Attimi d'amore di sailormoon81 (/viewuser.php?uid=21)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** 16. Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Nuova pagina 1
Già alcuni mesi erano trascorsi dalla sconfitta di
Caos, e all’orizzonte il cielo era più sereno che mai.
Gli abitanti di Tokyo sembravano avvertire
l’arrivo di una nuova era, ma solo in pochi erano a conoscenza del perché di
simili sensazioni; in ogni angolo di strada, la gente sembrava più serena,
felice, e ovunque si guardasse non c’era l’ombra di sofferenza.
Ferma davanti a una boutique di abiti da sposa,
una giovane dai lunghi capelli biondi ammirava rapita un abito bianco,
dall’ampia gonna e dal corpetto ornato con delicati ricami.
Una scritta prometteva sogni di felicità:
Realizza il tuo più grande sogno. Regina per un giorno.
«Anche io voglio essere Regina… solo per un
giorno. Il mio giorno…»
Una lacrima scivolò, insolente, lungo il suo bel
volto, e lei la lasciò stare, dandosi mentalmente della sciocca: non poteva
piangere per così poco.
«Che vi dicevo? Eccola incantata davanti la solita
vetrina!»
«Usagi! Ti stiamo aspettando da più di venti
minuti, ormai…»
La giovane alzò lo sguardo verso le sue
interlocutrici e si affrettò a sorridere in loro direzione. «Mi dispiace,
ragazze. Non mi ero accorta del tempo che passava.»
«Che altro dobbiamo fare con te, Usagi?» la sgridò
la prima ragazza, ma lo sguardo comprensivo che le rivolse nulla aveva a che
fare con un rimprovero.
«Rei, lo sappiamo che non sei un tipo romantico
come me…» commentò la bionda, e nel parlare cinse con un braccio le spalle delle
due ragazze. Poi si rivolse all’altra giovane: «Ami, hai già ricevuto i
risultati degli esami di ammissione?»
Ami annuì e mostrò loro la lettera dell’Università
di Berlino a cui aveva fatto domanda per un corso estivo.
«Ya!» esultò Usagi, «lo sapevo che ce l’avresti
fatta!»
«Andiamo a festeggiare, allora!» si unì Rei, e
preso il cellulare fece giusto un paio di telefonate per comunicare alle amiche
la bella notizia.
In men che non si dica, il gruppo di guerriere
Sailor era nuovamente riunito in quello che, per tanti anni, era stato il loro
quartier generale. La sola differenza era che, in quell’occasione, non avrebbero
discusso di nuove tecniche per sconfiggere i nemici, ma avrebbero festeggiato la
combattente di Mercurio per i risultati degli esami.
«Dopotutto, se non avessi superato tu gli esami»
borbottò Minako, «che speranze avremmo avuto noi, comuni mortali?»
«Così mi fate sentire in imbarazzo» si schermì
Ami, ma il luccichio che aveva negli occhi dava a intendere quanto fosse
orgogliosa del risultato ottenuto.
«E voi che farete, ora che la scuola è terminata?»
Usagi sembrò rattristarsi di nuovo: quante volte
aveva sentito le sue compagne e amiche annunciare grandi progetti per il proprio
futuro?
Non ascoltò Makoto comunicare la sua decisione di
un viaggio a Parigi, per «saggiare le capacità dei miei futuri colleghi
pasticceri»; né Minako, il cui obiettivo era entrare a far parte dei pochi
eletti per partecipare a uno stage musicale, «in modo da migliorare le tecniche
vocali, e diventare, un giorno, una idol di successo»; neanche Rei ebbe
la sua attenzione, quando comunicò di «volersi dedicare con tutta me stessa al
Tempio, per non affaticare troppo il nonno».
«E io?» si domandò, e si accorse di non avere
risposte.
Tutto il suo futuro era già stato deciso ancor
prima della sua nascita, e non avrebbe avuto senso volersi ribellare a un passo
dal compimento del proprio destino.
Il pensiero volò immancabilmente all’abito da
sposa appeso nella vetrina del negozio, e rifletté che lei non ne avrebbe avuto
mai uno simile: lei presto sarebbe stata incoronata Regina di Crystal Tokyo, e
al suo fianco avrebbe avuto Mamoru, come sempre negli ultimi… mille anni.
Amava Mamoru, di questo ne era più che convinta.
Ma lui? Stava con lei solo per un insano senso di fedeltà verso il loro destino,
o al contrario avrebbe voluto allontanarsi e crearsi una vita propria?
Mamoru voleva diventare un medico, ma tutti i suoi
sforzi sarebbero comunque stati vani, in previsione del compito che lo
aspettava.
Quello che realmente avrebbe voluto, Usagi lo
sapeva benissimo: voleva provare l’ebbrezza dell’innamorarsi ancora, di essere
solo in due, senza compiti più grandi di sé ad attenderla.
Fu con questo stato d’animo che, quella sera,
rientrò a casa.
Salutò i genitori, sempre presenti in ogni
situazione, ma che mai avevano anche solo sospettato che la loro primogenita, la
loro imbranata figlia, avesse più e più volte rischiato di morire per salvare il
mondo; adducendo come scusa un tremendo mal di testa, si rintanò in camera sua,
«e poi ero con le altre al Crown, e ho già mangiato.»
Quasi ignorò la fedele Luna, acciambellata sul
letto e, scostate le coperte, si rannicchiò sotto ad esse; prese la spilla,
contenente l’oggetto più potente della galassia, e rimase ad osservare il
Cristallo: sembrava opaco, ma Usagi sapeva che era tutta immaginazione, la sua.
«Usagi, stai bene?» domandò la gattina, ma
ricevette come risposta solo un sorriso e un molto poco sincero «Sono solo
stanca.»
In realtà, Usagi avrebbe voluto gridare, fino a
perdere la voce, fino a non avere più fiato, e ribadire per sempre il suo più
grande desiderio. «Vorrei solo essere una ragazza come tante…»
Presto si addormentò, incurante delle lacrime che
non poteva, e non voleva, più trattenere.
Non si accorse di una goccia salata che cadde sul
Cristallo, né del tenue bagliore emesso dal gioiello che diventava via via più
luminoso, fino ad avvolgere tutta la stanza con la sua calda luce.
Sono in vena di reprise,
ultimamente...
Anche questa storia, come Sailor
Moon e il Triangolo di Luce, ha quattro, lunghi, anni di vita.
A conti fatti, è stata la prima
storia che abbia mai avuto il coraggio di pubblicare su EFP...
Sono legata a questa fic proprio
perché è grazie ad essa che ho mosso i primi passi nel mondo della scrittura, e
mi vien da pensare che, se non l'avessi fatto, ora non sarei ad aspettarvi tra
gli scaffali delle librerie italiane col mio romanzo...
E dunque, anche per questo, non me
la sono sentita di lasciarla in un angolino, in attesa di un po' di luce che,
conoscendomi, non sarebbe mai giunta...
Tra le note, vedrete sicuramente
la dicitura What if...?, e già leggendo queste poche righe del prologo capirete
il perché; ho preferito anche aggiungere OOC non perché sia mia intenzione
primaria stravolgere completamente i personaggi, ma semplicemente perché non so
se, andando avanti con la revisione, riuscirò a mantenerli così come li
conosciamo... Probabilmente, mi avvicinerò più ai personaggi del manga, come
personalità, che alla loro trasposizione televisiva, ma meglio comunque
avvertire di cambiamenti, piuttosto che prendervi alla sprovvista...
Non inserisco la nota Alternative
Universe perché, alla fine, non si tratta di una storia completamente estranea
alle avventure ordinarie delle Senshi (se avrete la voglia di arrivare alla
fine, scoprirete da soli il perché ^^), ma se doveste trovare qualcosa che la
vorrebbe, non esitate a dirlo!
Anche per questa storia, se avrete
pazienza e vorrete seguire con me le (dis)avventure di Usagi, mi farebbe piacere
sapere cosa ne pensiate...
La dedica per questa storia va a
Claudia aka Wicca87: da sempre ha amato questa fic, e credo sia il minimo
dedicarla a lei, ora che, dopo tante parole, ho deciso di riprenderla in mano...
Detto questo, grazie per essere
arrivati fin qui, e grazie se vorrete continuare a seguirmi in questo folle
esperimento...
Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** capitolo 1 ***
Nuova pagina 1
1.
Quando aprì gli occhi, quella
mattina, il suo primo pensiero andò alle parole dell’uomo che, di lì a un mese,
sarebbe diventato suo suocero.
«Mi trovo costretto a
insistere, Usagi» aveva detto appena il giorno prima. «Questo Endou è il
migliore, nel suo campo. Sai che desidero il meglio per te e Keiji, e non mi
servirà altro che alzare il telefono e fare qualche telefonata.»
Aveva cercato di protestare,
ma la presa del fidanzato attorno alla sua mano le aveva fatto capire che era
inutile continuare a opporsi: quando l’avvocato Sakage si metteva in testa
qualcosa, era pressoché inutile cercare di fargli cambiare idea.
Si stiracchiò e, seppur
contro voglia, si recò in cucina a prepararsi il primo caffè di quella lunga
giornata.
E pensare che quando aveva
acconsentito di sposare Keiji si era aspettata un matrimonio in famiglia, con
solo gli amici più cari ad assistere al giorno più felice della sua vita…
Ma avrebbe dovuto immaginare
che questo non sarebbe rientrato nei piani del prestigioso avvocato Sakage: dal
momento in cui al dito di Usagi era stato infilato un meraviglioso anello con un
diamante circondato da zaffiri, la famiglia Sakage aveva avuto il controllo
totale della situazione. Aveva fissato la data e il luogo della cerimonia, aveva
prenotato il prestigioso Country Club per il rinfresco, e adesso aveva
deciso di far arrivare un fotografo di fama mondiale direttamente da Yokohama.
Usagi sospirò debolmente: lei
voleva solo sposarsi con l’uomo che amava, e non le importava niente se, quel
giorno, ci fossero stati solo lei e Keiji.
Dopotutto, la sua famiglia
non avrebbe quasi certamente preso parte al ricevimento…
Da quanto tempo non avevano
contatti? Sei anni, contò. Sei lunghi anni.
Il suono del citofono la fece
sobbalzare: Keiji era arrivato con qualche minuto d’anticipo, e lei era ancora
in pigiama e pantofole…
Si vestì in fretta e
raggiunse il fidanzato.
«Buon giorno, amore» lo
salutò, e gli posò un leggero bacio sulla guancia.
«’ngiorno» bofonchiò in
risposta, e non poté fare a meno di notare come il tono di Keiji avesse una
sfumatura di rimprovero per i dieci minuti di attesa in macchina.
Non poteva farci niente:
sembrava che il gene del ritardo fosse impresso nel suo DNA; per quanti sforzi
facesse, arrivava agli appuntamenti perennemente in ritardo, ma prima di allora
non aveva mai avuto seri rimproveri… almeno, le sembrava…
Stranamente, c’era qualcosa
della sua vita che lottava per uscire allo scoperto, e da sei anni Usagi si
sforzava di capire cosa fosse, con scarsi risultati.
In pochi minuti, l’auto si
fermò davanti all’edificio privato più imponente di Tokyo. La residenza Sakage
nulla aveva a che fare con i palazzi e le abitazioni tipiche della metropoli:
situato alla periferia cittadina, univa perfettamente tradizione e modernità,
col suo ampio giardino e mobili risalenti all’epoca imperiale.
Come ogni domenica, avrebbero
pranzato con i genitori di Keiji, e nel pomeriggio sarebbero andati a visitare
una delle tante mostre che il museo proponeva, specialmente in periodo
pre-natalizio.
Ad accoglierli, una volta
giunti a casa, non fu la tranquilla atmosfera che si respirava quotidianamente,
bensì le urla dell’avvocato.
«Chi si crede di essere? È
solo un fotografo con manie di grandezza, ecco cos’è!» urlò, paonazzo in volto,
e quando si accorse della presenza di Keiji e Usagi cercò di assumere il suo
consueto atteggiamento di superiorità.
«Ci sono problemi?» domandò
Usagi, e si scoprì mentalmente a sperare che il famoso fotografo fosse occupato
per la data delle nozze.
«Niente che non possa essere
risolto con un buon assegno» commentò l’avvocato. «Ha detto che non era il suo
genere di lavoro. Come se si trattasse di un matrimonio qualsiasi!» concluse,
riprendendo il colorito rosso di pochi istanti prima.
«Papà, non è il caso di
prendersela tanto. Troveremo subito qualcun altro. Me ne posso occupare
personalmente» intervenne Keiji, e Usagi si sorprese a sorridere mentre
osservava il fidanzato: era la sua anima gemella, non ne aveva alcun dubbio.
Anche fisicamente erano simili, entrambi coi capelli chiari e gli occhi azzurri.
Non erano molto comuni simili caratteristiche tra i giapponesi, eppure loro due
erano riusciti a trovarsi.
Alto più di lei di almeno
dieci, quindici centimetri, Keiji era sempre stato un punto di riferimento in
qualunque momento, e osservarlo mentre cercava di prendere in mano la situazione
non faceva che aumentare l’affetto che provava per lui.
«Non dire sciocchezze, Keiji»
lo schernì il padre. « È bastato comunicargli l’onorario che avrebbe ricevuto a
fine lavoro per convincerlo.»
«Mi fa piacere che sia
riuscito a sistemare anche il servizio fotografico» disse Usagi, con un sorriso
forzato. «Si sentono tante voci sul suo conto, e sarà interessante scoprire che
tipo d’uomo è.»
«Arriverà qui il prossimo
fine settimana» annunciò l’uomo. «Non assumo mai nessuno solo per la fama che lo
circonda, e l’ho fatto capire bene anche a quel tipo.»
«Ora che tutto è sistemato»
commentò caustico Keiji, «che ne dite di un aperitivo?»
La giornata trascorse
piacevolmente, in compagnia della famiglia Sakage, e presto venne il momento di
rientrare.
Dopo aver fermato l’auto,
Keiji si voltò verso di lei, appoggiando il braccio sullo schienale del sedile.
«Sembri nervosa» disse, preoccupato. «Non avrai ripensamenti, spero…»
Usagi lo fissò qualche
secondo, come per capire se stesse scherzando o, al contrario, fosse una domanda
seria. «No» rispose infine, e si sentì quasi offesa per l’insinuazione fatta dal
suo fidanzato.
Come poteva avere dubbi su
Keiji? Era stato lui a darle una ragione per continuare a vivere, quando nulla
aveva più alcun valore per lei.
«Scusami» mormorò lui,
baciandola sulla fronte. «Solo che sei particolarmente preoccupata per qualcosa,
come se il destino dell’intero universo pesasse sulle tue spalle…»
Usagi sorrise a quel
paragone, e non si domandò come mai avvertisse familiare quell’ipotetica
situazione.
Rifletté invece su cosa
realmente la turbava: la verità era che il nome di Mamoru Endou l’aveva
sconvolta fin dal primo momento, riportandole alla mente ricordi che avrebbe
preferito dimenticare, soprattutto alle soglie del matrimonio.
«Sarà la stanchezza» commentò
infine, avvertendo lo sguardo di Keiji su di sé. «Sai, a poche settimane dal
matrimonio…»
«Vai a casa, ora. Una bella
dormita e domattina ti sentirai meglio.»
Appena Usagi rientrò in casa,
le fu subito chiaro che quella notte non avrebbe chiuso occhio… Cercò di
convincersi che era stupido aver paura di un semplice caso di omonimia, ma era
come se quel nome avesse riaperto ferite profonde, a causa di eventi che cercava
in tutti i modi di lasciarsi alle spalle… Non ci avrebbe pensato, e decise di
prepararsi una bevanda calda, per conciliare il sonno. Se Minako, l’amica con
cui divideva la casa, non fosse tornata presto, si sarebbe infilata a letto e
avrebbe tentato di dormire.
Diana, la sua gatta, le si
accoccolò in grembo; era una notte particolarmente fredda, anche se il
riscaldamento era in funzione; Usagi sfogliò distrattamente una rivista di moda
che Minako aveva lasciato sul tavolo: notò che molte foto erano firmate da
Mamoru Endou, e cercò di osservarle attentamente, tanto che non si accorse
nemmeno che la porta si aprì, lasciando entrare una gelida ventata.
«Accidenti, se fa freddo!»,
esclamò Minako, togliendosi il cappotto e avvicinandosi al caminetto. «Sono
certa che tra poco nevicherà», aggiunse, tentando di riscaldarsi le mani vicino
al fuoco. «Sei tornata presto… non avrai litigato con Keiji, vero? Non potrei
mai perdonarti se rompessi il fidanzamento adesso e non mi dessi la possibilità
di indossare il mio vestito nuovo!»
Usagi scosse la testa,
tenendo lo sguardo fisso sul giornale. «Ero stanca, e Keiji mi ha accompagnata a
casa.»
Fissò il giornale per qualche
istante, poi lo diede a Minako. «Che ne pensi?»
«Della modella o del
vestito?»
«La foto» spiegò Usagi.
“È di Endou, vero? Si vede
lontano un miglio: sai, ho lavorato per lui, una volta…”
Usagi ricordò che quando si
erano conosciute, Minako lavorava per un’agenzia di modelle, e per cercare di
farsi notare dai vari manager, aveva detto addio al suo bel colore di capelli in
favore di una tinta più chiara. Gli occhi azzurri avevano fatto il resto, e nel
giro di qualche mese era stata scritturata per un servizio su una delle riviste
di moda più conosciute del Paese.
Poi, si era accorta che quel
mondo non era fatto per lei, e si era data da fare per emergere nel mondo della
musica.
Ora lavorava come
pubblicitaria per la Asahi, anche se non aveva mai rinunciato al suo
sogno.
«Davvero? E lui com’è?»
«Uno schiavista, se sai cosa
intendo. Se non lo capisci al volo, puoi fare le valige e andartene…»
«E dimmi... fuori dal lavoro?
Senza la macchina fotografica in mano...?»
«È difficile a dirsi: a volte
è come se fosse altrove con la mente» rispose, pensierosa, «ma è un tipo
veramente molto affascinante, e Keiji dovrà stare molto attento…» concluse
strizzando l’occhio.
Usagi sorrise alla presa in
giro dell’amica.
Dopo Keiji, era l’unica
persona al mondo della quale si fidasse ciecamente, e in più di un’occasione
aveva avuto la folle idea che loro due fossero unite da più di un affitto
mensile da pagare.
Più di una volta, erano state
scambiate per sorelle, tanta era la somiglianza e il legame che le univa, ma
nonostante ciò neanche con Minako si era mai sentita libera di raccontare cosa
era avvenuto sei anni prima.
«Comunque sia, scoprirai da
sola che tipo è a metà gennaio.»
«Lo scoprirò molto prima,
invece. Il prossimo fine settimana, Endou sarà ospite della famiglia Sakage.»
«Stai scherzando!» esclamò
Minako, balzando in piedi e afferrando le mani dell’amica. «Non potresti
invitare anche me, alla villa? Ti prego, Usagi!»
«Minako!» sorrise lei. «Ti
ricordo che sei fidanzata!»
«Be’? Verrei solo per
sostegno morale. E per assicurarmi che tu non combini sciocchezze, con Endou…»
la prese in giro Minako. «Al posto di Keiji, starei molto attento, con lui in
giro: scommetto fino all’ultimo Yen che entro prima o poi Mamoru Endou riuscirà
a scombussolare il tuo tenero cuoricino» concluse sorniona, e per risposta Usagi
non mancò di colpirla con un cuscino, dando così inizio a una lotta che le vide
impegnate per oltre un’ora.
Come i vecchi tempi, rifletté poi Usagi, ma si rese conto che lei e Minako si
erano conosciute appena due anni prima…
Nonostante i buoni propositi,
Usagi non poté fare a meno di pensare alle parole di Minako, quando il venerdì
sera successivo si sedette a tavola assieme al fidanzato e ai suoi genitori per
l’incontro ufficiale con il fotografo, che era ancora in camera a cambiarsi per
via del leggero ritardo del suo aereo.
Dopo alcuni minuto di
conversazione con la signora Sakage, donna tanto esile quanto robusto era il
marito, Usagi prese il bicchiere di cherry e si avvicinò alla finestra che si
affacciava sul viale di ingrasso della villa.
Aveva cominciato a nevicare
da poco e Usagi rimase ad osservare con aria distratta il velo bianco che
ricopriva il giardino e le auto parcheggiate poco lontano. Una di quelle
apparteneva a Mamoru Endou, e Usagi sorrise al pensiero della leggera invidia
del suo fidanzato quando aveva scoperto che il fotografo era arrivato con una
Lexus nera: evidentemente, non si era preoccupato di quanto costasse il
trasporto in aereo di una macchina…
Keiji non si era sbilanciato
in commenti particolari sull’ospite, ma si era solo limitato a dire che era una
persona a posto.
Fu la reazione della signora
Sakage ad essere più esplicita: il tono eccitato della sua voce e il bisogno
improvviso di raccogliere informazioni, le confermarono l’effetto che quel
fotografo aveva avuto sulla futura suocera; eh, si: Mamoru Endou era appena
arrivato e già aveva fatto una conquista...
Usagi sorrise a questo suo
pensiero, e si fermò ad osservare la propria immagine riflessa sulla finestra.
Chissà cosa penserà di me, quel fotografo…
Stranamente, i ricordi
tornarono a galla... Era molto diversa dalla ragazza di sei anni prima, ma il
dolore non passa tanto facilmente... soprattutto se la persona amata è in grado
di...
«Ho sempre saputo che saresti
diventata una vera bellezza!»
Usagi sgranò gli occhi dalla
meraviglia: quella frase era un’eco della sua mente, oppure l’aveva sentita
veramente?
Sollevò il capo e sul vetro
della finestra vide il riflesso indistinto di un uomo.
«Ciao, Odango Atama» disse
infine la voce alle sue spalle.
Usagi si sentì morire:
esisteva una sola persona al mondo che la chiamava in quel modo, e negli ultimi
anni lei aveva lottato per dimenticarla e non incontrarla mai più.
Un mare di pensieri le
sconvolse la mente; lanciò un’altra occhiata al vetro, ma non riuscì a vedere
nulla.
Cercando di controllare il
suo stato d’animo, si girò lentamente: vide un volto dalla carnagione scura che
le parve di non conoscere, e si rilassò dandosi della stupida perché tutti i
suoi timori erano infondati. I suoi occhi incontrarono quelli azzurri
dell’ospite: erano così familiari…
Tutto ciò che aveva cercato
di cancellare dal proprio cuore e dalla mente riaffiorò in modo violento, senza
che lei potesse farci nulla.
Le sembrò di essere tornata
indietro nel tempo, quando aveva diciassette anni, e che in quella stanza non ci
fosse nessun altro oltre a quell’uomo che aveva amato così disperatamente.
Ora, so che molti
di voi mi vorranno vedere morta all’istante, e per tante validissime ragioni.
Prima fra tutte,
il voler interrompere qua il capitolo: nella prima stesura, continuava ancora
per un bel po’, ma sono sadica ultimamente, e voglio farvi soffrire… No, in
verità ho pensato che creasse più suspance non andare oltre…
Poi, vi
chiederete chi diavolo è Keiji. Originariamente, il co-protagonista era Seiya,
ma mi sono resa conto che la situazione con Seiya sarebbe stata decisamente
troppo forzata: lui è comunque un essere alieno, e non avrebbe senso d’esistere
sulla Terra…
Detto questo, mi
vorrete uccidere lo stesso, ma in questo modo non saprete mai come continua la
storia (almeno per un po’, sono salva…).
Passiamo ai
ringraziamenti per le recensioni (cavolo, non ne aspettavo così tante… *me
commossa, davvero!*)
Jaj984: grazie per i complimenti. spero di non averti delusa con
questo capitolo ^^
Chichilina: purtroppo, come avrai intuito da questo primo
capitolo, non tratterò di come Usagi sia salita al trono… non me ne volere
troppo ^^ Riguardo la tua domanda, ebbene sì: sono riuscita a pubblicare un
libro! Non mi sembra vero ancora… Comunque, nel mio profilo utente c’è il link
alla casa editrice e la copertina del romanzo (quella è davvero *o*… il
contenuto magari non sarà granché, ma la copertina mi ha fatta impazzire quando
me l’hanno proposta XD) Se per caso lo volessi leggere, poi sarai costretta (se
ti va) a dirmi cosa ne pensi ^^
Luciadom: anche a te, grazie per i complimenti. Spero
di averti incuriosita ancora di più con queste pagine ^^
Dinny: vero, ho voluto dipingere una Usagi più malinconica del
solito. Il fatto è che io al suo posto non so se sarei riuscita a mantenere la
mente lucida per qualsiasi attività quotidiana: tanto, qualunque cosa facessi,
alla fine sarei arrivata lo stesso alla meta, no? Quanto alla tua (giusta)
osservazione che anche le altre guerriere hanno il destino già scritto, non
credo che loro sentano così tanto la responsabilità del proprio compito: ho
sempre creduto che fosse solo Usagi (e Mamoru con lei) a dover sopportare il
peso maggiore del loro divenire sovrani, e penso di aver espresso bene i dubbi
della nostra Odango ^^
Kaoru: ammetto che inizialmente volevo lasciare intatto
l’ottimismo della guerriera lunare, ma come ho detto poco prima a Dinny, ho
creduto fosse più che naturale per lei avere dubbi sul futuro già deciso… Quanto
al romanzo, anche a te suggerisco (se ti va) di seguire il link alla pagina del
mio profilo, e di innamorarti come me della copertina *o*
Romanticgirl: mi fa piacere che ti sia piaciuto il prologo…
che dici, sono stata all’altezza delle tue aspettative con questa continuazione?
;)
Princessangel: ebbene sì: Usagi non avrà, almeno per… un
po’… nessun compito al di fuori delle sue normali abitudini… ma chissà cosa
accadrà, specialmente dopo l’incontro col misterioso fotografo ^^
Isa1983: in effetti, il Cristallo ha… esaudito il
desiderio di Usagi… ma sarà davvero una cosa buona? Lo scopriremo insieme, solo
col tempo (miiiiiii, son perfida proprio, eh!) XD
Xstellaluna: ciao sore! Visto che, quando faccio la brava,
i risultati ci sono? Diciamo che tu sei avvantaggiata, dato che sai già cosa
accadrà, ma credo che riuscirò a sorprenderti lo stesso, se riuscirò a portare a
compimento i cambiamenti che ho in mente… ;)
Luisina: più rapida di così, purtroppo non ce la
faccio… piaciuto questo capitolo? Spero di sì, così come spero continuerai a
seguirmi ;)
SailorUranus: se col prologo ho catturato la tua curiosità,
mi auguro che adesso l’abbia rinchiusa in una gabbia per non farla più andare
via XD Scherzi a parte, mi fa piacere sapere di averti stuzzicata. Ora, devi
solo dirmi fino a che punto ;)
Maryusa: in meglio, in peggio… chi può dirlo? Fatto
sta, che si sposa! Chi non vorrebbe sposarsi solo per amore, e non per un
destino già segnato? Ma sarà così? ;)
Un grazie anche a
chi ha inserito la fic tra i preferiti, dopo solo il prologo! Vuol dire che
qualcosa di buono la faccio, dopotutto ;)
Ora vi ho seccato
fin troppo, e se tutto va bene, ci rivedremo tra una decina di giorni.
Bax,
Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** capitolo 2 ***
Nuova pagina 1
2.
La stanza cominciò a girare e Usagi socchiuse
gli occhi allungando una mano per trovare appoggio contro il muro, ma si sentì
afferrare il polso da una mano fredda e decisa; aprì gli occhi per sostenere lo
sguardo di Mamoru e cercò di liberarsi dalla sua mano.
«Che ci fai qui?» chiese lei, confusa.
«Sono stato invitato» rispose lui, calmo.
«E da chi?» incalzò Usagi, recuperando il
controllo delle proprie emozioni.
«Dal proprietario di questa casa. Avvocato
Hiro Sakage, se non sbaglio…»
Questa risposta lasciò Usagi senza fiato:
come faceva a conoscere l’avvocato? Era impossibile, perché lui era arrivato a
Tokyo quasi due anni dopo la partenza di Mamoru…
«Perché quella faccia, Odango?»
«Il mio nome è Usagi!» ribatté lei secca. «E
ti pregherei di tenerlo bene a mente! Non sono più una bambina!»
«Per questo non ti devi preoccupare» rispose
lui calmo, «lo vedo anche da solo che non sei più una bambina…»
Proprio in quel momento, Keiji le si avvicinò
assieme al padre.
«Usagi, tesoro!» esclamò l’avvocato, «Hai già
fatto conoscenza con il signor Endou!»
Usagi sgranò ancora di più gli occhi dalla
meraviglia e stava per dire qualcosa ma fu interrotta da Keiji: «Signor Endou,
le presento Usagi Tsukino: la nostra futura sposa sarà la sua modella!»
A quelle parole, Mamoru non riuscì a
trattenere la sorpresa, e anche se per un solo attimo Usagi poté notare un
bagliore di incredulità negli occhi del fotografo.
«È un vero piacere conoscerla, signorina
Tsukino», disse Mamoru, e nulla nella sua voce tradiva lo stupore che lo aveva
colto qualche istante prima, né una passata familiarità: la stava trattando come
una perfetta sconosciuta, e per un attimo Usagi ci rimase male.
«Ha una fidanzata incantevole» continuò
Mamoru, rivolgendosi a Keiji, «Lei è un uomo molto fortunato!»
«Lo so. Beh, che facciamo ancora qua? La cena
è pronta…»
Durante la cena, Mamoru concentrò la propria
attenzione su Hoshie Sakage, elogiando il cibo squisito, l’arredamento della
sala e rispondendo a tutte le domande della donna.
Usagi rimase sola con i propri pensieri,
mentre giocava svogliatamente con il cibo nel piatto.
«Lei cosa fa, signorina Tsukino?» chiese
Mamoru all’improvviso.
Usagi sussultò facendo tintinnare il coltello
contro il piatto.
«Io… lavoro…» balbettò, e si maledisse per il
poco autocontrollo che dimostrava, in presenza di Mamoru.
«Che tipo do lavoro?» proseguì lui,
sorridendo divertito per averla colta alla sprovvista.
«Usagi è la direttrice di una boutique» si
intromise Hoshie. «Un negozio molto esclusivo dove si vendono vestiti
incantevoli.»
«Mi è difficile immaginarla in un negozio,
signorina Tsukino. Mi sarei aspettato una professione più artistica…»
Usagi avvertì una velata sfida nella voce di
Mamoru e la raccolse. «Tempo fa prendevo lezioni d’arte, ma non andavo d’accordo
con il professore» disse, guardandolo dritto negli occhi.
«Allora ha deciso di smettere?» chiese Mamoru
dopo un attimo di esitazione.
Usagi annuì.
«Un vero peccato» aggiunse lui, «avrei
scommesso che fosse molto brava.»
«Cosa glielo fa pensare?» chiese Usagi,
rimettendo a posto una ciocca di capelli ribelli. «Ci conosciamo da pochi
minuti, e ritengo che sia difficile per lei poter giudicare» si affrettò ad
aggiungere.
Mamoru la osservò e rimase in silenzio.
«Suvvia, signor Endou» cinguettò Hoshie, «ci
dica cosa glielo fa pensare.»
In cuor suo, Usagi si rimproverò: aveva
calcato troppo la mano e ora era impossibile cambiare discorso.
Se Mamoru avesse detto la verità, tutto ciò
che aveva faticato a costruire negli ultimi anni sarebbe crollato come un
castello di sabbia.
Mamoru continuò ad osservarla per qualche
istante, ma a Usagi sembrò un’eternità.
«In verità, è semplice» disse infine Mamoru.
«Basta guardarla: il trucco, l’abito… tutto in lei denota una particolare
propensione al colore; direi che è una disegnatrice molto in gamba.»
«Mi lusinga che i miei gusti le piacciono»
ribatté Usagi irritata.
«Come le ho già detto» proseguì Mamoru
rivolto a Keiji, fingendo di non notare il nervosismo di Usagi, «la sua
fidanzata è molto bella, signor Sakage. Stavo pensando che potrei fotografarla
non solo il giorno delle nozze, ma anche adesso per catturare la sua bellezza
quotidiana.» Mamoru guardò Usagi, trionfante per essere riuscito a metterla a
disagio senza che gli altri se ne accorgessero. «Ho portato con me le mie
macchine fotografiche e potrei scattare qualche foto durante questo fine
settimana.»
A Keiji l’idea non dispiacque affatto, ma si
voltò verso il padre senza dire una parola; Hiro tossì nervosamente.
«Cosa mi verrà a costare?» chiese l’avvocato
con sospetto.
«Lo consideri compreso nel prezzo, se vuole»
rispose Mamoru, scrollando le spalle. «E se non vanno bene, le consideri un
regalo di nozze.»
«In questo caso…» cominciò a dire l’uomo,
soddisfatto.
Usagi si sentì invadere da un’ondata di
rabbia: quei due le stavano organizzando la vita senza nemmeno interpellarla!
Non aveva nessuna intenzione di trascorrere più tempo del dovuto in compagnia di
Mamoru Endou!
«Non credo che avrò tempo» si intromise,
sforzandosi di apparire calma. «Ho molte cose da fare domani, e da quanto mi ha
detto Keiji, il signor Endou partirà domenica mattina molto presto.»
Usagi lanciò un’occhiata di fuoco verso
Mamoru; non le importava affatto che lui capisse che stava cercando di evitarlo.
Mamoru giocherellava con il bicchiere,
apparentemente divertito da quell’assurda schermaglia e dal goffo tentativo di
Usagi di evitarlo.
«Ma Usagi, andiamo!» esclamò Hiro. «Il signor
Endou ha fatto una proposta molto generosa, e molte ragazze vorrebbero essere al
tuo posto. Cosa devi fare domani?»
