Goodbye Malincònia, Welcome Happiness

di Mellychan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La grande Opera ***
Capitolo 2: *** Ulisse(You Listen) ***
Capitolo 3: *** Abiura di me ***
Capitolo 4: *** Chi se ne frega della musica ***
Capitolo 5: *** Mi è impossibile... ***
Capitolo 6: *** Fuck the violenza ***



Capitolo 1
*** La grande Opera ***



“Luci accecanti si accendono all’improvviso. Illuminano tutto e mi stordiscono quanto una martellata in fronte. Dove sono? Non saprei dirlo eppure giuro di saperlo…
Sono venuta io qui, di mia spontanea volontà. Anzi, non vedevo l’ora di esserci.
Perché? Non ricordo. Sono troppo impegnata a mettere a fuoco tutto quello che mi circonda. Un volto, un volto conosciuto alla mia destra. È Erika! Cosa ci fa qui?
No, lei doveva esserci….

Ma qual è il mio problema?”


Salve a tutti! Questa è la prima Fic che pubblico anche se non è la prima che scrivo. Solo che ho visto che nessuno ne ha pubblicate per questo particolare personaggio e così ho deciso di buttare la mia. Vi prego di essere clementi.... clementi ma sinceri ù.ù Ditemi pure cosa ne pensate, cosa vi piace e cosa non vi piace. Sarà un piacere prendere in considerazione i vostri commenti. Buona Lettura ^^



Erika mi scuote violentemente urlandomi nelle orecchie. Non riesco comunque a capirla tale è il fracasso che riempie la zona. Il suo volto non è l’unico che distinguo in quel caos: in realtà lo spazio è pieno di gente, tutti sconosciuti, emozionati e urlanti.
Guardo in alto e riesco a distinguere un cielo bianco, completamente candido e immobile. Il mio cervello cerca di farmi capire inutilmente che è impossibile ma mi ci sono vogliono 10 secondi per capire che non era davvero cielo. Ci troviamo sotto un’enorme tenda bianca. Ma certo! Come ho fatto a dimenticare! Il concerto!
Erika continua a scuotermi e capisco anche perché è così preoccupata:  sono sdraiata a terra e mi tengo la testa. Devo essere svenuta nel bel mezzo della ressa, il perché non me lo chiedo neanche.
Il volto della mia amica è preoccupato e le luci non fanno altro che evidenziare ulteriormente il terrore aggrottato sulla fronte. Scuoto la testa e la calmo.
 
“Erii, tranquilla. Sto bene…. Deve essere stato un calo di zuccheri”
 
Lei nemmeno mi sente, continua a scuotermi e poi mi alza di peso
 
“Vuoi che ti chiami qualcuno? Mi hai fatto preoccupare Melly!
 
Melly…. Quante volte le ho chiesto di non chiamarmi così? Mi sembra di essere una pecora… Quasi quasi preferirei che mi chiamasse con il mio vero nome, Valeria, o al limite Vale. La verità è che Valeria è morta parecchio tempo fa. La persona che tutti vedono oggi non è altro che Mel, o Melly  per tutti quelli che vorrebbero abbreviare Melly-chan e lo fanno male. Ma a cosa sto pensando ora? È arrivato per caso il momento di rottamarmi il cervello? Fortunatamente pian piano stanno tornando tutte le facoltà, mentali e sensoriali, e riesco anche a ricostruire il dove e il perché fossì sotto quella tenda gigante.
Mi giro verso Eri, finalmente sono in piedi e riesco a vederla nella sua interezza. Erii e una delle mie migliori amiche, anche se questo sembra quasi un paradosso pensando a quanto effettivamente la conosca. Ma condivide con me molte cose e questo ci basta. È una bella ragazza, l’ho sempre pensato, con i suoi capelli castani macchiati di grano e i suoi occhioni marroni. È alta poco meno di me ma questo non mi impedisce di guardarla negli occhi attraverso i suoi occhiali dalla montatura blu. Come mai porta gli occhiali? Solitamente in queste occasioni mette le lenti…. Dovrò chiederglielo più avanti. Per ora limitiamoci a fare quello per cui siamo venute… mh… ma certo! Cervello mio, ma che mi combini? Come fare a dimenticarlo? Siamo qui per lui!
Lui chi? Per saperlo basta aspettare che salga sul palco….
 
Capitolo 1 - Le dimensioni dell’eroe che lava i piatti e abiura ulisse mentre pimpa la cacca nello spazio
 
Il tendone è pieno, anzi stracolmo per i miei gusti! Siamo tanti, 2500 mi pare di aver letto, e tutti sono qui per i nostri stessi motivi. Tutti e 2500 si spintonano impazienti urlando il suo nome: ammetto di avere quasi paura ma nulla potrebbe privarmi del piacere che mi sto pregustando in questo momento, nemmeno la batosta di prima né tantomeno  2500 ragazzi che urlano come bambinette al concerto dei tokyo hotel. Sono qui ora, ho fatto i salti mortali per esserci e ora voglio godermi lo spettacolo.
La voce al microfono interrompe i miei pensieri spandendosi per il tendone rimbombando sulle pareti di plastica e tornando indietro alimentando il caos e la confusione. Ma il messaggio è chiaro: lui è qui, sta per entrare ed è standing ovation! L’urlo diventa unisono e io, senza quasi accorgermene, mi unisco al coro incitandolo a uscire. So che ci sei! So che sei lì! Esci e fatti vedere! Canta e fammi piangere dall’emozione!



Interrompo quì il primo capitolo e lo faccio appositamente per non svelare nulla. Chi lo conosce anche solo un poco dovrebbe già aver capito di chi stiamo parlando. Per chi non ha capito, bhe, non resta che leggere gli altri capitoli oOo
E ora prego, a voi i commenti Enjoy ^^


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Capitolo 2
*** Ulisse(You Listen) ***



S a l v e   a   t u t t i !
Ecco il nuovo capitolo, o meglio il vero primo capitolo della storia. Visto che il precedente era una spece di intro e sopratutto un test che mi ero autoimposto xD Visto che qualcuno l'ha letta e addirittura una ha commentato (Grazie RainWashMe per il tuo tacito incoraggiamento xD) ho deciso di postare anche questa parte della storia.
Volevo chiarire, cosa che nella prefazione non ho fatto, che Vale e Eri sono inventate ma per i caratteri ho effettivamente preso a modello il mio e quello di una mia amica. Inoltre l'idea mi è venuta leggendo una fan fic, un po' troppo esasperata dal mio punto di vista, su una ragazza che incontrava i Tokyo Hotel.
Siccome effettivamente l'argomento del "incontrare il proprio idolo" non è facile da trattare ho buttato giù questa.
Ovviamente, come per il capitolo precedente, preferirei che tutti commentassero con il massimo della sincerità per darmi la possibilità di migliorare il modo in cui scrivo.

p.s. Non vi aspettate la solita storia d'amore scontata xD
p.p.s Il capiolo 3 è già pronto ma vorrei che qualcun'altro commentassa prima di postarlo, Grazie oOo
A presto ^^




“Melly!Melly! Eccolo! È lui!”
 
