Acquisti con un personal shopper

di LaU_U
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il personal shopper ***
Capitolo 2: *** Cetrioli ***
Capitolo 3: *** Secondi di carne ***
Capitolo 4: *** Vini e pause ***
Capitolo 5: *** Il premio finale ***
Capitolo 6: *** Alla cassa ***



Capitolo 1
*** Il personal shopper ***


«Castle, non ho bisogno di una tata.»
Lo scrittore si era presentato alla porta di Beckett senza preavviso e le sue ordinarie insistenze non avevano fatto altro che peggiorare il mal di testa che la donna aveva in quel momento.
«Lo so, infatti non sono la tua tata. Sono il tuo personal shopper» disse con orgoglio gonfiando il petto, come se quella fosse una qualifica da aristocratico.
«E cosa dovrebbe essere un personal shopper
«Una specie di consulente per gli acquisti. Come un personal trainer, ma invece di indicarti gli esercizi fisici per tenerti in forma, ti aiuta a comprare con metodo, anche nel fare la spesa.»
«Ti ringrazio, ma posso prendere dei pomodori anche senza il tuo aiuto. Ce l’ho sempre fatta benissimo fino ad oggi.»
La detective provò a chiudere la porta per abbandonare la conversazione definitivamente, ma l’uomo sgusciò rapidamente all’interno dell’appartamento, togliendole la possibilità di vederlo sparire dalla sua vista.
«Sì, ma non avevi mai avuto una mano fuori uso» intervenne lui.
«Non ho le gambe rotte, Castle, è solo un braccio fasciato.»
Durante l’ultimo arresto era stata colpita da un colpo d’arma da fuoco sull’avanbraccio. Poco più che di striscio, fortunatamente, ma negli ultimi due giorni il bruciore e l’emicrania non l’avevano abbandonata un istante.
«Quindi non riuscirai a portare i sacchetti.»
«Mi farò consegnare qualcosa dal cinese all’angolo» cercò di tirar corto lei, spalancando nuovamente la porta per invitare lo scrittore a levarsi dai piedi.
«Oh, oh, oh. No, mia cara. Basta scatolette e polistirolo, Da oggi si mangia sano.»
«Va bene» disse nervosamente Beckett. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi per riflettere e per evitare di insultare quell’uomo che voleva fare il dietista nonostante si rimpinzasse di panna e gelato appena ne aveva l’occasione. «Facciamo così: tu vai al supermercato a comprarmi tutto il cibo salutare che vuoi, me lo porti qui e la facciamo finita.»
«Non funziona così. Sono il tuo personal shopper. Devi seguirmi affinché io possa indicarti la via.»
Come conclusione alzò entrambe le sopracciglia e con sguardo serio fece un inchino col busto tenendo le mani giunte e i gomiti alzati, in atteggiamento molto zen.
Beckett sentì crescere il nervosismo. Quell’uomo non poteva piombare in casa sua e organizzarle la giornata. Si avvicinò bruscamente a lui, fissandolo negli occhi a pochi centimetri dal suo volto. Era molto più alto ora che lei, invece dei tacchi, indossava solo delle scarpe da tennis.
«Tu lo sai che io non mollo mai la mia pistola?» chiese minacciosamente.
Lui sorrise.
«E tu lo sai che io continuerò ad insistere?»
Rimase a fissarlo a un palmo dal naso per qualche istante, poi sbuffando, sconfitta e frustrata, andò ad agguantare rapidamente la giacca ed uscì di casa.

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Hello!
Questa è nata come one shot (e potenzialmente potrebbe ancora esserlo), ma poi ho deciso di dividere i paragrafetti in capitoli distinti (che saranno molto corti). Vediamo come va. Mi ero incartata dopo questo primo pezzo, ma oggi sono riuscita a continuare. I prossimi capitoli sono già work in progress, am sono curiosa di sapere cosa ne pensate dell'inizio.
Non ho ancora idea di come finirà, decido le cose un po' per volta, facendo agire i personaggi. Speriamo che Rick e Kate mi portino in una buona direzione ;)
Grazie a lettori e commentatori!

