Please, forgive me!

di Jay Boulders
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Grimmauld Place ***
Capitolo 2: *** Allora, baciami. ***
Capitolo 3: *** Non riesco neanche a guardarti ***
Capitolo 4: *** Lo sbaglio ***
Capitolo 5: *** Sfiorarsi ***
Capitolo 6: *** Il tuo odore tra mille ***



Capitolo 1
*** Grimmauld Place ***


Harry si sentiva contaminato, infetto: era così che i Mangiamorte l'avevano individuato?
«Se io non posso usare la magia senza rivelare la nostra posizione, e voi nemmeno finché siete vicino a me...» esordì.
«Non ci separeremo!» esclamò Hermione, decisa.
«Ci serve un posto sicuro dove nasconderci» disse Ron. «Per avere il tempo di riflettere».
«Grimmauld Place» propose Harry.

Arrivati, decisero di comune accordo di accamparsi nel maestoso salone dell’appartamento. Dopotutto sarebbero dovuti restare soltanto quella notte, non c’era motivo di preparare tre stanze con letti ricoperti di polvere e teli.
O meglio, quella era il razionale ed ovvio ragionamento venuto fuori. Nessuno dei tre sarebbe voluto restare solo, raggomitolato in un letto in preda all’ansia e alla paura di ciò che dal giorno successivo, la ricerca degli horcrux, avrebbe portato.
La paura dell’ignoto, di ciò che sarebbe stato, l’attesa della battaglia finale.

Harry e Ron srotolarono i loro sacchi a pelo al centro del salone, accanto al divano che per scontato e di comune accordo, avevano deciso di lasciare ad un Hermione, che dopo iniziali proteste sul fatto di non voler essere trattata con benefici soltanto perché fosse l’unica ragazza, aveva accettato con riserve.

Il tempo scorreva, questo era normale. Ma Ron non sapeva dire se ciò accadeva in modo accelerato o terribilmente lento. L’unica cosa certa è che non riusciva a prendere sonno, pur essendo totalmente e completamente distrutto dalla moltitudine di avvenimenti delle ore precedenti.
La sua mente ritornò al ricevimento di suo fratello, all’attacco, alla lancinante paura che ebbe in quell’istante, non riuscendo a trovare Hermione tra la folla urlante e terrorizzata. I suoi occhi saettavano da un punto all’altro, in modo del tutto disordinato e senza una scia precisa.
Nel momento in cui la vide, non poté che sentire un forte sollievo partirgli da dentro, ed espandersi pian piano in tutto il resto del suo corpo.
Vedendola, si accorse che per quanto la sua espressione fosse sperduta e impaurita a sua volta, notò un moto di sollievo anche nei suoi occhi dal momento in cui i loro sguardi si incrociarono. Che anche lei… lo stesse cercando disperatamente? Che anche lei… No, non era ne il momento ne il luogo per pensare a certe cose. Non poteva, lui non poteva… Hermione era la sua migliore amica, e lui non poteva riempirsi la testa di certi pensieri, e tanto meno illudersi che nei suoi gesti, nei suoi sguardi, ci fossero segni che anche lei… Dovevano essere uniti, lui, Hermione ed Harry. Non poteva rovinare un’amicizia così lunga sulla base di… di nulla.
L’unico pensiero che aveva il permesso di avere, era di concentrarsi sui loro compiti, sul ritrovamento degli horcrux e combattere al loro fianco… e di proteggerla ad ogni costo.

Capendo che fosse impossibile riuscire ad addormentarsi, decise che era il caso di alzarsi e fare qualcosa che gli tenesse la mente occupata. Si sollevò lentamente cercando di ridurre al minimo il fruscio del sacco a pelo che sfilava dal suo corpo.
Alzandosi in piedi vide alla sua destra l’amico che dormiva della grossa. Ma come diavolo faceva… anche se non poté non notare una sorta di angoscia nella sua espressione. Come dargli torto.
Ripromettendosi di non guardarla, tenne il volto rigorosamente girato dal lato opposto a quello del divano, fece qualche passo in direzione della porta quando una flebile voce richiamò la sua attenzione, facendolo arrestare, pur senza girarsi dal punto in cui proveniva, perché sapeva bene dove fosse.

«Dove stai andando?» sussurrò quasi, per non svegliare l’altro amico.

Il ragazzo senza voltarsi ancora, rispose con un secco ‘bagno’ riprendendo il suo cammino senza dare modo al suo interlocutore di fargli ulteriori domande.

Arrivando in bagno, entrò di corsa accostando la porta e poggiando i palmi sul lavandino.
Cosa avrebbe dato per saperla da qualche parte al sicuro… era proprio questo il problema. Nessun posto era sicuro in quel momento, e se avendola accanto poteva sapere che stesse bene, poteva proteggerla lui stesso… beh allora andava bene così.
Peccato che il suo “averla accanto” non gli bastava più. A Hogwarts poteva distrarsi in mille e più modi per non pensare a lei in quel modo. Ma lì… in quella situazione non ci riusciva, non poteva scacciare dei pensieri insediati così in profondo nella sua mente, e nel suo cuore. Sarebbero potuti morire e lui era costretto a tenersi comunque tutto dentro.

Uno scricchiolio lo ridestò, sollevando il volto vide dallo specchio che lo fronteggiava il riflesso della porta socchiusa e del profilo di Hermione che si affacciava cauta all’interno.

«Scusa io… ho visto che la porta non era chiusa. Non ho bussato per paura di far spaventare Harry. Ormai ogni piccolo rumore può mandarlo in agitazione. Va… va tutto bene?»

Il ragazzo abbassò gli occhi dallo specchio, fissando il fondo del lavandino senza proferir parola.

«Ron…?» aggiunse con lieve preoccupazione la ragazza.

Di rimando ottenne l’attenzione di lui, che si voltò poggiandosi contro il lavandino.

«Cosa c’è Hermione? Perché continui a starmi continuamente addosso? Se tuo essere una so-tutto-io comprende il voler necessariamente sapere tutto ciò che passa nella testa di chi ti sta intorno, beh non calcolarmi nel pacchetto.» disse seccato, avvicinandosi alla porta, senza però guardarla negli occhi.

Le aveva scaraventato addosso tutta la sua frustrazione, la sua rabbia, e non osava incrociare il suo sguardo. Probabilmente aveva sbagliato, ma l’unica cosa di cui ora non aveva bisogno era di ricevere una stupida ramanzina sul rispetto e l’educazione e tanto meno avere un litigio con lei, era stanco, non ne aveva voglia, non ne aveva le forze.

«Torno a letto.» aggiunse, arrivando a pochi passi dall’uscio.
E rendendosi conto che la figura di lei non si spostava, permettendogli il passaggio, fu costretto ad alzare lo sguardo.
Ma ciò che vide non era un Hermione su tutte le furie, pronta a riempirlo di insulti e rimproveri.
Ciò che vide gli spezzò il cuore in mille pezzi, provocandogli un dolore insopportabile alla vista di lei, con lo sguardo fisso su di lui e gli occhi inondati di lacrime, seppur trattenute a stento.

