuoi scherzare! > Continuò, afferrandolo per un braccio, sporgendosi in avanti, e trascinandolo sul piumone colorato e morbido.

< Sono desolato, ma sarebbe un bello scoop, non ho mai lavato piatti in vita mia e i paparazzi non hanno mai avuto modo di... > Ma non riuscì a terminare la frase, perché Cailin gli tappò la bocca con un bacio che lui non perse tempo ad approfondire.

Quanto era durata quell'agonia? Una settimana, sei mesi? Era come se fosse trascorsa un'eternità, eppure i loro sapori originali non erano cambiati a dispetto del loro corpo e le labbra di entrambi erano morbide così come le ricordavano.

< Devi promettermi una cosa, però. > Cailin si separò da lui, osservandolo negli occhi ad un millimetro di distanza dalle sue labbra.

< Quello che vuoi. > Le rispose in un sussurro.

< Promettimi che non mi ucciderai quando vedrai le scene che ho girato al tuo posto per Remember Me. > Lo pregò.

Robert rise, riprendendo a baciarla.

 

Erano così felici di essersi ritrovati e di essere riusciti ad abbattere i muri che li circondavano e che gli impedivano di espandere i loro orizzonti, che avevano trascorso il resto della serata a parlottare, distesi sul letto, occhi negli occhi, come se stessero organizzando un attacco terroristico. Quando il tepore delle coperte li aveva invasi e loro avevano chiuso gli occhi cullati dai loro respiri regolari, era la mezzanotte passata e la luna stava già cominciando a tramontare, rendendo la notte più chiara e le stelle meno luminose.

Non si resero neanche conto di essersi addormentati, se non quando Robert aprì gli occhi, il mattino successivo, ed osservò, stralunato, il volto di Cailin al suo fianco, ancora addormentato.

Se Cailin era accanto a lui e se non era in un altro dei suoi sogni... beh, doveva voler dire solo una cosa: gli anelli avevano smesso di esercitare il loro potere e loro erano ritornati normali. 

Si osservò la mano e provò a sfilare l'anello, rendendosi conto di non dover metterci nemmeno poi tanta forza per farlo, perché venne via senza problemi.

Ebbe voglia di esultare, ma, allo stesso tempo, ebbe voglia di tornare indietro nel tempo per rivivere quello che era successo la sera precedente con Cailin.

Aveva atteso quel momento per sei mesi e, quando finalmente si era verificato, il tempo sembrava aver messo le ali e la consapevolezza che non si era goduto quelle ore lo colpirono, facendolo vacillare, tornando a voltare il viso verso di lei, che si mosse appena nel sonno e mormorò il suo nome, cercandolo con le mani.

< Shh, sono qui. > Le rispose, evitando di alzare troppo la voce e catturandole una mano con la sua, facendo intrecciare le dita.

< Oggi è sabato, vero? > Gli chiese, accoccolandosi sul suo petto e sorridendo appena.

< Dormi, è ancora presto. > Le accarezzò i capelli e le baciò la fronte, stringendosela maggiormente al petto con il desiderio di non lasciarla andare più via e di rimanere lì con lei per sempre.

< Sai che siamo tornati normali? > Aggrottò le sopracciglia, pensieroso.

Cailin annuì, sorridente, sistemandosi tra le sue braccia calde.

< Mi sono svegliata qualche ora fa e mi sono accorta di avere di nuovo le mie tette! > Ruotò la testa in modo da poggiare le labbra sulla guancia di lui, senza baciarlo.

< Alla fine gli anelli hanno funzionato, come avevo detto io... > Voleva essere vago, ma la realtà era che cercava un apprezzamento anche da parte sua.

< Ti concedo la vittoria. > Aprì gli occhi, scrutando il suo profilo con attenzione e valutando che, in fondo, Robert poteva anche essere il solito paranoico, disattento, permaloso ragazzo che aveva conosciuto sette mesi prima, fatto sta' che aveva cominciato a rendersi conto che avrebbe preferito essere investita da un tir, oppure perdere il lavoro piuttosto che vederlo tra le braccia di qualcuna che non era lei.

Si puntellò sui gomiti e lo baciò, mentre il suo corpo fremeva dalla voglia di essere di nuovo un tutt'uno con lui.

Robert ricambiò il suo bacio con entusiasmo, trattenendole i capelli che continuavano a scivolarle sul viso, accarezzandole le schiena per tutta la lunghezza e fermando le mani sui suoi fianchi.

< Te l'ho mai detto che sei bellissima? > Le sorrise malizioso, perdendosi nei suoi occhi.

Cailin finse di pensarci un po' su e poi scosse la testa.

< Devo rimediare allora: sei bellissima. > Le baciò una guancia e Cailin si aggrappò al suo collo, abbracciandolo.

< Ti amo. > Sussurrò come se fosse un segreto e Robert sorrise, carezzandole la testa e avvolgendole la vita con un braccio, come se avesse paura che potesse scappare via.

< Ti amo anch'io, non sai quanto. > Le mormorò in risposta, inspirando il suo profumo dolce.

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Capitolo 10
*** From Joy to Sadness in fifteen minutes ***


Salve, salvino!

Oggi sono più fusa del solito, ma vabè, ci sarete abituati ormai xD

Questo capitolo è il penultimo della Ff, se non teniamo conto dell'epilogo, ed è stato un'"aggiunta", nel senso che, teoricamente, non sarebbe dovuto esistere xD, ma è stato partorito dalla mia mente all'ultimo momento, nemmeno io saprei dirvi con quale intenzione e, nonostante tutto, non mi ritengo pienamente soddisfatta, perciò perdonatemi se lo troverete blando, scontato, patetico e non so cos'altro, ma non me la sono sentita di cambiarlo.

Ci tengo, inoltre, a precisare che quello che succede ad Allison in questo capitolo, per quanto possa sembrare surreale e da fantascienza, è successo realmente a mia cugina e le cause le capirete nell'ultimo capitolo. Volevo inserire questo avviso alla fine, perché adesso non posso addentrarmi nelle spiegazioni per non spoilerare, ma poi ho pensato che avreste letto e avreste pensato che ero reduce da un qualche episodio di E.R-Medici in prima linea o roba del genere, perciò ho preferito inserirlo ora.

Ieri ho creato, a chi interessasse, il trailer di questa Ff, di cui vi inserisco il link: http://www.youtube.com/watch?v=8AqKBzdKCdQ Mi rendo conto che non è un capolavoro di montaggio, né di assemblaggio, ma ho voluto realizzarlo comunque perché era qualcosa a cui tenevo particolarmente e che spero possa aiutarvi ad entrare maggiormente nell'ottica dei personaggi (anche se ci siete dentro già tutti *.*); perciò, perdonate la mia totale incompetenza in campo di regia u.u

Vi ricordo (oggi sono logorroica, lo so u.u) che potete pormi qualsiasi tipo di domanda, personale e non, sulle mie Ff, sui libri che leggo, la musica che ascolto, insomma, su tutto quello che volete, su Formspring rispondo a tutti, perciò, non abbiate paura di me xD

Dulcis in fundo, ringrazio infinitamente tutte le persone che commentano, che leggono soltanto e che inseriscono questa Ff nelle varie liste; mi riempite di gioia *.*

Ok, vi ho tediati abbastanza, alla prossima xD

 

Buona lettura! <3

 

 

 

 

< Dici che se ci presentiamo mano nella mano gli verrà un infarto? > Erano appena scesi dal taxi che li aveva condotti di fronte al palazzo a vetri che Robert ricordava fin troppo bene, perché era lì che aveva fatto il suo primo servizio fotografico nelle vesti di Cailin ed era lì che aveva avuto una crisi esistenziale per colpa delle mestruazioni e di quei vestiti troppo stretti e leggeri e, soprattutto, macchiabili. 

