Catch me, if you can!

di Miyaki
(/viewuser.php?uid=4437)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The wall beetwen us ***
Capitolo 2: *** Catch me, if you can! ***
Capitolo 3: *** You drive me crazy, girl. ***
Capitolo 4: *** Mirror faces ***
Capitolo 5: *** Say my name ***



Capitolo 1
*** The wall beetwen us ***


- Caposcuola

Questa storia è stata scritta con i nomi originali!
Slytherin = Serpeverde
Gryffindor = Grifondoro
Ravenclaw = Corvonero
Hufflepuff = Tassorosso
Prongs = Ramoso [ James Potter ]

Padfoot, Paddy = Felpato [ Sirius Black ]

Moony = Lunastorta [ Remus Lupin ]

Marauders = Malandrini

Marauder = Malandrino

The wall between us.

Non sono il tempo né le circostanze a creare l'intimità, ma solo la predisposizione.

Sette anni non basterebbero a fare in modo che certe persone si conoscano l'un l'altra,

mentre per altri sette giorni sono più che sufficienti.

Jane Austen, Ragione e Sentimento

- Caposcuola. – ripeté. Non riusciva a crederci, con gli occhi sgranati e le labbra storte in un accenno sdegnato. La moglie gli lanciò un’occhiataccia, ma lui non ci fece caso.
Era troppo sconvolto.
- Caposcuola. -
Il ragazzo guardò entrambi i genitori, mentre si sistemava la cravatta al collo, con aria irritata e divertita allo stesso tempo. Lanciò un’occhiata complice alla madre e sospirarono all’unisono, alzando gli occhi verdi al cielo.
- Mio figlio è un caposcuola di Slytherin. -
Il figlio però non l’ascoltava più, ciabattò fino alla cucina, passandosi una mano fra i capelli arruffati. Sbadigliò, sparendo alla vista dei genitori.
Suo padre aveva ancora la busta in mano, con la spilla da caposcuola. La guardava, allibito, e non sapeva che dire. Lily Evans, sua moglie, attese che si riprendesse e tornasse quanto meno in una mobilità umana.
Nulla.
Il figlio dei coniugi Potter tornò in salone, sempre ciabattando, con una fetta di pane tostato con marmellata che pendeva stretta fra le labbra. Lanciò un’occhiata incredula alla madre, mentre prendeva il pane in mano. Masticò e deglutì, poi indicò il padre, con una certa perplessità.
- Credi che a giugno lo troverò di nuovo cos’ì? -
Lily annuì, esasperata.
- Temo di si, figliolo. -
Harry si lasciò scappare un sorriso divertito. Adorava i suoi genitori, anche se a volte il padre lo faceva uscire fuori dai gangheri, ripetendogli che era una delusione per lui avere un figlio che vestiva la divisa di Salazar Slytherin e che, peggio del peggio, era un ragazzo responsabile e posato (almeno secondo il suo punto di vista). Aveva accolto con orrore la notizia che suo figlio, colui che sarebbe dovuto essere il nuovo erede dei Marauders, aveva preso il carattere serio della madre. La sua unica consolazione era che fosse un ottimo cercatore.
Ma...caposcuola, era troppo per il cuore dell’uomo.

La sua famiglia, invece, sembrava del tutto incurante del suo dolore. Lo guardavano come se fosse impazzito e parlavano fra loro, come se non potesse sentirli.
- Dico che come soprammobile starebbe bene sul camino. – sentenziò il ragazzo, mentre si infilava le scarpe, annodando i lacci con lentezza.
- In realtà, avevo pensato di piantarlo con un cappello in testa all’entrata. Sai come quei nani babbani da giardino…-
Il figlio scosse la testa. Non era d’accordo.
- Mamma, così faremo paura ai vicini! – esclamò, inorridito.
Lily annuì, convinta.
- Hai ragione. Senti, chi altro è stato fatto caposcuola, lo sai? -
Harry annuì, mentre si allacciava i bottoni sulle maniche.
- Per Slytherin oltre a me, c’è Daphne, Per Gryffindor – e qui il padre ebbe un sussulto e un sospiro nostalgico – Mi sembra Ron e credo quella Calì Patil. Per Ravenclaw… - arricciò il naso, alzando gli occhi al cielo – Si, la Granger, ma non ricordo come si chiama. -
Si grattò il mento, con il viso, palesemente irritato al solo pensiero della ragazza, rivolto verso l’alto.
- Ma, Harry, stai a scuola con lei da sette anni e non te lo ricordi? -
- Oh, mamma – e qui sembrava disperato – Quella è così irritante che me la ricordo solo per il fatto che sa tutto lei. Ha un braccio più lungo dell’altro per quanto passa il tempo a sventolarlo. -
Harry si guardò le mani e scosse il capo. Slacciò i bottoni e arrotolò la prima manica un po’ sotto il gomito.
- Harry, non essere così maligno. – lo rimproverò Lily, scuotendo il capo.
- Non sono maligno – sbuffò il figlio, arricciando l’altra manica, per poi afferrare al volo il mantello e infilarselo addosso – E’ lei che non si regge. Poi non è colpa mia, se gli altri sono prevenuti verso Slytherin. Se riesco ad avere quale buon rapporto con le altre case è solo perché sono il figlio dei due che hanno sconfitto Voldemort, e solo con i figli dei vostri amici. -
Suonarono, e James si riprese improvvisamente. Consegnò alla moglie la lettera e la spilla e si avventò verso la porta.
Lily sospirò, mentre si avvicinava al figlio per sistemargli la spilla sul mantello.
- Niente soprammobile – mormorò, mentre strizzava l’occhio per mettere la spilla ben dritta, rubando un sorriso divertito al figlio.
Nella hall di casa Potter si sentivano delle urla disumane, dei lamenti che parevano arrivare dall’oltre tomba o giù di lì.
- Sirius, ti prego aiutami tu! -
Madre e figlio sospirarono all’unisono per la seconda volta.
- Che è successo, Prongs? – la voce di Sirius era allarmata. Si udirono dei passi, ma non era di nessuno dei due uomini. Remus Lupin raggiunse Lily e Harry con un’espressione di malcelato divertimento.
Non ebbe neanche bisogno di vedere la spilla per sapere. Sorrise ancora più ampiamente, mentre si avvicinava ai due.
- Immaginavo. Caposcuola, eh, Harry? -
Harry annuì.
- Ben fatto ragazzo, d’altronde non sei il mio miglior studente per nulla. -
Pochi istanti dopo apparvero anche gli altri due ex-Marauders. James era disperato, avvilito e affranto. Sirius guardò Harry con aria grave.
- Harry, come tuo padrino mi confesso deluso. -
- Oh, Paddy, per favore, non metterti anche tu, ora. – bofonchiò Potter Junior, mentre la madre sgattaiolava a prendere il baule, sul bel viso stampata un’espressione esasperata.
- Sirius, James… è sette anni ormai che andate avanti così, basta, ve ne prego. -
Tre paia di occhi si girarono verso Remus: due allibiti, indignati ed esterrefatti, l’altro paio grati.

- Mi meraviglio di te, Moony! Non ti rendi conto della gravità della situazione? – scattò Sirius, inorridito.
- Mi rendo conto della vostra stupidità. – bofonchiò il licantropo, aggrottando la fronte e Harry si lasciò scappare una risatina divertita.
James si girò verso Sirius.
Sirius si girò verso James.
- Nessuno ci capisce, fratello. -
- Nessuno ci comprende, amico. -
E si abbracciarono, come solo due veri uomini disperati potevano. Lily ricomparve in salone, preceduta da un baule volante. Sgranò gli occhi a quella vista e poi lì alzò al cielo.
Remus, Harry e Lily sospirarono all’unisono.
- E’ ora di andare. – intervenne Lily categorica, facendo scivolare a terra il baule, con delicatezza.
Harry annuì, allegramente, mentre i cinque si dirigevano fuori casa, verso la macchina del padre. James fu costretto dalla moglie a trascinare in maniera babbana il baule verso la macchina, mentre ripeteva sottovoce tre parole: slytherin, caposcuola e figlio.
Ovviamente nessuno lo ascoltava più. I deliri di sconforto di James Potter erano piuttosto frequenti ogni volta che il suo amato figliolo doveva partire per Hogwarts: in genere si riprendeva alla stazione, quando aveva l’occasione di salutare i suoi vecchi amici.
Quest’anno non fu esattamente così. Quando, appena arrivati al binario 9 e ¾, incrociarono la famiglia Weasley sembrò avere un altro attacco del suo malanno puramente personale: perché-mio-figlio-non-è-un-gryffindorite.
- Arthur! – esclamò l’ex-Marauder, allargando le braccia per abbracciare il vecchio compagno, con una certa disperazione nella voce. Harry alzò gli occhi al cielo, provando pena per lui, quando li riabbassò incontrò quelli di Ronald Weasley che li aveva appena scostati da quelli rassegnati del padre.
- Ciao, Harry. -
Un mezzo sorriso. Harry e Ron non erano mai stati grandi amici, per via dell’antica lotta per le loro case, ma gli ultimi tempi, vedendoli costretti a collaborare prima come Prefetti e poi come Caposcuola si erano avvicinati. Inoltre si conoscevano da bambini, in quanto figli entrambi degli ex-membri dell’Ordine della fenice.
- Ciao Ron. -
Ron lanciò un’occhiata a Potter Major – E’ per via della spilla vero? -
Harry annuì gravemente, infilandosi le mani in tasca – Si, è stato terribile. Abbiamo temuto si scagliasse da solo un Avada Kedavra. -
Ron indicò con il capo Molly, che ora chiacchierava allegramente con Lily – Per me è stato terribile nell’altro senso. -
Harry si lasciò scappare una risata, poi Ron deviò il discorso.
- Meno male che sono caposcuola, comunque – si era fatto cupo – Altrimenti non avrei mai potuto reggere la Granger. -
Harry annuì, deciso.
- E’ così dannatamente severa. E’ una fortuna che non ci possa togliere punti. – mormorò allentando il nodo della camicia.
- Oh, ciao Harry. – intervenne una ragazza del sesto anno, con una zattera di capelli rossi liscissimi, raccolti dietro le orecchie con una forcina, mentre si avvicinava ai due.

- Ciao Ginny. -
- Quest’anno riuscirò a fregarti il boccino, non temere. – disse, con un sorriso di divertimento e sfida insieme.
- Vedremo, vedremo. – commentò divertito, poi lanciò un’occhiata all’ingresso del binario, notando una ragazza dalla chioma corvina oltrepassare il varco. Lanciò un sorriso ai due e con un cenno della mano si congedò.

