Amore Antico di Stella Di Mezzanotte (/viewuser.php?uid=12558)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Amore
non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a
svanire
quando l’altro s’allontana. Oh no! Amore
è un faro sempre fisso che sovrasta la
tempesta e non vacilla mai; amore non muta in poche ore o settimane, ma
impavido resiste al giorno estremo del giudizio; se questo è
errore e mi sarà
provato, io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato.
Shakespeare
Prologo
La
guardavo in modo quasi
ossessivo. I suoi movimenti mi incantavano, i suoi capelli morbidi e
sinuosi mi
attiravano come delle muse e la sua bocca rossa e carnosa mi faceva
seccare la
gola.
Una creatura conturbante, magnifica e misteriosa che rischiava di farmi
diventare pazzo.
Il
suo viso accaldato e
sensuale mi eccitò oltremisura e strinsi più
forte la mano che stringeva la sua
gamba, appoggiata al mio fianco, la feci salire con studiata lentezza,
sollevando leggermente l’orlo del lungo abito che indossava.
Il
mio respiro era
affannato così come il suo e il mio cuore batteva
furiosamente. Raramente ero
stato così coinvolto da una donna, eppure ne avevo avuto
parecchie. Lei aveva
qualcosa che nessun altro aveva. Proprio lei, una misera cortigiana,
che non poteva
nemmeno stare di fianco a me in pubblico dato il mio titolo.
Un
nobile così ambito
come me si era ridotto a desiderare ardentemente una
cortigiana…
Sorrisi
tra me mentre la
mia mano saliva ancora su quel corpo esile e perfetto. La accarezzai
lentamente
e mi soffermai sul suo seno, piccolo ma sodo. Spostai la scollatura del
vestito
e tremai alla vista del suo seno nudo. Come richiamato da qualcosa che
andava
oltre la mia volontà mi abbassai a baciarlo con dolcezza
nonostante
l’irrefrenabile desiderio che sentivo crescere in me come
un’ ondata
inarrestabile.
Sorrisi
del suo ansimare,
così dolce ed erotico al tempo stesso.
<<
Edward… >>
sussurrò appena.
Non
le risposi e mi calai
con impazienza su di lei, quasi schiacciandola con il mio corpo. Lei,
con gli
occhi socchiusi, inarcò il bacino verso il mio, facendomi
fremere di
aspettativa, e si aggrappò ai lembi della mia camicia.
Posai
entrambe le mani
sul suo viso, glielo accarezzai con desiderio e dolcezza insieme, per
poi
infilarle nei suoi capelli morbidi e scuri.
<<
Sarai la mia
condanna, bambolina. >> sussurrai con voce roca.
Lei
sorrise appena e io
mi fiondai sulle sue labbra. Gemetti nell’avvertire la
morbidezza di quel
bocciolo e la baciai fino a quando non rimanemmo entrambi senza fiato.
Decisi
che ero stufo di
aspettare e come sempre caddi nella sua rete. Mi spogliai quanto
bastava ed
entrai in lei con forza, spezzandole il fiato.
<<
Isabella.
>> mormorai senza fiato, quando lei mi strinse ancora
più forte a sé.
Perché,
dannazione,
quella cortigiana stava diventavo un ossessione? Non potevo…
non dovevo
desiderarla in questo modo, ma non riuscivo a starle lontano in nessun
modo.
Il
terrore che quel
sentimento che avevo sempre ripudiato, mi sommergesse il cuore e
l’anima mi
fece tremare.
Osservai
quella ragazza
stupenda che ormai, sentivo faceva parte di me irrimediabilmente.
Sospirai
e mi cullai
nella dolce musica dei suoi gemiti, fino a finirla di
piacere…
La
guardai e capii di
essere irrimediabilmente e definitivamente suo.
**********************
Ok,
va bene… questa non
ci voleva! In questo periodo in cui tra Università e varie
cose non riesco ad
avere un attimo di pace, quando dovrei finire tutte le altre mie storie
in
corso, cosa faccio? Mi immergo in questa nuova storia!
Mi
sento di dire una
cosa, ovvero che quest’idea riguardo alla trama di questa ff
mi è stata data
dal contest, a cui purtroppo non ho potuto partecipare
perché non sono riuscita
a rispettare la data di scadenza, di Stupid Lamb, scrittrice che
apprezzo molto
di questo sito. Lo dico perché mi sembrava giusto,
perché questa era una delle
varie opzioni del contest, ovvero un salto nel passato con Bella ed
Edward.
Questo
prologo è una
scena che ci sarà in futuro! Quindi con il primo capitolo
torneremo indietro.
Avrete
di sicuro capito
quali sono i loro ruoli, ma se avete dei dubbi più avanti
sarà tutto chiaro.
Questo prologo non c’era messo, ma ho deciso che il
precedente sarebbe potuto
diventare un primo capitolo, che posterò presto se
l’idea vi piace.
A
proposito di questo, se
a voi non interesserà più di tanto, non se la
continuerò a scrivere, quindi
ditemi voi se volete che io continui.
Fatemi
sapere!
Un bacio!
|
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Capitolo 2 *** Capitolo Uno ***
Per
un istante le nostre vite si sono incontrate...le nostre anime si sono
sfiorate.
Oscar Wilde
Capitolo
Uno
Le
danze si aprirono al
suono della musica, i maggiordomi passavano ai lati dei tavoli con
piatti
d’argento sui quali erano poggiati alti calici ricolmi di
vino e numerose donne
di corte parlottavano tra loro nascondendo il viso con i loro ventagli
coloratissimi
e ricchi di merletti, mentre sedevano su dei divani posti agli angoli
della
sala.
Con un sospiro mi appoggiai ad un alta balaustra, vicino ad una
finestra che
dava sul ricco giardino della casa.
Naturalmente
i miei
genitori avevano organizzato un’ altra delle loro feste ed
avevano invitato i
baroni Owen, forse sperando che mi sarei finalmente interessato della
loro
unica figlia, che in questo momento volteggiava insieme ad un conte di
poco
conto e mi lanciava sguardi a volte timidi a volte vogliosi quando
ballando si
avvicinavano a me.
Sorrisi e inarcai un sopracciglio all’ennesima sua occhiata.
Era una bella
ragazza, con capelli lisci e neri e due occhi di un azzurro molto
acceso, ma
non m’interessava minimamente. Ero stufo delle continue
pressioni da parte di
mio padre di prendere moglie, proponendomi addirittura la mia migliore
amica.
Le volevo molto bene ma non volevo prenderla in moglie. In
realtà non ne volevo
nessuna, per quanto belle e intelligenti fossero, non volevo accasarmi
e far
sperperare dalla mia compagna tutto il mio denaro, così
preferivo di gran lungo
dilettarmi con le belle cortigiane che erano sempre pronte a farmi
compagnia
durante la notte.
<<
Duca, mi concede
questo ballo? >>
Abbassai
lo sguardo su
una dama molto bella, dai capelli neri, ricci e molto lunghi,
acconciati alla
perfezione con delle forcine.
<<
Con piacere
>>
Le
porsi il braccio che
lei artigliò con le sue dita in una presa ferrea.
Volteggiammo per qualche minuto e notai senza sorpresa che quella dama
mi
osservava con fin troppo desiderio.
Ci fermammo quando la musica cambiò e feci per congedarmi,
quando lei mi si
parò davanti intenzionata a non lasciarmi andare.
<<
Resti un po’ con
me Duca Cullen. >>
<<
Solo pochi
minuti, poi ho degli impegni improrogabili. >> mentii per
levarmela
presto di torno.
Era sempre la stessa storia, tutte cercavano di coinvolgermi in qualche
modo,
senza sapere che per mio stile avvicinavo io stesso le donne che mi
“
interessavano “ ma queste di certo non erano possibili
future mogli per il sottoscritto.
<<
Pochi minuti
saranno sufficienti. La vostra compagnia è talmente una
rarità che me li farò
bastare. >>
Sbattè
le palpebre un
paio di volte, forse in un gesto a suo dire seducente e io la guardai
con un
sopracciglio inarcato, mentre uscivamo nel giardino.
La sera era ormai scesa e l’aria era fresca e frizzante.
Osservai le stelle,
punti luminosi nel cielo privo di nubi e mi rasserenai di colpo. Era
sempre
stato il mio spettacolo preferito.
<<
Allora… cosa mi
dite di voi, Duca? Siete così giovane e bello, eppure
nessuna bella donna
sembra riuscita a far breccia nel vostro cuore. >>
Dritta
al punto, pensai
divertito. Mi fermai e la osservai attentamente. Era indubbiamente
bella con
quegli occhi di un verde acceso che contrastavano con i suoi capelli
scuri.
Aveva un viso delicato e un fisico piuttosto attraente.
<<
Potrei chiedere
a voi la stessa cosa. Siete una donna di raffinata bellezza.
>> le
sussurrai seducente.
<<
Siete un
adulatore, Duca. >> sussurrò di rimando.
<<
Solo sincero
>> ribattei con un sorriso.
Riprendemmo
a camminare
affiancati, fin quando non mi ricordai di una cosa importante.
<<
Perdonate la mia
leggerezza, non ho chiesto neppure il vostro nome. Posso rimediare?
>>
Le
presi una mano tra le
mie e lei arrossii leggermente.
<<
A voi si perdona
tutto, Duca. Il mio nome è Cheryl Oleman. >>
<<
Un nome dolce
quanto voi. >>
Le
feci un leggero
baciamano e poi mi allontanai.
<<
Il tempo passato
in vostra compagnia è davvero volato Miss Oleman, ma
adesso… >>
<<
Adesso il Duca
passerà il resto del suo tempo con me, non è vero
Edward? >>
Una
voce ben conosciuta
m’interruppe e io mi voltai con un sorriso verso la
bellissima donna che mi si
stava avvicinando. I lunghi capelli biondi e mossi le scendevano sulle
spalle e
sulla scollatura del vestito elegante che indossava. I suoi occhi
azzurri mi
guardavano complici e io allungai una mano per prendere la sua.
<<
Vi aspettavo con
ansia. >> mormorai divertito.
<<
Oh, ne ero
certa. >>
Cheryl
osservava il
nostro scambio di battute quasi irritata.
<<
Vogliate
scusarmi… vi auguro una buona serata. >>
La
giovane Oleman andò
via fulminando con lo sguardo Sophie.
<<
Un'altra delle
tue vittime, mio caro Duca. >> disse divertita,
schiacciandomi l’occhio.
<<
Naturalmente…
per fortuna la mia migliore amica tiene a bada queste scocciatrici.
>>
dissi, stringendole la mano che ancora tenevo tra le mie.
Sophie
era una ragazza
molto bella ed elegante, ambita da molti nobili di tutte le
età. Da anni i
nostri genitori speravano che le cose tra noi cambiassero e che ci
sposassimo
ma così non sarebbe stato.
Ci conoscevamo fin da bambini ed eravamo inseparabili.
<<
Certo, sono
molto gelosa lo sai. >> mormorò dolcemente.
<<
Non hai motivo
di esserlo, nessuna può competere con te. Sarai sempre la
donna più importante
della mia vita. >> dissi sicuro.
<<
Non dirlo,
Edward, potrei crederci davvero. Ti voglio molto bene, lo sai, ma
presto arriverà
una bella donna e tu ti dimenticherai di me. >>
La
sua voce triste mi
sorprese e mi affrettai a raggiungerla, dato che mi aveva superato e
stava
passeggiando per il giardino.
<<
Sophie, non mi
dimenticherò mai di te. >>
La
fermai, prendendola
per le spalle e guardai i suoi incredibili occhi azzurri.
<<
Lo prometti?
>> disse con la sua voce da gatta, che tanto faceva
impazzire gli uomini.
Dovevo
ammettere che
Sophie mi piaceva, ma le volevo bene come ad un amica e nulla di
più.
<<
Lo prometto.
>>
Le
baciai la fronte e
quando quel breve attimo di tensione fu allentato, parlammo di cose
futili e
spettegolammo sugli ospiti della serata, come facevamo sempre.
Stare con lei mi faceva stare bene e non avrei mai rinunciato alla sua
compagnia.
<<
I tuoi genitori
saranno molto delusi, per non parlare dei Baroni Owen. La loro figlia
non ti
staccava gli occhi di dosso. >>
<<
Già. >>
risposi sovrappensiero.
Eravamo
quasi rientrati
in sala ma a me non andava per nulla. Vidi mio fratello Emmett alle
prese con
la contessa Rosalie Hale, una bella bionda che si lasciava ancora
desiderare da
lui, anche se era chiaro che era molto interessata, e mia sorella Alice
da
tempo infatuata del fratello di Rosalie, Jasper.
Sorrisi, osservandoli. In realtà ero stato adottato molto
piccolo, dopo la
morte prematura dei miei genitori a causa di una brutta malattia che
colpì
entrambi, ma li sentivo davvero come i miei fratelli, così
come consideravo
Esme e Carlisle i miei genitori.
In quel momento stavano parlando animatamente con la famiglia dei Conti
Hale.
Sia Alice che Emmett gli stavano dando grandi soddisfazioni. Gli Hale
erano una
famiglia nobile molto conosciuta, quindi non potevano che essere
entusiasti se
c’erano delle così buone prospettive di unione con
loro in futuro.
Io
ero l’unico che
nonostante dovesse a loro molto di più rispetto ai miei
fratelli, non era
riuscito a soddisfarli. Sapevo che loro mi adoravano lo stesso ma
più volte ero
stato tentato di prendere una delle qualunque donne che mi proponevano
pur di
accontentarli.
Solo che avevo la grande fortuna di avere una madre come Esme, che
capiva
subito quando non desideravo qualcosa e mi tranquillizzava sempre,
dicendomi
che avrebbe trovato la donna giusta per me.
Sentii
una mano sulla
spalla e mi ricordai della presenza di Sophie al mio fianco.
<<
So a cosa stai
pensando, Edward. La tua famiglia ti ama e sono certa che troverai
presto la
donna della tua vita. >>
Le
sorrisi sinceramente e
le cinsi la vita con un braccio.
<<
Cosa farei senza
di te? >>
<<
Non devi
pensarci, perché non sarai mai senza di me. >>
Il
mio sguardo si fece
serio e ci osservammo in silenzio per lunghi minuti. Avevo a volte la
sensazione che per Sophie rappresentassi qualcosa di più di
un amico. Lei era
davvero bella e meravigliosa ma non pensavo a lei come a una moglie.
<<
Ti voglio bene,
Sophie. >>
Lei
non rispose ma
abbassò lo sguardo, con un mezzo sorriso.
L’abbracciai e le baciai i capelli,
mentre lei stringeva le mani sul mio petto.
Fu
lei la prima ad
allontanarsi dall’abbraccio e mi sorrise teneramente.
<<
Avevi davvero
qualche impegno? >> domandò curiosa.
<<
Non saprei…
penso che uscirò per una passeggiata. >>
Lei
scosse il capo, ben
sapendo in cosa consistevano le mie passeggiate ma quella volta non
avevo
secondi fini!
<<
No, sul serio
stavolta. >>
<<
Capisco… in
effetti ti conviene scappare, anche se non sarà un gesto
elegante nei confronti
dei Baroni. >>
<<
Tornerò prima
che finisca la festa. >>
<<
Farò finta di
crederci. >> ribattè subito.
Risi
e dopo averle accarezzato
la guancia con una mano, mi avviai dall’altra parte del
giardino ed uscì,
inoltrandomi nella città.
Londra
era meravigliosa,
aveva quel fascino elegante e misterioso che la rendeva unica e
speciale. Io
ero nato in America ma Esme e Carlisle, nativi anch’essi
americani, si erano
trasferiti ormai da molti anni a Londra, così
anch’ io ero giunto lì e non
potevo che esserne felice. Chicago mi mancava, ma ero molto piccolo
quando ero
andato via e avevo pochi ricordi legati ai miei veri genitori.
Camminai
a lungo per i
marciapiedi, incrociando uomini e donne ben vestiti, carrozze che
procedevano
lungo le strade e le insegne luminose dei vari boudoir.
Procedetti
lungo la
strada principale fino ad arrivare alla piazza più
importante di Londra,
Trafalgar Square. Adocchiai il locale dove alle volte andavo con alcuni
amici e
decisi di passarci.
Non appena entrai, notai senza sorpresa che Jonathan era seduto al suo
solito
posto. Nell’ultimo tavolo, vicino alla porta del retro. Stava
bevendo da un
grosso boccale di birra e lo raggiunsi senza che lui se ne accorgesse.
Gli
detti una pacca forte sulla spalla, facendolo trasalire. Scoppiai in
una risata
fragorosa quando lo vidi sputare fuori la birra dalla bocca e tossire
convulsamente. Mi sedetti accanto a lui e lo guardai con ancora un
sorriso
vittorioso sulle labbra.
<<
Edward,
maledizione, vuoi uccidermi? >> sbottò
cercando di portare la
respirazione ad un livello normale.
<<
Mio caro amico
ti ho semplicemente reso il favore. >>
A
quelle parole ridemmo
entrambi.
<<
Accidenti, me l’
avevi promesso e ci sei riuscito! >>
<<
Mantengo sempre
le promesse. Quella volta sono stato il divertimento di tutto il
locale.
>>
Jonathan
era un ragazzo
incredibile. Ci conoscevamo fin da bambini e nonostante fossimo due
uomini di
ventisei anni non rinunciavamo a quegli scherzi che avevano
caratterizzato la
nostra infanzia.
<<
Ah! Che tu sia
maledetto! Amico, mi stavo godendo una birra dopo una giornata
massacrante e
sei arrivato tu a rovinarmi tutto! >>
Tuttavia
mi sorrise e si
appoggiò allo schienale della sedia su cui era seduto.
<<
Allora… stavi
facendo una passeggiata eh? >>
Scossi
il capo con un
sorriso e lo guardai eloquente.
<<
Hai boicottato
una festa in tuo onore a quanto vedo! Non sarà colpa di
Janet vero? >>
Oh
no! Janet era una
donna di trent’anni, sposata con un uomo di sessanta, che
pensava solo a
ubriacarsi tutte le sere.
Ero a dir poco stufo di sentire tutte le sue lamentele e i suoi
piagnistei,
eppure alle volte mi faceva pena. Era una donna dalle forme
prorompenti… forse
troppo e amava la mia compagnia, quindi spesso la sera quando il marito
non
c’era mi implorava di farle “ compagnia “
per non rimanere sola.
Beh
di sicuro non mi
dispiaceva farle compagnia, ma fuggivo quando capivo che ricominciava
con una
delle sue crisi. Ecco… io non volevo una moglie neppure per
questo. Sarebbe
stata a piangere, a pregarmi di stare con lei tutto il tempo? Ah no, io
ero uno
spirito libero. Odiavo le restrizioni.
<<
Per carità,
Janet no! Che tu ci creda o no sono uscito per prendere un
po’ d’aria >>
<<
Sì,certo.
>>
<<
No, Jonathan sul
serio! Perché non mi credete? >> chiesi
sbuffando.
<<
Crediamo?
>>
<<
Sì, tu e Sophie.
>>
<<
Beh, sei poco
credibile caro mio! Tu non sai stare senza una donna, da quando ti
conosco hai
sempre pensato a spassartela e ogni scusa è buona!
>>
Sorrisi
e mi rilassai
anch’ io sulla sedia.
<<
Che mi dici di
Sophie, invece? >>
<<
Che ti devo
dire? >> chiesi curioso.
<<
Quando la
sposerai? >> disse con un sorriso sornione.
<<
Oh, non ti ci
mettere anche tu. Non sposerò mai Sophie. >>
<<
Tra voi c’è un
legame speciale, ammettilo! >>
<<
Certo, ma è la
mia migliore amica e con questo il discorso è chiuso.
>>
Non
sapevo perché ogni
volta quell’argomento mi faceva innervosire. Non ero
innamorato di lei come
tutti si ostinavano a pensare e non avrei assecondato nessuna delle
loro
stupide proiezioni mentali.
Mi
alzai e feci per
andarmene, quando il braccio del mio amico mi fermò.
<<
Non te la sarai
presa, vero? Stavo scherzando! >>
<<
No figurati,
solo che voglio fare ancora due passi. Ho promesso a Sophie che sarei
tornato
prima della fine della festa. >>
<<
E ci risiamo…
>> disse lui lasciandomi.
Non
gli risposi neppure e
dopo avergli dato una spinta che quasi lo fece cadere a terra, uscii
sentendo
le sue risate soffocate dietro di me.
Mi chiusi la porta del locale con il sorriso sulle labbra e ripresi la
mia
passeggiata.
Respirai
a pieni polmoni
l’aria fredda della sera e mi incamminai verso il Tamigi. Ci
andavo sempre
quando volevo stare da solo.
Misi le mani in tasca e osservai distrattamente ciò che
avevo intorno. Ero
quasi arrivato al parapetto che si affacciava sul fiume, quando mi
bloccai sul
posto.
Una
ragazza bellissima
era appoggiata al parapetto e guardava il fiume. Il suo corpo era
leggermente
inclinato in avanti e io vidi i suoi seni schiacciati dal corpetto
dell’abito.
Tuttavia questo non era ben fatto o elegante. Avvicinandomi di qualche
passo,
vidi che era logoro e sporco in alcune parti.
Il
suo viso invece era
qualcosa di stupendo ed etereo. Nonostante vedessi solo il suo profilo,
ammirai
quel visino leggermente a forma di cuore, la pelle bianca e candida che
stonava
con il suo aspetto e la bocca carnosa appena socchiusa.
Sembrava
persa nei suoi
pensieri e non si accorse nemmeno che ero a pochi passi da lei. Mi misi
nella
sua stessa posizione, per poterla osservare meglio.
Fu
più forte di me e il
mio sguardo cadde sui suoi seni, stretti in quella costrizione, che si
sollevavano appena con il suo respiro.
Ritornai al suo viso e spostai una ciocca di capelli che con un leggero
soffio
di vento le era finito tra le ciglia.
A
quel contatto si
sollevò e mi guardò prima con paura e poi con
curiosità.
A
quella vista mi sentii
quasi male. Di donne belle ne avevo viste ma lei aveva qualcosa di
innocente e
sensuale al tempo stesso. Se dal suo profilo avevo ipotizzato quanto
fosse
bella ora ne avevo l’assoluta certezza. Era stupenda ogni
oltre limite nella
sua semplicità.
Lineamenti
gentili e
decisi, naso fine e leggermente all’insù, due
profondi occhi nocciola e delle
labbra che mi attiravano come una calamita.
Era
assurdo come quella
ragazza che non poteva avere più di vent’anni, in
quel suo aspetto trasandato
quasi, mi stesse facendo quell’effetto sconvolgente.
Continuai
ad osservarla
imperterrito, fin quando non la vidi sorridere appena. Venni
letteralmente
catturato dal suo sguardo, non sapendo che quegli occhi sarebbero
diventate le
mie catene.
************************
Rieccoci!
Ringrazio
tantissimo quelli che mi hanno commentato! Non sapete quanto ne sia
rimasta
entusiasta quindi spero che mi direte ancora cosa ne pensate,
perchè senza di
voi tutto questo non avrebbe senso!
Dunque,
con questo primo
capitolo vediamo un Edward che come tutti i ragazzi non si sente pronto
ad
avere delle responsabilità importanti, come quelle del
matrimonio. Non conosce
naturalmente l’amore ma solo il grande affetto per i suoi
amici e per Sophie.
Lei la rivedremo spesso… quindi fateci attenzione ;-)
Detto
questo, aspetto con
ansia le vostre impressioni! Per cui, cosa ne dite?
Un
bacio!
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Due ***
In
amore non può esserci tranquillità,
perché il vantaggio conquistato non
è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri.
Proust
Capitolo
due
Distrattamente
passavo
due dita sul mento, come facevo sempre quando ero pensieroso. Ascoltavo
distrattamente
la lettura del pomeriggio, che si teneva in biblioteca. Mia madre
mentre
lavorava a maglia ascoltava rapita le parole della sua dama di
compagnia che
leggeva uno dei suoi libri preferiti. Cercava sempre di coinvolgermi in
questi
momenti, fin da quando ero un bambino ma spesso riuscivo a trovare una
scappatoia da quell’impegno. Ogni volta mia madre faceva
finta di credere a
tutti quegli impegni che puntualmente mi inventavo e mi lasciava con un
sorriso
indulgente, ma quella volta non me l’ero sentita di inventare
scuse, perché mi
sentivo in colpa per ciò che avevo fatto la sera prima.
Contrariamente
a ciò che
avevo detto a Sophie, non ero tornato affatto presto ed era notte fonda
quando
sprofondai nel mio letto.
Tutta
colpa di quella
cortigiana…
Un
lieve sorriso increspò
le mie labbra e fermai il movimento lento e cadenzato delle mie dita
sul mento.
Il suo pensiero mi distraeva, il suo ricordo mi torturava e non
riuscivo in
nessun modo a fare uscire quegli occhi languidi e quelle labbra
sensuali dalla
mia testa.
Come
era riuscita in
pochi attimi a rimanere indelebile nella mia mente?
<<
Edward, caro,
sei distratto. >>
Non
mi ero accorto che
Trecy, la dama di compagnia di mia madre, aveva smesso di leggere e ora
entrambe mi guardavano con curiosità.
<<
Sì, mamma, mi
dispiace. >>
Esme
posò il suo lavoro a
maglia dentro un cesto di vimini posto al lato della sua poltrona rossa
di
velluto e dopo aver fatto un cenno a Trecy, si alzò e si
diresse verso di me.
Non ebbi il coraggio di guardarla in viso, dato che sapevo che non
avrei
resistito a quello sguardo carico d’amore e comprensione che
puntualmente mi
faceva vuotare il sacco, così osservai con finta attenzione
Trecy riporre il
libro nella grande libreria e infine uscire silenziosamente dalla
biblioteca.
Le
mani di mia madre mi
accarezzarono piano i capelli e io sospirando alzai lo sguardo su di
lei.
<<
Tesoro, sai che
puoi dirmi qualunque cosa, vero? >>
Mi
sporsi con un sorriso
e le presi una mano, ancora tra i miei capelli. Le baciai le nocche con
grande
affetto e lei mi sorrise di rimando.
<<
Lo so, mamma.
Tuttavia ciò che veramente mi preme è scusarmi
con voi. Sono stato un vero
ingrato e oltremodo maleducato ad abbandonare la festa che avete
organizzato
ieri sera. >>
<<
Ti ho già
perdonato. Come al solito. >> aggiunse con una lieve
forma di sarcasmo.
Sospirai
ancora e mi
alzai dalla poltrona. Misi le mani in tasca, spostando lievemente la
giacca che
indossavo e mi avvicinai alla finestra. Osservai i domestici fare
avanti e
indietro per l’ingresso della villa portando bagagli di ogni
genere. I Baroni
Owen per partecipare alla festa di ieri erano dovuti venire quasi due
giorni
prima e ora si stavano preparando a partire.
<<
Spero solo che
farai le tue scuse a Meredith, la figlia dei Baroni. >>
Chiusi
gli occhi
brevemente e sospirai.
<<
Certamente.
>> dissi semplicemente, mentre i miei pensieri prendevano
tutta un'altra
direzione.
Ricordi
della sera prima
non accennavano a lasciarmi in pace. Ci eravamo osservati a lungo ma
nulla di
più. Lei era tornata ad appoggiarsi al parapetto e a
guardarmi ogni tanto con
la coda dell’occhio. L’avevo imitata, scordandomi
per un attimo la mia abilità
con le parole.
