Firmato: Il Mondo

di Blacket
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***
Capitolo 7: *** 6. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Firmato il mondo da pubblicare. Il 7 Gennaio vennero spedite delle lettere. Gli scritti, chiusi nelle buste ingiallite, cominciarono il loro viaggio dall'Europa, passando per l'Asia, Oceania e le Americhe, finendo con il Giappone.
Il 7 Gennaio, le più importanti nazioni ricevettero un invito, nel medesimo istante, dalla stessa persona.
Quell'insignificante gesto forse restava l'unica speranza per sedare quel soffocante veleno insediato nei confini fra stati e paesi. Probabilmente avrebbe fallito, e tutto sarebbe rimasto immutato come prima, ma doveva tentare. 


-Grazie per aver aperto la lettera, spero tu legga.

Ti sarei grato se tu, cara nazione, venissi a passare un po' di tempo qui, a casa mia.
Sarai accolta con tutti gli onori. Non sarai sola, credo ritroverai delle persone che conosci.
Potrai ignorare il tutto, se ciò non ti importa o non ti è gradito. Nel caso tu voglia accettare, c'è l'indirizzo dietro e un grazie da parte mia.
Forse questa è l'unica maniera. Venire ti farà bene in ogni caso.
Mi scuso per il disturbo.
                                                                             Firmato: Mondo.-





Note autrice: Lo so. Lo so che è incredibilmente CORTO, ma ho preferito lasciare il prologo così. Mi piaceva come apertura, e la trovo abbastanza teatrale. Magari non lo è affatto, ma almeno ci ho ptrovato.
La fiction che seguirà non pretende nulla, è solo una balzana idea che ho deciso di mettere per iscritto, tutto qui.
Probabilmente il raiting si alzerà in alcuni capitoli, dove però apparirà l'avviso. Non posso pretendere che vi piaccia, dato che il capitolo, se così si può definire, però spero almeno che un pochettino vi incuriosisca.
Baci, Black87.

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Capitolo 2
*** 1. ***


Firmato il mondo capitolo 1 da pubblicare. [Pov Ludwig]

Fissava insistentemente quel fascio di luce che entrava quasi a forza dalla finestra semi-chiusa. Intravedeva la polvere volteggiare a mezz’aria, facendo quasi da corona a quella scarsa illuminazione tanto odiata dal tedesco.
Puntò poi lo sguardo celeste su quella maledetta lettera. L’aveva rigirata così tanto fra le mani che ormai l’inchiostro scuro era sbavato, e la carta leggermente stropicciata rispetto a come l’aveva ricevuta. Conosceva ormai a memoria ogni singola parola.
Era uno scherzo, vero? Chi può mandare un invito del genere con la presunzione di firmare “il Mondo”? Chi si illudeva tanto importante da poter anche solo immaginare di essere il suo pianeta? Già in principio aveva pensato fosse solo uno scherzo, magari da parte di suo fratello. Sarebbe stato tipico.
Però, aveva dovuto ricredersi. Sentiva una morsa all’altezza dello stomaco, un lieve senso di colpa, e uno strano interesse che lo annientavano.
 Doveva buttarla ancora prima di aprirla, solo per evitare di farsi delle inutili complicazioni, o perfino crisi esistenziali, nel peggiore dei casi.
Non esisteva, in primo caso, la personificazione del mondo. Ne era sicurissimo, almeno fino a poco fa. Ora quel fastidioso dubbio gli trapanava la testa, lo induceva a cercare una risposta plausibile che mettesse a tacere la sua coscienza.
Si stese sul letto, cercando di annebbiare le sue preoccupazioni pensando ad altro. Aveva già dei problemi di suo, e adesso spuntava questa storia del Mondo. Che diamine, la terra erano le nazioni unite, punto.
Forse un po’ di tranquillità gli avrebbe fatto bene. Si sarebbe riposato a dovere, avrebbe dimenticato quell’assurda lettera e magari avrebbe avuto il coraggio di affrontare ciò che da tempo gli rodeva l’anima.
Quiete. Ecco di cosa aveva bisogno.
Non fece in tempo ad accartocciare la busta e lo scritto che Gilbert fece irruzione nella camera con la sua solita grazia, urlando un “Ludwig” strozzato. Si avvicinò a lui quasi correndo, balzando sul letto ripetendo frasi sconnesse e spesso gridate.
Germania si alzò di nuovo a sedere, eliminando definitivamente l’opzione di starsene in panciolle, magari a leggere un buon libro davanti al camino.
Gli parve però strano che suo fratello fosse così agitato. Era un tipo vivace, certo, ma per la maggiore riusciva a mantenere quel poco di contegno che poteva farlo riuscire dignitoso.
Ora, invece, aveva davanti un Gilbert che non sapeva articolare una frase decente, senza contare che non smetteva di gesticolare e agitarsi sul letto come per saggiare la qualità del materasso.
-Quella!- Disse, ancora più concitato di prima, indicando il foglio di carta in mano a Ludwig. Che? L’aveva capito subito che alla fine quella lettera non l’avrebbe portato a nulla di buono, gliel’aveva gridato il suo stomaco in subbuglio e il suo sento senso, ma lui non li aveva ascoltati in un primo momento.
-Ce l’hai anche te! Gott, lo sapevo!- L’albino si sedette meglio sulla sponda del letto, appoggiandosi i gomiti sulle ginocchia mentre le mani coprivano i viso piuttosto stanco.
Quindi...quindi non era l’unico ad essere stato invitato dal Mondo a casa sua. La faccenda era più seria di quello che si sarebbe mai immaginato. Ora si spiegava l’agitazione apparentemente immotivata dell’altro.
-Chi l’ha ricevuta?- Chiese come sempre laconico, perfino in una situazione simile.
-TUTTI!- Rispose l’altro quasi esasperato. Era inutile negare la realtà. La personificazione del Mondo esisteva eccome, e li voleva tutti a casa sua chissà per quale motivo. Ludwig ebbe una sensazione di estremo cambiamento, perfino nell’aria che respirava in quel momento. Era come scoprire di avere un padre, o un nonno, se non qualcosa di più vecchio e incredibilmente saggio di loro.
Aveva appena appreso di un’ipotetica esistenza del Mondo e già gli incuteva timore e rispetto. Non era sicuramente come una “semplice” nazione, riusciva a sormontarli come niente solo ad essere pronunciato. La solennità che doveva avere quell’uomo –o donna- si faceva largo nella sua mente, tra un misto di ammirazione e un’immensa grandezza.
Quello era il solo modo per definire i suoi pensieri.
Si figurava un Re, un grande sovrano, saggio come pochi e umile come i giusti. Si figurò il suo aspetto gradevole, un sorriso sincero e un’instancabile voglia di andare avanti nonostante il putiferio che loro continuavano ad alimentare.
Sgranò appena gli occhi, ora sotto lo sguardo interrogativo del fratello. E se il Mondo volesse punirli? Per tutto ciò che avevano fatto a lui e che continuavano a fare? In quel caso la lettere sarebbe una specie di condanna, o una gentile minaccia.
-Gilbert... e se il Mondo esistesse davvero? Perché si dovrebbe fare vivo adesso? Forse per punirci?-
Vide Prussia assumere un’espressione più seria, segno che cominciava a lavorare con il cervello. Forse anche lui aveva fatto i suoi stessi ragionamenti, o magari aveva già parlato con altre nazioni e loro sapevano qualcosa di più.
-Non credo che voglia fare una cosa simile. Nella lettera c’è esplicitamente scritto che possiamo rifiutarci di andare da lui.- Afferrò il foglio, pensieroso. –Però è anche vero che venendo a sapere della presenza di un personaggio simile è assai difficile che qualcuno si rifiuti di venire.-
Ora Ludwig parve più preoccupato. Non per le deduzioni che aveva fatto il Fratello, ma riguardo al fatto di accettare l’invito.
-Vuoi dire che... dovrò venire?-
-West...-
Ghignò inclinando la testa di lato. Il tedesco odiava quando faceva così. Era come un segnale di avvertimento per lui, una specie di spia luminosa che gli indicava la pericolosità crescente di Gilbert.
-Preparati. Si va in Svizzera-
E questo era un ordine.

[Pov Feliciano]

Si trovava sul confine italiano, al fianco di Romano.  Rispetto agli altri, aveva preso piuttosto bene quella faccenda così singolare. Suo fratello invece doveva ancora mandare giù quel boccone amaro, e continuava ad imprecare e pregare tutto assieme. Pareva più strano di lui a volte, e questo non era un bene. Riusciva a preoccuparsi per chi stava peggio di lui, in qualunque caso.
-te lo dico io, Cazzo! Ci vuole uccidere tutti! MERDA!-
Dopodiché si fece il segno della croce e volse gli occhi al cielo, lagnandosi a più non posso. Solo lui allora aveva colto l’unico segnale che quel fantomatico personaggio aveva cercato di dare? Eppure era anche semplice da interpretare.
La svizzera.
Il Mondo aveva scelto la Svizzera, la nazione neutrale per eccellenza! Con un po’ di attenzione avrebbero potuto capirlo tutti. Anche se, a dire il vero, quest’apparizione così improvvisa inchiodava al muro anche l’ottimismo di Feliciano. Aveva una malsana fiducia nel prossimo, e sperava vivamente che tutto ciò servisse magari a risolvere delle vecchie questioni. Difatti nella lettera –che teneva ancora in tasca- si congedava con un “ti farà bene venire qua”.
Magari non l’avrebbero nemmeno incontrato, questo fantomatico Mondo, chi lo sapeva. Poteva essere...bah....un trisavolo? Forse.
Solo di una cosa era certo. In quell’ipotetica casa si sarebbero ritrovati tutti gli stati, e per di più consenzienti. Ciò voleva dire che avrebbero dovuto mettere da parte le loro divergenze e ricalità almeno in quell’occasione. Era per questo che usciva dall’Italia a testa alta, con una nuova luce negli occhi, e lo sguardo volto avanti sempre più speranzoso. Si sarebbero stancati di litigare, prima o poi, e il Mondo li avrebbe aiutati.
Feliciano poteva essere un ragazzo troppo ingenuo, infantile, un pasticcione cronico, ma aveva imparato ciò che gli altri invidiavano e che non avrebbero mai potuto avere: vedeva il mondo con gli occhi di un bambino.
-Feliciano! Cazzo! Cazzo! Ho paura! Ed è tutta colpa di quello schifoso Crucco!-
-Guarda che Doitsu non c’entra nulla...-
-E Invece è stato lui! Questa è una trappola per ucciderci tutti! Te lo dico io, quello ha solo patate per la testa! E le schiaccia pure! Per questo devi piantarla di osannarlo tanto!-
Italia sorrise, pensando che anche Germania si sarebbe trovato in Svizzera, con lui. Non fece a meno di esserne contento, e non poteva farci nulla se il fratello gli proibiva di volergli bene.
Il suo Doitsu lo aiutava sempre, aveva un bel carattere se si cominciava a conoscerlo, ed era bellissimo quando arrossiva. La sua pelle era talmente chiara che il colore purpureo sulle guance si notava molto di più del normale.
In quel periodo aveva pensato spesso a lui. Si ritrovò a pensare di darsi una mossa, o più semplicemente di stargli vicino senza combinare i suoi soliti guai. Riusciva sempre ad infastidirlo nei momenti meno opportuni, e lo faceva preoccupare eccessivamente.
A quel pensiero il suo sguardo si oscurò di poco, e finse di fissare fuori dal finestrino mentre il treno su cui si trovava giungeva pigramente a destinazione.
Perché, maledizione, vedere il volto del tedesco tirato e rigido, sempre fisso sui libri o documenti gli dispiaceva. Provava una vaga fitta al cuore quando lo sgridava, quando, per causa sua, era costretto a sacrificare il tuo tempo e la sua pazienza. Soffriva nel vederlo stare male, quando si sforzava eccessivamente.
Eppure, quando sorrideva, riusciva a fargli mancare il fiato. Perché finalmente capiva quello che pensava l’altro, ed era sicuro che fosse felice.