La chioma in questione apparteneva a Daphne Greengrass, la ragazza più carina di Slytherin: caposcuola, un po’ bassina, dall’espressione divertita, un po’ acida, dal viso dolce che sorrideva di rado di cuore, con il naso dritto e le labbra sottili, spesso strette in una piega seria quando non erano espressione che un’idea furbetta le era entrata in mente, gli occhi gradi con lunghe ciglia e iridi penetranti verde-scuro.
- Beh, devo andare a salutare la mia compagna. -
E si diresse verso la Slytherin, con passo tranquillo: James Potter osservò il percorso del figlio e si portò una mano alla gola, improvvisamente terrorizzato.
- Non è che ha la ragazza Slytherin? -
Lily lo guardò male.
- E se avesse davvero la ragazza Slytherin? -
Lily grugnì qualcosa.
- Oh Merlino! Potrebbe sposarla e finirei per avere dei nipoti Slytherin. -
Lily borbottò di tacere. Lui non l’ascoltò.
- Il cognome dei Potter sarebbe rovinato per sempre. -
- JAMES BASTA! -
James azzittì, Remus e Sirius scoppiarono a ridire, mentre il loro migliore amico assumeva l’espressione di un cagnolino bastonato. Lily alzò il viso con fare altezzoso e si diresse a salutare delle ex-compagne di scuola.
Daphne Greengrass rideva sotto i baffi divertita, nonostante una tinta rosea sulle gote che tradiva imbarazzo, strappando un sospiro esasperato all’altro caposcuola di Slytherin.
- E’ insopportabile, meno male che è così solo due volte all’anno. -
Daphne annuì, lanciando un’occhiata ai presenti, come a riconoscerli, poi tornò sul ragazzo, con aria divertita – Beh, immagino che per te non sia stata una sorpresa la spilla comunque. -
- Neanche per te. In realtà la nostra casata pullula di idioti, era abbastanza scontato che dessero a noi questo ruolo. -
- Non sono tutti stupidi, Harry. – commentò la mora, aggrottando la fronte.
- Una buona percentuale. -
Daphne gli scoccò un’occhiata di traverso, alzando un sopracciglio.
- Harry…-
- Primi fra tutti i due scimmioni. -
- Potresti avere un po’ di considerazione per la tua casa? – sbottò, arricciando il naso, con aria irritata. Lui chinò il viso, accarezzando il suo orecchio con le labbra.
- Ma io l’apprezzo. – poi si ritirò dritto, con un’aria divertita sulle labbra. Daphne aggrottò di nuovo la fronte, ma poi si lasciò scappare un sorrisetto fra il divertito e malizioso.
Intanto, James Potter era probabilmente svenuto e nessuno, a parte qualche suo vecchio amico, sembrava dar peso alla cosa.
Harry sghignazzò, guardando un esasperato Sirius Black tentare di rinvenire il suo migliore amico, che, ripresosi, cominciò a balbettare, mentre tendeva una mano tremante verso il cielo – Slytherin, nipotini Slytherin, il nome dei Potter, slytherin, caposcuola. Due caposcuola. -
- Tuo padre teme che vogliamo dare alla luce ad una squadra di Quidditch tutta Slytherin? -
Harry impallidì aggrottando la fronte – Non può arrivare a quello. -
Lanciò un’altra occhiata al padre, che sembrava incurante del fazzoletto che Sirius gli sventolava vicino al viso, continuando a guardare fisso davanti a se. Probabilmente uno che aveva ricevuto il bacio del dissennatore avrebbe avuto un’espressione più vivace.
Daphne si lasciò sfuggire una risata divertita, mentre, accompagnata dal ragazzo, spingeva il carrello – Tranquillo, non mi faccio strane idee. -
Harry deglutì, poi accennò un sorriso – No, certo che no. -
Diamine, suo padre riusciva sempre ad avere uscite geniali. Anche metterlo in imbarazzo davanti a quella che, da un anno, era la sua ragazza stabile.
Un po’ in imbarazzo la coppia si diresse verso il treno, dove trovarono uno scocciato Draco Malfoy mugugnare, accanto a Blaise Zabini che lo guardava con un certo distacco. Harry lasciò il carrello, per salutare i compagni di casa.
- Parli ancora con il babbanofilo, Potter? -
Daphne si sbatté una mano sulla fronte e Blaise arricciò un sopracciglio, ma nessuno dei due commentò.
- Draco, per favore. – borbottò l’interessato, infilando le mani nelle tasche – Sei ripetitivo, io parlo con chi voglio. -
Draco storse il naso, mentre si dirigeva a raggiungere Pansy Parkinson, intenta a chiacchierare con Millicent. I tre lo seguirono con lo sguardo, poi sbuffarono.
- Sempre così ristretto di vedute – intervenne Blaise, con una smorfia.
Harry si limitò a scuotere le spalle – Non lo capisco. – e posò una mano sulla schiena della sua ragazza, a palmo aperto, mentre l’accompagnava all’entrata del vagone.
- Vado a salutare i miei. – annunciò e detto questo li lasciò un momento lì, accennando un lieve sorrisetto. Mentre s’incamminava verso i genitori, però, fu costretto ad una pessima vista. Hermione Granger avanzava, spingendo il carrello con un’espressione gelida sul viso, come ogni volta che lo vedeva.

Non che non fosse carina, ma il suo proverbiale caratteraccio la rendeva decisamente poco interessante. Se solo quel visetto non fosse sempre assorto sui libri e pronto ad un rimprovero magari sarebbero anche andati d’accordo, ma il suo modo di farsi gli affari degli altri era qualcosa di terribilmente irritante.
- Potter. – disse semplicemente, scoccandogli uno sguardo.
- Granger. – rispose l’altro inarcando un sopracciglio – Sei terribilmente carina quando sorridi sai? -
Hermione arrossì lievemente sulle gote, con aria impettita e riprese a spingere il carrello. I due studenti se ne uscirono con un “umpf” simultaneo mentre si allontanavano.
Hermione, con già addosso la divisa azzurro-bronzo, spinse il carrello fino al vagone, passando davanti a quello dove Blaise e Daphne stavano aspettando Harry Potter, lanciò un’occhiata poi li superò senza dire una parola, avanzò fino a quello prescelto e dopo aver portato sopra i pesanti bagagli (per il più libri) vi si infilò dentro, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Come si aspettava trovò Anthony Goldstein seduto al suo posto. Al loro posto. Quello che da sette anni occupavano ogni volta, per andare a Hogwarts, lui si preoccupava sempre di occuparlo, visto che era lì che si erano conosciuti.
Il viso sempre severo della ragazza si rilassò con un sorriso, quando incontrò gli occhi di quello che era diventato inseparabile compagno sin dal primo anno. L’unico che sopportasse totalmente i suo scatti di umore e il suo carattere austero. La pazienza fatta persona in un ragazzo di Ravenclaw maledettamente intelligente. Non bello come Potter o Malfoy, certo, ma certamente si poteva definire fra il carino e bello.
- Ciao. – disse, andandosi a sedere avanti a lui, accanto al finestrino. Anthony chiuse il libro, con un sorriso allegro.
- Tutto bene? – domandò, riposando il libro nella sacca.
Hermione annuì, seppure bruscamente.
- Non va tutto bene. – disse lui, inarcando un sopracciglio – Cos’è successo? -
- Quell’idiota di Potter. – sbuffò.
Il ravenclaw dai capelli castani si lasciò sfuggire un sorriso divertito, prima di scoppiare a ridere. – Oh, Herm. Sono sette anni che non vi reggete, anche se non ne capisco la ragione. Potter non è un agnellino, certo, ma rispetto a molti altri Slytherin è ok. -
Hermione sbuffò, con un’espressione alterata sul viso, che aveva qualcosa di intrinsecamente tenero – E’ il peggiore. -
- Si certo.- mormorò lui con un sorriso che la fece arrossire.
- Il peggiore dei peggiori. – continuò, imbarazzata.
Anthony rise di cuore e poco dopo Hermione si unì a lui. Quando le risate si smorzarono, Anthony le fece cenno di adagiarsi accanto a lui, dando qualche piccola pacca sul sedile al suo fianco.
- Vieni qui. -
Hermione ubbidì, si alzò, ed andò accoccolarsi contro la sua spalla, accennando un sorriso.

***

Lasciò scivolare lo zaino sul sedile, con uno sbuffo annoiato, poi si lasciò cadere accanto al finestrino, scoccando uno sguardo alla stazione. Suo padre e sua madre lo raggiunsero, appena fuori dal vagone, sotto il finestrino, e a lui quasi non caddero gli occhiali per la sorpresa.
Harry si alzò, abbassando il finestrino, su cui poggiò entrambi i gomiti, con le braccia incrociate – Oh, ciao. – esclamò con un sorriso divertito, accanto a lui si affacciò anche la testa mora di Daphne Greengrass che avvampò quando notò di chi si trattava e rientrò di scatto, sedendosi pesantemente avanti a Blaise, che se la rideva alla grossa.
James era ancora molto pallido, mentre sul viso di Lily e Sirius era comparso un sorrisetto compiaciuto.
- Eravamo andati a salutare Remus e passando ti abbiamo visto. – spiegò, con un guizzo di divertimento Sirius, mentre Lily allungava il collo cercando di vedere la ragazza che ora se ne stava ben nascosta, in un angolino del vagone.
- Capisco. – disse Harry, apparentemente incurante della scenetta appena passata, anche se in realtà si stava strusciando la punta del piede sinistro contro il polpaccio destro, nervosamente.
- Beh, vedi di fare il bravo. – disse Lily. Sirius alzò gli occhi al cielo, con aria esasperata, James fece una cosa che lo mise in serio pericolo.
- Non troppo il bravo, figliolo. – sbottò, guadagnandosi un’occhiata della moglie che rivelava che la sua affermazione avrebbe avuto dure conseguenze di lì a poco. James, seppur ancora pallido, mostrò un cipiglio da combattente. Sarebbe stato ucciso, ma avrebbe combattuto con onore per la causa dei Marauders. Come un vero eroe avrebbe sopportato la tortura di sua moglie. Deglutì, sentendo il coraggio venire meno, quando considerò l’idea che la punizione avrebbe potuto essere dormire sul divano.
Harry provò un moto di preoccupazione per il padre e annuì, deciso, strappandogli un sospiro di sollievo.
Almeno non sarebbe morto per nulla.
Sirius consolò il suo migliore amico, con una pacca comprensiva sulla spalla, mentre Lily prendeva nota di tutto per poter restituire con pesanti interessi.
Il treno emise un fischio e cominciò a muoversi. Harry agitò la mano, accennando un sorriso – Ciao, ci sentiamo! – e si rilasciò cadere sul sedile. Finalmente Daphne si rilassò sul sedile.
- Niente male la ragazza, non per nulla sei il mio figlioccio! – gridò la voce di Sirius Black e Daphne tornò ad irrigidirsi, Harry avvampò e Blaise riprese a ridere sguaiatamente.
Ripresero a chiacchierare normalmente solo dopo alcuni minuti di viaggio.
- Beh, prima mi sei sembrato un po’ accigliato – intervenne Blaise, mentre si distendeva sul sedile, poggiando i piedi su quello di fronte, con le gambe accavallate.
Harry ci mise un po’ a ricordarsene il motivo, scostandosi dal sedile, per cambiarsi di posizione, si rabbuiò un poco.
- La strega riesce sempre a mettermi di cattivo umore. -
Daphne inarcò un sopracciglio – Incredibile quanto vi detestiate, Harry, cioè a me non è simpatica, ma fra te e la Granger c’è odio puro, proprio. – e tutte e due le sopracciglia si alzarono disegnandole sul viso un’espressione stupita. Harry alzò le spalle.
- Beh farò come tutti gli anni. – annunciò, riposando la testa contro lo schienale – La eviterò: lei e i suoi commenti stupidi, non ci vorrà molto a tenerla a metri da me. – concluse con semplicità, mentre socchiudeva gli occhi.
Se solo avesse saputo quanto la sua previsione fosse lontana dalla realtà.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Catch me, if you can! ***


- Hai capito benissimo, Potter

Catch me, if you can!

