Amici immaginari

di shuichi chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - England, here i came! ***
Capitolo 2: *** Piccole sorprese ***
Capitolo 3: *** Shirley ***
Capitolo 4: *** Porco...Dino! ***
Capitolo 5: *** Help us,Tony! ***
Capitolo 6: *** Dovere da eroi ***
Capitolo 7: *** E svegliarsi alla mattina ***



Capitolo 1
*** Prologo - England, here i came! ***


 Salve a tutti, è da un bel po' di tempo che non scrivo più FF fatte a capitoli, ma questa lo merita! Di questi tempi sono in vena di scrivere storie assurde e idiote, ecco, questa non è da meno! Non prendetela troppo sul serio, ma non ritenetela nemmeno una favoletta per bambini, rideteci su XD
Questo è il primo capitolo, ovvero il prologo!
Buona lettura!





AMICI IMMAGINARI



Prologo – England, here i came!



Grazie al cielo. Finalmente dopo mesi e mesi di interminabile lavoro riuscì a concedersi un po’ di libertà. L’aria soffocante dell’ufficio cominciava a divenire sempre più pesante e gli impediva di godersi la giornata.
America non era mai stata una nazione così ordinaria e diligente, preferiva divertirsi chiuso in casa con i videogiochi sparatutto imprecando e sparando contro i nemici, abbuffarsi come un porco al Mc Donald, e guardare film Horror prima di andare a dormire (se riusciva).
Sicuramente  sarebbe stata la sua vita quotidiana  se non fosse stata sovrapposta da tutto quel sopprimente lavoro.
Ma la cosa che forse lo infastidiva maggiormente era il fatto di non essere riuscito vedere Inghilterra per mesi, lui se ne stava in Occidente, a bere thè e leggere favole, lontano chilometri e chilomenti da lui. Si chiamano spesso, ma questo non bastava affatto, anche masturbarsi al telefono con Inghilterra che faceva altrettanto non era per nulla soddisfacente.
Voleva vederlo, maledizione, tenerlo stretto tra le sue forti braccia, baciarlo, coccolarlo e farci anche l’amore, ovviamente. Se non fosse stato per i suoi impegni da nazione, avrebbe giurato a sé stesso che sarebbe stato con lui tutti i giorni, in fondo stavano insieme, che c’era di male?
A quei pensieri cominciò ad avvampare, preso da una voglia sfrenata di alzare i tacchi ed andare da lui per il resto delle sue vacanze; e difatti è quello che fece, senza alcun indugio, preparò le valigie e partì sul suo ject privato diretto a Londra. Dopo tre mesi di solitudine reciproca non poteva fare altrimenti.
Inghilterra però, non sospettava di una sua visita, era una sorpresa che avrebbe gradito sicuramente.
Già si immaginava la sua reazione: un misto tra lo stupore e l’euforia, nascosto dalla solita espressione contenuta e seria che cercava di non far sgretolare. Peccato però che il rossore che spesso gli velava le guance lo tradiva ogni volta, ma ormai America lo conosceva bene, e sapeva scorgere ogni sua emozione in qualsiasi momento.
Immerso nei pensieri non si accorse nemmeno del richiamo incessante del cellulare, solo dopo una manciata di secondi capì che qualcuno lo stava chiamando.
“Pronto” rispose subito senza nemmeno vedere chi fosse
“Ciao scemo!” si sentì dire, era Inghilterra, non vi era nessun dubbio.
“Iggy caro! Come stai?” rispose  con voce chiara e allegra
“non c’è male, ti ho disturbato? Stai lavorando?”
“ora no, che mi devi dire?”
“nulla, mi chiedevo quando saresti venuto a trovarmi…” la sua voce si assottigliò appena per l’ imbarazzo.
“non lo so, appena posso ti prometto che verrò!”
“va bene…non pensare cosa strane, tipo che mi manchi! Solo che volevo farti assaggiare i miei shones, sto migliorando in cucina sai?” certo, e America era in soprappeso, ma per favore!
“benissimo, ne sono felice! Ma tu invece mi manchi tantissimo, se fossi qui non sai che ti farei, ti…”
“si si si ok va bene! Ho capito!” urlò scosso Arthur interrompendolo, America cominciò a ridere.
“Ti giuro che appena trovo dei giorni liberi vengo a trovarti! Ora devo scappare, ho appena comprato Halo 3 e non vedo l’ora di giocarci! A presto!”
“A presto…”
“ah si, un ultima cosa…”
“cosa?”
“Ti amo!”
Dopo quella frase scese il silenzio per alcuni secondi.
“a-anche io…”   rispose poi l’altro un po’ balbuziente.
I due riattaccarono e America scoppiò di nuovo in una vivace risata.
Lo aveva fregato, così non si sarebbe mai e poi mai aspettato di trovarselo dopo alcune ore davanti a casa sua.
E Inghilterra affermava in continuazione che fosse uno stupido.
Stupido? Lui era un genio!





NOTE:
Prologo piuttosto corto, ma voglio realizzare un bel po' di capitoli (se riesco), quindi i capoli non saranno poi cosi lunghi; meglio cosi, io, personalmente, li trovo troppo pesanti e mi passa la voglia di continuare a leggere XD
Spero vi sia piaciuto! Al prossimo capitolo ;D

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Capitolo 2
*** Piccole sorprese ***


Ok, questo è un capitolo piuttosto lungo, e sinceramente non mi sono nemmeno soffermata a rivedere gli errori di battitura, di grammatica e di sintassi (che nabba che sono! D:) quindi divertitevi a trovare errori XD
Buona lettura!






Capitolo 1 - Piccole sorprese



Dopo alcune ora di straziante viaggio, si ritrovò finalmente nella città desiderata, la grande e piovosa Londra.
Il clima e il tempo atmosferico erano notevolmente cambiati rispetto a quelli in America, il cielo al solito era di un grigiastro morto, che non valorizzava per nulla la città, rendendola quasi triste e morta.
Si avviò per la città con una grossa valigia tra le mani. Aveva portato il minimo indispensabile: ricambi, i suoi boxer preferiti con disegnata la bandiera americana, la Psp , l’i pod, 3 sacchetti di hamburger, in caso Arthur non avesse voluto andare al Mc Donald (cosa assai probabile), due bottiglie di coca cola, manette pelose se avesse voluta voglia di “giocare” con il suo amato e ovviamente il cellulare per essere sempre raggiungibile da chissà quale vittima bisognosa di aiuto.
Di quei tempi era stato poco a Londra, ma riusciva ancora a ricordare le vie colme di negozi, pasticcerie e ristoranti. Pensare al cibo Inglese gli fece venire un brivido terrificante lungo la schiena e un po’ di nausea, meno male che si era portato il cibo da casa!
La villetta di Inghilterra non era lontana dal centro, si affrettò agitato, voleva vederlo al più presto, non poteva aspettare un minuto di più.
Finalmente si ritrovò davanti al portico di casa, prima di suonare contemplò nostalgico il piccolo e modesto giardino, vi era ancora il tavolino e le sedie di quando era piccolo dove lui e Inghilterra si fermavano a bere il the. Quella semplice dimore fece fiorire in lui splendidi ricordi, ma forse, anche dolorosi.
Cercò di ritornare al presente prima che l’altro lo trovasse lì, impalato come un idiota a fissare commosso il giardino.
Suonò il campanello tutto esaltato, il piede destro picchiettava ritmico sul terreno e un sorrisetto ebete non voleva scollarsi dal suo volto. La causa di quella improvvisa agitazione non fu per paura di una chissà quale reazione dell’altra nazione, ma il vero problema era come avrebbe reagito lui dopo essersi trovato davanti il proprio ragazzo, magari con la solita espressione imbronciata dall’aria tanto sexy. Era consapevole del fatto che avrebbe dovuto tener represso i suoi istinti felini e non saltargli addosso subito, ma ci sarebbe realmente riuscito?
Questi dubbi gli affollarono la mente quando notò che ancora nessuno aveva risposto. Suonò una seconda volta senza ottenere conferma alcuna, cominciò a preoccuparsi.
E se in quel momento non fosse in casa?
Ma dove poteva essere senno?
Inghilterra non era tipo da uscire spesso di casa, ad esclusione di quando doveva fare spese o andare ad un pub per bere, ma questo succedeva di mattina e sera non alle 6 di pomeriggio. Aveva calcolato il fuso orario, e il suo orologio era giustissimo, aspettò ancora qualche secondo suonando una terza volta ormai impaziente.
Era intento di fare dietrofront quando sentì una lieve voce provenire al di là della porta, era burbera e scocciata, si, era la sua.
“Arrivo, arrivo, un attimo di pazienza!” fu una gioia sentirlo
America si mise sull’attenti sfoggiando uno dei suoi radiosi sorrisi aspettando che l’altro aprisse la porta, in quel momento tutto sembrò molto più lento e i secondi parevano minuti.
Finalmente Arthur varcò la soglia:
“si può sapere cosa vuo….”  Non riuscì a finire la frase del tutto spiazzato dalla visione parsa dinnanzi ai suoi occhi increduli.
Alfred, il suo amato Alfred era proprio di fronte a lui, spalancò gli occhi e la bocca si aprì leggermente, lo fissò senza parole chiedendosi se stesse sognando.
America fu soddisfatto della reazione dell’altra nazione, nulla di imprevedibile.
“Ciao Iggy!” lo salutò con occhi sfavillanti.
“A-America…che ci fai qui?” fu la prima cosa che gli venne in mente da poter chiedere, era troppo confuso e sorpreso, ancora lo fissava.
“non eri a casa a giocare a quel videogioco? Hola qualcosa…”
L’americano scoppiò a ridere “prima di tutto si chiama Halo e secondo, sono venuto a trovarti finalmente!”
Inghilterra arrossì leggermente sfoggiando un mezzo sorriso, però, non gli mostrò l’immensa felicità che provava in quel momento, si trattene, come era solito fare.
“Sono felice di vederti dopo tanto tempo, su entra” gli sorrise nuovamente facendogli cenno di entrare.
Appena Alfred mise piede in quella casa, fu invaso da un forte e dolce profumo, maledettamente nostalgico, il profumo di Inghilterra invadeva ogni angolo della casa.
Eppure era talmente buono che non si trattene ad inspirarlo a pieni polmoni, quella fragranza lo fece impazzire nonostante nascondesse un pizzico di amarezza. In fondo, quella casa, quel profumo e lo stesso Inghilterra racchiudevano migliaia di ricordi della sua infanzia, felici, spensierati che con il tempo diventò un guerra insistente per la libertà.
Ma non era il caso di pensare al passato in un momento del genere, cavolo, c’era il suo ragazzo che non vedeva da mesi davanti ai suoi occhi, e lui va a pensare alla sua infanzia!
E svegliati fuori!
“ per quanto rimarrai qui?” chiese poi il suo ragazzo svegliandolo dal trans.
“mi hanno dato ben dieci giorni di libertà, quindi una settimana se per te va bene!”
“ah quindi per una settimana ti approfitterai del mio cibo, del mio letto, del mio bagno e della mia tv no?” scherzò Arthur con un filo di acidità.
“perché, ti da fastidio?” America si avvicinò fissandolo profondamente negli occhi smeraldini
“io non ho mai detto questo…” rispose in rima il ragazzo con aria di sfida.
Ma perché doveva essere così sexy?
Si chiese spontaneamente America, mentre il suo sguardo era perso negli occhi dell’altro.
Era bellissimo, soprattutto quando si arrabbiava.
E solo ora, che dopo tanto tempo non aveva avuto occasione di poterlo scrutare dal vivo, se ne rese conto più di ogni altra volta.
Si rese conto che ogni suo particolare gli era mancato da morire: i suoi capelli biondo cenere, i suoi occhi verdi scintillanti, il suo visino candido e imbronciato, le sue grosse sopracciglia (particolare che riteneva molto sexy nonostante non lo siano per niente, ma America è …America!) ed infine il suo corpicino esile che aveva carezzato e lambito tantissime volte.
Avrebbe voluto farlo ancora, baciare quel viso, quel collo, toccare quel corpo, desiderava ardentemente poterlo stringere a se e non lasciarlo mai più.
Avvolto in quei pensieri non si ricordò nemmeno più il contesto del discorso, ma importò poco, perché Inghilterra si ritrovò stretto tra le braccia dell’altra nazione. Sentì il suo respiro caldo sfiorargli dolcemente l’orecchio, le sue mani gli stavano accarezzando la testa e finalmente ebbe l’onore di percepire il suo calore e il suo profumo.
“mi sei mancato da morire…” sussurrò poi l’americano facendolo arrossire violentemente.
Come risposta questo affondò il viso contro il suo petto e si strusciò.
Alfred scoppiò in una solare risata, sciogliendo l’abbraccio. I due si concessero ancora pochi secondi per scrutarsi a vicenda per poi, senza aggiungere nulla, si scambiarono un bacio, lungo nonché passionale e dolce.
Quelle labbra, da quanto tempo le aveva bramate, così sottili e gustose, come solo Arthur poteva avere. Gliele morse gentilmente, gliele leccò per poi cercare la sua lingua con la propria.
Entrambi non avevano intenzioni di staccarsi, troppo concentrati, troppo eccitati da quel semplice bacio che in quel momento sembrò valere più di una scopata lunga tre ore.
No vabbe, così si esagera!
Lo strinse di nuovo, immergendo le dita nei morbidi capelli. Dire che si stava eccitando non era per nulla un eufemismo, nella sua mente cominciarono a vagare strani pensieri, in quel momento si chiese cosa lo stesse trattenendo dal prenderlo e sbatterselo fino al giorno dopo.
Non importava dove, in camera, in bagno, sul pavimento, nel giardino, lui lo voleva, lo aveva desiderato per quei stramaledetti tre mesi di solitudine e astinenza. Sebbene la voglia era grande, quel piccole tratto di coscienza che era riuscito a conservare in quel bacio tanto coinvolgente, gli impose di non andare oltre…per il momento.
Avrebbe continuato ancora per molto se solo i loro polmoni non avesse avuto bisogno di aria, così si staccarono lentamente e Inghilterra si sistemò nell’incavo del suo collo.
“anche tu mi sei mancato, tantissimo” sussurrò sperando che America fosse distratto.
Ma ovviamente l’altro sentì benissimo le sue parole e ne fu davvero felice, sorrise soddisfatto e lo baciò teneramente sulla fronte facendolo divenire di nuovo rosso.
“hai fame? Ora vado a preparare gli scones!”
Argh! Stava andando tutto così bene, perché quel testone doveva proprio fargli mangiare quel obbrobrio che erano i suoi piatti?
Per quanto lo amasse non riusciva proprio a farsi piacere il suo cibo. Erano quei piatti che alla vista facevano venire l’urlo al vomito e difatti lo facevano anche mangiandoli.
“ah… ehm no grazie! Ho già mangiato tanto durante il viaggio e sono sazio!” la solita scusa, ma quella volta era vera.
“dai…nemmeno un piccolo assagino? Voglio sapere se sono migliorato!” Sfoggiò un dolcissimo faccino da cucciolo bastonato (raro vederlo in questo stato) e con il ditino cominciò a creare dei piccoli cerchi sulla sua giacca.
Alfred cercò di non incontrare il suo sguardo, invano ed infine (come ogni santa volta) cedette e accettò di provarne almeno uno.

