Aushwitz

di Morgana dei Ghiacci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Ho iniziato a scrivere questa fanfiction di getto, dopo una giornata a studiare storia. Non sarà una fic divertente, vi avviso; come avrete capito dal titolo, è ambientata in un campo di concentramento. Se nel corso dei capitoli doveste trovare qualche boiata storica...beh...siete autorizzati a fucilarmi (e magari a farmi notare l'errore prima :D)...buona lettura!



1.

Berlino, 1940.
Sasuke Uchiha camminava veloce verso casa, aveva al massimo cinque minuti prima che suonasse il coprifuoco.
Chiuse la porta di casa alle sue spalle appena in tempo per sentire suonare la sirena. Questa volta ci era mancato davvero poco: da quel momento in avanti le strade sarebbero state piene di poliziotti tedeschi in cerca di qualche malcapitato da pestare a sangue con la scusa di aver violato gli ordini del Fürer: davvero un bel passatempo.
Attirare l’attenzione su di sé era l’ultima cosa che avrebbe voluto: miracolosamente fino ad allora era riuscito a nascondere la verità e passare inosservato, una minima infrazione avrebbe potuto metterlo sotto i riflettori…e farsi notare avrebbe certamente voluto dire una cosa sola: morte. Sì, perché era solo merito di Kakashi se poteva ancora camminare relativamente libero per le strade di una Germania ormai impazzita: modificare l’albero genealogico suo e di sua madre era stata l’ultima beffa al potere prima di venire deportato chissà dove con l’accusa di opposizione al Reich, e Sasuke non poteva vanificare così il sacrificio di quello che per anni, fin dalla morte di suo padre Fugaku, era stato come uno zio per lui.
 Suo nonno materno, un ebreo, si era trasferito in Giappone durante la prima guerra mondiale, portando con sé la figlia Maddalena di poco più di sei anni: lì era riuscito a far fortuna e aveva dato in sposa la figlia al rampollo di una delle più importanti famiglie di Tokyo, Fugaku Uchiha: di conseguenza tanto Maddalena, che dopo il matrimonio aveva preso il nome di Mikoto, tanto suo figlio Sasuke, erano ebrei…ed avere sangue ebreo nelle vene sembrava essere ormai diventato il più grande crimine, lì a Berlino.
Doveva ringraziare la sua buona stella se non aveva ereditato nemmeno un singolo tratto somatico della madre: aveva caratteri tipicamente orientali, occhi allungati, capelli corvini e pelle diafana; oltretutto dopo l’alleanza tra Roma, Berlino e Tokyo il suo viso, fin ad allora così spiccatamente fuori luogo, passava quasi inosservato.
Il giovane sapeva bene di non potersi permettere errori, ma tutto sommato pensava di essere più al sicuro di tanti altri; di lì a qualche settimana avrebbe fatto un “viaggio di lavoro” in America, e sicuramente non avrebbe rimesso piede in Europa tanto presto: un conoscente di suo padre, un tale Orochimaru, gli aveva assicurato i mezzi necessari alla fuga.
Ancora poco e avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo, dopo tanto, troppo tempo.


Illuso.


Arrivarono nel bel mezzo della notte, e lo portarono via.
Orochimaru sapeva tutto, e aveva pensato bene di consegnarlo alle SS: voleva ottenere potere, avvicinarsi a Hitler…e quale metodo migliore che denunciare gli ebrei?

Sasuke fu picchato a lungo, tramortito.
L’ultima cosa che vide, fu la foto di sua madre che sorrideva, in bella vista sul caminetto di casa; il suo ultimo pensiero: “Sono stato uno stupido.”
 


********Angolino dell'Autrice*********
Beh, credo proprio che dopo questo capitolo si sia un po' capito che decisamente non sarà piacevolissima...vedrò di non esagerare con la tragicità...al prossimo capitolo!
kisu

P.S. Non voglio avere un vostro brutto voto sulla coscienza...quindi non usate le tracce storiche della fic per un'interrogazione! Lo dico per voi!! D=
 

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Capitolo 2
*** 2. ***



Sono tornata con il secondo capitolo...premetto, è un pò meno soft del precedente. Ho fatto un tentativo di introspezione psicologica, tentando di svilire il meno possibile...anche se non ho vissuto in prima persona nulla del genere spero di essere riuscita a rendere quantomeno l'idea...poi sta a ognuno, se vuole, immedesimarsi. Alla fine di questo capitolo farà la sua comparsa Naruto! Spero di non deludervi...



