Sorridimi

di piemme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Sorrdimi: a new story.
Editor fotografico gratuito

Cap 1

 

“Ma dai Giada! In fondo tornerò per le vacanze di natale, di pasqua e in estate! Poi se vuoi, scuola permettendo, potrai venire a trovarmi.” La mia amica piangeva a dirotto sulla mia spalla. Con lei avevo condiviso tutto sin da quando eravamo bambine.  Avevamo persino fatto un giuramento: non avremmo mai permesso a nessuno di separarci. Ma quel giuramento fu spezzato. Trasferirono mio padre per lavoro a Torino e mia madre, un’insegnante, non poté far altro che seguirlo con tutta la famiglia. Quindi ci aspettava un aereo diretto a Torino. Ricordai quando mio padre e mia madre ci diedero la triste notizia.

“Ragazzi, so che sto per dirvi una cosa che nemmeno io mi sarei mai aspettato di dire ma purtroppo dovremmo trasferirci al Nord.” Io e Marco lo guardammo raggelati a quella notizia. Deglutì rumorosamente.

“Al Nord?” Gridammo in coro.

“Si, mi hanno trasferito a Torino.”

“A Torino?”

“Si, ragazzi.”

“Ma…ma papà…come faremo? Qui ci sono i nostri amici, dovremo ambientarci in una nuova scuola e poi…poi…io non voglio lasciare Catania!” Sbottò Marco adirato.

“Mi dispiace…mi dispiace davvero…” Papà sembrava davvero dispiaciuto. Nemmeno lui poteva pensare una cosa del genere a 45 anni. Ricominciare tutto da capo. Una nuova città, nuovi colleghi. Insomma una nuova vita. Forse lui e la mamma avrebbero sofferto più di noi. Gli accarezzai la guancia mentre guardava il pavimento scoraggiato. Alzò lo sguardo quasi in lacrime.

“Bella, tu mi capisci vero?” E scoppiò in lacrime. Non riuscivo a vederlo così. Anche Marco si avvicinò, dispiaciuto per quello che aveva detto. Non lo avevamo mai visto così. In lacrime. E sapevamo che in fondo faceva tutto questo per noi. “Voglio farvi crescere bene. Voglio che non vi manchi niente! Per non perdere il lavoro, ho preso questa decisione. Mi dispiace!” E continuava a piangere. Mamma si avvicinò cercando di confortarlo.

“Dai papà…in fondo il Nord è sempre Italia, giusto?” Rise con le lacrime agli occhi a quella mia battuta assurda ma per noi molto veritiera. Qui al sud sapevamo tutti che noi, i terroni, non eravamo visti di buon occhio lì al Nord. Il profondo Nord. Quanto ci sembrava lontano ma come ora così vicino.

“Beh…se si esclude che non esiste la granita con la brioche a colazione, credo che potremmo stare bene…” Mi guardò con un sorriso melanconico. Dio, quanto mi sarebbe mancata la mia indiscussa granitina!

“Allora Giada, siamo d’accordo! Appena arrivo ti telefonerò, stai tranquilla! Poi c’è anche msn no?” Giada mi faceva di si con il capo ma sapevo che era veramente triste. La lasciai con un bacio sulla guancia e salutai tutti i miei compagni con la mano. Era giunto il momento di salire sull’aereo. Non volevo guardarli perché lacrime amare stavano scendendo lentamente sul mio viso.

“Andiamo sorellina.” Marco si apprestò al mio fianco e salimmo insieme mano nella mano. Torino ci attendeva.

 

                                                                                          ****

 

“Allora siete pronti? Non vorrete fare tardi a scuola il primo giorno!” Mia mamma gridava a squarciagola. Era arrivato il momento di affrontare la scuola torinese in cui ero scritta. Io al Il liceo classico dove lavorava mamma e Marco quello scientifico. Ma non ne eravamo molto contenti. Marco scese le scale sbuffando e imprecando.

“Immagino chi incontreremo in queste scuole. Buffoni che non faranno altro che prenderci in giro perché siamo meridionali. Non li sopporto! Sicuramente farò una strage!”

“Mi raccomando Marco, datti una calmata e non farti riconoscere subito!” Urlò mia madre con fare minaccioso. “E ora andiamo!”

Accompagnammo prima mio fratello e poi arrivò il mio turno. Mi sentivo emozionata. Nuova scuola, nuovi amici ma anche preoccupata. Sapevo che quello che aveva detto Marco corrispondeva al vero. Molti persone di Catania che erano state al Nord, ci avevano sempre parlato male di questa terra. I preconcetti erano duri a morire ma in fondo molto veritieri.