La cena era stata un disastro: lui che cercava di evitare di farsi ficcare in bocca quell’ intruglio osceno di colore nero o viola che il suo ragazzo gli porgeva su un piatto argentato con un sorrisetto convinto.
Ed Inghilterra che ostinato, all’inizio cercava di convincerlo con parole dolci, poi quasi lo obbligò a provarne almeno un pezzetto. Stringeva i denti e gli metteva il veleno sotto il naso infuriato, così il povero americano fu obbligato ad ingoiarne uno tutto in fiato.
Lasciando stare la nausea successiva, per il resto andò tutto bene: parlarono di tutto e più, fecero un giro per la città, risero, discussero, si abbracciarono e poi si baciarono.
Era tornato tutto come prima, e non chiedevano di meglio.
Ora erano seduti sul divano, vicini con gli occhi incollati al televisore.
Arthur non amava la Tv, preferiva di gran lunga leggere un buon libro, ma l’altra nazione aveva insistito per guardare il suo programma preferito. Lo fissò per un attimo, non riuscendo ancora a credere che fosse lì, accanto a lui, gli era mancato troppo. Non gli disse però delle sue svariate serate al pub, ubriacandosi, come una volta, piangendo, e pregando che tornasse.
Ma adesso non aveva di che preoccuparsi, eri lì, e non lo avrebbe abbandonato.
 Difatti aveva approfittato del primo momento di libertà per andare da lui, ne era davvero felice, significava moltissimo per lui questo picciolo gesto.
Così decise, lui non era solito ad esternare a parole i suoi sentimenti, allora avrebbe usato altri mezzi, glielo avrebbe fatto capire.
“hei Al!” lo chiamò, avrebbe cominciato con frasi ambigue e maliziose.
“mh?” accennò America preso dal programma
“sai… mi è venuta voglia di…em…ecco…banane…” istintivamente il suo cuore cominciò a pulsare forte e le sue gote divennero bordeaux, non era da lui dire frasi del genere!
“prendine una!” rispose semplicemente il cretino in parte a lui.
Ah si, aveva dimenticato, il suo ragazzo era un ritardato!
“beh ma…non potresti darmela te?” ci riprovò
Alfred lo fissò con sguardo interrogativo “ma io non ho nessuna banana! E poi in questa stagione mica ce ne sono! Ahah!”
Ma perché, perché doveva essere così stupido? Lui non intendeva quella banana idiota!
Arthur non volle rispondere, si limitò a far scivolare una mano sul suo viso rassegnato, con lui ci volevano i fatti, non le parole.
Si alzò di colpo e si precipitò in camera, solo dopo alcuni minuti l’americano si accorse che se n’era andato da lì, spense il televisore ed andò a cercarlo.
“Arthur? Dove sei?” lo chiamò preoccupato.
Lo cercò in cucina, ma non vi trovò nessuno, poi in bagno, ma anche lì non vi era anima viva, finche vide un piccolo filo di luce provenire dalla camera da letto.
Aprì delicatamente la porta “Arth…”
Le sue parole furono interrotte da una visione a dir poco sconvolgente: dinnanzi al suo sguardo ebete si ritrovò Inghilterra, seduto sul letto che lo fissava in modo indecente. Ma la cosa che colpì maggiormente la nazione, furono i suoi “vestiti”: un piccolo grembiule nero, che sembrava coprigli solamente le parti intime, un papillon legato accuratamente sul collo, dei polsini bianchi e neri abbinati con il grembiule e il resto era del tutto in bella vista, anche il piccolo sederino liscio che adorava.
Lo conosceva quel costume, ma era da tantissimo tempo che non glielo vedeva addosso, si stupì della velocità in cui i suoi pantaloni cominciarono a farsi stretti, proprio lì, dove non batteva il sole.
Non disse nulla, si limitò a fissarlo ad occhi aperti, eccitato, accaldato, pronto a farlo finalmente suo.
“Allora?” esordì poi Inghilterra con perizia “non vuoi darmi ancora sta banana?”
Alfred rise, si, adesso aveva capito.
Tranquillo Inghilterra, vedrai che questa banana ti piacerà molto,anzi, più del solito.

 



Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! (e via abbia fatto un po' ridere) Al prossimo capitolo gente! XD
Adesso si, che arriva il bello ;D

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Capitolo 3
*** Shirley ***


Eccolo qui il secondo capitolo! E finalmente si capirà il significato del titolo. Spero vi piaccia e buona lettura.
p.s
Nomi e frasi contenuti in questo capitolo sono puramente casuali (certo come no).







