Firmato: Il Mondo di Blacket (/viewuser.php?uid=79894)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***
Capitolo 7: *** 6. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Firmato il mondo da pubblicare.
Il 7
Gennaio vennero spedite delle lettere. Gli scritti, chiusi nelle buste
ingiallite, cominciarono il loro viaggio dall'Europa, passando per
l'Asia, Oceania e le Americhe, finendo con il Giappone.
Il 7 Gennaio, le più importanti nazioni ricevettero un invito, nel medesimo istante, dalla stessa persona.
Quell'insignificante gesto forse restava l'unica speranza per sedare
quel soffocante veleno insediato nei confini fra stati e paesi.
Probabilmente avrebbe fallito, e tutto sarebbe rimasto immutato come
prima, ma doveva tentare.
-Grazie per aver aperto la lettera, spero tu legga.
Ti sarei grato se tu, cara nazione, venissi a passare un po' di tempo qui, a casa mia.
Sarai accolta con tutti gli onori. Non sarai sola, credo ritroverai delle persone che conosci.
Potrai ignorare il tutto,
se ciò non ti importa o non ti è gradito. Nel caso tu
voglia accettare, c'è l'indirizzo dietro e un grazie da parte
mia.
Forse questa è l'unica maniera. Venire ti farà bene in ogni caso.
Mi scuso per il disturbo.
Firmato: Mondo.-
Note
autrice: Lo so. Lo so che è incredibilmente CORTO, ma ho
preferito lasciare il prologo così. Mi piaceva come apertura, e
la trovo abbastanza teatrale. Magari non lo è affatto, ma almeno
ci ho ptrovato.
La fiction che
seguirà non pretende nulla, è solo una balzana idea che
ho deciso di mettere per iscritto, tutto qui.
Probabilmente
il raiting si alzerà in alcuni capitoli, dove però
apparirà l'avviso. Non posso pretendere che vi piaccia, dato che
il capitolo, se così si può definire, però spero
almeno che un pochettino vi incuriosisca.
Baci, Black87.
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Capitolo 2 *** 1. ***
Firmato il mondo capitolo 1 da pubblicare.
[Pov Ludwig]
Fissava insistentemente quel fascio di luce che entrava quasi a forza
dalla finestra semi-chiusa. Intravedeva la polvere volteggiare a
mezz’aria, facendo quasi da corona a quella scarsa illuminazione
tanto odiata dal tedesco.
Puntò poi lo sguardo celeste su quella maledetta lettera.
L’aveva rigirata così tanto fra le mani che ormai
l’inchiostro scuro era sbavato, e la carta leggermente
stropicciata rispetto a come l’aveva ricevuta. Conosceva ormai a
memoria ogni singola parola.
Era uno scherzo, vero? Chi può mandare un invito del genere con
la presunzione di firmare “il Mondo”? Chi si illudeva tanto
importante da poter anche solo immaginare di essere il suo pianeta?
Già in principio aveva pensato fosse solo uno scherzo, magari da
parte di suo fratello. Sarebbe stato tipico.
Però, aveva dovuto ricredersi. Sentiva una morsa
all’altezza dello stomaco, un lieve senso di colpa, e uno strano
interesse che lo annientavano.
Doveva buttarla ancora prima di aprirla, solo per evitare di
farsi delle inutili complicazioni, o perfino crisi esistenziali, nel
peggiore dei casi.
Non esisteva, in primo caso, la personificazione del mondo. Ne era
sicurissimo, almeno fino a poco fa. Ora quel fastidioso dubbio gli
trapanava la testa, lo induceva a cercare una risposta plausibile che
mettesse a tacere la sua coscienza.
Si stese sul letto, cercando di annebbiare le sue preoccupazioni
pensando ad altro. Aveva già dei problemi di suo, e adesso
spuntava questa storia del Mondo. Che diamine, la terra erano le
nazioni unite, punto.
Forse un po’ di tranquillità gli avrebbe fatto bene. Si
sarebbe riposato a dovere, avrebbe dimenticato quell’assurda
lettera e magari avrebbe avuto il coraggio di affrontare ciò che
da tempo gli rodeva l’anima.
Quiete. Ecco di cosa aveva bisogno.
Non fece in tempo ad accartocciare la busta e lo scritto che Gilbert
fece irruzione nella camera con la sua solita grazia, urlando un
“Ludwig” strozzato. Si avvicinò a lui quasi
correndo, balzando sul letto ripetendo frasi sconnesse e spesso gridate.
Germania si alzò di nuovo a sedere, eliminando definitivamente
l’opzione di starsene in panciolle, magari a leggere un buon
libro davanti al camino.
Gli parve però strano che suo fratello fosse così
agitato. Era un tipo vivace, certo, ma per la maggiore riusciva a
mantenere quel poco di contegno che poteva farlo riuscire dignitoso.
Ora, invece, aveva davanti un Gilbert che non sapeva articolare una
frase decente, senza contare che non smetteva di gesticolare e agitarsi
sul letto come per saggiare la qualità del materasso.
-Quella!- Disse, ancora più concitato di prima, indicando il
foglio di carta in mano a Ludwig. Che? L’aveva capito subito che
alla fine quella lettera non l’avrebbe portato a nulla di buono,
gliel’aveva gridato il suo stomaco in subbuglio e il suo sento
senso, ma lui non li aveva ascoltati in un primo momento.
-Ce l’hai anche te! Gott, lo sapevo!- L’albino si sedette
meglio sulla sponda del letto, appoggiandosi i gomiti sulle ginocchia
mentre le mani coprivano i viso piuttosto stanco.
Quindi...quindi non era l’unico ad essere stato invitato dal
Mondo a casa sua. La faccenda era più seria di quello che si
sarebbe mai immaginato. Ora si spiegava l’agitazione
apparentemente immotivata dell’altro.
-Chi l’ha ricevuta?- Chiese come sempre laconico, perfino in una situazione simile.
-TUTTI!- Rispose l’altro quasi esasperato. Era inutile negare la
realtà. La personificazione del Mondo esisteva eccome, e li
voleva tutti a casa sua chissà per quale motivo. Ludwig ebbe una
sensazione di estremo cambiamento, perfino nell’aria che
respirava in quel momento. Era come scoprire di avere un padre, o un
nonno, se non qualcosa di più vecchio e incredibilmente saggio
di loro.
Aveva appena appreso di un’ipotetica esistenza del Mondo e
già gli incuteva timore e rispetto. Non era sicuramente come una
“semplice” nazione, riusciva a sormontarli come niente solo
ad essere pronunciato. La solennità che doveva avere
quell’uomo –o donna- si faceva largo nella sua mente, tra
un misto di ammirazione e un’immensa grandezza.
Quello era il solo modo per definire i suoi pensieri.
Si figurava un Re, un grande sovrano, saggio come pochi e umile come i
giusti. Si figurò il suo aspetto gradevole, un sorriso sincero e
un’instancabile voglia di andare avanti nonostante il putiferio
che loro continuavano ad alimentare.
Sgranò appena gli occhi, ora sotto lo sguardo interrogativo del
fratello. E se il Mondo volesse punirli? Per tutto ciò che
avevano fatto a lui e che continuavano a fare? In quel caso la lettere
sarebbe una specie di condanna, o una gentile minaccia.
-Gilbert... e se il Mondo esistesse davvero? Perché si dovrebbe fare vivo adesso? Forse per punirci?-
Vide Prussia assumere un’espressione più seria, segno che
cominciava a lavorare con il cervello. Forse anche lui aveva fatto i
suoi stessi ragionamenti, o magari aveva già parlato con altre
nazioni e loro sapevano qualcosa di più.
-Non credo che voglia fare una cosa simile. Nella lettera
c’è esplicitamente scritto che possiamo rifiutarci di
andare da lui.- Afferrò il foglio, pensieroso.
–Però è anche vero che venendo a sapere della
presenza di un personaggio simile è assai difficile che qualcuno
si rifiuti di venire.-
Ora Ludwig parve più preoccupato. Non per le deduzioni che aveva
fatto il Fratello, ma riguardo al fatto di accettare l’invito.
-Vuoi dire che... dovrò venire?-
-West...-
Ghignò inclinando la testa di lato. Il tedesco odiava quando
faceva così. Era come un segnale di avvertimento per lui, una
specie di spia luminosa che gli indicava la pericolosità
crescente di Gilbert.
-Preparati. Si va in Svizzera-
E questo era un ordine.
[Pov Feliciano]
Si trovava sul confine italiano, al fianco di Romano. Rispetto
agli altri, aveva preso piuttosto bene quella faccenda così
singolare. Suo fratello invece doveva ancora mandare giù quel
boccone amaro, e continuava ad imprecare e pregare tutto assieme.
Pareva più strano di lui a volte, e questo non era un bene.
Riusciva a preoccuparsi per chi stava peggio di lui, in qualunque caso.
-te lo dico io, Cazzo! Ci vuole uccidere tutti! MERDA!-
Dopodiché si fece il segno della croce e volse gli occhi al
cielo, lagnandosi a più non posso. Solo lui allora aveva colto
l’unico segnale che quel fantomatico personaggio aveva cercato di
dare? Eppure era anche semplice da interpretare.
La svizzera.
Il Mondo aveva scelto la Svizzera, la nazione neutrale per eccellenza!
Con un po’ di attenzione avrebbero potuto capirlo tutti. Anche
se, a dire il vero, quest’apparizione così improvvisa
inchiodava al muro anche l’ottimismo di Feliciano. Aveva una
malsana fiducia nel prossimo, e sperava vivamente che tutto ciò
servisse magari a risolvere delle vecchie questioni. Difatti nella
lettera –che teneva ancora in tasca- si congedava con un
“ti farà bene venire qua”.
Magari non l’avrebbero nemmeno incontrato, questo fantomatico
Mondo, chi lo sapeva. Poteva essere...bah....un trisavolo? Forse.
Solo di una cosa era certo. In quell’ipotetica casa si sarebbero
ritrovati tutti gli stati, e per di più consenzienti. Ciò
voleva dire che avrebbero dovuto mettere da parte le loro divergenze e
ricalità almeno in quell’occasione. Era per questo che
usciva dall’Italia a testa alta, con una nuova luce negli occhi,
e lo sguardo volto avanti sempre più speranzoso. Si sarebbero
stancati di litigare, prima o poi, e il Mondo li avrebbe aiutati.
Feliciano poteva essere un ragazzo troppo ingenuo, infantile, un
pasticcione cronico, ma aveva imparato ciò che gli altri
invidiavano e che non avrebbero mai potuto avere: vedeva il mondo con
gli occhi di un bambino.
