Bad Girl - Cattive Compagnie

di picci 1989
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- La maledizione senza perdono ***
Capitolo 2: *** 2- Non sei il mio tipo! ***
Capitolo 3: *** 3- L'invito ***
Capitolo 4: *** 4- Quell'uragano chiamato.. ***
Capitolo 5: *** 5- Quello che non dovevi fare ***
Capitolo 6: *** 6- Anche le Regine hanno i loro segreti ***
Capitolo 7: *** 7- Le cattive notizie non arrivano mai da sole, parte I ***
Capitolo 8: *** 8- Le cattive notizie non arrivano mai da sole - parte II ***
Capitolo 9: *** 9- Welcome to hell ***
Capitolo 10: *** 10- Il Passato Non Muore Mai... ***
Capitolo 11: *** 11- Damnatio Memoriae ***
Capitolo 12: *** 12- E se fosse tutto sbagliato? ***
Capitolo 13: *** 13 - Per ogni Regina il suo Re ***
Capitolo 14: *** 14- Mio Fratello è Figlio Unico ***
Capitolo 15: *** 15 - Mal che vada, sarà un successo ***
Capitolo 16: *** 16- Imago Mortis ***
Capitolo 17: *** 17- Le radici del male - I parte ***
Capitolo 18: *** 18 - Le radici del male - parte II ***
Capitolo 19: *** 19- God save the Queen ***
Capitolo 20: *** 20 - Il racconto dell'ancella ***
Capitolo 21: *** 21 - Nugae ***
Capitolo 22: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** 1- La maledizione senza perdono ***


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Capitolo Uno: “La maledizione senza perdono!

 

Hermione, senti noi ci vediamo da quasi una settimana e io mi stavo chiedendo se a te va... Cioè se ti va di diventare la mia ragazza” due occhi dorati come un raggio di sole si puntarono in quelli fango del ragazzo e un sorriso malizioso gli si disegnò sulle labbra.

“Lo devo prendere per un si?” Hermione rise piano, una risata calda e sensuale che fece correre un brivido nello stomaco del ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi di fango.

“Credo proprio di si” sussultando leggermente il ragazzo e posando le sue labbra vogliose su quelle rosse di Hermione che aveva smesso di ridere e aveva un espressione indecifrabile disegnata su viso. Accettò il bacio in modo passivo, anzi non mutò nemmeno l’espressione.

Il ragazzo dai capelli neri e dagli occhi di fango era nel suo letto e le possedeva le labbra con lussuria, Hermione Grenger già sapeva che sarebbe stato uno di quei ragazzi che non la lasciavano un attimo, uno di quelli che volevano sapere dove andavi con chi stavi a che ora rientravi nel dormitorio, in una settimana che erano usciti, ovvero che avevano condiviso lo stesso hobbies, andare a letto insieme, lei era già riuscita a identificarlo.

Bello lo era, ma anche noioso...

Hermione si allontanò dal suo abbraccio troppo stretto e dalle sue labbra troppo conosciute e prese a vestirsi lentamente.

Perché ti rivesti? Io vorrei approfittare di te un altro po’…” il ragazzo sorrise come se avesse fatto una battuta divertente invece che deprimente ma la ragazza non lo fissò nemmeno e chiuse la zip dei suoi pantaloni della divisa.

Sai Hermione non dovresti mettere i pantaloni hai delle gambe straordinarie...” la ragazza alzò lo sguardo su di lui e in quegli occhi affondò come si affonda nella melma, quegli occhi la studiavano e le stringevano attorno delle catene e  lei sapeva che erano proprio quelle che l’avrebbero legata. Catene che solo gli uomini che si vogliono far chiamare fidanzati sanno usare.

“Tesoro, perché non mi dici nulla?” lei si infilò la camicia e prese ad avvicinarsi al letto, con quel passo cadenzato e sensuale che la faceva apparire una pantera, così il ragazzo dai capelli scuri si passò la lingua sul labbro superiore e le afferrò la vita appena le arrivò a tiro, anche se stizzita la ragazza non lasciò i bottoni della camicia e continuò ad allacciarli.

“Ehi, Hermione, dai, perché continui a vestirti? Io voglio stare un altro poco con te!” la ragazza si svincolò da quell’abbraccio e afferrò il maglione e la cravatta che giacevano abbandonati vicino alla testata del letto, infilandoseli.

Herm non dici nulla?” la ragazza gli rivolse un occhiata fredda e afferrò le scarpe che con due fluidi movimenti infilò ai piedi poi sul suo viso si disegnò un espressione glaciale.

“Te ne devi andare” gli occhi del ragazzo si spalancarono, la voce era roca ma gelida.

Cos-sa hai detto?” la sua sicurezza vacillò, incosciamente si strinse maggiormente i pantaloni della divisa intorno alla vita.

“Mi hai sentito Tasso, Vattene!” le labbra piene e rosse si aprirono e si richiusero cesellando tutte le parole, il gelo che contenevano bloccarono sul posto il ragazzo come se tanti cubetti di ghiaccio gli fossero discesi lungo la schiena.

Ma tu e io...noi...”

“Non c’è nessun noi stupido, io non ti voglio!”

Ma...”

“Vattene!”

Hermione ma io sono innamorato di te!” in quegli occhi color del fango si delineò una disperazione sorda che fece solo divertire la ragazza.

“Non sono affari miei. Io non ti ho detto di innamorarti di me!” il fango degli occhi si mescolava come una pozione sbagliata e qualcosa come le lacrime spinsero per uscire da quegli occhi melmosi: che penoso spettacolo! Pensò la ragazza incrociando le braccia sotto il seno e aspettando che il ragazzo si rivestisse. Gli uomini non dovrebbero piangere già ci sono un sacco di donne che sono esperte in quest’arte.

Che tu sia maledetta Grenger! Spero che ti spezzino il cuore!” la ragazza annuì paziente come una madre che sente le scuse del proprio bambino e gli spalancò la porta, il ragazzo continuando a sbraitare si allontanò, Hermione ruotò gli occhi al soffitto e uscì anche lei dalla camera chiudendosi la porta alle spalle.

Scese nella Sala Comune e si sedette al suo solito posto, accendendosi una sigaretta.

“Questa volta che maledizione ti hanno mandato?” la voce ironica apparteneva a Blasie.

“Che mi spezzino il cuore!” disse la voce pacata.

Blasie si mise a ridere.

Blasie non devi ridere! Guarda che con tutte le maledizioni che le mandano prima o poi una di quelle pure la coglie!” disse Pansy, il suo sguardo corse alla sua amica che non si era scomposta ma fissava il fuoco immobile. I suoi amici conoscevano quello sguardo, non era rimpianto o senso di colpa ma era solo fastidio, a Hermione dava molto fastidio che le persone e in particolare gli uomini provassero attaccamento verso di lei.

“Una maledizione senza perdono!” disse Blasie con la sua voce profonda simile a chi proferisce una profezia.

Blasie! Ti ho detto che può succedere!”

“Oh Pansy è impossibile!”

“Solo perché tu non credi a queste cose non significa che non sia vero!”

Non è che non ci credo ma che è im-pos-si-bi-le!” disse Blasie sempre con l’espressione ironica.

“E perché?” chiese imbronciata la Parkison, non le piaceva essere ripresa su un ‘terreno’ che considerava suo.

“Semplicemente perché Hermione non ha un cuore da farsi spezzare!” dicendo questo afferrò la sigaretta che la ragazza stringeva tra le mani e la pose sulla punta della sua accendendola.

“Tutti hanno un cuore Blasie, anche Hermione e prima o poi anche a lei glielo spezzeranno!” disse Pansy con il tono grave di chi ha fatto esperienza.

Lo sguardo di Hermione si posò su quello blu di Blasie.

Fu un attimo.

Poi prese a ridere, questa volta non era calda sensuale e calcolata.

Questa volta era sguaiata e grossa e trascinò anche Blasie.

Hermione Granger non possedeva un cuore!

 

Hermione Granger era arrivata al suo ultimo anno. “Per Grazie di Dio!” dicevano molti professori, naturalmente sottovoce in modo che nessuno potesse sentirli, in modo che lei non potesse sentire.

Come lei chi? Ma naturalmente la Regina delle Serpi, colei che distruggeva tutto quello che non le tributava abbastanza rispetto, in due parole? Hermione Granger la Serpeverde.

Bella come una Dea, ma come può esserlo Calì, la Dea della Morte.

Purosangue. Il suo sangue era puro come quello di un cavallo di razza, valeva milioni di galeoni.

Spregiudicata come un uomo.

Tutti nella sua Casa e nelle altre la conoscevano, la rispettavano o semplicemente la temevano così tanto che non osavano disubbidire.

Hermione Granger?” il viso della professoressa Tonks era freddo, non vi fu risposta.

Hermione Granger?” i capelli fuxia della donna si mossero quando il viso della professoressa fece il giro della classe

Her-” la voce acuta della professoressa fu interrotta della porta che sbatteva “Sono qui” una ragazza castana e riccia accompagnata da due ragazze, Pansy Parkinson e Millicent Bulstronde fece la sua strafottente entrata facendo voltare tutta la classe, chi affascinato, chi spaventato e chi come il ragazzo che sedeva composto in prima fila disgustato.

“Signorina Granger le costa molto il mattino entrare puntuale come ognuno in classe?” la ragazza castana si andò a sedere all’ultimo banco poi lanciando uno sguardo di intesa con le sue due compari guardò la professoressa con viso indisponente

“Certo” poi un sorriso dolce increspò le labbra della Serpeverde un sorriso naturalmente falso che non dava calore ma solo gelo, il gelo della finzione.

“Ha una giustificazione per questo suo comportamento scorretto e quasi abituale quando  ha le mie ore?” la donna dai capelli fuxia aveva gli occhi spalancati e le mani contratte per controllare la sua rabbia.

“Certamente, il professor Piton ha ritenuto necessario per noi tre una lezione comparativa!” disse la ragazza, un sorriso superiore si sostituì a quello falso, lentamente, generando nella professoressa ancora più rabbia.

Ma potrà certamente chiedere al professore se non mi crede!” disse la ragazza con la sicurezza nella voce di chi sa che qualsiasi cazzata avrebbe fatto sarebbe stata sempre protetta, grazie a Piton.

“Signorina Granger l’aspetto nel mio ufficio durante il pranzo, non mi importa se lo salta, sono sicura che il professor Piton con la sua solerzia le metterà da parte qualcosa!” la ragazza puntò uno sguardo velenoso alla donna dai capelli fuxia che ora era rilassata.

L’aveva spuntata lei quella mattina, ma la ragazza non le diede la soddisfazione

Certo professoressa, saltare il pranzo non le potrà far altro che bene!” la professoressa restrinse gli occhi per il velato insulto alla sua linea non proprio longilinea.

Guardò la classe con astio soprattutto verso gli ultimi banchi dove erano stanziati i Serpeverde

“Spero che ora potrò ricominciare la mia lezione senza altre interruzioni!”  poi abbassò lo sguardo verso il primo banco e il suo sguardo si fece improvvisamente più dolce, quasi materno. “Dove eravamo rimasti Draco?” un ragazzo biondo con i capelli all’indietro per il gel e gli occhiali fini dalla montatura in oro le sorrise di rimando.

“Stavamo provando a trasformare un animale in un orologio e a fargli cantare l’ora” la professoressa sorrise maggiormente.

“Grazie Malfoy” poi si voltò nuovamente verso la classe “Bene stavo dicendo, Signorina Granger c’è qualcosa che la diverte?” la donna dai capelli fuxia credeva che per quella mattina con quegli insopportabili Serpeverde aveva terminato, ma si sbagliava di grosso dato che due occhi dorati e astuti le dicevano il contrario.

La castana per pudore o per una briciola di rispetto duramente inculcato dal suo glaciale padre zittì le risate che lei e le sue amiche avevano scatenato negli ultimi banchi rispose compita alla professoressa smettendo di ridere.

“Nulla professoressa,

“Allora perché non continua a non ridere del suo nulla qui davanti, vicino a Draco Malfoy?” la ragazza si alzò fissando con disgusto il ragazzo biondo che sedeva là davanti.

“Accanto a un mezzosangue guarda dove sono capitata!” sbottò infastidita la Serpeverde quando si sedette accanto al biondo.

“Guarda che non è un piacere nemmeno per me dividere il banco con te!” la ragazza lo fissò per un attimo con uno sguardo che doveva far paura ma che invece risvegliava nel biondo solo il coraggio dei Grifoni.

“Oh mio Dio Malfoy ma allora sai anche parlare in modo autonomo? Non ripeti a macchinetta quello che i professori dicono!” il ragazzo aprì la bocca per replicare ma la professoressa batté una mano sulla cattedra e riprese la lezione e lui riprese a seguire e a prendere appunti anche se ogni dieci minuti la Granger sbuffava o intonava qualche filastrocca derisoria.

 

“Signorina Granger, le ho detto che sarebbe rimasta a parlare con me!” la voce della professoressa Tonks non ammise alcuna replica così la ragazza si avvicinò alla professoressa e tutta la classe si allontanò per pranzare.

“Allora signorina Granger credo proprio che la sua indisciplina debba essere controllata!” la ragazza rimase in silenzio.

“Lei ha sfidato e continua a sfidare tutto il corpo docente, tranne naturalmente il suo caro amato direttore di Casa, il professor Piton, sinceramente a nome di Vicedirettore sono stanca di tutta questa indisciplina lei non capisce che la sua scorrettezza influenza gli altri!” la Grenger rimaneva immobile con lo sguardo neutro e la strafottenza delle Serpi. In una cosa sbagliava di grosso la professoressa amante del fuxia, lei sapeva benissimo che la sua scorrettezza influenzava gli altri.

“La sua indisciplina sarà curata!” Hermione alzò gli occhi al cielo “Quindi le sarà affiancato per tutto l’anno un ragazzo assennato e studioso che la sua scorrettezza non ha ancora contaminato” una preghiera interiore riempì la castana...Tutti ma il biondo no... “Ma certo! Perché ci sono stata anche a pensare...Draco! Lui ti darà una mano!” la Serpeverde era basita ma non volle dare soddisfazione a quella megera.

Una volta uscita dal suo ufficio si accorse che il suo stomaco non era molto propenso al cibo e così fece ritorno ai sotterranei.

 

Cosa ti ha chiesto?” la voce acuta di Pansy risuonò per le pareti umide della Sala Comune dove Millicent stava limandosi le unghie e aveva ascoltato accorata il racconto del capo, Blasie trafficava con le sue erbe e Hermione se ne stava seduta scomposta a fumare una sigaretta magica creata su ordinazione da Blasie.

“L’hai sentita Pansy, quella mezzosangue vanesia ha detto a Herm (solo Blasie la poteva chiamare così e solo davanti alle sue migliori amiche, ovvero in privato) che per disciplinarsi deve starsene tutto l’anno con quell’allocco di Mozzarella Mezzosangue” la bruna rabbrividì.

“Come si possono avere così tanti  difetti su un solo individuo? Quel ragazzo è secchione, rompiscatole, alza sempre la mano per intervenire, prende il massimo in tutto, sta sempre in biblioteca...”

“Per non parlare dei suoi occhiali da lettura, con quella montatura d’oro che lo fanno sembrare come il suo amichetto San Potter!” interruppe Millicent.

“ E i suoi vestiti li hai visti? Ma quella roba si portava ai tempi di Salasar Serpeverde!” aggiunse ancora Pansy.

“Smettetela ragazze non ho nessunissima voglia di continuare a pensarci. Le amiche terrorizzate dalla veemenza delle parole di Hermione si zittirono.

Quando il silenzio ricadde per troppo tempo sulla sala Pansy e Millicent presero a parlare di ragazzi ed Hermione si dissociò del tutto e rimase a fissare ipnotizzata la fiamme del camino che pigra risplendeva con i suoi toni rosso giallognoli.

 

Cosa pensi di fare Herm?” Blasie rotolò su un fianco e guardò Hermione.

“Non lo so Blasie, sinceramente non so dove andare a sbattere la testa!”

“Non sarà mica tanto grave questo Malfoy” la ragazza alzò lo sguardo su quello blu zaffiro di Balsie...il caro pacifico Blasie.

Blasie non è tanto grave un brufolo sulla fronte il minuto prima del tuo primo appuntamento ma stare con Malfoy per più di dieci giorni è una catastrofe!” Blasie rise, con quella risata profonda ma allegra che piaceva tanto a Hermione.

Il suo migliore amico, il suo amante, suo padre, sua madre...faceva tutto!

Si erano conosciuti il primo anno, apprezzati il secondo anno ed il terzo si erano fidanzati ma avevano notato che entrambi avevano la stessa considerazione del fidanzamento ovvero... zero.

Così si erano mollati e dal quarto erano amici, oddio quando ci scappava finivano a letto ma niente di impegnativo...

Nessuno si aspettava niente dall’altro perché sapevano già che non c’era nulla da offrire.

Nessuno dei due aveva un cuore o se lo aveva era così dannatamente congelato che ci sarebbe voluto un rompi ghiaccio per scalfirlo...Ma non conviene scalfire il giacchio, perché era passato così tanto tempo dall’ultima volta che ne avevano fatto a meno che rischiavano di rompere il ghiaccio

E ferire anche il cuore.

Così tipi come Hermione e Blasie evitavano il problema considerandosi senza cuore...

Grosso errore.

“Su via Herm, non piangere sul latte versato - storse la bocca, tipica frase di Blasie - ormai devi tenerti dietro ‘sta secchia che non è stato ancora traviato dalla tua scorrettezza!” Hermione prima rise poi si fece seria, Blasie che la conosceva fece ricadere il silenzio nella camera dei Caposcuola dove dormiva Hermione.

Blasie sei un  genio!” disse Hermione alla fine, attraversò il corpo di Blasie e afferrò il pacchetto di sigarette, al moro dava molto fastidio fumare in camera da letto ma ad Hermione piaceva molto così afferrò una sigaretta e se la mise fra i denti.

“Lo so!” disse il moro con una piccola smorfia aveva già capito cosa l’avrebbe atteso.

“Basta traviare il caro Dracuccio di quella megera di Tonks!” la ragazza con una mano si teneva il lenzuolo fino al petto come se il suo partner non sapesse già tutto e con l’altra cercava la sua bacchetta.

Herm ti rendi conto che traviare quel ragazzo è come voler cavare sangue da una rapa?” trovata la bacchetta riuscì ad accendersi la sigaretta.

Blasie sei in vena di proverbi questa sera?” il moro fece una piccola smorfia all’odore agre del fumo, ed Hermione con un sorrisino espirò il fumo che aveva in bocca in piena faccia di Balsie.

“Travierò Draco Malfoy,me lo toglierò da davanti ai piedi” ed Hermione soffiò il fumo in pieno viso a Blasie.

Toché” rispose Blasie in risposta alla boccata di fumo, limitandosi a una scrollata di spalle, quando Hermione aveva qualcosa in testa non le si poteva rifiutare nulla.

 

 

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Buongiorno,

Sono anni che non scrivo qualcosa per qualcuno che non sia il mio schermo, non sono abituata a scrivere anche per gli altri.

La storia ha come protagonisti un Draco e una Hermione totalmente OOC, che si muovano in un contesto terribilmente vago, Silente è stato sostituito dalla Prof. McGrannit, Tonks è la professoressa di Trasfigurazioni e Piton, lui non è cambiato.

Appunti:

1-      “La maledizione senza perdono”. Il titolo del capitolo naturalmente si riferisce alle “Unforgivable Curses”, inventate dalla Rowling.

2-      Non sono affari miei. Io non ti ho detto di innamorarti di me”. Ammetto che questra frase l’ho già sentito da quale parte, ma non chiedetemi dove.

3-      Il ragazzo con i capelli scuri, gli occhi melmosi e appartenente alla casa dei Tassorosso (Hufflepuff), naturalmente, non esiste nell’universo Bowling, è un personaggio originale e terribilmente stereotipato che mi serviva all’uopo.

4-      “occhi blu zaffiro”. Lo so, la Bowling ha descritto Blasie con la pelle scura e i capelli scuri, mi scuserete per questa “licenza” ENORME ma ho letto di questo personaggio: europeo, bruno e con gli occhi blu. Quindi continuerò a prendermi questa licenza, dopotutto uno degli avvertimenti è OOC e per quanto questo si riferisca ai caratteri mi concedo uno strappo alla regola.

5-      “Non piangere sul latte versato” e “Cavar sangue da una rapa”. Sono due proverbi italianissimi, ma descrivono perfettamente certi stati d’animo o azioni quindi consideratela una “licenza poetica”.

6-      Touché”. Termine francese, per l’esattezza, il participio passato del verbo toucher, ovvero “toccato”, è un’espressione francese usata da principio nella scherma per indicare quando lo schermitore colpito riconosce nell’avversario l’esattezza della stoccata.

Concedetemi il beneficio del dubbio. E seguite il mio prossimo aggiornamento, Domenica prossima, 20 Marzo.

 

 

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Capitolo 2
*** 2- Non sei il mio tipo! ***


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Capitolo Due: Non sei il mio tipo!

 

Draco Malfoy fu avvertito quella sera dopo cena che Hermione Granger gli era stata affidata. Non diede a vedere alla professoressa quanto l’idea lo atterrisse, ma appena uscito dal suo ufficio si diresse a passo svelto fino al suo dormitorio.

Quella ragazza era odiosa ed egoista!

E Maleducata… Arrivava tardi alle lezioni e non sapeva neppure scusarsi in modo adeguato o era meglio dire che non si scusava affatto. Aveva quel broncio che le storpiava il viso ogni volta che si trattava di parlare di razze che ella definiva inferiori: elfi domestici, goblin, gnomi e naturalmente mezzosangue.

E naturalmente tra i mezzosangue quello a cui aveva sempre scombussolato l’esistenza ero io, Mozzarella Mezzosangue, come le piaceva chiamarmi.

Draco cosa ti prende?” il bambino sopravvissuto mi appoggiò una mano sulla spalla, eravamo nella sala comune, sprofondati su una poltrona, accanto al fuoco.

La Granger mi è stata affiancata. La professoressa Tonks pensa che la mia vicinanza possa influenzare positivamente la ragazza che così facendo diverrà meno indisponente con il corpo docente e potrebbe chiudere l’anno con voti dignitosi” Draco, ripeteva quelle parole come se le avesse imparate a memoria ed in parte lo erano, perché da quando la professoressa Tonks lo aveva congedato se le ripeteva, come un mantra.

Il moro gli diede una leggera pacca con fare comprensivo, Harry non era tipo da grandi slanci affettivi né dai discorsi geniali, diciamo che non sapeva come comportarsi in quei momenti.

“Dai Draco, la Grenger non deve essere così male” Harry pronunciò questa frase senza convinzione, conosceva il suo migliore amico da quando al primo anno era entrato nel suo scompartimento; gli occhiali di traverso sul naso e il viso atterrito dal troppo andirivieni. Non era un tipo che cambiava idea facilmente, era sempre stato un cocciuto e questa cosa della Granger lo metteva davvero in difficoltà, non gli avrebbe saputo dire niente per consolarlo; questo perchè Draco, pur essendo una persona molto intuitiva aveva un grande difetto: non era una persona pratica.

Harry, stiamo parlando della Granger...” stava cominciando a replicare Draco, uno dei suoi bei discorsi logici e razionali che non potevi far altro che accettare ed annuire, ma si dovette bloccare perché una capigliatura rossa si appoggiò al bracciolo della sua poltrona.

“Si Draco, stiamo parlando di quella gran figa della Grenger! Sai che significa tenerla tutta per te per un anno in-te-roDraco spostò il braccio con fastidio vedendo Ron sbavare della crema mangiando una brioche. Incredibile! Aveva terminato la cena da poco meno di 15 minuti, ed ora eccolo a mangiare ancora.

“Già dimenticavo Ron che per te una ragazza per essere accettabile deve essere una pornostar” concluse, alzando gli occhi al cielo, non riusciva veramente a capire la confusione che ci fosse intorno a quella persona, lui la trovava soltanto fastidiosa, certo non era brutta ma non era nemmeno una ragazza a cui tributare i propri sogni.

Ma la Granger non è una pornostar!” disse sulla difensiva il rosso, come se i suoi amici (dato che Harry aveva annuito alle parole di Draco), volessero svelargli che non era Babbo Natale a fargli trovare quei pacchetti scintillanti sotto l’albero.

Ron, guarda in faccia la realtà, la Granger... ma Draco fu nuovamente interrotto, cominciava veramente ad infastidirsi; questa volta un ragazzino smilzo e dai capelli color sabbia gli si rivolse, sedendosi pesantemente sul divano.

“Non è una pornostar, Draco, è molto peggio” disse Seamus, improvvisamente la discussione cominciava a interessare troppe persone, senza voltare il capo da una parte all’altra, Draco era convinto che molti li stavano ascoltando, sperò soltanto che nessun’altro voleva dire la sua sulla Granger, era stanco dei loro consigli o dei loro racconti, sapeva di trovarla pessima anche senza quel teatrino che aveva del  grottesco.

“Come fai a dirlo?” disse Harry che aveva ancora la sua mano sulla spalla del ragazzo anche se oramai la sua attenzione era calibrata sul viso di Seamus. Draco sentì che la mano di Harry si stringeva convulsa sulla sua spalla e se ne chiese vagamente il perché poi la sua attenzione fu nuovamente su Seamus che sembrava apprezzare poco la Granger, come lui.

“Beh! La Granger non è una puttana perché almeno quelle si fanno pagare, lei non prende soldi ma se li passa uno ad uno per puro divertimento.

Non ci fa solo sesso, i ragazzi che si è portata al letto, dopo, sono distrutti perché dicono che la Regina delle Serpi ti illude con il suo corpo da mozzare il fiato, sembra dolce e sembra cambiare e poi... dopo una notte ti lascia solo. Una sola!” Seamus raccontava a mezza-voce con una mano a coprirgli la bocca come se temesse un’intercettazione.

“Sembri sapere molte cose, Seamus” disse Draco, quasi con cattiveria, “Non è che la Granger è una puttana semplicemente perché tu ti sei illuso che lei fosse stata tua e invece era solo buon sesso?” Seamus arrossì violentemente e abbassò lo sguardo.

Seamus non ci posso credere! Con la Grenger? Veramente?” il ragazzo sembrò prendere di nuovo coraggio, alzò lo sguardo e un mezzo-sorriso era comparso sul suo visino pallido.

Che ti credi Ron? Mica sono un impedito come te!” Ron arrossì violentemente, piccato dal commento del compagno e non rispose. Sentivo fra i miei compagni una strana elettricità che si andava concentrando sul biondino che sembrava apprezzare non poco quest’insolita attenzione.

Seamus non ci siamo proprio, una delle poche donne che non mi dovete toccare è la Grenger! Magari tutti i clienti fossero come lei... E poi parliamoci chiaro Seamus, non ti ha portato a letto, non si è nemmeno avvicinata a te – Ron ed Harry guardarono risentiti verso Seamus che li aveva presi in giro – però, pensandoci bene, una cosa è successa fra te e la Grenger... – i grifoni focalizzarono la loro attenzione su colui che stava parlando - Ah! Ecco ora mi ricordo! Stavamo a una festa, naturalmente organizzata da me, ad un tratto la Grenger si avvicina a noi ed era così fatta che dopo aver detto che Seamus era un bel ragazzo e che piacevolmente se lo sarebbe sparato... gli vomitò addosso!” una risata forte scaturì dalla gola del nuovo venuto, Neville Paciock, Harry e Ron accolsero le parole del ragazzo con un ovazione, Draco con divertito interesse.

Neville era il nostro droghiere di fiducia, nonché filo diretto per i Serpeverde.

Lui era un mito! Spacciava i suoi intrugli di erbe senza problemi, nessuno avrebbe osato denunciare Neville per due motivi:

1. Era simpatico a tutti, troppo fatto o troppo assonnato per poter essere odiato da qualcuno.

2. Nessuno ci avrebbe comunque provato, senza ritrovarsi in pericolo di vita perchè i suoi clienti abituali non avrebbero gradito.

Così Seamus si zittì all’istante e arrossì violentemente mentre si spegneva l’ovazione.

Draco sospirò rassegnato al suo destino e si rilassò maggiormente sulla poltrona. Doveva andare a dormire. L’indomani gli toccava la Granger. Eppure non aveva tanto sonno, così aprì un libro, di quelli che aveva in borsa e cominciò a leggere.

 

Draco?” riaprì gli occhi leggermente, pochi minuti prima le parole si erano cominciate a mischiare davanti agli occhi e aveva deciso di chiuderli, solo per un attimo, ma a quanto pare era bastato per farlo crollare sulla poltrona; il fuoco si stava spegnendo e la sala comune si era svuotata, al suo fianco, sul bracciolo della poltrona, con un’espressione preoccupata sul viso, c’era una ragazza dai capelli rossi.

Ginny!” rispose, la voce gli tremò un attimo. Draco si era innamorato di quella ragazzina da quando l’aveva vista la prima volta con la divisa scolastica.

Il suo cuore aveva tremato quando Voldemort l’aveva presa, il secondo anno.

L’amava per il suo modo di sorridere, per l’intonazione della sua voce, per gli occhi che le luccicavano di sorpresa, per i capelli rossi come il peperoncino, per la sua mancanza di freni inibitori, per il tono delicato che gli dedicava, per il sorriso sincero che ti avvolgeva...

Oh come l’amava! E naturalmente, come tutte le cose che piacevano a Draco, non gli apparteneva, da sempre a Ginny piaceva Harry e lui lo sapeva; perché per quanto non aveva mai avuto una ragazza, quando passi la tua adolescenza a fissare una donna che irrimediabilmente fissa il tuo migliore amico, te ne rendi conto.

“Sei abbattuto per via della Granger?” Draco avrebbe voluto risponderle di no, che a lui non fregava nulla di quella Dark Lady, dalla dubbia fama e dalla capacità di conversazione di una rapa, ma sarebbe stata una menzogna... e lui a Ginny non raccontava mai cavolate!

Si” lo disse a bassa voce, non doveva sembrare l’uomo più attraente del mondo appena sveglio e magari con il fatidico filo di saliva indurito vicino alla bocca, mentre, con voce roca, diceva all’unica ragazza che gli fosse mai piaciuta che era abbattuto per la notizia che avrebbe passato un anno, con una delle ragazze più famose di Hogwarts. Dovevo apparirle molto strano e imbranato.

“Ti fa paura?” chiese, chinandosi maggiormente sul bracciolo per poter incontrare il suo corpo.

“No” la rossa alzò lo sguardo su di lui, stupita.

“Come fai? A me fa tremare!” Draco le sorrise incoraggiante, le sembrò quasi giusto che fosse lui ad essere quello coraggioso e lei quella da proteggere.

“Quella ragazza la trovo solo ridicola e di una superficialità terrificante!” Ginny gli sorrise e gli schioccò un bacio su una guancia, Draco desiderò che Ginny sbagliasse a baciare la guancia e toccasse le sue labbra, ma naturalmente Ginny non lo fece.

La guardò con il suo sguardo più bello e le donò il suo sorriso migliore.

“Sai Draco, quando sorridi mi fai sentire felice?” Draco annuì e quando la rossa posò il suo capo sulla sua spalla e scivolò dal bracciolo, per incollare il suo corpo al suo, pensò di morire e arrossì violentemente.

“Sei fantastico” disse Ginny, con la voce nebulosa di chi ha davvero tanto sonno e Draco sperò che lei si addormentasse, per quando erano in sala comune e potevano essere visti da chiunque. Realizzò in meno di una frazione di secondo che non gli importava. Non gli importava nulla.

“Anche tu” le rispose Draco e godette di quel contatto accattivante per quella manciata di minuti che lei passò là sulla sua spalla. E per un attimo Draco anche se non credeva in nessun Dio, pensò di aver raggiunto le porte del paradiso, peccato che per lui restava sempre chiuso.

 

DracoDracoDraco…Dr..” il ragazzo aprì di nuovo gli occhi, la sala comune era vuota e il fuoco si era spento.

Harry?!?” chiese ancora stravolto, dove era finita Ginny? Girò il capo più volte, si chiese se si fosse nascosta dietro a qualche mobile, appena aveva sentito i passi che scendevano dal dormitorio maschile, ma non vide nessuno e con un sospiro si rese conto che avevo sognato, con un libro sulle ginocchia e la faccia premuta sul velluto rosso della poltrona.

“Amico, stavi dormendo” gli confermò Harry, davanti la sua espressione apatica.

“Peggio Harry, stavo sognando!” era così triste che Harry non ebbe cuore di prenderlo in giro per questa sua inusuale vena melodrammatica, si sedette sul divano accanto alla poltrona.

“Era un bel sogno almeno?” Draco lo guardò, pensando che per lui era certamente un bel sogno, ma che per Harry non sarebbe stato lo stesso sapere che al suo migliore amico piaceva la sua fidanzata, e che se la sognava...

“Abbastanza” si tenne quindi sul vago.

“Fammi pensare...Capelli crespi, gambe lunghe, caratteraccio...vero?” Draco alzò un sopracciglio e lo guardò sarcastico, non riusciva a capire cosa ci fosse di bello nella Serpeverde in questione che piacesse tanto ai suoi amici.

“Tu credi che io sogno la Granger?” il moro annui.

Harry, dato che siamo amici da tanto tempo, invece di sbuffare e alzare gli occhi al cielo, ti spiegherò una cosa facilmente comprensibile: IO non voglio uscire con la Granger; né avere altri rapporti che vadano al di là di seguire le lezioni seduti allo stesso banco, magari abbastanza distanti in modo tale che il suo naso non si arricci come se io puzzassi di cacca di drago, spiegarle le lezioni se lei non capisce qualcosa. Punto. Questi, saranno i miei rapporti con la Granger. Basta.” Ma come se Harry non lo avesse affatto ascoltato.

“Io me la sognerei, anzi io farei di peggio” lo guardai annichilito e non potei fermarmi dal dire.

E proprio vero che non si è mai contenti di ciò che si possiede. Non pensi a Ginny?” Harry lo guardò allarmato, come se lo avesse colto con le mani nella marmellata.

Draco, calmati, io scherzavo, è logico che Ginny non la tradirei mai!” Draco per un attimo si concesse un sorriso sereno che subito si gelò, non andava a suo interesse che Harry continuasse a stare con Ginny.

Ma non lo diede a vedere, posò una mano sulla spalla del moro e gli disse:

“Andiamocene a dormire Harry che è meglio.

“Così tu potrai tornare a sognare…chiunque tu stessi sognando” alzandosi Draco fissò la schiena del suo amico e sperò che Harry non acquistasse mai dimestichezza con gli incantesimi di lettura della mente.

“Già, speriamo”

 

“Per il secondo trimestre tratteremo la pozione della Pace, una pozione che calma l'ansia e placa l'agitazione. Se si eccede con gli ingredienti, chi la beve potrebbe cadere in un sonno pesante e a volte irreversibile. È una pozione molto difficile da preparare. Spesso è utilizzata nei G.U.F.O e nei M.A.G.O. come prova d'esame. L'ingrediente principale è l'essenza di elleboro che va versata in un infuso di tiglio e lasciata bollire per 20 minuti. Bisognerà aggiungere, in seguito, fiori di gelsomino raccolti all'alba durante il plenilunio e girare tre volte in senso orario e una in senso antiorario…Tutte queste cose le sapranno sicuramente chi ha letto il libro di testo e chi ha fatto la ricerca, dovrete portare ad ebollizione la pozione più di una volta...” il professor Piton continuava a parlare con la sua voce monotona e senza entusiasmo della famigerata pozione sopraccitata.

Voltai il capo verso il mio compagno di banco, Draco Malfoy che non smetteva un attimo di scrivere e i suoi occhi grigi opachi erano puntati sulla pergamena porosa.

Che noia! Hermione era abituata alle partite all’impiccato di Millicent, al chiacchiericcio piacevole di Pansy, alla tranquillità dell’ultimo banco che permetteva di continuare a dormire.

Lanciò un altro sguardo al biondo..

Da oggi le sue lezioni sarebbero state così?

Ok. Non era un amante dell’impiccato e nemmeno dei pettegolezzi ma avrebbe preferito quelli a Malfoy che se ne stava seduto così discostato da lei che era facilmente ipotizzabile che lei avesse una qualche malattia contagiosa. Hermione non era abituata a produrre disgusto nel genere maschile anzi...

Fissò ancora una volta Malfoy... lei era abituata ad avere un essere umano accanto a se non una penna prendi appunti!

Poi finalmente accadde qualcosa di piacevole...

Malfoy smise di prendere appunti e si mise a parlare con lei.

Ho detto piacevole non impossibile!

Mi sono svegliata dall’incubo che mi ritrovavo vicino a Malfoy per tutto l’anno.

Ehi! Ma mi ascoltate? Ho detto piacevole non esaltante!

Comunque ho capito ve lo dico io, è suonata la campanella!

“Mozzarella Mezzosangue non è che mi fai copiare gli appunti?” chiese Hermione sorridendo accattivante ma il biondino terminata la frase li mise in borsa e la guardò ostile.

“Io non faccio copiare i miei appunti a nessuno Granger!” gli occhi della Granger divennero due fessure di ghiaccio.

“Non credo che la cara dolce professoressa Tonks sarebbe molto d’accordo!” Draco strinse gli occhi a sua volta, piccato dal velato ricatto che leggeva nelle iridi castane chiaro della Granger e indispettito come non mai riaprì la cartella e riafferrò i suoi appunti.

“Tieni. Trattali con cura non li ho ancora passati in bella!” la ragazza con poca grazia afferrò i fogli e li infilò nella cartella.

Draco intanto si era voltato per uscire dalla classe.

“Ah Malfoy, visto che ci sei, la ricerca che Piton ci a assegnato, fammela tu!” Hermione sorrise quando vide le spalle larghe del ragazzo irrigidirsi.

Se doveva sopportare quella convivenza forzata con il biondino almeno avrebbe tratto il massimo piacere da quello che faceva, chissà forse gli avrebbe dato anche un bacio coronando il sogno erotico di quel povero mentecatto!

Le spalle del biondino si rilassarono, sorrisi e stavo prendendo la mia borsa per uscire quando Malfoy parlò:

Grenger, posso sopportare i tuoi bronci da bambina viziata, le tue filastrocche contro i professori, il fatto che ti freghi i miei appunti ma non posso sopportare che tu ti voglia approfittare di me.- dicendo questo Draco si era girato e fissava Hermione con gli occhi grigi che fremevano di rabbia – Forse sarai abituata ai tuoi amichetti, quelli che ti vengono dietro solo per ricavare qualcosa da te! Non ti accorgi che mentre tu credi di usare tutti e far prevalere il tuo piacere su quello dei lecchini, sono loro ad avere il potere su di te!”

La ragazza rimase immobile, quel verme sapeva il fatto suo.

“Questo significa che non mi farai i compiti?” la sua voce era volutamente flautata, Draco del tutto passivo a quei mezzucci si avvicinò maggiormente alla Granger:

“No, ma se vuoi una mano, dopo pranzo in biblioteca, staremo tranquilli in quel periodo sono tutti a fare altro...ma tu questo lo sai naturalmente!” Hermione fremette dentro per la rabbia, ma annuì con un sorriso tranquillo.

“Ci sarò!” Hermione saltò anche quel pranzo troppo arrabbiata per poter mangiare anche solo una briciola.

 

Quando Draco entrò nella biblioteca trovò la ragazza di spalle, indossava la divisa maschile della scuola, naturalmente era vietato per le donne indossare una divisa differente, ma la sua casta e l’indubbio prestigio della sua famiglia e naturalmente i suoi soldi, chiudevano la bocca su tutte le possibili proteste.

Malgrado la considerasse una persona terribilmente superficiale e mentalmente poco stimolante, dovette apprezzare la sobrietà dei suoi abiti. La Granger era di spalle con la cascata di ricci lucidi e definiti, la divisa pulita e perfettamente stirata che le calzava senza involgarirla né infagottarla ed era più femminile di molte sue coetanee addobbate come alberi di natale.

Egli stesso si stupì di quel suo apprezzamento, poi si rese conto che più che la ragazza doveva essere la cornice ad impressionarlo. Sembrava un quadro, la ragazza di spalle che fissava i milioni di libri della biblioteca di Hogwarts:

“Bene, almeno sei puntuale Granger” la sua voce voleva sembrare pacata ma anche alle sue orecchie venne fuori asciutta, troppo risentita. La ragazza si voltò e gli sorrise, con quel sorriso falso che donava a tutti e si avviarono verso un tavolo nascosto dietro una scaffalatura.

“Cominciamo con la ricerca, poi continueremo con un ripasso di Trasfigurazioni, domani abbiamo un test” la ragazza sbuffò e cominciò a scrivere, un po’ lì e un po’ qui, le informazioni che Draco leggeva e riassumeva sulla sua pergamena.

Erano le sei  e mezza del pomeriggio quando conclusero la ricerca e il riepilogo.

La Granger si stiracchiò in modo sensuale, facendo premere i suoi seni contro la stoffa sottile della camicetta e ripose tutto quello che aveva portato nella borsa, aveva la testa che le girava... pensò di aver studiato troppo, del resto era abituata ad copiare i compiti già fatti da qualcuno. Non era una stupida, non si era mai considerata una stupida, aveva solo un grande problema: non le piaceva studiare. Ma questo a Mozzarella Mezzosangue non sembrava importare.

Mmm...così questo è il tuo mondo Malfoy?” disse la ragazza un po’ per interrompere il silenzio un po’ per la sensazione di inadeguatezza che provava nei confronti  di quelle pergamene stampate che contenevano tutto il sapere magico.

“Già, benvenuta!” rispose Malfoy, nella voce chiare tracce di sarcasmo, non aveva alzato nemmeno gli occhi dalla pergamena quando si era stiracchiata, cosa alquanto strana. Tutti i ragazzi sbavavano quando lei si stiracchiava.

“Allora un giorno ti presenterò il mio mondo che è più luccicante del tuo” rispose la ragazza pregustando l’idea di Malfoy con la sua stupida montatura in oro che tirava continuamente contro il naso, i suoi fastidiosi capelli lucidi di gel e ordinatamente messi all’indietro, i  suoi vestiti dal taglio classico e antico che entrava nel dormitorio delle Serpi per una festa illegale... questa visone era così impossibile che era da classificare come un miracolo!

Mmm...il tuo mondo Grenger? Il mondo delle magliettine come seconda pelle, dei tacchi a spillo e della minigonne ascellari? No grazie, preferisco ancora immaginarmele le ragazze” non alzò lo sguardo, continuava a scrivere sulla sua pergamena, aveva snocciolato quello che direbbe un buon padre di famiglia non un adolescente.

“Attento Malfoy di questi tempi è più facile guardare che toccare” sussurrò  la Serpeverde, era un sussurro fastidioso di quelli che ti fanno pensare ad altri luoghi e poi si percepiva una sicurezza tale, perché quel territorio scosceso era il suo.

Che vuoi farci Grenger aspetto ancora la principessa” Malfoy sorrise galantemente e alzò il suo sguardo su di lei... Grossissimo errore!

Rimase interdetto, per parlare con lui, la giovane si era protesa tanto che la scollatura della camicia, sapientemente sbottonata, mostrava l’incavo dei seni e il suo sguardo, ora cadeva proprio lì…

“Vedi qualcosa che ti piace?” Malfoy arrossì furiosamente e la Granger gli sorrise seducente negli occhi l’ombra di una vittoria annunciata, per un attimo la giovane aveva temuto il peggio.

Il silenzio divenne un’entità tangibile fra i due.

“Intanto, perché non ti diverti con le ragazze normali?” la Serpeverde decise che era giunto il momento di rischiare, a costo di sporcarsi le mani, avrebbe messo fine al giochino, era troppo stancante e non si rivelava nemmeno troppo entusiasmante, così protese una mano verso di lui e forzando se stessa gli sfiorò la guancia, per un attimo Malfoy rimase immobile come congelato sul posto, così cominciò ad avvicinarsi a lui, alle sue labbra.

Ma proprio in quel momento lui sbatté due volte le palpebre come se improvvisamente si fosse reso conto che si era perso qualche passaggio, e allontanandosi si posò una mano sugli occhi, infelice:

“Che diavolo stavi facendo Granger?” la voce un sussurro, la Granger girò gli occhi al cielo: dannati sensi di colpa del povero verginello!

“Calmo Malfoy! Nessuno ti ha mai detto che bisogna baciare tanti rospi prima di trovare il principe azzurro? La stessa cosa, immagino, valga per le principesse” il ragazzo sempre con le mani su gli occhi le rispose.

“Non ti preoccupare Granger io la mia principessa già l’ho trovata!” sentendo il suo piano scivolarle leggermente dalle mani, la Granger ricadde pesantemente sulla sedia imbottita della biblioteca, Malfoy lo interpretò come un break a quel suo strano comportamento; la ragazza, invece sedette per rimescolare le carte in tavola. L’ultima cosa che aveva ponderato era una possibile fidanzata della Mozzarella Mezzosangue.

E lei lo sa?” il ragazzo si tolse la mano dagli occhi e la fissò, per un attimo sembrò sinceramente sul punto di urlare, poi ci ripensò.

“Non sono affari tuoi” gli occhi erano due specchi di metallo, si era alzato dalla sedia e cominciava ad ordinare le sue cose in borsa... Mamma quanto la faceva lunga!

“Sai Malfoy che quando ti arrabbi diventi persino affascinante – scacco matto! Pensò la giovane, nessuna principessa cosciente, girò intono al tavolo e si avvicinò al ragazzo che continuava a infilare libri in borsa - quasi, quasi ti bacerei!” la Granger tornò alla carica, si stava divertendo, le espressioni del Mezzosangue, i suoi pensieri e i suoi sentimenti erano talmente limpidi in quegli occhi gentili che si tirava dietro che la ragazza poteva scorgere ogni cosa, e si divertiva un modo! Per esempio, quando allacciò le sue braccia intorno al collo, lo sguardo del ragazzo passò, dalla sorpresa all’imbarazzo e poi ,ancora, quando la giovane in modo femminile premette il suo corpo contro quello di lui il ragazzo fece un piccolo sorriso, qualcosa che non aveva calcolato ma che poteva comunque poteva tornarle utile.

Granger lo sai che sei proprio una bella ragazza?” è fatta! pensò la bella ragazza in questione pregustando la gioia di vedere anche quel piccolo verme dal sangue infido strisciare ai suoi piedi come facevano tanti altri. Pregustava già il viso della prof. Fuxia che si trasfigurava per la rabbia. Gli occhi freddi e i capelli che dal fuxia passavano prima al violetto e poi al rosso brillante.

“Davvero? Non lo sapevo!”  sarcasticamente ed oramai convinta dell’immediata vittoria, si distrasse con le immagini della professoressa che puniva il piccolo verme e si rassegnava all’evidenza dei fatti. Lei non sarebbe cambiata e di certo non sarebbe cambiata grazie a una Mozzarella Mezzosangue come Draco Malfoy. Il verme odorava di dopobarba scadente di quelli che si trovano nel mondo babbano, la giovane storse il nasino, sentiva le narici incandescenti perchè era sempre stata delicata e le cose di seconda mano le provocavano una terribile sensazione urticante.

“Peccato che tu non sia il mio tipo!” il sorriso della Granger si gelò, interrompendo il suo piano, ancora una volta; aver sopportato la sensazione urticante al naso e quel pomeriggio da schifo in biblioteca, non avevano sortito l’effetto desiderato. Tant’è vero che il ragazzo le tolse le mani da dietro il collo, delicatamente, come si fa con una bambina che non vuole capire un concetto molto semplice.

Malfoy sei un gay” sbottò la Granger, continuava ad immaginare quello che aveva sacrificato quel pomeriggio: la sua siepe silenziosa, la frescura del pomeriggio appena trascorso e più pensava a queste cose e più la biblioteca che prima le era sembrata confortevole le sembrava nuovamente una trappola, di quelle per topi. Aveva fatto una fatica inutile.

“Ti è così difficile afferrare un concetto così semplice Granger? Tu non sei il mio tipo, basta! Non puoi piacere sempre a tutti! Tu sei una cometa, goditi questi momenti di gloria in cui tutti ti considerano la Regina delle Serpi, goditeli fino alla fine, perché il tempo degli onori sta per concludersi Regina, e sai perché?”

La ragazza lo continuava a fissare con durezza, come fissava i ragazzi troppo ossessivi che venivano a letto con lei e poi non accettavano di doversene andare.  Le parole che le stava rivolgendo il Mezzosangue non erano nemmeno lontanamente difficili da sopportare, dopotutto aveva ricevuto fior fiori di parole peggiori e da persone migliori di quello ma: Il Mezzosangue doveva ricordare qual’era il suo posto, cosa che aveva dimenticato quel giorno rivolgendole quelle stesse parole.

“No,illuminami Malfoy!”

“Perché come le comete sei fatta di nulla! Di ghiaccio e di materiale sgretolabile, diverrai un puntino piccolo e poi scomparirai perché oltre al ghiaccio non hai dentro nient’altro!” sorrideva il piccolo verme con malagrazia, non sapeva essere sarcastico e cattivo insieme.

“Credi Malfoy?” la ragazza sorrise leggermente, come se fosse timida.

“Ne sono convinto” disse con maggior sicurezza Malfoy.

“Allora non sei migliore di me” Malfoy non riuscì a ribattere a questo affronto, rimase quindi con la bocca leggermente aperta, sembrava vagamente un pesce.

Le persone si dividono in chi sa accettare le critiche e chi non le sa accettare.

La Granger non sapeva accettare le critiche, ma non si scomponeva quando le riceveva; al contrario il Mezzosangue era di quei tipi che non accettavano le critiche, ma che non riuscivano nemmeno a farsele scivolare addosso.

Questo perché, probabilmente, le persone non avevano mai parlato male di lui, magari, i suoi genitori gli avevano sempre detto che era un ragazzo speciale ed i suoi amici gli volevano così bene che parlavano dei suoi difetti a bassa voce o quando non c’era, per evitare di ferirlo.

 “Tu non sai cosa ho dentro di me, nessuno lo sa, nemmeno i miei amici più cari, quindi non pensare di conoscermi perché sembro avvicinarmi ad un certo stereotipo, sarebbe indubbiamente la più grande cazzata che tu possa fare! Io sono fatta di ghiaccio? Magari! Almeno alcune cose mi scivolerebbero... Ma a te queste cose non interessano. Tu hai il tuo mondo di carta stampata; perfetto, fatto di bianchi e neri. Ma Malfoy te lo dico con parole mie. Il mondo non è bianco e nero, non lo è e non lo è mai stato! Vivi nei tuoi libri, costruisciti il tuo mondo di cartapesta ma il giorno che questo crollerà ricordati delle miei parole, ricordatele perché solo allora le capirai.” Malfoy, a differenza della Granger non seppe mascherare i suoi sentimenti di rifiuto per le parole sgradevoli che erano appena uscite da quella bocca.

La Granger lo lasciò lì, con i suoi occhiali dalla montatura anziana e la sua espressione ferita sul viso.

Scacco alla Re.

 

Draco rimase basito, non aveva urlato ma aveva parlato a voce bassissima eppure quelle parole sembravano ancora fluire in lui come un torrente.

Sul tavolo erano rimasti due fogli, che fossero della Grenger?

Li raccolse

No, erano i suoi appunti di pozioni senza neppure una piega.

 

Hermione appoggiò i piedi sul pavimento e si beò del contatto con la superficie liscia e fredda. La freschezza della stanza le giovò all’umore, e poterla saggiare attraverso le piante dei piedi non fece che alimentare il suo piacere, era sempre stato così, per quando le sue elfe domestiche si prodigassero nel trovarle pantofole sempre più confortevoli e morbide non rinunciava quasi mai a camminare per più di due ore con delle scarpe ai piedi.

Strinse la sigaretta tra le labbra e ispirò con forza, la punta sfrigolò per la veemenza dell’azione e lasciò che morisse piano. A cena aveva mangiato un’insalata e nient’altro perchè tutto le era sembrato disgustosamente untuoso o immangiabile ed a metà cena se ne era andata via.

Blasie l’aveva rincorsa cercando delle spiegazioni, il suo amico si preoccupava sempre di tutto e in particolar modo di lei che non riusciva mai a capire del tutto, naturalmente Hermione non gli aveva voluto rispondere, anzi lei l’aveva baciato e poi se l’era portato a letto.

L’agre di una nuova sigaretta fece destare Blasie.

Herm cosa succede?” sembrava assonnato, lui si appisolava sempre, Hermione no, non riusciva mai a dormire con un’altra persona al suo fianco, le sembrava una concessione troppo grande.

“Nulla” ma sentì due mani afferrarle i fianchi e posarle un leggero bacio sulla spina dorsale.

Herm prima ti ho lasciato fare la misteriosa... cominciò Blasie ma fu naturalmente interrotto da Hermione che rise piano, aspirando ancora una boccata di sigaretta.

Blasie prima mi hai lasciato fare molte cose, ma di certo non la misteriosa!” il tono malizioso di Hermione fece sorridere Blasie, lo sentì quel sorriso attraverso la pelle sottile delle scapole.

Herm hai capito cosa volevo intendere!” Hermione rise ancora e si voltò verso di lui, ma fissando la sua espressione, tornata incredibilmente seria, abbandonò il sorriso anche lei.

Herm cosa succede?” ripeté, lei si voltò.

Malfoy” disse solo e Blasie la lasciò andare, stendendosi nel letto, gli uomini non erano motivo di discussione tra loro, quindi rimase a fissarla con curiosità, ma non si perse l’occasione di prenderla un po’ in giro.

“È più difficile di quanto tu pensassi eh?” sorrise leggermente e la vide stendersi al suo fianco, bellissima con quei ricchi scuri sulle lenzuola candide, sembrava quasi una vestale latina, o una dea greca capricciosa.

“Già, è un combattente” arricciò il nasino, come faceva quando qualcosa la disturbava e Malfoy la disturbava già nel momento in cui respirava, figurarsi se si permetteva di resisterle.

“Ma tu sei un generale nato tesoro” la blandì cercando nuovamente la sua vicinanza, era stufo di chiacchierare così tanto, il corpo flessuoso di Hermione era coperto e lui aveva voglia di scoprirlo ancora, ma lei restrinse gli occhi e buttò lontano la cicca della sua sigaretta che venne catturato da un posacenere con lingua a ventosa. Blasie si perse nella contemplazione dell’ultima geniale invenzione di Hermione, per evitare di pensare alla geniale amica che sembrava più che intenzionata a continuare a parlare e parlare e parlare...

“Il Mezzosangue  a quanto pare non è un represso segaiolo come credevo, non si scioglie come un qualsiasi sangue sporco davanti a una ragazza, non si comporta come un undicenne che non ha mai visto le tette…insomma ho sbagliato di molto i miei calcoli e questo mi irrita tantissimo, inoltre dovevi sentirlo come faceva il gradasso per avermi rifiutato” più Hermione muoveva quella sua fenomenale bocca più Blasie voleva vedere quella bocca fare altro, e più lei non interrompeva il discorso e più la sua irritazione di uomo pronto per un altro amplesso saliva.

“Perfetto! Quando ti impegni dai il meglio di te!” Hermione gli lanciò un occhiata strana e Blasie le sorrise galantemente.

La sua geniale amica aveva capito che non la ascoltava affatto.

“Oggi mi ha quasi surclassato” sentì la sua voce nelle orecchie ma era totalmente preso dalla curva gentile della sua bocca che dopo aver disegnato quelle parole si erano piegate in un sorriso malizioso, sentì il suo corpo rispondere alla sua malizia.

“Buon risultato. Ma tanto non ci è riuscito” sentì la sua stessa bocca aprirsi ma la voce era quella di un altro, qualcuno che non sapeva che farsene delle corde vocali e quindi grugniva come un maiale.

“Sento che vincerà la prossima battaglia che faremo” sorrise ancora Hermione totalmente a suo agio nel suo giochino perverso di parlare con quelle dannate labbra che dovevano essere dichiarate illegali per il modo in cui le usava, Blasie si accorse che aspettava una sua risposta ma decise che il giochino si era spinto troppo oltre. Con un solo fluido movimento l’afferrò con garbo e la trascinò sopra se stesso. Lei sorrise ancor di più.

“Ora basta, hai giocato abbastanza” cercò di avvicinare il suo viso ma lei rise sguaiata e gli sgusciò dalle braccia per poi scendere nuovamente dal letto e dirigersi verso il bagno.

“Stai scherzando vero? Ho appena iniziato”

Gli lanciò un occhiata significativa attraverso la porta e la chiuse a chiave.

 

Note dell’autore

 

Secondo capitolo, stranamente puntuale, mi sento emozionata, malgrado la lunga assenza sono state interessanti le vostre recensioni e ho scoperto che ora si può anche “spiare” chi segue o meno la storia, bene bene.

Mio errore, non ho avvisato che la storia è stata già postata su questo sito credo uno o due annetti fa e che ho deciso di cancellarla e inviarla nuovamente perché ho modificato molte cose.

 

Chiarimenti

 

1 Mozzarella Mezzosangue. Attuale nomignolo di Draco, totalmente inventato, purtroppo sono consapevole di un errore di forma che ha colpito la traduzione italiana, ovvero la differenza esistente tra Half-Blood(Mezzosangue) e Mud-Blood(Sanguesporco). La prima è la traduzione italiana di coloro nati da un mago e un babbano; l’altro è l’offesa che i maghi poco civili (come dice Hermione riferendosi proprio a Draco nel Secondo Libro) infliggono ai nati babbani.

Non correggo quest’errore di forma per evitare di confondere coloro che come me hanno letto solo la traduzione italiana e quindi sono totalmente all’oscuro di questa differenza.

2 Naville Paciock. Per molti un Naville “fico” non deve essere semplice da digerire, figurarsi un Naville “droghiere, fico e stimato dai Serpeverde”, ma time to time, altro esperimento, le caratteristiche prime della Row ci sono:

- coraggio

- bravura in erbologia

3 Pozione della Pace. Esiste davvero, tutto quello che si sa, l’ho spiega amabilmente Piton durante la sua spiegazione.

4 il tempo degli onori sta per terminare…Principe! Così finisce la citazione che ho usata e per chi comunque non dovesse riconoscerla appartiene al film “Il Gladiatore” di R.Scott, con la magistrale interpretazione di Russel Crowe.

 

Il prossimo aggiornamento è per il giorno 27 marzo 2011.

 

A presto Marti

 

 

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Capitolo 3
*** 3- L'invito ***


C3(BG)

Capitolo Tre: L’invito

 

I sotterranei sono freddi, inospitali e umidi. Molti sono i racconti legati a quei luoghi; uno di questi è quello che lega quei luoghi ad un fantasma particolare, il Barone Sanguinario, un fantasma temibile, coperto di sangue ed interiora di animali, si dice che era uno stregone di inaudita violenza e di inaudito ardore poi si innamorò di una dama bianca, dal cuore puro. Il barone, passava le giornata passeggiando accanto a quella tenera creatura, pallida e appassionata, quanto lui era nero e ardimentoso.

Poi un giorno, quella creatura scomparve, con tutta la sua purezza.

Con tutta la sua luce.

Il barone, rimase al buio e la sua anima, da sempre violenta e ardimentosa, si trasformò in un nero baratro di disperazione. Il barone, sempre più spesso correva nelle segrete, per trovarvi un nascondiglio al suo doloroso e poco mascolino rimpianto di non aver mai dichiarato il suo amore a quella leggiadra creatura.

Lì, con catene ed altri materiali che di umano avevano poco o niente, deturpava il suo corpo, conducendo malefici esperimenti su animali e su nuda carne umana; un’esistenza dannata.

Spargendo sangue di altri e sangue delle sue stesse carni, affrontò dolorosamente una rivolta contro degli scozzesi ribelli e perì nell’offesa.

Perì senza fiatare, come un guerriero.

Lottando fino all’ultimo soffio, come un demonio.

La sua anima nera, però, non trovò pace nemmeno nella morte e rimase in vita, animando le segrete, con la sua malefica figura. Di padre in figlio, finché la dimora fu donata ai quattro fondatori di Hogwarts: Godric Grifondoro, Priscilla Corvonero, Tosca Tassorosso e naturalmente Salazar Serpeverde.

La sua anima marcia si legò naturalmente a quella di Salazar Serpeverde, la cui anima oscura attirò l’anima del miscredente lì da lui. Insieme divennero i custodi di quegli infernali sotterranei, tana di serpi e ritrovo di oscuri poteri.

Così nascono le leggende.

In quegli stessi sotterranei, dopo anni da quei giorni infausti, sedeva Hermione Granger, sulla sua poltrona di velluto nero con intarsi in argento preziosi, le gambe penzoloni su di un bracciolo, il gomito sul bracciolo opposto, lo sguardo a fissare qualcosa di lontano. Di irraggiungibile.

Ogni tanto, lugubri come il rintocco di una campana a morto, risuonavano catene lontane che il Barone amava scuotere per diletto o per rimpianto.

Tutti coloro che gironzolavano quella sera nella sala comune di Serpeverde tendevano ad aggirare la suddetta poltrona di morbido velluto, perché sapevano che quando la giovane faceva così non era buon segno, significava che la sua mente acuta stava elaborando un piano.

Era bellissima anche senza fronzoli, come lo poteva essere solo lei.

Glaciale ghiaccio, coperto da calda lava...

Un mix letale. Questo era il motivo del suo nome:

La Regina delle Serpi.

L’unica Serpeverde ad essere trattata con rispetto da tutti.

Dormiva in una singola, merce rara nei dormitori che in generale comprendevano stanze con dieci letti e più, ma i Caposcuola che devono coordinare le ronde dei prefetti e in generale essere responsabili della propria casa in tutto e per tutto, godevano di un privilegio insolito: avevano una singola.

Alcuni Caposcuola vivevano questo privilegio con dolore, non tutti dopo quattro anni di vicinanza forzata con i stessi compagni riuscivano poi a dormire da soli, ma ad Hermione piaceva molto la stanza singola dei Serpeverde.

La stanza era gelida e lì le grida disumane di rimorso del Barone Sanguinario riecheggiavano con forza di notte facendo cristallizzare il sangue nelle vene di tutti, tranne di lei. La Regina.

Vivere a Serpeverde per alcuni può apparire difficile, i canoni di scelta del cappello parlante sono per molti difetti per altri fardelli, ma per coloro che li posseggono sono premi celesti.

Astuti ed affatto babbei, che qui raggiungono fini ed onori

Essere Serpeverde era uno status oltre  che una casa di provenienza, non esisteva una fede in altro che non fosse il proprio mondo casa e per molti quest’ultima coincideva anche con altre cose.

Purosangue,sangue oscuro,cattiveria,scelleratezza

Certo avere maghi oscuri, come Tom Ridde, fra le file dei vecchi allievi non aiuta ad avere una buona nomea fra le altre case.

Per essere rispettati a Serpeverde non si dovevano far giochetti con la bacchetta o uccidere draghi o esser lesti di lingua , no.

Secondo voi quali sono le doti che rendevano alcuni e lei più di tutti degni del rispetto tributato?

1 il suo sangue. Appartenere ai Granger significava essere qualcosa in meno di un Dio. La sua famiglia, da sempre equilibrata tra bene e male, possedeva la Gringott, la banca dei maghi, l’unica attività che nemmeno il caro zio Voldy avrebbe distrutto. La loro freddezza, nei rapporti sociali e negli affari, li aveva resi grandi. Avrebbero venduto il ghiaccio agli esquimesi per la loro bravura. Bravura che l’Ordine della Fenice, società segreta unitasi per sconfiggere il Signore Oscuro, non sapeva se comprare o debellare.

2 la sua bellezza. La primogenita del magnate Granger era una delle cose più belle che si possano vedere al mondo. Una donna bella lo può essere per due motivi: bellezza o eleganza.

Hermione Grenger le possedeva ambedue.

Elegante come un cigno e bella come l’ultimo giorno di vita.

3 le sue amicizie. Per rendere ricca, una persona già ricca, senza arricchirla, come si fa? Le si danno degli amici importanti. La bella Granger aveva fatto proprio quello, si era circondata di amici importanti, non persone di fama media, no di certo! Il primogenito dei Blasie, imparentato con altre due importanti famiglie della Cornovaglia; la secondogenita dei Bulstronde, famiglia che vantava contatti commerciali con le Americhe e infine la primogenita dei Parkinson, indubbiamente se la Grenger fosse stata un uomo suo padre gli avrebbe appioppato la Parkinson come fidanzata perché era un ottimo partito, ma soprattutto era un ottimo investimento! Perchè la famiglia Parkinson oltre ad essere una stirpe fondata sul male era anche una famiglia su cui vigeva una maledizione... e allora perchè sposarla? Beh! Perché tutti lo sanno i nani, custodi materiali della banca, sono gli esseri più superstiziosi e rivoltosi del Regno Magico ma Grenger Senior dubitava che avrebbero mostrato la loro vena rivoluzionaria contro una famiglia di impronta talmente malefica, come quella dei Parkinson.

4 la sua spregiudicatezza. La bella Caposcuola era di una bellezza mozzafiato eppure era anche glaciale come suo padre, molti dicevano alle sue spalle che nel suo petto non vi era un cuore ma una pietra e quel rumore era la suddetta pietra che rotolava, ma la verità era un'altra. Tutti, persino i Serpeverde, la invidiavano per questo lato del suo carattere. Non avevano mai visto quella ragazza piangere, neanche quando era arrivata la notizia che sua madre era morta, neanche quando le si era spezzato un braccio...No, Hermione Grenger non aveva mai pianto e non aveva mai ceduto alle lusinghe dell’ Innominabile che non è Voldemort ma è l’amore. Quella ragazza dalla dubbia fama che era stata con gran parte della fauna maschile e che disprezzava l’altra parte, non aveva mai amato. E tutti si chiedevano come facesse il suo cuore a restare immune a tutto...ecco come era nata la diceria crudele che lei non possedesse altro che una pietra nel suo petto. Perché si sa quando le persone non possono possedere quella caratteristica dicono che è un difetto.

Ma quello che veramente faceva ricordar della Regina delle Serpi era  il suo comportamento. Hermione Grenger per quanto fosse del tutto perfida, cattiva e per molti superficiale possedeva una profondità tale nell’animo che ben pochi la potevano uguagliare. Per non parlare del suo cervello fine! La sua intelligenza la portava a fuggire da ogni situazione incresciosa, le scioglieva la lingua in sfrecciatine velenose per chi avesse osato parlar male di lei e la sua forza, particolare per una ragazza e per un corpo sottile come il suo le faceva conservare tutto il rispetto che da sempre le tributavano.

Queste sono le doti che abbelliscono il diadema regale di Hermione Granger, purosangue e Serperverde.

Gli amici migliori, qui troverai

Averla come alleata, non doveva essere qualcosa di poco piacevole, averla come amica era una conquista per pochi.

Eppure si raccontano tante leggende sui Serpeverde, alcune vere, alcune false, alcune semplicemente raccontate male.

Come quella del Barone Sanguinario…

Hermione Grenger si alzò all’improvviso dalla sua poltrona, gettando la cicca della sigaretta magica all’interno del camino, sulle labbra aveva disegnato un sorriso maligno che deturpava la delicatezza del suo viso.

Percorse lentamente lo spazio che la divideva dalla sua stanza e con uno schianto la chiuse, mentre il Barone, ricominciava a latrare quel dolore mai sopito.

 

La luna pallida filtrava dalle lunghe finestre del dormitorio, illuminando con la sua luce perlacea copriletto rossi e suppellettili dorate. Teste di leone con occhi di rubino e arazzi dai colori caldi e fuoco a scaldare membra stanche.

Questa era la torre dei Grifondoro.

Una torre di pietra viva sospesa fra il cielo e la terra.

Viveva in bilico, fra questo mondo e l’altro; quello della gloria eterna.

All’interno del dormitorio comune dei Grifoni, chino su una pergamena sedeva Draco Malfoy, con una candela a rischiarare le parole che con fatica venivano giù dalla penna.

Una poesia.

Il dormitorio, illuminato dalla luce della luna e dalla candela, era immerso nel silenzio e nella solitudine totale, i suoi nove occupanti erano fuori, per godersi gli ultimi minuti prima che la luna troneggiante interrompesse il loro diletto.

Ma a Draco non importava divertirsi, non in quel momento, che suo diletto maggiore era scrivere quella poesia, dando voce finalmente ai suoi sentimenti.

Afferrò nuovamente la penna piumata. Rincorrendo qualche parola indisponente che era sgorgata dalla sua mente ingarbugliata.

Parole d’amore.

Un titolo semplice, Draco amava le cose che avevano un sapore semplice, nessuna complicazione particolare.

Parole d’amore per la donna che amo.

Continuava con la stessa semplicità, la cosa più logica.

Perché ancora spero in un tuo sorriso...

Ma forse anche la più complicata...Ed ecco che la poesia cambia, non si respira più semplicità, tranquillità...

Il mio cuore vegeta,

Non finisci di pensare che la poesia è semplice che ti si dibatte fra le mani come una serpe, diventa complicata...

Aspetta disperato un tuo sorriso.

Diviene dolorosa...

La mia mano, straniera,

Vagherebbe piacevole fra le tue chiome brillanti

Brillanti come il sacrificio di un sole che muore.

Rossi come il rubino...

Diviene di adulazione profonda...

Oh Ginny, mia cara Ginny.

E naturalmente divenne proibita.

Il giovane continuò a scrivere parole struggenti, di un dolore e di un amore tali che il cuore quasi gli si spezza in petto quando concluse la lettera e sparse sull’inchiostro brillante la sabbia marina per asciugare il foglio.

Disprezzo. Eccitazione.

La pergamena del peccato, la sollevò dalla sabbia e la guardò l’inchiostro sbiadito e asciugato dalla sabbia marina che portava impressa la sua condanna a lettere nere. Ogni parole bruciava nella sua mente e sul suo cuore come una punizione della Umbrige.

Poi successe quello che non si era aspettato.

La porta si aprì di schianto e un ragazzo moro irato entrò nel dormitorio.

Harry Potter.

La pergamena finì nella sua giacca interna, dimenticata sulla sedia dove sedeva; appena prima che Harry si avvicinasse di schianto alla scrivania dove sedeva immobile il biondo; immobile ed all’erta.

Draco” la veemenza di quelle parole fece irrigidire ancor di più Draco.

Cosa succede?” chiese, aggiustandosi gli occhiali sul naso come era abituato e sentì la sua pelle fredda, sotto il sudore caldo.

Piton... Io odio quell’uomo” la voce era un rantolo sforzato, solo ora Draco notò la divisa da Quiddich che il suo amico indossava.

Che novità” disse sarcastico Draco rilassando finalmente la sua schiena.

“Lo odio da quando ancora c’era Silente” precisò Harry, la voce sempre meno affannata.

“Lo so” questa volta il tono era cupo.

Ricordare Silente era sempre una cosa seria e triste. Draco teneva molto in considerazione il vecchio mago dalla barba bianca che era l’unico a guardarlo con rispetto in quel mondo, come se lui non fosse un nato babbano senza importanza ma che lui fosse qualcuno.

Qualcuno per il più grande mago che la storia magica avesse avuto.

E quel grande mago guardava lui con rispetto, quasi con affetto.

Diceva sempre “Sapevo che saresti stato diverso” ma non riuscivo a capire il perché o il come si poteva essere diversi da se stessi, ma mi bastava quell’amore inusuale delle sue pupille per poter lasciar stare le indagini.

Aveva creduto a quell’amore e non si era mai pentito.

“Ero convinto che Silente l’avrebbe cacciato e invece... disse Harry, la voce spezzata da un sentimento diverso dall’affaticamento. Io ed Harry eravamo simili in alcune cose, come me anche lui non conosceva i suoi genitori. Come me anche lui  desiderava l’amore incondizionato di quelle pupille scolorite.

“E Invece Silente è morto prima di farlo, la professoressa McGrannit è diventata preside e non l’ha cacciato” disse Draco, come al solito Harry tirava fuori quella vecchia storia trita e ritrita.

“Ma io ti dico che è colpa sua!” ricominciò.

“Di cosa?” sospirò arrendendosi a sentire le solite, insulse, storie del cavolo.

“La morte di Silente è colpa di Piton”eccolo che ricominciava con le sue teorie.

“Ma Harry quante volte te lo devo ripetere. Silente è morto nella maniera più pacifica e serena...

Ma dai Draco! Credi veramente che sia morto di vecchiaia un mago così potente?” ci guardammo a lungo soppesando le parole che l’uno aveva pronunciato e che l’altro stava per pronunciare.

“Silente non era come Voldemort, lui amava la vita e rispettava la morte non l’avrebbe mai ritardata, ne ingannata!” gli occhi grigi si posarono su di lui, ricordandogli delle verità che solo noi tre condividevamo. Quella lettera che Silente aveva lasciato ad Harry. Quella lettera che parlava degli Horcrux.

La lettera delle verità.

“Lo so. Eppure non mi arrendo all’idea che Silente non ci sia più.”

“Le grandi persone lasciano grandi vuoti”

“Chi è?”

Draco Malfoy

Si sorrisero, la pace cadde di nuovo su di loro. Harry cominciò a spogliarsi, anche Ron arrivò strusciando i piedi pesantemente e ciondolando la testa per il gran sonno. Fissai entrambi e le altre tre o quattro persone che stavano entrando nel dormitorio.

Cosa combinavi?” chiese allora il moro guardando la piuma ancora bagnata di inchiostro e la sabbia sporca che era sulla scrivania. Alzò le spalle con noncuranza colpendo la scrivania con la bacchetta.

“Nulla”  e rimase a fissare l’amico come imbambolato, mentirgli diveniva ogni giorno più semplice “Volevo scrivere una poesia ma l’ho dimenticata”

Harry sorrise comprensivo.

“Sarà per domani, magari me la fai anche leggere” annui circospetto.

Harry e Ron erano gli unici amici che avevo a Grifondoro, gli altri erano compagni o altri ancora mi erano invisi perché erano dei piantagrane, non che i miei migliori amici non lo fossero però.

Audacia, fegato e cavalleria

Decisamente fra le doti che il Cappello imputava ad un Grifone, non era presente la fedeltà; non era presente la menzogna; non era presente il tradimento. Eppure, essere Grofondoro, significava anche quello. Perché se vuoi essere sospeso, tra cielo e terra, senza perdere l’equilibrio il tuo cuore deve essere leggero.

Ma poteva svuotare il suo cuore dall’amore che provava per Ginevra?

Non sarebbe stata anche questa una menzogna?

 

“Mozzarella Mezzosangue - il biondo si girò con una smorfia di disappunto sentendo il suo nomignolo - Ricordi la nostra discussione di ieri non è vero?”

la ragazza in pochi istanti ridusse la distanza che c’era fra loro e fissò il suo sguardo di gatta negli occhi cenere di Malfoy.

“Alcune parti” circospetto, sulle spine, improvvisamente aveva una voglia matta di scusarsi con la Granger, maledetti sentimenti babbani che mi fregano! Scartò l’idea vedendo la ragazza in ottima forma, come sempre.

“Bene, allora questo è per te, lo Sfregiato e lo Straccione” gli tese un pezzo di pergamena bianco. Draco non lo prese fra le mani la continuò a contemplare il frammento pulito di pergamena; era forse uno scherzo?

Che cosa ne devo fare?” la ragazza strinse maggiormente le distanze e la mano che stringeva il frammento di pergamena scomparve, sentì un improvviso formicolio al petto, era la mano della Granger, che posava il frammento di pergamena nella sua tasca interna. Si alzò sulle punte e con la voce ridotta ad un sussurro gli disse.

“Sussurra puntando la tua bacchetta sulla pergamena Distruzione e vedrai apparire... Una volta letto brucialo!” Malfoy alzò un sopracciglio non sapendo se indignarsi per la vicinanza o innervosirsi per le libertà che si prendeva quella ragazza o ancora sorprendersi di quel nuovo cambiamento di umore.

“Va. E che non lo sappia nessuno. Sta in guardia che ti controllo” la Granger lo guardò, ora più lontana, con un sorriso cattivo sulle labbra e Malfoy si sentì indifeso davanti a lei.

“Grazie” rispose il ragazzo con sarcasmo si voltò e se ne andò.

La Granger stava per allontanarsi quando scorse un piccolo pezzo di pergamena, lo afferrò subito, che fosse un invito non consegnato? Ma guardando bene quel foglio capì che non era un invito, quel piccolo foglio era scritto, con una scrittura che conosceva da poco ma che avrebbe saputo riconoscere.

Un suo precettore le aveva parlato della fortuna; ce ne erano di due tipi: quella indotta dalla pozione Felix Felicis e quella che giungeva da te spontaneamente.

Una parte del suo piano si era facilitata, fortuitamente e da sola.

 

Aula di Trasfigurazione, ore undici del mattino

 

La professoressa Ninfadora Tonks, mutaforma e con una fissazione che rasentava l’ossessione nei confronti di un colore, il fuxia, sedeva con le gambe incrociate sulla cattedra, spiegando il perché si o il perché no dell’evocazione, la magia di creare oggetti o animali dal nulla. Cercai di concentrare la mia attenzione sul viso della professoressa e sulla sua bocca. Sentivo gli occhi chiudersi e la mandibola che posava sulle mani appesantirsi. Mossi le gambe stizzita e inavvertitamente cozzai contro le gambe del Mezzosangue che mi fissò con astio prima di voltarsi nuovamente.

La situazione stava diventando insostenibile!

Mi voltai a guardare i miei amici che sembravano invece divertirsi un mondo e immaginai di far stridere i piedi della sedia e allontanarsi da Malfoy per sedersi agli ultimi bachi, insieme ai suoi amici, ma l’amante del fuxia non avrebbe gradito e le avrebbe appioppato un'altra punizione, magari doveva tenersi Malfoy anche nel letto! E lei con i cessi non ci andava a letto.

Sospirò rassegnata. E inabissò la testa fra le braccia incrociate.

Mozzarella Mezzosangue, era innamorato di Ginevra Weasley, le sue spie le avevano detto che l’ultima della numerosa famiglia Weasley era chiamata dai suoi amici Ginny. Sempre le sue spie le avevano detto che Ginevra Weasley era fidanzata da due anni, mese più mese meno, con Harry Potter, migliore amico di Draco Malfoy.

Il Mezzosangue non era tanto male, scrivere poesie a Ginevra Weasley, innamorato pazzamente della fidanzata del suo migliore amico, magari segretamente sognava di farsela. Ecco la differenza fra un Serpeverde e un Grifondoro.

I Grifondoro possono solo sognare.

Malfoy non era un cesso, anzi se non avesse visto con i suoi occhi che i suoi parenti erano dei Babbani senza importanza con il sorriso idiota sulla faccia e il gilet marrone, avrebbe detto che il biondo apparteneva a una famiglia di sangue puro.

I suoi tratti erano delicati, quasi femminili ed i suoi occhi, senza quelle pensati lenti sarebbero stati veramente magnetici, come lo sguardo di sfida che le aveva rivolto durante la discussione in biblioteca.

Le mani erano delicate e ben proporzionate, peccato che aveva le unghie mangiucchiate e sporche, che orrore!

Non aveva anelli, perché non aveva nessun blasone da presentare (a differenza di me che possedevo tre anelli in una mano e quattro nell’altra!) eppure sentiva che quelle mani sarebbero state ancora più belle con un semplice cerchio d’argento.

Il fisico era statuario e doveva anche possedere un fisico accettabile, peccato che la continua inattività e magari una certa golosità lo avevano appesantito, la camicia larga che si tirava leggermente nella parte sfilata, mostrava una certa pancetta sospetta.

I capelli erano di un biondo prezioso, il colore preciso era biondo veneziano, peccato che li tenesse tesi dietro al capo, in modalità ‘leccata di vacca’ che era quanto mai orrenda.

Sorvolando sui vestiti che davano un colpo di baionetta al suo look.

Se una cosa l’avevo capito, da due giorni di triste vicinanza era che Malfoy vestiva così, si comportava così, aveva quegli stupidi occhiali perché si voleva nascondere, certo se io fossi stato lui, mi sarei sicuramente nascosta ma quando oramai la lezione stava giungendo al termine mi dissi che aggiustato e curato Malfoy sarebbe stato carino... molto aggiustato e curato sarebbe stato accettabile.

Ma proprio tanto.

 

Draco attento alla spiegazione della Tonks sentiva due occhi scrutarlo attento, sembravano giudicarlo e deriderlo, era un esame sfrontato e che lo innervosiva, ma di certo non poteva sbottare davanti non poté fare a meno di notare lo sfrontato esame a cui era sottoposto come un troll eremita  che la ragazza non doveva fissarlo.

Ma che diavolo stava facendo?

Senza che il suo cervello potesse ragionare anche lui cominciò ad osservarla ma a differenza della Serpe lo fece di soppiatto.

La sera prima nella biblioteca aveva detto che la Granger non era il suo tipo eppure era una bella ragazza.

Aveva i capelli castani, ma non di quei colori smorti come lo possono essere le foglie fradice di Novembre, ma di un castano vivo, lucido che tendeva al rosso.

Scendevano in lunghi boccoli dalla consistenza della seta che sembravano invocare una carezza.

Il suo incarnato era eburneo e i suoi occhi dorati e furbi le illuminavano il viso donandole un espressione cattiva, se solo quegli occhi fossero stati accesi da una luce un po’ meno pericolosa! Il suo viso sarebbe risultato quello di una bimba.

Le sue labbra erano rosse come le ciliegie...molto appetitose!

Ma subito si riscosse. Sicuramente era il gloss a renderle così.

Come suo solito indossava una divisa maschile ma che stranamente le era concessa. I pantaloni grigi antracite le fasciavano delle gambe lunghe e la camicia eccessivamente sbottonata spariva furtivamente nella lana del maglione grigio e verde.

Le sue mani erano delicate, fabbricate per carezzare, ma utilizzate per sferzare!

Quella era indubbiamente una bellissima ragazza, forse la più bella, ma non poteva reggere il confronto con lei, la sua principessa.

Scacciò l’immagine di Ginny, non voleva sporcarla confrontandola con la Granger.

Draco allora come si ottiene?” rimasi di stucco, come si ottiene cosa? Guardai per un attimo la professoressa, sentendo il silenzio e lo sbalordimento bruciarmi intorno, non era possibile...Non sapeva rispondere! Vidi la Granger fissarmi, questa volta con un sorriso malevolo sul volto.

Brutta Mangiamorte! Pensai ma non dissi, fissai ancora una volta la professoressa sperando che aggiungesse qualche  elemento alla sua domanda ma le labbra della Tonks rimasero cocciutamente serrate.

“Io.. professoressa..” mi zittì, non era da me balbettare, la professoressa rimase basita. Qualcuno dall’ultimo banco sorrise, altri ridacchiarono sommessamente.

Draco, non eri attento?” la sua voce era delusa e io mi sentì un verme ma non dovetti rispondere perché quella non era una domanda, rimasi in silenzio con la mia penna fra le mani, gli appunti e un peso sul cuore.

E ora? Avevo deluso la professoressa!

E per colpa di chi? Della Granger!

La Granger era la mia disgrazia! Ma che disgrazia, peggio! Una piaga d’Egitto!

Come farai ora? Guardai la Granger, la lezione era quasi conclusa e lei guardava il banco con sguardo assonnato, gliela avrei fatta pagare a quella...

La campanella sospese i miei poco candidi pensieri.

La ragazza con la sua solita esuberanza si voltò e disse:

“Mozzarella, come al solito mi passi gli appunti?” Draco pensò veramente di mandarla a quel paese, era nervoso ed intristito per la poco benigna figura che aveva fatto. Mentre la ragazza sembra del tutto dimentica dell’episodio e sorrideva melliflua. La classe di andava svuotando in fretta e la Granger fece segno ad alcune amiche di Serpeverde di continuare.

“No” la ragazza smise di sorridere con quel suo sorriso falso e mi guardò con un cipiglio serioso. Incrociò le braccia davanti al petto e se non fossi stato così arrabbiato credo che avrei trovato la sua posizione molto buffa, assomigliava alla McGrannit.

Ma lui era proprio incazzato e la Granger non era buffa.

Cosa hai detto?”

“Ho detto No Granger! Io non sono la tua penna prendi appunti! Io sono una persona!” anche io mi ero alzato, lungi dall’essere in una posizione di subalternità con lei.

“Vero? Non si direbbe Malfoy!” se era possibile le palle mi girarono ancor di più.

“La prossima volta prenditeli da sola gli appunti” stava per prendere la borsa e andarsene quando ancora una frecciatina al vetriolo fece bloccare Draco.

“E tu a cosa servi?” mi ritrovai a fissare uno sguardo sfrontato e realizzai che quel comportamento non lo sopportavo! Lui non era un debole, era un pacifico quindi quando qualcuno gli faceva girare le palle ci pensava più di una volta prima di attaccarlo. Ma quella maledetta ragazza aveva superato tutti i limiti possibili.

Era incazzato nero e non rispondeva più delle sue azioni.

La spintonai con rabbia, fino a tagliarle la strada, pochi centimetri che parvero metri, finché fra me e lei non c’erano che una manciata di respiri pensati, i miei, e sguardi sdegnati, i suoi.

“Io a che servo? Sicuramente non ho un utilità per te, come tu d’altronde!” nel suo sguardo continua a leggere la sfida, niente paura, c’era da immaginarselo con la Granger.

“ Lasciami Mafoy” ancora una volta non aveva urlato, le labbra si erano mosse rigide e la voce era gelida. Come se fosse naturale trovarsi bloccata da uno compagno di scuola.

“Altrimenti?” la voce doveva essere sicura ma anche alle mie orecchie senti che si incrinava piegata dalla paura perché per quanto nell’aula di Trasfigurazione eravamo solo io e lei, perché tutti erano corsi in Sala Grande per poter consumare il pranzo, qualcuno poteva notare la nostra assenza, o forse solo l’assenza della Serpeverde, magari le amiche a cui lei aveva fatto segno di proseguire e se l’avessero trovata lì con me. Sembravo io il cattivo, con il pugni tesi verso di lei che era appoggiata al muro, come se ve l’avessi sbattuta. Nessuno avrebbe mai creduto che ero stato provocato. Lei mi fissava tranquilla, nei miei occhi doveva risplendere quel timore.

“Altrimenti la tua principessa rossa non sarà molto contenta” volevo risponderle ma il mio cervello si era bloccato su quell’aggettivo qualificativo che lei non doveva conoscere.

Lei sorrise.

“Co-me f-ai a sa-per-lo? Cioè...è una cavolata non è vero nulla!” ma lo sguardo dorato brillò di sarcasmo.

Malfoy , come già ti ho detto questo è il mio mondo non il tuo. La tua principessa è del mio mondo, di quello vero e crudele non del tuo acquarello. A chi vuoi mentire?”  lei era ancora accanto al muro eppure sembrava che i ruoli si fossero incrinati, era lei e non io a schiacciare verso il muro senza offrire una via di fuga.

Hai visto male Granger” imposi alla mia voce di non tremare, poteva succede, potevo farcela.

“Non avrò la tua media Mezzosangue ma so ancora leggere” ad un tratto un dubbio atroce mi afferrò le membra, e con un tocco improvviso andai a toccare la tasca interna della giacca, la pergamena, afferrai il foglio e stetti a fissarlo, ma le parole erano sparite.

“Parole d’amore... che cosa sdolcinata! Non ti facevo così, ti credevo il solito maniaco babbano che si vede quei film strani con donne nude e cavalli” rise piano ma io scossi la testa in un no secco, continuai a scuoterla rifiutando la realtà delle cose, la Granger aveva preso la poesia dalla mia tasca e ora conosceva il mio segreto, il mio terribile segreto.

“È una cosa troppo difficile per la tua intelligenza!” la redarguì acidamente ma lei continuò a ridere piano, sentivo la mia vita scorrere lenta, mi avrebbe rovinato.

Malfoy l’intelligenza non è andare bene a scuola e avere tutte O ed E. L’intelligenza,  è quella che ti fa sopravvivere al mondo senza bisogno di illudersi, costruendosi un bel dipinto di come il mondo dovrebbe essere.”

Rimasi in silenzio, non riuscivo a parlare, mi sentivo svuotato.

“Tu hai una cotta per lei vero?”  e la Granger fece qualcosa di insolito, mi pose questa domanda non con sarcasmo come mi sarei aspettao da una persona come lei ma con un viso serio, così serio che temetti di perdermi in quei suoi occhi di un castano tanto chiaro da apparire dorato, un colore tanto abbagliante che non seppi come reagire.

“Io la amo. Ma è un concetto troppo complicato per te” la ragazza sembrò prendere in considerazione quello che avevo appena detto con serietà poi rise, una risata corposa e cattiva.

“Tu la ami Malfoy? La ami? Ma non mi far ridere! Pensavo che solo i bambini o i film credevano ancora all’amore!”

“Solo perché nessuno riesce ad amarti non significa che non si può credere all’amore!”

“La tua Ginevra ti ama?” aveva un tono stranamente piccato.

“Tu credi che le altre persone non la pensino come me?” si avvicinò pericolosamente a me, temetti che volesse riprovare a saltarmi al collo come il pomeriggio precedente, invece afferrò il frammento di pergamena pulito.

Distruzionepuntò la sua bacchetta è pronunciò quelle parole, subito apparve una scritta svolazzante:

Ore 23.oo. Sabato. Solito Posto. Solita Parola

Valido per quattro persone.

“Ore 23.00...Sabato...Solito Posto...Ma cos’è?” chiesi. Diede un secondo colpo di bacchetta e il numero di persone salì a cinque persone. Uno in più.

“ Un appuntamento” sussurrò lei, restituendomi nuovamente la pergamena, fissai ancora la scritta nera svolazzante con le parole contornate di fiamme rosse.

“Con te”

“No, ti presenterò una...” la interruppi e la vidi leggermente infastidita, non era abituata ad essere interrotta, gongolai per averle provocato fastidio ma il suo sguardo alla bacchetta mi spinse a zittirmi, temendo un incantesimo alla lingua.

“Non ne ho bisogno, come hai notato”

“Non ti presenterò una ragazza, ti presenterò il mio mondo”

Finalmente compresi che quella pergamena era l’invito a una festa illegale, qualcosa che non si fa, perché? Perché i professori non l’approvavano e se i professori non l’approvavano era una cosa negativa. Pericolosa.

“Non verrò” mi sentì dire e la Granger sembrò non scomporsi minimamente.

“Lo immaginavo, la paura ti frega”

“Non ho paura”

“Non pensi che le feste illegale siano cose pericolose?” la guardai stupito.

“Logicamente”

“Allora vedi che hai paura?” rispose soddisfatta.

“Penso che ci siano come più importanti per cui essere espulsi e una festa illegale non è fra queste” cocciuto.

“Faresti un dispetto alla tua principessa, a lei piacciono tanto le mie feste, lo sai?” non lo sapevo e non le credevo e questo lei dovette notare perché rise piano.

“Non mi credi vero? Facciamo così, se la tua principessa invece di saltellare felice ti risponde che non vuole andarci e che si annoia tu poterai la pergamena dalla tua professoressa” poi rise maggiormente, con la sua risata cattiva.

“Tu non credi che io lo faccia” realizzai con un tono molto sorpreso.

“No, non credo che lei rinunci a una festa”

“Vedremo”

 

Il sole doveva essere ancora alto nel cielo dopotutto non erano che le quattro del pomeriggio, ma giù nei sotterranei della scuola le tenebre era già sovrane in quel luogo stranamente inospitale, con le sue leggende e i suoi racconti.

Hermione sedeva sul suo letto, da una piazza e mezza, il copriletto in velluto nero con i fiori dei Valois trapuntati con rocchetti di filo argento. Sul comodino in legno di noce: una candela e un libro dalle pagine gialle, il titolo era “Storia della Nobile Famiglia Granger”, la copertina di pelle era nera e la scritta impressa era in caratteri argento.

Hermione indossava una camicia bianca, quella della divisa, aperta sul davanti a mostrare il suo magnifico corpo coperto unicamente da un completo intimo in pizzo; un piede premeva sul pavimento, nudo e pallido, l’altra gamba era piegata in modo tale che il ginocchio offriva un appoggio alla testa sempre così pesante.

Blaise quando entrò nella stanza la trovò così, silenziosa e pensierosa.

“Ho guardato la lista per la prossima festa” non mi guardò, chiusi la porta dietro di se, la pelle della ragazza non era increspata dal freddo e lui si chiese come riuscisse a non aver freddo pur rimanendo così immobile.

“Ci sono nomi nuovi, ho chiesto spiegazioni, ma mi hanno detto che eri stata tu ad immettere quei nominativi. Posso sapere il motivo della loro presenza?” era ancora accanto alla porta e intrecciava le mani davanti a se, leggermente infastidito dalla freddezza dell’accoglienza.

“Mi sembra che tu l’abbia già fatto” lanciò la sigaretta alla linguadesiva che l’afferrò con la lingua e la inghiottì. Bloccò le mani e cercò di non esplodere davanti alla sua indifferenza.

“Non mi risponderai” ancora una volta non rispose e lei sorrise divertita, con quei sorrisi veri che erano solo per gli amici.

Per Serpeverde.

Mi avvicinai a lei, completamente dimentico di essere infuriato, era una cosa che mi succedeva spesso, mi piegai davanti a lei, in una genuflessione spontanea.

Il suo sguardo tenero si posò su di me e continuò a regalarmi quel sorriso gentile che rendeva il suo viso se possibili ancora più bello. La gamba che aveva ripiegato sul copriletto scivolò in terra e sentì l’abbraccio delle sue gambe intorno al corpo. Una scarica ai lobi, mi controllai, volevo godere della gioia che mi dava quel sorriso ancora un altro po’. Lei strinse nuovamente le gambe, una nuova scossa, una fitta di desiderio puro.

Un frastuono seguito da un urlo agghiacciante, sobbalzai per un attimo, poi maledissi me stesso, era il Barone Sanguinario.

“Ti ho mai raccontato la leggenda del Barone Sanguinario?” la fissai stralunato per la strana domanda e scosse solo il capo, troppo stranito.

“Sai sicuramente la storiella del barone che si innamorò di quella dama bianca e che ella scomparve improvvisamente” annuì, tutti a Serpeverde conoscevano quella storia, avevano il fantasma più terribile del maniero ma anche il più ardimentoso, niente a che vedere con quel fantasma con la quasi-testa-mozzata.

“E’ una menzogna. Vuoi sentire la storia che vive dietro la leggenda?” le avrei donato anche un rene in quel momento, lei parlava con quella sua voce calda e quei suoi occhi ambrati illuminati da quella strana luce, sembrava eccitata all’idea di raccontargli qualcosa che lui non conosceva.

“Il barone non visse secoli prima dei fondatori ma sono cinque anni prima della loro decisione di costruire Hogwarts, fu egli stesso a donare questo magnifico castello ai fondatori, anzi ad una fondatrice in particolare, il suo nome era Priscilla” fece una piccola pausa.

“Priscilla CorvoneroHermione annuì, non si accorse nemmeno che avevo interrotto la sua storia o forse lo interpretò come un utile aggiunta.

Ma perché il barone doveva fare a meno di un castello così ampio, così bello e con tante forze magiche concentrate al suo interno?” la domanda non era retorica, dovevo rispondere.

“Non lo so” ero totalmente ipnotizzato dalla sua bocca e dal suo modo di raccontare.

“Non lo immagini nemmeno?” un lamento lontano mi riscosse.

“Per affari”

“Il barone era uno dei maghi più ricchi del suo tempo e i fondatori pur essendo maghi eccezionali non erano altro che maghi comuni dalle normali finanze”

“Per la gloria?”