So cosa sta dicendo Eri, lo sto vedendo anche io: il sipario si sta ritirando e dalla mia posizione privilegiata, a giusto un paio di metri dal palco, posso già vedere la sua chioma scura e la sua figura stagliarsi sul palco. Da quanto aspettavo questo momento. Mi giro verso Erii e le sfodero il sorriso più bello che ho. Lei mi di rimando mi guarda vagamente confusa.
 
“Melly, ma stai piangendo?”
 
Cambio espressione istantaneamente. Piangendo? Mi tocco le guance e capisco che non mi sta prendendo in giro, sto piangendo davvero. Scoppio a ridere e le rispondo
 
“Lo sai come sono fatta, mi emoziono facilmente! Ho pianto davanti alla Gioconda, figurati davanti al grande riccio
 
Ora Erika ride con me, lei sa che sono così e che non fingo. Piango facilmente, soffro altrettanto facilmente, ma quando sono felice lo sono oltre ogni misura, tanto che a volte mi sembra di scoppiare. Era da tanto che non mi sentivo così. Abbraccio quella ragazza che conosco si e no da due anni e la stringo per le spalle come se la conoscessi da una vita. Le trasmetto tutto il mio entusiasmo e le lacrime continuano a cadere. Perché? Perché sono 3 mesi che sogno quel momento e so che durerà meno di un secondo perciò voglio godermelo a pieno. Quindi non metto limiti al mio corpo né tantomeno al mio cervello e così mi sento urlare frasi compromettenti o con vago sfondo sessuale. Eppure ancora mi chiedo come faccio ad avere questi pensieri per qualcuno che nemmeno conosco. La verità è che io sono convinta di conoscerlo: conosco le sue canzoni, il suo pensiero e osservo i suoi movimenti quando appare in tv. Mi sembra di conoscerlo eppure quella è la prima volta che incontro il suo sguardo senza nulla che faccia da tramite. Non è bello, non è accattivante, non è sexy né desiderabile ma io morirei per lui in questo momento. Perché lui è tutto quello che voglio diventare, anche se la musica non è sul mio cammino è a lui che voglio ispirarmi.
Lo vedo scuotere la testa riccioluta e penso subito che se lui non avesse i capelli neri forse potrebbero scambiarci per fratelli. I tratti sono simili, forse a causa delle mie origini pugliesi, i ricci ci sono, castani ma ci sono, gli occhi sono più chiari dei suoi, molto più chiari, ma in generale si può dire che ci somigliamo.  Ma chi sto cercando di abbindolare? Non voglio sembrare sua sorella! Voglio semplicemente uno come lui al mio fianco ma fin’ora non ho trovato un solo uomo/ragazzo che potesse anche solo avvicinarsi al mio stereotipo ricalcato su di lui. Ma ho pazienza e prima o poi arriverà, nel frattempo mi accontento di vedere la sua fratta scura rimbalzare a pochi passi da me.
Basta pensare! Devo rimanere concentrata! Devo ascoltare il suono della sua voce, catturare ogni singolo movimento e registrarlo per non dimenticare, per tornare a guardarlo ogni volta che ne sentirò la mancanza. Lo vedo bene, lo vedo sorridente in mezzo a noi, illuminato da un faro dalla luce biancastra che fa risaltare la felpa verde su maglia nera. Ci sorride, è contento di vederci. Non ci conosce ma sa che siamo lì per lui e a modo suo ci ringrazia. La sua voce mi suona così strana: so bene che quando canta lo fa in falsetto ma qui, senza televisori che artefanno ulteriormente i suoni, le sue parole mi arrivano chiare e mi toccano dentro. Non sta dicendo nulla di particolarmente “toccante”  ma non m’importa: se questo è il contatto più profondo che posso avere con lui è ben accetto.
Do una spallata a Erii e le urlo nell’orecchio sogghignando

“Non ti sembra quasi sexy oggi?”

Lei mi appoggia annuendo sarcastica
“Non ci provare, a lui ci penso io!”

Capitolo 2 - Per lei chi si crede Dio pecca di immodestia  

Ridiamo ancora e le nostre risate si mescolano a quelle dei ragazzi che sono lì con noi. A quanto pare, da sopra al palco, lui ha appena fatto una battuta. Accidenti! Dovevo rimanere concentrata e già mi sono persa un pezzo del discorso. Ma questo è un altro mio difetto: non riesco a smettere di pensare nemmeno per un secondo. Con dieci minuti la mia mente è capace di spingersi ai limiti dello scibile umano e nonostante spesso sia un pregio io lo vedo come un grosso difetto che non mi permette mai di rimanere ferma, immersa nel nulla.
Rido ancora e questa volta perché ho afferrato il senso del suo discorso. Discorso… sarebbe meglio chiamarlo sketch: a quanto pare sta introducendo una delle sue canzoni anche se ancora non ho capito quale. Eppure mi pareva di aver studiato a sufficienza, abbastanza da riconoscere le sue canzoni nell’arco delle prime tre note.
Non starò diventando malata? Sto sicuramente esagerando… Ma volete sapere una cosa? In questo momento non me ne frega nulla! Oggi seguo il cuore e in questo momento mi sta urlando “Sali sul palco e rapiscilo”. Vorrei continuare a chiedermi perché mi fa questo effetto ma alla 20esima volta mi sono detta basta.
Ah! Ora ho capito di quale canzone parlava! Perfetto, la so! Non ci resta che buttarci nella mischia, urlare più degli altri e sperare di lasciargli un segno nell’anima.
 
Canzone dopo canzone sento l’emozione crescere, almeno a pari passo del rammarico: so che più canzoni canta più la fine del concerto si avvicina inesorabile. Lui andrà via e io dovrò aspettare il suo nuovo album per sperare di vederlo nuovamente. Dio solo sa quanto vorrei urlargli di non scendere mai da quel palco, di continuare in loop a cantare le sue canzoni. Vorrei che uscissero tutti, vorrei che mi lasciassero sola con lui per ascoltarlo senza disturbi. Vorrei un piccolo riccio in camera mia per ricordarmi che gli uomini veri esitono, non come un altro riccio di mia conoscenza.
Che bello, sta per cantare la mia canzone preferita tra le ultime che ha scritto: una di quelle canzoni che disarma per quanto è diretta e che nonostante le mille sottili e geniali metafore lascia un messaggio preciso nel cuore di chi ascolta. Ma io so già che diventerà l’ennesimo motivetto da spiaggia scaricando nel cesso tutta la fatica che quest’uomo ha fatto per comporla. Ma tu non preoccuparti! Ci siamo noi a diffondere la verità! Combatteremo per te questa guerra contro il consumismo e la stupidità e tutti si convertiranno al tuo culto come ha fatto mia madre quando le ho aperto la strada.
Ok, ora è troppo: è vero che il mondo è saturo di stupide commercialate e di cantanti da quattro soldi che hanno all’attivo un solo pezzo fatto di rime che si tengono con lo schotch ed è vero anche che c’è il bisogno di cambiare le cose ma io sono una ragazzina, una ragazzina di 19 anni che non ha ancora eperienza e cultura a sufficienza per cambiare il mondo.
Mi giro verso il mio idolo e gli lancio sguardi di ammirazione misti a mute suppliche. Tu dicesti, qualche anno fa, in una delle tue canzoni che non stai cercando di cambiare il mondo eppure hai cambiato me e con me altre 2500 persone sotto questa tenda.
Forse non potrai fare tutto da solo ma noi abbiamo intenzione di aiutarti.