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Capitolo 2
*** Allora, baciami. ***


«Torno a letto.» aggiunse, arrivando a pochi passi dall’uscio.
E rendendosi conto che la figura di lei non si spostava, permettendogli il passaggio, fu costretto ad alzare lo sguardo.
Ma ciò che vide non era un Hermione su tutte le furie, pronta a riempirlo di insulti e rimproveri.
Ciò che vide gli spezzò il cuore in mille pezzi, provocandogli un dolore insopportabile alla vista di lei, con lo sguardo fisso su di lui e gli occhi inondati di lacrime, seppur trattenute a stento.

Di istinto ciò che spontaneamente gli venne da fare, fu sollevare il braccio, quasi per andare a sfiorarla. Cosa che ovviamente non fece, pur continuando a guardarla con gli occhi sbarrati e una terribile sensazione di colpa.

«Herm… io non-non intendevo-» ma le sue scuse furono bruscamente interrotte dalla flebile e incupita voce di lei.

«Cosa non intendevi fare? Ferirmi? Farmi sentire come fossi un ingombrante e scomodo peso per te? Un fastidio?» disse tutto in un fiato «Perché se era questo che non intendevi fare, mi dispiace. Ma non ci sei riuscito affatto.» concluse fronteggiandolo con lo sguardo, sicura in volto seppur non riuscendo a celare gli occhi ancora inondati di lacrime.

Il rosso non sapeva minimante cosa dire. Odiava quando gli veniva parlato in quel modo. Ma di certo stavolta era pienamente nel torto.
Non voleva di certo ferirla. O meglio voleva allontanarla. Ma non ferendola, o forse si. Purtroppo per lui, le due cose erano una la conseguenza dell’altra. Non poteva ottenere l’ultima senza prima ferirla. Però l’aveva comunque fatto.

«Hermione sono soltanto stanco. Mi dispiace, non penso ciò che ho detto. Ora è meglio che andiamo a dormire.» Taglio corto lui, cercando di uscire finalmente dal bagno ma trovando di nuovo l’imposizione del corpo di lei, che non si era mosso di un millimetro.

«Pensi che un ‘mi dispiace’ basti a non farmi chiedere se ciò che hai detto lo pensi realmente o meno? C’erano degli equilibri Ron, delle consapevolezze che avevamo io, te ed Harry. Ed una di queste era che la compagnia dell’altro ci metteva a nostro agio, ci faceva piacere. Ma ora mi hai soltanto dimostrato che per te non è così nei miei confronti.»

«Ti ho detto che non sono cose che pensavo. Cosa vuoi che ti dica in più?» chiese seccato il ragazzo.

«E quale delle due volte dovrei crederti? Quando mi dici che non sopporti più la mia presenza o quando trenta secondi dopo ti rimangi tutto?» ribatté con un filo di nervosismo sempre crescente nella voce. «Dovrei fidarmi e dare peso a ciò che dici solo quando lo stabilisci tu, Ronald?»

«Senti, fai come ti pare. Tanto è inutile quando ti metti in testa qualcosa neanche la parola del primo Ministro può servire a farti cambiare idea! Io me ne torno a dormire, se tu vuoi rimanere in bagno fa pure, ma almeno lasciami passare.»

La ragazza si spostò lasciando libero il passaggio del rosso. «Non resterò di certo qui. Me ne vado, buonanotte Ron.» concluse spostandosi verso la sala da pranzo, dove avevano lasciato gli zaini.

Wesley strabuzzò gli occhi confuso «Che significa che te ne vai?!» chiese in direzione della ragazza. Ma non trovando risposta la seguì nell’altra stanza, trovandola intenta a raggruppare le sue cose.
Non ricevendo la minima attenzione, le si avvicinò prendendola per un braccio, facendo sì che fosse costretta a guardarlo.

«Ti ho chiesto che diavolo significa che te ne vai!» esclamò alzando di molto la voce.

«Abbassa il tono! Vuoi anche svegliare Harry adesso?» aggiunse stizzita lei.

Lo sguardo del rosso divenne serio e grave. La fissava scuro in volto continuando a tenergli l’avambraccio a mezz’aria stringendo ancora più saldamente la presa.

Non essendoci nessuna risposta, fu lei a riprendere il dialogo. «Cos’è, non mi sopporti al punto da volermi picchiare? Forza Ron, tocca il fondo. Prova ad alzarmi le mani contro. Ti farebbe sentire meglio picchiare una ragazza? Picchiare il ‘peso’? Cosa aspet-»

Un rumore secco rimbombò nelle antiche mura della stanza.
Lui, con gli occhi sbarrati e la mano tremante verso l’alto.
Lei, con le lacrime che finalmente le erano fuoriuscite dagli occhi, e le rigavano il volto si teneva il dorso della mano contro il viso.

Meccanicamente il ragazzo prese la bacchetta dalla tasca posteriore dei suoi jeans ‘Reinnerva’ pronunciò.

Il rossore dalla guancia di Hermione scomparve, lasciandole però le lacrime ancora fuoriuscire, e l’espressione addolorata in volto.
Ci furono alcuni lunghi istanti di silenzio, spezzati dalla voce risoluta del ragazzo.

«Non ti dirò che mi dispiace. Perché hai superato il limite. E non ti permetterò di dirmi che risanare ciò che ho fatto con una magia è inutile, perché ciò che è successo resta comunque, questo lo so. Lo so bene.» puntualizzò lui con una voce totalmente piatta. «Penso che se prima avessi potuto farti cambiare idea in qualche modo sul fatto di non andartene, ora non c’è nulla che io possa dirti o fare per cambiare le cose.»

Finalmente fu la volta di lei a parlare «Perché dovrebbe interessarti farmi restare?» sussurrò ormai completamente bagnata in volto.

«Perché credo che sia il posto più sicuro. Il meno peggio, dove io ed Harry possiamo fare in modo che non ti accada nulla. Perché anche se ora ne sei convinta, non è vero che sei un peso. Noi tre siamo una famiglia, non dovremmo separarci, dovremmo prenderci cura di noi l’un l’altro.» sospirò mestamente «Se ora mi odi e non vuoi restare per me lo capisco, ma fallo almeno per Harry.»

«Vorresti che restassi per Harry?» chiese avanzando di un passo verso di lui «Ti andrebbe bene se restassi solo ed esclusivamente per lui?»

«Se non c’è altro modo, si. Va bene così, Hermione.»

«Ti interessa veramente che io resti? Tanto da far qualcosa per convincermi a rimanere?»

«Se sapessi che non è una battaglia persa lo farei. Ma come ti ho detto ti conosco, e so che quando ti fissi su qualc-»

«Allora baciami.» lo interruppe lei. Lasciandolo sbigottito ad addentare l’aria.

