Amore Antico

di Stella Di Mezzanotte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                          

 

 

Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio; se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato.

Shakespeare

 

Prologo

 

 

La guardavo in modo quasi ossessivo. I suoi movimenti mi incantavano, i suoi capelli morbidi e sinuosi mi attiravano come delle muse e la sua bocca rossa e carnosa mi faceva seccare la gola.
Una creatura conturbante, magnifica e misteriosa che rischiava di farmi diventare pazzo.

Il suo viso accaldato e sensuale mi eccitò oltremisura e strinsi più forte la mano che stringeva la sua gamba, appoggiata al mio fianco, la feci salire con studiata lentezza, sollevando leggermente l’orlo del lungo abito che indossava.

Il mio respiro era affannato così come il suo e il mio cuore batteva furiosamente. Raramente ero stato così coinvolto da una donna, eppure ne avevo avuto parecchie. Lei aveva qualcosa che nessun altro aveva. Proprio lei, una misera cortigiana, che non poteva nemmeno stare di fianco a me in pubblico dato il mio titolo.

Un nobile così ambito come me si era ridotto a desiderare ardentemente una cortigiana…

Sorrisi tra me mentre la mia mano saliva ancora su quel corpo esile e perfetto. La accarezzai lentamente e mi soffermai sul suo seno, piccolo ma sodo. Spostai la scollatura del vestito e tremai alla vista del suo seno nudo. Come richiamato da qualcosa che andava oltre la mia volontà mi abbassai a baciarlo con dolcezza nonostante l’irrefrenabile desiderio che sentivo crescere in me come un’ ondata inarrestabile.

Sorrisi del suo ansimare, così dolce ed erotico al tempo stesso.

<< Edward… >> sussurrò appena.

Non le risposi e mi calai con impazienza su di lei, quasi schiacciandola con il mio corpo. Lei, con gli occhi socchiusi, inarcò il bacino verso il mio, facendomi fremere di aspettativa, e si aggrappò ai lembi della mia camicia.

Posai entrambe le mani sul suo viso, glielo accarezzai con desiderio e dolcezza insieme, per poi infilarle nei suoi capelli morbidi e scuri.

<< Sarai la mia condanna, bambolina. >> sussurrai con voce roca.

Lei sorrise appena e io mi fiondai sulle sue labbra. Gemetti nell’avvertire la morbidezza di quel bocciolo e la baciai fino a quando non rimanemmo entrambi senza fiato.

Decisi che ero stufo di aspettare e come sempre caddi nella sua rete. Mi spogliai quanto bastava ed entrai in lei con forza, spezzandole il fiato.

<< Isabella. >> mormorai senza fiato, quando lei mi strinse ancora più forte a sé.

Perché, dannazione, quella cortigiana stava diventavo un ossessione? Non potevo… non dovevo desiderarla in questo modo, ma non riuscivo a starle lontano in nessun modo.

Il terrore che quel sentimento che avevo sempre ripudiato, mi sommergesse il cuore e l’anima mi fece tremare.

Osservai quella ragazza stupenda che ormai, sentivo faceva parte di me irrimediabilmente.

Sospirai e mi cullai nella dolce musica dei suoi gemiti, fino a finirla di piacere…

La guardai e capii di essere irrimediabilmente e definitivamente suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

********************** 

Ok, va bene… questa non ci voleva! In questo periodo in cui tra Università e varie cose non riesco ad avere un attimo di pace, quando dovrei finire tutte le altre mie storie in corso, cosa faccio? Mi immergo in questa nuova storia!

Mi sento di dire una cosa, ovvero che quest’idea riguardo alla trama di questa ff mi è stata data dal contest, a cui purtroppo non ho potuto partecipare perché non sono riuscita a rispettare la data di scadenza, di Stupid Lamb, scrittrice che apprezzo molto di questo sito. Lo dico perché mi sembrava giusto, perché questa era una delle varie opzioni del contest, ovvero un salto nel passato con Bella ed Edward.

Questo prologo è una scena che ci sarà in futuro! Quindi con il primo capitolo torneremo indietro.

Avrete di sicuro capito quali sono i loro ruoli, ma se avete dei dubbi più avanti sarà tutto chiaro. Questo prologo non c’era messo, ma ho deciso che il precedente sarebbe potuto diventare un primo capitolo, che posterò presto se l’idea vi piace.

A proposito di questo, se a voi non interesserà più di tanto, non se la continuerò a scrivere, quindi ditemi voi se volete che io continui.

Fatemi sapere!
Un bacio!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


 

                                                   

 

 

Per un istante le nostre vite si sono incontrate...le nostre anime si sono sfiorate. 
Oscar Wilde

 

 

Capitolo Uno

 

 

Le danze si aprirono al suono della musica, i maggiordomi passavano ai lati dei tavoli con piatti d’argento sui quali erano poggiati alti calici ricolmi di vino e numerose donne di corte parlottavano tra loro nascondendo il viso con i loro ventagli coloratissimi e ricchi di merletti, mentre sedevano su dei divani posti agli angoli della sala.
Con un sospiro mi appoggiai ad un alta balaustra, vicino ad una finestra che dava sul ricco giardino della casa.

Naturalmente i miei genitori avevano organizzato un’ altra delle loro feste ed avevano invitato i baroni Owen, forse sperando che mi sarei finalmente interessato della loro unica figlia, che in questo momento volteggiava insieme ad un conte di poco conto e mi lanciava sguardi a volte timidi a volte vogliosi quando ballando si avvicinavano a me.
Sorrisi e inarcai un sopracciglio all’ennesima sua occhiata. Era una bella ragazza, con capelli lisci e neri e due occhi di un azzurro molto acceso, ma non m’interessava minimamente. Ero stufo delle continue pressioni da parte di mio padre di prendere moglie, proponendomi addirittura la mia migliore amica. Le volevo molto bene ma non volevo prenderla in moglie. In realtà non ne volevo nessuna, per quanto belle e intelligenti fossero, non volevo accasarmi e far sperperare dalla mia compagna tutto il mio denaro, così preferivo di gran lungo dilettarmi con le belle cortigiane che erano sempre pronte a farmi compagnia durante la notte.

<< Duca, mi concede questo ballo? >>

Abbassai lo sguardo su una dama molto bella, dai capelli neri, ricci e molto lunghi, acconciati alla perfezione con delle forcine.

<< Con piacere >>

Le porsi il braccio che lei artigliò con le sue dita in una presa ferrea. 
Volteggiammo per qualche minuto e notai senza sorpresa che quella dama mi osservava con fin troppo desiderio.
Ci fermammo quando la musica cambiò e feci per congedarmi, quando lei mi si parò davanti intenzionata a non lasciarmi andare.

<< Resti un po’ con me Duca Cullen. >>

<< Solo pochi minuti, poi ho degli impegni improrogabili. >> mentii per levarmela presto di torno. 
Era sempre la stessa storia, tutte cercavano di coinvolgermi in qualche modo, senza sapere che per mio stile avvicinavo io stesso le donne che mi “ interessavano “ ma queste di certo non erano 
 possibili future mogli per il sottoscritto.

<< Pochi minuti saranno sufficienti. La vostra compagnia è talmente una rarità che me li farò bastare. >>

Sbattè le palpebre un paio di volte, forse in un gesto a suo dire seducente e io la guardai con un sopracciglio inarcato, mentre uscivamo nel giardino.
La sera era ormai scesa e l’aria era fresca e frizzante. Osservai le stelle, punti luminosi nel cielo privo di nubi e mi rasserenai di colpo. Era sempre stato il mio spettacolo preferito.

<< Allora… cosa mi dite di voi, Duca? Siete così giovane e bello, eppure nessuna bella donna sembra riuscita a far breccia nel vostro cuore. >>

Dritta al punto, pensai divertito. Mi fermai e la osservai attentamente. Era indubbiamente bella con quegli occhi di un verde acceso che contrastavano con i suoi capelli scuri. Aveva un viso delicato e un fisico piuttosto attraente.

<< Potrei chiedere a voi la stessa cosa. Siete una donna di raffinata bellezza. >> le sussurrai seducente.

<< Siete un adulatore, Duca. >> sussurrò di rimando.

<< Solo sincero >> ribattei con un sorriso.

Riprendemmo a camminare affiancati, fin quando non mi ricordai di una cosa importante.

<< Perdonate la mia leggerezza, non ho chiesto neppure il vostro nome. Posso rimediare? >>

Le presi una mano tra le mie e lei arrossii leggermente.

<< A voi si perdona tutto, Duca. Il mio nome è Cheryl Oleman. >>

<< Un nome dolce quanto voi. >>

Le feci un leggero baciamano e poi mi allontanai.

<< Il tempo passato in vostra compagnia è davvero volato Miss Oleman, ma adesso… >>

<< Adesso il Duca passerà il resto del suo tempo con me, non è vero Edward? >>

Una voce ben conosciuta m’interruppe e io mi voltai con un sorriso verso la bellissima donna che mi si stava avvicinando. I lunghi capelli biondi e mossi le scendevano sulle spalle e sulla scollatura del vestito elegante che indossava. I suoi occhi azzurri mi guardavano complici e io allungai una mano per prendere la sua.

<< Vi aspettavo con ansia. >> mormorai divertito.

<< Oh, ne ero certa. >>

Cheryl osservava il nostro scambio di battute quasi irritata.

<< Vogliate scusarmi… vi auguro una buona serata. >>

La giovane Oleman andò via fulminando con lo sguardo  Sophie.

<< Un'altra delle tue vittime, mio caro Duca. >> disse divertita, schiacciandomi l’occhio.

<< Naturalmente… per fortuna la mia migliore amica tiene a bada queste scocciatrici. >> dissi, stringendole la mano che ancora tenevo tra le mie.

Sophie era una ragazza molto bella ed elegante, ambita da molti nobili di tutte le età. Da anni i nostri genitori speravano che le cose tra noi cambiassero e che ci sposassimo ma così non sarebbe stato.
Ci conoscevamo fin da bambini ed eravamo inseparabili.

<< Certo, sono molto gelosa lo sai. >> mormorò dolcemente.

<< Non hai motivo di esserlo, nessuna può competere con te. Sarai sempre la donna più importante della mia vita. >> dissi sicuro.

<< Non dirlo, Edward, potrei crederci davvero. Ti voglio molto bene, lo sai, ma presto arriverà una bella donna e tu ti dimenticherai di me. >>

La sua voce triste mi sorprese e mi affrettai a raggiungerla, dato che mi aveva superato e stava passeggiando per il giardino.

<< Sophie, non mi dimenticherò mai di te. >>

La fermai, prendendola per le spalle e guardai i suoi incredibili occhi azzurri.

<< Lo prometti? >> disse con la sua voce da gatta, che tanto faceva impazzire gli uomini.

Dovevo ammettere che Sophie mi piaceva, ma le volevo bene come ad un amica e nulla di più.

<< Lo prometto. >>

Le baciai la fronte e quando quel breve attimo di tensione fu allentato, parlammo di cose futili e spettegolammo sugli ospiti della serata, come facevamo sempre.
Stare con lei mi faceva stare bene e non avrei mai rinunciato alla sua compagnia.

<< I tuoi genitori saranno molto delusi, per non parlare dei Baroni Owen. La loro figlia non ti staccava gli occhi di dosso. >>

<< Già. >> risposi sovrappensiero.

Eravamo quasi rientrati in sala ma a me non andava per nulla. Vidi mio fratello Emmett alle prese con la contessa Rosalie Hale, una bella bionda che si lasciava ancora desiderare da lui, anche se era chiaro che era molto interessata, e mia sorella Alice da tempo infatuata del fratello di Rosalie, Jasper. 
Sorrisi, osservandoli. In realtà ero stato adottato molto piccolo, dopo la morte prematura dei miei genitori a causa di una brutta malattia che colpì entrambi, ma li sentivo davvero come i miei fratelli, così come consideravo Esme e Carlisle i miei genitori.
In quel momento stavano parlando animatamente con la famiglia dei Conti Hale. Sia Alice che Emmett gli stavano dando grandi soddisfazioni. Gli Hale erano una famiglia nobile molto conosciuta, quindi non potevano che essere entusiasti se c’erano delle così buone prospettive di unione con loro in futuro.

Io ero l’unico che nonostante dovesse a loro molto di più rispetto ai miei fratelli, non era riuscito a soddisfarli. Sapevo che loro mi adoravano lo stesso ma più volte ero stato tentato di prendere una delle qualunque donne che mi proponevano pur di accontentarli.
Solo che avevo la grande fortuna di avere una madre come Esme, che capiva subito quando non desideravo qualcosa e mi tranquillizzava sempre, dicendomi che avrebbe trovato la donna giusta per me.

Sentii una mano sulla spalla e mi ricordai della presenza di Sophie al mio fianco.

<< So a cosa stai pensando, Edward. La tua famiglia ti ama e sono certa che troverai presto la donna della tua vita. >>

Le sorrisi sinceramente e le cinsi la vita con un braccio.

<< Cosa farei senza di te? >>

<< Non devi pensarci, perché non sarai mai senza di me. >>

Il mio sguardo si fece serio e ci osservammo in silenzio per lunghi minuti. Avevo a volte la sensazione che per Sophie rappresentassi qualcosa di più di un amico. Lei era davvero bella e meravigliosa ma non pensavo a lei come a una moglie.

<< Ti voglio bene, Sophie. >>

Lei non rispose ma abbassò lo sguardo, con un mezzo sorriso. L’abbracciai e le baciai i capelli, mentre lei stringeva le mani sul mio petto.

Fu lei la prima ad allontanarsi dall’abbraccio e mi sorrise teneramente.

<< Avevi davvero qualche impegno? >> domandò curiosa.

<< Non saprei… penso che uscirò per una passeggiata. >>

Lei scosse il capo, ben sapendo in cosa consistevano le mie passeggiate ma quella volta non avevo secondi fini!

<< No, sul serio stavolta. >>

<< Capisco… in effetti ti conviene scappare, anche se non sarà un gesto elegante nei confronti dei Baroni. >>

<< Tornerò prima che finisca la festa. >>

<< Farò finta di crederci. >> ribattè subito.

Risi e dopo averle accarezzato la guancia con una mano, mi avviai dall’altra parte del giardino ed uscì, inoltrandomi nella città.

Londra era meravigliosa, aveva quel fascino elegante e misterioso che la rendeva unica e speciale. Io ero nato in America ma Esme e Carlisle, nativi anch’essi americani, si erano trasferiti ormai da molti anni a Londra, così anch’ io ero giunto lì e non potevo che esserne felice. Chicago mi mancava, ma ero molto piccolo quando ero andato via e avevo pochi ricordi legati ai miei veri genitori.

Camminai a lungo per i marciapiedi, incrociando uomini e donne ben vestiti, carrozze che procedevano lungo le strade e le insegne luminose dei vari boudoir.

Procedetti lungo la strada principale fino ad arrivare alla piazza più importante di Londra, Trafalgar Square. Adocchiai il locale dove alle volte andavo con alcuni amici e decisi di passarci. 
Non appena entrai, notai senza sorpresa che Jonathan era seduto al suo solito posto. Nell’ultimo tavolo, vicino alla porta del retro. Stava bevendo da un grosso boccale di birra e lo raggiunsi senza che lui se ne accorgesse. Gli detti una pacca forte sulla spalla, facendolo trasalire. Scoppiai in una risata fragorosa quando lo vidi sputare fuori la birra dalla bocca e tossire convulsamente. Mi sedetti accanto a lui e lo guardai con ancora un sorriso vittorioso sulle labbra.

<< Edward, maledizione, vuoi uccidermi? >> sbottò cercando di portare la respirazione ad un livello normale.

<< Mio caro amico ti ho semplicemente reso il favore. >>

A quelle parole ridemmo entrambi.

<< Accidenti, me l’ avevi promesso e ci sei riuscito! >>

<< Mantengo sempre le promesse. Quella volta sono stato il divertimento di tutto il locale. >>

Jonathan era un ragazzo incredibile. Ci conoscevamo fin da bambini e nonostante fossimo due uomini di ventisei anni non rinunciavamo a quegli scherzi che avevano caratterizzato la nostra infanzia.

<< Ah! Che tu sia maledetto! Amico, mi stavo godendo una birra dopo una giornata massacrante e sei arrivato tu a rovinarmi tutto! >>

Tuttavia mi sorrise e si appoggiò allo schienale della sedia su cui era seduto.

<< Allora… stavi facendo una passeggiata eh? >>

Scossi il capo con un sorriso e lo guardai eloquente.

<< Hai boicottato una festa in tuo onore a quanto vedo! Non sarà colpa di Janet vero? >>

Oh no! Janet era una donna di trent’anni, sposata con un uomo di sessanta, che pensava solo a ubriacarsi tutte le sere. 
Ero a dir poco stufo di sentire tutte le sue lamentele e i suoi piagnistei, eppure alle volte mi faceva pena. Era una donna dalle forme prorompenti… forse troppo e amava la mia compagnia, quindi spesso la sera quando il marito non c’era mi implorava di farle “ compagnia “ per non rimanere sola.

Beh di sicuro non mi dispiaceva farle compagnia, ma fuggivo quando capivo che ricominciava con una delle sue crisi. Ecco… io non volevo una moglie neppure per questo. Sarebbe stata a piangere, a pregarmi di stare con lei tutto il tempo? Ah no, io ero uno spirito libero. Odiavo le restrizioni.

<< Per carità, Janet no! Che tu ci creda o no sono uscito per prendere un po’ d’aria >>

<< Sì,certo. >>

<< No, Jonathan sul serio! Perché non mi credete? >> chiesi sbuffando.

<< Crediamo? >>

<< Sì, tu e Sophie. >>

<< Beh, sei poco credibile caro mio! Tu non sai stare senza una donna, da quando ti conosco hai sempre pensato a spassartela e ogni scusa è buona! >>

Sorrisi e mi rilassai anch’ io sulla sedia.

<< Che mi dici di Sophie, invece? >>

<< Che ti devo dire? >> chiesi curioso.

<< Quando la sposerai? >> disse con un sorriso sornione.

<< Oh, non ti ci mettere anche tu. Non sposerò mai Sophie. >>

<< Tra voi c’è un legame speciale, ammettilo! >>

<< Certo, ma è la mia migliore amica e con questo il discorso è chiuso. >>

Non sapevo perché ogni volta quell’argomento mi faceva innervosire. Non ero innamorato di lei come tutti si ostinavano a pensare e non avrei assecondato nessuna delle loro stupide proiezioni mentali.

Mi alzai e feci per andarmene, quando il braccio del mio amico mi fermò.

<< Non te la sarai presa, vero? Stavo scherzando! >>

<< No figurati, solo che voglio fare ancora due passi. Ho promesso a Sophie che sarei tornato prima della fine della festa. >>

<< E ci risiamo… >> disse lui lasciandomi.

Non gli risposi neppure e dopo avergli dato una spinta che quasi lo fece cadere a terra, uscii sentendo le sue risate soffocate dietro di me.
Mi chiusi la porta del locale con il sorriso sulle labbra e ripresi la mia passeggiata.

Respirai a pieni polmoni l’aria fredda della sera e mi incamminai verso il Tamigi. Ci andavo sempre quando volevo stare da solo.
Misi le mani in tasca e osservai distrattamente ciò che avevo intorno. Ero quasi arrivato al parapetto che si affacciava sul fiume, quando mi bloccai sul posto.

Una ragazza bellissima era appoggiata al parapetto e guardava il fiume. Il suo corpo era leggermente inclinato in avanti e io vidi i suoi seni schiacciati dal corpetto dell’abito. Tuttavia questo non era ben fatto o elegante. Avvicinandomi di qualche passo, vidi che era logoro e sporco in alcune parti.

Il suo viso invece era qualcosa di stupendo ed etereo. Nonostante vedessi solo il suo profilo, ammirai quel visino leggermente a forma di cuore, la pelle bianca e candida che stonava con il suo aspetto e la bocca carnosa appena socchiusa.

Sembrava persa nei suoi pensieri e non si accorse nemmeno che ero a pochi passi da lei. Mi misi nella sua stessa posizione, per poterla osservare meglio.

Fu più forte di me e il mio sguardo cadde sui suoi seni, stretti in quella costrizione, che si sollevavano appena con il suo respiro.
Ritornai al suo viso e spostai una ciocca di capelli che con un leggero soffio di vento le era finito tra le ciglia.

A quel contatto si sollevò e mi guardò prima con paura e poi con curiosità.

A quella vista mi sentii quasi male. Di donne belle ne avevo viste ma lei aveva qualcosa di innocente e sensuale al tempo stesso. Se dal suo profilo avevo ipotizzato quanto fosse bella ora ne avevo l’assoluta certezza. Era stupenda ogni oltre limite nella sua semplicità.

Lineamenti gentili e decisi, naso fine e leggermente all’insù, due profondi occhi nocciola e delle labbra che mi attiravano come una calamita.

Era assurdo come quella ragazza che non poteva avere più di vent’anni, in quel suo aspetto trasandato quasi, mi stesse facendo quell’effetto sconvolgente.

Continuai ad osservarla imperterrito, fin quando non la vidi sorridere appena. Venni letteralmente catturato dal suo sguardo, non sapendo che quegli occhi sarebbero diventate le mie catene.

 

 

 

 

************************ 

Rieccoci! Ringrazio tantissimo quelli che mi hanno commentato! Non sapete quanto ne sia rimasta entusiasta quindi spero che mi direte ancora cosa ne pensate, perchè senza di voi tutto questo non avrebbe senso!

Dunque, con questo primo capitolo vediamo un Edward che come tutti i ragazzi non si sente pronto ad avere delle responsabilità importanti, come quelle del matrimonio. Non conosce naturalmente l’amore ma solo il grande affetto per i suoi amici e per Sophie. Lei la rivedremo spesso… quindi fateci attenzione ;-)

Detto questo, aspetto con ansia le vostre impressioni! Per cui, cosa ne dite?

Un bacio!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


 

                                                       

 

 

 

In amore non può esserci tranquillità, perché il vantaggio conquistato non è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri.

Proust

 

 

Capitolo due

 

 

Distrattamente passavo due dita sul mento, come facevo sempre quando ero pensieroso. Ascoltavo distrattamente la lettura del pomeriggio, che si teneva in biblioteca. Mia madre mentre lavorava a maglia ascoltava rapita le parole della sua dama di compagnia che leggeva uno dei suoi libri preferiti. Cercava sempre di coinvolgermi in questi momenti, fin da quando ero un bambino ma spesso riuscivo a trovare una scappatoia da quell’impegno. Ogni volta mia madre faceva finta di credere a tutti quegli impegni che puntualmente mi inventavo e mi lasciava con un sorriso indulgente, ma quella volta non me l’ero sentita di inventare scuse, perché mi sentivo in colpa per ciò che avevo fatto la sera prima.

Contrariamente a ciò che avevo detto a Sophie, non ero tornato affatto presto ed era notte fonda quando sprofondai nel mio letto.

Tutta colpa di quella cortigiana…

Un lieve sorriso increspò le mie labbra e fermai il movimento lento e cadenzato delle mie dita sul mento. Il suo pensiero mi distraeva, il suo ricordo mi torturava e non riuscivo in nessun modo a fare uscire quegli occhi languidi e quelle labbra sensuali dalla mia testa.

Come era riuscita in pochi attimi a rimanere indelebile nella mia mente?

<< Edward, caro, sei distratto. >>

Non mi ero accorto che Trecy, la dama di compagnia di mia madre, aveva smesso di leggere e ora entrambe mi guardavano con curiosità.

<< Sì, mamma, mi dispiace. >>

Esme posò il suo lavoro a maglia dentro un cesto di vimini posto al lato della sua poltrona rossa di velluto e dopo aver fatto un cenno a Trecy, si alzò e si diresse verso di me. 
Non ebbi il coraggio di guardarla in viso, dato che sapevo che non avrei resistito a quello sguardo carico d’amore e comprensione che puntualmente mi faceva vuotare il sacco, così osservai con finta attenzione Trecy riporre il libro nella grande libreria e infine uscire silenziosamente dalla biblioteca.

Le mani di mia madre mi accarezzarono piano i capelli e io sospirando alzai lo sguardo su di lei.

<< Tesoro, sai che puoi dirmi qualunque cosa, vero? >>

Mi sporsi con un sorriso e le presi una mano, ancora tra i miei capelli. Le baciai le nocche con grande affetto e lei mi sorrise di rimando.

<< Lo so, mamma. Tuttavia ciò che veramente mi preme è scusarmi con voi. Sono stato un vero ingrato e oltremodo maleducato ad abbandonare la festa che avete organizzato ieri sera. >>

<< Ti ho già perdonato. Come al solito. >> aggiunse con una lieve forma di sarcasmo.

Sospirai ancora e mi alzai dalla poltrona. Misi le mani in tasca, spostando lievemente la giacca che indossavo e mi avvicinai alla finestra. Osservai i domestici fare avanti e indietro per l’ingresso della villa portando bagagli di ogni genere. I Baroni Owen per partecipare alla festa di ieri erano dovuti venire quasi due giorni prima e ora si stavano preparando a partire.

<< Spero solo che farai le tue scuse a Meredith, la figlia dei Baroni. >>

Chiusi gli occhi brevemente e sospirai.

<< Certamente. >> dissi semplicemente, mentre i miei pensieri prendevano tutta un'altra direzione.

Ricordi della sera prima non accennavano a lasciarmi in pace. Ci eravamo osservati a lungo ma nulla di più. Lei era tornata ad appoggiarsi al parapetto e a guardarmi ogni tanto con la coda dell’occhio. L’avevo imitata, scordandomi per un attimo la mia abilità con le parole.

Avevo subito capito che era molto giovane e sentivo l’irrefrenabile desiderio di stringerla a me e di portarla via da quel posto.