Fu sicuro di trovare il posto giusto quando vide Vash fermo davanti ad una sottospecie di palazzo, che prima non aveva mai visto. Emanava una nota di imperiosità, e si convinceva dell’esistenza del Mondo ogni volta che provava solo a guardare la costruzione. Non era troppo elaborata, ma riusciva ad essere gradevole, ampia e luminosa. Aveva anche un bel giardino, non troppo grande ma ben curato e verdeggiante.
C’era nell’aria un buon profumo, adornato da un leggero cinguettio che fungeva da cadenza per le ormai ansiose nazioni in attesa.
Difatti Svizzera era solo la prima persona che aveva notato. C’erano tutti i vecchi alleati, che zittiti dal nervosismo guardavano insistentemente la villa. Avevano uno sguardo preoccupato, e soprattutto curioso. Pareva che avessero paura di muoversi, o anche solo di parlare. Erano come delle statue, pronte a scattare appena quelle due grosse cancellate di ottone si fossero spalancate. Era quasi sovrannaturale scorgere un Russia con lo sguardo aggrottato, e un’inusuale Inghilterra posto tra America e Francia.
Feliciano si guardò in torno, cercando con lo sguardo Giappone e Germania. Non impiegò molto a trovarli, soprattutto per le evidenti caratteristiche del secondo soggetto che spiccavano anche nella massa. Ritrovò il buonumore, e corse in contro ai due salutandoli ed evitando le varie nazioni, felice di rivederli dopo del tempo.
Si avvicinò, mormorando dei “Ve” sempre sorridendo, e abbracciò Kiku. Questo, come al solito, rispose freddamente al suo saluto arrossendo di poco per l’esagerata esuberanza dell’italiano.
-Veeh, Kiku!-
Ancora più felice si avvicinò a Ludwig, ma appena lo toccò questo si ritirò quasi Feliciano scottasse, e si allontanò di poco fissandolo male. Italia rimase un poco confuso, e pensò semplicemente che il tedesco si vergognasse.
-Doitsu, tutto bene?-
Il diretto interessato si scostò di nuovo, spostando malamente il braccio che Italia aveva appoggiato al suo.
Ridusse gli occhi a due fessure, scrutandolo dall’alto, per poi sibilare.
-Lasciami in pace.-
Feliciano cercò di ostentare un sorriso tirato sul volto, non volendo capire ciò che l’altro gli aveva detto. Lasciami in pace.
Tre parole che ora gli vorticavano in testa, rischiando di farlo diventare matto. Perché gli aveva detto così? Cosa aveva fatto adesso? Incassò poco dopo il colpo, e avvertì un groppo in gola. Doitsu non stava scherzando, e ciò che aveva detto era reale ed estremamente umiliante.
Il ragazzo strinse i pugni, indietreggiando di un passo mentre non smetteva di fissare quei due pozzi celesti che ora parevano odiarlo tanto.
-Doi...tsu...- Sussurrò a mezza voce, ordinando invano alle sue guance di non diventare rosse, e ai suoi occhi di non pizzicare.
Notò con la coda dell’occhio Kiku che fissava il tedesco stupito. Quello non era la sua Germania. Si rifiutava di credere che lui potesse rifiutarlo così senza motivo.
Ludwig si girò, impassibile come sempre, e avanzò con le altre nazioni, quasi al passo di marcia all’apertura del palazzo del Mondo.
Con un’inquietante e prolungato cigolio, le cancellate che dividevano gli stati dalla verità si spalancarono lentamente. Ora si poteva mettere tutto in gioco, mandare al diavolo le avversità ed essere al cospetto del loro Re.
Lasciarono indietro però un povero italiano, che vedendo la vita come pochi, tratteneva lacrime inutili,di confusione e anche offesa.
Ma che solo lui avrebbe potuto interpretare.
Entrò nel palazzo dopo gli altri, trascinandosi nella polvere del vialetto. Al suo passaggio i cancelli si chiusero, con un sonoro clangore e un “clack” che però nessuno notò.



Ecco il primo capitolo. La storia è appena iniziata, e già nel prossimo chappy comincerà ad ingranare marcia. Ringrazio per le recensioni, mi han fatto davvero molto piacere.
Questo mondo allora incuriosisce, neh? Posso solo dire che apparirà, ma molto più avanti.
Un Grazie a chi solo legge o apre per sbaglio la paginaXDXD
Thanks.

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Capitolo 3
*** 2. ***


Firmato il Mondo capitolo2 [Pov Arthur]

Avanzava calpestando la terra battuta, sollevando piccole nuvolette di polvere. Faceva freddo, molto freddo, e anche di pomeriggio scorgeva l'aria che si condensava davanti alla sua bocca.
Ancora pochi passi e avrebbe scoperto la verità, o come diceva lui, avrebbero sventato quella farsa.
Fin da subito aveva guardato la lettera con scetticismo, e anche se alla fine aveva accettato l'invito non voleva certo dire che credesse nell'esistenza del Mondo. Un semplice scritto spedito ad ognuno di loro così all'improvviso non poteva che fermentare la sua ipotesi: uno scherzo idiota.
Aveva persino individuato potenziali colpevoli, ed elaborava possibili ipotesi e alibi di ognuno da quando era partito. Purtroppo per lui il pensiero che fosse solo una bravata non riusciva a mettere a freno quell'insana agitazione che si sentiva incollato addosso.
Ringraziò però il cielo per aver convinto, anche con le cattive, Sealand a non partire, o per lo meno non dare troppo peso a quella lettera.
Cosa che lui non avrebbe dovuto fare, dato che in quel momento si trovava incastrato fra Alfred e quel fastidioso vinofiilo, che per  sua grande fortuna, non parlavano zittiti dalla tensione. Era però anche sicuro che nessuno in quel momento avrebbe voluto trovarsi lì, per quella ragione, e circondato da alcune persone ormai acerrime nemiche.
Fissò di nuovo la grande villa, apprezzandone le particolari decorazioni, di certo non troppo esagerate ma eleganti.
Era un bel posto, dopotutto. Il tipico paesaggio del nord, la brina quasi maligna che insiste per avvolgere ogni cosa nell'abbraccio del gelo. Gli ricordava un certo francese.
Si chiese poi il perchè avesse scelto proprio la Svizzera, questo fantomatico Mondo (sempre se c'era davvero). Poteva apparire come un messaggio benevolo, ma da quanto aveva capito stando lì nemmeno Vash vedeva di buon occhio quella novità.
Sentì dei passi sorpassarlo lenti e studiati, e con stupore si accorse che Ivan, staccatosi dal gruppo, si avvicinava quasi serafico al portone volutamente grande e decorato. Il russo non disse una parola, ma spalancò l'entrata spingendo con due mani, per poi girarsi verso di loro con il solito inquietante sorriso, facendo svolazzare la sciarpa.
-Grazie, Ivan.- Mormorò Alfred riprendendo a camminare dopo un attimo di esitazione. L'aria era invasa dai loro fiati, ormai mutati in nuvolette. L'atmosfera, invece, era pregna di ansia. Finalmente avrebbero capito chi diavolo aveva organizzato una cosa del genere, riuscendo a far beccare almeno un paio di infarti ad ognuno di loro.
Si mosse anche l'inglese, molto più titubante rispetto a prima.
Doveva starsene a casa. L'aveva ripetuto a sè stesso più volte, ma era troppo intelligente da parte sua ascoltarsi una buona volta!
Fecero il loro ingresso in grande stile, camminando fianco a fianco e stando in religioso silenzio. Le nazioni, una volta all'interno, si guardarono un po' in torno, esplorando la stanza dove si trovavano con uno sguardo, senza notare il lusso che li avvolgeva.
Attendevano che il mondo si facesse vivo, maledizione! Arthur strinse i pugni stizzito, aggrottando le sopracciglia e cominciando a fissare male i suoi segreti deputati.
Alfred si staccò da lui, facendo qualche passo avanti e chinandosi sul pavimento afferrando un fogliettino. L'aveva avuto al fianco tutto il tempo, gli era quasi dispiaciuto vederlo avanzare lasciandolo lì. L'americano si mise a posto gli occhiali e si rivolse agli altri fissando con aria grave il piccolo pezzo di carta.
A volte arthur si stupiva di come Alfred sapesse prende in mano la situazione, e tralasciando alcuni suoi modi di fare poteva davvero definirlo coraggioso, anche se NON eroe. Era un bambinone per la maggior parte delle volte, a capitava spesso che lo infastidisse o gli procurasse addirittura rimorso, ma vederlo lì, davanti a tutti con uno sguardo così deciso in volto lo faceva apparire più adulto.
E ad essere sinceri non gli dispiaceva affatto vederlo sotto quel'insolita luce, anche se non l'avrebbe mai ammesso.
-Hey, Attenzione!- Aprì il foglio spiegazzato, rivelandolo più grande di ciò che si aspettava vedendolo da lì. -C'è scritto..."Fate come se foste a casa vostra. Firmato: il Mondo".-
Calò il silenzio, ma solo per pochi attimi. Come una bomba caricata a tempo, le nazioni esplosero una dopo l'altra, creando un brusio insopportabile. Inghilterra cercò di avvicinarsi ad America, biascicando improperi e sentendo dietro di sè alcune lamentele in francese.
-Alfred? E questo cosa significa?! Dammi quella lettera!-
Non fece in tempo a finire la frase che un prussiano mezzo imbestialito lo superò velocemente facendosi largo, piantandogli una poderosa gomitata nello stomaco.
-FUCK!- Gli urlò da dietro, ma invano. L'albino sembrò non sentire nemmeno, e si intrufolò nel gruppetto di persone ammucchiate intorno ad Alfred.
Non ebbe il coraggio di avvicinarsi ancora, preferì non immischiarsi per il momento. Gongolò poi quando Elizaveta colpì con tutta la sua forza Gilbert, incastonandogli la padella nel cranio.
Sbuffò per niente compiaciuto, per poi sentire una mano sulla sua spalla, mentre fissava ancora quella persona l'una ammassata all'altra.
-Mon Arthùr! Touts bien?- Ci mancava anche la Rana. Maledizione, i mali non vengono mai da soli.
-Si, meglio di Gilbert sicuramente. E cerca non storpiare il mio nome, quando mi chiami!-
Il Francese inarcò un sopracciglio, divertito dal perenne malumore di Arthur. Francis riusciva ad apparire anche più inquietante quando sorrideva a quella maniera e
l'inglese pensò di allontanarsi prima che all'altro venisse in mente qualche idea strana, ma in quel momento non avrebbe saputo dove andare. O non voleva andarsene?
- Mais Chère! Non scaldarti tanto! Volevo solo sapere come stavi, tutto qui.-
Arthur borbottò un "maledette rana" mentre lo fissava di sbieco. Mentre lo fissava,si ritrovò a pensare che era un bell'uomo. Peccato che il tutto fosse rovinato dalla sua propensione a rovinargli la vita, o complicarla appena aveva un briciolo di tempo.
Francis fece finta di nulla, si girò verso di lui e cominciò il suo sproloquio. Non sapeva nemmeno di cosa stesse parlando, e a dirla tutta era abbastanza snervante.
Sapeva bene che quella rana adorava stuzzicarlo, forse perchè non aveva altro da fare, o era infinitamente contento nel vederlo imbarazzato o esasperato.
-Rana, ti prego, non è il momento di raccontarmi tutta la tua vita, dato che in fin dei conti non mi interessa granchè.-
-Il Mio era un consiglio. Tagliati quei capelli, mon dieu! Oppure tienili meglio! Insomma...non sono irrimediabilmente persi...ma se li confronti con i miei...-
Avvicinò una mano al suo viso sfiorandogli una ciocca, ghignando come al solito. Idiota d'un Francis.
Ed era proprio perchè lo stava fissando negli occhi, che notò il loro spostamento verso un'altra persona. Si girò incuriosito, per vedere ciò che poteva attirare l'attenzione di quel vinofilo. Alfred.
Alfred?
Perchè diamine stava fissando America in quel momento? Aprì la bocca per chiedere delle spiegazioni a quella sottospecie di maniaco che si trovava davanti, ma la voce maliziosa del francese lo raggiunse prima.
-Lo sai che ci sta fissando?-
Arthur sgranò un po' gli occhi, chiedendosi il perchè di tutta quella faccenda. Non spiccicò parola, ma sinceramente non sapeva nemmeno cosa pensare di quella situazione. E se...
-Geloso, il nostro Alfred.-