“Forse, ma il vero motivo per cui egli donò questo castello a Priscilla è perché lui si sentiva in colpa”

“Si sentiva in colpa?” questa volta Hermione ignorò la mia domanda.

“Il barone aveva venticinque anni quando vide la sua dama dalle mani bianche per la prima volta, lei aveva vent’anni. Era una creatura dolce e sensibile, le piaceva ridere ed il barone amava vederla ridere.

La leggenda parla di questa pallida dama, ma è quello che non dice che è più interessante. La dama bianca, altri non era che Helena, la figlia di Priscilla Corvonero” boccheggia alla rivelazione e non mi accorsi di sfiorarle le gambe per incitarla a continuare, finché lei non rise piano prima di riprendere il racconto.

Helena era una donna piena di vita anche molto intelligente ed si innamorò subito del barone per quando lui avesse il viso duro di un uomo vissuto nelle avversità e gli occhi neri come il carbone.” Il suo sguardo divenne improvvisamente remoto, immobile.

“Si amavano tanto, si amavano disperatamente e lui glielo rivelò ma lei gli spezzò il cuore”

Perché?”

“Forse perché le donne sono naturalmente portate al melodramma o solo perché le persone innamorate fanno cose davvero molto stupide”

Che cosa fece?”

“Scappò, il giorno dopo che il barone le aveva aperto il cuore, ella scappò dalla sua casa, Priscilla corse subito dal barone pregandolo di ritrovarla. Il barone accettò ma in cuor suo meditava vendetta, tremenda vendetta per quel dolore così poco sopportabile che Helena gli procurò” con le mani continuai ad accarezzare le gambe fredde di Hermione, continuando a spronarla nel continuare. E lei lo fece.

“Il barone la ritrovò, era in una casa gabbana, nella periferia. Lo sguardo era freddo e il viso era quello di una donna crudele. Se il barone non avesse sentito il suo cuore spezzarsi giorni prima, avrebbe detto che si era spezzato in quel momento, davanti alla sua espressione sprezzante.”

Perché Helena aveva quell’espressione?” anche questa volta Hermione non gli rispose.

“Il barone adirato e reso folle dal dolore affrontò Helena e fece qualcosa che un purosangue non dovrebbe mai fare: uccide Helena, con le sue stesse mani” spalancai gli occhi e sentì un nuovo urlo straziato del Barone.

Quando si rese conto che per zittire le parole terribili della donna l’aveva strangolata a morte, il barone fece qualcosa che non aveva mai fatto, pianse. Riportando il corpo a Priscilla le spiegò che Helena si comportava in modo strano, sembrava quasi crudele e lui non aveva potuto fare nulla per fermarla. Priscilla che era un’anima pia comprese la verità al di là della menzogna e chiese al barone la cortesia di uscire dalla sua casa e non farvi più ritorno.”

E poi cosa successe?”

“Il barone affrontò i ribelli, oramai malato perché praticava l’alchimia per riportare in vita la sua amata Helena, ma non vi riuscì. L’alchimia si basa sempre su uno scambio. Devi pagare un prezzo. Ma un anima non ha prezzo” smisi di frizzare le sue gambe rendendomi conto che lei era calda, ero io che avevo freddo.

“E’ divenuto un fantasma per il dolore della perdita” lei si sfilò dal suo strano abbraccio e arrivò accanto al muro della sua camera, credeva di vederla entrare in bagno e scomparire come il giorno precedente, invece si fermò accanto allo specchio a figura intera. Il suo viso apparve freddo e terribilmente triste.

“Anche Helena e dimora ancora qui”sul suo specchio apparve una leggera increspatura come quella che compare sulla superficie del lago nero quando una foglia cadeva sulla sua superficie.

“Chi?” era la mia voce che voleva ancora saperlo, perché i miei occhi avevano già la loro risposta.

“La dama grigia” una figura traslucida, con gli occhi tristi e il sorriso gelido, aveva i capelli sottili di un grigio perlato e il viso pallido come quello di una bambola di ceramica, la gola aveva profonde ferite nere.

Rimasi in silenzio, non sapevo come replicare, non sapevo nemmeno se respirare o meno, Hermione posò una mano sulla superficie del vetro. La dama fissò la mano malinconica per poi porre le sue dita su quelle della mia amica e ripiegarle sulla sua mano che impallidì al contatto con il gelo della notte.

“Noi serpeverde siamo condannati a non essere amati da nessuno e a non amare nessuno” alle sue spalle apparve il Barone Sanguinario, con il suo corsetto imbrattato di sangue argentino; aveva i capelli lunghi che gli ricadevano sulle spalle e gli occhi che bucavano la scena, anche ora che la vita lo aveva abbandonato da molti anni i suoi occhi sembravano ancora essere vivi e possedere vita propria. I polsi erano segnati dove una catena si stringeva, straziando la loro pelle.

La dama grigia lo fissò a lungo, nei suoi occhi si scorse una malinconia incontenibile poi i suoi tratti si irrigidirono e scomparve, increspando nuovamente la superficie dello specchio.

A sua volta il Barone Sanguinario, urlò inginocchiandosi con un frastuono di catene e scomparve a sua volta, l’urlo riecheggio per un buon minuto dopo la sua scomparsa.

Le sue parole suonarono come una sentenza.

 

 

 

Finisce anche questo terzo capitolo,

Ancora una volta sono stranamente puntuale nel mio aggiornamento, la storia procede senza intoppi, chi avesse letto l’originale postato anni fa, noterà la presenza o l’assenza di certi particolare. Meditate, potreste avere a disposizione la chiave di lettura esatta.

Un ringraziamento doveroso va a coloro che seguono questa storia, ora sparerò un po’ di numeri, non abbiate paura:

-         Preferiti 5

-         Seguite  22

-         Ricordate 2

Note dell’autore

 

1- Barone Sanguinario e Dama Grigia. La storia d’amore fra i due fantasmi è ben nota per coloro che hanno letto “Harry Potter e i doni della morte”, la storia viene raccontata da Nick, il fantasma di Grifondoro a Harry quando cerca il diadema di Priscilla Corvonero.

 

2- Le frasi del cappello parlante. Le frasi in corsivo sono effettivamente citazioni della canzone del cappello parlante del primo anno, che per intero recitano.

 

«  Forse Grifondoro è la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.  »

[…]

« O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori

quei tipi astuti e affatto babbei

che qui raggiungono fini ed onori! »

 

 

3- Le sale comuni dei Sempreverde e dei Grifondoro. La Sala Comune dei Grifondoro è una sala circolare, ampia e accogliente. È arredata con comode poltrone, pouf e tavolini bassi. Il pavimento è ricoperto da uno stupendo tappeto rosso vermiglio e oro, mentre le pareti sono tappezzate di drappi e magnifici arazzi dei colori della Casa. Pur avendo l'arredamento, gran parte della sala è occupata dall'immenso camino di marmo.

La sala comune di Serpeverde si trova nei sotterranei di Hogwarts, sotto il Lago Nero. L'ingresso viene affidato non da dipinti, ma da una comune parete di pietra. L'arredamento della sala comune di Serpeverde è costituito da poltrone e sofà neri, tappeti verdi e argento e lampade che diffondono nella stanza una luce verdastra. L'unica fonte di calore è un colossale camino di marmo

 

4- Storia Piton/Silente/Mcgrannit. Come vedete il contesto è tendenzialmente vago, Silente è morto ma non ucciso da Piton che quindi rimane nella scuola ma non migliora e continua ad essere un doppiogiochista. Voldemort continua la sua ascesa silenziosa, non c’è però il clima di terrore che è presente nell’ultimo volume.

 

5-“Sapevo che saresti stato diverso”. Silente non conosce il “mondo vero” quello in cui Draco è purosangue e serpeverde ed Hermione è nata-babbana e grifondoro, ma ho sempre sperato che Silente potesse dire queste cose al Draco di quel mondo. Vi ricordo questo bellissimo dialogo finale fra Draco e Silente, preso dal film:

Draco, tu non sei un assassino”

“Come fa a sapere che cosa sono, potrei sconvolgerla”

[…]

Draco, anni fa, conobbi un ragazzo che fece tutte le scelte sbagliate. Ti prego lascia che ti aiuti..

“Non voglio il suo aiuto, ma non capisce? Io lo devo fare! Devo ucciderla o lui ucciderà me!”

 

6- Fiori di Valois. Per fiore di Valois intendo il famoso giglio di Valois, se comunque non vi viene in mente ve li ricordo con una bella immagine: http://www.firenzemia.it/UTILIINDEX/STORIA/Firenze_Giglio.jpg .

 

7- “Storia della Nobile Famiglia Granger”. Ogni famiglia nobile ha il proprio albero genealogico, c’è chi lo tiene in bella mostra come i Balck e chi invece si mantiene più sobrio, come i Granger.

 

8- Linguadesiva. Naturalmente il nome è totalmente di invenzione, non esiste.

 

9- Quasi-testa-mozzata. Storpiatura del nome di Nick Quasi- Senza- Testa, il fantasma dei Grifondoro.

 

Il prossimo capitolo sarà online, il giorno 4 aprile 2011, Lunedì.

 

Baci

Marti

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Capitolo 4
*** 4- Quell'uragano chiamato.. ***


C4(BG)

 

 

Capitolo Quattro: Quell’uragano chiamato..

 

Draco Malfoy era un mezzosangue.

Nato da genitori babbani che non aveva mai conosciuto e cresciuto da nonni che non sembravano conoscerlo. I nonni avevano una casetta in Cornovaglia e l’anno prima il nonno era tornato al creatore lasciando sua nonna, Scarlett, unica depositaria degli affetti di Draco. Le era rimasta solo lei al mondo e Draco amava quella piccola donna dalle pelle raggrinzita e l’odore di chiuso sui vestiti.

A lei doveva molto.

Doveva la sua educazione, il suo impegno per fare sempre meglio e la sua voglia di giustizia. Era una donna forte, mai una volta arresa, mai una volta sconfitta.

Lei era la Cornovaglia, fiera ed autonoma, non avrebbe mai consentito alle piccole tragedie della vita di attanagliarle il cuore.

No, sua nonna non era come lui.

Passò una mano dietro il collo per alleviare il dolore provocato dallo stare chino tutto il giorno sui libri, era quasi sera, dalla torre dei Grifondoro si vedeva già il nero del cielo trapuntato di stelle che si diluiva fino al filo dell’orizzonte in un rosso intenso, come i capelli di Ginevra.

La tua Ginevra ti ama?

La voce della Granger venne a disturbare quel pensiero poetico e a Draco spontaneamente venne fuori una smorfia, anche quando non la vedeva sentiva i suoi commenti taglienti. Quella ragazza somigliava sempre di più a una malattia pustolosa, una di quelle che ti mischiano i parassiti e per settimane non puoi far altro che svegliarti con la nausea e andare a dormire sperando che il giorno dopo la malattia vada meglio. Un infezione intestinale, ecco a cosa poteva essere paragonata quella dannatissima ragazza.

Tu credi che le altre persone non la pensino come me?

Non credeva che le persone non pensassero più all’amore, su quello non si può mentire e non lo si può nascondere, o meglio non lo si può nascondere proprio a tutti. Ad esempio il suo amore segreto, l’unico che avrebbe volentieri portato fino alla tomba, lo aveva scoperto lei, la Granger, l’infezione intestinale.

Solo perché nessuno riesce ad amarti non significa che non si può credere nell’amore.

Era stato ingiustamente cattivo, questo pensiero non voleva saperne di abbandonarlo, sapeva bene che in se quelle parole erano vere. Non credere all’amore è quello che fanno le persone che non provano amore o per cui gli altri non provano amore ma non avrei voluto dirglielo così, sbatterlo in faccia era tutt’altra cosa. Non gli piaceva quello che le aveva detto e ora si sentiva sporco.

Sua nonna gli aveva insegnato a rispettare le donne, tutte le donne, gli aveva sempre detto che gli uomini che non sanno rispettare le donne non possono chiamarsi uomini. Lui era un vigliacco. Non era un uomo.

E si sentiva molto in colpa.

Dalla tasca interna della divisa estrasse un foglietto di pergamena, l’invito, lo aprì lentamente, ad adagio, come se contenesse un tesoro raro.

 

Ore 23:00

Sabato

Solito Posto. Solita ora.

 

La Granger aveva detto che Ginevra conosceva le sue feste anzi che le apprezzava così tanto che forte di questo la Serpeverde aveva stretto con lui una scommessa. Ora doveva solo smascherare il suo bluf ma se andava in all-in e scopriva che al suo tris lei rispondeva con un full?

Viviti la tua vita fino in fondo, altrimenti poi ti perdi. Ancora le parole di sua nonna.

E se il bluf non esisteva?

Guardava ancora il suo foglietto di pergamena quando si avvide che non lo aveva più fra le mani.

“Ma cosa diavolo..?” in risposta alla sua confusa domanda si ritrovò a fissare un’ancora più confusa espressione del viso di Ronald Weasley, alias Ron.

E così Dracuccio ci volevi tenere nascosto il tuo impellente festino?”

 

Draco comunicò ai suoi amici e a Ginny quello che la Granger gli aveva detto.

I primi due lo fissarono scettici, a loro non piacevano mai le feste e soprattutto quelle delle Serpi, troppo alcool e troppo pericolo solo per poter dimenare il corpo e dimenticare i dispiaceri ma la ragazza non sembrava dello stesso parere anzi afferrò Draco in un abbraccio spontaneo (il ragazzo arrossì così vigorosamente ma nessuno sembrò notarlo).

Draco dovette ammettere che la Granger aveva ragione e lui quindi sarebbe andato alla festa illegale ma in quel momento non aveva paura, in quel momento si sentiva il leone che none era mai stato; che bella sensazione!

Draco ma è fantastico! Vedi che stare in compagnia di quella Serpe della Granger serve a qualcosa?” annuì il biondo senza osare parlare era una delle prima volte che Ginny gli rivolgeva la parola in modo esclusivo per lo più delle volte era una breve attenzione dovuta più a una sorta di obbligo verso il suo fidanzato che un vero interesse verso di lui.

Ma ora Harry non c’entrava nulla, Ginny guardava Draco con ammirazione e non era un sogno.. quello sguardo era tutto per Draco e il ragazzo se lo godette..

“Quindi tu vuoi andare alla festa amore?” chiese Harry e la ragazza annuì felice ma rivolgendosi a Draco, sembrava che qualcuno gli avesse aperto gli occhi dopo settimane di cecità.

“Si, tesororeplicò asciutta, la sua ammirazione era verso Draco.

Draco rivisse questi momenti di gloria per tutta la settimana finché non giunse il sabato.

 

Era un giovedì mattina e l’amante del fuxia entrò in classe con quella sua camminata poco femminile e con quei suoi abiti che poco si abbinavano a quei capelli dall’intenso colore.

Molti, come il mentecatto seduto accanto a me, trovava nella professoressa una tipa alternativa che cavalcava l’avanguardia... Per me era solo una donna stramba che cavalcava.. (a questo ci potete anche arrivare da soli senza che vi dico nulla N.d. Hermione).

Si sedette sulla cattedra, altro palese esempio del suo progresso.. Ah! Se la grinzosa e frigida preside l’avesse vista chissà quanti rimproveri le avrebbe rifilato, magari l’avrebbe esonerata, poi ripensai al banchetto di apertura di quest’anno, quando la McGrannit aveva salutato l’entrata della Prof. Tonks e del suo compagno, ex lupo mannaro, Prof Lupin.

Naturalmente avevo subito inviato un gufo a mio padre ma lui aveva replicato con solerzia ma senza fare nulla. Mi aveva detto che era più prudente rimanersene in silenzio, a quanto pare i professori erano legati politicamente.

Mio padre e la sua prudenza, scendeva in campo solo se era convinto di vincere.

Lo ammiravo molto, peccato che la stima non fosse reciproca.

“Ragazzi, vi devo comunicare una cosa molto importante” cominciò con quella sua voce squillante che a prima mattina, insieme alla sua visione erano le cose più sgradite da avere intorno.

Ho chiesto il trasferimento e domani partirò per Beaubaton!” che fantastica notizia sarebbe stata! Invece la sua voce grave disse solo:

“La preside ha indetto un piccolo ricevimento per festeggiare, non mi ricordo bene cosa..quell’aria da alternativa me la faceva apparire solo più ridicola del normale

Quando sarà?” chiese Millicent con voce neutrale.

“Questo sabato, nella Sala Grande e comincerà alle 18 e 30...Gradito l’abito scuro! ” mi sentì tirare la manica.

“Cosa diavolo vuoi Mezzosangue?” odiavo i contatti a prima mattina, lui ritrasse subito la mano, come se si fosse scottato, non seppi dire se mi infastidì o meno.

Ma sabato c’è la festa” sussurrò, io sorrisi di scherno.

Ma tu non ci sarai a quella festa” divenne improvvisamente conscio di quello che aveva detto e di quello che inficiava la sua frase.

“Sembra che fossi tu ad avere ragione, ha apprezzato molto la notizia” lo disse con il tono di chi avrebbe preferito mangiare un rospo che continuare quel discorso.

“Mi capita spesso di avere ragione. Quindi adesso che vuoi?” lo guardai da sotto le ciglia, ero sicura che avrebbe abboccato al mio piccolo scherzetto.

“Ci vedremo alla festa immagino” era nervoso, non sapeva le regole del gioco, non le immaginava nemmeno.

“Ma tu mi hai detto di no. Ora ho già dato l’ok per tot di persone non posso sconvolgere tutto” mentì spudoratamente, vidi Malfoy sudare freddo, anche questa volta non mi ero sbagliata.

Ma..”

“Ci sarebbe un modo” dissi sottile, avevo una dannata voglia di giocare con il Mezzosangue che Blaise lo avrebbe classificato sicuramente come un fastidio inutile, io invece mi annoiavo nuovamente e avevo bisogno di un diversivo.

“Quale?” mi specchiai improvvisamente in quello sguardo strano... Cavolo perché la cenere era divenuta all’improvviso argento puro? Mi appassionava sempre di più quel giochino di cui solo io conoscevo le regole.

“Quanto sei disposto a rischiare?” lo vidi dubitare per un solo secondo, prima di rispondere con sicurezza.

“Abbastanza”

“Non basta”

“Molto”

“Non basta”

“Tutto”

“E’ già più accettabile” mi inumidì le labbra soddisfatta e vidi lo sguardo del Mezzosangue che seguiva la mia mossa con quello strano sguardo intenso.

Cosa devo fare?”

“Lo saprai a tempo debito” annuì silenziosamente, tentai di tornare nel mio silenzio ovattato ma stranamente il Mezzosangue me lo impedì con un’altra fastidiosa domanda.

“ Il Solito posto che indica la pergamena… Qual è?” mi voltai nuovamente verso di lui con un sorriso di scherno sul volto.

“Non ti preoccupare la tua principessa lo conosce bene” se accusò il colpo, non lo diede a vedere, si limitò ad annuire.

“E come si fa con la festa della scuola?”

“È meglio, nessuno nella confusione noterà che mancano numerose persone”

“Qualcuno noterà sicuramente la mancanza di sua grazia” mi rispose sarcasticamente, lo scrutai in silenzio, non lo capivo quel piccolo nato-babbano, non riuscivo a incastrarlo in nessuna delle categorie in cui da sempre dividevo il mondo; me ne sfuggiva la definizione… ed era davvero una cosa fastidiosa.

“Non ti preoccupare Mezzosangue, so come diventare invisibile”

I nostri sguardi si incatenarono.

Granger la vogliamo finire di distrarre Draco?” sorrisi gelida, l’amante del fuxia rese le sue labbra sottili e un espressione dura in volto mi fece intendere che ero andata troppo oltre e che rischiavo una sanzione, ma a me non importava

“Si, professoressa. Ma vedete stavo chiedendo a Malfoy se era il caso di interrompere quest’assurda spiegazione per poter andare in bagno ad aggiustarmi il gloss!” e con piacere potei vedere il viso della strega diventare un tutt’uno con i capelli.

“FUORI! 50 punti in meno ai Serpeverde!” mi alzai lentamente,raccattai le mi cose e uscì dalla classe.

Mi accesi una sigaretta e andai a bighellonare per il giardino, mi aspettavano un ora e mezza di assoluto relax.

 

Hermione si stava vestendo lentamente, avrebbe messo un pantalone nero a zampa  dalla vita bassa e un top verde smeraldo molto scollato tagliato sotto al seno in seta che poi scendeva svasato e tutto in velo.

Herm perché non metti mai una gonna?” la ragazza la fissò attraverso lo specchio, la bruna frugava nei cassetti della sua stanza e decise di ignorare la sua domanda.

Cosa cerchi?”

“Il maglione bianco a rete che scende sulle spalle” disse girandosi verso la sua amica che la fissava attraverso lo specchio.

“Piccola sei eccessiva con il maglione bucato il top nero a pancia fuori e la minigonna bianca” la redarguì Hermione, la bruna picchiettò la punta degli stivai neri sul pavimento della stanza della Caposcuola e la fissò smarrita.

E cosa posso mettere?”

Pansy hai delle belle gambe e poi l’ultima pozione di Blaise te le ha abbronzate al punto giusto, quindi io la mini bianca me la rimarrei” la Caposcuola passò in rassegna mentalmente i vestiti che possedevano lei e la sua amica.

“Hai delle ballerine azzurre vero?” la ragazza annuì.

E io ho un top azzurro come quello che ho addosso” Pansy sorrise e uscì dalla stanza tutta un sorriso, Hermione sorrise brevemente e vide Blaise affacciarsi alla sua stanza e appoggiarsi mollemente alla cornice della porta.

“E tu che ci fai qui?” chiese paziente Hermione, il ragazzo avevo uno sguardi strano, lo sguardo di chi ha un bisogno impellente.

Blaise non riuscì a controbattere perché Pansy rientrò indossando solo un reggiseno azzurro, la minigonna bianca e le ballerine ai piedi.

“Eccoti il top” disse Hermione passandole il capo dalla stoffa pregiata.

Tornò a fissarsi nello specchio ed infilò una giacca nera, poi afferrò la bacchetta  per gli ultimi aggiusti a possibili fili fuori posto, ma fu interrotta nuovamente.

Hermmmmmmmmmmmmmmm!!!” la ragazza si voltò, ruotando gli occhi spazientita, ma cosa poteva esser successo ancora?

“Cosa diavolo..ma la ragione del gridolino della bruna lo individuò subito.

Il top turchese si tirava sul seno pronunciato della ragazza e su i fianchi ampi.

Sono grassa Hermione, hai visto? Te lo dicevo io che ho mangiato troppo!” Hermione era veramente spazientita, Pansy era una di quelle persone che piangevano le cosiddette ‘lacrime di coccodrillo’, prima mangiava a ruota libera e poi quando si andava a mettere i vestiti stretti per le feste cominciava a lamentarsi e a far promesse che non avrebbe mantenuto, per evitare ulteriori problemi e comportandosi un po’ come una mamma le fece segno di avvicinarsi allo specchio e le appoggiò prima le mani sulle spalle e poi sui fianchi.

Pansy, tesoro, vedi? Bastava che il top si adeguasse, non lo mettevo da tanto con quest’umidità si dev’essere infeltrito, lo manderò a Puk, lui sicuramente saprà come farel Pansy che fino ad allora aveva voltato il capo, cocciuta, nella direzione inversa a quella dello specchio, alle parole dell’amica guardò la superficie e vedendo le sue forme messe in evidenza ma non  strette in modo inclemente si rasserenò all’istante.

Herm hai ragione!! Allora ora vado a truccarmi” quando Pansy uscì a razzo dalla sua porta, Hermione aveva  completamente rimosso la presenza di Blaise e quindi quando il suo amico parlò, Hermione sobbalzò.

 “Non si devono illudere le ragazze a questo modo Hermione Grenger!” finse di non capire Hermione, ma Blaise era il suo migliore amico, non un qualsiasi individuo così le si avvicinò e prendendola per la spalle scese ad afferrarle la manica destra dove estrasse la bacchetta.

“Un incantesimo non verbale” Hermione socchiuse pericolosamente gli occhi e gli girò le spalle liberandosi dalla sua stretta bonaria.

“Taci Blasie” ma lui non smise di parlare, anzi si infervorò maggiormente.

Perché? Sei malefica con Pansy, non dovresti allargare le cose che non le stanno bene! Così penserà di essere magra come un grissino!” la ragazza squadrò nuovamente la sua immagine nello specchio.

“Un grissino? Non lo crederà mai! Guarda che prende i miei vestiti non quelli di un grissino!”  tolse la sua giacca, non le piaceva quel top verde, sembrava ingrossarla ancor di più, nello specchio alle sue spalle vide il ragazzo moro avvicinarsi nuovamente a lei e afferrarle la vita, quando alzò lo sguardo su di lui sorpresa Blaise se la tirò vicino, un gesto molto affettuoso e non totalmente estraneo fra i due.

Herm, quante volte te lo devo dire che tu sei un grissino!” scosse il capo contrariata e si allontanò dal suo abbraccio.

Non è affatto vero Blaise!” si allontanò dallo specchio non sopportando quella sua gemella così simile a lei.

“Non mangi da un sacco!” si intestardì il ragazzo, nuovamente si avvicinò a lei. Hermione sembrò allarmata da questa situazione.

“È la solita settimana prima di una festa” abitualmente le ragazze di Serpeverde, prima di un party erano solite spilucchiate qualcosina nella settimana antecedente, per evitare compromettenti rigonfiamenti, non tutte portavano avanti quella pericolosa e atipica tradizione, Hermione Granger era una di quelle.

“No Hermione, non mentirmi come se io fossi l’ultimo dei tuoi stupidi amanti! Io di settimane ne ho contante almeno due!” si voltò ancora verso di lui, come faceva a non capire che lei lo faceva per dimagrire non per evitare rigonfiamenti?

“Non fare lo sciocco su” Blaise non voleva fare lo sciocco, Hermione lo sapeva, lo vide avvicinarsi e afferrarla nuovamente; gli occhi blu erano così intensi che la ragazza si sentì affogare dall’intensità del suo sguardo.

“Bella sono venuta a truccarti,.Pansy si bloccò, fissando loro due, Hermione guardò se stessa riflessa nello specchio, due sconosciuti, una ragazza fra le braccia di un ragazzo che la teneva a se con ardore. Hermione non seppe se erano il Barone e la Dama o se erano ancora loro due.

Ma se avete da fare torno dopo, sai cos’è non vorrei che la mia opera sia vana!” Blaise lasciò subito andare Hermione come se tenerla al suo fianco in quel momento gli provocasse fastidio e si voltò verso Pansy.

“Resta pure Pansy, io con le testone non spreco il mio tempo” inforcò la porta per poi sbatterla dopo il suo passaggio, cadde un silenzio imbarazzato durante il quale Hermione distolse lo sguardo dallo specchio e guardò nuovamente Pansy che se ne stava immobile con il trucco in una mano e la bacchetta nell’altra.

“Cos’ha Blaise?”

“La luna di traverso, credo. Sai come sono i ragazzi! Avrà rivisto le repliche del campionato e si sarà innervosito!”

Pansy sorrise comprensiva e indicandole il trucco e la bacchetta si avvicinò ad Hermione per cominciare la sua famosa opera.

 

Come nelle stanze delle Serpi anche nelle stanze dei Grifoni accadeva la medesima cosa.

Ginny dai su scendiamo..

Ma no! Aspettiamo un altro po’. Le ragazze si fanno attendere!”

“Una mezz’ora è accettabile ma siamo qui tappate da un ora, ormai la festa della scuola sarà arrivata al suo meglio!” disse Lavanda Brown fissando imbronciata la sua migliore amica.

Ginny si passò un ultima volta il gloss sulle labbra rendendole ancora più rosa e innaturali.

Il top fuxia e la minigonna di jeans le stavano bene anche se con il colore dei capelli non era il massimo.

Lavanda invece indossava un tubicino di un rosso fiammante che con la pelle pallida e i capelli biondi era un mix letale... peccato che la mancanza di eleganze e portamento la facevano solo apparire volgare e sciatta.

Andiamo” scesero con passo felpato, contente di poter sfoggiare vestiti e magliette e tutto quello che normalmente non potevano indossare, ad attenderle purtroppo c’erano solo i loro accompagnatori e nemmeno loro erano molto entusiasti; Ron e Harry sedevano insieme a giocare a scacchi dei maghi mentre Draco leggeva distrattamente un libro.

“Andiamo?” le ragazze erano infastidite visibilmente da quella mancanza di attenzione dei loro accompagnatori.

“Era ora!” disse Harry lamentoso ma Draco gli diede una gomitata e lo zittì.

“Sono donne, se lo meritano!” disse incantato a fissare la ragazza che a suo avviso era la più bella ed anche la più proibita delle due.

“Vedi Harry! Dovresti prendere esempio da DracoGinny prese sottobraccio Draco e inaspettatamente si avviò con lui verso il ritratto.

 

Quando scesero la scala che portava alla Sala Grande, Draco si sentì l’uomo più invidiato del mondo, non era da tutti scendere con una bellezza di quel tipo al braccio ma ben presto si rese conto che gli sguardi erano focalizzati su un'altra ragazza.

E quella la conosceva bene.

Pantaloni neri dal taglio classico a zampa che sembravano esserle disegnate addosso, una giacca dello stesso colore, molto maschile, sotto si intravedeva qualcosa di verde.

I capelli ricci erano sciolti e solo in un lato erano fermati da una spilla a forma di serpe con strass verdi. Gli occhi erano contornati da una matita verde che metteva in evidenza l’ambra dei suoi occhi.

Guardandola Draco pensò di trovarsi di nuovo suoi libri di storia dell’arte, neorealismo babbano, statue in marmo bianco dalla figura perfetta, timide striature di un grigio cupo, perfezione stilistica; estetismo puro. Alcuni critici magici parlavano di arte fine a se stessa, altri parlavano di coagulazione dell’idea in qualcosa di talmente perfetto a cui mancava unicamente la parola. Per me parlare è la caratteristica di coloro che posseggono un’anima.

Quella statua non la possedeva e nemmeno la ragazza. 

La mia prolungata attenzione alla Serpe non passò inosservata a colei che mi affiancava. Le donne sono così, sembrano sempre gravitare in un mondo diverso, addentrare i loro passi in luoghi ameni, poi però basta che coloro che li accompagnano, non necessariamente persone a cui loro importa, spostano la loro attenzione da loro per passarla ad un’altra donna ed ecco subito attente e vigili.

“Desideri salutarla?” la fissai per un lungo attimo, le labbra rosa innaturali erano socchiuse in un broncio bambinesco ed io anche nel suo egoismo di ragazza fidanzata la trovai terribilmente adorabile.

“Neanche sotto imperio” le ultime sillabe furono salutate da uno sguardo ambrato che si posava su di noi, disegnava i nostri contorni. Ah le donne sono così!

Vogliono l’attenzione di coloro che non gliene danno.

Dovetti ammettere, quando quello sguardo ambra si voltò verso il suo interlocutore che una parte di me desiderava alzare una mano e salutarla.

 

Fissai senza essere scorta da quell’imbecille di Tasso che mi ero portata dietro il biondo accompagnato dalla sua principessa.

Le quattro persone con cui si accompagnava il Mezzosangue, erano l’accozzaglia più divertente e stonata che avessi mai visto.

Harry Potter era vestito come se dovesse andare a una gita ad Hogsmede: jeans scoloriti e felpa.

Weasley aveva un camicia a fiori, di quei fiori grandi e che poco ti fanno passare inosservato, cosa che allo Straccione riusciva già molto male data la sua visibilissima capigliatura rossa e poco ordinata.

La sorella dello Straccione aveva un aria da bambina ed era anche vestita da bambina eppure non risvegliava pensieri di innocenza. Il viso troppo aggraziato si spezzava con un espressione volutamente ingenua che invece la faceva apparire scaltra e scostante.

Eppure Malfoy era soggiogato da lei.

Per concludere c’era il Mezzosangue con una camicia azzurra a righe blu, troppo formale per una festa, troppo monotona per un party, insomma…troppo! Insieme alla poco originale camicia c’erano anche dei jeans neri troppo sbiaditi per seguire la moda dello sbiadito e dei mocassini neri, dal taglio classico, di quelli che trovi ai piedi delle persone anziane.

 

Mi venne da ridere quando lo vidi a braccetto con la rossa, non li avevo mai visti vicini, figurarsi sotto braccio. A quanto pare, grazie al mio aiuto il Mezzosangue era riuscito ad avere la sua occasione con la Stracciona, il mio piano filava liscio come l’olio.

Ginevra Weasley era ben conosciuta dalle mie spie, mi avevano raccontato tre o quattro storielle su di lei che avrebbero fatto arricciare i dannati capelli di Mozzarella Mezzosangue.

 

Draco mi potresti prendere qualcosa da bere?” Ginny e Harry si erano ritrovati e ora io ero tornato a fare il cameriere, il mio amico mi fece segno che anche lui voleva qualcosa. Così mi avvicinai a passo di marcia o quasi verso il buffet per prendere due bicchieri del ponce analcolico che la scuola ci aveva fornito, ma vi trovai una sgradita sorpresa.

La Grenger bighellonava vicino al tavolo, ci trovammo uno di fronte all’altro, col tavolo che ci spartiva, come due nemici pronti alla guerra.

Correzione: Due nemici pronti alla guerra.

Sulla giacca nera vi era appuntato un giglio, particolare che prima non avevo notato, immaginai che le fosse stato regalato dal moro che le era andato incontro per scortarla nella Sala Grande che voleva fare colpo su di lei con un fiore...Che cosa ridicola!

Far colpo sulla temibile Regina delle Serpi con che cosa?

Con un fiore...anche se era un giglio bellissimo che bene si sposava con il neorealismo babbano che ancora mi ispirava la giovane, ora che se ne stava immobile a fissare le varie pietanze.

Draco sogghignò malevolo, per una volta nella sua vita si sentì in vena di prese in giro:

“Povero fiore che ti ha fatto di male?”alzò lo sguardo su di me perplessa, o forse no? Quando si trattavano di sentimenti umani con la Grenger non si poteva essere sicuri di nulla. Alzò un sopracciglio in modo indolente e altezzoso, voleva un chiarimento che io con piacere le diedi:

“Il simbolo della purezza su di te? Che ipocrisia!” mi sarei aspettata che lei rimanesse basita, in modo velato le avevo dato della  poco di buono ma la Grenger mi stupì ancora perché mi sorrise in modo malevolo prima di controbattere:

“Non mi vorrai dare una lezione di integrità proprio tu, vero Mezzosangue? Porti la maschera del buon samaritano, reciti la parte del bravo amico che ha rimediato i biglietti per una festa illegale, quando in verità volevi apparire interessante agli occhi della fidanzata del tuo migliore amico” rimasi di sasso, purtroppo io di sentimenti umani ne avevo in abbondanza, pronti a sbalzare fuori appena possibile e la risposta della Grenger mi aveva ferito, non tanto per le parole o per il tono freddo che aveva usato ma per il loro significato intrinseco: era la dannatissima verità.

Mi voltai, ero convinto che quelle parole la Grenger l’avesse urlate eppure nessuno sembrava interdetto, la musica non si era bloccata, il mio migliore amico non mi guardava male...

Quelle parole erano state urlate,si, ma solo nel mio cervello.

“Vuoi bere qualcosa?” le chiesi e la ragazza sorrise falsa e maliziosa.

“No, le cose analcoliche mi fanno male...Poi non sono in forze per la festa!” avevo comunque allungato una mano che stringeva un bicchiere vuoto, così alla sua risposta strinsi gli occhi in due fessure e le afferrai un polso tirandola accanto a me, questo gesto passò del tutto inosservato.

“Non dire queste cose in giro, Harry è il mio migliore amico e se dovesse venire a conoscenza...Io non so che cosa ti farei” la sua reazione che di umano non aveva nulla mi sorprese nuovamente. Rimase impassibile con il polso stretto dolorosamente nella mia mano.

“Secchia è una minaccia?”

“Forse Grenger. È più che altro un avvertimento.”

“Cavoli che paura...Mozzarella Malfoy mi vuole picchiare!”

“ Io non picchio le ragazze! Anche se guardandoti non si direbbe...” e invece si che si direbbe, anche se era vestita come un uomo tutta la sua sagoma trasudava femminilità, ma qualcosa la Grenger lo dovette intuire.

“Io penso che tu sia un bugiardo e anche della peggior specie”

“Io penso che tu sei troppo piena di te, invece” dissi piatto ma i miei occhi caddero involontariamente sulla giacca pudica che doveva nascondere qualcosa di molto poco pudico.

Lei mi sorrise maliziosamente, non credeva ad una parola di quelle che avevo detto e… cavoli nemmeno io ci credevo in realtà!

La Granger non era il mio tipo, lo avevo detto anche a lei, e non era nemmeno il tipo che  presenteresti in famiglia ma era sicuramente il tipo che vorresti portare a letto volentieri se...

Non ci fosse stata Ginny... un attimo che avevo pensato?

Io amavo Ginny e questo non lo dovevo dimenticare perché era quell’amore che mi aveva sostenuto durante le tappe più difficili della mia vita. Anche se lei non aveva mai saputo nulla. Ero sempre restato a limite, vuoi non vuoi...

Perché anche se Ginny non mi vedeva proprio io continuavo ad amarla pazzamente... quindi razionalmente non poteva pensare nemmeno di andare a letto con la Grenger anche se a livello inconscio ( classico di tutti gli uomini N.d.A.) già se la vedeva e poi c’era il fatto non trascurabile che lei gli si era offerta...con la Grenger sarebbe stato tutto più facile!  

Nessun rimpianto, nessun rimorso, nessun “Ti amo”...

Si con la Grenger sarebbe stato tutto molto più facile.

Draco..” era Ginny che lo chiamava con la sua espressione di eterna gioia stampato sul viso che solo i bambini possiedono, così diversa dall’espressione seducente e maliziosa che invece si disegnava sul viso della Grenger...

Ma cosa diavolo stò pensando? Ancora una volta stavo facendo confronti fra la donna che amavo e... quella maledetta serpe.

Che forse mi avesse fatto un maleficio?

 

La festa era cominciata.

Il solito posto, come scoprì in seguito, era il sotterraneo delle Serpi e come aveva detto la Grenger, purtroppo, Ginny  lo conosceva. Sia Lavanda che Ginevra si erano tolte le giacche che avevano indossato per evitare di essere sgridate dai professori.

Ron aveva tolto la camicia dai jeans e l’aveva sbottonata mostrando un triangolo abbondante di petto; cosa che trovai davvero molto snervante.

Harry aveva avvertito, un oretta e se ne sarebbero andati, anche se a detta di Draco l’unico a tornarsene nel dormitorio sarebbe stato lo stesso Harry.

La parola d’ordine era sorprendentemente “Distruzione”!

La stessa parola che mostrava le parole sulla pergamena.. Meno male che Ginevra la conosceva...Chissà perché?

Nella sala era tutto perfettamente... sconvolto.

Tutti ballavano prestando poca attenzione a chi entrava e a chi spariva nelle camere, tutta l’attenzione era concentrata sul cubo dove a turno salivano le ragazze per potersi dimenare e mostrare le proprie grazie, insomma non avevano di meglio da fare.

La musica era talmente assordante, le persone erano davvero così tante in quel piccolo spazio che Draco si accorse a stento di esser stato diviso dai suoi amici, finché la mano fredda di qualcuno che scivolava nella sua non gli catturò l’attenzione, si voltò e Ginevra era lì e lo stava fissava sorridendo.

“Tieni Draco” gli porse un bicchiere che Draco bevve subito, il sapore amaro e pungente di un liquore molto forte gli bruciò la gola.

Draco!” disse Ginny scandalizzata poi però gli porse anche il suo bicchiere e ancora Draco bevve. Doveva dimenticare Ginny che con le labbra socchiuse sembrava ansimare di desiderio, doveva dimenticare di essere il migliore amico della ragazza che si voleva dannatamente fare...Voleva dimenticarsi tutto!

Ma c’erano solo due bicchieri di liquore e tanta voglia...

Quando Ginny scivolò verso Harry, Draco notò di essere del tutto lucido e che la voglia non gli era passata.

Si fece strada nel groviglio di corpi e sentì qualche mano toccarlo lascivo, si bloccò un attimo, magari girarsi per squadrare chi poteva aver arrischiato tanto, ma poi continuò per la sua strada, no, non sarebbe cambiato nulla, con certa gente non puoi parlare, con quella gente soprattutto non si poteva parlare. Quei mille corpi lucidi di sudore, di alcool, di voglia come lui di dimenticare o di vivere un vita in una notte.

In latino si chiamava “Carpe Diem. Cogli l’attimo.

E Draco fendeva la folla per cercare…quel dannato attimo.

Stava per superare altre coppie quando si rese conto di aver appena visto qualcuno che non avrebbe mai voluto incontrare.

Hermione Granger.

La giacca e il giglio erano spariti.

Ballava con un top che le calzava a pennello.

La scollatura profonda mostrava l’incavo dei seni pallidi e la schiena pallida e dritta era messa in evidenza dal velo verde scuro. Ballava con ritmo, senza però dimenarsi come una porno diva, riusciva ad attirare l’attenzione di tutti proprio per questo motivo, i semplici passi le donavano una bellezza unica e una sensualità innata. Accanto a lei arrancava il ragazzo che l’aveva accompagnata alla festa, la fissava incantato ma lei non guardava lui; lei guardava me.

Perché?

Non lo sapeva nemmeno lui, ma doveva fissarla di rimando, quegli occhi appena più incupiti del solito lo catturavano in modo talmente magnetico che non si rese conto di nulla, finché non se la ritrovò al suo fianco, di fronte, contro di lui.

Perché lo stai facendo?

Ma non disse nulla, non riusciva a parlare, non riusciva a muoversi, riusciva solo a muoversi tozzamente, non riuscivo a connettere molto bene. Non riuscivo a realizzare nulla che non fosse…voglia…eccitazione…

La ragazza mi si muoveva accanto, non riuscivo a capire dove fosse andato a finire quel ragazzo di prima e nemmeno mi importava perché la Granger mi era vicino, mi attirava..

Dio come mi eccitava!

Poi lei sparì come era arrivata. E ci fu nuovamente il nulla intorno a me.

Draco noi andiamo” mi voltai, ero del tutto inebetito, Harry e Ron mi guardavano interrogativi, si aspettavano che io li seguissi, dovevo, non avevo ancora fatto i compiti... poco importava a me andava di star lì.

“Andate pure” sorrisi e Harry ricambiò appoggiando una mano sulla mia spalla.

“Non ti vedo molto bene, sei sicuro?”

“Nemmeno io mi vedo molto bene, ma vai pure” Harry mi toccò ancora una volta la spalla, poi sembrò decidersi.

“Fai il bravo” scossi la testa sorridendo di gusto, poi Harry scosse il capo verso il cubo, una ragazza rossa e una bionda ballavano con foga “Tienimela d’occhio”

“E chi la perde” risposi, una fitta di gelosia, anche io volevo guardarle il culo a Ginny con la faccia da depravato senza sentirmi dire che ero una merda di uomo perché lo facevo.

Afferrai un altro bicchiere, il liquido era bianco tendente al perlaceo, chissà cos’era, inghiottì in un sorso e sentì la gola bruciare così forte che per un attimo non sentì più la musica, Ginny sparì per poi apparire sempre più scollata, sempre più provocante.

Quanti bicchieri ci volevano per dimenticare il suo viso e la mia voglia improvvisa?

 

Il Mezzosangue oscillava sbilenco, ignaro dell’attenta analisi di cui era oggetto da parte mia, quel dannato continuava a fissare la ragazza rossa senza muoversi, ingurgitava alcool senza fermarsi, ma continuava a guardarla e a non fare nulla.

La Stracciona, come l’avevo rinominata si dava da fare come al solito, ma non aveva notato il povero Mezzosangue che la fissava con un misto di amore e di eccitazione, doveva essere nuova quella sensazione per lui. Continuai a fissarlo, un po’ come si fa con i film, guardi, guardi e non continui ad aspettare che succeda qualcosa.

Ma non succedeva una beneamata mischia!

 

Sedeva composta e del tutto gelida.

Per un attimo a Draco sembrò come un isola tropicale.

Bella ma disabitata.

Non florida...sterile!

Sterile come l’anima di quella ragazza.

E inaspettatamente... forse per via dell’alcool... Molto forse... Draco si chiese cosa o chi avesse fatto divenire gelida quella ragazza, perché doveva esserci stato un periodo in cui anche lei era stata umana... più umana.

Fu un attimo poi si riscosse e fissando inebetito il bicchiere che ancora stringeva in una mano lo lasciò andare di botto.

Cosa cazzo stava facendo?

Tutto il liquido finì sul tappeto, arrossì con violenza e si voltò intorno per porre delle sue scuse che nessuno aspettava...tranne una persona.

“Lascia stare Mezzosangue! A nessuno frega molto... tanto dopo passano gli elfi domestici” la voce gelida di una ragazza, di quella là.

“Beh! Purtroppo io sono educato Grenger” eppure ora che la guardava non le sembrava tanto crudele e falsa. Sembrava bella. Troppo bella.

Malfoy cosa c’è? Non sei abituato all’alcool?” lo stava canzonando.

“Come tu non sei abituata alla biblioteca” borbottò, sentiva qualcosa di acido avvicinarsi alla gola

“Come ti avevo detto... Benvenuto nel mio mondo. Piace?”

“No. Preferisco il mio”

“Idem”

La fissai a lungo. Aveva un viso così serioso, sembrava una bambolina di porcellana, di quelle che mia nonna aveva nella sua credenza, tutte piene di fronzoli e con i capelli ricci e gli occhi di vetro. Quelle maledette bambole mi avevano sempre atterrito, quegli occhi di vetro sembravano seguirmi in ogni stanza dove andavo, in ogni corridoio che percorrevo, sembravano possedere una luce interiore, come se fosse un’anima. Eppure erano solo dei giocattoli.

Solo quello.

Perché non vai da lei?”

“Lei non ha bisogno di me” ed era vero, continua a ballare con tutta quell’energia nucleare che scoppiava nelle sue vene, non si accorgeva più di lui. La festa oramai stava finendo e Draco aveva perso la sua opportunità.

“Quindi farai il bravo bambino?” la guardò avvicinarsi a lui e gli posò una mano sul petto, sentiva le sue dita gelide sulla pelle accaldata, desiderò sottrarsi a quel tocco.

“Non è così facile Grager togliermi questa maschera, dovrai impegnarti di più” le scostai la mano dal petto e con tutta la dignità che poteva avere un astemio con una sbronza parzialmente smaltita uscì trionfante dalla sala comune.

 

Fine Quarto Capitolo

 

Scusatemi per il cambio di giorno, purtroppo l’università non mi permette più tanto tempo come prima, quindi temo che gli aggiornamenti slitteranno a Lunedì.

Ho pochissimo tempo e non mi è stato possibile scrivere chiarimenti, ma qualsiasi dubbio abbiate, più o meno grave, più o meno importante, lo potrete scrivere nelle recensioni che come al solito pioveranno a migliaia. J

Scusatemi per il momentaneo inconveniente.

 

Prossimo aggiornamento 11 aprile 2011.

 

Marti

 

 

 

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Capitolo 5
*** 5- Quello che non dovevi fare ***


C5(BG)

Capitolo Cinque: Quello che non dovevi fare..

 

Lasciò che la mano passasse leggera lungo la schiena bianca, dune di carne e vene bluastre in evidenza davano la sensazione di fragilità, le dita gentili e non affrettate scesero una delle curve e trovarsi il lenzuolo a bloccare la strada.

Mmmm” sussultò leggermente a quel contatto piacevole.

“Dormi?” i ricci leggermente arruffati si scossero in un diniego deciso.

“ Ma non dormi mai?” la mano passo ancora, questa volta seguendo lo stesso cammino ma al contrario, la pelle si increspò, non contenta e la ragazza allontanò la mano infastidita.

“Non ci riesco” il ragazzo posò un bacio casto sulla sua spalla, contemplandola con dolcezza.

“Dovresti sono le tre di notte e domani abbiamo lezione”

“Tasso, noi Serpeverde possiamo permetterci la possibilità di evitare di andare a lezione tutti i giorni”

“Io no Granger, quindi devo addormentarmi almeno un paio d’ore” la ragazza si sollevò infilando la camicia e abbottonandosela velocemente.

“Due ore, non una in più poi te ne torni nel tuo dormitorio” lo sentì ridacchiare e tirarsi il suo lenzuolo fino al collo.

“Non oserei, Madame!” scosse ancora il capo, il Tasso era sempre più stupido, ma le stava simpatico, sapeva le regole e non le infrangeva.

Entrò nella Sala Comune, gli elfi domestici avevano già riordinato tutto, sedette sulla sua poltrona preferita, completamente rilassata, erano le tre di notte, una mezz’ora prima la festa era stata bruscamente interrotta da uno dei prefetti corrotti che ci avevano informato che erano partite delle ronde di professori stranamente interessati ai sotterranei, non dubitavo che in parte la colpa era della Mozzarella Mezzosangue che sicuramente aveva fatto la spia.

“Non mi dire, non riesci a dormire” Blaise anche era in Sala Comune, aveva solo il pantalone, se quei due avessero fuso i loro vestiti sarebbero apparsi come minimo decorosi, ma quei due non eravamo mai decorosi.

“Succede” sedette al suo fianco e la fissò criticamente ai suoi occhi Hermione appariva terribilmente pallida, questo lo preoccupava enormemente, sembrava un fantasma, sembrava la Dama Grigia... destinata alla stessa tragica fine.

“Mi spieghi perché ti comporti in questo modo Herm” tirò una boccata di fumo, l’ultima di quella sigaretta e lanciò la cicca, ma la linguadesiva non c’era e la cicca cadde sul tappeto, creando un alone marroncino.

“Non mi va” si ostinò a non fissare il ragazzo che aveva accanto.

“Stai in una fase di stallo, tranne quella specie di ragazzo che ti sei portato in camera stasera non ti ho più visto flirtare con nessuno, nemmeno una piccolissima avventura. Cosa c’è, stai diventando grande?” la voce di Blaise era sarcastica.

Stai diventando grande?

La risposta era sfortunatamente positiva. Stava diventando grande.

E i grandi erano talmente gelidi e noiosi, aveva sempre giurato a me stessa che non sarebbe diventata come i suoi gelidi genitori...MAI! Avrebbe preferito morire prima che diventare grande...

Anche se con la vita che conduceva, non sarebbe vissuta ancora molto, poco importava, si sarebbe goduta gli anni migliori e poi da grande attrice, qual era, sarebbe uscita di scena.

Il silenzio si distese nuovamente sulla Sala Comune, Blaise le si avvicinò maggiormente, se avesse sporto le labbra avrebbe trovato le sue. Sapeva che Blaise la desiderava già, aveva solo una camicia bianca, non poteva essere altrimenti.

Hermione cosa combini?” non alzò neppure lo sguardo sapeva bene che non era una domanda che necessitava una risposta, lui le era vicino per un altro motivo, lo sentiva scorrere nella sua voce profonda, la conosceva ormai da quando era ancora una immatura alle prime esperienze, Blaise Zambini.

Le sue mani si posarono ai lati del suo corpo, si era alzato e aveva aggirato la poltrona fino a trovarsi alle sue spalle, sentì il respiro caldo di Blaise fra i capelli, chiunque lì avesse visti li avrebbe presi per amanti, ma loro non lo erano, non erano nemmeno un loro, erano un lui e una lei troppo vicini da non sapere bene che cos’erano, perché amici era una parola troppo debole e amanti cioè “coloro che si amano”, era un concetto troppo ipocrita per loro.

“Cosa ho combinato Blaise?” rispose, la voce era scesa di un’ottava, voleva provocarlo, voleva provare a se stessa che non era diventata già grande, ma stava ancora crescendo e che ogni tanto poteva permettersi delle incursioni bambinesche. Come quella.

Ora aveva voglia di giocare e c’era solo Blaise, come sempre.

“Non mangi, non dormi, non hai avventure, non sei divertita... Cosa succede piccola mia? Quel Malfoy ti sta veramente facendo un effetto simile?” Hermione si sorprese, credeva che Blaise voleva giocare con lei e invece era tornato serio, le metteva davanti quel nome, così a metà di un gioco che avevano sempre giocato in due e che ora si ritrovava a giocare da sola.

“Gli stai dando troppa importanza” gli rispose infine, era infastidita, non poteva giocare, perché Blaise non voleva farlo.

“No Herm, sei tu che gli stai dando troppo importanza. Ti rendi conto che lo hai invitato alla nostra festa? Ti rendi conto che ci ha fatto quasi scoprire dai professori? Sai che…” Hermione alzò gli occhi al cielo e il ragazzo si zittì, infastidito per quel gesto.

“Non abbiamo la sicurezza che sia stato lui” se possibile Blaise Zambini si fece ancora più scuro.

“Non mi piace più questo gioco, mi sembra che tu non stia più giocando, sembra che tu stia facendo sul serio, non è che il Mezzosangue comincia a piacerti sul serio?” restrinse gli occhi alzando il capo e trovandosi ad un millimetro dalle labbra di Zambini.

“Cosa c’è? Perché ti metti di impegno con quella feccia?” Hermione continuò a fissarlo con rabbia, non sapeva se mandarlo a quel paese o baciarlo. Fra loro era sempre così rabbia e ardore erano sempre in equilibrio.

“Blaise non hai ragazze che ti aspettano nella stanza o primine da insediare e coppie da distruggere?” il ragazzo sorrise indolente, sapeva benissimo di aver colpito nel segno, gli piace un sacco vincere su Hermione, non era mai una cosa semplice e questo glielo faceva piacere di più.

“Guarda che è da sempre il nostro divertimento, non è solo il mio” dalla sua Hermione sapeva cosa stava pensando Blaise, conosceva quell’espressione come se fosse comparsa sul suo viso, ma questo non rendeva l’espressione più piacevole. Era rabbiosamente costretta a dissentire.

“Non mi va” cercò di divincolarsi da quello sguardo blu cobalto, il collo le doleva terribilmente per l’innaturale posizione a cui lo stava costringendo, ma non lo fece era ipnotizzata, come un topino davanti agli occhi di una serpe. Quella volta la serpe era lui, non lei. Non le piaceva la sensazione.

“Cosa sento? Non ti va?” la canzonò lui, era piacevole per Zambini ridere di lei, non glielo permetteva sempre.

“Blaise smamma” sussurrò rude, Hermione odiava le persone che avevano ragione e in quel momento Blaise aveva dannatamente ragione. Ma il ragazzo naturalmente non se ne andò anzi si piegò maggiormente sul collo della ragazza e prese a baciarlo piano, nei punti che conosceva, dove le vene era esposte. Sentì il sangue di Hermione sobbalzare e cominciare a scorrere sempre più velocemente, in modo impercettibile il sospiro leggermente trattenuto si trasformò in un piccolissimo rantolo di dolorosa rassegnazione; stava perdendo il controllo Hermione e  non le succedeva sempre.

Blaise se ne accorse e la sua mano destra scivolò lungo l’attaccatura della camicia, sbottonando un bottone e infilandola per poter saggiare la morbidezza del seno.

Ancora un rantolo, Hermione sentì la bocca del ragazzo salire fino al lobo dell’orecchio.

“Scacco alla Regina”

La lasciò andare con quelle dannate parole, sconvolta ma in superficie impassibile, per tornare alle famose ragazze.

 

 

Draco Malfoy si svegliava tutte le mattina alle ore 7:00 AM, entrava nel bagno alle ore 7:05 AM anticipando i suoi compagni di corso, faceva una doccia, bollente, metteva la gelatina nei capelli, così non gli davano fastidio davanti agli occhi.

Alle ore 7:35 AM usciva dal bagno per lasciarlo ai suoi compagni di stanza che si svegliavano intorno a quell’orario. A quel punto Draco si sedeva a piccolo scrittoio in mogano e ripassava le lezioni, una routine che non infastidiva nessuno e che tranquillizzava Draco.

Quella mattina non fu così puntuale.

Quando aprì gli occhi la sveglia segnava effettivamente le 6:45 AM, Draco aveva sorriso soddisfatto e si era voltato mormorando una frase che doveva suonare come, ancora quindici minuti, ed allora Draco aveva preso a sognare.

 

Una rampa di scale di marmo, l’ombra della notte le rende nere come non le avevo mai viste, una luce solitaria le rischiara facendo si che lo stesso riflesso argenteo e purissimo cadesse su ogni scalino fino alla sommità dove solo le tenebre sanno cosa nascondono.

Ruoto su me stesso, odore di rugiada, sono in terra, l’erba che mi accoglie è bagnata, sento l’umidità penetrare i miei vestiti, una bacchetta illuminata è abbandonata sul prato, illumina quello che deve essere un giardino, i fiori resi opachi dalla poca luce, non riesco a vederlo tutto questo giardino.

Sono anni che lo sogno, ma non ho mai visto questo luogo, nemmeno nei libri di favole babbane che mi leggeva mia nonna, ho una memoria fotografica lo ricorderei. Eppure sogno sempre questo luogo.

Sento del sudore freddo per tutto il corpo, ingoio la saliva acida che mi è salita in gola; la sento arrossata come se avessi urlato o pianto; la mano destra mi fa male; ho fretta; devo fuggire da quel giardino... perché devo fuggire?

Non posso più farlo, mi sono addosso!

Io sono uno, loro sono tanti, che devo fare? E’ l’ultima immagine che vedo, poi un viluppo di mussolina bianca, un incantesimo mi colpisce, non so altro.

 

Draco Malfoy riaprì gli occhi, alle volte aveva i contorni chiari di un ricordo ed altre quelle opache di un desiderio, ma non erano nell’uno ne l’altra perché da un giorno all’altro cominciarono questi strani sogni. Draco preoccupato chiese consiglio a Silente, temendo un contatto con la mente di qualche Mangiamorte ma il vecchio preside lo smentì. Draco  era sano e totalmente padrone del mio cervello.

Alla fine se ne era fatto una ragione.

Draco guardò nuovamente la sveglia, segnava le 7: 45 AM, sbatté gli occhi ma l’immagine dell’orologio non cambiò. Era totalmente in ritardo, si alzò di botto, la testa gli diede un fastidioso dolore poi smise. Riaprì gli occhi e provò a riguadagnare tempo ma si rese conto che quando il tempo lo perdi è difficilissimo da riguadagnare.

 

Hermione era già in classe, perché per colpa delle sue compagne aveva dormito male e la mancanza di Blasie era stata peggiore di quanto credesse, averlo al suo fianco era sempre un toccasana, dato che era l’unico ragazzo con cui aveva provato a fare una relazione seria.

Il suo migliore amico.

Ma Blaise era andato nella sua camera e vi era rimasto, solo verso le sei aveva sentito i passetti leggeri e le vocine entusiaste che lasciavano quella stanza.

Hermione sospettava che non l’avesse ancora perdonata per aver invitato il Mezzosangue  il giorno della festa.

L’amante del fuxia entrò in quel momento con una risma di pergamene in un braccio e il viso stralunato di chi ha visto un fantasma.

Grenger...” alzai gli occhi.

“Presente” dissi con voce sarcastica.

“ Cosa ci fai a quest’ora in classe?” intanto stava cominciando a entrare la classe così Hermione le rispose serafica.

“Non mi hanno fatto dormire,professoressa” l’allusione fece ridacchiare i Serpeverde già entrati e mormorare i Grifondoro.

“Immagino” replicò dura la donna.

“Ci siete tutti?” chiese a Millicent e a Pansy che stavano chiudendo la porta alle sue spalle.

Hermione distrattamente notò che il suo posto era ancora vuoto.

L’amante del fuxia cominciò a spiegare.

Tutto tacque fino al suono delle due ore.

Hermione solo allora si rese conto che la sua comoda penna porta appunti non si era presentata a lezione.

Le tre ore successive le passò scrivendo, non poteva permettersi un cattivo voto ora.

Uffa che pizza!

Quando finalmente suonò la campanella del pranzo Hermione sentì il suo stomaco fare le fusa e felice si unì ai suoi tre amici per pranzare ma prima di avvicinarsi alla Sala Grande vide un ragazzo interessante.

Pansy andate avanti devo sbrigare una cosa” la bruna voleva replicare ma vide Hermione avvicinarsi al Mezzosangue e sorrise genuina.

“Fagli il culo, Herm” e si allontanò con i suoi amici.

“Mezzosangue, non dovresti fare assenza, lo sai mi manchi molto” la ragazza sorrise quando si avvicinò a lui che sobbalzò e le rivolse lo sguardo strano.

“Mi sono svegliato tardi” continuava a guardarmi strano.

Cosa c’è Mezzosangue, sei taciturno oggi, non reggi l’alcool” continui a sorridere, il Mezzosangue aveva paura, ecco il perché di quello sguardo strano.

“Io reggo benissimo l’alcool” mi avvicinai lentamente a lui ma si scansò di botto.

“Sei stato tu non è vero Malfoy?” rimase in silenzio preso in contropiede da quello che avevo appena detto.

“Hai avvisato i professori una volta che tu e la tua principessa ve ne siete tornati nel dormitorio, volevi farci espellere non è vero”

“Non so di cosa parli”

“Oh Mezzosangue, sei un pessimo bugiardo, sai benissimo cosa intendo” afferrai il Mezzosangue per il colletto immacolato della divisa, nessuno ci poteva vedere.

“Attento Malfoy, per molto meno ho fatto scattare delle risse”

Mmmm...sto tremando di paura” la sua voce tremò leggermente e provò a divincolarsi ma non ci riuscì, ero più forte di lui.

Se fossi in te. Quando torni solo soletto per i corridoi neri della scuola... io controllerei gli angoli. Non sai quante persone puoi trovarci dietro”

“Non ho paura di te e delle tue insulse parole Granger

Lo lasciai andare, lui si riordinò il colletto della divisa cercando di darsi un contegno, e cominciò ad allontanarsi, ma a me faceva troppo ridere quel piccolo omino tronfio, così mi lascia scappare una risatina.

“Dovresti” si fermò un attimo sulla soglia della Sala Comune, sentì la sua figura tremare leggermente, voleva reagire ma non lo fece.

 

Erano passati cinque giorni dalla notte della festa e dalla minaccia della Serpeverde e Draco Malfoy attraversava i corridoi silenziosi della scuola dopo aver concluso il suo bagno caldo nel bagno dei prefetti.

Proprio fra quelle tenebre ricordò come ormai gli capitava tutte le sere a questa parte le parole della Granger:

 “Attento guarda che per molto meno ho fatto scattare delle risse”

Mmmm..stò tremando di paura!”

Se fossi in te. Quando torni solo soletto per i corridoi neri della scuola... io controllerei gli angoli. Non sai quante persone puoi trovarci dietro”

“Non ho paura di te e delle tue insulse parole Granger!”

 “Dovresti”

E allora come succedeva sempre Draco affrettava il passo, correva in modo discreto e solo una volta tornato nella sua stanza e chiusosi la porta in noce dietro le spalle e solo allora, solo quando sentiva il tenue russo di Ron riusciva a tirare un sospiro di sollievo. Da quando la Granger l’aveva minacciato non smetteva un attimo di guardarsi alle spalle. Era sicuro di vedersela comparire con una bacchetta alla mano e un nugolo di picchiatori, perché era quello il modo di risolvere la situazione delle Serpi. E lei non era diversa da tutte loro, anzi era la peggiore..

Così anche quella notte dopo la corsa e il sospiro si infilò fra le coperte e stava per chiudere gli occhi quando si sentì afferrare..

Erano arrivati!

“Lasciatemi!” dissi dando un pugno verso coloro che mi avevano afferrato ma l’ombra rispose con un basso mugugno

Draco ma che ti viene!” era la voce di Harry

Harry tu che diavolo? Mi hai fatto venire un infarto!” dissi, voltandomi verso l’ombra e accedendo la punta della mia bacchetta.

Un ragazzo moro stava seduto sul mio letto e mi guardava con il viso scuro di chi ha qualcosa da dire.

Harry cosa ti succede?”

Draco se tu avessi qualcosa da dirmi me lo diresti vero?” non riuscivo a capire

Si Harry sei il mio migliore amico mi pare logico!”

E allora perché non mi hai detto nulla di Ginny?”

Ginny?!?

“Sai la ragazza con gli occhi azzurri e con i capelli rossi... insomma la mia fidanzata? Ma tu la conosci bene vero?” cominciai a sudare freddo, sentivo in cuor mio che Harry doveva sapere qualcosa ma non sapevo quanto sapeva di quella dannata storia. Ma la domanda era: come l’aveva saputo?

“Questa” mi lanciò una pergamena “È una lettera che mi ha portato il mio gufo. Ne sai qualcosa?”

Guardai la pergamena e ne spiai la scrittura aggraziata, recitava:

 

Harry Potter

Attento! Se fossi in te mi guarderei le spalle, i tuoi nemici sono nelle fila dei tuoi amici piu’ cari. Se non mi credi guarda questa pergamena.

 

In Fede

Un’amica

 

Un altro foglio, lì c’era la mia poesia, la poesia con il nome Ginny e la scrittura era innegabilmente la mia.

“Chi diavolo è quest’amica?”

“Non chi diavolo è Draco, ma dice la verità?” Harry mi guardava serio, non l’avevo mai visto così terribilmente serio.

“Io...Io”non sapevo che pesci prendere.

Sapevo una sola cosa. Una e basta.

Una sola persona sapeva che Ginny era la mia principessa.

Una sola persona poteva divertirsi con così sadici giochi.

Una possedeva la poesia...

E quella persona non doveva proprio fargli quel brutto scherzo.

 

Balsie le sorrise e le sedette accanto. Quando ormai tutti avevano preso posto in Sala Grande, la Serpeverde vide la sua penna prendi appunti entrare tutto baldanzoso nella sala.

“Meno male che è arrivato!” disse mentre aspettava che i piatti di portata comparissero

“Chi?” chiese Blasie

“Mozzarella Mezzosangue” dissi

“Che ti importa?”

“Almeno oggi non dovrò passarmela a scrivere” si guardò le mani che presentavano già tre macchie di inchiostro.

Hermione non aveva notato che la penna prendi appunti, alias Malfoy, aveva puntato al tavolo dei Serpeverde, aveva aggirato il tavolo e la sovrastava.

Cosa diamine vuoi Mezzosangue?” chiese continuando a fissare il tavolo dove finalmente era comparso il tanto agognato pranzo. Ma la ragazza non ebbe il tempo di sentirne nemmeno l’odore.

Il Mezzosangue l’aveva sollevata dal suo posto e l’aveva costretta a voltarsi.

Tutti erano rimasti ghiacciati

“Tu maledetta, lurida, figlia di Mangiamorte delle peggior risma. Come ti sei permessa!”

“Di fare cosa?” era gelida, liberò le gambe dalla panca e gli fu definitivamente di fronte.

“Hai mandato la lettera a Harry, la poesia. Mi hai fatto passare per lo stronzo che non sono. Perché?”

“Io non ho fatto nulla Mozzarella. Non ho il tempo di seguire i tuoi vagheggiamenti da Sangue Sporco, ho fame.

“Non sono vagheggiamenti! Maledetta Puttana”

“Come mi hai chiamata?” si era voltata di nuovo, nei suoi occhi brillava una luce omicida ma la rabbia del biondo era più forte, era tanta che fece una cosa che non aveva mai fatto... picchiò una donna!

Un schiaffo volò sulla sua guancia pallida arrossandola, forse nemmeno tanto forte ma abbastanza per essere un affronto.

Neanche il tempo di un battito di ciglio ed Hermione Granger aveva estratto la bacchetta. Si preparava a fargliela pagare a quel piccolo verme.

Ma non fu così.

 

“Fermi!” la voce della McGrannitt che dall’altro del suo seggio guardava la scena con la sua bacchetta fra le mani.

“Entrambi nel mio ufficio” e senza aggiungere altro, con una potente magia, fece smaterializzare tutti e tre nel suo ufficio.

La predica durò per un ora e mezza e quando si concluse tutte le lezioni erano belle che cominciate così furono rispediti nei loro dormitori, naturalmente separatamente.

Prima la Grenger.

“Signor Malfoy, in fede la lascio andare perché lei in sei anni ci ha sempre dato soddisfazioni e mai problemi, ma dico io giovanotto, proprio la Granger doveva andare a colpire?”

“Preside, sinceramente non mi importa delle conseguenze. Chi mi causa dei problemi paga. Chiunque esso sia.” La preside annuì anche se poco convinta

Comunque sii cauto e limita il tuo girovagare per il castello, anche se io ti terrò d’occhio. I ragazzi di Serpeverde sono molto orgogliosi e non tollerano chi sfiora la loro Regina.

Annuì. Anche se le consideravo false preoccupazioni.

“Ritengo inoltre che la punizione della professoressa Tonks sia terminata. Non voglio trovarti in uno sgabuzzino simile a una polpetta Draco”la preside man mano era tornata al nome come faceva quando ancora era solo una professoressa e Silente non era ancora morto.

“Si, Preside” e in quelle due parole vi era tutto il rispetto che provava per lei.

Draco se hai dei problemi, fammeli sapere, provvederò personalmente”

“Non ce ne saranno, Preside”

La donna annuì insicura e invece io temo di si ma non lo disse al ragazzo che stava già chiudendosi la porta alle spalle.

 

Aveva appena passato il gargoyle che due pallide mani lo sbatterono al muro e lui non ebbe modo di liberarsi. Due occhi ambra lo fissarono con mal celata rabbia.

Malfoy, hai tirato troppo la corda, se fossi in te, mi guarderai alle spalle da domani”

“È una minaccia?”

“Te la farò pagare Malfoy!”

“Allora è una minaccia! Non mi fai paura Granger, le minacce dei tipi come te non mi sfiorano nemmeno”

“Non intendo sfiorarti Feccia!”

“Tremo”

E fai bene, perché sarò io a ‘sfiorarti’, non lo permetterò a nessun altro”

Detto questo lo lasciò al muro, intontito, terrorizzato.

Ora si che doveva guardare dietro ogni angolo.

Perché di tutte le cose stupide che poteva fare, aveva scelto la migliore.

Proprio quella che non doveva fare.

 

 

Fine Capitolo Quinto

 

Ragazzi,

La fine di questo capitolo è un po’…appeso, ora devo decidere, questa settimana sarà più impegnativa che per la mia squadra del cuore, Hermione Granger, disegnata come l’ho disegnata si deve o non si deve vendicare? E se si, come si deve vendicare?

Per oggi non ci sono note importanti è un capitolo di passaggio, per quelle dell’altra volta volevo fare una piccolo chiarimento, tranne alcuni refusi che giuro di correggere appena il maledetto tempo me lo concederà, per il resto la mia scrittura tende a rispecchiare i pensieri dei personaggi, Draco era ubriaco, non so a chi sia capitato ma i miei pensieri in quelle occasioni sono confusi mi capita di parlare anche in terza persona di me. Ma non prendete questo ps come una parata di c**o.

 

Prossimo aggiornamento 18 aprile 2011, Lunedì.

 

Marti

 

 

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Capitolo 6
*** 6- Anche le Regine hanno i loro segreti ***


C6(BG)

Capitolo sei: “Anche le Regine hanno i loro segreti”

 

DRACO

Draco era a terra.

Erano sbucati all’improvviso, come in un incubo mai concluso e ora troneggiavano su di lui, unici padroni della sua miserabile vita, aveva la pelle pallida del viso sporca di fango che lo rendeva irriconoscibile; in tutto e per tutto era simile ai mostri che abitavano quella foresta. Sentiva un bruciore sordo al labbro che gli avevano spaccato in due e da cui usciva molto sangue, il suo sangue impuro che si perdeva nel fango attorno a lui.

Ancora un calcio colpì il fianco destro, sentì le ossa scricchiolare e si contorse cercando di evitare altri calci ma un secondo calcio colpì il fianco sinistro, si toccò il fianco dolorante ma un altro calcio nel medesimo posto gli travolse la mano, qualcuno centrò lo zigomo, schizzò altro sangue, non credeva di averne tanto ma quello continuava a schizzare fuori, non gli rimase che scivolare verso destra aspettando; pregando di non sentire un altro calcio.

Il corpo era percorso da dolori terribili come se i mostri che lo circondavano avessero usato tutti insieme una Cruciatus.

Si richiuse come un riccio, terrorizzato e agonizzante, un calcio alle spalle e delle risate però gli imposero di voltare il capo verso i suoi aguzzini ma la suola di una scarpa gli colpì il volto, un'altra scarica di dolore poi il nulla.

 

Quella settimana era stata una delle più lunghe della sua vita eppure l’aveva affrontata come affrontava sempre affrontato tutto, a testa alta e con coraggio.

Sguardi poco cordiali dai Serpeverde che continuamente schioccavano le nocche nella sua direzione, pacche sulle spalle dai Grifondoro, per un merito che era un oltraggio per lui. Occhiatacce dalle altre case, soprattutto dai ragazzi, fantomatici amanti o ex amanti molto offesi.

Era arrivato con fatica a quel sabato, “miracolosamente incolume”, come sostenevano molti suoi amici, e quando quella mattina era entrato nei sotterranei senza che i soliti sguardi cattivi lo rincorressero era oramai convinto che era tutto superato.

Ma aveva fatto male i suoi conti.

Quel sabato sera era uscito in giardino e si era steso ai limiti della foresta, quasi nell’ombra per non farsi scorgere, proprio per sentirsi più protetto, ma come aveva detto: Aveva sbagliato a fare i conti.

Al suo risveglio se li era trovati intorno, attendevano come a non volerlo disturbare, forse solo per pura malvagità, volevano farlo sentire perso e ci erano riusciti.

Era bastata un’occhiata più attenta per rendersi conto che era senza via di uscita.

Ed era morto.

 

Rivenni subito dopo, o dopo qualche ora, o non so quando...

L’unica cosa che so e che ero ancora tra le grinfie dei miei aguzzini che continuavano a pestarmi con violenza. Come si fa a imprimere tanta violenza nei propri gesti per colpire un essere appartenente alla tua stessa specie?

Anche se per loro un Nato Babbano non doveva essere necessariamente un essere umano.   

Ero in un gabbia di dolore eppure allo stesso tempo mi resi conto che i loro colpi non mi facevano alcun male, non più almeno. Mi avevano trasformato nell’animale che rappresentavo, il mio sangue era sporco e il mio corpo era stanco.

Il nuovo dolore si sovrapponeva al vecchio scivolando via e lasciando solo il vecchio che cominciava a diventare sopportabile.

E la verità era sogno. Il sogno era fantasia.

Il mio mondo erano i miei aguzzini e poi c’era lei.

I miei aguzzini, che continuavano a colpirmi con i loro volti neri ed innaturalmente nascosti alla mia vista con l’uso della magia…

E poi c’era lei..

Lei che al contrario dei picchiatori non si nascondeva, anzi stringeva fra due dita una sigaretta e mi guardava, nei suoi occhi un misto di superbia e disinteresse.

Non avevo mai ascoltato i vagheggiamenti di chi parlava di Hermione Granger come di una dea eppure ora dovevo dar loro ragione.

Hermione Granger, in piedi, illuminata dalla pallida luce della luna, con quello sguardo sembrava anche a me una dea, temibile, crudele dea della vendetta ma pur sempre una dea.

E  così il mio mondo si riempì, oltre  agli aguzzini c’era anche lei, la mia dea.

“Basta” aveva parlato proprio lei, mi venne spontaneo sorridere, non so quanto della mia faccia era rimasto per sorridere ma mi venne spontaneo sorridere; cosa si fa davanti a una dea se non sorridere.

Avanzò verso di me, una voce camuffata le disse che era pericoloso ma lei non si fermò nemmeno un attimo, non fissò nemmeno quell’essere così infimo che nascondeva il suo volto. Guardava solo me, ero terribilmente orgoglioso.

La sua mano destra mi afferrò i capelli, tirò forte, alcune ciocche le sarebbero rimaste fra le dita ma il dolore non arrivò, era tutto ovattato.

“Dici basta Mezzosangue, urla che ti fa male, piangi che vuoi la mamma e tutto questo finirà” perché la mia dea mi diceva che tutto doveva smettere, non volevo che finisse. Il mio mondo era doloroso ma era il mio mondo.

“Non mi sto lamentando” la mia voce era un borbottio, sperai che la mia dea avesse capito ma lei strinse i denti, qualcuno le disse che ero andato, volevo chiedere a quell’individuo dove pensava potessi andare dato che mi costava fatica anche solo rimanere in ginocchio davanti alla mia dea.

“Pregami che finisca” mi stava mettendo alla prova la mia dea, voleva che non lo facessi. Se il gioco finiva, non l’avrei più vista, non potevo rischiare tanto.

“Non ne vedo il motivo” ancora un borbottio, il suoi occhi si spalancarono, lei era sorpresa, avevo sorpreso la dea.

“Vaffanculo Malfoy” sentì qualcosa di bagnato sul mio viso, la dea mi aveva sputato in viso, lasciò andare la mia cute e disse qualcosa agli aguzzi, quelli se ne andarono.

Rimanemmo soli nella foresta. La sentì avvicinarsi a me, ancora una volta.

Mi aveva chiamato con il mio cognome.

Fu quello il mio ultimo pensiero razionale prima che la sua bacchetta cancellasse la mia memoria. Fu allora che urlai.

 

 

 

 

 

NARRATORE

Draco Malfoy era messo male.

Anzi, dire che era messo male, era un eufemismo.

Se Draco Malfoy non fosse stato un mago sarebbe morto: il setto nasale era rotto in più punti; aveva cinque costole rotte e le altre cinque erano incrinate, il braccio destro era fratturato e due dita della mano sinistra aveva seguito lo stesso destino, entrambi gli occhi erano pesti dato che il calcio in faccia gli aveva spaccato gli occhiali ed alcune schegge erano penetrare, fortunatamente, non troppo a fondo nei suo cristallino; un taglio a forma di stella sul fianco destro ed una serie di ematomi e di escoriazioni tali da riempire le parti del corpo che non erano né rotti, né incrinati, né fratturati in più punti.

Sarebbe morto, se non fosse stato un mago.

Il caro angelo, Madama Chips, nella prima mezz’ora in cui gli portarono il Grifondoro lo scambiò per un cadavere più che per un paziente, ma lavorò con solerzia ugualmente, non poteva permettersi errori, di nessun tipo.

Gli somministrò con fatica due pozioni rigeneranti, il corpo riassorbì tutti gli ematomi che gli erano comparsi e con tre gocce di Essenza di Dittamo  i tagli superficiali si rimarginarono, subito dopo si rigenerò un sottile strato di pelle nuova, ugualmente l’infermiera preferì bendarli per un paio di giorni.

Dopo aver inviato un gufo al San Mungo, aveva ricevuto una pozione portentosa e rarissima che ridava la vista a chi non riusciva a vedere a causa di un incidente. La sua vista migliorò in modo straordinario tanto che non avrebbe più dovuto utilizzare gli occhiali.

Il braccio e le dita tornarono al loro posto in pochi secondi.

“Quello che potevo fare l’ho fatto”, sbottò Madama Chips a coloro chiedessero di Draco.

 

DRACO

Mi risvegliai all’inferno?

No, nell’infermeria. Ma non per questo il risveglio fu più piacevole.

Dolori ovunque me lo fecero desiderare.

Una dama pallida passava ogni tanto con una pozione e delle bende. Una mano fresca sulla fronte e una voce pacata da angelo.

Passò molto tempo, non so dire quanto, l’infermeria mette in discussione le categorie di spazio e di tempo, so solo che ad un tratto avvertì una presenza accanto a me e mi stupì nel riuscire ad aprire gli occhi.

Mi ritrovai accanto un Harry Potter un po’ pallido.

Harry?”  puntò due spauriti occhi su di me, aveva le occhiaie come se non avesse dormito bene, non indossava gli occhiali e il suo sguardo spaurito era appannato dalla cecità.

“Come stai?” che domanda sciocca, ma il suo viso pallido e gli occhi pieni di preoccupazione ingentilirono la mia rispostaccia, povero Harry dopotutto si vedeva che aveva vegliato su di me per lungo tempo.

“Ho visto giorni migliori” risposi flebile abbozzando un sorriso che mi portò una scarica di dolore che trasformarono quel sorriso in un ghigno di dolore.

Il silenzio cadde nuovamente, d'altronde che cosa aggiungere?

“Mi dispiace” lo guardai, ma lui non fece lo stesso, me lo negò, guardando terrorizzato verso il lenzuolo che mi copriva le gambe. Aveva paura che gli dicessi di no, che non lo volevo perdonare che non volevo alleggerire la sua coscienza dalla grave colpa di aver lasciato solo un amico, il suo migliore amico,

Perché amico?”chiesi piano, come se non ricordassi che durante la settimana più dura della mia vita lui mi era stato lontano, taciturno e crudelmente indifferente.

Lui non rispose, io chiesi ancora.

Cosa mi è successo?” era strano, ricordavo la paura di essere picchiato, ricordavo di essere picchiato, dato il dolore lancinante che provavo ora, ma non ricordo come.

“Ti hanno trovato nella foresta proibita, più morto che vivo, sopra di te galleggiava il Mors Morde  ero scioccato, credevo che a colpirmi era stata una banda di Serpeverde guidata dalla Granger.

“Mi potrai mai perdonare Draco” lo guardai ancora ma lui si ostinava a mantenere il capo giù, la notizia del mio brutale pestaggio doveva essere stato veramente troppo anche per l’orgoglio dei Grifondoro.

“Per aver creduto a quella lettera” aggiunse, come se avessi dimenticato anche quella parte. Fingere o dire la verità?

“Non ti preoccupare, sei il mio migliore amico, non devi scusarti” Fingere... Era di gran lunga più semplice.

“È stata lei a mandare quella lettera?” il suo sguardo si alzò improvvisamente nei miei. La lei sapevamo bene chi era, lo sapevamo tutt’è due chi era.

“Si” la maschera di Draco Malfoy era tornata a coprirmi il volto, purtroppo l’amore è così, crea delle maschere.

“Come ha fatto?” questa volta guidavo io il gioco. Un gioco spietato, fatto di menzogne e omissioni, ma pur sempre un gioco controllato da me.

“Ha notato la mia scrittura, anzi le ho persino prestato i miei appunti dovrà aver creato quella poesia usandoli” come sono bravo a inventare palle!

Perché deve aver fatto una cosa così cattiva?” Perché è una stronza e io sono un codardo!

“Non lo so Harry, quella è una Serpeverde è nella loro natura mentire e fare cattiverie”

“Credi che i Mangiamorte li abbia mandati lei? Cosa ricordi?” mi concentrai per ricordare; una foresta scura, come la bara di un morto, il fango, le risate divertite e poi un raggio di luna, una sigaretta e…ah!

Urlai come un ossesso. Sentì Harry alzarsi, la dama angelica passare nuovamente al mio fianco, introdurre nella mia bocca qualcosa. Sgridò il mio amico e poi uscì.

“Mi raccomando, guarisci in fretta”

 

HERMIONE

 

Sotterranei silenziosi, il Barone quel giorno non si scatenava, invece di esplodere quel giorno aveva deciso di implodere, scatenava il suo dolore su se stesso. Hermione se ne stava stesa sul suo letto, aveva schiavizzato due ragazzi di Tassorosso e uno di Corvonero per farle i compiti che le mancavano, quel giorno non aveva voglia di studiare e di genuflettersi nel fare i compiti.

Le mancavano le catene e le urla del Barone, segretamente le facevano più paura i suoi silenzi che le sue urla. Il silenzio è dei morti, le urla di chi continua a vivere.

Perché sei andata ad assistere al suo pestaggio?” nessun salamelecco iniziale, nessuno buona sera Hermione sono quel coglione del tuo amico che è venuto a romperti le scatole con la sua prudenza del cavolo.  

“Allora?” insistette ancora. Blaise le stava facendole il cosiddetto quarto grado ed Hermione non lo sopportava più.

“Basta Blaise” ma il moro sembrò non ascoltare.

“Ti sei spinta troppo oltre, capisco le maledizioni come il Crucio o anche l’Impero, è un tuo vizio, uno cerca di venirti incontro ma ti rendi conto che hai evocato un Mors Morde? Tu? La Purosangue troppo annoiata per fare la Mangiamorte?” sbuffai ancora.

Quando fai così mi metti ansia, smettila!”

“Non mi importa. Voglio sapere perché rischi la tua permanenza in questo luogo per un Mezzosangue da strapazzo!”

“Ma tanto comunque lo immagineranno tutti”

Ma questa è una cosa diversa! Ora se quel cretino parlerà gli faranno la Legimens …”

“Gli ho cancellato la memoria” se possibile Blaise sembrò ancora più terrorizzato.

“E’ illegale. Per questo non ti sbatterebbero solo fuori da Hogwarts ma ti rinchiuderebbero ad Azkaban” la ragazza si massaggiò lentamente le meningi, Blaise era deleterio per la sua mente.

“E’ un incantesimo di mia invenzione, non cancella la memoria nel senso convenzionale, legalmente sono salva da Azkaban, imprime ai ricordi singoli un dolore intenso e ramificato nel cervelletto, per estrargli quell’informazione dovrebbero solo spappolargli il cervelletto”

“Tu forse non hai afferrato il concetto! Tu non devi essere espulsa!” le aveva afferrato le spalle e la scuoteva.

“Blaise basta, ho mal di testa. Voglio andare a dormire!” Blaise la lasciò ed Hermione si massaggiò le spalle, sicuramente quel coglione le aveva lasciato i segni. Si voltò e si sbottonò la camicia per potersi controllare le braccia e porvi rimedio prima che i segni si formassero.

Se ti espellono. Tuo padre ne sarà deluso”

“Non sarebbe la prima volta” la voce di Hermione era amara; la sua pelle era solo arrossata, non rischiava alcun ematoma, Blaise era come al solito bravo a non lasciare segni, era un bravo amante anche per questo, non lasciava mai segni di se.

Avevo sonno, un sonno pazzesco. Scalciò le coperte e si stese tra loro.

“Non hai risposto alla  mia domanda” Blaise non demordeva, questa volta non voleva darmela vinta. Mi arresi, ero troppo stanca per giocare con lui.

“Quale delle tante?” sbuffai, avevo chiuso gli occhi, avevo un gran sonno.

Perché sei andata ad assistere al pestaggio senza nemmeno una protezione?” sapeva che Blaise la stava guardando, sentiva il suo sguardo che le perforava la nuca. Il mal di testa continuava a salire, incorreggibile.

Perché era andata ad assistere al pestaggio senza nemmeno una protezione?

Che domanda sciocca, lei andava sempre ad assistere alle risse, le piaceva starsene immobile a fissare quella violenza reiterata, le piaceva il momento in cui le persone smettevano di esserlo e si comportavano come belve.

Suo padre le aveva sempre detto che le persone amavano stasarsene con la loro bella maschera sul viso, fingendo di essere educate e civili, ma in realtà se ne stavano una accanto all’altra attendendo solo il momento di azzannare alla gola. Per riuscire nella vita, diceva sempre suo padre, bisognava cogliere il momento in cui la persona civile smetteva di esserlo e ti cercava la giugulare per azzannarti; chi continua a vivere, ha la vittoria in pugno.

“Volevo vedere il Mezzosangue smettere di essere la personcina educata e controllata, volevo smascherarlo, fargli smettere i suoi abiti da prefetto…”

Dici basta Mezzosangue, urla che ti fa male, piangi che vuoi la mamma e tutto questo finirà…

“Lo volevo vedere piangere, invocare il mio perdono, normalmente lo fanno sai Blaise, molti quando si rendono conto che sono senza una via di fuga cominciano a urlare, altri lottano come animali feroci come se fossero dieci uomini, ma non avevo mai visto nessuno così…”

Non mi sto lamentando..

“Così come ?” la voce di Blaise era lì, continuava ad ascoltarmi, pensavo se ne fosse andato, invece era rimasto a guardare, a sentire quello che dovevo dire.

“Lui se né rimasto in silenzio, ti rendi conto, non ha fatto nulla, ha capito di essere spacciato e si è lasciato andare, non ha fatto altro che incassare, ma chi crede di essere? Un santo?”

Pregami che finisca..

Se né rimasto lì in silenzio, con quella specie di sorriso sulla faccia, mi sorrideva sai? Si prendeva gioco di me con quella sua faccia sporca; era in ginocchio con la faccia sfondata e lui che faceva? Sorrideva sereno..

Non ne vedo il motivo…

“Come diavolo si spezza una persona simile che anche quando l’umili sembra sempre avere la sua dignità…?” mi accorsi di aver parlato troppo, vedevo Blaise guardarmi con quell’espressione strana che hanno le persone quando credono di aver capito tutto.

“Ora basta. Spero che hai capito. Ho sonno. Vai via”  e lui se ne andò davvero con quella sua faccia da saggio che aveva capito tutto, che c’era da capire non lo so, ma lui aveva capito qualcosa e dalla faccia che aveva fatto, quello che aveva capito non gli piaceva affatto.

 

BLAISE

 

Hermione dormiva fra le sue lenzuola, poche volte mi era apparsa così, vulnerabile e tenace allo stesso tempo, una caratteristica che possedeva solo Hermione. Quando le avevo parlato del pestaggio, non volevo provocarla, non solo almeno, volevo che lei divenisse più prudente ma come al solito si era messa sulla difensiva e mi aveva mandato via.

Ora non poteva mandarmi via e così me ne rimasi accanto al letto a guardarla dormire. Capivo perché non dormiva mai accanto a nessuno.

Era così delicata fra le coperte. E il mondo con lei sapeva essere così crudele.

Non dubitavo che se avesse mostrato quella delicatezza a qualcuno, quest’ultimo non avrebbe impiegato molto a distruggere quella piccola donna.

E non poteva permetterlo.

Perché mi fissi?”

“Il Mezzosangue è stato dimesso dall’infermeria” non volevo essere così duro ma il mio tono non ebbe nulla di tenero, così ancora una volta Hermione fece quella cosa con le ciglia, la odiavo e mi incantava per quella singolare cosa che la faceva apparire terribilmente circospetta.

“Vuoi che urli un evviva e faccia un balletto o ti basta che ne prenda mentalmente nota” sarcasmo, arma a doppio taglio.

“Vorrei che tu non fossi sarcastica”

E io che tu non entrassi nella mia stanza, senza un buon motivo” si scostò il lenzuolo, aveva la camicia da notte di mussolina bianca le arrivava a metà di quelle meravigliose gambe che si ritrovava. Non è questo il momento Blaise, sei venuto per un motivo serio.

“E’ stato portato dalla preside” non ebbe reazione, continuò a non averle.

“Bene”

“Un corno Herm, bene sto cavolo! Sei sicura che quel tuo maledetto incantesimo non sia facilmente rimovibile? Che non devono affatto fare quella cosa disgustosa con il cervelletto? Hai pagato bene quei ragazzi del quinto anno, non è che ti tradirebbero? E la tua bacchetta? Hai preso la sostituta quando sei andata alla rissa? Quella che non hai registrato” si coprì le orecchie con le mani, sembrava una bimba la mia Hermione.

La mia Hermione

Si e si e si e si e si Blaise, si all’infinito, ho preso tutte le premure necessarie con quel maledetto Sangue Sporco, non sono un imbecille…Esci IMMEDIATAMENTE da questa stanza” non aspettò la mia risposta, schizzò in bagno e sbatté forte la porta dietro di se.

La mia Hermione, non era affatto mia.

 

DRACO

Pomeriggio inoltrato, la torre della presidenza si trovava in linea d’aria con la torre dei Grifondoro, una bella luce arancione riluceva attraverso le finestre e il cielo blu prendeva le strane tonalità del violetto quando si mischiava all’arancio.

La preside accolse Malfoy con uno sguardo preoccupato e un viso tirato:

Draco, ragazzo mio, stai bene?” la fissò con garbo Draco, non si sentiva più male, anzi dopo il suo risveglio il dolore era andato affievolendosi sempre più fino a scomparire e non era più tornato, anzi il dolore che ricordava era così lontano che non credeva gli fosse accaduto veramente. Sembrava quasi un sogno, un incubo per intenderci, però aveva gli stessi confini ovattati e poco plausibili. Le sorrise piano, incoraggiante, cose se educatamente volesse darle una pacca sulla spalla.

“Ora si professoressa.” Non riusciva a chiamarla preside, non per mancanza di rispetto, lui rispettava molto quella donnina forte e ardimentosa, ma non era lui. E lei lo sapeva.

Cosa ti è accaduto?” gli occhi cenere penetrarono negli occhi nocciola dell’ex insegnate e per un attimo il biondo fu tentato di dire qualcosa, un tassello che non si collegava agli altri, qualcosa che continuava a sfuggire alla sua mente, un punto che appena analizzava...

Ah! Ah!

Draco, ragazzo mio, cosa succede? Mi avevi detto che non avevi nessun altro dolore” lasciò che il dolore scemasse e si rese conto che quel tassello era la risposta a tutte le sue domande.

“Quello che è successo deve essere analizzato, più a fondo, professoressa, la prego mi faccia l’incantesimo” la preside annuì e afferrò la sua bacchetta, aveva la mano elegante delle donne di altri tempi. Il viso concentrato di chi la sa lunga.

Legimens” la notte tornò a chiudersi su di lui, la foresta era piena di rumori, dormiva, alle spalle tre figure scure, una più chiara poi altre due figure scure.

Aveva aperto gli occhi e le cinque figure scure gli erano piombate addosso, voraci come lupi selvaggi, vedeva la violenza e la risentiva attraverso le ferite guarite, le ossa che tremavano. Aveva ragione chi diceva che la pelle ha una memoria tutta sua. Le mani di Draco tremavano senza alcun controllo. Non faceva niente per controllarle.

E poi svenne, rivenne e le botte finirono, la figura chiara venne alla luce e..

AH! AH! AH! AH!

Un dolore sordo esplose nella sua mente, tutto si fece bianco intorno a se, sentì un dolore nuovo sul ginocchio, carte che cadevano a terra.

Sapore metallico di sangue.

“Basta” era stata la sua bocca oppure era stata quella della McGrannit, non lo avrebbe saputo dire, ma il dolore smise.

Questo incantesimo è oscuro e potente, non ne ho mai visto di simili” la professoressa aveva il viso arrossato ed impaurito.

“Crede davvero che ci siano i Mangiamorte dietro a tutta questa storia?”

“No, non lo credo affatto. Potremmo ritentare con la Legimens per esserne sicuri” disse subito, Draco intuì che la preside era restia a continuare l’operazione, doveva essere molto tesa, perché si torturò le mani in modo terribile.

“No” deciso, la preside lo fissò scettica, ma sorrise comprensiva e gli fece far ritorno al suo dormitorio, ed era lì che lo aspettava un ottima notizia...

 

BLAISE

 

Herm!” credevo di vederla uscire da quel dannato bagno dopo tre ore, ma invece mi ritrovavo ogni mezz’ora ad affacciarmi alla porta e trovavo sempre lo stesso problema; la porta era chiusa. Tutto intorno la stanza era immobile in quell’insolito silenzio che permeava l’aria, nemmeno l’odore di sigaretta proveniva più, il sapore di Hermione se ne stava andando.

“Un attimo Blaise”

Un rumore strozzato provenne al di fuori. Che era stato?

Hermione doveva aver dimenticato di insonorizzato la camera perchè altri rumori strani riempirono la stanza: legno che cadeva, acqua che scrosciava, pelle che scivolava e poi il suono che mi aveva atterrito maggiormente, sembrava come se qualcuno non poteva respirare e annaspava in cerca d’aria.

“Cavolo Herm ma che stai facendo?”  cercai di forzare la pesante porta di legno “Apri o la sfondo!” nessuno risposta.