-Feliciano! Cazzo! Cazzo! Ho paura! Ed è tutta colpa di quello schifoso Crucco!-
-Guarda che Doitsu non c’entra nulla...-
-E Invece è stato lui! Questa è una trappola per
ucciderci tutti! Te lo dico io, quello ha solo patate per la testa! E
le schiaccia pure! Per questo devi piantarla di osannarlo tanto!-
Italia sorrise, pensando che anche Germania si sarebbe trovato in
Svizzera, con lui. Non fece a meno di esserne contento, e non poteva
farci nulla se il fratello gli proibiva di volergli bene.
Il suo Doitsu lo aiutava sempre, aveva un bel carattere se si
cominciava a conoscerlo, ed era bellissimo quando arrossiva. La sua
pelle era talmente chiara che il colore purpureo sulle guance si notava
molto di più del normale.
In quel periodo aveva pensato spesso a lui. Si ritrovò a pensare
di darsi una mossa, o più semplicemente di stargli vicino senza
combinare i suoi soliti guai. Riusciva sempre ad infastidirlo nei
momenti meno opportuni, e lo faceva preoccupare eccessivamente.
A quel pensiero il suo sguardo si oscurò di poco, e finse di
fissare fuori dal finestrino mentre il treno su cui si trovava giungeva
pigramente a destinazione.
Perché, maledizione, vedere il volto del tedesco tirato e
rigido, sempre fisso sui libri o documenti gli dispiaceva. Provava una
vaga fitta al cuore quando lo sgridava, quando, per causa sua, era
costretto a sacrificare il tuo tempo e la sua pazienza. Soffriva nel
vederlo stare male, quando si sforzava eccessivamente.
Eppure, quando sorrideva, riusciva a fargli mancare il fiato.
Perché finalmente capiva quello che pensava l’altro, ed
era sicuro che fosse felice.
Fu sicuro di trovare il posto giusto quando vide Vash fermo davanti ad
una sottospecie di palazzo, che prima non aveva mai visto. Emanava una
nota di imperiosità, e si convinceva dell’esistenza del
Mondo ogni volta che provava solo a guardare la costruzione. Non era
troppo elaborata, ma riusciva ad essere gradevole, ampia e luminosa.
Aveva anche un bel giardino, non troppo grande ma ben curato e
verdeggiante.
C’era nell’aria un buon profumo, adornato da un leggero
cinguettio che fungeva da cadenza per le ormai ansiose nazioni in
attesa.
Difatti Svizzera era solo la prima persona che aveva notato.
C’erano tutti i vecchi alleati, che zittiti dal nervosismo
guardavano insistentemente la villa. Avevano uno sguardo preoccupato, e
soprattutto curioso. Pareva che avessero paura di muoversi, o anche
solo di parlare. Erano come delle statue, pronte a scattare appena
quelle due grosse cancellate di ottone si fossero spalancate. Era quasi
sovrannaturale scorgere un Russia con lo sguardo aggrottato, e
un’inusuale Inghilterra posto tra America e Francia.
Feliciano si guardò in torno, cercando con lo sguardo Giappone e
Germania. Non impiegò molto a trovarli, soprattutto per le
evidenti caratteristiche del secondo soggetto che spiccavano anche
nella massa. Ritrovò il buonumore, e corse in contro ai due
salutandoli ed evitando le varie nazioni, felice di rivederli dopo del
tempo.
Si avvicinò, mormorando dei “Ve” sempre sorridendo,
e abbracciò Kiku. Questo, come al solito, rispose freddamente al
suo saluto arrossendo di poco per l’esagerata esuberanza
dell’italiano.
-Veeh, Kiku!-
Ancora più felice si avvicinò a Ludwig, ma appena lo
toccò questo si ritirò quasi Feliciano scottasse, e si
allontanò di poco fissandolo male. Italia rimase un poco
confuso, e pensò semplicemente che il tedesco si vergognasse.
-Doitsu, tutto bene?-
Il diretto interessato si scostò di nuovo, spostando malamente il braccio che Italia aveva appoggiato al suo.
Ridusse gli occhi a due fessure, scrutandolo dall’alto, per poi sibilare.
-Lasciami in pace.-
Feliciano cercò di ostentare un sorriso tirato sul volto, non
volendo capire ciò che l’altro gli aveva detto. Lasciami
in pace.
Tre parole che ora gli vorticavano in testa, rischiando di farlo
diventare matto. Perché gli aveva detto così? Cosa aveva
fatto adesso? Incassò poco dopo il colpo, e avvertì un
groppo in gola. Doitsu non stava scherzando, e ciò che aveva
detto era reale ed estremamente umiliante.
Il ragazzo strinse i pugni, indietreggiando di un passo mentre non
smetteva di fissare quei due pozzi celesti che ora parevano odiarlo
tanto.
-Doi...tsu...- Sussurrò a mezza voce, ordinando invano alle sue
guance di non diventare rosse, e ai suoi occhi di non pizzicare.
Notò con la coda dell’occhio Kiku che fissava il tedesco
stupito. Quello non era la sua Germania. Si rifiutava di credere che
lui potesse rifiutarlo così senza motivo.
Ludwig si girò, impassibile come sempre, e avanzò con le
altre nazioni, quasi al passo di marcia all’apertura del palazzo
del Mondo.
Con un’inquietante e prolungato cigolio, le cancellate che
dividevano gli stati dalla verità si spalancarono lentamente.
Ora si poteva mettere tutto in gioco, mandare al diavolo le
avversità ed essere al cospetto del loro Re.
Lasciarono indietro però un povero italiano, che vedendo la vita
come pochi, tratteneva lacrime inutili,di confusione e anche offesa.
Ma che solo lui avrebbe potuto interpretare.
Entrò nel palazzo dopo gli altri, trascinandosi nella polvere
del vialetto. Al suo passaggio i cancelli si chiusero, con un sonoro
clangore e un “clack” che però nessuno notò.
Ecco il primo
capitolo. La storia è appena iniziata, e già nel prossimo
chappy comincerà ad ingranare marcia. Ringrazio per le
recensioni, mi han fatto davvero molto piacere.
Questo mondo allora incuriosisce, neh? Posso solo dire che apparirà, ma molto più avanti.
Un Grazie a chi solo legge o apre per sbaglio la paginaXDXD
Thanks.
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Capitolo 3 *** 2. ***
Firmato il Mondo capitolo2
[Pov Arthur]
Avanzava calpestando la terra battuta, sollevando piccole nuvolette di
polvere. Faceva freddo, molto freddo, e anche di pomeriggio scorgeva
l'aria che si condensava davanti alla sua bocca.
Ancora pochi passi e avrebbe scoperto la verità, o come diceva lui, avrebbero sventato quella farsa.
Fin da subito aveva guardato la lettera con scetticismo, e anche se
alla fine aveva accettato l'invito non voleva certo dire che credesse
nell'esistenza del Mondo. Un semplice scritto spedito ad ognuno di loro
così all'improvviso non poteva che fermentare la sua ipotesi:
uno scherzo idiota.
Aveva persino individuato potenziali colpevoli, ed elaborava possibili
ipotesi e alibi di ognuno da quando era partito. Purtroppo per lui il
pensiero che fosse solo una bravata non riusciva a mettere a freno
quell'insana agitazione che si sentiva incollato addosso.
Ringraziò però il cielo per aver convinto, anche con le
cattive, Sealand a non partire, o per lo meno non dare troppo peso a
quella lettera.
Cosa che lui non avrebbe dovuto fare, dato che in quel momento si
trovava incastrato fra Alfred e quel fastidioso vinofiilo, che per
sua grande fortuna, non parlavano zittiti dalla tensione. Era
però anche sicuro che nessuno in quel momento avrebbe voluto
trovarsi lì, per quella ragione, e circondato da alcune persone
ormai acerrime nemiche.
Fissò di nuovo la grande villa, apprezzandone le particolari decorazioni, di certo non troppo esagerate ma eleganti.
Era un bel posto, dopotutto. Il tipico paesaggio del nord, la brina
quasi maligna che insiste per avvolgere ogni cosa nell'abbraccio del
gelo. Gli ricordava un certo francese.
Si chiese poi il perchè avesse scelto proprio la Svizzera,
questo fantomatico Mondo (sempre se c'era davvero). Poteva apparire
come un messaggio benevolo, ma da quanto aveva capito stando lì
nemmeno Vash vedeva di buon occhio quella novità.
Sentì dei passi sorpassarlo lenti e studiati, e con stupore si
accorse che Ivan, staccatosi dal gruppo, si avvicinava quasi serafico
al portone volutamente grande e decorato. Il russo non disse una
parola, ma spalancò l'entrata spingendo con due mani, per poi
girarsi verso di loro con il solito inquietante sorriso, facendo
svolazzare la sciarpa.
-Grazie, Ivan.- Mormorò Alfred riprendendo a camminare dopo un
attimo di esitazione. L'aria era invasa dai loro fiati, ormai mutati in
nuvolette. L'atmosfera, invece, era pregna di ansia. Finalmente
avrebbero capito chi diavolo aveva organizzato una cosa del genere,
riuscendo a far beccare almeno un paio di infarti ad ognuno di loro.
Si mosse anche l'inglese, molto più titubante rispetto a prima.
Doveva starsene a casa. L'aveva ripetuto a sè stesso più
volte, ma era troppo intelligente da parte sua ascoltarsi una buona
volta!
Fecero il loro ingresso in grande stile, camminando fianco a fianco e
stando in religioso silenzio. Le nazioni, una volta all'interno, si
guardarono un po' in torno, esplorando la stanza dove si trovavano con
uno sguardo, senza notare il lusso che li avvolgeva.
Attendevano che il mondo si facesse vivo, maledizione! Arthur strinse i
pugni stizzito, aggrottando le sopracciglia e cominciando a fissare
male i suoi segreti deputati.
Alfred si staccò da lui, facendo qualche passo avanti e
chinandosi sul pavimento afferrando un fogliettino. L'aveva avuto al
fianco tutto il tempo, gli era quasi dispiaciuto vederlo avanzare
lasciandolo lì. L'americano si mise a posto gli occhiali e si
rivolse agli altri fissando con aria grave il piccolo pezzo di carta.
A volte arthur si stupiva di come Alfred sapesse prende in mano la
situazione, e tralasciando alcuni suoi modi di fare poteva davvero
definirlo coraggioso, anche se NON eroe. Era un bambinone per la
maggior parte delle volte, a capitava spesso che lo infastidisse o gli
procurasse addirittura rimorso, ma vederlo lì, davanti a tutti
con uno sguardo così deciso in volto lo faceva apparire
più adulto.
E ad essere sinceri non gli dispiaceva affatto vederlo sotto quel'insolita luce, anche se non l'avrebbe mai ammesso.
-Hey, Attenzione!- Aprì il foglio spiegazzato, rivelandolo
più grande di ciò che si aspettava vedendolo da
lì. -C'è scritto..."Fate come se foste a casa vostra.