«Co-cosa?» chiese sperdutamente lui.

«Hai capito benissimo. Se vuoi che resti, e se come hai detto faresti di tutto per farmi cambiare idea, allora baciami. Baciami e non me ne andrò.»

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Capitolo 3
*** Non riesco neanche a guardarti ***


«Ti interessa veramente che io resti? Tanto da far qualcosa per convincermi a rimanere?»

«Se sapessi che non è una battaglia persa lo farei. Ma come ti ho detto ti conosco, e so che quando ti fissi su qualc-»

«Allora baciami.» lo interruppe lei. Lasciandolo sbigottito ad addentare l’aria.

«Co-cosa?» chiese sperdutamente lui.

«Hai capito benissimo. Se vuoi che resti, e se come hai detto faresti di tutto per farmi cambiare idea, allora baciami. Baciami e non me ne andrò.»

 

Dire che il ragazzo rimase basito era un eufemismo, l’unica cosa che gli riusciva alla grande in quel momento, era di fissarla con gli occhi sbarrati e l’espressione di chi ha appena ricevuto un bolide in pieno volto.

Dopo non troppo tempo, prese il coraggio e la forza di mettere delle parole di senso compiuto in fila e parlò.

«Mi-mi spieghi qual è il collegamento tra il convincerti a farti restare e… e ‘questo’? Sarò uno stupido forse, ma come al solito proprio non ci arrivo.» chiese ancora incredulo agli occhi di lei.

Di rimando, la ragazza non fece una piega, rispondendogli a tono senza far sfuggire nessun tipo di emozione dalla sua voce. «Perché in questo modo mi dimostreresti sul serio che sei disposto a tutto pur di non farmi andare via. E quale gesto migliore di un qualcosa che non ti sogneresti mai di fare?»

Avrebbe voluto dirle che non c’era notte, o attimo perso nelle sue riflessioni in cui non aveva immaginato di farlo, e che più una sorta di obbligo al gioco della bottiglia quello non sarebbe stato altro che la coronazione di tutto ciò che aveva sempre sperato di fare. Ma ovviamente non furono queste le parole che vennero dette ad alta voce, in quella piccola stanza che ormai era diventata un concentrato di sensazioni.

«Mmm ok, beh si ha un senso.» dichiarò con spavalderia nella voce. «Dunque, ti bacio e resti, giusto? Di certo è uno sforzo che posso fare al confronto di ore di interminabili ramanzine da parte di Harry sul fatto di averti fatto andar via. Quindi, vogliamo mmm procedere?» concluse, avvicinandosi a lei nel modo più disinvolto e freddo che riusciva a mostrare.

Hermione dal canto suo rimase immobile, la sua espressione non tradì l’infinito dolore che provava dentro. Le cose che aveva sentito prima, sul fatto di essere un ingombrante e fastidioso peso erano vere. Non pensava certo di… piacere a lui nel modo in cui Ron piaceva a lei. Ma di certo non arrivava a pensare a tutto questo.

Si limitava a guardarlo mentre si avvicinava, le mise una mano sulla spalla, continuando la lenta avanzata.
Ron non sperava altro che tutto quel prolungare la ‘cosa’, avrebbe fatto cambiare idea alla ragazza. Farle capire che un bacio come quello… non era di certo ciò che avrebbero voluto.
Ma un cenno da parte di lei non arrivò, fu così che si vide costretto a terminare quella dolorosa avanzata scontrandosi con le sue labbra.

Non ci fu una minima reazione da parte di Hermione, ciò portò il rosso a scostarsi bruscamente. Quello che si era rivelato era stato solamente un freddo e insignificante incontro di labbra, nulla di più.
E a parte il cuore a mille per una vicinanza come quella, non aveva sentito altro.

«Beh? Non sei contenta ora? Ti ho dimostrato che voglio che resti.»

«No» disse flebilmente lei, ancora immobile. «Mi hai dimostrato solamente che pur di non avere problemi con Harry sei disposto a fare qualcosa che ti fa schifo. Se hai dimostrato qualcosa a qualcuno è a lui, di certo non a me.» dichiarò, non riuscendo a celare gli occhi, che man mano diventavano sempre più lucidi. «Non ce la faccio, mi dispiace. Non riesco neanche a guardarti ora.» e senza dargli il tempo di replicare, si voltò, e toccando il proprio zaino, sparì smaterializzandosi.

Quello che accadde in quella piccola stanza, ormai orfana di una persona, fu un secco e ridondante tonfo, causato dal pugno del ragazzo contro lo stipite della porta, mentre calde lacrime gli rigavano il viso.

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Capitolo 4
*** Lo sbaglio ***


«Beh? Non sei contenta ora? Ti ho dimostrato che voglio che resti.»

«No» disse flebilmente lei, ancora immobile. «Mi hai dimostrato solamente che pur di non avere problemi con Harry sei disposto a fare qualcosa che ti fa schifo. Se hai dimostrato qualcosa a qualcuno è a lui, di certo non a me.» dichiarò, non riuscendo a celare gli occhi, che man mano diventavano sempre più lucidi. «Non ce la faccio, mi dispiace. Non riesco neanche a guardarti ora.» e senza dargli il tempo di replicare, si voltò, e toccando il proprio zaino, sparì smaterializzandosi.

Quello che accadde in quella piccola stanza, ormai orfana di una persona, fu un secco e ridondante tonfo, causato dal pugno del ragazzo contro lo stipite della porta, mentre calde lacrime gli rigavano il viso.

Harry era intento nel fasciare la mano dell’amico, con un’espressione scura in volto. «Ti ho gia detto che sei un grandissimo idiota?»

Ciò che ottenne fu un’occhiataccia del rosso, il quale ritenne giusto non proferir parola tanto era il suo senso di colpa.

Il silenzio assoluto regnava in quella stanza, interrotto di tanto in tanto dal fruscio emesso dalle bende che gli venivano sistemate intorno alla ferita.

«Io non… non volevo che se ne andasse.» sussurrò appena, senza neanche guardare il suo interlocutore il quale non parve toccato da quelle parole.

«Se avessi solo lontanamente pensato che avessi combinato tutto questo di proposito, stai tranquillo che ora non è la tua mano che starei fasciando.» concluse risoluto il ragazzo, tentando di finire il lavoro. «Ormai quel che è fatto è fatto Ron, non possiamo fare nulla. Non puoi fare nulla. E’ troppo pericoloso mandarle un gufo e non sappiamo minimamente dove sia. Se tornerà, sarà perché l’avrà deciso lei.»

«Sai che non tornerà! Non dopo… se non le chiedo neanche scusa, se non le faccio capire che mi dispiace, non tornerà mai.» dichiarò il rosso con un lieve accenno di nervosismo nella voce.