«Devo provarmi il vestito» proseguì Usagi,
consapevole della debolezza della scusa. «Non so quanto tempo mi ci vorrà… e poi
devo fare ancora molti acquisti per Natale…»
«Forse la posso aiutare” disse Mamoru con
aria distratta; «non ho nessun impegno importante per domenica, e posso fermarmi
un giorno di più. Questo, naturalmente, se va bene a tutti voi…»
Mamoru concluse la frase voltandosi verso
Hoshie.
«Ma certo che può fermarsi!» si affrettò a
dire la donna. «È un vero piacere averla con noi!»
«Davvero gentile da parte sua» mormorò lui
rivolgendo lo sguardo a Usagi. «Allora, tutto è a posto per domenica» proseguì
con un sorriso. «Domenica le va bene, signorina Tsukino?»
Usagi si chiese se fosse una sua impressione
oppure la voce di Mamoru celasse un tono di trionfo. Non poté fare altro che
chinare il capo in segno di assenso, poiché la rabbia le impediva di parlare.
«Allora è tutto sistemato» cinguettò ancora
Hoshie, soddisfatta. «Passiamo in salotto per una tazza di caffè caldo» si
affrettò ad aggiungere, guardando il fotografo con aria estasiata. «Là c’è un
bel caminetto e staremo molto più comodi.»
Usagi si alzò di scatto, infuriata all’idea
che quell’uomo fosse riuscito a conquistare la fiducia della madre di Keiji. Se
solo avesse saputo di che pasta era fatto, lo avrebbe bandito dalla sua casa
seduta stante!
Usagi fu la prima a entrare nel salotto nel
tentativo di allontanarsi anche solo per qualche minuto dall’opprimente presenza
del fotografo.
Hoshie era scomparsa in cucina per dare
disposizioni per il caffè, mentre Keiji e suo padre si erano soffermati in sala
da pranzo. Si avvicinò al fuoco voltando le spalle alla porta; doveva
assolutamente riprendere il controllo di sé, ma il rumore della porta che si
apriva e richiudeva la distrasse. Qualcuno si era fermato a pochi passi da lei,
e il brivido che le percosse la schiena le fece intuire chi fosse.
«Ti consiglierei di essere più carina nei
miei confronti» sussurrò Mamoru con voce minacciosa. «La tua scontrosità
potrebbe suscitare sospetti: non scordare che ci siamo conosciuti da poco.»
Usagi si girò di scatto e lo fissò con occhi
carichi di odio.
«Direi che la tua fama è sufficiente per
giustificare il mio comportamento» sibilò lei a denti stretti.
Mamoru abbozzò un sorriso. «Effettivamente,
una giovane donna rispettabile come te deve rimanere scioccata dalla mia fama di
libertino. E scommetto che se tuo padre sapesse a chi stai facendo compagnia
stasera, si preoccuperebbe tantissimo.»
«Lascia stare mio padre!»
«Lo farei volentieri, ma conoscendo il caro
papà Tsukino, si precipiterebbe subito qui se sapesse che sono con te…»
«Non lo farebbe mai. Non ha più voluto sapere
di me da parecchi anni.» Chinò il capo per evitare lo sguardo indagatore di
Mamoru.
«Scusa» aggiunse lui, «quell’uomo non mi è
mai piaciuto, ma devo dire che mi dispiace per te.»
«Ma davvero?» tuonò Usagi, alzando il capo di
scatto, «Non capisco: hai fatto di tutto per metterti tra noi due… perché
dovrebbe dispiacerti proprio adesso?»
«Cosa vuoi insinuare?» chiese Mamoru,
socchiudendo gli occhi.
«Pensaci su!» esclamò lei indignata. «Sono
sicura che ti ricorderai.»
Usagi si avvicinò a Hoshie per aiutarla con
il vassoio del caffè, mentre Keiji e suo padre entravano nel salotto.
Con la coda dell’occhio, notò che Mamoru la
stava osservando con sguardo cupo, ma quell’espressione svanì subito non appena
la padrona di casa gli offrì un bicchiere di brandy.
Usagi cercò di ricacciare quei lugubri
pensieri, mentre tentava di concentrare la propria attenzione sul resoconto
della futura suocera sul pomeriggio che aveva trascorso al circolo delle mogli.
Ebbe l’impressione che dopo il matrimonio
avrebbe dovuto rinunciare al suo lavoro alla boutique, perché Keiji non
desiderava una moglie che lavorava.
Avrebbe perciò dovuto trascorrere i suoi
interminabili pomeriggi in incontri simili e impegnarsi nei lavori di
volontariato che deliziavano la vita di Hoshie Sakage.
Lei e Keiji avrebbero vissuto assieme ai
genitori durante i primi mesi, in modo da avere tutto il tempo necessario per
trovare una casa che fosse di loro gusto.
Inizialmente Usagi era rimasta soddisfatta di
quell’idea, ma ora si sentiva irrequieta.
Si rese conto all’improvviso che in quella
casa non avrebbe avuto spazio, perché l’organizzazione di tutto era affidata
alla futura suocera e alla sua irreprensibile domestica.
Le battute sarcastiche scambiate con Mamoru
le avevano ricordato il suo desiderio di svolgere un’attività artistica, e forse
con tutto il tempo libero che si sarebbe ritrovata dopo il matrimonio avrebbe
potuto finalmente dedicarsi alla pittura.
Usagi alzò lo sguardo e vide Mamoru impegnato
in una discussione con Keiji. Il suo sguardo si soffermò sulla mano dalle dita
eleganti che stringeva il bicchiere di brandy, e i ricordi ritornarono con una
forza inaudita.
Quante volte aveva osservato quelle dita
affusolate mentre stringevano un pennello?
Sei anni prima, Mamoru Endou era un ottimo
pittore e la sua passione per la fotografia era poco più che un interesse.
Ricordò un giorno in particolare, un
pomeriggio durante il quale lei stava lottando con una tela sulla quale cercava
di dipingere una natura morta.
Sull’orlo di una crisi di disperazione,
proprio nel momento in cui si stava rassegnando all’idea che non ci sarebbe mai
riuscita, una mano fredda le aveva stretto la sua e aveva mosso il pennello con
sicurezza e gentilezza, facendo sciogliere quell’insormontabile problema come
neve al sole.
Il ricordo della sensazione che aveva
provato, della pressione della mano e del corpo di Mamoru contro il suo la fece
rabbrividire.
«Hai freddo, tesoro?» chiese Hoshie,
preoccupata. «Perché non ti avvicini al caminetto?»
«Sto benissimo» la tranquillizzò Usagi
sottovoce, ma si rese conto che era troppo tardi: la voce della donna aveva
attirato l’attenzione dei tre uomini, e si accorse con orrore che Mamoru la
stava osservando con molta attenzione, quasi avesse intuito i pensieri che la
tormentavano.
«Deve essere stato uno spiffero d’aria, ma
ora sto bene.»
«Il vestito è abbastanza leggero per il
freddo di dicembre» osservò Mamoru con aria distratta, indugiando con lo sguardo
sulle maniche di chiffon che lasciavano intravedere le braccia, «ma spero che
non lo sia troppo, signorina Tsukino, perché vorrei che lo indossasse domenica.»
Usagi aggrottò la fronte preoccupata: se non
era riuscita a trovare il modo di evitare quella serie di fotografie, avrebbe
almeno deciso lei il vestito con cui si sarebbe fatta fotografare, e grazie al
quale avrebbe tenuto a bada gli sguardi indiscreti di Mamoru.
Purtroppo Keiji le rovinò tutto: «È un’idea
magnifica perché quello è il vestito che preferisco. Dove hai intenzione di
fotografarla, Mamoru?»
Usagi stentava a credere alle proprie
orecchie. Il tradizionalista Keiji aveva sempre disapprovato le manifestazioni
artistiche vagamente bizzarre, mentre ora sembrava essere stato conquistato dai
gusti di Mamoru.
«Pensavo in biblioteca» rispose
l’interpellato, fissando Usagi. «Ho visto una magnifica poltrona di pelle che le
si addice. Che ne pensa, signorina Tsukino?»
«Sono ai suoi ordini» ribatté lei con
ostentata indifferenza. «A che ora vuole cominciare?»
«Quando le fa più comodo» rispose Mamoru
abbozzando un sorriso divertito, «prima possibile, dato che lei è molto
impegnata. Facciamo le dieci?»
«Per me va benissimo» disse lei alzandosi
dalla poltrona. «Ora scusatemi, ma sono molto stanca…»
«Certo, tesoro» si affrettò a dire Keiji
avvicinandosi a lei, «ti accompagno a casa.»
Dopo aver salutato H6sh5e, Usagi si voltò
verso Mamoru assumendo un atteggiamento distaccato, mentre lui si era alzato per
salutarla.
«Arrivederci a domenica, signor…» lo
apostrofò fingendo di non ricordarsi il cognome.
«Endou» disse lui sollevando un sopracciglio.
«Nessuno prima d’ora si era mai scordato il mio cognome.»
«Dovrò sforzarmi, allora» commentò Usagi con
tono brusco.
«Non si preoccupi» mormorò lui, «è
sufficiente che mi chiami Mamoru.»
Usagi maledisse la lingua biforcuta di
quell’uomo. Ancora una volta era riuscito a mettere a segno il colpo della
vittoria, rivangando il passato senza che nessuno dei presenti se ne rendesse
conto.
Anche se in ritardo, non mi
sono dimenticata di aggiornare… comunque, per ogni evenienza, segnate su un
taccuino l’odio che vorreste riversare nei miei confronti (tra ritardi e colpi
di scena ne avrete molto, fidatevi XD) e scaricatelo tutto alla fine della
storia ^^
Vedo che molti hanno chiesto
chi sia mai questo Keiji. La verità è molto semplice: è un personaggio sbucato
dal nulla, in sostituzione di Seiya, della precedente versione.
Come detto nello scorso
capitolo, inserire Seiya sarebbe stato, per me, un vero e proprio errore: anche
se per Usagi e gli altri il passato di guerriere sailor non è mai esistito,
Seiya sulla Terra non avrei saputo proprio come gestirlo; sarebbe stato un nome
buttato a caso, e per questo ho preferito inserire un personaggio (e la sua
famiglia) completamente estraneo alla serie.
Spero riuscirete a sopportare,
perciò, di non trovare né Seiya né i suoi fratelli nel corso della storia…
E ora, un grazie a tutti i
lettori e ancora di più ai recensori:
Luisina:
grazie per i complimenti. Anche a me per prima cosa attira il modo di narrare, e
sono contenta di sapere che sono riuscita a catturare la tua attenzione. Per la
curiosità su Keiji, spero di aver risposto precedentemente…
Moonlight: visto che ogni tanto
ritorno? La storia l'avevo cancellata tempo fa perché non mi piaceva più tanto,
e solo da poco ho deciso di rimetter mano un po' a tutte le mie vecchie fic. Se
per te è stata una delle prime che hai letto, per me è stata la prima che ho
pubblicato (ne avevo scritta un'altra, nel lontano 2002, che era un orrore di
crossover tra SailorMoon e DragonBall... ti lascio immaginare perché non l'abbia
mai pubblicata XD), e mi fa piacere sapere che vorrai tornare a seguire le
avventure di Usagi in questa situazione complicata ^^ Grazie per i complimenti:
spero di non deluderti ;)
Romanticgirl:
eheh, per sapere cosa è accaduto sei anni prima, credo ti toccherà seguire la
storia… gli indizi sono sparsi un po’ ovunque nei capitoli successivi, e
anticipo che saranno presenti flash-back che aiuteranno molto.
Jaj984:
il cristallo d’argento è molto potente, e ho ritenuto possibile che riuscisse a
realizzare un simile desiderio. Dopotutto, è stata la futura regina a
esprimerlo, no? ;)
Sweet_baby_love:
anche a te, grazie mille per i complimenti. Le risposte a tutto arriveranno,
piano ma ci saranno ^^
Maryusa:
lo stravolgimento mi è sempre piaciuto, e comunque dopo un desiderio di
normalità da parte di Usagi le cose non sarebbero potute andare diversamente:
non si può avere una vita normale, se si conosce il proprio passato (e futuro),
no? ;)
Xstellaluna:
eh, Lau… tu conosci già la storia, e non vale XD Ma ti posso dire che anche a me
Keiji piace più rispetto a Seiya, benché non abbia poi molta voce in capitolo ^^
Ma ti posso garantire che non sarà sempre in disparte, e quando sarà il momento
(meno opportuno XD) saprà tirare fuori gli artigli ^^
Jess:
hai già avuto modo di leggere la prima versione della fic, e per questo la
storia, a grandi linee, la conosci già. Ma mi farebbe piacere sapere se trovi
migliorie rispetto al passato, non tanto nella trama (che non cambierà
moltissimo, credo XD) quanto nel mio modo di narrare… grazie mille per il
commento ;)
Dragon85:
noooooooooooo! Carissima Giuly! Se a te ha fatto piacere rileggere la fic,
figurati che piacere ho provato io nel ritrovarti tra i commenti! Grazie per i
complimenti (miii, ora divento tutta rossa XD) e soprattutto per la fiducia nel
progetto ^^ Ora però non sparire per il prossimo anno e mezzo, eh! ;)
SailorUranus:
bene, allora posso ritenermi soddisfatta XD Chi mi conosce, sa che le cose
troppo lineari non mi piacciono, perciò ti anticipo che leggerai davvero tanti
ingarbugliamenti nella trama, ma spero che continuerai a seguirmi fino alla fine
^^
E ora è davvero tutto.
A presto con il seguito, che
purtroppo non so quando ci sarà…
Bax, kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Nuova pagina 1
3.
Usagi dormì molto male quella notte,
soprattutto perché era ancora agitata dall’accesa discussione che aveva avuto
con Keiji mentre la riaccompagnava a casa.
«L’hai trattato a pesci in faccia, quel
povero Endou. Non riesco a capire la ragione del tuo comportamento, soprattutto
dopo tutti i complimenti che ti ha fatto» la rimproverò lui con tono affabile.
«Hai cambiato opinione su di lui, Keiji»
ribatté Usagi. «Prima di stasera, eri convinto che fosse un damerino dell’alta
società, mentre adesso stravedi per lui. Mi pare di aver capito che ha
conquistato anche tuo padre, dopo che si è offerto di fotografarmi gratis!»
«Insomma, non è la persona che ci
aspettavamo» ammise Keiji. «Non è certo il tipico fotografo di moda, e poi ha
portato con sé una serie di fotografie molto interessanti.»
«Intendi dire una serie di fotografie di
donne molto interessanti?» chiese Usagi con sarcasmo.
«Solo alcune ritraevano modelle meravigliose,
mentre le altre erano ritratti di vecchi o di vagabondi.»
Keiji la guardò intensamente, come se avesse
in mente qualcosa.
«Mamoru si interessa molto di architettura
industriale e stasera ne abbiamo parlato molto.»
«Dovresti convincerlo a immortalare la città
per i posteri… come se già non ci fossero abbastanza fotografie di Tokyo...»
Usagi era stanca di sentir parlare di Mamoru
Endou, dopo tutti i suoi sforzi per allontanarsi da lui, e la inquietò la
reazione entusiasta di Keiji a quella sua proposta.
«Forse potresti accompagnarlo a fare un giro
turistico della città, se lo trovi così interessante» proseguì indispettita;
«hai trascorso più tempo con lui che con me, stasera!»
«È nostro ospite» ribatté lui. «Qualcuno
doveva mostrarsi gentile nei suoi confronti, non credi?»
«Quell’uomo non mi piace» sbottò Usagi, «e mi
stupisce che tu desideri che mi mostri gentile con un uomo dalla dubbia
reputazione!»
«Ma è uno scapolo, tesoro!» esclamò Keiji.
«Che c’è di male se ha qualche amica?»
«E tu le chiami amiche?» ribatté lei
esasperata. «Questa è la tipica reazione dettata dalla maledetta solidarietà
maschile: è normale per un uomo, ma vorrei vedere cosa diresti se si trattasse
di una donna! Cosa diresti se io mi comportassi come lui, Keiji?»
«Non fare la sciocca» disse Keiji, fermandosi
davanti casa di Usagi. «Parli come Minako... ma sono sicuro che non sei una
donna di quel genere, altrimenti non ti sposerei!» concluse con una battuta, che
non ottenne, però, l’effetto desiderato.
Un’improvvisa ondata di ricordi le paralizzò
la mente, e Usagi dovette chinare il capo per paura di tradire i propri
sentimenti.
«Scusami» mormorò infine, «ho detto un sacco
di stupidaggini…»
«Non fa niente, tesoro» sospirò Keiji
rassegnato. «Buona notte!»
Usagi si avvicinò per augurargli la
buonanotte con un bacio e cercò conforto e sicurezza tra le sua braccia, ma per
la prima volta provò una desolante sensazione di solitudine.
Si precipitò dentro casa e si preparò per la
notte. Voleva evitare di farsi trovare alzata quando Minako fosse rientrata, per
non venire tempestata di domande su Mamoru Endou e sull’andamento della serata.
Quando si sfilò il vestito provò un violento desiderio di ridurlo in pezzetti,
ma si frenò perché dopotutto era il vestito preferito da Keiji.
Anni prima non aveva esitato a lacerare un
altro vestito, anche se l’aveva indossato solo una volta. Ma ormai quella era
una storia passata, e con un terribile sforzo Usagi cercò di ricacciare quel
ricordo in un angolo buio della sua mente. Cercò di pensare al futuro,
all’imminente gennaio che l’avrebbe resa per sempre la signora Sakage...
A nulla però valsero i suoi tentativi.
Il sonno fu agitato dagli echi del passato e
il mattino successivo Usagi fu svegliata dalla voce di Minako che discuteva
dell’organizzazione di un viaggio con il suo capo, il proprietario della catena
di boutique dove Usagi lavorava.
La giornata passò velocemente. La prova del
vestito e gli acquisti le occuparono la mente e l’aiutarono a non pensare
all’appuntamento con il fotografo.
Trascorse la serata con Keiji in compagnia di
alcuni amici, ma invece di rilassarsi, dovette subire un interrogatorio di terzo
grado sul famoso fotografo che veniva da Yokohama.
Lasciò a Keiji l’ingrato compito di
rispondere ed evitò l’argomento sostenendo che era troppo presto per lei per
esprimere un giudizio. Ma in cuor suo non riuscì a frenare un sorriso beffardo,
perché molti anni prima aveva già formulato la sua opinione su Mamoru Endou.
La domenica venne riscaldata da un sole
meraviglioso che sciolse la poca neve caduta. Usagi indossò un pesante maglione
di lana e un paio di jeans, raccogliendo poi i capelli in un morbido chignon.
L’auto che le aveva promesso Keiji arrivò con
una puntualità incredibile e nel giro di pochi minuti si trovò a risalire
l’ampia scalinata in pietra che conduceva alla porta della villa.
La signora Sakage la accolse alla porta con
un sorriso affabile; «Keiji e suo padre sono usciti» le disse come per scusarsi.
«Dovevano incontrare un loro collega... Anche di domenica devono lavorare, quei
due! Keiji mi ha detto di chiederti scusa per la sua assenza, ma sono convinta
che oggi non avrai bisogno di lui, vero?»
Usagi abbozzò un sorriso che le costò molta
fatica: avrebbe preferito sapere che Keiji era in casa mentre si faceva
fotografare da Mamoru...
«È tutto pronto» disse la donna con il volto
raggiante di gioia. «Mamoru ti aspetta in biblioteca. Prendo io il tuo cappotto.
Puoi usare la tua stanza da letto per cambiarti. Io intanto vado a preparare un
po’ di caffè: con questo freddo è un piacere bere qualcosa di caldo!»
Mentre parlava, la Hoshie aveva sospinto
Usagi verso la biblioteca, e ignara della riluttanza che appesantiva le gambe
della ragazza l’aveva letteralmente spinta dentro la stanza.
La biblioteca sembrava deserta, ma gli
apparecchi disposti sulla scrivania tradivano la presenza di Mamoru.
Usagi si avvicinò alla scrivania e prese in
mano una delle due macchine fotografiche, osservandola con aria distratta.
Due mani l’afferrarono per le spalle e la
costrinsero a girarsi: si trovò davanti a uno sguardo magnetico che la osservava
con una strana intensità.
«Sei dimagrita moltissimo» disse Mamoru con
voce brusca. «Non stai bene. Non mi sono mai piaciute le donne magre.»
«Mi pare alquanto strano, quando grazie alle
donne magre guadagni un sacco di soldi», ribatté lei, acida.
«Io le fotografo, ma non ci vado a letto»
replicò lui, facendola arrossire.
Mamoru le tolse le mani dalle spalle e prese
la macchina fotografica per appoggiarla alla scrivania. «È meglio che tu non
giochi con questo gingillo: è nuovissimo e piuttosto costoso.»
«Non stavo giocando» sibilò Usagi indignata,
«e non sono più una ragazzina!»
«Certo che no» disse Mamoru soffermando il
suo sguardo sul corpo di Usagi. «Sei cresciuta e sei diventata davvero carina»
aggiunse fissandola negli occhi.
Usagi si morse il labbro. «Davvero?» disse
cercando di sembrare indifferente a quella reazione inaspettata di Mamoru.
«Sai benissimo di esserlo» ribatté lui con
voce misteriosa.
Le sue mani si mossero con un gesto fulmineo
e Usagi non si rese conto di quanto stava succedendo: Mamoru le sciolse i
capelli che le caddero morbidi sulle spalle. Le sue mani ravvivarono lentamente
alcune ciocche sfiorandole le guance, e quel contatto la fece rabbrividire.
«Così va meglio» disse infine stringendo una
ciocca tra le dita; lentamente Mamoru chinò il capo e la baciò.
Usagi si irrigidì quando le labbra di
quell’uomo toccarono le sue.
In quello stesso istante una strana visione
apparve dinanzi ai suoi occhi: vide un enorme palazzo argentato, e due ragazzi
su un alto balcone, abbracciati...
Durò solo pochi istanti, e quando la visione
svanì chiamò a raccolta tutte le sue forze e respinse l’uomo.
Mamoru alzò il capo e la squadrò con uno
sguardo gelido. «Decisamente non sei più una ragazzina.»
Usagi fu in grado di controllare le proprie
emozioni e con un gesto deciso allontanò la mano di Mamoru dai suoi capelli.
«Sono venuta qui per farmi fotografare» disse con voce glaciale, «e desidererei
che tu ti limitassi a questo!»
«Io sono pronto» ribatté lui con voce
implacabile. «Sei tu che devi ancora cambiarti. Hai portato il vestito?»
«Certo!»
«Allora faresti meglio a salire nella camera
che la signora ti ha preparato e cambiarti subito.»
Usagi si girò di scatto e si diresse verso le
scale, sconvolta. Stentava ad accettare quella fredda indifferenza da parte di
Mamoru, come se il passato non fosse mai esistito... quel passato che era
ritornato per una frazione di secondo a causa di quel bacio rubato.
E quella visione, poi...
Non era la prima volta che le accadeva una
cosa del genere: già anni prima le era successo, e si trovò ad ammettere che era
avvenuta sempre in presenza di Mamoru...
Il ricordo della sensazione che aveva provato
pochi istanti prima la fece innervosire ancora di più, e la lampo si inceppò in
una piega del tessuto.
«Maledizione!» esclamò infuriata nell’inutile
tentativo di chiudere il vestito.
«Problemi?» chiese una voce alle sue spalle.
Paonazza in viso, Usagi si voltò e vide
Mamoru appoggiato allo stipite della porta che la guardava con aria divertita.
Indossava un ampio maglione blu e un paio di
jeans, in netto contrasto con l’arredamento bianco di quella stanza.
«Faccio da sola» si affrettò a dire,
indignata da quel sorriso sornione che gli illuminava il viso, ma ogni suo
tentativo era inutile.
Con un sorriso rassegnato, Mamoru le si
avvicinò. «Stai ferma» le ordinò con voce gentile mentre le afferrava le
braccia.
Usagi rabbrividì: si sentiva vulnerabile con
il vestito aperto e le spalle scoperte, così vicine alle dita di Mamoru.
«Individuato il problema» disse lui muovendo
leggermente la lampo, ma dopo un attimo di esitazione le accarezzò la schiena.
Usagi inarcò leggermente le spalle quasi inconsciamente e assaporò il profondo
piacere di quella carezza socchiudendo gli occhi.
«La mia Odango non è cambiata» mormorò
Mamoru. «Adora farsi accarezzare la schiena, e io sono l’unico che lo sa fare.»
Con un gesto improvviso Mamoru richiuse la
lampo e fissò il fermaglio. «Forza! Dobbiamo metterci al lavoro: ho promesso un
ritratto al tuo fidanzato.»
Quelle parole furono come una doccia fredda;
Usagi cercò di darsi un contegno afferrando una spazzola e ravvivandosi con
forza i capelli. Sentiva gli occhi di Mamoru puntati contro le sue spalle e
cercò disperatamente di non guardarsi allo specchio. Quando cominciò a
raccogliere i capelli dietro la nuca, la mano di Mamoru le strinse il polso.
«No, lasciali sciolti!»
Usagi non disse nulla ma si liberò della mano
di Mamoru e afferrò un rossetto.
«Ma non sei già truccata abbastanza?» chiese.
«Non devi posare per la copertina di una rivista!»
«Keiji mi vuole bellissima» disse lei,
cercando di sottolineare il nome del fidanzato.
«Lui ti ha mai vista senza un filo di
trucco?» la incalzò lui, ma senza nemmeno darle il tempo di rispondere continuò:
«ti aspetto in biblioteca. Vieni giù quando penserai di essere bella come ti
vuole Keiji!»
Quando rimase sola, Usagi cercò di riprendere
il controllo delle proprie emozioni. Mamoru sapeva come turbarla, ma d’ora in
poi avrebbe cercato di non trovarsi mai da sola con lui.
Quando scese in biblioteca, Mamoru stava
preparando la macchina fotografica e con un gesto impaziente della mano la
invitò ad avvicinarsi alla poltrona.
«Siediti!» disse con aria distratta, ma
quando vide che Usagi indugiava sulla porta si voltò e la guardò intensamente.
«Per favore» disse con sarcasmo, «e togliti quell’espressione impaurita dal
viso. Non ho nessuna intenzione di approfittarmi di te, soprattutto perché da un
momento all’altro arriverà Hoshie con il caffè!»
Usagi si sentì rassicurata dalla presenza
della futura suocera, e si sedette sulla poltrona lentamente aggiustando il
drappeggio del vestito.
Mamoru la osservò con attenzione. «Appoggiati
allo schienale» disse con voce sicura. «E appoggia la mano sinistra sul
bracciolo... No, non così!» esclamò, avvicinandosi per sistemare la mano nella
posizione che desiderava. «Keiji ha speso una montagna di soldi per questo
anello di fidanzamento, e vorrà che si veda bene» commentò, dirigendosi verso la
scrivania.
«Non hai nessun diritto di parlare di Keiji
in questi termini» tuonò Usagi ritraendo la mano, «soprattutto dopo che hai
conquistato la sua simpatia venerdì sera!»
«Dovevo pur essere gentile con il mio pomposo
ospite» ribatté Mamoru imperturbabile. «Fai la brava, Usagi, e rimetti a posto
quella mano.»
Usagi finse di non sentire: «Keiji non è
pomposo!» ribatté indignata. «È in gamba, e io lo amo!»
L’espressione incredula e il sorriso cinico
di Mamoru minacciarono di metterla in difficoltà, ma Usagi trovò il coraggio di
continuare. «Comunque è assurdo che io pretenda la tua comprensione: non sai
nemmeno cosa voglia dire amore!»
«Amore?» ripeté Mamoru con aria distratta.
«Hai ragione, io non posso capire: cosa ci trovi in lui, Usagi? Deve essere
molto più vecchio di te.»
«Non più vecchio di te!»
«Sul serio?» chiese Mamoru con tono scettico.
«Avrei immaginato che avesse almeno una quarantina d’anni, da come si
comporta...»
«L’età è irrilevante» obiettò Usagi, «è il
rapporto fra due persone che importa!»
«E il vostro rapporto è perfetto?» la provocò
lui.
«Certo che lo è!» esclamò lei cercando di
infondere convinzione alla propria voce, incrinata dal dubbio. «La nostra
relazione è meravigliosa!»
«Se lo dici tu...»
Mamoru si avvicinò alla scrivania e dopo un
attimo di esitazione si girò di scatto. «E questa vostra relazione meravigliosa
è sia spirituale che fisica?» chiese accendendo il faro.
«Certo» mentì, «la nostra relazione è
perfetta sotto tutti gli aspetti!»
«Mi sorprendi,» aggiunse lui dopo un attimo
di esitazione, nascosto dietro il bagliore del faro, «quell’uomo deve nascondere
doti incredibili: non gli avrei dato due soldi quando l’ho visto...»
«Ciò dimostra quanto poco lo conosci» tagliò
corto Usagi. «E ora, se hai finito di ficcare il naso nella mia vita, potresti
metterti al lavoro... oppure ti è passata la voglia, visto che non guadagnerai
un soldo da queste fotografie?»
Usagi si era abituata alla violenza di quella
luce, e riuscì a intravedere un moto di stizza sul volto di Mamoru.
Lui non rispose, ma afferrò in silenzio la
macchina fotografica e attese che lei assumesse la posizione adatta.
«Guardami!» ordinò con autorità mentre
metteva a fuoco. «La testa indietro... e sorridi, maledizione!»
Come poteva sorridere dopo aver visto
quell’espressione terribile sul suo viso. Avrebbe preferito alzarsi e fuggire.
Erano bastati due giorni e la presenza di quell’uomo per riportare la sua vita
tranquilla e sicura nel caos più completo.
«Usagi!» esclamò Mamoru con voce esasperata.
«Hai espresso la tua opinione nei miei confronti in modo molto esplicito, ma
adesso devo lavorare. Credi di riuscire a dimenticare per qualche minuto il
passato e sotterrare l’ascia di guerra?»
Usagi avrebbe voluto ridergli in faccia: come
poteva dimenticare il passato dopo quanto era accaduto pochi minuti prima,
quando la sua sola presenza fisica metteva in pericolo le difese con cui cercava
di contrastare la forza sprigionata dalla sua personalità... cercò di
concentrarsi sul volto pacifico di Keiji, ma le sue labbra abbozzarono un
sorriso duro e inespressivo.
«Per la miseria!» tuonò Mamoru sbattendo la
macchina fotografica sulla scrivania. «È inutile», aggiunse fermandosi a pochi
passi dalla poltrona con le mani sprofondate nelle tasche dei jeans. «È meglio
lasciar perdere, Usagi» disse frenando a stento la rabbia, «ritorna nella tua
camera e cambiati.»
«Perché?» chiese lei imbarazzata.
«Mettiti un attimo nei miei panni! Sto
cercando di farti una fotografia, il ritratto della futura sposa. Dovresti
apparire innamorata e felice. Cosa penserà il tuo vecchio Sakage se gli presento
una fotografia con il tuo viso storpiato da un sorriso così simile alla smorfia
di disgusto di una donna che sta guardando un serpente a sonagli? Non funziona,
ed è meglio che ci rinunciamo.»
Mamoru si voltò di scatto e afferrò la
macchina con l’evidente intenzione di riporla nella borsa. Si ravvivò i capelli
distrattamente, in un gesto che ricordò a Usagi un Mamoru di molti anni prima.
Senza rendersene conto, la rigida maschera di ostilità cadde e il suo volto
venne illuminato da un radioso sorriso.
La reazione di Mamoru fu fulminea: alzò
velocemente la macchina e scattò numerose pose prima che quel meraviglioso
sorriso svanisse per sempre.
Usagi chinò il capo e si guardò le mani nel
tentativo di evitare gli occhi di Mamoru. Per una frazione di secondo aveva
avuto l’impressione che il passato si fosse sovrapposto al presente e temeva che
Mamoru avesse intuito i suoi sentimenti.
«Sei stata bravissima, Usagi» disse lui senza
nemmeno degnarla di uno sguardo, richiudendo la borsa. «Avevo paura che non ce
l’avremmo mai fatta, ma una di queste foto sarà quella giusta. Sono sicuro che
non avrai deluso il tuo Keiji.»
Quelle parole le trafissero il cuore e fecero
dissolvere le immagini del passato che per un attimo si erano formate nella sua
mente. Dalla velocità dei suoi movimenti, Usagi intuì che Mamoru aveva
intenzione di partire subito per Yokohama. Proprio in quel momento, la porta si
aprì e Hoshie Sakage entrò con un vassoio.
«Eccomi, finalmente» disse con voce allegra.
«Mi dispiace avervi fatto attendere, ma sembra che tutti abbiano deciso di
telefonarmi proprio stamattina. Com’è andata?»
«Benissimo»
rispose Mamoru, «abbiamo
appena finito!»
«Ha scattato delle belle fotografie?»
«Meravigliose» spiegò Mamoru con voce
gentile. «La signorina Tsukino è una modella perfetta. Dal modo in cui ha
sorriso davanti all’obiettivo, per un attimo ho avuto l’assurda impressione che
quel sorriso fosse diretto a me.»
Ok, lo so: avevo promesso un
aggiornamento più rapido, ma proprio non ne ho avuto il tempo…
Ringrazio di cuore tutti i
lettori, i recensori e coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti:
spero di non deludervi ^^
Una cosa ho notato: nessuno ma
ha chiesto come mai Mamoru è finito a fare il fotografo… Non ve ne frega niente,
o avete in mente idee vostre che volete tenere segrete, in attesa di una mia
risposta definitiva? =P
Vorrei ringraziarvi
personalmente, ma purtroppo il tempo è tiranno…
Sappiate però che senza il
vostro supporto, probabilmente, la storia non vedrebbe un continuo ^^
A presto (spero!)
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** capitolo 4 ***
4.
Quando rientrò a casa quella sera, Usagi
venne salutata dalla voce squillante di Minako. Percorse lentamente il lungo
corridoio che divideva in due l’appartamento, e quando si affacciò alla porta
della stanza dell’amica sgranò gli occhi per la meraviglia. Sembrava fosse
appena passato un uragano: i vestiti di Minako erano sparpagliati dappertutto e
l’amica era inginocchiata vicino a un’enorme valigia.