Capitolo 2 - Shirley



Nemmeno lui seppe il perchè si fosse ritrovato sopra il corpo esile e quasi nudo di Inghilterra, ma niente gli impedì di riempirlo di baci ovunque fosse possibile.
Sentì il respiro dell’altro farsi sempre più pensante mentre cominciava a lambirgli il collo e le spalle.
Quella pelle morbida e dolcissima, non aspettava altro che assaggiarla nuovamente. Il desiderio di un contatto fisico ancor più intimo fu grande e America non perse l’occasione per togliersi la maglietta e rimanere a petto nudo.
“sei ingrassato lo sai?” affermò Inghilterra ridendo, mirandogli la pancia.
“non è vero! Sono tutti muscoli questi!” rispose convinto
“se continui a mangiare Hamburger diventerai obeso”
“tsk! Io sono un eroe, e gli eroi non ingrassano” alzò il mento orgoglioso delle proprie parole “e poi, lo sanno tutti che un uomo senza pancia è come un cielo senza stelle!”
L’inglese aggrottò le sopracciglia confuso, quel detto assurdo dove lo aveva trovato?
“e poi anche se ingrassassi, non ti piacerei più? Sei così superficiale?” chiese poi America quasi offeso
“io non ho detto questo! Lo dico solo per il tuo bene! E poi…” si intenerì venendo il viso preoccupato dell’altro “ a me piace la pancetta…”
Alfred sbuffò in un sorriso per poi lasciargli un caldo bacio sulle labbra e continuare quello che aveva interrotto.
Non smise un attimo di toccarlo, leccarlo e morderlo, quella sera avrebbe fatto impazzire il suo ragazzo, non sarebbe andato subito al sodo come sempre, ma lo avrebbe sottomesso con un lungo e passionale preliminare a cui difficilmente si sarebbe opposto.
Sentì i suoi respiri mozzarsi e il suo corpo scaldarsi sempre più, non gli avrebbe dato pace.
Arthur non si era mai sentito meglio, socchiuse gli occhi concedendosi tutte quelle attenzioni e quei giochetti maliziosi sul suo corpo ormai voglioso, gli carezzò i capelli tanto per accennargli di non fermarsi.
Era in paradiso, quasi riusciva a vedere delle piccole scintille colorate volteggiare sopra la sua testa.
No, aspetta.
Cosa erano quelle lucine che si muovevano in continuazione?
Aprì velocemente gli occhi, e dopo essersi reso conto di quello che vi era sopra di lui ( a parte Alfred ovviamente) non fu per nulla appagato.
Non sapeva perché e come fosse arrivata lì, ma una fatina volteggiava a destra e sinistra facendo strani segni come per invitarlo ad ascoltarla.
Maledetta, forse non lo aveva notato, ma era piuttosto occupato.
Cosa cavolo voleva da lui proprio in quel momento?
Inghilterra, senza farsi notare dall’altro troppo occupato a torturargli il collo, cercò di mandarla via gesticolando anch’esso e sussurrando il più piano possibile.
Vattene, sono occupato, passa dopo” cercò di farle capire
Non posso aspettare,ti prego Arthur ascoltami!” insistette la fatina facendogli segno di seguirla.
Ti ho detto di andartene,sono occupato,Fuck!” quell’imprecazione detta con astio attirò l’attenzione dell’Americano che smise subito di leccargli il collo per poi guardarlo insospettito.
“che succede?” chiese poi.
L’espressione spontanea di Inghilterra in quel momento qualcuno avrebbe dovuto fotografarla  perché mai più forse avrebbe sfoggiato un simile sorriso ebete palesemente fasullo che lo fece sembrare più idiota del fidanzato.
“Niente!” esclamò con voce stridula mentre lasciava che un sorriso a trentadue denti rovinasse il suo bel visino.
America rabbrividì a quella scena, ma fece finta di nulla e ritornò al suo “lavoro”.
Peccato che quella rompiscatole di una fatina con ali brillantate continuasse ad insistere disperata.
La scena era a dir poco esilarante: Inghilterra schiacciato sotto il corpo possente di America muoveva impetuosamente le braccia cercando di scacciare l’essere indesiderato, quello sopra di lui che sembrava non accorgersi di nulla e la fata che non aveva intenzione di andarsene da lì.
Povero Arthur, non poteva di certo interrompere tutto per una sciocchezza simile, eppure quella dolce ed eccitante sensazione delle labbra di America sulla sua pelle era svanito, sostituito da un gran nervoso.
Rivoleva quel piacere,cazzo!
Perché proprio in quel momento doveva arrivare, perché?
La rabbia crebbe e non riuscì più a trattenersi:
Te ne vai si o no?!!” sbottò poi la nazione a voce TROPPO alta.
La piccola creaturina sobbalzò, ma non fu quello che preoccupò l’inglese, bensì il volto di Alfred nel sentirlo pronunciare tali parole.
Lo fissava sconvolto pensando che quelle parole fossero rivolte a lui.
“Come hai detto scusa?” chiese America guardandolo storto
“ no Al non dicevo a te!” rispose l’inglese agitato
“ e allora con chi cazzo parlavi?!” sembrò piuttosto indispettito
“ anche se te lo dicessi non mi crederesti, anzi, mi prenderesti in giro…”
“tu dimmelo intanto!” lo fissò aspettando una qualunque risposta.
Di sicuro non gli avrebbe creduto,  poi si sarebbe anche arrabbiato, e vedere America arrabbiato, per quanto poco lo vedesse, non era mai bello.
“Em ecco…” non sapeva nemmeno come iniziare la spiegazione, talvolta mandava occhiate alla fatina che lo fissava spaesata dalla situazione.
“allora?” impaziente l’ altro incrociò le braccia
“ Shirley!” esclamò Arthur indicando un punto preciso a mezz’aria
“E chi è Shirley?”
“Girati, non la vedi? È quella fatina che ci sta fissando!”
“Hai detto…fatina?” si aspettava di tutto uscire da quelle labbra, ma non che si trattasse di uno dei suoi amici immaginari.
America girò lo sguardo, ma non vide nulla, riuscì solo ad intravedere dei mobili nascosti nel buio della stanza.
“io non vedo nulla…” disse guardandosi ancora un paio di volte in giro inutilmente
“ma ti giuro che c’è! Tu non la puoi vedere, ma è qui e continua a chiamarmi per dirmi qualcosa! Ti prego devi credermi!” sembrava quasi lo stesse implorando.
In fondo non era la prima volta che emergessero gli amici immaginari di Inghilterra, sin da piccolo, quando gli leggeva le favole aveva questa mania di vedere le creature magiche, come infatti le fate.
Tutti avevano le proprie manie, Arthur accettava il fatto che lui andasse sempre a mangiare al Mc, che giocasse per ore ed ore ai videogiochi, che tenesse in casa un alieno, perché lui non avrebbe dovuto fare lo stesso?
Anche se, quella fatina del cavolo poteva apparire qualche ora prima, invece che in un momento così inopportuno.
Cioè, non si era accorta che erano in procinto di scopare?
Ma, per quanto lo infastidisse se lo amava davvero doveva accettare la situazione e cercare  di assecondarlo.
“Ah si certo! La fatina Shirley!” esclamò con un sorriso divertito
“ mi credi allora?” gli occhi dell’inglese si illuminarono
“si, ti credo, anche se non riesco a vederla, ma si può sapere cosa vuole questa Shirley?” per aver interrotto il suo irresistibile preliminare.
Inghilterra subito dopo chiese a Shirley il perché di quella irruzione. L’americano prese gli occhiali sul comodino e lo fissò: continuava a  parlare da solo fissando il vuoto, gesticolava, era uno spettacolo imperdibile.
Eppure rimaneva sempre talmente provocante, forse perché indossava ancora il costume sexy da cameriere.
I suoi pensieri furono subito interrotti dall’espressione preoccupata di Inghilterra che ora lo guardava.
“Che succede?” chiese
“Dobbiamo aiutare Daisy!” rispose prima di alzarsi e infilarsi i boxer.
No aspetta, perché ti vesti?!
“Daisy?” chiese ancor più confuso il povero America maledicendo i boxer che ormai gli avevano coperto quelle natiche tanto invitanti.
“Si, è una amica di Shirley, si è ferita e devo soccorrerla”
Dopo quelle parole scese dal letto e si infilò veloce una maglietta qualsiasi per poi precipitarsi in salotto; Alfred lo seguì mugugnante.
Arrivati in sala, l’ inglese parlò di nuovo da solo mentre l’altra nazione andava avanti verso il divano.
“ALFRED FERMO!” urlò facendo prendere un colpo al povero americano che si immobilizzò di colpo con un piede a mezz’aria, le mani istintivamente alzate e gli occhi spalancati dallo spavento.
“Ch-che succede?” tremò appena, stava perdendo l’equilibrio
“Stavi per schiacciare la povera Daisy!” Inghilterra si diresse verso di lui prendendo la fatina da terra.
America finalmente poté sciogliersi e vide il suo ragazzo coccolare Daisy  che ai suoi occhi era come se stesse accarezzando l’aria.
Va bene, lui non poteva né vederle né sentirle ed era anche convinto che non esistessero, ma vedere il SUO ragazzo prestare attenzioni così smielate a qualcun altro che non fosse lui lo mandava su tutte le furie, si, anche se quel “qualcun altro” era il nulla!
“Ingh…”
“Al, tu resta qui, io vado in bagno a medicarla” lo interruppe dirigendosi frettoloso nella stanza citata.
Ecco, lo ignorava pure!
Arthur, posò la fatina sopra un piccolo comodino e prese delle fasce.
“Grazie mille per averla aiutata” disse sollevata Shirley posta accanto all’amica “e scusa se ti ho disturbato”
“tranquilla, anche se era il momento meno opportuno è stato per una giusta causa, scusa te se ti ho risposto male, ma ero piuttosto agitato...ora va meglio Daisy?”
“si, grazie Arthur!” rispose l’altra con un dolcissimo sorriso
“ora non vorrei essere indiscreto ma vi chiederei …”
“si si, ce ne andiamo subito, grazie ancora per il tuo aiuto” continuò Shirley prima di riprendere il volo dando una mano all’amica.
Iggy uscì dal bagno poi aprì la porta d’entrata e lasciò uscire le fate salutandole un ultima volta.
Quando si girò si trovò America poggiato alla stipite della porta con un'espressione per nulla contenta.
“mi dispiace…” si scusò abbassando la testa,si senti in colpa.
L’altro gli si avvicinò e lo strinse “fa nulla, dai, torniamo in camera”.
Inghilterra annuì lasciandosi coccolare un ultima volta.
“Torneranno ancora?” chiese America poggiando gli occhiali sul comodino in parte al letto.
“Non credo, ho spiegato a Shirley e Daisy la situazione”
“bene…”
Non fece nemmeno in tempo a strofinarsi gli occhi che si ritrovò Arthur a gattoni davanti a lui, di nuovo con il sederino scoperto in aria che lo fissava malizioso.
La capacità di Inghilterra di farlo eccitare con poche e semplici gesta era davvero sconvolgente.
“Allora, continuiamo quello che avevamo interrotto?” chiese poi l’inglese a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Certo!”
Quella volta nessuno fatina li avrebbe fermati.





NOTE:

Speravate Pensavate fosse finita è?
Ebbene no! Siamo solo all' inizio, spero questo capitolo sia stato di vostro gradimento! Alla prossima XD

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Capitolo 4
*** Porco...Dino! ***


Salve! Ed eccomi qui con il terzo capitolo! XD
Perdonatemi se ci ho messo più tempo del previsto, ma ero piuttosto occupata (no tranquilli, la causa non è lo studio XD).
Ma ad ogni modo ce l ho fatta! Beh, buona lettura ;D






Capitolo 3 – Porco… Dino!


