La Luna - Homo Homini Lupus, Lupus Lupo Homo

di ViKy_FrA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Morso! ***
Capitolo 2: *** Lupo! ***



Capitolo 1
*** Morso! ***


Harry Potter & Il Libro Della Jungla

 

Morso!

 

 

E non vedeva ancora la buca, che lassù lassù si apriva come un occhio chiaro, d'una deliziosa chiarità d'argento.

Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria cresceva, cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato.

Possibile?
Restò - appena sbucato all'aperto - sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d'argento.

Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.

Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?
Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.
Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna... C'era la Luna! la Luna!

 

(Pirandello, Ciàula scopre la luna)

 

 

 

 

 

 

- Salgo un attimino sul tetto a guardare la luna piena – le bisbigliò all’orecchio quella sera. Lei annuì e si accoccolò ancora di più sul divano, a guardare la televisione. Un rantolo sommesso e assonnato le fece intendere che aveva dedicato una carezza alla pantera nera stesa lì vicino, sul suo giaciglio. Nel silenzio della casa lo sentì salire fin nel sotto tetto e aprire la pesante finestra per uscire.

Lo faceva ogni mese. E lei ogni mese si chiedeva se davvero potesse chiamare quel posto casa, solo perché c’era anche lei.

Non sapeva dire se perdersi a guardare la luna piena fosse una cara abitudine, una necessità intrinseca, o l’unico nostalgico legame che gli era rimasto con le sue origini.

E come ogni mese non poté fare a meno di sbirciare dalle porte finestre del salotto, rannicchiata nel suo cantuccio sul divano, quel gigantesco e affascinante disco bianco, pensare di star condividendo con lui la stessa visione, di essergli accanto e di stringergli la mano. Tutto ciò che si poteva permette in quei minuti in cui lui aveva bisogno di stare da solo.

 

Grande e perfettamente rotonda, la luna campeggiava nel cielo scuro, così luminosa che le stelle intorno quasi non si vedevano. Così diversa da quella di cui si era pian piano innamorato anni addietro, ma solo perché gli stava mostrando un altro volto.

E sentire una fitta di nostalgia per quei luoghi che aveva voluto chiamare casa, e un’altra di tristezza perché se in quel momento era lì con lei, così lontano dalla terra del suo passato, era proprio perché per quella sua casa era sempre stato ritenuto inadeguato.

E chiedersi allora dove fosse il suo posto nel mondo, perché se seguiva il suo cuore veniva respinto, se seguiva la ragione era lui stesso a respingersi. Se si basava su se stesso era il resto a non accettarlo, ma se si basava sul resto era lui stesso a non accettarsi.

E domandarsi quindi se un posto nel mondo per lui c’era davvero, o se se ne era privato molto tempo prima chiamando famiglia chi l’aveva cresciuto, se l’aveva privato involontariamente proprio quella famiglia che l’aveva chiamato figlio e fratello.

E ricordarsi di lei, al piano di sotto, che gli era rimasta accanto da quando si erano conosciuti, che gli era stata amica, che si era sempre fidata ciecamente di lui, che lo aveva difeso, che pativa quando lui la sera non tornava o lo vedeva tornare ferito.

E sorridere, perché c’era lei, e quindi forse anche una casa, e perché c’era la Luna, sempre ovunque lui vagasse.

E perdersi a fissare quel disco argenteo, senza più pensare e tormentarsi.

Rilassato, sereno.

 

Era appena tornato da lei quando iniziarono a sentire le grida. Le stava ancora accanto in piedi, forse per chiederle se aveva sonno o se poteva sedersi lì, con lei, davanti alla tele, quando delle urla si levarono dal fondo della strada, dalla direzione della periferia di quel piccolo paesino.

Con una velocità e uno sguardo che poco avevano di umano lui si fiondò verso la portafinestra e uscì sul balcone. Subito lei gli fu accanto.

- Ma cosa…? – iniziò lei, la voce ridotta a un sussurro.

Delle grosse sagome nere si vedevano in lontananza, veloci, scattanti e decise. Le grida continuavano e le porte sbattevano. Lì fuori si sentivano anche diversi pianti, dal neonato interrotto nel suo sonno, all’adulto che tremava di paura.

- Non sono persone… - continuò lei – sembrano dei grossi cani, o- - si interruppe voltandosi a guardarlo. Chiedere la conferma di un pensiero ma aver timore ad esplicitarlo, timore di urtarlo. Il profilo suo si stagliava contro il cielo, la mascella contratta, gli occhi ridotti a fessure.

- Lupi – disse lui, lapidario – e uomini – una pausa infinitesimale – Hai mai creduto ai Lupi Mannari?

- Cosa? – chiese lei.

- Lo sento. Sono sia lupi che uomini…

E senza aggiungere altro con un balzo superò la ringhiera e atterrò nel giardino un piano più sotto. Alzò la testa e gridò: - Bagheera!

E mentre la grossa pantera le scivolava accanto oltre il parapetto, lei gli urlò, spaventata: - Cosa hai intenzione di fare?

- Trattenerli il più a lungo possibile! Non lo abbandono, questo paese! – e corse fuori dal giardino, sulla strada e poi verso quelle orribili sagome scure, con Bagheera altrettanto nera al suo fianco, il pelo lucido sotto la luce della luna.

Lei rientrò in casa veloce, e spalancò porta dopo porta per raggiungere al più presto il giardino, senza curarsi di chiuderne nemmeno una. Corse anche lei lungo la strada, ancora in ciabatte, ma ormai lui e Bagheera erano già lontani.

Li vide fermarsi, vide quella dannata decina di sagome nere raggiungerli e arrestarsi. Li vide studiarsi a vicenda, e infine li vide scattare: muoversi veloci evitandosi, saltandosi, aggirandosi. E fu in quel momento che capì di essere assolutamente inutile, addirittura d’intralcio. Rallentò e rimase al lato della strada, appoggiata allo steccato per riprendersi, con il fiatone e il cuore che batteva così forte – ma non per lo sforzo – da rischiare di sgretolarle le costole.

 

Li aveva davanti, finalmente. Erano lupi. Era innegabile. E contemporaneamente non lo erano. Decisamente non lo erano. E non era l’aspetto a dirglielo, o l’odore, o gli occhi. No, era qualcosa di più istintivo e viscerale. Qualcosa che gli diceva che erano uomini ed erano lupi. Qualcosa che si portava dentro da anni, qualcosa che aveva acquisito nella sua notte dei tempi e che per la prima volta in vita sua acquistava un senso.

Iniziò a studiarli e loro fecero altrettanto. Conosceva la situazione fin troppo bene. Si aggirarono un poco, cercarono la posizione migliore per attaccare.

E poi l’attacco. Qualcosa di già vissuto infinite volte, ma che ogni volta rischiava di essere l’ultima. Lisciarli, schivarli, Bagheera che spuntava all’improvviso scaraventandone uno lontano, e poi provare ad attaccarli a mani nude, e riprovare e portare infine la mano dietro la schiena per trovare solo la stoffa della sua maglia.