Harry si alzò, posando gli oggetti nella cassetta del pronto soccorso che aveva poco prima materializzato «Vuoi andarla a cercare Ron? Perché io posso continuare da solo, all’inizio si supponeva dovessi fare questo da solo, e il fatto che tu-…»

«Non dire sciocchezze! Non ti lascio andare incontro a Tu-sai-chi da solo. Già ti ho creato un bel casino facendola andare via, di certo non me ne andrò anch’io. E non voglio più sentire cose del genere da te.» concluse risoluto, muovendo la mano ferita e sentendo delle fitte provenienti dalle nocche.

-

Trascorsero i giorni, e di Hermione nessuna notizia. L’argomento era diventato tabù.
Si erano spostati verso nord, su una pista che si rivelò falsa riguardante la presenza di un possibile Horcrux.
Si ritrovarono così in una piccola baita utilizzata dai ranger nel periodo primaverile.

Era vero, non ne parlavano. Ma non per questo Ron riusciva a non pensare a Lei. Anche ora, mentre cercava rami da utilizzare per il camino, riusciva a nascondere il suo ricordo.

Avvicinandosi alle scalette di legno che portavano all’uscio della piccola costruzione, si bloccò sul ciglio, sentendo distintamente la voce del suo amico.
Per quale motivo Harry stava parlando? Si presupponesse fosse da solo. Forse un attacco? No, certamente non avrebbe parlato in modo tranquillo come quello che stava udendo.

Che fosse tornata…? Un qualcosa gli disse di aspettare ancora, anche se la curiosità e la voglia di vedere chi altro c’era dietro quella porta si stava facendo insopportabile.

“Non dire sciocchezze… sai bene che-… Piuttosto da quanto?... Ho capito, ma così è comunque inutile… E’ proprio per questo che ti ricambia!... Senti non si arriverà a nulla in questo modo, lo capisci? Perfav-“

La voce di Harry si bloccò all’istante nel momento stesso in cui la porta si spalancò bruscamente, facendo entrare insieme ad una gelida ventata d’aria, il profilo disorientato del rosso, con gli occhi pressoché sbarrati.

Le pupille di lui saettarono da una parte all’altra del piccolo salotto, alla ricerca dell’interlocutore del suo amico. Ciò che vide fu… il nulla.

«Cosa ti prende Ron? Trovata la legna?» chiese Harry con leggerezza, spostandosi verso di lui.

«Io… con chi miseriaccia stavi parlando?! E non dire che me lo sono immaginato perché ti ho sentito benissimo!» chiese al limite dell’incredulo il ragazzo.

«Ron… ti sembra ci sia qualcuno qui dentro? Con chi vuoi io stessi parlando? Da solo forse?»

Quelle parole, per quanto ovvie, avevano una logica. Ma l’aveva sentito, gli stava nascondendo qualcosa. In fondo anche se a fin di bene, non sarebbe stata la prima volta che succedeva.
Ciò che ne emerse è che ritenne giusto non indagare ulteriormente al riguardo per il momento e concludere la strana conversazione con un grugnito di assenso.

Quella stessa sera, mentre era intento a lavarsi i denti nel piccolo bagno della baita, si incantò davanti allo specchio ripensando al suo solito chiodo fisso, che proprio non lo abbandonava.

La voce del suo amico lo distolse dai suoi pensieri. In un primo momento pensò che lo stesse chiamando, fin poi rendersi conto che si stava ripetendo ciò a cui aveva assistito, o almeno aveva creduto di assistere poche ore prima.

“…Che intenzioni hai?... Tastare il terreno?! No, senti non posso, io non-… Ok, non voglio. Non è una buona idea e non è corretto… Sta per uscire, senti finiamola con questa storia, o glielo dici tu o glielo dico io, non mi va di mentirgli ancora…”

Ormai era tutto chiaro, una fitta al petto seguì la consapevolezza che aveva appena raggiunto.
Per la seconda volta, il rosso spalancò bruscamente la porta e per la seconda volta non trovò nessun altro. Ma a differenza della prima, stavolta ciò non lo sorprese affatto.

Il suo amico colto di nuovo in flagrante, si preparò psicologicamente alla raffica di domande che gli avrebbe posto, e si stupì del fatto che ciò che vide fu solo un Ron tranquillo che si andrò a sedere intorno al tavolo.

«Ho finito, se vuoi puoi andare tu.» fu l’unica cosa che disse.

«Ah… grazie ma voglio fare un giro di ronda tra poco, andrò al mio ritorno.» rispose disorientato il ragazzo.

Raggiungendo il tavolo anch’egli, Harry si chiese cosa fosse giusto o meglio fare, tastare il terreno o no?
Ciò che ne dedusse era che voleva risolvere quella situazione al più presto, anche con metodi meno… ‘corretti’. «Ron posso… chiederti una cosa?»

In risposta ricevette un cenno di assenso da parte del rosso, che nel frattempo era intento a mangiare della zuppa avanzata dal giorno.

«Ecco mi chiedevo… so che non sono affari miei ma dopotutto siamo amici da anni e… come mai non hai mai detto ad Hermione ciò che provi per lei?» chiese incerto, sicuro di una risposta sgarbata.

L’attenzione dei due venne catturata dallo scricchiolio di una delle vecchie assi di legno del pavimento, poco lontano da loro.

Un ghigno ferito comparve sul volto del rosso «Non le ho mai detto niente al riguardo perché non c’è niente da dire. Non provo nulla per lei che vada oltre la semplice amicizia, Harry.»

Una risposta del genere lasciò sconcertato l’amico. E’ vero Ron non si era mai esplicitamente dichiarato al riguardo, ma i suoi silenzi sulle domande mirate di lui in passato, avevano fatto intendere per certo che ciò che provasse andava ben oltre la sola amicizia. Per non parlare del modo in cui la guardava.

«Ah… tu stai, dicendo questo perché ti senti in collera con lei vista la… situazione attuale?» cercò di recuperare in calcio d’angolo il ragazzo.

«Affatto, puoi stare tranquillo Harry. Per me è solo un’amica. Può stare con chi vuole, non mi interessa. Però certamente sarebbe giusto non tenerlo nascosto, almeno rispettoso.»

«Cosa intendi scusa?»

«Niente Harry, solo che un po’ di sincerità sarebbe apprezzata una volta tanto. Tutto qui.»

Quell’affermazione colse il ragazzo alla sprovvista «Intendi dire che non sono onesto con te?»

«Si, è esattamente quello che intendo. E va bene finché si tratta di segreti indichiarabili come quelli che avevi con Silente, o con Sirius. Ma da quanto sto capendo certe cose preferisci tenertele per te a prescindere da loro.» concluse stizzito, provocando un moto di irritazione del suo interlocutore.

«Se pensi questo di me allora perché diavolo sei ancora qui?!»

«Sai che ti dico? Hai perfettamente ragione. Me ne vado.»