Sentii a mala pena la porta della biblioteca che si chiudeva e ricordai il suono della sua voce, dolce e incredibilmente sensuale al tempo stesso.

 

<< Desiderate la mia compagnia, signore? >>

<< In questo momento il mio unico desiderio è continuare a guardarvi. >>

Lei rise, una risata ammaliante che irretì i miei sensi come il canto della più dolce delle sirene.

<< Guardarmi… gli uomini lo fanno spesso. >> disse languida

<< Lo immagino. >> risposi seccamente, mentre un leggero fastidio s’insinuava in me.

<< No, non lo immaginate. >>

Fui colpito dal suo repentino cambio di tono. Adesso sembrava quasi irritata. Tuttavia mi distrassi non appena lei si risollevò e si avvicinò a me.

<< Siete bello. >> mi sussurrò a pochi millimetri dalle labbra, facendomi inghiottire un paio di volte a vuoto.

<< Non quanto voi. >> le sussurrai di rimando.

Stavo per poggiare le mie labbra sulle sue, ma lei si ritrasse con un sorriso mellifluo.

<< Avete tante donne? >> chiese sorridendo e girandomi lentamente intorno.

Cercai di riprendermi per poterle rispondere. Che domande erano quelle?

<< Molte. >> risposi con un sorriso.

<< Certo… siete un uomo dolce oltre che bello. >>

Ritornò davanti a me e piegò leggermente il viso di lato, facendo cadere i suoi lunghi e bellissimi capelli mossi su una spalla.

<< Non ne sarei così sicuro. >> pronunciai divertito.

Allungai una mano verso i suoi capelli e ne strinsi alcune ciocche tra le dita.
Lei s’irrigidii appena e io lo notai.

<< Solo un uomo dolce come voi potrebbe rivolgersi a me con così tanta educazione. >>

Stavo per ribattere che anche lei mi sembrava avere una buona educazione ma poi ricordai che era di certo una cortigiana. Non poteva essere altrimenti. Tuttavia questo non pregiudicava nulla. Lei non era come le altre, lo sentivo.

<< Sono educato solo con chi lo è con me. E voi lo siete. >>

Sorrise sinceramente e io non vi trovai nessuna traccia della malizia che aveva usato prima.

<< Mi sono sbagliata. Siete solo ingenuo. >>

Sfuggì alla mia presa, facendomi ammutolire.

Ingenuo?

<< Non lo sono… a proposito come vi chiamate? >>

<< Voi? >> mi chiese subito.

<< Edward Cullen. >>

Si avvicinò a me di nuovo e allungando le mani sul bavero della mia giacca si sollevò sulle punte per cercare di essere alla mia altezza.

Con un mezzo sorriso le afferrai la vita e la sentii fremere sotto il mio tocco.

<< Vi rivedrò Edward Cullen? >>

Non mi dette il tempo di rispondere che appoggiò le sue labbra sulle mie. A quel contatto il mio cuore perse qualche battito.

Il nostro contatto durò poco ma bastò per farmi perdere la testa. La sentii scivolare lentamente dalla mia presa per poi sparire in un anfratto buio.

 

 

<< Duca, i Baroni stanno per andare via. >>

La voce di una domestica mi fece quasi trasalire, strappandomi violentemente dai ricordi della sera prima.

<< Arrivo. >> borbottai.

Uscii dalla biblioteca e scesi le scale che conducevano all’ingresso. Vidi i miei genitori parlare con i Baroni e Meredith, con indosso un capello elegante sui capelli, vicino alla carrozza.

<< Mio caro Edward, purtroppo dobbiamo salutarci. >> disse non appena la raggiunsi.

<< E’ così e mi dispiace molto. >> mentii ad arte.

<< Ne sono sicura. >>

Mi sorrisi e cominciò a sventolarsi con il piccolo ventaglio che fin ora aveva tenuto tra le mani.

<< Meredith, sono mortificato per ieri sera, ma un amico aveva bisogno del mio aiuto. Non ho saputo dire di no. >>

<< Non preoccupatevi Duca. Siete sempre così gentile, sempre pronto a curarsi dei bisogni degli altri. >>

Sì, soprattutto quelli delle donne… pensai divertito.

<< Sono sicuro che avremo modo di rifarci. >>

Lei mi porse la mano che io baciai appena.

<< Lo spero. >> sospirò deliziata.

Le sorrisi ancora e dopo aver salutato anche i Baroni mi avviai alla stalla per prendere il mio cavallo.

<< Jordan. >>

<< Duca, prendo subito il vostro cavallo. >>

Annuii allo stalliere e lo aspettai, fin quando il mio bellissimo cavallo nero come la notte non apparse al di fuori della stalla.

Presi le briglie e lo portai lentamente fuori. Avevo bisogno di fare una passeggiata e schiarirmi la mente.

Montai sul cavallo e mi diressi al di fuori della città, verso le campagne.

Quella cortigiana non mi aveva neppure detto il suo nome… pensai divertito. L’avrei rivista? Assolutamente sì, l’avrei cercata ovunque.
Sapevo di non dovermi interessare a una cortigiana ma quella bambina mi stava tormentando.

Sì era poco più di una bambina per me, poteva avere più o meno vent’anni e io a ventotto non potevo andare dietro a queste cose. Piuttosto avrei dovuto pensare ad una moglie.

Quel pensiero bastò a farmi scendere l’umore sotto terra.

<< Ehi! >> dissi sconvolto, quando una mano mi stava quasi facendo volare a terra.

Un cavallo di colore marrone scuro sfrecciò accanto a me e una risata argentina mi fece rilassare di colpo.

<< Sophie! Sei impazzita? >>

<< Eri così pensieroso, mio bel Duca. >>

Scossi il capo con un sorriso e raggiunsi la mia pazza migliore amica che si era fermata ad aspettarmi.

<< Voleva buttarmi giù dal mio cavallo, Duchessa? >> dissi scendendo da cavallo e aiutandola a fare lo stesso

Lei mi schiacciò l’occhio e poi si allungò per baciarmi una guancia.

<< Certo che sì. Sono arrabbiata con te. >>

La guardai colpevole e l’abbracciai nonostante i suoi tentativi di ritrarsi.

<< Avevi promesso, idiota! >>

<< Lo so tesoro ma sono stato trattenuto! >>

<< Lo immagino! Quando la smetterai? >>

<< Mai! >> dissi con fervore, facendola ridere.

<< Allora… chi è stata la fortunata? >>

Mi prese sottobraccio e camminammo un po’ per il piccolo boschetto in cui ci trovavamo.

<< Se te lo dico, non vorrai più vedermi. >>

Si bloccò di colpo e si portò le mani sulle labbra in una finta espressione di tormento.

<< Non sarà mica mia madre! >>

Risi di cuore e le baciai i capelli.

Sophie mi guardò con tenerezza e ricambiai il suo sguardo allo stesso modo.

<< Finalmente ridi, eri così serio. Credo di non averti mai visto così. >>

Persi il sorriso e mi sedetti su un grosso masso.

<< Ieri sera ho incontrato una ragazza bellissima, che non vuole più abbandonare la mia mente. >>

Sophie sorrise e inarcò un sopracciglio.

<< Questa sì che è una novità. >>

<< Non mi posso interessare così a lei. >> ribattei sconsolato.

Lei non parlò per qualche secondo e poi sgranò gli occhi guardandomi allucinata.

<< Edward hai perso la testa per una cortigiana? >>

Il suo tono mi infastidì, così voltai il capo dalla parte opposta alla sua. Dannato codice, perché la legge vietava i rapporti civili con le cortigiane?

Stupido Edward, sei uno stupido.

Mi rimproverai mentalmente. Cosa mi prendeva? Ovvio che un Duca non poteva stare con una cortigiana.

<< Non stai correndo un po’ troppo? >>

Le mani di Sophie mi afferrarono il viso e lentamente lo voltò verso di lei.

<< Forse hai ragione. >>

Ero solo confuso e attratto da quella ragazza, nient’altro…

<< Edward sai che io vorrei solo vederti felice, però… >>

<< Però non posso interessarmi a lei, lo so. >>

<< Che ne sai infondo che tra qualche giorno non penserai più a lei? >> disse con voce accorata.

<< Sophie, sono solo confuso. E’ la prima volta che una donna mi colpisce così tanto. >>

Lei sorrise indulgente e mi abbracciò.

<< Aspetta Edward, magari passerà. Sai cosa impone la nostra società. >>

Annuii distratto e dopo un po’ tornammo ai nostri cavalli. Sophie tornò a casa e io feci lo stesso.

Aspettai con ansia la fine della cena e poi uscii di filato per andare in città. Dovevo trovare quella cortigiana, così andai di nuovo vicino al Tamigi sperando di vederla lì, ma così non fu.

Non sapendo bene dove andare, andai nei vicoli dove di solito stavano le cortigiane, ma quelle erano davvero di basso rango. Sicuramente l’avrei trovata in qualche boudoir.

Entrai in alcuni ma ancora nessuna traccia di lei. Sconsolato decisi che avrei visto l’ultimo e poi sarei tornato a casa con la ferma idea di cancellarla dalla mia mente.

Passai tra tavoli da gioco e divani occupati da uomini ubriachi, fin quando il cuore quasi non mi si fermò nel petto quando la vidi. Era seduta sulle gambe di un uomo di non più di trent’anni. Lui la stringeva forte a sé, forse troppo e lei teneva le mani sul suo petto. Lui le baciava il collo e lei infastidita cercava di allontanarsi.

Non ci vidi più. Mi avvicinai a loro e la presi per un braccio, facendola alzare di colpo dalle gambe di quell’uomo.

<< Ehi, guarda che questa l’ho già presa io! >>

Ignorai le proteste di quel farabutto e portai fuori quella dannata cortigiana, mentre lei mi guardava con occhi spalancati.

L’aria fredda della sera sembrò calmarmi in parte. Lasciai la ragazza che mi guardava esterefatta e feci qualche passo, lasciandola indietro.

<< Vieni. >> le dissi con rabbia.

<< No. Cosa vi è saltato in mente? >> disse con voce tremante.

Mi voltai verso di lei, ringhiando di frustrazione.

<< Non ho intenzione di discutere adesso, ragazzina. Seguimi e basta. Sono stato chiaro? >>

La mia voce arrabbiata la fece indietreggiare di qualche passo. Ci osservammo per qualche minuto in silenzio fin quando non m’incamminarmi verso il luogo dove la sera prima l’avevo incontrata. Lei mi seguì in silenzio e quando arrivammo dinnanzi al Tamigi mi voltai di scatto e la presi tra le braccia.

Lei mi guardò spaventata all’inizio per poi cercare di allontanarmi. Ignorai le sue proteste e l’appoggiai con forza al parapetto e la baciai.
Lei tentò ancora di allontanarmi ma ben presto cedette alla forza della mia supremazia.

Finalmente riuscii a fare quello che dalla sera prima desideravo. Con la lingua forzai le sue labbra che si aprirono lentamente. Gemetti non appena accadde e per lunghi minuti non riuscii a staccarmi da lei.

Cosa mi aveva fatto quella ragazza?

<< Edward… >> sussurrò lei allontanandosi per respirare.

La guardai, riempiendomi la vista del suo viso bellissimo. Non riuscivo ad accettare che qualche altro uomo la toccasse o peggio l’avesse ma era assurdo perché lei non sarebbe mai stata mia. Mai.

<< E’ tutta colpa tua se sono ridotto così, bambolina. >> sussurrai minaccioso al suo orecchio.

<< Non so di cosa parlate e ora lasciatemi! >>

Mi allontanai di qualche passo e sorrisi appena.

<< No, non ti lascio. >>

<< Cosa state dicendo? Sono una cortigiana, vengo pagata per quello che faccio, altrimenti come farei a vivere! >> urlò alla fine.

Rimasi immobile a guardarla. Tutto questo era ovvio ma non riuscivo a dire a me stesso di doverla lasciare andare.

<< Dimmi il tuo nome. >>

<< No. >>

La spinsi di nuovo contro il parapetto con forza e lei si lamentò leggermente.

<< Voglio sapere il tuo nome. Lo voglio sapere adesso. >>

La guardai e rimasi ancora una volta affascinato da lei. I capelli scomposti sul viso, il respiro ansimante e gli occhi lucidi.

<< Vi credevo diverso. Siete proprio come tutti gli altri schifosi nobili. >>

Mi dovetti trattenere per non schiaffeggiarla. Non l’avevo mai fatto ma ne avevo il profondo desiderio.

<< Il tuo nome. >> sbottai furioso.

<< Isabella. >> disse con rabbia.

Maledizione! Quella ragazza era indomabile!

<< Il tuo nome mi darà il tormento… Isabella… >> pronunciai sulle sue labbra.

<< Mi volete non è vero? Allora perché tutte queste scene. Vi farò sapere quando sarò libera. >>

Abbassò il capo e fece per andarsene, ma io la presi per un braccio, fermandola.

<< Tu sei libera adesso per me, bambolina. >>

Ebbene i giochi erano iniziati e non sapevo se sarebbero mai finiti.

 

 

 

 

 

*********************************

Ciao a tutti! 
Pensavo che avrei aggiornato prima ma questo capitolo non mi ha subito convinto e non so se sono riuscita nel mio vero intento!

Qui Edward passa dall’essere gentile e affascinato da lei fino a desiderarla con rabbia. E’ una situazione difficile, perché appunto la società di allora vietava unioni del genere.
Naturalmente è ancora presto per questo ma Edward sente che lei è diversa dalle altre donne che ha avuto fin ora.

Bene… cosa ne dite?

Ovviamente il pezzo in corsivo è un Flash-back della sera prima.

Ok, adesso cominceranno i veri problemi! xD

Cosa ne pensate? Cosa fareste al posto di Edward? xD

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


                                                       

 

 

 

L’amore non è pretendere, ma dare; è dimenticarsi, ma non dimenticare, è vivere fuori di sé, pur rimanendo in sé; 
è riservarsi le spine e offrire le rose. L’amore chiede tutto ed ha il diritto di farlo.

Beethoven

 

 

 

Capitolo tre

 

 

 

<< Fammi vedere dove vivi. >>

Me ne ero uscito con quella pretesa senza neppure sapere perché. La volevo e avrei fatto di tutto per averla per me. Solo per me.

 << Cosa state dicendo? >>

<< Sei diventata sorda Isabella? Voglio andare a casa tua. >>

 << Perché dovrei? >> chiese con rabbia.

 La osservai affascinato. Quel suo atteggiamento mi faceva arrabbiare e meravigliare al tempo stesso. Non avevo mai incontrato una donna così testarda e ostile.

 Mi avvicinai minaccioso e lei non si mosse di un millimetro neanche quando il mio respiro s’infranse sul suo viso.

 << La mia non era una domanda, bambolina. >> le sussurrai, avvicinandomi pericolosamente alle sue labbra.

 << Perché siete diventato così insolente? >>

 Inarcai un sopracciglio divertito. Insolente?

<< Isabella non mi conosci neppure, chi ti dice che non lo sia sempre stato? >>

<< Lo so e basta. >> disse solamente e io faticai ad udirlo.

 Strinsi i pugni e le presi il braccio, forzandola a camminare.

<< Sono stufo, fai quello che ti si dice, chiaro? >>

Lei non rispose ma fece forza per liberarsi il braccio dalla mia presa. Ovviamente non ci sarebbe mai riuscita così decisi di allentare la presa per permetterle di liberarsi.

<< Farebbe meglio a levarsi la giacca, potrebbe sporcarsi >> disse ironica superandomi.

Inarcai un sopracciglio e la raggiunsi.

<< Non toglierò solo quella >> le sussurrai seducente all’orecchio, facendola innervosire ancora di più.

<< Ti innervosisci spesso vero? >> aggiunsi, anche se lei non mi rispose.

Guardai distrattamente dove stavamo andando e mi accorsi che era la parte più vecchia della città. C’erano vecchi lampioni, palazzine fatiscenti e alcuni gatti che si movevano tra i bidoni della spazzatura, facendo rumore.

<< Prego Monsieur. >> mi disse con tono ironico ad un certo punto, tenendo aperto un vecchio portone di una palazzina che sembrava stesse cadendo in pezzi. Era a due piani e il primo dei due balconi era molto rovinato e aveva una vetrata rotta.

<< Grazie Madame. >> risposi senza battere ciglio.

Non appena entrai, mi resi conto che l’interno era peggio dell’esterno. Una lunga e vecchia scala polverosa si ergeva di fronte a me e le pareti erano piene di muffa e annerite dallo sporco.

Non mi feci scoraggiare e seguii Isabella al piano di sopra.

La osservai abbassarsi e prendere una chiave da sotto un vecchio tappetino davanti l’ingresso di un imponente quanto logora porta d’ingresso di legno. Non appena entrammo mi ritrovai in una casa vecchia e mal ridotta. C’era una stanza con un divano verde scuro, un mobiletto di legno con alcuni libri e una finestra, poi altre due porte che capii essere due stanze da letto, infine la cucina composta da un vecchio ripiano con dei tegami, un tavolo di legno mal ridotto e  una piccola porta laterale che ipotizzai essere il bagno.

Era una casa invivibile eppure vidi Isabella muoversi con tranquillità, per poi sbuffare e sedersi al tavolo della cucina, guardandomi quasi con disprezzo.

<< Sono lieta di accoglierla nella mia reggia signore. >>

Ancora quel tono ironico e beffardo che cominciava a innervosirmi. Velocemente presi la sedia, sperando che reggesse il mio peso e mi sedetti accanto a lei, sorprendendola.

<< Bambolina cambia tono con me, mi sono spiegato? >> le alitai sul viso.

<< Cosa volete da me? >>

<< Te >> risposi semplicemente

<< Perché siete voluto venire a casa mia? >>

Non potei risponderle perché un rumore insistente alla finestra ci fece voltare entrambi. Mi accorsi che il rumore era dato da dei sassolini lanciati dalla strada verso la finestra.

<< Ci mancava anche questa >> sentii borbottare dalla bella cortigiana, che si alzò stancamente e aprii l’imposta.

<< Angela vattene via >> disse senza mezzi termini

<<  Già finito per stasera Bella? >>

Bella? Trasalii lievemente a sentire quel nome, ma non ci feci caso più di tanto.

<< Non sono affari tuoi, torna dai tuoi clienti. >>

<< Tesoro sei arrabbiata? Ho visto la luce accesa e sai che lei non vuole che torni così presto anche se non hai nulla da fare! >>

Lei chi?

<< Lo so bene, te ne vai adesso? >>

<< Bella ma sai che succede se… >>

Isabella per tutta risposta chiuse l’imposta con così tanta forza rischiando di romperla e tornò da me, furente.

<< Hai visto in che guai mi state cacciando? La mia padrona non vuole che sto già a casa a quest’ora. Cosa volete allora? >>

<< Te l’ho detto Bella. >> dissi con noncuranza.

<< Non chiamatemi così. >>

Si rialzò dalla sedia per la rabbia e io la seguii, per poi afferrarla e stringerla a me.

<< Sei molto aggressiva e questo mi piace. >>

Non sapevo cosa mi prendeva, con lei sentivo una strana rabbia mista a desiderio che non riuscivo a controllare. Quel suo atteggiamento mi indisponeva e piaceva al tempo stesso.

<< Se mi volete dovete venire al Boudoir dove mi avete trovata. >>

<< No ti sbagli, lì non ci torni, da adesso sarai mia e mia soltanto. >>

<< Siete impazzito? >>

<< Non mi sembra. >> dissi divertito, osservando il suo sguardo furente.

<< Non sono di vostra proprietà. >>

<< Certo che no, ma sarai mia lo stesso. Starai dove dico io e ti vedrò le volte in cui vorrò io. >>

<< Non potete dire sul serio… >> sussurrò sgomenta, facendomi irritare di nuovo.

<< Isabella non ho voglia di scherzare. Tu andrai via da questo posto. >>

<< Perché non potete limitarvi a venire al Boudoir? La mia vita è questa e voi non potete cambiarla solo per un vostro capriccio. >>

Un capriccio? Io ancora non sapevo cosa fosse ma una cosa era certa, non mi sarebbe scappata così facilmente e non volevo che altri uomini viscidi e violenti l’avessero al posto mio.

<< Non potete avere l’esclusiva >> disse intuendo i miei pensieri.

<< Vuoi che ti paghi per questo? >> dissi con disprezzo, allontanandola malamente da me.

<< Certo che la dovete pagare mio signore e molto caro anche. >>

Mi voltai di scatto verso la voce di una donna alle mie spalle. Dovevo essere così preso dalla  discussione da non essermi accorto che era entrato qualcuno. Lo stesso valeva per Isabella a giudicare dalla sua espressione, anche se lei sembrava anche spaventata.

Una bella donna, più grande di me, con lunghi boccoli biondi un po’ disfatti e due profondi occhi verdi mi osservava quasi famelica. Il suo abito era più bello rispetto a quello di Isabella e aveva un certo portamento.

<< Bella, cara, quante volte ti ho detto che non devi portare a casa i clienti? >> la fulminò

Isabella fece per parlare ma venne zittita dalla donna con un gesto della mano.

<< Il nostro cliente si è con me molto lamentato per il tuo comportamento a dir poco pessimo, come hai osato andarte in quel modo? >>

<< Sono stato io a portarla via di lì. >>

La donna si voltò piano verso di me e mi squadrò per qualche secondo.

<< Non importa Signore, Bella sa come ci si deve comportare altrimenti sai che ti butto in mezzo alla strada, non è vero cara? >>

La sua voce minacciosa, fintamente dolce, dette la nausea anche a me.

<< Lo faccia, tanto molto presto Isabella non metterà più piede qui. >>

La donna proruppe in una risata fragorosa e poi si avvicinò a me con curiosità e malizia.

<< Mio bel giovanotto, io sono Tanya, una tra le più importanti e famose cortigiane di Londra. Gestisco molti Boudoir e cortigiane di alto e basso borgo, di conseguenza tratto con molti clienti ma non ho mai incontrato un uomo come voi. >>

Non risposi ma guardai Isabella che sembrava sul punto di svenire. Era ovvio che era terrorizzata da questa donna.

<< Tuttavia, mi avete resa curiosa. Cosa volete fare con… Isabella? >>

Si era interrotta prima di pronunciare il suo nome. Perché la chiamavano Bella? E perché questo diminuitivo mi faceva uno strano effetto?

<< La porterò in un posto che non vi è dato di conoscere. >>

<< Se uscirà da qui non tornerà più e quando vi sarete stancato di lei rimarrà in mezzo a una strada. >>

Il suo tono era cambiato in modo sottile. A quanto pare la mia bella cortigiana le fruttava parecchio e questo mi fece fremere di rabbia.

<< Non mi stancherò di lei. >>

<< Certo come no. Sentite mio bel giovane nobile, l’ho cresciuta io questa sgualdrina e adesso mi serve, non posso darvela… a meno che… >>

Strinsi i pugni, sapevo bene cosa voleva, ma perché avrei dovuto accontentarla?

<< Quanto credete che ci metterò a sapere chi siete e dove vivete e informare la vostra famiglia che avete deciso di tenervi una cortigiana come amante? >> mi disse con sicurezza.

Avanazai verso di lei, che fece qualche passo indietro fino a scontrarsi contro una sedia.

<< Quanto credi ci metterò a eliminare te e tutti i tuoi schifosissimi Boudoir? >>

<< Non riuscirete a mettermi paura. >> ribattè Tanya con titubanza.

Una mano tremante mi artigliò il braccio e mi voltai verso Isabella che con le lacrime che le scorrevano sul viso mi implorava di finire quella discussione.

Fu come se il mondo girasse al contrario, tutta la mia rabbia e il mio desiderio nei suoi confronti si annullarono per lasciare il posto a un estrema tenerezza e a qualcosa di indefinito che mi strisciava sullo stomaco, facendomi inghiottire a vuoto.

Le presi la mano e la strinsi nella mia per poi voltarmi verso Tanya che ci osservava con estrema curiosità.

<< Sono i soldi che vuoi vero, vecchia megera? >>

<< Come osate! >>

<< Vi pagherò quanto volete e Isabella verrà via con me. Ora. >>

<< Duca io non posso… non… >>

Le strinsi la mano più forte e le feci cenno di stare buona.

<< Siete un Duca… potete pagarmi bene.  D’accordo ma prima voglio essere pagata. >>

<< Domani al vostro Boudoir verrà qualcuno a pagarvi. >> dissi avviandomi con Isabella fuori da quello schifo di appartamento.

<< No, un momento, chi mi assicura che mi pagherete? >>

Mi fermai di scatto e presi tutti i soldi che avevo nelle tasche. Glieli lanciai e dovevano essere molti a giudicare dalla sua espressione.

<< Prendilo come anticipo. >>

Stavo per uscire definitivamente quando sentii la risata gracchiante della donna alle mie spalle.

<< Ritorni alle origini mia dolcissima Bella… >>

Rise ancora e io non diedi peso alle sue parole. Una volta fuori mi resi conto che non sapevo ancora dove avrei portato Isabella ma di certo non a casa mia.

<< Siete pazzo, ora cosa farò? >>

Isabella fece forza per fermarsi, si liberò dalla mia presa e si portò entrambe le mani sul viso riprendendo a piangere.

<< Preferivi rimanere lì con quella pazza? >>

<< Non avevo alternative, presto vi stancherete di me e io non avrò più dove andare. >>

Le scostai le mani dal viso e rimasi abbagliato dalla sua bellezza, nonostante le lacrime.

<< Isabella non mi stancherò di te e in ogni caso ti troverò una casa e non te la leverò. >>

Lei mi guardò come se fossi un alieno.