Firmato: il Mondo".-
Calò il silenzio, ma solo per pochi attimi. Come una bomba
caricata a tempo, le nazioni esplosero una dopo l'altra, creando un
brusio insopportabile. Inghilterra cercò di avvicinarsi ad
America, biascicando improperi e sentendo dietro di sè alcune
lamentele in francese.
-Alfred? E questo cosa significa?! Dammi quella lettera!-
Non fece in tempo a finire la frase che un prussiano mezzo imbestialito
lo superò velocemente facendosi largo, piantandogli una poderosa
gomitata nello stomaco.
-FUCK!- Gli urlò da dietro, ma invano. L'albino sembrò
non sentire nemmeno, e si intrufolò nel gruppetto di persone
ammucchiate intorno ad Alfred.
Non ebbe il coraggio di avvicinarsi ancora, preferì non
immischiarsi per il momento. Gongolò poi quando Elizaveta
colpì con tutta la sua forza Gilbert, incastonandogli la padella
nel cranio.
Sbuffò per niente compiaciuto, per poi sentire una mano sulla
sua spalla, mentre fissava ancora quella persona l'una ammassata
all'altra.
-Mon Arthùr! Touts bien?- Ci mancava anche la Rana. Maledizione, i mali non vengono mai da soli.
-Si, meglio di Gilbert sicuramente. E cerca non storpiare il mio nome, quando mi chiami!-
Il Francese inarcò un sopracciglio, divertito dal perenne
malumore di Arthur. Francis riusciva ad apparire anche più
inquietante quando sorrideva a quella maniera e
l'inglese pensò di allontanarsi prima che all'altro venisse in
mente qualche idea strana, ma in quel momento non avrebbe saputo dove
andare. O non voleva andarsene?
- Mais Chère! Non scaldarti tanto! Volevo solo sapere come stavi, tutto qui.-
Arthur borbottò un "maledette rana" mentre lo fissava di sbieco.
Mentre lo fissava,si ritrovò a pensare che era un bell'uomo.
Peccato che il tutto fosse rovinato dalla sua propensione a rovinargli
la vita, o complicarla appena aveva un briciolo di tempo.
Francis fece finta di nulla, si girò verso di lui e
cominciò il suo sproloquio. Non sapeva nemmeno di cosa stesse
parlando, e a dirla tutta era abbastanza snervante.
Sapeva bene che quella rana adorava stuzzicarlo, forse perchè
non aveva altro da fare, o era infinitamente contento nel vederlo
imbarazzato o esasperato.
-Rana, ti prego, non è il momento di raccontarmi tutta la tua
vita, dato che in fin dei conti non mi interessa granchè.-
-Il Mio era un consiglio. Tagliati quei capelli, mon dieu! Oppure
tienili meglio! Insomma...non sono irrimediabilmente persi...ma se li
confronti con i miei...-
Avvicinò una mano al suo viso sfiorandogli una ciocca, ghignando come al solito. Idiota d'un Francis.
Ed era proprio perchè lo stava fissando negli occhi, che
notò il loro spostamento verso un'altra persona. Si girò
incuriosito, per vedere ciò che poteva attirare l'attenzione di
quel vinofilo. Alfred.
Alfred?
Perchè diamine stava fissando America in quel momento?
Aprì la bocca per chiedere delle spiegazioni a quella
sottospecie di maniaco che si trovava davanti, ma la voce maliziosa del
francese lo raggiunse prima.
-Lo sai che ci sta fissando?-
Arthur sgranò un po' gli occhi, chiedendosi il perchè di
tutta quella faccenda. Non spiccicò parola, ma sinceramente non
sapeva nemmeno cosa pensare di quella situazione. E se...
-Geloso, il nostro Alfred.-
[Pov Feliciano]
Cercava disperatamente l'appiglio di qualcuno in quel momento. Non si
sarebbe mai aspettato di trovarsi in una situazione simile. Ora che si
trovava da solo in quell'immensa stanza, e con un problema fra le mani,
sentiva sempre di più la sua mancanza al fianco. Era abituato ad
averlo vicino, sempre pronto ad aiutarlo.
E adesso? Cosa diamine aveva fatto, poi, per farlo arrabbiare
così tanto con lui? Non gli aveva nemmeno dato il tempo per
combinare qualcosa che già era riuscito a spezzargli il cuore.
Si girò, ascoltando con distrazione ciò che diceva
Alfred. Lo vide poco più in là, tra Roderich e Gilbert,
impassibile e rigido come sempre. Avrebbe tanto voluto raggiungerlo,
per chidergli cosa avesse fatto di male, supplicare perdono anche
inutilmente, oppure semplicemente stargli al fianco.
Feliciano era un ragazzo che non demordeva mai quando qualcosa gli
interessava realmente. Non gli importava quante volte sarebbe caduto, o
quanti sbagli sarebbe riuscito a fare, ma gli bastava raggiungere il
suo obiettivo. Cercò quindi di avvicinarsi a Ludwig il
più silenziosamente possibile, così non sarebbe potuto
andarsene prima e magari gli avrebbe anche rivolto parole più
gentili di quelle precedenti. Andò a sbattere però contro
cinque o sei persone, e cadde rovinosamente sul pavimento inciampando
nel piede di Kiku. Il giapponese lo aiutò a rialzarsi, e
preferì non fare domande sul suo comportamento, limitandosi ad
un pacato sorriso.
Italia aveva notato che un attimo prima i due restanti membri dell'asse
avevano scambiato un paio di parole, ma senza che nessuno li sentisse.
Chissà cosa si erano detti.
Ringraziò Giappone scusandosi, e molto più motivato di
prima continuò ad avvicinarsi al tedesco, ripromettendosi di non
fare altri sbagli.
Doveva essere attento e molto cauto, magari saettando velocemente fra
le altre nazioni con furtività. Okay, forse lui sarebbe stato un
po' meno teatrale, ma ce l'avrebbe fatta, ne era sicuro. Silenzioso,
veloce, efficace. Perfetto, insomma.
Poco dopo andò a sbattere contro Russia.
All'inizio si scusò come aveva fatto con gli altri,
maledicendosi per l'imbranataggine che dimostrava ogni volta -non si
era evidentemente accorto che era andato contro Ivan-. Quando
però sentì la solita risata del russo sopra di lui,
cominciò a diventare Blu per la paura. Che gli avrebbe fatto?
Ucciso, scorticato vivo senza che avesse avuto l'opportunità di
chiarirsi con Germania? Si allontanò, tremante pregando che
l'altro non fosse adirato con lui per quella bazzeccola. Ivan lo
fissò per pochi secondi, e tornò a fissare Alfred,
concentrato come pochi.
Quello era decisamente un giorno da ricordare! Quando capitava che Russia non si vendicasse a dovere?
Questo però poteva farlo anche riflettere un momentino.
Ciò che era appena successo dimostrava che la situazione del
Mondo era molto più grave di quanto si aspettasse, e forse
avrebbe potuto prestare attenzione a ciò che stava dicendo
Alfred senza mischiare le sue faccende personali.
Ma ormai la sua mente era da tutt'altra parte, ed era concentrata
solamente dal bel ragazzo ad ormai pochi metri da lui. Voleva che per
una volta quel Crucco (si, se lo meritava) gli dicesse cosa pensasse
realmente, e che la smettesse di chiudersi in sè stesso. Voleva
aiutarlo, ma non avrebbe mai potuto farlo realmente se non sapeva nulla
di ciò che gli succedeva. Eppure ci provava, almeno a farlo
sorridere, anche se per la maggior parte delle volte riusciva solo a
farlo arrabbiare.
Si concentrò di nuovo e arrivò dietro a Prussia. Ormai
era vicinissimo a lui, e da lì poteva guardarlo indisturbato
senza che l'altro se ne accorgesse.
Fece pochi passi, felice del suo successo, quando Gilbert urlò
qualcosa in tedesco e partì alla carica sgomitando fra le altre
persone, invitando anche Ludwig a voltare il capo, per vedere cosa
stesse mai combinando il fratello.
Peccato che Feliciano si trovasse esattamente dietro all'albino, e
Germania, girandosi, lo notò subito. Sussultò
impercettibilmente sgranando gli occhi chiari e a grandi passi si
spostò da lui, così che non potesse nemmeno vederlo.
Italia si limitò a fissarlo andare via, sentendo chiaramente le
lacrime che volevano bagnargli il viso a tutti i costi. Si era persino
impegnato per arrivare da lui di soppiatto, non poteva almeno
salutarlo? Gli sarebbe bastato anche un gesto così semplice, e
di sicuro Ludwig non sarebbe stato costretto a parlarci assieme per
tutto il tempo.
Un saluto, ecco cosa chiedeva.
Il groppo in gola che faticosamente aveva cacciato via ritornò
più forte di prima. Si portò le mani al petto,
stringendosi la camicia blu fra le mani e cercando di ritrovare un po'
di quel contagno che tanto avrebbe voluto avere.
Aveva la vista sfocata, e fra poco non si sarebbe più trattenuto
dal versare almeno una o due lacrime. Decise quindi di uscire da quel
posto, approfittando del fatto che il grande portone fosse ancora
spalancato dopo la loro entrata.
Uscì quasi correndo, asciugandosi gli occhi con un braccio e
finendo nel bel giardino di quella casa. Perchè si comportava
ancora così? Perchè?!
Non poteva nemmeno parlarci insieme, al suo Doitsu, come faceva a
chiedergli cosa gli prendesse? Aveva persino sussultato quando l'aveva
visto a pochi passi da lui, quasi fosse un mostro che avrebbe potuto
fargli del male.
Tirò su col naso, mentre appoggiava la schiena ad un salice e
fissava insistentemente il suolo per trovare qualcosa con cui
distrarsi, ma inutilmente.
Fu solo allora, che non lontano da lui sentì un fischio. Non
prolungato e immutato, pittosto una filastrocca, o una canzoncina.
Un'allegra canzoncina.
Note dell'autrice
*^* Grazie :D Grazie infinite per le recensioni! Me felice! Davvero, mi inchino a voi, bella gente u.u
un grande GRAZIE a chi ha messo la storia fra le seguite e i preferiti.
Grazie a:
Lambo566, che mi ha fatto notare di una grave dimenticanzaXD Grazie!
Hanta97, che se non sbaglio aveva recensito anche il primo capitolo, Grazie^^
Sideral Space Seed, un grazieissimo per le belle recensioni che mi lasci^^ Seguo la tua fic, e devo dire che mi piace molto^^
Eren Raimizu, Grazie anche a te^^ Lo so, Ludwig è da fucilare, ma ha le sue ragioni.
_Valchiria_, che aveva recensito il primo capitolo, graaazie^^
Un bacio, Black87.
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Capitolo 4 *** 3. ***
firmato il mondo capitolo 3
[Pov Feliciano]
Era un'allegra litania, cadenzata abbastanza velocemente. Non ricordava
di averne sentite di simili. Fischiettata con maestria, non pareva
provenire da un punto preciso, ma era come se più persone si
unissero a quel fischio e lo circondassero completamente.
