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Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti o di tipo
sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili
Attenzione:
Questa fanfiction conterrà
contenuti violenti o di tipo sessuale che potrebbero
offendere le persone più sensibili. E’ perciò sconsigliato di leggere questa
storia ad individui di questo tipo.
E’ una storia che tutti sanno, ma che realmente
nessuno conosce.
E’ la storia di HarryPotter, del bambino sopravvissuto.
Un giovane uomo, oppresso dal proprio destino, dal
destino celato in una profezia, in poche parole che possono stravolgere un’esistenza.
Fu da quella profezia che tutto ebbe inizio, e fu con
quella profezia che tutto avrebbe avuto fine.
Siamo qui solo per raccontare quella storia, una
storia fatta di amicizia, di amore, di tradimento, di
seconde possibilità.
Una storia di vita.
Una storia di morte.
Amore,
Tradimento e Morte
CAPITOLO 1
*Pentagoni e stelle…*
§§§§§§§§
Chi è ossessionato dalla morte, a causa d'essa
diviene colpevole. (Elias Canetti)
§§§§§§§§
Ero sdraiato prono sullo scomodo
letto della mia camera.
Non che avessi realmente bisogno
di riposare, o stessi relativamente comodo e rilassato…
Semplicemente, avevo ormai preso
l’abitudine di passare le mie giornate in quello stato catodico, riverso sul
mio letto, di cui una molla rotta immancabilmente mi perforava lo stomaco,
perdendo lo sguardo sempre nello stesso punto della mia camera, intervallando
le mie macabre e depresse riflessioni semplicemente con qualche capatina in
bagno od in cucina a sgranocchiare qualcosa.
A volte, quando quello stato
semicomatoso veniva sostituito dalle mie manie di
vendetta, mi alzavo, aprivo il mio baule e ne tiravo fuori un volume della
serie di libri Magia Difensiva Pratica:
Come Usarla contro le Arti Oscure, un regalo che mi avevano fatto il Natale
precedente Lupin e Sirius.
Sirius…
Era proprio lui il punto.
Dio, le mie notti erano
perennemente occupate da sogni della sua… no, non riuscivo
neanche a pensare che lui potesse essere realmente…
Era tutto così assurdo.
Un secondo
prima era lì, davanti a me, che combatteva, con il suo sorriso
sprezzante, ed il secondo dopo era sparito, risucchiato da quel velo nero,
trasportato chissà dove…
Se
l’estate precedente avevo trovato spesso difficoltà nel dormire, tra sogni
ossessivi di porte chiuse ed incubi della morte di CedricDiggory, quest’estate avevo
sempre paura di chiudere gli occhi la notte… o forse non desideravo altro.
Vederlo in quell’incubo
era tutto ciò che mi restava di Sirius, insieme a
qualche lettera, e a qualche ricordo intriso di malinconia e dolore.
Non avevamo avuto abbastanza
tempo per stare insieme… avevo appena avuto il tempo
di assaporare cosa fosse avere un qualcosa di molto simile ad un padre – anche
se aveva forti tendenze da fratello minore – che mi era stato nuovamente
strappato via.
MaBellatrixLestrange l’avrebbe
pagata, e con tutti gli interessi.
Avevo giurato vendetta a me
stesso… mi ero detto che l’avrei uccisa, o, almeno,
l’avrei rimandata ad Azkaban, dopo averle fatto
provare atroci sofferenze.
Ed era solo questo pensiero che
riusciva a tirarmi fuori dalle mie manie depressive,
dallo stato catodico in cui mi lasciavo scivolare…
Ed era allora che mi mettevo a
studiare come non avevo mai fatto, incurvandomi la schiena
sopra quei pesanti tomi.
Sarei diventato un mago molto
potente, temuto da Voldemort e dai Mangiamorte…
Avrei sconfitto l’Oscuro Signore
e riconsegnato alla prigione dei maghi Bellatrix, se
prima non l’avessi uccisa io stesso, sporcando, con
immensa gioia, le mie mani del suo sangue.
Vendetta...
Vendetta…
Vendetta…
Con questo stato d’animo avevo
raggiunto ormai i primi di agosto.
Rimuginando su tutto questo stavo impazzendo, e me ne rendevo amaramente conto… mi
rendevo conto dei viaggi di fantasia e dei pensieri macabri che mi
attraversavano inopportunamente la testa.
Né gli auguri ed i regali per il
mio compleanno, né i risultati dei G.U.F.O., a cui avevo dato appena un’occhiata e che ancora
giacevano spiegazzati sulla mia disordinata scrivania, mi avevano portato alcun
alito di gioia.
Il mio cuore aveva fatto appena
un timido salto di allegria e sollievo nel leggere
scrittura dei miei amici, le loro parole di conforto, ma poi ero ripiombato
nella disperazione più nera.
La consapevolezza che non avrei più ricevuto biglietti, regali, nulla che provenisse
dal mio padrino, dalla persona che, per me, più si avvicinava ad un genitore mi
aveva oppresso il cuore, facendomi passare il più brutto dei miei compleanni.
Per una volta ero stato contento
che i miei zii non fossero soliti festeggiarlo… non ero certo nello stato più
adatto per farlo.
Ed ora stavo lì, sdraiato sul mio
letto, a rimirare il muro dalla carta da parati mezza staccata, con in testa solo una nube nera di assoluto nulla.
La finestra era chiusa, rendendo
quella camera molto più simile ad un forno crematorio
che ad un luogo abitabile, ed il disordine che vi regnava non era nulla se
confrontato al mio solito.
Mi rendevo vagamente conto di
aver superato il peggio di me stesso… ma poteva mai importarmi?
La mia esistenza era come
spaccata in due.
C’era la mia vita prima della
morte di Sirius, e quella dopo la sua dipartita.
Tutto ciò che un tempo mi era
sembrato qualcosa di assolutamente importantissimo e da cui non si poteva
prescindere, un qualcosa che aveva vitale importanza, ora mi appariva come sciocco, ed assolutamente banale, se non futile e totalmente
inutile.
Anche il pensiero dei G.U.F.O., che solo qualche mese
prima mi atterriva e mi riempiva allo stesso tempo di attesa ed eccitazione,
ora mi sembrava qualcosa di lontano… appartenente davvero ad un’altra vita che
non sarebbe mai più tornata.
Li avevo superati tutti, a
sorpresa anche quelli di Astrologia, Divinazione e
Storia della Magia, sebbene con un semplice “Accettabile”, e in Pozioni avevo
ricevuto, a discapito della mia solita media ancorata ad un dignitoso
“Scadente”, un ben invidiabile “Oltre Ogni Previsione”.
Certo, non mi sarebbe bastato
normalmente per accedere alla classe di Piton, che solitamente pretendeva non meno di
“Eccezionale”, ma Silente doveva averci messo come al solito il suo zampino…
Avevo trovato
infatti nella busta inviatami da Hogwarts con
i risultatidell’esame anche un
foglietto redatto dal mio amatissimo professore di pozioni, in cui mi avvertiva
che avrei sostenuto un nuovo esame appena arrivato a scuola, e che, dal
risultato di quello, avrebbe decretato se ero idoneo o meno a seguire la sua
classe per il M.A.G.O.
Ron mi
aveva comunicato che anche a lui era arrivato un biglietto del genere,
probabilmente per coprire quello che era un banale favoritismo nei miei
confronti, e che doveva essere avvenuto così per tutti quelli che avevano preso
“Oltre Ogni Previsione”.
Avevano cercato semplicemente un
modo che non desse troppo nell’occhio per farmi
accedere a quella materia che, non seguendo, avrebbe pregiudicato la mia futura
partecipazione al corso triennale per diventare un Auror.
Come se ormai potesse importarmi
qualcosa di divenire in futuro un Auror… non sapevo
neanche se avrei mai avuto un futuro!
Sospirai affranto.
Chissà che ora poteva essere…
avevo perennemente le persiane serrate, come se la luce del sole o la vista del
cielo mi provocassero un’insana allergia, tanto che i
miei zii non ne potevano più dei gufi che entravano dalle finestre degli altri
ambienti per raggiungermi, trovando quella della mia perennemente sprangata.
Voltai la testa alla ricerca di
un orologio, ma mi ricordai di non possederne.
Quello che ero
solito indossare ormai era fermo da tempo – precisamente da quando avevo
disputato la Seconda Prova del Torneo Tremaghi… mi
appariva come se ciò fosse avvenuto secoli prima – e non crederete davvero che
i miei zii fossero così gentili da decidere di metterne uno nella camera del
loro ben voluto nipotino!
Avevo sete, e doveva essere
piuttosto tardi.
Decisi così di alzarmi e, uscito
dalla mia stanza, mi diressi in cucina.
Qui trovai zio Vernon, zia Petunia e mio cugino Dudleyintenti a cenare e chiacchierare… naturalmente appena
arrivai io si interruppero.
Solo la sorella di mia madre alzò
la testa, dando a vedere di essersi accorta del mio arrivo nella stanza… per
gli altri componenti della mia pseudo-famiglia
ero diventato una specie di spettro, una presenza inquietante che si faceva
viva a volte all’ora dei pasti o che sbucava per caso per pochi secondi, nei
luoghi più disparati della casa mettendo loro paura, e che passava la maggior
parte del tempo in quell’aria off limits della casa,
denominata anche “Cameretta di Harry”.
Allungai il collo, osservando quello che mia zia aveva preparato per cena.
Pollo e purè.
Presi delle posate ed un
bicchiere e le poggiai in quello che, solitamente, era il posto che mi veniva riservato a tavola, mi riempii, per modo di dire, il
piatto e, sedutomi, cominciai a mangiare lentamente, a piccoli bocconi.
Se
volevo vendetta non potevo certo lasciarmi morire di fame! Avevo già alimentato
abbastanza la speranza dei miei parenti di lasciarmi perire per mancanza di
cibo.
Per tutta la durata del pasto
nessuno fiatò, e, quando ebbi finito quel poco che avevo davanti, mi alzai,
mormorando un «Grazie per la cena» a cui nessuno diede peso e a cui nessuno
rispose, portando quello che avevo usato per nutrirmi nel lavello e lavandolo
scrupolosamente, per poi rimetterlo al suo posto nella credenza.
Stavo per risalire le scale,
quando un appena udibile CRACK in lontananza mi fece arrestare.
Era stato un parto della mia
fantasia, oppure qualcuno si era materializzato a Little Whinging,
in prossimità della mia casa?!
Rimasi un altro po’ in ascolto,
ma non mi parve di udire altro… perché mi preoccupavo, dopotutto ero al sicuro
finché avessi vissuto sotto lo stesso tetto di un consanguineo di mia madre,
no?
Scrollai la testa, dandomi del
paranoico e del visionario, e ricominciai a salire la scalinata, quando un più
sonoro boato fece tremare i vetri e tutta la casa, fin dalle fondamenta.
Persi l’equilibrio, e scivolai
per quei pochi gradini che avevo salito, ritrovandomi
nuovamente al pian terreno.
«Che è
successo!» sibilò irritato mio zio, uscendo dalla cucina e dirigendosi verso di
me con passo marziale, prendendomi per il bavero ed alzandomi.
«N-non
lo so!» gli risposi, vagamente perplesso.
Che era
successo?!
«Non mentirmi ragazzo! Che cosa hai combinato!! Non avrai usato
quella… hai capito, no?» sibilò ancora più adirato mio zio, diventando
paonazzo quando si era ritrovato ad evitare di mormorare una delle parole
“tabù” in casa nostra.
Sospirai.
«Non ho usato la mia bacchetta
per fare alcuna magia» gli risposi calmo.
Un nuovo boato, e sentii come il
crepitio di qualcosa.
Mio zio mi lasciò andare,
spaventato, ed io velocemente mi diressi verso la finestra, per vedere quello
che era successo.
Sobbalzai.
No…
Non era possibile…
Non potevo crederci… insomma, mi
trovavo lì proprio perché un’evenienza del genere non avesse luogo, ed invece
ecco qua che, come al solito, tutto andava al
contrario di come doveva essere.
Mangiamorte.
Fuori da
casa mia.
Non riuscii a capire quanti ce ne
fossero, ma dalla mia finestra dove mi ero affacciato,
quella del salotto, riuscivo a vederne due, e mi sembrava di percepire la veste
di un terzo poco lontano.
Girai per le altre finestre,
osservando quello che avveniva all’esterno.
Ne ero
riuscito a contare infine cinque, e, da quello che avevo potuto vedere, erano
disposti a formare come un pentagono intorno al numero 4 di Private Drive,
tenendo in mano delle candele nere dalla fiamma oscura, con le braccia protese
verso il centro della forma geometrica.
Riuscii a riconoscere i volti di Codaliscia, della Lestrange e, al
vertice della figura, la figura di Voldemort in
persona.
Doveva avermi visto affacciato a
quella finestra, perché ora stava osservando nella mia direzione.
Vedevo i suoi occhi cremisi
puntanti nei miei, le sue labbra, che si muovevano lievemente pronunciando una
nenia di cui io non conoscevo il testo, arricciate in un sorriso sardonico e di
scherno rivolto esclusivamente a me.
Era come se mi stesse dicendo
“riuscirò a prenderti… questa volta non avrai scampo”
Un nuovo boato
mosse la terra, e le fiamme delle candele che tenevano tra le mani
divamparono, unendosi.
Si formò il disegno di un
pentagono in un cerchio di fiamme, e le lingue di fuoco presero a spandersi
dentro e fuori della circonferenza, bruciando tutte le case di
Private Drive, tranne però il numero 4.
Infatti,
quando esse si erano dirette verso l’interno, con tutta la loro potenza, come
un’onda che voleva sommergere la casa, vi era stata come una piccola scossa, e
quelle si erano fermate, come se fossero venute a contatto con una barriera, un
muro invalicabile, che, sebbene ci provassero ancora, non riuscivano a forzare…
Il risultato della protezione di
mia madre.
Ed
intanto vedevo il fuoco spandersi alle altre case, investendo nella mia rovina
altre persone di cui io conoscevo appena i volti.
Sarebbero morte
solo perché mie vicine di casa…
Tutto ciò che toccavo od anche
solo sfioravo veniva irrimediabilmente distrutto.
Egoisticamente mi dissi di non pensarci… non era questo importante in quel
momento.
Dovevo riuscire a capire cosa stesse succedendo.
Mi sembrava abbastanza lampante: Voldemort aveva attaccato nella speranza di giungere infine
a distruggere la mia intoccabilità, la protezione
fornitami dal sangue di mia madre ed accettata da mia zia Petunia quando mi
aveva accolto in casa.
Naturalmente non ci stava
riuscendo.
Dovevo comunque
capire quale incantesimo stava utilizzando… in me era ardente il desiderio di
aiutare quelle persone che erano rimaste coinvolte nella furia dell’Oscuro
Signore, ed inoltre uno strana inquietudine mi stava guidando.
Se non
erravo dovevo aver letto qualcosa in proposito…
«R-ragazzo!
– mi richiamò dai miei pensieri la voce di mio zio, carica di
panico – c-cosa sta s-succedendo?» mi domandò tremante.
Gli risposi, continuando
contemporaneamente a pensare.
«Si tratta di Voldemort,
quello che ha ucciso i miei genitori… sta cercando di forzare la barriera posta
sulla casa per arrivare a me ed uccidermi…».
Se mi
ricordavo bene, il pentagono era una figura a cinque punte molto usata nelle
Arti Oscure per le sue proprietà distruttive…
«B-barriera?!
Quale barriera?» domandò ancora il mio parente.
«Quella che mi
protegge da quando sono qui, da quando mi avete accolto in casa vostra…
il segno lasciatomi dal sacrificio di mia madre per salvarmi» spiegai, ancora.
Se non erravo, spesso, per
annullare incantesimi in cui veniva usata quella
figura, bisognava ricrearne un’altra… ma quale!
«Vuoi dire che casa nostra è
sempre stata attorniata da quella… cosa?» domandò, diventando paonazzo, il mio
stupido zio.
Sembrava quasi più alterato per il fatto che della magia avesse sempre permeato la sua
abitazione– non si era nemmeno
soffermato a pensare che era proprio quella “cosa” che ora gli stava salvando
la pellaccia – che per il fatto che essa ora si trovasse sotto attacco, avvolta
da un spessa coltre di fiamme ed in pericolo di venire da esse bruciata.
«Esattamente»
Una stella! Certo! Bastava unire
i punti del pentagono in maniera diversa, e la figura che si veniva a creare
era quella che si opponeva ad essa.
Bastava una semplice stella!
Presi la bacchetta, e tracciai
delle scie luminose a formare quella figura, di dimensioni medie, nel centro
del salotto.
Non mi venne neanche in mente
che, per la verità, mi era vietato usare la magia fuori dai
confini di Hogwarts, e, francamente, in quel momento
non me ne importava neanche poi tanto.
Insomma, l’anno
prima ero riuscito a spuntarla, quando tutti mi ritenevano un pazzo
visionario in ricerca ossessiva di fama e attenzione… adesso ero nuovamente il
tragico eroe romantico di tutto il mondo magico, non mi avrebbero mai espulso
né mi avrebbero mai rotto la bacchetta!
Sentii però squittire mio zio,
irritato.
«COSA
STAI FACENDO!» mi urlò.
«Cerco di salvarci la vita!» gli
risposi.
Cavolo, ma era proprio ottuso!
«Vogliono te, no? Basterebbe
consegnarti a loro, e ci lascerebbero in pace! Avremmo dovuto cacciarti di casa
l’anno scorso, dopo quella storia di quei Dissena-cosi» esclamò zio Vernon.
«Se mi consegnaste certo non vi salvereste lo stesso… siete dei Babbani,
e perciò, a giudizio di quelli là fuori, indegni di continuare vivere…» spiegai
loro, con calma, mentre finivo di tracciare i contorni della figura ed il
cerchio che ne congiungeva i cinque punti estremi.
«Non avresti mai dovuto dare
ascolto a quella lettera che ti è arrivata l’altr’anno,
Petunia!» la richiamò mio zio.
Anche
mia zia doveva essere entrata nel salotto.
Mi girai a guardarla, e vidiDudley nascosto, per modo di
dire, dietro di lei, aggrappato alla sua sottana…
Che
cugino dal cuor di leone!
«Non avrei mai dovuto accoglierlo
in casa!» rincarò mia zia.
“Sapessi quanto ne sarei stato
felice… ovunque sarebbe stato meglio di qui…” mi ritrovai a pensare.
«Ragazzo, sei stato solo una
fonte inesauribile di guai e disgrazie… non avrei mai dovuto accoglierti in
casa mia, crescerti e nutrirti…»
«Come se mi avessi
mai nutrito abbastanza, o fossi cresciuto grazie alle tue cure…» mi ritrovai a
rispondere, indisponente.
«Stai zitto! Sei un ingrato e per
di più maleducato!»
«Chi vive con
lo zoppo…» la mia mente ormai si stava riempiendo di rancore.
Possibile che in un momento del
genere quegli sciocchi non trovassero altro da fare se non rinfacciarmi la loro
“presunta” ospitalità?
«Sapevo che saresti stato
spossato ed anormale come quei tuoi indegni genitori… non avrei mai dovuto far
diventare questa casa anche la tua!» disse mia zia, alzando via via il tono della voce.
Avvertì un primo scossone
nell’aria, ed una strana elettricità, come quando si avvicina
una terribile tempesta, ma non capì cosa essa stava a significare, quale avvenimento
tetro mi stava preannunciando, ed io non riuscii a fermare il fiume di parole
che si riversò senza controllo dalla bocca.
«La mia vera casa è Hogwarts! Io non posso definire questo posto come casa
mia!» urlai.
Rotto.
In quel momento sentii come se
qualcosa si fosse irrimediabilmente rotto in me.
La barriera…
Guardai con occhi spaventati la
sorella di mia madre, e la vidi sgranare gli occhi, portandosi una mano al
petto, come se le mancasse l’aria.
Io e mia zia avevamo rotto la
barriera, tenuta su dal nostro legame di sangue.
Lei aveva negato l’atto di avermi
accolto quindici anni prima, ed io, senza neanche
usare giri di parole, avevo detto che non potevo definire quel luogo come casa
mia, e perciò avevo annullato con le mie mani la protezione che essa mi
forniva.
Nello stesso istante avvertì un
terribile dolore alla cicatrice che mi deturpava la fronte.
Tutto ciò che feci dopo fu
dannatamente istintivo.
«Venite qui!»
urlai ai miei parenti, mettendomi nel cerchio che avevo creato e intimando loro
di fare lo stesso.
Inaspettatamente mi ubbidirono
subito, senza remore.
Probabilmente anche Dudley e zio Vernon si erano
accorti che qualcosa non andava… il disintegrarsi di quell’antica
magia aveva prodotto una forte onda d’urto nella natura e nell’equilibrio delle
forze magiche, che probabilmente anche loro avevano in parte avvertito.
Completai l’incantesimo di
protezione un secondo prima che la mano di Voldemorttentasse di ghermirmi.
Vidi il suo volto pallido, le due
piccole fessure che gli fungevano da naso, la bocca sottile disegnata in un
ghigno esultante, le mani scheletriche, come due grandi ragni dalle zampe fini,
venire respinte da un piccolo e fragile muro trasparente a pochi centimetri da
me, e gli occhi rossi, folli e appagati che mi scrutavano bramosi.
Si sentiva inequivocabilmente
vicino alla vittoria, e molto probabilmente aveva ragione.
Udì la sua voce penetrarmi nelle
orecchie, la sua agghiacciante risata perforarmi i timpani.
«Quanto sei
sciocco, povero piccolo Potter, ci hai praticamente
invitato a casa tua… Ops… questa tu non la puoi
chiamare casa» sentì accanto a me dire da Bellatrix,
mentre anche tutti gli altri Mangiamorte si mettevano
a ridere di me.
Avrei voluto insultarla, se solo ne avessi avuto la forza.
Sentivo tutte le mie energie venire risucchiate da quel piccolo disegno che avevo creato
sul pavimento, per convertirle in quella barriera che ora ci stava salvando la
vita, ma che non sapevo quanto sarebbe potuta resistere.
«Finalmente la protezione che ti
aveva fornito quella cagna di tua madre è andata
completamente distrutta… Devo ringraziare te e la tua cara zietta,
Harry, se finalmente potrò completare la mia opera…
quindici anni sono davvero tanti per lasciare qualcosa in sospeso, e credo sia
ormai il tempo di porre fine alla tua inutile esistenza» sibilò il Lord Oscuro,
con la sua voce serpentina.
Avvertì anche i miei parenti
rabbrividire a quel suono.
Non mi lasciai distrarre.
Era anche la prima volta che
mettevo in atto quell’incantesimo, e già ero
meravigliato per il fatto che avesse realmente
funzionato… ora dovevo solo continuare a concentrarmi, e sperare, pregare che
qualcuno venisse in mio aiuto.
«Questa volta
sei mio…» mi disse Voldemort.
Lo vidi fare cenno ai suoi
quattro servitori di disporsi intorno alla mia barriera, formando nuovamente un
pentagono.
Le fiamme avevano già cominciato
ad invadere il primo piano della casa, ma ormai loro erano
diventate l’ultimo dei miei pensieri.
Ero stanco… non ero abituato a
svolgere incantesimi così avanzati – immaginavo che il livello di quello che
stavo svolgendo in quel momento fosse elevato anche solo per il M.A.G.O. standard – e questo stava
prosciugando tutta la mia forza.
Non avrei resistito ancora, e
quando quegli esseri incappucciati presero a mormorare la loro nenia, mi sentii ancora più stanco e spossato, rendendomi conto di
essere ormai ad un passo dalla fine.
Ero stato davvero sciocco.
Ero caduto ancora in una delle
sue trappole con tutte le scarpe, portando con me gente che non c’entrava
niente.
Forse sarebbe stato meglio per
tutti se fossi morto insieme ai miei genitori, quando avevo ancora un anno. Mi
sarei risparmiato tutta quella sofferenza, tutto quel dolore che invece avevo
dovuto provare sulla mia pelle e sul mio cuore.
La mia vista si appannò, e
cominciai ad avvertire il calore delle fiamme lambirmi.
La mia barriera si stava
rompendo.
Le parole dell’incantesimo
mormorato dai miei cinque aguzzini mi riempiva le
orecchie e la mente, ma non riuscivo più a capirne e sentirne le parole… era
solo un forte e vago rumore, che mi stava facendo scoppiare la testa.
Non resistetti più…
Svenni.
Continua…
E se
il buon giorno si vede dal mattino…
Salve!!!
Eccomi qui
con una nuova ff, per la vostra immensa gioia!
Avverto
tutti fin da ora che questa ffè
molto più in stile “Lady” che in stile “Marcycas” (e
chi già legge ciò che scrivo sa a cosa mi riferisco…^^… Ho già cominciato bene,
non è vero?!).
E’ un
esperimento… è in assoluto, insieme ad un’altra che
prima o poi mi metterò a scrivere, la prima ff che mi
sia venuta in mente su HarryPotter,
precisamente il giorno dopo aver letto il quinto libro… (quindi è più di un
anno che mi frulla in mente… prima di The Little Scarlet
Rose…) la trasposizione su “carta” però è stata molto più sofferta, perché le
idee delle due storie si mischiavano e le trame si intrecciavano.
Ora però,
con l’arrivo tra “qualche” mese di HarryPotter 6, diciamo mi è stata messa un
po’ di fretta, e mi ritrovo qui, a lavorare.
E’ un
esperimento anche in un altro senso.
La
narrazione infatti sarà dal punto di vista dei vari
personaggi in prima persona, e questo a volte determinerà dei ritorni indietro
nel tempo, e via dicendo. Devo essere sincera… l’idea mi è venuta la prima
volta che ho letto una storia di Luna Malfoy, “Nata
per soffrire (the beginning)”, in cui infatti i primi chap sono
raccontati in maniera soggettiva (non te lo avevo detto Luna… spero non ti
arrabbierai… ç_ç), anche se qui avverrà tutto in
maniera diversa.
Direi che
la digressione iniziale è durata abbastanza.
Spero mi
commenterete (lo farete, vero?!? ndLadyConAccettaInMano),
ed ora vi lascio.
Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti o di tipo
sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili
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storia ad individui di questo tipo.
Amore,
Tradimento e Morte
CAPITOLO 2
*Ritorno in luoghi oscuri*
§§§§§§§§§
«Sirius non era crudele, e in genere trattava
con gentilezza gli elfi domestici. Ma non Kreacher,
perché gli ricordava troppo la casa che odiava».
«La odiava, si! […] e lei lo ha costretto a starsene rinchiuso là dentro,
e lui non lo sopportava, ecco perché ieri notte è voluto uscire…»
«Tentavo di salvargli la vita»
«A nessuno piace stare rinchiuso! […] Come è
successo a me tutta l’estate…» (J.K.Rowling – HarryPotter e
l’Ordine della Fenice, pag 771)
§§§§§§§§§
Morbido.
Mi sentivo avvolto nel morbido e
conservato nel calore…
Tutto questo era in netto
contatto con le sensazioni di dolore, fastidio, freddo e spossatezza che
provavo sul mio corpo.
Aprii lentamente gli occhi, ma
questo non mi aiutò comunque a capire dove mi
trovassi, e, soprattutto, cosa ci facessi lì.
Che
posto era mai quello?
Ero più che certo che non si
trattasse della mia camera.
Infatti
la disposizione dei mobili non mi ritornava, e, soprattutto, non avevo la
solita molla del letto conficcata scomodamente in qualche parte del mio corpo…
per non parlare del fatto che lì i muri erano di uno strano giallo-marroncino,
mentre la mia stanza a Private Drive aveva le pareti tappezzate con una
semplice carta da parati di un grigio smunto.