Era disarmato.

Nella foga non aveva preso la sua arma, e per chi non aveva artigli, questo era un problema.

Dannazione!

Quando, in lontananza, getti di luce colorata avanzarono verso di loro; sembravano le spade laser di quella saga che gli piaceva tanto – che pensiero cretino per uno disarmato, si disse.

E mentre ancora negli occhi gli balenavano quei lampi colorati, l’asfalto attorno ai suoi piedi divenne scuro: la sua luna che lo avvertiva proiettando l’ombra dell’assalitore attorno a lui.

Ma che poteva fare?

Non ebbe nemmeno il tempo di scansarsi. Si sentì sbattere violentemente a terra, prono, incapace di difendersi anche solo con le sue stesse braccia.

 

Lei si guardò veloce alle spalle: non c’era più in giro nessuno, tutti erano riusciti a rifugiarsi in casa. Allora perché non fuggiva anche lui? Invece, era iniziato un attacco in piena regola, ma impari: due contro otto o nove… non li riusciva a contare.

Li vide lottare contro sagome diverse, vide Bagheera intervenire per salvarlo.

Vide delle luci colorate in lontananza, troppo sconvolta per chiedersi cosa fossero e cosa ci facessero lì.

Finché non vide una di quelle bestie attaccarlo da dietro, e sbatterlo a terra, e chinarsi su di lui con le fauci spalancate.

E il suo cuore smise definitivamente di martellare le ossa.

 

Sentì un dolore allucinante alla spalla destra, di quelli che non sentiva da anni. Era paradossalmente nostalgico. Come nostalgico era il dubbio di poter contare ancora, quella sera, dieci dita, o due gambe… o una testa…

E sentì il sangue caldo sulla pelle, forse per la sensibilità che aveva affinato o forse perché certe cose, a lungo andare, si impara a riconoscerle; questo non l’aveva mai capito.

Un ruggito di disperazione da parte di Bagheera che soffriva per non essere intervenuta in tempo, e un altro urlo – muto -, di donna, che gridava il suo nome, ma che sentì solo nella testa. Pregò che lei fosse sufficientemente lontana, al riparo, perché sapeva che l’aveva fatto, che li aveva seguiti.

Pronto a ricevere un’altra zannata, chiuse forte gli occhi, perché tante lui ne aveva passate, ma la paura di morire, la paura di provare un dolore troppo grande da poter sopportare non erano mai passate.

Invece sentì quelle grosse zampe levarsi dai suoi polmoni, e lasciarlo respirare di nuovo, l’ombra attorno a lui svanire per esporlo di nuovo alla luce della luna.

Stordito, sentì della voci avvicinarsi, vide con la coda dell’occhio delle sagome muoversi a una trepida velocità che poteva voler dire solo fuga. Sentì solo il bisogno – lento, strisciante ma sempre più intenso – di rannicchiarsi su se stesso, mentre qualcosa dentro cambiava forma… le sue ossa, i suoi muscoli.

Faceva male, ma non riusciva ad avere paura di quel dolore. E quel qualcosa di viscerale piantato nei recessi della sua anima sembrava aver smesso di pulsare, ma si fosse disteso placido…

 

Vide quell’enorme bestia levarsi finalmente da lui, senza infierire oltre sul suo corpo schiacciato a terra. E lo vide rannicchiarsi e – incredula – mutare lentamente forma.

Disperata e confusa, vide fuggire in preda alla paura la metà di quelle belve, disperdersi tra le vie, senza più curarsi di accendere il panico negli abitanti. Qualcuna venne colpita da quei raggi luminosi e cadde sulla strada. Guardò di nuovo lui, e, in una ondata di terrore, capì e corse veloce avanti, più di quanto avesse mai corso, più di quanto aveva corso fin lì.

Solo una cosa le era chiara, indipendentemente dalle belve nere, dalla lotta, dal lampi colorati e dalla trasformazione di lui.

Tre sagome, questa volta decisamente umane, si piantarono attorno a lui, stanco e ancora disteso a terra. Bagheera gli scattò veloce accanto, decisa, questa volta, a riuscire a difenderlo. Distesero le braccia e puntarono qualcosa di sottile contro di lui.

- NOOO!!! – urlò con tutto il fiato che aveva, che le era rimasto, fino a farsi bruciare la gola.

I tre sembrarono esitare perché per un istante guardarono verso di lei. Li raggiunse e si piantò tra di loro e lui, le braccia aperte, il fiatone, le ginocchia che cedevano per la stanchezza e la paura, le gambe che a mala pena la sostenevano e i lunghi capelli neri sciolti e scompigliati sulle spalle e sulla schiena.

Ma questo non le impedì di parlare.

- Non è uno di loro! – supplicò, con la gola che doleva a ogni sillaba – Sono fuggiti tutti o li avete presi! Lui non è uno di loro!! E’ stato morso! Davvero, dovete credermi!!

- Non ti preoc- - iniziò uno di loro, una donna, ma subito si interruppe rimettendosi di nuovo in guardia, lo sguardo fosso oltre le spalle di lei.

Lei si voltò e lo vide alzarsi lentamente su quattro zampe e dirigersi verso di lei. La raggiunse e le strisciò il muso sulla gamba.

 

I tre abbassarono allibiti le bacchette. Non ci potevano credere. Com’era possibile?

 

Era un lupo. Era vivo.

Cadde sulle ginocchia, gli buttò le braccia al collo e scoppiò a piangere, affondandogli il viso nel pelo. Sentiva il suo odore misto a quello di sangue, sudore e paura. Una miscela che era diventata famigliare negli anni, ma che non sentiva più da tempo.

Il suo odore, che aveva imparato nei giorni con lui, non grazie ad un olfatto raffinato come il suo, ma perché ogni cosa ha un odore, e quello delle cose più care diventa familiare e indispensabile.

Il suo odore che non era cambiato a dispetto del suo corpo.

Realizzò la paura latente che non potesse riconoscerla solo quando questa venne fugata, quando tra un singhiozzo e l’altro lui riuscì a distinguere le sillabe del suo nome, e per rassicurarla le strofinò il muso contro la testa.

 

Stordito e confuso, non riusciva a realizzare cosa fosse successo, perché lei piangesse aggrappata a lui, perché Bagheera stesse all’erta, perché ci fossero delle altre persone. Alzò gli occhi e vide la luna.

La sua luna tonda non se era spostata di un millimetro.

E anche lei restava lì, accanto a lui, chiamandolo – dolce e felice – tra i singhiozzi.

 

E solo il suo nome pareva l’unica parola che avesse senso.

- Mowgli…

E un solo pensiero. Era vivo.

 

 

 

 

 

E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.