Si alzò titubante, restando con il dorso attaccato alla
corteccia ruvida dell'albero che gli sporcò la camicia.
Continuava a torturarsi le mani mentre girava la testa a destra e a
sinistra, nella vana speranza di riconoscere una faccia amica in quel
fischiettare.
Prima di disperarsi del tutto, si illuse che fosse una delle altre
nazioni, uscita come lui all'aria aperta, sotto un cielo che si
colorava pian piano di fuliggine. Pensò di non essere l'unico ad
odiare la situazione che si era creata in quell'immenso salone poco
prima, e sperò vivamente che fosse così.
Mentre ispezionava il luogo con le iridi nocciola, gli cadde l'occhio
sul cielo. Non avrebbe piovuto, ma tutto quel griguime oscurava man
mano il sole che lui adorava tanto e che fra poco non avrebbe
più visto. Che giornata orribile. Se solo il suo Doitsu non
fosse arrabbiato con lui chissà per quale ragione adesso sarebbe
stato lì a rincuorarlo anche solo con la sua presenza, e
l'avrebbe confortato dicendogli di non preoccuparsi, e che
probabilmente quel fischio era un'altra persona.
Ma Ludwig non c'era.
Ora si trovava in quel bel palazzo, circondato da amici e nemici, dimenticatosi completamente di lui.
Con il cuore in gola, fece un passo nell'erba verde, e felice che nulla
l'avesse ancora colpito o attaccato avanzò di più,
mettendo i piedi uno davanti all'altro. Mentre muoveva quei pochi passi
continuava a girarsi quasi convulsamente, temendo di trovarsi
un'assassino alle sue spalle. Aggirò due betulle, avvicinandosi
ad un piccolo laghetto vicino ad una panchina bianca, posizionata sotto
una quercia dall'apparenza molto vecchia.
Peccato che quei luoghi fossero rovinati dalla solitudine , e dalla visione distorta che ne aveva Feliciano data la paura.
Fissò intensamente il riflesso del grande albero nel piccolo
laghetto. Non v'era vento, e le foglie secche si adagiavano placide
sull'acqua immobile, per poi affondare come vecchi relitti.
Quando alzò di nuovo lo sguardo sul giardino, però, vide
un uomo seduto sulla panchina davanti a lui. Cacciò un grido,
allontanandosi di poco, mentre guardava terrorizzato la figura, che
apparentemente fischiettava ancora. Solo quello spavento gli aveva
tolto 10 anni di vita.
Tremando, si allontanò ancora, intento a scappare nel palazzo di
lì a poco, gridando aiuto ai 4 venti -tra cui un certo Ludwig-.
C'era però qualcosa che lo bloccava. Si sentiva i piedi
inchiodati al terreno, e non aveva il coraggio nè di muoversi
nè di gridare come prevedeva il suo brillante piano. Quella
strana canzoncina che l'uomo fischiava ancora lo tranquillizzava. Se
ora lo fissava bene, quell'uomo, non lo stava nemmeno fissando. Teneva
gli occhi chiusi, battendo il piede sull'erba per tenere il
ritmo, assumendo addirittura un'espressione concentrata.
Rincuorato dal pensiero che forse stesse solo fischiettando, Feliciano
andò in contro a quella misteriosa figura, che ancora non
l'aveva notato.
Quando fu a pochi passi da lui, lo salutò cordialmente, con un cenno della mano e un "Buongiorno" quasi urlato.
Perchè prima ne aveva avuto terrore? Era solo un'anziano che
stava tranquillamente seduto su una panchina. Portava dei vestiti
eleganti, però la barba lunga. La cosa che perl lo
impressionò di più furono i numerosi tagli e cicatrici
che parevano tappezzargli il corpo magro, le continue medicazioni ma il
perenne buonumore.
la litania si bloccò all'improvviso e un educato "'Giorno"
arrivò anche alle orecchie di Italia. Aveva una voce roca,
quasi strozzata. C'era però una punta di ironia nelle sue
parole, a giudicare dalla curvatura degli angoli della bocca.
Poi, aprì gli occhi, inchiodandolo lì dov'era.
Erano bellissimi. Non aveva mai visto un colore così vivo, non
aveva mai ammirato un'esplosione di colori simile. Nemmeno nella sua
immaginezione poteva figurarsi quel misto di azzurri, verdi , e leggere
pagliuzze dorate, che donavano solo altra luce al suo sguardo.
Restò a bocca aperta, incerto se complimentarsi con lui
riguardo a quei magnifici occhi.
-Sai chi sono io?-
la domanda lo spiazzò completamente. E cosa ne sapeva lui? Era
appena arrivato in svizzera, scappato praticamente da quella villa
gigantesca e trovato un tizio fischiettante nel giardino. Come poteva
saperlo? Fissò l'anziano signore leggermente confuso.
Come non succedeva da tempo cominciò a ragionare. Scartò
alcune ipotesi assurde, concentrandosi su quel fastidioso dubbiò
che bussava alla porta della sua mentre da un po'. E se fosse stato il
Mondo?
-Il Mondo!- Esclamò lui titubante, avendo persino paura di una
risposta affermativa. Questo fece finta di pensarci un po', poi scosse
la testa. No.
Non era il Mondo, dunque.
-Non proprio, ragazzo.-
Non proprio? Cosa intendeva con quella risposta? Era riuscito solamente a confonderlo fino ad ora.
-Hai visto quei tipi là dentro? - Indicò la facciata del
palazzo, sbuffando appena con un sorriso amaro sulla bocca.
-Si, li ho visti. Sono simpatici. Non tutti, ma la maggior parte si! Li
devi conoscere!- Leggermente più esaltato e sicuramente
più a suo agio sentì persino la voglia di chiacchierare
con quello sconoscuto.
-Sei troppo ottimista, sai? ma io conosco i miei polli!- agitò
la mano, aggrottando le sopracciglia ma mantendo un sorriso -Sono uno
più stupido dell'altro quando vogliono. Riescono solo a farsi
del male!- Fece un ringhio contrariato.
Feliciano a quel punto abbassò il capo, triste, comprendendo la
veridicità delle sue parole. Aveva appena pianto per quel
motico, giusto? Gli avevano fatto del male.
-Oh, su ragazzo! Capiranno prima o poi che sbagliano! Nel mentre...sai che non dovevo nemmeno parlare con te?-
Ora Italia si sentiva immischiato in qualcosa più grande di lui.
Fece per prlare, forse provando almeno ad esporre al signore i suoi
dubbi, ma questo si limitò ad afferrare il bastone che aveva al
pianco della panchina per aiutarsi a mettersi in piedi. A vederlo non
pareva così malandato, eppure non riusciva nemmeno ad alzarsi da
solo. Feliciano gli avrebbe volentieri offerto il suo aiuto, anche se
oramai l'uomo si trovava di fronte a lui.
-E magari hai anche capito qualcosa! Scusami, neh!-
E ora perchè diceva così? Cosa dovrebbe aver capito a
parte che conosceva meglio di lui tutte le nazioni, e che si stava
scusando inutilmente?
Il colpo arrivò improvviso e forte.
Non capì nemmeno lui cosa fosse successo realmente, ma
gridò con quanto fiato aveva in gola, solamente per farsi
sentire, magari da suo fratello, o forse persino da Germania.
Poi un forte dolore alla testa, e il buio che si impadroniva di lui.
L'immagine dell'uomo che camminava tranquillo lontano sfocava sempre
più, fino a diventare nera.
Tenne gli occhi chiusi per colpa della sua testa. Pulsava ritmicamente,
provocandogli dolore alle tempie, anche se questo dopo un po'
cominciava a scemare.
Si sentiva protetto, al caldo. Avvertiva chiaramente la morbidezza del
cuscino sotto la sua testa, e delle coperte avvolte sulla sua
figura, quasi volessero proteggerlo. Ora aveva solo bisogno di starsene
lì rilassato, e solo successivamente avrebbe voluto sapere cosa
fosse successo.
Non ricordava molto, ma gli balenaono in testa gli occhi un uomo. Erano
bellissimi, eppure solo al pensiero, tremò impercettibilmente.
Chiuse di più le palpebre, implorando mentalmente la testa di
smettere di tartassarlo così. Mentre si ranicchiava nelle
coperte, e mentre delle fitte gli colpivano più volte il capo,
sentì di nuovo quella presenza avvicinarsi a lui. Sapeva
benissimo che si trovava in una stanza con qualcuno, e stranamente non
ci teneva molto a sapere chi fosse. Nel migliore dei casi si trattava
di suo fratello.
Avvertì il tocco caldo di quell'ignota persona sul suo braccio.
Poi quella mano così rassicurante passò sul suo volto,
dove si soffermò ad accarezzarlo delicatamente scompigliando di
tanto in tanto i capelli facendolo stare quasi bene.
No, non era suo fratello.
Romano aveva delle mani più piccole, e di sicuro non era
così discreto e silenzioso. Avrebbe sicuramente iniziato ad
urlare un "OSSANTOCIELOMIOFRATELLOMUORE!" magari adornato da improperi
di ogni genere.
Ma quello non era il tocco di suo fratello, ne era sicurissimo.
Nell'incertezza, aprì faticosamente gli occhi, che richiuse
subito non essendosi abituato alla luce. Sbattè più
velocemente le palpebre, e tenendo gli occhi semichiusi posò il
suo sguardo sulla persona davanti a lui. Vide solo dei pantaloni verdi,
leggermente larghi. Poi una maglietta completamente nera e attillata,
dove però sul bordo spiccava la scritta "Awensome".
Gilbert? No, non era lui. Il tizio che aveva davanti era decisamente
più muscoloso e docile dell'impetuoso prussiano.
Alzò di più lo sguardo, notando una croce di ferro
legata al collo di quella persona che così costantemente gli
stava al fianco. Non...non poteva essere....?
Volendo trovare alla svelta una risposta certa al suo perchè si
decise a fissarlo in faccia, con il cuore che a momenti gli balzava
fuori dal petto.
Era un miracolo. Avevano esaudito le sue preghiere finalmente; e una
volta tanto si ritrovò a fissare due pozzi celesti e dei capelli
biondissimi che tanto gli erano mancati. Sentì la
felicità montare, e le preoccupazioni andare via assieme al
dolore alla testa. Non si spiegava gli strani cambiamenti d'umore del
tedesco, ed era intenzionato a scoprire il perchè di tutto
ciò, ma ora che se lo ritrovava di nuovo vicino poteva
dichiararsi soddisfatto e contento.
Si dimenticò persino di sorridergli, ma a questo pensò
lui, dato che gli sorrise lievemente come non avrebbe mai sperato di
vederlo fare, per poi sussurrare:
-Dormi Feliciano.-
Non osando trasgredire l'unico ordine che in quel momento gli imponeva
chiuse gli occhi, promettendosi però di non addormentarsi, per
poter stare coscientemente accanto a Ludwig. Si abbandonò a quel
tocoo leggero che ora lui gli offriva, sorridendo pacatamente e
facendosi sfuggire dalla bocca un "veeh". Afferrò poi la sua
mano, e gliela strinse potrandosela al petto felice che l'altro non
protestasse.