                                                        

Si sapeva che si conoscevano un poco. Ma Emma non poté strappare una sola sillaba di reale informazione su come fosse lui in realtà. Era bello? A quanto lei credeva, era ritenuto un gran bel giovanotto. Era piacevole? In genere, era ritenuto tale. Pareva un giovanotto giudizioso, un giovanotto colto? In una stazione di acque termali o nel corso di ordinari rapporti di frequentazione a Londra, era difficile decidere su cose del genere.[...] E a quanto credeva, tutti trovavano piacevoli i suoi modi...Emma non gliela poté perdonare

Jane Austen, Emma

 

- Harry, per favore -
- Oh, ti prego, non essere così seccante – sbuffò, mentre si sistemava il mantello nell’avambraccio, accigliato – Vuoi metterti in gara con la Granger? -
Daphne aggrottò la fronte e storse il naso, furiosa, mentre si lisciava le maniche della vestaglia sulle braccia, decisamente poco convinta.
- Harry, ti metterai nei guai. – sentenziò, con una punta di nervosismo nella voce.
Harry sospirò, poi prese un profondo respiro, si gettò il mantello sulla spalla destra e usò le mani ora libere per stringere gli avambracci della sua ragazza – Devo solo andare a vedere questa stanza segreta, ci siamo capitati per caso stamattina e c’era Gazza. Questa volta potrò dare un’occhiata più approfondita e segnarla sulla mappa del malandrino. – accennò un sorriso, cercando di placare l’insoddisfazione della bella caposcuola.
- Non sono affatto persuasa, Harry – riprese lei, invece – C’è un motivo se quella stanza è segreta, no? Non potrebbe rimanere tale e basta? -
Harry arricciò un sopracciglio, irritato, e lasciò le braccia della sua ragazza – Daphne, da quando sei una che si preoccupa di queste sottigliezze? Mi sembra che abbiamo già fatto cose del genere, no? -
- Si, lo so. – borbottò, arrossendo – Ma, Harry, c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella stanza e… – parlò, ma non ebbe il tempo di concludere l’ultima frase perché si rese conto di quanto fossero inutili le sue parole, sospirò e concluse con un soffio – Stai attento. -
Harry sorrise allegramente, strappandole un mezzo sorriso rassegnato, le scoccò un bacio sulle labbra, prima di nascondersi sotto il pesante mantello dell’invisibilità – Allora a dopo! – disse sotto voce, sgattaiolando via. Daphne sospirò, osservando il corridoio buio. Poi girò i tacchi e ciabattò fino all’entrata del dormitorio Slytherin con un bruttissimo presentimento addosso.

- Accidenti! – gridò la ragazza, guardando l’orologio magico appeso alla parete della biblioteca – E’ tardissimo! -
Radunò tutte le cose che aveva sparpagliato sul tavolo, infilandole dentro la borsa con gesti affrettati. Si mise a tracolla la borsa, sistemandola sulle spalle, e corse fuori dalla biblioteca pregando di non incontrare né Gazza, né MrsPurr. La scuola era iniziata da poco e lei avrebbe odiato solo l’idea di farsi togliere punti per la prima volta nell’anno, e, cosa maggior mente grave, per la prima volta nella sua carriera scolastica.
Ma i M.A.G.O le avevano messo un’ansia addosso che calmava solamente con una fitta ondata di studio, così che non si era accorta dell’ora. Girò un angolo di scatto, scontrandosi contro qualcosa che però lei non vide, precipitò indietro a terra, e non fu la sola.
- Che diavolo! – borbottò, guardandosi intorno, mentre si massaggiava il gluteo sinistro, mettendosi seduta. Nessuno.
- Maledizione…- mugugnò una seconda voce, proveniente da un punto non individuabile, ma che sembrava essere paurosamente vicina. Una voce inconfondibile, sebbene priva della solita arroganza che lei aveva imparato ad odiare.
- Potter – sibilò, cercando di alzarsi, senza successo – Idiota, dove diavolo sei? -
Il ragazzo comparve all’improvviso, facendola trasalire, quando si tolse di dosso il mantello appartenuto al padre, le lanciò un’occhiata fiammeggiante e furiosa da dietro gli occhiali tondi. Nonostante questo si alzò e aiutò la ragazza ad alzarsi.
- Granger. – fu lì lì per rispondere con la stessa acidità, ma d’improvviso un lampo divertito gli riempì le iridi color smeraldo – Tu in giro per i corridoi a quest’ora? Mi confesso stupito. -
Hermione strinse gli occhi, arricciando il naso – Di te non mi stupisco proprio invece, Potter. – ringhiò, sistemandosi la borsa a tracolla, poi borbottò, arrossendo – Studiavo e non mi sono accorta dell’ora. -.
Sul viso di Harry comparve un espressione di totale noia, mentre riprendeva il mantello fra le dita per indossarlo di nuovo – Avrei dovuto sospettarlo, Granger, per un momento ho avuto il terrore che tu potessi essere una persona umana. -
Hermione aprì la bocca per rispondere, ma una voce dietro l’angolo la fece zittire e trasalire.
- Chi c’è? -
Era Gazza. E si stava avvicinando.
Harry indossò in fretta il mantello, sparendo alla sua vista e lasciandola, almeno in apparenza, sola.
- Potter, fai nascondere anche me. – sibilò, guardandosi intorno, nervosamente.
- Perché dovrei? – rispose l’altro. Era ancora vicino.
- Potter! – ringhiò lei, irritata. Harry sbuffò da sotto il mantello e si udirono dei passi zoppicanti: Gazza sarebbe stato lì entro pochi istanti e l’avrebbe sorpresa.
- Chiedi per favore. – disse la voce divertita del caposcuola di Slytherin.
Hermione dovette fare una violenza su se stessa per obbedire, storse il naso, con aria furiosa e ringhiò fra i denti.
- Per favore. -
Accadde molto in fretta: nel momento stesso in cui Gazza aggirava l’angolo si sentì avvolgere da una pesante stoffa e da una stretta ferrea, una mano del ragazzo si era posizionata sulla sua bocca, mentre la trascinava in basso, accanto ad un’armatura. 
Erano accucciati e Hermione capì con sommo imbarazzo che il calore che percepiva sulla schiena era il petto modellato del caposcuola verde-argento, premuto contro di lei. Avvampò quando si rese conto che il braccio di Harry le avvolgeva la vita. Harry le sussurrò all’orecchio di non muoversi e di non parlare, mentre liberava la sua bocca, usando la mano che prima vi premeva contro, per sistemare con più cura il mantello su di loro.
Hermione si pentì di non essersi costituita quando avrebbe potuto. Se l’avesse scoperti ora le conseguenze sarebbero state catastrofiche: come avrebbe spiegato a Silente che ci faceva in giro di notte sotto il mantello dell’invisibilità con Potter? Come diavolo avrebbe spiegato ad Anthony come mai l’avevano trovava avvinghiata a Potter in piena notte?
Addio carriera scolastica e addio ragazzo. Deglutì e la paura di essere scoperta le fece fare una cosa che normalmente non si sarebbe mai sognata neanche nei peggiori incubi: stringersi a Harry Potter. Gazza passò davanti a loro senza vederli e passò oltre con passo molto lento e zoppicante. Hermione si sentì morire: andava per la strada che avrebbe dovuto prendere lei, dove c’erano i dormitori Ravenclaw.
Harry rilasciò la presa e Hermione si accorse che non c’era più bisogno di stringersi a lui, così, come se avesse appena visto un insetto maledettamente grosso, si scostò da lui. La sensazione di freddo che l’accolse, però, non fu piacevole.
- Ora come faccio? – mugugnò la ragazza, guardando nervosamente il punto da cui Gazza era sparito.
- Te non lo so. Io vado a fare quello che dovevo fare. –tagliò corto lo Slytherin.
- Non potresti accompagnami al dormitorio con il mantello? – borbottò la caposcuola di Ravenclaw, torturandosi le mani.
- Scordatelo, è troppo lontano. – sentenziò il ragazzo, guardandola come se fosse pazza – Dopo magari, ora ho da fare. E a questo punto sei costretta a venire con me, non posso rischiare che tu vada a spifferare tutto a Gazza se ti becca per i corridoi. Anche se devo ammetterlo, preferirei non doverti sopportare oltre -
- Cosa? – scattò lei, irritata.
- E conviene anche a te, se non vuoi che la tua linda fedina penale si macchi. – concluse Harry, togliendosi di dosso il mantello, appallottolandolo in tasca e tirando fuori dall’altra una pergamena vuota – Giuro solennemente di non avere buone intenzioni – e diede un colpetto di bacchetta su di essa.
Hermione guardò rapita la pergamena diventare una precisa mappa della scuola, con la bocca aperta dallo stupore, ma Harry la chiuse di scatto poco dopo, annunciando allegro che la via era libera.
- Che devi fare, posso sapere? – mormorò a bassa voce la ragazza vestita di bronzo-blu, mentre seguiva a pochi passi Potter Junior per i corridoi bui di Hogwarts fiocamente illuminati dall’incantesimo lumos sulla bacchetta del ragazzo.
- Vedere una stanza segreta – rispose il ragazzo con semplicità – Stamattina non ne ho avuto modo. -
- Stanza segreta? – rincarò la ragazza, scettica.
- Esatto – gli occhi verdi di Harry si illuminarono di entusiasmo, del tutto incuranti dell’acidità della ragazza – Quella stanza era pregna di magia e sono curioso di scoprire di che tipo di magia si trattasse, una di grande livello, ad ogni modo. -
Hermione arricciò il naso, guardandosi intorno, mentre si torturava le dita con le mani, cercando di nascondere in tutti i modi la punta di curiosità che era penetrata sotto la sua pelle.
- Oh – si limitò a commentare – Capisco. -
Una scossa le attraversò la pelle e seppe riconoscerla: imponente curiosità di sapere.
Camminarono ancora per un po’, ogni tanto Harry, in silenzio, tirava fuori la mappa e controllava che nessuno fosse nei paraggi. Non dissero nulla e forse fu per questo che Hermione si concesse di osservare la persona che considerava come quella più irritante di questa terra. Anche ora aveva l’atteggiamento sfrontato che non le era mai andato giù: le spalle erette, lo sguardo sempre fiero e gli occhi che lanciavano sfide continue. Sicuro, ecco come gli appariva. Un dannato ragazzino sicuro di se e forse era questo che la irritava più di tutto. La sua sfrontata sicurezza con cui guardava le persone negli occhi.
Harry si fermò d’improvviso, davanti ad un dipinto che raffigurava una bambina, una madre e un’anziana signora. Le tre donne si voltarono verso di lui e Harry mormorò qualcosa a bassa voce, una passaparola che lei non riuscì ad afferrare.
- Chi c’è lì? – ululò la voce di Gazza, all’improvviso. Il quadro si richiuse subito, sebbene si fosse mosso solo di alcuni centimetri. Harry coprì velocemente entrambi con il mantello ed indusse Hermione ad appiattirsi vicino a lui accanto al muro, aspettando che il magonò li sorpassasse.

Gazza si guardò intorno, quando passò vicino a loro i due ragazzi trattennero il fiato, poi se ne andò, girando l’altro corridoio.
- Va verso la torre di Gryffindor! – esclamò Harry alcuni istanti dopo, controllando sulla mappa – Sarà meglio che andiamo. – continuò rassegnato, mentre si toglieva il mantello.
- Se ti sbrighi non avrai problemi. -
Hermione annuì e senza dire altro sgattaiolò dalla parte opposta rispetto a quella presa da gazza. Harry rimase qualche istante a fissarla allontanarsi ed infine decise che era arrivato anche per lui il momento di andare. Indossò, per ogni evenienza, il mantello e si diresse con passo svelto al suo dormitorio, con una strana sensazione sulla pelle.

Aveva parlato normalmente con la strega? Non esattamente. Però, le era, incredibilmente, risultata più sopportabile.
Si appuntò di chiederle il nome.

La mattina dopo non sapevano cosa li avrebbe aspettati. Niente tralasciava ad intendere che nella notte Silente aveva avuto la sua più folle idea. La sala Grande era gremita di gente che faceva colazione, non mancava nessuno. Difatti, quella mattina, i capi delle case si erano aggirati per avvertire gli studenti di scendere e di scendere celermente.
Silente aveva una notizia da dare.