 

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Capitolo 2
*** Cetrioli ***


«Ti piacciono le melanzane?»
Beckett dovette fare uno sforzo inumano per trattenersi dal dirgli dove voleva mettergliele quelle melanzane. Camminava tre passi davanti allo scrittore e rispondeva voltandosi a stento e solamente quando veniva insistentemente interpellata. Castle sapeva essere una persona piacevole con cui passare il tempo, soprattutto grazie alla sua capacità di rendere tutto più leggero e divertente, ma in quel momento la detective non avrebbe voluto altro che immergere la testa in una vasca d’acqua calda con la speranza di annegare il suo mal di testa.
«I cetrioli? Ti potrei insegnare la ricetta di una fantastica insalata di cetrioli.»
«I cetrioli vanno benissimo.»
La risposta positiva, se non nel tono, almeno nella parole, spinse l’uomo ad erigersi ancora una volta a Maestro portatore di conoscenza.
«Sono quasi privi di calorie, i cetrioli, per questo li usano spesso nelle diete. Pensa che sono composti da circa il 96% di acqua! Mi sembra assurdo che li mangiamo, invece di berli. Inoltre potresti sempre utilizzarli per una maschera di bellezza: ammorbidiscono la pelle e la rendono più elas…»
Castle si interruppe quando si ritrovò puntati contro due occhi truci, che lasciavano trasparire quanto poco potesse risultare interessante quella storia.
«Non che il tuo viso ne abbia bisogno» concluse l’uomo, deglutendo.
Rimasero in silenzio per qualche istante, poi la donna decise di tentare un atteggiamento accondiscendente.
«Castle, credo che i cinque chili di verdure che abbiamo già messo nel carrello possano bastare. Che ne dici di passare ad un altro reparto?»
«Peso i cetrioli e arrivo!»

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Questo è il capitolo più corto. Non succede un granché, ma ho pensato che in fondo potesse bastare. Ogni altro capitoletto sarà ambientato in un settore diverso del supermercato. Di solito le verdure sono all'ingresso e quindi sono partita da quelle. :)

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Capitolo 3
*** Secondi di carne ***


«Carne o pesce?»
«Fai come preferisci.»
«E carne sia.»
Lo scrittore accelerò il passo superando la donna.
«Attaccati, detective!»
Un bambino impegnato in una gara di velocità avrebbe avuto la stessa espressione. Beckett si aggrappò al carrello con la mano libera dalle fasciature e si sentì strattonare in avanti. Dovette abbozzare una corsetta per non restare indietro e ritrovarsi sola, circondata da formaggi e prosciutti.
«La cosa migliore sarebbe rivolgersi direttamente al salumiere, ma questo supermercato è piccolo e non ne ha uno, quindi dovremo accontentarci dei prodotti preconfezionati.»
«Mi chiedo se riusciremo a sopravvivere» commentò sarcasticamente la donna.
«Mi chiedo come il tuo fegato sia sopravvissuto fino ad ora, con tutto il cibo pronto che mangi.»
Beckett si sentì inaspettatamente offesa dalle parole dell’uomo. Non riuscì neanche a trovare una frase con cui rispondergli.
«Vediamo…»
Castle cominciò a scrutare gli scaffali, spostando lo sguardo da un ripiano all’altro con grande concentrazione. Si mise un indice sulla bocca, come se l’aiutasse a pensare.
«Credo che con le verdure che abbiamo preso si potrebbe pensare ad un brasato, ma forse è un po’ complicato come primo tentativo.»
Guardò la donna con un sorrisetto. Lei stava per aprir bocca e replicare, ma lo scrittore continuò:
«Possiamo partire da qualcosa di più semplice, come delle polpette con spinaci e patate. Veloci, semplici e saporite. Serve solo un po’ di carne trita e del pan grattato che…»
Lo stesso ghigno di un istante prima riaffiorò sul suo volto.
«...Non posso sperare che tu ne abbia già un po’ a casa, vero?»
Ora che le dava finalmente la possibilità di metterlo a tacere, lei non aveva le carte in regola per farlo. Pan grattato? Perché mai avrebbe dovuto avere del pan grattato in casa? Si dovette limitare ad incenerirlo con lo sguardo.
«Come immaginavo. Va bene, ecco la carne. Passiamo oltre…»
Castle aveva preso una confezione e la stava mettendo nel carrello, ma Beckett gliela tolse rapidamente di mano.
«Che c’è? Non ti piacciono le polpette?»
La donna guardò il pacco.
«È carne trita. È fatta così: tanti serpentelli rosati ammassati l’uno sull’altro. È una cosa che si mangia» la canzonò lui.
«So cos’è la carne trita, Castle.»
Perché doveva sempre fare l’idiota?
«Solo che questa scade domani.»
Gliela sventolò sotto il naso e poi andò a rovistare fra le confezioni ancora sullo scaffale.
«Mentre quest’altra durerà ancora una settimana.»
La prese e la poggiò nel carrello, poi si accorse che l’uomo la stava fissando con un sorriso, diverso dal precedente.
«Incredulo che anche io sappia fare la spesa?»
«Non incredulo. Solo piacevolmente stupito.»
Perché continuava a fissarla? La stava mettendo in imbarazzo e quello sguardo era troppo affettuoso per i suoi gusti.
«Andiamo, personal shopper, il giro non è ancora finito.»

