Stelle di vetro

di Gray Winter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Promessa ***
Capitolo 2: *** Arazzo ***
Capitolo 3: *** Tutto il tempo del mondo ***



Capitolo 1
*** Promessa ***


Stelle di vetro.

 Promessa.

 L’inverno carezzava dolcemente i rami grigi e spogli del cortile. Leggeri fiocchi di neve volteggiavano sfaccendati nell’aria gelida, candidi doni dal cielo nuvoloso. Un manto bianco aveva coperto ogni cosa, lungo le strade Londinesi: gli alberi, i lampioni, i tetti, le strade.
 Sporadici raggi di sole ne facevano scintillare a macchie la morbida superficie, desiderosi di ostentare la propria bellezza.
 Un’immagine meravigliosa. Tanto vicina a lui, eppure così irraggiungibile.
 Regulus sospirò profondamente, il vetro della finestra appannato per qualche istante.
 Era triste, quel giorno: la mamma lo aveva costretto a rimanere in camera fino all’ora di cena. Lui aveva ubbidito docilmente, la testa chinata con aria remissiva.
 Quando Walburga si infuriava, nessuno sarebbe stato tanto incosciente da contraddirla. Bè, in realtà nessuno si arrischiava a contraddirla, a prescindere dal suo umore.
 Salvo un’eccezione, ovviamente.
 Il bambino sbuffò, afferrando distrattamente un piccolo drago ligneo. Quest’ultimo ruggì placidamente, emettendo un sottile rivolo di fumo.
 Reg rivolse l’ennesima occhiata malinconica al panorama dipinto al di là delle imposte, l’espressione palesemente scorata. In quel momento, desiderava soltanto intabarrarsi nel mantello e uscire a giocare con la neve, o semplicemente rotolarsi in quell’invitante massa bianca. Sognava di accucciarsi nel candore protettivo dei cristalli incolori, mentre studiava il suo respiro condensarsi in flessuose nuvolette biancastre.
 Ma non poteva. Si sentiva in gabbia, un prigioniero che brama un po’ d’aria fresca.
 E tutto per uno scherzetto innocente.
 Cosa aveva fatto, in fondo? Nulla! Insomma, dare fuoco ad un vestito non era poi una catastrofe tanto grande, no? Va bene, forse avrebbe potuto evitare di incendiare proprio quello che sua madre aveva indosso… ma, d’altro canto, Sirius diceva sempre che “il pepe è d’obbligo in ogni occasione!”.
 In quel caso specifico, quello strano oggetto Babbano chiamato “fiammifero” aveva funto da pepe, mentre l’occasione era stata procurata dal pranzo famigliare tenutosi a Grimmauld Place.
 Il piccolo Reg, le guance colorate di soddisfazione, sorrise: l’espressione terrorizzata di sua cugina Narcissa, alla vista delle fiamme divampate lungo il vestito della zia, era stata impagabile. Certo, non poteva nemmeno ignorare un crescente senso di colpa, stillatogli nel cuore dalla sua coscienza: voleva bene ai suoi genitori, e Cissy era pur sempre la sua cugina preferita!
 Ma al ricordo degli occhi di Sirius, il suo sangue ribollì di gioia. Per un istante interminabile, una luce di puro orgoglio li aveva illuminati, anche se effimera.
 Per un attimo, Sirius era stato orgoglioso di lui. Regulus lo sapeva, lo aveva letto nell’espressione sorpresa e divertita del fratello maggiore.
 E tanto bastò a farlo sorridere ancora.