Non voleva cadere fra le braccia di morfeo proprio adesso, che si
sentiva così realizzato. Non voleva, perchè se si fosse
addormentato, Ludwig se ne sarebbe andato via da lui, e al suo
risveglio non ci sarebbe stato molto probabilmente. Quindi strinse di
più la sua mano, sperando di trovarla lì anche quando si
sarebbe ripreso.
Gilbert si girò verso il
fratello, con uno sguardo allo stesso tempo triste e benevolo sul
volto. Da giorni ormai voleva fargli quella domanda, e ora era giunto
il tempo dei chiarimenti.
Si sedette vicino a lui, fissando davanti a sè ma cominciando a parlare, con un'aria sbarazzina ed esperta.
-Mi spieghi perchè hai paura di farti amare?-
Note dell'autrice:
Povero Doitsu. Alla fine passa dalla
parte del cattivo, ma dato che sarà lui a salvarci dal 2012 non
è poi così crudeleXD Probabilmente resterete un po'
confusi per quando riguarda il violento vecchietto, ma non posso darvi
altre informazioni che già non vi abbia dato lui nella fic.
Per finire, ringrazio chi ha messo la storia nelle preferite, chi nelle seguite e chi ha recensito.
Grazie a:
Eren Raimizu
hanta97
ReMShipping
Ivan_Kirkland
Baci^^
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Capitolo 5 *** 4. ***
firmato il mondo capitolo 4
Nelle menti di ciascuno regnava sovrano il panico e il timore,
dati dall'assoluta incertezza e dall'improbabilità della
situazione, sempre più complicata e grave di come era apparsa
inizialmente. La presenza tanto attesa si era ipoteticamente rivelata
ad una sola persona, la meno affidabile. E anche in quel caso, l'aveva
colpita tramortendola.
Chi aveva interesse nel colpire Italia? Sarebbe stato già
più logico tendere un tranello a Germania, Russia o Inghilterra.
Tutte le altre nazioni si erano macchiate di colpe ben più
gravi, durante e non il conflitto mondiale. Sarà perchè
il Bel Paese si è ritirato dinnanzi al pericolo, oppure i
pregiudizi non riescono ad unificare spiritualmente il popolo tra Nord
e Sud?
In ogni caso, fare del male ad Italia pareva una cosa quasi vile. Era
uno degli stati più benevoli e allegri, che cercava invano di
non escludere nessuno, e aveva un gran sorriso pronto per tutti.
Tentava di fare del suo meglio in ogni situazione, e combatteva
estrenuamente per risultare simpatico a qualcuno. Come si poteva
odiarlo così tanto da fargli del male immotivatamente?
Se lo chiedevano tutti da un bel pezzo, ma non riuscivano a cavare
fuori una risposta che li soddisfacesse tutti appieno, o che li
tranquillizzasse.
[Pov Ludwig]
Lui l'aveva visto, chiaro come il sole. Non era il mondo, sicuramente.
Ne era certo perchè l'aveva già visto in passato, sui
libri di storia, e fermo davanti alla cancellata prima che lui entrasse
in quella maledetta villa. Pregava che fossero state tutte
allucinazioni, ma percepire anche solo la consapevolezza che la sua
persona potesse essere lì lo disturbava parecchio.
L'aveva notato con la coda dell'occhio circa due o tre volte da quando
era lì. La prima, all'inizio di quella singolare "avventura" -se
così si poteva definire- la seconda quando cercava la sua stanza
sotto le scarse indicazioni di suo fratello, e la terza davanti alla
camera di Feliciano.
Si, perchè finalmente si era deciso ad andare a vedere come
stesse. Erano passati tutti a fargli visita, e lui non riusciva a
trattenersi più di tanto. Avrebbe abbattuto le sue ferree
barriere che si era costruito accuratamente, per cedere alla tentazione
di andare a trovarlo, di sapere come stava in quel momento. Era stupido
frenarsi a quella maniera, ma dopo ciò che aveva sentito e
capito forse non faceva poi così male a comportarsi così.
Gli era costata cara quella soluzione, e doveva fare di tutto per
abituarsi gradualmente all'assenza dell'italiano al suo fianco.
Probabilmente, se non fosse entrato dopo che tutti se ne erano andati,
Lovino gli avrebbe impedito a tutti i costi di varcare la soglia della
camera del fratello, anche a suon di calci e pugni.
Eppure anche in quell'occasione gli era parso così naturale
andarlo a trovare, era abituato a fare così da sempre, e anche
con tutti i suoi "buoni" propositi, non era ancora prnto a smettere di
comportarsi così. Evidentemente quando aveva deciso di entrare,
non si era preparato.
Non era pronto a vedere un Feliciano sofferente, stretto convulsamente
alle coperte del letto, con una faccia fin troppo pallida per i suoi
gusti. Non era pronto all'assenza del suo sorriso, o del suo saluto che
di solito gli giungeva alle orecchie ancora prima che lo vedesse. Non
era pronto ai sensi di colpa, al pensiero che nel momento in cui quel
pazzo gli aveva fatto male lui sarebbe potuto essere lì a
difenderlo.
Solo quella vista gli aveva stritolato il cuore, non impedendogli di
stargli vicino il tempo necessario per capire che non correva
più pericolo.
E questo era un problema. Il problema Feliciano.
Poi veniva il problema Sconosciuto; quel tizio che aveva intravisto
solo poche volte, e l'aveva sempre inquietato. Non voleva pensare a lui
in quel momento, anche perchè pareva essere stato l'unico ad
accorgersi dell' innominato, e magari le altre nazioni si sarebbero
limitate a fissarlo di sbieco pensando che avesse bevuto troppa birra.
Avrebbe indagato un poco per volta, fino a che la situazione rimaneva
invariata come in quel momento. Aveva altro a cui pensare.
Ed ecco il problema Stanze. Appena si era accennato alle poche camere
singole presenti era scoppiato il putiferio. Non erano molti quelli che
amavano condividere la stanza, quindi era stata istantaneamente
dichiarata una lotta all'ultima camera singola. Dato che mentre gli
altri sceglievano con cura il locale dove dormire lui era a trapanarsi
la testa coi sensi di colpa da Feliciano, non aveva la più
pallida idea di dove avrebbe passato la notte. In quel momento si
trovava sul secondo pianerottolo, circondato da un vociare assurdo,
completamente spaesato. Aveva sperato di trovare il fratello da qualche
parte, forse sarebbe stato in camera con lui. non seppe come e dove
muoversi, quindi restò immobile, ideciso sul dafarsi.
Lo vide girare l'angolo e avvicinarsi poco più tardi, muovendo
convulsamente il capo a ritmo della musica dell'I-pod che si portava
appresso. A scatti compieva qualche passo un po' troppo azzardato,
probabilmente cantando in playback il ritornello. Quando fu a pochi
passi da lui Gilbert lo afferrò per una spalla e fece finta di
avere in mano un microfono, muovendo la bocca senza emettere alcun
suono alitandogli solo in faccia. Ludwig arricciò il naso, non
sapendo se preoccuparsi o meno per il fratello, che in quel momento
riusciva solo a spaventarlo. I suoi dubbi diventarono atroce
realtà quando lo afferrò per i fianchi con una mano,
intrecciò l'altra con la sua e improvvisò un orribile
valzer. Si chiese più volte il perchè di tutto
quello, e alzò gli occhi al cielo, esasperato più che
mai.
Era di fronte a tre problemi esistenziali e a suo fratello veniva la
brillante idea di farsi trascinare fin troppo dalla musica, facendolo
volteggiare come un idiota nel corridoio.
[Pov Svezia]
Era stanco, molto. Il viaggio per arrivare fino a lì era
riuscito solo a sfinirlo, e le preoccupazioni si erano triplicate una
volta arrivato. Voleva dimenticarsi tutto con una veloce doccia
fredda, farsi una buona dormita e cercare di riposarsi per affrontare
la difficile giornata che l'avrebbe atteso il giorno dopo. Grazie al
cielo avrebbe condiviso la stanza con le poche persone che conosceva.
Almeno quello potevano concederglielo, no?
Forse chiedendosi quando sarebbe tornato Tino dalla cucina, aprì
la porta attendendo il suo ritonro. Guardò fuori e
inorridì. Nel corridoio c'erano i due fratelli Beilschmidt che
ballavano alla meno peggio trascinati -sperava- dall'ubriachezza.
Senza dire una parola chiuse la porta e bevve un po' di birra, nel solo intento di dimenticare.
[Pov Ludwig]
Decise di fermare il fratello quando aveva cominciato a strusciarsi su
di lui. Non gli era bastato usarlo come partner per chissà quale
ballo poco prima, adesso vedeva in lui un invitante palo. No, non
voleva sapere il perchè, e cercava di ignorare ogni possibile
risposta alla sua domanda. Afferrò il fratello per le spalle, e
lo scosse leggermente togliendogli le cuffiette del lettore musicale.
-Cosa diavolo stai facendo?!- Sbottò cercando di fissarlo
malissimo, anche se Gilbert non si fece scoraggiare dal suo sguardo e
ghignò malizioso dandogli una gomitata.
-Sei stato da Feliciano, neh?-
Non mancò l'irripetibile occhiolino da parte del prussiano.
Ludwig, come da copione, arrossì, balbettanto un "perchè,
non potevo?" che l'altro non capì nemmeno. Germania non riusciva
a comprendere perchè gli desse addirittura fastidio che gli si
ponesse una domanda simile, e il pensiero di Feliciano in quel momento
gli imporporava ancora di più le guance, che risaltavano sulla
pelle chiara. Suo fratello l'aveva sicuramente notato, e anche se non
dava voce ai suoi pensieri sapeva ciò che gli passava per la
testa in quel momento. Gilbert era sempre stato convinto di
un'attrazione fra lui e Italia, gliel'aveva ripetuto molte volte anche
se Ludwig non aveva voluto ascoltarlo in ogni caso.
Si sentì sfiorare la guancia leggermente calda, e vide l'altro
fare un gesto con la mano per dirgli di seguirlo. -Dai, vieni che sei
in camera con me.-. S'incamminò dietro al fratello, che in quel
momento salive le scale rimettendosi ad ascoltare la musica. Se avesse
presentato gli stessi pericolosi sintomi di prima, Ludwig avrebbe fatto
volare quel maledetto I-pod fuori dalla finestra.
Gilbert si fermò fischiettando davanti ad una porta, che
aprì poco educatamente con un calcio. Fu accolto da alcuni
schiamazzi, che non gli piaquero per niente. Ovviamente il suo caro
fratellino non gli aveva accennato a dei probabili ospiti nella camera,
e avrebbe dovuto scoprire a sue spese chi diavolo erano, anche se
qualche sospetto lo aveva già.