E senza neanche afferrare il proprio zaino, abbandonò la baita sbattendo la porta.

Harry rimase immobile, in piedi con i palmi contro il tavolo.

Un fruscio rivelò la presenza di un’altra persona nella stanza, la cui presenza fino a poco prima era stata celata dal mantello dell’invisibilità.
La ragazza liberatasi di quell’ingombrante tessuto, si avvicinò lentamente all’amico, rimanendo a tre passi da lui e guardandolo fissare il vuoto.

«Harry io… non pensavo che-»

«Che andasse a finire così?» riprese duro lui. «Cosa di preciso, che lui non confermasse che è innamorato di te oppure che crede che io sia un falso e bugiardo?!»

La ragazza rimase stupita dalla durezza con cui le si rivolse il suo pacato e tranquillo amico, seppur comprendendone i motivi. «Mi dispiace Harry… Volevo solo capire cosa pensasse veramente di me, di… me e lui. Ma a quanto pare un noi neanche esiste, e ciò che sono riuscita a fare è stato soltanto farti litigare con lui…» una lacrima rigò il viso della ragazza, che pur mantenne un’espressione seria in volto.

Harry di fronte al dispiacere e alla sofferenza della sua amica, abbandonò ogni sentimento ostile che fino a poco prima l’aveva impossessato, e si avvicinò a lei abbracciandola nel tentativo di confortarla e rassicurarla.

In quello stesso momento, fuori dalla baita, un ragazzo fissava quella scena dalla finestra, convinto ormai, che il suo migliore amico e la sua… migliore amica, gli avessero mentito per tutto quel tempo tenendogli nascosto la loro storia.

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Capitolo 5
*** Sfiorarsi ***


Harry di fronte al dispiacere e alla sofferenza della sua amica, abbandonò ogni sentimento ostile che fino a poco prima si era impossessato di lui, e si avvicinò a lei abbracciandola nel tentativo di confortarla e rassicurarla.

In quello stesso momento, fuori dalla baita, un ragazzo fissava quella scena dalla finestra, convinto ormai, che il suo migliore amico e la sua… migliore amica, gli avessero mentito per tutto quel tempo tenendogli nascosto la loro storia.

Harry ed Hermione si sciolsero dall’abbraccio, l’uno con lo sguardo comprensivo, l’altro con il dispiacere negli occhi.
Un rumore poco fuori al di fuori della finestra catturò la loro attenzione facendoli voltare all’unisonò. L’unica cosa che riuscirono a vedere fu l’ombra di qualcuno che si allontanò velocemente dal loro raggio visivo.

Ron Wesley camminava senza meta, con lo sguardo fisso nel vuoto. Non riusciva a capacitarsi di come in un solo momento aveva potuto perdere il suo migliore amico e… e Lei.
Si sentiva tradito, arrabbiato, deluso ma soprattutto ferito.

Nel frattempo ancora nella baita, i due ragazzi si interrogavano su di chi fosse stata l’ombra che avevano visto.

«Harry non può essere stato un mangiamorte…» ripetè Hermione più a se stessa che ad Harry. mentre percorreva avanti e indietro la piccola cucina. «Era lui. Sono sicura fosse lui. E Dio solo sa ora cosa penserà di aver visto quello stupido!»

«Hermione vuoi calmarti un attimo?»

«Calmarmi Harry?! Calmarmi?! Adesso è lì fuori da solo e anche senza bacchetta!» urlò sventolando la bacchetta del ragazzo, che aveva lasciato incustodita sul tavolo.

«Agitarsi in questo modo non serve a nulla, quando capirà di non averla tornerà qui a prenderla.»

«Oh no. Lo conosci bene sai quanto è orgoglioso! Preferirebbe essere catturato dai Ghermidori piuttosto che tornare qui! Basta, io vado a cercarlo.» concluse risoluta dirigendosi verso l’uscita.

«Hermione ragiona! Non ti lascerò andare lì fuori da sola.»

«Devi restare qui, c’è tutta la vostra roba e non c’è tempo di riprendere tutto se non vogliamo farlo allontanare troppo. Ci sono le protezioni qui intorno devi restare qui e poi… ho bisogno di risolvere con lui da sola.»

Il ragazzo la guardò impotente, annuendo «Rimettiti almeno il mantello dell’invisibilità.»

-

Ron stanco di camminare, si fermò a foresta inoltrata andandosi a sedere a terra con la schiena stancamente appoggiata al tronco di un vecchio albero.

Non riusciva a pensare. Non voleva pensare, solo dimenticare. Ma sapeva bene che era impossibile.
Non sapeva quanto tempo era trascorso, fatto sta che si addormentò sfiancato tra tutti quei sentimenti così forti e stancanti.

Hermione tentò con diversi incantesimi di capire dove fosse finito, ma tutti non diedero l’effetto sperato. Un mago era più facilmente rintracciabile se aveva dietro la propria bacchetta, e quello stupido involontariamente si era reso introvabile!

Ciò la condusse ugualmente a portare avanti la ricerca, andando però completamente alla cieca.
Erano passate due ore, forse tre. La stanchezza si stava facendo sentire ma la voglia di trovarlo era di gran lunga maggiore.

La sua testardaggine venne infine premiata. Lo vide lì, a pochi metri di distanza, adagiato contro un albero apparentemente dormire profondamente.
Lei l’aveva cercato per ore e lui… stava facendo un riposino!

Si avvicinò, carica come non mai per dirgliene di tutti i colori. Man mano che la distanza si accorciava però, sentiva il suo spirito aggressivo affievolirsi sempre di più, fin quando si ritrovò a pochi passi da lui completamente vuota ed esausta.

Lo fissò per alcuni istanti, per poi inginocchiarsi davanti a lui cercando di non fare rumore.

Si, dormiva decisamente. Ma il suo volto non era disteso e rilassato, tutt’altro. La sua espressione tradiva un’angoscia che consoceva bene.

Avvicino la sua mano al volto di lui, quasi come un automa, ma rendendosi conto di ciò che stava facendo la ritrasse bruscamente poco prima di arrivare a sfiorarlo.
Spesso si era ritrovata intenta ad osservarlo, cercando di non essere vista. Occhiate rubate e sfuggevoli.

«Che ci fai qui?» chiese ancora assonato, interrompendo il flusso di pensieri di lei.

«La tua bacchetta.» sussurrò mostrandogliela. Il rosso tentò di prenderla ma prima che potesse farlo, vide la mano di lei ritratta improvvisamente.

«Hai intenzione di tornare?» chiese lei, quasi in tono di sfida.

«Perché dovrei? Faccio un favore ad entrambi tendendomi fuori dai piedi.»

«Non pensi veramente quelle cose su Harry, lui capirà e-»

«E cosa? Mi riaccoglierete a braccia aperte? Mi spiace deluderti ma ho preso la mia decisione.» concluse tentando di riprendersi la bacchetta ma trovando di nuovo l’opposizione di lei che di tutta risposta la infilò insieme alla propria nella tasca posteriore dei jeans.