 

(Pirandello, Ciàula scopre la luna)

 

 

 

 

@@@@

 

BHA! BUBBOLE!!!!

 

La citazione di Ciàula è un tocco di classe ammettetelo!! =P Scherzi a parte, ho avuto l’illuminazione a capito già finito e mi ha ispirato le due parti in cui lui guarda la Luna… Ovvio che la situazione non è analoga, volevo solo sottolineare quel senso di… sicurezza??

Resta il fatto che Ciàula scopre la luna e la novella del Pirandello che preferisco, e forse l’unica… Ma torniamo a noi!

 

Io, Scrit-Scrit, ovvero Scrittrice Scriteriata (ditelo in fretta fa da scioglilingua!) mi metto a pubblicare nuove fanfic anziché continuare le vecchie!! Olè! Bhè, sono a casa dall’università per gli esami, e siccome non ne ho tanti, direi che potete stare tranquilli che aggiornerò… (E intanto la mia coscienza che urla “Promesse da marinaio!!” viene fatta tacere a badilate…)

 

Oh! Il titolo… Cioè, sottotitolo… Dico a mia discolpa che sono quattro anni che non tocco la grammatica latina… Ho ricostruito tramite le declinazioni su Wikipedia perché i miei libri di latino sono in soffitta o sprofondati in cantina… (Anche la novella di Ciàula l’ho pescata da internet perché la mia letteratura italiana sta dormendo in soffitta… Poco male, non l’ho dovuta ribattere!) Volevo scrivere “Homo homini lupus aut lupus lupo homo?” ma sicuramente sarebbe stato sbagliato… Ehehe… (“Aut” vuol dire “o”… Come Kierkegaard insegna… Arriverete alla filosofia di quinta liceo, arriverete…)

Comunque sia, quel che intendevo dire io era: “L’uomo è una lupo per gli uomini, il lupo è un uomo per i lupi”… Forse acquisterà senso col progredire della ff, mha…

Il titolo prima anziché “La Luna” era “Né Uomo Né Lupo” il che faceva scena, ma depistava il tutto lungo una via di depressione angoscia e infruttuosa ricerca di sé, che non c’entra nulla con quello che voglio raccontare! Ok che vado sempre fuori (la mia) traccia quando scrivo, perché la storia finisce col scriversi da sola e io sono in balia di lei (vi giuro che succede davvero =P), ma se partiamo già col titolo stiamo freschi!!

Tra l’altro, sempre grazie a Ciàula mi sono ricordata che volevo propinare in ogni capitolo una citazione sulla Luna, e di conseguenza si è definito un titolo più adatto!! (Non solo perché si parla della Luna… -.-”…) (Anche se l’idea è partita dalle canzoni, parto con una novella, vebbè…)

 

Cosa ne pensate di questa prima fanfic dell’anno??

Eh? Torno ad aggiornare le altre che è meglio?? Ma neache un pochino vi è piaciuta?? Giuro che dal prossimo cap uso i nomi non i pronomi… Ehehe… (Che poi sarebbe scorretto usare sempre Lui e Lei, ma Egli ed Ella fanno schifo…)

 

A presto, la vostra Scrit-Scrit (…cielo, pare il nome di un topo! … Oh! Il mio Yuki Soma!!)

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Capitolo 2
*** Lupo! ***


Odio mettere premesse, perchè penso che la prima cosa da vedere sia il titolo del capitolo. E’ anche più bello da vedere… Ma in questo caso mi premeva dirvi una cosa. Il primo capitolo è stato scritto quasi in preda all’istinto. Eppure è piaciuto. A me in prima persona è piaciuto molto! E visti i primi commenti ricevuti – straordinari! – ho avuto paura di non riuscire a continuare con lo stesso tono, di non esser capace di scrivere altri capitoli tanto… intensi?

Così ho chiesto a Paola di correggermi la bozza. Io che non rileggo nemmeno le mail prima di inviarle! Mi sono emozionata tanto da dirmi: “Voglio fare un BEL lavoro! Mi serve aiuto!”.

Questo è quanto è nato. Spero di non deludere le vostre aspettative.

Buona lettura!

 

 

 

 

Lupo!

  

The last that ever she saw him

Carried away by a moonlight shadow

He passed on worried and warning

Carried away by a moonlight shadow.

Lost in a river last Saturday night

Far away on the other side.

He was caught in the middle of a desperate fight

And she couldn't find how to push through.

 

(Mike OldfieldMoonlight Shadow)

 

 

  

 

- Un’Oblivium a caso e un falso annuncio per il notiziario del mattino riguardante un canile le sembra una buona idea? Signorina Granger, non che abbia mai riposto molta fiducia nel suo ruolo, ma ero convinto potesse elaborare qualcosa di meglio!

Hermione arrossì indispettita. Odiava che il suo operato venisse criticato. Tanto quanto odiava essere messa sotto pressione, e per quella notte ne aveva avuto a sufficienza di entrambe le situazioni.

- Considerate le condizioni mi sembra la soluzione ottimale – del resto era difficile chiuderle la bocca, persino per una persona velenosa come Piton. Persino se ciò la faceva replicare con una cazzata grande come il maniero di una famiglia purosangue a caso: nel quarto d’ora successivo al momento in cui aveva impartito gli ordini le erano venute almeno quattro idee migliori, ma la Bones, Finnigan, la Brown e Goldstein erano già stati mandati a fare incantesimi di memoria su tutta la via, e Ginny al canile municipale a dire “due parole” ai guardiani notturni riguardo “l’incidente” della stessa notte e a sincerarsi che la notizia arrivasse al telegiornale locale, così da fugare ogni dubbio. E poi il capitano di una squadra non deve mai rimangiarsi le parole, non era una cosa che il ruolo permetteva.

Ma soprattutto aveva una ragazzina in lacrime accovacciata a pochi passi da lei e un novello Lupo Mannaro che aveva ben poco del Lupo e ancora meno del Mannaro!

E non aveva la più pallida idea di cosa fare.

- Serviva qualcosa di concreto. Vogliamo creare un nuova Area 51 tutta inglese? Non ci bastano i Cerchi nel grano?

- Prego?

Con un gesto vago della mano Hermione lasciò intendere che non aveva importanza.

- Comunque sia, evidentemente ha sovrastimato le sue capacità di valutazione.

Hermione si chiese che fine avesse fatto la voce moderatrice di Remus che a quel punto si sarebbe espressa in un modulato “Severus…” pieno di significati sottesi. Ma la cucina di Grimmauld Place rimase silenziosa, eccezion fatta per i respiri – trattenuti – della sua squadra. Il gruppo era a disagio, per dover assistere alla ripresa di un’amica, che in quel momento era soprattutto il capo.

Ricordarsi che in quel momento Lupin doveva ritrovarsi rinchiuso da qualche parte, su quattro zampe e imbottito di pozione Anti-Lupo non fu di sostegno a Hermione, che si costrinse a tacere. Qualunque risposta sarebbe suonata stupida.