Un altro rumore soffocato.

“Guarda che io la sfondo” ancora silenzio

Dio cosa stava succedendo?

Detti una poderosa spallata alla porta, poi un'altra e un’altra ancora fin quando il legno non si piegò a tale violenza rivelandomi l’interno.

Quello che vidi mi scosse profondamente.

 

DRACO

Quando entrai nella mia stanza vi trovai riuniti tutti i miei compagni: ci fu chi mi guardò con attenzione prima di abbracciarmi per paura di farmi del male, chi non se né curò tantissimo e mi dava pacche fin troppo inopportune sulla schiena e chi mostrava la sua gioia in silenzio, sorridendomi, come faceva Ginevra.

La osservai cautamente, ero stato totalmente scagionato da Harry, ma temevo di essere colto nuovamente in fallo, non potevo farmi picchiare e ridurre in fin di vita ogni volta. Anche se per vederla con quel sorriso, ne sarebbe valsa la pena.

Il discorso di estrema importanza che conducevano prima del mio arrivo ricominciò è fui subito al centro dell’attenzione di tutti.

“Domenica prossima ci aspetta qualcosa di grande ES, dobbiamo compiere una scelta difficile ed ardua…Che cosa organizziamo quando andiamo ad Hogsmade?” tutti si voltarono verso di me, l’onore della prima ipotesi toccava a me.

“Beh, io proporrei i “Tre Manici di Scopa” dopo aver visionato una bellissima libreria che ha aperto da poco, non ricordo il suo nome ma dovrebbe essere del titolare del Ghirigoro” molti occhi mi fissarono interrogativi, secondo me si chiedevano se parlassi seriamente o meno.

“No Draco niente libreria su, l’unico week end che passiamo fuori da questa scuola piena  zeppa di libri e tu vorresti andare ad Hogsmade per cercarne di altri? No, no, no, io voto decisamente no” Harry mi guardò dispiaciuto come se volesse dire le stesse cose di Ron senza però ferire i miei sentimenti.

“D’accordo, non è una brillante idea, allora proponete voi, credo davvero di meritare comunque un po’ di divertimento” molti risero e altre voci si sovrapposero fra loro, Harry mi rivolse uno sguardo ridente.

Mi discostai leggermente dalla discussione e svuotai la borsa poggiata sul mio letto che qualcuno mi aveva preparato di fretta e furia con biancheria e qualche rivista e libro per farmi passare il tempo in infermeria.

Una settimana di lezioni perse, mi sarei voluto mangiare le mani ma cercai di non pensarci.

Mi ero riposato.

La biancheria sporca la misi nel cesto della biancheria, appena avrei chiuso il coperchio la biancheria sarebbe scomparsa per ricomparire nella lavanderia; i libri li posai sul comodino, vecchi trattati di magia oramai superati ma comunque molto graziosi.

La rivista invece la posai sul letto di Zacary, era indubbiamente sua e anche sostanzialmente inutile ma apprezzai comunque il gesto. In verità avevo letto anche la rivista e mi ero divertito davvero molto.

Il tonfo della rivista arrivò parallelamente al silenzio della stanza, Zacary si voltò verso il suo letto fissando la rivista che era arrivata sul copriletto.

“Piaciuta? So che non è il tu genere ma dopo una rissa ho pensato che ti servisse” gli sorrisi gentilmente, non sapeva quanto mi avesse aiutato.

“Hai dato a Draco una rivista di lotta libera?” chiese Ron sorpreso.

“Nono, è una rivista seria si chiama Mago in forma” sembrava offeso e non ebbi cuore di ridacchiare, era stato così caro.

Draco che cavolo sta facendo il tuo gufo alla finestra?” sbigottito il rosso guardava il pennuto che graffiava la vetrata della stanza, sbattendo le ali affaticato.

“Stringe un pacco nel becco” aggiunse Harry, notando anche lui il grande barbagianni dal piumaggio cinereo.

Mi avvicinai alla finestra e tolsi il fardello al mio soffice pennuto, gli porsi due croccantini e una carezza fra le piume del capo.

“Grazie Furia” lo avevo chiamato come Furia, il cavallo del West, un telefilm che guardavo da bambino nel mio soggiorno babbano, avevo detto alla nonna se potevo avere un cavallo nero come il famoso Furia ma mia nonna mi aveva sconsigliato i cavalli perché non era adatti a un bambino della mia età. Così il primo animale che mi ero riuscito a comprare era stato di diritto Furia, soprannominato dai mie amici che amavano prendermi in giro: Furia, il barbagianni del West.

Furia tornò sulla voliera, mi mancava quel bel barbagianni soffice, era silenzioso e intelligente, due caratteristiche che apprezzavo moltissimo negli altri; anche negli animali.

“Questo Ron” e un sorriso mi comparve sul viso quando vidi cos’era, “è il mio segreto”.

 

BLAISE

 

Hermione Granger, l’orgogliosa figlia di Serpeverde quella che più o meno sarcasticamente qualcuno chiamava la Regina o addirittura la Dea

Quella, non una sua sosia, era in terra, in una pozza di vomito.

Herm cos’è successo?” Hermione doveva stare davvero male perché si accorse distrattamente di quello che le succedeva accanto.

Il viso normalmente pallido e affilato era sudato, grigiastro e totalmente stravolto dal disgusto della nausea.

I lunghi capelli ondulati si incollavano alla fronte e le braccia cercavano di stringersi intorno al suo corpo, non capivo se per proteggersi o per aggredirsi.

“Non mi sento bene, credo di aver mangiato troppo ultimamente” mi accovacciai al suo fianco, totalmente indifferente all’acqua e al vomito che la circondava. Le scostai con delicatezza una ciocca sudata dalla fronte.

“Più che aver mangiato troppo, secondo me, ultimamente ti ha fatto male mangiare” le afferrai le spalle e le sentì gelide sotto le dita.

“Ma cosa dici” aveva la voce debole, era chiaramente debole eppure aveva ancora la forza se non minima di contrastare le mie premure, ma questa volta non mi feci distrarre dal rispetto, non ora, la alzai di peso e attraversai il suo grande bagno fino alla vasca in ceramica con i piedini in oro a forma di spire di serpe.

Blaaa lasciami” aveva la voce roca, non le diedi ascolto e mi resi conto di essere arrabbiata con lei, molto arrabbiata con lei.

La depositai nella vasca da bagno ed Hermione chiuse gli occhi emettendo un lungo sospiro come se cercasse di ricaricare le forze dopo aver corso troppo. Mi voltai per controllare i danni al bagno; due Gratta e Netta e alcuni Reparo, perché Hermione doveva aver avuto una crisi di nervi, rovesciando o schiantando al muro alcune ampolle di profumi femminili, l’odore nauseabondo veniva da quelli non dalla macchia di vomito che avevo rimosso.

Lindo e pulito.

Afferrai un asciugamano verde argento e lo inumidì sotto il getto d’acqua del lavandino e mi avvicinai alla vasca, Hermione rimase con gli occhi testardamente chiusi, forse per non guardarmi mentre mi prendevo cura di lei, era sempre stata orgogliosa della sua autonomia, doveva considerare il mio comportamento come mera compassione. Con l’asciugamano le accarezzai la bocca e la guance ripulendola, gettai l’asciugamano nel cesto della biancheria sporca.

Tornai a guardala, lì stasa nella vasca, con gli occhi ostinatamente chiusi e le labbra leggermente socchiuse, sperai che non riaprisse quei dannati occhi che le indurivano quel viso altrimenti talmente dolce.

Prima di aprire il rubinetto dell’acqua calda comincia a sbottonarle la camicia, bottoncino dopo bottoncino procedendo lentamente per non disturbarla..

Per non farle aprire quei dannati occhi

Fortunatamente aveva solo una camicia e la biancheria intima, sarebbe stata una operazione più veloce. Come se fosse stata una bambolina le appoggia la testa sulla mia spalla, con delicatezza e le sfilai le maniche della camicia, togliendole quell’indumento umido..

Quei maledetti occhi che le indurivano quel viso..

Solo in biancheria scura, con quella pelle bianca e quel viso così rilassato era davvero bellissima, le portai un lungo riccio dietro l’orecchio e andai piano a sfiorare gli slip, mi vergognavo ma non potevo lavarla con la biancheria, stetti un secondo sull’elastico degli slip..

“Guarda che non sono molto propensa per questi giochetti, sto un po’ male” mi sentì un ragazzino alle prime armi ed insieme mi sentì profondamente arrabbiato e la guardai di nuovo in viso..

Quel viso altrimenti talmente dolce…

“Non abbastanza per fare silenzio a quanto pare” aprì di botto l’acqua calda, sobbalzò per il calore improvviso sulla carne freddissima. Ero molto arrabbiato.

“Non sono mai troppo debole per questo” sorrise leggermente e mi ritrovai a sorriderle di rimando. Hermione era così, riusciva a sorprenderti sempre.

“Me ne vado, lavati via quello schifo da sola” il suo sguardo si fissò nel mio, una mano pallida afferrò piano la mia camicia.

“Fammi compagnia” volevo dirle che avevo altro da fare che mettermi a fare la balia ma non mi riuscì di dirle no, le mie ginocchia si erano già piegate accanto alla vasca.

 

Herm sono preoccupato per te, ora lo sono davvero tanto. Cosa stavi facendo in quel bagno?” Hermione si frizionava i capelli con l’ascugamano, indossava una vestaglia di lana morbidissima e sembrava quasi un angelo, se non fosse stato..

Per quei dannati occhi

Mi fissò ancora una volta, era stupefacente la rapidità con cui era di nuovo bella e implacabile, davvero come una dea mitologica, gli occhi ambra erano di nuovo gelidi, come sempre.

“Secondo te?” era ironica ed io ero ancora arrabbiato con lei.

“Vuoi davvero sapere cosa penso?”

“No”

“Secondo me tu sei diventata una di quelle cretine che non mangia e se lo fa vomita”  Hermione sollevò un sopracciglio, era leggermente infastidita da quell’implicita offesa che le avevo fatto.

“Non te l’avevo chiesto” rispose asciutta, mi venne spontaneo sorriderle, lei continuò a non gradire il mio sarcasmo poi cambiò tono, così all’improvviso.

Ma bravo! Hai scoperto il mio segreto” passò la bacchetta nei ricci facendo fuoriuscire dalla punta aria calda e odorosa, un altro incantesimo che aveva scovato in un vecchio libro, ad Hermione piaceva molto leggere ma non le cose che le venivano ordinate o imposte di studiare.

“Il tuo segreto? Credevo che ne avevi altri, più interessanti…” non sapevo perché non sapevo nemmeno come, ma improvvisamente avevamo cominciato a giocare, come se non stessi più parlando seriamente come volevo. Mi piaceva giocare con lei e a questi giochi arrivavo sempre impreparato, infatti non riuscivo mai a resisterle.

La bacchetta si fermò, perché i capelli erano del tutto asciutti, appoggiò la bacchetta accanto a se e si avvicinò nuovamente a me. Il suo viso era pensoso.

“Effettivamente tu conosci molti dei miei segreti, questo sicuramente non è il solo ma…”

“ E’ il peggiore?” le suggerì non riuscivo a guardarla, non volevo perdere il controllo, non volevo cambiare discorso eppure ad ogni sillaba che quelle bellissime labbra articolavano avevo un colpo al cuore.

“No, non ho segreti peggiori. Ne ho solo di negativi” appoggiò le sue mani su di me e sentì il suo peso posarsi sul mio corpo, la vestaglia le aveva riscaldato la pelle, ora sembravo io quello freddo e lei quella calda.

“Pensandoci sono tutti negativi! Perché se una cosa è segreta non può essere positiva” aveva le labbra a pochi centimetri di distanza da me, potevo sentire il suo respiro su di me e fremevo, non riuscivo a smettere di guardarle quelle sue bellissime labbra.

La vide ridacchiare piano, quando faceva così gli ricordava se stessa tanto tempo prima, effettivamente Hermione non era sempre stata così, tempo addietro, era una ragazza con un visino da bambina e tanti anni addietro l’aveva conosciuta ad una festa, con quel vestito da bambola e le guance leggermente paffute e arrossate.

Cosa pensi?”

“Penso a come eri bella quando avevi il viso da bambina” se aveva le sue labbra protese per un bacio improvvisamente se le trovò lontane e atteggiate a una rigida espressione sconcertata.

“Ti ringrazio per l’eri” risi e la tirai al mio fianco, desideravo quelle labbra dalla sera della festa quando avevo resistito al nostro solito gioco per la rabbia che mi era montata sapendola a letto con quel cretino, ma oggi, non credo che le avrei resistito nemmeno se la trovavo a letto con due ragazzi carini.

La baciai con gentilezza, quasi con soggezione, aveva la bocca liscia e morbida, l’interno della bocca sapeva della menta contenuta nel dentifricio. Quando le lasciai le labbra la continuai a stringere a me.

“Perché sei cambiata?” gli posai una mano sulla guancia con un tocco leggero, non gli volevo porre una domanda, non avrebbe avuto alcun senso porle una domanda simile “Quando hai smesso di essere una bambina ridente e hai cominciato ad essere un adolescente complessata?” batté le palpebre più di una volta, sembrava sorpresa perché il gioco si era interrotto così velocemente.

“Io non ho nessun complesso” ancora quella faccia. Di nuovo gelida, ancora orgogliosa. La mia mano cadde impotente dinanzi a questa espressione.

Herm, non fare quella faccia, lo sai che io lo dico per il tuo bene perché ti voglio troppo bene per lasciarti stare”

“Lo so Blaise che mi vuoi bene” la sua mano destra si posò sulla mia ma non sentì la morbidezza della sua mano, bensì la durezza del legno.

Cosa vuoi fare?” lei mi sorrise mestamente, e posò le sue labbra sulle mie, un sussurro “Oblivion”.

Non provai nemmeno a reagire, il bacio mi aveva imbrogliato, lei mi aveva imbrogliato, così non mi rimase che ricadere pesantemente sulla stoffa della copertura, non capivo perché mi trovavo di nuovo lì, stavo per andare in bagno a far uscire Hermione, alzai lo sguardo, era lì al mio fianco.

“Per questo motivo ti cancello queste immagini, perché il mio segreto è troppo pericoloso anche per labbra amiche” la fissai stupito, che immagini mi aveva cancellato dalla mente? Mi fissava timidamente troneggiando sopra di me.

“Sai anche le regine hanno i loro segreti. Ma i segreti di una Regina rappresentano una debolezza imperdonabile che potrebbe portare a un colpo di stato”

Che vuol dire Hermione? Non capisco” lei mi posò un dito sulle labbra, con la coda dell’occhio vidi una bacchetta, la sua.

“Non ci pensare Blaise, dormi”

Poi ricaddi sul materasso, in un nero innaturale, senza sogni e senza segreti.

 

Fine del sesto capitolo

 

Ragazzi,

Il settimo capitolo sarà veramente duro da scrivere, temo che il solito aggiornamento settimanale dovrà slittare di almeno due tre giorni sulla solita scadenza. Fortunatamente la pausa pasquale, il mio improvviso contrattempo universitario ed inderogabile coincidono con un periodo di stallo dei personaggi.

Il prossimo aggiornamento porterà nuove distanze e vecchi rancori e…vi piacerebbe scoprire altri dei segreti di Hermione Granger?

 

PICCOLO APPUNTO: Una malattia come l’anoressia/bulimia, non è un argomento da prendere alla leggera, se qualcuno si dovesse ritenere offeso dalla trattazione leggera con cui viene “trattata” questa malattia in prima persona, me ne scuso e mi offro di spiegare in breve il motivo di tale decisione.

Ho immaginato come un ragazzo di 16-17 anni possa affrontare una malattia così delicata, dovete sapere che molti la considerano solo come uno sciocco momento adolescenziale e quindi ecco spiegato il termine con cui Blaise chiama Hermione, cretina.

Non mi sento come questo personaggio di giudicare positivamente o negativamente la protagonista, ma quella di cui stiamo parlando è una malattia che conduce all’autodistruzione, quindi pur esimendomi da qualsiasi giudizio di merito su tale delicata faccenda, proverò ad affrontare questo dato, che oggettivamente è del tutto estraneo a tutti i personaggi attualmente (anche a Blaise dato l’incantesimo di Hermione) con le dovute pinze.

Se doveste avere qualsivoglia nota da suggerirmi in questa spinosa faccenda sarò lieta di riceverla.

 

Prossimo aggiornamento  28 Aprile 2011, ora variabile.

 

Marti

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Capitolo 7
*** 7- Le cattive notizie non arrivano mai da sole, parte I ***


C7(BG)

Capitolo sette: “Le cattive notizie non arrivano mai da sole - parte I”

 

MINERVA

 

Vivevo al castello di Hogwarts da sessantasette anni, ovvero avevo passato più della metà della mia esistenza in quel luogo magico e avvolto da strani e sinistri misteri. Il mio primo giorno di scuola, undici anni, casa Grifondoro, alla prima ora avevo la mia prima materia totalmente magica: Trasfigurazioni.

Trasfigurazioni era insegnata da un giovane professore di appena trent’anni con una veste azzurra e un mantello blu notte, il suo nome era Albus Silente.

A quel tempo non conoscevo le magnifiche gesta di quell’uomo dall’aspetto singolare e dal fascino invidiabile.

Alcune mie compagna di casa trasfiguravano continuamente oggetti in biglietti chiaramente stucchevoli e all’indirizzo del professore. Lui sorrideva quando riceveva questi biglietti, si complimentava per la trasfigurazione, dava loro alcuni suggerimenti su come affinare maggiormente i fogli e poi li conservava nel suo cassettino. Le ragazze del mio corso ridacchiavano e arrossivano, la volta dopo le trasfigurazioni miglioravano e le ragazze si facevano più audaci, avevo individuato alcuni bigliettini che lo inseguivano al bagno o nella sua stanza personale.

Il professor Silente era davvero disperato, non riusciva a fare dieci passi senza trovarsi un bigliettino che gli cozzava alle spalle per essere letto.

Albus perché non vieti alle tue ragazze di inviarti questi maledetti post-it?” a parlare era stato il professore Lumacorno, il direttore della casa Serpeverde, mi nascosi dietro una colonna per non farmi scorgere dai due professori e poi feci qualcosa non avrei mai pensato di fare: origliai la loro conversazione.

Horance, caro, mi sembrerebbe oltremodo insopportabile il pensiero di spegnere l’ardore adolescenziale di quelle ragazze, non perché ne voglia approfittare, lungi da me ma semplicemente perché, guarda bene questi post-it, le ragazze non sapevano trasfigurare nemmeno una moneta in una biglia ed ora riescono a trasfigurare mobilia davvero grande in decine e decine di piccoli e sottili post-it ed hai notato le frasi?” il professor Lumacorno fissava il suo collega con un paio d’occhi veramente grandi e nemmeno io potevo dire di non fissarlo allo stesso modo. Quello che stava dicendo Silente aveva qualcosa di giusto e geniale ma non riuscivo a comprendere il perché di quel sadico giochino.

Professore quando la intravedo nei corridoio il mio cuore compie una capriola all’indietro e una in avanti… interessante metafora….Professore, su ali di fata le conduco le mie parole: la idolatro….Questa immagine è commuovente… Amor che nullo amato/ Amar perdona… Questa mi suona stranamente familiare… E Dio Santo Albus! Queste decine e decine di messaggi sono tutti diversi fra loro, cosa vuoi provare mostrandomi questi biglietti?”

“Questo è il punto Horance, sono tutte frasi differenti, scritte però con la magia, ti rendi conto che come primo anno sono davvero eccezionali queste ragazze?” finalmente il professore ed anche io da dietro la colonna comprendemmo l’abile giochetto del professore e mi stupii di non averlo capito prima.

Albus è davvero un’idea geniale, dovrò provarla anche io!” il professor Lumacorno si allontanò, sorrisi silenziosamente, il direttore della casa Serpeverde era visibilmente più giovane del professor Silente ma aveva una gran pancia e non esprimeva lo stesso fascino di cui invece Albus Silente era permeato.

Superò la colonna senza degnarla di uno sguardo, ringraziai il cielo meccanicamente.

“Signorina può uscire adesso” mi congelai sul posto, era la voce del professor Silente, mi diedi mentalmente della stupida per essere rimasta tanto tempo in quel posto, senza muovermi e origliando le sue parole.

Uscì da dietro alla colonna senza far troppo rumore e con il viso abbassato arrivai davanti al professore. Speravo che l’espressione contrita funzionasse, altrimenti erano punti in meno che avrei tolto alla mia casa, rabbrividì.

“Come ti chiami?”

“Minerva McGranitt, la mia casa è Grifondoro

Questo Minerva; lo si capiva dalla divisa” rimasi con il viso abbassato anche se sentivo le guance bruciarmi tantissimo per l’imbarazzo.

“Hai sentito lo scambio di battute passato fra me e il professor Lumacorno

“Purtroppo si, professore” non riuscì ad aggiungere altro, la mia gola si era serrata dolorosamente.

“Questa tua scoperta la racconterai a qualcuno Minerva?”

Scossi il capo con forza.

“Minerva desidero che tu me lo dica con la tua voce; guardandomi negli occhi” alzai piano il capo e fissai i miei occhi nelle sue incredibili iridi cerulee.

“No, professor Silente, non mi permetterei mai. Trovo che la sua idea sia un geniale metodo di insegnamento” mi sorrise gentile e mi resi conto che doveva aver gradito le mie parole, mi complimentai con me stessa.

“Allora ti auguro una buona notte Minerva” stavo per rispondergli quando un numeroso fascio di bigliettini piovve su me e il professore; erano rosa, rossi, gialli, alcuni profumavano, altri invece avevano ghirigori più o meno abbozzati.

Afferrai la bacchetta e trasfigurai quei bigliettini in un solo, unico blocco.

Il colore era blu elettrico, i ghirigori erano di un prezioso dorato e si legavano tra loro sui bordi di quel pacchettino esagonale leggermente bombato sul davanti.

Cadde fra le mani del professor Silente che mi fissò sbigottito.

“Una cioccorana?” gli sorrisi raggiante, il professore si girò fra le mani l’astuccio in cartone, le illustrazioni erano perfette; aprì l’involucro, era dorato e al centro spiccava un ranocchio di cioccolato che prese a gracchiare lentamente, come se fosse spaventato. Il professore mi sorprese quando staccò la figurina.

Albus Silente” mi fissò ancor più meravigliato.

“Questo è un augurio professore” ero esitante, temevo che la trasfigurazione non fosse venuta davvero tanto bene, magari se avesse morsicato la rana questa avrebbe rivelato quelle interiora rosa di carta stampata.

“Ti ringrazio davvero tanto, da bambino ho sempre sognato di finire fra le figurine delle ciocciorane” mi sorrise maggiormente infilando la figurina in una tasca del mantello. Stava per afferrare la cioccorana quando questa spiccò un salto e finì sul pavimento, dove prese a saltellare fino a scomparire lungo il corridoio.

Fissai il corridoio sbalordita, la cioccorana era fuggita.

Questa si che è sfortuna, normalmente fanno un solo salto bene” sorrise rassegnato prima di tornare a fissarmi, aveva gli occhi celesti adesso e sembrava volermi dire tanto.

“E’ l’incantesimo professore, non li vogliono far fuggire dai pacchetti prima di venderle”

“Minerva, ragazza mia, ti avevo sottovalutato” non aggiunse altro, accompagnandomi al dormitorio.

 

“Preside,” mi riscossi dal mio sogno e fissai l’ingresso della torre, un elfo domestico mi fissava con attenzione.

“Dimmi Dobby” l’elfo sorrise; i suoi denti bianchi lampeggiavano più di quanto facessero i suoi calzini colorati.

Dobby spera di non aver svegliato la Preside, ma Dobby doveva portare alla sua attenzione la professoressa Burbage” gli feci un cenno approssimativo e mentre la professoressa entrava nella torre Dobby sparì con uno schiocco di dita.

“Buongiorno Charity…” ma fu interrotta dalla professoressa che sbattè con forza un foglio sulla scrivania.

“Buongiorno un corno Minerva! Mi devi scusare per l’irruenza ma sono davvero stufa del comportamento di alcuni allievi; prendi il settimo anno della Casa Serpeverde, rifiutano qualsivoglia contatto con la materia, nessuna attenzione e per non parlare di determinati soggetti come quella Granger…”

“Me ne rendo conto cara ma…”

“No non te ne rendi conto appieno Minerva se mi costringi a lavorare anche un solo giorno in più in questa scuola con gli allievi che mi ritrovo, è davvero troppo frustrante!”

“Mi chiedi il licenziamento o vorresti prenderti una vacanza, una lunga vacanza, non troppo lunga ma abbastanza lunga da poter dimenticare…”

“Una vacanza lunga un anno praticamente” mi resi conto che non c’era verso di convincerla in altro modo, chiesi ancora a Dobby di accompagnare la professoressa Burbage fuori dal territorio della scuola e assicurarsi che tutte le sue cose fossero con lei quando quest’ultima avrebbe lasciato la scuola.

Questa era la prassi.

Mi trovavo in un bel guaio, sfilai un paio di volte davanti ai quadri degli ex-presidi gli ultimi erano naturalmente i più chiacchieroni, gli altri invece, i più anziani, si limitavano a fissare il mio andare avanti e dietro con attenzione ma senza borbottare.

Silente mi sorrise all’improvviso dalla sua cornice, era un avvenimento vederlo con gli occhi aperti, così rimasi un attimo interdetta.

“Questa è una vera sfortuna, normalmente fanno un solo salto bene”

“E’…E’ l’incantesimo professore, non li vogliono far fuggire dai pacchetti prima di vederle” lui mi sorrise ed annui, poi tornò a passeggiare in altri quadri.

Sorrisi ancora.

Urgevano alcuni gufi, sapevo benissimo a chi mandarli.

In pratica, mi dissi, se non provano attrazione per la materia la proveranno per l’insegnate.

 

RONALD

 

Ronald Billius Weasley non voleva molto dalla vita: un letto comodo, possibilmente diviso con una sola persona; una doccia calda ed una colazione sufficientemente abbondante da non dover dividere con troppi fratelli.

Per Ronald era quella la felicità, certo a questo poteva aggiungersi una partita a Quidditch o una a scacchi magici; poteva voler comprare del Whisky Incendiario e berlo insieme ai suoi compagni di camera; anche quella era felicità per Ronald, eppure gli mancava qualcosa…

Qualcosa che non si poteva annoverare fra i bisogni primari come mangiare o dormire e nemmeno fra quelli del secondari come divertirsi ed essere stimato; non era qualcosa che aveva già avuto, c’era qualcosa che mancava, ma non riusciva a capire cosa o addirittura chi.

Ron non vogliamo scendere a far colazione?”

“Certo” finì di allacciarsi le scarpe e fissò stralunato le scarpe nere della divisa, la mattina il suo cervello normalmente partoriva due o tre pensieri che buttava fuori nei tre secondi che precedevano la sua entrata nel bagno. Quella mattina no, era del tutto concentrato su… altre idee… tanto che nemmeno il suo stomaco gli aveva ricordato che la colazione incombeva.

 

Borbottando mi alzai dalla sponda del letto e seguendo Harry scesi in Sala Grande, lui parlava di piani e strategie insieme a Draco, voltando uno degli ultimi angoli vedemmo Hermione Granger con alcuni Serpeverde, vidi i miei amici pietrificarsi, lei invece non li notò nemmeno, chiacchierava amabilmente con il professor Piton.

“Vogliamo andare?” chiesi speranzoso, il mio stomaco era davvero vuoto ora.

“ Oh Ron ti prego vai a mangiare tu, dobbiamo sentire cosa si dicono” intervenne Harry, mi infastidiva moltissimo quando faceva così, mi faceva apparire un bambino scemo! Avevo fame perché ieri sera gli allenamenti si erano protratti fino alle undici e avevo perso l’agognato pasto serale e dato che Draco non era stato così premuroso come speravo mi ero ritrovato digiuno e infelice.

“Fate un po’ come vi pare!” ed entrai in Sala Comune, una manina mi salutò, mi diressi verso la suddetta e sedetti composto, era Lavanda, una ragazza del nostro anno molto graziosa e amica di Ginny, mia sorella minore.

Cosa fai tutto solo Ron ?”

“Niente di particolare, sembra che a Draco ed a Harry piaccia davvero tanto spiare i Serpeverde invece di venire a colazione” Lavanda mi fissò sorridente, credo che non mi avesse nemmeno ascoltato, quella ragazza era davvero ma davvero molto strana, mi metteva ansia, ti chiedeva qualcosa e poi rimaneva a fissarti sorridente per tutto quel tempo.

Lavanda poteva essere rapportata a un bicchiere d’acqua, dissetava ma non aveva alcuna consistenza, eppure dissetava, non era forse questo il motivo per cui uno si mette a bere?

“Ti ho visto ieri agli allenamenti”

“Con il freddo che faceva Harry ci ha fatto stare al campo per un tempo sproporzionato e quando siamo tornati Draco non ci aveva tenuto da parte nulla” l’aveva fatto di nuovo, aveva appoggiato la mano accanto alla guancia, aveva inclinato il capo e mi sorrideva.

“Potevi scendere nelle cucine, sai gli elfi tengono sempre qualcosina da parte e sono molto contenti di darlo agli altri” la guardai stupito, non mi sarei mai aspettato un comportamento così sopra le righe da Lavanda, le sorrisi favorevole.

“Dici sul serio? Ma io non so entrare nelle cucine..lei sorrise maggiormente, ma non mi metteva ansia, ero felice.

“Ti ci porto io” di slancio mi toccò il polso con la sua mano, sentì una scossa strana e lei continuò a sorridermi.

“Oh Lavanda sei la donna della mia vita” lei arrossì tantissimo ma a me non importava era davvero eccezionale quella ragazzina aveva trovato la soluzione ai miei problemi. Non sarei più morto di fame dopo gli allenamenti massacranti.

Ron” accanto a me si infilarono Draco ed Harry, sentì la presa di Lavanda sparire all’improvviso dal mio polso. Peccato, era piacevole.

“Allora cosa avete scoperto?” Harry fece una smorfia.

“Niente di interessante, abbiamo un nuovo insegnante di Babbanologia, non si sa nient’altro se non che è molto giovane ed attraente” Harry aveva una faccia schifata.

“Che noia dovremmo ricominciare a fare i compiti di Babbanologia, Draco mi farai copiare vero?” ma lui non era affatto di questa stessa idea. Come al solito Draco voleva che le cose mi riuscissero da sole. Uffa!

Quando la colazione finì, ovvero 10 minuti dopo questa frase, sentì di nuovo quello strano fastidio alla bocca dello stomaco, non era fame e nemmeno nausea, non era nessuna delle due cose. Mancava qualcosa.

Stavo per tornarmene al dormitorio per prendere la borsa quando Lavanda mi scivolò a fianco e con fare circospetto mi si strinse ancora il polso sussurrando.

“Che ne dici di un incursione stasera per riprenderci dalla notizia?” le sorrisi piano, quella ragazza mi piaceva davvero ogni minuto di più.

“Oh Lavanda sarebbe un’ottima idea!”

“Allora alle undici accanto al fuoco” annuì convinto sentì che mi stringeva la mano e si allontanava un attimo dopo correndo dalle sue amiche.

Mi ritrovai a sorridere senza un senso alla ragazza di spalle che parlava nervosa con le amiche. Miss Lavanda Brown e chi l’aveva mai notata?

 

I ORA: BABBANOLOGIA

 

“Buongiorno” una voce profonda seguì passi lenti e cadenzati, le persone che voltavano il capo alla porta furono costrette a girarsi e molti rimasero con la bocca spalancata, come tanti merluzzi.

Solo un flebile buongiorno fu la risposta, tutta maschile per lo più, per il giovane dagli occhi blu e dai capelli dorati che era entrato nella classe mista Serpeverde-Grifondoro del settimo anno.

Il giovane avvolto nel mantello nero, che sembrava essergli cucito addosso, arrivò alla cattedra e si voltò con un leggero sorriso seducente sulle labbra sottili.

“Sono il nuovo insegnante di babbanologia, il mio nome è Paris” le belle labbra sorrisero ancora accattivanti verso la classe e molte ragazze sorrisero di rimando, un po’ rigide, chiedendosi a chi era veramente dedicato quel sorriso.

“Paris...” chiese una ragazza bionda di Grifondoro che stava annotando scrupolosamente sul suo diario le impressioni e naturalmente il nome del nuovo professore. Rimase con la penna a mezz’aria, aspettando paziente il cognome del professore che sorrise amabile prima di risponderle.

“Il cognome non è importante” poi aggiunse sedendosi sulla cattedra “Ho ventisei anni e non ho alcuna voglia di essere chiamato professore o peggio esser indicato con il mio cognome, come facevano quando ancora andavo a scuola qui, sono un ricercatore e vivo da tre anni nel mondo babbano e prima di allora non mi ero mai sognato di varcare il confine da questo mondo all’altro. La vostra preside, Miss. McGranitt, ha trovato giusto che io venissi qui, fra un incarico e un altro, per insegnarvi un po’ di Babbanologia. Mi ha detto che molti di voi non trovano interesse nella materia, soprattutto coloro che non sono imparentati con babbani o figli di famiglie esclusivamente magiche.

Vi prego di capire che non sono un professore e tutti coloro che proveranno a chiamarmi così - lanciò uno sguardo felino alla classe e i suoi occhi brillarono inquietantemente o in modo affascinante dipende dai propri gusti - passerà un cattivo quarto d’ora.”

Molti mormorii si erano seguiti, era un mago!

Un mago di una famiglia di maghi.

“Come il mio cognome non sarà importante neanche il vostro lo sarà per me. dal nulla apparve il registro che Paris aprì all’indice dei nomi. Poi chiuse il registro e scese dalla cattedra avviandosi lentamente vero il primo banco.

“Qual è il tuo nome?”

Draco Malfoy

“Ho detto il tuo nome”

Draco

E tu?”

Harry

E tu con i capelli rossi?”

Ron

Continuò per i banchi, fra sorrisi tirati e vere e proprie proposte indecenti fatte dagli sguardi. Poi arrivò agli ultimi banchi.

Quelli occupati dai Serpeverde.

Il primo, in ordine di risposta era Blaise Zambini che fissò il giovane ricercatore per lungo tempo, passarono interminabili secondi carichi di nervosismo, qualcuno provò ad impegnare quel silenzio con un borbottio sommesso.

I Serpeverde non cambiavano mai, nemmeno un Purosangue li rendeva più malleabili. Eppure Paris continuava a fissarlo con intensità, due sguardi gemelli per intensità e colore sbocciavano sui loro visi.

“Blaise”

“Piacere Blaise” rispose il biondo, ma stranamente qualcosa nella voce fece capire nettamente il contrario.

Pansy” urlò la bruna senza nemmeno che il ricercatore si voltasse con la muta domanda che porgeva a tutti con il sorrisino sulle labbra. Paris sembrò gradire quella cooperazione improvvisa da parte dei Serpeverde.

Millicent” disse l’amica al fianco.

E tu?” chiese Paris alla bella ragazza che sedeva fra loro, dagli occhi color dell’ambra annoiati e allo stesso tempo interessati all’individuo muscoloso che aveva davanti a se.

Granger

“Ho detto il nome” sorrise divertito con un tono che sembrava canzonarla, il suo sguardo e il suo tono leggero avrebbero spinto qualsiasi altra ragazza a lasciarsi andare. Qualsiasi altra ragazza, non lei.

“Se lo faccia bastare perché avrà solo questo da me” rispose invece per nulla divertita la ragazza. Blaise si era affacciato e guardava i due, aveva lo sguardo poco divertito, anzi sembrava davvero molto preoccupato.

L’uomo smise di sorridere e percosse di nuovo il corridoio fra i banchi fino alla cattedra, prese il registro e scorse i nomi.

Hermione Jane Granger” sussultò leggermente ma riacquistò subito sicurezza. “La famosa Hermione. Finalmente avrò anche io il piacere di conoscerti. Mi hanno parlato molto di te, peccato che non tanto bene”

“Non importa. L’importante è che si parli che poi è bene o male... rispose la ragazza per nulla colpita o intaccata da quelle parole.

E brava Hermione! Hai appena citato un noto scrittore inglese Purosangue non conosciuto nel Mondo Magico ma apprezzato solo tra i babbani, si chiamava Oscar Wilde. Tutta la citazione era “Che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante e che se ne parli”, cinque punti hai Serpeverde” quello era un affronto! Per un Purosangue che credeva alla sua razza come la Granger era un vero è proprio colpo basso esser premiata per una risposta giusta in Babbanologia, dal sorriso del ricercatore non c’erano dubbi che lui non conoscesse la portata dell’affronto fatto alla ragazza, stranamente però la Granger incassò senza parlare.

“Vieni ai primi banchi Hermione

“Non mi chiami così”

“Devo forse chiamarti Jane?” i due occhi ambra si posarono sul ricercatore e qualcosa di terribilmente freddo ne scivolò al di fuori.

“Non gradisco neanche quello”

“Allora come dovrei chiamarti?”

“Con il mio cognome”

“No. E ora siedi davanti, accanto a Harry

“Non posso”

“Come mai?”

“Ho un ordine restrittivo verso il Mezzosangue che gli siede accanto”

“Non me ne stato parlato”

“No perché è implicito”

“Per chi?”

“Per tutti”

“Io non sono tutti e tu stamani andrai a sedere vicino a Harry” Paris si innervosì moltissimo, mentre la Serpeverde sorrise divertita da quella reazione.

La ragazza si alzò e lentamente, molto lentamente, senza staccare gli occhi dal ragazzo arrivò accanto ad Harry Potter, fece apparire una sedia e vi si sedette.

“Ora va molto meglio Hermione.” Sorrise verso la classe “E ora cominciamo a divertirci un po’!”

L’attenzione si spostò lentamente dalla ragazza al bel professore che sorrise ancora e disse:

“ Vorrei sapere chi è di origine babbana” lasciò che lo sguardo vagasse per la sala dove alcune mani si erano alzate. Chi silenzioso, chi orgoglioso e chi solo annoiato.

“Bene. Tutti coloro di origine babbana si mettano sulla sinistra, mentre tutti i Purosangue sulla destra” la ragazza dai capelli castani restrinse gli occhi, non le piaceva il modo in cui il professore aveva pronunciato la parola purosangue.

Molte sedie strusciarono per prendere posto, anche la giovane si alzò stufa di quel sadico giochino.

“Oh no Hermione, tu rimani accanto ad Harry e Ron, ti preferisco al mio fianco” ancora una volta la Granger incassò senza colpo ferire.

“Ora voglio sapere da voi chi è un babbano?”

Molti fissarono il professore, ed egli si apprestò a continuare.

“Ma non voglio sentire né nozionismi inutili ne tanto meno ridicoli pregiudizi senza ne capo ne coda” la classe scese nel silenzio, carico di riflessione eppure nessuno rispose alla fine.

“Nessuna risposta?” ancora silenzio sia quello dei Purosangue che quello dei Mezzosangue, nessuno sapeva cosa quel bizzarro uomo volesse sentirsi rispondere.

“Ecco il primo problema ragazzi: non posso insegnarvi cosa fare o non fare nel Mondo Babbano senza che voi conosciate veramente cos’è un babbano” con un eclatante gesto della mano fece apparire una spessa risma di fogli.

E l’unico modo per potervi far conoscere chi è un babbano è farvi comprendere che sono persone con sentimenti molto intensi. Sentimenti che si possono intendere dai loro scritti. Questi che ho in mano sono due letture che trovo molto intense ed interessanti per poter cominciare il discorso sentimenti negli essere umani non magici” nessun entusiasmo accolse queste parole, solo qualche ragazzina ancora affascinata dall’entrata del professore lo fissava estasiata.

Scoccò le mani e le fotocopie si divisero ordinatamente per ogni persona.

“Ballata per la mia piccola iena” la bionda lesse la prima fotocopia.

“Sapete cos’è?” tutti fecero segno di no con la testa.

“Lo immaginavo, questa non è una poesia, avrei voluto iniziare con una poesia ma sapete i babbani legano la loro vita per la maggior parte del tempo a delle canzoni. Nelle loro canzoni c’è tutto: vedetta, odio e soprattutto amore. Questo testo è di un gruppo rock italiano, quello che vi trovate avanti è una traduzione, quella che ora sentirete è la canzone originaria, in italiano naturalmente, vorrei che meditasse in silenzio su queste parole.

La musica partì è parole straniere si diffusero per la classe, l’italiano aveva una voce roca e calda, diceva cose cattive e poco gentili, era un testo rock, fu il riduttivo pensiero intorno al genere musicale che ebbe Draco Malfoy. Lui non gradiva il rock.

 

L'autista che ti guida ha una sola mano,
ma vede cio che credi invisibile.
Nel tuo piccolo mondo fra piccole iene
anche il sole sorge solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene,
mia piccola iena, solo se conviene
.
L'amore rende soli, ma è ben più doloroso
se per nemici e amici non sei più pericoloso.
La testa è così piena che non pensi più.
Ti si aprono le gambe oppure le hai aperte tu?
Aiutami a trovare qualcosa di pulito!
Uccidi ma non vuoi morire,
uccidi ma non vuoi morire.
Fra piccole iene, solo se conviene.
Mia piccola iena, solo se conviene.
Non puoi scordare dove son state le tue labbra;

sai già come sarà, ma non sai più chi sei...
La testa è così piena,

non riesci più a pensare che anche senza te si possa ancora respirare!
Quello che hai appena fatto ti ha fatto stare meglio!
Chi uccide ma non vuol morire, uccidi ma non vuoi morire!
Fra piccole iene, solo se conviene.
Fra piccole iene, solo se conviene.
Mia piccola iena solo se conviene,
Mia piccola iena
solo se conviene
...

 

Molti si guardavano circospetti: alcuni erano imbarazzati dal tono licenzioso dei versi; altri ridevano come piccole iene ed altri…oh altri riflettevano con gli occhi blu tempestosi e la mente ancora obliviata

Riflettevano e soffrivano.

 “Sul retro di questo foglio troverete invece un'altro testo, questa volta è una poesia, non potevo iniziare la mia lezione senza una poesia di un babbano come era quest’ italiano, Olindo Guerrini, leggila tu, Blaise” gli occhi azzurri si posarono sul moro, una scintilla di puro piacere fluì in quelle iridi, piacere che fu accolto con furore da un mare zaffiro che però annuì e abbassò quello sguardo tempestoso verso il retro del foglio.

“Quando tu dormirai dimenticata sotto la terra grassa E la croce di Dio sarà piantata ritta sulla tua cassa,” si sentì una risata flebile e il moro alzò gli occhi dalla sua lettura, il tono monotono si interruppe.

“Blaise, vorrei e ti pregherei di leggere con un minimo di espressione, le parole che stai respirando sono essenziali per la lezione di oggi”

“Non saprei come leggerle altrimenti” rispose sempre più furente il Serpeverde, qualche strana alchimia passò fra entrambi poi Paris si avvicinò al ragazzo e poso due mani sulle spalle.

“Blaise, ti darò un suggerimento, guarda il titolo di questa composizione, qual è?”

“Il canto dell’odio” aveva risposto stringendo i denti.

“Bene, il tono è concitato, non è una storiella, cioè lo è ma allo stesso tempo è lo sfogo di un uomo disperatamente innamorato. Devi esserlo stato almeno una volta nella tua vita”

“Innamorato?”

“Disperato” il Serpeverde si zittì e fece un lungo sospiro, Paris aveva tolto le mani della sue spalle. La voce di Blaise ritornò, questa volta il tono era quello giusto, Paris si allontanò per poggiarsi nuovamente accanto alla cattedra.

“Il canto dell’odio

 

Quando tu dormirai dimenticata sotto la terra grassa

E la croce di Dio sarà piantata ritta sulla tua cassa,

 

quando ti coleranno marcie le gote entro i denti malfermi

e nelle occhiaie tue fetenti e vuote brulicheranno di vermi,

 

per te quel sonno che per altri è pace sarà strazio novello

e un rimorso verrà freddo, tenace, a morderti il cervello.

 

Un rimorso acutissimo ed atroce verrà nella tua fossa

A dispetto di Dio, della sua croce, a rosicchiarti le ossa.

 

Io sarò quel rimorso. Io te cercando entro la notte cupa

La mia che fugge il dì, verrò latrando come latra una lupa:

 

io con quest’ugne(=unghie) scaverò la terra per te fatta letame

e il turpe legno schioderò che serra la tua carogna infame.

 

Oh. Come nel tuo core (=cuore) ancora vermiglio sazierò l’odio antico,

oh, con che gioia affonderò l’artiglio nel tuo ventre impudico!

 

Sul tuo putrido ventre accoccolato io poserò in eterno,

spettro di vendetta e del peccato, spavento dell’inferno:

 

ed all’orecchio tuo che fu bello sussurrerò implacato

detti che bruceranno il tuo cervello come un ferro infuocato.

 

Quando tu mi dirai: -Perché mi mordi e di velen mi imbevi(= mi sommergi)?

Io ti risponderò:-Non ti ricordi che bei capelli avevi?

 

Non ti ricordi dei capelli biondi che ti comprivan le spalle

E degli occhi nerissimi, profondi, pieni di fiamme gialle?...

 

E delle audacie del tuo busto e della opulenza dell’anca?

Non ti ricordi più com’eri bella, provocatrice e bianca?

 

Ma non sei dunque tu che nudo il petto agli occhi altrui porgesti

E, spumante Licisca (= una meretrice del passato), entro il tuo letto passar la via facesti?

 

Ma non sei tu che gli ebbri ed ai soldati spalancasti le braccia,

che discendesti a baci innamorati e a me ridesti in faccia?

 

Ed io t’amavo e io ti son caduto pregando innanzi e, vedi,

quando tu mi guardavi, avrei voluto morir sotto a’tuoi piedi.

 

Perché negare, a me che pur t’amavo uno sguardo gentile,

quando per te mi sarei fatto schiavo,mi sarei fatto vile?

 

Perché m’hai detto no quando carponi misericordia chiesi,

e sulla strada intanto i tuoi lenoni (=mercante di armi, favorisce la prostituzione) aspettavan gl’Inglesi?

 

Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo questa tua rea carogna,

nuda la carne tua che tanto amavo, l’inchiodo sulla gogna,

 

e son la gogna i versi ov’io ti danno al vituperio eterno,

a pene che rimpianger ti faranno le pene dell’inferno.

 

Qui rimorir ti faccio, o maledetta, piano, a colpi di spillo,

e la vergogna tua, la mia vendetta tra gli occhi ti sigillo.”

 

Le parole del giovane Purosangue questa volta erano state precise ed eleganti eppure chi lo conosceva bene aveva percepito in quelle parole tanti più significati e qualcosa di doloroso che il viso perfettamente posato e quasi annoiato che rivolse a Paris non dimostrò.

“Piaciute?” nessuno rispose apertamente tante teste che si muovevano chi in un si, chi in un no, chi non si muoveva affatto.

Cosa hanno in comune questi due testi?”

“L’amore” la grifona bionda rispose senza esitazione.

“Perfetto, cinque punti ai Grifondoro, l’amore è infatti il sentimento che fa da padrone nel cuore di un gabbano medio. I babbani sono come noi alla fine, solo, che per poter vivere hanno bisogno di più risposte. Risposte che noi possiamo dare con la magia e che loro posso dare solo attraverso il sovrannaturale o la religione. C’è sempre paura nel loro amore eppure infinito coraggio. L’amore babbano è diverso dall’amore che potrete provare mai voi maghi perché è un amore di necessità. Quando un babbano ama lo fa perché nell’altro trova le risposte alle domande che lui si è posto per tutta la vita. È quindi un sentimento di necessità.

La necessità di vivere. La necessità di morire.

Questi due testi sono legati da un filo invisibile, secondo me.

Il primo testo, una canzone, parla di una piccola iena, potete immaginare il sesso che più gradite per la piccola iena, può essere una femmina quanto può essere un maschio, l’importante è capire che per iena si intende un animale che nella simbologia babbana è assoggettato alla crudeltà e al tradimento.

Una piccola iena nel suo mondo di piccole iene che apre le gambe davanti al primo venuto senza rendersi conto del mondo attorno. Una piccola iena che sfrutta il suo corpo per compiacere i propri desideri, solo quelli. E l’affetto che permane, malgrado questi comportamento. – i suoi occhi si spostarono per la sala compiaciuto del rinnovato silenzio stupito della classe – Eppure diciamoci la verità chi non può amare una piccola iena che sfugge, chi di voi non ha mai incontrato una piccola iena che ha trafitto il vostro cuore pavido?” la domanda fu accolta nel più silenzioso dei silenzi, Paris sorrise piano, quasi impaurito di guastare quel momento idilliaco.

“ Il secondo parla di un uomo illuso da una donna senza pietà che vuole introdursi nella sua tomba per fargliela pagare. Credete voi di poter mai amare così intensamente la vostra donna o il vostro uomo, maghi?” il suo sguardo si incastonò negli occhi blu zaffiro di Blaise.

“Forse non ci riuscirete mai. Perché molti di voi hanno trovato nella magia le risposte che stavano aspettando – il suo sguardo cadde su Draco - oppure non le hanno mai cercate” questa volta il suo sguardo cadde sugli occhi ambra di Hermione.

Driiiiiiinnnnnnnnnnnnnnnnnnnnngggggggggggggggggggggg

Sorrise, lasciando volutamente la sua frase a metà.

Andate ragazzi, immagino ci rivedremo fra una settimana. Mi raccomando”

Tutti uscirono lisciandosi le loro fotocopie nuove mormorando le loro impressioni.

 

Fine Capitolo

 

NOTE DELL’AUTORE:

 

  1. Il ricordo della McGranitt è totalmente inventato, per quanto i numeri me li sia studiati per bene. Minerva McGranitt nasce nell’anno 1925, all’età di undici anni (nel 1936) il professor Silente continuerà ad essere il professore di Trasfigurazioni fino all’anno 1997, primo anno di Harry e primo anno di presidenza di Albus Silente come preside.
  2. Refuso di scrittura. Albus Silente quando insegna a Minerva McGranitt non può avere trent’anni bensì ne ha cinquantacinque per quanto Silente rimane una persona carismatica e piacente a trenta come a cinquanta.
  3. Charity Burbage è l'insegnante di Babbanologia. Compare solo nel settimo e ultimo libro dato che viene catturata dai Mangiamorte perché nelle sue lezioni insegnava come i Babbani non fossero così diversi dai maghi, e la sua scomparsa viene coperta facendo credere che si sia dimessa. Viene torturata e poi uccisa da Voldemort e data in pasto al serpente Nagini.

 

  1. “Questa è una vera sfortuna, normalmente fanno un solo salto bene”
    “E’…E’ l’incantesimo
    professore, non li vogliono far fuggire dai pacchetti prima di vederle”. Questa frase fa eco allo scambio di battute fra Ron ed Harry del primo film quando la fog fugge dal finestrino e Harry vede per la prima volta la figurina con Albus Silente sopra.

 

  1. Paris. È un personaggio di mia invenzione, sul suo conto saprete di più, molto di più, nei prossimi capitoli.

 

  1. Ballata per la mia piccola iena degli Afterhours, band indie rock italiana,  formatisi negli anni ottanta a Milano, questa canzone è parte del loro album Ballate per piccole iene, anno 2005.

 

  1. Il canto dell’odio di Olindo Guerrini, con lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti è poeta e scrittore italiano, nonché  bibliofilo e studiosondi letteratura italiana.

 

Prossimo Aggiornamento previsto per il giorno 2 maggio 2011, ora variabile

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Capitolo 8
*** 8- Le cattive notizie non arrivano mai da sole - parte II ***


C8(BG)

Capitolo Otto: “Le cattive notizie non arrivano mai da sole – parte II”

 

HERMIONE

 

I corridoi di Hogwarts sono sempre stati molto affascinanti per me, per quanto vivevo in una villa totalmente magica, Hoqwarts era tutt’altra cosa.

I quadri erano incantevoli nelle loro cornici brillanti, tutti intenti a far baldoria o a dormire quando le luci calavano, tante micro-vite in bella mostra sulle pareti e le armature che costeggiavano le pareti di pietra erano terribilmente drammatiche, infatti vagando per il settimo piano del castello mi ero imbattuta in due armature singolari, cantavano una chanson de geste, traducendola in inglese per mia fortuna che ignoravo la lingua.

Così mi tirai accanto all’angolo oscuro per poter ascoltare le loro parole senza farmi scorgere, temevo smettessero.

L’armatura di destra gemeva affranto:

Io, che stimavo tutto il mondo nulla,
senza arme vinto son da una fanciulla”

Sembrava triste e totalmente ottenebrato dal dolore arrecatogli da quell’ingiusto amore, mi sorpresi a trattenere il fiato, in agognata attesa della possibile risposta della seconda armatura che avevo sentito cantare prima.

Chi mette il piè su l'amorosa pania,

 cerchi ritrarlo, e non v'inveschi l'ale;

 che non è in somma amor, se non insania,

 a giudizio de' savi universale:

 e se ben come Orlando ognun non smania,

 suo furor mostra a qualch'altro segnale.

 E quale è di pazzia segno più espresso

 che, per altri voler, perder sé stesso?

 Vari gli effetti son, ma la pazzia

 è tutt'una però, che li fa uscire.

 Gli è come una gran selva, ove la via

 conviene a forza, a chi va, fallire:

 chi su, chi giù, chi qua, chi là travia.

 Per concludere in somma, io vi vo' dire:

 a chi in amor s'invecchia, oltr'ogni pena,

 si convengono i ceppi e la catena.”

 

Rimasi in silenzio senza fiatare aspettando con ansia che continuasse ma la prima non replicò limitandosi a sbuffare come una vecchia teiera.

Peccato, quella chanson de geste doveva essere davvero una bellissima canzone francese, mia madre aveva sempre desiderato che io studiassi quella lingua aggraziata ma non mi piaceva, non faceva per me, non mi sentivo una giovane donna per la metà del tempo figurarsi parlare una lingua tanto aggraziata come era il francese.

Una figura a me familiare sbucò dal Ritratto della Singora Grassa, aveva i capelli biondi ma non aveva gli occhiali, non vedevo il Mezzosangue da quella notte, lui non lo ricordava, questa cosa mi fece sorridere davvero tanto.

Lui mi rivolse uno sguardo muto, aveva gli occhi grigi molto profondi, mi chiesi quando erano divenuti così espressivi, non li ricordavo affatto tanto espressivi.

Granger” la sua voce era roca, stringeva dei libri al petto, ricordavo quei stessi dannati occhi anche quella sera erano così grandi, così espressivi.

Dici basta Mezzosangue, urla che ti fa male, piangi che vuoi la mamma e tutto questo finirà..

Quel momento lo ricordavo bene, mi aveva continuato a fissare e poi aveva sorriso, un sorriso vero non era finto, perché mi aveva sorriso?

Non mi sto lamentando

Non volevo crederci quando aveva detto quella frase lo avevo odiato tantissimo, ero sempre riuscita a piegare gli uomini ai miei voleri e io volevo che il Mezzosangue si inginocchiasse, che mi supplicasse di smetterla e invece lui non si lamentava, mi guardava e sorrideva, dicendo che non si stava lamentando.

Pregami che finisca

Il suo sguardo si sovrappose a quello della sera prima, con il mio incantesimo avevo evitato che lui sapesse chi era stato ma avevo inibito a me stessa di conoscere la verità, non potevo chiedergli il perché della sua tenacia.

Non ne vedo il motivo

Non potevo sapere il perché della sua cocciutaggine, mi avvicinai a lui e vidi in fondo ai suoi occhi una scintilla di sfida illuminarsi nelle pupille, volevo spezzare quella luce e insieme volevo che mi appartenesse; mi avvicinai ancora e sentì sotto le mie dita il ruvido della sua camicia di cotone, gli avevo afferrato la camicia, sentì la sua mano sulla mia che cercava di bloccarmi la presa, la forzai. Gli occhi grigi si accesero ancora di più, mi resi conto che avevo perso il controllo di me e inorridì.

“Vaffanculo Malfoy

“Vorrei, ma devo prima passare per la biblioteca” frecciò in risposta svincolandosi dalla mia presa e superandomi, diretto verso la biblioteca. Ricominciai a respirare, erano brevi ansiti, come se avessi corso, quel maledetto Mezzosangue mi stava facendo rincoglionire, strinsi il pugno e sentì il rumore della pergamena che si accartocciava.

La lettera..

“A donna non si fa maggior dispetto,

che quando o vecchia o brutta le vien detto.”

Le armature ripresero a cantare. Scesi nei sotterranei.

 

DRACO

 

Draco Malfoy sedeva silenzioso nella biblioteca di Hogwarts stringendo un tomo molto voluminoso e avendo intorno altri tre volumi due aperti e uno in attesa di essere sfogliato.

Una giovane rossa che poco era abituata ad entrare nella biblioteca gli si sedette vicino.

Cosa ci fai qui?” chiese il biondo non staccando gli occhi dal libro che stava consultando, perché se non l’avrebbe fatto, già lo sapeva, sarebbe stato perduto.

“Ti devo parlare, è urgente!” disse la vocina di Ginevra Weasley che posò una mano sul suo braccio  in una carezza lieve.

Non lo fare, ti prego, il mio autocontrollo vacilla, ti prego...

Draco ti devo chiedere un favore”

“Dimmi”

“Domani ho un compito di Trasfigurazioni ma sto veramente indietro, ti prego dimmi che mi aiuterai, sono veramente spacciata”

Ah, un favore così... la gioia di Draco si volatilizzò e con lo sguardo duro le rispose con un cenno di assenso.

“Fra un ora, nella Sala Comune”

“Grazie Dra” disse Ginny posandogli un bacio leggero sulla guancia.

Le sue guance si imporporarono e il ragazzo si impose di concentrarsi sulla lettura.

Eppure una ragazza bruna con dei terribili occhi ambra gli tornò alla mente, in un pensiero prepotente come la sua proprietaria. Quegli stessi occhi che gli avevano rivolto uno sguardo di pura sensualità, quella volta in biblioteca.

E improvvisamente desiderò sapere se stava bene e cosa lei stesse facendo.

Da quando c’era stato il suo piccolo incidente i professori lo avevano sollevato dall’increscioso compito di tirarsela dietro per tutto l’anno. Nessuno l’aveva incolpata, non c’erano prove e i ricordi di Draco erano totalmente irrecuperabili, inoltre l’incantesimo che avevano gettato sui suoi ricordi era davvero un capolavoro, difficilmente quella rapa di Hermione Granger era in grado di compiere tali malefici.

Ma tutti i professori pensavano che fosse stata lei.

Vaffanculo Malfoy

Era stato qualcosa di improvviso, quei dannati occhi ambra mi avevano fissato a lungo prima di dirmi che dovevo andare a quel paese, mi aveva quasi fatto paura il suo sguardo, sentivo ancora il freddo invadermi la spina dorsale.

Quelle due parole sapevo già di averle sentito e non era un semplice déjà vu, era qualcosa che scatenava un dolore sordo nel mio cervello, qualcosa che avevo già avevo sentito e che si legava alla rissa.

Che ci fosse davvero lei dietro tutto questo?

 

PANSY

 

I dormitori erano gelidi come tutte le volte che l’inverno si abbatteva su di noi, alcuni ricorrevano ad incantesimi di ogni tipo anche solo per poter dormire senza battere i denti. Chi diceva che i Serpeverde erano delle serpi non sapeva nemmeno quanto il nostro sangue di bestie a sangue caldo si fosse raffreddato in quei sotterranei per poter sopravvivere. Non è quello che fanno gli uomini normalmente?

Sopravvivono.

O piegano il mondo per poter sopravvivere.

Il Barone Sanguinario ricominciò ad ululare la sua disperazione e se possibile il sangue mi si ghiacciò ancora di più nelle vene, sentivo freddo, avevo le mani e i piedi completamente congelati.

“Milly cosa ha Herm?” chiocciai per spostare la mia attenzione su Hermione che se ne stava dritta ed elegante sulla sua poltrona di velluto, con la sigaretta fra le mani e il viso rivolto al calore del fuoco del camino, la mano libera dalla sigaretta era abbandonata alla coscia. Appariva eterea e bellissima.

“Sai come è fatta Hermione, non mi dice cosa le passa per la testa o per lo meno non lo dice a me” si, sapeva bene come era fatta Hermione Jane Granger, i suoi problemi non li esternava e di certo non si faceva aiutare.

Lei era una Regina. Le Regine non possono.

Me rimasi in silenzio per un po’, non avevo alcuna voglia di alzarmi e chiedere a Hermione cosa avesse, avevo freddo e sapevo che sarebbe stata una perdita di tempo, non mi avrebbe detto nulla, non lo faceva mai.

“Blaise, vieni un attimo qua” squittì, il mio amico si avvicinò, anche lui soffriva il freddo malgrado riuscisse a sopportarlo meglio di me e Millicent. Lui ero un Zambini, non si potevano permettere alcun errore grossolano come mostrasi sensibile al freddo o al dolore.

Cosa c’è?” lo zittì con uno sguardo impetuoso.

Cosa succede a Herm?” Blaise voltò il capo verso il fuoco dove sedeva Hermione, aveva lo sguardo ipnotizzato dalle fiamme che danzavano lente ed in modo affascinante sul suo viso.

“Non ne ho la più pallida idea”

“Come fai a non averne idea. Quando siete usciti dalla classe di Paris avevate tutti e due una faccia, credevo ti avesse detto qualcosa” rimasi in silenzio scrutando le sue reazioni; ma lui era un Zambini. Loro non avevano sensibilità.

“La lezione mi ha annoiato”

Babbanologia è sempre noiosa è Paris quello interessante” sorrisi soddisfatta e indirizzai nuovamente la mia attenzione su Hermione che sembrava limitarsi a non respirare troppo forte per non incrinare il suo perfetto immobilismo.

“Perfino Herm non ha avuto nulla da ridire sul professore, forse lo trova talmente attraente che ora si trova in un momento catatonico da ragazzina innamorata” risi piano, Hermione innamorata era davvero qualcosa da fotografare e appuntare al calendario.

“E leggendo il suo diario troverai tutti i cuoricini rossi intorno al nome di Paris e tante scritte con il nome - Hermione e Paris si sposano – sai che bello?”

“Il Signor Granger non permetterebbe mai che la sua unica erede prendesse il nome Smith” mi voltai sulla poltroncina che occupavo e fissai Blaise.

Smith è il cognome di Paris?” lui annuì, impudente. Millicent arricciò il nasino alla francese, regalo di suo padre.

Smith è un cognome talmente dozzinale da sembrare quasi un cognome babbano” il ragazzo ghignò, qualcosa mi diceva che quella conversazione avesse preso una giusta piega per i suoi canoni.

“Non credo che Hermione sposerebbe un uomo con un cognome dozzinale come quello”

“Preferiresti che fosse il tuo nome ad essere accostato a quello di Hermione nel suo diario?” risi malefica davanti alla sua espressione stralunata.

“Non dire sciocchezze Pansy, non sposerei mai Hermione lei è…” risi ancora, era divertentissimo stuzzicare Blaise per me era un libro aperto con le sue espressioni che tradivano così grossolanamente i suoi sentimenti.

“Mi stai prendendo in giro” concluse Blaise sorridendo piano anche lui.

“Già Testone, ora vai a parlare con Hermy non mi sembra avere una bella cera” annuì e pazientemente si alzò per avviarsi accanto al fuoco, quando le si sedette accanto Hermione non si mosse ne spostò lo sguardo dal fuoco, l’unica reazione allo spostamento d’aria fu un repentino battito di ciglia poi tornò totalmente immobile.

“Milly…”

“Dimmi PansyMillicent sbuffò perché per la seconda volta veniva disturbata dal suo tema di Pozioni.

“Non sbuffare con me Milly, tanto il tema ti andrà male come al solito” Milly sbuffò ancora come se la sua mente si fosse rassegnata ancora una volta alla fine tragica del suo tema.

“Dimmi su…” chiuse con un gesto secco i libri che stava consultando e cominciò ad asciugare la pergamena con la sabbia.

“Secondo te quei due quando lo capiranno?” Millicent fissò Blaise ed Hermione che stavano accanto al fuoco. Lui le stava chiedendo qualcosa, lei rispondeva a monosillabi poi improvvisamente si alzò e afferrò la mano di Blaise, non era una presa gentile, anzi era un gesto impetuoso. Si ci nasce con la gentilezza nelle mani, Hermione non era una di quelle, tutto di lei urlava superbia.

“…Che a Blaise piace Hermione?” Pansy sorrise piano, lei e Millicent erano sempre sulla stessa lunghezza d’onda.

“Per Hermione sarà un colpo” la vide avviarsi verso la sua stanza, Blaise le trottava al fianco, senza toccarlo più.

“Credi che non lo sappia?”

“Sai come è fatta, lei si fida sempre dello Zambini sbagliato”

 

BLAISE

 

Blaise conosceva Hermione da sei dei sette anni che avevano passato uno al fianco dell’altro, non era da lei uno sguardo tanto lontano e vitreo.

Quando Hermione chiuse la porta della stanza e vi si appoggiò contro Blaise le chiese piano.

“Allora?” lei rimase in silenzio a guardarlo con il suo sguardo da gatta che lampeggiavano finemente nella penombra della stanza. Blaise si guardò intorno, un vestito era appeso all’anta dell’armadio, era un vestito di gala.

Sul letto di Hermione era posati vari capi, tutti di finissima qualità, una busta di  lettera era accanto ai vestiti, spiccava il nome dell’attuale preside di Hogwarts, Minerva McGranitt.

“Hai preparato le valige?” si limitò ad annuire, non aggiunse altro, il suo sguardo rimase a fissarmi senza alcun calore, come se non mi vedesse affatto.

“Hai preparato anche un biglietto per il treno?” la ragazza annuì ancora, e con un colpo di reni si spinse al centro della stanza, mi aggirò e si avvicinò allo specchio, la luce che a malapena illuminava la stanza faceva brillare la liscia superficie dello specchio, posò una mano sulla superficie, il palmo della mano si allargò sulla superficie. Fissavo il suo viso attraverso il filtro dello specchio, i suo ochi continuavano ad essere distratti e freddi.

Herm che cosa succede?” avevo paura che lei mi rispondesse che stava sospirando per quel dannato Signor Smith, aveva il terrore che quegli occhi si sarebbero illuminati giocosamente e mi avrebbe detto che il dannato Sign. Smith aveva proprio dei bellissimi occhi azzurri.

Degli occhi azzurri più belli dei miei che erano dello stesso identico azzurro.

“Voi davvero sapere cosa mi succede? Sinceramente?” tutte quelle parole all’improvviso furono troppe per la sua gola, la voce si spezzò a metà frase e si spense muta dopo la domanda, attraverso lo specchio vide i suoi occhi illuminarsi e fu sorpreso dalla repentina attenzione della ragazza.

“Si...sinceramente” deglutì a vuoto, ecco ora mi diceva che il dannatamente ordinario Sign Smith l’aveva fatta innamorare.

“Non ho voglia di parlarne” i suoi occhi si incastonarono nei miei attraverso lo specchio “Ho voglia d’altro” e già sapevo cosa voleva.

Me lo dissero quegli occhi ambra maliziosi,

Quelle labbra rosse che si protesero verso di me,

Quella cicca che lanciò alla Linguadesiva e il suo corpo che si posava all’improvviso su di me, voglioso di sesso.

Non d’amore...

Herm... ci sono i vestiti” si voltò un attimo e con un incantesimo non verbale i vestiti si posarono ordinatamente nel bagaglio, la lettera invece si posò accanto al comodino.

Herm…”

“Zitto”

E lei lo trascinò a forza, o forse solo con forza maggiore, verso il letto.

Babbanologia è sempre noiosa è Paris quello interessante

La voce di Pansy entrò nel mio cervello nel momento in cui sentì il corpo di Hermione che mi schiacciava sul materasso della sua stanza, mi bloccai un attimo, la vidi fissarmi circospetta.

“Qual è il problema?” la sua voce era bassa, non riusciva a capire perché mi comportavo a quel modo. Nemmeno io lo capivo, eppure la voce di Millicent continuò a infastidirmi malgrado avessi Hermione addosso.

E leggendo il suo diario troverai tutti i cuoricini rossi intorno al nome di Paris e tante scritte con il nome - Hermione e Paris si sposano – sai che bello?

“ Non…mi hai risposto” lei sorrise genuina, come si fa con un bambino e cominciò a sfiorarmi i bottoni della camicia, togliendoli dalle asole e rivelando la mia poco maschile maglietta intima.

“Non lo faccio mai” bruciavo dalla voglia di toccarla, così bella e disponibile, con quei ricci sciolti che le scivolavano sulla schiena sinuosa, il cravattino allentato la camicia sbottonata, il maglioncino a V che mi provocava, i pantaloni che le modellavano le gambe.

Il Signor Granger non permetterebbe mai che la sua unica erede prendesse il nome Smith

“Sbagli a non farlo, voglio sapere perché stai partendo” lei si sfilò il maglioncino grigio della divisa, la sua camicia bianca era tutta abbottonata, solo alcuni bottoni accanto al collo erano aperti, la cravattina già allentata le penzolava meschina.

“Non è questo il momento”

Non credo che Hermione sposerebbe un uomo con un cognome dozzinale come quello

Era vero? Dovevo averne la sicurezza.

Sapevo che me ne sarei pentito, non davo per scontato che poteva anche reagire con violenza ma non potevo permettere che il tarlo continuasse a perseguitarmi, volevo sapere; conoscere la sua mente, il suo cuore ed i suoi perché.

Posai le mani sulle sue spalle.

“Allora rivestiti, perché voglio sapere perché stai partendo, è colpa di quello lì

“Dipende per quello lì cosa o chi intendi”

“Chi pensi che posso intendere?” indossò nuovamente il maglione e mi considerai una persona davvero stupida ad averla rifiutata, soprattutto ora che mi fissava con quegli esagerati occhi d’ambra.

“Non sto pensando al Signor. Smith se è questo che ti preoccupa. Che cognome scadente che si è scelto!” arricciò il nasino e desiderai tornare indietro di cinque minuti e starne in silenzio.

Preferiresti che fosse il tuo nome ad essere accostato a quello di Hermione nel suo diario?

“Allora perché te ne vai?” lei mi guardò con uno sguardo strano, scese dal letto ed andò nuovamente allo specchio, la sua superficie liscia mi restituì nuovamente lo sguardo di Hermione.

Perché mio padre sta morendo”

DRACO

 

Un’ora dopo nella Sala Comune affollata dei Grifondoro sedevano compostamente una giovane ragazza dai capelli rosso fuoco e un giovane biondo che provavano in vano di studiare.

Solo due ore dopo la sala finalmente si svuotò così che i due poterono dilettarsi nella pratica di un incantesimo con uno strano vaso che però rivelava delle  preoccupanti striature verdognole e che emetteva un rantolo inquietante.

“No, Ginny non ci siamo, il Feraverto, è semplice ma devi visionare l’animale in questione nella tua mente e poi lo stesso nella tua mente trasformarlo in un vaso”

“Animale,trasformazione, vaso... Credo di non aver capito, sinceramente!”

“Allora Ginny guarda me”

Draco ritrasformò il povero rospo nella sua forma e prima che questo potesse scappare battè tre volte la bacchetta sul tavolo e  pronunciò l’incantesimo, il piccolo rospo si trasformò in un bellissimo vaso in porcellana bianca con piccole fantasie di fiori blu.

“Perfetto! Oh Draco, non è che ti trasfiguri in me e mi fai superare il compito?”

E tu invece svolgi il mio compito di pozioni avanzate con Lumacorno?”

La ragazza sembrò improvvisamente restia allo scambio.

“Forse è meglio che mi concentri...”

Draco le passo dietro alle spalle e con un colpo di bacchetta ritrasformò il vaso in rospo che restò immobile a fissare quella strana coppia con due occhi ambra profondi e inquietanti data l’immobilità della pupilla.

“Concentrati Ginny, guarda il rospo, lo vedi?- la ragazza annuì- Ora guardalo con gli occhi della tua mente- la ragazza chiuse gli occhi e Draco si avvicinò al suo orecchio in modo che la ragazza sentisse solo la sua voce oltre il suono dei suoi pensieri- Vedi la sua pelle verde e squamosa?- la ragazza corrugò la fronte e annuì- immaginala liscia e pallida come...

“ La guancia di un neonato” sussurrò Ginny

“No, non delicata al tatto, questa deve essere dura e delicata come solo la porcellana può essere- la ragazza annuì ancora- vedi le sue zampette squamose e palmate?- ancora annuì la ragazza come succube di un prestigiatore- rendile dure come la pelle di poco prima, costringile al tuo volere, quelle inferiori falle appiattire mentre quelle superiori falle aggraziatamente atteggiare a due ovali in modo che si posino sulla pancia del vaso che tu stai costruendo nella tua mente- la ragazza annuì- ora guarda i suoi occhi, specchi d’ambra bellissimi e traditori, guarda il mondo recluso dentro di loro, rendili ciechi, bianchi, falli morire, annegare...- Draco si bloccò, scansando il suo corpo bruciante da quello di Ginny ancora concentrata, e guardò fisso il rospo che gli rispose con quei maledetti occhi ambra immobili e diversi.

Diversi da quelli di chi lui stava parlando, perché Draco nella sua mente fissava altri occhi ambra, molto più espressivi e che lui fosse dannato se a quegli occhi non voleva far alcun male, in modo inconscio la sua bocca pronunciò un

“No”

“Cosa?” gli occhi di Draco si spostarono su Ginny che si era voltata ad osservarlo

Perché Draco?”

“Scusami Ginny sono stanco morto, ho avuto un attimo un capogiro...

“Vuoi sederti un attimo?” Ginny lo prese per mano, e quel contatto bruciò la sua pelle diafana, ma fu un attimo e Draco si fece accompagnare alla poltrona.

Ginny si appoggiò ai braccioli portando i suoi occhi a livello di quelli di Draco.

Cosa succede Draco?”

“Mi...Mi fa male la testa” la ragazza lo fissò con intensità, prima che uno sguardo meravigliato comparve sul suo viso.

Cosa c’è?” chiese il ragazzo e inconsciamente si protrasse verso di lei, pendendo da quelle labbra rosse di rossetto.

“Non avevo mai notato che avevi degli occhi così particolari, le lenti me l’avevano sempre impedito”

“Gli occhi?” chiese in un sussurrò

Si quelli, hai degli occhi meravigliosi Draco” per un attimo Ginny sembrò voler dire o fare qualcos’altro ma si spostò subito da lì e tornò a quel rospo.

“Prova ora, Ginny, prova mentre che batti i tre colpi, che non sono disinteressati ma fanno parte dell’incantesimo, a immaginare con l’occhio interiore tutto quello che io ti ho detto di guardare e mentre pronunci il Feraverto fondi il pensiero con l’azione”

OkGinny chiuse gli occhi un attimo per poi aprirli brillanti di decisione.

Tre colpi “ Feraverto” il rospo si trasformò in una pallida porcellana, gli arti inferiori non erano perfetti e nemmeno quelli superiori, ma il risultato globale era più di un Accettabile.

“Oh, Draco, hai visto!” Draco che si era appena alzato dalla poltrona ci si ritrovò di nuovo seduto quando Ginny lo abbracciò.

Draco grazie, grazie, grazie” ma Draco non l’ascoltava per nulla, era concentrato in pensieri orrendi per togliersi la sensazione di lei seduta all’interno delle sue cosce con quella maledetta gonna a scacchi che si era sollevata mostrando maggiormente le sue gambe pallide.

“Spero di non disturbare” Draco voleva morire, la voce dietro di lui non poteva non essere che quella di..

“Amore! Non sai nemmeno come sono felice, se Draco non mi avesse aiutato domani non avrei mai potuto fare quel vaso!” Ginny si era alzata dalla poltrona ed era caracollata addossò ad Harry che la stringeva piano e con un sorriso tenero sulle labbra.

Draco si alzò teso e provò a salire nel suo dormitorio quando la voce di Harry lo bloccò di nuovo.

Draco non fare quella faccia! Scherzavo, so che Ginny è una fatta così, lei le emozioni le mette... troppo in mostra, vero amore?” la ragazza rossa ancora stretta nel suo abbraccio annuì sorridente.

“Se non ci sono problemi per te amico, non ci sono nemmeno per me” Harry gli sorrise per poi salutarlo.

“Fantastico...- dissi entrando nella penombra del dormitorio- E ora facciamoci una bella doccia fredda!”

 

BLAISE

 

Una piccola scintilla e la sigaretta si accese illuminando la penombra della stanza, oramai non lo notavo più, il fastidio alle narici arrivò e se ne andò.

“Come fai a sapere che tuo padre sta morendo?” lei non fece una piega, alzò lo sguardo e lo incatenò in quello di Blaise, continuavano a spiarsi attraverso la superficie del vetro.

“Questa è la lettera che mi hanno fatto avere a ora di pranzo”  voltò il capo verso il suo comodino e gli indicò una pergamena accanto alla lettera chiusa destinata alla preside. La pergamena era vergata da una scrittura precisa e aggraziata come doveva essere quella di ogni purosangue.

Gli occhi zaffiro percorsero la lettera.

“Io non vedo alcuna allusione, neanche velata al suo stato di salute.”

“Guarda bene.” Il ragazzo rilesse ancora la lettera.

“Continuo a non vedere nulla”

“Leggila ad alta voce, forza!” sembrò quasi ringhiare esasperata Hermione.

Figlia,

Spero che il tuo andamento scolastico stia migliorando, non voglio spese inutili!

Tornerai, come di consueto, a maggio per la festa d’estate.

Oggi stesso ho informato la preside delle tue previste assenze, ti invierò il modello.

 

Martedì è stato l’anniversario della dipartita materna, ho notato la tua dimenticanza.

Oramai dovrei averne fatto l’abitudine ma non posso

Rispettare i tuoi modi di fare scorretti!

E ti invito a correggerli senza bisogno di ulteriori  avvisi.

Non accetto che una Granger si comporti in questo modo, neppure se quella sei tu.

Dovresti rispettare il tuo sangue, come io rispetto il mio.

Oltre a quello che ti ho detto, devi andare un po’ oltre.

Vieni Presto

Robert Frederik Nigel Granger

 

“Ora hai capito?”

“Sinceramente no”

Ma sei proprio un tonto! Leggi l’ultimo rigo!”

Oltre a quello che ti ho detto, devi andare un po’ oltre.

“Appunto quindi non devi riflettere sulle parole in se ma sulla loro forma.

“Ti prego Herm sei sempre stata una persona spiccia non portamela per le lunghe”

“Guarda la prima lettere di ogni rigo saltandone l’intestazione.”

“S...T...O...M...O...R...E...N...D...O...Hai ragione!”

“Io ho sempre ragione Blaise. Comunque è il modo con cui quell’orgoglioso di mio padre mi fa avere dei messaggi che secondo lui sono degradanti per un purosangue”

“Dio come è cervellotico!”

“È nella sua natura esserlo, Blaise” si zittì Hermione e il moro ancora una volta si chiese se quelle parole erano dettate dall’orgoglio oppure se vi credeva veramente.

Quindi la preside non sa che è per questo motivo?”

“No, sa che devo partecipare a un ricevimento”

“Perfetto”

“Già”

“Quando partiamo?” gli occhi ambra si voltarono verso di lui, canzonatori.

Quando parto al massimo”

“No, hai compreso bene. Non lascio che te ne parti da sola”

Ma perché fai tutto questo per me?”

Perché ti voglio bene”

“Perdi il tuo tempo”

“Prima collezionavo francobolli, sono abituato a perdere tempo”

La ragazza alzò le spalle, non avrebbe mai ammesso come quell’imposizione gli facesse piacere.

“Si parte dopodomani mattina”

Quella stessa notte Blaise preparò le valige, inviò un gufo a suo padre che a sua volta lo inviò alla preside con un biglietto per il treno.

 

 

DRACO

 

Amavo farlo con calma; come ogni intenditore.

Amavo saggiarne l’odore intenso. Ed il suo calore e la sua morbidezza, spalmarne sopra del burro e forse, se la giornata permetteva, anche un po’ di marmellata.

Amavo la sensazione di trovarmi in un sogno, dati i suoni ovattati intorno, amavo un sacco la colazione!

Eppure quella mattina non riuscivo a rilassarmi come avrei desiderato; un chiacchiericcio eccitato e incessante si srotolava nella sala grande, violentando il mio udito non preparato.

Cosa succede Harry?” chiesi lamentoso, mi stavano rovinando l’unico momento di pace che più di tutti prediligevo e lo facevano anche senza un motivo facilmente identificabile.

“Nulla di particolare, a quanto pare la Regina se ne va” disse il moro bevendo il suo succo di zucca, al contrario di me, Harry non privilegiava più degli altri pasti la colazione.

La Granger?” specificai, ancora quel brivido solitario che si smagliava lungo la mia spina dorsale in un lento gemito di…qualcosa.

“Un ricevimento. Qualcosa per ricchi insomma, roba da matti!” aveva appena finito di parlare che sbarrò gli occhi fissando qualcosa dietro di lui; la bocca aperta mi diede la possibilità,per nulla gradita, di poter costatare cosa avesse ingerito il mio amico prima di quella paralisi.

Harry potresti chiudere la bocca quando mangi” lui lo fece, ma il suo sguardo continuò a puntare dall’altra parte della sala, mi voltai in tempo per notare  i due ragazzi che avevano insospettito tanto Harry che si pavoneggiavano accanto al lungo tavolo in noce che apparteneva alla casa dei Serpeverde.

Non indossavano la divisa scolastica.

Il primo era Blaise Zambini; il secondo era...Hermione Granger.

Sbarrai gli occhi.

Se il giovane moro era affascinate con il suo smoking nero con un elaborato ricamo argento che ritraeva il simbolo della sua casata con una Z e una B imprigionate all’interno.

La ragazza lo superava in bellezza e in particolarità.

Lo smoking della Granger la fasciava alla perfezione. Il vestito dal taglio naturalmente maschile come al solito era di un verde brillante aperto su una camicia bianca dalla cravatta dello stesso colore del completo. Nessun ghirigoro femmineo come Zambini.

Semplicemente squisita.

Mio malgrado la apprezzai.

Perché stranamente, a differenza di quanto mi aspettavo da quando non ero più costretto a dividere le lezioni e i pomeriggi a studiare con lei non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.

Mi voltai di botto cercando un autocontrollo che non possedevo, Harry mi guardò un attimo prima di ritornare alla sua colazione. La mia giaceva non consumata, la fame all’improvviso mi era passata, tornai a spiare la Granger che sedeva elegante al suo tavolo e fingeva di mangiare. Le mani erano coperte da guanti in retina bianca che rendevano le sue mani molto eleganti.

“Smettila di guardarla, potrebbe pensare che tu la voglia picchiare ancora” ma la Granger non mi guardava per lei ero sparito, forse la infastidivo, qualcuno al suo posto si era vendicato, non c’era soddisfazione!

O forse qualcuno mandato da lei si era vendicato per lei… per non farle sporcare le mani, una sorta di guanti, come li indossava ora che non le permettevano di sporcarsi.

Vaffanculo Malfoy

Mi voltai ancora, giusto in tempo per vederla andare via.

I nostri sguardi si incrociarono.

E la Serpe svincolò il suo sguardo ambra dal mio. Dio come odiavo essere evitato!

Cosa diavolo c’è Draco?” alzai lo sguardo su Harry, lui mi fissava con attenzione e manteneva la voce prudentemente bassa.

“Niente. Non mi infastidisce” parlai senza pensare.

“ Cosa ti infastidirebbe?”

“ Niente mi infastidisce!”

“ No?” il mio amico mi sorrise e sul suo viso si formò n espressione scaltra, non gliel’avevo mai visto in viso.

Quindi tu non vorresti che lei rispondesse al tuo sguardo?  Una cattiva vocina maliziosa mi innervosì ancora.

Chiusi la di discussione con un deciso no e provai a spilucchiate la colazione ma si trattò di un gesto poco convinto, anche le uova se ne accorsero e se la diedero a gambe levate.

Non bruci forse dalla voglia di guardarla ed essere ricambiato?

Per nulla al mondo

“ Come vuoi... puoi mentire agli altri ma non a te stesso” era una frase rubata dal tavolo che risuonò fino al mio orecchio, fu un caso o una fatalità, non ho mai creduto che potessero esistere questo cose anche nel mondo della magia. Credevo che fatalità e caso esistessero solo nel mondo babbano e che fossero il modo con cui i maghi e streghe si difendevano  dagli esseri umani.

Fu allora che compresi o almeno che ammisi apertamente a me stesso che gli scontri continui, quel sottile disagio, quel prendersi in giro in modo pesante, quel disgusto...tutto quello che era stato fra noi (o meglio che non era stato) erano meglio di quello.

Meglio di essere completamente ignorato.

Vaffanculo Malfoy

 

Fine capitolo

 

Note dell’autore

 

1. La chanson de geste. Termini attraverso i quali si fa particolare attenzione su di uno specifico genere letterario: la canzone di guerra. Le canzoni erano dedicate sia a grandi che a piccoli, la loro caratteristica è parlare di guerra e di aiutare di costumi.

2. Le tre frasi delle armature. Le tre frasi, meglio definirle tre versi sono presi separatamente dall’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo  e le ultime due sono dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.

Qui di seguito è presente la parafrasi per coloro che non avessero capito il senso:

3. dàjé vu. termine francese con cui si intende la proporzione “già visto”; viene utilizzato soprattutto in psicologia quando si parla di immagini che il nostro cervello dopo aver visto rielabora una seconda volta dandoci quest’impressione.

4. Robert Frederik Nigel Granger. Il nome del padre di Hermione è totalmente inventato naturalmente.

 

 

Prossimo aggiornamento il 10/05/2011, orario variabile

 

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Capitolo 9
*** 9- Welcome to hell ***


C9(BG)

 

Capitolo Nove: “Welcome to hell

 

L’avete mai vista una falena che muore?

Qualcosa che potrebbe far sciogliere il cuore anche ad un uomo forte come mio nonno.

Io ne ho viste molte.

Muoiono per due motivi le falene ed entrambi le morti sono cruente.

Possono bruciare vicino a una fonte di calore e con una piccola fiammata scomparire, oppure, possono morire per il freddo anche se sono all’interno di un’ abitazione e si poggiano accanto al vetro.

È una cosa che spezza il cuore eppure le persone non si scompongono più di tanto.

La falena inarca la schiena, non so come si chiama veramente, non ho mai studiato queste creature, come la loro morte anche la loro vita non interessa ad altre persone.

La falena batte le ali, producendo un rumore fosco, il suo sembra quasi un urlo di dolore murato, intrappolata dalla sua natura fragile.

Alla fine si allunga, si tende verso un punto lontano da lei e poi decade sulla sua presunta schiena, spirando.

Ne ho viste tante di falene morire eppure non sono mai riuscito a vedere i Thestral, i cavalli scheletrici, che dal quinto anno riesce a vedere Harry.

Ho letto sull’argomento, documentandomi, per paura che fosse un tristo presagio la visione scomoda di quelle creature da parte di Harry e ho scoperto che li vedono solo coloro che hanno visto qualcuno morire, ma io non le vedo.

... Ho visto morire tante falene...

Forse non interessa a nessuno di quelle povere falene, perché quello che non fa rumore non da fastidio..

non esiste.

 

HERMIONE

 

I corridoi si erano svuotati in fretta dopo la colazione e Blaise si era preso la briga di portare i miei bagagli fino al binario per poter prendere il treno che ci avrebbe condotto alla lussuosa villa che mio padre possedeva nella Londra babbana, ero sicura di trovarlo lì, era la villa che utilizzava quando c’erano fatti che nessuno doveva indagare; il suo indebolimento, immaginai, era uno di quelli.

L’abitazione dove ero cresciuta perché mia mamma era praticamente sempre malata e mio padre era sempre impegnato; insomma una gran bell’infanzia!

Tornare lì sarebbe stato sicuramente strano.

“Guarda, Guarda chi non è ancora in classe a quest’ora tarda” una voce familiare quanto fastidiosa interruppe in miei pensieri, mi voltai lenta con il miglior sorriso che potevo avere di prima mattina.

Professore” il giovane biondo e muscoloso professore di Babbanologia era lì dietro di me con un sorriso sul viso e due occhi pericolosamente affascinanti. Le ragazzine svenevoli di Corvonero magnificavano quegli occhi come punti in cui le nuvole si diradano e si può scorgere l’infinito. Mah.

“Ti ho detto di non chiamarmi così Hermione” rincarò lui fermandosi dinanzi a me, notò finalmente i miei indumenti eleganti, un solo sopracciglio si arcuò ma non disse nulla, il Sign. Paris Smith aveva finalmente capito che non tutti gradivano i suoi pareri.

“Anche io professore, ma la lezione vedo che non ha attecchito” il sorriso comparve sul suo volto ma il suo riflesso sparì nei suoi occhi.

“ Misero me, pensavo di essere io l’educatore”

“Non si finisce mai di imparare” i suoi occhi lasciarono i miei e cominciò a vagare sul mio corpo, sembravano carezze spinte e insieme sembravano tocchi gelidi.

“Come siamo eleganti” il suo sguardo divenne ancora più freddo, glaciale.

“Un ricevimento, qualcosa che ai maghi di second’ordine non è permesso” mi ritrovai a gongolare interiormente del piccolo lampo risentito che intravidi nelle sue iridi.

“Sei cambiata Hermione Granger” finalmente abbandonò il suo tono conciliante, cominciò a girarmi intorno, odiavo essere trattata in quel modo mi sentivo come un pezzo di carne gettato ai sciacalli.

“Potrei dire lo stesso di lei professore” continuai a prenderlo in giro, sentivo il silenzio intorno a me, nessun fantasma, professore o ragazzo mi avrebbe salvato da quella discussione e in cuor mio forse non lo volevo davvero.

“Non tantissimo” minimizzò.

“No? Un tempo era bruno e il suo cognome non era poco importante, Sig. Smith ” il suo sorriso scomparve del tutto, non vi era neppure il sorriso finto a coprire il suo viso, solo silenzio e occhi blu.

“Gli occhi sono rimasti gli stessi però” sussurrai guardandolo, quello sguardo che mi aveva fatto soccombere anni addietro.

E lo sguardo si fece liquido, terrorizzato.

“Ti sbagli” mi afferrò dolorosamente il braccio, le sue iridi si riempirono di un sentimento particolare, c’era paura, tanta  e poi c’era anche eccitazione. La presa si fece dolorosa, voleva farmi smettere di sorridere ma non c’era riuscito in passato e non ci riuscì nemmeno adesso.

“Che cosa utile la memoria, non trova professore ? Fa ricordare troppo e dimenticare tutto. Faccia attenzione Sig. Smith in questa scuola c’è la tendenza a conoscere meglio i segreti che le belle azioni o i begli occhi” liberai il braccio con questo avvertimento nelle labbra. I suoi occhi brillarono di piacevole preparazione.

“Oh mi creda signorina Jane, lo ricordo bene” il suo viso si avvicinò al mio, aveva le labbra ad un centimetro dalle mie; ai professori non è permesso intrattenere una relazione con i propri allievi, nessun professore di Hogwarts era mai venuto meno a questo impegno.

Un rumore. Blaise.

Mi districai da quell’incantevole abbraccio e mi allontanai dal Sig. Smith.

Non potevo resistergli. Continuava ad essere irresistibile.

Come una candela.

Ed io ero la falena

DRACO

 

“Preside” un brivido leggero mi trapassò la schiena quando entrai in quella stanza familiare e intravidi la sua sagoma che sedeva sulla scrivania circondata da carte e da oggetti strani, appartenuti all’ex preside.

“Buongiorno Draco Malfoy” eccola la voce della McGranitt che mi richiamava al presente. Con un cenno brusco, non era una donna abituata ad immediati slanci affettivi, mi indicò le sedie di cuoio davanti alla sua scrivania.

“Ti  ho fatto chiamare per informarti di una notizia che ci addolora tutti” la sua voce si addolcì, divenne materna, di una maternità che non aveva mai posseduto.

“Tua nonna Jude” sussultai a quelle parole e quando mi porse una lettera vidi che le mie mani tremavano, non mi piaceva il modo in cui l’aveva detto.

 

Draco Malfoy

 

La scrittura elegante non era quella di mia nonna ma di una mano sconosciuta, troppo tramortito per chiedermene il motivo aprì la busta estraendo la pergamena, vidi che l’elegante calligrafia continuava anche al suo interno.

 

Signor Draco Malfoy

È con la morte nel cuore che le comunico la dipartita della buona Jude Scharlett, moglie fedele e donna di impareggiabile spirito, si è spenta oggi senza un dolore nella sua abitazione… **

 

Non continuai a leggere la lettera.

Quello che avevo letto era abbastanza.

“Fatti forza Draco” soggiunse la McGranitt e poi fece una cosa un po’ strana, allungò la mano attraverso la scrivania e mi carezzò una guancia dato che una lacrima ne era sfuggita.

“So che non si dovrebbe...” lanciò lunghe occhiate alla parete poi tornò a puntare lo sguardo su di me. “Ma ti ho fatto preparare una passaporta, fra tre ore ci sarà il funerale e quindi dovrai tornare al massimo nella giornata di domani.” Sorrise debolmente.

“Grazie” sussultai quando sentì la voce immatura che rispose alla McGranitt.

Mi indicò una piccola tabacchiera in argento con uno smeraldo incastonato in un vaporoso ghirigoro, oggetto stupendo ma che per me non aveva nessuna attrattiva in quel momento.

“Questo è un passaporta un po’ particolare, toccando lo smeraldo lo accederai così una volta arrivato a destinazione potrai metterlo in tasca” annuì assente, in altre situazioni mi sarei innamorato di quell’oggetto ma ora...

Afferrai la tabacchiera e premetti sullo smeraldo che all’istante si tinse di un rosso cupo come il sangue, poi il nulla vorticoso di colori squillanti e il rubino tornò del suo verde.

Lo infilai in tasca.

Davanti a me si trovava una piccola casa abbandonata in cui potei riconoscere la villetta a due piani isolata dal mondo che avevo lasciato quell’estate e che a Natale non ero tornato a visitare.

Infilai una mano in tasca ed estraggo i miei vecchi occhiali.

Dopo che mi ha picchiato quando mi hanno guarito gli occhi ho mentito sui gradi che possedevo, oggi sono lievemente astigmatico, 0,25 gradi e non avrei affatto bisogno delle lenti, ma oggi più che mai ho bisogno di indossarli nuovamente, un piccolo incantesimo di trasfigurazione e la lente dell’occhiale diventa mero vetro.

Li rigiro fra le mani.

Sono “due fondi di bottiglia” li chiamano tutti così, sia i miei amici per prendermi in giro sia i miei nemici per farmi innervosire. Lo diceva anche la Granger, prima.

C’è motivo che mi spinge a conservare quegli occhiali anche ora che non ne bisogno.

Appartenevano a una persona a cui devo tutto che ora non c’è più.

Lui mi ha cresciuto togliendomi dalla strada, in quella sua casetta pulita che sapeva di fiori e dove c’era sempre il sole, stavamo in periferia noi, e quella casetta sembrava lontano dalla civiltà.

Mio nonno.

Scozzese fin nel midollo, aveva sposato la corposa e bellissima Jude, mia nonna, quando avevano solo quindici anni.

Lei, diceva mio nonno, era promessa ad un altro ma lui l’aveva vinta. Sembrava la storia di un altro mondo quella.

Eppure si erano amati così tanto prima che un male comune e senza via di uscita aveva privato mio nonno della luce nello sguardo: la vecchiaia.