 

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Ecco qui il terzo capitoletto. Credo ce ne saranno altri tre, per un totale di sei.
Non so voi, ma io immagino Castle come un buon casalingo: cucina, stira, pulisce... Me lo vedo col grembiulino a spolverare imitando Biancaneve. Per questo l'ho proposto come aiutante di Beckett nela sua spesa.
Stavolta eravamo nel reparto carne. Secondo voi dove si svolgeranno i prossimi dialoghi?
Grazie alle lettrici e commentatrici! :)

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Capitolo 4
*** Vini e pause ***


«Dato che abbiamo preso la carne, ora possiamo dedicarci alla scelta del vino adatto.»
Vino, finalmente Beckett si trovava d’accordo. Un bicchiere di rosso l'avrebbe aiutata a rilassarsi e a dimenticare il mal di testa. Magari l’avrebbe in seguito reso più forte, ma la donna era indirizzata ad un benessere immediato.
«No, no, no, no...»
Castle scorreva le bottiglie una ad una, alla ricerca di quella più adatta.
«Beh, con questa si va sul sicuro. Vino italiano DOC.»
Tenendo delicatamente l’oggetto con entrambe le mani, mostrò l'etichetta alla donna che si avvicinò per leggerla.
«Ma tu sei Richard Castle!»
Una voce trillante attirò l'attenzione dei due. Apparteneva ad una donna castana sui venticinque anni che si avvicinò a gran passo con gli occhi spalancati per l'incredulità.
«Non posso crederci, sei davvero tu?»
«Credo proprio di sì» replicò lo scrittore rispondendo con lo stesso sorriso che gli stava rivolgendo la giovane.
«Oh, caspita! Adoro i tuoi libri, sono così... intriganti.»
Beckett non aveva alcun dubbio sul fatto che quella tizia stesse cercando di flirtare con Castle. Trovava la cosa fastidiosa ed imbarazzante per tutti: per Rick, che stava già iniziando a fare il divo affascinante, per la ragazza, che sarebbe finita a fare la figura dell'oca e per se stessa, che avrebbe dovuto assistere a tutta la scena.
«L'intrigo è il mio mestiere.»
Ecco, appunto.
«E quella Nikki Heat è una vera forza, anche se il mio preferito è Rook. È così... sexy.»
Lasciava sempre una pausa prima di dire una parola di seduzione, per creare l'attesa. Nel frattempo lo squadrava da testa a piedi, spogliandolo con gli occhi. La detective fece per andarsene più in là, dato che la conversazione non la riguardava, ma Castle l'afferrò per un braccio.
A quel punto la giovane sembrò notarla per la prima volta.
«Oh, scusa, non mi ero accorta... Non sapevo che fossi... impegnato.»
Questa volta l'interruzione prima dell'ultimo termine diede un'idea più di sdegno che d'altro. Beckett pensò una seconda volta di allontanarsi.
«Non preoccuparti, stavo andando a...»
Lo scrittore non mollò la presa, al contrario mise con naturalezza un braccio sopra le spalle della compagna di lavoro e l'avvicinò a sé.
«Stavo solo facendo un po' di spesa con Kate.»
Beckett lo fissò alzando un sopracciglio. La ragazza fissò la detective con evidente disappunto.
«Oh, bene. È stato un piacere, Rick. Buona... giornata.»