La domanda, però, continuava a
persistere… dove mi trovavo?
Alla fine, quel posto aveva anche
un’aria vagamente famigliare, ma, senza occhiali, proprio non riuscivo a
comprendere quale potesse essere il luogo in cui stavo
riposando in quel momento.
«Ti sei svegliato…» sentii mormorare
da qualcuno che si sedeva accanto a me.
Girai lentamente la testa in
direzione di quella voce che avevo ben riconosciuto,
mentre brividi di dolore per quel semplice spostamento mi salivano per il
corpo.
Che ci
faceva lui lì?
O meglio,
che ci facevo io in sua presenza?!
«P-professore…
c-cos-… dov-» lui mi interruppe,
impedendomi di parlare, cosa che per altro mi risultava molto difficile e mi
dava un forte senso di spossatezza, poggiando delicatamente due dita sulle mie
labbra.
«Shhh…»
mi ammonì dolcemente Lupin, facendomi cenno di stare
in silenzio «Non affaticarti… ci sarà il tempo delle spiegazioni e dei
chiarimenti… risponderò ad ogni tua domanda, ma ora devi
solo riposare e rimetterti in forze. L’incantesimo che hai usato era fin troppo
potente per il tuo fisico…» mormorò l’uomo, prendendo poi una boccetta ed un
bicchiere posati poco lontano.
Incantesimo troppo potente?!
Quale incantesimo?
Mi era vietato usare la magia fuori dai confini di Hogwarts,
visto che avevo ancora sedici anni, e quindi ero ancora minorenne…
Cosa era
successo?
Flash di attimi
relativi all’attacco mi inondarono la mente, mozzandomi il fiato.
Spalancai gli occhi, colmi di orrore e dolore, volgendo la testa verso l’adulto che mi
stava accudendo.
Quello si sedette sul letto,
poggiando una mano sulla mia fronte, imperlata da goccioline di sudore freddo,
scostandomi la frangia e dandomi una sensazione di pace e tranquillità.
Non ero abituato a quelle
gentilezze quando stavo male… solitamente dovevo cavarmela da solo o, al
massimo, quando mi trovavo adHogwarts,
ci pensava Madama Chips, ma l’infermiera non aveva
certo il tempo di coccolare tutti i suoi pazienti.
«I… i m-miei zii…» mormorai a
fatica, con la mente annebbiata e la gola completamente arida.
Dovevo avere la febbre piuttosto
alta… mi sembrava di avere la testa immersa in un pallone ed il corpo in una
bacinella di acqua gelida!
Chissà, inoltre, quanto avevo
dormito…
«Shh…
ti ho detto che ne parleremo dopo… ora bevi, e
rimettiti a riposare…» mi sussurrò ancora, aiutandomi a tirarmi leggermente su,
e, accostatomi alla bocca un bicchiere ricolmo di un qualcosa che neanche mi
preoccupai di identificare, mandai giù il contenuto senza neanche pensarci.
Non doveva essere una pozione per
dormire, ma qualcos’altro, perché Morfeo non mi attirò subito tra le sue
braccia.
Rimasi così, come sospeso tra due
universi, la nebbia che ancora riempiva il mio cervello, non riuscendo a capire
se stessi dormendo o fossi sveglio, in uno stato
piuttosto confusionale, finché, finalmente, un sonno profondo non mi colse…
Stavo giocando a SparaSchiocco con Ginny in cucina
quel giorno, quando vidi diversi membri dell’Ordine, i quattro che erano
presenti tra cui si trovava anche Silente, uscire velocemente dal salotto,
richiamati da non sapevo bene cosa.
Supposi che, probabilmente, si
trattava di un qualche attacco ad opera di Mangiamorte… certo è che non avevo minimamente potuto
immaginare che fosse proprio lui il bersaglio dell’attacco.
Un magone
indescrivibile mi si bloccò in gola, per non parlare del freddo pungente e del
brivido di gelo che mi sentii scorrere giù per la spina dorsale, quando li vidi
tornare, trasportando il corpo esanime del mio migliore amico.
Harry
mi appariva così stanco e mal ridotto… Non che avesse ferite, ma il colorito
della sua pelle era di un bianco così chiaro e cadaverico che, per un attimo
neanche troppo breve, pensai fosse realmente morto.
A “rassicurarmi” ci pensò il
forte colpo di tosse che lo scosse tutto, facendo rischiare a Lupin, che lo stava trasportando con un braccio in spalla,
di perdere la presa.
Indubbiamente stava male…
probabilmente stava male anche da prima, visto il suo fisico, sempre stato
minuto e spigoloso, divenuto ora ancora più magro, ma in quell’attacco
doveva essergli successo qualcosa di grave.
Furono Fred
e George ad avere pena e compassione per me e Ginny, che stavamo letteralmente impazzendo cercando di
capire quali fossero le condizioni del nostro amico e perché si trovasse in
quello stato pietoso, raccontandoci ciò che era avvenuto a Privet
Drive.
E
pensare che quel posto doveva essere il più sicuro sulla faccia della terra per
Harry, o almeno così cercava di rassicurarmi mia
madre, quando l’assillavo chiedendole perché non potessimo invitare il mio
amico a raggiungerci.
Qualcuno mi deve spiegare come
poteva aspettarsi che una misera casa babbana potesse
essere abbastanza sicura, quando forse neanche Hogwarts
lo era in quella guerra!
Fred e George ci dissero che erano arrivati appena in tempo – tutto questo era stato raccontato loro durante la
riunione che si era tenuta in cucina dopo cena la sera stessa,riunione a cui, naturalmente, io e la mia
sorellina non avevamo assolutamente potuto partecipare.
Quando
si erano Materializzati a Little Whinging, avvertiti
immediatamente del pericolo da Mundungus che si
trovava lì per sorvegliare Harry, avevano visto
subito il fuoco che si riversava nel numero quattro di Privet
Drive.
Dalle indiscrezioni dei presenti
– Bill non era riuscito a tenere completamente a freno
la lingua… mi sorprendevo sempre come Ginnyriuscisse a fargli dire tutto quello che voleva – avevamo
saputo che Silente aveva mormorato un «Come può essere
successo… non è possibile… non potevano neanche avvicinarsi!» prima di
scattare, con un’andatura fin troppo veloce per un nonnino della sua età, e
raggiungere la casa.
Quando erano entrati di
sfondamento nel salotto, avevano fatto appena in tempo prima
che avvenisse l’irreparabile.
Un secondo dopo il loro ingresso Harry era svenuto, e la barriera da lui creata intorno a sé
e ai suoi zii – Bill aveva detto che non immaginava
che Harry fosse in grado di fare incantesimi di una
portata del genere, che lui aveva imparato solo
durante l’ultimo periodo dell’ultimo anno di scuola – era andata distrutta.
Voi-Sapete-Chi aveva allungato la mano per ghermire
il mio amico, mentre gli altri Mangiamorte presenti
avevano puntato le bacchette contro i suoi zii, ma in quel momento Silente
aveva mosso la propria asticella magica ed essi erano stati respinti nuovamente.
Era stata ingaggiata una lotta,
ed alla fine, recuperati Harry e i suoi zii, se ne erano andati, mentre una squadra di Auror
arrivava per fronteggiare gli incappucciati.
Bill e Mundungus erano andati alSt. Mungo con Vernon, Petunia e DudleyDursley, per farli curare,
il professor Lupin ed HestiaJoneserano tornati al quartier generale, portando con loro il ragazzo svenuto e
febbricitante.
Silente, che era rimasto lì ad
aiutare gli Auror, era stato chiaro: Harry doveva rimanere il più nascosto possibile. Non era
ferito, solo molto spossato, e perciò era meglio portarlo al quartier generale, dove lo avrebbero potuto proteggere
meglio, piuttosto che all’ospedale magico, dove tutti i lumos
sarebbero stati puntati su di lui.
Era rimasto addormentato per tre giorni,
poi Lupin era sceso in salotto, annunciando che si
era svegliato, sebbene la febbre gli fosse salita ancora e si trovasse in stato
confusionale.
Il giorno dopo andai io nella sua
camera per trovarlo ed accertarmi personalmente delle sue condizioni di salute.
Volevo fargli un attimo visita,
ma non mi era mai stato permesso, tuttavia ora che le sue condizioni erano
migliorate quel divieto era stato tolto.
Quando entrai era tutto così buio
ed oscuro lì dentro, che i miei occhi ci misero un po’ ad abituarsi a quella
pressoché totale mancanza di luce, magica o naturale che fosse.
La finestra era sprangata –
nonostante l’Incanto Fideliusle precauzioni non erano mai abbastanza - ed una
tenda di pesante velluto nero consunto, che doveva essere per altro piena di Doxy dati i rumorini inquietanti che da essa si levavano,
impediva anche al più timido raggio di sole di baciare il volto del malato.
Volevo accendere una candela, ma
preferii aspettare che miei occhi si abituassero a quelle tenebre, per non
andare a sbattere da qualche parte.
Quando i
contorni presero a farsi più nitidi, vidi la sagoma del mio amico avvolta nelle
coperte, sdraiata sul letto.
“Dorme ancora” pensai, e feci per
avvicinarmi al suo letto, e rimanere un po’ lì così, a fargli compagnia vegliandolo,
quando la sua voce mi fece capire che mi ero sbagliato.
«Perché
mi avete riportato qui?» domandò, con un tono che mi fu difficile riconoscere
come quello caldo e sbarazzino a cui io ero abituato.
Era… strano… lievemente
spiritato, e forse troppo basso.
«Ha-Harry!
Sei sveglio…» dissi a mezza voce io, rimanendo però
fermo dove mi trovavo.
Girò la testa nella mia
direzione, e potei sentire i suoi occhi, duri e scrutatori, posarsi su di me,
annebbiati ancora dai fumi della malattia.
«Perché
mi avete riportato qui?» domandò nuovamente, continuando a fissarmi.
Francamente, non sapevo
assolutamente cosa rispondere.
Rimasi perciò così a boccheggiare
per qualche secondo, quando lui rigirò nuovamente la testa, tornando a guardare
il soffitto, immergendosi nei suoi pensieri.
Mi sentii quasi autorizzato ad
uscire da lì, correndo poi in camera mia.
Mi chiusi dentro, sdraiandomi nel
mio letto, scosso.
Harry…
che gli era successo…
Non volevo scendere.
Mi bastava rimanere chiuso in
quella stanza, ed illudermi di trovarmi ancora a Privet
Drive, nella mia piccola camera… ovunque sarebbe stato bene… ovunque, tranne
che lì.
Non potevo sopportare il sapere
di trovarmi in quel luogo.
Non riuscivo a sopportare
il fatto che IO c’ero ancora per poter stare in quella casa, mentre lui
non ne avrebbe mai più avuto la possibilità.
Aveva sempre odiato quella villa…
aveva sempre odiato quelle mura, ed i tristi ricordi che gli riportavano alla
mente, ma io avrei preferito saperlo rinchiuso qui
dentro piuttosto che dietro quel velo…
Sirius…
Non potevo pensare di trovarmi a GrimmauldPlace, e non sentire le
sue risate simili ad un latrato spandersi su per le scale, di non avvertire la
sua presenza a volte depressa e a volte energica aleggiare tra
di noi, di non poter più udire la sua voce calda e rassicurante che mi
suggeriva qualche strano e pericoloso colpo di testa, di non poter più leggere
lettere e biglietti vergati di suo pugno che mi raccomandavano di non muovermi
o di non fare qualcosa di avventato.
Sirius…
Non volevo scendere.
In quella stanza che non avevo neanche visto bene prima della mia convalescenza
potevo ancora illudermi di sbagliarmi, di non trovarmi effettivamente a villa
Black, nonostante avessi già avuto modo di ascoltare gli improperi del ritratto
della signora Black rimbombare in tutta la costruzione, nonostante avessi
sentito Kreacher aggirarsi per la casa.
Potevo illudermi che Sirius non fosse più rinchiuso lì.
Potevo immaginare ancora di
trovarmi a Privet Drive, facendo finta che Sirius fosse solo troppo occupato per
scrivermi o farsi sentire, ma che si trovava ancora al numero dodici di GrimmauldPlace.
Sapevo che non era vero… sapevo
che mi stavo mentendo, ma a volte la verità fa male, ed è
meglio l’illusione.
Chi ha detto che non esistono le
bugie a fin di bene?!
Perché
io non potevo continuare a vivere per sempre nella mia felice e solitaria bugia
personale?!
Eppure
mi era stato detto di scendere.
Spezzare l’incanto, rivelare
l’inganno.
Silente mi aspettava giù, chissà
in compagnia di chi altro…
… e
questa volta non ci sarebbe stato Sirius a darmi
spiegazioni, a togliermi dubbi… non ci sarebbe stato lui a considerarmi
abbastanza grande da sapere…
Ma io non era
abbastanza grande! Avevo ancora bisogno di lui, ed invece anche lui mi aveva
lasciato solo.
Avrei sopportato di muovermi tra
quelle quattro mura rovinate, che me lo riportavano così brutalmente alla
mente?
Di nuovo, la voglia di vendetta
che provavo si risvegliò in me.
Un giorno chi di dovere l’avrebbe
pagata, l’avrebbe pagata edio-
«Harry…
sei ancora lì? Ti stiamo aspettando… perché non sei ancora sceso?» Lupin stava bussando alla mia porta e, senza aprire, mi
stava parlando attraverso la lastra di legno.
Sospirai.
Dovevo presentarmi, era inutile
che mi illudessi o mi mettessi a fare stupide
rimostranze come un bambino capriccioso… non lo ero mai stato – anche perché,
diciamocelo… a che pro?! Come se i miei zii avessero mai pensato di
accondiscendere ad una sola delle mie richieste… - e non avevo intenzione di
diventarlo, ora alla veneranda età di sedici anni.
Mi alzai in piedi e, aperta la
porta, uscì, sotto lo sguardo del mio ex professore.
Non ebbi la
forza di guardarlo in faccia… non lo guardavo più in faccia…
Come avrei potuto, io,
l’assassino del suo migliore amico, dell’ultimo affetto che gli fosse rimasto –
perché, diciamocelo… io stesso ero il primo a considerarmi colpevole,
figuriamoci se anche gli altri non pensassero di me lo
stesso! – trovare il coraggio di guardarlo ancora negli occhi?
Preferivo tenere lo sguardo
basso, ed evitare ogni forma di contatto con lui… peccato che sembrasse che il
destino non fosse dello stesso parere, visto che me lo
ritrovavo praticamente dappertutto, ed inoltre, a quanto avevo saputo, Silente
lo aveva incaricato di occuparsi di me durante la mia convalescenza… chissà
quanto gli era costato curarmi senza attaccarmi…
Io non so se ci sarei riuscito… sarebbe stato come se fossi stato obbligato
a curare Voldemort in persona… assolutamente
innaturale.
Scendemmo le scale ed arrivammo
in cucina.
«Benvenuto Harry»
mi salutò la limpida e chiara voce di Silente.
Alzai il mio sguardo, duro e
spento, come un diamante opaco, e fissai la figura dell’anziano uomo,
salutandolo e mettendomi seduto di fronte a lui.
C’erano solo il professor Lupin ed il professor Silente.
«Di cosa mi voleva parlare,
signore?» domandai, cercando di ignorare tutti gli oggetti che mi circondavano
e la presenza del licantropo, che si era accomodato alla mia sinistra,
preferendo puntare tutta la mia attenzione sulla conversazione con il Preside.
«Ti senti meglio? Ti sei
ristabilito?» mi domandò, con un tono premuroso.
«Si… mi sento molto meglio -
fisicamente era vero… quindi mica stavo mentendo se mi
sentivo a pezzi mentalmente e spiritualmente, o no? – Tutto grazie alle cure
del professor Lupin» conclusi abbassando il capo.
«Sono contento – affermò Silente,
ammiccando a Remus, per poi riportare la sua
attenzione su di me – Ti ho fatto scendere perché ho bisogno di parlarti di
varie cose…»
«Mi dica»
«Intanto volevo farti riavere la
tua roba, siamo riusciti a portarla via da Privet
Drive dopo che Voldemort ed i suoi Mangiamorte se ne sono andati… una parte è stata rovinata,
ma credo che ci sia quasi tutto quello che conta…» mi
comunicò l’uomo, facendo apparire il mio baule ed una sacca.
Mi gettai immediatamente su di esso.
Presi a rovistare all’interno,
controllando che ci fossero ancora e tirando fuori il mantello
dell’invisibilità, la mappa del malandrino, l’album fotografico che mi aveva
regalato Hagrid per il mio dodicesimo compleanno e la
Firebolt, il primo regalo che io ricordassi mi avesse fattoSirius.
Quello era il mio tesoro…
Avevo avuto così tanta paura di
aver perso quelle pochissime cose per me realmente care…
Un piccolo dolore al dito mi
comunicò che, nella mia ricerca frenetica, mi ero tagliato.
Guardai incantato la goccia di
sangue scendere dal mio dito indice e percorrerlo in tutta la sua lunghezza… mi
sporsi nel baule, per vedere cosa era stato a provocarmi quella lieve ferita.
Tremai quando mi resi conto che
era stato un pezzo dello specchietto di Sirius.
Richiusi velocemente il baule,
tornando poi a sedermi, stringendo ancora tra le mani il
mio piccolo tesoro, riprendendo il controllo sulla mia sfera emotiva.
«Cos’altro
mi doveva dire?» chiesi.
«Volevo farti sapere che i tuoi
zii stanno bene e sono tornati nella loro casa… ho
provveduto a farla tornare in piedi io stesso… Inoltre mi duole darti questo
annuncio ma… Harry, sei stato nuovamente convocato
per un’udienza al Ministero…»
«Ma-»
cercai di protestare.
Che avevo fatto
sta volta!
Insomma, anche se avevo usato la
magia, ero in pericolo di vita, e che io ricordassi, non avevo fatto null’altro
di male!!
«Come credo
tu abbia immaginato, sei stato chiamato a causa dell’uso che hai fatto della
magia durante l’attacco a Privet Drive… essendo tu
minorenne non avresti potuto usare la magia fuori della scuola e perciò hai
ricevuto un richiamo ufficiale a presentarti al Ministero, tuttavia esso è più
che altro una scusa, anche perché già mi è stato assicurato che si tratterà di
una mera formalità e che sarai sicuramente prosciolto dall’accusa…»
«E
allora perché devo presentarmi?!» domandai, frustrato.
«Credo che Caramell
voglia cercare di ingraziarti, portarti dalla sua parte… ho quasi la certezza
che cercherà di avere il tuo appoggio per superare le prossime elezioni che si
terranno ad aprile, visto che non è riuscito ad ottenere il mio. Inoltre tu e Remusdovrete partecipare ad
un’udienza che testimoni l’innocenza di Sirius…»
«Cosa?»
domandai confuso.
L’innocenza di Sirius?!
Ma cosa…
«Ecco Harry…
Cornelius si è reso che tutto quello che noi abbiamo
continuato a dirgli era sempre stata solo ed unicamente la verità… quindi ha
capito che anche ciò che affermavamo circa l’innocenza
di Sirius Black doveva necessariamente essere vero.
Ha capito quanto tu tenessi a lui, e credo pensi gli
basterà questo a farti andare dalla sua parte, perciò è pronto a dichiararlo
ufficialmente innocente, per far vedere che sa prendersi le sue responsabilità
all’intero mondo magico… Vuole per altro che tu sia presente, e questo spiega
il motivo per cui il “processo” si svolgerà immediatamente dopo la tua
udienza…» gli spiegò l’anziano e saggio mago.
Mi ero piuttosto oscurato udendo
quel discorso.
Avrebbero dichiarato innocente Sirius… come se ad un morto sarebbe
potuto importare se era considerato colpevole od innocente.
«Se non vuoi Harry
non devi preoccupartene – intervenne Lupin – basterà
la testimonianza di Silente per scagionarlo…»
«No!» proruppi velocemente,
rialzando immediatamente la testa, anche se evitai comunque
di volgerla verso il lupo mannaro «Voglio andarci… voglio
esserci!»
E’ vero, Sirius
non c’era più… ma, ora che ne avevo la possiblità, volevo che almeno la sua memoria non fosse infangata.
«Bene! Le udienze si svolgeranno
tra cinque giorni – proruppe Silente, sorridendo – Direi che siamo a posto… mi
attende una riunione del Wizengamot, e perciò ora vi
devo salutare…»
«Aspetti! Professor Silente,
ecco… io volevo chiederle il permesso di recarmi a DiagonAlley… avrei bisogno di alcune
cose…» domandai, fermandolo prima che si Smaterializzasse.
«Harry…
sarebbe meglio che chiedessi a Molly o a Remus di fare queste commissioni per te… E’ pericoloso per
te uscire di qui»
«Lo so bene, ma vorrei andare io
in ogni caso… ed inoltre ho bisogno di un abito adatto per l’impegno con il
caro Ministro… -ironizzai – la prego…»
Silente sospirò, poi, rialzata la
testa, prese nuovamente la parola «D’accordo Harry…
entro un paio d’ore io dovrei aver finito… ce la fai a
prepararti? Ti accompagnerò io stesso… ho anch’io alcune commissioni da
sbrigare, e ci sarei dovuto andare comunque»
«Grazie signore!» lo ringraziai
soddisfatto di cuore.
«Ah, che sbadato… stavo per
dimenticarmene! Ecco Harry, queste sono per te, Ron e Ginny…» mi disse,
passandomi un plico di lettere, per poi dirigersi alla porta, seguito da Lupin, che gliela chiuse alle spalle.
Io feci di corsa le scale,
entrando nella camera della rossa – naturalmente dopo aver bussato – in cui
trovai lei e suo fratello intenti a giocare a scacchi.
«Harry!»
esclamarono entrambi in coro, sorpresi, interrompendo il loro gioco per
voltarsi verso di me e cominciare a parlarmi.
Non avevo mai lasciato la mia
stanza in quei pochi giorni di permanenza nell’antica casa
Black, e quelle poche volte che avevano avuto il coraggio di entrare in quell’antro buio che era la mia camera… bhè,
erano stati così sfortunati da beccare i miei momenti di depressione più acuta,
cosicché io non ero stato poi molto socievole… anzi.
«Ragazzi, ho le lettere da Hogwarts da parte di Silente» li salutai, sventolando le
tre buste con un sorrisetto scanzonato in volto.
Avevo voglia di stare un po’ in
loro compagnia…
Passai ai due ragazzi le loro
rispettive missive, e le aprimmo insieme.
Quella mia e di Ron contenevano semplicemente la solita monotona lista dei
libri –erano scritti solo quelli che ci sarebbero
serviti per i corsi dei M.A.G.O, con un facoltativo
tra parentesi accanto a quello di pozioni – ed il biglietto dell’espresso ma,
da quella della più piccola Weasley, sgusciò fuori
anche la piccola spilla dei prefetti.
La rossa saltò
in piedi sul letto, cominciando ad esultare e, dopo qualche secondo, si gettò
ad abbracciare me e suo fratello, felicissima.
Le sue urla e gli schiamazzi richiamarono
la signora Weasley, che venne a rimproverarci di fare
silenzio, altrimenti il ritratto della signora Black si sarebbe
potuto svegliare, ma, quando anche lei si rese conto di ciò che Ginny stringeva tra le mani, disse addio a tutte quelle
attenzioni e prese a stringere e congratularsi con la ragazza, mentre Ron la sfotteva.
Mi sentii leggermente gelare e
veramente molto a disagio alla vista di quel piccolo quadretto famigliare.
Una famiglia… anche se Molly diceva di considerarmi come un figlio suo ed io la
sentivo come avrei potuto sentire una madre… bhè,
erano proprio quei come a stonare.
Io non avrei mai avuto una
famiglia mia.
Vedendo lì i due ragazzi con la
loro mamma, questo pensiero mi balenò in testa come un’infausta certezza: avevo
bruciato l’ultima possibilità che mi rimaneva con Sirius,
ed io non avrei mai avuto una vera famiglia.
Sgattaiolai fuori
dalla stanza della rossa e mi allontanai per tornare nuovamente nella
camera che mi era stata assegnata, chiudendomi dentro a meditare e rimuginare
su qualcos’altro.
Subito il pensiero andò a quello
che sarebbe successo da lì a cinque giorni.
Caramell
avrebbe avuto una bella sorpresa…
Aveva completamente sbagliato i
suoi conti… come al solito d’altronde.
Camminavo per DiagonAlley.
Mi resi conto che già il mio
essere lì era come andare in giro con inciso a caratteri cubitali in fronte – e
per me la cosa diveniva quasi letterale… - “fissami senza ritegno”, ma a ciò si
aggiungeva anche il fatto che ero accompagnato da Silente… insomma, mi sembrava
di star andando in giro per la via magica come con una freccia luminosa ad
intermittenza che puntava dritta dritta sulla mia
cicatrice.
Ma la
gente non aveva il minimo ritegno? Insomma, se almeno devi fissare qualcuno,
fallo con un po’ di pudore!
Il Preside mi aveva
immediatamente portato in un negozietto al confine di DiagonAlley con la sua nemesi oscura, pieno di strani
strumenti come quelli che popolavano il suo ufficio – o forse era meglio dire
avevano popolato, visto che a giugno avevo praticamente
distrutto tutto?! Una fitta alla mia coscienza mi fece sentire
irrimediabilmente colpevole – e di alcuni libri
inerenti ad essi.
Uno in particolare che già
conoscevo attirò la mia attenzione.
Avrei voluto comprarlo, ma non avevo abbastanza soldi con me.
Eravamo infatti
passati alla Gringott, la banca dei maghi, dove io
avevo ritirato un po’ di soldi per fare i miei acquisti, solo dopo aver
lasciato il piccolo emporio.
Il Preside mi accompagnò nei miei
vari acquisti.
Mi recai alla farmacia, e praticamente la svaligiai, riempiendomi di buste, bustine e
scatolette con ingredienti di ogni genere, odore e forma, con le quali mi sarei
dovuto esercitare nella “nobile arte di distillare pozioni”, se volevo avere la
possibilità di seguire il corso del professor Piton
anche negli ultimi due anni, cosa che mi era indispensabile per seguire il mio
destino.
Mi recai anche all’Emporio del Gufo, acquistando del cibo
per Edvige, ed in seguito da Madama McClan, ad
acquistare nuove divise, ma l’abito da indossare da lì a cinque giorni lo trovai solo in un altro negozietto di abbigliamento
rintanato in una piccola traversa.
Caramell
si sarebbe accorto che non aveva più davanti il quindicenne impaurito dell’anno
prima, quello un po’ goffo e spaventato.
Molte, troppe cose erano cambiate
in pochissimo tempo… io ero cambiato, così a fondo che anch’io me ne sarei reso perfettamente conto solo in seguito.
Facemmo altri giri, passando
anche per il Ghirigoro ed Olivander, ma, quando ce ne
stavamo per andare, mi fermai.
«Professore… ecco, io vorrei
tornare nel negozio che abbiamo visitato per primo…»
«La farmacia?» fece vago
l’anziano stregone.
«No… il primo appena siamo
arrivati qui» insistetti.
«Perché
mai vuoi tornare lì?» mi domandò, stringendo gli occhi, come per scrutarmi nel
più profondo.
Silente era un Legilimens… dovevo essere sincero… almeno il più
possibile.