Della bellissima e coraggiosa Jude che aveva rischiato il tutto contro tutti non era rimasto che i guscio vuoto che ancor oggi conteneva mia nonna.

Una donna che si tirava avanti con la forza delle sue vecchie ossa, anno dopo anno, aspettando anche lei lo stesso male del marito.

Ma a quanto pare anche lei si era arresa, non aveva resistito agli urti della vita.

Credo che quando si diventa anziani si diventi anche sostanzialmente egoisti; tutti e due si erano arresi alla vita e mi avevano lasciato lì. Solo.

“Benvenuto” se avessi avuto respiro per urlare lo avrei fatto perché al mio fianco si è appena materializzato un uomo in giacca e cravatta vestito completamente di nero.

Mio nonno mi ha sempre spiegato che nella Scozia meridionale, il diavolo, strumento maligno, soleva apparire nella brughiera in abiti nobili per poter prelevare l’anima prescelta.

“Chi sei?” ancora quella voce gracchiante da adolescente.

“Sono la persona che ti ha scritto”

“Un mago? Cosa c’entra un mago con la morte di mia nonna” mi sorrise piano, scoprendo denti bianchissimi.

“Non mi piace parlare di queste cose all’esterno, entriamo per favore” non so dirvi perchè ma lo seguì. Sapete quando si ha la netta sensazione che quello che si stà per fare è attraversare un bivio?

La mia decisione di seguire quell’affascinante e terribile tipo mi dava proprio quella sensazione. Potevo decidere di premere ancora lo smeraldo mi avrebbe riportato alla scuola, mi sarei inventato che non potevo sedere a guardare il funerale di mia nonna e non avrei mai saputo perché quell’uomo, chiaramente un mago, mi aveva scritto informandomi della morte di mia nonna, una babbana anziana ed isolata dal mondo.

Oppure avrei potuto seguire quell’uomo all’interno della casa rischiando... l’anima?

Ma io non credevo in Dio, non credevo di poter perdere l’anima.

Cosa dovevo fare, in fin dei conti?

 

BLAISE

 

Il treno per Hermione era sempre stato un veicolo di tranquillità, non eravamo partiti neppure da un ora e già dormiva.

Forse sognava...chissà cosa...chissà chi...

Vorrei tanto saperlo, penetrare i suoi pensieri...

Forse vorrei saperlo solo se quel “chi” fossi io.

Le accarezzo il capo e la vedo agitarsi nel sonno, mi afferra la giacca di raso e la tira poi sembra tornare calma e si sorregge gentile alla mia giacca affondando nel mio profumo e io le circondo le braccia... finalmente è mia.

Le ciglia lunghe le ombreggiano la guancia che è soffice e leggermente arrossata dal calore del treno, le labbra rosse sono leggermente socchiuse modellate a cuoricino come se stesse per scoccare un bacio.

E vorrei tanto sapere cosa sta sognando.

 

HERMIONE

 

Il suo odore... quell’odore è nell’aria; è accanto a me.

L’odore del mio primo amore. Del mio unico amore.

Davanti ai miei occhi quella scena di tanti anni prima. La stanza buia ospita un uomo austero che siede perfetto nella sua sedia all’alto schienale. La scrivania in forte acero dai ghirigori lugubri incute terrore, a tutti o forse solo a me, come quando ero bambina, ma ora sono grande! Ho appena cominciato il mio primo anno a Hogwarts.

Mio padre mi aveva fatto chiamare.

Come sono lontani quei giorni, ero tanto diversa...

Entrai piano, con reverenziale terrore nella cosiddetta “Tana del serpente”, mi fermai appoggiando una mano tremula sulla superficie dolcemente cesellata della scrivania ed aspettai.

Mio padre fissava ancora le carte che aveva dinanzi, come ignaro della mia presenza.

Un attimo ancora di silenzio.

“Padre mi avete fatto chiamare?” chiesi guardinga

“Si, Hermione Jane” il capo scuro e riccioluto si alzò e due occhi verdi eppure glaciali mi guardarono, occhi che quando guardano non sanno arricchire che non vogliono altro che trovare il difetto nelle iridi dell’altro forse un fremito di paura.

Per evitare che mio padre notasse il mio abbassai, sconfitta il capo.

“Tu sai il motivo della mia convocazione?”

Scossi il capo.

“Tra breve ti fidanzerai”

“Mi...mi fidanzerò?” alzai lo sguardo su mio padre, uno sguardo scioccato e infiammato dal rifiuto che mio padre avrebbe punito, così riabbassai subito il capo.

“Sei abbastanza grande” sembrava quasi un imposizione,il signor Granger aveva il tono di coloro che concludono e infatti le mani si muovevano sicure sulla scrivania ricercando nuovi documenti...nuovi investimenti.

“Chi sarà?” l’uomo alzò il capo infastidito dall’insistenza della figlia.

Zabini” cognome...nessun nome...nessuna caratteristica fisica o mentale che identificasse quel Zabini con i quattro che conosceva. Fece un gran sorriso e con una poco graziosa riverenza uscì.

Zabini. Conosceva quattro persone con quel cognome: uno era già troppo anziano, l’altro era proprio brutto,l’altro era un suo amichetto e l’ultimo...

L’ultimo era Paris...

Solo sussurrare quel nome fece arrossire le mie guance paffute.

Ero cotta come tutte le ragazzette del mio anno di quel moro muscoloso ed elegante dagli occhi dal colore blu come l’abbraccio di un cielo luminoso di stelle.

Il mio primo ragazzo, impostomi da mio padre che per amore della discendenza aveva cercato nella sua più strana magnanimità di darlo a me... il primo a cui mi ero data, il primo che avevo creduto di amare, prima di scoprire che l’amore non era per me che tutto quello che l’amore sembra darti è l’illusione di una felicità che dura fin quando i movimenti non rallentano e i vestiti ritornano al loro posto, ma non era stata colpa di lui, Hermione l’aveva capita da sola questa verità lui si era limitato a fare quello che avrebbero fatto tutti gli uomini.

Perché gli uomini erano tutti uguali, avevano lo stesso dna...

Mi svegliai di soprassalto e rivolsi lo sguardo velato di pensieri a due paia di occhi blu zaffiro.

Herm dobbiamo scendere, siamo arrivati” mi stiracchiai lentamente e annuì, il mio sogno era volato via...che peccato!

Guardai l’abbraccio grigio di Londra che mi stringeva in un poco caldo benvenuto.

Due incantesimi di occultamento e arrivammo alla dimora.

“Benvenuta Madamoselle” un piccolo e rugoso elfo aprì la porta e riconoscendola si affrettò in inchini poco ortodossi.

“Evita Crock!”

“Il mio nome è Crick, Madamoselle. Crock è stato ucciso dal signore vostro padre due ore fa”

“Oh che cosa orrenda!” la giovane si sfilò il soprabito e lo porse al piccolo elfo domestico insieme ai suoi bagagli che affaticato e appesantito si avviò al piano superiore.

“Da quando in qua ti dispiace per gli elfi?” il sopracciglio alzato, in una movenza altezzosa.

“Ehm?” Hermione spostava i suoi occhi d’ambra per la casa e quindi gli rivolse due occhi annuvolati.

OH che cosa orrenda- mimò ghignando il moro e allo sguardo interrogativo della ragazza precisò- Quello che hai appena detto a quell’elfo domestico.

Ma si Blaise è orrendo che mio padre sia nervoso! Mi farà tornare a scuola stressata... e io odio esserlo!” il ragazzo scosse il capo, Hermione sarebbe rimasta sempre troppo cinica.

La ragazza tornò a fissare il salotto con circospezione poi il suo sguardo si bloccò sul ritratto di una donna.

I capelli della donna erano chiaramente mossi, eppure nemmeno un filo di pallido rame scivolava via da ordinata crocchia alta e regale, l’incarnato era pallido e il viso da bambola era dominato da due bellissimi e magnetici occhi dal colore dorato.

Il corpo, che il tempo non aveva rovinato era longilineo e le poche morbidezze, messe nei posti giusti venivano esaltate da un vestito color del mare. Esso aveva il corpetto aderente e scendeva poi morbido.

La stoffa era un solo elaborato ricamo dove si incrociavano perle e diamanti.

Il collo da cigno quella donna era abbellito da un filo di perle dalla bellezza eterea.

La bellezza del quadro e della donna ritratta era un dato di fatto.

Ricordava bene quante volte da piccola era stata soggiogata da quella Dama misteriosa e al contempo familiare che sorrideva in modo così affascinante e bello ad al contempo malefico e temibile.

Da piccola passava le ore inginocchiata a fissare la Dama silenziosa.

Era convinta a quei tempi che almeno la Dama silenziosa le avrebbe fatto trovare in esso le risposte esatte.

Poi ad un tratto la donna fece un sorriso gentile e gelido e disse:

“Benvenuta all’inferno, Hermione Jane

 

DRACO

 

Joe Black non era il diavolo fascinoso delle storie di mio nonno anche se il suo nome lo ricordava davvero tanto. No, il Signor Joe Black non era il satana dal sapore celtico che ingannava le docili fanciulle per sedurre e far mettere al mondo satanassi come lui.

Joe Black non era tutte queste cose, lui era un mago, quando entrammo nella casa che era stata dei miei nonni mi fece accomodare su una poltrona del salotto, come se lui fosse il proprietario e io fossi l’ospite.

“Tu sei Draco non è vero?” annuì lentamente, sentivo la stanchezza invadermi, tante domande nella mia mente che non trovavano risposte chiare.

“Conosci queste persone?” mi porse una piccola foto scolorita, era una foto magica, due persone impettite con i capelli lunghi e lisci sorridevano appena, i loro vestiti erano di qualità ed erano chiaramente dei maghi. L’uomo nel pugno della mano sinistra impugnava un bastone con la testa di un serpente, era un particolare che a stento si intravedeva nella foto eppure era una strana sensazione come se l’avessi già incontrati.

“Non ho idea di chi siano” poi guardai il Signor Joe Black, aveva un sorriso triste sul viso.

“Mi rendo conto, credo che per te sia arrivato il momento di organizzare un funerale” mi fissò a lungo, aveva gli occhi grigi e che sapevano trapassare.

“Non ho idea di chi lei sia, mi ha detto solo il suo nome” sollevò il capo e mi sorrise più apertamente.

“Devi organizzare un funerale no?” aveva un sorriso che poteva mettere i brividi.

“Già”

“Io chi altro potrei essere se non il tuo impresario funebre?”

 

 

HERMIONE

 

“Benvenuta all’inferno, Hermione Jane” poi sorrise “ Come ci si sente?”

La Dama tornò silenziosa ma il suo sguardo seguì l’avvicinarsi della ragazza alla tela.

Hermione fece una buffa riverenza di chi ha smesso da molto tempo i panni della bambina ligia all’etichetta.

“Questo dovrei essere io a chiederlo a voi, madre. Come ci si trova in un luogo simile?” ma la Dama chiuse i suoi magnetici e malefici occhi e tornò ad ignorare la giovane.

Madamoselle, il padrone l’aspetta nella sua stanza” un piccolo elfo grinzoso come quello che era venuto ad aprire fece la sua comparsa più composto del primo.

La giovane attraversò il corridoio e giunse di fronte alla stanza... quella stessa stanza del suo sogno.

Bussò piano, tre volte, per poi entrare nella stanza che la penombra rendeva lugubre. La sagoma di un uomo, fiocamente illuminata sedeva composta alla scrivania anche se i primi morsi il tempo li aveva dati a quell’uomo.

I capelli erano ora screziati di bianco e grigio chiaro.

Hermione da piccola aveva sempre creduto che il padre fosse nato compostamente a quella scrivania.

“Buongiorno padre, mi ha fatto chiamare” lo guardò attentamente per scorgere qualche segno della malattia che aveva distrutto suo padre.

“Si desidero parlare con voi figlia di una mia importante alleanza con una gran forza” Hermione strabuzzò gli occhi. Aveva interpretato male la lettera?

Questa alleanza si suggella con un matrimonio” la fissò sicuro “Con il tuo matrimonio”

“Un matrimonio? Voi mi avete inviato una lettere dicendo che stavate morendo quando invece volevate offrirmi come vostro timbro di validità?” il padre alzò un sopracciglio guardando la giovane che aveva davanti.

“Non comprendo dove sia il problema. Che forse i tuoi studi comincino ad appassionarti?” sorrise beffardo l’uomo, sapeva bene che era da scartare, Hermione evitò volutamente la sua domanda ironica e chiese.

“Chi sarà questa volta?”

“Non sono tenuto a dirtelo” la ragazza rise, oramai il padre non le incuteva più paura.

E a chi siete tenuto a dirlo?”

“A nessuno. Non voglio che tu faccia scappare anche lui, dopo Zambini” tutta Hermione si riscosse come se il padre le avesse dato uno schiaffo.

“Io non ho fatto scappare proprio nessuno” il padre distolse lo sguardo come se non sopportasse di guardarla troppo.

“Hai portato con te anche il giovane Zabini?”

Si” lo guardò con sfida aspettandosi uno scoppio di ira, invece il padre sorrise.

“Bene allora te lo farai dire da lui. Ora puoi ritirarti”

“Lui sa chi devo sposare e io no?” la rabbia le aveva fatto stringere i pugni, suo padre alzò lo sguardo sulla figlia, contrapposizione evidente.

Lui era calmo e freddo; lei era bruciante di rabbia e passione.

Se mai avessero passeggiato insieme, molti avrebbero dubito che appartenessero alla stessa famiglia. Ma tanto non facevano mai passeggiate lei e il padre.

“Sei divenuta sorda?”

La ragazza si voltò senza neanche salutarlo e uscì di volata dallo studio.

Percorse il lungo corridoio e arrivò in fondo davanti a un arazzo dai colori ipnotici, si chiamava Il Labirinto della mente, per magia vorticava su se stesso e si poteva scorgere il pensiero che maggiormente agognava la tua mente. Gli si fermò davanti e l’arazzo dai colori ipnotici cominciò a vorticare formando una figura nera che le tendeva un anello d’oro.  

Aprì la porta che sapeva ospitava Blaise.

Herm, cavolo potevi bussare!” il ragazzo sedeva sul letto con la sola protezione di un asciugamano che gli circondava i fianchi.

“Non c’è nulla che non ho mai visto, toccato, accarezzato, leccato e... Blaise che si era alzato alla sua entrata, zoppicò fino alla sua figura e le tappò la bocca, terrorizzato.

“Dio santo ma la tua bocca ha mai qualche remora?”

“No” quel monosillabo precedette un bacio a labbra aperte terribilmente malizioso e anche terribilmente...già visto..

Hermione cosa succede?”

Perché?” gli sorrisi innocentemente.

“Questi baci significano sempre una cosa, estorcere informazioni, allora cosa mi vuoi chiedere?”

Mi comparve un piccolo broncio sul viso, odiavo chi precedeva le mie mosse.

“Mio  padre mi ha detto di chiederti chi era il mio prossimo marito. Ha detto che tu sai chi è”

“Forse, allora sarebbe bene che tu segga” disse Blaise, improvvisamente pallido.

“È veramente così ripugnante?” e tremai, se un marito mi ripugnava il pensiero di un uomo ripugnate che diveniva mio marito mi terrorizzava.

“Oh no, molto ma molto peggio

Mi sentì come quelle farfalle che toccate la fiamma della lanterna si ustionano e finiscono mummificate dalla cera o divorate dall’olio.

Crollai senza forza sul materasso.

Mi sentivo una falena

 

Fine del Capitolo

 

Prossimo aggiornamento Lunedì 16 maggio 2011, ora da definire.

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Capitolo 10
*** 10- Il Passato Non Muore Mai... ***


C10(BG)

Il ricordo della felicità, non è più felicità.

Il ricordo del dolore; è ancora dolore.

 

Capitolo Dieci: “Il Passato non muore mai...

 

Scappare è semplice, molto semplice.

Basta un po’ di allenamento e una persona può correre lontano da tutto. E da tutti. Ma c’è una categoria di cose che non sono facilmente rifuggibili.

I propri ricordi.

Quelli non li puoi ipotecare o vedere, non puoi sperare di non incontrarli per la via o di cambiare strada se proprio succede. I ricordi non ti lasciano mai in pace e arrivano a catturarti ovunque tu sia.

Ti afferrano e ti fanno provare le emozioni che vogliono loro.

Non ti può salvare nessuno, non ti puoi difendere da loro quando ti prendono tu balli. Non c’è niente che tu possa fare.

Perché non c’è nessuno che ti salva nella vita.

 

DRACO

 

Apro gli occhi, sto dormendo?

Sento la mia schiena schiacciata sul materasso dal mio stesso peso.

Devo alzarmi, perché oggi devo allenarmi come tutti i giorni e devo anche studiare perché ieri sera non ho fatto i compiti.

La notte mi avvolge all’improvviso con il suo freddo come di una persona che indossa qualcosa di troppo leggero per uscire.

Ma non mi sono alzato, sento distintamente, ma è una percezione lontana e indistinta, il peso che mi schiaccia sul materasso ed insieme sento il freddo alle mani e ai piedi e il sudore freddo che mi corre lungo la schiena.

È strano sognare, troppo strano.

Una rampa di scale, sono nere come non le ho mai viste e di marmo lucido come non credevo esistesse, una luce le rischiara facendo si che un riflesso argentato e purissimo cada su ogni scalino fino alla sommità dove solo le tenebre sanno cosa nascondono.

Guardo ancora la luce che candidamente mi mostra il suo commino, gli corro incontro, ma non lo so, non so dire se corro in giù o se corro in su.

Ruoto su me stesso, odore di rugiada, erba calpestata e terribilmente offesa, i fiori sono opachi e la luce fioca della bacchetta non rendono veramente giustizia al magnifico giardino, perché è quello che deve essere.

Rumore improvviso, mi disturba, la notte si squarcia, sono di nuovo nella stanza, sento la morbidezza del materasso e così all’improvviso mi spaventa. Mi sveglio.

Ho sonno. Chiudo ancora gli occhi piano, voglio continuare quel sogno.

Sono anni che sogno quella stessa cosa... Continuo a sentire il sudore freddo per tutto il corpo, inghiottisco, la saliva è acida e sento la gola arrossata, tanto, come se avessi urlato o pianto, la mano mi fa male, ho fretta, devo fuggire da quel giardino...

Non lo so perché, lo sento troppo bello per me, e non so nemmeno perché ho fretta, io vorrei poterlo guardare e restare così per tutta la sua larghezza, perché lo vedo è veramente bellissimo.

No, mi sono addosso!

Ma chi sono?

Una figura diversa ma familiare, ha lunghi capelli biondi, preziosi e sottili, ricordo il suo sguardo orgoglioso, ricordo il bastone con la serpe eppure insieme non li riconosco; i capelli sono attorcigliati, la pelle è arrossata dalla fatica, gli occhi sono delle nere pozze di paura e d’amore. Perché quell’uomo è agitato?

Scappa Draco

Il mio sogno si è arricchito di un nuovo attore, di un secondo personaggio, non l’avrei mai detto che potesse accadere. Provo a correre, l’uomo mi ha detto di farlo e io lo ascolto, vorrei tanto che mi avesse detto altre cose. All’improvviso mi sono dietro tre,quattro o cinque sagome scure; sono nere come la morte e portano lo stesso nome.

E io vorrei correre forte. Ma le mie gambe sono corte e la corsa è impacciata.

Io sono uno, loro sono tanti, che devo fare?

Poi il nulla.

Mi sveglio, ma non apro gli occhi, non lo voglio sapere cosa mi circonda, voglio sapere che cosa significa, se mi è possibile analizzare sempre più elementi.

Ma le immagini sono finite.

Voglio dormire.

Non è vero. Perché è da quando ho memoria che ho una specie di antipatia verso il sonno, per ricaricarmi ho bisogno di sole cinque ore.

Mi gira la testa.

Apro un occhio, ad agio, mi guardo intorno e quella che riconosco è la mia stanza, la mia vecchia stanza, è piena di vestiti che ricoprono i piedi del letto. Sembra quando mia nonna posa la biancheria che ha lavato; sembra lo stesso caos ordinato.

Sembrava…come quando mia nonna posava, devo imparare ad utilizzare i tempi passati; sono questi i terremoti della vita, quelli da cui non ti riprendi mai.

“Hai dormito bene?” la voce è accanto alla porta, mi alzo circospetto e fisso l’uomo in giacca e cravatta che si appoggia alla porta.

“Non tanto” grugnisco, quell’uomo mi mette i brividi.

“Cattivi pensieri” si avvicina al mio letto e comincia a piegare i miei vestiti o quelli che dovevano essere i miei vestiti ma che non ricordavo di aver mai indossato.

“Brutti sogni” gracchiai, continuavo a fissare i suoi movimenti precisi.

“Forse sono solo ricordi” aveva il viso sereno di chi non ha un pensiero nella vita, una preoccupazione, lo invidiai davvero tanto. Io stavo passando il momento più orripilante della mia vita.

“Non credo che siano ricordi” ribattei asciutto.

“Hai visto qualcuno della foto non è vero?” il suo tono era sicuro, la foto, si l’uomo biondo della foto.

“Tu come fai a saperlo?”

“Te l’ho già detto Draco, sono il tuo impresario funebre”

 

HERMIONE

 

Reclinai il capo all’indietro fino a sfiorare la superficie di legno e chiusi gli occhi.

Due occhi blu come un cielo di notte, la chioma bruna anzi no i suoi capelli erano neri come l’ala di un corvo, aveva la pelle abbronzata, scurita dal sole o solo dalla natura, ed un sorriso impertinente di chi conosce ogni cosa...così lo ricordavo il mio primo ragazzo.

Colui che dovevo sposare.

Paris Zabini.

Il mio sospetto si era rivelato fondato.

Mio padre un mese dopo la discussione avuta nella biblioteca mi aveva presentata ufficialmente a casa Zabini come la futura moglie di Paris Zabini che mi aveva lanciato uno sguardo annoiato prima di sorridere e piegarsi ai voleri del padre.

L’atteggiamento di lui non mutò, si vedeva lungo un miglio che aveva preso diversamente da me la storia del fidanzamento... Era totalmente restio!

Quando mi incontrava per i corridoio mi fissava con sdegno e mi chiamava mocciosa davanti a tutti i suoi amici ma io non me la prendevo a male, ero troppo pazzamente innamorata per poter vedere che le mie attenzioni non erano gradite e che il mio corpo troppo da bambina non era guardato con desiderio ma solo con ilarità quando mettevo quelle magliette troppo aderenti e quelle gonne cortissime.

Molti amici di Paris presero così a chiamarmi Barbie, un termine babbano per definire piccole bambole in plastica che indossavano vestiti succinti, era un vero e proprio affronto inventato da uno dei suoi amici Mezzosangue (questa volta si intende un ragazzo nato da famiglia mista NdA) ma io niente.

Non riuscivo a pensare ad altro che a lui; Paris Zabini.

E poi giunse la maturità fisica.

Durante il terzo anno, finalmente, Paris si accorse di me e durante una festa illegale, successe...

Paris doveva aver bevuto un po’ perché mi fece scendere dal cubo su cui stavo ballando con foga e mi passò una mano sulla vita scendendo a toccarmi senza ritegno il sedere.

Mmmm... tesoro che gran bel culo che hai” inciampava sulle parole come una persona che non sa stare eretto.

Tesoro? Non potevo credere alle parole che il ragazzo mi aveva rivolto.

“Paris... ti senti bene?” chiesi lentamente, il ragazzo allora mi baciò la guancia, un po’ troppo vicino alla bocca e mi disse.

“Mai stato meglio – e prendendo la mia mano fra le sue me la posò sul cavallo dei pantaloni, arrossì terribilmente quando sentì qualcosa di duro sotto la stoffa, lui rise sguagliatamente – lo senti vero come sto bene?” rabbrividì, ma mi riscossi subito, desideravo quel momento da due anni, non l’avrei rovinato con quelle stupide paure da ragazzina. Mi strinsi a lui con fare civettuolo.

Anche io mi sento bene” mi strusciai su di lui, il ragazzo mi lanciò un sorriso ancora più bello e mi fece avviare verso un privét.

Mi bloccai sul posto, vidi la mano che lui stringeva spingersi oltre il mio corpo e bloccare anche Paris che mi stava tirando in quella direzione.

“Cosa c’è?” chiese Paris disorientato, la paura mi immobilizzava sul posto, gli rivolsi uno sguardo sconfitto e stanco.

“Non mi va...” inciampai sul finale e decisi di non continuare. Ecco ora Paris avrebbe riso mi avrebbe chiamato mocciosa e sarebbe fuggito da me. Dal mio corpo.

Cosa? Di fare l’amore?” sorrisi dolce alle parole di Paris, aveva usato fare l’amore e non fare sesso, significava che Paris aveva finalmente capito che per me, lui era importante.

E lo desideravo. Tanto.

“Non intendevo questo, io intendevo non mi va nel privet...

Il ragazzo sorrise “Seguimiuscimmo nei corridoio di Hogwarts e Paris prese ad allungare un po’ troppo i passi per i miei tacchi a spillo quindi il più delle volte più che camminare, strusciavo, poi Paris si bloccò di colpo e si girò verso di me.

Cosa...” per un attimo temetti che rinsavito dall’alcool non mi voleva più ma invece lui disse.

“Tesoro ma tu non sarai mica vergine vero?”

La domanda rimase fra noi per un attimo lunghissimo poi feci un piccolo sospiro e...

“E tu credi che una come me sia ancora vergine?”...mentì.

E allora lui mi portò in quella stanza senza finestre e senza purezza.

In quella stanza usata altre decine, migliaia di volte.

Una stanza nuda, come le persone che vedeva, piena solo di un letto dalle coperte in seta verde.

Mi accarezzo la cosca facendomela piegare e alzare sul suo fianco e continuò ad accarezzarla fino a che non pronunciò il complimento più intimo che un ragazzo mi aveva mai fatto:

“Hai le gambe più belle che io abbia mai visto, mio piccolo tesoro, lisce e sode, pallide e a fuso, non ho mai visto nulla del genere e saranno mie fra meno di cinque minuti le avrò strette ai miei fianchi. Perché tu sarai mia” mi spinse veloce verso il letto.

E fu lì che mi stese.

E quelle parole “Perché tu sarai mia” mi rimbombarono nella testa ed è più forte di me ma penso che è lui, che solo quando quel lui ti dice che sarai sua ti senti così... bene...

Ma io sapevo ballare sul cubo, mettere vestiti micro e apparire volgare.

Non ero un’esperta nel ballo dell’amore,

Ma questo lui non lo sapeva perché...

Regola numero uno: Mai dire a un uomo che è il primo.

Lo sanno tutte, e lo usano solo le più orgogliose e io già allora ero la peggiore.

E lui era bello. Come lo può essere un angelo...

E poi si spogliò e io credevo di morire.

Era ancora più bello di quello che io potevo credere...

Sognare...

Amare...

E cominciò a ballare con me, un ballo ritmato, veloce...troppo veloce.

E mi trovai nuda e non sapevo perché lo ero già e così cercai le sue labbra e provai a baciarlo...

“No, i baci sulla bocca quando succede una cosa così, no. e mi stupisco ancor oggi nel capire che per quanto amorale possa apparire lui un valore lo aveva, ero io che non ne avevo, perché in fin dei conti quando uno si fa trasportare dai sentimenti finisce solo per rendersi ridicolo.

E sono ancora troppo stupita per rendermi conto che lui si è fatto largo fra le mie gambe.

Lo capisco solo quando contro le mutandine di pizzo avverto prepotente la durezza della sua eccitazione.

Ed ho paura.

Ho paura allora, quando è troppo tardi.

Ma non arriva nessun segnale particolare, scaccio la paura che è per babbani e Mezzosangue e lo guardo.

Ed è bello.

E mi sfila la mia ultima protezione e continua ad avanzare verso di me.

Ora è proprio sulla porta.

Mi prende a baciare il collo, a sfiorare i seni e le sensazioni straniere mi portano allo stravolgimento ed a non accorgermi che oramai lui sta entrando.

E il dolore si accede veloce... Stringo le gambe attorno ai suoi fianchi, strette, tanto, troppo per non essere intese come un incoraggiamento.

E le spinte continuano.

E stringo i denti, fingendo un sorriso falso.

Un sorriso di piacere non mio ma costruito.

Mi afferra per i fianchi, spinto dalla passione e mi fa scivolare sul materasso abbassandosi su di me, accanto al mio collo dove vi deposita ancora un piccolo bacio prima di lanciarsi in tre spinte forti e spasmodiche che lo lasciano immobile sul copriletto accanto a me.

Così realizzo che è tutto finito... e ho le lacrime agli occhi ma continuo a trattenerle per spostarmi e chiudere le gambe.

E lo guardo ed è bello.

È ancora bello, ma non come prima.

Non posso fare a meno di pensare che ora assomiglia a quelle grandi farfalle che sono appese alla parete dello studio di mio padre, belle ma senza vita.

Lui era così in quel momento.

Bello eppure meno impossibile, meno superiore, meno principe azzurro.

Era un bel ragazzo punto e basta.

“Bugiarda” era la sua voce, guardava un punto accanto alla sua testa.

Il piacere sul suo viso era passato ed ora un diverso piacere incrinava i suoi gentili lineamenti, guardai anche io e vidi la mia colpa, la mia bugia in bella mostra e avrei preferito mentire, anche con la più stupida menzogna ma ero giovane e per bugie così occorrono anni di esperienza.

“Eri vergine. Che piccola bugiarda che sei Jane” lo fissavo anche io, non riuscivo a capire perché era contento che avessi mentito, non capivo perché sembrava così gioioso guardando come ipnotizzato le coperte, come se la ragazza che vi stava al centro con il viso pallido e il corpo nudo fosse un semplice pettine lasciato lì per caso.

“Peccato Jane che lo sappia solo io che tu eri vergine” finalmente compresi anche io quello che voleva dire, mi voleva ripudiare, aveva finto di essere attratto da me e poi mi aveva sedotto soltanto per questo.

Voleva ripudiarmi

Abbassai anche io lo sguardo sulle coperte, ma a differenza di quello che avevo visto in lui queste non mutarono, non ritornarono verdi ma rimasero di quel verde scuro di sangue...

Ed è così che va la vita, quella vera.

Non c’è un cavaliere che ti viene a salvare, nessun sesto senso su chi è giusto o chi è sbagliato prima di compiere qualcosa.

C’è solo un illusione. E quella sbaglia il novanta per cento delle volte.

Fu così che mi ritrovai lì, sola e con la mia vergogna mischiata nelle coperte.

Capendo che lui non voleva il mio amore, il mio corpo o niente che mi apparteneva.

Non voleva niente da me.

Comprendendo che la tua virtù è un dono inestimabile che se perdi non puoi riacquistare.

Fu quel giorno credo che io smisi di essere una Serpeverde qualsiasi e divenni la Regina e la degna figlia di mio padre.

Gelida.

Afferrai la mia bacchetta e feci evanescere le coperte e lo guardai con orgoglio, quello che non mi aveva mai tradito, sentivo il freddo della notte che pizzicava la mia pelle nuda e il dolore delle viscere violate.

“Che cosa pensi di aver risolto?” lo sguardo blu di Zabini mi fissò stralunato ma continuò a sorridere come se si fosse ricordato in quel momento che c’ero anche io. Ma continuava a ridere di me.

“Tutto”

“Ti trascinerò davanti a tuo padre e se mi forzerai la mano Jane farò immergere personalmente il dito a tuo padre. Tu non sei più vergine. E io non ti sposerò mai” rabbrividì rendendomi conto che una parte di me continua a sgretolarsi cadendo in pezzi ma con mio stupore il mio viso rimase impassibile. Lo leggevo nel suo sguardo.

“Non lo farai”

Lui mi fissò a lungo come se non si fosse aspettato questa risposta.

“Sei davvero stupida allora, credi davvero che provi qualcosa per te che non sia ribrezzo? Tu per me non sei niente” sorrisi, perché lo feci non lo so, il mio cuore si stava spezzando ma io sorridevo, volevo ridere ma quello sarebbe stato davvero troppo per me.

Accio foto” la mia voce fu chiara, la torre si doveva trovare appena sopra la mia stanza perché in pochi minuti una cartella arancione cadde sul letto alle mie spalle.

“Sai cosa ho fatto?” lo guardai con freddezza posando la bacchetta accanto alla mia mano e prendendo la busta arancione e gliela porsi.

“No” estrasse le foto dalla busta, il suo sorriso finalmente si spense.

“Ti ho fottutto Zabini o mi sposi, cosa semplice da persona vigliacca quale sei oppure... e i zaffiri si alzarono dalle foto e si illuminarono di speranza.

Oppure?” pendeva dalle mie labbra e scoprì che questo potere strano e crudele mi piaceva.

Oppure...Scappa. Scappa lontano e non tornare mai più!”

E con la mia famiglia?”

“Hanno Blaise, che non si è innamorato di un Mezzosangue come te” e pronunciare quel nome fu per me doloroso perché fu come accettare di aver fallito ed aver perso tutto, perché rendersi conto che l’unico uomo che ami ama un'altra è una cosa dura da capire e quasi impossibile da accettare.

“Come le hai?” chiese repentino gettandomi le foto in grembo con disprezzo. Paris baciava con trasporto una donna vedevo la sua bocca vagare sulle sue labbra con ferocia, in un’altra lui scendeva a toccare la sua gola, la donna voltava il capo e si vedeva il suo viso.

Era una Nata babbana.

“Me le sono procurata. Non sono una sciocca” già allora avevo occhi svegli e due ragazzi che si guardavano continuamente e si sfioravano appena gli era possibile non mi sfuggivano soprattutto se uno dei due era lui, l’uomo che amavo, e seppur l’amore mi aveva resa parzialmente cieca non mi aveva resa stupida.

 “Tu vipera maledetta!”  si protrasse verso di me, il suo peso mi scacciò al materasso e mi strinse le mani alla gola. Non mi aspettavo questa reazione e mi ritrovai schiacciata e senza via di fuga.

“Muori vipera” le sue mani si stringevano sulla mia gola in una morsa dolorosa, fissava i miei occhi ambra e io non potevo fare a meno di fissare i suoi zaffiri, pochi minuti ancora e sarebbe stata l’ultima cosa che avrei visto. Non era un brutto modo di tornare al creatore.

 “Muori”

Stupeficum” i miei polmoni si riempirono d’aria, Zabini era ai miei piedi, non era stato tramortito, la magia lo aveva preso di striscio.

Io e Paris fissammo una terza persona, Blaise, entrare nella stanza.

“Fratellino” lui continuò a puntare la bacchetta contro di lui.

“Allontanati da lei” era minaccioso Blaise mi lanciò uno sguardo imbarazzato, ricordai di essere nuda e afferrai i miei vestiti.

“Ehi fratellino stavamo giocando io ed Hermione

“Non vedo che la signora si stava divertendo. Credimi Paris, allontanati da lei” Paris si alzò dal letto e si allontanò, ebbi il tempo di coprirmi, Blaise mi porse la sua giacca e la infilai.

“Blaise non dovresti puntare la tua bacchetta contro di me”

“Vattene Paris, so tutto di quella Nata Babbana, sono io che ho dato queste foto ad Hermione, sono già in viaggio con il tuo gufo per i nostri amabili genitori”

“Ora ho capito, al piccolo Blaise piace Jane non è vero?” Blaise sorrise dolorosamente al fratello.

“Non so cosa tu voglia intendere, non lo hai ancora capito Paris” mi alzai nel goffo abbraccio della giacca e mi avvicinai a Blaise.

Cosa dovrei capire?” se ne stava lì, nudo come un verme.

Ti abbiamo fottutto io ed Hermione, siamo soci” non era vero, non eravamo soci eravamo solo amici, nemmeno tanto intimi ma Blaise mi stava salvando e non mi stava chiedendo nulla in cambio.

“Scappa Paris, non voglio sentire neppure l’eco del tuo nome”

E quell’affascinate moro dai zaffiri luminosi sparì quella notte senza lasciare spiegazioni.

Molti pensarono ad un rapimento.

Altri a una fuga d’amore.

Nessuno seppe mai cosa successe.

Tranne noi due.

Io e Blaise.

 

DRACO

 

“Non ti sei mai chiesto nulla?” Joe Black si stava prendendo cura di me, in tutti i modi possibili e immaginabili.

Il mio completo a lutto era lavato e stirato, aveva comprato abiti nuovi che spiccavano come diamanti in un diadema di pietre scaramazze, aveva mandato gli inviti a tutte le persone del paese per invitarle al funerale e adesso mi preparava la colazione senza intaccare per un solo attimo la sua tenuta elegante.

“Come hai detto che si chiama la tua impresa funebre?”

“Dalla culla alla tomba”

“Questo mi fa capire molte cose” sussultai dubbioso consumando nel silenzio più totale le mie uova strapazzate e sorseggiando il mio succo di zucca.

“Sei stato affidato a noi alla tenera età di sei anni a seguito all’incidente che colpì i tuoi genitori, ma diciamo così Draco per un certo periodo… ti abbiamo perso di vista” ingoiai di fretta il mio boccone.

“Come si fa a perdere di vista un bambino di sei anni?”

“Nessuno di noi aveva fatto ricerche fra i babbani, si diciamo così” per un attimo mi sfiorò l’insana idea che quell’uomo mi stesse mentendo, insomma era più energico e servizievole di un qualsiasi elfo domestico.

“Cosa vi importava di ritrovare un bambino di sei anni?” lui mi sorrise mostrandomi i suoi denti bianchissimi, sembravano quelli di uno squalo e lui non era meno pericoloso del predatore acquatico.

“Mio povero Draco, come al solito sbagli la domanda” uscì dalla stanza, tornando con il mio completo tra le mani.

“Fa presto infila l’abito per la cerimonia” rimasi con la gruccia in mano fissandolo con stupore, prima di afferrare meglio la gruccia per abiti e portarmi alle spalle dell’impresario.

“Signor Black, mi scusi, qual è la domanda giusta da porle?” mi guardò serio, come non aveva fatto da quando l’avevo incontrato.

Perché i tuoi nonni ti avessero condotto nel mondo babbano senza tener conto dei voleri dei tuoi genitori?”

“Perché…” stavo per ripetere la domanda ma il campanello risuonò lugubre nella casa e nelle stanza vuote, il viso dell’impresario cambiò repentinamente espressione e tornò gioviale.

“Peccato ragazzo, dovrai aspettare per la risposta giusta”

 

BLAISE

L’avevo cercata ovunque alla villa e passando più volte dinanzi all’arazzo avevo veduto in mille e mille modi gli occhi ambra e gelidi della giovane ereditiera della nobile famiglia Granger che mi fissavano attraverso la trama colorata.

Dove potrebbe essere” parlavo a me stesso non a lei.

“Il signorino ha già perso la signorina Granger?” era apparso accanto a me l’Elfo che ci aveva aperto la porta; aveva l’esprrssione divertita ma gelida.

“ Credo che sia esatto Pinck, ti chiami Pinck vero?”

“Mi chiamo Crock, signorino” abbassò il capo con i grandi occhi.

“Non mi interessa come ti chiami elfo!” mi diede fastidio il suo tono come se davvero potesse credere di essermi superiore.

“Naturalmente signorino”

Cosa dicevi in merito alla signorina Granger?”

Crock pensava che avrebbe gradito esser informato che la Signorina Granger quando è pensierosa ama passeggiare nel giardino inglese”

Cosa ti fa pensare che la signorina Granger fosse…pensierosa Elfo?”

“Temo che tutta la villa ha avuto modo di ascoltare i vostri suoni soavi, signorino”

Crock fa che la villa non abbia modo di ripetere al Signor Granger, avresti da temere la sorte di tuo fratello”

“Certo signorino” si ritirò con uno schiocco di dita, non aveva replicato con una smorfia di paura o di fastidio per la minaccia della sua vita, ecco perché gli elfi domestici sono stupidi perché non hanno timore per la propria vita.

Mi affacciai alla grande balconata che si trovava sulla parte anteriore della villa che già di per se era grande ma mai quanto il giardino che era vasto quasi mille e cinquecento ettari e a occhio e croce era arredato in stile francese nella parte antistante la villa con i suoi magnifici parter all’inglese e i suoi giochi di colori ottenuti miscelando diverse piante. All’interno dei parter c’erano piccole pozze d’acqua, lungo il suo schema longitudinale si trovavano fontane di grandi dimensioni a intervalli regolari.

Sul lato destro si ampliava in un ampio giardino all’inglese provvisto di una piccola ma meravigliosa cascata naturale, quello era il giardino famoso, quello di cui aveva parlato l’elfo domestico.

Mi smaterializzai con circospezione, un prato all’inglese verde e florido, alcuni alberi contorti, forse degli olivi, dato che la corteccia era grigia e dai rami scendevano delle drupe dal colore nero.

Mi sarei facilmente perso se non avessi riconosciuto un tronco accasciato da cui pendeva una scaletta sbilenca, doveva esser stata un’altalena una volta, la stessa che ricordavo nella foto che Hermione aveva nascosta in un cassetto. Era una foto vecchissima che ritraeva se stessa con la sua balia, era una babbana dalla straordinaria bellezza che si prendeva cura di lei.

Quella foto era una delle più care di Hermione.

“Dio santo sei qui ”  guardando attraverso il buco riconobbi il viso pallido di Hermione, tirato dallo stesso, aveva le labbra contratte e livide ma gli occhi erano asciutti; come sempre.

“Non ti agitare Zabini” mi rispose acidamente ma io comunque tesi una mano per poterla far uscire ma presto realizzai che per farla uscire averi dovuto usare un incantesimo.

 Herm dobbiamo parlare” le dissi cautamente e afferrai la mia bacchetta, ma lei fu più veloce e allargando il buco balzò fuori, cozzando contro di me prima di spostarsi velocemente come se si fosse bruciata al contatto.

“Ci siamo detti tutto”

“Forse non abbastanza. Herm io...”

“Non ho voglia di parlare con te” mi voltò le spalle e cominciò ad allontanarsi lungo un piccolo sentiero sterrato.

Herm, io non sarò come lui” ecco lo avevo detto, appena chiusi la bocca mi resi conto che quella avuto in camera era stata l’ultima discussione da amici che avevamo fatto;  la ragazza si bloccò nel mezzo del sentiero così che mi avvicinai circospetto

“Dammi una possibilità, non ti deluderò”

“Già lo hai fatto Zabini, tu sapevi il motivo della lettera e non me l’hai voluto rivelare”

“Io ti amerò con tutto il mio cuore Hermione e anche tu nel tuo cuore riuscirai a trovare un po’ di spazio per me...prima o poi.”

Hermione si voltò, l’ombra del sentiero costellato da alti pioppi giocava sul suo incarnato pallido, sorrise piano ma anche il gioco d’ombra non potè nascondere la mancanza di gioia che questo conteneva.

“Povero Blaise Zabini che pessimi gusti che hai... ti sei scelto una moglie senza cuore” detto questo si smaterializzò lasciandomi al centro del sentiero, potevo seguirla, la sua pista magica era ancora lì ma non sarebbe servito a nulla. Sentivo l’amarezza che mi andava a sommergere, l’amarezza di chi è stato tanto amato ma che ama l’unica persona che non lo ama.

 

Fine Capitolo

 

Questa settimana non ho avuto modo di scrivere le note che in questo capitolo sono necessarie, scusatemi.

 

Prossimo aggiornamento, 23 maggio 2011, ora da definire.

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Capitolo 11
*** 11- Damnatio Memoriae ***


C11(BG)

C’è differenza

fra l’aver dimenticato

e il non ricordare.

 

Capitolo Undici:Damnatio Memoriae

 

Quando da piccoli si gioca per casa, alle volte si possono scoprire cose che non necessariamente ci piacciono. Possiamo trovare chiavi di serrature che non dovremmo spalancare oppure schiudiamo scrigni che nascono cose che non dovrebbero essere aperte.

Cose. Segreti.

Ogni famiglia ha i propri segreti, scheletri più o meno orrendi che si rintanano negli armadi, simili a spettri putridi o a mollicci.

Ognuno ha i propri segreti.

Regine, Re e semplici Fanti.

HERMIONE

 

Quando smisi di girare mi ritrovai davanti al dipinto della fredda dama che tanto da piccola aveva spiato e ancora una volta fui rincuorata dalla freddezza che questa mi mostrava; mi sedetti sulla poltroncina del salottino e rimasi a fissare quel grande mistero che era stata mia madre.

Avevo solo tre anni quando aveva scoperto che le dame purosangue non possono abbracciare i loro figli, né sorridere loro, né rincuorarli quando piangono. Mia madre era stata molto ligia al suo dovere, mi aveva insegnato tutto.

Socchiusi gli occhi catturando un ricordo lontano…

Le stanze buie e dal sentore della morte, quella porta troppe volte chiusa in faccia che si apre, una giovanissima Hermione Granger che entra con indosso ancora la sua divisa scolastica.

Una voce lamentosa invocò il suo nome chiuso fra i veli di un baldacchino troppo sfarzoso per il corpo emaciato che vi era celato all’interno.

Corpo a cui la giovane Hermione Granger strinse le mani anch’esse scheletriche

“Madre mi ha fatto chiamare…”

“Si Jane, sento che sia tuo diritto conoscere una piccola verità che io e il mio consorte ti abbiamo tenuto nascosto per molto tempo.” La fissai stupita stringendole leggermente le mani per incoraggiarla

“Io e mio marito prima di avere te avevamo un’altra bambina, il suo nome era Jane, una bambina bellissima dai capelli biondi come il grano e gli occhi azzurri come le acque gelide di un lago in inverno, aveva l’aria furba di chi sa bene cosa vuole dalla vita – il suo sguardo era sinceramente ammirato e con mio sgomento mi ritrovai a desiderare che un simile sguardo toccasse anche me, prima o poi – Morì tre settimane prima che tu nascessi, non abbiamo mai conosciuto il motivo di tale dipartita non era malaticcia come te oppure grassottella come lo sei tu eppure lei non ce la fece e tu si. Non ho mai compreso perché” il suo sguardo si posò di nuovo su di me e il calore che avevo visto era nuovamente scomparso.

“Perché mi dite questo madre?”

“Sento che il mio tempo è oramai vicino e quando una persona è vicina alla sua morte vuole sentirsi dire che tutta la sua vita ha avuto un senso” Hermione non poteva parlare tanta era la sorpresa di aver avuto una sorella per un così breve tempo ed esserne venuta a conoscenza in modo così misero. Sua madre, mai come allora le era apparsa così fragile e così…così mamma.

“La vostra vita, madre, è sempre stata retta e illuminata da alti valori che non hanno niente da invidiare alle migliori matrone purosangue”

“Oh Jane non dubito certo di me stessa io ho dato tutto quello che ci si aspettava da me ma nella mia vita ci sono stati – e il suo sguardo così scolorito si posò prima sulle nostre mani giunte e poi su di me – errori che non sono riuscita a cambiare” la stretta intorno alla sue mani non variò eppure nel mio stomaco una serpe velenosa mi aveva stretto lo stomaco in una morsa gelida.

“Capisci, le tue mancanze come figlia sono i miei fallimenti come genitore”

“Capisco madre” delicatamente, come se quelle parole fossero state un atona buona notte invece che l’ultima ferita inflittami al mio cuore, districai le mie dita da quelle di mia madre posando la sua mano sul copriletto tradendo mio malgrado un affetto che non riuscivo ad usare.

“Notte madre, riposate con tutto l’amore che non siete riuscita a donare, sorretta dai vostri unici affetti: l’orgoglio e l’egocentrismo. Spero siano loro ad aprirvi le porte del paradiso. Uno spasmo colpì il corpo scheletrico della donna fra le lenzuola che si contorse come una vipera ma la giovane Hermione Granger non si stupì di quel comportamento, quella donna era molto astuta, sapeva bene come non rispondere a delle domande che le sarebbero costate troppo… cuore.

Si alzò dal capezzale avviandosi alla porta della camera della donna ma fu bloccata nuovamente accanto a quest’ultima, sarei uscita ma qualcosa mi bloccò e non era la sua voce, non erano i suoi spasmi, con orrore mi resi conto che era il mio amore per lei che mi bloccava su quella soglia.

Jane, Jane…” chiusi  gli occhi ricacciando indietro le lacrime che mi salirono e mi voltai verso la donna che si era immobilizzata in modo innaturale nel letto.

“Non sono lei, madre, non lo sono mai stata” mi voltai ancora afferrando la maniglia e ancora una volta mi dovetti fermare.

Hermione… – dovetti bloccare a forza le lacrime ma purtroppo questa volta non riuscì a trattenere un sospiro – Hermione, dammi un bacio” la voce lamentosa, come quella di una bambina, come la mia tanto tempo prima. Mi voltai a guardarla in viso, era pallida e doveva soffrire tanto perché aveva il viso contratto…

E un ricordo capriccioso si sovrappose al viso sofferente della donna.

Un viso simile ma diverso perché fresco, rigonfio di una giovinezza che era oramai fuggito dallo scheletro che giaceva nel letto. La giovane donna con uno splendido abito in broccato sedeva su una poltroncina e una mano pallida serrava la bacchetta che compiendo elaborati giri ricamava con estrema cura un piccolo ritaglio di tessuto, al suo fianco una bambina, il visino imbronciato e gli occhioni grandi che stringeva un lembo della gonna della giovane donna.

“Cosa c’è Jane?” si spazientì la donna ma nessuna emozione trapelò dal viso pallido e la sua mano non bloccò l’elaborato ghirigoro che stava compiendo.

Madre giocate con me”

“No”

“Allora datemi un bacio” disse la bimba protraendosi verso la madre che le lanciò uno sguardo di avvertimento ma continuò a non muoversi.

“No”

Sbattè gli occhi e il viso di quella piccola bimba così triste scomparve facendola tornare alla realtà.

Hermione dammi un bacio” ripeté con le labbra esangui l’austero scheletro.

“No” mi volsi e chiusi la porta alle mie spalle.

 

Fu l’ultima volta che vidi mia madre.    

 

DRACO

 

Joe Black mi metteva i brividi per la sua efficienza.

Il funerale era silenzioso ed ordinato, qualcosa di semplice che sarebbe piaciuto davvero moltissimo a mia nonna, lei amava le piccole bellezze, diceva che le gioie che arrivano tranquillamente sono quelle che durano di più e guardando il feretro in legno non potei non darle torto.

La sua morte era arrivata come l’ultima gioia tranquilla per la donna che ora si poteva ricongiungere all’uomo che amava.

“Come ti senti?” ancora quella domanda sciocca scaturita da quello strano individuo.

“ L’anno scorso, quando sono tornato per il Natale mia nonna mi aveva accolto con gioia e poi mi aveva preparato il solito cenone poi una volta davanti al fuoco ci eravamo lasciati andare a sciocce parole, le avevo chiesto cosa voleva. Signor Black sa cosa mi ha risposto mia nonna?”

“Desiderava morire per ricongiungersi a suo marito?” era come l’unghia che graffia la lavagna, strinsi i denti, infastidito.

“Già”

“E’ il desiderio del settanta per cento delle persone anziane single e senza nipoti molto piccoli da crescere e che quindi le distraggono” abbassai il capo sulle persone che si stavano avvicinando alle sedie disposte sul prato, alcune persone non mi conoscevano, altri, invece, si avvicinarono per stringermi la mano e sincerarsi sul mio stato mentale. Volevo dir loro che stavo impazzando.

“Non importerebbe a nessuno” mi era accanto, Joe, quando stringevo la mano a uno, dopo questo, lo stringeva anche a Joe che sorrideva incoraggiante e contrito.

Cosa?” strinse la mano alla vecchia Signorina Allen.

“Quando qualcuno ti chiede come stai non vuole davvero sapere se stai bene o meno

E allora perché me lo chiedono?”

Perché tu indossi un completo nero?” non mi chiesi perché mi avesse risposto con una domanda ad un’altra domanda che in se non sembrava significare nulla. Avevo smesso di cercare un senso in quello che mi diceva.

“Per rispetto nei confronti di mia nonna”

“Tua nonna è morta non le importa se hai un vestito nero, blu scuro o rosso acceso”

“Questo è per mostrare la mia contrizione”

“Potresti mettere un cartello con SONO CONTRITO scritto sopra avresti lo stesso risultato”

“Certo perché non ci ho pensato prima, invece di andare al funerale in nero potrei andare vestito in modo sgargiante con un cartello al collo “Sono Contrito”, nessuno noterebbe la differenza”

“Molto probabilmente spettegolerebbero tutti. Perché sono tutti molto tradizionali durante questi funerali” sbuffai sonoramente, non ci potevo credere, stavo facendo il discorso più strampalato che avessi mai fatto e proprio al funerale di mia nonna.

Comunque tua nonna non voleva morire davvero”

“Certo e questa volta come lo sai?”

“Oh io conosco molte cose che lei, Signor Malfoy, non conosce”

Perché mia nonna mi avrebbe mentito?”

Perché forse non era quella che Lei crede”

 

HERMIONE

Granger Paradise era silenziosa.

Lo specchio della mia stanza sembrava rispecchiare questo silenzio, era liscio e freddo, del tutto immobile e intento a rispecchiare la mia immagine. Era una figura quieta la mia, persa nel blu scuro della stanza; il baldacchino blu trapuntato di stelle, la testata di legno del letto con serpi velenose dagli occhi smeraldini, la libreria incassata nella parete di fronte ricca di libri che avevo letto o anche solo sfogliato. Erano libri su ogni cosa, da bambina mi ero appassionata a tutto, persino a storia della magia, appena avevo imparato a leggere mi ero data all’appassionata lettura di migliaia di tomi, di quelli, erano sopravvissuti solo quelli lì.

Perché hai smesso di leggere” alzai piano lo sguardo, sapevo bene chi era, la Dama Grigia, il giovane fantasma di Hogwarts si rifletteva nello specchio gemello della mia stanza e arrivava a quello che avevo qui in camera. Aveva gli occhi tristi di chi non potrà mai essere felice.

“Dopo il fidanzamento, quello che si è sciolto avevo perso qualsiasi desiderio nella lettura” la superficie lucida mi restituì il suo viso comprensivo, era bello parlare con la Dama Grigia, era l’unica che non riferiva nulla si faceva i fatti suoi.

“ Quattro anni fa la mia vita si è interrotta”

“Tu e io siamo più simili di quanto si dovrebbe. Un vivente non dovrebbe mai sembrare un fantasma, non è bene che un essere umano prenda queste strade infami” si sentì la mia stanza a Hogwarts tremare per e urla del Barone Sanguinario, la superficie liscia del vetro tremò o era sola la Dama a tremare. Non saprei dire.

“Gli uomini sono così stupidamente attaccati alla vita” i suoi occhi si fecero improvvisamente vivi.

“Non parlare di queste cose Signorina Granger, non è bene, non è bene”

Un ritmico bussare alla porta di manine grinzose mi riscorsero dagli occhi del fantasma.

“Avanti”

La voce bassa e pericolosa.

Un elfo entrò nella stanza arrancando a fatica con una scatola blu notte, rettangolare e in velluto.

“Il signor Granger La aspetta a cena Signorina, desidera che Lei possa indossare il suo regalo”

L’elfo uscì, la stanza ricadde nel silenzio, lo specchio era di nuovo muto, mostrava solo nella penombra la mia stanza di Hogwarts, desiderai trovarmi lì ma non potevo smaterializzarmi nel castello, non potevo smaterializzarmi da casa mia senza i bagagli, non potevo urlare perché la casa era silenziosa e non si poteva disturbare.

Non potevo fuggire, ero in trappola.

 

DRACO

 

Il funerale era terminato, Joe Black aveva fatto sparire tutte le sedie, i tavoli e la roba da mangiare in esubero, io ero esausto e furioso con Joe Black, era troppo strano, troppo anormale e mi metteva paura, mi metteva ansia.

Draco vogliamo entrare in casa o vuoi rimanere all’umidità?” ecco un’altra domanda stupida e insieme strana. Non capivo il perché gli concedevo tutte queste libertà.

“In questa associazione strana non vi fanno un corso di sensibilità” lui mi guardò in silenzio, sembrava stranamente concentrato sul mio sguardo e io sotto questo esame attento mi sentì totalmente nudo e privo di protezione.

“Credo che sia arrivato il momento, Signor Malfoy di rispondere ad alcune delle sue domande” aveva il volto triste questa volta, il mio sangue si ghiacciò per poi cominciare a fluire da tutte le parti trasformato in piccolissime sfere di ghiaccio. Potevo resistere a un Joe Black sereno e rimanere sano di mente; ma con un Joe Black serio cosa poteva significare?

“Risponderà a tutte le mie domande con la verità?”

“Quella che basta per non morire” voltò il capo per afferrare uno strofinaccio dal lavabo di ceramica e si pulì le mani e mi fissò in attesa.

“Perché ha detto che mia nonna non voleva morire” lui sbuffò piano, sembrava invecchiato all’improvviso come se avesse preso all’improvviso trent’anni e si fosse avvizzito sotto i miei occhi.

“Per rispondere alla sua domanda con un certo grado di verità, deve venire con me” mi prese la mano e la avvicinò al cuore, inghiottì a vuoto quando percepì uno strappo sotto l’ombellico. Quando smettemmo di girare mi ritrovai privato della vista.

Lumos Maxima” una zaffata di luce illuminò tutta la stanzetta, era la mia soffitta, ma sembrava una parte della soffitta che non avevo mai visto.

“Non la riconosci vero? Le protezioni a questa stanza sono cadute alla morte del secondo congiunto” cosa significava secondo congiunto e chi altro era morto.

“Dovrebbe essere la mia soffitta”

“Esatto ma una parte della tua soffitta da sempre sigillata a tutti, tranne a te che ne sei il naturale depositario” naturale depositario? Cosa significa? Quella parte di soffitta era tutta coperta di lunghi fantasmi di polvere.

Gratta e Netta” la polvere fu risucchiata via dalla mia bacchetta, le lunghe ombre della polvere scomparvero rivelando alcuni oggetti particolarmente belli: c’era una carrozzina di velluto blu con cerchi in ottone, alcuni giocattoli in legno e altri piccoli giochi per bambini. In un angolo lontano, dove il Gratta e Netta non aveva funzionato c’erano altri oggetti molto interessanti.

Cos’è questo posto Signor Black?”

“Il tesoro di un pirata”

“Mi aveva detto che mi avrebbe detto la verità” l’uomo si zittì nuovamente, scagliai altri incantesimi ripulendo quei fantasmi lontani; una culla in legno di tasso, sembrava scavata nel legno e decorata a mano tanto i disegni erano mirabili; un armadio con un anta sbilenca al suo interno si intravedevano alcune stoffe, spiccava pallido un frammento di tessuto bianco mi avvicinai all’armadio e spalancai l’anta questa ricadde priva di cardini nel lato, il rumore fu intenso e risuonò vuoto.

Il frammento di stoffa bianca apparteneva ad una lunga camicia da notte, era la camicia di una donna, ne riconobbi i lembi forati e i disegni elaborati.

“Erano davvero frammenti di ricordi”

“Signor Malfoy credo sia arrivato il momento di andare” aveva la voce che tremava, no Signor Black non ne vedo affatto il motivo.

Accanto all’armadio sfondato c’era un manichino posto davanti ad uno specchio a figura intera e sembrava darmi le spalle vergognoso.

“Signor Black venga accanto a me, faccia luce con quella bacchetta”

“Signor Malfoy, la prego si è fatto davvero molto tardi, Lei deve tornare a scuola” sbuffai accendendo la mia bacchetta. La luce improvvisa illuminò il manichino.

Che cosa significa?”

Era il completo di un mangiamorte quello che stavo fissando con la maschera in argento dagli occhi ciechi ed il suo ghigno malefico che mi sorrideva attraverso lo specchio.

“Le avevo detto che era troppo tardi”

“Ma tardi per cosa?” mi voltai verso il Signor Black ma mi ritrovai a fissare il viso scavato di un vecchio, il sangue mi si ghiacciò nelle vene e l’urlo mi morì in gola quando il volto scarno di Joe Black mi schizzò davanti, esplodendo i suoi connotati da una parte e dall’altra della soffitta. Misi una mano nei pantaloni in cerca della mia salvezza.

Joe Black era esploso.

Con mani tremanti afferrai la tabacchiera.

Dovevo tornare ad Hogwarts.

 

HERMIONE

 

La scatola di velluto blu mi fissava fascinosa dal copriletto trapuntato, non l’avevo ancora aperta per quanto i regali di mio padre fossero sempre molto costosi erano anche sempre molto spiacevoli.

Sbuffai, erano passati quattro anni e mio padre aveva trovato il modo di farmela pagare per quel mio assurdo gesto di indisciplina, così aveva chiamato il mio cuore spezzato.

Mio padre aveva sempre nomi differenti dai miei per chiamare le cose.

E ora quel regalo, altro modo di torturarmi, sollevai il coperchio e sbuffai.

Stoffa verde, seta verde, presi il vestito, scendeva lungo e sottile con un singolare nodo che stringeva il fianco destro in un piccolo gioiello, sotto il vestito due paia di scarpe argentee, dai fili sottilissimi, sotto ancora un pettinino per i capelli e un sottilissimo e fragilissimo coprispalle che rendeva la mia pelle luccicante come argento.

Il tutto si completava sul fondo della scatola in un astuccio in velluto blu, afferrai quello e lo apri, c’era una piccola pietra verde, un punto luce prezioso, al centro una montatura di oro bianco.

Mio padre desiderava che mi vestissi a festa per lui, non lo avrei fatto.

Poteva decidere di farmi sposare, poteva scegliere l’uomo con cui farlo, poteva portarmi all’altare ma non poteva pensare che mi sarei ridicolizzata vestendomi come il caporione comandava.

Feci chiamare l’elfo e chiesi che venisse preso il mio abito di gala dalla valigia per fargli prendere aria, quest’ultimo spiccò uno sguardo preoccupato al vestito dimenticato sul letto prima di smaterializzarsi.

Granger Paradise era una dimora silenziosa.

Quella sera non avrebbe fatto differenza, a cena mio padre sedette a capo tavola, non era stupito o sorpreso che fossi abbigliata in modo elegante ma che avevo del tutto evitato il suo dono. Io sedevo di fronte a mio padre, fra noi passava una distanza di non meno di cinque metri e Blaise era alla destra di mio padre e alla mia sinistra. Intorno al nostro silenzioso tiretto si affaccendavano tre elfi domestici che mescevano il vino e l’acqua nel più assoluto silenzio.

Ad un tratto il signor Granger alzò lo sguardo dal suo piatto e afferrò il bicchiere di cristallo pieno di vino a metà, lo annusò come un sommelier consumato, ne sorbì un lungo sorso poi richiamò l’elfo domestico più vicino tendendogli il bicchiere. Subito quest’ultimo corse nelle cucine per apparire tre secondi dopo stringendo una bottiglia dall’insolito vetro blu elettrico. Il vino che conteneva era scuro come il sangue e della stessa consistenza fece versare un bicchiere a tutti e poi alzò il calice imitato subito da Blaise e in modo più restio da me, mi concessi di rivolgergli uno sguardo feroce e tagliente ma lui non si scompose. Anzi sorrise. Sapeva che ero in trappola.

“Un brindisi al mio futuro genero e alla lunga alleanza fra le nostre due famiglie caro Blaise – poi rivolgendosi a me prese un tono beffardo – e un brindisi alla tua recalcitrante sposa che istruirai all’obbedienza come il suo sfortunato padre non è riuscito al meglio” rigidamente avvicinai le labbra al cristallo bevendo poco e sentì lo stomaco contrarsi con forza, le sentivo, le catene incandescenti che si chiudevano intorno ai polsi e alle caviglie, catene incandescenti.

Quando mio padre terminò il dolce e i piatti scomparvero egli si alzò dal tavolo e sbottonandosi il polsino della manica sinistra si rivolse vero Blaise dicendogli con voce flautata e mellifera da far schifo.

“Scusami caro devo ritirarmi nel mio studio, ho un ospite molto importante che non può attendere oltre” Blaise abbassò il capo annuendo cortesemente ma quando si rivolse verso di me ebbe il buon senso di arrossire davanti al mio sguardo tagliente.

Herm...” gettai il fazzoletto sul tavolo e mi avvii rigidamente alla scalinata in marmo con passo svelto.

Herm...”  mi chiamò nuovamente ma feci finta di non reagire continuai ad allontanarmi. Blaise riuscì ad afferrarmi solo sul ballatoio davanti alla mia stanza. Alzai lo sguardo e vidi l’arazzo svolazzare leggermente, i suoi colori si mischiavano senza fondersi in alcuna immagine.

Herm ferma” sentì Blaise alle mie spalle, ansimava leggermente, mi voltai piano guardandolo in silenzio.

“Cosa diavolo vuoi Zabini?”

“Siamo tornati al cognome?”

Preferiresti essere chiamato...fammi pensare...marito ?”

Herm quando la smetterai di incolpare me? Credi che mi piace questa situazione?”

“A me piace anche meno di te. Ma hai visto mio padre come si è comportato? Sono solo fidanzata con te, cioè non lo sono ancora o forse si? Non ho capito nemmeno questo! Comunque, lo hai visto? Dice a te dove va e cosa fa, in casa mia, sei tu il padrone? E quando saremo sposati? Io non ci posso pensare! Io non ci voglio pensare! Oddio!” ero parecchio sconvolta, lui mi si avvicinò.

“Ti ripugna così tanto il mio pensiero?”  lo guardai e lo vidi rabbrividire perché gelato dal mio sguardo.

“Tu...Tu e mio padre mi ripugnate, preferirei diventare la puttana di un Mezzosangue che sposare te. Io ti odio!” mi guardò in silenzio poi lo vidi sbirciare qualcosa oltre la mia spalla e sorridere amaro, le parole mi si bloccarono in gola e mi accorsi solo in quel momento di quello che avevo detto, posai una mano sulla bocca come a voler bloccare le parole che avevo appena finito di vomitare.

Cosa dici Hermione? – mi afferrò il polso stringendomelo fino a farmi male, fino a farmi scricchiolare le ossa delicate all’interno – Ti sei bevuta il cervello? Vuoi diventare la puttana di un Mezzosangue? Fallo! Ma vedi Hermione Jane Granger, tu comunque sarai mia moglie che ti piaccia o no” ma il suo sguardo rimase un nero baratro di depressione, fissava qualcosa alle mie spalle, Dio sa cosa.

Ma bravo Zabini! Certo che mi avrai comunque come moglie, tu sarai il padrone della mia vita! E questo era perché saresti stato diverso? Ah! Non capisci nemmeno che mio padre a scelto te per punire me” ma il suo sguardo era fisso alle mie spalle, non potevo girarmi, avrei perso la presa sul suo sguardo, mi rodeva non sapere cosa stesse fissando con tale attenzione.

Blaise fece una smorfia strana, sembrava dolore.

“La punizione peggiore credo che l’abbia avuta io” la sua voce si era abbassata ancora, il polso cominciava a dolermi dannatamente ma non mi permisi nemmeno una smorfia di dolore davanti a lui.

E quale sarebbe?”

“Sposare una come te Hermione. Non ti pare già una punizione crudele?” detto questo Blaise girò su se stesso, percosse il corridoi e arrivato alle scale le percorse di fretta e furia per poi girare per il salottino azzurro. Mi lasciò al centro della stanza, tremante per lo sforzo di trattenere le parole che mi salivano alle labbra, massaggiandomi il polso offeso.

Mi voltai lentamente, alle mie spalle l’arazzo immobile mostrava un volto affiorato dal mio inconscio.

Draco Malfoy mi fissava con il suo viso soddisfatto dalle trame intricate dell’arazzo e così secondo quell’arazzo il mio pensiero prominente in quel momento era quello sciocco mezzosangue. Ricordai lo sguardo che aveva lanciato alle mie spalle, rividi l’amarezza e il dolore nelle sue pupille blu scuro.

Blaise soffriva di gelosia e di un complesso particolare nei confronti del mezzosangue.

Sorrisi crudelmente. Avevo appena avuto un idea.

 

Fine Capitolo

 

Note:

  1. Damnatio Memoriae. Un interessante condanna romana (anche se la sua origine sembra essere molto più vecchia, fino al popolo egizio) che consisteva nel dannare un reo non solo in questa vita ma anche nell’aldilà. Si cancellava il ricordo che la comunità aveva di lui: statue, iscrizioni o scritti. La pratica è divenuta celebre con il film “La Mummia” di S.Sommers, dato che il consigliere disonesto Imhotep riceve questa infausta e pericolosa punizione anche se celata sotto il termine Hom Dai.
  2. C’è differenza fra l’aver dimenticato e il non ricordare. Questa bellissima citazione appartiene ad Alessandro Morandotti.
  3. “Avevo solo tre anni quando aveva scoperto che le dame purosangue non possono abbracciare i loro figli, né sorridere loro, né rincuorarli quando piangono”. Questa è una supposizione, in nessun libro della saga si fa un benché minimo accenno a questa pratica.
  4. Capisci, le tue mancanze come figlia sono i miei fallimenti come genitore”. Ripreso dal bellissimo film “Il Gladiatore” di Ridley Scott.
  5. I due specchi a figura intera che possiede Hermione hanno una funzione simile a quella dell’armadio svanitore nella saga con la sostanziale differenza che Hermione può vedere cosa succede nella parte in cui lo specchio viene collocato, può parlare con una persona che si trova dall’atra parte del suddetto ma non può attraversarlo. Naturalmente gli specchi sono una mia invenzione.

 

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Capitolo 12
*** 12- E se fosse tutto sbagliato? ***


C12(BG)

 

All’inferno il diavolo è un eroe positivo.

 

Capitolo Dodici: “E se fosse tutto sbagliato?”

 

Conoscete le primule?

Sono fiori molto piccoli che vivono accanto alle strade e hanno vita breve perché tutta la loro vita si coagula in una settimana, tempo necessario ad avere una vita tranquilla, certo il seme dorme immobile sotto la terra per alcuni mesi, quelli più freddi, per poi scoprirsi fiore e crescere. Alle primule non importa dove il proprio seme cadrà, loro crescono comunque, incuranti del vento freddo o dei sassi aspri.

Crescono incuranti delle difficoltà, certo quando hai una sola settimana  per vivere non fai tanto lo schizzinoso.

Le primule sono piante mirabili, si dovrebbe prendere esempio da loro, eppure gli esseri umani quando devono prendere spunto dalla botanica somigliano sempre ad altri tipi di piante. Quelle parassite.

Rampicanti o veri e propri alberi, si sviluppano accanto ad un’altra pianta, una di quelle semplici che non se ne accorgono che la vita è facilmente caduca. Crescono le parassite, fino a toccare la seconda pianta e quella lo lascia fare, non pensa che le potrebbe succedere qualcosa.

L’innocenza della pianta finisce quando la parassita l’aggredisce, ma è troppo tardi per tirarsi indietro. Troppo.

Primule e parassite, il mondo non è una così semplice dicotomia fra bene e male.

Ma non se lo ricorda mai nessuno.

 

DRACO

 

Draco Malfoy” il mio nome schizzò attraverso i corridoi del primo piano, molti ragazzi si voltarono, quelli che erano al mio fianco mi guardarono posandosi una mano sulla bocca per nascondere le risa. L’urlo sembrava aver preso una strana angolazione, potei sentire l’eco della voce rimbalzare più avanti e ancora più lontano; sentì Pix che rideva anche lui, come ciliegina sulla torta. L’urlo continuavo a sentirlo nella mia testa, stava distruggendo equilibrio psichico che in quei tre giorni ero riuscito a fatica a ricostruire, mi voltai lentamente verso la fonte di un tale fastidioso rumore e mi ritrovai scaraventato alla parete dalla forza dirompente di Ginevra ancora una volta mi sommergeva con un suo nuovo slancio di affetto.

“Gin...”

Draco, se non ci fossi stato tu, ho preso cinquanta punti, la professoressa dovevi vedere come sorrideva, ha detto che ho fatto passi da gigante e se tu non ci fossi stato io non ci sarei mai riuscita”

“Ti ringrazio Ginevra sei fin troppo entusiasta per i miei gusti” lei si discostò da me e abbassò lo sguardo a fissare i suoi mocassini neri.

“Ehm Draco, ti prego non chiamarmi inopportuna…” fece cadere le parole un attimo per umettarsi le labbra, quando una persona dice così già lo sa che si comporterà in maniera inopportuna

“…So che stai passando un brutto momento, ho saputo del lutto che hai avuto in famiglia…” e dell’inaspettata esplosione del mio strambo impresario funebre.

" …vorrei poterti chiedere se tu potresti darmi qualche altra lezione di Trasfigurazioni”  mi spiò cauta da sotto le ciglia nerissime, aveva il viso tenero di una bambina, sembrava implorare con voce chioccia un Ti prego, non sarei mai riuscito ad essere scostante anche con lei.

“Io sono d’accordo ma dove e quando?”

“Ti farò sapere al più presto... Occhibelli” mi fece l’occhiolino con un espressione maliziosa, qualcosa che mal si adattava ai suoi tratti sottili e mi stampò un bacio sulla guancia per poi infilarsi nella fiumana di persone e sparire come era apparsa: scomparve.

Stralunato continuai a percorrere le scale che portavano ai sotterranei, ero molto in ritardo per la lezione di pozioni ma non me ne curai, stranamente tutti sembravano più buoni con me in quel periodo.

Due ombre sghignazzanti si staccarono da un angolo buio e mi si pararono davanti.

“Mozzarella Mezzosangue che frega la ragazza al suo migliore amico, che cattivone! Non pensi Milly?” cinguetto una bella moretta che rispondeva al nome di Pansy.

L’altra rispose annuendo mentre che cercava di trattenere le risate.

“Così anche senza il vostro capo riuscite a parlare. Sapete farlo? Che sorpresa!” risposi tagliente ed ebbi il piacere di vederle ammutolire, piccate, da quel non tanto velato insulto poi una delle due sembrò avere un idea quanto mai cattiva perché si volse all’altra con un sorriso cospiratorio per poi girarsi nuovamente verso di me che in cuor mio già sapevo di essere il protagonista di tale cattivo pensiero.

“Milly non pensi anche tu che dovrebbe essere più gentile con noi?”

“Ma si Pansy, gli abbiamo fatto un piacere non trascurabile...”

Assottigliai gli occhi ma quelle ripresero senza accorgersi che improvvisamente quello sguardo non sembrava più canzonarle.

“Però devo dire che non è stupido il Mezzosangue”

“Già quei suoi bei voti non sono poi tanto gonfiati e io che pensavo che andasse a letto con la fuxiadipendente per prendere quei voti... entrambe risero sguaiate a quella battuta e non potei fare a meno di pensare che sembravano la trasfigurazione mal riuscita di due iene.

“Ora ha capito che per fare colpo su una ragazza non deve darsi alla poesia ma deve farle grandi favori come le...ripetizioni di trasfigurazioni!” risero ancora, che cosa terribilmente snervante!

Quel ridere continuo...e poi prendere in giro la mia poesia.

Un attimo. Spalancai gli occhi:

Cosa vorreste intendere?”

Pansy si bloccò interdetta fra uno scoppio di risa e l’altra e mi guardò, aveva uno sguardo che si dovrebbe chiamare, se gli sguardi si chiamassero in qualche modo, uno sguardo da stronza.

“Mozzarella Mezzosangue stiamo dicendo che abbiamo consegnato noi quella stupida lettera al tuo migliore amico”

“Capisco, non mi vanterei di fare il lavoro sporco per la Granger

“Noi il lavoro sporco ad Hermione? Se la voleva consegnare a Potter la lettera sapeva bene come consegnargliela, senza dovergli inviare alcun gufo” entrambe si guardarono lanciando che questa frase sibillina cadesse fra noi ma non si affrettarono a spiegarla anzi glissarono totalmente sull’argomento.

Le continuai a fissare interdetto, era stata una settimana davvero dura e l’ultima rivelazione mi aveva tolto le ultime forze, con sgomento mi resi conto che stavo consegnando le armi davanti a due serpeverde esperte nell’arte della tortura e del gossip. Ma ero davvero troppo stravolto.

Milly secondo te perché fa quella faccia tanto scioccata?” chiese ancora la bruna.

“Credo Pansy che abbia appena capito di aver commesso un grosso errore”

“Io l’avevo capito subito, è andato a sfidare la Regina delle Serpi cosa voleva?” guardò l’amica sorridendo sempre cattiva “Anche se noi sappiamo bene come sono fatti questi grifoni prima era convinto che lei avesse torto ora si è reso conto di aver preso un granchio”

Si Milly, ha dato per scontato che lei avesse fatto l’azione più bassa e immorale, secondo me, quando l’ha picchiata non le ha neanche chiesto se veramente l’avesse inviata lei quella lettera...Ah che pessima abitudine quella dei buoni si credono sempre superiori agli altri e cosa ancor più negativa credono sul serio di avere sempre ragione e che ogni azione loro sia giusta e inviolabile” detto queste le due strisciarono dietro il sasso da cui erano scivolate fuori per mordere e avvelenare la propria preda che disgraziatamente quel giorno ero proprio io. Il veleno stava facendo effetto, mi sentì intorpidito e qualcosa come i sensi di colpa cominciarono a sgorgare dalle ferite che mi avevano procurato le due serpi.

Il veleno dei giusti che sbagliano.

 

HERMIONE

 

La mattina dopo i bagagli erano pronti.

Non passai a salutare mio padre perché ci eravamo detti tutto quello che dovevamo dirci e anche se le cose che non ci dicevamo erano quelle che resistevano per più tempo non me ne curai troppo a lungo. Afferrai il mio bagaglio a mano e da sola uscì dalla residenza di mio padre, pochi passi e mi potei smaterializzare senza problemi.

Arrivai sola nella stazione di Londra e solo quando salì sull’espresso per Hoqwarts mi ritrovai a dividere il mio spazio vitale con Blaise che però se ne rimase nel suo posto tutto impettito e non disse una parola.

Quando finalmente arrivammo a scuola era ora di cena e snervata da tutto il tempo che avevo già condiviso con il mio promesso sposo me ne rimasi in camera.

Lo specchio era di un blu fitto, vedevo attraverso quello specchio le mie fragili cose risplendere alla luce della luna.

Non ricordo quando ma caddi in un sonno agitato intervallato di coni d’ombra e di imbarazzanti e vividi arazzi.

 

BLAISE

 

Ho sempre trovato bella Hermione, la ricordavo da bambina quando il suo serioso padre l’aveva presentata in famiglia come la futura moglie di mio fratello Paris. Aveva un vestito di un bianco candido con delle piccole primule disegnate sulla gonna e sul corpetto. I capelli ricci erano leganti in un austero chignon e il viso era schiarito ulteriormente dal cerone. Quando il padre aveva parlato con la sua voce bassa le sue spalle avevano preso a tremare leggermente, tutti nella famiglia Zabini avevano capito come il Signor Granger conduceva i fatti di famiglia. Li conduceva come conduceva i suoi affari.

Nel mondo magico Robert Granger era noto come l’avvicino: piccolo, astuto e crudele.

La sua piccola figlia rispecchiava questi sentimenti nello sguardo stanco che ci rivolse sembrava stupida dal ambito familiare che si trovò a circondarla. In poco tempo Hermione comprese di non aver preso solo marito ma anche di aver adottato la famiglia.

Eppure ero infelice, lei mi stava accanto, parlava con me ma non mi vedeva davvero.

Ah quanto aveva invidiato mio fratello!

Paris era sempre stato il più fortunato di noi due. Aveva preso Hermione e le aveva rubato e spezzato l’unica cosa che avevo desiderato di possedere in esclusiva: il suo cuore.

Ma poi era successo quello che era successo ed Hermione era cambiata, era diventata cinica e violenta con tutti. Poche erano le eccezioni che faceva.

Percepiva tutti come nemici ed era diventata...la Regina indiscussa delle Serpi.

Poche erano le eccezioni che faceva. Poche per gli amici.

E lui aveva preso ad essere un suo amico proprio quando avveniva in lei quella nefasta trasformazione. Un amico. E basta.

Invece Hermione occupava un posto di rilievo nel mio cuore.

Un posto che era solo suo.

Così quando aveva sentito che suo padre cercava un marito per Hermione si era subito fatto avanti ma non sapeva nemmeno se la sua richiesta era stata presa in esame.

Sapeva che il matrimonio era una delle poche cose che mandavano in bestia Hermione ma aveva creduto che...

Aveva sperato...

Ma quelle sue parole gli avevano tolto tutto il coraggio e lo aveva riempito di rabbia.

Rabbia che aveva sfogato su Hermione dicendole cose che non pensava.

Si appoggiò ancor più pesantemente alla parete senza però fare il minimo rumore continuando a fissare il bel profilo di Hermione Jane Granger.

La sua donna.

La sua futura sposa.

La sua dannazione.

DRACO

 

Il mio sogno si è tramutato in un incubo e poi ancora si è trasformato in un inquietante ricordo per poi ricadere nell’oblio della mia mente stanca. Vedevo le solite scale e anche il giardino alla fine di esse. Vedevo la notte e sentivo il freddo sulla mia veste. Sentivo dolore e insieme non lo sentivo. Ero stanco ma dovevo scappare e anche velocemente.

Draco scappa” ancora l’uomo biondo agitato voleva che scappassi.

Il sogno sembrava cambiare, si aggiungevano attori e facce che non conoscevo, non ricordavo nessuno di loro o forse continuavano a vivere in quel sogno.

Una donna con una lunga camicia bianca con le maniche ricamate mi venne incontro, aveva lo sguardo scavato e gli occhi erano due tizzoni, quando i Mangiamorte mi circondarono ella si mise a farmi da scudo.

“Madre” le mie labbra avevano parlato, non avevo mai veduto quella donna, eppure seppi che era la verità. Quella donna era mia madre e la camicia bianca che vedevo in sogno le apparteneva, era quella relegata sulla mia soffitta.

Un rumore mi riscosse, aprì un occhio.

La mia stanza di Hogwarts, avevo dormito troppo, mi stava succedendo troppo spesso.

È domenica.

I miei amici smossero il mio letto, qualcuno disse che era meglio lasciarmi riposare, Ron rise piano commentando che mi alzavo presto per studiare e tardi per divertirmi. Posai nuovamente il viso sul cuscino.

Non ho mai tenuto conto della domenica come giorno festivo che cosa importa che sia Domenica? Non sono un religioso, quindi non credo che in nessun settimo giorno il Signore si riposò. Perché quindi riposare?

Sono stanco.

Chiusi ancora gli occhi per specchiarmi nelle iridi chiare della donna che avevo indovinato essere mia mamma. La cercai con un urgenza all’interno del giardino ma non era rimasto nulla di lei se non un brandello di tessuto bianco. La battaglia si era conclusa.

Ma io ero nuovamente solo.

“Questa camicia è orrida” una voce familiare e insieme sconosciuta.

Non appartiene ai miei compagni di stanza anche perché loro staranno bighellonando da qualche parte, non so dove.

Apro un occhio, la mia camicia hawaiana viene sospesa davanti a qualcuno che ha una giacca scusa, posso vederne sono le maniche con la camicia bianca che vi spunta e un gemello che attira la luce timida di un sole non troppo maturo. Richiudo gli occhi, mi fa male la testa, faccio leva sulle mani e mi alzo a sedere ma gli occhi li lascio chiusi. Sento la costrizione della stoffa sul mio corpo, sarà il lenzuolo.

Mi costringo a non gemere per il freddo che mi colpirà ma sento che non è pungente come me lo aspettavo. Mi alzo afferrandomi alla colonnina del letto e finalmente apro gli occhi.

Vedo un paio di pantaloni neri che spuntano dal mio armadio, una persona in un completo nero fruga nel mio armadio, mi continua a voltare le spalle e a quel leggero rumore mi dice solo:

“Finalmente ti sei svegliato” annuisco muto e mi giro a mio volta per dirigermi in bagno. La voce di questo individuo mi è inquietantemente familiare.

Faccio alcuni passi prima di collegare tutto quello che stà succedendo in questa stanza, stamattina è proprio dura ingranare la marcia. Mi tasto il taschino del pigiama e sento gli occhiali sotto le dita li prendo e quando le lenti, pure, non alterando la realtà si incastona sul mio naso mi rendo conto di due cose:

1. Quella voce è davvero una voce familiare

2. Quella voce familiare appartiene a un uomo che si trova nella mia stanza

“Tu”

“Io” risponde con la sua parlantina tranquilla Joe Black, sfortunatamente ritornato alla vita.

“Tu…cosa fai qui?” la mia voce è un sussurro agitato se dovesse entrare qualcuno e trovarlo qui sarei nei guai.

Afferra una camicia e arriccia il naso per il disgusto e poi la getta fra altre camicie ammassate. Non risponde.

“Sei davvero tu?”

“Così sembra”

Come è possibile? Io ti ho visto esplodere”

“Ah Signor Malfoy, non dica assurdità, chi muore non ritorna in vita – mi sorride garbatamente  – Inoltre se davvero succedesse una cosa simile sarebbe un bel problema per me, mi ritroverei senza lavoro, non crede?”

Annuisco pallido.

“Se non è di disturbo mi può spiegare cosa state facendo in camera mia, fra i miei vestiti?” sembra una domanda davvero sciocca ma dopo quella: perché sei in camera mia se nemmeno due settimane fa sei esploso davanti ai miei occhi; mi sembra la più valida possibile.

“Certo, subito dopo che ti sarai fatto una doccia” mi lancia un groviglio, devono essere i miei vestiti e senza dire altro mi avvio in bagno.

 

BLAISE

 

“Avanti,accomodati, in cosa ti posso aiutare?” la luce calda di candele tremule riempiva l’aria di un irritante odore di cera. La stanza era arredata in modo elegante ma vi mancava quel qualcosa che l’avrebbe resa non solo elegante ma unica.

Sedetti sulla poltrona in velluto blu che la mano curata mi indicava. Ancora l’uomo mi volse le spalle concentrando la sua attenzione su quel aggeggio che la prima lezione aveva presentato con il termine di stereo.

Si volse nuovamente verso di me e si sedette sulla scrivania, praticamente di fronte a me.

“Allora ragazzo; cos’è quella faccia? Dimmi” lo guardai ancora, si era proprio lui, l’avrei riconosciuto anche se avesse modificato il suo viso. Lo potevo intravedere dal suo atteggiamento freddo e posato con cui si adagiava sulla scrivania che per chiunque sarebbe parso rilassato ma per un occhio esperto come il mio non poteva essere ingannato.

Era teso, come una corda di violino.

“Nulla di importante, un piccolo appunto, fratello” dissimulò perfettamente il suo imbarazzo per quell’appellativo.

“Quale?” sorrisi leggermente, lo sapevo, Paris non si era perso in stupide domande come “Quando l’hai scoperto?” o  “Come hai fatto?” era andato dritto al sodo.

“Lascia stare la mia donna” le parole caddero nella stanza senza ricevere risposta alcuna. Per un attimo pensai che avrebbe negato, ma la sua attesa era di altra natura. Il suo sguardo era nel mio.

“Chi è la tua donna?” non ho il tempo di rispondere a mio fratello perché nel silenzio si insinua qualcosa di nuovo, qualcosa di bello: la musica.

Una voce maschile, parla. Non è dolce ma è violenta, tagliente.

Mi fa male.

 

Cioè non se avete visto come cacchio mi ha trattato..

Un’altra voce maschile si sovrappone – Ma si, lasciala perdere…Cioè devi capire che le tipo sono tutte così..

La prima voce chiede – Stronze?!

Più voci, in risposta – Di brutto! E anche Bugiarde!

 

Un’altra signorina gira in città,

non racconta al suo ragazzo quel che fa e dove va.

Ma lei lo sa, lo sa che lui l’aspetta

Ma non le importa basta che lei si diverta.

 

“L’hai fatto a posta? Lo sapevi che sarei venuto qui a parlarti di Hermione vero?”

Hermione? Sarebbe lei la tua donna, ah quanta poco originalità” ancora non posso rispondere, l’instrumental si blocca nuovamente e lascia il posto alla voce.

 

A volte le bugie le reciti troppo bene,

quasi da convincerti anche tu che siano vere

non ti sopporto quando dici che non esci,

e poi ti vedo in giro a far la scema, quando cresci?

Tradisci e so da cosa dipende,

vuoi ancora assicurarti di essere attraente.

Poi non mi chiami e sai che mi fa incazzare

la scusa che hai finito i soldi del tuo cellulare

purtroppo ti conosco, al tuo posto

ne inventerai un’altra convincente piuttosto

e segui sempre quel che fanno le tue amiche.

Tu ridi se una ride e poi sparli delle altre tipe.

Beh oh sembra un classico atteggiamento

sembri la sola ad averla libera al momento

bugiarda! So che godi a farmi ingelosire

hai la faccia soddisfatta quando mi vedi soffrire.

 

Le parole erano proprio azzeccate. Non mi ero reso conto che nell’attesa di una risposta mi ero messo ad ascoltarle e quelle dannate parole mi avevano lasciato senza parole su quella poltrona, era tutto come quando avevo dieci anni e mio padre mi chiamava nel suo studio.

Sono di nuovo quel bambino.

E mio fratello è il mio indifferente padre. Mi fissa con i suoi occhi gelidi.

Fra noi c’è sempre stata una distanza incolmabile, ma c’era affetto, questo lo ricordo.

 

Un’altra signorina gira in città, non racconta al suo ragazzo quel che fa e dove va.

Ma lei lo sa, lo sa che lui l’aspetta ma non le importa basta che lei si diverta.

 

E lui sorride, quel sorriso da squalo che lo rende tanto simile a mio padre da spezzarmi il cuore. Perché lo so che quel sorriso è per me, per farmi soffrire per quella mia decisione stupida.

Non si ama una donna che non è ancora tua moglie.

Ma amarla è più un obbligo convenzionale, la si deve trattare come un cucciolo, affettuosi ma violenti; altrimenti l’animale non impara a rispettarti.

Ma nessuno dei due, mio padre e Paris, ricordava mia madre; io si.

Ricordavo i suoi occhi dolci e i suoi abbracci di nascosto a mio padre, delle volte che mi carezzava la guancia e mi diceva:

“Non pensare a tuo padre, urla tanto ma non è cattivo!”

E vorrei urlare davanti a quell’espressione, davanti a quella menzogna che credeva mia madre che la rendeva così dolcemente stupida.

Vorrei urlare davanti al mio amore mal riposto…

Mio fratello assomiglia a mio padre.

Io assomiglio a lei.

Anche lei amava di un amore mal risposto.

 

Bugiarda, sei bugiarda, sei bugiarda, na..nana.

Bugiarda, sei bugiarda, sei bugiarda, nanana.

 

Il tuo ragazzo dovrà essere il tipo più figo

Mica sto idiota che gioca a fare il cantante ed è un fallito.

“Pausa di riflessione” la stavo aspettando,

è la scusa di ogni tipa per lasciarti e farsi un altro

e vorresti che restassi tuo amico, così mi avresti ai tuoi piedi

per potermi usarmi all’infinito, ma dai

non mi ci vedo in quelle vesti

magari ad aiutarti con i tipi che ti faresti

ed oltretutto io dovrei anche capirti

certo alla tua età devi soltanto divertiti

ma se un giorno soffrirai per qualcuno

capirai quanto fa male essere presi per il culo.

 

Bel modo di ferirmi quello di mio fratello.

Ricordarmi che sono sempre stato solo un surrogato di lui, il suo unico vero amore, e la rabbia mi monta e vorrei smontare a pugni quel viso tanto simile al mio. Ma io non sono come mio padre che picchiava la donna che amava per quel suo stolto teorema. Non sono nemmeno Paris che spezza il cuore delle ragazze e poi riesce sempre a farsi amare.

No.

Io sono quel bambino di undici anni che ascolta suo padre che gli urla contro e non sa che dire, non sa che fare; se non rimpicciolire sulla sedia e ascoltare le accuse del padre.

 

Non devi dubitare io ti ho amato di sicuro

E adesso mi ripaghi prendendomi per il culo

No, no non ne parliamo

Ora capisco quanto erano falsi i tuoi ti amo

Ma piano, tradire gli altri non ti costa

Sei esibizionista e vivi per metterti in mostra

Il tuo viso innocente inganna i sogni miei

La tua maschera nasconde quella che realmente sei.


Ma Hermione è veramente così?

Lei non mi ha mai ingannato lo sapevo che la nostra era unione senza amore ma solo carica di passione e di amicizia. E me la ricordo l’espressione dei suoi occhi quando ha saputo del matrimonio.

Tradito.

E lei a me non l’aveva fatto mai. Non nel senso vero.

E guardo lui, che non sa nulla di quello che lei ha passato per colpa sua e che io passo per colpa sua. Lui che torna e non sa nulla che non la riesce a venerare come la venero io. Che venera solo se stesso che sa solo usare le persone.

“Finito lo stacchetto musicale?” il mio tono dovrebbe apparire freddo ma non riesco ad imprimere questo sentimento alle parole, quelle cadono misere.

“Non ci vediamo da anni fratello e la prima cosa che mi chiedi è di lasciar stare la tua donna”

“Ora è mia Paris e non me la perderò per inseguire una mezzosangue” lui abbassò gli occhi per un attimo avevo letto del dolore in lui. Quattro anni che non vedevo mio fratello e non sentivo nemmeno il bisogno di parlargli in modo cortese o di abbracciarlo.

Mio padre era riuscito a plasmarmi. Non sentivo più affetto per quell’uomo.

“Tua? Lei sa di esserlo?” sul suo viso risplende un sorriso.

“Lei sarà mia moglie fra sei mesi” il suo viso sembra tramutarsi in una maschera buffa.

Eppure non è stato annunciato da alcun quotidiano”

“E’ stato deciso così” abbasso il capo

“Lei lo ha deciso vero, bambolotto?”

Non gli rispondo e lo sento ridere brevemente, divertito.

“Sei mesi è sarà tua moglie. C’è tempo”

“Per cosa?”

“Per un sacco di cose”

“Stalle lontano, non voglio che tu le metta le tue manacce putride addosso” lui sorride cortese.

“Non essere sciocco fratello, sono un professore, non potrei farle mai del male” ammutolisco.

E cosa vuoi da lei?”

“Prendermi una rivincita”

 

DRACO

 

Mi faccio una doccia veloce, l’acqua è fredda ma non la sento cadere sulla mia pelle perché sono troppo stupito, Joe Black, il redivivio Joe Black è nella mia stanza di Hogwarts e fruga nel mio armadio cercandovi… non so cosa.

Esco dal bagno e mi ritrovo il Signor Black davanti.

“Perché sei esploso?” è una domanda sciocca ma forse mi risponderà con qualcosa di intelligente.

“Troppa verità”

Che c’entra la verità?”

“Quella, c’entra sempre” annuisco, arrendendomi al non capire i pensieri del Signor. Black.

“Stanotte ha sognato ancora?” mi chiede premurosamente tornando alla sua divisione certosina.

“Si, ora vedo i miei genitori” spio la sua reazione ma lui non dice nulla, non si muove in modo differente. Non fa nulla. “perché prima non li vedevo?”

“Forse era troppo pigro per vederli

“Non sono mai stato pigro”

“Allora non so come sciogliere questo suo dubbio” ancora un muro, ancora una risposta sciocca, perché mi prende in giro?

“Lasciamo stare” annuisce e continua a mettere da parte vestiti.

Perché si è introdotto a Hogwarts?”

“Mi sono riscoperto sentimentale, Signor. Malfoy, sentivo la sua mancanza” mi sorrise dolcemente e mise un’altra camicia a fiori nel mucchio delle scartate.

Perché ora scarta i miei vestiti?”