«Cosa stai facendo?» chiese Usagi allibita.
«Le valigie» disse Minako guardandola con
un’espressione severa. «Sapevo che non mi stavi ascoltando ieri mattina a
colazione!»
Usagi frugò nella sua mente e ricordò qualche
frase sconnessa su un viaggio all’estero. «Dove vai?» chiese confusa.
«In America» rispose l’amica. «Devo
incontrare un produttore discografico e spero di concludere buoni affari. Ma ti
avevo già spiegato tutto!» concluse in tono di rimprovero.
«Si, ma non me ne sono ricordata: avevo molte
cose a cui pensare...»
«È normale. Perché non prepari un caffè e ce
lo beviamo qui in camera mia, così ne parliamo mentre finisco di piegare i
vestiti?»
Mentre si aggirava nella piccola cucina,
Usagi riuscì a rilassarsi per la prima volta dall’arrivo di Mamoru Endou. Era
sopravvissuta, pensò sospirando di sollievo. Il fotografo se n’era andato e lei
l’avrebbe rivisto il giorno del matrimonio.
Quando tornò con le tazze fumanti, Minako
aveva liberato un paio di sedie.
«Quanto starai via?» chiese Usagi sedendosi.
«Due o tre settimane»rispose l’amica
sorseggiando il caffè, «dipende da cosa riesco a concludere. Passeremo là il
Natale. Kunzite vuole prendersi un po’ di vacanza con suo fratello Jadeite e mi
hanno invitata a fermarmi. Ma non temere! Sarò di ritorno per il grande giorno.
Quanto all’affitto, l’ho messo là» proseguì indicando una busta sulla scrivania,
«e, ehm...» balbettò imbarazzata, «non l’ho pagato io.»
«Cosa vuoi dire?» chiese Usagi guardandola
meravigliata.
«Kunzite di solito mi anticipa un po’ di
soldi quando mi trascina nelle sue spedizioni, ma stamattina mi ha telefonato e
mi ha chiesto di usare la casa.»
«Kunzite?» ripeté Usagi incredula. «Ma io
credevo che... »
«Non Kunzite» si affrettò a precisare Minako,
«una persona che conosce dovrà fermarsi qui a Tokyo per un paio di settimane.
Dovevo dargli subito una risposta e tu non eri in casa. Gli ho detto che non
c’erano problemi e lui mi ha portato subito i soldi. Spero che non ti
dispiaccia.»
«Un’amica con cui chiacchierare è sempre
gradita» disse Usagi scuotendo il capo per rassicurarla, ma notò subito una
strana espressione sul viso di Minako. «Minako! Tu non mi hai raccontato tutta
la storia.»
«Temo di no» disse la ragazza sorridendo,
«non è una donna... è un uomo...»
Dopo un attimo di esitazione, Usagi pensò che
non doveva avere paura di dividere la casa con un uomo: le stanze da letto erano
separate e pertanto era inutile preoccuparsi.
«Kunzite mi ha dato la sua parola che il suo
amico è una persona affidabile e tranquilla» proseguì Minako, «comunque sarà
sempre fuori casa per lavoro e probabilmente non lo vedrai quasi mai.»
«Perfetto» disse Usagi lentamente, «come si
chiama?»
«Mi sono scordata di chiederglielo...»
Il mattino successivo Usagi venne svegliata
da un violento rumore alla porta. Afferrò la sveglia: le sei! Solo allora si
ricordò che Kunzite e Minako partivano a quell’ora per prendere l’aereo.
Si guardò intorno: non sarebbe riuscita ad
addormentarsi e pensò a come avrebbe potuto impegnare il tempo. Si sentiva
elettrizzata dall’atmosfera natalizia, nonostante la tensione causata dagli
avvenimenti dei giorni precedenti.
Uscì dal letto e preparò il bagno, più che
mai decisa a chiamare i suoi genitori e il fratello per invitarli al matrimonio.
Era passato molto tempo ed era giunto il momento di voltare pagina e iniziare un
nuovo capitolo della vita.
Ma mentre preparava la colazione, Usagi ebbe
un attimo di esitazione: l’idea di sollevare il ricevitore e sentire la voce del
padre dopo sei lunghi anni di silenzio la inquietava. L’ultima volta che gli
aveva parlato era stato qualche giorno dopo la partenza di Mamoru.
I suoi genitori non erano mai stati molto
severi, specialmente la madre, ma negli ultimi tempi in cui era stata sotto il
loro tetto, avevano stranamente adottato una ferrea disciplina a cui lei doveva
sottostare: non poteva uscire dopo le nove di sera, gli amici venivano
accuratamente selezionati, mentre le persone equivoche venivano allontanate con
forza. La conseguenza fu che Usagi aveva pochissimi amici, e i pochi che
resistevano ben presto rinunciavano. Lei aveva sempre chiesto il motivo di
questo improvviso cambiamento, ma suo padre diceva sempre che era per il suo
bene, visto come stava andando il mondo…
A diciassette anni, durante l’ultimo anno di
scuola, il professore di disegno consigliò a Usagi di frequentare un corso
serale presso il politecnico che si trovava all’altro capo della città. Il padre
non ne voleva sapere, ma dopo aver parlato con il professore, un uomo sulla
cinquantina che condivideva con lui la stessa visione del mondo, si lasciò
convincere.
Nessuno però lo aveva informato che, a causa
di gravi problemi di salute, il vecchio professor Hiragashi era stato sostituito
da uno studente universitario in procinto di laurearsi, un certo Mamoru Chiba.
Usagi non avrebbe mai dimenticato il primo
giorno di lezione, quando assieme ai suoi compagni era entrata nell’aula. Non
vedeva l’ora di scoprire chi fosse il nuovo professore. Correva voce che fosse
un uomo molto attraente, ma nessuno si aspettava di trovarsi davanti un
professore che aveva l’aria di uno studente, mollemente appoggiato alla parete,
che osservava gli alunni con espressione divertita.
Nell’aula scese un silenzio di tomba e tutti
rimasero ad osservare i lineamenti del suo viso, la camicia rosa e i pantaloni
beige, il suo sguardo sicuro e altero.
«Benissimo» disse dopo essersi presentato,
«se sostenete di essere artisti, dimostratemi cosa sapete fare. Mettetevi al
lavoro e producete qualcosa degno di essere guardato. Nessuno di voi deve
pensare che l’arte è una materia di ripiego!»
Gli alunni presero matite e colori e
cominciarono a lavorare. Mamoru Chiba si sedette in cattedra apparentemente
incurante della lezione e prese a disegnare qualcosa su un foglio. Dopo qualche
minuto appoggiò la matita sulla cattedra e prese una pila di cartelle. «Chi di
voi è Tsukino Usagi?» chiese con voce squillante.
Usagi alzò una mano avvampando in volto
quando si accorse che due occhi blu la stavano osservando.
Nessuno prima di allora l’aveva guardata in
quel modo. Con un cenno della mano il professore la invitò ad avvicinarsi alla
cattedra.
«Voi continuate pure a lavorare» disse con
voce autoritaria per zittire il brusio dei compagni.
Allungò una mano e prese una cartella.
Dal suo posto di fronte la scrivania, Usagi
vide il suo nome. Un nodo di disperazione le attanagliò la gola: se il
professore si fosse espresso in nodo negativo sulla qualità dei suoi disegni,
suo padre avrebbe preso la palla al balzo e le avrebbe negato quelle poche ore
di libertà.
«Mi hanno detto che è molto brava» mormorò
Mamoru, senza nemmeno alzare lo sguardo dai fogli. Non ottenendo risposta, alzò
il viso e la guardò dritto negli occhi. «È vero?»
«Il professor Hiragashi era soddisfatto…»
balbettò lei imbarazzata.
«Io non sono Hiragashi” ribatté Mamoru con
tono asciutto, «e preferisco farmi un’opinione personale delle capacità dei miei
studenti. Ha portato altri lavori?»
Usagi annuì.
«Li vada a prendere, allora!»
Il tono della sua voce la fece scattare in
piedi.
Di nuovo alla cattedra, porse la cartella al
professore con mano tremante. Mamoru l’aprì e cominciò a osservare i disegni nel
più assoluto silenzio.
«Non male» disse infine, richiudendo la
cartella.
«Al signor Hiragashi piacevano!» esclamò
Usagi frenando a stento un’improvvisa ondata di rabbia.
Mamoru Chiba la guardò alzando un
sopracciglio. «Le ripeto che non sono Hiragashi e questi disegni non sono
sufficienti per me. Forse lei sarà la sua migliore allieva, ma credo che il mio
standard sia molto più alto del suo. Dovrà fare di meglio, se vuole far colpo.»
L’arroganza nella voce di quel professore,
che non sembrava molto più vecchio di lei, le fece perdere la pazienza. «Cosa
c’è che non va?» chiese Usagi indignata.
«Lei è convinta di essere perfetta?» obiettò
Mamoru con voce beffarda appoggiandosi allo schienale della sedia e guardandola
in viso. «Perché allora frequenta un corso d’arte, se è convinta di sapere
tutto?»
«Non ho mai detto questo» ribatté Usagi,
ignara del fatto che ormai tutta la classe la stava guardando, «ma ho il diritto
di pretendere da lei una giustificazione per il suo giudizio di un lavoro che ha
soddisfatto una persona che insegna da molti più anni di lei!»
«Mi dica, signorina Tsukino, perdeva la
pazienza in questo modo quando il signor Hiragashi le consigliava qualcosa?»
Usagi non rispose, ma si limitò a fissare
negli occhi quel professore tanto attraente quanto arrogante.
«Lei ha un’ottima tecnica» disse Mamoru dopo
un lungo silenzio, stringendo al petto la cartella, «e un po’ di pratica
smusserà gli angoli troppo netti. Ma guardi qui!» Mamoru prese in mano un paio
di disegni e glieli porse. «Belli, precisi, ma non originali. Dov’è lei in
questi disegni?»
Usagi sgranò gli occhi: erano i due migliori
disegni che aveva fatto, quelli per cui aveva ottenuto la lode dal professor
Hiragashi. «Non capisco…» mormorò confusa.
«Adesso le spiego» disse Mamoru afferrando un
foglio di carta e mettendolo accanto al disegno di Usagi. «Capisce adesso?»
chiese poi con voce affabile.
Usagi osservò i due disegni, il suo era un
ritratto a matita di Naru, una delle sue compagne di corso, e fino a qualche
momento prima lo considerava soddisfacente: era riuscita a disegnare
perfettamente i lineamenti della ragazza, i capelli morbidi, la posizione delle
mani, ma quelle linee erano prive di vita.
Il secondo ritratto invece, sembrava muoversi
di vita propria: Mamoru aveva catturato il sorriso della ragazza, la sensualità
del volto e la consapevolezza della donna nascosta ancora dietro un viso da
ragazzina.
«Allora?» chiese infine Mamoru con voce
impaziente.
Usagi non rispose subito, affascinata e
leggermente irritata dall’interpretazione data dal professore di quel viso
ancora innocente.
«Questo l’ha fatto lei?» mormorò lei dopo un
lungo silenzio.
Mamoru annuì e i loro sguardi si
incontrarono. «Capisco perfettamente, signor Chiba» aggiunse lentamente. «Farò
del mio meglio per mettere a frutto questa lezione.»
«Lo faccia, signorina Tsukino» ribatté lui
con tono formale, abbozzando un sorriso divertito. «Ho impressione che la
giovane donna inibita nascosta dietro al suo disegno non corrisponda a verità.
Pertanto, se uno guarda più da vicino, potrebbe scoprire segreti impensabili.
Sarà un divertimento scoprirli insieme.»
Il tono sensuale della su voce fece capire a
Usagi che Mamoru Chiba non si stava riferendo al suo lavoro e da quel momento
frequentò le lezioni d’arte provando sentimenti ambigui.
La sfida implicita nei commenti del
professore la spronò a dare il meglio di sé e suscitò in lei un rinnovato
interesse per la materia. Ma in fondo al suo cuore sentiva nascere un qualcosa
che non era in grado di spiegare e che la inquietava. Le pareva di voler
dimostrare qualcosa a quel giovane uomo, e le due lezioni settimanali non erano
più sufficienti per lei.
Si prese l’abitudine ad arrivare anche
mezz’ora prima dell’inizio delle lezioni. Voleva molto di più che l’approvazione
di Mamoru: voleva che lui la notasse.
Per tre lunghe settimane le parve che ogni
suo tentativo fosse inutile. Mamoru non la notava e la trattava alla stregua
degli altri. Si fermava alle sue spalle e lanciava commenti veloci sul suo
lavoro, ma il tono della sua voce era distaccato. Una vocina aveva cominciato ad
avvertirla che se aveva un briciolo di amor proprio le conveniva lasciar
perdere, ma Usagi finse di non ascoltarla e continuò imperterrita, consapevole
del rischio che stava correndo.
Accadde una sera, proprio quando quel
pensiero martellante non le dava un attimo di tregua, e il suo pennello si
rifiutava di obbedire al suo polso.
La natura morta non era venuta come voleva, e
la mano fredda di Mamoru di chiuse attorno alla sua e la guidò.
«Non aver paura» mormorò lui divertito dalla
reazione violenta che aveva avuto Usagi, «sto solo cercando di aiutarti.»
Ma quando la parte difficile del dipinto era
stata risolta, Mamoru non si spostò e continuò a guardarla da vicino. Usagi
sentiva il suo fiato vicino all’orecchio e il lieve contatto del proprio braccio
contro il torace del professore.
«Disturbo?» chiese Mamoru dopo un lungo
silenzio.
«Per niente» si affrettò a dire Usagi,
sperando che Mamoru non si accorgesse del battito violento del proprio cuore.
«C’è gente che non riesce a lavorare se
qualcuno la guarda» proseguì lui.
«Non io» disse Usagi distratta.
Mamoru la guardò. «Penso che sia arrivato il
momento di fare un’altra sana chiacchierata» aggiunse dopo un po’.
Usagi abbassò la mano, rassegnata.
«Non adesso» esclamò Mamoru. «Mai
interrompere un lavoro a metà! Parleremo alla fine della lezione.»
Quello era stato l’inizio, pensò Usagi non
accorgendosi che il caffè si era raffreddato. Lo aveva intuito anche allora, ma
nonostante tutto si era fermata dopo la lezione.
Incurante delle conseguenze, si abbandonò a
quella sensazione di trepidante beatitudine che quell’uomo aveva il potere di
suscitare nel suo cuore. Divenne un’abitudine fermarsi quando la lezione era
finita, e solamente in quelle poche ore Usagi aveva l’impressione di sentirsi
veramente viva.
Cominciarono i tempi difficili, i ripetuti
ritardi, gli autobus persi… suo padre era andato su tutte le furie, ma lei lo
aveva zittito con la scusa che l’orario degli autobus era cambiato e lei non
poteva farci niente.
Usagi rimase sbalordita dalla facilità con
cui aveva mentito, ma ormai non poteva tirarsi indietro.
Non ricordava di aver mai avuto niente a
cuore come il disegno in quell’ultimo periodo, né ricordava di aver mai tanto
apertamente mentito; eppure, quella volta, la bugia era salita alle sue labbra
come una vecchia usanza, mai del tutto abbandonata.
L’inquietudine non accennava ad abbandonarla
e, parecchie volte, al termine della lezione, controllava nervosamente
l’orologio.
«Che fretta hai?» le chiese Mamoru una sera.
«La notte è giovane ed è tutta a nostra disposizione.»
«Devo tornare a casa per le dieci» rispose
Usagi.
«Perché? Sei abbastanza grande e i genitori
dovrebbero saperlo!»
«Devo assolutamente andare» ribatté lei,
imbarazzata.
«Va bene» disse Mamoru contrariato. «Se la
situazione è così disperata, ti accompagnerò io.»
Durante il viaggio Mamoru non disse una
parola, nemmeno per chiederle l’indirizzo. Forse aveva scoperto dove abitava
consultando gli elenchi della segreteria della scuola.
A pochi metri da casa, Usagi gli chiese di
fermare l’auto. Non voleva che i suoi genitori collegassero il rumore del motore
al suo arrivo. Mamoru non disse nulla e aspettò che fosse entrata in casa, prima
di ripartire.
«Potremmo andare a mangiare qualcosa» le
disse alla fine della lezione successiva.
«Non posso» ribatté Usagi confusa,
«l’uniforme della scuola non è adatta per uscire…»
Lo sguardo di Mamoru si soffermò sulla gonna
blu, sulla camicetta bianca e sull’impeccabile fiocco.
«Sembri una quattordicenne» disse corrugando
la fronte e sciogliendole il fiocco con gesto fulmineo.
Con altrettanta agilità le aprì i primi due
bottoni della camicetta, e le sciolse i capelli ravvivandoli con sensuale
lentezza.
Usagi non riusciva più a muoversi e lo stava
guardando trasognata. Una strana e sconosciuta sensazione si era impossessata
del suo corpo.
«Ero sicuro che dietro a questo viso c’era
una donna» mormorò Mamoru con sguardo estasiato. «Sei bellissima, Odango, e un
giorno diventerai irresistibile: spero veramente di trovarmi nei paragi quando
succederà.»
Inebriata dalle sue parole, Usagi sorrise e
non si accorse che le braccia di Mamoru l’avevano stretta al petto. Sentì il
cuore del professore battere forte, avvertì il profumo speziato del suo
dopobarba e le parve che il mondo svanisse.
Usagi sollevò leggermente la testa e le
labbra di Mamoru si appoggiarono sulle sue in un bacio che non assomigliava
affatto a quelli che aveva ricevuto finora. Si abbandono a quella sensazione, e
fu in quel momento che ebbero inizio delle strane visioni: davanti ai suoi occhi
apparvero delle immagini, come in un sogno ormai dimenticato…
«Basta» disse Mamoru, staccandosi da lei,
«prendi il cappotto. Ti accompagno a casa.»
«Ma dovevamo uscire!» protestò Usagi,
provando uno strano senso di smarrimento per l’improvvisa interruzione di quelle
immagini meravigliose.
«Ho cambiato idea» ribatté lui, scuotendo il
capo.
Nonostante l’abitacolo dell’auto fosse buio,
Usagi avvertiva la presenza fisica di Mamoru: i suoi capelli scuri e la giacca
si confondevano con la notte, dandogli un’aria irraggiungibile.
Si fermò lontano dalla casa di Usagi. La luce
di un lampione gli illuminò il viso, e Usagi vide la sua espressione triste.
«Mamoru, cosa c’è?» chiese lei sull’orlo
della disperazione.
«Non sei ancora pronta per queste cose» disse
evitando la carezza di Usagi, «sei solo una ragazzina, e io non ho l’abitudine
di sedurre le mie allieve.»
«Non sono una ragazzina!» protestò lei. «Poco
fa mi hai trattata da donna, oppure fingevi?»
«Non fingevo» disse lui scuotendo il capo
rassegnato, «sapevo esattamente quello che stavo facendo, ma dubito che tu lo
abbia capito.»
«Anch’io lo sapevo!» esclamò Usagi
afferrandogli una manica. «Ho baciato l’uomo che amo. Mamoru, io ti amo!»
«Ti amo?» ripeté Mamoru con una risata
beffarda. «Che ne sai tu di amore, Usagi? Sei solo una bambina! Se tu veramente
mi amassi, ci saremmo fermati davanti al cancello di casa tua! Oppure ti
vergogni di farti vedere in mia compagnia?»
«Mio padre…» disse Usagi chinando il capo
dalla vergogna.
«Certo, tuo padre!» sibilò Mamoru
indispettito. «Il rispettabile signor Tsukino.»
«È severo, ma lo fa per il mio bene. Ha più
esperienza di me e desidera solo proteggermi da…»
«Uomini come me?» la interruppe lui con voce
ironica. «E tu? Vuoi veramente essere protetta?»
Usagi si sentì travolta da un mulinello di
pensieri contrastanti: avvertiva la minaccia della presenza di quell’uomo, ma
solo pochi minuti prima aveva ammesso di amarlo.
Mamoru vide il dubbio agitare il suo animo e
girò lentamente lo specchietto verso Usagi.
«Guardati, Odango», le disse, «fra poco sarai
maggiorenne, diventerai una donna e ti aprirai alla vita. Ma finora hai vissuto
sotto l’ombra di tuo padre e hai represso i tuoi sentimenti.»
«Non ho represso un bel niente» sibilò Usagi,
«e poi… non è stato sempre cos…»
«Non mi è sfuggito nulla» la interruppe, «ho
notato come guardi l’orologio: hai paura di arrivare tardi e che qualcuno a casa
si accorga di quello che stai facendo. Sei una bella ragazza, ma non ti ho mai
visto con un abito diverso da quella maledetta uniforme scolastica. Sembra che
tu voglia negarti il diritto di crescere. Guardati allo specchio, per favore, e
dimmi se non è vero!»
Usagi guardò l’immagine davanti a sé e le
parve di vedersi per la prima volta. I capelli le incorniciavano il volto
facendole risaltare i grandi occhi blu; sembrava più matura della ragazza che
era solita vedere allo specchio.
«Non avere paura» le sussurrò Mamoru
all’orecchio, «non c’è nulla di male nell’ammettere di essere una donna. Dietro
al muro che ti sei costruita attorno, c’è la vera Usagi che non vede l’ora di
assaporare la libertà.»
«Smettila» mormorò Usagi scuotendo il capo.
Mamoru l’abbracciò teneramente, tempestandole
i capelli, le guance e le labbra di piccoli e sfuggenti baci.
«Vorrei poterti aiutare a cercare la vera
Usagi» disse lui dopo un lungo silenzio, scuotendola da quell’estasi in cui era
scivolata durante la visione, «ma non posso farlo, se prima non sei
completamente libera. Se vuoi seguirmi, dovrai lasciare la tua famiglia, perché
non ho nessuna intenzione di dividerti con nessun altro…!»
Ancora quelle immagini presero strada
attraverso la sua mente.
Da allora, quelle visioni non l’abbandonarono
quasi più, e ogni volta si arricchivano di piccoli particolari; alla fine,
quello che le rimaneva erano solo delle immagini sfocate e una strana,
meravigliosa sensazione di vita perduta, che aspettava solo di essere ritrovata.
Quanti di voi mi stanno
odiando, in questo momento?
Bene.
E quanti di voi stanno
seriamente pensando di fustigarmi e spargermi le ferite col sale?
Uh, così tanti?
Ma non farò alcuna resistenza:
so di meritarmi tutto, per questo immane ritardo nell’aggiornare la storia… e sì
che si tratta di una revisione!
Ma purtroppo in questo periodo
sono in vera crisi: non riesco a tirar fuori un’idea che sia una, e tutte le
volte che ho provato a rimetter mano a questa restavo ore davanti allo schermo
senza sapere da che parte cominciare…
Davvero, gente, è una
sensazione talmente… brr… che non la auguro mai a nessuno!
Ma ora, torniamo a noi!
Son contenta che, anche se
lenterrimi, gli aggiornamenti sono di vostro gradimento ^^
Mi spiace dirvi, però, che i
guai per Odango non sono che all’inizio… Ma non temete: tutto si risolverà…
forse…
Ringrazio davvero tutti voi che
leggete, e che avete la pazienza di aspettare i nuovi capitoli; e ringrazio chi
spende due minuti del proprio tempo per lasciare una recensione.
Proverò a darmi da fare, per
non far passare un’altra era geologica prima del nuovo capitolo.
Bax, Kla |
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** capitolo 5 ***
Nuova pagina 1
5.
Usagi si sfiorò
distrattamente la fronte con una mano, quasi volesse allontanare quei ricordi;
rifletté su come fosse strano che avesse dimenticato quelle immagini che
apparivano e sparivano senza che lei se ne rendesse conto; non poteva negare,
però, lo strano senso di benessere che provava ogni volta che si affacciavano
alla sua mente …
Guardò l’orologio appeso alla
parete della cucina: le otto e mezzo. Solo un paio d’ore prima si sentiva
allegra e piena di fiducia, mentre adesso i ricordi avevano minato il suo buon
umore.
Si alzò di scatto e si
diresse in salotto dove sollevò il ricevitore e formò il numero di telefono dei
suoi genitori.
“Pronto?” disse la voce della
madre.
“Ciao mamma, sono Usagi…”
“Usagi?” ripeté la donna,
stentando a riconoscerla. “Come stai, cara?”
“Io bene, grazie… tu? … e
papà…?”
“Andiamo avanti…” si
interruppe per qualche secondo, che a Usagi sembrò durare un’eternità. “Vuoi
parlare con tuo padre…? Aspetta che te lo passo!”
“No, posso anche…”
“Pronto?” disse dopo qualche
istante il padre con voce autoritaria.
“Mi dispiace disturbarti a
quest’ora” si affrettò a scusarsi Usagi, sentendosi improvvisamente la figlia
diciassettenne, “ma ti chiamo per dirvi una cosa molto importante. Fra poco mi
sposo.”
“Mi era giunta voce.”
“Lo sapevate, allora?”
“Si. Ti aspetti che mi
congratuli con te?”
“Volevo invitarvi al
matrimonio” disse Usagi ricacciando amare lacrime al sentirsi ancora rifiutata
dal padre dopo tanti anni. “Sarei felicissima se veniste alla cerimonia.”
“È così improvviso” disse il
padre dopo un lungo silenzio, “non ci siamo sentiti per anni.”
“È un’occasione per stare
insieme” aggiunse Usagi cercando di frenare un moto di irritazione alla
testardaggine dell’uomo. “Keiji, il mio fidanzato, e i suoi genitori vorrebbero
conoscervi.”
“Ho sentito che sposi il
figlio dell’avvocato Sakage. Un bravo ragazzo e sicuramente con la testa a
posto, non come quella gente che eri abituata a frequentare anni fa. Devo
presumere che sei finalmente cresciuta!”
“Per favore, papà! Quelle
sono storie passate!” esclamò Usagi esasperata.
“È difficile dimenticare un
tradimento” sbottò il padre. “Noi la pensiamo così. Il tuo comportamento è stato
un vero tradimento verso quanto abbiamo cercato di insegnarti.”
“Ero giovane, allora!” disse
Usagi, sforzandosi di mantenersi calma. Anche se ormai era adulta, continuavano
a trattarla come se fosse ancora una ragazzina.
“Devo andare al lavoro” disse
infine l’uomo.
“Certo, ma promettimi che
verrete!”
Solo silenzio dall’altra
parte.
“Papà?”mormorò Usagi, non
ottenendo risposta.
“Mandaci l’invito, forse tuo
fratello Shingo e sua moglie avranno intenzione di perdonarti e farsi vivi al
matrimonio” disse con aria distratta, e riagganciò senza nemmeno salutarla.
Gia, Shingo…
pensò Usagi, una volta chiusa la comunicazione. Anche lui mi ha puntato il
dito contro quando venne a galla tutta la storia… papà è riuscito a plagiare
anche lui, in quel suo assurdo modo di vedere il mondo…
La neve cominciò a cadere
proprio mentre Usagi percorreva i pochi metri dalla fermata dell’autobus fino a
casa. Rabbrividì e di strinse nel cappotto per ripararsi dal vento freddo.
Ricordò che quella sera
doveva arrivare l’ignoto amico di Kunzite. Se l’avesse saputo Keiji non sarebbe
stato contento, ma Usagi non aveva ancora avuto tempo di spiegargli tutta la
storia e aveva deciso di raccontargli tutto dopo aver verificato di persona
l’identità del suo ospite.
Appena rientrata in casa,
Usagi infilò una teglia nel forno e si sedette stancamente sul divano. Aveva
molto tempo a disposizione, ma non voleva assolutamente ripensare al passato,
anche se la telefonata ai suoi genitori l’aveva resa nervosa tutto il giorno.
Era incredibile come suo
padre non avesse dimenticato e l’accusasse ancora di tradimento, quando il vero
traditore era stato Mamoru.
Era successo durante le
vacanze di metà trimestre. A causa di una malattia della nonna materna, i
genitori avevano deciso di trascorrere una settimana a casa dell’anziana donna e
dopo accese discussioni si era deciso che Shingo avrebbe passato le vacanze
insieme a un suo compagno di scuola, in una casa in aperta campagna di proprietà
di quest’ultimo, a pochi chilometri da Tokyo, mentre Usagi sarebbe rimasta in
città, perché non perdesse le lezioni di disegno. Su di lei avrebbe vigilato la
coppia di anziani signori che abitava nella casa accanto.
Per la prima volta dopo tanto
tempo Usagi si era sentita libera! Ma la sera del martedì, giorno di lezione,
venne assalita da una strana indecisione. Fu la telefonata di suo padre a
convincerla ad andare nonostante si sentisse imbarazzata all’idea di affrontare
Mamoru dopo quanto le aveva detto.
Si precipitò alla fermata
dell’autobus così com’era vestita, con un paio di jeans e un maglione azzurro, e
con i capelli sciolti. La telefonata l’aveva fatta ritardare, e quando entrò in
classe la lezione era già cominciata.
Usagi si accorse che Mamoru
aveva notato il suo arrivo e aveva socchiuso gli occhi lanciandole uno sguardo
di approvazione, ma solo un’ora più tardi il professore si avvicinò al suo
posto.
“Credevo non venissi stasera”
disse a bassa voce, “pensavo che ti fossi rifugiata tra le braccia del paparino
per sfuggire da questo orso.”
“Non mi spavento così
facilmente” ribatté Usagi, “e vorrei che non parlassi in questo modo di mio…”
“Dimmi un po’” disse lui
interrompendola e cambiando improvvisamente discorso, “perché ti sei vestita
così? Hai seguito i miei consigli?”
“Mi vesto sempre così quando
solo in vacanza” si affrettò a dire lei, “ e non ha nulla a che vedere con
quello che mi hai detto. Perché mai dovrei vestirmi per piacerti?”
“Ti amo, Mamoru”
ripeté Mamoru con voce dura. “Non mi hai detto così, forse?” aggiunse,
sollevandole il viso rosso di vergogna con un dito sotto il mento. “Oppure
fingiamo che non sia successo nulla?”
“Lasciami stare” mormorò
Usagi imbarazzata.
“Se è questo che vuoi…” disse
lui, lasciandola andare. “Non ne posso più di questa altalena di umori, Odango.
Sono sicuro che Rei non ha problemi del genere. Devo chiederle se è libera
venerdì sera?”
“Venerdì?” ripeté Usagi
sconvolta.
“Si, venerdì” disse Mamoru
allontanandosi. “Volevo invitarti a cena, ma dato che l’idea non ti aggrada, è
meglio lasciar perdere.”
Usagi avrebbe voluto
prendersi a schiaffi: aveva sprecato una buona occasione. Non vedeva l’ora di
andarsene da quell’aula, e quando la campanella squillò tirò un sospiro di
sollievo.
Mamoru se ne stava appoggiato
alla parete mentre gli alunni uscivano dall’aula e Usagi notò subito il sorriso
con cui Rei salutò il professore. In preda a una cupa disperazione, infilò le
matite e i pennelli nell’astuccio e si affrettò verso la porta a capo chino.
“Buona sera, signor Chiba”
mormorò non rendendosi conto di essere l’ultima, ma dovette fermarsi perché il
suo braccio le sbarrava l’uscita.
“L’invito per venerdì è
ancora valido” disse Mamoru guardandola in viso.
“Perché?” chiese Usagi con
amarezza. “Rei non poteva, questa settimana?”
“Dio, Usagi! Non mi ha
nemmeno sfiorato l’idea di invitarla!” esclamò lui con sguardo cupo. “Voglio
uscire con te, non con una bellezza stupida.”
“Sul serio? Credevo che ti
piacesse.”
“Usagi!” esclamò lui con voce
minacciosa. “Stai cercando di farmi impazzire? Vuoi forse che ti dimostri che
dico la verità?”
“Va bene venerdì?” chiese di
nuovo lui dopo un lungo silenzio. “Devo intendere il tuo silenzio come un
consenso?”
“Si” disse Usagi con un
sorriso, “mi piacerebbe venire.”
“Devi chiedere il permesso al
papino?”
“Sono grande abbastanza e
posso decidere da sola con chi uscire.”
“E tuo padre cosa pensa delle
tue decisioni?”
“Non ho ancora avuto modo di
parlargliene, ma lo farò, e sono sicura che capirà.”
“Lo spero anch’io” disse
Mamoru con un lungo sospiro.
Venerdì arrivò velocemente e
dopo una settimana di totale libertà Usagi si sentiva un’altra persona. Per
festeggiare l’avvenimento, Usagi aveva comprato un vestito nuovo con tutti i
propri risparmi: sua madre l’avrebbe sicuramente disapprovata.
Mamoru invece apprezzò molto
quel vestito, che lasciava scoperte le spalle sottolineando le curve del suo
corpo.
Cenarono in un simpatico
ristorante italiano e la serata volò. Il cibo fu delizioso anche se Usagi non
riusciva a ricordare i nomi; fu la prima volta che bevette del vino e le
piacquero subito il sapore secco e leggero e il suo potere di sciogliere la
lingua.
Purtroppo la cena finì e
Usagi si ritrovò nell’auto di Mamoru senza accorgersene. Era una fredda sera di
novembre e un’improvvisa folata di vento riportò Usagi alla realtà.
“E adesso dove andiamo?”
chiese lei accomodandosi sul sedile.
“Ti accompagno a casa.”
“Ma sono solo le dieci!”
“Credevo che tu dovessi
rientrare a quest’ora” aggiunse Mamoru con voce pacata.
“Non stasera” si affrettò a
dire lei. “Non importa a che ora ritorno a casa. Potremmo…”
“Ti porto a casa” ripeté
Mamoru, “e parlerò con tuo padre!”
“No, non puoi!” esclamò Usagi
inorridita all’idea che i vicini di casa la vedessero in compagnia di un
estraneo.
“Certo che posso e lo farò!
Sono stufo di nascondermi. Non ho paura di conoscere i genitori di una ragazza:
sono un uomo a cui piacciono le cose alla luce del sole. Devo conoscere…”
“Non puoi” mormorò Usagi
imbarazzata, “non sono a casa.”