Un piccolo appunto prima della fine: prossimamente, nel prossimo e nel quarto capitolo, vorrei aggiungere una specie di analisi psicologica dei protagonisti della fic per rendere il tutto più reale e sopratutto rendere più plausibili le loro reazioni. Nel mentre limitatevi a differenziare le due protagoniste semplicemente per il tipo di approccio.
Mel è più sensibile ma sopratutto più espansiva.
Mentre Eri, essendo più riservata, mantiene celati i suoi veri pensieri.

Faccio questi appunti anche perchè essendo una fic in prima persona difficilmente riuscirò a parlare e descrivere bene i processi mentali degli altri personaggi.

Grazie per la pazienza ^
^

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Capitolo 3
*** Abiura di me ***


Mh, Mh, Mh....
B u o n a s er a  gente,
Ecco il terzo capitolo della fic, nonostante stia effettivamente contravvenendo a quello che avevo lasciato scritto nel capitolo precedente.
Ma voi non vi impegnate nemmeno un pochino ò.ò Potreste anche lasciarle due righe qui sotto, anche solo per dire "fai pena", "ritirati"
Non vedere scritto nulla è quasi più frustrante che vedere insulti sconclusionati ._.
Quindi, mi raccomando, commentate in tanti, anche solo per aggiornare la comunità su quello che avete fatto in mattinata e poi finire tutto con un "il capitolo poteva andare"
Ci conto ù.ù
Altrimenti non posto più nulla :P (Bambina capricciosa On)
Buona Lettura ^^


Le tue note sono un sollievo: nonostante il volume altissimo e il disturbo continuo di urla e gridolini confusi le mie orecchie non fanno male. Accolgono invece ogni suono come un dono prezioso.
So che sta per finire, lo vedo dall’espressione che fai, dal sudore sulla tua fronte e dall’orario riportato sul mio orologio di gomma bianca.
Hai tempo per un’ultima canzone e vorrei chiederti di cantare quella, proprio quella che mi ha fatto cambiare opinione di te, quella che più di tutte ci mette in comune.
Perciò Abiura! Abiura anche me questa sera e rendimi migliore!
Eri vicino a me è stanca, i suoi movimenti sono lenti e il suo sguardo di è spento ma la capisco: il mio corpo urla, vorrebbe concedersi qualche ora di riposo ma la mia forza di volontà non glielo concede. Ancora  un’oretta e sarà finito, finirà e non avrai rimpianti. Forse solo uno ma quello me lo dovrò portare dietro per tutta la vita.
Purtroppo non ha udito la mia silenziosa preghiera visto che le note che sento non sono quelle che speravo ma sono felice ugualmente, tutte le sue canzoni contengono un magico messaggio e non mi stanco mai di andare a caccia di enigmi da risolvere nascosti nei suoi testi.
Ecco il momento fatale, ci sta salutando, ci sta ringraziando, il concerto è finito ed è ora di ripiegare il sogno e richiudere il cassetto. Eppure ho una sensazione strana come se la serata si fosse bloccata, sospesa nel tempo, senza avere intenzione di volgere al termine.
Manca qualcosa! Non può finire ora!
Questa sensazione mi batte nel petto, mi da fastidio infilandosi tra i miei pensieri e affaticando ulteriormente il mio fisico. La starò confondendo con il dispiacere che ho nel vederlo sparire dietro le quinte.
Non andare! Non ancora!

Capitolo 3 - Pensavi che sparassi palle?
 
Vane preghiere al vento, suppliche mute che riecheggiano solo nella mia testa. Si, giusto nella mia perché sono io che urlo, arranco e urlo ancora ma non vengo ascoltata, né da lui né da nessun’altro. Eppure, anche se non urlo con la voce, urlo con tutta l’anima e basterebbe un attimo di lucida consapevolezza per capire che io voglio combattere contro il destino già scritto di questa serata. Voglio oppormi al fato a piegarlo al mio volere, anche a costo di perdere qualcos’altro.
Ma si, pensate pure a me come a una pazza isterica, accecata da un fanatismo vacuo e senza alcun senso logico, il problema è che io sento davvero le cose in questo modo, sento davvero le urla nella mia testa e il peso che mi attenaglia lo stomaco e tutto perché so che nel momento stesso in cui io varcherò la soglia di questo tendone, nel momento in cui mi coricherò nel mio letto per l’ennesima volta, tornerò ad essere la solita Valeria, la ragazza squallida e orrendamente “normale” che assolutamente non voglio essere e nel frattempo, attimo dopo attimo, tutte le memorie di questo giorno sfumeranno via. Prima saranno i particolari, poi frammenti interi, archi di tempo sempre maggiori, finchè scorderò anche il suo viso, quel viso che ho tentato in tutti i modi di piantarmi nella mente.
È frustrante, perché siamo come computer: memorie fatte di terabyte di dati che però non possiamo scegliere come archiviare. Decide lui cosa tenere e te, senza accorgertene, perdi le cose più importanti insieme alle immondizie.
Crudele intelletto, maligni meccanismi umani. Più penso a questo più credo che siamo fatti per soffrire, tutto ci porta a quello ma solo per poter combattere e rinascere nuovamente ed immergerci in un circolo vizioso senza fine fatto di morte e vita in un’unica esistenza.
Siamo forse simili agli dei da questo punto di vista ma con meno superpoteri e più problemi.
Ecco, mi sono distratta ancora e ho perso altri 10 preziosissimi secondi di vita.
Accidenti a me e al mio cervello. Quanto vorrei poterlo spengere ogni tanto come qualcuno fa continuamente nel trascorso della sua insulsa vita.
È colpa della chioma! Della fratta scura che si muove, ondeggia e mi fa perdere il filo del discorso, mi distrae!
Ah, altra stronzata: prendersi le responsabilità dei propri sbagli è un’altra cosa che l’uomo non sa più fare. Dare la colpa agli altri è facile e comodo e allora perché sentirsi in colpa per ore e tentare, anche invano, di rimediare agli sbagli? È stato lui, non chiedete a me….
Ah, come sono sbagliata, come fa il mio corpo a sopportare ancora questo scemo  del mio cervello? È per questo che guardo lui, lì sul palco, come un idolo e un modello. Voglio essere una persona migliore, voglio credere nei miei ideali e non svendermi per qualche soldo. Voglio acquistare valore come essere umano e non come donnina dai facili costumi. Vorrei rispetto e ammirazione ma devo guadagnarmeli e ho intenzione di farlo.
Lui, partendo quasi da zero, è riuscito a tirare fuori arte dalla spazzatura. E io non voglio essere da meno.
Gli sorrido, anche se lui dall’alto del palco nemmeno mi vede. Eppure gli dono il sorriso più estasiato e ammirevole che posseggo, cosa che non cambia assolutamente la situazione: io, tra 2500 persone urlanti, non sono altro che la 2501esima per lui, ossia un numero e niente di più.
Ecco, per questo darei la vita: per essere considerata una persona da lui e non un pagante con un biglietto verde in mano che scalpita per fare la comparsa nei suoi dvd.
Se sopra la mia testa non ci fosse una enorme tenda bianca chiederei alla luna di esaudire il mio desiderio, vorrà dire che per questa volta mi accontenterò di sperare intensamente che tutto prenda una piega diversa.
Eri è triste quanto me, almeno è questo che traspare, mentre lo guarda allontanarsi fino a sparire dietro le quinte. Quando mi giro mi accorgo che tutti stanno nella stessa situazione, felici e infelici nello stesso momento. Al limite del paradosso.
Mi rigiro verso il palco e quasi mi rassegno: il pesante telo rosso si è chiuso completamente e non sembra esserci più nessuno dietro di esso. Che sfiga, ora si torna a casa.
Io e Eri aspettiamo immobili e mute che la gente intorno a noi comincia a mettersi in moto per uscire dal teatro. In questo ci somigliamo e siamo allo stesso tempo molto diverse. Eri parla meno, a volte si fissa a guardare il vuoto e le vedo scorrere negli occhi fiumi di pensieri che non riesco a decifrare ma capisco che il suo cervello lavora almeno quanto il mio. Bhè, almeno non sono un caso clinico, ma non saprei dire con certezza su cosa si fissi effettivamente. Forse un giorno glielo chiederò e la risposta sarà tutt’altra rispetto a quella che figura nella mia testa.
In questo momento i pensieri luccicano negli occhi di Eri ma non mi azzardo a chiederle nulla per non infrangere quel momento di riflessione e per non invadere uno spazio strettamente personale.
Io mi limito a voltarmi nuovamente verso il telo di velluto rosso e chiamarlo per un’ultima volta, con la tenue speranza che si affacci nuovamente, senza però intristirmi di più quando, costretta dalla folla, devo allontanarmi dal palco fino a non riuscire più a distinguere la varie pieghe del sipario.
Fuori c’è quasi più caos di dentro: gente di tutti i tipi si ammassa fuori dai cancelli, si calpesta e si ignora, si attacca a una moltitudine di sigarette quasi a voler recuperare tutte quelle non fumate di una vita intera, si guarda intorno con aria sospetta, magari solo in cerca di qualcuno, o ride sguaiatamente a battute di una tristezza disarmante.
Ah, è quasi un insulto a quel concentrato di anti-conformismo che sicuramente ancora si trova al coperto del tendone. Ma ho imparato ad accettarlo. Io, Eri, Lui… siamo così diversi dagli altri, siamo una minoranza di alienati. Forse veniamo davvero dalla luna.
 