[Pov Feliciano]

Cercava disperatamente l'appiglio di qualcuno in quel momento. Non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in una situazione simile. Ora che si trovava da solo in quell'immensa stanza, e con un problema fra le mani, sentiva sempre di più la sua mancanza al fianco. Era abituato ad averlo vicino, sempre pronto ad aiutarlo.
E adesso? Cosa diamine aveva fatto, poi, per farlo arrabbiare così tanto con lui? Non gli aveva nemmeno dato il tempo per combinare qualcosa che già era riuscito a spezzargli il cuore.
Si girò, ascoltando con distrazione ciò che diceva Alfred. Lo vide poco più in là, tra Roderich e Gilbert, impassibile e rigido come sempre. Avrebbe tanto voluto raggiungerlo, per chidergli cosa avesse fatto di male, supplicare perdono anche inutilmente, oppure semplicemente stargli al fianco.
Feliciano era un ragazzo che non demordeva mai quando qualcosa gli interessava realmente. Non gli importava quante volte sarebbe caduto, o quanti sbagli sarebbe riuscito a fare, ma gli bastava raggiungere il suo obiettivo. Cercò quindi di avvicinarsi a Ludwig il più silenziosamente possibile, così non sarebbe potuto andarsene prima e magari gli avrebbe anche rivolto parole più gentili di quelle precedenti. Andò a sbattere però contro cinque o sei persone, e cadde rovinosamente sul pavimento inciampando nel piede di Kiku. Il giapponese lo aiutò a rialzarsi, e preferì non fare domande sul suo comportamento, limitandosi ad un pacato sorriso.
Italia aveva notato che un attimo prima i due restanti membri dell'asse avevano scambiato un paio di parole, ma senza che nessuno li sentisse.
Chissà cosa si erano detti.
Ringraziò Giappone scusandosi, e molto più motivato di prima continuò ad avvicinarsi al tedesco, ripromettendosi di non fare altri sbagli.
Doveva essere attento e molto cauto, magari saettando velocemente fra le altre nazioni con furtività. Okay, forse lui sarebbe stato un po' meno teatrale, ma ce l'avrebbe fatta, ne era sicuro. Silenzioso, veloce, efficace. Perfetto, insomma.
Poco dopo andò a sbattere contro Russia.
All'inizio si scusò come aveva fatto con gli altri, maledicendosi per l'imbranataggine che dimostrava ogni volta -non si era evidentemente accorto che era andato contro Ivan-. Quando però sentì la solita risata del russo sopra di lui, cominciò a diventare Blu per la paura. Che gli avrebbe fatto? Ucciso, scorticato vivo senza che avesse avuto l'opportunità di chiarirsi con Germania? Si allontanò, tremante pregando che l'altro non fosse adirato con lui per quella bazzeccola. Ivan lo fissò per pochi secondi, e tornò a fissare Alfred, concentrato come pochi.
Quello era decisamente un giorno da ricordare! Quando capitava che Russia non si vendicasse a dovere?
Questo però poteva farlo anche riflettere un momentino. Ciò che era appena successo dimostrava che la situazione del Mondo era molto più grave di quanto si aspettasse, e forse avrebbe potuto prestare attenzione a ciò che stava dicendo Alfred senza mischiare le sue faccende personali.
Ma ormai la sua mente era da tutt'altra parte, ed era concentrata solamente dal bel ragazzo ad ormai pochi metri da lui. Voleva che per una volta quel Crucco (si, se lo meritava) gli dicesse cosa pensasse realmente, e che la smettesse di chiudersi in sè stesso. Voleva aiutarlo, ma non avrebbe mai potuto farlo realmente se non sapeva nulla di ciò che gli succedeva. Eppure ci provava, almeno a farlo sorridere, anche se per la maggior parte delle volte riusciva solo a farlo arrabbiare.
Si concentrò di nuovo e arrivò dietro a Prussia. Ormai era vicinissimo a lui, e da lì poteva guardarlo indisturbato senza che l'altro se ne accorgesse.
Fece pochi passi, felice del suo successo, quando Gilbert urlò qualcosa in tedesco e partì alla carica sgomitando fra le altre persone, invitando anche Ludwig a voltare il capo, per vedere cosa stesse mai combinando il fratello.
Peccato che Feliciano si trovasse esattamente dietro all'albino, e Germania, girandosi, lo notò subito. Sussultò impercettibilmente sgranando gli occhi chiari e a grandi passi si spostò da lui, così che non potesse nemmeno vederlo.
Italia si limitò a fissarlo andare via, sentendo chiaramente le lacrime che volevano bagnargli il viso a tutti i costi. Si era persino impegnato per arrivare da lui di soppiatto, non poteva almeno salutarlo? Gli sarebbe bastato anche un gesto così semplice, e di sicuro Ludwig non sarebbe stato costretto a parlarci assieme per tutto il tempo.
Un saluto, ecco cosa chiedeva.
Il groppo in gola che faticosamente aveva cacciato via ritornò più forte di prima. Si portò le mani al petto, stringendosi la camicia blu fra le mani e cercando di ritrovare un po' di quel contagno che tanto avrebbe voluto avere.
Aveva la vista sfocata, e fra poco non si sarebbe più trattenuto dal versare almeno una o due lacrime. Decise quindi di uscire da quel posto, approfittando del fatto che il grande portone fosse ancora spalancato dopo la loro entrata.
Uscì quasi correndo, asciugandosi gli occhi con un braccio e finendo nel bel giardino di quella casa. Perchè si comportava ancora così? Perchè?!
Non poteva nemmeno parlarci insieme, al suo Doitsu, come faceva a chiedergli cosa gli prendesse? Aveva persino sussultato quando l'aveva visto a pochi passi da lui, quasi fosse un mostro che avrebbe potuto fargli del male.
Tirò su col naso, mentre appoggiava la schiena ad un salice e fissava insistentemente il suolo per trovare qualcosa con cui distrarsi, ma inutilmente.
Fu solo allora, che non lontano da lui sentì un fischio. Non prolungato e immutato, pittosto una filastrocca, o una canzoncina.
Un'allegra canzoncina.


Note dell'autrice
*^* Grazie :D Grazie infinite per le recensioni! Me felice! Davvero, mi inchino a voi, bella gente u.u
un grande GRAZIE a chi ha messo la storia fra le seguite e i preferiti.
Grazie a:
Lambo566, che mi ha fatto notare di una grave dimenticanzaXD Grazie!
Hanta97, che se non sbaglio aveva recensito anche il primo capitolo, Grazie^^
Sideral Space Seed, un grazieissimo per le belle recensioni che mi lasci^^ Seguo la tua fic, e devo dire che mi piace molto^^
Eren Raimizu, Grazie anche a te^^ Lo so, Ludwig è da fucilare, ma ha le sue ragioni.
_Valchiria_, che aveva recensito il primo capitolo, graaazie^^

Un bacio, Black87.
 