La giovane fortunatamente si dileguò, forse indispettita per non essere al centro delle attenzioni della star che aveva di fronte; un'altra pausa ad effetto e la poliziotta l’avrebbe atterrata con una mossa di lotta libera. Beckett prese con due dita la mano dell'uomo e la tolse dalla sua spalla.
«Non credo che fare il tenerone con me sia stata una buona tattica per adescare la ragazzina. Non tutte le donne gradiscono i triangoli amorosi.»
«Sono molte più di quante tu creda» rispose lui con tono allusivo.
Lo guardò con apprensione, per fargli capire che non credeva alle sue spacconate da casanova. Anche se in realtà riteneva più che possibile che lo scrittore avesse avuto delle avventure con un numero di partner superiore all’unità.
«In ogni caso la mia tattica ha funzionato alla perfezione. Grazie per avermi aiutato a liberarmi di lei.»
«Non avevi l’aria di uno che voleva esattamente liberarsi
di una fan.»
«Perché dici questo?»
«Oh, credo di sì, l'intrigo è il mio mestiere» lo sbeffeggiò, facendo caricatura di ciò che l’uomo aveva detto poco prima.
Lui ridacchiò alla vista di Beckett intenta ad imitarlo.
«Siamo gelose, detective?»
«Non è gelosia. È a te che manca l’amor proprio. Non so chi dei due sembrasse più ochetta, se lei o te.»
Possibile che dovesse sempre abbassarsi a certi livelli per sentirsi apprezzato?
«Stavo solo facendo il gentile, non c'era bisogno di trattar male nessuno. Alcuni di noi non alzano la pistola per far colpo sulle persone.»
«Io non...»
«Uh, uh, uh... basta così. Non voglio più parlare di quella ragazza.»
L’uomo mise la bottiglia nel carrello e si incamminò, facendo poi un ultimo commento, senza neanche voltarsi.
«Io sono cordiale con le mie ammiratrici. Proprio ora sto aiutando la mia fan più accanita a far la spesa.»
Beckett sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Quanto era pomposo!

 

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Due capitoletti in un giorno (li avevo già pronti, dovevo solo dare una sistemata). Ed ecco che anche il reparto vini è stato visitato. Ho provato a cercare un vino adatto alle polpette della parte precedente, ma non ci sono riuscita, quindi ho brutalmente tagliato la scena... Castle sta sul vago e Beckett non fa in tempo a leggere l'etichetta. Mi sarebbe scocciato mettere un nome a caso. Voi sapete che vino può star bene con delle polpette con spinaci e patate?
Ho scelto di mettere Casanova (invece di Don Giovanni, ad esempio) con cognizione di causa. E' un'altro dei miei omaggi ad altre serie tv che ho amato (Casanova con David Tennat, guardatela perché è splendida e lui è sempre rouggedly handsome ed extraordinary).
Un'ultima cosa (inutile, ma è il mio spazio e lo riempio come mi pare :P ). Faccio un quiz abbastanza difficile (a cui nessuno risponderà). Ho concluso il capitolo con "Quanto era pomposo!", facendomi ispirare da qualcosa. Qualcuno di voi sa da dove proviene la citazione: "Si può essere più pomposi?"
Spero gradiate la lettura! Sempre grazie!