Jillian, l'agente di Cailin, l'aveva telefonata il giorno prima per comunicargli che non voleva essere uccisa e che non era colpa sua, ma la produzione aveva fatto pressione affinché scattasse qualche foto con Robert Pattinson, l'attore del momento.

Sicuramente il sì, va bene di Cailin era stato più inquietante di essere presa a parolacce per Jillian, perché era rimasta un minuto e mezzo senza proferire parola se non dei vaghi mugolii poco chiari.

Cailin non era in vena di spiegare il come, cosa e perché della faccenda, perciò l'aveva ringraziata e aveva attaccato per andare a comunicare la notizia a Robert.

Ovviamente Robert ne era stato appena informato dal fotografo in persona che si era speso in complimenti ed elogi alla sua bellezza, perciò i due non avevano fatto altro che ridere divertiti per quella coincidenza e continuare a godersi il giorno di riposo insieme.

< Io dico che, come minimo, chiamerebbero l'ospedale psichiatrico più vicino per farci rinchiudere e poi avvertirebbero le riviste di gossip. > Rispose lei, spingendo la porta a vetri ed entrando per prima.

< Allora dobbiamo fare finta di essere ancora nemici? > Attesero l'ascensore, osservando il via vai di giornalisti dall'aria indaffarata.

Cailin fece spallucce, stretta nel suo soprabito rosso scuro.

< Non ne ho idea. Forse dovremmo semplicemente smetterla di preoccuparcene. Insomma, perché dovremmo essere così importanti per loro? > Le porte dell'ascensore si aprirono e loro salirono veloci, premendo il tasto corrispondente al decimo piano dove era stato situato il set fotografico.

Jillian non era stata in grado di dirle il tema, perché, per quello che sapeva, il fotografo era ancora molto indeciso e la rivista era stata piuttosto pretenziosa a riguardo, perciò era come andare ad un appuntamento al buio senza sapere cosa ti sarebbe successo.

< Siamo stati la coppia più chiacchierata per mesi! > Sbottò lui, spettinandosi i capelli con una mano e sbuffando.

Cailin gli lanciò un'occhiata divertita.

< Rilassati. Non sarà così terribile e ne usciremo entrambi vivi, puoi starne certo. > Scherzò, beccandosi una linguaccia in risposta.

< Per te è semplice, è il tuo lavoro! > Tamburellò le dita sullo specchio accanto a lui che gli rimandava l'immagine di un ragazzo che non si era rasato, come sempre quando non doveva lavorare, e che aveva due occhiaie da far invidia ad un panda, sebbene era sicuro che le truccatrici avrebbero risolto immediatamente il problema.

< Il solito fifone! > Sbuffò lei, melodrammatica, precedendolo fuori dall'ascensore e camminando verso l'ufficio di John, il fotografo più amato dalle modelle per i suoi scatti sempre altisonanti. 

Dovette decisamente ricredersi quando vide il set e le attrezzature.

< Oh, bene, siete arrivati! Ma siete splendidi! > Anche se Robert stava cominciando a chiedersi se tutti i fotografi di moda erano soliti rifornirsi di abiti nello stesso negozio, visto che anche John era vestito dei colori più improbabili in circolazione, fece finta di niente e lo salutò cordiale.

< Ehm... domanda: quella è una fontana? > Cailin la indicò con un dito, strabuzzando gli occhi, seguita da Robert.

< Mais oui! Abbiamo deciso per delle foto in bianco e nero e spero non vi dispiaccia se ho pensato a voi come ad una coppia, vero? > Se anche non lo fossero stati, Robert avrebbe trovato difficile dirgli di no visto che stava sbattendo le palpebre come un cucciolo di cerbiatto.

< Continuo a non capire cosa c'entri la fontana... > Pensò lui, osservandola pensieroso.

A cosa poteva servire una fontana in un servizio fotografico? Non dovevano nuotare, o sì?

La testa gli si riempì delle immagini di Cailin in costume e dovette cercare di distrarsi per evitare che si notasse qualcosa che non doveva essere decisamente notato.

John emise uno sbuffo esasperato, come se fosse annoiato dalle domande di Robert.

< Ma amore, ovvio, no? Volevamo ricreare l'atmosfera di Roma! > E gesticolò teatrale con le mani per indicare lo spazio che li circondava, poi, nell'impeto di rimproverare un addetto alle luci, si allontanò, sospingendoli verso lo spogliatoio e il trucco.

Cailin salutò le due assistenti per il trucco e il parrucco e seguì Robert nello spogliatoio.

< Come mai non abbiamo due spogliatoio separati? > Si chiese ad alta voce, individuando una gonna bianca e un top dalla fantasia militare, semplice.

< Beh, che differenza fa? > Fece spallucce lui, cominciando a svestirsi.

< Semplice curiosità. > Rispose, sfilandosi la maglia e poi i jeans.

Robert la osservò infilarsi la gonna, i piedi che poggiavano sul pavimento freddo e che lei cercava di tenere lontana, arricciandoli quasi come una ballerina di danza classica.

Finì di vestirsi e si osservò un istante allo specchio per sistemarsi i capelli, notando il suo sguardo.

< Non sei ancora pronto? > Sbuffò, alzando gli occhi al cielo e camminando verso di lui.

Robert sorrise appena, piegando la testa per slacciarsi i pantaloni, osservando la sua figura farsi sempre più vicina.

< Vuoi un aiuto? > Gli mormorò maliziosa, scostandogli le mani dal tessuto, sfilandogli i lembi della camicia, prendendo a sbottonarla.

Osservò i suoi movimenti lenti e precisi, memorizzando le sfumature dei suoi occhi azzurri e le onde leggere dei suoi capelli sulle spalle.

Gli accarezzò la parte di pelle scoperta con un dito, costringendolo a trattenere il respiro e sorridendogli dolce.

< Faremo tardi, Cailin. > Mormorò poco convinto quando fece stridere la cerniera dei pantaloni per abbassarglieli.

La camicia finì sulla panca lì accanto, mentre lei si alzava sulle punte per baciargli una guancia, allacciando le braccia dietro il suo collo.

Sentì le sue mani sulla schiena sorreggerla e portarla un po' più vicina, mentre lui voltava il viso e incontrava le sue labbra morbide e dolci.

Avrebbe voluto avere più tempo ed essere a casa, tra le lenzuola profumate di lei per amarla completamente.

< Credo che dovremmo andare. > Le accarezzò i capelli e le baciò la fronte.

Si infilò la maglietta semplice e i jeans neri che gli erano stati forniti e uscirono.

Non impiegarono molto tempo al trucco: John li voleva nature (termine francese che adorava) e a Cailin applicarono solo una piccola molletta per trattenere i capelli all'indietro.

Quando raggiunsero il set, entrambi a piedi nudi, la fontana era stata messa in funzione ed era ancora più spettacolare di prima: la parte più interna della vasca era decorata da tre zampilli d'acqua piuttosto alti e l'acqua, leggermente mossa, emanava un leggero vapore invitante, segno che non doveva essere fredda.

< Oggi la regola è niente pose, d'accordo? Entrate nella fontana e muovetevi come volete. Baciatevi, toccatevi, cercatevi, scherzate... è ammesso tutto, ok? > John si posizionò dietro la sua macchina fotografica professionale in attesa che Robert e Cailin entrassero nella fontana.

L'acqua era tiepida e piacevole a contatto con la pelle e Cailin, approfittando della distrazione di Robert, lo schizzò, raccogliendo l'acqua con entrambe le mani, bagnandogli i pantaloni e parte della maglietta.