“E quando tornano?”
“Domenica sera.”
“Usagi!” esclamò Mamoru con
voce dolcemente minacciosa. “Quando sono partiti?”
Usagi si strinse nelle spalle
e abbassò il capo.
“Dimmi quando, Usagi?” ripeté
lui.
“Sabato scorso. Sono stati
via tutta la settimana.”
Le mani di Mamoru strinsero
il volante con forza e con gesto fulmineo avviò l’auto e uscì dal parcheggio
andando nella direzione opposta alla casa di Usagi.
“Dove stiamo andando?” riuscì
a chiedere lei.
“A casa mia” sibilò Mamoru a
denti stretti. “Dobbiamo parlare di qualcosa.”
“Di cosa?”
“Non fare l’ingenua. Mi
rifiuto di venire usato come arma nella guerra che hai dichiarato alla tua
famiglia. È meglio se chiariamo tutto e subito.”
“Non ti sto usando” protestò
Usagi.
“Davvero? A me sembra che sia
vero il contrario.”
Mamoru fermò l’auto davanti a
casa e la condusse senza molte cerimonie nel suo appartamento.
“Non voglio più giocare a
nascondino” disse infine, dopo averla fatta sedere su un divano. “Devi decidere
adesso se frequentarmi con o senza l’approvazione della tua famiglia, oppure non
vedermi mai più. Allora, cosa mi dici?”
Usagi si sentiva confusa,
soprattutto perché Mamoru non smetteva un attimo di camminarle nervosamente
davanti agli occhi. Si rendeva conto che qualunque fosse stata la sua scelta
avrebbe comportato la perdita di qualcosa…
“Siediti” lo implorò, “mi fai
paura.”
“Non essere arrabbiato con
me” proseguì lei dopo un attimo di esitazione. “Dimmi cosa dovrei fare, ma ti
supplico, non essere arrabbiato con me.”
Lentamente Usagi gli prese
una mano mentre con l’altra gli accarezzava i capelli.
“Usagi” sussurrò Mamoru con
un fremito, “spero che tu sappia cosa stai facendo, perché altrimenti faresti
meglio a smettere.”
La tensione abbandonò il
corpo di Mamoru e lentamente lui l’abbracciò mentre le sue labbra la cercarono
in un bacio appassionato. Usagi si sentì trasportare lontano, in un luogo dove
non esisteva né il bene né il male, sospinta dall’irrefrenabile desiderio di
rimanere per sempre accanto a quel ragazzo meraviglioso.
Con gesto gentile Mamoru le
sfilò la giacca e le accarezzò sensualmente la schiena. “Usako” le sussurrò
all’orecchio, “sei incantevole.”
La sua bocca le sfiorò il
collo e Usagi si abbandonò a quella sensazione che le faceva battere forte il
cuore. Non protestò quando Mamoru le allentò la lampo del vestito, anche se un
brivido di paura le percorse tutta la schiena.
Le parole dolci che uscivano
dalle sue labbra ebbero il potere di calmarla. La testa le girava e
all’improvviso non capì più nulla.
L’insistente squillo del
campanello distolse Usagi da quei pensieri a lungo relegati in un angolo del
proprio cuore. Si guardò intorno frastornata e all’improvviso si ricordò che il
fantomatico amico di Kunzite doveva arrivare a momenti.
“Arrivo!” urlò irritata. “Non
c’è bisogno di suonare così!”
Usagi aprì la porta di scatto
e vide un’auto nera parcheggiata davanti al vialetto. Un uomo si fece avanti
uscendo dalla penombra e la salutò con un sorriso sornione.
“Buonasera, Usagi” disse
Mamoru Endou, fermandosi sulla soglia.
Usagi sgranò gli occhi
esterrefatta e per un attimo credette che le gambe le cedessero.
“Vattene!” riuscì a dire
pallida in volto cercando di chiudere la porta.
“Non mi sbatterai mica la
porta in faccia, vero?” disse lui sgattaiolando dentro il vestibolo.
“Cosa vuoi?” sibilò Usagi con
un filo di voce.
“Dove sono andate a finire le
buone maniere?” la provocò lui con un sorriso. “È questo il modo di accogliere
una persona che arriva da Yokohama con questa bufera di neve per farti vedere i
provini delle foto?”
“Potevi anche fare a meno di
venire!” esclamò lei cercando di riaprire la porta.
“Non vuoi proprio vederle?”
chiese Mamoru bloccandola con tutto il peso del corpo.
“Mostrale al signor Sakage”
sbottò lei frenando a stento la curiosità, “è stato lui a commissionarti il
lavoro.”
“Strano! Tutte le donne che
ho fotografato finora sono sempre state impazienti di vedere i provini.”
“Io non sono come loro!”
ribatté lei infuriata.
“Certo che no” ammise Mamoru.
“Devi andartene” riuscì a
dire Usagi dopo un lungo attimo di smarrimento. “Aspetto una persona e arriverà
fra qualche minuto.”
“Uomo o donna?”
“Non sono affari tuoi.”
“Allora è un uomo” disse
Mamoru sorridendo. “Forse il tuo caro fidanzato?”
“No!”
“E Keiji è a conoscenza del
fatto che inviti altri uomini a casa tua?” chiese lui con voce vellutata.
“Ho detto che non sono affari
tuoi! E adesso, se non ti dispiace…”
“Ho fatto un viaggio
lunghissimo e tu non mi offri nemmeno una tazza di caffè.”
“Se vuoi un caffè, c’è un bar
in fondo alla strada. Dovrebbe essere ancora aperto.”
“Sei davvero un’ospite
perfetta” l’apostrofò lui con tono sarcastico.
“Vai via!” urlò Usagi con
quanto fiato aveva in gola.
“No. Una tazza di caffè non è
chiedere troppo.”
“Va bene!” sibilò lei, “ma
dopo il caffè te ne vai.”
Si diresse verso la cucina
stringendo i pugni dalla rabbia, ma con la coda dell’occhio vide che Mamoru si
era già accomodato in salotto e aveva appoggiato la giacca su una sedia.
Indossava un maglione di lana color crema e un paio di pantaloni di velluto a
coste marrone. Usagi dovette ammettere a se stessa che quell’abbigliamento
metteva in risalto il fascino seducente che quell’uomo sprigionava.
L’arrivo di Mamoru svegliò la
gatta che stava dormendo sul divano.
“Questa è Luna, vero? Regge
bene gli anni!” disse Mamoru.
“Luna è morta. Questa è Diana
e odia gli estranei.”
Mamoru accarezzò la nuca di
Diana che, dopo qualche secondo di indecisione, si accoccolò sul suo grembo.
“Vado a preparare il caffè”
disse Usagi indignata dal tradimento spudorato della propria gatta.
Il nervosismo le fece perdere
la cognizione del tempo e le parve che l’acqua si rifiutasse di bollire. Quando
entrò nel salotto con il vassoio e le tazze vide che Diana si era appisolata
sulle gambe di Mamoru, che non sembrava avere la minima intenzione di andare via
tanto presto.
“Zucchero?” chiese Usagi
nervosamente seduta sul bordo di una sedia mentre gli riempiva la tazza.
“Non ricordi proprio?”
ribatté lui con un sorriso indolente.
“Perché dovrei?”
“Perché io mi ricordo che ne
metti due cucchiaini nel tè e niente nel caffè. Ho sempre pensato che i tuoi
gusti rispecchiassero una personalità contrastante. Niente zucchero, grazie.”
“Hai un’ottima memoria” disse
lei porgendogli la tazza.
“Ti sei sistemata bene, qui”
disse Mamoru cambiando improvvisamente discorso. “Non vivi sola, vero?”
“Vivo con Minako” spiegò
Usagi fissando il liquido fumante nella sua tazza.
“Camere separate, suppongo.”
“Esatto” ribatté lei con voce
asciutta, “la camera di Minako è di là, mentre la mia è quella davanti” aggiunse
indicando un punto dietro di sé. “Poi c’è il bagno, la cucina, il salotto e una
piccola lavanderia.”
“Molto carina” disse Mamoru,
“e l’affitto deve essere molto alto!”
“Esatto! È per questo che…”
Usagi si morse le labbra e rimase zitta.
“Che cosa?”
“Oh, nulla!”
Usagi guardò l’orologio con
aria impaziente, nella speranza che l’amico di Kunzite arrivasse. “Hai finito il
caffè?”
“Se ne è rimasto, ne gradirei
un’altra tazza” disse Mamoru imperturbabile.
Usagi gli riempì di nuovo la
tazza mentre Mamoru osservava un quadro appeso alla parete che raffigurava il
ritratto di Minako.
“L’hai fatto tu?”
“Si.”
“Sei migliorata molto” disse
Mamoru con aria soddisfatta. “Ti sono giovate le mie lezioni.”
“Solo le lezioni di disegno!”
sibilò Usagi. “Dimmi piuttosto come mai un professore di disegno è diventato un
famoso fotografo?”
“Io sono sempre stato un
fotografo” disse Mamoru con voce pacata, “anche durante i mesi meravigliosi che
ho passato qui a Tokyo.”
“Non lo sapevo” ribatté
Usagi, fingendo di non cogliere il velato sarcasmo di quella frase.
“Ci sono molte cose che
ancora non sai di me. La fotografia non rendeva, e io avevo bisogno di soldi. Il
preside della scuola era un amico di famiglia e aveva disperato bisogno di un
supplente. Ci siamo venuti incontro e io sono stato assunto con un contratto
temporaneo.”
“E te ne sei andato via non
appena ti si è presentata un’occasione migliore!” esclamò Usagi con amarezza.
Mamoru si mosse lentamente
sul divano e sollevò Diana per appoggiarla su una sedia. Usagi provò un fulmineo
senso di sollievo all’idea che fra pochi secondi l’ospite indesiderato se ne
sarebbe andato.
“Sembra che il tuo amico sia
in ritardo” disse Mamoru alzandosi. “Forse è colpa della neve. Prima che il
tempo peggiori mi conviene andare a prendere la valigia.”
Usagi non poteva credere alle
proprie orecchie e rimase a guardare allibita mentre Mamoru infilava la giacca.
“La tua valigia?” ripeté
esterrefatta.
“Credi forse che possa
indossare questi vestiti per le prossime tre settimane?” chiese lui con un
sorriso divertito. “Sono il tuo nuovo compagno d’appartamento” aggiunse quando
vide che Usagi non capiva, “Kunzite e Minako non ti hanno detto nulla?”
Ed eccomi qua ^^
Come promesso a
qualcuno, il capitolo è pronto in tempo per la fine del mese… ^^
In queste pagine
non si va molto avanti con la storia, ma credo che il passo indietro sia
apprezzato per capire un po’ la situazione di Odango, no?
Il nuovo
coinquilino di Usagi è, come avete tutti intuito già dal capitolo precedente,
proprio Mamoru, e vi anticipo che la vita della nostra Odango verrà sconvolta
un tantino, da questa convivenza forzata…
Il prossimo
aggiornamento non so quando sarà, ma proverò a non farvi aspettare molto!
Grazie a tutti
coloro che leggono e anche a chi spende il proprio tempo per recensire.
Un grazie anche a
chi ha aggiunto la storia tra i preferiti.
A presto, spero,
col prossimo capitolo!
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** capitolo 6 ***
Nuova pagina 1
6.
Lo
stupore di Usagi si tramutò in terrore. Non poteva essere vero! Balzò in piedi
in preda a una irrefrenabile rabbia.
“Non puoi stare qui!” esclamò
con veemenza.
“Certo che posso, Usagi”
disse Mamoru avvicinandosi e guardandola dritto negli occhi, “ho già pagato un
mese di affitto in anticipo. Adesso vado a prendere la valigia e quando sarò
tornato mi mostrerai la camera.”
“Mai!” esclamò lei infuriata.
“Allora vuol dire che la
troverò da solo” disse Mamoru prima di uscire.
Un violento capogiro la fece
vacillare e Usagi dovette aggrapparsi a una sedia per non cadere. Tre settimane
con un intruso di quel genere in casa!
Una folata di vento aprì la
porta che Mamoru aveva lasciato socchiusa e un’idea improvvisa le balenò nella
mente. Usagi si precipitò verso la porta e la chiuse a chiave.
“Usagi! Apri questa maledetta
porta.”
“Va’ al diavolo!” sbottò
Usagi ansimando.
“Apri la porta altrimenti te
ne pentirai” aggiunse Mamoru con voce vibrante di rabbia.
“Non più di quanto mi sono
pentita quando l’ho aperta pochi minuti fa” lo apostrofò lei trionfante.
Finalmente si sentiva al
sicuro e si sedette sospirando di sollievo. Ma all’improvviso scattò in piedi e
corse in cucina, perché si era ricordata che la porta era aperta. Troppo tardi!
Mamoru era già entrato e si stava scrollando i fiocchi di neve dalla giacca.
“Finiamola con questi stupidi
scherzetti” sibilò lui guardandola con occhi di fuoco; “non sei più una
ragazzina e sono stanco di giocare” aggiunse avvicinandosi con passo minaccioso.
Usagi indietreggiò verso i
fornelli.
“Non preoccuparti. Non ho mai
picchiato una donna e non intendo cominciare stasera. Voglio solo assicurarmi di
non venire più chiuso fuori. Usagi, dammi le chiavi.” Mamoru allungò un braccio
e le mise il palmo della mano sotto il naso.
“Le chiavi?!” ripeté Usagi
fingendo di non capire nel tentativo di guadagnare tempo, mentre con una mano
cercava di afferrare il mazzo di chiavi che Marta aveva lasciato sopra il piano
di lavoro.
“Basta giocare, Usagi!”sbottò
Mamoru con tono minaccioso, “so che Minako ha lasciato a casa le chiavi. Le
voglio, adesso!”
Non appena Mamoru si accorse
delle intenzioni di Usagi, con gesto deciso le strappò le chiavi di mano.
“Grazie!”
“Ti odio!” sibilò Usagi
indignata.
“Forse è vero, ma sappi che
non c’è un confine netto tra odio e amore.”
“Amore?!” ripeté Usagi
ridendo con sarcasmo. “Non potrei mai amarti.”
“Ma un tempo mi amavi, mia
piccola Usagi” mormorò Mamoru stringendole un polso e avvicinandola a sé.
“Io…” cercò di obiettare
Usagi, ma la frase venne soffocata da un bacio violento. Nonostante la sua pelle
fosse ancora bagnata dai fiocchi che continuavano a sciogliersi, a Usagi parve
che fosse incandescente. Le mani di Mamoru scivolarono sotto il suo maglione e
le accarezzarono a schiena.
Usagi avrebbe voluto
irrigidirsi, ma il suo corpo la tradì. Non si accorse di infilare le mani tra i
suoi capelli, abbandonandosi a quell’attimo di estasi.
Le dita leggere di Mamoru si
spostarono e con una struggente tenerezza le accarezzarono i seni. Usagi si
lasciò sfuggire un gemito, travolta in quel vortice di passione; cercò di
togliergli il maglione per sentire sotto le proprie mani la sua pelle morbida.
Ancora una volta, delle
strane immagini apparvero ai suoi occhi: un ragazzo vestito di nero, con in mano
una rosa rossa, e una ragazza vestita con un abito molto simile alla
marinaretta. Riuscì a riconoscersi nella giovane che stava dinanzi al ragazzo:
non si vedeva il viso, ma aveva l’inconfondibile pettinatura che portava qualche
anno prima, con i capelli raccolti in due codini. Del ragazzo non riconosceva
nulla: il suo volto, nella penombra della luce lunare, era nascosto da una
maschera, ma quella rosa che teneva in mano e le offriva le sembrava un gesto
d’amore molto familiare…
All’improvviso le carezze
cessarono, e Mamoru l’allontanò da sé.
Quelle forme così familiari e
allo stesso tempo sconosciute la abbandonarono.
“Hai fatto pratica!” disse
con voce glaciale. “Devo dire che se mi odi hai uno strano modo di
dimostrarmelo. Cosa fai con Keiji? Gli strappi i vestiti di dosso?”
Usagi rimase a guardarlo
mentre si ravviava distrattamente i capelli con una mano e provò un violento
senso di disgusto verso se stessa per aver permesso che succedesse una cosa
simile.
“Mi fai schifo!” urlò
cercando di frenare cocenti lacrime di rabbia.
“Non è la stessa impressione
che ho avuto io!” ribatté lui con espressione impassibile.
“Perché lo hai fatto? Perché
sei venuto qui?”
“Perché ne avevo voglia. Mi
ero promesso che prima o poi sarei ritornato a sistemare una storia lasciata in
sospeso. E io mantengo sempre le promesse. Non aveva previsto un fidanzato e un
matrimonio imminente, ma ho ancora cinque settimane a disposizione. Saranno più
che sufficienti!”
“Sufficienti per cosa?”
chiese Usagi decisamente interdetta.
“Per convincerti di aver
fatto il peggior sbaglio della tua vita quando hai preferito tuo padre a me!”
“Non è stato uno sbaglio”
tuonò Usagi infuriata, “è stata la decisione più saggia. Il mio peggior sbaglio
è stato permetterti di entrare nella mia vita.”
“Non sai mentire” ribatté
Mamoru con voce pacata sfiorandole una guancia con un dito, “non riesci nemmeno
a convincere te stessa. Perché non lo ammetti? Ci risparmieremmo un sacco di
guai. Ti voglio, Usagi, e prima che siano trascorse queste cinque settimane
riuscirò a farti cambiare idea.”
“Mai!” esclamò Usagi
scuotendo il capo con forza. “E se ti azzardi a toccarmi un’altra volta, te ne
pentirai amaramente.”
“Non fingerti una ragazza
alle prime armi, quando sappiamo entrambi la verità. Non temere, non ti
obbligherò a capitolare stanotte. Ho aspettato sei anni e perciò credo di poter
aspettare ancora un po’.”
“Ricordati però che non ho
molta pazienza” continuò, “e che non mi piace aspettare a lungo.”
Protetta dal buio della
camera da letto, Usagi continuava a girarsi irrequieta sotto le coperte. Prima
di coricarsi si era lavata il viso con l’acqua fredda nel tentativo di calmare
il violento battito cardiaco, ma era stato tutto inutile. Per quanto si
sforzasse, il ricordo di un’altra notte in cui aveva dormito sotto lo stesso
tetto assieme a Mamoru Chiba non accennava ad abbandonarla.
Il silenzio della notte e la
solitudine, nonostante il nuovo inquilino dormisse beatamente nella stanza
accanto, rendevano insopportabile quella sensazione di abbandono.
Cosa le stava succedendo? Era
fidanzata con Keiji e presto lo avrebbe sposato. Perché allora si era sentita
così frustrata quando Mamoru le aveva augurato la buona notte senza nemmeno
alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo?
I ricordi minacciavano di
farla impazzire. Come aveva dormito bene nel letto di Mamoru Chiba quella notte.
Si erano svegliati tardi allo squillo del campanello, i loro corpi ancora
avvinghiati in un tenero abbraccio.
Mamoru si era alzato
imprecando a denti stretti e dopo averla baciata con tenerezza si era diretto
verso la porta. “Vado, l’ammazzo e torno!” aveva esclamato con un sorriso,
mentre richiudeva la porta della stanza.
I minuti erano trascorsi
lentamente e Usagi era rimasta sotto il tepore delle coperte, ancora frastornata
dalle sensazioni sublimi che aveva provato accanto a Mamoru. Prima o poi avrebbe
dovuto parlare con la sua famiglia, ma si era immaginata il volto severo dei
genitori e aveva provato un moto di disgusto.
Un rumore di voci sommesse le
era giunto dall’altra stanza. Usagi si era alzata, aveva indossato l’ampio
accappatoio blu di Mamoru e se lo era stretto in vita con la cintura.
“Mamoru, quando torni?” aveva
detto dopo avere aperto la porta.
Mamoru si era voltato
all’improvviso, cupo in viso. L’uomo che era seduto si era alzato di scatto e si
era girato verso di lei.
“Usagi!” aveva esclamato suo
padre con un filo di voce.
Usagi aveva guardato Mamoru
disorientata, ma dall’espressione del suo volto aveva capito di dover combattere
da sola quell’assurda battaglia. “Cosa fai qui, papà?” aveva chiesto all’uomo.
“Sono ore che ti cerco”
l’aveva apostrofata lui. Quando la signora Osaka mi ha telefonato questa mattina
alle sei dicendomi che non eri ancora rientrata, sono partito subito e non ho
smesso un minuto di girare in città.”
“Come sapevi che ero qui?”
“Non sapevo nemmeno che
quest’uomo esistesse se non fosse stato per una delle tue compagne di classe.
Credevo che tu fossi stata invitata da una di loro. Ho chiamato chiunque potesse
darmi una mano a trovarti, ma dovevo immaginarlo che c’era un uomo dietro a
questa storia e così mi sono precipitato qui per trovare i nomi dei ragazzi del
corso! E invece ti trovo qui, con questo professorino da quattro soldi” aveva
proseguito indicando Mamoru che se ne stava in silenzio ad assistere alla scena,
“seminuda e a letto con uno sconosciuto!”
Con gesto meccanico, Usagi
aveva incrociato le mano davanti al petto.
“Non ti vergogni? Quanti
amanti hai avuto, Usagi?”
“Devi credermi, papà! Lui è
stato il primo!”
“Per fortuna” aveva replicato
il padre con un sospiro di sollievo. “Comunque mi vergogno di te. Avevo fiducia
in te e sono rimasto deluso. Ti sei buttata fra le braccia del primo uomo che
hai conosciuto e…”
“Non è così!” aveva
protestato lei indignata. “Mamoru, perché non dici anche tu qualcosa?”
L’espressione indolente sul
volto di Mamoru le aveva fatto perdere ogni speranza.
“Cosa vuoi che dica?” aveva
chiesto lui con aria distratta. “Non c’è nulla da dire!”
“Potresti dirgli la verità”
aveva mormorato lei con un filo di voce, “digli cosa è veramente successo.”
“È successo quello che doveva
succedere, Usagi! Ti sei buttata fra le mie braccia e mi hai sedotto. Vuoi forse
negarlo?”
“Non è vero!”
“Certo che è vero” aveva
sbottato Mamoru, “o forse preferisci negare l’evidenza per non perdere la stima
di tuo padre? Devi crescere Usagi, e assumerti la responsabilità delle tue
azioni. Non puoi recitare la parte della ragazza per bene con tutti mentre con
me ti comporti diversamente. Fai del male a te stessa.”
“Sei tu che mi stai facendo
male!” aveva urlato lei frenando a stento le lacrime.
“Non sarò il tuo capro
espiatorio. Ci piacevamo a vicenda. Devi ammettere che c’era la volontà di
entrambi, non solo la mia.”
“Ti prego, Mamoru!” aveva
esclamato, non riuscendo a credere che quell’uomo fosse lo stesso con cui aveva
trascorso ore che non avrebbe dimenticato mai.
“Vatti a vestire” aveva
proseguito lui con disprezzo, “stai mettendo in imbarazzo tuo padre. È difficile
ammettere che una figlia possa diventare una donna!”
Usagi aveva obbedito ed era
ritornata in camera senza fiatare lasciando la porta socchiusa.
“Mi sembra che lei riesca a
tenerla a bada” aveva detto il padre; “con il lavoro che fa è abbastanza comune
incontrare una ragazzina che si infatua del professore.”
“Certo” aveva risposto Mamoru
con voce pacata.
“Ma ora il caso è molto
diverso. Usagi è una ragazza di buona famiglia e le cose le sono sfuggite di
mano. Ha avuto la fortuna di trovare una persona intelligente, ma sono sicuro
che lei non desidera che nasca uno scandalo, data la posizione in cui si trova.
Sarà d’accordo con me per un matrimonio discreto e immediato.”
“Chi ha mai detto di volersi
sposare?” aveva sbottato Mamoru.
“Ma lei deve sposarla. Lei…
lei l’ha…”
“Violentata?” aveva concluso
Mamoru con voce beffarda. “Siamo nel Duemila e non può pretendere di tenere una
ragazza chiusa in casa, signor Tsukino!”
“Le renderò la vita
impossibile, Chiba!” lo aveva minacciato. “Se il consiglio direttivo del liceo
viene a conoscenza di una storia simile, verrà radiato dall’albo.”
“Può fare come le pare. Io
non sono sua figlia e lei non mi fa paura. Se ne vada!”
“E io…?” aveva chiesto Usagi
con un filo di voce facendosi avanti. Il suo volto era pallidissimo e il suo
sguardo tradiva una profonda paura.
“Sta a te decidere. Puoi
andare con tuo padre oppure rimanere con me.”
“Non c’è molto da decidere,
vero? Hai espresso i tuoi sentimenti in modo abbastanza chiaro.”
Mamoru si era passato una
mano fra i capelli con gesto stanco. “Devo forse implorarti di restare?”
“Tu vieni con me” aveva detto
l’uomo, avvicinandosi alla figlia. “E quanto a lei, mi sentirà presto!”
Mamoru aveva continuato a
guardare Usagi negli occhi: “Se esci da quella porta non ci entrerai mai più.”
“Credi che io abbia voglia di
tornare? Non voglio più vederti per il resto della mia vita.”
Se n’era andata con suo padre
e aveva pianto tutte le sue lacrime, ma nonostante tutto era ritornata da
Mamoru, mossa dall’ingenua illusione adolescenziale di riuscire a sistemare le
cose con le parole.
Era stato molto difficile
eludere la sorveglianza dei genitori, ma un giorno, con una scusa ben
architettata era riuscita ad arrivare a casa di Mamoru. Tutta tremante aveva
suonato il campanello ed era rimasta in attesa col fiato sospeso.
La porta si era aperta troppo
presto, e Usagi aveva provato l’irrefrenabile impulso di scappare.
“Che ci fai qui?” le aveva
chiesto Mamoru guardandola con uno sguardo gelido mentre teneva le mani nelle
tasche.
“Volevo… parlarti” aveva
balbettato lei imbarazzata mentre con una mano giocherellava con il braccialetto
che portava al polso.
“Non abbiamo più nulla da
dirci” l’aveva apostrofata lui. “Hai fatto la tua scelta. Ti avevo detto di non
tornare.”
“Non puoi lasciarmi così!”
aveva esclamato lei disperata.
“Sei stata tu ad andartene,
non scordarlo” aveva precisato Mamoru con un sorriso agghiacciante. “O forse
volevo che ti chiedessi scusa per avere detto una spiacevole verità? Mi spieghi
come tuo padre è arrivato a casa mia? Sei stata forse tu ad architettare tutta
la storia in modo da obbligarmi a sposarti?”
Usagi aveva stretto i pugni
dalla rabbia nel vano tentativo di frenare il desiderio di fargli male. Il pugno
si era alzato con forza, ma Mamoru si era chinato per schivare il colpo e il
braccialetto di Usagi gli aveva ferito un sopracciglio.
“Il coniglietto ha messo gli
artigli” aveva detto Mamoru con tono beffardo. “Hai avuto la tua vendetta,
Usagi. Adesso vattene e non tornare mai più.”
Usagi si era girata senza
dire una parola dirigendosi verso le scale.
Anche a distanza di anni,
quel ricordo aveva ancora una forza devastante. Usagi affondò il viso nel
cuscino per soffocare un gemito. Come poteva dimenticare le settimane successive
a quel giorno, quando aveva scoperto di essere incinta. La reazione dei suoi
genitori l’aveva stupita: non le avevano fatto scenate, ma dopo la nascita, il
bambino doveva essere adottato da un’altra famiglia.
Usagi si era rifiutata
categoricamente e con l’assurda testardaggine di un’adolescente aveva deciso di
conservare gelosamente il frutto del suo amore. Non poteva nutrire nessuna
speranza che Mamoru cambiasse idea anche perché aveva scoperto da una sua amica
che il professore si era trasferito a Yokohama.
Nessuno in famiglia aveva
voluto sentire le sue ragioni, arrivando al punto di scortarla in strada con le
valigie pronte, pur di non infangare il nome della famiglia.
Da quel momento gli eventi si
erano susseguiti con un ritmo impressionante. Usagi aveva trovato un alloggio in
un pensionato per ragazze in difficoltà, ma quando, dopo solo dodici settimane,
aveva perso il bambino, aveva dovuto andarsene.
Era ritornata a Tokyo,
l’unico posto che conosceva, e lì la dea bendata aveva deciso di darle una mano.
Aveva conosciuto Minako quando si era presentata per un posto di commessa in una
boutique e con lei aveva instaurato una solida amicizia che l’aveva aiutata in
quel periodo difficile. Minako stava cercando qualcuno con cui dividere le spese
di affitto e Usagi era andata ad abitare con lei.
Non aveva mai avuto il
coraggio di raccontarle l’intera storia, ma l’amica aveva capito fin dall’inizio
che Usagi doveva guarire da ferite molto profonde e non aveva indagato,
nonostante ora fosse la causa indiretta di quel rigurgito di ricordi amari.
Cullata da quei pensieri
Usagi si era finalmente assopita, ma il sonno era agitato da inquietanti incubi.
Sognò lei e quel ragazzo
misterioso; insieme a loro c’erano altre ragazze, che indossavano una
marinaretta simile alla sua. Non capiva esattamente cosa stesse accadendo, ma
intuiva che stavano tutti combattendo contro un nemico misterioso e
potentissimo. Si rese conto che stava per essere colpita, e chiuse gli occhi, ma
il colpo mortale non arrivò mai: quel ragazzo le faceva scudo col proprio corpo.
Il giovane si accasciò al suolo in fin di vita, e le sembrò di morire con lui;
il senso di angoscia che l’accompagnò fu tale da farla svegliare di soprassalto.
Una mano era appoggiata sulla
sua spalla e solo quando riuscì ad aprire bene gli occhi capì che era un sogno.
Si mise a sedere e si guardò intorno con gli occhi sgranati dalla paura.
“Ho dovuto svegliarti” disse
Mamoru seduto sul bordo del letto, “ti stavi dimenando come se cercassi di
sfuggire a un branco di diavoli.”
“Era solo un sogno” sussurrò
lei, “ora sto bene.”
“Sicura?” chiese lui
accendendo la lampada che si trovava sul comodino.
Usagi lo vide in tutto il suo
discreto fascino. I capelli arruffati dal sonno e il corpo coperto da un
asciugamano bianco stretto in vita. Usagi distolse lo sguardo e fissò un punto
sulla parete della stanza.
“Ti preparo qualcosa di
caldo?”
“Lasciami in pace” disse lei
scuotendo debolmente il capo, “per favore!”
Mamoru si alzò e si avvicinò
alla pota. Si fermò e si voltò ad osservarla con uno sguardo sensuale.
“Vorrei poter rimanere qui a
stringertela mano finché non ti addormenti” disse con voce profonda, “ma a
quanto pare non c’è posto.”
Con un gesto del mento indicò
il letto su cui Usagi si trovava.
“Non riesco a capire come
facciate tu e Keiji!” commentò poi, uscendo dalla stanza.
Inutile chiedervi
umilmente perdono per non aver aggiornato prima ^^
Ma credo che
ormai abbiate perso ogni speranza in una regolare tabella di aggiornamenti…
Dai, proverò a
impegnarmi, inserendo il prossimo capitolo… uhm… prima di Pasqua?
Più di così non
posso fare XD
Ringrazio di
cuore chi mi segue e in special modo chi lascia un commento e chi ha inserito la
storia tra i preferiti.
Un abbraccio a
tutti
Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Nuova pagina 1
7.
Aveva nevicato senza sosta tutta la notte, e il
mattino successivo le strade erano impraticabili. Usagi era arrivata al lavoro
con un mostruoso ritardo e aveva scoperto che due commesse avevano appena
telefonato per avvertire della loro assenza a causa dei trasporti interrotti.
Aveva lavorato incessantemente per supplire la mancanza di personale, anche se
la sua mente era occupata da ben altri pensieri: come avrebbe spiegato a Keiji
la presenza di Mamoru Ikari in casa sua?
Ritornò a casa molto tardi quella sera, esausta,
infreddolita e di pessimo umore. L’accogliente tepore del caminetto, Diana
addormentala sulle ginocchia di Mamoru e il caloroso saluto dell’intruso non
ebbero alcun effetto su di lei. Finse di non vedere nulla, e dopo essersi
liberata dal cappotto e dagli stivali fradici, decise che un bagno caldo
l’avrebbe aiutata a trovare un argomento con cui giustificare a Keiji la
presenza di Mamoru.
Usagi si adagiò lentamente nella vasca,
immergendosi nella schiuma, e la tensione lentamente abbandonò il suo corpo
intirizzito e affaticato. Le parve che il tempo si dilatasse e che quel caldo e
rassicurante abbraccio la proteggesse da una realtà indesiderata.
Stava uscendo dalla vasca per avvolgersi in un
caldo asciugamano quando la porta si aprì di colpo. Mamoru entrò con passo
baldanzoso. Per la frazione di un secondo, Usagi si sentì paralizzata.
« Perché diavolo entri senza bussare? » tuonò lei
pallida come un cencio.
« Anch’io ogni tanto ho l’abitudine di lavarmi »
ribatté lui soffermando lo sguardo sul corpo di Usagi.
« Sapevi benissimo che mi stavo facendo un bagno.
»
« Credevo che avessi finito. Che ne sapevo che
avevi intenzione di passare la notte qui dentro? Comunque, la porta non era
chiusa a chiave. La prossima volta, chiudila bene se non vuoi avere compagnia. »
Usagi indietreggiò di qualche passo incrociando le
braccia davanti al petto, mentre Mamoru si avvicinava e, con gesto affettuoso,
prendeva un asciugamano e la copriva, sfiorandole delicatamente la pelle.
« Credo che potremmo parlare in modo più civile
quando ti sarai rivestita » mormorò appoggiando le mani sulle spalle nude di
Usagi e accarezzandole il collo. « Non sarebbe una novità vederti come madre
natura ti ha fatto… comunque, anche bagnata come un pulcino sei incredibilmente
bella! »
Usagi non poteva muoversi a causa dell’asciugamano
che Mamoru le aveva avvolto attorno alle spalle e si sentì invadere da un
profondo imbarazzo.