“Tesoro, sei pronta?” Mamma mi scrutava, sapeva che quello che diceva Marco aveva molta influenza su di me. “Non ti preoccupare. Tu non badare a ciò che ti diranno se mai te lo diranno. Ricordati sempre che tutto il mondo è paese. I cattivi ci sono qui come ci sono a Catania e viceversa. La cosa importante è quello che sei e che hai dentro.” Aveva ragione. Ma ero sempre preoccupata.

Dopo aver sbrigato la varie carte per la scuola, salutai la mamma e mi avviai, accompagnata, nella mia aula. Diciannove occhi mi scrutavano meravigliati. Molti bisbigliavano e altri ancora sorridevano. Erano molto diversi dai ragazzi che conoscevo al sud. Carnagione molto chiara e occhi chiari.

“Buongiorno signorina e benvenuta. Lei si chiama?”

“Isabella. Isabella Swan.”

“Benissimo Isabella. Ma ha un cognome inglese. Come mai?” Con un accento spiccatamente calabrese, la professoressa d’inglese mi sorrideva.

“Mio padre è americano ma mia madre è siciliana.”

“Benissimo! Quindi conosce bene l’inglese?”

“Si, più o meno.” Andante sul meno.

“Va bene. Si sieda là, insieme a Rossi.” Una ragazza dai capelli rossi, mi sorrideva mesta e mi indicò la sedia. Come inizio, non mi sembrava così male. Poi l’insegnante mi chiese di presentarmi ai compagni. Odiavo questo genere di approccio ma in questo frangente era la cosa più ovvia da fare. Mi alzai e iniziai a parlare.

“Mi chiamo Isabella, ho 16 anni e vengo da Catania in Sicilia…”

“Sappiamo dov’è Catania…” Una voce maschile mi distrasse dal mio monologo. Mi girai e un ragazzo castano chiaro dagli occhi verdi mi fissava con un ghigno soddisfatto. Image and video hosting by TinyPic Il suo sguardo sembrava volesse perforarmi. Deglutì pesantemente e continuai.

Ehmm…mio padre è un poliziotto e mia madre un ‘insegnante. Ho un fratello che studia al liceo scientifico e spero di trovarmi bene qui con voi.” Lacrime silenziose volevano fuoriuscire dai miei occhi ma prontamente riuscì a fermare.

“Quindi la famiglia dei terroni è al completo…si sente il tanfo anche da lontano…” Rimasi di ghiaccio mentre alcuni compagni ridevano. Persi il lume della ragione. Mi girai di scatto affrontando quel gran maleducato.

“Forse saranno i tuoi piedi che puzzano amico!” Mi guardò stralunato. Si alzò di scatto fronteggiandomi.

“Io non sono tuo amico!”

“Stai tranquillo, non ci tengo affatto alla tua amicizia!” E lo avrei chiamato stronzo ma c’era l’insegnante davanti a me.

“Basta ragazzi! Signor Cullen freni quella lingua e si accomodi! Vale anche per lei signorina.” Furente si sedette ma si sporse in avanti mimando un “Non è finita qui!” Non c’era che dire, la giornata era iniziata davvero bene. Benvenuta al Nord Bella!

 

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Salve a tutti! Ci tenevo a dirvi che non voglio creare incomprensioni di qualsiasi genere né di offendere nessuno, cerco solo di sfatare molti preconcetti che tutti noi molte volte abbiamo. Quindi non ve la prendete perché ognuno di noi, è quello che è, non perché abita al sud o al nord. Spero vi piaccia la storia e fatemi sapere! Un bacione!

 

 

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Sorrdimi: a new story.
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Cap 2

 

Il primo giorno di scuola sembrava non passasse mai. Guardavo in continuazione l’orologio che scandiva lentamente i minuti. A parte quell’episodio increscioso con Cullen, i miei compagni sembravano dei tipi disponibili ed educati. Ma questo non potevo saperlo con certezza, visto che mi ero isolata mentalmente a quella situazione. Mi mancava Catania, mi mancavano i miei amici. Nonostante fosse la metà di settembre, saremmo andati al mare. Quel meraviglioso mare. Quanto mi mancava! Non sarei riuscita mai ad ambientarmi in questa città, sempre piovigginosa e buia. Persino il sole si rifiutava di farsi vedere in cielo! Lo capivo, se sotto di lui c’erano personaggi come Cullen! Finalmente arrivò il suono della tanto sospirata campanella. Mi apprestai ad uscire, mani in tasca e cappuccio in testa. Volevo apparire anonima. Per oggi ne avevo avuto abbastanza di nuovi incontri e nuovi pettegolezzi. Ma appena scesi le scale, mi sentì afferrare dalla mano e sbattere nel muro.