Lui, colto di sorpresa, ricambiò, mirando alla gonna e sorridendo furbo.

Il livello dell'acqua nella vasca non era eccessivo, ma riusciva comunque a bagnare le ginocchia ad entrambi, tanto che avanzavano a fatica, sebbene il fondo fosse liscio e senza ingombri.

Cailin gli si avvicinò e gli tese una mano affinché la raggiungesse, sporgendosi in avanti a chiedere un bacio.

Poco le importava se li stavano osservando tutti e se sarebbero volate voci su di loro sulle riviste: ora che si erano ritrovati aveva bisogno di sentirlo vicino.

Robert le circondò la vita con un braccio e ricambiò il bacio, indugiando sulle sue labbra e traendola ancora più vicina per assaporarla meglio.

Cailin sorrise sulle sue labbra, separandosi dal contatto e spingendolo all'indietro per farlo allontanare, del tutto dimentica che Robert era ancorato a lei e che se fosse caduto se la sarebbe trascinata dietro.

Fu inevitabile perdere l'equilibrio per Robert, che aveva afferrato Cailin per un braccio, affondandola insieme a lui, completamente bagnato, la testa semi sommersa.

Lei gli finì seduta accanto con un mugolio di dolore per il suo povero deretano.

< Tutto bene? > Le chiese, mettendosi seduto, cercando di scrollarsi l'acqua dal viso e dai capelli che scompigliò con una mano.

< Pensi di passarla liscia? > Borbottò, sebbene somigliasse più ad un ruggito di battaglia, la sua fidanzata, fiondandosi su di lui e atterrandolo soddisfatta.

< Sei tu che mi hai spinto! > Protestò lui, schizzandola e osservandola chiudere gli occhi per ripararsi.

< Ah sì? Beh, era previsto che finissi tu nell'acqua, non io! > Precisò con un sorriso divertito, impedendogli di rialzarsi e mettendosi a cavalcioni su di lui, l'acqua che le aveva bagnato i capelli e che la rendeva maledettamente sensuale e morbida, tanto che Robert ebbe la tentazione di scoprirle la pancia e morderla.

< Cosa vuoi fare? Ti ricordo che ci stanno guardando tutti. > Le sussurrò, lanciando un'occhiata a John che non aveva smesso un secondo di scattare.

< Quindi? Io voglio solo giocare... > Miagolò, abbassandosi su di lui ed osservandolo negli occhi, attenta e sorridente.

< Ragazzi, perfetto! Questo scatto è perfetto! > Esultò John, spostandosi verso di loro, la macchina fotografica sganciata dall'apposito cavalletto di sostegno.

Cailin abbassò il viso ad incontrare il mento, l'osso definito della mascella, le guance e le labbra che sfiorò leggera.

Robert spostò le mani sui suoi fianchi, la stoffa che gli dava fastidio e che avrebbe voluto strappare via per sentire la sua pelle.

< Ok, stop! Può bastare, abbiamo scatti a sufficienza! > Esordì John, facendo segno ai tecnici di spegnere le luci e la fontana.

Robert si alzò a mezzo busto, lei ancora stretta intorno ai fianchi con nessuna voglia di allontanarsi.

< Scimmietta, lo sai che non sono un albero di banane, vero? > Le bisbigliò in un orecchio e lei, per tutta risposta, gli si accoccolò meglio contro, allacciandogli le braccia al collo.

< Va bene, d'accordo, ma se cadiamo è colpa tua. > Le baciò una guancia, mettendosi in piedi a fatica e cercando di non scivolare, uscì dalla vasca.

John era ancora impegnato con il suo computer, perciò pensò fosse meglio andare ad asciugarsi prima di rivedere gli scatti insieme e decidere i migliori.

Nello spogliatoio rimise giù Cailin e le porse un asciugamano, o meglio, glielo lasciò cadere in testa, facendola assomigliare a Samara, la bambina cattiva di The Ring. 

Cailin gli fece una linguaccia, togliendosi l'asciugamano dalla testa e colpendolo con lo stesso alla schiena, facendolo ridere.

Si svestirono dei capi bagnati, indossando nuovamente i loro e tentarono di asciugarsi i capelli il più possibile in modo da non prendere un accidente una volta fuori.

< Ragazzi se volete venire di là controlliamo gli scatti e li scegliamo insieme, va bene? Sono tutti meravigliosi, ma purtroppo bisogna scegliere. > John bussò prima di aprire la porta dello spogliatoio e precederli verso una scrivania di legno su cui era poggiato il computer che Robert aveva notato prima, al quale era collegata una macchina fotografica di modello diverso da quello che aveva utilizzato per gli scatti di poco prima.

Robert occupò la sedia accanto a quella di John, costringendo Cailin a rimanere in piedi, le braccia incrociate e lo sguardo fisso allo schermo.

Forse era una follia, specie perché anche se i tecnici erano occupati con le attrezzature e John non sembrava il tipo di persona che va a sbandierare ai quattro venti le relazioni dei personaggi pubblici, quella era comunque una rivista di moda sì, ma che si occupava anche delle storie più succulente dei VIP, specialmente di quelli che loro stessi curavano. 

Le foto nella fontana l'avevano fatto improvvisamente diventare disinibito, perché non aveva più voglia di preoccuparsi di quello che le persone intorno a lui avrebbero potuto dire; non voleva sempre pensare che potesse esserci un fotografo in agguato pronto a scattare una foto compromettente; non voleva vivere la sua storia con Cailin in quel modo; non voleva che lei si sentisse oppressa e non voleva farla scappare via. Avrebbe attirato tutta l'attenzione su di sé, se fosse stato necessario, pur di non coinvolgerla ulteriormente con i paparazzi.

La afferrò delicatamente per la vita e la fece sedere sulle sue gambe, ricevendo prima un'occhiata sorpresa e poi un sorriso gentile, mentre John faceva partire le slide. Aveva ragione: le foto erano splendide e loro sembravano davvero due ragazzi innamorati che non pensavano ad altro se non a divertirsi e a stare bene insieme.

Lo erano, ma non erano esattamente nella media, spensierati e senza alcun tipo di problema.

Alla rivista servivano cinque scatti. John propose i suoi e Cailin, che era sicuramente la più esperta tra i due, ne sostituì alcuni, facendo convenire anche John sulla miglior resa di quelle che aveva proposto lei.

Robert era affascinato: aveva vissuto nel corpo di Cailin per una settimana, eppure non si era mai trovato a dover affrontare una discussione sulla scelta delle foto, nemmeno nei suoi, di servizi fotografici. Cailin era nata per fare la modella: aveva carattere, era bellissima e riusciva a condividere le sue opinioni con garbo, riuscendo ad andare d'accordo con tutti, persino con i fotografi più esigenti, quelli a cui uno scatto non va mai bene e devono ripeterlo venti, trenta volte. Sorrideva ed analizzava le foto non solo per la sua presenza, ma valutando anche aspetti esterni come la luce, la posizione, lo sguardo e il riflesso; non si soffermava mai sui particolari fisici. Sarebbe potuta diventare una bravissima fotografa o regista.

John aveva appena contattato la direzione per comunicare che il loro servizio fotografico era concluso e che avrebbe provveduto lui stesso ad inviare le foto via mail, che il cellulare di Robert squillò e lui, scusandosi, fu costretto ad estrarlo dalla giacca per controllare chi fosse.

Il nome di Tom lampeggiava.

Cailin gli rivolse uno sguardo accigliato mentre lui si affrettava a rispondere prima che lo precedesse la voce della segreteria.