Harry si sedette al tavolo di Slytherin con addosso la camicia con la cravatta allentata e i pantaloni della divisa che gli calzavano perfettamente. Portò una tazza di latte freddo alle labbra, quando il suono di un cucchiaio che sbatte contro un bicchiere avvertì gli studenti di fare silenzio. Si curvò appena, per cercare di vedere Silente, ma non ci riuscì. Così tornò dritto. Daphne, accanto a lui, aveva la stessa aria incuriosita. Si scambiarono un veloce sguardo, mentre Silente cominciava a parlare.
- Dunque. – e si schiarì di nuovo la voce – Oggi non ci sarà lezione. -
L’intera unità studentesca di Hogwarts si unì in grida di giubilo, fatta eccezione di alcune personalità di Ravenclaw (tra cui Hermione Granger e Anthony Goldstein) e alcune di Hufflepuff.
Silente fece cenno di fare silenzio, e continuò.
- Ci sarà una prova da affrontare, quest’oggi. -
Anche gli ultimi che parlavano, ammutolirono, impalliditi.
Pessima notizia.
- La casa perdente, farà gli esami e gli verranno sottratti cinquanta punti, quella che arriva terza farà solo gli esami, la seconda non farà gli esami e la prima vincerà cento punti e i suoi studenti saranno esentati dagli esami. – prima che qualcuno potesse commentare, Silente continuò – Ebbene sto parlando di…-
Ci fu un brusio di silenzio, Harry scambiò degli sguardi preoccupati con Daphne e Blaise, mentre avvicinava di nuovo la tazza di latte alle labbra.
- Nascondino! -
E fu tutto bianco. Cioè, la tazza gli si rovesciò sul viso per la sorpresa, inondandogli anche la camicia e lasciando una sottile membrana bianca sugli occhiali e sui capelli.
Ma non disse nulla. Tutti stettero in silenzio, quelli che non avevano mai avuto a che fare con i babbani si guardarono intorno perplessi, i nati babbani o figli di tali (come Harry, che intanto si asciugava con il fazzoletto) erano paralizzati fra l’indecisione se mettersi a ridere o chiamare san Mungo.
Ma Albus Silente era più serio che mai.
- Praticamente dovrete nascondervi. – continuò, guardando i suoi studenti – Gli studenti della casa che vengono trovati in maggior quantità prima del tramonto perdono, e poi via di scorrendo, i meno che vengono scovati vincono. Se uno di voi, riesce ad arrivare alla tana - e qui Ron arricciò un sopracciglio - E a liberare gli altri, niente esami per nessuno e la sua casa vince automaticamente la coppa! La tana sarà dove vengono tenuti i prigionieri, cioè i catturati, nell’aula di astronomia. Saranno gli insegnanti a cercarvi, che ora chiuderanno gli occhi. -
Piton, Lupin e la McGrannit sembravano impalliditi dall’orrore, ma annuirono. Piton aveva un colorito che gareggiava con quello di Mirtilla Malcontenta. Hagrid invece, sembrava particolarmente divertito.
- E ora…- continuò – Andate presto! -
Ma gli studenti non avevano ancora registrato cosa dovevano fare.
- Andate! – gridò ancora Silente divertito. Harry saltò dalla panca praticamente per primo, senza neanche attendere Daphne e Blaise, e corse verso la stanza segreta. Lì nessuno avrebbe potuto trovarlo. Fra il grande scalpitio degli studenti, insolitamente pallidi, Harry sgattaiolò nel piccolo corridoio che portava al quadro, si fermò di scatto e improvvisamente qualcuno voltò l’angolo piombandogli addosso, rovinando poi a terra.
- Off… Potter! – esclamò sorpresa Hermione, sollevandosi sulle braccia. Harry l’aiutò ad alzarsi, guardandola con il medesimo stupore.
- Che fai qui, Granger? – sbottò, osservandola. Hermione chinò il capo.
- Beh questa…- non voleva ammettere che moriva dalla voglia di sapere. Harry annuì sbrigativamente, incerto.
- Adesso noi saremmo avversari te ne rendi conto? – sbottò aggrottando la fronte. Hermione annuì sbrigativa – Lo so! Dai, ma ti frega veramente, Potter? Sono curiosa, va bene? Voglio sapere che c’è qui! -
Harry temporeggiò.
- Ti prego! – esclamò, facendo violenza su se stessa.
Harry sorrise divertito e Hermione si costrinse a non mollargli un ceffone.

Aveva pregato Potter. Aveva pregato Potter.
Suonava decisamente male.
- Va bene – sibilò lui, con divertimento, poi si girò verso il quadro.
- Mundi. – disse e il quadro si spostò, i due entrarono di scatto dentro mentre il quadro prendeva a richiudersi pochi istanti dopo essersi aperto.

Harry si guardò intorno ed Hermione fece lo stesso: era un enorme stanza scura con diverse candele addossate al muro che galleggiavano, illuminando fiocamente con un innaturale luce rosata. Al centro della sala c’era disegnato un cerchio, con alcune strane iscrizioni al dentro. Hermione, colta da un curiosità irreversibile si lanciò verso il cerchio e Harry la trattenne per il braccio.
- Aspetta, Granger. -
Lei si liberò della presa, andando a posare i piedi dentro il cerchio. Non accadde nulla.
- Come l’altra volta, - mormorò lo Slytherin - Quando io e Daphne ci siamo posati sopra non è successo nulla. – fece un passo dentro anche lui, scoraggiato. Il disegno tracciato s’illumino e lampeggiò diverse volte. Harry e Hermione saltarono subito fuori dal tracciato, mentre il pavimento dentro esso svaniva, sostituito da una profonda oscurità.
- Strano. – commentò Harry, arricciando un sopracciglio, si grattò la tempia, perplesso e curioso allo stesso tempo.
- Vuoi andare a vedere? – domandò Hermione.
Harry si girò, stupefatto.
- Ma che…tu? – e scoppiò a ridere – Avanti Granger, non avresti mai il coraggio di provare! – la schernì, divertito.
- Per tua informazione – esclamò lei irritata – Il capello aveva pensato anche a Gryffindor. Ho coraggio da vendere! – sbottò irritata.
- Ah, si? – domandò lo Slytherin, con un ghigno profondamente divertito, mentre faceva il gesto di asciugarsi un occhio, per le troppe risate.
- Si! Anzi sai che ti dico? – sbottò, intrecciando le braccia sotto il petto.
- Cosa? –
- Prova a prendermi, se ci riesci! – esclamò lei, con tono di sfida divertita.
E detto questo si lanciò dentro il buco oscuro. Harry sorrise maliziosamente, divertito e interessato insieme. La seguì, lanciandosi subito dopo di lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** You drive me crazy, girl. ***


- Hai capito benissimo, Potter

You drive me crazy, girl.

                                                        

Si "«Ah, les femmes!» mormorò Poirot appoggiandosi all'indietro e chiudendo gli occhi.

«Io le conosco. Sono capaci di complicarci la vita in modo insopportabile.»"

Agatha Christie, Corpi al sole

 

La persona più irritante del mondo può apparire un angelo se vista mentre dorme. Beh, nel caso di Hermione Granger non era così. O meglio, non del tutto. I capelli arruffati le nascondevano una percentuale consistente del viso e mugugnava qualche sbuffo indefinito che d’angelico aveva ben poco.
Harry si chinò, deciso a svegliarla, quando la ragazza rotolò di scatto, alzando un braccio in aria. Neanche a dirlo, il palmo della mano arrivò diretto sul viso di Harry.
Decisamente Hermione non era un angelo. Tanto meno quando dormiva.
- Granger! – ululò Harry, massaggiandosi la guancia.
Hermione si mise a sedere, con un sopracciglio alzato, completamente sveglia. Non pensò neanche lontanamente di scusarsi per lo schiaffo che, era sicura, era più che meritato.
- Si?- chiese, con noncuranza.
Harry sbuffò, alzandosi, per controllare il punto in cui erano arrivati: una volta scesi nel passaggio si erano pesantemente addormentati durante quella che sembrava una caduta infinita.
Harry piantò le mani sui suoi fianchi, sopra il mantello, osservando con attenzione la sala. Hermione si alzò sbuffando: lei non indossava il mantello pesante, ma solo la camicetta senza maglione.
- Se mi coprivi con il mantello non facevi un danno, sai? – borbottò, strofinandosi le braccia, infreddolita.
Harry non rispose, mentre Hermione tratteneva il respiro.

Si trovavano al centro una stanza circolare dove, a uguale distanza, si trovavano tre porte. Davanti ad ogni porta c’erano delle figure femminili che, non ci misero molto a rendersene conto, erano quelle ritratte all’ingresso.
Ad una c’era una bambina, che teneva nelle mani una grande clessidra che procedeva al contrario, alla porta al centro c’era una donna molto bella, che reggeva davanti al petto uno specchio lungo e ovale, davanti alla terza c’era una donna un po’ più anziana, con stretto fra le braccia un mappamondo.
Harry sorrise d’entusiasmo, scambiandosi uno sguardo veloce con la ragazza al suo fianco che ricambiò. Scostarono lo sguardo bruscamente, mentre Harry si schiariva la voce.
- Quale per prima? -
- Andiamo per ordine – disse lei, tranquilla, indicando la porta della bambina.  La bambina sorrise e si fece da parte, mentre la porta si apriva di scatto. Harry scrollò le spalle ed annuì, dirigendosi per primo.

Oltrepassò la porta, dentro cui non si vedeva nulla, con la certezza che una volta oltrepassata, avrebbe dovuto sopportare un altro salto nel buio. Ma così non fu. Quando si trovò dall’altra parte, si rese conto di essere in un piccolo bosco verdeggiante.
Alle sue spalle la voce di Hermione sghignazzava sguaiatamente.
Harry si girò, irritato.
- Che hai da…? -
Notò che i vestiti di Hermione erano cambiati, indossava una semplice veste da contadina medievale. Abbassò lo sguardo e scoprì, con sommo orrore, che lui indossava una calzamaglia verde smeraldo con sopra un una camiciola che arrivava fin sotto le cosce, stretta alla vita da una cinta. Arrossì fino alle orecchio, profondamente imbarazzato, sia per la ridicolaggine dell’abbigliamento, sia per l’esagerata aderenza della calzamaglia.

Lanciò uno sguardo fiammeggiante alla sua improbabile compagna di viaggio – Smetti immediatamente di ridere o…-
Hermione smise di ridere, ma le rimase stampato un sorriso divertito, marchiato di un tocco di sfida. Sollevò un sopracciglio, con chiara ironia – O…? -
- Io…- iniziò lui, ma venne nuovamente interrotto.
- Cosa mi fai, Robin Hood? Mi scagli una freccia? – e tornò a piegarsi dalle risate, tanto che dovette reggersi lo stomaco con le braccia.