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Capitolo 4
*** 3. ***


firmato il mondo capitolo 3 [Pov Feliciano]

Era un'allegra litania, cadenzata abbastanza velocemente. Non ricordava di averne sentite di simili. Fischiettata con maestria, non pareva provenire da un punto preciso, ma era come se più persone si unissero a quel fischio e lo circondassero completamente.
Si alzò titubante, restando con il dorso attaccato alla corteccia ruvida dell'albero che gli sporcò la camicia. Continuava a torturarsi le mani mentre girava la testa a destra e a sinistra, nella vana speranza di riconoscere una faccia amica in quel fischiettare.
Prima di disperarsi del tutto, si illuse che fosse una delle altre nazioni, uscita come lui all'aria aperta, sotto un cielo che si colorava pian piano di fuliggine. Pensò di non essere l'unico ad odiare la situazione che si era creata in quell'immenso salone poco prima, e sperò vivamente che fosse così.
Mentre ispezionava il luogo con le iridi nocciola, gli cadde l'occhio sul cielo. Non avrebbe piovuto, ma tutto quel griguime oscurava man mano il sole che lui adorava tanto e che fra poco non avrebbe più visto. Che giornata orribile. Se solo il suo Doitsu non fosse arrabbiato con lui chissà per quale ragione adesso sarebbe stato lì a rincuorarlo anche solo con la sua presenza, e l'avrebbe confortato dicendogli di non preoccuparsi, e che probabilmente quel fischio era un'altra persona.
Ma Ludwig non c'era.
Ora si trovava in quel bel palazzo, circondato da amici e nemici, dimenticatosi completamente di lui.
Con il cuore in gola, fece un passo nell'erba verde, e felice che nulla l'avesse ancora colpito o attaccato avanzò di più, mettendo i piedi uno davanti all'altro. Mentre muoveva quei pochi passi continuava a girarsi quasi convulsamente, temendo di trovarsi un'assassino alle sue spalle. Aggirò due betulle, avvicinandosi ad un piccolo laghetto vicino ad una panchina bianca, posizionata sotto una quercia dall'apparenza molto vecchia.
Peccato che quei luoghi fossero rovinati dalla solitudine , e dalla visione distorta che ne aveva Feliciano data la paura.
Fissò intensamente il riflesso del grande albero nel piccolo laghetto. Non v'era vento, e le foglie secche si adagiavano placide sull'acqua immobile, per poi affondare come vecchi relitti.
Quando alzò di nuovo lo sguardo sul giardino, però, vide un uomo seduto sulla panchina davanti a lui. Cacciò un grido, allontanandosi di poco, mentre guardava terrorizzato la figura, che apparentemente fischiettava ancora. Solo quello spavento gli aveva tolto 10 anni di vita.
Tremando, si allontanò ancora, intento a scappare nel palazzo di lì a poco, gridando aiuto ai 4 venti -tra cui un certo Ludwig-. C'era però qualcosa che lo bloccava. Si sentiva i piedi inchiodati al terreno, e non aveva il coraggio nè di muoversi nè di gridare come prevedeva il suo brillante piano. Quella strana canzoncina che l'uomo fischiava ancora lo tranquillizzava. Se ora lo fissava bene, quell'uomo, non lo stava nemmeno fissando. Teneva gli occhi chiusi, battendo il piede sull'erba  per tenere il ritmo, assumendo addirittura un'espressione concentrata.
Rincuorato dal pensiero che forse stesse solo fischiettando, Feliciano andò in contro a quella misteriosa figura, che ancora non l'aveva notato.
Quando fu a pochi passi da lui, lo salutò cordialmente, con un cenno della mano e un "Buongiorno" quasi urlato.
Perchè prima ne aveva avuto terrore? Era solo un'anziano che stava tranquillamente seduto su una panchina. Portava dei vestiti eleganti, però la barba lunga. La cosa che perl lo impressionò di più furono i numerosi tagli e cicatrici che parevano tappezzargli il corpo magro, le continue medicazioni ma il perenne buonumore.
la litania si bloccò all'improvviso e un educato "'Giorno" arrivò anche alle orecchie di Italia.  Aveva una voce roca, quasi strozzata. C'era però una punta di ironia nelle sue parole, a giudicare dalla curvatura degli angoli della bocca.
Poi, aprì gli occhi, inchiodandolo lì dov'era.
Erano bellissimi. Non aveva mai visto un colore così vivo, non aveva mai ammirato un'esplosione di colori simile. Nemmeno nella sua immaginezione poteva figurarsi quel misto di azzurri, verdi , e leggere pagliuzze dorate, che donavano solo altra luce al suo sguardo.  Restò a bocca aperta, incerto se complimentarsi con lui riguardo a quei magnifici occhi.
-Sai chi sono io?-
la domanda lo spiazzò completamente. E cosa ne sapeva lui? Era appena arrivato in svizzera, scappato praticamente da quella villa gigantesca e trovato un tizio fischiettante nel giardino. Come poteva saperlo? Fissò l'anziano signore leggermente confuso.
Come non succedeva da tempo cominciò a ragionare. Scartò alcune ipotesi assurde, concentrandosi su quel fastidioso dubbiò che bussava alla porta della sua mentre da un po'. E se fosse stato il Mondo?
-Il Mondo!- Esclamò lui titubante, avendo persino paura di una risposta affermativa. Questo fece finta di pensarci un po', poi scosse la testa. No.
Non era il Mondo, dunque.
-Non proprio, ragazzo.-
Non proprio? Cosa intendeva con quella risposta? Era riuscito solamente a confonderlo fino ad ora.
-Hai visto quei tipi là dentro? - Indicò la facciata del palazzo, sbuffando appena con un sorriso amaro sulla bocca.
-Si, li ho visti. Sono simpatici. Non tutti, ma la maggior parte si! Li devi conoscere!- Leggermente più esaltato e sicuramente più a suo agio sentì persino la voglia di chiacchierare con quello sconoscuto.
-Sei troppo ottimista, sai? ma io conosco i miei polli!- agitò la mano, aggrottando le sopracciglia ma mantendo un sorriso -Sono uno più stupido dell'altro quando vogliono. Riescono solo a farsi del male!- Fece un ringhio contrariato.
Feliciano a quel punto abbassò il capo, triste, comprendendo la veridicità delle sue parole. Aveva appena pianto per quel motico, giusto? Gli avevano fatto del male.
-Oh, su ragazzo! Capiranno prima o poi che sbagliano! Nel mentre...sai che non dovevo nemmeno parlare con te?-
Ora Italia si sentiva immischiato in qualcosa più grande di lui. Fece per prlare, forse provando almeno ad esporre al signore i suoi dubbi, ma questo si limitò ad afferrare il bastone che aveva al pianco della panchina per aiutarsi a mettersi in piedi. A vederlo non pareva così malandato, eppure non riusciva nemmeno ad alzarsi da solo. Feliciano gli avrebbe volentieri offerto il suo aiuto, anche se oramai l'uomo si trovava di fronte a lui.
-E magari hai anche capito qualcosa! Scusami, neh!-
E ora perchè diceva così? Cosa dovrebbe aver capito a parte che conosceva meglio di lui tutte le nazioni, e che si stava scusando inutilmente?
Il colpo arrivò improvviso e forte.
Non capì nemmeno lui cosa fosse successo realmente, ma gridò con quanto fiato aveva in gola, solamente per farsi sentire, magari da suo fratello, o forse persino da Germania.
Poi un forte dolore alla testa, e il buio che si impadroniva di lui. L'immagine dell'uomo che camminava tranquillo lontano sfocava sempre più, fino a diventare nera.


Tenne gli occhi chiusi per colpa della sua testa. Pulsava ritmicamente, provocandogli dolore alle tempie, anche se questo dopo un po' cominciava a scemare.
Si sentiva protetto, al caldo. Avvertiva chiaramente la morbidezza del cuscino sotto la sua testa, e delle coperte  avvolte sulla sua figura, quasi volessero proteggerlo. Ora aveva solo bisogno di starsene lì rilassato, e solo successivamente avrebbe voluto sapere cosa fosse successo.
Non ricordava molto, ma gli balenaono in testa gli occhi un uomo. Erano bellissimi, eppure solo al pensiero, tremò impercettibilmente. Chiuse di più le palpebre, implorando mentalmente la testa di smettere di tartassarlo così. Mentre si ranicchiava nelle coperte, e mentre delle fitte gli colpivano più volte il capo, sentì di nuovo quella presenza avvicinarsi a lui. Sapeva benissimo che si trovava in una stanza con qualcuno, e stranamente non ci teneva molto a sapere chi fosse. Nel migliore dei casi si trattava di suo fratello.
Avvertì il tocco caldo di quell'ignota persona sul suo braccio. Poi quella mano così rassicurante passò sul suo volto, dove si soffermò ad accarezzarlo delicatamente scompigliando di tanto in tanto i capelli facendolo stare quasi bene.
No, non era suo fratello.
Romano aveva delle mani più piccole, e di sicuro non era così discreto e silenzioso. Avrebbe sicuramente iniziato ad urlare un "OSSANTOCIELOMIOFRATELLOMUORE!" magari adornato da improperi di ogni genere.
Ma quello non era il tocco di suo fratello, ne era sicurissimo. Nell'incertezza, aprì faticosamente gli occhi, che richiuse subito non essendosi abituato alla luce. Sbattè più velocemente le palpebre, e tenendo gli occhi semichiusi posò il suo sguardo sulla persona davanti a lui. Vide solo dei pantaloni verdi, leggermente larghi. Poi una maglietta completamente nera e attillata, dove però sul bordo spiccava la scritta "Awensome".
Gilbert? No, non era lui. Il tizio che aveva davanti era decisamente più muscoloso e docile dell'impetuoso prussiano.  Alzò di più lo sguardo, notando una croce di ferro legata al collo di quella persona che così costantemente gli stava al fianco. Non...non poteva essere....?  
Volendo trovare alla svelta una risposta certa al suo perchè si decise a fissarlo in faccia, con il cuore che a momenti gli balzava fuori dal petto.
Era un miracolo. Avevano esaudito le sue preghiere finalmente; e una volta tanto si ritrovò a fissare due pozzi celesti e dei capelli biondissimi che tanto gli erano mancati. Sentì la felicità montare, e le preoccupazioni andare via assieme al dolore alla testa. Non si spiegava gli strani cambiamenti d'umore del tedesco, ed era intenzionato a scoprire il perchè di tutto ciò, ma ora che se lo ritrovava di nuovo vicino poteva dichiararsi soddisfatto e contento.
Si dimenticò persino di sorridergli, ma a questo pensò lui, dato che gli sorrise lievemente come non avrebbe mai sperato di vederlo fare, per poi sussurrare:
-Dormi Feliciano.-
Non osando trasgredire l'unico ordine che in quel momento gli imponeva chiuse gli occhi, promettendosi però di non addormentarsi, per poter stare coscientemente accanto a Ludwig. Si abbandonò a quel tocoo leggero che ora lui gli offriva, sorridendo pacatamente e facendosi sfuggire dalla bocca un "veeh". Afferrò poi la sua mano, e gliela strinse potrandosela al petto felice che l'altro non protestasse.
Non voleva cadere fra le braccia di morfeo proprio adesso, che si sentiva così realizzato. Non voleva, perchè se si fosse addormentato, Ludwig se ne sarebbe andato via da lui, e al suo risveglio non ci sarebbe stato molto probabilmente. Quindi strinse di più la sua mano, sperando di trovarla lì anche quando si sarebbe ripreso.