< Robert, senti è... è successo un casino e... cielo! non so cosa fare, volevo chiamare Cailin, ma non ho il suo numero e mi sei sembrato la persona migliore per... > Robert lo bloccò.

< Tom, fai un respiro e raccontami cosa è successo. > Gli disse, mentre Cailin si alzava dalle sue gambe e salutava John con un bacio sulla guancia e una stretta di mano amichevole.

< Non lo so cos'è successo! Allison è svenuta ed io ero sotto casa sua e... insomma, l'ho vista scendere dalla macchina e avviarsi al portone di casa, stavo per fermarla e lei è svenuta! Ho chiamato l'ambulanza e sono salito con lei, sono in ospedale ora, ma i dottori dicono che non sanno cos'ha e che vogliono rintracciare i familiari perché io non faccio parte della famiglia e non possono comunicarmi certe notizie... non lo so! > Sbottò lui, frustrato.

Robert non l'aveva mai sentito così agitato, nemmeno quando era stato ricoverato suo padre per una semplice appendicite.

< Ok, senti, ti raggiungiamo, d'accordo? Aspettaci. > Attaccò e si alzò in piedi frastornato.

< Che succede? > Gli chiese Cailin, visibilmente preoccupata, mentre anche gli ultimi tecnici andavano via e li lasciavano soli.

< Allison è svenuta ed è in ospedale. > Disse piatto.

< Allison è... oh mio Dio! Dobbiamo andare da lei! > Non ebbe nemmeno il tempo di fermarla che lei era già corsa alla porta, il soprabito in una mano e la borsa nell'altra.

Robert la raggiunse, osservandola. Batteva un piede sul pavimento di marmo in attesa dell'ascensore che non si decideva ad arrivare e si mordeva le labbra nell'ansia e nell'agitazione del momento.

< Ehi. > La chiamò, carezzandole un braccio e sorridendole dolce. < Andrà bene, vedrai. > La rassicurò.

Cailin annuì, ma non smise di mordersi le labbra, tanto che Robert ebbe la tentazione di fermarla e di dirle che non doveva torturarle così, perché erano così belle che sarebbe stato un peccato sciuparle; eppure non lo fece. Sopportò la stretta sulla sua mano in macchina, che lei si rifiutava di lasciare anche quando doveva inserire le marce e sopportò la sua impazienza quando non riuscirono a trovare il padiglione giusto, anche se le indicazioni delle infermiere erano state chiare.

Quando intravide la figura di Tom quasi corse per raggiungerlo, abbracciandolo.

< Dov'è? > Gli chiese.

< E' in sala operatoria. > Rispose lui, affranto e spento. Aveva gli occhi lucidi e il viso scavato di chi non dorme da una settimana.

Robert prese posto su una delle sedie di plastica bianche fissate al muro e sospirò, afferrando la mano di Cailin tra le sue e lasciando che poggiasse la testa sulla sua spalla.

L'attesa era una delle cose più strazianti al mondo: il tempo scivolava via, la Terra continuava a girare e le persone a passarti davanti, ma tu eri ancora lì, su quel piccolo scoglio di speranza.

Allison non era sua amica, l'aveva conosciuta troppo tardi, quando lui e Cailin stavano per lasciarsi, ma il dolore di Cailin lo comprendeva e lo capiva e lo rispettava.

Comprendeva anche quello di Tom, lo stesso Tom che non voleva legarsi a nessuna e che non credeva nelle anime gemelle o nel destino o nel colpo di fulmine e che invece il colpo di fulmine l'aveva provato proprio con Allison, anche se non era ancora riuscito a farle cambiare idea.

Due ore dopo erano ancora lì, su quelle sedie, ad attendere e nessuno di loro sembrava avere voglia di parlare, di piangere o di sbuffare di noia.

< Vado a prendere dei caffè. > Esordì Cailin, alzandosi e poggiando le sue cose prima di dirigersi alla macchinetta automatica poco distante.

< Vuoi che ti accompagni? > Le chiese Robert, lasciandole la mano controvoglia.

Lei scosse la testa con un sorriso e si allontanò.

Come passare dalla gioia alla tristezza in quindici minuti, sarebbe potuta diventare una pubblicità.

Tom sospirò e Robert si voltò verso di lui.

< Posso chiederti cosa ci facevi sotto casa sua? > Gli domandò curioso.

Tom lo guardò negli occhi un istante prima di sorridere divertito e mettersi comodo sulla sedia.

< Avevi ragione tu, sai? Sono sempre stato un coglione e uno stronzo. Pensavo che tutte queste stronzate romantiche non valessero niente; pensavo che per conquistare una donna bastasse solo ammiccare nella sua direzione e offrirle un drink, ma Allison è diversa. Lei non vuole qualcuno su cui poter contare una sola notte, vuole qualcuno su cui poter contare sempre e che si impegni veramente per farla stare bene e che possa darle sicurezza e stabilità e una famiglia. E, cazzo Robert, io voglio davvero essere quel qualcuno. > Abbassò lo sguardo e si torturò le mani.

< Andrà tutto bene, vedrai. Avrà battuto la testa nella caduta e dovrà riposarsi per qualche giorno, ma starà bene, ne sono sicuro. > Gli assestò una pacca sulla spalla che lo fece sorridere e scuotere la testa divertito, mentre Cailin tornava con tre bicchieri di caffè che bevvero in silenzio.

< Qualcuno di voi è parente della signorina Gabe? > Un uomo di mezz'età con un camice verde petrolio si avvicinò a loro, lo sguardo deciso e vuoto.

< Sì, sono sua sorella, Cailin. > Mentì, stringendo la mano del medico e alzandosi in piedi.

< Bene. Vede, sua sorella ha avuto qualche complicazione interna, niente di grave, ma abbiamo dovuto operarla. La caduta è stata piuttosto violenta e non riprendeva i sensi, quindi abbiamo verificato tutti i valori e abbiamo riscontrato un trauma cranico di media entità e un emorragia interna causata dalla caduta. Sta bene ora, è vigile, ma ha bisogno di riposo. > Disse, aprendosi in un sorriso garbato e gentile.

< Possiamo vederla? > Intervenne Tom, alzandosi in piedi, carico di aspettativa.

< Una sola persona e per pochi minuti. Abbiamo dovuto svegliarla per necessità fisiologiche, ma le abbiamo somministrato un sedativo che la farà dormire per qualche ora, in attesa che il suo corpo assimili le ferite e il dolore. Dovrebbe far effetto a momenti. E' nella stanza in fondo al corridoio. > Indicò una porta e si allontanò.

< Grazie, dottore, davvero. > Cailin gli strinse di nuovo la mano, sorridente e poi si strinse a Robert.

< Cailin, vuoi andare tu? Sono sicuro che vuole vedere te per prima. > Le sorrise Tom, scompigliandole i capelli.

< Io sono convinta che vorrebbe vedere te, invece. Vai. > Lo sospinse contro la porta, baciandogli affettuosamente una guancia e spronandolo.

< Sono convinto che lo prenderà a calci. > Scherzò Robert, trascinando Cailin a sedersi sulle sue gambe.

< Può darsi, ma poi si ricorderà che è in ospedale, che le gira la testa e che deve mantenere un certo contegno e allora sorriderà soltanto, suppongo. > Sorrise, accoccolandosi contro il suo petto e chiudendo gli occhi, sospirando di sollievo.

Forse avrebbero dovuto chiamare un'infermiera, nel caso ce ne fosse stato bisogno per Tom.

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Capitolo 11
*** Epilogue-Trouble Again? ***


Salve!