Ormai la sera era divenuta notte accompagnata da un freddo venticello autunnale e dal cielo guarnito da luccicanti stelle. Una rara notte placida e serena perfetta per essere ammirata.
Ma sinceramente, chissene frega!
America aveva altro a cui pensare, per esempio al petto liscio del suo Inghilterra che, sotto di lui, palpitava ritmico, sudato invitandolo a toccarlo e a coprirlo di baci.
Il suo viso delicato, i suoi occhi socchiusi, la sua bocca sottile, le sue dita affusolate, le sue ciocche dorate e spettinate, le sue sopracciglia troppo folte, le sue smorfie, la sua lingua, il suo sedere rotondo, ogni cosa, anche il più insulso particolare sembrava smuoverlo ed eccitarlo.
Lo voleva, per tutta la notte o anche solo per pochi minuti, ma desiderava farlo suo, nulla di più.
Quelle fatine avevano poi interrotto il suo meraviglioso e irresistibile preliminare, ma adesso che erano di nuovo soli avrebbe potuto continuare.
Si tuffò sul corpicino esile dell’amato continuando a baciargli il  collo, i lobi delle orecchie, le spalle per poi scendere sul petto.
Arthur sentì le labbra di umide dell’altro scendere sino ai suoi rosei capezzoli per poi lambirli dolcemente. Cercò di protestare ma ogni parola emessa veniva mozzata da un gemito indecente di cui se ne vergognava ogni volta.
Eppure era troppo irresistibile, quell’idiota era capace di fargli perdere la ragione e farlo andare fuori controllo, sia nel bene che nel male.
Era l’unico che poteva permettersi di farlo.
Inutile proseguire le proteste, decise di concedersi completamente a lui e non pensare ad altro.
Non aveva intenzione di cessare quella dolcissima tortura, andava su e giù, partendo dal collo sino all’ombellico per poi risalire. Lo faceva impazzire.
Quando Alfred giunse di nuovo al suo viso questo si alzò a sedere prendendogli dolcemente il viso per poi leccargli le labbra con passione.
I loro corpi caldi uniti, i respiri affannosi, le lingue sguisciavano alla ricerca dell’altra, quel tepore e quel piacere che solo insieme potevano provare, finalmente potevano condividere ogni cosa insieme dopo tanto tempo di solitudine.
America prese a leccargli dolcemente il lobo dell’orecchio:
“Arthur…” lo chiamò con un voce grave e sensuale.
L’altra nazione arrossì violentemente, sentir pronunciare il suo nome con quella eccitante enfasi, fu per lui un’enorme gioia. Aprì leggermente gli occhi, fissando la porta semi aperta, la scrutò meglio pensando di aver intravisto qualcosa e subito li spalancò allibito.
“Dino!” esclamò l’inglese incredulo e assai indispettito.
“Dino?!!” ripeté America sconvolto
“Dino!”
Alfred rimase spaesato dalla insolita risposta dell’amato, sciolse l’abbraccio che li univa e cercò di intuire in pochi secondi il significato della parola citata.
Ah certo! Che stupido, perché non ci era arrivato subito?
Incrociò lo sguardo con quello dell’altro, gli prese dolcemente il mento e lo avvicinò a se
“certo…” accostò le labbra febbrili “ anche io ti Dino…”
che strano modo di dire ti amo, che lingua sarà?
“ma che stai dicendo idiota?!” lo rimproverò Arthur ancor più confuso
“che ti Amo anche io! Dino non vuol dire “Ti amo” in una lingua straniera?” il mangia Hamburger ne era davvero convinto.
“ ma non dire cazzate! Dino è un nome!”
“Nome…? Di chi? Chi è questo Dino, eh?! Un altro?!” cominciò a surriscaldarsi
“ferma i bollenti spiriti, Dino non è un ragazzo, bensì…un unicorno…” nel pronunciare l’ultima parola Inghilterra abbassò leggermente il mento per la vergogna.
Silenzio totale.
Forse aveva fatto un grosso errore, avrebbe fatto meglio a stare zitto, il volto sconvolto di America ne era la prova. Lo fissava con sguardo perso, più beota del solito.
Elaborò velocemente qualche parola per tranquillizzarlo, ma la sua mente non volle formulare alcuna frase credibile.
“Al io…” iniziò senza avere la benché minima idea di come continuare.
“Ora ho capito tutto…” sibilò ancora Alfred con lo sguardo perso nel vuoto della stanza scura.
“cosa?” osò chiedere l’inglese irrequieto della risposta.
“ Un unicorno…” inspirò profondamente “ Mi hai tradito con un unicorno!” sbottò poi.
Inghilterra sentì qualcosa rompersi nella sua testa, con uno strappo deciso, forse era la sua pazienza.
Va bene essere stupidi, ma a tutto c’è un limite.
America riuscì scorgere a malapena il volto dell’altro offuscato dalle tenebre della camera. Aveva gli occhi spalancati, il viso che sembrava non esprimere nessun sentimento, si accorse di un tic estraneo formarsi sulla palpebra inferiore dell’occhio destro. Faceva davvero paura, riuscì pure ad avvertire un’aura omicida avvolgerlo completamente, rabbrividì, questa volta dal terrore.
Ancora qualche incessabile minuto di straziante silenzio.
“si può sapere cosa ti fumi?!” esclamò Arthur balordo “ intendevo che dietro di te c’è un unicorno che ci sta fissando da un bel po’, rincoglionito!”.
Beh, nemmeno lui, che parlava di unicorni che entrano in camera da letto, era da meno.
America istintivamente si voltò dimenticandosi del fatto che era tutto frutto dell’ immaginaz…em, che lui non poteva vederlo, e infatti non vide nulla, solo buio.
Ma a quel punto, alcune domande sorsero spontanee:
Uno: Dove cavolo era quel maledetto unicorno?
Due: Perché vi era un unicorno in casa?
Tre: Forse la domanda più importante, come poteva chiamare un unicorno Dino?!
Il nome Dino non era per niente adatto ad un equino, c’erano un sacco di altri bei nomi da attribuirgli, perché proprio quello?
Mentre rimuginava (inutilmente) al nome adatto, si rese conto che il vero problema era riuscire a distrarre Inghilterra per non farsi soggiogare dalle sue fantasie.
“Un unicorno è entrato in camera…perché?” chiese poi straziato.
“non ne ho idea, ma dobbiamo fare qualcosa!” rispose l’inglese agitato
“hai assolutamente ragione!” esclamò Alfred prima di far ristendere il ragazzo e prendergli i polsi con le mani “ignoralo!” dopodiché si rituffò sul suo collo bagnandolo con la lingua.
“No, aspetta, aspetta, ASPETTA!” gridò il povero Arthur agitandosi come un forsennato.
Riuscì miracolosamente a liberare le braccia e gli allontanò la faccia che pareva non volersi staccare dal suo collo minuto.
“ti prego smettila!”
“perché?” chiese l’americano sfoggiando il suo sguardo da cucciolo abbandonato
“perché…ecco…” le piccole mani di Inghilterra cominciarono istintivamente a giocare tra loro “so che tu non lo puoi vedere, ma io sento la sua presenza e lo vedo…quindi non riesco a fare certe cose con Dino che ci fissa, capisci?”
America alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma se lo era promesso, lo avrebbe assecondato con ogni suo amico immaginario.
“si, tranquillo lo manderò via” rispose, poggiandogli una mano nei morbidi capelli in segno di comprensione.
Si girò fissando la porta semi aperta, cui filtrava la luce opaca del corridoio, si mise in piedi sul letto, con una posa troppo eroica da esibire in mutande e indicò un punto a caso della stanza.
“Ascoltami bene…Dino! Non so cosa voglia tu da noi, ma come avrai di certo notato siamo piuttosto occupati e quindi, smamma di qui! Sho sho!” fece il gesto di andarsene e subito dopo si girò verso il suo ragazzo con un sorriso vittorioso.
Al  contrario Inghilterra rimase deluso e allo stesso tempo sconcertato.
“visto? Sarà di sicuro andato via” convinto lui.
“beh, veramente è ancora qui e ti sta fissando malissimo, credo ti trovi un deficiente…”
Ma come?
Anche lui? Bene.
“ma si può sapere come si manda via un unicorno?” Alfred cominciò a scaldarsi dal nervoso
“ di sicuro non con i modi rozzi che usi te! Povero Dino, mica lo ha fatto apposta!”
“ma posso sapere cosa ci fa in casa tua?”
“non ne ho idea, mi chiedo come sia riuscito ad entrare…ora ci parlo io…”
Subito Arthur si alzò dal letto dirigendosi verso Dino. Lo vide di nuovo, parlare da solo guardando il vuoto, gesticolando ed esibendo espressioni diverse, questa volta sembrò più buffo del solito, forse perché ad un certo punto lo vide ridere a crepa pelle e implorando di smettere.
“basta leccarmi, ok che mi vuoi bene, anche io te ne voglio, ma smettila!” rideva da solo, come un cretino o un malato mentale.
“mi dispiace Al, ma non vuole proprio andarsene, dice che vuole vedermi e stare un po’ con me”
Per caso qualche alieno o qualche forza sovrannaturale ce l’aveva con lui?
No perché non poteva nemmeno fare l’amore con il proprio fidanzato che qualche problema emergeva improvvisamente! Ci mancava solamente l’ unicorno affettuoso che voleva stare con il proprio padroncino. Ma non poteva rompere le palle, tipo, qualche ora fa?
Perché proprio adesso?
La rabbia di Alfred crebbe, e con il sangue al cervello si catapultò da Arthur fissando il punto in cui pensava ci fosse Dino:
“ascoltami bene insulso cavallo con il corno in fronte, te lo ripeterò un ultima volta e dovrai ascoltarmi e guardami negli occhi!” era furioso questa volta, non gli importava se avrebbe usato parole non troppo gentili quando è troppo è troppo.
“em…Alfred…”
“non interrompermi Arthur, ora sono davvero arrabbiato!”
“no è che…” si lasciò scappare una lieve risatina “stai parlando con il suo fondoschiena!”
Ecco, per una volta che era serio e deciso doveva succedere qualcosa che lo facesse sembrare comunque un cretino! (Anche solo il fatto di sclerale al nulla lo era, ma questi sono piccoli dettagli).
Con la rabbia che fuoriusciva da ogni poro, strinse i pugni e camminò verso l’atra parte della stanza opposto all’inglese che ora lo aveva di fronte. Cercò di trovare un punto in mezzo alle tenebre che poteva alludere alla posizione degli occhi del presunto equino.
“ bene, stavo dicendo” si schiarì la voce cercando di renderla grave e potente “non mi interessa se vuoi vedere il tuo padrone, ora lui è impegnato con me, non so se te l’ha detto ma io sono il suo fidanzato e adesso non ha tempo per te, quindi smamma prima che mi obblighi a passare alle maniere forti!”
Lo disse tutto in un fiato a mento alzato, fiero e molto più sereno e libero di prima. Arthur non disse nulla, lo fissava solamente, un po’ triste.
“allora è andato?” chiese poi sperando in una risposta affermativa
“si…se n’è andato…però” lo sguardo dell’inglese si fece più cupo “potevi essere più gentile, c’è rimasto davvero male!”
“era inutile essere gentili non sarebbe più andato via!” rispose secco America
“si, ma mi sento in colpa per lui, ci sei andato giù davvero pesante!”
“è solo un unicorno! E non pensi a me invece?” mossa sbagliata Al.
“sarà anche un unicorno ma è un mio amico! E non ti permetto di trattarlo così!” mai offendere gli amici immaginari di Inghilterra, era considerata eresia.
Il ragazzo si sedette sul letto a braccia conserte palesemente offeso.
Alfred si massaggiò le tempie pensando che veramente qualcuno lassù lo odiava. Si avvicinò al fidanzato e gli cinse le spalle.
“e va bene, domani mattina ti prometto che gli porgerò le mie scuse”
“davvero?”
“certo” rispose prima di lasciargli un dolce bacio sulle labbra.
“spero solo non se la sia presa troppo” continuò Arthur soprappensiero
“manno! In fondo è un animale, cosa vuoi che faccia?”
Già, cosa potrà mai fare?


Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, e vorrei aggiungere che per il prossimo ci vorrà del tempo, quindi pazientate per favore! Ringrazio di cuore tutti quelli che stanno seguendo questa FF demenziale! Alla prossima XD
p.s.
Chi legge Reborn comprenderà anche il perchè della scelta del nome Dino attribuita ad un...em...equino XD

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Capitolo 5
*** Help us,Tony! ***


Ed eccolo qui! Il tanto atteso quarto capitolo! XD Vi avevo avvertito che ci avrei impiegato un bel po', anche perchè è piuttosto lungo XD Ammetto che questo capitolo non mi è uscito tanto bene, pensavo di avere più inventiva...
Spero che almeno a voi piaccia ç_ç Buona lettura ;D






Capitolo 4 - Help us, Tony!



Era incredibile!
Come poteva dopo tutti quei calorosi e ormai asfissianti baci pensare ancora a Dino?
America cercò invano di farlo distrarre da tutte quelle preoccupazioni che intralciavano la loro nottata Hot; però il comportamento dell’altra nazione non sembrava aiutarlo per nulla. Questi non ci metteva il benché minimo di passione nelle sue carezze, aveva la testa fra le nuvole, si vedeva e per di più ogni 5 minuti si chiedeva come stesse il suo dolce e sensibile unicorno.
A quanto pare gli dispiaceva più per quel puledro rompiscatole che per il suo ragazzo.
Ma non pensava minimamente a lui?
Al povero Alfred, condannato a trattenere i suoi istinti animaleschi facendolo morire dalla voglia di scoparlo, portandolo a divenire sempre più frustato e di conseguenza violento.
Maledetto Inghilterra, come può all’inizio mostrarsi mezzo nudo in una posa irresistibilmente sexy  per poi fermalo per due volte durante il suo preliminare passionale e sperare che questi non si arrabbi?
L’ americano (eccitato) cominciò ad innervosirsi, ma non poteva di certo urlargli contro di stare zitto e lasciarsi scopare, quindi escogitò un piano più efficace.
“vedi è che ho la sensazione che possa succede qualcosa di brutto e…” Arthur continuò a farsi inutili seghe mentali ma l’altro non lo stava più ascoltando.
Semplicemente si staccò da lui, recuperò gli occhiali, si mise sul letto e osservò fuori dalla finestra leggermente aperta.
L’inglese si sorprese della sua strana iniziativa  e lo fissò confuso.
“Alfred?” lo chiamò, ma non ottenne nessuna risposta.
“Alfred!” lo chiamò di nuovo alzando la voce ma l’altro di risposta si limitò a fissarlo con sguardo indifferente.
“Che ti è preso?”
“nulla, solo che..” si sistemò gli occhiali con l’indice.
“A quanto pare sei troppo occupato a pensa a quel Dino per continuare, quindi è inutile che continui ad insistere…” il suo tono era alquanto deluso, non aveva tutti i torti.
“Oddio ora non farai mica l’offeso?” l’orgoglio di Arthur era indescrivibile.
“E come pensi che possa comportarmi? È tre mesi che non ci vediamo! Ho cercato il primo buco disponibile per venirti a trovare, ho fatto di tutto per finire più presto possibile il mio lavoro, tutto questo solo per vederti e stare con te!”
“ma ora sei qui con me!”
“sai benissimo cosa intendo! Ho sopportato l’irruzione di quei cazzo di esseri che vedi solo tu, ma ora che se ne sono andati, posso avere il diritto di essere la tua priorità? Sono il tuo ragazzo o sbaglio?” le sue parole erano furiose, serie e dure; Inghilterra sapeva benissimo che America troppo serio era sinonimo di pericolo; non sorrideva, i suoi occhi erano infuocati e pungenti, per quanto la sua testardaggine lo spingeva a controbattere aveva buon senso a sufficienza per starsene zitto e ammettere il suo sbaglio (per quanto fosse difficile per lui).
Abbassò il capo aspettando che l’altro avesse il tempo per calmarsi, ammettendo la propria colpa.
“beh…” quanto era difficile scusarsi, le parole si fermavano in gola e non volevano uscire.
“forse ho esagerato, avrei dovuto lasciarmi andare, mi…mi dispiace…” le guance del piccolo inglese divennero rosse e i suoi occhi fissavano altrove.
Per quanto America fosse arrabbiato sapeva benissimo che dinnanzi a quello sguardo amareggiato e dolce non poteva resistere, e vi era anche da notare che ricevere delle scuse da Inghilterra era davvero raro e in quelle poche volte che osava farlo si dimostrava sincero.
Il piccoletto lo scrutò svariate volte di sfuggita per vedere la reazione dell’altro: lo fissava con sguardo perso un po’ ammutolito, la luce della luna rifletteva a poco sul vetro degli occhiali dell’ Americano illuminandogli lo sguardo.
Abbassò di nuovo lo sguardo chiedendosi perché quell’idiota non aveva intenzione di reagire.
Che volesse tenere sulle spine per fagliela pagare?
Lui però gli aveva già posto le sue scuse ed entrambi sapevano quanto fosse difficile per lui;
Cosa pretendeva ancora, che gli baciasse i piedi e si cospargesse di Hambuger?
No, un attimo, cospargersi di Hamburger?!
Solo Alfred poteva trovare eccitante una cosa del genere! Bene, ci mancava solo fosse feticista degli Hamburger!
Il perché Arthur si stesse trastullando il cervello di domande assurde non lo sapeva nemmeno lui, ma quando sentì il caldo corpo di America stringersi al suo tutti i  pensieri si volatilizzarono all’ istante.
Lo stava abbracciando, lo stringeva forte, sentiva il suo calore tanto famigliare e  il suo odore. Ricambiò l’abbraccio senza proferir parola, lasciando che il silenzio parlasse al posto loro.
Non aveva resistito, continuava ad imporsi di non lasciarsi andare ma il suo corpo non ha resistito e si è ritrovato a tenerlo stretto nelle sue braccia.
Era cosi piccolo ed innocente (lasciando stare il costumino sexy) nonostante fosse di una cocciutaggine da far paura. Gli carezzò dolcemente i capelli lasciando che il viso dell’altro si appoggiasse al suo petto.
Si concessero di coccolarsi ancora per pochi ma interminabili minuti, per poi tornare a baciarsi con passione.
Inghilterra si ritrovò stesso sotto di lui, lo teneva stretto, gli mordeva le labbra, gliele leccava e non osava aprire gli occhi per non trovarvi qualche brutta sorpresa inaspettata.
Sentiva il respiro affannoso di Alfred mentre questo gli si strusciava sul bacino, mugugnò qualcosa di incomprensibile cosa che l’altro non notò affatto.  Era troppo occupato a lambirgli la pelle chiara del collo, delle spalle e del petto. Inutile soffermarsi ancora sugli stessi punti, pensò l’americano arguto mentre sceso sino al grembiule decise di alzarlo per lasciar che il dolce ed eretto membro dell’inglese fosse in bella vista.
Sentì le proprie guance andare a fuoco, il respiro farsi pesante e il bacino muoversi ritmicamente avanti ed indietro mentre le labbra e la lingua di America lo facevano impazzire.
I respiri divennero gemiti, una mano si poso spontaneamente sui capelli sudati dell’altro stringendoli per poi svuotarsi completamente.
I battiti rallentarono e gli spasmi cessarono, i due si guardarono intensamente.
Nessuno dei due pareva soddisfatto, volevano di più, se lo lessero in viso.
“facciamolo, ti prego” lo implorò America con voce troppo suadente per respingere la proposta.
Il piccoletto si limitò ad annuire con occhi socchiusi e ad allargare le gambe per accoglierlo.
L’americano si alzò posizionandosi comodamente tra le gambe dell’amante pronto a penetrarlo una volta per tutte.
E finalmente! Adesso si scopa! Anche se non era per nulla romantico e di tatto, Inghilterra fu il primo ad elaborare quell’esulto nella mente e gli cinse il collo con le braccia magroline.
Piccoli e teneri baci separavano il momento tanto atteso, quasi da stimolarlo ad ogni tocco delle labbra. America gli alzò finalmente le gambe separandogliele e fu in procinto di entrare.
“Signor Arthur! Signor Arthur!”
Chi era?
L’angelo dell’estasi?
“Signor Arthur sono io Edward, il folletto!”
Il folletto dell’estesi?
“Mi risponda signore! Che diamine sta facendo?”
Aprì gli occhi, anzi no, li aveva già aperti, e ora che se ne rese conto vide Alfred fissarlo spaventato.
Il suo corpo era rigido e le ginocchia stringevano il suo bacino come imprigionandolo, lo vide irrigidirsi d’un tratto e spalancare le palpebre, sembrava che avesse una crisi epilettica.
“Arthur?” questa volta fu l’americano a chiamarlo, scioccato per l’improvvisa reazione.
Non rispose, si limitò a girare il capo verso sinistra e ad osservare qualcosa di imprecisato.
“che cosa vuoi?!” urlò poi d’improvviso, con la rabbia che gli imprimeva gli occhi smeraldini.
America cominciò a preoccuparsi, sapeva che non stava parlando con lui ed era quello il problema, questa volta, con chi cazzo stava parlando?
“mi scusi signore, ma devo riferirle una notizia urgente!” insistette il folletto
“non mi importa! Forse non vedi che sto scopando?” che audacia Arthur!
“la prego, mi predoni, ma è DAVVERO importante!”
“non adesso!”
“la prego! Riguarda Dino!”
Inghilterra si rigirò verso l’altra nazione, che sopra di lui lo fissava spaesato e furioso allo stesso tempo.
“ancora Dino!” urlò l’inglese quasi in lacrime.
“che succede?” si alzò a sedere, coprendosi con le coperte.
Arthur si mise anch’esso seduto, inspirò profondamente cercando di distendere i nervi.
“Vedi…è venuto un folletto, si chiama Edward e mi deve riferire una notizia importante su Dino…”
“ancora?!”
“si…”
Dopodiché i due cominciarono a parlare mentre America in silenzio li fissava imprecando tra sé e sé e chiedendosi il perché di tutte queste ingiustizie. Forse era la punizione per le troppe scorpacciate al Mc o forse per quella volta che aveva ruttato in chiesa lasciando un immenso ed imbarazzante boato (quella fu l’ultima volta che ci mise piede). Qualche Dio magari rimase offeso e decise di fargliela pagare, ma così era troppo!
Non voleva immaginare cosa fosse successo questa volta, ma qualunque fosse il motivo dovevano risolverlo il più presto possibile e chiudere a chiave la camera cosi che nessuno potesse più entrare una volta per tutte.
“Te lo avevo detto io!” la voce frustrata e provocatoria di Inghilterra lo riportò alla realtà.
“cosa?” che aveva fatto adesso?
“Dino si è offeso per come lo hai mandato via, è furioso e vuole fartela pagare…”
Bene! Ci mancava solo l’unicorno permaloso!
“e non solo per quello…” Athur volto lo sguardo imbarazzato e incrociò le dita.
“vedi, a quanto pare Dino tiene MOLTO a me, e quindi è geloso e per questo motivo vuole sfidarti, ha detto che sarebbe disposto pure ad ucciderti se fosse necessario”
America rimase sconvolto, quasi si mise a ridere, ne aveva sentite di assurdità, ma l’ unicorno assassino le aveva superate tutte!
“no aspetta, stai dicendo che dovrei sfidare un unicorno che nemmeno vedo? Ma è assurdo!”
“lo so! Infatti dobbiamo fermarlo! Dobbiamo farlo ragionare” il tono dell’inglese sembrava piuttosto disperato e innervosito.