“Ahi! Ma che cazzo fai?” Mi ero fatta male sbattendo con la schiena al muro. Guardai inviperita chi mi stava davanti. E non potevo che aspettarmi il “mio dolce” compagno di banco. Cullen.

“Mi hai messo in ridicolo davanti a tutti oggi, Catania!” aveva gli occhi iniettati di rabbia.

“Perché tu cosa hai fatto?” gli urlai contro mentre tutti gli sguardi dei ragazzi erano rivolti verso di noi.

“Questa è la mia città e tu sei solo una terrona ospite!” Non mi succedeva mai di perdere le staffe per ben due volte in quattro ore ma lo feci. Una ginocchiata ai piani bassi! Una smorfia di dolore percorse il suo viso facendolo piegare in due. Ne approfittai, scappando da quella situazione che poteva degenerare mentre lo sentì gridare un: Non finisce qui! Dolorante! Stavo godendo come una pazza a guardarlo in quel modo ma ripresi a correre fino a raggiungere l’auto di mia madre.

“Ehi! Tutto bene?” disse mia madre vedendomi sorridere come una cretina ed ansimare per la corsa appena fatta.

“Si, benissimo!” le dissi con un sorriso stampato sulle labbra. Ma sapevo che non sarebbe finita lì.

“Allora come è andata a scuola tesoro?”

“Bene mamma.” Non volevo dirle di quel cretino che aveva detto delle cose orrende.

“Sicura. Niente da dire?”

“No, tutto bene.” Mi girai verso il finestrino. L’euforia di poco fa era passata, al suo posto lo sconforto di non essere compresa solo perché ero meridionale. Un labirinto di domande si rincorrevano nella mia mente. Sarei riuscita ad integrarmi in questa città? Avrei dimenticato Catania? I miei amici? La mia granita? No! La mia granita mai! Iniziai a mangiare le unghie delle mani. Lo facevo sempre quando ero nervosa. Sentì uno sguardo fisso su di me. Marco sino ad ora in silenzio, mi scrutava dubbioso. Sicuramente aveva capito che qualcosa non andava. E il mio dubbio venne confermato quando si presentò nella mia stanza.

“Bella, posso entrare?”

“Certo.”

“Com’è andato il primo giorno di scuola?” Una merda!

“Bene.” Con poca convinzione.

“Non dire stronzate, la verità.” Non volevo dirgli niente perché ne avrebbe fatto una tragedia ma sembrava non avessi scelta.

“Ecco…sono stati tutti molto gentili tranne qualcuno…” Strinse i pugni. Lo sapevo che non dovevo dirgli niente. “Ma tranquillo, non è successo nulla di grave.”

“Ci mancava! Che è successo Bella?”

“Beh….” Gli raccontai tutto mentre vedevo mio fratello trasformarsi in diversi colori fino ad arrivare al verde di Hulk.

“Domani vengo io fuori all’uscita…stu bastardu!” E rieccolo lì! Geloso marcio!

“Ma non dire stronzate Marco! Vuoi anche la coppola ed il fucile così completi l’opera di siciliano tamarro e geloso!” Si mise a ridere.

“Non se la può cavare così…”

“Stai tranquillo, lo sai che mi so difendere…ti ricordi cosa ho fatto a Manuel?” Manuel…il suo dolce ricordo. Un velo di tristezza coprì il mio volto.

“Si, mi ricordo scellerata! Ah ah ah!” ed iniziò a ridere di gusto. “Però lo meritava!”

Cettu! Ah ah ah!”Mi sforzai a sorridere ma il suo ricordo era ancora dentro di me come un macigno.

“Ti ricordi che faccia dopo che gli hai spiaccicato la torta addosso? Ah ah ah!”

“Si! Ah ah ah!” All’improvviso Marco tornò serio.

“Ti manca vero?” abbassai la testa e una lacrima scesa lenta.

“Si, molto.”

“Anche a me. Sai a volte penso a come sarebbe stata la nostra vita se fosse ancora vivo.”