Sentendo già i sudori freddi sulla fronte, allargò al sua
cravatta e si avvicinò alla porta ancora aperta, provando a
prepararsi psicologicamente all'impatto.
Come sospettava.
Antonio.
Francis.
Avvertì chiaramente un principio di svenimento colpirlo quasi
come una manna dal cielo, ma si fece forza e mosse qualche passo
all'interno del locale, nella più totale disperazione.
Era distrutto, stanco, preoccupato, confuso, incavolato e doveva
passare la notte con quei tre. Sospirò e fece solo un
cenno con la mano al "Hola!" e "Bonne soireè!" che gli
rivolserlo. Si guardò in torno, notanto un letto a castello e un
matrimoniale. Castello, sotto. Quella era la muta richiesta che sperava
suo fratello accogliesse quanto prima. Sapeva già che non
avrebbe dormito granchè, ma almeno senza qualcun'altro che lo
usava come cuscino.
Non osò pensare a cosa avrebbero potuto fargli se si fosse
addormentato davvero, e impallidì al solo prospetto di quella
nottata passata lì. Gilbert allora si girò, intercettanto
il suo sguardo, socchiudendo gli occhi vermigli e sorridendo sornione.
-Il singolo te lo devi guadagnare.-
Capitolo dedicato alla Moni, e il Ludwig di cui è player e che io adoro tanto. Un brindisi al tuo Pg Lud e il suo Feliciano. *cin cin*
Note Autrice:
Ecco il nuovo capitolo!
Ecco...io...io ho sempre scritto delle parodie...e anche se volevo fare
questa fiction completamente seria, ho ceduto alla tentazione di
aggiungere qualche particolare demenziale. ma si nota? No, non si
nota...non si nota, vero?
Un GRAZIE a tutti i lettori, a chi ha
messo nelle preferite e seguite. Non mi aspettavo che in poco tempo
foste già così tanti! Davvero, mi rendete felice!
In questo capitolo si introduce un nuovo mistero, che anticipo già, è un personaggio conosciuto.
Un grazie ai recensori:
_Valchiria_ (3 recensioni in una volta sola *^*)
hanta97
Ivan_Kirkland
Sidereal Space Seed
Eren Raimizu
Cuore_di_ciambella
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Capitolo 6 *** 5. ***
firmato il mondo 5
[Pov Gilbert]
Prussia aveva sempre voluto che suo fratello cominciasse a vivere.
Vivere per davvero, soprattutto in quell'occasione. C'era il panico, la
paura, le preoccupazioni aumentavano sempre di più, ed era
proprio per questo motivo che lo voleva sentire forte e sicuro. In
quelle occasioni c'era bisogno di dare sfoggio del proprio
carattere, dimostrarsi pronti al peggio con un sorriso sulle labbra,
godendosi i momenti belli, seppur brevi ed effimeri, fino all'ultimo.
Ludwig non era mai stato espansivo o solare, ma doveva sforzarsi almeno
per una volta.
Fino a poco tempo prima non aveva capito nemmeno il perchè
avesse lasciato perdere Feliciano, trattandolo quasi con un disprezzo
innaturale. Italia l'aveva sempre adorato, e probabilmente ogni truce
occhiata che gli aveva rivolto il fratello fino ad allora doveva essere
stata una pugnalata al cuore.
Aveva osservato Ludwig, attento a non farsi sfuggire ogni minimo
particolare delle sue espressioni, cavando dalle sue occhiate pensieri
e sensazioni con una costanza quasi maniacale. Era come mettere assieme
dei pezzi inesistenti di un puzzle mai completo, intriso solemente da
confusione.
Anche perchè era l'unica cosa che riusciva a scorgere chiaramente negli occhi azzurri di Germania. Confusione.
Aveva cominciato a comprendere un po' per volta il dubbio che
attanagliava l'altro, cercando di non invadere troppo la sua privacy, e
ci era riuscito in silenzio, senza farsi scoprire. All'inizio aveva
pensato che Ludwig avesse realmente paura di essere amato
dall'italiano, anche se trovava l'ipotesi abbastanza scontata e fin
troppo sentimentale. Ci doveva essere perforza un altro motivo. Ne era
certo, esisteva quel qualcosa che riusciva a bloccare Ludwig quasi
totalmente.
Si trattava di una persona, importante più del dovuto, dimenticata e che sarebbe dovuta rimanere tale in quel momento.
Non si parlava di nazione, avevano davanti un impero.
L'aveva visto che lui sgattaiolare veloce verso il buio, convinto che
avrebbe potuto proteggerlo. Se lo ricordava bene, e non avrebbe mai
potuto scambiarlo per qualcun'altro. Aveva fatto cadere il grande
cappello nero mentre provava a nascondersi, inciampando nel tappeto che
ricopriva interamente il corridoio. Non aveva fiatato, ma era sicuro di
averlo sentito sospirare ansioso.
E di ciò, non avrebbe detto nulla.
Ludwig per ora non doveva sapere che anche lui l'aveva visto.
Probabilmente Germania aveva avvertito da subito la sua presenza, e
dirgli che pure lui aveva la certezza di averlo visto avrebbe
peggiorato solo l'umore del fratello.
Forse per quel motivo lo voleva in camera con lui quella notte.
Non voleva che stesse da solo con i suoi pensieri, a rodersi l'anima in
completa solitudine. Era sbagliato, perfino Ludwig lo sapeva anche se
non faceva nulla per rimediare. Gli aveva ripetuto più volte di
non farsi ingoiare dai problemi, che puntualmente si presentavano alla
sua porta. Doveva piantarla di crogiolarsi nel dolore a quel modo, e
almeno quella volta lui gliel'avrebbe impedito.
Certo, con Antonio e Francis in camera non avrebbe nemmeno dormito, ma
almeno quegli allegri schiamazzi l'avrebbero distratto. O almeno
così sperava.
-Il letto singolo te lo devi guadagnare- Gli disse ghignando,
sottoponendolo all'ennesima prova della sua pazienza. Lo vide
disperarsi totalmente, e in un certo senso fu perfino felice.
Disperarsi era da Ludwig sano, non da Ludwig con paturnie mentali.
Già un passo avanti.
Sperò solo che Francis non fosse troppo irruento, e la smettesse
di fissare suo fratello come se dovesse saltargli addosso da un momento
all'altro. Ma cosa poteva farci? Al massimo avrebbe tramortito il
francese mentre si appiccicava a Ludwig, o, molto più
sadicamente, si sarebbe goduto lo spettacolo.
-Gilbert...per favore, sono stanco.- Biascicò il tedesco ancora
fermo sulla porta, abbassando impercettibilmente le spalle dopo la sua
affermazione.
-C'è un letto comodo, qua.- Fece poi Bonnefoy, passando una mano
sulle coperte del matrimoniale sghignazzando. L'albino si girò
verso di lui, non sapendo bene se dargli l'approvazione o rimproverarlo
con lo sguardo. Con la coda dell'occhio colse il movimento fulmineo del
fratello verso la porta, e non fece a meno di sorridere mentre si
chinava a prendere la sua valigia per tirare fuori il pigiama.
-F-Francis, pe favore...- Il teutonico cominciava a preoccuparsi
seriamente, a giudicare dallo sguardo. -Mais Chère! Tu mica
cercavi un letto? Eccolo qui!- Francis ammiccò nella sua
direzione, passandosi una mano nei capelli biondi e accavallando le
gambe. Faceva tanto "Famme Fatale". Nel mentre Antonio aveva afferrato
la sua fida chitarra, e cominciava a strimpellare le prime note
fissando concentrato -e con un sorriso- le corde che vibravano sotto le
sue dita. Gilbert si rilassò un poco, vedendo che gli ingranaggi
cominciavano a girare nel verso giusto, oliati in segreto da lui. il
fratello - che aveva afferrato la bajour per difenersi da Francis
in caso di attacco- ora aveva la testa da un'altra parte, trasportata
finalmente lì con loro con un po' di fortuna. Non l'avrebbe
detto, ma era felice quando lo vedeva un po' impacciato, ma libero e
perfino umano, senza quella rigidità che lo invadeva troppo
spesso.
-Io non ho detto che cercavo un "letto".-
-In ogni caso qui è comodo, Nh!-
-Soy el verme solitarioooo....- (?!?! WTF? N.D.A)
Gli sarebbe piaciuto immortalare la scena, solo per farsi due risate
quando un giorno avrebbe ritrovato la foto per sbaglio, magari in una
tasca della valigia che teneva fra le mani in quel momento.
Come aveva fatto qualche giorno prima, mentre spolverava dei vecchi
libri nella sua bliblioteca, nella vana ricerca di notizie sul Mondo.
Mentre apriva svogliatamente l'ennesimo tomo gli era scivolata fra le
mani una fotografia ingiallita dal tempo, dimenticata lì da
chissà quanto.
Era spiegazzata in alcuni punti, rovinata e sbiadita, ma i tre ragazzi
raffigurati lì si potevano vedere bene. Precisando: due ragazzi
e una splendida ragazza, giovane e bella, nel fiore dei suoi anni.
I tre sguardi erano puntati proprio su di lui, quasi a ricordargli
qualcosa che non avrebbe più potuto avere. Il prussiano si
trovava in mezzo, e abbracciava gli altri due facendo un sorriso a 32
denti. Liz ricambiava inaspettatamente, mentre Roderich inarcava
leggermente le labbra verso l'alto, come a suo solito. Si potevano
identificare come i tre migliori nemici che avessero abitato quel
pianeta, a detta sua. Quella semplice immagine, gli sguardi innocenti
stampati sulla carta rovinata, lo fecero stare peggio di quanto avrebbe
potuto pensare. Avvertì le emozioni arrivare più tardi,
la nostalgia che lo avvolgeva crudelmente nelle sue spire. Gli
tremò appena la mano, e nemmeno cercando di imitare il sorriso
che aveva nella foto riusciva a respingere il groppo in gola che si
stava formando pian piano. Era una sensazione orribile, che non gli si
addiceva per nulla e lo intristiva fin troppo.
Quindi, al mondo c'era qualcosa che nemmeno il Magnifico poteva avere. Roderich e Liz.
Si riscosse dai suoi pensieri quando scorse Ludwig sfiorare la maniglia
della porta cercando protezione dal francese, che ora si avvicinava a
lui con passi felpati, incurante che il tedesco avrebbe potuto fare
strage solo con la temibile bajour nella sua mano sinistra.
Gilbert allarmato scattò in piedi, afferrando l' I-pod e
cominciando ad agitarlo quasi fosse una mazza ferrata. Germania non
doveva assolutamente uscire da lì. L'incantesimo della
"distrazione" che l'aveva avvolto fino ad ora l'avrebbe abbandonato
all'istante una volta che se ne sarebbe andato.