 Un cigolio improvviso lo destò dai suoi pensieri.
 Convinto che sua madre stesse in procinto di varcare la soglia, si voltò di slancio.I piedini scattarono all’erta, il visetto infantile corrucciato con mortificazione. Lo sguardo si rifugiò tra le assi del pavimento, cercando una via di fuga dagli occhi lampeggianti di Walburga.
 Il legno pregiato scricchiolò sotto il peso di passi misurati. Si stavano avvicinando a lui, lentamente.
 La paura gli serrò il pancino. Per un secondo, il suo apparato respiratorio si bloccò, mettendo a repentaglio la sua già minacciata incolumità fisica.
 La Signora Black lo avrebbe Cruciato, ne era certo. Non stava formulando idee sadiche o inverosimili: sapeva che Walburga sarebbe stata capace di infierirgli torture peggiori. Con Sirius, almeno, lo aveva già fatto.
 Serrò le palpebre pallide, pronto ad incassare il colpo.
 Sentì la paura sciogliersi nei suoi condotti lacrimali, i denti che addentarono con forza il labbro inferiore.
 Stava per crollare. Ma ad un tratto qualcosa, un brivido risoluto gli percorse la spina dorsale: non poteva piangere. Non doveva.
 Suo fratello non lo avrebbe mai fatto.
 Deciso, raccolse tutto il coraggio assopito nei meandri del suo corpicino, le dita aggrappate al giocattolo di legno. Sperava che quell’animale semi-inanimato gli infondesse forza.
 Con un lungo sospiro, schiuse le ciglia frementi e… quasi stramazzò al suolo per la sorpresa: dall’alto dei suoi sei anni, Sirius Black osservava Regulus con sguardo impassibile.
 Un repentino silenzio li avvolse completamente, gettando un velo inquietante sulle pareti della cameretta di Reg.
 Un gufo stridette in lontananza; il latrato malinconico di un cane echeggiò oltre i vetri freddi delle imposte. I secondi scorrevano velocemente, ma Sirius si ostinava a tacere.
 Regulus, dal canto suo, si chiese con preoccupazione se suo fratello non avesse perso improvvisamente l’uso della parola. Di solito, infatti, l’erede più ribelle di Walburga si presentava come un individuo piuttosto logorroico. Quest’ultima, inoltre, non mancava mai di berciare “quel figlio malcreato sciorina più stupidaggini in un’ora di quanto non faccia Alphard nell’arco di una settimana!”.
 “Forse nostra madre lo ha punito al mio posto!” pensò il piccolo Black, l’angoscia che si insinuava tra le crepe della sua mente.
 A volte, capitava che Sirius venisse incolpato ingiustamente. Essere etichettato come “il flagello della famiglia” non andava mai a suo vantaggio, purtroppo. E Regulus, nascosto dietro lo stipite della porta, si limitava ad assistere impotente all’ingiustizia che si consumava dinanzi i suoi occhietti spaventati, troppo timoroso di ricevere una dura lezione per proclamarsi colpevole delle malefatte.
 -S-sirius… stai bene?
 La domanda timorosa del fratellino sembrò non scalfire minimamente il più vecchio dei due. Le iridi grigie, impenetrabili, erano ancora piantate saldamente nel viso di Regulus. Sembrava stessero prendendo un’importante decisione, soppesando varie eventualità.
 Sinistri pensieri attraversarono la mente confusa del piccolo. Il suo animo era inquieto, il suo sesto senso gli stava lanciando vaghi messaggi di allerta: di lì a poco sarebbe successo qualcosa di strano, ne era sicuro.
 Spalancò le labbra, con l’intenzione di pronunciare qualcosa. Ma le parole gli morirono in gola. Il fiato gli venne meno improvvisamente, e una stretta compresse la sua cassa toracica. 
Il suono squillante di una risata gli riempì i timpani, stordendolo per una manciata di istanti. Solo allora comprese ciò che stava accadendo: Sirius lo stava abbracciando. 
Sirius gli stava berciando nell’orecchio con inaudita ilarità.
 Sirius si stava complimentando con lui per “l’incredibile genialata” che aveva avuto.
 Sirius gli stava saltellando intorno con una luce folle negli occhi.
 Una luce folle, si. Ma colma di orgoglio.
 -Sono fiero di te, Regulus!- urlò, elargendogli una pacca sulla spalla.
 Il visetto di Regsi illuminò, gioioso più che mai. Ma la relativa quiete, tuttavia, non durò a lungo…
 -SIRIUS ORION BLACK, VERGOGNA DELLA MIA CARNE, VIENI IMMEDIATAMENTE QUI!- Uno strillo lancinante interruppe bruscamente quel momento di felicità fraterna, che si dissipò veloce com’era giunta.
 Regulus trasalì. Guardò Sirius, lo spavento che si faceva largo sul faccino. Il fratello, tuttavia, sembrava stranamente calmo. Anzi, continuava a sorridere e gongolare.
 -Sirius, io…
 -Ah, non temere Regghy! Ho detto alla stregaccia che ti ho costretto io a farle il dispetto, così non ti farà niente!
 -Ma così se la prenderà con te… 
-Non importa! Oggi può prendersela con me tutte le volte che vuole, quell’orrida arpiaccia, tanto sarò felice lo stesso. Il mio fratellino sta diventando come me!- Esclamò, avviandosi a saltelli verso la porta. Regulus era alquanto sconcertato dal comportamento di Sirius. Era come vedere un condannato a morte avviarsi allegramente in braccio ad un Dissennatore!
 Di slancio, agguantò un lembo della sua maglia pesante.
 -Sir, non puoi prenderti la colpa di quello che ho fatto. La mamma ti farà tanto male, e non voglio che tu piangi per colpa mia!
 A quelle parole, il fratello maggiore si voltò verso di lui. La sua espressione era ritornata stranamente seria, quasi adulta. Regulus indietreggiò, intimorito dallo sguardo di Sirius.
 -Io devo proteggerti, Reguls. Se non lo faccio io, chi altro lo farà, mh? Quella piagnucolona di Narcissa o quell’isterica di Bellatrix? Sei il mio fratellino, e non ti abbandonerò. Mai. 
Il piccolo ricambiò lo sguardo. Un calore nuovo si agitò nel suo petto, mentre lunghe ondate di felicità si infrangevano sul suo viso. 
-Promesso?- chiese, titubante.
 -Giuro! Su tutta la mia scorta segreta di Cioccorane, Reg.
 E con un’ultima risata sprezzante, Sirius scivolò con grazia oltre la porta. 
Regulus trattenne quel suono ancora per qualche istante, serbandolo in uno scrigno dorato nascosto nel suo cuore. Gli ultimi echi della voce di Sirius si dissolsero leggeri fra le pareti verde-argento e gli scaffali traboccanti di giocattoli.
 Due fossette sorridenti solcarono le guance di Regulus.
 Sirius non avrebbe mai infranto la sua promessa.
 Non lo avrebbe abbandonato. L’avrebbe protetto.
 Sempre.