<< Mi state dicendo che anche se non sarò più la vostra amante potrò avere una casa? >>

<< Non parlare ancora di essere mia amante o meno. Isabella ti desidero ma voglio anche che tu stia bene. >>

Cosa stavo dicendo? Stavo davvero perdendo la ragione? Una cortigina che conoscevo da due giorni a mala pena già mi faceva questo effetto?

<< Non posso accettare. >>

<< Adesso basta, viene con me. >>

Ero tornato freddo e insensibile e la portai nell’unico posto possibile. Entrai nella locanda dove ero sicuro di trovarlo e andai al solito tavolo, dove stavolta c’erano altri due ragazzi che non conoscevo.

<< Jonathan >> dissi secco, facendo voltare verso di me.

<< Ehi Edw - >> si bloccò e osservò prima Isabella e poi me e viceversa per qualche secondo prima di alzarsi di botto.

<< Questa chi sarebbe? Ti porti dietro le cortigiane adesso? >>

Non gli avevo ancora parlato di lei e mi voltai verso la bellissima ragazza che avevo affianco. Si guardava intorno spaesata, mentre vari complimenti rozzi e volgari le venivano rivolti dai presenti.

<< Vieni fuori. >> dissi al mio amico, uscendo di nuovo.

<< Vuoi spiegarmi? >> chiese Jonathan non smettendo di guardare Isabella.

La tirai verso di me e lei stavolta non fece storie.

<<  Puoi farla stare con Amber per qualche giorno? >>

Quell’idea mi era venuta all’improvviso e vidi Jonathan guardarmi inorridito. Amber era una cortigina con cui Jonathan era stato per più di due anni, lei si era innamorata di lui ma era un sentimento non corrisposto perché Jonathan amava un'altra donna e io sapevo bene chi fosse.

<< Non se ne parla Edward. Non l’ho più vista da allora. >>

<< Bugiardo. >> dissi subito facendolo irrigidire.

Sapevo che la loro relazione era finita ma lui si assicurava sempre se lei stesse bene. Le aveva trovato un lavoro nella locanda dove ora ci trovavamo e lei era tornata ad abitare con la madre e la sorella che adesso poteva sostenere con il suo lavoro.

<< Non è possibile. >> disse duramente.

<<  Per favore, è importante. Solo pochi giorni. >>

Ci guardammo a lungo e poi lui sospirò e rientrò velocemente alla locanda. Lo seguii subito e lo vidi andare nel retro, dove il proprietario che io e Jonathan conoscevamo da quando eravamo bambini, e Amber si trovavano.

La ragazza era visibilmente sorpresa di vederci arrivare così di fretta e io la salutai con un cenno del capo. Conoscevo Amber ed era una brava ragazza. I suoi occhi scuri si posarono su quelli di Isabella che teneva i suoi bassi.

<< Jonathan cosa ci fate qui? >>

<< Scusa Amber ma dovresti tenere con te questa ragazza. >> disse lanciando un occhiata a Isabella

<< Perché? Sai che io non posso. >>

<< Lo so, sarebbe solo per qualche giorno. Te lo chiedo come favore personale. >>

Sentii Isabella sospirare e guardai Amber in attesa della sua risposta. Lei a sua volta guardava Isabella e poi Jonathan e vicersa.

<< Non so cosa sta succedendo, ma sappi che sarà solo per qualche giorno. >>

Jonathan le sorrise e lei si portò una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio e abbassò lo sguardo. Sapevo quanto quella situazione pesava su entrambi e avrei trovato in fretta una soluzione.

<< Sono fuori e sbrigati ad uscire. >> mi sibilò all’orecchio.

<<  Ve ne andate adesso? >> mi sussurrò Isabella mentre si lanciava occhiate con Amber che la stava studiando attentamente.

Sorrisi e le passai un braccio attorno alla vita. Dov’era finita la ragazza impavida di prima?

<< Sta tranquilla, ci vediamo domani a casa di Amber. >>

<< Ma non credo che… >>

Le misi un dito sulle labbra facendola ammutolire. Guardai quel viso splendido che mi stava facendo commettere tutte quelle follie e poi, nonostante la mia gran voglia di baciare quelle labbra dolci e sensuali, mi chinai per darle un bacio sulla fronte.

<< Buonanotte Isabella. >>

<< Buonanotte mio pazzo Duca. >>

La sentii sussurrare quando le diedi le spalle per uscire dalla locanda. Sorrisi ma questo sparì quando all’esterno trovai Jonathan che pretendeva delle risposte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

************************* 

 

Ciao a tutti!
Oggi sarà una giornata tremenda per me! Voi come state?
Io sono ancora malticcia e ieri che era il mio compleanno l’ho passato con mezza febbre addosso! Beh, fantastico!

 Avrei voluto postare prima ma appunto non stavo bene!

 Per quanto riguarda la storia, sono contenta di dirvi che ci saranno risvolti del tutto inaspettati come trapela già da questo capitolo… che dire…

Chi è la donna che Jonathan ama? Eheh… e poi vedremo dove Edward porterà Isabella...!

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Un bacio!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


 

                                                           

 

 

Avrei preferito avere un solo respiro dei suoi capelli, 
un solo bacio della bocca, un solo tocco della mano 
che stare un'eternità senza.

 "City of Angels"

 

Capitolo quattro

 

 

<< Sarà meglio che cominci a spiegarmi chi diavolo è quella cortigiana. >>

Sospirai e mi avvicinai del tutto a Jonathan, fino a fronteggiarlo.

<< L’hai appena detto, è una cortigiana. >>

<< Non prendermi per stupido, Edward. Perché te la sei portato dietro? Chi è ? Dove l’hai trovata? >>  mi incalzò il mio amico con urgenza.

Aprii le braccia in un gesto di resa e mi sedetti su un piccolo muretto vicino.

<< E va bene, ti racconterò tutto ma promettimi che  lo terrai per te. >>

<< E’ tardi per le promesse, amico. Se mi sono convinto a farla stare con Amber vuol dire che ti voglio dare una mano. Che c’è, non ti fidi più di me? >>

<< Se non fosse così non mi sarei rivolto a te. >>

Ci guardammo qualche secondo, finchè lui sospirando si sedette accanto a me.

<< La sera della festa in onore dei Baroni, la stessa in cui ci siamo incontrati l’ultima volta qui alla locanda, ho deciso di fare una passeggiata. Sai che non sopporto quando i miei genitori, seppur a ragione, cercano una moglie per me, così sono andato via. >>

Jonathan mi guardava attento e con un cenno della mano mi fece cenno di continuare.

<< Sono andato al Tamigi, come faccio sempre quando voglio rilassarmi e stare da solo ma lì ho avuto una bella sorpresa. >>

<< Hai incontrato la bella cortigiana. >> affermò Jonathan lasciandomi basito.

<< Come lo sai? >> chiesi incredulo.

<< Ho tirato ad indovinare! >> disse con un mezzo sorriso.

<< Beh, hai indovinato. Era lì, appoggiata al parapetto… la donna più che bella che avessi mai visto.  >>

Senza rendermene conto mi fermai ripensando alla sera in cui ci eravamo incontrati. Il suo viso dolce ed etereo, quelle labbra che sapevo mi avrebbero fatto impazzire, i suoi occhi caldi e svegli ed un corpo fine e aggraziato nonostante gli abiti logori e sporchi.

<< Oh, ti prego! Sei già fino a questo punto! >> pronunciò lamentoso il mio migliore amico, ma quando mi voltai a guardarlo un mezzo sorriso consapevole gli curvava le labbra. Anche lui sapeva cosa voleva dire amare qualcuno che non si poteva…

Un momento… no, io non potevo davvero essere arrivato così in fretta a questo punto. Decisamente no. Io non potevo e non volevo amare. Quella ragazza mi piaceva e la volevo per me, soltanto per me. Si trattava solo di questo.

Doveva essere mia.

<< Non dire stupidaggini. Solo, non potevo lasciarla nella topaia dove viveva e non sopporto che qualcun’ altro metta le mani su ciò che mio. >>

<< Quella ragazza non è tua Edward. >>

Strinsi i pungi e mi alzai di scatto.

<< Insomma vuoi aiutarmi o no? >>

<< Voglio farti rinsavire Edward, ma vedo che questo ormai non è più possibile. Cosa farai adesso con questa cortigiana? Le troverai una casa e ne farai la tua amante? E dopo? Sai che lei un giorno tornerà a fare ciò che ha fatto fin ora. >>

Non ci vitti più e lo presi per il bavero della giacca, sbattendolo al muro.

<< Non hai capito nulla di quello che ho detto, vero Jonathan? >>

Lui fece pressione per farsi lasciare andare e così mi allontanai bruscamente.

<< Non puoi tenerla con te per sempre, dovrai sposarti e non puoi diventare lo zimbello di tutta l’ Inghilterra solo perché ti vuoi tenere a vita una - >>

<< NON DIRLO! >>  tuonai ben sapendo che stava dicendo una parola fin troppo offensiva per una ragazza come Isabella.

<< Posso non dirlo ma è quello che è  d’accordo? E se da te volesse dei soldi? Se ti manderà in rovina un giorno con qualche ricatto? >>

<< Adesso basta Jonathan, ne ho abbastanza. Proprio tu parli in questo modo? >>

<< Io non ero ridotto così, senza contare che sapevo bene fin dall’inizio che l’avrei lasciata alla sua vita, mentre tu invece… >>

<< Io non so nulla, chiaro? Vuoi aiutarmi o continuare con queste cazzate? >

Jonathan alzò gli occhi al cielo e dopo essersi messo le mani in tasca mi superò.

<< Sono solo preoccupato per te, uscirai male da questa storia. >>

Se ne andò così, senza aggiungere altro e io tirai un sospiro di sollievo. Nonostante tutto mi avrebbe aiutato e solo di questo avevo bisogno.

La mia mente era già fin troppo confusa. Io volevo quella ragazza e nessuno mi avrebbe fermato.

Mi decisi ad andarmene anch’io, dato che era notte fonda. Dovevo pensare ad una soluzione e l’avrei dovuta trovare il prima possibile. Tornai velocemente a casa mia ma non chiusi occhio, nonostante la stanchezza. Anche se rifiutavo ciò che mi diceva Jonathan non potei non pensare a quanto assurda fosse quella situazione, ma non sarei tornato indietro. Mai.

Perso nei miei pensieri mi resi conto che le luci dell’alba cominciavano a filtrare dalla pesante tenda della mia stanza. Mi alzai più stanco di quando ero arrivato e dopo essermi dato una rinfrescata ed essermi cambiato, dato che indossavo ancora i vestiti del giorno prima, uscii dalla camera nello stesso momento in cui delle cameriere entravano per sistemare la mia stanza.

Mentre ero in corridoio potei sentire i loro bisbigli sul fatto che il letto fosse quasi praticamente intatto. Non mi curai dei loro pettegolezzi e scesi a fare colazione in sala, anche se era ancora molto presto. La cameriera che stava allestendo il tavolo, infatti, mi guardò sorpresa.

<< Allora? Cos’hai da guardare? Portami la mia colazione. Subito. >>

<< Certamente Signore. >>

La giovane cameriera lasciò tutto ciò che aveva in mano sul tavolo, malamente, e si diresse di corsa in cucina.

<< Qualcosa ti turba, figlio mio? >>

Alzai lo sguardo verso mio padre che mi stava raggiungendo al tavolo e mi sedetti con un sospiro. Appoggiai i gomiti sul tavolo e con le mani mi strofinai gli occhi. Ero stanco e arrabbiato.

<< Nulla di cui preoccuparsi, padre. >>

<< Ho passato la mia vita a preoccuparmi per te. >> mi disse con un mezzo sorriso.

Già, la mia vita era stata molto più turbolenta rispetto ai miei fratelli e io come li ripagavo?

<< Solo un litigio con Jonathan. >> mentii sperando di convincerlo, ma così non fu a giudicare dalla sua espressione. Tuttavia mio padre era sempre stato un uomo particolarmente sveglio e capii che non ne volevo parlare.

<< Spero che facciate pace allora. >>

Annuii con lo sguardo basso. Era difficile mentirgli ma non potevo di certo informarlo di ciò che stavo combinando. Strinsi i pugni, cercando di non pensare alla profonda delusione che gli avrei recato e mi concentrai sulla colazione che la cameriera stava servendo a me e a mio padre.

Quando ormai quella situazione si fece insostenibile mi scusai e mi alzai, con tutta l’intenzione di uscire a prendere un po’ d’aria.

<< Edward, tesoro, già sveglio? >>

Oh no! Ci mancava solo mia madre. Come avrei fatto a mentire anche a lei?

Incrociai lo sguardo perplesso della donna meravigliosa che mi aveva regalato solo amore in quegli anni e mi avvicinai per baciarle la fronte.

<< Sì madre, ma è tutto a posto, non preoccupatevi. >>

<< Sì Esme, io ed Edward volevamo passare del tempo insieme senza essere disturbati così ieri ci siamo messi d’accordo per fare colazione insieme e parlare un po’, non è vero figliolo? >>

Carlisle mi schiacciò l’occhio e lo ringraziai con un sorriso. Non meritavo tutto questo.

<< Certamente e mi ha fatto molto piacere passare del tempo con voi, padre. >>

Lui sorrise ancora e poi si alzò per scostare la sedia a mia madre, che dopo avergli regalato una dolce carezza sul viso mi sorrise raggiante.

<< Sono molto contenta di questo. Quali sono i tuoi programmi di oggi? >>

<< Nessuno in particolare, madre. Passerò la giornata con Jonathan, come al solito. >>

<< Questi due ragazzacci, cosa dobbiamo fare per fargli mettere la testa a posto, Carlisle? >>

<< Non credo che ci riusciremmo. Sono sicuro che loro stessi capiranno quando sarà il momento di mettere da parte tutto per cominciare una vita onorevole e mettere su famiglia. >>

Il messaggio di mio padre era chiaro e io incassai senza dire nulla.

<< Spero sia davvero come dici. Buona giornata tesoro. >>

Mia madre mi mandò un bacio volante e io dopo aver sorriso ad entrambi uscii finalmente fuori.

Incontrai subito lo stalliere e gli feci cenno di preparare il mio cavallo. La vecchia abitazione di Amber era poco fuori città quindi mi sarebbe servito.

<< Andiamo Aramis >> dissi rivolto al mio cavallo nero, mentre prendevo le briglie dalle mani dello stalliere.

Montai e partii subito verso la mia meta. Ero ansioso di vedere Bella ed ero sicuro di trovare Jonathan già lì.

Grazie a diverse scorciatoie arrivai prima del previsto e non appena avvistai la vecchia dimora dei Brunerg scesi da cavallo e lo portai con me, oltre la cancellata bianca e un po’ malconcia dell’abitazione.

<< Signor Duca! >>

<<  Signora Julia, che piacere vederla. >>

Sorrisi alla mamma di Amber, che sull’uscio della porta di casa mi faceva cenno di entrare.

<< Prego Duca, entrate pure. Scusate ma sapete bene che la mia casa è molto umile per un nobile come voi. >>

<< Non dite sciocchezze Julia. >>

Le schiacciai l’occhio e legai il cavallo all’asse di legno apposito, poi salii le due scale di legno che portavano alla casa ed entrai.

<< Amber e Jonathan sono nel salone, mentre Bella è ancora in camera sua. >>

In camera sua? Ancora?

Annuii distratto ed entrai nel salone, composto da un mobiletto di legno con un vaso di fiori, un vecchio divano verde scuro e un tavolino di vimini con diversi giornali posti sopra.

Jonathan era seduto sul divano e Amber gli sorrideva dolcemente. Mi dispiaceva molto per lei, si vedeva che era ancora molto innamorata di lui, purtroppo però il sentimento non era ricambiato anche se lui provava un profondo affetto per lei.

<< Buongiorno Amber, grazie per aver ospitato Bella in casa tua. >>

<< Non si preoccupi Signor Cullen, è stato un piacere. Bella è una ragazza molto silenziosa e molto educata. >>

Sorrisi riconoscente e mi scambiai una veloce occhiata con Jonathan.

<< Suppongo che debba aspettarti qui. >> mi disse con un sopracciglio alzato.

Annuii semplicemente e mi diressi di nuovo  fuori il salone, passai per la cucina dove la madre di Amber era intenta a tagliare delle verdure sul tavolo e presi un piccolo corridoio dove c’erano solo tre stanze. Una era di Julia, una di Amber e la sorella maggiore, mentre l’altra era un bagno. Conoscevo bene la casa perché avevo aiutato Jonathan a trovarla per Amber e la sua famiglia.

Bussai nella porta della stanza dell’ex amante del mio migliore amico, dove c’era di sicuro Bella. Non ottenni alcuna risposta così aprii piano l’uscio e guardai all’interno. Il piccolo letto vicino al vecchio armadio in legno era perfettamente fatto, le tende erano sciolte quindi la stanza era in penombra. Infine vidi la mia cortigiana seduta su una sedia di fronte a uno specchio mentre con una spazzola cercava di sciogliere i nodi dei suoi capelli. Era posizionata all’angolo con la finestra e utilizzava un filo di luce che entrava.

Mi avvicinai lento ma lei non se ne accorse tanto era presa a sistemare i suoi capelli. Mi misi di lato per evitare che la mia immagine si riflettesse sullo specchio facendomi scoprire. Ero silenzioso come un gatto grazie agli insegnamenti di mio nonno e mio padre circa la caccia. Quando fui abbastanza vicino alla mia ossessione, le catturai il polso che teneva la spazzola facendola spaventare.

<< Tranquilla piccola, sono io. >>

Lei mi fulminò con lo sguardo e fece per tirare via il polso dalla mia presa. Io presi la spazzola dalla sua mano e mi posizionai dietro di lei. Presi ad accarezzarle piano i capelli, partendo dal basso e sciogliendo i nodi. Di certo non si occupava molto dei suoi capelli ultimamente.

<< Non serve che lo facciate. >>

La sua voce era incerta, imbarazzata e nervosa al tempo stesso.

<< Mi piace farlo. >> tagliai corto, concentrandomi sui suoi capelli. Non glieli volevo rovinare, erano davvero molto belli e lunghi.

Per qualche minuto rimanemmo entrambi in silenzio, fin quando la sua voce mi risvegliò di nuovo.

<< Non è la prima volta che lo fate. >> disse con tono ironico.

Sorrisi tra me e poi la guardai attraverso lo specchio.

<< No. Non lo è. >>

Non dissi nient’altro ma dalla sua espressione si notava che era curiosa. Tuttavia non disse nulla, probabilmente per non farmi notare il suo disappunto alle mie parole.

<< Di solito gli uomini non si curano di queste cose. >>

Ancora una volta rimasi in silenzio e trattenni un sorriso compiaciuto. Nonostante i suoi sforzi era curiosa di sapere a quale altra donna avessi pettinato i capelli. Io finii con calma il mio lavoro e quando i suoi capelli furono liberi dai nodi, mi allungai su di lei da dietro e riposi la spazzola nel piccolo mobiletto vicino.

<< Un amica mi ha insegnato. >> le sussurrai all’orecchio per poi risollevarmi.

Era la verità, Sophie fin da quando era piccola mi costringeva letteralmente a pettinare i capelli alle sue bambole e poi direttamente a lei. Diceva che alle ragazze piaceva, così per me era diventata quasi routine, fin quando è diventata troppo grande per queste cose.

Riportai la mia attenzione a Bella che si era alzata e ora mi fronteggiava.

<< Gli uomini come voi non hanno amiche. >> disse sicura, facendomi inarcare un sopracciglio.

<< Chi te le dice queste cose? >>

<< Nessuno. Ho imparato che i nobili considerano le donne per un solo scopo. >>

<< Non è vero Isabella. >>

<< Perché mi avreste aiutato e portato qui. Perché mi considerate vostra amica forse? >>

Allungai le braccia e l’attirai a me. I suoi occhi mi guardarono sorpresi ma non fece nulla per sottrarsi alla mia presa.

<< Tu non potresti mai essere un amica, perché quello che provo per te è ben lontano da un semplice sentimento di amicizia. >>

<< La donna che vi ha insegnato invece? Per lei non provate desiderio? >>

<< Le tue domande sono troppo impertinenti Bella. Tra l’altro non conosci neppure Sophie, non puoi parlare di lei e della nostra amicizia. >>

<< Sophie? Un nome da nobile. >>

<< Un nome molto bello. >> dissi subito per poi vederla mordersi un labbro.

Si liberò dalla mia presa e si diresse verso la finestra, scostando un lungo lembo della tenda.

<< A proposito di nomi, dovreste smetterla di chiamarmi Bella. >>

<< Perché? >>

<< Lo uso solo per il mio lavoro. >>

Strinse con forza un lembo della tenda che aveva afferrato.

<< Quindi non mi consideri come un lavoro. >> dissi piano, avvicinandomi di nuovo a lei.

Isabella si voltò di scatto e i nostri visi si ritrovarono subito a pochi millimetri di distanza.

<< Non capisco ancora perché mi avete portato via dalla mia casa. >>

<< Quella non era casa tua. >>

<< Sì, invece. Adesso non ho più nulla, per colpa vostra. >>

<< Hai me. >> dissi ponendo fine a quella discussione.

Mi chinai velocemente su di lei e posai le mie labbra sulle sue, baciandola con intensità. Lei rispose con il mio stesso ardore, quindi nonostante le sue parole anche lei voleva stare con  me. La presi tra le braccia e l’adagiai con poca grazia sul letto. Il suo sguardo era desideroso e confuso al tempo stesso.

<< Da adesso sei mia, bambolina. >>

 

 

 

************************************   

 

Scusatemi, non ho da dire molto. La mia vita è veramente molto problematica e sono alle prese con decisioni difficili…

La storia da qui prenderà una piega diversa da quella che ha avuto fin ora! Questo, più che altro è solo un capitolo di passaggio.
Spero che ci sarete ancora…

Un bacio a tutti.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


 

                                                                     

 

 

L'amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi, io ti dico: 
buttati a capofitto, trova qualcuno da amare alla follia 
e che ti ami alla stessa maniera. Come trovarlo? 
Beh, dimentica il cervello e ascolta il tuo cuore. 

"Vi presento Joe Black"

 

 

Capitolo Cinque

 

 

<< Avete fretta, Duca? >>

<< Direi che ho aspettato già abbastanza. >> sussurrai sulle sue labbra.

Mi specchiai per un attimo nei suoi occhi, così intensi e caldi e poi sprofondai sulle sue labbra. Mi gustai la sensazione del suo piccolo corpo così a stretto contatto con il mio. E con le mani strinsi i suoi fianchi. Un leggero gemito da parte sua mi fece accendere subito. Non avevo mai provato un attrazione così forte per una donna e la cosa mi sorprendeva non poco. Con una mano risalii sui suoi seni, piccoli ma sodi, e ne strinsi uno nella mano. Lei voltò il capo di lato sospirando di piacere e io ne approfittai per lasciarle una lunga scia di baci dal collo fino alla mascella. Sentii le sue mani stringere con forza i miei capelli e quando stavo per riappropriarmi delle sue labbra un forte bussare alla porta ci fece trasalire entrambi. Mi staccai dalla mia bellissima cortigiana e mi diressi alla porta non trattenendo un imprecazione.

<< Molto nobile. >>

Lanciai un occhiataccia ad Isabella che mi aveva lanciato quella battuta ironica e nel frattempo si era seduta di nuovo composta sul letto.

Aprii la porta e mi scontrai con gli occhi divertiti di Jonathan e quelli mortificati di Amber.

<< Non mi dire che ti ho disturbato! >>

Io feci buon viso a cattivo gioco e mi spostai per farli entrare nella stanza.

<< Infatti non è così. >>

Jonathan mi schiacciò l’occhio e gli detti un pugno su una spalla.

<< Sul serio ragazzi mi dispiace se siamo piombati qui così, ma ho da dirvi una cosa importante. >>

Alle parole di Jonathan, Amber si adombrò ancora di più e raggiunse Isabella, sedendosi accanto a lei e prendendole una mano.

<< Purtroppo non puoi restare qui e mi dispiace molto per questo. >> disse Amber guardando dispiaciuta Bella.

<< Non preoccuparti, hai già fatto troppo per me. >>

<< Sapevamo di dover trovare un'altra soluzione Edward e ne ho già trovata una! >>

Guardai Jonathan curioso e lui mi raggiunse mettendomi una mano sulla spalla.

<< Potresti portare Isabella a Bosco verde. >>

In un attimo i miei occhi s’illuminarono. Jonathan aveva ragione, come avevo fatto a non pensarci prima!

<< Certo, bella idea Jonathan! >>

Lui mi sorrise sinceramente e io guardai Isabella con un sorriso.

<< Ti porto in un posto sicuro, dove nessuno ti disturberà. >>

Isabella mi guardò confusa e Amber con un sorriso, contenta del fatto che avessimo trovato una soluzione.

Lasciai le due ragazze sole e uscii fuori con Jonathan.

<< Non riesco a capire come mai non ci ho pensato prima. >>

<< Beh è un posto segreto e solo nostro Edward, ma se ci tieni così tanto a questa bella cortigiana allora Bosco Verde è il posto giusto. >>

<< Grazie Jonathan. >>

<< Nulla di che, amico. Piuttosto, desidero chiederti… >>

<< Non mi ha più detto nulla da allora. >>

Bloccai sul nascere la sua domanda ben sapendo cosa mi voleva chiedere. La donna amata da Jonathan purtroppo non ricambiava i suoi sentimenti, almeno così voleva fargli credere perché io pensavo che prima o poi lei si sarebbe resa conto che i sentimenti che prova per lui non erano solo d’amicizia.