****

Anche se il folletto Edward se n’era andato i due non continuarono; seduti, in cucina sotto una luce opaca con in mano due tazze di the caldo stavano ancora discutendo.
Alfred era esausto, non per la stanchezza, ma per tutti quei assurdi problemi che proprio quel giorno si erano presentati. Girò un paio di volte la tazza aspettando che l’infuso si raffreddasse dopodiché ne bevve in gran quantità tutto d’un fiato, doveva calmarsi.
Arthur si era rimesso i boxer e la maglietta a mezze maniche di Alfred che a lui stava il doppio, era  davvero minuto e bassino, come faceva a contenere tanta testardaggine ed orgoglio?
“allora, cosa facciamo?” chiese poi l’americano interrompendo un silenzio pieno di dubbi e domande.
“forse dovresti accettare la sfida, anche se non lo vedi, magari possiamo calmarlo”
rispose soprappensiero Inghilterra soffiando sul the ancora caldo.
“si ma…” una musica lo interruppe, era una suoneria.
America si alzò dalla sedia e si catapultò in salotto dove era depositato il suo cellulare, guardò il numero e rispose.
“Pronto!”
L’inglese gli chiese a bassa voce chi fosse ma l’altro non gli rispose, così si limitò ad ascoltare la conversazione e ad intuire chi fosse.
“Tony! Amico mio! Che succede? Perché mi chiami a quest’ora di notte?”
Tony?
Quel maledetto alieno amico di Alfred?
Che voleva?
“state facendo una festa? Ah bene! Vi divertite?” a quanto pare non si rendeva conto che stava urlando, forse perché dall’altra parte c’era casino. E poi, come diavolo facevano a capirsi quei due?
Tony non parlava la loro stessa lingua!
“avete rotto il vaso antico da diecimila dollari?”
Ecco cosa succede a lasciare quell’alieno scansafatiche da solo! Un vaso da diecimila dollari, non erano di certo patatine!
 non ti preoccupare non sono arrabbiato! Non mi importa, tanto era vecchio! Basta che non mi toccate gli Hamburger in frigo”
Inghilterra avrebbe voluto urlargli contro quanto fosse rincoglionito, ma non lo fece per ben due motivi:
uno perché era notte e avrebbe di sicuro svegliato i vicini e due perché era fondamentalmente inutile, non ci poteva far nulla.
Lasciò perdere e continuò ad ascoltare:
“si si, io sto bene…eh…no…non abbiamo ancora fatto nulla…non sono impotente! è solo che…”
si zittì per pochi secondi, gli venne un idea.
“ascolta Tony, io e Iggy abbiamo bisogno del tuo aiuto” a quelle parole Arthur lo guardò storto sussurrandogli cosa cazzo avesse in mente di fare.
“è successo un casino! Ed ecco…visto che tu sei un alieno e conosci tanta gente strana, per caso sai come si fa a fermare un unicorno incazzato ed invisibile?”
Inghilterra era abbastanza lontano da non riuscire a sentire le parole dell’alieno, ma in quel momento riuscì ad udire la sua voce e, a quanto pare, stava ridendo a crepa pelle.
“Lo so che è assurdo ma…” rispose poi l’americano ridendo 
“non sono ubriaco! Ti dico che esistono gli unicorni! E sono anche dei gran permalosi!” ormai anche lui ci stava credendo veramente.
“è arrabbiato perché è geloso che io sto con Arthur”
L’inglese lo fissava imperterrito, trovava assurdo che chiedesse consigli ad un alieno, cosa ne sapeva lui di creature mistiche?
Forse però, avrebbe potuto aiutarli, in fondo era amico di Alfred.
“ma cosa centra adesso il culetto di Inghilterra?! Lo so anche io che è soffice!”
No, un attimo, che cazzo succede?!
“no, non credo sia per quello idiota…ok…ok…fa nulla…grazie comunque Tony a presto…buon festino”  e riattaccò.
“Alfred…” il viso di Inghilterra divenne a dir poco inquietante “si può sapere di cosa avete parlato te e quel pervertito di un alieno?!!!”
America indietreggiò “calmati…gli ho solo chiesto un consiglio…”
“ma cosa centra il mio sedere?” sbottò il piccolo
“eh sai come è fatto…”
“lo so benissimo! Quello è solo un maniaco! Non so come fai ad essere ancora suo amico…”
“ma dai, che ha fatto di male?”
“e te lo chiedi pure?” il suo tono si fece sempre più alto e impregnato di rabbia.
“forse non ti ricordi quando ci ha filmato mentre lo stavamo facendo? O quando mi ha palpato il sedere? Oppure quando mi spiava sotto la doccia!”
Il piccolo Tony aveva uno strano interesse verso Arthur e le poche volte in cui lui veniva a trovare il suo ragazzo doveva assorbirsi le molestie dell’alieno, questo suscitò nell’inglese un certo odio verso ogni tipo di forma extraterreste.
Non sapeva il perché, ma il suo sedere recava un certo successo.
Era davvero così rotondo e soffice?







La fine del capitolo è oscena XD Non avevo la minima idea di come finirlo allora ho buttato giù la prima cazzata che mi è venuta in mente XD Il culetto di Inghilterra non sbaglia mai ù.ù (?) grazie per aver letto e al prossimo capitolo!
AHAH! PREPARATEVI ALLA GRANDE SFIDA: ALFRED F. JONES VS DINO UNICORNO!
CHI VINCERA'?
Si accettano scommesse, Arthur ha puntato 50 euro su Alfred ò_ò
Ok, basta sclerate delle 10.30 di sera ò_ò CIAO XD

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Capitolo 6
*** Dovere da eroi ***


Salve a tutti gente XD Cavolo, questo capitolo l'ho scritto in fretta (non ho nulla da fare, ammettiamolo XD) E finalmente si scoprirà chi ha vinto la sfida ;D Buona lettura XD




Capitolo 5 - Dovere da eroi

 