“L’ho osservata molto, non ha i vestiti appropriati per la sua posizione, così le ho fatto ordinare alcuni vestiti da un sarto italiano, non sono affatto completi classici ma avrà sicuramente un look più ricercato” aprì piano la bocca sorpreso da quello che aveva detto.

“Ha comprato dei vestiti per me?” annuì piano.

“Sono in quello scatolone” effettivamente ai piedi del mio letto c’era uno scatolone moto grande, mi inginocchiai e sollevai le ante in cartone e lo scoprì pieno di vestiti piegati e profumati. Avevano ancora il cartellino ed erano di materiale pregiato.

“Io non posso accettare”

“Oh, non faccia così, Signor. Malfoy, tutti hanno bisogno di essere viziati una volta ogni tanto” …viziati… mia nonna non sarebbe stata d’accordo, eppure tutti quei vestiti erano davvero bellissimi.

“E si Signor.Malfoy, le cose belle sono belle” annui piano e sollevai una camicia nera, in seta con sfumature grigio scuro, un pantalone scuro forse troppo attillato, una cintura in cuoio scuro, l’odore del cuoio mi arrivò alle narici, mi era sempre piaciuto.

“Ti piacciono questi vestiti vero?” la sua voce era più bassa di un’ottava, sembrava aspettasse veramente la mia risposta.

“ Non ho mai indossato cose simili”

“Oh, ma è qui che si sbaglia Signor. Malfoy, lei abiti firmati li ha già indossati”

Quando?”

“Naturalmente quando non lo ricorda” Joe Black mi voltò le spalle e cominciò a rassettare la mia stanza. Le mie camicie a fiori, vittime del suo oblio venivano infilate nello scatolone che si svuotava dei vestiti firmati. Non potevo credere che quegli abiti fossero davvero i miei.

L’armadio si lasciò riempire dai vestiti nuovi e svuotare da quelli vecchi, intravidi anche la mia divisa di seconda mano.

“No, quella mi serve”

“Ne ho fatta preparare una nuova, qualcosa che le può andare meglio di quella vecchia” mi resi conto di star sorridendo solo quando anch’egli si voltò per sorridermi di rimando.

Era bello avere qualcuno che si prendeva cura di te.

“Ora è meglio che io vada, perché non indossa quel completo?” sorride, io mi volto a fissare il mio letto e vedo la camicia e il pantalone.

“Non è troppo elegante per una domenica normale?”

Lui è già sparito.

HARRY

 

“...Non va, non funziona” un discorso sconnesso, così si concluse, la voce che lo pronunciò era calma, ma c’era un che di ripetitivo in quello che aveva detto, come una parte imparata a memoria dinanzi a uno specchio. Si guardava i piedi e le ciocche rosse scendevano a coprirgli le gote.

Cosa non funziona?” chiesi piano, non volevo ammettere di aver capito benissimo di cosa stava parlando.

Harry pensaci bene, il nostro rapporto si sta sfaldando, non ci importa della fedeltà e nemmeno dell’amore, tu hai un amante e anche io...” non concluse che la inchiodai con uno sguardo di fuoco.

“Tu dici a me che ho un amante? Ma sei stata tu a dire che volevi provare cose o meglio cosi nuovi per capire di amarmi ancora. E dopo che io oramai ho capito che purtroppo sarò un cornuto per molto tempo, fidandomi delle tue parole, cioè che alla fine era una prova inconfutabile che pur andando con tanti il tuo cuore era mio...E ora cosa mi dici? No, mi dispiace Harry ho sbagliato, scusa... la investì con la rabbia che avevo in corpo e mi resi conto solo dopo che dai suoi occhi stavano scendendo delle lacrime.

Non mi importava di farle del male, lei ne aveva fatto a me, e non riuscivo a perdonarle quest’altra idea malsana.

“Sono andato contro i miei principi per te” lo dissi con la voce bassa, la fissavo mentre lei guardava interessata il pavimento, come se la risposta si trovasse su quelle mattonelle splendenti.

Ma chi te l’ha chiesto” alzai lo sguardo, noi Grifoni saremo anche onesti ma il nostro maledetto orgoglio ci manderà nella fossa.

“Volevo solo che tu mi dicessi che mi amavi, e che non mi avresti mai permesso tale libertà” mi bloccai sul posto, non avevo mai visto Ginny piangere, normalmente ero io quello con la faccia scontenta e prossimo alle lacrime e lei mi guardava gelida, dall’alto del suo piedistallo.

Mi ero sempre sentito il vaso di terracotta fra i due e invece eccola la ragazzina che era in lei, usciva ora, quando io non avevo più pezzi di cuore da farmi frantumare.

Ma io volevo stare con te” ed era la verità, mi era uscito in un sussurro, restavo io il più debole, per paura che lei mi lasciasse avevo calpestato i miei valori, avevo preferito che fosse mia in qualche parte che in nessun altro modo.

Lei mi guardava ora, i suoi occhi arrossati, splendevano mentre che il suo sguardo glaciale tornava a guardarmi.

E allora perché non hai lottato? Tu che lotti contro tutti e tutte per le tue idee perché non lottavi anche per me, per non perdermi”

“Era un tuo volere”

Cosa c’entra? Io volevo che a te importasse qualcosa di me, mi annoiavo certo nel nostro rapporto tanto scontato volevo che tu mi mettessi alla prova ma non intendevo in modo tanto estremo, volevo che tu capissi che ero io quella che volevi e non una qualsiasi” e allora la rabbia venne, feci qualcosa che non pensavo di poter fare. Infilai il mantello e chiusi gli alamari. Lei che si aspettava una mia diversa reazione mi guardò stupita.

Cosa stai facendo?” la voce era stridula leggermente isterica.

“Non lo vedi?”

“Non capisco” lo disse in un sussurro, mentiva, lo capiva benissimo.

Le andai incontro con il passo lento.

“Esco dalla tua vita” lo dissi sinceramente e semplicemente come se non dovesse pesarmi affatto quello che stavo facendo, invece mi pesava, mi pesava come un macigno.

Lei battè gli occhi due volte poi si afferrò al mio braccio come una disperata. Io le rivolsi uno sguardo tagliente fissandole la mano sul mio braccio ma lei la strinse solo maggiormente.

“Non provare mai più a scaricare la colpa su di me. Io sono quello che deve piangere e disperarsi perché la mia ragazza è una donna che non sa tenersela per se. Io sono quello che mentre ti possedeva pensava a quanti prima o dopo lo potevano fare. Ho vissuto in un inferno fino a quando non ho capito che non sarebbe cambiata la cosa, tu avresti continuato ad avere partner multipli e io a soffrire da solo così ci ho provato anche io, ma ho avuto una sola amante. E poi l’ho abbandonata, non sazio questo è certo ma peggio di prima...vuoto!

Tu dici che non ho lottato per te, bugiarda.

Tu non sai quante battaglie interiori ho avuto prima di trovare quel piccolo precario equilibro che tu questo pomeriggio hai distrutto con la tua nuova idea.

Ti diverti a incolparmi di ogni tuo piccolissimo problema...

Anche tu mi dai e mi davi per scontato ora è inutile che tu mi dici che mi ami e ti senti vuota e che forse è meglio che ci allontaniamo.

Inutile, perché è già finita, da troppo tempo” sentì la presa allentarsi e nello stesso momento un senso di strozzamento e di sollievo insieme che mi ha liberato i polmoni e ottenebrato gli occhi, ma non mi fermai, per la prima volta in questa dannata storia esco a testa alta fuori di essa.

Che vada al diavolo lei e il suo amore egoista che non sa che farsene della persona che ti siede accanto che spera in te che ti ama.

Ci sono parole che una persona spera di sentir per tanto tempo ma che poi quando le riceve capisce che non sono veramente quelle di cui aveva bisogno, quelle non contano, o non contano più.

Se metti una persona su un piedistallo per troppo tempo non ti accorgi che si è impolverata e non ti accorgi che cadendo si rompe in mille pezzi.

Eppur, mentre mi cambio ancora, nel camerino dei Grifoni e impugno la scopa, non so perché ma mi sento io in mille pezzi.

 

Fine del Dodicesimo Capitolo

 

Note:

1. All’inferno il diavolo è un eroe positivo. Una bellissima citazione di Stanislaw Lec.

2. Le primule e le piante parassite botanicamente non si comportano proprio come ho descritto ma perdonatemi questa libertà, non potevo veramente farne a meno. Inoltre quello che ho descritto come “attacco della pianta parassita” è quello che fa una tipologia di pianta parassita che secondo me è la più “spettacolare”, ovvero quello è l’attacco di un “ficus strangolatore” che già il nome è tutto un programma.

3. Robert Granger lo chiamavano l’avvicino. L’equivalente magico dello squalo, cito da Wikipedia per coloro che non ricordassero il piccolo animale che rompe le scatole ad Harry Potter nel Lago Nero durante la seconda prova del Torneo Tre Maghi. “(Wikipedia cit) Gli Avvincini (Grindylows) sono dei demoni acquatici cornuti di colore verde pallido che si trovano nei laghi di tutta la Gran Bretagna e dell'Irlanda. Hanno lunghe dita sottili prensili e molto forti ma facili da spezzare. Sono aggressivi sia con i Babbani che con i maghi, anche se sono, tuttavia, classificati come XX. Talvolta i Maridi li tengono nelle loro case come animali domestici.

4. Joe Black. Oltre a ricordare il terribile e bellissimo angelo della morte interpretato da Brad Pitt nel film “Ti presento Joe Black” questo nome ha un altro sinistro parente. In Inghilterra con il termine “Black Shock” si intende un demone. Con il termine Nic o addirittura Joe si intende, sempre in Inghilterra, chiamare il Diavolo.

5. “Ah Signor Malfoy, non dica assurdità, chi muore non ritorna in vita – mi sorride garbatamente  – Inoltre se davvero succedesse una cosa simile sarebbe un bel problema per me, mi ritroverei senza lavoro, non crede?”

La frase “chi muore non ritorna in vita” è liberamente tratta dal film “Stage Beauty” che non ha avuto molto successo in Italia ma a mio parere è superiore per contenuti al più noto “Sakespere in love”, gli ambienti dei due film si assomigliano anche se il primo è ambientato molti anni dopo, nel 1660.

6. La canzone che Paris fa ascoltare a Blaise si chiama “Bugiarda” ed è degli Huga Flame, le parole mi sembravano indicate al momento.

 

Il prossimo aggiornamento ci sarà il 8 giugno 2011, ora da definirsi.

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Capitolo 13
*** 13 - Per ogni Regina il suo Re ***


C13(BG)

Il Matrimonio è un romanzo in cui

l'eroe muore nel primo capitolo.

 

Capitolo Tredici:Per ogni Regina il suo Re

 

Ed ecco che le parole mi vengono meno, stavolta a spiegar dovrò essere abile.

Che cos’è l’amor e il suo dramma? Certo è; vero anche che più spesso l’amor e il suo dramma sono accompagnati da uno stranissimo alleato: il matrimonio.

Il matrimonio, unione di anime, il più delle volte è concilio di famiglie e denari che si uniscono più delle persone in sodalizi da cui l’amor è bandito e il dramma è officiante della celebrazione.

Chi crede ancor nell’amor non si unisce in matrimonio perché il primo finisce, l’altro dura per sempre. E poi è cosa risaputa.

Alcuni matrimoni finiscono bene, altri durano tutta la vita.

 

HERMIONE

 

Il fidanzamento non era stato annunziato da alcuna rivista scandalistica, giornale o programma radio sulla vita dei Purosangue. Nessuno sapeva che Blaise Zabini, il mio ormai ex migliore amico, non aveva più la fortuna di esserlo perché era divenuto il mio promesso sposo.

Nessuno capiva il perché del mio comportamento freddo nei suoi confronti.

Millicent e Pansy si erano prodigate tanto quella giornata per farmi “Sputare il rospo” ma la mia unica reazione era stata uscire dal dormitorio e rifugiarmi su di un albero.

Sì, un albero.

Era di quegli alberi vecchi e saggi che si trovano all’inizio della foresta nera. Ero sospesa fra il castello e il mistero della foresta. Mi sentivo a mio agio. La mia vita era anch’essa sospesa.

Nella calma e nella quiete di quel pomeriggio leggermente nuvoloso, eccolo, quel lento fruscio e poi un respiro basso, pressante.

Era tornato.

Ed era snervante.

“Cosa vuoi?” la mia voce si spense senza risposta nella piccola radura sottostante l’albero.

“Lo so che sei là, evita di fare il ridicolo” ancora nessuna risposta.

Scesi dall’albero e fissai il cespuglio che si mosse rivelando il ragazzo.

“Come...” sembrava seriamente stupito dalla mia intuizione.

“Sono minimo quindici minuti che stai lì e mi fissi, fai un rumore terribile, saresti un pessimo cacciatore Mezzosangue” Draco Malfoy imbarazzato come non mai mi stava davanti, aveva dei vestiti nuovi, fattura italiana, roba di classe, devi avere molti soldi per poterti permettere dei vestiti simili. Forse aveva derubato la Gringott. Arricciai il naso, la sua leccata di vacca, però, era rimasta immobile e granitica come sempre.

“Beccato” si strinse nelle spalle come se fosse la cosa più normale del mondo starsene a guardare una persona che si trova su di un albero e nemmeno una persona a caso ma io.

La stessa Io non si sentiva molto normale.

“Cosa vuoi?” gli rispondo acida, non mi piace sentirmi così.

“Devo scusarmi con te” alza il suo sguardo e anche con quelle lenti a fondo di bottiglia e con la poca luce della radura mi colpisce ancora quello sguardo e quegli occhi grigi.

Sono così affascinata che ci metto un po’ per realizzare che lui mi ha parlato e mi deve aver detto qualcosa di importante perché ora mi fissa, in attesa... ma di

“Cosa?” faccio a gara con il vento tanto la mia voce è bassa,

“Devo scusarmi per lo schiaffo che ti ho dato, non sei stata tu a inviare la poesia, non lo meritavi, mi dispiace” mi avvicino lentamente a lui restringendo lo sguardo.

Le spalle spioventi che seguivano uno sguardo remissivo e che rimase a fissare le sue scarpe per la troppa paura. O era davvero rimorso?

“Tu dici il vero?” chiesi spiazzata, penso che l’oscurità della radura mi abbia illuso, ma il grifone alza lo sguardo e mi guarda con sincerità.

“Già, sono spiacente, se potessi fare qualsiasi cosa per poter...” si bloccò di colpo

fissandomi intensamente, cosa che mi fece sentire a disagio, potevo gestire la freddezza, la violenza e gli attacchi ma la gratitudine, la sincerità... Erano complicati!

Così complicati che gli volsi le spalle.

 

DRACO

 

“Perché vorresti aiutarmi ora?” io non le avevo detto che l’avrei aiutata, ma compresi che l’unica cosa che lei desiderava era una scialuppa di salvataggio, qualcosa su cui appigliarsi per aspettare che la tempesta della sua vita si calmasse.

“Perché ho sbagliato” è incredibile rendersi conto che hai odiato per tanto tempo una persona che non lo meritava. Si voltò lentamente, senza incrociare il mio sguardo.

“Mezzosangue ho fatto tante cose terribili, quello schiaffo in qualche modo è stato un piccolo contentino per tutti coloro che ho ferito, tradito e via dicendo” alzai lo sguardo su di lei mentre parlava, lo diceva senza che un emozione trapelasse dal suo viso pallido e perfetto.

Doveva aver ripreso la sua dieta, da quando era tornata, non la vedevo più durante i pasti e il suo pallore me lo confermava. Sono inquietanti le donne che sanno tener fede alla propria dieta. Donne simili sono veramente capaci di ogni cosa!

La mancanza di emozioni del suo viso mi colpì più delle parole che aveva pronunciato. Una persona normale le avrebbe detto che aveva perfettamente ragione, le avrebbe detto che effettivamente Lei era una stronza con la S maiuscola. Ma io non ero totalmente normale. Una persona normale invece di tenderle un agguato mentre se ne stava stranamente appollaiata su di un albero, avrebbe ignorato la rivelazione delle due oche e avrebbe continuato a sparlarle dietro, come facevano in molti.

Mi accorsi che il mio silenzio di riflessione era stato interpretato da lei come la mancanza di una replica e mi fissava con interesse.

“Perché parli così di te stessa?”

Non rispose.

“Ti osservo da un po’, mi sembri triste, perché sei sempre sola, come oggi?” mi resi conto di attraversare un territorio denso di mine quando i suoi occhi di ambra si incupirono quando si fissarono su di me.

“A quanto pare non sono mai stata sola”

Sollevai le spalle con noncuranza, non volevo sottrarmi a quello strano incantesimo dei suoi occhi ambra che erano fissi nei miei, in parte compresi i discorsi di Ron sulla sua bellezza, forse li compresi appieno per la prima volta.

“E siccome nemmeno tu mi sembri avere un’espressione più felice devo immaginare che la rossa continui a non volerti?”

E la mia mente non può non andare a quella sera, a Ginevra e alle ripetizioni di

Trasfigurazioni nella sala dei trofei.

 

A quella trasfigurazione che non funzionava a quell’incantesimo pronunciato sempre peggio. A quel viso pallido e a quelle dita gelate che avevo sfiorato quando le avevo mostrato come si inclinava la bacchetta.

“Ginevra, concentrati” gli avevo lanciato la frase come incoraggiamento ma lei non l'aveva colta, se ne era rimasta in silenzio e la bacchetta si era mossa senza energia, anche questo incantesimo non le riuscì e sentì la mia pazienza cedere.

“Basta”

“No, continuiamo” ma era un borbottio più che una vera e propria opposizione.

“Non serve a nulla continuare, la tua attenzione è altrove” mi voltai di spalle, ero offeso e forse anche addolorato, in cuor mio aspettavo qualcosa di diverso.

“Draco scusami, non è colpa tua”

“Certo”

“Davvero! Tu sei un insegnante eccelso, sono io che sono distratta”

“Da cosa?” non mi rispose subito, mi dovetti voltare per fissarla e vidi i suoi occhi verdi pieni di lacrime, sembravano vetri compressi dall’acqua pronti ad esplodere.

“Harry” già Lui, sempre Lui.

“Non mi vuole più” sono le sue labbra a parlare ed il mio cervello si zittisce.

“Perché non dovrebbe volerti più?”

“Perché vuole un’altra donna” la fissai scioccato.

 

“Colpito ed affondato” sorrisi e non sapevo perché invece di evitare il discorso con lei riuscivo così facilmente a lasciarmi andare e a parlarle di questa o di quella cosa.

Il silenzio imbarazzato cadde fra noi e lei cerca di girarmi intorno per allontanarsi, fuggiva lontano, non potei impedirmi di bloccarle la strada, lei alzò quello sguardo ambra nel mio, era un incanto e per un attimo dimenticai quello che le volevo dire.

 

“Chi sarebbe quest’altra donna?” aveva la carnagione così pallida che sembrava una bambolina di ceramica, quelle che mia nonna teneva gelosamente nella cristalliera.

“La sua amante, l’unica che ha avuto”

“Harry ha avuto un amante?”ero un bambino a cui hanno detto che Babbo Natale non esisteva, la Befana era un'invenzione e il coniglio pasquale non era biologicamente mai esistito.

“Hermione Jane Granger”

 

“Cosa?” torno ancora al presente, i suoi occhi ambra mi continuano a fissare, unici protagonisti del suo viso così piccolo e pallido. Anche lei potrebbe apparire come una bambolina di ceramica, ma il suo viso pallido, le sue labbra rosse mi ricordano un altro oggetto: una matrioska.

“Rincontriamoci”

“Domani ci sarà bufera” alzo lo sguardo al cielo che però non sembrava arrecare alcun presagio fosco che la natura potrebbe abbattere sulle nostre teste.

 

“Ginevra, temo che tu ti stia sbagliando, stiamo parlando dello stesso Harry che era talmente imbranato che voleva chiedere il permesso a tuo fratello perché non aveva il coraggio di chiederti di uscire autonomamente?” aveva sorriso, una fiammella di luce sulle guance poi il suo sguardo era tornato triste.

“Mi devi aiutare Draco, tu conosci la Granger, parla con lei”

“Non parlo più con la Granger…” mi afferrò le braccia, aveva lo sguardo disperato.

 

Le sorrisi, lei arricciò il nasino, infastidita, lo sguardo ambra luccicò risentito.

“Allora vediamoci al chiuso”

“Dove?” si morse il labbro, molto probabilmente non avrebbe dovuto rispondere in quel modo, non si confaceva al suo ruolo ma gli era scappato dalle labbra.

“Nella scuola”

“Sarebbe strano se ci vedessero insieme”

“Non ci vedranno, ci sistemeremo nella camera delle necessità” continuai risoluto, i suoi occhi ambra mi scrutavano con attenzione, non riusciva a capire il perché del mio insistere.

“Mezzosangue non essere assurdo”

“Non lo sono” risposi sulla difensiva.

“Cosa ti dice che io voglia incontrarti?”

 

“Incontrati con la Granger, fattela amica, ti prego Draco sei la mia unica speranza, la mia unica possibilità” aveva lo sguardo enorme di chi ha passato la giornata a piangere.

“Tu non capisci Ginevra, non saprei come fare, se solo tu…” e lei allora si allunga verso le mie labbra, ha lo sguardo terrorizzato. Per un attimo provo un miscuglio di emozioni particolarmente intense, voglio questo bacio come un assetato nel deserto, mi avvicino anche io alle sue labbra e socchiudo gli occhi.

Sento un singhiozzo e il suo respiro caldo testardamente che si avvicina alle mie labbra.

Aprì gli occhi e mi allontano da lei.

“Non così”

 

Non volevo essere baciato per farmi convincere a spiare la Granger; come Lei non voleva starsene con i suoi compagni per qualcosa che era successa durante il suo viaggio. Per una volta mi sentì gemello a qualcuno che non era Harry o Ron. Qualcuno di completamente diverso da me.

“Perché l’espressione dei tuoi occhi è simile alla mia.”

Il respiro uscì più veloce dalle sue labbra.

 

“E come vuoi che succeda?”

“Non deve succedere”

 

“Ti senti sola, vero? Anche se ci sono tante persone che fanno parte della tua vita, ti senti sola perché nessuno è veramente come vuoi.”

Non rispose subito.

Anzi, non rispose affatto, fuggì via e io non corsi a riacciuffarla.

Fra noi non c’era mai stato nulla, anzi, prima di quella dannata punizione non ci erano mai rivolti nemmeno la parola e ora...

 

Le accarezzai le spalle, timidamente e dolcemente.

“E sia Ginevra ti aiuterò”

 

HERMIONE

 

Lunedì ore ventuno e trenta.

A me e a Blaise avevano rifilato le lezioni supplementari di tutte quelle materie che avevano meno di due ore settimanali; una di queste era naturalmente, per mia fortuna, Babbanologia, fatta dallo squisito Professor Paris Zab..Smith.

Arrivai a lezione con la mia solita camminata lenta, senza fretta, entrai nell’aula e mi ritrovai a faccia a faccia con il mio pigmalione.

Il mantello era sostituito da un semplice maglione babbano e da un paio di jeans scuri che evidenziavano maggiormente i capelli color del grano e gli occhi terribilmente blu. Mi fermai un attimo sulla soglia per contemplarlo, senza essere vista, poi dissimulando un piccolo colpo di tosse soppesai la mia presenza.

Paris si voltò, sorridendomi cauto.

“Hermione buonasera, mangiato tutto?”

“Buonasera professore si ho mangiato tutto ed era tutto squisito”

“Mi fa piacere perché oggi ho intenzione di parlare di un argomento molto importante e ti voglio in forze per affrontare tale discorso” e il modo in cui parla di rimanere in forze mi fa correre un leggero brivido lungo la schiena.

“Mmm” mugugnai posando la sacca dei libri sul pavimento accanto al primo banco e invece di aggirarlo e sedere mi ci seggo lentamente sopra, scambiando con il professore ancora sorridente uno sguardo di sottecchi.

“Amore” sussultai a quella parola, Paris continuava a fissarmi negli occhi, “Il dolore che può causare un amore non corrisposto” sentì la mia voce tremare e la odiai quando gli risposi.

“Ancora” lui sorrise sbarazzino.

“Questo,- Paris fece apparire un piccolo aggeggio – E’ uno stereo, i babbani lo usano per poterne riprodurre la musica che loro incidono su – ed estrasse un piccolo disco argentato attraversato da bellissimi riflessi multicolori – Compact disk, il cui acronimo è CD. L'ultima lezione vi avevo proposto la lettura di due brani come li hai trovati Hermione?”

“Noiosi” ero ancora affascinata dal cosino che Paris aveva chiamato CD e avevo allungato un dito per afferrare uno dei raggi multicolori ma questo dispettosamente mi era sfuggito.

“Perché?” alzai uno sguardo interrogativo ma lui sembrava vestire di nuovo i panni dell’insegnante e sembrava davvero voler parlare con me e sentire quello che pensavo. Era stano parlare con lui di amore e sentimenti. Ed era ancor più strano pensare che a lui importasse davvero quello che stavo dicendo, dato che non gli era mai importato.

“Mmm…erano verosimili. Non li ricordo molto bene perché la musica babbana mi annoia ma credo che Lei non sia interessato alla mia conoscenza musicale, credo che Lei voglia sapere cosa ne penso delle parole. Ben costruite soprattutto nella canzone, alcuni babbani ci sanno davvero fare con le parole però sapete come succede, le babbane gli unici cavalieri che possono trovare sono racchiusi nella loro scatole magiche per non parlare del canto dell’odio! Ma andiamo! Mai visto un uomo che piange una donna, ho potuto vedere il contrario, anzi, ho visto molti di questi patetici esempi ma non ho ma conosciuto un uomo che piangesse genuinamente la sua donna, in modo così intenso da volerla seguire fino in seno alla morte babbano o mago che sia.”

“Verosimile…allora ti farò ascoltare alcuni brani.”

“Che genere? Spero non musica classica”

“Ma brava la mia Hermione sai anche cos’è la musica classica”

“Non sono la tua Hermione” lui si voltò a fissarmi

“Certo, ora sei di un altro” e per un lungo attimo il silenzio fu il nostro unico compagno. Le mie e soprattutto le sue parole ci avevano gelato sul posto.

“Rock” un sibilo più che un vero e proprio genere musicale poi sembrò rendersi conto della furia della sua risposta e continuò più sereno “Qualcuno dice che è rock, ma non sono sicuro che lo sia. Anche se ascoltare musica classica, non ti farebbe male”

Lo fissai scettico. Le sue parole che mi frullavano nella mente.

“Ah, eccola…chiudi gli occhi e goditela tutta”

Guardai affascinata quella strana cosa emettere una melodia dolce, poi la voce di una donna trascinare alcune parole, è un attimo, e mi piace tantissimo questa canzone, anche se è babbana.

 

I'm so tired of being here
Suppressed by all my childish fears
And if you have to leave
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone

These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that
time cannot erase

When you cried I'd wipe away
all of your tears
When you'd scream I'd fight away
all of your fears
I held your hand through
all of these years
But you still have
All of me

You used to captivate me
By your resonating light
Now I'm bound by the life
you left behind
Your face it haunts
My once pleasant dreams
Your voice it chased away
All the sanity in me

These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that
time cannot erase


When you cried I'd wipe away
all of your tears
When you'd scream I'd fight away
all of your fears
I held your hand through
all of these years
But you still have
All of me

I've tried so hard to tell myself
that you're gone
But though you're still with me
I've been alone all along

When you cried I'd wipe away
all of your tears
When you'd scream I'd fight away
all of your fears
I held your hand through
all of these years
But you still have
All of me

La musica si spegne bruscamente come è cominciata e mi lascia esterrefatta dinanzi agli effetti che questa ha avuto sui miei sentimenti.

“Cosa ne pensi?  – i begli occhi turchesi mi fissano ridenti e spensierati ed è facile dimenticare la sua giovane nemesi guardandogli lo sguardo di oggi – Non occorre che tu me lo dica, i tuoi occhi esprimono quanto ti abbia colpito”

“Ora dovrai prestare attenzione ad un'altra canzone sempre dello stesso gruppo, devi scusarmi ma è il mio gruppo preferito, questa canzone si chiama...”

“Uno mica si aspetta molto da un babbanofilo come lei professore”

“Quando smetterai di farmi la guerra Hermione?” respirò rumorosamente e lasciò perdere lo stereo per avvicinarsi a me che lo aspettavo immobile sul banco con le gambe accavallate e un’aria molto, ma molto accattivante.

“Forse mai” la sua bella mano affusolata e priva di anelli si alzò lenta, sembrava un domatore che mostra il braccio alla folla di un circo prima di infilarla nelle fauci del leone. Ed ero io il leone.

Mi fa ridere la sua prudenza, fra noi due quello che ha sempre fatto male all’altro non sono io. Eppure anche se con il tempo io sono divenuta la fiera, lui non ha mai smesso i suoi panni. Continua a fare il domatore.

Sento il suo palmo ruvido sulla mia pelle, sono calde le dita sulla mia pelle ghiacciata. Caldo e freddo. Tremiamo entrambi.

“Riportami in vita”

“Come?” batto due volte le palpebre.

“Il titolo della canzone è Riportami in vita…” e la canzone prende a suonare da sola, lui non va ad accendere o a premere qualche pulsante dell’aggeggio ma la musica parte comunque. Anche questa volta la musica era dolce, carezzevole e leniva in parte il fuoco che era divampato nel momento in cui Paris mi aveva sfiorata.

 

How can you see into my eyes like open doors
leading you down into my core
where I’ve become so numb without

a soul my spirit sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it back home

E quegli occhi tanto belli da confondere,

 

(Wake me up)  … Wake me up inside

 

Quegli occhi familiari che mi hanno già trafitto una volta,

 

(I can’t wake up) … Wake me up inside

 

Quei maledetti occhi azzurri come un zaffiro non si allontanano,

 

(Save me) …  Call my name and save me from the dark

 

Non ritorna dietro la sua scrivania,

 

(Wake me up) … Bid my blood to run

 

Non vuole tornare insegnate,

 

(I can’t wake up) …  Before I come undone

 

Vuole rimanere e leggere i segreti del miei occhi.

 

(Save me)

Save me from the nothing I’ve become

La sua mano diventa bollente, sembra ustionare la mia guancia ma io non mi muovo, ho imparato a ballare ma non mi voglio muovere. Se diventasse tutto reale, un solo singolo movimento e sarei trascinata nel baratro nero della consapevolezza.

Poi tutto si muove velocemente. Ed è subito realtà.

 

Now that I know what I’m without

 

Le sue gambe si avvicinano alle mie, tanto che il banco si inclina e io mi appiattisco a lui, la sua mano scivola fra i miei capelli, le sue labbra si avvicinano alle mie.


You can't just leave me

 

Improvvisamente però le labbra di Paris mi ricordano la bocca di Blaise e le parole sono acqua calda su ferita che duole e lo guardo e Paris mi fissa di rimando con gli occhi velati di desiderio e mi rendo conto che gli stò sorridendo in modo cattivo, non era mia intenzione ma lo faccio comunque. Come se stessi giocando il suo stesso gioco.

 


Breathe into me and make me real
Bring me to life.

E la musica continua a ricadere su di noi, con note vuote di parole, incredibilmente anche lui sorride cattivo come me, come il purosangue che era.

 

(Wake me up) …Wake me up inside

 

“Io e te, Hermione siamo troppo simili per non attirarci l’uno all’altro. Tu non poi stare con mio fratello” e la sua voce è la stessa di quella dannata sera.

 

(I can’t wake up) …Wake me up inside

 

E ricomincia ad avvicinarsi alle mie labbra, continua a giocare con me, come un gatto con il suo topo.

 

(Save me) … Call my name and save me from the dark

“Perché?”

 

(Wake me up) … Bid my blood to run

 

“Hermione… Hermione non la senti la canzone?” forza il mio cuoio capelluto, non ricordo quando ha infilato le dita lì ma ora schiacciano e mi costringono accanto al suo viso, vicino alle sue labbra.

 

(I can’t wake up) … Before I come undone

 

“La canzone?” perché lo stereo sta ancora suonando? Le parole mi arrivano come una canzone lontanissima, potrebbe star suonando qualsiasi cosa, non la sento, sarà che il mio stupido cuore sta cantano di nuovo, come se fossi una bambina.

“L’ho scelta solo per te” bugiardo bugiardo, sento ai lati dei miei occhi una lacrima di dolore, le sue dita artigliano il mio cuoio capelluto.

“Per me?” cerco di allontanare le sue dita, ma non considero l’altra mano che mi stringe le guance e preme la sua bocca sulla mia.

 

(Save me) … Save me from the nothing I’ve become

“Perché tu sarai mia” e fa quello che non credevo un professore potesse fare, mi bacia, come se avesse ancora diciotto anni, mi bruciano le labbra, mi ha morso. Libera la mia bocca quando con un ginocchio riesco a centrare il cavallo dei suoi pantaloni.

“Non voglio essere salvata da nessuno, men che meno da lei” e fuggo, inseguita dalla canzone che ho lasciato spalancata.

 

Frozen inside, without your touch

without your love, darling.

Only you are the life among the dead.

 

Suona la campana della mezzanotte, rimbomba nella mente e io non so come ho fatto a passare tutto quel tempo in quella stanza con Paris. Sento ancora le sue labbra sulle mie, le strofino forte, ma il sapore non se ne vuole andare. Quando entro nella mia stanza la mia sola voglia è quella di dormire ma questo… temo non potrò farlo, perché nelle ombre della stanza vedo un ombra che non dovrebbe esserci…lui!

 

BLAISE

 

All this time

I can't believe, I couldn't see,
kept in the dark

but you were there in front of me

“Che cosa vuoi?” eccola qui, con le labbra rosse dei suoi baci e le membra pesanti per la scomodità. Eccola, sempre bellissima e sempre più stronza.

“Ciao” rispondo con quella mia voce che non sembra neanche mia tanto che è bassa.

“Cosa ci fai qui Blaise? È mezzanotte, perché non vai da qualche matricola, sarà più che felice di accoglierti nel suo letto” sbuffa, con la sua voce appagata e si sfila il maglione pesante e si allenta il nodo del cravattino.

La guardo, si ferma anche lei ed aspetta me.

 

I’ve been sleeping a thousand years it seems
got to open my eyes to everything

 

“Ti aspetti veramente che io me ne possa andare?” posa il maglione e si sfila il cravattino mettendolo sulla sedia vicino al suo letto poi mi lancia uno sguardo gelido.

“Mi sembra logico, sono stanca, vattene” la sua voce è veramente appagata e satura di freddezza, non mi ha ancora perdonato per aver stipulato il nostro fidanzamento.

“Non me ne vado, ora posso dormire nella tua stanza senza problemi” le dico con la voce bassa, ruoto la testa per indicare le pareti vuote e lo specchio dai riflessi di lapislazzuli.

 

Without a thought

 

“Non ne ho voglia, cazzo, Blaise ti dovrò già sopportare per tutta la vita vuoi lasciarmi stare per questo ultimo anno?” ed è cattiva ed è sadica come ogni volta che si mette sulla difensiva.

“E io che cosa dovrei fare in questo anno? Aspettarti? Essere l’amico stupido con cui sfogarsi o con cui votare i tuoi amplessi con mio fratello?” e vedo i suoi occhi così freddi perdere un battito e spalancarsi stupiti e non resisto, mi piace essere masochista.

“Vi ho visto sul banco, vi siete divertiti vero?” e lei non risponde, è ancora più crudele di come la ricordavo non mi risponde neppure, sa che è la verità e non la vuole neanche dissimulare.

“Come è stato?” e lei continua a non rispondere.

Without a voice

“Hai pensato a me mentre baciavi lui? Tanto siamo simili, così tanto simili? Quante volte me l’hai detto eh? E ora che hai rinfrescato la memoria dimmi tu. E' meglio l’originale o il falso? Rispondimi. Dannazione Hermione, rispondimi!”

“Smettila Blaise ti stai facendo solo del male” e mi volta le spalle e la mia rabbia sale e divampa e l’afferro e lei oppone resistenza e io la forzo fino a sbatterla su quel suo letto e mi ci metto sopra e la immobilizzo. Lei continua a lottare per liberarsi, mi graffia con quelle sue piccole unghie da gatta. Le afferro i polsi e lei smette di muoverli per un attimo.

“Cosa ti aspettavi Hermione? Volevi che ti dicessi Brava! Complimenti! Oppure che ti consigliassi, che ne so, un bel triangolo con mio fratello, così, come regalo di nozze?” e lei che aveva provato a liberarsi si immobilizza improvvisamente perché, come me, sente che sto piangendo e non lo so quando ho incominciato a farlo, non credevo nemmeno di esserne in grado ed è la rabbia per avermi fatto piangere e l’amore disperato che provo per lei che me la fanno odiare.

Without a soul

Improvvisamente tutto il mio petto brucia e l’unica cosa che voglio è farle provare quello stesso bruciore incandescente che nelle viscere mi si mischia all’amaro. E la bacchetta ce l’ho già in pugno e chiudo la porta e la insonorizzo e poi lascio cadere la bacchetta e lei mi guarda con quello sguardo impassibile che mi fa arrabbiare ancora di più.

La odio

“Ti è piaciuto con lui, vero? Puttana” e la camicia gliela strappo, a scopro di nuovo quel corpo che è la mia venerazione e la pelle pallida si macchia di segni rossi, eppure dalle sue labbra orgogliose non esce nessun suono. Continua a non soffrire.

“Ti odio Hermione, ti odio troppo” e con mio orrore comincio a singhiozzare come un

bambino e mi metto carponi e tremo. Tremo come una foglia morta.

Don't let me die here

“Tu non mi odi” ed è quella maledetta voce calda non mutata che mi fa perdere il senno.

“Fai l’amore con me” glielo dico come se supplicassi una santa.

“Sai che non ne sono capace” ma lei non lo è, non lo è mai stata. Lei è una stronza.

There must be something more

“Allora lascia che sia io a fare l’amore con te, ti amo troppo” e mentre dico quelle parole so che è la verità che tutto il dolore che quella piccola gatta mi ha inferto non mi ha mai fermato. I miei sentimenti per lei sono cresciuti in sordina per tutto questo tempo.

Voglio la violenza.

Voglio sentirmi amato disperatamente come il mio maledetto sentimento.

Ma quando mi piego per baciarla lei volta il capo.

"Va via Blaise, non sporcarmi fino a questo punto" e vorrei schiaffeggiarla ma invece mi alzo dal suo corpo e lei continua a rimanere immobile, con la camicia stracciata e il viso rivolto al suo specchio di lapislazzuli.

Vuole rimanere sola e io la lascio, rintanandomi nel mio letto freddo.

Non distinguendo il gelo di dentro, con quello di fuori.


Bring me to life

 

HERMIONE

 

“Che ora abbiamo Milly?” lasciai che alcune timide gocce d'acqua cadessero sui miei pantaloni e mi volsi verso la ragazza alla mia sinistra, sbirciando la pergamena che era apparsa fra le sue mani. Alcuni stucchevoli cuoricini incorniciavano la materia.

“Babbanologia” Pansy e Milly si rivolsero uno sguardo di intesa ed entrambe sorrisero maliziose.

“Fantastico!” risposi ironica.

Per la prima volta le mie due amiche mi ignorarono completamente e si continuarono a scambiare quegli sguardi maliziosi e quei sorrisi ebeti che non mi piacevano ma che erano all'ordine del giorno.

“Paris chissà oggi come si vestirà...”

“Sempre elegante immagino...”

“...Adorabile...” Hermione alzò gli occhi al cielo e si chiuse in uno dei box.

Non ne posso più! Quelle due settimane appena trascorse che sarebbero terminate con quel sabato erano da catalogare come le peggiori che avesse passato ad Hogwarts da quando era diventata Regina. La pressione era tanta che provai l'insano desiderio di dare di stomaco, avevo bevuto una tazza di latte di soia ma con le immagini che prepotenti ritornavano a galla, temevo di dover fare appello a tutto il mio autocontrollo per non farlo. Fissai speranzosa la tazza, poi per non farmi mettere...troppo alla prova uscì dal box e mi ritrovai ad affrontare la seconda me stessa che spiccava sul vetro, un viso arrogante e annoiato mi rispose. Il trucco impeccabile non faceva intravedere le mezzelune azzurrine che aveva sotto gli occhi e il gloss trasparente inteneriva le labbra che altrimenti sarebbero state arse, eppure il trucco non lo potevo usare negli occhi che apparivano spenti.

Nessuna fiamma di sfida, nulla che facesse pensare che quel viso appartenesse veramente alla Regina delle Serpi.

Ero diventata una pappamolla.

“Ti manca qualcosa, Regina?” quella maledetta voce, mi girai verso la fonte, dando le spalle allo specchio.

“Blaise” mi controllò intorno, le due sceme se ne erano andate, sicuramente Babbanologia era ultimamente la lezione a cui un minor numero di ragazze facesse ritardo. Pazienza! Il povero Paris avrebbe atteso.

“Maritino” aggiunsi quindi ironica quando mi resi conto di non avere testimoni scomodi.

Il ragazzo ignorando volutamente quel tono mi si avvicinò quel tanto per provocare ma non essere provocato.

“Ti manca un’avventura, Regina?” vedevo il suo sguardo rapace accarezzarmi il profilo, stava giocando di nuovo, come spesso ci piaceva fare, per un'oretta potevo perdonarlo, forse.

“Che vuoi dire?” ma la mia voce aveva perso il tono cupo, mi sentivo vittima di un incantesimo, Blasie aveva preparato il tavolo e io avevo schierato le pedine. Ci piaceva giocare.

“Stai avvizzendo, come una prugna troppo matura, nessuno ti coglie più?” sorrise sornione e sentì la punta di quelle parole pungere il mio orgoglio. Non potevo avere avventure senza disonorare il nome del mio promesso sposo, il suo.

“Anche troppi, Blaise, anche troppi, non è il sesso che mi manca” mi voltai nuovamente nello specchio, non poterlo fare non mi impediva di far credere al presunto promesso sposo che io ero effettivamente ancora sulla piazza. Il vetro dello specchio mi restituì l'immagine di Blaise che stringeva le mandibole, vedevo il fuoco ardere nei suoi occhi e la parola tradimento scritta a lettere cubitali sulla sua bocca e mi permisi di ridere, in quel modo sguaiato che facevo solo con lui, risi di gusto bevendo la sensazione dell’umiliazione di Blaise che si dipingeva sul viso, perché questa volta non stavo ridendo con lui, come facevo sempre; questa volta ridevo di lui.

“Ti faccio ridere Regina?” aveva la voce gelida, mi voltai a fissare il gelo sceso sui suoi tratti, ero affascinata e insieme impaurita. Mi appariva un terribile cavaliere, anche se per la prima volta era un cavaliere. La risata mi si bloccò in gola per un attimo, il tempo necessario per capire il senso di quelle parole, e quando questo successe, risi più sguaiatamente di prima. Mi accomodai sul bordo in pietra del lavandino per meglio godermi quello spettacolo.

“Moltissimo Blaise” questo sembrò veramente troppo per l’autocontrollo di Blaise che si avvicinò in poche falcate e mi afferrò per le gambe che volutamente avevo divaricato, quasi a invito osceno.

“Ti farò ridere poco Hermione quando avrò finito”

“Cosa vuoi fare?Mi vuoi picchiare, come la sera scorsa?” continuai a ghignare in modo sfacciato.

“Oh no Hermione, voglio ferire l’unica parte di te che ti possa veramente far dolere...” non finì la frase perché gli avevo afferrato i capelli e facendogli alzare la testa lo avevo baciato con forza e con foga. La violenza sembrava accedermi un fuoco greco nelle vene da cui era difficile fuggire.

La passione divampò come sangue da una ferita aperta, non credevo di poter provare ancora tanto trasporto nei suoi confronti ma Blaise sembrava fatto apposta per quello e io non toccavo un uomo dalla festa illegale, mi sentivo una ragazzina, ma il mio corpo quando le mani brute di Blaise si erano imposte, non aveva fatto altro che urlare feroce la sua voglia, ed ora eccoci. In un attimo di lucidità Blaise mi trasportò fino a un bagno ed ora mi schiacciava contro la porta dello stesso. La sua violenza che riempiva me, la mia violenza che fluiva in lui. Era un massacrarsi a vicenda, senza scalfirsi la pelle, con unghie e zanne trasparenti.

Fu un ritmico battere alla porta che mi bloccò dal raggiungere l’apice del piacere, una voce roca e deprivata dalla sua umana radice risposi all'incauto:

“Idiota è occupato!”

“Oh, quello si sente benissimo da se, Hermione Jene Granger, per questo motivo le chiedo di uscire. Lei e il suo amante” mi sentì gelare al sentire la voce della professoressa Tonks dall’altra parte del battente. Con mani stranamente ferme riuscì a lisciare le pieghe della mia camicia poi guardai Blaise anche lui era tranquillo ma fra noi passò la consapevolezza che questa volta non c’erano via di uscita, eravamo intrappolati in un cubicolo di legno 3X3, con un insopportabile odore di piscio che aleggia fra noi e la consapevolezza che la donna che ci aspettava fuori era l’ultima persona che entrambi avremmo voluto incontrare prima di morire o peggio...di essere espulsi, cosa che sarebbe accaduta fra diciamo...

“5 minuti ancora Granger e le posso assicurare che il suo didietro oltre a sbattersi contro alla porta di questo gabinetto sarà sbattuto sul primo espresso per Londra in compagnia del suo amante, senza che lei possa fornire alcuna spiegazione.”

Feci scattare la serratura metallica e il mio viso prima e quello di Blaise Zabini dopo uscimmo dal bagno.

“Bene, bene, bene signor Zabini anche lei qui, un piacere che io in ritardo per la mia lezione sia passata involontariamente da queste parti vero?” Chi cazzo aveva fatto una soffiata? Fu il primo pensiero che mi colpì prima di riprendere il mio abituale colorito e la mia proverbiale sicurezza.

“Capisco professoressa, quindi immagino che la sua scoperta abbia dato un senso alla sua triste giornata e anche se lei ha tanto tempo da perdere noi non ne abbiamo, quindi, ci scusi ma dobbiamo andare a lezione...”

“Signorina Granger, forse non ha compreso la gravità del suo gesto. Io potrei espellerla ed è quello che sono intenzionata a fare.”

Un’ora dopo io e Blaise Zabini sedevano davanti a una pietrificata McGrannit, una paonazza Tonks e un quanto mai taciturno Professor Piton che serafico ci guardava e se avesse avuto i baffi, lasciatemelo dire, avrebbe riso tantissimo sotto quest'ultimi.

“Forse non ha capito la gravità della situazione professoressa, questi due ragazzi stavano....stavano... capisce Signora Preside?  Stavano proprio e per giunta nel bagno, cioè capisce lei che razza di aberrazioni abbiamo in questa scuola? Ai miei tempi non ci si sarebbe sicuramente ridotti...è inammissibile!”  scuoteva e sbuffava rossa in viso come un animale a cui si è dato poco spazio per muoversi, la professoressa Tonks, i cui capelli cambiavano colore dal nero al blù elettrico al viola intenso per poi passare ad un rosso accesso e ricominciare ancora.

“Sono del tuo stesso parere Ninfadora, questi ragazzi hanno superato ogni limite” furono lente le parole che la donna pronunciò, come se volesse che le ricordassimo per tutta la vita, voleva buttarci fuori, sentivo e immaginavo già le sue labbra pronunciare la mordace sentenza. Perché essere espulsi da Hogwarts equivaleva per due purosangue come noi ed un onta gravissima che le famiglie avrebbero dovuto punire con il sangue o con il ripudio. Eppure se Blaise mostrava un certo nervosismo, io continuavo ad essere impassibile anzi me ne rimanevo in silenzio e tranquilla come se mi trovassi lì per puro caso.

“Che cosa avete da dire a vostra discolpa?” il viso severo della preside sembrava più ferreo del solito, questa volta non sarebbe bastato uno sguardo più tenero degli altri per poterla convincere, ma prima che potessi rispondere Blaise si schiarì la voce.

"L'espulsione è inevitabile preside?" se possibile la preside divenne ancora più seria.

"Credo che questo sia fuori discussione, Signor Zabini, quello che è successo nei bagni è qualcosa di riprovevole e la professoressa Tonks..." e Blasie fece qualcosa che mi sorprese, interruppe la preside e prese nuovamente la parola.

“Quello che la professoressa Tonks dice equivale ad una parte della verità” lo disse con voce calma, non tradì nemmeno per un attimo il nervosismo che sicuramente gli serpeggiava nelle viscere fissando il viso truce della donna.

“Quindi cosa tu e la Granger stavate facendo nel bagno a quale parte di verità appartiene?”

“Io e la Granger stavamo - si voltò a fronteggiare il mio sguardo ed io credetti che lo faceva per prendere coraggio, invece mi afferrò la mano, aveva il palmo sudato, lo strinse forte e si voltò a guardare la preside - Io stavo controllando il mio marchio di purezza” concluse precipitoso evitando di proposito il mio sguardo stupito e furioso. Se Blasie avesse buttato una bomba non avrebbe provocato la stessa reazione che invece stava provocando adesso, con quella sua maledetta frase.

“Marchio di purezza? Che cos’è?” chiese l’amante del fuxia, sentì appena la sua voce fra le macerie della mia vita. Una frase aveva mandato la mia intera vita in frantumi. Cercai di liberare la mano, ma la stretta di Blasie era ferrea.

“Cara, essendo voi di famiglia babbana non sapete che rituale antico e un po’ superato delle antiche famiglie Purosangue che il promesso sposo dopo il fidanzamento officiato in famiglia vada dalla sua promessa e da essa prelevi il marchio di purezza, ovvero controlli se la giovane sia effettivamente pura per potersi unire in matrimonio senza disonore” la spiegazione minuziosa proveniva dalla voce pacata di Piton che fissava i suoi due pupilli con un misto di paura ed orgoglio. L’amate del fuxia fissava ancora Blaise con il viso stupito.

“Questo significa che tu e la signorina Granger siete fidanzati?” chiese.

“Credo quindi, Minerva, che dovremo contattare la famiglia e spiegare il fatto, se poi la professore Tonks non abbia visto il completo atto carnale invece di sentirne solo i suoni...sarebbe allora tutt’altra faccenda” la voce viscida del professor Piton si insinuò nella mente di Tonks che per tutta risposta continuò a guardarci, combattuta.

“Non possiamo certo autorizzare rituali brutali nella nostra scuola!” ma la sua sicurezza vacillava.

“Anche se il marchio di purezza non è sancito dalla legge, è sempre patrimonio della consuetudine non scritta, su cui si fondano famiglie di maghi da generazioni. Le stesse famiglie che ci darebbero molto filo da torcere se si venisse a conoscenza che il motivo dell’espulsione è che voi Tonks trovate questo rituale barbaro” Tonks sempre meno sicura ribatté.

“Ma questo marchio di purezza si dovrebbe prelevare in privato non...non in pieno bagno quando tutti...”

“Mi permetta di controbattere professoressa ma in quell’arco di tempo non è permesso agli alunni di andare in bagno e gli insegnati hanno i loro appositi servizi igienici quindi in teoria anche questo può essere contestato. Se la preside permette

un mio modesto consiglio...” si zittì Piton fissando la preside che rispose

“Come sai Severus ogni tuo consiglio è sempre il benvenuto”

“Grazie preside, come dicevo, penso che più che espellere i ragazzi e quindi ritrovarci sommersi dalle proteste e doverci quindi tirare fuori da inutili storie proporrei di dar loro una degna punizione e chiudere qui il discorso”

“Mi sembra un’idea assennata, e che non esporrebbe la scuola a eccessivi problemi. Contattate le famiglie ma solo per sapere se sono realmente uniti in fidanzamento e per quanto riguarda voi due, decreto che da oggi e per la prossima settimana, partendo da stasera e continuando fino a domenica prossima, seguiate le direttive del Professor Piton su una punizione che converrà lui più consona al vostro caso” Piton annuì e sorridendo si congedò così fece anche la Professoressa Tonks e infine fummo congedati anche noi due.

"Ce la siamo cavata alla grande" non gli diedi il tempo di concludere la frase che lo sbattei al muro.

"Ce la siamo cavata alla grande? Ora tutti sapranno che io e te siamo promessi" la mia voce non la riuscivo a comprendere era acuta e totalmente snaturata.

"Peccato allora per tutto quel sesso che facevi prima..." il mio pugno andò a sbattere sul muro e il rumore fosco dell'osso sulla pietra zittì la sua ilarità.

"Sei stato tu non è vero?L'hai organizzata tu questa cosa" lui mi fissò gelidamente potevo leggere nei suoi occhi la verità dietro la mia insinuazione. Zabini si liberò dalla mia stretta.

"Non so di cosa tu stia parlando mogliettina" si allontanò ridacchiando.

La mattina dopo, ne ero sicura, tutta la scuola avrebbe saputo che ero fidanzata.

Tutti avrebbero detto che la Regina aveva trovato il suo Re.

 

Fine Capitolo

 

Note dell'autore

 

1. Il matrimonio è un romanzo in cui l’eroe muore nel primo capitolo. è una citazione molto carina ma Anonima

 

2. Matrioske è il termine con cui si definisce il caratteristico insieme di bambole di origine russa che si compone di pezzi di diverse dimensioni realizzati in legno, ognuno dei quali è inseribile in uno di formato più grande.

 

3. Sono inquietanti le donne che sanno tener fede alla propria dieta. Donne simili sono veramente capaci di ogni cosa! questa frase è un omaggio ad un aforisma del caro Oscar Wilde che così dice: "Diffida di una donna che dice la sua vera età, una donna così è capace di tutto."

 

4. Pigmalione. Re di Cipro, era anche uno scultore e aveva modellato una statua femminile, nuda e d’avorio, che egli stesso aveva chiamato Galatea (dal greco gala, galaktos, latte), della quale si era innamorato considerandola, come tutti gli innamorati, il proprio ideale femminile, superiore a qualunque donna, anche in carne e ossa, tanto da dormire accanto ad essa sperando che un giorno si animasse. A questo scopo, nel periodo delle feste rituali in onore di Afrodite, Pigmalione si recò al tempio della dea, pregandola di concedergli per sposa l’essere creato dalle sue mani, rendendola una creatura umana: la dea acconsentì. Egli stesso vide la statua animarsi lentamente, respirare e aprire gli occhi.

Oggi con tale termine è utilizzato per definire maestri piuttosto prodighi nell'insegnamento.

 

5. My immortal e Bring me to life. Due canzoni del gruppo rock Evanescence, fanno parte dell'album del 2003, Fallen. Bring me to life è la colonna sonora del film Daredevil.

 

6. e fuggo, inseguita dalla canzone che ho lasciato spalancata. Prima che mi picchiate per questa frase, ho voluto far la poetica, quella lasciata spalancata è la porta non la canzone, ma dato che con la porta spalancata la canzone si sente anche nel corridoio...

 

7. Imprecisione, durante il dialogo concitato fra Blaise ed Hermione la canzone, Bring me to life, continua, naturalmente non si potrebbe più sentire ma mi sono presa una certa libertà per via delle meravigliose parole.

 

8. Il marchio di purezza. Un rituale barbaro che aveva luogo nel medioevo? No, è una mia invenzione non è NATURALMENTE presente in nessun libro della Rowling e nemmeno ha fondamento storico.

 

 

Il prossimo aggiornamento ci sarà 21 giugno, orario da definire.*

 

* mi scuso per via dei tempi che si stanno allargando in tal maniera ma non mi è possibile scrivere con la stessa celerità solita.

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Capitolo 14
*** 14- Mio Fratello è Figlio Unico ***


C14(BG)

Tutti coloro che sono incapaci di imparare,

 si sono messi ad insegnare.

 

Capitolo Quattordici: Mio fratello è figlio unico

 

Non trovate assurde le persone innamorate? Totalmente immorali e pericolose.

Chi è pronto a morire per amore, dovrebbe essere internato come quelle persone che avendo capito tutto della vita vengono rinchiusi nei manicomi per far rimpiangere loro la conoscenza. Ma se chi ha le risposte viene internato, chi non le ha cosa fa? La domanda è banalotta in se.

Chi non ha la benché minima idea del mondo diviene un insegnante.

 

DRACO

 

Mutatis Mutandis” spalancai gli occhi mentre il detto latino metteva in allerta i miei sensi. La voce era vicina. Il mondo era scuro; non dovevano essere nemmeno le cinque del mattino. Il mondo non si era ancora svegliato.

“Chi è?” mi sollevai dalle lenzuola e spalancai le tende in velluto rosso intono al mio letto. Una figura filiforme sostava davanti ad uno specchio a figura intera che non avevo mai visto. Indossava un completo nero e sembrava divertito dalla mia domanda ma rimase di spalle e continuò a stringere le sue mani intorno al collo.

Joe?” la figura si voltò mostrando il singolare individuo.

“Nome di battesimo. Le devo esserle mancato davvero tanto”

Cosa fa qui, Signor Black?”

“ Le ho portato un dono” mi avvicinai a lui, accanto avevo lo specchio, un Draco assonnato e con i capelli in disordine mi fissò incuriosito.

“Uno specchio?”

“Ho creduto che ne avesse bisogno”

“E’ molto bello ma non ne avevo bisogno, c’è quello del bagno che mi basta”

Direi che ne aveva un assoluto bisogno” sollevai le spalle e continuai a fissare la superficie dello specchio, liscia e senza imperfezioni con la cornice in ottone impreziosita da piccoli putti alati.

“Non crede che mi sta facendo troppi regali, Signor Black?”

“Oh questo non lo chiamerei un vero e proprio regalo, diciamo che mantengo fede ad una promessa fatta a due dei miei più graditi clienti” il suo tono era sereno, basso, per non svegliare il dormitorio.

Perché i suoi clienti dovrebbero farmi un regalo simile?”

“Forse erano convinti che il suo senso estetico ne avrebbe giovato”

Che clienti generosi che ha Signor Black” nascosi l’irritazione dietro un sorriso falso e tornai a guardare lo specchio. Doveva avere una sorta di magia al suo interno, un doppio fondo da maghi di quart’ordine, sentivo una forza sprigionarsi da lui. Una forza che diveniva fascino.

“Credo che sia dovuto al fatto che quando vengono da me, stanno per morire.
Sa, Signor Malfoy, le persone morenti sono molto prodighe. C’è chi non si è mai concesso nulla e quindi organizza il suo funerale come non ha mai fatto con la propria vita o chi è talmente ricco da voler far vergognare tutti coloro che muoio quel giorno in sua compagnia”

“Chi sono questi due clienti, Signor Black?”

Che domanda sciocca, Signor Malfoy, erano naturalmente i suoi genitori”

“ Questo specchio apparteneva a loro?” cominciai ad accarezzare i putti che erano divenuti improvvisamente irresistibili per me.

“ E’ quello che le ho appena detto” Joe Black sembrava  stonato in quel dormitorio con quei suoi abiti disegnati addosso e il suo viso posato e fresco; potevo vederlo attraverso la superficie dello specchio.

“E’ davvero uno specchio unico” la sensazione di fascinazione si stava prendendo gioco di me. Il Signor Black sorrise anche lui si prendeva gioco di me.

“Credevo che non le piaceva” no, non mi piaceva il modo con cui lo specchio mi risucchiava verso la sua immagine sembrava attirarmi imperterrito.

Sentì le mani dell’impresario posarsi sulle mie spalle, erano fredde e questo trapassò la sottile seta del pigiama, sentì un brivido scendermi lungo la schiena.

“I sogni?”

“Sempre lo stesso, i miei genitori che provano a farmi fuggire da un attacco di Mangiamorte, una villa meravigliosa, un giardino bellissimo ma spoglio, una camicia bianca poi un lampo di luce e tutto si fa nulla” le mani si raffreddarono ancora di più.

“Qual è la soluzione di questo enigma?”

“Ci sono enigmi che non hanno alcuna soluzione, senza il suo mistero l’enigma si snatura”

Cosa devo fare?”

“Tolga il mistero e ne rimarrà la soluzione” sentì le sue mani tremare ancora una volta, poi la sua stretta si fece vigorosa.

“E’ tempo di andare” bloccai la sua mano ancor prima che questi finisse di pronunciare la d.

Cosa fa Signor Malfoy, mi diventa sentimentale proprio ora ?” non seppi rispondere, la sua mano si sfilò dalle mie, l’ultima cosa che vidi di lui furono i suoi occhi che mi fissavano all’interno dello specchio. Come facesse a smaterializzarsi al castello era un mistero.

Mi resi conto dopo alcuni secondi che gli occhi che credevo appartenessero al Signor Black mi continuavano a fissare, fissai maggiormente lo sguardo nello specchio. Effettivamente gli occhi erano ancora lì, continuavano a non muoversi.

Mi fissavano ghiotti.

Cercai di spostare lo specchio verso un fascio di luce, il mattino si stava schiarendo anche se l’oro non si era ancora rivelato. Lo specchio si illuminò e gli occhi presero vita.

Con orrore mi ritrovai a fissare la maschera di un Mangiamorte.

 

 

HERMIONE

 

Procedevo con circospezione lungo il terzo piano fissando allarmata a destra e sinistra mentre arrivavo dinanzi all’ arazzo che nascondeva la Sala delle Necessità. Sorrisi, a quanto pare il Mezzosangue legava molto con gli arazzi, anche quello di casa mia gli era molto affezionato, lo vedevo continuamente fra i c…olorati risvolti.

Fuori c’era una bufera gelida e terribile, di quelle che ti annichiliscono persino il cervello, le gocce di pioggia si infrangevano sui vetri facendoli tremare e il vento fustigava i porticati in pietra creando un rumore forte e fosco. Nessuno avrebbe sentito i miei passi o il mio fiato mozzo.

Fissai a lungo l’arazzo già smosso, segno che il Mezzosangue era già dentro, prima che lo sdegno per quel piano incrinasse la mia faccia, afferrai la ed entrai,  sigillando l’entrata e mimetizzandola nella parete. Nessun altro poteva entrare, ma io potevo uscire. E anche velocemente.

“Buonasera” il biondo grifone mi fissava da una poltrona di velluto rosso, il suo sguardo penetrante mi mise per un attimo in imbarazzo, tanta l’intensità.

“’Sera Mezzosangue” risposi in un soffio prima di individuare la poltrona che faceva al caso mio, era morbida e in velluto, come quella del Mezzosangue ma era posizionata fra il camino scoppiettante e la sala ed era nera, come quella che avevo giù nella sala delle serpi. Mi chiesi se era stata la sala o era stato il Mezzosangue, ma non mi concentrai troppo su quella parte della discussione.

Il salottino era in tutto e per tutto simile alla Sala Comune di alcune case, tranne quella Serpeverde che era la più fredda e la meno confortevole delle altre tre; le aveva visitate tutte le sale comuni, persino quella dei grifoni e anche da poco tempo.

“Come ti senti?” alzai lo sguardo su di lui, scioccata, poi mi ripresi e mi sedette sulla poltrona ripiegando le gambe sotto il sedere, lo fissai ancora per un attimo, sorridendo maligna.

Cosa c’è, vuoi diventare il mio dottore personale?”

“No, era così per... rompere il ghiaccio” appariva in imbarazzo.

“Io non voglio rompere il ghiaccio con te” risposi asciutta.

E allora perché sei venuta?” chiese ancora.

“Per lo stesso motivo che spinge te a volermi in questa stanza”

Il silenzio scese allora, pesante e soffocante, come il velluto che copriva tutto.

“Perfetto non abbiamo nulla da dirci” mi alzai e stavo per allontanarmi quando il mezzosangue si alzò in contemporanea e mi bloccò la strada, era un vizio il suo! Ma invece di rimanersene in silenzio per tutto quel tempo non poteva parlare prima?

Cosa vuoi?” chiesi in un ringhio allontanandolo.

“Non lo so” sussurrò Draco ed era vero, lo vidi nei suoi occhi, quelli che le lenti non riuscivano più a nascondere, non a me almeno. Non sapeva perché mi voleva e non lo sapevo nemmeno io. Ero ferita io, forse sentiva lo stesso dolore, la stessa oppressione.

Fu solo un attimo, un pensiero avventato. Forse lui mi vuole per come sono.

“Voglio essere del tuo mondo”

“Cosa?” lo guardai in cerca di una risposta diversa ma i suoi occhi sembrarono sinceri, gli ghignai in faccia, era buffa quella conversazione, come era buffo quello che avevo pensato prima, come era buffo il suo improvviso ritrarsi da me. Volevo ridere ma non potevo farlo davanti a Malfoy, mi costrinsi a ghignare e basta.

“Capisco” ora era Malfoy che voleva allontanarsi ma fui io questa volta a tagliargli la via di fuga, volevo godere della mia vittoria.

“Vuoi entrare nel mio mondo?” lo dissi lentamente, godendomi ogni singola parola.

“Si” fu difficile sputare quella sibila per il Mezzosangue.

Perché?” chiesi ancora.

“Per...lo sai” ci guardammo negli occhi, non ci stavamo toccando, non l’avevamo mai fatto se non durante la rissa ma lui questo non lo ricordava, eppure sentivo la sua forza che mi teneva avvinta e la mia che teneva lui avvinto in quel quadrato di moquette damascata, con lo sguardo bruciante, immerso l’uno in quello dell’altro.

“Lei giusto? La vuoi nel tuo letto?” risi fredda. Tutti gli uomini volevano il potere, tutti erano simili. Per un attimo sentì la delusione crescere nel petto ma la scacciai via quasi disgustata da me stessa.

“No” alzai lentamente un sopracciglio in quel modo che sapevo mi rendeva ancor più affascinante e pericolosa, lo vidi rabbrividire ma non perse il suo coraggio.

“Come no?” la fronte del Mezzosangue si arricciò, come se stesse pensando per la prima volta a quello che veramente voleva, prima si era limitato solo a scriverle poesie.

“Non la voglio una sola notte, non la voglio per un bicchiere di troppo. La voglio ossessionata da me, voglio che mi desideri, voglio conquistarla, voglio farla innamorare di me”

“Ti posso insegnare tutte queste cose, ma a me che ne viene?”

“Non lo so, tutto”

E ti fideresti di una Serpe, di me?”

Si mi fiderei di te” guardai nei suoi occhi grigi, sapevo bene quanto potesse costare a una persona come lui chiedere aiuto, come d'altronde sarebbe costato a me, doveva essere veramente disperato per chiedermi aiuto.

Mi piaceva.

Lui era disperato, disposto a tutto, prostrato davanti a me. E solo io potevo salvarlo o dannarlo. Potere. Spaventoso e strano.

Un po’ come un imperatore che decideva la vita o la morte con un solo segno della mano.

Potere. Mi era sempre piaciuto quel potere.

E poi non stavo facendo niente di meglio.

Sorrise maligna e il Mezzosangue capì che avevo accettato.

Tremò.

 

PARIS

 

Non era passata nemmeno una settimana piena quando la McGranitt ricevette i documenti di licenziamento dal bellissimo professore di babbanologia che era costernato ma doveva disdire il suo mandato temporaneo per problemi familiari. Molte ragazze piansero e una vera e propria processione di preghiere giunse al professore per potersi trattenere maggiormente. Per non parlare dei bigliettini. Paris non si diede neanche il disturbo di vederli tutti.

L’unico che lesse con suo sommo piacere fu quello di una certa ragazza.

Recava il suo profumo e quello Paris lo avrebbe riconosciuto comunque, sorrise.

 

Torre nord, stanza numero 10. Ore 23. HG

 

Certo, il suo avvicinarsi alla ragazza era stato solo per convincere il suo fratellino a non prendersela come moglie ma non poteva negare a se stesso che la ragazza lo intrigava moltissimo. I suoi occhioni nocciola da cerbiatta impaurita si erano trasformati in due lame di ambra felina; la boccuccia arida e rosa, in labbra rosse come il peccato e il corpo? Magrissima, molto probabilmente aveva avuto e li aveva ancora dei problemi alimentari ma le curve le aveva conservate e tutte al punto giusto.

“Dolce, piccola Hermione, così tu mi vuoi vedere? Perché no, questa notte non avevo di meglio da fare”

 

TERZO PIANO  23:01,

Il corridoio era deserto.

Entrai nella stanza che sapevo essere una stanza in disuso, invece mi trovai davanti un letto con delle coperte in seta verdi. Le accarezzai con un sorriso sulla faccia.

Quante me ne ero sparate su quel letto?

“Ah vecchio amico mio! Non ricordavo nemmeno che eri qui...”

La porta si chiuse con un basso tonfo e il rumore di un incantesimo che sigilla mi fece alzare lo sguardo verso i due occhi ambra che l’oscurità non rendeva ciechi.

“HG?” sorrisi, maledetta gatta, sentì i miei stessi pensieri palpitare nell’oscurità.

“Dipende” la voce era bassa, roca e terribile, bastò solo il tono di quella voce per farmi correre un brivido di eccitazione lungo la schiena.

“Dipende da cosa?” risposi sorridendo al suo gioco da bambina

“Dipende da chi lo vuole sapere” gli occhi si chiusero e l’ambra sparì, rimasi improvvisamente l’unico attore di quella stanza, per i miei sensi HG era sparita nuovamente nel nulla. Guardai sconcertato l’oscurità e mi mossi a disagio.

“Non fare stupidaggini, lo sai bene chi sono” dieci piccole unghie mi afferrarono e la voce mi ferì le orecchie, facendo però palpitare il mio corpo.

“Disarmato... Sei fiducioso” le sue mani avevano frugato le mie tasche, mandando carezze involontarie al mio corpo che cominciava a bruciare.

“Sempre” sussultai in un sussurro.

“Sfortunato” rispose la gatta, le unghie mi lasciarono, pensai mi avrebbe aggirato ma fui sorpreso dal sentire la mia giugulare pulsare sotto la leggera pressione del legno levigato della bacchetta di Hermione.

Cosa vuoi fare?” strinsi i denti leggermente, non mi convinceva quel comportamento.

La bacchetta scese lenta sul mio corpo fino a fermarsi alla cintura e mi accorsi che la camicia leggera che avevo indossato si era aperta sul davanti.

“Credo la tua stessa cosa” mi volsi lentamente quando la sua bacchetta fece scaturire una piccola scintilla di luce. Rimasi a contemplarla nella poca luce, indossava la divisa, ma questa non la rendeva meno bella.

“Io ti voglio distruggere” ed improvvisamente compresi che era la verità, il desiderio che spingeva il mio corpo inappagato era per mio fratello. Ferirlo per salvarlo, era sempre stato così fra noi due.

La vita fa male e duole, gli insegnanti devono esserlo allo stesso modo.

Mi si avvicinò puntandomi la bacchetta alla gola e scendendo in una lenta carezza poi la bacchetta scomparve  e le sue mani veloci mi afferrarono la cintura e mi tirarono verso di lei.

“Allora siamo qui per lo stesso motivo. Anche io voglio distruggerti” e in quegli occhi felini vidi la verità, anche se le parole dal significato ambiguo mi avrebbero dovuto fermare, contrariamente mi infiammarono e mi ritrovai sul letto, dominato invece che domatore, vittima indifesa invece che carnefice, era insolito questo gioco.

Dominare con violenza.

Tutto quello che successe dopo fu quello.

Mi resi conto appena del piacere dilagante che mi dava quella gatta.

Non fu fare l’amore.

Non fu neanche sesso.

Fu un annichilirsi in due.

 

HARRY

 

Era un sogno, ma aveva i contorni marcati degli incubi, quello che normalmente non ti uccide ti fortifica ma quei sogni erano una tortura che mi lasciava senza fiato e senza forze perché peggiore di un ‘incubo c’è solo la verità.

Cadevo, in luogo freddo e silenzioso, l’oscurità era così profonda da non sapere se ero veramente ancora nella mia mente o avevo varcato quei cancelli e stavo affrontando i ricordi boriosi della mia nemesi. Sembrava uno scherzo crudele, ma poi sentì una voce, che era la mia ma che non riuscì a riconoscere.

“Vieni qui”, erano le mie mani che stringevano ma non sentivo la forza fluire nei miei muscoli, non sentivo l’ansia che in vece la voce affannata mi aveva fatto provare.

Perché vuoi me?” c’era la luce di una bacchetta tremolante nell’oscurità, vidi la persona che avevo incassato nella parete e le mani che afferravano con forza la strinsero in un goffo abbraccio.

“Non lo so...” sono ancora io a parlare, sento l’elettricità della situazione entrare nuovamente in me, abbasso lo sguardo e lascio andare la seconda figura che si ritira nell’oscurità che offre il fascio della bacchetta.

“Capisco” rumore di tacchi che si allontanavano, ho ancora la bacchetta in mano, questa volta potrei lasciarla andare, la bacchetta mi trema fra le mani, la luce tentenna, rafforzo la presa sulla bacchetta e la seguo e le afferro la spalla.

Dimmi che mi vuoi” la mia voce era sofferente, sembrava che il desiderio era superiore anche all’orgoglio e forse lo era davvero.

Perché dovrei?” chiese la ragazza voltandosi, con il ghigno con il quale ero abituato a vederla da sempre. Abbassai il capo ma la strinsi a me, la bacchetta era un ostacolo al nostro contatto, la fiamma tremò fra le mie mani ma continuò a brillare nel suo brillio magico.

“La mia ragazza sa dire che mi ama in tanti modi ma non mi ha mai detto che mi vuole. Dimmelo tu! Te ne prego” la mia voce tremolò appena, la ragazza gli si strusciò addosso.

Nox” non vidi più nulla ma sapevo già cosa era successo, cosa succedeva.

Ero di nuovo nella stanza, ed ero solo.

 

BLAISE

 

“Blaise, ti hanno lasciato questo pacchetto” Pansy mi porse il pacchetto, la carta che lo avvolgeva era bianca e il nastro era di filo ruvido, spago da imballaggio.

“Chi te l’ha dato? Non ho visto gufi” il nodo si sciolse facilmente, Pansy gongolava amorevolmente saltellando da un piede all’altro fissando interessata il contenuto del pacco.

“Me l’ha data Paris, insieme a questa”  la scatolina si sollevò rivelando due piccoli oggetti tondi, erano argento e oro con un foro al centro, vicino c’era un aggeggio nero e piatto, con dei fili lunghi sembravano di seta che finivano con dei piccoli oggettini su ogni lato. I fili sparivano all’interno dell’aggeggio. Infilai un dito e sollevai il disco, alla luce del fuoco si illuminò dei colori più sgargianti. Ero tanto affascinato che non mi accorsi della lettera quadrata che Pansy mi porgeva. Era su una pergamena di ottima fattura. La scrittura elegante recava il mio nome, Blaise Zabini, sul davanti; volsi la busta e sul retro spiccava un nome che non aveva mai visto scritto su alcuna lettera io e Paris ci fossimo mai scambiati.

 

Tuo fratello

 

“Blaise, tu hai un fratello che conosce Paris?”

Aprì velocemente la busta, mi cadde fra le mani una pergamena e un piccolo bigliettino.

Il bigliettino aveva un odore particolarmente intenso, mi ricordava un profumo che utilizzava…

Torre nord, stanza numero 10. Ore 23. HG

 

La pergamena invece recitava così:

 

Caro  Fratello mio,

 

È strano chiamarti fratello ora quando sto’ per uscire per la seconda volta dalla tua vita. Si, ho rassegnato le dimissioni.

Ti vorrei dire che hai vinto con la tua astuzia ma la tua piccola gatta ti ha giocato un tiro mancino.

Il bigliettino che ti ho allegato, lo hai riconosciuto non è vero? Conosci anche tu il suo odore.

Crederai che sono crudele e che il mio unico volere sia quello di distruggerti la vita. Non è così Blaise.

L’ho fatto per te, devi capire che lei non è per te, non lo è mai stata. Sei troppo debole, troppo schiavo dei sentimenti per poterla avere come moglie, ti userebbe. Ma non voglio darti alcun consiglio, ugualmente non lo ascolteresti. Scegli la tua strada e seguila.

Io sarò sempre con te, ricordalo bene.

 

Addio

Paris Zabini

 

PS: Ascolta i CD, sono molto belli, credimi!

 

Presi ancora il bigliettino fra le mani e studiai la scrittura, sperai di sbagliarmi ma le parole di Paris non lasciavano dubbi, alcun dubbio. Era lei, aveva scritto quel biglietto e lo aveva incontrato e di certo non avevano giocato a scacchi!

Strinsi la pergamena fra le mani e sentì la pergamena che si accartocciava, avevo la verità che volevo davanti ai miei occhi, non poteva essere che questo, Hermione aveva volutamente incontrato Paris e sempre volutamente aveva lasciato quel bigliettino come traccia, non potevo sbagliarmi, quel dolore che ora sentivo. Sordo e spietato, era solo per vendetta, voleva farmi pagare le catene con le spine.

Catene e spine. Lotta impari e spietata.

Paris invece aveva scelto la più semplice delle due alternative. Restare e temere la mia o la sua vendetta o fuggire da Hogwarts, come la volta prima e lasciare dietro di se i detriti del suo passaggio, ma stavolta nessuno voleva ricucire i pezzi che aveva lasciato dietro di se. Ne io ne Hermione volevamo restaurare la nostra vita, li lasciavamo in terra e ci fissavamo distanti.

La vocina insistente di Pansy mi afferrò il braccio.

“Sai Blà che non sapevo che tu avessi un fratello che conosceva il professor Paris, non è che gli chiedi se me lo presenta?”

La guardo, invidiandole quest’innocenza, anche dare la lettera a Pansy è un suo modo per ferirmi, Paris sa che lei è una ragazza curiosa e mi ferisce. Nel suo vano e strano modo di riscattarsi.

L’ho fatto per te, devi capire che lei non è per te, non lo è mai stato, sei troppo debole, troppo schiavo dei sentimenti per poterla avere come moglie, ti userebbe ed è come se sentissi la sua voce che mi sussurra quelle parole, quasi ridacchiando.

Ho undici anni, mio fratello è già grande, va a Hogwarts, le ragazze cominciano a volergli bene in quel modo strano che io non capisco. Mio fratello  era un modello e io volevo essere come lui. Volevo quell’amore che nessuno mi aveva dato.

Quel giorno feci quello che lui mi aveva detto, per farmi volere bene. Rubai le chiavi a papà e le portai a lui. E lui mi sorrise ma poi mi portò da mio padre.

Quel vecchio avido e violento mi percosse con la sua canna di bambù sulla schiena.

Quando uscì dalla stanza e trovai mio fratello lui mi fissò con sguardo indifferente davanti al mio cattivo tentativo di trattenere le lacrime, disse solo:

“L’ho fatto per te”

Non gli credetti Come non gli credevo ora.

Mi convinsi che non ero più il bambino di undici anni, ora ero io il fulcro dell’orgoglio paterno. Quello che doveva fondere i Granger ai Zabini.

No, Paris non l’aveva fatto per me, l’aveva fatto per se stesso come tutte le azioni che aveva sempre fatto.

Mi sentì tirare nuovamente il braccio, e stavo per mandare a quel paese Pansy per la sua insistenza quando sentì il risolino sarcastico di qualcuno. Alzai lo sguardo sull’ultimo gradino delle scale che portavano al dormitorio, c’era Hermione, fumava indolente appoggiata alla parete e mi fissava con quel sorriso sulla faccia.

Mio fratello era  basso, abbietto e disgustoso.

Ed anche Lei lo era.

Accartocciai con rabbia la pergamena.

“Io non ho fratelli, sono figlio unico” gettai la pergamena nel fuoco e velocemente mi diressi verso la tromba delle scale, lei invece prese a scendere lentamente e fu inevitabile incontrarci a metà strada. Mi voltai verso di lei.

“Hai mandato un bigliettino a mio fratello eh?” lei continuò a fumare.

“Non so di cosa tu stia parlando” digrignai i denti

“Stammi lontana, Granger, fino alla fine dell’anno”

“Non ero intenzionata a seguirti” fu la sua risposta calma e voltandosi dalla parte opposta alla mia si andò a sedere su una sedia di velluto nero della Sala Comune.

La Regina era di nuovo assisa sul suo trono pronta a dispensare vita e morte.

Soprattutto morte.

 

 

Fine Capitolo

 

 

 

Note

1.     Tutti coloro che sono incapaci di imparare, si sono messi ad insegnare.. aforisma di Oscar Wilde, La decadenza della menzogna, 1889.

2.     Mio Fratello è figlio unico. Citazione dall’omonimo film di Daniele Lucchetti, 2007.

3.     Mutatis Mutandis. Un’ espressione latina che significa «[una volta che siano] cambiate le cose che dovevano cambiare». L'espressione si usa quando si confrontano due situazioni, normalmente l'una successiva all'altra, delle quali una ha delle differenze sostanziali che correggono una condizione presente nell'altra, che era stata identificata come da correggere («mutare»).

4.     Io non ho fratelli…mi sono concessa una piccola imperfezione, gioco sulla rabbia di Blaise e sulla vostra dimenticanza. Blaise nel libro della Bowling non ha fratello o comunque non sembra  averli. In questa ff Blaise ne ha due di fratelli, “uno molto vecchio” come dice Hermione e l’altro è Paris quindi pur diseredandolo Blaise rimane sempre il secondogenito. Ma perdonatemi, era molto d’effetto.

 

Prossimo Aggiornamento 28 giugno 2011.

 

 

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Capitolo 15
*** 15 - Mal che vada, sarà un successo ***


C15(BG)

 

Quando guardi a lungo nell'abisso
l'abisso ti guarda dentro.

 

Capitolo Quindici: “Mal che vada, sarà un successo”

 

Ci sono cose che non si trasformano mai. Non gli uomini, loro sono in continua mutazione. Nemmeno le situazioni anche loro evolvono. Ne i sentimenti, quelli iniziano e finiscono, sono soggetti alle leggi fisiche, quelle stesse leggi che prevedono che la materia in natura non si crea e non si distrugge ma si trasforma.

Eppure ci sono cose immutabili, superano il tempo, lo spazio, superano tutte quelle cose che si trasformano. E si.

Le cose immutabili sono davvero infami. Superano anche l’amore.

Che cos’è che non si trasforma?

I pregiudizi Signori miei. I pregiudizi.

La notte dopo non c’era tempesta eppure la Sala delle Necessità accolse nuovamente la coppia. Una delle più strane che questa avesse mai visto.

E vi posso assicurare che la Sala delle Necessità ne aveva viste davvero tantissime. Corvonero e Serpeverde. Grifondoro e Tassorosso. Corvonero e Grifondoro. Tassorosso e Serpeverede. Corvonero e Tassorosso.

Ognuno seduto nel suo spazio, a fissarsi come due nemici.

Non come. Loro erano nemici.

Poco importava che stranamente uno avrebbe aiutato l’altro.

Poco importava perché tanto la sfida silenziosa che c’era fra loro non sarebbe morta. Faceva parte della vita, come il bianco ed il nero sono opposti così Draco Malfoy, il mezzosangue ed Hermione Granger la purosangue sarebbero sempre rimasti nemici.

Era una cosa naturale.

Bisogna avere un punto di riferimento nella vita e quei due erano il riferimento. Altrimenti il mondo si sarebbe capovolto…

 

 

DRACO

 

Il fuoco era scoppiettante e il legno al suo interno odorava di resina. Le fiamme arrossivano il viso della giovane che avevo davanti facendo brillare i suoi occhi ambrati rendendoli liquidi e insieme terrificanti.

 “Sei tornata”

“Sono tornata”

“Mi aiuterai?”

“Ti aiuterò, ma a delle condizioni, le mie” non replicai e vidi la giovane davanti a me sorridere compiaciuta e anche a me voleva sfuggire un sorriso compiaciuto. Attirare la Granger non era stato tanto difficile. Era una megalomane, non dovevo far altro che darle quello che voleva. Potere e paura. Due cose che il fidanzamento e lo stratagemma di Zabini le avevano tolto.

“Prima condizione, la più importante, io e te ci comporteremo come sempre, nessuno fuori da questa sala dovrà minimamente pensare o supporre che io e te non siamo i soliti.”

Annuì sicuro, la mia idea era la medesima.

“Seconda condizione, qualsiasi cosa io ti chiedo, tu la farai senza replicare senza opporti, io sono quella che insegna e tu sei solo un verme mezzosangue”

Questa volta annuire mi costò di più ma costrinsi la mia mente a vagare verso una giovane donna dalla rossa capigliatura che non avrei voluto deludere tanto facilmente.

“Le regole sono molte, ma non mi darò la pena di dirle tutte ora... anche perché anche io le ignoro tutt’ora” mi diedi la pena di sorridere solo in facciata. Doveva essere duro per lei essere costretta a fidanzarsi, avrei voluto chiederle il perché ma non vi era alcun motivo. Lei era un’estranea ed un nemico.

“Allora oltre alle regole stasera che si fa”

La Granger sorrise e questo non mi piacque affatto.

“Prima principio. La verità non è sempre quella che si pensa”

“Non pensi che sia abbastanza filosofico come principio?”

“Vieni con me” dal nulla la Stanza delle Necessità aveva composto un piccolo passaggio, non si poteva vedere la fine, come il progetto in cui mi ero gettato. La Granger spalancò la porta ed entrò per prima sparendo nella notte innaturale delle viscere del castello.

Prima di seguirla mi fermai sulla soglia indeciso se seguirla o andarmene di corsa da quel maledetto posto.

Ero sulla soglia, liminale, un piede era ancora nel mio mondo quello dei libri, del tepore dei camini, delle poesie scritte e mai inviate; dall’altra parte c’era un mondo nero e buio, il freddo del passaggio era così intenso da farmi rabbrividire anche le ossa sotto la pelle.

Era tutta questione di scelta. Vivere tranquillo o infilarsi nello stretto cunicolo che odorava di vecchie pagine e puzzava di muffa umida.

Scelsi il cunicolo ed abbassai la testa per passare.

Se fossi stato cristiano mi sarei fatto il segno della croce ma ero agnostico, sempre in ricerca, così mi limitai a stringere i denti e quando la porta si richiuse con un tonfo, qualcosa mi strisciò davanti.

Cosa...” ma non riuscì a continuare perché mi ritrovai qualcosa di caldo che mi copriva la bocca e in un lampo mi trovai a fissare la luce iridescente del lumos della Granger e la sua mano premuta sulla bocca.

“Non siamo mica topi, non possiamo vedere al buio, ma non far rumore, questo passaggio conduce ad Hogsmeade ma passa dietro alle camere della preside, non vorrai che ti scopra con me?” la guardai incantato, eravamo così stretti nel cunicolo che potevo vedere i suoi occhi illuminati dalla fiamma della sua bacchetta. Il lumos accende una luce bianca sulla bacchetta e con quella luce gli occhi della Granger sembravano ancora più gelidi. Annuì affascinato, per lei doveva essere così facile incantare gli uomini.

Continuammo la strada in completo silenzio tenendoci buffamente a una distanza di sicurezza. È veramente interessante osservare due nemici che senza un vero motivo stringono un vincolo e poi cercano di non “perdere l’equilibrio”.

“Siamo arrivati” il cunicolo si bloccava all’improvviso, nel nulla della piccola foresta dietro Hogsmeade.

Cosa dobbiamo fare qui?” cercavo qualcosa che potesse spiegare quella fuga all’interno del cunicolo ma i miei occhi tornavano vuoti alle mie sinapsi registrando il nulla della notte.

“Leggi questo biglietto” mi porse un foglio di pergamena, su cui, con parole svolazzanti c’era la scritta:

 

      Carpe Diem

 

“Carpe Diem, cogli l’attimo, mi sembra molto interessante come consiglio ma non ne vedo il collegamento” la Granger alzò gli occhi al cielo e si volse a guardare lo spazio dietro di lei. Aprì la bocca frastornato, dove prima c’era il vuoto ora c’era un piccolo locale dipinto di rosso e dorato con la scritta fluttuante: Imago.

Cosa significa?”

Che qui comincerai la tua trasformazione mio piccolo verme Mezzosangue”

Trasformazione. È sempre destabilizzante diventare qualcosa di diverso da se stessi, prendete Me, ero stato per tutta la vita il primo del mio corso e quello che ne sapeva di più di tutti. Eppure conoscere la Granger mi aveva fatto scoprire cose di cui non sapevo di aver bisogno. Come quella cosa lì.

“Vogliamo entrare? Mi sto congelando” mi tirò una manica, lei che evitava i contatti mi spinse più vicino al locale.

“Perché?” chiesi, non avevo mai avuto tanta paura e insieme non ero mai stato tanto emozionato ed eccitato.

“Il perché di cosa?” sentì la sua voce dolce ma non la vidi in viso, era voltata a guardare il locale.

“ Di tutto” chiesi piano. Si voltò e potei vedere il brillio dei suoi occhi.

“Vuoi sapere perché ti aiuto vero?” annuì piano come se temessi che la folla di domande che avevo nella testa potesse scivolare via.

“Mio padre un giorno mi portò nel vostro mondo, dove la gente non si inchina al nostro passaggio e la magia è roba strana a cui pochi credono. Mi ci portò per farmi disgustare del vostro mondo e in parte vi ci riuscì.

In parte, ti dico, perché lì trovai un piccolo tesoro.

In una stradina maleodorante e secondaria su quelli che voi chiamate cassonetti della spazzatura trovai una bambola.

Era nuda, sporca e orba eppure la presi con me.

I miei genitori erano aridi di affetto ma proficui per quanto riguardava il resto. Le cose inutili erano le uniche cose che dispensavano a piene braccia. Avevo giocattoli di ogni tipo eppure lavai, vestì e curai quella bambola come se fosse la più bella. La trasformai. Era una parte di me…

Vuoi sapere perché ti racconto queste cose vero?

Uno, perché tu hai paura che io non mantenga il patto.

Due, perché avevo una voglia matta di raccontarmi a qualcuno, dicono che così ti senti meglio. Effettivamente mi sento meglio, bravo Mezzosangue!

E tre, perché stai per ricevere un incantesimo” 

“Quale?” la fissai con aria di sfida, certo non ero uno sprovveduto ed ero uno dei ragazzi più veloci e più portati per incantesimi, di certo non mi dovevo preoccupare per una sciocca fattucchiera di second’ordine…

Oblivion

 

GINNY

 

L’acqua è calda sento le gocce d’acqua che lambiscono il mio corpo, aumento il calore perché non lo sento sulla pelle e questo mi rende ancor più tristemente consapevole della mia  voglia di sussistere.

“Ginevra fa presto” è una mia compagna di camera mi vuole dare fretta, ma io appoggio le due mani alla parete della doccia e lascio che l’acqua calda continui a cadermi addosso.

“Ginevra anche noi dobbiamo lavarci” la voce è leggermente innervosita, non so davvero chi siano ma l’acqua è così deliziosamente calda che mi lascio trasportare dai ricordi.

Abbiamo vinto la coppa di Quidditch, Harry mi guardo con quegli occhi verdi così belli e poi mi si avvicina, sento il cuore che mi batte nelle orecchie è un tamburo. Il mio cuore comincia a fare le capriole quando il suo viso si abbassa verso di me e le mie labbra si posano sulle sue.
Lo bacio o mi bacia? Non ne ho idea ma è bello.

Sento le sue labbra che mi continuano a baciare, intorno a noi i rumori sono cessati ma lui continua a baciarmi e io non posso fare a meno di pensare che sia qualcosa di davvero meraviglioso.

Ginevraaaaaaaaaaaaaaaaa” i miei occhi si spalancano, la voce acuta scuote la maniglia con una rabbia tale che mi sento costretta ad uscire dalla doccia.

“Ti ho sentito, stò uscendo” afferrò l’accappatoio rosa e me lo stringo intorno al corpo.

Apro la porta, la mia compagna di stanza mi passa accanto e mi urta volutamente. Lei mi odia e io odio lei. Voleva Harry ma io me lo sono preso. Romilda Vane. Il suo cognome significa vanità e ne è la quinta essenza.

Harry…

Mi fissai le gambe, avevo fatto una doccia lunghissima, i capelli aggrovigliati avevano acquistato nuovamente il loro colore intenso.
Ero ancora stretta nell’accappatoio rosa, me l’aveva regalato lui.

Non era passata nemmeno una settimana e mi mancava come se fosse passato un mese. Dovevo andarmene da quel dormitorio, sapevo dove dovevo andare, c’era un posto che era stato mio fraterno impiego per molto tempo. Ci andavo sempre con lui.

Pensare che non avrei più visto il suo sorriso...Mi fa paura pensare che non mi vuole più. È sempre stato così, io che lo amavo e lui che non mi calcolava e poi ero stata io a fuggire e lui finalmente a rincorrere me.

Era stato bello.

Eppure avevo corso troppo velocemente e per troppo tempo, non avevo imparato la misura, non avevo imparato a fermarmi quando dovevo e ora lui si era annoiato di correre e si era fermato.

Si era fermato da Hermione Granger.

 

 

HERMIONE

 

Vidi il Mezzosangue sorridente cadere in terra con gli occhi vacui, un misto di piacere e rivalsa mi colse in pieno petto. Mi inginocchiai su di lui sussurrandogli.

“Ora ti sveglierai e saprai dirmi unicamente che alla tua domanda io ho risposto dicendoti che mi annoiavo. Bravo così, ora alzati” la Mozzarella Mezzosangue si alzò imbronciato come un bambino che non aveva ricevuto le sue caramelle.

“Spero che le tue prossime risposte siano più esaurienti, o almeno lo spero.

Cos’altro vuoi sapere?”

“Vorrei sapere perché sono qui, di fronte a questo locale, cos’è l’Imago” sorrisi, mi sentivo anche io una ragazzina, ma tornai seria subito dopo ricordando la compagnia che avevo. Così senza scompormi cominciai a parlare.

“L’Imago, fu creato molto ma molto tempo fa da un tipo molto filosofico  e poco incline al divertimento, Lord Grifondoro e poi dicono che era il povero Salazar il marcio dei quattro…– feci scherzosamente un inchino e poi continuando a sorridere in modo giullaresco, conclusi la mia storia – Comunque quando il bravo Godric si mise a fare il monello, Lord Serpeverde volle controllare, così costrinse Godric a farlo suo socio… Attualmente l’Imago è il locale più in di tutto il mondo magico, questo perché è immorale, illegale e si sa.

Le cose illegali sono sempre le più quotate.

Ed è qui che apprenderai la prima, principale regola del campar bene, la verità è semplice apparenza.

Perché qui?”

“Lo saprai fra poco, entriamo”

Ci avviammo all’entrata, io decisa mentre il Mezzosangue strusciava il piede destro come se fosse un bambino monello a cui la mamma non aveva comprato nulla. Bussai tre volte alla porta e questa si spalancò, rivelando un atrio luminoso come un mattino soleggiato.

Le pareti e i pavimenti erano ricoperti da mosaici d’oro con una sola grande frase scritta sullo stipite della porta.

Essa recitava così:

 

“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”

(O. WILDE)

 

Il significato di tale frase, il Mezzosangue lo comprese ben presto, perché l’oro ipnotizzante nascondeva un alveare di piccole bolle di cristallo incastonate all’interno del muro e di cui si poteva ammirare l’interno come se fossero state delle piccole vetrine.

In ogni bolla di cristallo risiedeva una maschera.

Mi diressi verso una delle pareti, sapevo quale maschera cercavo, era la mia, quella che indossavo quando ero all’Imago. La trovai dove doveva essere, la magia la manteneva sospesa, gli occhi cechi che fissavano la stanza. Appena la mia mano sfiorò la teca, il cristallo prese la stessa consistenza della gelatina permettendo alla mia mano di penetrare nella sua anima e afferrare la maschera.

“Scoprirai facilmente che la maschera che desideri è quella che usi abitualmente” sussurrai voltandomi verso di lui.