«C’è una cosa che mi interesserebbe acquistare»
«Harry…
tutto ciò che lì viene venduto non è qualcosa con cui
giocare»
«Io non ci voglio giocare!»
ribattei, vagamente risentito.
Silente sospirò, ma non fece
altre storie, conducendomi in quella piccola bottega.
Entrai velocemente, mentre il
Preside mi attendeva fuori.
Feci i miei acquisti velocemente,
prendendo ciò di cui avevo bisogno e pagando.
Quando
uscii, Silente mi chiese cosa avessi mai acquistato di così importante.
«Un libro» risposi,
allungandoglielo.
Si trattava di un tomo intitolato
Pensieri ed Emozioni: visione e controllo,
l’autore non lo conoscevo – non che conoscessi molti autori di libri magici…
l’esperto in materia era Hermione – ma quando ero
stato lì dentro il suo contenuto mi aveva interessato.
«Buona scelta…» si congratulò
Silente, smettendo poi di prestarmi attenzione.
Sperai non si fosse
accorto del piccolo pacchetto che giaceva in fondo alla mia busta.
Continua…
Rieccomi
qui, con il secondo capitolo.
Ancora
diciamo niente misteri rilevanti. Solo piccoli interrogativi, che avranno
risposta quasi immediata… ma non disperate, presto comincerò
ad intessere la mia solita ragnatela di interrogativi impossibili!! ^____^
Che
cosa ha comprato Harry? E
l’udienza?!
^_______________^
Avete
potuto notare che non sarà solo il punto di vista di Harry
ad essere preso in considerazione, infatti in questo chap c’è anche Ronald che parla,
e saranno almeno altri due point of view che saranno presi in considerazione, ma non dico
ancora a chi appartengono (anche perché uno sarà tra moooooolto
tempo)!
Spero
almeno vi sia piaciuto questo secondo chap!
Ho notato
che quest’Harry un po’ vendicativo
è piaciuto… meno male!!
Siete stati gentilissimi a recensirmi, vi adoro!!
Ringrazio
anche tutti coloro che hanno letto ma non hanno
recensito… però ragazzi, mi fareste un immenso piacere se cliccaste
quel bel collegamento qua sotto, e mi diceste anche solo una frase, per
avvertirmi di smetterla o per minacciarmi ^^ (-.-“” Come se già non ne
ricevessimo abbastanza di minacce… ndLadyMica è colpa mia!!!
ndMarcycas-che-trema-al-pensiero-dell’ultima-conversazione-con-Luna).
Direi di
passare a rispondere ai vostri commenti!!
Devilchild: Grazie…=^^=
Luna Malfoy: Effettivamente Marcycas
ha cercato per taaaaanto tempo di impedirmi di
scrivere questa storia… (Visto e considerato che già
ci volete morte… voleva evitare… emh… l’irreparabile…
ma tanto, ormai, con TLSR che-ndLadyZITTA!!!!! MA ALLORA CON CI
TIENI PROPRIO ALLA VITA!!!!! NdMarcycas-che-le-salta-addosso-e-le-tappa-la-bocca)
ma alla fine… eccomi qua!! [i pg di Hp si stringono tra loro, domandandosi chi sarà il primo…]
Robin82: Ecco qui il seguito!! ^_-
Caillean:Bhè… ho aspettato una settimanella
a postare… anche perché altrimenti non riuscirò a stare dietro sia a questa
storia che a TLSR… scusa per l’attesa!!
Calel: ‘azie!!! ^_^
Anduril: Ecco
qui l’aggiornamento!!
Ora vi
lascio.
Vi rimando
alla mia long-fic “The Little Scarlet
Rose” e alle mie one-shot (^^””” Piccolo angolo della
pubblicità^^””)
Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti o di tipo
sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili
Attenzione:
Questa fanfiction conterrà
contenuti violenti o di tipo sessuale che potrebbero
offendere le persone più sensibili. E’ perciò sconsigliato di leggere questa
storia ad individui di questo tipo.
Amore,
Tradimento e Morte
CAPITOLO 3
*Verità*
§§§§§
Non è il potere che corrompe, ma
la paura: la paura di perdere il potere (Aung San Suu Kyu)
§§§§§
Feci appena in tempo a rimettere
ciò che stavo usando fino a quel momento nel cassetto, riponendolo con cura
insieme al libro che mi spiegava come usarlo, che Lupin, dopo aver bussato,
aprì la porta.
«Sei pronto?» mi domandò.
«Si… sono pronto… arrivo»
risposi, alzandomi e sorpassandolo, dirigendomi giù nel salotto, dove Silente
mi stava attendendo.
Era il giorno delle udienze.
Quando
raggiunsi la cucina, vidi immediatamente gli occhi dei presenti puntarsi su di
me, sorpresi per quel look un po’ inconsueto.
Non che ci fosse qualcosa di
terribile o particolarmente trasgressivo in quello che indossavo.
Non portavo, come al solito, i miei occhiali, ma un paio di lenti a contatto –
ci avevo messo due ore a metterle, e mi ero ripromesso di non riprovarci mai
più .
I capelli leggermente lunghi
avevano ora una parvenza di disordine organizzato, grazie all’innumerevole
quantità di gel con cui li avevo acconciati, sparati verso l’esterno, con la
frangetta discostata dalla fronte, a mostrare a tutti la mia
cicatrice.
Portavo dei semplici stivali
lunghi con cinghie (piccola nota: avete presenti quelli di Vash di
Trigun?), con la punta metallizzata, che si andavano a
confondere con i pantaloni. Vestivo con una semplice canotta nera e, sopra a
tutto, un mantello lungo, che mi copriva anche sul davanti, con varie aperture,
tagli e sfasature che, quando camminavo, si allargavano, dando l’impressione
che io avessi due ali, nere come le notti senza luna.
Credo fu proprio tutto quel nero
che indossavo a turbare le persone che si trovavano nella stanza.
Non diedi molto peso ai loro
sguardi, fissando il mio, del colore dello smeraldo opaco, sulla figura alta e
magnetica del preside.
«Harry» mi richiamò,
avvicinandosi a me.
«Possiamo andare» replicai
semplicemente, con tono piatto, telegrafico.
La permanenza a Grimmauld Place
mi stava facendo ancora più male di quanto non avesse fatto la solitudine a
Privet Drive. Me ne rendevo perfettamente conto, ma non avevo alcuna voglia di
reagire… a che sarebbe servito ormai?
«Bene» rispose semplicemente
l’anziano uomo, porgendomi quella che, indubbiamente, doveva essere una
passaporta.
Appena la toccai, entrambi fummo trasportati dentro il Ministero, nell’androne
principale. Con noi ci sarebbe dovuto essere anche
Lupin ma Silente aveva preferito che lui rimasse a Villa Black.
Sapevo perché lo aveva fatto… era
stato un gesto molto gentile.
Sapevamo, infatti, che, probabilmente,
chiunque non volesse credere all’innocenza di Sirius – in primis la vecchia
Umbrige, che era stata reinserita nella commissione giudicatrice – avrebbe dato
addosso a lui, in quanto Lupo Mannaro, facendolo
passare per un bugiardo, che magari mi aveva plagiato, o chissà cos’altro.
Con un sospiro di sconforto mi
guardai intorno.
L’ingresso del Ministero era
diverso da come mi era apparso la prima volta che vi ero andato, circa un anno prima.
Saltava subito
all’occhio la mancanza delle statue della Fontana dei Magici Fratelli al
centro di esso. Erano infatti andate distrutte durante
lo scontro di giugno tra Voldemort e Silente…
Il giorno in cui Sirius aveva
trovato la morte.
Strinsi i pugni, mordendomi forte
un labbro.
Silente mi poggiò una mano sulla
spalla, cercando di trasmettermi un po’ della sua tranquillità, ed io mi voltai
verso di lui, smettendo di accanirmi contro la mia povera bocca.
Passammo per il banco della
Sorveglianza, dove fecero la pesa delle nostre bacchette. Visto che era tutto
in ordine, ci dirigemmo verso gli ascensori, senza degnare di uno sguardo il
sorpreso custode, che ci guardava con un misto di venerazione e sconcerto.
Silente non mi condusse dove ero
stato giudicato la volta precedente, bensì in un’aula più piccola ed appartata,
più confortevole, che si trovava al Secondo Livello, nella sezione Servizi
Amministrativi Wizengamot.
I vari membri della commissione
magica stavano già prendendo posto, uno dopo l’altro.
Rividi i volti di tutti i membri
che l’anno prima mi avevano giudicato, facce simpatiche e maligne al contempo.
Silente si distaccò dal mio
fianco, raccomandandomi di mantenere la calma in qualunque situazione, e di
raccontare solo la verità… tutta la verità.
«Tutta?» domandai, perplesso.
«Si… L’unica omissione che credo
sia opportuno fare sia per quanto riguarda l’Ordine della Fenice e la
profezia…» aggiunse.
Serrai la mascella, mentre lo
vedevo allontanarsi, dirigendosi in una delle prime file, insieme ai membri
della commissione, prendendo a chiacchierare con alcuni di essi.
Rimasi per qualche secondo in
piedi, guardando davanti a me senza in realtà vedere, e, quando stavo per
dirigermi a prendere posto, una mano si posò sulla mia spalla.
«Emh… Ciao Harry…»
Timida, la voce di Percy Weasley
si fece strada nelle mie orecchie, raggiungendo il mio cervello con una
lentezza esasperante.
Mi voltai a tre
quarti con una calma esasperante, puntando i miei occhi su di lui, poi,
tornando a guardare avanti a me, gli dissi «Ciao Percy»
Quello mi guardò lievemente
imbarazzato ma, con il suo solito fare pomposo, anche se molto dispiaciuto,
cominciò a parlare «Ecco Harry… io mi volevo scusare. Si, insomma, mi dispiace
per tutte le cose spiacevoli dell’anno scorso, vedi io…»
«Non c’è bisogno che ti scusi
Percy… almeno, non con me. Non mi hai fatto alcun torto, eri libero di credermi
o meno, come hanno fatto tutti d’altronde. Credo ci
sia qualcun altro a cui tu debba rivolgere queste parole» mormorai, gelido.
«Si… forse hai ragione… però
Harry io-»
«Sta cominciando l’udienza, credo
sia il momento di andare» lo gelai e, senza neanche guardarlo, mi diressi a
prendere posto, lasciandolo in piedi, con un’espressione mesta in volto.
Non mi mosse a pietà… non che fossi arrabbiato con lui, semplicemente ora per me era
indifferente. Cosa poteva mai importarmi che lui prima
non mi avesse creduto, che mi avesse reputato un bugiardo e avesse cercato di
allontanare Ron da me?
Molte cose avevano ormai perso il
loro valore…
Fui chiamato immediatamente a
prendere posto nella sedia al centro della stanza, nella camera degli imputati.
Questa volta non fui giudicato
dal Wizengamot, ma da una piccola commissione che, molto velocemente, sbrigò la
mia pratica, archiviandola come “Magia usata a scopo di auto-difesa,
quindi non perseguitabile dalla legge”, e venni assolto.
Fu all’udienza dopo che ci fu
bisogno del grande tribunale magico.
«Udienza disciplinare del dieci
agosto – annunciò la voce di Caramell – per revisione
della condanna di Sirius Thomas Phineas Black, accusato dell’uccisione di
tredici persone la mattina del primo novembre 19**, e di essere stato ed essere
tutt’ora un Mangiamorte al servizio di Colui-che-non-deve-essere-nominato.
«Inquisitori:
Cornelius Oswald Caramell, Ministro della Magia; Amelia Susan Bones, Direttore
dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.
«Testimoni dell’accusa: Mariam
Ilary Oward, Sottoufficiale Auror; Daniel McFree, Capitano Maggiore Squadra
Tiratori Scelti.
«Testimoni per la difesa: Harry
James Potter; Albus Percival Wulfric Brian Silente, Preside della Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts» concluse il ministro.
I primi ad essere chiamati a
testimoniare furono i due testimoni dell’accusa.
Essi, come d’altronde mi
aspettavo, portarono avanti i documenti in cui erano presenti le testimonianze
dei Babbani sopravvissuti.
Inoltre
Daniel McFree era stato all’epoca un Caporale Maggiore, ed era stato presente
alla cattura del mio padrino. Aveva così raccontato delle condizioni in cui
avevano trovato la strada al loro arrivo, di come fosse stato prevenuto sulla
scena del crimine solo un dito appartenente a Peter Minus e come Sirius Black
si trovasse in uno stato di pazzia, ridendo sguaiatamente alla vista dello
scempio da lui stesso compiuto.
Fu dopo quei
due che Caramell chiamò il mio nome, ed io mi accomodai al centro della stanza,
sotto lo sguardo dei presenti.
«Harry James Potter, sei qui per
difendere Sirius Black dall’accusa di assassinio e di
implicazioni con i Mangiamorte?»
«Si… Sirius Black non ha mai
ucciso quelle tredici persone né, tanto meno, è mai stato un Mangiamorte»
replicai, con calma.
Questa volta non c’era stato
nessuno ad interrompermi mentre parlavo.
«E su
che basi tu affermi questo?» mi domandò il ministro.
«Ho avuto modo di parlare con
Sirius Black, e con Peter Minus»
Sulle sedie furono in molti a
muoversi irrequieti.
«Ma
Peter Minus è morto!» sibilò McFree all’orecchio della sua compagna, non tanto
a bassa voce da non poter essere udito.
«Peter Minus non è morto, ed è
tuttora vivo, al servizio di Voldemort» naturalmente, al nome dell’Oscuro,
furono in molti a saltare spaventati e sbiancare.
«Ma… ma…
come fai a dirlo?» mi domandò, pallido Caramell.
«Perché l’ho
incontrato. Minus ora si fa chiamare Codaliscia… egli
era presente il giorno in cui Voldemort risorse, anzi. Fu lui il
Mangiamorte che mi sottrasse il sangue, per unirlo alla pozione che lo ha fatto
rinascere, e che ha pronunciato l’intera formula per
la sua resurrezione» spiegai, mentre nuovamente tutti si spaventavano.
Solo Silente rimaneva calmo ed
impassibile, con un sorriso gioviale in volto.
«Ma come
può essere ancora vivo! Come fece a scappare dal luogo in cui Black fu poi
catturato?» mi domandò, Amelia Bones.
«Egli si trasformò in un topo e
scappò via»
«In un topo? Ma… in quel caso
sarebbe dovuto essere-»
«Un animagus» la interruppi io
«Minus è un animagus»
«Se così fosse sarebbe
registrato!» protestò Caramell. Non poteva credere a quello che stavo dicendo,
era tutto troppo assurdo per una mente ristretta come la sua.
«Effettivamente egli è un
animagus illegale… per dirla tutta, nel registro non sono presenti i nomi di
tre animagi illegali…»
«Addirittura tre! E chi sarebbero costoro?»
«Uno
appunto è Minus… è in grado di trasformarsi in un topo. L’altro è Sirius Black:
era in grado di trasformarsi in un grosso cane nero. Fu così che fuggì da Azkaban…
trasformato era abbastanza magro da passare attraverso le sbarre. Nessuna magia oscura come avevate ipotizzato. Ed il terzo…
il terzo era James Potter, mio padre»
«James Potter?»
«Si… si trasformava… in un cervo»
spiegai.
«In un cervo? Ma…
è la forma del tuo Patronus!» si rese conto Madama Bones.
«Si… è vero… il mio Patronus ha
la forma dell’animale in cui mio padre era in grado di trasfigurarsi» annuì.
«Potter, ti rendi conto che la
tua è una storia assurda?» domandò Caramell, vagamente scettico.
«Mi state dando del bugiardo,
ministro?» un guizzo di rabbia mi scosse. Come… come si
permetteva quel…
«Io posso confermare tutto ciò
che il ragazzo dice» si intromise Silente, fissando
con intensità il ministro, quasi lo volesse trapassare con lo sguardo.
«Io… no… io non mi permetterei di
dare ad Harry del bugiardo…» cercò di recuperare il
vigliacco, vacillando sotto quello sguardo inquisitore.
«Ma
naturalmente»
Avrei voluto strozzarlo. Glielo
si leggeva in faccia che non stava credendo ad una sola parola… ed immaginavo
già con cosa se ne sarebbe uscito.
Come se qualunque cosa che quel
suo cervello ristretto avrebbe potuto partorire, mi
avrebbe potuto dissuadere dalla certezza che Sirius era innocente. Avevo le
mani che mi prudevano, ed una voglia matta di alzarmi e torturare quel… quel…
quel… non mi veniva neanche un degno insulto da rivolgergli, dannazione!
«Vorrei che lei
sia sicuro di quello che dice, Potter. Insomma, lei non sa neanche tutta
la storia del ricercato Sirius Black» cercò di persuadermi ancora.
«Signor Ministro, mi dispiace
deluderla, ma io so tutto riguardante Sirius. So anche che fu accusato di aver
venduto i miei genitori a Voldemort. Sirius Black era il mio
padrino, il loro testimone di nozze ed il migliore amico di mio padre, non li
avrebbe mai traditi. Sirius Black non era il Custode Segreto dei miei
genitori. Avevano pensato ad un piano più, ingegnoso oserei dire, peccato che
poi si dimostrò fallimentare. Sirius avrebbe dovuto
fare da specchietto per le allodole, facendo credere di essere
lui il Custode, mentre in realtà lo sarebbe stato Minus. Non dissero a nessuno
dello scambio, si sapeva infatti che una persona a
loro molto vicina li stava tradendo. Fu per questo che
anche il professor Silente testimonio in sua accusa. Chi avrebbe mai pensato
che i Potter avessero scelto quel buono a nulla? Ed invece Minus nascondeva una sorpresa. Era proprio lui la
spia, e li consegnò a Voldemort. Fu Sirius a trovare Minus, la mattina dopo,
per vendicarli, e non il contrario, ma il piccolo Codaliscia aveva
trovato un ottimo piano di fuga» raccontai, sotto lo sguardo sempre più
stupito della giuria.
«E come spieghi
il fatto che, prima di scappare da Azkaban, Black continuasse a ripetere
“E’ a Hogwarts”? Non si riferiva
forse a te? Non eri tu il suo obbiettivo?» mi domandò
Caramell, sempre più stupito.
«Effettivamente il suo obbiettivo era ad Hogwarts, ma non ero di certo io. Si
trattava sempre di Minus che, sotto le sembianze di un topo, era diventato
l’animale domestico di una famiglia di maghi, ed uno dei ragazzi della famiglia
lo aveva portato con sé nella scuola»
«E Black
come faceva a saperlo? Chi era mai questa famiglia di maghi?!» domandò, sempre
più incredulo.
Alzai gli occhi ad incrociare
quelli di Silente. Forse mi ero cacciato in un vicolo oscuro.
Potevo rispondere a quella
domanda, senza mettere magari nei guai i miei amici? Forse avrebbero potuto
pensare che i Weasley erano invischiati nelle arti
oscure, se avevano tenuto con loro un Mangiamorte per oltre dodici anni?
Ma Silente, con un impercettibile
segno positivo del capo, mi esortò ad andare avanti,
senza omettere alcun dettaglio della narrazione.
Già… dopotutto era l’ora della
verità…
«Si trattava degli
Weasley».
Naturalmente un mormorio sorpreso
prese a serpeggiare tra i miei ascoltatori.
Vidi Percy allargare gli occhi,
rendendosi conto di dove stavo andando a parare… dopotutto, Crosta era stato il suo topo, prima che lui lo cedesse a Ron.
«Loro non sapevano che il loro
topo Crosta, altri che non era che un animagus, perciò non dovete
assolutamente credere che lo facessero consapevolmente. – aggiunsi subito. No, gli Weasley dovevano rimanere fuori da quella storia – Ma
ritorniamo alla domanda che mi avete posto prima, Ministro. Non so se ricordate
che prima della fuga da Azkaban di Sirius, loro avevano vinto la lotteria
annuale Super Galeone d’Oro della
Gazzetta del Profeta. Voi andaste a visitare, poco tempo
prima della sua fuga, la prigione, e scambiaste qualche parola con lui»
«Si… mi chiese il giornale. Gli
mancavano i cruciverba» ricordò, con una faccia disgustata il flaccido uomo.
«E ricordate quale fosse l’articolo in prima pagina?»
«No… certo che no… come potrei!»
rispose lui, ma già qualcuno cominciava a tirare le somme, e a capire dove io
volevo arrivare.
«Io lo
ricordo invece… si trattava della foto della famiglia Weasley durante il loro
viaggio in Egitto, compiuto grazie alla cospicua vincita. Sulla spalla di
Ronald Weasley stava Crosta, o Peter Minus, come preferite
chiamarlo» spiegai.
«Ma…
Black come fece a riconoscerlo, insomma!»
«Sirius aveva visto centinaia di
volte l’aspetto di Codaliscia trasformato… ma c’era anche una prova in più, che
potrà dare la conferma della veridicità delle mie
parole anche a voi. A quel topo mancava un dito… e quale fu l’unica parte del
corpo che ritrovarono di Minus?» insinuai, con un sorriso sarcastico in volto e
vagamente maligno, che proprio non riuscii a nascondere. Li avevo fregati, e
non avrebbero potuto in alcun modo negare l’ovvietà
dei fatti, ora.
Vidi Madama Bones chinarsi verso
Percy, che aveva steso il verbale di quel processo, e lo vidi allontanarsi
velocemente. Immaginai fosse stato mandato a prendere il vecchio numero della
Gazzetta incriminato.
Caramell intanto si passava un
fazzoletto bianco sulla fronte sudata. Ok, avrebbe voluto compiacermi, ma gli
rimaneva comunque impossibile credere che il criminale
che per tanto tempo aveva fatto cercare, fosse innocente.
«Harry-» cercò di parlarmi.
«Credo che un Signor Potter sia
più appropriato, Signor Ministro. Non vorrei che dei maldicenti potessero
pensare a qualche sorta di… favoritismo» lo bruciai. Gli avevo forse dato il
permesso di chiamarmi per nome? NO!
«Emh… certo, giusto… allora,
Signor Potter, forse lei non è del tutto lucido su quello che sta dicendo.
Probabilmente durante il vostro incontro al terzo anno vi ha lanciato un
potente incantesimo Confundus, che ha effetti ancora tutt'oggi…
forse bisognerebbe farvi un test per controllare se è effettivamente così, e…»
«Signor Ministro – lo interruppi
– Io ho raccontato i fatti come li conosco. Forse avete
ragione voi… forse effettivamente la memoria mi è stata manipolata… –
vidi Caramell rilassarsi impercettibilmente sulla sedia. Povero sciocco – … o
forse no. Immagino che Madama Bones abbia mandato il Signor Weasley a prendere
una copia della Gazzetta incriminata, si potrebbe anche controllare se
corrisponde al giorno della vostra visita ad Azkaban.
Io non posso convincervi semplicemente con le mie parole… ma forse le prove
potranno sedare ogni dubbio. Anch’io mi rifarò ai
fatti e, se vorrete, potrete anche controllare il mio stato mentale. So di aver
detto la verità, e so che Sirius Black era innocente. Di più non posso dirvi»
risposi, con tutta la mia dignità, guardando intensamente l’uomo, che prese a
muoversi con disagio sulla sedia.
Vecchio
vigliacco che non era altro.
«Non si
preoccupi Signor Potter.Oggi verrà fatta piena luce
su questo caso. Ho mandato effettivamente Percy Weasley a prendere il
numero della Gazzetta del Profeta uscito il giorno in cui il nostro ministro visitò la prigione di Azkaban prima della fuga
dell’imputato. Vedremo se si tratta del numero che voi credete, e se vi è
davvero rappresentato questo… Codaliscia, o Minus, che dir si voglia» rispose
la Bones, rimettendosi apposto il monocolo.
Pochi secondi dopo entrò trafelato Percy, distribuendo a tutti i membri del
Wizengamot una copia del giornale.
Li vidi fissarla stupiti,
indicare un punto, e commentarla tra di loro.
Anche
Caramell non poté far altro che arrendersi all’evidenza di fatti.
«Bene… Potter,
credo che tu possa tornare al tuo posto. Silente, se vuoi accomodarti
per aggiungere altro…»
«Cornelius, Harry ha già detto
tutto quello che io avevo da dire. Posso solo aggiungere che io stesso ho
potuto appurare la veridicità delle parole di Harry già quella sera in cui
Sirius fu catturato e scappò nuovamente. Anch’io ero
stato ingannato, ma mi sono reso conto del mio errore, e da quel momento Sirius
è stato un grande aiuto, un grande e soprattutto un fedelissimo aiuto» aggiunse
Silente, mettendosi in piedi e poi, risedendosi, lo vidi strizzarmi un occhio.
Avevamo detto tutto quello che
c’era da dire. Avevamo le prove per sostenere quello che affermavamo. Ed
inoltre, se Caramell si fosse messo nuovamente contro me
e lui, sarebbe comunque rimasto il tarlo del dubbio nella mente di tutti. Già
una volta non ci aveva creduto, ed alla fine i fatti avevano dato ragione a
noi.
Non avrebbero potuto far altro
che crederci.
Ne ero
convinto!
E così infatti
fu.
Caramell pronunciò in verdetto di innocenza, con tutte le viarie scuse trite e ritrite,
annunciando che Sirius sarebbe stato risarcito per gli anni in cui era stato
ingiustamente incarcerato.
«Potete avvertire Sirius Black,
se sapete dove si trova, che da oggi è un uomo libero ed innocente» esclamò
allegro il basso omuncolo.
Mi sentii cadere il mondo
addosso. Come se non avessi voluto comunicare con lui… era il mio più grande desiderio, ma ormai era impossibile.
«Sirius Black è morto»
sentenziai, serio, con una voce bassa ed incolore.
Vidi i vari membri della giuria,
già pronta ad allontanarsi, guardarmi stralunata.
«Cosa?»
«Sirius Black è morto ucciso da
sua cugina Bellatrix Lestrange, combattendo contro di lei, il giorno in cui
Voldemort è penetrato al Ministero, a giugno»
«Ma… avremmo dovuto trovare il
suo corpo e-»
Una nuova stilettata al cuore.
«La Lestrange ha spinto Sirius
oltre il velo della morte, nella stanza dove voi avete catturato Lucius Malfoy
e gli altri Mangiamorte» risposi, guardando il vuoto davanti a me.
E
nuovamente quella scena straziante si rifece viva davanti ai miei occhi…
nuovamente quell’incubo che infestava ogni mia notte si ripresentò anche mentre
ero sveglio, accompagnato dall’insana voglia di vendetta che mi pervadeva.
«M-mi dispiace» mormorò quel
pusillanime di un ministro, rendendosi conto della gaffe fatta.
«A questo proposito – si intromise Silente, sfilando da una delle maniche della
sua sontuosa veste una pergamena arrotolata – avrei questo da esporre alla
vostra visione» e lo passò alla Bones.
Io li guardavo, e non capivo cosa
c’entrasse quella pergamena con Sirius e la sua morte.
L’anziana donna ruppe il sigillo
di ceralacca, e srotolò il rotolo, prendendo a leggerlo. Lo passò poi al suo
vicino, mentre puntava i suoi occhi su di me, con un’espressione bonaria.
Amelia Bones mi piaceva.
Già dalla mia prima udienza
l’avevo presa in simpatia – ed un ruolo fondamentale aveva avuto
il fatto che mi aveva aiutato – in quanto si trattava di una persona
onesta, e non corrotta.