- Gran…- riprese lui, ma alla fine lanciò una silenziosa imprecazione e le voltò le spalle andandosene per conto suo. Hermione emerse in uno strillo di disappunto, raggiungendolo di corsa.
- Non lasciarmi qui da sola, Potter! – ululò, irritata – Dov’è finita la tua cavalleria? -
- Insieme alla tua simpatia, immagino. – ringhiò lui di rimando, mentre entravano, fianco a fianco dentro un piccolo villaggio. Nessuno sembrò far loro caso, troppo indaffarati nel loro lavoro. Hermione si portò le mani alle labbra, con espressione entusiasta.
- Oh, che bello! – esclamò, allegramente – Siamo nel medioevo! -
- Potrebbe essere l’occasione per venderti. – borbottò Harry, Hermione si limitò a guardarlo di traverso, ma poi si lasciò riprendere dall’allegria di poco prima, emettendo versetti di compiacimento di tanto in tanto.
- Senti – le disse ad un punto, spiccio – Hai la minima idea di come potremo fare a tornare indietro?-.
Hermione assunse un’espressione accigliata, chiaro segno che ancora non ci aveva pensato.
- Credo che sarà la stanza a deciderlo. – spiegò, con tono pratico – Anche prima, la stanza agisce secondo una volontà…no? Cioè ha fatto venire me e te adesso, e non ti ha fatto andare l’altra volta. Torneremo quando quelle tre persone penseranno che abbiamo fatto ciò che c’era da fare qui. -
Harry la fissò, allibito.
- Ti rendi minimamente conto di quello che hai detto? – esclamò.
- Perché? -
- Granger! – esclamò, stupefatto, poi riprese – Come diavolo facciamo a capire cosa dobbiamo fare? -
Hermione scosse le spalle, nervosamente, continuando a guardare davanti a se.
- Come diavolo faccio a saperlo io? -

- Sei tu che sai tutto! – sbottò, impedendosi di scrollarla per una spalla.
- Ma che diamine dici? – sbraitò lei, irritata – E poi, dai, la stanza ci farà tornare indietro prima o poi! -
- La stanza!? Prima o poi? E se non fosse programmato un ritorno? -
- Sei tu che volevi vedere la stanza segreta! – sbottò l’altra atterrita.
- Nessuno ti ha chiesto di venire! -
- L’altra volta mi ci hai portato a forza! – ululò.
- Ma quando mai?! E questa? Sei tu che mi sei caduta addosso! -
- Ero curiosa! -
- Hai scelto tu quella porta! Come fai ad essere così calma? -
- Anche se ti scaldi non cambia nulla! -
- Sempre meglio di mettersi a fare versetti di giubilo! -
- Oh, dai, perché non gustarsi il viaggio? -
- Potrebbe non avere ritorno! – esclamò, sempre più allibito – Come fai a goderti un viaggio senza certezza di ritorno? -
- Quanto sei catastrofico! – sbottò Hermione, incrociando le braccia. Si chiusero dentro un silenzio imbronciato, mentre camminavano l’uno di fianco all’altra.
- Quale incantevole creatura! – esclamò una voce a pochi passi da loro. Hermione e Harry si girarono di scatto, trovando un ragazzo (un mercante) avvicinarsi ad Hermione con fare lascivo.

Hermione era allibita, e arretrò, alzando le mani in posizione di difesa.
- Mi scusi, ma…-
Lanciò un occhiata ad Harry che, dalla sua, tratteneva a mala pena le risate.
- Oh, via, non siate timida…- continuò il ragazzo – Come vi chiamate? -
Hermione arretrò ancora, scontrandosi con la spalla di Harry che tremava dall’impulso soppresso di ridere.
Si appese al suo braccio, di scatto – Io sono già occupata! -
- Co…! – esclamò Harry, indignato, ma con un sorriso lei gli tappò la bocca con il palmo della mano.
- Ssst, amore, tranquillo. -
Gli rivolse un’occhiata che avrebbe dovuto essere amorevole, ma che in realtà era terribile. Lo stesso Voldemort, se, pace all’anima sua, fosse stato vivo, avrebbe arretrato dietro la traccia omicida di quel sorriso.
Harry trasalì ed annuì, mentre Hermione congedava il mercante medievale.
Il ragazzo avrebbe voluto obbiettare, mentre l’uomo si allontanava con fare mogio, ma la voce di Hermione lo interruppe.
- Aspetta! Come facciamo a capire ciò che dicono? -
- Sarà la stanza. – le disse lui, con una certa stizza – Ci ha dato vestiti medievali, ci avrà anche dato di capire. -
- Oh, certo. – ribatté, dandosi una piccola pacca sulla tempia, come se si chiedesse come aveva fatto a non pensarci lei.
- Oh, certo. – le fece il verso, con un tocco di acidità nella voce.
- Non è divertente Potter! -
- Senti – ribatté lui – Perché non ti stacchi ora? -
La ragazza si accorse, in quel preciso istante, di essere ancora aggrappata al suo braccio, lo lasciò di scatto, inorridita.
- Mi ero semplicemente scordata. -
- Figurati – sbottò – Per quanto m’interessi la cosa. -
- Il solito cavaliere! -
- Ma perché non te ne vai dal bel mercante? -
- Ora mi hai seccato! – ululò, voltandogli bruscamente le spalle – Me ne vado da sola! -
Harry la vide allontanarsi con un filo di preoccupazione, ma poi l’ira prevalse e ululò, sperando che lo sentisse – Vai pure, arpia! -
Si diresse nell’altra direzione, cupo. Cercava di scacciare idee come preoccuparsi che nessuno le facesse del male, essendo di per se, il medioevo, un’epoca poco tranquilla.
Decise di tornare al sentiero di prima, e controllare qualche segno che li, anzi lo,  riportasse al suo tempo. Avanzò verso l’imbocco della foresta, quando una piccola vocina interna lo bloccò.
Se la rapiscono è colpa tua!
Respinse l’idea, immaginando che nessuno potesse pensare di rapire una creatura tanto irritante e che, anzi, si sarebbe dovuto preoccupare di più per il rapitore e non per la rapita.

Alla fine però, si arrese e si decise ad andarla a cercare, chiedendosi più volte quale oscurissima ragione lo spingesse ad una scelta tanto illogica.
Ed eccola arrivare di corsa.
No, specifichiamo, non di corsa come poteva arrivare una persona che ha appena inquadrato da lontano la persona amata, ma come una persona seguita. Ed ecco, alle sue spalle, una folla di gente armata di fiaccole e rastrelli inseguirla.
- Granger? – urlò lui, allarmato, con una voce innaturalmente acuta. Hermione gli corse vicino e lo afferrò per la manica della giacca.
- Corri! – gridò. Harry non se lo fece ripetere.
- Che diavolo hai combinato? – ululò, correndo a perdifiato, appena dietro di lei.
- Ho usato una magia…- borbottò, arrossendo.
- Una magia? Ma sei pazza? Ehi, ma perché diavolo ti sto seguendo!? Io non ho fatto nulla! -
- Troppo tardi! – esclamò lei, continuando a correre, mentre si infilavano fra gli arbusti per far perdere le loro tracce – Ormai ti hanno visto scappare con me! E poi…ho dovuto farlo! Quel bruto mi voleva rapire! -
Harry sbuffò. Lo immaginava.
- Questo è perché sei stupida! – gridò, evitando di poco un ramo che altrimenti avrebbe lambito poco piacevolmente la sua fronte.
Alle loro spalle le grida si smorzavano e dividevano: li stavano cercando in mezzo alla vegetazione, e non erano neanche troppo lontani.
- Attento! – gridò all’improvviso lei. Harry frenò appena in tempo, prima di precipitare in un burrone molto alto, sotto di cui se ne stava placido un lago. Hermione lo afferrò per la giacca tirandolo indietro, premette le sue mani aperte e tremanti contro il suo petto.
- Dobbiamo cambiare direzione! – urlò, staccandosi da lui e facendo per muoversi. Harry l’afferrò per il braccio, mentre fissava qualcosa sulla superficie del lago.
- Che diavolo fai?! – esclamò lei, spaventata, mentre le voci si facevano più vicine.
Harry guardò attentamente il fondo del lago, con un lampo di comprensione negli occhi, si girò di scatto verso di lei e la scrollò.
- Ti fidi di me? – domandò, nervosamente, mentre spostava lo sguardo fra lei e il lago. Lei lo guardò allibita.
- Certo che no! – ululò, con voce stridula.
Harry sbuffò.
- Lo immaginavo. -
Prima che potesse opporsi, Hermione si trovò sollevata da terra: Harry le aveva passato un braccio sotto le ginocchia e uno sotto la vita, issandola.
- Cosa vuoi fa…ahhhhhhhh! – urlò, terrorizzata, quando si accorse che Harry si era lanciato di sotto, stringendola con una morsa ferrata in braccio. Hermione gli avvolse il collo con le braccia, nascondendo il viso nell’incavo del collo.
Aspettò l’impatto. Ma l’impatto non arrivò.
Improvvisamente si rese conto che erano fermi, ma non ebbe il coraggio di muoversi. Si aggrappò, ancora tremante, con più forza al collo di Harry.
- Siamo morti? -
Harry scoppiò a ridere, per una volta, senza cattiveria.
Era un risata genuina che riempì il cuore della ragazza, e lei si accorse subito di quanto potesse essere sembrata ridicola la domanda. Poi, senza ragione, scoppiò a ridere anche lei e nessuno dei due si accorse che Hermione era ancora in braccio ad Harry, nonostante non ce ne fosse più bisogno.
Improvvisamente Harry non riuscì a tenerla su, e sempre ridendo, caddero a terra: Hermione accucciata sopra di lui, mentre Harry la teneva ancora stretta per la vita.

Fra una risata e l’altra si accorse che erano tornati alla stanza dell’inizio e che i loro vestiti erano tornati moderni. E fu con estrema lentezza che si rese conto di essere sopra Harry Potter, per nulla dispiaciuta dal suo abbraccio e dal calore che il suo corpo irradiava. Arrossì all’improvviso e si allontanò, sebbene meno bruscamente del solito. Avevano smesso di ridere e si erano allontanati: si scambiarono un veloce sguardo, carico di un’emozione indecifrabile: mista fra imbarazzo e un certo movimento che vagava fra lo stomaco e il cuore.
- Ehm – iniziò Hermione, arrossendo ancora più vivacemente. Ora che il corpo di Harry era distante insieme al suo calore, assunse un’espressione un po’ accigliata, come se si rimproverasse di qualcosa.
- Cos’è successo? -
Harry, mentre si alzava da terra, borbottò – Ho visto una luce insolita verso il fondo del burrone, ho supposto che fosse un passaggio! -
Hermione sgranò gli occhi – Che azione avventata! – esclamò, atterrita.
- Non sarebbe servita, se tu non avessi scagliato un incantesimo contro un medievale! -
Hermione arrossì di rabbia e borbottò qualcosa di inintelligibile, poi si alzò a sua volta. Harry si guardò intorno: la porta della bambina era scomparsa e le altre due si trovavano una di fronte all’altra, con il solito sorriso indulgente.
- Ah! Devo chiederti una cosa. – esclamò all’improvviso Harry, girandosi di nuovo verso la ragazza.
Hermione sentì, suo malgrado, lo stomaco contorcersi.
- Cosa? – borbottò.
- Come ti chiami di nome? -
Ci furono dei passi. La mano di Hermione si alzò.
E si scontrò con violenza contro la guancia del ragazzo.

- Hermione,  ma tu puoi chiamarmi solo Miss Granger! – ululò, girandosi di scatto e dirigendosi con fare marziale verso l’altra donna che si scostò, con un sorriso.
 Come prima di entrare nella porta della bimba, Harry si portò una mano alla guancia concludendo che, si, senza dubbio, le donne sarebbero state per sempre un enigma irrisolvibile, almeno per lui.

O meglio: Hermione Granger sarebbe sempre stata un enigma irrisolvibile.
Nascose un sorriso divertito, mentre osservava Hermione attenderlo avanti alla porta con un’espressione irritata e accigliata che aveva un qualcosa di tenero.
- Sbrigati. –.
Ancora una volta, Harry non se lo fece ripetere una seconda volta.

-----

Miyaki parla a sproposito:

Voglio ringraziare tutti per i vostri molteplici commenti, sono felice che questa fanfiction vi piaccia e il successo che ha avuto mi ha colpito piacevolmente…Ringrazio tutti e rispondo ad alcuni di voi che hanno alzato qualche questione ^_^. Ringrazio, ovviamente, anche chi ha solo letto senza recensire.
Prima di tutto i punti più o meno comuni:

Harry slytherin piace anche a me, e quanto a James e Lily devo ammettere una cosa: mentre scrivevo mi veniva da ridere in un modo terribile, sono contenta di avervi fatto sorridere! Quanto a Silente…beh immagino che senza le preoccupazioni dovute a Lord Voldemort sarebbe proprio così, sarà che matto lo è comunque.
Parlando del fatto che è una storia particolarmente originale, vi ringrazio moltissimo. Mi piaceva molto l’idea di Harry e Hermione così e alla fine ce l’ho fatta!