Avevo
subito capito che
era molto giovane e sentivo l’irrefrenabile desiderio di
stringerla a me e di
portarla via da quel posto.
Sentii
a mala pena la
porta della biblioteca che si chiudeva e ricordai il suono della sua
voce,
dolce e incredibilmente sensuale al tempo stesso.
<<
Desiderate la
mia compagnia, signore? >>
<<
In questo
momento il mio unico desiderio è continuare a guardarvi.
>>
Lei
rise, una risata
ammaliante che irretì i miei sensi come il canto della
più dolce delle sirene.
<<
Guardarmi… gli
uomini lo fanno spesso. >> disse languida
<<
Lo immagino.
>> risposi seccamente, mentre un leggero fastidio
s’insinuava in me.
<<
No, non lo
immaginate. >>
Fui
colpito dal suo
repentino cambio di tono. Adesso sembrava quasi irritata. Tuttavia mi
distrassi
non appena lei si risollevò e si avvicinò a me.
<<
Siete bello.
>> mi sussurrò a pochi millimetri dalle
labbra, facendomi inghiottire un
paio di volte a vuoto.
<<
Non quanto voi.
>> le sussurrai di rimando.
Stavo
per poggiare le mie
labbra sulle sue, ma lei si ritrasse con un sorriso mellifluo.
<<
Avete tante
donne? >> chiese sorridendo e girandomi lentamente
intorno.
Cercai
di riprendermi per
poterle rispondere. Che domande erano quelle?
<<
Molte. >>
risposi con un sorriso.
<<
Certo… siete un
uomo dolce oltre che bello. >>
Ritornò
davanti a me e
piegò leggermente il viso di lato, facendo cadere i suoi
lunghi e bellissimi
capelli mossi su una spalla.
<<
Non ne sarei
così sicuro. >> pronunciai divertito.
Allungai
una mano verso i
suoi capelli e ne strinsi alcune ciocche tra le dita.
Lei s’irrigidii appena e io lo notai.
<<
Solo un uomo
dolce come voi potrebbe rivolgersi a me con così tanta
educazione. >>
Stavo
per ribattere che
anche lei mi sembrava avere una buona educazione ma poi ricordai che
era di
certo una cortigiana. Non poteva essere altrimenti. Tuttavia questo non
pregiudicava nulla. Lei non era come le altre, lo sentivo.
<<
Sono educato
solo con chi lo è con me. E voi lo siete. >>
Sorrise
sinceramente e io
non vi trovai nessuna traccia della malizia che aveva usato prima.
<<
Mi sono
sbagliata. Siete solo ingenuo. >>
Sfuggì
alla mia presa,
facendomi ammutolire.
Ingenuo?
<<
Non lo sono… a
proposito come vi chiamate? >>
<<
Voi? >> mi
chiese subito.
<<
Edward Cullen.
>>
Si
avvicinò a me di nuovo
e allungando le mani sul bavero della mia giacca si sollevò
sulle punte per
cercare di essere alla mia altezza.
Con
un mezzo sorriso le
afferrai la vita e la sentii fremere sotto il mio tocco.
<<
Vi rivedrò
Edward Cullen? >>
Non
mi dette il tempo di
rispondere che appoggiò le sue labbra sulle mie. A quel
contatto il mio cuore
perse qualche battito.
Il
nostro contatto durò
poco ma bastò per farmi perdere la testa. La sentii
scivolare lentamente dalla
mia presa per poi sparire in un anfratto buio.
<<
Duca, i Baroni
stanno per andare via. >>
La
voce di una domestica
mi fece quasi trasalire, strappandomi violentemente dai ricordi della
sera
prima.
<<
Arrivo. >>
borbottai.
Uscii
dalla biblioteca e
scesi le scale che conducevano all’ingresso. Vidi i miei
genitori parlare con i
Baroni e Meredith, con indosso un capello elegante sui capelli, vicino
alla
carrozza.
<<
Mio caro Edward,
purtroppo dobbiamo salutarci. >> disse non appena la
raggiunsi.
<<
E’ così e mi
dispiace molto. >> mentii ad arte.
<<
Ne sono sicura.
>>
Mi
sorrisi e cominciò a
sventolarsi con il piccolo ventaglio che fin ora aveva tenuto tra le
mani.
<<
Meredith, sono
mortificato per ieri sera, ma un amico aveva bisogno del mio aiuto. Non
ho
saputo dire di no. >>
<<
Non
preoccupatevi Duca. Siete sempre così gentile, sempre pronto
a curarsi dei
bisogni degli altri. >>
Sì,
soprattutto quelli
delle donne… pensai divertito.
<<
Sono sicuro che
avremo modo di rifarci. >>
Lei
mi porse la mano che
io baciai appena.
<<
Lo spero.
>> sospirò deliziata.
Le
sorrisi ancora e dopo
aver salutato anche i Baroni mi avviai alla stalla per prendere il mio
cavallo.
<<
Jordan. >>
<<
Duca, prendo
subito il vostro cavallo. >>
Annuii
allo stalliere e
lo aspettai, fin quando il mio bellissimo cavallo nero come la notte
non
apparse al di fuori della stalla.
Presi
le briglie e lo
portai lentamente fuori. Avevo bisogno di fare una passeggiata e
schiarirmi la
mente.
Montai
sul cavallo e mi
diressi al di fuori della città, verso le campagne.
Quella
cortigiana non mi
aveva neppure detto il suo nome… pensai divertito.
L’avrei rivista?
Assolutamente sì, l’avrei cercata ovunque.
Sapevo di non dovermi interessare a una cortigiana ma quella bambina mi
stava
tormentando.
Sì
era poco più di una
bambina per me, poteva avere più o meno vent’anni
e io a ventotto non potevo
andare dietro a queste cose. Piuttosto avrei dovuto pensare ad una
moglie.
Quel
pensiero bastò a
farmi scendere l’umore sotto terra.
<<
Ehi! >>
dissi sconvolto, quando una mano mi stava quasi facendo volare a terra.
Un
cavallo di colore
marrone scuro sfrecciò accanto a me e una risata argentina
mi fece rilassare di
colpo.
<<
Sophie! Sei
impazzita? >>
<<
Eri così
pensieroso, mio bel Duca. >>
Scossi
il capo con un
sorriso e raggiunsi la mia pazza migliore amica che si era fermata ad
aspettarmi.
<<
Voleva buttarmi
giù dal mio cavallo, Duchessa? >> dissi
scendendo da cavallo e aiutandola
a fare lo stesso
Lei
mi schiacciò l’occhio
e poi si allungò per baciarmi una guancia.
<<
Certo che sì.
Sono arrabbiata con te. >>
La
guardai colpevole e
l’abbracciai nonostante i suoi tentativi di ritrarsi.
<<
Avevi promesso,
idiota! >>
<<
Lo so tesoro ma
sono stato trattenuto! >>
<<
Lo immagino!
Quando la smetterai? >>
<<
Mai! >>
dissi con fervore, facendola ridere.
<<
Allora… chi è
stata la fortunata? >>
Mi
prese sottobraccio e
camminammo un po’ per il piccolo boschetto in cui ci
trovavamo.
<<
Se te lo dico,
non vorrai più vedermi. >>
Si
bloccò di colpo e si
portò le mani sulle labbra in una finta espressione di
tormento.
<<
Non sarà mica
mia madre! >>
Risi
di cuore e le baciai
i capelli.
Sophie
mi guardò con
tenerezza e ricambiai il suo sguardo allo stesso modo.
<<
Finalmente ridi,
eri così serio. Credo di non averti mai visto
così. >>
Persi
il sorriso e mi
sedetti su un grosso masso.
<<
Ieri sera ho
incontrato una ragazza bellissima, che non vuole più
abbandonare la mia mente.
>>
Sophie
sorrise e inarcò
un sopracciglio.
<<
Questa sì che è
una novità. >>
<<
Non mi posso
interessare così a lei. >> ribattei sconsolato.
Lei
non parlò per qualche
secondo e poi sgranò gli occhi guardandomi allucinata.
<<
Edward hai perso
la testa per una cortigiana? >>
Il
suo tono mi infastidì,
così voltai il capo dalla parte opposta alla sua. Dannato
codice, perché la
legge vietava i rapporti civili con le cortigiane?
Stupido
Edward, sei uno
stupido.
Mi
rimproverai
mentalmente. Cosa mi prendeva? Ovvio che un Duca non poteva stare con
una
cortigiana.
<<
Non stai
correndo un po’ troppo? >>
Le
mani di Sophie mi
afferrarono il viso e lentamente lo voltò verso di lei.
<<
Forse hai
ragione. >>
Ero
solo confuso e
attratto da quella ragazza, nient’altro…
<<
Edward sai che
io vorrei solo vederti felice, però…
>>
<<
Però non posso
interessarmi a lei, lo so. >>
<<
Che ne sai
infondo che tra qualche giorno non penserai più a lei?
>> disse con voce
accorata.
<<
Sophie, sono
solo confuso. E’ la prima volta che una donna mi colpisce
così tanto. >>
Lei
sorrise indulgente e
mi abbracciò.
<<
Aspetta Edward,
magari passerà. Sai cosa impone la nostra
società. >>
Annuii
distratto e dopo
un po’ tornammo ai nostri cavalli. Sophie tornò a
casa e io feci lo stesso.
Aspettai
con ansia la
fine della cena e poi uscii di filato per andare in città.
Dovevo trovare
quella cortigiana, così andai di nuovo vicino al Tamigi
sperando di vederla lì,
ma così non fu.
Non
sapendo bene dove
andare, andai nei vicoli dove di solito stavano le cortigiane, ma
quelle erano
davvero di basso rango. Sicuramente l’avrei trovata in
qualche boudoir.
Entrai
in alcuni ma
ancora nessuna traccia di lei. Sconsolato decisi che avrei visto
l’ultimo e poi
sarei tornato a casa con la ferma idea di cancellarla dalla mia mente.
Passai
tra tavoli da
gioco e divani occupati da uomini ubriachi, fin quando il cuore quasi
non mi si
fermò nel petto quando la vidi. Era seduta sulle gambe di un
uomo di non più di
trent’anni. Lui la stringeva forte a sé, forse
troppo e lei teneva le mani sul
suo petto. Lui le baciava il collo e lei infastidita cercava di
allontanarsi.
Non
ci vidi più. Mi
avvicinai a loro e la presi per un braccio, facendola alzare di colpo
dalle
gambe di quell’uomo.
<<
Ehi, guarda che
questa l’ho già presa io! >>
Ignorai
le proteste di
quel farabutto e portai fuori quella dannata cortigiana, mentre lei mi
guardava
con occhi spalancati.
L’aria
fredda della sera
sembrò calmarmi in parte. Lasciai la ragazza che mi guardava
esterefatta e feci
qualche passo, lasciandola indietro.
<<
Vieni. >>
le dissi con rabbia.
<<
No. Cosa vi è
saltato in mente? >> disse con voce tremante.
Mi
voltai verso di lei,
ringhiando di frustrazione.
<<
Non ho
intenzione di discutere adesso, ragazzina. Seguimi e basta. Sono stato
chiaro?
>>
La
mia voce arrabbiata la
fece indietreggiare di qualche passo. Ci osservammo per qualche minuto
in
silenzio fin quando non m’incamminarmi verso il luogo dove la
sera prima
l’avevo incontrata. Lei mi seguì in silenzio e
quando arrivammo dinnanzi al
Tamigi mi voltai di scatto e la presi tra le braccia.
Lei
mi guardò spaventata
all’inizio per poi cercare di allontanarmi. Ignorai le sue
proteste e
l’appoggiai con forza al parapetto e la baciai.
Lei tentò ancora di allontanarmi ma ben presto cedette alla
forza della mia supremazia.
Finalmente
riuscii a fare
quello che dalla sera prima desideravo. Con la lingua forzai le sue
labbra che
si aprirono lentamente. Gemetti non appena accadde e per lunghi minuti
non
riuscii a staccarmi da lei.
Cosa
mi aveva fatto
quella ragazza?
<<
Edward… >>
sussurrò lei allontanandosi per respirare.
La
guardai, riempiendomi
la vista del suo viso bellissimo. Non riuscivo ad accettare che qualche
altro
uomo la toccasse o peggio l’avesse ma era assurdo
perché lei non sarebbe mai
stata mia. Mai.
<<
E’ tutta colpa
tua se sono ridotto così, bambolina. >>
sussurrai minaccioso al suo
orecchio.
<<
Non so di cosa
parlate e ora lasciatemi! >>
Mi
allontanai di qualche
passo e sorrisi appena.
<<
No, non ti
lascio. >>
<<
Cosa state
dicendo? Sono una cortigiana, vengo pagata per quello che faccio,
altrimenti
come farei a vivere! >> urlò alla fine.
Rimasi
immobile a
guardarla. Tutto questo era ovvio ma non riuscivo a dire a me stesso di
doverla
lasciare andare.
<<
Dimmi il tuo
nome. >>
<<
No. >>
La
spinsi di nuovo contro
il parapetto con forza e lei si lamentò leggermente.
<<
Voglio sapere il
tuo nome. Lo voglio sapere adesso. >>
La
guardai e rimasi
ancora una volta affascinato da lei. I capelli scomposti sul viso, il
respiro
ansimante e gli occhi lucidi.
<<
Vi credevo
diverso. Siete proprio come tutti gli altri schifosi nobili.
>>
Mi
dovetti trattenere per
non schiaffeggiarla. Non l’avevo mai fatto ma ne avevo il
profondo desiderio.
<<
Il tuo nome.
>> sbottai furioso.
<<
Isabella.
>> disse con rabbia.
Maledizione!
Quella
ragazza era indomabile!
<<
Il tuo nome mi
darà il tormento… Isabella…
>> pronunciai sulle sue labbra.
<<
Mi volete non è
vero? Allora perché tutte queste scene. Vi farò
sapere quando sarò libera.
>>
Abbassò
il capo e fece
per andarsene, ma io la presi per un braccio, fermandola.
<<
Tu sei libera
adesso per me, bambolina. >>
Ebbene
i giochi erano
iniziati e non sapevo se sarebbero mai finiti.
*********************************
Ciao
a tutti!
Pensavo che avrei aggiornato prima ma questo capitolo non mi ha subito
convinto
e non so se sono riuscita nel mio vero intento!
Qui
Edward passa dall’essere gentile e affascinato da lei fino a
desiderarla con
rabbia. E’ una situazione difficile, perché
appunto la società di allora
vietava unioni del genere.
Naturalmente è ancora presto per questo ma Edward sente che
lei è diversa dalle
altre donne che ha avuto fin ora.
Bene…
cosa ne dite?
Ovviamente
il pezzo in corsivo è un Flash-back della sera prima.
Ok,
adesso cominceranno i veri problemi! xD
Cosa
ne pensate? Cosa fareste al posto di Edward? xD
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Tre ***
L’amore non è pretendere, ma
dare; è dimenticarsi,
ma non dimenticare, è vivere fuori di sé, pur
rimanendo in sé;
è riservarsi le spine e offrire le rose. L’amore
chiede tutto ed ha il diritto
di farlo.
Beethoven
Capitolo
tre
<<
Fammi vedere
dove vivi. >>
Me
ne ero uscito con
quella pretesa senza neppure sapere perché. La volevo e
avrei fatto di tutto
per averla per me. Solo per me.
<<
Cosa state
dicendo? >>
<<
Sei diventata
sorda Isabella? Voglio andare a casa tua. >>
<<
Perché
dovrei? >> chiese con rabbia.
La
osservai
affascinato. Quel suo atteggiamento mi faceva arrabbiare e meravigliare
al
tempo stesso. Non avevo mai incontrato una donna così
testarda e ostile.
Mi
avvicinai
minaccioso e lei non si mosse di un millimetro neanche quando il mio
respiro
s’infranse sul suo viso.
<<
La mia non
era una domanda, bambolina. >> le sussurrai,
avvicinandomi
pericolosamente alle sue labbra.
<<
Perché
siete diventato così insolente? >>
Inarcai
un sopracciglio
divertito. Insolente?
<<
Isabella non mi
conosci neppure, chi ti dice che non lo sia sempre stato?
>>
<<
Lo so e basta.
>> disse solamente e io faticai ad udirlo.
Strinsi
i pugni e
le presi il braccio, forzandola a camminare.
<<
Sono stufo, fai quello
che ti si dice, chiaro? >>
Lei
non rispose ma fece
forza per liberarsi il braccio dalla mia presa. Ovviamente non ci
sarebbe mai
riuscita così decisi di allentare la presa per permetterle
di liberarsi.
<<
Farebbe meglio a
levarsi la giacca, potrebbe sporcarsi >> disse ironica
superandomi.
Inarcai
un sopracciglio e
la raggiunsi.
<<
Non toglierò
solo quella >> le sussurrai seducente
all’orecchio, facendola innervosire
ancora di più.
<<
Ti innervosisci
spesso vero? >> aggiunsi, anche se lei non mi rispose.
Guardai
distrattamente
dove stavamo andando e mi accorsi che era la parte più
vecchia della città.
C’erano vecchi lampioni, palazzine fatiscenti e alcuni gatti
che si movevano
tra i bidoni della spazzatura, facendo rumore.
<<
Prego Monsieur.
>> mi disse con tono ironico ad un certo punto, tenendo
aperto un vecchio
portone di una palazzina che sembrava stesse cadendo in pezzi. Era a
due piani
e il primo dei due balconi era molto rovinato e aveva una vetrata rotta.
<<
Grazie Madame.
>> risposi senza battere ciglio.
Non
appena entrai, mi
resi conto che l’interno era peggio dell’esterno.
Una lunga e vecchia scala
polverosa si ergeva di fronte a me e le pareti erano piene di muffa e
annerite
dallo sporco.
Non
mi feci scoraggiare e
seguii Isabella al piano di sopra.
La
osservai abbassarsi e
prendere una chiave da sotto un vecchio tappetino davanti
l’ingresso di un
imponente quanto logora porta d’ingresso di legno. Non appena
entrammo mi
ritrovai in una casa vecchia e mal ridotta. C’era una stanza
con un divano
verde scuro, un mobiletto di legno con alcuni libri e una finestra, poi
altre
due porte che capii essere due stanze da letto, infine la cucina
composta da un
vecchio ripiano con dei tegami, un tavolo di legno mal ridotto e una
piccola
porta laterale che ipotizzai essere il bagno.
Era
una casa invivibile
eppure vidi Isabella muoversi con tranquillità, per poi
sbuffare e sedersi al
tavolo della cucina, guardandomi quasi con disprezzo.
<<
Sono lieta di
accoglierla nella mia reggia signore. >>
Ancora
quel tono ironico
e beffardo che cominciava a innervosirmi. Velocemente presi la sedia,
sperando
che reggesse il mio peso e mi sedetti accanto a lei, sorprendendola.
<<
Bambolina cambia
tono con me, mi sono spiegato? >> le alitai sul viso.
<<
Cosa volete da
me? >>
<<
Te >>
risposi semplicemente
<<
Perché siete
voluto venire a casa mia? >>
Non
potei risponderle
perché un rumore insistente alla finestra ci fece voltare
entrambi. Mi accorsi
che il rumore era dato da dei sassolini lanciati dalla strada verso la
finestra.
<<
Ci mancava anche
questa >> sentii borbottare dalla bella cortigiana, che
si alzò
stancamente e aprii l’imposta.
<<
Angela vattene
via >> disse senza mezzi termini
<< Già
finito per
stasera Bella? >>
Bella?
Trasalii
lievemente a sentire quel nome, ma non ci feci caso più di
tanto.
<<
Non sono affari
tuoi, torna dai tuoi clienti. >>
<<
Tesoro sei
arrabbiata? Ho visto la luce accesa e sai che lei non vuole che torni
così
presto anche se non hai nulla da fare! >>
Lei
chi?
<<
Lo so bene, te
ne vai adesso? >>
<<
Bella ma sai che
succede se… >>
Isabella
per tutta
risposta chiuse l’imposta con così tanta forza
rischiando di romperla e tornò
da me, furente.
<<
Hai visto in che
guai mi state cacciando? La mia padrona non vuole che sto
già a casa a
quest’ora. Cosa volete allora? >>
<<
Te l’ho detto
Bella. >> dissi con noncuranza.
<<
Non chiamatemi
così. >>
Si
rialzò dalla sedia per
la rabbia e io la seguii, per poi afferrarla e stringerla a me.
<<
Sei molto aggressiva
e questo mi piace. >>
Non
sapevo cosa mi
prendeva, con lei sentivo una strana rabbia mista a desiderio che non
riuscivo
a controllare. Quel suo atteggiamento mi indisponeva e piaceva al tempo
stesso.
<<
Se mi volete
dovete venire al Boudoir dove mi avete trovata. >>
<<
No ti sbagli, lì
non ci torni, da adesso sarai mia e mia soltanto. >>
<<
Siete impazzito?
>>
<<
Non mi sembra.
>> dissi divertito, osservando il suo sguardo furente.
<<
Non sono di
vostra proprietà. >>
<<
Certo che no, ma
sarai mia lo stesso. Starai dove dico io e ti vedrò le volte
in cui vorrò io.
>>
<<
Non potete dire
sul serio… >> sussurrò sgomenta,
facendomi irritare di nuovo.
<<
Isabella non ho
voglia di scherzare. Tu andrai via da questo posto. >>
<<
Perché non
potete limitarvi a venire al Boudoir? La mia vita è questa e
voi non potete
cambiarla solo per un vostro capriccio. >>
Un
capriccio? Io ancora
non sapevo cosa fosse ma una cosa era certa, non mi sarebbe scappata
così
facilmente e non volevo che altri uomini viscidi e violenti
l’avessero al posto
mio.
<<
Non potete avere
l’esclusiva >> disse intuendo i miei pensieri.
<<
Vuoi che ti
paghi per questo? >> dissi con disprezzo, allontanandola
malamente da me.
<<
Certo che la
dovete pagare mio signore e molto caro anche. >>
Mi
voltai di scatto verso
la voce di una donna alle mie spalle. Dovevo essere così
preso dalla discussione
da non essermi accorto che era entrato qualcuno. Lo stesso valeva
per Isabella a giudicare dalla sua espressione, anche se lei
sembrava
anche spaventata.
Una
bella donna, più
grande di me, con lunghi boccoli biondi un po’ disfatti e due
profondi occhi
verdi mi osservava quasi famelica. Il suo abito era più
bello rispetto a quello
di Isabella e aveva un certo portamento.
<<
Bella, cara,
quante volte ti ho detto che non devi portare a casa i clienti?
>> la
fulminò
Isabella
fece per parlare
ma venne zittita dalla donna con un gesto della mano.
<<
Il nostro
cliente si è con me molto lamentato per il tuo comportamento
a dir poco
pessimo, come hai osato andarte in quel modo? >>
<<
Sono stato io a
portarla via di lì. >>
La
donna si voltò piano
verso di me e mi squadrò per qualche secondo.
<<
Non importa
Signore, Bella sa come ci si deve comportare altrimenti sai che ti
butto in
mezzo alla strada, non è vero cara? >>
La
sua voce minacciosa,
fintamente dolce, dette la nausea anche a me.
<<
Lo faccia, tanto
molto presto Isabella non metterà più piede qui.
>>
La
donna proruppe in una
risata fragorosa e poi si avvicinò a me con
curiosità e malizia.
<<
Mio bel
giovanotto, io sono Tanya, una tra le più importanti e
famose cortigiane di
Londra. Gestisco molti Boudoir e cortigiane di alto e basso borgo, di
conseguenza tratto con molti clienti ma non ho mai incontrato un uomo
come voi.
>>
Non
risposi ma guardai
Isabella che sembrava sul punto di svenire. Era ovvio che era
terrorizzata da
questa donna.
<<
Tuttavia, mi
avete resa curiosa. Cosa volete fare con… Isabella?
>>
Si
era interrotta prima
di pronunciare il suo nome. Perché la chiamavano Bella? E
perché questo
diminuitivo mi faceva uno strano effetto?
<<
La porterò in un
posto che non vi è dato di conoscere. >>
<<
Se uscirà da qui
non tornerà più e quando vi sarete stancato di
lei rimarrà in mezzo a una
strada. >>
Il
suo tono era cambiato
in modo sottile. A quanto pare la mia bella cortigiana le fruttava
parecchio e
questo mi fece fremere di rabbia.
<<
Non mi stancherò
di lei. >>
<<
Certo come no.
Sentite mio bel giovane nobile, l’ho cresciuta io questa
sgualdrina e adesso mi
serve, non posso darvela… a meno che…
>>
Strinsi
i pugni, sapevo
bene cosa voleva, ma perché avrei dovuto accontentarla?
<<
Quanto credete
che ci metterò a sapere chi siete e dove vivete e informare
la vostra famiglia
che avete deciso di tenervi una cortigiana come amante?
>> mi disse con
sicurezza.
Avanazai
verso di lei,
che fece qualche passo indietro fino a scontrarsi contro una sedia.
<<
Quanto credi ci
metterò a eliminare te e tutti i tuoi schifosissimi Boudoir?
>>
<<
Non riuscirete a
mettermi paura. >> ribattè Tanya con titubanza.
Una
mano tremante mi
artigliò il braccio e mi voltai verso Isabella che con le
lacrime che le
scorrevano sul viso mi implorava di finire quella discussione.
Fu
come se il mondo
girasse al contrario, tutta la mia rabbia e il mio desiderio nei suoi
confronti
si annullarono per lasciare il posto a un estrema tenerezza e a
qualcosa di
indefinito che mi strisciava sullo stomaco, facendomi inghiottire a
vuoto.
Le
presi la mano e la
strinsi nella mia per poi voltarmi verso Tanya che ci osservava con
estrema
curiosità.
<<
Sono i soldi che
vuoi vero, vecchia megera? >>
<<
Come osate!
>>
<<
Vi pagherò
quanto volete e Isabella verrà via con me. Ora.
>>
<<
Duca io non
posso… non… >>
Le
strinsi la mano più
forte e le feci cenno di stare buona.
<<
Siete un Duca…
potete pagarmi bene. D’accordo
ma prima voglio essere pagata. >>
<<
Domani al vostro
Boudoir verrà qualcuno a pagarvi. >> dissi
avviandomi con Isabella fuori
da quello schifo di appartamento.
<<
No, un momento,
chi mi assicura che mi pagherete? >>
Mi
fermai di scatto e
presi tutti i soldi che avevo nelle tasche. Glieli lanciai e dovevano
essere
molti a giudicare dalla sua espressione.
<<
Prendilo come
anticipo. >>
Stavo
per uscire
definitivamente quando sentii la risata gracchiante della donna alle
mie
spalle.
<<
Ritorni alle
origini mia dolcissima Bella… >>
Rise
ancora e io non
diedi peso alle sue parole. Una volta fuori mi resi conto che non
sapevo ancora
dove avrei portato Isabella ma di certo non a casa mia.
<<
Siete pazzo, ora
cosa farò? >>
Isabella
fece forza per
fermarsi, si liberò dalla mia presa e si portò
entrambe le mani sul viso
riprendendo a piangere.
<<
Preferivi
rimanere lì con quella pazza? >>
<<
Non avevo
alternative, presto vi stancherete di me e io non avrò
più dove andare.
>>
Le
scostai le mani dal
viso e rimasi abbagliato dalla sua bellezza, nonostante le lacrime.