Una sera lui le aveva dichiarato i suoi sentimenti, ma quando aveva scoperto di Amber lei non aveva più voluto sapere nulla di lui e nemmeno io ero riuscito a cavarle qualcosa di bocca. Ogni volta che menzionavo Jonathan lei si arrabbiava moltissimo e io non volevo mettere a repentaglio la nostra amicizia anche se mi dispiaceva moltissimo per il mio migliore amico.

<< Non so più cosa fare. La amo tantissimo e non riesco in alcun modo a dimenticarla. >>

<< Coraggio Jonathan, sono sicuro che le cose cambieranno e in caso contrario troverai un'altra donna. >>

<< La fai troppo facile Edward. >>

Scosse la testa tristemente e salì sul suo cavallo.

<< Il mio compito qui è finito. >>

Se ne andò senza nemmeno salutarmi e  lo guardai andare via, con la morte nel cuore. Sapevo che soffriva terribilmente ma non sapevo cos’altro fare.

<< Duca. >>

Sentii la voce delicata di Isabella chiamarmi e mi voltai verso di lei.

<< Vieni piccola. >>

Allungai una mano e lei la prese, avvicinandosi.  Incontrai lo sguardo di Amber, deluso quando capì che Jonathan se ne era andato.

Sospirai di frustrazione. L’amore era un sentimento troppo doloroso e io non avrei mai voluto rimanere stretto alle sue spire.

Salii sul mio cavallo e aiutai Isabella a fare lo stesso.

<< Grazie di tutto Amber, non dimenticherò ciò che tu e la tua famiglia avete fatto per me. >>

<< Per voi questo ed altro. Salutatemi Jonathan appena lo vedete e ditegli che mi fa sempre piacere incontrarlo. >>

Annuii e dopo aver dato un piccolo strattone ad Aramis, partii alla volta di Bosco Verde. La strada sarebbe stata lunga, poiché era un posto piuttosto distante da Londra, ma non troppo.
Dopo circa quaranta minuti di viaggio in cui ci eravamo lasciati Londra alle spalle e avevamo percorso un tratto di bosco nelle periferie, mi fermai vicino ad un laghetto per rinfrescarci. Isabella scese prima di me, senza nessun aiuto, e si avvicinò lentamente al laghetto, chinandosi per sciacquarsi le mani e il viso. La raggiunsi poco tempo dopo, facendo lo stesso, per poi ritrovarla seduta su una grossa radice dell’imponente albero vicino.

<< Sei stanca? >> le chiesi, sedendomi accanto a lei.

<< Non preoccupatevi, sto bene. >>

Abbassò il viso e io le presi il mento tra due dita e glielo sollevai.

<< Cosa c’è Isabella? >>

<< Stavo pensando ad Amber. E’ molto innamorata del vostro amico. >>

Le lasciai il mento e l’abbracciai, facendola appoggiare a me.

<< Lo so, piccola. Amber è stata la sua amante per più di due anni, ma Jonathan ha sempre amato un'altra donna. >>

<< E’ innamorato di Sophie? >>

L’allontanai da me per poterla guardare negli occhi.

<< Come fai a saperlo? >>

<< E’ un classico. Ho immaginato che essendo tua amica doveva esserlo anche di Jonathan e ho tirato a indovinare. >>

Le sorrisi e le baciai le labbra.

<< Sei molto sveglia. >>

Lei ricambio il sorriso e poi si stiracchiò leggermente.

<< Che posto è Bosco verde? >>

Quella domanda provocò un vero e proprio tumulto nel mio cuore. Erano passati molti anni da quando avevo scoperto quel posto.

<< E’ una boscaglia, dove si trova una piccola casa segreta che solo noi conosciamo. Quando io, Jonathan e Sophie eravamo bambini andavamo in giro per i boschi anche se Sophie non era molto felice di questo, così un giorno ci allontanammo un po’ troppo e dato che era scoppiato un temporale cercammo un rifugio. Eravamo più o meno in queste vicinanze quando vedemmo una vecchia casa che stava cadendo in pezzi. Ci passammo parte della notte, fin quando i nostri genitori non ci trovarono, spaventati che ci fosse successo qualcosa. Da allora decidemmo di rimettere a posto quella casa. Mio padre ci dette una mano, ma mia madre non ne seppe mai nulla. >>

<< Come mai si chiama Bosco verde? >> mi chiese con uno strano sguardo.

La mia espressione s’indurì. Non volevo tornare a quei ricordi. Non potevo, era troppo doloroso.

<< Perché l’ambiente che circonda la casa è pieno di alti alberi, innumerevoli fiori e un enorme prato che si estende a perdita d’occhio. >> mediai.

<< Siete un bugiardo. >>

<< Cosa? >> le chiesi, stupefatto.

<< I vostri occhi mentono, Duca. >>

Sospirai e la strinsi a me.

<< A dire il vero c’è un altro motivo. >>

<< Cioè? >> mi chiese accigliata.

Perché era così curiosa?

<< Quella notte, mentre Jonathan e Sophie era nella casa, uscii per cercare qualche rametto per poter fare un fuoco, anche se ero solo un bambino e non ci sarei riuscito. Poco lontano dalla casa, sotto la pioggia scrosciante c’era una bambina. >>

Avrei voluto chiudere lì il discorso ma Bella non era della stessa idea.

<< Una bambina? >>

Annuii distrattamente mentre continuavo a ricordare quei momenti. Era un ricordo che avevo sepolto nella mia mente.

<< Sì, quando provò a scappare la fermai chiedendole chi fosse e cosa ci facesse lì. Sentimmo delle voci. Erano quelle dei miei genitori che mi cercavano. Avrei voluto portarla con me, era sporca di fango ma aveva un vestito lungo e ricamato, come tutte le bambine nobili. >>

Guardai Isabella, ma lei fissava il laghetto con sguardo assorto.

<< Qualcosa non va? >> le domandai, giocando con una ciocca dei suoi capelli.

<< No, solo che questo nome non mi è nuovo. >>

Inarcai un sopracciglio ma poi feci spallucce e le baciai il capo.

<< Le dissi di venire con me e andare via da quel bosco, ma lei rispose che era un posto bellissimo e che quando non pioveva era verde, come i miei occhi. >>

<< Cosa è successo dopo? >>

<< Isabella è meglio che andiamo. >> tagliai corto.

La sua espressione quasi accigliata cambiò non appena si accorse che la stavo osservando. Si alzò con un sorriso e io la seguii.

<< Non manca molto ormai. >> le dissi rassicurante.

Ripartimmo e dopo poco più di un quarto d’ora arrivammo a destinazione. Sorrisi nel rivedere quel posto. Erano anni che non ci tornavo. Due grossi alberi secolari, messi uno di fronte all’altro, univano i loro rami nella parte più alta creando una specie di arco, che conduceva ad un prato immenso, costeggiato da fiori di ogni tipo, fin quando non si giungeva ad una casa in legno e mattoni.

<< Eccoci a Bosco verde. >> dissi scendendo da cavallo.

Lei rimase ancora in groppa ad Aramis e io tirai il cavallo dalle redini e lo portai dinnanzi alla casa. Mi avvicinai a Isabella e allungai le mani per farla scendere. Non mi sfuggì l’ espressione quasi stupefatta con la quale osservava  l’ambiente circostante.

<< Tutto bene? >> le chiesi curioso.

Lei non appena si accorse del mio sguardo, si portò una ciocca di capelli dietro le orecchie e arrossì. Feci finta di nulla e l’aiutai a scendere dal cavallo.

<< Ti piace? >> chiesi ancora, indicando la fitta vegetazione da cui eravamo circondati.

Lei annuì e poi si diresse vero la piccola costruzione. Dei lunghi rampicanti abbracciavano la struttura in legno e alcune piante di fiori erano sui davanzali delle finestre. Mi avvicinai per aprire la porta in legno, chiusa da una catena e un catenaccio e le feci cenno di entrare prima di me. Isabella, una volta dentro, si guardava intorno con curiosità. Il suo sguardo indugiò a lungo sul vecchio camino e i cuscini a terra vicino ad esso. Per il resto l’arredamento era molto semplice. C’era la cucina, composta da un tavolo e quattro sedie di legno che avevamo già trovato in quella casa, con un piccolo cucinino, una vetrinetta e la finestra che dava sul retro della casa. Poi c’era il bagno e il salone dove ci trovavamo. Tutto il resto, ovvero i cuscini, il divano e i fiori sui davanzali delle finestre erano stati opera di Sophie.

<< E’ davvero un bel posto. >>

Isabella si sedette sul divano e io la seguii.

<< Puoi stare qui quanto vuoi. >>

<< Mi sembra di essere un intrusa qui dentro. E’ un posto che appartiene a te, Jonathan e… Sophie. >>

Inarcai un sopracciglio notando l’astio con cui aveva pronunciato il nome della mia migliore amica.

<< Te la farò conoscere presto e non sarai mai un intrusa. Ti ci ho portato io! >>

Lei mi sorrise. I nostri sguardi indugiarono a lungo tra di loro e di nuovo quell’elettricità che si era venuta a creare la prima volta che l’avevo vista si fece sentire. Scivolai più vicino a lei, sul divano, e le accarezzai il viso con una mano. La osservai chiudere gli occhi e sospirare. Mi avvicinai alle sue labbra e cedetti alla tentazione di assaggiarle. Quando successe mi abbandonai a un lieve gemito. La strinsi a me con foga improvvisa sentendo divampare il mio desiderio per lei, come fuoco vivo. Lentamente la spinsi indietro,  fino a quando non fummo semi distesi sul divano.

<< Ti voglio Bella, fin dalla prima volta che ho posato gli occhi su di te. >>

<< Per favore, non chiamatemi così. >> disse in un sussurro.

<< Ah no? >>

Strofinai il mio naso contro il suo, facendola sorridere.

<< No, Duca. >>

<< Un giorno mi dirai il motivo, mia bella cortigiana? >>

A quelle parole si irrigidii e non sapevo se era perché le avessi chiesto il motivo della sua reticenza verso quel nome oppure per come l’avevo definita.

<< In effetti avete ragione. Chiamatemi come volete. Infondo… >>

Mi spinse lontano da lei e si alzò togliendosi lentamente il vestito, rimanendo completamente nuda davanti a me. Sgranai gli occhi e cominciai quasi a boccheggiare. Un calore forte e improvviso partì dal mio inguine fino ad arrivarmi al cervello. La guardai stupito e affascinato. Dimenticai completamente ciò di cui stavamo parlando e ignorando il suo sguardo di sfida la presi e la trascinai sul tappeto pieno di cuscini. Le portai le braccia sopra la testa e la osservai affamato di desiderio. Con la mano libera le accarezzai la pelle d’albastro e percorsi quel corpo magnifico. I seni erano piccoli e sodi, il ventre piatto e le gambe snelle e aggraziate. Le baciai il collo e la spalla, le lasciai i polsi e le strinsi i fianchi con entrambe le mani. Le sue andarono a finire tra i miei capelli e li tirarono quel tanto che bastava per sollevare la testa e guardarla.

<< E’ questo che volete da me, Duca. Cosa aspettate? >>

Non sapevo se le sue parole avevano un doppio fine, perché ero troppo accecato dall’eccitazione per farci caso.

Ciò che avevo aspettato a lungo ora sarebbe stato soddisfatto e in quel momento era l’unica cosa che volevo. Mi tolsi i vestiti velocemente e continuai ad accarezzare la mia seducente cortigiana. Mi piacevano i suoi gemiti e i suoi sospiri. Quando le sollevai i fianchi e la feci mia, non potei trattenermi dal lasciare un lungo e roco gemito.

<< Mi farai morire, Isabella. >>

Lei sorrise appena e piantò le unghia sulle mie spalle quando i miei movimenti divennero sempre più passionali. Le sensazioni che stavo provando in quel momento non le avevo mai provate. Il suo corpo morbido mi faceva fremere e il suo odore paradisiaco mi dava alla testa.

Non mi sarei mai stancato di averla e non avrei permesso a nessuno di portarmela via.

 

 

 

***********************

Sono tornata! Spero che questo capitolo vi piaccia. Da adesso comincia la vera e propria storia, che tra alti e bassi vedrà i nostri protagonisti coinvolti in varie e tante vicende! State attenti a ciò che ha detto Edward su Bosco verde, perché questo luogo è davvero importante!

Un'altra cosa importante, io ho messo il rating arancione però se vi sembra che le scene d’amore tra Edward e Bella necessitano un rating più alto, ditemelo pure senza problemi!

Un ringraziamento speciale a Light per il bellissimo banner e a prudence_78 a cui dedico questo capitolo, per ringraziarla del suo affetto e del suo supporto! Grazie tesoro!

Fatemi sapere cosa ne pensate! 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


                                                               









 

 

 

Il tempo non conta per il cuore.
Si può amare anche stando lontani e quell’amore,
se è vero e puro, non morirà neanche fra mille anni. 
(Romano Battaglia)

 

 

 

Capitolo Sei

 

 

 

Era ancora presto, ma seduto su un vecchio tronco sistemavo la legna per poter accendere il fuoco. I ricordi della notte prima mi occupavano la mente e non riuscivo a smettere di sorridere. Isabella era una ragazza stupenda. Il pensiero che però fosse stata di molti altri uomini era come una spina nel fianco. Sospirai e mi decisi ad alzarmi per portare dentro la legna da ardere. Passando per il piccolo salotto la vidi dormire placidamente tra i cuscini del tappeto. Eravamo rimasti lì a lungo, fin quando non ci eravamo addormentati. Cercando di fare meno rumore possibile accesi il fuoco e poi mi inginocchiai davanti a lei. Sembrava un angelo, con i lineamenti del viso rilassati e i capelli scuri e mossi, sparsi tra i cuscini. Mi chinai per baciarle il viso e anche se il mio intento non era svegliarla, fu quello il risultato che ottenni. Aprì gli occhi lentamente e si stiracchiò come un gatto, facendomi inghiottire un paio di volte a vuoto. Si guardò per qualche attimo attorno, spaesata, e poi puntò i suoi bellissimi occhi su di me. Quando ritornò alla realtà mi sorrise appena e come se si vergognasse nascose il viso dietro un cuscino. Sorrisi di quel suo atteggiamento. Sapeva essere una donna estremamente sensuale, ma aveva anche la timidezza di una bambina.

<< Buongiorno piccola. >>

<< Buongiorno Duca. >>

La sua voce mi arrivò ovattata dal tessuto dietro cui si era nascosta. Spostai il cuscino e le accarezzai il viso con una mano.

<< Sei timida stamattina? >>

Lei mi osservò con disappunto e si sollevò, tenendosi stretta al petto la coperta. Con un sorriso allungai una mano per cercare di togliergliela, ma lei mi diede uno schiaffetto sul dorso.

<< Duca, state buono. >>

<< Con te accanto? >> le sussurrai in un orecchio.

Lei sospirò e voltò il viso dalla parte opposta alla mia. Le afferrai il mento con due dita e facendole voltare di nuovo il viso la baciai. Intensi brividi mi percorsero la schiena a quel contatto.

<< Sei bellissima. >>

Lei mi guardò senza dire nulla. Di certo era abituata a sentirselo dire. A quel pensiero sospirai e mi alzai per controllare il camino. Sistemai la legna con l’apposito strumento e mi sollevai le maniche della camicia sui gomiti, dato che cominciava a fare caldo. Quando mi voltai di nuovo lei si era già vestita e si guardava intorno non sapendo cosa fare.

<< Isabella, io devo tornare a casa. >>

<< E io? >> mi domandò con incertezza.

<< Tu rimarrai qui. >> le dissi avvicinandomi.

<< Da sola? >> chiese ancora e io la guardai curioso.

<< E con chi? >>

<< Beh, questo è un posto piuttosto distante dalla città, perciò… >>

In effetti aveva ragione, a questo non avevo pensato. Avrei potuto darle un cavallo dei miei, ma non mi fidavo a lasciarla uscire da sola, in mezzo al bosco. Senza contare che in mia assenza avrebbe potuto aver bisogno di qualcosa o addirittura stare male, senza nessuno che la potesse aiutare.

La osservai pensieroso, cercando di trovare una soluzione.

<< Ascoltami, questa è solo una situazione temporanea. Ti troverò una sistemazione in città. Nel frattempo ti porterò qui una governante per aiutarti e farti compagnia. >>

Pensai subito a Leah e Jacob, una coppia di ragazzi che viveva vicino la tenuta dei miei genitori. Lui aiutava spesso il giardiniere della casa e la moglie invece stava nelle cucine. Tra l’altro Jacob possedeva un cavallo e poteva venire da me se ce ne fosse stato bisogno.

<< Duca, la mia presenza è un disturbo per voi. >>

Le sue parole mi distrassero dai miei ragionamenti.

<< Ne abbiamo già discusso, mi sembra. >>

<< Non capisco. Perché non mi avete portato via da Tanya, se ci sono tutti questi problemi? Io non sono abituata a una situazione del genere. >>

<< Certo sei abituata a fare la puttana nei locali. >>  dissi con disprezzo.

Me ne pentii quasi subito, però, nel vedere i suoi occhi sgranarsi.

<< Non è stata una mia scelta, voi non sapete cosa ho dovuto sopportare! >> gridò, per poi voltarmi le spalle.

Mi avvicinai a lei con rabbia e la feci voltare.

<< Non alzare la voce con me, hai capito? >>

Lei non disse nulla, ma si divincolò con forza e io la lasciai.

<< Isabella vuoi che ti riporti da quella maledetta megera? >> domandai abbassando il tono di voce.

Non l’avrei lasciata andare neppure se mi avesse risposto di sì, ma avevo bisogno di capire. Lei non disse nulla per qualche minuto.

<< No. >> rispose alla fine.

<< Bene, allora stai qui buona e tranquilla. Non so quando tornerò ma presto arriveranno delle persone che staranno con te. >>

Le passai accanto e presi la giacca. I nostri sguardi s’incontrarono e dopo qualche attimo di silenzio la afferrai per la vita con entrambe le braccia e la baciai con trasporto.

<< Non ti lascerò andare via da me, Isabella. >>

Con queste ultime parole me ne andai, per fare ritorno a casa mia. Una volta arrivato, consegnai il mio cavallo allo stalliere ed entrai in casa. Subito delle domestiche mi si avvicinarono ma le allontanai con un gesto secco della mano. Stavo salendo le scale che conducevano al piano superiore, quando la voce di mio padre mi chiamò dall’ingresso.

 << Edward! Ti aspettavo, puoi seguirmi nel mio studio? >>

<< Sì. >> risposi titubante.

Una volta entrati, mi chiusi la porta alle spalle e mi sedetti su una poltrona. Carlisle mi si mise davanti e mi sorrise appena.

<< Edward, so che non vuoi sentirtelo dire ma sono preoccupato per te. Non sembra minimamente che tu abbia preso in considerazione l’idea di sposarti. Alla tua età io già lo ero. >>

Stavo per parlare ma lui mi interruppe con lo sguardo.

<< Sai che tuo fratello Emmett è riuscito a chiedere la mano di Rosalie Hale? >>

Sgranai gli occhi e lo guardai sorpreso.

<< In questi giorni in cui tu sei stato quasi sempre fuori casa, lui è riuscito ad ottenere un paio di appuntamenti con la marchesa e ieri sera è riuscito a chiedere la sua mano al padre, che ha naturalmente accettato. Alice invece si è fidanzata ufficilamente con Jasper, il fratello di Rosalie ma dato che a breve ci sarà il matrimonio della sorella i Conti Hale non possono affrontare altre spese e anche se gli ho offerto il mio aiuto preferiscono aspettare qualche mese. >>

Ero davvero stupito. Sapevo che sia Emmett che Alice desideravano i fratelli Hale ma non pensavo che fossero già arrivati a questo punto.

<< Ma la cosa interessante sai qual è? >>

<< Che loro sono più piccoli di me. >> risposi per lui.

<< Esatto figliolo. Ascolta, sai quanto io e tua madre ti vogliamo bene, ma qui c’è in gioco anche un fatto di proprietà. Sebbene io mi sia organizzato per dare ad ognuno di voi un terreno, gli Hale mi stanno facendo delle pressioni dato che entrambi i loro figli sono impegnati con i miei. Capisci cosa intendo, Edward? >>

Sospirai e mi alzai dalla poltrona. Sapevo benissimo cosa intendeva. Sebbene io avessi diritto ad una proprietà era tradizione che mio padre dovesse dare qualcosa in più, specialmente per la dote di Alice.

<< Io purtroppo non posso rifiutare ancora a lungo le velate proposte del conte. Dividendo a voi tre le terre, la dote di tua sorella non risulta poi molto e mi vedrò costretto a toglierti la tua proprietà se non ti sposi al più presto. >>

<< Ma questo non è giusto, padre. >>

<< Sì che lo è Edward. Consideralo il mio modo per velocizzare la tua vita. I tuoi fratelli stanno facendo passi da gigante e non posso sempre tenerti al sicuro in un angolo, lo capisci? >>

Annuii lentamente. Non aveva torto, dovevo fare qualcosa e sposarmi al più presto. Il pensiero di Bella mi passò per la mente ma era ovvio che non l’amavo seppur la desiderassi e non poteva diventare mia moglie.

<< Quindi ho invitato qui Sophie stasera e pretendo che tu non vada via per nessuna ragione. >>

Mi voltai di scatto verso mio padre e lo guardai impietrito.

<< Mi sembrava di essere stato chiaro. Non sposerò la mia migliore amica. >>

Mio padre mi si avvicinò e mi poggiò la mano sulla spalla.

<< Eward io e te dobbiamo parlare un po’ di questa cosa, va bene? >>

<< Che intendi? >>

<< Credevo che da uomo lo capissi da solo ma a quanto pare te lo devo spiegare io. >>

Con lo sguardo lo esortai a continuare e lui mi dette una pacca sulla spalla prima di riprendere il suo discorso.

<< Quando sposai tua madre non l’amavo, ma ci sposammo per un debito contratto dal padre di Esme. Mio padre lo mise alle strette chiedendogli di darmi in moglie sua figlia perché così lui avrebbe pagato il suo debito. Io amavo un'altra donna e mi dovetti sposare invece con tua madre. >>

Rimasi di stucco e non dissi una parola lasciando che continuasse. Lo vidi raggiungere la libreria e sfiorare dei tomi.

<< Non feci storie, sai con mio padre non c’era possibilità di discutere. Dovetti lasciare la donna che amavo e andare in america. >>

<< Come? Ma non sei americano? >>

<< Secondo te perché siamo venuti proprio a Londra? Io sono nato qui, tua madre pure ma non riuscivo a vivere all’idea di avere vicino la donna che amavo e che non potevo avere, così decisi di andare via fin quando non mi arrivò la notizia che Lily era morta. >>

<< Mi dispiace molto. >> riuscì solo a sussurrare.

Lui si distrasse dai suoi pensieri e mi sorrise freddamente.

<< In questi lunghi anni ero convinto di averla dimenticata. Ho imparato ad amare ed apprezzare tua madre che, come sai bene, è una donna fantastica. Però quando mi arrivò quella notizia fu come se il mondo mi stesse cadendo addosso. In qualche angolo della mia mente la pensavo spesso però ero convinto che lei si fosse rifatta una vita e invece scoprì da una nostra amica comune che lei era rimasta sola a vita e si era fatta suora. Non voleva più nessun uomo e ha sofferto fino alla morte. >>

Ero davvero senza parole. Carlisle era sempre stato un ottimo padre per me e mi dispiaceva che aveva sofferto così tanto.

<< Io non avrei mai voluto che tu facessi la mia stessa fine. Per fortuna non sei innamorato di nessuna donna che non puoi sposare, giusto? >>

Per un attimo non risposi e quando incontrai lo sguardo indagatore di mio padre mi affrettai  a risondere.

<< No, non sono innamorato, padre. >>

La sua espressione si rilassò e venne di nuovo verso di me.

<< Sei molto fortunato, allora. Ciò che ti voglio dire è che talvolta la donna che si sposa non è quella che sia ama. Purtroppo la vita è così e bisogna fare ciò che è giusto anche se alle volte ci fa soffrire. >>

<< Cosa c’entra Sophie? >>

<< Non essere stupido, figliolo. Sophie è innamorata di te, non dirmi che non te ne eri accorto. >>

Di nuovo non risposi. Immaginavo una cosa del genere ma mi ero sempre imposto di ignorare questa questione.

<< E’ una donna molto bella e ricca. Un ottimo partito insomma e ne tu ne io possiamo rifiutare. >>

<< Rifiutare? >>

<< Il padre di Sophie mi ha chiesto se tu eri disponibile a sposarla. Un uomo molto più grande di lei ha già fatto una proposta e il padre vuole farla sposare al più presto. Anche lui però è a conoscenza della vostra amicizia e sa che la figlia preferirebbe te. >>

Chiusi gli occhi e sospirai pesantemente. Cosa dovevo fare? Volevo molto bene Sophie ma non ero intenzionato a sposarla.

<< Duca ci sono i marchesi Dubheron che vi attendono. >>

Cosa? Sophie era qui?

<< Padre devo decidere in questo momento? >>

Lui sospirò.

<< Cercherò di prendere un po’ di tempo con il marchese ma devi pensarci seriamente. Non mi aspetto da te un'altra delusione, Edward. >>

Anuuii lentamente e insieme scendemmo. Non sapevo cosa fare ed ero nervoso, fin quando non incontrai due occhi azzurri familiari e dolci.

<< Edward! >>

Sophie corse da me e mi gettò le braccia al collo. Ricambiai il suo abbraccio con un sorriso e non potei non notare mia madre e quella di Sophie guardarci con occhi sognanti.

<< Sophie non ci vediamo da un giorno e ti sono mancato così tanto? >> le sussurrai nell’orecchio.

Lei mi strinse più forte e mi baciò una guancia.