«Ok, Harry non ti ha detto di me. Ma non mi pare un motivo plausibile. Dopotutto devo ricordarti che anche tu hai le tue colpe? O hai scordato il motivo per cui me ne sono andata?»

«Non ti pare un motivo plausibile?!» chiese sconvolto lui alzandosi di scatto in piedi, seguito a ruota da lei. «Dammi la mia bacchetta e lasciatemi in pace tutti e due.»

Incontrò lo sguardo duro ma ferito di lei «E’ iniziato tutto per colpa tua! Harry non centra nulla se è stato zitto lo ha fatto perché gliel’ho chiesto io!»

«Oh bene! Allora la falsa e bugiarda sei tu non lui. Ora che lo so non gli serverò rancore, grazie mille! E di certo non è colpa mia se me lo avete voluto tenere nascosto! Merlino hai idea di quanto io mi senta preso in giro e tradito dai miei migliori amici?! Ne hai una vaga impressione Hermione?!»

Quel nome, pronunciato dalle sue labbra. Era da così tanto che non lo sentiva che le provocò un tuffo al cuore che la fece distrarre un attimo. Attimo in cui il rosso tentò inutilmente di riappropriarsi della propria bacchetta.

«Te lo ripeto, mi dispiace se ti senti preso in giro ma certamente non era questo il nostro scopo. Se tu non ti fossi comportato in quel modo adesso sarei stata ancora lì con voi, e certamente di determinate cose avremmo potuto parlare alla luce del sole io e te…»

«Ah certo, vuoi dire che se non mi fossi comportato da idiota con te, mi avresti avuto il coraggio di dirmi tutto faccia a faccia, no? Spiacente, ormai è tardi per i “se” e per i “ma”. Dammi quella dannata bacchetta!»

Dire che Hermione sentiva un muro invalicabile tra loro, era un eufenismo. Si aveva sbagliato, ma anche lui. E di certo non si meritava di essere trattata nuovamente in quel modo. Anche se non ricambiava i suoi sentimenti non aveva il diritto di parlarle così.

«Ron… voglio almeno che le cose tornino come prima tra noi, almeno tra te ed Harry.»

«Non credo sia possibile.» rispose piatto lui.

Sul volto di lei comparve una lacrima che scendeva lentamente in solitudine.
Il rosso sembrò rimanere impassibile tanta era la rabbia che covava dentro.

«Vieni qua,» disse lui, spalancando le braccia pur mantenendo il tono freddo e impersonale.

La ragazza esitando all’inizio si lasciò abbracciare. Ma non ebbe nemmeno il tempo di formulare una frase che senti una delle due bacchette venirle sfilata dalla tasca dei jeans.

Si staccò bruscamente guardandolo tra l’inorridito e lo sconvolto. Si era approfittato di un suo momento di chiara difficoltà e debolezza per…

«Ron… che diavolo ti è successo?» la sua voce fu quasi un sussurro, ma che venne raggiunto dal ragazzo intento a sistemarsi la bacchetta sotto la maglia.

«Che mi è successo? Si reagisce così quando il proprio migliore amico si mette con… una tua amica e te lo tiene nascosto.»

Gli occhi di lei si colmarono di stupore e incredulità di fronte a quell’affermazione mentre lo guardava intento a smaterializzarsi.

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Capitolo 6
*** Il tuo odore tra mille ***


«Ron… che diavolo ti è successo?» la sua voce fu quasi un sussurro, ma che venne raggiunto dal ragazzo intento a sistemarsi la bacchetta sotto la maglia.

«Che mi è successo? Si reagisce così quando il proprio migliore amico si mette con… una tua amica e te lo tiene nascosto.»

Gli occhi di lei si colmarono di stupore e incredulità di fronte a quell’affermazione mentre lo guardava intento a smaterializzarsi.

Il ragazzo si smaterializzò, rendendosi conto solo una volta atterrato di essersi trascinato dietro l’amica che l’aveva afferrato per la maglietta un attimo prima di scomparire.

«Ma che-» non ebbe tempo di finire che fu interrotto da una furiosa Hermione.

«Si può sapere che cosa ti stai inventando razza di troll che non sei altro?!» urlò lei puntandogli il dito contro.

«Inventando?! Cos’è adesso vorresti anche negare? Guarda che vi ho visti benissimo, non si tratta di errata interpretazione, quindi evita di cercare di prendermi ulteriormente in giro!»

Detto ciò si voltò diretto non sapeva bene dove, certamente lontano da lei. Cosa che ovviamente gli risultò difficile con la ragazza che lo seguiva infuriata.

«Ronald Bilius Wesley!»

«Si può sapere cosa vuoi ancora? Tornatene dal tuo Harry e lasciami stare!»

Hermione gli prese con forza la maglietta, costringendolo a girarsi e a guardala. «Quante volte ci siamo abbracciati io e te razza di idiota?! E non sto parlando di quello squallido abbraccio con doppio fine di poco fa.»

«Ma che razza di domanda è??»

«Non vuoi rispondere? Bene. Te lo dico io, centinaia di volte! E questo significa forse che io e te stiamo insieme? Certo che no! Quindi mi spieghi per quale dannato motivo l’avermi vista abbracciata ad Harry ti fa pensare questo?!»

La sua frase aveva un senso… lui era certo di ciò che aveva visto ma in fin dei conti… non significava niente, non aveva visto nulla in più di un gesto d’affetto tra amici, senza malizia alcuna.

«Ecco… io, cioè tu… e lui non…?»

«NO! » Urlò carica di rabbia. Che andò via via attenuandosi... «Devo scrivertelo anche?! Come puoi pensare che io ed Harry…»

«Frena un attimo! Ma allora tu di cosa stavi parlando prima che ci smaterializzassimo?»

Il volto di lei si tinse di rosso. Non riuscì a fare altro che distogliere lo sguardo e allentare la presa sulla maglietta del rosso che la guardava disorientato.
Poggio le mani contro il suo petto e lo spinse indietro facendogli quasi perdere l’equilibrio. «Adesso che il malinteso nato dalla tua infinita stupidità è chiarito, possiamo tornare da Harry?»

«Resta il fatto che mi avete mentito entrambi. Ma ciò che non capisco è perché. Se non stavate nascondendomi la vostra storia allora perché ti nascondevi da me? Nel senso… non è per quello che è successo tre settimane fa vero? Come pretendevi che mi scusassi con te se tecnicamente non sapevo tu ci fossi?»

«Ron… ora non è il momento, non ha più importanza. Harry si starà preoccupando e-»

«Harry, Harry, Harry! E quando sarà il momento? Prima dello scontro con Voldemort? Oppure dopo, sempre se sopravvivremo?!»

«Non c’è più nulla da dire ormai. Volevo sapere qualcosa da te in assoluta sincerità, ciò implicava che ne parlassi con me non presente.»