<<
Isabella non mi
stancherò di te e in ogni caso ti troverò una
casa e non te la leverò. >>
Lei
mi guardò come se
fossi un alieno.
<<
Mi state dicendo
che anche se non sarò più la vostra amante
potrò avere una casa? >>
<<
Non parlare
ancora di essere mia amante o meno. Isabella ti desidero ma voglio
anche che tu
stia bene. >>
Cosa
stavo dicendo? Stavo
davvero perdendo la ragione? Una cortigina che conoscevo da due giorni
a mala
pena già mi faceva questo effetto?
<<
Non posso
accettare. >>
<<
Adesso basta,
viene con me. >>
Ero
tornato freddo e
insensibile e la portai nell’unico posto possibile. Entrai
nella locanda dove
ero sicuro di trovarlo e andai al solito tavolo, dove stavolta
c’erano altri
due ragazzi che non conoscevo.
<<
Jonathan
>> dissi secco, facendo voltare verso di me.
<<
Ehi Edw -
>> si bloccò e osservò prima
Isabella e poi me e viceversa per qualche
secondo prima di alzarsi di botto.
<<
Questa chi
sarebbe? Ti porti dietro le cortigiane adesso? >>
Non
gli avevo ancora
parlato di lei e mi voltai verso la bellissima ragazza che avevo
affianco. Si
guardava intorno spaesata, mentre vari complimenti rozzi e volgari le
venivano
rivolti dai presenti.
<<
Vieni fuori.
>> dissi al mio amico, uscendo di nuovo.
<<
Vuoi spiegarmi?
>> chiese Jonathan non smettendo di guardare Isabella.
La
tirai verso di me e
lei stavolta non fece storie.
<< Puoi
farla stare
con Amber per qualche giorno? >>
Quell’idea
mi era venuta
all’improvviso e vidi Jonathan guardarmi inorridito. Amber
era una cortigina
con cui Jonathan era stato per più di due anni, lei si era
innamorata di lui ma
era un sentimento non corrisposto perché Jonathan amava
un'altra donna e io
sapevo bene chi fosse.
<<
Non se ne parla
Edward. Non l’ho più vista da allora.
>>
<<
Bugiardo.
>> dissi subito facendolo irrigidire.
Sapevo
che la loro
relazione era finita ma lui si assicurava sempre se lei stesse bene. Le
aveva
trovato un lavoro nella locanda dove ora ci trovavamo e lei era tornata
ad
abitare con la madre e la sorella che adesso poteva sostenere con il
suo
lavoro.
<<
Non è possibile.
>> disse duramente.
<< Per
favore, è
importante. Solo pochi giorni. >>
Ci
guardammo a lungo e
poi lui sospirò e rientrò velocemente alla
locanda. Lo seguii subito e lo vidi
andare nel retro, dove il proprietario che io e Jonathan conoscevamo da
quando
eravamo bambini, e Amber si trovavano.
La
ragazza era
visibilmente sorpresa di vederci arrivare così di fretta e
io la salutai con un
cenno del capo. Conoscevo Amber ed era una brava ragazza. I suoi occhi
scuri si
posarono su quelli di Isabella che teneva i suoi bassi.
<<
Jonathan cosa ci
fate qui? >>
<<
Scusa Amber ma
dovresti tenere con te questa ragazza. >> disse lanciando
un occhiata a Isabella
<<
Perché? Sai che
io non posso. >>
<<
Lo so, sarebbe
solo per qualche giorno. Te lo chiedo come favore personale.
>>
Sentii
Isabella sospirare
e guardai Amber in attesa della sua risposta. Lei a sua volta guardava
Isabella
e poi Jonathan e vicersa.
<<
Non so cosa sta
succedendo, ma sappi che sarà solo per qualche giorno.
>>
Jonathan
le sorrise e lei
si portò una ciocca di capelli neri dietro
l’orecchio e abbassò lo sguardo.
Sapevo quanto quella situazione pesava su entrambi e avrei trovato in
fretta
una soluzione.
<<
Sono fuori e
sbrigati ad uscire. >> mi sibilò
all’orecchio.
<< Ve
ne andate
adesso? >> mi sussurrò Isabella mentre si
lanciava occhiate con Amber che
la stava studiando attentamente.
Sorrisi
e le passai un
braccio attorno alla vita. Dov’era finita la ragazza impavida
di prima?
<<
Sta tranquilla,
ci vediamo domani a casa di Amber. >>
<<
Ma non credo
che… >>
Le
misi un dito sulle
labbra facendola ammutolire. Guardai quel viso splendido che mi stava
facendo
commettere tutte quelle follie e poi, nonostante la mia gran voglia di
baciare
quelle labbra dolci e sensuali, mi chinai per darle un bacio sulla
fronte.
<<
Buonanotte
Isabella. >>
<<
Buonanotte mio
pazzo Duca. >>
La
sentii sussurrare
quando le diedi le spalle per uscire dalla locanda. Sorrisi ma questo
sparì
quando all’esterno trovai Jonathan che pretendeva delle
risposte.
*************************
Ciao
a tutti!
Oggi
sarà una giornata
tremenda per me! Voi come state?
Io
sono ancora malticcia
e ieri che era il mio compleanno l’ho passato con mezza
febbre addosso!
Beh,
fantastico!
Avrei
voluto
postare prima ma appunto non stavo bene!
Per
quanto riguarda
la storia, sono contenta di dirvi che ci saranno risvolti del tutto
inaspettati
come trapela già da questo capitolo… che
dire…
Chi
è la donna che
Jonathan ama? Eheh… e poi vedremo dove Edward
porterà Isabella...!
Fatemi
sapere cosa ne
pensate!
Un
bacio!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo Quattro ***
Avrei
preferito avere un solo respiro dei suoi capelli,
un solo bacio della bocca,
un solo tocco della
mano
che stare
un'eternità senza.
"City of Angels"
Capitolo
quattro
<<
Sarà meglio che
cominci a spiegarmi chi diavolo è quella cortigiana.
>>
Sospirai
e mi avvicinai
del tutto a Jonathan, fino a fronteggiarlo.
<<
L’hai appena
detto, è una cortigiana. >>
<<
Non prendermi
per stupido, Edward. Perché te la sei portato dietro? Chi
è ? Dove l’hai
trovata? >> mi
incalzò il mio amico con urgenza.
Aprii
le braccia in un
gesto di resa e mi sedetti su un piccolo muretto vicino.
<<
E va bene, ti
racconterò tutto ma promettimi che lo
terrai per te. >>
<<
E’ tardi per le
promesse, amico. Se mi sono convinto a farla stare con Amber vuol dire
che ti
voglio dare una mano. Che c’è, non ti fidi
più di me? >>
<<
Se non fosse
così non mi sarei rivolto a te. >>
Ci
guardammo qualche
secondo, finchè lui sospirando si sedette accanto a me.
<<
La sera della
festa in onore dei Baroni, la stessa in cui ci siamo incontrati
l’ultima volta
qui alla locanda, ho deciso di fare una passeggiata. Sai che non
sopporto
quando i miei genitori, seppur a ragione, cercano una moglie per me,
così sono
andato via. >>
Jonathan
mi guardava
attento e con un cenno della mano mi fece cenno di continuare.
<<
Sono andato al
Tamigi, come faccio sempre quando voglio rilassarmi e stare da solo ma
lì ho
avuto una bella sorpresa. >>
<<
Hai incontrato
la bella cortigiana. >> affermò Jonathan
lasciandomi basito.
<<
Come lo sai?
>> chiesi incredulo.
<<
Ho tirato ad
indovinare! >> disse con un mezzo sorriso.
<<
Beh, hai
indovinato. Era lì, appoggiata al parapetto… la
donna più che bella che avessi
mai visto. >>
Senza
rendermene conto mi
fermai ripensando alla sera in cui ci eravamo incontrati. Il suo viso
dolce ed
etereo, quelle labbra che sapevo mi avrebbero fatto impazzire, i suoi
occhi
caldi e svegli ed un corpo fine e aggraziato nonostante gli abiti
logori e
sporchi.
<<
Oh, ti prego!
Sei già fino a questo punto! >>
pronunciò lamentoso il mio migliore
amico, ma quando mi voltai a guardarlo un mezzo sorriso consapevole gli
curvava
le labbra. Anche lui sapeva cosa voleva dire amare qualcuno che non si
poteva…
Un
momento… no, io non
potevo davvero essere arrivato così in fretta a questo
punto. Decisamente no.
Io non potevo e non volevo amare. Quella ragazza mi piaceva e la volevo
per me,
soltanto per me. Si trattava solo di questo.
Doveva
essere mia.
<<
Non dire
stupidaggini. Solo, non potevo lasciarla nella topaia dove viveva e non
sopporto che qualcun’ altro metta le mani su ciò
che mio. >>
<<
Quella ragazza
non è tua Edward. >>
Strinsi
i pungi e mi
alzai di scatto.
<<
Insomma vuoi
aiutarmi o no? >>
<<
Voglio farti
rinsavire Edward, ma vedo che questo ormai non è
più possibile. Cosa farai
adesso con questa cortigiana? Le troverai una casa e ne farai la tua
amante? E
dopo? Sai che lei un giorno tornerà a fare ciò
che ha fatto fin ora. >>
Non
ci vitti più e lo
presi per il bavero della giacca, sbattendolo al muro.
<<
Non hai capito
nulla di quello che ho detto, vero Jonathan? >>
Lui
fece pressione per
farsi lasciare andare e così mi allontanai bruscamente.
<<
Non puoi tenerla
con te per sempre, dovrai sposarti e non puoi diventare lo zimbello di
tutta l’
Inghilterra solo perché ti vuoi tenere a vita una -
>>
<<
NON DIRLO!
>> tuonai
ben sapendo che stava dicendo una parola fin troppo offensiva per una
ragazza
come Isabella.
<<
Posso non dirlo
ma è quello che è d’accordo?
E se da te volesse dei soldi? Se ti manderà in rovina un
giorno con qualche
ricatto? >>
<<
Adesso basta
Jonathan, ne ho abbastanza. Proprio tu parli in questo modo?
>>
<<
Io non ero
ridotto così, senza contare che sapevo bene fin
dall’inizio che l’avrei
lasciata alla sua vita, mentre tu invece… >>
<<
Io non so nulla,
chiaro? Vuoi aiutarmi o continuare con queste cazzate? >
Jonathan
alzò gli occhi
al cielo e dopo essersi messo le mani in tasca mi superò.
<<
Sono solo
preoccupato per te, uscirai male da questa storia. >>
Se
ne andò così, senza
aggiungere altro e io tirai un sospiro di sollievo. Nonostante tutto mi
avrebbe
aiutato e solo di questo avevo bisogno.
La
mia mente era già fin
troppo confusa. Io volevo quella ragazza e nessuno mi avrebbe fermato.
Mi
decisi ad andarmene
anch’io, dato che era notte fonda. Dovevo pensare ad una
soluzione e l’avrei
dovuta trovare il prima possibile. Tornai velocemente a casa mia ma non
chiusi
occhio, nonostante la stanchezza. Anche se rifiutavo ciò che
mi diceva Jonathan
non potei non pensare a quanto assurda fosse quella situazione, ma non
sarei
tornato indietro. Mai.
Perso
nei miei pensieri
mi resi conto che le luci dell’alba cominciavano a filtrare
dalla pesante tenda
della mia stanza. Mi alzai più stanco di quando ero arrivato
e dopo essermi
dato una rinfrescata ed essermi cambiato, dato che indossavo ancora i
vestiti
del giorno prima, uscii dalla camera nello stesso momento in cui delle
cameriere entravano per sistemare la mia stanza.
Mentre
ero in corridoio
potei sentire i loro bisbigli sul fatto che il letto fosse quasi
praticamente
intatto. Non mi curai dei loro pettegolezzi e scesi a fare colazione in
sala,
anche se era ancora molto presto. La cameriera che stava allestendo il
tavolo,
infatti, mi guardò sorpresa.
<<
Allora? Cos’hai
da guardare? Portami la mia colazione. Subito. >>
<<
Certamente
Signore. >>
La
giovane cameriera
lasciò tutto ciò che aveva in mano sul tavolo,
malamente, e si diresse di corsa
in cucina.
<<
Qualcosa ti
turba, figlio mio? >>
Alzai
lo sguardo verso
mio padre che mi stava raggiungendo al tavolo e mi sedetti con un
sospiro.
Appoggiai i gomiti sul tavolo e con le mani mi strofinai gli occhi. Ero
stanco
e arrabbiato.
<<
Nulla di cui
preoccuparsi, padre. >>
<<
Ho passato la
mia vita a preoccuparmi per te. >> mi disse con un mezzo
sorriso.
Già,
la mia vita era
stata molto più turbolenta rispetto ai miei fratelli e io
come li ripagavo?
<<
Solo un litigio
con Jonathan. >> mentii sperando di convincerlo, ma
così non fu a
giudicare dalla sua espressione. Tuttavia mio padre era sempre stato un
uomo
particolarmente sveglio e capii che non ne volevo parlare.
<<
Spero che
facciate pace allora. >>
Annuii
con lo sguardo
basso. Era difficile mentirgli ma non potevo di certo informarlo di
ciò che stavo
combinando. Strinsi i pugni, cercando di non pensare alla profonda
delusione
che gli avrei recato e mi concentrai sulla colazione che la cameriera
stava
servendo a me e a mio padre.
Quando
ormai quella
situazione si fece insostenibile mi scusai e mi alzai, con tutta
l’intenzione
di uscire a prendere un po’ d’aria.
<<
Edward, tesoro,
già sveglio? >>
Oh
no! Ci mancava solo
mia madre. Come avrei fatto a mentire anche a lei?
Incrociai
lo sguardo
perplesso della donna meravigliosa che mi aveva regalato solo amore in
quegli
anni e mi avvicinai per baciarle la fronte.
<<
Sì madre, ma è
tutto a posto, non preoccupatevi. >>
<<
Sì Esme, io ed
Edward volevamo passare del tempo insieme senza essere disturbati
così ieri ci
siamo messi d’accordo per fare colazione insieme e parlare un
po’, non è vero
figliolo? >>
Carlisle
mi schiacciò
l’occhio e lo ringraziai con un sorriso. Non meritavo tutto
questo.
<<
Certamente e mi
ha fatto molto piacere passare del tempo con voi, padre.
>>
Lui
sorrise ancora e poi
si alzò per scostare la sedia a mia madre, che dopo avergli
regalato una dolce
carezza sul viso mi sorrise raggiante.
<<
Sono molto
contenta di questo. Quali sono i tuoi programmi di oggi?
>>
<<
Nessuno in
particolare, madre. Passerò la giornata con Jonathan, come
al solito. >>
<<
Questi due
ragazzacci, cosa dobbiamo fare per fargli mettere la testa a posto,
Carlisle?
>>
<<
Non credo che ci
riusciremmo. Sono sicuro che loro stessi capiranno quando
sarà il momento di
mettere da parte tutto per cominciare una vita onorevole e mettere su
famiglia.
>>
Il
messaggio di mio padre
era chiaro e io incassai senza dire nulla.
<<
Spero sia
davvero come dici. Buona giornata tesoro. >>
Mia
madre mi mandò un
bacio volante e io dopo aver sorriso ad entrambi uscii finalmente fuori.
Incontrai
subito lo
stalliere e gli feci cenno di preparare il mio cavallo. La vecchia
abitazione
di Amber era poco fuori città quindi mi sarebbe servito.
<<
Andiamo Aramis
>> dissi rivolto al mio cavallo nero, mentre prendevo le
briglie dalle
mani dello stalliere.
Montai
e partii subito
verso la mia meta. Ero ansioso di vedere Bella ed ero sicuro di trovare
Jonathan già lì.
Grazie
a diverse
scorciatoie arrivai prima del previsto e non appena avvistai la vecchia
dimora
dei Brunerg scesi da cavallo e lo portai con me, oltre la cancellata
bianca e
un po’ malconcia dell’abitazione.
<<
Signor Duca!
>>
<< Signora
Julia,
che piacere vederla. >>
Sorrisi
alla mamma di
Amber, che sull’uscio della porta di casa mi faceva cenno di
entrare.
<<
Prego Duca,
entrate pure. Scusate ma sapete bene che la mia casa è molto
umile per un
nobile come voi. >>
<<
Non dite
sciocchezze Julia. >>
Le
schiacciai l’occhio e
legai il cavallo all’asse di legno apposito, poi salii le due
scale di legno
che portavano alla casa ed entrai.
<<
Amber e Jonathan
sono nel salone, mentre Bella è ancora in camera sua.
>>
In
camera sua? Ancora?
Annuii
distratto ed
entrai nel salone, composto da un mobiletto di legno con un vaso di
fiori, un
vecchio divano verde scuro e un tavolino di vimini con diversi giornali
posti
sopra.
Jonathan
era seduto sul
divano e Amber gli sorrideva dolcemente. Mi dispiaceva molto per lei,
si vedeva
che era ancora molto innamorata di lui, purtroppo però il
sentimento non era
ricambiato anche se lui provava un profondo affetto per lei.
<<
Buongiorno
Amber, grazie per aver ospitato Bella in casa tua. >>
<<
Non si preoccupi
Signor Cullen, è stato un piacere. Bella è una
ragazza molto silenziosa e molto
educata. >>
Sorrisi
riconoscente e mi
scambiai una veloce occhiata con Jonathan.
<<
Suppongo che
debba aspettarti qui. >> mi disse con un sopracciglio
alzato.
Annuii
semplicemente e mi
diressi di nuovo fuori
il salone, passai per la cucina dove la madre di Amber era intenta a
tagliare
delle verdure sul tavolo e presi un piccolo corridoio dove
c’erano solo tre
stanze. Una era di Julia, una di Amber e la sorella maggiore, mentre
l’altra
era un bagno. Conoscevo bene la casa perché avevo aiutato
Jonathan a trovarla
per Amber e la sua famiglia.
Bussai
nella porta della
stanza dell’ex amante del mio migliore amico, dove
c’era di sicuro Bella. Non
ottenni alcuna risposta così aprii piano l’uscio e
guardai all’interno. Il
piccolo letto vicino al vecchio armadio in legno era perfettamente
fatto, le
tende erano sciolte quindi la stanza era in penombra. Infine vidi la
mia
cortigiana seduta su una sedia di fronte a uno specchio mentre con una
spazzola
cercava di sciogliere i nodi dei suoi capelli. Era posizionata
all’angolo con
la finestra e utilizzava un filo di luce che entrava.
Mi
avvicinai lento ma lei
non se ne accorse tanto era presa a sistemare i suoi capelli. Mi misi
di lato
per evitare che la mia immagine si riflettesse sullo specchio facendomi
scoprire. Ero silenzioso come un gatto grazie agli insegnamenti di mio
nonno e
mio padre circa la caccia. Quando fui abbastanza vicino alla mia
ossessione, le
catturai il polso che teneva la spazzola facendola spaventare.
<<
Tranquilla
piccola, sono io. >>
Lei
mi fulminò con lo
sguardo e fece per tirare via il polso dalla mia presa. Io presi la
spazzola
dalla sua mano e mi posizionai dietro di lei. Presi ad accarezzarle
piano i
capelli, partendo dal basso e sciogliendo i nodi. Di certo non si
occupava
molto dei suoi capelli ultimamente.
<<
Non serve che lo
facciate. >>
La
sua voce era incerta,
imbarazzata e nervosa al tempo stesso.
<<
Mi piace farlo.
>> tagliai corto, concentrandomi sui suoi capelli. Non
glieli volevo
rovinare, erano davvero molto belli e lunghi.
Per
qualche minuto
rimanemmo entrambi in silenzio, fin quando la sua voce mi
risvegliò di nuovo.
<<
Non è la prima
volta che lo fate. >> disse con tono ironico.
Sorrisi
tra me e poi la
guardai attraverso lo specchio.
<<
No. Non lo è.
>>
Non
dissi nient’altro ma
dalla sua espressione si notava che era curiosa. Tuttavia non disse
nulla,
probabilmente per non farmi notare il suo disappunto alle mie parole.
<<
Di solito gli
uomini non si curano di queste cose. >>
Ancora
una volta rimasi
in silenzio e trattenni un sorriso compiaciuto. Nonostante i suoi
sforzi era
curiosa di sapere a quale altra donna avessi pettinato i capelli. Io
finii con
calma il mio lavoro e quando i suoi capelli furono liberi dai nodi, mi
allungai
su di lei da dietro e riposi la spazzola nel piccolo mobiletto vicino.
<<
Un amica mi ha
insegnato. >> le sussurrai all’orecchio per poi
risollevarmi.
Era
la verità, Sophie fin
da quando era piccola mi costringeva letteralmente a pettinare i
capelli alle
sue bambole e poi direttamente a lei. Diceva che alle ragazze piaceva,
così per
me era diventata quasi routine, fin quando è diventata
troppo grande per queste
cose.
Riportai
la mia
attenzione a Bella che si era alzata e ora mi fronteggiava.
<<
Gli uomini come
voi non hanno amiche. >> disse sicura, facendomi inarcare
un
sopracciglio.
<<
Chi te le dice
queste cose? >>
<<
Nessuno. Ho
imparato che i nobili considerano le donne per un solo scopo.
>>
<<
Non è vero
Isabella. >>
<<
Perché mi
avreste aiutato e portato qui. Perché mi considerate vostra
amica forse?
>>
Allungai
le braccia e
l’attirai a me. I suoi occhi mi guardarono sorpresi ma non
fece nulla per
sottrarsi alla mia presa.
<<
Tu non potresti
mai essere un amica, perché quello che provo per te
è ben lontano da un
semplice sentimento di amicizia. >>
<<
La donna che vi
ha insegnato invece? Per lei non provate desiderio? >>
<<
Le tue domande
sono troppo impertinenti Bella. Tra l’altro non conosci
neppure Sophie, non
puoi parlare di lei e della nostra amicizia. >>
<<
Sophie? Un nome
da nobile. >>
<<
Un nome molto
bello. >> dissi subito per poi vederla mordersi un labbro.
Si
liberò dalla mia presa
e si diresse verso la finestra, scostando un lungo lembo della tenda.
<<
A proposito di
nomi, dovreste smetterla di chiamarmi Bella. >>
<<
Perché? >>
<<
Lo uso solo per
il mio lavoro. >>
Strinse
con forza un
lembo della tenda che aveva afferrato.
<<
Quindi non mi
consideri come un lavoro. >> dissi piano, avvicinandomi
di nuovo a lei.
Isabella
si voltò di
scatto e i nostri visi si ritrovarono subito a pochi millimetri di
distanza.
<<
Non capisco
ancora perché mi avete portato via dalla mia casa.
>>
<<
Quella non era
casa tua. >>
<<
Sì, invece.
Adesso non ho più nulla, per colpa vostra. >>
<<
Hai me. >>
dissi ponendo fine a quella discussione.
Mi
chinai velocemente su
di lei e posai le mie labbra sulle sue, baciandola con
intensità. Lei rispose
con il mio stesso ardore, quindi nonostante le sue parole anche lei
voleva
stare con me.
La presi tra le braccia e l’adagiai con poca grazia sul
letto. Il suo sguardo
era desideroso e confuso al tempo stesso.
<<
Da adesso sei
mia, bambolina. >>
************************************
Scusatemi,
non ho da dire
molto. La mia vita è veramente molto problematica e sono
alle prese con
decisioni difficili…
La
storia da qui prenderà
una piega diversa da quella che ha avuto fin ora! Questo,
più che altro è solo
un capitolo di passaggio.
Spero che ci sarete ancora…
Un
bacio a tutti.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo Cinque ***
L'amore
è
passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi, io ti dico:
buttati a capofitto, trova
qualcuno da amare alla
follia
e che ti ami alla stessa
maniera. Come trovarlo?
Beh, dimentica il cervello
e ascolta il tuo cuore.
"Vi presento Joe Black"
Capitolo
Cinque
<<
Avete fretta, Duca? >>
<<
Direi che ho aspettato già abbastanza.
>> sussurrai sulle sue labbra.
Mi
specchiai per un attimo nei suoi occhi, così
intensi e caldi e poi sprofondai sulle sue labbra. Mi gustai la
sensazione del
suo piccolo corpo così a stretto contatto con il mio. E con
le mani strinsi i
suoi fianchi. Un leggero gemito da parte sua mi fece accendere subito.
Non
avevo mai provato un attrazione così forte per una donna e
la cosa mi
sorprendeva non poco. Con una mano risalii sui suoi seni, piccoli ma
sodi, e ne
strinsi uno nella mano. Lei voltò il capo di lato sospirando
di piacere e io ne
approfittai per lasciarle una lunga scia di baci dal collo fino alla
mascella.
Sentii le sue mani stringere con forza i miei capelli e quando stavo
per
riappropriarmi delle sue labbra un forte bussare alla porta ci fece
trasalire
entrambi. Mi staccai dalla mia bellissima cortigiana e mi diressi alla
porta
non trattenendo un imprecazione.
<<
Molto nobile. >>
Lanciai
un occhiataccia ad Isabella che mi
aveva lanciato quella battuta ironica e nel frattempo si era seduta di
nuovo
composta sul letto.
Aprii
la porta e mi scontrai con gli occhi
divertiti di Jonathan e quelli mortificati di Amber.
<<
Non mi dire che ti ho disturbato!
>>
Io
feci buon viso a cattivo gioco e mi spostai
per farli entrare nella stanza.
<<
Infatti non è così. >>
Jonathan
mi schiacciò l’occhio e gli detti un
pugno su una spalla.
<<
Sul serio ragazzi mi dispiace se siamo
piombati qui così, ma ho da dirvi una cosa importante.
>>
Alle
parole di Jonathan, Amber si adombrò
ancora di più e raggiunse Isabella, sedendosi accanto a lei
e prendendole una
mano.
<<
Purtroppo non puoi restare qui e mi
dispiace molto per questo. >> disse Amber guardando
dispiaciuta Bella.
<<
Non preoccuparti, hai già fatto troppo
per me. >>
<<
Sapevamo di dover trovare un'altra
soluzione Edward e ne ho già trovata una! >>
Guardai
Jonathan curioso e lui mi raggiunse
mettendomi una mano sulla spalla.
<<
Potresti portare Isabella a Bosco
verde. >>
In
un attimo i miei occhi s’illuminarono.
Jonathan aveva ragione, come avevo fatto a non pensarci prima!
<<
Certo, bella idea Jonathan! >>
Lui
mi sorrise sinceramente e io guardai
Isabella con un sorriso.
<<
Ti porto in un posto sicuro, dove
nessuno ti disturberà. >>
Isabella
mi guardò confusa e Amber con un
sorriso, contenta del fatto che avessimo trovato una soluzione.
Lasciai
le due ragazze sole e uscii fuori con
Jonathan.
<<
Non riesco a capire come mai non ci ho
pensato prima. >>
<<
Beh è un posto segreto e solo nostro
Edward, ma se ci tieni così tanto a questa bella cortigiana
allora Bosco Verde
è il posto giusto. >>
<<
Grazie Jonathan. >>
<<
Nulla di che, amico. Piuttosto,
desidero chiederti… >>
<<
Non mi ha più detto nulla da allora.
>>
Bloccai
sul nascere la sua domanda ben sapendo
cosa mi voleva chiedere. La donna amata da Jonathan purtroppo non
ricambiava i
suoi sentimenti, almeno così voleva fargli credere
perché io pensavo che prima
o poi lei si sarebbe resa conto che i sentimenti che prova per lui non
erano
solo d’amicizia.