Lo so, avevo detto che avrei postato ieri pomeriggio, ma alla fine non ce l'ho fatta, immersa nello studio di storia moderna (che cosa schifosa, lo so) e allora provvedo a farlo adesso (dopo 5 ore di geografia; altra cosa schifosa, aggiungerei).

Ci tenevo a ringraziarvi tutte, per cui, un GRAZIE a chi ha inserito la storia tra le preferite:

1 - baby90 [Contatta]
2 - epril68 [Contatta]
3 - Londoner [Contatta]
4 - mory_ [Contatta]
5 - S o p h i e [Contatta]

 

GRAZIE a chi l'ha inserita tra le seguite:

1 - and225 [Contatta]
2 - Barby Spunk Ransom [Contatta]
3 - Cris87_loves_Rob [Contatta]
4 - danybor [Contatta]
5 - elibru [Contatta]
6 - epril68 [Contatta]
7 - lampra [Contatta]
8 - lea194 [Contatta]
9 - Luz_ [Contatta]
10 - Para_muse [Contatta]

e, ovviamente, un IMMENSO GRAZIE a chi ha recensito sempre, con costanza, che mi ha fatto mille complimenti e che mi ha spronata a continuare a postare *.*

I love you all, seriously <3 *.*

Dunque, siamo arrivati all'epilogo di questa Ff, ma, come avevo già annunciato, ci sarà una serie di One-Shots con gli stessi protagonisti, per cui, non disperate perché li rivedrete, anzi, vi lascio immediatamente il link della prima *.*:

You Thought You Know Me

Il rating è volutamente Rosso per la presenza di scene erotiche ^^

 

 

 

 

Eclipse Premiere-Los Angeles

 

< Vuoi stare tranquilla, Cailin? Cosa ti prende? > Robert le strinse una mano tra le sue, avvertendole fredde e tremanti.

Erano entrati in macchina una mezz'ora prima, il tempo esatto per raggiungere il red carpet della premiere in tempo. Non avevano trovato traffico e tutto era andato per il verso giusto, fin quando l'autista non aveva loro annunciato che erano arrivati.

Le urla delle fan accorse per un autografo, una foto e magari anche un abbraccio, si sentivano anche nell'abitacolo, ma Robert, una mano alla maniglia della portiera, si rifiutò di scendere quando sentì Cailin sospirare e abbandonare la testa sullo schienale del sedile in pelle.

< Mi... mi uccideranno! > Borbottò esasperata, prendendosi il viso tra le mani.

Era splendida, quella sera: aveva indossato un vestito nero che le lasciava scoperta una spalla e un paio di decolté anch'esse nere dal tacco alto.

< Chi, le mie fan?!? Oh, andiamo! Da quando sei così paranoica? > La prese in giro, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio con premura.

< Non sono paranoica, sono realista! Insomma, tu sarai con Kristen a scattare foto e a rilasciare interviste ed io sarò costretta a tenere a bada una folla di ragazzine con gli ormoni in subbuglio. Il tutto, memore che avranno letto del nostro ritrovamento intimo. > Precisò, come se dovesse far capire qualcosa di estremamente difficile ad un bambino che non si applicava abbastanza.

< Sei venuta con me a due première in qualità di mia fidanzata e adesso ti preoccupi di quello che diranno? > La osservò, scettico.

< Era diverso! E' successo prima della questione dell'anello! > Soffiò, incrociando le braccia al petto.

< E con ciò? Ci sarà Tom con te ed Allison; sarai al sicuro. > Continuò a stringerle la mano e a rassicurarla con lo sguardo.

< Tu credi? > Lo sguardo da cucciolo abbandonato che aveva assunto non lo demoralizzò.

< Ne sono convinto. E poi, dopo quel servizio per Elle i fotografi ti tempesteranno di domande e non avrai neanche il tempo di voltarti verso i fan. > Le baciò i capelli e Cailin ne approfittò per immergere il naso nel suo collo ed inspirare il suo buon profumo.

< D'accordo. Andiamo. > Sorrise, lasciandogli la mano e seguendolo fuori dalla macchina, dalla quale l'aiutò a scendere porgendole una mano.

Le urla si fecero più feroci, tanto che Cailin faticava a capire le parole di chi le stava intorno, Robert compreso.

La attirò a sé con un braccio intorno alla sua vita, i visi a distanza ravvicinata e la sua bocca che le sussurrava di stare tranquilla, perché c'era lui.

Intravide Allison e Tom poco distanti; lui impegnato con alcune fan e lei che si guardava intorno, spaesata, stringendo tra le mani la pochette nera.

Quando i fotografi reclamarono i due protagonisti per qualche foto, Cailin le si avvicinò furtiva, cercando di ignorare le grida delle ragazze bloccate dalle transenne.

Se non ci fossero stati una ventina di armadi a muro dalle vaghe fattezze umane a far sì che nessuna di loro si avventasse su Robert, era sicura che se lo sarebbe dovuta riportare a casa a brandelli.

< Sei venuta con Tom? > Le domandò, urlando.

< Sì, perché? > Rispose l'amica, avvicinandosi al suo orecchio.

< Voglio avere una via di fuga sicura in caso qualcuna mi assalisse. > Rispose, guardandosi intorno come se una delle fan di Robert brandisse un coltello e incitasse le altre a staccarle la testa.

< Non ti assaliranno, vedrai. > La tranquillizzò l'amica, mentre Tom, liberatosi delle fan, la salutò con un bacio sulla guancia e un sorriso a trentadue denti.

< Che succede? Non avete ancora litigato, oggi? > Ammiccò verso Tom e poi gettò un'occhiata ad Allison che arrossì.

< No, non ancora... beh, lo riconosci, no? > Allison alzò la mano a mostrarle l'anello che aveva infilato all'anulare e che le ricordava moltissimo...

< Vuoi dire che...? > Gli occhi per poco non ruzzolarono a terra in una pessima imitazione di un qualche cartone animato alla tv.

Allison scosse il capo e Cailin sospirò di sollievo.

< Allora, cosa vuol dire? Perché hai quell'anello? > Sentì Robert passarle accanto e fermarsi per firmare qualche autografo.

< Voglio risolvere questa situazione con lui... insomma, chi può dirmi che non è lui la mia anima gemella? Voi siete riusciti a risolvere i vostri problemi. > Lanciò un'occhiata a Tom che annuì.

< Ti ha convinto a metterlo? > Cailin si voltò verso Tom, incredula.

< In realtà ho proposto io l'idea, solo che devono trascorrere dodici ore perché faccia effetto. > Rispose lui. Allora perché Allison era così malinconica?

< E perché quella faccia, allora? > Sentì Robert prenderla sottobraccio e sfiorarle i capelli con un bacio. Non poté ignorarlo e alzò la testa per sorridergli.

< Perché temo che non basterà una settimana per risolvere il tutto. > Sbuffò.

< Le hai detto dell'anello? > Intervenne Robert, felice.

< Tu sapevi?!? > Cailin si voltò verso di lui esterrefatta.

< Volevo che te ne parlasse Allison; a me l'ha comunicato Tom l'altro giorno. > Fece spallucce e la prese per mano.

< Mi sembra di essere finita in uno di quei film di fantascienza, sapete? Perché all'improvviso vogliono usare tutti quest'anello della malora? > Si avviarono verso l'ingresso del teatro.

< Perché funziona, vero? > E Robert cercò una complice in Allison.

< Sì, ma ha le sue contro-indicazioni. > Proruppe Tom, comparso al fianco di Ally.

< Spero che Allison abbia già avuto le sue cose, Tom; te lo dico da amico. > Deglutì forse nel ricordare quei giorni tremendi di alti e bassi.