Gilbert si girò verso il fratello, con uno sguardo allo stesso tempo triste e benevolo sul volto. Da giorni ormai voleva fargli quella domanda, e ora era giunto il tempo dei chiarimenti.
Si sedette vicino a lui, fissando davanti a sè ma cominciando a parlare, con un'aria sbarazzina ed esperta.
-Mi spieghi perchè hai paura di farti amare?-





Note dell'autrice:
Povero Doitsu. Alla fine passa dalla parte del cattivo, ma dato che sarà lui a salvarci dal 2012 non è poi così crudeleXD Probabilmente resterete un po' confusi per quando riguarda il violento vecchietto, ma non posso darvi altre informazioni che già non vi abbia dato lui nella fic.
Per finire, ringrazio chi ha messo la storia nelle preferite, chi nelle seguite e chi ha recensito.
Grazie a:
Eren Raimizu
hanta97
ReMShipping
Ivan_Kirkland

Baci^^

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Capitolo 5
*** 4. ***


firmato il mondo capitolo 4 Nelle menti di ciascuno regnava sovrano il panico e il timore, dati dall'assoluta incertezza e dall'improbabilità della situazione, sempre più complicata e grave di come era apparsa inizialmente. La presenza tanto attesa si era ipoteticamente rivelata ad una sola persona, la meno affidabile. E anche in quel caso, l'aveva colpita tramortendola.
Chi aveva interesse nel colpire Italia? Sarebbe stato già più logico tendere un tranello a Germania, Russia o Inghilterra. Tutte le altre nazioni si erano macchiate di colpe ben più gravi, durante e non il conflitto mondiale. Sarà perchè il Bel Paese si è ritirato dinnanzi al pericolo, oppure i pregiudizi non riescono ad unificare spiritualmente il popolo tra Nord e Sud?
In ogni caso, fare del male ad Italia pareva una cosa quasi vile. Era uno degli stati più benevoli e allegri, che cercava invano di non escludere nessuno, e aveva un gran sorriso pronto per tutti. Tentava di fare del suo meglio in ogni situazione, e combatteva estrenuamente per risultare simpatico a qualcuno. Come si poteva odiarlo così tanto da fargli del male immotivatamente?
Se lo chiedevano tutti da un bel pezzo, ma non riuscivano a cavare fuori una risposta che li soddisfacesse tutti appieno, o che li tranquillizzasse.

[Pov Ludwig]
Lui l'aveva visto, chiaro come il sole. Non era il mondo, sicuramente. Ne era certo perchè l'aveva già visto in passato, sui libri di storia, e fermo davanti alla cancellata prima che lui entrasse in quella maledetta villa. Pregava che fossero state tutte allucinazioni, ma percepire anche solo la consapevolezza che la sua persona potesse essere lì lo disturbava parecchio.
L'aveva notato con la coda dell'occhio circa due o tre volte da quando era lì. La prima, all'inizio di quella singolare "avventura" -se così si poteva definire- la seconda quando cercava la sua stanza sotto le scarse indicazioni di suo fratello, e la terza davanti alla camera di Feliciano.
Si, perchè finalmente si era deciso ad andare a vedere come stesse. Erano passati tutti a fargli visita, e lui non riusciva a trattenersi più di tanto. Avrebbe abbattuto le sue ferree barriere che si era costruito accuratamente, per cedere alla tentazione di andare a trovarlo, di sapere come stava in quel momento. Era stupido frenarsi a quella maniera, ma dopo ciò che aveva sentito e capito forse non faceva poi così male a comportarsi così. Gli era costata cara quella soluzione, e doveva fare di tutto per abituarsi gradualmente all'assenza dell'italiano al suo fianco.
Probabilmente, se non fosse entrato dopo che tutti se ne erano andati, Lovino gli avrebbe impedito a tutti i costi di varcare la soglia della camera del fratello, anche a suon di calci e pugni.
Eppure anche in quell'occasione gli era parso così naturale andarlo a trovare, era abituato a fare così da sempre, e anche con tutti i suoi "buoni" propositi, non era ancora prnto a smettere di comportarsi così. Evidentemente quando aveva deciso di entrare, non si era preparato.
Non era pronto a vedere un Feliciano sofferente, stretto convulsamente alle coperte del letto, con una faccia fin troppo pallida per i suoi gusti. Non era pronto all'assenza del suo sorriso, o del suo saluto che di solito gli giungeva alle orecchie ancora prima che lo vedesse. Non era pronto ai sensi di colpa, al pensiero che nel momento in cui quel pazzo gli aveva fatto male lui sarebbe potuto essere lì a difenderlo.
Solo quella vista gli aveva stritolato il cuore, non impedendogli di stargli vicino il tempo necessario per capire che non correva più pericolo.
E questo era un problema. Il problema Feliciano.
Poi veniva il problema Sconosciuto; quel tizio che aveva intravisto solo poche volte, e l'aveva sempre inquietato. Non voleva pensare a lui in quel momento, anche perchè pareva essere stato l'unico ad accorgersi dell' innominato, e magari le altre nazioni si sarebbero limitate a fissarlo di sbieco pensando che avesse bevuto troppa birra. Avrebbe indagato un poco per volta, fino a che la situazione rimaneva invariata come in quel momento. Aveva altro a cui pensare.
Ed ecco il problema Stanze. Appena si era accennato alle poche camere singole presenti era scoppiato il putiferio. Non erano molti quelli che amavano condividere la stanza, quindi era stata istantaneamente dichiarata una lotta all'ultima camera singola. Dato che mentre gli altri sceglievano con cura il locale dove dormire lui era a trapanarsi la testa coi sensi di colpa da Feliciano, non aveva la più pallida idea di dove avrebbe passato la notte. In quel momento si trovava sul secondo pianerottolo, circondato da un vociare assurdo, completamente spaesato. Aveva sperato di trovare il fratello da qualche parte, forse sarebbe stato in camera con lui. non seppe come e dove muoversi, quindi restò immobile, ideciso sul dafarsi.
Lo vide girare l'angolo e avvicinarsi poco più tardi, muovendo convulsamente il capo a ritmo della musica dell'I-pod che si portava appresso. A scatti compieva qualche passo un po' troppo azzardato, probabilmente cantando in playback il ritornello. Quando fu a pochi passi da lui Gilbert lo afferrò per una spalla e fece finta di avere in mano un microfono, muovendo la bocca senza emettere alcun suono alitandogli solo in faccia. Ludwig arricciò il naso, non sapendo se preoccuparsi o meno per il fratello, che in quel momento riusciva solo a spaventarlo. I suoi dubbi diventarono atroce realtà quando lo afferrò per i fianchi con una mano, intrecciò l'altra con la sua e improvvisò un orribile valzer.  Si chiese più volte il perchè di tutto quello, e alzò gli occhi al cielo, esasperato più che mai.
Era di fronte a tre problemi esistenziali e a suo fratello veniva la brillante idea di farsi trascinare fin troppo dalla musica, facendolo volteggiare come un idiota nel corridoio.

[Pov Svezia]
Era stanco, molto. Il viaggio per arrivare fino a lì era riuscito solo a sfinirlo, e le preoccupazioni si erano triplicate una volta arrivato.  Voleva dimenticarsi tutto con una veloce doccia fredda, farsi una buona dormita e cercare di riposarsi per affrontare la difficile giornata che l'avrebbe atteso il giorno dopo. Grazie al cielo avrebbe condiviso la stanza con le poche persone che conosceva. Almeno quello potevano concederglielo, no?
Forse chiedendosi quando sarebbe tornato Tino dalla cucina, aprì la porta attendendo il suo ritonro. Guardò fuori e inorridì. Nel corridoio c'erano i due fratelli Beilschmidt che ballavano alla meno peggio trascinati -sperava- dall'ubriachezza.
Senza dire una parola chiuse la porta e bevve un po' di birra, nel solo intento di dimenticare.

[Pov Ludwig]
Decise di fermare il fratello quando aveva cominciato a strusciarsi su di lui. Non gli era bastato usarlo come partner per chissà quale ballo poco prima, adesso vedeva in lui un invitante palo. No, non voleva sapere il perchè, e cercava di ignorare ogni possibile risposta alla sua domanda. Afferrò il fratello per le spalle, e lo scosse leggermente togliendogli le cuffiette del lettore musicale.
-Cosa diavolo stai facendo?!- Sbottò cercando di fissarlo malissimo, anche se Gilbert non si fece scoraggiare dal suo sguardo e ghignò malizioso dandogli una gomitata.
-Sei stato da Feliciano, neh?-
Non mancò l'irripetibile occhiolino da parte del prussiano. Ludwig, come da copione, arrossì, balbettanto un "perchè, non potevo?" che l'altro non capì nemmeno. Germania non riusciva a comprendere perchè gli desse addirittura fastidio che gli si ponesse una domanda simile, e il pensiero di Feliciano in quel momento gli imporporava ancora di più le guance, che risaltavano sulla pelle chiara. Suo fratello l'aveva sicuramente notato, e anche se non dava voce ai suoi pensieri sapeva ciò che gli passava per la testa in quel momento. Gilbert era sempre stato convinto di un'attrazione fra lui e Italia, gliel'aveva ripetuto molte volte anche se Ludwig non aveva voluto ascoltarlo in ogni caso.
Si sentì sfiorare la guancia leggermente calda, e vide l'altro fare un gesto con la mano per dirgli di seguirlo. -Dai, vieni che sei in camera con me.-. S'incamminò dietro al fratello, che in quel momento salive le scale rimettendosi ad ascoltare la musica. Se avesse presentato gli stessi pericolosi sintomi di prima, Ludwig avrebbe fatto volare quel maledetto I-pod fuori dalla finestra.
Gilbert si fermò fischiettando davanti ad una porta, che aprì poco educatamente con un calcio. Fu accolto da alcuni schiamazzi, che non gli piaquero per niente. Ovviamente il suo caro fratellino non gli aveva accennato a dei probabili ospiti nella camera, e avrebbe dovuto scoprire a sue spese chi diavolo erano, anche se qualche sospetto lo aveva già.
Sentendo già i sudori freddi sulla fronte, allargò al sua cravatta e si avvicinò alla porta ancora aperta, provando a prepararsi psicologicamente all'impatto.
Come sospettava.
Antonio.
Francis.
Avvertì chiaramente un principio di svenimento colpirlo quasi come una manna dal cielo, ma si fece forza e mosse qualche passo all'interno del locale, nella più totale disperazione.
Era distrutto, stanco, preoccupato, confuso, incavolato e doveva passare la notte con quei tre. Sospirò  e fece solo un cenno con la mano al "Hola!" e "Bonne soireè!" che gli rivolserlo. Si guardò in torno, notanto un letto a castello e un matrimoniale. Castello, sotto. Quella era la muta richiesta che sperava suo fratello accogliesse quanto prima. Sapeva già che non avrebbe dormito granchè, ma almeno senza qualcun'altro che lo usava come cuscino.
Non osò pensare a cosa avrebbero potuto fargli se si fosse addormentato davvero, e impallidì al solo prospetto di quella nottata passata lì. Gilbert allora si girò, intercettanto il suo sguardo, socchiudendo gli occhi vermigli e sorridendo sornione.
-Il singolo te lo devi guadagnare.-