Uscendo noto però piccoli gruppi di ragazzi che mi danno una sensazione diversa: i loro occhi brillano, si riempiono di desideri brillanti come stelle e di sogni riflessi. Anche loro vengono dalla luna, si capisce da come parlano, da come si muovono. Tiro un sospiro di sollievo ogni volta che scorgo il luccichio negli occhi di qualcuno.
Sospiro spesso e questo mi fa piacere.  Addirittura, urtando un ragazzo all’uscita, non ricevo lo sguardo truce e pieno d’odio insensato che mi aspettavo ma anzi, lo sento chiedere scusa sorridendo. Quasi non  riesco a crederci! Lo sapevo… c’è ancora speranza per questo mondo malato. Sorrido e chiedo scusa anche io, dopotutto l’unica colpa che ha lui è quella di essersi trovato sulla mia strada.
Mi affianco ad Eri mentre sento il ragazzo dietro di me ridere nuovamente con i suoi amici e non posso fare a meno di pensare che forse mi sta prendendo in giro, facendo incrinare il mio sollievo.
Ne parlo però con la mia fidata e lei è sorpresa quanto me: nel nostro paesetto, fatto di contadini, ben diverso dalla grande capitale, la diffidenza e l’odio sono all’ordine del giorno. Anziani, giovani, donne, uomini regiscono tutti allo stesso modo. Con orgoglio e indifferenza.
Non credo di essere migliore o peggiore degli altri ma mi piange il cuore quando vedo il mondo che va allo sfascio e non posso fare a meno di pensare che è solo colpa nostra, della gente che non apprezza quello che ha è fa dell’odio la sua ragione di vita. Odia gli altri, feriscili e ruba il cibo dal loro piatto. Così c’è chi sopravvive e chi perisce.
E pensare che l’uomo non è fatto per stare solo, l’amore ne è la prova.



Finito altro capitolo che è leggermente più lungo del precedente per questioni di ambientazione
Si, ok, non ve ne frega una mazza ù.ù Ma aspettate a chiudere la pagina...

Io ho già pronti almeno altri 5-6 capitoli della storia ma è inutile continuare a postarla se a nessuno piace perciò la pubblicherò solo se qualcuno ha interesse nel leggerla ù.ù
Ora potete andare in pace ù.ù
Alla prossima oOo

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Capitolo 4
*** Chi se ne frega della musica ***


B u o n a s e r a a tutti
Come promesso posto il quarto capitolo, quello cruciale, quello che cambia la vita della povera Mel, in bene o in male ancora non è dato sapere.
Probabilmente questo sarà pieno di erroracci stupidi ma non mi andava di controllarlo, sono pigra e me ne scuso XD
Per il prossimo capitolo dobbiamo raggiungere le 3 recensioni! Quindi fatevi sotto oOo (Non scherzo ù.ù O meglio, scherzo ma fino a un certo punto)
Ringrazio le ragazze che hanno commentato il capitolo precedente che probabilmente appariranno in un cameo tra qualche capitolo, non ve lo aspettavate eh?
Ultimissimo appunto, sposto le analisi psicologiche un po' più avanti perchè potrebbero rovinare, se le aggiungessi adesso, parte della sorpresa
Buona lettura oOo
Mel



Fuori nel parcheggio scende il silenzio, un silenzio relativo e alquanto discontinuo, fatto di macchine che sfrecciano sulla strada poco lontana ma comunque silenzio rispetto al caos nel teatro.
Eri ha freddo: si sfrega le mani sulle gambe nel tentativo di scaldarle e il suo alito si addensa formando piccole nuvole biancastre. Io non lo sento, sto bene chiusa nel mio giubottone marrone con il collo alto, ma sento l’aria accarezzarmi il volto e forse, oggettivamente, la temperatura non è ottimale. Ma io adoro il freddo, mi fa sentire viva e piena di energie, così lo accolgo come l’acqua in estate e lo cerco quando qui diventa troppo caldo anche per respirare.
Nel frattempo la prendo un po’ in giro. Lei viene dall’Aquila, è quasi assurdo che qui, a Marzo, senta freddo.
Stizzita mi risponde che per essere marzo fa fin troppo freddo e io non posso far altro che darle ragione.
 
“Questo non toglie che sei una vecchietta”
Rido e lei mi lancia uno sguardo minaccioso.
 