Una
sera lui le aveva dichiarato i suoi
sentimenti, ma quando aveva scoperto di Amber lei non aveva
più voluto sapere
nulla di lui e nemmeno io ero riuscito a cavarle qualcosa di bocca.
Ogni volta
che menzionavo Jonathan lei si arrabbiava moltissimo e io non volevo
mettere a
repentaglio la nostra amicizia anche se mi dispiaceva moltissimo per il
mio migliore
amico.
<<
Non so più cosa fare. La amo
tantissimo e non riesco in alcun modo a dimenticarla. >>
<<
Coraggio Jonathan, sono sicuro che le
cose cambieranno e in caso contrario troverai un'altra donna.
>>
<<
La fai troppo facile Edward. >>
Scosse
la testa tristemente e salì sul suo
cavallo.
<<
Il mio compito qui è finito. >>
Se
ne andò senza nemmeno salutarmi e lo
guardai andare via, con la morte nel cuore.
Sapevo che soffriva terribilmente ma non sapevo cos’altro
fare.
<<
Duca. >>
Sentii
la voce delicata di Isabella chiamarmi e
mi voltai verso di lei.
<<
Vieni piccola. >>
Allungai
una mano e lei la prese,
avvicinandosi. Incontrai
lo sguardo di
Amber, deluso quando capì che Jonathan se ne era andato.
Sospirai
di frustrazione. L’amore era un
sentimento troppo doloroso e io non avrei mai voluto rimanere stretto
alle sue
spire.
Salii
sul mio cavallo e aiutai Isabella a fare
lo stesso.
<<
Grazie di tutto Amber, non
dimenticherò ciò che tu e la tua famiglia avete
fatto per me. >>
<<
Per voi questo ed altro. Salutatemi
Jonathan appena lo vedete e ditegli che mi fa sempre piacere
incontrarlo.
>>
Annuii
e dopo aver dato un piccolo strattone ad
Aramis, partii alla volta di Bosco Verde. La strada sarebbe stata
lunga, poiché
era un posto piuttosto distante da Londra, ma non troppo.
Dopo circa quaranta minuti di viaggio in cui ci eravamo lasciati Londra
alle
spalle e avevamo percorso un tratto di bosco nelle periferie, mi fermai
vicino
ad un laghetto per rinfrescarci. Isabella scese prima di me, senza
nessun aiuto,
e si avvicinò lentamente al laghetto, chinandosi per
sciacquarsi le mani e il
viso. La raggiunsi poco tempo dopo, facendo lo stesso, per poi
ritrovarla
seduta su una grossa radice dell’imponente albero vicino.
<<
Sei stanca? >> le chiesi,
sedendomi accanto a lei.
<<
Non preoccupatevi, sto bene. >>
Abbassò
il viso e io le presi il mento tra due
dita e glielo sollevai.
<<
Cosa c’è Isabella? >>
<<
Stavo pensando ad Amber. E’ molto
innamorata del vostro amico. >>
Le
lasciai il mento e l’abbracciai, facendola appoggiare
a me.
<<
Lo so, piccola. Amber è stata la sua
amante per più di due anni, ma Jonathan ha sempre amato
un'altra donna.
>>
<<
E’ innamorato di Sophie? >>
L’allontanai
da me per poterla guardare negli
occhi.
<<
Come fai a saperlo? >>
<<
E’ un classico. Ho immaginato che
essendo tua amica doveva esserlo anche di Jonathan e ho tirato a
indovinare.
>>
Le
sorrisi e le baciai le labbra.
<<
Sei molto sveglia. >>
Lei
ricambio il sorriso e poi si stiracchiò
leggermente.
<<
Che posto è Bosco verde? >>
Quella
domanda provocò un vero e proprio
tumulto nel mio cuore. Erano passati molti anni da quando avevo
scoperto quel
posto.
<<
E’ una boscaglia, dove si trova una
piccola casa segreta che solo noi conosciamo. Quando io, Jonathan e
Sophie
eravamo bambini andavamo in giro per i boschi anche se Sophie non era
molto
felice di questo, così un giorno ci allontanammo un
po’ troppo e dato che era
scoppiato un temporale cercammo un rifugio. Eravamo più o
meno in queste
vicinanze quando vedemmo una vecchia casa che stava cadendo in pezzi.
Ci
passammo parte della notte, fin quando i nostri genitori non ci
trovarono,
spaventati che ci fosse successo qualcosa. Da allora decidemmo di
rimettere a
posto quella casa. Mio padre ci dette una mano, ma mia madre non ne
seppe mai
nulla. >>
<<
Come mai si chiama Bosco verde?
>> mi chiese con uno strano sguardo.
La
mia espressione s’indurì. Non volevo tornare
a quei ricordi. Non potevo, era troppo doloroso.
<<
Perché l’ambiente che circonda la casa
è pieno di alti alberi, innumerevoli fiori e un enorme prato
che si estende a
perdita d’occhio. >> mediai.
<<
Siete un bugiardo. >>
<<
Cosa? >> le chiesi, stupefatto.
<<
I vostri occhi mentono, Duca. >>
Sospirai
e la strinsi a me.
<<
A dire il vero c’è un altro motivo.
>>
<<
Cioè? >> mi chiese accigliata.
Perché
era così curiosa?
<<
Quella notte, mentre Jonathan e Sophie
era nella casa, uscii per cercare qualche rametto per poter fare un
fuoco,
anche se ero solo un bambino e non ci sarei riuscito. Poco lontano
dalla casa,
sotto la pioggia scrosciante c’era una bambina.
>>
Avrei
voluto chiudere lì il discorso ma Bella
non era della stessa idea.
<<
Una bambina? >>
Annuii
distrattamente mentre continuavo a
ricordare quei momenti. Era un ricordo che avevo sepolto nella mia
mente.
<<
Sì, quando provò a scappare la fermai
chiedendole chi fosse e cosa ci facesse lì. Sentimmo delle
voci. Erano quelle
dei miei genitori che mi cercavano. Avrei voluto portarla con me, era
sporca di
fango ma aveva un vestito lungo e ricamato, come tutte le bambine
nobili.
>>
Guardai
Isabella, ma lei fissava il laghetto
con sguardo assorto.
<<
Qualcosa non va? >> le domandai,
giocando con una ciocca dei suoi capelli.
<<
No, solo che questo nome non mi è
nuovo. >>
Inarcai
un sopracciglio ma poi feci spallucce e
le baciai il capo.
<<
Le dissi di venire con me e andare via
da quel bosco, ma lei rispose che era un posto bellissimo e che quando
non
pioveva era verde, come i miei occhi. >>
<<
Cosa è successo dopo? >>
<<
Isabella è meglio che andiamo.
>> tagliai corto.
La
sua espressione quasi accigliata cambiò non
appena si accorse che la stavo osservando. Si alzò con un
sorriso e io la
seguii.
<<
Non manca molto ormai. >> le
dissi rassicurante.
Ripartimmo
e dopo poco più di un quarto d’ora
arrivammo a destinazione. Sorrisi nel rivedere quel posto. Erano anni
che non
ci tornavo. Due grossi alberi secolari, messi uno di fronte
all’altro, univano
i loro rami nella parte più alta creando una specie di arco,
che conduceva ad
un prato immenso, costeggiato da fiori di ogni tipo, fin quando non si
giungeva
ad una casa in legno e mattoni.
<<
Eccoci a Bosco verde. >> dissi
scendendo da cavallo.
Lei
rimase ancora in groppa ad Aramis e io
tirai il cavallo dalle redini e lo portai dinnanzi alla casa. Mi
avvicinai a
Isabella e allungai le mani per farla scendere. Non mi
sfuggì l’ espressione
quasi stupefatta con la quale osservava
l’ambiente circostante.
<<
Tutto bene? >> le chiesi
curioso.
Lei
non appena si accorse del mio sguardo, si
portò una ciocca di capelli dietro le orecchie e
arrossì. Feci finta di nulla e
l’aiutai a scendere dal cavallo.
<<
Ti piace? >> chiesi ancora,
indicando la fitta vegetazione da cui eravamo circondati.
Lei
annuì e poi si diresse vero la piccola
costruzione. Dei lunghi rampicanti abbracciavano la struttura in legno
e alcune
piante di fiori erano sui davanzali delle finestre. Mi avvicinai per
aprire la
porta in legno, chiusa da una catena e un catenaccio e le feci cenno di
entrare
prima di me. Isabella, una volta dentro, si guardava intorno con
curiosità. Il
suo sguardo indugiò a lungo sul vecchio camino e i cuscini a
terra vicino ad
esso. Per il resto l’arredamento era molto semplice.
C’era la cucina, composta
da un tavolo e quattro sedie di legno che avevamo già
trovato in quella casa,
con un piccolo cucinino, una vetrinetta e la finestra che dava sul
retro della
casa. Poi c’era il bagno e il salone dove ci trovavamo. Tutto
il resto, ovvero
i cuscini, il divano e i fiori sui davanzali delle finestre erano stati
opera
di Sophie.
<<
E’ davvero un bel posto. >>
Isabella
si sedette sul divano e io la seguii.
<<
Puoi stare qui quanto vuoi. >>
<<
Mi sembra di essere un intrusa qui
dentro. E’ un posto che appartiene a te, Jonathan
e… Sophie. >>
Inarcai
un sopracciglio notando l’astio con cui
aveva pronunciato il nome della mia migliore amica.
<<
Te la farò conoscere presto e non
sarai mai un intrusa. Ti ci ho portato io! >>
Lei
mi sorrise. I nostri sguardi indugiarono a
lungo tra di loro e di nuovo quell’elettricità che
si era venuta a creare la
prima volta che l’avevo vista si fece sentire. Scivolai
più vicino a lei, sul
divano, e le accarezzai il viso con una mano. La osservai chiudere gli
occhi e
sospirare. Mi avvicinai alle sue labbra e cedetti alla tentazione di
assaggiarle. Quando successe mi abbandonai a un lieve gemito. La
strinsi a me
con foga improvvisa sentendo divampare il mio desiderio per lei, come
fuoco
vivo. Lentamente la spinsi indietro,
fino a quando non fummo semi distesi sul divano.
<<
Ti voglio Bella, fin dalla prima volta
che ho posato gli occhi su di te. >>
<<
Per favore, non chiamatemi così.
>> disse in un sussurro.
<<
Ah no? >>
Strofinai
il mio naso contro il suo, facendola
sorridere.
<<
No, Duca. >>
<<
Un giorno mi dirai il motivo, mia
bella cortigiana? >>
A
quelle parole si irrigidii e non sapevo se
era perché le avessi chiesto il motivo della sua reticenza
verso quel nome
oppure per come l’avevo definita.
<<
In effetti avete ragione. Chiamatemi
come volete. Infondo… >>
Mi
spinse lontano da lei e si alzò togliendosi
lentamente il vestito, rimanendo completamente nuda davanti a me.
Sgranai gli
occhi e cominciai quasi a boccheggiare. Un calore forte e improvviso
partì dal
mio inguine fino ad arrivarmi al cervello. La guardai stupito e
affascinato.
Dimenticai completamente ciò di cui stavamo parlando e
ignorando il suo sguardo
di sfida la presi e la trascinai sul tappeto pieno di cuscini. Le
portai le
braccia sopra la testa e la osservai affamato di desiderio. Con la mano
libera
le accarezzai la pelle d’albastro e percorsi quel corpo
magnifico. I seni erano
piccoli e sodi, il ventre piatto e le gambe snelle e aggraziate. Le
baciai il
collo e la spalla, le lasciai i polsi e le strinsi i fianchi con
entrambe le
mani. Le sue andarono a finire tra i miei capelli e li tirarono quel
tanto che
bastava per sollevare la testa e guardarla.
<<
E’ questo che volete da me, Duca. Cosa
aspettate? >>
Non
sapevo se le sue parole avevano un doppio
fine, perché ero troppo accecato dall’eccitazione
per farci caso.
Ciò
che avevo aspettato a lungo ora sarebbe
stato soddisfatto e in quel momento era l’unica cosa che
volevo. Mi tolsi i
vestiti velocemente e continuai ad accarezzare la mia seducente
cortigiana. Mi
piacevano i suoi gemiti e i suoi sospiri. Quando le sollevai i fianchi
e la
feci mia, non potei trattenermi dal lasciare un lungo e roco gemito.
<<
Mi farai morire, Isabella. >>
Lei
sorrise appena e piantò le unghia sulle mie
spalle quando i miei movimenti divennero sempre più
passionali. Le sensazioni
che stavo provando in quel momento non le avevo mai provate. Il suo
corpo
morbido mi faceva fremere e il suo odore paradisiaco mi dava alla testa.
Non
mi sarei mai stancato di averla e non avrei
permesso a nessuno di portarmela via.
***********************
Sono
tornata! Spero che questo capitolo vi
piaccia. Da adesso comincia la vera e propria storia, che tra alti e
bassi
vedrà i nostri protagonisti coinvolti in varie e tante
vicende! State attenti a
ciò che ha detto Edward su Bosco verde, perché
questo luogo è davvero
importante!
Un'altra
cosa importante, io ho messo il rating
arancione però se vi sembra che le scene d’amore
tra Edward e Bella necessitano
un rating più alto, ditemelo pure senza problemi!
Un
ringraziamento speciale a Light per il
bellissimo banner e a prudence_78 a cui dedico questo capitolo, per
ringraziarla del suo affetto e del suo supporto! Grazie tesoro!
Fatemi
sapere cosa ne pensate!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo Sei ***
Il
tempo non conta per il
cuore.
Si può amare anche stando lontani e quell’amore,
se è vero e puro, non morirà neanche fra mille
anni.
(Romano Battaglia)
Capitolo
Sei
Era
ancora presto,
ma seduto su un vecchio tronco sistemavo la legna per poter accendere
il fuoco.
I ricordi della notte prima mi occupavano la mente e non riuscivo a
smettere di
sorridere. Isabella era una ragazza stupenda. Il pensiero che
però fosse stata
di molti altri uomini era come una spina nel fianco. Sospirai e mi
decisi ad
alzarmi per portare dentro la legna da ardere. Passando per il piccolo
salotto
la vidi dormire placidamente tra i cuscini del tappeto. Eravamo rimasti
lì a
lungo, fin quando non ci eravamo addormentati. Cercando di fare meno
rumore
possibile accesi il fuoco e poi mi inginocchiai davanti a lei. Sembrava
un
angelo, con i lineamenti del viso rilassati e i capelli scuri e mossi,
sparsi
tra i cuscini. Mi chinai per baciarle il viso e anche se il mio intento
non era
svegliarla, fu quello il risultato che ottenni. Aprì gli
occhi lentamente e si
stiracchiò come un gatto, facendomi inghiottire un paio di
volte a vuoto. Si
guardò per qualche attimo attorno, spaesata, e poi
puntò i suoi bellissimi
occhi su di me. Quando ritornò alla realtà mi
sorrise appena e come se si
vergognasse nascose il viso dietro un cuscino. Sorrisi di quel suo
atteggiamento. Sapeva essere una donna estremamente sensuale, ma aveva
anche la
timidezza di una bambina.
<<
Buongiorno piccola. >>
<<
Buongiorno Duca. >>
La
sua voce mi
arrivò ovattata dal tessuto dietro cui si era nascosta.
Spostai il cuscino e le
accarezzai il viso con una mano.
<<
Sei
timida stamattina? >>
Lei
mi osservò con
disappunto e si sollevò, tenendosi stretta al petto la
coperta. Con un sorriso
allungai una mano per cercare di togliergliela, ma lei mi diede uno
schiaffetto
sul dorso.
<<
Duca,
state buono. >>
<<
Con te
accanto? >> le sussurrai in un orecchio.
Lei
sospirò e
voltò il viso dalla parte opposta alla mia. Le afferrai il
mento con due dita e
facendole voltare di nuovo il viso la baciai. Intensi brividi mi
percorsero la
schiena a quel contatto.
<<
Sei
bellissima. >>
Lei
mi guardò
senza dire nulla. Di certo era abituata a sentirselo dire. A quel
pensiero
sospirai e mi alzai per controllare il camino. Sistemai la legna con
l’apposito
strumento e mi sollevai le maniche della camicia sui gomiti, dato che
cominciava a fare caldo. Quando mi voltai di nuovo lei si era
già vestita e si
guardava intorno non sapendo cosa fare.
<<
Isabella,
io devo tornare a casa. >>
<<
E io?
>> mi domandò con incertezza.
<<
Tu
rimarrai qui. >> le dissi avvicinandomi.
<<
Da sola?
>> chiese ancora e io la guardai curioso.
<<
E con
chi? >>
<<
Beh,
questo è un posto piuttosto distante dalla città,
perciò… >>
In
effetti aveva
ragione, a questo non avevo pensato. Avrei potuto darle un cavallo dei
miei, ma
non mi fidavo a lasciarla uscire da sola, in mezzo al bosco. Senza
contare che
in mia assenza avrebbe potuto aver bisogno di qualcosa o addirittura
stare
male, senza nessuno che la potesse aiutare.
La
osservai
pensieroso, cercando di trovare una soluzione.
<<
Ascoltami, questa è solo una situazione temporanea. Ti
troverò una sistemazione
in città. Nel frattempo ti porterò qui una
governante per aiutarti e farti
compagnia. >>
Pensai
subito a
Leah e Jacob, una coppia di ragazzi che viveva vicino la tenuta dei
miei
genitori. Lui aiutava spesso il giardiniere della casa e la moglie
invece stava
nelle cucine. Tra l’altro Jacob possedeva un cavallo e poteva
venire da me se
ce ne fosse stato bisogno.
<<
Duca, la
mia presenza è un disturbo per voi. >>
Le
sue parole mi
distrassero dai miei ragionamenti.
<<
Ne
abbiamo già discusso, mi sembra. >>
<<
Non
capisco. Perché non mi avete portato via da Tanya, se ci
sono tutti questi
problemi? Io non sono abituata a una situazione del genere.
>>
<<
Certo sei
abituata a fare la puttana nei locali. >>
dissi con disprezzo.
Me
ne pentii quasi
subito, però, nel vedere i suoi occhi sgranarsi.
<<
Non è
stata una mia scelta, voi non sapete cosa ho dovuto sopportare!
>> gridò,
per poi voltarmi le spalle.
Mi
avvicinai a lei
con rabbia e la feci voltare.
<<
Non
alzare la voce con me, hai capito? >>
Lei
non disse
nulla, ma si divincolò con forza e io la lasciai.
<<
Isabella
vuoi che ti riporti da quella maledetta megera? >>
domandai abbassando il
tono di voce.
Non
l’avrei
lasciata andare neppure se mi avesse risposto di sì, ma
avevo bisogno di
capire. Lei non disse nulla per qualche minuto.
<<
No.
>> rispose alla fine.
<<
Bene,
allora stai qui buona e tranquilla. Non so quando tornerò ma
presto arriveranno
delle persone che staranno con te. >>
Le
passai accanto
e presi la giacca. I nostri sguardi s’incontrarono e dopo
qualche attimo di
silenzio la afferrai per la vita con entrambe le braccia e la baciai
con
trasporto.
<<
Non ti
lascerò andare via da me, Isabella. >>
Con
queste ultime
parole me ne andai, per fare ritorno a casa mia. Una volta arrivato,
consegnai
il mio cavallo allo stalliere ed entrai in casa. Subito delle
domestiche mi si
avvicinarono ma le allontanai con un gesto secco della mano. Stavo
salendo le
scale che conducevano al piano superiore, quando la voce di mio padre
mi chiamò
dall’ingresso.
<< Edward! Ti
aspettavo, puoi seguirmi
nel mio studio? >>
<<
Sì.
>> risposi titubante.
Una
volta entrati,
mi chiusi la porta alle spalle e mi sedetti su una poltrona. Carlisle
mi si
mise davanti e mi sorrise appena.
<<
Edward,
so che non vuoi sentirtelo dire ma sono preoccupato per te. Non sembra
minimamente
che tu abbia preso in considerazione l’idea di sposarti. Alla
tua età io già lo
ero. >>
Stavo
per parlare
ma lui mi interruppe con lo sguardo.
<<
Sai che
tuo fratello Emmett è riuscito a chiedere la mano di Rosalie
Hale? >>
Sgranai
gli occhi
e lo guardai sorpreso.
<<
In questi
giorni in cui tu sei stato quasi sempre fuori casa, lui è
riuscito ad ottenere
un paio di appuntamenti con la marchesa e ieri sera è
riuscito a chiedere la
sua mano al padre, che ha naturalmente accettato. Alice invece si
è fidanzata
ufficilamente con Jasper, il fratello di Rosalie ma dato che a breve ci
sarà il
matrimonio della sorella i Conti Hale non possono affrontare altre
spese e
anche se gli ho offerto il mio aiuto preferiscono aspettare qualche
mese.
>>
Ero
davvero
stupito. Sapevo che sia Emmett che Alice desideravano i fratelli Hale
ma non
pensavo che fossero già arrivati a questo punto.
<<
Ma la
cosa interessante sai qual è? >>
<<
Che loro
sono più piccoli di me. >> risposi per lui.
<<
Esatto
figliolo. Ascolta, sai quanto io e tua madre ti vogliamo bene, ma qui
c’è in
gioco anche un fatto di proprietà. Sebbene io mi sia
organizzato per dare ad
ognuno di voi un terreno, gli Hale mi stanno facendo delle pressioni
dato che
entrambi i loro figli sono impegnati con i miei. Capisci cosa intendo,
Edward?
>>
Sospirai
e mi
alzai dalla poltrona. Sapevo benissimo cosa intendeva. Sebbene io
avessi
diritto ad una proprietà era tradizione che mio padre
dovesse dare qualcosa in
più, specialmente per la dote di Alice.
<<
Io
purtroppo non posso rifiutare ancora a lungo le velate proposte del
conte.
Dividendo a voi tre le terre, la dote di tua sorella non risulta poi
molto e mi
vedrò costretto a toglierti la tua proprietà se
non ti sposi al più presto.
>>
<<
Ma questo
non è giusto, padre. >>
<<
Sì che lo
è Edward. Consideralo il mio modo per velocizzare la tua
vita. I tuoi fratelli
stanno facendo passi da gigante e non posso sempre tenerti al sicuro in
un
angolo, lo capisci? >>
Annuii
lentamente.
Non aveva torto, dovevo fare qualcosa e sposarmi al più
presto. Il pensiero di
Bella mi passò per la mente ma era ovvio che non
l’amavo seppur la desiderassi
e non poteva diventare mia moglie.
<<
Quindi ho
invitato qui Sophie stasera e pretendo che tu non vada via per nessuna
ragione.
>>
Mi
voltai di
scatto verso mio padre e lo guardai impietrito.
<<
Mi
sembrava di essere stato chiaro. Non sposerò la mia migliore
amica. >>
Mio
padre mi si
avvicinò e mi poggiò la mano sulla spalla.
<<
Eward io
e te dobbiamo parlare un po’ di questa cosa, va bene?
>>
<<
Che
intendi? >>
<<
Credevo
che da uomo lo capissi da solo ma a quanto pare te lo devo spiegare io.
>>
Con
lo sguardo lo
esortai a continuare e lui mi dette una pacca sulla spalla prima di
riprendere
il suo discorso.
<<
Quando
sposai tua madre non l’amavo, ma ci sposammo per un debito
contratto dal padre
di Esme. Mio padre lo mise alle strette chiedendogli di darmi in moglie
sua
figlia perché così lui avrebbe pagato il suo
debito. Io amavo un'altra donna e
mi dovetti sposare invece con tua madre. >>
Rimasi
di stucco e
non dissi una parola lasciando che continuasse. Lo vidi raggiungere la
libreria
e sfiorare dei tomi.
<<
Non feci
storie, sai con mio padre non c’era possibilità di
discutere. Dovetti lasciare
la donna che amavo e andare in america. >>
<<
Come? Ma non
sei americano? >>
<<
Secondo
te perché siamo venuti proprio a Londra? Io sono nato qui,
tua madre pure ma
non riuscivo a vivere all’idea di avere vicino la donna che
amavo e che non
potevo avere, così decisi di andare via fin quando non mi
arrivò la notizia che
Lily era morta. >>
<<
Mi
dispiace molto. >> riuscì solo a sussurrare.
Lui
si distrasse
dai suoi pensieri e mi sorrise freddamente.
<<
In questi
lunghi anni ero convinto di averla dimenticata. Ho imparato ad amare ed
apprezzare tua madre che, come sai bene, è una donna
fantastica. Però quando mi
arrivò quella notizia fu come se il mondo mi stesse cadendo
addosso. In qualche
angolo della mia mente la pensavo spesso però ero convinto
che lei si fosse
rifatta una vita e invece scoprì da una nostra amica comune
che lei era rimasta
sola a vita e si era fatta suora. Non voleva più nessun uomo
e ha sofferto fino
alla morte. >>
Ero
davvero senza
parole. Carlisle era sempre stato un ottimo padre per me e mi
dispiaceva che
aveva sofferto così tanto.
<<
Io non avrei
mai voluto che tu facessi la mia stessa fine. Per fortuna non sei
innamorato di
nessuna donna che non puoi sposare, giusto? >>
Per
un attimo non
risposi e quando incontrai lo sguardo indagatore di mio padre mi
affrettai a
risondere.
<<
No, non
sono innamorato, padre. >>
La
sua espressione
si rilassò e venne di nuovo verso di me.
<<
Sei molto
fortunato, allora. Ciò che ti voglio dire è che
talvolta la donna che si sposa
non è quella che sia ama. Purtroppo la vita è
così e bisogna fare ciò che è
giusto anche se alle volte ci fa soffrire. >>
<<
Cosa c’entra
Sophie? >>
<<
Non
essere stupido, figliolo. Sophie è innamorata di te, non
dirmi che non te ne
eri accorto. >>
Di
nuovo non
risposi. Immaginavo una cosa del genere ma mi ero sempre imposto di
ignorare
questa questione.
<<
E’ una
donna molto bella e ricca. Un ottimo partito insomma e ne tu ne io
possiamo
rifiutare. >>
<<
Rifiutare? >>
<<
Il padre
di Sophie mi ha chiesto se tu eri disponibile a sposarla. Un uomo molto
più
grande di lei ha già fatto una proposta e il padre vuole
farla sposare al più
presto. Anche lui però è a conoscenza della
vostra amicizia e sa che la figlia
preferirebbe te. >>
Chiusi
gli occhi e
sospirai pesantemente. Cosa dovevo fare? Volevo molto bene Sophie ma
non ero
intenzionato a sposarla.
<<
Duca ci
sono i marchesi Dubheron che vi attendono. >>
Cosa?
Sophie era
qui?
<<
Padre
devo decidere in questo momento? >>
Lui
sospirò.
<<
Cercherò
di prendere un po’ di tempo con il marchese ma devi pensarci
seriamente. Non mi
aspetto da te un'altra delusione, Edward. >>
Anuuii
lentamente
e insieme scendemmo. Non sapevo cosa fare ed ero nervoso, fin quando
non
incontrai due occhi azzurri familiari e dolci.
<<
Edward!
>>
Sophie
corse da me
e mi gettò le braccia al collo. Ricambiai il suo abbraccio
con un sorriso e non
potei non notare mia madre e quella di Sophie guardarci con occhi
sognanti.
<<
Sophie
non ci vediamo da un giorno e ti sono mancato così tanto?
>> le sussurrai
nell’orecchio.
Lei
mi strinse più
forte e mi baciò una guancia.