<< Mi manchi sempre. >>

L’allontanai un po’ e fissai quegli occhi che per la prima volta capì  essere innamorati. Avrei dovuto sposarla? Le volevo bene, magari con il tempo l’avrei amata. E Bella? Lei non era innamorata di me ma non poteva rimanere la mia amante? In fondo quanti mariti lo facevano? Potevo fare questo a Sophie se l’avessi sposata? Gli detti in colpetto sul naso e la portai fuori.

<< Edward ho visto che sei sceso con tuo padre. Ti ha per caso parlato della proposta di mio padre? >>

<< Sì >> dissi soltanto, mettedomi una mano in tasca.

<< E cosa ne pensi? >>

Mi fermai e lei con me.

<< Sophie perché vorresti diventare mia moglie? >>

<< Lo sai. >> disse con voce così bassa che a mala pena la udii.

<< Non so cosa dire lo sai che lui… >>

<< Non parlarmi di Jonathan. >>

<< Tu lo ami Sophie. Io sono solo un ripiego, tu pensi di essere innamorata di me ma non è così. >>

<< Se non mi vuoi dillo Edward, ma non offendermi. La mia relazione con Jonathan è finita quando lui mi ha tradito con quella sgualdrina. >>

Sudai freddo a quelle parole.

<< Non è vero è stata la sua amante per una notte, quando era ubriaco e tu non sei riuscita a perdonarlo. >>

<< Certo, infatti quando l’ho lasciato si è messo definitivamente con lei. >>

<< No, non l’ha mai amata. >>

<< Non difenderlo! Poi mi sono resa conto di essermi sbagliata. Era lui un ripiego, capisci? Io ho sempre amato te e lo sai bene. >>

<< Ti voglio bene Sophie, ma non ti amo. >>

A quelle parole i suoi occhi si riempirono di lacrime e io mi maledii per essere stato così diretto.

<< Lo dici solo perché non vuoi ferire Jonathan. Anche tu provi qualcosa per me. >>

Si avvicinò e mi sfiorò le labba con un bacio. Il suo profumo era dolce e sapeva di zucchero, ma il pensiero di Bella mi fece allontanare da lei di scatto.

<< Lasciami pensare Sophie. Non è giusto sposarti senza amore e poi non farei mai una cosa del genere al mio migliore amico. >>

<< Ecco hai visto? E’ solo per questo, ma io non lo amerò mai! >>

Ero confuso e davvero convinto che in fondo al suo cuore ci fosse Jonathan e non io.

<< Ti prego Sophie ci devo pensare. >>

<< Vuoi fare anche tu ciò che ha fatto Jonathan? Vuoi sposare la tua amante? >>

<< Non parlare di Isabella. >>

Per la prima volta la guardai quasi con astio.

<< Si chiama Isabella quindi. Bene, capirai che sono io ciò che desideri e non quella miserabile. >>

Non avevo mai sentito Sophie parlare in questo modo e me ne stupì non poco. Andò via lasciandomi lì da solo e io mi affrettai ad andare da Leah e Jacob prima di non potermi più muovere da casa. Raggiunsi la loro abitazione a piedi e nel frattempo continuai a pensare alle parole di Sophie e mio padre. In pratica ero quasi costretto a sposarla ma cosa ne sarebbe stato di Bella? Io non volevo perderla per nessun motivo al mondo, a costo che rimanesse per sempre la mia amante. Jonathan invece avrebbe capito?

Bussai alla porta della vecchia casa in legno dei Black e venne Leah ad aprirmi.

<< Oh Duca, che bella sopresa. E’ successo qualcosa di grave? >>

<< No Leah, posso entrare? >>

<< Certo. >>

Mi fece passare ed io entrai in quella piccola casa accogliente. Mi sedetti su una sedia di paglia e attesi che Leah mi raggiungesse.

<< Mi perdoni Duca, vado a chiamare mio marito che è sul retro della casa. >>

<< Fai pure, aspetto qui. >>

Isabella… chissà cosa stava facendo in quel momento. Sospirai ancora una volta. Diverse e contrastanti emozioni mi scuotevano l’animo. Il desiderio per lei e la necessità di non deludere mio padre se tra l’altro non volevo diventare povero, senza un eredità. In ogni caso anche se non mi avesse privato della mia proprietà non potevo fargli una cosa simile dopo che mi aveva adottato e cresciuto come un figlio. Cosa dovevo fare? Me lo chiesi ancora una volta ma non sapevo darmi risposta. D’un tratto tutto si era complicato nella mia vita.

<< Duca. >>

Mi voltai verso Jacob che sorridendo si sedette accanto a me.

<< Ciao Jacob, come stai? >>

<< Bene, grazie Signore. >>

<< Ti starai chiedendo il motivo della mia visita. >>

Lui annuì e la moglie rimase in piedi accanto a lui.

<< In realtà è più un favore. >>

<< Per voi sempre tutto, signor Cullen >>

<< Sei molto gentile Leah, però ho bisogno davvero del vostro aiuto e della vostra riservatezza. >>

A quelle parole entrambi mi guardarono dubbiosi.

<< Per un breve periodo di tempo dovreste trasferirvi in un'altra abitazione, per far compagnia a… un’ amica. >>

<< Un’ amica, Duca? >>

<< Sì Leah, ha bisogno di aiuto. Si trova in una piccola casa a parecchi chilometri da qui e non mi fido a lasciarla da sola. >>

<< Povera ragazza. >>

<< Vuole che andiamo subito? >>

<< Lo speravo Jacob. >>

<< Leah prepara le valigie e ciò che è necessario. >>

La moglie si mise subito a lavoro e io mi alzai per uscire da casa con Jacob.

<< Grazie Jacob, non lo dimenticherò mai questo. >>

<< Non si preoccupi signor Cullen, lei ci ha salvato da morte certa, questo è davvero niente per noi. >>

Gli sorrisi e gli detti una leggera pacca sulla spalla. Avevo concosciuto Jacob e sua moglie al mercato. Vendevano quei pochi ortaggi che avevano nel giardino di una catapecchia e dopo aver scambiato qualche parola li avevo portati in questa piccola casa vicino la tenuta di mio padre. Non me ne ero mai pentito. Erano entrambi dei gran lavoratori ma soprattutto gente onesta. Ritornai in casa anche se avrei voluto andare dalla mia Bella e trovai Sophie che guardava pensierosa fuori la finestra della biblioteca.

<< Scusami per quello che ho detto prima Edward. >>

Non si era neppure voltata ma mi conosceva talmente bene da sapere che ero io. Mi avvicinai a lei e le cinsi la vita con le braccia. Lei si appoggiò al mio petto e sospirò.

<< Cosa pensi di fare? >>

<< Non lo so Sophie. Non lo so. >> dissi con la bocca premuta sui suoi capelli biondi.

Ed era vero, non sapevo cosa fare. Volevo molto bene a Sophie, per certi versi ero attratto da lei come un uomo lo è verso una bella donna ma non riuscivo ad immaginare un futuro insieme a lei. L’immagine di una ragazza dagli occhi e dai capelli scuri fece capolino nella mia mente e strinsi di più Sophie tra le mie braccia. Sembrava che non avevo scelta ma alla fine cosa avrei fatto davvero? Avevo un po’ di tempo a disposizione ma sapevo di dover trovare una soluzione e non sarebbe stato facile.

 

 

 

 

********************** 

Ciao a tutti, eccomi qui seppur in grosso ritardo. Il capitolo è lunghetto ma ho preferito lasciarlo così. Vi avevo detto di tenere Sophie d’occhio e le sorprese non sono finite così. Cosa ne pensate? Deve sposare Sophie? E Bella? =) Sono curiosa di sapere cosa ne pensate. Scusate se trovate piccoli errori ma ho riletto solo una volta perché purtroppo non ho il tempo e se avessi rimandato la pubblicazione chissà quanto ancora mi sarei trascinata quest’aggiornamento e direi che sono già abbastanza in ritardo! Grazie a tutti quelli che seguono questa storia. Mi raccomando sapete che senza di voi non posso andare avanti! Un bacio a tutti!

Stella Del Sud…


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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***


                                                             












 

 

“ Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore.
Deve trattarsi di altro, perché amore e libertà
vanno a braccetto, sono due ali
dello stesso gabbiano. “
( Osho )

 

 

Capitolo sette

 

 

 

 

Erano passate un paio di settimane dove le visite dei Marchesi Dubheron erano state parecchio frequenti. Sophie non disse più nulla di esplicito riguardo a questo matrimonio ma alle volte la sorprendevo triste e pensierosa, soprattutto quando non era con me. Io evitavo tutte le occhiate e le battute di mio padre, cercando confonto in mia madre, come un bambino piccolo. Lei era l’unica che aveva compreso davvero il mio stato d’animo ma sapevo che non poteva fare nulla contro le decisioni di mio padre. Ero diviso tra i miei doveri e i miei desideri. In questa situazione il mio vero ed unico conforto era la mia dolce Bella. Si era ambientata bene con Leah e Jacob, che le si erano subito affezzionati. Tuttavia, era stato poco il tempo che ci eravamo concessi insieme e questo mi rendeva nervoso e frustrato.

<< Edward? >>

Alzai lo sguardo dal mio boccale di birra e incontrai lo sguardo curioso di Jonathan, che avevo visto pochissime volte in quei giorni.

<< Cosa ci fai qui da solo? Potevi chiamarmi! >>

Sorrisi debolmente e gli feci cenno di sedersi.

<< No, sei troppo giù, cosa ti succede? So io quello che ti ci vuole! >>

Non avevo avuto il coraggio di dirgli di Sophie. Lui la amava e mi avrebbe odiato se io avessi accettato di sposare la donna che amava.

<< Non ho nulla, Jonathan. >>

<< Senti, adesso tu ti alzi e andiamo al Morhana. >>

Scossi la testa lentamente. Non avevo intenzione di andare in quel locale, non quella sera. Ero stanco, senza contare che da quando Bella era entrata nella mia vita non avevo più frequentato quel posto dove, quando non incontravo Janet, stavo con una donna diversa ogni volta.

<< Quella ragazzina ti fa un brutto effetto. Mica la ami no? >>

Mi alzai e gli detti una pacca sulla spalla.

<< Non mi và. >>

<< Non ti credo, amico. Andiamo. >>

Mi trascinò fuori e forse per il mio senso di colpa nei suoi confronti lo seguì. Il locale era a poca distanza ma mi ripromisi che me ne sarei andato presto.

<< Mi ringrazierai, Edward. Anzi guarda lì in fondo. >>

Incontrai due occhi neri come la pece guardarmi sorpresi. Per un attimo restai perplesso a guardare quella donna che mi veniva incontro con un sorriso. Non potei fare a meno di guardare i suoi seni prosperosi stretti in un vestito molto elegante.

<< Edward tesoro ma dov’ eri finito? >>

Janet mi accarezzò il viso e mi diede un veloce bacio sulle labbra.

<< Mi sei mancato molto. >> sussurrò sulle mie labbra prima di allonatarsi.

Le sorrisi e scossi il capo, sapendo che non sarei uscito tanto presto dal Morhana se c’era Janet.

<< Anche tu. >>

Ed era vero. Nonostante mi fossi sempre lamentato del fatto che mi volesse sempre con sé, nelle notti che passavo con lei, oltre a stare insieme parlavamo molto. Era una donna intelligente che nonostante tutto aveva sofferto ed era costretta a vivere con un uomo che spesso usava anche le mani su di lei, perché troppo ubriaco. Quando potevo l’aiutavo ma non potevo sempre essere presente.  Era una donna affascinante, matura e mi sarebbe di certo piaciuta se non avesse avuto quel lato frivolo che non riuscivo alle volte a sopportare.

<< Mi fai compagnia stasera? Dobbiamo recuperare tanto tempo. >>

<< Solo per un po’, Janet. >>

<< Che ti succede? >>

<< Anche tu mi domandi questo? >>

La presi delicatamente per un braccio e la feci sedere con me in un piccolo divanetto. Jonathan si era già dileguato e di questo ne ero contento. Non riuscivo più a stare con lui senza stare male.

<< Chi altri? C’è forse una donna nella tua vita? >>

Il suo tono mi sembrò triste, molto simile a quello di Sophie.

<< No, solo pensieri. >>

Nessuno sapeva di Bella tranne il mio migliore amico e la famiglia Black e per il momento volevo che tutto rimasse tale.

<< In effetti mi sembra strano che tu sia innamorato >>

Le sorrisi semplicemente e lei si avvicinò a me fino a toccare le mie gambe con le sue. Bevemmo e parlammo per diverse ore. Janet mi toccava spesso, sul braccio, sul viso, sul ginocchio cercando di tentarmi, ma io mi ero sempre in qualche modo allontanato. Non sapevo neppure io perché, infondo l’impegno che avevo con Bella era molto chiaro. Non eravamo una coppia e io di certo non ero pronto a prendermi quella responsabilità altrimenti mi sarei già sposato, facendo contento mio padre.

<< Ci hai pensato a me in questo periodo? Non ti sono mancata? >>

Appoggiò il viso sulla mia spalla e io la guardai. Le sue labbra divennero un richiamo e io mi ritrovai solo a sfiorarle. L’alcool era in circolo nel mio corpo e sebbene pensassi a Bella mi trovavo in uno stato di abbandono familiare.

<< Devo andare. >> dissi asciutto, alzandomi da quel divanetto, barcollante.

Vidi l’espressione delusa di Janet e con un ultima occhiata e una carezza sul viso andai via da quel locale. L’aria fredda della sera sembrò svegliarmi per qualche attimo. Il viso di Isabella mi tormentava la mente così presi il mio cavallo, che era rimasto nei pressi del bar in cui mi trovavo quando avevo incontrato Jonathan e andai dalla mia cortigiana. Dovetti fermarmi molte volte per via della confusione e della stanchezza ma conoscevo talmente bene la strada che anche con quel buio profondo riuscii a trovare Bosco Verde. Quasi scivolai dal cavallo, mentre scendevo e mi liberai i primi bottoni della camicia mentre bussavo alla porta della piccola casa. Mi venne ad aprire una dea dai capelli e gli occhi scuri, così simili e diversi da quelli di Janet, mi ritrovai a pensare, che erano quasi volgari in confronto ai suoi, dolci.

<< Duca? >>

Isabella si strinse la camicia da notte bianca addosso, facendomi morire di desiderio nell’osservare le sue forme sensuali.

<< Leah e Jacob? >> dissi in un barlume di lucidità. Non ci avevo neppure pensato prima di adesso.

<< Sono andati via perché avevano da fare con il raccolto, tornano domani mattina. >>

Tra poche ore quindi, dato che era notte fonda. Non aspettai altro e mi avventai su di lei. Indietreggiammo fino a finire contro la parete di legno a fianco. La sbattei contro il muro forse con troppa forza e le baciai il collo con desiderio.

<< Edward, ma cosa… >>

<< Shh >> le sussurrai all’orecchio ma lei cercò di divincolarsi dalla mia stretta e grazie anche al mio stato ci riuscì in parte.

<< Duca siete ubriaco. >> mi disse con voce dura e io ridacchiai.

<< Ottima osservazione bambolina, quindi? >>

Le sorrisi sbilenco mentre lei mi guardava confusa. Persi però la pazienza, la desideravo e basta. Non volevo da lei resistenze, infondo era lì per questo no? Per stare con me senza discutere.

<< Ora basta Isabella. >>

La presi in braccio e la portai nell’unica stanza della casa che per ora era la sua, ma era sempre stata il mio angolo segreto dove ne Sophie ne Jonathan avevano accesso.

<< Avete ragione >> disse mentre si portava sopra di me. Mi sbottonò e tolse del tutto la camicia e cominciò a baciarmi il petto, scendendo sempre di più.

<< E’ questo quello che mi aspetto da te. >>

Parole così esplicite non gliele avevo mai dette. Sapeva benissimo di essere solo un amante ma non ne avevamo mai discusso con estrema chiarezza, ne messo a punto le nostre posizioni. In quel momento però il cervello era completamente disattivato e l’unico che manteneva il comando era il mio corpo. Ero troppo impaziente per attendere oltre così la portai sotto di me e dopo averle stretto i polsi con una mano sola e averli portati sopra la sua testa, la feci mia. Era lei l’unica donna che desideravo in quel momento e nessuna avrebbe potuto prendere il suo posto. Ero drogato dai suoi gemiti e dal calore del suo corpo, di cui non avrei mai potuto farne a meno. Crollai su di lei, senza più forze e mi addormentai così, sul suo seno, cullato da una strana sensazione che non aveva nulla a che vedere con quella sorta di vuoto che avvertivo alla fine di ogni rapporto avvenuto con donne qualunque.

A svegliarmi, poche ore dopo furono i raggi del sole e vari rumori che non riuscivo ad indentificare. Mi sollevai, stropicciandomi gli occhi. Mi massaggiai la fronte con una mano mentre mi resi conto di avere un tremendo mal di testa. Dov’ ero? Mi guardai intorno e solo dopo qualche minuto riuscì a rimettere a posto i pezzi della notte prima. Chiusi gli occhi e mi ributtai sul letto, sospirando stancamente. Bella non era accanto a me, così mi alzai e dopo aver indossato i pantaloni e la camicia mi avviai fuori dalla stanza. Con gli occhi socchiusi vidi Leah che si affaccendava sul cucinino, che gli si strusciava sulle gambe in attesa di ricevere qualcosa.

<< Oh, buon giorno Duca. >>

<< Ciao Leah. >> dissi sbadigliando.

<< Serata pesante? >> mi chiese Jacob che era appena entrato, portando con sé della legna.

<< Dov’è Bella? >>

I due si guardarono ma la diretta interessata mi rispose da fuori e la sentii dato che c’era la porta aperta.

<< Vi ho detto di non chiamarmi in quel modo. >>

I coniugi Black fecero finta di non aver sentito e alzando gli occhi al cielo mi diressi fuori. La trovai appoggiata a dei tronchi d’albero, mentre guardava assorta la grande distesa verde di fronte a lei.

<< Quand’è che potrò chiamarti così? >>

<< Mai >>

Colpa del mal di testa, della notte quasi del tutto insonne e della grande pressione a cui ero sottoposto in quell’ultimo periodo non riuscì ad essere cordiale nei suoi confronti.

<< Devi utilizzare un altro tipo di tono quando parli con me, mi era sembrato di essere stato chiaro qualche tempo fa. >>

Lei si voltò lentamente a guardarmi e potei vedere le fiamme nei suoi occhi.

<< Ricordo bene Duca. >>

<< Alle volte sono Edward, altre invece Duca… >> la canzonai, sedendomi accanto a lei.

Lei non rispose così continuai.

<< Isabella se stai pensando di andartene ti sbagli di grosso. Non immagini nemmeno quanti sforzi debbe fare per te, quando invece il mio unico problema dovrebbe essere sposarmi! >>

<< Che c’entro io? Perché non vi sposate? Magari mi date una stanza nella vostra casa e mi spacciate per una cameriera per non insospettire troppo vostra moglie e così vi risparmierete pure il disturbo che date a Leah e Jacob. >>

<< Quando mi sposerò lo farò di sicuro. >>

Lei mi guardò scandalizzata e io ricambiai il suo sguardo senza battere ciglio.

<< Mi legherete a voi per sempre? >>

Infilai una mano tra i suoi capelli, stringendoli e facendole inclinare piano il viso all’indietro.

<< Sì, Isabella. >> dissi prima di baciarla. Affondai le dita tra i suoi capelli e la sentii rilassarsi tra le mie mani. Lentamente la portai a sedere sulle mie gambe e lei mi aiutò, legando le sue braccia dietro la mia nuca.

<< Non ci riuscirete mai. Sono libera come l’aria. >> pronunciò sul mio viso.

Non mi dette modo di risponderle perché mi soffocò di baci.

<< Siete insopportabile ma quando non ci siete mi sento sola, per quanto ancora mi terrete qui? >>

Di nuovo volevo rispondere ma lei non me lo consentì. Ero del tutto stordito dal suo profumo, dalle sue labbra sul viso e dai suoi capelli che continuavo ad accarezzare con una mano, mentre l’altra le sosteneva la schiena. Sorrisi sulle sue labbra e la strinsi a me.

<< Sei lunatica Isabella, lo sai? Prima sembravi arrabbiata con me e ora mi chiedi di rimanere sempre con te? >>

<< Non è quello che ho detto. >> fece per alzarsi e io risi mentre la bloccavo.

<< Vedi? Sei di nuovo arrabbiata. >>

Le feci il solletico e lei cercò disperatamente di rimanere seria e far finta che non lo soffriva ma ben presto mi pregò di smetterla tra le risate. Si accasciò sul mio petto, quando decisi di lasciarla in pace e la guardai con un sorriso. Rimanemmo a lungo in quella posizione, lei con gli occhi chiusi e il capo poggiato su di me e io ad osservarla assorto.

<< Duca, posso parlarv… oh, scusate. >>

<< No Jacob, vieni pure. >>

Isabella si alzò dalle mie gambe e io la seguii.

<< Vado ad aiutare Leah. >>

Annuii e feci cenno a Jacob di parlare.

<< Pochi giorni fa sono andato a fare delle commissioni nella casa della contessa Cooper e ho sentito dire dalla governante di casa che hanno bisogno di una dama di compagnia per la signora. >>

La contessa Cooper non era altro che Janet. Sapevo che Jacob lavorava presso le case di diversi nobili ma non sapevo che fosse andato anche da lei.

<< Ah sì? >>

<< Sì, pensavo che Isabella potrebbe lavorare lì. >>

Alzai le sopracciglia in un espressione sorpresa. L’ultima cosa che volevo era che Isabella lavorasse per Janet. Non desideravo neppure che si conoscessero. Erano molto diverse e…

<< Sarebbe fantastico. >>

Entrambi ci voltammo verso la diretta interessata, che evidentemente aveva ascoltato la nostra conversazione.

<< No, Isabella non se ne parla. >>

<< Perché? Sto sempre qui da sola e se non fosse per queste brave persone non so cosa farei. Non possono stare sempre con me. >>

Jacob si allontanò e io per un attimo lo maledii per avermi messo in questa situazione.

<< La persona per cui devi lavorare non mi piace. >>

Ma cosa stavo dicendo? Non era proprio la verità ma infondo non mi piaceva il fatto che si potessero conoscere.

<< E’ una contessa che ha bisogno di una dama di compagnia. Ho visto e passato di tutto nella mia vita e ho l’opportunità di un lavoro tranquillo, perché non volete? >>

Era davvero dispiaciuta e io sospirai. Non erano quelli i piani che avevo per lei.

<< Come pensi che potremmo stare insieme se sei lì? >>

Il suo viso si adombrò ma non demorsi.

<< Quindi non è vero che volevate aiutarmi. Siete solo un egoista! Avrò pure una stanza, no? Potete venire a trovarmi. >>

Scossi la testa sconsolato.

<< Non sarà mica casa tua, Isabella. Non posso andare ogni giorno dalla contessa solo per vederti. In ogni caso non me lo conderebbe. >>

In realtà c’era stato un periodo in cui ero da Janet ogni sera, quindi non gli avrei dato fastidio di sicuro. Però come facevo a stare con Isabella? No, era fuori discussione.

<< No, fine del discorso. >>

Feci per superarla ma lei si aggrappò alla mia camicia.

<< Duca, farò tutto quello che volete senza mai discutere ma vi prego datemi questa possibilità. Sto male e non faccio mai nulla quando non ci siete. >>

Non sapevo più cosa fare. Più guardavo i suoi occhi più tutti i miei propositi decadevano.

<< Vi prego, troverò una soluzione. Mi avrete sempre per voi ma lasciatemi andare >>

Mi abbracciò, facendo passare le sue esili braccia attorno alla mia vita. Sospirai più volte e anche se sapevo che tutto questo non mi avrebbe portato nulla di buono, cedetti e le accarezzai i capelli per poi ricambiare il suo abbraccio.

<< Va bene piccola peste. Hai vinto. >>

Lei mi sorrise contenta e fece per dire qualcosa quando la fermai, premendole un dito sulle labbra.

<< Ricordati che hai promesso di fare tutto quello che dico io e questo varrà soprattutto a casa della contessa. >>

Lei mi guardò per un po’ fin quando non sorrise lentamente.

<< Sì, mio Duca. >> sussurrò appena, facendomi tremare.

La baciai sentendomi sotto l’effetto di un incantesimo a cui non sapevo dare nome.

 

 

 

 

******************

Allora cosa ne dite? Non temete, tutto ha un suo senso e presto lo vedrete! Ringrazio come sempre chi mi segue, fatemi sapere ne pensate e per qualsiasi dubbio non esitate a chiedere. Ricordate che Bella è solo un amante per Edward quindi lui è ancora parecchio confuso e non riesce a pensare bene alle conseguenze che hanno le sue azioni sul loro rapporto.

Un bacio a tutti!
Stella Del Sud…

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


                                                           














Negli immensi misteri del tempo
e dello spazio, sento le tue braccia
intorno alle mie spalle
e non ho paura.
( Brown )

 

 

Capitolo otto

 

 

 

<< Questo cavallo è bellissimo Signore. >>

<< Lo so. >>

Con le mani in tasca osservavo lo stalliere che spazzolava il mio Aramis. Quel cavallo era molto importante per me. L’avevo trovato ancora piccolo e selvaggio. All’inizio era stata dura ma con Jonathan ero riuscito a portarlo a casa e ad educarlo. Sorrisi e gli accarezzai la folta criniera nera, come la notte.

<< Edward! Edward! >>

Mi voltai e vidi Jonathan arrivare con il suo cavallo. Si fermò davanti a me e scese.

<< Brutto bastardo mi hai lasciato lì come un salame e te ne sei andato! Bell’amico che sei! >>

Mi dette una lieve spinta, per gioco, che io ricambiai.