La mia maschera era d’oro bianco e diamanti, mi arrivava fino al capo a formare una coroncina e veloce scendeva sui capelli tramutandoli in fili di rame. Un’unica gemma di smeraldo purissimo si posava sulla mia fronte che la maschera lasciava nuda per pochi centimetri.

Il Mezzosangue aveva cercato in vano la sua maschera e ora tendeva una mano timoroso verso una delle bacheche, per poi ritrarla alcuni secondi dopo. Ero già abituata a quei comportamenti, così gli afferrai la manica della divisa e la strattonai finché la sue dita non penetrarono la bolla di cristallo mansueto.

“E’ calda” le dite solleticarono la membrana prima di allungarsi nel prendere la maschera e togliere la mano dalla bolla di cristallo.

Toccai ancora la mia maschera e sentì quella familiare scossa per tutto il corpo. Ero io ad aggrapparmi alla maschera oppure era il contrario?

Non lo so con certezza ma la sicurezza che provai quando legai la mia maschera al viso mi fece sorridere di nuovo, era bello sentire quella deliziosa sensazione nuovamente sulla pelle.

L’anonimato.

 

HARRY

 

“Stai uno schifo” mi accigliai al suo commento.

Cosa significa che stò uno schifo?” Ronald si infilò una camicia bianca e cominciò ad abbottonarsela fissandomi con ansia malcelata.

“Hai una faccia allucinata ma quante ore dormi?” non sapevo che rispondere, quell’unico tradimento continuava a bruciarmi sulla pelle. Fissai a lungo Ron senza rendermi conto che stesse effettivamente parlando con me.

“Harry, Terra chiama Harry ci sei?” distolsi a fatica lo sguardo, non  posso certo parlare del tradimento con Ron, Ginny continua ad essere sua sorella e io per quanto sia il suo migliore amico non potrei fuggire a un suo destro.

“Ron dormo poco perché sono molto stressato” misi la camicia a scacchi nei pantaloni e chiusi la zip dei pantaloni per riabbottonarmi il jeans.

“Sei un disastro anche come sei vestito, Harry, perché non prendi qualcosa dall’armadio di Draco?” mi continua a fissare.

“Prendere le cose dall’armadio di Draco? E da quando Draco ha cose decenti da mettere?”

“Da una settimana buona lo vedo sempre con vestiti davvero molto belli e non vedi che stasera non è al dormitorio, mi hanno detto che si vede con una”

“Draco? Con una?” Ron annuì.

“Non lo vedi sempre tutto bello, preparato, deodorato, rasato…insomma hai capito! Draco non l’avevo mai visto così, a costo di sembrarti un po’ frocio ti dico che prima pensavo fosse bruttissimo, certo un buon amico ma non ne capiva molto di look. Ora da un po’ di tempo sembra cambiato da così a così”

“Da quando gli è morta la nonna” afferrai lo sportello dell’armadio di Draco e lo spalancai. Davanti ai miei occhi esterrefatti c’erano minimo tre file di capi, tutti di qualità e fatti su misura.

“Brutta storia quella, mio padre mi ha detto che non hanno trovato nemmeno il corpo, questo non l’hanno detto al povero Draco, gli hanno rifilato la scusa della vecchiaia. Ma li capisco con che cuore dirgli che nemmeno la nonna è riuscito a seppellire con il proprio corpo, come i suoi genitori” Ron annuiva grave o scuoteva cupamente il capo.

“Già brutta storia” annuì anche io grave per poi afferrare una bellissima camicia rossa in seta di un colore scuro quasi quanto il sangue. Ero anche io cupo ma non pensavo alla buon anima della nonna di Draco, pensavo al cambiamento avvenuto in Draco e al mio parallelo litigio e abbandono di Ginevra e se la donna con cui Draco stava uscendo altri non fosse che la mia ex fidanzata.

Strattonai la camicia e la gettai sul mio letto per infilare velocemente la camicia rossa e abbottonai strettamente, le dita mi tremavano, dovevo scoprire se quello che avevo pensato corrispondeva a verità.

“Secondo te la donna di Draco qual è?”

“Non saprei proprio cosa dirti Harry, chissà che tipo di ragazze piacciono a quello là, fino alla settimana scorsa ti avrei detto che era frocio, ma adesso non ne vedo davvero il motivo per definirlo a questo modo”.

Sapevo bene quali erano i suoi gusti perché erano gli stessi miei.

 

DRACO

 

“Un leone, sei patetico Mezzosangue” stranamente le parole fredde della Granger mi divertirono senza sconvolgermi più di tanto.

“Mai quanto sei patetica tu, Biscia” vidi la maschera prendere un aria stranamente aggressiva come se i sentimenti della Granger potessero trasparire attraverso l’oro e i diamanti.

“Ricorda di non chiamarmi con il mio vero nome, verme” ero stanco di quell’atteggiamento mi volse di colpo verso la ragazza e le dissi con veemenza.

“Leone, maledetta biscia essiccata, sono un leone non un verme” la Granger colpita dalla veemenza dello sfogo rimase in silenzio prima di superare l’atrio ed entrare in uno stretto corridoio nero come il carbone.

Dove andiamo?”

All’ Inferno” per un attimo mi arrestai a quel nome

Perché non ti avvii che ti raggiungo più in la”

“Mezzosangue” la Biscia aveva soffiato e la maschera aveva riprodotto un fischio basso che assomigliava a un sibilo infastidito.

Mi lasciai condurre mentre che la Biscia continuava a tirarmi la manica della divisa. Giungemmo a questo punto in una  stanza leggermente più grande della precedente, di un verde intenso dovuto alle pareti smaltate con polvere di smeraldo, lì c’era gente.

Erano ovunque, come topi, persone con maschere tra le più straordinarie alle più macabre per un attimo mi sembrò di vedere anche due note maschere nere e bianche come quelle dei Mangiamorte ma scacciai l’idea di inseguirli.
Ero totalmente  affascinato dalla stanza smeraldina con interruzioni a intarsi, una scritta nera scolorita dalla vernice capeggiava sull’entrata di questa stanza e l’intenso fumo bianco la rendeva quasi illeggibile.

Questa recitava:

 

“Eravamo insieme , tutto il resto del tempo l’ho scordato”

 (W. WHITMAN)

 

La Biscia mi spinse al suo interno, la sala oltre ad avere quei bellissimi muri di smeraldo aveva le interruzioni ad intarsio, da vicino i disegni erano degni di una nottata brava, riportavano immagini di una scena bucolica e afrodisiaca che da se avrebbe fatto accapponare la pelle a Vatsyayana.

Grandi pipe di legno dalle tre o più estremità venivano succhiate da ragazzi e ragazze che si abbracciavano fra loro e si palpeggiavano in modo poco disinibito.

La Granger si sedette accanto a una pipa senza cavaliere e mi fece segno di sederle accanto.

Il fumo intenso e l’odore dolciastro mi dava alla testa quindi senza indugio sedetti accanto a lei cingendole con un braccio la spalla sottile. Lei si protese verso la pipa e succhiò l’estremità in legno provocando in me tensioni tangibili ai lobi.

Poi mi fece segno di provarci mentre con eleganza buttava fuori il fumo dopo averlo aspirato.

Era un’oppieria. Con oppio vero.

Tutte quelle persone e quel fumo era droga. La Granger prese un’altra boccata di fumo e mi fissò con quel suo sguardo esasperante che da solo poteva spingere un uomo alla follia. Ed io che ho sempre odiato il fumo, mi ritrovai a succhiare anche io la pipa in legno. L’odore e il sapore di legno di sandalo e le immagini afrodisiache stavano mandando in subbuglio i miei sensi.

Oddio mi stavo drogando. Ma non smisi.

 

BLAISE

 

“Sei lì Blà” era Pasy non mi aveva lasciato più stare da quella sera in cui mio fratello mi aveva lasciato quell’insolito dono. Avevo pensato di gettarlo in un primo momento, poi di distruggerlo, pensare di romperlo mi faceva sentire meglio. Poi…lo avevo solo “dimenticato” sulla mia scrivania.

“Si sono qui” Pasy entrò poi si coprì gli occhi con le mani.

Blà ma sei mezzo nudo”

Pasy hai già visto tutto di un uomo, non sono diverso da Teo quindi evitami la parte da verginella” sbuffai risentito e ripresi l’occupazione precedente: bere un bicchierino di wisky invecchiato dall’indiscutibile bontà.

Blà dovresti smetterla di bere così tanto” passata la ritrosia iniziale si sedette accanto a me e come per evitare problemi mi rimboccò meglio la coperta intorno ai fianchi.

Scese il silenzio, sentivo solo il rumore del liquido che scendeva lungo la mia gola e bruciava lungo il suo percorso verso lo stomaco. Pasy continuò a fissarmi preoccupata, si mordeva il labbro e intrecciava le mani, indecisa se parlare o meno. Mi spazientì.

Che cosa vuoi? Oltre a darmi i tuoi inutili consigli di salute?” il mio tono la fece ritrarre a stento e vidi la sua sicurezza vacillare, mi innervosì ancor di più.

“Non puoi stare così, devi reagire – mi guardo con maggiore intensità – Sai che Hermione è fatta così, lei non sa tenerseli gli uomini sa solo…solo divertirsi con loro”

“Non hai peli sulla lingua eh Pasy

Ma tu hai un vantaggio su tutti gli altri, lei ti sposerà…”

“Contro la sua volontà!” sentì la mia gola bruciare per la veemenza della mia frase.

“Ma comunque sarà tua, per sempre” la vidi sorridermi e con uno schianto caddi sulle sue ginocchia la sentì sorridere e poi mi carezzò i capelli lentamente e con dolcezza. Avevo bisogno di una persona che mi coccolasse.

Non tutti riescono ad essere all’altezza di una Regina.

Alcuni hanno bisogno di puntare più giù.

 

DRACO

 

Voltai il capo trovandomi accanto una leonessa dalla chioma rossa e fluente come il fuoco e dagli occhi di smeraldo che fissandomi maliziosa mi disse:

“Leoncino succhi veramente bene” ed a un tratto mi si avvicinava come la più provocante ed a un tratto la leonessa e vicino a me e su di me e la sua lingua è nella mia bocca.

Il mondo sta scomparendo. Ora c’è solo la sua lingua che viaggia dentro di me.

E le sue mani che viaggiano su di me.

Il mio corpo convulso che la vuole e poi due mani fredde che mi porta via da quel lento, dolce morire.

Non la sento la mia lingua, e nemmeno la mia bocca devo averle lasciate a lei.

Voglio tornare, mi dibatto.

Ma non ho forse e le mani gentile e gelide mi portano sempre più lontano.

Sempre più nella stanza verde smeraldo verso una seconda sala.

Questa è silenziosa e immobile.

“Leoncino riprendi le fila del tuo controllo, qui non dobbiamo fare cattiva figura” parlano piano le mani gelide mentre mi fanno sedere su un divanetto di pelle rossa.

La stanza che prima vorticava ora mi appare nitida è grande, quasi quanto un campo da calcio e piena di tavoli rotondi a cui siedono le stesse persone con le maschere di tutti i personaggi e gli elementi possibili.

Sbircio il tavolo vicino al divanetto.

Ha una scritta d’oro sul fondo.

WAR

Guerra

Che cosa significa?”

“Ognuno di noi vive una guerra che questa sia interiore o esteriore. Quelli che vedi sono giocatori di poker, non lascerebbero il loro tavolo di gioco neanche se sapessero di un incendio se la loro partita non è finita.

Tu devi essere come loro”

“Stupido?” seguì una breve risata calda.

“No. Devi affrontare la vita senza scomporti eccessivamente, devi essere imperturbabile e per raggiungere i tuoi fini nella vita non devi farti scrupoli. Ricorda bene che la tua felicità è il bene ultimo. Tutto il resto non è nulla” la mia mente registra silenziosa.

“Per la lezione della sala di prima, penso che tu l’abbia vista da te”

E la mia mente si agita al ricordo di quelle labbra che mi esplorano e che mi vogliono. E la leonessa è facile da sovrapporre ad un’altra leonessa. Una leonessa che mi ha tolto il cuore.

“Era lei? ” lo chiedo alle mani fredde e gentili, forse loro sanno la verità

“Era una leonessa. Lei in questo non esiste come non esisti tu. La verità è apparente. Loro erano una coppia affiatata lontano da qui mentre in questo locale erano degli scambisti. Questo lo facevano per non annoiarsi.”

E l’amore?” lo chiedo piano.

“Stai zitto” risponde secca e io quasi tremo a continuare a chiedere, per quanto io sia un leone, ho paura.

Paura di una serpe…

Paura di quel mondo che non ho mai conosciuto così duro…

A me nessuno l’ha spiegato questo mondo  e  in questo momento come se uno strano Dio crudele e benigno mi arriva la risposta a queste mie domande alzando leggermente il capo.

La scritta che capeggia in questa sala è in latino:

Si vis Pacem para Bellum 
(VEGENZIO)

 

Se vuoi la pace, prepara la guerra” sussurro ancora pieno delle allucinazioni dell’oppio e della paura che mi ha sommerso prima.

Ed è quello che fanno i giocatori di poker, lavorano sulla loro postura e sulle loro espressioni, le plasmano, per trovare la loro pace, sono disposti a sedere immobili e neutri su quelle sedie per ore.

La vita che mi deve accettare è proprio come una partita a poker e se voglio raggiungere la mia pace dagli occhi di smeraldo e dai capelli di fuoco devo preparare una battaglia…

Guardo la mia accompagnatrice e la mia mano scatta da sola verso la sua nuca e la tiro accanto a me.

Cosa fai?” me lo chiede a fior di labbra mentre la mia bocca si posa sulla sua. Scintilla e furore. La Biscia non si ritrae e non sento nessuno disgusto. Le sussurro goffamente un: “Grazie” e poi le sfilo la maschera.

Voglio vederle in viso mentre la bacio.

Un turbinio di colori e sento ad un tratto la neve fredda sotto il sedere.

Batto le palpebre, siamo un'altra volta fuori dal buco che riporta alla scuola, nella neve irreale di quel posto e il locale e nuovamente invisibile, la maschera che stringevo fra le mani è scomparsa.

“Era un sogno?”

Hermione Granger mi guarda impassibile, forse è stato veramente un sogno sciocco.

“No. Quando uno toglie la maschera viene buttato fuori dal locale è la regola. Puoi fare quello che vuoi ma non devi togliere la maschera.”

Mi viene da ridere e lei mi fissa ancor più accigliata

“Cos’hai da ridere cretino” lo dice stizzita e a me viene ancor di più da ridere

“Tu non lo sai Granger ma ho appena capito tutto”

“Sarà” risponde la Granger con fare misterioso “Ma baci proprio male”

E sarà l’oppio, sarà che penso proprio che sta mentendo, sarà che è tardi e domani devo alzarmi presto ma a me non viene mica il broncio anzi l’unica cosa che penso è quello che gli dico.

“Secondo me stai mentendo”

Dopo non me lo ricordo cosa è successo ma non doveva essere nulla di buono perché mi sono svegliato con un vago malessere e la sensazione di aver passato un brutto quarto d’ora.

Cosa faccio io alle donne?

 

Fine del Capitolo Quindicesimo

 

Note del Capitolo:

 

1. Quando guardi a lungo nell'abisso l'abisso ti guarda dentro. Questa citazione è del filosofo Friendrich Nietzsche.

 

2. Carpe diem. Letteralmente "Cogli il giorno", normalmente tradotta in "Cogli l'attimo", anche se la traduzione più appropriata sarebbe "Vivi il presente" (non pensando al futuro) è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Orazio (Odi 1, 11, 8). Viene di norma citata in questa forma abbreviata, anche se sarebbe opportuno completarla con il seguito del verso oraziano: "quam minimum credula postero" ("confidando il meno possibile nel domani"). Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità; ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia, nonché di una delle più fraintese, nella quale Orazio fece confluire tutta la potenza lirica della sua poesia.

 

3. Imago. Termine introdotto da C.G.Jung (Wandlungen und Symbole der Libido, 1911), caratterizzata come ‘rappresentazione o immagine inconscia’, l’i. è piuttosto uno schema immaginario, un prototipo inconscio che orienta in maniera specifica il modo in cui il soggetto percepisce l’altro, ne orienta cioè le proiezioni. L’i. non va peraltro considerata come correlato di figure reali, ma presenta carattere fantasmatico.

 

4. Eravamo insieme , tutto il resto del tempo l’ho scordato (W. WHITMAN)

 

5. Vatsyayana. Questo illustre signore altri non è che l’autore dell’ardente codice d’amore del Kamasutra.

 

6. WAR. Guerra. Questa è una chiara citazione di un film abbastanza famoso “The Skulls – I Teschi” , di Rob Cohen, del 2000.

 

 

Prossimo aggiornamento 7 luglio 2011, orario da definire.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** 16- Imago Mortis ***


C16(BG)

Noi ci illudiamo continuamente che l'oggetto voluto

possa porre fine alla nostra volontà.

Invece, l'oggetto voluto assume, appena conseguito,

un'altra forma e sotto di essa si ripresenta.

Esso è il vero demonio che sempre sotto

nuove forme ci stuzzica.

 

Capitolo Sedici:  “Imago Mortis

 

La notte è fredda.

Fuori all’Imago tutto tace, mentre al suo interno la vita pulsa come un cuore rigonfio di sangue...che infelice esempio, molto cruento, quasi da film dell’orrore.

Eppure l’Imago è un locale di piacere, non quel tipo di piacere, o meglio non solo.

L’Imago si erge tranquillo e invisibile a tutti coloro che non sono intenzionati a servirsene, su una collina di Hogsmade e il suo costruttore, ingegnosamente lo ha reso famoso per la sua unica particolarità.

Le maschere.

Interessante è notare che la stessa parla “persona” significa in verità maschera, significa allora che tutti noi nella nostra vita non facciamo altro che fingere. Ogni mattina saliamo su un palcoscenico recitando la nostra vita, e provando con sforzi sovrumani a capire la maschera dell’altro per riuscire a controllarlo.

Intelligente il suo costruttore perché ha ricreato in eccesso cos’è la vita di ognuno di noi perché l’uomo in se è un animale più semplice di quanto ci sforziamo di credere, e in qualità di animale ha i suoi istinti che con, oserei dire, cocciutaggine cerca di nascondere dietro a valori che non esistono.

L’uomo non ha un identità definita ma si nasconde dietro a una personalità multipla.

È debole, così crea le città, le istituzione, persino la religione per potersi sentire più forte.

È violento e lo maschera con guerre di valore, prova anch’egli ad un tratto disgusto per se stesso ma non riesce e non vuole smettere perché la violenza e la dolcezza sono in equilibrio precario.

È pauroso e insieme curioso, non sa come affrontare un altro diverso da se, così crea intorno a se un recinto dove chiudere le persone simili a se e lasciarvi al di fuori tutti coloro che non si identificano con il suo ideale... che non riesce a riconoscere.

Così questo club privato non fa altro che dar loro una maschera e lo straniamento necessario per estirpare quelle coperture di valori e vedere la loro vita com’è veramente.

L’uomo vuole il sesso, ma lo copre con l’amore, l’Imago gli dona l’orgia dei sensi dell’oppio.

Egli desidera la violenza, ma lo copre con la forza, l’Imago gli dona una stanza di azzardi così che ognuno possa condurre la sua personale guerra.

Egli ancora vuole l’ebbrezza, la copre con la felicità, il locale gli offre la musica e la vicinanza di altre persone...una sala da ballo dove non esistono amici, ne costruzioni sociali di alcun genere...solo nemici.

Milioni sono le persona che ospita al suo interno questo locale notturno. La verità attira come anche l’invisibilità e l’anonimato...troppe persone.

Molti mantelli di velluto dai colori accesi e maliziosi da quelli più eleganti e raffinati a i meno pregiati e ruvidi avevano sfilato silenziosi quella notte, come altre ancora addietro.

Questa notte, difatti, non è speciale in nessun genere, non è più luminosa ne più spenta, non cade in nessuna ricorrenza specifica.

È una notte. E basta.

 

 

GINEVRA

 

Con un tuffo al cuore sento che la sua voce mi chiama, inghiottisco a vuoto e mi rendo conto che non dovrebbe andare così invece non posso fare a meno di trattenere il fiato mentre giro il capo a guardarlo.

“Harry…” sento la mia voce suonare abbastanza fredda, mi rallegro, lo guardo per la prima volta in viso.

“Ginevra” il mio nome di battesimo, non c’è dubbio sul motivo della nostra chiacchierata, fortunatamente non vuole fare una chiacchierata amichevole. Lui sembra stanco quando me, ha due mezzelune scure sotto gli occhi, sono azzurrine e malgrado gli occhiali vedo gli occhi arrossiti dietro le lenti.

“Ti devo parlare” annuisco con il capo ma non mi muovo, piantata in mezzo al corridoio, spintonata da alcune ombre che non riconosco.

“Non qui” io annuisco ancora, sembra spazientirsi e mi affetta il braccio, non raggiunge la pelle eppure sento di nuovo quel contatto su di me. È strano, sembra che non abbia mai smesso di toccarmi.

Il tocco non è gentile, scivoliamo in un’aula stretta.

“Parla” lascio andare il braccio dalla sua presa ferrea e mi sento ancora abbandonata anche lui sembra fissare il mio braccio, sembra stregato.

“Sento la tua mancanza” mi sembra strano ma il cuore ha fatto un capitombolo e sono caduta pesantemente sulla schiena.

Anche io” la mia voce suona fredda ancora non riesco a riscaldarla non ha il viso di una persona innamorata.

Mi afferra e i suoi occhi sono folli e io non riesco a forzare l’abbraccio anche quella violenza è un doloroso ricordo, le sue mani cercano la pelle dei miei polsi e il contatto è una scarica elettrica.

Posa le labbra sulle mie, il tocco è come prima, non è dolce è violento e io bevo quella violenza e mi innamoro ancora, come se fosse possibile innamorarsi di nuovo di Harry.

Mi innamoro ancora quando le sue mani lasciano i miei polsi e vanno a toccare la mia schiena, poi penetrano sotto la camicia e sono sulla mia pelle, mi sembra di avere la febbre e tocco anche io lui. La camicia è nei pantaloni, corro ai bottoni e comincio a sbottonarli, infilo un dito e l’unghia graffia sulla pancia.

Lui si blocca e mi allontana di botto, i suoi occhi sono gelidi e il solo posare lo sguardo su di lui mi porta un gelido sospetto nel cuore.

“Lascia stare Draco, lui è mio amico e tu sei la solita puttana”

Esce dalla stanza ma non lo fermo.

Immobile, comincio a piangere.

Harry non lo capirò mai.

 

 

 

PASY

 

Pasy che cosa stai facendo?” apro gli occhi di botto attraverso il velo del sonno vendo la figura di Millicent nello specchio della porta. Che cosa faccio?

Dormo, una risposta più che legittima. Dormivo perché Millicent mi ha svegliato.

Sprofondo di nuovo nel letto e mi rendo conto che non sono la sola a dormire. Accanto a me un bozzo scuro e caldo preme sul mio fianco.

Il bozzo si muove, il calore si intensifica quando si avvicina maggiormente a me ed ha gambe e braccia, sento una mano che mi sfiora la spalla.

Chi c’è nel mio letto? Con circospezione sollevo il lenzuolo.

“Blaise” non urlo per quanto la mia voce non sia propriamente bassa, il viso pallido di Blaise mi fissa di rimando, ha gli occhi enormi e blu che gli riempiono tutto il viso, sembrano enormi. Non risponde scherzosamente come fa sempre. Sembra anche lui indeciso, non ricorda come me, perché ci troviamo nello stesso letto.

Tutti e due cosa diavolo ci fate nel letto di Blaise?” Millicent batte il suo piedino sul marmo della stanza, ogni colpo fa sobbalzare me e lui. Mi duole la testa, ricordo la gentile offerta di un bicchierino di whisky e realizzo di averne bevuti troppi.

Continuo a guardare silenziosamente verso di lui che a sua volta mi guarda pensieroso, non parliamo ma continuiamo a fissarci.

“Qualcuno di voi due mi vuole spiegare che cosa succede qui?”

L’alcool non mi è mai piaciuto non ne ho mai apprezzato la corposità o distinto fra annate diverse, l’alcool è solo bruciore in gola. Non si può mica far differenza fra bruciori e bruciori no?

“Adesso basta, vado a chiamare Herm” e quella sembra la parola magica, io e Blaise ci scostiamo dal letto, rivelando che i nostri vestiti sono stropicciati ma perfettamente abbottonati. Sento Millicent che ridacchia, non si è mossa dallo specchio della porta e ci guarda come se avesse finalmente capito cos’è successo anche perché il balzo ha fatto rotolare due bottiglie vuote di whisky.

“Credo che non ce ne sarà bisogno” il sorriso di Millicent si congela e io mi volto timidamente verso la porta, posso vedere i suoi occhi gelidi fissare i miei abiti stropicciati già da quella distanza.

I suoi occhi gelidi si posano su Blaise e anche il sorrisino che gli era sfuggito si gela seduta stante. I suoi occhi ambra tornano a fissarmi ed entra nella stanza lentamente, sembra sfilare ma non indossa un vestito d’alta moda ha la sua divisa scolastica.

“Questa lettera è per te” una busta già aperta cade sul letto accanto alle gambe di Blaise che si limita a fissarla senza dire nulla.

Sulla busta una grafia aggraziata riporta: Per il Signor e la Signora Zabini.

“Hermione…” alzai lo sguardo sulla soglia ma la mia amica si è voltata e scende già le scale.

Mi alzo dal letto mentre Blaise prende la busta fra le mani e sorride alla scritta. Devo spiegare a Hermione che non è come pensa, non le avrei mai fatto uno smacco simile.

Corro oltre la soglia del dormitorio, inciampo in Millicent, mi rialzo e continuo lungo la scalinata fino ad afferrare la spalla sottile di Hermione.

“Hermione ti prego non è come credi”

“Io non credo nulla” mi volta le spalle ma almeno si è fermata.

“Blaise era davvero scosso ieri e io volevo solo consolarlo”

“Capisco” la strattono ancora di più.

“No che non capisci Hermione, non l’ho consolato nel modo che credi tu, non ti farei mai una cosa simile” la aggiro per guardarla in viso, mi restituisce uno sguardo freddo.

“Non mi odiare Herm” sento la mia voce pigolare. Lei mi continua a guardare con freddezza. Capisco bene che cosa vede: una ragazza con i vestiti stropicciati e gli occhi assonnati. Sembro una prostituta e mi sento così.

Poi mi sorride e io capisco.

“No, non ti odio ma diciamo che se tu fossi in fiamme e io avrei un bicchiere d’acqua, già, diciamo che lo berrei” mi rivolge ancora quel sorrise e si allontana.

E io comprendo che non mi perdonerà mai.

Sono andata a toccare una sua proprietà.

 

HERMIONE

 

Vago per la scuola, non mi era mai capitato ma non mi era mai capitato nemmeno di sposarmi. La lettera della segretaria di mio padre mi annunciava del fidanzamento. Mio padre è riuscito a farmi fidanzare senza che io e Blaise dessimo parola, ancor oggi mi stupisco del potere di mio padre.

L’Avvicino, la persona più influente del mondo magico e insieme la più sola.

Mio padre.

Mi dirigo verso le torri, ce ne sono quattro nel castello, io mi dirigo in quella appartenente ai Grifondoro, non lo so perché lo stò facendo.

No, so cosa stò facendo, so da chi stò andando.

Il mio divertissement, il mio passatempo.

 

 

Perché faccio questo per il verme?

Semplice, mi annoiavo terribilmente nella mia stanza e poi volevo vedere che faccia avrebbe avuto al mattino il vermicello.

E aveva veramente l’aspetto che mi aspettavo, orrido!

Perché mi impegno tanto?

Non lo so. Questa è la verità, certo la storiella della bambola c’entra sicuramente ma c’è dell’altro ancora...

Ieri sera, stravolto dall’oppio, quando mi ha baciato, quel suo bacio impacciato mi ha stuzzicato. Non ho mai amato l’essere una crocerossina ma per quel verme è diverso.

Questo mi fa incazzare, non mi piace sentirmi così, ognuno ha il suo equilibrio nella vita e quel piccolo verme mezzosangue mi sta facendo perdere il mio.

Devo trasformarlo alla svelta, non posso permettermi questo periodo di debolezza fra meno di cinque mesi sarò la Signora Zabini e non voglio accomiatarmi dalla mia vita senza un degno finale.

Aiutare un mezzosangue ad essere eguale a un purosangue è lo smacco più grande che possa fare a mio padre.

E lo farò.

Quando sorridi a quel modo mi fai paura” mi volto verso il mezzosangue che sembra sorpreso quanto me di quella frase tanto informale.

Vestito come un mago e non come lo studente secchione e saccente solito quasi mi sembra diverso.

“Allora cosa fai nella mia stanza e nel mio armadio?” sfioro distrattamente una camicia di seta. Lui mi continua a fissare dalla spoglia del bagno, mi piace quel suo modo sicuro, sembrava quasi tranquillo quando mi ha trovato nella sua stanza e questo è stato un punto a suo favore.

“Cominciamo con il secondo principio, ovvero, non sei quello che sei ma quello che indossi” mi guarda a lungo, sembra pensare a quello che gli ho appena detto, poi si avvicina a me.

“Indosso quello che mi va” replica quasi a difendere i suoi vestiti.

Mi guarda e per un attimo il suo sguardo mi sembra arrabbiato.

“Giusto” rispondo e afferro il suo viso fra le mie mani avvicinandolo al mio, anche lui mi restituisce lo sguardo e vedo che trattiene piano il fiato, non me ne vuole far accorgere ma è innervosito dalla mia vicinanza e io sono gongolante, perché finalmente anche lui è umano.

Nascondo il viso nell’incavo del suo collo e sento li suo profumo di pulito e il suo brivido sorpreso vicino alle labbra.

“Ti sei dimenticato la seconda regola del nostro piccolo accordo?” lui non risponde ma sento le sue mani che si appoggiano sui fianchi, penso che l’oppio a questo piccolo vermiciattolo fa bene.

“Se la tua mente da verme se l’è già dimenticato te lo dirò io, tu fai quello che dico io, sempre” le mani che mi avevano stretto mi lasciarono andare di botto, mi viene da ridere, patetico!

“Non sarò il tuo elfo domestico” brillò determinazione nei suoi occhi e il suo sguardo acquista profondità veramente notevoli.

Le mie mani si mossero da sole e si chiusero a coppa sulle sue guance

“Hai ragione. Sarai il mio verme” e con una sola fluida mossa afferrai gli occhiali e li feci cadere in terra, dove si ruppero.

Cosa diavolo...”

Cazzo, devi dire cosa cazzo hai fatto, non stai parlando con degli adulti mostrami la tua rabbia se a quegli occhiali orrendi tenevi davvero” e con lo stivaletto li calpestai così che il verme sentisse lo scricchiolio del vetro schiacciato e vedesse l’ombra del mio piede che si muoveva sugli occhiali.

“Quelli erano gli occhiali di mio nonno” piagnucolò il verme.

E cosa farai? Ti vuoi mettere a piangere Mozzarella Mezzosangue, su reagisci! ” lo punzecchiavo, godevo della sua disperazione e nella sicurezza che non avrebbe reagito.

“Lasciali stare, non riesco a vedere nulla, ti prego” bloccai di botto lo stivaletto e fissai il ragazzo biondo che aveva parlato.

Cosa hai detto?”

“Restituiscimi gli occhiali” lo disse con una certa veemenza, la mancanza di un senso con la sensazione che stavo innestando di pericolo stava facendo il resto.

Aveva paura, e questa lo rendeva rabbioso.

“Non questo, alla fine che hai detto” vidi che stringeva i denti, cercava di controllare la sua rabbia, peccato diveniva più piacevole quando era rabbioso.

“Ti prego” disse alla fine ed ebbe appena il tempo di stringere le labbra che io lo avevo colpito con uno schiaffo sulla guancia.

“Imponiti, perché nella vita nessuno ti darà nulla pregandolo” mi allontanai da lui ed egli riprese gli occhiali frantumati che poi aggiustò con la magia.

Mi fissò a lungo, senza parlare, io ero di spalle e continuavo ed esaminare i vestiti di alta sartoria che avevo scoperto nel suo armadio accanto a scatoloni con le sue vecchie cose. Avevo la sicurezza, tutta femminile che i suoi occhi fossero fissi su di me.

“Tu devi avere avuto una vita veramente dura” la sua voce era pacata e mi irritò.

“Non provare ad analizzare la mia mente e non far nemmeno il gesto di pietismo che speravi di fare dopo aver esposto questa tua malsana idea, non pensare che tutti siano felici di sapere brandelli della tua vita che a molti non interessano affatto, pure con gli occhiali, secondo te a me importava che quei fondi di bottiglia fossero appartenuti o meno a tuo nonno, sei ancor più stupido di quanto pensassi!

Non puoi pensare che nella vita, quella vera, le persone sanno essere sempre sincere e mostrano quello che sono, pensavo tu l’avessi capito dopo la nostra visita all’Imago, ma a quanto pare non hai capito veramente nulla!

Le persone mentono nella vita vera Draco Malfoy, io posso modificare il tuo assurdo modo di portare i capelli mandandoti da un buon barbiere che ti tagli all’ultima moda e posso far in modo che tu veda anche senza quelle orribili lenti. Ma con la magia puoi fare tutto tranne cambiare i tuoi veri sentimenti. Se tu continuerai a provare repulsione per il riflesso che vedi nel tuo specchio ogni mattina quando ti alzi, tu non sarai mai diverso, ti presenterai solo sotto una nuova confezione ma realmente non sarai cambiato.”

Non era mia intenzione parlare così tanto e arrabbiarmi in questo modo ma realmente quelle parole erano importanti per me, doveva capire quel maledetto Mezzosangue, mi stupivo di come avesse vissuto fino ad oggi senza saper scindere da chi diceva il vero e chi mentiva.

 

DRACO

 

Il silenzio ricadde nella sala e per una volta rispettai la ragazza che avevo davanti, quando avevo detto quelle cose volevo veramente dirle che per quello che aveva fatto con i miei occhiali dovevano aver fatto questo al suo cuore ma dopo quello che mi aveva detto, non potevo farlo più.

Perché, ad ogni modo lei mi stava trasformando, mi rendeva diverso da quello che pensavo dovessi essere.

“Non è difficile essere sempre i primi?” era stata la sua voce, era bassa come se dopo tutte quelle belle parole la sua voce non ce la facesse a sopportare ancora un altro sforzo.

“Ci si adegua. Quando sai che non verrai accettato per quello che sei allora vuoi essere accettato per quello che servi e se sei bravo in quasi tutto le persone chiedono di te.

E pensi che se le persone ti inseguono chiedendoti cosa vogliono o non vogliono fare allora... allora esisti!

Anche se ti usano e anche se dopo parlano male di te, per quel breve lasso di tempo tu sei esistito.

Io preferisco quei lassi di esistenza che l’oblio totale.”

Toccò a lei tacere, guardava il mio specchio, stavo per voltarmi per posare gli occhiali convinto che non mi avrebbe più risposto quando contrariamente alle mie aspettative lei mi rispose:

“Questo è il motivo del nostro connubio non è vero?”

“Eh?”

“Tu mi hai chiesto scusa e ora vuoi che ti trasformi in un essere vivente, ovvero esistente per questo motivo vero? Quando all’inizio la prof ti aveva affidato a me anche se non volevi perché pensavi che io fossi il diavolo sceso sulla terra non volevi lasciarmi andare.

Per questo le ripetizioni. E anche la festa”

Sorrise e non mi piacque affatto, come al solito.

Ed io che pensavo di stare ad un pessimo punto. Tu sei un egoista! Magnifico! Non un egoista qualsiasi ma quello della peggior specie, perché fingi di essere un filantropo” continuava a sorridere ma io non riuscivo a guardarla in faccia posai gli occhiali nel cassetto e con un tonfo lo richiusi.

“Non capisco come ho potuto chiederti aiuto” e me lo chiedevo seriamente, come potevo credere che quella ragazza mi avrebbe aiutato per davvero?

“Non ti stanchi mai?” si siede sul mio letto, ora mi guarda, ha lo sguardo limpido per un attimo mi illudo che non sia davvero la serpe Hermione Granger ma una semplice ragazza seduta sul mio letto.

“Di fare cosa” lo dico annoiato, sono rabbioso, non lo voglio ammettere ma in questo momento mi appare davvero una ragazza semplice e dannatamente bella. Cerco di concentrarmi sul piano, rievoco il viso di Ginevra ma più ci provo più gli occhi ambra si fanno liquidi.

“Non ti stanchi di far finta di essere buono. Ognuno finge, questo è vero, ma il motivo è abbastanza cristallino. Tu, non riesco a capire perché fingi. Vuoi esistere? Eppure studi e ti isoli e ti immergi totalmente nel tuo essere secchione, ti rendi impresentabile, racconti a chi vuole sentire la tua vita, ma cosa pensi di essere? Forse credi di essere un eroe?
Non farti illudere da Potter, non tutte le persone sono nate per essere eroi, alcuni sono nati e basta, senza un perchè”

“E’ così difficile pensare che io sono semplicemente come mi vedi?” le mie parole hanno perso l’irruenza di prima, Hermione ha vinto ed è strano pensare a lei come a un nome  e non più come La Granger, La Serpe o…o La Regina. Mi siedo anche io sul materasso, le sono accanto, sento il suo odore di pulito.

“Molto” mi guarda con quel paio di occhi che si ritrova, bellissimi anche con il sole, non solo con l’oppio e penso che si dovrebbe avere un permesso per tirarsi dietro due occhi così, un pover uomo potrebbe morire d’infarto davanti a uno sguardo così. Le ci vorrebbe un porto d’armi, di quelli che prevedono bombe a mano e missili cruse.

Mi allungo impercettibilmente sul materasso, non lo so perché ma vorrei poterla baciare. Ancora. Come ieri sera, come non avevo mai fatto.

Quel bacio di ieri sera mi ha fatto uno strano effetto.

“Non stai forse fingendo di amare una donna, come fingi di essere amico al suo ragazzo..”

“Ex ragazzo” sorride e diventa di nuovo cattiva torno al mio posto e la odio per quello che sa fare di me e quello che non riesce a fare con se stessa. Non riesce ad essere migliore.

“Ex ragazzo, come vuoi tu, e ancora fingi di non essere attratto da me. I buoni non lo fanno” mi schernisce con quel suo piccolo sorriso da fighetta bastarda.

Mi alzo dal materasso, maledetta fighetta bastarda!

“Ti diverti?”

“Molto” risponde ancora con quella sua voce musicale che deve aver fatto cadere ai suoi piedi tanti di quei uomini ma che a me non piace, mi piacciono gli occhi liquidi che si ritrova e quella sua bocca così passionale anche senza gli artifici del trucco.

Perché vuoi sporcare tutto quello che ti sta intorno, non tutti sono luridi come te. Io amo Ginny questo è vero ma non l’ho mai sfiorata nemmeno con un dito perché la vedevo felice con Harry ma ora, da quando lui l’ha lasciata, non me la sento di lasciare che si dibatta nel dolore. Spero che scelga me. Voglio che scelga me. Ginny merita di essere felice.

E non fingo nemmeno nell’amicizia che provo per Harry o per Ronald. Oddio Ron alle volte quando ci si mette è veramente un rompiscatole ma ha qualcosa come il valore e la dolcezza che nessuno lo eguaglia.

Invece l’amicizia che mi lega a Harry è ancor più intima ed è lei che mi ha fatto andare avanti quando tutto mi sembrava perso per sempre. Lui, devi sapere, è stato il primo ad andare oltre al saputello che ero e ha visto la persona.

E beh! Per quello che hai detto alla fine, del fatto che io sia attratto da te. Penso che sia qualcosa di inevitabile ma che si può frenare perché quando la passione non è accompagnata da null’altro è facilmente contenibile.

Tu sei avvezza ad attirare gli uomini non potrei aspettarmi di resisterti” rimase in silenzio per molto tempo, tanto che pensai che non avrebbe risposto o che finalmente per una volta non mi avrebbe confutato.

“Che cos’è quello?” mi voltai in tempo per vederla sollevare il velo nero che copriva lo specchio, terrorizzato repressi l’urlo che stava per scaturire dalla mia bocca, gli occhi immobili del Mangiamorte era spariti, la superficie rifletteva una Granger scioccata.

“Tu, come fai, tu…” continuava a guardare lo specchio come ipnotizzata, dimentica della nostra discussione precedente.

Cosa vuoi dire?”

“Come fai a possedere questo oggetto?”

“Apparteneva alla mia famiglia, vi appartiene da anni” la Granger si voltò a fissarmi con uno sguardo davvero scioccato.

“Impossibile”

“Ti dico che è così”

E io ti ripeto che è impossibile”

Perché è impossibile?”

“Tu non conosci il nome di questo oggetto?” si era voltata nuovamente verso lo specchio e con una mano sottile sfiorava i putti dorati della cornice.

“Naturalmente no, Signorina” se era possibile avere un infarto per una persona sana e in buona salute credo che io e la Granger saremmo stati candidati per questo. Nella cornice dello specchio, raggiante come non mai vi era la figura dell’inquietante impresario Joe Black.

“Lei chi diavolo è?”

“Mi sono sempre considerato un gentiluomo, Signorina, non un diavolo” con mio sommo piacere vidi anche la Granger strabuzzare gli occhi ma soccombere alle stramberie dell’impresario che continuò a fissarla intensamente attraverso la superficie dello specchio.

“Potrei conoscere il suo nome, Mr.Gentiluomo” si era ripresa subito ed ora fissava risentita l’uomo che da parte sua apprezzò il sarcasmo della ragazza.

“Il mio nome è Mr. Black, per servirla” si abbassò come se volesse toccarle la mano in un demodè baciamano.

“ Hermione Jane Granger” rispose attonita la serpe che sembrava stranamente impressionata dall’impresario. Come non esserlo? Non capita tutti i giorni di avere un uomo nello specchio.

“Le consiglio di lasciare il dormitorio maschile dei Grifondoro, Miss Granger mi dicono che fra meno di un quarto d’ora la partita amichevole fra la sua casa e questa si concluderà e anche con un certo vantaggio…per i Grifoni” la vidi aprire la bocca  e poi richiuderla al sommo dell’imbarazzo, prima di voltare le spalle allo specchio e avvicinarsi a me.

“Stasera solito posto, stessa ora” lasciò la stanza senza aspettare una mia replica. Immaginai non le servisse.

“Non ricordavo che a Hogwarts era permesso a una ragazza di poter entrare nei dormitori maschili” sentì le guance imporporarsi e cambiai discorso.

“Come si chiama la specchio? Perché la Granger sembrava tanto stralunata?”

“A tempo debito avrà le sue risposte, tranne che sulle donne, quelle non le ho capite nemmeno io” sentì le mie labbra piegarsi e registrai che dovevo aver sorriso.

“Allora Signor Malfoy non mi dice come mai ha un appuntamento con una donna e continua ad avere quel taglio così poco ortodosso?”

Che cosa hanno i miei capelli che non piacciono a nessuno?”

“Pensa di risentirsi eccessivamente se le dico tutto?” scelsi di non rispondere e improvvisamente mi ritrovai accanto Joe Black.

“Come diavolo…”

“Un mago non svela i suoi trucchi”

“La credevo un gentiluomo”

“Sono una figura eclettica”

Mi lanciò un sorriso prima di condurmi verso il bagno.

 

 

È una notte fredda.

Una ragazza dal mantello color del sangue fissava le teche dell’androne principale dell’Imago per poterne estrarre la sua maschera; il suo viso ufficiale e più vero.

Il secondo con un mantello nero di lana grezza se ne stava invece accanto ad un’altra teca dal contenuto misterioso.

“Non ho mai visto nessuno cambiare maschera come la cambi tu ad ogni nuova visita” disse e la sua voce maliziosa riecheggia nell’androne falsamente vuoto.

“Forse mi confondi con un altro leggiadro serpente, mia cara” risposi, indossavo una bellissima maschera in  madre perla, liscia e senza imperfezioni naturali, gli occhi erano accerchiati dal grigio naturale della conchiglia come se la natura avesse voluto regalarle una matita intorno agli occhi.

Cosa dovresti rappresentare?”

“Penso una crisalide, la cosa più facilmente modificabile”

Non mi risponde e mani invisibili afferrano i mantelli e con insolita galanteria, qualcosa che stupisce anche me, accosto il mio braccio a quello della Regina che ugualmente colpita non può che accettare quel mio insolito invito.

La gente è tanta.

Mi è sempre successo di essere invisibile e per molti anni ho lottato per questa invisibilità perché volevo cominciare ad esistere, invece mi ero ritrovato appena approdato all’interno dell’Imago in un modo diverso e mi ero ritrovato immune dalla mia voglia di primeggiare e dalla mia voglia di esistere, ora apprezzavo l’invisibilità che offriva la maschera. La sala da ballo è piena, rettangolare, alle pareti citazioni di ogni forma o lunghezza, una fra tante mi colpisce:

 

 

Affoghiamo in un mare di baci, riemergiamo in un mare di passione.

Anonimo

 

Quanti incrociamo ridono e scherzano, si sente l’eco lontano delle risate dei drogati che si perdono fra i fumi velenosi che sprigionano i narghilé ricolmi di oppio.

Passiamo così incolumi nella stanza degli eccessi carnali e metafisici e ci rechiamo nella sala delle lotte interiori, già descritta.

In ultimo ci accostiamo all’ultimo luogo che non abbiamo ancora visto, il privè.

La porta del privè è maestosa, due colonne di stile dorico, in marmo nero fanno da cornici a questa porta, al suo interno, le stanze sono divise da veli di ignoranza dalla consistenza di un soffio, letti dalle lenzuola in seta nera, marmo bianco con venature preziose alle pareti.

Una scritta capeggia l’entrata, scritta con il fuoco e cesellata con il rame:

 

Lasciate ogni speranza

o voi ch’entrate

Dante Alighieri

 

“Questa è la stanza del mistero dove è possibile anche togliersi la maschera e rivelar al partner che stai per avere chi sarà la persona che ha scelto” la fissai con attenzione, perché mi aveva portato in quella stanza? Che nuovo e cattivo principio mi avrebbe lasciato pregustare?

“Un incantesimo di obblivazione cancella quello che succede al suo interno, ma nessuno lo sa, nessuno se ne ricorda mai” ride mi modo cattivo e mi afferra la mano, guarda un ultima volta la scritta che capeggia sulla soglia e con rimpianto mi chiedo il perché di questo mio assurdo piano. Non dovrei essere in questa maledetta stanza pronto a sacrificare i miei ricordi. Ho sempre avuto idee precise.

Per me non ricordare e un po’ come vivere e non saperlo.

Vivere senza sapere di vivere equivale ad esistere.

Se ti limiti ad esistere fai prima a morire.

Quindi l’Imago non è altro che un locale per coloro che non possono far altro, non possono far altro che esistere. Un locale di morti.

La Granger aprì la tenda e mi fece accomodare al suo interno, richiudendo il velo nero del baldacchino, ma era un velo e non mi impedì di poter vedere oltre, verso il baldacchino posto accanto alla parete.

Due figure ben definite e senza maschera, una delle due mi era dolorosamente familiare, mi fuoriuscì un piccolo rantolo che la mano pallida di Hermione zittì.

Le due sagome non ne furono minimamente disturbate anzi si avviluppavano senza remora e in una danza antica.

“La vedi vero? – la Regina delle Serpi mi stringeva a se – nei tuo occhi vedo specchiarsi i due corpi che si avviluppavano e si discostavano l’uno dall’altro per fondersi nuovamente con più forza con una carica violenta maggiore” la voce sibilava e mi feriva l’udito e mi feriva il cuore.

“Quella era la tua Ginny, quella troppo pura da raggiungere vero? La sua Ginny, ma come vedi il suo cuore non è nemmeno del suo fidanzato, volevo dire ex fidanzato” la Regina sigillava la mia bocca e mi costringeva a guardare, credo provasse un malsano piacere nel vedere quelle immagini rispecchiarsi in me, vedere l’effetto dirompente che mi facevano.

Le due figure sparirono avviluppate dalle tende oscure, che negarono la presenza dei due nello stesso momento in cui i due desiderarono esser lasciati in pace.

“Vedi il cuore di una donna ti apparterrà totalmente solo quando smetterà di battere”  le sue parole erano terribile, le sentivo confluire nelle ferite che mi si erano appena create nel cuore, non era una maschera quella che avevo visto, era il suo viso, quello vero. Ero in quel mare di guai per lei, perché lei era gelosa di Harry e della Granger e lei andava all’Imago a farsi sbattere da quel…quell’insulso sconosciuto!

Mi tolse le mani della Regina a forza dalla bocca e la vidi inginocchiarsi sul materasso nero per farmi spazio. Le fui subito davanti anche io a carponi, noi non avevamo tolto le maschere, quindi di me erano liberi solo gli occhi e la bocca, così come a lei.

“Qual è l’insegnamento per questa notte Hermione” era la prima volta che la chiamavo per nome. Lei sorrise malgrado sapesse che ero ferito a morte.

“Non ve né nessuno, comunque non lo ricorderesti”

“Mi convincerò di farlo”

“Non lo farai, nemmeno se tu lo desideri con tutto te stesso puoi ricordare qualcosa, questo luogo è impregnato di oblivion, nelle tende che sfiori, nel materasso sotto di te e addirittura nell’aria che respiri, non te ne accorgi ma già stai dimenticando e nemmeno te ne accorgi”

Perché allora portarmi qui?” la vidi fissare il baldacchino accanto al nostro e sentì di poterla odiare davvero questa volta, perché le ferite che avevo sul corpo erano causate da lei, dal suo desiderio di distruggere il vecchio me stesso.

“Guardami ora”  lo stavo già facendo, malgrado l’odio per la sua crudeltà, la guardavo, la fissavo o semplicemente la annusavo nell’aria intorno a me, continuavo a farlo incessantemente. Non era oblivion quello che era nell’aria era Hermione Granger

“Non sono mai stata irraggiungibile, niente piedistallo, sono Hermione Granger, sono la Regina delle Serpi, ma non cerco di sembrare qualcosa di meglio” le sfiorai una guancia, la pelle era calda e sensibile sotto il mio tocco.

“Non sono tipa da carezze e frasine da uomo innamorato” lo disse sbuffando, piena di rabbia, togliendosi la mia mano dalla guancia, come se fosse delusa.

“E cosa vuoi?” paradossalmente mi misi a sorridere, pensai che la mancanza di sangue per via dalle ferite inferte da Ginny mi stava scombussolando.

Stringimi, con passione e con ardore, fammi anche male, ma fallo con trasporto, il problema degli uomini innamorati è che sono dei rammolliti” sorrisi ancora, questa volta era un ghigno, a cui la Regina avrebbe dato sicuramente un punteggio alto, era proprio come me l’aveva insegnato, furbo e gelido.

“Vuoi questo?” la sentì fremere quando il mio braccio si serrò a ghermire la sua siluette. L’altra mano la posai sulla gola per afferrarle il mento e la portai a due centimetri dal mio viso.

“Non mi hai portato qui per farmi vedere Lei, non sapevi nemmeno che ci fosse Lei non è vero? Volevi portarmi qui perché poi avresti dimenticato tutto, anche il desiderio che provi per me Regina” sorrise furba, lei sapeva bene cosa voleva che dicesse.

Che ragazzo intelligente, hai imparato tutto” rispose invece ignorando volutamente la domanda. Il potere è qualcosa di difficile da cedere, impossibile per una Regina.

Non gradì che la mia domanda fosse ignorata, così spinsi la figurina sottile e pallida di lei contro il materasso. L’ossigeno fuoriuscì totalmente dai suoi polmoni che dovette gemere per poter trovare quel poco di aria che la circondava.

“Mi desideri Regina, tu desideri me” non era una domanda, ma volevo che mi rispondesse e alla svelta, annaspava ancora.

“Se mi vuoi prendimi e non sprecare parole e domande a cui io non risponderò” rispose l’attimo dopo la regnante di nuovo padrona della situazione, schiacciò  il suo corpo al mio e  la serrai maggiormente fra le braccia, pensai seriamente all’opportunità di continuare a giocare con lei, dopotutto cosa c’era di male? Ma poi guardai la sua bocca così vicina e insieme così lontana, mi abbassai a fissarla meglio, giuro solo a fissarla meglio e poi…poi la stavo baciando con una passione feroce.

Tutto l’odio che avevo in corpo sembrava spingere contro le labbra fameliche della Serpe.

Lei si lasciò sfilare dalle labbra e lo fissò intensamente negli occhi.

“Vieni a letto con me?”

“Non posso” il mio tono suonò dispiaciuto, quelle belle labbra le stava usando in modo errato. Ero di nuovo così vicino ma di nuovo ero lontanissimo.

“Hai le tue cose?” alzò un sopracciglio con eleganza che rivelava stupore ma anche abbondante sarcasmo. Sentì le mani fornicarmi per la voglia di stringerla di nuovo al mio corpo, sentivo ogni muscolo bruciare dalla voglia di colpirla, ma non lo feci.

“Non ti amo” lo dissi con la voce strascinata, stavo lottando contro il mio corpo.

“Il problema non si pone allora: neanche io” il mio corpo continuò a bruciare e io non riuscì a fare altro che scostarmi da lei, per farlo bruciare di meno.

Ma il problema e mio. Ho giurato di farlo solo con la donna che amo” raggomitolai le gambe sotto di me e le strinsi per evitarmi ulteriori bruciori.

“Attento Draco! Le maglie linde sono difficili da portare, hanno la brutta tendenza a macchiarsi”

“E con questo?”  avevo mal di testa, il bruciore era accantonato per un attimo.

Prima o poi la tua bella maglietta si sporcherà. E potrebbe sporcarsi con una ragazza che non ti piace e che non ami. Pensa che anche se non mi ami almeno ti piaccio io!”

Perché fai tutto questo se non mi ami?”

“Malfoy sei così sciocco da pensare che tutte le persone siano spinte all’azione dalla forza dell’amore? Le persone, come me, sono mosse da altre cose” scivolò di nuovo vicino a me e mi posò due mani sulle spalle, me la ritrovai nuovamente addosso e il bruciore ricominciò, crudelmente.

Ovvero?”

“La volontà. Tu con la tua maglia bianca mi istighi all’azione...” avvicinò il suo viso al mio

“Non arriverai da nessuna parte” ma fui risucchiato dal un nuovo bacio, sembrava che mi scendesse lava bollente nella trachea invece che baci di donna tanto era terribile e meravigliosa la sensazione che sentivo in me.

Il bacio si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di più adatto a quel luogo ma mi riscossi dall’improvviso istinto famelico e rabbioso che mi aveva spinto per la seconda volta ad unirmi alla sua bella bocca rossa che subito dopo respinsi, quelle rimasero leggermente socchiuse. Era di nuovo sotto di me e io non ricordavo di averla girata, forse aveva ragione la Granger.

“Parlami dello specchio” lei mi fissò stralunata per un attimo.

Cosa?”

“Parlami dello specchio che è nella mia stanza, fallo ti prego” lei mi sorrise maliziosamente ma annuì, mi sorpresi da quell’insolita dolcezza, mi scostai da lei.

“Credevo che il tuo maggiordomo te l’avesse spiegato”

“Intendi Joe? Non è il mio maggiordomo è il mio impresario funebre” se la risposta la sorprese non lo diede a vedere perché mi guardò con maggior attenzione.

“Lo specchio che hai in camera è uno specchio rarissimo perché è un oggetto oscuro, mostra luoghi che ci sono cari o dove sono ancora presenti nostri parenti o cose che ci appartengono ma utilizza una magia oscura molto forte” mentre lo diceva aveva preso ad accarezzarmi con le sue piccole mani aguzze e i suoi graffi all’inizio piacevoli mi fecero perdere il filo della discussione.

“Oggetti oscuri dici?” lei si avvicinò a me e prese a baciare la linea del mio collo, sentivo il cuore pulsare lungo quella scia infuocata.

“Per questo ti dicevo che era impossibile” lo disse fra un bacio e l’altro, sentivo il mio cervello in fuoco e quasi non riflettevo su quello che diceva.

“Vero lo hai detto anche stamattina, perché è impossibile?”

“Hai detto che appartiene ai tuoi genitori quell’oggetto, ma è impossibile, dovevano essere dei maghi” spalancai gli occhi a quello che aveva appena detto e l’afferrai per le spalle guardandola fisso negli occhi.

Che cosa hai detto?”

Che Black ti ha mentito, non può appartenere ai tuoi genitori è un oggetto magico” la fissai con maggior attenzione.

“Devo ricordarlo, assolutamente, non posso dimenticarlo” lei mi fissò con attenzione.

“Non puoi scriverlo su nulla, scomparirebbe, puoi portare via solo te stesso – poi mi sorrise maliziosamente – e il super succhiotto che ti ho fatto sul collo”

“Super.. succhiotto?” mi passai una mano sul collo e ricordando i suoi baci di pochi secondi prima sentì il sangue essiccarsi nelle vene.

“Aspetta, Hermione sei un genio” lei sorrise come se già lo sapesse – la pelle, posso scriverlo sulla mia pelle!”

E come?”

“Non è ho la più pallida idea”

“Io si” e afferrando il mio braccio sinistro incise con l’unghia una linea poi un’altra, sentivo dolore, avevo il braccio che mi bruciava, ma lei continuava a graffiare e ad incidere.

“Fatto” la scritta Specchio era rosso in modo sconvolgente.

“Ti sono debitore” lei mi fissò ancora e fu di nuovo su di me.

“Provalo” e cominciò a baciarmi con  trasporto, sentivo di star perdendo la calma per la terza volta la allontanai da me.

“Non posso farlo, sarebbe la mia prima... lei sorrise piano.

“ La crisalide non è ancora pronta per trasformarsi, è ancora così dannatamente legata al suo mondo”

E adesso che facciamo?”

“Non faremo nulla che tu non voglia”

...e il bacio continuò.

 

Fine Sedicesimo Capitolo

 

Note:

 

1. Arthur Schopenhauer è l’autore della citazione che si trova all’inizio di questo capitolo.

 

2. divertissement è un'istanza filosofica concettualizzata da Blaise Pascal, ma anche il termine francese con cui si indica il divertimento.

 

Prossimo aggiornamento il 16/7, orario da definire

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Capitolo 17
*** 17- Le radici del male - I parte ***


C17(BG)

Il male mette radici

quando un uomo comincia a pensare

di essere migliore di un altro.

 

Capitolo Diciassette: Le radici del male – I parte

 

Da piccoli ci insegnano cosa si può e cosa non si può fare e generalmente quello che non si può fare è classificato come male. C’è quello che “fa male” all’educazione; non mettere le mani nel naso o non prendere a calci il maestro. C’è il “fa male” al proprio fisico; non scavalcare il muro del vicino ci sono le piante carnivore e gli incantesimi di protezione o non mangiare tutte le chioccorane che poi ti viene mal di pancia. E c’è poi il “fa male” dal punto di vista etico e morale come non tradire gli amici, non dire bugie o non torturare gli animali.

Generalmente i genitori ti insegnano a distinguere cosa si può e cosa non si può fare.

Generalmente succede così.

 

HERMIONE

 

La notte è fonda.

Cammino lentamente nella Sala Comune, ma non è per non svegliare è solo che non voglio persone intorno, i miei compagni non riescono a riconoscere cosa sta succedendo alla loro Regina, non capiscono più.

Lontano, alla fine del corridoio sento le note dolenti di un CD babbano, è Blaise, il mio promesso sposo.

Una volta io e lui eravamo amici, a dispetto di quello che avevo sempre pensato, che mi ero sempre detta lui era diventato mio amico.

Faceva male ammetterlo, ma mi mancavano le sue attenzioni oppressive e la sua preoccupazione strana, quasi che volesse tenermi per se.

Non liberarmi mai.

I miei piedi continuano a sfilare silenziosi sul tappeto damascato di argento e verde anche dopo aver superato la porta della mia stanza.

Mi fermo quando sento la musica dolente del CD che si interrompe.

Chiudo gli occhi e lascio andare piano il respiro, lui si è addormentato, non lo sa ma ancora una volta mi ha salvato.

Salvato da me stessa che voleva bussare a quella porta.

Mi volto piano e cerco di tornare nella mia stanza.

“Volevi qualcosa?” il mio cuore perde un battito ma quando mi volto il mio viso non è che una maschera di freddezza, come la sua.

Sappiamo mentire bene, abbiamo imparato dallo stesso maestro.

“La musica, mi infastidisce, spegnila” mi guarda per un lungo momento, lo sa che mento, anche se sono lontana, lo riconosce sempre quanto gli mento.

Sento nuovamente quella parola che dalle mie labbra vuole fuori uscire, quella parola che ci divide che tra noi crea un muro invalicabile. Scusa.

Se dicessi questa parola andrebbe tutto bene, ma io non chiedo scusa a nessuno, mi potrebbe anche mancare, ma tra poco meno di un anno dividerò tutta la mia vita con lui.

Le note del Cd riprendono, sono lente e dolorose e si accompagnano a parole ritmate, sono della stessa matrice delle canzoni di Paris.

Lo stesso genere. O simile. La musica babbana non la comprendo. Il fratellone deve aver lasciato un ricordo a Blaise e lui stranamente l’ha accettato.

 

 

Tutto in un abbraccio,

In uno sguardo… un gesto per amare o per tradire chi è al tuo fianco.

Difficile fidarsi ormai, ti illuderai davvero…

E resta tutto in un abbraccio, in uno sguardo, un gesto per amare o per tradire chi è al tuo fianco. Difficile fidarsi ormaiii, ti illuderai davveroo.

 

Che musica triste che ascolti Blaise, glielo vorrei dire ma non posso, io e lui non siamo più amici, siamo solo fidanzati.

Rimaniamo in corridoio mentre la porta aperta spinge con forza le note dolenti e arrabbiate verso noi, momentaneamente bloccati nell’atto di scappare, ognuno da se stesso, ognuno dall’altra persona.

“Tuo padre mi ha mandato un’altra lettera” vorrebbe zittirsi, ma la sua paura è la mia. Ci troviamo in un limbo, non potremo incolpare nessuno dei due per aver parlato prima, ne abbiamo troppa voglia.

Cosa voleva?”lui mi guarda a lungo, sa bene che quello che dirà sarà decisivo per la chiusura o il continuo del discorso e se qualcuno volta le spalle, l’altro dovrà per forza scoprirsi maggiormente per riacciuffarlo.

“Rifinire il contratto del matrimonio, quest’estate ci sposeremo” chiudo gli occhi, la notizia mi fa del male. Mi arrivano in soccorso le parole di quella canzone.

 

Ci sono abbracci sinceri, quelli che nascono spontanei

per chi non lascia dubbi nei tuoi pensieri [lo sai]

che il tuo cuore mi piace

con un abbraccio ti avvicino il mio chissà magari fanno pace.

puoi far sesso anche solo per piacere ma se abbracci una persona è perché in fondo le vuoi bene. L’abbraccio, ti consola,

più di mille parole mandate, non dal cuore, ma per liberare la gola.

E chi ne è avaro, credimi forse perché

ne ha ricevuti troppo pochi da chi ha intorno a se.

Avvolte fa male, segna l’addio con lei

che anche se tu non l’ammetti avevi imparato ad a amare[ormai]

Ti dice “Resteremo amici dai!” ma lo sai

che è l’ultimo abbraccio che le darai

è intimo e toccante

toglie l’imbarazzo delle frasi

quando il silenzio è più importante.

 

I miei occhi si aprono, sono stupita, non posso credere che quelle parole così vere così intense siano scritte da un gruppo babbano sembrano...

Anche lui mi fissa stupito. Non se lo aspettava il mio stupore. Non sapeva che io avrei ascoltato questa canzone, le sue parole.

“Questa canzone...”

Ma non ce l’ho il tempo perché ricomincia e le ferite che pensavo non si fossero formate nel mio cuore si riaprono.

 

Può non essere sincero, un abbraccio,

Anche chi ha occhi come specchi del vero

può nascondere un cuore falso, non fidarti,

L’affetto che ti manca in casa 

lo cerchi tra le braccia di un bastardo che vuole solo usarti

Troppo difficile lasciarsi andare

non ascoltare solo il cuore è il primo che si fa fregare

e ora si vendica restituisce il male che ti hanno fatto gli altri

e lo paga chi non lo merita    

L’abbraccio di chi sembrava amico

è diventata una morsa  da cui liberarti dopo che ti ha tradito,

e non ti senti più al sicuro

quelle braccia davano conforto e ora ti mettono le spalle al muro

certe cose non si possono scordare…

Abbracci che arrivano quando è tardi e non bastano a rimediare [lo so]

è l’ennesima delusione e ucciderà quel poco di fiducia che è rimasta nel tuo cuore…

 

Mi sento soffocare, mentre la musica si zittisce ancora, di nuovo.

“Questa canzone mi fa pensare a te” mi risponde piano, non vorrebbe essere dolce lo percepisco dal freddo che nasconde questa affermazione, ha paura lui, perché a differenza di me... Lui mi ama.

Ricominciano piano queste stesse note, questa stessa canzone, timida come il suo tono, mi avvicino a lui che è ancora piantato sulla soglia della porta.

Non me lo posso impedire.

Gli arrivo di fronte e lo guardo intensamente.

“Pensi a me quando senti questa canzone?” non la so riconoscere questa mia voce, ha un che di storpiato, di roco persino, ora vorrei scappare anche se so che lui non mi farà mai del male. Non del male all’interno. Già me ne ha fatto.

Vorrei fuggire da me stessa e da quello che questa maledetta canzone che si ripete sta facendo di me.

“Si”

“Allora non l’ascoltare” lo dico con la stessa voce di prima, non è credibile vero? Lo penso anche io e sono sicura che lo pensa anche lui.

“Penso a te ogni giorno anche senza bisogno della canzone.

Ti penso di giorno quando mi sveglio e sento ancora il maledetto odore delle sigarette che aleggia nella mia stanza, oppure quando devo cacciare una del primo anno che ha dormito nella stanza e vorrebbe continuare.

Ti penso quando vado a lezione e fingo di non volerti stare accanto, di voler ascoltare la lezione, di sorridere malizioso alle Tassorosso oppure di ridere con Milly e Pasy. Fingo di non guardarti mentre salti i pasti e non fermarmi accanto alla tua stanza quando ho voglia di ridere con qualcuno.

Sai dopo una settimana in cui ero davvero arrabbiato e un'altra in cui mi sentivo come se non avessi forza, ho imparato a...ignorare questa voglia.

Riempio la giornata con tutto quello che posso.

Ma la sera e la notte quando non mi vado con una del primo anno e mi stendo su questo letto apro quel CD, regalo di mio fratello, e lo ascolto. Ascolto questa canzone per ore finché non sento i tuoi passi silenziosi che si avvicinano alla tua porta e quando sbatte allora spengo e comincio a sognare.

Sogno te. Solo te. Ma ti sogno diversa. Sogno la bambina di quattordici anni che aveva le guancia piene e gli occhi scintillanti di felicità quando tutta composta fingeva di essere la promessa sposa di mio fratello durante i banchetti.

Ricordo quando i suoi occhi sono diventati umidi di pianto e ti trovai nascosta in un cono d’ombra del quinto piano, dove nessuno ci andava mai.

Ti ricordo come allora...appassionata e ingenua...

Spezzata e dolorante ma... ancora così tu.

Ora me lo sai dire che cosa sei Hermione Granger?”

Lo guardavo in silenzio e lui guardava me, sentivo che i suoi occhi azzurri erano blu oggi, ora ed in tempesta come ogni volta che aveva un problema.

Noi che non sapevamo cosa farcene dei sentimenti, che li aberriamo, perché non ne avevamo bisogno, stavamo affidando tutto al testo di una  canzone babbana perché quei stati d’animi erano i nostri.

Dovrei abbracciarlo ora? Io non so come si fa, nessuno me l’ha insegnato mai.

Ti prego non farmi questo, non farmi sentire così Blaise, ho delle certezze che non devono crollare, altrimenti tornerò quella bambina che si nascondeva nell’armadio delle scope, ti prego non farmi tornare così.

Non sarei più capace di tornare una Regina.

“Sono una Regina, Zabini e sono anche la tua promessa sposa, purtroppo” lo dico con voce dura, ma non ci credo, non sono brava a mentire con Blaise, mi conosce bene, forse troppo.

Ma alla durezza lui risponde con la crudeltà.

“Non lo sei più Herm sei caduta dal tuo piedistallo mesi fa. Sei troppo uterina, entri nel dormitorio come una ladra. Attenta, anche gli altri se ne stanno accorgendo

“Io...non...sono...caduta da nessun piedistallo !” sento le mie spalle tremare, non mi può fare questo, io non posso crollare, non lo voglio fare.

Herm, non ci puoi fare nulla. Tu sei caduta” la sua voce è fredda.

Lo guardo anche io con freddezza, maledetto.

Mio padre me l’ha sempre detto che un purosangue non può avere amici, ma io ho sempre dato per scontato che lui mentisse, invece aveva ragione, Blaise conosce troppo di me, e ora sta usando tutto quello che conosce per distruggermi.

Distruggi ciò che ami prima che quello che ami ti distrugga.

“Tu sei marcio Blaise. Dicevi di amarmi ma non sai come si fa nessuno te l’ha mai insegnato nemmeno tua madre te l’ha saputo insegnare perché anche lei non sapeva come si fa. Pensi che sia solo colpa di tuo padre, chi non sa amare non può farsi amare da nessuno. Lei era un illusa e anche tu lo sei” vedo i suoi occhi sgranarsi, siamo così vicini che posso sentire il suo fiato dimezzarsi.

Siamo così io e lui. Non siamo capaci di amare, solo di farci del male, il più male possibile. Molti dicono che l’amore è come l’odio.

Se così fosse allora noi ci facciamo del male per poterci odiare, dato che non riusciamo ad amarci.

“Mia madre può essere stata un illusa ad amare mio padre, può anche essere stata un illusa perché non sapeva amare e ha provato ad amare ma almeno lei si è messa in gioco, quando non ha potuto amare ha odiato ma quello che provavano i miei genitori che li accomunava e li divideva era un sentimento.

Qualcosa di più dell’obbligo di far figli. E mio padre non si è mai scopato una mezzosangue ” eccola la stoccata finale, sento indistintamente la ferita che si crea nel mio cuore, il dolore che ci infliggiamo non ha mai fine, non so nemmeno perché mi piace questo giochino sadico. Difatti continuo.

“Ma tuo fratello invece l’amava una mezzosangue e forse nemmeno se ne fregava molto dell’onore della famiglia, forse in realtà non se ne è mai fregato molto della sua famiglia. Forse già allora pensava che la sua famiglia non ne avesse, dopo che suo padre ha ucciso sua madre coprendola con una scusa talmente ridicola che nemmeno i suoi stessi figli gli hanno creduto. Che onore vuoi che abbia il tuo nome nel mondo Magico?  Sei quasi alla stregua di una famiglia di mezzosangue” ed  ecco che arriva l’affronto, sento la mascella sposarsi sotto il colpo della sua mano e il sapore metallico del sangue in bocca che brucia.

Sorrido gelida voltandomi nuovamente verso di lui, sento un filo di sangue che gocciola dal mento sulla gola.

“Maledetta puttana” sta ringhiando mentre io rido di gusto ed il sangue continua a scendermi lungo il mento.

Non finisce il secondo affronto che gli arriva il mio pugno, sul suo naso perfetto e sento lo schiocco dell’osso, la mano mi brucia ma ne vale la pena.

Io continuo a ridere.

“Tu non sei una purosangue, forse tua mamma illusa non lo era fino in fondo e si è andata a fare una bella avventura con qualche schiavo, forse se li faceva tutti insieme” sento lo spostamento dell’aria ma il colpo lo scanso ignorando il giramento di testa e vado a colpirlo con un calcio nella pancia.

“Tu sei una purosangue perché tua mamma era così gelida che se la si toccava di più si sarebbe ghiacciato chiunque. Nella tua cantina ci deve essere una collezione di elfi domestici che ce l’ha ghiacciato. Secondo me solo sotto ordine l’avrebbero potuta scopare a tua mamma

Cerca ancora di colpirmi e questa volta mi prende a una spalla, perdo l’equilibrio e lui ne approfitta per spingermi nella stanza e chiudere la porta, sento la schiena contro il legno e la sua mano che mi stringe la trachea.

L’aria si azzera all’istante e io mi trovo a fissare i suoi occhi blu e felici.

La violenza ci ha sempre messo di buon umore, non siamo fatti per la tenerezza.

“Prova ancora a parlare, su dici qualcosa, cosa c’è non puoi parlare?” sono quasi a corto di aria e la gola comincia veramente a bruciarmi a questo punto.

“Sei solo una puttanella” dice ancora Blaise e mi stringe la gola ancor più intensamente. Respirare è un supplizio. Ogni respiro sale alla gola e diviene incandescente come se avessi un ferro infilato proprio lì, nella gola, ma non mi arrendo. Non lo faccio mai.

“Mai come tua madre” ecco ora è finita l’aria ma sento la mano di Zabini che si allenta, sento di riuscire a respirare, mi lascia del tutto contro la porta.

Il mio corpo senza fiato e senza forze si sgonfia mentre Blaise si allontana e sprofonda nel materasso coprendosi con mani tremanti gli occhi.

“Sei sempre più forte di me, Regina” lo dice con la voce bassa di chi è molto provato, è sempre così fra noi, i nostri litigi sono delle trasfusioni di veleno.

“Questa volta sei stato molto vicino a perdere tutto però” lo dico tossendo, un purosangue si connota nell’autocontrollo e nella freddezza per questo uccidere una persona a mani nude non è dignitoso e ti estromette da tale elitè.

Non ho mentito mentre parlavo del padre di Blaise, molti erano indecisi se estrometterlo o meno ma apparteneva a una famiglia molto potente e chi lo accusava invece faceva parte di famiglie in decadenza che oltre alla nobiltà del sangue non poteva vantare molto altro.

Restiamo in silenzio per lungo tempo, lui con le mani sugli occhi e io per terra davanti alla porta. L’orologio fuori, nella Sala Comune batte timidamente le quattro.

“Devo andare” vedo Blaise che si toglie le mani da sopra gli occhi e mi guarda stralunato.

“Da chi?”

“Cavoli miei” mi guarda stupito, normalmente dopo aver lottato tutti i diverbi si appianano.

“Allora vai dal mezzosangue” risponde poi sorridendo alla mia espressone stupita.

“Pensavi davvero che non sapessi dove passassi la maggior parte del tuo tempo? Non capisco perché stai facendo questo e poi diciamolo il look del mezzosangue sta mutando, persino la sua divisa oramai sembra quella di un normalissimo ragazzo e non di un fagotto. I suoi capelli finalmente sono lavati e non attaccati dal gel, ma continuo a non capire perché tu lo aiuti” alzo le spalle, nemmeno io so molto di quello che sto facendo oramai da quasi un mesetto e mezzo buono.

“Mi annoio” rispondo solo. Tanto oramai è la scusa che utilizzo il più spesso possibile, quasi comincio a crederci io stessa.

“Migliorare un mezzosangue non è da te, non è che rappresenta una sfida?”

“Forse, non saprei dirtelo”

“Attenta, ora sono il tuo fidanzato, se farai qualcosa per ledere la tua immagine, lederai anche la mia e quella delle nostre famiglie, quindi fa molta attenzione”

“Chi altro sa che io aiuto il mezzosangue?”

“Io, sono l’unico a cui interessa e rischia così tanto per seguirti, lui usa dei buoni incantesimi anti-intruso

Sorrido fra me. Anche se una parte di me è stizzita dalla fitta d’orgoglio che provo nei confronti del...verme...eppure stavo per chiamarlo...in un altro modo.

“Per quanto ancora andrà avanti?”

“Poco, fino a quando non mi sarò scocciata e lo sai bene quanto in fretta mi annoio dei nuovi giochi, fra ben poco tempo”

“Non vorrei sbagliarmi, sono già tre settimane, o sono i tuoi tempi che si sono allungati oppure il mezzosangue sta diventando importante” si  alza e si avvicina a me. Ha lo sguardo strano e mi fa più paura di quanto me ne faceva prima. I suoi occhi sanno di vuoto e di umido, mi terrorizza vedere Blaise a quel modo, sembra uno spettro della peggior specie.

“Ancora una parola Blaise e non sarai più capace di camminare per i prossimi mesi”

“Come speri di fermarmi?”dovette sentire il legno della mia bacchetta nel suo inguine perché sorrise, sentì che lo stavo ricambiando, non potevo tenergli il broncio ancora, non era nella mia natura, non con lui almeno.

“Ahi, e chi dice nulla anche se sono sicuro che te la stai prendendo troppo a cuore” mi volto di botto, per nascondergli il mio sorriso, che la pensasse come voleva.

“Notte” dico avvicinandomi alla porta.

“Vai a torturare il mezzosangue a quest’ora della notte?” la sua ilarità mi da sui nervi ma non mi giro, continuo a restarmene di spalle anche se sento il suo fiato sul collo.

Non rispondo, sento che mi afferra delicatamente le spalle ma me ne rimango ostinatamente di spalle, non cambierò idea.

“Resta con me questa notte, nessuno lo noterebbe, tu sai cosa provo per te”

“Sai che non lo farò”

Muovo un passo per allontanarmi ma sento uno spostamento d’aria alle mie spalle e le braccia di Blaise si serrano intono a me.

Le sue braccia non mi stingono per fermarmi, sono appoggiante così dolcemente che non ne percepisco il peso...

Non mi avviluppano in cerca dei seni e non discendono lungo l’addome, ma sono gentili e mi donano calore...

Penso che si chiama abbraccio, chiudo gli occhi e mi lascio cullare da questa sensazione strana che ho provato ben poche volte, normalmente un contatto così futile mi infastidirebbe ma stavolta no, vorrei addirittura girarmi per stringerlo fra le mie braccia, ma sarebbe davvero troppo.

Mi lascio cullare dalla dolce sensazione di quel mezzo-abbraccio, tipico di noi che non abbiamo il coraggio ne forse la voglia di farlo tutto.

Sento la sua testa che si appoggia all’incavo della spalla.

“Stai attenta che soffrirai”

Restiamo immobili, con il terrore di respirare, non saprei cosa fare dopo, ho bisogno di riflettere. Dopo non vado a torturare il mezzosangue, questo Blaise non lo sa ma andrò a dormire. Sarei comunque andata a dormire anche perché stasera sono andata all’Imago con lui, con il verme.

Mi rilasso impercettibilmente, si dopo andrò a dormire.

Questo però non significa che Blaise dovrà saperlo.

 

 

 

DRACO

 

Mi sdraio nel mio letto, ho il nuovo pigiama di seta nera che mi accarezza dolcemente la pelle, il braccio mi duole in modo terribile. Mi scopro la manica, sul dorso è graffiata un'unica parola, specchio.

Questa scritta è dolorosa perché scritta a mano nel vero senso della parola, unghie esperte hanno divorato la mia pelle, graffiandola ed escoriandola finché non si è formata la parola. Un lavoro certosino a cui mi devo essere sottoposto volontariamente.

Mi giro nuovamente nel letto, la seta e dolce ma il braccio continua a bruciare come una cancrena infetta. Eppure la pelle è solo leggermente intaccata.

Specchio

Senza nemmeno accorgermi il mio sguardo vaga fino al velo scuro che nasconde lo specchio a figura intera, la sua superficie brilla silenziosa nella stanza come se volesse parlare. Per specchio intendevo sicuramente parlare di lui, è un oggetto particolarmente attraente per la mia curiosità, inoltre nemmeno ieri Joe ha impedito volutamente ad Hermione di parlare.

Hermione, quel nome tanto intimo da dove è uscito? Non saprei come spiegarlo, eppure lei c’entrava eccome nel discorso che stavo facendo. Le unghie certosine erano le sue?

Specchio. Hermione.

Che cosa aveva detto di quello specchio Hermione? Non mi aveva detto nulla Joe gli aveva impedito qualsiasi accenno in merito, non gli aveva detto nemmeno il nome. Joe l’aveva cacciata prima.

Cosa sapeva Hermione Granger dello specchio che era appartenuto ai miei genitori?

Mi alzai dal mio letto e alla cieca cercai un foglio di pergamena e un piuma, poche parole affrettate. Chiusi il foglio con un colpo di bacchetta, quella si trasformò in una farfallina e le sussurrai:

“Vai da Hermione Granger, Dormitorio Femminile, Casa dei Serpeverde” la farfallina volò fuori, il cielo era nero e senza stelle anzi nella penombra si vedevano addensarsi nubi nere e sconfortanti.

Mi afflosciai sulla finestra, era troppo presto per sperare in una risposta, era sconfortante.

“Draco cosa fai lì?” la voce di Harry è stanca, lo fisso a lungo.

“Aspetto una risposta” lui si fa al mio fianco, non mi è mai apparso tanto stanco come stasera, ha gli occhi rossi e ha delle occhiaie azzurrine sotto le palpebre.

“Conosco la persona che ti deve rispondere” mi stupisce questa domanda e lui fissandomi nuovamente continua a parlare.

“Sai Draco io e te siamo amici da quanto? Sette anni oramai. Siamo cresciuti insieme, tutti e due con Ron e la famiglia Weasley. Siamo fratelli e…”

“Non aspetto la risposta da Ginevra, lei continua ad essere innamorata di te come si conviene”  e lì compresi che Harry era anch’egli innamorato di Ginevra, questa scoperta portò il mio cuore a traballare nel petto, gli volevo dire che facendo così, comportandosi in questo modo, lui era felice ma io no.

Eppure fa la cretina con te” lo guardo al mio fianco ha lo sguardo triste e mi appare tradito da questo comportamento della sua ex ragazza.

“Mi ha detto come l’hai trattata, non stà facendo la cretina con me, ha solo paura di perderti e vuole sapere da me con chi ti stai vedendo” sono ancora appoggiato alla finestra ed evito di guardarlo.

“Lei non può proprio capire che l’ho lasciata per come è fatta e non perché mi piace un’altra. Magari mi piacerebbe un’altra ragazza, potrei fare a meno di pensare a lei”

“Harry, Ginevra mi ha raccontato di una ragazza…lei è…”

“Si, la Regina, lo so come pensa Ginevra ma lei non ti ha raccontato lei cosa ha fatto con…”

“E io non lo voglio sapere, la vostra vita…intima non mi interessa” in quel momento dalla finestra arriva un cigno su della carta azzurra, lo guardo incantato e non posso fare a meno di pensare che si, quel cigno mi ricorda tanto la proprietaria.

Elegante e orgogliosa.

Unisco le mani e il cigno atterra dolcemente nella coppa, poi il becco del cigno si piega in avanti e mi punge il palmo, giurerei di aver sentito la carta risuonare di una risata.

Elegante, orgogliosa e…pungente!

“Avete organizzato un festino accanto al mio letto?” la voce è di Ron, apre la sua tenda e si alza, ha lo sguardo assonnato di chi è stato appena svegliato.

“No Ron puoi tornare a dormire” lui fa segno di no a Harry e poi mi fissa con quel biglietto fra le mani. Vedo il suo sguardo farsi attento.

Messaggini notturni?” ridacchia, non mi piace quel suo modo di fare.

“Non è come pensi” cerco di concentrami sulle parole che mi ha spedito la Granger ma Ron continua a ridacchiare a bassa voce ed Harry fissa stupito il cigno oramai distrutto fra le mie mani.

“Io conosco il mittente dei tuoi messaggi”

Ed è carina?”

“Molto” lo fisso divertito

E tu che ne sai?”

“Per un periodo ne ho ricevuti anche io di cigni azzurri” lo dice a bassa voce, Ron non gli presta attenzione anzi non presta attenzione a nessuno di noi perché si precipita in bagno. Io però ho sentito benissimo Harry.

“Cigni azzurri?”

“Aspettavi la risposta di Hermione Granger non è vero?” allora quello che Ginevra aveva ipotizzato era tutto vero, lo continuo a fissare in assoluto silenzio, qualcosa nella mia testa continua ad urlare, sento male alle tempie per le urla che sento.

“La ami?” Harry lo dice così all’improvviso che quasi mi metto paura.

“Prego?” non ne comprendo il collegamento.

“Mi hai sempre detto che l’avresti fatto con la ragazza che amavi”

“Che cosa c’entrano questi messaggi con il mio desiderio di non avere una relazione sentimentale seria prima di avere un rapporto sessuale?” lui mi fissa divertito, non posso smettere di pensare che lui è andato con la Granger.

“Tu credi che la Granger sia una che aspetta l’altare? O voglia dolci messaggini d’amore?”

C’è un malinteso di fondo, io e la Granger non abbiamo quel tipo di rapporto anche se continuo a ricordare quel mezzo bacio all’Imago con un bruciore costante, credo che sia questo che intendono quando parlano di desiderio. Fare l’amore con la Granger, farlo con Hermione, sarebbe davvero qualcosa di gradevole. Abbasso lo sguardo e quasi mi vergogno di questo pensiero. Ricordo ancora, quando avevo protestato perché Ron aveva avuto le sue prime esperienze per poi lasciare la suddetta pulzella nemmeno una settimana dopo.

“Draco tu la ami?” lo ripete con intensità, lo vuole sapere perché vuole mettermi sull’attenti o lo vuole sapere perché è geloso? Anche lui ha avuto i messaggi dalla Granger.

“Non credo” anzi non di certo, sarebbe uno dei miei ultimi errori, innamorarmi di una come lei. Ma continuo a provare fastidio per l’immagine di Harry che bacia la Granger come l’ho baciata io, magari meglio perché Harry ha avuto sicuramente più ragazze di me. Si dovrebbe chiamare gelosia. Realizzo che sono geloso ma delle fortune di Harry, Ginny, Hermione tutte sue.

“Stai andando a letto con lei e non la ami? Non era contro i tuoi valori?” lo fisso per un lungo attimo, lui che fa la morale a me? Basterebbe spiegarglielo e lui capirebbe che non sto tradendo i miei valori, ma mi rendo conto che non lo voglio fare. Voglio farmi invidiare da Harry.

“Ho scoperto di essere l’unico a credere in questi valori” lo guardo negli occhi e in lui vedo un leggero cambiamento che a chi non lo conoscesse bene potrebbe solo apparire sorpreso ma che io capisco in pieno.

Quell’espressione è la prima parte della mia vendetta.

“Quindi ora sei come tutti” lo dice in modo sarcastico ma io rifletto un attimo sulle sue parole per poi aprirmi in un sorriso entusiasta.

“Sono stufo di essere particolare”

E poi volutamente infliggo ancora.

“Lasciami leggere il messaggio ora” lui annuisce ha l’espressione basita e stupita ma mi lascia solo a leggere il messaggio della Granger.

Non ha prezzo...

 

Lo specchio nella tua stanza è un oggetto estraneo al mondo babbana, appartiene ai maghi non possono averlo trovato nemmeno per caso, perché i maghi a cui appartengono sono maghi oscuri. Non so come puoi averlo.

Ma tu non mi crederai, ti fornirò una prova.

Va allo specchio, posa una mano sulla superficie e pensa intensamente a me.

 

HG

 

Avevo ancora il cigno stretto nella mano e mi avvicinai allo specchio, sollevai il velo e posai la mano sinistra sulla superficie, non passò nemmeno un secondo che sulla superficie apparve Hermione Granger.

Indossava una camicia bianca e aveva i capelli sciolti, la vidi sorridere interdetta e sussurrare qualcosa ma non potevo sentirla, non arrivava alcun suono.

“Ah Signorina Granger nessuno le deve aver spiegato il termine riservatezza” un espressione stupita si disegnò sul suo volto e al suo fianco apparve Joe.

“Signor Black…”

“Lo so comincio a diventare obsoleto con le mie entrate ma non ho avuto tempo per pensare ad un entrata particolare ed immagino che devo ringraziare la Signorina Granger per questa imperdonabile caduta di stile” sorrideva sardonico per quanto le parole sembravano irritate. La Granger continua a fissarmi muta.

“Signor Black  perché questo specchio magico apparteneva ai miei genitori babbani?” per la prima volta Joe Balck sembrò perdere la sua innata imperturbabilità.

“ Temo Signor Malfoy che sarà l’ultima volta che ci vedremo, stavolta le devo dire tutta la verità e lo sa meglio di me, la verità uccide”

“Ma lei è già morto una volta”

“Ah Signor Malfoy era troppo piccolo quando i suoi genitori sono morti e nessuno le ha mai insegnato di non fidarsi unicamente della percezione dei suoi occhi” mi tende una mano, e le dita palline fuoriuscirono dallo specchio.

“Venga con me. La verità tanto agognata l’aspetta” afferrai di slancio la sua mano e mi ritrovai catapultato all’interno dello specchio nella soffitta di mia nonna.

“Così ora risponderà alle mie domande” lo vidi annuire tacitamente.

“Per prima dovrò chiarirle la mia posizione in merito”

“La sua posizione?”

“Non mi interrompa”

“Mi scusi”

“Suo padre, Lucius Abrams Malfoy, il suo nome intero, era un rispettabile purosangue che naturalmente come ogni nobile faceva cose ben poco rispettabili, una di queste cose era quello di gettare malefici sui suoi debitori”

“Malefici?” anche se la domanda poteva essere doppia, debitori?

“Uno in particolare, si chiama Imago Mortis, un maleficio davvero terribile, mi scusi se le racconto prima questa parte ma è necessaria perché possa capire il seguito, fa restare in vita la persona fino a quando non ha saldato il suo debito” ero inorridito da queste parole e mi dovetti sedere sul pavimento polveroso, mi resi conto che queste erano le prime e uniche cose che conoscevo di mio padre.

“Io sono uno dei debitori di suo padre colpiti dal maleficio, non posso morire ne posso vivere finché non avrò saldato il mio debito”

Che cosa orribile” mi coprì con le mani il volto.

“Lei crede? Con il tempo il rancore che provavo per suo padre è scemato, ero un giocatore allo stato terminale, avevo smesso di vivere molto tempo prima che suo padre mi imponesse quel maleficio mi limitavo a trascinarmi e ad esistere, certo non è stato piacevole ma ci si abitua alla morte”

Cosa c’entra questo con…la verità”

“Un giorno, alcuni mesi dopo che suo padre mia aveva gettato questo maleficio mi richiamò alla sua villa e saldò i miei debiti di gioco fiscali”

“E perché lei non fu libero?”

“Non mi interrompa Signor Malfoy. Le dicevo, i miei debiti di gioco furono salvati ma suo padre mi legò a lui con un patto”

“Il patto del diavolo”

“Si potrebbe definire così”

Che persona orrenda che era mio padre”

“Oh non dica così forza è sempre suo padre e poi mi diede modo di vivere per un giusto motivo, non stavo più saldando un debito ma stavo proteggendo una vita”

“Una vita?”

“La sua. Ed ecco che giungiamo alla sua parte di verità – mi sorrise incoraggiante – Suo padre era molto giovane quando suo nonno gli impose di trovare una fidanzata adeguata al suo rango, così egli scelse Narcissa Black, una donna adorabile e bellissima. Il Signor Lucius si innamorò davvero della sua sposa e dopo pochi anni nacque lei, Draco Lucius Malfoy, unico erede della Casata dei Malfoy” lo fissai sbigottito

Che cosa mi stà dicendo”

Che lei è un purosangue, Signor Malfoy”

 

Fine Diciassettesimo Capitolo

 

Note

 

  1. La citazione iniziale è di Brodskij, Josif Il canto del pendolo.
  2. Tutto in un abbraccio, canzone rap degli Huga Flame.
  3. La farfallina e il cigno sono messaggi che funzionano tipo come i post-it del ministero.
  4. Imago Mortis, traduzione dal latino “Rappresentazione della morte” naturalmente è un maleficio che non esiste.

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Capitolo 18
*** 18 - Le radici del male - parte II ***


C18(BG)

La giraffa ha la testa troppo lontana dal cuore

si è innamorata ieri e non lo sa ancora.

 

Capitolo Diciotto: “Le radici del male – II parte”

 

La genetica non è cosa da prendere sotto gamba, non si deve scherzare con la genetica, lo sapeva Mendel con il suo esercito di piselli, lo so io dopo duecento anni.

Ma cos’è la genetica, perché affidarsi a lei?

Certo ti dice che i tuoi occhi saranno di questo colore perché tuo padre ha un carattere recessivo e tua mamma non ti darà i suoi occhi limpidi perché è un carattere debole. Eppure c’è qualcosa che la genetica non potrà mai fare. Farti appartenere a qualcosa. A qualcuno.

I geni non possono, il sangue si.

Perché il sangue ribbolle nelle vene degli audaci e ricorda di temere l’ago, perché è rosso o blu, perché si può far acido per una preoccupazione o accendersi per una passione.

Perché buon sangue non mente.

 

 

DRACO

Un purosangue.

Joe Black mi fissava tacitamente con quel suo sorriso gioviale, non riuscivo a immaginare il bel vestito Joe che perdeva il suo tempo su di un tavolo da gioco.

Mio padre e mia madre due maghi.

Io un purosangue.

“Non capisco”

“Succede sempre così, la verità non è prudente da somministrare ai deboli di cuore” una frase alla Black, cominciava a piacermi il signor Black.

“E i miei nonni?” il suo viso si intristì in pochi attimi, Joe aveva l’espressione di un essere umano, forse la verità lo trasformava in questo.

“Temo che per loro la spiegazione sarà più lunga e dettagliata” mi scoccò uno sguardo strano, sembrava non piacergli questo incomodo compito.

“Lei ha parlato di ritrovarmi, mi ha detto che erano passati tanti anni prima di potermi ritrovare eppure io ero qui, sotto gli occhi di tutti, con il mio cognome originario”

“Si segga signor Malfoy temo che la storia che le sto per raccontare sia la più triste di tutte” e sentì le gambe cedere da sole sotto il mio peso, ricaddi in terra come una marionetta dai fili rotti. Caddi, come corpo morto cade.

Tutta la verità anche quella che non avrei ma immaginato di sentirmi dire.

La verità che uccide.

“Suo padre per quanto fosse un cattivo soggetto in gioventù, dopo aver scelto vostra madre si innamorò pazzamente di lei ma ai purosangue non era concesso provare sentimenti, non così umani almeno”

“ Lei cosa intende per cattivo soggetto in gioventù?”

“Quel vestito nero che ha visto l’altro giorno secondo lei lo usavano per giocare a dolcetto o scherzetto?”

“I miei erano Mangiamorte?”

“La sua pespicacia mi stupisce sempre”

“Mio padre era un Mangiamorte? Io ho passato tutta la mia vita a…mio padre era un mangiamorte” sentivo che c’era ingiustizia al mondo, avere un padre mangiamorte quando sei il migliore amico del bambino sopravvissuto e hai passato la tua adolescenza a tentare di svettare i piani utopistici di Tu-Sai-Chi… no non c’è davvero giustizia a questo mondo.

“Non faccia così” mi fissava divertito, sembravamo due cartoni animati, io con la gocciolina in testa e la nebbiolina nera per lo sconforto e lui che mi guardava dall’alto e sorrideva.

“Lei è il funzionario di un Mangiamorte si rende conto?”

“Più strano di quando ero un impresario funebre e sono apparso nel giardino di casa sua?”

“In effetti…”

 “Più strano di quando sono esploso nella sua soffitta?”

“Beh…”

O di quando sono entrato nella sua stanza e le ho regalato degli abiti firmati?”

“Effettivamente signor Black lei ha fatto un mucchio di cose insolite”

“Lei crede? Non più del solito”

Scelsi il silenzio, continuai a fissare la casacca nera che mi volgeva le spalle e si specchiava vanesia nello specchio gemello al mio. Così mi ritrovavo un padre Mangiamorte e una madre complice di quest’ultimo.