2.

 Fu risvegliato da un forte scossone.

Ancora mezzo intontito dai colpi ricevuti, pensò subito ad un terremoto, salvo poi rendersi conto che quella che aveva sotto i piedi non era terra…sembravano più delle assi di legno.
Una voce calda e sottile lo raggiunse da molto vicino, troppo per i suoi gusti: “Ehi, ti sei svegliato? Stai bene?”
Alzando lo sguardo da terra, Sasuke si accorse di trovarsi in una specie di vagone gremito di folla, tutta accalcata in quello spazio decisamente inadatto a contenerla tutta. Era quasi completamente buio, ma si sentivano urla ovunque, pianti disperati…e soprattutto si sentiva forte l’odore della paura.
La voce che aveva sentito si rivelò essere una ragazza pallida almeno quanto lui, con lunghi capelli castani e lo sguardo vitreo, cieco.
“Dove siamo?” chiese il giovane, spaesato.
Fu un ragazzo scarmigliato con due tatuaggi sulle guance a rispondere: “Su un treno. Ci stanno portando in un campo.” un tono rassegnato, tombale. 
I ricordi della sera…precedente?...non ne era certo, poteva essere rimasto svenuto per più di un giorno, ma non aveva importanza…gli piombarono addosso.
Dannazione, si era fatto fregare!
E ora doveva subirne le conseguenze…dannazione, DANNAzIONE! Non voleva morire, non poteva morire! Aveva ancora sua madre, doveva starle accanto, glielo aveva promesso! Ma una vocina maligna, dentro la sua testa, gli fece presente che se avevano catturato lui…sua madre non avrebbe certo ricevuto un trattamento migliore.
Il cuore si contrasse in una morsa dolorosa…faceva male, tanto male…tanto da non riuscire a respirare…

Fu in quel momento che, raggomitolandosi su se stesso per il dolore, si accorse di essere stato incatenato per i polsi al soffitto del vagone…probabilmente perché svenuto non era in grado di reggersi in altro modo.
Fottuti bastardi.
Ma piangersi addosso non sarebbe servito a nulla.
Si guardò intorno per cercare di scorgere la madre…aveva sicuramente bisogno di lui…ma in quel momento il treno iniziò a decelerare, e nel vagone fu il caos: chi poteva muoversi si accalcò contro l’uscita, tentando una fuga ormai impossibile…vide una bambina finire travolta, calpestata dalla folla  e distolse lo sguardo, cerando di trattenere i conati di vomito…le urla si fecero più alte, chi chiamava un parente, chi invocava Dio…ma a nulla valsero le preghiere.

Quando il treno si fermò definitivamente, il silenzio scese in quel luogo: la morte si fece sentire, vicina…e aveva il suono degli ordini impartiti in una lingua aspra e dura, come una coltellata, che provenivano ovattati dall'esterno.
Le porte vennero aperte, e la luce invase il vagone, accecando per un momento tutti i suoi occupanti…poi, di nuovo il caos…uomini in uniforme trascinarono i prigionieri urlanti e disperati via da quei binari, in fila, senza riguardo nemmeno per i vecchi e i bambini…tramortendo con i loro fucili chiunque tentasse di scappare…no, loro non erano degni di morire per una pallottola…non subito…avrebbero dovuto faticare, stremati invocare la morte prima che essa li venisse a prendere…

Sasuke, ancora incatenato, rimase solo nel vagone…insieme ai resti della bambina calpestata da chi avrebbe dovuto proteggerla, da chi era troppo occupato a pensare a sé per pensare a lei.
Distolse lo sguardo… “Mio Dio,” pensò “Perché? ” Quella domanda gli rimbombava in testa...perchè, perchè perchè?

Arrivarono i soldati a togliergli la catena.
Erano in due, un uomo dallo sguardo freddo e un ragazzo biondo, al massimo della sua età, con delle strane cicatrici sul volto.
Aveva uno sguardo strano, indecifrabile…ma quando Sasuke fissò gli occhi nei suoi vide dolore e compassioneimpossibile.
Il maggiore parlò, rivolgendosi sprezzante al ragazzo: “Tu! Prendi quella!” osservò schifato il cadavere della bambina, “ci penso io a questo.”