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Capitolo 5
*** Il premio finale ***


«Ed ecco il pane» disse Castle, adagiando un sacchetto sulla pila di cibi nel carrello. Beckett riconobbe a se stessa che l’uomo ce l’aveva messa tutta per essere professionale nel suo impiego temporaneo da personal shopper. Per ogni cibo aveva cercato di illustrare una ricetta, o un abbinamento, o le sue proprietà nutritive. La donna aveva perfino ascoltato parte delle sue ciance. L’elemento principale su cui lui avrebbe dovuto lavorare ancora un po’ era la sistematicità, poiché tendeva a tornare cinque o sei volte in ogni reparto dopo essersi reso conto di aver dimenticato qualcosa. Per questo i due passarono tre ore su e giù per i corridoi facendo aumentare man mano il livello dei prodotti all’interno del carrello. Sarebbe stato un bel problema trovare abbastanza posto all’interno del frigorifero, ma Castle non pareva minimamente sensibile a tale osservazione.
«Quindi abbiamo finito? Posso tornare a casa?»
«Quasi. Manca un ultima cosa.»
Si fece seguire fino a quando arrivò a destinazione ed indicò con un ampio gesto del braccio una serie di scaffali. La detective non era sicura di aver visto bene.
«Caramelle?»
L’uomo annuì. Beckett si sfregò la faccia con una mano.
«Castle, non credi che questo vada contro a tutti i tuoi propositi di salvare il mio organismo dall’ulcera e dalla decomposizione? Non era una spesa salutista?»
«Infatti. Questa non è più spesa.»
«E cosa è diventata?»
«Comprare le caramelle durante la spesa è sbagliato, troppi zuccheri fanno male. Ma noi la spesa l’abbiamo già finita. Questo è un premio.»
Provò a concentrarsi per star dietro alla teoria dell’uomo, ma senza successo. Lentamente chiese chiarificazioni.
«Esattamente un premio… per cosa?»
«Per aver fatto una buona spesa!»
Lo disse come se fosse ovvio.
Beckett era in ballo da troppo tempo per mettersi a litigare all’ultima tappa, ormai conveniva star dietro a quell’eccentrico senza perdere troppo tempo.
«E quanti premi dovremmo ricevere?»
«Beh, dipende da quanto positiva è stata la spesa.»
Parlava come se stesse esponendo una teoria ad una classe universitaria.
«Nel nostro caso, tenendo conto della quantità di verdure, la carenza di salumi, la giusta dose di carboidrati… penso che dieci pacchetti potrebbero andare bene.»
«Dieci pacchi di caramelle?»
Era una follia.
«Di più non posso proprio fartene prendere, sarebbero troppi.»
Castle doveva aver passato l’infanzia su un pianeta diverso dalla Terra.
«Ora capisco da dove esce quella pancetta» lo punzecchiò lei. «Prendi un paio di sacchetti e andiamo a pagare.»
Lo lasciò solo col suo carrello fra i ripiani di dolciumi, mentre si dirigeva verso le casse con un sorrisetto, sicura che le sue parole fossero andate a segno.
«Pancetta? Quale pancetta?»

 

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Eeeeeeeeeccoci ancora qui!
Presumibilmente questo è il penultimo capitolo, però non ho ancora pensato al prossimo.
La soluzione del quiz (da dove viene la frase "Si può essere più pomposi?") è... dalle strisce dei Peanuts, riferito al mio amato Linus (il mio prefeito insieme a Replica).
Un commento mi ha fatto riflettere sul fatto che in "Vini e pause" ho
forse introdotto una fan un po' scemotta perché faceva comodo... yep... già... in effetti... però ho provato a colorirla un minimo nella sua micro-apparizione-banale...
Grazie ai lettori e alle commentatrici dei capitoli passati e di questo! :)

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Capitolo 6
*** Alla cassa ***