«Di cosa stai parlando? Cosa sai?»

«Non ha più importanza.» le parole di lei risuonarono vuote nella radura, a distanza di pochi minuti, un’altra lacrima solitaria le rigò il volto mostrando stavolta, un’espressione sfinita.

A differenza di prima, il rosso rimase agghiacciato dal vederla in quello stato per non capiva quale dannato motivo.

«Hemione…» la chiamò flebilmente avvicinandosi di qualche passo. Ricevette lo sguardo basso di lei, che tentava inutilmente di celare il volto rigato dal pianto.

«Perfavore, torniamo.» fu l’unica cosa che riuscì a dire. Quasi una supplica, una preghiera silenziosa quella che gli rivolse.

Per alcuni istanti il ragazzo la fissò statico, poi le sia avvicinò ulteriormente. «Allora baciami.»

Hermione spalancò gli occhi incredula, e seppur quello era un chiaro richiamo a ciò che era successo tra loro tre settimane prima, non riuscì a fare a meno di mostrare il suo stupore. «Co-cosa?... Ron non… non mi pare il momento di rinfacciare cose che non… non portano da nessuna parte. Inizia a fare freddo e-» il rosso le toccò il braccio, facendola azzittire di colpo e guardandola con un’espressione indecifrabile sul viso, che la ragazza non aveva mai visto.

«Se non lo fai tu, posso farlo io?» per quanto la domanda fu chiara e candida, non riuscì a non provocare ulteriore subbuglio interiore in lei che continuava a sentirsi mozzare il respiro.

La ragazza non ebbe il tempo di formulare una frase sensata che un rumore secco li fece voltare entrambi, pur rimanendo nella stessa posizione.

Harry comparve e dopo una rapida occhiata li individuò. Vicini, con le mani di lui sulle sue braccia, poco al di sotto delle spalle e un’atmosfera che gli diceva in tutti i modi che si era smaterializzato nel momento meno opportuno.

«Ehm… non vi vedevo tornare e…» si giustificò con imbarazzo estremo.

La ragazza colse l’arrivo dell’amico come diversivo per uscire da quell’assurda situazione, ma non fece in tempo a voltarsi nuovamente verso il suo interlocutore che sentì le labbra di lui premute contro le proprie.

Da quell’instante tutto il resto scomparve. Nelle orecchie udiva un eco in lontananza che la isolava da tutto ciò che la circondava, che li circondava.
Vedeva solo lui, con gli occhi chiusi che la stava… Oh Merlino! Ron Wesley stava baciando Hermione Granger!

Di certo non era come il freddo scontro di labbra delle settimane addietro, seppur ancora non stava partecipando attivamente, partendo dal presupposto che ancora non sapeva se lo avrebbe fatto, stavolta sentiva una dolcezza e un trasporto così forte provenire da lui, che non riuscì minimamente a pensare che lo stava facendo probabilmente per i motivi sbagliati, per punirla, per rinfacciarle ciò che era successo, il tutto davanti ad Harry.

E fece qualcosa che Hermione Granger fa veramente poche volte da quando è nata: staccò la spina lasciandosi completamente andare.

Rispose al bacio contagiata dal trasporto di lui, che rispose a sua volta con altrettanto entusiasmo. Non fu chiaro chi per primo dei due dischiuse le labbra, cosa certa è che il bacio si approfondì arricchendosi di passione e desideri nascosti trattenuti per così tanti anni da sembrare secoli.

Harry da parte sua, era totalmente sconvolto dinnanzi alla scena a cui stava assistendo. Completamente a disagio e impacciato vedeva i suoi due migliori amici dar sfogo ai loro impulsi senza freni di nessun tipo. Presi talmente tanto da quel bacio da fregarsene totalmente della sua presenza.

Improvvisamente, un fulmine squarciò il cielo notturno illuminando una folta coltre di nubi che li sovrastava.
Neanche quell’inaspettato fenomeno naturale servì a distrarli. Il ragazzo li guardava senza saper bene cosa fare o se fare qualcosa.

Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere, con un andamento via via sempre maggiore, sempre più incessante.

Ron, completamente preso da quel bacio, la teneva stretta a se, come con la paura di perderla per sempre.
Lei dal canto suo, sembrava non rendersi minimante conto di ciò che stava succedendo, tanto era coinvolta dal ragazzo.

Scie di pioggia si formavano su di loro, ormai con i vestiti fradici e i capelli altrettanto bagnati. Sembrava che niente o nessuno potesse separarli, rovinare quel momento tanto atteso da entrambi.

Tutto tranne… il rumore causato  dalla caduta di un albero poco lontano dalla radura.
Si staccarono sincronicamente quasi come svegliati da un bel sogno. Guardandosi con un misto di profondo imbarazzo e iniziando a realizzare cosa era appena successo.

Ad interrompere l’idillio, la voce di Harry che li intimava a seguirlo.
Gli corsero incontro, prendendogli la mano e smaterializzandosi poco distanti dalla baita.

Il tragitto verso essa, per quanto breve in realtà fosse, parve non finire mai a nessuno dei tre. Pesanti e disagianti silenzi regnavano.

«Ehi amico, senti mi dispiace per… beh per quello che ti ho detto» fu il rosso il primo a parlare.

«E’ acqua passata ormai, anche io ho le mie colpe. Non avrei dovuto tenerti nascosto di… Hermione.»

Sentire quel nome gli ricatapultò alla mente per l’ennesima volta la scena di poco prima, impedendogli di trattenersi dall’arrossire vistosamente.

 

A notte inoltrata i tre erano accampati sullo scricchiolante pavimento della baita.
Ron ed Hermione si erano ben visti dallo stendersi ad una distanza tale da permettere al buio di celare le proprie figure.

La ragazza dopo svariati tentativi volti a prendere sonno, si risvegliò seccata per l’ennesima volta.
Decise che era una battaglia persa, e alzandosi notò che il giaciglio di Ron era vuoto.
Dopo una veloce panoramica della piccola abitazione, si diresse alla ricerca di qualcosa di pesante da mettersi prima di uscire.
L’unica cosa che trovò fu un grande maglione blu a righe, ovviamente non suo in quanto da uomo.
A prima vista, non riconobbe quale dei suoi due amici fosse il proprietario, ma una volta indossato, l’odore di Lui fu indistinguibile.

Aprì lentamente la porta in modo da non farla scricchiolare eccessivamente, e mentre era intenta a richiuderla vide il padrone del maglione seduto su una panca adagiata contro una delle mura della baita.

Lo raggiunse, con le mani conserte cercando di scaldarsi il più possibile e arrivatagli vicino i loro sguardi si incontrarono.

«Posso sedermi?»

Un cenno d’assenso arrivò in risposta alla ragazza che prese posto accanto al ragazzo facendo bene attenzione a non sfiorarlo, ma neanche a tenersi ad una distanza eccessivamente ampia.