Allison e Cailin si guardarono perplesse, poi scoppiarono a ridere insieme, coinvolgendo anche i ragazzi e pensando che, in fondo, tutto si può risolvere se si ha volontà, pazienza e dedizione.

 

 

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. Pablo Neruda

 

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Capitolo 12
*** About Rings, Desktop's Drawer, Mess and Love ***


Salve!

Rieccomi! Mi stavo annoiando a morte, così ho deciso di postare adesso, dopo essermi vista la carinissima commedia Amici, Amanti e... che vi consiglio di vedere se non l'avete fatto, specialmente perché ad un certo punto il ragazzo in questione regala alla sua trombamica una compilation per le mestruazioni xD mi ci vedevo Rob fare una cosa del genere *.* (finirà in qualche shot, suppongo *.* xD); perciò, è da vedere ^^

Ok, sto blaterando, quindi veniamo a noi: ultimo capitolo gente, prima dell'epilogo che arriverà domani insieme con la prima one-shot della serie (inserirò il link domani, perché non ho ancora scelto un titolo adeguato, perciò... devo meditare xD) ç.ç ok, sono triste, anche se ci saranno sempre le shot che parleranno ancora di loro, ma sono triste ugualmente perché Cailin e Rob sono la prima coppia di cui scrivo che mi fanno divertire in una maniera incredibile e che considero reale in un modo che va fuori dal normale, lo ammetto xD

Domani vi ringrazierò una per una, nel frattempo spero che questo ultimo capitolo soddisfi le vostre aspettative (perché è quello della Ff che preferisco e da cui ho tratto maggiore soddisfazione mentre lo scrivevo) *.*

Buona lettura! <3

 

 

 

< Ci hai fatto prendere un bello spavento, lo sai? > Cailin abbracciò la sua migliore amica con un sorriso radioso e felice. Era corsa a prenderla all'ospedale, appena aveva saputo da Tom che l'avrebbero dimessa.

< Mi spiace! A quanto pare avevo già un'emorragia in corso e la caduta ha complicato le cose... > Sembrò giustificarsi, ricambiando la stretta.

< Non devi scusarti. L'importante è che ora tu stia bene. > Cailin le sorrise e la aiutò a finire di preparare la borsa per tornare a casa.

< E' stato Tom a portarmi qui. Tu lo sapevi? > Le disse all'improvviso, piegando una maglia e sistemandola con attenzione nel borsone, un lieve sorriso ad incresparle le labbra.

Cailin annuì.

< Subito dopo ha chiamato Robert, perché? > Allison si stava mordendo le labbra, come a trattenersi. Le era sempre sembrato uno sforzo eccessivo riconsiderare le persone dopo aver già espresso il proprio parere.

< Non lo so! Insomma, l'hai visto anche tu, no? E' rimasto in ospedale con me per tre giorni di seguito e si è sempre rifiutato di andare a riposarsi in albergo. Non avevo bisogno di assistenza, eppure ha insistito per farmi compagnia. Cosa succede? > Si chiese, più rivolta a se stessa che all'amica, ricadendo seduta sul letto.

< E' solo innamorato, Allison. Dovresti dargli una possibilità, secondo me. > Le sorrise, sedendosi accanto a lei e sistemandole i capelli.

< Siamo così totalmente diversi che... non so, non penso possa funzionare. > Sospirò, lanciandole un'occhiata triste.

< Guarda me e Robert! Siamo due casi umani eppure ci amiamo! > Fece spallucce.

< Casi umani?!? Voi dovreste essere studiati in laboratorio, Cey! > Rise, perplessa.

Cailin alzò gli occhi al cielo.

< D'accordo, ma non farebbero altro che confermare che è lui la bestia e non io. > Puntualizzò.

< Sì, tu sei Bella, infatti. > Ironizzò.

< Non ti salto addosso perché ho paura che tu muoia. >Assottigliò gli occhi, minacciosa.

< Scherzavo, era una battuta! > Allison rise e alzò le mani in segno di resa.

< Andiamo, miss battuta pronta! Tom ci aspetta. > Si rimise in piedi, afferrò il borsone e la precedette alla porta.

< Che fine hanno fatto gli anelli? > Le domandò, mentre firmava il foglio di congedo al banco accettazioni.

Cailin ci pensò un attimo.

< Nel cassetto della scrivania, suppongo, perché? > L'unica cosa che ricordava era che aveva deciso di seppellirli in un posto dove nessuno avesse mai ardire di mettere mano e il cassetto della sua scrivania, invaso di confezioni vuote di merendine, quaderni, cartelle, libri e riviste, senza contare l'arsenale di cancelleria (anche preistorica e mesolitica) che vi si poteva trovare, era il posto più sicuro.

< Bella fine! Da quanto non metti ordine in quel cassetto, dalla prima media? > Domanda retorica.

< In verità era la quinta elementare e comunque è il posto più sicuro di tutta la casa. Nessuno avrebbe il coraggio di mettere le mani in quelle cianfrusaglie. > Precisò soddisfatta.

< Ne immagino il motivo. > E rise. < Comunque, sai, stavo pensando che forse potrebbero essere un ottima soluzione per il rapporto tra me e Tom, no? Con voi ha funzionato. > Elaborò.

< Vuoi davvero provarli? Insomma, credi che Tom sarebbe d'accordo? > Attraversarono la strada, la macchina dai vetri oscurati che Robert aveva fatto chiamare per accompagnare Cailin a prendere Allison che li aspettava in seconda fila.

< Lui vuole stare con me, ma se prima non risolviamo i nostri dissidi è impossibile. Perché non dovrebbe essere d'accordo. > Rispose, sistemando il borsone nel bagagliaio e aprendo la portiera.

< Vedrò cosa posso fare. > Mise fine alla discussione Cailin, entrando in macchina e ritrovandosi accanto a Robert.

< Non eri a quell'intervista tu? > Lo apostrofò mentre le sorrideva e le baciava una guancia.

< Ho finito presto. Non sei contenta di vedermi? > Assunse la sua solita espressione da cane bastonato e Cailin sorrise, restituendogli il bacio.

< Certo che sì. > Gli mormorò all'orecchio, scompigliandogli i capelli l'istante successivo.

< Ally, come stai? Tutto bene? > Si rivolse poi alla sua destra, dove Allison era seduta accanto a Tom, più imbarazzato che mai.

< Sì, bene, grazie. Se non ci fosse stato Tom sarei probabilmente morta lì, quindi... > Lasciò la frase in sospeso, tormentandosi le mani e lanciando uno sguardo veloce a Tom che le sorrise.

< Almeno saremo tutti in forma per la premier! > Rise allegro, stringendo una mano di Cailin tra le sue.

< Premier?!? Quale premier? > Evidentemente, neanche uscita dall'ospedale, doveva già uccidere qualcuno: tra Tom e Cailin la scelta era davvero ardua. Avrebbe potuto sacrificare Cailin; in fondo, Robert ci sarebbe rimasto male, avrebbe sofferto, probabilmente non le avrebbe più rivolto la parola per l'intera esistenza, ma si sarebbe consolato in fretta e tutto sarebbe tornato alla normalità. Eliminare Tom così, su due piedi, sarebbe stato oltremodo scorretto; neanche si conoscevano bene e lei già premeditava di ucciderlo.

Sì, forse avrebbe potuto fare a meno di Cailin.

< Quella di Eclipse, a Los Angeles! Tom non te l'ha detto? > La testa di Cailin si sporse in avanti per riuscire ad inquadrare il suo viso e lei fece ruotare lo sguardo su Tom.

Avrebbe dovuto cambiare tattica. In effetti, proprio perché non lo conosceva così bene, non avrebbe risentito della sua mancanza. Cailin la conosceva da troppo tempo e lei avrebbe impiegato secoli a trovare un'altra amica comprensiva, onesta, leale come lei.