Fece roteare più velocemente il malcapitato lettore musicale,
affiancandosi minaccioso a Francis e stando bene attento alla lampada
che Ludwig avrebbe successicamente usato come scudo.
-Lud, tu non ti muovi di qui!-
-Come sarebbe?!- Stizzito il fratello lasciò la maniglia, e
rivolse uno sguardo scocciato all'albino che ghignava impugnando con
fierezza la sua arma. -Io posso uscire quando voglio!- Puntò poi
lo sguardò cristallino sui due pseudo maniaci, che ghignarono
inquietantemente all'unisono.
Ciò che dava davvero una bella atmosfera, oltre alle
improvvisate armi dei tedeschi, erano le vivaci note che regalava loro
Antonio, mentre ridacchiava rapito dalla scena continuando sempre a
suonare.
-Sei un crucco!-
-Lo sei anche tu, idiota!-
-Gigante!-
-Vecchio!-
-Freddo!-
-Megalomane!-
-HEIDI!-
Ludwig rimase alquanto interdetto dall' "insulto" pronunciato
dal fratello con così tanta convinzione, e fece l'errore di
abbassare la guardia, convinto che avrebbe riso trionfante e l'avrebbe
lasciato in pace. Abbassò la bajour che fino ad ora aveva tenuto
alla larga Francis,e questo non ci pensò un secondo di
più per fiondarsi sul tedesco, che cadde per terra con un tonfo
sordo.
Gilbert sbiancò, e cominciò a ricoprire di improperi il
francese, anche se stava più ridendo che altro. Quando
finì si sgolarsi insultando Francis, si buttò anche lui
nella mischia, incerto su chi difendere veramente, sghignazzando
vedendo Lud in quelle condizioni.
Forse non era un fratello buono, bravo e gentile, ma almeno si
preoccupava per lui, e lo aiutava. Almeno, ci provava. Rise
più forte, quella sera, per dimenticarsi della foto, piombata
nella sua mente all'improvviso; per far svagare Ludwig e rendere felice
Francis, e infine per valorizzare l'incredibile resistenza dello
spagnolo, che non smetteva di suonare nonostante tutto quello che stava
succedendo a pochi passi da lui. Si impresse nella memoria l'atmosfera
leggera, quasi brilla, che lo portava a vivere tutto alla giornata, a
divertirsi e mandare al diavolo tutto il resto.
Era come una breve tregua da una guerra non dichiarata, e bisognava
divertirsi, bisognava vivere fino a che si aveva l'opportunità e
la forza, ritornare in quei momenti ad essere qualcuno, per poi
immergersi nell'incertezza del domani.
[Pov Matthew]
Da quando era arrivato, nessuno si era accorto della sua presenza,
anche se era stato praticamente appiccicato ad Alfred. Ad essere
sinceri, nemmeno lui l'aveva calcolato poi molto.
Oramai era abituato all'emarginazione da parte degli altri, a quella sensazione di abbandono che lo contraddistingueva.
Non capiva il perchè di quell'atteggiamento nei suoi confronti.
Maledizione, era uno degli stati più grandi del mondo! Si
trovava a confinare con l'America, vedeva il fratello ogni santo
giorno, ma allora come mai non gli restava al fianco? Il punto è
che, in ogni caso, non riusciva ad imporsi agli altri, a fare presente
quel problema; secondo lui irrisolvibile.
Vagava per i corridoi passeggaindo tranquillo, sicuro che non avrebbe
dato fastidio a nessuno. Cercava solo di rimettere in ordine i
pensieri, dopotutto. Sentiva quel rilassante brusio provenire dalle
camere, mentre scendeva le scale appoggiandosi al corrimano.
Sorrise pacatamente, trovandosi davanti Inghilterra e Italia.
Italia? A quanto sapeva era appena stato colpito da un presunto pazzo,
che si era volatilizzato subito dopo lasciando solo un grosso
bernoccolo a Feliciano. Poi, come mai Arthur stava parlando con lui?
Non sapeva fossero amici, anzi, era sicuro del contrario.
Stando zitto e in disparte, la maggiorparte delle volte riusciva a
captare informazioni che gli altri non percepivano nemmeno. Conosceva
le singole espressioni di ognuno, i significati nascosti dietro ad un
semplice sguardo.
E almeno da ciò che ricordava, Inghilterra e Italia non avevano
mai avuto nè un rapporto di amicizia nè tantomeno di
odio. Eppure erano lì. Uno di fronte all'altro, che
parlottavano; l'uno sorridendo, l'altro più serio.
-Italia, torna a dormire.- Lo ammonì per l'ennesima volta
Arthur. Matthew nel frattempo si era avvicinato, anche se da copione i
due non si accorsero della sua presenza.
Vide lo sguardo di Feliciano intristirsi, e tenere stretto nelle mani
il piatto di pasta fumante, capace solo di fargli venire fame.
-Non posso!- l'italiano abbassò la testa, arrossendo di poco e
dondolando appena con la parte superiore del corpo. -Voglio portare
questo a Doitsu...-. L'inglese restò impassibile, anche se
qualcosa nel suo sguardo cambiò. Probabilmente il gesto di
Feliciano gli pareva inconsueto e alquanto invadente, soprattutto dato
lorario tardo. Però si era addolcito, anche se di poco. Lo vide
chiaramente nei suoi occhi, quella luce che mutava impercettibilmente e
che solo lui poteva notare.
-Non so dove sia, in ogni caso. Credo che sia a dormire adesso.
Mangiala tu, no?- La risposta aveva confermato la sua teoria. Un Arthur
così affabile non era il solito scorbutico inglese che tutti
conoscevano. Non sapeva bene se provava compassione per Italia, dato
che era appena stato ferito, oppure era stata la sua infantilità.
Italia fece un broncio insoddisfatto, fissando Arthur di sottecchi. -Va
bene...- Disse, sorridendo solare. Tornò poi nella sua camera,
lasciandosi scapare un "Veeh" che lo caratterizzava più di
quanto pensasse.
Inghilterra, invece, era sparito. Senza salutarlo, ovvio.
Sospirò affranto, rivolgendo uno sguardo triste e abbattuto al
pavimento. Non poteva andare avanti così, per tutta la durata di
quell'assurda situazione, e lo sapeva. Doveva svegliarsi, affrontare i
suoi demoni personali, e capire il perchè di quei perenni
comportamenti.
Gli sarebbe bastato parlare chiaramente a qualcuno disposto ad ascoltarlo. Non chiedeva poi molto, no?
Senza che se ne rendesse conto, si era incamminato verso il fondo del
corridoio, andando in contro ad una camera -che, se lo sentiva-
più ampia e luminosa, ordinata ed elegante. Perfetta per un eroe.
Deglutì leggermente ansioso, e cercò di rassicurarsi
pensando che prima o poi avrebbe dovuto affrontare suo fratello.
Alzò il braccio, che avvertì più pesante del
normale, e bussò tre volte alla sua porta.
Note dell'Autrice.
Okay. Insomma, Sono ancora scoinvolta per ciò che ho fatto dire ad Antonio. "Soy el verme solitario".
Me ne farò una ragione col tempo.
Ho aggiunto dettagli importanti sullo Sconosciuto. Credo che qualcuno abbia indovinato, ora XD
Un immenso Grazie ai lettori, chi mette nelle preferite, seguite, ricordate e soprattutto a chi lascia un commento. *^*
Grazie a:
medinspower Ari
hanta97
Cuore_di_ciambella
Sidereal Space Seed
Julya91 (Sei davvero tu? Wow! *^*)
Eren Raimizu
Ivan_Kirkland
_Valchiria_
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Capitolo 7 *** 6. ***
firmato il mondo 7
[Matthew]
Era la pioggia scrosciante quella su cui scivolava a tratti. Cadeva
scomposta sulla ghiaia ticchettanto ritmicamente, frammentando il suo
concerto piovano sotto i passi svelti di due persone.
Ed era sicuro, Matthew, di non volerlo rivedere mai più. Le sue
parole nei tuoi confronti erano assai più affilate di lame, e il
suo cuore non sembrava ceder passo all'amore fraterno. Aveva lasciato
perdere oramai quelle stupide allusioni che gli faceva quando si
accorgeva a stenti della sua presenza, oppure quando dimenticava di
fargli semplicemente gli auguri al suo compleanno, magari una
telefonata ogni tanto, per sapere se stava bene. Macchè.
Il fratello di America è la sua stessa immagine, ecco tutto. Il
suo egocentrismo a volte lo spiazzava, ma non poteva farci nulla ormai.
Era sempre stato così, non c'era alcun motivo di sperare in
qualcosa di diverso.
Poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Come poteva, data la
situazione abbastanza allarmante, Credere che non fosse nemmeno venuto
in Svizzera? Come, maledizione?! E sperò che l'altro lo
ascoltasse mentre aveva il coraggio di dire cosa pensava di lui. Si,
l'aveva ascoltato eccome. Infatti era andato su tutte le furie.
Perchè voleva pieno appoggio da lui, USA era l'eroe
incontrastato della situazione, e non ammeteva che qualcuno svicolasse
nei suoi difetti, soprattutto se suo fratello. E da quando si
accorgeva di averne uno? Solo quando gli faceva comodo?
Ed erano parole così semplicemente brutte, ingiuste, che poteva pensare un fratello dell'altro.
Quindi, dopo la sfuriata chegli aveva fatto, senza dargli la minima
opportunità di controbattere o di difendersi, non lo voleva
rivedere. Camminava veloce nel vialetto, circondato da pioggia e
alberi, che salici quali erano, pareva si inchinassero a lui piegando
le fronde sotto il peso dell'acqua. Rallentò, quando
finalmente giunse davanti all'enorme cancellata di ferro battuto. Il
cielo era diventato scuro, la notte aveva già fatto suo schiavo
la volta che lo ricopriva.
Canada fissò quell'uscita, combattuto tra il desiderio di
andarsene, oppure quello di fare sempre la sua parte, invisibile a
tutti. Appoggiò le mani al cancello, freddo e umido.
Dopo un attimo di decisione, spinse più che potè,
piegando i propri capelli sulla faccia, tirando i muscoli e
stringendo le palpebre.
Nulla.
Non successe nulla. Il cancello era fermo immobile, imponente come
l'aveva visto poco prima, anche sotto le sue spinte e nonostante non ci
fosse alcun lucchetto o serratura a bloccarlo. Fissò i cardini,
leggermente tremante -un po' per la pioggia, un po' per la
consapevolezza che di lì non poteva andarsene. Fece per
allontanarsi, indietreggiando lentamente; poi, però,
avvertì una presa sulla sua spalla. Era ferrea, non gli faceva
male, ed era soprattutto calda. Anche se le ultime informazioni
su quel contatto erano positive, non fece a meno di agitarsi. Erano
successe molte cose in quei due giorni che erano lì, e gli
pareva di avere dietro di sè un serial killer, magari armato di
un machete sanguinante.