<<
Mi manchi
sempre. >>
L’allontanai
un po’
e fissai quegli occhi che per la prima volta capì essere innamorati. Avrei
dovuto sposarla? Le
volevo bene, magari con il tempo l’avrei amata. E Bella? Lei
non era innamorata
di me ma non poteva rimanere la mia amante? In fondo quanti mariti lo
facevano?
Potevo fare questo a Sophie se l’avessi sposata? Gli detti in
colpetto sul naso
e la portai fuori.
<<
Edward ho
visto che sei sceso con tuo padre. Ti ha per caso parlato della
proposta di mio
padre? >>
<<
Sì
>> dissi soltanto, mettedomi una mano in tasca.
<<
E cosa ne
pensi? >>
Mi
fermai e lei
con me.
<<
Sophie perché
vorresti diventare mia moglie? >>
<<
Lo sai.
>> disse con voce così bassa che a mala pena
la udii.
<<
Non so
cosa dire lo sai che lui… >>
<<
Non
parlarmi di Jonathan. >>
<<
Tu lo ami
Sophie. Io sono solo un ripiego, tu pensi di essere innamorata di me ma
non è
così. >>
<<
Se non mi
vuoi dillo Edward, ma non offendermi. La mia relazione con Jonathan
è finita
quando lui mi ha tradito con quella sgualdrina. >>
Sudai
freddo a
quelle parole.
<<
Non è
vero è stata la sua amante per una notte, quando era ubriaco
e tu non sei
riuscita a perdonarlo. >>
<<
Certo,
infatti quando l’ho lasciato si è messo
definitivamente con lei. >>
<<
No, non l’ha
mai amata. >>
<<
Non
difenderlo! Poi mi sono resa conto di essermi sbagliata. Era lui un
ripiego,
capisci? Io ho sempre amato te e lo sai bene. >>
<<
Ti voglio
bene Sophie, ma non ti amo. >>
A
quelle parole i
suoi occhi si riempirono di lacrime e io mi maledii per essere stato
così
diretto.
<<
Lo dici
solo perché non vuoi ferire Jonathan. Anche tu provi
qualcosa per me. >>
Si
avvicinò e mi
sfiorò le labba con un bacio. Il suo profumo era dolce e
sapeva di zucchero, ma
il pensiero di Bella mi fece allontanare da lei di scatto.
<<
Lasciami
pensare Sophie. Non è giusto sposarti senza amore e poi non
farei mai una cosa
del genere al mio migliore amico. >>
<<
Ecco hai
visto? E’ solo per questo, ma io non lo amerò mai!
>>
Ero
confuso e davvero
convinto che in fondo al suo cuore ci fosse Jonathan e non io.
<<
Ti prego
Sophie ci devo pensare. >>
<<
Vuoi fare
anche tu ciò che ha fatto Jonathan? Vuoi sposare la tua
amante? >>
<<
Non
parlare di Isabella. >>
Per
la prima volta
la guardai quasi con astio.
<<
Si chiama
Isabella quindi. Bene, capirai che sono io ciò che desideri
e non quella
miserabile. >>
Non
avevo mai
sentito Sophie parlare in questo modo e me ne stupì non
poco. Andò via
lasciandomi lì da solo e io mi affrettai ad andare da Leah e
Jacob prima di non
potermi più muovere da casa. Raggiunsi la loro abitazione a
piedi e nel
frattempo continuai a pensare alle parole di Sophie e mio padre. In
pratica ero
quasi costretto a sposarla ma cosa ne sarebbe stato di Bella? Io non
volevo
perderla per nessun motivo al mondo, a costo che rimanesse per sempre
la mia
amante. Jonathan invece avrebbe capito?
Bussai
alla porta
della vecchia casa in legno dei Black e venne Leah ad aprirmi.
<<
Oh Duca,
che bella sopresa. E’ successo qualcosa di grave?
>>
<<
No Leah,
posso entrare? >>
<<
Certo.
>>
Mi
fece passare ed
io entrai in quella piccola casa accogliente. Mi sedetti su una sedia
di paglia
e attesi che Leah mi raggiungesse.
<<
Mi
perdoni Duca, vado a chiamare mio marito che è sul retro
della casa. >>
<<
Fai pure,
aspetto qui. >>
Isabella…
chissà
cosa stava facendo in quel momento. Sospirai ancora una volta. Diverse
e
contrastanti emozioni mi scuotevano l’animo. Il desiderio per
lei e la
necessità di non deludere mio padre se tra l’altro
non volevo diventare povero,
senza un eredità. In ogni caso anche se non mi avesse
privato della mia
proprietà non potevo fargli una cosa simile dopo che mi
aveva adottato e
cresciuto come un figlio. Cosa dovevo fare? Me lo chiesi ancora una
volta ma
non sapevo darmi risposta. D’un tratto tutto si era
complicato nella mia vita.
<<
Duca.
>>
Mi
voltai verso
Jacob che sorridendo si sedette accanto a me.
<<
Ciao
Jacob, come stai? >>
<<
Bene,
grazie Signore. >>
<<
Ti starai
chiedendo il motivo della mia visita. >>
Lui
annuì e la
moglie rimase in piedi accanto a lui.
<<
In realtà
è più un favore. >>
<<
Per voi
sempre tutto, signor Cullen >>
<<
Sei molto
gentile Leah, però ho bisogno davvero del vostro aiuto e
della vostra
riservatezza. >>
A
quelle parole
entrambi mi guardarono dubbiosi.
<<
Per un
breve periodo di tempo dovreste trasferirvi in un'altra abitazione, per
far
compagnia a… un’ amica. >>
<<
Un’ amica,
Duca? >>
<<
Sì Leah,
ha bisogno di aiuto. Si trova in una piccola casa a parecchi chilometri
da qui
e non mi fido a lasciarla da sola. >>
<<
Povera
ragazza. >>
<<
Vuole che
andiamo subito? >>
<<
Lo
speravo Jacob. >>
<<
Leah
prepara le valigie e ciò che è necessario.
>>
La
moglie si mise
subito a lavoro e io mi alzai per uscire da casa con Jacob.
<<
Grazie
Jacob, non lo dimenticherò mai questo. >>
<<
Non si
preoccupi signor Cullen, lei ci ha salvato da morte certa, questo
è davvero
niente per noi. >>
Gli
sorrisi e gli
detti una leggera pacca sulla spalla. Avevo concosciuto Jacob e sua
moglie al
mercato. Vendevano quei pochi ortaggi che avevano nel giardino di una
catapecchia e dopo aver scambiato qualche parola li avevo portati in
questa
piccola casa vicino la tenuta di mio padre. Non me ne ero mai pentito.
Erano
entrambi dei gran lavoratori ma soprattutto gente onesta. Ritornai in
casa
anche se avrei voluto andare dalla mia Bella e trovai Sophie che
guardava
pensierosa fuori la finestra della biblioteca.
<<
Scusami
per quello che ho detto prima Edward. >>
Non
si era neppure
voltata ma mi conosceva talmente bene da sapere che ero io. Mi
avvicinai a lei
e le cinsi la vita con le braccia. Lei si appoggiò al mio
petto e sospirò.
<<
Cosa
pensi di fare? >>
<<
Non lo so
Sophie. Non lo so. >> dissi con la bocca premuta sui suoi
capelli biondi.
Ed
era vero, non
sapevo cosa fare. Volevo molto bene a Sophie, per certi versi ero
attratto da lei
come un uomo lo è verso una bella donna ma non riuscivo ad
immaginare un futuro
insieme a lei. L’immagine di una ragazza dagli occhi e dai
capelli scuri fece
capolino nella mia mente e strinsi di più Sophie tra le mie
braccia. Sembrava
che non avevo scelta ma alla fine cosa avrei fatto davvero? Avevo un
po’ di
tempo a disposizione ma sapevo di dover trovare una soluzione e non
sarebbe
stato facile.
**********************
Ciao
a tutti,
eccomi qui seppur in grosso ritardo. Il capitolo è lunghetto
ma ho preferito
lasciarlo così. Vi avevo detto di tenere Sophie
d’occhio e le sorprese non sono
finite così. Cosa ne pensate? Deve sposare Sophie? E Bella?
=) Sono curiosa di
sapere cosa ne pensate. Scusate se trovate piccoli errori ma ho riletto
solo
una volta perché purtroppo non ho il tempo e se avessi
rimandato la
pubblicazione chissà quanto ancora mi sarei trascinata
quest’aggiornamento e
direi che sono già abbastanza in ritardo! Grazie a tutti
quelli che seguono
questa storia. Mi raccomando sapete che senza di voi non posso andare
avanti!
Un bacio a tutti!
Stella
Del Sud…
|
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Capitolo 8 *** Capitolo Sette ***
“
Qualunque cosa distrugga la
libertà non è amore.
Deve trattarsi di altro, perché amore e libertà
vanno a braccetto, sono due ali
dello stesso gabbiano. “
( Osho )
Capitolo
sette
Erano
passate un
paio di settimane dove le visite dei Marchesi Dubheron erano state
parecchio
frequenti. Sophie non disse più nulla di esplicito riguardo
a questo matrimonio
ma alle volte la sorprendevo triste e pensierosa, soprattutto quando
non era
con me. Io evitavo tutte le occhiate e le battute di mio padre,
cercando
confonto in mia madre, come un bambino piccolo. Lei era
l’unica che aveva
compreso davvero il mio stato d’animo ma sapevo che non
poteva fare nulla
contro le decisioni di mio padre. Ero diviso tra i miei doveri e i miei
desideri. In questa situazione il mio vero ed unico conforto era la mia
dolce
Bella. Si era ambientata bene con Leah e Jacob, che le si erano subito
affezzionati. Tuttavia, era stato poco il tempo che ci eravamo concessi
insieme
e questo mi rendeva nervoso e frustrato.
<<
Edward?
>>
Alzai
lo sguardo
dal mio boccale di birra e incontrai lo sguardo curioso di Jonathan,
che avevo
visto pochissime volte in quei giorni.
<<
Cosa ci
fai qui da solo? Potevi chiamarmi! >>
Sorrisi
debolmente
e gli feci cenno di sedersi.
<<
No, sei
troppo giù, cosa ti succede? So io quello che ti ci vuole!
>>
Non
avevo avuto il
coraggio di dirgli di Sophie. Lui la amava e mi avrebbe odiato se io
avessi
accettato di sposare la donna che amava.
<<
Non ho
nulla, Jonathan. >>
<<
Senti,
adesso tu ti alzi e andiamo al Morhana. >>
Scossi
la testa
lentamente. Non avevo intenzione di andare in quel locale, non quella
sera. Ero
stanco, senza contare che da quando Bella era entrata nella mia vita
non avevo
più frequentato quel posto dove, quando non incontravo
Janet, stavo con una
donna diversa ogni volta.
<<
Quella
ragazzina ti fa un brutto effetto. Mica la ami no? >>
Mi
alzai e gli
detti una pacca sulla spalla.
<<
Non mi
và. >>
<<
Non ti
credo, amico. Andiamo. >>
Mi
trascinò fuori
e forse per il mio senso di colpa nei suoi confronti lo
seguì. Il locale era a
poca distanza ma mi ripromisi che me ne sarei andato presto.
<<
Mi
ringrazierai, Edward. Anzi guarda lì in fondo.
>>
Incontrai
due
occhi neri come la pece guardarmi sorpresi. Per un attimo restai
perplesso a
guardare quella donna che mi veniva incontro con un sorriso. Non potei
fare a
meno di guardare i suoi seni prosperosi stretti in un vestito molto
elegante.
<<
Edward
tesoro ma dov’ eri finito? >>
Janet
mi accarezzò
il viso e mi diede un veloce bacio sulle labbra.
<<
Mi sei
mancato molto. >> sussurrò sulle mie labbra
prima di allonatarsi.
Le
sorrisi e
scossi il capo, sapendo che non sarei uscito tanto presto dal Morhana
se c’era
Janet.
<<
Anche tu.
>>
Ed
era vero. Nonostante
mi fossi sempre lamentato del fatto che mi volesse sempre con
sé, nelle notti
che passavo con lei, oltre a stare insieme parlavamo molto. Era una
donna
intelligente che nonostante tutto aveva sofferto ed era costretta a
vivere con
un uomo che spesso usava anche le mani su di lei, perché
troppo ubriaco. Quando
potevo l’aiutavo ma non potevo sempre essere presente. Era una donna
affascinante, matura e mi sarebbe
di certo piaciuta se non avesse avuto quel lato frivolo che non
riuscivo alle
volte a sopportare.
<<
Mi fai
compagnia stasera? Dobbiamo recuperare tanto tempo. >>
<<
Solo per
un po’, Janet. >>
<<
Che ti
succede? >>
<<
Anche tu
mi domandi questo? >>
La
presi
delicatamente per un braccio e la feci sedere con me in un piccolo
divanetto.
Jonathan si era già dileguato e di questo ne ero contento.
Non riuscivo più a
stare con lui senza stare male.
<<
Chi
altri? C’è forse una donna nella tua vita?
>>
Il
suo tono mi
sembrò triste, molto simile a quello di Sophie.
<<
No, solo
pensieri. >>
Nessuno
sapeva di
Bella tranne il mio migliore amico e la famiglia Black e per il momento
volevo
che tutto rimasse tale.
<<
In
effetti mi sembra strano che tu sia innamorato >>
Le
sorrisi
semplicemente e lei si avvicinò a me fino a toccare le mie
gambe con le sue.
Bevemmo e parlammo per diverse ore. Janet mi toccava spesso, sul
braccio, sul
viso, sul ginocchio cercando di tentarmi, ma io mi ero sempre in
qualche modo
allontanato. Non sapevo neppure io perché, infondo
l’impegno che avevo con
Bella era molto chiaro. Non eravamo una coppia e io di certo non ero
pronto a
prendermi quella responsabilità altrimenti mi sarei
già sposato, facendo
contento mio padre.
<<
Ci hai
pensato a me in questo periodo? Non ti sono mancata? >>
Appoggiò
il viso
sulla mia spalla e io la guardai. Le sue labbra divennero un richiamo e
io mi
ritrovai solo a sfiorarle. L’alcool era in circolo nel mio
corpo e sebbene
pensassi a Bella mi trovavo in uno stato di abbandono familiare.
<<
Devo
andare. >> dissi asciutto, alzandomi da quel divanetto,
barcollante.
Vidi
l’espressione
delusa di Janet e con un ultima occhiata e una carezza sul viso andai
via da
quel locale. L’aria fredda della sera sembrò
svegliarmi per qualche attimo. Il
viso di Isabella mi tormentava la mente così presi il mio
cavallo, che era rimasto
nei pressi del bar in cui mi trovavo quando avevo incontrato Jonathan e
andai
dalla mia cortigiana. Dovetti fermarmi molte volte per via della
confusione e
della stanchezza ma conoscevo talmente bene la strada che anche con
quel buio
profondo riuscii a trovare Bosco Verde. Quasi scivolai dal cavallo,
mentre
scendevo e mi liberai i primi bottoni della camicia mentre bussavo alla
porta
della piccola casa. Mi venne ad aprire una dea dai capelli e gli occhi
scuri,
così simili e diversi da quelli di Janet, mi ritrovai a
pensare, che erano
quasi volgari in confronto ai suoi, dolci.
<<
Duca?
>>
Isabella
si
strinse la camicia da notte bianca addosso, facendomi morire di
desiderio
nell’osservare le sue forme sensuali.
<<
Leah e
Jacob? >> dissi in un barlume di lucidità. Non
ci avevo neppure pensato
prima di adesso.
<<
Sono
andati via perché avevano da fare con il raccolto, tornano
domani mattina.
>>
Tra
poche ore
quindi, dato che era notte fonda. Non aspettai altro e mi avventai su
di lei.
Indietreggiammo fino a finire contro la parete di legno a fianco. La
sbattei
contro il muro forse con troppa forza e le baciai il collo con
desiderio.
<<
Edward,
ma cosa… >>
<<
Shh
>> le sussurrai all’orecchio ma lei
cercò di divincolarsi dalla mia
stretta e grazie anche al mio stato ci riuscì in parte.
<<
Duca
siete ubriaco. >> mi disse con voce dura e io ridacchiai.
<<
Ottima
osservazione bambolina, quindi? >>
Le
sorrisi
sbilenco mentre lei mi guardava confusa. Persi però la
pazienza, la desideravo
e basta. Non volevo da lei resistenze, infondo era lì per
questo no? Per stare
con me senza discutere.
<<
Ora basta
Isabella. >>
La
presi in
braccio e la portai nell’unica stanza della casa che per ora
era la sua, ma era
sempre stata il mio angolo segreto dove ne Sophie ne Jonathan avevano
accesso.
<<
Avete
ragione >> disse mentre si portava sopra di me. Mi
sbottonò e tolse del
tutto la camicia e cominciò a baciarmi il petto, scendendo
sempre di più.
<<
E’ questo
quello che mi aspetto da te. >>
Parole
così
esplicite non gliele avevo mai dette. Sapeva benissimo di essere solo
un amante
ma non ne avevamo mai discusso con estrema chiarezza, ne messo a punto
le
nostre posizioni. In quel momento però il cervello era
completamente
disattivato e l’unico che manteneva il comando era il mio
corpo. Ero troppo
impaziente per attendere oltre così la portai sotto di me e
dopo averle stretto
i polsi con una mano sola e averli portati sopra la sua testa, la feci
mia. Era
lei l’unica donna che desideravo in quel momento e nessuna
avrebbe potuto
prendere il suo posto. Ero drogato dai suoi gemiti e dal calore del suo
corpo,
di cui non avrei mai potuto farne a meno. Crollai su di lei, senza
più forze e
mi addormentai così, sul suo seno, cullato da una strana
sensazione che non
aveva nulla a che vedere con quella sorta di vuoto che avvertivo alla
fine di
ogni rapporto avvenuto con donne qualunque.
A
svegliarmi,
poche ore dopo furono i raggi del sole e vari rumori che non riuscivo
ad
indentificare. Mi sollevai, stropicciandomi gli occhi. Mi massaggiai la
fronte
con una mano mentre mi resi conto di avere un tremendo mal di testa.
Dov’ ero?
Mi guardai intorno e solo dopo qualche minuto riuscì a
rimettere a posto i
pezzi della notte prima. Chiusi gli occhi e mi ributtai sul letto,
sospirando
stancamente. Bella non era accanto a me, così mi alzai e
dopo aver indossato i
pantaloni e la camicia mi avviai fuori dalla stanza. Con gli occhi
socchiusi
vidi Leah che si affaccendava sul cucinino, che gli si strusciava sulle
gambe
in attesa di ricevere qualcosa.
<<
Oh, buon
giorno Duca. >>
<<
Ciao
Leah. >> dissi sbadigliando.
<<
Serata
pesante? >> mi chiese Jacob che era appena entrato,
portando con sé della
legna.
<<
Dov’è
Bella? >>
I
due si
guardarono ma la diretta interessata mi rispose da fuori e la sentii
dato che
c’era la porta aperta.
<<
Vi ho
detto di non chiamarmi in quel modo. >>
I
coniugi Black
fecero finta di non aver sentito e alzando gli occhi al cielo mi
diressi fuori.
La trovai appoggiata a dei tronchi d’albero, mentre guardava
assorta la grande
distesa verde di fronte a lei.
<<
Quand’è
che potrò chiamarti così? >>
<<
Mai
>>
Colpa
del mal di
testa, della notte quasi del tutto insonne e della grande pressione a
cui ero
sottoposto in quell’ultimo periodo non riuscì ad
essere cordiale nei suoi
confronti.
<<
Devi
utilizzare un altro tipo di tono quando parli con me, mi era sembrato
di essere
stato chiaro qualche tempo fa. >>
Lei
si voltò
lentamente a guardarmi e potei vedere le fiamme nei suoi occhi.
<<
Ricordo
bene Duca. >>
<<
Alle
volte sono Edward, altre invece Duca… >> la
canzonai, sedendomi accanto a
lei.
Lei
non rispose
così continuai.
<<
Isabella
se stai pensando di andartene ti sbagli di grosso. Non immagini nemmeno
quanti
sforzi debbe fare per te, quando invece il mio unico problema dovrebbe
essere
sposarmi! >>
<<
Che
c’entro io? Perché non vi sposate? Magari mi date
una stanza nella vostra casa
e mi spacciate per una cameriera per non insospettire troppo vostra
moglie e
così vi risparmierete pure il disturbo che date a Leah e
Jacob. >>
<<
Quando mi
sposerò lo farò di sicuro. >>
Lei
mi guardò
scandalizzata e io ricambiai il suo sguardo senza battere ciglio.
<<
Mi
legherete a voi per sempre? >>
Infilai
una mano
tra i suoi capelli, stringendoli e facendole inclinare piano il viso
all’indietro.
<<
Sì,
Isabella. >> dissi prima di baciarla. Affondai le dita
tra i suoi capelli
e la sentii rilassarsi tra le mie mani. Lentamente la portai a sedere
sulle mie
gambe e lei mi aiutò, legando le sue braccia dietro la mia
nuca.
<<
Non ci
riuscirete mai. Sono libera come l’aria. >>
pronunciò sul mio viso.
Non
mi dette modo
di risponderle perché mi soffocò di baci.
<<
Siete
insopportabile ma quando non ci siete mi sento sola, per quanto ancora
mi
terrete qui? >>
Di
nuovo volevo
rispondere ma lei non me lo consentì. Ero del tutto stordito
dal suo profumo,
dalle sue labbra sul viso e dai suoi capelli che continuavo ad
accarezzare con
una mano, mentre l’altra le sosteneva la schiena. Sorrisi
sulle sue labbra e la
strinsi a me.
<<
Sei
lunatica Isabella, lo sai? Prima sembravi arrabbiata con me e ora mi
chiedi di
rimanere sempre con te? >>
<<
Non è
quello che ho detto. >> fece per alzarsi e io risi mentre
la bloccavo.
<<
Vedi? Sei
di nuovo arrabbiata. >>
Le
feci il
solletico e lei cercò disperatamente di rimanere seria e far
finta che non lo
soffriva ma ben presto mi pregò di smetterla tra le risate.
Si accasciò sul mio
petto, quando decisi di lasciarla in pace e la guardai con un sorriso.
Rimanemmo a lungo in quella posizione, lei con gli occhi chiusi e il
capo
poggiato su di me e io ad osservarla assorto.
<<
Duca,
posso parlarv… oh, scusate. >>
<<
No Jacob,
vieni pure. >>
Isabella
si alzò
dalle mie gambe e io la seguii.
<<
Vado ad
aiutare Leah. >>
Annuii
e feci
cenno a Jacob di parlare.
<<
Pochi giorni
fa sono andato a fare delle commissioni nella casa della contessa
Cooper e ho
sentito dire dalla governante di casa che hanno bisogno di una dama di
compagnia per la signora. >>
La
contessa Cooper
non era altro che Janet. Sapevo che Jacob lavorava presso le case di
diversi
nobili ma non sapevo che fosse andato anche da lei.
<<
Ah sì?
>>
<<
Sì,
pensavo che Isabella potrebbe lavorare lì. >>
Alzai
le
sopracciglia in un espressione sorpresa. L’ultima cosa che
volevo era che
Isabella lavorasse per Janet. Non desideravo neppure che si
conoscessero. Erano
molto diverse e…
<<
Sarebbe
fantastico. >>
Entrambi
ci
voltammo verso la diretta interessata, che evidentemente aveva
ascoltato la
nostra conversazione.
<<
No,
Isabella non se ne parla. >>
<<
Perché?
Sto sempre qui da sola e se non fosse per queste brave persone non so
cosa
farei. Non possono stare sempre con me. >>
Jacob
si allontanò
e io per un attimo lo maledii per avermi messo in questa situazione.
<<
La
persona per cui devi lavorare non mi piace. >>
Ma
cosa stavo
dicendo? Non era proprio la verità ma infondo non mi piaceva
il fatto che si
potessero conoscere.
<<
E’ una
contessa che ha bisogno di una dama di compagnia. Ho visto e passato di
tutto
nella mia vita e ho l’opportunità di un lavoro
tranquillo, perché non volete?
>>
Era
davvero
dispiaciuta e io sospirai. Non erano quelli i piani che avevo per lei.
<<
Come
pensi che potremmo stare insieme se sei lì? >>
Il
suo viso si
adombrò ma non demorsi.
<<
Quindi
non è vero che volevate aiutarmi. Siete solo un egoista!
Avrò pure una stanza,
no? Potete venire a trovarmi. >>
Scossi
la testa
sconsolato.
<<
Non sarà
mica casa tua, Isabella. Non posso andare ogni giorno dalla contessa
solo per
vederti. In ogni caso non me lo conderebbe. >>
In
realtà c’era
stato un periodo in cui ero da Janet ogni sera, quindi non gli avrei
dato
fastidio di sicuro. Però come facevo a stare con Isabella?
No, era fuori
discussione.
<<
No, fine
del discorso. >>
Feci
per superarla
ma lei si aggrappò alla mia camicia.
<<
Duca,
farò tutto quello che volete senza mai discutere ma vi prego
datemi questa
possibilità. Sto male e non faccio mai nulla quando non ci
siete. >>
Non
sapevo più
cosa fare. Più guardavo i suoi occhi più tutti i
miei propositi decadevano.
<<
Vi prego,
troverò una soluzione. Mi avrete sempre per voi ma
lasciatemi andare >>
Mi
abbracciò,
facendo passare le sue esili braccia attorno alla mia vita. Sospirai
più volte
e anche se sapevo che tutto questo non mi avrebbe portato nulla di
buono,
cedetti e le accarezzai i capelli per poi ricambiare il suo abbraccio.
<<
Va bene
piccola peste. Hai vinto. >>
Lei
mi sorrise
contenta e fece per dire qualcosa quando la fermai, premendole un dito
sulle
labbra.
<<
Ricordati
che hai promesso di fare tutto quello che dico io e questo
varrà soprattutto a
casa della contessa. >>
Lei
mi guardò per
un po’ fin quando non sorrise lentamente.
<<
Sì, mio
Duca. >> sussurrò appena, facendomi tremare.
La
baciai
sentendomi sotto l’effetto di un incantesimo a cui non sapevo
dare nome.
******************
Allora
cosa ne
dite? Non temete, tutto ha un suo senso e presto lo vedrete! Ringrazio
come
sempre chi mi segue, fatemi sapere ne pensate e per qualsiasi dubbio
non
esitate a chiedere. Ricordate che Bella è solo un amante per
Edward quindi lui
è ancora parecchio confuso e non riesce a pensare bene alle
conseguenze che
hanno le sue azioni sul loro rapporto.
Un
bacio a tutti!
Stella Del Sud…
|
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Capitolo 9 *** Capitolo Otto ***
Negli
immensi misteri del tempo
e dello spazio, sento le tue braccia
intorno alle mie spalle
e non ho paura.
( Brown )
Capitolo
otto
<<
Questo
cavallo è bellissimo Signore. >>
<<
Lo so.
>>
Con
le mani in
tasca osservavo lo stalliere che spazzolava il mio Aramis. Quel cavallo
era
molto importante per me. L’avevo trovato ancora piccolo e
selvaggio. All’inizio
era stata dura ma con Jonathan ero riuscito a portarlo a casa e ad
educarlo.
Sorrisi e gli accarezzai la folta criniera nera, come la notte.
<<
Edward!
Edward! >>
Mi
voltai e vidi
Jonathan arrivare con il suo cavallo. Si fermò davanti a me
e scese.