< Volevi che ti accompagnassi alla premier di Eclipse e non mi hai detto nulla? > Assottigliò lo sguardo, minacciosa.

< Ehm... te l'avrei detto in questi giorni... ho pensato che fintanto che rimanevi in ospedale non c'era motivo di stressarti ancora di più... > Si giustificò, lanciando un'occhiata omicida a Robert che scosse la testa divertito.

< Altro che stress! Questa è una catastrofe! Come hai potuto soprassedere su una cosa così importante?!? > L'autista si voltò preoccupato verso di loro, ma Robert gli fece segno di non farci caso, ché era quasi normale. Al massimo avrebbe dovuto aiutarlo a ripulire quei comodissimi sedili di pelle dal sangue del suo miglior amico.

< In fondo è fra due settimane, c'è tempo ancora... > Ma non riuscì neanche a terminare la frase.

< Due settimane?!? Vuoi scherzare! Non ho un vestito adatto e sono un disastro! Ti odio, lo sai? > Incrociò le braccia al petto, lasciando un Tom scosso, rifiutandosi di parlare per tutta la durata del percorso fino a casa sua, anche se Cailin che la conosceva bene, immaginò che stesse valutando tutto quello che c'era da fare per essere degna di un tappeto rosso.

< Vuoi che ti aiuti con le borse? > Si offrì Tom, timoroso, quando l'autista accostò di fronte al portone di Allison.

< Non pensare neppure di poter mettere piede a casa mia dopo un affronto del genere! > Chiarì, scendendo dall'auto e recuperando le sue borse dal bagagliaio.

< Sicura di voler rimanere da sola? Lo sai che potresti dormire da me per qualche giorno. > Cailin la accompagnò fino al portone, aiutandola con le chiavi.

< No, starò bene, vedrai. Ci sentiamo, no? Ti chiamo io. > Allison la abbracciò e le sorrise.

< Non credi di aver esagerato con lui? > Indicò impercettibilmente Tom con la testa, poggiato contro la portiera, le braccia incrociate al petto e lo sguardo basso di chi ha appena commesso un reato e se ne pente, Robert accanto a lui che cercava di tirargli su il morale.

Allison sospirò.

< Non credo di essere la persona giusta per lui. A volte sono così brusca che finisco per far del male senza accorgermene e lui sembra così... fragile. > Sospirò di nuovo.

< Ecco, magari potresti evitare di urlargli contro come poco fa... si sarebbe spaventato persino un leone, sai? > Le sorrise e lei ricambiò.

< Ho fatto una scenata per nulla. > Brontolò, spingendo il portone e rifugiandosi all'ombra.

< Sei ancora in tempo per scusarti. > Fece spallucce.

< Glielo diresti per me? > Cailin rise, scuotendo la testa: le sembrava ancora assurdo che una persona di carattere come Allison potesse diventare timida come un'adolescente davanti ad un ragazzo.

< D'accordo, ma vedi di non fare troppo... movimento. Il dottore ha detto che hai bisogno di riposo. > La ammonì scherzosa.

< Io credo che l'unica qui che abbia bisogno di un po' di movimento sia proprio tu, Cey. > Rise, facendola arrossire.

Cailin le fece una linguaccia prima di voltarsi in direzione di Tom.

< Credo che abbia bisogno di una mano con quelle borse. Sai, è così tremendamente orgogliosa che si vergogna persino di chiedertelo. > Sbottò, alzando gli occhi al cielo e sorridendo l'attimo dopo, assestandogli una pacca poderosa sul braccio.

< Volo! Grazie Cailin, sei un angelo! > Le baciò una guancia in tutta velocità e corse da Allison che l'aspettava con un sorriso timido sul bel volto.

< Tutto è bene quello che finisce bene. > Filosofò Robert, attirandola a sé e sistemandole i capelli sulle spalle.

< Non dirlo. C'è ancora il rischio che qualcuno dell'ospedale ci telefoni stasera per gravi lesioni. > Rispose.

< Non gli farà del male. > Disse lui, sicuro, sporgendosi per baciarle una guancia e poi proseguire in direzione delle labbra.

Le catturò con le sue e la costrinse a schiuderle per approfondire il contatto, lasciando che gli circondasse il collo con le braccia e che si abbandonasse totalmente a lui.

< Andiamo a casa? > Le sussurrò roco, baciandole una spalla, lasciata scoperta dalla maglietta leggera che aveva deciso di indossare quella mattina.

Cailin annuì, respirando il suo profumo e riflettendo sul fatto che quella fosse la prima volta che le cose filavano nel verso giusto e che lei si sentiva così felice e completa e che il merito fosse, ovviamente, solo ed esclusivamente di Robert.

 

< Cailin! Il tuo gatto sta attentando alla mia faccia! > Borbottò Robert, mentre se ne stava tranquillamente semi disteso sul letto a leggere uno dei più di quaranta libri che si era portato dietro.

< Ma che gattino antipatico. > Cailin prese in braccio Flurry, costringendolo a mollare la presa sulla camicia di Robert e lo mise a terra, accarezzandogli le orecchie.

< Non merita le coccole. E' geloso marcio di me. > Bofonchiò lui senza distogliere lo sguardo dalla pagina.

< Non gli stai molto simpatico, lo ammetto, ma è solo un gatto e comunque, volente o nolente, deve sopportarti. > Sorrise, ritornando in cucina per prendere la tazza di tè che aveva appena finito di preparare.

Flurry la seguì come un'ombra, acciambellandosi accanto a lei quando decise di imitare la posizione di Robert.

Rimasero in silenzio per un po': Cailin a sorseggiare il suo tè e ad accarezzare distrattamente Flurry e Robert ancora impegnato nella lettura.

< Hai sentito Tom? > Gli chiese ad un certo punto, voltandosi verso di lui.

Scosse la testa in segno di diniego.

< Credi che debba telefonare ad Allison? > Domandò ancora.

Lui rispose con una semplice alzata di spalle.

Era quasi sicura che non gli avesse fatto del male, ma era proprio quel quasi a preoccuparla. Allison a volte era intrattabile, non c'era persona al mondo che avrebbe potuto testimoniarlo meglio di lei, e piuttosto fisica, specie se si trattava di uomini. Aveva quasi rischiato di far venire un infarto al suo ex, Jacke, quando si era messa ad inseguirlo, urlandogli improperi di ogni tipo, tanto che lei, Cailin, fu costretta a chiedersi quante di quelle parole esistessero su di un comune dizionario inglese. Poteva anche essere stata appena dimessa dall'ospedale, ma quando si trattava di litigare non le mancavano di certo le forze.

< Quando hai nominato la premier sono sicura che abbia pensato almeno a dieci modi diversi di uccidere me e Tom e credo che le sue coscienze abbiano anche ingaggiato lotta su chi avrebbe dovuto eliminare per primo. > Soppesò, poggiando la tazza vuota sul comodino.

Robert non rispose.

Va bene svagarsi leggendo un libro, ma erano più di due ore che era incollato a quelle pagine!

< Ha chiamato mia madre ieri. Ha detto che le piacerebbe molto accompagnarti a scegliere il completo per la premier. > Bluffò, fingendo indifferenza e rimirandosi le unghie perennemente mangiucchiate.

< Cosa?!? Neanche per sogno! Piuttosto la morte! > Quasi urlò terrorizzato.

< Oh, ma allora mi ascolti! > Sorrise della sua reazione esagerata.

< Perché non dovrei? > Le domandò serio.