« Ottimo » disse lui sfiorandole il collo con le
labbra e inspirando a fondo. « Questo profumo è un regalo del tuo fidanzatino? »
« Non sono affari tuoi! » esclamò Usagi cercando
di allontanarsi. « Ti proibisco di parlare di Keiji in questo modo! »
« Perché no? » ribatté lui guardandola stupito. «
Lui ti ama, vero? »
« Certo, e io amo lui. È per questo che ci
sposiamo. »
Lo sguardo incredulo di Mamoru incontrò quello
apparentemente sicuro di Usagi. « Ma è impossibile pretender che tu capisca cosa
voglia dire amore » sibilò Usagi con disprezzo.
« Tu non ami Keiji » ribatté Mamoru fissandola, «e
hai paura di ammetterlo. Ma lo farai, Usagi: un giorno ammetterai a te stessa
molte cose e io aspetterò pazientemente che quel giorno arrivi. »
« Aspetterai molto a lungo » ribatté Usagi
avvicinandosi alla porta, « perché, per quanto mi riguarda, potrai aspettare
fino al giorno del giudizio universale. »
Quando il campanello squillò, Usagi lanciò una
veloce occhiata allo specchio per controllare il risultato dei suoi sforzi. Era
riuscita a mascherare bene la notte disastrosa e la lunghissima giornata di
lavoro con un sapiente e discreto make-up. La pelle risplendeva di una luce
diafana, sottolineata dall’azzurro del soffice maglione e dalla gonna in tinta.
Nonostante tutto, aveva un aspetto meraviglioso.
Usagi sospirò di sollievo quando aprì la porta e
vide il volto del fidanzato. Keiji la salutò con un leggero bacio sulla fronte,
ma dopo ventiquattro ore in compagnia dell’irruente Mamoru, quel saluto le parve
insufficiente.
« Non mi dai un vero bacio? » chiese Usagi
abbracciandolo e baciandolo con trasporto.
Se sperava che scoccasse la stessa scintilla di
passione come era successo con Mamoru, Usagi dovette riconoscere che si
sbagliava di grosso.
« Calma » disse Keiji dopo un attimo,
allontanandola da sé e sorridendo imbarazzato. « Rischi di farmi dimenticare che
non siamo ancora sposati. »
Usagi provò una sensazione di frustrazione. « Mi
dispiace » mormorò, ma si accorse subito che l’attenzione di Keiji era altrove.
Si sentì gelare il sangue nelle vene quando
avvertì la presenza di quel ficcanaso di Mamoru alle sue spalle.
« Keiji, io… » si affrettò a dire lei, ma Mamoru
non le diede il tempo di spiegare e si avvicinò a lunghi passi porgendogli una
mano.
« È un vero piacere rivederti, Sakage » lo salutò
con un ampio sorriso, stringendo forte la mano di Keiji che lo guardava stupito.
« Mi sono deciso a seguire il tuo suggerimento. Ho chiesto a un amico che si
informasse per un alloggio, e guarda un po’ dove sono andato a finire. Avevo
intenzione di telefonarti, ma la signorina Tsukino mi ha detto che venivi qui
stasera. Spero che la mia presenza qui non ti crei problemi. »
« Devo ammettere che quando ti ho proposto di
venire a Tokyo non mi aspettavo certo che venissi a vivere con la mia fidanzata
» rispose Keiji imbarazzato, mentre Mamoru lo conduceva verso il salotto. «
Immagino che Minako sia partita per uno dei suoi soliti viaggi d’affari. »
Usagi era rimasta immobile, e dopo qualche secondo
non riuscì più a sentire la conversazione dei due uomini. Non riusciva a
capacitarsi dell’abilità di Mamoru a controllare la situazione più disperata. Si
precipitò in cucina dove sorseggiò lentamente un bicchiere d’acqua nel tentativo
di calmarsi.
Quando entrò in salotto, Usagi stentava a credere
ai propri occhi: Mamoru e Keiji stavano conversando amichevolmente e l’imbarazzo
che aleggiava nell’aria pochi secondi prima era scomparso.
Usagi si sedette sul bracciolo della poltrona dove
si trovava Keiji e gli strinse affettuosamente una mano, ma rimase stupita della
sua reazione distratta, come se non si fosse accorto della sua presenza.
« Il Metropolitan Government
Building e il Sensō-ji saranno le prime tappe » stava dicendo Keiji, «e non
molto lontano c’è una scuola per poveri molto interessante. Forse Usagi potrebbe
accompagnarti. »
« Mi piacerebbe molto » si affrettò a dire Mamoru
fissando Usagi.
« Cosa state complottando voi due? » chiese Usagi
sforzandosi di apparire cordiale.
« È stata tua l’idea, non ricordi? » disse Keiji,
« Mi avevi detto di convincere Mamoru a fotografare i posti più caratteristici
di Tokyo. »
Usagi si morse le labbra. Da qualsiasi parte
cercasse di affrontare il problema si rendeva conto che era tutta colpa sua.
Chi è causa del suo mal, pianga se stesso!, pensò esasperata.
« Interessante » mormorò evitando accuratamente lo
sguardo di Mamoru.
« Papà è più che sicuro di riuscire a convincere
il consiglio comunale a sponsorizzare un calendario e una serie di cartoline
firmate da Mamoru. Un’idea promettente, e i turisti saranno contenti. »
« Di sicuro », mormorò Usagi. « Lei è davvero
fortunato, signor Endou » proseguì guardandolo negli occhi, « deve essere molto
gratificante quando un banale servizio di fotografie si trasforma in qualcosa di
molto più redditizio. Sono sicura che lei non si immaginava nemmeno che la
nostra città nascondesse simili potenzialità. »
« Al contrario, signorina » ribatté Mamoru con un
sorriso disarmante, « ho sempre saputo che dietro la sua aria tecnologica, Tokyo
nascondeva un fascino del tutto particolare ed estraneo al resto del mondo… se
ben si ricorda, io ho vissuto qua per un certo periodo. »
Quell’ultima frase riuscì a mettere a freno
l’irruenza della sua lingua, e Usagi si limitò ad ascoltare la conversazione tra
Mamoru e Keiji in preda a una cupa tristezza.
Per tutto il giorno, aveva cercato rimanere da
sola con Keiji nella speranza di riuscire a provare quella magnifica sensazione
di sicurezza che sentiva al suo fianco. Provò un moto di stizza: perché mai quel
Mamoru Endou non se ne andava? Dovette ammettere però che il fascino con cui
Mamoru riusciva a conquistare la gente era davvero irresistibile. In lui si
combinavano l’artista e l’uomo d’affari, e Usagi ebbe l’impressione che l’idea
lanciata da lei avrebbe avuto un successo strepitoso.
Fu solo quando mancava poco alla mezzanotte che
Mamoru si alzò lentamente dalla poltrona. « Vi lascerò soli » disse con un
sorriso. « Spero di non averla annoiata con le mie chiacchiere, signorina
Tsukino. »
« Al contrario! Ho trovato le cose che ha detto
Keiji molto interessanti. »
Usagi era sicura che prima o poi avrebbe pagato
cara quella battuta, ma rimase improvvisamente sola con Keiji e la sua voce la
distolse da quei pensieri.
« Perché non mi hai detto che eri senza soldi? »
le chiese lui con aria seccata.
« Come scusa? » chiese Usagi guardandolo allibita.
« Endou mi ha detto che cercavi qualcuno per
sostituire Minako perché altrimenti non saresti riuscita a pagare l’affitto!
Sono il tuo fidanzato, Usagi, e non devi vergognarti di chiedermi aiuto se ne
hai bisogno. Non mi mancano certo i soldi, lo sai benissimo. »
« Io… » balbettò Usagi stringendo i pugni per
l’indignazione.
Negare quella versione dei fatti avrebbe destato
numerosi sospetti in Keiji. Usagi abbassò lo sguardo e giurò a se stessa che
Mamoru l’avrebbe pagata molto cara.
« Non volevo disturbarti » mormorò fingendosi
imbarazzata.
« Sei una sciocchina » proseguì Keiji sfiorandole
una guancia. « La prossima volta vieni da me, va bene? Ma ora devo andare. Di’ a
Mamoru che non vedo l’ora di vedere le sue foto. »
Keiji si fermò vicino alla porta per abbottonarsi
il cappotto. « Non mi va tanto l’idea che quell’uomo abiti qui » disse
aggrottando la fronte. « Avrei preferito che me l’avessi detto. Eri tu che ti
preoccupavi della sua dubbia reputazione, vero? Ma so che posso fidarmi di te…
so come la pensi, anche se quel bacio di prima mi ha fatto pensare… »
« Keiji! » esclamò Usagi, offesa.
« Sto scherzando, tesoro » si affrettò a dire lui.
« Ricordati, però: la prossima volta che hai problemi di soldi vieni da me,
capito? »
L’indignazione che provava era tale che salutò
Keiji di sfuggita. Aveva un piano in mente.
« Il fidanzatino non si ferma qui con te,
stanotte? »
Una voce la fece girare di scatto dopo qualche
secondo che Keiji se n’era andato.
« Tu! » tuonò Usagi puntandogli contro un dito
accusatore. « Maledetto ficcanaso! Tu ed io dobbiamo chiarire un paio di
cosette, subito! »
« Ma davvero? » chiese Mamoru alzando un
sopracciglio. « Di che cosa si tratta, Usagi? »
« Di questo! » sbottò lei precipitandosi in
cucina. Aprì un cassetto e rovistò rumorosamente finché non trovò un pezzo di
gesso che usava per lasciare i messaggi all’amica sulla piccola lavagna appesa
alla parete della cucina.
Mamoru la guardò con aria divertita mentre Usagi
si dirigeva con passo deciso in fondo al corridoio.
« Ne ho abbastanza del tuo ficcanasare nella mia
vita » disse lei con veemenza. « Ieri sera sei entrato nella mia camera,
stasera nel mio bagno! E non hai nemmeno la decenza di lasciarmi sola un
minuto con Keiji… »
Mentre parlava Usagi si era chinata e con il gesso
stava tracciando una lunga linea bianca sul pavimento.
« D’ora in avanti, questo sarà il confine! Hai
pagato il tuo affitto e avrai esattamente lo spazio per cui hai pagato! Puoi
usare il bagno e la doccia nello stanzino della lavanderia e la cucina, ma
nient’altro. La mia stanza, il bagno grande e il salotto rappresentano un
territorio proibito! »
Usagi si alzò lentamente, paonazza in volto, e
osservò la lunga linea bianca.
« Quella è la tua metà, questa la mia! » disse
puntando l’indice. « D’ora in avanti guai a te se sconfini, intesi? »
« Intesi! » esclamò lui passando dalla parte che
Usagi gli stava indicando.
Il suo sguardo si soffermò a lungo sul volto
arrossato della ragazza, e vi intravide un’espressione pericolosamente
minacciosa.
« Ma scommetto che sarà molto più difficile per te
non sconfinare, mia piccola Usagi! »
Ehm… sa-salve…
*me ha tanta paura di farsi
nuovamente vedere da queste parti*
È quasi un anno che questa fic è
ferma, ma in un momento di follia ho pensato di riprenderla in mano… ora, non so
quanto durerà la follia, però non ho voluto lasciare passare via il momento ^^
Ringrazio tanto tanto tanto chi ha
avuto la pazienza di aspettare un aggiornamento, e vorrei promettervi che presto
la porterò a termine, ma ultimamente troppe promesse non riesco a mantenere,
quindi diciamo che spero di completarla prima della fine del mondo ^^”
Questo aggiornamento ha una dedica
particolare: Wicca, è tutta per te, come piccolo pensierino per Yule =)
Un abbraccio e un augurio di buon
Natale e felice 2010 =)
Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Nuova pagina 1
8.
Per il resto della settimana Mamoru si attenne
alle disposizioni dettate da Usagi. Si incontravano raramente in cucina, dove
scambiavano qualche parola, ma Usagi era consapevole del fatto che quella era
una semplice tregua e non la fine delle ostilità: la vera battaglia si profilava
all’orizzonte!
Usagi aveva sospettato che le fotografie per il
calendario fossero solo un banale pretesto per ritornare a Tokyo, ma ancora una
volta dovette ricredersi: Mamoru usciva presto la mattina, e ritornava verso il
tramonto, quando la luce gli impediva di fotografare. Inviava le pellicole a
Yokohama per lo sviluppo e dopo pochi giorni ricevette una voluminosa busta che
fece scomparire nella sua stanza.
L’improvviso mutamento di Mamoru sconcertò Usagi.
Era stata lei a tracciare quella linea di confine con il gesso, ma mai avrebbe
creduto che lui la rispettasse con così tanto scrupolo. La inquietava il fatto
che il suo ospite non ritornasse all’attacco e aveva cominciato a pensare che,
mentre lei si trovava fuori casa, Mamoru la ridisegnasse con cura, dato che non
sbiadiva mai.
Anche le strane visioni che aveva ultimamente
erano influenzate in qualche modo dall’assurda situazione che era venuta a
crearsi: duravano pochissimi istanti e a volte erano solo dei flash, ma sapeva
con certezza assoluta che tutte raffiguravano morte e disperazione… ma
nonostante questo ne sentiva la mancanza, e un senso di frustrazione la
attanagliava quando non ne ricordava il contenuto, cosa che capitava sempre più
di frequenza…
Sapeva che per qualche strana ragione era colpa di
quella “barriera” che aveva disegnato lei stessa, se ora era non poteva più
trovare un minimo di pace neanche in quel suo mondo onirico… si sentiva talmente
stupida ad aver tracciato quella linea in mezzo alla casa…
Fortunatamente Usagi si vedeva con Keiji nella sua
villa o in città, perché non sarebbe mai riuscita a trovare una scusa plausibile
per quella stupida linea. Aveva molte cose da sbrigare ancora prima di Natale.
Aveva spedito gli inviti ed era stata sommersa dalle risposte, una delle quali
del fratello Shingo, che annunciava che avrebbe accettato l’invito insieme alla
moglie, Hotaru.
Keiji era rimasto entusiasta all’idea che tra
fratello e sorella fosse ritornata la pace, ma non fece domande riguardo
l’assenza dei suoi genitori.
«Hai visto?» disse lui dopo che Usagi gli aveva
mostrato il biglietto. «Ero sicuro che avreste fatto pace. Ma perché non
riparlavate più?»
«A lui e alla mia famiglia non piaceva il mio
fidanzato» disse Usagi, pensando che quella frase non andava molto lontano dalla
verità.
«I fratelli sono gelosi delle sorelle, dovresti
saperlo. Che ne diresti se invitassimo Shingo e sua moglie a cena, sabato sera?»
Keiji non le diede modo di obiettare e tutto fu
organizzato per quella insolita riunione di famiglia.
Usagi dovette lavorare tutto il sabato e la sera
arrivò a casa esausta. Si stava preparando una tazza di caffè prima di farsi un
bagno caldo, quando Mamoru entrò in cucina portando con sé il freddo della
strada.
Era rimasto fuori tutto il giorno approfittando
del bel tempo meraviglioso per fare le foto. Il giubbotto di pelle nera lo
avvolgeva come un guanto mettendo in risalto il fisico atletico e i capelli
scuri. I pantaloni aderenti sottolineavano i suoi movimenti felini.
«Stasera si esce?» chiese Mamoru con voce
distratta mentre si avvicinava ai fornelli, osservando attentamente la vestaglia
di seta che Usagi aveva indossato appena era rientrata. «Oppure hai intenzione
di trascorrere una tranquilla serata a casa?»
«Esco con Keiji» ribatté Usagi con voce aspra.
«Una serata intima, allora» commentò Mamoru.
«Indosserai qualcosa di molto sexy, spero» aggiunse con uno sguardo ambiguo.
«A te non deve interessare cosa ho intenzione di
mettermi… tanto tu non mi vedrai: starò fuori tutta la serata.»
«Ma io ti aspetterò alzato per passare con te il
resto della notte. Chiaramente se non hai altri progetti.»
Nonostante il proposito di non lasciarsi irritare
da quell’uomo, Usagi non riuscì a nascondere la rabbia alle insinuazioni. «Non
mi fermo a casa di Keiji, se è questo che vuoi sapere.»
Sapeva che stava facendo il suo gioco, ma non
cercò neanche di dissimulare il disprezzo, in quelle sue parole.
«Sai che sei irresistibile quando ti arrabbi?»
chiese lui allungando una mano per accarezzarle le labbra, per nulla intimorito
dalla sua reazione eccessiva.
Usagi sapeva cosa sarebbe successo nel giro di
pochi secondi e perciò girò il viso da una parte nella speranza di evitare il
suo bacio. Mamoru si limitò a prenderle il volto tra le mani e si chinò per
baciarla.
Usagi non era preparata a tanta tenerezza e a quel
delicato sfioramento di labbra che annientò ogni sua difesa. Lentamente alzò le
braccia e prese ad accarezzargli i capelli abbandonandosi a quell’assurdo
momento.
Mamoru la strinse fra le braccia e Usagi poté
sentire il battito violento del suo cuore.
Ancora una volta, la sua mente volò lontana: si
vide combattere contro un esercito di mostri, in un luogo ricoperto dal
ghiaccio, e poteva sentire il freddo penetrarle fin nelle ossa…
Era in difficoltà, e sapeva che tutto il futuro
del pianeta dipendeva da lei, ma non sapeva come fare per portare a termine
quella difficile missione: non poteva farcela… non da sola, almeno!
Ancora morte.
Avrebbe dovuto esserci abituata a vedere
quegli scenari di morte, eppure…
Ad un tratto, qualcosa cambiò: sentiva del calore
attorno a lei; si voltò e vide alcune ragazze aiutarla… non erano in carne e
ossa, ma solo spettri! Improvvisamente, si sentì come se fosse in grado di fare
anche l’impossibile: la forza di quelle ragazze le donò una forza che non
credeva di avere.
Dinanzi a lei apparve un ragazzo, vestito con una
splendida armatura: sembrava un principe… il suo principe.
Ma cosa stava accadendo? Non era possibile: quel
meraviglioso ragazzo la stava attaccando… e perché lei non si difendeva? Veniva
colpita, ma non opponeva resistenza…
Serenity… aiutami…
Non capiva… chi aveva parlato? E chi era Serenity?
E soprattutto, perché sentiva che quella voce stava chiamando lei?
«Endymion, ascoltami, ti prego… non puoi non
riconoscermi: sono io, la tua Odango… torna in te… non puoi lasciarmi sola: non
potrei vivere senza di te… che ne sarà di me… che ne sarà di noi?»
Quella che aveva appena sentito era la propria
voce… ma non era stata lei a parlare.
Che quella voce provenisse dal suo cuore?
Ma non era possibile: non sapeva chi fosse
Endymion, né tanto meno come fare per aiutarlo.
Ugualmente, si avvicinò al ragazzo che le stava
dinanzi, ma prima che potesse sfiorarlo una voce la riportò alla realtà.
Una voce reale.
«Usagi» mormorò Mamoru guardandola negli occhi,
«non te ne andare. Resta con me e dimenticati di Keiji: non sarà mai un buon
marito per te.»
Quelle parole ebbero l’effetto di una doccia
fredda. Irrigidì il corpo e cercò di divincolarsi da quell’abbraccio.
«Usagi, no!» esclamò lui con voce disperata,
stringendole entrambe le mani fra le sue.
«E invece sì» sibilò lei allontanandosi, «devo
andare: Keiji e Shingo mi stanno aspettando.»
«Shingo?» ripeté Mamoru interdetto.
«Proprio lui! Mio fratello, Mamoru, te lo ricordi?
Dopo tutti questi anni sono riuscita a parlargli nuovamente e non sarai certo tu
a rovinarmi la serata!»
«Che strano, io credevo che lo odiassi…» disse
Mamoru sarcastico.
«È mio fratello!» esclamò Usagi. «Quanto è rimasto
della mia famiglia: mio padre e mia madre non ne hanno più voluto sapere di me,
anche quando ho detto loro che stavo per sposare Keiji; Shingo all’inizio si era
schierato dalla loro parte, ma grazie a Keiji stasera lo rivedo! Forse qualcosa
sta per cambiare… e io non ho nessuna intenzione di perderlo un’altra volta per
causa tua!»
«Sei sopravvissuta per sei anni senza di lui: cosa
ti fa credere che le cose andranno meglio, d’ora in poi? Senza contare che, se
già sei anni fa Shingo ha dato ragione a tuo padre, forse sono fatti della
stessa pasta…» ribatté Mamoru afferrando il bricco per farsi un caffè. «Vai a
prepararti!» esclamò poi con impeto. «Divertiti, e salutami tanto Keiji e tuo
fratello. Quei due andranno d’amore e d’accordo se, come penso, Shingo ha lo
stesso carattere e le stesse idee di tuo padre.»
La guardò un’ultima volta con disprezzo, prima di
uscire dalla cucina con la tazza in mano.
Rimasta sola, Usagi non poté fare a meno di
domandarsi cosa fosse quello strano senso di vuoto che sentiva nel cuore.
Non so come, ma sono riuscita a
non far passare un altro secolo prima di pubblicare un nuovo capitolo ^^
Non fatene l'abitudine, non so
quanto durerà XD
Non ho molto tempo, però ringrazio
rapidamente tutti coloro che hanno letto e commentato fin qua: spero di riuscire
a completare il restyling il prima possibile, per non incorrere nelle vostre ire
=)
Al prossimo capitolo =) e non
temete, non dovrei impiegare molto, visto che è quasi tutto sistemato... quasi,
però XD
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Nuova pagina 1
9.
Quando Shingo entrò nel
salone della villa dei Koo, Usagi fece fatica a riconoscerlo: era ingrassato
molto e sembrava che per lui fosse trascorso il doppio del tempo.
Con passo imbarazzato si
avvicinò alla sorella e la osservò attentamente: era la prima volta che si
incontravano da adulti e Usagi provò un leggero disagio.
«È un vero piacere
conoscerti, Shingo!»
Keiji la stava sospingendo
verso il fratello e la cognata.
«Hotaru, come stai? Ti vedo
benissimo!» esclamò Usagi, stupendosi che una simile bugia le fosse sfuggita
dalle labbra. Da quando la conosceva, la ragazza non era mai stata una che
sprizzava salute, ma non ricordava di averla mai vista pallida e smagrita come
in quel momento.
Aveva notato che la cognata
aspettava un bambino e provò una pena indicibile al vedere che Hotaru non aveva
l’idea di stare bene: aveva perso molti chili, e differenza di Shingo, e con
essi anche la bellezza. Non sembrava soddisfatta del suo stato e tradiva un
evidente imbarazzo.
Usagi provò un acuto dolore,
perché ripensò ai giorni in cui, dopo l’aborto spontaneo si aggirava per la
città e osservava con invidia le madri con i loro bambini.
«Perché non mi hai detto che
presto diventerò zia?» chiese lei rivolgendosi al fratello sforzandosi di
apparire contenta.
Shingo si limitò a fare
spallucce e a guardarsi intorno, lasciando cadere nel vuoto la domanda della
sorella.
«Accomodatevi» disse Keiji.
«Posso offrirvi qualcosa?»
«Di solito non bevo, ma
stasera farò un’eccezione» disse Shingo con enfasi, «ma niente per mia moglie.»
Da quella frase Usagi capì
che non era cambiato nulla: nell’atteggiamento autoritario di suo fratello
rivedeva suo padre, proprio come aveva previsto Mamoru.
Corsi e ricorsi storici, rifletté, ricordandosi una vecchia lezione di
letteratura occidentale del liceo, domandandosi cosa ci fosse di anomalo
in tutta quella situazione.
Si sforzò di lasciar perdere
e conversò con Hotaru mentre Keiji chiacchierava allegramente con Shingo.
Hotaru cercò di aggiornarla
il più possibile sulle novità degli ultimi anni, e le disse che lei e Shingo si
erano sposati da poco meno di un anno: lei avrebbe voluto invitarla, ma Shingo
era stato irremovibile, sostenendo che doveva essere Usagi a fare il primo passo
verso una riconciliazione; Usagi rimase delusa a questa affermazione, e finì col
dare ragione ancora una volta, nel giro di pochi minuti, al suo antipatico
coinquilino.
Usagi si sentì più a suo agio
quando si diressero nella sala da pranzo. Durante la cena la conversazione venne
monopolizzata dalla questione dell’imminente matrimonio, argomento che suscitò
subito l’interesse di Hotaru.
La cognata la tempestò di
domande sui fiori, sul vestito e su mille altre cose, finché Shingo, stanco di
ascoltare quegli argomenti così prettamente femminili, appoggiò i gomiti contro
il bordo del tavolo, interrompendo la conversazione.
«Sono pochi i giovani che al
giorno d’oggi affrontano il matrimonio con uno spirito adeguate: tutti pensano
che si possa sempre divorziare. Provano a sposarsi e se non funziona trovano
subito qualcun altro. Nessuno ha più solidi principi morali.»
«Spero che tu voglia
escludere me e Usagi da questa affermazione» si intromise Keiji sorridendo. «Mi
vanto di avere principi morali solidissimi, forse un po’ fuori moda, e credo che
Usagi e io la pensiamo allo stesso modo.»
Usagi deglutì a fatica: era
giunto il momento che più aveva temuto da quando Keiji aveva proposto di
invitare il fratello a cena.
«Ma certo» si affrettò ad
aggiungere Shingo, «i miei genitori ci hanno cresciuto nel migliore dei modi, e
Usagi ha fatto tesoro dei loro insegnamenti. Abbiamo avuto anche noi alcuni
problemi, soprattutto a causa di un giovanotto che ci ha dato del filo da
torcere: è stato lui la causa dei dissapori tra noi, ma alla fine è scappato con
la coda fra le gambe.»
Per la prima volta, fratello
e sorella si guardarono negli occhi.
«Ma dimentichiamo il passato»
disse infine Shingo con un sorriso. «Siamo cresciuti tutti ormai, e Usagi è
cambiata moltissimo.»
«Credo che Usagi non abbia
mai dimenticato gli insegnamenti dei vostri genitori» disse Keiji. «Molte
ragazze giovani si innamorano perdutamente, ma questo vuol dire crescere. Quando
l’ho conosciuta, Usagi mi ha colpito perché aveva l’aria della ragazza con la
testa a posto, ed è questa una delle principali ragioni per cui le ho chiesto di
sposarmi. Potrò sembrare antiquato, ma data la mia posizione, voglio che mia
moglie abbia una reputazione irreprensibile. Sono convinto che Usagi sarà una
moglie di cui andrò fiero.»
Un turbinio di emozioni
contrastanti agitava l’animo di Usagi durante quello scambio di battute, ma la
cosa che l’indignava maggiormente era che il fratello e il fidanzato parlavano
di lei come se lei non esistesse.
«Sono contenta che tu abbia
molta stima di me» disse lei con voce asciutta.
«Non essere permalosa,
tesoro» ribatté Keiji meravigliato della sua reazione, «volevo solo far capire a
tuo fratello che ti rispetto molto.»
«È per questo che voglio fare
le cose per bene» proseguì Keiji rivolgendosi a Shingo, «desidero il meglio per
Usagi… la cattedrale, i fiori e Mamoru come fotografo.»
«Mamoru, chi?»” chiese Shingo
con sospetto.
«Il fotografo che abbiamo
chiamato per il matrimonio. Mamoru Endou» rispose Keiji.
Il nodo che attanagliava la
gola di Usagi svanì non appena si rese conto che suo fratello non aveva
collegato i due nomi.
«Mai sentito nominare» disse
Shingo dopo un attimo di esitazione.
«Impossibile!» esclamò Keiji
rivolgendosi ad Hotaru. «Devi avere visto qualche sua fotografia su Vogue!»
«Mia moglie non spreca tempo
né denaro con quei giornali» commentò Shingo con disprezzo.
Usagi provò una profonda
compassione per l’atteggiamento sottomesso della cognata e si sorprese a pensare
come sarebbe diventata lei dopo un solo anno di matrimonio al fianco di una
persona come Shingo…
Fu in quel momento che
accadde: una strana visione si presentò ai suoi occhi, ma stavolta vedeva tutto
come se lei fosse estranea alla situazione. Eppure sapeva di esserne partecipe
in qualche modo.
Vide se stessa, o almeno
credeva di essere lei, con indosso un lungo abito bianco, e teneva in mano un
oggetto dal quale si sprigionava una luce abbagliante. Dinanzi a lei, un’altra
donna dai lunghi capelli neri.
In pochi istanti, vide
concludersi una lunga battaglia e tutto attorno a lei, ancora una volta, solo
morte e distruzione.
Il suo abito bianco non era
più tale: ora indossava una marinaretta, e tra le braccia teneva una bimba
ancora in fasce.
Mistress9 è stata sconfitta: tu sarai Sailor Saturn, guerriera della
distruzione e della rinascita.
Despota9. Sailor Saturn. Guerriera… tutte cose a lei sconosciute… ma sempre più
familiari; forse lei non era lei… forse quelle immagini appartenevano ad una sua
vita passata… o forse era il suo futuro, quello che vedeva attraverso quelle
visioni… il che poteva voler dire che sposare Keiji sarebbe stato il più grosso
errore della sua vita!
No, che razza di assurdità:
lei amava Keiji, e presto lo avrebbe sposato, punto!
E comunque, quale significato potrebbero avere tutte queste battaglie e
guerre che continuo a vedere?
Rabbrividì improvvisamente, e
solo allora si rese conto che Keiji le stava parlando.
«Come hai detto, scusa?»
«Stavo raccontando a Shingo
delle fotografie che Mamoru ti ha fatto. Non le abbiamo ancora viste; mi chiedo
se te ne abbia parlato.»
«No» si limitò a rispondere
Usagi.
«Sarebbe ora che ci mostrasse
i provini: dopotutto, lo paghiamo profumatamente.»
«Ha detto che quei ritratti
sono gratis» precisò Usagi con delicatezza.
«Quelle foto fanno parte del
lavoro commissionato. Non mi piace aspettare. Quanto tempo ci impiega per
sviluppare una pellicola?»
Come osava Keiji parlare a
quel modo di Mamoru?
Per qualche strano motivo,
non le piaceva sentir dire qualcosa di negativo su di lui, il suo peggior
nemico, ma qualcosa dentro la sua testa le urlava che lei e solo lei aveva il
diritto di trattarlo male…
«Se abbiamo finito tutti»
continuò Keiji, cambiando argomento, «possiamo spostarci altrove, per rilassarci
dopo la lauta cena.»
Senza dire altro si alzò
dalla sedia e condusse gli ospiti verso la biblioteca.
«Una collezione davvero
niente male» commentò Shingo davanti ai dipinti a olio appesi alla parete.
Usagi rimase paralizzata
davanti al quadro che aveva di fronte. La forza e la ricchezza emanate da quei
colori erano impressionanti.
Era certa di non averlo mai
notato prima, quel dipinto, eppure doveva essere lì da tempo.
Si avvicinò lentamente per
esaminare con maggiore attenzione i particolari, e fu come se il suo cuore
mancasse un battito: il quadro raffigurava una foresta e sullo sfondo si poteva
intravedere un palazzo argentato… in lontananza, nascosti dagli alberi, c’erano
due ragazzi abbracciati che danzavano al chiaro di…
Non è possibile! pensò Usagi guardando attentamente il dipinto. L’astro che brilla
in cielo non è la Luna… ma la Terra!
Guardò più attentamente e i
due ragazzi erano spariti. Si voltò verso Hotaru, anche lei rimasta affascinata
dal dipinto, e giurò di aver letto sul suo viso una punta di meraviglia. Stava
per parlarle quando la voce di Keiji la fece sussultare.
«È stato un vero colpo» disse
soddisfatto. «È raro fare un affare del genere di questi tempi, ma grazie alle
mie conoscenze sono riuscito a comperarlo da una vecchia signora che non sapeva
cosa aveva in casa. Le sono bastate poche migliaia di Yen… e fra qualche anno il
valore di questo quadro sarà triplicato.»
«Non avrai intenzione di
venderlo, spero?» protestò Usagi inorridita all’idea di separarsi da quella
meraviglia, che in qualche strano modo le trasmetteva sicurezza.
“Perché no? È un buon
investimento!” ribatté Keiji soddisfatto.
Usagi stava per replicare, ma
poi ci rinunciò: era certa che né Keiji né Shingo potessero mai apprezzare
qualcosa che andasse oltre il valore del denaro.
La serata si era conclusa
un’ora più tardi, e Keiji l’aveva riaccompagnata a casa.
Durante il viaggio Usagi non
disse una parola, immersa in tristi pensieri che scaturivano da alcune
considerazioni che aveva fatto sul fratello. Ora vedeva la realtà sotto un
aspetto ben diverso. Si rese conto che ciò che aveva reso Shingo tanto uguale a
suo padre non erano i radicati principi morali, bensì il desiderio di dominare,
e la povera Hotaru ne era la prova.
La piccola Hota-chan era una
guerriera potente, la più temuta persino da Caos, e ora era sottomessa al volere
di quel tiranno di Shingo Tsukino…
Per un breve istante, Usagi
si sentì in colpa per le sorti della compagna.
Ma che diavolo sto farneticando? Il vino deve avermi dato alla testa…
Giunta a casa, Usagi fu
accolta da un silenzio che, in cuor suo, si rese conto pesarle.
In lontananza intravide la
sottile striscia di luce sotto la porta della camera di Mamoru.
Non ebbe la forza nemmeno di
accendere la luce, tanto era stanca. Si lasciò cadere su una sedia e pensò che
ormai non poteva più tirarsi indietro.
Poteva essere tutto diverso.
Doveva essere diverso. È solo colpa mia…
«È stato ucciso il vitello
più grasso per far festa al figliol prodigo.»
La voce di Mamoru la fece
sussultare.
Usagi si girò di scatto e
dopo che Mamoru accese la luce lo vide appoggiato alla parete con le braccia
incrociate sul petto.