“Così mio padre era un Mangiamorte

Si lo era”

“Ha ucciso molte persone?” magari era stato complice nell’omicidio dei genitori di Harry, lo stesso ragazzo che era il mio migliore amico.

Che io sappia no” forse mio padre era un Mangiamorte riservato non andava vantandosi delle vite che aveva preso. Magari era una brava persona in fondo, in fondo

Ero il figlio di un Mangiamorte.

Non avevo mai creduto che il sangue contasse qualcosa nella mia vita ma nelle mie vene scorreva il sangue marcio di una bestia della morte. Ero il figlio di un Mangiamorte.

E ora passiamo alla parte più triste della storia”

Perché c’è dell’altro?”

“Oh Signor Malfoy c’è sempre dell’altro”

 

HERMIONE

 

Non ho più sonno, qualcuno latra come un cane ferito nella mia stanza anche se la porta è chiusa a chiave dall’interno, possibile che il Barone e la sua Dama siano tornati qui, nuovamente qui?

Sposto le coperte di panno sottile e mi alzo, traballo leggermente sotto il peso della mia stanchezza. La notte è alta nel cielo e sorregge una luna pallida e imbellettata. Gli antichi, maledicevano, giurando sulla luna perché dicevano che era femmina e menzognera perché cambiava il suo volto ogni mese.

Ma la luna era così bella quella sera.

I pierrot se ne innamoravano perché era come una donna la luna.

Piena ed eccentrica in continuo mutamento.

Una donna bellissima e crudele: che scorretta!

“Chi sei?” mi faccio accanto allo specchio dove mi aspetterei di vedere la giovane Dama invece mi ritrovo davanti una scena davvero strana. Il mezzosangue biondo siede all’interno di una soffitta polverosa e produce quel rumore fastidioso.

“Non vi sente” quel sinistro personaggio è accanto a me, non so quando è entrato nelle mie stanze e non me ne curo. Fantasmi e Amanti, la mia stanza è preparata a tutto. Può accettare anche un Impresario Funebre.

“Fallo smettere tu allora” lui volta il suo sguardo strano sulla superficie dello specchio. Prima mi stava fissando con quella attenzione che ti infastidisce perché ti ordina di abbassare lo sguardo a terra.

Perché dovrei? Il dolore è eterno”

E’ deve soffrire proprio nel mio specchio?”

“In vero lui crede di star soffrendo da solo è lei che partecipa al suo dolore” appoggio una mano sullo specchio, è duro e freddo come una lapide.

Perché soffre?” lo chiedo piano per non palesare un interesse.

“Che domanda sciocca, Signorina Granger, soffre perché ha male al cuore. Non ricorda più come si fa non è vero?” mi guarda ancora e mi lancia quel sorrisino così strano.

“Non tutti soffrono allo stesso modo”

“Convengo con Lei, ma piangere le renderebbe la vita semplice”

“Non è nella mia natura piangere”

“Ah meschino io che la credevo una ragazza”

“Lo sono ma questo non vuol dire che perda il mio tempo a piangermi a dosso”

“E che altra occupazione femminile è avvezza a fare?” mi stava insultando eppure mi misi a ridere, quell’uomo, con il suo essere totalmente fuori dagli schemi mi divertiva in modo insolito. Risi ancora e lui mi sorrise di rimando.

“Come posso farlo smettere?”

“Temo sarà costretta ad aiutarlo”

“Lo immaginavo” sbuffai

 

DRACO

 

Mi ritrovai da un momento all’altro circondato da Joe e da Hermione Granger.

Il luogo era cambiato, non riconoscevo la stanza in cui ero finito ma lei sembrava farlo e anche Joe che senza scomporsi troppo schiantò la Granger e mi recuperò.

“Era necessario?”

“Lo è sempre, inoltre zittire una donna e una delle poche gioie di un uomo che non comporta lo spogliarsi”

Le lancio uno sguardo obliquo, non posso lasciarla in terra, la pendo e delicatamente la appoggio sul materasso.

Le porto una ciocca di capelli dietro all’orecchio, ha i tratti di una bambola di ceramica e il corpo è così sottile che temo di romperlo fra le miei dita non abituate alla delicatezza. La mano sinistra trama per lo sforzo.

Che cosa fa Signor Malfoy?” Joe mi guarda dall’alto, il suo sguardo non è addolcito dalla visione che è la Granger.

“Non è bella quando dorme? – mi spaventa la frase che uso – Sembra quasi che dorma, anche se è schiantata, come in quelle vecchie fiabe babbane

Ma lì si baciavano le principesse” mi porta una mano sulla spalla e io mi alzo senza lasciare il suo viso avvolto nel sonno innaturale dell’incantesimo.

“Lei è una regina”

Infatti è troppo vecchia” lo fisso un attimo in più, che individuo strano.

“Signor Black lei continua a mutare la percezione che ho di lei e non sempre in meglio”

“Meno male, temevo che la sua percezione fosse positiva” mi lancia uno sguardo strano e poi torna ad indicarmi la porta “E’ tempo di affrettarci, non abbiamo molto tempo”

 

HERMIONE

 

Siedo compostamente nella poltrona in velluto blu della mia stanza, non ricordo quando sono entrata nello specchio e sono atterrata sul tappeto, non ricordo di essermi alzata e di essermi stesa nel mio letto. Non ricordo nulla. Non so nemmeno come sono passata da una parte all’altra. Non sapevo si potesse fare. Lancio uno sguardo al riflesso della mia stanza e piano mi mordicchio il labbro inferiore e aspetto pazientemente di capire il perché della mia presenza lì.

La porta della mia stanza si apre piano e compare la figura che non credevo di aspettare, anche se non ne sono veramente sicura, perché il secchione che non aspettavo non dovrebbe trovarsi a casa mia e meno che mai si potrebbe muovere per casa mia senza motivo, inghiottisco piano e provo a contraddire me stessa, cerco la freddezza e la compostezza che con lui mi è sempre riuscita:

“Malfoy” lui non mi sorride ingenuamente, ne sembra nervoso in nessun modo, anzi mi viene incontro e mi si siede proprio di fronte, a una poltrona di distanza, come era già successo quando avevano stipulato il nostro contratto.

Da quel giorno sono cambiate tante cose eppure il temo a me sembra davvero coagulato in poco meno di una settimana, in realtà sono passato un mese non posso crederlo. I miei giochi durano solo due settimane.

“Granger” risponde lui e non aggiunge altro e per un attimo sono io a sentire su di me il peso del nervosismo che cresce, non riesco a resistere.

Perché sei in casa mia?”

“MI ci hai portato tu quando hai aperto lo specchio, sapei che agiscono come passaporta vero?” no non lo sapevo non credevo che avessero tanta utilità.

Perché ero sul letto?”

“Ti ci ho messo io, quando sei arrivata hai battuto la testa molto forte e sei rimasta svenuta”

“Sei un mago potevi farmi rivenire” rispondo asciutta, lui si aggiusta meglio sulla sponda del letto e mi fissa di rimando con arguzia che non gli era consona.

“Eri più bella quando dormivi” e mi sento fragile sotto quell’esame attento del suo sguardo, mi fissa e non riesco a smettere di pensare che sia un bel ragazzo, il verme, lui intanto mi fissa e sembra notare l’imprecisione del mio volto.

“Granger noi siamo mai andati nel privè?” lo chiede a bruciapelo e io boccheggio, come poter dire la verità? Sarebbe stato ammettere che lo avevo sempre portato in quel luogo per poter poi dimenticare l’accaduto. Nemmeno io avevo idea di cosa succeda al suo interno ma sul mio braccio annotavo le volte e me ne ero contate almeno tre.

Perché me lo chiedi?”

“Non lo so. Penso che dovrei dirti che hai ragione su qualcosa ma non posso ricordare nulla. Penso che all’interno del privè agisca una magia di dimenticanza” annuisco assente, la magia di dimenticanza, mi concentro, so che è inutile provare a ricordare cosa sia successo per tutte le volte che avevamo deciso di andare… Ci eravamo andati?

Non doveva essere successo nulla di importante comunque perché lui non lo avrebbe mai permesso, era troppo geloso della sua verginità.

“Io ho sempre ragione, non è molto importante il motivo” lo dico con la voce piacevole e seducente che normalmente fa rabbrividire gli uomini.

“Ti devo chiedere un ultima lezione, poi penso di essere pronto” mormora e quella nuova sicurezza sembra vacillare e con gli occhi mi cerca, sono io l’artefice della sua trasformazione, l’unica, il potere è rigenerante.

“Quale” il mio tono è neutro.

“Insegnami ad amare” sorrido sardonica.

“Io non so amare”

“Non intendo l’amore concetto, quello te lo potei insegnare io. Ti parlo dell’amore fisico” le sue guance si imporporano ed un piccolo brivido involontario mi scivola lungo la schiena, mi piace molto quando lui arrossisce.

“Fammi capire bene, tu voi che io ti insegna l’amore fisico? Ma tu non ti dovevi conservare per la donna che amavi? Per la tua Ginny” lo vedo annuire piano, come se avesse preparato questo discorso per giorni.

“La mia Ginny non è mai esistita, lei vive qui – punta la sua testa con un dito e poi sorride cattivo, come solo io posso avergli insegnato – ma non voglio più aspettare”

“Vuoi imparare le sveltine?” lo dico con freddezza e cattiveria e lo vedo boccheggiare perso in quell’oceano a lui sconosciuto in cui io sono la sua Nettuno. Il suo sguardo si fa liquido poi lo abbassa e annuisce piano.

“Non c’è molto da imparare, devi solo assecondare i tuoi istinti” non termino la frase che il biondo si alza dalla sponda del mio letto e mi arriva vicino.

“Posso, con te” non è più sicuro, io gli tolgo questa sicurezza. Provo uno strano tepore al fondo del mio stomaco e mi alzo anche io dalla poltrona.

“Non costringere te stesso se non vuoi” lo dico con semplicità, e lui mi fissa a lungo mentre mi allontano da lui per  mettermi di fronte allo specchio, come ha funzionato questo coso? Come faccio a tornare alla mia stanza di Hogwarts?

E fuggire da un Draco Malfoy mai come quel giorno così poco secchione.

 

DRACO

 

Ridicolo.

Dovevo sembrare un idiota, vestito tanto bene, ma piantato al centro della sala.

Ridicolo? Mi riscossi all’improvviso, non potevo permettermi di essere ancora ridicolo, avevo ripudiato il vecchio e timido Draco di un tempo.

Il vecchio Draco è morto.

L’hanno ucciso, come hanno fatto con  i miei genitori, non sono mai esistito come il piccolo mezzosangue che fino ad oggi credevo di essere. Non voglio provare più neanche certi valori, non voglio sentirsi più umano come prima.

Attraversai la stanza a lunghi passi e l’afferrai per le spalle per poi stringerla in un abbraccio.

Cosa fai?” chiede Hermione sorpresa dal suo ardire tanto temerario.

“Ci provavo” la lascio andare sconvolto dalla vergogna, mi continuo a sentire un povero idiota, ma lei si volta verso di me e mi sorride dolcemente, non lo so perché si sta comportando in modo tanto gentile con me, ora non ci voglio pensare, perché illuminata con questa luce lei mi sembra una dea, bellissima e con quel sorriso sereno sulla bocca mi appare anche più bella, se possibile.

“Draco, non pensare a troppe cose e lascia stare i libri e i film, vedi – mi indica la sua stanza così silenziosa – Non devi stupire nessuno, se non la persona che hai davanti, ma non devi essere un animale, una specie di toro da monta. Devi essere gentile con le donne” smette di parlare e mi guarda e anche io la fisso, non so che fare.

“Allora?” dico piano, sperando di non apparire ridicolo alla Granger che mi continua a sorridere.

“Sorprendimi, Draco” lo pronuncia ancora il mio nome con quelle labbra bellissime. Penso a qualcosa che potrebbe sorprendere quella bellissima e spregiudicata...

No per stasera lei sarà quello che io desidero, quella che io voglio, lo posso leggere nel suo sguardo che non è mai stato tanto dolce e nella sua pazienza che normalmente dura poco per risolversi in violenza.

Prendo la bacchetta e pronuncio un incantesimo non verbale, parte una musica babbana lenta, classica, e le tendo la mano non riuscendo a evitare un leggero tremore che la scuote.

La guardo negli occhi e li sorprendo leggermente dilatati, per la sorpresa, ma subito mi torna a sorridere e mi tende la mano in risposta, teneramente la avvinco a me.

“Anche le Regine, meritano di essere trattate da principesse, ogni tanto” la mia voce è un sussurro, questa frase non ha senso ma la vedo sorridere piano mentre la musica ci continua a trascinare in questa danza lenta di vicinanza e di allontanamento.

La Granger non sa ballare benissimo e nemmeno io sono un asso, le poche lezioni che ricordo sono quelle del Ballo del Ceppo e non ero stato affatto l’anima della festa, di conseguenza, non dovevo e non potevo continuare a ballare per molto anche se, la parte del romanticone mi stava cominciando a star stretta.

Lei sembrava gradire questa attenzione, così continuai finché la musica in un finale in cui le tensioni si andarono chiarendo non mi si fermò a una spana da viso.

“Baciami” lo dice in un sussurro e protrae le labbra carnose verso di me, vorrei impazzire, ma lei mi ha detto di stupirla così supero le agognate labbra rosa e le poso un bacio dolce sulla fronte, stringendole le mani e risalendole piano le spalle.

Lei apre gli occhi e in quello sguardo di giada appare la sorpresa digitata a caratteri cubitali nei suoi occhi.

Riabbasso il capo e ancora una volta supero verso l’alto le labbra bellissime e le tocco l’attaccatura della fronte col naso poi scendo sul nasino fino a posare un bacio sulla punta, le mie mani intanto disegnano dei lenti cerchi sulla sua pelle, coperta dalle maniche della maglia leggera. Indossa il suo pigiama ma non mi è mai sembrata tanto bella.

Con la soddisfazione del primo della classe, sento la sua schiena che si tende creando, ne sono certo, una deliziosa curva che mi ritrovo a immaginare da mordere.

“Ora cosa devo fare?” lei sembra cadere dalle nuvole quando glielo chiedo, presa com’era dalla mia danza e ci mette un attimo di più prima di rispondere a tono.

“Dovresti ottenere la resa della ragazza in questione – prova a usare n tono professionale, ma la sento ancora rabbrividire – Se non intendi baciarla per paura di un ceffone, e se non vuoi essere tanto cafone da chiederle se vuole giacere con te allora invitala a bere qualcosa o qualsiasi altra scusa possa funzionare.

Ricordati che come l’hai approcciata con simili mezzi la devi farla cedere” finisce di parlare e mi fissa di nuovo, ho capito perfettamente cosa lei intende, devo farle dire di Si, con ogni mezzo, ma prima.

Poso le mie labbra sulle sue che a contatto con le mie si scostano.

“Troppo frettoloso” sento il sangue ribollire alle sue parole, meno di cinque minuti fa, se l’avessi sdraiata in terra non avrebbe avuto che urletti e ora fa la preziosa.

“Credevo che non avresti avuto nulla da ridire” dico, cambiando strategia, anche lei capisce e sta al gioco, la sua bocca si piega in un ghigno che me la fa riconoscere.

“Credevi male” risponde senza esitazioni, sono di nuovo nel suo campo.

“Ti posso offrire da bere?”

“Sono astemia” le sorrido divertito e mi avvicino a lei ma si allontana, senza guardarsi attorno, mi continua a sorridere.

“Bugiarda” alza un sopracciglio, ha capito che noo può più fingere, io corteggio lei non una sua copia venuta male, si dovrà comportare come sa.

“Può essere che io non voglia accettare alcolici da uno sconosciuto” atteggio il mio viso in una smorfia di dispiacere.

Ma io non sono uno sconosciuto, Granger”

“Tu conosci il mio nome, ma lo conosce metà scuola, non credo di conoscerti”

“Certo che mi conosci, io sono il sogno di ogni notte, quello che ti svegli e vuoi ancora” non lo so da dove mi è uscita questa frase ma lei sorride divertita.

“Un punto per l’originalità, nessuno mi ha mai risposto così” continua  a ridacchiare e io continuo a guardarle le labbra e mi rendo conto che anche lei le guarda, questo mi fa salire il sangue alla testa, non riesco a fermarmi. L’afferro e la spingo sulla poltrona, ricade pesantemente sulla stoffa di velluto, lei smette di ridere.

“Non ne posso più devo avere le tue labbra sulle mie” lei spalanca gli occhi sorpresa e anche le labbra seguono più moderatamente questa sua reazione, e io veramente non ne posso più.

La bacio, con tutta la foga e la voglia che mi scuote le membra.

E lei risponde, penso di morire quando la sento isolarmi il labbro superiore e prenderlo a succhiare piano, sento il sangue che defluisce e una scarica elettrica, proprio lì, le mie mani si appoggiano ai due braccioli e schiaccio il mio corpo al suo, tremo leggermente quando lo sento, ho una voglia irresistibile.

La lascio libera e ci fissiamo, le sue labbra sono rosse e umide e i suoi occhi sono di un ambra scura, entrambi fremiamo di sentimenti contrastanti.

“Come sto andando?” dico piano, come uno scolare che spera di aver scritto bene il suo nome.

“Alla grande” lo dice con una voce strana, non è più la sua e le sue mani si abbracciano alla mia testa e comincia a baciarmi, è lei a farlo, sento la vittoria e la voglia che salgano fino a straripare.

Il suo corpo vicino al mio.

Il mio sul suo.

Cosa stò facendo?

E quel nuovo sapore di fumo e di alcool che la sua bocca stampa nella mia.

Cosa mi fa?

E ora siamo sul letto, ci siamo di nuovo, non so come dalla poltrona ci siamo passati ma ora siamo sul letto. La maglia nuova si affloscia sul pavimento scoprendo quello che con la fatica del rancore mi sono creato:

Mmm...non ti immaginavo così” dice con la voce arrocchiate e passa una mano su quei muscoli che non so come sono riuscito a creare, ora non so perché l’ho fatto, dieci minuti le avrei anche saputo rispondere a tono, ora no,un urgenza febbrile si impossessa di me.

Sono io che comando.

Le sfilo la sottile magia, che rivela un tesoro inaspettatamente magro, non l’avrei mai detto ma la Granger è sempre così coperta non avevo mai notato che fosse così magra.

Le mie riflessioni sono interrotte un'altra volta ancora quando una nuova ondata si impossessa di me, la spingo quasi con violenza sotto di me e poi a un tutto si blocca tutto anche la mia voglia:

“Mezzosangue – un dito caldo, rincuorante, passa sulla mia guancia, l’unghia graffia soave la pelle curata e levigata come una carezza ma più rude e quel gesto fatto da lei, questo gesto che tra mille poteva essere qualsiasi altro mi blocca, raggelandomi – Piano, la prima volta tutti hanno bisogno di dolcezza” ed è gelo dopo quelle parole e poi è un nuovo rincontrarsi di bocche.

Bocche, mani e altro...molto altro.

 

HARRY

 

Un gufo bianco picchietta contro il vetro trasparente della finestra e mi sveglia, stavo facendo dei sogni strani, legati irrimediabilmente a Ginny e al suo viso che mi tortura peggio di quello di Lord Voldemort.

Mi alzo dal letto imprecando contro quel maledetto gufo che continua imperterrito a bussare contro il vetro.

“Arrivo, arrivo” apro la finestra e il pennuto maledetto con un movimento fluido si posa sul letto di Draco lasciando il suo fardello per poi uscire di nuovo per raggiungere la voliera.

Ma si vattene pure, dopo avermi svegliato! Maledetto pollo con le ali funzionanti!” continuo ad essere innervosito un po’ per il sonno agitato e un po’ per la sveglia frettolosa, un po’ anche perché Draco non è ancora tornato e non è da lui questo comportamento.

Me ne sto per tornare nel letto dove sarei ricaduto in un sonno profondo quando, la scritta luminosa URGENTE illumina le lettere di Draco ed attira la mia attenzione.

Mi siedo sul copriletto freddo e prendo la bacchetta, accendendola con un Lumos, sono sempre stato una persona curiosa e la preoccupazione che avevo verso lo strano comportamento del mio amico mi spinsero a distruggere la cera lacca recante uno stemma che non avevo mai veduto.

Un semplice scudo liscio su cui si ergeva un drago dalle fauci spalancate; intorno allo scudo crescevano dei giunchi e delle piante che si intrecciavano fra loro a formare una corona.

“Scusami, ma devo capire” sussultai e aprì la busta di carta.

Era la lettera di una scrittura a me sconosciuta, accanto una piccola busta magica in cui normalmente si mettevano documenti importanti, potevano contenere decine e decine di file.

 

 

 

Al Signor Draco Lucius Malfoy,

 

Un giorno vostro padre, Lucius Abraxas Malfoy, mi chiese di tenerle questi documenti da parte, così le restituisco tutti gli incartamenti che la riguardano.
Attraverso questo materiale lei capirà che tutto quello che le ho raccontato, era la verità, come i miei poveri occhi l’hanno veduta, solo recentemente sono riuscito a risalire alla sua ubicazione, ovvero la casa dei suoi presunti nonni, questo perché la maggiore età ha spezzato l’incantesimo di protezione che gravava su quella casa e mi ha restituito voi.

Spero riusciate a fare tesoro di quando leggerete.

Servo Vostro

Joe Black

 

Cosa significava quello che avevo appena letto?

Sapevo per voce della preside che doveva esser successo qualcosa di triste alla nonna di Draco, ma vedendolo sereno avevo pensato ad un falso allarme e invece questa lettera apriva un sacco di misteri... Chi erano Lucius  Abraxas Malfoy che quel Joe Black spacciava per il padre tristemente scomparso del mio compagno.

Draco non mi aveva mai detto il suo nome perchè diceva che sua nonna non riusciva a pronunciarli. Quel Joe inoltre li chiamava presunti nonni di Draco e io non riuscivo a capirne il motivo. E poi loro erano babbani, perché allora un gufo da un... servo?!? di Draco.

Senza pensarci troppo per quanto la mia stessa anima rimpiangeva quell’eccessiva intimità, mi immersi nella lettura dei fogli contenuti nel piccolo raccoglitori che si rivelarono abbondanti e fitti di pagine con l’assoluta sicurezza che le parole che mi comparivano davanti non fossero che falsità, poco tempo dopo sono raggiunto da Ron e mi ritrovo a spiegare quello che i miei occhi non riescono a capire.

 

HERMIONE

 

“Dove vai?” guardo i suoi occhi grigi e mi chiedo come ho fatto ad addormentarmi accanto a lui, non lo faccio mai, non mi piace farlo, perché se dormi accanto a qualcuno finisci per abbracciarlo o per borbottare pensieri che finiscono per essere segreti che lui sfrutterà contro di te.

Non rispondo, mi giro di schiena e continuo a rivestirmi. Sento un movimento dietro di me e quando mi rigiro di nuovo per prendere i calzini vedo che si è infilato i boxer e la camicia, lasciandola però aperta.

“Come si torna ad Hogwarts?” lo chiedo  innervosita, mi irrita quella calma, siamo in camera mia, come ho potuto portarlo in camera mia.

“Basta appoggiare la mano sinistra sullo specchio e desiderare di tornare, di tornare indietro o alla soffitta della mia casa o nella tua stanza ad Hogwarts” annuisco ma sono accora innervosita, lascio che i miei occhi vaghino guardinghi da una parte all’altra della stanza, il Mezzosangue ha raccolto tutta la sua roba ma continua a restare in mutande e a fissarmi con quel sorriso amichevole sul volto.

“Sono le dieci del mattino, non essere tanto frettolosa, oramai le lezioni saranno cominciate e nessuno ci vedrà arrivare” sono arrabbiata e non mi piace il suo tono amicale,così tanto accondiscendente.

“Stai zitto mezzosangue” il suo sorriso aperto si gela di botto come se lo avessi investito in piena faccia con uno schiaffo o con una secchiata di acqua gelida. Poso la mano frettolosamente sulla superficie fredda dello specchio a figura intera e mi ritrovo nella mia stanza.

Non ho nemmeno toccato con i piedi a terra che sento la replica del Mezzosangue alle mie spalle; mi ha seguito il maledetto!

“Come mi hai chiamato?” mi gira intorno e lancia i suoi vestiti sul mio letto, mi accorgo come presa dal panico che è molto più alto di me e la camicia lascia intravedere dei muscoli, per la prima volta mi rendo conto che non so i limiti del Mezzosangue perché non l’ho mai davvero sfidato come ora.

Il Mezzosangue non è Blaise non so quando si fermerà e se lo farà.

“Ti ho chiamato Mezzosangue, come il verme che sei” mi lascio andare a una risata compiaciuta e aspetto che lui abbassi la testa e faccia un passo indietro facendo sbattere la sua testa contro il petto. Invece lui se ne resta serio, non abbassa lo sguardo.

“Ti consiglio di ritirare subito quello che hai detto se non vuoi farti male, piccola e stupida purosangue viziata e dalla dubbia  sessualità” riduco i miei occhi a due fessure e vorrei uccidere quei maledetti occhi grigi che sono tanto interessanti anche ora, soprattutto ora che bruciano di una fiammella grigia ed intensa.

“Ho detto la verità” mi difendo

“Ti sbagli di grosso” mi risponde lui, sorride di nuovo ed è un sorriso nuovo, non gliel’ho insegnato io e non l’ha mai avuto nemmeno lui, è un sorriso falso e velenoso e divertito insieme, no lo so nemmeno spiegare in verità.

È un sorriso nuovo. Mi fa davvero paura adesso.

“Sul fatto che sei un verme?”

“Io sono Draco Lucius Malfoy, unico erede della casata Malfoy, figlio primogenito di Lucius Malfoy e Narcissa Black” spalanco gli occhi ma ostinatamente chiedo ancora, per esserne davvero sicura.

Cosa vorresti dire?”

“Quello che ho detto, sono un purosangue

Lui riprende fra le mani le sue cose e spalanca la porta della mia stanza. Con orrore mi rendo conto che non siamo soli completamente solo come aveva pronosticato.

 

 

BLAISE

 

E così mi sbagliavo di grosso Hermione Jane Granger, peccato che il Mezzosangue se ne andava sgambettando per il dormitorio alle undici del mattino in box e camicia, come un modello, sbraitando la purezza del suo sangue… peccato fosse uscito dalla camera della mia fidanzata così combinato!!

“Buongiorno Herm” chiusi la porta alle miei spalle e la fissai con attenzione, era al centro della stanza con gli abiti visibilmente in disordine e le mani che non sapevano dove andare se finire dietro la schiena o in tasca o sui fianchi. Alla fine scelse in tasca e vi sprofondò le mani.

Si limitò a scoccarmi uno sguardo pericoloso ma non rispose.

“Hai dormito bene, o scusa volevo dire...hai cavalcato bene?” attraverso la stanza e mi siedo sul materasso del suo letto, lei mi guarda con un espressione disgustata.

“Ti prego Blaise evitami le tue battute triviali questa mattina che non ho nessuna voglia di risponderti” mi avvicinai a lui ed egli mi tirò al se.

“Smettila” le afferrai i fianchi e la sistemai in grembo, no non pensavo a pensieri licensioni, ero troppo arrabbiato e insieme troppo stanco per essere arrabbiato nel modo folle solito. Le afferrai le guance e gliele chiusi nella morsa delle mie mani, i suoi occhi mi fissarono seri.

“Tu sei la mia fidanzata, voglio, anzi no, esigo una spiegazione per la tua assenza di questa notte, sai come mi sono umiliato quando stamattina non ti hanno trovato per potarti una maledetta lettera e si sono accorti che invece io c’ero? Puoi solo immaginare le risatine e i doppi sensi che mi sono dovuto sorbire. E tutto per cosa? Per un maledetto mezzosangue che si è dimenticato il suo posto? ” si divincolò ma la trattenni, continuai a parlare piano, quasi stessi chiacchierando del più e del meno.

“O forse sei tu che hai dimenticato il tuo posto?” la lasciai andare ma continuai a fissarla, aveva gli occhi grandi ed enigmatici ma non facevano effetto, non quella mattina.

“Tu non hai nessun possesso su di me Blaise, tu non sei niente!”

Ed è qui che ti sbagli, mia cara. Io sono il tuo dannatissimo fidanzato! E se continuerai ad ignorarlo, se continuerai a credere che sbatterti i Mezzosangue sia qualcosa per cui mi abituerò, hai sbagliato palazzo. Tu sei mia, sarai mia moglie e io non tollererò scappatelle da parte tua” ripresi fiato e le voltai il capo verso quel maledetto specchio.

“Hai un bellissimo specchio sai Herm, non avevo mai notato la sua magia, finché ieri sera quando sono entrato in questa stanza non l’ho trovata vuota. Sono andato a quello specchio e ho desiderato vederti e sai…ti ho visto” i suoi occhi si spalancarono all’improvviso per la comprensione.

“Ci hai visti”

Si vi ho visti” la lascia andare ma lei non voleva più scappare, si mise solo al mio fianco senza che nemmeno i nostri vestiti si potessero toccare.

Il silenzio galleggiò ancora un attimo. Mi permisi solo un attimo poi le diedi la notizia.

“E’ arrivata una nuova lettere di tuo padre, il fidanzamento è stato ufficializzato a sopresa, fra meno di una settimana ci verranno a prendere, e tu sarai mia moglie”

“E’ una cosa impossibile, dovrei avere ancora due mesi” la vidi contare i giorni, poi i mesi con quelle dita delicate da pianista del sabato. Contava e ricontava ma i conti continuavano a non tornare. E non aveva sbagliato.

“La villa di tuo padre è stata scassinata questa notte, immagino non te ne sia accorda dato che eri più impegnata in altre più piacevoli faccende. Hanno rubato degli incartamenti che mettono in pericolo la sua proprietà e in questo momento non sarebbe davvero il massimo. Inoltre il tuo improvviso interessamento nei confronti dei Mezzosangue viene visto sempre con meno indulgenza dalle alte sfere”

“Tu maledetto” e con tutta la forza che possedeva mi si avventò addosso, per la sorpresa,  sulle prime non mi difesi e lei potè graffiarmi una guancia ma subito dopo  le afferrai i polsi e la schiacciai con il mio peso sul materasso, fermandole anche le gambe. L’avevo neutralizzata.

“Dannazione Hermione ma non capisci che io provo a salvare il tuo onore? La tua famiglia cadrebbe in uno scandalo se sapessero che durante il fidanzamento stavi con un Mezzosangue. Lo capisci Hermione?” no non lo capiva lo vedevo nel suo sguardo offeso. Non lo capiva affatto la gravità di quello che aveva fatto.

“Non lo sa...”

“Lo sanno tutti, Hermione, tutti lo vedono, come lo vedo io, tutti sanno della tua assenza e tutti hanno visto il Mezzosangue uscire dalla tua stanza stamattina combinato in quel modo. Come hai potuto farmi questo Hermione, a me, che ti ho amato per tanto tempo, che continuo ad amarti” la lasciai andare via e mi ripiegai su di me, sperai di non piangere per non darle un’altra sicurezza ancora.

“Tu non sei in grado di amare. Tu non sai cosa significa amare, quello è difficile e non lo riesci ad avere se non con difficoltà, devi lottare per averlo”

“Io lotto per te”

“Tu mi vuoi solo perché io non ti voglio, se io ti volessi, tu mi lasceresti per un’altra che ti ignora”

“E allora perché dici che l’amore è lotta?”

“Non so spiegarlo, non ne ho mai avuto motivo di spiegarlo solo che ora…”

“Ora ti sei innamorata e non sono io quella persona” alzai di botto la testa e la fissai con intensità, non capisco, non ha senso quello che ha detto, questo pensa il mio cuore ma il mio cervello la mia razionalità lo sa: è la verità. L’ho sempre saputo ma l’ho ignorato volontariamente.

“Io sono incapace di amare quanto te” sento le mie labbra piegarsi in un sorriso e sanno di amaro quelle labbra che si incrinano.

“Tu hai tanto da dare, il problema e che la persona a cui lo puoi e lo vuoi donare non sono io, ma io non ti posso lasciare andare, un purosangue non infrange la parola data, mai”

“Blaise…”

“Non ne parliamo più – mi alzo dal materasso e mi avvio alla porta, – Ma prima devo dirti una cosa importante”

“E io che credevo stessimo a raccontare barzellette fino ad ora”

“Stanotte tu sei stata da tuo padre, naturalmente in gran segreto perché non avevi il permesso della scuola, questo perché il nostro matrimonio si celebrerà fra una settimana, hai scoperto che nel tuo grembo cresce il prossimo erede della casata Zabini”

“Non è vero” fu quasi un urlo ma non l’ascoltai, le lanciai uno sguardo gelido che sembrò congelare la sua sicurezza.

“Tu sarai la prossima Signora Zabini e non importa cosa o chi dovrai ingannare, non mi importa che non provi amore per me e non mi importa nemmeno che tu ami il Mezzosangue, ho detto che ti sposerò e tuo padre ha accettato, non hai scandali da far scoppiare Hermione questa volta, ne fidanzati poco fedeli da far fuggire.

Mi compiacerai con i tuoi sorrisi più dolci, mentirai per me e mi dirai quello che voglio farmi sentire... Mi hai capito?”

Perché dovrei farlo?”

“Perché sei una Purosangue e se non vuoi che l’unica cosa che possiedi,il tuo dannatissimo orgoglio, ti sia tolto! Farai quello che ti dirò io, mi hai capito bene?”

“Ho capito”

“Benissimo mia cara, buon proseguo di giornata” ed uscì dalla sua stanza per una volta quello in pezzi era il mio cuore e il suo orgoglio.

Per una volta avevo avuto l’ultima parola.

Me la sarei fatta bastare.

 

 

Fine del Diciottesimo Capitolo

 

 

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Capitolo 19
*** 19- God save the Queen ***


C19(BG)

Per quanto sia alto il trono,

rimani pur sempre seduto sul tuo culo.

 

Capitolo Diciannove:God save the Queen

 

Qualcuno una volta mi ha detto che la vita è una scacchiera.

Un immensa scacchiera, non sono più 64 le celle ma sono 64'000, con intervalli neri e bianchi. Non sono visibili limiti, o spigoli, o angoli da cui poter cadere e interrompere la partita.

O combatti e vieni mangiato; o interrompi la partita e sei un perdente.

Due schieramenti, i Bianchi e i Neri.

Trentadue pezzi, sedici per ogni esercito: otto pedoni, due torri, due cavalli, due alfieri, un re e naturalmente una regina.

L’obiettivo del gioco è dare scacco matto al Re.

Dopo il Re il pezzo più forte è la Regina e anche quello che rischia di più fra i due coniugi, il pezzo che si può sacrificare, che si può offrire al Re oppressore per interrompere la battaglia.

La Regina è un pezzo che si sacrifica e allora; che Dio la salvi.

 

 

DRACO

 

Il ritratto della Signora Grassa mi fa passare incurante del cambiamento che è avvenuto in me, mi sorride e prova ancora ad addomesticare la sua voce, la lascio fare e sento il mio viso sorridere di quel sorriso freddo che non sapevo di possedere.

“Ci vuole sangue passionale per poter cantare come faccio io” commenta prima di rilevare l’entrate del mio dormitorio. La lascio fare, le potrei spiegare che capienza branchiale e flusso sanguigno non si scontrano, le potrei spiegare nei minimi particolari che la definizione esatta era ugola d’oro e che il sangue caliente era per le passioni o per i temerari. Ma mi limito a passare il ritratto, mi sento come drogato questa mattina, tutto quello che mi circonda non mi tocca.

Il pensieri crudeli e il sangue gelido che ho sempre nascosto – ora posso rivelarli al mondo – mi appartengono, mi sono sempre appartenuti.

Nessuno nota nulla anche perché la mattina è inoltrata e i miei compagni sono fuori a studiare. I Grifoni, al contrario dei Serpeverde, non saltano spesso le lezioni o se lo fanno hanno sicuramente un buon motivo coraggioso e altruista da portare a termine. Forse sono io quello particolare, nessuno se non io si è accorto della leggera differenza che si può leggere nel mio sguardo, nessuno lo immagina e forse nemmeno io lo riesco a capire fino in fondo.

Sento il mio viso freddo e stranamente i miei occhi non sono bagnati, mi stupisco non è da me non piangere eppure per quello che ho fatto oggi la mia anima e totalmente condannata, non si torna indietro me l’ha detto Joe e io non ho fatto altro che annuire ed eseguire anche se fra i due il servo è lui.

Questa notte l’Avvicino è stato privato dei suoi segreti e dei suoi artigli; di lui non  è rimasto che una rana molle in grado di urlare e di annaspare ma non di attaccare, non più, perché ho fatto miei i suoi artigli.

Chissà come reagirebbe l’Avvicino se sapesse che la sua funesta figlia mi ha aiutato in questo e poi mi ha dato una copertura. No, la copertura me l’ha data quel fallito del suo fidanzato e Joe. Oh Joe aveva previsto tutto!

Salgo piano le scale del dormitorio, mi devo fare una doccia, mi sento stanchissimo mentalmente, l’Imago mi rilasserebbe, ma so già che non lo posso fare, ho alcuni debiti da saldare, alcuni frammenti della mia anima da svincolare.

Quando entro nella mia stanza, sono le dodici e un quarto. Ho i vestiti leggermente scomposti, il viso stravolto e i capelli arruffati, ma questo non sembra stupire o fermare i miei due compagni di stanza e di vita che mi accolgono con uno sguardo indagatore, prima di tornare alla loro occupazione: giocare agli scacchi magici.

Harry e Ron giocano da anni, naturalmente Harry ha i Bianchi e Ron invece ha i Neri e dato che fra i due Harry è il meno astuto Ron sovente gli lascia quel colore, per cortesia amicale, in modo tale che la partita possa durare di più.

“Pedone in d4” remissivo il pedone si piegò alla più classiche delle aperture, il Re Bianco sospirò a quanto pare Harry era migliorato, non tentava l’arroccata iniziale con il Re.

Ron sorrise anche lui e si rese conto della maturità di Harry.

“Pedone in d4” i due pedoni si trovarono uno di fronte all’altro, il primo ringhiò e il secondo rispose con un sorrisino sarcastico indicando le sue spalle, la Regina Bianca fece un ciao ciao con la manina, imitata dalla compagine Nera.

Harry sorrise a Ron.

Gli uomini sono ancora delle scimmie, si limitano il più delle volte ad imitare quello che fanno gli altri esseri umani, per osmosi, non perché ne siano davvero convinti:

“Pedone in c4” il pedone si posizionò al fianco del suo compare.

“Harry, sai che non rifiuto mai una donna, dxc4” il pedone affettò con un solo colpo della spadina minuta il suo nemico, portandosi accanto al pedone nemico, costretto dal gioco a fissare il Re e non potersi coprire il fianco.

Sorrisi anche io e continuai a riporre le mie cose nell’armadio.

“Regina a4” a quanto pare Harry aveva fatto i compiti a casa; Ron continuò “Pedone c3”

“La mia Regina  mangerà il tuo pedone caro il mio Ron, axc4” la Regina si alzò dal suo trono e lo sbattè contro il povero pedone che si sgretolò sul posto.

La crudeltà degli scacchi mi aveva sempre dato sui nervi. Macabra e senza motivo se non far capire che la guerra quella vera non era solo fatta dai generali ma comportava la distruzione e l’annientamento di vite. Danza di lottatori rimasti privi della propria musica, costretti a dimorare in quel piccolo mondo a scacchi. Rimasi a lungo affascinato, come il topo ipnotizzato dagli occhi gialli dell’infernale serpe.

La violenza che aveva sempre esercitato uno strano potere e l’immediata repulsione era invece un tratto caratteristico del mio animo.

Quella violenza mi apparteneva.

“Draco stai bene?” chiese Ron e mi fissò con uno sguardo strano, forse il mio nuovo affetto per gli scacchi dei maghi non la capiva nemmeno lui.

“Mai stato meglio” risposi prontamente e mi voltai a riporre nella canestra diretta alla lavanderia i vestiti sporchi.

Entrai in bagno, lo specchio stretto mi restituì uno sguardo rosso di sonno, gli occhi erano iniettati di sangue e mi fissavano con rabbia. Non ero più un verme.

Mi infilai sotto il getto gelido dell’acqua, ogni mattonella fotografava una parte di me da un angolazione differente, vedevo i miei occhi, le mie labbra, il mio naso e poi ancora mi sembrava di scorgere qualcosa di nuovo, chissà se il cambiamento del sangue si poteva scorgere anche all’esterno sul volto liscio che scorgevo sulla parete.

Tutti i comportamenti a cui non riuscivo a dare un significato e anche le immagini dei miei sogni molesti...Tutti questi elementi avevano trovato un perché, una risposta imprevista nell’incontro con un vecchio amico. Joe Black.

I miei veri genitori, i coniugi Malfoy, tristemente scomparsi dal Mondo Magico.

Uno scandalo vecchio di diciotto anni, dimentico dai più perché non più succoso, non erano stati altro che una delle famiglie, una delle tante che erano state distrutte dalla follia dell’Oscuro Signore, non piante da nessuno perché non era rimasto nessuno per piangerle, un altro regalo di Lui. L’Avvicino.

Uccisi dai stessi Mangiamorte loro compagni perché si erano rifiutati di infliggere il marchio al loro erede, il loro primogenito maschio, avuto dopo molti problemi.

Loro che per primi avevano supportato il Lord Oscuro si erano macchiati di tale colpa, di cui però non potevo più saperne il motivo.

Mr.Black diceva che avevano deciso in coscienza, dopo la mia nascita, che la via dell’odio era una strada difficile e poco produttiva, che a lungo andare, le idee sempre più folli e pericolose del Lord Oscuro li aveva veramente stancati.

Avrebbero denunciato Voldemort al ministero se solo l’orgoglio dei purosangue non avesse impedito loro di macchiarsi di tradimento. Per si, i purosangue devono mantenere la parola data, anche a costo della morte. L’unica cosa che permette loro di infrangere la parola data è il pericolo di perdere l’onore.

In confronto a questa notizia però il servile Mr.Black mi aveva dato dopo ancora un’altra notizia, peggiore della precedente, questa riguardava i miei nonni.

I miei presunti nonni babbani che mi avevano cresciuto con amorevole cura. Quando Black me l’aveva detto avevo creduto di impazzire e avevo voluto la prova subito. La prova che potevo prendere solo da Lui.

L’Avvicino era stato il cospiratore che aveva ordito le trame di quel tradimento perpetrato dalla nobiltà magica londinese ed ora avevo i documenti che inchiodavano quel disgraziato e la prova tangibile che non ero stato io a rubarle. Io ero a letto con la sua figliola. Mancava solo uno scandalo da far scoppiare. A questo avrebbe pensato Joe.

 

Che cosa chiede in cambio?”

Joe mi aveva guardato con quel suo sguardo particolare e poi mi aveva finalmente riconosciuto il potere che avevo. “Mi lasci libero dalla maledizione”

Perché dovrei farlo, Lei sarà molto utile per i miei guadagni”

Perché sono stanco di sopravvivere a tutti”

“Le servirà sopravvivere a me”

“Come desidera Signor Malfoy” e aveva smesso di sorridere come ogni servo deve fare.

 

Chiudo l’acqua. Il vapore ha creato una cadenza opaca sullo specchio, gli antichi credevano che negli specchi si potesse riflettere l’anima di una persona per questo i vampiri non si riflettono perché degli esseri così neri che vivono di sangue umano non potrebbero mai avere un anima. Eppure se così fosse di Voldemort si potrebbe vedere un piccolo tassello all’interno dello specchio e così non è.

La mano sinistra si passa sullo specchio liberando una larga porzione rivedo i miei occhi sempre rossi, sempre iniettati di sangue. Il sangue puro, non diluito, non sporco.

Puro come solo il sangue di mago può essere.

Lo specchio continua a riflettermi, gli Antichi dicevano un mucchio di panzane, questa notte ho venduto la mia anima al diavolo e continuo a riflettermi in questo fottuto specchio.

Esco dal bagno, i miei due amici sono sempre lì, la partita continua ad andare avanti, Ron mostra le sue buone intenzioni, anche Harry ma la mano del maestro si riconosce sempre

“Regina in dxd6” Harry mangia un pedone, un sorriso risoluto di Ron, oh piccolo sprovveduto Salvatore del Mondo. Harry non sa vedere più di una mossa avanti, per saper giocare bene devi sapere giocare tre mosse avanti al tuo avversario, se vuoi essere il migliore devi saper giocare tredici mosse avanti al tuo avversario.

“Pedone in cxd3” Harry smette di sorridere mentre il pedone affonda la sua piccola spada nell’addome prominente della sovrana, la scacchiera trema per la prematura scomparsa della sua sovrana, il pedone nero se la ride, un urlo di giubilo parte spontaneo dalle fila nere. La Regina è morta, chi salverà il Re bianco?

“Ah Harry, finisce sempre che perdi la tua donna” Harry stringe il pugno sulla gamba che ha nascosta sotto il tavolo ma io sono alle sue spalle e posso vedere il movimento di frustrazione.

“Non tutti sono bravi come te Draco” annuisco e lascio che le mosse si facciano più rade, più calcolate, la partita rallenta impercettibilmente e io appoggiato al muro della stanza continuo ad osservarli. Ron continua a stupire, Harry si difende goffamente subisce uno scacco, poi un altro.

“Re in h1” si trascina il Re anche lui rassegnato alla sconfitta.

“Torre in f8”

“Torre in dXf1” Harry mangia ma non salva

“Re in f8” il Re compie la manovra, e il povero Re bianco lascia andare la spada in segno di sconfitta “Scacco Matto” Ron non è troppo contento assesta una pacca ad Harry e gli rifila alcuni consigli che Harry naturalmente non ascolterà intento com’è a riparare i suoi scacchi che lo investono di parolacce e chiuderli repentinamente all’interno dell’astuccio.

Non è una delle partite più belle che abbia visto, anzi è una delle più carenti Harry e Ron sono amici e non sanno cosa significa la rivalità, questa partita poteva finire decine e decine di volte prima ma il caro Ron non voleva far dispiacere troppo Harry.

“Draco permetti una parola”

“Harry, non essere così colloquiale, dovresti chiamarlo Draco Lucius Malfoy” continuò Ron, mi volsi subito a guardarlo, con il viso stravolto da un sentimento rivelatore.

“Spero di averlo pronunciato bene” rincarò la dose Ron.

“L’hai pronunciato in modo esatto” sapevano tutto, era vano perdersi in stupidi minuetti.

“Un nome altisonante per un babbano” continuò Ron.

“Già” restrinsi gli occhi innervosito ma  lasciai che la maschera dell’indifferenza scendesse su di me delicatamente, come un velo e che smorzasse il sentimento violento che mi stava arrecando con la sua vocina petulante.

“Smettila Ron” Harry alzò di un tono la voce e si alzò dalla sedia avvicinandosi a me ma restandosene in disparte a fissarmi.

Nei suoi occhi verdi si muovevano tante passioni e tante indecisioni, sicuramente si chiedeva se si potesse fidare di me. Ora bisognava sapere quanto della verità sapesse e soprattutto da chi l’avesse saputa.

“Lasciamo che sia Draco a spiegarci la verità” lo disse guardandomi negli occhi, lo vidi che fissava un fascio di pergamene.

“Vedo che il concetto di riservato non l’avete ancora imparato” Harry sorrise e per un attimo rividi il mio amico.

“Lo dovresti sapere” rispose invece tornando serio “Sapevi che eravamo preoccupati per i tuo inusuale comportamento, per i vestiti nuovi e per tutti i tuoi spostamenti improvvisi…”

“Per non parlare dello specchio”

Fissai lo specchio, quel dannato specchio, più una dannazione che un tesoro quello che mi avevano lasciato i miei genitori, la sua superficie era muta, riflettevano la stanza come un innocuo specchio eppure la sua anima nera sembrava essermi entrata dentro.

“La verità è quella che avete letto, i documenti che Black ha inviato sono atti ufficiali e parole comprovate. Io sono un purosangue e anche il figlio di mio padre…”

“ Genitori Mangiamorte” rispose Ron e percepì la delusione nella sua voce.

“Lo erano, questo si, ma lasciarono le fila dei Mangiamorte e fu per questo motivo che loro morirono, una notte furono trucidati nella loro villa e cancellati dal mondo magico, io ero nato da poco, la guerra infuriava e loro non furono che una delle tante famiglie scomparse. Nessuno mi avrebbe mai collegato a loro.” Abbassai il capo lentamente, non sapevo come comportarmi nei loro confronti, continuavano a fissarmi come se potessi sfoderare il mio marchio da un momento all’altro.

“Sono rinato come Draco Malfoy, non so perché non mutarono nemmeno il mio cognome, forse per una maledizione che aveva la mia casa e la mia eredità di cui i Mangiamorte volevano impossessarsi”

Quindi i tuoi nonni erano”

“Erano gli assassini dei miei genitori, Mangiamorte loro stessi, mi hanno tenuto in vita per potersi accaparrare l’eredità e perché il mandante di tutto questo non voleva sporcare le sue mani con l’omicidio di un bambino, dato che egli stesso era divenuto padre e la sua bambina aveva la mia stessa età”

“La sua bambina era morta da poco per questo forse non ha voluto uccidere te” li fissai stravolto, non capivo.

Che cosa state dicendo?”

“I documenti parlano di questa bambina, c’è un certificato di morte legato alla famiglia Granger, era lui il mandante no?”

“Il mandante era lui ma non sapevo nulla di un certificato” Harry mi porse due incartamenti, lessi con avidità e sentì formarsi sul mio viso un espressione di serenità mista a gioia. Quei fogli recavano incisa la mia vendetta.

“Draco” sentì una mano sulla mia spalla e alzai anche lo sguardo fissando gli occhi di Harry “Perché non ci hai raccontato nulla?” questa volta era stata la voce di Ron che sembrava aver perso la sua forza e la sua baldanza.

“Era un mio problema”

“Sei davvero un cretino” sentì un pugno che mi faceva cadere la spalla e poi anche Ron mi fu accanto.

“Credevo che questa cosa ci avrebbe divisi, credevo che scoprire che io fossi un purosangue vi avrebbe disturbato” mi sorrisero.

“Draco, noi siamo amici, i tuoi amici mentre quello è solo sangue” fissai gli incartamenti che avevo fra le mani e sorrisi anche io.

“Si è solo sangue”

 

GINEVRA

 

“Mi dispiace interrompere” entro nel dormitorio maschile di soppiatto come faccio da almeno due settimane, nel mezzo della stanza ci sono mio fratello, Draco e naturalmente Harry, appena mi vede la sua espressione muta  e finge che la mia presenza non gli faccia effetto. Ron mi fissa strano come se avessi interrotto una discussione davvero molto importante. Alzo le spalle per non sentire il dolore che invece mi attanaglia le viscere.

La McGrannit vuole Harry e per come ho capito, sembra un qualcosa di urgente”

Harry mi lanciò uno sguardo strano, sapevo che significava, lo sapevamo tutti.

Ed era anche abbastanza chiaro come significato.

La guerra sarebbe cominciata ben presto.

“Andiamo” mio fratello ed Harry mi passarono accanto e io segui il mio ex fidanzato fino alla porta del dormitorio.

Dove vai Ginny?” era stato mio fratello a parlare e anche Harry mi fissava come se non capisse dove volessi andare.

“Voglio venire con voi”

“Non se ne parla” afferrai la giacca della divisa di Harry, lui mi fissò gelidamente e tirò il braccio per farsi lasciare ma io non lo permisi, lo fissai negli occhi più intensamente.

“Voglio esserti d’aiuto” il suo sguardo si incatenò al mio ma tentò nuovamente di liberare il braccio.

“Mi sarai d’aiuto se rimani in questa stanza…” poi abbassò la voce in modo che lo potessi sentire solo io “…con i vestiti addosso” la sua manica mi scivolò dalle dita e il dolore di quelle parole mi penetrò nelle ossa.

“Draco prenditi cura di mia sorella” sentì il movimento di Draco che si posizionava al mio fianco e lo sguardo di Harry che si illuminava per un attimo di rabbia per poi spegnersi nuovamente nell’indifferenza ed uscire dalla stanza.

Mi voltai a fissare Draco e lo vidi fissarmi di rimando in quel modo intenso e sfrontato che ormai contraddistingueva il suo sguardo da un mese a questa parte. Draco Malfoy, l’eterno migliore amico un po’ sfigato di Harry, la sua controfigura dorata, il suo sguardo sempre impassibile e piatto ora sembra mosso da qualcosa di imprecisato, non avevo mai notato quello sguardo così intenso.

“Ti è successo qualcosa di bello?”

“Forse” i suoi occhi lo smentiscono le sue labbra mi incantano “Ma quello che è successo a te non deve essere lo stesso” mi lascio scappare un singhiozzo, unico figlio di una famiglia numerosa che intrappolo fra le labbra orgogliose.

“Nulla” fisso le mie scarpe, uh come sono interessanti! Sento la sua mano scivolare sotto il mio mento e sollevarsi leggermente.

“Nulla è sempre troppo poco” lo dice in tono gentile non lo sentivo esprimersi con tanto calore da così tanto tempo, ah il caro e dolce Draco, controfigura del mio ex, eternamente innamorato di me, lo sapevo da così tanto tempo e lo avevo sempre ignorato, volutamente perché… perché lui era solo Draco.
Mi circonda le spalle con un braccio e mi lascia cadere sul letto più vicino, il calore del velluto mi avvolge gentile come il suo braccio e anche lui mi segue sedendo accanto a me sul copriletto.

“C’entra Harry” annuisco incapace di aggiungere altro, la sua mano mi continua ad accarezzare gentile la mia spalla. Draco che è sempre stato innamorato di me.

Cosa è successo?” ripete ancora la voce di Draco, i fonemi mi sfiorano la pelle della guancia destra, le sue labbra sono lì, senza una vera spiegazione mi chiedo cosa proverei a spingermi verso di lui e a baciare le sue labbra che sensazione proverei sul palato se lui rispondesse al mio bacio, cosa proverei a vedere il classico bravo ragazzo che si lascia andare senza controllo alle proprie emozioni.

“Draco cosa vedi quando mi guardi?” a stento sento la mia voce sussurrare quelle parole perché ho voltato la testa e mi trovo ad un centimetro dalle sue labbra.

“Una bellissima ragazza che non riesce a fare a meno di andare a fuoco” le sue parole sono poetiche ma a me sembrano spinte come se mi avesse toccato.

“Cosa si può fare quando c’è un ritorno di fiamma?” sento le mie palpebre pesanti e percepisco la sua mano a coppa sulla mia guancia.

“Si spegne con tanta acqua” e le sue labbra quelle che ho cominciato a desiderare pochi istanti prima mi si posano sulla bocca e cominciano a curiosare timidamente per le mie labbra secche, mi chiedono il permesso gentilmente senza impeto, senza aggressione… sono così differenti dalle labbra che sono abituata a provare. Queste sono le labbra di una persona che mi ha amato e desiderato per molti anni.
Non me ne sono nemmeno accorta ma ho aperto alla sua gentile insistenza e mentre il bacio si approfondisce mi rendo conto che lui non mi sfiora nemmeno, la sua mano sinistra continua ad accarezzare la mia guancia e l’altra mano e ancora sul copriletto mentre io brucio. Lo afferro e lo sospingo sul copriletto, lui lascia andare il fiato con un leggero sbuffo e mi ritrovo a sovrastarlo, i suoi occhi sono limpidi come quelli di un bambino, con le mani frenetiche prendo a sbottonare la sua camicia e lui continua a non toccarmi si limita a fissarmi.

“Cosa c’è Draco non mi vuoi più?” lui batte le palpebre due volte e se ne rimane in silenzio, blocco le dita anche se quello che hanno scoperto mi piace.

“Ripeti la tua domanda, quella di prima” ha la voce bassa.

Cosa vedi Draco quando mi guardi?” ho la voce che trema.

“Vedo la ragazza di cui mi sono innamorato” lo dice piano gli sorrido e ricomincio a sbottonargli la camicia, scendo a baciarlo nuovamente e sento le sue mani sulla schiena che la percorrono dolcemente sollevando la camicia e carezzandomi la schiena, sempre più dolcemente.

“Oh Draco perché ci ho messo tanto ad accorgermi di te?” lui mi fissa nuovamente i suoi occhi sono tornati tormentosi.

“Guardavi da un’altra parte o entravi nel dormitorio di notte o quando nessuno era in giro per scivolare nel mio letto” mi sussurra quelle parola all’orecchio e io sono arrivata al pantalone cerco di insinuare una mano ma lui blocca il polso.

“Ginevra che cosa vedi quando mi guardi?”

“Non ti sembra che stiamo rovinando l’atmosfera con tutte queste domande?” ma la sua espressione mi spegne il sorriso, sposta il polso e mi sposta da sopra, ho capito che se non risponderò alle sue domande non potrò continuare il mio giochino perverso.

“Rispondi alla domanda”

“Vedo un ragazzo che è innamorato di me da tre anni e che continua a rovinare l’atmosfera”

“Tu menti” non credevo possibile che Draco Malfoy riuscisse a ringhiare ma lo fa davvero e io me ne resto in silenzio, spaventata da quel comportamento così diverso dal solito.

“Io vedo un sostituto” punto lo sguardo verso la colonnina del letto e sento la camicia di Draco che si chiude in modo frettoloso. Gli ho detto la verità, la prima volta che ero scivolata nel suo letto avevo fatto un errore, mi ero ritrovata ad accarezzare lui credendo che fosse Harry e lui aveva sussultato rendendosi conto che ero io. Le sere seguenti ero scivolata comunque nel suo letto, non avevamo mai fatto nulla se non accarezzarci a vicenda quello era il nostro primo bacio e la mia prima verità. Il problema è che questa volta stavo accarezzando Draco e non una forma umana senza volto e senza voce. E non era quello che desideravo.

“Vattene da questa stanza e non venire più durante la notte, io non volevo una bambola per passare la notte, io volevo te” lo vedo finire di aggiustarsi e uscire dal dormitorio.

E’ proprio vero quello che si dire, chi troppo vuole nulla stringe.

 

 

DRACO

 

Lei non risponde ed io preferisco chiuderle la porta in faccia, in poco meno di un mese è già la seconda che ne riceve una ma non dovrebbe farle troppo male la mia. Mi sento più stanco e più vecchio ma non più saggio, mi avvio alla Sala Comune, le tavolate sono già pronte per il banchetto, uno degli ultimi che faremo nella scuola, Harry e Ron non sono seduti, i piatti sono vuoti e i nostri posti abituali anche. Mi siedo al centro, davanti a me, un posto di distanza un altro buco, quello occupato da Ginny. Questo banchetto che ha tanto l’aria di esse un ultimo cenacolo e un preannunzio doloroso alla guerra che seguirà mi lascia con poco appetito. Il mio sguardo vaga al tavolo dei Serpeverde.
Ho un conto da risolvere anche con loro.

Il pranzo è finito, molti di noi si allontanano, i piatti sporchi spariscono e le tavolate tornano lucide, questa è la nostra ora di buca per rilassarci o meglio per ripetere, generalmente era questo che facevo ma non ora, ho da concludere un affare.

Mi alzo lentamente dal mio tavolo e arrivo a quello dei Serpeverde, pochi di loro sono seduti, fra loro c’è un volto noto che gioca…no incredibile!

“Giocare da solo non è molto efficace, finisci sempre per patteggiare per l’uno o per l’altra parte” alza gli occhi e mi fissa con freddezza, credevo mi avrebbe intimato di andarmene ma avevo sottovalutato la sua spiccata indole purosangue.

“Avresti da consigliarmi qualcosa di più efficace?” risponde continuando a lanciarmi sguardi penetranti aspettandosi che questi mi avrebbero fatto desistere. Si sbagliava.

“Una sfida con me” sedetti, fra noi la scacchiera, i pezzi vibrarono per l’impazienza. Blaise mi fissò disgustato per poi tornare ai suoi pezzi.

“Devo concludere questa partita”

“Mi concedi una mossa?”

“Prego” lo vidi sorridere di scherno prima di fissarmi nuovamente risentito e in parte anche affascinato.

“Così non posso continuare a giocare” mi fissò con interesse e io a mia volta sorrisi. Eravamo rivali e questo rendeva la sfida molto più interessante.

“Da gentiluomo ti potrei concedere la rivincita” il sorriso si spense.

“Un gentiluomo non attrae ragazze fidanzate nel proprio letto” abbassò pericolosamente la voce.

“Ti concedo quest’affondo, non mi sono comportato da gentiluomo ma avevo i miei buoni motivi”

Anche io ho i miei buoni motivi per non voler giocare con te”

“Andiamo Zabini, tu muori dalla voglia di sfidarmi anche se il tuo orgoglio non ti permette di spingermi a sfidarmi a duello, quello farebbe parlare e il motivo per cui ci battiamo lo capirebbero tutti. Sfidami qui e decretiamo chi di noi due è il migliore” i suoi occhi si accesero di interesse sembrava Eva nel paradiso terrestre fissando la mela rossa del peccato. Il purosangue era tentato.

“Qual è la posta in palio?” astuto, non lo avrei immaginato differente anzi mi avrebbe deluso il contrario.

“In palio c’è la verità” accanto alla mia mano sinistra posai i documenti che mi aveva inviato il signor Black.

I scacchi si posizionarono continuando a volgere lo sguardo speranzosi verso Zabini che mi guardò improvvisamente sereno.

“La verità è davvero una tentazione irrefrenabile” annuì consapevole che io stesso ero rimasto soggiogato dalla sua apparente forza.

“Va bene Malfoy giochiamo” i scacchi si volsero uno contro l’altro fronteggiandosi; le Torri si arricciavano i merli vanitosi, gli Alfieri nella loro tenuta monacale si davano da fare battendo il pastorale, i Cavalli liberi da qualsiasi cavaliere invece saltavano e scalpitavano contagiati dall’adrenalina del momento, i Pedoni battevano le spade sui propri scudi creando una cacofonia di rumori fastidiosi e infine il Monarca bianco si pettinava i baffoni e la sua Regina invece si aggiustava i spilloni della sua regale corna, dall’altra parte della scacchiera il Monarca nero rubò un bacio a fior di labbra alla sua Regina che reagì con poco controllo e malcelata voglia di approfondire il bacio appena dato una volta nell’astuccio. Una promessa che avrebbe fatto lottare il proprio Re molto più intensamente per non farsi distruggere.

Che vinca il migliore!” mi lasciò la scelta del colore, fissai i due schieramenti e mi resi subito conto che i neri erano i più baldanzosi. Lasciai la scacchiera com’era e Blaise mi lanciò uno sguardo indagatore. Un buon giocatore prendeva i Neri per far scoprire l’avversario prima; un ottimo giocatore lascia all’avversario la scelta del proprio colore perché si capisce di più.

O il più astuto” mormorai più fra le labbra che al giovane che sedeva di fronte a me. La partita cominciò nel più classico dei modi, un gambetto, per lo più di donna, ah Zabini! L’amore rende l’uomo uno stupido o solo rende più evidente la sua vera natura.

“Queste donne stamani mi torturano” accettai naturalmente e continuammo a giocata, subito notai l’indole al sacrificio di Blaise e il suo fissare intensamente i suoi pezzi prima di muoverli, quelli che venivano distrutti lo facevano cadendo in terra senza un mugolio o un ansito, fieri come dei combattenti, come sei Grifoni.

Infrangemmo la barriera che generalmente racchiude ogni scacchista ci trovammo a chiacchierare, non in modo leggero, di alcune cose che a me stavano a cuore sapere e che a lui non dispiaceva condividere.

“Perché hai deciso di soffrire tanto affidando il tuo cuore a una donna talmente crudele come la Granger?” questa domanda su accompagnata da un brivido del mio compagno, se ne rimase in silenzio e anche una volta conclusa la sua mossa aspettò ancora un’altra mossa prima di parlare.

“ Credi davvero che Hermione sia cattiva?” quando non risposi subito intento com’ero nel completare la mia mossa, egli non usò la mia stessa cortese attesa ma continuò incurante della mia attenzione. Forse non stava davvero parlando con me, stava solo esternando qualcosa.

Se tu conoscessi davvero Hermione come la conosco io. Ah! Tu credi davvero di conoscerla solo perché sei andato a letto con lei una sola volta? O solo perché presa dallo sconforto del matrimonio si è appisolata nel letto con te. Eppure tu la credi ancora cattiva, vendicativa e incurante dei sentimenti altrui. Non è vero. Lei è la persona più meravigliosa che la buona fortuna ha condotto sulla tua strada.

Ma resta affar mio e tu devi starle lontano” sorrisi mesto alle sue parole, stare lontano da Hermione Granger, presto avrebbe dato questo stesso consiglio anche a se stesso.
questo lungo monologo aveva occupato le restanti mosse e mi preparavo a sferrare gli ultimi affondi uscendo praticamente illeso da questa guerra in scala ridotta.

“Ho preso le tue torri e ho preso la tua Regina, per la seconda volta in questa giornata, perché hai deciso di sacrificare così tanto? Che cosa ti è rimasto?”

“Non importa cosa si perde durante una guerra ma il suo esito. Scacco matto!” il mio Re cadde e io sorrisi a questa bellissima e sofferta vittoria in ventitrè mosse, era stata una partita stupenda ed ora toccava estinguere il mio debito.

“Eccoti quanto promesso” gli porsi le carte con la cera lacca sbiadita e lo stemma dei Granger, quando anche Zabini le occhieggiò rimase esterrefatto per poi alzare lo sguardo su di me.

Perché me le consegni?”

“In nome della tua nobiltà d’animo e di qualcosa che va al di là delle mie umane sopportazioni ho deciso di darti un po’ di tempo quello che recano scritte queste carte saranno di pubblico dominio fra meno di trentasei ore. A te la scelta”

Se questa è la verità sai che non ho altra strada”

“Questa è la verità recata con firma e nome di qualcuno che non sono io”

“Così potresti tenerla tutta per te” mi ritrovai a sorridergli gelidamente.

“Non è per me. Sul secondo foglio troverai qualcosa di interessante” sollevò il primo foglio e  percepì la sua sorpresa e il suo stupore.

“Queste carte sono sicuramente dei falsi” aveva la voce  incrinata

“Ti ho promesso la verità ed è quella che hai ottenuto come già ti dicevo puoi fare come meglio credi ma tra trentasei ore potrebbe essere troppo tardi per salvare la tua famiglia dal disonore. Non sei la persona più adatta a rischiare il buon nome. Sbaglio o tu sei l’ultimo della tua stirpe?” era nuovamente in silenzio, una discussione davvero soddisfacente.

“Mi hai imbrogliato Malfoy, da quando ti sei seduto il tuo unico obiettivo era quello di perdere per consegnarmi queste carte” aveva il viso furente ora alterato dalla rabbia. Io non mi scomposi mi alzai dalla sedia con molta tranquillità.

“Oh tu proprio non capisci Zabini, io ho vinto tutto”

 

Fine Capitolo Diciannovesimo

 

Note:

 

1) La citazione che io trovo meravigliosa in se è di M. De Montagne.

2) Il titolo “God save the Queen” è naturalmente ritornello di un celebre canto popolare inglese entrato nel linguaggio come e inciso con cui i sudditi si rivolgono alla regnante in segno di attaccamento alla monarchia e al suo supremo simbolo. La regina.

3) Gambetto di donna è il termine che si usa per indicare l’apertura a cui ricorrono Harry e anche Blaise, con esiti naturalmente differenti e la frase scherzosa di Ron “Harry sai che non rifiuto mai una donna” è dovuta alla risposta che ci si aspetta in questo caso a una tale mossa: accettare o rifiutare il gambetto. Inutile aggiungere che con il termine accettare si intenda il mangiare il pedone avversario. Il gambetto è accettato anche da Draco nella seconda partita.
4)
Alcuni attenti alla storia originaria si sono sicuramente resi conto che mandando avanti una storia AU ho rubato alla guerra la sua importanza principale, gli horcrux non sono stati nominati se non vacuamente e l’intera vicenda è stata riassunta in pochi passaggi che chiarisco qui per i più pignoli (che male non fanno ad esserlo).

- Punto Primo: Silente è morto ma non in maniera plateale come nel libro, la sua morte è fumosa e come avrete notato anche Harry e Draco quando ne parlano a dì 2° capitolo hanno posizioni molto divergenti.
- Punto Secondo: Il preside è la McGranitt e Piton continua ad essere un professore di Hogwarts.

- Punto Terzo: Voldemort è tornato ma l’escalation di terrore non è intensa come raccontata dalla Row nel settimo libro anche perché quando questa storia è nata e anche il suo contesto il settimo libro non era ancora stato pubblicato.

- Punto Quarto: Non me ne vogliano gli amanti degli horcrux e dei Doni della morte perché i primi sono abbozzati e i secondi non esistono affatto.

5) “Cosa si può fare quando c’è un ritorno di fiamma?” “Spegnerlo con tanta acqua” è una libera rivisitazione della frase “All'occorrenza si dovrebbe avere un idrante a portata di mano per spegnere i ritorni di fiamma autore la pagina A Midsummer Night’s dream.

6) “Devo concludere questa partita” “Mi concedi una mossa?” “Così non posso continuare a giocare” è uno scambio di battute che ho preso a prestito dal film “The Whore” film molto crudo ma che a mio modesto parere piacerà agli amanti del genere Medieval.

7) Tutta la descrizione sui scacchi è opera della mia fantasia non so quanto di questa descrizione si possa allacciare alle brevi comparse che fanno i scacchi dei maghi nella letteratura della Row.

8) La partita giocata da Draco e Blaise è “L’Immortale” è una partita di scacchi che venne giocata il 21 giugno 1851 a Londra da Adolf Anderssen e Lionel Kieseritzky. I coraggiosi sacrifici che assicurarono la vittoria ad Anderssen ne hanno fatto una delle partite più famose di tutti i tempi; egli sacrificò infatti entrambe le torri e la donna dando poi scacco matto all'avversario con i tre pezzi minori rimasti. [Wikipedia] http://it.wikipedia.org/wiki/File:Immortal_game_animation.gif

 

 

AVVISO per il prossimo aggiornamento, questi sono gli ultimi tre capitoli a cui credo di aggiungere un epilogo, gli ultimi accorgimenti e controlli più severi impongono un ritardo considerevole ai capitoli, spero non di tale entità come il tempo trascorso fra il 18esimo e il 19esimo.

 

A presto

PICCI

 

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Capitolo 20
*** 20 - Il racconto dell'ancella ***


C20(BG)

Quando si arriva a conoscere

il peggio di una persona,

si hanno due possibilità:

Liberarsene definitivamente

o Cominciare ad amarla per davvero.

 

Capitolo Venti: Il racconto dell’ancella

 

Nel Nome di Dio Onnipotente,

Giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

 

Io Nicolae Vane, figlia di Joen Secret e Joe Vane, babbana di nascita e possedendo un quarto del potere magico ereditato da mio nonno paterno Sigmund Vane, dichiaro apertamente che il mio sangue è insindacabilmente contaminato dall’impuro e spoglio sangue babbano e che quindi non posso essere considerata una strega.

Pertanto la mia bacchetta è stata spezzata e i miei risultati scolastici sono stati invalidati dal Magnifico Preside della Scuola di Stregoneria di Hogwarts.

Senza alcuna dote particolare e senza alcuna protezione le scrivo questa lettera signor Robert Granger, nobilissimo e illustrissimo purosangue da dieci generazioni il cui sangue e generazioni non sono stati mai contaminati da alcuna stilla di sangue non magico, per chiederle con carità di poter esser presa a servizio da lei.

 

Con Ossequi Nicolae Vane

HERMIONE

 

Da quella sciagurata mattina in cui io e DracoLuciusMalfoy avevamo condiviso il talamo, erano passati tre giorni, otto ore e trecento e passa minuti. Non lo avevo avvicinato ed egli non mi aveva avvicinato, non ci eravamo scambiati biglietti, lettere o altro materiale cartaceo che facesse intendere una passione rinnovata per la vicinanza dell’altro.

Eppure, Blaise continuava a guardarmi con un viso truce, e le notevoli borse sotto gli occhi continuavano ad addensarsi, sempre più nere, sempre più colpevoli.

La notizia dell’erede di Zabini e Granger non era stata ancora pubblicata, nessun settimanale, nemmeno una riga, persino i pettegolezzi sul nostro fidanzamento e la possibilità di sposarci nell’anno. Il gossip era morto, come qualcosa che non sarebbe mai esistito.

Eppure, nemmeno poche ore prime mi era arrivata una lettera di Madame, per spiegarmi che il mio vestito era stato ultimato, le partecipazioni attendevano solo un mio cenno per essere inviate, e le bomboniere erano talmente graziose che ce le invidiavano in molti. Ma Blaise continuava a guardarmi come se avessi ucciso qualcuno e l’avrei potuto fare in quei giorni, la mia rabbia cresceva di giorno in giorno e il mutismo e lo sfrontato disprezzo di Blaise non mi avevano aiutato.

Il silenzio del non più mezzosangue era, se non bastasse, ancora più odiosi dell’individuo sopra citato. Nessuno, e ripeto nessuno mi aveva mai ignorato. Certo nessuno aveva mai dormito con me, e di certo, nessuno mi aveva rivelato la sua nuova identità una volta sveglio, e allo stesso tempo nessuno mi diceva che quelle cose che aveva detto Draco Lucius Malfoy fossero vere. Certo, la sua voce quando aveva pronunciato quel “Io sono un purosangue” era suonata veritiera, neppure io, che lo ero da molti anni, lo avrei saputo pronunciare meglio. Eppure una famiglia nobiliare non può certo scomparire nel nulla senza destare come minimo un piccolissimo sospetto.

Le mie illazioni, pensieri…riflessioni, mi sembrava il termine più adatto, furono interrotte da un borbottio concitato. Mi voltai a fissare il vetro dello specchio e vi scorsi l’allampanata figura dell’impresario-maggiordomo di Draco Lucius Malfoy che mi fissava dal suo interno, aveva un sorrisino malizioso sul viso e mi fissava con quello sguardo impermutabile di sempre.

“Signorina Granger, ho un messaggio per lei da…”

“So chi è il mittente.”

“Ah le donne! Quante cose saprebbero in più, se ascoltassero una frase per intero” lo fissai di riflesso, in silenzio, cercando di capire cosa di quell’individuo mi insospettisse e cosa di lui mi ricordava la sua figura allampanata.

“Il mittente, di cui lei dice di sapere già l’identità, vorrebbe poterle parlare senza essere disturbati all’interno del Bagno dei Prefetti, questa sera. lo guardai sarcastica, quell’invito cosa significava? Nel Bagno dei Prefetti e che luogo era?

“Non credo di aver capito.” lo vidi sussultare o solo sbuffare, difficile capire cosa facesse o dicesse con quello sguardo tanto immobile.

“Eppure, questa volta mi ha anche fatto concludere la frase.”

“Non intendevo, non ho capito il messaggio, non credo di comprendere il perché!”

“Oh, temo che il perché lo debba chiedere al mittente, non a me. Io sono solo..

“Si, si, un umile messaggero bla bla ma non ha meglio da fare che vivere negli specchi?” lo vidi sorridere ancora questa volta strafottente.

“E’ la mia punizione. Per tutta la vita ho vissuto nel riflesso degli altri ed ora…”

“Lei è morto?” lo sentì sbuffare.

“Signorina Granger, Lei è davvero un caso disperato, non vuole sentire quello che gli altri dicono, ma vuole che gli altri dicano quello che lei si vuole sentir dire.

Scomparve così senza aggiungere alto o senza che io potessi aggiungere altro, lasciandomi con quell’invito a metà, al Bagno dei Prefetti, in serata, ma mi aveva lasciato senza dirmi l’orario di quella sera.

 

Alla Sign.ina Nicolae Vane,

In nome del Signor Robert … Granger le do il suo benvenuto nella sua dimora. Il suo compito sarà governare la casa, dirigere gli elfi domestici, e sottostare alle istruzioni avute. Avrà a disposizione vestiti puliti e una camera, adeguata alla sua posizione. In qualità di governante, non dovrà mai avere contatti con i suoi datori di lavoro, le istruzioni le verranno impartite da me e mai per nessun motivo al mondo dovrà rivolgersi direttamente ai suoi datori di lavoro.

Accettando questo lavoro, accetta di stringere un patto infrangibile; tutto quello che sentirà o vedrà, legato ai suoi datori di lavoro, non potrà mai lasciare le mura di questa dimora.

Entro, e non oltre questa sera, dovrà trasferirsi nella casa patronale, potrà entrare in casa dalle 10:00 PM alle 11:00 PM, se entro quell’orario non sarà in questa casa il presente messaggio potrà considerarlo più che superfluo.

 

Distinti Saluti

J.B. scrivano di Sua Signoria

Robert Granger

 

 

BLAISE

 

“E’ vero?” la voce soffocata sotto la mano, gli occhi tristi, oramai abbandonati e persi per sempre. Quella sarebbe stata la nostra ultima sera, la nostra ultima possibilità di essere degli esseri umani, poche ore e ci saremmo trasformati in quello che stavamo andando a combattere.

“Sì, è vero.” poche parole, una risposta zoppicata, nessun perdono per quella decisone. Teste che annuiscono, teste di ogni casa, persino qualche testa che sovrastava golfini grigi con stemmi verde argento. Tanti si. Tanti suicidi pronti.

“Allora sarà guerra.” è la voce di Potter che guida la guerra, è la voce del nostro eroe che intona la nostra condanna. Sarà guerra.

I si diventano urla, il terrore si trasforma in giubilo e io sono disgustato da tutta questa gioia. La guerra è bruciore. Sono corpi in decomposizione, sono madri che piangono figli uccisi. È bruciore. A quelle persone non importava davvero la guerra, a quegli idioti importava la gloria che seguiva ai vincitori. Ma nessuno di loro sapeva nulla di quello che era veramente la guerra, perché la guerra è soltanto bruciore.

 

Al nobilissimo Robert Granger,

Signore di Granger Paradise,

 

Io Notus Chintus Nerdum, medico del San Mungo, le annuncio la triste notizia che la vostra illustrissima moglie ha dato alla luce una bambina, una bellissima bambina morta prima ancora di diventare viva. Eppure la notizia che veramente rende questa notizia più che triste, tragica è che il ventre di vostra moglie non potrà dare altri frutti vivi.

Con la presente ci scusiamo ancora.

 

Ossequi

Notus Chintus Nerdum

Primario di Maternità al San Mungo

 

GINEVRA

 

“Ci sarà, la guerra ci sarà.” non riconoscevo la voce che mi rimbombava nelle orecchie. Harry era vicino a me, ma il suo sguardo era talmente gelido, talmente freddo, che io non credevo mi stesse ascoltando.

Si Ginny, ci sarà la guerra.” non credevo mi avrebbe mai rivolto nuovamente la parola, eppure la consapevolezza che lui, più di tutti, rischiava di morire e scomparire per sempre in quella dannata guerra senza esclusioni di colpi, mi atterriva.

“Oh Harry, tu potresti morire ed io non ho fatto altro che desiderarti al mio fianco, per così tanto tempo e adesso, guarda che casino abbiamo combinato.” la mia voce era incrinata da un pianto nuovo, mai come allora mi ero sciolta in pianto di fronte a Harry, avevo sempre creduto stupidamente di dover essere forte per lui, per me, per la mia famiglia o solo per quel fratello che coraggioso non lo era mai stato. Harry mi fissò a lungo, i suoi occhi erano duri e primitivi, ma dietro la superficie ribollivano, di passione, di dolore o forse solo di attesa della morte, perché Harry non sapeva che farsene della vita. Non aveva mai saputo cosa farsene.

“Abbiamo fatto un bel casino, ma io ti amo ancora. queste parole continuarono a stridere nelle mie orecchie, non sapevo cosa rispondere, e al tempo stesso sapevo benissimo cosa rispondere.

Anch’io, Harry e non ho mai smesso.” lui alzo lo sguardo a fissarmi.

“Eppure mi hai tradito, e sei andata a letto con altri.

Si ti ho tradito e sono andata a letto con altri, pur amandoti disperatamente.”

“Saresti in grado di amarmi, senza mettermi le corna?” la sua voce sembrò sorridere come fece il suo volto stanco, nelle mie vene correva veloce la lava della mia passione.

“Saresti in grado di far la guerra, e tornare da me vivo?” il suo sorriso si spense e il suo sguardo si fece serio, poi attento.

“Ci proverò.”

E quello che farò anch’io.”

A Nicolae Vane

Governante di Granger Paradise

 

Preso in esame il suo sventurato comportamento, non essendo più in grado di continuare a lavorare per questa dimora e per i suoi datori di lavoro, senza portare scandalo a questa illustrissima dimora, Lei è con questa espulsa con effetto immediato dalla sua carica di governante.

Dovrà lasciare questa casa senza portare nulla con se, se non gli abiti che aveva quando vi è entrata; le ricordo inoltre che  il voto infrangibile che Lei ha fatto, a dì cinque anni fa, le impedisce qualsiasi rivelazione. Pena, la morte.

Nel suo buon cuore e nella sua carità, il mobilissimo Signor Robert Granger ha deciso di espellere solo Lei, e non il frutto del suo scellerato comportamento.

 

Distinti Saluti

J.B. scrivano di Sua Signoria

Robert Granger

HERMIONE

 

Il Bagno dei Prefetti era un luogo a cui potevano aver accesso solo i Prefetti, come dice il nome, i Capiscuola e naturalmente i Capitani della squadra di Quidditch. A guardia del bagno c’era Boris il Basito, la cui statua era di marmo bianco. Boris doveva esser stato un inetto nella sua vita e anche la sua rappresentazione non era da meno, aveva una smorfia sciocca sul viso, che credeva lo rendesse arcigno. Gli occhi erano tondi e grandi, tanto grandi che gli uscivano fuori dalle orbite, indossava pantaloni e giacca come un guardiacaccia, era l’equivalente impietrito di quel sempliciotto del guardiacaccia attuale.

“Mangiafuoco.” che sciocca parola d’ordine, Boris mi aveva fissato con quell’espressione, che doveva sembrare arcigna, ma continuava solo a renderlo sciocco.

“Tu non sei un prefetto.” aveva detto poi con il viso truce. Alzai gli occhi al cielo e presi dalla mia tasca la spilla che avevo fregato a Pansy, la P brillò anch’essa, compiaciuta, fra le mie dita.

“Ah lo sei. Devi indossarla sugli abiti, altrimenti io non posso farti entrare. aveva replicato, con il borbottio ruvido di una persona incivile.

“Devo andare a fare un bagno, non sono solita farlo con i vestiti, figurarsi farlo con una spilla.” il sempliciotto aveva abbassato lo sguardo, imbarazzato, e aveva scosso nuovamente il testone in marmo.

“Non posso farla entrare signorina, purtroppo il bagno è occupato da un giovane attualmente.”

“Fammi entrare subito!” avevo sentito la mia voce investirlo con un ringhio sostenuto.

“Signorina ma la morale comune non…” lo avevo fissato risentita, non mi avrebbe fatto entrare se non avessi escogitato qualcosa, e qualcosa alla svelta.

“Come vuoi, significa che dovrò farla qui la doccia. presi a sbottonare la camicia con tutta fretta e la statua abbasso nuovamente lo sguardo.

“Signorina ma cosa fa ?!?

“La morale comune non sopporta che io faccia il bagno negli appositi luoghi, forse preferirà che faccia una doccia al centro del corridoio.”

“Oh signorina entri pure! Tanto il ragazzo è lì dentro davvero da troppo tempo forse, avrà finito. il testone di Boris mi sorrise, mentre mi mostrava l’entrata. Ma io non mi lasciai andare a un sorriso, ero davvero seccata prima ancora di entrare, ma adesso ero al di sopra di qualsiasi umana ragionevolezza.

Mi apparve così la sala meravigliosa, che prefetti e capitani mi avevano sempre proposto di vedere. Era interamente in marmo bianco come quell’inetto di Boris e al centro di questa c’era un’enorme vasca ortogonale, circondata da almeno un centinaio di rubinetti in oro, ciascuno con una pietra di colore diverso incastrata nel pomello. Ogni pietra simboleggiava un prodotto differente, che cadeva nella grande piscina e che poteva rendere gli occupanti più rilassati, riflessivi o solo rispettosi delle regole. Alzando il capo potei vedere che la stanza era illuminata dolcemente da un bellissimo candeliere, che accendeva la stanza con almeno centro candele vere che, stregate, non facevano ricadere la cera bollente e non si esaurivano mai.

Bruciavano di un fuoco perpetuo.

La stanza aveva tre finestre, su ogni lato, con lunghe tende di lino bianco; una grossa pila di asciugamani candidi si ergeva in un angolo, e sulla parete priva di finestre c’era un solo grandissimo ritratto racchiuso in una cornice dorata. Il dipinto ritraeva una sirena dalla chioma bionda, che profondamente addormentata sulla roccia russava di tanto in tanto e alzava piccole nuvolette di capelli che le fluttuavano ai lati del viso.

“Io l’avrei preferita bruna.” mi voltai a fissare il mio futuro marito che mi veniva incontro, aveva lo sguardo caldo e gentile che ricordavo quando eravamo ancora amici e lui non voleva rubarmi la mia unica passione: la libertà.

“Blaise, tu qui?” doveva essere il ragazzo di cui parlava quell’incapace di Boris, dovevo disfarmene, prima che il Mezzosangue fosse arrivato. Ma come fare? Erano giorni che Blaise non aveva quello sguardo, sembrava per un attimo pacato.

“Sei venuta a fare una doccia?” occhieggiò la mia camicia sbottonata di tutta fretta, posai una mano per bloccare la sua vista e lui mi sorrise maggiormente e si fermò a una certa distanza da me. Non era più tanto normale quel sorriso, appena pensai questo, sentì il mio corpo irrigidirsi innaturalmente.

“Blaise che cosa hai fatto?” lui sorrise ancora e si avvicinò a me, ma lasciò comunque una certa distanza fra noi, mi fissava dall’alto e io non potevo fissarlo in volto, perché il mio collo era immobile come il resto del mio corpo.

“Vorrei dirti che non ti ho incantata, ma mentirei.” sentì una risatina graffiargli la gola, una di quelle risatine folli che fanno i pazzi. Ero a un metro dalla piscina, voltando le spalle alla porta ed ero immobilizzata dall’incantesimo delle pastoie.

“Così, è qui che ti vieni a nascondere mentre tutta la scuola parla di entrare in guerra.” che domanda sciocca, era da quando il redivivo Harry Potter era uscito dal labirinto che si parlava di guerra.

“Sono troppo ricca perché m’importi della guerra. il mio sguardo continuava a puntare in terra, costretto com’era a quella posizione di sudditanza imposta dal mio futuro marito. Che mi volesse imprimere una lezione con la violenza? Non era da Blaise comportarsi in quel modo. Non era quel tipo d’uomo.

“Ma dovrai pur avere un ideale, uno qualsiasi. non sembrava davvero interessato alla mia risposta, continuava a girarmi intorno come un avvoltoio rapace. Non era quel tipo d’uomo.

“Gli idealisti non hanno soldi, altrimenti non ne avrebbero bisogno.” lo sentì sogghignare piano e improvvisamente i miei pantaloni scomparvero, vidi la mia pelle chiara, i calzini lunghi fino al ginocchio, prima che anche loro scomparissero insieme alle scarpe. Blaise non era quel tipo d’uomo?

“Devi sentirti sola ora, incantata, e con la pelle esposta. Completamente abbandonata da tutti i tuoi amici, perdon! Volevo dire sudditi. ancora quella piccola risata pronta, che lo faceva apparire sempre di più una serpe. Le punte delle mie dita si stavano raffreddando velocemente, la camicia era leggera e quella stanza era poco riscaldata. Blaise si sbagliava, fra poco sarebbe arrivato Draco Malfoy, non ero sola, non ero abbandonata.

“Non è così? - sentì il legno della sua bacchetta che strusciava lungo la mia giugulare, per poi salire e alzare il mio mento, i nostri occhi si fissarono e potei vedere la tempesta che aleggiava in loro, una tempesta che ha il potere di distruggere e uccidere tutti. - Puoi rispondere.” la sua voce aveva pronunciato quello che i suoi occhi mi avvertivano di non fare. La bacchetta si fermò in quel suo accenno di carezza raccapricciante. Che cosa era successo a Blaise?

Ma, qual è la risposta giusta? È questo che stai pensando. Cosa vuole sentirsi dire? La verità, Hermione, è sempre la risposta giusta. ma quale verità voleva che proferissi Blaise, io non lo sapevo e non l’avrei mai saputo, perché quando ricominciò a raccontare, le mie concezioni di vero e falso furono scosse dalle fondamenta.

“Vuoi sapere quale verità possa mai volere. Non è così? Cosa mai può aver scosso il tuo promesso, e sciocco sposo da indurlo ad attirarti con l’inganno in questo bagno. Ah! Noto un brivido di consapevolezza nelle tue pupille. Sì, Malfoy mi ha prestato il suo galoppino, quel Joe-Passo-Negli-Specchi-Black, sapevo che non saresti mai venuta ad un appuntamento con me. Ma a Malfoy non avresti negato il privilegio della tua presenza, non è forse così?”
”Ah! Quello sguardo, incredibile quanto io continui a saper ben interpretare il tuo volto, meglio di tutti gli altri. Stupore. Ti chiedi perché io e Malfoy abbiamo legato così tanto – dalla sua mano sinistra, quella che non stringeva la bacchetta comparvero tre incartamenti, velina sottilissima, lettere intestate, vedevo il mio blasone nella trasparenza della carta – la verità, Hermione! Vuoi che ti legga queste lettere? Sono importanti cimeli di famiglia credo che tu non li abbia mai letti... lasciò volutamente scorrere i suoi occhi tumultuosi e tormentati lungo il mio volto, frugavano come uno sciacallo sul cadavere di un morto, senza alcuna pena per quel cadavere.

“No, non vedo alcun fremito in questi tuoi occhi, non c’è alcuna paura. Tu sei allo scuro di tutto. i suoi occhi lampeggiarono di furor misto.

“Allora, cominciamo dall’inizio, ascoltala con attenzione, perché questa è stranamente la storia della tua vita. Quella vera.

La storia di una governante babbana che venne ad abitare nel tuo castello, oh perdon! Non era ancora il tuo castello, tu non eri ancora padrona nemmeno della tua vita, tua madre rimase incinta quattro anni e mezzo dopo l’arrivo della fascinosa governante Nicolae, che facilmente riuscì a rientrare nelle grazie di tuo padre, l’irreprensibile Robert. Ah tu mi vorresti bloccare, dire che ho sbagliato verbo, ma non è così, piccola Hermione. Ritornare. Tuo padre si era innamorato di quella babbana nel castello di Hogwarts. Poi, quando il Signore Oscuro salì al potere la prima volta, tutti i Nati Babbani si ritrovarono a spasso e anche la bella Nicolae Vane fece la stessa fine. Avrebbe fatto la stessa fine, se approfittando dell’amore che tuo padre aveva provato per lei in passato, non si fece assumere come governante della casa e sgualdrina di tuo padre. Si fermò per sfidare il mio sguardo, non sapevo dire che aspetto dovevo avere, con tutto il viso bloccato in quella maschera immobile e tutta quella voglia di coprirmi le orecchie e scappare il più velocemente da quella verità talmente scomoda.

“Nei cinque anni che seguirono, tuo padre continuo a dividere il suo letto fra le due donne e finì per metterle incinte entrambe. Una ebbe l’onore che meritava come consorte e andò al San Mungo con tutte le cure di rito, l’altra finì negli alloggi della servitù a partorire fra le bestie.

Sventura volle che entrambe le donne partorirono due bambine. Una Purosangue e l’altra spiacevolmente Mezzosangue. Se avessi potuto muovere il mio corpo, avrei afferrato Blaise e scosso fino a fargli tremare le interiora e farmi raccontare la verità dietro la verità. Ma, con un senso di dejavù alla bocca dello stomaco, ricordai le parole di mia madre. La bambina morta di tisi, la bambina perfetta morta, e poi lei che andava a sostituirsi alla bambina perfetta. Lei meno perfetta, lei meno amata…lei più odiata perché impura, perché figlia di una donna babbana.

Lei, Mezzosangue.

“Una bambina prese il nome di Jane, l’altra prese nome di…oh ma vedo che tu ci sei arrivata da sola mia piccola Sangueimpuro. Sei tu la bambina tanto imperfetta da sopravvivere, per un infausto caso. Tu hai vissuto, e la bambina nata da sangue puro è morta. la sua voce tornò spettrale e lontana, ma io non avevo più voglia di combattere, libera dal maleficio delle pastoie avrei potuto solo rannicchiarmi e cominciare a piangere. Oramai non dovevo essere più forte. Non dovevo essere più nobile, non lo ero mai stata.

“Quante volte ti devi esser sentita sola sul tuo trono, piccola Mezzosangue Regina? Quanti giorni passati a fissare i tuoi sudditi dall’alto del tuo scranno senza concedere il tuo benigno sguardo a nessuno – lo vidi allungare timidamente la mano e sentì quasi il tepore della sua mano sulla guancia, aveva gli occhi più tormentati che gli avessi mai visto mentre fermava la sua mano a pochi millimetri dalla mia guancia – Mi piacerebbe molto allungare la mano e toccarti nella tua solitudine, eppure tu mi hai sempre rifiutato. Mi hai sempre considerato come l’ultimo degli infimi, chissà che effetto ti farebbe adesso, sapere che ti sono superiore e che ti concedo questo grande privilegio.” fissò nuovamente il mio corpo, la camicia si era inumidita di sudore o forse l’umidità si era ancorata al mio corpo, sentivo la sensazione di rabbrividire e insieme il dolore di bollire. Non potevo muovermi, nemmeno la mia pelle mi ascoltava.

“Mi chiedo, voglio dire, che male ci sarebbe in tutto questo?” vidi la sua mano che stringeva la bacchetta sfiorare la mia camicia e scendere a carezzare con il segno rude le parti che anch’egli voleva sfiorare con le sue mani. Ma Blaise non voleva toccarmi, non voleva contaminarsi, come potergli dare torto?

“Insomma, mi rendo conto che continuare a farti domande non ha senso, tu non sei una persona nel senso stretto del termine; certo sei in grado di parlare, mangiare, camminare come una persona, puoi fare magie come una strega, ma non lo sei davvero. Anche se, alle volte, penso che tu abbia ragione.

Non sono marcio io.

Non lo sei nemmeno tu, malgrado tutto.
Sono marci gli altri, tutti gli altri”

Sentì il rumore del legno che rotolava pigro sulle pietre di marmo del pavimento e compresi che Blaise stava perdendo la sua battaglia interiore, fra corpo e morale. La morale aveva perso, fra pochi istanti avrei avuto a che fare con il corpo bestiale di Blaise. La Bestia che dimora in ognuno di noi. In ogni uomo.

Blaise non avrebbe mai fatto del male a Jane Granger, quello che mi chiedevo era: cosa avrebbe fatto invece a Hermione Vane?

“Mi chiedo, quando vi paragonano a dei vermi, a dei roditori alle pulci dei pidocchi dei roditori…è solo che io mi chiedo…” vidi le sue mani correre all’attaccatura della mia camicia e forzarne la chiusura dei bottoni. Non si sarebbe fermato con quella che ero adesso, Blaise era proprio quel tipo d’uomo.