E fu mentre, premurandosi di colpirlo nello stomaco con un pugno, l’uomo lo tirò giù, che Sasuke potè vedere il biondo alzare delicatamente da terra la bambina, come si farebbe con una sorellina addormentata per non svegliarla, e sistemarle i capelli arruffati sul viso.

Poi venne condotto via dall’ufficiale, che sembrava non essersi accorto di nulla. 


******Angolino dell'Autrice******
Io non avrei nient'altro da dire, penso che il capitolo abbia parlato da sè...al prossimo capitolo!
kisu

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Capitolo 3
*** 3. ***


Dato che per un bel pò non riuscirò ad aggiornare nulla, vi lascio con questo capitolo fresco fresco!



3.

Sasuke, barcollando, con i polsi tumefatti dalle catene e sanguinanti, venne trascinato in una fila: con lui, solo uomini e ragazzi appena adolescenti, in una fila altrettanto lunga accanto, le donne. Poi i bambini.                 
E soldati e cani e fucili e pianti.
Tutti si fissavano negli occhi aspettando di svegliarsi da quell’incubo e di sentirsi dire che andava tutto bene. Nessuno l’avrebbe fatto.

La colonna procedeva lenta, quasi esasperante, fino a che Sasuke si trovò davanti ad un grasso tedesco biondo e glaciale, circondato da soldati armati…e di colpo al ragazzo sembrò che qualcuno avesse abbassato bruscamente il volume dei suoni che lo circondavano…e che qualcuno avesse oscurato l’ambiente…esistevano solo quegli occhi crudeli su di lui…

Un solo sguardo, una sola parola sancirono il destino del moro…


“Idoneo”

**********************************************************************************

Venne portato, insieme a pochi altri prigionieri, in uno stanzino freddo e umido e fu costretto a spogliarsi completamente, a consegnare tutto ciò che aveva con sé, anche i documenti, anche l’orologio che suo padre gli aveva donato tempo addietro.
In quel frangente non si sentì più nessuno, non era più nessuno.

Lo rasarono da capo a piedi. Lo gettarono sotto una doccia ghiacciata.
Ricevette due stracci con cui rivestirsi e degli zoccoli in legno. Per vermi come loro, era fin troppo.
Tremava per il freddo.

E poi un numero, inciso senza riguardo sul braccio sinistro: 1411821.

Ich bin niemand. Io non sono nessuno.

***********************************************************************************

I giorni, o forse i mesi, Sasuke ormai non sapeva più dirlo, si susseguivano uguali e implacabili, spettatori del suo dolore e del dolore di migliaia di prigionieri.
Sua madre era stata subito mandata ai forni…l’aveva vista in fila, pochi giorni dopo il suo arrivo…fiera e determinata come solo lei sapeva essere…e aveva tentato di raggiungerla, ma un soldato l’aveva colpito, facendogli perdere i sensi.
Quella fu l’ultima volta in cui la vide.

Inaspettatamente nel campo aveva ritrovato anche Kakashi, magro e provato, ma ancora vivo.  Insieme si trascinavano avanti…in quel luogo dove la morte era ovunque, manifesta, sussurrata, sotto gli occhi, dietro ogni angolo… in ogni mente…nello sguardo di tutti.

Ogni giorno persone arrivavano, ogni giorno pezzi* morivano.

Ogni giorno il fumo si levava dai forni verso il cielo, e il loro rumore scandiva il tempo, giorno e notte.

E poi arrivò l’inverno.

Sasuke venne colpito da una febbre altissima…lo stava portando alla morte, debole come era diventato.
E  lavorare ogni giorno almeno 20 ore con i piedi immersi nella neve non l’avrebbe di certo aiutato a riprendersi…ma in fondo era quello che tutti si aspettavano no? Che loro, sporchi ebrei, morissero…i Nazisti che avrebbero risparmiato tempo e denaro, gli altri detenuti, per avere più cibo…e persino lui che nella morte aveva imparato a vedere l’ultima speranza. Fu di nuovo Kakashi a salvarlo: riuscì ad ottenere un favore - in cambio di cosa, non glielo disse mai – da uno dei kapò*del loro blocco e lo fece mandare in una catapecchia, fredda e cadente almeno quanto le altre, che fungeva da infermeria, ma dove almeno lo avrebbero esonerato dal lavoro.