«Lasciami in pace» lo
supplicò lei con un filo di voce, «per favore, almeno stasera»
«Non è stata una bella
serata?»” chiese notando l’espressione affranta del viso di Usagi.
«Keiji si è divertito molto.»
«Ma tu non sei della stessa
opinione? Mia povera Usagi, hai l’aria distrutta. Sarà meglio che ti dia la
notizia domattina.»
«Quale notizia? Te ne vai?»
«Temo che non ti sbarazzerai
di me così facilmente» commentò lui. «Si tratta di Diana.»
«Diana?!” ripeté lei notando
che la poltrona dove la gatta era solita addormentarsi era vuota.
«L’ho trovata vicino alla mia
macchina poco dopo che te n’eri andata. Qualcuno l’aveva buttata vicino al
ciglio della strada. Forse un’auto l’ha investita… l’ho portata subito dal
veterinario ma non c’era più nulla da fare.»
Usagi continuava a fissare
Mamoru, frastornata. Aveva trovato Diana davanti alla porta di casa pochi giorni
dopo il suo arrivo in quell’appartamento e l’aveva adottata. Quella gattina
affettuosa l’aveva aiutata a sopravvivere in quei giorni di disperazione e
adesso non c’era più.
«Mi dispiace molto, Usagi»
disse Mamoru sottovoce.
Usagi chinò il capo. «Ti
ringrazio per esserti preso cura di lei, sei molto gentile.»
«Posso fare qualcosa per te?»
chiese Mamoru avvicinandosi al salotto, ma all’improvviso si fermò e guardò la
linea bianca sul pavimento.
Sì. Riportami indietro Diana. Ridammi la mia vita. Fa’ tornare tutto
come prima!,
avrebbe voluto urlare, pur non sapendo cosa dovesse tornare come prima,
né a cosa si riferisse quel “prima”.
«Non preoccuparti» rispose
semplicemente. A proposito, Keiji mi ha chiesto provini del ritratto.»
L’espressione del viso di
Mamoru si fece cupa, mentre il suo sguardo tradiva una forte agitazione che si
dileguò subito.
«Preferirei farli vedere
prima a te.»
«Li vedrò assieme a Keiji.»
«Forse non è una buona idea»
rispose Mamoru, enigmatico. «Te li farò vedere, ma non stasera: sei troppo
stanca e dovresti andare subito a letto.»
«Hai ragione» notando che il
tono della voce di Mamoru tradiva una sincera preoccupazione, «prima però devo
dare da mangiare a…»
No, Diana non c’era più… Per
un attimo i loro sguardi si incontrarono.
«Povera Usagi. Volevi
veramente bene a quella creatura?»
Usagi annuì lentamente; si
sentiva sola e triste e aveva un disperato bisogno di essere abbracciata, ma
quella linea bianca sembrava insormontabile.
«Mamoru» mormorò lei a voce
bassa, «potresti abbracciarmi per un po’?»
Mamoru fece un passo avanti
ma si fermò subito e l’espressione del suo volto divenne impenetrabile.
«No!» esclamò a denti
stretti.
«Perché no?» chiese Usagi con
la voce rotta dal pianto.
«Lo sai benissimo» tuonò lui.
«Sei stata tu a disegnare questa maledetta linea!»
Senza aggiungere una parola,
Mamoru scomparve nella sua camera sbattendo con violenza la porta quasi volesse
sottolineare la sua rabbia.
Usagi si sentì
irrimediabilmente perduta. Nascose il volto tra le mani e pianse per quanto
aveva di più caro al mondo e purtroppo non era più. Pianse per la micina che
aveva lenito un dolore insopportabile, per il volto di un bambino che non aveva
mai visto, per un amore che non era mai sbocciato e per le minacciose tenebre
che incombevano sul suo futuro.
Chiedo umilmente perdono per il ritardo di questo aggiornamento, ma
ormai temo sarete abituati a questi miei luuuuuunghi silenzi ^^”
Vorrei ringraziarvi di cuore per la pazienza con cui continuate a
seguire questa storia, e spero di non deludere nessuno.
Mi piacerebbe ringraziare personalmente chiunque abbia lasciato un
segno del suo passaggio con una recensione, ma oggi sono stata quattordici ore
fuori casa, e domani attacco, come ogni mattina, alle 7.15 (sonnooooooooooooo
ç_ç)
La soluzione sarebbe posticipare l’aggiornamento, ma rischierei di
lasciarlo cadere nel dimenticatoio.
Un GRAZIE! grande come una casa comunque non ve lo toglie nessuno
=)
Un abbraccio a tutti voi e a presto… *si fa per dire ^^” *
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Nuova pagina 1
10.
La mattina successiva Usagi si vestì con un paio
di pesanti pantaloni di velluto a coste color ruggine e una polo bianca di lana
per proteggersi dal freddo intenso. La giornata era meravigliosa e il cielo
terso era illuminato da un magnifico sole.
Mamoru era in cucina che sorseggiava una tazza di
caffè bollente; aveva appoggiato la sua borsa da lavoro su un ripiano poco
lontano.
«Hai qualche progetto per oggi?» chiese lui mentre
Usagi si preparava la colazione.
«Devo scrivere qualche lettera di ringraziamento
per i regali»rispose lei con fare circospetto.
«Le lettere possono anche aspettare, non credi? Mi
chiedevo se ti andava di accompagnarmi a fotografare la scuola di cui Keiji mi
ha parlato. È un peccato sprecare una giornata così bella dentro casa.»
L’idea era molto allettante e per un attimo Usagi
rimase soprappensiero.
«Non saprei»disse con aria assente.
«Forza, Usagi! Hai bisogno di una boccata d’aria
fresca. Ti do la mia parola d’onore che mi comporterò bene! Mi costerà un sacco,
ma farò il bravo ragazzo.»
Il sorriso che accompagnò l’ultima frase gli
illuminò il volto.
«Va bene» acconsentì Usagi. «Faccio colazione e
poi andiamo.»
«Potremmo pranzare insieme da qualche parte, se ti
va» propose Mamoru avviando l’auto e concentrandosi sulla strada. «Conosci
qualche posto interessante?»
«All’ Old Silver Mill, vicino al fiume.
Dovresti scattare qualche foto in quel posto: fuori ha tutto l’aspetto di un
mulino a vento, pensa che c’è ancora un’enorme ruota a pale, ma l’interno è
stato trasformato in un accogliente ristorante…»
«Ottima idea. Ti va di provare?»
Usagi ebbe un attimo di esitazione: all’interno di
quella lussuosa auto, a pochi centimetri di distanza da Mamoru, il fascino
sprigionato da quel corpo la confondeva. La sua voce profonda e armoniosa, quel
suo tono stranamente amichevole, il delicato profumo del suo dopobarba e i gesti
sicuri con cui guidava congiuravano con il suo equilibrio mentale. Nel giro di
pochi secondi aveva cominciato a rimpiangere il momento in cui aveva accettato
di accompagnarlo.
«Forse è meglio di no»disse a bassa voce.
«Usagi, hai la mia parola» disse lui lanciandole
un occhiata di sottecchi. «Cosa pretendi da me, un giuramento solenne?»
Usagi si mosse inquieta sul sedile tenendo fisso
lo sguardo davanti a sé.
«Non riesci a dimenticare per una mattina che mi
odi?” aggiunse Mamoru con voce tranquilla.
«Non ti odio» replicò lei con un filo di voce,
«non riesco a perdonarti, ma non ti odio.»
«È un grande passo avanti» mormorò lui; «questo
vuol dire che pranzeremo insieme?»
«Mi piacerebbe molto» disse Usagi dopo un attimo
di esitazione… che male c’era in fondo? Quel posto suscitava in lei una profonda
attrazione, anche solo dal nome, ma Keiji si era sempre rifiutato di
accompagnarla…
Dunque perché non approfittarne? «Fanno un’ottima
grigliata in quel ristorantino… per non parlare della torta alla fragola e del
gelat…”
Mamoru scoppiò in una risata cristallina che
allentò la tensione che gravava nell’aria. «Sei cambiata molto Usagi, ma il tuo
appetito è rimasto immutato!”
Quando giunsero alla scuola elementare, un
edificio fatto costruire da un ricco industriale come orfanotrofio e in seguito
trasformato in scuola, Usagi si sentì sola e abbandonata. Mamoru impugnava con
fare deciso la sua macchina fotografica e non aveva occhi che per il suo lavoro.
Ma non le dispiacque, perché così ebbe modo di
rimanere sola con i propri pensieri e di osservarlo mentre scattava decine e
decine di foto.
Ricordò i tempi in cui passava ore ed ore ad
osservarlo mentre dipingeva una tela, sconvolta dal desiderio di accarezzargli i
capelli e di poterlo amare liberamente. Quanto dolore aveva causato quel
desiderio!
Cercò disperatamente di pensare ad altro, ma
osservando quella scuola non poté fare a meno di pensare che il bambino che
aveva perso avrebbe cominciato ad andare a scuola proprio quell’anno. Suo
figlio, il figlio di Mamoru, avrebbe avuto sei anni, e forse i capelli scuri del
padre…
Doveva assolutamente distrarsi. Uscì dall’auto e
cominciò a camminare; infilò le mani dentro le tasche mentre un vento freddo le
sferzava il volto reprimendo le lacrime d’angoscia che le offuscavano la vista.
Non si girò quando le parve di udire la voce di Mamoru che urlava il suo nome,
ma ben presto si sentì stanca e ritornò sui suoi passi.
Mamoru aveva finito di fotografare e la stava
osservando dal posto di guida. Non appena si avvicinò all’auto, Mamoru le aprì
la portiera.
«Vieni dentro prima di congelarti» disse con voce
brusca.
Mamoru la guardò intensamente mentre Usagi si
ravvivava i capelli scompigliati dal vento.
«Va meglio?» chiese con voce pacata.
Usagi annuì in silenzio.
Mamoru avviò l’auto e si diresse sulla via
principale rompendo il silenzio solo per chiedere indicazioni per il ristorante.
Usagi sospirò di sollievo quando entrò nel locale,
che si trovava in un angolo suggestivo e tranquillo nonostante la strada fosse
poco lontana.
Il passaggio dal mondo frenetico alla pace di quel
locale, semplice e raffinato allo stesso tempo, creò in lei una profonda pace.
Anche Mamoru rimase incantato da quel posto e ne approfittò per scattare qualche
altra foto.
«Gradisci un aperitivo?» chiese Mamoru mentre si
accomodavano al tavolo.
«No, grazie» rispose lei, consapevole del fatto
che se avesse bevuto avrebbe rischiato di perdere quell’equilibrio così
duramente conquistato.
Rimasero a osservare il suggestivo arredamento del
locale: ovunque sembrava ricoperto di cristallo, e il pavimento in marmo e le
pareti candide conferivano al ristorante un’aria austera, ma ai due ragazzi
niente sembrò più accogliente di quel posto…
«È stata un’ottima scelta» disse Mamoru
guardandosi intorno con aria soddisfatta. «È un posto incantevole.»
«Ero sicura che ti sarebbe piaciuto» rispose Usagi
con un sussulto: per la frazione di un secondo aveva avuto l’impressione di
intravedere nel suo sguardo qualcosa che li accomunava.
«Ecco il menù» disse allegramente porgendole un
foglio. «Ordina quello che vuoi, tanto pago io.»
«Oh, no» protestò Usagi, «credevo che ognuno
pagasse per sé.»
«Sbagliato, mia cara» ribatté Mamoru con un tono
che non ammetteva repliche. «Ti ho invitata io. Hai ancora voglia di una
grigliata, della torta di fragole e del gelato cioccolato e panna?”
Anche se annuì con entusiasmo, Usagi si accorse di
non avere appetito. Vederlo seduto davanti a sé, osservare quei profondi occhi
blu, sentire la sua voce aveva irrimediabilmente sgretolato le mura difensive
dietro cui per anni si era trincerata. Usagi provò un violento tuffo al cuore,
perché in quel preciso istante si sentì precipitare in un baratro senza fondo.
Lei, Usagi Tsukino, lo amava ancora e lo avrebbe
amato per sempre.
Quella consapevolezza la gettò nel più cupo
sconforto. Mamoru stava parlando ma non riusciva a seguire il filo della
conversazione. Si sforzò di apparire interessata, ogni tanto abbozzò anche un
sorriso, ma la sua mente era stata fagocitata da un vortice che la trascinava
sempre più in basso.
Doveva fare molta attenzione a non tradirsi: aveva
già commesso una volta l’errore di ammettere di amarlo; gli aveva donato il
cuore e il corpo e lui li aveva presi entrambi senza scrupoli per poi
abbandonarla senza nemmeno voltarsi indietro. Non poteva certo mettere a
repentaglio la sicurezza che aveva pazientemente costruito con le proprie mani.
Ed ecco ancora una volta una delle strane visioni.
Una donna levitava sopra di lei.
«Hai finito di intralciare i miei piani, Serenity.
Sei sola ormai: né le tue care amiche guerriere, né tanto meno il tuo amatissimo
Endymion riusciranno a salvarti!»
Si guardò intorno e vide i corpi ormai senza vita
delle ragazze che l’avevano accompagnata in quelle missioni, ma del ragazzo di
cui parlava quella strega nemmeno l’ombra.
«Sono perduta. L’umanità intera verrà distrutta
per causa mia… Perdonatemi amici se non sono stata in grado di portare a termine
la mia missione.»
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di
quella donna. «L’unico modo per salvarti la vita è di darmi il cristallo
d’argento che custodisci gelosamente altrimenti farai anche tu la fine dei tuoi
amichetti! A te la scelta!»
«No» la sua voce era come un sussurro lontano.
«Non lo avrai mai! Non hai ancora vinto.»
Alzò le braccia al cielo e richiamò a sé una forza
che non credeva di avere.
Un attimo prima di lanciare il suo attacco, la
terra iniziò a tremare e la strega, con un solo gesto della mano, distrusse ogni
cosa attorno a loro.
Usagi iniziò a tremare visibilmente. «No!» urlò
con tutto il fiato che aveva in gola.
«Usagi, ti senti bene?» chiese Mamoru con voce
preoccupata.
Usagi si guardò intorno: era nel ristorante
insieme a Mamoru… era al sicuro, non c’era nessuno che volesse fare del male a
lei né a nessun altro.
E allora perché si sentiva così vuota dentro, come
se la strega dei suoi incubi avesse portato a termine il terribile proposito di
annientamento?
Un violento capogiro le fece socchiudere gli occhi
e un senso di nausea le attanagliò lo stomaco.
«Mi dispiace, ma mi sento svenire. Fa molto caldo
qui dentro…»
«Forse è perché siamo troppo vicini al caminetto»
ribatté lui con un’espressione che lasciava intuire quello che stava pensando.
Usagi avrebbe voluto ridere: Mamoru credeva che
lei fosse incinta! Quello si che poteva considerarsi il danno dopo la beffa.
«Posso fare qualcosa per te?»
Usagi avrebbe voluto sentirsi chiedere la stessa
cosa molti anni prima, con lo stesso tono, quando durante le lunghe notti
trascorse in quel misero pensionato aveva cercato in tutti i modi di odiare il
padre del bambino che portava in grembo.
«Sto già meglio, non preoccuparti.»
Usagi mangiò poco e rifiutò addirittura il dolce.
L’anticipazione che le aveva rallegrato il cuore poche ore prima si era
tramutata in totale disperazione.
Ebbene sì, sono ancora viva ^^
Purtroppo ultimamente il lavoro mi
sta distruggendo, questa settimana ho fatto orario pieno, dalle 7.30 alle
20.30... roba che neanche farebbe saltare i nervi anche ai santi @.@
Comunque, ora sono relativamente
più libera: per tutto luglio mi toccherà lavorare solo dalle 7.30 alle 17.30...
niente di che XD
Ringrazio di cuore chi ha la
pazienza di aspettare i miei lenterrimi aggiornamenti: inutile dire che proverò
a essere più presente, ma al solito, niente promesse che so di non poter
mantenere con certezza -_-
Un grazie a chi ha letto, legge,
leggerà, e in special modo a chi lascia un segno del suo passaggio.
Un abbraccio a tutti voi, amici
cari ♥
Al prossimo aggiornamento.
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Nuova pagina 1
11
Quando si accinsero a tornare a
casa il cielo si era rannuvolato e minacciava neve. Usagi rimase immobile con lo
sguardo fisso su un punto lontano, nel disperato tentativo di non scoppiare a
piangere. Nelle sue fantasie adolescenziali, aveva più volte sognato di
trascorrere qualche ora in quel ristorante accanto all’uomo che amava e con un
anello che aveva ricevuto da lui in regalo. Poteva considerarsi soddisfatta
adesso, ma la realtà non teneva conto di due elementi che avevano trasformato
quel sogno in un incubo: l’anello che portava era il sigillo di una promessa
fatta ad un altro uomo, mentre l’uomo che lei amava non ricambiava il suo
sentimento.
La tristezza del suo stato d’animo
sembrò avere influito anche sull’umore di Mamoru che non aprì bocca per gran
parte del viaggio.
«Trascorrerai le feste natalizie
alla villa dei Sakage?» chiese Mamoru con voce pacata dopo un silenzio
interminabile.
«No, Keiji va con i suoi genitori a
trascorrere il Natale dalla nonna e poi torneranno assieme a lei per il
matrimonio. La madre di Hoshie vive a Hokinawa e ha ottantuno anni e non può
viaggiare da sola.»
«Allora cosa hai intenzione di
fare? Non vorrai mica passare il Natale da sola. Oppure sei stata invitata dai
tuoi?»
Usagi scosse leggermente il capo.
«Ho bisogno di un po’ di tranquillità prima della bufera del grande giorno.
Dall’anno prossimo trascorrerò tutte le feste con la famiglia di Keiji e
allora…»
La frase cadde nel vuoto.
All’improvviso, Usagi si rese conto che Mamoru se ne sarebbe andato presto.
«Tu invece sarai a Yokohama?»
chiese lei d’un fiato.
«Esatto. Partirò il giorno della
vigilia.»
Usagi provò un tuffo al cuore:
Mamoru sarebbe rimasto ancora una settimana. Gli ultimi sette giorni in cui
avrebbe potute vederlo, parlargli, e dal tono della sua voce aveva capito che
sarebbe ritornato in veste professionale solo per il matrimonio.
«Devo essere a Yokohama verso sera»
aggiunse Mamoru, «devo incontrare una persona.»
Usagi si inumidì nervosamente le
labbra. «La fidanzata?» chiese con un filo di voce.
«Un’amica» precisò lui continuando
a guardare la strada davanti a sé.
«E… e passerà il Natale con te?»
balbettò Usagi.
«Questi sono i nostri progetti»
ribatté Mamoru decelerando, perché aveva improvvisamente cominciato a nevicare.
Usagi provò un acuto dolore al
petto, come se il vento gelido che turbinava fuori le avesse strappato il
cuore… in quel momento desiderò che la strega dei suoi incubi fosse stata vera e
le avesse già rubato l’anima…
«Ritornerai dopo le feste?» chiese
incurante che la sua voce potesse tradire i propri sentimenti.
«Non so. Dipende da te.» Per la
frazione di un secondo i loro sguardi si incontrarono.
«Questo vuol dire che hai già
finito le foto?»
«Esatto: la scuola era una delle
ultime cose che dovevo fotografare. Adesso tocca a Keiji scegliere quelle che
preferisce. Tra un anno potrai regalare a tutti i tuoi amici il calendario con
le foto di Tokyo.»
Usagi soffocò un gemito al pensiero
che tra poco più di un anno esatto sicuramente avrebbe festeggiato il primo
anniversario di nozze con Keiji.
«Mi darai il tuo indirizzo. Gli
amici si aspetteranno un calendario con il tuo autografo, visto che Keiji e io
ti conosciamo.»
«Lo troverai sull’elenco
telefonico» ribatté Mamoru con aria gelida. «Se me li spedisci troverò un
ritaglio di tempo per firmarli.»
«Non preoccuparti, non ti darò
altri fastidi» sibilò Usagi cogliendo al volo la velata insinuazione.
Usagi vide il modo minaccioso in
cui Mamoru serrò le labbra e avrebbe voluto trovarsi lontano da lui.
Non appena Mamoru parcheggiò la
macchina davanti casa, Usagi cercò di aprire lo sportello e uscire, ma la mano
di Mamoru glielo impedì.
Si girò di scatto e vide il suo
sguardo minaccioso.
«Ti ho promesso che mi sarei
comportato bene» sibilò lui infuriato, «ma se continui a comportarti così devi
sopportarne le conseguenze.»
«Comportarmi come?» ribatté lei
esterrefatta.
«Sai benissimo cosa voglio dire.
Non funziona con me, Usagi! Ti conosco troppo bene: non mi sei indifferente così
come io non ti sono indifferente. Quindi stai molto attenta a quello che fai!
Oggi mi hai fatto vedere un barlume della vera donna che nascondi dietro quella
maschera, ma adesso che siamo ritornati a casa dove il tuo fidanzato ci può
vedere sei ridiventata un blocco di ghiaccio. Non sono solo una persona famosa
che firma i calendari per impressionare i tuoi amici. Sono un uomo e te lo
dimostrerò se continui a trattarmi in questo modo. E adesso fuori!»
Usagi si precipitò verso casa,
sconvolta e tremante, e si rifugiò in camera. Rimase in attesa di sentire il
passo pesante di Mamoru, ma dopo qualche secondo sentì la sua auto allontanarsi
a tutta velocità.
Quella sera Mamoru ritornò dopo
mezzanotte e il mattino successivo uscì prima ancora che lei si fosse alzata.
Anche il resto della settimana non
si incontrarono mai: Usagi si alzava quando lui era già uscito e lo sentiva
rientrare molto tardi alla sera. Il rumore dei suoi passi nel corridoio le
infondeva uno strano senso di paura.
La sua inquietudine aumentava di
giorno in giorno. Da quando aveva ammesso a se stessa di amarlo ancora, Usagi si
sentiva più che mai vulnerabile. Sapeva che se fosse successo qualcosa fra loro
due, lei non sarebbe riuscita a opporre resistenza. Ma era sicura che
quell’indifferenza da parte di Mamoru l’avrebbe preservata da ogni rischio fino
a Natale e, dopo, tutto si sarebbe sistemato.
Trascorse le interminabili ore
della giornata a fare acquisti, impacchettare regali, inviare cartoncini
natalizi.
Avrebbe dovuto pensare seriamente
al matrimonio ormai alle porte, ma si rifiutava di considerare quel problema; si
chiese più volte se era giusto sposare Keiji quando aveva scoperto i veri
sentimenti che provava per Mamoru…
Si era affezionata a Keiji come una
piccola creatura ferita alla ricerca di salvezza, accettando quel briciolo di
affetto che quell’uomo era in grado di darle.
Keiji non le aveva mai dimostrato
un amore travolgente, perché la passione era una cosa estranea al suo carattere
flemmatico. Lui cercava una moglie con cui farsi vedere in pubblico, con cui
instaurare una cordiale amicizia, ma nulla di più. Il matrimonio con Keiji non
avrebbe mai raggiunto le vette di un amore con Mamoru, e lei era disposta ad
accettarlo.
Mamoru le aveva fatto intuire il
desiderio che lui provava nei suoi confronti ma mai dalla sua bocca era uscita
una parola che potesse farle capire che l’amava.
Usagi scosse il capo: una relazione
con Mamoru senza il fuoco dell’amore l’avrebbe semplicemente distrutta, come era
successo anni prima.
Verso la fine della settimana Usagi
si trovava al lavoro, in boutique, immersa nei suoi soliti pensieri, quando una
voce familiare la fece trasalire.
«Vorrei un vestito speciale per il
ballo al Municipio. Non bado a spese.»
Usagi alzò lo sguardo e sgranò gli
occhi quando vide una donna alta ed elegante che la guardava con due
meravigliosi occhi neri a pochi passi da lei.
«Usagi Tsukino!» esclamò la donna.
Usagi annuì e riconobbe Rei Hino,
vestita con un impeccabile abito su misura e avvolta in una costosissima
pelliccia. I capelli scuri si appoggiavano morbidi sulle spalle incorniciando un
viso perfetto e impreziosito da un abile maquillage.
«E pensare che lavori qui e io non
lo sapevo!» esclamò Rei con voce allegra. «Di solito faccio i miei acquisti
fuori città, ma oggi non ho molto tempo e un mio amico mi ha consigliato di
venire qua.»
«Un vestito per il ballo, hai
detto? » chiese Usagi avvicinandosi al reparto dei vestiti da sera.
«Esatto, per venerdì sera» disse la
donna. «Ci verrai anche tu, vero? Ho sentito che diventerai la nuora del vecchio
Sakage.»
«Keiji e io ci sposiamo a gennaio»
precisò Usagi.
«Mi hanno detto» mormorò Rei con
aria distratta mentre osservava i vestiti.
«Che ne dici di questo? » chiese
Usagi prendendo un vestito a caso.
«Non fa per me» disse Rei, «voglio
essere bellissima. Sai, mi accompagnerà un uomo affascinante e…»
Usagi provò un tuffo al cuore: con
la coda dell’occhio aveva visto un’auto nera davanti al negozio.
«Eccolo che arriva» trillò Rei
sorridendo. «Ti ricordi di Mamoru? Come non potresti… hai avuto una storiella
con lui, non è vero? Credo proprio che Keiji faccia più al caso tuo.»
Usagi non riusciva a muoversi.
Mamoru uscì dall’auto e si avvicinò alla vetrina del negozio.
«Quello sì che è un bel fusto! »
sussurrò una commessa del negozio, dietro le spalle di Usagi.
Usagi si girò di scatto e la
fulminò con lo sguardo, ma il rumore della porta la fece sussultare.
Mamoru entrò e si fermò accanto a
Rei.
«Tesoro» disse la ragazza
baciandolo sulle labbra, «puoi aspettare un attimo?»
Usagi provò una fitta di gelosia.
Se Mamoru aveva intenzione di ferirla, aveva proprio scelto la donna giusta.
«Fa troppo freddo per passeggiare
fuori, ma non ho intenzione di aspettare per l’eternità.»
«Farò presto. Mamoru, ti ricordi di
Usagi Tsukino?» chiese Rei.
«Buon pomeriggio, signor Endou»
mormorò Usagi sforzandosi di apparire impassibile.
«Usagi» disse lui salutandola con
un breve cenno del capo.
Usagi si sentì invadere da un senso
di impotenza: come avrebbe voluto distruggerlo, quel rompiscatole!
«Mi sorprende che tu non abbia
trovato quello che cercavi» disse Mamoru stringendo una mano di Rei fra le sue,
«immaginavo che la nostra direttrice sapesse proporti qualcosa di veramente
speciale.»
«Io sono la vicedirettrice» precisò
Usagi.
«Cerca di fare presto, Rei. Ho
prenotato un tavolo per l’una.»
«Scegli tu per me» disse Rei con
voce civettuola, «devi conoscere la moda molto più di me!»
Mamoru si avvicinò e dopo aver
guardato con attenzione scelse un abito aderente di seta nero e oro e una giacca
abbinata.
«Perfetto!» esclamò Rei. «Adesso lo
provo.»
Usagi l’accompagnò in camerino e
dopo qualche minuto Rei uscì e si avvicinò a Mamoru che la stava aspettando
appoggiato a una parete.
«Che ne pensi?»
«Va benissimo. E lei cosa dice?»
chiese Mamoru rivolto a Usagi.
«Ti sta a pennello, Rei.»
Usagi provò una stilettata quando
vide l’approvazione far luccicare lo sguardo di Mamoru e avrebbe voluto
strappare quel vestito, ma attese il suo trionfo quando Rei avrebbe chiesto il
prezzo.
«È magnifico» disse Rei
soddisfatta, «quanto costa?»
Dopo aver sentito il prezzo, Rei si
girò verso Mamoru che si limitò a fare un impercettibile cenno con il capo,
sfilando il blocchetto degli assegni.
Usagi prese l’assegno con mano
tremante, fra due dita come se temesse di toccare la mano di Mamoru, nella
speranza che non si accorgesse del suo imbarazzo.
«Non morde» disse lui asciutto.
«Ne sono sicura» ribatté Usagi
infilando l’assegno nel registratore di cassa.
«Anche Usagi verrà al ballo»
cinguettò Rei da dentro il camerino, «deve esserci, perché ormai fa parte della
famiglia Sakage. Mamoru, forse dovresti scegliere un vestito anche per lei.»
«Ho già scelto il mio vestito»
sibilò Usagi con il volto in fiamme dalla rabbia. «Keiji me lo ha regalato.»
«In questo caso, non vedo l’ora di
vedere se i nostri gusti sono simili» disse Mamoru sollevando leggermente un
sopracciglio.
Usagi impacchettò l’abito e lo
porse a Rei. Stavano per uscire quando Mamoru si girò e la guardò con uno
sguardo cinico.
«Anche i suoi genitori e suo
fratello verranno al ballo, Usagi?»
«No» rispose Usagi scuotendo il
capo. «A loro non piace ballare.»
«Un vero peccato» proseguì lui, «mi
sarebbe piaciuto vederli dopo tanti anni.»
«Potrà vedere Shingo al mio
matrimonio» sbottò lei, impallidendo a quel pensiero.
«Certo. Sarà molto interessante.»
Quando i due se ne furono andati,
Usagi si dovette appoggiare alla cassa: come aveva potuto dimenticare che Shingo
e Mamoru si sarebbero incontrati il giorno del suo matrimonio?
La porta non si era completamente
chiusa e Usagi udì la risatina maliziosa di Rei.
«Sei stato cattivo con lei, Mamoru»
disse Rei sottovoce. «È stato un calvario per lei avere per fratello un
‘traditore’ come Shingo e non occorre che tu la prenda in giro.»
«Non ho mai nascosto la mia
antipatia per i suoi genitori, né tanto meno per Shingo» disse Mamoru aiutandola
a salire in auto.
Usagi rimase ad osservare l’auto
che si allontanava mentre le parve di scendere con passo pesante e il cuore
dolorante una scala senza fine, inseguita dalla risata beffarda di Rei Hino.
Sperando di farvi
regalo gradito, prima della mia fuga per le ferie ecco a voi un aggiornamento a
tempo di record rispetto i precedenti =)
E pensate un po'...
il prossimo capitolo è quasi pronto, quindi appena rientro dal mare lo posterò,
giurin giurello! ^^
Come sempre, ma non
lo farò mai abbastanza, ringrazio chi mi segue in questa storia e nelle altre
mie folli follie.
Al solito, fatemi
sapere che ne pensate, nella buona e nella cattiva sorte =)
Ci rivediamo a
settembre!
E buone vacanze a
tutti <3
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Nuova pagina 1
12.
Il ballo organizzato dal Municipio per il
venerdì successivo, il giorno dell’antivigilia, arrivò in fretta. Il giorno dopo
Keiji e i suoi genitori sarebbero partiti per Okinawa e Mamoru per Yokohama.
Quella sera Usagi andò alla villa dei Sakage direttamente dal lavoro per
prepararsi per la serata e andare al ballo assieme al fidanzato e ai futuri
suoceri nell’auto ufficiale.
La sensazione di gelo che si era impossessata
del suo cuore non l’aveva abbandonata un attimo dalla domenica precedente. Si
vestì lentamente, incapace di provare un briciolo di entusiasmo per la serata
che le si prospettava. Si truccò con gesto meccanico, raccolse i capelli in una
graziosa coda lasciando alcuni riccioli ad incorniciarle il volto e solo dopo si
vestì; l’abito era molto semplice, quasi severo: la tunica di seta bianca, molto
sobria e lunga fino alle caviglie, aveva un ricco drappeggio che seguiva le
curve gentili del seno lasciando visibile parte della scollatura; le spalle e la
schiena erano scoperte, e una cintura dorata le cingeva i fianchi stretti,
mentre ai piedi si intravedeva in paio di eleganti scarpe con un tacco
terribilmente alto.
Usagi sapeva di essere attraente, ma
guardandosi allo specchio prima di uscire non provò nessun piacere. Il blu dei
suoi occhi era messo in risalto da un tocco di ombretto e dal mascara. Era
dimagrita molto in quella settimana e il suo viso aveva assunto un’aria di
fragile vulnerabilità che le conferiva un aspetto ancora più femminile.
Quando Usagi aveva deciso di comprare quel
vestito, Keiji aveva mosso qualche obiezione perché lo riteneva troppo
provocante. Lei era riuscita a convincerlo del contrario, ma ora guardandosi con
gli occhi di Mamoru Endou non ne era più molto sicura.
Si trovava accanto a Keiji e ad un gruppo di
amici loro a pochi passi da dove l’avvocato Sakage e sua moglie accoglievano gli
ospiti, quando Mamoru arrivò tenendo Rei Hino a braccetto. Usagi provò un tuffo
al cuore e dovette appoggiarsi ad una sedia perché le gambe le cedettero
all’improvviso.
Mamoru indossava un impeccabile smoking e una
camicia bianchissima, ma nessuno dei presenti si muoveva con quella grazie
felina che lo contraddistingueva. Si fermò a salutare l’avvocato Sakage e
mormorò un complimento a Hoshie che arrossì come una scolaretta, per
allontanarsi poi con Rei salutando Usagi con un glaciale cenno del capo.
Usagi si strinse al braccio di Keiji quasi
volesse sentirsi protetta, ma con lo sguardo seguì Mamoru e Rei che
raggiungevano alcune ragazze: non ne era sicura, ma le pareva di conoscerle
tutti…
Finse di ascoltare la conversazione del suo
fidanzato, ma aveva la testa molto lontana… dove le aveva già viste? Forse al
liceo… no, avevano frequentato scuole diverse, di questo ne era assolutamente
certa…
Guardò ancora verso di loro, e per un solo
istante le parve di vederle indossare delle marinarette, simili a quella che,
nei suoi sogni, indossava lei stessa: solo i colori della gonna parevano
diversi, quasi a formare un arcobaleno.