Vedendola – finalmente – tacere, Piton continuò senza problemi. Non che in genere se ne ponesse.

- E i feriti di cui avete riferito? Non mi sembrano un argomento trascurabile, considerato con chi avevate a che fare…

Se Hermione in quel momento fosse a disagio non lo diede minimamente a vedere. Conoscendo la risposta da dare sarebbe sembrato strano saperla autenticamente rilassata. Del resto era un essere umano anche lei – supponevano i suoi.

- Sì, un ferito. Un civile babbano, maschio, sui vent’anni. Morso…

- Prego? – Piton pareva davvero incredulo.

- …che attualmente è chiuso nel sottotetto di Fierobecco con un’altra civile babbana… che non è stata morsa…

Tutti si aspettarono di vedere l’insegnante esplodere. Magari ripetendo un altro “Prego?” con voce tonante, oppure letteralmente, spargendo parti-di-Severus in giro per la cucina – dove indubbiamente nessuno avrebbe più mangiato per almeno sei o sette mesi.

E invece non reagì. Si limitò a continuare a fissare la sua sottoposta senza nemmeno sprecarsi in sguardi di disgusto.

- Sono costretto a rettificare. Le sue capacità di valutazione non sono sovrastimate né da lei né da chi la circonda. Sono autenticamente leggendarie in quanto totalmente inesistenti.

 

Aveva spedito Harry ad aiutare Ginny, e Tonks a dare man forte agli altri solo per non avere gente intorno. Poi si era girata a fissare quella figuretta singhiozzante aggrappata al collo del Licantropo. Non sapeva cosa fare. E stare così vicino a un Lupo Mannaro di certo non la rassicurava. Tuttavia era combattuta tra questo terrore e la curiosità di un comportamento così anomalo. Certo, era perfettamente conscia che l’intera comunità magica era nel complesso piuttosto licantrofobica, enclusi gli autori dei libri che aveva studiato, ma anche scremando dei pregiudizi le descrizioni lette, era convinta che in quel comportamento da cagnolino da salotto ci fosse qualcosa che non andava.

Si era accosciata per terra – il più lontano possibile – e aveva allungato una mano verso la spalla della ragazzina. Sotto le dita l’aveva sentita sottile come si immaginava.

- Ehi!

Lei aveva sobbalzato, si era girata, abbandonando lentamente quel collo peloso, si era sfregata gli occhi rossi e l’aveva fissata. In attesa.

Ed Hermione aveva taciuto. Cosa avrebbe potuto dirle? Nemmeno sapeva quanto parlava la sua lingua! Nemmeno sapeva chi fosse, cosa rappresentasse quel ragazzo per lei, da dove venisse, o come si chiamasse. Come si sentisse in quel momento. Cosa avrebbe potuto dirle?

- Hai capito cos’è successo? – sussurrò dopo un tempo inquantificabile.

Che frase fuori luogo!

Lei annuì incerta, evitando di guardare Hermione in faccia.

- Te la senti di tornare a casa? Oppure verresti… verreste con noi?

Una proposta spontanea, troppo poco ponderata per il carattere di Hermione. Ma del resto, non sapeva cosa fare.

La ragazza guardò prima il Licantropo, poi la strada deserta, nella direzione da cui era venuta. Esitò parecchio, osservando alternativamente ciò che la circondava, fissando lo sguardo prima su uno steccato, poi su un lampione, sulle scarpe di Hermione, su qualcosa di più lontano.

Poi aveva annuito. Un movimento solo, lento ma chiaro.

Hermione le allungò la mano, che la ragazza strinse con la stessa lentezza con cui aveva fatto il cenno col capo.

- Stringilo forte – bisbigliò la strega.

Un movimento convulso del braccio attorno al corpo del Lupo, afferrare forte quella mano tesa, un senso improvviso di compressione, e riaprire gli occhi in un’altra via, anch’essa buia e deserta.

Hermione barcollò un poco, appoggiandosi alla cancellata alle sue spalle. Doveva aver calcolato male la massa da trasportare, non immaginava un tale capogiro all’arrivo. Si rimise dritta e tornò a voltarsi verso la ragazza e il Lupo.

- Gli altri ragazzi arriveranno tra un po’… iniziamo a entra- - si interruppe, fissando qualcosa alle spalle della ragazza. Due biglie gialle sospese nel buio.

No. Due occhi gialli affatto sospesi nel buio!

Prima ancora di provare paura – prima di accorgersi di provarne – vide la sua compagna abbassarsi e allargare le braccia. La pantera nera si avvicinò e le strofinò il muso sul petto.

- La pantera… Me n’ero dimenticata… - bisbigliò la strega.

Il numero 12 apparve e la ragazzina non fece una piega – forse nemmeno stava guardando, si disse Hermione. Li condusse tutti dentro, e poi su per le scale, attraverso la casa deserta. La bacchetta salda in mano, sotto il mantello, perché non era in grado di prevedere quanto la dolcezza del Licantropo sarebbe durata. Scalino dopo scalino continuava a gettare indietro lo sguardo, metà per prudenza e metà per ospitalità: vedere quella ragazzina silenziosa salire le scale fiocamente illuminate, seguita da un grosso lupo e da una pantera nera era una scena malinconica e contemporaneamente dolce. Lo sguardo basso, lei non toglieva la mano dal capo morbido del Licantropo, che la guardava come fosse l’unica cosa al mondo; dietro la pantera procedeva guardinga, come proteggendoli. Arrivarono al sottotetto ed Hermione aprì una porta.

- Mi spiace dovervi lasciare qui, ma non tutti apprezzerebbero che lui… che loro – si corresse adocchiando la pantera in fondo alla rampa – vaghino per casa… – La ragazza scosse la testa, come a dire che non le importava – Ti lascio la porta socchiusa, se… - non sapeva che parole usare, non sapeva come lei percepisse il Lupo Mannaro – se non ti senti tranquilla, esci di corsa e urla: noi siamo in cucina, nel seminterrato.

Pensava sinceramente che non potesse morderla. E in ogni caso c’era la pantera a proteggerla; prima, davanti al cancello, la maniera in cui le aveva strofinato il muso addosso ricordava molto il modo in cui si coccolano i propri cuccioli.

Questa volta l’altra annuì.

- D’accordo, allora scendo ad aspettare gli altri… - a disagio, Hermione posava già il piede sul primo scalino mentre la ragazza era sulla soglia della porta, quando finalmente la strega si voltò e le chiese – Come ti chiami?

- Meshua – una voce piccola, come un pigolio.

- Io sono Hermione – sorrise, e allungò la mano, che venne stretta con la stessa forza di prima. Tornò a voltarsi per scendere.

- Hermione… - esitante. Hermione volse la testa verso MeshuaGrazie…

Le sorrise, e riprese a scendere le scale.