“Melly, vuoi che ti picchi?”
Esordisce ad un tratto. Mi aspettavo una risposta del genere: è estattamente quella che le avrei dato io. Questa è un’altra cosa che ci accomuna: poco propense a essere pazienti passiamo subito alle “mani”. In verità non abbiamo mai menato davvero a qualcuno ma preferiamo comunque agire piuttosto che rimanere in un angolo ad annuire tacitamente.
Io e lei ci siamo promesse le botte da un sacco di tempo e ovviamente con questo non intendiamo davvero picchiarci prima o poi. Ma ci teniamo testa, esprimiamo così affetto e rispetto senza arretrare però di un solo centimetro. Ah, si! L’orgoglio è un’altra cosa che ci accomuna… Brutta bestia.
Ma si, quasi quasi l’accontento. Mi metto in guardia, così come a kick boxing ci hanno insegnato. Lei mi capisce e fa altrettanto. Faccio per avvicinarmi e le mollo un finto destro diretto in fronte, lei per tutta risposta si para con il sinistro e fa per darmi un middle kick sulle costole.
Purtroppo per lei con i calci sono più veloce io così mi sposto e punto al ginocchio con un low kick. Mi diverto con lei: mi prende sul serio quando sono seria, mi prende per scema quando scherzo, mi stima e mi rispetta e ha sempre una parola buona da spendere per me quando sono in difficoltà. Io, in modo analogo, ho imparato a volerle bene e a conoscerla in soli 2 anni.
Mi fermo a qualche centimetro dalla sua rotula facendole notare che avrei potuto farla cadere. Lei ride e mi prende in giro.
 
“ è perché tu hai barato!”
 
Scuoto la testa e l’afferro per le guance. Sto per risponderle che non è vero quando sento chiamare il suo nome da qualcuno alle mie spalle. Non serve nemmeno che mi giri per capire che è suo padre, un concentrato di puntualità e autorità mista a ostentata gentilezza. Lo saluto cordialmente e gli faccio sapere che a breve arriverà anche mio padre, che non si deve preoccupare e che può andare tranquillo. Bacio Eri sulla guancia e saluto anche lei.
 
“ci vediamo domani!”
 
Domani? Ah, già.. Ci vediamo al negozio di Pukka, il terzo membro del nostro gruppo ristretto. Purtroppo anche l’ultimo dopo gli ultimi avvenimenti che ci hanno portato ad allontanarci dagli altri ex-membri.
Pukka è un’altra personalità forte. Poco propensa a farsi prendere in giro, parla sempre apertamente di quello che pensa e posso essere sicura che quando avrà qualche problema con me sarà la prima a farmelo sapere.
Di loro due posso fidarmi, almeno finchè non mi faranno dubitare della loro sincerità.
Annuisco ad Eri ricordandole di portare i soldi per i biscotti, un piccolo sfizio che ci togliamo ogni volta che facciamo visita a Pukka.
Lei, da dentro l’auto, mi grida che si ricorderà certamente e con un gesto della mano mi saluta un’ultima volta.
Così rimango sola nel parcheggio che ripiomba velocemente nel silenzio. Sbuffo. Senza nessun motivo in particolare o forse solo perché ripensando al concerto non riesco a capacitarmi che sia finito.
Decido di tornare alle luci dell’ingresso del teatro: quella zona non è esattamente tranquilla per una ragazza sola a mezzanotte. Non ho paura ma i miei si fanno prendere dalle fisime: so che hanno ragione ma sono convinta che semmai mi dovesse succedere non sarà in una situazione come questa. Credo comunque che sia meglio mettersi almeno al riparo visto il vento che si sta alzando.
Corro verso l’ingresso e mi infilo nella prima porta ancora aperta del teatro. Ripiombo quasi subito nel buio più totale e a farmi da guida un’unica e tenue luce alla fine del corridoio.  A quanto pare il palco è ancora illuminato a giorno.
Mi avvicino con passo lento e insicuro. Ho un po’ di paura, posso sentirlo, ma non a sufficienza da tenermi lontana dall’ingresso in sala. Inizialmente mi affaccio solo quel tanto che basta per lanciare uno sguardo all’interno, per sondare la zona e per evitare che qualche omaccione con poca pazienza mi faccia una ramanzina epocale per essere dove non dovrei essere.
Eppure è vuoto, completamente vuoto e le luci illuminano un palco calcato da entità invisibili.
Cosa accidenti stanno facendo? E dove sono tutti?
Mentre queste e mille altre domande mi ronzano in testa sento le mie gambe muoversi ancora fino a fermarsi proprio davanti al grande palco. Alzo lo sguardo, mi volto e mi volto ancora. Questo teatro è enorme, molto più grande di quanto non sembrasse mentre era pieno di giovinotti urlanti.
Decido di sedermi, così, senza pensarci due volte. Voglio rimanere qui a pensare, a rimettere insieme i pezzi di questa bella serata, bella come poche altre nella mia vita.
Così, a gambe incrociate e lo sguardo rivolto al finto cielo, inspiro profondamente, fino a riempirmi i polmoni di odori diversi e contrastanti. Sento le tracce di qualche profumo, il forte odore di sudore e qualcosa di schifoso come fosse puzza di piedi. Non sento niente che possa sembrare il Suo odore, nemmeno una traccia di qualcosa che possa appartenergli. Niente, solo il vuoto.
Ormai libera dagli impedimenti dati dai muscoli la mia testa ricade fiaccamente in avanti e i miei occhi si chiudono sotto il peso della stanchezza. Il ronzio delle lampade diventa chiasso assordante e la luce dei faretti mi ferisce le palpebre. È così triste ridursi così, a sperare in qualcosa che possa cambiarti la vita, senza avere la forza sufficiente per farlo da soli. In verità ci ho provato, anche più di una volta, ma ora sono stanca, ho paura di provarci nuovamente visto che l’ultima volta che l’ho fatto ho perso la mia migliore amica.
Voglio capire cosa c’è di sbagliato in me, cosa c’è di sbagliato nel mondo. Ecco, piango di nuovo… succede un po’ troppo spesso ultimamente. Piango quando sono triste, quando sono felice e anche quando sono arrabbiata e questo rende tutto più patetico. Questa è una cosa di me che odio: sembro avere sempre liquidi a sufficienza per versare lacrime senza ritegno.
Le asciugo distrattamente con la manica del giubotto che mi riga le guance e mi brucia la pelle. Sono un disastro, è questa la verità.
 
“Chi c’è?”

Capitolo 4 - Alcuni miei fan hanno la doppia faccia come il Barone Ashura
 
Eh? Me lo sono immaginato? Oppure c’è veramente qualcuno che si è accorto di me? Alzo lo sguardo di scatto e vedo due occhi, dal lato del palco, che mi fissano con insistenza.
Ecco, lo sapevo, è arrivata la ramanzina.
“Mi dispiace, sto andando via. È che sono andata in bagno dopo la fine del concerto e….”
Non faccio nemmeno in tempo a finire di raccontare la balla inventata sul momento che riconosco il mio interlocutore.
Alto, longilineo, vestito di nero con la felpa verde e soprattutto adornato di una grossa moltitudine di ricci neri sulla testa e di un paio di occhiali dalla montatura rossa. È lui! È proprio lui!
Rimango a bocca aperta, incantata e bloccata sull’ultima vocale che avevo pronunciato.
 
“eeeeeeeee”
 
Lui mi guarda con aria perplessa, probabilmente si sta chiedendo se credere a quella che ha proprio tutta l’aria di essere una grossa cazzata. Io non dico nulla, non ne ho il coraggio, perché altrimenti potrei fare qualche stupida figura di merda.
Eppure quante cose avrei da dirgli, altrettante da chiedergli ma rimango immobile, aspettando che si avvicini abbastanza da potergli saltare addosso.
 