E Rei… anche Rei aveva una marinaretta, con il
gonnellino rosso.
Chi erano?
E perché non riusciva a distogliere da loro la
sua attenzione, anche dopo che Mamoru e Rei si erano allontanati dal gruppo?
Un’ora più tardi vide Mamoru abbracciato a Rei
mentre ballava. Notò i suoi capelli scuri che si armonizzavano in modo del tutto
naturale a quelli della ragazza e provò una gelosia senza fine.
Usagi serrò i pugni conficcandosi le unghie
nel palmo della mano, ma il dolore fisico non riuscì a contrastare quella
desolata inquietudine che aveva cercato di lenire con parecchie coppe di
champagne, che però l’aveva aiutata a sorridere nonostante la profonda tristezza
che provava. Riuscì a rispondere con cortesia a tutte le domande che le facevano
sull’imminente matrimonio, senza mai tradire quel panico che continuava a
prenderla ogni volte che pensava che sposare Keiji avrebbe significato vivere
nella menzogna.
Usagi fece un paio di balli con Keiji, che
sospirò di sollievo non appena ritornò al tavolo. Fu allora che Mamoru si unì a
loro.
«Buona sera, Keiji… Usagi…» salutò Mamoru,
presentando a Keiji la giovane che l’accompagnava: «Lei è Rei Hino, sacerdotessa
del tempio scintoista.»
«Buona sera, signor Sakage» salutò
educatamente la ragazza.
«Piacere di conoscerla, signorina. Ma la
prego, mi chiami Keiji… non credo che la differenza di età sia molta tra di noi…
Devo dire che la sua compagna è molto bella, caro Mamoru: le altre donne
presenti rischiano di sfigurare al suo confronto…»
«La ringrazio, Keiji… ma anche Usagi è molto
elegante stasera» rispose Rei con falsa modestia. «Sa, Usagi ed io andavamo
assieme al liceo: abbiamo seguito lo stesso corso d’arte e il nostro professore
era…»
Usagi si sentì persa: Rei stava per rovinare
tutto! Doveva assolutamente fare qualcosa. «Rei, credo che il signor Endou e
Keiji abbiano alcune faccende da discutere… forse è meglio lasciarli parlare
d’affari…»
Mentre si allontanavano, Usagi notò che i due
uomini iniziarono a parlare e dalle loro espressioni l’argomento doveva essere
molto interessante; sperò solo che nessuno dei due toccasse il passato…
«Usagi» la chiamò Rei, indirizzandola verso un
gruppetto di ragazze… le stesse con le quali lei e Mamoru avevano parlato per
gran parte della serata, «volevo presentarti alcune mie amiche: Mizuno Ami e
Kino Makoto…»
«Rei, finalmente…» salutò la donna dai capelli
blu. Era veramente molto bella: i capelli erano lisci e le cadevano
delicatamente sulle spalle; indossava un abito color del cielo, non molto
aderente ma che le fasciava il corpo e seguiva ogni sua curva, lungo fin sotto
le ginocchia.
«Ami ha ragione. Ti avevamo data quasi per
dispersa» si intromise la ragazza con i capelli castani; anche lei non era da
meno: i capelli erano corti fino a sfiorare le spalle, e Usagi non poté fare a
meno di pensare che sarebbe stata meglio se li avesse portati più lunghi e
raccolti in una coda… o almeno così le sarebbe piaciuta vederla… indossava un
aderente abito verde smeraldo, senza bratelline, lungo fino alle caviglie, con
uno spacco vertiginoso…
«Ragazze, lei è Tsukino Usagi: eravamo
compagne di corso al liceo…»
«Buonasera, piacere di conoscervi…» salutò
Usagi osservando attentamente le tre giovani; «ma… ci siamo già incontrate?
Sapete, da quando vi ho viste ho come avuto un déjà vu’…»
«Probabilmente ci siamo incontrate in qualche
nostra vita passata» scherzò Makoto.
Risero insieme a quella battuta, e la tensione
scivolò via dal corpo di Usagi: si sentiva a suo agio con le tre donne, quasi
fossero delle vecchie amiche.
Non le andava di analizzare quel sentimento di
familiarità che l’aveva colpita nel momento in cui aveva posato gli occhi su di
loro: qualsiasi ragionamento, specie dopo lo champagne, non avrebbe portato a
niente, e tanto valeva godersi la compagnia di quelle sconosciute.
«Tra poco finalmente sentiremo il nuovo pezzo
di Kaiou» commentò Rei, indicando una coppia nel lato opposto della sala.
Una donna dai lunghi capelli color acquamarina
stava sistemando la custodia del violino sulla panca accanto a sé. Ipotizzò
fosse Kaiou Michiru, un nome conosciuto nell’ambito musicale da parecchi anni.
Indossava un abito celeste, che le cadeva morbido fin sopra il ginocchio,
accompagnando senza fasciare le forme gentili del corpo.
Il suo cavaliere era… una donna.
Ne era certa, benché la figura alta e snella
che stava aiutando la musicista a sistemare meglio la custodia indossasse un
abito giacca-pantalone color beige più adatto ad un uomo che a una donna.
«E l’altra persona chi è?»
«Si tratta di Tenou Haruka» rispose Makoto,
seguendo il suo sguardo. «È la prima donna ad aver vinto per tre volte
consecutive i campionati F1. Anzi, è la prima donna in assoluto ad avervi preso
parte…»
«E voi?» domandò Usagi. «Raccontatemi
qualcosa…»
Se le tre donne rimasero stupite da quella
richiesta, non lo diedero a vedere.
In poco tempo seppe che Rei si era presa cura
del tempio scintoista fin dalla morte del nonno, Makoto aveva dato l’avvio ad un
a catena di pasticcerie molto rinomate in tutto il Paese ed Ami era un medico di
fama mondiale, laureatasi in Germania con la specializzazione in pediatria.
Usagi annuì, colpita da quelle rivelazioni.
Erano delle ragazze eccezionali, ma nessuna di
loro sembrava averne piena consapevolezza.
Forse per loro era normale parlare di “fama
mondiale”, ma per lei era qualcosa di… super. Non sapeva trovare altre
parole per descriverlo, ma quel termine rendeva l’idea meglio di mille altri.
Si ritrovò a sorridere mentre ascoltava i
racconti: quelle tre donne avevano realizzato i propri sogni, e per questo lei
non poteva non esserne contenta.
Ma io che ne posso sapere dei loro sogni?
si trovò a riflettere, Le ho
appena conosciute… anche se è come se fossi a casa mia… tra amiche…
Mentre le altre continuavano a chiacchierare,
Usagi lasciò vagare lo sguardo per la sala, alla ricerca di qualcosa. O
qualcuno.
Fu quando vide una giovane donna dai lunghi
capelli scuri appoggiata alla parete, a pochi metri da lei, che sentì un tuffo
al cuore, come se si fosse aspettata di trovarla lì. Era bella, con il suo abito
verde, molto corto, che le fasciava il corpo evidenziandone le curve. Tuttavia,
quella mise non le sembrò provocante.
La sconosciuta sembrò riconoscerla: le fece un
lieve inchino con un semplice movimento della testa e sorrise, e Usagi,
titubante, ricambiò.
«Pluto. Setsuna…» mormorò come in trance.
E la vide.
Un’immensa porta le sbarrava la strada e
quella donna, inginocchiata davanti a lei in segno di rispetto, le stava
parlando.
Non capiva cosa stesse dicendo la guardiana
– perché Usagi era certa che quella donna custodisse qualcosa di essenziale – e
non riusciva a prestarle attenzione.
Avvertì le lacrime premere prepotentemente per
uscire.
Non sapeva cosa le stesse succedendo, ma era
come se non ci fosse qualcuno. Tutto sarebbe stato perfetto, se solo non
mancasse la persona più importante della sua vita.
Sua figlia.
Con un rapido gesto della mano scacciò una
lacrima che le rigava il viso e sperò che nessuno de ne fosse accorto.
Guardò nuovamente di fronte a sé, verso la
sconosciuta, e la vide voltarsi leggermente a sinistra e tendere la mano a
qualcuno.
Un istante dopo, una manina paffuta strinse
quella affusolata della donna e una testolina rosa fece capolino tra i tulle e
gli abiti variopinti dei presenti.
La donna prese in braccio una bambina di uno o
due anni al massimo e le posò un lieve bacio sulla guancia.
La piccola si voltò a guardare Usagi e protese
verso di lei un braccino, salutandola; l’altra manina si staccò dalle spalle
della donna che la teneva, si spostò fino alla bocca rosea e poi, con uno
scatto, si mosse in avanti.
Usagi si sentì riempire il cuore di gioia:
quella bimbetta le stava mandando un bacio.
Ora era tutto perfetto.
Se il tempo si fosse fermato in quell’istante,
lei non si sarebbe lamentata: stava bene, circondata dalle persone più
importanti della sua vita.
E per un istante si immaginò vivere per sempre
al loro fianco: loro, le sue amiche, sarebbero state sempre lì per lei, e
la bambina, quella bambina che con un semplice gesto le aveva donato una gioia
immensa, sarebbe stato il giusto coronamento di un sogno che aspettava ancora di
essere vissuto.
Ooooooooooookay, mi metto faccia
al muro e aspetto la fucilazione.
Non aggiorno da… urgh, luglio… e
mi merito tutte le bastonate che vorrete darmi U_U
In questo aggiornamento non c’è
niente di particolare ai fini della storia, però mi piaceva l’idea di dare
qualche altra scossa alla nostra Usagi...
Chi ha letto la prima versione
della storia, si sarà accorto che il capitolo è quasi del tutto diverso da
quello che avevo scritto in precedenza: rileggendolo mi sono accorta che era
troppo infantile, e stanotte mi è venuto un flash per cambiarlo… senza
stravolgerlo del tutto ^^
Ringrazio di cuore chi legge e chi
segue questa storia, chi l’ha inserita tra i preferiti e chi trova sempre un po’
di tempo per commentare.
Un bacio a tutte, ragazze, e
grazie di cuore per la pazienza che avete <3
Ci risentiamo (spero) presto con
il capitolo 13, che è quasi completamente restaurato ^^
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Nuova pagina 1
13.
A malincuore Usagi salutò le donne appena conosciute e, dopo un’ultima occhiata
verso la bambina dai capelli rosa, raggiunse il fidanzato.
«Quando sarà possibile vedere i provini delle foto?» chiese Keiji, interrompendo
bruscamente la conversazione, appena Usagi si avvicinò.
«Quando saranno pronti» ribatté Mamoru stringendosi leggermente nelle spalle.
«Mi è stato detto che sono già pronti» aggiunse Keiji guardando intensamente
Usagi.
«Saranno pronti quando il risultato mi soddisferà!»
«Vediamo di fare presto» bofonchiò Keiji irritato rivolgendo lo sguardo alle
coppie che danzavano.
Fra i tre cadde un profondo silenzio, rotto solo dalla voce di Mamoru quando si
alzò in piedi confare galante.
«Mi permette questo ballo, signorina Tsukino?» chiese lui con un leggero
inchino.
«No!» disse Usagi con voce decisa, ma poi ricordandosi che Mamoru era un ospite
ufficiale di Hiro Sakage e che quindi doveva essere trattato con ogni riguardo
in pubblico, aggiunse evitando lo sguardo di Mamoru: «Mi scusi, ma sono stanca.»
«Tesoro!” esclamò Keiji sorridendo, «Ti lamenti sempre che io non ballo mai.
Sfrutta questa occasione e divertiti un po’!”
«La prego» aggiunse Mamoru porgendole una mano.
Usagi balzò in piedi e si affrettò ad allontanarsi da Keiji, rossa in volto. La
tranquillità di pochi minuti prima era completamente svanita…
«Non capisco perché io debba ballare con te» sibilò Usagi appena si trovò sulla
pista fra le braccia di Mamoru. «Credevo che tu preferissi la compagnia di Rei
Hino» si affrettò ad aggiungere per mascherare l’imbarazzo che provava alla
terribile vicinanza dei loro corpi.
«Sei gelosa, Usagi?» chiese Mamoru con voce suadente, nascondendo le labbra fra
i suoi capelli.
«Perché mai dovrei essere gelosa?» sibilò lei cercando di allontanarsi un po’
con una leggera pressione delle mani, «non mi interessa affatto con chi vai a
letto… perché suppongo che tu ci vada a letto con Rei…?»
«Tu cosa pensi?» ribatté Mamoru con aria disarmante, «non ho fatto voto di
castità, Usagi. Perché prendersela se Rei mi concede quello che non mi concedi
tu? »
«Prendermela?!» disse Usagi con amaro sarcasmo, «spero che tu sia felice con
lei! Non dice nulla se balli con me?»
«Rei è molto occupata» disse lui scuotendo il capo e lanciando un’occhiata
fugace alla coppia che danzava a pochi passi da loro.
«Non si lascia sfuggire nessuna occasione?» commentò Usagi.
«Almeno lei non finge di essere quello che non è.»
Usagi si fermò in mezzo alla pista colpita dalla sottile accusa che si celava
dietro quella frase.
«Cosa vorresti insinuare?» sibilò a denti stretti.
«Pensaci, Usagi» aggiunse Mamoru guardandola negli occhi, «sono sicuro che
troverai una risposta, ma continua a ballare altrimenti intralciamo gli altri.»
«Mi è passata la voglia. Lasciami andare.» Cercò di divincolarsi dall’abbraccio
di quell’uomo, mentre con lo sguardo cercava disperatamente Ami e le altre
ragazze, in modo da avere una scusa per allontanarsi, ma sembravano
letteralmente sparite tutte e sei…
«Non adesso» ribatté lui stringendola a sé e sfiorandole l’orecchio con le
labbra, «non fare scenate: sono sicuro che Keiji non ne sarebbe contento.»
Usagi non oppose resistenza. Anche se avesse voluto, il fascino e la forza che
sprigionavano dal corpo di Mamoru le avevano annullato la forza di volontà. Non
poté resistere alla gentile pressione delle sue braccia. Una mano si era
appoggiata a un fianco, mentre l’altra, nascosta dalla folla che li circondava,
le accarezzava sensualmente la schiena.
«Così va meglio» disse Mamoru con voce suadente.
Mentre continuavano a ballare, Usagi ebbe la sensazione di volteggiare tra le
nuvole tanto si sentiva leggera… improvvisamente ebbe come l’impressione che
danzare con Mamoru fosse la cosa più naturale del mondo…
Dopo alcuni minuti Mamoru ruppe quel silenzio incantato. «Keiji non può aver
scelto questo vestito. Si sarà limitato a pagarlo, ma è stata la vera Usagi a
sceglierlo.»
«Lui mi ha aiutata a decidere» protestò Usagi debolmente. Un leggero
intorpidimento l’aveva avvolta e la sua mente era rimasta nuovamente ipnotizzata
dal ritmo della musica. Usagi si abbandonò completamente alla beatitudine che
provava in quell’attimo sospeso nel tempo e le parve di trovarsi rinchiusa in
una bolla di sapone, incurante dei pericoli che potevano celarsi oltre
quell’immaginaria linea di gesso bianca che ancora li divideva.
«Usagi» le sussurrò Mamoru all’orecchio stringendola a sé, «perché hai scelto un
luogo pubblico per turbarmi in questa maniera? Perché non lo hai fatto quando
eravamo da soli?»
«Vieni con me» le mormorò dopo qualche secondo, «vieni via con me, adesso!
Lontano da Keiji e da tutta la sua dannata famiglia.»
Mamoru le strinse una mano e la trascinò lontano dalla pista. Usagi lo seguì
barcollando, consapevole che il suo corpo, non la sua mente, l’aveva
irrimediabilmente tradita.
«Non posso» sussurrò lei fermandosi in un angolo buoi del corridoio, evitando il
suo sguardo indagatore, «non voglio, Mamoru!»
«Bugiarda!»sibilò lui, «una volta hai detto di amarmi.»
“Avevo solo diciassette anni!» esclamò Usagi con la voce rotta dal pianto, «ti
sei forse dimenticato?»
«E tu?» ribatté lui con tono minaccioso.
«No» rispose lei guardandolo negli occhi, «non ho dimenticato. Non potrò mai
dimenticare quello che mi hai fatto. Parli tanto della vera Usagi, ma tu non
l’hai mai conosciuta e non hai fatto nessuno sforzo per farlo. L’hai
semplicemente distrutta.”
«Usagi!” tuonò Mamoru, «ti sei buttata fra le mie braccia, cosa ti aspettavi che
facessi? Che ti allontanassi con un buffetto sulla guancia?»
«Ritorna dal tuo Keiji» disse con sarcasmo dopo un attimo di esitazione, «lui è
l’uomo di cui hai bisogno. Ma che preghi che tu non decida di maturare,
altrimenti non riuscirà a tenerti…! E non venire da me se cambi idea! » aggiunse
con cattiveria allontanandosi.
Usagi lo intravide di sfuggita un’altra volta quella sera: Mamoru se ne stava
seduto accanto a Rei con un bicchiere di whisky in mano. I loro sguardi si
incontrarono per la frazione di un secondo e Usagi provò un brivido.
Con lo sguardo fisso sul suo volto, Mamoru alzò il bicchiere in modo
impercettibile e con un sorriso diabolico, quasi volesse fare un triste
brindisi, e Usagi non poté fare a meno di sentirsi ferita.
Fu anche grazie a quel gesto che Usagi capì che non avrebbe mai potuto sposare
Keiji. Il sentimento che provava per lui non assomigliava affatto al vero amore
che provava per Mamoru. Il bisogno di sicurezza le aveva fatto credere di
amarlo, ma quello che finora aveva chiamato amore si era sgretolato come un
castello di sabbia eroso dal monotono infrangersi delle onde.
Avrebbe voluto dirlo a Keiji, ma non quella sera. Dopo le festività avrebbe
raccolto tutto il coraggio che aveva per affrontare la tempesta della reazione
di Keiji e della sua famiglia, gli annullamenti e le recriminazioni.
Quella terribile decisione la tenne occupata per il resto della serata e Usagi
rimase in silenzio in un angolo, scusandosi per la terribile emicrania quando
Keiji più volte le aveva chiesto cosa aveva.
Gli ospiti se ne andarono e dato che Keiji aveva bevuto un paio di bicchieri di
troppo fu l’autista della famiglia Sakage ad accompagnarla a casa.
Ma l’emicrania che aveva finto di avere durante la festa era diventata una
terribile realtà quando Usagi si distese a letto. Aveva preso un paio di
aspirine che, combinate con lo champagne, la fecero assopire subito.
Per la prima volta dopo molto tempo, Usagi si svegliò tardi, ma venne subito
colta da un senso di solitudine e di sconforto. Uscì dal letto e rimase ad
ascoltare se c’era qualcuno in casa. Non udì nulla. Mamoru le aveva detto che
sarebbe partito il giorno della vigilia e molto probabilmente Usagi era sola.
Le ore trascorsero lente. Gli anni precedenti, Marta e lei avevano vissuto quel
giorno come una vera festa. Passavano l’intera giornata a decorare la casa fra
risate allegre e scherzi, sorseggiando qualche bicchiere di buon spumante. Ma
adesso era tutto diverso…
Stringendo una tazza di caffè bollente Usagi analizzò la situazione: si sentiva
come sei anni prima, con l’unica differenza che ora non era ancora tutto
completamente perduto.
Il fruscio delle lettere che cadevano nella buca la distrasse. Usagi andò a
prenderle e fra i cartoncini augurali vide una busta con un francobollo strano.
La scrittura era quella di Minako e Usagi aprì la busta con trepidazione.
Passerò il Natale qui a New York, ma sarò di ritorno il 27.
Ma... Che pasticcio ho combinato! Mamoru Endou è il fantomatico amico con cui
dividi casa! Oddio... Keiji dovrà stare molto attento. Da parte mia sono molto
gelosa… cerca di trattenerlo fino al mio ritorno! Ci vediamo martedì. Aspettami
per i festeggiamenti!!!
La lettera di Minako le dette l’impulso di cui aveva bisogno. Si preparò per
uscire e alcune ore più tardi ritornò a casa carica di pacchi e con l’ultimo
albero di Natale che era riuscita a trovare in tutta Tokyo. La neve aveva
cominciato a ascendere e aveva ammantato l’intera città con il suo candido velo.
Usagi si mise al lavoro subito. Decorò l’albero, addobbò la stanza e appese un
ramoscello di vischio sopra la porta d’entrata.
Osservò per qualche minuto il risultato e, soddisfatta, si accinse ad accendere
un bel fuoco nel caminetto. Provò un senso di nostalgia al pensiero che Diana
non si sarebbe messa a pisolare davanti al caminetto, ma cercò di convincersi
che non doveva guardare al passato, ma al futuro.
Si preparò la cena e, mentre il cibo coceva, decise di farsi un bagno.
Usagi si era immersa da poco quando sentì un debole fruscio. Uscì dalla vasca e
si avvolse con un asciugamano. Rimase ad ascoltare, ma non sentì più nulla. Si
vestì in fretta e andò in salotto dove la tavola preparata per uno le causò un
profondo senso di sconforto. Per quanto si sforzasse non riuscì a fare a meno di
pensare che Mamoru a quell’ora era arrivato a Yokoama e forse stava cenando con
la sua amica, oppure…
«No!» urlò disperata coprendosi il viso con le mani. Per un attimo contemplò
l’idea di telefonare a Shingo e Hotaru e implorarli di invitarla a cena.
Il cuor suo però sapeva che la compagnia non avrebbe risolto il suo vero
problema. Doveva affrontare quella solitudine con coraggio. Si sforzò di
mangiare, ma il cibo non aveva alcun sapore. Con il calare della notte i
propositi che l’avevano animata l’intera giornata erano svaniti.
Aveva un disperato bisogno di sentire una voce amica, ma dopo una veloce
occhiata all’orologio vide che era troppo tardi. Forse, se avesse fatto in
fretta, sarebbe riuscita ad arrivare in chiesa per la messa di mezzanotte.
Protetta da una calda giacca e un paio di stivali imbottiti, Usagi si incamminò
lentamente lungo le vie di Tokyo imbiancate dalla neve.
La cerimonia ebbe un effetto calmante sul suo animo agitato, ma al termine della
messa, quando sul piazzale antistante la chiesa si formarono allegri gruppi di
persone che si scambiavano gli auguri, Usagi ripiombò nel più cupo sconforto.
Ritornò a casa in fretta e a capo chino. Appena si tolse la giacca rimase ad
osservare quell’assurda linea bianca sul pavimento: in alcuni punti era
sbiadita, in altri quasi invisibile.
Si rinchiuse in camera dove si preparò per la notte e con sua enorme sorpresa si
addormentò subito. Si svegliò la mattina dopo alla luce abbagliante del sole. La
neve aveva ricoperto il giardino che circondava la casa e Usagi decise che dopo
colazione avrebbe fatto una bella corsa su quel tappeto immacolato.
Indossò un maglione azzurro e un paio di jeans; si diresse in cucina, ma quando
passò davanti alla porta del salotto sentì in rumore familiare. Si mise ad
ascoltare e dopo un attimo di esitazione aprì la porta: sotto l’albero di Natale
vide un cesto di vimini e appoggiata al bordo la perfetta miniatura di Diana.
«Piccolo tesoro!» esclamò estasiata, prendendolo in braccio. «Come sei arrivato
fin qui?»
«Mamoru!» mormorò fra sé stringendo il micino al petto.
Quello era un piccolo regalo da parte sua, forse una richiesta di pace, pensò…
dopotutto Mamoru aveva ancora le chiavi e mentre era a messa lui doveva essere
ritornato…
Usagi preparò una ciotola di latte che il gattino bevve con avidità. La
sensazione do solitudine e di perdita diventava ogni secondo più insopportabile
e come un automa si diresse nella camera di Mamoru.
Le tende erano tirate, la stanza nella più assoluta oscurità. Con gesto energico
Usagi aprì le tende e alzò gli oscuranti.
Un mormorio soffocato e un fruscio di lenzuola la fecero voltare di scatto e
rimane paralizzata alla vista dell’uomo che stava ancora dormendo.
Vide Mamoru a torso nudo, quel suo corpo asciutto abbandonato in un placido
sonno. I capelli arruffati, la leggera barba e gli occhi chiusi gli conferivano
un’aria vulnerabile che trafisse il cuore di Usagi.
Mamoru si mosse ancora e, quasi fosse consapevole della presenza di una persona
nella sua stanza, aprì lentamente gli occhi e sorrise.
«Buongiorno, Usagi” disse con voce impastata dal sonno, «che ore sono?”
«Quasi… le nove» balbettò lei esterrefatta.
«Buon Natale, Usagi» mormorò lui guardandola negli occhi.
«Io… io credevo che fossi a Yokoama» mormorò Usagi in preda a una disperata
confusione.
«Ho cambiato idea» ribatté Mamoru tranquillo.
«E cosa ne sarà della tua amica?»
Mamoru scollò distratto le spalle: «credo che si sia stancata di aspettare.»
La tenerezza che Usagi aveva provato quando lo aveva visto addormentato e
indifeso scomparve appena notò che l’espressione del volto di Mamoru si era
fatta improvvisamente dura.
«Hai infranto le regole» disse lui puntando un dito verso la porta, «questa è la
mia parte di casa.»
«Ti credevo a Yokoama» protestò Usagi, «e se avessi saputo che eri in casa non
sarei nemmeno entrata. Comunque le ostilità sono sospese il giorno di Natale.»
«Davvero?» chiese lui con voce maliziosa.
«Vado a preparare la colazione» si affrettò ad aggiungere Usagi, «ti vanno bene
uova e pancetta?»
«Preferirei qualcos’altro» disse lui con fare equivoco, «ma credo che possano
andare bene.»
Il suo gesto improvviso le fece capire che Mamoru si stava per alzare e molto
probabilmente sotto quelle coperte lui non indossava nulla.
«Farò in un attimo» disse lei precipitandosi fuori dalla porta.
Mentre si dirigeva in cucina Usagi sentì che in Mamoru non era presente
quell’aggressività distruttiva che aveva caratterizzato ogni sua frase fino a
quel momento e una profonda felicità le inondò improvvisamente il cuore.
Dopotutto, e contro ogni sua previsione, avrebbe trascorso il Natale con l’uomo
che amava!
Chiedo umilmente perdono per il ritardo!
Per quanto ci provi, la puntualità non è il mio forte in questi ultimi tempi...
lo so che ogni volta dico che proverò a darmi una mossa, ma è tutto inutile =_=
Spero lo stesso che questo regalo di Natale anticipato sia per voi gradito =)
Un grazie immenso a chi ha letto e a chi ha lasciato scritto cosa pensa della
storia: mi fate felice *.*
Spero davvero di poter concludere questa fic prima del 2012... anche perché
ormai manca poco, davvero XD
Un bacio e buone feste a tutti!
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Nuova pagina 1
14.
Mamoru entrò in cucina quando
Usagi stava preparando la tavola. Si era appena rasato e i capelli erano ancora
bagnati. Aveva indossato un paio di jeans e una polo nera di lana che metteva in
risalto lo strano pallore del volto.
Si avvicinò al rubinetto e si
riempì un bicchiere d’acqua fredda che bevette tutta d’un fiato.
« Troppi festeggiamenti?»
chiese Usagi con un sorriso malizioso.
«Sì» rispose lui con aria
scherzosa, «e troppo poco sonno.»
Usagi gli porse una tazza di
caffè evitando accuratamente di calpestare il piccolo batuffolo che correva
allegramente per la cucina miagolando.
«È bellissimo!» esclamò Usagi
con entusiasmo. «Grazie per il regalo.»
«Gli hai già dato un nome?»
«No, ma pensavo a qualcosa
come Artemis o…»
«Ahi!» urlò Mamoru, «io
proporrei Artigli, visto che adora i miei pantaloni!»
I loro sguardi si
incontrarono ed entrambi scoppiarono in un’allegra risata.
«Ho un altro regalo per te»
aggiunse lui poco dopo.
«Cos’è?»
«Non posso ancora
mostrartelo» disse lui con voce misteriosa scuotendo il capo.
«Non è giusto. E poi io non
ho preso nulla per te.» Usagi si era ricordata all’improvviso che aveva lottato
tutto il giorno precedente per obbligarsi a non comprare un regalo per Mamoru e
ora, anche quella volta, lui la stava mettendo in imbarazzo.
«Non preoccuparti» disse lui,
«sono cresciuto e non credo più a Babbo Natale.»
«Ma sarebbe stato carino da
parte mia» la voce l’abbandonò all’improvviso quando vide l’espressione
deliziata sul volto di Mamoru.
«A dire la verità ci sarebbe
un regalo che mi piacerebbe, ma temo che non sia il tipo di regali che fa Babbo
Natale e a te costerebbe un po’ troppo.»
Mamoru la guardò per un
attimo che le parve un’eternità. «Vieni qui» aggiunse sottovoce allungando una
mano.
«Mamoru…»
«Non dire nulla e non aver
paura, Usagi» sussurrò lui appoggiandole un dito sulle labbra.
La condusse lentamente vicino
alla porta, proprio sotto il rametto di vischio, e la guardò negli occhi.
«Un solo bacio, Usako»disse
con il fiato sospeso, «come regalo di Natale. Niente di più, te lo prometto.»
Le sue braccia forti la
strinsero con molta tenerezza, quasi temesse di farle male. Fu un bacio delicato
che Usagi ricambiò con tutto il suo essere.
Avrebbe desiderato che
quell’attimo durasse in eterno, ma Mamoru si scostò quasi subito e prendendole
il volto tra le mani la guardò con un’intensità che la turbò.
«Buon Natale, Usako» disse
con voce profonda.
Dopo quel momento di
beatitudine, Usagi ringraziò di essere stata previdente e di aver fatto una
spesa consistente il giorno prima. Propose una cenetta coi fiocchi per la sera e
dopo un frugale pranzo, di comune accordo, decisero di andare a fare una
passeggiata sulla neve.
Dopo un pomeriggio trascorso
nella più assoluta spensieratezza e durante il quale il futuro era svanito alla
luce di un più sfolgorante presente, ritornarono a casa felici. La neve che
ricopriva il giardino era ancora intatta e un’idea balenò nella mente di Usagi.
«Adesso faccio un pupazzo di
neve» esclamò con entusiasmo, «e tu potresti anche aiutarmi!»
Dopo un attimo di esitazione
da parte di Mamoru, si misero all’opera e nel giro di poco tempo, dopo aver
recuperato una carota per il naso e due pezzi di carbone per gli occhi, il
pupazzo era finito.
«Ecco fatto» disse Usagi
togliendosi la sciarpa per annodarla al collo del pupazzo, «è meraviglioso. È
addirittura più bello di te…»
Aveva appena finito la frase
che una palla di neve la colpì alla spalla.
«Traditore!» esclamò lei
ridendo preparandosi al contrattacco.
Dopo qualche minuto di
schermaglie, la battaglia cominciò fra risa e battute.
«Basta!» esclamò di colpo
Usagi ansimante e raggiante di gioia mentre Mamoru la guardava con fare
stranamente circospetto.
Con le mani dietro la schiena
Usagi stava pressando una palla di neve di notevoli dimensioni, ma qualcosa
nell’espressione del suo viso la tradì: proprio nel momento in cui lanciò la
palla con quanta forza aveva in corpo, Mamoru si chinò per schivare il colpo e
la palla andò contro la finestra della camera di Usagi, mandando il vetro in
mille pezzi.
«Guarda cos’hai combinato!»
esclamò Mamoru.
«Sei stato tu a cominciare»
protestò Usagi.
Entrarono in casa e andarono
a controllare il danno. «Che macello» mormorò Usagi guardando il vetro rotto e
la neve sciolta sul pavimento della stanza.
«Lo sistemerò io: se hai un
pezzo di legno o di cartone potrei chiudere il buco finché non sarà cambiato il
vetro. Sarà la prima cosa che farò martedì» disse Mamoru mentre cercava di
rimediare a quel disastro.
Usagi provò un tuffo al
cuore, perché ciò voleva dire che Mamoru si sarebbe fermato a casa sua per altre
quarantotto ore.
Su richiesta esplicita di
Mamoru, Usagi si cambiò per cena: indossò un vestito di velluto color zaffiro ma
dovette rifugiarsi in bagno per vestirsi perché la sua camera era gelida.
Mamoru invece portava un
elegante giacca antracite e una camicia di seta nera, la stessa che aveva
indossato quel giorno che aveva accompagnato Rei alla boutique.
Avrebbe voluto chiedergli
perché non era con Rei, ma l’atmosfera incantata che aleggiava nell’aria la fece
desistere. Usagi decise che per una sola notte si sarebbe presa il lusso di
sognare…
«È ora di andare a letto,
Usagi» disse Mamoru spegnendo il televisore alla fine del film che avevano visto
quasi abbracciati sul divano.
Usagi appoggiò il gattino
sulla poltrona e si alzò lentamente. Era da poco passata la mezzanotte, e
proprio come Cenerentola, il suo sogno era finito. Era passato tutto così in
fretta e quella riga bianca che divideva il corridoio le ricordò che la realtà
era ben diversa.
«Buona notte, Mamoru» disse
Usagi passando a pochi centimetri dal punto in cui lui si era appoggiato alla
parete oltre la linea bianca, «e grazie per il meraviglioso Natale che abbiamo
passato insieme.»
Gli sfiorò leggermente il
braccio e subito dopo scomparve in camera, consapevole di avere il suo sguardo
misterioso puntato alle spalle.
Dopo qualche ora, Usagi si
svegliò intirizzita dal freddo. La camera era diventata una cella frigorifero e
le coperte che aveva aggiunto non servivano a nulla.
Guardò verso la finestra e
vide che il cartone con cui Mamoru aveva tappato il buco si era staccato a causa
del vento e sul pavimento notò un piccolo cumulo di neve.
Si alzò tremante e si
avvicinò alla finestra per rimettere a posto il cartone ma non ci riusciva.
Decise di andare in cucina a prepararsi una bevanda calda, ma quando tentò di
accendere la luce scoprì che mancava l’elettricità.