Senza emettere alcun suono, trattenendo il fiato, si girò di
scatto, spaventato. -Sono io, calmati.- Fece una voce che
conosceva in froppo bene, anche se dati gli occhiali bagnati e
appannati non aveva ancora visualizzato bene il volto.
-F-Francis?- Chiese timidamente, sperando in una risposta affermativa.
L'uomo scosse la testa in segno di assenso, mentre con l'ombrello che
aveva in mano -se ne era accorto solo ora di questo particolare- gli
offriva riparo dalla pioggia. Ora che vedeva un po' meglio riusciva a
scorgere con sollievo i capelli biondi e i suoi occhi blu. Quindi non
era davvero un assassino. Meglio così, in ogni caso.
Si rimise a posto gli occhiali, stringendosi nel suo maglione fradicio,
senza dire una parola. Aveva sempre avuto paura del giudizio degli
altri, di quello che pensassero di lui e ciò che potevano fargli
di conseguenza; anche se accadeva di rado, dato che nessuno si
accorgeva mai di lui.
Però una persona sembrava notarlo più degli altri, almeno in quel caso.
A dispetto di ciò che stava pensando, Francis non gli chese
"cosa ci fai qui?" oppure "perchè te ne volevi andare?"
tempestandolo di domande, ma disse semplicemente "Vieni". Non gli disse
altro, nemmeno una parola di rimprovero. Gli mise però una mano
sulla spalla, che prima l'aveva fatto sussultare, e che ora non
poteva farlo stare meglio, dopo quello che era successo col
fratello. D'un tratto, timido com'era arrossì di botto fissando
insistentemente il selciato su cui camminava.
Non si accorse che il francese rivolse un'occhiata di sfida a quella
maledetta cancellata, mista a preoccupazione. Ci avrebbe pensato lui a
dire agli altri che erano in trappola.
Dentro casa, invece, sostava a braccia conserte un Arthur irritato e
scocciato. Fissava con un broncio la finestra aperta, bagnata a
volte da gocce d'acqua. Ma non era il tempo, quello che lo
incupiva. Si era stupito di quanta vita ci potesse essere fra i
corridoi di un'ipotetica casa dormiente. Aveva visto Romano -molto
arrabbiato, e preferiva non sapere il perchè- fare
irruzzione nella camera di Antonio e gli altri tre, con un grido di
giubilo da parte del primo e insulti vari che si urlarono l'italiano e
un certo tedesco.
Si era preso 3 infarti tutti assieme trovandosi davanti Berwald che
chiedeva dove fosse la cucina, e ignorava totalmente di quanto fosse
terrorizzato in quel momento Inghilterra vedendolo.
Per ultimo, vide Francis vestito di tutto punto afferrare con
nonchalance l'ombrello e tuffarsi coraggiosamente sotto la pioggia,
fuori di casa. Non gli disse nulla, anche perchè non aveva
nemmeno fatto in tempo a chiedergli dove andasse, ma si limitò a
raggiungere Berwald in cucina, fissando fuori dalla finestra.
Imbronciato, molto imbronciato.
E adesso perchè diavolo quella
rana vonifila va a fare compagnia a Matthew? Ah, no.....adesso stanno
ritornando in dietro....E quella mano cosa sta a significare?! EH?! E
chissà cosa dice quello stupido francese! Eh, ma io lo sapevo
che era un maniaco. Quel povero...Matthew è in grave pericolo.
Ma non gli bastò rosicare mentalmente, così espose
le sue preoccupazioni al povero Svezia, che cercava solamente qualcosa
da mettere sotto i denti. Possiamo dire che lo svedese cercò di
scappare, ma non brillava di certo per la sua furtività.
-Ma ti pare?! Non è normale fare una cosa del genere! Guarda che
idiota! Che idee sono queste, di andare sotto la pioggia di notte? Ah,
ma sai, io ho sempre saputo dell'infermità mentale di quel
francese...-
Berwald, nel frattempo, aveva raggiunto con coraggio la porta,
addentando una fetta di pane, quando l'inglese si girò verso di
lui per sentire un suo parere, alla faccia della paura che aveva prima
degli svedesi.
-Secondo me ti preoccupi troppo.- Disse flebilmente.
Svezia non seppe che quella semplice frase gli avrebbe implicato altre
due ore di blaterazione sul perchè in realtà Arthur non
si preoccupava, ma semplicemente constatava l'idiozia della Sua Rana.
[Ludwig]
Lo odiava. Lo detestava.
Non credeva di aborrire una parsona in tale modo. Aveva arricciato il
naso solamente quando Gilbert l'aveva presentato a tutte le altre
nazioni, quella mattina, abbracciandolo e piangendo felice. Suo
fratello urlava al miracolo, mentre lui era di tutt'altro avviso. Gli
era parso insopportabile appena aveva masso piede in quella casa, o
almeno finchè non era uscito allo scoperto. Gilbert gli era
praticamente saltato addosso, scopiando in lacrime e stringendolo fino
a strozzarlo.
Lui invece era rimasto impassibile, immobile. Gli aveva praticamente rubato il fratello.
La altre nazioni lo fissavano incredule, mentre Ungheria e Austria gli
correvano in conro come se si conoscessero da una vita. E gli
aveva fatto male, più di quanto si aspettasse.
Si era ritrovato catapultato in un'era di nazioni secolari, che
conoscevano ciò che era stato, avevano visto cose che lui non
poteva immaginare, e avevano combattuto fianco a fianco fino alla fine.
Lui, invece, era nato dall'esigenza. C'era un buco, e l'aveva occupato.
Aveva fatto il suo ingresso nel mondo solamente quando tutti già
c'erano -più o meno- e si sentiva estraniato perfino dalle loro
parole, che riguardavano qualcosa che lui non poeva comprendere.
Perchè semplicemente non c'era stato.
Ora si ritrovava nella sala grande, corcondato da nazioni che per lui
potevano fungere da ombre, mentre focalizzava chi gli era sempre stato
a fianco attaccato a....Quello. Inoltre, gli somigliava fin troppo.
Ludwig setsso era fiunto alla conclusione che la Germania, solamente
per aspetto, era la brutta copia del Sacro Romano Impero. Era
praticamente un bambino, ma aveva una regalità che lo spiazzava
completamente, notava di come gli si imporporavano le guance quando
Gilbert lo abbracciava per l'ennesima volta.
E non faceva a meno di odiarlo.
Poi, accadde ciò che gli dilaniò il cuore, ciò che non avrebbe dovuto vedere.
Vide Feliciano entrare, scortato da Elizaveta. E scorse un'espressione
che mai avrebbe rivolto a lui, e che da sola era capace di raccontare
tutta una vita. Non sarebbe riuscito a descrivere il suo stupore, che
cresceva sempe di più, le lacrime che gli bagnavano gli occhi e
quella tremarella che vedeva per la prima volta.
Poi, oh, sorrise.
Un sorriso che sarebbe stato capace di mozzargli il fiato, di farlo mandare in tilt. Avrebbe fatto commuovere chiunque.
Perchè quella che sprizzava dal suo viso era la vera
felicità, un muto ringraziamento verso il cielo per quello che
gli aveva concesso. Si sarebbe stampato quell'immagine nlla memoria,
solamente per ricordare cosa volesse dire vivere davvero, veder
esaudire i propri desideri...per poi tornare a soffrire. Perchè
niente di tutto quello era per lui. Niente, se non l'indifferenza.
Pareva un bambino, Feliciano, che non riusciva a contenere i suoi sentimenti, che camminava a stenti raggiungendolo.
Una pugnalata al cuore. Quello significava per lui l'abbraccio che
aveva appena regalato a Sacro Romano Impero. Il fuoco, che continuava a
corroderlo, erano le lacrime che stava persando, e un dolore immane il
sorriso che non si spegneva sul suo bellissimo viso. E era come una
malattia, l'odio che cresceva inesorabile. Non volle vedere la reazione
della sua "copia". Anzi, non lo voleva vedere affatto.
Fissava quella scena come in trance, sperando a tratti che non fosse
davvero la realtà quella che si presentava ai suoi occhi.
Forse, in un certo senso,
aveva fatto bene a non dire nulla a
Feliciano. Aveva fatto bene a non dirgli che lo amava, che lo
desiderava da tempo, e non sarebbe riuscito a stare senza di lui. Aveva
fatto bene, pur negando sempre a sè stesso l'affetto che
provava. Perchè lui probabilmente era saltato in mezzo alla
vita dell'italiano non conoscendo ciò che era venuto prima,
ignorando che L'Italia c'era sempre stata, mentre lui no.
Si era illuso, e aveva fatto male. Faceva, male.
Si ripetè che non
era gelosia quella che provava, Vargas era semplicemente un alleato e
un buon amico, tutto qui. Peccato che i suoi pensieri fossero
interrotti da quelle risa, per lui puramente egoistiche da cui era
completamente estraniato.
Vide poi Gilbert, posare
una mano sulla spalla a quel piccolo -e defunto- impero mentre lo
indicava. Si, stava indicando lui. Perfino Feliciano si era fermato per
un nanosecondo, ma non si era voltato a guardarlo. Ora Sacro Romano
Impero lo fissava, leggermente inbarazzato, con quei suoi occhi blu
così accesi. Suo fartello parlava, bisbigliava qualcosa che lui
non riusciva a capire, e il volto del piccolo diventava più
rosso, mentre si allargava un timido sorriso sulle sue guance. Che
Ludwig, prontamente, odiava.
Gli stava parlando di
lui? Dopo che era praticamente morto lì, davanti ai loro occhi?
Non si erano accorti che desisteva dall'andare dal nuovo arrivato e
riconoscerlo come suo discendente?
Il malessere
aumentò quando quel bambino si avvicinò a lui,
togliendosi il cappello, tendendogli la mano. Un gesto tanto innocuo,
che però Germania non riusciva ad identificare come tale.
Stava male.
Malissimo. E ancora aveva
in testa quel sorriso dell'italiano, rivolto alla persona così
fortunata da averlo ricevuto che ora gli stava davanti.
Sono solo una brutta copia.
Bisbigliò
appena, lasciando che quelle parole parlassero per lui come giustifica,
mentre voltava loro le spalle e se ne andava verso l'uscita, ignorando
i loro volti leggermente stupiti, che potevano leggere la sua
espressione ma non la sua anima.
Note Dell'Autrice:
Quanto
ritardo....emh....scusate! Beh, magari la storia non interesserà
a nessuno, ma io mi scuso ugualmente xD Sto facendo tutto di fretta,
quindi gingrazio velocemente i lettori, chi ha messo nelle preferite e
seguite! Ah, un'enorme grazie per chi ha recensito e letto la one-shot
"Il destino trova sempre il modo per farti sorridere". Grazie ancora!
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