<< Tu piuttosto, sapevi che non volevo andare in quel posto. >>

<< Per Janet? Sai, abbiamo parlato un po’ quando te ne sei andato. >>

<< Parlato? >> gli feci eco io, ben sapendo che non si potevano vedere.

<< Sì, sembra cambiata. >>

<< A me non sembra affatto. >> borbottai ricordando che aveva provato a sedurmi. E io non ero stato da meno.

<< Ho visto che ci provava con te. Dovrei essere geloso sai? Tutte le belle donne vengono da te. >>

A quelle parole pensai a Sophie, che in quel momento era a casa mia. Sapevo che da quella disastrosa notte, in cui lui le aveva confidato i suoi sentimenti e lei l’aveva rifiutato, non si erano più parlati. Quando si vedevano si salutavano a mala pena.

<<  Che intendi dire che Janet è cambiata? >>

Decisi di cambiare discorso, perché non sapevo come dire a Jonathan che molto probabilmente avrei dovuto sposare la donna che amava.

<< Oh, perché… Edward ma hai dimenticato le buone maniere? Dai invitami a bere un bicchierino. >> fece cenno alla villa poco lontana e io non potei rifiutare. Come immaginavo, mentre passavamo dal salone vidi Sophie seduta su un divano con sua madre e la mia.

<< C’è anche lei. >> disse in un sussurro il mio amico, prendendomi per il braccio.

<< Sì. >> sospirai, cercando di portalo via prima che lo vedessero.

<< Jonathan , caro che piacere vederti. >>

Chiusi gli occhi nel sentire la voce di mia madre. Jonathan la raggiunse e io mi sentii davvero male. Capii che era meglio dirgli subito tutto.

<< Salve Duchessa, come state? >>

<< Bene e tu? >>

<< Molto bene, grazie. >>

Mi avvinai anch’io, mio malgrado e vidi Sophie alzarsi e venire da me con un sorriso.

<< Edward. >>

Mi accarezzò il volto con una mano che io presi tra le mie, abbassandola. Jonathan guardava Sophie ma lei fece finta di nulla.

<< Jonathan, sai che io e Edward presto ci sposeremo? >>

Sgranai gli occhi e guardai la mia migliore amica, incredulo. Il silenzio si fece irreale.

<< Tesoro quindi hai deciso? >>

<< Mamma, io… >>

<< Hai fatto la scelta giusta! >>

<< Ce ne hai messo di tempo! >> rincarò la dose la marchesa Dubheron.

Mi sentii un groppo in gola e allontanai malamente Sophie da me, che mi guardò sorpresa. Sentii uno spostamento d’aria alle mie spalle e vidi il mio migliore amico uscire fuori di gran carriera.

<< Noi due parliamo dopo >> dissi inviperito verso Sophie e uscii anch’io.

<< Jonathan, fermati ti prego >>

Si stava dirigendo verso il suo cavallo e alle mie parole si fermò. Lo raggiunsi e non feci in tempo a realizzare che mi diede un pugno in faccia, facendomi uscire sangue dal naso e dalla bocca.

<< Va all’inferno Edward! >> urlò, salendo poi sul cavallo.

Mi passai la manica della camicia bianca sul viso e si macchiò di rosso.

<< Lascia che ti spieghi, Jonathan. >>

<< Tra tutte le donne che puoi avere giusto la mia, vero? >>

Mi girò attorno con il cavallo e io rimasi nella mia posizione.

<< Non è tua. >> mi ritrovai a dire stupidamente.

<< Hai scelto Amber per molto tempo e lei non è rimasta ad aspettarti. >> continuai.

<< Da quanto tempo sei innamorato della tua migliore amica, eh? >>

<< Non è così e lo sai. Sono stato praticamente obbligato! >>

<< Non mi interessa ascoltarti. Sposati quella stupida, io non voglio più sapere nulla di voi. >>

Impennò il cavallo e andò via, lasciandomi solo in mezzo a una moltitudine di polvere. Avevo sbagliato. Avrei dovuto dirglielo subito, magari avrebbe reagito allo stesso modo, ma avrei avuto modo di spiegarmi e non sarebbe dovuto succedere in questo modo. Rientrai e cercai Sophie, ignorando le chiacchiere entusiaste delle due donne in salone. La trovai in biblioteca e chiusi la porta con un tonfo.

<< Edward, non essere arrabbiato. >>

<< Ti permetti pure di dirmi questo? Ti avevo detto che dovevo pensarci, Sophie. >>

La presi per le braccia e la scossi leggermente.

<< Non è vero! Non c’è nulla da pensare lo sai. Tu devi sposarti e io sono un ottimo partito. >>

La lasciai andare ma lei mi si gettò tra le braccia.

<< Io ti amo, Edward. >>

Guardai quegli occhi lucidi e sospirai stancamente.

<< Io no, Sophie. Mi dispiace. >>

Lei si allontanò stizzita e camminò avanti e indietro per un po’.

<< Te ne renderai conto, ne sono certa, altrimenti imparerai ad amarmi. >>

<< Perché sei così egoista? >> dissi, non riuscendo più a riconoscerla.

<< Sei tu che lo sei! Sono destinata a sposare un uomo vecchio, che sa solo Dio ciò che mi farà e a te non importa? >>

Scossi il capo e mi portai le mani ai capelli.

<< Perché l’hai detto davanti a Jonathan? Lui ti ama dannazione! >> quasi urlai.

<< Lui mi ha tradito, non capisci! >>

<< Sophie ti prego, tutto questo è uno sbaglio. >>

<< No, ormai è fatta. Stasera lo dirò anche a mio padre. >>

Cercai di fermarla ma andò via prima che potessi farlo. In ogni caso mia madre aveva già avvertito mio padre e io non potevo più fare nulla. Non volevo stare un minuto di più in quella casa, così me ne andai di corsa a prendere Aramis. Dovevo vedere Bella, subito.

<< Dove vai? >>

Incontrai Sophie all’ingresso ma la ignorai e continuai per la mia strada.

<< Da quella cortigiana? >>

Mi fermai di botto e tornai indietro, stavolta seriamente arrabbiato.

<< Sì, vado dalla mia Isabella, che ha molto più buonsenso e dignità di te. >>

Mi guardò sconvolta e io mi apprestai a raggiungere la scuderia. Senza aspettare lo stalliere, sellai malamente Aramis e ci salii in groppa, per poi partire a tutta velocità verso Bosco Verde. Talmente ero preso dai miei pensieri che arrivai prima del solito. Scesi e la cercai in casa, senza trovarla. Leah e Jacob non c’erano neppure stavolta, ma non era colpa loro. Avevano da fare con il raccolto e non potevano mancare. Sospirando, la cercai per il giardino. Anche se le incognite erano molte preferivo che andasse da Janet. Con lei avrei parlato, non volevo che Bella sapesse di ciò che c’era stato in passato, ma almeno non sarebbe stata sola. Camminai per la grande distesa verde, respirando a pieni polmoni il profumo dei fiori lì intorno. Era una bella giornata di sole. Il cielo era limpido e alcune rondini volavano indisturbate. Strappai una rosa rossa dal piccolo roseto, voluto proprio da Sophie e la cercai ancora. Mi fermai quando vidi una figura china su dei fiori. Era lei, così la raggiunsi. Sorrisi, sembrava una bambina che raccoglie i suoi fiori preferiti. Le misi le mani davanti agli occhi e lei dopo un gridolino spaventato, sorrise e mi prese le mani.

<< Duca. >>

<< Cosa fai? >> Mi accucciai accanto a lei e notai che aveva trovato dei bei tulipani gialli.

<< Passo il tempo. >>

<< Ti piacciono i fiori? >>

Lei sorrise appena e poi mi dette un bacio sulla guancia.

<< A tutte le donne piacciono, solo che nessuno me ne ha mai regalato uno. >>

<< Tutti questi non ti bastano? >> le chiesi, mentre le accarezzavo i capelli.

Doveva aver vissuto una vita dura. Ricordai il giorno in cui ci eravamo incontrati: indossava degli abiti logori e strappati, ma la sua persona riluceva anche in quelle condizioni.

<< Sì, ma non è lo stesso. >>

Le allungai la rosa, lei perse il sorriso e mi guardò quasi emozionata.

<< Per me? >> sussurrò guardando la rosa rossa, come la passione che sentivo per lei.

<< Sì, piccola. >>

Mi fece una grande tenerezza mentre la prendeva dalla mia mano e l’avvicinava al suo viso per sentirne il profumo. Chiuse gli occhi per un attimo e io trattenni il respiro. Era una visione.

<< Perché siete venuto? Non mi venite mai a trovare di giorno. >>

La osservai attento. Le dava fastidio che l’avessi raggiunta? Oppure voleva che andassi da lei più spesso?

<< Volevo stare con te. >>

<< E’ successo qualcosa? >>

Sorrisi e le posai un bacio sui capelli.

<< Sì, bambolina. >>

Ci fu una lunga pausa in cui scrutai il suo bellissimo viso. Lei guardava la rosa e ne sfiorava i petali, come fossero un tesoro prezioso.

<< Riguarda Sophie? >>

A quel nome trasalii e sospirai.

<< Lei è la donna che quasi certamente dovrò sposare. >>

<< Non volete? >>

<< Devo, Isabella. >>

<< Siete contradditorio. Se ormai sapete che non avete scelta, allora perché sembra che in realtà c’è ne sia qualcuna per evitare di sposarla? >>

<< E’ una ragazza bellissima ed è la mia migliore amica. >> risposi, aggirando la sua domanda.

<< Dai vostri occhi si vede quanto la desiderate. >> replicò quasi nervosa.

Mi voltai verso di lei e la guardai curioso. Poi sorrisi e mi avvicinai fino a sfiorare la sua spalla con la mia. Avrei voluto fare qualche battuta, ma se anche le avessi fatto notare che stava diventando gelosa mi avrebbe dato qualche brutta risposta.

<< Desidero solo te. >>

Lei abbassò lo sguardo per un attimo, ma poi mi spinse sull’erba e salì su di me. Le pizzicai un fianco e le sorrisi.

<< Siete un bugiardo, Duca. Non ci credo che Sophie non vi piace. >>

<< Infatti non è quello che ho detto. Solo che non voglio sposarla. >>

<< Quale uomo non desidera sposare una bella donna? >> domandò con fare ovvio.

<< Io >> risposi dopo una piccola pausa.

Lei rise debolmente e si abbassò per baciarmi. Cambiai velocemente posizione, portandola sotto di me.

<< Che ne sarà di me, adesso? Mi porterete dalla contessa? >>

<< Io voglio che tu stia con me. Sempre. >>

Eravamo entrambi sorpresi per le mie parole. Da quando quella ragazza stava diventando così importante per me? Mi alzai a sedere e la portai con me.

<< Dimmi qualcosa di te. Non so quasi nulla. >>

<< Non c’è nulla da dire. >>

<< Sì che c’è, Isabella. Dimmelo. Non ti fidi di me? >>

Lei non rispose e prese a giocare con una mia mano.

<< Non si tratta di questo. Di quando ero piccola ricordo poco e poi sono stata sempre con Tanya. >>

<< Prima di lei? Non ricordi davvero nulla? >>

Sapevo che c’era qualcosa che non mi voleva dire. Lo leggevo nei suoi occhi sfuggenti.

<< Non so chi sono i miei veri genitori. Ho solo delle immagini sfocate che mi ricordano la mia infanzia. >>

<< Quindi non hai mai conosciuto i tuoi genitori? >> chiesi lentamente, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

<< No. >>

<< Bella >> mi venne di nuovo spontaneo chiamarla così e lei stavolta non disse nulla. Le presi il viso tra le mani, ma cosa volevo dirle? Che il cuore mi stava scoppiando nel petto all’idea di una bimba sola e impaurita che veniva messa nelle mani di una vecchia vipera come Tanya?

Che aveva fatto fin ora, senza di me?

Osservai le lacrime addensarsi nei suoi occhi e mi sentii totalmente impotente. Avrei voluto fare qualcosa per arginare la sua sofferenza, ma l’unica cosa che potevo fare era tenerla stretta a me ed è quello che feci.

<< Mi sembra di conoscervi da sempre. >>

L’allontanai dal mio petto e la guardai curioso.

<< Ah sì? >>

Lei annuì.

<< Sono stata in un posto simile, credo. >>

<< Che intendi? >>

<< Ricordo una notte di intensa pioggia. Io che camminavo senza una meta e un bambino dagli occhi verdi come i tuoi che mi faceva compagnia, fin quando un uomo e una donna non mi sono venuti a prendere. >>

Aggrottai le sopracciglia. Quell’episodio somigliava tanto a quando mi ero perso qui con Jonathan e Sophie e avevo trovato una bambina sotto la pioggia.

<< Dici che ci siamo già incontrati? >> le dissi con un sorriso appena accennato.

<< Duca, credete nel destino? >>

<< No >>

<< E invece dovreste. >>

<< La smetti di darmi del voi? >>

<< Tu invece smettila di lasciarmi senza di te. >>

La guardai senza capire e lei mi buttò di nuovo a terra, spingendo le mani sul mio petto. Rimase inclinata su di me, con i capelli che mi solleticavano il viso.

<< Devi sposarti per forza? >>

Stavo per rispondere quando lei si abbassò ancora di più, fino a far sfiorare le nostre labbra.

<< Io non ti basto, Edward? >>

Oh, come avrei voluto che lei avesse avuto un titolo nobiliare. Il pensiero fulmineo che avrei sposato più volentieri lei invece che Sophie mi sorprese.

<< Sai qual’ è la risposta, bambolina. Adesso baciami. >>

Lei sorrise furba e proprio quando stavo per catturare le sue labbra con le mie, si alzò ridendo. La vidi scappare e scossi la testa incredulo. Se un giorno qualcuno mi avesse detto che mi sarei ridotto in questo modo non ci avrei mai creduto. La inseguii, fino a quando non riuscii ad acchiapparla, facendola cadere nell’erba con me. Ammirai incantato il suo viso sorridente e compresi quanto quella ragazza mi fosse entrata dentro. Ormai ero spacciato, senza alcuna via d’uscita.

 

 

 

 

*************************** 

Avevo detto che sarei tornata prima ed eccomi qui. Siamo vicini al punto fondamentale della storia. Janet sarà davvero determinante e capirete perché. Non immaginate l’ovvio. Certo qualche trappola ci sarà ( xD ) ma Janet è davvero importante per la risoluzione di molte cose. Sophie… non preoccupatevi troppo ; )
Forse posterò anche per Natale ma non ne sono certa, perciò ringrazio tutti quelli che mi seguono e vi auguro buone feste!


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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***


                                                               










L’amore è un concetto estensibile
che va dal cielo all’inferno,
riunisce in sé il bene e il male,
il sublime e l’infinito.
( Jung, Carl Gustav )

 

 

Capitolo Nove

 

 

Erano passate tre settimane da quando Isabella era andata a vivere da Janet. Le due sembravano trovarsi piuttosto bene insieme, anche se l’inizio era stato difficile soprattutto per me. Avevo parlato alla mia ex amante e l’avevo pregata di non dire nulla della nostra precedente relazione con Isabella,  per non farla sentire a disagio e lei con mia grande sorpresa aveva accettato. Era contenta del fatto che l’andassi a trovare, anche se secondo me aveva capito che Isabella non era solo un’amica di Leah e Jacob, come le avevo detto quando mi ero presentato a casa sua. Inutile dire che aveva subito accettato Isabella. Ovviamente era un pretesto per vedermi più spesso, come diceva lei, ma non aveva mai accennato a un comportamento come quello della notte in cui aveva cercato di sedurmi. Che fosse davvero cambiata come mi aveva detto Jonathan? Ancora non lo sapevo. A proposito del mio migliore amico, non lo vedevo da quel maledetto giorno in cui Sophie aveva mentito a tutti dicendo che ci saremmo sposati. Avevo detto la verità a mio padre e a mia madre ma non ai genitori di Sophie, che credevano alla scusa di Carlisle, ovvero che avevamo bisogno di tempo a causa di alcuni affari che non andavano bene. Avevo ancora del tempo a disposizione per poter decidere e finalmente Sophie aveva deciso di lasciarmi in pace. Sbuffai e mi passai una mano tra i capelli, con nervosismo. Ero disteso a letto con una brutta influenza, ma desideravo vedere Bella nel pomeriggio. Ultimamente a casa di Janet la vedevo pensierosa e triste e volevo assolutamente saperne il motivo. Purtroppo la mia idea iniziale del nostro rapporto era cambiata. Infondo avevo sempre saputo che sarebbe andata così. Lei era come un amante ma ci vedevamo poco, data la situazione, e questo mi rendeva nervoso.

<< Tesoro, posso entrare? >>

<< Certo madre. >>

Esme venne verso di me e si sedette sulla sponda del letto. Con una mano mi toccò la fronte e mi accarezzò il viso.

<< Non hai febbre, per fortuna. >>

<< Non preoccupatevi, sto bene. >>

<< Edward, hai pensato a cosa fare con Sophie? >>

<< Non mi va di parlarne. >>

Voltai il viso dalla parte opposta alla sua e la sentii sospirare.

<< Non fraintendermi, non sono venuta qui a darti fastidio. Desidero solo dirti che non devi preoccuparti troppo. >>

Mi voltai di nuovo a guardarla e la vidi sorridere, come quando da piccolo cadevo per terra e mi sbucciavo un ginocchio.

<< Edward, tu sei mio figlio a tutti gli effetti e voglio solo vederti felice e sereno. Non mi è piaciuto il comportamento di Sophie. Capisco che sia innamorata di te, ma il suo atteggiamento è stato molto immaturo. Non so se è davvero la donna giusta per te. >>

Le presi una mano grato e ne baciai il dorso. Avevo le lacrime gli occhi e lei se ne accorse.

<< Oh amore, stai tranquillo. Anche se tuo padre insiste, anche lui vuole il meglio per te ed è solo preoccupato. Fidati di me, ci parlerò io. Sposerai una donna diversa, magari quella che ami. >>

Chiusi gli occhi e sospirai di nuovo. Mi vergognavo a farmi vedere così, mi sentivo un bambino. Il punto era che mia madre era l’unica da cui ricevevo sostegno. Avevo perso il mio migliore amico, la situazione con Isabella era diventata troppo difficile da gestire e questo matrimonio mi stava dando alla testa. Tutti si aspettavano qualcosa da me e io non sapevo cosa fare.

<< Oh, che maleducata. Sto facendo aspettare la nostra ospite. >>

<< Ospite? >> ripetei, aprendo gli occhi.

<< Sì, la posso fare salire? >>

<< Chi è? >>

<< E’ una ragazza molto graziosa. Mi ha detto di essere una tua amica e di chiamarsi Isabella. >>

Mi sollevai a sedere sul letto, incredulo. Quella piccola pazza era venuta a casa mia?

<< Certo, madre. Fatela salire. >>

Esme dovette notare l’entusiasmo nella mia voce perché mi guardò compiaciuta.

<< Sei molto affezionato a questa ragazza. Non me l’hai mai presentata però, chi è? >>

<< Ehm… >>

<< D’accordo non lo voglio sapere. Oltretutto sarà un bel po’ che aspetta. >>

Detto questo si alzò e aprì la porta. La sentii ordinare alle cameriere di fare salire Isabella e dopo qualche minuto entrò con lei al seguito. Era molto bella con un abito di un azzurro molto chiaro, bordato di pizzo bianco sulla scollatura che metteva in risalto il suo seno. Janet gli aveva dato diversi abiti da mettere, in quanto sua dama di compagnia, non voleva che sfigurasse quando l’accompagnava da qualche parte o semplicemente veniva qualcuno a casa a trovarla.

<< Vi lascio soli. >>

Quando mia madre uscì dalla stanza lei mi sorrise e si sedette vicino a me, sul letto.

<< Edward, come stai? >>

Mi osservava preoccupata mentre mi toccava la fronte, esattamente come aveva fatto Esme prima. Le presi la mano e l’avvicinai fino a farla sedere sulle mie gambe.

<< Sei bellissima. >>

Le accarezzai il viso, scesi sul suo collo e mi fermai sulla porzione del suo seno, lasciato libero dal vestito. Lei mi baciò il mento e nascose il volto nel mio collo.

<< Cosa ci fai qui, Isabella? >>

<< Ho chiesto il permesso alla contessa di venire a trovarti. Non dovevo? Sei arrabbiato? >>

<< Certo che no, solo che non sei mai venuta a casa mia. >>

<< Ho chiesto a Jacob di accompagnarmi. >>

Sorrisi e le accarezzai i capelli che le scendevano morbidi e ondulati sulla schiena.

<< Mi lasci sempre senza parole. >>

La sentii sorridere sul mio collo e l’allontanai da me per baciarla. Avevo paura di contagiare anche lei perciò mi limitai ad un leggero bacio a stampo. Mi sfogai sul suo collo, che morsi leggermente e sul suo seno.

<< Edward… >> mormorò, cercando di allontanarsi.

<< Non ti preoccupare, piccola. Mia madre verrà di sicuro a breve a controllarci. >>

Lei rise e si sedette di nuovo bene, sulla sponda del letto.

<< Allora? Che mi racconti? >>

<< Nulla di nuovo. La contessa non mi fa fare quasi nulla, se non farle compagnia per una passeggiata in giardino o quando ci sono degli ospiti. Adesso che è tornato suo figlio sembra scoppiare di gioia. >>

<< James è tornato? >>

Avevo visto solo una volta il figlio di Janet, in occasione del compleanno della madre. Si trattava di molti anni fa però, da quel giorno non l’avevo più rivisto. Lavorava a Parigi e proprio la sua assenza era uno dei dolori più grandi per Janet. Il solo pensiero che fosse tornato, così all’improvviso, mi destava dei sospetti. Non aveva un buon rapporto con la madre, o meglio lei adorava suo figlio ma lui era un tipo talmente egoista e arrogante, abituato ad avere tutto dalla vita, che gli dava quasi fastidio sottostare alle sue attenzioni. Cercai di scacciare l’immagine di Isabella insieme a lui e cambiai discorso.

<< Perché ultimamente ti ho vista con aria triste? >>

<< Ma no… >>

<< Sì, invece. Sai che se ci sono problemi con Janet non hai che dirmelo. >>

Lei rimase in silenzio, fin quando non le presi il viso tra le mani per obbligarla a guardarmi.

<< Cosa vuoi sapere, Isabella? >> sussurrai, cominciando a pensare che Janet non avesse rispettato il nostro accordo.

<< La contessa ha cercato di capire quali sono i nostri veri rapporti e mi ha fatto capire che siete stati amanti. >>

<< E’ così. >> sospirai.

Lei allontanò le mie mani, ma rimase seduta accanto a me.

<< Si tratta di molto tempo fa e… >>

<< Non dovete giustificarvi. Ero solo venuta a vedere come state. >>

Fece per alzarsi ma non glielo permisi.

<< Siamo tornati al voi? Isabella smettila! E’ vero abbiamo avuto una sorta di relazione, se così si può chiamare, ma è davvero finita. >>

<< A me non importa. >>

<< Perché menti? Sai che da quando ti ho conosciuto non sono stato con nessun altra. >>

Fece per dire qualcosa ma la strinsi a me e le baciai la fronte.

<< Possibile che tu ancora non capisca quanto sei importante per me? >>

Lei si aggrappò alla mia maglia e la sentii singhiozzare.

<< Oh piccola, perché fai così? >>

<< Edward mi sento di nuovo nel posto sbagliato. Nella mia vita non c’è mai stato nulla di giusto e io sono stanca. >>

La cullai per un po’ e le asciugai le lacrime. Le baciai il naso, le guance, gli occhi e infine le labbra.

<< Sei una sciocchina. Te l’ho già detto una volta e te lo ripeto: devi stare con me, sempre. >>

<< Con te? E come? Ti stai per sposare. >>

L’allontanai da me e mi distesi di nuovo.

<< Non me ne parlare, ti prego. >>

<< Che significa? Non ti sposi più? >>

Non potei non notare i suoi occhi brillare e la osservai con attenzione.

<< No, troverò un'altra donna probabilmente ma non Sophie. >>

La luce nei suoi occhi si affievolì e mi sorrise appena.

<< Visto che non vuoi parlarne… torniamo a Janet. >>

<< Cosa vuoi sapere di lei? >>

<< Quanto tempo siete stati insieme? >>

<< Isabella, lo dici nel modo sbagliato. C’è stato un lungo periodo, dove ci vedevamo quasi ogni sera. Lei mi pregava di andare da lei dopo che il marito la picchiava e certe volte cercavo di anticiparlo. Non sopporto chi usa violenza sulle donne. Così mi sono in qualche modo affezionato a lei. Passavamo sempre più tempo insieme e mi sentivo quasi in dovere di proteggerla. Il resto è venuto da sé. Sai anche tu che è una bella donna e quando mi ha fatto capire il suo interesse non ho avuto problemi ad assecondarla. >>

<<  Perché è finita? >>

<< Semplicemente mi ero stancato di lei e gliel’ho fatto capire non facendomi più vedere. >>

<< Con me non farai così. >>

Non era una domanda e io sorrisi tirandomela addosso.

<< No, non farò così. >>

Il suo viso si oscurò di nuovo ma non feci domande, questa volta. Doveva essere lei a dirmi cosa c’era che non andava.

<< Non sapevo che Janet avesse un figlio. >>

<< Adesso lo sai. >> tagliai corto. Cosa gli importava di lui?

<< E’ molto gentile, sai? Cerca sempre di aiutarmi e mi ha promesso di portarmi a Parigi, un giorno di questi. >>

<< Cosa? Tu non andrai da nessuna parte, Isabella. >>

<< Come sarebbe? Sei geloso? >>

<< No, tu mi appartieni e non andrai con quel bastardo di James. >>

<< Allo stato attuale io non sono null’altro che un amante e forse un amica per te, quindi perché non posso andare con lui? >>

La guardai con sospetto.