 Angolo autriiice.
 Saaaaaaalve, gente!
 Allora, che dire?
 Avevo voglia di scrivere una raccolta sul rapporto di questi due strabilianti personaggi (li amo e li adoro, zi zi ù_ù). 
Questa sarà una raccolta, come ho già accennato sopra, di tre capitoli. Percorrerà i momenti salienti della vita di Sirius e Regulus, di come le loro strade abbiano imboccato percorsi tanto differenti.
 Spero di non aver prodotto una schifezza autentica! :D
 Alla prossima, spero!
 Gray :) 
P.S.: che ne dite di donare trenta secondi del vostro tempo per inserire una recensione? In palio, un magico soggiorno del tempo che desiderate in casa vostra! :D XD (lasciate stare, è il compito di greco che parla…)

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Capitolo 2
*** Arazzo ***


Per la lettura: i caratteri in corsivo sono i pensieri di Regulus durante l’addio.




 Arazzo

 Urla scomposte squarciano d’improvviso la quiete notturna.
 I muri tremano, il pavimento sembra vibrare. Gemiti strozzati si mescolano a grida astiose, macchiate d’odio, di rabbia, di delusione.
 Qualcosa stride in lontananza. Forse una civetta.

 
Regulus non era più un bambino.
 A soli quindici anni, fu colpito da questa disarmante consapevolezza.
 La percepì affondargli nel cervello, radicarsi celermente dietro gli occhi grigi.
 Non era più un bambino, no.
 Non ora, quando le schegge del suo cuore giacevano all’ingresso, sbriciolate sotto un bagaglio ladro di ricordi.
 Non ora, mentre la figura ieratica di sua madre era devastata dall’eco ancora pulsante di singhiozzi traditori. 
Tutto, in quella stanza, celava il gusto amaro del tradimento.