Beckett si accorse che l’uomo la raggiunse alle casse solo dopo essersi riallacciato la giacca.
«Va bene questa fila, professor Castle?»
«Quella delle code non è mai una scienza esatta. Potrebbe non esserci differenza nella scelta fra la più lunga o la più corta, dipende dalle singole situazioni, in realtà è un po’ un terno al lotto, ci sono tante variabili in gioco. L’importante è fare attenzione ad alcuni dettagli. Primo fra tutti è la quantità di prodotti nei carrelli, ma bisogna anche vedere chi è in fila. Mamme con bimbi piccoli: attenzione!»
Indicò alzando il mento una signora alla cassa a fianco con un passeggino e un secondo figlio accanto.
«I bambini alzano la soglia del burnout della mamme lavoratrici e, dato che la donna indossa un tailleur, dedurrei che non è casalinga, ma impiegata. Facile che dopo l’ufficio sia un po’ stanca e distratta, anche perché deve tenere a bada i bimbi, quindi…»
Come previsto la madre fece cadere una serie di carte dal portafoglio mentre sgridava il figlio maggiore che stava tentando di arraffare delle caramelle. Arrossì, si scusò con la cassiera e si chinò a raccogliere tutto, mentre il bambino insisteva per acquistare i dolci, innervosendo ancor più la donna.
«…qualche pasticcio lo combinerà. Un’altra categoria a rischio sono le signore anziane, da non confondersi con le coppie anziane. I vecchi sposi che fanno ancora la spesa insieme hanno ormai interiorizzato i movimenti, il rito del comprare e del pagare, i ruoli che ciascuno dei due partner assume.»
Castle identificò è poi indicò con un dito due signori qualche cassa più in là, che agivano in tranquillità e silenzio, proprio come lo scrittore stava descrivendo.
«Vedi, l’uomo ha già pronta una banconota   di grosso taglio,   ritirata fresca fresca dalla pensione: la consegna alla donna e va a riempire i sacchetti. Lei lo aiuta finché la cassiera non dice il totale. Soldi. Resto. Pronti, via. Senza correre, ma senza errori. Le signore anziane da sole invece possono essere pericolose. Talvolta sono affaticate, lente e non ci vedono bene. Tu hai scelto una fila breve, ma…»
La vecchietta alla cassa iniziò a rovistare in una bustina alla ricerca di piccole monete che faticava a riconoscere ed afferrare. Nel frattempo chiese un paio di volte alla commessa di ripetere l’importo, mettendosi una mano dietro l’orecchio per sentire meglio.
«…quella signora ci rallenterà parecchio.»
Beckett fissò stupita l’amico, non potendo credere che avesse dimostrato tutte le sue affermazioni in due minuti. Sapeva esibire davvero delle buone capacità deduttive, alle volte, ma era certo che le avrebbe fatto pesare questa sua preparazione.
«Va bene, Sherlock. Quale cassa consigli allora?»
«Tendenzialmente si dovrebbero evitare sia la coda più corta (per scaramanzia) che la più lunga, a meno che non osservi con attenzione la sua composizione. Adesso proporrei…»
Si mise a scrutare concentratissimo tutta la zona, posando lo sguardo su ogni persona.
«…la cassa cinque!»
C’erano tre uomini e due donne in fila, per un totale di cinque carrelli ed un cestino.
«Il top sono gli scapoli maschi. Prendono poche cose e pagano con la carta di credito. Le due signore in questa fila non mi hanno dato indizi rilevanti, quindi non posso scommettere davvero su di loro, ma sono fiducioso.»
Come previsto, lo coda avanzò rapida, mentre quelle accanto incontravano diversi intoppi. In pochi minuti Castle e Beckett arrivarono al nastro e poggiarono uno dopo l’altro i numerosi cibi che avevano nel carrello.
«Credo di essere stato bravo, no?»
Mentre posavano i pacchi, fece un sorriso fissando la donna coi suoi occhioni, come un cucciolo che voleva una coccola. La detective non face in tempo a rispondere.
«Non è possibile, tu sei Richard Castle!»
Entrambi si voltarono verso la cassiera che fissava l’uomo e divenne completamente rossa in viso. Stavolta il romanziere si limitò a sorridere senza fare il seduttore.
«Io… io… sei il mio scrittore preferito, davvero. Credo che tu abbia un gran talento e… non posso credere che tu sia qui.»
Beckett trovò piuttosto scocciante avere a che fare con un’altra ammiratrice nel giro di mezz’ora, soprattutto perché questa non stava più passando i prodotti sul lettore laser perché completamente in soggezione dal suo idolo.
«Non è che mi faresti un autografo?»
«Sì, certo. Dove?»
Castle sembrava insolitamente imbarazzato, la detective l’aveva sempre visto molto sicuro di sé nelle apparizioni pubbliche.
«Oh, aspetta.»
La ragazza rovistò sotto la cassa finché non estrasse dei fogli e li consegnò allo scrittore.
«A chi devo dedicarlo?»
«Oh, Jenny» rispose arrossendo ancor di più.
Beckett sbirciò quello che lui stava scrivendo sul foglio. “Alla mia grande ammiratrice Jenny. Con affetto. Rick Castle”. Una classica frase da autografo. Molto simile a quella che aveva scritto anche a lei anni prima.
«Grazie mille.»
«Non c’è di che.»
«Non è che… anche una mia amica adora i tuoi libri. Potresti?»
«Sì, beh… va bene.»
Castle riprese in mano la penna per fare un’altra firma, ma la cassiera prese il microfono accanto a sé e si sentì la sua voce risuonare nell’interfono.
«Astrid alla cassa cinque. Astrid alla cassa cinque.»
D’un tratto abbandonò il classico tono inespressivo da chiamata del supermercato e continuò l’annuncio con molta eccitazione.
«Astrid, fai in fretta. C’è qui Richard Castle!»
La frase si diffuse per tutto il negozio. Beckett notò che l’uomo fu colto completamente alla sprovvista dall’evento. Fu per lei lo stesso, ma passò da uno stato di imbarazzo al doversi trattenere a fatica per non scoppiare a ridere.
Non fu solo Astrid ad arrivare, ma anche diversi clienti del supermercato, incuriositi da ciò che avevano sentito. La poliziotta decise di sgusciare via e lasciare il divo alle prese coi suoi ammiratori. La coda alla cassa cinque era diventata decisamente la più lenta.