Dopo qualche minuto, in cui il
rotolo di pergamena fu letto dai presenti, Caramell lo
riprese tra le sue mani, e si rivolse a me «Potter… questo che abbiamo in mano
è il testamento di Sirius Black – un velo di gelo si stese
su di me. Avevo capito dove sarebbe andato a parare il discorso, ed io mi
sentii un verme – Egli ha lasciato metà dei suoi ingenti beni a lei, Signor
Potter, e la restante metà al Signor Remus John Lupin».
Io non li volevo quei soldi.
Perché
non aveva lasciato tutto a Remus? Lui ne aveva bisogno
molto più di me! Io avevo ancora la piccola fortuna ereditata dai miei
genitori…
E mi
sentii uno schifo.
Io avevo ucciso Sirius, e lui
aveva lasciato proprio a me, a me, il suo assassino, la metà del suo
patrimonio.
«L’operazione di trasferimento
dei beni del Signor Sirius Black nei vostri conti alla
Gringott sarà effettuata il più presto possibile…» Caramell continuava a
parlare, ma io avevo preso a fissare il pavimento, senza reale interesse per
quello che mi stava accadendo intorno.
Un macigno troppo pesante premeva
sulle mie spalle e sul mio capo.
«… Signor Potter… vorrei approfittarne per comunicarle una decisione che è
stata presa nei suoi confronti. – non diedi atto di star ascoltando, ma l’uomo,
sebbene un po’ timoroso, continuò il suo discorso – E’
stato deciso di revocare in via del tutto eccezionale nei suoi confronti il
decreto di Restrizione della Magia presso i Minorenni. Da questo momento in poi
può usare a suo piacimento la magia, senza le tipiche restrizioni per coloro
con un’età inferiore ai diciassette anni».
Alzai di scatto lo sguardo.
Che
cosa-
Ma in quel momento capii, e tutta
l’amarezza e la colpa che provavo, si riversarono in
parole dure e cattive contro quell’uomo. Parole in cui io, per altro, credevo
fermamente.
«Sta cercando di comprarmi?!»
domandai, con tono insinuante.
«Cos-… comprarla, Signor Potter? E perché dovrei comprarla?» domandò con voce nervosa.
«Le elezioni, Ministro… lei forse
spera che, con questa sua mossa geniale e con questo processo in favore di
Black, io la sosterrò alle elezioni che si terranno ad aprile – lo vidi irrigidirsi, e non potei impedire alle mie labbra di
piegarsi in un sorriso cattivo – ma se crede che io lo farò si sbaglia… oh, se
si sbaglia! Crede forse che potrei appoggiare un essere come lei? Lei, così
attaccato alla sua poltrona, da dimenticarsi i doveri che aveva nei confronti
della comunità magica? Crede davvero di essere la persona adatta a guidare il
mondo della magia nella nuova guerra che ci si prospetta sempre più vicina? Io
credo che lei sia solo un vigliacco… un essere troppo attaccato al potere della
sua posizione, per fare realmente il bene del nostro mondo. Io non la appoggerò
mai!» conclusi con forza, gli occhi che sprizzavano rancore.
«Harry. Credo sia giunto il
momento di tornare…» ruppe il silenzio che si era fatto dopo le
mie parole Silente, scendendo presso di me, poggiandomi una mano sulla
spalla.
Mi divincolai dalla sua stretta,
e presi a camminare verso l’uscita ma, prima di abbandonare l’aula, mi fermai,
voltandomi leggermente indietro e, con tono beffardo, dissi «Ah… Ministro… La
ringrazio per il permesso speciale…» e, detto questo, me ne andai.
Quando arrivai
a Grimmauld Place, la prima cosa che feci fu correre su per le scale, e
chiudermi in camera mia. Non parlai con nessuno, non dissi una parola…
semplicemente, dopo che la porta di ingresso si era
chiusa alle mie spalle, io glissai tutti coloro che mi venivano incontro per
sapere cosa fosse successo, salii su per le scale e mi chiusi in camera,
sigillando la porta, inaugurando così la mia possibilità di compiere
incantesimi fuori dalle mura di Hogwarts.
Mi sedetti alla mia scrivania, e
tirai fuori dal cassetto la piccola scatola che avevo
comprato a Diagon Alley.
Si trattava di un piccolo
Pensatoio. Il libro che avevo comprato nello stesso negozio – e che io avevo
già finito – mi spiegava, tra le varie cose, anche l’utilizzo di quel piccolo
strumento magico.
Lo avevo comprato con l’unico
scopo di poter “rivivere” gli unici ricordi di una famiglia che possedevo…quella per me era l’unica possibilità di
rivedere i miei genitori e Sirius… non che avessi
molti ricordi di loro, e per lo più erano tutti spiacevoli, ma quello era un
ottimo modo di illudermi di non essere ormai solo… QyuQgfwdklhgwkrh
Avvicinai la punta della
bacchetta alla testa e, come avevo letto, richiamai alla memoria il ricordo che
mi interessava, riversandolo poi nel piccolo bacile di
pietra.
Ripetei l’operazione varie volte,
richiamando tutti i pochi ricordi che avevo su di loro e facendoli cadere nel
Pensatoio, poi mi chinai, e venni risucchiato
all’interno di esso.
Quanto tempo vi rimasi?
Non lo so… il tempo lì era una
nozione così soggettiva ed imprecisa lì dentro… vidi scorrere davanti ai miei
occhi tutti i pochi ricordi che avevo… la prima volta che avevo visto Sirius in
Magnolia Crescent… lo scontro nella Stamberga Strillante… Nell’ufficio di
Silente, alla fine del quarto anno… il ricordo di Piton… alcuni episodi delle
vacanze di Natale… ed io lì, seduto con le ginocchia al petto e la testa
abbandonata su di esse, osservavo con occhi vacui lo
scorrere del tempo, tutto ciò che mi era scivolato inesorabilmente tra le mani…
Fu a quel punto che avvertii
qualcosa cambiare nell’aria, ma non mi lasciai turbare eccessivamente quando
vidi apparire Remus Lupin… un Remus Lupin adulto e reale, che si guardava
intorno cercando di capire dove si trovasse. In quel momento il ricordo che
stavo rivedendo era la morte dei miei genitori come mi veniva
evocata quando mi si avvicinavano dei Dissennatori – era dopotutto l’unica
specie di ricordo che avevo di loro.
Non si accorse subito di me, ma rimase
a rimirare con occhi sbarrati i suoni ed i pochi flash che avvenivano.
Quando
tutto si calmò e tornò nero, fu solo a quel punto che si accorse di me.
«Harry…» mi richiamò.
Non diedi peso di averlo sentito.
Perché era venuto proprio lui? Lui, che più di tutti
avrebbe dovuto odiarmi?!
«Harry…» riprovò.
«Perché
non se ne va?» risposi brusco.
«Perché
non voglio» fece quello, dopo un attimo di sorpresa.
«In realtà lei non vuole stare qui con me… Sta semplicemente ubbidendo ad
ordini superiori» lo incolpai io.
«Lo credi davvero?» mi domandò,
sedendosi accanto a me.
Continuai a non degnarlo di uno
sguardo.
«Si»
«E
perché non dovrei voler stare qui con te?» domandò, come se fosse la cosa più
normale del mondo, come se davvero non lo sapesse.
Lui… lui… perché faceva finta di
nulla?
Perché non mi accusava, non mi
picchiava, non mi insultava, non mi sbraitava addosso?
Perché
stava lì, calmo e posato, a parlare in maniera tanto civile con me?!
Io… io non lo sopportavo. Mi
faceva sentire ancor più miserabile di quanto già non fossi. Ed
un’ondata di collera mi assalì.
«Lei dovrebbe odiarmi!» gridai,
con gli occhi lampeggianti.
«E
perché mai?» mi disse sorpreso, volgendosi a guardarmi con gli occhi allargati,
come se avessi detto un’assurdità.
«Io… io… PERCHE’ IO HO UCCISO
SIRIUS!» urlai, con quanto più fiato avevo in gola, quasi che dirlo più forte
avrebbe diminuito il peso che mi portavo dietro.
Mi sentii solo più terrorizzato,
e sbarrai gli occhi.
Adesso Lupin si sarebbe sentito
autorizzato a gettarmi addosso tutto il suo rancore.
Dopotutto io stesso avevo ammesso il mio crimine, e lui… lui non si sarebbe più
sentito in dovere di mentirmi, di far finta che non fosse
così.
Cercai di alzarmi, sempre più
spaventato, con la ferma intenzione di mettere quanta più distanza tra me ed il
Licantropo ma, quando feci per sollevarmi, lui mi bloccò per un polso.
Lo strinse forte, costringendomi
a guardarlo.
Aveva un’espressione
terribilmente seria e decisa.
«Non voglio mai più sentirti dire
una sciocchezza del genere» mi ammonì con tono duro.
Scossi la testa, con gli occhi
sbarrati a guardare qualcosa di irreale.
No… no… che stava dicendo…
«Io… io sono colpevole…»
mormorai.
SCIAFF!
Un forte schiaffo
mi raggiunse alla guancia. Mi portai una mano alla parte offesa,
guardando verso Remus, smarrito.
«E’ una
sciocchezza… non sei stato tu. E’ stata Bellatrix Lestrange, e tu non ne
hai nessuna colpa. Mettitelo bene in testa, Harry… Non-E’-Stata-Colpa-Tua!»
scandì, guardandomi negli occhi, con tutta la sua decisione e serietà.
E solo a quel punto l’enorme peso
che mi schiacciava il petto da tutta l’estate si
placò, annullandosi finalmente.
Non era colpa mia. No… non era
stata colpa mia.
«Tu come fai a
dirlo?» domandai.
Avevo assolutamente bisogno di
una conferma… un qualcosa che mi avrebbe provato che era davvero come diceva
lui.
«Stavi guardando i tuoi ricordi
di Sirius, James e Lily?» mi domandò inaspettatamente.
Annuii.
«Riesci a rivivere quello del
vostro primo incontro alla Stamberga Strillante tra te e Felpato?» mi domandò.
Non capii la sua richiesta, ma
feci come mi aveva chiesto.
E così rivedemmo il grosso cane
nero che portava Ron dentro le radici del Platano Picchiatore, io ed Hermione
che li raggiungevamo, lo scontro, l’arrivo di Lupin e
di Piton, l’attacco subito dal professore di pozioni, le spiegazioni dei due
uomini e…
«Harry – stava dicendo Lupin – non capisci? Per tutto questo tempo abbiamo creduto che Sirius avesse tradito i
tuoi genitori e Peter lo avesse scoperto… ma era il
contrario, non capisci? Peter ha tradito tuo padre e tua madre… Sirius ha
scoperto Peter…»
«NON E’ VERO! ERA IL LORO CUSTODE SEGRETO! L’HA DETTO PRIMA CHE
ARRIVASSE LEI! HA DETTO CHE LI HA UCCISI!»
«Harry… - Sirius mi stava rispondendo, con una voce bassa e rauca –
è come se li avessi uccisi. Io ho convinto
Lily e James a scegliere Peter al mio posto all’ultimo momento, li ho convinti
a scegliere lui come Custode Segreto invece di me… E’ colpa mia, lo so…»
«Hai sentito quello che ha
detto?» mi richiamò Remus.
«Si…» stavo cominciando a capire,
ed ogni secondo il sollievo era maggiore.
«Sirius si sentiva responsabile
della morte dei tuoi genitori esattamente come ora tu ti senti
responsabile della sua… Tu hai mai accusato Sirius di aver ucciso tuo padre e
tua madre?» mi domandò.
«No…» soffiai piano.
«E allora non devi accusare
neanche te stesso»
Chiusi gli occhi, mentre una
lacrima solitaria solcava la mia guancia.
Remus si avvicinò e mi abbracciò…
un abbraccio paterno, consolatore…
Un abbraccio che avevo tanto
desiderato, che veniva a sancire indissolubilmente le parole che lo avevano
preceduto.
Io… io non ero
colpevole… Non era stata colpa mia…
Continua…
Con molto
ritardo ma, come si dice, chi la dura la vice.
Finalmente
rieccomi qui!
Piaciuto?
Devo dire
che la prima parte l’ho dovuta riscrivere varie volte, che non mi soddisfaceva molto, ma credo che alla fine sia passabile.
Mi è
piaciuto tantissimo invece scrivere l’ultima parte, la
conversazione tra Remus ed Harry. Alla fine il nostro eroe credo
abbia proprio bisogno di qualcuno che lo aiuti a scrollarsi di dosso tutte
quelle colpe che si accolla… e Remus ce lo vedo benissimo in questa veste.
Ma
vedremo come si evolverà il tutto!! ^___^
Ora… una piiiicola nota: è vero, questa storia parla di Harry ma…
credete davvero che io lasci da parte gli altri personaggi che adoro di più?!?
(E chi vuol intendere intenda…^^””)
Direi di
passare a rispondere ai vostri commenti!! Sempre gentilissimi che siete! Wahhh!!! Vi ringrazio
tantissimo!!!
Seekerstar: Alla
fine hai capito ciò che Harry si era comprato… era un Pensatoio,
ed alla fine anche il libro gli serviva… anche se indubbiamente ha cercato di
fregare Silente.
Opalix: Ok!
Allora quando avrai abbastanza materiale mi dirai effettivamente che ne pensi
(più che giusto! ^^). Si… effettivamente Harry ci riserverà diverse sorprese, e
ne riserverà anche a se stesso…
Caillean: Oddio…
addirittura avvicinarmi all’Harry del 6 libro? Spero per lui di no… povero, lo
sto proprio tartassando.
Anduril: All’udienza
ha cercato di trattenersi, ma alla fine è proprio scoppiato… Harry ce lo vedo proprio bene un pochino cattivello. Dopotutto, è
morta la persona a cui più voleva bene, e credo che tutti si rimanga
ustionati da una simile catastrofe.
Sally90:Bhè…
effettivamente questa storia è molto diversa da TLSR… ma… sto zitta… ^^””
Bene! Ora
che ho terminato, non mi resta che lasciarvi con la raccomandazione di
commentare numerosi! Non potreste farmi più felice!
Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti o
di tipo sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili. E’ perciò
sconsigliato di leggere questa storia ad individui di questo tipo.
Amore, Tradimento e Morte
CAPITOLO 5
*Con gli occhi
del male*
§§§§§
«Kreacher ha mentito. Tu
non sei il suo padrone, perciò poteva mentirti senza nemmeno doversi punire.
Kreacher voleva che tu andassi al Ministero della Magia. […] Temo che da mesi
Kreacher servisse più di un padrone.[…] Kreacher mi ha confessato tutto la notte
scorsa. […] Così, quando sono arrivato a Grimmauld Place poco dopo la loro
partenza, è stato l’elfo a dirmi – tra una risata e l’altra – dov’era andato
Sirius…» (J.K.Rowling – Harry Potter e l’Ordine della Fenice
pagg. 767-768)
§§§§§
Stavo lentamente rivalutando i
miei giorni di permanenza a Grimmauld Place.
Ogni volta era una nuova
scoperta, un nuovo ricordo felice che andava ad allungare la scarna lista di
quelli che già possedevo.
Remus era quasi sempre con me,
tranne la mattina e molto più raramente il pomeriggio, quando io studiavo
pozioni in compagnia di Ron e lui era impegnato in qualche missione per l’Ordine
della Fenice.
Si era trasferito addirittura
definitivamente a Villa Black per tutto il periodo che io avrei passato lì,
prima di tornare ad Hogwarts.
E questo non poteva farmi più
che piacere.
Stavo istaurando un ottimo
rapporto con il Licantropo. Passava le sue giornate libere a farmi compagnia, e
nel modo più bello a cui avrebbe potuto pensare.
Aveva deciso di continuare a
farmi utilizzare il Pensatoio, ma, invece dei miei pochi e tristi ricordi,
riversava in esso i momenti più belli della sua giovinezza, quando ancora lui ed
i suoi amici frequentavano la scuola, con le peggiori marachelle dei Malandrini
e le migliori giornate passate insieme, o memorie del periodo in cui avevano
appena lasciato la scuola.
Mi mostrò il primo giorno ad
Hogwarts, quando sull’espresso aveva fatto l’incontro di quelle due furie di mio
padre e del mio padrino che si erano, come si suol dire, praticamente trovati in
tutta quella marmaglia.
Remus ironizzava dicendo che tra
i suoi due amici era stato amore a priva vista.
Quei due scalmanati avevano
organizzato, senza per altro mettersi d’accordo, ma basandosi unicamente
sull’intesa che subito si era istaurata tra loro e che si sarebbe facilmente
trasformata in una splendida amicizia, un bello scherzo ai danni di una povera
ragazzina dai corti capelli rossi, che stava passando nel posto sbagliato al
momento sbagliato… superfluo era aggiungere che quella ragazzina altri non era
che Lily Evans, mia madre.
Così scoprii il motivo di una
tale “antipatia” iniziale tra i miei genitori.
Mi venne mostrato anche il
giorno in cui Sirius, James e Peter – ero in grado di sopportare anche la
presenza di quell’infimo traditore nei ricordi che vedevo, perché la gioia per
me era troppo grande per poter essere rovinata da quell’essere inutile e
superfluo – erano diventati Animagi, le loro pericolose, eccitanti e divertenti
uscite sotto la luna piena, nella Stamberga Strillante ed addirittura liberi per
Hogsmeade e per la foresta proibita.
Vidi il primo appuntamento di
mio padre con mia madre, che naturalmente Remus e Sirius non si erano persi,
pedinando i due quasi tutto il tempo, per poi poter sfottere al meglio il mio
genitore, gli scherzi rivolti ad un povero Piton – quelli più divertenti e meno
crudeli – e le punizioni che sistematicamente si beccavano.
Mi fece vedere il giorno in cui
ero nato, la felicità sui volti dei miei parenti, lo scompiglio fra tutto il
gruppo di amici… l’inizio di quella piccola parentesi idilliaca che era durata
appena un anno e pochi mesi, per poi essere interrotta bruscamente da un raggio
di luce verde.
Mi faceva molto piacere poter
essere messo a parte di quei ricordi così intimi per il Licantropo.
Ero al settimo cielo alla
possibilità di poter condividere qualcosa con i miei genitori e con Sirius… e
naturalmente il rapporto tra me e Remus era immensamente migliorato.
Avevo ritrovato finalmente
qualcuno con cui aprirmi nuovamente, qualcuno che, essendo passato nella
medesima sofferenza nella quale io mi ero adagiato, aveva trovato la giusta
cura, il giusto balsamo per alleviare le profonde e sanguinolente ferite del mio
giovane eppur già martoriato cuore.
Avevo preso ad adorare Remus, e
lo stanco uomo era subentrato lentamente nel mio cuore, diventando una parte
fondamentale di esso.
Sorridevo al pensiero delle
diversità tra lui e Felpato, ed allo stesso tempo della profonda uguaglianza che
li accomunava, a partire dagli atteggiamenti protettivi nei miei confronti… già…
Sirius era entrato come un
vortice nella mia vita, sconvolgendola, mentre Lupin era sempre stato accanto a
me e, con un passo leggero e bussando appena appena alla porta del mio cuore,
era diventato per me un nuovo punto di riferimento, una nuova stella fissa con
la quale potermi orientare.
Entrambi avevano un posto
privilegiato nel mio cuore… e lo avrebbero conservato per sempre… qualunque cosa
fosse successa.
Le mattinate a Grimmauld Place
stavano divenendo sempre più noiose.
Insomma, potevamo passare ben
tre ore chini sui nostri calderoni, a rimestare e rimescolare intrugli che, se
non scoppiavano, era solo grazia divina?
Bhè… io e Harry eravamo stati
costretti – io da mia madre, lui non so da chi – a passare quelle tre ore
infernali nella cucina di Villa Black, per prepararci all’esame di recupero per
avere la possibilità di entrare a far parte della classe dei M.A.G.O. di Piton…
come se ci tenessi a frequentare anche per i miei ultimi due anni a scuola
pozioni.
Sospirai… se non fosse stato che
volevo seguire Harry nel corso per Auror, non avrei mai deciso di sostenere
l’esame.
Però per intraprendere la
carriera che volevamo fare quel test era la nostra ultima speranza, e perciò ci
toccava sprecare così il nostro tempo.
Che ingloriosa conclusione per
le nostre vacanze!
Alla fine però quelle ore non si
dimostravano mai così male.
Insomma, avevo la possibilità di
passare diverso tempo con il mio migliore amico e, giorno dopo giorno, notavo
come il suo umore migliorasse a vista d’occhio.
Certo, gli era rimasto un po’
quel lato lunatico che non avevo ben capito da dove fosse uscito fuori, però ora
era molto più socievole… più tranquillo e rilassato.
Credo che per questo tutti noi
dovessimo ringraziare il professor Lupin.
Lui ed Harry avevano preso a
passare molto tempo insieme, a fare non si sa bene cosa, fatto sta che quando
scendevano e tornavano poi in mezzo a noi, a Harry brillavano sempre gli occhi.
Era come se ogni giorno facesse una nuova e magnifica scoperta.
Anche quel giorno, come tutti
quelli che lo avevano preceduto, cominciò con la solita sfiancante seduta di
studio.
Un'altra cosa che mi
meravigliava era come Harry sembrasse prendere sempre più confidenza con
alambicchi e provette, per non parlare di piante e cose del genere.
«Se continui così, mi diventi un
secchione peggio di Hermione» lo stavo sfottendo, mentre facevo attenzione a
triturare per bene una radice di asfodelo.
«Magari avessi la testa di
Hermione! Non dovrei stare qui seduto a farmi venire la gobba su questi stupidi
calderoni» mi rispose lui, versando una manciata di occhi di salamandra nel
composto, e prendendo poi a dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia.
Aveva quasi finito la sua
mistura, e perciò poteva prendersi qualche istante di sollievo.
«Mi spieghi come fai a metterci
sempre la metà del tempo che impiego io? Non è giusto! Tu hai qualche trucco!»
lo accusai bonariamente.
«Come faccio? Mica lo so, sai?!
Magari alla fine Herm è riuscita davvero ad inculcarmi qualcosa in questa testa
vuota… e lo stesso vale per te! Ti mancano solamente due ingredienti, e, dopo
che il composto raggiungerà il giusto punto di ebollizione, avremo ben venti
minuti di completo relax, prima che tua madre venga ad assegnarci altro!» mi
ricordò.
Sono sicuro che feci un sorriso
un po’ ebete al nominare la parola “relax”, perché Harry ridacchiò un poco
guardandomi in viso.
«Ron! Hai un’espressione troppo
ridicola! Sei il migliore…»
«Contento di essere il tuo
buffone preferito!» gli dissi, facendo finta di arrabbiarmi.
«Andiamo Ron! Mica intendevo
questo… - rispose quello, con il sorriso in volto. Era davvero rilassante vedere
Harry di buon umore – Hai semplicemente fatto una faccia che era una meraviglia!
Devi davvero detestare parecchio Pozioni! Anche se credo sia tutta una questione
di insegnante…» mi rivelò, sghignazzante.
«Lieto di sapere che amate il
mio modo di insegnare» sibilò una voce cupa alle nostre spalle, che entrambi
riconoscemmo immediatamente.
Tale fu la sorpresa di Harry che
si sbilanciò con la sedia, andando a finire a gambe all’aria.
«P-professor Piton…» mormorò
Potter, rigirandosi per terra sulla sedia, tentando di rimettersi dritto, e
trovandosi sdraiato ai piedi dell’uomo.
Se non sbottai a ridere, fu solo
perché non mi sembrava il caso di indispettire il nostro “amato” insegnante più
di quanto già non avessimo fatto.
«Signor Weasley, la sua pozione
contiene troppe zampe di scarabeo, mentre la sua, Potter, è stata troppo
diluita. Così non avrete che mere brutte copie, per altro molto pericolose,
della pozione originale» ci rimproverò.
Tsk! Tipico…
Credo che Harry usò tutta la sua
buona volontà per non rispondere male o contrariare in alcun modo il docente,
sebbene non riuscì comunque a nascondere la sua espressione accigliata ed il
tremore leggero che lo scosse.
Anch’io ero parecchio
contrariato.
Erano diversi giorni che
passavamo su quella pozione, e non ne potevamo più.
Non era assolutamente possibile
che continuassimo a sbagliare il procedimento! Eravamo più propensi a pensare
che Piton si divertisse a stuzzicarci.
Scossi la testa.
Come avremmo fatto ad essere
promossi da quel pipistrello?
Anche se Silente era riuscito a
mettere in atto tutta quella macchinazione, molto probabilmente non avremmo
comunque superato il test che il severo insegnante ci avrebbe rifilato.
Insomma, io ed Harry eravamo
riusciti a prendere Oltre Ogni Previsione ai G.U.F.O. quando non facevamo altro
che raccattare brutti voti alle lezioni di Piton.
L’unica nostra possibilità era
che non fosse lui l’unico a correggere i test, cosa per altro veramente
difficile.
Harry si rialzò in piedi, rimise
dritta la sedia e, dopo aver controllato l’orologio, ignorando in maniera non
eccessivamente maleducata il nostro interlocutore, aggiunse l’ultimo ingrediente
alla sua pozione: un bezoar.
Il suo infuso, da un verde
marcio, raggiunse una chiara colorazione azzurrina, dopo aver fatto un piccolo “puff”.
Sorrisi compiaciuto.
Aveva finito e, dal colore,
sembrava essere preossocché perfetta.
Ne versò una parte all’interno
di una piccola boccettina, che poi avremmo dato a mia madre e che lei avrebbe
fatto controllare a non sapevo bene chi.
Poi, con un colpo di bacchetta,
spense il fuoco e pulì la sua parte di tavolo da lavoro.
«Ron, muoviti che così possiamo
and-» si bloccò, sentendo una voce ancor più sgradevole di quella di Piton per
lui e per tutti noi avanzare nell’aria.
«Invasa… la casa continua ad
essere invasa… i marmocchi e sudici esseri continuano ad infastidire me e la mia
amata padrona… ibridi della malora si aggirano tra queste rispettabili mura… se
solo la mia padrona sapesse, la mia povera padrona!» Kreacher era entrato nella
stanza, con il suo solito passo frettoloso e guardingo, parlando tra sé e sé ad
un volume un po’ troppo alto, permettendoci di sapere quasi tutti i suoi
pensieri.
«Perché non possiamo essere solo
io e la padrona? Ah… che belli i tempi in cui eravamo solo io e la padrona in
questa casa»
«Insomma, sbrigati ad ultimare
la tua pozione, che così ce ne andiamo su in camera a divertirci un po’ invece
di romperci la schiena sui libri» riprese a parlare Harry, come volendo ignorare
quella fastidiosa presenza… come se si trattasse di una mosca che si sperava
presto ci avrebbe lasciato in pace con il suo fastidioso ronzio.
Vidi per un attimo lo sguardo di
Piton scrutare a fondo Harry, mentre mi rigiravo per aggiungere anch’io l’ultimo
ingrediente, e per potermene poi andare finalmente via.
«Se solo non fosse mai tornato
quell’assassino. Se lui non fosse scappato e tornato qui saremo ancora solo io e
la signora! Solo io e lei, e tutti i tesori della famiglia»
Harry si irrigidì al neanche
troppo velato accenno da parte di Kreacher a Sirius.
Scoccai un’occhiata raggelante
all’elfo.
«Va via!» gli disse, per farlo
allontanare.
«Ah… il marmocchio rosso spera
di potermi dare ordini. Ormai nessuno in questa casa può più darmi ordini, dopo
che quel rinnegato del padrone è morto»
Volsi un’occhiata sempre più
preoccupata a Harry.
«Andiamo via» cercai di
convincerlo ad andarsene.