“Tu… tu sei…”
Non finisco la frase, le parole si incastrano sulla lingua, inciampano sui denti e infine diventano suoni distorti e incomprensibili. Non che effettivamente abbia in mente di dire qualcosa di davvero influente ma questo non migliora la cosa. Ho un braccio alzato, un dito puntato verso di lui e ogni muscolo impietrito. Stupido braccio! Stupido dito! Stupido cervello! Smettila di puntarlo, di qualcosa di intelligente.
 
“io sono cosa?”
Mi risponde ancora più confuso. Se non gli dico qualcosa di intelligente entro i prossimi 3 secondi sono sicura che se ne andrà. Pensa! Pensa!
 
“io, io ti adoro! Sei un grande!”

......

Perfetto, ho fatto la cazzata....



Finitooo

Se state ancora ridendo, tranquille, ho riso anche io quando l'ho riletto
Mel ha problemi grossi, ma d'altronde anche io
Aspetto, come al solito, le vostre opinioni, positive o negative che siano ù.ù
A presto


  

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Capitolo 5
*** Mi è impossibile... ***


Buonasera....
Certo che siete proprio cattivi ò.ò Nemmeno un commentino...
Vuol dire che proprio non è piaciuta ._. Evabè, me ne farò una ragione.... Nel frattempo però ho deciso di finire di pubbilicarla perchè, alla fin fine, posso dirmi soddisfatta del lavoro che ho fatto.
Spero solo che qualcun'altro, più avanti, avrà il coraggio di dirmi cosa ne pensa XD
Allora buona lettura gente ^^
Mel





Ok, sono una deficiente, ormai è chiaro. Mi riaccascio a terra, lo sguardo puntato sulla punta delle scarpe e nient’altro nella testa. Vuoto. Nulla. Tanto ormai ho rovinato tutto, non posso fare nessun’altra figura di merda. Non più grande di questa.
Finalmente il mio sogno di era avverato, ero riuscita a incontrarlo, a parlare con lui. Avevo una possibilità di conoscerlo  e invece che faccio? Sei Grande? Ti adoro? Ma cosa accidenti ho nel cervello? Bruscolini? Anzi, nemmeno…
 
“Scusa, ho i pinoli nel cervello.  Probabilmente ti sentirai dire queste stesse cose migliaia di volte, da migliaia di fan urlanti e di certo non ti va assolutamente di sentirtelo ripetere da me.”
Non faccio in tempo nemmeno a mettere a posto i miei pensieri che già sento la mia voce esprimerli liberamente, senza nessun freno, senza nessun riguardo.
Alzo lo sguardo terrorizzata, pronto a vederlo ridere della mia agitazione e della mia insicurezza. Pronto a etichettarmi  come un’idiota, una ragazzina senza cervello pronta a sbavare sulla prima star a portata di mano. Invece lo vedo sorridere, lo sguardo vagamente triste e il capo piegato di lato. Non mi giudica, non mi accusa, non mi sgrida. Mi capisce, mi sorride. Non posso crederci, si sta avvicinando! Vedo la sua chioma rimbalzare al ritmo dei suoi passi lenti, la sua schiena incurvarsi chinandosi su di me, i suoi occhiali sempre più vicini e sento il suo respiro sempre più forte.
 
“In verità non me lo sento dire spesso e, sempre per essere sinceri, fa sempre piacere essere ‘ammirati’”
 
Il suo fiato caldo mi accarezza la faccia ed è forse proprio per quello che la sento ardere mentre il mio cuore accelera senza ritegno . Sono agitata, lo sento, e il cervello sembra aver smesso di funzionare. Continuo a fissarlo negli occhi e mi rendo conto soltanto che sono neri, neri e profondi, neri e profondamente tristi.
Me lo sto immaginando? Vedo davvero tristezza in una persona così realizzata? Con schiere di Fan al seguito, appena dopo un concerto in cui ha cantato sue canzoni, l’ultimo di un tour pieno per tutta italia. Può essere triste uno come lui? Eppure mi fido del mio sesto senso, mi fido delle mie sensazioni e la sua tristezza mi sembra così tangibile che potrei perfino dargli un nome.
 
“Io…”
Ma che accidenti parli a fare? Per fare altre figure del cavolo? Vedi la sua bocca a venti centimetri dalla tua? Cosa stai aspettando?
Ah, questo non è il cervello che parla, ne sono sicura. È qualcos’altro, qualcun altro nella mia  testa o più in fondo, da qualche parte nel petto. Sta scalpitando, sta ululando, vuole uscire e prendere controllo del mio corpo ma io sono ancora troppo pietrificata per fare qualsiasi cosa rendendo vano il richiamo del mio cuore.
Lui distoglie lo sguardo ma solo per sedersi vicino a me lasciando i miei occhi liberi di perdersi oltre l’infinito.
 
“Allora, cosa ci fai qui?”

Capitolo 5 - Vivere senza te, mi è impossibile....

Ehi! Sveglia! Sta parlando con te! E, per l’amor di Dio! Di qualcosa di serio, qualcosa che abbia un senso. E sbrigati! Prima che arrivino i tuoi e ti strappino via da quella specie di sogno idilliaco.
 
“Stavo semplicemente aspettando i miei genitori e ho visto l’entrata spalancata e le luci accese. Mi stavo giusto chiedendo…. Ecco…. Se tu eri ancora nei paraggi. Di certo non mi aspettavo di incontrarti….”
L’ultima frase è uscita quasi come un sussurro ma solo perché è la verità: ho pregato davvero perché potessi incontrarlo, ho davvero chiesto al cielo di non farlo andare via ma la verità è che non sono pronta. Non so come comportarmi né tantomeno cosa dirgli.
Lo sento ridere, in modo composto ed educato, quasi sommesso. Che anche lui voglia prendermi in giro?
 
“Sai, sei divertente…”
Eh si, mi prende in giro…
 
“Tu non lo sei affatto”
Ecco, ne ho combinata un’altra! Maledetto il mio orgoglio, maledetto il momento in cui sono entrata in questo teatro, maledetto lui e maledetta me. Mi giro per chiedergli scusa ma lui mi anticipa.
 
“Hai ragione, non lo sono affatto”
Eh, ma così non vale! Non puoi puntare sul rispetto e sull’affetto che provo per te per farmi sentire in colpa, non è giusto! Lo vedo chinare il capo e chiudere gli occhi. È Stanco, e non solo fisicamente. Mi fa una gran pena, vorrei abbracciarlo, consolarlo ma fortunatamente ho ancora un minimo di lucidità che mi permette di evitare l’ultima, grande, figura di cacca.
Chissà cosa pensa…. Non posso fare a meno di chiedermelo. Un genio come lui a cosa pensa durante le sue giornate? Cosa pensa sul palco quando salta urlando i testi delle sue canzoni, quando torna a casa dopo mesi a spasso per l’italia? Muoio dalla voglia di chiederglielo perché non riesco a immaginare nemmeno qualcosa di lontanamente simile.
Ma io sono fatta per ascoltare, non per chiedere, non per pretendere risposte alle mie domande. Io sono fatta per porre le domande che nessuno fa mai, che tutti mi chiedono di fare.
Ascolto, mi piace ascoltare, soprattutto se sono le persone a cui voglio bene a confidarsi e a fare affidamento su di me.
La voce mi trema, ma mi faccio avanti ugualmente. Devo solo chiedere, al limite mi riderà in faccia…. Non posso peggiorare la situazione più di così.
Una folata di vento più forte delle altre copre il mio primo tentativo di iniziare il dialogo, così mi schiarisco la voce e ritento.
 