“Sicuramente più bella.”

“Già, più bella.” Il silenzio calò tra noi. Fino a quando Marco si alzò dal letto.

“Allora sorellina, ci penserai tu a chiddu cani (quel cane)?”

“Si.”

“Ok, so che non avrà scampo! Ah ah ah!”

“Vero!” andò via lasciandomi un bacio sulla fronte e tanta amarezza.

Manuel. Il miglior amico di Marco, nonché il ragazzo che amavo da morire sin dalla scuole medie. Image and video hosting by TinyPicAvevo una cotta per lui sebbene fosse più grande di me di ben tre anni. Ma mi piaceva.  Mi colpivano soprattutto i suoi occhi azzurri così espressivi e così drammatici al tempo stesso. Non aveva avuto una vita facile. Figlio di un mafioso, era sempre schivo e ribelle a qualsiasi tipo di imposizione. Mio padre era riuscito a trovargli una sistemazione in una casa famiglia di Catania dopo che gli avevano ucciso i genitori e lui aveva cercato in tutti i modi di ringraziare mio padre. Era molto buono e avrebbe dato l’anima per qualcosa in cui credeva. Detestava suo padre e si era sempre discostato da quell’ ambiente. Per questo Marco lo adorava. Passava quasi tutti i giorni insieme a lui. E di conseguenza, io me ne innamorai. Ma lui non mi guardava neppure. All’inizio scherzava e giocava con me ma ad un tratto della nostra amicizia iniziò ad evitarmi. Fu davvero tremendo. Non capivo il perché ma solo un anno fa, capì che in realtà mi evitava perché si era innamorato di me.

“Senti Manuel, perché non glielo dici tu stesso! Mi stati ruppendu i palli tutti i dui! Lei è cotta di te, tu sei stracotto di lei…insomma…” sentì Marco, dalla porta della sua stanza, parlare al cellulare ma non riuscivo a capire con chi.

“Non sei alla sua altezza? Ma se sei più alto di lei!! Ah ah ah!” Marco rideva come un ebete.

“Ok, non coglioneggio più, promesso…la inviterò alla festa all’Irish stasera…si…ok ok…ciao manu!” Manuel! Un colpo al cuore. Chiedeva a mio fratello di invitare una ragazza per lui nel locale in cui lui cantava! Non potevo sentire oltre, mi catapultai nella mia stanza e sul letto calde lacrime inondarono il mio fido cuscino. Perché non mi guardava neppure? Perché? Maledizione!

“Bella?”

“Che vuoi? Lasciami in pace!” gridai a mio fratello che nel frattempo era entrato nella mia stanza. “Vattene!”

“Ok…allora non vuoi sapere che Manuel mi ha chiesto di portare pure te all’Irish? Va bene, ciao!” Cosa? Mi girai, raggiungendo velocemente mio fratello sul pianerottolo.

“Cosa…cosa hai detto?”

“Quello che hai sentito, Manuel mi ha detto di portare anche te all’Irish.” Il mio cuore stava esplodendo in petto. Iniziai a saltellare dando colpi di bacino a mio fratello  che scrollava la testa ridendo. “Vai a prepararti, si esce alle 22.” Non mi ero mai truccata né tantomeno avevo mai indossato la mini comprata da mia madre ma in quell’occasione volevo essere bella per lui. Almeno mi avrebbe notata.

“Dove stai andando?” Mio fratello mi guardava basito.

“Con te. Perché?”

“No dove stai andando vestita così?”

“Ma per favore Marco! Siamo nella Sicilia del 2011,non del 1800! Razza di retrogrado siciliano!” Lo punzecchiai, sapevo detestava questo nomignolo con cui lo definivo sempre.

“Ma se non ti vesti mai così!”Protestò lui.

“C’è sempre la prima volta!” Uscì facendogli la linguaccia. Di malavoglia uscì anche lui per dirigerci all’Irish. Manuel era sul palco che cantava una canzone degli U2, il mio gruppo preferito. Ma quando finì, si avvicinò a noi.

“Ciao ragazzi…” si soffermò su di me, mangiandomi con gli occhi “ Bella sei stupenda stasera…”e quel sorriso mi fece sciogliere completamente. Ovviamente diventai rossa dalla testa ai piedi.

“Non dargli retta Bella, fa così con tutte!” Replicò Marco.