A Herm88(ciao tesoro prima di tutto^_^): si Harry è Slytherin e il suo comportamento non è propriamente da discepolo di Salazar, ma mettiamola così: Harry è cresciuto sempre e comunque con James e Lily, non potrebbe mai essere un verso Slytherin, è diventato un grigio-verde perché spinto dall’ambizione di dimostrare di non essere da meno dei suoi genitori.
Uhm, rispondendo a marco, voglio ringraziarlo per primo e specificare che preferisco i nomi in inglese per varie ragioni e non sono neanche l’unica, tra l’altro cambiare solo dopo avrebbe poco senso e mi sono tenuta solamente ai nomi delle case e ai soprannomi di James e Co. in lingua originale. Ad ogni modo metterò una piccola nota ad inizio del primo capitolo per chi non sa la traduzione.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Mirror faces ***


- Hai capito benissimo, Potter

Mirror faces

Dei sentimenti che non so governare…

Mi stanno sopraffacendo e si contrastano disperatamente.

Angel Sanctuary

- Questo è strano. – commentò Hermione, posando le mani sui fianchi – Avrei creduto che ci saremmo mossi nel presente, cos’è questo posto? -
Harry si grattò la nuca, aggrottando la fronte.
- Veramente…- cominciò, un po’ perplesso – Mi sembrano specchi no? -
- Questo l’avevo viso anch’io, Potter. – borbottò Hermione, scrutandosi intorno.
Era una stanza abbastanza strana, che ricordava molto le attrazioni babbane dei luna park, l’entrata si divideva in due corridoi su cui erano accatastati specchi di varie dimensioni e forme, alcuni nuovi, altri storti, e alcuni rotti.

Si lanciarono un’occhiata perplessa per alcuni istanti, ma Hermione scostò subito lo sguardo avvampando di disappunto sulle gote.
Indicò il corridoio di destra, con ferocia – Tu vai lì. -
Poi sparì per quello di sinistra, con la cespugliosa chioma castana che sembrava aver vita propria, animata dalla rabbia funesta della Ravenclaw.
Harry non disse nulla, anche perché se avesse parlato avrebbe sicuramente urlato qualche epiteto o esclamazione di dubbio gusto. Così, infossando le mani nelle tasche dei pantaloni, si avviò per l’altro corridoio decisamente sollevato di essersi tolto quella specie di strillettera vivente di torno.
D’intanto Hermione aveva deciso di rallentare il passo una volta aver superato l’ennesima svolta. Sospirò e decise di godersi quella stanza decisamente più sicura della precedente con calma. Si fermò davanti ad uno specchio piuttosto lungo e assottigliò gli occhi, sforzandosi di vedere le differenze che poteva presentare.

Sgranò gli occhi, trovandosi davanti un Hermione non più maga, ma babbana. Teneva in mano libri di matematica e letteratura inglese, con un sorriso sornione. Beh, una volta che finiti gli studi da maga avrebbe potuto occuparsi di materie babbane, considerò, sebbene molto meno interessanti…
Avanzò di qualche passo e osservò con attenzione lo specchio seguente: il sangue le defluì dal viso, e Hermione si gettò indietro con uno strillo, andando a sbattere contro lo specchio opposto che, al contatto con la sua schiena, ruotò e la catapultò dall’altro lato, sbattendola a terra.
Senza curarsi della decisa botta ricevuta si toccò il viso, si controllò la dimensione delle braccia e delle gambe e si sentì sollevata di non essere spaventosamente ingrassata. Si posò una mano sul petto e trasse un profondo respiro, prima di alzarsi in piedi e scrollarsi la divisa dalla polvere. Più tranquilla decise di guardare un altro specchio, anche se con maggiore cautela. Affacciò il viso su di uno lungo e sussultò trovandosi davanti ad una Hermione vestita con i colori di Griffyndor. Con una scrollata di spalle passò allo specchio seguente e si vide accanto a Ron Weasley.
Lì non riuscì a trattenere una risata, e lo superò con un cenno annoiato della mano. Di tutte, quella era la cosa più assurda…
Non riuscì a finire il pensiero.
Si trovò davanti ad uno specchio più largo e dalla forma ovale, nel riflesso c’erano lei e la creatura più fastidiosa del mondo (quella che, precisiamo, stava percorrendo corridoi diversi della stessa sala) che si stringevano in un braccio molto intimo. Cacciò un urlo disumano, gettandosi indietro.
Nello stesso istante anche la voce di Harry si udì alta ed acuta. Hermione si girò di scatto, cercando il ragazzo. Non era vicino a lei. Ma continuava ad urlare.
- Potter? – urlò Hermione, con un tocco di isterismo nella voce. Harry aveva smesso di urlare.
- Potter!? – urlò ancora, e scattò in avanti. Si fermò di scatto e circondò le labbra con le mani, urlando con forza – Harry!?! -
Harry non rispose. A quel punto, senza realmente deciderlo, cominciò a correre a per di fiato. Corse finché non fu costretta a fermarsi davanti ad uno specchio. Le si gelò il sangue nelle vene quando vide se stessa indossare abiti neri e lunghi, con un nero serpente tatuato sul braccio. La Hermione del riflesso la guardò con una punta di saccente e crudele divertimento, con una vena di follia che pervadeva le iridi innaturalmente rosse. Lei si gettò indietro, con uno strillo. Il vetro dello specchio alle sue spalle s’infranse come fosse leggerissimo e Hermione cadde indietro, strusciando le gambe nude sui frammenti, che le procurarono qualche taglio. Si alzò a fatica, ancora ansimante, e vide finalmente Harry. Stava seduto davanti ad uno specchio, con la testa infossata fra le mani, scosso da tremiti. Hermione scattò in avanti e lo afferrò per le spalle.
- Potter? -
Harry mormorò qualcosa, stringendo con forza i capelli fra le mani.
- Harry! – gridò di nuovo Hermione, strattonandolo. Harry alzò gli occhi spaventati su di lei, come se la vedesse per la prima volta
Era mortalmente pallido.
- Cosa hai visto? – mormorò Hermione. Harry deglutì.
- Ci…cicatrice, Voldemort vivo….Mamma…Papà, Sirius....loro…- deglutì, e non aggiunse altro, ma strinse Hermione per la vita.
- Un dolore insopportabile – concluse, abbracciandola come se ne andasse della sua vita, come se la ragazza fosse l’unico appiglio a cui aggrapparsi per non cadere in un baratro infinito.
- Non è vero…non era vero…- cercò di calmarlo lei.
- E…- riprese all’improvviso, scostandola da se, quasi di scatto, per fissarla negli occhi - …Te…Ho visto te. Hermione, c’eri tu. –

Poi scostò le mani da lei e le portò di nuovo sul viso. Hermione scosse le spalle, con finta e poco credibile non curanza.
- Non era vero Ha…, Potter. Non c’era nulla di vero. – disse, stringendo i pugni sulle ginocchia, mentre si alzava. Non lo guardò in viso, scostando lo sguardo.
Quelle parole riportarono Harry sulla realtà lasciandogli un’ampia sensazione di sollievo, annacquata però, da uno strano sentore di disappunto, un piccola morsa di dispiacere.
Era vero.

Sirius, James e Lily erano sicuramente vivi. Nessuno era morto, se non la buon anima di Lord Voldemort.
Non c’era nessun Voldemort nella sua vita. Nessuna cicatrice.

Nessuna Hermione.
Deglutì a questo ultimo pensiero, cercando di scacciare quel sentimento indesiderato lontano da se e concentrandosi sul sollievo nel constatare che nessun dolore simile a quello visto lo aspettava.
Avvampò un poco sulle gote, imbarazzato di esser visto in condizioni d’incertezza.
- Grazie, Granger. – borbottò, mentre si grattava il collo. I suoi occhi si posarono involontariamente sui graffi sulle gambe di lei.
- Ti sei fatta male. – mormorò, dispiaciuto.
Hermione scosse le spalle.
- Non fa nulla, oggi ho potuto vedere il lato fragile del perfetto Slytherin-a-me-nulla-tocca Potter, ne valeva la pena se è per dimostrare che sei un essere umano. – e si diresse ad imboccare un corridoio, seguita da Harry che le fissava le spalle, in silenzio.
Effettivamente doveva ammettere di essere stata costretta a modificare il giudizio su di lui. La sicurezza e spavalderia che tanto detestava in lui avevano ceduto il posto per mostrare anche il suo lato più umano e, in un certo modo, più tenero.

Questo, oltre agli avvenimenti accaduti pochi istanti dopo alla rivelazione, avevano portato la sua mente, e anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto cruciatus, e il suo cuore ad un attimo di profonda confusione.
- Tu perché hai urlato?-
Ad Hermione tornò per prima cosa in mente l’immagine di se stessa mangiamorte, ma immagino che Harry si riferisse alla prima volta che aveva gridato. Soppresse un brivido di orrore al ricordo del suo viso deformato dalla follia, scosse la testa al ricordo di se stessa grassa e avvampò visibilmente al ricordo di un abbraccio affettuoso che non le apparteneva.
- Mi sono vista grassa – borbottò.
Ci fu un momento di silenzio, poi l’inconfondibile suono di una risata soppressa colpì la mente di Hermione che si bloccò e si girò in modo tanto spaventoso che, al suo confronto, avrebbe terrorizzato anche la bambina indemoniata di un film babbano che non ricordava. Harry si grattò la nuca, cercando di non mostrare il terrore puro che quello sguardo gli aveva inflitto. Lottò a lungo con se stesso, ma invano.
Ne andava della sua vita, ma c’erano cose per cui valeva la pena rischiare.
- Non credevo che ci fossero specchi normali. -
Ecco. L’aveva detto.
Il silenzio non si sarebbe potuto tagliare con un coltello, in quel caso: in realtà molti scienziati e psicologi dubiterebbero che anche una sega elettrica avrebbe potuto sortire qualche effetto.
I passi di Hermione assomigliavano al cammino elegante di un elefante che porta sulla schiena un carro armato.
Più tardi Harry constatò che, no, non avrebbe mai avuto una cicatrice a forma di fulmine, ma dubitava seriamente che quel segno a cinque dita sul viso sarebbe mai scomparso.