Trangugiare the caldo non era la soluzione migliore per affrontare i guai, ne per farli sembrare meno gravi, l’unica cosa giusta da fare era combattere.
La notte regalava piccoli piaceri rassicuranti, come il manto scuro bucato da piccoli bagliori o i suoni leggeri che di giorno nessuno vi fa caso sembravano così rumorosi.
America  era in piedi fuori casa e lasciava che piccoli respiri gelidi uscissero dalla bocca, faceva freddo, ma il sangue gli ribolliva nelle vene e non ne fece caso. Sapeva che in qualunque momento il suo rivale si sarebbe posto di fronte a lui, toccava ad Inghilterra farglielo sapere, e quando ciò fosse accaduto avrebbe dovuto affrontare un essere che non poteva né vedere né sentire.
Con i pugni duri, il mento in alto e gli occhi traboccanti di orgoglio aspettava impaziente.
Dopo la telefonata a Tony i due decisero che l’unica soluzione era sfidare faccia a faccia Dino  accettando la sua proposta, se non fossero riusciti a farlo ragionare e a fermare i suoi bollenti spiriti Alfred sarebbe passato alle maniere forti, malgrado la disapprovazione dell’inglese.
Ed era lì, in mezzo alla strada, in una notte di autunno, invece di far scricchiolare il bel letto caldo e sbattersi con forza Arthur facendolo urlare dalla gioia.
Che amarezza, solo a pensarci gli venne un crampo alla stomaco e la rabbia aumentò. Avrebbe tanto voluto prendere la testa di quel fottuto unicorno, staccargliela e poi usarla come ornamento per la casa; peccato che successivamente Iggy avrebbe usato la sua come contenitore di caramelle (questo fa capire quanto sia vuota).
“è arrivato, ti prego, prima parlarci, non fargli del male” urlò Inghilterra appena fuori dal cancello di casa.
Fargli male? E come, correndo e scagliando pugni a caso nella fortuna di beccargli il muso?
In quel momento si rese conto di quanto stesse degenerando, lui sapeva benissimo che non vi era nessun unicorno e che stava sfidando il nulla, tutto per accontentare le fantasie di Arthur, ma stava fingendo così bene, che si rese conto che anche lui ci stava credendo veramente.
Ma cavolo! Perché Arthur doveva avere fantasie così assurde e stressanti?
Non poteva aver pensieri un po’ più perversi?
Tipo fare sesso su un unicorno! Nessuno ha mai fatto sesso su un unicorno, sarebbero stati i primi!
O magari il giochino del poliziotto e del mascalzone, una volta lo avevano fatto e si erano divertiti un casino. Invece doveva immaginarsi fatine ferite, unicorni scazzati e folletti rompi scatole.
Ma lui non poteva di certo prenderlo in giro, doveva stare al gioco, doveva sfidare il nulla per proteggerlo, lui era un eroe, e gli eroi non si fermano dinnanzi a nulla!
A parte un quintale di Cheeseburger farciti e coca cola maxi.
Inutile continuare a lamentarsi, doveva “combattere”, farsi valere e mostrare tutto il coraggio di cui disponeva alla sua bellissima damigella.
Si mise rigorosamente in posa eroica e indicò impertinente Dino intuendo fosse quella la sua postazione di attacco.
“Tu, Dino! Come hai visto mi sono presentato e non ho intenzione di arrendermi!” Iniziò fierissimo delle proprie parole, anche se Inghilterra non era molto d’accordo con la sua entrata in scena:
“Che cazzo fai idiota?! Non devi farlo innervosire!” era più agitata la damigella dell’eroe stesso.
Alfred non fece caso alla sue parole e continuò a parlare:
“Non ti lascerò Arthur, mai! Pensaci, tu sei un animale e lui è un umano, e poi lui sta con me! Non hai nessuna possibilità amico”.
A quanto pare non aveva ben capito il concetto di “farlo ragionare” e “calmarlo” perché stava solo peggiorando la situazione, ovviamente lui non poteva vederlo ma Inghilterra notò benissimo l’espressione infuriata dell’equino che in quel momento pareva più un toro.
“Allora Arthie?” urlò l’idiota americano soddisfatto “scommetto che se ne sta andando!”
“razza di rincoglionito!” disse di risposta l’altro “scappa finché sei in tempo”
“ma…”
“scappa ti ho detto!”.
Ovviamente, le sue parole non avevano funzionato così, anche se avrebbe fatto la figura del perdente, ubbidì e cominciò a correre in mezzo alla strada.
Nemmeno lui capì del tutto perché lo aveva fatto, probabilmente non voleva far vedere al suo ragazzo che in realtà non sarebbe successo nulla, oppure aveva davvero paura che qualcosa di invisibile lo colpisse chissà dove.
“non ti fermare Al! Se ti becca con il suo corno è finita!” continuava ad urlare preoccupato, lui ci credeva veramente a quelle assurdità, non poteva assolutamente deluderlo.
“ma gli unicorni non sono animali pacifici?” chiese poi America intento a correre a caso sempre nello stesso posto.
“Certo che lo sono, ma sei li fai arrabbiare sono terribili!”
“ e non me lo potevi dire prima?!” cominciò a venirgli il fiatone, doveva smettere con gli spuntini fuori pasto.
Poi però, gli venne un abbaglio: lui era l’eroe, e anche se il nemico aveva un corno lungo ed appuntito non poteva scappare, anche perché, sinceramente lui ne aveva uno ancora più lungo! (questa dovevo metterla!)
Si fermò di colpo e si girò con sguardo deciso, bagnò due dita con la saliva e si sistemò l’antenna sulla testa.
“Che stai facendo?” strillò Arthur in preda alle lacrime.
“ascoltami bene Dino, io non ho intenzione di fuggire, ti farò vedere la mia forza! Perché io sono l’eroe!” il suo tono di voce si alzò sempre più, incurante dell’ora e del fatto che si ritrovasse in mezzo a decine di case abitate.
“ti sembra il momento di fare scena?!” lo rimproverò di nuovo l’inglese con i nervi a fior di pelle.
“Non ti preoccupare mia dama, ti salverò io, guarda qua!”
“mia che…?”
Non fece nemmeno in tempo a rispondergli che lo vide agitarsi come un matto: mollava pugni a caso, alcuni  si avvicinarono al muso di Dino ma quello subito lo schivava arrabbiandosi sempre di più.
“prendi questo…e questo…!” si muoveva come un lottatore di boxe, andando a destra e sinistra con i pugni davanti al viso per proteggersi; si abbassava, si muoveva di lato poi mollava dei pugni veloci in basso e in alto.
“smettila idiota! Non lo beccherai mai!”
“hai paura eh, bestiaccia? Dai su, fammi vedere che sai fare!” forse si stava prendendo troppo, immaginava di essere in un videogioco e di trovarsi faccia a faccia con uno di quei zombie che non lo facevano dormire la notte.
“sta parando tutti i tuoi colpi!” esclamò improvvisamente l’Inglese per cercar di fermare quello spettacolo penoso.
“ah si?” America si tranquillizzò riprendendo fiato “allora mi toccherà usare la mia mossa segreta!”
Mossa segreta?
Non prometteva nulla di buono.
Indietreggiò mettendosi in posizione di attacco alla Kung Fu, per poi urlare come un malato di mente:
“CALCIO ROTANTE DI CHUCK NORRIS!”
Il viso di Inghilterra cambiò espressione radicalmente.
“ditemi che non l’ha detto veramente…” si disse in un sibilo rassegnato.
Per carità, era abituato alle cavolate del suo ragazzo, ma questa, se avesse veramente provato a farla, avrebbe superato se stesso.
Non aveva intenzione di guardare, ma i suoi occhi non vollero staccarsi dalla scena: l’unica cosa che riuscì a vedere di quel calcio rotante fu una piroetta alla pattinatrice su ghiaccio ( Nb. autore: immaginatevi Alfred reginetta delle nevi con i pattini e il costumino che fa la piroetta stile Carolina Kostner),  sentire un urlo di guerra alla Schwarzenegger e in fine vederlo a terra con la faccia incollata all’asfalto duro e freddo.
Non rimase poi così stupito dell’orribile finale, era ovvio che non sarebbe mai riuscito a imitare Chuck Norris, nessuno può! (cit. necessaria)
A stento riuscì a trattenere le risate, quando vide l’americano alzarsi di nuovo; forse era meglio se lo consolava un po’, si era messo in ridicolo dinnanzi al suo avversario.
“Cavolo che male…” disse ancora frastornato.
Poi alzò lo sguardo e scoppiò in una risata quasi maligna e provocatoria:
“ahahah, visto che roba? Il finale è stato un po’ un casino ma scommetto che il calcio è stato fantastico!” poi si voltò verso Inghilterra “allora Arthie! Scommetto che adesso Dino è a terra privo di forze!”
Quella volta ebbe il timore di scoppiargli a ridere in faccia: “em…si è a terra ma…si sta scompisciando dalle risate…”
Difatti l’unicorno stava rotolando a destra e a sinistra ridendo come non mai.
“Che cosa?!” esclamò l’Americano offeso “ maledetto! Si ridi ridi, tanto Arthur non starà mai con te, perché lui è SOLO MIO!”
Le ultime parole fecero ego per tutto il vicinato lasciando un silenzio piuttosto imbarazzante, il viso di America era rosso dalla rabbia, ma non era l’unico.
Doveva starsene zitto, non doveva provocarlo ulteriormente, perché Dino dopo aver cessato improvvisamente di ridere, divenne di nuovo furibondo e in procinto di prendere la rincorsa voleva veramente ucciderlo.
“Alfred!” sbraitò Arthur in preda al panico “vattene!”
“non ci penso nemmeno, sto vincendo!” rispose Alfred troppo sicuro delle sue parole.
L’unicorno nitrì pieno d’ira, accumulò la carica ed era pronto per scattare e ridurlo in poltiglia.
L’inglese a quel punto, si chiese il perché fosse lì in palato a guardare quell’assurdo scontro; si, lui era la damigella in pericolo ma, in quel momento il suo eroe stava rischiando di morire e non poteva permettere un fatto simile.
Il puledro scattò con tutta la rabbia repressa pronta ad esplodere, ma fu bruscamente interrotto:
Inghilterra si piazzò davanti al fidanzato con braccia e gambe allargate per proteggerlo.
“se vuoi ucciderlo, prima dovrai passare sul mio corpo!” urlò con le lacrime che cominciarono a sgorgare inesorabili.
Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò il corpo dell’inglese davanti a se, non capì il motivo di quella reazione ma, vedere il suo amato Inghilterra rischiare per lui e sfidare il suo amato unicorno lo riempiva di felicità. Lo sentì singhiozzare, lui che aveva scherzato per tutto quel tempo e invece quello stava prendendo tutto seriamente; qualcosa gli stava divorando lo stomaco, no, non era la fame, bensì il senso di colpa nel averlo preso in giro e averlo fatto soffrire, non poteva sopportare di vederlo piangere, che razza di eroe era?
Le lacrime non cessavano, Iggy vide l’unicorno indietreggiare spaventato, lo fissava ad occhi spalancati, rendendosi conto della situazione degenerativa.
Era stufo di questa inutile guerra, era lui la causa di tutto questo casino e quindi era suo dovere fermare tutto; stava per cedere, quando sentì delle braccia famigliari avvolgerlo in vita dal dietro.
“America…” singhiozzò
“mi dispiace…” esordì semplicemente l’altro
“ti prego, finiamola”
Dopo quelle parole l’americano si piazzò davanti a lui fissando dritto a se sicuro che Dino lo stava guardando.
Ormai aveva capito che usare le maniere forti avrebbe solo peggiorato la situazione quindi avrebbe dovuto fargli capire le cose senza litigare, ma come?
Come si può calmare un unicorno arrabbiato?
Come renderlo di nuovo sereno?
Gli sudavano le mani e la sua testa era piena di pensieri, non sapeva che fare e che dire.
Perso nei pensieri, scervellandosi di trovare in fretta una soluzione riuscì a scavare nei ricordi della sua giovinezza, quando di tanto in tanto Arthur veniva a trovarlo e gli leggeva storie sui pirati e sulle creature magiche.
Gli venne in mente che una notte non riusciva a dormire, così Inghilterra gli lesse una favola su un unicorno sperduto e triste, si ricordò che alla fine questo divenne  felice perché aveva trovato amici che gli volevano bene e gli dimostravano affetto ed amore.
“Ma certo!” esclamò d’un tratto.
Agli unicorni basta solo un po’ di amore, Dino si era sempre dimostrato ostile nei suoi confronti perché questi lo aveva sempre trattato male. Le favole assurde che aveva letto da piccolo gli erano state di grandissimo aiuto.
“Dino…” cercò di mantenere la calma, Iggy gli afferrò un braccio:
“cosa vuoi fare?” aveva smesso di piangere
“fidati di me” gli rispose con un sorriso consolatorio.
“Ascolta Dino…io…ti devo delle scuse” abbassò il capo “sono stato un gran maleducato e ti ho trattato male, non ti meriti un trattamento tale, ti prego di perdonarmi, però” quella parola aggiuntiva fece sussultare sia Dino che Arthur
“Io sono un eroe, e non posso permettere che la donna….em…l’uomo che amo mi venga portato via, anche se il prezzo fosse lottare contro una creatura invisibile o farmi prendere a cornate nel sedere io non mollerò! Capisco benissimo quanto tieni ad Arhur, io non te lo voglio portare via per sempre, però anche io come te ho bisogno di lui, perché lo amo più di ogni altra cosa!”
Il viso dell’inglese era un misto tra l’esterrefatto e l’ammaliato, America non era mai stato un romanticone con le parole, talvolta gli diceva delle frasi che esternamente parevano assurde ma in fondo erano dolcissime, lo paragonava spesso a un hamburger o ad una lattina di coca cola, ma per lui erano puri e semplici complimenti cosa che ormai Inghilterra aveva fatto l’abitudine. Quelle parole erano semplici, rispecchiavano a pieno il suo essere egocentrico e megalomane ma nonostante questo, erano le parole più dolci che avesse mai sentito.
Stava per scoppiare a piangere nuovamente, dalla felicità questa volta, quando vide Alfred abbracciare il collo di Dino carezzandogli la criniera.
“Che stai facendo?” esclamò bordeaux per la frase di prima.
“sto dando il mio amore al mio nuovo amico Dino!” rispose ridendo di gusto.
Era in procinto di offenderlo con qualche battuta sarcastica e acida ma, quando vide l’unicorno sorridere e lasciarsi coccolare, gli passò la voglia.
Con una sola frase era riuscito a calmarlo e ora andavano pure d’accordo, assurdo!
L’americano continuò ad abbracciare e a carezzare l’aria sperando gli stesse veramente carezzando la testa e non em…la coda.
L’eroe aveva vinto.