<< Cosa vuoi dire? C’è qualcosa che non so? >>

Lei si alzò e si diresse alla porta, io la seguii ma prima che potessi fare qualsiasi cosa si voltò di nuovo e mi trafisse con i suoi occhi color cioccolato.

<< Lui c’è ogni giorno e non si vergogna di stare con me davanti a tutti, anche se sa che sono una cortigiana. >>

<< Cosa? Gliel’hai detto? >>

<< Non volevo, ma poi mi sono fidata di lui. Ha detto che non lo dirà a sua madre. >>

<< E’ invece è proprio quello che farà! >> quasi urlai, stringendole un braccio.

<< Non capisci il danno che hai fatto? Janet non accetterebbe mai una cortigiana al suo servizio. Sebbene abbia compreso che c’è qualcosa tra noi, io le ho fatto credere che tu eri un amica di Jacob e Leah e non una prostituta >> continuai con rabbia.

<< Vedi come parli? Ti vado bene come prostituta, però parli di me con disprezzo. >>

Si divincolò con forza dalla mia presa e io la lasciai.

<< Tu non immagini neanche cosa sto passando per te e tu mi vieni a parlare di disprezzo? >>

Il rumore della porta che si apriva ci interruppe. Isabella si spostò e io presi un respiro profondo.

<< Scusate ragazzi, ma c’è qui James. E’ venuto a prendere te, Isabella. >>

Mia madre dopo averci sorriso richiuse la porta e io fulminai con lo sguardo la diretta interessata.

<< Te l’ho detto, è molto presente. In ogni caso non gli ho chiesto io di venirmi a prendere. >>

<< E’ molto presente, Isabella? Vuole solo portarti a letto! >>

<< Affatto! Altrimenti non mi avrebbe chiesto di sposarlo e seguirlo in Francia! >> sbraitò, lasciandomi pietrificato sul posto. Cosa aveva fatto quel maledetto?

<< La visita a Parigi non era un semplice viaggio allora… >>

<< No, Edward. Sono venuta qui perché mi aspettavo qualcosa di diverso. Tu non sposerai Sophie ma comunque un'altra donna giusto? Non era quello che volevo sentirti dire. >>

Sembrava che avessi appena sostenuto un esame con esito negativo. Lei era venuta qui per un motivo preciso allora. Voleva capire fin dove mi sarei spinto per lei, eppure ciò che avevo fatto fin ora non era abbastanza? Volevo scuoterla, baciarla, farle capire quanto fosse forte ciò che provavo per lei. Per la prima volta nella vita. Lei però era venuta qui per capire se potesse ritenersi libera di sposare un uomo che la rispettava. James non aveva bisogno del titolo nobiliare di sua madre. Era un soldato dell’esercito francese ormai, da quanto mi aveva detto Janet, e viveva la sua vita in modo molto diverso da tutti gli altri nobili. Non aveva bisogno di nessuno e voleva Isabella. La mia Isabella.

<< Anch’io mi aspettavo qualcosa di diverso da te. Ora è più facile vero? James non ti ha tirata fuori da un bordello. Non ti ha dato una casa e una vita migliore. Chiaramente adesso ti vuole e tu ti stai offrendo al miglior offerente, come una brava puttana. >>

Mi schiaffeggiò con così tanta forza che la guancia cominciò a bruciarmi furiosamente, così come il cuore che sembrava sul punto di esplodere.

<< Non vuoi sentirtelo dire, eh? E’ quello che sei. Vai dal tuo nuovo padrone. >> le mormorai sulle labbra.

L’ultima cosa che notai, prima che andasse via, furono i suoi occhi pieni di lacrime. Ormai avevo perso il senno. La rabbia, l’indignazione, la delusione e quel dolore sordo che non sapevo definire mi stava facendo impazzire. Mi cambiai velocemente e uscii fuori. La testa mi pulsava, la febbre mi era di sicuro salita di nuovo e respiravo con affanno. Volevo prendere aria, volevo urlare al mondo quanto stessi soffrendo. Isabella non sarebbe stata mia. Mai più. Ciò che mi passava per la mente, però, non era solo il suo corpo sotto alle mie mani, ma i suoi sorrisi, quel suo atteggiamento orgoglioso e quegli occhi intensi che mi stregavano ogni volta. Uscii di casa, appena in tempo per vedere James che l’aiutava a salire sulla carrozza. La sua mano stretta nella sua. Strinsi i pugni e corsi a prendere il mio cavallo, sotto gli occhi confusi dello stalliere. Con la vista annebbiata e i brividi su tutto il corpo, raggiunsi il posto più sbagliato per me in quel momento. Quasi scivolai da cavallo e mi fermai vicino a  Sophie, che mi guardava stupita, seduta su una panchina, nel giardino della sua tenuta.

<< Edward, cosa ci fai qui? Cosa ti succede? >>

Corse verso di me e cercò di sorreggermi. Mi trascinò fino in camera sua, la stessa che ci aveva visto giocare da bambini e mi fece sedere sul letto.

<< Dio mio, ma cosa hai fatto? Sei tutto sudato e hai la febbre. Sei sconvolto! >>

<< Sì. Sophie ti prego. >> mormorai quasi piangendo.

Non mi era mai capitato nulla del genere. Cosa mi aveva fatto quella donna? Isabella, il suo viso a tempestarmi la mente.

<< Cosa? Edward dimmi qualcosa. >>

No, non volevo parlare. Non volevo respirare. Non volevo vivere. Stavo esagerando? Ero confuso e cercavo disperatamente di mandare via la morsa che quasi mi impediva di respirare. Abbracciai Sophie e mi distesi sul letto portandola con me.

<< Perché fa così male? >> mormorai sui suoi capelli.

 Mi avrebbe compreso solo lei, che sapevo aveva provato tutto questo anche se non voleva ammetterlo. La sentii irrigidirsi e la strinsi più forte.

<< Non lo so Edward. So solo che tu sei l’unica persona che riesce a fermare questo dolore. Mi fai stare bene. >>

Era lo stesso per me. Per questo ero qui e non volevo andarmene. Non potevo tornare a casa mia, dove lei era stata per l’ultima volta. Quando sarebbe partita? Oggi, domani… subito? Portai Sophie sotto di me e con la vista offuscata scesi sul suo collo e sul suo seno.

<< Sophie tu puoi porre fine a questa sofferenza? >>

Lei mi prese il viso tra le mani e mi guardò a lungo. I suoi occhi erano azzurro cielo e riuscirono a rassicurarmi a tal punto che mi sembrò tornare il sereno, dopo una giornata di tempesta. Una sensazione effimera, però, che presto si dissolse. Desideravo che quella pace perdurasse, così la baciai cercando di trovare un po’ di serenità. Mi concentrai sul suo profumo, così diverso da quello che avevo imparato ad amare, ma così familiare.

<< Sophie >> sussurrai sul suo collo. Le morsi una spalla mentre sentivo una lacrima scivolarmi sul viso. Mi stavo solo prendendo in giro, lo sapevo. La spogliai velocemente e toccai quel corpo nuovo e conosciuto al tempo stesso. Mi concentrai sul suo respiro sul viso e sulla sua voce flebile che mi pregava di non fermarmi. Non avevo intenzione di farlo, altrimenti il mio tormento sarebbe ricominciato.

<< Edward vivi con me, insieme possiamo farcela. >>

Non risposi e continuai a godere di quei brevi momenti. Le accarezzai i lunghi capelli biondi e con un ultimo sguardo a quelle pozze azzurre dei suoi occhi, mi feci strada in lei. Chiusi gli occhi alla sensazione di benessere e le baciai una guancia. Condividevamo la stessa sofferenza, anche se lei sapeva mentire molto meglio di me. Riuscii a non pensare, ma quando mi accasciai sul corpo della mia migliore amica, ebbi l’impressione che non sarei mai riuscito a dimenticare. Il suo pensiero mi avrebbe perseguitato, per sempre.

<< Edward, non lasciarmi anche tu. >>

Le baciai la fronte e le scostai alcune ciocche dal viso.

<< No, tu non lasciarmi, Sophie. >>

 

 

 

 

 

**************************** 

Ok, eccoci. E’ passato tantissimo tempo ma è inutile tediarvi con tutti i miei problemi. So che siete arrabbiate, per cui andiamo subito al sodo. Doveva succedere. Questo momento è sempre stato nella mia mente, fin dall’inizio. Tutto procede secondo i piani. Non odiate Bella… capirete. Edward, beh credo che alcune di voi già immaginavano che questo sarebbe successo. Sta soffrendo, lui non ha mai amato nessuno e adesso gli crolla il mondo addosso. Adesso sì, che siamo nel vivo della storia. Chiuderò nel più breve tempo possibile questa storia, promesso. Non scoraggiatevi, io ho scritto una storia EdwardxBella, per cui…
Ci vediamo molto, molto presto!

Stella Del Sud

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci ***


                                                           










 Quella vecchia sensazione,
anche se ora non ti vedo più, anche se ormai
le nostre strade si sono divise,
anche se il nostro sole e il nostro cielo
è lo stesso ma in posti diversi,
vorrei ancora quella vecchia sensazione,
di attesa e di felicità,
quella sensazione forte di salutarti
e aspettare il giorno dopo
per rivederti ancora…
(Ejay Ivan Lac)

 

Capitolo Dieci

 

 

 

<< Edward, questa è la scelta migliore, sono orgoglioso di te. >>

Osservai mio padre servirsi di un bicchiere di vino, mentre mia madre mi guardava sospettosa. Il matrimonio tra me e Sophie sarebbe avvenuto tra qualche settimana. Nessuno voleva perdere tempo e per me non faceva differenza. L’unica che aveva capito che qualcosa non andava era mia madre, ma mi rifiutavo di affrontare con lei quest’argomento. Avevo chiesto di non fare nessuna festa di fidanzamento, perché non ero felice. Non potevo mentire a me stesso. Non andavo fiero di ciò che era successo con Sophie. Quel giorno ero distrutto, ma più di tutto dovevo accettare l’idea che Isabella ed io non avremmo mai potuto stare insieme alla luce del sole. Forse aveva ragione lei, ero io  il vigliacco. Oltretutto non potevo tradire mio padre, che mi aveva salvato la vita prendendomi con lui. A quest’ora non sapevo dove sarei finito. Gli dovevo tutto e dovevo rispettarlo. Credevo che Sophie sarebbe stata felice ed entusiasta di preparare il matrimonio, invece aveva lasciato fare tutto a sua madre. Ci vedevamo spesso, ma oltre a qualche sfioramento di labbra non era successo altro tra noi. Alle volte mi sentivo quasi in imbarazzo nei suoi confronti. Il dolore che sentivo al cuore e all’anima non era svanito. Convivevo con la consapevolezza che Bella era partita per Parigi con James, dove quasi sicuramente si sarebbero sposati.

Senza rendermene conto avevo lasciato mio padre ai solitari festeggiamenti, ed ero uscito per una passeggiata a piedi. Non sapevo neppure che fine avesse fatto Jonathan, ma capivo la sua sofferenza. Tuttavia mi rifiutavo di pensare a ciò che gli stavo facendo io. Il suo migliore amico. Mi sarei sposato con la donna che amava. D’altro canto Sophie era intenzionata a dimenticarlo del tutto, si sentiva tradita esattamente come mi sentivo io.

Arrivai nella casa di Janet e mi feci annunciare. Lei non tardò ad arrivare e mi fece cenno di accomodarmi. Stranamente non era corsa da me per darmi un bacio sulla guancia o stringermi il braccio con una mano, come faceva di solito.

<< Edward mi fa piacere incontrarti, ma ti avviso non sarò molto di compagnia. >>

<< Come mai? >>

<< Ho molti pensieri per la testa. >>

Cercai di trattenere la rabbia. Questi pensieri erano per caso per il matrimonio di suo figlio?

<< Ho saputo del ritorno di James. >>

<< Oh sì, ma se ne è andato via subito, come puoi vedere. >>

<< E’ andato via con Isabella. >>

<< Sì. Edward so che ami quella ragazza, anche mio figlio se ne è accorto. >>

<< Non è affatto vero, Janet. Oltretutto sto per sposarmi. >>

<< Con la donna che non ami. >>

<< Janet, cosa vuoi da me? >> sbottai irritato

<< Cosa vuoi tu, Edward. Sei caduto nella trappola di Isabella, non è così? >>

Mi alzai di scatto e la fronteggiai.

<< Spiegati meglio. >>

Lei fece una lunga pausa e si arrotolò tra le mani una ciocca scura di capelli. Era chiaramente combattuta e la cosa non mi piaceva.

<< Isabella è mia nipote, Edward. >>

Sbiancai e mi appoggiai al pianoforte a coda, dietro di me , per non cadere a terra.

<< Cosa significa? >>

<< Isabella mi ha fatto promettere di non dirti nulla. E’ una storia molto lunga. >>

Per risposta mi sedetti e mi allentai il colletto della camicia, che era diventato di colpo troppo stretto.

<< Prima di spiegarmi, dimmi perché non mi hai detto nulla. >>

<< Ho cercato di rispettare mia nipote, ma adesso che ti ho visto non posso continuare a tenere questo grande segreto per me. >>

Sua nipote… ma questo significava che lei e James erano cugini. Presi un respiro profondo mentre una scintilla di gioia si accendeva in me.

<< Ho sempre saputo di Isabella e mi vergogno del mio comportamento. Sai che mia sorella è morta diversi anni fa, te lo dissi, ricordi? >>

Annuii distrattamente, sperando che continuasse in fretta.

<< Reneè ebbe una relazione con Charlie Swan, marito di Carmen Denali. Rimase incinta, ma lui non volle sapere nulla della bambina, per paura che sua moglie lo venisse a sapere. Se questo sarebbe successo tutti l’avrebbero saputo e si sarebbe gridato allo scandalo. >>

Non potevo credere alle mie orecchie. Il Duca Charlie Swan aveva avuto una figlia dalla sorella di Janet, che si era sempre creduta morta per una lunga malattia che le impediva per sino di uscire. A quanto pare era solo incinta, ma nessuno la doveva vedere, in più era morta per dare alla luce la sua bambina. Una cosa terribilmente triste.

<< Ho provato a convincere Charlie a tenere la bambina, è sua figlia maledizione! Eppure lui non ha voluto sentire ragioni e la diede a Tanya, una delle sue tante amanti, che la fece crescere in quella casa terribile. Più volte ho cercato di farla uscire da quell’ambiente, ma quella donna non me l’ha mai permesso. Per anni ho pregato mio marito di darmi i soldi da dare a quella sgualdrina, che teneva mia nipote. Volevo farla passare per sino per mia figlia. L’avrei cresciuta e tenuta con me, come mia sorella mia aveva pregato in punto di morte. >>

<< E’ per questo che ti picchiava? >>

<< Sì, diceva che non si sarebbe umiliato davanti a tutti per prendere la figlia bastarda di mia sorella. >>

<< Maledetto >> mormorai a denti stretti. Se non fosse stato già morto non sapevo cosa gli avrei fatto. Come si faceva a lasciare una bambina da sola, nelle mani di quella strega?

<< Isabella mi ha detto che vi siete già incontrati quando eravate bambini. Lei aveva cercato di scappare da Tanya e si era rifugiata nella periferia di Londra, in quel posto dove tu, Jonathan e Sophie vi eravate persi. >>

Come avevo fatto a non pensarci prima? Qualcosa nella mia mente e nel mio cuore, mi suggeriva che l’avevo sempre saputo. Era come se la conoscessi e la amassi da sempre. Di nuovo quel dolore sordo venne a farmi visita, impendendomi di respirare. La mia piccola bella. Era per questo che non voleva che la chiamassi così. Non avevo capito il suo nome e l’avevo semplificato.

 

<< Come hai detto che ti chiami? Non ti sento, avvicinati! >>

La bambina arretrò spaventata, guardandosi intorno, come se qualcuno la seguisse. C’era molto vento e pioggia, una vera tempesta e lei era bagnata come un pulcino.

<< Ti chiami Bella? >>

Lei mi guardò per un attimo, poi sorrise e annuì.

<< Sai dove siamo? >>

<< Bosco Verde. >>

La guardai senza capire e lei sorrise di nuovo.

<< Sono qui da stamattina, c’era il sole e qui è tutto… >>

<<Verde? >> dissi sorridendo a mia volta. Quella bambina era simpatica.

<< Come i tuoi occhi. >> mormorò con la sua voce dolce e flebile.

Oltrepassai un mezzo tronco d’albero sul terreno per raggiungerla, quando qualcuno l’afferrò da dietro. Lei cominciò ad urlare il mio nome, ma io non potei fare nulla che un uomo con i capelli neri e i baffi la portò via. La cercai a lungo, fin quando non trovai la piccola casa a Bosco Verde.

 

<< Edward? >>

Guardai Janet, che con un sorriso mesto mi accarezzò il viso. Solo in quel momento mi accorsi di piangere. Era successo di nuovo. Era l’ unica che riusciva a suscitare in me una reazione simile. L’uomo che me l’aveva portata via da bambina era Charlie. Adesso lo sapevo con certezza. Tanya doveva averlo avvertito della sua fuga e lui si era premunito di cercarla per farla tornare nell’ombra. Poi si era trasferito a Parigi.

<< Bella è andata da lui? >>

Lei scosse il capo.

<< Le cose non stanno proprio così. Io non ho mai raccontato nulla di tutto questo a James, ma lui lo venne a sapere dallo stesso Charlie, che a quanto pare ha una grave malattia. Sai che ha lavorato per tanto tempo a Parigi e sapeva della storia tra lui e la zia, ma non della bambina. Mio figlio non è riuscito a trovarla in questi anni perché Tanya non voleva più darla a nessuno, perché era molto utile. Charlie è praticamente caduto in rovina, dopo che la moglie l’ha lasciato da solo e malato. La vera fortuna del Duca Swan è stato sposare Carmen Denali, che non ha mai amato, perché era rimasto senza un soldo. Gli è sempre piaciuto giocare d’azzardo e aveva perso quei pochi soldi di suo padre. Quando l’ho vista arrivare con te, ho capito subito chi era e ho cercato di allontanarla dicendole ciò che c’è stato tra noi. >>

<< Perché l’hai fatto? >>

<< Volevo che andasse via. Charlie la cerca da un paio d’anni e Carmen ha tutta l’intenzione di fargliela pagare. Viene spesso per vedere se lei è qui. Edward ho paura di quella donna, perché è capace di tutto. Non vuole che Charlie la veda per dargli in eredità il suo titolo nobiliare. Per questo sono preoccupata, non volevo che James la trovasse per davvero per portarla da suo padre. Carmen potrebbe essere lì ed Isabella è una creatura così buona ed ingenua. >>

<< James non è con lei? >>

<< No, l’ha solo accompagnata. E’ dovuto partire subito per motivi segreti da parte del suo comandante. >>

Mi portai le mani al viso e presi una rapida decisione. Dovevo raggiungerla e mettere fine a quella complicata vicenda.

<< Voglio andare da lei. Subito. >>

<< Speravo lo dicessi. Isabella ha promesso di non parlarmi mai più se ti avessi messo in mezzo, ma sono più tranquilla se so che ci sei tu con lei. Ti ama tanto Edward e poi lei è… >>

<< Cosa? >> domandai trepidante.

<< Nulla. Ti prego non sposare Sophie e vai dalla mia Isabella. >>

Scoppiò in un pianto disperato e l’abbracciai. C’era qualcosa in lei che condivideva con Bella. Per questo mi ero sempre sentito protettivo nei suoi confronti.

<< La troverò, Janet. >>

Uscii fuori di corsa e senza avvertire nessuno mi misi in viaggio per raggiungere la donna che amavo. Dopo pochissima strada percorsa, riconobbi Jonathan, fermo davanti a un ruscello. Mi fermai anch’io e lo raggiunsi.

<< Cosa vuoi? >> disse rudemente non appena mi vide, ma io rimasi immobile a fissarlo.

<< Coraggio dimmelo, Edward. >>

Ci guardammo a lungo fin quando non mi decisi.

<< Ci sono andato a letto. >>

Il pungo che mi arrivò mi fece cadere a terra. Sentii in bocca il sapore ferroso del sangue, ma non mi rialzai da terra. Prima o poi dovevamo avere questo confronto.

<< La colpa è tua. >> gli dissi e lui si piegò accanto a me.

<< Può darsi, ma tu non ti sei fatto scrupoli vero? >>

<< Continua dai. Sfogati su di me, Jonathan. Adesso so cosa vuol dire amare una donna fino a morire. Non c’è stato nessuno per me, nemmeno tu. >>

Mi alzai di scatto e ce le demmo di santa ragione, fin quando non ci sedemmo a terra, con la schiena appoggiata ad un albero. Non dicemmo nulla per un po’, fin quando non mi sentii abbracciare da lui. Gli raccontai tutto: del mio dolore, di Sophie e dell’amore per quella ragazza. Con la presenza di Jonathan adesso mi sentivo meno solo.

<< Andiamo a riprenderci la tua Bella. >>

 

 

 

 

 

 

*********************** 

Rieccomi di ritorno. Lo scorso capitolo è stato piuttosto movimentato. Le cose non dovevano andare proprio così. Questo capitolo doveva aspettare ancora, ma data la bomba che ho sganciato nel capitolo precedente ho pensato di chiarire subito le cose. Vedremo cosa succederà a Parigi… e di Sophie cosa ne facciamo?
A presto!

Stella Del Sud

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici ***


                                                           














L’amore è come le malattie contagiose;
più le si temono, più vi si è soggetti.
( Chamfort, Nicolas )

 

 

Capitolo Undici

 

 

 

Erano stati giorni duri. Io e Jonathan avevamo affrontato il freddo e le intemperie prima di arrivare finalmente a destinazione. Il viaggio era stato davvero pesante, soprattutto perché non eravamo equipaggiati. Con la barba incolta e i geloni alle mani mi guardai intorno, in cerca di qualcuno che mi dicesse dove fosse la tenuta di Charlie Swan. Viveva lì da molti anni, ormai, qualcuno doveva pur saperlo.

<< Edward, conosco un amico. Andiamo da lui. Dobbiamo riposarci e poi cercheremo Isabella. >>

Lo seguii stancamente e ci avviammo verso un grande palazzo. Parigi era molto bella, non l’avevo mai vista. Il pensiero che mi premeva di più però era Bella. Dove si trovava? Da suo padre? Volevo andare subito da lei, ma dovevo ancora aspettare. Era passato quasi un mese ormai dall’ultima volta che l’avevo vista. Da un paesino che avevamo incontrato per strada avevo mandato una lettera ai miei genitori, scrivendogli di non preoccuparsi per me e che ero partito per una questione personale urgente. Ero sollevato, in fin dei conti, che Jonathan fosse venuto con me. Sarebbe stata dura senza di lui, dato che non conoscevo nessuno in quella città. Arrivammo a destinazione e scendemmo dai cavalli. Di certo i miei abiti la dicevano lunga su ciò che mi era successo, ma questo non scoraggiò due giovane nobili, che sostavano all’entrata del portone principale di quella casa, che mi guardarono maliziosamente. Sospirai e cercai di evitarle, sotto lo sguardo divertito del mio migliore amico.

<< Forza casanova, entriamo.  Auguste De la Roy ci aspetta. >>

<< Come hai fatto ad avvertilo? >>

<< Quando tu hai mandato la lettera ai tuoi genitori io l’ho mandata a lui. Mi deve un favore, ci tratterà bene vedrai. >>

L’ambiente era molto elegante e due cameriere accorsero per portarci via le giacche. Io rifiutai e tenni stretta la mia.

<< Jonathan, sei arrivato. >>

<< Auguste è stato un viaggio faticoso. >>

<< Lo immagino, che ne dite di farvi un bagno e mangiare qualcosa? Rimandiamo a stasera le spiegazioni. >>

Ringraziai mentalmente quell’uomo. Sembrava un tipo sicuro di sé. Dimostrava più o meno una cinquantina d’anni, ma lo sguardo era sveglio come quello di un ventenne. Ci raggiunse anche la moglie, una signora dai capelli rossi e intrecciati in una acconciatura particolare, che ci squadrava con poca convinzione. Potevo immaginare cosa stesse pensando in quel momento, vedendo due estranei in quelle condizioni, piombare in casa sua.

<< Prego signori. Seguite Michelle, la mia cameriera. Vi mostrerà le vostre stanze e vi darà dei cambi. >>

Ringraziammo entrambi con un cenno del capo e seguimmo Michelle, una ragazza piuttosto giovane e avvenente che manteneva lo sguardo basso. Ci fece salire delle scale e infine percorrere un lungo corridoio. Le ultime due stanze erano, a quanto pare, destinate a noi. Non c’era nulla da dire, quella casa era immensa e molto raffinata. Entrai nella mia camera e mi gettai sul letto. Non riuscivo a non pensare a Isabella e a cosa stesse facendo. Quella Carmen era davvero così pericolosa? Sarebbe arrivata a fare del male a una ragazza solo perché figlia del marito con un'altra donna? Il titolo nobiliare… Bella era una duchessa a tutti gli effetti. La vita a volte era assurda, ma a me non sarebbe importato più di tanto. Ero stato uno stupido. Neanche perdere il mio titolo, se mio padre mi avesse punito in questo modo, mi avrebbe fatto male quanto perderla. Perché l’avevo lasciata andare? Perché non avevo insistito?

<< Monsier? >>

Guardai Michelle, non mi ero neppure accorto che fosse entrata. Mi fece cenno verso i vestiti puliti che aveva messo sul letto e io annuii.