“Perché sei così… triste?”
Lui si gira di scatto con aria perplessa. Mi fissa con quel suo sguardo bizzarro e in quel momento pieno di interrogativi. Lo so cosa ti stai chiedendo: ma chi sei? Ma cosa vuoi? Con quale coraggio mi fai queste domande? Pensi davvero che io, grande star, risponda a te, inutile e sciatta ragazzina?
Sembrano pippe mentali le mie ma, davvero, credete possibile che lui possa confidarsi a me?
 
“Come fai a dire una cosa del genere con così tanta certezza?”
Ok, la sua domanda è quasi peggio della mia. Potrò rispondergli con sincerità? Non è che gli darà fastidio? Bhè, ormai la frittata è fatta…
 
“Ecco, se posso permettermi, credo di vedere tristezza nei suoi occhi e stanchezza nei suoi movimenti”
Mh, può andare. Gli ho dato del lei e la frase aveva anche un senso logico abbastanza chiaro e allo stesso tempo abbastanza astratto da essere quasi filosofico e quindi esprimere almeno un po’ di saggezza. È arrabbiato? Lo fisso insistentemente ma mi sembra tutto fuorchè arrabbiato. Mh, deve averla presa abbastanza bene eppure è muto, non parla più, continua a guardare verso di me anche se ora sembra fissare un punto oltre la mia spalla. Mi giro un secondo, giusto per dare un’occhiata, ma quello che vedo è esattamente quello che c’era anche prima: un grosso spiazzo vuoto delimitato da una grossa tenda bianca interrotta qua e là da piccole uscite ornate di tende rosse, lo stesso rosso brillante delle quinte del palco.
Mi giro subito verso il mio interlocutore e lo vedo ancora più abbacchiato. Accidenti, cosa ho combinato?
 
“scusa, scusa, ho sbagliato ancora! Non volevo farti, cioè, farla arrabbiare!”

Lui sghignazza senza nessuna effettiva voglia di apparire allegro. Il mio cuore palpita ancora, mi sta dicendo di sbrigarmi, di sbatterlo a terra senza fare troppi complimenti, senza farsi troppe domande. Ma io lo so chi è, so che vuole tentarmi. È l’irrazionalità del mio cervello. Quella piccola parte di me che pensa solo agli istinti più primordiali senza mai dare ascolto a tutto ciò che è razionale. Ma io sono molto razionale, anche troppo, ed è per quello che le urla si fanno sempre più forti quando si apre anche un solo spiraglio tra le mura della mia razionalità. Ed è proprio per questo che ora sono in questo stato. Mi pizzicano le labbra, mi bruciano gli occhi e non riesco in alcun modo a tenere ferme le mani: ora mi giro i pollici, ora infastidisco le unghie poi picchietto a terra con il palmo. Sono un caso clinico, non devo smettere di ripetermelo, mai! Spero solo che questo possa fermarmi prima che sia troppo tardi.
Lo sento sospirare, piano, ma abbastanza forte per farmi girare nuovamente.


Ecco che è finito anche il quinto capitolo...
Purtroppo questo è quello in cui ho dovuto cominciare a lavorare di fantasia cercando però di rimanere il più coerente possibile con il suo personaggio. Non avendolo mai conosciuto difficilmente verrò mai a sapere se effettivamente ci ho azzeccato. Spero solo di non rendere il tutto troppo inverosimile

Alla prossima oOo

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Capitolo 6
*** Fuck the violenza ***



“Sei sveglia ragazzina”


Buongiorno Gente! 
Ecco quì il nuovo capitolo, anche se più lo leggo e meno mi convince ò.ò
Come al solito perdonate ogni errore che non ho corretto (è colpa della mia pigrizia xD)
E sopratutto vi invito ancora a lasciare sempre i vostri commenti, sempre ù.ù
p.s. la frase quì sopra è l'inizio del capitolo, non il titolo xD

Enjoy
Mel ^^



Ancora spiritoso eh? Se vuole perdere il mio rispetto e la mia stima è sulla strada giusta…. Mh, probabilmente perderebbe solo il mio rispetto, per la stima il discorso è diverso.
Certo che ragazzina… il “ragazzina” poteva anche risparmiarselo.
 
“non sono una ragazzina, ho vent’anni!”
Un altro sguardo perplesso e soprattutto sorpreso. Potrei abituarmici, dopotutto ha fascino anche con l’aria confusa.
 
“vent’anni? Te ne avrei dati al massimo 16”
Sbuffo, ed è il minimo. Continua a prendermi in giro senza farsi troppi problemi. A quanto pare va di moda  prendersi gioco delle persone dal buon cuore.
Gli mollerei una capocciata, di quelle energiche in piena fronte ma so anche che se mi avvicino troppo rischio qualcosa di più di un bernoccolo in fronte.
Nel momento in cui mi sveglio dallo stato di torpore ed esco dal fiume dei soliti scroscianti pensieri lo osservo meglio: lui è vecchio, molto più vecchio di me. È riccio e soprattutto nero: ha la barba nera, i capelli neri, gli occhi neri. L’unica nota di colore sono gli occhiali rossi. E soprattutto non è bello, anzi, non lo è per niente e allora perché? Perché mi attrae come una calamita attrae un chiodo di ferro? Stupido cuore, stupido cervello…
 
“Posso accettare che mi venga detto ‘non li dimostri affatto’ oppure ‘sembri più piccola’ ma insomma, ho sempre vent’anni, non mi piace essere trattata come una ragazzina stupida. Soprattutto da qualcuno che non mi conosce. Ti stimo e ti rispetto ma questo non vuol dire che tu possa prenderti gioco di me.”
Sono stata acida, scontrosa e forse troppo diretta, ma se lo merita tutto questa volta.  Non sono una ragazzina, tutt’altro! Lui non sa quanti problemi ho avuto proprio per il mio “non essere una ragazzina”.
Sempre emarginata da tutti, al limite di quella che è l’odierna società, e tutto perché non accetto quello che tentano di propinarmi tutti i giorni: una verità fatta di menzogne e di stupide propagande consumiste.
È proprio per il mio essere diversa che apprezzo lui e i testi delle sue canzoni. Come fa a non capirlo?
Sto per andarmene, sono indignata abbastanza e non vorrei che peggiorasse la situazione. Vedersi crollare un mito da un momento all’altro è tutt’altro che piacevole e di certo non voglio farmi rovinare la giornata.
Faccio per alzarmi ma lui mi blocca il polso, mi fa perdere l’equilibrio  e mi fa ricadere pesantemente a terra. Per poco non gli ricado addosso ma me ne guardo bene finendo per sfracellarmi sul mio ginocchio già dolorante. Soffoco un grido di dolore che per tutta risposta si espande per il mio sistema nervoso facendomi venire un giramento di testa.
 