Lo so, lo so, capitolo breve, ma abbiate pazienza. Il prossimo, secondo i miei calcoli, dovrebbe essere l’ultimo, ma può anche darsi che io decida di complicare le cose…[risata malefica] questo è un po’ più serio, perciò ho voluto smorzare nel finale. ^_^

Un bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Say my name ***


Say my name


Harry socchiuse un occhio, sicuro di trovare Hermione accanto a lui, con la solita espressione severa.
Ebbene, errava.
Per la prima volta, dopo aver attraversato una porta, lei non era immediatamente accanto a lui.
Sentiva una vaga sensazione di mancanza, come ormai fosse del tutto naturale riaprire gli occhi e trovare quella presenza fastidiosa, noiosa, antipatica....e maledettamente rassicurante, in qualche strano verso.
In ogni modo, non era il momento di pensare alla Granger. Non sarebbe mai stato il momento di pensare a lei, e soprattutto non in quel senso. L'unico motivo per cui il suo nome doveva affacciarsi nella sua mente era per trovare un modo per tornare defenitivamente ad Hogwarts, da Daphne, da Blaise, da quei pochi Slytherin che apprezzava.
Si tirò su, borbottando qualcosa sul dolore che una probabile caduta gli aveva provocato alla schiena.
Passando una mano fra i capelli confusi che aveva, ahilui, ereditato da James, cercò di riconoscere, o quanto meno di capire, dove fosse.
Era una foresta.
E se non una foresta, in ogni modo qualche posto particolarmente verdeggiante. Il buio testimoniava che la notte era scesa da parecchio, e rendeva faticoso distinguere i rami che si intrecciavano sopra la sua testa dal cielo oscuro, ammesso e non concesso che fosse effettivamente visibile.
Si strofinò i gomiti, per poi sbattere i palmi sulle ginocchia.
Era conosciuto per essere un ragazzo in linea di massima abbastanza composto, almeno negli atteggiamenti. Era solito razionalizzare le situazioni e risolverle (questa era una qualità che la madre si era accurata bene di fargli sviluppare, per sua fortuna): ma la verità è che non sapeva realmente che fare.
I punti "controlla se sei vivo" e "vagamente dove sei" erano stati brillantemente superati, eccezione fatta che in effetti lui non aveva veramente idea di dove fosse.
Era...in una foresta.
"Geniale, Potter. Vogliamo anche dire che sei sul pianeta terra?"
Cosa che, una voce interna gli disse, non era nemmeno del tutto sicuro.
I maghi sanno essere straordinariamente fantasiosi nel creare problemi.
Restare lì, comunque, non risolveva un granchè. Anzi.
Cominciò a camminare, spostando rami e foglie e realizzando, a giudicare dal tipo di vegetazione che - forse - poteva essere tornato nel regno unito.
In ogni modo non era nè in australia, nè in africa, il che era di per se una cosa sufficientemente positiva.
Faticava a riconoscere qualcosa, in ogni modo. Gli sembrava di conoscere quel posto, e allo stesso tempo sapeva che le foreste tendono ad essere tutte simili.
Certo, avesse avuto la sua scopa...
Sbuffò, allungando la mano a cercare la bacchetta: in definitiva avrebbe almeno potuto farsi luce.
Colpì il fianco dove la sua bacchetta stava sempre allacciata alla cintura.
Non c'era.
Si paralizzò, ghiacciato.
Poi battè ancora una volta, come sperando ricomparisse. Ed un'altra. Ed un'altra ancora.
Prima di mettersi a tastare nervosamente ogni centimetro delle sue tasche, della cintura.
Infine trattenne un brusco respiro e chiuse gli occhi.
Sparita.
Gli ci volle ben poco per giungere alla conclusione che tutto era accaduto per via dalla stanza. La bacchetta era ben assicurata alla cintura, non poteva essere caduta.
"Bene, bene..."
- Perfetto! - sbottò domandandosi perchè, per quale oscura ragione, non avesse dato retta a Daphne quando ne aveva avuta l'occasione.
No!, aveva dovuto ficcarsi in quella situazione con la compagna meno probabile e meno desiderata!
Che, tral'altro, aveva avuto la creanza di sparire nel nulla.
"Dove sarà finita quella cretina?"
Tornare a pensare alla Granger, inoltre, non era un grande aiuto alla sua facoltà di razionalizzare, considerando che, al suo "nome" (erano più appellativi poco lusinghieri che un nome), scattava una morsa di preoccupazione ed ansia.
E più cercava di scacciarla, più camminava, più lei cresceva esponenzialmente.
Pressante, snervante, irritante.
Dolorosa.
- Se la caverà benissimo da sola. Non è stupida -.
E non lo era: infatti, la ragazza aveva indubbiamente le capacità per cavarsela, anche - forse e con tanto di virgolette - meglio di lui.
Non c'era nessun bisogno o necessità di mettersi a chiamare il suo nome e creare rumore, rischiando così di risvegliare qualcosa che dormiva e che sarebbe stato meglio continuasse a farlo.
Nessunissimo.

Esattamente come Hermione Granger non aveva nessunissima ragione di aver bisogno di chiamare il nome, o per meglio dire, il cognome di quel beota.
Era sempre stata brava a farcela da sola, con le sue sole forze: l'unica persona a cui aveva mai fatto affidamento era Anthony.
Lui la capiva. Lui le stava vicino.
Comprendeva il suo amore per i libri.
Era perfetto per lei.
Assolutamente.
Harry Potter non avrebbe mai potuto capirla in nessun modo. Anche se si era sentita al sicuro. Anche se aveva sentito una strana sensazione di appartenenza. Era solo sciocca suggestione.
E Hermione Granger non si fa suggestionare.
Mai.
"Hermione Granger ora farebbe meglio ad andare via da qui che pensare a Potter" si reguardì, severa (quello che sfuggiva alle persone di lei era che la persona con cui Hermione Granger era più severa era proprio Hermione Granger, sarebbe stata capace di togliersi i punti se solo fosse stato possibile).
Era maledettamente strano: ora che si trovava davvero lontana da lui, senza avere idea di dove fosse, ne sentiva la mancanza.
Infondo le altre volte che si erano staccati aveva sentito la strana percezione di vicinanza. Sapeva dove lui fosse, le bastava girare sui tacchi e tornare indietro e avrebbe trovato quell'odiosissima testa nera.
Non che avesse mai voluto farlo, naturalmente.
Ma avrebbe potuto.
E Hermione Granger stava pensando nuovamente a lui, con suo grosso rammarico.
- Devo solo trovare un modo per tornarmene indietro al castello. Voglio fare una dannata doccia. - bonfonchiò, irritata da se stessa.
Aveva fatto così tanto, da muggle-born quale era, a farcela da sola. Tanto, forse addirittura troppo.
Era ridicolo che sentisse il bisogno di chiamare quel nome e vedere quel ghignetto irritante.
Assolutamente ridicolo.
L'unica ragione per cui si sentiva così era solo per via del fatto di essere così lontana da Hogwarts, in un posto che faticava a riconoscere, sola. Nessun altra ragione.
E soprattutto senza bacchetta.
C'erano due cose da cui Hermione era estremamente dipendente. La sua bacchetta e i suoi libri.
Erano la sua difesa. E' facile nascondere il viso dietro ai libri, le paure dietro una bacchetta. Non devi guardare negli occhi chi parli, aver paura di sentirsi disprezzati e giudicati indegni. Ora era totalmente priva di qualsiasi protezione. Non aveva nè la sua amata teoria, nè la sua adorata bacchetta.
Si paralizzò un istante, aggrappandosi ad un ramo istintivamente.
Un'idea assolutamente agghiacciante le era passata per la mente.
La consapevolezza insita che, se avesse potuto scegliere fra avere accanto Anthony o Harry, il suo primo istinto sarebbe stato quello di chiamare il secondo.
Sentiva che avrebbe preferito Harry accanto a se. Anche con il suo sorrisetto. Anche con quella sua aria sbruffona.
Anche con...
...quegli occhi pieni di dolore che l'avevano guardata.
Quel "c'eri tu" in quell'istante. Quel senso di "Sono qui, sono con te, andrà tutto bene, perchè siamo insieme".
Qualcosa che non aveva niente a che vedere con il rapporto, per quanto maturo e sicuro, con Anthony.
Qualcosa che andava oltre.
Qualcosa che...
- E' ridicolo! - scattò, lasciando di scatto il ramo e cambiando direzione drasticamente. Ma il piede non trovò nulla su cui appoggiarsi, se non una superficie troppo inclinata per tenerla dritta. Con uno strillo acuto si sentì strappare con violenza verso il basso lungo il pendio, sempre più in basso, la pelle lambita dalle piante e dalle spine.
E la caduta non sembrava avere fine.

Si possono fare molti ragionamenti. Tantissimi ragionamenti.
Su cosa significa una persona. Se non significa nulla. Se significa qualcosa. Se significa tutto.
E' abbastanza facile trovare qualche scusa e tradurre un sentimento fastidioso in qualcosa di diverso e razionalizzabile.
Infondo l'essere umano, l'adolescente in genere ancora di più, è la creatura più facilmente portata a mentire a se stessa. Non è difficile.
Basta ripeterselo spesso, prima o poi ci si convince totalmente.
E poi giunge qualcosa.
Qualcosa di veloce che manda al diavolo un lavoro attento e minuzioso di ore, a volte anni. Una bugia rifinita nei dettagli. Cade in un secondo.
In questo caso fu quello strillo a strapparlo dai suoi ragionamenti razionali e logicamente sensati.
Perchè fu subito solo paura.
Solo terrore allo stato primordiale.
- Cazzo! - imprecò, fuori di se.
Harry Potter era sempre stato capace di analizzare una situazione a mente fredda.
Sempre.
Tranne che in quel momento. Nessun pensiero razionale passò per la sua mente. Non uno che fosse uno.
L'unica cosa che sapeva era che doveva correre.
Correre e raggiungerla.
Correrre ed assicurarsi che stesse bene.
Arrivare e rendersi conto che era solo una cosa da niente. Darle della cretina.
Insultarla perchè gli aveva fatto prendere un infarto per nulla.
"Giuro, Granger, giuro che se non ti sei fatta male questa volta ti ammazzo!" Ed era un'ironia che non sortì l'effetto desiderato. Era un'ironia che sperava di convincerlo che lei stava in effetti bene e che si sarebbe potuto limitare ad arrabbiarsi per il suo vizio di esagerare ogni cosa.
Quella ragazza esagera sempre.
Eppure, ora che correva, senza essere sicuro che quella fosse la direzione esatta, non riusciva a calmarsi.
Ora che correva, con la paura di non trovarla, non riusciva a concincere se stesso che era solo la sua solita sciocca mania di gonfiare ogni cosa.
Ed infine gli sfuggì, quell'urlo, fino a quel momento soffocato in gola.
Esploso come se gli avesse fino in quel momento riempito il petto.
Quel nome.
Urlato a pieni polmoni.
Carico di tutta la sua paura.
Carico di tutto il suo terrore.
Carico di tutto.
Anche di quello che fino a quel momento aveva giurato di non sentire.

- HERMIONE! -

***


Hermione socchiuse un occhio, mugugnando qualcosa, mentre riprendeva coscienza. Prima di concludere il ruzzolone doveva essere svenuta.
Ma ora, ora che la sua coscienza era tornata del tutto presente poteva sentirlo.
Il dolore.
Il dolore pulsante e insopportabile del polso rotto, della pelle graffiata in vari punti, il sapore metallico del sangue in bocca. Della botta che la testa doveva aver dato, vista la sensazione di nausea e stanchezza.
Strinse gli occhi, cercando poi di riaprili lentamente. Per la prima volta ringraziò che fosse notte. Una luce troppo forte sarebbe stata insopportabile in quel momento.
Inutile dire che, in effetti, se non fosse stato buio non sarebbe caduta.
Qualche istante dopo aver riaperto gli occhi, sentì la voce di Harry Potter chiamare il suo nome.
Sgranò gli occhi, schiudendo le labbra. Troppo stupefatta e sollevata per pensare a nulla.
Non stava chiamando "la secchiona".
Non stava chiamando "Granger".
Non stava chiamando "la Caposcuola".
Stava chiamando Hermione.
Hermione e basta.
Era Harry che chiamava Hermione, con ansia e disperazione troppo evidenti per poter essere ignorate. E dal suo tono sembrava che non fosse la prima volta che la chiamava.
Strinse gli occhi, prima di cercare di farsi forza sul braccio sano.
E non le importava nulla se era irragionevole pensarlo. O altro.
Se era sciocco. Se era infantile. Privo di senso.
Voleva Harry. Lo voleva vicino a lei. Lo voleva .
Lui, lui e nessun altro.
Voleva l'immagine che aveva visto negli occhi di Harry, attraverso lo specchio. La voleva, e la voleva ora.
Con quel desiderio che era l'urlo di un bambino la prima volta che viene staccato dalla mano sicura materna.
Urgente, che premeva sul petto costringendola a spezzare il fiato, portandola quasi alle lacrime.
Deglutì con violenza, ed infine riuscì ad alzare la testa dolorante.
- HARRY! Harry! Sono qui! Sono qui! -
Non lasciarmi da sola.
E poi qualcosa di strano accadde. La sua voce era uscita insolita. Quasi un eco. Quasi lontana da lei. Quasi non fosse lei a chiamarlo. Una strana sensazione di...inspiegabile, in realtà. Era come se un incantesimo si fosse appena appoggiato sulla sua schiena. Come se si fosse appena svegliata da un sogno durato troppo a lungo. Ma non ebbe il tempo di ragionare su quella sensazione perchè dei movimenti veloci le annunciarono che qualcuno era appena comparso alla cima del dirupo da cui era scivolata. Si spostò di fianco, appoggiandosi sulla spalla e alzando lo sguardo.