 
Mi desto di scatto nella penombra della camera, la mente ancora ubriaca dal sonno.
 Cosa sta succedendo?
 Il cuore in gola, mi divincolo a fatica dalla stretta soffocante delle coperte, incespicando verso la porta.
 Il pallore opalescente di uno spicchio di luna mi sfiora la mano. Le dita frementi, corro a ghermire la bacchetta. 


“Nono sono più un bambino” pensò, quando lo sguardo indecifrabile di Walburga lo trafisse. 
Una ragnatela color cremisi si era intessuta sulla superficie acquosa degli occhi, solitamente algidi e fieri. 
La bacchetta giaceva inerte a pochi metri da lei, ancora calda.
-Regulus.- Sussurrò, stentorea.
 La sua bellezza austera pareva essersi dissolta, lasciando il posto ad una donna devastata in veste da notte, abbandonata come un relitto sulle sponde di una poltrona. 
L’orgoglio aveva agito come un acido corrosivo sulla pelle diafana, il viso trasfigurato dal rancore bruciante di gocce salate.
 Un respiro profondo.
 Il ragazzo azzardò un passo. Un altro. Un altro ancora.
 Sentiva i muscoli intorpidirsi ad ogni azione, i polmoni stringersi ad ogni falcata incerta.


 Le scale gemono allarmate sotto il peso dei miei passi frenetici.
 Cosa sta succedendo?
 Le grida sono scemate, ora. Ma al loro passaggio hanno lasciato mugugni striduli e sommessi, alternati a una sequenza di respiri sconnessi, furenti.
 Raggiungo ansante la soglia del salotto, la coda dell’occhio che intravede la sagoma di mia madre striata dalle luci delle candele.
 Poco lontano, Kreacher, le orecchie penzolanti, geme incessantemente, prostrato ai suoi piedi. 
Ma non è di loro che mi importa. Non adesso. 


La donna si aggrappò al braccio del figlio, la sua ancora di salvezza.
 Tremante, la furia gelida che ancora turbinava nelle iridi, lo fece chinare verso di se.
 Gli pose una guancia sul petto, respirando con flemmatica tranquillità.
Intanto, Kreacher era troppo occupato ad ostentare il proprio strazio, per accorgersi dello strano dolore che baluginò negli occhi di Regulus. 
Il ragazzo non percepiva il fiato caldo di Walburga gonfiargli le vesti, non avvertiva la soffice morbidezza dei suoi capelli sfiorargli i polpastrelli.
 L’unica cosa capace di catalizzare la sua attenzione, adesso, era un bruciatura rotonda impressa sull’arazzo di famiglia. Proprio accanto al suo nome. 


Un battente si spalanca con vigore.
 E a un tratto, ogni cosa mi è tremendamente chiara.
 Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Ma non posso lasciarlo andare.
 Uno scatto violento, una corsa frenetica, e sono davanti alla porta d’ingresso. 
La luce blanda dei lampioni filtra subdola dall’uscio spalancato, sputando una lama giallastra sul pavimento lustro.
 Una figura scura è stagliata in contro luce. In mano, una valigia carica delle promesse infrante di una vita intera. 


Non seppe quanto tempo trascorse. Attimi infiniti, forse. Oppure ore fugaci.
 Ma la bruciatura sulla stoffa continuava a fumare, un buco nero che inghiottiva il suo sguardo. E dentro di se un vuoto assordante rombava incessantemente. 
Sentì qualcosa posarsi con delicatezza sul fianco, dita lunghe e fredde accarezzarlo dolcemente.
 Un’altra manciata di secondi indefiniti scivolò via, perdendosi nel ticchettio ritmico dell’orologio a pendolo.
 Con infinita riluttanza abbassò lo sguardo, specchiandosi in fessure plumbee tra palpebre arrossate.
 Walburga lo contemplava di rimando, la bocca sottile stirata in un sorriso strano. 
Nei suoi occhi intravide un lampo inquietante, un barlume quasi folle. Lo scrutò agitarsi nelle sfaccettature scure, incendiarsi e perdersi nell’aria tetra della stanza.
 -Regulus…- La voce della donna gli graffiò i timpani, gli penetrò sotto la pelle.
 -Si, madre.