Capitolo dedicato alla Moni, e il Ludwig di cui è player e che io adoro tanto. Un brindisi al tuo Pg Lud e il suo Feliciano. *cin cin*


Note Autrice:
Ecco il nuovo capitolo! Ecco...io...io ho sempre scritto delle parodie...e anche se volevo fare questa fiction completamente seria, ho ceduto alla tentazione di aggiungere qualche particolare demenziale. ma si nota? No, non si nota...non si nota, vero?
Un GRAZIE a tutti i lettori, a chi ha messo nelle preferite e seguite. Non mi aspettavo che in poco tempo foste già così tanti! Davvero, mi rendete felice!
In questo capitolo si introduce un nuovo mistero, che anticipo già, è un personaggio conosciuto.
Un grazie ai recensori:
_Valchiria_ (3 recensioni in una volta sola *^*)
hanta97
Ivan_Kirkland
Sidereal Space Seed
Eren Raimizu
Cuore_di_ciambella



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Capitolo 6
*** 5. ***


firmato il mondo 5 [Pov Gilbert]
Prussia aveva sempre voluto che suo fratello cominciasse a vivere. Vivere per davvero, soprattutto in quell'occasione. C'era il panico, la paura, le preoccupazioni aumentavano sempre di più, ed era proprio per questo motivo che lo voleva sentire forte e sicuro. In quelle occasioni c'era bisogno di dare sfoggio del proprio carattere, dimostrarsi pronti al peggio con un sorriso sulle labbra, godendosi i momenti belli, seppur brevi ed effimeri, fino all'ultimo. Ludwig non era mai stato espansivo o solare, ma doveva sforzarsi almeno per una volta.
Fino a poco tempo prima non aveva capito nemmeno il perchè avesse lasciato perdere Feliciano, trattandolo quasi con un disprezzo innaturale. Italia l'aveva sempre adorato, e probabilmente ogni truce occhiata che gli aveva rivolto il fratello fino ad allora doveva essere stata una pugnalata al cuore.
Aveva osservato Ludwig, attento a non farsi sfuggire ogni minimo particolare delle sue espressioni, cavando dalle sue occhiate pensieri e sensazioni con una costanza quasi maniacale. Era come mettere assieme dei pezzi inesistenti di un puzzle mai completo, intriso solemente da confusione.
Anche perchè era l'unica cosa che riusciva a scorgere chiaramente negli occhi azzurri di Germania. Confusione.
Aveva cominciato a comprendere un po' per volta il dubbio che attanagliava l'altro, cercando di non invadere troppo la sua privacy, e ci era riuscito in silenzio, senza farsi scoprire. All'inizio aveva pensato che Ludwig avesse realmente paura di essere amato dall'italiano, anche se trovava l'ipotesi abbastanza scontata e fin troppo sentimentale. Ci doveva essere perforza un altro motivo. Ne era certo, esisteva quel qualcosa che riusciva a bloccare Ludwig quasi totalmente.
Si trattava di una persona, importante più del dovuto, dimenticata e che sarebbe dovuta rimanere tale in quel momento.
Non si parlava di nazione, avevano davanti un impero.
L'aveva visto che lui sgattaiolare veloce verso il buio, convinto che avrebbe potuto proteggerlo. Se lo ricordava bene, e non avrebbe mai potuto scambiarlo per qualcun'altro. Aveva fatto cadere il grande cappello nero mentre provava a nascondersi, inciampando nel tappeto che ricopriva interamente il corridoio. Non aveva fiatato, ma era sicuro di averlo sentito sospirare ansioso.
E di ciò, non avrebbe detto nulla.
Ludwig per ora non doveva sapere che anche lui l'aveva visto. Probabilmente Germania aveva avvertito da subito la sua presenza, e dirgli che pure lui aveva la certezza di averlo visto avrebbe peggiorato solo l'umore del fratello.
Forse per quel motivo lo voleva in camera con lui quella notte.
Non voleva che stesse da solo con i suoi pensieri, a rodersi l'anima in completa solitudine. Era sbagliato, perfino Ludwig lo sapeva anche se non faceva nulla per rimediare. Gli aveva ripetuto più volte di non farsi ingoiare dai problemi, che puntualmente si presentavano alla sua porta. Doveva piantarla di crogiolarsi nel dolore a quel modo, e almeno quella volta lui gliel'avrebbe impedito.
Certo, con Antonio e Francis in camera non avrebbe nemmeno dormito, ma almeno quegli allegri schiamazzi l'avrebbero distratto. O almeno così sperava.
-Il letto singolo te lo devi guadagnare- Gli disse ghignando, sottoponendolo all'ennesima prova della sua pazienza. Lo vide disperarsi totalmente, e in un certo senso fu perfino felice.
Disperarsi era da Ludwig sano, non da Ludwig con paturnie mentali.
Già un passo avanti.
Sperò solo che Francis non fosse troppo irruento, e la smettesse di fissare suo fratello come se dovesse saltargli addosso da un momento all'altro. Ma cosa poteva farci? Al massimo avrebbe tramortito il francese mentre si appiccicava a Ludwig, o, molto più sadicamente, si sarebbe goduto lo spettacolo.
-Gilbert...per favore, sono stanco.- Biascicò il tedesco ancora fermo sulla porta, abbassando impercettibilmente le spalle dopo la sua affermazione.
-C'è un letto comodo, qua.- Fece poi Bonnefoy, passando una mano sulle coperte del matrimoniale sghignazzando. L'albino si girò verso di lui, non sapendo bene se dargli l'approvazione o rimproverarlo con lo sguardo. Con la coda dell'occhio colse il movimento fulmineo del fratello verso la porta, e non fece a meno di sorridere mentre si chinava a prendere la sua valigia per tirare fuori il pigiama.
-F-Francis, pe favore...- Il teutonico cominciava a preoccuparsi seriamente, a giudicare dallo sguardo. -Mais Chère! Tu mica cercavi un letto? Eccolo qui!- Francis ammiccò nella sua direzione, passandosi una mano nei capelli biondi e accavallando le gambe. Faceva tanto "Famme Fatale". Nel mentre Antonio aveva afferrato la sua fida chitarra, e cominciava a strimpellare le prime note fissando concentrato -e con un sorriso- le corde che vibravano sotto le sue dita. Gilbert si rilassò un poco, vedendo che gli ingranaggi cominciavano a girare nel verso giusto, oliati in segreto da lui. il fratello - che aveva afferrato la bajour per difenersi da Francis in caso di attacco- ora aveva la testa da un'altra parte, trasportata finalmente lì con loro con un po' di fortuna. Non l'avrebbe detto, ma era felice quando lo vedeva un po' impacciato, ma libero e perfino umano, senza quella rigidità che lo invadeva troppo spesso.
-Io non ho detto che cercavo un "letto".-
-In ogni caso qui è comodo, Nh!-
-Soy el verme solitarioooo....- (?!?! WTF? N.D.A)
Gli sarebbe piaciuto immortalare la scena, solo per farsi due risate quando un giorno avrebbe ritrovato la foto per sbaglio, magari in una tasca della valigia che teneva fra le mani in quel momento.
Come aveva fatto qualche giorno prima, mentre spolverava dei vecchi libri nella sua bliblioteca, nella vana ricerca di notizie sul Mondo. Mentre apriva svogliatamente l'ennesimo tomo gli era scivolata fra le mani una fotografia ingiallita dal tempo, dimenticata lì da chissà quanto.
Era spiegazzata in alcuni punti, rovinata e sbiadita, ma i tre ragazzi raffigurati lì si potevano vedere bene. Precisando: due ragazzi e una splendida ragazza, giovane e bella, nel fiore dei suoi anni.
I tre sguardi erano puntati proprio su di lui, quasi a ricordargli qualcosa che non avrebbe più potuto avere. Il prussiano si trovava in mezzo, e abbracciava gli altri due facendo un sorriso a 32 denti. Liz ricambiava inaspettatamente, mentre Roderich inarcava leggermente le labbra verso l'alto, come a suo solito. Si potevano identificare come i tre migliori nemici che avessero abitato quel pianeta, a detta sua. Quella semplice immagine, gli sguardi innocenti stampati sulla carta rovinata, lo fecero stare peggio di quanto avrebbe potuto pensare. Avvertì le emozioni arrivare più tardi, la nostalgia che lo avvolgeva crudelmente nelle sue spire. Gli tremò appena la mano, e nemmeno cercando di imitare il sorriso che aveva nella foto riusciva a respingere il groppo in gola che si stava formando pian piano. Era una sensazione orribile, che non gli si addiceva per nulla e lo intristiva fin troppo.
Quindi, al mondo c'era qualcosa che nemmeno il Magnifico poteva avere. Roderich e Liz.
Si riscosse dai suoi pensieri quando scorse Ludwig sfiorare la maniglia della porta cercando protezione dal francese, che ora si avvicinava a lui con passi felpati, incurante che il tedesco avrebbe potuto fare strage solo con la temibile bajour nella sua mano sinistra.
Gilbert allarmato scattò in piedi, afferrando l' I-pod  e cominciando ad agitarlo quasi fosse una mazza ferrata. Germania non doveva assolutamente uscire da lì. L'incantesimo della "distrazione" che l'aveva avvolto fino ad ora l'avrebbe abbandonato all'istante una volta che se ne sarebbe andato.
Fece roteare più velocemente il malcapitato lettore musicale, affiancandosi minaccioso a Francis e stando bene attento alla lampada che Ludwig avrebbe successicamente usato come scudo.
-Lud, tu non ti muovi di qui!-
-Come sarebbe?!- Stizzito il fratello lasciò la maniglia, e rivolse uno sguardo scocciato all'albino che ghignava impugnando con fierezza la sua arma. -Io posso uscire quando voglio!- Puntò poi lo sguardò cristallino sui due pseudo maniaci, che ghignarono inquietantemente all'unisono.
Ciò che dava davvero una bella atmosfera, oltre alle improvvisate armi dei tedeschi, erano le vivaci note che regalava loro Antonio, mentre ridacchiava rapito dalla scena continuando sempre a suonare.
-Sei un crucco!-
-Lo sei anche tu, idiota!-
-Gigante!-
-Vecchio!-
-Freddo!-
-Megalomane!-
-HEIDI!-
Ludwig rimase alquanto interdetto dall' "insulto" pronunciato dal fratello con così tanta convinzione, e fece l'errore di abbassare la guardia, convinto che avrebbe riso trionfante e l'avrebbe lasciato in pace. Abbassò la bajour che fino ad ora aveva tenuto alla larga Francis,e questo non ci pensò un secondo di più per fiondarsi sul tedesco, che cadde per terra con un tonfo sordo.
Gilbert sbiancò, e cominciò a ricoprire di improperi il francese, anche se stava più ridendo che altro. Quando finì si sgolarsi insultando Francis, si buttò anche lui nella mischia, incerto su chi difendere veramente, sghignazzando vedendo Lud in quelle condizioni.
Forse non era un fratello buono, bravo e gentile, ma almeno si preoccupava per lui, e lo aiutava. Almeno, ci provava.  Rise più forte, quella sera, per dimenticarsi della foto, piombata nella sua mente all'improvviso; per far svagare Ludwig e rendere felice Francis, e infine per valorizzare l'incredibile resistenza dello spagnolo, che non smetteva di suonare nonostante tutto quello che stava succedendo a pochi passi da lui. Si impresse nella memoria l'atmosfera leggera, quasi brilla, che lo portava a vivere tutto alla giornata, a divertirsi e mandare al diavolo tutto il resto.
Era come una breve tregua da una guerra non dichiarata, e bisognava divertirsi, bisognava vivere fino a che si aveva l'opportunità e la forza, ritornare in quei momenti ad essere qualcuno, per poi immergersi nell'incertezza del domani.