Passarono svariati minuti prima che il silenzio fu interrotto, ad opera di lei.

«Ho preso il tuo maglione in prestito, avrei dovuto chiedertelo ma non sapevo se fosse tuo o di Harry.»

Il rosso si voltò, guardandola dolcemente con uno sguardo che riservava solo a lei. «Se vuoi puoi tenerlo, sta meglio a te.»

Hermione arrossì, sorpresa da un tale complimento.

«Ehm intendo dire… come pigiama, oppure non so come vestito per girare per casa. Beh si intendo dire… quando si è a casa di solito si sta comodi no? Niente cose attillate o scomode. Però, cioè se vuoi metterlo anche per uscire ti starebbe bene lo stesso. Nel senso non solo se lo indossi a casa ti starebbe bene, ma tipo dappertutto… Voglio dire-»

La risata cristallina di lei lo interruppe. Era veramente da troppo tempo che non sentiva quel suono così rincuorante.

«Ho capito Ron, hai reso bene l’idea. Alla perfezione direi!» gli disse sinceramente, sorridendogli.

Calo nuovamente il silenzio, misto ad un imbarazzo che sarebbe a breve aumentato.

«Perfavore, perdonami Hermione.»

«Per… riguardo cosa di preciso?»

«Per le ultime settimane, ho detto e fatto cose talmente brutte nei tuoi confronti… ti ho ferito e ne ero consapevole. Non ho giustificazioni anche se l’ultima cosa che avrei voluto era farti stare male. Mi dispiace ti chiedo scusa…»

Da lei si sarebbe aspettato tutto, tranne la domanda che ne conseguì. «Ti scusi anche per…»

I loro sguardi si incontrarono pieni di paure, ansie, angosce. «…per avermi baciata?»

Lui la fissò intensamente, indeciso sul cosa dire. «Se mi scusassi per… ‘quello’ sarei un’ipocrita.»

«Cosa vuoi dire? Che intendi?»

«Intendo dire che… non posso scusarmi per qualcosa che se potessi tornare indietro rifarei milioni di volte.» Ecco, l’aveva detto. Ronald Wesley aveva finalmente vuotato il sacco. E dio solo sa il grande peso che si era finalmente tolto.

«E se non potessi, Ron?»

«Se… se non potessi cosa??»

«Se non potessi tornare indietro e rifarlo.»

«Beh… è ovvio che non è possibile. Dicevo retoricamente… nel senso se avessi un giratempo potrei ma-»

«Non è ciò che intendevo.» Riprese lei, in evidente disagio. «…visto che siamo entrambi d’accordo sul fatto che tornare indietro nel tempo è impossibile, e che non possiedi un giratempo che ti permetta di… ‘rifarlo’…» dire chi tra i due era più rosso, sarebbe stata una vera impresa in quel momento. Ma ormai il vaso di pandora era stato aperto. «…quindi tu pensi che… vorresti ‘rifarlo’ anche in futuro visto che nel passato non puoi tornare per… ‘rifarlo’?»

Gli occhi del ragazzo si spalancarono riuscendo finalmente a capire ciò che le stava dicendo. «Ah…. B-beh… e-ecco io… io… cioè credo che…ehm…»

La ragazza tirò un mesto sospiro e si adagiò con la schiena contro la panca, guardando in avanti e non più il suo interlocutore. «Va tutto bene, Ron. È acqua passata ormai, non c’era più bisogno di scusarsi.» probabilmente non era ancora pronto. O forse quel che aveva detto ad Harry sul fatto che non provasse niente per lei che andasse oltre la semplice amicizia era vero. L’aveva baciata per… forse non lo sapeva neanche lui per cosa.

Stava per alzarsi, impossibilitata nel riuscire ancora a trattenere le lacrime, che stavano insistentemente minacciando di scendere copiose quando la voce di lui la interruppe. Una… risata?

Si voltò verso di lui vedendolo tentare inutilmente di nascondere il riso. «Ma che…?»

«Ti ho baciata!» disse lui, non riuscendo ancora a coprire del tutto la risata che lo percuoteva.

La ragazza di rimando lo guardò con fare sconvolto. «E questo ti fa ridere Ronald? L’aver baciato me, Hermione la “so-tutto-io” ti diverte tanto?» le domandò lei, quasi retoricamente. Cercando di celare l’immenso dolore che stava man mano aumentando in lei.

Lo sguardo di lui diventò serio per un attimo, guardandola intensamente, per poi riprendere una facciata allegra. «No, mi fa ridere tutto. Io che ho baciato te. Tu che hai risposto al bacio…» il volto di lei si arrossì vistosamente «…anche con un certo slancio oserei dire.»

Hermione si ritrovò a masticare l’aria, indecisa su cosa dire, continuando a mostrarsi totalmente rossa in viso. Il ragazzo vedendola in quello stato scoppiò in una risata ancora più fragorosa della precedente.

«Se avessi saputo che era questo il segreto per far azzittire Hermione Granger, di certo l’avrei usato prima!» declamò, non fermandosi dal dar sfogo alla sua ilarità.

La ragazza a metà tra lo sconcertato e l’offeso, non riuscì a non essere trascinata dalla risata del rosso seguendolo anche lei in un mal riuscito tentativo di trattenersi dal farlo.

Dopo diversi istanti in cui i due diedero sfogo a quello strano momento di allegria, si guardarono. Lui la osservò, diventando serio tutto d’un tratto. «Ron Wesley che bacia la sua amica di infanzia…» mostrandosi impacciato, avvicinò la propria mano esitante a quella di lei, che a metà tragitto vide venirle incontro intrecciandole tra loro. Fu lei a riprendere «…e lei che ricambia il bacio con… ‘slancio’.» le disse sorridendo.

Rimasero in quella posizione, seduti sulla panca e voltati ognuno verso l’altro, con le dita della mano intrecciate.

«Come hai fatto a capire che il maglione era il mio se non lo avevi mai visto?» chiese lui, quasi in un sussurro.

Hermione non seppe bene cosa rispondere. Di certo non poteva dirgli che adorava l’odore della sua pelle, e che lo avrebbe distinto tra altri mille.

Fu così che la cosa giusta da fare era cedere all’irrazionalità. Cosa che la portò a dargli un bacio. Che come tutti immagineranno, seguì l’andamento dell’ultimo, ma senza temporale e alberi.

E dopo un tempo indefinito, quando a malincuore si separarono appena per riprendere fiato.

«Non mi hai ancora detto come hai capito che il maglione era il mio.» le chiese con una strana luce degli occhi.

Lei gli strinse le braccia intorno al collo e lo guardò sorridendo.

«Non ha più importanza. Tanto ormai è mio.» rispose con aria divertita.

Il rosso la guardò con un’espressione tenera in volto, come raggiunto da una strana consapevolezza. «Si, tuo.»



FINE

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