 

- Abbiamo davanti un comportamento totalmente anomalo! Una cosa del genere non era mai stata documentata! Voglio saperne di più--

Infervorata dalla sua curiosità, stava battagliando con tanta energia da supplire quella mancante dei suoi.

- Un-Lupo-Mannaro – scandì Piton, gelido – le è chiaro almeno questo?

- E’ questo il punto—

Finalmente qualcuno intervenne: Harry, visto che ragionare era per entrambi impossibile, optò per l’eliminazione di una delle due parti: mandare Piton alla successiva tappa della sua tabella di marcia.

- , quello che è fatto è fatto, oltre a noi stanotte non dovevano fare rapporto anche i gemelli? Hanno finito almeno da due ore: Kreacher dice che il loro gufo è arrivato prima di Hermione…

- Ripasserò domani… oggi – si corresse Piton guardando l’orologio alla parete – alle dieci del mattino.

Col mantello che svolazzava e senza salutare, il professore sparì su per le scale.

Hermione si voltò verso la sua squadra radunata in cucina, poco meno di due dozzine di ragazzi pressappoco suoi coetanei, i più giovani – e per certi versi inesperti – membri dell’Ordine della Fenice. Aveva due occhiaie particolarmente marcate, sembrava più pallida di quando era arrivata, e pareva anche tesa allo spasmo a causa del sonno mancante. La stanchezza la rendeva euforica, quasi eccitata, una parabola di tensione che affondava per necessità il suo ramo discendente interamente nel sonno.

- Avanti – sbottò – ditemi quello che mi dovete dire e poi fatemi dormire due ore!

Era la prima volta che chiedeva loro di esprimere il loro disappunto. Era la prima volta che loro erano in disaccordo con lei.

- Pensiamo tu abbia fatto una stronzata, non siamo sicuri con un Licantropo per casa, fosse anche sotto Petrificus, però non diremo altro perché ti riteniamo comunque una persona intelligente, ma non chiederci di uscire da questa cucina prima che la luna sia tramontata.

Il tono discorsivo di Ginny era micidiale.

- Grazie della sincerità – lapidò – Altro? – un mormorio generale le disse che erano d’accordo con Ginny - Bene. Avete fatto un ottimo lavoro. Buona notte – li salutava sempre con questa frase alla fine di una missione.

Si alzò, ma vide che nessuno la imitava.

- Ginny l’ha detto che non ci saremmo mossi dalla cucina… - osservò Ron.

- Per favore! Avete bisogno di dormire! Volete una guardia sulle scale?

- La ritieni necessaria? – chiese Ginny.

- No!

- Bene, la faremo lo stesso. Harry mi fai compagnia? – il ragazzo annuì alzandosi e la seguì fuori dalla cucina. Passando dietro a Hermione le strinse il braccio sopra il gomito per salutarla. E incoraggiarla.

- Buonanotte – ripeté il comandante. E questa volta pian piano la cucina si svuotò.

 

La finestra del sottotetto era spalancata sul cielo nero di una città che non conosceva. La luna gialla e rotonda stava esattamente al centro di quel quadro naturale quando si era appoggiata alla parete per lasciarsi scivolare a terra.

Mowgli si era guardato un po’ in giro, poi l’aveva raggiunta abbandonando il muso sul suo grembo, il corpo steso sul legno polveroso del pavimento. Bagheera invece aveva minuziosamente esplorato la stanza, prima di classificarla come innocua e stendersi su bauli e casse coperte da teli. La coda nera dondolava nell’ombra con un ritmo costante.

Meshua aveva spostato lo sguardo in basso, su Mowgli. Non pensava a nulla, nulla di particolare. Si sentiva come svuotata, la sua testa non riusciva a muoversi oltre l’istante presente, non che ci provasse.

Così, ancorata a quella stanza di legno scheggiato, aveva preso confidenza con quel nuovo corpo che le stava addosso. Aveva spostato le labbra per poter vedere quei denti bianchi e affilati; aveva piegato la cartilagine delle orecchie, seguendo con le dita la nuova forma; aveva intravisto nel pelo l’ultimo morso sulla spalla, senza osare sfiorarlo per non fargli male; aveva toccato la articolazioni degli arti, ora così diverse da gomiti e ginocchia; era arrivata fino ai cuscinetti sotto le zampe: li aveva premuti dolcemente e aveva visto spuntare le punte degli artigli. Aveva fissato a lungo anche la coda, come se non capisse bene cosa ci facesse lì; alla fine l’aveva accarezzata più volte, lisciando il pelo scuro.

In ginocchio ora guardava quel corpo nel suo insieme – quando si era alzata con delicatezza gli aveva posato a terra la testa per non svegliarlo, e nella sua lenta riscoperta si era spostata attorno alla sagoma addormentata. Non aveva domande nella mente. Solo ciò che aveva appena visto e toccato.

Ancorata al pavimento come il suo stesso corpo, inchiodata al momento presente come solo i sensi sanno inchiodare.

 

 

Niente paura, niente paura,

Niente paura si vede la luna persino da qui.

 

(Ligabue, Niente Paura)

***

 

 

 

 

La luna era sparita dalla finestra e non doveva mancare molto all’alba quando Meshua sentì dei passi salire le scale. Non che fosse un’impresa impossibile, considerato lo scricchiolare che facevano. Di nuovo lasciò dolcemente a terra la testa di Mowgli che aveva ripreso in grembo e fece per accostarsi alla porta socchiusa. Bagheera aveva alzato il capo, allerta; quando la ragazza le fece segno di non far rumore portandosi l’indice alle labbra, la pantera abbassò la testa ma non la guardia.

Meshua fece ondeggiare lo sguardo dalla maniglia sui cui teneva la mano alla pantera inquieta dall’altra parte della stanza. Alla fine si arrese e le fece segno di seguirla. Aperta la porta vide Hermione sul pianerottolo sotto di lei, vestiti diversi da – dal giorno? – prima, capelli raccolti e due occhiaie piuttosto evidenti. All’improvviso si accorse di dover essere in uno stato quantomeno pietoso; si ravviò i capelli, intrecciandoli velocemente ma senza fermare la capigliatura con un nastrino: si accorse in quel momento di non avere nulla ai polsi.

- Non ti preoccupare, è stata una notte lunga per tutti – sorrise Hermione – Visto che il sonno non vuole arrivare nemmeno da te, che ne dici di scendere in cucina e scambiare due parole?

Meshua annuì e, quando anche la coda di Bagheera scivolò fuori dalla stanza, chiuse la porta. Notando lo sguardo di Hermione sul felino, le ragazza si affrettò ad aggiungere:

- E’ dolcissima, è nata in cattività non fa del male a nessuno.

Hermione le sorrise di nuovo e con un gesto invitò entrambe a seguirla.