“Scusami, hai perfettamente ragione. Sono imperdonabile ma puoi cercare almeno di capirmi?”
Capirlo? Mi sta veramente chiedendo di capirlo? Hei, Vale! Vuole che tu lo capisca, il tuo idolo ti sta chiedendo scusa e, come se non bastasse, vuole che tu lo capisca.
Ah, come vorrei capirlo davvero e non solo in senso figurato.
Diciamo che si, potrei anche perdonarlo, soprattutto se me lo chiede con quel faccino affranto e pentito. Lo snobbo ma faccio solo finta, in realtà l’ho perdonato già da un pezzo, praticamente subito dopo avergli risposto per le rime. Ma dico, si può davvero essere in collera con uno come lui?
È un genio e non si possono odiare i geni…
 
Capitolo 6 - Perdonalo così lo Umili
 
Mi accomodo nuovamente per terra, questa volta qualche centimetro più vicino a lui, giusto per continuare a sentire il rumore dei suoi respiri e cercare di convincermi che tutto quello che sta succedendo non è solo un sogno. Ma come potrebbe esserlo? Ho un ginocchio dolorante e giramenti di testa… solitamente, almeno da quello che dicono nei cartoni, non si sente dolore in sogno.
 
“Capirti per cosa?”
Mi azzardo a chiedergli in un momento di silenzio, con timore e incertezza. Non vorrei proprio risultare inopportuna ma allo stesso tempo sono così curiosa che non mi trattengo. Lui non si fa pregare poi molto, ha bisogno di parlare con qualcuno e a quanto pare non gli importa che quel qualcuno sia un mezzo sconosciuto, che sia io insomma.
 
“è davvero un periodaccio: certo faccio il lavoro che mi piace, ho un nuovo contratto con una grossa mayor, i miei fan mi amano e le mie canzoni vanno alla radio tutti i giorni ma non è questo che voglio. Non ho più tempo per la mia famiglia, per i miei amici e per la mia ragazza. Soprattutto per lei che ora me la sta facendo pagare. Non so se capisci… non sono io! Io faccio musica per me, perché mi piace dare un suono alle mie parole, dare musica ai miei pensieri. Non lo faccio per soldi né per la gloria, non voglio schiere di fan urlanti, voglio solo fare quello che mi piace e rendere i miei cari fieri di me. Ma sono stanco di combattere contro il sistema e ogni giorno che passa sono un po’ più vicino a cadere nel loro vortice fatto di bugie e soldi”
Escono come un vortice, come un fiume in piena, le parole dalla sua bocca. Parla lentamente, in modo composto ma con impeto, senza fermarsi nemmeno a riprendere fiato. Parla piano ma io lo sento perfettamente e sento anche il rammarico che si nasconde nel profondo di quelle parole, così capisco che non mi sta mentendo. Allora ci avevo visto giusto! Il suo sguardo, velato e stanco, è effettivamente causato da qualcosa, qualcosa che sinceramente non potevo nemmeno immaginare.
Quasi mi pento di averglielo chiesto, sento il peso di quelle parole e il suo dolore diventa il mio. Forse avrei dovuto semplicemente comportarmi da fan malata, chiedergli di autografarmi la faccia e andarmene,  sbandierando ai quattro venti il mio nuovo trofeo.
Ma sarebbe meglio per me, sarebbe più facile solo per me. Lui invece la penserebbe sicuramente in modo diverso e io, anche se in dubbio, lo ascolto attenta. Non sono capace a scappare, non ho l’abitudine di prendere la strada più facile e poi non c’è nulla di più gratificante che fare qualcosa di buono per qualcuno.
Alzo una mano con la precisa intenzione di posargliela sulla spalla, giusto per fargli capire che io sono lì. Sono una sconosciuta e per di più ragazzina ma sono lì e lo ascolto senza giudicarlo né insultarlo, direi che si potrebbe benissimo accontentare.
Ma la mia mano si blocca a mezz’aria, non ho il coraggio di toccarlo. Oltre al fatto di risultare inopportuna c’è anche la possibilità che lui interpreti male quel gesto o , che al limite, ad interpretarlo male sia io.
Decido di evitare contatti diretti ma lo capisco perfettamente e rendere il concetto a parole può essere complicato. Inspiro profondamente e cerco di mettere insieme un discorso sensato e che possa tirarlo su di morale
 
“Posso capirti perfettamente . Noi tutti, parlo di noi fan, sappiamo quale tipo di filosofia di vita hai scelto e sappiamo anche che allontanarti da quella può portarti alla sofferenza. È come nel caso di Mikimix. Avevi provato a sfondare con qualcosa che non ti apparteneva e questo non ha fatto altro che causarti altri problemi. Quando finalmente hai trovato te stesso qualcuno sta cercando di privartene. Ma siamo proprio noi, proprio tutti coloro che ti ammirano di più, a dirti che mai e poi mai, per nessuna ragione, devi abbandonare il tuo stile di vita.
Farai meno concerti? Non ti sentiremo alla radio? Non farai interviste in tv? Pazienza. Tutto piuttosto che vederti diventare come Ligabue e Vasco”

Perdo ancora una volta il controllo sul legame che collega il cervello alla bocca e ancora una volta tutti i miei pensieri si riversano nell’aria sotto forma di suoni articolati che chiamiamo parole e lui reagisce in maniere differenti durante tutto l’arco del discorso. Lo vedo interessato, poi sorpreso, divertito e vagamente innervosito quando, alla fine, nomino due individui dal potenziale dubbio. Non che lui non li ammiri o non li rispetti ma ho probabilmente inserito in quel contesto persone che, effettivamente,  non centrano un acca.
 
“Intendo dire” continuo cercando di chiarire l’ultimo pensiero “che nessuno ti chiede di allontanarti da quello che sei o da quello che vuoi diventare. Semplicemente rifiutati quando si parla di fare qualcosa che non condividi”
Ok, credo di aver messo a posto le cose. Infatti lo vedo tranquillizzato e vagamente divertito. Ecco, ora tirerà fuori qualche altra vacua presa in giro e poi mi chiederà scusa, senza darmi alcuna possibilità di ribattere. Invece la sua risposta si fa attendere, quasi desiderare. Lo vedo riflettere, passarsi una mano tra i ricci scuri e aggiustarsi gli occhiali, ma non mi risponde. Forse non ha nulla da dire e non che ci sia qualcosa di strano ma sinceramente vorrei almeno che mi dicesse cosa ne pensa. Gli ho praticamente confessato amore incondizionato e lui non dice nulla, vuole farmi esasperare?
Sbuffo quasi per sbaglio, giusto perché non sto dando retta agli stimoli che mi percorrono il corpo. Sto solo cercando di capire se ha intenzione o no di continuare quella bislacca conversazione che comunque non ha senso di esistere fin da quando è iniziata.
Dopo una decina di secondi passati nel silenzio direi che mi sono rotta anche un po’ le scatole. La situazione mi agita e comunque non è una bella sensazione, oltre al fatto che ho consciamente ignorato le ultime due chiamate, probabilmente dei miei, solo per prolungare quell’ incontro fortuito.
E ora lui se ne sta zitto….
 
“La fai facile tu…”
Risposta breve, concisa e soprattutto improvvisa. Ha bloccato ancora una volta il mio tentativo di fuggire con poche parole messe in fila.



Finito anche questo
Ho aumentato la dimensione del font perchè era troppo difficile da leggere quello più piccolo 
Ecco perchè sembra più lungo xD

Buona lettura
Mel ^^

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