“Ma sta zitto! Tua sorella è una delle più belle ragazze che conosca…lo sai…”

“Si, lo so ma per te è off-limits!” Mi prese dal braccio costringendomi a ballare mentre Manuel rimase al bancone  del bar a sorseggiare la sua birra. Mi guardò per tutta la durata della musica.

“Sorellina, è cotto di te.” Mi sussurrò Marco.

“No, non è vero. Mi ha notata stasera solo perché sono vestita così.”

“Si, certo. Per questo ti evita…ma svegliati! Mi sta facendo due palle quanto una casa! Non sta più con una ragazza da mesi ormai…” Possibile?

“Sul serio?”

“Guardalo…ti sbava dietro come un cagnolino…praticamente ora vado e gli spacco il muso se non la smette di guardarti in quel modo!” Mi trascinò via dalla pista.

“Prima che ti possa gonfiare come un pallone, ti darò la possibilità di dichiararti a mia sorella Manuel…ma non dire o fare cazzate o ti appendo a testa in giù come un sacco di patate!” Praticamente mi aveva scaraventato addosso a Manuel e se ne era andato.

“Ma che razza di bastardo!Stai..stai bene?” Ero tra le braccia del mio amore, stavo una pasqua! Un momento! La possibilità di dichiararti? Che voleva dire?

“Si e tu?”

“Benissimo. Mai stato meglio.” Il mio seno contro il suo petto, il suo viso vicino al mio. Dio, che voglia di baciarlo! Mi feci coraggio.

“Cosa vuol dire che ti devi dichiarare?” Sembrava spaesato.

“Ti va di andare in un posto più tranquillo?”

“Si, certo.” Mi portò su in terrazzo da dove si vedeva uno splendido panorama di Catania. Mai come quella sera mi sembrava stupenda, la mia bellissima Catania.

“Stasera la luna è stupenda, non trovi?” mi chiese osservando quella meraviglia.

“Già.”

“O luna, tu che illumini ogni sera il tempo del sonno,
dove il sogno prende il sopravvento sulla realtà,
dove le ombre cancellano la luce,
illumina anche il mio cuore, perennemente dolente.
O spicchio di luce, che illumini i baci e le carezze dei giovani innamorati,
rischiara il loro cammino,
perché, confusi dal loro sentimento, non vedono l’irto sentiero
dove si imprimono i loro inesperti passi.
O notte, portatrice di effimere illusioni,
il tuo manto stellato possa avvolgere le mie parole
e consegnarle al vento, affinché possa essere mio messaggero.”

“E’…è bellissima Manuel.”

“E’ di Giacomo Leopardi. Ti piace Leopardi, Bella?”

“Non mi piace il suo pessimismo.”

“Quindi non ti piace la realtà?”

“In che senso?”

“Quello che scriveva Leopardi ci porta solo alla realtà, tutto è negativo.”

“No, non tutto.”

“E cosa può essere positivo?”

“L’amore.” Risposi senza esitazione.

“Anche l’amore può essere negativo.”

“Si ma se è totale, non è così.”

“Tu che ne sai dell’amore totale? Sei così giovane…” Mi accarezzò la guancia. “C’è un irto sentiero per i giovani innamorati Bella…”

“Ma loro si amano quindi lo supereranno!”

“Non basta l’amore.”

“Invece si.” Sorrise mostrandomi quei bellissimi denti. Improvvisamente si allontanò dandomi le spalle.

“Bella, tu credi nel destino?”

“Credo in Dio.”

“Lo stesso Dio che mi ha portato sulla tua strada?”

“Esatto.” Lo raggiunsi appoggiandomi al balcone.

“Allora non è stato giusto con te, ma di sicuro lo è stato troppo con me…”

“Che intendi dire?” Non riuscivo a capire cosa volesse dirmi.

“Perché io sono sbagliato per te.” Mi prese le mani guardandomi negli occhi. “ Tu sei troppo preziosa. Sei come un fiore, leggiadra e dolce come il miele.”

“Tu non sei sbagliato!” Protestai ma mi zittì con un dito sulle labbra.

“E’ così, credimi. Io sono scostante, alla continua ricerca di me stesso. Non sono facile.” Sapevo che quella era la verità ma non mi importava. Io lo amavo e niente avrebbe cambiato la mia opinione. “Tuttavia…non riesco a starti lontano. Ci ho provato. Ho cercato di reprimere il sentimento che cresceva dentro di me. Ti ho anche evitato per un po’.” Sorrise. “ Ma non ha funzionato. “Anzi…il mio sentimento si è rafforzato ancora di più, per quanto sia possibile.” Mi scrutava come per capire la mia reazione accarezzandomi le guancia. Mi beai di quel contatto.  “Sei bellissima, lo sai…” Il mio cuore, già in panne, cominciò a battere furiosamente mentre lui mi sfiorava delicatamente il collo per poi risalire al viso e soffermarsi sulle mie labbra. All’improvviso una canzone spezzò il nostro idillio. Lui sorrise di nuovo.