- Non spaventarti, in cucina troverai una ventina di persone. Chi siamo e cosa facciamo è una lunga storia, direi che per ora parliamo solo di te. Abbiamo avuto tutti una nottata pessima, quindi non far caso se qualcuno è particolarmente di malumore – spiegava mentre scendevano i gradini.

Rampa dopo rampa scricchiolavano sempre meno, i piani più utilizzati dovevano in qualche modo essere stati risistemati. Meshua non colse molto della casa, solo ombre e antri bui; la luce delle candele si posava sempre su qualcosa di polveroso.

Arrivata nel seminterrato Meshua pensò che dire venti persone era meno che vederle. Si sentiva osservata, e percepiva un’aura ostile, come una grossa campana di vetro spesso che la faceva indietreggiare verso l’uscio. Era a disagio.

L’ingresso di Bagheera catalizzò l’attenzione, un’attenzione piuttosto terrorizzata, che portò Meshua a dire subito:

- E’ nata in gabbia, è stato l’uomo a darle da mangiare non sua madre. Non farebbe male a una mosca… - la pantera, dal canto suo, annusò l’aria prima di andarsi a sdraiare accanto al muro, senza togliere lo sguardo dalla ragazza, incurante di quelli diffidenti posati su di lei.

Hermione la fece accomodare su una sedia attorno al tavolo, dove era seduta la maggior parte dei ragazzi; altri stavano appoggiati alla cucina o sprofondati in qualche vecchia poltrona; Hermione si sedette di fronte a lei.

Una ragazza coi capelli rossi le posò di fronte una tazza di tè fumante, dalle finestre aperte entravano i primi raggi del sole: l’aria era tiepida, conseguenza di una notte particolarmente calda.

- Oddio, non so nemmeno da dove iniziare… - si lamentò Hermione, affondando la testa nelle braccia incrociate sul tavolo. Ma la rialzò subito di scatto e riprese decisa – Siamo streghe e maghi. Ti è impossibile crederlo?

Meshua vide con la coda dell’occhio delle teste scuotersi.

- No – rispose semplicemente.

Era vero. Non aveva mai pensato seriamente alla magia e mai ne era venuta in contatto, ma era cresciuta in un mondo superstizioso, che se l’era presa anche con lei. Non le risultava affatto difficile credere davvero che chi aveva davanti fossero tutti maghi e streghe.

- Hai capito cos’è successo ‘sta notte, no?

Meshua annuì lentamente, con la stessa lentezza con cui aveva annuito poche ore prima, in quella strada buia.

- Lupi Mannari – rispose. Pensò che se le avessero chiesto “Hai mai creduto ai Lupi Mannari?” sarebbe scoppiata a ridere in modo isterico e convulso. Non avrebbe saputo dire perché, ma era una domanda familiare e dolorosa, che l’avrebbe fatta ridere per non piangere.

- E sai anche cosa comporta?

Meshua fece oscillare la testa: – Più o meno – rispose.

Hermione annuì più volte, come se stesse disponendo al giusto posto nella sua mente le risposte che riceveva e le loro conseguenze implicite, ordinando il tutto prima di continuare a parlare.

- Mowgli è un Licantropo – mormorò la ragazza all’improvviso, fissando la tazza senza vederla. Le sembrò di svegliarsi pian piano, come se fino a quel momento fosse stata una sonnambula. Era come se il presente stesse pian piano riprendendo le sue relazioni con un passato e un futuro.

- Mowgli è un Licantropo – ripeté a voce un poco più alta, come se finalmente vedesse ciò che aveva sempre avuto davanti. Era come se tutti i singoli istanti di presente che aveva vissuto si mettessero in ordine in un abbagliante rapporto di causa-effetto.

- Mowgli è un Licantropo - disse di nuovo, con voce piena, in una lingua che quasi tutti i presenti non capirono. Era una cosa così semplice!

Non era una risposta, perché di domande non se ne era poste. Era solo un dato di fatto, il ponte che ora finalmente vedeva e che la collegava con la realtà.

Realizzò tutte le paure che avrebbe dovuto provare – tornerà umano? cos’è diventato? si ricorda di me? mi farà del male? – ora che le vedeva fugare. Tutto ciò che aveva provato era invece la gioia di avere ancora accanto Mowgli. Vivo.

Perché sapeva che quello era Mowgli, e nient’altro. Una consapevolezza viscerale, lontana millenni dalla mente. L’unica cosa che sapeva, in quel sonno senza passato né futuro.

Ora che tornava alla realtà, la trovava così semplice!

Una mano sulla bocca a coprire un sorriso che non riusciva a trattenere, guardò di nuovo Hermione aspettando che riprendesse a parlare, vagamente cosciente degli sguardi sbalorditi che le si posavano addosso.

 

Vedere all’improvviso quegli occhi così spauriti spalancarsi e brillare sopra quel sorriso nascosto, spinse Hermione ad andare direttamente al punto, senza più giri di parole. Fu contenta di quel cambiamento: temeva altrimenti che la ragazza potesse andare in frantumi come un fragile oggetto di vetro.

- Insomma, crediamo – qualcuno sbuffò, ed Hermione trapassò tutti i ragazzi con un rapido sguardo di ghiaccio - credo sia opportuno che vi fermiate qui per un paio di giorni, sia per potervi informare meglio, sia perché io ne possa sapere qualcosa di più. Pensaci su.

Lo sguardo di Meshua si incuriosì: - Sono così rari i casi di Licantropia? – ricordava l’attacco di un branco numeroso.

- Affatto! – sentì sbottare alla sua sinistra, ma non riuscì a voltarsi perché Hermione riprese subito a parlare, attirando di nuovo la sua attenzione.

- Non è quello, è che Mowgli – Meshua sorrise nel sentirglielo nominare senza che gliel’avesse mai presentato – ha avuto un comportamento insolito. Insomma, c’è un motivo se nessuno qui era a suo agio con un Lupo Mannaro in soffitta.

- Mi dispiace, non volevo-

- Shhht! – la interruppe Hermione – non dipende da te, ho fatto tutto di testa mia. Bene, e ora: hai bisogno di tornare a casa prima di dormire un po’? In un letto – aggiunse.

Meshua spalancò gli occhi.

- Santo cielo! – si portò le mani al viso – Non ho chiuso casa! E le finestre aperte! I vestiti di Mowgli sono ancora in mezzo alla strada! E devo dire qualcosa alla signora! E devo chiamare al lavoro! – all’improvviso tutti i dettagli le si riversarono in testa, come se vedesse le vicende della notte passata in terza persona.

- Calma – rise Hermione – Non sono nemmeno le quattro e mezza del mattino! Potrai fare tutto più tardi, per ora tornerei solo a casa tua per sistemare ciò che è meglio la gente non veda.

Meshua annuì, ancora con gli occhi spalancati, ed Hermione la raggiunse dall’altro lato del tavolo.

- Bagheera può restare? Giuro è innocua-

- Bagheera resta - la interruppe di nuovo Hermione – Sono troppo stanca per trasportare anche la sua mole!