“E’ forse questo il viso di un ratto?” sentì le due mani risalire lungo il mio ventre scoperto, afferrare i miei seni, superare poi il collo e chiudersi sulle mie guance. Aveva le mani caldissime, come se fosse lui stesso bruciante di febbre.

“Sono questi gli occhi di un ratto?”

“Ha forse occhi, un Sanguesporco? – mi aveva guardato di nuovo, con quello sguardo tenero di quando mi considerava ancora un essere umano. Neanche la forza dell’incantesimo riusciva più a bloccare il tremolio delle mie membra, avvicinai volontariamente il mio viso al suo e chiusi gli occhi. Non volevo vederlo, non volevo vedere l’uso che avrebbe fatto del mio corpo – Io provo compassione per te Hermione. e le sue mani si staccarono dal mio viso per ricadere morte al suo fianco, riaprì gli occhi e fissai i suoi. Due pozze di puro odio.

“No, non credo. Tu puttana mezzosangue mi hai quasi convinto a farlo! Non è vero?” un attimo dopo mi si abbatté un pugno sulla bocca, che mi scaraventò a terra. Non ebbi il tempo di registrare il dolore alla bocca, il sangue che ne usciva e il contraccolpo con il marmo del pavimento, che Blaise mi fu sopra per continuarmi a picchiare. La cupidigia sparita dai suoi occhi.  

Un brivido gelido, uno spiffero, non potevo voltare il capo ma qualcuno era entrato in quel posto.

“Zabini” il mio aguzzino si sollevò per dare il benvenuto al secondo aguzzino.

“Malfoy” sogghignò quest’ultimo.

 

A Narcissa Black

Moglie di Lucius Malfoy

Signora di Malfoy Monton

 

Cara amica, queste mie righe sono le ultime, che le mie sciagurate mani potranno trascrivere prima che le stesse righe porteranno la morte, per aver infranto il Voto Infrangibile. La mia morte è tuttavia già scritta, non sopravvivrei alla separazione da mia figlia, l’unica cosa al mondo che io abbia mai amato.

Mia figlia, è stata scambiata alla pura Jane Granger perché nata morta, per l’amicizia che ci ha sempre legato ti prego di vegliare su mia figlia. Assicurati che quella terribile donna la tratti bene, e ti prego fa in modo che non le venga mancato di rispetto e che cresca come una Purosangue. Ricorda di tanto in tanto al Signor Granger, che la madre sono stata io. Ma il padre è sempre lui.

So che ti affido un terribile segreto da custodire, ma ti prego di proteggerlo come hai sempre fatto con tutte le mie parole.

 

Addio amica mia

Nicolae Vane

 

 

 

DRACO

 

 “Lasciala andare Zabini, non è così che ci si comporta. ero disgustato dal comportamento eccessivo di Blaise Zabini, da lui mi sarei aspettato un comportamento molto più contenuto.

Zabini si alzò, e potei vedere Hermione Granger stesa sul pavimento del Bagno con la camicia sbottonata e bagnata di una sostanza rossa. Facilmente intuì cosa poteva essere quella sostanza quando vidi che le sue labbra erano ancora intente a versarne. Doveva aver ricevuto una forte botta.

Perché il sangue?” non ero intenzionato a chiedere questo, volevo domandargli perché l’aveva colpita, ma il sangue sembrava attirare tutta la mia attenzione. Sembrava davvero in tutto e per tutto simile al mio sangue.

“Il sangue c’è sempre. Devi rimanertene qua Mezzosangue, in terra, fra il sangue e gli escrementi, come la bestia che sei.” la Mezzosangue continuò a non muoversi, il suo sguardo era immobile su di me. Mi fissava, implorando una risposta.

“Tua madre inviò una lettera a mia madre, l’unica amica che aveva mai posseduto e le confessò tutta la verità. Dopo, la tua vera madre non riuscì a superare la soglia di casa dei Granger che stramazzò in terra. Morta. Così capirono che aveva spezzato il Voto Infrangibile, e si diedero da fare per cercare a chi la Sanguesporco avesse lasciato le sue confidenze. mi continuò a fissare, nel suo sguardo un barlume di comprensione.

“Narcisa Black si recò dai Granger a distanza di un anno, da questo infausto giorno. Si recò a Granger Paradise e affrontò l’Avvicino, voleva che le ultime disposizioni di tua madre fossero rispettate.

“E Lucius, non voleva avere intoppi nella sua scalata politica dal Signore Oscuro, ma Robert non voleva sottostare ai capricci di una Sanguesporco traditrice ne al ridicolo desiderio di Malfoy…”

“Attento a quel che dici, stai parlando di mio padre.

“Credevo stessimo parlando di verità.” ma Zabini annuì, e tacque definitivamente. Mi abbassai sulle ginocchia e arrivai al suo livello. I suoi occhi mi continuavano a fissare muti e addolorati.

“Oh Hermione, non fissarmi così! Una vita per una vita. Mi sono preso la vita che tuo padre mi ha rubato e ti ho reso quella che tu dovevi vivere, ora siamo pari. allungai la mano ad accarezzarle una guancia, ed ella chiuse gli occhi lasciando cadere una lacrima solitaria che cadde a bagnare le mie dita.

Mi mossi lontano da lei, con difficoltà e tornai a fissare Blaise Zabini che mi restituì lo sguardo in silenzio.

“Ci stiamo muovendo Zabini, stanotte ci sarà fermento nella scuola, lasciala andare senza farle altro male. lo vidi annuire ma non mi bastava, mi avvicinai ancora e gli puntai la bacchetta alla gola.

“Dammi la tua parola Purosangue, che non le farai del male,Zabini fissò la bacchetta che sporgeva sul suo collo.

Perché ti comporti in questo modo? ” il suo sguardo era diviso su di me e la bacchetta, che gli puntavo al collo.

“Siamo pari, non voglio vederla soffrire di più.

“Se quella Sanguesporco egoista non avesse inviato le sue confidenze a tua madre, loro non sarebbero morti, non mi dire che non la odi?”

“Non è colpa sua.”

“ Le colpe dei genitori ricadranno sempre sui figli. abbassai la bacchetta e voltai lo sguardo a fissare Hermione Granger, non mi sembrava una ragazza da detestare, anzi provavo un infinita compassione per quella ragazza così fragile. Dopotutto quel tempo non me la sarei presa con lei. I miei genitori erano dei Mangiamorte, ma questo non rendeva me un Mangiamorte. Mi voltai nuovamente, e puntai nuovamente la bacchetta verso di lui.

 “Ognuno può essere migliore del genitore che ha alle proprie spalle. Ora dammi la tua parola Zabini.

Zabini allontanò la punta della bacchetta dalla sua gola e mi sorrise.

Malfoy, ti do la mia parola di Purosangue che non la toccherò né con le mani né con la bacchetta.”

Un suono singolare risuonò attraverso le pareti della scuola.

Lo lasciai andare e corsi fuori dal Bagno, anche da lì potevo sentire il fermento della scuola.

 

 

Signore Oscuro,

 

Il suo servo fidato, Robert Granger, le annuncia la distruzione della famiglia Malfoy e la sua cancellazione da qualsiasi documento importante. Questa è l’unica giusta condanna per coloro che volontariamente non volevano il vostro successo e non pregavano come faccio io, che ciò avvenga. Chi non vive giorno per giorno, per esaudire i vostri desideri e per vedervi vittorioso su questo mondo magico, non merita il dono della vita.

La memoria collettiva non potrà mutare che fra un decennio, ma le prometto, che io e altre famiglie magiche, ci impegneremo perché il nome Malfoy scompaia dal mondo magico.

 

Suo Servo Vivissimo

Robert Granger

 

BLAISE

 

“Ah Granger, siamo nuovamente soli.” la fissai dall’alto, non era più la donna che amavo, era solo una sporca sangue misto che aveva popolato i miei pensieri da quando non sapevo nemmeno cosa significava giacere con una donna. Lei era stato il mio primo sogno erotico, ed era stata anche la prima ragazza vera con cui ero stato. Lei era stato il mio primo amore e anche l’ultimo.

Lei era stato tutto. Era.

Ora non era più niente.

Il suo sguardo mi spiava muto dal pavimento, una mano era corsa alla camicia per serrarla e l’altra era al labbro per poter fermare il sangue. Sentivo la voce del Signore Oscuro che parlava, voleva che Potter si consegnasse, nessuno lo avrebbe fatto. I pazzi suicidi erano ancora al suo fianco. In realtà, i pazzi suicidi erano gli unici che erano rimasti in quella maledetta scuola, perché gli altri erano fuggiti e se non avessi avuto un conto in sospeso con Hermione, me ne sarei andato anch’io. Ma avrei fatto presto, e poi sarei fuggito e avrei lasciato la guerra a loro, che morissero. Anche Potter. Io sarei rimasto in vita per me stesso.

“Quanto avrei desiderato che tu potessi tacere in questo modo, quando avevo molto da dire, ma in realtà tu non sei cambiata, vero? Le persone non cambiano, trovano solo nuovi modi per mentire. lei rimase in silenzio a fissarmi, quello sguardo era spaurito e sottosopra per il discorso subito, ma aveva ancora quell’orgoglio e quella nobiltà che le erano state inculcate nella sua piccola mente da Mezzosangue.

“Sapevi qual era la condanna per i Sanguesporco che osavano fingersi Purosangue?” sorrisi davanti al suo sguardo intenso, non sapeva molto di storia della magia e lo stesso professore, non si era mai inerpicato in spiegazioni troppo dettagliate per quelle che lui definiva: orrori della Storia della Magia.

“Il mago, ma soprattutto le streghe, perché il vostro sesso è più debole e facilmente influenzabile dalla bella vita e dalla pulizia di noi esseri nobili, andavano incontro ad una fine atroce. Queste sventurate, una volta scoperte, venivano prese, immobilizzate, picchiate e alle volte veniva usata su di loro violenza. Per poi essere sgozzate, e appese per i piedi. Con il loro sangue veniva preparata una mistura con olio e il tutto veniva infiammato, bruciando il loro corpo infame.” seguiva le mie parole in silenzio Hermione Granger, o meglio definirla Hermione Vane? Aveva lo sguardo di sempre e dai suoi occhi rotolavano veloci le lacrime. Non potevo sopportare il suo sguardo. Mi ricordava troppe cose.

“Non avrai paura, vero? Non crederai che ti potrei fare del male? Ho promesso che non ti avrei toccato, ne con le mani ne con la bacchetta, ho dato la mia parola di Purosangue, tu sai quanto vale la mia parola.” mi alzai e mi diressi alle fontane ne azionai una, poi l’altra e recuperai un catino, le richiusi subito dopo.

“Tutto questo tempo, l’ho passato a prendere le misure che fra noi non quadravano mai. Ci voleva sempre una cucitura lì, una là, ci volevano sempre dei compromessi e pensare che invece avrei dovuto soltanto prendere le distanze da me. arrivai alle sue spalle e le versai il catino addosso, con gioia si mosse, ormai libera dal mio incantesimo. Si alzò a sedere, per poi voltarsi a fissarmi. Avevo ancora il catino sollevato da cui scorrevano indolenti le poche gocce che non le erano cadute addosso. La camicia era ancora più trasparente, potevo vederle i seni le cui aureole si erano alzate per il freddo, la pelle che si intravedeva era pallida e la ricordavo soffice al tocco. Eppure anche quella era una menzogna.

Mi inginocchiai alla sua altezza. Con i capelli bagnati il suo sguardo sembrava ancora più intenso e il labbro aveva ripreso a sanguinare.

“Non è forse incredibile, Vane, tutto ciò che mi porta ad odiarti, mi spinge ad amarti.i suoi occhi rimasero freddi dinanzi a questa mia nuova, involontaria, dichiarazione d’amore. Scossi la testa e mi rialzai, afferrai nuovamente il catino e lo riempì ancora, ma questa volta non andai da lei ma sbattei il catino sulla tenda più vicina con una forza che non credevo più di possedere. Dovevo uscire da questa stanza.

“A te, non importa non è vero? Non ti importa di avermi illuso, ferito, tradito. A te importa di quel Malfoy, come ti importava di lui quando lo credevi una feccia. A te importava di lui e fissavi lui con i tuoi occhini spaventati ed è lui che pregavi. Perché?” tornai sui miei passi e le andai vicino, lei cercò di allontanarsi, ma io sempre senza toccarla, mi abbassai ancora una volta a fissarla intensamente.

Perché non hai pregato me? Sono io che ho la tua vita fra le mani. Pregami, dimmi che mi hai sempre amato, chiedimi di farti libera, illudimi come hai sempre fatto. Su Vane, fallo.” un ordine, una preghiera non so cosa mi aspettassi da quel piccolo animale.

Mi fissò ancora una volta, aveva degli occhi davvero enormi, mi fissò in silenzio solo per un secondo prima di alzare il mento e fare qualcosa che non credevo avrebbe mai fatto. Mi sputò in faccia. Saliva e sangue.

Chiusi gli occhi e mi strofinai via lo sputo, disgustato e oltraggiato, mi alzai dalla mia posizione prona e arrivai alla piscina ottagonale, pulì il mio viso sfregando via quel sangue impuro dalla mia pelle.

Avevo promesso di non toccarla.

“Vedo che il mio cuore continua ad avere sempre lo stesso maledettissimo difetto, trova troppe giustificazioni.

con le mani.

“Mi sono stancato di giocare, Hermione, ora faremo sul serio.

con la bacchetta.

La bacchetta? Afferrai la bacchetta e la vidi impallidire ma nemmeno questa volta si mosse per fuggire dal Bagno, quella stupida era troppo sicura di se. Affondai nella piscina fino alla vita e puntai la bacchetta sulla superficie e la feci evanescere. Mi voltai verso la fontana con la pietra gialla ambra e con forza la girai. Una sostanza giallognola e scivolosa venne fuori, schizzandomi le scarpe e la camicia. Uscì dalla fontana e voltai la testa verso la Mezzosangue, si era trascinata al muro più lontano e facendo leva su una pallida manina si era alzata.

Che cosa stai facendo?” era la prima volta che sentivo la sua voce, era roca come quando prendeva troppo freddo e mi chiedeva un preparato con miele. La voce roca di quando parlava durante il sesso. Aveva la voce roca, come donna che non parla da molto tempo.

“Hermione non capisci cosa faccio?” la piscina era piena, incantai il rubinetto e questo non si fermò, la sostanza cominciò a trasbordare, la sentì rovesciarsi intono alla piscina. Lei distolse gli occhi da me e lì fissò alla piscina, gli asciugamani bloccarono il passaggio della sostanza giallognola.

Che cosa stai facendo?” aveva ripetuto quella frase una seconda volta, la sua voce era ancora più angosciata.

“Hermione, bisogna saper abbandonare le cose prima che le cose, ci abbandonino.” lei mi fissò ancora e non capì nemmeno questa volta. Lei, la stupida ragazza che io avevo sempre amato, rabbrividiva e non capiva perché le avessi buttato quel catino addosso, fissava l’olio che avanzava inesorabile per la stanza e continuava a non capire.

“Ti sto purificando.” dissi per farle capire nuovamente che cosa stavo facendo, ma lei nuovamente mi chiese.

Che cosa stai facendo?”

Avevo promesso di non toccarla. Né con le mani, né con la bacchetta. Questa era la mia promessa. Afferrai un fiammifero, lo sfregai, la fiammella divampò piano, di un arancione incandescente. Il bruciore.

Hermione, alla temperatura opportuna tutto brucia. Legno. Vestiti. Persone.” Lasciai cadere il fiammifero e all’improvviso tutto cominciò a bruciare, i suoi occhi mi fissarono con quello sguardo di puro odio, non avrei mai, per tutti gli anni che avrei vissuto, non avrei mai dimenticato quello sguardo. Odio, solo e soltanto odio. Sbattei la porta, non più controllata da Boris in faccia a quello sguardo.

Nella vita saremmo ricordati più per quello che distruggiamo che per quello che creiamo.

 

Al Nobile Robert Granger

Signore di Granger Paradise,

 

Tutto è compito, la morte ha bussato a casa Malfoy,

nessuno che possa parlare  è rimasto in vita.

Tutto è compiuto.

 

DRACO

 

Piton, aiutato da alcuni studenti quella notte aveva aperto le porte del maniero, distruggendo la difesa della scuola, era poi fuggito, ma noi tre l’avevamo inseguito e avevamo visto la verità sgorgare dai suoi pensieri.

L’ultimatum del Signore Oscuro, quel suo voler scambiare la vita di Harry per la salvezza di tutti. Il nostro rifiuto.

Il suo sacrificio e poi?

Poi era giunta la fine, con il velo nero del bianco e serpentino Voldemort, Hagrid portava il corpo senza vita di Harry fra le braccia e piangeva.

Noi eravamo attoniti, non riuscivamo a muoverci, paralizzati dalla consapevolezza che tutto era finito, ma poi qualcuno aveva detto che se dovevamo morire, non l’avremo fatto strisciando ma combattendo perché questo fa di un mago la purezza o meno.

Incantesimi e maledizioni erano volati, come volano i pugni in una rissa e poi era risorto lui, Harry, con la bacchetta stretta in mano e gli occhi verdi illuminati di decisione e avevamo combattuto fino alla fine, senza sentire la fatica combattendo senza alcuna divisione di casa. Difendevamo gli amici e quelli con cui non avevamo mai parlato, quelli che forse ci avevano preso in giro e quelli che studiavano sempre.

Combattevamo per la scuola e per l’ideale che tutto quello che stavamo facendo ci stava connotato come persone, come uomini, dimentichi per una volta delle differenze, in quella mischia era il mago a combattere non il suo sangue.

Arrivarono anche i genitori, gli amici e i parenti, giunse l’esercito dell’Ordine della Fenice e il Ministero.

Fu così che si arrivò al duello finale, che scindeva male e bene, e fu quest’ultimo a prevalere sul primo e fu un tripudio di gioia per la sua fine e un urlo di dolore per le morti.

Poi fu solo silenzio.

 

 

Conclusione del Capitolo Venti

 

 

 

 

 

 

Note

 

1. Quando si arriva a conoscere il peggio di una persona,si hanno due possibilità: liberarsene definitivamente o cominciare ad amarla per davvero. La citazione iniziale, bellissima a mio parere, è di Bailini.

 

2. Nicolae Vane, figlia di Joen Secret e Joe Vane, [..]mio nonno paterno Sigmund Vane, è(sono) personaggi di mia invenzione, naturalmente ho dovuto creare personaggi e genitori che non esistono.

 

3. Io Notus Chintus Nerdum, Anche lui è un personaggio di mia invenzione, in realtà, come da dicitura, il San Mungo era un ospedale per le malattie magiche e molto probabilmente non vi era un reparto di maternità, ma la Rowling non ha mai specificato dove nascessero i pargoli e io avevo bisogno di un nome altisonante per un primario.

 

4. Non credo che le Governanti dei Purosangue stringessero Voti Infrangibili, eppure mi sembra un interessante mezzo per “mantenere i propri segreti”. Il cacciare la governante dall’abitazione dopo che lei fosse rimasta sfortunatamente gravida del padrone di casa, comportava l’immediato abbandono della residenza e la possibilità che il padrone di casa, per evitare problemi con possibili riconoscimenti di bastardi, era costretto a corrispondere una certa dote alla donna. Poteva decidere di darla in moglie a un suo dipendente e quindi sostenere economicamente la dote della donna o poteva corrisponderle uno “stipendio” mensile per poter vivere con la “sua vergogna”. Queste notizie ho avuto modo di leggerle nel bellissimo libro di Ken Follet, “La caduta dei Giganti”.

 

5. Il discorso fra Blaise ed Hermione nella sua seconda parte è preso da un bellissimo e notissimo film di Steven Spielberg del 1993, Schindler’s List. Il discorso citato è fra Amon Goth, sottocomandante del campo di concentramento di Krakow-Plaszow e la sua cameriera ebrea, Helena.

 

6. Le persone non cambiano trovano solo nuovi modi per mentire. La citazione appartiene alla serie televisiva americana “True Blood”.

 

7. Tutto questo tempo l’ho passato a prendere le misure che fra noi non quadravano mai. Ci voleva sempre una cucitura lì, una là, ci volevano sempre dei compromessi e pensare che invece avrei dovuto soltanto prendere le distanze da me. È una citazione rielaborata di F.Feed.

 

8. Ciò che mi porta ad odiarti, mi spinge ad amarti. È una citazione della serie televisiva americana Grey’s Anatomy

 

9. Alla temperatura opportuna tutto brucia. Legno. Vestiti. Persone.  Questa è una citazione del grande Beckett.

 

10. Saremmo ricordati più per quello che distruggiamo che per quello che creiamo. È una citazione di C. Palahniuk.

 

 

Questo è il penultimo capitolo, siamo alla fine, non sono ancora sicura di quando aggiornerò, credo fra due settimane.

 

Al prossimo aggiornamento

 

Marti

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Capitolo 21
*** 21 - Nugae ***


C21(BG)

La strana intimità di quelle due rotaie.

La certezza di non incontrarsi mai.

L’ostinazione con cui continuano a corrersi di fianco.

( Alessandro Baricco)

 

Capitolo Ventuno: “ Nugae

 

Vorrei poter dire che dopo quel giorno venne la fine.

Una di quelle fini belle con il velo da sposa di Ginevra e i sorrisi sereni di coloro che erano scampati alla guerra o le risate isteriche di uno scampato al pericolo.

Non sto parlando di una fine qualsiasi, no, stiamo parlando di un lieto fine; come tutti vorremmo; dopo la guerra, la fine di tutte le sofferenza… ma non fu così.

Se la guerra è bruciore, il dopoguerra è follia lenta che si tramuta in disperazione. Sono cani che si contendono a morsi un cadavere in decomposizione.

Sono ossa che vengono spezzate per essere ricomposte nuovamente da un macellaio che qualcuno continua a chiamare chirurgo.

Sono bambini che giocano fra le rovine di case bruciate o distrutte.

Sono famiglie che attendono dispersi, il pianto degli orfani che non attendono più.

Terre distrutte dalla siccità dove non cresce erba e il contadino non coglie i frutti che troppo maturi si schiantano in terra con il rumore fosco dei corvi che straziano i corpi.

Il Dopoguerra sono nemici che si odiano e continuano a distruggersi in modo differente. Perché se la guerra è odio, il dopoguerra è distruzione.

E poi dopo il dopoguerra arriva la vita.

Ma se i guerrieri muoiono in guerra ci sarà un motivo no?

 

BENIJAMIN

 

Non sono mai stato un gran chiacchierone, non ho mai considerato necessario dover parlare tanto, perché è difficile parlar tanto senza finire per parlare troppo.

Eppure ora mi ritrovavo a dover spiegare tante cose che io stesso non avevo capito, ero sempre stato servo dei Malfoy da quando la mia colpa mi aveva condotto da Lucius. No, non provavo vergogna per quello che avevo fatto. Una vita per una vita è sempre uno scambio equo. Il signor Lucius in questo era stato molto astuto.

Benijamin puoi scegliere da te, continuare a fuggire ai tuoi strozzini e finire sgozzato da qualche parte oppure puoi vendermi la tua vita”

“Vendere la mia vita?”

“Tu hai un debito con me di ventiduemila galeoni, un debito simile non potrai saldarlo neppure se lavori una vita intera” avevo fissato ancora una volta quell’uomo senza capire il significato del suo compromesso.

Ma allora come…”

“Credo che due vite possano bastare però”

“Vuoi che io divenga il tuo servetto?”

“Non solo, di servi ne ho a decine, mi serve la tua vita” aveva ripetuto ancora.

“La mia vita non è in vendita” lui aveva riso di gusto continuando a fissarmi intensamente. Tirai ancora la giacchetta che mi andava corta di maniche e soffia su con il naso.

“Sei il figlio di un commerciante Benjamin dovresti sapere che tutto e tutti sono in vendita, l’importante e dar loro un prezzo” sobbalzai ancora al ricordo del negozio di mio padre che il cattivo Lucius mi aveva ricordato. Il negozio lo avevo venduto otto mesi prima, ma non ero riuscito a saldare per intero il mio debito.

“Tutto ha un prezzo…” mi arresi  balbettando, Lucius approvò sorridendo e poi aveva continuato.

“Il tuo prezzo è ventiduemila galeoni, ma dovrai vendermi la tua vita per intero” avevo annuito e da lì era cominciata la mia plurivita* a casa Malfoy.

Lucius pochi mesi dopo conobbe la dolce Narcisa, lo vidi cambiare davanti ai miei occhi, quella mente così fredda e razionale totalmente annichilita e asservita a quella giovinetta dai fluenti capelli biondi che era sua moglie. L’amore che c’era fra quei due era talmente intenso che trascendeva la mia concezione. Una volta chiedendo il perché a Lucius lui mi aveva risposto.

“Tu, Joe, non potresti mai comprendere, nella tua vita hai amato solo il gioco e quello non ti ha mai ricambiato”

“Io non ho mai amato il gioco quanto Lei ama sua moglie” avevo ribadito, lui aveva sorriso nuovamente e aveva detto.

“Io darei la mia vita per mia moglie e è la stessa cosa che hai fatto tu per il gioco. Hai dato la tua vita per lui ma dato che non ti ha mai ricambiato sei finito a lavorare per me”

Era stata l’ultima volta che aveva parlato di amore con il signor Malfoy.

La signora Narcisa invece era una donna molto differente. Lei amava il bello e circondarsi di questo e più di ogni altra cosa amava Lucius ed era ricambiata allo stesso modo. Sapevo quando Lucius le aveva comprato qualcosa di nuovo perché i suoi occhi si illuminavano come quelli di una bambina e prendeva a ridere.

Con Lei spesso mi intrattenevo a parlare d’amore. Lei non credeva che potesse esserci qualcuno che al mondo non poteva essere felice perché toccato dall’amore. Io le raccontai che l’unico amore della mia vita era stato il gioco, ma lei mi rispose che era una sciocchezza. Mi sembrò inutile insistere nel diniego, la Signora Malfoy quando decideva una cosa non c’era nessuno che la potesse convincere del contrario.

Fu Lei a insegnarmi la sottile arte dell’ascoltare senza intervenire troppo spesso, a lei non piaceva essere interrotta ed ebbe a dire più di una volta che la maggior parte delle interruzioni  non avevano davvero una grande importanza o utilità quindi che le facevo a fare? Amava leggere poesie la signora Malfoy e io mio malgrado mi ritrovai davvero accorato ad ascoltare quei sentimenti che sporgevano da ogni frase.

Joe, perché mio marito ti chiama così, pensavo che il tuo nome fosse Benijamin” mi guardò intensamente e compresi che quel giorno Narcisa Malfoy avrebbe desiderato essere risposta e lo feci.

Joe è il nome che mi ha dato il Signor Malfoy quando ho venduto la mia vita a lui” ella sgranò gli occhi e mi afferrò di riflesso la mano.

Come è possibile che tu, un mago, possa essere divenuto uno schiavo, alla stregua di un elfo domestico” sospirai lasciando che la mia mano si allontanasse dalla Signora Malfoy.

“Signora Malfoy, nella mia vita ho amato una sola cosa, il gioco, quest’ultimo però è un’amante davvero volubile così mi sono ritrovato indebitato e senza vostro marito mi sarei ritrovato perso, per sempre” la donna aveva stretto nuovamente la mia mano e con una dolcezza che pensavo fosse estranea a tutte le persone del suo rango me la carezzò leggermente.

“Oh Benijamin tu dovresti smetterla con queste sciocchezze. Non sono le cose di cui ci innamoriamo che cambiano la nostra vita, sono le persone” la fissai sorpreso e anche imbarazzato, la mia mano fra le sue e un rossore mai provato sulle guance, quando i nostri sguardi si incrociarono capì e lasciai andare nuovamente la mia mano.

Singora Malfoy sarò sempre il vostro più umile servo” ella non rispose intenta com’era a lanciare sguardi circospetti verso la sua mano e poi ancora verso di se.

Anche quella fu una delle ultime discussioni che feci con la Signora Malfoy perché due giorni dopo fui inviato alla casa nobiliare di Robert Granger e ne divenni il suo scrivano personale. Tutti i suoi documenti, passavano fra le mie mani. I più importanti arrivavano sulla sua scrivania gli altri venivano bruciati o gli veniva risposto con un diniego netto.

Robert Granger era una persona arida di qualsivoglia sentimento, anche la sua moglie purosangue lo lasciava del tutto insensibile. Li ricordo nello studio. Lei davanti alla scrivania e lui dietro a quella che progettavano l’eventualità di far figli.

“Mi occorre un erede, oramai sei troppo al di là negli anni mi algida sposa per pretendere un erede maschio ma mi occorre ugualmente un erede” ella aveva annuito, come se  stessero parlando dell’ultimo vaso da acquistare, perché la signora aveva una vera  e propria fissazione per quei maledetti oggetti.

L’unica donna che portava il Signor Robert a provare qualche sentimento fu Nicolae Vane, la governante babbana.

Un giorno finì di scrivere la corrispondenza una mezz’ora prima del solito e stavo per entrare nello studio occupato dal signore quando mi resi conto che non era solo, la governante era in quella stanza e ripuliva lentamente i libri alle spalle del Signor Granger, era molto silenziosa e i bordi della veste non sfioravano nemmeno la sedia del signore ma ugualmente egli era in tensione. Lo si poteva percepire dalla linea rigida delle spalle.

“Smettila” aveva sbottato all’improvviso, il Signor Robert.

Lei non aveva replicato nulla, aveva bloccato il braccio, si era voltata verso di lui e si era inchinata leggermente poi si era allontanata da quella scrivania.

Velocemente ero entrato nella stanza rendendomi conto che sarei risultato in ritardo se avessi continuato la mia azione di spionaggio.

Alcuni mesi dopo in quello stesso studio potei vedere una scena singolare.

La Signora Granger sostava nuovamente di fronte alla scrivania del marito.

“Credo che le tue visite stiano divenendo troppo frequenti”

“Tre mesi fa mi avete detto che volete un erede, ma lasciate le prime due settimane non mi avete fatto più visita. Devo intendere che non vi interessa più” aveva l’aria piccata la nobildonna e lo stesso Robert se ne rese conto perché replicò.

“Moglie vi ho mai dato modo di dubitare della mia fedeltà?” ella dissentì con forza

“Questa non è una scenata di gelosia, non ne sono mai stata avvezza, è solo praticità. Dovervi attendere per alcune ore mi spossa” il Signor Robert aveva annuito.

“Verrò da voi ogni lunedì e ogni venerdì” rispose secco, elle strinse le labbra ma non replicò e uscì dalla stanza.

Poche ora dopo entrò la governante e prese nuovamente a spolverare la biblioteca alle sue spalle, questa volta il Signor Robert non sembrava più infastidito anche se il nervosismo era rimasto.

“Smettila Nicolae” disse infine alzandosi dal suo scanno, sembrava stanco per qualcosa “Si signore” rispose ella e lui la inchiodò fra la libreria e lo scanno in modo tale che la governante non potesse uscire.

Nicolae che cos’è quel Si Signore ? Siamo soli” ella aveva abbassato lo sguardo, improvvisamente meno spavalda.

“Questo non cambia che voi rimaniate il mio padrone e non posso ne guardarvi ne parlare con voi” aveva replicato ancora, cocciutamente incatenata con lo sguardo al pavimento in marmo.

“Deve essere per forza così?” non potevo pensare che quella voce dolce provenisse davvero dal Signor Robert Granger.

“Si, deve esserlo per forza così come voi domani giacerete nuovamente con quella donna” aveva alzato lo sguardo Nicolae e vi avevo colto stille di pianto.

“E’ mio dovere coniugale partorire un erede con la mia sposa” aveva risposto rigido a quello sfogo così femminile ma quegli occhi lo avevano visto capitolare pochi secondi dopo. Con mia somma sorprese il Signor Granger aveva stretto fra le braccia quella creaturina.

Nicolae, mio Dio, cosa mi è successo” aveva sussultato come se invece di abbracciarla le avesse dato un pugno in pieno ventre.

“Oh Robert” aveva detto solo, poi erano rimasti avvinti e io avevo preferito non vedere cosa continuassero a dirsi o a farsi.

Avevo la macabra sensazione che tutto avrebbe avuto un tragico epilogo.

Non avrei mai immaginato che l’epilogo sarebbe stato così tragico, è proprio vero che quando l’amore non riesce a cambiare le persone tende a cambiare le situazioni e a cambiarle in peggio.

 

DRACO

 

Il Salvatore del Mondo Magico, il famoso Draco Lucius Malfoy, purosangue e migliore amico di Harry Potter e Ronald Bilius Weasley, grandi nomi anch’essi, aveva trovato rimedio alla sua popolarità rifugiandosi in un appartamento anonimo della Londra ibrida, nel mezzo esatto di Londra, fra babbani e maghi.

Aveva rinunciato al castello grottesco della sua famiglia ma non aveva rinunciato ai suoi soldi che ora spendeva di malavoglia come un rampollo annoiato qual’era.

Dicono che le persona hanno bisogno di un sogno per poter sopravvivere, non importa se questo sogno sia puro o nero ed infausto.

Il sogno di Draco era di poter ottenere la sua vendetta, ora l’aveva ottenuta ma se ne chiedeva il perché. Cosa aveva aggiunto la vendetta che rendeva la sua vita così satura e allo stesso tempo repellente a suo dire.

Repellente, come scoprire che il Bagno dei Prefetti era esploso pochi minuti dopo, era stato inutile ritornare sui suoi passi, cercare di sollevare massi, spegnere l’incendio, non aveva trovato Hermione e non aveva trovato Blaise, l’esplosione se li era mangiati entrambi.

Avvinti nella morte come non lo erano mai stati nella vita.

Questo è il commento migliore che aveva raccolto dai detriti di quel mondo oramai morto. Il mondo dei Purosangue. Il suo nuovo mondo e insieme un mondo che non gli apparteneva. Lui non poteva arrivare a odiare tanto una persona che non possedeva il suo stesso sangue. Non poteva credere che nelle vene scorresse sangue differente. Lui non era quel tipo d’uomo, non era Blaise.

“Eppure siete stato voi a consegnare la Signorina Granger a quel individuo” non approvava Joe, non  approvava quello che era stato costretto a fare e non approvava che ora la giovane fosse morta.

Non si stupiva più di quella singolare intrusione nella sua mente ad opera di quell’insulso riflesso, perché Joe, dopo aver esaurito la sua verità, aveva abbandonato la sua umanità ed era tornato solo un riflesso dello specchio.

“Non accetto consigli da te” non era vero, continuavo ad accettare suoi consigli, era l’unico che me ne deva ed era l’unico con cui parlavo oramai da almeno sei mesi.

“Dovrebbe trovarsi un’occupazione” rispose ancora Joe, dalla specchio velato.

“Sono troppo ricco per averne voglia”

“Un lavoro non serve solo a raccogliere soldi” lo occhieggiai divertito, il suo sorrisetto ironico era sparito. Quello si che mi metteva i brividi.

E a cos’altro potrebbe servire?”

“I soldi non dureranno per sempre” non aveva risposto, non lo faceva mai, un giorno avrei gettato quello specchio dal balcone e lo avrei distrutto.

“Me li farò bastare per il tempo necessario” mi alzai dal divano, non ne avevo più voglia, infilai il giubbotto e uscì dall’appartamento.

Ero in strada.

Avevo bisogno d’aria, Joe alle volte riusciva a togliermela l’aria, a mozzarmi il fiato, ad uccidere i miei pensieri.

Dovevo sbarazzarmi di lui, dovevo sbarazzarmi dello specchio.

Ma Joe era l’unico tassello che ancora mi ricongiungeva alla mia famiglia, lui era la mia famiglia ancora in vita ma allo stesso tempo non lo era.

Non era nessuno ed insieme era tutto.

 

Dove fuggi?” mi voltai al suono della sua voce.

Ero di nuovo nel mio appartamento, le persiane tirate, una penombra innaturale, il velo sullo specchio sembrava assomigliare ad un sudario.

La sua voce, l’avevo sentita.

“Da chi fuggi” la seconda voce, il sangue mi si congelò nelle vene, quella era un’altra voce conosciuta.

Mi sentì trascinare sul divano, sprofondarci, le mani tremavano in modo incontrollato, il sudore scendeva lungo la schiena.

“Guardalo come trema, sembra una foglia” le parole era sospinte dalla brezza di un ghigno, il suo ghigno.

“Io direi un volgare ratto di cloaca” sarcasmo, fonemi gelidi.

“Dove siete?” avevo la voce incrinata dalla paura, il divano stesso contribuiva a precipitarmi in quello stato di agitazione.

“Siamo al tuo fianco, dove potremmo mai essere” era di nuovo la sua voce mi voltai a fissare oltre la spalla imbottita del divano e mi salì un urlo alle labbra.

Era lei.

Apparsa all’improvviso reale e insieme frutto di un incubo raccapricciante. Sembrava la pallida mietitrice, con il suo mantello lungo e nero e quegli occhi d’ambra che mi fissavano immensi. Quante volte avevo detto che quegli occhi erano belli, avevo sempre mentito, ora erano belli.

Inquietanti ma perfetti.

“Sei davvero tu?” i suoi occhi guizzarono sulla mia figura e un sussurro roco, come proveniente da un mondo lontano mi rispose da se, stava ridendo di me.

“Sei davvero tu” era la seconda voce ad aver imitato la mia per farmi il verso, la voce di qualcosa di raccapricciante e insieme di insensatamente crudele. Come faceva lui a continuare a stare con lei.

“Non sono più io “ rispose alla fine di quel teatrino macabro la pallida mietitrice, il mantello scivolò in un lato ed insieme il mio cuore urlò. Non sono il mio cuore anche la mia bocca lo seguì.

Il viso che nella parte alta era sempre di pallida porcellana, nella parte inferiore era scarnificato dalla pelle, dai tendini e i denti bianchi e perfetti spiccavano del tutto scoperti in quel ghigno che tutti noi biologicamente abbiamo nascosto sotto le labbra…il fuoco doveva averle prese per prime.

Erano sempre state irresistibili.

Cercai di alzarmi dal divano ma ella si sporse in avanti e mi bloccò. Le sue mani, no non stavo fissando le sue mani, fissavo le sue falangi, pallide ossa collegate da carne virulenta e sangue raggrumato. Erano su di me.

“Lasciami” piagnucolai, ero di nuovo un bambino.

“Lascialo” le sue mani mi lasciarono andare ed ella si ritirò nuovamente nelle ombre dell’appartamento. Mi aveva lasciato come aveva detto lui. Perché faceva quello che lui diceva? Perché adesso era così remissiva come…

“Avvinti nella morte come non lo siamo mai stati nella vita” decisi finalmente a voltare il capo, ed eccolo, anche lui era una terribile e virulenta visione. Un ammasso di carni scempiate, ossa schioccanti e pelle che cadeva a brandelli – che cadeva a brandelli sul mio tappeto nuovo.

Indossava un mantello anch’egli, con un cappuccio e a fodera rossa lo faceva apparire ancor più spettrale con quelle orbite vuote e quel ghigno demoniaco ma lo avevo già visto tramutarsi in mostro e rivedere il suo volto non mi scompose come era successo prima.

“Non ti incuto terrore soldatino?” in balia di due incubi che non volevano saperne di farlo sollevare dal divano, grandioso! Dove era finito quel maledetto Black quando gli serviva?

“Non hai mai fatto paura a nessuno, nemmeno da vivo”

“Ma sono i morti che fanno paura, soprattutto quelli che camminano, parlano e…uccidono” era avanzato verso di me ad ogni verbo poi sull’ultimo si era piegato fino all’altezza del mio viso, era così vicino che potevo percepire quell’odore di morte e putrefazione “BUU!” e poi rise di nuovo, latrò di nuovo, come latra una lupa dopo esser stata violentata dal maschio per essere ingravidata.

“E’ veramente coraggioso il nostro soldatino, peccato che non lo sia stato nel momento giusto” capì a cosa si riferiva e mi voltai repentinamente a fissare la mietitrice che mi restituì quel suo magnifico sguardo gelido e insieme caldo di colpa e di tradimento.

“Io ci ho provato, te lo giuro Hermione, ho provato a salvarti. Quando mi sono reso conto che il Bagno dei Prefetti era esploso mi sono precipitato su. Ho smosso pietre o spento il fuoco ma non ho trovato i corpi. Non c’eravate più.”

“Non hai cercato bene” la voce fredda di lui.

Lei non parlava, rimaneva immobile e fredda.

“Te lo giuro, Hermione, sono tornato indietro”

“Tu sei tornato indietro per salvarci?” si era nuovamente spianta verso il divano, quelle mani scheletriche si strinsero sull’imbottitura del divano.

“No, sono tornato indietro per salvarti” lei si avvicinò ancora e mi continuò a fissare con quei meravigliosi occhi.

“Ti ho amato così tanto e senza accorgermi” sentì uno sbuffo sulla sua sinistra, lui era contrariato dalla scelta delle parole della compagna “Non sapevo che cosa fossero i sentimenti prima di incontrare te, prima di amare te” ancora uno sbuffo, me la risi sotto i baffi e tornai a fissare i suoi occhi, volevo allungare una mano a sfiorarla ma provavo raccapriccio.

“Te lo giuro, sono tornato indietro per salvarti” un rumore roco, il suo sembrava davvero una risata, ma la mancanza di labbra rendeva quella risatina macabra e triste.

“Ma non ci sei riuscito,” il suo sguardo si allontanò seguendo il movimento della testa che tornava nell’ombra dell’appartamento “Non sei riuscito a salvare lui” avrei voluto dirle che non ci avrei nemmeno provato e che l’idea non si era mai affacciata alla mia mente ma continuai a tacere “E non sei riuscito a salvare nemmeno te stesso, mio piccolo amore” aveva usato ancora quel termine.

“No, Malfoy, non era una stupida la nostra piccola. Sapeva quel che voleva. Solamente voleva delle cose impossibili” le cingeva le spalle mentre ella abbassava lo sguardo precludendo i suoi sentimenti a me.

“Addio”

Aveva sussurrato proprio quello e poi avevo spalancato gli occhi.

 

GINNY

 

Mi ero sposata sette anni, ottantadue giorni e due ore dopo la mia prima cotta adolescenziale. Mi ero sposata dopo tre anni, ottantadue giorni e dieci ore dopo il mio primo bacio d’amore. Mi ero sposata un anno, ottantadue giorni e nove ore dopo la mia prima volta.

Mi ero sposata due mesi e ventidue giorni dopo la Seconda Guerra Magica, con la persona con cui avevo fatto tutte quelle cose prima: Harry James Potter.

Il mio Harry James Potter.

La  cerimonia era stata bellissima; un prato tagliato all’inglese di un verde simile agli occhi dello sposo. Una cappella semplice creata da un vecchio nido di rami, era stata mia madre ad incantarla per l’occasione. Ah la mamma! Quanto aveva pianto la mamma quando mi aveva visto con indosso il mio vestito bianco, il suo vestito bianco.

Era semplice come avevo sempre desiderato, aveva il colletto alto e una scollatura fittizia a forma di cuore coperta da un velo, si stringeva in vita e scendeva semplice fino ai piedi, dove calzavo ballerine bianche, fortunatamente comode.

Le maniche cadevano lunghe sulle mani a coprirle lasciando scorgere solo le dita, tra cui l’anulare dove avrei infilato l’anello più prezioso della mia vita: la vera.

Una vecchia leggenda magica sostiene che la vera in oro viene posta sopra quel dito perché al di sotto pulsa una piccola vena che ha un collegamento diretto con il cuore. Era un’idea così romantica che al solo pensiero sarei scoppiata a piangere di nuovo se non fosse entrata Lavanda, la fidanzata di mio fratello, a spettegolare sugli abiti delle invitate e su alcuni cappelli che mi proposi io stessa di vedere perché mi sembravano davvero eccessivi anche per le inglesi.

Attraversai di corsa lo spazio che mi separava da Harry che sorrideva ironico durante tutto il tragitto concitato e quando mi fermai dinanzi a lui arrossì come una mela matura e cercai il suo appoggio che subito mi diede.

Ero la donna più felice del mondo. Avevo sposato il mio principe azzurro.

La vita è davvero strana, io che non meritavo davvero niente dalla precitata vita avevo vinto il mio principe azzurro e invece il testimone di mio marito, Draco, che era sempre stato l’uomo più gentile e cortese al mondo, non aveva vinto nulla.

Anzi sembrava più infelice di prima.

Di prima della Granger.

Di tutte le persone che avrei mai potuto credere cadessero in depressione l’ultima era proprio Draco. No forse l’ultimo era mio fratello Ron, ma se non l’ultimo avevo sempre creduto che Draco sarebbe stato il penultimo o che comunque se la sarebbe potuta tirare con mio fratello. Perché?

Non perché era la persona più gaudiosa del mondo ma perché era sempre stato così forte, con tutti e per tutti. Adesso vederlo così fragile mi spezzava il cuore e lo spezzava anche a Harry e a Ron.

Loro, i maschi, credevano che la sua vuota esistenza era dovuta alla sua nuova identità perché si oramai lo sapevano tutti, Draco Malfoy, il timido e secchione Draco Malfoy era diventato Sir Draco Lucius Malfoy, ultimo rampollo della famiglia ultimamente ritrovata Malfoy.

In due parole? Lo scapolo d’oro di Londra.

Questo era quello che pensavano i maschi che non hanno mai capito nulla d’amore, nemmeno se lo vedono sgambettare davanti agli occhi potrebbero capire qualcosa d’amore. Ah!

Io credevo che la disperazione di Draco provenisse dai sensi di colpa per aver permesso che la Granger, già proprio lei, si suicidasse nel Bagno dei Prefetti con il suo quasi marito, Blaise Zabini.

Naturalmente il suicidio era stato il diversivo con cui la Gazzetta aveva coperto uno degli omicidi d’onore più chiacchierati del dopoguerra. Altro che suicidio romantico, tutti noi sapevano che la glaciale Regina aveva un debole per Draco ma nessuno sapeva che Draco aveva praticamente un’ossessione per lei a pari. Ossessione che poteva rivelarsi amore o solo…malattia mentale.

Era questo il motivo che mi aveva spinto a bussare per mezz’ora alla porta del suo appartamento e lo stesso motivo che mi aveva spinto ad entrare senza essere invitata. Ed eccolo lì, lo scapolo d’oro, troppo ricco per lavorare, troppo povero per essere felice. Dormiva imprigionato in quei suoi maledetti incubi.

Ed ecco la prova che l’ossessione si era tramutata in malattia dopo che era scaduto l’amore.

“Hermione te lo giuro… borbottava il suo nome nel sogno, borbottava il suo nome ed era terrorizzato. Lo afferrai per le spalle e lo scossi ma non sembrò riscuotersi.

“Draco!” urlai alla fine, scuotendolo con più forza e lui allora spalancò gli occhi.

 

DRACO

 

La prima cosa che vidi aprendo gli occhi fu Ginny che mi fissava con uno sguardo pericolosamente simile a quello di Molly quando fissava gli amati gemelli dello scherzo. Mi diceva qualcosa, magari che dovevo smetterla di farmi seghe e cominciare a trovarmi un lavoro da babbano o da mago.

La osservai, come si fa con le immagini del televisore in mute, la scrutavo per analizzarla. Era affascinante fissarla senza sentirla. La continuai ad osservare con fare critico come facevo oramai da un po’.

I suoi capelli erano sfibrati ma sempre di quel rosso che avevo paragonato a un tramonto e che Hermione aveva tanto preso in giro. Quel rosso intenso che poco si accordava con la pelle pallida che sembrava risplendere, avevo parlato anche di quella in una mia poesia.

Era la sposa più bella che avessi mai visto.

Ora la vedevo e non potevo riconoscerla perché ho capito che anche il dolore, col tempo, si trasforma. Come l’amore e l’amicizia. E Lei era cambiata ancora e nuovamente, o forse non era mai stata diversa da quel giorno e da quelli che li seguirono, solo che adesso non aveva più alcuno ostacolo e la vedevo per quella che era davvero.

Una sposa. Una bellissima sposa. Ma solo una sposa.

“Mi vuoi consumare?” lei aveva capito che non mi interessava quando l’avevo invitata a ballare il giorno delle nozze e le avevo fatto le congratulazioni per aver appena ucciso la sua vita sessuale. Lei aveva riso commentando che almeno lei ne aveva una. Avevo riso anche io e mi ero staccato da lei.

Credevo che la fine di un amore così grande e duraturo come il mio non ricambiato amore per Ginevra sarebbe durato per anni portandosi dietro imbarazzanti silenzi e inviti a cena di amici mancati. Ma non era stato così.

“Temo ci pensi già tuo marito” lei ghignò soddisfatta della mia repentina risposta, finalmente soddisfatta di avermi riscosso dal mio sogno.

“Oh sapessi come è divertente, infatti proprio l’altra sera, era in cucina tutta intenta a pelar le patate quando Harry è arrivato da dietro..”

“E io mi fermo qui, vorrei poter ancora entrare in quella cucina e poter mangiare le tue deliziose patate senza dover pensare a termini come arrivare e da dietro” lei rise di gusto e io mi sentì fiero di esserci riuscito.

“Come siamo maliziosi, credo sia tempo di cambiar acqua al pesciolino”

“Oh Ginny, non è possibile averla vinta con te! Vivere con quattro fratelli maschi ti ha reso una donna davvero abile dei doppi sensi” la sentì nuovamente sogghignare e alzarsi dal divano.

“Forza è ora di andare Sir. Malfoy” scossi il capo e mi alzai, cercando il mio giaccone. Dove diavolo lo avevo messo?

“Passeggiata giornaliera?” annuì, lei, Harry e Ron si davano il cambio ogni giorno per portarmi a cambiar aria, avevo smesso di resistere due settimane prima, rendendomi conto che li rendeva felice. Chi ero io per intristirli?

Dove diavolo era finito il mio giaccone?

“Se stai cercando la giacca è lì sul divano appoggiato allo schienale” disse Ginny le sorrisi grato e sollevai la giacca ma nel farlo mi resi conto che sotto di esso spiccavano quattro piccoli fori anneriti.

“Non ti sarai messo a fumare” sussultò Ginny avvicinandosi al divano, ma io presi a tremare nuovamente. Non erano sigarette spente. Erano stretti fori di dita scheletriche provenienti dall’inferno.

“Andiamocene, subito”

 

EHI TU!

 

Quando ero piccola avevo immaginato tanti avvenimenti diversi che potevano succedervi ma mai avrei creduto di ritrovarmi così. Sbattei ripetutamente la schiena contro la sacchetta nera della spazzatura.

Una sacchetta, anzi due sacchette, come poltrona, mentre fissavo rapita un frammento che doveva appartenere a un vecchio specchio. Riuscivo a osservare una parte del mio viso alla volta.

Decisamente non me l’ero immaginata così la mia vita.

Per un certo periodo della mia vita volevo diventare un esploratrice dei mondi sconosciuti. Immergermi nelle paludi o sparare a creature terribile ma mia mamma aveva bloccato sul nascere quell’ipotesi di vita.

“Non ci sono più terre inesplorate”

Ma madre, non sappiamo con certezza se ci sono terre inesplorate o meno se nessuno le ha mai esplorate”

“E’ così e basta” non si poteva dire che sua madre non avesse il dono della sintesi, la democrazia soffriva di gravi mancanze effettivamente.

E così si era dovuta trovare un'altra vita da vivere ma nessuna di quelle che poteva seguire l’attirava. Voleva arrampicarsi sulle montagne più alte del mondo o inabissarsi negli oceani più neri. Voleva conoscere i nomi di tutte le stelle e sapere il cognome di tutte le piante.

“E’ sciocco” la rimbottava sua madre “Finirai come una fallita e io non muoverò un dito per fermarti nel tuo tracollo” ed effettivamente mentre la vita sceglieva per lei questa strada così poco edificante, sua madre non aveva mosso un dito. Certo era momentaneamente occupata ad essere morta però avrebbe potuto indicarle la strada desiderata prima.

“Ehi tu, passami quella sacca” mi voltai stancamente e tenendo lo specchietto in equilibrio con la mano destra avevo afferrato la sacca e l’avevo tirata a quello che mi stava quasi di fronte.

L’amico di quello che mi stava di fronte approfittando della mia disattenzione aveva afferrato il mio specchietto.

Ridammelo” avevo urlato scioccata, non era mio, niente in quel posto e con quella gente mi apparteneva se non quella vita che non mi ero scelta.

“Ehi tu, stà zitta che qui si cerca di dormire” aveva risposto quello a cui avevo passato la sacca che aveva sbattuto sotto la guancia e aveva chiuso gli occhi.

No, non avrei mai scelto da sola la strada della barbona ma era l’unica cosa che mi rimaneva prima di togliermi la vita in modo definitivo. Quella e lo specchietto.

Il mio nome non contava più, mi avevano ribattezzato Ehi tu, se avessi passato con loro almeno un anno avrei avuto l’onore di poter scegliere un sopranome e se mi andava proprio bene avrei avuto un posto fisso dove poter dormire nella spazzatura.

No, non era quella la vita che sognavo da bambina.

“Tienitelo il tuo specchietto del cazzo, tanto non funziona” lo riafferrai subito, indispettita. Il mio specchietto non aveva niente che non andava.

“Sei tu che non sai come si usa” avevo replicato continuando a stringerlo al petto.

“Eh tu, io so cosa dico,” poi aveva dato una spinta a quello che provava a dormire con la sacco sotto al mento “Frank” ah! Il privilegio di un nome proprio di persona lo prendevi dopo i tre anni “Frank, io non ho gli occhi chiari?” Frank aveva alzato la faccia dalla sacca per lanciare uno sguardo truce al ladro di specchietti.

“Naso a pippa hai degli stramaledetti occhi chiari ma cosa cazzo mi svegli a fare per chiedermi dei tuoi occhi” sbuffò sonoramente e si lasciò cadere sulla sacca per poi mollare una pedata a Naso a pippa che aveva osato il sacrilegio.

“Ehi tu, hai sentito? Io ho gli occhi chiari” e si alzò per dirigersi al suo di posto, più in disparte, e ora mi dava le spalle.

“Bravo”  risposi sarcastica

Se guardi invece nello specchietto vedi invece degli occhi neri” lo fissai scioccata, occhi neri? Occhi neri nello specchietto? Cominciai a tremare, lo specchietto era proprio sopra il mio cuore e ora?

Tremando lentamente lo staccai da lì e fissai il frammento con sguardo timoroso. Possibile che Naso a pippa avesse trovato dell’alcool e fosse ubriaco? Poi fissai meglio lo specchietto e sbiancai.

No, Naso a pippa non era ubriaco.

“Buonasera Signorina da quanto tempo”

 

 

DRACO

 

Passai un bel pomeriggio con Ginny, era piacevole girare per i parchi e incontrare babbani ignari o maghi più che consapevoli di incrociare Sir. Malfoy e la Signora Potter.

Dopo la passeggiata Ginny mi costrinse ad andare a cena da loro, quando finalmente mi piegai alle sue insistenze informò subito Harry che fu un gravissimo errore.

Harry quando arrivammo a casa era attorniato non solo da Ron, Lavanda e annessa famiglia come mi ero arreso a pensare, ma da almeno un’altra ventina di persone, di cui sei erano sicuramente ragazze single e in cerca di marito.

In quel momento pensai di poter concludere il lavoro cominciato da un certo tizio senza naso, ma non volli rendere vedova Ginny prima del tempo così sorrisi forzatamente e gli strinsi in modo energico la mano me l’avrebbe pagata cara.

Tre ore, e quattro ragazze respinte più o meno sensibilmente, dopo varcai la porta del mio appartamento. Era notte fonda e mi appariva modificato in qualcosa.

Mi chiusi la porta alle spalle e feci un passo in avanti verso il piccolo salottino.

In che cosa era mutato quel dannato appartamento?

L’odore.

Dolce e amaro insieme saturava l’aria.

Ma cosa diavolo...

L’abajur si illuminò all’improvviso, costringendo il mio cuore ad uno spasmo e i miei piedi a balzare all’indietro facendo sbattere dolorosamente il mio polpaccio contro il tavolino in ferro e vetro che fremette.

La luce si diffuse per la stanza rompendo la quiete e l’ignoranza che le tenebre avevano coperto e mi ritrovai a fissare nuovamente il mio incubo.

Il salotto era perfettamente ordinato tranne che per due piccoli particolari. Il primo era il maledetto specchio senza più la protezione del drappo e la seconda era naturalmente lei. Mi voltai in cerca del secondo incubo ma non lo trovai. Peccato stasera mi sentivo di buon cuore, avrei offerto da bere per tutti!

Clap, Clap
un rumore basso intervallato da un rumore di vetro scocco
. Due occhi lucidi ma perfettamente allenati per scorgere anche il più piccolo movimento. Dannazione ogni volta che la vedevo quei dannati occhi erano sempre più belli e gelidi.

“Cosa ci fai tu qui?” forse anche lei si stava stancando di sentirmi ripetere quella frase tutte le volte.

Seduta sulla poltrona, sguardo affilato e mani congiunte che stringevano una bottiglia, sedeva un Hermione Granger molto differente da quella del pomeriggio. Sembrava la stessa che avevo dimenticato a scuola, qualche tempo fa.

Ma bravo ti ricordi di me” posò la bottiglia sul tavolino dove era la lampada, il mio tavolino di legno di frassino da poco ritirato dall’antiquario e divaricò le braccia facendo segno a qualcuno, mi fissai intorno per vedere anche lui, ma lui sembrava non esserci… ancora.

Poi le richiuse d’improvviso in modo che le mani battessero fra loro, in un terzo derisorio applauso.

“Signori applaudite al mio caro amico!” la voce si trascinava lenta, strascicata come se l’incubo stavolta non avesse la sua solita voce ad effetto ma che avesse ingogliato qualcosa che la facesse biascicare. Afferrò nuovamente la bottiglia e bevve avida come faceva Barty Crouch Jr. quando si era infiltrato nella scuola al Torneo Tre Maghi per uccidere Harry. Ma non era Pozione Polisucco, mi ritrovai ad arricciare il naso, si sentiva una forte puzza di vino rosso tendente all’aceto, vino di pessima qualità.

“Applaudite a Draco, come ti chiami? Si ora ricordo, Lucius Malfoy, un ex mezzosangue imbranato che io ho reso bello, elegante e spregiudicato!” gli incubi non avevano mai parlato così, cosa cavolo avevo mangiato stasera e dove cazzo mi ero addormentato? Sperai di non trovarmi nessuna di quelle ragazze al fianco la mattina dopo.

Pausa ad effetto, o solo per bere ancora.

“Applaudite a questo Assassino che mi ha consegnato al mio Carnefice per poi correre ad aiutare la gente che lo aveva sempre disprezzato. Voi. E adesso passeggia per i parchi londinesi e lo chiamano Sir. Passeggia per i parchi londinesi con la sua amante e novella sposa di Potter. La sua Ginevra dai capelli di tramonto” no, decisamente nessuno incubo che avevo mai fatto era così dannatamente reale come quello che stavo facendo ora. Quell’Hermione sembrava proprio Hermione. Non osai crederlo, la prima volta ero corso ad abbracciarla per poi trovarmi davanti il niente.

Fece un’altra pausa per bere.

Se sei qui, non sono un assassino” risposi all’improvviso folgorato, volevo che continuasse quel maledetto incubo, era il più veritiero che avevo mai fatto.

“Se fosse per te, sarei carbonizzata o comunque cotta a puntino come lo scheletro che hai visto nel tuo incubo oggi pomeriggio” la fissai sconvolto, ora facevo anche incubi in serie? Non era mai successo nemmeno quello, segui la corrente Draco, continuiamo questo maledetto incubo.

E allora chi devo ringraziare per il fatto che sei ancora viva?” lei mi ghignò in faccia, quella bellissima bocca, in questo maledetto incubo, era come la ricordavo, con quelle labbra dischiuse in un sorriso velenoso.

“Oh devi ringraziare il Signor. Black naturalmente!” come chiamato apparve la sua figura allampanata all’interno del riquadro e mi sorrise con quel sorrisino malizioso che mi metteva i brividi.

Joe? Che cosa sta succedendo?”

“Oh la signorina non dice il falso. Sono stato io a salvarla dal Bagno dei Prefetti” lo fissai con la bocca aperta. Eravamo ancora nella mia testa? Oddio.

“E il Signorino?” chiesi senza fiato e mi beccai un occhiata omicida dalla fu signorina Granger.

“Non lo meritava” rispose Hermione

“Non ho fatto a tempo” rispose Joe.

Ok stavo decisamente impazzendo, forse era meglio far compagnia al mio incubo e versarmi un po’ di whisky, mi avvicinai al mobiletto dei liquori e presi la bottiglia, la studiai attentamente stringendo il bicchiere di cristallo e lo posai nuovamente sulla mensola. Svitai la bottiglia e ingurgitai un sorso. E tornai al centro del soggiorno, continuando a stringere il whisky nella mano sinistra.

“Va bene, fatemi capire come Lei” indicai Hermione che continuava seduta sulla mia poltrona a sorseggiare la bottiglia di vino senza controllare i sorsi e alcune gocce cadevano sulla mia poltrona macchiandola. Una fortuna che fosse tutto un dannato sogno. “ si è salvata da quell’inferno e come Lei” stavolta indicai l’immagine dello specchio “l’ha miracolosamente salvata.

“Oh, niente di miracoloso Sir, ero in un angolo del Bagno totalmente alla mercè di quel pazzo e mi sono voltata a fissare uno specchio che era sulla mia destra, mi sono detta Meraviglioso, morirò guardandomi allo specchio! Ma all’improvviso sono sbucate due mani e mi hanno tirato fuori dall’inferno e mi sono ritrovata nella mia stanza. Il Signor. Black mi ha curato dalle ferite e da alcune bruciature e poi mi ha trasportato attraverso il mio specchio in quello di casa mia. Ho preso alcune cose e poi sono passata per la tua soffitta per poi rifugiarmi in un posto sicuro. Sgranai gli occhi chiedendomi come la mia mente fosse arrivata a fare delle ipotesi così fantasiose e a farle partorire alle labbra fallaci di quella bambola delle fattezze di Hermione.

E tu lo sapevi Joe?”

“Certo Signorino, le ho fatte insieme con lei queste cose”

Ma tu eri tanto contrariato che l’avessi uccisa”

“Non ho mai detto di essere contrariato per averla uccisa, bensì per il suo comportamento nei suoi confronti” spalancai la bocca, uno psicologo avrebbe detto che questo incubo era la mia reazione al lutto ma mi sentivo davvero spiazzato.

Hermione sorseggiò ancora dalla bottiglia prima di lasciarla cadere, ci fissavamo e la bottiglia crollava lentamente verso il mio tappeto, i suoi occhi con quello sguardo di sfida. Mi mancava quella lotta continua, mi mancavano le sue parole crudeli e la sua voglia di sfidare la vita. Non credevo di poterlo dire ma lei mi mancava.

La bottiglia si infranse sul pavimento, spalancai maggiormente gli occhi ma non mi svegliai. Perché Hermione rimase seduta lì dov’era a fissarmi con quello sguardo soddisfatto di una bambina dispettosa.

Non mi importava più interrompere quel sogno, feci pochi passi e le fui di fronte.

Smettila Granger, non sei a scuola, non sei più la regina, non sei più nemmeno una purosangue. Non sei più nulla” Hermione si alzò dalla mia poltrona, riuscendomi a non sfiorare e alzò il suo sguardo su di me. Anche ora che era in piedi e cercava di mantenere un certo contegno costretta com’era ad allungare il collo per potermi guardare in viso. Era, infatti,più bassa di me di una decina di centimetri. La vidi fremere e quasi ringhiò.

“Sarò sempre più di te, sangue o non sangue, io resto sempre una strega migliore di te” aveva ancora quell’espressione orgogliosa che le ricordavo sul viso e malgrado il pungente odore di vino sentivo ancora quel suo odore di donna che mi aveva sempre mandato in confusione. E lo ero anche adesso, quel sogno doveva finire.

“Sei soltanto una donna morta” la sua espressione divenne di fuoco e i suoi incisivi pungolarono il labbro inferiore poi fece qualcosa che non potevo credere fosse possibile: mi colpì con uno schiaffo.

“Questo lo può fare una donna morta?” intrappolai la sua mano fra le mie, il bruciore lo avevo già dimenticato preso com’ero dallo stupore che quella donna piombata nel mio appartamento stava producendo su di me.

Scossi la testa totalmente asservito a quello sguardo così caldo. La mano che stringeva la sua divenne improvvisamente di fuoco e l’elettricità passò attraverso le mie mani.

“Credi che una donna morta possa fare questo” avvicinò il suo viso al mio e vi posò le labbra, erano bellissime e sentì qualcosa spezzarsi mentre che le mie mani la stringevano intensamente.

Non esisteva più il tempo, non esisteva più lo spazio e insieme esistevano ancora, più ingombranti di prima come il tavolino dove mi fece sbattere la mezzosangue o la poltrona dove io la feci risedere, lei rise e io mi ritrovai a ridacchiare.

Era davvero viva e mi voleva ancora.

Le presi la mano delicatamente e la feci alzare dalla poltrona, ricordavo ancora quello che mi aveva detto la prima volta, sembrava passata un’eternità da quella notte.

“Mi concedi questo ballo?” lei sorrise consapevole della mia frase ma scosse piano la testa.

“Non c’è la musica e non ho le scarpe adatte” le sorrisi ancora mi sentivo un idiota a sorridere così tanto, non lo facevo davvero da troppo tempo.

“Non importa” la avvicinai al mio corpo e la strinsi ancora “la musica può stare nella tua testa e le scarpe…nemmeno io ho quelle adatte” la sentì ridere sul mio petto e le sue mani strusciare lungo le mie spalle a cingermi la vita.

Era bello il mondo…

 “Oh Hermione, la mia Hermione Granger” lei si bloccò nell’atto di restituire il bacio e mi chiesi cosa le avessi detto di sbagliato.

“Hermione Granger è morta” la fissai allarmato e strinsi la sua vita sottile, non volevo vederla sparire nuovamente, maledissi la mia mente annebbiata.

“Tu hai detto…” lei scosse ancora il capo.

“Io ti ho detto che non sono una donna morta ma non ti ho detto che Hermione Granger, non lo sai? Hanno celebrato il mio funerale un mese e mezzo fa” si allontanò da me e incrociò le mani sul petto, aveva il viso pensoso e notai una stanchezza nuova.

“Allora tu chi sei?” lei si voltò nuovamente a guardare, aveva gli occhi di cristallo tanto erano sottili e facili al pianto. Il silenzio ricadde piano.

“Non lo so” era un mugugno, una preghiera, mi sembrava così fragile e così poco cattiva che mi chiesi se lo fosse mai stata realmente.

“Nemmeno io” si avvicinò nuovamente a me e riprese a baciarmi con un trasporto tutto nuovo e io non era da meno. Un trasporto così intenso che lo si poteva definire disperazione e bisogno estremo di un’anima in cui versare il proprio tormento fino a perdersi per poi ritrovarsi insieme. Due punti interrogativi in quel mondo di punti esclamativi.

Due incognite in un mondo di certezze.

“Che cosa mi hai fatto mezzosangue?”  eravamo nella mia stanza da letto e io non sapevo nemmeno come ci eravamo arrivati, potevamo anche esserci materializzati al suo interno. La fissai intensamente, la stanza aveva smesso di girare e anche lei mi fissava di rimando guardandomi intensamente poi feci qualcosa che non avevo mai fatto; presi l’iniziativa.

Strinsi le mani a coppa sulle sue guance e la cominciai a baciare, sentì le sue piccole mani artigliarmi le spalle per poi accarezzarmi tutta la schiena.

Le mie mani scesero sulle sue spalle e le spinsi via il capotto che rotolò a terra. Lei mi fissò nuovamente con quegli occhi maledettamente affascinati e che mi erano tanto mancati.

“Dimmi cosa mi hai fatto … Dimmelo!” era un ordine? Non lo sapevo, la voce con cui l’avevo pronunciato non la si poteva definire una voce imperiosa. Sembrava quasi che la stessi implorando, ma di fare cosa? Rompere l’incantesimo o continuare e dannarmi per la vita.

“Non lo so” tartagliò Hermione.

La stavo spogliando? Ero davvero io?

“Te lo dico io piccola strega…” ma me ne rimasi in silenzio, come inebetito, le avevo tolto tutti i vestiti e ora la contemplavo nuda, mia…almeno per le prossime ore. E all’alba? Mi avrebbe cacciato di nuovo in malo modo?

E che tipo di vita insieme avremmo mai potuto condurre insieme?

Nascosta nel mio appartamento perché per tutto il resto del Mondo Magico era considerata morta. Morta per causa mia.

Eppure lei era nel mio appartamento, continuava a volere me, ritta con quello sguardo preoccupato negli occhi mentre i miei occhi la fissavano con ansia.

“E’ follia?” provò a dire vedendo che non continuavo a parlare.

Lei era lì per me, pronta a giacere con l’assassino e il ladro della sua identità, le dovevo un minimo di sincerità, sospirai lentamente e mi avvicinai nuovamente a lei, non volevo che la mia piccola volpe si raffreddasse.

“Peggio” aggiunsi, gli occhi che ammiravano ciò che le mani volevano toccare, ma continuavo a rimanermene immobile, le mani lungo i fianchi che non la sfioravano, continuando a fissare il suo corpo.

Meritava le parole che stavo per dirle? Fissai il suo viso; l’espressione esasperata, poi sorpresa e dopo confusa. Gli occhi liquidi di desiderio trattenuto. Le labbra socchiuse come preparata al rifiuto.

“E’ amore” risposi in fine, uscito sconfitto dalla mia battaglia interiore.

Ero totalmente e incondizionatamente innamorato di lei ma di quegli amori che non rendono felici perché sono al di là della gioia e del dolore, sono così, protesi verso il sublime, verso l’immensamente bello e contemporaneamente l’enormemente brutto.

Io l’amavo non c’era da aggiungere nient’altro.

 

Fine

 

Ed eccomi giunta alla fine, non è l’ultimo capitolo, fra due settimane da oggi pubblicherò l’epilogo di questa storia. È sempre triste dire “addio” ad un racconto, i personaggi continuano a vivere intorno a me e dare una vera e propria fine non è mai stato il mio forte.

Questa lettura, chi di voi è riuscita a compierla dall’inizio alla fine è figlia di una riflessione psico – sociale che divide gli addetti ai lavori da molti anni.

La personalità di un individuo come si crea?
Una persona “cattiva” è cattiva perché non ne può fare a meno o per quello che gli si crea attorno, il suo backgraund, i suoi rapporti.

Il titolo “Bad Girl – Cattive compagnie” racchiude un’ambiguità di forma.

La cattiva compagnia chi è? Hermione per Draco o il contrario?

Vi lascio questa domande, sperando in una considerazione finale di tutti coloro che hanno letto questa storia.

 

Note

 

1. La citazione è di Alessandro Baricco

 

2. Nugae è il nome della raccolta di poesia di un autore latino, Catullo, dedica interamente all’amore. Con questo termine i latini indicavano le “sciocchezze”. L’amore per i Romani naturalmente era una sciocchezza che rendeva l’uomo debole e non più degno del genere maschile.

 

3. Il nome di Benijamin o Benjamin, entrambi vengono utilizzati per Beniamino è il vero nome di Joe Black, qui figlio dell’inquietante proprietario di Magie Sinistre, personaggio della Rowling. Ma sia Benijamin che Joe sono invece personaggi di fantasia: la mia.

4. Avvinti nella morte come non lo erano mai stati nella vita. Frase che sovente la si trova come iscrizione funebre. Non mi sono riferita ad una in particolare ma sicuramente questa ricalca qualche più simile iscrizione tombale.

 

5. “No, Malfoy, non era una stupida la nostra piccola. Sapeva quel che voleva. Solamente voleva delle cose impossibili” citazione più o meno colta fregata a una pagina di Facebook, che ringrazio, cercate: A Midsummer Night’s dream.

 

L’Epilogo sarà on line il giorno 14 Novembre 2011

 

Martina

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Capitolo 22
*** EPILOGO ***


Epilogo

Ad Andrea, un amico

Epilogo

 

Ho capito che ci portiamo dentro

chi non siamo riusciti ad avere accanto.

 

Aprì gli occhi all’improvviso.

No, quella non era la stanza da letto di Draco, quella del suo appartamento londinese. Io non c’ero mai entrata, molto probabilmente, nel posto dove mi trovavo.

Sbattei nuovamente gli occhi.

La stanza dove mi trovavo era immersa nell’ombra, sentivo qualcosa di umido dietro la testa – non dietro – sotto la mia testa. Non era solo sotto la mia testa – ripensandoci – era sotto tutto il mio corpo. Mossi una mano e sentì lo sciabordio solito dell’acqua quando viene scossa. Acqua.

Sussultai leggermente.

I miei sensi mi indicavano che ero stesa in una vasca d’acqua – dato il livello – pochi millimetri, ma sufficienti per bagnarmi capelli e vestiti. Non ricordavo come fossi arrivata in quella posizione o come fossi entrata nell’acqua o anche solo dove mi trovassi attualmente.

La sera prima avevo bevuto tanto e poi avevo fatto l’amore con Draco.

Mi alzai lentamente, l’acqua mi scivolò lentamente sui vestiti. Non erano quelli che mi aveva tolto Draco la notte prima. No. Indossavo un capotto pesante e la camicia e i pantaloni della divisa di Hogwarts la notte scorsa. Ricordavo di indossare quello, ora invece avevo una felpa con un mastino sul davanti, un paio di jeans scoloriti e della scarpe da tennis. Sembravano vestiti miei ma non potevano esserlo. Non potevano.

Erano abiti babbani, io non avevo mai indossato abiti babbani.

La mia testa oscillò sotto il peso dei capelli bagnati. Portai due mani dietro la nuca e li premetti. I capelli erano gonfi e i ricci erano nodosi. Non li ricordavo così lunghi e lanosi, da persona che non ne ha cura. Io che avevo una specie di venerazione per i miei capelli non avrei permesso che si riducessero così.

È amore…

Posai una mano sulla bocca. La felpa e il jeans si incollarono al mio corpo quando uscì dalla vasca. Il rumore scrosciante dell’acqua che cadeva sul pavimento. Alcune assi del pavimento che scricchiolavano. Dove mi trovavo? Ma domanda ancor più importante: Lui dov’era?

La stanza continuava ad essere buia e mi vorticava intorno quel maledetto buio. Avanzai ancora, un passo, un altro. Un dolore pazzesco alla testa. La sbronza si faceva sentire. Posai una mano sulla fronte e l’acqua continuò a scendere lungo la mia fronte. Aprì gli occhi e provai a mettere a fuoco la stanza, ora vedevo una porta, al di là di quella, c’erano persone che parlavano.

Ti amo…

Non gli avevo risposto nulla, dovevo dirgli la verità, dovevo confessargli tutto…

Posai le mani sul profilo lucente della porta e la spalancai.

Tre persone mi fissarono sconcertate – dovevo avere il viso di una pazza isterica – il più vicino alla porta era moro e aveva un paio di occhiali leggermente di traverso, mi lanciò un lungo sguardo di stupore, prima di riprendersi e parlare.

Herm, cosa ti è successo?” lo fulminai, non vedevo il Salvatore del Mondo Magico da molto tempo, sarà stato un annetto, giorni più, giorni meno. Non lo vedevo in verità dal nostro ultimo sodalizio. Mi venne spontaneo un ghigno, non poteva credere che passassi al vezzeggiativo dopo una manciata di notti insieme?

“Potter come ti permetti di chiamarmi così?” il ragazzo dai capelli scuri si voltò vero l’uomo dalla lunga veste viola e dal mantello intonato che fino ad allora non avevo notato incassato com’era alle spalle di tutti, come isolato. Potter lo afferrò per le spalle, non avevo mai visto San Potter comportarsi in modo tanto violento, avevo sempre creduto che tutti i mostri che aveva abbattuto, erano stati abbattuti per sola fortuna perché quel ragazzo mi ricordava una mammola, una grossa mammola ubriaca che sbatteva da un lato all’altro scossa dal vento.

Che cosa diavolo gli hai fatto?” l’uomo che stringeva non si lasciò minimamente scomporre da questo comportamento, anzi gli lanciò uno sguardo malizioso e poi mi rivolse uno sguardo ironico. Ricambiai lo sguardo. Che nuovo trucco aveva inventato quel maledetto mago?

“Niente che la Signorina non desiderasse”

Black, Mr. Black è proprio lei” l’uomo mi continuò a sorridere, Potter lo lasciò andare e io mi avvicinai a lui continuando a fissarlo con ansia. Lui doveva sapere dove io potessi trovare Draco. Lui lo sapeva.

Herm, lui è il signor Sigfrido Hopkins” questa volta a parlare era stato il rosso, mi voltai solo un attimo per lanciargli uno sguardo d’avvertimento, cos’era tutta quella confidenza?

“Mr. Black, non è così?” lui mi sorrise nuovamente con una certa malizia nello sguardo. Non avrei potuto sbagliarmi, anche senza quei baffetti demoniaci Joe rimaneva Joe Black dalla pianta degli zoccoli alla punta del forcone.

“Sono chiunque Lei voglia che io sia, signorina” Potter e Weasley partirono in contemporanea e un fascio di luce rossa sfiorò il mago prima che il mio urlo li spaventasse.

“Siete usciti di senno?” cosa diavolo stava succedendo? Dove diavolo mi trovavo?

Quello che la luce illuminava era un negozio, uno di quei negozietti sperduti all’interno della campagna inglese. Era pieno di cose interessanti e la porta che avevo aperto – la porta che conteneva la vasca – doveva essere il retro bottega.

“Tu sei uscita di senno, Hermione!” questa fu la risposta del rosso che fulminai un secondo dopo. Come si permetteva quel pel di carota di osar tanto. E peggio di rivolgersi a me con quel tono. Non ero più una nobile Purosangue.

Balzai ad alcuni centimetri dai due, alle mie spalle c’era ancora il Signor Black con quel suo sorrisino ironico. Sfoderai la bacchetta pronta a colpire i due.

“Io sono normalissima e ora ditemi, dove posso trovare Draco Lucius Malfoy?”

Alla mia domanda cadde un silenzio di tomba sul tiretto, alle mie spalle anche il Signor Black trattenne il fiato. La punta della mia bacchetta saettava da uno all’altro.

Potter e Weasley mi fissavano entrambi con un espressione ferita sul volto, poi il moro sussultò nuovamente e il suo sguardo mi trapassò per fissarsi sull’uomo dietro di me.

“E’ ancora vittima dei suoi sogni” mi aspettavo che Mr. Balck  scoppiasse a ridere e annuendo ironicamente mi avrebbe pregato di colpire entrambi con uno schiantesimo per schiarire loro le idee.

Invece egli sospirò lentamente e sentì il suo sguardo di pece su di me.

“E’ un fatto molto raro, ma si, temo che sia ancora vittima dei suoi sogni”

Lasciai cadere la bacchetta che cadde lontano.

Il peso della  giornata su di me. Il pavimento al di sotto.

E svenni.

La campagna inglese mi era sempre piaciuta.

I prati verdi che si perdevano in piccoli boschetti di faggi o pioppi di un verde molto più scuro oppure macchie di alberi di medie e grandi dimensioni con foglie rosse o gialle che si intonavano al cielo grigio in una cacofonia di colori autunnali e risaltavano come diamanti su di un bracciale.

Blaise una volta mi aveva detto che la campagna inglese non era niente a confronto della Nuova Zelanda o della più vicina Scozia. Lui c’era stato e insisteva nel dire che ci dovevamo tornare insieme, una di queste volte.

Io gli avevo risposto che non sapeva accontentarsi, aveva sorriso indolente da vera canaglia e mi aveva detto che non era nella sua natura accontentarsi dell’orizzonte; lui puntava all’infinito.

E chissà se ora che era passato a miglior vita lo aveva trovato quell’infinito che desiderava tanto da giovane. Poco prima di del boschetto si intravedeva un piccolo fiumiciattolo dalle acque congestionate di un blu intenso. Mi ricordarono i suoi occhi, quando era irato sembravano proprio un fiumiciattolo congestionato dal freddo che va ad incastrarsi fra detriti di roccia e ramoscelli spezzati. Perché pensassi ancora con tanta tenerezza al mio aguzzino mi era alieno.

“Vuole un po’ di the Signorina?” volsi il capo dal fissare la finestra e presi la tazza con calma. Quell’uomo era Joe o era Sigfrido? Prima di svenire avevano detto che ero ancora vittima dei miei sogni. Poteva essere tutto un sogno?

Mi ero svegliata in quella stanza taciturna e avevo scelto di perdermi in quel panorama così grigio e dorato insieme per non pensare. Per poter riflettere, per trovare una spiegazione razionale a quello che stava succedendo.

Perché si chiama Sigfrido?” lo avevo fissato e lui aveva fatto lo stesso con me, il suo viso era liscio e quell’innegabile fascino demoniaco era scomparso.

Poteva davvero trattarsi solo di Sigfrido Hopkins, mercante e alchimista di Ignotum Alley?  Dietro quel Sigfrido non si poteva nascondere il demoniaco Joe? Continuai a fissarlo intensamente ma quegli occhi neri erano immobili, non attiravano verso l’abisso interiore. Forse non c’era davvero nessun abisso…

Senza abisso, non c’era nessun Joe.

“Temo che la mia madre babbana amasse Wagner” perché il Mr.Black mentiva? Lo continuai a fissare e un’idea mi illuminò il viso, lasciai cadere la tazza che credevo di stringere fra le mani. Era stato lui. La tazza si infranse sul pavimento.

“Signorina…” il suo sguardo si fece improvvisamente impaurito.

“E’ stato lui a farle architettare tutto questo” lui mi guardò, l’espressione sconfitta sul viso sottile. La sconfitta era perché non mi ero ripresa da quello che lui definiva sogni o era perché avevo smascherato il piano di Malfoy. Perché ci doveva essere lui dietro tutto questo.

“Perché ha detto di amarmi quando poi non voleva tenermi con se?” era stato Draco, lo potevo leggere nelle sue iridi scure, era stato lui ad architettare tutto quel piano, solo per potersi disfare di me.

“Oh Signorina ci sono persone che non sono in grado di conservare ciò che vorrebbero tenere con se e poi ci sono altre persone, quelle si che sono pericolose, che credono di tenere a un’altra persona, credono che fra loro ci sia amore e invece vogliono solo un certo tipo di soddisfazione” una mia mano gli afferrò la veste, le dita tremavano, io tremavo.

“Lui e io ci amiamo”

“Il nostro cuore ha il brutto difetto di trovare troppe giustificazioni alle nostre passioni, Signorina” lo lasciai andare, le mie mani continuavano a tremare.

“Non è vero, non può essere vero” il Signor Hopkins allora si scostò dalla finestra, arrivò a un giornale posato sul suo bancone e me lo porse.

“Lo legga. I suoi amici mi hanno detto che lei è incline a credere alla carta scritta” chi erano i miei amici? Avrei voluto ridere in faccia alla sua offerta, chissà che faccia avrebbe fatto se gli avessi detto che dei miei amici. Uno era morto e le altre due si rifiutavano di vedermi perché il mio sangue le ripugnava.

“Noi ci amiamo” lo fissai gelidamente “Che cosa devo farci con la Gazzetta del Profeta?” lui mi sorrise timidamente, poteva Joe Black sorridere in quel modo? Non lo avrei mai creduto possibile.

“Guardi in terza pagina” che fosse successo qualcosa a Draco? Per quando il neo-odio si stava diffondendo dentro di me, non potei non far accelerare i battiti del mio cuore. Aprì il giornale e la carte si lamentò per il trattamento, voltai due pagine e mi ritrovai a fissare la foto di Draco Malfoy e Astoria Grangress.

“Se Lui l’amava perché si è sposato oggi” le mie gambe tremarono di nuovo, l’articolo occupava entrambe le pagine e una grande foto mi salutava meschina dalla terza pagina.

Draco non fissava la sua sposa ma fissava il fotografo, avevo uno sguardo gelido che non gli avevo mai visto e la mascella irrigidita per il fastidio. La ragazzina, perché era una ragazzina, aveva il viso adorante voltato verso Draco e sembrava fremere al suo tocco.

Accartocciai il giornale con forza e mi allontanai dalla finestra, Sigfrido mi stava seguendo alla lontana. Sorpassai la porta e mi ritrovai nel negozio, di nuovo trovai Potter e Weasley a fissarmi.

“Hermione…” ma il mio sguardo fece desistere il suo tentativo di parlarmi. Sentivo il mio cuore distruggersi, annichilirsi, smettere di battere…

“Hermione Jane Granger” alzai lo sguardo sul rosso Weasley che con due falcate mi fu davanti afferrandomi per il braccio e conducendomi nuovamente nell’altra stanza.

“Che cosa vuoi pezzente!” avevo la voce velenosa, gli altri due ci avevano seguito, tirai via il mio braccio dalla sua stretta ma non fui troppa attenta e appena il rosso si fu voltato una sua mano mi schiaffeggiò.

Lo schiocco unito al bruciore della guancia e poi ai suoni scioccati alle mie spalle mi azzittirono. Ron Bilius Weasley mi fissava con uno sguardo incandescente, piccole e insistenti fiamme azzurre brillavano nei suoi occhi, non l’avevo mai viste queste fiamme.

“Ora basta Hermione questo scherzo non ci diverte più, non abbiamo tempo da perdere con questi giochetti per attirare l’attenzione, dobbiamo andarcene! Il Signore Oscuro incombe su di noi e abbiamo distrutto il Medaglione da meno di tre settimane e ora non abbiamo la più pallida idea di dove cercare il resto” posai la mano sulla mia guancia, il bruciore non c’era più ma l’affronto si.

“Mi hai colpito” risposi, le sue fiamme brillarono in modo più sinistro avvertendomi di aver sbagliato nuovamente.

“Si, ti ho colpito, perché sei convinta di essere vittima di una cospirazione ordita addirittura da Draco Malfoy, da quel maledetto Draco Malfoy che odiamo da sette anni. Quel viziato purosangue e Mangiamorte di cui dici di essere innamorata e con cui hai detto di aver passato una notte d’amore” aveva il viso indurito dalla sofferenza e dal disgusto e la consapevolezza si fece largo in me.

“Tu… tu sei innamorato di me” arrossì all’improvviso e prese a borbottare, Potter rise dietro di me.

“A quanto pare questa Hermione è più intuitiva su queste cose di quell’altra” entrambi risero, di quelle risate nervose che sanno di isteria.

“Un attimo. Voldemort non è ancora stato sconfitto?” entrambi si irrigidirono sul posto. E ora che cosa gli prendeva?

Non ebbi il tempo di chiedere perché nella stanza si erano appena materializzati diversi individui con vesti nere e maschere d’argento.

Mangiamorte.

Potter e Weasely furono pronti allo scatto, come Sigfrido che si nascose dietro un baule e cercò di sfoderare la bacchetta. Due Mangiamorte caddero sotto al fuoco nemico, uno fu ferito dal Signor. Sigfrido. Dove avevo la bacchetta? La cercai per il mio corpo e la trovai nella tasca dei jeans. Sentì il calore invadermi le dita e sparai un incantesimo contro un incappucciato.

Quello inciampò perdendo la maschera.

Oddio, non era una messa in scena.

Il ragazzo si alzò fissandomi senza una reazione vera e propria. Aveva capelli scuri e occhi blu. Blaise Zabini, il mio promesso sposo morto nell’incendio era lì.

Questo fu l’ultimo pensiero prima di crollare – colpita fortunatamente da fuoco amico, – lo schizzo era rosso; non ero morta.

 

Sogni.

Una persona schiantata può sognare? E se Draco era un sogno, cos’era la verità? Davanti ai miei occhi si profilò una nuova vita, – o sempre la mia – ma vista in un altro modo.

Mio padre non era un purosangue senza scrupoli e mia madre non era un umile cameriera al suo servizio. Erano due dentisti babbani ed io ero una Nata Babbana – anche se avevo ricevuto la lettera a undici anni!

La lettera naturalmente era quella che mi avrebbe condotto a Hogwarts, da maghi e streghe come me – quasi come me – come mi spiegarono con una certa solerzia alcune ragazze Serpeverde quello stesso anno.

Vivo una vita non mia, o forse è mia, ed era quella che ho vissuto fino ad oggi ad essere lo specchio di un mio desiderio. La vita che vivo adesso è diversa dalla precedente. Ha nuovi colori. Se la prima che avevo vissuto da Purosangue e da – non troppo impeccabile – rampolla di una grande famiglia, aveva le tinte fosche dell’inferno; questa nuova vita aveva dei colori pastello e delle persone insolitamente gentili al fianco. Quell’Hermione sarebbe cresciuta una mammola delicata e sensibile con una vita simile. Anche se quell’Hermione ero io. Continuai a guardare quella vita dove mi avrebbe portato.

Arrivai alla scuola di magia e fui smistata nei Grifondoro, non c’erano dubbi che lo fossi, una piccola e smidollata so-tutto-io, che avrebbe fatto tremare tutti con il suo sapere enciclopedico. Divenni amica di Potter e amica speciale con Weasley. Quel cuore tenero palpitava per il rosso e dentro di me ridacchiavo ai loro goffi tentativi di avvicinamento.

Questa Hermione non era solo una smidollata dovetti ammetterlo il primo anno e quelli addietro quando cominciò a combattere al fianco di quei due che non mi apparivano nemmeno tanto sfigati ora. Certo il vero problema non erano loro, era lui. Draco Lucius Malfoy. Non avrei mai creduto che questa Hermione potesse mai provare sentimenti tanto negativi verso un altro essere umano. Nemmeno io credevo di poter detestare Draco come lo stavo detestando. La ragazza aveva stile dovevo riconoscerlo, gli rifilò anche un bel pugno; per non parlare dello stormo di uccellini contro quel cretino di Ron che le aveva quasi spezzato il cuore e poi la morte di Silente; lei piangeva e io cercavo di consolarla ma anche a me doleva un po’ il cuore per quella spaventosa morte tanto ingiusta. E pensare che doveva ucciderlo Draco, per un attimo temetti che sarebbe diventato uno sporco assassino.

E poi era cominciato quel salto nel buio agli Horcrux, l’intelligenza di quell’Hermione, – la mia intelligenza – mi sorprendeva; ero abile negli incantesimi e riuscivo a pensare in modo geniale anche sotto pressione. Eppure era furbizia e tanti libri, non avevo certo il cuore di Harry!

Riuscimmo persino a distruggere quel maledetto medaglione di Salazar, Dio sa come… poi trovammo quel piccolo emporio, ci entrammo per fame e incontrammo Sigfrido, era un ometto particolare e ci spiegò la sua magia di transizione delle anime. Eravamo davvero disperati, così provammo.

Uno per uno ci stendemmo in quelle vasche per “allontanare la nostra anima dal corpo, farla vagare nell’universo parallelo dei nostri desideri”.

Ci era entrato Ron e aveva scoperto quattro Horcrux, ci era entrato Harry e aveva scoperto altri due Horcrux e aveva compreso che cosa i Doni della morte servissero nella sua vita, quando c’ero entrata io, dovevo scoprire con che esercito sarebbe entrato Voldemort, dovevo far vagare la mia anima all’interno delle file dei Purosangue, Mr.Hopkins mi aveva messo in guardia sui pericoli.

“Con le vasche non si può avere alcuna sicurezza, se non quella che avrà dei problemi” mi ero indispettita.

“A Harry e Ron non ha fatto questa raccomandazione” lui mi aveva fissato a lungo prima di rispondere.

“Loro erano maschi”

E cosa centra questo?”

“Le donne da sempre sono più instabili degli uomini, in qualche modo più deboli alla forza sprigionata dalle vasche” mi ero innervosita, io non ero più debole di Harry o Ron.

“Credo che lei sia solo un sessista frustrato e misogino” lui aveva sorriso in quel modo singolare che aveva di sorridere. Come uno squalo o come se il diavolo in persona gli avesse suggerito all’orecchio come sorridere.

Tuche” mi aveva indicato la vasca e poi aveva aggiunto “Ma si ricordi che io l’avevo avvertita” si lui mi aveva avvertito, povero masochista.

Dovevo entrare nelle file dei Purosangue Mangiamorte ma non ci riuscì, non potevo farmi marchiare, la sola idea mi ripugnava. La mia anima si ribellò alla mia ragione e crea quell’altra Hermione. L’Hermione fredda, calcolatrice e purosangue.

 

Mi svegliai subito dopo, ero di nuovo io, rotolai dietro a quello che un tempo era un divano, dietro quell’arredo da soggiorno c’erano nascosti Ron e il Signor Hopkins, lanciavano incantesimi e poi si nascondevano dietro la fodera, tenevano il capo basso e Ron aveva un piccolo taglio proprio sotto l’occhio. Lanciai alcuni incantesimi e mi nascosi a mia volta.

La battaglia credo si protrasse per alcuni minuti prima di impastoiare gli ultimi tre Mangiamorte rimasti.

“Granger ti senti meglio?” gli scoccai uno sguardo dubbioso.

“Credo Signorino Weasley che sia tornata in se” annui piano e ritornai a fissare l’uomo al mio fianco, già adirata dalle parole “Te l’avevo detto” che il Signor Hopkins avrebbe pronunciato; ma lui non lo fece, mi sorrise e se ne rimase in silenzio.

Herm davvero sei tornata in te?” mi afferrò per le spalle e un sorriso da bambino gli apparve sul viso tirato e stanco. Oh Ron, il mio piccolo e sciocco Ron.

“Quello schiantesimo mi deve aver fatto bene” anche Harry era vicino a me e anche lui mi fissava giocosamente.

“Credo sia tempo di andare” già, gli Horcrux non erano ancora raccolti, Voldemort continuava a braccarci, i Doni non erano ancora soddisfatti del sangue versato per loro e il Mondo Magico era ancora avvolto nel gelo che precede la II Guerra Magica.

Il Futuro rimaneva un mistero.

 

FINE

 

Generalmente l’Epilogo non ha nome e non ha volto definito. È la fine. La fine di una storia e l’inizio di una nuovo. Temevo in un finale più triste, lo avevo scritto un finale più triste, qualcosa per far piangere o per mandare a quel paese il cattivo. Poi ho cambiato idea. O forse no.

Chi può dire se il ritorno alla normalità sia un premio o una punizione, per alcuni è entrambe le cose.

 

Note del Capitolo:

 

1. La citazione ad inizio capitolo appartiene a N.Agliardi

 

2.dalla pianta degli zoccoli alla punta del forcone” è una citazione del telefilm statunitense “Scrubs”; naturalmente la frase è del Dottor Cox.

 

3. Sigfrido Hopkins. Ebbene si, anche questo nome ha un significato specifico; se per il cognome non posso che rifarmi al grande Anthony Hopkins che se voi per puro caso non conosceste è il grande interprete del cannibale Annibal Lecter. Il nome Sgrido è una celebrazione a un grande musicista tedesco, Wagner (citazione diretta la vediamo nella risposta che il Signor. Hopkinsad Hermione) che ne fa il protagonista della sua tetralogia, L’Anello del Nibelungo. Sigrifo è comunque un eroe della mitologia nordica.

 

Con questo, la mia storia, Bad Girl – Cattive Compagnie, si è conclusa.

Ma come si dice, l’ultimo passo per un viaggio non è altro che il primo passo per una nuova avventura.

A breve posterò una nuova storia, Rapporti in bilico – Un camicia di Forza, è una storia che cominciai alcuni anni fa, ma che ho deciso di cancellare e reimpostare cimentandomi con altri personaggi, la nuova generazione.

Quindi per coloro che volessero seguirmi nuovamente, tra un mese sarò on line con la nuova storia.

 

A presto, Martina

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