 Sono impalato d’avanti alla sagoma.
 Dovrei dire qualcosa, forse. Ma non ce la faccio.
 D’altronde, è sempre stato lui il più logorroico tra noi due. Noi due.
 Non riesco a distinguerne i lineamenti. Eppure percepisco un rivolo d’aria spostarsi, la borsa cozzare contro qualcosa. 
Siamo faccia a faccia, adesso. Riesco quasi a scorgere lo scintillio dei suoi occhi fieri.
 -Regulus. 
La sua voce è fredda, tagliente. Fa male.
 -Cosa… cosa pensi di fare?- Lascio che il suono della mia voce scivoli lentamente lungo muri delli’ingresso, mentre l’ovvietà della sua risposta scorre nelle loro crepe.

 -
Tu non tradirai mai la tua famiglia.
 Un brivido ghiacciato gli corse lungo la spina dorsale.
 -No, madre. Mai.

 
Ride.
 -Cosa credi che stia facendo? Pensi davvero che sia venuto qui per trascorrere le vacanze estive insieme a voi? Sono arrivato in questa topaia soltanto per trovare un pretesto per andarmene del tutto. 
Lo sapevo già. Lo avevo intuito.
 Eppure le sue parole continuano a sferzarmi la pelle come coltelli affilati.

 
-Sai che sei tutto ciò che ci rimane, Regulus.- Walburga sorrise freddamente- Tu sei il mio unico figlio, ora. L’unico degno di portare il nobile nome dei Black.
 Regulus serrò le dita attorno allo schienale morbido della poltrona.
 -Lo so.- sussurrò, i denti stretti.

 
Si sta voltando. Passi lenti si allontanano da me. Uno. Due. Tre.
 No.
 -Aspetta!
 Lo scricchiolio del pavimento antico cessa di colpo. Un sospiro brusco gli cede subito il posto.
 -Che vuoi ancora? 
-Non andartene.

 
Il vento sibilò furioso al di là delle finestre. Gocce di pioggia presero a picchiettare contro il profilo nebuloso di Londra, la notte che diventava sempre più vuota ad ogni sferzata.
 -Non sarai una delusione. Non sarai come quella feccia. E ricordati, Regulus: Sirius, tuo fratello, non lo è mai stato.
 Navigò con lo sguardo lungo i rami intricati dell’albero genealogico, le mani ancora saldamente aggrappate alla poltrona.
 Qualcosa si spezzò, in quel momento. Proprio dentro di lui.


 Un tuono romba in lontananza, un lampo fugace illumina di bianco il cielo notturno. 
-Perché? Cos’è che mi trattiene qui, Regulus?
 Vorrei dire qualcosa. Dovrei farlo.
 Ma tutte le parole che vorrei gridare, soltanto per serbare l’ultimo pezzo ancora sano di me stesso, mi muoiono in gola.
 Restano impigliate fra i denti, inciampano sulla lingua. Semplicemente, taccio. 
Il suono della sua risata amara avvelena l’aria intorno a noi.
 Poi, gli scricchiolii delle assi riprendono. La sagoma si dilegua contro la luce dei lampioni.
 -La verità è una sola, Regulus. Voi non siete la mia famiglia. Tu non sei più il bambino sorridente di cui andavo fiero, non sei il fratello minore che, dopotutto, amavo. 
Una folata scuote le fronde del parco immerso nella notte.
 -Ma forse, non lo sei mai stato.
 La porta sbatte con violenza, inghiottendo la lama giallastra. 
Sono solo, adesso. Ma le parole di Sirius aleggiano ancora davanti a quell’uscio.


 L’arazzo era ancora lì, intrecciato e imperfetto.
 -Lo so, madre.- Rispose il ragazzo.
 E ora, tutto quel che rimaneva di Sirius Black, era una manciata di polvere grigia sul pavimento freddo.