«Devi… devi finire la pozione»
rispose lui, evitando però di guardarmi in volto e continuando a tenere lo
sguardo fisso di fronte a sé, stringendo fino a ferirsi i palmi delle mani nel
tentativo di sbollire parte della sua rabbia.
«Ma il padrone ha avuto il ben
servito. Finalmente quel fallito se ne è andato all’altro mondo! Ah Ah! Sciocco
e stupido! Si è praticamente andato a suicidare! Non meritava altro se non
crepare quel-» ma non sapemmo mai come l’elfo avrebbe voluto definire Felpato.
Harry si rigirò su se stesso,
con uno scatto repentino, e si volse in direzione dell’elfo domestico.
Quello si voltò un attimo a
guardarlo, e il secondo dopo una lieve folata di vento lo aveva sbattuto al
muro.
Era tenuto dalla magia a due
metri dal suolo.
Harry aveva la mano allungata
davanti a sé, come se stesse scagliando un incantesimo… ma essa era prima di
bacchetta.
Stava chiudendo lentamente
l’arto, mentre quella creatura cercava di dibattersi per liberarsi da una presa
invisibile.
«Potter!» lo richiamò Piton, ma
quello sembrò non dargli minimamente ascolto.
Continuò a stringere sempre di
più, mentre l’elfo prese a battersi con maggior ardore, finché l’aria nei
polmoni cominciò a scarseggiare, e iniziò a boccheggiare, nel vano tentativo di
racimolare qualche molecola di ossigeno.
Piton si fece ancora più avanti,
ma fu come se una barriera di vento lo trattenesse alle spalle di Harry, non
permettendogli il alcun modo di intervenire.
Io ero impietrito ad osservare
la scena, incapace di muovere un solo muscolo.
Avevo visto gli occhi di Harry
tingersi di rosso un secondo prima che lui si voltasse e cominciasse quella
tortura.
Qualche istante dopo, sentimmo
un crack risuonare irrealmente chiaro e forte, mentre Kreacher smetteva di
agitarsi ed il suo corpo si rilassava floscio.
Harry ora aveva il pugno
totalmente chiuso…
Gli aveva spezzato il collo.
L’istante successivo il mio
amico riaprì di scatto la mano.
Fu come se il cadavere dell’elfo
esplodesse dall’interno.
I pezzi del suo corpo volarono
nella cucina, sporcando di sangue le pareti, la mobilia, e la stessa figura di
Harry.
Mi alzai, timoroso,
avvicinandomi a lui.
Quando potei vedere il suo viso,
notai con sgomento gli occhi ancora di quel terribile color carminio – allora
prima non mi ero sbagliato – ed un ghigno malato in volto.
Rimasi profondamente turbato.
Toccai una spalla del ragazzo
che ora non riuscivo a riconoscere.
Appena si istaurò il contatto,
Harry mutò espressione in una di sconcerto e, nel tempo di un battito di
palpebre, gli occhi erano tornati del loro caldo e rassicurante colore
originale.
Si fissò le mani, sporche di
plasma, e guardò tutto intorno, sgomentato e spaventato.
Si voltò finalmente a scrutare
le espressioni che albergavano sul mio volto e su quello del nostro professore
di pozioni.
Entrambi eravamo turbati, e non
capivamo ancora cosa fosse successo.
Un lampo maggiore di paura,
angoscia e pentimento gli attraversò lo sguardo, mentre un velo di oscurità gli
velò gli occhi.
Un secondo dopo il mio migliore
amico stava correndo su per le scale, lontano da noi… lontano dai nostri sguardi
sconcertati, in cui doveva aver letto paura verso di lui ed una lieve accusa per
il suo gesto malvagio.
Ed Harry, spaventato dalle sue
stesse azioni, era scappato lontano da tutti…
Mi rannichiai ancora di più.
Ero scappato…
Mi ero rifugiato nel piano più
alto della casa, nella soffitta, così piena di roba prettamente inutile e
polverosa, che mi forniva un ottimo nascondiglio tra casse, scatoloni, e cose
varie.
Non avevo potuto sopportare gli
sguardi scioccati ed impauriti di Ron e dello stesso Piton…
Anche il mio professore era
rimasto inquieto a causa del mio comportamento.
Ironico…
Strinsi ancora di più le
braccia, avvicinando ulteriormente le gambe al petto.
Era stata una sensazione davvero
terribile quella che avevo provato giù in cucina.
Una sensazione come quella non
l’avevo mai sperimentata… una rabbia tanto intensa, tanto forte. Così
distruttiva che mi aveva permesso di uccidere senza pensarci sopra neanche un
secondo.
Come… come poteva essere
avvenuto?
Era stato come se un freddo
veleno mi fosse stato iniettato sotto pelle.
Quando Kreacher era entrato in
cucina, avevo sentito tutta la disperazione che da qualche giorno mi aveva
lasciato ricadermi addosso come una doccia gelata.
Non avevo potuto impedire alla
mia mente di pensare che, se quel dannato elfo domestico mi avesse detto la
verità, Sirius sarebbe stato ancora con me. Sarebbe stato con me e con Remus, a
ridere e scherzare delle cose più assurde.
Ed invece lui non c’era… e
quello stupido essere bugiardo era ancora vivo, libero di gironzolare per casa,
ad insultare la memoria del mio padrino.
Avevo cercato di dominarmi… di
incanalare la rabbia in altri pensieri. Di non soffermarmi sulla nube oscura di
ira che si stava formando sopra il mio cuore, pronta a dare il via ad un
violentissimo temporale, provvisto di tuoni e fulmini.
Avevo fallito miseramente… la
mia rabbia aveva rotto i deboli argini che ero riuscito a creargli, dilagando
con una forza ed un impeto ancora più forti del normale.
Avevo sentito un caldo potere
scorrere nelle mie vene come un torrente in piena, avevo provato una piccola
stretta al cuore, quasi un sentimento di onnipotenza.
Poi era subentrato il dolore
alla cicatrice, ed una miriade di emozioni non mie mi avevano sommerso il
cervello, stordendomi.
Mi ero detto “Che male di può
essere ad uccidere un essere tanto inutile… è colpa sua che mi ha mentito. Se
non lo avesse fatto io non mi sarei mai fiondato all’Ufficio Misteri, e Sirius
non sarebbe accorso a salvare me!”.
Mi era sembrata la cosa più
giusta…
Era avvenuto tutto così
dannatamente veloce che non riuscivo a capire come avessi fatto a… a… Dio. La
cucina era totalmente sporca di sangue scuro.
Non sapevo come ci ero riuscito.
Quella ventata di calore che
avevo provato dentro di me si era trasformata come in un torrente velenoso che
mi aveva corroso le vene. Avevo allungato la mano, ed avevo sentito fluire il
potere dal palmo di esse.
Era stato così facile sbattere
al muro quel piccolo esseruncolo inutile.
Così dannatamente semplice e
soddisfacente.
E poi avevo preso a stringere. A
stringere. A stringere sempre con più forza.
Non avevo mai provato niente di
più facile ed appagante… era come se, stringendo la mia mano, fossi stato in
grado di stringere quel piccolo e fragile collo.
E poi avevo sentito quel suono…
quel crack che aveva indicato la rottura dell’osso.
Una musica per le mie orecchie.
La vita aveva abbandonato quel
vecchio elfo. Ma a me non era bastato.
No… non mi era bastato
semplicemente ucciderlo.
Avevo fatto scempio del suo
piccolo corpo. Era stato altrettanto semplice.
C’era voluto un secondo a farlo
esplodere, a ridurlo a pezzi. Ma nella mia mente era come tutto fosse durato di
più, come se fossi riuscito a sentire il rumore delle ossa che venivano
spezzate, dei muscoli che venivano strappati, della carne che veniva lacerata.
Che mostro ero diventato?
Provavo profondo orrore per me
stesso.
Non solo lo avevo ucciso… ma
avevo goduto terribilmente nel farlo.
Avevo provato un piacere così
forte, intenso e pieno come non mi era mai capitato… mai… non mi ero mai sentito
tanto bene.
Potevo ancora sentire la mia
bocca piegarsi in un sorriso sprezzante.
Potevo sentire l’eccitazione
pervadermi.
Avvertivo quel veleno che
dolcemente mi corrodeva… e non avevo mai provato nulla di più bello e
rilassante.
Ma poi… poi il leggero tocco di
Ron mi aveva destato da quel torpore.
E mi ero reso conto di ciò che
avevo fatto…
Era… atroce… io ero atroce.
Mi ero forse trasformato in un
assassino?
La cicatrice mi aveva fatto
male… Voldemort doveva essere intervenuto. Doveva aver forzato la mia mente,
scompigliandone i pensieri.
Ma poteva Voldemort fammi
provare quelle intense emozioni? Quelle… quelle erano mie!
Dove finiva il confine tra la
mia mente e quella di quell’essere demoniaco?
Non volevo essere un’appendice
dell’Oscuro Signore! Non volevo diventare come lui.
Strinsi la testa tra le mani,
scotendola con forza… basta! Basta!
Stavo impazzendo… si, altri
pochi minuti e sarei impazzito.
Sentivo il seme della follia
diventare una pianta robusta dentro di me. Aveva trovato un terreno abbastanza
fertile per svilupparsi al meglio
Chissà… magari da pazzo non
avrei più avuto simili pensieri. Forse la mia mente mi avrebbe lasciato stare,
smettendo di giocarmi quegli scherzi orribili.
Magari avrei vissuto in un limbo
nero e senza luce che potesse illuminare e sottolineare l’oscurità che era in
me.
Rialzai lentamente la testa, e
mi soffermai ad osservare le mie mani.
Erano ancora sporche di sangue,
e lo stesso si poteva dire dei miei vestiti.
Non dovevo avere un’aria
rassicurante.
Affatto.
Sentii la porta che portava alla
soffitta cigolare sui cardini, mentre della luce penetrava dallo spiraglio che
si era venuto a creare.
Mi rannichiai maggiormente
contro il muro, dietro uno scatolone, per non farmi vedere, e trattenei il
fiato.
Volevo essere lasciato solo con
me stesso. Non volevo vedere gli occhi delle persone guardarmi schifate,
arrabbiate, deluse ed impaurite. Per questo mi bastavo già da solo.
«Harry… so che sei qui» mi
arrivò forte e chiara la voce di Remus.
Che ci faceva lui lì?
Sarebbe tornato solo in tardo
pomeriggio alla base… era in giro per conto dell’Ordine!
Era già passato così tanto
tempo?!
Non me ne ero minimamente
accorto…
Ma comunque non era vero che lui
sapesse dove mi trovavo… non poteva sapere che ero lì.
Potevo essermi rifugiato
ovunque, potevo anche essermene andato direttamente da Black Manor.
Decisi di rimanere in silenzio,
respirando il meno possibile per fare il minimo rumore.
Si sarebbe presto stufato di
cercarmi… si sarebbe reso conto che non ero lì e se ne sarebbe andato a
ispezionare qualche altra stanza. Poi si sarebbe stufato di cercarmi in lungo ed
in largo e avrebbe aspettato che fossi io a tornare dabbasso.
Chiusi gli occhi, attendendo che
le mie previsioni si verificassero.
Mi resi conto che io, come
veggente, non avrei mai potuto avere futuro.
«Harry» mi chiamò, infatti,
seria la voce di Lupin. Aprii gli occhi, rendendomi contro che lui si trovava
davanti a me, e stava guardando nella mia direzione.
«Come… come hai fatto?» gli
domandai, più che sorpreso.
«Dimentichi che domani è luna
piena. I miei istinti di lupo ed il mio fiuto sono molto migliori rispetto al
resto del mese. Mi è bastato affidarmi a quelli» mi rispose calmo.
Distolsi lo sguardo.
Probabilmente si stava
trattenendo dall’arrabbiarsi, forse cercava di non darmi a vedere tutto il
disgusto che provava per me.
Ero diventato un assassino… e,
sebbene la mia prima vittima non fosse un essere umano, chi diceva che io non
potessi un giorno scegliere prede di quel tipo.
«Harry?» mi chiamò, facendo per
abbassarsi e toccarmi.
Mi allontanai dalla sua mano.
«Ora che mi ha trovato può
scendere giù a tranquillizzare tutti, dicendo loro che sto bene… o almeno che
non mi farò vedere e che dunque non devono avere paura di quello che potrei
fargli» sibilai, asciutto, utilizzando un formale “Lei”, che, da qualche tempo,
ormai avevo smesso di usare nei confronti di Remus.
«Perché dovrebbero avere paura?
Cosa dovresti mai fargli!» esclamò, con tono leggero.
«Poteri ucciderli in preda alla
rabbia… chissà cosa farei loro se mi lasciassi dominare da essa, se Voldemort
penetrasse nuovamente nella mia mente»
«Hai sentito Voldemort dentro di
te?» mi domandò, serio.
Annuii semplicemente.
«Vieni, scendiamo giù… sarà più
semplice parlarne davanti ad una torta al cioccolato. Molly l’ha appena
sfornata» mi comunicò l’uomo.
«Non ho fame… e non voglio
scendere giù»
«Ma così ci perderemo la torta
al cioccolato! Lo sai che lo adoro…» mi disse, con tono scherzoso, cercando di
convincermi a seguirlo.
«Non ho intenzione di
trattenerla qui, professor Lupin. Scenda pure, e si mangi una fetta di dolce
anche per me» gli dissi, girandomi a guardare il muro.
Ma vedi quanti buchi che
c’erano!
Mi accorsi che si era seduto
accanto a me solo quando sentii la leggera pressione della sua spalla contro la
mia.
«Che c’è?» domandai sorpreso,
vedendolo contemplare attentamente il muro accanto a me.
«Cerco di capire cosa possa
esserci di più interessante di una fetta di torta al cioccolato in quel muro…»
mi rispose.
Sbuffai.
Possibile che lui avesse tutta
quella passione per tutto ciò che contenesse cacao?!
Sorrisi leggermente, scuotendo
la testa.
«Ce l’ho fatta!» esclamò
trionfante.
Mi voltai a guardarlo sorpreso.
Ce l’aveva fatta a fare cosa?
«Cosa?» domandai.
«Ce l’ho fatta a farti
sorridere… andiamo, ora non ti senti meglio?» mi domandò, con sul volto quel
dolce sorriso che lo caratterizzava.
Boccheggia.
Mi aveva fregato!
Si… mi sentivo meglio… ma tutto
ciò sicuramente non era abbastanza.
«Mi hanno raccontato ciò che è
successo…» mi disse, dopo che rimanemmo entrambi in silenzio per diversi
secondi.
«Immaginavo» riuscii a
rispondere solamente.
«C’era anche Silente con me
quando lo hanno riferito»
«Ah si?» non che mi interessasse
veramente, si intende.
«Harry. Quanto successo non è
dipeso dalla tua volontà. Non sei stato tu a voler uccidere Kreacher. Albus dice
che è stato Voldemort a spingerti a farlo, a farti agire il quel modo» mi spiegò
il Licantropo.
«E lui che ne può sapere! Come
può sapere che io non sia davvero un assassino a sangue freddo?!» sbottai.
Silente… Silente… sempre
Silente!
Come se lui avesse le risposte
per tutte le domande di questo mondo.
«Harry, so come ti senti… so che
ti sent-» non gli permisi di concludere, interrompendolo con un tono alto ed
arrabbiato.
«Lei non può sapere come mi
sento! Lei non può capire cosa significa avere dentro di te qualcosa sempre
pronto ad attaccare e dover convivere con la paura che…» mi soffermai, bloccato
dallo sguardo severo e perforante che Remus mi stava puntando addosso.
«So benissimo come ci si sente
quando dentro di noi è presente qualcosa di oscuro, che sembra voglia dominarci…
so cosa vuol dire aver perenne paura di poter far del male alle persone che ci
circondano, di poter uccidere qualche amico caro. E’ quello che io provo tutti i
giorni della mia vita… Sono un Lupo Mannaro, Harry… sono una creatura oscura per
antonomasia, sebbene allo stesso tempo io possegga un animo umano» concluse in
un sibilo.
«Io… mi- mi dispiace. Sono… sono
arrabbiato come me stesso e me la sto prendendo con te. Io… io non volevo» mi
scusai, nascondendo il viso nel suo petto.
«Non ti devi preoccupare di
nulla. Sfogati… è meglio che tu lo faccia con me che con qualcun altro che non
ti potrebbe capire, no?»
Rimanemmo alcuni secondi così,
io poggiato al suo petto, e lui che mi dava piccole pacche sulla schiena.
Magari gli apparivo come un
bambino piccolo, un stupido bamboccio infantile ancora desideroso di coccole,
attaccato alla gonna della mamma, ma a me quei gesti non erano mai stati
riservati, e ora mi facevano sentire bene… mi provocavano una grande serenità in
fondo al cuore.
«Silente vuole che riprendi
lezioni di Occlumanzia. Ha convinto Piton a riprendere ad impartirtele, ma gli
ha arrogato il diritto di disconoscerti come allievo nel caso tu ti comportassi
male o non ti impegnassi. In quel caso si occuperebbe lui stesso di te» mi
comunicò, dopo alcuni minuti di silenzio.
Annuii.
«Harry… non devi sentirti in
colpa. Davvero! E’ stato Voldemort ad usarti, facendo leva sulla tua rabbia, che
ti aveva reso più esposto. Dovrai imparare a controllare le tue emozioni… ma
ricorda: tu non sei un assassino» mi consolò infine.
Annuii nuovamente.
Una voce nella mia testa, però,
mi fece presente, sibillina e malvagia, che, insieme a Voldemort, una parte di
me aveva contribuito ad ammazzare quel maledetto elfo.
Continua…
Scusate
il mega ritardo del chap, ma ero impegnata a redigere il 38esimo capitolo
dell’altra mia storia, The Little Scarlet Rose!
Alla
fine ci ho messo relativamente poco con questo…
Allora,
che dire! Uno dei miei desideri più grandi è stato esaurito: ho ucciso Kreacher!
A parte
tutto… come vi è sembrato?!
Harry è
sempre troppo paranoico, ma mi piace incasinargli così tanto i pensieri
(diventerò pazzo… tu mi farai diventare pazzo… -.-“”” ndHarry Ma no… ma no! Ti
pare!! Come potrei… ndLadyCheSorrideBastarda).
Questi
primi capitoli sono ancora di transizione, e sarà così ancora per un po’.
Dovremo riprendere i vari personaggi da dove li avevamo lasciati, e dovrò
cominciare a plasmarli per come faranno comodo a me… ma non disperate!
Tra poco
avremo anche tanta azione (che, nella mia personale ottica, va a creare il
trinomio azione-sangue-morte… ^^ vedremo… =P).
Direi
ora di passare a rispondere ai vostri commenti… siete sempre gentilissimi!
Caillean: Grazie
Caillie! Bhè… spero continuerà a piacerti!
Anduril: Riferirmi
alle sensazioni di Sirius per confutare il senso di colpa di Harry è stato un
fulmine così… non sapevo che scrivere, è mi è venuta l’idea mentre ero seduta
alla tastiera… niente di che! Sono contenta però ti sia piaciuta!
Opalix: ^_____^”””
Emh… desideravo da una vita fare un Harry metallaro! Adoro le persone abbigliate
stile “Angeli della notte”… non ho resistito! (mea culpa… mea culpa…-.-“”). Si,
presto Draco farà il suo ritorno ma… non so se sarà proprio come ve lo
immaginate (incrociamo le dita nella speranza di non sfociare nell’OOC!!).
Laurelin: Ti
ringrazio tantissimo! ^__^
Ryta
Holmes: Ryta!!!!
Tesoro!!! Non ti preoccupare se non hai potuto commentare prima! Davvero sono
migliorata?! Me felicissima!! ^________^ …. O.O!! Non sia mai che Marcycas mi
travagli!!! Via! Via! Sciò sciò!! [Lady spinge lontano Marcycas, che invece le
salta addosso stile Koala!] (non ti permetterò di far loro del male!!
Harryyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy!!!!! Non ti far ammattire da questa
pazzaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!! ndMarcycas)
Bene!
Ora che ho terminato, non mi resta che lasciarvi con la raccomandazione di
commentare numerosi! Non potreste farmi più felice!
Visto
che già so come si intitolerà, vi anticipo che il prossimo capitolo sarà
chiamato “Serpi” (salvo cambiamenti dell’ultimo momento)… chi ha buon
occhio intenda!
Attenzione: Questa fanfiction conterrà contenuti violenti
o di tipo sessuale che potrebbero offendere le persone più sensibili. E’ perciò
sconsigliato di leggere questa storia ad individui di questo tipo.
Amore, Tradimento e Morte
CAPITOLO 5
*Serpi*
§§§§§§§§§§§
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori! (J.K.Rowling – Harry
Potter e la Pietra Filosofale pag 114)
§§§§§§§§§§§
Era mai possibile che, a qualunque ora ci svegliassimo, non
importava quanto presto, finivamo per arrivare sempre all’ultimo alla stazione
di King Cross?
Davvero, era un qualcosa che non riuscivo assolutamente a
spiegarmi!
Ora stavamo scendendo dalle vetture che quest’anno il
ministero – oserei dire finalmente – ci aveva messo a disposizione.
Io ed Harry camminavamo dietro i miei genitori, Ginny, Tonks
e Lupin, insomma, per ultimi, ma immaginavamo che, da altri punti della
stazione, Auror e membri dell’Ordine stavamo sorvegliando il nostro percorso…
Eravamo quindi piuttosto tranquilli…
Quanti babbani che c’erano… spettacolo!
Che gente stramba…
A me saltò quasi il cuore fuori dal petto quanto sentii una
voce chiamarmi ed un braccio stringermi forte all’altezza del collo.
Chissà per quale grazia o intervento divino mi ritrovai a non
urlare come un ossesso, terrorizzato… sai sennò che figura!
Stavo camminando in direzione della barriera, con mio padre
che portava il carrello con sopra il mio baule e la cesta con all’interno
Grattastinchi, mentre mia madre si trovava affianco a me, quando li vidi proprio
davanti al passaggio per raggiungere il binario 9 e ¾, pronti a sorpassarlo per
arrivare finalmente ad imbarcarci sull’Hogwarts Express che, puntuale come ogni
anno, alle 11 del primo settembre sarebbe partito per ricondurci a scuola.
«Harry! Ron!!» li chiamai, cominciando a correre nella loro
direzione.
Fecero appena in tempo a voltarsi che una piccola furia dai
capelli crespi – io – li raggiungesse, saltando loro al collo e rischiando di
soffocarli.
«Hermione!» dissero in contemporanea, riconoscendomi,
stringendomi a loro in un abbraccio alla Molly Weasley.
«Quando ci sei mancata…» sospirò tra i miei capelli Harry.
«Perché non ci hai raggiunto alla Tana?» mi domandò Ron.
«Quest’anno proprio non ho potuto… con la mia famiglia
abbiamo fatto un giro di parenti durante le vacanze, e poi un salto in
Danimarca. Per una volta i miei mi hanno voluto con loro, senza nessuna scusa o
tappa imprevista, visto che anche durante i periodi di pausa a scuola a volte
non li raggiungo» gli spiegai.
«Non preoccuparti piccolina! Hai fatto benissimo… Da noi non
è stata poi una così grande estate» mi disse Harry, scostandosi un po’ e
scompigliandomi bonariamente i capelli, in una tenera carezza affettuosa.
Vidi Ron lanciargli un’occhiata lievemente apprensiva.
In parte la capii.
Egli, infatti, mi aveva accennato, nelle sue missive, cosa
fosse avvenuto durante il periodo che aveva passato con il nostro comune amico a
Grimmauld Place – sebbene non in maniera approfondita, per paura che qualcuno
avesse potuto intercettare la nostra posta – ed una cosa appariva ben chiara in
esse: Harry non stava poi così bene.
Certo, ci doveva essere stato un miglioramento alla fine
rispetto all’inizio delle vacanze, ed io stessa l’avevo riscontrato dal fatto
che avevo cominciato a ricevere circa una settimana prima sue lettere, i cui
toni si facevano via via sempre più leggeri e cari.
Ron mi aveva anche detto che il merito di quel miglioramento
andava quasi interamente al professor Lupin, con cui Harry aveva intrapreso
davvero un ottimo rapporto.
«Allora, ci devi raccontare tutto quello che hai fatto in
questo periodo che non ci siamo visti!» mi disse l’oggetto nei miei pensieri.
«Ce lo hai portato qualche regalo?» mi domandò invece il
rosso.
«Scemo!» gli risposi io, discostandomi da lui e dandogli un
leggero e scherzoso schiaffetto dietro la testa, sulla nuca.
Ne dubitava forse?
«Scusate se interrompo il vostro idillio amoroso a tre…» si
intromise una voce lenta e strascicata, che tanto ben conoscevo e tanto ben
odiavo, come anche i miei due compagni.
Mi voltai, per poi rigirarmi nuovamente, con una faccia
disgustata riconoscendo senza ombra di dubbio il nostro interlocutore,
immergendo il volto nel petto di Harry.
Davanti a noi sostava la solitaria figura di Draco Malfoy.
«… ma, sapete, stareste ostruendo il passaggio. E per di più
lo spettacolo che ci state rifilando è semplicemente disgustoso. Merlino,
prendetevi una camera!» esclamò con enfasi sarcastica, atteggiando i lineamenti
affilati e piacevoli – se non fossero appartenuti ad un simile viscido essere –
in una smorfia di ironico disgusto.
«Che c’è Malfoy, invidioso?» esclamò Ginny, raggiungendoci da
dove si era arrestato il gruppo degli adulti.
«E di chi, di grazia? Per Salazar, questo si che è un vero
insulso per me, stracciona! Mi hai colpito a fondo stavolta, sai? Stai
insinuando che io possa avere pensieri indecenti su quella… cosa! – mi indicò
con un dito… il solito maleducato. Lo fulminai con lo sguardo ma lui non ci
diede peso – No Weasley, so che questo ecciterebbe parecchio la tua amichetta,
ma purtroppo devo smentirti. L’unica cosa che mi interessa del vostro gruppetto
è il fatto che voi state ostruendo il passaggio per l’Espresso, lasciando fuori
mezza Hogwarts, e, se al magico trio questo non interessa, il treno parte tra
cinque minuti, ed io non ho alcuna intenzione di perderlo» concluse il biondo,
indicando l’orologio e la piccola fila che si era andata formando alle sue
spalle.
Io arrossii di collera all’insinuazione fatta su di me, e
probabilmente chissà quali epiteti gli avrei rivolto e chissà cosa gli avrei
detto, ma soprattutto chissà Ron che gli avrebbe fatto – non me ne ero accorta,
ma era pronto a saltargli alla giugulare – se Harry non avesse cominciato a
parlare, bloccando i nostri bollenti spiriti e violenti istinti.
«Scusateci se abbiamo ostruito il passaggio. Ora ci
spostiamo, non preoccupatevi» disse, rivolgendosi a tutti quelli che erano in
fila.
Prese poi il suo carrello, discostandolo, ed io e Ron lo
imitammo quasi subito, appena ci fummo ripresi dalla sua uscita.
Di solito avrebbe risposto con un «Fottiti Malfoy» e si
sarebbe scostato comunque… ma perché non aveva detto nulla al biondo serpente?
«Prego» lo sentii aggiungere, rivolgendosi proprio al
Serpeverde, impassibile.
Quello, con un ghigno storto in volto, passò, senza più
curarsi di noi, attraverso la banchina, non controllando neanche se qualche
Babbano stesse guardando nella sua direzione.
«Tutto ok?» ci chiese Lupin, sopraggiunto in quel momento,
richiamando l’attenzione di Harry poggiandogli una mano su una spalla.