[Pov Matthew]
Da quando era arrivato, nessuno si era accorto della sua presenza, anche se era stato praticamente appiccicato ad Alfred. Ad essere sinceri, nemmeno lui l'aveva calcolato poi molto.
Oramai era abituato all'emarginazione da parte degli altri,  a quella sensazione di abbandono che lo contraddistingueva.
Non capiva il perchè di quell'atteggiamento nei suoi confronti.
Maledizione, era uno degli stati più grandi del mondo! Si trovava a confinare con l'America, vedeva il fratello ogni santo giorno, ma allora come mai non gli restava al fianco? Il punto è che, in ogni caso, non riusciva ad imporsi agli altri, a fare presente quel problema; secondo lui irrisolvibile.
Vagava per i corridoi passeggaindo tranquillo, sicuro che non avrebbe dato fastidio a nessuno. Cercava solo di rimettere in ordine i pensieri, dopotutto. Sentiva quel rilassante brusio provenire dalle camere, mentre scendeva le scale appoggiandosi al corrimano.
Sorrise pacatamente, trovandosi davanti Inghilterra e Italia.
Italia? A quanto sapeva era appena stato colpito da un presunto pazzo, che si era volatilizzato subito dopo lasciando solo un grosso bernoccolo a Feliciano. Poi, come mai Arthur stava parlando con lui? Non sapeva fossero amici, anzi, era sicuro del contrario.
Stando zitto e in disparte, la maggiorparte delle volte riusciva a captare informazioni che gli altri non percepivano nemmeno. Conosceva le singole espressioni di ognuno, i significati nascosti dietro ad un semplice sguardo.
E almeno da ciò che ricordava, Inghilterra e Italia non avevano mai avuto nè un rapporto di amicizia nè tantomeno di odio. Eppure erano lì. Uno di fronte all'altro, che parlottavano; l'uno sorridendo, l'altro più serio.
-Italia, torna a dormire.- Lo ammonì per l'ennesima volta Arthur. Matthew nel frattempo si era avvicinato, anche se da copione i due non si accorsero della sua presenza.
Vide lo sguardo di Feliciano intristirsi, e tenere stretto nelle mani il piatto di pasta fumante, capace solo di fargli venire fame.
-Non posso!- l'italiano abbassò la testa, arrossendo di poco e dondolando appena con la parte superiore del corpo. -Voglio portare questo a Doitsu...-. L'inglese restò impassibile, anche se qualcosa nel suo sguardo cambiò. Probabilmente il gesto di Feliciano gli pareva inconsueto e alquanto invadente, soprattutto dato lorario tardo. Però si era addolcito, anche se di poco. Lo vide chiaramente nei suoi occhi, quella luce che mutava impercettibilmente e che solo lui poteva notare.
-Non so dove sia, in ogni caso. Credo che sia a dormire adesso. Mangiala tu, no?- La risposta aveva confermato la sua teoria. Un Arthur così affabile non era il solito scorbutico inglese che tutti conoscevano. Non sapeva bene se provava compassione per Italia, dato che era appena stato ferito, oppure era stata la sua infantilità.
Italia fece un broncio insoddisfatto, fissando Arthur di sottecchi. -Va bene...- Disse, sorridendo solare. Tornò poi nella sua camera, lasciandosi scapare un "Veeh" che lo caratterizzava più di quanto pensasse.
Inghilterra, invece, era sparito. Senza salutarlo, ovvio.
Sospirò affranto, rivolgendo uno sguardo triste e abbattuto al pavimento. Non poteva andare avanti così, per tutta la durata di quell'assurda situazione, e lo sapeva. Doveva svegliarsi, affrontare i suoi demoni personali, e capire il perchè di quei perenni comportamenti.
Gli sarebbe bastato parlare chiaramente a qualcuno disposto ad ascoltarlo. Non chiedeva poi molto, no?
Senza che se ne rendesse conto, si era incamminato verso il fondo del corridoio, andando in contro ad una camera -che, se lo sentiva- più ampia e luminosa, ordinata ed elegante. Perfetta per un eroe.
Deglutì leggermente ansioso, e cercò di rassicurarsi pensando che prima o poi avrebbe dovuto affrontare suo fratello. Alzò il braccio, che avvertì più pesante del normale, e bussò tre volte alla sua porta.



Note dell'Autrice.
Okay. Insomma, Sono ancora scoinvolta per ciò che ho fatto dire ad Antonio. "Soy el verme solitario".
Me ne farò una ragione col tempo.
Ho aggiunto dettagli importanti sullo Sconosciuto. Credo che qualcuno abbia indovinato, ora XD
Un immenso Grazie ai lettori, chi mette nelle preferite, seguite, ricordate e soprattutto a chi lascia un commento. *^*
Grazie a:
medinspower Ari
hanta97
Cuore_di_ciambella
Sidereal Space Seed
Julya91 (Sei davvero tu? Wow! *^*)
Eren Raimizu
Ivan_Kirkland
_Valchiria_



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Capitolo 7
*** 6. ***


firmato il mondo 7 [Matthew]

Era la pioggia scrosciante quella su cui scivolava a tratti. Cadeva scomposta sulla ghiaia ticchettanto ritmicamente, frammentando il suo concerto piovano sotto i passi svelti di due persone.
Ed era sicuro, Matthew, di non volerlo rivedere mai più. Le sue parole nei tuoi confronti erano assai più affilate di lame, e il suo cuore non sembrava ceder passo all'amore fraterno. Aveva lasciato perdere oramai quelle stupide allusioni che gli faceva quando si accorgeva a stenti della sua presenza, oppure quando dimenticava di fargli semplicemente gli auguri al suo compleanno, magari una telefonata ogni tanto, per sapere se stava bene. Macchè.
Il fratello di America è la sua stessa immagine, ecco tutto. Il suo egocentrismo a volte lo spiazzava, ma non poteva farci nulla ormai. Era sempre stato così, non c'era alcun motivo di sperare in qualcosa di diverso.
Poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Come poteva, data la situazione abbastanza allarmante, Credere che non fosse nemmeno venuto in Svizzera? Come, maledizione?! E sperò che l'altro lo ascoltasse mentre aveva il coraggio di dire cosa pensava di lui. Si, l'aveva ascoltato eccome. Infatti era andato su tutte le furie.
Perchè voleva pieno appoggio da lui, USA era l'eroe incontrastato della situazione, e non ammeteva che qualcuno svicolasse nei suoi difetti, soprattutto se suo fratello.  E da quando si accorgeva di averne uno? Solo quando gli faceva comodo?
Ed erano parole così  semplicemente brutte, ingiuste, che poteva pensare un fratello dell'altro.
Quindi, dopo la sfuriata chegli aveva fatto, senza dargli la minima opportunità di controbattere o di difendersi, non lo voleva rivedere. Camminava veloce nel vialetto, circondato da pioggia e alberi, che salici quali erano, pareva si inchinassero a lui piegando le fronde sotto il peso dell'acqua.  Rallentò, quando finalmente giunse davanti all'enorme cancellata di ferro battuto. Il cielo era diventato scuro, la notte aveva già fatto suo schiavo la volta che lo ricopriva.
Canada fissò quell'uscita, combattuto tra il desiderio di andarsene, oppure quello di fare sempre la sua parte, invisibile a tutti. Appoggiò le mani al cancello, freddo e umido.
Dopo un attimo di decisione, spinse più che potè, piegando i propri capelli sulla faccia, tirando i muscoli  e stringendo le palpebre.
Nulla.
Non successe nulla. Il cancello era fermo immobile, imponente come l'aveva visto poco prima, anche sotto le sue spinte e nonostante non ci fosse alcun lucchetto o serratura a bloccarlo. Fissò i cardini, leggermente tremante -un po' per la pioggia, un po' per la consapevolezza che di lì non poteva andarsene. Fece per allontanarsi, indietreggiando lentamente; poi, però, avvertì una presa sulla sua spalla. Era ferrea, non gli faceva male, ed era soprattutto calda.  Anche se le ultime informazioni su quel contatto erano positive, non fece a meno di agitarsi. Erano successe molte cose in quei due giorni che erano lì, e gli pareva di avere dietro di sè un serial killer, magari armato di un machete sanguinante.
Senza emettere alcun suono, trattenendo il fiato, si girò di scatto, spaventato.  -Sono io, calmati.- Fece una voce che conosceva in froppo bene, anche se dati gli occhiali bagnati e appannati non aveva ancora visualizzato bene il volto.
-F-Francis?- Chiese timidamente, sperando in una risposta affermativa. L'uomo scosse la testa in segno di assenso, mentre con l'ombrello che aveva in mano -se ne era accorto solo ora di questo particolare- gli offriva riparo dalla pioggia. Ora che vedeva un po' meglio riusciva a scorgere con sollievo i capelli biondi e i suoi occhi blu. Quindi non era davvero un assassino. Meglio così, in ogni caso.
Si rimise a posto gli occhiali, stringendosi nel suo maglione fradicio, senza dire una parola. Aveva sempre avuto paura del giudizio degli altri, di quello che pensassero di lui e ciò che potevano fargli di conseguenza; anche se accadeva di rado, dato che nessuno si accorgeva mai di lui.
Però una persona sembrava notarlo più degli altri, almeno in quel caso.
A dispetto di ciò che stava pensando, Francis non gli chese "cosa ci fai qui?" oppure "perchè te ne volevi andare?" tempestandolo di domande, ma disse semplicemente "Vieni". Non gli disse altro, nemmeno una parola di rimprovero. Gli mise però una mano sulla spalla, che prima l'aveva fatto sussultare, e che ora non poteva farlo stare meglio, dopo quello che era successo col fratello. D'un tratto, timido com'era arrossì di botto fissando insistentemente il selciato su cui camminava.
Non si accorse che il francese rivolse un'occhiata di sfida a quella maledetta cancellata, mista a preoccupazione. Ci avrebbe pensato lui a dire agli altri che erano in trappola.