E mentre un brusio non troppo contento si diffuse tra i ragazzi, Hermione porse la mano a Meshua. Lei l’afferrò con la stessa forza della prima volta.

- Oddio un pantera…

- A me fa più paura Grattastinchi.

- Come diavolo fa a sentirsi così dopo una roba del genere!

Un istante dopo si erano smaterializzate.

 

- Non far caso a lei…

Si erano materializzare esattamente dove erano partite la notte prima. Ora il sole stava sorgendo in fretta, confinando il buio di una notte nelle sagome di qualche ombra.

- Come? – Meshua aveva raccolto da terra gli indumenti di Mowgli. Non aveva fatto in tempo a darsi pena del sangue sulla camicia, che Hermione stava già parlando.

- Dico la ragazza coi capelli gialli. Intendo non biondi, letteralmente gialli. Stava seduta sul ripiano vicino al piano cottura, alla tua sinistra – Meshua continuava a guardarla, ripiegando automaticamente gli indumenti che aveva in mano, così Hermione continuò – Ha fatto qualche uscita brusca durante la chiacchierata, e mentre ce ne stavamo andando via ha sbottato qualcosa sulle tue reazioni… Qualcosa tipo “come fa a sentirsi così”…

Meshua scosse la testa: - Non ci ho fatto caso… Cioè, non saprei dire chi ha detto cosa…

Si incamminò lentamente nella direzione da cui era arrivata affannata e sconvolta solo poche ore prima, ed Hermione la seguì.

- Non per giustificarla, ma è che lei ha una relazione con un Licantropo.

Pausa.

- Ed è piuttosto suscettibile riguardo tutto ciò che tocchi questo tema…

Un’altra pausa.

- Come mai? – Chiese allora Meshua, sembrava averci pensato su un po’.

- Bè… Innanzi tutto, una persona morsa da un Lupo Mannaro, quando è sotto l’influsso della luna piena è assolutamente fuori di testa. Intendo, non ricorda nulla dalla sua vita umana, delle sue relazioni, dei suoi affetti… E’ solo alla ricerca di qualcosa, di qualcuno, da mordere…

Inspirò: stava per aggiungere “da sbranare” ma non le sembrò il caso.

Meshua la fissava attenta. Non aveva paura, non sembrava meravigliata o scandalizzata, semplicemente stava raccogliendo quelle informazioni nuove.

- Ma… com’è possibile? – chiese infine – ‘sta notte Mowgli-

- E’ per questo che vi ho chiesto di fermarvi. L’ideale sarebbe che vi fermaste fino alla prossima luna piena, o creare l’occasione di rivederci.

- Se possiamo aiutarvi, ci fermiamo volentieri… Del resto credo che avremo bisogno anche noi di un “porto franco” per un paio di giorni… Un mese è lungo! Ma se è per qualche giorno, invece… Grazie dell’ospitalità! – sorrise.

- La casa è grande – Hermione si strinse nelle spalle, con una smorfia allegra.

- Quindi Mowgli ha avuto un comportamento del tutto anomalo?

- Esatto!

Una nuova pausa.

- Non ne hai una vaga idea del motivo? Intendo, un qualcosa che sai che potrebbe spiegarlo?

Meshua scosse la testa.

- No, anzi…

Hermione sospirò pensierosa.

- Tornando alla ragazza che ti dicevo prima… E’ che c’è altro, oltre al solo fatto di essere Licantropi.

- In che senso? Effetti collaterali?

- Più o meno… Chiamiamoli “effetti sociali” – e nella sua voce c’era della rabbia insieme all’ironia – Nella comunità magica i Lupi Mannari non sono visti di buon occhio. Ci sono stati periodi con delle leggi discriminatorie, e tutt’oggi il registro dei Licantropi è nella sezione delle creature magiche al ministero, mentre il servizio di supporto è nella sezione degli esseri umani… e poi continuano a esistere pregiudizi: il risultato è che si fa fatica a trovare lavoro, a relazionarsi con gli altri… Insomma, è come stare a metà strada tra un appestato e uno straniero!

- Dev’essere terribile… - l’espressione era triste, ma non sembrava stesse pensando al futuro di Mowgli in quel momento. Del resto se tutte le notti sarebbero state come quella passata, di sicuro non avrebbero avuto problemi, si disse Hermione.

- Oddio che figura! Tu non sei nata in Inghilterra, vero?

Meshua realizzò a cosa si riferisse e scoppiò a ridere: - Sono arrivata qui tramite la scuola… No, non mi sento un’ “emarginata”, se è questo che intendi. Non mi sono offesa!

Rise anche Hermione e poi concluse: - Ti ho detto tutto questo per farti capire la rabbia di quella ragazza, tutto qui. Non credo che queste cose vi riguarderanno mai. Lei non è cattiva e non ce l’ha con te… In effetti penso ce l’abbia col mondo!

- Che brutto sentirsi così. Mi dispiace per lei… Ma, adesso noi- Mowgli fa in qualche modo parte della comunità magica?

- Non dovrebbe… Anche se, che io sappia, è la prima volta che un babbano, una persona senza potenziale magico, viene morsa da un Lupo Mannaro… Non so come reagirà il ministero, se ha intenzione di reagire! Ma se ci sono precedenti credo si baseranno sul common law: farò qualche ricerca per prevedere le conseguenze.

- C’è un modo che permette al vostro Ministero di sapere di ogni persona che viene morsa?

- No, qualcuno dovrebbe denunciare il caso, oppure se ci fosse un’improbabile fuga di notizie – perché se non altro noi siamo discreti! – e il fatto diventasse di dominio pubblico. In queste circostanze lo verrebbe a sapere, ma in ogni caso non posso immaginare gli eventuali provvedimenti.

Meshua sospirò: - Mi devo preoccupare?

- Direi di no: il registro a conti fatti è solo un pro forma… la vita sociale rovinata è tutto un fattore squisitamente culturale!

Meshua rise a quell’ironia pungente.

- Siamo arrivati, la casa è questa.

Aveva fatto bene a preoccuparsi: cancelletto aperto, porta spalancata. Era una piccola bifamiliare con attorno un giardino pieno di fiori: una cosa seria con tanto di stecche per sostenere le rose o i rampicanti.

Entrarono in casa, e Meshua fece segno a Hermione di fare silenzio portandosi un dito alle labbra; erano in una piccola anticamera con un’altra porta dall’aria massiccia e delle scale che salivano di sopra. Richiuse la porta cercando di non fare rumore ma senza serrarla con la chiave. Indicò all’altra ragazza di seguirla sulle scale. Al piano superiore una terza porta nuovamente spalancata: si intravedeva subito un salotto con le portefinestre aperte, le tende si muovevano seguendo la corrente. Meshua entrò ed Hermione la seguì.

- Scusami, ma la signora al piano di sotto di sicuro dorme ancora… Accomodati!