 Angolo autrice
 Dopo secoli infiniti, eccomi ancora qui. 
Ringrazio ancora chi ha commentato, chi ha inserito questa storia nei preferiti e chi la ricorda.
 E un grazie anche ai lettori silenziosi, ovviamente.
 Cate

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Capitolo 3
*** Tutto il tempo del mondo ***


3
 Tutto il tempo del mondo.


 -Spero tu sia soddisfatto, ora. 
-Io non ti devo nulla.
 -Ma certo che no. Io e te non abbiamo più niente da spartire.
 -Sei stato tu ad andartene, ed io non potevo… 
-Oh, sta’ zitto! Conserva almeno un briciolo di dignità e sparisci dalla mia vista.
 -Sirius… 
-Corri da tua madre a fare bella mostra di quello schifo che ti hanno appiccicato sul braccio, coraggio! Essere marchiato a vita dev’essere un’emozione davvero esaltante.
 -Tu non puoi capire… 
-Vattene, Regulus. Vai pure a farti ammazzare, io non ti fermerò. Per me sei morto da anni, ormai. 



Guardò le labbra di Bellatrix curvarsi in un sorriso malsano, per poi sillabare qualcosa. Qualcosa di stranamente indecifrabile, che non riuscì a carpire. 
Perché, sospeso in un momento infinito, l’eco di una voce dimenticata lo sorprese, impedendogli di prestare ulteriore attenzione all’isteria di sua cugina. 
Aveva invaso i suoi timpani così, senza preavviso. Soltanto un istante prima sentiva infuriare le urla della battaglia, e dopo un battito di ciglia una conversazione sbiadita dal tempo riaffiorava con la forza di mille tempeste.
 Lo colpì come una marea, infrangendosi sul cuore. Lo ferì. 
E d’un tratto, rammentò ogni cosa.
 Tutto ciò che credeva cancellato dall’odio, consumato nella memoria, dilaniato dalla guerra, riapparve con la violenza di un sorriso.
 Regulus. Sirius indietreggiò, sorpreso.
 I suoi lineamenti tornarono vividi, colmarono gli occhi. Intanto, Il corpo continuava ad incrinarsi, a piegarsi. Non capiva. 
Ma il volto di quel fratello ripudiato, scivolato dalla propria vita troppo presto, lo distoglieva dal resto del mondo. Che bruciasse pure, ormai.
 Sirius percepì ogni lampo di rancore, ogni briciola d’invidia, le urla, gli sguardi, i giochi, l’infanzia, quel vestito bruciato, quella porta sbattuta, l’amore, l’odio rovesciarsi nel proprio cervello. Ne ruppe gli argini deboli, come un fiume in piena.
 Lui. L’eterno tassello fuori posto, l’unico che non combaciasse con gli altri pezzi del puzzle. 
Lui, che come una stella di vetro si era infranto senza fare rumore, sgusciando silenzioso fra le dita. 
La mente, perdendo lucidità, spiccò il volo verso Harry, Remus, l’Ordine, la sua famiglia. Verso James.
 Pensava che sarebbe vissuto abbastanza a lungo per proteggere il figlio del suo migliore amico; credeva che avrebbe preso a morsi la vita finché non fosse riuscito ad ammazzare Minus. Ed era convinto di possedere ancora tutto il tempo del mondo, per chiedere scusa al suo fratello minore.
 Ma l’ultima ora, alla fine, era scoccata anche per lui; Sirius Black, che una vita fa si considerava eterno, eterno e immutabile. Tutto il tempo del mondo, credeva. Invece rimaneva soltanto un ultimo, infinito fremito di ciglia.
 Non era mai stato bravo a scusarsi. Ma adesso, avvertendo il respiro strapparsi dai polmoni, raccolse quel soffio vitale serbato dalle vene ancora pulsanti. 
E mentre l’anima già si dissolveva al di là di un velo leggero, mentre qualcuno urlava il suo nome, mentre Bellatrix esultava di gioia spietata, quelle richieste mai dette scivolarono fioche dalla bocca dischiusa. 
-Perdonami, Regulus.
 E s’infransero nell’aria, come sottili stelle di vetro. Senza far rumore.

 

Norberto’s space. 
Aaaaaah. Finalmente! 
Ultimo capitolo della raccolta. Non lo credevo possibile, ma ce l’ho fatta! 
Norberto -il mio neurone solitario-, si è spremuto parecchio per quest’ultima parte.
 Perciò, spero vivamente che abbia fatto un buon lavoro!
 Un grazie a tutti quelli che hanno avuto il buon cuore di leggere fino a qui. 
E qui. 
E qui. u.u 
Tante Uova Pasquose a tutti! ^^
 Cate

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