Non poteva nemmeno far
funzionare il bollitore. Si appoggiò alla parete. Avrebbe potuto dormire sul
divano, ma il freddo era così intenso che anche il riscaldamento non bastava e
si era dimenticata di portare in casa legna a sufficienza per tenere il fuoco
acceso durante la notte.
Deglutendo a fatica decise
che c’era un’unica soluzione al suo problema: si fermò davanti alla porta della
camera di Mamoru e bussò, ma come risposta ottenne un mormorio confuso.
Bussò di nuovo. «Mamoru, sei
sveglio?»
«Cosa vuoi?»
«Ho freddo e la finestra è
rotta, la neve è entrata in camera. Aiutami, per favore!»
«Usa una bottiglia d’acqua
calda!»
«Non posso» mormorò lei
disperata, «senza elettricità il bollitore non funziona.”
Oltre la porta non si sentiva
nessun rumore. Saltellando nervosamente, Usagi prese il coraggio a quattro mani:
«Ho provato di tutto, ma ho un freddo bestia. Non posso venire là dentro?»
Usagi tese l’orecchio, ma il
silenzio continuava a regnare sovrano.
«Mamoru?» disse con il fiato
sospeso.
«No!» tuonò lui. «Ti trovi
dalla parte sbagliata del confine.»
«Dimentica quella stupida
linea per un secondo» sibilò esasperata. «Maledetta la volta che mi è venuto in
mente di tracciarla.»
Usagi appoggiò la fronte
contro lo stipite, ma dovette ritrarsi subito, perché la porta si aprì di
scatto.
Mamoru era fermo davanti a
lei coperto solo da un paio di jeans che aveva infilato frettolosamente. Con
sguardo sospettoso guardò oltre la porta aperta della stanza di Usagi e con una
mano provò l’interruttore sulla parete.
«Mi credi adesso?» chiese
Usagi cercando di non battere i denti.
«Stavo solo controllando»
ribatté lui con un sorriso malizioso, «non puoi immaginare cosa inventano le
donne per riuscire a venire a letto con me!»
«Non voglio venire a letto
con te!» sibilò Usagi stringendo i pugni. «Voglio solamente… che tu mi ceda un
pezzo del tuo letto.»
«Che differenza fa?» chiese
lui alzando un sopracciglio.
«Lo sai benissimo» sbottò lei
ripensando con nostalgia alla meravigliosa tregua di poche ore prima, «ho sonno
e voglio dormire, mentre la tua bassa insinuazione presuppone…»
«Sesso» aggiunse Mamoru con
sguardo oltremodo provocatorio. «Vieni?»
Usagi non sapeva più cosa
fare: se da un lato desiderava un po’ di calore, dall’altro l’idea di dividere
il letto con Mamoru la intimoriva.
«Santi numi! Deciditi prima
che congeliamo tutti e due! Se fra cinque secondi esatti non ti infili in quel
letto, non ritenermi responsabile se crepi di freddo.»
Usagi entrò in camera e si
infilò sotto le coperte sospirando di sollievo. Sentì un fruscio e capì che
Mamoru si stava sfilando i pantaloni, e dopo qualche secondo intravide la sua
ombra avvicinarsi.
«Fatti in là» disse con voce
perentoria, «ti sei impossessata anche della mia parte.»
Usagi si rimpicciolì da un
lato facendo il possibile per rimanere lontana dal suo corpo.
«Puoi allargarti un po’ se
vuoi» disse Mamoru ridacchiando divertito, «non ho la peste e ho l’impressione
che tu stia cadendo dal letto.»
«Sto comodissima, grazie»
ribatté lei irrigidendo il corpo.
Si rese conto solo in quel
momento di aver commesso un grandissimo errore: affatto intimorito dalla
presenza di Usagi, Mamoru aveva occupato quasi tutto il letto. Se solo si fosse
spostata di un centimetro, Usagi avrebbe sfiorato il suo corpo nudo.
Quasi avesse intuito quel
pensiero, Mamoru allungò una mano e le sfiorò un braccio. «Sei gelida. Se ti
fossi messa qualcosa di più pesante, non ti saresti ridotta così. Se devi
indossare questa robetta» aggiunse dando uno strattone alla leggerissima camicia
da notte, «tanto vale che tu dorma nuda.»
«Ho una tuta da camionista.
Vuoi che la metta?» sibilò Usagi indignata.
«Una tuta da camionista?!»
ripeté Mamoru divertito. «Non ho mai sfilato una tuta del genere prima d’ora,
potrebbe essere un’esperienza interessante.»
«Non scuotere il letto
ridendo. Ho sonno e voglio dormire.»
Usagi affondò il viso nel
cuscino e cercò di rilassarsi, ma si sentiva a disagio e cercò di sistemarsi
meglio.
«Sta’ ferma» le mugugnò
Mamoru a pochi centimetri dalla nuca, «credevo che tu volessi dormire, oppure
stai cercando di sedurmi?»
All’improvviso Usagi si
irrigidì, perché aveva sentito che la mano di Mamoru dal braccio era scivolata
su un fianco. Con mano tremante gliel’afferrò e l’appoggiò nei pochi centimetri
che c’erano fra i loro corpi.
«Uno a zero, Usagi. Ma non
scordare che sei stata tu a chiedermi di dormire qui e non puoi certo biasimarmi
se mi viene da comportarmi come un uomo normale si comporterebbe.»
«Qualcosa non va?» sibilò
Usagi cercando inutilmente di frenare la lingua, «Rei non ti soddisfa più?»
«Se non ti addormenti subito
ti faccio vedere io!» la minacciò lui voltandole le spalle.
Dopo qualche minuto Usagi
sentì il respiro regolare e profondo e capì che Mamoru si era addormentato. Solo
allora riuscì a rilassarsi e lentamente il sonno la vinse.
Era una notte buia: la Luna
non riusciva a vincere l’oscurità, causata da nuvole minacciose che incombevano
sulla città.
Era stanca, ma non poteva
arrendersi: tutto dipendeva da lei.
Correva sui tetti per
fermarsi davanti a una creatura mostruosa.
«Fermo dove sei! Come hai osato fare del male alla povera gente di questa città?
Di amore e giustizia sono la bella guerriera con la sailor fuku, Sailor Moon! E
adesso nel nome della Luna io ti punirò!»
Iniziò una dura battaglia, ma
grazie all’aiuto di altre guerriere e di un cavaliere mascherato, la guerriera
ebbe la meglio sulla creatura.
«Amiche, Tuxedo Kamen: grazie
al vostro intervento il male ha cessato di esistere!»
Tutto attorno divenne buio, e
quando la luce vinse l’oscurità, le sue amiche e il cavaliere erano spariti.
Era sola, inginocchiata
davanti all’uomo che era tutta la sua vita, e che impugnava una spada, pronto a
usarla contro di lei.
Piangeva, e le sue lacrime
fecero vacillare il principe – perché, lei lo sapeva, l’uomo che amava più di se
stessa era un principe, e in un’altra epoca aveva donato la vita per lei.
Fece la sola cosa che il suo
cuore le dettava: tese le mani verso si lui, porgendogli un piccolo oggetto
luminoso; il misterioso principe allungò la mano per prendere quel dono
singolare, e non appena lo sfiorò si diffusero le note di una dolcissima
melodia.
Sapeva che era la fine di
tutto, ma non aveva rimpianti: la musica di quel carillon li avrebbe
accompagnati in una danza che sarebbe durata per l’eternità.
Quando si svegliò il mattino
dopo, ricordò tutti i particolari di quel suo sogno meraviglioso, e la melodia
che aveva sentito le era rimasta impressa nella memoria.
Avvertì una morsa al petto
nel rendersi conto che, al contrario della principessa del suo sogno, lei non
avrebbe avuto un lieto fine.
Usagi sentì le braccia di
Mamoru attorno al suo corpo e capì che durante la notte si era istintivamente
girata verso di lui. In preda al panico aprì gli occhi e cercò di liberarsi.
«Tranquilla.»
Usagi sollevò leggermente il
capo e vide che Mamoru la stava guardando con tenerezza. «Sei bellissima quando
dormi» mormorò stringendola più forte.
Con un gesto disperato Usagi
si girò di scatto, ma Mamoru le imprigionò il viso tra le mani e la baciò.
Non avrebbe voluto, ma
sentiva che doveva reagire: strinse i pugni e cercò di divincolarsi da
quell’abbraccio.
«Ti odio!» urlò cercando di
convincersi che era vero.
«Non fingere Usagi» mormorò
lui, «non puoi più mentirmi, perché il tuo corpo ha tradito i tuoi veri
sentimenti.»
Le mani di Mamoru le
accarezzarono il collo e indugiarono sul suo seno. Usagi strinse i denti, ma
sapeva che quella era una battaglia persa in partenza. Lentamente aprì gli occhi
e con mano tremante gli accarezzò le spalle.
«Mamoru» sussurrò Usagi
guardandolo negli occhi mentre affondava le dita fra i suoi capelli.
«Mi hai fatto impazzire fin
dal primo momento che ho messo piede in questa casa» le sussurrò lui
all’orecchio, «quel tuo comportamento prima invitante e poi distaccato mi ha
fatto perdere la testa! Ma adesso non mi respingerai più, vero? Keiji non fa per
te e io ti farò dimenticare la sua esistenza.»
Quel nome ebbe la forza di un
pugno nello stomaco. Usagi si sentì umiliata da quelle parole e cercò
disperatamente di uscire dal letto.
«Basta con questi stupidi
giochi, Usagi!» esclamò Mamoru con tono minaccioso.
Usagi si dimenò con quanta
forza aveva in corpo e quando capì che non sarebbe mai riuscita a liberarsi,
colpì Mamoru al torace con la testa.
«Maledetta!» esclamò lui con
rabbia.
Usagi si precipitò fuori
dalla stanza rimettendosi a posto la camicia da notte.
«Corri pure, Usagi» aggiunse
Mamoru con sarcasmo, «non andrai molto lontano!»
Ed ecco il
penultimo capitolo della storia… se tutto va bene, inserirò l’ultimo tra un paio
di settimane, ma non mi pronuncio perché… be’, sapete anche voi che la
puntualità non è il mio forte ^^”
Allora, ditemi:
che ve ne pare?
Mi metto qui,
buona buona in un angolino in attesa dei vostri giudizi.
E intanto
ringrazio di cuore chi ha la pazienza di seguire questi lenterrimi
aggiornamenti, chi legge, chi lascia un segno del suo passaggio, chi ha inserito
la storia tra i seguiti/preferiti: è per voi che, nonostante una settimana
infernale, trovo il tempo (e la forza) di mettermi al computer…
Un immenso ringraziamento a tutti voi, amici carissimi
♥
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Nuova pagina 1
15
Usagi cercò di liberarsi dal
violento tremore che si era impossessato di lei con un bagno bollente. Decise
comunque di non uscire dalla stanza per paura di incontrarlo per casa.
Indossò i jeans e il maglione
del giorno prima e cominciò a riassettare la camera. Piegò tutti i vestiti e li
ripose nell’armadio dove l’abito da sposa sembrava in agguato dentro
all’involucro trasparente di plastica. Come per magia le ritornarono alla mente
le parole della direttrice del pensionato dove aveva vissuto sei anni prima:
Cerca di fartene una ragione, tesoro. Il cielo ti ha dato la possibilità di
ricominciare tutto daccapo. Un giorno troverai un bravo ragazzo e lo sposerai e
insieme avrete tutti i bambini che vorrete.
Usagi chiuse gli occhi e si
sedette sul bordo del letto. Dopo qualche istante, si rialzò e prese l’abito,
l’adagiò sul letto con la ferma intenzione di ripiegarlo bene e infilarlo in
fondo ad un cassetto.
Non avrebbe indossato
quell’abito candido come la neve, né fra meno di un mese, né mai.
«Sono io che infrango le
regole, oggi» annunciò Mamoru aprendo la porta di scatto, ma il suo sguardo si
soffermò allibito sull’abito candido disteso sul letto.
«Cos’è questa?» domandò con
voce dura mentre Usagi si appiattiva contro la parete. «Un’altra delle tue
bugie? Non la smetti mai di prendere in giro la gente?»
«Solo tu ed io sappiamo che è
una bugia!» esclamò Usagi.
«Tu vorresti dire che…» disse
Mamoru lentamente guardandola negli occhi, «vuoi forse dirmi che Keiji non ti ha
mai sfiorato neanche con un dito e che non sa di non essere il tuo primo uomo?»
Usagi annuì in silenzio.
«Ma devi dirglielo!» disse
Mamoru esterrefatto, «non puoi fondare il tuo matrimonio su una menzogna. Se lui
ti ama, non gli importerà nulla.»
«E a te importerebbe?» chiese
lei sull’orlo di un pianto disperato.
«Sarebbe una cosa
irrilevante.»
«Anche se si trattasse di un
altro?» lo incalzò lei.
Il volto di Mamoru si fece
cupo. «Non credi che ti ami abbastanza, vero Usagi?»
Il silenzio fu la sola
risposta che Usagi poté dare.
Mamoru si avvicinò e le
appoggiò le mani sulle spalle. «Non puoi sposarlo se non lo ami. Dimmi la
verità, Usako. Se mi guardi negli occhi e mi dici che non mi vuoi, allora ti
lascerò andare. Ma questo tu non vuoi farlo, vero?»
«Ti supplico, Mamoru…»
protestò Usagi, ma proprio in quel momento la porta si spalancò.
«Siamo dovuto ritornare prima
a causa del maltempo. La porte era aperta e io…»
Keiji osservò la scena
impietrito sulla porta. «Cosa diavolo sta succedendo qui?» chiese con voce
indignata.
Mamoru si allontanò
lentamente da Usagi e sostenne lo sguardo furibondo di Keiji.
«Siamo tornati indietro di
sei anni» disse lentamente. «Questa volta tocca a te, Usako.»
Pur sapendo che insieme a
Keiji non avrebbe avuto un futuro felice, Usagi cercò con lo sguardo l’appoggio
di Mamoru, ma dall’espressione del suo volto capì che lo scontro finale era
inevitabile e carico di rischi.
Se solo le avesse fatto
capire di amarla, avrebbe rischiato tutto, ma ebbe la certezza che anche quella
volta si sarebbe ritrovata sola.
«Lasciaci soli, Mamoru» disse
Usagi con voce assente, «devo parlare con Keiji.»
Mamoru rimase colpito da
quelle parole, ma riprese il controllo della situazione.
«Se è così che desideri»
disse sottovoce. «Ti conviene trattarla bene, altrimenti te la farò pagare cara»
sibilò rivolto a Keiji mentre usciva dalla stanza.
Usagi si sedette su una sedia
stringendosi nelle spalle. Provava un freddo tremendo, come se una parte di sé
fosse morta per sempre.
Lentamente e con molto dolore
Usagi raccontò tutta la storia a Keiji, tralasciando solo il nome di Mamoru per
un oscuro senso di fedeltà. Osservò il volto di Keiji impallidire. Era pronta a
tutto, anche alla sua rabbia, ma non al suo disprezzo.
«Keiji, avevo diciassette
anni e Mamoru…»
«Mamoru» ripeté Keiji con
odio. «Hai avuto una relazione con lui, adesso e non sei anni fa! È stata una
fortuna che Minako sia dovuta andare via. Ti sei divertita moltissimo ad
architettare tutta questa storia!»
Usagi rimase in silenzio. Non
sarebbe servito a nulla spiegare a una persona che non voleva assolutamente
capire.
Keiji si avvicinò a lei con
una mano protesa in avanti. «Rivoglio l’anello» disse gelido, «non ci sarà
nessun matrimonio. A me non piacciono le briciole lasciate da altri.»
Il piccolo gatto alzò
indolente il muso e miagolò dolcemente, svegliato da qualcuno che era entrato
nel salotto. Usagi sentì qualcosa di metallico cadere con un tintinnio sul
divano.
«Le chiavi di Minako» disse
Mamoru, «non ne ho più bisogno.»
Usagi annuì. Non alzò neppure
lo sguardo, anche se sapeva che quella era sicuramente l’ultima volta che
l’avrebbe visto.
La mano di Mamoru si avvicinò
alla sua e la sollevò. «Hai restituito l’anello» disse guardandola con occhi
cupi, «cosa gli hai raccontato?»
«Tutto» rispose Usagi con lo
sguardo fisso su un punto lontano oltre la finestra.
«Tutto?»
«Sì, proprio tutto!” sbottò
Usagi scattando in piedi. «Ho raccontato di me, di te, del bambino…»
«Bambino?!» ripeté Mamoru.
«Quale bambino, Usagi?»
«L’ho perso» mormorò Usagi
chinando il capo, «un aborto spontaneo… dicono che sia abbastanza comune.»
«Santo Cielo, Usagi!» esclamò
Mamoru afferrandola per le spalle. «Era… era mio quel bambino?»
Usagi alzò il viso e Mamoru
vide le sue guance rigate di lacrime.
«Perché non me l’hai mai
detto? Perché?» chiese allibito.
«Anche se avessi voluto, non
potevo!» disse lei infuriata. «Eri partito per Yokohama facendo sparire ogni tua
traccia.»
«Il preside del liceo aveva
il mio indirizzo.»
Usagi lo investì con una
risata amara. «Ti sarebbe piaciuto che io fossi arrivata strisciando ai tuoi
piedi e ti avessi implorata di avere pietà di me, vero?»
Mamoru la lasciò andare e si
sedette su una sedia. «Sono andato a Yokohama perché mio padre stava male» disse
lui con un filo di voce, «è morto il giorno dopo il mio arrivo. Non c’era nessun
motivo che mi spingesse a tornare a Tokyo.»
Dopo un attimo di silenzio
Mamoru fissò Usagi con uno sguardo intenso.
«Ma tu non mi avresti
accettata se ti avessi cercato.»
«Perché no?» disse Mamoru
guardandola negli occhi. «Io sono ritornato per cercarti.»
Usagi rimase allibita dalle
implicazioni nascoste in quella frase. La mano di Mamoru l’attirò a sé e la
fece sedere al suo fianco.
«I miei veri genitori sono
morti molti anni fa, in un incidente stradale» confidò, e a Usagi parve di stare
ascoltando una storia familiare e sconosciuta allo stesso tempo. «Il fratello di
mia madre mi ha accolto a casa sua come se fossi suo figlio, e lui e sua moglie
sono stati gli unici genitori di cui ho memoria… Ho impiegato sei mesi per
sistemare tutto dopo la morte di mio padre. Mia madre ha avuto un esaurimento
nervoso e sono dovuto rimanere con lei. Confidavo nel fatto che avrei potuto
rintracciarti a casa tua, ma sei scomparsa nel nulla. Se avessi saputo del
bambino sarei tornato subito.»
«Tu mi avresti cercato?»
disse Usagi incredula. «Ma sei stato tu a rifiutarmi.»
«Non ti ho mai rifiutata,
Usagi» disse lui lentamente, «anche se non mi sono comportato come avresti
voluto tu… sarebbe stato troppo facile obbligarti a decidere con gli stessi
metodi di tuo padre. Dovevi decidere da sola.»
«Non capisco…» disse Usagi
con un filo di voce.
«Dovevo scoprire quali erano
i tuoi veri sentimenti. È un rischio insegnare a una cinquantina di ragazze
adolescenti, soprattutto se sono determinate come Rei. Dovevo accertarmi in
qualche modo di essere una cosa importante per te come tu cominciavi a esserlo
per me. Dovevi scegliere di stare con me, non perché ero più forte di tuo padre,
ma perché lo desideravi con il tuo cuore, indipendentemente dalle parole chi
chiunque…»
Usagi impallidì di colpo. Era
convinta che Mamoru Chiba l’avesse usata e poi gettata, quando invece aveva
cercato di darle il regalo più prezioso della terra: la libertà di scegliere di
rimanere accanto all’uomo che amava.
«Quando sono arrivato a casa
non riuscivo a dimenticarti e cercavo di convincermi che mi avevi usato contro
la tua famiglia. È stato tutto inutile e dopo qualche mese sono ritornato a
Tokyo. Sono passato da casa tua e tuo padre mi ha detto che eri andata a vivere
con qualcuno. Solo adesso ho capito che si trattava di Minako, ma allora…»
«Hai creduto che stessi con
un altro uomo!» sbottò Usagi indignata, ma si calmò subito alla vista
dell’espressione affranta di Mamoru.
«Che altro potevo pensare?»
Rimasero in silenzio per
quella che parve un’eternità, ognuno perso nei propri ricordi.
«Ho un regalo per te» disse
infine Mamoru. Si alzò in piedi e andò a prendere una busta marrone che aveva
appoggiato sulla valigia accanto alla porta.
«Il momento giusto per
dartela non arrivava mai» disse lui porgendogliela.
Usagi l’aprì lentamente ed
estrasse la foto che conteneva. Non appena la vide, le mani cominciarono a
tremarle e gli occhi le si riempirono di lacrime. Davanti a sé vide una ragazza
dallo sguardo tenero e provocante, il viso innocente e sensuale, la cui
espressione tradiva un tenero e profondo sentimento. Era l’immagine di una donna
innamorata e quello sguardo era rivolto a Mamoru, e a Mamoru soltanto.
«Allora tu l’hai sempre
saputo» sussurrò Usagi.
«Sì» rispose lui guardandola
con intensità. «Usagi, perché credi che sia venuto qui e abbia accettato il
lavoro da Sakage? Avrei potuto guadagnare dieci volte tanto rimanendo a
fotografare modelle e sfilate di moda.»
«Tu… tu…» balbettò Usagi
incredula.
«Sono venuto per cercarti»
disse Mamoru lentamente, «come potevo immaginare che eri tu la sposa che dovevo
fotografare? Ti amo, Usako! Ti ho sempre amata. Il mio modo di dimostrartelo non
è fra i più ortodossi, ma nemmeno tu sei uno zuccherino!»
«Dillo ancora» disse Usagi
facendo fatica a respirare.
«Sì, ti amo. Non riuscivo a
trovare il modo di toglierti quella maledetta maschera dietro alla quale ti
nascondevi. Ma ci sono riuscito, nonostante la linea di gesso… solo tu potevi
inventare una barriera così inutile» aggiunse sorridendo. «Dovevo solo aspettare
che tu la cancellassi di tua spontanea volontà.»
Usagi guardò quella linea
bianca, il simbolo di quanto aveva ostacolato il loro amore.
«Avrei dovuto toglierla molti
giorni fa» disse con un filo di voce, «quando ho capito che non avrei mai
sposato Keiji perché ti amavo ancora» aggiunse dirigendosi verso la porta.
«Dove credi di andare?»chiese
Mamoru afferrandola per le spalle.
«A cancellare quella stupida
riga!» esclamò lei con un sorriso abbandonandosi al suo tenero abbraccio.
«Non ti muoverai finché non
avrò infranto le regole una volta per tutte» le sussurrò all’orecchio mentre la
prendeva in braccio.
Il mattino successivo Usagi
si svegliò fra le braccia di Mamoru e provò una sensazione magnifica.
Si stiracchiò lentamente per
paura di svegliarlo, ma le sue forti braccia non accennavano a lasciarla andare.
«Serenity…» mormorò lui, e
Usagi provò un tuffo al cuore nell’udire quel nome. Sapeva che significava
qualcosa, qualcosa di importante… ma più si sforzava e più le immagini nella sua
mente erano sfocate e distanti.
Con mano tremante, accarezzò
il volto rilassato dell’uomo che aveva accanto. Chiuse gli occhi e posò un lieve
bacio sulle labbra di Mamoru.
«Mio principe… Endymion…»
Riaprì gli occhi, cercando di
capire perché avesse pronunciato quel nome, ma inutilmente.
Fu allora che si accorse di
un piccolo oggetto sotto il suo cuscino: era un carillon dalla melodia
dolcissima, la stessa che aveva sentito nel suo sogno la notte che aveva dormito
con Mamoru. Era sicura di non averlo mai visto prima di allora, però la sua
musica le era così familiare…
«Se non sbaglio» sussurrò
Mamoru con gli occhi ancora chiusi, «questo è il punto in cui tuo padre fece
irruzione a casa mia.»
«Non temere, questa volta non
succederà niente del genere» ribatté lei accarezzandogli i capelli.
«Allora nulla ci impedirà di
fare l’amore.»
«Proprio nulla» disse Usagi
facendosi piccola fra le sue braccia.
Proprio in quel momento il
campanello squillò.
«Non è possibile!» esclamò
Mamoru esasperato.
Usagi si mise a sedere sul
letto. «Minako!» esclamò colpendosi la fronte con una mano. «Mi sono scordata
che tornava oggi.»
Uscì dal letto e si infilò
una vestaglia, nella cui tasca infilò il carillon. «Sarà furiosa quando le dirò
che non ci sarà nessun matrimonio: ha comprato un vestito costosissimo!»
«Se fossi in lei non mi
preoccuperei tanto» disse Mamoru incrociando le mani dietro la testa.
Usagi si girò di scatto e gli
lanciò un’occhiata sbalordita.
«È facile ottenere una
licenza di matrimonio per metà del mese prossimo» spiegò lui con un ampio
sorriso, «sempre che tu voglia sposarmi!»
«Certo che lo voglio!»
esclamò Usagi precipitandosi verso il letto per baciarlo.
«Siamo d’accordo, allora»
sospirò lui estasiato mentre il campanello riprendeva a squillare. «Ti supplico
Usagi: vai ad aprire quella porta, altrimenti ti tengo qui con me e la povera
Minako dovrà aspettare fuori molto a lungo!»
Usagi fece per alzarsi, ma
dalla tasca della vestaglia cadde il carillon.
«Ti è caduto qualcosa …»
avvertì Mamoru alzandosi dal letto e indossando un paio di pantaloni beige e una
polo nera.
Usagi si inginocchiò per
riprendere da terra il piccolo oggetto che, nella caduta, si era aperto e aveva
iniziato a suonare.
Trascorsero lunghi istanti in
cui i due amanti furono troppo occupati ad ascoltare quelle note familiari per
poter anche solo respirare.
Usagi alzò lo sguardo verso
Mamoru, incurante delle lacrime che le rigavano il viso. «Endymion» sussurrò
nuovamente, e l’immagine di un principe si sostituì per un attimo a quella di
Mamoru.
Non riusciva a parlare, e
fece la sola cosa che il cuore le dettava: tenendo il carillon sul palmo della
mano lo porse a Mamoru, al suo principe.
L’uomo la osservò per qualche
istante con una strana espressione in volto, come se la vedesse per la prima
volta, dopo averla tanto attesa; poi allungò la mano verso quella su cui Usagi
teneva il carillon, e appena le sua dita sfiorarono il prezioso oggetto il tempo
si fermò.
Lo so, avevo
detto che questo sarebbe stato l’ultimo capitolo… ma stava diventando troppo
lungo, e mi avreste linciato di certo XD
Spero non vi
dispiacerà dovermi sopportare per un altro aggiornamento, ma stavolta garantito,
il prossimo (che è praticamente già scritto XD) sarà l’ultimissimo capitolo (giusto una paginetta per vedere cosa accade ^^ ) =)
Che dire?
Sempre un grazie
infinite a tutti voi, per aver letto fin qua e per avermi dato la spinta a
continuare questo progetto.
Un abbraccio, e a
presto :*
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** 16. Epilogo ***
Nuova pagina 1
16 Epilogo
Il cuore è chimico, che notte magica,
tu lo sapevi: mi hai già incontrata.
Nella mente di Usagi fu tutto
un turbinio di immagini, ma non erano pezzi di qualcosa di imprecisato: sapeva
esattamente a cosa si riferivano.
In pochi istanti rivisse le
lotte e le battaglie per la salvezza del pianeta, fino alla scoperta del suo
passato. Lei era Usagi, ma anche Sailor Moon, la guerriera dell’amore e della
giustizia. Era Serenity, principessa della Luna. E l’uomo che aveva dinanzi era
Mamoru, Endymion, il principe che amava più di se stessa.
Cerco lo sguardo di Mamoru e
capì che anche lui sapeva, ora.
Mamoru le si inginocchiò
davanti e la strinse fra le braccia. «Non erano sogni» mormorò, parlando più a
se stesso che ad Usagi.
«Mi dispiace» sussurrò lei,
ricordando il momento esatto in cui tutta la loro vita era cambiata. «Perdonami,
amore mio…»
Si sciolse dal suo abbraccio
e nascose il volto tra le mani. Aveva perso tutto, e niente avrebbe potuto
donarle ciò a cui lei stessa aveva voltato le spalle, anni prima.
Avvertì un calore provenirle
dal petto e lei si aggrappò a quella sensazione come se fosse la sua sola ancora
di salvezza; alzò lo sguardo su Mamoru e desiderò poter tornare indietro e
cambiare quel loro futuro, un futuro che aveva creduto di volere, ma che ora
rifiutava con ogni fibra del suo essere.
Mamoru le sorrise, ma Usagi
lesse il dolore nei suoi occhi: anche lui aveva visto, anche lui sapeva.
C’erano segni, c’erano segnali,
numeri indecifrabili forse nascosti
sotto ai mari.
E Ami? Rei? Makoto? Minako?
Avevano ricordato anche loro?
Haruka e
Michiru?
Hotaru?
Setsuna?
Setsuna!
Lei sapeva!
Lei l’aveva riconosciuta, al
ballo…
E quella bimbetta dai capelli
rosa… la sua piccola peste…
Setsuna le aveva fatto
incontrare sua figlia, quella sera…
Non riuscì a trattenere un
singhiozzo e avvertì le forti braccia di Mamoru stringersi attorno alle sue
spalle.
«Andrà tutto bene» le
promise, e Usagi avrebbe davvero voluto potergli credere.
Perdutamente mia ora più che mai viva
un raggio della luna caduto su di me.
Perdutamente tua d'amore e d'incoscienza
prendimi sotto la pioggia,
stringimi sotto la pioggia.
La vita ti darò
Il calore che provava al
petto aumentò di intensità, fino a espandersi per tutto il suo corpo.
Da una lacrima sul suo viso
si sprigionò una forte luce, e un cristallo si materializzò a pochi centimetri
dal suo viso: il Cristallo d’Argento era lì, sospeso a mezz’aria, in attesa che
la sola persona degna di possederlo lo afferrasse.
Usagi allungò una mano verso
il prezioso cristallo: avrebbe dato la vita, pur di riavere indietro il tempo
perduto.
Chiuse gli occhi, accecata
dalla luce emanata dal cristallo, pregando che il fato le regalasse una nuova
opportunità per essere felice.
***
Ferma davanti a una boutique
di abiti da sposa, ammirava rapita un abito bianco, dall’ampia gonna e dal
corpetto ornato con delicati ricami.
Una scritta prometteva sogni
di felicità: Realizza il tuo più grande sogno. Regina per un giorno.
«Che vi dicevo? Eccola
incantata davanti la solita vetrina!»
«Usagi! Ti stiamo aspettando
da più di venti minuti, ormai…»
Usagi si guardò intorno,
certa di non capire: le sue amiche di sempre erano lì, davanti a lei, e le
sorridevano.
Guardò il suo riflesso sulla
vetrina del negozio e il suo cuore perse un battito: aveva sedici anni.
Tutto era stato cambiato, il
futuro era ancora da scrivere.
Si voltò verso le sue amiche
e corse loro incontro.
Avrebbe voluto sapere se
anche loro avevano avvertito il cambiamento, ma mentre le abbracciava si rese
conto che no, non le importava granché.
La cosa fondamentale era
essere tornata.
A pochi metri da loro, un
ragazzo moro osservava la scena.
Usagi lo avrebbe riconosciuto
tra mille altri.
Era Mamoru, il suo principe,
che nonostante tutto l’aveva sempre amata, e l’aveva salvata, ancora una volta,
da una vita che non le apparteneva: il ragazzo sorrise in sua direzione e le
soffiò un bacio. Poi mimò con le mani una macchina fotografica, prima di
salutarla e tornare sui suoi passi.
Chissà per quanto avrebbero
ricordato… Usagi non lo sapeva, né le interessava: prima o poi, quella loro vita
parallela sarebbe stata solo l’eco di un sogno, e non avrebbe avuto più alcuna
importanza.
Ciò che contava era aver
avuto indietro il tempo.
Era stata una sciocca a voler
cambiare la sua vita: era già perfetta, e c’erano voluti sei anni per scoprirlo.
Ma il destino le aveva donato
una seconda possibilità, e Usagi non se la sarebbe fatta scappare.
Amava la sua vita, e avrebbe
fatto tesoro di ogni attimo, perché per renderla speciale bastava poco … come
una coppa di gelato con le compagne di sempre.
Oh, yeah!
Storia
definitivamente conclusa ^^
Ora, lo so che
per come era andata avanti la storia ci sarebbe stato un finale meno…
piatto... ma
ultimamente mi gira male, e non sono particolarmente in vena di romanticherie XD
Avrei voluto
inserire Mamoru in modo approfondito, ma anche qua non me la sono sentita…
Insomma, un
finale aperto che più aperto non si può XD
Spero che questo
ultimo capitolo non vi abbia lasciate insoddisfatte, perché mi dispiacerebbe
molto…
Le frasi a lato sono riprese dalla canzone "Colpo di fulmine", scritta da Gianna Nannini e interpretata da Giò di Tonno e Lola Ponce.
Ringrazio tutti
coloro che hanno letto fin qua, chi ha recensito, chi ha inserito la storia tra
preferiti/seguiti… insomma, grazie a tutti voi :*
Spero di
riprendere in mano presto le altre storie che ho in sospeso, specialmente
“Insieme per sempre” per Sailor Moon e “Ali in gabbia, occhi selvaggi” per la
sezione Twilight, perché sono le storie a cui sono più legata, nonostante siano
sospese da tempo immemore…
In ogni caso, non
mi perderò per strada: occhi aperti, perché ho già pronta qualche nuova, folle
idea da sottoporre alla vostra attenzione =)
Di nuovo, un
grazie infinite per il sostegno che mi avete dato e un abbraccio forte forte :*
Bax, Kla
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=278205
|