 

Un quarto d’ora dopo l’interesse per l’autore era scemato e Jenny aveva ripreso a passare i codici a barre dei prodotti della spesa di Beckett. Castle era ancora frastornato, ma si offrì di pagare personalmente e la donna decise di non rifiutare. Lo aiutò a riempire i sacchetti con la mano sana, mentre lui non diceva una parola.
«Neanche la vecchietta più sorda può competere con un rallentamento da scrittore di gialli affermato.»
L’uomo accennò un sorriso, ma era troppo confuso per replicare. Ancora udiva le richieste dei fan rimbombare nella sua testa e sentiva le loro mani che lo toccavano dappertutto. Le folle sapevano essere piuttosto selvagge.
Quando tutte le buste furono pronte Beckett si incamminò verso l’uscita.
«Ehi. E tutta questa roba?»
C’erano otto sacchetti pieni che lo fissavano minacciosamente.
«Io ho una mano fuori uso, Castle. Mi hanno sparato, non posso fare sforzi.»
L’uomo rimase a bocca aperta, facendo scorrere lo sguardo dalla donna alla spesa, senza vedere una soluzione.
«Su, personal shopper
. Avrai tenuto conto di questo, no, dall’alto della tua grande esperienza? Prendi quella roba e andiamo a casa. Ci sono delle polpette spinaci e patate da preparare.»
Magari un’altra volta ci avrebbe ripensato due volte prima di assillarla con tanta insistenza per andare a far la spesa. O probabilmente era abbastanza masochista da riprovarci, ma Beckett in fondo sperava in questo.

 

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Ultimo capitolo pubblicato!
Questa fan non era cascamorta come la precedente. Se capitasse una cosa del genere a me credo che per prima cosa arrossirei in maniera inverosimile (odio arrossire sempre -.-). Poi biascicherei parole a caso. Con Peter Cincotti non sono riuscita a formulare una frase intelligente... sigh!
La teoria delle casse me la sono inventata su due piedi (anzi, su quattro rotelle direi, dato che ero sulla mia sedia girevole). Non mi assumo responsabilità per risultati differenti... DON'T TRY THIS AT HOME!
Spero che questa fan fiction disimpegnata sia stata di vostro gradimento. Vi ringrazio ancora per averla letta.
C'è n'è già un'altra work in progress, sempre in stile commedia slice-of-life. Alla prossima!

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