<< Grazie >> mormorai, alzandomi. La vidi arrossire quando i nostri sguardi s’incrociarono. Scappò via con un goffo inchino e io scossi il capo, con un sorriso accennato. Mi spogliai e mi godetti quel bagno ristoratore. Stavo per addormentarmi quando sentii bussare alla porta. Era di sicuro Jonathan. Mi vestii velocemente e andai ad aprire. Come immaginavo, c’era proprio lui.

<< Fatti quella barba, Edward. >>

<< Sì, mi stavo addormentando. >>

Lo feci entrare e seguii il suo consiglio. Mi sentivo in un altro mondo e se non avessi ritrovato subito la mia donna sarei impazzito. Come ho potuto pensare per un solo istante di poter stare senza di lei?

<< Come hai conosciuto Auguste? >> domandai, mentre mi radevo.

<< Tempo fa è venuto a Londra per degli affari, mi ha chiesto una mano e quando è andato via si è ripromesso di ricambiare il favore. >>

<< Lui e la moglie, parlano bene l’inglese. >>

<< Sì, hanno vissuto per molti anni a Londra. >>

<< Capisco. Grazie Jonathan per essere venuto con me. >>

<< Oh tranquillo, non avevo nulla da fare. >> dissi con ironia.

Gli detti una pacca sulla spalla e poi uscimmo. La cena era già in tavola e dopo che ci fummo seduti, ci raggiunsero Auguste e la sua antipatica moglie. Il suo sguardo non era cambiato, sembrava che fossimo due cani seduti a tavola.

<< Allora signori, come vi posso essere utile? >>

<< Auguste, la ringrazio per la sua ospitalità. Noi stiamo cercando la tenuta di Charlie Swan >> dissi, sperando che sapesse dirmi qualcosa. Jonathan, accanto a me, annuii e insieme attendemmo. L’uomo si grattò il mento per qualche minuto, fin quando la moglie non si piegò un po’ verso di lui per sussurrargli qualcosa.

<< Forse mia moglie ha ragione. Cercate un Duca, venuto qui molti anni fa, sposato con una certa Carmen Denali? >>

<< Sì, è lui. E’ un uomo con i baffi e purtroppo malato da tempo. >>

<< Allora è lui. Sua moglie è una mia cara amica. >> disse la signora De la Roy.

Eh no, questa non ci voleva. Anche se in realtà potevo almeno sapere dove fosse adesso questa Carmen.

<< Lei sa dove si trova la signora Denali? >>

La donna mi guardò con sospetto prima di rispondere.

<< Sa Duca, siamo in pochi a sapere di questa storia. Conosco Carmen da molti anni, fin da quando è arrivata qui a Parigi. Dopo che ha abbandonato il marito, vive con la sua anziana madre in una grande tenuta, poco lontano da Parigi. >>

<< Quindi è vero che non vive più con il marito? >> mi anticipò Jonathan.

<< Sì, è così. >> rispose monosillabica.

<< Direi che se è urgente domani mattina posso accompagnarvi dal Duca Swan. >>

<< Grazie Auguste. >> dissi riconoscente, anche se ci sarei voluto andare subito. Il mio istinto mi suggeriva che Bella però non fosse andata da lui. Era orgogliosa e di certo non ricercava un titolo nobiliare. Avrei dovuto informarmi di più su Carmen Denali.

Cenammo, parlando del più e del meno. Nonostante la tensione mi ritrovai affamato e dopo declinai l’invito di Auguste di bere un bicchiere di vino con lui per andare a dormire. Jonathan rimase per educazione e lo ringraziai mentalmente per questo, ma si notava che era stanco anche lui. Sprofondai nel mio letto, ancora vestito e caddi subito in un sonno profondo. Furono le prime luci dell’alba a svegliarmi e mi alzai di scatto, cercando di capire dove mi trovassi. Una volta lucido mi ricomposi e scesi direttamente giù. Era ancora presto per la colazione, ma ero in ansia e volevo andare dal padre di Bella il prima possibile. Jonathan mi raggiunse poco tempo dopo, molto più riposato rispetto al giorno prima.

<< Auguste mi ha detto, ieri sera, che saremmo partiti molto presto. Non preoccuparti, a momenti dovrebbe essere qui. >>

Non lo avrei mai ringraziato abbastanza per tutto ciò che stava facendo per me. Come aveva detto, Auguste De la Roy scese poco dopo e ordinò di far sellare i cavalli e preparare la carrozza.

<< Scusate l’ora mattutina, ma ho numerosi affari da risolvere quest’oggi. >>

<< Non si preoccupi, per noi è meglio così. >> dissi, salendo sul mio cavallo.

Ci inoltrammo per Parigi e ci fermammo in un altro palazzo, simile a quello del signor De la Roy, solo un po’ più piccolo.

<< Eccoci arrivati. Siete ancora miei ospiti quindi vi attendo al mio ritorno. >>

Ringraziammo e scendemmo dai cavalli. Fremevo all’idea di incontrare Bella, ma sentivo per qualche ragione che non si trovava lì, almeno non più. Un maggiordomo ci guardò con curiosità.

<< Non siamo abituati alle visite di sconosciuti. Voi siete? >>

<< Io sono il Duca Edward Anthony Masen Cullen, mentre il mio amico è il Conte Jonathan Arnold Bennet. Desideriamo parlare al Duca Swan. >>

<< Per quale motivo? >>

<< Vogliamo parlargli di sua figlia. >> intervenne Jonathan.

Mi sembrò che l’espressione del maggiordomo si fece sorpresa, ma velocemente entrò dentro e ne uscii di nuovo qualche minuto dopo.

<< Entrate, ma non stancatelo. Più tardi arriverà il medico. >>

Lo seguimmo e notai che nonostante la crisi finanziaria del Duca, la casa era ben arredata, come si conviene. Ci fermammo dinnanzi una porta, dove l’uomo che ci aveva condotti fin lì bussò un paio di volte prima di farci entrare. La stanza era in penombra e un uomo era disteso a letto, con le spalle poggiate alla spalliera.

<< Chi siete? Come sapete di Isabella? >>

<< Signor Swan, scusi l’intrusione. Il Duca Cullen è il fidanzato di vostra figlia. E’ da quando abbiamo perso le sue tracce che vi stiamo cercando. >>

Guardai Jonathan stupito. Sfortunatamente non ero il fidanzato di Isabella, ma lui mi fece cenno di fare silenzio. Il Duca stava male si vedeva, ma era un tipo piuttosto furbo, si vedeva dal modo in cui ci guardava.

<< Abbiamo fatto un lungo viaggio per venire fin qui e di certo non ci saremmo disturbati se non fosse stata una cosa importante. >> continuò.

<< E’ stata Isabella a dirvi che sono suo padre? >>

<< No, è stata Janet. >> dissi, aspettando una sua reazione che non tardò ad arrivare. L’uomo a sentire quel nome si portò le mani al viso e sospirò più volte.

<< Non potrò mai redimermi per i miei peccati. >>

<< Dov’è sua figlia, Duca? >>

Feci per avvicinarmi a lui, ma Jonathan mi tenne fermo. Charlie aveva iniziato a tossire convulsamente, tanto che il maggiordomo di prima entrò di corsa e andò ad aiutarlo.

<< Duca, non deve agitarsi. >>

<< Sto morendo George, per quale motivo non dovrei agitarmi? Va via, fammi parlare con il fidanzato di mia figlia. >>

Ancora quelle parole mi facevano effetto, ma m’imposi di prestare attenzione alle parole del Duca Swan. Dovevo ritrovare Bella e non volevo perdere altro tempo.

<< E’ stata qui, fino a qualche giorno fa. Poi è sparita senza alcuna ragione, senza neppure salutarmi. >>

<< Che significa sparita? >> dissi alzando il tono di voce.

<< La capisco Edward. Che pretende? Io avrei voluto passare con lei questi miei ultimi giorni di vita, anche se è ciò che mi merito, stare qui da solo. L’ho rifiutata e ho seguito la mia vita, ma in un angolo del mio cuore lei c’è sempre stata. >>

<< Adesso è facile parlare così vero? Ricordo ancora quando me l’ha portata via, era solo una bambina. >>

Lo sguardo del Duca si accese e i suoi occhi si fecero lucidi.

<< Mi sembravi famigliare. Sei tu il bambino con cui lei parlava, quando l’ho trovata in quel boschetto. >>

Jonathan mi guardò con curiosità, ancora non gli aveva detto che conoscevo Bella fin da quando eravamo piccoli.

<< Ero io e forse se fosse rimasta con me tutto questo non sarebbe accaduto. >>

<< No, lei doveva stare con me. Sono suo padre, avrei dovuto prendermene cura invece che lasciarla con quella sgualdrina. Io però pensavo solo ai miei soldi e alla mia reputazione. >>

<< Charlie, mi ascolti. Ha detto che Isabella è sparita, da un giorno all’altro. >>

<< Sì, non pensa che sua moglie possa averle fatto qualcosa? >>

Le parole di Jonathan mi avevano fatto gelare il sangue nelle vene. Di colpo le parole di Janet mi trafissero la mente.

<< Carmen? Non penso arriverebbe a tanto. >>

<< Mi dica dove si trova. >>

Mi avvicinai ulteriormente e dopo una breve pausa, Charlie mi guardò negli occhi, gli stessi di Bella, e qualcosa nel mio sguardo lo convinse a dirmi ciò che volevo.

<< Ha una tenuta non molto lontano da qui. Poco fuori la città. George vi accompagnerà. >>

Stavo per girarmi e andarmene quando una mano mi afferrò il braccio.

<< Per favore, trovala e portamela. Non dico che morirò in pace, ma voglio vederla ancora. Ti prego. >> la disperazione gli aveva fatto abbandonare i convenevoli.

Era un uomo ferito e pentito e nonostante la mia rabbia mi ritrovai ad annuire.

<< Gliela riporterò in tempo. >>

Lui mi lasciò e io mi fiondai fuori con Jonathan.

<< Mi devi dire alcune cose interessanti vero? >>

<< Dopo. Andiamo adesso. >>

Tanta era la fretta di andarmene, che afferrai il maggiordomo per la giacca e lo trascinai fuori in pochi secondi.

<< Faccia piano. >> mi disse l’uomo con una punta di paura.

<< Edward calmati. >>

<< Non posso, Jonathan. Le è successo qualcosa, capisci? >>

Lui mi afferrò le spalle e mi scrollò un po’.

<< Mantieni la calma, ho detto. Ci siamo quasi. La troveremo. >>

Annuii freneticamente, il battito del cuore accelerato. Vidi George salire su una carrozza e farci cenno di seguirlo. Mi pentii del modo in cui l’avevo trattato, ma dovevo arrivare in fretta da lei, me lo sentivo. Mi sembrò passare un eternità prima di arrivare a destinazione, ovvero una tenuta molto grande ma anche trascurata. Il cancello si aprì dopo averlo forzato per un po’ e ci addentrammo in quel giardino pieno di sterpaglie. George andò via, per stare con il Duca e io e Jonathan bussammo all’imponente portone in legno della casa. Nessuno venne ad aprire, ma da una finestra al primo piano vidi una signora anziana che ci osservava. Capendo che non ci avrebbe aperto, mi arrampicai su un albero vicino e rischiando di rompermi l’osso del collo, riuscii ad arrivare alla finestra e a romperla con il gomito.

<< Edward! >>

<< Jonathan aspettami lì. >>

Entrai dentro e vidi la signora di prima guardarmi quasi con sufficienza, come se fossi un normale conoscente entrato dalla porta e non uno sconosciuto che le aveva appena rotto una finestra.

<< Cerchi quella ragazzina, vero? >>

<< Mi dica dov’è. >>

<< Bel giovanotto io sono rinchiusa in questa stanza. Solo le mie domestiche mi vengono a fare visita. >>

<< Come sarebbe? >>

<< La mia adorabile figlia mi tiene rinchiusa, così come la tua giovane amica. Guarda tu stesso, la porta è chiusa a chiave dall’esterno. >> disse sprofondando poi nella sua poltrona.

Cercai di aprire la porta, ma in effetti era chiusa. Quindi avevo ragione, Bella era in pericolo e quella disgraziata di Carmen l’aveva rapita.

<< Carmen non c’è. L’ho vista uscire, ma tornerà tra poco e sarai nei guai anche tu. >>

<< Perché la tiene chiusa qui dentro? Perché ha rapito Isabella? >>

<< Quando mi ha detto la storia di quella ragazza volevo avvertire suo padre, ma lei non ha voluto. Sul serio mia figlia non è cattiva è solo spaventata.  Ci ha sempre tenuto troppo alla sua immagine.  La ragazza invece… aspetta che il povero Charlie passi a miglior vita per liberarla. >>

Non volevo sentire altro, diedi un forte calcio alla porta che finalmente si aprì. Mi diressi velocemente alla finestra e richiamai l’attenzione di Jonathan.

<< Occupati di questa donna, io cerco Bella. >>

Uscii da quella camera velocemente e passai in rassegna tutte le altre. La casa era molto grande e l’istinto mi suggeriva di salire ai piani superiori. Arrivai alla soffitta e come immaginavo anche quella era chiusa a chiave. Cercai di buttarla giù e dopo un paio di tentativi ci riuscii. C’era poca luce e muffa e polvere ovunque. Mi addentrai in quel terribile ambiente, con il cuore in gola. Poi la trovai e ciò che vidi mi fece rabbrividire. Chi le aveva fatto questo?

 

 

 

 

****************************** 

Ora sappiamo dove era finita Bella. Le cose sembrano essere più facili d’ora in poi, ma invece siamo nel vivo della storia, perché Carmen si rivelerà una donna difficile, tra l’altro c’è sempre Sophie… non dimentichiamoci di lei…
A presto!

 

Stella Del Sud

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici ***


                                                             













L’amore è una cosa più
meravigliosa dell’arte.
( Oscar Wilde )

 

 

 

Capitolo Dodici

 

 

Sembrava che dormisse, riversa su quella vecchia poltrona. Indossava una specie di abito, che in realtà era costituito da un telo che le abbracciava il corpo, infine il suo piccolo polso era attaccato a una catena. Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, mi avvicinai e le presi il volto tra le mani. Cercai di svegliarla, ma non ci riuscii. Cercai in giro qualcosa per poterla liberare da quella catena e quando fu libera, la presi delicatamente in braccio. La strinsi a me e uscii fuori da quella soffitta. Sentii la voce di Jonathan nella stanza dove si trovava la madre di Carmen e lo raggiunsi.

<< Mio Dio, cosa le è successo? >>

<< Non c’è tempo, andiamo. >>

<< Vi troverà. >> disse sinistramente l’anziana donna.

<< No, saremo noi a cercarla. >> dissi con un ringhio.

Una volta fuori, cercai di sistemarla al meglio sul cavallo e ci riuscii soltanto con l’aiuto di Jonathan, dato che era ancora incosciente. Tremavo all’idea di cosa le sarebbe potuto succedere. Doveva essere svenuta da poco e il suo corpo era debilitato, ma stavo in ansia per il fatto che non si fosse ancora svegliata. La feci poggiare al mio petto e mi diressi in città. Lungo la strada vidi un piccolo ruscello e pensai di fermarmi per sciacquarle il viso. Le avrebbe fatto bene. Come sperai, quando le bagnai il volto, lei riaprii lentamente gli occhi, facendomi sospirare sollevato.

<< Bella, cosa è successo? >> mormorai, accarezzandole i capelli.

I suoi occhi si riempirono lentamente di lacrime e si aggrappò alla mia camicia. Ero felice di riaverla di nuovo con me, anche se vederla in quello stato faceva male.

<< Scusami… James… io… >>

<< Stai tranquilla, so tutto. >>

<< Tutto? >> mi domandò

<< Sì e non capisco perché tu non mi abbia detto niente. >>

<< Ma io non sapevo nulla, infatti, Edward. >>

<< Parlo del fatto che ci siamo già incontrati, molti anni fa. >>

Lei chiuse per un attimo gli occhi, per poi riaprirli subito dopo.

<< Non ne ero sicura. >>

<< Sì, che lo eri. >>

Scosse il capo lentamente e poi provò ad alzarsi.

<< Dove vai? Adesso andiamo da tuo padre. >>

<< No. >>

<< Perché no? Bella sta per morire e ti vuole vedere. >>

<< Non capisci? E’ per questo che Carmen c’è l’ha così tanto con me. Pensa che io voglio rivendicare il mio titolo nobiliare, ma io non ho bisogno di tutto questo. L’ho già visto, volevo conoscerlo, ma non voglio più rivederlo perché sembrerebbe che il mio sia solo interesse personale. >>

Il mio sguardo si addolcì e mi alzai anch’io. Feci per prenderla tra le braccia, ma lei si allontanò.

<< Per tutta la mia vita ho desiderato un padre e una madre. Avevo sempre colpevolizzato solo lei, credendo che mi avesse abbandonato da Tanya, come lei mi aveva detto, invece ho scoperto che è morta per darmi alla luce. Come ti sentiresti al mio posto? Tutto ciò a cui credevo adesso non esiste più. Tra l’altro mio padre si è fatto vivo solo ora. E tutto quello che ho passato io? >>

<< Perdonalo. Piccola, so che a te non interessa un titolo nobiliare, ma ti spetta di diritto. E’ l’ultima cosa che tuo padre può fare per te. >>

<< Ti sbagli. Quello che può fare per me è ormai molto poco. >>

<< Non fare così, ti voglio aiutare. >>

<< Tu mi vuoi aiutare? Ti sei già disturbato abbastanza. Dov’è tua moglie? Non ti è bastato andare a letto pure con mia zia? Mi fai schifo! >>

La presi per un braccio e la feci scontrare contro il mio petto. Lei, ancora debole, barcollò ma la sostenni.

<< Non dire mai più una cosa del genere. Quello che è successo con Janet fa parte del passato. Tutti ne hanno uno, sai? E non ho intenzione di giustificarmi per questo. Non sapevo che fosse tua zia, poi stiamo parlando di cose successe molto prima che ti rivedessi. >>

Lei mi osservò per un po’, vidi la sua rabbia sciogliersi come neve al sole e la lasciai.

<< Hai sempre una moglie. Va da lei, io me la cavo da sola, come ho sempre fatto. >>

<< Sophie non sarà mai sua moglie, non l’hai ancora capito? >>

Entrambi ci voltammo verso Jonathan, mi ero dimenticato della sua presenza. Se ne stava seduto vicino ad un troco d’albero e ci osservava.

<< A me non importa. >> la vidi portarsi le mani al grembo, come a volerlo proteggere e io non capii.

<< Non fingere, Isabella. >> le disse ancora. Anche lui guardò le sue mani e poi si alzò.

<< Forse c’è qualcosa che vuoi dire a Edward? Oltre ad amarlo? Voi due siete stancanti, lasciatevelo dire. >> se andò con un mezzo sorriso e io lo seguii con lo sguardo. Cosa voleva dire?

<< Bella? >>

<< Non c’è nulla da sapere. Torna da tua moglie. >>

<< Ora basta! >> tuonai innervosito.

<< Vai dalla tua amante allora! Va bene così? >>

Feci un passo indietro e tutta la mia rabbia sparì in un attimo. Lei sapeva? E come?

<< James è sempre in contatto con la madre, sai? Sempre. La madre di Sophie è molto pettegola e la figlia non sa tenersi un segreto, nemmeno intimo come quello. >>

Sbiancai e mi sentii in colpa. In realtà lei se ne era andata e poi non c’eravamo promessi nulla.

<< Non ti devo niente. >> dissi pentendomene subito. L’amavo, come sarebbe a dire che non le dovevo niente?

<< Sì, ne a me, ne a lui. >>

<< Lui chi? >>

I miei occhi caddero ancora sulle sue mani e poi sui suoi occhi stanchi. Non poteva essere… no…

<< Isabella… Bella non dirmi che… >>

<< Invece sì. Sono incinta, Duca! Aspetto vostro figlio. >>

Fu come se la terra avesse smesso di girare. Mi sentii mancare il fiato. Non credevo sarebbe mai successa una cosa del genere. Non avevo mai pensato a dei figli, se non in un ipotetico futuro, quando mi sarei sposato. Non potevo credere che la donna che amavo, la mia cortigiana, la piccola bambina indifesa sotto la pioggia, che avevo incontrato anni prima, mi stesse per dare un bambino. Ero incredulo, spaventato e… felice. Quel tuffo al cuore era questo, vero?

Acchiappai Bella prima che scappasse e la strinsi a me con talmente tanta forza, che ebbi paura di farle del male.

<< Tu e mio figlio non andate da nessuna parte. >>

<< E’ solo questo che ti interessa, vero? Ne puoi avere quanti ne vuoi! Va da quella maledetta donna! >>

Mi fece sorridere. Era ovviamente arrabbiata, come mai l’avevo vista e incredibilmente gelosa. Questo poteva solo significare che provava gli stessi miei sentimenti.

<< Mi avevi lasciato e io sono stato talmente male da essermi rifugiato da Sophie. Tu non sai quanto ho sofferto quando, nello stesso istante, ho capito di amarti e di averti persa. >>

<< Bel modo di consolarti! Lasciami andare. >>

Scivolò dalla mia presa e io la seguii e le presi il viso tra le mani.

<< Amore mio, per favore perdonami. E’ stato solo un errore. Non posso dirti che non le voglio bene, ma io amo te. Nessun altra. >>

<< E’ troppo facile così, non ti posso perdonare. >>

<< Devi. >> pronunciai, mentre allungavo una mano tremante verso il suo grembo. I suoi occhi si sgranarono quando capii le mie intenzioni, ma non mi fermò. La sensazione che provai a sentire quel leggero rigonfiamento era qualcosa di indicibile. Un uomo come me, che aveva vissuto tra donne e agi di tutti i generi ora si ritrovava a piangere come un bambino. Avevo paura di averla persa, temevo di dovermi accontentare di una vita infelice, perché nonostante tutto l’affetto che provavo per la mia migliore amica, solo questo sarebbe stato. Mi sarei meritato tutto questo, invece mi ritrovavo dinnanzi alla donna della mia vita e a mio figlio.

<< Ti prego, Bella. >>

Non mi era mai accaduto, ma scoppiai in singhiozzi. Appoggiai la testa al suo petto e dopo qualche secondo sentii le sue mani accarezzarmi i capelli e sospirare profondamente.

<< Vorrei, Edward. Dammi tempo, è difficile per me. Ti amo e non riesco ad accettarlo. >>

Sollevai il viso e mi persi nel colore unico dei suoi occhi.

<< Anch’io ti amo, Bella >>

Lei arrossì e abbassò il volto.

<< Ancora quel nome. Avevi proprio capito male quella sera. >>

Sorrisi e la trascinai giù con me. La baciai, ma lei rimase piuttosto rigida sotto di me. Sapevo che la via del perdono sarebbe stata lunga e travagliata, ma non mi sarei arreso.

<< Mi perdonerai. >>

<< Vedremo, Duca. >> mi sorrise appena e le baciai una guancia.

<< Ehi, ragazzi. Non vorrei mettervi fretta, ma si sta facendo buio, e io avrei un certo appetito. >>

Jonathan riuscii quasi a farci ridere, ma immaginai la sua sofferenza nel sentire di nuovo cosa era accaduto con Sophie. Ci rimettemmo in marcia e arrivammo a casa di Charlie. Il maggiordomo mi fece capire che mancava poco alla sua fine e dopo aver guardato Bella, lei sospirò un paio di volte e senza neppure cambiarsi fece per raggiungere suo padre. La persona più impensata, però, ci fece visita. Quella che doveva essere Carmen, ovvero una donna che portava bene la sua età, con lo sguardo fiero e una crocchia di capelli neri, sotto un capellino rosso, si fermò davanti a noi.

<< E voi chi siete? Come vi siete permesso a portare qui, quell’insulsa ragazzina. >>

<< Non osate chiamarla così. E’ la figlia di vostro marito. La duchessa Swan. >>

George mi battè sul tempo e si mise tra me e quella donna. Lei fremette di rabbia e fulminò Bella, con un occhiataccia.

<< Brava, sei riuscita nel tuo intento. >>

<< Nessun intento duchessa. Vostro marito ha già dato tutti i documenti al notaio. L’ha riconosciuta come sua figlia legittima, c’è ben poco da fare. Farebbe meglio ad andarsene, qui non è gradita. >>

Avrei baciato George se solo non fosse stato un uomo.

<< Carmen, non le perdonerò mai quello che ha fatto a Isabella. Come si è permessa di nasconderla in quella soffitta? >>

George scuoteva il capo, inorridito e Jonathan mi affiancò.

<< Mia cara duchessa è meglio che lei sparisca, se non vuole passare dei guai seri. >>

<< Non può passarla liscia così, Jonathan! >>

<< Edward, ti prego. Falla andare via. Voglio chiudere questa storia e andare da mio padre. >>

Ancora una volta ammirai la mia donna e, con rabbia repressa, feci andare via quell’odiosa donna, che quasi se la diede a gambe. Era inutile e pure ridicola. Ormai aveva perso la sua battaglia, quindi preferiva fuggire. Io e Jonathan aspettammo nel salone, il ritorno di Bella che avvenne quasi un ora dopo.

<< Se ne è andato. >>

Non volevo vederla piangere ancora, ma sapevo che era giusto così.

<< Non volevo quel titolo, ma solo rivederlo. >>

<< Lo so, piccola. Tuo padre ha fatto solo ciò che è giusto. >>

Non mi importava sinceramente del suo titolo. Non avrei rifatto gli stessi errori. Volevo dividere la mia vita con lei e sarei riuscito nel mio intento.

 

 

 

 

 

 

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Eccomi, scusate se vi ho fatto aspettare. Mancano due, forse tre capitoli alla fine. Nel prossimo vedremo cosa sta succedendo con Sophie.
A presto!


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