<<
Brutto
bastardo mi hai lasciato lì come un salame e te ne sei
andato! Bell’amico che
sei! >>
Mi
dette una lieve
spinta, per gioco, che io ricambiai.
<<
Tu
piuttosto, sapevi che non volevo andare in quel posto. >>
<<
Per
Janet? Sai, abbiamo parlato un po’ quando te ne sei andato.
>>
<<
Parlato?
>> gli feci eco io, ben sapendo che non si potevano
vedere.
<<
Sì,
sembra cambiata. >>
<<
A me non
sembra affatto. >> borbottai ricordando che aveva provato
a sedurmi. E io
non ero stato da meno.
<<
Ho visto
che ci provava con te. Dovrei essere geloso sai? Tutte le belle donne
vengono
da te. >>
A
quelle parole
pensai a Sophie, che in quel momento era a casa mia. Sapevo che da
quella
disastrosa notte, in cui lui le aveva confidato i suoi sentimenti e lei
l’aveva
rifiutato, non si erano più parlati. Quando si vedevano si
salutavano a mala
pena.
<< Che intendi dire che Janet
è cambiata?
>>
Decisi
di cambiare
discorso, perché non sapevo come dire a Jonathan che molto
probabilmente avrei
dovuto sposare la donna che amava.
<<
Oh,
perché… Edward ma hai dimenticato le buone
maniere? Dai invitami a bere un
bicchierino. >> fece cenno alla villa poco lontana e io
non potei
rifiutare. Come immaginavo, mentre passavamo dal salone vidi Sophie
seduta su
un divano con sua madre e la mia.
<<
C’è anche
lei. >> disse in un sussurro il mio amico, prendendomi
per il braccio.
<<
Sì.
>> sospirai, cercando di portalo via prima che lo
vedessero.
<<
Jonathan
, caro che piacere vederti. >>
Chiusi
gli occhi
nel sentire la voce di mia madre. Jonathan la raggiunse e io mi sentii
davvero
male. Capii che era meglio dirgli subito tutto.
<<
Salve
Duchessa, come state? >>
<<
Bene e
tu? >>
<<
Molto
bene, grazie. >>
Mi
avvinai
anch’io, mio malgrado e vidi Sophie alzarsi e venire da me
con un sorriso.
<<
Edward.
>>
Mi
accarezzò il
volto con una mano che io presi tra le mie, abbassandola. Jonathan
guardava
Sophie ma lei fece finta di nulla.
<<
Jonathan,
sai che io e Edward presto ci sposeremo? >>
Sgranai
gli occhi
e guardai la mia migliore amica, incredulo. Il silenzio si fece irreale.
<<
Tesoro
quindi hai deciso? >>
<<
Mamma,
io… >>
<<
Hai fatto
la scelta giusta! >>
<<
Ce ne hai
messo di tempo! >> rincarò la dose la marchesa
Dubheron.
Mi
sentii un
groppo in gola e allontanai malamente Sophie da me, che mi
guardò sorpresa. Sentii
uno spostamento d’aria alle mie spalle e vidi il mio migliore
amico uscire
fuori di gran carriera.
<<
Noi due
parliamo dopo >> dissi inviperito verso Sophie e uscii
anch’io.
<<
Jonathan,
fermati ti prego >>
Si
stava dirigendo
verso il suo cavallo e alle mie parole si fermò. Lo
raggiunsi e non feci in
tempo a realizzare che mi diede un pugno in faccia, facendomi uscire
sangue dal
naso e dalla bocca.
<<
Va
all’inferno Edward! >> urlò, salendo
poi sul cavallo.
Mi
passai la
manica della camicia bianca sul viso e si macchiò di rosso.
<<
Lascia
che ti spieghi, Jonathan. >>
<<
Tra tutte
le donne che puoi avere giusto la mia, vero? >>
Mi
girò attorno
con il cavallo e io rimasi nella mia posizione.
<<
Non è
tua. >> mi ritrovai a dire stupidamente.
<<
Hai
scelto Amber per molto tempo e lei non è rimasta ad
aspettarti. >>
continuai.
<<
Da quanto
tempo sei innamorato della tua migliore amica, eh? >>
<<
Non è
così e lo sai. Sono stato praticamente obbligato!
>>
<<
Non mi
interessa ascoltarti. Sposati quella stupida, io non voglio
più sapere nulla di
voi. >>
Impennò
il cavallo
e andò via, lasciandomi solo in mezzo a una moltitudine di
polvere. Avevo
sbagliato. Avrei dovuto dirglielo subito, magari avrebbe reagito allo
stesso
modo, ma avrei avuto modo di spiegarmi e non sarebbe dovuto succedere
in questo
modo. Rientrai e cercai Sophie, ignorando le chiacchiere entusiaste
delle due
donne in salone. La trovai in biblioteca e chiusi la porta con un
tonfo.
<<
Edward,
non essere arrabbiato. >>
<<
Ti
permetti pure di dirmi questo? Ti avevo detto che dovevo pensarci,
Sophie.
>>
La
presi per le
braccia e la scossi leggermente.
<<
Non è
vero! Non c’è nulla da pensare lo sai. Tu devi
sposarti e io sono un ottimo
partito. >>
La
lasciai andare
ma lei mi si gettò tra le braccia.
<<
Io ti
amo, Edward. >>
Guardai
quegli
occhi lucidi e sospirai stancamente.
<<
Io no,
Sophie. Mi dispiace. >>
Lei
si allontanò
stizzita e camminò avanti e indietro per un po’.
<<
Te ne
renderai conto, ne sono certa, altrimenti imparerai ad amarmi.
>>
<<
Perché
sei così egoista? >> dissi, non riuscendo
più a riconoscerla.
<<
Sei tu
che lo sei! Sono destinata a sposare un uomo vecchio, che sa solo Dio
ciò che
mi farà e a te non importa? >>
Scossi
il capo e
mi portai le mani ai capelli.
<<
Perché
l’hai detto davanti a Jonathan? Lui ti ama dannazione!
>> quasi urlai.
<<
Lui mi ha
tradito, non capisci! >>
<<
Sophie ti
prego, tutto questo è uno sbaglio. >>
<<
No, ormai
è fatta. Stasera lo dirò anche a mio padre.
>>
Cercai
di fermarla
ma andò via prima che potessi farlo. In ogni caso mia madre
aveva già avvertito
mio padre e io non potevo più fare nulla. Non volevo stare
un minuto di più in
quella casa, così me ne andai di corsa a prendere Aramis.
Dovevo vedere Bella,
subito.
<<
Dove vai?
>>
Incontrai
Sophie
all’ingresso ma la ignorai e continuai per la mia strada.
<<
Da quella
cortigiana? >>
Mi
fermai di botto
e tornai indietro, stavolta seriamente arrabbiato.
<<
Sì, vado
dalla mia Isabella, che ha molto più buonsenso e
dignità di te. >>
Mi
guardò
sconvolta e io mi apprestai a raggiungere la scuderia. Senza aspettare
lo
stalliere, sellai malamente Aramis e ci salii in groppa, per poi
partire a
tutta velocità verso Bosco Verde. Talmente ero preso dai
miei pensieri che
arrivai prima del solito. Scesi e la cercai in casa, senza trovarla.
Leah e
Jacob non c’erano neppure stavolta, ma non era colpa loro.
Avevano da fare con
il raccolto e non potevano mancare. Sospirando, la cercai per il
giardino.
Anche se le incognite erano molte preferivo che andasse da Janet. Con
lei avrei
parlato, non volevo che Bella sapesse di ciò che
c’era stato in passato, ma
almeno non sarebbe stata sola. Camminai per la grande distesa verde,
respirando
a pieni polmoni il profumo dei fiori lì intorno. Era una
bella giornata di
sole. Il cielo era limpido e alcune rondini volavano indisturbate.
Strappai una
rosa rossa dal piccolo roseto, voluto proprio da Sophie e la cercai
ancora. Mi
fermai quando vidi una figura china su dei fiori. Era lei,
così la raggiunsi.
Sorrisi, sembrava una bambina che raccoglie i suoi fiori preferiti. Le
misi le
mani davanti agli occhi e lei dopo un gridolino spaventato, sorrise e
mi prese
le mani.
<<
Duca.
>>
<<
Cosa fai?
>> Mi accucciai accanto a lei e notai che aveva trovato
dei bei tulipani
gialli.
<<
Passo il
tempo. >>
<<
Ti
piacciono i fiori? >>
Lei
sorrise appena
e poi mi dette un bacio sulla guancia.
<<
A tutte
le donne piacciono, solo che nessuno me ne ha mai regalato uno.
>>
<<
Tutti
questi non ti bastano? >> le chiesi, mentre le
accarezzavo i capelli.
Doveva
aver vissuto
una vita dura. Ricordai il giorno in cui ci eravamo incontrati:
indossava degli
abiti logori e strappati, ma la sua persona riluceva anche in quelle
condizioni.
<<
Sì, ma
non è lo stesso. >>
Le
allungai la
rosa, lei perse il sorriso e mi guardò quasi emozionata.
<<
Per me?
>> sussurrò guardando la rosa rossa, come la
passione che sentivo per
lei.
<<
Sì,
piccola. >>
Mi
fece una grande
tenerezza mentre la prendeva dalla mia mano e l’avvicinava al
suo viso per
sentirne il profumo. Chiuse gli occhi per un attimo e io trattenni il
respiro.
Era una visione.
<<
Perché
siete venuto? Non mi venite mai a trovare di giorno. >>
La
osservai
attento. Le dava fastidio che l’avessi raggiunta? Oppure
voleva che andassi da
lei più spesso?
<<
Volevo
stare con te. >>
<<
E’ successo
qualcosa? >>
Sorrisi
e le posai
un bacio sui capelli.
<<
Sì,
bambolina. >>
Ci
fu una lunga
pausa in cui scrutai il suo bellissimo viso. Lei guardava la rosa e ne
sfiorava
i petali, come fossero un tesoro prezioso.
<<
Riguarda
Sophie? >>
A
quel nome
trasalii e sospirai.
<<
Lei è la
donna che quasi certamente dovrò sposare. >>
<<
Non
volete? >>
<<
Devo,
Isabella. >>
<<
Siete
contradditorio. Se ormai sapete che non avete scelta, allora
perché sembra che
in realtà c’è ne sia qualcuna per
evitare di sposarla? >>
<<
E’ una
ragazza bellissima ed è la mia migliore amica.
>> risposi, aggirando la
sua domanda.
<<
Dai
vostri occhi si vede quanto la desiderate. >>
replicò quasi nervosa.
Mi
voltai verso di
lei e la guardai curioso. Poi sorrisi e mi avvicinai fino a sfiorare la
sua
spalla con la mia. Avrei voluto fare qualche battuta, ma se anche le
avessi
fatto notare che stava diventando gelosa mi avrebbe dato qualche brutta
risposta.
<<
Desidero
solo te. >>
Lei
abbassò lo
sguardo per un attimo, ma poi mi spinse sull’erba e
salì su di me. Le pizzicai
un fianco e le sorrisi.
<<
Siete un
bugiardo, Duca. Non ci credo che Sophie non vi piace. >>
<<
Infatti
non è quello che ho detto. Solo che non voglio sposarla.
>>
<<
Quale
uomo non desidera sposare una bella donna? >>
domandò con fare ovvio.
<<
Io
>> risposi dopo una piccola pausa.
Lei
rise
debolmente e si abbassò per baciarmi. Cambiai velocemente
posizione, portandola
sotto di me.
<<
Che ne
sarà di me, adesso? Mi porterete dalla contessa?
>>
<<
Io voglio
che tu stia con me. Sempre. >>
Eravamo
entrambi
sorpresi per le mie parole. Da quando quella ragazza stava diventando
così
importante per me? Mi alzai a sedere e la portai con me.
<<
Dimmi
qualcosa di te. Non so quasi nulla. >>
<<
Non c’è
nulla da dire. >>
<<
Sì che c’è,
Isabella. Dimmelo. Non ti fidi di me? >>
Lei
non rispose e
prese a giocare con una mia mano.
<<
Non si
tratta di questo. Di quando ero piccola ricordo poco e poi sono stata
sempre
con Tanya. >>
<<
Prima di
lei? Non ricordi davvero nulla? >>
Sapevo
che c’era
qualcosa che non mi voleva dire. Lo leggevo nei suoi occhi sfuggenti.
<<
Non so chi
sono i miei veri genitori. Ho solo delle immagini sfocate che mi
ricordano la
mia infanzia. >>
<<
Quindi
non hai mai conosciuto i tuoi genitori? >> chiesi
lentamente, portandole
una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<<
No.
>>
<<
Bella
>> mi venne di nuovo spontaneo chiamarla così
e lei stavolta non disse
nulla. Le presi il viso tra le mani, ma cosa volevo dirle? Che il cuore
mi
stava scoppiando nel petto all’idea di una bimba sola e
impaurita che veniva
messa nelle mani di una vecchia vipera come Tanya?
Che
aveva fatto fin ora, senza di me?
Osservai
le
lacrime addensarsi nei suoi occhi e mi sentii totalmente impotente.
Avrei
voluto fare qualcosa per arginare la sua sofferenza, ma
l’unica cosa che potevo
fare era tenerla stretta a me ed è quello che feci.
<<
Mi sembra
di conoscervi da sempre. >>
L’allontanai
dal
mio petto e la guardai curioso.
<<
Ah sì?
>>
Lei
annuì.
<<
Sono
stata in un posto simile, credo. >>
<<
Che
intendi? >>
<<
Ricordo
una notte di intensa pioggia. Io che camminavo senza una meta e un
bambino
dagli occhi verdi come i tuoi che mi faceva compagnia, fin quando un
uomo e una
donna non mi sono venuti a prendere. >>
Aggrottai
le
sopracciglia. Quell’episodio somigliava tanto a quando mi ero
perso qui con
Jonathan e Sophie e avevo trovato una bambina sotto la pioggia.
<<
Dici che
ci siamo già incontrati? >> le dissi con un
sorriso appena accennato.
<<
Duca,
credete nel destino? >>
<<
No
>>
<<
E invece
dovreste. >>
<<
La smetti
di darmi del voi? >>
<<
Tu invece
smettila di lasciarmi senza di te. >>
La
guardai senza
capire e lei mi buttò di nuovo a terra, spingendo le mani
sul mio petto. Rimase
inclinata su di me, con i capelli che mi solleticavano il viso.
<<
Devi
sposarti per forza? >>
Stavo
per
rispondere quando lei si abbassò ancora di più,
fino a far sfiorare le nostre
labbra.
<<
Io non ti
basto, Edward? >>
Oh,
come avrei
voluto che lei avesse avuto un titolo nobiliare. Il pensiero fulmineo
che avrei
sposato più volentieri lei invece che Sophie mi sorprese.
<<
Sai qual’
è la risposta, bambolina. Adesso baciami. >>
Lei
sorrise furba
e proprio quando stavo per catturare le sue labbra con le mie, si
alzò ridendo.
La vidi scappare e scossi la testa incredulo. Se un giorno qualcuno mi
avesse
detto che mi sarei ridotto in questo modo non ci avrei mai creduto. La
inseguii, fino a quando non riuscii ad acchiapparla, facendola cadere
nell’erba
con me. Ammirai incantato il suo viso sorridente e compresi quanto
quella
ragazza mi fosse entrata dentro. Ormai ero spacciato, senza alcuna via
d’uscita.
***************************
Avevo
detto che
sarei tornata prima ed eccomi qui. Siamo vicini al punto fondamentale
della
storia. Janet sarà davvero determinante e capirete
perché. Non immaginate l’ovvio.
Certo qualche trappola ci sarà ( xD ) ma Janet è
davvero importante per la
risoluzione di molte cose. Sophie… non preoccupatevi troppo
; )
Forse posterò anche per Natale ma non ne sono certa,
perciò ringrazio tutti
quelli che mi seguono e vi auguro buone feste!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo Nove ***
L’amore
è un concetto
estensibile
che va dal cielo all’inferno,
riunisce in sé il bene e il male,
il sublime e l’infinito.
( Jung, Carl Gustav )
Capitolo
Nove
Erano
passate tre settimane da quando Isabella
era andata a vivere da Janet. Le due sembravano trovarsi piuttosto bene
insieme, anche se l’inizio era stato difficile soprattutto
per me. Avevo
parlato alla mia ex amante e l’avevo pregata di non dire
nulla della nostra
precedente relazione con Isabella, per
non farla sentire a disagio e lei con mia grande sorpresa aveva
accettato. Era
contenta del fatto che l’andassi a trovare, anche se secondo
me aveva capito
che Isabella non era solo un’amica di Leah e Jacob, come le
avevo detto quando
mi ero presentato a casa sua. Inutile dire che aveva subito accettato
Isabella.
Ovviamente era un pretesto per vedermi più spesso, come
diceva lei, ma non
aveva mai accennato a un comportamento come quello della notte in cui
aveva
cercato di sedurmi. Che fosse davvero cambiata come mi aveva detto
Jonathan?
Ancora non lo sapevo. A proposito del mio migliore amico, non lo vedevo
da quel
maledetto giorno in cui Sophie aveva mentito a tutti dicendo che ci
saremmo
sposati. Avevo detto la verità a mio padre e a mia madre ma
non ai genitori di
Sophie, che credevano alla scusa di Carlisle, ovvero che avevamo
bisogno di
tempo a causa di alcuni affari che non andavano bene. Avevo ancora del
tempo a
disposizione per poter decidere e finalmente Sophie aveva deciso di
lasciarmi
in pace. Sbuffai e mi passai una mano tra i capelli, con nervosismo.
Ero
disteso a letto con una brutta influenza, ma desideravo vedere Bella
nel
pomeriggio. Ultimamente a casa di Janet la vedevo pensierosa e triste e
volevo
assolutamente saperne il motivo. Purtroppo la mia idea iniziale del
nostro
rapporto era cambiata. Infondo avevo sempre saputo che sarebbe andata
così. Lei
era come un amante ma ci vedevamo poco, data la situazione, e questo mi
rendeva
nervoso.
<<
Tesoro, posso entrare? >>
<<
Certo madre. >>
Esme
venne verso di me e si sedette sulla
sponda del letto. Con una mano mi toccò la fronte e mi
accarezzò il viso.
<<
Non hai febbre, per fortuna. >>
<<
Non preoccupatevi, sto bene. >>
<<
Edward, hai pensato a cosa fare con
Sophie? >>
<<
Non mi va di parlarne. >>
Voltai
il viso dalla parte opposta alla sua e
la sentii sospirare.
<<
Non fraintendermi, non sono venuta qui
a darti fastidio. Desidero solo dirti che non devi preoccuparti troppo.
>>
Mi
voltai di nuovo a guardarla e la vidi
sorridere, come quando da piccolo cadevo per terra e mi sbucciavo un
ginocchio.
<<
Edward, tu sei mio figlio a tutti gli
effetti e voglio solo vederti felice e sereno. Non mi è
piaciuto il
comportamento di Sophie. Capisco che sia innamorata di te, ma il suo
atteggiamento
è stato molto immaturo. Non so se è davvero la
donna giusta per te. >>
Le
presi una mano grato e ne baciai il dorso.
Avevo le lacrime gli occhi e lei se ne accorse.
<<
Oh amore, stai tranquillo. Anche se
tuo padre insiste, anche lui vuole il meglio per te ed è
solo preoccupato.
Fidati di me, ci parlerò io. Sposerai una donna diversa,
magari quella che ami.
>>
Chiusi
gli occhi e sospirai di nuovo. Mi
vergognavo a farmi vedere così, mi sentivo un bambino. Il
punto era che mia
madre era l’unica da cui ricevevo sostegno. Avevo perso il
mio migliore amico,
la situazione con Isabella era diventata troppo difficile da gestire e
questo
matrimonio mi stava dando alla testa. Tutti si aspettavano qualcosa da
me e io non
sapevo cosa fare.
<<
Oh, che maleducata. Sto facendo
aspettare la nostra ospite. >>
<<
Ospite? >> ripetei, aprendo gli
occhi.
<<
Sì, la posso fare salire? >>
<<
Chi è? >>
<<
E’ una ragazza molto graziosa. Mi ha
detto di essere una tua amica e di chiamarsi Isabella. >>
Mi
sollevai a sedere sul letto, incredulo.
Quella piccola pazza era venuta a casa mia?
<<
Certo, madre. Fatela salire. >>
Esme
dovette notare l’entusiasmo nella mia voce
perché mi guardò compiaciuta.
<<
Sei molto affezionato a questa ragazza.
Non me l’hai mai presentata però, chi
è? >>
<<
Ehm… >>
<<
D’accordo non lo voglio sapere.
Oltretutto sarà un bel po’ che aspetta.
>>
Detto
questo si alzò e aprì la porta. La sentii
ordinare alle cameriere di fare salire Isabella e dopo qualche minuto
entrò con
lei al seguito. Era molto bella con un abito di un azzurro molto
chiaro,
bordato di pizzo bianco sulla scollatura che metteva in risalto il suo
seno.
Janet gli aveva dato diversi abiti da mettere, in quanto sua dama di
compagnia,
non voleva che sfigurasse quando l’accompagnava da qualche
parte o
semplicemente veniva qualcuno a casa a trovarla.
<<
Vi lascio soli. >>
Quando
mia madre uscì dalla stanza lei mi
sorrise e si sedette vicino a me, sul letto.
<<
Edward, come stai? >>
Mi
osservava preoccupata mentre mi toccava la
fronte, esattamente come aveva fatto Esme prima. Le presi la mano e
l’avvicinai
fino a farla sedere sulle mie gambe.
<<
Sei bellissima. >>
Le
accarezzai il viso, scesi sul suo collo e mi
fermai sulla porzione del suo seno, lasciato libero dal vestito. Lei mi
baciò
il mento e nascose il volto nel mio collo.
<<
Cosa ci fai qui, Isabella? >>
<<
Ho chiesto il permesso alla contessa
di venire a trovarti. Non dovevo? Sei arrabbiato? >>
<<
Certo che no, solo che non sei mai
venuta a casa mia. >>
<<
Ho chiesto a Jacob di accompagnarmi.
>>
Sorrisi
e le accarezzai i capelli che le
scendevano morbidi e ondulati sulla schiena.
<<
Mi lasci sempre senza parole. >>
La
sentii sorridere sul mio collo e
l’allontanai da me per baciarla. Avevo paura di contagiare
anche lei perciò mi
limitai ad un leggero bacio a stampo. Mi sfogai sul suo collo, che
morsi
leggermente e sul suo seno.
<<
Edward… >> mormorò, cercando di
allontanarsi.
<<
Non ti preoccupare, piccola. Mia madre
verrà di sicuro a breve a controllarci. >>
Lei
rise e si sedette di nuovo bene, sulla
sponda del letto.
<<
Allora? Che mi racconti? >>
<<
Nulla di nuovo. La contessa non mi fa
fare quasi nulla, se non farle compagnia per una passeggiata in
giardino o
quando ci sono degli ospiti. Adesso che è tornato suo figlio
sembra scoppiare
di gioia. >>
<<
James è tornato? >>
Avevo
visto solo una volta il figlio di Janet,
in occasione del compleanno della madre. Si trattava di molti anni fa
però, da
quel giorno non l’avevo più rivisto. Lavorava a
Parigi e proprio la sua assenza
era uno dei dolori più grandi per Janet. Il solo pensiero
che fosse tornato,
così all’improvviso, mi destava dei sospetti. Non
aveva un buon rapporto con la
madre, o meglio lei adorava suo figlio ma lui era un tipo talmente
egoista e
arrogante, abituato ad avere tutto dalla vita, che gli dava quasi
fastidio
sottostare alle sue attenzioni. Cercai di scacciare
l’immagine di Isabella
insieme a lui e cambiai discorso.
<<
Perché ultimamente ti ho vista con
aria triste? >>
<<
Ma no… >>
<<
Sì, invece. Sai che se ci sono
problemi con Janet non hai che dirmelo. >>
Lei
rimase in silenzio, fin quando non le presi
il viso tra le mani per obbligarla a guardarmi.
<<
Cosa vuoi sapere, Isabella? >>
sussurrai, cominciando a pensare che Janet non avesse rispettato il
nostro
accordo.
<<
La contessa ha cercato di capire quali
sono i nostri veri rapporti e mi ha fatto capire che siete stati
amanti.
>>
<<
E’ così. >> sospirai.
Lei
allontanò le mie mani, ma rimase seduta
accanto a me.
<<
Si tratta di molto tempo fa e…
>>
<<
Non dovete giustificarvi. Ero solo
venuta a vedere come state. >>
Fece
per alzarsi ma non glielo permisi.
<<
Siamo tornati al voi? Isabella
smettila! E’ vero abbiamo avuto una sorta di relazione, se
così si può chiamare,
ma è davvero finita. >>
<<
A me non importa. >>
<<
Perché menti? Sai che da quando ti ho
conosciuto non sono stato con nessun altra. >>
Fece
per dire qualcosa ma la strinsi a me e le
baciai la fronte.
<<
Possibile che tu ancora non capisca
quanto sei importante per me? >>
Lei
si aggrappò alla mia maglia e la sentii
singhiozzare.
<<
Oh piccola, perché fai così? >>
<<
Edward mi sento di nuovo nel posto
sbagliato. Nella mia vita non c’è mai stato nulla
di giusto e io sono stanca.
>>
La
cullai per un po’ e le asciugai le lacrime.
Le baciai il naso, le guance, gli occhi e infine le labbra.
<<
Sei una sciocchina. Te l’ho già detto
una volta e te lo ripeto: devi stare con me, sempre. >>
<<
Con te? E come? Ti stai per sposare.
>>
L’allontanai
da me e mi distesi di nuovo.
<<
Non me ne parlare, ti prego. >>
<<
Che significa? Non ti sposi più?
>>
Non
potei non notare i suoi occhi brillare e la
osservai con attenzione.
<<
No, troverò un'altra donna
probabilmente ma non Sophie. >>
La
luce nei suoi occhi si affievolì e mi
sorrise appena.
<<
Visto che non vuoi parlarne… torniamo
a Janet. >>
<<
Cosa vuoi sapere di lei? >>
<<
Quanto tempo siete stati insieme?
>>
<<
Isabella, lo dici nel modo sbagliato.
C’è stato un lungo periodo, dove ci vedevamo quasi
ogni sera. Lei mi pregava di
andare da lei dopo che il marito la picchiava e certe volte cercavo di
anticiparlo. Non sopporto chi usa violenza sulle donne. Così
mi sono in qualche
modo affezionato a lei. Passavamo sempre più tempo insieme e
mi sentivo quasi
in dovere di proteggerla. Il resto è venuto da
sé. Sai anche tu che è una bella
donna e quando mi ha fatto capire il suo interesse non ho avuto
problemi ad
assecondarla. >>
<<
Perché è finita? >>
<<
Semplicemente mi ero stancato di lei e
gliel’ho fatto capire non facendomi più vedere.
>>
<<
Con me non farai così. >>
Non
era una domanda e io sorrisi tirandomela
addosso.
<<
No, non farò così. >>
Il
suo viso si oscurò di nuovo ma non feci
domande, questa volta. Doveva essere lei a dirmi cosa c’era
che non andava.
<<
Non sapevo che Janet avesse un figlio.
>>
<<
Adesso lo sai. >> tagliai corto.
Cosa gli importava di lui?
<<
E’ molto gentile, sai? Cerca sempre di
aiutarmi e mi ha promesso di portarmi a Parigi, un giorno di questi.