“Alberto canta sempre queste scemenze…” Poi si avvicinò al mio orecchio sussurrandomi con voce roca: “I can be your hero… posso Bella? Posso essere il tuo eroe?” Mi guardava con quegli occhi azzurri enormi.  Ero come incantata davanti a lui. “Le tue labbra sono fatte per essere baciate… la luna non può competere con te…nessuna può farlo…” Mi attirò a sé prendendomi delicatamente i capelli e accarezzandoli con estrema lentezza.  Non riuscivo a pronunciare una parola. “ I tuoi capelli sono fatti per essere toccati da mani magiche che gentilmente li tramutano in dolci pensieri per il cuore…” Si avvicinò al collo. “Il tuo profumo è così delicato che persino la rosa avrebbe invidia al tuo cospetto…” E lasciò dei baci delicati sul mio collo che mi procurarono non poche scosse.

“Manuel…” tentai di dire qualcosa ma mi bloccai.

“La tua voce è poesia per me…” continuando a baciarmi il collo. “ Bella…” mi guardò in viso con gli occhi pieni di lacrime. “Io ti amo, ti amo da sempre. Dalla prima volta che ti ho vista. Non ho fatto altro che pensare alla tua dolcezza, alla tua bellezza e quanto avrei voluto che tu fossi mia. Da sempre.”

“Anche io ti amo Manuel! Da sempre!” E poi ci baciammo. Un bacio intenso ma delicato. Dolce ma profondo

 

Calde lacrime bagnarono il mio viso. Il suo ricordo era ancora vivo dentro di me. Lo amavo da morire e niente e nessuno mi avrebbero fatto cambiare idea. Nemmeno la morte che me lo aveva strappato dalle braccia. Affondai la testa sul cuscino piangendo a dirotto. Manuel non c’era più. Tutto il mio mondo non c’era più. Ero completamente distrutta. Sentì un messaggio di posta e una videochiamata in attesa di risposta. Era Giada. Mi alzai velocemente cercando di ricompormi. Non volevo mi vedesse in quello stato. E attivai la videochiamata ma rimasi stupita perché dietro lo schermo c’erano tutti i miei ex compagni di classe che mi salutavano allegramente. Era bello sentirli così vicini sebbene così lontani.

“Ciao Bella addormentata! Ah ah ah!” dissero in coro.

“Simpatici, davvero simpatici!” replicai euforica.

“Allora picciridda, come va con i polentoni?”

“Beh…credo bene…per ora…” ripensai a quel Cullen e un moto di rabbia mi percorse tutto il corpo. Speravo vivamente che tutti non fossero come lui.

“Ma è vero che hanno due teste con un occhio? Ah ah ah!” E giù tutti a ridere.

“Non mi sembra! Di certo alcuni sono dei grandi stronzi!” E di nuovo il viso di Cullen nella mia mente.

“Su questo non avevamo dubbi!”

“E ci sono delle belle ragazze? Possibilmente senza baffi…come qui!” Sentì le ragazze protestare vivamente.

“Si ce ne sono ma non so se hanno i baffi…devo controllare…”

“Bella ci manchi…” adesso era Giada a parlare.

“Anche tu tesoro. Ti prometto che ci vedremo presto e ti chiamerò ogni giorno. Ti voglio bene.”

“Anche io…tantissimo!”

“Un’ultima domanda…fa freddo lì?”

“Si molto, sono già con il piumino.”

“Davvero? Noi andiamo ancora al mare! Tièèèè!! Ah ah ah!” E gli ebeti mi facevano le corna! Che razza di dementi!

“Gli stronzi non sono solo qui allora! Ora vi lascio ragazzi! Ciaoooo!” E mi risposero in coro, lasciandomi contenta ma con l’amaro in bocca.

 

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Spero vi sia piaciuto questo cap e mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate. Ovviamente vi dico sempre di non offendervi perché non voglio creare problemi a nessuno. Detto questo vi lascio un bacio e spero di avere qualche commentino in più.

Baci

Piemme

 

 

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