Harry.

***


Fu questione di pochi istanti in realtà. Si sentì sollevare da una forza apparentemente invisibile, tirare su come in un abbraccio rilassante, come fosse un angelo a prenderla da sotto la schiena e tirarla su. Poco dopo, era fra le braccia di Harry. Non era un angelo, ma era caldo. Era rassicurante.
Sapeva di casa.
Le venne automatico allungare le dita verso il suo braccio. Non perchè avesse effettivamente paura di cadere. O di qualcos'altro.
Semplicemente era fiducia.
Fiducia. Scontata e naturale.
Non c'era nessun ragionamento dietro quella stretta. Nessuno.
Deglutì appena, cercando di distogliere lo sguardo, mentre si sentiva sistemare contro quel petto adolescente e ben formato, che non aveva mai conosciuto la fame o i maltrattamenti.
Non capiva bene cosa stesse facendo il ragazzo, e in effetti faticava anche a rendersi conto di essere in uno stato di difficile reattività.
Fino a quando non si accorse che il polso non le doleva più.
Corrugò la fronte, mentre lentamente riprendeva coscienza di se.
- Come...? Hai la bacchetta...? -
Era la prima volta che si parlavano. La prima volta che un suono usciva dalle loro labbra da quando si erano ritrovati.
Strano.
Non potevano essere stati separati per più di un'ora.
Perchè le sembrava di aver aspettato quel viso per anni?

Come qualcosa che le aspettava di diritto e che le era stato portato via ingiustamente.
- E' comparsa quando mi hai chiamato. Evidentemente l'incantesimo della stanza è finito - commentò, semplicemente.
Il suo tono aveva qualcosa di tranquillo, ma allo stesso tempo tradiva una certa agitazione. Continuava a non guardarla negli occhi.
E lei si scoprì dispiaciuta di non poter fissare quegli occhi verdi.
Ma lui lo sapeva. Lui lo sentiva. Se l'avesse guardata lei avrebbe visto. Avrebbe letto con tranquillità in quei frammenti di smeraldo.
E lui non si sarebbe potuto nascondere a quello sguardo se non evitandolo. E non era sicuro di voler rivelare a lei quello che nemmeno lui aveva ben capito.
Hermione si costrinse a lasciare il suo braccio, allungando la mano a controllare la sua cintura.
La bacchetta era lì, esattamente come Harry aveva detto.
Si stupì di non esserne eccessivamente sollevata.
Nessun sollievo era paragonabile a quello della sua presenza.
Ritrovò il suo braccio, anche se con più impaccio, cercando la forza per mormorare qualcosa come "dovremmo capire che fare" "dovremmo capire dove siamo" e cose simili.
Cose da Hermione Granger.
Cose da lei.
Ma non ci riuscì, limitandosi a rimanere lì, fra le sue braccia.
Fu dopo un tempo che sembrò interminabile (può il tempo rendersi apparentemente infinito e allo stesso tempo troppo, troppo, breve?) che Harry la tirò su, facendola appoggiare a se. Rimasero entrambi in un silenzio muto e riflessivo. C'era qualcosa che vagava nell'aria che non volevano, che non dovevano, dire.
Qualcosa che non dovevano neanche dire a loro stessi.
Hermione scostò gli occhi dal paesaggio scuro, aggrappandosi alla sua mano.
Fu quasi come una scarica elettrica fosse passata attraverso loro dalle mani. Quel modo un pò infantile di affidarsi.
Quei piccoli contatti che fanno la vera intimità.
Perchè le dita s'intrecciano con qualcuno di cui ti fidi. E' un affidarsi, quasi. A qualcuno che non si ha paura di seguire, in silenzio.
Una mano.
- S- senti, Har-...Potter, Potter....-
- A questo punto puoi anche chiamarmi Harry, sai? - replicò lui, e a lei parve che ci fosse una venatura di delusione nella sua voce.
- Harry. -
- Dimmi.-
Strinse la labbra con un poco d'impazienza. Non era facile parlare ora. Non stava rispondendo alla solita domanda a lezione. Niente del genere.
Non lo sapeva nemmeno con esattezza cosa volesse o non volesse dire.
- Allora? -
- Grazie. -
- Mh.- mugugnò lui un poco in imbarazzo, come tutta risposta. Hermione non sapeva il motivo, ma le sfuggì un sorriso addolcito. Quasi tenero.
C'era qualcosa di dolce nel suo modo di rispondere a monosillabe, dimostrazione di una timidezza che gli era impressa in fondo.
Ottenne quasi un nuovo coraggio. Inspirò profondamente, e alla fine si decise a parlare di nuovo.
Doveva chiarire. O, almeno, capire cosa sarebbe successo se fossero riusciti a tornare ad Hogwarts. Potevano pensare a come tornare, ma dopo.
Perchè l'idea che tutto tornasse a come era prima, una volta tornati, la tormentava più di non tornare affatto.
- Sen...-
Ma non riuscì nel suo intento.
- LO SAPEVO! SIETE DEI PAZZI! E comunque è SLEALE! -
Harry e Hermione si ghiacciarono sul posto, quando la terza voce, ben conosciuta, intervenne. Davanti a loro c'erano due Gryffindor, accanto alla McGonagall. La donna spostò lo sguardo fra i due, ancora troppo sotto shock per poter realizzare che, in effetti, la "foresta" era la Foresta Nera. E che, in effetti, erano tornati ad Hogwarts.
La donna troneggiava davanti a loro con le braccia incrociate e il sopracciglio pericolosamente inarcato.
- Si può sapere che vi è passato per la testa?! Nascondervi qui per un intero giorno! Signor Potter! Signorina Granger! Siete due Caposcuola! Cinquanta punti in meno ad entrambe le case! -
Ma i due non sembravano ancora intenzionati a reagire. Continuavano a guardare la McGonagall, stupefatti.
La consapevolezza che non si erano persi nel nulla si fece man mano strada nella loro mente, mostrando loro in effetti quanto avessero avuto paura di non tornare affatto. Erano a casa. Erano tornati, erano...
Erano nel luogo che li aveva visti divisi.
Quel pensiero sembrò colpire entrambi nello stesso momento.
Spostarono contemporaneamente lo sguardo l'un all'altra, come reazione istintiva.
E in qualche modo si resero conto che la loro paura di essere separati era ridicola.
Per il semplice fatto che capirono di averla nutrita entrambi.
La ragione di tale paura, ovviamente, era ancora troppo presto per essere ammessa.
Troppo, troppo presto.
Prima che potessero felicitarsi di tale scoperta, però, si trovarono magicamente tirarti per un'orecchia per alcuni metri, durante i quali riuscirono a scambiarsi un breve sguardo che avrebbe potuto essere sorridente, se non fosse per il dolore all'orecchio, ovviamente.
Quando fu loro concesso di camminare da soli, vennero affiancati da un divertito Caposcuola di Gryffindor.
Sebbene non osasse guardare Hermione, Ron lanciò un'occhiata da sfottò a Harry. La sua felicità dipendeva dal fatto che Gryffindor aveva vinto, naturalmente.
- Complimenti -
- Ron...ti prego...-
- Oh, avanti, Harry, una bella trovata...Non fosse che ti sei portato questa donna noiosa dietro, ma come hai fatto a sopportarla? -
- Weasley! - strillò Hermione, indignata dall'offesa - Non ti permettere! -
- Oh, si che mi permetto. -
- Voi due smettetela... - bofonchiò Harry, cercando di ignorare il fatto che uno dei suoi pochi amici di Gryffindor e....Hermione stessero litigando con lui in mezzo. Cosa ben difficile considerando che gli strilli passavano attraverso il suo di udito.
- Mi ha offesa! - scattò Hermione, irritata - L'hai sentito? Mi ha offesa! -
- E lui che dovrebbe fare, difenderti? -
- Oh, maleducato scimmione che non sei..-
- Ho detto piantatela! -
- POTTER! GRANGER! WEASLEY! In punizione tutti e tre! -

***


Hermione stava osservando il ritratto delle tre donne, con la fronte aggrottata. Spostò lo sguardo fra le tre, che le sorridevano con aria saputa. Era qualcosa che veramente faticava a capire. Ogni volta, da allora, sorridevano. Come se avessero capito benissimo cosa fosse successo...
Beh, le sarebbe piaciuto essere informata.
Insomma, qual era lo scopo della loro "missione".
Fece una piccola smorfia, inchinandosi a leggere una piccola targhetta sul fondo, almeno avrebbe scoperto come si chiamavano e chi...
Sulla targhetta non c'era scritto il loro nome, ma una strana frase di cui a lei sfuggì totalmente il senso.

"Ciò che il mondo ha spostato, il tempo rimette al proprio posto"


- Maghi. - borbottò lei, sistemandosi la divisa da Ravenclaw meglio addosso a se, e tirando i lembi del maglione bruscamente verso il basso.
Stava per voltarsi e andarsene quando una voce ormai familiare la richiamò. All'inizio del corridoio c'era Harry, che la salutava con un cenno della mano.
- Sbrigati, Dumbledore ci vuole in Sala Grande...Tutti...-
Hermione alzò gli occhi al cielo trattenendo un'espressione esasperata.
Questo non poteva che essere un pessimo segno.
Ritornò con gli occhi su di lui, che la attendeva, la mano protesa e un sorriso sulle labbra.
Risorrise di rimando, avvicinandosi.
Un pessimo segno talvolta poteva essere addirittura piacevole. In particolar modo se conteneva una sfida con Harry Potter.


-----------
Miyaki parla a vuoto e s'inchina in cerca di perdono
Non riesco a credere di aver finito...lo so di avervi fatto aspettare molto e chiedo umilimente perdono, ma purtroppo l'università e altri impegni hanno ucciso la mia capacità di scrivere. In ogni modo questa è finita.
Mi sono presa un bel pò di tempo per finirla perchè speravo di darvi un finale degno di questo nome. Insomma, non mi chiamo mica JkRowling io u.u (ok, ogni riferimento a Deathly Hallows è puramente casuale, sono ancora sotto shock, e io l'ho letto!).
Scherzi a parte, spero che questa conclusione vi sia piaciuta.
Avrei in mente un sequel, ma...non vi prometto nulla, prima penso alle altre.
Purtroppo ultimamente scrivo proprio poco, sono più impegnata in questo - > HARRY POTTER RPG a cui sto lavorando insieme ad autrici come LadyofDarkness, Luna Malfoy, RytaHolmes *___* Daisy..Sunny...la mia socia Briseide e via discorrendo u_u...purtroppo è HBP Canon perciò è Side, ma i personaggi minori alcuni hanno bellissime trame ^_^. Leggete, leggete ^_^.
Cercherò di mandare avanti tutte le fanfiction, in ogni modo...per ogni cosa, per quelle che veramente vi interessano di FF, mandatemi un email, così so in quale preferite che io mi impegni a finire e mandare avanti in tempi umani ^^; Sicuro continuerò Alliance, per Wicked Game...devo ancora ben vedere, teoricamente non manca molto, ma ho un pò perso il filo.

Un bacio a tutti!!!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=67360