>>
<<
Cosa? Tu non andrai da nessuna parte,
Isabella. >>
<<
Come sarebbe? Sei geloso? >>
<<
No, tu mi appartieni e non andrai con
quel bastardo di James. >>
<<
Allo stato attuale io non sono null’altro
che un amante e forse un amica per te, quindi perché non
posso andare con lui?
>>
La
guardai con sospetto.
<<
Cosa vuoi dire? C’è qualcosa che non
so? >>
Lei
si alzò e si diresse alla porta, io la
seguii ma prima che potessi fare qualsiasi cosa si voltò di
nuovo e mi trafisse
con i suoi occhi color cioccolato.
<<
Lui c’è ogni giorno e non si vergogna
di stare con me davanti a tutti, anche se sa che sono una cortigiana.
>>
<<
Cosa? Gliel’hai detto? >>
<<
Non volevo, ma poi mi sono fidata di
lui. Ha detto che non lo dirà a sua madre. >>
<<
E’ invece è proprio quello che farà!
>> quasi urlai, stringendole un braccio.
<<
Non capisci il danno che hai fatto? Janet
non accetterebbe mai una cortigiana al suo servizio. Sebbene abbia
compreso che
c’è qualcosa tra noi, io le ho fatto credere che
tu eri un amica di Jacob e
Leah e non una prostituta >> continuai con rabbia.
<<
Vedi come parli? Ti vado bene come
prostituta, però parli di me con disprezzo. >>
Si
divincolò con forza dalla mia presa e io la
lasciai.
<<
Tu non immagini neanche cosa sto
passando per te e tu mi vieni a parlare di disprezzo? >>
Il
rumore della porta che si apriva ci
interruppe. Isabella si spostò e io presi un respiro
profondo.
<<
Scusate ragazzi, ma c’è qui James. E’
venuto a prendere te, Isabella. >>
Mia
madre dopo averci sorriso richiuse la porta
e io fulminai con lo sguardo la diretta interessata.
<<
Te l’ho detto, è molto presente. In
ogni caso non gli ho chiesto io di venirmi a prendere. >>
<<
E’ molto presente, Isabella? Vuole
solo portarti a letto! >>
<<
Affatto! Altrimenti non mi avrebbe
chiesto di sposarlo e seguirlo in Francia! >>
sbraitò, lasciandomi
pietrificato sul posto. Cosa aveva fatto quel maledetto?
<<
La visita a Parigi non era un semplice
viaggio allora… >>
<<
No, Edward. Sono venuta qui perché mi
aspettavo qualcosa di diverso. Tu non sposerai Sophie ma comunque
un'altra donna
giusto? Non era quello che volevo sentirti dire. >>
Sembrava
che avessi appena sostenuto un esame
con esito negativo. Lei era venuta qui per un motivo preciso allora.
Voleva
capire fin dove mi sarei spinto per lei, eppure ciò che
avevo fatto fin ora non
era abbastanza? Volevo scuoterla, baciarla, farle capire quanto fosse
forte ciò
che provavo per lei. Per la prima volta nella vita. Lei però
era venuta qui per
capire se potesse ritenersi libera di sposare un uomo che la
rispettava. James
non aveva bisogno del titolo nobiliare di sua madre. Era un soldato
dell’esercito
francese ormai, da quanto mi aveva detto Janet, e viveva la sua vita in
modo
molto diverso da tutti gli altri nobili. Non aveva bisogno di nessuno e
voleva
Isabella. La mia Isabella.
<<
Anch’io mi aspettavo qualcosa di
diverso da te. Ora è più facile vero? James non
ti ha tirata fuori da un
bordello. Non ti ha dato una casa e una vita migliore. Chiaramente
adesso ti
vuole e tu ti stai offrendo al miglior offerente, come una brava
puttana.
>>
Mi
schiaffeggiò con così tanta forza che la
guancia cominciò a bruciarmi furiosamente, così
come il cuore che sembrava sul
punto di esplodere.
<<
Non vuoi sentirtelo dire, eh? E’
quello che sei. Vai dal tuo nuovo padrone. >> le mormorai
sulle labbra.
L’ultima
cosa che notai, prima che andasse via,
furono i suoi occhi pieni di lacrime. Ormai avevo perso il senno. La
rabbia, l’indignazione,
la delusione e quel dolore sordo che non sapevo definire mi stava
facendo
impazzire. Mi cambiai velocemente e uscii fuori. La testa mi pulsava,
la febbre
mi era di sicuro salita di nuovo e respiravo con affanno. Volevo
prendere aria,
volevo urlare al mondo quanto stessi soffrendo. Isabella non sarebbe
stata mia.
Mai più. Ciò che mi passava per la mente,
però, non era solo il suo corpo sotto
alle mie mani, ma i suoi sorrisi, quel suo atteggiamento orgoglioso e
quegli
occhi intensi che mi stregavano ogni volta. Uscii di casa, appena in
tempo per
vedere James che l’aiutava a salire sulla carrozza. La sua
mano stretta nella
sua. Strinsi i pugni e corsi a prendere il mio cavallo, sotto gli occhi
confusi
dello stalliere. Con la vista annebbiata e i brividi su tutto il corpo,
raggiunsi il posto più sbagliato per me in quel momento.
Quasi scivolai da
cavallo e mi fermai vicino a Sophie,
che
mi guardava stupita, seduta su una panchina, nel giardino della sua
tenuta.
<<
Edward, cosa ci fai qui? Cosa ti
succede? >>
Corse
verso di me e cercò di sorreggermi. Mi
trascinò fino in camera sua, la stessa che ci aveva visto
giocare da bambini e
mi fece sedere sul letto.
<<
Dio mio, ma cosa hai fatto? Sei tutto
sudato e hai la febbre. Sei sconvolto! >>
<<
Sì. Sophie ti prego. >> mormorai
quasi piangendo.
Non
mi era mai capitato nulla del genere. Cosa
mi aveva fatto quella donna? Isabella, il suo viso a tempestarmi la
mente.
<<
Cosa? Edward dimmi qualcosa. >>
No,
non volevo parlare. Non volevo respirare.
Non volevo vivere. Stavo esagerando? Ero confuso e cercavo
disperatamente di
mandare via la morsa che quasi mi impediva di respirare. Abbracciai
Sophie e mi
distesi sul letto portandola con me.
<<
Perché fa così male? >> mormorai
sui suoi capelli.
Mi
avrebbe compreso solo lei, che sapevo aveva provato tutto questo anche
se non
voleva ammetterlo. La sentii irrigidirsi e la strinsi più
forte.
<<
Non lo so Edward. So solo che tu sei l’unica
persona che riesce a fermare questo dolore. Mi fai stare bene.
>>
Era
lo stesso per me. Per questo ero qui e non
volevo andarmene. Non potevo tornare a casa mia, dove lei era stata per
l’ultima
volta. Quando sarebbe partita? Oggi, domani… subito? Portai
Sophie sotto di me
e con la vista offuscata scesi sul suo collo e sul suo seno.
<<
Sophie tu puoi porre fine a questa
sofferenza? >>
Lei
mi prese il viso tra le mani e mi guardò a
lungo. I suoi occhi erano azzurro cielo e riuscirono a rassicurarmi a
tal punto
che mi sembrò tornare il sereno, dopo una giornata di
tempesta. Una sensazione effimera,
però, che presto si dissolse. Desideravo che quella pace
perdurasse, così la
baciai cercando di trovare un po’ di serenità. Mi
concentrai sul suo profumo,
così diverso da quello che avevo imparato ad amare, ma
così familiare.
<<
Sophie >> sussurrai sul suo
collo. Le morsi una spalla mentre sentivo una lacrima scivolarmi sul
viso. Mi
stavo solo prendendo in giro, lo sapevo. La spogliai velocemente e
toccai quel
corpo nuovo e conosciuto al tempo stesso. Mi concentrai sul suo respiro
sul
viso e sulla sua voce flebile che mi pregava di non fermarmi. Non avevo
intenzione di farlo, altrimenti il mio tormento sarebbe ricominciato.
<<
Edward vivi con me, insieme possiamo
farcela. >>
Non
risposi e continuai a godere di quei brevi
momenti. Le accarezzai i lunghi capelli biondi e con un ultimo sguardo
a quelle
pozze azzurre dei suoi occhi, mi feci strada in lei. Chiusi gli occhi
alla
sensazione di benessere e le baciai una guancia. Condividevamo la
stessa
sofferenza, anche se lei sapeva mentire molto meglio di me. Riuscii a
non
pensare, ma quando mi accasciai sul corpo della mia migliore amica,
ebbi l’impressione
che non sarei mai riuscito a dimenticare. Il suo pensiero mi avrebbe
perseguitato,
per sempre.
<<
Edward, non lasciarmi anche tu.
>>
Le
baciai la fronte e le scostai alcune ciocche
dal viso.
<<
No, tu non lasciarmi, Sophie.
>>
****************************
Ok,
eccoci. E’ passato tantissimo tempo ma è inutile
tediarvi con tutti i miei problemi. So che siete arrabbiate, per cui
andiamo
subito al sodo. Doveva succedere. Questo momento è sempre
stato nella mia
mente, fin dall’inizio. Tutto procede secondo i piani. Non
odiate Bella…
capirete. Edward, beh credo che alcune di voi già
immaginavano che questo
sarebbe successo. Sta soffrendo, lui non ha mai amato nessuno e adesso
gli
crolla il mondo addosso. Adesso sì, che siamo nel vivo della
storia. Chiuderò
nel più breve tempo possibile questa storia, promesso. Non
scoraggiatevi, io ho
scritto una storia EdwardxBella, per cui…
Ci vediamo molto, molto presto!
Stella
Del Sud
|
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Capitolo 11 *** Capitolo Dieci ***
Quella vecchia sensazione,
anche se ora non ti vedo più, anche se ormai
le nostre strade si sono divise,
anche se il nostro sole e il nostro cielo
è lo stesso ma in posti diversi,
vorrei ancora quella vecchia sensazione,
di attesa e di felicità,
quella sensazione forte di salutarti
e aspettare il giorno dopo
per rivederti ancora…
(Ejay Ivan Lac)
Capitolo
Dieci
<<
Edward,
questa è la scelta migliore, sono orgoglioso di te.
>>
Osservai
mio padre
servirsi di un bicchiere di vino, mentre mia madre mi guardava
sospettosa. Il
matrimonio tra me e Sophie sarebbe avvenuto tra qualche settimana.
Nessuno
voleva perdere tempo e per me non faceva differenza. L’unica
che aveva capito
che qualcosa non andava era mia madre, ma mi rifiutavo di affrontare
con lei
quest’argomento. Avevo chiesto di non fare nessuna festa di
fidanzamento,
perché non ero felice. Non potevo mentire a me stesso. Non
andavo fiero di ciò
che era successo con Sophie. Quel giorno ero distrutto, ma
più di tutto dovevo
accettare l’idea che Isabella ed io non avremmo mai potuto
stare insieme alla
luce del sole. Forse aveva ragione lei, ero io il
vigliacco. Oltretutto non potevo tradire
mio padre, che mi aveva salvato la vita prendendomi con lui. A
quest’ora non
sapevo dove sarei finito. Gli dovevo tutto e dovevo rispettarlo.
Credevo che
Sophie sarebbe stata felice ed entusiasta di preparare il matrimonio,
invece
aveva lasciato fare tutto a sua madre. Ci vedevamo spesso, ma oltre a
qualche
sfioramento di labbra non era successo altro tra noi. Alle volte mi
sentivo
quasi in imbarazzo nei suoi confronti. Il dolore che sentivo al cuore e
all’anima non era svanito. Convivevo con la consapevolezza
che Bella era
partita per Parigi con James, dove quasi sicuramente si sarebbero
sposati.
Senza
rendermene
conto avevo lasciato mio padre ai solitari festeggiamenti, ed ero
uscito per
una passeggiata a piedi. Non sapevo neppure che fine avesse fatto
Jonathan, ma
capivo la sua sofferenza. Tuttavia mi rifiutavo di pensare a
ciò che gli stavo
facendo io. Il suo migliore amico. Mi sarei sposato con la donna che
amava.
D’altro canto Sophie era intenzionata a dimenticarlo del
tutto, si sentiva
tradita esattamente come mi sentivo io.
Arrivai
nella casa
di Janet e mi feci annunciare. Lei non tardò ad arrivare e
mi fece cenno di
accomodarmi. Stranamente non era corsa da me per darmi un bacio sulla
guancia o
stringermi il braccio con una mano, come faceva di solito.
<<
Edward mi
fa piacere incontrarti, ma ti avviso non sarò molto di
compagnia. >>
<<
Come mai?
>>
<<
Ho molti
pensieri per la testa. >>
Cercai
di
trattenere la rabbia. Questi pensieri erano per caso per il matrimonio
di suo
figlio?
<<
Ho saputo
del ritorno di James. >>
<<
Oh sì, ma
se ne è andato via subito, come puoi vedere. >>
<<
E’ andato
via con Isabella. >>
<<
Sì.
Edward so che ami quella ragazza, anche mio figlio se ne è
accorto. >>
<<
Non è
affatto vero, Janet. Oltretutto sto per sposarmi. >>
<<
Con la
donna che non ami. >>
<<
Janet,
cosa vuoi da me? >> sbottai irritato
<<
Cosa vuoi
tu, Edward. Sei caduto nella trappola di Isabella, non è
così? >>
Mi
alzai di scatto
e la fronteggiai.
<<
Spiegati
meglio. >>
Lei
fece una lunga
pausa e si arrotolò tra le mani una ciocca scura di capelli.
Era chiaramente
combattuta e la cosa non mi piaceva.
<<
Isabella
è mia nipote, Edward. >>
Sbiancai
e mi
appoggiai al pianoforte a coda, dietro di me , per non cadere a terra.
<<
Cosa
significa? >>
<<
Isabella
mi ha fatto promettere di non dirti nulla. E’ una storia
molto lunga. >>
Per
risposta mi
sedetti e mi allentai il colletto della camicia, che era diventato di
colpo
troppo stretto.
<<
Prima di
spiegarmi, dimmi perché non mi hai detto nulla.
>>
<<
Ho
cercato di rispettare mia nipote, ma adesso che ti ho visto non posso
continuare a tenere questo grande segreto per me. >>
Sua
nipote… ma
questo significava che lei e James erano cugini. Presi un respiro
profondo
mentre una scintilla di gioia si accendeva in me.
<<
Ho sempre
saputo di Isabella e mi vergogno del mio comportamento. Sai che mia
sorella è
morta diversi anni fa, te lo dissi, ricordi? >>
Annuii
distrattamente, sperando che continuasse in fretta.
<<
Reneè
ebbe una relazione con Charlie Swan, marito di Carmen Denali. Rimase
incinta,
ma lui non volle sapere nulla della bambina, per paura che sua moglie
lo
venisse a sapere. Se questo sarebbe successo tutti
l’avrebbero saputo e si
sarebbe gridato allo scandalo. >>
Non
potevo credere
alle mie orecchie. Il Duca Charlie Swan aveva avuto una figlia dalla
sorella di
Janet, che si era sempre creduta morta per una lunga malattia che le
impediva
per sino di uscire. A quanto pare era solo incinta, ma nessuno la
doveva
vedere, in più era morta per dare alla luce la sua bambina.
Una cosa
terribilmente triste.
<<
Ho
provato a convincere Charlie a tenere la bambina, è sua
figlia maledizione! Eppure
lui non ha voluto sentire ragioni e la diede a Tanya, una delle sue
tante
amanti, che la fece crescere in quella casa terribile. Più
volte ho cercato di
farla uscire da quell’ambiente, ma quella donna non me
l’ha mai permesso. Per
anni ho pregato mio marito di darmi i soldi da dare a quella
sgualdrina, che
teneva mia nipote. Volevo farla passare per sino per mia figlia.
L’avrei
cresciuta e tenuta con me, come mia sorella mia aveva pregato in punto
di
morte. >>
<<
E’ per
questo che ti picchiava? >>
<<
Sì,
diceva che non si sarebbe umiliato davanti a tutti per prendere la
figlia
bastarda di mia sorella. >>
<<
Maledetto
>> mormorai a denti stretti. Se non fosse stato
già morto non sapevo cosa
gli avrei fatto. Come si faceva a lasciare una bambina da sola, nelle
mani di
quella strega?
<<
Isabella
mi ha detto che vi siete già incontrati quando eravate
bambini. Lei aveva
cercato di scappare da Tanya e si era rifugiata nella periferia di
Londra, in
quel posto dove tu, Jonathan e Sophie vi eravate persi. >>
Come
avevo fatto a
non pensarci prima? Qualcosa nella mia mente e nel mio cuore, mi
suggeriva che
l’avevo sempre saputo. Era come se la conoscessi e la amassi
da sempre. Di
nuovo quel dolore sordo venne a farmi visita, impendendomi di
respirare. La mia
piccola bella. Era per questo che non voleva che la chiamassi
così. Non avevo
capito il suo nome e l’avevo semplificato.
<<
Come hai detto che ti chiami? Non ti
sento, avvicinati! >>
La
bambina arretrò spaventata, guardandosi
intorno, come se qualcuno la seguisse. C’era molto vento e
pioggia, una vera
tempesta e lei era bagnata come un pulcino.
<<
Ti chiami Bella? >>
Lei
mi guardò per un attimo, poi sorrise e
annuì.
<<
Sai dove siamo? >>
<<
Bosco Verde. >>
La
guardai senza capire e lei sorrise di nuovo.
<<
Sono qui da stamattina, c’era il sole
e qui è tutto… >>
<<Verde?
>> dissi sorridendo a mia
volta. Quella bambina era simpatica.
<<
Come i tuoi occhi. >> mormorò
con la sua voce dolce e flebile.
Oltrepassai
un mezzo tronco d’albero sul
terreno per raggiungerla, quando qualcuno
l’afferrò da dietro. Lei cominciò ad
urlare il mio nome, ma io non potei fare nulla che un uomo con i
capelli neri e
i baffi la portò via. La cercai a lungo, fin quando non
trovai la piccola casa
a Bosco Verde.
<<
Edward?
>>
Guardai
Janet, che
con un sorriso mesto mi accarezzò il viso. Solo in quel
momento mi accorsi di
piangere. Era successo di nuovo. Era l’ unica che riusciva a
suscitare in me
una reazione simile. L’uomo che me l’aveva portata
via da bambina era Charlie.
Adesso lo sapevo con certezza. Tanya doveva averlo avvertito della sua
fuga e
lui si era premunito di cercarla per farla tornare
nell’ombra. Poi si era
trasferito a Parigi.
<<
Bella è
andata da lui? >>
Lei
scosse il
capo.
<<
Le cose
non stanno proprio così. Io non ho mai raccontato nulla di
tutto questo a
James, ma lui lo venne a sapere dallo stesso Charlie, che a quanto pare
ha una
grave malattia. Sai che ha lavorato per tanto tempo a Parigi e sapeva
della
storia tra lui e la zia, ma non della bambina. Mio figlio non
è riuscito a
trovarla in questi anni perché Tanya non voleva
più darla a nessuno, perché era
molto utile. Charlie è praticamente caduto in rovina, dopo
che la moglie l’ha
lasciato da solo e malato. La vera fortuna del Duca Swan è
stato sposare Carmen
Denali, che non ha mai amato, perché era rimasto senza un
soldo. Gli è sempre
piaciuto giocare d’azzardo e aveva perso quei pochi soldi di
suo padre. Quando
l’ho vista arrivare con te, ho capito subito chi era e ho
cercato di
allontanarla dicendole ciò che c’è
stato tra noi. >>
<<
Perché
l’hai fatto? >>
<<
Volevo
che andasse via. Charlie la cerca da un paio d’anni e Carmen
ha tutta
l’intenzione di fargliela pagare. Viene spesso per vedere se
lei è qui. Edward
ho paura di quella donna, perché è capace di
tutto. Non vuole che Charlie la
veda per dargli in eredità il suo titolo nobiliare. Per
questo sono
preoccupata, non volevo che James la trovasse per davvero per portarla
da suo
padre. Carmen potrebbe essere lì ed Isabella è
una creatura così buona ed
ingenua. >>
<<
James non
è con lei? >>
<<
No, l’ha
solo accompagnata. E’ dovuto partire subito per motivi
segreti da parte del suo
comandante. >>
Mi
portai le mani
al viso e presi una rapida decisione. Dovevo raggiungerla e mettere
fine a
quella complicata vicenda.
<<
Voglio
andare da lei. Subito. >>
<<
Speravo
lo dicessi. Isabella ha promesso di non parlarmi mai più se
ti avessi messo in
mezzo, ma sono più tranquilla se so che ci sei tu con lei.
Ti ama tanto Edward
e poi lei è… >>
<<
Cosa?
>> domandai trepidante.
<<
Nulla. Ti
prego non sposare Sophie e vai dalla mia Isabella. >>
Scoppiò
in un
pianto disperato e l’abbracciai. C’era qualcosa in
lei che condivideva con
Bella. Per questo mi ero sempre sentito protettivo nei suoi confronti.
<<
La
troverò, Janet. >>
Uscii
fuori di
corsa e senza avvertire nessuno mi misi in viaggio per raggiungere la
donna che
amavo. Dopo pochissima strada percorsa, riconobbi Jonathan, fermo
davanti a un
ruscello. Mi fermai anch’io e lo raggiunsi.
<<
Cosa
vuoi? >> disse rudemente non appena mi vide, ma io rimasi
immobile a
fissarlo.
<<
Coraggio
dimmelo, Edward. >>
Ci
guardammo a
lungo fin quando non mi decisi.
<<
Ci sono
andato a letto. >>
Il
pungo che mi
arrivò mi fece cadere a terra. Sentii in bocca il sapore
ferroso del sangue, ma
non mi rialzai da terra. Prima o poi dovevamo avere questo confronto.
<<
La colpa
è tua. >> gli dissi e lui si piegò
accanto a me.
<<
Può darsi,
ma tu non ti sei fatto scrupoli vero? >>
<<
Continua
dai. Sfogati su di me, Jonathan. Adesso so cosa vuol dire amare una
donna fino
a morire. Non c’è stato nessuno per me, nemmeno
tu. >>
Mi
alzai di scatto
e ce le demmo di santa ragione, fin quando non ci sedemmo a terra, con
la
schiena appoggiata ad un albero. Non dicemmo nulla per un
po’, fin quando non
mi sentii abbracciare da lui. Gli raccontai tutto: del mio dolore, di
Sophie e
dell’amore per quella ragazza. Con la presenza di Jonathan
adesso mi sentivo
meno solo.
<<
Andiamo a
riprenderci la tua Bella. >>
***********************
Rieccomi
di
ritorno. Lo scorso capitolo è stato piuttosto movimentato.
Le cose non dovevano
andare proprio così. Questo capitolo doveva aspettare
ancora, ma data la bomba
che ho sganciato nel capitolo precedente ho pensato di chiarire subito
le cose.
Vedremo cosa succederà a Parigi… e di Sophie cosa
ne facciamo?
A presto!
Stella
Del Sud
|
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Capitolo 12 *** Capitolo Undici ***
L’amore
è come le malattie contagiose;
più le si temono, più vi si è soggetti.
( Chamfort, Nicolas )
Capitolo
Undici
Erano
stati giorni duri. Io e Jonathan avevamo
affrontato il freddo e le intemperie prima di arrivare finalmente a
destinazione. Il viaggio era stato davvero pesante, soprattutto
perché non
eravamo equipaggiati. Con la barba incolta e i geloni alle mani mi
guardai
intorno, in cerca di qualcuno che mi dicesse dove fosse la tenuta di
Charlie
Swan. Viveva lì da molti anni, ormai, qualcuno doveva pur
saperlo.
<<
Edward, conosco un amico. Andiamo da
lui. Dobbiamo riposarci e poi cercheremo Isabella. >>
Lo
seguii stancamente e ci avviammo verso un
grande palazzo. Parigi era molto bella, non l’avevo mai
vista. Il pensiero che
mi premeva di più però era Bella. Dove si
trovava? Da suo padre? Volevo andare
subito da lei, ma dovevo ancora aspettare. Era passato quasi un mese
ormai
dall’ultima volta che l’avevo vista. Da un paesino
che avevamo incontrato per
strada avevo mandato una lettera ai miei genitori, scrivendogli di non
preoccuparsi per me e che ero partito per una questione personale
urgente. Ero
sollevato, in fin dei conti, che Jonathan fosse venuto con me. Sarebbe
stata
dura senza di lui, dato che non conoscevo nessuno in quella
città. Arrivammo a
destinazione e scendemmo dai cavalli. Di certo i miei abiti la dicevano
lunga
su ciò che mi era successo, ma questo non
scoraggiò due giovane nobili, che
sostavano all’entrata del portone principale di quella casa,
che mi guardarono
maliziosamente. Sospirai e cercai di evitarle, sotto lo sguardo
divertito del
mio migliore amico.
<<
Forza casanova, entriamo. Auguste
De la Roy ci aspetta. >>
<<
Come hai fatto ad avvertilo? >>
<<
Quando tu hai mandato la lettera ai
tuoi genitori io l’ho mandata a lui. Mi deve un favore, ci
tratterà bene
vedrai. >>
L’ambiente
era molto elegante e due cameriere
accorsero per portarci via le giacche. Io rifiutai e tenni stretta la
mia.
<<
Jonathan, sei arrivato. >>
<<
Auguste è stato un viaggio faticoso.
>>
<<
Lo immagino, che ne dite di farvi un
bagno e mangiare qualcosa? Rimandiamo a stasera le spiegazioni.
>>
Ringraziai
mentalmente quell’uomo. Sembrava un
tipo sicuro di sé. Dimostrava più o meno una
cinquantina d’anni, ma lo sguardo
era sveglio come quello di un ventenne. Ci raggiunse anche la moglie,
una
signora dai capelli rossi e intrecciati in una acconciatura
particolare, che ci
squadrava con poca convinzione. Potevo immaginare cosa stesse pensando
in quel
momento, vedendo due estranei in quelle condizioni, piombare in casa
sua.
<<
Prego signori. Seguite Michelle, la
mia cameriera. Vi mostrerà le vostre stanze e vi
darà dei cambi. >>
Ringraziammo
entrambi con un cenno del capo e
seguimmo Michelle, una ragazza piuttosto giovane e avvenente che
manteneva lo
sguardo basso. Ci fece salire delle scale e infine percorrere un lungo
corridoio. Le ultime due stanze erano, a quanto pare, destinate a noi.
Non
c’era nulla da dire, quella casa era immensa e molto
raffinata. Entrai nella
mia camera e mi gettai sul letto. Non riuscivo a non pensare a Isabella
e a
cosa stesse facendo. Quella Carmen era davvero così
pericolosa? Sarebbe
arrivata a fare del male a una ragazza solo perché figlia
del marito con
un'altra donna? Il titolo nobiliare… Bella era una duchessa
a tutti gli
effetti. La vita a volte era assurda, ma a me non sarebbe importato
più di
tanto. Ero stato uno stupido. Neanche perdere il mio titolo, se mio
padre mi
avesse punito in questo modo, mi avrebbe fatto male quanto perderla.
Perché
l’avevo lasciata andare? Perché non avevo
insistito?
<<
Monsier? >>
Guardai
Michelle, non mi ero neppure accorto
che fosse entrata. Mi fece cenno verso i vestiti puliti che aveva messo
sul
letto e io annuii.