«Si, grazie» rispose lui, facendogli un piccolo sorriso e
lasciandosi condurre dove ci attendevano i miei genitori, i signori Weasley ed
alcuni membri dell’Ordine.
Salutai mamma e papà con un forte abbraccio ed un bacio, e
loro, come al solito, si premurarono di lasciarmi le loro raccomandazioni.
Come erano premurosi!
Quando mi fui congedata da loro attraversai la barriera,
raggiungendo il binario 9 e ¾.
Solo qui capii cosa Ron aveva cercato di farmi capire circa
il rapporto tra Lupin ed Harry attraverso le sue lettere.
I due si scambiarono un abbraccio, come quelli tra un padre
ed un figlio. Harry chiuse gli occhi, come a voler imprimere a fondo nella sua
mente le emozioni che stava provando. Lupin gli fece alcune raccomandazioni che
non riuscii a sentire, fatto sta che negli occhi di Harry prese lentamente a
riaccendersi quella scintilla che avevo visto spegnersi dopo l’Ufficio Misteri,
e che avevo creduto mai più si sarebbe riaccesa.
Ero molto contenta di essermi sbagliata.
Mi chiesi se io e Ron saremmo stati in grado di non farla
spegnere nuovamente quando ci saremmo trovati ad Hogwarts.
Appena salimmo sul treno quello prese a muoversi.
Ci recammo ad occupare uno scompartimento libero.
Poggiammo i bauli, ma io, Ron e Ginny ci girammo imbarazzati
verso il nostro comune amico dalla cicatrice sulla fronte.
Lui quando se ne accorse ci guardò lievemente stranito e
perplesso.
«Che c’è – ci chiese – ho qualcosa in faccia?» insistette
ancora, quando vide che non gli rispondevamo ma rimanevamo zitti.
«Veramente no… - disse Ron – è che io ed Hermione dobbiamo
andare per la cerimonia del cambio di prefetti»
«Ed io devo raggiungere gli altri nella prima cabina del
treno per ricevere i miei incarichi» aggiunse Ginny.
Mi voltai verso di lei, e solo in quel momento la rossa mi
mostro, tirandola fuori da una delle tasche, la spilla di Prefetto.
Cominciai a saltellare euforica, abbracciandola strettissimo,
continuando a ripeterle all’infinito «Complimenti!»
«Hermione… mi stai strozzando» si ritrovò ad un tratto
costretta a farmi presente, per la sua incolumità fisica.
La lasciai immediatamente andare, colorandomi di un bel rosso
peperone. Impietosi, Ron ed Harry cominciarono a ridere, mentre io borbottavo
loro una serie infinita di «Deficienti».
Quando si calmarono Harry ci disse che potevamo andare senza
farci scrupoli, e che lui ci avrebbe aspettato lì, ingannando in qualche modo
l’attesa.
Rassicurati, ci dirigemmo nel primo vagone, dove eravamo
attesi.
Arrivati, ci scusammo per il lieve ritardo.
«Non importa» ci rassicurò uno dei Caposcuola, una ragazza di
Tassorosso «Tanto stiamo ancora aspettando il gruppo di Serpeverde»
“Tipico” pensai.
Qualche minuto dopo entrò Pansy Parkinson, seguita dai due
neo-eletti Prefetti dei grigio-verde vestiti.
«Draco Malfoy?» domandò l’altro Caposcuola, un ragazzo di
Ravenclaw, ai nuovi arrivati.
«Non lo sappiamo! – esclamò la Parkinson – Ma possiamo
cominciare anche senza di lui…» aggiunse, mettendosi comoda, in barba al fatto
che tutti gli altri erano rimasti in piedi.
Quella faccia di carlino…
I due ragazzi del settimo anno si guardarono tra di loro.
«Possiamo anche iniziare, ma poi il nuovo prefetto di
Serpeverde deve comunque ricevere da lui il cambio. Bisognerà andarlo a cercare
se non arriva…» ci dissero.
Cominciò così la cerimonia, ma neanche quando l’avemmo finita
Malfoy diede traccia di se.
«Parkinson, potresti andare a cercare il tuo compagno?» le
domandarono.
«Io ho da fare» disse lei, uscendo poi dallo scompartimento
in compagnia della ragazza a cui aveva passato il suo incarico, lasciando solo
il Prefetto maschio della loro casa, in attesa del biondo.
I due Caposcuola si girarono allora verso Ginny «Weasley, non
potresti andare tu a cercarlo? Facci questo favore»
Mi voltai verso la ragazza e, dopo qualche secondo di
incertezza, la vidi annuire, sebbene di malavoglia.
«Ti accompagno» le dissi.
«Grazie» mi rispose, sinceramente grata.
«Anch’io!» si intromise Ron.
«Ce la facciamo da sole, non preoccuparti…» lo rassicurai,
facendogli un occhiolino.
«Ma…»
«Niente ma Ronald Weasley» disse Ginny, poggiando le mani
sulla vita, in una perfetta imitazione di sua madre, che fece correre un brivido
di sano terrore in Ron, cosa che fece ridere e sorridere tutti i presenti.
«Noi andiamo» uscimmo, seguite dal ragazzo di Serpeverde.
«Santissimo Merlino! Quel degnato di Malfoy non ha niente di
meglio da fare che farsi venire a cercare da noi?» sbuffai.
Non mi andava minimamente di andare a cercare quel bambino
viziato – chissà poi in cosa poteva essere impegnato. Ma non me l’ero sentita di
lasciare solo a Ginny quello sgraditissimo compito.
Dopo ben venti minuti in cui girammo per i primi tre vagoni
dell’Espresso non avevamo trovato alcuna traccia del biondo serpente.
Quando però giungemmo al quarto vagone vidi subito un anomalo
agglomerato di persone riunite davanti ad una cabina.
«Che succede?» domandai ad una ragazza più piccola che stava
al bordo del gruppo, quella però non seppe rispondermi, scrollando semplicemente
le spalle.
«Permesso… permesso…» cominciò a dire Ginny «permesso… sono
un Prefetto, lasciatemi passare» si fece largo tra la gente, ed io la seguii
dappresso, sorridendo: la piccola Ginny si era già calata benissimo nel suo
ruolo.
«Che sta succedendo?» domandò ad un ragazzo del suo anni di
Tassorosso.
«Non si sa bene… si sentono degli strani rumori di
colluttazione da quello scompartimenti, ma non sappiamo cosa ci stia accadendo
dentro» ci spiegò.
Lei si voltò verso di me, ma io scossi la testa… non sapevo
che dire.
Rimanemmo un po’ in silenzio, e a quel punto anche noi due
fummo in grado di sentire i rumori incriminati.
«Sembra una rissa…» affermai.
Ginny si fece avanti, pronta a bussare, quando i rumori
cessarono e la porta si aprì di scatto, sorprendendo la rossa con la mano ancora
alzata.
«Spero che la lezione ti sia servita Malfoy e ti abbia fatto
capire che è che quest’anno comanda già nei sotterranei» esclamò un ragazzo
medio alto, dai capelli leggermente lunghi di uno scuro nero pece. Si girò,
rivelando un sorriso storto ed una luce maliziosa negli occhi di un intenso blu
cobalto.
«E chi sarebbe costui? Forse tu, Zaini?! O, ancora meglio, il
mio “carissimo amico” Nott?!? Non vi rendete conto di essere entrambi ridicoli?
Andiamo… siete venuti in due, e per di più vi siete portati dietro quei due
gorilla. Che c’è, avevate paura di un incontro da soli con me?» giunse alle mie
orecchie la voce strascicata e derisoria di Malfoy.
Lo vidi rialzarsi, e pulirsi con una mano un rivolo di sangue
dal labbro inferiore.
Solo in quel momento mi avvidi del disordine nella sua
figura, i capelli, di solito perfetti, ora invece scarmigliati, i vestiti in
disordine e strappati in alcuni punti, un livido che presto si sarebbe allargato
sotto l’occhio destro ed il labbro spaccato, tuttavia conservava ancora tutta
quella sua boria quella sua aria di superiorità che soleva contraddistinguerlo.
Dietro Zabini – che aveva un lungo taglio sopra un
sopracciglio e la parte superiore della veste strappata lasciando scoperta una
spalla – vidi anche un ragazzo allampanato che sapevo si chiamasse Theodore Nott
– che si reggeva dolorante un braccio – e quelli che, fino a giugno, erano state
le guardie del corpo di Malfoy: Vincent Tiger e Gregory Goyle – sulle cui
braccia era stato compiuto un preciso incantesimo della pastoia.
«Che ti credi, Draco? Quest’anno per te non sarà per niente
facile! Ti troverai anche senza la tua corte di fedelissimi!» lo rimbrottò il
moro, girandosi e fronteggiandolo, con in volto il suo miglior sorriso
derisorio.
Questo però non intimorì né colpì in alcun modo il biondo.
«Devo forse ricordarti, Blaise, che anche tu facevi parte
della mia corte? Che c’è, le briciole non ti soddisfano più come un tempo? O
forse leccarmi il culo non è più un qualcosa di tuo gusto? Eppure un tempo
sembrava non sapessi fare null’altro, mentre ora ti atteggi a grande signore
delle serpi!» gli disse, con fare sprezzante il biondo, appoggiandosi in parte,
indolente e sarcastico, al finestrino, come a voler sfidare l’altro.
«Tu… come osi!» gridò l’altro, muovendo un passo per
aggredire Malfoy, ma questi tirò fuori la bacchetta, puntandogliela contro.
Nott cercò di estrarre fuori la sua, ma Draco si voltò verso
di lui.
«Ti consiglio di non farlo, se non vuoi ti bruci anche
l’altro braccio. Ed ora fuori, svelti!» ordinò infine, cacciandoli.
«Non finisce qui Malfoy!»
«Oh no, Zabini… certo che no… né con te, né con te, Theodore…
spero anzi di avere presto la possibilità di rincontrarvi a scuola, magari in un
corridoio isolati, solo io e voi due… da soli…» concluse, con un ghigno che non
prometteva assolutamente nulla di buono, ma solo tantissimi guai… un ghigno che
sia io che Ginny conoscevamo fin troppo bene.
«Non ti credere, Draco! Nessuno sarà dalla tua parte
quest’anno! Nessuno ti appoggerà! Sarai solo, e allora saremo noi a non vedere
l’ora di rincontrarti in un qualche corridoio oscuro, privo di testimoni…» parlò
per la prima volta Nott.
«Oh oh… la vedremo… presto sarete voi a tornare da me, e a
quel punto sarò felice di cacciarvi nuovamente… divertitevi in questo periodo in
cui siete riusciti a liberarvi del vostro collare… Vedremo poi…» rispose ancora
il ragazzo.
I quattro ragazzi non poterono fare altro che lasciare il
ragazzo biondo da solo, allontanandosi velocemente, facendosi spazio tra la
folla di studenti di ogni età, accorsi ad osservare il loro piccolo siparietto,
considerato anche il fatto che il Serpeverde continuava a puntare contro di loro
la sua bacchetta, cosa affatto rassicurante.
«Certo che è forte quel biondo…» sentii dire da una ragazzina
che stava accanto a me, con le braccia incrociate davanti al petto.
La guardai sorpresa.
Doveva essere una del primo anno – non aveva infatti nessuno
stemma appuntato sulla divisa nera, né alcun colore che potesse testimoniare il
contrario.
Era bassina, con i capelli neri sfrangiati e tagliati corti
appena sopra le spalle, due occhi nerissimi e furbi e maliziosi, ed
un’espressione sbarazzina e di viva ammirazione rivolta verso quel biondo
serpente di Draco Malfoy.
«Malfoy!» richiamò la sua attenzione Ginny.
«Che c’è Weasley?» domandò il ragazzo, guardandola dall’alto
in basso.
«Dovevi presentarti nel vagone dei prefetti, per istruire il
tuo successore…» gli comunicò lei, una mano poggiata su un fianco.
«Pansy lo avrà già istruito per bene, e non credo il ragazzo
abbia molta voglia di farsi vedere con me, non è vero?» domandò quello,
sporgendosi verso il giovane Serpeverde.
Quello lo guardò intimorito e allo stesso tempo stizzoso,
senza rispondere.
«Allora?» insistette il biondo.
«Pansy ha già spiegato a me e a Carolyne cosa fare» disse
allora a quel punto il grigio-verde vestito, parlando con stizza e reverenza
insieme.
«Bene! Se allora non avete più bisogno di me, ho da fare»
esclamò Malfoy, e senza attendere risposta, sbatté in faccia alla rossa la porta
dello scompartimento, senza farsi troppi complimenti.
«Che maleducato! Il solito esibizionista…» non potei esimermi
dal commentare aspramente e negativamente.
«Mi stai dicendo che è stato un Serpeverde a fare quel livido
a Malfoy?!» gridò Ron, molto più che sorpreso.
«Shhh!!» lo rimbrottò Hermione, dandogli uno scapaccione
dietro la testa.
La McGranitt si girò verso di noi – come mezza Sala Grande –
fulminando Ron, che però, per sua fortuna non la vide.
«Ahio! Harry! Dille qualcosa tu!! E’ troppo manesca questa
ragazza…» di lamentò allora il rosso, girandosi verso di me, alla ricerca di un
qualche tipo di aiuto.
Io alzai le mani, chinando il capo.
«Non mettetemi in mezzo alle vostre liti, per favore!»
esclamai.
«Ma come, non ti interessa che Draco abbia perso il suo
primato, giù, a Slytherin?» esclamò gongolante Ron.
«Bhè… credo sia normale ora che ha perso la protezione del
padre» ragionò Hermione ad alta voce, dandoci per l’ennesima prova della sua
razionalità.
«E’ già! Ora che il caro Lucius si trova ad Azkaban, il suo
cucciolo ha il culo scoperto!» riprese il mi rosso amico.
«Ron… non è carino da dire…» lo rimproverai, guardandolo
storto.
«Dico solo la verità!» cercò di scusarsi lui, senza tuttavia
averne alcuna reale intenzione.
«Comunque – aggiunse il ragazzo – questo non spiega il motivo
per cui Ginny stasera sembri nera…» osservò il fratello.
«Ecco! Se mi avessi fatto terminare il racconto invece di
andare subito in brodo di giuggiole per questa “splendida notizia”, a detta
tua…» lo rimproverò lei.
«Ok… ok… allora, spiegami!»
«Quando i quattro Slytherin se ne sono andati, Ginny ha detto
a Malfoy che doveva presentarsi alla cerimonia, e lui alla fine l’ha liquidata
in due parole, sbattendole la porta del vagone in faccia! Voleva che il suo
primo incarico andasse perfettamente, ed invece si è ritrovata con una porta
davanti al naso…» spiegò la ragazza.
«E’ un bastardo… alla prima occasione gli faccio io l’altro
occhio nero…» sentenziò il rosso.
La mia amica sbuffò.
Scossi la testa e, mentre lui ed Hermione si giravano a
guardare lo smistamento («O’Connor, Ursula» «Ravenclaw!») io mi volsi verso il
soggetto della nostra conversazione.
Se Hermione non avesse visto la rissa sul treno o non ce
l’avesse raccontata, guardando ora il tavolo dei Serpeverde la situazione era
comunque facilmente comprendibile.
Malfoy stava infatti nella parte più lontana dal tavolo dei
professori, la testa poggiata su una mano e lo sguardo annoiato volto verso il
cappello parlante e verso la coda di primini che, uno dopo l’altro, sfilavano
sotto di esso e da esso venivano assegnati ad una delle quattro case in cui era
divisa la nostra scuola.
Nessuno sembrava intenzionato ad avvicinarsi a quello che,
fino a pochi mesi prima, era stato il principe dei grigio-verde vestiti e, allo
stesso tempo, neanche a lui sembrava poi così intenzionato a ricercare una
qualche sorta di contatto con i suoi compagni.
Spesso Zabini o Nott si voltavano verso di lui, con
espressioni di sfida o di scherno, ma lui non dava neanche a vedere di essersene
minimamente accorto, o che gliene importasse qualcosa, rifugiandosi in
un’altezzosa indifferenza.
Che fosse davvero finito il “regno” di Draco Malfoy, giù, nei
sotterranei freddi e privi di luce di Serpeverde?
Questa era forse la fine della bionda serpe?
Non ne ero poi così convinto… insomma, ok, era un ragazzino
odioso, spocchioso, razzista – qualcuno vuole aggiungere qualche altro insulto
e/o epiteto poco carino?! – però in molti lo definivano la mia nemesi dai
capelli platinati, il mio eterno rivale tra le mura della scuola, ed insomma,
qualche motivo ci doveva pur essere!
Sospirai.
Se anche internamente alle viarie case si andavano creando
delle fratture – e soprattutto, se questo avveniva giù a Serpeverde, che era
sempre sembrata la casa più unita nella sua perfidia – tempi davvero bui
aspettavano Hogwarts e tutto il mondo magico.
Era piuttosto restio a credere che la preghiera contenuta
anche quell’anno nella filastrocca del Cappello Parlante sarebbe stata ascoltata
più di quanto non fosse avvenuto l’anno prima, ovvero molto, molto poco.
«Quanto manca ancora?» domandai ad Hermione, riportando la
mia attenzione verso lo Smistamento, mentre il mio tavolo esplodeva in un
applauso di benvenuto per «Tarsi, Wendy»
La mia amica si voltò verso di me, con un’occhiata di
rimprovero… per lei avrei dovuto assistere a tutta la cerimonia, ma io ero stato
preso molto più dalle mie riflessioni.
Le sorrisi, in maniera falsissima.
Lei sospirò, scotendo la testa.
«Manca solo una ragazzina» mi rispose, volgendosi nuovamente
verso la vicepreside, che in quel momento stava invitando a raggiungere lei ed
il piccolo sgabello in legno per essere smistata «Ward, Helèn».
«E’ quella del treno…» sentii sussurrare molto piano da
Hermione, ma lasciai stare… chissà di chi parlava.
La bambina impettita e con un sorriso sicuro, camminò spedita
e si sedette senza incertezze sullo sgabello, mentre la McGranitt le calava il
consunto cappello rattoppato in moltissimi punti sulla testolina nera.
«Per me viene a Gryffindor» esclamò Ron.
«Perché?» gli chiese Hermione.
«Non l’hai vista con quale coraggio e decisione si è avviata
a prendere posto?» affermò scandalizzato il rosso.
«Sicuramente più di quanto ne mostrassi tu…» lo prese in giro
io.
Proprio in quel momento lo strappo che fungeva da bocca nel
Cappello Parlante si aprì, e la voce lontana e roca del copricapo gridò
«Serpeverde!»
«Ci hai preso in pieno» sfotté Ron Hermione.
«Gnè gnè gnè» le fece il verso il rosso.
Io risi, ma a quel punto lo sguardo mi cadde ancora sulla
bambina che era stata appena smistata.
La vidi camminare con passo lento ma sicuro verso il tavolo
dei grigio-verde e, scorrendolo, rifiutare garbatamente ma in maniera
intransigente i vari cenni di invito dei compagni di casa, che le dicevano di
sedersi accanto a loro.
Sembrava sapere perfettamente dove voleva andare realmente a
sedersi.
Continuò così finché non arrivò in fondo alla tavolata.
Si fermò, e prese posto proprio lì,di fronte a Malfoy.
«Ora la mangia…» commentò Dean Thomas, seduto accanto a me.
«Andiamo! Mica è un orco! E ce da dire che la piccoletta ha
dimostrato subito un ottimo gusto in fatto estetico» disse Lavanda Brown, poco
più in là.
«Qualcuno da chi è quella lì?» la indicò Colin Canon, poco
più un là, mentre vedevo i Serpeverde perdere completamente interesse per la
nuova arrivata, mentre Malfoy le gettava uno sguardo vagamente stupito.
Probabilmente come noi si chiedeva chi fosse quella moretta.
«Di sicuro non è una Purosangue… non esistono famiglie pure
con un simile cognome».
Chi poteva essere stato ad illuminarci in codesta maniera, se
non la nostra piccola Hermione-so-tutto-io-Grager… un giorno dovevo scoprire se
ci fosse un argomento (a parte il volo pratico) di cui era all’oscuro!
«Ward non è un cognome tipicamente Babbano?» domandò un
ragazzo del quarto anno, seduto più in fondo al tavolo.
«Una Muggleborn?»
«Oddio, che qualcuno la salvi…» arrivò un commento finale.
Tuttavia non ce ne fu bisogno.
Non riuscii a vedere la faccia della piccola, ma, dopo aver
assistito ad un breve scambio di battute tra lei ed il mio coetaneo, vidi Malfoy
girarsi, e riprendere la sua aria indifferente, mentre lei si sistemava con
calma al suo posto.
Quando Silente fece apparire le pietanze in tavola, tutti noi
ci dimenticammo dei due Serpeverde, cominciando a rimpinzarci beatamente, senza
alcuna preoccupazione.
Continua…
BUONA PASQUA!!!!
E BUON PESCE D’APRILE!!!!!!!!!!
Ed i ritardi si accumulano, impietosi…
Scusatemi tantissimo per questo ennesimo, siate buoni, vi prego…
… purtroppo a marzo non sono stata molto a casa. Diciamo che dal 15 vi ho
passato pochi giorni – sono infatti stata a Lisbona con la scuola e poi in
vacanza con i miei per pasqua.
Però alla fine sono riuscita ad aggiornare, contenti? =)
Ho però una brutta notizia… nella prossima settimana avrò un compito al
giorno, e non so quanto riuscirò a dedicarmi alla stesura della storia, sia per
quanto riguarda ATM che TLSR.
Ma ora basta parlare di questo…
Che ve ne è parso del capitoletto?
C’è stato un piccolo salto temporale – saranno in parte frequenti. Anzi,
avverto già da ora… il sesto anno sarà mooolto corto in termini di capitoli.
Riappare Malfoy. Un Malfoy forse diverso da quello di TLSR, e spero non
troppo OOC.
Ho provato ad immaginare Serpeverde proprio come una “fossa di vipere” dove
il più forte o il più raccomandato vince.
Il nome della famiglia di Draco prima era il più potente, ma ora Lucius ci ha
buttato fango sopra, e quindi anche il suo “cucciolo” ha perso il suo primato!
E poi c’è questa bimba… sarà l’unico personaggio rilevante inventato di sana
pianta da me.
Spero che con il tempo possa riscontrare consensi – ora si è vista appena
appena, quindi non credo possiate darci un vero e proprio giudizio.
Chi vivrà vedrà…
Ed ora passo a ringraziare quelli che mi hanno commentato… ragazze/i, siete
meravigliose/i!
Caillean: Who… ^^”” Mi avete rassicurata con le recensioni positive per
lo scorso chap… temevo che invece vederlo dagli occhi di Ron tutto quello
scempio potesse apparire con meno forza…^^
Sabryy: Grazie mille! Non ti preoccupare per il ritardo in cui te ne sei
accorta… dopotutto quattro chap sono pochi!^_^
Kyomi89: Allora… per la lunghezza… non lo so ^^”” Comunque non credo
arriverò a quota 50 come TLSR. Lì ci sono molti avvenimenti raccolti in un solo
anno di vita… qui invece il lasso temporale è più ampio, e gli avvenimenti di
meno. Ma non ti so dire… Non li ho ancora “contati”, né me ne sono fatta un’idea
generale. Ho in testa solo la trama, e per ora in maniera dettagliata e
delineata il sesto anno di scuola (che, ahimè, sarà davvero moooolto corto.
Circa tre chap se non erro o non vorrò aggiungere altro…).
Opalix: Oh oh! Hai fatto davvero una domanda inteliggentissima, e molto,
molto pertinente… i poteri di Harry erano un retaggio della possessione di
Voldemort? Io ti dico… no e si… insomma… ci sono vari elementi, ma qualcosa si
sveglia…^^””” Draco eccotelo!! Malmenato, ma eccolo… Per zietto Voldie… non
temere… presto, forse anche troppo, sarà qui a rompere… Effettivamente la Row
sicuramente tratta la parte di Hogwarts meglio di come potremmo fare noi poveri
innamorati di questa fantastica saga - ed io tocco un livello bassissimo con il
sesto anno, me lo sento… - ma diciamo di affascina provarci. E comunque non
potrò certo rinunciare al dopo-Hogwarts…^^”
Anduril: Allora… no. ATM non è un prequel di TLSR… diciamo che l’Harry
che immagino io post-morte Sirius è un po’ così, malinconico, arrabbiato con il
mondo, ma spero ci siano cmq differenze, come anche tu hai detto. Dopotutto lì è
un uomo di 23 anni, che ha imparato la legilimanzia e l’occlumanzia, ha
accettato il suo compito e le sue responsabilità… qui è un ragazzo di appena 16,
privo della barriera mentale fornitagli dall’Occlumanzia, con il cuore ancora in
subbuglio per una ferita appena inferta – appunto la dipartita del padrino – ed
in piena crisi ormonale.
Ely: Felicissima ti sia piaciuta! Continua a farmi sapere cosa ne pensi…
e continua a mandarmi e-mail, anche per ricordarmi ogni tanto di aggiornare…
^^”””
Ryta Holmes: Draco, come promesso, arriva, ed appena a cinque chap
dall’inizio! [perché non dalla prima frase?? ndDraco Ma certo… la prossima volta
comincerò una storia scrivendo “Dopo la morte di Draco Malfoy…” etc etc… che
dici? Così appari da subito!! ndLady Va bene dopo 5 chap… ^^”” ndDraco). Che
liberazione è stato ammazzare quell’elfo Ryta! Anche se non mi è piaciuto come
ti ha ispirato… -.-“””
Ecco qui… risposto a tutti… ma spero continuerete a commentarmi numerosi!
Mi fate sempre felicissima…
Visto che credo di sapere come si intitolerà, vi anticipo che il prossimo
capitolo sarà chiamato “Dear Remus…” (salvo cambiamenti dell’ultimo
momento)… E speriamo di azzeccarci… - sono una frana con i titoli. Per questo in
TLSR non li avevo inseriti…
Le cose migliori e più belle al mondo non possono essere viste
né toccate. Possono essere sentite con il cuore.(HellenKeller)
§§§§§§§
Caro Remus,
come va?
Io sto… sto.
Bene, male… chi può dirlo. Chi può dire di stare veramente
bene, o veramente male…
Sto… si vive… si cerca di sopravvivere, mentre il tempo
passa.
La scuola è ripresa a pieno regime… è appena
trascorso un mese ed io già non vedo l’ora che arrivino
le vacanze di Natale.
Bella fregatura, eh… ho sempre atteso il ritorno adHogwarts come un evento
felicissimo, e la fine della scuola come il più triste dei giorni…
eppure, quest’anno… qualunque altro
posto, mi andrebbe bene essere in qualunque altro posto… tranne qui.
Chissà, magari alla fine mi troverei male ovunque quindi…
forse è meglio che lasciamo perdere.
Sai, mi mancano le chiacchierate con te, i pomeriggi passati a non far
niente… mi manca la possibilità di poter vedere attraverso il
pensatoio i tuoi ricordi giovanili, di poter imparare a conoscere i Malandrini.
Ma più di tutto, mi manca avere accanto quella
figura che mi fa sentire benvoluto… che mi fa sentire amato, quella
figura che ora tu rappresenti per me.
Mi prenderai per uno stupido, ma credo di
essere piuttosto affamato d’affetto.
Credi che Silente possa farmi venire da te durante le vacanze
invernali?
Ok, magari sto correndo troppo, dopotutto siamo solo ad Ottobre, ed io
parlo già di fine dicembre.