< Sei tutto preso da questo libro... > Si volse su un fianco e ammiccò nella sua direzione, mettendosi carponi e gattonando fino a lui, afferrando il libro e chiudendolo senza neanche dargli il tempo di posizionarvi il segnalibro.

Si sistemò sulle sue gambe e gli sorrise maliziosa, intrecciando le braccia dietro il collo e avvicinandosi alla sua bocca incredibilmente rossa.

< Non vorrai lasciarmi nelle mani di tua madre... > Mormorò poco convinto, faticando a rimanere concentrato, mentre lasciava che le mani gli scivolassero sui suoi fianchi e gli occhi incontrassero quelli di lei, più azzurri che mai.

< Vedremo... sarebbe un bel modo di punirti. > Soppesò, spettinandogli i capelli con le dita.

Lui mugolò qualcosa come se non fosse del tutto d'accordo, accarezzandole la schiena al di sopra della stoffa di una sua camicia.

< Non si è ancora offerta, ma potrei farle una telefonata io... > Ma non ebbe neanche il tempo di terminare la frase, che Robert ribaltò le posizioni e si ritrovò a cavalcioni su di lei, le braccia accanto alla testa e i polsi bloccati dalle sue mani.

< Ma sei una vera pestifera, sai? > La accusò, ridendo, facendole il solletico e guardandola ridere e dimenarsi per liberare le mani.

Era dal giorno in cui erano tornati nei loro corpi che non la sfiorava. Si erano limitati a semplici coccole, baci e carezze, ma senza andare oltre. Non che avvertisse l'eccessivo bisogno di fare l'amore con lei, anche perché aveva sempre adorato coccolarla, ma voleva completare quel percorso di ricerca che era iniziato con lo scambio degli anelli. In fondo era stato come essersi persi, smarriti in un posto che non conoscevano e avessero avuto bisogno di ritrovare la strada. Nonostante le difficoltà ci erano riusciti e non restava che affrontare l'ultima tappa. 

Allentò la presa sui suoi polsi e stese le gambe, senza pesarle addosso, reggendosi con gli avambracci. La scrutò negli occhi, cercando di interpretare i suoi pensieri e le sue emozioni e lei piegò appena la testa di lato, intrufolando le mani tra le ciocche spettinate che erano i suoi capelli, pettinandole dolcemente con le dita.

< A cosa pensi? > Gli sussurrò qualche istante più tardi, notandolo assorto.

< Tu credi che... potremmo... insomma... > Arrossì come un ragazzino e abbassò lo sguardo, grato al buio.

Cailin sorrise intenerita e le mani, dai capelli, scesero ai bottoni della camicia che lui indossava, prendendo a sbottonarli uno per volta, lentamente.

< Vuoi dire... fare l'amore? > Terminò per lui, allargando i due lembi della camicia per farla scivolare lungo le sue braccia.

Robert annuì, le dita che avevano catturato una ciocca castana dei capelli di lei e che non riuscivano a lasciarla.

< Io credo che sia anche ora. Ti desidero da quella mattina, prima di andare a pranzo dai miei. > Confessò, sbottonandogli la cintura dei jeans e facendo scorrere la cerniera.

< Ma non eravamo ancora nei nostri corpi. > La fissò curioso e sorpreso.

Cailin fece spallucce, continuando a spogliarlo.

< Non aveva importanza. > Sussurrò, posandogli un bacio sulle labbra e accarezzandogli i fianchi con i polpastrelli, avvertendo i muscoli irrigidirsi e lui trattenere il respiro.

Robert immerse il viso nell'incavo tra il collo e la spalla, inspirando il suo profumo dolce e decidendo che avrebbe fatto di tutto per renderla felice; l'avrebbe sposata il più presto possibile e avrebbe fatto l'amore con lei fino alla fine dei suoi giorni.

Le sollevò la camicia, scoprendole il seno, mentre lei piegava le gambe intorno ai suoi fianchi e lo attirava maggiormente a sé, sospirando.

Avrebbe dovuto provare quelle sensazioni fin dalla prima volta che aveva fatto l'amore con lei. Avrebbe dovuto soffermarsi ad ascoltare il battito del suo cuore che viaggiava in sincrono con il suo per più tempo; avrebbe dovuto lasciarle un biglietto ogni mattina che era costretto ad alzarsi presto per recarsi sul set e lei dormiva ancora, solo per immaginarla mentre lo leggeva e sorrideva; avrebbe dovuto essere più presente e averla al suo fianco durante le premiazioni importanti; avrebbe dovuto inviarle un biglietto aereo e pregarla di raggiungerlo sul set perché aveva bisogno di lei, quando era costretto a trascorrere mesi lontano dal suo profumo e dalla sua pelle. Ma non l'aveva fatto. L'aveva messa sempre al secondo posto e sapeva che avevano già chiarito e che era ormai inutile rivangare sul passato, ma non poteva impedirsi di pensare che era stata colpa sua se erano arrivati al punto di doversi separare e che se non fosse stato per quegli anelli, avrebbero continuato ad odiarsi.

< Mi dispiace. > Soffiò sulla sua pelle accaldata, la stessa che stava torturando di baci e che stava amando.

< Di cosa? > Chiese in un mormorio agitato, lasciandosi scappare un gemito quando la lingua di Robert le circondò l'ombelico e proseguì fino al basso ventre.

< Di non essere stato alla tua altezza. > Incrociò i suoi occhi per un istante, le labbra che presero possesso del suo interno coscia, lasciandola boccheggiante ed estasiata.

Ma come gli veniva in mente di affrontare quel discorso in una situazione del genere?

Non avrebbe neanche potuto rispondergli a tono, visto che il suo cervello sembrava essere in grado di concentrarsi solo su quello che le labbra e la lingua e le dita di Robert le stavano regalando.

Gemette in risposta, chiudendo gli occhi e inarcando la schiena, sentendosi tremare.

< Ma se sei più alto di me... > Riuscì a rantolare. Ecco, l'aveva detto lei che non era il momento per parlare di un argomento serio come quello.

< Di non averti fatta felice, Cailin. > Chiarì lui con un sorriso divertito, raggiungendo il suo viso e appropriandosi delle sue labbra con urgenza.

Sospirò sulla sua bocca, graffiandogli la schiena e inarcandosi verso di lui in un chiaro invito.

Chi se ne importava se non era riuscito a farla felice! E poi lei era felice, più che felice.

< E mi dispiace anche del fatto che spesso non sei stata la cosa più importante per me. > Continuò lui, sollevandole una gamba e trattenendola intorno al suo fianco.

Cailin gemette frustrata, incapace di trattenere l'urgenza che avvertiva di sentirlo dentro di sé e di essere un'unica cosa con lui.

< Se non la smetti di parlare, giuro che ti troverai a doverti scusare di ben altro. > Cercò di risultare minacciosa, ma Robert aveva appena preso a torturarle un seno con le labbra e lei riuscì soltanto a sospirare quella che, alle sue orecchie, era risultata una frase incomprensibile.

Robert rise, segno che aveva compreso perfettamente l'avvertimento, decidendosi a porre fine a quella tortura, facendola completamente sua e continuando ad amarla e a godere dei suoi gemiti e dei suoi sospiri e del battito accelerato del suo cuore e delle sue mani che sembravano cercare un appiglio alle sue spalle o ai suoi fianchi, fin quando non raggiunsero l'apice insieme e non si abbandonarono esausti tra le lenzuola, i respiri affannati.

Cailin si strinse al suo corpo, rabbrividendo per lo sbalzo improvviso di temperatura e Robert le sistemò i capelli umidi sulla fronte e la coprì con il lenzuolo, baciandole leggero una tempia e attendendo che si fosse addormentata per chiudere gli occhi e riposare.

 

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