<<
Grazie >> mormorai, alzandomi.
La vidi arrossire quando i nostri sguardi s’incrociarono.
Scappò via con un
goffo inchino e io scossi il capo, con un sorriso accennato. Mi
spogliai e mi
godetti quel bagno ristoratore. Stavo per addormentarmi quando sentii
bussare
alla porta. Era di sicuro Jonathan. Mi vestii velocemente e andai ad
aprire.
Come immaginavo, c’era proprio lui.
<<
Fatti quella barba, Edward. >>
<<
Sì, mi stavo addormentando. >>
Lo
feci entrare e seguii il suo consiglio. Mi
sentivo in un altro mondo e se non avessi ritrovato subito la mia donna
sarei
impazzito. Come ho potuto pensare per un solo istante di poter stare
senza di
lei?
<<
Come hai conosciuto Auguste? >>
domandai, mentre mi radevo.
<<
Tempo fa è venuto a Londra per degli
affari, mi ha chiesto una mano e quando è andato via si
è ripromesso di
ricambiare il favore. >>
<<
Lui e la moglie, parlano bene
l’inglese. >>
<<
Sì, hanno vissuto per molti anni a
Londra. >>
<<
Capisco. Grazie Jonathan per essere
venuto con me. >>
<<
Oh tranquillo, non avevo nulla da
fare. >> dissi con ironia.
Gli
detti una pacca sulla spalla e poi uscimmo.
La cena era già in tavola e dopo che ci fummo seduti, ci
raggiunsero Auguste e
la sua antipatica moglie. Il suo sguardo non era cambiato, sembrava che
fossimo
due cani seduti a tavola.
<<
Allora signori, come vi posso essere
utile? >>
<<
Auguste, la ringrazio per la sua
ospitalità. Noi stiamo cercando la tenuta di Charlie Swan
>> dissi,
sperando che sapesse dirmi qualcosa. Jonathan, accanto a me, annuii e
insieme
attendemmo. L’uomo si grattò il mento per qualche
minuto, fin quando la moglie
non si piegò un po’ verso di lui per sussurrargli
qualcosa.
<<
Forse mia moglie ha ragione. Cercate
un Duca, venuto qui molti anni fa, sposato con una certa Carmen Denali?
>>
<<
Sì, è lui. E’ un uomo con i baffi e
purtroppo malato da tempo. >>
<<
Allora è lui. Sua moglie è una mia
cara amica. >> disse la signora De la Roy.
Eh
no, questa non ci voleva. Anche se in realtà
potevo almeno sapere dove fosse adesso questa Carmen.
<<
Lei sa dove si trova la signora
Denali? >>
La
donna mi guardò con sospetto prima di
rispondere.
<<
Sa Duca, siamo in pochi a sapere di
questa storia. Conosco Carmen da molti anni, fin da quando è
arrivata qui a
Parigi. Dopo che ha abbandonato il marito, vive con la sua anziana
madre in una
grande tenuta, poco lontano da Parigi. >>
<<
Quindi è vero che non vive più con il
marito? >> mi anticipò Jonathan.
<<
Sì, è così. >> rispose
monosillabica.
<<
Direi che se è urgente domani mattina
posso accompagnarvi dal Duca Swan. >>
<<
Grazie Auguste. >> dissi
riconoscente, anche se ci sarei voluto andare subito. Il mio istinto mi
suggeriva che Bella però non fosse andata da lui. Era
orgogliosa e di certo non
ricercava un titolo nobiliare. Avrei dovuto informarmi di
più su Carmen Denali.
Cenammo,
parlando del più e del meno.
Nonostante la tensione mi ritrovai affamato e dopo declinai
l’invito di Auguste
di bere un bicchiere di vino con lui per andare a dormire. Jonathan
rimase per
educazione e lo ringraziai mentalmente per questo, ma si notava che era
stanco
anche lui. Sprofondai nel mio letto, ancora vestito e caddi subito in
un sonno
profondo. Furono le prime luci dell’alba a svegliarmi e mi
alzai di scatto,
cercando di capire dove mi trovassi. Una volta lucido mi ricomposi e
scesi
direttamente giù. Era ancora presto per la colazione, ma ero
in ansia e volevo
andare dal padre di Bella il prima possibile. Jonathan mi raggiunse
poco tempo
dopo, molto più riposato rispetto al giorno prima.
<<
Auguste mi ha detto, ieri sera, che
saremmo partiti molto presto. Non preoccuparti, a momenti dovrebbe
essere qui.
>>
Non
lo avrei mai ringraziato abbastanza per
tutto ciò che stava facendo per me. Come aveva detto,
Auguste De la Roy scese
poco dopo e ordinò di far sellare i cavalli e preparare la
carrozza.
<<
Scusate l’ora mattutina, ma ho
numerosi affari da risolvere quest’oggi. >>
<<
Non si preoccupi, per noi è meglio
così. >> dissi, salendo sul mio cavallo.
Ci
inoltrammo per Parigi e ci fermammo in un
altro palazzo, simile a quello del signor De la Roy, solo un
po’ più piccolo.
<<
Eccoci arrivati. Siete ancora miei
ospiti quindi vi attendo al mio ritorno. >>
Ringraziammo
e scendemmo dai cavalli. Fremevo
all’idea di incontrare Bella, ma sentivo per qualche ragione
che non si trovava
lì, almeno non più. Un maggiordomo ci
guardò con curiosità.
<<
Non siamo abituati alle visite di
sconosciuti. Voi siete? >>
<<
Io sono il Duca Edward Anthony Masen
Cullen, mentre il mio amico è il Conte Jonathan Arnold
Bennet. Desideriamo
parlare al Duca Swan. >>
<<
Per quale motivo? >>
<<
Vogliamo parlargli di sua figlia.
>> intervenne Jonathan.
Mi
sembrò che l’espressione del maggiordomo si
fece sorpresa, ma velocemente entrò dentro e ne uscii di
nuovo qualche minuto
dopo.
<<
Entrate, ma non stancatelo. Più tardi
arriverà il medico. >>
Lo
seguimmo e notai che nonostante la crisi
finanziaria del Duca, la casa era ben arredata, come si conviene. Ci
fermammo
dinnanzi una porta, dove l’uomo che ci aveva condotti fin
lì bussò un paio di
volte prima di farci entrare. La stanza era in penombra e un uomo era
disteso a
letto, con le spalle poggiate alla spalliera.
<<
Chi siete? Come sapete di Isabella?
>>
<<
Signor Swan, scusi l’intrusione. Il
Duca Cullen è il fidanzato di vostra figlia. E’ da
quando abbiamo perso le sue
tracce che vi stiamo cercando. >>
Guardai
Jonathan stupito. Sfortunatamente non
ero il fidanzato di Isabella, ma lui mi fece cenno di fare silenzio. Il
Duca
stava male si vedeva, ma era un tipo piuttosto furbo, si vedeva dal
modo in cui
ci guardava.
<<
Abbiamo fatto un lungo viaggio per
venire fin qui e di certo non ci saremmo disturbati se non fosse stata
una cosa
importante. >> continuò.
<<
E’ stata Isabella a dirvi che sono suo
padre? >>
<<
No, è stata Janet. >> dissi,
aspettando una sua reazione che non tardò ad arrivare.
L’uomo a sentire quel
nome si portò le mani al viso e sospirò
più volte.
<<
Non potrò mai redimermi per i miei
peccati. >>
<<
Dov’è sua figlia, Duca? >>
Feci
per avvicinarmi a lui, ma Jonathan mi
tenne fermo. Charlie aveva iniziato a tossire convulsamente, tanto che
il
maggiordomo di prima entrò di corsa e andò ad
aiutarlo.
<<
Duca, non deve agitarsi. >>
<<
Sto morendo George, per quale motivo non
dovrei agitarmi? Va via, fammi parlare con il fidanzato di mia figlia.
>>
Ancora
quelle parole mi facevano effetto, ma
m’imposi di prestare attenzione alle parole del Duca Swan.
Dovevo ritrovare
Bella e non volevo perdere altro tempo.
<<
E’ stata qui, fino a qualche giorno
fa. Poi è sparita senza alcuna ragione, senza neppure
salutarmi. >>
<<
Che significa sparita? >> dissi
alzando il tono di voce.
<<
La capisco Edward. Che pretende? Io
avrei voluto passare con lei questi miei ultimi giorni di vita, anche
se è ciò
che mi merito, stare qui da solo. L’ho rifiutata e ho seguito
la mia vita, ma
in un angolo del mio cuore lei c’è sempre stata.
>>
<<
Adesso è facile parlare così vero?
Ricordo ancora quando me l’ha portata via, era solo una
bambina. >>
Lo
sguardo del Duca si accese e i suoi occhi si
fecero lucidi.
<<
Mi sembravi famigliare. Sei tu il
bambino con cui lei parlava, quando l’ho trovata in quel
boschetto. >>
Jonathan
mi guardò con curiosità, ancora non
gli aveva detto che conoscevo Bella fin da quando eravamo piccoli.
<<
Ero io e forse se fosse rimasta con me
tutto questo non sarebbe accaduto. >>
<<
No, lei doveva stare con me. Sono suo
padre, avrei dovuto prendermene cura invece che lasciarla con quella
sgualdrina. Io però pensavo solo ai miei soldi e alla mia
reputazione. >>
<<
Charlie, mi ascolti. Ha detto che
Isabella è sparita, da un giorno all’altro.
>>
<<
Sì, non pensa che sua moglie possa
averle fatto qualcosa? >>
Le
parole di Jonathan mi avevano fatto gelare
il sangue nelle vene. Di colpo le parole di Janet mi trafissero la
mente.
<<
Carmen? Non penso arriverebbe a tanto.
>>
<<
Mi dica dove si trova. >>
Mi
avvicinai ulteriormente e dopo una breve
pausa, Charlie mi guardò negli occhi, gli stessi di Bella, e
qualcosa nel mio
sguardo lo convinse a dirmi ciò che volevo.
<<
Ha una tenuta non molto lontano da
qui. Poco fuori la città. George vi accompagnerà.
>>
Stavo
per girarmi e andarmene quando una mano
mi afferrò il braccio.
<<
Per favore, trovala e portamela. Non
dico che morirò in pace, ma voglio vederla ancora. Ti prego.
>> la
disperazione gli aveva fatto abbandonare i convenevoli.
Era
un uomo ferito e pentito e nonostante la
mia rabbia mi ritrovai ad annuire.
<<
Gliela riporterò in tempo. >>
Lui
mi lasciò e io mi fiondai fuori con Jonathan.
<<
Mi devi dire alcune cose interessanti
vero? >>
<<
Dopo. Andiamo adesso. >>
Tanta
era la fretta di andarmene, che afferrai
il maggiordomo per la giacca e lo trascinai fuori in pochi secondi.
<<
Faccia piano. >> mi disse l’uomo
con una punta di paura.
<<
Edward calmati. >>
<<
Non posso, Jonathan. Le è successo
qualcosa, capisci? >>
Lui
mi afferrò le spalle e mi scrollò un
po’.
<<
Mantieni la calma, ho detto. Ci siamo
quasi. La troveremo. >>
Annuii
freneticamente, il battito del cuore
accelerato. Vidi George salire su una carrozza e farci cenno di
seguirlo. Mi
pentii del modo in cui l’avevo trattato, ma dovevo arrivare
in fretta da lei,
me lo sentivo. Mi sembrò passare un eternità
prima di arrivare a destinazione,
ovvero una tenuta molto grande ma anche trascurata. Il cancello si
aprì dopo
averlo forzato per un po’ e ci addentrammo in quel giardino
pieno di
sterpaglie. George andò via, per stare con il Duca e io e
Jonathan bussammo
all’imponente portone in legno della casa. Nessuno venne ad
aprire, ma da una
finestra al primo piano vidi una signora anziana che ci osservava.
Capendo che
non ci avrebbe aperto, mi arrampicai su un albero vicino e rischiando
di
rompermi l’osso del collo, riuscii ad arrivare alla finestra
e a romperla con
il gomito.
<<
Edward! >>
<<
Jonathan aspettami lì. >>
Entrai
dentro e vidi la signora di prima
guardarmi quasi con sufficienza, come se fossi un normale conoscente
entrato
dalla porta e non uno sconosciuto che le aveva appena rotto una
finestra.
<<
Cerchi quella ragazzina, vero?
>>
<<
Mi dica dov’è. >>
<<
Bel giovanotto io sono rinchiusa in
questa stanza. Solo le mie domestiche mi vengono a fare visita.
>>
<<
Come sarebbe? >>
<<
La mia adorabile figlia mi tiene
rinchiusa, così come la tua giovane amica. Guarda tu stesso,
la porta è chiusa
a chiave dall’esterno. >> disse sprofondando
poi nella sua poltrona.
Cercai
di aprire la porta, ma in effetti era
chiusa. Quindi avevo ragione, Bella era in pericolo e quella
disgraziata di
Carmen l’aveva rapita.
<<
Carmen non c’è. L’ho vista uscire, ma
tornerà tra poco e sarai nei guai anche tu. >>
<<
Perché la tiene chiusa qui dentro?
Perché ha rapito Isabella? >>
<<
Quando mi ha detto la storia di quella
ragazza volevo avvertire suo padre, ma lei non ha voluto. Sul serio mia
figlia
non è cattiva è solo spaventata.
Ci ha
sempre tenuto troppo alla sua immagine.
La ragazza invece… aspetta che il povero
Charlie passi a miglior vita
per liberarla. >>
Non
volevo sentire altro, diedi un forte calcio
alla porta che finalmente si aprì. Mi diressi velocemente
alla finestra e
richiamai l’attenzione di Jonathan.
<<
Occupati di questa donna, io cerco
Bella. >>
Uscii
da quella camera velocemente e passai in
rassegna tutte le altre. La casa era molto grande e l’istinto
mi suggeriva di
salire ai piani superiori. Arrivai alla soffitta e come immaginavo
anche quella
era chiusa a chiave. Cercai di buttarla giù e dopo un paio
di tentativi ci
riuscii. C’era poca luce e muffa e polvere ovunque. Mi
addentrai in quel terribile
ambiente, con il cuore in gola. Poi la trovai e ciò che vidi
mi fece
rabbrividire. Chi le aveva fatto questo?
******************************
Ora
sappiamo dove era finita Bella. Le cose
sembrano essere più facili d’ora in poi, ma invece
siamo nel vivo della storia,
perché Carmen si rivelerà una donna difficile,
tra l’altro c’è sempre
Sophie…
non dimentichiamoci di lei…
A presto!
Stella
Del Sud
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Capitolo 13 *** Capitolo Dodici ***
L’amore
è una cosa più
meravigliosa dell’arte.
( Oscar Wilde )
Capitolo
Dodici
Sembrava
che
dormisse, riversa su quella vecchia poltrona. Indossava una specie di
abito,
che in realtà era costituito da un telo che le abbracciava
il corpo, infine il
suo piccolo polso era attaccato a una catena. Sentii il sangue
ribollirmi nelle
vene, mi avvicinai e le presi il volto tra le mani. Cercai di
svegliarla, ma
non ci riuscii. Cercai in giro qualcosa per poterla liberare da quella
catena e
quando fu libera, la presi delicatamente in braccio. La strinsi a me e
uscii
fuori da quella soffitta. Sentii la voce di Jonathan nella stanza dove
si
trovava la madre di Carmen e lo raggiunsi.
<<
Mio Dio,
cosa le è successo? >>
<<
Non c’è
tempo, andiamo. >>
<<
Vi
troverà. >> disse sinistramente
l’anziana donna.
<<
No,
saremo noi a cercarla. >> dissi con un ringhio.
Una
volta fuori,
cercai di sistemarla al meglio sul cavallo e ci riuscii soltanto con
l’aiuto di
Jonathan, dato che era ancora incosciente. Tremavo all’idea
di cosa le sarebbe
potuto succedere. Doveva essere svenuta da poco e il suo corpo era
debilitato,
ma stavo in ansia per il fatto che non si fosse ancora svegliata. La
feci
poggiare al mio petto e mi diressi in città. Lungo la strada
vidi un piccolo
ruscello e pensai di fermarmi per sciacquarle il viso. Le avrebbe fatto
bene.
Come sperai, quando le bagnai il volto, lei riaprii lentamente gli
occhi, facendomi
sospirare sollevato.
<<
Bella,
cosa è successo? >> mormorai, accarezzandole i
capelli.
I
suoi occhi si
riempirono lentamente di lacrime e si aggrappò alla mia
camicia. Ero felice di
riaverla di nuovo con me, anche se vederla in quello stato faceva male.
<<
Scusami…
James… io… >>
<<
Stai
tranquilla, so tutto. >>
<<
Tutto?
>> mi domandò
<<
Sì e non
capisco perché tu non mi abbia detto niente. >>
<<
Ma io non
sapevo nulla, infatti, Edward. >>
<<
Parlo del
fatto che ci siamo già incontrati, molti anni fa.
>>
Lei
chiuse per un
attimo gli occhi, per poi riaprirli subito dopo.
<<
Non ne
ero sicura. >>
<<
Sì, che
lo eri. >>
Scosse
il capo
lentamente e poi provò ad alzarsi.
<<
Dove vai?
Adesso andiamo da tuo padre. >>
<<
No.
>>
<<
Perché no?
Bella sta per morire e ti vuole vedere. >>
<<
Non
capisci? E’ per questo che Carmen c’è
l’ha così tanto con me. Pensa che io
voglio rivendicare il mio titolo nobiliare, ma io non ho bisogno di
tutto
questo. L’ho già visto, volevo conoscerlo, ma non
voglio più rivederlo perché sembrerebbe
che il mio sia solo interesse personale. >>
Il
mio sguardo si
addolcì e mi alzai anch’io. Feci per prenderla tra
le braccia, ma lei si
allontanò.
<<
Per tutta
la mia vita ho desiderato un padre e una madre. Avevo sempre
colpevolizzato
solo lei, credendo che mi avesse abbandonato da Tanya, come lei mi
aveva detto,
invece ho scoperto che è morta per darmi alla luce. Come ti
sentiresti al mio
posto? Tutto ciò a cui credevo adesso non esiste
più. Tra l’altro mio padre si
è fatto vivo solo ora. E tutto quello che ho passato io?
>>
<<
Perdonalo. Piccola, so che a te non interessa un titolo nobiliare, ma
ti spetta
di diritto. E’ l’ultima cosa che tuo padre
può fare per te. >>
<<
Ti
sbagli. Quello che può fare per me è ormai molto
poco. >>
<<
Non fare
così, ti voglio aiutare. >>
<<
Tu mi
vuoi aiutare? Ti sei già disturbato abbastanza.
Dov’è tua moglie? Non ti è
bastato andare a letto pure con mia zia? Mi fai schifo! >>
La
presi per un
braccio e la feci scontrare contro il mio petto. Lei, ancora debole,
barcollò
ma la sostenni.
<<
Non dire
mai più una cosa del genere. Quello che è
successo con Janet fa parte del
passato. Tutti ne hanno uno, sai? E non ho intenzione di giustificarmi
per
questo. Non sapevo che fosse tua zia, poi stiamo parlando di cose
successe molto
prima che ti rivedessi. >>
Lei
mi osservò per
un po’, vidi la sua rabbia sciogliersi come neve al sole e la
lasciai.
<<
Hai
sempre una moglie. Va da lei, io me la cavo da sola, come ho sempre
fatto.
>>
<<
Sophie
non sarà mai sua moglie, non l’hai ancora capito?
>>
Entrambi
ci
voltammo verso Jonathan, mi ero dimenticato della sua presenza. Se ne
stava
seduto vicino ad un troco d’albero e ci osservava.
<<
A me non
importa. >> la vidi portarsi le mani al grembo, come a
volerlo proteggere
e io non capii.
<<
Non
fingere, Isabella. >> le disse ancora. Anche lui
guardò le sue mani e poi
si alzò.
<<
Forse c’è
qualcosa che vuoi dire a Edward? Oltre ad amarlo? Voi due siete
stancanti,
lasciatevelo dire. >> se andò con un mezzo
sorriso e io lo seguii con lo
sguardo. Cosa voleva dire?
<<
Bella?
>>
<<
Non c’è
nulla da sapere. Torna da tua moglie. >>
<<
Ora
basta! >> tuonai innervosito.
<<
Vai dalla
tua amante allora! Va bene così? >>
Feci
un passo
indietro e tutta la mia rabbia sparì in un attimo. Lei
sapeva? E come?
<<
James è
sempre in contatto con la madre, sai? Sempre. La madre di Sophie
è molto
pettegola e la figlia non sa tenersi un segreto, nemmeno intimo come
quello.
>>
Sbiancai
e mi
sentii in colpa. In realtà lei se ne era andata e poi non
c’eravamo promessi
nulla.
<<
Non ti
devo niente. >> dissi pentendomene subito.
L’amavo, come sarebbe a dire
che non le dovevo niente?
<<
Sì, ne a
me, ne a lui. >>
<<
Lui chi?
>>
I
miei occhi
caddero ancora sulle sue mani e poi sui suoi occhi stanchi. Non poteva
essere…
no…
<<
Isabella…
Bella non dirmi che… >>
<<
Invece
sì. Sono incinta, Duca! Aspetto vostro figlio.
>>
Fu
come se la
terra avesse smesso di girare. Mi sentii mancare il fiato. Non credevo
sarebbe
mai successa una cosa del genere. Non avevo mai pensato a dei figli, se
non in
un ipotetico futuro, quando mi sarei sposato. Non potevo credere che la
donna
che amavo, la mia cortigiana, la piccola bambina indifesa sotto la
pioggia, che
avevo incontrato anni prima, mi stesse per dare un bambino. Ero
incredulo,
spaventato e… felice. Quel tuffo al cuore era questo, vero?
Acchiappai
Bella
prima che scappasse e la strinsi a me con talmente tanta forza, che
ebbi paura
di farle del male.
<<
Tu e mio
figlio non andate da nessuna parte. >>
<<
E’ solo
questo che ti interessa, vero? Ne puoi avere quanti ne vuoi! Va da
quella
maledetta donna! >>
Mi
fece sorridere.
Era ovviamente arrabbiata, come mai l’avevo vista e
incredibilmente gelosa.
Questo poteva solo significare che provava gli stessi miei sentimenti.
<<
Mi avevi
lasciato e io sono stato talmente male da essermi rifugiato da Sophie.
Tu non
sai quanto ho sofferto quando, nello stesso istante, ho capito di
amarti e di
averti persa. >>
<<
Bel modo
di consolarti! Lasciami andare. >>
Scivolò
dalla mia
presa e io la seguii e le presi il viso tra le mani.
<<
Amore mio,
per favore perdonami. E’ stato solo un errore. Non posso
dirti che non le
voglio bene, ma io amo te. Nessun altra. >>
<<
E’ troppo
facile così, non ti posso perdonare. >>
<<
Devi.
>> pronunciai, mentre allungavo una mano tremante verso
il suo grembo. I
suoi occhi si sgranarono quando capii le mie intenzioni, ma non mi
fermò. La
sensazione che provai a sentire quel leggero rigonfiamento era qualcosa
di
indicibile. Un uomo come me, che aveva vissuto tra donne e agi di tutti
i
generi ora si ritrovava a piangere come un bambino. Avevo paura di
averla
persa, temevo di dovermi accontentare di una vita infelice,
perché nonostante
tutto l’affetto che provavo per la mia migliore amica, solo
questo sarebbe
stato. Mi sarei meritato tutto questo, invece mi ritrovavo dinnanzi
alla donna
della mia vita e a mio figlio.
<<
Ti prego,
Bella. >>
Non
mi era mai
accaduto, ma scoppiai in singhiozzi. Appoggiai la testa al suo petto e
dopo qualche
secondo sentii le sue mani accarezzarmi i capelli e sospirare
profondamente.
<<
Vorrei, Edward.
Dammi tempo, è difficile per me. Ti amo e non riesco ad
accettarlo. >>
Sollevai
il viso e
mi persi nel colore unico dei suoi occhi.
<<
Anch’io
ti amo, Bella >>
Lei
arrossì e
abbassò il volto.
<<
Ancora
quel nome. Avevi proprio capito male quella sera. >>
Sorrisi
e la
trascinai giù con me. La baciai, ma lei rimase piuttosto
rigida sotto di me.
Sapevo che la via del perdono sarebbe stata lunga e travagliata, ma non
mi
sarei arreso.
<<
Mi
perdonerai. >>
<<
Vedremo,
Duca. >> mi sorrise appena e le baciai una guancia.
<<
Ehi,
ragazzi. Non vorrei mettervi fretta, ma si sta facendo buio, e io avrei
un
certo appetito. >>
Jonathan
riuscii
quasi a farci ridere, ma immaginai la sua sofferenza nel sentire di
nuovo cosa
era accaduto con Sophie. Ci rimettemmo in marcia e arrivammo a casa di
Charlie.
Il maggiordomo mi fece capire che mancava poco alla sua fine e dopo
aver
guardato Bella, lei sospirò un paio di volte e senza neppure
cambiarsi fece per
raggiungere suo padre. La persona più impensata,
però, ci fece visita. Quella
che doveva essere Carmen, ovvero una donna che portava bene la sua
età, con lo
sguardo fiero e una crocchia di capelli neri, sotto un capellino rosso,
si
fermò davanti a noi.
<<
E voi chi
siete? Come vi siete permesso a portare qui, quell’insulsa
ragazzina. >>
<<
Non osate
chiamarla così. E’ la figlia di vostro marito. La
duchessa Swan. >>
George
mi battè
sul tempo e si mise tra me e quella donna. Lei fremette di rabbia e
fulminò
Bella, con un occhiataccia.
<<
Brava,
sei riuscita nel tuo intento. >>
<<
Nessun intento duchessa. Vostro marito ha già dato tutti i
documenti al notaio.
L’ha riconosciuta come sua figlia legittima,
c’è ben poco da fare. Farebbe
meglio ad andarsene, qui non è gradita. >>
Avrei
baciato George se solo non fosse stato un uomo.
<<
Carmen, non le perdonerò mai quello che ha fatto a Isabella.
Come si è permessa
di nasconderla in quella soffitta? >>
George
scuoteva il capo, inorridito e Jonathan mi affiancò.
<<
Mia cara duchessa è meglio che lei sparisca, se non vuole
passare dei guai
seri. >>
<<
Non può passarla liscia così, Jonathan!
>>
<<
Edward, ti prego. Falla andare via. Voglio chiudere questa storia e
andare da
mio padre. >>
Ancora
una volta ammirai la mia donna e, con rabbia repressa, feci andare via
quell’odiosa
donna, che quasi se la diede a gambe. Era inutile e pure ridicola.
Ormai aveva
perso la sua battaglia, quindi preferiva fuggire. Io e Jonathan
aspettammo nel
salone, il ritorno di Bella che avvenne quasi un ora dopo.
<<
Se ne è
andato. >>
Non
volevo vederla
piangere ancora, ma sapevo che era giusto così.
<<
Non
volevo quel titolo, ma solo rivederlo. >>
<<
Lo so,
piccola. Tuo padre ha fatto solo ciò che è
giusto. >>
Non
mi importava
sinceramente del suo titolo. Non avrei rifatto gli stessi errori.
Volevo
dividere la mia vita con lei e sarei riuscito nel mio intento.
***********************************
Eccomi,
scusate se
vi ho fatto aspettare. Mancano due, forse tre capitoli alla fine. Nel
prossimo
vedremo cosa sta succedendo con Sophie.
A presto!
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