****



Ritornarono in casa, mezzi stanchi e mezzi soddisfatti, ridevano ancora per l’assurda vicenda, ma finalmente, era tutto finito.
Inghilterra si mise comodo sotto le coperte seguito poi dall’altro che poggiò gli occhiali sul comodino e strinse l’inglese lasciandogli qualche tenero bacio sulle labbra.
“ora mi spieghi come hai fatto a calmare quel puledro impazzito!” esordì Arthur divertito
“eeeh…segreti da eroi”  il solito sborone
“dai, per favore!” lo prego con la vocina tenera che raramente tendeva ad usare.
“ti ricordi la favola l’unicorno smaritto?”
“certo, te la leggevo spesso quando eri piccolo”
“ecco, grazie a quella favola, mi è venuto in mente che gli unicorni per renderli felici bisogna dargli amore e comprensione”
Il piccolo inglese spalancò gli occhi sorpreso “è…è vero! Sei fantastico!”
“lo so benissimo questo!”
I due si concessero ancora qualche bacio casto, poi America spense le luci.
“Al…” lo chiamò Arthur  dopo aver appoggiato la testa sul cuscino.
“si?”
“ti volevo chiedere scusa, è stata colpa mia se hai dovuto subire tutte quelle complicazioni”
“non preoccuparti, farei di tutto per te lo sai, ahah!” rise sotto i baffi per poi zittirsi.
Iggy non rispose, probabilmente non vi era più nulla da aggiungere, forse solo…
“Em…Iggy…lo so che forse non è il momento propizio ma…ti va se…ecco… continuiamo?”
Aspettò qualche minuto ma non sentì nessuna risposta
“Arthie?”
Ancora silenzio.
Accese immediatamente la luce ma era troppo tardi, l’inglese era caduto in un sonno profondo tra le braccia di Morfeo.
“damn it!” un scossa elettrica gli trapassò tutto il corpo, proprio quando tutto ora finito, dopo tutte quelle sofferenze, dopo tutto quello stress, lui si era addormentato e addio al desiderio di fare sesso quella notte.
Il nervoso lo spinse a svegliarlo, ma si fermò di colpo: non c’era motivo per arrabbiarsi, Inghilterra si era stancato più di lui, era giusto che riposasse.
In fondo, anche se quella notte fu una delle più snervanti non era stata poi così malvagia;
avevano fatto qualcosa di diverso dal solito, si era anche divertito dopotutto, e ora che ci pensava questa vicenda aveva migliorato anche il loro rapporto e il rispetto reciproco.
Anche se la voglia di stuprarlo mentre dormiva era grande si limitò ad abbracciarlo e a dormire.
L’importante non era fare sesso, ma completarsi, comprendersi e rimanere uniti.
Sebbene la rabbia non era stata repressa completamente la notte li cullò ancora per molto vegliando su di loro.






Pensate sia finita qui eh? Non gioite  disperatevi! Manca un ultimissimo capitolo (che sarebbe l'epilogo)
Spero che questo vi sia piaciuto e non vi abbia deluso troppo XD
All' ultimo capitolo genteeee!
p.s.
AMERICA NO BAKA! XD

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Capitolo 7
*** E svegliarsi alla mattina ***


E finalmente l'ultimo capitolo! E la fine della FF! (contenti eh? XD) l' epilogo mi è venuto più corto del previsto, ma sinceramente non vi era tanto da aggiungere XD
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno seguito questa storia e che mi hanno incitato a scrivere, sono davvero felice!
Buona lettura XD







Epilogo – E svegliarsi la mattina


I caldi raggi del sole filtravano sgraditi dal quel fascio di finestra non coperto dalle tapparelle, finalmente un giorno di sole dopo una settimana di triste grigio.
America infastidito da quella luce che gli puntava il viso aprì a fatica gli occhi, cercò di alzarsi ma si accorse che qualcosa lo stava stringendo. Girò lo sguardo verso il letto e vide il suo amato Inghilterra completamente abbracciato a lui con un visino innocente, quando dormiva era ancora più bello, forse perché non apriva bocca per lamentarsi di ogni minima cosa.
Gli carezzò i capelli fissandolo rapito, poi cercando di staccarselo di dosso, si stirò i muscoli e si strofinò gli occhi per una manciata di secondi.
Appena la sua mente e i suoi occhi si svegliarono completamente gli venne subito in mente, scrutando l’intera stanza,  la serata precedente.
Alla fine non avevano concluso un bel niente, provò ancora quel pizzico di malizia pensandoci, ma in fondo andava bene anche così.
Scostò leggermente le coperte per uscire dal letto, quando notò il corpicino dell’amato: si era addormentato con solo la sua maglietta  senza nient’altro addosso, nemmeno la biancheria; faceva piuttosto freddo quel periodo, avrebbe dovuto coprirsi di più, ma lo sguardo attento dell’americano si posò maggiormente sul suo corpo esile e rannicchiato, scostò ancor più le coperte per poterlo osservare meglio.
Trovarselo nello stesso letto completamente nudo con solo un maglia grande il doppio di lui, che per di più era anche la sua, gli fece venire un piccolo brivido lungo la schiena.
È vero, Arthur aveva bisogno di riposo e lui avrebbe potuto benissimo aspettare prima di poter fare qualcosa con lui, ma cavolo, come poteva rimanere fermo e buono dopo una visione tanto eccitante?
Uno meno paziente di lui lo avrebbe stuprato senza pensarci due volte!
Eppure lui conosceva bene Inghilterra, e se avesse provato a svegliarlo per un motivo tanto superficiale quello gli avrebbe fatto una ramanzina tale che non lo avrebbero fatto più per tutto il resto della settimana.
Così, si limitò a carezzargli i capelli setosi e a contemplare il suo corpo.
Dopo poco vide gli occhietti dell’inglese aprirsi leggermente, si mosse e dopo qualche secondo si alzò a sedere cercando di focalizzare meglio la situazione e il luogo in cui si trovava.
Si strofinò anch’esso gli occhi e si voltò verso di lui.
“Buongiorno” disse con la voce ancora impastata dal sonno
“Buongiorno” rispose l’americano lasciandogli un tenero bacio sulle labbra.
Arthur si riprese del tutto e sorrise, uscì dalle coperte e mettendosi a gattoni lo baciò di nuovo.
Forse non avrebbe resistito oltre: quel brontolone dalla troppa immaginazione lo stava fissando con quei bellissimi occhi smeraldini, un sorriso dolce sulle labbra e il sederino nudo che sporgeva a poco.
“dormito bene?” gli chiese subito Inghilterra
“si tu?” rispose
"abbastanza, ieri è stata davvero una serata particolare, finalmente adesso un po' di tranquillità!"
"si, anche se..." sorrise malizioso l'americano
"cosa?"
"non abbiamo finito..."
"vabbe, sarà per un'altra volta"
L’inglese era in procinto di uscire dal letto ma America, con grande velocità, gli afferrò i polsi e lo fece sdraiare sotto di lui.
“perché non adesso?” continuava a sorridere, quasi divertito.
“non fare il cretino, mi sono appena svegliato, lasciami!” esclamò lui agitandosi come un forsennato.
Di prima mattina era più scorbutico del solito e non sarebbe stato affatto facile tranquillizzarlo e farlo cedere, ma poco importava, Alfred amava le sfide.
“dai, che male c’è?” la sua bocca si catapultò sul suo collo mentre le mani, ancora impegnate a tenere le braccia ferme, cercavano di non farlo liberare.
“lascia ciccione pervertito! Non voglio!”
“ma ieri eri così voglioso”
“adesso non più!” si dimenava sempre più, invano.
America con un mano prese entrambi i polsi portandoli sopra la testa dell’inglese mentre l’altra cominciò ad alzargli la maglietta.
“A-America…” la sua voce cominciò a mozzarsi e il fiato poco più pesante, le gote divennero rosse.
“lasciati andare,piccolo” sussurrò mordicchiandogli il lobo dell’orecchio e toccandogli i capezzoli sotto la maglietta.
“g-guarda…una fata…mi sta chiamando!” cercò di dire senza smettere di muoversi.
“non mi importa, ora sei solo MIO!” dopodiché gli prese le gambe allargandogliele e si mise in mezzo, rise di nuovo.
“No aspet…Ah!” Troppo tardi Iggy caro.

Se realmente delle fate o unicorni o folletti fossero stati lì questo lo lascio immaginare a voi, quello che posso dirvi è che, se veramente fossero capitati in quella stanza in quel momento, non credo ne sarebbero usciti vivi.

Fine








Il finale lo potete considerare aperto, usate la vostra immaginazione! XD
Ringrazio di nuovo tutti per aver seguito passo a passo la FF, e spero vi sia piaciuta fino alla fine! XD
MI farebbe piacere se mi diceste anche qual è stato il vistro capitolo preferito, cosa ne pensate del finale ecc ecc...insomma commentate XD
p.s.
Secondo voi, questi amici immaginari, c'erano veramente o America aveva ragione a dire che non esistevano ed era tutta un' invenzione della mente di Inghilterra?
A presto gente! In un altra storia XDD

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