Tanto so che non potrò raggiungerti…
Immagino che Silente voglia potermi tenere sotto controllo…
probabilmente dirà che vuole potermi
“proteggere”, eppure preferirei miliardi di volte poter passare
anche solo un’ora con te, invece che mesi e mesi qui, a scuola.
Hogwarts è diventata quasi invivibile.
Non so se era così anche quando la frequentavi tu, ma ora
– o almeno io l’ho sempre vista così – la scuola si
regge su una serie di “alleanze” e “rivalità”
fra Case.
I Grifondoro contro i Serpeverde,
e questa ormai è un’istituzione…
Tassorosso e Corvonero, invece, rimangono più moderate,
e si alleano di volta in volta con una o con l’altra casa.
Invece ora disaccordi interni tra i grigio-verde
hanno destabilizzato questi equilibri…
Credo infatti che tra le serpi si
“elegga” un vero e proprio leader, e penso proprio che dal quarto
anno avesse preso il potere (oddio, parlandone così, sembra quasi siano
una piccola dittatura) Malfoy, ma ora, con
l’incarcerazione del padre, tutto si è destabilizzato, e sono
molti tra i i suoi compagni che ora cercano di
spodestarlo.
Per il momento i suoi due più acerrimi
rivali sembrano essere BlaiseZabini
e TheodoreNott, due
ragazzi del suo stesso anno.
Calcola che l’altro giorno stavo
facendomi una passeggiata nell’ala Sud (sai, è la parte più
isolata di tutto il castello… volevo stare un po’ in pace con i
miei pensieri…), ed indovina chi vi ho trovato?
Malfoy… che veniva malmenato da Nott e Zabini.
Credo che se non fossi passato io per sbaglio
per lui sarebbe andata davvero male… lo avevano incantato a terra, e ci
stavano andando giù parecchio pesanti…
Appena mi hanno visto, però, lo hanno lasciato lì e se ne
sono andati.
Vigliacchi.
Certo, non devi pensare che Malfoy se ne
resti buono buono a darsi
mettere i piedi in testa o le mani addosso.
Non che abbia mai fatto qualcosa di eccessivamente eclatante o
risolutivo, non credo rientrerebbe nel suo stile, ma
dà anche lui il suo bel da fare ai rivali.
La settimana scorsa, “per sbaglio”, durante una lezione con
Piton – stavo per
dimenticarmene! Sono riuscito a passare l’esame, e posso frequentare
pozioni. Anche Ronce l’ha
fatta… devo dire la verità, credevo il nostro amato professore
avrebbe fatto di tutto per non averci con lui, invece non ha fatto
problemi… probabilmente si chiedeva chi avrebbe torturato se non ci
avesse più avuti nella sua classe.
Comunque, dicevo che Malfoy, la scorsa settimana, ha
versato “per sbaglio” addosso a Nott, che
sedeva davanti a lui, una pozione urticante che stavamo preparando, ed è
stato così furbo da fare ricadere la colpa sullo stesso malcapitato.
«Theodore! Non dare
colpi al banco che il calderone potrebbe…»
Epuff! Gli ha dato un colpo,
versandolo addosso al ragazzo.
Madama Chips lo ha dovuto tenere tre giorni
in infermeria, perché la dose era così massiccia che gli si sono
formate piaghe su tutta la parte lesa.
E Malfoynon è stato
affatto punito, anzi, è anche riuscito a conservarenel calderone abbastanza pozione da
consegnare a Piton, anche se tutti noi siamo stati in
grado di osservare come quella mistura funzionasse alla perfezione.
Oh… certo…
Zabini non se la cava certo meglio, anche se per ora gli ha giocato solo
qualche piccolo tiro mancino… tutti si chiedono quando anche a lui
capiterà qualcosa di “inspiegabile” e piuttosto grave.
L’ultima episodio è stato proprio ieri, durante
l’ora di trasfigurazione.
Dovevamo consegnare un tema e, guarda caso, quello di Zabini era assolutamente in bianco (anche
se lui spergiurava di averlo fatto), e così si è ritrovato
anche in punizione per maleducazione e per aver perseverato in quella
“scusa assurda”, ritrovandosi a pulire la sala dei trofei per tutta
la serata di ieri.
Fatto sta che questi “incidenti” a volte vanno a colpire
ragazzi di altre case o persone che non
c’entrano assolutamente nulla.
Ginny, gli altri prefetti – tranne quelli di Serpeverde
che, ovviamente, fanno finta di non vedere, per non inimicarsi possibili leader
– ed i Caposcuola non sanno assolutamente
più dove mettere le mani…
Tutta questa tensione non fa affatto bene agli
studenti, facendo scaldare gli animi, tanto che sembra quasi che una qualunque stronzata è buona per mettersi a combinare qualche
casino.
Eppure…
Eppure io sono quasi contento di tutto ciò.
Sono contento che non sia tutto normale… tutto come l’ho lasciato l’anno scorso.
Perché tutto dovrebbe essere normale?
Io soffro!
Sirius…
Sirius non c’è più… perché il mondo dovrebbe
continuare a girare, ignorando questo evento che in me
provoca invece tanto dolore, così tanto che a volte mi sembra mi si stia
spaccando il cuore in petto?
Non voglio che tutto sia normale.
Non deve essere tutto normale!
Ed invece… invece tutto va avanti, il tempo non si ferma come io
vorrei, ma continua a scorrere, implacabile.
Io soffro, e gli altri lo ignorano…
Io soffro, e gli altri invece sono felici…
E quando ho questi pensieri, quando provo soddisfazione nel sapere che
non sono l’unico a star male, mi sento un verme.
Remus… sono un essere egoista.
Mi chiedo come tu faccia a sopportare me e
tutti i miei lamenti… tutti i miei piagnistei ed i miei casini.
Anche tu soffri, ne sono sicuro, eppure sei stato in grado di sorreggere me,
di aiutarmi a rialzarmi, senza mai cedere, senza cadere e mostrarti debole.
Come fai Remus?
Come fai ad essere tanto forte?
Così forte… da riuscire a
sopportare anche il dolore di un adolescente pieno di crisi esistenziali e
portatore solo di problemi assurdi.
Ti prego, spiegamelo…
Dimmelo, cosicché anche io possa riuscirci, perché il
dolore mi schiaccia ogni giorno di più.
Non ce la faccio Remus, non ce la faccio
più (ed ora non ti allarmare, non ho ancora
intenzione di tentare il suicidio, non preoccuparti).
Silente mi ha detto che è grazie alla
mia umanità che riesco a soffrire, che ne ho la
possibilità… tutto questo avviene grazie al mio cuore che batte.
Ti dirò quello che dissi a lui…
io non voglio essere un uomo se fa così male!
Eppure… non posso fare altrimenti…
Remus, ti prego, cerca di convincere Silente… anche solo per il 25!
Non dico tanto… qualche ora e poi basta…
Solo… solo qualche ora.
Forse è meglio che a questo punto io ti lasci, Remus… mi sa tanto che sto scadendo nel patetico, ed
inoltre ho già riempito più di due fogli di pergamena e credo ti
si stiano scrociando gli occhi dopo tutte queste
parole – aggiungerei inutili, mavabbè.
A risentirci…
Ciao ciao
Harry.
Allargai le braccia, lasciando
volare fuori Edvige.
La mia civetta bianca fece prima
un giro intorno alla finestra, quasi a volermi salutare prima di partire per il
suo lungo viaggio, per poi allontanarsi nell’oscurità della sera,
diretta verso casa di Remus, a cui avrebbe dovuto
recapitare la lettera che le avevo affidato.
Riiemusnne quelli di Serpeverde che, ovviamente, fanno finta di non
vedere, per non inimicarsi possibili leader - dtutto.
no permasi seduto sul bordo della
finestra, richiudendola, ed osservando presto quel puntino bianco sparire dalla
mia vista.
Ogni parola stillata dalla mia
piuma su quel foglio di pergamena, ora in volo, era stata assolutamente
sentita.
Svuotato… privo di
vitalità.
Pi sentivo davvero pessimo.
Oppresso dal dolore che non mi
lasciava come aveva invece fatto il senso di colpa – nonostante una
vocina ogni tanto si ripresentasse a bussare alla mia coscienza, ma
c’erano sempre le parole che, durante l’estate, mi aveva detto Remus.
Non è poi che non ci fossero momenti in cui tutto migliorava, istanti in cui mi
sembrava che tutto potesse tornare come era sempre stato un tempo…
Ma
ora… già, ora appariva davvero tutto troppo diverso, troppo
complicato.
Scossi la testa, cercando di
allontanare quei pensieri infausti.
Lunatico… ecco come si
poteva definire pienamente ora il mio carattere.
Assolutamente, insopportabilmente
lunatico.
Potevo stare scherzando con
qualcuno, ridere e prendere in giro gli altri, e poi ritrovarmi in momenti di
crisi acuta come quello. Momenti in cui tutto mi appariva nero ed infausto,
come quel cielo notturno, privo di luna
Sospirai, poggiando la testa al
muro e, tolti gli occhiali, presi a massaggiarmi gli occhi.
Stanco… era appena un mese
o poco più che erano cominciate le lezioni, ed io già mi sentivo stanco di tutto.
Mi mal sopportavo da solo,
figurarsi quello che potevano pensare i miei amici e
le persone che mi dovevano comunque stare accanto.
Però,
nonostante non volessi, mi sentivo così… spesso mi ritrovavo a
rimuginare, a rintanarmi nella mia piccola oscurità personale.
Ed era sconfortante,
perché, nonostante tutto, avevo il terrore di poter rimanere solo…
eppure sembrava quasi non facessi altro che cercare
ogni momento di più l’isolamento da tutto e da tutti.
Era come se dentro di me si
muovesse qualcosa che non avevo mai sentito… era sconsolante… sconfortante…
La porta che si apriva mi
riportò con i piedi per terra, distraendomi dai miei pensieri.
Mi volsi a
guardare in quella direzione e, nel vano della porta, apparve il volto
vispo di Hermione e quello preoccupato di Ron.
«Ehi, non scendi?» mi
domandò il ragazzo, cercando di non tradire troppo la sua
preoccupazione, grattandosi leggermente la nuca.
I miei amici… come
riuscivano ancora a sopportarmi?
Me lo domandavo ogni momento che
passava, eppure non riuscivo a trovare una risposta soddisfacente.
Scossi la testa, in un segno di
diniego.
Non volevo uscire…
eppure…
…
Ancora quel qualcosa in me, che mi impediva di star loro accanto… che, in quel
momento, mi faceva sentire assolutamente fuori posto.
Remus…
perché mi sento così?
Perché
non riesco a scordare quanto è successo a Kreatcher,
quanto io ho fatto accadere?
Rivedo ancora le mie mani sporche
di sangue, il mio volto pieno di schizzi, sento ancora
la gioia che mi ha dato sentire il tenero collo dell’elfo spezzarsi sotto
le mie dita… sotto la mia potenza.
La magia che scorreva nelle mie
vene e si abbatteva come una tempesta contro quell’essere.
Andatevene…
statemi lontani… sono un essere pericoloso…
Non abbandonatemi.
«DaiHarry, vieni, scendiamo a cena! Stasera ho sentito dire che è stata preparata la torta di
melassa!» mi disse la riccia, con un’espressione furbetta.
Cercai di sorridere loro, ma non
erano comunque riusciti a farmi cambiare idea.
«Mi dispiace
ragazzi… davvero, oggi non ho fame. Per dì più dopo
ho lezione di Occlumanzia
con Piton, e non è di certo il massimo avere
lo stomaco pieno, per poi entrare nel suo studio. Fanno veramente senso tutte quelle cose che tiene là dentro»
cercai di giustificarmi.
I due si rattristarono
leggermente, ma poi annuirono, con un po’ di difficoltà.
Capivano… mi avrebbero dato tempo, tutto il tempo che io volevo…
sarebbero stati sempre lì, per me, ed io non avrei mai trovato le parole
adatte per ringraziarli per tutto ciò che facevano per me, per tutte le
volte che mi avevano sopportato, che mi erano stati vicini, che mi avevano
consolato, nonostante tutto.
Nonostante
tutto…
«Ok…
allora a più tardi» mi salutò il rosso, prendendo
per un braccio la ragazza ed accompagnandola giù, lanciandomi un ultimo
sguardo prima di allontanarsi.
Chinai il capo, tirando su le
gambe e stringendomele al petto, quasi così avessi
potuto impedire al mondo di farmi del male.
Non lasciatemi solo…
abbiate pazienza… ma non lasciatemi solo.
Ehi Harry.
Sono contento di sapere sei passato in Pozioni… ti sei impegnato quest’estate, ed i frutti sono stati visibili.
Hai provato per credere, no?
Ed ora? Come ti va?
A quanto ho capito è abbastanza inutile porti questa domanda.
Capisco quello che provi… credimi.
Non so però se conosci quel detto che dice “la vita
continua”. Mai nulla di più vero.
La vita va avanti anche se tu non sei
d’accordo, anche se tu vorresti essere in grado di fermare tutto quello
che avviene intorno a te.
Non puoi Harry… non puoi…
ma non è assolutamente sbagliato desiderare ardentemente
provarci.
L’importante è rendersi conto prima
o poi conto che ciò non è possibile.
Soffrire è normale… entrambi abbiamo perso una persona
che, per aspetti diversi, era importantissima in entrambe le nostre vite.
Non si può non star male… non si
può. Però si può provare a
reagire al dolore.
E non perché “Sirius non
vorrebbe vederci in questo stato”, il nostro caro Felpato ha sempre avuto
manie di protagonismo e, anche se probabilmente non se ne sentirebbe fiero, gli
farebbe indubbiamente piacere sapere quanto la sua mancanza ci faccia star male, quanto noi gli volessimo bene…
quanto lui era importante nella nostra vita.
No… devi provare a reagire al dolore solo per te stesso.
Solo perché, nonostante tutto, tu sei vivo, e devi continuarlo
ad essere… non perché sei il bambino sopravvissuto, o per
chissà quali altri motivi inerenti al tuo nome e alla tua
storia.
No, ma devi continuare a vivere perché è un tuo preciso
dovere… un tuo preciso dovere nei confronti di tutti coloro
che non ci sono più, nei confronti dei tuoi genitori, nei confronti di Sirius, ed anche nei confronti di chissà quante
altre persone che sono morte nel primo conflitto, e di tutte quelle che
continueranno a morire in questa nuova guerra che ormai è alle porte.
E’ un tuo dovere, perché tu puoi ancora farlo, mentre ad
altri non è stata data questa possibilità.
Non mi preoccupo tu possa fare gesti inconsulti… sei un ragazzo
intelligente, e sei immensamente più forte di quanto chiunque altro possa immaginare.
Io mi preoccupo che tu possa fossilizzarti su questo lutto… ho
paura tu possa continuare a mantenere chiuso il dolore
all’interno di te stesso.
Ti schiaccerà.
Marcirà come un cancro, rendendo arido il tuo animo.
Se non troverai il modo di attenuarla, la sofferenza non ti
lascerà scampo.
Vuoi sapere come io riesco ad apparire così forte?
Vuoi riuscire a capire come io possa sopportare tutto ciò?
Bhè… io in realtà non lo sopporto.
Come si può sopportare l’ingiustizia in una morte come
quella di Sirius?
No, non sopporto il dolore… ma ho
imparato ad accettarlo, ho imparato a vivere con esso, e dovrò imparare
ad accantonarlo, per tornare io stesso a vivere, e non a sopravvivere
semplicemente come sto facendo.
Mi chiedi come io ci riesca… bhè, in realtà il merito è solo tuo.
Già Harry, proprio così. Se io sto riuscendo a venirne fuori, lo devo solamente a te,
alla tua presenza, ed al fatto che mi hai accolto nella tua vita, nel tuo
cuore.
Riuscire a consolare te, starti vicino, mi ha fatto dimenticare per alcuni momenti tutta l’amarezza che mi porto dentro.
L’affetto che hai mi hai dimostrato mi ha salvato.
E’ solo questo il segreto Harry…
Non devi allontanarti dalle persone che ti vogliono bene, che vorrebbero aiutarti, anzi… devi permettere loro di
tenderti una mano, di aiutarti, proprio come hai lasciato fare me.
Devi riuscire a riaprire loro il tuo cuore.
Amare non significa solamente soffrire. Certo, c’è il rischio, ma nulla è sicuro… per afferrare le
cose più belle bisogna essere anche pronti a mettere in gioco se stessi.
E spesso il gioco vale assolutamente la candela.
Ma se hai il cuore oppresso, non potrai mai renderti conto di tutte le
cose belle che ci circondano, e finirai solo per
soffermarti su quelle tristi.
Intorno a te ci sono tante persone che non vorrebbero fare altro che
allungarti una mano affinché tu la prenda… ed allora afferra le
loro mani tese, abbandonati a loro per essere salvato, e non con la paura di
portarli con te nel buio in cui sei rimasto imprigionato.
Non ti devi mai dimenticare delle persone che ti circondano… non fare mai l’errore di chiuderti in te stesso,
isolandoti e scacciando le persone che ti sono accanto.
Un giorno potresti ritrovarti da solo, e credimi, non è una bella esperienza.
Ora ti devo lasciare… sai, ho trovato un lavoretto che non
è niente male. Sperando che i miei colleghi non facciano
troppe storie, dovrei riuscire a conservarlo.
Parlerò con Silente, vedrò che cosa riesco a fare per
Natale, anche se non ti prometto nulla.
La scuola per te è il posto più sicuro in un periodo come
questo.
E mi raccomando, scrivimi, non tralasciando nulla di quello che ti passa
nella mente… con me puoi parlarne liberamente.
Le tue parole non sono mai inutili né, tanto meno, patetiche.
Non devi preoccupartene.
Un abbraccio forte,
Lunastorta.
Quella sera un caldo tepore era
sceso nella Sala Comune di Grifondoro.
Molti erano già saliti su
a dormire… i più piccoli, quelli del primo anno, approfittavano di
quei giorni di “libertà” dagli orari prefissati dai loro
genitori, cui erano soliti sottostare quando erano ancora
a casa.
Li capivo… anche io i primi
tempi rimanevo sveglio fino a tardi, a chiacchierare con i miei compagni di
stanza.
Era inebriante quella sensazione
di “trasgressione” alle regole.
Ci aveva fatto sentire
grandi… finché la stanchezza non era stata tale che, dopo le prime
due settimane di quegli orari proibitivi, ci eravamo
addormentati subito dopo cena, per poi svegliarci la mattina dopo.
«Qualcuno dovrebbe dire
loro che è ora di andare a dormire» mormorò Hermione, seduta sul divano.
«Oh andiamo… lasciali
stare, presto capiranno da soli che rimanere fino a tardi non fa altro che
sfiancarli e impareranno a regolarsi» esclamò Ron.
Da quando era diventato saggio?
No, davvero, Hermione
cominciava a farci male.
«Come te Ron? Che se non fosse stato per io
che vi obbligavo, sareste sempre andati a dormire alle due?» disse la
ragazza, prendendoci in giro.
Emh…
si, effettivamente questa parte della storia l’avevo
saltata.
Ma
è solo un dettaglio! Cioè… non
è che facessimo proprio sempre le due prima che lei cominciasse a farci
da controllore e per di più… ok, ok, se non fosse stato per la nostra so-tutto-io
entro breve avremmo cominciato ad addormentarci sui banchi.
«Comunque
per me Ginny dovrebbe dirgli qualcosa»
mormorò la riccetta, annuendo diligente.
Come le mancava il suo ruolo di
Prefetto… ne ero sicuro, avrebbe dato un braccio
– no, ok, meglio una gamba, le braccia le
servivano per sorreggere i libri, voltare le pagine, scrivere… troppo
importanti – per potersi riappropriare del ruolo.
«Mmmmh…
sarà… comunque dov’è Ginny?» domandò il mio amico, mentre si
guardava intorno, il suo istinto da fratello maggiore superprotettivo
nuovamente in funzione.
«Ha detto
che era stravolta, e doveva assolutamente farsi un bagno… E’ andata
al quello dei prefetti» mormorai, gli occhi socchiusi.
«Hermione,
conviene che la smetti di giocare con i suoi capelli… se si addormenta io
di sicuro non lo porto su a spalla» commentò il rosso, prendendoci
in giro.
Infatti,
mentre la ragazza era semplicemente seduta sul divano, io mi ero sdraiato
completamente, poggiando la testa sulle sue gambe, e lei aveva preso a giocare
con i miei capelli, sempre completamente in disordine, giocando con le varie
ciocche, e spettinandomeli ancora di più.
Era decisamente
rilassante.
«Geloso Weasley?»
lo presi in giro, con la voce comunque lievemente
assonnata, e nessuna intenzione di cambiare posizione.
Obbiettivamente, stavo davvero
benissimo.
«Ma, ti dico
la verità Potter, dalla tua espressione ebete,
non deve essere poi così male…» rispose a tono il rosso.
Alzai semplicemente un dito della
mano – uno a caso – per rispondergli, per poi tornare a riposarmi,
dopo essermi beccato un piccolo schiaffo sulla spalla dalla riccia.
«Che
sono questi gesti!» mi rimproverò scherzosa.
«Scusa mamma… non lo faccio più» risposi, schiudendo gli occhi e
sorridendole sarcastico.
«Stupidi»
«Ci adori» intervenne
Ron, mentre io me ne tornavo a sonnecchiare.
«Certo, come no»
«Tanto lo sappiamo che non
puoi fare a meno di noi»
«Eh! Sisi, l’importante è che ci crediate
voi»
«Ti vogliamo bene»
«Io no»
«Sisi, certo»
«Scemi»
«Grazie grazie…
troppo gentile»
«RonaldWeasley, la smetti di rispondermi?» gli disse,
fingendosi arrabbiata, e puntandogli un dito contro.
Il mio lieve mormorio
insoddisfatto pose fine alla questione, facendoli scoppiare a ridere.
Hermione
aveva osato interrompere il suo massaggio.
Aprii gli occhi, guardando
malissimo la mia amica dagli occhi color cioccolato.
«Ok…
ok… torno a giocare con i tuoi capelli…
non ti ci abituare però» mi disse, puntandomi un dito sotto il naso
«Mmmmh…»
dissi semplicemente, chiudendo gli occhi e rilassandomi nuovamente.
Faceva bene stare lì,
così con loro.
I momenti come questo erano ormai diventati sempre più sporadici, ma erano
in assoluto, i momenti migliori che vivevo.
La tranquillità che mi
pervadeva era assoluta… mi sentivo in quei momenti
sereno, in pace con tutti, e, nonostante alla fine non durassero poi
molto, bhè, erano l’unica cosa che mi
permetteva ancora di conservare in me un minimo del buon umore che Remus era riuscito a tirar fuori dal mio animo durante i
mesi estivi.
Stavo
bene… stavo immensamente bene… E chissà, magari Lunastorta aveva ragione.
Loro mi stavano tendendo una
mano… ed io non volevo fare altro che prenderla…
Loro erano l’unica cosa
importante… solo loro. E quella era
l’unica cosa giusta da fare.
Magari sarebbe stato difficile
però…
SBAM!
Il ritratto della signora Grassa venne sbattuto con violenza, risvegliandomi dal mio stato di
sonnacchioso torpore.
Mi tirai a sedere su,
imbronciato, rendendomi conto che l’incanto da cui mi ero
lasciato consapevolmente e dolcemente sedurre era stato spezzato.
L’unica cosa che riuscii a vedere fu la chioma rossa di Ginny
sparire velocemente lungo la rampa di scale che portava ai dormitori femminili.
Continua…
[Marcycas
si prosta a terra, sperando in una qualche forma di
perdono supremo]
Scusatescusatescusate!!!!
E’ un casino che non aggiorno, mea
culpa, mea culpa, non ho scusanti… spero però che, almeno, il chap sia stato di vostro gradimento.
^________________________^ Piaciuto?
Spero di si… qualcosa
è successo, qualcosa è stato detto, ma molto dovrà ancora
avvenire, perciò mi raccomando, non abbandonate questa storia!!
Intanto volevo ringraziare comunque
chi ha commentato il vecchio chap, e quindi passo subitissimo a rispondere!!
Opalix: ^_^;;;
Effettivamente più le trame sono complicate, più il tutto mi
piace (sperando però di non lasciare fili che rimangano poi intrecciati
nella matassa). La piccola Sly si, ha molto da
raccontare, ma ancor più da “osservare”. E’ un po’
un pg sperimentale… vedremo cosa tirerà
fuori la piccola. Grazie tantissimo per i complimenti!
Kyomi89: No no, non preoccuparti… G/D per me è intoccabile…
la piccoletta ha un’altra funzione, che sicuramente non è quella
di portar viaDraco a Ginny (anche perché altrimenti sarebbe la prima a
rimetterci la pelle… mzè!)
marco: Bhè…
nelle mie storie Draco/Ginny
è onnipresente… mentre Hermione vedremo
un po’ con chi sistemarla… ^^ [ehehehe…
me in realtà sa la coppia, ma ama tenervi sulle spine =PPPP]
Ely: Allora… il non rispondere a
tono di Harry alla barriera del binario 9 e ¾ non
interessa tanto il “cosa pensa di Draco”,
quanto più che altro quanto lo stesso Harrysia maturato. L’Harry che si
trovava alla stazione, non era di sicuro più quello che, solitamente,
avrebbe fatto a cazzotti con Malfoy, non tanto perché
non gli avrebbe volentieri spaccato la faccia, quanto perché “alcune
cose hanno perso di importanza dopo la morte di Sirius”, e Draco, per Harry, rientra tra queste cose.
Lady Liberty: eh,
la coppia in questa ff è, come dire, “Ancora
in costruzione”… vedremo che cosa ne esce.
Dopotutto non essendo io né una fan dell’una, né dell’altra
coppia, sceglierò solo in base alla trama…
^^
Anduril: ç_ç
Scusa tanto il ritardo… altro che impegni scolastici, sono stata
assolutamente imperdonabile. Spero comunque che questo
chap ti sia piaciuto comunque…
Ora vi lascio ragazzi… i commenti sono sempre graditi,
fanno comunque venire voglia di scrivere (o almeno mi
fanno sentire una merda quando non lo faccio,
imponendomi di mettermi alla tastiera).
Dove non c'è tigre, anche la lepre
spadroneggia. (Anonimo)
§§§§§§§
«Siamo i più forti,
siamo i migliori, e vinceremo assolutamente questa partita! Non vorremo certo
farci battere da quella banda scoppiata che sono i Serpeverde,
vero?» esclamai con forza, rivolto ai giocatori della mia squadra che,
compatti, mi risposero con un forte e sonoro «No!», mentre si scambiavano
sguardi furbi e divertiti.
Il Quidditch
sembrava essere una delle poche cose a colorire ancora il tono della mia voce,
ad incantarmi e scuotermi.
Adoravo questo sport, mi dava un
senso di libertà assoluto, a cui non avrei voluto rinunciare per nulla
al mondo.
E per di più
quell’anno ero stato eletto capitano, e non ero assolutamente
intenzionato ad interrompere la serie di vittorie nella quale si stava
cimentando Grifondoro negli ultimi anni. La squadra si era immersa in
allenamenti decisamente massacranti (lo ammetto, ero stato contagiato io stesso
dal morbo di Oliver Baston), ma tutto ciò aveva dato frutti
assolutamente ottimi.
«Abbiamo tre cacciatrici
che sono praticamente delle macchine macina punti, un portiere che è una
saracinesca e due battitori che daranno il loro bel da fare alla squadra
avversaria, tutti membri che loro non posso far altro che sognarsi»
affermai convinto, indicando di volta in volta i vari membri del mio team.