La fece sedere sul divano ed Hermione si sedette nel punto accanto a dove stava lei la sera prima a guardare la tele, dove avrebbe voluto si sedesse Mowgli. Benchè si sentisse tranquilla, benché sapesse che Mowgli stava bene, benché si fidasse di Hermione, quel ricordo le fece male.

- Santo cielo, la tele va ancora! – era la replica di un quiz show diurno; la spense pensando che se fosse stato un film porno non avrebbe saputo se ridere a crepapelle o scomparire dall’imbarazzo – Dammi cinque minuti per chiudere per bene la casa e lasciare una nota per la signora di sotto… Devo prendere qualcosa di particolare?

- Prendi il cambio per un paio di giorni, se vuoi farti una doccia hai tutto il tempo che vuoi, ma se hai premura di tornare da lui potrai benissimo farla da noi.

- Grazie! – sorrise, poi guardò i vestiti che aveva in mano – ho tempo di lavare via il sangue?

- Posso pensarci io con un incantesimo.

- No grazie… vorrei farlo da sola… a mano…

Hermione le sorrise annuendo: - Fai con comodo, non mi muovo da qui!

 

Mowgli si era svegliato all’improvviso, sollevandosi impaziente con l’irreprimibile bisogno di muoversi, di stirarsi il più possibile. E mentre si tendeva come mai aveva fatto dopo il sonno vide i suoi artigli allungarsi seguiti dalla pelle fino a diventare unghie piccole in modo imbarazzante sulla punta di dita affusolate, quasi da donna. Non aveva più le proporzioni per stare su quattro zampe, se ne accorse quando ricadde di lato sul legno scheggiato e polveroso.

Era infinitamente stanco. Pensò di dormire ancora. Lì c’era l’odore di Meshua e da poco lontano alle sue spalle arrivava anche quello di Baaghera. Non c’era quello del sangue, tranne il suo che veniva dalla ferita alla spalla. La spalla. Avrebbe dovuto darci un occhio. Ma non gli doleva abbastanza, così in poco tempo si riaddormentò.

 

Meshua aveva sistemato in una borsa due cambi di vestiti e quel poco di occorrente che poteva servire per un paio di giorni. Poi si era chiusa in bagno e si era messa a lavere via il sangue dagli indumenti raccolti per strada.

L’acqua rossa che scorre nel lavello, lo strofinare forte sulle nocche fino sentire fastidio, il colore della camicia che torna insieme all’impronta delle zanne che hanno ferito la carne sotto.

Tutte cose spiacevolmente familiari.

E anche questa volta era vivo. Era fottutamente vivo.

 

Hermione era rimasta seduta a guardarsi intorno finché la sua attenzione non era stata attratta dalle foto sul ripiano sopra la tele. Si era alzata per guardarle bene: ritraevano per lo più quella che Hermione identificò come la famiglia di Meshua: una coppia giovane, un signore anziano e una bambina. Ma in nessuna delle foto più recenti erano ritratte queste persone, non c’erano in quelle dove Meshua era già una signorina. Non erano venuti in Inghilterra con lei? Non li era mai tornati a trovare? Era venuta con la scuola, le aveva detto: non avrebbe dovuto avere problemi di spostamenti e soggiorno.

Aveva continuato a curiosare osservando riproduzioni e puzzle appesi alle pareti, e mentre valutava se dare un occhio alla cucina sarebbe stato troppo indiscreto passò davanti alla porta del bagno dove le parve di sentire dei singhiozzi.

Entrò piano, mormorando il nome della ragazza. L’aveva trovata in piedi davanti al lavandino, i vestiti ormai puliti abbandonati sotto l’acqua che ancora scorreva dal rubinetto, a piangere con le mani bagnate a coprirle il viso.

Aprì del tutto la porta e le fu accanto. La abbracciò di slancio senza preoccuparsi di farla voltare. Meshua le si abbandonò addosso, le lacrime che continuavano a scorrere non più coperte dalle mani.

- Stupido – ripeteva a bassa voce – non è la prima volta che me lo fai…

Hermione non la lasciò finché non si fu calmata. Ninnandola leggermente le passava una mano sui capelli aspettando che tornasse serena.

 

 

 

 

“In the land of twilight, under the moon

We dance for the idiots

Ring-around-the-roses, jump to the moon

we sing with the castanets.

 

(Yuki JajiuraIn the land of twilight under the moon)

 

 

 

 

@@@@

 

BHA, BUBBOLE!!!

 

YEEE!!! Sono tornata!!! Peppereppeppe!!! Gloriosamente [?] laureata, libera [per ora – forse!] dall’università, libera di scrivere!!! Che combini davvero qualcosa dopo anni di triste inattività?

 

Nuovamente GRAZIE INFINTE a PAOLA, che si è sciroppata tutto questo chappy, e ha attualmente in mano il resto della storia (non illudetevi, due chap al massimo!). Come d’accordo, verrai ricompensata con soldi del monopoli a breve, o in lire italiane ma solo dopo febbraio 2012, mi spiace =P

 

E anche GRAZIE INFINITE a VOI che avete commentato! È anche merito vostro se ho preso a testate il blocco dello scrittore (testate molto lente, viste le tempistiche…) e ho preteso la betawriter (quindi Paola, prenditela con loro =P) per questa storia! In genere sono sufficientemente testarda e incosciente da rileggere a malapena ciò che pubblico!

Quindi…

GRAZIE INFINITE a Mina85: Troppo gentile!!! Ora mi gonfio come un pallone!!! Il primo commento che mi ha mandato il morale alle stelle!!! Grazie davvero!

GRAZIE INFINITE a ferao: Grazie mille! =) Ho corretto appena ho letto il tuo post, ma solo ora ti posso ringraziare per la correzione, sorry!!!

GRAZIE INFINITE a Furiarossa: Leggere il tuo commento è stato un colpo al cuore! AMO i commenti lunghi e vedere che la mia storia veniva spezzettata e ripercorsa è stato emozionante! Chiedo scusa per la poca chiarezza, ma la stesura di questo primo cap è stata abbastanza istintiva… Tant’è che temevo di non saper gestire quelli successivi! Cosa mi dici di questo???

No, purtroppo la donna non è Bagheera, è Meshua, che nel libro è la madre di Natoo, il ragazzo scomparso con cui Mowgli viene scambiato quando va al villaggio la prima volta, mentre nell’anime giapponese è la ragazzina con cui fa amicizia. Essendo più affezionata al cartone animato, tenderò a preferirlo al libro originale, scusate ^^”

Dico “purtroppo” perché sarebbe davvero una magnifica idea!!! Bagheera che diventa umana… mmm… Devo farci un pensierino…

Che dire??? GRAZIE ancora!!!

GRAZIE INFINITE a Paola, che oltre a correggere ha anche apprezzato questo secondo capitolo ^.^ *cuoricino*

 

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