E fu lì che lo incontrò di nuovo.

Non si era dimenticato di lui, oh no…quello sguardo l’aveva perseguitato quasi ogni giorno…ma il biondo era un soldato nazista, orgoglio della Germania, e Sasuke era ormai certo di essersi immaginato, forse in un momento in cui non cercava altro che uno sguardo amico, quegli occhi combattuti e infinitamente tristi…i nazisti non avevano sentimenti. L’aveva appreso fin dalle prime ore, in quel luogo.

Eppure…lo vedeva assistere come poteva i detenuti, in segreto, guardandosi intorno di tanto in tanto. Se ne fossero venuti a conoscenza, i suoi superiori non avrebbero punito lui - era una preziosa pedina del Fürer, dopotutto - ma i prigionieri…sarebbe stata un’occasione troppo perfetta per lasciarsela sfuggire…e di certo non era questo che voleva.

Steso su una scomoda branda, tremando ad occhi socchiusi per il freddo e la febbre lo sentì avvicinarsi, bello  e con quello sguardo che stonava terribilmente sul suo viso da bambino…e, inspiegabilmente, Sasuke sentì l’impulso di cancellargli quell’espressione dal volto, consolarlo…anche se a rigor di logica sarebbe dovuto essere lui stesso quello da consolare…quel ragazzo era un suo nemico, dannazione! Avrebbe dovuto odiarlo, maledirlo nel nome di quel ‘Dio degli eserciti’ in cui gli era stato insegnato ad aver fiducia da bambino e in cui ora non credeva nemmeno più.

E invece no. Non ci riusciva.

Rimase immobile a fissarlo mentre si accostava al letto e gli stendeva sopra un’altra coperta, placando almeno un poco il freddo: aveva i capelli del colore del Sole e gli occhi colore del cielo…tonalità che Sasuke non vedeva da tanto tempo in quel luogo freddo e grigio. Le guance solcate da cicatrici leggere, quasi dei baffi…e assurdamente il moro si ritrovò a pensare che quel soldato assomigliava davvero tanto ad una volpe…stava indubbiamente delirando.
Rivolse a Sasuke uno sguardo dolce, che lo fece sussultare, preso alla sprovvista: si aspettava che da un momento all’altro quel sorriso si sarebbe tramutato in un ghigno crudele e che il biondo l’avrebbe picchiato con disprezzo, fino ad ucciderlo. Ma non accadde.
Invece, il ragazzo parlò: “Senti ancora freddo? Vuoi un’altra coperta?”
Il moro non sapeva cosa rispondere: e se fosse stata una trappola? Leggendogli la paura negli occhi, il soldato si affrettò a rassicurarlo: “Tranquillo, non ti mangio! Voglio solo sapere se ha bisogno di qualcosa”
Sasuke fece segno di no…la sua voce sembrava sparita. La stanchezza gli pesava sulle palpebre, ma lo spirito di sopravvivenza urlava nella sua testa di non cedere: se si fosse addormentato, non avrebbe rivisto la luce del giorno…ma a che pro poi continuare a vivere?
Il biondo gli posò le mani sulle spalle magre, spingendolo delicatamente con il capo sul cuscino: “Ora dormi” gli sussurrò. E la debolezza prese il sopravvento, immergendolo in un sonno profondo, dopo molto tempo libero dagli incubi.
 

Note:
*pezzi:  stück. Con questo termine venivano definiti, nel gergo dei campi, i prigionieri; non erano più esseri  viventi ma cose. 
*kapò: detenuti che nel campo avevano ruoli di controllo sugli altri prigionieri, spesso perpetrando vere e proprie violenze degne dei nazisti


********Angolino dell'Autrice**********
Mentre la mia gatta tenta in tutti i modi di staccarmi a morsi le dita dei piedi (simpaticona -_-), ne approfitto per ringraziare  tutti quelli che mi hanno commentato, messo tra i seguiti, i preferiti ecc...abbiate paz ienz a, tornerò prima o poi! (forse) XD A presto!
Kisu


Kisuki XD

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