Dentro casa, invece, sostava a braccia conserte un Arthur irritato e scocciato.  Fissava con un broncio la finestra aperta, bagnata a volte da gocce d'acqua.  Ma non era il tempo, quello che lo incupiva. Si era stupito di quanta vita ci potesse essere fra i corridoi di un'ipotetica casa dormiente. Aveva visto Romano -molto arrabbiato, e preferiva non sapere il perchè-  fare irruzzione nella camera di Antonio e gli altri tre, con un grido di giubilo da parte del primo e insulti vari che si urlarono l'italiano e un certo tedesco.
Si era preso 3 infarti tutti assieme trovandosi davanti Berwald che chiedeva dove fosse la cucina, e ignorava totalmente di quanto fosse terrorizzato in quel momento Inghilterra vedendolo.
Per ultimo, vide Francis vestito di tutto punto afferrare con nonchalance l'ombrello e tuffarsi coraggiosamente sotto la pioggia, fuori di casa. Non gli disse nulla, anche perchè non aveva nemmeno fatto in tempo a chiedergli dove andasse, ma si limitò a raggiungere Berwald in cucina, fissando fuori dalla finestra.
Imbronciato, molto imbronciato.
E adesso perchè diavolo quella rana vonifila va a fare compagnia a Matthew? Ah, no.....adesso stanno ritornando in dietro....E quella mano cosa sta a significare?! EH?! E chissà cosa dice quello stupido francese! Eh, ma io lo sapevo che era un maniaco. Quel povero...Matthew è in grave pericolo.
Ma non gli bastò rosicare mentalmente, così espose le sue preoccupazioni al povero Svezia, che cercava solamente qualcosa da mettere sotto i denti. Possiamo dire che lo svedese cercò di scappare, ma non brillava di certo per la sua furtività.
-Ma ti pare?! Non è normale fare una cosa del genere! Guarda che idiota! Che idee sono queste, di andare sotto la pioggia di notte? Ah, ma sai, io ho sempre saputo dell'infermità mentale di quel francese...-
Berwald, nel frattempo, aveva raggiunto con coraggio la porta, addentando una fetta di pane, quando l'inglese si girò verso di lui per sentire un suo parere, alla faccia della paura che aveva prima degli svedesi.
-Secondo me ti preoccupi troppo.- Disse flebilmente.
Svezia non seppe che quella semplice frase gli avrebbe implicato altre due ore di blaterazione sul perchè in realtà Arthur non si preoccupava, ma semplicemente constatava l'idiozia della Sua Rana.

[Ludwig]
Lo odiava. Lo detestava.
Non credeva di aborrire una parsona in tale modo. Aveva arricciato il naso solamente quando Gilbert l'aveva presentato a tutte le altre nazioni, quella mattina, abbracciandolo e piangendo felice. Suo fratello urlava al miracolo, mentre lui era di tutt'altro avviso. Gli era parso insopportabile appena aveva masso piede in quella casa, o almeno finchè non era uscito allo scoperto. Gilbert gli era praticamente saltato addosso, scopiando in lacrime e stringendolo fino a strozzarlo.
Lui invece era rimasto impassibile, immobile. Gli aveva praticamente rubato il fratello.
La altre nazioni lo fissavano incredule, mentre Ungheria e Austria gli correvano in conro come se si conoscessero da una vita.  E gli aveva fatto male, più di quanto si aspettasse.
Si era ritrovato catapultato in un'era di nazioni secolari, che conoscevano ciò che era stato, avevano visto cose che lui non poteva immaginare, e avevano combattuto fianco a fianco fino alla fine. Lui, invece, era nato dall'esigenza. C'era un buco, e l'aveva occupato. Aveva fatto il suo ingresso nel mondo solamente quando tutti già c'erano -più o meno- e si sentiva estraniato perfino dalle loro parole, che riguardavano qualcosa che lui non poeva comprendere. Perchè semplicemente non c'era stato.
Ora si ritrovava nella sala grande, corcondato da nazioni che per lui potevano fungere da ombre, mentre focalizzava chi gli era sempre stato a fianco attaccato a....Quello. Inoltre, gli somigliava fin troppo. Ludwig setsso era fiunto alla conclusione che la Germania, solamente per aspetto, era la brutta copia del Sacro Romano Impero. Era praticamente un bambino, ma aveva una regalità che lo spiazzava completamente, notava di come gli si imporporavano le guance quando Gilbert lo abbracciava per l'ennesima volta.
E non faceva a meno di odiarlo.
Poi, accadde ciò che gli dilaniò il cuore, ciò che non avrebbe dovuto vedere.
Vide Feliciano entrare, scortato da Elizaveta. E scorse un'espressione che mai avrebbe rivolto a lui, e che da sola era capace di raccontare tutta una vita. Non sarebbe riuscito a descrivere il suo stupore, che cresceva sempe di più, le lacrime che gli bagnavano gli occhi e quella tremarella che vedeva per la prima volta.
Poi, oh, sorrise.
Un sorriso che sarebbe stato capace di mozzargli il fiato, di farlo mandare in tilt. Avrebbe fatto commuovere chiunque.
Perchè quella che sprizzava dal suo viso era la vera felicità, un muto ringraziamento verso il cielo per quello che gli aveva concesso. Si sarebbe stampato quell'immagine nlla memoria, solamente per ricordare cosa volesse dire vivere davvero, veder esaudire i propri desideri...per poi tornare a soffrire. Perchè niente di tutto quello era per lui. Niente, se non l'indifferenza.
Pareva un bambino, Feliciano, che non riusciva a contenere i suoi sentimenti, che camminava a stenti raggiungendolo.
Una pugnalata al cuore. Quello significava per lui l'abbraccio che aveva appena regalato a Sacro Romano Impero. Il fuoco, che continuava a corroderlo, erano le lacrime che stava persando, e un dolore immane il sorriso che non si spegneva sul suo bellissimo viso. E era come una malattia, l'odio che cresceva inesorabile. Non volle vedere la reazione della sua "copia". Anzi, non lo voleva vedere affatto.  
Fissava quella scena come in trance, sperando a tratti che non fosse davvero la realtà quella che si presentava ai suoi occhi.
Forse, in un certo senso, aveva fatto bene a non dire nulla  a Feliciano. Aveva fatto bene a non dirgli che lo amava, che lo desiderava da tempo, e non sarebbe riuscito a stare senza di lui. Aveva fatto bene, pur negando sempre a sè stesso l'affetto che provava. Perchè lui probabilmente era saltato in mezzo alla vita dell'italiano non conoscendo ciò che era venuto prima, ignorando che L'Italia c'era sempre stata, mentre lui no.
Si era illuso, e aveva fatto male. Faceva, male.
Si ripetè che non era gelosia quella che provava, Vargas era semplicemente un alleato e un buon amico, tutto qui. Peccato che i suoi pensieri fossero interrotti da quelle risa, per lui puramente egoistiche da cui era completamente estraniato.
Vide poi Gilbert, posare una mano sulla spalla a quel piccolo -e defunto- impero mentre lo indicava. Si, stava indicando lui. Perfino Feliciano si era fermato per un nanosecondo, ma non si era voltato a guardarlo. Ora Sacro Romano Impero lo fissava, leggermente inbarazzato, con quei suoi occhi blu così accesi. Suo fartello parlava, bisbigliava qualcosa che lui non riusciva a capire, e il volto del piccolo diventava più rosso, mentre si allargava un timido sorriso sulle sue guance. Che Ludwig, prontamente, odiava.
Gli stava parlando di lui? Dopo che era praticamente morto lì, davanti ai loro occhi? Non si erano accorti che desisteva dall'andare dal nuovo arrivato e riconoscerlo come suo discendente?
Il malessere aumentò quando quel bambino si avvicinò a lui, togliendosi il cappello, tendendogli la mano. Un gesto tanto innocuo, che però Germania non riusciva ad identificare come tale.
Stava male.
Malissimo. E ancora aveva in testa quel sorriso dell'italiano, rivolto alla persona così fortunata da averlo ricevuto che ora gli stava davanti.
Sono solo una brutta copia.
Bisbigliò appena, lasciando che quelle parole parlassero per lui come giustifica, mentre voltava loro le spalle e se ne andava verso l'uscita, ignorando i loro volti leggermente stupiti, che potevano leggere la sua espressione ma non la sua anima.


Note Dell'Autrice:
Quanto ritardo....emh....scusate! Beh, magari la storia non interesserà a nessuno, ma io mi scuso ugualmente xD Sto facendo tutto di fretta, quindi gingrazio velocemente i lettori, chi ha messo nelle preferite e seguite! Ah, un'enorme grazie per chi ha recensito e letto la one-shot "Il destino trova sempre il modo per farti sorridere". Grazie ancora!

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