Non stavo mentendo assolutamente
per cercare di migliorare il loro giudizio su loro stessi, per cercare di
aumentare la loro autostima in vista dell’incontro.
Katie (che aveva finito per
rinunciare al ruolo di capitano, favorendo me in questo modo, che ero stato
riabilitato a giocare dopo l’espulsione che avevo rimediato durante il
quinto anno dalla Umbrige) aveva un’esperienza
pari – se non superiore – alla mia sulle spalle, e si era sempre
dimostrata un elemento più che ottimo; Ginny era stata una sorpresa
davvero piacevolissima: era una cacciatrice
decisamente ottima e ricopriva il ruolo in maniera migliore rispetto a quando
era stata Cercatrice (calcolando il fatto che anche in quei panni era stata
decisamente soddisfacente, si poteva capire quanto fosse brava); e poi
c’era NatalieMcDonald,
acquisto di quell’anno, assolutamente spericolata ed intraprendete sulla
scopa, era entrata subito negli schemi con le altre due.
Ron poi
aveva preso più sicurezza in se stesso grazie alla vittoria
dell’anno prima, e questo aveva migliorato le sue prestazioni in campo,
mentre Andrew e Jack dovevano essersi allenati
durante l’estate perché, nonostante non arrivassero sicuramente al
livello dei gemelli Weasley, il numero di disastri
che tendevano a compiere in campo era decisamente diminuito.
Avevamo messo su una bella
squadra, più che competitiva.
«E poi non vorrai certo
dimenticarti dell’ottimo cercatore che ci ritroviamo! Per fargli
sbagliare un boccino sono dovuti intervenire i Dissenatori»
ironizzò Katie, scompigliandomi bonariamente i capelli, facendo ridere e
sorridere gli altri presenti.
«Bhè…
si… anche lui non è male – risposi, utilizzando il medesimo
tono della mia compagnia – e quindi, come vogliamo uscire da questa
partita?»
«Vincitori!»
gridarono gli altri, timorosi ed elettrizzati al contempo.
Si prospettava decisamente dura
per i nostri avversari. Il nostro spirito di competizione era alle stelle.
«Ed ora, dopo
l’ingresso dei Serpeverde, ecco a voi la
squadra dei campioni in carica, i Grifondoro! Bell, Weasley, McDonald, Kirke, Sloper, Weasley e Potter!!» la voce
squillante di ColinCanon
risuonò forte in ogni dove mentre facevamo il nostro ingresso trionfale
in campo.
«In posizione –
richiamò le due squadre Madama Bumb – I
capitano si stringano le mani»
Io e Malfoy
ci facemmo avanti, avvicinandoci l’un l’altro e, scambiandoci
un’occhiata di sfida, dopo il tradizionale saluto, inforcammo le scope e
ci librammo in volo.
La professoressa, per quel giorno
arbitro, liberò i bolidi ed il boccino d’oro che, dopo aver fatto
il giro intorno a noi cercatori, sparì nella vastità del campo.
Io e Malfoy,
tuttavia, rimanemmo a fissarci, sfidandoci ancora con lo sguardo, finché
l’arbitro non diede il via all’incontro.
Rompemmo in contemporanea il
nostro contatto visivo, ed io girai la scopa, prendendo a perlustrare il campo
in lungo ed il largo, per riuscire a portare a termine il mio compito.
La partita intanto sembrava
andare avanti, entrando sempre più nel vivo.
Ron se
la stava cavando egregiamente, aveva parato tre pluffe
particolarmente difficili, anche se poi si era fatto fregare da due tiri che
invece erano fin troppo semplici.
I due battitori inoltre non se la
stavano cavando poi troppo male. Effettivamente dall’anno prima erano
decisamente migliorati, e non avevano ancora fatto disastri troppo eclatanti.
Per di più il nostro tridente magico (le tre cacciatrici), stava
macinando punti su punti, bucando più e più volte la porta dei
verde-argento, che non si stavano rivelando poi una squadra troppo problematica,
fin troppo frammentata all’interno.
E così, frammista da
qualche colpo basso, la prima mezz’ora di gioco passò decisamente
in fretta.
Del boccino però non
sembrava esserci traccia e, a parte sorvolare il campo scrutandole ogni
più piccolo anfratto, non è che avessi avuto poi molto da fare.
Poi… fu un attimo.
Nel momento in cui ci incontrammo
con Malfoy in aria e ci fummo scambiati
un’occhiata storia, lo vedemmo passare tra di noi, un brillio fugace
pronto a fuggir via.
Subito partimmo
all’attacco, girando le scope e muovendoci alla sua conquista.
Tuttavia rimanevamo pur sempre Harry
Potter e DracoMalfoy, acerrimi vali.
Il biondo, a testa bassa, fece
scontrare lateralmente la sua Nimbus 2001 con la mia Firebolt, rifilandomi una gomitata per cercare di
scavalcarmi.
A colpo basso fu risposto colpo
bacco, in un susseguirsi di leggere scorrettezze e tanta voglia di vincere.
«E’ inutile che ci
provi Malfoy! Tanto a spuntarla sarò sempre
io!» gli urlai, superandolo di poco grazie ad una svolta brusca che la
pallina fece e che finì per favorirmi.
Malfoy
smozzicò una mezza imprecazione tra i denti, mettendosi al mio
inseguimento nel vano tentativo di recuperarmi.
Dovevo vincere, volevo vincere!
Ed ecco, l’ennesima svolta
del boccino che questa volta prese a dirigersi in picchiata verso il suolo.
Una mossa che, tuttavia,
nonostante avrebbe potuto essermi avversa, non mi fece perdere il vantaggio che
possedevo sull’avversario.
Intraprendemmo entrambi una
veloce e rischiosa picchiata, quasi in verticale, verso il basso, sempre
più vicini alla nostra preda, io con un lieve vantaggio su di lui,
così vicino da poter quasi sfiorare quella pallina preziosa,
quando…
SBAM!
Avvertì distinto alle mie
spalle il rumore di qualcosa che si spezza e, girandomi un attimo, distratto,
vidi cadere oltre di me il corpo del mio avversario.
Allungai una mano per afferrarlo,
più per riflesso che per reale intenzione, tuttavia era assolutamente
fuori dalla mia portata.
Lo mancai, riuscendo
semplicemente a sfiorarlo.
Fortuna volle che non fossimo
ancora a così grande distanza dal terreno, e che cadde non di testa bensì
in ginocchio… l’impatto non fu comunque uno scherzo.
Per un attimo a vederli
lì, immobile, tutto lo stadio ammutolì, in un silenzio
inverosimile.
Non c’era stato neanche
Silente a poter far qualcosa, vista la sua assenza alla partita (si trovava al
Ministero a discutere di non so che con Percy, a sorpresa
neo-ministro dopo le elezioni avvenute qualche giorno prima), e per tutti noi
altri il tutto era avvenuto troppo velocemente per poterci porre rimedio in
qualche modo.
Dagli spalti, nel momento in cui
il biondo prese nuovamente a muoversi cominciando a tirarsi su a sedere con un
po’ di fatica, si poterono udire sospiri di sollievo, frammisti a qualche
sbuffo fintamente scocciato, quasi si sperasse effettivamente che Malfoy si fosse fatto male.
Lui intanto si era messo seduto
– abbastanza faticosamente da sembrare impossibilitato ad usare una delle
gambe – voltandosi a guardare oltre le mie spalle, un sorrisetto
divertito e di sfida ben stampato sulle labbra fini.
Voltatomi a guardare nella
direzione della serpe mia rivale, finii per posare gli occhi su Blaise Zabini,
con ancora la mazza da battitore sottratta a Goyle
stretta in pugno ed un sorrisino sgradevole ad illuminargli gli occhi blu
oltremare.
«Fatto male?»
domandò quello, fingendo un tono preoccupato.
«Oh, non
eccessivamente… Anche se credo di doverti dei ringraziamenti,
Blaise» sentii dire ad alta voce dal biondo mentre, rivoltandomi
nuovamente a guardare nella sua direzione, lo vidi sventolare davanti al volto
il boccino d’oro.
Un boato partì dagli
spalti verde-argento: Serpeverde aveva vinto.
Non se ne poteva più! Da
quando Grifondoro aveva perso, Ron sembrava in
perenne lutto, non faceva che lamentarsi ancora e ancora.
Harry invece sembrava non
preoccuparsene troppo esteriormente, anche se immaginavo la cosa gli avesse
dato un certo fastidio. Dopotutto era stato Malfoy a
batterlo, e solo per un banale tiro della fortuna: come chiamare l’esser
riuscito a recuperare il boccino in caduta libera, disarcionato dalla scopa da
un suo stesso compagno di casa?
Anche se sicuramente tutto
ciò alla fine non era stato poi un casuale incidente visto e considerato
che a disarcionarlo con un bolide era stato non un compagno di casa qualsiasi,
ma Zabini, che notoriamente giocava nel luogo del Cacciatore e non in quello
del Battitore nella squadra dei Serpeverde.
Per quanto mi riguardava era
ciò ed i continui disordini che scuotevano la scuola a causa
dell’instabilità che regnava giù nei sotterranei ad
impensierirmi.
Se solo fossi stata ancora prefetto
avrei sicuramente dato una mano in più rispetto a quello che potevo fare
ora come semplice studentessa!
Mmmmh…
non importava… Ginny si stava comunque comportando in maniera egregia,
anche se sembrava esaurirsi ogni giorno di più.
«Harry?»
mormorò Ron, rompendo l’atmosfera
pensosa e silenziosa che regnava tra noi mentre, al solito con un leggero
ritardo dovuto alla permanenza di Harry qualche minuto in più
nell’aula di Pozioni, giusto il tempo di farsi assegnare da Piton la punizione per quella sera (il motivo? Meglio sorvolare…),
ci dirigevamo verso la Sala Grande per il pranzo.
«Ma se stasera sei in
punizione, come puoi partecipare all’allenamento?» gli
domandò il rosso.
«Non preoccuparti Ron» mormorò il ragazzo in risposta, con quel
suo tono praticamente incolore, che mi faceva preoccupare sempre di più.
Che cosa sarebbe stato se Remus non fosse riuscito ad oltrepassare quella barriera
che Harry si era costruito intorno durante l’estate?
Io e Ron
alla fine ci eravamo rivelati inutili…
«Bhè,
ma come facciamo senza capitano? Dovevamo ripassare quei nuovi schermi, come possiamo
se tu non ci sei? Dobbiamo assolutamente prepararci per l’incontro di
fine gennaio con i Corvonero! Mancano poco più
di due mesi. Quella partita dobbiamo vincerla assolutamente con un vantaggio
decisamente sostanzioso…» si infervorò il mio rosso amico.
Tsk!
Uomini! Sempre e solo a pensare alla pluffa! Anche se probabilmente Ron era proprio un caso patologico.
Vidi Harry girarsi verso di lui,
con un sorrisino ironico e vagamente esasperato «Non preoccuparti, dovrei
fare a tempo. Intanto vai e cominciate con il riscaldamento, vi guiderà
Katie. Così, quando arrivo, possiamo cominciare direttamente lo studio
dei nuovi schemi, e recuperare il tempo perso. Per l’incontro con i Corvonero saremo più che preparati» concluse,
con uno strano luccichio negli occhi.
Trattenei a stento un leggero
sorrisino alla faccia preoccupata di Ron… aveva
appena risvegliato lo spirito competitivo/schiavista di Harry.
Mi domandai in quanti sarebbero
sopravvissuti alla seduta intensiva di allenamento che li attendeva quella
sera.
«Basta! Harper,
Baddock! Smettetela! Che diavolo pensate di fare, vi
ho detto di smetterla!» la voce di Ginny risuonò forte e
decisamente arrabbiata nel corridoio.
Ci guardammo tra di noi,
sorpresi, propendendo poi per raggiungere la rossa, e darle in caso una mano.
Disordini.
Certamente.
Non era molto lontana, ma quando
arrivammo noi era rimasta praticamente solo lei in mezzo al corridoio, che
sbraitava contro la stupidità di certa gente.
«Emh…»
Ron si girò verso di noi, in cerca di
supporto. Gli facemmo cenno di andare… dopotutto era lui il fratello, no?
Sospirando raggiunse la sorella,
che si girò verso di lui, ancora decisamente “agitata”.
«Che… che è
successo?» le domandò.
«Niente…
niente… la solita rissa tra elementi di due fazioni. Naturalmente Serpeverde» mormorò, sospirando esausta lei,
avvicinandosi sottobraccio al fratello a noi.
«Dai, vieni a
mangiare… Purtroppo non serve a nulla che ti ci avveleni il sangue»
le mormorò Harry, girandosi e precedendoci.
Si diresse verso un arazzo e ci
fece segno di seguirlo attraverso quello che appariva essere una scorciatoia,
una delle tante che lui insieme a pochi altri conoscevano.
«Siamo sicuri ci
condurrà dove dobbiamo andare, e non ci ritroveremo in mezzo all’ennesima
rissa? Non ce la faccio più… potrei ucciderti se
succedesse!» esclamò Ginny, decisamente provata.
«Per l’essere sicuri
della meta si, non temere – tranquillizzò la rossa Harry,
concedendosi però poi una leggera smorfia – per le risse non so,
considerato che è un passaggio abbastanza conosciuto e sfruttato da un
buon numero di Serpeverde»
La mia amica si lasciò
scappare un leggero verso esasperato e disgustato, e la vidi stringere gli
occhi, come a pregare che non succedesse niente.
Povera, mi veniva un po’ da
sorridere a guardarla…
Percorremmo con
tranquillità il corridoio, non incrociando praticamente nessuno (tutto
ciò andava a rafforzare l’ipotesi e la disperazione di Ron sul fatto che, arrivati in Sala Grande, non avremmo
trovato nulla, visto che i nostri voraci compagni avrebbero provveduto a
spazzolare tutto quello che i poveri elfi domestici avevano provveduto a
preparare per il nostro pranzo).
In fondo sembrava tutto
tranquillo.
Sembrava…
Avvertii un leggero rumore
provenire alla mia destra, ma ci feci appena caso: non doveva essere nulla di
grave. Qualche quadro che mormorava, oppure qualche armatura che, spostandosi
leggermente, aveva cigolato. Insomma, nulla di cui preoccuparsi, nulla degno di
nota.
Non era raro sentire qualche
rumore apparentemente sopraggiunto dal nulla ad Hogwarts, anzi, era il male
minore.
Peccato che non fosse affatto
nulla di grave.
Un grido, subito soffocato,
udibile solo per un attimo, ci gelò sul posto, preoccupandoci.
Harry si guardò intorno,
con cipiglio serio, cercando, come tutti noi, di trovare il punto da cui esso
era arrivato.
Diverse porte si aprivano su quel
corridoio, e cominciammo, silenziosamente e con attenzione, a spalancarle una
dopo l’altra, nel tentativo di trovare chi sembrava aver bisogno di aiuto.
Mi fermai davanti
all’ennesimo uscio, udendo un leggero verso e due voci maschili al
contempo.
Mi voltai verso gli altri,
richiamandoli con un gesto della mano, senza parlare, per evitare di essere
sentita.
Fu Harry infine ad aprire la
porta, rivelandoci quanto si celava dietro di essa: due ragazzi, Serpeverde del quinto anno, tenevano immobilizzata a terra
una bambina del primo, della loro stessa casa, una mano sulla bocca per evitare
che strillasse, con tutta l’intenzione di farle quanto più male
possibile.
Grossi lacrimoni
scendevano sulle sue guance arrossate, ed i capelli corti e neri, spettinati le
ricadevano sugli occhi.
Harry con un gesto molto rapido
estrasse la bacchetta, schiantandoli entrambi lontani dalla ragazza, e
lasciandoli lì, afflosciati, svenuti, senza alcun riguardo.
La bambina, vedendosi libera, si
tirò su a sedere, cercando di appiattisti contro una delle pareti della
stanza, le gambe strette a sé, gli occhi ancora rossi e pieni di pianto.
Ci guardava con occhi spauriti,
completamente spaventata.
Ron le
si avvicinò per aiutarla a tirarsi in piedi, ma appena si abbassò
verso di lei con l’intento di prenderla, la piccola si ritirò al
suo tocco, incrociando i suoi occhi scuri con quelli azzurri di Ron, terrorizzata.
Non era di certo questo il modo
migliore per trattarla.
Era scioccata, provata, nel
panico più totale, me ne rendevo conto.
Ron si
girò verso di noi, cercando un qualche consiglio su cosa fare, come
comportarsi, ma io… non sapevo. Non avrei saputo che digli.
Non ero mai stata brava nei
rapporti con gli altri, e soprattutto, non ero in gradi di far qualcosa per una
persona che soffrisse. Bastava vedere come mi ero (o meglio, non mi ero)
occupata di Harry.
L’unica che riuscì a
muoversi, a tentare qualcosa, fu Ginny.
Si avvicinò, piegandosi
poi sulle gambe per abbassarsi e poterla guardare negli occhi.
Un sorriso leggero le piegava le
labbra e, meglio che poteva, stava cercando di trasmettere tranquillità
a quello scricciolo tremante.
«Ti portiamo fuori di
qui…» mormorò semplicemente lei, dopo qualche secondo,
allungandole una mano, aspettando tuttavia che fosse lei a prenderla, senza
metterle alcuna fretta.
Alla paura, sul volto della Serpeverde, si sostituì dapprima la meraviglia, e
poi il sollievo mentre, prendendo la mano della ragazza, la rossa la accoglieva
fra le sue braccia, lasciandola sfogare in un pianto liberatorio.
Era una vista che stringeva il
cuore.
Ginny la trascinò fuori,
sussurrandole parole di conforto che noi non eravamo in grado di udire,
carezzandole dolcemente i capelli.
Fu così che le
trovò Malfoy.
Era spuntato da un corridoio
laterale, giungendo di corsa, fermandosi immediatamente quando giunse a
vederci.
I suoi occhi corsero subito alla
sua compagnia di casa, mentre si ricomponeva velocemente, tornando con la sua
solita aria tipica ben stampata in volto.
«Helén…»
mormorò, richiamandola.
Lei si voltò verso di lui,
rimanendo però tra le braccia di Ginny, senza alcuna apparente
intenzione di raggiungerlo.
Lui però non ne
sembrò scosso, rimanendo impassibile.
«Malfoy,
forse dovresti andare… La tua compagna ha subito uno shock e sembrerebbe
che preferisca rimanere tra le braccia di Ginny e…» mi mordicchiai
leggermente il labbro inferiore, scambiandomi uno sguardo con Ron che, con un leggero cenno delle spalle, sembrò
darmi ragione.
Il biondo Serpeverde
rimase immobile per un attimo sorpreso dalle mie parole, fino a convincersene, ma
quando fece per girarsi ed allontanarsi, inaspettatamente fu la voce di Ginny a
fermarlo.
«Aspetta!»
esclamò lei, voltandosi a fissarlo, occhi negli occhi.
Un attimo che sembrò
stirarsi nel tempo.
Qualche secondo dopo la bambina
si staccò dalla rossa, avvicinandosi al ragazzo con testa bassa, le
spalle ancora scosse da leggeri singhiozzi, fino a fermarsi davanti a lui.
«Andiamo» mormorò
semplicemente Malfoy, senza inflessione, con un cenno
del capo ad indicare la direzione da intraprendere.
Lei annui solamente, cominciando
a camminare nella via indicata.
Malfoy
però rimase fermo per alcuni secondi, puntando lo sguardo su di noi,
affermando poi «Vi devo un favore. A buon rendere».
Subito dopo si allontanò,
senza aggiungere altro, seguito dalla sua compagnia che, girandosi,
sillabò un sentito «Grazie…»
Rimanemmo tutti per qualche
istante in silenzio, tra il sorpreso ed il turbato, finché un problema
non balzò nella mia mente pronta e razionale.
«Che ne facciamo di quei
due?» domandai, voltandomi verso i miei amici.
«Qualcosa in mente forse ce
l’ho io» mi rispose Ginny, con gli occhi ridotti a due fessure ed
un sorrisino che non prometteva nulla di buono.
Quasi quasi
mi facevano pena quei due.
…
Quasi.
Caro Remus
Come va? Qui tutto ok per quanto è
possibile, anzi, la situazione rispetto a quanto ti raccontavo nelle altre
lettere sembra addirittura migliorata.
Giù a Serpeverde le cose sembrano
essere tornate nella norma: a quanto pare Malfoy
sembra aver ripreso la sua autorità, imponendosi sugli altri che gli
stavano dando fastidio ultimamente.
Credo si sia praticamente ritrovato costretto ad una simile scelta,
considerando quanto successo ad una ragazza a cui pare essersi particolarmente
legato.
Ironia della sorte… Malfoy che riprende
il controllo sui suoi ottusi compagni purosangue in quanto loro hanno fatto del
male ad una Nata Babbana.
Dovevi vederlo quando è sopraggiunto sulla scena, decisamente
trafelato, e ha visto quella bambina piangere tra le braccia di Ginny.
Prima di indossare nuovamente la sua maschera di gelida ironia (anche
se in realtà la luce che gli brillava negli occhi era estremamente
seria) gli è passato un lampo di rabbia e paura in essi…
Lo capisco perfettamente. Personalmente avrei perso totalmente ed
irrimediabilmente il controllo.
Per guanto riguarda me, bhè… in
realtà anche io sto meglio.
La compagnia di Ron ed Hermione
mi fa bene, mi rilasso con loro, spesso riesco anche a dimenticare tutti i
pensieri tristi ed assolutamente inutili che mi ritrovo in testa.
Solo un ragazzo normale… posso illudermi di essere solo un
ragazzo normale, intento a scherzare, a studiare con i suoi amici, senza alcuna
preoccupazione tranne le interrogazioni del giorno dopo o la ragazza di cui
sono innamorato (in realtà non sono innamorato, preciso prima che tu
cominci a chiedermi informazioni su una persona in realtà inesistente.
Era per farmi capire…).
Mi basta anche solo stare in silenzio con loro, per sentirmi bene.
C’era stato un periodo in cui l’assenza di parole tra noi
creava solo imbarazzo, mi urtava i nervi, ma ora mi sento cullare dalla loro
semplice presenza.
Mi basta saperli lì, con me, per stare bene.
Insomma Remus, il mio cuore non sembra
più un caso così disperato, che dici?
E – al solito – alla fine mi ritrovo a doverti ringraziare,
a rendermi conto per l’ennesima volta di quanto sia stata preziosa la tua
presenza, le tue parole, i tuoi consigli quest’estate.
Non posso negarlo, mi avrebbe fatto piacere rivederti, passare con te
il Natale.
Sarebbe stato indubbiamente uno splendido regalo.
La signora Weasley mi aveva anche invitato a
passare le vacanze alla Tana, ma Silente preferisce di gran lunga che io resti
qui, ad Hogwarts, sotto la sua custodia.
Probabilmente fa bene, qui sono più protetto, e decisamente
anche meno pericoloso.
Con la mia sola presenza tendo a mettere in pericolo chiunque mi stia
accanto, e non è di certo con questa atmosfera che vorrei far passare il
Natale a Ron e alla sua famiglia (no, non si tratta
di vittimismo, e neanche di insalubre pessimismo, quindi non allarmarti.
L’ho detto che sto meglio. Il mio in questo momento è semplice
realismo, considerato che Voldemort mi vuole morto, e
se mi sapesse in un luogo non protetto non credo ci metterebbe molto a
decidersi a venire a farmi una visita. L’unico luogo rimasto sicuro per
me è questa scuola e… bhè, hai
capito).
Inoltre approfittando del fatto che a scuola rimarremo in pochissimi,
per questo periodo vuole anche che mi impegni in alcuni allenamenti (non
chiedermi di cosa, considerato che non so neanche chi me li impartirà),
ed inoltre ha deciso di incrementare il numero delle lezioni di Occlumanzia con Piton (si si, lo so. Mi si prospettano magnifiche vacanze. Grazie,
puoi essere invidioso di me).
Direi che per ora dovrò accontentarmi di questo scambio di
lettere, almeno fino alla prossima estate.
E’ un peccato, non posso negarlo, ma dopotutto non dovrebbe
essere una così gran rinuncia se è per la mia sicurezza…
per il mio bene… o almeno credo.
Ok, lo ripeto un altro paio di volte e vedo di convincermi di star
dicendo una cosa veramente sensata.
Per ora ti saluto, Edwige vuole sbrigarsi ad uscire, ed io devo
scendere a salutare Ron ed Hermione,
in partenza.
Buon Natale.
Harry.
«Sei sicuro?» mi
voltai a domandare ad Harry, girandomi per l’ennesima volta, arrivato
davanti il portone.
«Si Ron…
te l’ho già detto. Non preoccuparti, preferisco rimanere a
scuola»
Ah ah, si, ci dovevo anche
credere?
No, cioè, mi credeva sciocco?!
Sapevo esattamente che rimaneva
ad Hogwarts perché Silente non voleva che si allontanasse dalla scuola,
lo sapevo perfettamente io come lo sapeva Hermione.
«Guarda, se vuoi resto e
non parto!» proposi per l’ennesima volta.
Non potevo negarlo, mi dispiaceva
enormemente pensare ad Harry da solo ad Hogwarts, mentre noi ce ne andavamo in
vacanza con dalle nostre famiglie. In fondo sarebbe stato il primo Natale che
avrebbe passato ad Hogwarts da solo.
«Si Harry, lo sai… se
vuoi restiamo. Anzi, a me neanche va di andare in montagna… Sciare non
è che sia poi così divertente» mi diede manforte Hermione, storcendo il naso sull’ultima affermazione.
Harry roteò gli occhi,
puntando poi su di noi uno sguardo divertito «No, vi prego! Ed io che
avevo già calcolato di passare un Natale finalmente libero! Vi scongiuro,
andate, non potrei sopportare ancora la vostra presenza» ci prese in giro
il ragazzo.
Rimasi completamente ad occhi
aperti. In realtà per un attimo c’ero cascato.
Hermione
diede un leggero (parola grossa) schiaffo su una spalla al nostro amico, per
poi abbracciarlo dandogli un bacio su una guancia.
«Mi raccomando, qualunque
cosa scrivici, e siamo subito qui» gli mormorò.
Lui la teneva per la vita,
guardandola con un leggero sorrisino in volto «Ok
mamma... piuttosto, state attenti» mormorò semplicemente,
lasciandola poi andare.
Salutai con un semplice cenno del
capo Harry, girandomi per andarmene, trascinando la mia valigia e quella che Hermione mi aveva costretto a portare in cambio
dell’aiuto per un tema qualche giorno prima, quando finii quasi per
scontrarmi con un’altra persona.
«Scus-»
Sbattei gli occhi, quando mi
ritrovai ad osservare lo sguardo limpido e sorridente di Lupin
davanti a me.
Continua…
Scusate l’obbrobriosità, ma ho dovuto ponderare
molto se pubblicare o meno questo capitolo.
Non mi convinceva e, a dire il vero, continua pienamente a
non convincermi, ma vabbè, non potevo certo
continuare a non aggiornare ancora, considerando i miei già terribili
ritardi.
-.- perdonate la mediocrità di questo capitolo, spero
con i prossimi di farmi perdonare.
Ringrazio coloro che, nonostante tutto, continuano a
seguirmi. Se continuo a scrivere è per voi, per i commenti che mi
lasciate o anche per il solo fatto di sapere che ci siete e leggete, e che mi
fanno sentire cheil mio lavoro, in
fondo, non è totalmente sprecato.